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Full text of "Atti della Società dei naturalisti e matematici di Modena"

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HARVARD UNIVERSITY 


LIBRARY 


OF THE 


MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY 


Bouglit 


Valy LO 1942 


ANNUARIO 


DELLA 


SOCIETA DEI NATURALISTI 


ERNTIMI\OCDIE NPA 


Serie II - Anno XIII 


MODENA 


. 1879. 


CLASE | 


risor (4 E ADI MOI 


EN IDIECH 


Parte Scientifica 


Riccardi Dott. Paolo — Breve saggio di alcuni studi etno- 
grafici intorno allo starnuto nelle razze umane 

Bergonzini Dott. Curzio — I Bacteri 

Senoner Cav. Dott. Adolfo — Cronaca A 


Mazzetti Ab. Dott. Giuseppe — La molassa marnosa delle 


montagne Modenesi e Reggiane e lo Schlier delle 
colline Bolognesi . È 
Bergonzini Dott. Curzio — Sulla “iva \Ltologica della 
mucosa stomacale del Myoxus avellanarius L. 
Picaglia Dott Luigi e Fiori Dott. Andrea — Contribuzione 
all' avifauna del Modenese . 


Bergonzini Dott. Curzio e Pozzi Dott. CALI — ‘Sul pas- 


saggio della Vannessa cardui L. nel Modenese 
Bergonzini Dott. Curzio — Nuovi studi ed esperimenti sui 
Bacteri 


Carruccio Prof. Cav. Antonio — Nuove aggiunte alla 


fauna dei Vertebrati Modenesi ed alle Collezioni 
Universitarie 


» 


» 


l 
19 
101-145 


Parte Ufficiale 


Direzione per 1° Anno Sociale 1879 . 

Elenco dei Soci. ' RA MR 
Accademie e Società Scientifiche corrispondenti 
Adunanza Generale del 1 Gennaio 1879 
Adunanza Ordinaria del 9 Marzo 1879. 
Adunanza Ordinaria del 20 Aprile 1879 . 
Adunanza Ordinaria dell’ 11 Maggio 1879 
Adunanza Ordinaria del 28 Dicembre 1879 . 
Indice metodico delle materie . 


de —— sn 


Hi si XY! 
Pa Anno XII. Dispensa 1° e 2° Serie IL* 
di K | 


ANNUARIO 


DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI 
IN MODENA 


Relazione del Secretario Dott. LUIGI PICAGLIA 


SOMMARIO 


Parte Ufficiale 
Direzione per l’anno Sociale 1379. pag. 1. 
Elenco dei Soci. pag. l. 
Accademie e Società Scientifiche corrispondenti. pag. 5. 
Rendiconti dell’ Adunanza 1 Gennajo 1879. pag 8. 


a 4. 9 Marzo 1879. pag. 10. 
« (A € 20 Aprile 1879. pag. 17. 
e Parte Scientifica 


RICCARDI — Breve saggio di alcuni studii Etnografici intorno allo 
Starnuto delle razze umane. pag. l.. 
BERGONZINI — I Bacteri. pag. 19. 
. SENONER — Cronaca Scientifica. pag. 101. 


MODENA 
TIPOGRAFIA DI PAOLO TOSCHI E C. 


le ( 4 | 4 87 9. 


(#4 AREE ELSA LI AIA RITI TRI DITA E E IR I II) ENT a SIR DTS] ST 


i 3 , ARA0DE RICA 


Saga rta srt 
(e 


PARTE SCIENTIFICA 


e 
& 


BREVE SAGGIO DI ALCUNI STUDI RINOGRAFICI — | 


INTORNO 


ALLO STARNUTO NELLE RAZZE UMANE 


del dott. P. RICCARDI 
( Letto nell'adunanza del 9 Marzo 1879) 


Museo Nazionale d’ Antropologia e di Etnologia 
Firenze - Gennaio - 1879 


I BONS-MOTS ordinari 
non sono che uno starnuto dello spirito. 
(H. Heine) 


Se gli orifici nasali anteriori e posteriori, precedentemente 
chiusi, vengono poi rapidamente aperti per un movimento di 
espirazione subitanea, ne risulta lo starnuto. (Budge). 

Ma non è certamente mia intenzione di ‘fare uno studio 
sulla fisiologia o sulla patologia dello starnuto nelle razze 
umane o negli animali; questi temi sono per i fisiologi e non per 
gli antropologi; scopo invece di questo breve saggio di ricerche 
è di studiare, quali pregiudizi abbia creati negli uomini lo 
starnuto; e per quali ragioni i Cafri Zulu dell’ Africa, come i 
Latini, come molti attuali popoli selvaggi e civili abbiano a 
pronunciare degli auguri, delle salutazioni e dei voti a coloro 
che hanno starnutato. 

Questo problema fu studiato da diversi filosofi, naturalisti e 
etnologi; ma le loro soluzioni non sono, a mio parere, tali da 
persuadere e da rendere contenti quelli, i quali studiando la 
natura umana nelle molteplici manifestazioni, vanno cercando 
la ragione vera degli atti e dei fenomeni del mondo umano. 

-— Omero, Aristotile, Petronio, Apulejo, Plutarco, 
Noél, Migne, Haliburton, Lubbock, Grimm, Tylor, 


2 


De-Gubernatis... e tanti altri, s' occuparono, più o meno pro= 
fondamente, di questo curioso fenomeno umano e mentre alcuni 
cercarono la soluzione del problema nell’ indefinito e nebuloso 
della mitologia, altri sovraponendo errori ad errori e pregiudizii 
a pregiudizii raggiunsero, per altra via, la meta dei primi. Ma 
non mancarono, ai tempi recenti, coloro che percorrendo una 
strada più positiva e meno fantastica, giunsero a dare una 
spiegazione più o meno attendibile di fenomeni, i quali certa- 
mente sono legati alla umana natura, assai più di quanto co- 
munemente si crede. 

Da alcuni pensatori e filosofi dell’ antichità e del medio 
evo si sono inventate delle curiosissime novelle, basate sulla 
mitologia, o sui pregiudizii, per dare delle soluzioni al problema 
del saluto che si fa a colui che starnuta e credo di non fare 
cosa sgradita col riportarne brevemente alcune di quelle che 
possono maggiormente interessare. 

Così trovasi nel « Grand Dictionnaire Universel du XIX 
Stécle » il seguente curioso racconto sulla origine della salu- 
tazione nello starnuto, basata sulla mitologia. 

Quando Prometeo ebbe data 1 ultima mano alla figura 
d’argilla che egli aveva fabbricata e di cui voleva fare un 
uomo, si trovò assai imbarazzato. Come dargli il movimento e 
la vita? Egli implorò il soccorso di Minerva che lo condusse 
attraverso all’ aria sino al sole, che ritenevasi l’anima del 
mondo, la sorgente della vita e il padre della natura. Protetto 
dal mantello di Minerva, Prometeo si avvicinò al globo solare, 
tenendo in mano una fiala appositamente costruita e che egli 
empiva di una porzione di raggi solari. Dopo di averla erme- 
ticamente chiusa, tornò in terra per lo stesso cammino e senza 
perdere un momento, egli pose il suo #acor sotto il naso della 
statua; lo schiuse; e i raggi che nulla aveano perduto della 
loro attività, s' insinuarono con tanto impeto nel cervello che 
la statua starnutò: e dopo si dispersero nelle vene, nelle arterie 
per animare e dare vita a tutto il masso d’ argilla. Prometeo 
sorpreso da questo successo, da tanto tempo atteso, fece tosto 
dei voti per la conservazione e la prosperità dell’ opera delle 
sue mani e disse: « Dio vi benedica. » L’ uomo l’udì e si 


3 


sovvenne sempre di ciò, senza perdere una parola, perchè le 
prime impressioni sono le più profonde. 

Intanto è bene fare osservare, come sia intima la similitu- 
dine fra Dio che soffia sulla creta per dare vita all’ uomo, e 
Prometeo che fa sternutare la sua statua per vivificarla; mentre 
poi raggiunge il ridicolo cotesto impasto di pregiudizii e di 
superstizioni incaricato di spiegare il fenomeno in discorso. 

Ma i Talmudisti, che erano a giorno di tutto ciò che è 
passato nel Paradiso Terrestre, nell’ Arca di Noè e nella Torre 
di Babele, danno altra origine alle salutazioni per lo starnuto. 
Dopo.la creazione del mondo, Dio, fra le altre, fece sette cose 
meravigliose, delle quali la quarta era una legge generale che 
diceva che ogni uomo vivente non avrebbe starnutato mai che 
una sola volta e che renderebbe l’anima sua a Dio, alla se- 
conda starnutazione, senz’ altra preliminare disposizione. Questa 
legge durò sino ai tempi del Patriarca Giacobbe; il quale 
avendo fatte delle serie riflessioni intorno a questa brusca 
maniera di sortire dal mondo, si umiliò davanti al Signore, e 
lottò ancora una volta con lui per essere dispensato dalla re- 
gola e per essere avvertito dell’ ultima sua ora; e ciò affine 
di potere mettere in ordine gli affari suoi. Fu esaudito, ster- 
nutò: ma non morì. Grande fu la sorpresa dei popoli che non 
conoscevano altra malattia che lo sternuto e tale fu l'emozione 
e il rumore, che la nuova pervenne sino al padre del primo 
ministro Giuseppe. Tutti i principi della terra ne furono av- 
vertiti e allora quando ebbero appresi questi fatti miracolosi, 
ordinarono che gli starnuti, in avvenire, fossero accompagnati 
da azioni di grazia e da auguri e ciò naturalmente per la 
conservazione della vita. 

Mi pare tuttavia clie la prima parte di questo racconto e 
che riguarda lo starnuto della nascita e quello della morte, 
abbiano un non so che di metaforico e di mitologico e che 
debbansi considerare non già alla lettera, ma piuttosto come il 
primo e l’ultimo respiro che fa l’ uomo che nasce e poi muore. 

Se ora passiamo ai Greci ed a Latini troviamo che Omero 
parla nell’ Odissea del felice starnuto di Telemaco e troviamo 
pure che Penelope stanca della assiduità dei pretendenti, fa 


4 


loro imprecazioni e aggiunge voti per il ritorno di Ulisse. Te- 
lemaco la interrompe con uno starnuto ed ella, tutta contenta, 
è sicura di essere esaudita. Senofonte dice del favorevole pre- 
sagio al so:dato che starnuta e del grido di evviva che s° eleva 
a Dio da tutti i ranghi dei guerrieri. Aristotele scrive che il 
popolo considerava come divino lo starnuto (1). 

A coloro che starnutavano i Latini dicevano « salve » op- 
pure « Giove vi conservi; » e i Romani tenevano assai a questo 
uso e non mancavano mai di fare i complimenti d’ uso. Pe- 
tronio fa menzione del « salve » a chi starnuta; e Plinio 
pone la questione « Car starnutamentis salutamus? » e a 
proposito rimarca che l’ Imperatore Tiberio, il più sgarbato 
degli uomini, esigeva che ognuno facesse gli augurii a coloro 
che starnutavano. Da Petronio; Gitone che s’ era nascosto 
sotto un letto, essendo stato scoperto per lo starnuto, Eumolpus 
gli indirizzò tosto il complimento « salvere Gitona jubet. » 
Da Apule]o; essendo stato un uomo galante sorpreso colla 
moglie dal marito, sì ritirò, per nascondersi coll’ adultera, in 
una stanza vicina; e il marito sentendo a sternutare e credendo 
fosse la moglie, « solzto sermone salutem ei precatus est » e 
secondo l’ uso fece voti per la sanità. Polymnis, in Plutarco, 
pretende che il famoso demonio di Socrate altro non fosse che 
lo starnuto che lo prendeva, quando doveva decidersi a fare 
qualche cosa. Un poeta latino scrive di uno chiamato Proclus 
che aveva il naso così prodigiosamente grande, che le sue mani 
non potevano raggiungere le estremità di quello. Egli dice che 
quando Proclus sternutava, non si dava l’ augurio « Giove mi 


(1) Presso gli Egizii, i Greci ed i Romani, lo starnuto era un vero 
oracolo ambulante, che, coi loro pregiudizii, in parecchi incontri li avvertiva 
del partito che dovevano abbracciare, li avvertiva del bene o del male che 
loro doveva avvenire. Lo starnuto era decisivo nel commercio degli amanti. 
Aristenete riferisce che Partenide, giovane pazza e ostinata nell’ oggetto 
della sua passione, si determina finalmente di spiegare per iscritto i suoi 
sentimenti all’ amato Sarpedone. Essa starnuta nel luogo più vivo e più 
tenero della lettera e ciò basta per essa: un tale incidente le tiene luogo 
di risposta e le fa giudicare che nello stesso momento l'amante corrispon- 
‘ deva a’ suoi voti. 


5 


conservi » perchè le orecchie non potevano intendere ciò che 
accadeva nelle lontane regioni del naso. Da questo epigramma 
si vede che gli antichi, non solo facevansi augurii reciproci, 
ma essendo soli, li facevano a se stessi (1). 

I Romani poi avevano moltissimi pregiudizii intorno allo 
starnuto; così quando la luna era nei segni del Toro; del Leone, 
della Bilancia, del Capricorno e dei Pesci lo starnuto era di 
buon augurio; nelle altre costellazioni era un cattivo presagio. 
Così pure era cattivo pronostico starnutare dalla mezzanotte 
al mezzogiorno; e buono invece dal mezzogiorno alla mezza- 
notte. Era cosa perniciosa starnutare uscendo dal letto o dalla 
tavola; sicchè era necessario rimettersi a letto o a tavola per 
qualche minuto e dormire, o mangiare o bere un poco, per 
rompere la legge del cattivo quarto d’ ora. I Romani facevano 
induzioni dagli starnuti semplici o doppi, da quelli che si fanno 
a destra o da quelli che si fanno a sinistra, al principio o al 
finire del lavoro ecc. ecc. (2). 

Aristotele scrive « Vi si saluta quando sternutate per 
farvi vedere che si onora il vostro cervello, sede di buon senso 
e dello spirito. » Alcuni altri antichi dicono che si fanno saluti 
per lo starnuto per onorare la testa, la parte più nobile del 
corpo umano. San Clemente d’ Alessandria riguarda lo starnuto 
come una infermità (3). 

Gli Ebrei dicono ad uno che starnuta « Tobim chayim! » 
vale a dire « buona vita » (Buxtorf) (4). 


(1) Plutarco riferisce che Temistocle, prima della battaglia contro 
Serse, sacrificava nel suo vascello ed avendo uno degli astanti starnutato 
a destra, l’ Augure Eufradite tosto predisse ai Greci la vittoria. 

In generale però devesi ritenere che lo starnuto era un sintomo decisivo 
nelle relazioni galanti, e i poeti greci e Latini parlano di avvenenti persone 
che avevano al loro nascere starnutati gli amori. 

(2) Eustazio ha osservato che lo sternutare alla sinistra era un segno 
funesto e viceversa era favorevole alla destra. 

(3) È però da osservarsi che Cicerone, Seneca e diversi autori comici 
ridevano dei pregiudizi del popolo romano, intorno allo starnuto. 

(4) Il Sadder, wno dei libri sacri dei Parsi, raccomandava ai fedeli di 
ricorrere alla preghiera, allorchè starnutavano, poichè in quei critici mo- 
menti il demonio raddoppia contro di loro i suoi sforzi. 


6 


Pegli antichi Alemanni, come prova, citiamo quanto segue : 
« Die Heiden nicht endorften miesen, dà man doch sprichet : 
Nu helfin Got! Wir sprechen, swer mniuset: Got helfe dir. 
(Grimm.) : 

Nel Manuel des Pecches, citato da Weegwood (Dic 
English Etym.) vi è la prova che esisteva in Francia e in 
Inghilterra lo stesso uso, datante da circa l’anno 1100 e che 
mostra come la vecchia formola « Waes hael » (Portez-vous 
bien! Wassal) serviva ad allontanare ogni danno che lo 
starnuto avesse potuto portare. 


E pur une feyze esternuer 
Tantot quident mal trouer, 
Si uesheil ne diez aprez. 


(Tylor). 


Per tutto quanto riguarda lo starnuto nel 1600 in Italia, 
non trovo di meglio che riportare originalmente quanto scrive 
in proposito R. P. Horati Vicquetii nella sua « Physio- 
gnomia umana (1648). 

« Sternutatio est contractio et collectio cerebri ad exlusio- 
« nem rei noxiae; quali vero est in thorace tussis, in ventriculo 
« singultus, talis est in cerebro sternutatio. At quomodo fit ? 
« Recte Hippocrate 7. sententiarum ait fieri ex anterioribus 
« cerebri ventriculis humefactis, atque ita humefactis, ut in 
« spiritum vertatur humor, quod dico, quia si quis humoris in 
« capite exuperet, nequam propterea gignitur sternutamentum, 
« quam multis enim intermanant cerebri retrimenta et per 
« narium emissacula humoris nimietas extruditur, sine star- 
« nutatione; mordax nimirum sit humor necesse est, aut mor- 
« dax aliquid naribus imponas, ut natura desiderio expellendae 
« materiae stimulantis ad secretionem ‘commoveatur: praeterea 
« resolvi quidem, sed non consumi debet in cerebro humor, 
« hinc fit ut calor solis sternutationem provocet, calor ignis 
« minime; hic enim humorem conficit, ille resolvit tantum; 
« praeterea nihil si quis sternutaturus oculum aut nasum per- 
« fricuerit, minus sternutabit; quia frictio calorem ciere potest, 


7 


« qui nativo et interno calori additus humorem decoquit: Ari- 
« stoteles paulo aliter hac de re philosophatur, Fricatro, inquit, 
« colorem ciere potest, qui calor, quoniam locus, quo ster- 
« nutarum, oculis et naso in propinquo est, alteram ster- 
« nuendi calorem tollit, quemadmodum minor ignis ab ma- 
« jore absumutur. 

« Sternutatio crassum redundantium humorum copiam ar- 
« guit; Michàel Scotus hanc in rem, Nimia inquit, fuciei ru- 
« bedo, pallidi angues, frequens brachiorom extensio, et cor- 
« poris pandiculatio, crebra oxitatio, creber capitis dolor, 
« qurium finnitus, lacrymantes prurientesque oculi, gravis 
« somnus, sommolentia, crassa sternutatio, foeculentas re- 
« dundantium humorum sordes testantur ; Ratio horum om- 
<« nium in promptu est. 

« Qui laboriosi sternutat siccioris naturae est, aut deficit 
« viribus, habet enim foranima per quae spiritus permeare 
« solent, ‘adducta, atque conjucta, siccitatis autem est costrin- 
« gere atque adducere; quod si viribus deficit, non nisi dif- 
« ficile humorem elevat et concoquit; propter haec duo senes 
« frigidi et sicci, viribusque effectis, laboriose sternutant. 
« Sternutatio vehemens et crebra bona cerebri habitudinem,- 
« dolorumque capitis raritatem notat, cum caput posse conco- 
« quere seque noxiis humoribus expurgare, indicio sit; scribit 
« Hippocrates, mulieri, quae difficulter parit, si sternutamentum 
« supervenerit, bono est, tunc enim signum est naturam, quasi 
« intermortuam et reviviscere; ac saepe moribundi sternuta- 
« torio excitantur, quasi hoc si affici nequeant nulla salutis sit 
« spes; atque apud veteres sternutamentum, ut scribit Ari- 
« stoteles, pro numine habitum est, non autem tussis, neque 
« gravedo; tum quia de capite membrorum omnium praecipuo 
« atque divino, unde cogitatio est, suum ducit principium; 
« tum quia caeteri illi effectus ratione morbi eveniunt, hic 
« secus exultet natura, cum calore humorem spiritumque 
« resolvit: Quid, nunquid sternutantibus quasi gratulabundi 
« bene precamur ? ac scio hujusce consuetudinis aliam causam 
« et originem celebrari; olim, dum novum inopinatumque pe- 
« stilentiae genus grassaretur, tempore Pelagij Papae, sternu- 


A A A AC A 


8 
tamentum ‘mortem propinquam praenuntiabat, nempe ad 
extremum -vi morbi depopulantis praecordia, redacta natura, 
collectis viribus extremum edebat conatum et subito collapsa 
fatiscebat; qui vero tunc sternutanti astabant deprecatoris 
subito verbis fausta precabantur Te Deum, ad praesens malum 
quasi praesenti precationis amuleto avertendum, ut videre 
est apud Polydorum Virgilium lib..6 cap. II. 

« Crebrò sternutant qui cibo et potu largius utuntur, qui 
meatus obtinent ampliores, qui brevioribus naribus sunt; qui 
cibo quidem et potu largius utuntur, quia magna humorum 
copia, quae inde progignitur cerebrum, quo defertur, proritat. 

« At quibus meatus sunt ampliores, quia ipsi forinsecus facile 
spiritu odoreque replentur, facile quoque ad sternuendum 
proritantur. Cum breviores sunt nares, humor calefactus ce- 
leriter in spiritum commutari potest, cum contra quibus 
longiores sunt nares; lis praelongitudine citius spiritus refri- 
gescunt. Atque ex hoc triplici capite oritur, quod ‘homo in 
animantium genere sternutare maxime soleat, ut aiunt Ale- 
xander Aphrodisacus L. 1 prob. 114. Arist. sect. 10 prob. 20 
qui etiam de tota sternutandi rationem consulendus est sectio 
33. porro homo in cibum et potum effusior est, meatus optinet 
ampliores, brevioribusque naribus est, quam caeterae ani- 
mantes, meatuum ampliorum optimum est indicium quod 
olfacta maxime valent;. inter omnes animantes, at quo are- 
tiores sunt meatus, eo magis vim obtinent olfaciendi. 

« Qui crebro et debiliter, aut crasse sternutat, brevioris 


vitae est; vulgaris est hic plebeculae sensus nec à vero alienu, 


nam qui ita sternutat, crassus vaporibus abundat, quibus 
tamen non commodi exoneratur, cum debilis sint sternuta- 
tionis. di 

« Addam hic Coro nidis loco quod refert Laértius 1. 7 cap. 2 
Cleanthes Assius cum hominis mores ex cospectu deprehendi 
posse dixisset ex Zenonis sententia, Philosophum ludere, qui 
hoc audierant, volentes hominem cinaedum, sed multis la- 
boribus ab in eunte aetate exercitatum adducunt, ut artis 
suae specimem ederer. Cleanthes igitur cum hominis faciem 
manus callosas et sole adustas vidisset, et aliquandiu si- 


9 


« luisset, iussit hominem abire foras: ille cum dissederet sternu- 
« tamento concussus est, quo audito, Cleanthes ait, satis hominis 
« naturam intelligo; mollis est, non enim facile sternutant qui 
« sub Dio laboranti quam vane, quamque superstitiose obser- 
« vata fuerint ab antiquis sternutamenta, ad varia auguria 
« capienda videri potest Alexander ab Alexandro 1. 2. Genial. 
« Dierum c. 27. 

Tutto quanto è andato qui esponendo l’ A. è un vero in- 
treccio di pregiudizi, di superstizioni, fra i quali fa poi capolino 
qualche raro concetto meno empirico, ma non certamente 
scientifico. | 

Lo starnuto non è più considerato come opera di Dio o: 
del diavolo o di qualche spirito malvagio o buono; ma quel- 
l’empirismo, dirò così, scientifico col quale l’ A. cercò di spie- 
gare la fisiologia dello starnuto ci rappresenta il periodo di 
transizione fra il puro empirismo e la pura scienza. 

Del resto nel lavoro del dott. G. Polli ( Milano 1837) 
« Saggio di Fisiognomonia e Patognomonia » troviamo e- 
spresse delle idee intorno allo starnuto, le quali, tenuto calcolo 
che sono state emesse nel secolo XIX°, ci appaiono primitive 
come le precedenti. 

« Esso (lo starnuto) è in generale di buon augurio alla fine 
« delle malattie acute, annunziando un buono stato di forze; 
« di rado diffatto starnutano gli ammalati vicini a morte, 
<« mentre fanno ciò frequentemente quelli vicini alla guari- 
« gione. » E lo stesso autore scrive « Nelle malattie con pre- 
« dominanza di sintomi nervosi lo starnuto non compare che 
« sul declinare dei fenomeni atassici; esso perciò è un segno 
« propizio nel periodo critico del tifo e delle gravi febbri pu- 
« tride, manifestando le detersioni delle cavità nasali e il ri- 
« torno della loro sensibilità e normale secrezione; perciò 
« anche Ippocrate ha detto che lo starnuto che sopravviene 
« al singhiozzo lo fa ordinariamente sparire. » 

Il predetto A. toglie dal sig. Double il seguente brano: 
« Quando lo starnuto ha luogo sul principio di una malattia 
< acuta, senza complicazione di affezione catarrale, è indizio 
« che la malattia sarà lunga e grave; mentre è sempre un 


10 


« buon segno quando non si manifesta che durante o dopo la 
« crisi, sebbene insieme con altri segni poco favorevoli. » 

« Lo starnuto precede quasi sempre lo sviluppo delle ma- 
« lattie adino-nervose e non di rado anche l’ eruzione mor- 
« billosa; esso non è infrequente nel periodo algido delle febbri 
« intermittenti > (pag. 318). 

« Lo starnuto è utile agli ipocondriaci e alle femmine 
« isteriche, accelerandone la guarigione col promuovere il 
« sudore, l’epistassi, la mestruazione, collo sciogliere gli in- 
« gorghi del basso ventre. I dolori dei denti, prodotti da flus- 
< sioni sierose, sogliono cessare dietro replicati starnuti. 

« Ecco l’aforismo d’ Ippocrate « Mulieri ab uterina 
« passione vexvatae, aut difficulter parienti, sternutatio su- 
« perveniens, bonum. 

Dopo ciò, rimane a noi di maggiormente ii nel 
problema del saluto dopo lo starnuto e di considerare in modo 
speciale le ipotesi che i signori Haliburton, De-Guber- 
natis e Tylor hanno istituite in proposito. 

In un lavoro inserito negli Atti dell’Ist. di scienze naturali 
della Nuova Scozia il signor Haliburton dice, basato sul fatto 
che le superstizioni intorno allo starnuto in alcune razze umane 
sono fra di loro collegate, che la razza umana è unica: ma la 
prima obbiezione che si può muovere al signor Haliburton, 
è che non si può proprio ammettere la universalità della su- 
perstizione riguardo allo starnuto; mentre se tutte le esistenti 
sono numerose, non sì può ammettere che tutte tendano al 
medesimo scopo ; così che è difficile di potere concludere per 
l’unità d’ origine delle superstizioni e molto meno si può am- 
mettere l’ unità di razza, dimostrata per il fatto suddetto. 

Il signor Haliburton scrive « Quando sia ben fermato, 
« che un gran numero di usanze arbitrarie, di tal sorta che 
« non è possibile ammettere che si siano presentate natural- 
« mente a tutti e in tutti i tempi, si incontrano in ogni parte 
« sì può trarre la conclusione che sono usanze primitive, at- 
« tinte da tutti i popoli ad una origine comune, e, in tal caso, 
« che esse risalgono ad una epoca anteriore alla dispersione 
« della razza umana. » 


11 


Questa conclusione del signor Haliburton ci sembra un 
po’ azzardata, in quanto, come scrive il Lubbock, bisognerebbe 
dimostrare che le usanze sono arbitrarie; mentre invece pos- 
sono avere il loro fondamento in fenomeni la cui origine ora 
in parte ci sfugge, solo perchè viviamo in un ambiente diverso 
da quello in cui furono originate. D'altra parte, perchè la 
usanza degli auguri nello starnuto potesse essere valido argo- 
mento a sostenere la tesi indicata, dessa dovrebbe presentarsi 
sotto forme simili almeno, nei diversi popoli che abitano la 
terra — ciò che non è. — L’ usanza del « Dio vi benedica » 
alla persona che starnuta è menzionata da Omero a De- 
Gubernatis e, come si vedrà, molti popoli selvaggi pure 
hanno l’uso simile e non devesi punto ritenerlo come un al- 
cunchè d’ inesplicabile e di arbitrario. 

Che la usanza del complimento dopo lo starnuto sia al di 
d’oggi assurda, ciò è assai chiaro, dal momento che l’ ambiente 
in cui fu generata, oggi più non esiste; ma è però un fatto 
curioso di sopravivenza quello, che mentre tante superstizioni 
nello svolgimento dei secoli, delle razze, delle nazioni e dei 
popoli, sono sparite o si sono trasformate, questa invece ha 
mantenuti intatti molti de’ suoi caratteri e quantunque nessuno 
creda che sia cosa necessaria, mentre è ai più inesplicabile, 
tuttavia si mantiene e sopravive a molte altre superstizioni 
di simil genere. 

Il signor De-Gubernatis poi scrive come nell’ India e 
nella Russia si crede ancora che l’ uomo provi bisogno di ster- 
nutare, quando una donna pensa a lui. In Italia si dice « chi 
« a digiuno ha sternutato sarà nel giorno regalato o mortifi- 
« cato. » Lo stesso A. scrive: « I medici troveranno forse a 
< questi augurii una ragione tutta igienica, ed avranno l’ au- 
< gurio che sì fa allo starnutante, come lo scongiuro di qual- 
« siasi caso apopletico che potesse cogliere l’uomo nell’ atto 
« di starnutare: ma io non so come e perchè non si farebbero 
« simiglianti auguri per colui che ha un accesso di tosse, per 
« dire di un caso assai più pericoloso. 

« Stimo invece veramente che si avesse lo starnuto, come 
« avviso profetico e interpretato per questa credenza col mito 


12 
del tuono. Il tuono è uccello di buon augurio, e il gallo che 
« canta e farà piovere, nella mitologia vedica; è insomma il 
« nunzio della pioggia; l’uomo suscitato da Prometeo, nella 
« mitologia ellenica, si fa sentire per mezzo di uno starnuto; 
« ora Prometeo è un.eroe tutto solare e congiunto ai fenomeni 
del cielo tempestoso. 

« Raffigurato il tuono come uno starnuto del Dio, si potè 
« agevolmente dare anco allo starnuto in genere la virtù di 
« presagire. In oriente, lo starnuto specialmente del Re, viene 
« accompagnato da preghiere; per i Greci e per i Latini era 
« una speciale di oracolo. E noto il culto che ebbe ne’ paesi 
« germanici il tuono, e come vi si denominasse dal medesimo 
« il giorno che noi sacrammo pure a Giove Tonante, ossia il 
Giovedì (Donnerstag ). Perciò il giovedì rimase per i Te- 
« deschi, devoti alle loro antiche credenze, giorno di riposo e 
« di festa: ma il giovedì giorno del tuono....... Giove tuona, 
« Giove starnuta, Giove benedice..... Giove starnuta: Giove si 
« sposa; l’ uomo starnuta; dunque una donna ha pensato al 
« lui; non altra origine parmi che sì possa attribuire più pro- 
« babile alla alla superstizione indiana e russa e in parte 
« italiana. » 

La ipotesi del signor De-Gu bernatis, non è più fortu- 
nata, nella soluzione del problema, di quella del signor Ha- 
liburton; prima che i popoli avessero dato al Giove lo 
starnuto, ciò che è effetto dell’ antropomorfismo, si vede che i 
popoli stessi avevano creati dei pregiudizi intorno allo starnuto: 
del resto come si spiegherebbe con simile ipotesi la esistenza 
degli auguri, presso i Zulu, i Neo-Zelandesi, gli Indu e tanti 
altri? Giove era per i Latini, ma Thor era pegli Scandinavi; e 
la relazione fra il tuono e lo starnuto non è tale da dare una 
soluzione attendibile a questo curioso problema. 

Ma prima di passare ad esporre le idee del signor T ylor 
credo sia cosa ben fatta di notare presso quali popoli selvaggi, 
ovvero semi-inciviliti, si trovino delle superstizioni simili od 
analoghe alle precedenti riguardo allo starnuto. 

I cafri Zulu credono fermamente che gli spiriti dei morti 
volteggiano sempre in mezzo a loro, causando ora felicità, ora 


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13 


danno — apparendo loro in sogno — introducendosi nel loro 
. corpo, determinandovi così delle malattie. Un Zulu che star- 
nutò davanti a Callaway, disse dopo: « Jo sono felice — 
« l Idholzi (lo spirito degli antichi) è con me; egli è venuto 
« in me, che io m' affretti a glorificarlo, perché egli è causa 
« del mio starnuto. » Lo starnuto, presso i Zulu, è anche 
. ritenuto un presagio che un ammalato, quando ha starnutato, 
guarisce, e che le starnuto da coraggio, perchè chi starnuta 
ha l’Itongo o l’ Idholzi con se. 

Quando starnutavano gli Amakosas invocavano il loro di- 
vino padrone Utixo; ma dopo la loro conversione al Cristia- 
nesimo, dopo avere starnutato dicono « Getta gli occhi su noi 
« 0 Dio Salvatore » (Callaway). Un re del Monomotapa 
quando starnutava dava luogo a delle acclamazioni e a delle 
azioni di grazia che correvano di bocca in bocca per tutta la 
città (Sir. T. Browne). 

Alla Nuova Guinea se un qualche personaggio importante 
avea sternutato, tutti quelli che erano a lui intorno si getta- 
vano in ginocchio, baciavano la terra, battevano le mapi e 
inviavangli ogni sorta di felicità e di prosperità. ( Bosman). 

I Negri del vecchio Calabar attaccano allo starnuto una 
idea differente; perchè quando un fanciullo starnuta s’ odono 
sussurare « Lontano da voi » facendo un gesto come per re- 
spingere un qualche male ( Burton). 

Alla Nuova-Zelanda vi è un incantesimo per impedire il 
male, quando un fanciullo ha starnutato. (Shortland). 

Alle Isole Samoa se uno starnuta gli dicono « Vita a vot » 
(Turner e Williams). 

Allo Arcipelago Tonga, uno starnuto al principio di una 
spedizione può essere preso per un cattivo presagio (Mariner). 

Per quel che riguarda l’ America, riporto da Garcilaso 
de la Vega, il seguente brano, accennato da Tylor « Du- 
rante la visita il cacico starnutò fortemente; i nobili che l’ ave- 
« vano accompagnato e che erano schierati lungo il muro della 
« sala, a lato degli Spagnuoli, si videro tosto inclinare tutti la 
« testa, aprendo e serrando le braccia, facendo altri gesti di 
« profondo rispetto e di venerazione, salutando il capo con dif- 


14 


« ferenti parole, tutte tendenti allo stesso scopo - e dicevano: 
« Il sole ti guardi, sia con te, t' illumini, t’ esalti, ti protegga, 
« ti favorisca, ti difenda, ti faccia prosperare, ti salvi » e altre 
« formole analoghe a queste esclamazioni che producevano 
« una specie di rumore continuato per qualche istante. » 

Se un Indu starnuta « Vita » dicano gli astanti - Con voi - 
risponde egli. (Ward) 

I Thugs considerano lo starnuto di cattivo presagio e se ne 
preoccupano assai, prima di partire per una spedizione e tanto 
li sorprende sino a fare rendere la libertà ai viaggiatori pri-- 
gionieri - (Dubois). 

Nei Principes de la Civiltè (1685) leggesi: « S° dl arrive 
« à la Seigneurte d’ éternuer, vous ne devez pas vouz écrier 
« MonsIEUR, DIEU vous BENISSE » - mais'0tant votre chapeau, 
« vous incliner poliment et faire en vous méme cette priére » 
(Brand), 

Gli Anabattisti e 1 Quacqueri hanno aboliti i saluti dopo 
lo starnuto e li hanno condannati, come uno avanzo di super- 
stizione. (Tylor). (1) i 

‘Il signor Tylor scrive « È naturale che l'esistenza di 
« questi usi assurdi, abbia durante i secoli imbarazzati assai i 
« curiosi investigatori. I trafficanti delle leggende sopratutti 
« appropriaronsi questo soggetto e i loro sunti esplicatevi colla 


(1) Essendosi qualcuno lamentato con Alessandro Dumas delle 
difficoltà che provano i francesi a pronunciare i nomi polacchi: « voi mi 
« sorprendete, disse egli, non trovo nulla di più facile; non v’ ha che 
« starnutare e aggiungere uno ski alla fine. » 

In Francese « eternuer dans le sac » « eternuer dans le son » vogliono 
dire, essere ghigliottinato: diffatti Balzac scrive « Pauvre pé:it Theodore, 
« il est bien gentil; c’ est dommage d’ ciernuer dans le son à son dige. » 

I francesi dicono ancora: « Eternuer un mot russe ou polonaise. » 

Ed Enrico Heine lasciò scritto « Les bons mots ordinaires ne son 
< autre chose qu’ un éternoument de l’ esprit. » 

Ad uno che starnuta si dice in siciliano « mill’ anni » ; in latino « Prostt 
« Salve »; in Italiano « Felicità, » « Salute »; in Modenese «Che Dio 
ev’ sélval » « Che Dio èv’ bendéssa. ». 

In Francese - Que Dieu vous benisse - In Inglese - God bless you. - 
In Tedesco - Gott helf oppure Wohl bekomm' s! oppure Xundheil. 


15 


« storia, s' appogiano su un insieme di miti filosofici greci, 
« ebraici, cristiani. » - Diffatti la mitologica spiegazione  del- 
l’uomo vivificato dal Promoteo, l’ altra del Giacobbe, e il Papa 
Gregorio che prega perchè chi starnuta muore ecc. ecc. sono 
cose immaginarie dalle quali la leggenda prende il punto di 
partenza relativo allo starnuto. 

Ma il signor Tylor crede che lo starnuto e lo sbadiglio 
abbiano ad entrare nello stesso ordine di idee; ciò che io 
non credo. Così pure il signor Tylor basandosi sul fatto dei 
Zulu, riconosce chiaramente 1’ origine dell’augurio nello star- 
nuto nella credenza degli spiriti vaganti; io, a vero dire, non 
sono della sua opinione. = Perchè trovo auguri e salutazioni 
presso popoli i quali non si ha conoscenza che abbiano mai 
ammessi gli spiriti vaganti; perchè altri, presso i quali asso- 
lutamente da secoli non esistono Suporsiizioni sugli spiriti che 
entrano o escano dal corpo, tuttavia fanno e mantengono ri- 
gorosamente le salutazioni d’ uso. Il vedere poi come popoli 
differentissimi per intelligenza, costumi e vita abbiano le me- 
desime superstizioni più o meno radicate; il vedere che i po- 
poli selvaggi i più lontani abbiano creato dei pregiudizii in- 
torno allo stranuto, dà il diritto di supporre, che anche fatta 
‘ astrazione dagli spiriti vaganti, i fenomeni dell’augurio, del 
complimento, della salutazione debbansi ascrivere nè più nè 
meno che al fenomeno stesso ‘dello starnuto ; fenomeno che al 
selvaggio, alle popolazioni ignoranti, deve riuscire altrettanto 
strano, sorprendente per la sua rapidità e per gli effetti d’ in- 
.‘tontimento in cui lascia la mente. 

Il selvaggio poi che crede agli spiriti vaganti buoni, spiega 
lo starnuto come l’ introduzione del buono spirito; quello invece 
che ammette spiriti vaganti cattivi, spiega lo starnuto come 
l’ introduzione dello spirito cattivo; coloro che ammettono 
Giove, Thor, Cristo per loro Dio, naturalmente spiegano lo 
starnuto coll’ ammettere che questi esseri sovranaturali hanno 
in così strano modo agito su di loro. Per cui in ogni caso ne 
risulta il complimento o la preghiera, il saluto o l’ evviva. 

Qualcuno potrebbe obbietare: perchè la stessa cosa non 
avviene anche per la tosse? Ma la tosse è una malattia che 


16 
può durare un’ ora, come può durare un mese, un anno; lo 
starnuto invece è rapido, passeggiero e deve assai più della 
tosse avere sorpresi quei cervelli ignoranti degli uomini pri- 
mitivi. Trovandosi intontiti, dopo lo starnuto, la stranezza del 
fenomeno li impaurì e li sorprese; trovandosi sani, dopo lo 
starnuto, furono avvertiti che nulla vi era di pericolosissimo, 
che non si trattava di una malattia. | 

E per lo sbadiglio? lo sbadiglio diffatti, che solo a questo 
riguardo può avvicinarsi allo starnuto, ha creato superstizioni 
e pregiudizi analoghi; ma lo sbadiglio, è meno sorprendente, 
meno rumoroso e meno pericoloso. 

Il primo uomo che ha starnutato o che ha visto a ster- 
nutare, deve subito avere pensato che in simile strano feno- 
meno ci dovesse entrare un potere sopranaturale, e siccome 
le subite conseguenze possono essere svariate, così un pensiero 
all’ alto, una ispirazione dall’ indefinito, 1’ uomo l’ ha sempre 
cercata o se l'è sempre fabbricata. Sicché io non divido l’ opi- 
nione del T ylor che la sola credenza all’ esistenza degli spiriti 
vaganti buoni o cattivi abbia ingenerato nello starnuto e nello sha- 
diglio il complimento e la salutazione; e le ragioni le ho dette. 

Ma poi se fosse così, come opina il signor Tylor, biso- 
gnerebbe ammettere che tutti 1 popoli, in origine, avessero 
avuta l’idea di spiriti vaganti; è probabile: ma come dimo- 
strarlo? Ma una volta cessata e sparita tale credenza per tante 
secoli e in tante nazioni, come e perchè resta da tanti secoli e 
in tante nazioni l’uso del complimento? 

La ragione è, che lo starnuto è restato e con lui è restato 
il fenomeno strano, che accompagnato da diverse forme di 
credenza o di religiosità, ha sempre mantenuto nella psiche 
umana quel sentimento di timore che gli fa invocare un Dio 
dopo lo starnuto, che fa fare un augurio a chi ha sternutato 
e che fa fare il segno della croce sulla bocca di chi ha sba- 
digliato. Certamente che io, persuaso di tali mie idee, le mo- 
dificherei se una serie di fatti nuovi, di nuove osservazioni, 
m obbligassero a farlo; ma sino a che le cose si trovano in 
questo stato, io credo d’ avvicinarmi alla pi czioni in modo 
non certamente mitologico. 


17 


BIBLIOGRAFIA 


id 


M. E. B. Tylor - La civilisation primitive - Paris, 1876-78. 

Lubbock John - Tempi preistorici e Origine dell’ Incivilimento - T'o- 
rino - 1875. 

Polli G. - Saggio di Fisiognomonia e Patognomonia - Milano. 1837. 

De-Gubernatis A. - Usi Nuziali in Italia ecc. - Milano, 1869. 

Haliburton - New Materials for the History of Man - Halifax, 1863. 

Vernsdorf - De ritu sternutantibus bene precandi - Leipzig, 1741. 

Nicqueti Honorati - Physiognomia Humana - Lugduni. 1648. 

Pozzoli Girolamo - Dizionario d’ ogni mitologia e antichità - Mi 
lano M.DCCC.XXIV. 

Diderot et d'Alembert - Encyclopedie des Sciences - Livourne, 6 vol. 

Larousse Pierre - Grand dictionaire Universel - Paris, 1870. 

Enciclopaedia Britannica - Articolo Sneesing - London. 


IBACTERI 


STIU DIO 
Del Dott. C. BERGONZINI 


Comunicato alla Società nella seduta dell’ 11 Maggio 1879. 


Gabinetto di Zoologia ed Anatomia 
comparata dalla R Univer. di Modena. 


Vi sono poche questioni che come quella dei bacteri abbiano 
tanto vivamente appassionato ì medici e gli scienziati al giorno 
d'oggi. Questi esseri misteriori e dubbii che compariscono nor- 
malmente tutte le volte che una sostanza organica, fuori del- 
l’impero della vita, comincia a decomporsi, si sono ritrovati 
sulle piaghe supurarti, nel sangue dei tifosi e dei carbonchiosi, 
nelle placche della difterite, nell’ essudato della pertosse, nel 
pus vaccinico e vaioloso, nelle deiezione coleriche, e in tante 
e tante altre malattie che non potevano a meno di destare il 
più vivo interesse, e di imporsi direi quasi agli osservatori. 

E così, mentre, cadute le vecchie teorie umorali, più si sen- 
tiva il bisogno di trovare la ragione precisa di molti fenomeni 
morbosi, i progressi della microscopia svelavano un mondo sco- 
nosciuto di esseri, dai quali sembrava senz’ altro che dovesse 
scaturire la desiderata spiegazione, e quel che più monta, la 
cura razionale di malattie contro le quali non si sapeva opporre 
che il più cieco empirismo. Fu allora che buon numero di ma- 
lattie si fecero dipendere dai bacteri, i quali divennero per 
molti la vera essenza morbosa ed ‘il principio contagioso per 
eccellenza: e fu allora che si cominciò a consigliare l’ uso degli 
antisettici, di quei rimedii cioè che nelle esperienze di labora- 
torio si mostrarono più attivi a distruggerli. 

La teoria dei bacteri o parassitaria come si chiamò, contò 
ben presto fra i suoi fautori i più validi campioni della scienza. 


1 


20 


Si sperimentarono negli animali le iniezioni di sostanze putride 
contenenti questi piccoli organismi e si produssero malattie 
affatto analoghe a quelle che soglionsi chiamare d’ infezione 
acuta. S° innoculò anche il sangue carico di questi esseri e prov- 
veniente da animali od uomini spontaneamente ammalati e si 
riprodussero ancora le singole malattie. E quasi ciò non ba- 
stasse, la cura sperimentata con quei mezzi che più si mostra- 
vano efficaci per uccidere i bacteri fuori dell’ organismo, si 
mostrò capace di dare i migliori risultati, sicchè per un istante 
non vi fu quasi più medico o scienziato che non credese ve- 
ramente che la scienza fosse venuta in possesso dell’ arma da 
opporsi alle più pericolose malattie. 

La teoria dei bacteri nelle malattie, trovava un brillante 
riscontro nella teoria delle fermentazioni per esseri organizzati 
e viventi. L’ alcool che si trasforma in acido acetico per azione 
d’uno speciale organismo, il quale compie questo mutamento 
coi fenomeni della sua vita, spiegava a sufficenza come i bacteri 
potessero essi pure, cogli scambii che la loro esistenza impor- 
tava, trasformare le sostanze organiche in putridume e il san- 
gue sano dell’ uomo e degli animali, in un sangue malato od 
innetto alla vita. 

Se non che presto sorsero i dubbii ed anche non del tutto 
infondati. Gli osservatori moltiplicandosi non si trovarono tutti 
d’ accordo e quello che l’ uno aveva visto l’ altro non vide, e 
gli stessi medicamenti che quà erano riusciti, là fecero diffetto 
si che vi fu chi negò ogni valore ai bacteri, chi invece li volle 
causa di tutte le malattie d’ infezione, e chi prudentemente si 
tenne in un giusto riserbo. 

Egli è certo che anche oggi la quistione non è ancora de- 
finitivamente risolta. Ma siccome sta il fatto, che i bacteri, 
siano o meno la causa delle malattie d’ infezione, in molte di 
esse sì presentano costantemente, e quà con una forma, là con 
un altra ben determinata e precisa; così non credo inutile in- 
traprendere uno studio su di essi che esponga presso a poco 
ciò che si sa di positivo a loro riguardo, che discuta i punti 
dubbiosi e che cerchi con addatti esperimenti di rischiarare, se 
è possibile qualcuna delle intricate quistioni che ad essi si 
riferiscono. 


x 21 
E questo è quanto ho inteso di fare con questo mio breve 
lavoro. 


GENERALITÀ 


Una definizione precisa dei bacteri riesce piuttosto difficile, 
sì perchè tali esseri sfuggono facilmente ai nostri mezzi di in- 
dagine, sì perchè questo nome talora si è ristretto a po- 
chissime forme, tal altra si è esteso a significare un gruppo 
di esseri abbastanza vasto. Quì come in tutto il resto a pro- 
posito dei bacteri regnano le più grandi divergenze. 

. Io credo che la parola dacteri debba essere ristretta a si- 
gnificare quegli esseri microscopici viventi che compariscono 
nella sostanza organiea morta quasi contemporaneamente alle 
prime, modificazioni chimiche che essa subisce pel processo di 
decomposizione, e che scompariscono solo quando la sostanza 
tutta si è completamente decomposta. 

Tutti gli altri che, per quanto affini a quelli or ora accen- 
nati, vivono però nelle acque correnti o nelle acque del mare, 
io credo possano venire senza inconveniente separati dai veri 
bacteri, credo anzi che se ne debba fare a parte lo studio, tanta 
è la differenza fisiologica, se non morfologica, che fra essi 
intercede. 

Partendo da questo concetto i bacteri possono definirsi: 
Esseri cellulari piccolissimi, senza clorofilla, di forma glo- 
bosa 0 lineare, spesso dotati di movimento e che accompa- 
gnano con varia frequenza le organiche decomposizioni. 

La loro forma cellulare ormai non può più essere messa in 
dubbio. Quando i mezzi d’ investigazione erano più imperfetti 
sì è creduto che i bacteri fossoro formati da una sostanza omo- 
genea. Ma oggi specialmente dopo gli studi di Hoffmann (1) 
e di Cohn (2) questo dubbio non è più permesso I bacteri 
hanno una membrana involvente che si rende specialmente 
manifesta quando una parte del plasma interno si coagula o 


(1) Hoffmann — Botan. Zeitung 1863 — An. sc. nat. 1869. 
(2) Cohn -- Beitraege zur Biologie der Pflanzen — II° 


C)) 


22 


disparisce, sicchè nel suo posto resta un vacuolo che viene 
riempito da una bollicina di gas. 

Cohn anzi asserisce di averla potuta vedere a fortissimi 
ingrandimenti sui bacteri intatti, ma ciò non è riuscito alla 
maggior parte degli osservatori. Jo credo che il lasciar dissec- 
care un goccia del liquido contenente bacteri sopra un vetrino, 
eppoi esaminarlo a forte ingradimento (senza immersione ) sia 
uno dei mezzi migliori per persuadersi della loro forma cellu- 
lare e della loro membrana involvente. 

Entro alla membrana involvente si trova un protoplasma 
incoloro, azotato, talora con vacuoli visibili specialmente negli 
individui più grossi, talora invece con granulazioni. Alcuni 
hanno protoplasma colorato e ciò potrebbe anche dipendere da 
clorofilla modificata. In una forma (Bacillus amylobacter) si è 
riscontrato anche amido amorfo. 

Non tutti i bacteri sono dotati di movimento che anzi i 
globosi ( micrococchi ) sono immobili in ogni periodo della loro 
vita. 

La maggior parte però passano per due differenti periodi 
uno di immobilità, 1’ altro di movimento. Questo talora è di 
oscillazione all’ avanti e all’ indietro, analogamente a quanto si 
riscontra nelle oscillarie; talora è di lenta o rapida progres- 
sione sempre in un verso, o indifferentemente in un verso e 
nell’ altro: altre volte il bacterio gira intorno al suo asse e si 
capovolge più volte rapidamente nel liquido senza cambiare di 
posto: altre volte ancora si muove, con una progressione af- 
fatto spirale. Ordinariamente in uno stesso liquido putrido si 
osserva bacteri che si muovono e bacteri che stanno fermi. 

Questi ultimi però ad un dato periodo della loro vita si met- 
tono in moto anch’ essi. 

Le ciglia vibrattili di cui la maggior parte sono provvisti 
sembrano essere la causa del loro movimento. Già fino Ehrem- 
berg (1) aveva descritto e figurato il suo Bacterium trilocu- 
lare con un ciglio. Dujardin (2) non ne fa cenno, ma gli 


(1) Ehremberg — Die Infusionthierchen als volkommene Organi- 
smen — Leipzig 1838. 
(2) Dujardin — Infusoires — Paris 1841. 


23 
osservatori successivi gli hanno riscontrati su quasi tutti meno 
che sulle forme più piccole, e forse se si potranno avere in- 
grandimenti maggiori si riscontreranno anche, su queste. Or- 
dinariamente ogni individuo possiede un sol ciglio, che gli 
serve pel movimento. Non si saprebbe comprendere come esseri 
rigidi si potessero muovere così rapidamente e in così svariate 
direzioni se il ciglio non ne fosse la causa. É vero che anche 
le oscillarie hanno un movimento, sono rigide e sprovviste di 
ciglia. Ma esse oscillano solamente all’ avanti e all’ indietro e 
anche ciò abbastanza lentamente. I fenomeni di endosmosi 
possono spiegare forse questo fatto, ma nessuna oscillaria ha 
movimenti così complicati e così rapidi come possono avere i 
bacteri. L’ obiezione che si è fatta da Warming (1)di avere 
osservati bacteri immobili e in cui ciò non pertanto il ciglio 
si moveva violentemente, non ha certo molto valore. Chiun- 
que abbia un po’ di pratica nelle osservazioni di microzoi e 
microfiti ricorda certo d’ aver osservato dei Paramect vicini a 
morte completamente fermi, quantunque tutte le ciglia di cui 
sono coperti, fossero ancora in movimento: e ciò forse perchè 
tale moto era rallentato e non erà più sufficiente per trasci- 
nare l’animale. D'altra parte poi un bacterio è così piccola 
cosa che un minimo frammento di sostanza glutinosa, forse an- 
che essudata dal suo corpo, può inchiodarlo sul vetrino e 
l’ immobilità del suo corpo, mentre il ciglio è ancora in movi- 
merto, dipendere solamente da questo fatto. 

Intesi nel senso di cui più sopra, i bacteri si possono vera- 
mente chiamare gli esseri della putrefazione. Se noi mettiamo 
alcuni pezzetti di carne, o un po’ d’albumina d’uovo in un 
bichierino da esperienze pieno d’ acqua, e l’ esponiamo all’ aria 
libera non essendo la temperatura esteriore molto fredda, ab- 
biamo le condizioni più favorevoli per lo sviluppo dei bacteri. 
Il giorno seguente il liquido dapprima limpido si è intorbidato 
alquanto, ed ha spesso un colore giallo rossiccio lurido. Se è 
d’ estate, alla superficie si osserva anche una finissima pellicola 
iridescente che si rompe facilmente coi movimenti del liquido, 


(5) Warming — Observat. sur quelques bactéries ecc. Copenague 1875 


24 


e si rileva un certo odore di putrefazione. Nella pellicola si 
sono già sviluppati i bacteri, ordinariamente i più piccoli, ma 
sono ancora in numero molto scarso. Nei giorni successivi 
quando la sostanza ha acquistato un franco odore di putrefa- 
zione, la pellicola superficiale si fa più spessa, e i bacteri sono 
cresciuti in numero e in dimensioni. Contemporaneamente com- 
pariscono le monadi e più tardi i bacteri di maggiori dimen- 
sioni assieme ai veri infusori. In seguito poi mentre la so- 
stanza va man mano perdendo il suo odore di putredine, men- 
tre aumentano in numero gli infusori di struttura più complessa 
i bacteri scompariscono, servendo in parte alla nutrizione de- 
‘ gli infusori, in parte morendo e raccogliendosi immobili al 
fondo del vaso. Una putrefazione conservata da molto tempo, 
purchè si abbia cura di aggiungere il liquido che va svapo- 
rando, contiene raramente bacteri, mentre essi tornano a com- 
parire quando o la troppo rapida evaporazione, o l aggiunta 
di altra sostanza organica, riacutizzino, per così dire, il pro- 
cesso di decomposizione. 

Analoghi fenomeni, e solo forse un po’ più ritardati succe- 
dono se si mette nell’ acqua qualche sostanza vegetale. Anche 
quì dopo due o tre giorni a seconda della temperatura, com- 
pariscono i bacteri: ma in via ordinaria scompaiono anche più 
presto. - L° essere i bacteri contemporanei ai primi fenomeni 
delle decomposizioni ha fatto dire a Cohn fin dal 1871 (1) che 
questi sono i veri saprogeni, cioè i produttori della putrefa- 
zione. Io ho già esposto, altra volta (2) alcune mie viste in 
proposito, ed in seguito avremo occasione di ritornare su que- 
sto importantissimo argomento. 

— I primi osservatori, fondandosi specialmente sul loro 
movimento, avevano collocati i bacteri nel regno animale. Ma 
già Dujardin (3) aveva dubitato che alcuno dei suoi vibrioni 
o di quelli descritti da Ehremberg fossero vegetali. 


(1) Cohn — Zur bacterienfragen - nella Bot. Zeitung N. 51 1871. 

(2) Bergonzini — Studii sui primissimi fenomeni della putrefazione 
— nei resoconti della Soc. Med, Chir, di Modena 1874. 

(3) Dujardin — Loc, cit. 


25 


Fu Perty dapprima (1) che fece notare come il Bacte- 
rium termo Duj. avesse una vita vegetale nei suoi primordi, 
e passasse in seguito ad una vita vegetale di riposo. — Cohn 
in seguito (2) prendendo in considerazione l’ affinità fra i vi- 
brionidi, le oscillarie, i leptothrix e i beggiatoa, e fra gli 
spirilli e le spiruline, concludeva che i bacteri erano esseri ve- 
getali. Haeckel (3) cercò di tagliare il nodo della questione 
creando un regno nuovo, quello dei protisti, intermediario fra 
l’ animale e il vegetale, e vi collocava i bacteri, insieme ad 
altri appartenenti ai due regni. Ciò del resto non era una 
novità perchè trovava riscontro nel regno psicodario di Bory 
de Saint Vincent (4)e nei proctotisti di Jhon Hogg (5) 
e del resto non è l’idea più felice di quell’ ingegno possente. 

Intanto Davaine (6) si era già pronunziato francamente 
contro la loro animalità; e oggi dopo i lavori di Robin, 
Warming ed altri, la cosa è, si può dire, fuori di dubbio. 
Appena qualcuno ancora come il Pasteur e il Claus (7) 
conservano ancora qualche dubbio, e ne parlano come di esseri 
il cui posto non è ancor ben determinato nell’ impero organico. 

Le ragioni principali che militano in favore della non ani- 
malità di questi esseri sono tutte di ordine morfologico e chi- 
mico. Intanto la loro forma si avvicina moltissimo a quelli di 
certi vegetali inferiori, che nessuno ha mai pensato a riunire 
agli animali. Poi, mentre l’ammoniaca liquida concentrata di- 
scioglie le ova e gli embrioni di tutti gli animali, gli infusori, i 
filamenti spermatici ecc. essa lascia assolutamente intatte tutte 
le varietà di celluloso sia a freddo che a caldo, e lascia pure in 


(1) Perty — Die Kleinsten Lebensformen Berna 1852. 

(2) Cohn — Untersuch. ueber die Entwicklungsgeschichte der micro- 
scopischen Algen und Pelze 1853. 

(3) Haeckel —. Generelle Morphologie der Organismen 1866, Vol. T. 
— Studien ueber Moneren und andere Protisten Leipzig 1870. 

(4) Bory de Saint Vincent -— Histoire Naturelle des Zoophites 

(5) John Hogg — On the distinction of a plant and an animal. Nel- 
l’ Edimburg new phil. journal — New serie III, Vol. XII 1860. 

(6) Davaine — Art. Bacterie nel Dict. encicl. des sciences medicales 1878 

(7) Claus — Traité de Zoologie = Parîs 1878, 


26 
tatti i bacteri. Questo reattivo si deve a Robin (1). Più di re- 
cente ancora si è osservato che l’ acido acetico concentrato fa 
impallidire tutti ì tessuti animali, mentre sarebbe senza azione 
sui tessuti vegetali e sui bacterìi (2) — Per tutte queste ragioni 
adunque, come dicevo, oggi i bacteri si considerano apparte- 
nenti al regno vegetale. 

Ma tutti non sono d’ accordo sul posto che loro compete 
nella serie delle piante. Un buon numero li colloca fra le 
piante acotiledonee amfigene nella classe dei funghi in quel 
gruppo che nominano schizomiceti — Cohn li considera come 
alghe e negli ultimi suoi lavori ha formato una classe ch’ egli 
denomina schizofiti in cui dissemina i bacteri, accanto a pa- 
recchi generi di oscillarie e di croococchi coi quali hanno mol- 
tissima affinità e ne diversificano solo per la mancanza di clo- 
rofilla. 


CLASSIFICAZIONE DEI BACTERI 


Lasciando a parte la quistione botanica, che quantunque 
importantissima, ci trarrebbe abbastanza lontani dal nostro 
proposito, e forse non potrebbe essere da me convenientemente 
sviluppata, occorrre mettere ben in chiaro le forme che i ba- 
cteri possono presentare, e il loro sistematico ordinamento in 
gruppi e sotto-gruppi. 

Non ricordo le classificazioni di Mueller (1773) di Ehrem- 
berg (1838) di Dujardin (1841) perchè oggi di pocchissima 
importanza. I 

Davaine (3) divideva i bacteri nei quattro gruppi seguenti: 


Filamenti diritti o curvi ma non ad elice 
che si muovono spontanemente 


rigidi - Bacterium 
flessuosi - Vibrio 
immobili - Bacteridium 
Filamenti a spirale - Spirillum 


(41) Robin — Du microscope - Paris 1871. 
(2) Magnin — Les bactéries - Paris 1878, 
(3) Davaine — Art Bacteries loc. cit. 


27 

Questa classificazione ha parecchi difetti. Prima di tutto in 
essa non si comprendono i bacteri globulari che ragionevolmente 
non se ne possono staccare. D' altra parte vi si vede un genere 
Bacteridium formato pei bacteri immobili, che non ha ragione 
di essere, dappoichè come abbiamo detto lo stato di mobilità 
o di quiete è per lo più transitorio nella vita dei bacteri, e sovra 
esso non sì può fondare un sicuro e preciso criterio di clas- 
sificazione. 

Cohn nei suoi molti lavori sui bacteri li classifica nel modo 
suguente : 


Sphaerobacieria o bacteri globulari - Gen. Micrococcus 
Microbacteria o bacteri in bastoncelli corti - Gen. Bacterium 
Desmobacteria o bacteriin bastoncelli lunghi - 
diritti - Gen. Bacillus 
contorti . - Gen. Vibrio 
Spirobacteria o bacteri a spirale 
semplice - Gen. Spirillum 
complicata - Gen. Spirochaete 

Questo modo di classificazione è seguito oggi dalla maggior 
parte degli autori, se non altro in mancanza di meglio. E vero 
che una classificazione basata solamente sulle forme, in esseri 
che, come vedremo, tutto porta credere che siano polimorfi, 
non può dirsi certo molto naturale; ma del resto nessun altro 
criterio soccorre meglio: anzi il fisiologico ad esempio è più 
incerto, perchè si sono indubbiamente osservate le medesime 
forme di bacteri nelle circostanze le più diverse. 

Conscio di queste difficoltà Th. Billroth (1), e del resto 
persuaso che le varie forme di questi esseri possono trasfor- 
marsi le une nelle altre, ha manifestata l’ opinione che tutti i 
bacteri, meno gli spirali, altro nun siano che forme differenti 
di un unica specie che egli propone di chiamare Coccobacteria 
septica la quale si svilupperebbe ora in otricoletti (cocchi) ora 
in bastoncelli (dacteri) a seconda del mezzo, del periodo di 
putrefazione, e va dicendo. 


(1) Billroth — Untersuchung ueber die Coccobacteria septica = 
Berlin 1874, 


28 

Ammettendo l’unità della specie nei bacteri, il Billroth 
però ne classifica le forme, avuto riguardo a due criteri: la 
grandezza e il modo d’ agregazione. 

Secondo la grandezza i bacteri sarebbero: 


Microrocchi e microbacteri - se piccoli 
Mesococchi e mesobacteri - se mezzani 
Megalococchi e megalobacteri - se grandi 


E secondo il modo d’ agregazione: 


Monococchi e monobacteri se l individuo è formato d’ un solo 
articolo. 

Diplococchi e diplobacteri se di due. 

Streptococchi e streptobacteri se di parecchi. 

Gliacocchi e gliabacteri se riuniti in masse informi da una 
sostanza gelatinosa. 

Petalococchi e petalobacteri se riuniti in masse informi senza 
interposizione di sostanze gelatinosa. 

Ascococchi se riuniti in masse globulose irregolarmente lobate 
e lobulate e circondate da un inviluppo gelatinoso. 


L’ opinione di Billroth che tutti i bacteri costituiscano un 
unica specie, quantunque combattuta da Cohn ha però molto 
in suo favore. 

Già fin dal 1865 Ch. Robin (1) opinava che la maggior 
parte dei bacteri altro non fossero che le forme di passaggio 
del Leptothrix buccalis e aveva cercato di dimostrare come 
anche il bacterio del sangue carbonchioso terminasse per tra- 
sformarsi in questo vegetale; ed aggiungeva a conforto del 
suo modo di vedere, come secondo Hallier i micrococchi si 
trasformerebbero in oidium nel muco, e in penicillum all'aria . 
libera, e come secondo Bechamp i micrococchi ch’ egli chia- 
mava microzimi potessero trasformarsi in bacteri e vibrioni. 

Circa in questo tempo Balsamo-Crivelli e Maggi (2) 


(1) Robin — loc. cit. 

(2) Balsamo-Crivelli e NGI — Intorno alla produzione del 
Leptothrit — e — Esperienze intorno alla produzione di alcuni organismi 
inferiori. — Nei rendiconti dell’ Istituto Lombardo 1867. 


29 


affermarono di avere constatato, e lo confermarono in lavori 
posteriori, che il Vibrio bacillus Duj. si trasforma in Leptothrix 
e il Bacterium termo Duj. in Leptomitus. 

E finalmente anche oggi non pochi moderni (Magnin, l.c.) 
non sono alieni dal credere che la maggior parte dei micrococ- 
chi, se non tutti, siano spore di bacteri filiformi. 

Partendo da tutt’ altro modo di vedere il Trevisan (1) ha 
dato ultimamente una classificazione dei bacteri in cui il numero 
dei generi e delle specie è molto maggiore di quelli ammessi 
da Cohn, Warming e dagli altri autori tedeschi. 

Egli divide le sue Bacteriacee in due tribù Bactericae 
(unicellulares) e Vibrionieae (pluricellulares). La prima tribù 
comprende i generi Micrococcus, Bacterium, Sarcina, Chlamy- 
datomus e Ascococcus: La seconda i generi: Mantegazzea, 
Metallacter (Bacillus), Leptothrichia, Beggiatoa, Crenothrix, 
Vibrio, Spirillum, Spirochaete, Spiromonas, Myconostoc, Cla- 
dothrix e Streptothrix. 

Questi 17 generi comprenderebbero 92 spec'e certe, oltre 6 
incompletamente conosciute. 

Pertanto la questione è ben lungi dall’ essere risolta. Forse 
l'opinione di Billroth è troppo esclusiva, e fose è falso di- 
stinguere tante specie di bacteri quante sono le differenti decom- 
posizioni o malattie in cui possono mostrarsi. Lo credo che per ora 
non si possa a meno di tener distinte e descrivere le varie forme 
di bacteri, come se fossero veramente forme specifiche. Ciò torna 
del resto molto commodo per intendersi su quello che si os- 
serva, e sopra ciò che si vuole significare agli altri. Ben inteso 
che i generi e le specie che descriveremo hanno a considerarsi 
come provvisorii, fino che studii ulteriori, o mezzi di indagine 
più precisi, non siano giunti a portare un po’ più di luce sul- 
l’intricato argomento. i 

Accettando quindi quasi completamente la classificazione di 
Cohn,i bacteri possono venir divisi in gruppi generici come 
segue ; 


(1) Trevisan — Prime linee d' introduzione allo studio dei Bacteri 
Italiani — Negli Atti dell’ istituto Lombardo, 20 Febbraio 1879. 


30 


Bacteri globulari. . . . .. ... - Micrococcus 
Bacteri lineari diritti 
corto nce fe agere Baeleriatgn 
lunghicreni slads acchegn Jal Baculus 
Bacteri lineari spirali 
Appena COMOruet Re ee VARIO 
a spirale ben manifesta 
corta e ad asse diritto . . - Spirillum 
lunga e ad asse ripiegato . - Spirochaete 


Ciascuno di questi generi viene poi diviso in un certo nu- 
mero di forme specifiche, che secondo me non dovrebbero su- 
perare il numero di 30. 

Prima di passare però allo studio di queste ultime, è Op- 
portuno ricordare come ciascuna di esse possa presentarsi al- 
l'occhio dell’ osservatore in diverso modo. Ora ciascun indi- 
viduo è affatto isolato e indipendente, e abbiamo il monococco 
e il monobacterio di Billroth. Ora parecchi sono riuniti 
per la loro estremità in modo da formare una catena, e allora, 
se sì tratta di bacteri globulari abbiamo come uua corona di 
rosario che Cohn chiama torula, Hallier micothria e Bill- 
roth diplo- 0 streptococchi. Se si tratta invece di bacteri li-- 
neari uniti similmente per le loro estremità si hanno dei lunghi 
filamenti spesso piegati qua e là bruscamente ad angolo (sem- 
pre molto ottuso); filamenti che Robin e gli autori chiamano 
leptothrix e Billroth diplobacteri e streptobacteri. Altre 
volte si hanno masse irregolari formate da una sostanza gelati- 
nosa ialina omogenea che tiene uniti l’ uno accanto all’ alro mol- 
tissimi bacteri. Ciò è quello che sì chiama comunemente Zooglea 
e che Billroth ha proposto di denominare gliacocchi, e glia= 
bacteri. Questa forma non si riscontra che per i bacterìi più 
piccoli (Micrococcus e Bacterium) i quali allora sono sempre 
immobili perchè impigliati completamente nella sostanza gela= 
tinosa, e spesso sono tanto fitti da rendere anche incerta la 
diagnosi della loro forma. In questi casi ho potuto verificare 


31 


che l'aggiunta di qualche goccia d’ ammoniaca liquida alla pre- 
parazione, rende assai bene visibili le forme dei singoli indi- 
vidui. — Altre volte da ultimo i bacteri si riuniscono alla su- 
perficie del liquido in uno strato più o meno grosso immobili 
ma senza interposizione di sostanza gelatinosa, e formano ciò che 
Pasteur chiama Micoderma e che Billroth denomina pe- 
talococchi e petalobacteri. 


Gen: MICROCOCCUS Cohn 

Sinonimia - Micrococcus, Hallier (emend). - Micro- 
sphaera, Cohn (ante). - Monas, Ehremberg (ex parte). - 
Microsporon, Klebs - Amylobacter, Trecul (ex parte). - 
Microzyma, Bechamp. 

« Cellule di forma arrotondata o ovale, incolore o appena 
« colorate, molto piccole, talora di diametro inferiore ad 1 mil- 
« lesimo di milimetro (1 w.), ora isolate or riunite in forma 
« di diplo- o di streptococchi, ora aglomerate in masse di Zoo- 
« glea. Mancano di movimento o presentano appena una lievis- 
« sima oscillazione senza cangiamento di posto, analogo al mo- 
« vimento Browniano. » 

Questo genere comprende i primissimi esseri che si mani- 
festano nelle decomposizioni organiche. Essi sono talora tanto 
piccoli che se non si adoprano ingrandimenti fortissimi sem- 
brano affatto puntiformi e non appariscono colla loro reale 
forma cellulare. Anzi non poche volte riesce abbastanza dif- 
ficile il dire se siano micrococchi o minime granulazioni mol- 
lecolari organiche o inorganiche, quelle che si scorgono in un 
liquido esaminato anche coi più potenti microscopii. Questa 
difficoltà è forse quella che ha fatto si che parecchi osserva- 
tori hanno trovato micrococchi, ove altri non ne scorsero 
punto. Per non incorrere in questo errore teniamo a mente 
che i detritus informi inorganici anche se siano minutissimi e 
dotati di movimento Browniano si presentano più o meno ango- 
losi ed irregolari di forma e di volume. Nei micrococchi la forma 
esattamente ovale o sferica è costante, e tutti quelli che si 
osservano in un campo microscopico sono simili per forma e 


32 


volume. Il trovarsene alcuni riuniti a guisa di corona di rosario 
toglie ordinariamente ogni dubbio. D’ altra parte poi ricordiamo 
che l’ alcool, l’ ammoniaca, 1’ etere, anche l’ ebullizione, sono 
senza azione sulla forma dei micrococchi, mentre molte gra- 
nulazioni o orgnaniche o inorganiche con questi mezzi vengono 
distrutte. 

Da ultimo torna spesso utile il sapere che scaldando legger- 
mente la preparazione, i micrococchi si agitano con un movimento 
molto accentuato, mentre invece le granulazioni organiche od 
inorganiche restano ferme o non acrescono sensibilmente il 
loro movimento molecolare. 

Alcuni moderni fanno seguire alla descrizione dei micro- 

cocchi quella delle monadi intese nel significato più stretto 
della parola, escludendone i veri infusori, le zoospore ecc. 

Io non credo di dover seguire tale esempio perchè, quan- 
tunque le monadi intese in questo senso, siano molto affini ai 
micrococchi, pure esse in luogo di vivere nelle sostanze orga- 
niche alterate, vivono nelle acque salmastre o stagnanti, e del 
resto sono molto più grandi dei micrococchi, e per lo più 
mobili. 

I micrococchi possono esser divisi in due gruppi che po- 
trebbero venire anche considerati come due sottogeneri. 


1.° Micrococchi incolori (Micrococchi.) 
2. Micrococchi colorati (Cromococchi). 


MICROCOCCHI INCOLORI 
(MICROCOCCUS) 


Micrococchi di diametro uguale od inferiore ad 1 pw. 
Globulari - 
prodotti nelle infusioni vegetali o animati 
M. Crepusculum 
nel pus o nel sangue setticoemico 
M. Septicus 
Ovali 
nelle placche difteriche 
M. Diphteriticus 


33 


nell’ intestino dei bachi da seta 
M. Bombycis 
Micrococchi di diametro maggiore ad 1,5 w. 
M. Ureae 


Micrococcus crepusculum, Cohn; 


Sin, Monas crepusculum, Ehremb - Protococcus nebu- 
losus Kitz. 

Cellule globulari di 0,5 a 1 p. di diametro, ialine, ordinaria- 
mente isolate, qualche volta in forma di streptococchi o di 
zooglee. 

Questo micrococco è il primo bacterio delle putrefazioni sia 
vegetali che animali. Esso si riscontra nelle infusioni dopo 
pochissimo tempo a seconda della temperatura, ed esiste per 
un po’ di tempo da,solo. Io propenderei molto a ritenerlo per 
identico al seguente: 


Micrococcus septicus3; 


Sin, Micrococcus septicus e Micrococcus vaccine Cohn; 
- Mierosphaera vaccinae, Cohn; - Microsporon septicum, 
Klebs; 

Cellule globulari incolori di 0,5 x. circa di diametro iso- 
late e presentantisi sotto forma di zooglea o di streptococchi 
più o meno lunghi. 

Questo micrococco si riscontra nel pus delle piaghe, nelle 
callosità ulcerose, nel sangue dei pioemici e setticoemici, nel 
sangue della febbre puerperale, nei lochi delle puerpere e pro- 
babilmente non è che il M. crepusculum delle ordinarie putre- 
fazioni che si sviluppa nel pus che si decompone sulle piaghe, 
nei lochi ecc. e che può venire introdotto nel sangue. Io ne 
ho fatto un genere solo insieme a quello che si riscontra nelle 
pustule vacciniche e variolose (M. vaccinae Cohn;) perchè 
mi sembra che la sola ragione di trovarsi esso in un pus spe- 
ciale, non sia sufficiente per separarnelo. 

Con molta probabilità a questa specie o alla precedente 


34 


vanno pure riferiti i Micrococchi trovati nelle deiezioni dei co- 
lerosi, nella diarrea epidemica. ed in altri stati morbosi, descritti 
da Hallier e da parecchi osservatori. 


Micrococcus diphteriticus, Cohn; 


Sin, Tilletia diptherica, Letz. 

Cellule granulose ovoidi che misurano da 0,35 a 1,1 pw. iso- 
late o unite in diplo- e streptococchi di 4 a 6 cellule. 

Questo micrococco è stato trovato da non pochi osservatori 
sulle placche difteriche; esso sembra capace come il precedente 
di introdursi e vegetare nel sangue. 


Micrococcus bombycis, Cohn; 


Sin, Microzyma bombycis, Bèchamp» 

Cellule più o meno ovali incolore di un diametro di 0,5 a 1 w. 
ordinariamente riunite in streptococchi di 2 a 5 granuli. 

Questa forma si trova nell’ intestino dei bachi da seta 
quando sono colpiti da quella malattia che dicesi flacidezza. 


Micrococcus ureae. Cohn; 


Cellule ovali incolore di un. diametro da 1,5 a 2 p. o isolate 
o riunite a guisa di torula in linea diretta, curva, a zigzag, o 
anche a croce. 

Questa forma si trova nelle urine soggette a putrida de- 
composizione quando l’ urea si trasforma in carbonato d’ am- 
moniaca. A questa forma deve pure riferirsi quella descritta 
da Van Tieghem nelle decomposizioni del acido ippurrico in 
acido benzoico e glicollamina, e le altre descritte da Pasteur 
nel vino filante e nelle fermentazioni del tartrato d’ ammo- 
niaca col lievito di birra ( Micrococcus fermenti, Trevis). 


35 


MICROCOCCHI COLORATI 
(CROMOCOCCUS) 


Molte ragioni militano in favore di una divisione dei mi- 
crococchi colorati dagli altri. In primo luogo la formazione 
d’una sostanza pigmentaria è fatto che li allontana già abba- 
stanza dagli incolori. Poi essi -sì presentano quasi costante- 
‘ mente sotto forma di zooglea, e mai sotto forma di mono, 
diplo o streptococchi. E finalmente essi si sviluppano non già 
nei liquidi delle ordinarie decomposizioni, come quelli che ora 
abbiamo descritto, ma invece quasi sempre sopra sostanze ali- 
mentari cotte esposte all’ aria umida. 


Cromococchi a materia colorante insolubile nell’ acqua 


Rossa - Cr. prodigiosus. 
Gialla - Cr. luteus. 
« a materia colorante solubile nell’ acqua 

Bianca - Cr. candidus. 
Color rugine - Cr. fulvus. 
Ranciata - Cr. aurantiacum. 
Gialla verdastra - Cr. chlorinus. 
Bleu scura - Cr. cyaneus. 
Violetta - Cr. violaceus. 


Cromococeus prodigiosus 


Sin. Micrococcus prodigiosus, Cohn; - Monas prodigiosa, 
Ehrem; - Palmella prodigiosa, Mont; - Bacteridum pro- 
digiosum, Schroet; - Micrococcus imetrophus, Trevis. 

Zooglee ( gliacocchi ) rosse o rosa più o meno carico, la cui 
sostanza colorante è insolubile nell’ acqua. 

Questo cromococco si sviluppa sopra certe sostanze alimen- 
tari cotte esposte all’ aria umida. Io l’ ho trovato una volta in 
abbondanza sopra alcune fette di polenta e su del pane lasciati 
per un certo tempo in un cassetto chiuso, i quali, appunto perchè 


36 


presentavano una tale colorazione rossa, mi furono dati ad 
esaminare. Il pane e la polenta in discorso sapevano appena un 
lontano odore di muffa, ma del resto erano intatti. Nell’ fin- 
terno erano del loro colorito normale. Chi me li diede mi as- 
sicurò che da qualche tempo tutta la polenta che si metteva 
in questo ripostiglio se si lasciava per qualche giorno, finiva 
per diventar rossa. 


Cromococcus luteus 


Sin. Micrococcus luteus, Cohn; - Bacteridium luteum 
Schroet. 

Zooglee gialle insolubili nell’ acqua. 

Osservate sulle patate. 


Cromococcus candidus 


Sin. Micrococcus candidus, Cohn. 

Zooglee bianche come la neve, solubili nell’ acqua. 

Osservate sulle patate cotte in forma di macchie bianchis- 
sime. 


Cromococcus fulvus 


. Sin. Micrococcus fulvus, Cohn. 

Zooglee color di rugine solubili nell’ acqua. I micrococchi 
che compongono queste zooglee sono globulari, riuniti talora 
a due a due, di 1,5 w di diametro. 

Osservate sullo sterco di cavallo in forma di goccioline. 


C'romococcus aurantiacus 


Sin. Micrococcus aurantiacus, Cohn. - Bacteridium au- 
rantiacum, Schr. 

Zooglee giallo d’ oro solubili nell’ acqua. 

Osservate sui pomi di terra cotti e sul bianco d’ovo indu- 
rito, sotto forma di goccioline. 


37 


Cromococcus chlorinus 


Sin. Micrococcus chlorinus, Cohn. 
Zooglee gialloverdastre solubili nell’ acqua. 
Osservate sul bianco d’ ovo indurito. 


Cromococcus cyaneus 


Sin. Micrococcus cyaneus, Cohn; - Bacteridium cya- 
neum, Schroet. 

Zooglee bleu scure solubili nell’ acqua. 

Osservate sulle patate cotte. 


Cromococcus violaceus 


Sin. Micrococcus violaceus, Cohn; - Bacterdium viola- 
ceum, Schroet. i 

Zooglee violette solubili nell’ acqua formate di corpuscoli 
elittici. 

Osservate sulle patate cotte. 


Gen: BACTERIUM Conn. 


Sin. Bacterium, Du]. (emend.) 

« Cellule cilindriche o elittiche, corte, a movimenti spon- 
« tanei oscillatori, molto vivi, per lo più libere, qualche volta 
« riunite a 2 a 2, raramente a 3, 4 o più. Non formano mai 
« veri Leptothrix o Torule. Si presentano invece qualche volta 
« in forma di Zooglea, la cui sostanza intercellulare è abba- 
« stanza abbondante e più resistente che non nei gliacocchi. » 

Questi bacteri si distinguono facilmente dai micrococchi 
coi quali i più piccoli possono avere una certa somiglianza, 
e da tutte le granulazioni cristallizzazioni ecc. che si possono 
trovare in un liquido, per il loro movimento. Si noti però che 
anch'essi come tutti gli altri bacteri, possono trovarsi fermi, sia 
per lo speciale periodo del loro sviluppo, sia per varii agenti che 


38 


temporariamente o definitivamente ne paralizzino la vita. ( Tem- 
peratura ecc. ) 

Il Gen: Bacterium come il gen. Micrococcus può venir 
diviso in due sezioni: 


Bacteri incolori ( Bacterium ) 
« colorati ( Cromobacterium ) 


BACTERI INCOLORI 
( BACTERIUM ) 


Bacteri di una lunghezza inferiore ai 3 
Bacterium termo. 
« di una lunghezza maggiore, fino a 5,25 # 
Bacterium lineola. 


Bacterium termo Ehr - Duj. - Cohn. 


Sin. Monas termo, Miller; - Vibrio lineola, Ehr. (ex 
parte ) Bacterium catenula? Duj. 

Cellule cilindriche incolore un po’ rigonfie nel mezzo, isolate, 
qualche volta riunite a due a due. Lunghezza 2 a 3 w, gros- 
sezza 0,6 a 1,8 #, movimento oscillante. 

Col Micrococcus crepusculum questo è uno dei primi es- 
seri che compariscono nelle putrefazioni di materie organiche 
animali o vegetali e si porta specialmente alla superficie - del 
liquido, dove, forse per la rapidità dell’ acrescimento, si co- 
stituisce in zooglee. Scomparisce in seguito ato compari- 
scono altri bacteri e gli infusori. 

A questa specie, costituita sotto forma di streptobacterio 10 
credo si debba riferire il Bacterium catenula di Dujardin 
e quindi i bacteri trovati da Coze e Feltz (1) nella febbre 
tifoide. Gli si può pure riferire a guisa di varietà il Bacterium 


(1) Coze e Feltz — Sur la presence des infusoires dans les ciglio 
infectieuses - Strasbourg 1866. 


39 
griseum e il Bact. littoreum di War ming che sono un po’ 
più rigonfi; e i vibrioni lattici, acetici, e tartrici destri di Pa- 
steur. Questi sì trovano nei liquidi zuccherini quando si forma 
acido lattico, nell’ aceto ove sì riuniscono spesso a guisa di mi- 
coderma alla superficie del liquido ( Micoderma aceti ) e nelle 
decomposizioni dell’ acido racemico, quando scomparisce 1’ acido 
tartrico destro e si mette in libertà il sinistro. 


Bacterium lineola Cohn . 


Sin. Vibrio lineola, Mùller; - Vibrio lineola, Duj. (ex 
parte.) - Vibrio tremulans, Vib. lineola e Bacterium trilo- 
culare Ehr; - Bacterium punctum? Ehr.- Melanella atoma, 
Bory. 

Cellule cilindriche, incolore, diritte, raramente un po’ con- 
torte, isolate o riunite a 2, 4, mai in maggior numero. Lun- 
ghezza 3,8 a 5,25 w. Larghezza fino a 1.25 (0 più?) movi- 
menti oscillanti più vivi che nel 5. fermo. 

Si trova molto di frequente nelle infusioni animali e vege- 
tali ed io mi sono domandato spesso se esso non debba vera- 
mente considerarsi come una forma adulta del 2. termo dal 
quale in sostanza non differisce che per la maggior lunghezza. 


BACTERI COLORATI 
( CROMOBACTERIUM ) 


Cromobacteri Bleu 
nel latte Cromobacterium syneyanum. 
nel pus Cr. aeruginosum 
» Bruni Cr. brunneum 
» Gialli Cr. canthinum 


Cromobacterium syneyanum 


Sin. Bacterium syncyanum, Schroet; - Vibrio syneya- 
nus, Ehr. 


40 

Cellule cilindriche appena flessuose, per lo più a catena di 3, 
4, 5. Lunghezza di ogni articolo 0,7 a 1 w - di colore bleu. 

Nel latte di vacca alterato al quale da una colorazione bleu. 


Cromobacterium aeruginosum 


Sin. Bacterium aeruginosum, Schroet. 

Cellule rassomiglianti affatto al B. fermo spesso riunite in 
forma di streptocbacteri, ma di color bleu verdastro. 

Si trova nel pus bleu 


Cromobacterium brunneum 


Sin. bacterium Brunneum, Schroet. 
Cellule allungate bacillari brune. 
Nelle infusioni guaste di maiz. 


Cromobacterium xanthinum 


Sin. Bacterium xantinum, Schroet;- Vibrio syncanthus, 
Ehr. 

Cellule cilindriche talora appena flessuose riunite per lo 
più in catenelle di lunghezza identica a quelle del Cr. syn- 
cyanum. i 

Nel latte di vacca alterato al quale da un colore giallo. 


Gen: BACILILILUS Cohn. 


Sin. Bacteridium Davainé. - Metallacter Perty - Me- 
tallacter Trevis. 

« Cellule cilindriche filiformi diritte, allungate, ora isolate 
« ora sotto forma di catenelle più o meno estese (Leptothrix ) 
« riunite qualche volta in sciami, giammai in Zooglea. Ora 
« mobili, ora immobili. Alcune immobili per tutto il tempo 
« della loro vita. » i 

Per le stesse ragioni per le quali non ho descritto coi mi- 
crococchi le monadi, così non descrivo coi Bacilli i veri Lepto- 


41 
thrix e i Beggiatoa che pure hanno con loro molta affinità. - 
Anche i bacilli possono distinguersi in Bacilli incolori e Cro- 
mobacilli. 

Bacilli incolori ( Bacillus ) di cui 
ogni articolo è lungo 8 # 0 poco più - Bacillus ulna 
ogni articolo è lungo circa 6 w 


sottilissimi È 

nella fermentazione butirrica - Bacillus subtilis 

nel sangue carbonchioso - Bacillus anthracis 
grossi 1 w o più - Bacillus amylobacter 


Bacilli colorati (Cromobacillus) rossi - Cromobacillus ruber. 
Bacillus ulna Cohn. 


Sin. Vibrio baculus, Ehr. Mùller, Dujard. 

Cellule filiformi rigide, unite spesso in catenelle di 2 a 4 
articoli, in linea retta o a zigzag che si muovono con movi- 
mento di rotazione su se medesime, o di progressione nel liquido. 
Lunghezza d’ un articolo 8 a 10 gw - larghezza 1 p. 

Questo bacillo si sviluppa in quasi tutte le infusioni d’ acqua 
di mare e d’ acqua dolce, con sostanze animali o vegetali, dopo 
però la comparsa del Micrococ. crepusculum e dei Bacteri. 

A questa forma si può forse riferire il Bacteridium inte- 
stinale di Davaine trovato nell’ intestino degli uccelli e il 
Bacteridium infusionum pure di Davaine. 


Bacillus subtilis Cohn; 


Sin. Vibrio subtilis, Ehr;- Fermento butirrico di Pasteur. 

Cellule filiformi sottilissime, allungate, unite in catenelle 
di 2 a 20 articoli, ciascun articolo lungo 5 a 6 x di una gros- 
sezza non misurabile. Spesso presentano dei movimenti di fles- 
sione attiva o passiva e di traslazione all’ avanti e all’ indietro. 

Questo Bacillo sì riscontra nella fermentazione butirrica e 
si può averlo in copia facendo macerare qualche pezzetto di 
formaggio grasso nell’ acqua. Si trova anche nelle acque sta- 
gnanti. 


42 


Baccillus anthracis Cohn. 


Sin. Bacterium anthracicum, Bolling. - Bacteridium del 
carbonchio di Davaine. 

Cellule filiformi cilindriche, sottilissime allungate riunite in 
catenelle di molti articoli. Ogni articolo lungo da 4 a 6 #, 
grossezza appena apprezzabile. Manca sempre ogni movimento. 

Questo bacterio, che del resto è, meno il movimento, quasi 
identico al Bacell. subtilis si trova nel sangue degli animali car- 
honchiosi. La decomposizione di questo, quando sia estratto 
dal corpo dell’ animale, mentre da origine ai soliti bacteri 
della putrefazione, distrugge quello del carbonchio, sicchè non è 
raro osservare sangue carbonchioso che dapprima conteneva il 
Bacill. anthracis, dopo 2 0 3 giorni di conservazione non con- 
tenerne più affatto. 


bacillus amylobacter V. Thieghem. 


Sin. Amylobacter Trecul. 

Cellule filiformi sottili cilindriche isolate o in catenelle di 
2 a 4 articoli. Lunghezza d’ ognuno 6.6 w. grossezza 1.1: quasi 
sempre immobili. Spesso presentano una spora terminale o nel 
loro mezzo. In quest’ ultimo caso sono fusiformi. 

Questo bacterio sarebbe l’ agente principale della putrefa- 
zione vegetale (1) e si sviluppa appunto nei rami in putrefa- 
zione, anche, come asserisce Trecul (2) entro le cellule ve- 
getali intatte. Di 

La presenza dell’amido in questo bacterio è messa fuori di 
dubbio dal modo di comportarsi di alcune parti del suo proto- 
plasma (specialmente le spore) colla tintura di jodio. — Per 
ottenerlo in buon numero sì mettono nell’ acqua pura di un 
bicchiere a larga apertura alcuni frammenti di rami freschi - 
di piante, preferibilmente di fico e in stagione estiva o prima- 


(1) Van Thieghem — Bull. de la Soc. bot. de France 1877. 
2) Trecul Compt. rend. accad. des scien. 1865 e 1868. 


43 


verile. Quando si forma alla superficie del liquido un po di 
pellicola, ciò indica la piena fermentazione delle materie zuc- 
cherine del vegetale (ordinariamente dopo 36 ore in estate ). Si 
fanno allora dei tagli sottili del ramo come per siudiarne le 
cellule e si osservano o nell’ acqua o nella glicerina pura o 
lodata. 


Cromobacillus ruber 


Sin. Bacilus ruber, Cohn. 

Cellule filiformi baccilari rosse, isolate :o riunite in cate- 
nelle di 2, 3, 4 articoli, che si muovono rapidamente. 

Trovato da Cohn in una sostanza mucosa vermiglia svi- 
luppatasi su grani di riso. 


Gen: VEIEBRIO Cohn 


Sin. Vibrio auct. (emend.) 

« Cellule cilindriche filiformi più:o meno distintamente ar- 
« ticolate, leggermente contorte a spirale sicchè in proiezione 
« presentano la figura d’ una linea ondulata tutta in un piano, 
« dotate di movimento di progressione e di rotazione intorno 
« all’ asse della propria spirale, non presentantisi mai sotto 
« forma di Zooglea. » 

I vibrioni furono da non pochi autori considerati come una 
linea ondulata ma tutta nello stesso piano, sicchè anche Cohn 
li escludeva dal suo gruppo dei bacteri spirali (spirobacteri) e 
li riuniva invece ai lineari. Ciò si spiega considerando che la 
loro spirale ha un passo di vite molto grande in confronto del 
diametro della spirale stessa che è molto piccolo. E stato 
Warming che ha pel primo messo in chiaro la forma spirale 
di questi esseri, e del resto basta osservarne qualcuno quando 
per caso si dispone perpendicolare ai vetrini del microscopio, 
per accertarsi insieme e della loro forma spirale, e del loro 
movimento di rotazione intorno all’ asse dell’ elica che li costi- 
tuisce. 

Una osservazione incompleta aveva fatto pur credere agli 


dd, 
antichi osservatori che i vibrioni fossero flessibili. È chiaro che 
se una spirale molto allungata si fa girare intorno al suo asse, 
porterà la parte convessa delle sue curve viste per proiezione 
ora da un lato, ora dall’ altro sicchè sembrerà che il filo della 
spirale sì pieghi a mo’ di serpentello ora da una parte ed ora 
dall’ altra. 

Ma questa non è che una illusione ottica e i vibrioni sem- 
brano rigidi come tutti gli altri bacteri. 

Non sono stati osservati finora vibrioni colorati per cui ne 
faremo un sol gruppo. 


Vibrioni con una sola curvatura — Vibrio rugula 
» con 2 a 4 curvature e più — Vibrio serpens 


Vibrio rugula Miller 


Sin. Vibrio lineola Duj. (ex parte) - Melanella flexuosa, 
Bory. 

Cellule filiformi cilindriche allungate presentanti nel loro 
mezzo una curvatura unica non molto pronunziata ma distinta. 
Lunghe da 8 a 16 e più w. larghe 0, 7 4. a 0,8 #. Le più lunghe 
(fino a 35 #.) sono in via di divisione. Movimento di progres- 
sione e di rotazione intorno al loro asse simulante un movi- 
mento serpentiforme. 

Questi vibrioni si trovano nelle infusioni animali e vegetali 
dopo poco tempo che sono comparsi i micrococchi i bacteri e 
i bacilli. Talora vi si riscontrano in veri sciami e tal altra 
sono isolati. E questa la forma che è stata trovata da Pouchet 
nelle deiezioni dei colerici, e da Leeuwenhoeck nelle de- 
lezioni diarroiche e nelle mucosità dentarie. 


Vibrio serpens Miller 


Cellule filiformi cilindriche allungate presentanti 2 a 4 
ondulazioni regolari. — Lunghe da 11 a 25 pw. spesse 0,7 0,8. 
Diametro della spirale 1 a 3 w. Movimento analogo a quello 
del precedente. 

Si riscontrano come i Vibrio rugula, ma più di rado, nelle 
infusioni, come pure nell’ acqua di riviera ecc. 


45 


Gen: SPIRILILUM Ehkr. 


‘« Cellule cilindriche allungate filiformi distintamente con- 
< torte a spirale in giri spaziosi, il cui asse è una linea retta; 
« moventisi con moto molto rapido di progressione, e con moto 
« di rotazione intorno al loro asse. » 

Sembra che qualche spirillo possa essere colorato ed è già 
stato descritto uno Sp. rufum da Perty e uno Sp. viola- 
ceum da Warming, ma siccome l’una è una specie trovata 
solo nelle acque marine (S. violaceum) e 1 altra non è stata 
vista da altri osservatori e può considerarsi dubbia, così non ne 
terremo conto. 

Per noi quindi anche gli spirilli sono tutti incolori. 


Soirilli presentanti 4 giro a 1 giro di spi- 


rale raramente 1 ‘4, 2, 3 . - Spirilum undula 
» presentanti 2 a 7 giri di spirale 

Sotuiliss im Na e ea - Spirillum tenue 

STOSSIAR ai GAARA - Spirillum volutans 


Spirillum undula Ehr. 


Sin. Vibrio prolifer Ehr. - Vibrio undula Miller. 

Cellule cilindriche filiformi flessuose presentanti 14 giro a 
1 giro di spira raramente due o tre, grossi 1,3 x. lunghi 8 a 
10 w diametro della spirale 5 « - passo di vite della spirale 
3a 5 x - Movimento spirale rapido. 

Si presentano nelle infusioni animali e vegetali fetide, però 
solo dopo un certo tempo da che si è sviluppata la putrefa- 
zione. D' inverno si sviluppano meno facilmente che d’ estate. 

Si trovano anche nelle acque correnti. 


‘Spirillum tenue Ehr. 


Cellule clindriche filiformi sottili flessuose presentanti ordina- 
riamente 3 a 4 giri di spira raramente uno e mezzo e poche 
volte più di 4. Grossi 0,8 a 1 « - Lunghi 4 a 15 w.- Dia- 


46 
metro della spirale 2 a 3 w. - passo di vite 2 a 3 w. Movimento 
spirale rapido. 

Anche questi si trovano come i precedenti nelle infusioni 
fetide. » 


Spirillum volutans Ehr. Duj. 


Sin. Melanella spirillum Bory. 

Cellule cilindriche filiformi grosse flessuose presentanti da 2 
a 3}, giri di spira raramente 6 o 7. Grossezza 1,5 4 - lunghezza 
25 a 30 w. Diametro della spirale 6,6 (H, passo di vite 13 w. 
Movimento ora rapido ora nullo. 

Come i precedenti si trovano nelle infusioni putride vege - 
tali o animali, nell’ acqua di mare, nell’ acqua dolce ecc. Que- 
sta forma è quella in cui più facilmente e più distintamente 
sì può scorgere un ciglio. 


Gen: SPIROCHAETEK Ebr. 


Sin. Spirillum Duj. (ex parte) 

« Cellule cilindriche filiformi molto allungate, distintamente 
« contorte a spirale in giri ristretti, il cui asse è una linea 
« flessuosa, molto probabilmente spirale, presentanti movimenti 
« di flessione (?) di progressione in avanti e di rotazione in- 
« torno al proprio asse. 

In questa forma come nei Vibrio io-credo che l’ apparenza 
di flessibilità che hanno al microscopio le eliche delle Spiro- 
chaete sia dovuta all’ essere l’ elica stessa non ad asse retti- 
lineo ma ad asse spirale molto allungato. Nel movimento che 
l’ elica fa intorno all’ asse rettilineo di questa seconda spirale 
si ha facilmeate la sensazione di un movimento ondulatorio di 
flessione come serpentiforme. 

In questo genere non esiste che una specie sola. 


Sspirochaete plicatilis Ehr. 


Sin. Spirillum plicatle Dujard. - Spirochaete Ober- 
meierti, Cohn. 


47 


Presentante i caratteri della descrizione generica. Lun- 
ghezza totale 130 a 200 w. Questo bacterio che è il più grande 
.di tutti è anche il più raro a riscontrarsi. Si trova nelle in- 
fusioni putride molto conservate, nelle acque stagnanti, nelle 
acque di mare. Obermeier (1) l’ avrebbe trovato nel sangue 
di ammalati attaccati da febbre ricorrente. La sua osservazione 
è stata confermata da altri. Anzi Cohn di questa Spirochaete 
ne fa una specie a parte Spirochaete Obermeierit che si di- 
stinguerebbe dalla plicatilis per essere terminata a punta alle 
due estremità. 

Cohn poi ha trovato anche la S. pticatilis entro a denti 
cariati. (2) È questa forma che Trevisan propone di chiamare 
Spirochaete Cohmnii. 


NUTRIZIONE DEI BACTERI 


Il fenomeno della nutrizione dei bacteri deve essere evi- 
dentemente molto semplice, e nel medesimo tempo racchiudere 
varii fenomeni. La niuna o pochissima differenziazione organica 
che esiste in questi esseri non permette in essi. di tenere di- 
stinto il fenomeno dell’ assorbimento delle sostanze alimentari 
da quello della respirazione e da quello dell’ assimilazione. Per 
quanto in essi sì possa distinguere un ciglio, una membrana 
involvente, un contenuto, essi sono per noi come l’ espressione 
della massima semplicità vivente, oltre la quale non sappiamo 
immaginare altro che le granulazioni del Proapientite o le 
molecole chimiche. 

La semplicità e quasi unità morfologica deve essere accompa- 
gnata quindi a semplicità ed unità di funzione, sicchè 1’ alimento 
e l'ossigeno vengano assorbiti e senz’ altro assimilati nel piccolo 
organismo. 

Non faccia meraviglia ad alcuno che io abbia parlato di 
ossigeno, perchè, o animali o vegetali ch’ essi siano (lasciamo 


(1) Obermeier — Filament tes fin et mobile dans le sang d’ un ma- 
lade atteint de fievre recurrente - In Centralblatt 1873, 
(2) Chon — Beitraege ecc. 1, Heft 2, 1872, 


48 


pure se così vuolsi indecisa la questione) essi devono nutrirsi 
come tutti gli organismi inferiori sprovvisti di clorofilla, e cioè 
per assorbimento endosmotico di liquidi nutritivi, per assimi-, 
lazione di ossigeno, e per eliminazione di acido carbonico. 

E questo è quello che noi vediamo diffatti. 

L’ acqua come il veicolo di ogni loro nutrizione è per essi 
indispensabile affatto. La dissecazione quantunque non ne 
alteri notevolmente la forma, arresta in essi ogni funzione non 
solo, ma ne spegne molto probabilmente la vita. Io non farei 
eccezione che per le loro spore, le quali una volta proddotte 
potrebbero resistere anche al disseccamento più completo per 
poi riprendere la loro vita e produrre altri bacteri appena si 
trovassero in condizioni favorevoli. È vero che si citano i mi- 
crococchi dei varii virus come esempi ben conosciuti della per- 
sistenza della vitalità di questi organismi dopo dissecazione di 
una durata talora anche molto lunga. Ma io credo che questa 
sia una prova assai poco concludente, comecchè non sappiamo 
con certezza se l’ agente virulento sia il bacterio, e non piut- 
tosto una sostanza chimica o certe granulazioni protoplasma- 
tiche od altro. 

Intanto le mie esperienze mi porterebbero a credere che i 
bacteri già formati e viventi in stato temnogenetico (di ripro- 
duzione per scissione ) muviano del tutto e siano incapaci di 
ripigliare la loro vita quando siano stati completamente dis- 
seccati. 


Esperienza (10 ottobre 1878) (1). 


Prendo una goccia di liquido contenente bacteri provve- 
nienti da un infusione di carne. Vi si trova qualche str epto- 
cocco immobile, alcuni microbacteri, il Bacillus una e qualche 
Vibrio rugula quasi tutti in movimento. Li lascio disseccare 


(1) Per norma del lettore avverto che le esperienze ed osservazioni che 
andrò riportando sono state fatte abitualmente con un microscopio Nachet 
molto chiaro coll’ oculare 3 e l’ obbiettivo 3, 5 o 7 ad immersione : que- 
st ultimo però rare volte. Di rado pure sono ricorso all’ Hartnach coll’ oc- 


- 


culare 5 e 1° obiettivo 9 ad immersione, 


49 


sul vetrino all’ aria libera e alla temperatura ambiente (+ 12°) 
Dopo tre ore la goccia è affatto disseccata. 

Aggiungo una goccia d’ acqua ben pura, lascio ancora la 
preparazione all’ aria libera per 10 minuti poi la ricopro d’ un 
vetrino e la esamino. I bacteri si distinguono molto bene ma 
sono affatto immobili. Dopo un ora, identico risultato. Aggiungo 
alcune altre goccie d’ acqua e con un piccolo vetro da orolo- 
gio impedisco l’ evaporazione. Dopo 2 giorni i bacteri sì ri- 
trovano ancora, ma tutti immobili. Ripetuta nei giorni succes- 
sivi questa esperienza ha dato sempre gli stessi risultati. 


Esperienza — (12 Novembe 1878) 


Preparo una soluzione di albumina fresca priva di bacteri 
non molto concentrata, e la divido in tre bicchierini. Nel 
primo aggiungo cinque goccie d’ un liquido putrido provve- 
niente da un infusione animale e contenente moltissimi bacteri. 
Nel secondo aggiungo un vetrino da orologio sul quale in ap- 
posita stufa a temperatura non maggiore di 25° ho fatto eva- 
porare un centimetro cubico di liquido putrido della stessa 
infusione. Nel terzo non aggiungo nulla e lo tengo intatto per 
termine di confronto. 

La temperatura ambiente era in media di + 11° nel giorno 
e + 6° nella notte. ‘ 

Il giorno successivo il liquido del primo bicchiere presen- 
tava pochi bacteri agilissimi e un lievissimo odore di putrefa- 
zione. Quello del secondo presentava qualche micrococco im- 
mobile e nessun odore, quello del terzo nessun cambiamento. 
Otto giorni dopo (20 Novembre) essendosi sempre: conservata 
la suddetta temperatura con poche variazioni, il primo bic- 
chierino presenta molti micrococchi e bacteri agilissimi, odore 
spiegato di putrefazione, e lievissima pellicola alla superficie. 
Gli altri due presentano appena qualche micrococco isolato e 
nessun odore. 

Questa esperienza ho ripetuta nel gennaio 1879 con identico 
risultato. Noto che ho preferito l'inverno, perchè nell’ estate 
è tanto rapida la comparsa spontanea dei primi bacteri nei 
liquidi putrescibili che mi avrebbe dato risultati meno netti, 


50 

Se l’ acqua è indispensabile alla vita dei bacteri essa però 
non basta. Bacteri vivi trasportati nel acqua stillata vi muoiono 
dopo un tempo più o meno lungo. Vegetano bene invece in 
‘tutte le infusioni di sostanze organiche e anche in quelle di 
pura albumina. Sembra quindi che l’ azoto e il carbonio siano 
loro necessari: ma essi se ne impadroniscono non solo toglien- 
doli ai composti organici, ma anche decomponendo l ammo- 
niaca e gli acidi organici. Infatti essi vivono benissimo e ve- 
getano nei liquidi di Pasteur, Cohn e Mayer:'in cui l'azoto 
e il carbonio sì trovano appunto sotto queste forme. 


Liquido di Pasteur - Acqua stillata gr. cento 
Zucchero candito gr. dieci 
Tartrato d’ ammoniaca gr. uno 
Ceneri di lievito miligr. settantacinque 
Liquido di Cohn - Acqua stillata gr. cento 
Tartrato d’ ammoniaca gr. uno 
Ceneri di lievito gr. uno 
Liquido di Mayer - Acqua stillata gr. cento 
Fosfato di potassa 
Solfato di magnesia crist. 
Fosfato tribasico di calce 
di ciascuno gr. mezzo 
Tartrato d’ ammoniaca gr. uno. 


Come ultimo ed indispensabile elemento per la loro vita 
abbiamo l’ ossigeno. Questo verrebbe preso o dall’ aria diret- 
tamente o dall’ aria sciolta nell’ acqua analogamente a quanto 
succede per gli animali e pei vegetali sprovvisti di clorofilla. 

A questo proposito ricordo che Pasteur (1) distingue i 
bacteri in aerobit ed anaerobti ossia ammette che ve ne siano 
alcuni che abbiano bisogno per vivere dell'ossigeno atmosfe- 
rico o di quello sciolto nell’ acqua, ed altri che si contentino 
di toglierlo alle materie putrescibili o fermentescibili, mentre 
anzi verrebbero uccisi dall’ ossigeno libero. 


(1) Pasteur — Comp. rend. Acc. des sciences 1364, 1865 ecc. 
id. — Acc, de Medecine - 1875, 


51 


Secondo questo autore quando un liquido putrescibile è messo 
in un vaso che poi si chiude, lasciandovi nell’ interno un po’ 
d’aria, la putrefazione si compie in due periodi. Dapprima si 
sviluppano i bacteri aerobii (bacterium propriamente detti) che 
respirano l'ossigeno dell’ aria e quello sciolto nel liquido e lo 
trasformano in acido carbonico. Quando l’ hanno consumato 
completamente essi muoiono e allora si sviluppano i bacteri 
anaerobii ( dacillus, vibrio ) che assimilano l’ ossigeno toglien- 
dolo dalle materie rinchiuse nel liquido, e che sono uccisi dal- 
l'ossigeno libero. Se il liquido trovasi in un vaso aperto i 
bacteri aerobii formano alla superficie una pellicola sottile la 
quale, impedendo l’accesso dell’aria nel liquido sottostante, 
permette così la vita dei fermenti anaerobil. 

Questo modo di vedere non è accettato da molti. In primo 
luogo perchè, togliendo ad esaminare una goccia d’un liquido 
putrescibile alla superficie, e affatto in contatto coll’ aria, in 
mezzo a molti bacterium si trovano pure vibrio e bacillus. In 
secondo luogo perchè molti recenti hanno osservato la morte di 
qualsivoglia forma bacterica quando siano sotratti affatto dalla 
presenza dell’ ossigeno libero. Io stesso ho fatte alcune espe- 
rienze in proposito che ora brevemente riferisco. 


Esperienza (10 Dicembre 1878 ) 


Entro un vetrino porta oggetti con incavatura, metto al- 
cune goccie di liquido con bacteri, provveniente da infusione 
di carne, e lo copro con uno dei soliti vetrini in modo da 
espellerne affatto l’ aria. Asciugati accuratamente i bordi della 
preparazione la chiudo intorno con silicato liquido di potassa 
eppoi l’ esamino. Nel liquido si contengono numerossimi bacteri 
e bacilti mobili ed agilissimi. Dopo circa un ora la prepara- 
zione non presenta ancora alcun cambiamento apprezzabile. Il 
giorno successivo dopo circa 22 ore, tutti i bacteri erano 
immoboli affatto e restarono in questo stato anche dopo che, 
per l'apertura della preparazione, erano ritornati in contatto 
dell’ aria. 

Ripetendo questo esperimento ho constatato che se nel 
liquido d’ esperimento si racchiudeva una piccola bolla d'aria 


3 


52 


anche dopo le 24 ore e più, la maggior parte dei bacteri si 
trovava ancora in mivimento. 


Esperienza (15 Dicembre 1878 ) 


Ripeto le esperienze precedenti rinchiudendo in vetrini di- 
versi, bacteri levati dalla parte superficiale del liquido in pu- 
trefazione, e possibilmente dalla pellicola, e bacteri levati 
mediante una pipetta dalle parti sottostanti. Dopo due ore i 
bacteri levati dalla parte superficiale e rinchiusi senz’ aria sono 
tutti morti, mentre quelli presi dalle parti sottostanti vivono 
ancora. Anch’ essì tutti però erano affatto immobili dopo 20 ore. 


Come si vede queste esperienze, molte volte ripetute, infir- 
mano l’ asserzione di Pasteur che fra i bacteri ve ne abbiano 
degli anaerobii. Esse concordano invece con quelle di H o ff- 
mann (1) in quanto al risultato finale che è quello della morte 
dei bacteri per la privazione dell’ aria, ma ne discordano in- 

vece riguardo al tempo in cui questa avverrebbe. Invero Ho ff- 
mann asserisce che se una goccia del liquido con bacteri è co- 
perta dal vetrino e sì chiude la preparazione con un mastice im- 
permeabile, ogni movimento è già cessato dopo 2 minuti, purchè 
tuttavia nessuna bolla d’aria sia stata imprigionata nel liquido. 
Io invece per quanta cura mi abbia messo a lutare le mie pre- 
parazioni e per quanto abbia adoperato mastici differenti (si- 
licato liquido, bitume giudaico ecc.) non ho mai veduta la 
cessazione dei movimenti prima che sia trascorsa un ora al- 
meno dalla privazione dell’ aria. 

Un altra mia esperienza risulta pure DA alle viste di 
Pasteur. 


Esperienza (1 Dicembre 1878) 


Un piccolo tubetto piegato ad U viene empito di liquido 
provveniente da un infusione di carne, e contenente bacteri. 
In ciascuna delle sue branche verticali faccio entrare un filo 
di platino che poi metto in comunicazione coi poli di una pila 


(1) Hoffman — Ann. Sc. nat. 1869 t. XI. 


53 


di 4 coppie a corona di tazze, piccoli elementi rame e zinco in 
acqua salata. Essendo chiuso il circuito, il filo di platino del 
polo positivo pescava quindi in una delle branche verticali, e 
il filo del polo negativo nell’ altra. Dopo 24 ore essendo oscil- 
lata la temperatura fra + 10° nel giorno e + 4° nella notte, 
levo con molta precauzione e senza imprimere scosse all’ ap- 
parecchio i reofori dal tubo, e mediante una sottile pipetta 
estraggo ed esamino separatamente una goccia del liquido in 
contatto col polo positivo e una in contatto col polo negativo. 
Se l'ossigeno libero fosse capace di uccidere alcuni bacteri (i 
bacilli) il numero di essi immobili avrebbe dovuto essere molto 
maggiore al polo positivo. Invece il liquido che si trovava in 
contatto di questo polo presentava i bacteri più vivaci. 
Ripetendo più volte questo esperimento e variandone di 
poco le condizioni, i risultati sono sempre stati i medesimi. 


Del resto l’ influenza dell’ ossigeno sulla vita e sullo sviluppo 
dei bacteri è manifesta per poco che si sottraggano i liquidi 
che li contengono più o meno completamente all’ accesso del- 
l’aria. Si vede allora come la vegetazione bacterica, risulti de- 
hole e scarsa in confronto di quella che si verifica nei liquidi 
in cuì l’aria può avere libero accesso. 


RIPRODUZIONE DEI BACTERI 


I Bacteri come tutti gli altri esseri organizzati e viventi 
hanno tendenza a crescere dal momento del loro primitivo 
sviluppo. Notiamo frattanto che questa tendenza sembra ve- 
rificarsi solo nel senso lungitudinale. Quando il bacterio ha 
raggiunto circa il doppio della sua lunghezza ordinaria, si 
forma nel suo mezzo una specie di sepimento perpendicolare 
al suo asse maggiore che divide la cellula bacterica in due. 
Queste continuano per un certo tempo a stare unite e in questo 
‘stato possono ancora crescere e dividersi di nuovo formando 
come una catenella o una corona da rosario (diplo e strepto- 
cocchi, diplo e streptobacteri ), poi finalmente ciascuna cellula 
si separa completamente ed assume una individualità a se. 


54 

Quando tale modo di riproduzione scissipara avviene in mezzi 
molto ricchi di sostanza nutritiva, e quindi con molta rapidità, 
i nuovi bacteri possono restare come aglutinati fra loro da una 
sostanza gelatinosa che sembra un prodotto di loro secrezione, 
e formano le zooglee (gliacocchi e gliabacteri ). 

Secondo Cohn si può ammettere che un bacterio si divida 
in due nello spazio di un ora. Ciò non è tanto facile a deter- 
minarsi esattamente. Però io son d’ avviso che quando comin- 
cia a mancar loro la sostanza nutritiva, impieghino un tempo 
notevolmente maggiore. In ogni caso il loro movimento ripro- 
duttivo è attivissimo quant’ altri mai. 

Oltre la riproduzione scissipara i bacteri possono riprodursi 
anche per spore. Questo fatto di cui gli antichi osservatori 
non avevano avuto sentore è stato accennato dapprima da 
Mantegazza (1) il quale descrisse dei bacteri con una specie 
di testa od ovulo alla loro estremità, che egli chiamava Vi 
briocephalus pignacca. Egli osservò che questi ovuli si sepa- 
ravano a volte dal loro bacterio e cadevano al fondo, restando 
per molto tempo inalterati. In seguito Robin (2) parlò delle 
spore del Leptothrix buccalis, e ciò è poi stato messo fuori di 
dubbio da Cohn, Billroth, e Kock per quasi tutti i bacteri. 
Ciò è manifesto specialmente pel Bacillus amylobacter, in cui 
le spore contengono amido, sicchè si distinguono facilmente 
colla glicerina iodata. 

Quando si forma la spora, essa si presenta o ad una estre- 
mità, e allora il bacterio sembra che abbia una specie di testa 
( Vibriocephalus) ora nel suo mezzo e allora il bacterio diventa 
fusiforme. I Bacteri però non si riproducono per spore che in 
circostanze eccezionali: sembra che ciò avvenga specialmente 
sotto l'influenza delle cause fisiche atte a determinare la morte 
degli individui in istato temnogenetico (di riproduzione scissi- 
para) e così il calore eccessivo, la privazione d’ ossigeno, la 
dissecazione. In quegli esperimenti in cui verificavo l’ azione 
dell’ aria sui bacteri mi accadeva spesso, dopo aver tenuto per 


(1) Mantegazza — Giornale dell’ Istituto lombardo anno 1851. 
(2) Robin — Hist. nat. des veget. parassits, Paris 1853. 


55 


24 ore dei bacteri affatto chiusi e privi d’ aria, di trovarli tutti 
immobili come ho detto, ma di trovarne anche qualcheduno in 
cui si discerneva chiaramente un punto brillante ad una estre- 
mità che doveva ritenersi come una spora. 

In genere queste spore sono globolose nelle specie a cellule 
globulose, ovali nelle specie a cellule allungate, circondate 
da una sostanza cristallina che le rende fortemente rifrangenti 
e dottate della facoltà di resistere ad alti gradi di temperatura 
e alla maggior parte dei mezzi di distruzione. Esse sareb- 
bero quindi come l’ espressione della lotta per |’ esistenza di 
questi piccoli esseri. 

Toussaint, a quanto ce ne dice Magnin (l.c.) in alcuni 
suoi studii inediti avrebbe riscontrato anche la formazione di 
veri sporangi polispori nel Bacillus anthracis. Le sue osserva- 
zioni però sono ancora uniche nella scienza. 

Oltre questo modo di riproduzione che avverrebbe nei bacteri 
già sviluppati, si vorrebbe ammettere da non pochi osservatori 
anche la produzione spontanea od eterogenia. 

Si sa quanto sia stata dibattuta, ed aspramente dibattuta 
questa quistione dai vari scienziati. 

Il voler ricordare anche solo in succinto tutti gli esperi- 
menti che si sono fatti e in favore e contro, con diverso risul- 
tato, ci porterebbe a non finirne così facilmenfe, per cui non 
ne farò parola che accennando di volo la quistione. 

Peri Panspermisti (Pasteur ecc.) l’ origine dei bacteri nei 
. liquidi putridi s’' avrebbe a ripetere esclusivamente da germi 
nuotanti nell'aria che, caduti nei liquidi putridi, vi avrebbero 
trovato un terreno favorevole per svilupparsi e vegetare. Per 
essi, quando a mezzo di filtrazioni dell’ aria, si impedisca ai germi 
di arrivare nei liquidi putrescibili, e per mezzo di calore con- 
veniente sì distruggano quelli che potevano per avventura 
trovarsi nei liquidi stessi, la comparsa dei bacteri sarebbe af- 
fatto impossibile. 

Gli Eterogenisti invece (Pouchet, Bastian ecc.) preten- 
dono che i bacteri si organizzino direttamente nei liquidi pu- 
triscibili senza bisogno di germe importato dal difuori; dalle 
molecole organiche in decomposizione, o dalle granulazioni ivi 


56 
esistenti. Essi, coi loro ‘esperimenti ottengono, bacteri anche in 
quelle condizioni che, secondo le viste dei penspermisti sono più 
contrarie al loro sviluppo. Così in palloni di vetro suggellati al 
fuoco e scaldati a temperature superiori ai 100.° (1) 

L’ idea che siano le granulazioni morte esistenti nei liquidi 
organici che a poco a poco, nel processo di putrefazione si or- 
ganizzino direttamente in bacteri, fu forse sostenuta per la 
prima volta da Trecul (2) a proposito degli Amilobactéri. 
Egli asseriva che facendo macerare nell'acqua dei rami di 
piante di diverse famiglie, il lattice ci coagulava sia in colonne 
omogenee, sia in piccole masse più o meno voluminose: poi 
tutta la sostanza di questo lattice si risolveva in corpuscoli 
molto più tenui dei globuli primitivi: questi a poco a poco si 
allungavano e diventavano i veri amobactèri. Tale formazione 
secondo Trecul avveniva non solo entro i latticiferi ma anche 
nell’ interno di cellule completamente chiuse. 

Circa nello stesso tempo Balsamo-Crivelli e Maggi (3) 
cercavano di dimostrare con esperienze che la formazione del 
Bacterium termo e del Bacillus ulna (Vibrio bacillus) nelle 
infusioni di tuorlo d’ uovo era dovuta ad una mutazione mor- 
fologica dei granuli vitellini dell’ ovo secondo le circostanze in 
cui veniva posto. Essi seguitarono i loro studii negli anni suc- 
cessivi e sempre cogli stessi risultati. (4) Per essi i granuli 
vitellini sì riuniscono, nel processo di putrefazione, dapprima 
in catene moniliformi. Allora cominciano a muoversi. In se- 
guito scompariscono i tramezzi fra le varie granulazioni, esse 
si fondono in un unico bastoncino che è il vero bacterio. Anzi 
essi avrebbero perfino trovato una corrispondenza fra la lar- 
ghezza del Bacillus e il diametro degli elementi morfologici 
da cui deriva (5). 


(1) Fra gli alti vedi - Cantoni G. — Ancora sulla produzione ecc, 
nei Rendic. Istit. Lombardo 1869. 

(2) Trecul — Comptes-rendus de l’ acc. des sciences 1865-1868, 

(3) Balsamo - Crivelli e Maggi — Esperienze sulla produzione 
di alcuni organismi inferiori - Milano 1867. 

(4) Balsamo- Crivelli e Maggi — Rendiconti Istituto Lombardo 
anni 1868 e seguenti. 

(5) Balsamo e Maggi — Rend, Ist, Lomb. 1869, 


57 


Nel 1868 Ugo Bennet (1) conscio.o meno dei lavori or 
ora citati, pubblicava alcune sue esperienze con risultati per- 
fettamente identici, e dalle quali deduceva anch'egli che i 
bacteri si organizzano dalle granulazioni del protoplasma. 

Bechamp e Estor poco dopo (2) sostennero anch’ essi 
qualche cosa di consimile. Per essi le sostanze putrescibili, e così 
i globuli del sangue, sarebbero formati da una agregazione di 
fermenti che essi chiamano microzimi e che corrisponderebbero 
presso a poco ai nostri micrococchi e alle granulazioni ele- 
mentari degli eterogenisti. Il globulo putrefacendosi si sfascie- 
rebbe nei microzimi che lo compongono, i quali poi riunendosi 
a due a tre e più darebbero luogo alla formazione dei bacteri. 

To non mi sono mai occupato di esperimenti in proposito. 
Ricordo però un fatto che mi è occorso di notare parecchie 
volte. Durante l’inverno 1878-79 se tenevo per pochi giorni nel 
mio studio un bicchierino aperto contenente liquido del Mayer, 
. ad onta di ogni precauzione che potevo prendere per allonta- 
nare tutti i germi attaccati alle pareti dei vasi, dopo 5 o 6 
giorni il liquido si intorbidava e si mostrava carico di bacteri 
come se fosse stato un infusione organica. Se invece conser- 
vavo questo liquido in bottigliette chiuse semplicemente con un 
tappo di sughero, esso restava affatto immune da bacteri: mentre 
il latte, lo siero ecc. contenenti granulazioni protoplasmatiche, 
mantenuti nelle identiche condizioni, dopo pochi giorni erano 
sempre carichi di bacteri. 

Mi sono intrattenuto alquanto su questa questione perchè 
essa ha un’importanza evidente anche per risolvere la questione 
medica in rapporto ai bacteri. — Egli è certo che se la pro- 
duzione spontanea dei bacteri potesse essere messa fuori di 
dubbio, l’ origine dei bacteri circolanti nel sangue dei malati di 
infezione, potrebbe ripetersi dalle normali granulazioni del pro- 
toplasma comunque alterate e trasformate in bacteri, sicchè 
questi non già causa ma sarebbero effetto della malattia. 


(1) Bennel — Edimburg med. journ. Gen. 1868. 
(2) Bechamp et Estor — Comptes-rendus de l’acc. des siences 7 
Febbr. 1870, 


58 

Checchè ne sia, e quantunque i lavori di molti scienziati 
fra i quali primeggia Bastian (1) sembrino dimostrare pos- 
sibile la produzione spontanea dei bacteri, dobbiam dire che la 
questione non è ancora risolta. Tutte le argomentazioni in 
favore di questa teoria per ora si fondano su ciò, che in so- 
stanze sottoposte per qualche tempo ad alto grado di calore 
e chiuse ermeticamente, si svilupparono bacteri senza che nuovi 
germi siano venuti dal di fuori. E tutte le opposizioni si ridu- 
cono a non ammettere che il calore addoperato sia stato suf- 
ficiente ad uccidere i germi preesistenti. A questo modo è 
chiaro che la questione è sempre acremente discussa e forse si 
duscuterà ancora per molto tempo, senza poter venire ad una 
conclusione definitiva. 

Epperò fa pena il vedere come la maggior parte dei soste- 
nitori dell’ omne vivum ex ovo et omnis cellula ea cellula 
trattino quasi da pazzi e da visionari i partigiani della produ- 
duzione spontanea. 

« In mezzo all’ odierno progresso e svolgimento delle teorie 
« fisiche, e in presenza dei radicali cambiamenti che hanno 
« subito le ipotesi che sembravano più saldamente stabilite, » 
dice il Cantoni (2) « non è stolta presunzione quella, non di- 
« ciamo di credere, ma almeno di sospettare la possibilità che 
« il protoplasma rudimentale degli organismi, possa ingenerarsi 
« in opera delle comuni forze fisico chimiche, tuttochè non si 
« sappia ancora assegnarne il come. E d° altronde, data quella 
« ipotesi cosmogonica che i recenti progressi dell’ astronomia 
« e della spettroscopia fanno ritenere sempre più probabile, 
« quella cioè che presupone la omogeneità di composizione del 
« sistema solare e dei sistemi stellari, non possiamo, razional- 
« mente almeno ed a priori, rifiutarci ad ammettere una iniziale 
« origine inorganica de’ primi organismi, allorquando la super- 
« ficie del nostro pianeta, dianzi caldissima, sara scesa ad un 
« dato grado di temperie. i 


(1) Bastian — Evolution and the origin of life - London 1874. 
(2) Cantoni — Considerazioni sopra una lettera di Tyndall sulla 
generazione spontanea — Nei rend. Istituto Lomb. - Fasc. II. 1879, 


59 
AZIONE DEI VARI AGENTI SUI BACTERI 


A compiere lo studio fisiologico sui bacteri resta ora a dire 
della azione che hanno sopra di loro i vari ‘agenti coi quali 
possono venire cimentati, e ciò tanto dopo la loro prima pro- 
duzione in liquidi putrescibili, che prima che questa produzione 
sì sia manifestata. 


LucE 


La luce ha ben poca influenza sul primo sviluppo dei bacteri. 

Da alcune mie esperienze comparative sarei portato a cre- 
dere che la privazione di luce portasse qualche volta una pro- 
duzione di bacteri meno rigogliosa di quello che si abbia in 
liquidi identici tenuti alla luce del sole. Ma i miei risultati 
sono stati a dir vero poco decisivi, e del resto uno sviluppo 
meno abbondante di bacteri in un liquido tenuto all’ oscuro, 
potrebbe ripetersi da altre cause, e così dalla minore ventila- 
zione, dal meno facile accesso dei germi atmosferici ecc. Non 
faccio quindi che accennare questo fatto senza annettervi alcuna 
importanza. 

Così la privazione di luce non ha alcuna influenza notevole 
nei bacteri già sviluppati. 


MovIMENTO 


Anche il movimento sembra che non abbia alcuna azione 
sullo sviluppo dei bacteri. Già il fatto che micrococchi e ba- 
cilli possono svilupparsi e moltiplicarsi nel torrente circolatorio, 
dimostra abbastanza come il moto non abbia alcuna influenza 
sopra di loro. Crova (1) però ha sostenuto in questi ultimi 
tempi che certi movimenti impressi al liquido che contiene 
bacteri, arrestano completamente il loro sviluppo. Epperò ecco 
il risultato di parecchie mie esperienze in proposito. 


(1) Crova — Compt. rend. acc. des sciences 1878. 


60. 


Esperienza (28 Dicembre 1878) 


In una provetta pongo qualche centimetro cubo di una in- 
fusione di carne ricchissima in bacteri, ed agito violentemente 
per quattro minuti tenendone chiusa l’ apertura con un dito. 
Esaminato il liquido subito dopo i bacteri sono tutti in movi- 
mento ed agilissimi. Coltivati nel liquido di Mayer hanno 
seguitato a vegetare rigogliosamente. 


ELETTRICITÀ 


Ho già di sopra riferito i risultati di alcune esperienze in 
cui ho fatto agire l’ elettricità sopra liquidi contenenti bacteri. 
Non faccio quindi che ricordare che le infusioni ed i bacteri 
che esse contenevano non hanno mai mostrato di risentirsi 
notevolmente del passaggio dell’ elettricità. Nei tubetti sotto- 
posti alle esperienze elettriche, i bacteri vegetavano così bene 
come in quelli in cui non circolava l’ elettricità. 

In esperienze di confronto poì non ho mai potuto consta- 
tare alcuna influenza della elettricità sul primitivo presentarsi 
dei bacteri nei liquidi putrescibili. 

Noto che non ho mai fatto uso di pile molto forti. Quelle 
a corona di tazze, piccoli elementi rame e zinco in acqua 
salata, da 3 a 10 coppie, sono state le uniche che io abbia 
adoperato. 


CALORE 


L'influenza del calore nello sviluppo dei bacteri è manife- 
stissima e molto importate a studiarsi specialmente dopo che 
Pasteur, Joubert e Chamberlan (1) vorrebbero riporre 
nella elevata temperatura dei Gallinacei l’ essere essi refrat- 
tarii alle innoculazioni del carbonchio. 

La temperatura a cui sembra che i bacteri si sviluppino 
più rappidamente, e in cui pare che abbiano la loro maggiore 


(1) Comp. reni. Acc. des sciences juillet 1878. 


i 61 
vitalità ed attività riproduttiva, è quella dei 30° a 35° centigradi. 
E a questa temperatura che essi si muovono con maggiore ra- 
pidità tanto da presentare all’ occhio dell’ osservatore una scena 
animatissima. 

Le temperature più basse ma superiori allo 0° non impedi- 
scono punto la loro primitiva comparsa, nè il loro ulteriore svi. 
luppo, ma indubbiamente ritardano quella e rendono meno ra- 
pido questo come rendono i loro movimenti meno vivaci. 

Moltissime delle mie esperienze le feci nell’ autunno e nel- 
l'inverno 1878-79 nel mio studio la cui temperatura oscillò 
fra + 2° e +- 5° nella notte e + 10,° + 12° nelfgiorno, quando 
era acceso il caminetto. Ciò non pertanto ì bacteri si svilup- 
pavano benissimo e vegetavano abbondantemente in tutte le 
loro forme, con poco divario da quanto ho osservato nelle mie 
esperienze compite d’ estate. 

A 0° purchè l’acqua in cui nuotano non geli, essi sì con- 
servano vivi non solo, ma anche in movimento. 

Ecco fra le altre una esperienza in proposito. 


Esperienza (10 Dicembre 1878) 


Un bicchierino contenente una infusione di carne prepa- 
rata da 8 o 10 giorni e carico di bacteri agili, viene esposto 
per due ore fuori dalla finestra ad una temperatura ambiente - 
di — 1,5.° Il termometro immerso nel liquido segna 0° ma 
nessuna traccia di congelazione nel liquido stesso. Porto il 
microscopio e i vetrini sulla finestra e ve li lasciò alcun poco 
onde si riducano circa alla temperatura esterna, quindi osservo 
all'aria aperta il liquido del bicchierino. Trovo molti bacteri im- 
mobili, ma alcuni ancora dotati di movimento di traslazione 
quantunque un po’ lento. Riportato il liquido alla temperatura 
di + 10° tutti i bacteri si rimisero in movimento. 

Anche quest’ esperienza più volte ripetuta ha dato sempre 
identici risultati per cui si può concludere che la vita dei bac- 
teri è possibile a 0,° quantunque però a questa temperatura 
la loro vegetazione sia moltissimo ralletanta. Per converso nei 
liquidi putrescibili ancora freschi essi non compariscono punto, 
se la temperatura è costantemente matenuta allo zero, od al 
di sotto. è 


62 


Le temperature inferiori allo 0° però anche se agiscono per 
molto tempo, sospendono la vita dei bacteri già prodotti ma non 
li uccidono giacchè appena riscaldati ripigliano i loro movi- 
menti. 

Ciò risulta ancora da alcune mie esperienze. 


Esperienza (5 Dicembre 1878) 


Il liquido di una infusione di carne contenente moltissimi 
bacteri agilissimi, vien messo entro un tubetto d’ assaggio; in 
esso immergo il bulbo d'un termometro, e quindi circondo il 
tutto di una miscela frigorifera. 

Ben presto il liquido coi bacteri gela e il termometro segna 
— 5.° Trascorsa un cra in cui mantengo sempre questa tem- 
peratura, ritiro il tubo d’ assaggio dalla miscela frigorifera, 
lo scaldo leggermente fra le mani in modo da poter estrarre 
il termometro con aderente la piccola massa di ghiaccio for- 
matasi, sul vetrino porta oggetti raccolgo alcune goccie del 
liquido che si è liquefatto e l’ esamino. 

I bacteri che egli contiene sono per la maggior parte mo- 
bili ed agili come prima che il liquido venisse sottoposto al 
ghiaccio. 


Questo risultato non può far meraviglia se si pensa che 
Cohn ha mantenuto dei bacteri per alcune ore a — 18° ed ha 
constatato che non sono uccisi, e che Frisch ha raffreddato 
del liquido con bacteri fino a — 87° e questi non hanno perduta 
la loro vitalità ed hanno dato un ulteriore sviluppo di cocchi e 
di bacteri. 

Come ho detto le temperature più favorevoli allo sviluppo e 
alla vita dei bacteri sono fra + 30° e + 35.° Le temperature 
superiori esercitano su loro un influenza più o meno letale, 
ma su ciò non tutti sono d’ accordo. 

Frisch (1) dice che una temperatura di + 45° a 50° basta 
ad uccidere il Bacterium termo mentre una di + 80° non 
ucciderebbe ancora i bacteridii ( bacilli ). 


(1) Frisch — Sitzung der K. Academie in Wien 1877 t. 75 p. 29. 


63 


Chon (1) in seguito a numerose esperienze fatte sopra in- 
fusioni di fieno ha concluso che fra + 45° e 50° i bacilli 
si moltiplicano ancora rapidamente mentre gli altri bacteri 
diventano improprii alla riproduzione: che fra 50° e 55° ogni 
sviluppo di bacilli cessa, e che a + 100° l’infusione di fieno è 
sterilizzata affatto. 

Io ho fatto a questo proposito molte esperienze coi bacteri 
e coi bacilli delle infusioni di carne ed eccone i risultati. 


Esperienza (6 Dicembre 1878 ) 


Infusione di carne contenente bacteri, bacilli, e vibrioni vivi, 
in movimento. 

A bagno maria porto la temperatura dell’ infusione a 
+ 50° per 5 minuti: subito dopo esamino il liquido e trovo la 
maggior parte dei bacteri fermi. Alcuni bacilli però si muo- 
vono ancora agilissimamente. 

Porto la temperatura a +4 65° per altri 4 minuti e quindi 
esamino. Tutti i bacteri indistintamente sono immobili. Lasciato 
raffreddare il liquido a + 10° restano ancora tutti fermi e non 
ripigliano movimento neppure il giorno dopo. 


Esperienza (19 Dicembre 1878 ) 


Infusione come sopra. Viene portata rapidamente ad una 
temperatura di + 50° e dopo appena un minuto esamino: tutti 
i bacteri sono vivi e mobili. 

Dopo 25 minuti che perdura invece tale temperatura trovo 
tutti i bacteri affatto immobili e non ripigliano movimento in 
seguito. 

Esperienza (20 Dicembre 1878) 

Infusione come sopra. Viene portata per circa 10 minuti a 
+ 44° Esaminata, tutti i bacteri e bacilli sono in movimento 
vivissimo, che si fa però assai più lento appena la prepara: 


zione si raffredda. 
Dopo mezz’ ora che il liquido è sottoposto a questa tempe- 


(1) Cohn — Beitràge ecc. 1876 Bd. 2 p. 271, 


64 


ratura (+ 44°) 1 bacteri sono ancora tutti mobilissimi, ma meno 
che nell’ osservazione precedente. 

Dopo un ora la maggior parte dei bacteri è immobile però 
alcuni hanno ancora movimenti distinti. 

Dopo due ore sono immobili tutti quanti. 

Sospeso allora il calore e conservato il liquido per 24 ore 
alla temperatura ambiente (4 9°) e quindi riscaldato sui 35° i 
bacteri sì presentano quasi tutti in movimento. 


Esperienza (21 Dicembre 1879 ) 


Infusione come sopra. Mantenuta la temperatura per 2 ore 
e più a 43 gradi, i bacteri si muovono tutti come alla tempe- 
ratura ordinaria. 


Da questi esperimenti molte volte ripetuti e che mi hanno 
dato sempre gli stessi risultati con lievissime varianti, anche 
se ho adoperato per accertarmi della morte le coltivazioni 
artificiali nei liquidi nutritivi, si può concludere: 

Che le temperature fra + 60° e + 65° uccidono i bacteri 
delle infusioni di carne anche se tale calore perdura per un 
tempo brevissimo (5 minuti ). 

Che le temperature fra + 50° e + 55° li uccidono perdu- 
rando per un tempo maggiore (25 minuti). 

Che le temperature fra + 45° e + 50° li uccidono perdu- 
rando qualche ora. 

Che la temperatura di + 44° se perdura a lungo li immo- 
bilizza ma non li uccide, permettendo loro dopo qualche tempo 
di ripigliare i movimenti. 

Che finalmente la temperatura di + 43° anche prolungata 
considerevolmente non sembra disturbare notevolmente la 
loro vita. 

— Ma mentre le temperature oscillanti intorno ai + 50° sono 
capaci in via ordinaria di uccidere i bacterii sviluppati, allo 
stato femnogenetico - queste, e temperature molto superiori sono 
affatto insufficienti ad ucciderne le spore, almeno se dobbiamo 
credere ai lavori di Kock (1) e di altri non pochi che si sono 


(1) Kock — Die Etiologie der Milzbrand-Krankeit ecc. in Beitràge der 
Biologie der Pfi. Bd 2 Hft, 2. 


65 


occupati della quistione. Nientemeno che queste spore potreb- 
bero resistere a temporature di 100,° 110,° 120° e più gradi sopra 
lo zero. 

To non credo però che si possa asserire con molta sicurezza 
alcunchè di positivo in proposito. Tutti gli argomenti in favore 
di queste cifre sono ì seguenti: 

1.° Liquidi contenuti in vasi rinchiusi ermeticamente a fuoco 
e portati ad una temparatura di + 100° + 110° + 120° hanno 
dato uno sviluppo ulteriore di bacteri: e perciò si vuole dimo- 
strato che le spore che il liquido conteneva non sono per que- 
ste temperature restate uccise. Ma qui potrebbe venire messa 
in campo la eterogenesi. Che se si dicesse che a 130° o 140° 
questa produzione non avviene più perchè le spore son distrutte, 
si potrebbe dire che a queste temperature succedono tali alte- 
razioni nella sostanza organica che non le permettono più di 
organizzarsi in bacteri. 

2. Liquidi portati alle temperature suaccennate hanno per- 
messo di fare delle coltivazioni artificiali o delle inoculazioni 
con risultate favorevole. E qui non è provato che siano state 
le spore, piuttostochè la goccia di liquido coltivato che abbiano 
dato luogo ai primi bacteri della coltivazione; come non è 
provato che siano state le spore piuttostochè un principio chi- 
mico od altro, contenuto nella goccia di liquido, che abbia 
prodotto l’ infezione nell’ animale inoculato. 

Quindi io sono d’ avviso che queste cifre così elevate e che 
sono in contraddizione con le idee più elementari che ‘abbiamo 
della vita, debbano venire accolte con molto riserbo. 

Le temperature uguali o anche un po’ superiori a quelle 
che sono capaci di uccidere certe date forme bacteriche già . 
sviluppate alla temperatura ordinaria, permettono il loro primi- 
tivo sviluppo nei liquidi putrescibili. Non so che questa propo- 
sizione, in apparenza paradossale, sia mai stata emessa, ma essa ‘ 
è il legittimo risultato di non poche mie esperienze che qui 
mi faccio a riassumere. 


Esperienza (2 Gennaio 1879). 


Un pezzo di carne fresca il cui succo è affatto privo di ba- 


66 
cteri è diviso in due, e messo con acqua in due bichierini dife- 
renti. L'uno è lasciato alla temperatura ambiente (+ 4° a + 12°) 
l’ altro con apposita stufa riscaldata da un lumicino ad olio è 
mantenuto ad una temperatura oscillante fra i'+ 47° e i 50° 
per tre giorni. 

Dopo questo tempo l’ infusione mantenuta alla temperatura 
ordinaria è di colorito rosso bruno, molto fetida con pellicola 
alla superficie, ed è carica di bacteri mobili. L’ infusione man- 
tenuta calda si presenta di un colorito lurido sbiadito, non ha 
pellicola alla superficie e non è molto fetida. Contiene moltis- 
simi bacteri e bacilli le maggior parte fermi, ma alcuni però 
in movimento manifestissimo. 


Esperienza (8 Gennaia 1879). 


Preparo due infusioni come nell’ esperimento precedente. 
L’ una è lasciata ancora alla temperatura ambiente, l’ altra 
mantenuta a + 50° solo durante il giorno (dalle 8 del mattino 
alle 8 della sera) mentre nella notte rimane nelle condizioni 
della prima. Dopo quattro giorni l’ infusione mantenuta sempre 
alla temperatura ordinaria è fetidissima presenta pellicola e 
bacteri. L' altra che ha subìti i riscaldamenti successivi pre- 
senta molti bacteri quasi tutti immobili, e non pochi, molto 
lunghi. 

Il colorito del liquido è piuttosto sporco. Appena un lieve 
odore di putrefazione. 


Esperienza — (31 Marzo 1879) 


In una stufa riscaldata fra + 50° e 55° mediante una lam- 
pada a petrolio pongo un bicchiere con entro acqua e un pezzo 
di carne fresca, il cui succo è privo di bacteri. Un altro bicchiere 
simile è mantenuto alla temperatura ambiente (+ 14) per 
‘ termine di confronto. 

Il giorno dopo, avendo la temperatura della stufa oscillato 
costantemente fra + 52 e + 54 il liquido del bicchiere è di- 
ventato torbido: una goccia di esso preso alla sua superficie 
si mostra carica di micrococchi, di bacteri e di bacilli più 0 
meno in stato di temnogenesi. La maggior parte di essi è 


67 


immobile, ma alcuni si scorgono distintissimente dotati di mobi- 
lità con movimenti per lo più di rotazione intorno a se stessi. 
Alcuni bacilli sono molti lunghi; odore di putrefazione disgu- 
stoso. Il liquido del bicchiere mantenuto alla temperatura am- 
biente è ancora limpido e presenta appena qualche raro mi- 
crococco e qualche bacterio immobile. Nessun odore di putre- 
fazione. 

Il giorno seguente (48 ore dopo il principio dell’ esperimento) 
il liquido della infusione riscaldata presenta ancora un numero 
considerevolissimo di micrococchi, bacteri e bacilli, quasi tutti 
immobili o appena dotati di qualche leggiero movimento di 
ondulazione o di rotazione intorno a se stessi. Odore nauseante 
di putrefazione. I bacteri di questa infusione e specialmente i 
più lunghi presentano questo di singolare che sono tutti cap:- 
tati e cioè con una spora ad una loro estremità; talvolta con 
2 spore una per banda. L’ infusione di confronto alla tempe- 
ratura ordinaria presenta i soliti bacteri tutti in movimento. 

Ritirato il bicchiere dalla stufa e lasciato alla temperatura 
ordinaria, i bacieri capitati si raccolgono nei giorni successivi 
tutti al fondo, mentre alla superficie si sviluppano i soliti ba- 
cteri mobili. 


Esperienza — (2 Aprile 1879). 


Preparo un altra infusione di carne che sottopongo nella 
solita stufa ad una temperatura oscillante fra 4 70° e 75°. Dopo 
24 ore riscontro moltissimi bacteri e bacilli, di cui alcuni in 
movimento, la massima parte però immobili, nessuno capitato. 
Odore di carne cotta leggermente disgustoso. 


Concludendo ecco come si possono riassumere gli effetti del 
calore sui bacteri. 

Le temperature inferiori allo 0° NGI molto, basse non per- 
mettono il primitivo sviluppo dei bacteri nei liquidi putrescibili 
ma non sono capaci di uccidere quelli che sono già formati. 

Le temperature fra 0° e + 40° permettono il primitivo 
sviluppo, e la vita dei bacteri la quale è più attiva in sui 35.° 

. Le temperature fra + 40° e 50° difficultano la vita dei ba- 


68 


cteri già formati o li uccidono definitivamente, senza però im- 
pedire il loro primitivo sviluppo. 

Le temperature fra + 50° e 75° uccidono i bacteri in stato 
temnogenetico ma permettono ancora la loro primitiva comparsa 
nei liquidi putrescibili. . i 

L’ ebollizione impedisce ogni vegetazione bacterica. 

I bacteri prodotti sotto l’ influenza di temperature superiori 
a + 45° sono per la massima parte immobili e presto presen- 
tano il fenomeno della sporificazione. 


Parlando del calore, mi sembra qui il luogo di dire qualche 
cosa sull’ evaporazione dei liquidi contenenti bacteri. È opinione 
diffusa presso moltissimi che questi piccoli esseri in grazia ap- 
punto della loro piccolezza possano essere trascinati dalla eva- 
porazione dei liquidi che li contengono e così trasportati e dis- 
seminati ampiamente per l’ atmosfera. 

Speculativamente la cosa sembra difficile se non impossibile. 
Si sa che l’evaporazione anche tumultuosa (ebollizione) è in- 
capace di trascinar seco pure una molecola di sostanza salina 
solida sciolta nel liquido. E sì che le molecole organiche ed 
inorganiche sono tanto piccole che nessun microscopio è ancora 
riuscito a vederle. Come mai l’ evaporazione trascinerebbe seco 
dei corpuscoli che per quanto piccoli, sono tutt’ altro che inac- 
cessibili ai nostri occhi ? 

I miei esperimenti in proposito tornano affatto d’ accordo 
con questo ragionamento. Io non ho mai, per mezzo dell’ eva- 
porazione, potuto constatare che alcun bacterio o micrococco sia 
trascinato fuori dal liquido in cui viveva. 


Esperienza (19 Dicembre 1878.) 


Un vaso contenente un infusione di carne con moltissimi 
bacteri è portato a + 25° tenendolo per qualche tempo sul ca- 
minetto dello studio. Lo copro con un vetrino da orologio colla 
parte concava superiormente, entro la quale lascio cadere del- 
l’ etere solforico goccia a goccia. L’ evaporazione di questo ha 
ben presto prodotto tanto freddo da condensare qualche stilla 
del vapore che si solleva dall’ infusione sulla sua parte con- 


69 


vessa. ‘T'rasportate queste goccioline su un ordinario vetrino 
ed esaminate al microscopio non rinvengo nessuna forma ba- 
cterica. Questo esperimento da me ripetuto fino dal 1875 in 
identiche condizioni mi aveva dato sempre lo stesso risultato. 


Esperienza — (19 Dicembre 1878). 


La stessa infusione portata alla stessa temperatura; vi so- 
vrappongo un palloncino di vetro pieno d’ una miscela frigo- 
rifera. La sua parte più convessa dista appena pochi millimetri 
dalla superficie del liquido. 

Ben presto il palloncino nella sua parte inferiore si copre 
d’ una specie di neve, proveniente dalla congelazione del vapore 
acquoso che si sprigiona dalla superficie del liquido. Con un 
coltello ben pulito raschio un po’ di questo nevischio, lo lique- 
faccio in un vetrino porta oggetti scaldandolo leggermente 
colla mano, e lo esamino. Non posso constatare neppure in 
questo caso la presenza di alcun bacterio. 


AGENTI CHIMICI 


Tutti gli agenti chimici solubili portati in liquidi contenenti 
bacteri in stato temnogenetico hanno più o meno per effetto di 
ostacolare la loro vita, o anche di immobilizzarli e di ucciderli 
affatto. Ma ciò, come è chiaro, succede in proporzioni diversis- 
nn & a seconda delle varie sostanze che si impiegano per 

l’ esperimento. Così l’ alcool, l ammoniaca, gli acidi minerali, 
l'acido acetico, il chinino, immobilizzano i bacteri quando siano 
mescolati ai liquidi che li contengono anche in una proporzione 
non molto forte. Altre sostanze sono pressochè indifferenti a 
meno di non essere in una proporzione molto notevole; tali 
sono lo zucchero, la glicerina, il tartrato d’ammoniaca, il sal 
comune; altre invece riescono ad immobilizzarli e ad ucciderli in 
dosi veramente piccolissime, così l’ acido fenico, l’acido picrico, 
il cloralio, il cloroformio, il bicromato di potassa, l’ acido bo- 
rico ecc. L’ ossigeno compresso sarebbe pure un potente nemico 
della vita dei bacteri. 

E notevole il fatto che molte volte accade di vedere un 


70 


liquido putrescibile, in cui i bacteri sono stati immobilizzati ed 
uccisi per l’ aggiunta di qualche sostanza estranea, presentare 
dopo poco tempo bacteri agilissimi che vivono e si riproducono 
come al solito in quel mezzo stesso, ove i primi avevano trovata 
la morte. Ciò è in perfetta relazione con quanto si osserva 
studiando il primo presentarsi dei bacteri nelle putrefazioni alle 
quali si siano aggiunte sostanze estranee. 

Fino Dujardin aveva notato con sorpresa che i veleni più 
energici specialmente vegetali non hanno alcuna azione sul 
primitivo loro sviluppo. Gli esperimenti ulteriori non hanno che 
confermata ed allargata la sua opinione. 

Ed invero Balsamo e Maggi (1) riuscirono a produrre 
bacteri in presenza di piccole dosi d’acido fenico che a ragione 
è considerato come il più potente nemico d’ogni organica de- 
composizione. Più tardi Demarq uay (2) sperimentando con 
alcool, acido fenico, resine, balsamici, eucalyptus, mescolati a 
liquidi albuminosi d’ uomo infermo, ha visto che i bacteri si svi- 
luppavano come se queste sostanze non vi fossero state. 

I miei esperimenti che quì tralascio per brevità, hanno dato 
risultati identici pel cloralio, per l’acido borico, per l’ acido 
fenico, pel subblimato corrosivo, pel bicromato potassico. 

Epperò tutte queste sostanze che più o meno a ragione go- 
dono il nome di antisettici e parassiticidi si mostrano molto 
più attivi ad uccidere i bacteri già formati che non ad impe- 
dire il loro primitivo sviluppo; anzi si può dire che lo sviluppo 
dei bacteri non è ostacolato da alcuna sostanza purchè addo- 
perata in proporzioni convenientemente piccole. 

Da molti si è cercato di stabilire quali siano le proporzioni 
minime in cui le singole sostanze sono capaci di impedire lo 
sviluppo dei bacteri, per poter venire a cognizione della rispet- 
tiva attività antisettica. Io credo che numeri precisi non si pos- 
sano dare perchè gli esperimenti che si fanno in proposito, non 
di rado presentano delle notevole discrepanze spesso imputabili 
alle differenti temperature alle quali si sperimenta. Le mie 


(1) Balsamo e Maggi — Sulla produzione di alcuni organismi infe- 
riori in presenza dell’ acido fenico - Milano 1867. 
(2) Demarquay — Compt. rend. Accad. des sciences - 1875. 


71 
osservazioni continuate e ripetute per parecchi anni, mi hanno 
convinto che le sostanze che si mostrano più attive per ucci- 
dere i bacteri già formati, e per impedire la primitiva loro 
comparsa sono: l'acido fenico, il cloralio, l'acido picrico, il 
sublimato corrosivo, il bicromato potassico. Vengono subito dopo 
l’ acido borico, il cloroformio, il chinino, l’ acido salicilico. Poi 
l'alcool, I ammoniaca, gli acidi forti, gli acidi organici, e da 
ultimo parecchi sali, la glicerina e lo zucchero. 


IMPORTANZA DEI BACTERI 


Ad esaurire lo studio dei bacteri occorre ora avvicinare la 
quistione principale, quella per la quale solamente i bacterì 
hanno acquistato oggi tanta importanza, e cioè quella che ri- 
guarda la parte che essi hanno nelle fermentazioni, nelle pu- 
trefazioni e nelle malattie. 

A dir il vero, a leggere non pochi libri, la questione sembra 
affatto giudicata e tanto certa quanto quella della circolazione 
del sangue. 

Claus(1) per citarne uno, ecco come si esprime in un libro 
didattico senza neppure ammettere l’ ombra del dubbio: 

« I bacteri provocano la decomposizione e la fermentazione 
« delle sostanze organiche o levando loro l’ ossigeno (disossida- 
« zione) o assorbendolo dall’ aria e combinandolo colle sostanze 
« (ossidazione) » E più oltre. « Le malattie epidemiche il cho- 
< lera, il tifo, la peste, la cancrena d’ ospedale, sono prodotte 
« da bacteri. Esse non sì dichiarono mai-spontaneamente. » 

:Trevisan (2) non è meno esplicito del precedente « Le 
« quistioni sui bacteri interessano i medici a preferenza di 
« tutti; infatti è notissimo come sia oggidì un fatto assodato 
« che causa di più malattie dell’ uomo e di animali sono de- 
« terminate specie di bacteriacee. » 

— E taccio della autorita di Cohn, di Pasteur, di Ba- 
stian e di tanti e tanti altri. 


(1) Claus — Traitè di Zoologie - Paris 1878. 
(2) Trevisan — Prime linee d’ introduzione allo studio dei bacter 
Italiani negli atti dell'Istituto Lombardo. Gennaio 1878, 


72 

Di fronte a ciò e a così franche asserzioni di uomini tanto 
competenti, può perfino, parere audacia il volere, non dirò in- 
firmare, ma solo discutere le loro opinioni. Eppure fin quando 
dapprima mi occcupai di queste quistione (1) mi sentii portato 
a dubitare fortemente e a farmi la domanda se i bacteri e i 
loro germi portati in un liquido organico, o comunque in 
esso ingeneratisi, cogli scambi chimici necessari alla loro vita 
ne incominciassero la decomposizione - o se fosse la decom- 
posizione già incominciata che permettesse ai germi dei bac- 
teri di svilupparsi e di vivere. 

Per le malattie poi in cui si trovano bacteri vuoi nel san- 
gue vuoi negli altri liquidi il dubbio è per me anche più grave 
perchè può risolversi nella seguente domanda: Sono i bacteri 
la causa diretta della malattia - o è la malattia già ingene- 
rata che pemette ai bacteri di presentarsi? 

Nè si creda che questa domanda sia una ripetizione più o 
meno mutata della prima. Essa a ben guardare lascia affatto 
impregiudicata la quistione della parte che hanno i bacteri 
nella putrefazione, perchè altro è dire che un liquido organico 
è in putrefazione, altro è dire che esso è ammalato. 

Mi spiego con un esempio. Si sa che in certi catarri inte- 
stinali esaminando le deiezioni al microscopio si riscontrano 
bacteri in numero anche cospicuo. Potrebbero essere i bacteri 
la causa della flogosi e del catarro, ma non potrebbe anche 
essere l'infiammazione che alterando le secrezioni intestinali 
le rendesse atte a decomporsi più facilmente d'onde sviluppo 
di bacteri? o quanto meno le rendesse inette a digerire i cibi, 
onde questi putrefaciendosi producessero pur sempre i soliti 
microfiti? 

In questa seconda ipotesi, la decomposizione e i bacteri sa- 
rebbero un fatto del tutto secondario e accessorio, tanto se 
questi avessero preceduto quella, come nel caso contrario. 

Come si vede adunque la quistione è molto complessa ed io 
credo che non se ne possa fare uno studio esatto se non che 
scindendola e sminuzzandola il più che sia possibile. Egli è 


(1) Bergonzini — Note sulla putrefazione. - Negli att. Soc. Med. 
Chir, di Modena Anni 1873 e 1874, 


73 


perciò che a parte occorrerà studiare l influenza che i bacteri 
hanno nelle fermentazioni propriamente dette, nelle . putrefa- 
zioni e nelle malattie. 


I BACTERI NELLE FERMENTAZIONI 


La differenza principale che si fa fra fermentazione e  pu- 
trefazione sta in ciò, che per fermentazione s’ intende una tra- 
sformazione chimica ben definita che succede per lo più nelle 
sostanze organiche non azotate, mentre per putrefazione s’ in- 
tende un complesso di metamorfosi non ancora ben precisate 
che accadono nelle sostanze organiche azotate; nell’ un caso e 
nell’ aliro quando esse sono sotratte all’impero della vita ed 
esposte agli ordinari agenti esterni. 

Alcuni definiscono la fermentazione: una modificazione che 
avviene in un mezzo qualunque, in seguito alla nutrizione di 
esseri organizzati. Questa definizione che metrebbe senz’ altro 
fuori di dubbio la parte che prenderebbe gli esseri viventi nelle 
fermentazioni è evidentemente da rifiutarsi, in quantochè tutti 
ammettono che vi siano delle fermentazioni prodotte da so- 
stanze quaternarie solubili (diastasi ecc.) che si possono iso- 
lare, dissecare ecc. senza che per questo perdano la loro effi- 
cacia fermentativa. 

Non pochi argomenti però sono favorevoli all’ opinione che 
alcune fermentazioni siano dovute a speciali forme bacteriche, 
e questi principalmente sono : 

1° Il non trovarsi mai quelle speciali fermentazioni senza 
la presenza dei relativi bacteri. 

2° Il prodursi rapido della fermentazione ogni qualvolta in 
un liquido fermentescibile ma non fermentante, vengano tra- 
sportate anche in piccolissima quantità le forme bacteriche che 
gli sono proprie. dA 

3° L'essere i fenomeni chimichi che succedono nel liquido 
fermentante ben definiti, e in relazione cogli scambii che la 
vita dei bacteri porta, immancabilmente nei mezzi in cui vivono. 

Così la fermentazione acetica succede per ossidazione del- 
I° alcool: 7 


74 


CTHTOE07='GR70? PRESO 
Alcool Acido acet. 


e sarebbe iu relazione col Micoderma aceti Past. che noi ab- 
biamo riferito al Bacterium termo. 

Così ancora la fermentazione butirrica succede per sdoppia- 
mento dell’ acido lattico in acido butirrico acido carbonico e H.: 


0 FO = GNEO EE 00705 
Acido lattico Acido butirrico 


e sarebbe in relezione col Bacé/lus subdtilis. E non cito altro 
perchè non è mia intenzione occuparmi di proposito di questi 
fenomeni. 

Pertanto anche nei casi in cui sembra più manifesta l’ a- 
zione dei fermenti organizzati sorge sempre un dubbio: se siano 
essi o una sostanza chimica speciale che si forma nei liquidi 
fermentabili, la quale ne ingenera la trasformazione. Ciò è tanto 
più ragionevole dopo che Musculus (1) ha dimostrato che si 
poteva ritirare dall’ urina alterata un fermento non organiz- 
zato, solubile, che filtrato e seccato è capace di trasformare 
l’ urea in carbonato d’ ammoniaca, mentre prima si credeva che 
questa trasformazione fosse dovuta esclusivamente ai fenomeni 
vitali del Micrococcus ureae. 

Il fatto di non essersi ancora isolato nelle fermentazioni 
acetica, butirrica, vischiosa un tale fermento solubile, non prova 
gran fatto che esso non possa ritirarsene un giorno o l’altro, 
e lascia ragionevolmente aperto il campo al dubbio della grande 
importanza dei bacteri nella produzione del fenomeno. 


I BACTERI NELLE PUTREFAZIONI 


Nelle putrefazioni, ho detto, i fenomeni di trasformazione 
non sono nè così definiti, nè così semplici come nelle vere 


(1) Musculus — Journal de Chim. et pharmacie 1876. 


75 


fermentazioni. La putrefazione potrebbe quasi chiamarsi un cu- 
mulo di fermentazioni che si manifestano contemporaneamente. 
E siccome è indubitato che molte fermentazioni possono essere 
prodotte da una sostanza solubile, così niente osta a supporre che 
alcuni se non tutti quegli atti il cui complesso forma la pu- 
trefazione, siano dovuti a sostanze chimiche e non ad elementi 
organizzati. 

Sta il fatto però che gli elementi organizzati e viventi 
(bacteri) sotto diverse forme si presentano costantemente nelle 
putrefazioni: sta il fatto che non si da putrefazione senza di 
loro e che la loro vita dovendo essere, come quella di tutti gli 
altri esseri viventi, accompagnata da metamorfosi e scambi 
molecolari, non può a meno di non prendere una parte più o 
meno importante alle trasformazioni alle quali vanno soggette 
le sostanze che imputridiscono. 

Ma non è certo quì il nodo della quistione. Per le conse- 
guenze che può avere la teoria dei bacteri, la quistione sta nel 
sapere se i bacteri in un liquido putrescibile si manifestano 
dapprima, mentre questo liquido è ancora completamente in- 
tatto come quand’ era vivente, oppure se si manifestano sola- 
mente dopo che, per la cessazione della vita o per altre cause, 
siano già cominciate nel liquido delle alterazioni molecolari. 
Nel primo caso è evidente che essi dovrebbero considerarsi 
senz’ altro come i produttori della putrefazione, mentre nel 
secondo essi non vi prenderebbero che una parte affatto se- 
condaria. 

Gli esperimenti che si possono fare a questo proposito e 
che io ho fatti in copia e nel 1874 e in questi ultimi tempi 
non danno davvero risultati molto attendibili, per la grande 
difficoltà di constatare le minime alterazioni che avvengono 
nei liquidi organici. 

Infatti la reazione, l’ odore, il colore, sono fatti troppo gros- 
solani per poter servire di base sicura ad esperimenti di questa 
fatta. In tali casi io mi sono sempre accorto, facendo molte 
osservazioni in un giorno, che, appena qualche bacterio si poteva 
notare nel liquido putrescibile, era anche avvenuto qualche 
cambiamento nel suo odore o nel suo colore o nella sua 
reazione. 


16 


I cambiamenti chimici parrebbero quindi contemporanei alla 
comparsa dei bacteri e quindi resterebbe indecisa la quistione, 
se pure non si volesse ritenere risolta favorevolmente all’ o- 
pinione che fa dei bacteri la causa prima delle alterazioni 
delle sostanze. 

Però certe sostanze organiche contengono nel loro interno 
alcuni elementi figurati che possono considerarsi come preziosi 
e sensibilissimi reagenti di ogni più lieve cambiamento di ‘co - 
stituzione molecolare, dei liquidi in cui nuotano. Questi sono 
le cellule e sopratutto i globuli sanguigni. Coperti come sono 
di una sottilissima membrana involvente, essi conservano la loro 
forma finchè sono in un mezzo che non permette nè endo- 
smosi nè esosmosi, oppure che le permette ambedue in uguali 
proporzioni. Appena questo mezzo è cambiato, si fa maggiore 
o l’entrata o l’ uscita del liquido dal loro interno ed essi cam- 
biano forma. 

Fsperimentando sopra questi e cercando di premunirmi il 
più che sia possibile da ogni causa d’ errore, io ho potuto 
avere qualche risultato che forse può portare un po’ di luce 
sulla quistione. 


Esperienza (20 Agosto 1878). 


Ore 8 ant. - si estrae dalla vena d’ un individuo qualche 
oncia di sangue: lo pongo sotto una campana di vetro sotto 
cui si trovano anche parecchi pezzi di spugna bagnati nell’ acqua 
per impedire il più che sia possibile 1’ evaporazione. Alle 10 la 
coagulazione è completa. Separo in un bichierino lo siero che 
esamino e che presenta: reazione lievemete alcalina, odore sui 
generis colore rossiccio torbido; al microscopio globuli di san- 
gue allo stato normale. — Alle 4 pom. ancora nessun cam- 
biamento. Il giorno successivo alle 8% antem. i globuli si 
presentano un po’ impiccoliti e rotondeggianti con qualche gra- 
nulazione nel loro interno. Nessun micrococco o bacterio, nessun 
cambiamento nella reazione e nel colore. 

Alle ore 1 pom. alcuni globuli sono addiritura deformati, 
alcuni pochissimi anche rotti, nessun micrococco o bacterio. 

22 agosto ore 12 - molti più i globuli sformati e rotti, qual- 
che micrococco. 


77 


Esperimenti ripetuti nelle medesime circostanze mi hanno 
dato ancora i medesimi risultati o presso a poco. E risultati 
molto analoghi ha' ottenuto De-Giovanni (1) il quale così rias- 
sume alcuni suoi esperimenti sul sangue sano e malato. 

« Io ho tenuto le preparazioni microscopiche fatte col san- 
« gue nell’ apparato ad aria caldo umida. Nell’ atto della pre- 
« parazione susseguente subito all’ estrazione del sangue dal- 
« l’ organismo vivo, non ho notato la presenza di alcuna forma 
« estranea al sangue. Dopo un certo tempo però i globuli 
« offrono nella loro sostanza delle granulazioni disposte in 
« varia guisa. In seguito le granulazioni si sprigionano (rot- 
« tura dei globuli) e solo dopo questo fatto compariscono i 
« bacteri » ecc. 

Inspirato alle medesime idee che mi avevano guidato nei 
miei esperimenti, Lupò (2) è venuto per altre vie alla con- 
ferma di questo modo di vedere. Egli ha preparato degli espe- 
rimenti di confronto, pus con aggiunta d’ acqua, e pus con 
aggiunta di qualche pagliuzza di jodoformio. Nel primo il fe- 
tore sì manifestò considerevolissimo, e in pochi giorni tutte le 
cellule erano distrutte. V’ era dunque un’ attivissima putre- 
fazione, ma i bacteri non erano molti. Nel secondo invece 
mancò ogni fetore; dopo 47 giorni la maggior parte delle cel- 
lule erano ancora integre: vi era dunque leggiero grado di 
decomposizione e ciò non pertanto il numero dei bacteri per 
tutto questo lasso di tempo fu trovato considerevolissimo. 

Per tutto ciò io sarei portato a credere che in un liquido 
che si putrefà il fenomeno iniziale non sia la comparsa dei 
bacteri, ma sì una qualche alterazione chimica più o meno 
notevole che permette a questi di svilupparsi, o quanto meglio 
che permettere alle granulazioni del protoplasma fuori del- 
l'impero della vita di organizzarsi ìn bacteri; e che il loro 
maggiore o minore sviluppo non è sempre in relazione colla 


(1) De-Giovanni — Sul fermento morboso - negli atti dell’ Istituto 
Lombardo 1869. 

(2) P..Lupò — Della medicatura delle ferite aperte - Nel Giorn, in- 
ternaz, di sc. med, Gen. 1879, 


78 


maggiore o minore rapidità di sviluppo della putrefazione. 
- Comunque sia |’ alterazione del liquido precede di ben poco 
la comparsa dei bacteri, e d’ ordinario segue le fasi del loro 
sviluppo. 


I BACTERI NELLE MALATTIE 


Di fronte alle malattie in cui le alterazioni organiche spie- 
gano a sufficienza i fenomeni osservati durante la vita, se ne 
trovano non poche in cui le alterazioni stesse non spiegano 
convenientemente i sintomi, in cui anzi e le une e gli altri 
sembrano essere ìl molteplice effetto di una causa che sfugge 
al coltello dell’ anatomista e all’ occhio dell’ istologo. È intorno 
a queste malattie che i medici, obbedendo alla innata tendenza 
di ricercare le cause delle cose, si sono più affacendati e con 
varia fortuna, perchè esse tenevano gelosamente nascosto il 
segreto della loro essenza, ed è di queste malattie appunto che 
ci conviene dir motto a proposito dei bacteri. 

Intanto queste malattie di cui dobbiamo occuparci hanno 
una cert’ aria di famiglia. Sono precedute da alcuni giorni di 
malessere e d’ indisposizione. Si presentano in seguito con feb- 
bre molto alta, con delirio, con stupore, con infiammazioni ora 
in questo ora in quell’ organo, e l'individuo malato pare in 
preda ad una intossicazione, anzi par fatto capace di versare il 
veleno nell’ atmosfera che lo circonda per trasmetterlo ad altri. 
Terminano non di rado colla morte, e la putrefazione del ca- 
davere si fa più rapidamente del solito. I clinici le raccolgono 
sotto il generico appellativo di malattie d’ infezione acuta. 

Ma che cos’ è che infetta, cos’ è che avvelena l’ organismo? 
Questa è la questione. La scoperta e gli studii sui bacteri 
sembrarono venuti in buon punto per portare una certa luce 
sull’ argomento. E si disse: 

Queste malattie non si dichiarano mai spontaneamente. Esse 
hanno bisogno di essere trasportate sul sano o da focolai d’ in- 
fezione o da altri individui precedentemente malati. In ogni 
caso i bacteri possono ben essere gli agenti di questo trasporto. 

Quando l’ individuo è rimasto infetto passono delle ore e dei 


79 


giorni prima che si manifesti la malattia. Ciò può ben dipen- 
dere dal tempo che impiegano i bacteri a svilupparsi e molti- 
plicarsi sufficientemente. 

Quando la malattia si dichiara, lo fa con tutti i sintomi di 
una alterazione profonda dell’ organismo. Ciò può ben dipen- 
dere dalle alterazioni e dalle scomposizioni che i bacteri colla 
loro vita ingenerano nel sangue. 

.E finalmente il malato diventa velenoso perchè è capace di 
diffondere l’ infezione col suo sudore, colle sue evacuazioni, colla 
sua respirazione. Ciò può bene ancora dipendere dai bacteri che 
fuoruscendo in un qualche modo dal suo corpo, passino ad in- 
tossicare un qualche altro organismo. 

A vero dire questa teoria è molto seducente ed ha in suo 
favore molti e validissimi argomenti. 

In primo luogo i risultati della patologia sperimentale: 
Coze e Feltz, Binz, Bergmann, Tiegel, e molti altri 
sono riusciti costantemente, introducendo nel torrente circola- 
torio liquidi contenenti bacteri o micrococchi, a produrre inal- 
zamento di temperatura, brividi, malattia e morte, il tutto con 
reperti molto analoghi se non identici a quelli delle malattie 
di infezione acuta, setticoemia, tifoide, carbonchio ecc. 

In secondo luogo poi i risultati dell’ osservazione. Io andrei 
troppo per le lunghe se volessi accennare anche solo i principali 
della grandissima schiera d’ osservatori, che trovarono bacteri 
nel sangue di animali e di uomini morti di malattie settiche, 
nei lochi delle donne affette da febbre puerperale, nei catarri 
delle mucose infiammate, nelle feci dei colérosi, negli sputi e 
nelle urine dei febbricitanti per infezione malarica, nello siero 
delle vescicole risipelatose, nel secreto della pertosse e della 
bronchite putrida, nelle placche difteriche ecc. ecc. Sono tali 
e tanti ormai i reperti di bacteri in diversissime malattie che 
a volerli considerare davvero come la causa delle alterazioni 
morbose, per poco non si è tentati di proclamare l’ acido fenico 
lo specifico universale. 

Epperò non si può a meno di far molte e serie obiezioni. 
E in primo luogo la malattia d’ un organo o d’ un apparato 
sì può produrre per azione di cause differenti. Quando essa si 


80 


manifesta, indica bensì un alterazione nell’ organo o nell’ ap- 
parato, ma non può indicare la causa che la produsse. Così è 
e che dall’ essersi ottenuti fenomeni tifoidei, mediante iniezione 
di bacteri nel circolo, non ne viene che, quando i fenomeni 
tifoidei si manifestano spontaneamante, provvengano da bacteri. 
Ma v' ha di più. Quando si iniettano i bacteri si iniettano an- 
che i liquidi putridi che li tengono in sospensione: chi ci dice 
che da quelli piuttostochè da questi si debba ripetere la pro- 
duzione dei fenomeni che si osservano? E sì che il dubbio è 
tanto più ragionevole in quantochè |’ intensità dei fenomeni 
è sempre proporzionata alla quantità di materia putrida iniet- 
tata, mentre questa quantità dovrebbe essere indifferente per 
un agente composto di esseri che vivono e si riproducono con 
una rapidità straordinaria. (1) 

I risultati dell’ osservazione sono poi contestabili del pari. 
In primo luogo ,si può far la quistione se il trovarsi bacteri 
in una malattia, sia sufficiente per poter dichiarare che essi 
siano la causa del male. E un pezzo che la scienza avrebbe 
dovuto fare giustizia del vieto. sofisma cum hoc ergo pro- 
pter hoc. 

Del resto, come vedremo, i reperti per lo più non sono 
concordi, e non pochi osservatori hanno trovato bacteri anche 
nel sangue d’individui sani. Così granuli che sì possono con- 
siderare come le cellule del Micrococcus septicus (Microsporon 
septicum) sono stati trovati anche normalmente nel sangue - 
come risulta dalle osservazioni di Riess (2), di Nedsvezki 
(3), di Moxan e Goodhast (4) ed altri. 

Perchè le teorie parassitarie avessero vero valore di fatto 


(1) Pe fare comprendere la straordinaria attivita della riproduzione dei 
bacteri Cohn (Revue illustr. 1875) ci fa sapere che ogni bacterio, dividendosi 
in 2 nello spazio di un ora, i bacteri provenienti da un sol germe riem- 
pirebbero tutto il mare nello spazio di 5 giorni. 

(2) Riess — Zur patologischen Anat. des Blutes nell’ arch. Reichert' s 
und Du Bois Reymond 1872. 

(3) Nedsvezki -— Zur Histologie des Meschenblutes, in Centrablat 1873 

(4) Moxan and Goodhast —- Observations of the presence in the 
Blood ecc. Guy s Hospital 1875, 


81 


‘scientifico converebbe che si verificassero tutte quelle condi- 
ioni che Picot (1) crede necessarie per poter ritenere i bac- 
teri causa della setticoemia e cioè: 

1° Che in tutti i casi di queste malattie così dette parassi- 
tarie si rinvengano nel sangue i parassiti. 2° Che essi esistano 
nel sanguo quando esso è dotato di virulenza. 3° Che non si 
riscontrino giammai nel sangue normale. 4° Che l’ inocula- 
zione di quel sangue malato e privato dei bacteri non riproduca 
la malattia. 5° Che le inoculazioni coi soli bacteri la produ- 
cano. 6° Che e le inoculazioni fatte con liquidi contenenti 
bacteri ma sottoposti a trattamento che li distrugga, non de- 
terminino più la malattia. 

Ora si può dire senza tema di errore, che in nessuna delle 
malattie così dette parassitarie questa serie di condizioni si 
può riscontrare completamente. Î 

Del resto si può sempre domandare: come si originano que- 
sti bacteri nel organismo nei casì di malattia e quando non vi 
sia diretta innoculazione ? 

O si originano spontaneamente, e allora è evidente che bi- 
sogna ammettere prima di loro una alterazione del liquido che 
li ha prodotti. - O si originano dai germi che nuotano  nel- 
l'atmosfera e allora dice Cantoni (2), ognuno di noi che vive 
in atmosfera ricca di pulviscolo ingoiandone non pochi ad ogni 
inspirazione, dovrebbe cadere malato di infezione bacterica, a 
meno che non si voglia pensare che lo svolgimento di questi 
germi non è possibile che quando il sangue nostro, a motivo 
d’ un perturbamento qualsiasi, sia prima entrato in via d’ alte- 
razione. Nell’un caso e nell'altro i bacteri dovrebbero rite- 
nersi consecutivi all’ iniziarsi della malattia. 

Tutto ciò fa vedere come le quistioni siano ben lontane 
dall’ essere risolte e come sia molto imprudente, per non dir 
peggio, l’ ammettere come articolo di fede che i bacteri siano 
la causa di molte malattie. 

Anche un esame superficiale come quello che ora abbiamo 


(1) Picot — Les grands processus morbides Paris 1878. 
(2) Cantoni — Considerazioni ecc, - negli atti dell’ Istit, Lomb, feb- 
braio 1879. 


82 


fatto permette quindi di scorgere l’ assennattezza della sen- 
tenza di Birsch - Hirschfeld (1) che diceva: « Se diamo 
« uno sguardo alla lunga serie di lavori sull’argomento del- 
« l’importanza dei bacteri nelle malattie, dobbiamo dire che gli 
« autori sono in disaccordo e che appena qualche fatto può 
« ritenersi per positivo. » 

Ed ora veniamo all’ esame particolareggiato delle varie ma- 
lattie dove si sono trovati bacteri. 


Vaiolo e vaccino. — Nel sangue dei vaiolosi 
Coze e Feltz hanno trovato un ‘bacterio lineare che essi 
assomigliano al Bacterium termo e dal quale fanno dipendere la 
virulenza della matattia. Altri osservatori e fra questi Cohn . 
hanno trovato invece un micrococco che vegeterebbe nelle pu- 
stule, nel reticolo malpighiano, negli organi interni dei vaiolosi 
e nelle pustule vacciniche ( Micrococcus vaccinae Cohn) e 
che sarebbe a ritenersi la causa della malattia. 

Come si vede questi osservatori .sono ‘affatto discordi. ln- 
tanto il Bacterio di Coze e Feltz è stato visto da altri ben 
pochi, sicchè la sua esistenza è seriamente discutibile. Io ho 
esaminato nel Gennaio del 1877 il sangue di due individui 
affetti da vaiolo leggiero e non vi ho potuto scorgere alcun 
bacterio, nè sul principio nè sul finire della malattia. 

I micrococchi che si trovano nelle pustule sono invece stati 
visti dalla maggior parte degli osservatori, e sarebbero iden- 
tici tanto quelli che si trovano nelle pustule veramente vaiolose 
come quelli che si trovano nelle pustule vacciniche. Cohn le 
considera come due razze della medesima specie. Nella rivista 
tassonomica, io le ho riunite al micrococcus septicus, perchè 
morfologicamente non se ne possono differenziare, e per contro 
la loro attività fisiologica è più che dubbia. Infatti secondo gli 
studii di Hiller (1) i veri micrococchi nel pus vacino sono al- 
trettanto frequenti quanto i micrococchi che si trovano in tutti 
ì flitteni, nello siero dei vescicanti ecc. Epperò a misura che 


(1) Brisch-Hirschfeld — Schmidt's Jabrbucher 1875 fase. 5, 
(2) Hiller — In Arch. fr Klin. Chir, 1875, 


83 

le pustule si fanno più vecchie la loro attività contagiosa 
diminuisce, mentre cresce invece il numero dei micrococchi 
che esse contengono. L’ Hiller ha osservato appunto che 
l'efficacia del vaccino comincia a diminuire dal 7° all’ 8° giorno 
cioè quando generalmente aumenta il numero dei micrococchi, 
ed anzi esprime l’idea che un vaccino affatto privo di mi- 
crococchi debba essere straordinariamente attivo. Queste os- 
servazioni, già da parecchi anni consegnate alla scienza, non 
sono state per anco smentite, e come si vede tolgono ogni 
seria importanza ai bacteri nella costituzione della sostanza 
contagiosa propria del vaccino. 

Non v'è quindi ragione di considerare i micrococchi del 
pus vaccinico e vaioloso in modo diverso di quelli che vegetano 
negli altri liquidi albuminosi del corpo, ogni volta che, da esso 
separati, siano in contatto più o meno diretto coll’ aria. Essi 
sarebbero un epifenomeno e niente affatto legati colla costitu- 
zione del contagio. Anzi è verosimile che il virus vaioloso o 
vaccinico, veleno organico sciolto o sospeso nel liquido delle 
pustule, venga più o meno alterato e reso inerte pei fenomeni 
chimici che compiono i bacteri nel moltiplicarsi e nel vivere. 


Difterite. — Nelle false membrane difteriche si sono 
trovati bacteri di diversa forma. Letzerich (1), Tommasi, 
. Hueter vi hanno trovati dei micrococchi. Ecbert dei bacteri, 
Labulbène e Robin dei bacteri, dei vibrioni e dei micro- 
cocchi. E ben lungi però dall’ essere dimostrato che questi 
esseri siano la causa del contagio difterico principalmente perchè 
isolandoli con apposite filtrazioni ed inoculandoli, non riprodu- 
‘ cono la difteria. 

Questo fa dire al Magnin (2) che non può essere sospetto 
di tenerezze antiparassitarie: che la dimostrazione del legame 
fra il micrococco (Micrococcus diphtericus) e la difterite non è 
ancora stabilita dalle ultime esperienze. — Anzi io credo che 


(1) Letzerich - Monographie der Diphterie - Berlin 1862; ed altri 
lavori dell’ autore nel Berlìner Klinische Wochenschrift 1874. 
(2) Magnin. — Les Bactèries Paris 1878. 


84 


ragionevolmente non si possano considerare i bacteri che come 
un epifenomeno anche in questa malattia, ed una vegetazione 
parassitaria che si forma sulle pseudomembrane quando sono 
già sviluppate, ma indipendenti affatto dalla vera causa ed 
essenza del morbo. 

Epperò fa meraviglia non poca vedere come medici e non 
medici si affannino ancora a voler far credere, non solo che 
la dipendenza fra difterite e bacteri sia affatto dimostrata, ma 
anzi che esista una relazione strettissima fra i bacteri e la 
morte che spesso succede in questa malattia. 

Così Trevisan (1) incorraggiato da ciò che Pasteur e 
Joubert hanno detto in riguardo al carbonchio, non esita ad 
asserire che nella difterite la causa dell’asfissia e dell’ aglutina- 
mento del sangue è il Micrococcus diphtericus. Invero, egli dice, 
questo bacterio è aerobio; dopo che si è sviluppato nelle 
placche difteriche passa nel sangue e là, per vivere, assorbe 
l'ossigeno dei globuli rossi. Se questi hanno maggiore forza 
di assimilazione per l’ ossigeno che non il bacterio, la malattia 
guarisce, se invece i bacteri riescono a carpire l’ ossigeno ai 
globuli, s' ingenera l’ asfissia e l’ ammalato muore. 

Ad un medico non può a meno di parer strano che le, 
preoccupazioni teoriche sì spingano tant’ oltre da far dipendere 
nella difterite l’ asfissia, dall’ assorbimento dell’ ossigeno per 
parte dei bacteri, mentre questa asfissia è sempre ad esuberanza — 
spiegata dal gonfiore delle tonsille e della retrobocca, dai de- 
positi di false membrane nella laringe e nella trachea, infine 
dalla più o meno totale meccanica ostruzione delle vie aeree. 


Risipola. — In quanto alla risipola fu Hueter (2) 
il primo a richiamare l’ attenzione sui bacteri contenuti nelle 
vescicole flictenoidi, e a considerarla come prodotta dalla loro 
vegetazione. Dietro ciò egli consigliò le iniezioni d’ acido fe- 
nico e ne otenne buoni risultati. 


(1) Trevisan. — Sulla causa dell’ asfissia ecc. nella difterite — Nei 
Rendiconti Istit. Lomb. Febbr. 1879. 
(2) Hueter. — Deutsche Zeitschrift f. Chirurgie Bd. 4 Heft 5 e 6. 


85: 
I recenti lavori di Tillmans (1) se da un lato sembrano 


provare che la risipola è inoculabile da individuo ad individuo 
mediante i liquidi contenuti ed elaborati nel focolaio erisipe- 
latoso, e se sembrano provare ancora che le iniezioni di 
acido fenico sono giovevoli, distruggendo forse le sostanze ri- 
sipelogene, tolgono ogni valore all’ ipotesi di Hueter. Invero 
il Tillmans, quantunque partigiano delle teorie parassitarie, è 
obbligato a dire che non in tutti i casi ha potuto rinvenire 
bacteri nei focolai erisipelatosi ad onta delle ricerche più ac- 
curate e varie. Ciò non è per lui grande difficoltà in quan- 
tochè egli crede che nel fatto possano esistere, ma che la loro 
presenza possa non essere dimostrabile, vuoi perchè siano stati 
distrutti, vuoi perchè siano stati eliminati. 

. Ma è evidente che ciò è un voler troppo concedere alla 
teoria; se in certi casi le osservazioni più accurate non hanno 
potuto lasciar scorgere i bacteri, manca uno di quegli estremi 
indispensabili di cui sopra si faceva cenno, per poter stabilire 
con sicurezza la loro importanza, tanto più quando queste 
osservazioni partono, come in questo caso, da un autore che 
per essere partigiano delle teorie parassitarie non può essere 
menomamente sospetto. 


Febbre tifoide e scarlattina. — Queste 
due malattie hanno lasciato vedere a Coze e Feltz (2) il 
Bacterium catenula nel sungue degli ammalati che ne erano 
affetti: ma ben pochi hanno confermato queste osservazioni, 
molti le hanno addiritura infirmate. Cohn fra gli altri non 
accenna fra le sue specie a questo bacterio che sembrerebbe 
la forma streptobacterica del Bacterium termo. 

De Giovanni (3) nelle sue osservazioni in proposito, non 
\ha mai rilevato bacteri nel sangue dei tifosi, purchè l’ esame 


(4) Tillmans — Verhand. d. VII Chir. Congress 1878. 

(2) Coze et Feltz — Recherches sperimentales sur la presence des in- 
fursoires ecc. Strasbourg 1866. 

(3) De Giovanni. —- Sul fermento morbifero — negli Atti dell’ I- 
stituto Lombardo 1869. c 


86 


fosse compito appena estratto dalla vena. Io ho avuto uguali 
risultati negativi, esaminando il sangue di parecchi tifosi e di 
uno scarlattinoso accolti nel nostro ospedale. 

E verosimile che gli errori siano molto facili quando l’ os- 
servazione si fa nel sangue estratto da qualche tempo, perchè 
d’ estate i bacteri si possono sviluppare con una rapidità straor- 
dinaria. Del resto anche se sono stati trovati qualche volta 
con certezza ciò può rappresentare un fatto puramente acci- 
dentale. I risultati poi delle iniezioni praticate con successo 
dai due citati autori non hanno alcun valore perchè insieme 
ai bacteri hanno sempre iniettato più o meno di sangue ma- 
lato e questo, e non altro, può essere stato la.causa dei fe- 
nomeni osservati. 


‘L'ifo esantematico, diarrea epide- 
mica, colera. — Nelle deiezioni alvine degli infermi 
di queste malattie, e di quelli di febbre tifoide l’ Hallier avrebbe 
trovato dei micrococchi speciali per lo più analoghi fra di loro 
e somiglianti al nostro Microccocus crepusculum o M. se- 
pticus. Ciò non fa punto meraviglia. Negli intestini di questi 
malati si fanno secrezioni più o meno abbondanti ed anor- 
mali di liquidi organici, e vi si trova ancora aria e gas. Vi 
è quindi resa possibilissima la vita dei bacteri come se i li- 
quidi stessi appena segregati fossero posti in un bichierino da 
esperienza. Così invece di micrococchi Leeuwenhoeck (1) 
aveva già trovato dei bacteri lineari nelle sue deiezioni diar- 
roiche. 

In quanto poi al colera ricordo che Héògyes (2) avendo 
filtrato delle deiezioni coleriche attraverso creta e carta sve- 
dese, e avendole affatto private di bacteri, ottenne ciò non 
pertanto da esse la trasmissione dei sintomi della malattia. 

Tutto ciò quindi sembra provare abbastanza che i bacteri 
sono un fenomeno secondario quando si sviluppano nei liquidi 
diarroici e che, se in questi risiede il contagio, esso non è al- 


(1) Leeuwenhoeck — Op. Omnia - Lugd. Batav. 1722, 
(2) Hogyes — Centralblatt 1873, 50, 51. 


87 


trimenti a ricercarsi nella presenza dei micrococchi, ma in 
sostanze speciali sciolte o sospese nel liquido di dejezione. 


Sifilide. — L’Hallier stesso ha trovato anche i 
micrococchi della sifilide, e li ha trovati nella gonorrea, sulle 
ulceri primitive e nel sangue degli affetti da sifilide costitu- 
zionale. Quanto al pus che si segrega sia dall’ uretra che dalle 
ulceri, egli non può aver visto altro che il solito Micrococcus 
septicus che io pure ho visto e che vi si sviluppa come in 
tutte le altre piaghe e secrezioni purulente dell’ organismo. 
Ma io non so comprendere come vi si possa trovare un ele- 
mento specifico. 

In quanto poi ai micrococchi trovati nel sangue dei sifilitici 
nessun altro che sia a mia cognizione ha confermato le os- 
servazioni di Hallier, e del resto ricordo i micrococchi tro- 
vati nel sangue degli individui sani. 


Endocardite ulcerosa. — Nell endocardite 
ulcerosa sembra che vegetino sulle volvole e nelle pareti car- 
diache delle notevoli masse di bacteri. 

Gerber e Birsch-Hirschfeld (1) ne hanno osservato 
un caso manifestissimo in cui esistevano dei focolai emorragici 
disseminati nei vari organi, ed ivi appunto apparivano i ba- 
cteri. In questo caso è molto probabile che, masse più o meno 
voluminose di bacteri trasportate dalla corrente sanguigna, 
meccanicamente abbiano formato degli emboli e prodotte delle 
emorragie. Ma ciò non prova ancora che questi esseri siano 
stati la causa della malattia. 

Anzi, ragionevolmente, le ulcerazioni avranno preceduto la 
comparsa dei bacteri, e non sarà stato che sopra di esse che 
sì saranno sviluppati. L'onda sanguigna in seguito li avrà 
staccati e portati in varie località d’ onde le embolie. 


Febbri intermittenti. — Nella rugiada dei 
luoghi palustri si sono trovate molte forme bacteriche e ad 


(1) Gerber u. Birsch-Hirsch feld — Ueber ein Fall von Endo- 
carditis ulcerosa - in Arch, der. Heilk, 1877. 


88 
esse si è voluto attribuire la causa della febbre. Fra gli os- 
servatori che si sono occupati di questa quistione non va di- 
menticato Griffini (1) il quale con molta cura descrisse ap- 
punto i bacteri da lui trovati nel vapor d’ acqua condensato 
di alcune di tali regioni. Nessuno però ha mai osservato que- 
sti esseri nel sangue, e tanto meno poi nessuno ha mai detto 
che il sangue dei febbricitanti per infezione malarica, inocu- 
lato, sia capace di riprodurre la febbre. 

La presenza quindi dei bacteri nella rugiada delle località 
paludose non ha altra importanza che per addimostrarci che 
le arie e i venti possono trasportare e sollevare i bacteri o 
le loro spore che esistono in numero considerevolissimo nelle 
acque delle maremme, dei maceri, degli stagni fetidi, o meglio 
quelli che in tali località si trovano disseminati alla superficie 
del suolo e misti alla polvere. Ma anche qui i bacteri sarebbero 
puramente accidentali e niente affatto collegati colla febbre. 
Del resto poi è molto probabile che il miasma palustre sia 
una sostanza gasosa. Il fatto di alcuni sperimentatori che si 
produssero la febbre aspirando i vapori emanati da piccole 
porzioni di acque palustri contenute in vasi, mentre le mie 
esperienze proverebbero che nelle condizioni normali i bacteri 
non sono trasportati dall’ evaporazione, verrebbe molto in ap- 
poggio di questa opinione. 


Tosse convulsiva.— Letzerich (2) trovò nel 
l’ escreto della tosse convulsiva e negli alveoli polmonali dei 
malati di questa affezione, buon numero di micrococchi isolati 
o a catena più piccoli di quelli della difterite, e consigliava 
nella malattia le insuflazioni di chinino. Quando io mi occu- 
pavo dell’ esame degli espettorati (3) ho avuto moltissime 
volte occasione di esaminare sputi di bambini affetti da tosse. 


(1) Griffini — Arch. triennale del laborat. di Botanica criptogamica 
di Pavia - Milano 1876. 

(2) Letzerich — Medicinisch-Chirurgische Rundschau Marz 1874. 

(3) Bergonzini — Sull' esame degli espettorati - nello Spallanzani, 
Modena 1875. 


89 
convulsiva. In una buona metà dei casi io non ho constatato 
nulla, oppure ho constato delle granulazioni che somigliavano 
molto a micrococchi, ma che trattate coi mezzi diagnostici ac- 
cennati di sopra scomparivano, e che quindi non erano a ri- 
tenersi come forme bacteriche. 

Negli altri casi ho potuto riscontrare qualche bacterio, e 
più specialmente qualche micrococco anche a catena. Ma Vl in- 
costanza di questi reperti prova già che l’ affezione è slegata 
da questi esseri. Del resto nella tosse convulsiva il fatto più 
rilevante è l’ andamento ad accessi, lo spasmo intercorrente 
della glottide ecc. I bacteri vegetando sopra una mucosa, po- 
trebbero ben produrvi una irritazione ed una secrezione di 
catarro, ma la malattia che ne risulterebbe dovrebbe avere 
esenzialmente il carattere di essere continua. Colla dottrina 
parassitaria il fatto capitale della tosse convulsiva resta quindi 
completamente inspiegato. 


Febbris recurrens. — Obermeier (1) fu il 
primo a richiamare l’attenzione sopra un filamento mobile e 
sottile che egli aveva ritrovato nel sangue d’ un ammalato di 
febbre ricorrente. Questo filamento visto da altri è una Spi- 
rochaete, e come abbiam visto a suo luogo, quantunque 
Cohn (2) ne abbia fatto una specie a parte, Spirochaete 
Obermeieri, può senza scrupolo confondersi morfologicamente 
colla Spirochaete plicatilis Ehr. Secondo gli osservatori che 
l’ hanno vista non si incontrerebbe che durante il periodo feb- 
brile, e sparirebbe negli intervalli degli accessi. 

Ella è questa una quistione molto involuta e assai poco 
studiata: e quantunque sia molto probabile che anche in questo 
caso la comparsa del bacterio sia accidentale o collegata ad 
uno stato speciale del sangue che ne permette la vita, non 
avendo alcun fatto in contrario è meglio sospendere ogni 
giudizio. 


(1) Obermeier — Centralblatt 1873. 
(2) Cohn — Beitraege ecc. 1875. 


90 


Febbre del fieno - Morva - Farcino 
Febbre puerperale. — Ricordo di passaggio che 
Helmolz segnalò bacteri nel secreto nasale degli ammalati 
affetti della così detta febbre del fieno. Kristot, Kiener, 
Chauveau ecc. nel secreto degli animali affetti da morva e 
da farcino; Mayerhoffer, Heiberg ed altri nei lochi delle 
donne affette da febbre puerperale. 

Tutte queste osservazioni non sono certo da rifiutarsi come 
inesatte, ma non valgono punto a dimostrare che i bacteri. 
siano la causa di queste singole malattie. Io ho osservato tre 
volte i lochi di donne puerpere, in puerperio normale e vi ho 
sempre constatato bacteri. Ciò naturalmente non fa meraviglia, 
perchè se i bacteri si presentano tutte le volte che un liquido 
organico è separato dall’ organismo vivente ed in contatto 
dell’ aria, sarebbe da sorprendere se i lochi che si trovano ap- 
punto in queste condizioni e di più ad una temperatura (35°-37°) 
che è delle più favorevoli per lo sviluppo di questi esseri, non 
ne dovessero presentare anche quando il puerperio decorre 
senza veruna complicazione. 

E ciò che si è detto per i lochi si ripeta pure per le se- 
crezioni morbose suacennate. 


Carbonchio. — Un dacillus speciale immobile, il 
Bacillus anthracis abbiamo detto, vive nel sangue degli animali 
carbonchiosi. La sua conoscenza rimonta a circa 20 anni ad- 
dietro (Delafond). Però Davaine l’ aveva visto fino dal 
1850 senza accordargli alcuna importanza. 

Le osservazioni fatte in seguito sul carbonchio e sui ba- 
cteri del carbonchio sono numerosissime. Si può dire senza 
tema d’ errare che buona parte degli studii generali sulla 
morfologia dei bacteri, sulla loro riproduzione ecc. sono stati 
fatti sul Baci/us anthracis e che ad esso dobbiamo moltissime 
cognizioni sul modo di vita di questi esseri. 

Pasteur dapprima (1) stabili mediante accurate osserva- 
zioni che il sangue degli animali carbonchiosi conteneva davvero 


(1) Pasteur — Comptes rend. de 1° accad. des scien, 1863-64, 


i 91 
questi elementi figurati, e che iniettato tale sangue ad un 
animale sano, lo uccideva rapidamente riproducendone i sin- 
tomi ed i bacteri. Egli attribuì ai bacteri la causa della 
malattia. 

Questa opinione trovò in seguito valido appoggio in molte 

osservazioni ed esperimenti. Fra gli altri Klebs (1), filtrò del 
sangue carbonchioso ed avendolo privato di bacteri mostro che 
le inoculazioni riuscivano perfettamente negative. 
_ Alla obiezione che i bacteri carbonchiosi in stato temno- 
genetico si distruggono facilmente colla putrefazione e che quindi 
non si sa comprendere come il sangue conservi per tanto tempo 
e anche disseccato la sua attività, rispose Koch (2) trovando 
le spore del Baccillus anthracis, spore persistenti capaci di 
resistere alla putrefazione, alle più alte temperature, e capaci 
secondo lui di ingenerare la malattia quando vengano intro- 
dotte nel sangue. Finalmente Pasteur, Joubert e Cham- 
berlan (3) avrebbero dimostrato che la causa per cui i gal- 
linacei restano immuni dalla infezione carbonchiosa se vengono 
inoculati, sarebbe la loro temperatura (40° e più) per cui è resa 
impossibile la vita dei bacteri. Essi hanno fatto sperimenti dai 
quali risulta che mantenendo rafreddati dei gallinacei a cui 
era stata fatta l’inoculazione del sangue carbonchioso, la ma- 
lattia si sviluppò come negli altri animali a sangue caldo. Fatto 
questo che venendo confermato non può a meno di non essere 
considerato molto favorevole alle teorie parassitarie. 

1 vari osservatori e sperimentatori non sono però d’ accordo 
nel modo col quale i bacteri sono causa di morte, negli ani- 
mali carbonchiosi. 

Klebs, Recklinghausen, Waldeyer credono che la 
morte provvenga per embolia. 

Pasteur opina che dipenda da asfissia prodotta dai bacteri 
che assorbono l’ ossigeno che dovrebbe servire per l’ ematosi. 


(1) Klebs et Tiegel —- Rec. de Med. Vet. - Nov. 1877. 

(2) Koch — Beitraege zur Biologie der Pflanzen - Breslau 1876. 

(3) Pasteur, Joubert et Chamberlan — in Comp. rendus de l° Ac- 
cad. des sciences - juillet 1878. 


è 

992 : 

Toussaint (1) si ravvicina all’ opinione di Waldeyer ed 
ammette la morte per asfissia meccanica in seguito ad embolia 
dei capillari polmonari. 

Ciò non pertanto io credo che nepure nel carbonchio l at- 
tività dei bacteri come causa della malattia si possa dire messa 
fuori di dubbio. Intanto abbiamo gli esperimenti di Leplat e 
Jaillard (2) che verebbero a provare non essere i bacilli la 
causa del carbonchio. 

Le esperienze di Klebs a cui accennavo di sopra hanno 
poco valore in quanto colla filtrazione egli elimina dal sangue 
non solo i bacteri ma anche tutte le parti figurate, e fors’ an- 
che certi principii chimici sciolti, che si potessero per caso 
fissare sul filtro. Le sue inoculazioni negative non provano a 
rigore altro che il sangue carbonchioso filtrato ha perduto ogni 
potere infettante. 

Gli esperimenti sopra l’ immunità dei gallinacei possono 
lasciar creder davvero che l’ alta temperatura sia la causa per 
cui non si sviluppa la malattia quando venga loro inoculata: 
ma ciò non prova ancora che siano i bacteri che la producano. 
Infatti non è improbabile che un veleno organico qualsiasi, 
capace di produrre i suoi effetti tossici ad una data temperatura 
venga distrutto o trasformato o almeno reso inerte ad una 
temperatura maggiore. 

Del resto poi non in tutti i casi di carbonchio si sono tro- 

vati dei bacteri. Osservatori conscienziosissimi e non sospetti 
come Toussaint, Maunoury, Salmon ecc (vedere Ma- 
gnin I. c.) hanno constatato questo fatto. 
. Queste considerazioni e il risultato delle sue esperienze, 
hanno portato Colin (3) a ritenere che i bacteri non siaro 
la causa del carbonchio. Anzi in una recente comunicazione (4) 
ha fatto conoscere una serie di sperimenti dai quali egli trae 
le seguenti conclusioni: 


(1) Toussaint — Ace. des sciences - Avril 1878. é 

(2) Leplat et Jaillard — C. rend. Acc. des sciences 1864-65. 
(3) Colin — Ace. sciences - Agosto 1877. 

(4) Colin — Acc. de Medicine de Paris - Dicembre 1878. 


93 


La morte nel carbonchio non dipende da arresto della cir- 
colazione capillare per emboli bacterici, perchè questa circola- 
zione persiste anche quando i bacilli sono al loro massimo di 
sviluppo — non dipende nepure da asfissia prodotta dall’ assor- 
bimento che i bacteri fanno dell’ ossigeno, perchè il sangue 
resta vermiglio fin quasi all’ ultima ora avanti alla morte — e 
finalmente non dipende dall’ abassamento di temperatura ge- 
nerale, perchè quello che sì verifica è insufficiente a spiegare 
la morte. 

Dietro ciò egli non ammette l’ influenza dei bacteri. Egli 
ha visto molte volte animali e cavalli in modo particolare 
avere il carbonchio e soccombere senza mostrare questi esseri 
nel loro sangue. E perciò crede che l’ alterazione del sangue 
sia la sola causa probabile della morte in quanto egli non 
possiede più le condizioni necessarie per la vita degli elementi 
organici. 

Come si vede queste idee tornano affatto in conferma del 
mio modo di vedere a riguardo dell’ influenza dei bacteri nelle 
malattie, e mì affretto ad accettarle, almeno fino a che prove 
indiscutibili in contrario non vengano a smentirle. 


Setticoemia. — Come nelle quistioni che riguar- 
dano il rapporto fra bacteri e carbonchio, così anche e forse 
più in quelle che si riferiscono ai bacteri e alla setticoemia, 
si è scritto e sì scrive tutt’ ora tanto da trovarsi molto imba- 
razzati a raccogliere in un tutto questo fascio così molteplice 
e disparato. 

Fu il primo Sedillot (1) che, dietro i suoi esperimenti, 
emise l’ opinione che la setticoemia fosse dovuta ad elementi 
figurati. Ciò venne confermato in seguito dalle esperienze di 
Billroth (2) che innietando i gas della putrefazione non ne 
otteneva alcun risultato, e quindi concludeva che l’ infezione 
era dovuta a sostanze conformate e non evaporabili. Ma fu 
Pasteur il primo (3) che affermò decisamente la natura paras- 


(1) Sedillot — De la Pyoemie - Paris 1849. 
(2) Billroth — Arch. f. Klin. Kir. 1864. 
(3) Pasteur -- Comptes rend. de l’ acc. des scien. 1860-64-65. 


94 


sitaria della malattia, e le sue idee trovarono un appoggio 
negli studii più volte citati di Coze e Feltz (vedi retro). 

Questi autori trovarono nel sangue degli animali e del- 
l’uomo affetto da infezione putrida il loro Bacterium punctum 
e Bact. catenula presso a poco come nella febbre tifoide, ed 
ebbero risultati affermativi dalle inoculazioni. Conclusero quindi 
che esisteva un rapporto diretto fra i piccoli organismi e gli 
accidenti infeziosi. 

Ma mentre questi osservatori vedevano in un bacterio 
lineare l’ autore della setticoemia, altri lo vedevano in un ba- 
cterio globulare. Ed invero Cohn (Beitraege ecc.) ammette 

: che sia il Micrococcus septicus, e così opina Klebs (1) che 

ha constatato questo bacterio nelle infezioni putride consecu- 
tive a ferite di guerra — e Birsch-Hirschfeld (2) che 
non vuol riconoscere altro parassita nei liquidi della setti- 
coemia. 

Nella febbre puerperale, che si può considerare come una 
pioemia provveniente da piaga uterina, gli osservatori hanno 
pure trovato i soliti parassiti. Orth (3) ha trovato molti mi- 
crococchi nella linfa e nel sangue delle puerpere ammalate, 
ed Heiberg (4) ha riscontrato questi organismi nell’ utero, 
nei vasi linfatici, nelle vene e perfino nel cuore e sue valvole 
di tali inferme. 

Prima di entrare nel merito della quistione credo oppor- 
tuno intanto constatare un fatto sopra il quale del resto non 
cade alcun dubbio. 

Il pus come si può esaminare togliendolo dalle piaghe, e i 
lochi delle puerpere, contengono per lo più delle forme bacte- 
riche. Quando sono fetidi non è dificile vedere i molti micro- 
cocchi, bacteri e bacilli che nuotano in questi liquidi. Quando 
invece sono normali non vi sì riscontra in via ordinaria che il 
Micrococcus septicus il quale, quando non si presenta sotto 


(1) Klebs — Sur l’anat. Pat. des blessures par armes da guerre 1872. 
(2) Birsch-Hirschfeld — Arch. der Heilkunde 1873. 

(3) Orth -— Arch. fiir Path. anat. und Phys. 1873. 

(4) Heiberg — Die puerperalen und pyaemischen Processe - Leipzig 1873. 


95 
forma di streptococco, può confondersi assai facilmente colle 
molte granulazioni che nuotano nei liquidi stessi, e non se ne 
distingue che per la resistenza ai reagenti di cui abbiamo 
detto di sopra. Ciò non può fare alcuna meraviglia se si ri- 
corda la facilità con cui i bacteri si sviluppano nei liquidi. 
organici, separati dall’ essere vivente che li ha prodotti. Gli 
osservatori che hanno visto ciò, e per di più talora anche i 
bacteri nel sangue, hanno creduto riconoscere in essi la causa 
della malattia, e si son dati a tutt’ uomo a cercare dei metodi 
di cura delle piaghe che possano preservarle dalla comparsa 
di questi esseri. Di qui sono nati i metodi antisettici in ge- 
nerale e due in modo particolare meritamente diventati celebri 
e diffusi nella pratica medica per i benefici effetti che hanno 
portato. 

Lister preocupato dai bacteri e dai loro germi nuotanti 
nell’ atmosfera consigliò la sua medicatura, che consiste in 
complesso nell’ aprire i tessuti in una atmosfera polverizzata 
d’ acido fenico, perchè i suoi vapori uccidano i germi contenuti 
nell’ aria, e nel circondarsi d’ un numero immenso di pre- 
cauzioni durante e dopo l’ operazione per impedire che vi si 
sviluppino consecutivamente. 

Guerin invece preocupato anch’ esso dai bacteri e consi- 
derando che l’ aria filtrata attraverso il cotone cardato resta 
privata (?) dei temuti germi, consigliò la sua medicatura ovat- 
tata che consiste nell’involgere le parti piagate di uno strato 
considerevole di ovata, e nel lasciarla in sito per parecchi 
giorni. 

Ambedue queste medicature diedero risultati favorevolissimi; 
con ambedue le pioemie e le complicazioni tutte delle piaghe 
furono grandemente diminuite, ed ambedue sembrarono ancora 
portare un argomento, anzi un validissimo argomento in favore 
della teoria parassitaria. 

Ad onta di questo, i fatti in contrario sono davvero nu- 
merosissimi. 

Dai primi suoi esperimenti Davaine (1) concludeva che 


(1) Davaine — C. R. acc, des sciences 1864, 


96 


gli effetti delle sostanze putride non vanno al di la dell’ ani- 
male inoculato, e che l'agente settico non si riproduce. Ro- 
bin (1) Leplat e Jaillard (2) conclusero del pari coi loro 
esperimenti che la causa della setticoemia non erano i bacteri, 
perchè avendo iniettati liquidi tenenti in sospensione bacteri 
non ebbero alcun accidente, a meno che i liquidi stessi non 
contenessero altre sostanze virulente. 

Per altra strada Bergmann (3) venne alle stesse con- 
clusioni, perchè avendo iniettati liquidi 20 volte filtrati e por- 
tati a temperatura di 100°, produsse ciò non pertanto |’ intossi- 
cazione. Anzi questo autore andò più oltre. Separò dai liquidi 
putridi una specie di alcaloide che denominò sepsina, e che 
ridusse a solfato. 

Molto importanti sono ancora gli studii di Zuelzer (4) 
che ha isolato anch’ esso dai liquidi settici la sepsina, e che 
ha dimostrato come essa sia capace di produrre i fenomeni di 
‘ intossicazione putrida, mentre poì i bacteri della putrefazione 
coltivati artificialmente e introdotti in quantità considerevoli 
nella bocca, sotto la pelle, o nei vasi, non hanno mai prodotto 
alcun fenomeno di setticoemia. | 

A questi ultimi sperimenti si fa l’ obiezione che i bacteri 
contenuti nel sangue, e quelli delle coltivazioni, malgrado 
l’aspetto uguale, sono di natura differente, essendo differente 
il mezzo in cui si trovano. A questa difficoltà però rispondono 
gli esperimenti di Onimus (5) che avendo separato i bacteri dalle 
sostanze putride, e avendoli mescolati con sangue fresco ottenne 
dalle iniezioni risultato completamente negativo. E mentre 
Hiller (6) anch'esso ha separati i bacteri dai liquidi putridi 


(1) Robin — C. R. soc. de Biologie 1868. 

(2) Leplat et Jaillard — C. R. acc. des sciences 1865. 

(3) Bergmann — Das putride Gift und die putride Intoxication - Dor- 
part 1868. = 

(4) Zuelzer — Ueber putride Intoxication - 472 riunione dei medici 
naturalisti Tedeschi a Breslavia 1873. 

(5) Onimus — Accad. de Medicine 1873. 

(6) Hiller — Eine experimentelle Beitrag zur Lehre ecc. - in Arch. 
f. Klin. Chir. 1874. 


97 


mediante  filtrazioni e li ha iniettati con risultati negativi, 
Panum (1), Wolf (2), Picot (3) hanno separati i bacteri 
dai liquidi che li contenevano ed hanno visto a prodursi l’ in- 
fezione coi liquidi privi di essi. 

Da tutto ciò sembrerebbe ricavarsi un fatto incontrastabile, 
che cioè, quantunque i bacteri accompagnino quasi sempre il 
pus normale, si trovino sempre col pus corrotto, e si possano 
anche rinvenire nel sangue dei setticoemici, pure non vi rap- 
presentano che una parte affatto secondaria, mentre la parte 
principale sarebbe dovuta ad un veleno solubile proveniente 
dalla putrefazione. 

Resterebbe a spiegarsi un fatto: ì buoni risultati cioè delle 
medicature che avevano per scopo di uccidere ì bacteri: me- 
dicatura alla Lister e medicatura alla Guerin. 

À questo proposito è molto istruttivo riportare le osser- 
vazioni di Ranke (4). Questo osservatore esaminando il pus 
di 15 feriti ed operati trattati col metodo di Lister e facendo 
più di 300 osservazioni, trovò in ogni caso dei micrococchi. 
Anzi vegatazioni rigogliose di micrococchi a catena furono da 
lui trovate su una piaga di amputazione decorrente senza 
febbre. 

Perrin poi (5), partigiano delle teorie parassitarie, ha 
preso del sangue, del latte, dell’ urina, e li ha collocati sotto 
campane la cui atmosfera era differente. L'aria delle une 
proveniva da sale d’ ospedale, quella di altre dall’ esterno, 
quella di altre ancora era satura di vapori di acido fenico. 
Qualche giorno dopo tutte queste sostanze contenevano bacteri 
presso a poco in ugual misura, onde egli ne conchiude a ra- 
gione, che la polverizzazione fenica alla Lister è insufficiente 
ed incapace ad uccidere a volo i germi, il cui sviluppo ulteriore 
dovrebbe produrre la decomposizione dei liquidi. 


(1) Panum — Das putride Gift, die Bacterien ecc. - in - Arch. f. Pat. 
Anat. tom, 40. 

(2) Wolf — Ueber Pilziniectionen - in - Centralblatt 1873. 

(3) Picot - Les grands processus morbides - Paris 1878. 

(4) Ranke — Chir. Centralblat 1874 N. 13. 

(5) Perrin — Societ, de Chirurgie 12 Febbr, 1879, 


9g 

In quanto poi alla medicatura ovattata, il solo odore sgra- 
devole che si sente talora nel guastarla, fa fede che il pus 
secreto sotto il cotone non si sottrae alla putrefazione. Del 
resto non mancano le osservazioni che provano esistere i mi- 
crococchi e i bacteri anche nel pus delle piaghe medicate col- 
l’ovata, ed io, che in piccole operazioni l’uso volentieri, ho 
potuto convincermene coi miei propri occhi. 

Queste medicature adunque falliscono allo scopo che si sono 
prefissi i loro inventori; quello d’ impedire lo sviluppo dei bac- 
teri. Ciò non pertanto sono giovevoli, e quindi ciò deve essere, 
indipendente dalla morte dei germi e dalla filtrazione dell’ aria. 

E invero la medicatura ovattata deve, a mio parere i suoi 
vantaggi alla immobilità in cui tiene la parte malata, al ca- 
lore uniforme e tiepido che vi mantiene intorno, alla compres- 
sione, alla impossibilità di urti, scosse violente o altro che possa 
comunque ritardare o alterare il processo di cicatrizzazione. 

La medicatura alla Lister deve poi i suoi successi alle 
minuziosità tutte di cui si circonda 1’ ‘peratore, al ravvicina- 
mento regolare dei bordi delle piaghe, a. drenaggio, alla sorve- 
glianza scrupolosa del chirurgo, e sopra tutto alla estrema puli- 
tezza che questa medicatura richiede. 

Nell’ un caso e nell’ altro gli inventori di questi metodi 
hanno cercato di sbarazzarsi dei bacteri - nell’ un caso e nel- 
l’altro i bacteri sono rimasti, ma le loro medicature hanno 
dato ciò non pertanto dei risultati molto favorevoli e dei van- 
taggi reali, tanto che sono ormai entrate nella pratica me- 
dica (1). Nessuno può dire che perciò il merito ne sia minore. 

Epperò volendo venire ad una conclusione mi pare che da 
tutto ciò risulti non essere ragionevole ritenere i bacteri come 
la causa e la condizione sine qua non della setticoemia. — Non 
è mio scopo certo l’ investigare tale condizione. Però deve dirsi 
che una causa che agisca come gli ordinari veleni vegetali 
ed animali non dovrebbe estendere la sua azione al di là 


(1) La medicatura ovattata è di uso comune in parecchie sezioni degli 
ospedali di Parigi - la medicatura alla Lister è adoperata in molte delle 
principali cliniche ed ospedali dei due continenti. 


99 


dell’ organismo avvelenato. Invece il virus settico come il va- 
ioloso, il tabido ecc., sembrano agire in quantità infinitesimali 
e avere la proprietà di riprodursi quando siano introdotti nel- 
l'organismo vivente. E verosimile che tali virus colla loro pre- 
senza siano capaci di indurre nei liquidi viventi ai quali vanno 
a contatto le loro stesse modificazioni a modo di fermenti so- 
lubili. Ma in ogni caso la causa di queste malattie va ricer- 
cata, non nei bacteri che accidentalmente le accompagnano, 
ma nella alterazione dei liquidi e nella morte degli elementi 
costituenti i tessuti. Sono queste due condizioni e non altro 
che danno origine al veleno settico, il quale, formatosi e pene- 
trato nell’ organismo, può produrre anche la morte. 


CONCLUSIONE 


Le conclusioni che si possono ricavare da questo studio 
appariscono agli occhi di tutti. 

.— I bacteri sono vegetali che vivono e si riproducono per 
lo più nei liquidi organici in decomposizione o comunque al- 
terati. 

— Il loro posto tassonomico nella serie vegetale è ancora 
incerto. 

— Possono riprodursi per scissione e per spore ed hanno 
tutti bisogno dell’ ossigeno per vivere. 

— Instato temnogenetico la temperatura di + 50° o poco più, 
la dissecazione, la mancanza, d’ ossigeno, spesso la putrefazione 
li uccide. Allo stato di spora possono resistere a temperature 
superiori a + 100° (?) e alla maggior parte degli agenti che li 
uccidono quando sono adulti. Le temperature di + 50° a + 75° 
permettono però la primitiva loro comparsa nei liquidi adatti. 
- A 0° non si originano più, ma temperature anche inferiori 
sono incapaci di ucciderli quando siano sviluppati. 

—_—— È incerto se possano generarsi per produzione spontanea. 

— Nelle fermentazioni sembrano avere una parte impor- 
tante, e così forse nelle putrefazioni. In ogni caso questa loro 
importanza è minore di quella che ordinariamente loro si at- 
tribuisce, 


100 


— I bacteri si possono presentare nell’ urina, nel pus, nei 
lochi, nelle secrezioni in genere, e nel sangue di qualche ma- 
lattia infettiva. 

— Non esiste alcun fatto bene accertato che provi essere 
i bacteri causa o agente principale in alcuna malattia. 

— Ne esistono invece molti che starebbero a provare essere 
essi solamente un fenomeno concomitante, poco meno che in- 
differente. 

-- L'indirizzo della medicina che cerca in ogni caso di di- 
struggere i bacteri e i loro germi è errato. 

— Del resto i bacteri e i loro germi che si possono tro- 
vare e sopra e dentro all’ organismo vivente non risentono in 
via ordinaria alcun effetto dai medicamenti o esterni o interni 
che si possono usare allo scopo di distruggerili. 


——o0t6l00— 


CRONACA SCIENTIFICA 


Botanica — Il Pr. Stòhr trattò (Acc. imp. di sc. e soc. bot. 
zool. a Vienna.) sulla clorofilla e fece conoscere che l’ epider- 
mide degli organi verdi delle gimnosperme a larghe foglie e an- 
che della maggior parte dei dicotiledoni contiene della clorofilla, 
che questa però sembra mancare regolarmente agli organi verdi 
delle gimnosperme aghiformi e ai monocotiledoni; — per lo più 
la clorifilla si trova alla parte inferiore delle foglie, dei pic- 
ciuoli, degli steli e essa vi rimane per tutto il tempo della vita 
della rispettiva pianta — ben di rado ritrovasi essa clorofilla 
alla parte superiore delle foglie, venendo essa distrutta dalla 
luce troppo intensa subito dopo esser essa comparsa. 

Il Prof. Hausknecht descrive (giorn. botan. di Skofitz.) 30 
nuove specie di Epilobium delle Indie, fra cui: Ep. rigidum 
affine all’algidum, lo scotulatum affine alla anagalifolia, il cepha- 
lostigma affine all’ adnatum etc. 

Il Dott. Borbas fa menzione (c. 1.) d’una Convallaria che 
sì distingue dalla sua forma normale per aver una foglia del 
perigono del circolo interno del tutto uguale a quella del cir- 
colo esterno sì rapporto a forma che a colorito; il fiore è per- 
ciò zigomorfo, 

Il Dott. Peter dà uno schizzo (l. c.) della flora della Babia- 
gora, una delle più alte sommità (1770 m.) dei Beskidi in Un- 
gheria; consta di arenaria carpatica; ritrovansi Campanula 
Scheuchzeri, Arabis arenosa e compacta, Rhodiola rosea, A- 
nemone narcissiflora, Veratrum lobelianum, Hypocheoris uni- 
flora, Cardamine trifolia, Knautia carpatica, Rosa urbica etc. 

Il Dott. Thitmen (1. c.) descrive una Vossia, nuovo genere 
appartenente alle Ustilaginee — esso trova il suo posto imme- 
diatamente vicino alla Tiletia — la specie V. molinie fu tro- 
vata sull’ ovario della Molinia coerulea, presso Lubiana, 


102 


Il Dott. Lorenser (1. c.) descrive un nuovo Agaricus, una 
Lepiota rugosa — reticulata, da porsi vicino alla L. amian- 
thina. 

Il Prof. Niess! (1. c.) dà un prospetto delle specie del genere 
Sporormia. appartenente ai Pirenomiceti; a questo genere 
appartengono tutte le specie del gruppo naturale delle Sorda- 
riacee, le di cui spore constano di più di due cellule, escluse 
quelle delle spore con divisione longitudinale (Pleophragmia), 
le specie con spore a due cellule vennero acchiuse al genere 
Delitschia e quelle con spore a una cellula al genere Sordaria 
etc. — poi vi segue l’enumerazione descrittiva dei Pirenomiceti 
(Sporormia lageniformis, intermedia, megalospora etc.. 

Devo far menzioue del giornale botanico del Prof. Kanitz; 
abbenchè questo giornale contenga articoli di alto interesse 
pure temo che possa venir difuso ben poco fra i botanici oltre 
i confini dell’ Ungheria perchè è scritto in lingua ungherese. 


Zoologia — Il Dr. Fitzinger presentò all’ Imp. Acc. di sc. 
a Vienna l’ultima parte delle sue osservazioni critiche sulle 
specie della famiglia naturale dei cervi, che comprende i generi 
dell’ America meridionale: Subulo, Doryceros, Nanelaphus, e il 
genere Prox dell’ Asia meridionale. 

La nostra società ornitolagica va sempre più progredendo 
— i rispettivi studi si fanno più popolari. — Sua Altezza 
l'Arciduca Principe ereditario frodolfo appassionato ornitolago 
intraprese l’anno scorso con i ben noti Brehm e Homeyer una 
escursione nelle parti basse dell’ Ungheria, pubblicò i risultati 
di questo viaggio e negli scritti della detta società ne troviamo 
dato uno schizzo. 

Il Dirett. Steindachner descrive (Acc. di sc.) alcune nuove 
specie di pesci che conservansi nei musei di Vienna, Stuttgarda 
e Varsavia — sono 22 sp. dell’ Australia, del Brasile etc. 
Rogenhofer (soc. bot. zool.) dà relazione degli studii da lui 
fatti su una collezione di Lepidotteri delle Indie, che trovansi 
al museo imperiale. 

Il Prof. Rosenhauer (soc. min, zool. di Regensburg) descrive 
un Thamnurgus Characia, che vive negli steli dell’ Euphorbia 


103 


characias in Spagna; trovandosi questa pianta anche in altri 
paesi, così sarebbe ben facile trovarvi anche questo colleottero 
che si distingue dal Th. varipes per esser molto più perio più 
sottile, più cilindrico etc. 


Paleoetnologia — Il Pr. Hochstetter, quale Pres. della com- 
miss. preistorica della I. A. di sc. dà conto dei lavori eseguiti 
lo scorso anno 1878 nell’ Austria inferiore, nella Carniola. Presso 
Pillichsdorf (Austria inf.) fu aperto un tumulo, in cui furono 
rinvenute numerose urne e vasi di particolare forma, un brac- 
cialetto di bronzo etc. — Nella Carniola furono pure aperti 
diversi sepolcri ritrovati in diverse località con entro sche- 
letri e oggetti di bronzo e di ferro — anche in diverse 
grotte e caverne furono fatti deglì scavi e si raccolsero molti 
crani e altre ossa di Ursus spelaeus, Gulo spel:eus, Canis lupus, 
copritisi di Iene etc. 

Il Prof. Engelhardt tratta dell’ uomo fossile ( Soc. di sc. nat. 
Isis Dresda ) egli descrive i dolicocefali, subdolicocefali, bra- 
chycefali — viene poi a discutere sulle razze dell’uomo diluviale 
— egli distingue la razza di Cannstatt, di Cromagnon e di 
Furfooz — la prima razza abitò l' Europa, dalla Germania fin 
in Ispagna, e si distingue per la sua dolicoplaticefalia — questi 
studi furono fatti su un frammento di un cranio descritto dal 
Tiger nel 1835 e che è il cranio di Neander; — la razza di 
Cromagnon era dolicocefala, ma col diametro verticale ben 
sviluppato (la grandezza del cervello dimostra gran intelli- 
genza); sucesse alla antecedente al tempo del diluvio medio 
e esistette ancora al fine di questo periodo’; — la razza di 
Furfooz, di cui Dupont trovò dei resti ancor nel 1866 nelle 
grotte del Belgio, era di statura più piccola; — il cranio è 
subbrachicefalo o mesaticefalo; — era meno intelligente del- 
l’uomo di Cromagnon e visse alla fine del periodo diluviale. 


Vienna 15 Marzo 1879. 
Sr. 


SPRLTONTO (ERE 


-GIRYIOT 


PRATT 
KEEL 


se 


i 


È Anno XIII. Dispensa 3 * Serie Il ) 


_ ANNUARIO 
DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI 
i IN MODENA | 


Redazione del: Segretario Dott, LUIGI PICAGLIA 


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SOMMARIO 


MAZZETTI — La molassa marnosa delle montagne Modenesi e 
Reggiane e lo Schlier delle colline Bolognesi. 

BERGONZINI — Sulla struttura istologica della mucosa stomacale 

; del Myoxus avellanarius L. 

PICAGLIA — Nota sul Cursorius Gallicus Bp. 

FIORI — Nota su alcuni uccelli del Modenese. 

BERGONZINI e POZZI — Sul passaggio della Vanessa Cardui nel 
Modenese, 4 

SENONER — Cronaca scientifica, 


I v 
i Parte Scientifica 


MODENA 
TIPOGRAFIA DI PAOLO TOSCHI E C. 


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PARTE SCTBNTIHICA 


LA MOLASSA MARNOSA 


DELLE MONTAGNE MODENESI E REGGIANE 


6 lo SCHLIER delle Colline del Bolognese 


Pantano ed i suoi Fossili. — Pantano è un 
piccolo paesetto della montagna reggiana, posto sotto il Co- 
mune di Carpineti, e distante da Reggio un trenta Kilometri 

circa. 
Sotto l'aspetto geologico, il paesetto di Pantano per la qua- 
lita della sua Fauna, è forse il sìto più importante di tutte le 
altre località montuose della Provincia reggiana: e lo stesso 
Doderlein, cotanto benemerito della Geologia di questi posti, 
sotto cotesto medesimo aspetto considerò sampre Pantano come 
un luogo veramente eccezionale. 


Costituzione geologica di Pantano. 
— La formazione di Pantano è in genere costituita da una ro c- 
cia molassica or più or meno marnosa, e di tinta bianco- 
giallastra. Ordinariamente cotesta roccia è di natura molto 
sabbionosa, e poco coerente. Essa alterna alcune volte con 
marne grigie, piuttosto compatte, e in certe località assai fos- 
silifere: ma però più spesso gli stà anche sopra. 

Stratigraficamente poi la formazione di Pantano presenta la 
forma di un vero dacîno; bacino che s’ interpone a mezzodì fra 
S. Pietro, S. Vitale, Carpineti, e Valestra; e a settentrione fra 
Felina, e Marola: da che la roccia che costituisce questa stessa 
formazione, mentre ha i suoi due lati, il lato di Carpineti, e 
l’altro di Marola, inclinati in senso opposto, il Tresimeno poi 
che gli scorre nel mezzo, ne contrasegna ancora evidentemente 
la linea sinclinale dalle contrarie pendenze 


106 

Fossili di Pantano. — Per lo più i fossili che 
s' incontrano a Pantano, in parte appartengono a Molluschi delle 
due famiglie dei Gasteropodi ed Acefali, e in parte a Coralliari 
semplici. Di tutti cotesti fossili poi: i Gasteropodi vi sono or- 
dinariamente rappresentati dai generi: Phorus, Cassidaria, 
Cerithium, Pleurotoma, Nassa, Cancellaria, Mitra, Conus : 
gli Acefali dai generi: Solenomya, Lucina, Isocardia, Pechio- 
lia, Lutraria, e i Coralliari dai generi: Trochociathus, Dal- 
tociathus, Flabe'lum: ove non di rado tra questi ultimi fossili, 
vi sì riscontra pur’ anche il magnifico Flabello a coda di Pa- 
vone, denominato da’ Ponzi: Mabellum Vaticani, per trovarsi 
esso pure nelle marne inferiori di questa località. 

Se non che questi non sono i soli generi di fossili, che si 
riscontrano a Pantano: che a Pantano stesso, oltre a molti 
Gasteropedi, Acefali e Coralliari, vi sì trovano ancora fossili — 
e Cefalopodi, ed Echinodermi: di cui i primi vi sono anche 
essi rappresentati dal genere Nautilus, nell’ Aturia Moristi 
(Michelotti); e gli altri dal genere Sputangus, nello Spa- 
tangus austriacus (Laub.) e nella Maretia Pareti (Manzi). 

Pertanto anche da questo unico cenno si scorge tosto, quanto 
la Fauna di Pantano sia veramente ricca e interessante. Ma 
però ciò che la rende tale, non sono sicuramente nè i suoi 
Gasternopodi, nè gli Acefali; è meno ancora i numerosi suoi 
Coralliari; sì bene gli Echinodermi e i Cefalopodi, che insieme 
ad essi contiene ancora. Da che Gasteropodi, Acefali e Coral- 
liari fossili, se ne trovano già a josa anche in molte altre for- 
mazioni diverse, ma Cefalopodi ed Echinodermi fossili delle 
specie or ora indicate, non se ne rinvengono che nella forma- 
zione di Pantano stesso, è in quelle che con questa medesima 
si conguagliano. 

Ma per mostrare anche meglio, quanto la Fauna di Pan- 
tano sia propriamente interessante e ricca, darò qui stesso la 
nota di quelli tra i fossili un po’ più conservati, che insieme 
all’ ottimo mio amico D. Valerio Capanni, Professore di Mate- 
matica nel Collegio di Marola, potei raccogliere, in un tratto 
di terreno, che non supera forse l’ estensione di un duecento 
metri quadrati, nell’ ultima mia escursione che feci in questa 
medesima località e sue adiacenze. i 


ECHINODERMI 


SPANTANGOIDEI 


Spatangus austriacus (Laub) 


( Di questa specie se ne raccol- 
sero 10 individui). 


Spatangus Spec. 


CEFALOPODI 
NAUTILOIDI 
Aturia Morisii (Michti) 


- 


(Di questi, 5 specie assai bene 
conservate). 


MOLLUSCHI 
GASTEROPODI 


Phorus Spec. (15 individui ) 
Trochus Spec.? 


107 


Columbella subuluta; (Bell,) 
Adeorbis Spec.? 
ACEFALI 

Solenomya Doderleini (May) 

Lulraria? Spec.? (Lam). 

Cryptodon subangulatus (R. 
Hòrn). 

Naera elegans (H6rn) 


Naera Spec.? 
Pechiolia argentea (Menegh.) 


PTEROPODI 


Cleodora ? Spec.? 
Var. Spec. 


CORALLIARI 
ANTOZOl 


Flabellum Vaticani (Ponzi). 
Deltociathus italicus (Haim). 


Trochociathus armatus (Edw. 
Haim). 


Cassidaria thirena (Sin.) 
Cassidaria Spec. (più di 20 indiv.) 


Posizione stratigrafica della forma- 
zione di Pantano. — Ordinariamente la! formazione 
di Pantano riposa sopra A.rgille scagliose. Infatti 
essa si stende sopra argille scagliose lungo tutto il suo tratto 
orientale: su argille scagliose riposano pur’ anche quasi tutti i 
suoi lembi staccati che s’ incontrano sul suo lato settentrio- 
nale. Non è propriamente che dal lato di Carpineti, e da 
quello di Morola, ove questa stessa formazione, mostra di 
appoggiarsi in realtà sopra roccie differenti: da che dal lato di 
Carpineti essa si adaggia direttamente sopra il macigno mo- 
lassa, e da quello di Marola sopra un calcare sabbionoso, di 
colore turchino-gialiccio : calcare che a quando a quando contiene 
ancora una quantità non indifferente di framenti fossili; ma 
che però per essere affatto impossibile il definire, a che specie 
di fossili essi framenti si appartengono, rimane pur anche som- 


108 
mamente dubbioso: se ancora da questo lato la formazione di 
Pantano si appoggi realmente sopra di una formazione da esso 
diversa, oppure sopra di una sua stessa accidentale modalità. 

‘Per ciò poi che spetta alla sua giacitura, questa formazione 
si riscontra quasi sempre con gli strati inclinati a S. E. e in 
ciò si trova alquanto discordante colla stessa giacitura del Cal- 
care sabbionoso di Mosola; poichè gli strati di codesto calcare 
s' immergono invece a S. O. e s° incontrano con quelli della 
formazione predetta ad angolo piuttosto molto aperto. (a) Fig. | 


Iclinazione 


Aly ton 


L\ 


FIGURA I. 


La formazione di lantano ripro- 
dotta nella Provincia di Modena. — La 
formazione di Pantano non resta sicuramente circoscritta entro 
i limiti di questo stesso paese; ma oltre di occupare molte altre 
località della medesima Provincia reggiana e di protrarsi per- 
fino entro i confini del territorio parmense, tenendo sempre 
una linea quasi paralella all’ asse maggiore deil’ Apennino, 
essa ricomparisce poi anche nel modenese nelle Molasse di 
Guiglia e Zocca. Già gli stretti rapporti fra queste due roccie 
furono rilevati anche dall’ illustre Doderlein: anzi nella sua 
Carta geologica delle due Provincie di Modena e Reggio, il 


109 


medesimo conguagliò la stessa formazione di Pantano alle 
molasse delle due predette località senz’ altro. | 

E da vero; i caratteri tanto paleontologici che stratigrafici 
che uniscono fra loro la formazione di Pantano e le molasse 
di Guiglia-Zocca, non potrebbero realmente essere nè più chiari 
nè più evidenti; perciocchè di natura marno-sabbionoso-cal- 
care è tanto la roccia che costituisce la formazione di Pantano, 
quanto la molassa che costituisce quella di Guiglia-Zocca; e 
lo Spatangus austriacus, la Maretia Pareti l’Aturia Moris 
che caratterizzano la Fauna di Pantano, caratterizzano ancora 
quelle delle due predette località. 

L’ unica differenza che forse s’ incontra in coteste due 
formazioni, non è proriamente che questa; cioè che la Fauna 
di Pantano è evidentemente più ricca in Acefali e Coralliari 
che non la Fauna di Guiglia-Zocca; mentre all’ incontro la 
Fauna di Guiglia-Zocca contiene invece due Echinodermi, 
1 Hemipneustes italicus (Monzoni e Mazzetti) e l’ _He- 
terobrissus Montesti (Manzoni e Mazzetti) che punto non 
si trovano in quella di Pantano. 

Ma anzi tutto: una cotale differenza può esser anche più 
apparente che non reale; poichè si può dare benissimo, che 
ambedue le predette formazioni contengano ancora gli stessi 
fossili l’ una dell’ altra, e che si giudichino : reciprocamente 
mancanti di alcune loro specie, solo perchè in esse non per 
anche rinvenute. Del resto poi; se l’ indicata differenza tra 
coteste due Faune fosse anche reale, certo è che neppure per 
questo sì potrebbe maggiormente dubitare della vera loro con- 
temporaneità. E già noto a tutti i naturalisti, che tanto l’ esi- 
stenza o mancanza di certi generi di animali in un dato posto, 
quanto ancora il maggiore o minore loro sviluppo in esso, di- 
pende assai più da accidentalità locali, che non da successività 
di tempo. La diversità di temperatura, la maggiore o minor 
abbondanza di nutrimento, e la stessa pressione batimetrica, 
sono tutte cause, che influiscono sempre grandemente intorno 
all’ habitat di qualunque essere organico, 


, 


110 


JLo Schlier delle Colline del Bolo- 
gnese. — Il nome dischlier fu dato dai Geologi austriaci 
ad una formazione marnosa marina di grande profondità; for- 
mazione che si riscontra principalmente nell’ alta ‘Austria presso 
Ottnang. 

In Italia cotesto nome fu per la prima volta usato dal detto 
geologo Theodoro Fuchs, allorchè nel 1874 recatosi in 
questa regione per studiarne ì terrerti terziari, si accorse che 
lo Schlier di Ottnang era litologicamente e paleontologicamente 
riprodotto in quelle marne medesime, che 1’ illustre Comm. 
Prof. Capellini avea di già distinte sotto i nomi di marne gri- 
sastre, e marne Diancastre delle colline di Bologna. (E u- 
chs studien ber die Gliederiing der jungeren Tertiarbil- 
dungen Ober Italiens, Vergelegt in der litzug am II April 1878 
— Manzoni; Lo Schlier di Ottnang nell’ Alta Austria 
e lo Schlier delle Colline di Bologna.) — Di poi il Conte 
Dott. Angelo Manzoni che dopo Fuchs studiò acurata- 
mente la formazione di queste stesse marne, con addottare il 
predetto nome nelle sue dotte memorie che scrisse in proposito 
( Considerazioni geologiche a proposito del Pentracrinus 
Gastaldi della Molassa di Montese; = Gli Echinidi fossili 
dello Schlier delle Colline di Bologna), il medesimo nome 
Schlier venne così introdotto anche nella Geologia italiana. (b) 


Identità delio Schlier delle Colline 
di Bologna, e delle formazioni di Pan- 
tano e Guiglia-Zocca.— Certo non meno evidente 
della contemporaneità tra le formazioni di Pantano e Guiglia- 
Zecca è pur’ anche la contemporaneità medesima tra queste 
due formazioni medesime e lo Schlier delle colline di Bologna; 
di maniera che coteste tre formazioni, piuttosto che tre terreni 
diversi l’ uno dall’ altro, non costituiscono in realtà che una 
sola ed unica formazione della medesima età, e di un’ istesso 
mare. 

E questa contemporaneità fra lo Schlier delle Colline di 
Bologna, e le due formazioni di Pantano e Guiglia-Zocca è 
poi evidente anzi che no: 


111 


1. Perchè coteste tre formazioni hanno tutte e ce la 
stessa Mauna caratteristica. 

Così sta: i medesimi fossili, cioè i Gasteropodi Phorus, Ce- 
rithium, Pleurotoma, Nessa, Cassidaria, Cancellaria ; glì Ace- 
fali Solenomya, Lucina, Isocardia, Pecten ; i Coralliari T'ro- 
chociathus, Deltociathus, Flabellum; gli Echinodermi Spatan- 
gus astriacus, Maretia Pareti; e il Cefalepodo Aturia Mao- 
rist, che insieme qualificano la formazione di Pantano, quali- 
ficano pur’ anche insieme la formazione dello Schlier delle 
colline di Bologna: e persino i due Echinodermi l’ Hemi- 
pneustes italicus, e l’_Heterobrissus Montesti, che fanno parte 
della. Fauna di Guiglia-Zocca, ma che però sin’ ora non si 
sono riscontrati a Pantano, si trovano invece nella formazione 
medesima dello Schlier della predetta località. 

2. Perchè la natura litologica di tutte e tre coteste for- 
mazioni è identica. 

Come ho anche precedentemente indicato, di natura marno- 
sabbionoso-calcare sono le roccie che costituiscono le forma- 
zioni di Pontano e Guiglia-Zocca: di natura parimente consimile 
è pure la roccia, che compone la formazione dello Schlier delle 
colline di Bologna (Manz., Memorie cit.) 

38. Perchè la posizione statigrafica delle formazioni di 
Pantano, e di Guiglia-Zocca corrisponde in tutto alla posizione 
stratigrafica dello Schlier della sopraddetta località. 

Ordinariamente la posizione stratigrafica delle formazioni 
di Pantano e Guiglia-Zocca soprastà immediatamente alle 
Argille scagliose; e bene lo Schlier delle colline di Bologna 
si adaggia pur esso ordinariamente sopra cotesta roccia me- 
desima: sopra Argille scagliose (Manz. memor. cit.) 

Di più: la contemporaneità fra le formazioni di Pantano e 
Guiglia-Zocca, ed il terreno dello Schlier delle colline di Bo- 
logna è poi ancora evidente; da che le stesse accidentalità 
che s'incontrano tra i fossili di uno dei detti luoghi, s° incon- 
trano pure tra i fossili dell’ altro. I fossili di Pantano e 
Guiglia-Zocca, si trovano per lo più in un pessimo stato di 
conservazione; meno qualche Echinoderma e alcuni pochissimi 
Gasteropodi, quasi tutti gli altri mancano del loro guscio. 


112 


Molti di questi si presentano poi anche in moduli siffattamente 
alterati, che non lasciano nemmeno modo nessuno per deter- 
minarne la specie. Ora: i fossili che si raccolgono nello schlier 
delle colline di Bologna, si trovano precisamente nel medesimo 
stato, in cui s' incontrano quelli delle formazioni di Pantano 
e Guiglia-Zocca (Manzoni Mem. cit.) 


Estensione dello Schlier nel ver- 
sante Apenninino dell’ Emilia. — Per le 
stesse ragioni che l’esimio mio amico dott. Angelo Manzoni adottò 
la parola Schlier, per indicare il terreno delle molasse mar- 
nose della collina di Bologna, io pure mi prevarrò egual- 
mente in seguito di questa medesima parola, per denotare le 
formazioni di Pantano e Guiglia-Zocca: e ciò anche stante 
l'identità manifestissima, che passa fra il predetto terreno dello 
Schlier, e quello di queste ultime formazioni. 

È vero che cotesta parola suona fra noi un po’ troppo 
aspramente, nè si confà punto coll’ indole dolce e flessibile del 
nostro linguaggio; ma è però altrettanto vero, che il suo si- 
gnificato precisa così bene la formazione geologica in discorso, 
che credo più conveniente di adottare qui anch’io una tal 
parola, di quello che sacrificare le chiarezza ad un po’ di me- 
lodia. Del resto poi il fatto stesso dimostra, che in Geologia, 
nessuno è mai stato troppo tenero per la purità della lingua 
“sua nazionale. 

Ma mettendo da parte ogni digressione : la formazione dello 
Schlier nel versante apenninico dell’ Emilia si compone sen- 
2’ altro di una vasta zona di terreno, che da oltre i confini 
delle montagne reggiane dal lato parmense, in una linea qnasi 
sempre parallela all’ asse siesso dell’ Appennino, per Vatto, 
Villaberza, Pantano, Castagneto (sul reggiano); Guiglia, Rocca 
Malatina, Zocca (sul modenese); Jano, S. Leo, Tolè, Monte- 
capra, Tizzano, Uhiusa di Casalecchio (nel bolognese), sì pro- 
tende saltuariamente fino nei dintorni di Ancona. 

Di pari entità della lunghezza della zona, costituente lo 
Schlier del predetto versante Apenninico, è ancora la sua 
stessa larghezza; giacchè in più luoghi, dai primi bordi delle 


113 


più basse colline, si allunga co’ suoi bracci sin presso le falde 
. dell’ Appennino medesimo. Così: nel reggiano la formazione 
dello Schlier comincia appena passato Pecorile, e sale sin’ oltre 
a Felina: nel modenese la predetta formazione s' incontra 
subito a Guiglia e procedendo a salti per Pieve di Trebbio, 
Rocca Malatina, Montecorone, Zocca, Montetortore, Montalto, 
Semelano, si allunga sino a Montese: nel bolognese poi questa 
stessa fermazione comincia anche qui nelle sue prime colline 
presso il Monte di S. Lucca, e inoltrandosi per la valle del 
Reno monta sin presso a Riola. 


Importanza della formazione dello 
schlier nella costituzione geologica 
del versante apenninico dell’ Emilia. 
— Che la formazione delle Schlier sia veramente di molto rilievo 
nella costituzione geologica del versante apenninico dell’ Emilia 
non se ne può certo dubitare da nessuno; stante che per con- 
vincere di questo chicchessia, n’ è prova più che sufficiente la 
grande estensione, che essa occupa quivi stesso. Certo è che 
in cotesta parte d’Italia anche altri terreni sì mostrano assai 
sviluppati; e tra questl singolarmente le Argille sca- 
gliose, ed il terreno pliocene. Ma senza punto par- 
lare delle Argille scagliose, perchè queste sono proprio pel 
geologo, ciò che sono pel medico i mali nervosi: quanto al 
terreno pliocene, nemmeno cotesto supera forse in potenza la 
formazione medesima dello Schlier. 

Del rimanente poi, qui conviene ancora osservare: che la 
formazione del terreno pliocene è già esattamente nota, perchè 
ripetutamente studiata, e da più di uno tra i valenti geologi: 
mentre che la formazione dello Schlier, che si prese appena 
Jeri sott’ occhio, non è forse conosciuta neanche nelle sue 
parti principali. Ond’ è: che mentre la formazione pliocenica, 
neppure per nuovi studii acquistarà mai un importanza mag- 
giore, cen assorbire altri terreni entro la orbita sua: quella 
dello Schlier all’ incontro n° è presso che certa, stante l’ at- 
tenzione maggiore, che ora si attirerà, di non pochi studiosi, 


114 


Relazione intima fra lo Schlier del 
versante Apenninico dell’ Emilia, e 
la molassa serpentinosa della stessa 
località. — Una strettissima analogia, tanto sotto l’ aspetto 
litologico, che sotto l’ aspetto paleontologico, si riscontra pur 
anche fra lo Schlier del versante apenninico dell’ Emilia, e la 
vera molassa serpentinosa di quella parte di media montagna, 
che immediatamente gli sovrasta. 

E per ciò che spetta agli stretti rapporti litologici, che 
passano tra coteste due roccie, questi si possono sempre rilevare 
da chiunque co’ proprii occhi, purchè si prenda la briga di 
percorrere la strada, che per Zocca congiunge Guiglia con 
Montese. Tanta è l’ insensibilità, in cui quivi l’ una roccia 
passa nell’ altra, che cotesti entrerà camminando in mezzo 
allo Schlier. oppur’ anche in mezzo alla molassa, senza neppur 
accorgersene. (Figura II°) 

Quanto poi ai rapporti paleontologici: è vero che la molassa 
serpentinosa contiene non pochi fossili, che gli sono assoluta- 
mente proprii, e che non mai si rinvengano nello Schlier; ma 
tuttavia essa ne contiene ancora non pochi altri, che sono co- 
muni tanto ad essa stessa, che al medesimo Schlier. Così: se 
tra gli Echinodermi della molassa serpentinosa si riscontrano i 
generi Conoclypeus, Brissus ed Echinolampas, che non si 
trovano nello Schlier; la medesima molassa per altro contiene 
ancora lo Spatangus austriacus (Manz. 2 Mem. cit.) e l He- 
terobrissus Montesii, che sono tra i fossili più caratteristici 
dello Schlier istesso. 

Del resto; anche Manzoni, che con quell’ occhio scrutatore 
che gli è proprio, ha per più volte con diligenza esaminate 
coteste roccie, colpito oltremodo dalla perfetta somiglianza fra . 
ì caratteri più rilevanti che insieme le legano, non che am- 
mettere solo fra esse uno strettissimo vincolo di affinità, dice 
anzi a dirittura: che la molassa serpentinosa, e lo Schlier del- 
l' Emilia, non sono altro che: due depositi di un istesso mare, : 
e dell’ istesso tempo, Zitoraneo il primo, e di alto fondo l’altro 
(Manz. gli Echmidi dello Schher cit.) 

Però benchè le mie osservazioni non mi permettano ancora 


115 


SS 


N 
Nù 
DI 


FIGURA II. 


1. Vignola. - 2. Guiglia. - 3. Rocca Malatina. - 4. Zocca. - 5. Rosola - 6. Semelano 
- 7. Montese, 


a Schlier - b Molassa serpentinosa - c Letto del Panaro. 


116 


di accettare in tutta la sua estensione l’indicata asserzione 
del mio illustre amico, tuttavia è tanto chiara 1’ analogia che 
passa fra queste due formazioni, che non posso veramente non 
ammettere anch'io, che l’ origine loro non sia in realtà che 
un’ origine presso che comune: cioè mentre non posso non 
ammettere anch’ io, che tanto lo Schlier, quanto la molassa 
serpentinosa sieno veramente due deponimenti di un istesso 
mare; non ammetto però del pari, che i medesimi sieno ancora 
due deponimenti perfettamente coetanei. 

E non posso poi ammettere, che questi due depositi sieno 
realmente due depositi perfettamente coetanei: 

1. Perchè a Montese la formazione dello Schlier sta evi- 
dentemente appoggiata alla formazione della molassa serpen- 
tinosa; nè gli strati dell'una formazione concordano punto 
con gli strati dell’ altra. In media gli strati dello Schlier di 
Montese, e della Molassa serpentinosa della stessa località, 
hanno tra loro i quasi identici rapporti, che hanno pure tra 
loro lo Schlier di Pantano, ed il Calcare sabbionoso di Ma- 
rola (c). 

2. Perchè la Fauna della molassa serpentinosa di Montese 
ha nel suo insieme una fisonomia tutta propria: e quantunque 
contenga anche fossili appartenenti alla Fauna dello Schlier, 
tuttavia questi sono un nonnulla in paragone di tutti gli altri 
che sono esclusivi della stessa Molassa. 

Ma ecco quali sono in realtà i fossili, che sono più speciali 
tanto dell’ una che dell’ altra di queste due formazioni: fossili 
che sono stati tutti raccolti da me stesso in ambedue loro. 


Fossili dello Schlier. 


ECHINODERMI ECHINIDI Hemipneustes italicus, Manzo- 


nie Mazz. 


RIDI Heterobsissus Montesii, Manz. 
Dorociduris paplluta Less e Mazz. 
SPATANGOIDI Schizaster Spec. 


Spatangus austriacus Laub MOLUSCHI 


» chitonosus, E. Sism. GASTEROPODI 
Maretia Pareti, Manz. Conus Puschi, Michti. 


Ancillaria glandiformis, Lam. 
Oliva Dufransnei, Bast. 
Voluta rarispina, Bonel. 
Cyprea amygdalum, Br. 
Mitra scrobiculata Br. 
Columbella curta, Dujor. 


» subulata, Bell. 
Bucinum Pauli, R. Hòrn. 
» turbinellum Br. 
» semistriatum Br. 
Cassidaria echinophora, Lin. 
» thirena, Lin. 
Cassis variabilis, Mihti. 
» striatula, Bonel. 
Pyrula condita, Brogn. 
» geometra, Bors. 


Cancellaria lyrata, B». 
Pleurotomna semimarginata , 


Lam. 


» ramosa, Bast. 
Cerithium perversum, Lin° 
Turbo carinutus, Bors. 
Xenophora Deshayesi, Michtì 
Natica helicina, Br. 

Natica Spec. . 

Fossarus sulcatus, Phil. 
Bulla Brocchi, Michti. 
Bulla Spec. 

Pileopsis Spec. 

Vermetus Spec. 
Dentalium Bovei, Desha. 

» gadus; Montag. 

» incurvum; Jan. 


117 
ACEFALI 


Solenomya Doderleini, May. 

Lutraria ? Spec.? 

Corbula gibba, Olivi. 

Naera elegans. F. Hòren. 

Venus radiata. Br. 

Venus Spec. 

Cryptodon subangulatus, R. 
Hòren. 

Pechiolia argentea, Moneg. 

Leda pella, Sin. 

Pectunculus oblongus, Sow. 

Arca Spec. 

Pecten denudatus, Riss. 


CEFALOPODI 


Aturia Morisii, Michti. 


ANTOZOI 


Flabellum Vaticani, Ponz. 
Deltociathus italicus, Haim. 
Trochociathus armatus, Ed. 
Haim. 
Isis melitensis, Goldf. 
BRYOZOI 


Lumulites Androsaceus, All. 


PTEROPODI 


Cleodora ? Spec.? 


118 


Fossili della Molassa serpentinosa. 


ECHINODERMI CRINOIDI 


Pentacrinus Gastaldi, Michti 


ECHINODERMI ECHINIDI 


CIDARITIDI 


Cidaris clavigera, Koenig. 
» stemmacantha, A gas. 
» Melitensis, Forb. 


ECHINIDI 


Tripneustes Parchisoni, Agas. 
Psammechinus Spec. 


SPATANGOIDI 


Spatangus chitonosus, E. Sism. 


» austriacus, La ub. 
Linthia cruciata, Desor Spec. 
» brissus Spec. 


Toxobrissus crescenticus, Wright 
Heterobrissus Montesii, Manz. 
e Mazz. 
Schizaster rimosus, Desor. 
» Sillae, A gas. 
» Parchisoni? A gas. 
» canaliferus, Agas. 
Pericosmus latus, Agas. 
»  affinis, Laub. 
» Edwarsîi Agas. 
» Peroni, Cott. 


CASSIDULI 


Echinolampas pulitus, Des. 


conulus, Laub. 
Laurillardi, A g. 
hemisfericus,Agas. 

» eurisomus, Agas. 
Pigaulus Studeri, Desov. 
Conoclypeus anacoreta, Ag as. 

» plogiosomus, Ag. 
» conoîdeus, Agas. 
» ovum, Gratel 


# > 


MOLLUSCHI 


ACEFALI 


Cardium Spec. 

Avicula Spec. 

Pecten dubbius, Lin. 
» Asper, Lam. 


» denudatus, Ris. 
Lima strigilata, Br. 
» var: Spec. 


Ostrea: Spec. 
GASTEROPODI 


Conus Puschi, Michti. 
Phorus Spec. 


Trochus Spec. 
Cancellaria crassicostata, Des. 


BRACHIOPODI 


Terebratulo Montesi, Mazz. 


var. spec. 


BRIOZOI 


Myriozoum Spec. 
Celepora Spec. 
Escara Spec. 


119 


Fra tanto come si vede dai surriferiti fossili, alcuni di 
questi sono certo comuni a tutte e due le formazioni; ma molti 
però dei medesimi sono ancora particolari a ciascheduna di loro. 

Piuttosto che due depositi perfettamente coetanei, sembra 
dunque più verosimile: che ambedue le formazioni sieno sì 
due depositi di un istesso mare; ma non però dello stesso 
tempo: cioe sembra più verosimile, che nello stesso tempo che 
si deponevano i primi strati dello Schlier, si deponesse pur 
anche la molassa serpentinosa; ma che tuttavia questa come 
roccia di basso fondo, e per una causa qualunque, venisse 
spinto fuori dell’ onde assai prima, che la formazione dello 
Schlier cessasse del tutto. Così la molassa serpentinosa rap- 
presenterebbe senz’ altro la parte inferiore dello Schler istesso; 
e: così pure si spiegherebbe ancora la comunanza di non pochi 
fossili fra le predette due formazioni, e l’ analogia litologica 
loro medesima. *(e) 


Distribuzione stratigrafica degli E- 
chinodermi nello Schlier e nella mo- 
lassa serpentinosa. — Gli Echinodermi tanto dello 
Schlier, quanto della molassa, non si riscontrano già tutti 
sparsi alla rinfusa su la superficie di ciascuna di queste due 
fomazioni; ma all'incontro si trovano invece comunemente chi 
in una zona, e chi in un’altra delle medesime. 

In fatti fra gli Echinodermi più caratteristici dello Schlier, 
la Maretia non si riscontra quasi mai, che nelle parti più 
basse e più profonde della formazione: l’ Hemipneustes italicus 
stà ordinariamente più in alto della Marezia; e in fine l’ He- 
terobissus Montesti, lo Spatangus austriacus, che sono co- 
muni ad ambedue le formazioni in discorso, si trovano nncora 
più in alto dello stesso Hemipneustes. 

Fra gli Echinodermi poi più caratteristici della molassa 
serpentinosa, il Conoclypeus colla Linthia occupano per lo più 
la parte più alta della formazione; gli Eehinolampas, Schi- 
zaster, Heterobrissus la parte mediana: mentre nella parte 
inferiore, con alcuni Schizasteri e qualche Echinolampas, si 
trovano in cambio il Torobrissus, Brissus e Cidaris. Fig. Ill. 


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vIII VUNDIA 


121 


Differenza fra l’ aspetto orografico 
dello Schlier e quello della molassa 
serpentinosa. — Rapporto all’ aspetto orografico, la 
forma sotto cui si presenta lo Schlier nel versante settentrionale 
apenninico dell’ Emilia, è per lo più assai diverso da quello 
sotto cui si presenta invece la molassa serpentinosa della stessa 
località. D’ ordinario lo Schlier non costituisce che alcune 
eminenze di poca elevazione; là dove la molassa serpentinosa 
s’ innlza in cambio molto di di più; così che mentre le alture 
dello Schlier non presentano ordinariamente che l’ aspetto di 
bass: colli; quelle all’ incontro della molassa serpentinosa assu- 
mono più presto una forma a picco. 

Per altro coteste diversità orografiche tra le due formazioni, 
non sono che connaturali alla natura petrografica delle due 
| roccie, da cui sono esse costituite: poichè prescindendo anche 
dalla giacitura particolare della molassa serpentinosa, che per 
lo più sì presenta in grossi lembi staccati, e fra loro stessi 
sconvolti, la roccia che forma la detta Molassa essendo sempre 
molto più dura e tenace che non quella dello Schlier, è per 
ciò anche meno soggetta, che non quest’ ultima, all’ azione 
dissolvente degli agenti esterni. 


L.e idee da me esternate in questa 
Memoria e la Carta geologica del 
Ioderiein delle due Provincie mo- 
denese e reggiana. — Certo dalle cose che ho qui 
stesso esposte, potrà ognuno facilmente rilevare: che quanto a 
me nel versante settentrionale apenninico dell’ Emilia, il Mi0- 
cene medio non si compone proprio, che di un unico e solo 
deposito, in due grandi formazioni nettamente diviso: di cui 
l’una di alto fondo sotto il nome Schdier, e l’altra litorale sotto 
il nome di Molassa serpentinosa: formazioni per altro, che 
se non sono ambedue perfettamente gemelle, sono però figlie 
tutte e due del medesimo padre 

Se non che su questo particolare coteste mie idee si trovano 
in una certa opposizione con quelle dell’ esimio goologo mo- 
denese, e mio venerato maestro Doderlein: da che il medesimo 


122 


nella sua Carta geologica del modenese e reggiano, oltre il 
dividere lo Schlier predetto in due terreni da quanto pare l’ un 
l’altro diversi; cioè: oltre il dividere lo Schlier in una specie 
di Molassa serpentinosa diversa per posizione stratigrafica 
dalla molassa serpentinosa, superiormente accennata, ed in 
Marne grigio-oscure-sabbionose a Pericosmus latus : include 
poi per una parte nello stesso miocene medio il Calcare a Lu- 
cina pomum, e per l’ altra n° esclude affatto la molassa ser- 
pentinosa di Montese, ponendola invece nel Miocene inferiore 
sotte il nome di conglomerato nummulitico madreporico. 

Ma quanto al calcare a « Lucina pomum » si vede che 
quando il Doderlein disegnò la detta Carta, non si conoscea 
ancora perfettamente la vera posizione stratigrafica del mede- 
simo; giacchè questo stesso calcare, come risulta anche dagli 
ultimi lavori del Manzoni, è strettamente legato colla forma- 
zione zolfo-gessica. Quanto poi appartiene alla molassa ser- 
pentinosa, e alle marne grigio-oscure-sabbionose a « Pericosmus 
latus » convien dire che il medesimo geologo nel separare 
coteste due roccie, avesse più che altro in mira, di far notare 
le diverse accidentalità della composizione loro li{ologica; 
stante che ambedue le dette roccie fanno parte del calcare 
grossolano, che costituisce direttamente la formazione di Pan- 
tano, come confesea pure egli stesso nel già citato cotalogo 
della Collezione geognostica del modenese. Ma e per ciò che 
spetta all’ esclusiene dal miocene medio della molassa serpen- 
tinosa di Montese nel suo calcare nummulitico madreporico ? (£) 
Certamente su cotesto non posso che ripetere, quanto in ordine 
alla predetta molassa ho gia in antecedenza detto più volte: 
cioè non posso che ripetere: che la molassa serpentinosa di 
Montese, tanto per la sua posizione stratigrafica, quanto ancora 
pel genere di fossili che contiene, appartenendo essa diretta- 
al mare dello Sclier, apparterrà pur’ anche direttamente alla 
formazione stessa, che in seno al medesimo si venne già co- 
stituendo. 

Per metter dunque la predetta Carta geologica del Doder- 
lein in relazione coi risultati delle ultime scoperte fatte nei 
luoghi da essa indicati, conviene rigettare anzi tutto dal Mio- 


123 
cene medio l’ accennato calcare a Lucina pomum, che con detto 
terreno non ha proprio nulla che fare: indi convien togliere 
di mezzo tanto il terreno della specie di Molassa serpentinosa 
or’ ora indicata, quanto l’ altro delle Marne grigie oscure sab- 
bionose a Pericosmus latus, e sostituire a questi stessi:terreni 
un’ unica formazione, corrispondente alla formazione, dello 
Schlier di Pantano e Guiglia Zocca, nel modo che èjgià stato 
da me antecedentemente accennato: poi conviene ancora riti- 
rare dal Miocene inferiore l’ indicato conglomerato nummu- 
litico madreporico, e porlo nel Miocene medio accanto alla for- 
mazione dello Schlier, sotto il nome di Molassa serpentinosa 
di Montese. 

In questo modo il Miocene medio del versante settentrio- 
nale dell’ Apennino dell’ Emilia sarebbe ivi rappresentato real- 
mente nei soli terreni, che in verità lo costituiscono: cioè sa- 
rebbe rappresentato nello Schlier , colle sue località tipiche di 
Pantano e Guiglia-Zocca, e nella Molassa serpentinosa colla 
sua località egualmente tipica di Montese. Diversamente la 
Carta geologica delle due provincie di Modena e Reggio del 
Doderlein, lasciata com’ è attualmente tracciata, appunto perchè 
troppo trita è alquanto inesatta, non potrà mai servire con 
utilità allo scopo per cui fu fatta. 


° 124 


ANNOTAZIONI 


nun 


a) Non avendo potuto misurare io stesso 1° angolo d’ inclinazione degli 
strati fra la roccia molassica che costituisse la formazione di Pantano, ed 
il calcare sabbionoso di Marola, a cagione della perversità del tempo, che 
mi accompagnò sempre in tutta la mia gita, incaricai perciò di questa 
operazione il già prenominato mio amico D. Valerio Capanni persona assai 
capace; il quale dopo pochi giorni m' inviò in proposito una gentilissima 
lettera di cui ne trascrivo quì il brano seguente: « Fatto il confronto delle 
diverse inclinazioni.... ho potuto rilevare: che gli strati della marna grigio- 
oscura-sabbionosa a Pericosmus latus (Doderlein) di Pantano guarda Sud 
sud-Ovest con una media inclinazione di 189, mentre il calcare di Marola, 
si volge a Sud-sud-Est, e con una elevatezza sull’ orizzonte di solo 8.° » 
— Da che poi mi si presenta l’ occasione di dover quì rammentare un’ altra 
volta questo mio amico, che fa parte del Corpo insegnante dal Collegio di 
Marola, mi credo senz’ altro in dovere di testimoniare qui stesso pubblica- 
mente Ja mia somma gratitudine, verso l’ illustre Direttore di questo sta- 
bilimento medesimo D. Giovanni Canali, che nell’ ultima mia escursione a 
Pantano, non solo mi accolse ivi con una cordialità senza pari, ma procurò 
di facilitarmi ancora in tutti i modi possibili il compimento dell’ opera mia. 
Se in tale circostanza non avessi trovato colassù questo non men dotto che 
generoso personaggio, nè avesse procurato di agevolarmi così le gite nelle 
varie località, che desiderava pure di visitare, pel continuo imperversare 
della Stagione, e più ‘ancora per trovarmi in località incomode assai, e 
senza conoscervi anima viva, avrei forse dovuto ripiegar tosto, e ritornar- 
mene su miei passi senza neppur vedere Pantano. 

Pari trattamento mi ebbi pure l’ autunno scorso, allorchè mi recai a 
visitare il Calcare di Bismantova, dal dotto e pio sacerdote D. Agostino 
Agostini di Castelnovo dei Monti. È dunque obbligo mio di rammentare 
quì ancora il nome di questo generoso signore, coi sensi della mia più 
viva riconoscenza. 

b) La località nella quale il chiarissimo geologo Fuchs trovò per la 
prima volta riprodotta in Italia lo Schlier di Ottnang, fu propriamente nelle 
colline di Torino. Ora la stessa affinità che il predetto geologo notò poi 
in seguito tra questa roccia e le marne biancastre delle colline di Bologna, 


125 


era: già stato avvertito anche dal Doderlein sino dall’’anno 1861, tra la 
detta roccia delle colline di Torino e la formazione di Pantano. 

e) Per comprovare ancora maggiormente la stretta affinità, che hanno ; 
fra loro queste due roccie, e la relazione pur anche che più o meno può 
passare fra queste stesse roccie ed il Calcare di Marola, ho pregato il mio 
amico Prof. Cuoghi, a volermele sottoporre tutie e tre ad un assaggio chi- 
mico qualitativo ; il quale mi ha poi gentilmente inviato il piccolo specchietto 
che qui stesso trascrivo 


« Il cemento della roc- La soluzione cloridrica 
î cia è per massima parte | contiene ferro in discreta 
Z | PANTANO ) calcare, in piccola dose quantità. Il residuo insolu- 
har argilloso. bile osservato al Microsco- 
Pi pio, si presenta, esenzialmente 
= di \ Il cemento della roc- \ formato di cristalli di quarzo 
i MONTESE ‘ cia è esclusivamente cal- | misti a numerosi frammenti 

\ care. ] di serpentino. 


Calcare | Questa roccia non differisse dalle due precedenti che 
sabbionoso ‘ per contenere grossi frammenti dij pirite,' e solo raris- 
di Marola Ì simi e piccoli frammenti di serpentino. 


D) 


d) Terebratula Montesiù — Mazzetti. — (Cenno intorno ai fossili 
di Montese — Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Anno 
4° Tavola 3.% Figura 10.8 ) Cotesto fossile fu pubblicato da me sino dal- 
l’anno 1872, allorchè scopersi e per il primo feci conoscere la località 
fossilifera di Montese. Pubblicai poi il medesimo, e gli appiccicai il nome 
Montesi, perchè presentando esso alcune particolarità, che non aveva 
ancora riscontrato in nessun altro individuo della sua famiglia a me noto, 
dubitai che potesse essere di qualche entità e che fosse quindi anche op- 
portuno di sapere donde in realtà provenisse. Qui poi mi cade in acconcio 
di avvertire: che nella pubblicazione di quel mio lavoruccio sui fossili di 
Montese, incorsero due o tre non lievi errori: errori che forse più che ad 
altro, si dovettero al non aver potuto io stesso curarne di persona la stampa; 
poichè per un motivo per me certo non lieto, nè dipendente dalla mia vo- 
lontà, avendo dovuto in quel tempo assentarmi un momento dal paese, 
non potei per ciò rivedere gl? stampati, e correggerne le mende. Del resto 
quanto ai fossili allora pubblicati, tranne le descrizioni che sono alquanto 
monche, non avrei nulla da ridire. Però da che mi si da il destro, indicherò 
solamente: che ì due Echinodermi, uno dei quali è rappresentato nella fi- 
gura II. della Tavola citata, e 1° altro nella fig. 12*, che allora dovetti 


126 


lasciare senza nome (perchè in mancanza di libri acconci e di esemplari 
meno imperfetti non ne potei terminare lo studio,) il primo è il 7ripnewv- 
stes Purchisoni, Agas, ed il secondo la Cidaris malitensis; Forb. 

e) Che a Montese il mare dello Schlier lambisce per molto tempo il 
piede della molassa serpentinosa, anche dopo che questa era già terra ferma, 
non solo è chiaramente indicato dalla discorde giacitura delle due forma- 
zioni; ma anche dalla specialità dei fossili che si trovano alla base di Montese 
stesso. Questi fossili, di cui forse ne darò in seguito il Catalogo intero 
sono quasi tutti litorani e da basso fondo: vale a dire sono tutti dei ge- 
neri Tillina, Donax, Venus, Ledu, Mitra, Cerithium, Natica; e oltre a 
ciò, sono ancora quasi tutti di forma la più scriata ed esile. Lo stesso fe- 
nomeno poi che s'incontra nella detta località di Montese, si osserva pur 
anche nelle due altre località analoghe di Montorso e Lavacchio, che gli 
stanno di fronte sulla sinistra del fiume Panaro. Pare dunque indubitato, 
che in tutte queste località il mare dello Schlier, con uno de’ suoi bracci 
o fiord, vi abbia lungamente dominato, anche dopo il sollevamento della 
molassa serpentinosa, che ne forma appunto le loro eminenze. 

f) La qualità di nummulitico non può in nessun modo appartenere a 
questo Conglomerato: da che non ostante le più diligenti ricerche fatte qui 
ultimamente sopra di esso da non pochi naturalisti, non vi si è mai potuto 
riscontrare traccia veruna di consimili fossili. Contiene alcuni avanzi che 
hanno sì l'aspetto di nummuliti; ma questi non sono altro che sezioni tra- 
sversali di tronchi di Celepora: tronchi che oltre a Montese, s'incontrano 
pur anche con frequenza a Pavullo, a Lavacchio, a Sassomolare e ad Africo. 


Abbate GiusePPE MAZZETTI 


GABINETTO DI ZOOLOGIA ED ANAT. COMP. DELLA R. UNIV. DI MODENA 


SULLA STRUTTURA ISTOLOGICA 


DELLA 


MOUCOSA STOMACALE DEL MYONUS AVELLANARIOS L 


Tipica 
del ott. C. BERGONZINI 


Comm. alla Società nell’ Adun. dell’ 11 Maggio 1879 


—_ 070 — 


Occupandomi di alcuni studii specialmente fisiologici sul 
Moscardino, i quali, appena potrò: avere più ampio materiale, 
comunicherò a questa Onor. Società, ho avuto occasione di 
osservare che la struttura dello stomaco di questo grazioso 
rosicante offre qualche particolarità degna di essere notata e 
che non ho vista descritta da altri. Egli è perciò che ho de- 
ciso di comunicarvi i risultati delle mie osservazioni in propo- 
sito persuaso di fare cosa non inutile affatto. 

Intanto faccio notare fin da principio che la struttura isto- 
logica della mucosa stomacaie dei rosicanti. varia molto da 
gruppo a gruppo, e direi quasi da genere a genere di que- 
st’ ordine. Ciò fa tanto più meraviglia in quantochè una ali- 
mentazione molto simile per tutti, sembrerebbe dover portare 
una grande somiglianza ancora nell’ organo ove sì compiono 
le parti più importanti della funzione digestiva. 

Così lo stomaco del coniglio ( Lepus cuniculus) è sem- 
plice e la sua mucosa è uniforme quantunque di colorito al- 
quanto diverso alla regione cardiaca e alla regione pilorica. 
Esaminata al microscopio si vede che essa conserva pressochè 
la stessa grossezza su tutta la sua superficie, e che le glandule 


128 


della regione cardiaca sono diritte tubulari cilindriche, ravvi-. 
cinate, coperte da epitelio rotondeggiante granuloso, mentre 
quelle della regione pilorica sono più tortuose, talvolta rami» 
ficate con epitelio cilindrico trasparente. 

Lo stomaco dei ratti invece (Mus decumanus) presenta molta 
somiglianza di struttura con quello dei cavalli. Anch’ esso 
esternamente è semplice, ma nell’ interno si mostra nettamente 
diviso in due regioni da un rialzo festonato della mucosa della 
parte pilorica che è la più grossa. La sottile mucosa esofagea 
si vede, anche ad ispezione macroscopica, continuarsi in tutta 
la grande insaccatura dello stomaco, mentre invece tutta la 
regione pilorica sì mostra tapezzata in modo ben diverso dalla 
prima. 

Al microscopio si osserva che nella parte cardiaca (tagli 
trasversali) dopo lo strato musculare e un connettivo lasso, 
viene la mucosa che è molto sottile, priva affatto di glandule 
tubulari e in tutto analoga alla mucosa dell’ esofago. Nella 
parte pilorica invece la mucosa è grossa più del doppio e in 
essa si trovano innicchiate le une accanto alle altre le glandule 
peptiche, di forma tubulosa come al solito e coperte nell’ in- 
terno da cellule più o men rottondeggianti o cubiche. 

Nel Myoxus avellanarius anche l’ aspetto esterno dello 
stomaco è molto diferente. L’ esofago si apre in una specie di 
proventricolo a pareti robuste, grosso quanto un seme di canepa 
o poco più. Segue a questo uno strozzamento e poscia uno 
stomaco della forma ordinaria. Spaccandolo per osservarne la 
mucosa si vede che nel proventricolo, anche se sia disteso, la 
mucosa è molto abbondante e forma delle pieghe in varie di- 
rezioni, mentre che invece nel vero stomaco la mucosa resta 
quasi liscia. 

All’ esame microscopico sì rileva che la mucosa del proven- 
tricolo è piena di glandule tubulari poste l’ una accanto all’altra 
e coperte nell'interno di cellule rotondeggianti a contenuto 
granuloso. Per l’ abbondanza suaccennata di questa mucosa suc- 
cede che in essa si formano delle pieghe ravvicinate le une 
alle altre e quindi altrettanti cul-di-sacchi entro i quali vanno : 
a sboccare tutte attorno le varie glandule tubulari. 


129 

Quindi anche a proventricolo disteso quest’ organo si mostra 
provvisto come di altrettante glandule composte formate dal- 
l’agregazione di molte semplici tubulari, sboccanti in un con- 
dotto comune, analoghe a quelle che sono state descritte nel 
proventricolo di altri mammiferi ( Leydig). 

. La muccosa del vero stomaco presenta ancora delle glan- 
dule tubulari ma queste hanno una struttura alquanto diversa. 
Sono meno ravvicinate le une alle altre, un pò meno lunghe 
e coperte di un epitelio cilindrico abbastanza trasparente. 

La varia forma delle cellule che formano le glandule del 
proventricolo e del vero stomaco nel Myoxus avvellanarius 
trovasi in relazione del resto con quanto si riscontra negli altri 
mammiferi. Il Leydig ( Trattato d° istolog. comparata) appunto 
così si esprime a questo proposito: Le cellulle che rivestono le 
cavità glandulari dello stomaco sono di 2 sorta: le une hanno 
una forma arrotondita e un contenuto a granulazioni scure. 
Negli uccelli si trovano nel proventricolo e nei mammiferi 
sembrano riempire più spesso le glandule della regione cardiaca. 
-Le altre si distinguono per una forma cilindrica e per un con- 
tenuto più chiaro: negli uccelli sì trovano nello stomaco mu- 
scoloso, e nei mammiferi nelle glandule della porzione pilorica 
dello stomaco. 

Ma quello che si presenta di notevole è per cui ho comu- 
nicato questa breve nota, è la struttura del proventricolo, e la 
presenza in esso di aggregati di tubuli disposti i in modo da formare 
come delle :glandule composte. 


CONTRIBUZIONE ALL’ AVIFAUNA DEL MODENESE 


eso 


I. CURSORIUS GALLICUS Bp. 


(Adunanza del 9 Marzo 1879) 


Gabinetto di Zoologia. ed Anatomia Comparata 
dell’ Università di Modena. 


Sulla fine dell’ Agosto 1877 il sig. Avv. Luigi Ghirelli in- 
viava alla Direzione di questo Museo Civico un uccello, al suo 
dire, sconosciuto ai cacciatori dei dintorni della Mirandola. Il 
Sig. Cesare Tonini che ebbe l’incarico di imbalsamarlo, subito 
s’accorse essere questo una vera rarità pel Modenese, giacchè 
il museo Zoologico dell’ Università, il quale è così ricco di spe- 
cie nostrane ed esotiche, non ne possedeva alcun esemplare so- 
migliante; fu per questo che lo portò a me ed al Dott. Bergon- 
zini acciò lo classificassimo: dopo breve esame non tardammo 
ad accorgerci essere questo un Cursorius Gallicus Bp. (Cor- 
rione Biondo) adulto. 

Occupandomi ora io ed il Dott. Bergonzini della revisione 
dei vertebrati del Museo Zoologico al duplice intento di com- 
pilarne un catalogo scientifico, e di preparare il materiale per 
una collezione speciale (1), che di quelli del Modenese sta ora 
per farne il Chiarissimo Prof. Cav. Carruccio, mi colse vaghezza 
di richiamare la vostra attenzione sopra questo uccello non 
ancora illustrato, per quanto riguarda la nostra fauna, e del 
quale il Prof. Cav. Carruccio solo incidentalmente, ne aveva 
parlato in una nota sul Stirhaptes paradoxus inserita nel- 
l'Anno XI del nostro Annuario. Noterò ancora a questo ri- 
guardo che il Bonizzi lo tace affatto nella sua avifauna del 
Modenese, ed il Prof. Doderlain nell’ Avifauna del Modenese 


(1) Questa collezione è stata inaugurata il 1 Giugno 1879. 


131 


e della Sicilia dice che questa specie nel Modenese non fu mai 
osservata. 


È il Cursorius Gallicus originario dell’Africa settentrionale 
ed abita tutta la regione compresa tra il Mar Rosso e le isole 
Canarie, ed in questi paesi senza esservi troppo comune vi è 
però abbastanza frequente. 

Predilige i luoghi aridi, inospitali e sassosi dove stentata 
cresce la vegetazione, ed ama sopratutto quelli il cui colore 
sembra confondersi con quello del suo mantello. All’ epoca 
degli amori si porta nei paesi un po’ più settentrionali, ma non 
ha luogo però una vera migrazione; è in questa peregrinazione 
che qualche individuo si coglie nelle parti più meridionali di 
Europa. 

Il Buonaparte lo cita fra gli uccelli Italiani, ed il Salva- 
dori per di più lo dice, preso in ogni parte d’ Italia, io in 
questa mia nota accennerò soltanto a quelle comparse, che 
s per informazioni avute, ho potuto constatare sia in Italia che 
in altre regioni. 

Il Doderlein dice che in Sicilia e più specialmente nei din- 
torni di Girgenti si fa vedere questo uccello a preferenza che 
negli altri paesi d’ Italia; 5 individui si conservano nei varii 
musei dell’ isola e cioè uno nella raccolta del Barone Auteri, 
due in quella del Barone Caruso, e due in quella del Museo 
Zoologico di Palermo; uno di questi ultimi ed uno della rac- 
colta Caruso furono presi nelle vicinanze di Girgenti. Nel 
Napoletano e nelle Romagne non ho ancora potuto constatare 
se e quando siasi catturato il Cursorius Gallicus. Nel Museo 
Zoologico di Firenze se ne ha un esemplare preso a S. Ros- 
sore nel 1837 e donato: a quel Museo dall’ Arciduca di To- 
scana Leopoldo II, ed un altro più recente preso a Malta. Il 
Savi ricorda come se ne sia preso in Toscana qualche indi- 
viduo, ma egli dice che nel museo di Pisa non si conserva alcun 
altro esemplare all'infuori di quello donatogli dal viaggiatore 
Ruppel. 


132 


Se sono esatte le informazioni avute, nè nel Bolognese, nè 
nel Reggiano, nè nel Parmense fu mai preso, anzi nei musei 
di quelle città non si trova alcun esemplare di Cursorius, il 
Museo dell’ Università di Modena ne possiede uno giovane; esso 
faceva parte della Collezione dei Gesuiti, ma è di ignota pro- 
venienza. Quello di cui ora parlo è un bel maschio adulto e 
fu preso mentre si era posato sul terreno in una prateria della 
valletta di Quarantoli, posta a 4k.m al Nord della Mirandola; 
questa prateria è affatto sterile, ed arida e soltanto nell’ in- 
verno appare aquitrinosa; fu conservato vivo per una giornata, 
ma poi morì in seguito della ferita ricevuta. 

Nell’ Ottobre del 1817 un individuo fu preso nel Veneto, 
nel 1831 se ne cacciarono nel Milanese, nel Varesotto, nel Ber- 
gamasco, e nel 1832 uno nei contorni di Brescia. Nel Pavese 
e nel Triestino come pure in Sardegna non fu mai notato. 
Nel Museo Civico di Milano non si conserva alcun esem- 
plare Italiano. A. Malta ed in Piemonte se ne sono presi di- 
versi esemplari. 

In Francia fu cacciato diverse volte nei ditorni di Parigi, 
Dunquerque, Saint-Omer, Calais, d’ Abbevville, Amiens, Dieppe, 
Fecamp. A Metz ne fu colto uno il 1 Novembre 1822. 

La sua comparsa fn pure constata in Svizzera e forse an- 
che in Ispagna. o 

Nel 1807 se ne presero a Darmastadt, più tardi lungo il 
Reno nel Mecklemburg. 

Non è citato nella Fauna del Ducato di Nassau. La sua 
comparsa nei paesi orientali è assai rara; furono vistì indi- 
vidui persino nella Arabia Felice, e forse anco, se il De Filippi 
non si è mal apposto, nella Palestina. 

Nei possessi Portoghesi dell’ Africa Occidentale deve essere 
molto raro giacchè il Sig. I. V. Barboza de Bocage non lo 
cita in parecchie liste di uccelli di quei paesi inviati a Lisbona. 


Nei suoi paesi nativi da Febbraio a Luglio si vede in copie 
ma è molto difficile il prenderlo giacchè corre con una rapidità 


133 
straordinaria; è poco abile volatore, ma però suole elevarsi ad 
una certa allezza allorchè inseguito dai cacciatori cerca nel 
volo quello scampo che colla fuga non può raggiungere. Ben- 
chè non sia molto timido, non lascia però mai che i cacciatori 
gli vengano a tiro. Ama di cambiare spesso dimora; è quindi 
‘ molto difficile trovarlo per diversi anni nella stessa località. 
Il suo nutrimento sono gli insetti ed i vermi. 

. Al tempo degli amori si unisce in copie e depone 3 o 4 ova, 
due volte nell’ anno; sono le sue ova corte, ottuse, con un gu- 
scio sotile, opaco, di color sabbionoso e tutto attorno arabescato 
con sotili righe grigiastre. Nell’ autunno avanzato si incontrano 
famiglie composte dei vecchi e dei giovani (6 a 8) nati nel- 
l'annata; a quest’ epoca i giovani vestano già l’ abito degli 
adulti. Gl’ indigeni gli danno la caccia nel seguente modo: 
sopra ad un torsolo di frumentone mezzo putrido capovolgono 
un vaso di terra cotta disposto in guisa, che quando esso 
va a beccar gli insetti, che sul torsolo si posano, il vaso cade 
ed egli vi resta sotto. 


Li 
® © 


Ecco ora i caratteri del Cursorius Gallicus adulto: 

Becco più corto che la testa (la sua apertura non arriva 
sin sotto 1’ occhio ), curvato in arco e di colore nero lucente - 
Narici basali, obblunghe, poste in un infossamento il quale non 
si prolunga in un solco - Fronte e vertice di color isabellino 
rossiccio - Occipite cenerino bluastro - Freni o briglie bianca- 
stre - Gote e regione parotica di color isabellino chiaro - Una 
fascia di color bianco partendo dall'angolo posteriore dell’ occhio 
circonda tutto attorno il basso della nuca; questa fascia è 
bordata da due altre più strette, nere, di cui la superiore è poco 
visibile perchè ricoperta dalle penne dell’occipite - Piume della 
parte superiore del collo, mantello, dorso, copritucci superiori 
delle ali, remiganti secondarie, sopracoda e coda di un bel co- 
lore isabella - Le remiganti secondarie hanno il vessillo interno 
di un colore bruno nericcio, e sono largamente terminate di 
biancastro. Le remiganti primarie sono nere terminate da un 


134 


piccolissimo bordo rossiccio - Le penne della coda in numero di 
13, ad eccezione delle due mediane, hanno verso l’ apice una 
macchia nera irregolare, e sono terminate da un bordo bian- 
castro. 

Gola biancastra - Parte inferiore del collo, gozzo, petto 
di color isabellino chiaro, e della stessa tinta delle gote - Ven- 
tre, sottocanduli, copritrici delle gambe biancastre - Copritrici 
inferiori dell’ ala e penne ascellari nere - Bordo della re- 
gione metacarpea nera, con una macchia isabellina nella sua 
porzione inferiore. 

Pelle nuda delle gambe di un color azzurrognolo, e rivestita 
di. scudi e scaglie - I Tursi hanno sul davanti una fila di larghi 
scudi, di dietro una fila di scaglie esagonali embriciantesi con 
altre due file laterali; tra gli scudi anteriori e le scaglie late- 
rali esiste una linea di scagliette oblunghe, irregolarmente 
romboidali - Le dita sono in numero di tre; quello di mezzo è 
il più lungo; l’ esterno è il più corto. 

Becco lunghezza mil. 24. Ali mil. 15,5. Tarsi mil. 90. Coda 
mil. 65. Parte nuda della gamba mil. 15. Dito di mezzo (senza 
lunghia) mil. 23. Dito esterno mil. 14. Dito interno mil, 11. 

Il giovane diferisce dall’ adulto per la mancanza della mac- 
chia grigia e delle due righe nere all’ occipite - Le gote sono 
biancastre. - Tutto il di sopra è di colore più scuro con mac- 
chie a zig zag nere - Le remiganti sono più largamente bor- 
. date di rosso - La parte nuda delle gambe e più lunga - Il 
Becco e di colore grigio-giallognolo coll’estremità color di corno 
- Le parti inferiori sono di un color isabellino più cupo che nel- 
l’ adulto - Le penne ventrali e le sottocadali sono di un bianco 
sporco - Le misure corrispondono a quelle dell’ adulto. 


Sinonimia — Charadrius Gallicus, &m. - Cursorius Euro- 
paeus, Lath. - Charadrius corrira, Bonnat. - Cursorius isa- 
bellinus, Meyer. - Tachydromus Europaeus, Vieill. - Cursor 
isabellinus, Wagl. - Cursor Europaeus, Naum. - Cursorius 
Gallicus, Bp. - Cursorius Jamesoni; Jed. 


135 
Prima di por termine a questa mia sento il dovere di rin- 
graziare il Sig. Avv. Ghirelli, il Sig. Conte A. Ninni, i Prof. 
Rondani,- Pavesi e Sordelli, ed i miei amici Dott. Setti e Dott. 
Riccardi per le notizie favoritemi sulla comparsa di questo uc- 
cello nelle varie regioni d’ Italia, notizie che non avrei potuto 
procurarmi per la mancanza di libri speciali. 


Dot. L. PICAGLIA. 


II CIRCUS SWAINSONII - Smith — MUSCI- 
CAPA ATRICAPILLER - L. — MELIZO- 
PHILUS PROVINCIALIS - Jeny — PHY- 
LOPNEUSTE BONELLI - Viesil — CALAN- 

| DRELLA BRACHYDACTILA - Bon — PA- 
STOR ROSEUS - Lin. 


Circus Swainsonii Smith. — Non è a mia cognizione 
che questa specie fino ad ora sia stata notata come appartenente 
all’ Avifauna di questa Provincia, ed è perciò che mi sono 
deciso a rendere «di pubblica ragione quanto segue: 

Il 31 Marzo 1879 il valente cacciatore mio amico signor 
Francesco Pagliani, che tante volte mi ha favorito, mi spediva 
in dono un bel falco che egli aveva ucciso il dì antecedente 
nei prati di S. Clemente. Constatai essere un maschio adulto 
del Circus Swainsonii; lo preparai, ed ora fa parte della mia 
piccola raccolta. 

Questa bella specie, il Doderlein dice essere sconosciuta nel 
Modenese; io però avendo avuta occasione di vedere i Circus 
conservati nel nostro Museo, e diversi altri preparati dal To- 
gnoli, sono per credere che nelle nostre valli abiti piuttosto 
abbondante questa specie, e vi sia invece raro il congenere 
Cyaneus Lin: essendo ora soltanto che da questi fu distinto il 
.C Swainsonii, nella rivista testè fatta agli uccelli del Mode- 


196 
nese nel. Museo Universitario. Ma non occorre che su ciò mi 
dilunghi, giacchè il Chiarissimo Prof. Cav. Antonio Caruccio, 
forse quanto prima terrà parola di ciò. 

Muscicapa L. atricapilla L. — Il Doderlein nella pre - 
gevole sua opera dice che questa Balia è molto rara nel Mode- 
nese, e che il Tognoli non potè rinvenirvi che un solo; soggetto 
da lui ucciso nella primavera del 1863 alle Pentetorri; l’ esimio 
autore non fa menzione della collezione ove questo esemplare 
viene conservato. Io posseggo i manoscritti del Tognoli, che 
gentilmente mi favorì l’ autore perchè li ricopiassi: il Tognoli 
in questi dice che uccise bensì alle Pentitori una di queste 
muscicape, ma che la perdè in mezzo ad un cespuglio, e nep- 
pure la potè avere fra le mani. 

Io sono d’ opinione che il maschio adulto di questa specie 
sia bensì raro, ma che altrettanto non possa dirsi delle fem- 
mine e dei giovani. Io ebbi la rara fortuna di predare un ma- 
schio adulto di questa specie in Casinalbo nella primavera 1875, 
ma delle femmine posso assicurare che se ne ponno prendere 
ogni primavera. Di queste ultime io ne posseggo quattro, due 
delle quali furono prese nella stessa primavera 1875, una terza 
in Casinalbo il 22 Aprile 1876, e la quarta l’ 11 Maggio 1879, 
pure a Casinalbo. 

Questa bella Balia abita nel suo passaggio da noi le folte 
quercie, ove spesso riesce difficile il vederla. Non sono punto 
paurose e facilmente si può impossessarsene. E difficile con- 
fondere le femmine delle due specie di Muscicape, qualora si 
sia determinato il maschio, e questo distinguesi facilmente per 
la mancanza del collare bianco attorno alla nuca. Io sono d’ opi- 
nione essere più frequente nel Modenese questa specie della con- 
genere collaris Bech. e che gran parte delle femmine asse- 
gnate a questa specie, debbansi riferire invece alla M. atri- 
capilla L. 

Melizophilus provincialis Jeny. — Questa specie 
seeondo il Salvadori è stanzionaria in Sardegna, Corsica, Sicilia, 
nel Napoletano ed in Liguria, scarsa in Toscana. Il Doderlein 
poi non dubita neppure che nella nostra Provincia possa rinve- 
nirsi questa graziosa specie. 


i 137 

Il 6 Novembre 1877, mio fratello Amilcare cacciava nei 
terreni saldivi che trovansi lungo la Secchia presso Sassuolo, 
e precisamente nella località detta Casiglie, ove il terreno è 
coperto di bassi cespugli. Egli vide un uccelletto che posavasi 
sulle punte degli arbusti, emmettendo tratto tratto un piccolo 
‘ grido tutto speciale, mentre batteva le ali e la coda come so- 
glion fare gli Steacini. Riescì ad impadronirsene facilmente, e 
custodendolo gelosamente involto nella carta, me lo portò, di- 
cendo che aveva predata una nuova specie per la mia colle- 
zioncella. 

Era infatti una specie nuova per me, che classificata allora 
con appunti manoscritti tutt’ altro che estesi, giudicai trattarsi 
del Melizophilus Sardus Gerb. Ora però mi sono convinto es- 
sere invece il M. provincialis Jeu. giacchè presenta. — Lun. 
tot. 8,30, coda 0,058, tarso 0,02. « Becco nero. Parti superiori 
« cenerine, leggermente sfumate di lionato. Iride rossa. Parti 
« inferiori rossiccie con macchie bianche sulla gola: mezzo del- 
« l’ addome biancastro. Le ali giungono circa un centimetro 
« posteriormente alla base della coda: remiganti cenerino brune 
« colla quarta più lunga. Coda graduata, cenerino nerastra, 
« colle penne marginate di lionato esternamente: la timoniera 
< esterna ha l'apice bianchiccio, e questo colore si estende al- 
« cun poco anche sul margine esterno. Le penne che contor- 
« nano gli occhi sono cortissime e di un rosso fegato piuttosto 
« chiaro. Piedi carnicini. 

Questa bella specie fa ora parte della mia piccola raccolta. 

Pphyllopneuste Bonelli Viesi. — Neppure questa 
specie è stata fino ad ora avvertita nella nostra Provincia, 
come nota il Doderlein nella sua pregevolissima Opera 1’ Avi- 
fauna del Modenese e. della Sicilia. Io mi trovo in grado di 
poter dire non solo che nel Modenese si trova, ma ben’ anche 
che vi è abbondate, e vi nidifica. Giunge al colle nella prima 
metà di Maggio ed ivi nidifica, come pure nella media montagna, 
ma non sugl’alti monti in cui mai la vidi. Non potrei de- 
terminare :1’ epoca della sua partenza da noi, ma convien dire 
che ciò succeda presto, perchè mai ne vidi oltre 1’ Agosto. Ne 
trovai una nidiata di piccoli nel bosco di pini in Montegibbio 


138 


il 29 Maggio 1876, sempre prima di quest’ epoca ivi ho pre- 
dati individui adulti. Del resto trovasi questa specie anche nei 
colli Reggiani, giacchè la vidi sui primi dell’ Agosto scorso a 
Borzano, in vicinanza della tana della Mussina. 

Differenziasi dagli altri Lui per avere le parti inferiori di 
un bianco sericeo. I pochi individui (quattro o cinque) che con- 
servansi nella mia raccolta presentano così manifesto. questo 
carattere, da non lasciare alcun dubbio . sulla identità della 
specie. 

Calandrella brachydactila Bon. — Al tempo in cui 
l’esimio Doderlein scriveva la sua opera, non era per anche 
stata raccolta nel Modenese questa specie, quantunque lo fosse 
stata nel Bolognese. Nella primavera del 1875 io ne trovavo 
un numero straordinario nelle ghiaie del fiume Secchia alle 
Casiglie; ma ritenendola specie comune preparai due soli in- 
dividui dei tanti che avevo predati. Dopo qualche settimana 
ne determinai la specie, e fu allora soltanto che conosciuta 
l’importanza di quella caccia, tornai ripetutamente alle Ca- 
siglie, senza neppure poterne vedere un’individuo. Cedetti al 
nostro Museo, che ne era privo, uno di quei due esemplari, 
ripromettendomi portarvene altri nella successiva primavera. 

Il 30 Maggio 1876 trovai di nuovo la Calandrella nelle 
ghiaie dì Secchia: vi era comunissima cominciando dal Bosco 
di Campogaliano a Sassuolo, distanza percorsa in quel giorno. 
Erano così numerose che quasi si sarebbe creduto ve ne fossero 
molti branchi: ma osservando attentamente si poteva vedere che 
non vivevano in società, giacchè quando prendevano il volo 
due o tre di quei Lodolini, gli altri che loro stavano a poca 
distanza non si movevan punto, e quando questi levavano 
a sua volta il volo, non posavansi ove i primi eransi fermati 
ma spesso prendevano una direzione ben diversa. Il loro volo 
non era lungo, neppure se loro si faceva fuoco adosso, per- 
correvano un centinaio di metri al più, e quindi sì posavano, 
correndo poscia con somma agilità fra i. sassi che coprono il 
terreno. All’ avvicinarsi del cacciatore, il Callandrino lo fugge 
correndo, nè prende il volo se non quando si sia loro molto 
vicini: talvolta però si ponno osservare ritti ed immobili sulla 


139 
punta di un sasso, ed allora riesce difficile vederli, se almeno 
non si fece attenzione alla località ove si posarono. Mai vidi 
questa specie nei luoghi coltivati, ed anche negli incolti pre- 
dilige le nude ghiaie. La Secchia non è il solo fiume lungo 
il quale varca questa specie, varca anche lungo il Panaro ove 
ne predai qualchè individuo il 5 Giugno 1876. Nella primavera 
di quell’anno ne preparai dodici individui, due o tre dei. quali 
regalai al nostro Museo. 

Il varco del Callandrino si prolunga per molto tempo, giacchè ‘ 
se ne vedono nell’ ultima metà di Maggio, e nella prima di 
Giugno. Il ripasso accadrebbe in Agosto, giacchè ne trovai 
moltissimi il 29 Agosto 1879. Quasi quasi sarei portato a cre- 
dere che una parte nidifichi anche da noi. 

Pastor roseus Lin. — Dopo quanto ne scrissero il Salva- 
dori, il Doderlein, ed il Maggiera (V. il Bollettino della Società 
_ dei Naturalisti di Modena anno VI) nulla sarebbe da aggiun- 
gere intorno al varco di questa specie fra noi, se non mi fosse 
accaduto un fatto, che a mio credere comprova che questa bella 
specie nidifica talvolta anche nel modenese. Mi sono indotto 
a riportarlo, perchè lo Storno roseo giovane citato dal Doder- 
lein che fu preso a Freto in Ottobre, non mi pare comprovi 
abbastanza il mio asserto, essendo 1’ Ottobre epoca di varco 
per tutti gli uccelli, e quello poteva venire da località ben lon- 
tana del Modenese. T'anto più che si sa che lo Sturnus vul- 
garis Lin. ripassa e si sofferma da noi in quell’epoca, dopo es- 
ser stato quasi tutto l’ estate alle valli; e si sa ancora quanto 
facilmente lo Storno roseo viva in società con questi. 

Il 4 Agosto 1877 cacciavo in compagnia di mio fratello 
Amilcare, in Villa Corletto e precisamente in un fondo di pro- 
prietà del Dott. Giuseppe Tampelini. Sparai su di un branco 
di Storni, e rimarcando quindi in mezzo al branco un’ indivi- 
duo biancastro, lo credetti un’ albino, e lo additai a mio fra- 
tello: fortunatamente quel branco passava a tiro del fucile di 
mio fratello, e questi potè impossessarsi di quel raro uccello. 
Restai meravigliato nell’ osservare che il supposto albino aveva 
il becco fatto a guisa di quello di un tordo, e fu soltanto dopo 
studii non indifterenti che riescii a determinare essere un in- 


140 


dividuo giovanissimo dello Storno color rosa. Notisi che non è 
a mia cognizione sia stato veduto nessun individuo di que- 
sta specie in quei paraggi: ma certamente non poteva esser 
nato molto lontano di là, giacchè non è quella un’ epoca 
in cui tali uccelli sogliono varcare, nè avevano precedute a 
quel giorno burasche o venti che potessero aver causato quel 
varco. 

Il sumenzionato uccello è tutto di un colore uniforma- 
mente cenerognolo, più sbiadito inferiormente: ha una penna 
stretta lunga e nera sul pileo, ed una pur nera fra le cuo- 
pritrici alari. Manca ogni traccia di ciuffo al capo, e del 
color roseo del petto e del dorso. Trattavasi di un maschio 
giacchè sezionato il corpo, potei constatare la presenza di due 
testicoli rudimentarii nell’ addome. Questo raro uccello fa ora 
parte della microscopica mia collezione, unitamente ad un’ al- 
tro giovane proveniente dal Guastalese e regalatomi dal signor 
Tadeo Giusti di Modena. Quest’ ultima siccome predato nel No- 
vembre presenta il capo, la parte superiore del collo, le ali e 
la coda nere; il petto ed il dorso sono di un roseo sporco, 
manca ogni traccia di ciuffo al capo. Pare che nel Guastallese 
sia piuttosto frequente ogni anno. 


Dott. A. FIORI 


Assistente al Gabinetto di Fisiologia 


Sul passaggio della VANESSA CARDUI nel Modenese 


NOTA 
pi C. BERGONZINI E C. POZZI 


Gabinetto di Zoologia della 
R. Univ. di Modena. 


Verso i primi di Giugno 1879 molti giornali d’ Italia si 
occupavano del passaggio di un numero grandissimo di farfalle 
che succedeva in quasi tutti i punti della nostra Penisola. Nel 
Modenese a Camposanto, verso Novellara, in tutti i dintorni 
di Modena ed in altre località dell’ Emilia constatammo anche 
noi sui primi di Giugno il passaggio di questa farfalla che era 
facilmente riconoscibile per la Vanessa cardui Lin. 

Questo insetto, che appartiene ai Lepidotteri Ropaloceri, si 
distingue per avere la base della pagina superiore delle prime 
ali di un bruno un poco oscuro e senza macchie con un leg- 
gero riflesso dorato; il mezzo d’ un fulvo tendente, verso il 
bordo esterno, al rosso ciliegia, traversato da trè macchie nere 
irregolari che si uniscono insieme formando una striscia obliqua 
ed angolosa; l’ estremità nero-bruna macchiettata di bianco. 

La metà interna del disopra delle seconde ali è bruna come 
la base delle prime ali, l’ altra metà è fulva chiazzata di bruno 
con tre file di punti neri, i più interni dei quali rotondi, i me- 
diani quasi lunulari e gli esterni irregolarmente triangolari. Il 
disotto è marmorizzato di grigio, di giallo, di bruno e di bian- 
castro con cinque macchie in forma d’ occhi alle inferiori. 

Il corpo è scuro nella parte superiore; bruno e guernito di 
peli biancastri nella parte inferiore. 

La varietà migratrice però differiva dal tipo per essere un 
poco più piccola, per avere il fulvo rossiccio delle prime ali 
sostituito da un colore giallo d’ ocra sbiadito, ed i punti rotondi 
interni delle ali inferiori leggermente pupillati. 

Il carattere della tinta gialla sbiadita l’ abbiamo verificato 


142 


anche in esemplari perfettamente conservati e nei quali si può 
quindi escludere che la differenza del colore dipenda dall’ essere 
essi più o meno sciupati. 

Il passaggio di queste farfalle si eseguiva in direzione da 
Mezzodì a Settentrione con leggera tendenza a Ponente ( SS-E 
a NN-O), non per sciami molto numerosi e compatti, ma 
per individui sparsi od a piccoli gruppi che occupavano però 
una vastissima estensione di superficie. E notevole il fatto che 
solo nel giorno 5 di Giugno ci accadde di notare che la loro 
direzione da Mezzodì a Settentrione aveva decisamente piegato 
da Levante a Ponente per riprendere la strada da Sud a Nord 
come nei giorni successivi. 

Per escludere che la loro direzione dipendesse dalla dire- 
zione stessa dei venti, riportiamo il quadro metereologico del 
mese di Giugno nel quale è succeduto il passaggio. 


TEMPERATURA Velocità 


D sl Pa Vono Stato medio 
© 5 de È media : del 
SD Massima Minima Media del Vento | dominante Gielo 
= in Kilom. 
©) 
1 20 4 129 193 109 NE Nuvolo 
2 24 6 115 20 8 10 8 SW Nebbioso 
3 26 3 10 8 21 8 11 5 SW Bello 
4 25 2 120 2282 81 NE Bello 
5 259 13 8 215 96 NE Nebbioso 
6 25 8 149 22 6 68 SW. Nuvolo 
7 27 4 147 24 3 67 NE Nuvolo 
8 28 6 143 23 1 9 8 NE Nebbioso 
9 247 15 8 202 97 SW Nuvolo 
10 25.7 13 8 23 7 9,51 SW Nebbioso 
ll 28 8 14 5 25 6 67 SW Nuvolo 
12 300 169 25 5 85 NE Nebbioso 
13 28 1 15 4 OT 10 0 SW Nuvolo 
l4 270 132 23 0 11 3 NW Nebbioso 
15 28 0 14 0 24 4 67 NE Bello 
16 29 4 15 0 23 9 NASO NE Nebbioso 
17 2812 14 6 23.5 10 8 SW Nebbioso 
18 28 6 142 23 4 83 NE Nuvolo 
19 247 14 4 22.3 85 E Bello 
20 DI) 14 0 24 8 9 6 NE Nebbioso 
2l 30 1 175 27 1 i 76 NE Bello 
22 32 1 17 4 278 76 SW Bello 
23 31 5 13 4 26 6 83 NW Nuvolo 
24 31 5 18 6 27 1 10 3 SW Nebbioso 
25 323 17.6 26.7 16 3 NE Bello 
26 31 8 18.3 26 3 87 NE Bello 
27 31 3 16 5 28 1 80 NE Bello 
28 34 1 18 6 28 9 82 NE Bello 
29 34 3 20 8 29 6 77 W Nebbioso 
30 34 4 20 4 29 3 062: NE 


Nebbioso 


143 

‘Queste farfalle, come abbiamo detto di sopra, erano un poco 
più piccole dell’ ordinario .e moltissime avevano le ali sciupate. 

Sembra che esse siano comparse dapprima in Sicilia, infatti 
Failla-Tedaldi le segnalò sui primi di Marzo. Negli ultimi 
di Maggio e sui primi di Giugno furono avvertite in quasi tutta 
Italia, a Roma, a Verona ecc. 

L’egregio naturalista Conte Ninni, con sua lettera al Pro- 
fessor Carruccio accennava appunto a questo passaggio della 
V. cardui su quel di Treviso verso il 6 di Giugno, e poste- 
riormente ha pubblicato una memoria in proposito. 

Il Sig. Condamy ad Augoulémme nel 2 Giugno ne segnalò 
il passaggio sotto forma di una nube di molte DIERE di in- 
dividui ( giornale La Nature). 

Il Sig. Fallou l’osservò fra il 10 ed il 15 giugno nella fo- 
resta di Senard, ed il Signor Plumaudon a Puy-de-Dòme 
nel 15 di Giugrio. 

Quest’ ultimo osservatore notò che esse si dirigevano tutte 
verso Sud, con volo molto rapido mantenendosi un metro o due 
al di sopra del suolo. — Per essere brevi il passaggio di queste 
farfalle ad epoche poco distanti 1’ una dall'altra si è verificato 
quest’ anno in tutta Italia ed in tutta Francia non solo, ma 
anche in Ispagna a Valenza, in Isvizzera a Basilea e Losanna. 

Anche in altri siti si è notato che avevano le ali rotte e 
che quindi aveano percorso un lungo cammino. 

Le migrazioni della Vanessa cardui non sono un fatto nuovo 
negli annali della scienza, quantunque forse mai sì siano pre- 
sentate in così vasta estensione di paese. 

Nel 29 Ottobre del 1827, Prevost ne osservò in Francia 
una massa larga da tre a cinque metri, che per due ore con- 
tinue volò da mezzodì a Settentrione ( Brehm), e simile osser- 
vazione fu fatta dal Cav. Ghiliani a Torino nel 1851, in cui 
le Vanesse avevano una direzione da SS-E a NN-O identica- 
mente a quella osservata da noi. 

Sulla causa di questo passaggio, che può chiamarsi una 
vera migrazione, non sono concordi gli Entomologi. Alcuni 
hanno emessa l’ idea che provengano dall’ Egitto, specialmente 
perchè la maggior parte degli esemplari osservati quest’ anno 
non hanno tinta rossa ed hanno le ali rotte, ciò che proverebbe 


144 


avere esse fatto un volo prolungato ( Langlois - Fewille des 
jeunes naturatistes). 

Altri hanno pensato che lo scirocco le abbia potute portare 
dall’ Africa. 

Troussart (le Naturaliste) ricorda che la V. cardui è una 
delle farfalle più cosmopolite che si conosca, giacchè è stata 
osservata in tutte le regioni del Globo ad eccezione delle re- 
gioni Artiche e dell’ America del Sud. Quest’ autore crede che 
tale insolita migrazione sia stata provocata dalle violenti pertur- 
bazioni atmosferiche che hanno avuto luogo quest’ anno, giacchè 
l’ influenza delle tempeste sulla distribuzione degli animali 
provvisti d’ ali è da lungo tempo messa fuori di dubbio. 

Forse in tutte queste opinioni v ha qualche cosa di vero, 
ma noi crediamo che abbia contribuito quest’ anno alla enorme 
moltiplicazione di questa specie, anche nei nostri climi, lo svi- 
luppo molto grande di piante che servono al loro nutrimento, 
dovuto alle pioggie diuturne della primavera; e la circostanza 
che queste farfalle hanno una doppia riproduzione |’ una in 
primavera e l’ altra in autunno. 

Ora è verosimile che molte delle larve sbucciate in que- 
st ultima stagione si siano tardamente trasformate in farfalle, 
e per. le condizioni speciali dell’ autunno decorso abbiano dovuto 
passare l’ inverno in torpore, ciò che spiegherebbe a nostro 
avviso meglio che un volo prolungato l’essersene trovate molte 
colle ali rotte. Nell’ attuale primavera poi trovandosi assieme 
alla generazione ordinaria di questa stagione notevolmente 
maggiore del solito per lo sviluppo di piante di cui sopra, e 
non potendo forse trovare sufficiente nutrimento, si sarebbero 
dirette in cerca di località per loro più favorevoli. 

‘Quest’ opinione è confermata dal fatto da noi stessi e da 
altri osservato, che le Vanesse in discorso, anche quelle fresche 
e sbucciate certamente nei nostri climi sono state numerosissime 
tanto al piano che al monte (uno di noi B. nella escursione 
agli Appennini col prof. Carruccio le ha trovate abbondan- 
tissime anche sul Cimone nei primi d’ Agosto) e che non si 
limitavano a nutrirsi dei cardi selvatici, ma che hanno assalito 
anche altre piante come la sempreviva nel mezzodì della Pro- 
venza e nei nostri campi, 


CRONACA SCIENTIFICA 


Contiuuazione 1879 


Mineralogia, Geologia e Paleonto» 
logia. Alcuni nuovi minerali, fra cui nominatamente una 
Celestina del Banato in cristalli prismatici su un calcare mar- 
noso neocomiano, ed una Miemite della Bosnia, furono descritti 
dal Direttore dell’ I. R. Ist. geo. Hauer (Ist. geol. Vienna). 

Anche il prof. Zepharorichs di Praga, descrisse la Mie- 
mite della Bosnia e della Slavonia, come pure una Enargite 
del Tirolo (1. c.). 

Sulla cristallizzazione della Apofillite parlò (Accad. di sc. 
Vienna) il prof. Rumpf di Graz, il quale rimarca essere 
i cristalli individui monosimmetrici. 

Il dott. Becke (1. c.) osserva esser ciascun cristallo della 
Chabasite formato da sei individui, i quali appartengono al 
sistema triclino. 

Il dott. Hussak (soc. di sc. nat. Graz) espone i caratteri 
specifici delle Trachiti nei dintorni di Graz (.Augite, Andesite, 
Rhyolite, Augito-Trachite etc.) 

Nelle miniere di piombo a Bleiberg in Carinzia fu rinvenuto 
un particolare minerale che viene descritto (Carinthia) dal 
sign. Seeland. La Galenite è coperta da uno strato di Ce- 
russite cristallizzata, su questa incrostazione di Cerussite tro- 
vansi dei cristalli di zolfo nativo di color giallo tendente al 
verdastro unitamente a dei cristalli di calce solfata e nelle 
cellule di questa dell’ ocra di ferro — il che fa riconoscere una 
trasformazione della Markasite, che non di rado forma delle 
incrostazioni sulla galenite nelle dette miniere di piombo. 

Di una particolare varietà d’ una roccia di Dobschau in 
Ungheria fà menzione il prof. Roth (Ist. geol. Vienna). Essa 
consta di feldspato, amfibolo e calcare con del dialaggio, Augite 
e quarzo; — essa è di struttura granitica; il feldspato decom- 
posto etc. 


146 


Il prof. Hoernes (soc. di sc. nat. Graz) parla sui vulcani 
della luna e osserva in questa occasione esser un tema della 
geologia l’ applicare i rispettivi studi fatti sul nostro pianeta 
comparativamente ad un altro corpo celeste. — Il detto pro- 
fessore fa poi (1. c.) parola sui depositi sarmatici nei dintorni di 
Graz, i quali sì distinguono per lo scarso numero di specie, per 
la numerosità di individui e per la variabilità di tipi. 

Il prot. Neumayr parlò (Ist. geol. Vienna) sugli strati a 
Psilonoti delle Alpi nord-orientali (Tirolo, Austria superiore); 
— in quelli rinvengonsi gran numero di cefalopodi; gastropodi 
in minor quantità; gli Elatobranchi sono rappresentati bensì 
in maggior copia, ma assai male conservati; fra i Brachiopodi 
trovansi RAhynchonelle, Terebratule, Lime, Phylloceras, Aego- 
ceras, Arietites etc. — Il detto Professore fa anche menzione 
(1. c.) dei resti di un Mastodon arvernensis negli strati a 
Paludina nella Slavonia occidentale. 

Il dott. Staub descrive (Termesz. fuùz. di Budapest) due 
specie di Plumeria rinvenute nelle cave di carbone fossile a 
Oedenburg ( Ungheria) cioè la Pl. austriaca Ett. e la PI. 
nertifolia West. e Web. 

I fitopaleontologi differiscono ancor sempre nell’ opinione se 
la Asterophyllites sia a ritenersi quale proprio genere, quale 
ramificazione della Calamites o che altro. — Su questo propo- 
sito il sig. Feistmantel descrive (Ist. geol.) una Cielocla- 
dia ‘major Lindl. et Hutt. del bacino terziario di Radnitz in 
Boemia, sulla quale trovaronsi ancora dei frammenti di cor- 
teccia, — sulla natura di questa corteccia Feistmantel è 

ancor indeciso, e dice abbisognar ancor altri studi per venir 
| in chiaro se questa Cyclocladia appartenga ad una Calamaria 
o ad altro. 

Il dott. Eug. Geinitz fa parola (Isis. Dresda) di alcuni 
legni diluviali silicificati, ritrovati a Kamenz in Sassonia; la 
loro struttura organica è quasi del tutto distrutta, dal. che 
risulta esser quelli stati deposti per lungo tempo nell’ acqua 
prima della loro silicificazione. 

Su legni petrificati parlò anche il sig. Valle (soc. adriat. 
di sc. nat. Trieste) — ne fu trovato un tronco in una cava 


147 


di calcare rudistico presso Buic, lungo più di un metro e di 66 
ceut. di diametro, di color grigio e coperto qua e là da cri- 
stalli di quarzo; — questo legno appartiene al Thuyoxylon 
ambiguum Ung. 

Il signor Zwanzi ger (Carinthia) dà un prospetto della flora 
terziaria in generale; rimarca l’importanza della nervatura delle 
foglie per una esatta descrizione; — dà uno schizzo del clima 
al tempo della detta flora; — accenna al polo nord quale 
centro della creazione vegetale e dello sviluppo genetico della 
. flora presente da quella estinta. 

Il prof. Ettingshausen espone (soc. di sc. nat. Graz) il 
modo per determinare le piante fossili, il quale è basato sulla 
cognizione della nervatura o mediante la fisiotopia o mediante 
il modo fisiogenetico; — fa menzione anche come si possano 
ottenere quasi del tutto intatte le impronte delle piante, espo- 
nendo cioè le rispettive pietre ad un freddo intensivo ed in- 
troducendo nelle fessure dell’ acqua,:la quale gelandosi, spacca 
appunto la pietra là ove trovansi le impronte. 

« Il dott. Roger dà (soc. min. zool. Regensburg ) un prospetto 
sistematico de’ mammali fossili conosciuti sino al presente. — 
Egli osserva sul proposito degli Edentati e Cetacei rappresen- 
tare questi un tipo di inferiore sviluppo ed intelligenza, mo- 
dificati nelle loro forme di corpo e dentatura essersi bensì 
innalzati a forme gigantesche, ma senza aversi maggiormente 
sviluppato il loro cervello; — i Proboscidei esser. discendenti 
diretti dei quinqueungulati, — gli Hyracoidei formar un ramo 
laterale dei Perissodattyli; — i Sirenidi non esser in parentela 
coi Cetacei, ma addattati alla vita nell’acqua, esser animali 
ungulati modificati, come anche il pescecane non essere che 
un carnivoro addattato a viver nell’ acqua etc. 

Il signor Fuchs parla (Ist. geolog.) di alcuni resti fossili 
di Ajriacskò nell’ Ungheria, come Tapiwrus priscus e hunga- 
ricus, Mastodon arvernensis e Borsoni, Castor Ebeczhyi etc.; 
è d’interesse non aversi trovato denti di Mastodon longi- 
rostris; — parla poi della distribuzione geografica dei detti 
animali che vissero coll’ Elephas, Rhinoceros, Hippopotha- 
mus etc. e chiude il suo discorso con una classificazione della 


148 


fauna dei mammali più recenti nel Pleistocene, Pliocene e Mio- 
cene. — Il sig. Fuchs dà notizia (1. c.) d'un dente di Anthra- 
cotherium rinvenuto nel tufo basaltico dei dintorni di Saaz in 
Boemia; — fa menzione dei gusci di Be/hynia tentaculata e 
Valvata piscinalis rinvenuti in gran massa nel lago di Aussce 
(Stiria) così molli da poter impastarli, ma che esposti all’ aria 
tosto indurirono; questo fatto, ‘rimarca Fuchs, esser d’ inte- 
resse per dar ragione dello schiacciamento in cui sì trovano 
alcuni fossili: — finalmente il detto sig. Fuchs (1. c.) tratta su 
alcuni fossili terziari raccolti dal dott. Tietze in Persia; i quali 
sono per la maggior parte Ostriche e Pecteniti. 

Il dott. Liebe riferisce ( Accad. di sc. Vienna) su alcuni 
resti di animali diluviali rinvenuti nella grotta di Vypustek in 
Moravia. Questi appartengono all’ Ursus speleus, Felis speloa, 
Hyona spelca, Cervus elaphus, Capra ibex, Bos priscus, 
Elephas primigenius, Fetorius putorius, Arvicula amphibius, 
Myoxus glis etc. etc.; questa caverna servì di domicilio per 
lungo tempo alla Hyona e Ursus, per minor tempo alla Lyn 
Vulpes, e nelle gallerie laterali si erano ritirate Arwvicola, 
Fogtorius ete.; — moiti di quelli sono morti nella stessa ca- 
verna, altri vi furono trascinati già morti da altri animali rapaci. 

Il prof. Laube (Ist. geol.) parla sui resti di Marmotte 
nel diluvio di Praga e fa menzione d’ una superba collezione 
di fossili silurici del Sig. Dusl a Beraun, iù Boemia, fra cui 
attirano nominaiamente l’attenzione i giganteschi esemplari 
dell’ Asaphus ingens. 

Il prof. Bassani (I. c.) dà delle notizie preliminari sulla fauna 

fossile ittiologia dell’ isola di Lesina; vi descrive alcune nuove 
specie: Aphanopygus elegons della fam. dei Ganoidi, Leptolepis 
neocomiensis, a cui sono da aggiungere come sinonimi: Me- 
gastoma apenninum Costa e probabilmente anche Sargynites 
pi'gmaus Costa, Elopopsis Haueri della famiglia degli Z/o- 
pici ete.; questa fauna ascrive Bassani al Neocomieno supe- 
riore e tra quelle di Comen e di Hakel. — Bassani dà (I. c.) 
anche una notizia sui pesci fossili che rinvengonsi negli strati 
bituminosi di Comen, i quali sono d’ età più antica, ma vicini 
a quelli di Lesina. 


149 


Il dott. Wiechmann (soc. di sc. nat. Meklenburg) dà una 
— enumerazione descrittiva dei Pelecypodi dell’ oligocene superiore 
di Sternberg; ed il dott. Koch (1. c.) di alcuni foraminiferi e 
pesci della stessa formazione, come pure una classificazione 
delle Pleurotomidee del Meklemburgo; — l’ autore segue la 
classificazione di Weinkauf formando delle Pleurotomidee 
una subfamiglia delle Conidee con alla cima il, genere Crypto- 
conus quale naturale passaggio del Conus alla Pleurotoma. 
Il dott. Fontanes (Rev. des sc. nat. Montpellier) parla 
della marna a Limnee presso Montpellier; vi enumera i ri- 
spettivi fossili, fra cui Vertigo Paladuhei Font. Limnea 
Dubrueili Font. etce., dai quali risulta appartenere questi alla 
formazione terziaria e non alla formazione recente, come opi- 
nano alcuni. 
L'illustre prof. Fritsch a Praga ha testè con sovvenzione 
dell’ Imp. Accad. di sc. di Vienna pubblicato il primo fascicolo 
d’ un opera che gli porta molta fama, oltre quella gia meri- 
tatasi pei tanti suoi lavori riferibili sopratutto alla geologia e 
paleontologia della Boemia. — Il lavoro che ora ha sotto mano 
tratta della fauna del carbone a gas e del calcare permiano 
della Boemia, (Fauna der Gaskohle u. der Kalksteineder Perm- 
formation Bòhmens, I. Prag. 1879) e ne è uscita ora la prima 
dispensa illustrata con numerose figure interseccate nel testo e 
con 12 tavole. — Sul proposito del giacimento dei resti fossili 
l’autore rimarca non poter ancora definitivamente decidere sin a 
dove in Boemia si estenda la formazione carbonica e a qual 
punto incominci la formazione permiana; questo però si può ‘ 
constatare che i Sauri edi Pesci del carbone a gas di Nyran 
e del calcare della formazione permiana (Dyas inferiore) di ‘ 
Braunau, formano un tipo esclusivo. — Noi troviamo dato un 
prospetto stratigrafico delle località nel bacino di Pilsen e 
Rakonitz e nel calcare di Braunau -con enumerazione dei 
rispettivi fossili; — poi uno schizzo sistematico dei Labyrin- 
thodonti con in aggiunta due relazioni della British Associa- 
tion (1873 e 1874) su questo argomento. Poi vi segue l’ enu- 
merazione sistematica e descrittiva dei Branchiosauri coi ge- 
neri Branchisaurus, Sparodus, Hylonomus e Dawsonia. — Il 


150 


materiale che serve a questo lavoro e che consesvasi nel museo 
patrio di Praga, è assai numeroso e magnificamente conservato 
e oltreccio di alta importanza per gli studi sulla teorja della 
discendenza. — Questa opera comprenderà tre volumi. Labyrin- 
thodonti, Pesci e Arthropodi e numerose tavole vi saranno ag- 
giunte. — Nella prefazione il prof. Fritsch ci dà uno schizzo 
del suo viaggio fatto appositamente in Inghilterra e Scozia 
per i suoi studi e delle collezioni che egli ha avuto occa- 
sione di vedere. 

Botanica. — Il dott. Molisch dà (Accad. di sc. 
Vienna) i risultati dei suoi studi intrapresi nel laboratorio bo- 
tanico fisiologico dell’ Università di Vienna sul legno delle Ebe- 
nacee. Il legno di queste e poi quello delle Sapotacee, Styracee, 
Anonacee, Olacinee, e Ternstroemiacee è d’ identica costitu- 
zione. Il Diospiros ebenus contiene nel suo sistema tracheale 
della gomma, che sì forma negli strati interni delle sue cellule 
e questa gomma si cangia in un corpo simile al Humus solo 
più tardi; — questo legno del Diospyros contiene 3.9 % di so- 
stanza minerale e circa 90 % di CO, CjA. I vasi della Anona 
laevigata sono pure ripieni di C O, C A. 

Il prof. Caspary (Soc. fis. econ. di K6nigsberg) descrive 
una radice fasciata di Sprea sorbifalta L; una anormalità che 
osservasi di più nelle piante dicotiledone, che nelle monoco- 
tiledone; così pure fa il detto prof. parola (1. c.) d'un Pinus 
viminatis. Altstr. (Pinus picea v. viminalis Casp.) in Prussia. 

Il dott. Marchesetti ci da (soc. di sc. nat. Trieste) uno 
schizzo della flora del promontorio d’ Isola nell’ Istria, e no- 
minatamente dell’ influenza del suolo sulla vegetazione. cre- 
scendovi alcune piante esclusivamente sul terreno calcareo e 
alcune altre esclusivmente sull’ arenaria; le prime si sviluppano 
alcuni giorni prima delle seconde in causa di una maggior 
forza assorbente del suolo. Indi troviamo (l. c.) relazione su 
una escursione fatta. alle Alpi carniche con enumerazione delle 
piante (Alyssum gemonense, Polygala forojuliensis, Campanula 
carnica, Papaver Burseri, Arabis ovirensis, Ferula rablensts, 
Astrantia carniolica et. 

Il dott. Solla (Giorn. botan. di Skofitz.) da un breve 


151 
schizzo sulla flora di Rovigno in Istria e vi cita le piante 
più interessanti ( Arum dfalicum e maculatum di gigantesca 
grandezza ; Osyris alba, Pistacia lentiscus, Anemone hortensis 
Acanthus moli etc. 

Il signor Jabornegg (Carinthia) fa menzione di alcune 
piante nuove per la flora della Carinzia come Scabiosa gra- 
minifolia, Spirea decumbens, Phytheuma comosum, Viola 
pinnata ele. 

Il dott. Sinkovicz (Term. fiz. Budapest) descrive due 
piante nuove per la flora della Transilvania, il Chenopodium 
Wolfii simile al Ch. chenopodiastrum e la Genista tinctoria 
v. banatica, che differisce dalle specie tipica « ovards legu- 
minibusque ex albo sericeis. » 

Il sie. Janka (Il. c.) fa osservazioni critiche su alcune 
piante del Banato, così p. e. sulla Vesicaria ( Alyssum) mi- 
crocarpa Vis. la quale da molti botanici viene ritenuta per un 
Alyssum edentulum W.K., Janka però osserva differire 
essa da questo ultimo « siliculis solo centro converis, margine 
planis etc.; così pure Janka confuta l'identità della Veste. 
microcarpa Vis. colla Aurinia corymbosa Gries.; — mentre 
che constata l’ identità dell’ Alyssum edentulum W. K. col- 
l’AÙ. petreum (Al. gemonense Wull.) 

Il Padre Wiesbaur (Giorn. bot. Skofitz) descrive alcune 
nuove Rose, una A. zalana del tipo delle Cariophillacee del- 
l Ungheria, &. Kalksburgensis (arvensis x austriaca, gal- 
lica x arvensis Neilr.) e R. Christi (canina x brachy- 
phylla ) vicina alla R. Boreykiana; — le due ultime dei din- 
torni di Vienna. 

Il Padre Menyharth (1. c.) descrive una Roripa Borbasti 
(R. auriculata Men. dell’ Ungheria;), affine alla A. hungarica 
Borb. e in parte anche alla A. austriaca e amphilia, ed anzi 
essa è da porsi tra ambedue. Borbas osserva poter nominarsi 
questa Roripa piuttosto R. napifolia in causa delle foglie 
simili alla Brassica napus, glaucescens o virgata. 

Il prof. Hackel (1. c.) da osservazioni critiche su diverse 
piante, così la Koeleria carniolica di Kerner esser identica 
alla K. eriostachya del Pancic; l’ Arundo pygmea, Spreng. 


152 


del Monte Baldo esser un Trisetum Gaudinianum — il Bro- 
mus transylvanicus Schur. esser riunito dal Jank a col Br. 
variegatus M. R. e dal Borbas col Br. angustifolius M. R. 
ma Hackel propone la denominazione di B. fibrosus etc. 

Il signor Vucotinovic presentò alla Accad. di sc. di 
Zagrebu (tradotto nel gior. botan. di Skofitz.) una memoria: 
« nova quercuum croaticarum forma. — L’ autore definisce 
la varietà per variabilità dei caratteri, questi essendo variabili, 
danno alla pianta un carattere eventuale, diverso dal tipo fon- 
damentale; per forma ritiene l’ autore quelli individui di piante 
i quali, ritenendo il tipo fondamentale (ovvero i caratteri prin- 
cipali della specie), hanno negli altri. caratteri una costante - 
differenza (gli individui identici sono i tipi fondamentali e val- 
gono per distinte specie) — A. questa definizione segue la de- 
scrizione di 13 specie di Quercus dei gruppi Q. pubescens, 
sessiliflora e pedunculata . 

Il dott. Arnold continua (soc. bot. zool. Vienna) a dare 
i risultati delle sue, escursioni lichenologiche nel Tirolo. 

Il dott. Beck (1. c.) tratta sullo sviluppo del Prothaltium 
dello Scolopendrium; vi descrive le rispettive spore, lo sviluppo 
e la forma degli Antheridii, degli Archegonii, della fruttifica- 
zione etc. Beck rimarca che la germinazione delle spore dello 
Scolopendrium vulgare, le quali posseggono un’ Exorsporium 
stratificato e delle goccie d’ olio, ha luogo solamente esposta 
che sia la pianta alla luce; — gli Antheridii sono o mono- 0 
bicellulari, annulari che comprendono le cellule centrali; gli 
Archegonii dello Scolopeudvium si avvicinano nella loro strut- 
tura a quella delle vere felci. 

Il prof. Caspary descrive (soc. fis. econ. Kònigberg) una 
nuova specie di alga: Chrovlopus subsimplex, simile al CA. 
aureum, di color bruno arancio e che forma degli strati su 
dei legni decorticati nuotanti nell’ acqua; seccata che sia questa 
alga cangia il suo calore in un grigio cenere e dà un grato 
odore di viola. 

Il sig. Hauck (Giorn, bot. di Skofitz) continua colle sue 
osservazioni critiche sulle alghe dell’ Adriatico. 

Il signor Thiimen (soc. bot. zool. Vienna) parla sui funghi 
Mylitha e Pachyma e ne descrive alcune forme. 


153 


Kéòornicke (I. c.) osserva che il nome generico « Vossia » 
dato dal Thiimen ad una Ustilaginea, trovasi già dato ad 
una graminacea delle Indie orientali, —- e perciò vi propone in 
sua vece il nome « MNeovossia. » 

Sappiamo che li 9 settembre 1878 cessò a vivere il distinto 
Prof. Parlatore; una commemorazione dettata da vero senti- 
mento di amicizia e di stima ci dà S. Em. il cardinale dott. Hay- 
nald. Questo illustre Mecenate delle scienze ci fa conoscere il 
carattere che distinse il defunto nella scienza, nel suo pensare 
religioso e nella sua vita in famiglia. Vi enumera tutti gli 
scritti. pubblicati da esso e rimarca esser stato il Parlatore 
avversario alla teoria del Darwin, di Haeckel etc. 


Zioologia. — Una enumerazione dei vertebrati rac- 
colti dal dott. Finsch nella Siberia occidentale con descrizione 
delle specie nuove e meno conosciute e con numerose osserva- 
zioni troviamo negli scritti della soc. bot. zool. di Vienna. 

In Ungheria fu uccisa una Xema Sabinti Leach. Il signor 
Hermann (Term. fiùz.) si esterna non esser del tutto chiara 
la descrizione di tale specie, ritenendosi sotto questa ben di- 
verse altre specie. La fascia nera alla coda indica pel solito 
uno sviluppo perfetto e per ciò è difficile intendere come questa 
fascia possa trovarsi su un individuo la di cui schiena ha un 
colorito che indica un’ età avvanzata, e che ha anche una 
schiena del tutto bianca. 

Il Padre Hanf (soc. di sc. nat. Graz.) tratta sui vantaggi 
ed i danni che apportano gli uccelli. rapaci; fra i primi enu- 
mera Strix otus, acadica, brachyotus ed altri; fra i secondi 
Astur palumbarius, Nisus, Falco peregrinus, subbuteo etc.; 
— esso però non può che deplorare l’ ignoranza dei cacciatori, i 
quali uccidono per lo più gli utili e poi anche che nelle scuole 
elementari. e anche superiori i maestri non danno. le necessarie 
istruzioni. 

Il dott. Karoly da (Term. fiùz.) un quadro sinottico dei 
serpenti dell’ Ungheria, come pure la descrizione, distribuzione 
geografica etc. 

Alcune specie nuove di pesci d’acqua dolce dell’ America 


154 


meridionale descrive il Direttore del Museo imperiale dottor 
Steindachner. 

Due nuovi generi di Notodelfidi ( Paryphes longipes e 
Dorsipys uncinata) descrive (Stud. phil.) Kerschner. 

Il dott. Rettig fa menzione (soc. di sc. nat. Meklenburgo) 
d’ una anguilla pescata nel golfo di Wismer. — Essa era lunga 
1,39 m. di color arancio sul dorso e verso i lati, molto più 
verso l'addome; il colore si cangiò poi in un giallo chiaro e 
bianco rossastro; la pelle era tanto sottile che si vide trasparire 
gli intestini e anche la colonna vertebrale; sulle pinne biancastre 
dorsali ed anali si osservarono molte vene sottili rosse etc. 
Trattasi dunque di albinismo. 

Il dott. Frivaldsky descrive (Term. fùz.) alcune nuove 
specie di Coleotteri dell’ Ungheria fra cui un Anophthalmus 
cognatus, affine al An. Milleri, uno Scotovipnus brevipennis. 

Anche il dott. Kenderphny (l.c.) descrive un nuovo A- 
nothalmus -- An. Bud, trovato in una grotta nella valle di 
Hatzeg (Ungheria), tanto simile all’ An. Merklii in grandezza 
e forma, da poterlo appena distinguere ad occhio nudo. 

Una nuova località dell’ Anophthalmus Milleri menziona 
il dott. Merkl (1. c.) 

Il signor Reitter dà (soc. bot. zool. Vienna) uno schizzo 
del suo viaggio in Croazia e Slavonia per studiare la fauna 
coleotterologica, vi dà descrizione delle nuove specie rinvenute. 

Il prof. Brauns dà (soc. di sc. nat. Meklenburg) una 
lista de’ caleotteri nuovi per la fauna del Meklenburg. 

Il prof. Rosenhauer fa menzione (soc. min. zoot. Regens- 
burg) del Ditylus laevis ritrovato in Baviera, dopo essersi 
diramato dalla Siberia per I’ Ungheria, Austria e Germania. 

Il sig. Mocsary descrive (Term. fùz.) alcune nuove specie _ 
di Imenotteri dell’ Ungheria, fra cui Schizocera vittata affine 
alla Sch. scutellaria, Emphylus temestensis simile alla Em. 
serotinus ntc. 

Il dott. Kohl descrive (soc. bot. zool. Vienna) alcuni 
Imenotteri del Tirolo, come Crabro Kriechbaumeri. Cr. bul- 
sanensis, Ceropetes pigmea etc. 

Il prof. Kristof dà l’enumerazione (soc. di. sc. nat. Graz) 
delle Vespe della Stiria e descrive i rispettivi nidi. 


155 


Grandi danni alla coltura delle barbabietole fecero due dit- 
teri: Lonchaea alba e Anthomyia conformis, di cui ne dà de- 
scrizione il signor Farsky negli scritti della soc. bot. zoolog. 
di Vienna. 

Il signor Schiller (Isis. Dresda) fa delle critiche osser- 
vazioni su un lavoro del Prof. Rostok sulle Efemeridi della 
Sassonia, vi enumera le specie osservate nei dintorni di Dresda 
e rimarca doversi mettere alla determinazione della specie, 
quando questi insetti sono ancor freschi e che quale carattere 
specifico sono a riguardarsi gli organi genitali. 

Negli Acridiodei fu scoperto dal signor Brunner de Wat- 
tenwyll un nuovo organo nella parte inferiore della coscia 
posteriore in forma di un bitorzolo, che sotto la lente si pre- 
senta quale apertura rotonda nella massa chiliosa. (soc. bot. 
zool. Vienna). 

Il dott. Lò w parla (1. c.) sulla Schizoneura compressa 
Koche sulla Tetraneura alba Rtzb. che egli riconosce 
per due specie distinte. 

Il dott. Horvath dà (Term. fùz.) la lista degli Emitteri 
Kterotteri raccolti dal Xanthus nella China e nel Giappone, 
con la descrizione delle nuove specie. 

Il dott. Courchet (Rev. des sc. nat. Montpellier) parla 
degli Afidi che vivono sul Terebinto e Lentisco ; dà i caratteri 
distintivi delle diverse specie di Pemphigus, Aploneura nelle 
rispettive tre generazioni; vi da alcuni dati biologici e viene 
alla conclusione che i prodotti degli afidi alati vivono sugli 
steli o sulle radici delle gramigne e di altre piante erbacee e 
che questi individui restano sempre apteri. 

Il dott. Para (l. c.) fa menzione del Thomisus foka del- 
l'isola di San Maurizio, descritto dal Vinson e ritenuto per 
velenoso, accenna anche, ail Latrodectus menavodus del Ma- 
dagascar che trova il suo posto tra il L. malmignatus del- 
l Elba e il L. assassinus della Martinica. 

Gli Aracnidi americani vengono descritti (soc. bot. zool. 
Vienna) dal Conte Keyscerling. 

I Mirapodi della Transilvania li troviamo descritti dal 
Tombosvary (Term. fiuz.) fra cui un Zithobius bicolor 
nuovo. 


156 


Il Sig. Valle descrive (soc. di sc. nat. Trieste.) un 
Anthosoma Smithi rinvenuto fra i denti di una Oxyrrhina 
Spallanzani presa a Giuppana in Dalmazia, e una Nemesia 
mediterranea v. sinuata trovata sulle branchie d’ una stessa 
Oxyrrhina. Valle descrive (1. c.) anche una Cirolana hir- 
tipes M. Kdw rinvenuta tra le papille dell’ esofago di una te- 
stuggine — Thalassochelys corticata. 

Il Dott. Marenzeller presenta all’ Imp. Accad. di Se. di 
Vienna una memoria sugli Anelidi del Giappone meridionale; 
fra le 30 specie enumerate vi sono 24 specie nuove, e 6 già 
conosciute di altri mari europei — esse rappresentano un 
misto di forme specifiche, tropiche e settentrionali. 

Il Prof. Arndt (Soc. di Sc. Nat. Meklenburgo ) osserva 
che la riproduzione del dardo nella Helix nemoralis ha luogo 
poche ore dopo la copula. Parla poi auche (1. c.) sulla fascia- 
zione della detta Helix. 

Il Dott. Entz. descrive (Term. fiiz) alcuni infusori del 
lago salino a Szamosfalva in Transilvania, fra cui Sparo- 
tricha (n. g.) vexillifer n. sp., Litonotus grandis n. sp., Ev- < 
rilia salina n. sp. etc. Il genere Sparotricha è affine al ge- 
nere Stichotricha, i di cui rappresentanti vivono si nell’ acqua . 
dolce che nella marina. 


Paelotnologia — Negli Atti della soc. antrop. 
di Vienna troviamo fra le altre memorie di alto interesse una 
del Dott. Benedikt sui piani craniometrici; esso osserva pri- 
ma di determinare un piano craniometro, dover scegliere tre 
piani perpendicolari uno sull’ altro, i quali abbiano a tagliarsi 
in un certo punto addattato. Il miglior sistema di misurare - 
il cranio è bensì quello di Brocca, ma pure nella sua forma 
presente non è addottato e da preferirsi è il sistema del piano 
di projezione sagittale-verticale che usasi in Germania; dopo 
aver dati i necessari schiarimenti viene a conchiudere non 
doversi scegliere certi dati piani anatomici, quali piani di 
projezione, ma doversi precisare il principio della riduzione 
dietro il quale sia possibile trasferire certe misure di longitu- 
dine, larghezza e altezza da un sistema all’ altro. 


157. 


Il Dott. Much da schiarimenti sulle grotte artificiali nel 
Loffs, che trovansi nell’ Austria inf., e che servirono o di abita- 
zione o di rifugio in tempo di guerra. Much parla anche sul- , 
l’uso degli anelli d’ oro presso i Germani, o qual premio nelle 
lotte o come moneta. 

Il Signor Neudeck descrive le fortificazioni dei Germani 
nella Valle della Wang, in Ungheria, dà cenni sul materiale 
di costruzione etc. 

Il Sig. Hegev descrive alcuni oggetti di silice della Gua- 
daluppa, ascie di nefrite della Nuova Caledonia ete., che 
conservansi nel museo imp. di Vienna. 

Il. Prof. Woldrich parla sulle ossa di animali del periodo 
diluviale corrosi dal dente di animali o lavorati con istromenti 
di selce taglienti e mescolati con resti di Elephas primigenius, 
Rhinoceros lichorrinus, Hyana spetoa etc., ben spesso però 
vengono ritenuti tali tagli come provenienti dalla mano del- 
l’uomo mentre che sono corrosioni di denti di animali. 

Il Sig. Rzehak descrive alcuni tumuli preistorici scoperti 
presso Monitz in Moravia con oggetti di bronzo, vasi etc. 

Poi trovansi diverse notizie di recenti scoperte, bibliogra- 
fia etc. etc. 

All’ Accademia di scienze di Vienna fu presentata una 
memoria di Deschmann e Szombathy sulle prime colo- 
nizzazioni e sepolcri nella Carniola e sugli scheletri rinvenuti 
nei sepolcri di Roie (con 22 tav.) Nei sepolcri di Klenic fu- 
rono scoperti degli oggetti di bronzo del tutto identici a quelli 
di Hallslatt; oggetti romani non se ne trovarono, regge perciò 
l’ opinione appartenere quegli scheletri a individui della tribù. 
celtica dei T'uriski, i quali erano lavoratori nelle saline di Hal- 
statt, gli scheletri di Roje appartengono all’ epoca dei Mero- 
vingi (6. 7. secolo). 

Negli scritti della soc. fis. econ. di KOnigsberg troviamo sui 
tumuli della Prussia orientale una memoria d’ alto interesse ed 
importanza del distinto Bibliotecario della detta società, Signor 
Tischler; — idetti tumuli appartengono al primo secolo dopo 
Cristo e contengono oggetti di bronzo, d’ oro, di ferro, d’ambra, 
vetro etc. — Il valente autore ci dà dettagliata descrizione dei 


158 


detti oggetti con indicazione dell’ origine, delle località, dati 
storici etc. — Il sig. Tischler riferisce in un fascicolo antece- 
dente sui lavori preistorici-archeologici intrapresi dalla detta 
società. 


Vienna 31 Agosto 1879. 
SENONER. 


Anno XIII. Dispensa 4* Serie II." 


| 


ANNUARIO 
DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI 
IN MODENA 


Redazione del Segretario Dott. LUIGI PICAGLIA 


SOMMA RIO 


Parte Scientifica 


BERGONZINI — Nuovi studi sui Bacteri. 
CARRUCCIO — Nuove aggiunte alla fauna dei Vertebrati Modenesi 
ed alla collezione del Museo Zooligico. 
Parte Ufficiale 


Rendiconto dell’ Adunanza ordinaria 11 Maggio 1879. 
Rendiconto dell’ Adunanza ordinaria del 28 Dicembre 1879. 


MODENA 
TIPOGRAFIA DI PAOLO TOSCHI E C. 


| ; 1879. 


PARC SCEENUMIRECA. 


I NUOVI STUDI EO ESPERIMENTI 
sil i AE El 


del Dott. C. BERGONZINI 


== seo 


Gabinetto di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Modena. 


Dal Maggio di quest’ anno in cui io pubblicai il mio primo 
studio sui bacteri ad ora, mi è occorso di esaminare parecchi 
nuovi lavori, e di fare parecchi altri esperimenti sopra questo 
argomento di tanto interesse oggidì, sicchè non credo fuori di 
luogo comunicare i risultati ai quali, per questi studii ulteriori, 
sono stato condotto. 

E in primo luogo ricordo come Koch (1) consigli i colori 
di anilina, e specialmente il metelvioletto, per diagnosticare 
i bacteri, sopratutto quelli che si trovano in mezzo ai tessuti 
( emboli bacterici, infiltrazioni bacteriche ecc. ). Secondo questo 
autore i tessuti da esaminare vengono induriti nell’ alcool e 
quindi se ne fanno sottili sezioni che si-lasciano a lungo in 
una soluzione abbastanza forte di violetto, si trattano poscia 
coll’acido acetico diluito, si sciacquano coll’ alcool, si rischiarano 
coll’ olio essenziale di garofani e si passano nel balsamo del 
Canada o nella gomma Damar. In questo modo i bacteri re- 
stano colorati intensamente in violetto. 

Io ho sperimentata la colorazione col metilvioletto special- 
mente sulle Zooglee, e su bacteri riuniti in sciami, e mi sono 
convinto che esso può dare degli ottimi risultati. Certi fram- 
menti della pellicola che si trova alla superficie delle infusioni 
di carne, e in cui anche cogli obiettivi ad immersione si scor- 


(1) Koch - Untersuchungen ueber die Aetiologie der Wundinfections- 
krankeiten - Leipzig, 1878. 


162 


gono difficilmente le forme bacteriche che li compongono, sono 
rissolti dagli ordinari obiettivi con molta precisione dopo essere 
stati tinti col violetto d’ anilina. 7 

E giacchè sono a dire del Javoro di Koch (l. c.) ricorderò 
ancora come egli, quantunque partigiano delle teorie parassi- 
tarie, senta però il bisogno di un ragionevole risserbo nella 
loro applicazione. Invero agli dice che le nuove e numerose 
scoperte di micro-organismi nelle malattie d’ infezione da ferite, 
e le relative ricerche sperimentali, rendono bensì verosimile 
la loro natura parassitaria, ma soggiunge che finora ne man- 
cano le prove indiscutibili, le quali debbono risultare dal veri- 
ficarsi in tutti i casi di siffatte malattie i microrganismi parassiti, 
dal trovarsi in tali proporzioni che tutta la fenomenologia sia 
rischiarata, e dall’ accertare per ogni malattia d’ infezione da 
ferita un organismo speciale. 

Negli esperimenti poi, molteplici ed importantissimi, che egli 
ha eseguiti sui topi e sui conigli, se ve ne sono molti nei quali 
la presenza dei bacteri nel sangue è indiscutibile ve ne sono 
altri in cui mancano affatto. 

Così egli inietta sotto la cute del dorso di un topo 5 goccie 
di sangue putrefatto o di infusione di carne non troppo putrida. 
L’ animale presenta sintomi d’ infezione, muore e nel suo san- 
gue e nei suoi tessuti non si trovano bacteri, e il suo sangue 
medesimo non è capace di trasmettere l’ infezione. Egli chiama 
questa forma morbosa, infezione per sepsina. 3 

Si vede adunque come anche presso i più illustri sostenitori 
delle teorie parassitarie, si faccia strada l’ opinione poggiata su 
fatti incontrastabili, che se non in tutti, almeno in alcuni casi 
di malattie d’ infezione la causa non sia da ricercarsi in spe- 
ciali organismi ma sì in un veleno organico solubile. 

In appoggio di questo modo di vedere, checchè ne possa 
pensare il suo autore, vengono ancora le recenti osservazioni 
di V. Cheine comunicate alla Società anatomo patologica di 
Londra. Si sà, ed io nel mio precedente studio ho ricordato, 
come Rancke avesse trovato microrganismi negli apparecchi 
antisettici alla Lyster, ma gli oppositori mettevano ciò seria- 
mente in dubbio. 2 


163 


Ora il Dott. Cheine nel laboratorio stesso di Lyster di 
| cui egli è l’ assistente, per una serie di osservazioni prosseguite 
per 18 mesi, si è reso persuaso che i bacteri oblunghi e rotondi 
esistono non solamente nella secrezione delle ferite curate senza 
metodo antisettico, ma ancora in quelle che curate rogolar- 
mente alla Lyster abbiano un corso asettico. 

Ciò, come ognun vede, ha capitale importanza anche perchè 
l'osservatore non può essere sospetto. E viene in appoggio 
dell’ opinione che gli ottimi risultati della medicatura alla 
Lyster non debbano ripetersi dal fatto che l’ acido fenico im- 
pedisce la nascita dei bacteri, ma sì dal fatto che esso impe- 
disce la decomposizione dei secreti delle ferite, il che certa- 
mente, come cercherò di dimostrare più oltre è tutt’ altro che 
la medesima cosa. 


In questi ultimi tempi hanno, ed a ragione, sollevato molto 
rumore nella scienza gli sperimenti di Klebs sui bacteri della 
sifilide, e quelli di Klebs e Tommasi-Crudeli sul bacte- 
rio della malaria, onde conviene esaminarli, e per la loro grande 
importanza e per l’ autorità degli sperimentatori che li hanno 
messì innanzi. 3 

Klebs (1) ha fatto degli studii sulla inoculazione del con- 
tagio della sifilide ed è venuto alle seguenti conclusioni: 

1. La sifilide dell’ uomo si trasporta sugli animali inoculando 
pezzetti di neoformazioni sifilitiche. Questi risultati però sono 
più manifesti nelle scimie. 

2. Nelle neoformazioni sifilitiche dell’ uomo si trovano certi 
micrococchi e bacteri i quali coltivati fuori del corpo crescono 
in forme particolari ben caraterizzate : le elicomonadi. 

3. Inoculando queste ultime sopra certi animali possono ve- 
nir provvocate alterazioni le quali rassomigliano tanto a quelle 
provvenienti dalla sifilide genuina dell’ uomo, quanto a quella 
di animali a cui fu inoculata la sifilide. 

Per chi avesse vaghezza di saperlo le elicomonadi sono 


(1) Klebs - Das Contagium des Syphilis - nell’ Archiv. fiir experim. 
Pathologie und Pharmac. X Bd. 1879. 


164 
cellule più o meno fusiformi contorte a spirale, molto affini 
alla Ophidomonas sanguinea Ehr. trovata da Warming 
nelle acque salmastre della Danimarca, e alla Spiromonas 
Cohnii W arm. trovata pure dallo stesso autore quasi nelle 
medesime località. 

I botanici tendono a ravvicinare queste ultime ai micro- 
cocchi, ed alcuni le considerano come forme di passaggio o 
spore di bacteri o di criptugame più elevate. Certo è che finora 
nè queste nè altre forme ad esse sommiglianti, erano mai state 
osservate nell’ organismo, o nei prodotti delle coltivazioni dei 
parassiti patologici. 

Klebs poi e Tommasi-Crudeli (1) hanno esperimentato 
a Roma sulla malaria. Con un ventilatore che spingeva con 
gran forza l’ aria vicina al suolo delle regioni malariche contro 
una placca di vetro coperta di gelatina e contenuta in una 
piccola scattola, hanno raccolto i supposti germi che hanno poi 
iniettati a conigli, o direttamente o dopo coltivazioni artificiali. 
Con queste esperienze hanno ottenuto accessi febbrili intermit- 
tenti e gonfiore di milza. I liquidi filtrati invece non produce- 
vano quasi alcun fenomeno. Essi hanno concluso che gli orga- 
nismi infettanti sarebbero spore, semoventi nel terreno, e che 
nell'organismo si svilupperebbero in un bacillo speciale il Ba- 
cillus malariae. 

Tali sono le conclusioni di questi egregi sperimentatori, che 
io non credo però abbastanza rigorose da portare nel campo 
della scienza la assoluta certezza. 

Ed invero quando Klebs o i suoi imitatori vogliono de- 
terminare la natura parassitaria d’ una malattia, prendono una 
goccia del liquido organico ammalato, o dei prodotti della fil- 
trazione dell’ aria nel caso di miasma palustre e ne fanno 
delle coltivazioni nella colla di pesce, nel bianco d’ ovo ecc. 
Una goccia di questa prima coltivazione fornisce il materiale 
per una seconda, una goccia di questa quella d’ una terza e 
così via via per un numero notevole. Quindi in due animali 


(1) Klebs e Tommasi-Crudeli - Negli atti dell’ accademia dei 
Lincei, Roma - Seduta 1 Giugno 1879. 


. 


165 


possibilmente identici, iniettano nell’ uno il liquido dell’ ultima 
coltivazione nell’ altro il virus fornito direttamente dalla ma- 
lattia data. Se i risultati sono identici essi concludono che il 
parassita che si trova tanto nel virus quanto nell’ ultima col- 
tivazione è la causa della malattia. 

Riducendo alla sua più semplice espressione questa forma 
di argomentazione induttiva, può esprimersì in questo modo: 

Il virus V contiene una speciale forma bacterica B, e pro- 
duce la malattia M; la coltivazione C contiene pure la forma 
bacterica B e produce la malattia M, dunque la forma bacte- 
rica B è la causa della malattia M. 

Questa argomentazione ha un difetto capitale, ed è îl non 
poter esser certi che i varii fenomeni concordino nel solo 
antecedente B, o in altri termini il non sapersi con sicurezza 
se la coltivazione ultima, e il virus primitivo abbiano davvero 
solo in comune quella data forma bacterica. E per verità chi 
ci può assicurare che colla prima coltivazione fatta in un mezzo 
organico (albumina, gelatina) non sì siano riprodotti oltre i 
bacteri, certe sostanze chimiche che potevano essere contenute 
nella prima goccia e che potevano da sole costituire la so- 
stanza infettante? Ed ammessa la possibilità di questo, chi può 
accertare che tali sostanze chimiche non abbiano seguitato a 
riprodursi nelle successive coltivazioni nello stesso modo dei 
micro-organismi, fino all’ ultima, sicchè ad esse e non ai bacteri 
si debba attribuire la malattia artificialmente ottenuta ? 

Se le coltivazioni fossero fatte in liquidi inorganici ed in- 
capaci di fermentare, questi esperimenti avrebbero di certo un 
immenso valore: ma quanto non diminuisce la loro importanza 
dall’ esser fatti in soluzioni organiche capaci di fermentare 
anche per effetto di fermenti solubili? 

Io ricordo appunto quanto dicevo altra volta: Il virus set- 
tico, come il vaioloso, il rabido ecc. sembrano agire in quan- 
tità infinitesimali e avere la proprietà di riprodursi quando 
siano introdotti nell’ organismo vivente. E verosimile che tali 
virus colla loro presenza siano capaci di indurre nei liquidi 
viventi coi quali vanno a contatto le loro stesse modificazioni 
a modo di fermenti solubili. 


166 


Ora se ciò può succedere nell’ organismo, può succedere 
anche in un mezzo organico addatto come l’ albumina o la ge- 
latina, e se così è, con qual fondamento si asserirà che nelle 
successive coltivazioni si sono riprodotti solo i bacteri, e non 
anche certe sostanze chimiche che per necessità erano rinchiuse 
nella prinha goccia d’ innesto? 

D’ altra parte poi, perchè l’ antecedente 2 dacteri è sempre 
legato con quella tale malattia, non ne viene che essi ne siano 
la causa. Il brivido iniziale precede sempre la pneumonite, la 
elevata temperatura l’ accompagna costantemente, eppure nes- 
suno ha mai pensato che o il brivido iniziale, o lo stato feb- 
brile siano la causa della pneumonite. 

Ma gli sperimentatori e Klebs in modo speciale non si 
sono arrestati a questo punto. Hanno fatto delle filtrazioni, 
hanno isolato da una parte i bacteri, dall’ altra i liquidi in cui 
erano sospesi, ed hanno iniettato questi varil fattori isolata- 
mente e ne hanno ottenuta la conferma del loro modo di vedere. 

Ciò sarebbe molto attendibile davvero se liquidi e bacteri 
sì potessero separare completamente. Intanto si noti che degli 
esperimenti fatti in questo senso da varii sperimentatori, alcuni 
sembrano dar ragione e:! altri torto alle dottrine parassitarie 
( vedi specialmente i lavori di Bergmann e di Zuelzer ci- 
tati nel mio precedente studio sui Bactert ). — Ma prescin- 
dendo da questo, io sono d’ avviso che nessuno creda sul serio 
che da un liquido contenente bacteri questi ne possano essere 
isolati senza che ve ne resti alcuno, e senza che essi trascinino 
seco alcuna quantità del liquido in cui nuotavano. 

Con questo, io non voglio dire di certo che gli esperimenti 
ed i risultati di Klebs e di Tommasi-Crudeli non abbiano 
alcun valore. Che anzi debbo confessare come essi facciano di 
molto, crescere le probabilità che militano in favore delle teorie 
parassitarie. Ma si tratta di sola probabilità ed io con ciò vo- 
glio far rilevare che la vera certezza scientifica nella quistione 
non è ancora raggiunta, che i risultati ottenuti sì possono spie- 
gare per altra via, e che finalmente non è nè da stolto nè da 
presuntuoso come a taluno potrebbe parere il ricercare se mai 
il vero, fosse riposto in altra cagione. 


167 

Ora io credo che gli sperimenti sull’ uomo e sugli animali 
come sono in ogni ramo di scienze mediche indubbiamente fe- 
condi di importantissimi risultati, non possano in questa qui- 
stione arrecare gran lume, tanta è la difficoltà di isolare i vari 
fenomeni, sempre complessi, che si presentano, e di assegnare 
a ciascuno il loro giusto valore. E mi pare invece che lo studio 
dei bacteri nelle fermentazioni fuori dell’ organismo sia di gran 
lunga meno circondato da cause d’ errore e sia capace di por- 
gerci lumi preziosi sulle proprietà di questi esseri singolari, 
sicchè da. queste poi si possa dedurre la loro importanza nelle 
malattie. i 

: Ed a questo proposito prima di venire ai miei esperimenti 
accennerò quanto fu osservato da Herzen riguardo al Mico- 
derma aceti Past. (Bacterium termo?) e che mi ha spinto 
ad intraprendere quelle esperienze di cui or ora farò cenno. 

Questo sperimentatore (1) avendo osservato che 1’ acido 
borico impediva l’inacidimento del vino e volendo ritrovarne 
la cagione, preparò i ire seguenti saggi: 

1. Cento grammi di acqua con 10 di alcool e una goccia di 
vino presa alla superficie di un recipiente in piena fermenta- 
zione acetica e contenente frammenti della pellicola di Mi- 
coderma. 

2. Cento gr. d’ acqua con 5 gr. d’ acido acetico e una goc- 
cia di vino come sopra. 

3. Cento gr. d’ acqua, 5 gr. d’ acido acetico, 5 gr. di solu- 
zione satura di acido borico, e una goccia come sopra. 

Appena preparati, sopra tutti e tre i saggi si scorgevano 
manifestamente delle macchioline che erano i frammenti delle 
pellicole suddette. — Dopo 4 giorni, nel recipiente N. 1 queste 
macchioline erano quasi scomparse, il N. 2 era completamente 
coperto da una membrana di micoderma, e così pure il N. 3 
quantunque più scarsamente. 

Dopo altri 4 giorni questi fenomeni persistevano, per cui 
l’autore si credette in diritto di concludere che il Micoderma 


(1) Herzen - Dell’ influenza dell’ Acido borico sulla fermentazione ace- 
tica - Atti dell’accademza dei Lincei, Aprile 1879. 


168 


aceti vive alle spese dell’ acido acetico già formato e non del- 
l’ alcool; che la sua apparizione è la conseguenza anzichè la 
causa dei cambiamenti chimici dell’ acetificazione, i quali sono 
impediti da una piccola quantità d’ acido borico; e che se que- 
st’ ultimo anche ritarda la vegetazione del M:icoderma, non ha 
però facoltà d’ impedirla nei liquidi contenenti acido acetico. 

Io ho ripetuti e leggermente variati gli sperimenti di Her- 
zen ed ecco i miei risultati. 


Esperienza — (14 Luglio 1879). 


Prendo 160 grammi di vino casalino di ottima qualita non 
acido, e lo divido in due boccette identiche che restano piene 
circa a metà. Nella prima aggiungo 5 centigr. d’ acido borico 
e conservo intatta la seconda per termine di confronto, tap- 
pandole ambedue con cotone cardato. Esaminato immediata- 
mente il liquido di ambedue i vasi, non vi si riscontra alcuna 
forma bacterica. La temperatura del giorno oscilla intorno 
al + 25° 

Il 19 Luglio nella bottiglia senz’ acido borico si è già svi- 
luppato odore di acidità e lieve pellicola alla superficie; l’ altra 
è inalterata. 

L’ 8 Agosto (25 giorni dopo il principio dell’ esperimento ) 
il vino con acido borico è ancora inalterato all’ aspetto, al- 
l’ odore, al sapore. Nessuna forma bacterica vi si rivela al mi- 
croscopio. — Quello invece senz’ acido borico presenta un ma- 
nifestissimo odore d’ aceto; alla superficie una pellicola anche 
abbastanza coppiosa, e col microscopio si rileva che questa è 
totalmente formata di sciami di piccoli bacteri immobili pre- 
sentanti tutte le caratteristiche del Bacterium termo dyiioo 
derma aceti). 

Questa prima parte dell’ esperienza, se considerata a parte 
non ha molta importanza dal lato della quistione che ci occupa, 
viene intanto esattamente in conferma delle esperienze di H er- 
zen e può avere molto interesse se si osserva che la piccola 
quantità d’ acido borico richiesta per impedire 1’ acidificazione 
del vino (0,05 su 80 o anche su 100, il che equivale all’ 1 
per 2000) non arreca nessun cambiamento al sapore del vino, 


169 
onde può essere chiamata a rendere degli immensi vantaggi 
all’ industria. i 

Ma torniamo a noi. 

Il giorno.8 Agosto suddetto in tre bottigliette uguali a 
bocca larga preparo quanto segue: 

Nella prima pongo 50 gr. del vino con acido borico del- 
l’ esperienza precedente il quale si era mostrato ribelle all’ ina- 
cidimento e vi aggiungo 2 grammi d’ acido acetico puro, non 
che una goccia del vino senza acido borico contenente alcuni 
frammenti della pellicola di Micoderma che si trovava alla sua 
superficie. 

Nella seconda pongo 50 grammi d’ acqua, 5 grammi d’ al- 
cool e una goccia come sopra. 

Nella terza 50 grammi d’acqua, 2 grammi d’ acido acetico, 
5 centigr. d’ acido borico, ed una goccia come sopra. 

Le tre bottiglie restano piene un po’ meno che a metà e 
appena preparato l’ esperimento, alla loro superficie si vedono 
manifestissimi i frammenti della pellicola di Micoderma. 

Il 21 Agosto ecco quale era il rultato di questi saggi: 

Bottiglia 1.° Si vede una pellicola leggiera che ne copre 
tutta la superficie, in alcuni punti più tenue in altri più densa. 
Col microscopio constato abbondantissima vegetazione di M:- 
coderma aceti. 

Bottiglia 2° Alla superficie nessuna pellicola, anzi quasi 
scomparsi i frammenti di quella con cui è stata innestata. Nes- 
sun odore di acidità, reazione del liquido alle cartoline di tor- 
nasole neutra. Nessuna vegetazione di Micoderma. 

Bottiglia 3.° Alla superficie pellicola abbastanza manifesta 
che copre la maggior parte della superficie del liquido. Col 
microscopio si constata abbondante vegetazione di micoderma. 


Queste esperienze combinano perfettamente con quelle di 
Herzen e se ne posssono ricavare le stesse conclusioni. In- 
vero, il vino con acido borico, quantunque posto in condizioni 
favorevolissime per inacidire, come si rileva dal saggio di con- 
fronto, non inacidisce per ben 24 o 25 giorni d’ estate, ma ag- 
giuntovi artificialmente acido acetico, ed innestato col mico- 


a) 


170 


derma, questo vegeta rigoglioso alla sua superficie, e vegeta 
pure nell’ acqua con acido acetico ed acido borico, mentre 
muore nell’ acqua semplicemente alcoolizzata senza produrvi 
. alcuna modificazione. 

Dunque, nè l’ acido borico è nemico della vita del bacterio 
dell’ aceto, nè questo è capace di trasformare l’ alcool in acido 
acetico. Invece sembra ragionevole il conchiudere che il Ma- 
coderma può vivere solo dove esista acido acetico preformato 
e che l’ acidificazione del vino è un fatto puramente chimico 
di ossidazione, indipendente dalla vita del bacterio, sicchè l’ ina- 
cidimento che viene sempre impedito dalla presenza dell’ acido 
borico, precede sempre la comparsa delle forme bacteriche che 
l’ accompagnano. 

Come si vede l’ accertar bene ‘oa primo fatto è cosa 
di capitale importanza. Invero si è ammesso. fin oggi quasi 
senza discussione che la vita dei bacteri sia la causa princi- 
pale della putrefazione, la causa unica poi delle fermenta- 
zioni nello stretto senso della parola. Orbene questi esperi- 
menti di Herzen e miei e che ho ripetuti parecchie volte 
sempre collo stesso risultato, vengono a portare un grave colpo 
alla teoria parassitaria, proprio là, dove essa sembrava più 
forte, nella parte che riguarda le fermentazioni. 


La grande uniformità che regna nei fatti naturali ci porte- 
rebbe ad ammettere dopo ciò. che come in questo caso il Mi- 
coderma aceti non è nè la causa nè il primo fenomeno della 
fermentazione acetica, così i bacteri in generale non dovessero 
essere nè il primo fenomeno nè la causa delle fermentazioni 
tutte, delle putrefazioni e delle malattie. : 

Ma non si vuole correre troppo in siffatte conclusioni spe- 
cialmente quando s’ abbia a fare con un idea così general- 
mente radicata quale è quella che io ho preso a combattere. 
Egli importa molto cercare di dimostrarne la falsità. nel mag- 
gior numero di casi, se non in tutti, ed è quello che io ho cer- 
cato di fare coi miei esperimenti. 

Ma prima di venire ad essi mi piace richiamare alcuni fatti 
già noti che sono molti favorevoli al mio modo di vedere ed 
ai quali io stesso dapprima non avevo fatto attenzione. 


AT] 
URI 


171 

È cosa di volgare osservazione che qualunque sostanza 
organica mantenuta alla temperatura di 0° non imputridisce 
punto, ed è noto pure che le infusioni fresche mantenute a 0° 
non presentano mai alcun bacterio. 

D’ altra parte poi ricordo le esperienze di Cohn e di 
Frisch che hanno raffreddati i bacteri a — 18° e a — 87° 
senza ucciderli e le mie dalle quali risulta indubbiamente che 
i bacteri vivono e possono anche muoversi a 0° o a tempera- 
ture alquanto inferiori purchè il liquido in cui sì trovano non 
sia gelato. (1) 

Colle teorie parassitarie questi fatti non hanno certamente 
una soddisfacente spiegazione. — Se i bacteri sono la causa 
della putrefazione, come mai quando il liquido non è ancora 
imputridito, il freddo a 0° si mostra tanto nemico della loro 
vita, mentre poi quando il liquido è già putrido e contiene 
bacteri, nè 0° nè temperature inferiori sono capaci di ucciderli ? 

Se i bacteri sono la causa della putrefazione, anzi se son 
quasi tutt’ uno con essa, come mai il freddo a 0° che arresta 
ogni putrido processo, non arresta anche la vita dei bacteri, e 
come mai rafreddando un liquido putrido a 0° si arresta la pu- 
trefazione mentre quegli esseri che ne sono la causa segui- 
tano a vivere a temperature molto inferiori? 

Come si vede, ogni risposta che si voglia dare a queste 
domande colla teoria che fa dei bacteri gli agenti della putre- 
fazione resta necessariamente monca ed insufficiente. Invece 
se ammettiamo che questi esseri siano un epifenomeno delle 
decomposizioni, si capisce facilmente come ciò avvenga, giac- 
chè quando il liquido putrescibile è mantenuto a 0° sono im- 
pediti in esso quegli scambi chimici che costituiscono la pu- 
trefazione, esso resta inalterato, ed i germi bacterici, comun- 
que portati in esso, non trovano terreno adatto per vegetare 
e per vivere. — E quando la temperatura si fa superiore e le 
modificazioni chimiche succedono, si formano nuovi composti 
organici che chiameremo putridi, e i germi bacterici trovando 


(!) Bergonzini - I Bacteri - Neglì atti della Soc. dei Naturalisti di 
Modena, Fasc. I e II, 1879. 


172 


in essi il loro naturale alimento si sviluppano e vivono. Se ora 
il liquido in putrefazione viene riportato di nuovo a 0°, | ul- 
teriore formazione di corpi putridi cessa, ma quelli già formati 
non scompariscono e sono sufficienti a mantenere in vita i 
bacteri che ora nel freddo non trovano più un nemico della 
loro vita, perchè sono in presenza del loro alimento. 

E quindi la spiegazione più soddisfacente e più semplice di 
questi fatti ben accertati ci porterebbe ad ammettere che i 
fenomeni di putrefazione fossero fenomeni puramente chimici 
e che i bacteri non fossero altro che esseri che vivono alle 
spese delle nuove sostanze putride che si vanno formando. 

Ed ora veniamo alle mie esperienze. Appena conobbi i ri- 
sultati di Herzen riguardanti il bacterio dell’ aceto mi misi 
all’ opera per cercare una sostanza che ad una data dose fosse 
capace d’ impedire la putrefazione delle sostanze organiche 
mentre poi permettesse alla stessa dose o a dose maggiore la 
vita dei bacteri. 

Dapprima i miei esperimenti furono fatti col bicromato di 
potassa, col cloralio, coll’ acido fenico, ma non mi diedero ri- 
sultati molto netti, perchè anzi talora mi accadeva di osservare 
che una dose che permetteva ancora un tardivo sviluppo di 
forme bacteriche, rendeva immobili se non uccideva quelle già 
sviluppate che si trovavano in liquidi putridi. 

E quindi mi rivolsi ancora all’ acido borico col quale fui 
più fortunato. 


Esperienza — (10 Luglio 1879). 


Prendo un bianco d’ovo e lo sciolgo in tant’ acqua da ot- 
tenere 200 gr. di soluzione. Divido questo liquido in due bic- 
chieri: al primo aggiungo 20 centigrammi d’ acido borico ( sc. 
in q. b. d’acq.) Il secondo lo tengo come termine di confronto. 
In nessuno dei due esistono bacteri. La temperatura della 
giornata e delle giornate successive oscilla fra + 20° e 4 30° 
circa. i: 

Dopo 4 giorni (14 Luglio) il primo (con acido boric0) 
non ha pellicola alla superficie, non odore di putrefazione ; esa- 
minato al microscopio vi si vede qualche granulazione in mo- 


173 


vimento escillatorio ( micrococcus?) Il secondo ha pelliccola 
manifestissima, odore spiegato di putrefazione, moltissimi bacteri 
agilissimi. 

Tl giorno 17 Luglio il primo bicchierino presenta un po’ di 
pellicola alla superficie, nessun odore di putrefazione, nessun 
cambiamento di colore, moltissimi Bacter:zum termo in movi- 
mento. Il secondo come nell’ osservazione precedente con dac- 
teri e bacill. 

Il giorno 21 le cose si mantenevano come nell’ osserva- 
zione del 17. 


Questo primo esperimento mi addimostrava che 20 centigr. 
d’acido borico in 100 gr, di soluzione albuminosa alla tempe- 
ratura di cui sopra, erano insufficienti per impedire la comparsa 
dei bacteri, ma mi faceva anche rilevare un fatto che non po- 
teva a meno di fermare la mia attenzione. Mentre la soluzione 
albuminosa semplice, dopo tre giorni che era preparata era già 
fetida ed in piena putrefazione, quella con acido borico si con- 
servava per 11 giorni ad una si elevata temperatura apparen- 
temente intatta. Nessun cambiamento di colore, nessun cam- 
biamento di odore, nulla insomma che accennasse alla putrida 
decomposizione. Eppure questa soluzione si mostrava relativa- 
mente presto, carica di bacteri; e sì noti che ripetendo la stessa 
esperienza, ma con trenta centigrammi di acido borico in vece 
di venti, ho ottenuto gli stessi risultati: la soluzione albumi 
nosa dopo alcuni giorni non sembrava punto putrida ma con- 
teneva moltissimi bacteri. 

Senza voler dare a questi fatti una importanza maggiore 
di.quella che meritano, li ho voluti accennare soltanto perchè 
anch’ essi tendono a mostrare come il preteso nesso fra pu- 
trefazione e bacteri non sia poi tanto indissolubile se questi 
possono mostrarsi numerosissimi, senza che i nostri sensi siano 
capaci di rilevare la presenza di quella. — Non è da ritenersi 
certo che qualche modificazione non avessero subite quelle al- 
bumine, se permettevano la vita dei bacteri, ma non poteva 
chiamarsi putrefazione se vi mancavano tutte quelle caratte- 
ristiche che solo la contraddistinguono. 


174 


Le successive esperienze le feci con dosi maggiori di acido 
borico ed ottenni come era mio desiderio che-i bacteri non si 
presentassero punto. Ed eccone i risultati: 

è 


Esperienza — (21 Agosto 1879). 


Sciolgo in 200 gr. d’ acqua un bianco d’ ovo e lo divido in 
2 bicchierini. Nel primo aggiungo mezzo grammo di acido bo- 
rico; nel secondo nulla: appena preparate le due soluzioni sono 
prive di bacteri. La temperatura del giorno oscilla intorno ai + 28°. 

25 Agosto. — Il primo non presenta alcun odore, alcun 
cambiamento di colore, alcuna pellicola. Al microscopio nes- 
sun bacterio. Il secondo odore di putrefazione, il colore è di- 
ventato giallastro e presenta moltissimi bacteri. — Aggiungo 
a quest’ ultimo mezzo grammo d’ acido borico. sc. in q. b. d’ acq. 

27 Agosto. — Il primo bicchierino come nell’ ossrvazione 
precedente. — Nel secondo l’ odore di putrefazione è ancora 
manifestissimo; tutti i bacteri sono in movimento, alcuni in 
via di segmentazione. Aggiungo ad ambedue i saggi 30 centi- 
grammi d’ acido borico sciolto. 

28, 29, 31 Agosto. — Come nell’ osservazione del 27. Nel 
secondo bicchierino tutti i bacteri sono ancora in movimento. 

4 Settembre — Nel primo bicchierino: nessun odore, nessuna 
pellicola, nessun bacterio: qualche muffa alla superficie. — Nel 
secondo odore di putrefazione diminuito, la sua pellicola è 
andata a fondo, il liquido è pocchissimo torbido. — Pochi bac- 
teri alla superficie. 

9 Settembre. — Il primo come al solito, molte muffe alla 
superficie. — Nel secondo è scomparso ogni odore di putrefa- 
zione, il liquido è limpidissimo e solo un po’ torbido al fondo; 
molte muffe alla superficie. In tre o quattro osservazioni con 
liquido preso alla superficie non trovo alcun bacterio. 


Esprienza — (3 Settembre 1879). 


Prendo un grammo di gelatina secca (ittiocolla) e la sciolgo 
in 200 grammi d’ acqua che divido come al solito in 2 vasi. — 
Nel primo aggiungo 70 centigr. d’acido borico, nel secondo 
nulla. La temperatura del giorno oscilla intorno ai + 25. 


175 


9 Settembre. — Nel primo nessun cambiamento nessuna 
pellicola, nessun bacterio. — Nel secondo odore di putrefazione, 
pellicola crassa alla superficie, molti bacteri ed infusorii. Àg- 
giungo a quest’ ultimo 70 centigr. d’ acido borico. 

10 Settembre. — I due saggi sono come ieri; solo nel se- 
condo mentre tutti i bacteri sono in movimento, gli infusori 
sono immobili e sformati. 

13 Settembre. — Primo saggio - nessun cambiamento. — 
Secondo saggio - poco odore di putrefazione; bacteri in. mo- 
vimento, nessun infusorio. 

20 Settembre. — Il primo bicchierino come al solito. — Nel 
secondo quasi scomparso l’ odore di putridità, appena qualche 
raro bacterio. 


Ho in seguito più volte controllati questi risultati sicchè 
sulla loro realtà non mi resta dubbio alcuno. Ora a volerli 
spiegare colle teorie parassitarie ecco cosa ne risulterebbe: 

In una prima serie d’esperienze 50 o 60 centigr. d’ acido 
borico in 100 grammi d’una soluzione d’albumina o di gela- 
tina hanno impedito la putrefazione, perchè hanno impedito la 
vita dei bacteri. In una seconda serie d’ esperienze, la stessa 
dose o più d’ acido borico messa in identiche soluzioni d’ albu- 
mina e di gelatina, hanno permessa per moiti giorni la vita 
dei bacteri, e quindi anche la putrefazione se gli scambi vitali 
di questi esseri sono quelli che la producono. 

Ora ciò è evidentemente assurdo perchè agenti uguali posti 
nelle identiche condizioni devono dare uguali risultati: e quindi 
non potendosi mettere in dubbio la realtà del fatto, non si può 
a meno di non mettere in dubbio la verità della teoria su cui 
sì poggia una tale spiegazione. 

Ecco invece come io ragionerei su questi fatti. 

Nella prima serie di esperienze 50 centigrammi di acido 
borico non hanno già impedita la putrefazione perchè hanno 
impedita la comparsa dei bacteri, ma si hanno impedito que- 
st’ ultimo fenomeno perchè hanno ostacolato il primo. L’ acido 
borico avrebbe la proprietà di impedire nelle sostanze organiche 
fuori dell’ impero della vita quegli scambi molecolari, quelle 


176 


ossidazioni e disossidazioni, quei fenomeni chimici infine che 
costituiscono il primo fatto della putrefazione. In sua presenza 
e quando egli sia in una certa proporzione non si producono 
più le sostanze putride. Ora siccome i bacteri tirano l’ alimento 
da queste, è naturale che non possano vivere e vegetare in un 
mezzo ove tali sostanze non possono trovarsi. 

Se invece lasciamo liberamente putrefare queste soluzioni 
organiche e lasciamo quindi formarsi in esse i corpi che sono 
capaci di mantenere in vita i bacteri, se dopo aggiungiamo 
anche la stessa proporzione o più d’ acido borico, la loro vita 
continua, perchè hanno ‘ancora dell’ alimento. Ma appena che 
coi loro scambi molecolari hanno distrutte tutte le sostanze 
atte a nutrirli essi muoiono allora, perchè la presenza dell’ acido 
borico ha impedita la ulteriore decomposizione della sostanza 
organica in cui questi esseri hanno preso origine. 

Come è chiaro questa spiegazione è plausibilissima e non 
racchiude in se come l’ altra una nota di impossibilità. E però 
vediamo se contro di essa si possano sollevare obiezioni abba- 
stanza gravi. 

Si può dire che una differenza capitale esiste fra le due 
serie d’ esperienze, e sì è che nell’una i bacteri non sono an- 
cora sviluppati e che nell’ altra lo sono di già. Ora quella 
data quantità d’ acido borico non ha, a vero dire, in identiche 
condizioni, una volta ostacolata l’ altra volta permessa la vita 
dei bacteri, ma si nel primo caso ha impedito lo sviluppo delle 
loro spore, mentre nel secondo ha permesso la vita di indivi- 
dui già formati. 

Indubbiamente è da tenersi calcolo di ciò, e dirò che questa 
obiezione oltrechè ai miei esperimenti può farsi ancora a quelli 
di Herzen dai quali io ho prese le mosse. 

Ma osserviamo bene che le esperienze di coltivazioni arti- 
ficiali fatte coi liquidi di Pasteur, di Chon, di Meyer ci 
dimostrano che in essi ugualmente sì sviluppano le spore, e 
vivono i bacteri già formati. Il che prova intanto che, sia 
la vita dei bacteri, come lo sviluppo delle loro spore sono fa- 
voriti dalle stesse sostanze. 

Sarebbe poi fuor di ragione il credere che le spore dei bacteri 


177 


si nutrissero di albumina, di gelatina o di alcool inalterati, 
mentre ì bacteri che ne derivano avessero bisogno di queste 
sostanze comunque trasformate. Ed invero il primo bacterio 
nato da una spora, trovandosi in un mezzo ancora intatto do- 
vrebbe necessariamente perire, nè potrebbe produrre per suc- 
cessiva femnogenesi altri bacteri a lui simili ove le cose stas- 
sero in questi termini. 

Sa quindi nella prima serie di esperienze sono mancati i 
bacteri, ciò deve attribuirsi alla mancanza di putridità la quale 
è l'alimento che nelle infusioni organiche serve tanto allo 
sviluppo delle spore come alla vita dei bacteri medesimi; — e 
non ad altro. 

Con un tal modo di vedere resterebbero rovesciate le opi- 
nioni più diffuse che fin oggi si avevano delle fermentazioni e 
delle putrefazioni. In esse il fenomeno primitivo non sarebbe 
la comparsa di esseri viventi, ma si l’iniziarsi di scambi chi- 
mici di composizione e decomposizione. I bacteri e le loro spore 
si svilupperebbero solo laddove sia già incominciata la putre- 
fazione, di cui ‘essi sarebbero un fatto ‘staccato, un epifenomeno, 
ne più ne meno di quello che le larve di mosca non lo siano 
sulla carne che va a male. I bacteri stessi poi non dovrebbero 
gia dirsi 1 fautori della putrefazione (saprogeni) ma si ne 
dovrebbero essere chiamati i distruttori, come quelli che, cogli 
scambi molecolari necessari alla loro vita, verrebbero a nu- 
trirsi dei prodotti da essa generati e quindi a decomporli e 
distruggerli. 

La parte feleologica che si era voluta attribuire ai bacteri, 
essi, per chi piacesse filosofare, l’ avrebbero ancora nell’ equi- 
librio delle cose naturali, ma molto più ragionevole. Giacché 
invece di avere il compito di distruggere le sostanze organiche 
morte mediante la loro trasformazione in sostanza putrida, 
velenosa per la maggior parte degli animali superiori (cosa di 
cui, secondo le mie viste, s' incaricano le ordinarie forze fisico 
chimiche della natura) ad essi spetterebbe la parte ben più 
importante di distruggere colla loro vita questo veleno putrido 
che ad ogni istante va formandosi e che, se essi non fossero, 
ben presto avrebbe corrotte le acque dei mari ad appestata e 
resa inabitabile l’ atmosfera del globo. 


178 


Le conclusioni che io traggo da questi esperimenti non pos- 
sono a meno di non avere un riverbero sulla importanza me- 
dica dei bacteri. Perchè mai se tali esseri e nelle putrefazioni 
e nelle fermentazioni non sono nè la causa nè il fatto iniziale 
perchè mai lo sarebbero nelle malattie, in quelle malattie ap- 
punto in cui l'essenza morbosa pare costituita da uno stato di 
alterazione o fermentazione dei liquidi organici? In queste come 
in quelle, per essere conseguenti, essi devono considerarsi come 
un epifenomeno staccato e di nessuna importanza vuoi nel fatto 
chimico, vuoi nel fatto morboso. Essi non cessano perciò di 
essere parassiti, ma trascurabili o quasi, poichè non sono la 
causa del male, ma vivono soltanto a spese del medesimo per 
altra via ingenerato. 

E qui mi cade in acconcio di notare una cosa. Il Dottor 
G. Colombo in un suo recente e pregievole lavoro (1) sem- 
bra credere che la teoria antiparassitaria (che egli pure so- 
stiene) e la teoria della riproduzione spontanea siano tutt’ uno: 
che anzi par provare che i bacteri non sono la causa delle 
infezioni, cerca di provare la possibilità della eterogenesi o 
plasmogonia come egli la chiama. Egli è certo che, messo fuori 
di dubbio questo modo di originarsi dei bacteri, la teoria dei 
germi o del pansperma cade per se stessa. Ma la quistione 
della eterogenesi è tale da addombrar troppo le coscienze ti- 
morate, perchè su essa sì possano porre le basi di un nuovo 
modo di interpretazione dei fenomeni chimici e morbosti di cui 
ci stiamo occupando. E però, qantunque io pure sia favorevole 
alla teoria della plasmogonia, credo che si possano negare le 
dottrine parassitarie anche senza di essa, giacchè dopo quanto 
è stato detto di sopra, i bacteri, vuoi nati direttamente dalle 
granulazioni organiche elementari, che con buona pace del 
Dott. Colombo sono ben diverse per caratteri chimici e mi- 
croscopici dai veri micrococchi, vuoi nati dalle spore nuotanti 
nell’ atmosfera, sarebbero sempre un fatto consecutivo alla al- 
terazione chimica della sostanza organica, e questo è vera- 
mente il punto capitale della questione. 


(1) Colombo - Medicazione antisettica e plasmogonia. Nella Gazz. Med. 
Italiana Lombarda Settemb. e Ottob. 1879. 


179 


Questi sono i fatti e le conclusioni che ho creduto di po- 
tere arrischiare. Gli esperimenti miei non sono nè difficili nè 
complicati, non richiedono macchine od apparecchi dispendiosi, 
non sono quindi destinati a restare, come molti altri, esclusiva 
proprietà del loro autore e di pochi fortunati che possono avere 
i mezzi di ripeterli. Si ripetano dunque e si variino e si veda 
se io abbia osservato male, o se abbia lasciato sfuggire qual- 
che particolare, o se anche per avventura avessi erroneamente 
interpretato quanto realmente mi è caduto sott’ occhio. 


Dicembre 1879. 


—--— 20 


NUOVA: AGGIUNTE 


ALLA 


VAUNA DE VERTEBRATI MODENESI 


ed alle Collezioni Universitarie 


NOTA del prof. ANTONIO CARRUCCIO 


Non speravo che entro l’ anno 1879 mi fosse dato di fare 
qualche altra nuova aggiunta alle specie de’ Mammiferi del 
Modenese, possedute dal Museo Universitario, dopo le 5 che 
ebbi l’ onore di annunciarvi nell’ adunanza tenuta il 9 marzo 
prossimo passato. Ma una fortunata escursione compiuta fra il 
luglio ed agosto di questo stesso anno su per gli apennini 
che circondano uno de’ più pittoreschi paesi di questa provin- 
cia, Fiumalbo, mi permette aggiungere alle nostre collezioni 
altre ben distinte specie, di cui taluna ha notevole importanza, 
come vi dirò. Oggi debbo limitarmi a farvi cenno de’ soli Ver- 
tebrati, riservando ad altra adunanza le notizie su’ Molluschi, 
Artropodi e Vermi de’ quali in grandissimo numero potemmo 
far raccolta. La caccia entomologica fu specialmente ricca per 
i Coleotteri e Lepidotteri, de’ quali quasi tutte le specie ab- 
biamo determinato; e fra gli ultimi non mancano: più esem- 
lari del bellissimo Parnassius Apollo, che da quanti Zoologi 
ascendono su pel Cimone in estate è spesso indarno ricercato 
ed altrettanto desiderato. Questi esemplari li dobbiamo al Dott. 
Santi, che li colse sovra una delle cime che dal Cimone con- 
ducono a Serralta. 

Da più altre occupazioni distolto nei passati anni, io non 
mi era ancora spinto fino ai confini della provincia modenese 


181 


come nella recente escursione, fatta in compagnia dell’ egregio 
assistente Dott. Bergonzini, del solerte preparatore tassidermico 
Sig. Tonini Cesare, tutti e tre guidati per quelle deliziose mon- 
tagne e vallate da un volenteroso allievo della nostra Scuola, 
il prenominato Dott. Angelo Santi, aativo e residente a Fiu- 
malbo, e per dippiù alle ricerche zoologiche assai inclinato. In 
questa gita molte volte ebbi occasione di ripetere come valga 
bene la pena di percorrere con occhio attento quella dilette- 
volissima strada Giardini, che si svolge « tra i vigneti, i cam- 
pi aprichi, i folti boschi e gli ameni casali, sulla sponda occi- 
dentale della valle del Panaro, e si spinge fino alla vetta del- 
l’Apennino, ove discende, pel passo dell’Abetone, a Pistoia (1).» 

Quante cose c' è da ammirare lungo il cammino, quando si 
è vaghi « di ricercare le molte meraviglie con cui si viene 
manifestando, in quel breve tratto di via, l’ attività interna del 
nostro globo! (2) » 

Ed io ed i miei compagni volemmo, ad ogni costo, ripeterò 
le parole dell’ illustre Stoppani, « essere a Barigazzo per ve 
dervi una buona volta i celebri fuochi. » (3) Ma lasciando ai 
Geologi, com’ è loro diritto, di occuparsi come e quanto stimano 
di questo e di altri assai più importanti fenomeni che sì osser- 
vano da chi vuole studiarli; e tacendo pure di quanto os- 
servammo in una breve fermata a Pavullo, ed in qualche al- 
tra località; non possiamo, anche vo!endo, bandire dalla nostra 
mente il ricordo del triste spettacolo che per ben due volte ci 
fermammo a contemplare, allorquando e nell’andata e nel ritorno 
fummo a Lama- Mocogno. Quei massi enormi di terra stac- 
catisi dal versante franoso precipitando nel letto dello Scol- 
tenna, formarono, come vi è noto, una diga al corso delle 
acque di quel fiume, le quali straripando allagarono il terreno 
circostante per una lunghezza di parecchie miglia. Che dire 
dei caseggiati, de’ mulini e d’ altro di cui in quella sventurata 
regione erano ancor recentissimi gl’ indizi delle patite rovine? 

Ma affrettiamoci da Pievepelago a raggiungere Fiumalbo, 
che fu come il quartiere o il centro da cui per due settimane 
pigliando ogni dì nnova direzione, potemmo compiere gite ed 
escursioni, quasi sempre assai proficue, tanto che in Fiumalbo 


182 


dovemmo parecchie volte rifornirci di alcool, di vasi ecc, per- 
chè le provviste portate con noi da Modena, che ci sembravano 
bastevoli per una caccia di così breve durata, furono al fatto 
insufficienti. 

Fiumalbo (permettete, quasi per sdebitarci in parte delle molte 
cortesie che io ed i miei compagni vi abbiano ricevute, di ri- 
cordare quanto di questo Comune, che è posto a confine della 
nostra provincia, narra il Marchese Carandini in quella pre- 
gievolissima e ormai rara Guida - A Monte Cimone ) antica 
terra del Frignano si trova elevata dal mare 953 metri, e gia- 
ce sulla destra del grosso affluente di Scoltenna detto Aquic- 
ciola, dopo che questa ha ricevute le acque dei rivi Pozze, 
Faitello. e Verginelle; e là dove precisamente il Pistone ed 
altro piccolo torrente, scendendo precipitosi dall’ erto fianco 
occidentale del Cimone, coi loro straripamenti minacciano di ro- 
vina il sottoposto paese. Mette a Fiumalbo dalla Giardini, un 
breve tronco di via carrozzabile, che passa l’ Acquicciola su di 
buon ponte a tre arcate. Comode ben fabbricate sono le abita- 
zioni del paese, di bello aspetto le chiese ed il vasto locale che 
fu lungamente seminario, e ora è istituto secolare di educa- 
zione. Le immediate adiacenze di Fiumalbo, sulla destra del- 
l’ Acquicciola, presentano un piccol largo che prima di congiun- 
gersi ai loro piedi lasciano le ultime falde della cima dei Fal- 
chi, del Cimone, dell’ Alpicella, e del Monte Modino; ivi ab- 
bondano i campi a coltivazione, e vi è mite il rigore dell’ in- 
verno. Su di un dirupato masso, posto a settentrione del paese 
e ben prossimo a questo sorgeva il fabbricato dell’ antico ca- 
stello di questa terra, ora ridotto a moderna abitazione. (4) 

Lascierò di riferire quanto dicono le storie medioevali, da 
quando Fiumalbo fu dato in proprietà (1037,) dal marchese 
Bonifazio, padre della famosa contessa Matilde, a un Vescovo. 
di Modena (5); e aggiungerò solo che il comune di Fiumalbo 
annovera parecchie e modeste frazioni ( Verperano, Montalec- 
chio, S. Michele, Faitello ecc.). e che ha più o men lontane, 
alcune località meritevolissime di essere visitate; ad es. la se- 
colare foresta delle Pozze, sempre amenissima, quantunque ai 
suoi altissimi e venerandi abeti siasi, come fu fatto altrove, 


183 


inflitta la immeritata condanna non di una semplice decima- 
zione, ma quasi dello esterminio. Quivi l’ escursionista, oltre 
che s’ incontrerà in diversi bellissimi dei menzionati alberi, « ed 
in centinaia di ceppi di quelli che già furono tagliati in età, 
accertano i competenti, di oltre a 700 anni, si godrà pure del 
grato olezzo, e dello squisito sapore delle fragole, e dei lam- 
poni colti ancor inargentati dalla rugiada mattutina. Si avrà 
ben anche l’ attraente spettacolo del veloce e disordinato scor- 
rere delle acque del rivo Pozze, superiormente all’ antica car- 
tiera, dove desse si sono scavate un letto fra rapidissime sponde 
inabissate per oltre a 20 metri di profondità (6). 

Quella è pure località favorevole assai per la caccia, e dove 
infatti furono presi alcuni degli uccelli, di cui or ora indicherò 
il nome scientifico. 

Il marchese Carandini ha pienissima ragione d’ invitare 
I’ Alpinista a visitare, pervenuto a Fiumalbo, gli avanzi di 
strade romane e i ruderi di un ponte ( Via e ponte di Anni- 
bale ) sul quale è tradizione presso quei montanari che pas- 
sasse il celebre e prudente capitano Cartaginese. 

Per avere, finalmente, un superbo colpo d’ occhio sulle cir- 
costanti abetine, ed in specie su quella vastissima di Boscolungo 
è duopo salire ai Massi di Faitello, d’ onde si domina da un 
canto l’alta valle di Lima, e dall’ altro quella della Scoltenna. 
Jon breve scendere poi da detta cima si arriva al passo del- 
l’ Abetone (1337 metri) ove finisce la via modenese, e comin- 
cia la toscana. Anche questo consiglio del valente autore della 
guida AZ Monte Cimone, noi seguimmo, e per ben due volte: 
tanto lo trovammo ottimo. Ma della seconda gita all’ Abetone 
il movente, a dir schietta e nuda la verità, come a noi piace, 
non fu il solo entusiasmo per le bellezze della natura, certa- 
mente ivi ammirevoli, oltre l’ aria dolcissima e mite che ivi 
sì respira, ragioni per le quali e sani ed infermi, italiani e 
stranieri, ogni anno v’ accorrono numerosi; ma fuvvi anche un 
motivo d’ interesse... 3 

I naturalisti taluno li paragonò (paragone invero sbagliato) 
agli avari, i quali tanto più sono felici quando tornando a casa 
sanno di poter chiudervi nuovi tesori, 


184 


All’ Abetone vi fu infatti chi ne disse: tornate un’ altra 
volta, ed avrete più oggetti pel vostro Museo. V' ha in questo 
mondo Naturalista onesto, che dopo nna simile cortese inti- 
mazione, faccia orecchie da mercante? Ed eccoci in tre (chi 
scrive, il Dott. Bergonzini e il Dott. Santi, chè al preparatore 
tassidermico, sig. Tonini, fu d’ uopo dare direzione diversa per 
altra caccia) salire su’ per l’ Abetone lieti e volenterosi. E chi 
più fosse smanioso di arrivarci e di ottenere pel Museo oggetti 
che sapeva mancanti alle sue collezioni, è superfluo che qui si 
dica. Ben si dovrà in questa relazione pagare fra poco il de- 
bito di riconoscenza all’ ospitale donatore, al quale anzi sarà, 
speriamo, vieppiù gradito questo pagamento perchè anche voi, 
egregi consoci, potrete prendervi parte. 


185 


Tutto ciò in breve, e come in passando, ho dovuto pre- 
mettere: e posso ora passare rapidamente in rassegna le specie 
sulle quali richiamo la vostra benevola attenzione. Prima però 
occorre abbiate sott’ occhio | elenco delle specie prese nella 
nostra gita nel Frignano. 


I. MAMMIFERI 
CHIROTTERI. — 1. Vespertilio mystacinus Leisì. 
2. Plecotus auritus L. 
3. Vesperugo pipistrellus Dobs. 
4. Vesperugo noctula Schreb. 
RODITORI.  — 5. Myoxus avellanarius L. 
6. Mus sylvaticus L. 
7. Arvicola nivalis Martins. 
8. A. glareolus Schreb. 
9. Crossopus fodiens Pall. 
0. Sciurus vulgaris L. 
1. Crocidura aranea De Selys. ( Leu- 
codon araneus Schreb.) 
12. Sorex vulgaris L. 
13. Talpa caeca Savi. 


INSETTIVORI — 


II. UCCELLI 
14. Picus major L. 
15. Iynx torquilla L. 
16. Parus ater L. 
17. Cinclus acquaticus Bechst. 
18. Accentor alpinus Bechst (7) (giov. 
in prima muta). 
19. Anthus arboreus Bechst. 
20. Serinus hortulanus Koch. 
21. Starna perdix Bp. 
III, RETTILI 
22. Podarcis muralis Laur. (molti esem- 
plari con parecchie varietà). 


186 


23. 
24. 
25. 


IV. ANFIBI 


26. 


27. 


28. 


29. 
30. 


V. PESCI 


31. 


Tropidonotus natrix Wagl. 

Coronella austriaca Laur. 

Vipera aspis L. (Dei 3 esemplari, 
uno si ebbe vivo). 


Rana temporaria L. (parecchie va- 
rietà): 

Bufo vulgaris L. (6 esempl. 2 gio- 
vani, e diversi girini. E da questa 
parte del Modenese che il Museo 
li ha pure altra volta, per mezzo 
di uno studente di medicina, sig. 
(Grhinozzi, avuti assai grossi). 

Salamandra maculosa Laur. (mol- 
tissimi individui, di varia età). 

Geotriton fuscus Bp. 

Triton alpestris Laur. (Molti esempl. 
anche dal Lago Santo, di età 
diversa). 


Truta fario L. (Scoltenna). 


In totale sono adunque 31 specie di Vertebrati, apparte- 
nenti alle cinque diverse Classi in cui essi dividonsi, fra le 
quali specie mi è ora gradito mostrarvi quelle che o sono 
nuove alla Fauna del Modenese, siccome può rilevarsi dai 
lavori finora pubblicati pei Vertebrati della provincia, o man- 
cavano al Museo Universitario; in cui la Fauna locale mi sono 
proposto che sia rappresentata il più largamente possibile. 


187 


Ai Chirotterî sono lieto di aggiungere un’altra specie, non 
ancora indicata per la provincia di Modena, per quanto a me 
poté finora risultare. 

Piacciavi rammentare che il prof. Bonizzi nella sua memo- 
ria sui mammiferi viventi ed estinti del Modenese, pubblicata 
nel 1871, indicava con certezza la esistenza di 4 specie, cioè 
del &hinolophus ferrum-equinum L., del Plecotus auritus L., 
del Vesperugo Kuhhi Natt. (che confermo pur io esssre la più 
frequente nel Modenese, come già avvertiva quell’. egregio 
collega, avendone avuti in città e fuor di città 15 e più esem- 
plari ) e del Vesperugo serotinus Daub. - Sulla 5° specie, da 
lui citata, la provenienza è data in modo piuttosto dubitativo : 
così infatti sì esprime il Bonizzi. 

« Il solo esemplare che io ho osservato in Modena credo 
« con ogni probabilità proveniente dal nostro territorio (p. 7). 
Alle specie indicate dal prof. Bonizzi, tre altre ne aggiunsi 
come positivamenie prese nel Modenese, le quali feci cono- 
scere a questa Società nell’ adunanza del 9 marzo 1879, 
cioè il fhinoluphus hypposidereos, il Vesperugo noctula (di 
cui ebbi teste da Fiumalbo altri quattro esemplari, che debbo 
alla cortesia del Dott. Santi) e il Vesperugo pipistrellus. 

La specie che oggi posso aggiungere è il. Vespertilio my- 
slacinus Leisler. La quale fu alle specie italiane aggiunta 
pel primo dall’ egregio Naturalista il conte Ninni. Questi in- 
fatti in una sua pregiata :aemoria sui Chirotteri ( Materiali 
per la Fauna Veneta, 1879) a pag. 49 così scrive: 

« In una nota del prof. Pavesi all’ articolo Chirotteri, nel- 
VU Enciclopedia medica del Vallardi, il Vespertilio a mustac- 
chi viene aggiunto alla Fauna italiana, perchè trovato per la 
prima volta dal prof. Calderini in Val Sesia, ma io avevo già 
compresa questa specie tra le venete sino dal 1864. (8) 

È giusto che qui riporti anche le precise parole del chiar. 
prof. Pavesi: 


188 


« Sebbene non sia qui il luogo per cenni faunistici e di- 
scussioni scientifiche, non ci sembra inopportuno di fare alcune 
aggiunte e modificazioni al catalogo del Cornalia ». 

« Ci risultano intanto nuovi per la fauna italiana, e non 
inscritti da lui, il Vespertilio mystacinus Leisl., ed il Vespe- 
rugo ‘Leisleri Kuhl. Il primo fu trovato in Valsesia dal prof. 
Calderini, e pare una specie comune in tutte le Alpi; v è a 
Pisa e lo indicò dubitativamente di Sicilia il prof. Doderlein 
(Ann. Soc. nat. Modena, VI. 1871). Dal Calderini fu scoperto 
pure a Varallo il secondo. Abbiamo esaminati esemplari di 
queste due specie al Museo civico di Genova, verificati dal 
Peters (Ved. nota in fine all’ art. pred. sui Chirotteri). 

Anche il chiar. prof. Lessona annunciò non è molto l’istesso 
chirottero, colle seguenti parole: « Questa specie è molto rara 
in Piemonte ed in Italia (9). 

Per le cose che ho ricordate, ognun vede come la specie 
che ora possiamo annoverare come ben diagnosticate nel Mo. 
denese sono in numero di nove. Il Ninni ha potuto aggiun- 
gere 10 nuove specie pel Veneto (ved. cat. cit. pag. 5); io 
pel Modenese, fino a tutto oggi, ne posso aggiunger quattro. 
Vive raccomandazioni ho fatto e vo facendo, sempre che mi si 
offre l’ opportunità, perchè mi si portino pipistrelli, e ricordo 
con grato animo fra gli studenti di medicina che non dimen- 
ticarono la fattami promessa, il sig. Agazzotti Francesco di 
Modena, oltre il nominato Dott. Santi di Fiumalbo e l° egre- 
gio Segretario della nostra Società Dott. Picaglia, che donò al 
Museo parecchi esemplari di Vesperugo Kuhli, ed uno di Rhino- 
lophus hipposidereos. 

Nelle nuove vacanze spero, visitando altra parte del Mo- 
denese, venir in possesso di qualche altra specie, non trovando 
ragione per cui quest’ ordine di Mammiferi, assai trascurati è 
vero, anzi oggetto di disprezzo e di pregiudizi, sia ancora si 
scarsamente rappresentato fra noi. Ed ha piena ragione il prof. 
Vogt di ripetere che i Chirotteri sono proprio disgraziati, e se 
i Greci tenevano le loro ali per quelle delle arpie, i Cristiani 
spesso le credono simili a quelle del diavolo, e 1’ apparizione 
d’ un pipistrello pigliano per triste presagio. 


189 

Non dobbiamo dimenticare che il sullodato Ninni è riuscito 
da 8 sole specie che pel Veneto avea indicato il compianto 
Dott. Nardo, a portarle al notevole numero di 20, ed il prof. 
Lessona pel Piemonte a 13 specie ( Ved. Cat. cit.) 

Nè dimentichiamo come l’ illustre Cornalia nella Fauna 
d’ Italia, p.te 1., annoveri un totale di 23 specie, cui già pa- 
recchie nuove aggiunsero altri solerti osservatori in questi ul- 
timi anni; e fra essi, oltre tutti i già nominati Zoologi, va 
menzionato con special lode il Dott. Forsith Major (10). A lui 
il Museo Universitario deve questo esemplare di Vesperiilio 
mystacinus, preso alle piramidi, sui confini del Modenese. 


190 


Agli Insettivori indicati dal sullod. prof. Bonizzi nella pre- 
citata, mem. in numero di 4 specie (7’a/pa europaea L., Sorex 
araneus L., Crocidura musaranea Bp. ed Erinaceus euro- 
paeus L. pag. 7-9), aggiunsi il Crossopus fodiens Pallas, che 
ebbi dapprima dal distinto ed appassionato Entomologo, nostro 
consocio, l’ ingegn. Carlo Pozzi; e successivamente dal siguor 
Tonini, che ne colse uno verso S. Faustino. 

Nell’ escursione fatta a Fiumalbo ne ebbi tre esemplari, di 
cui uno preso verso la località detta la Valle, uno presso il 
ponte Modino, e l’ altro verso l’ Abetone. Ho potuto così ve- 
rificar l’ esatezza dell’ asserzione del Fatio, che scrive: 

« Cette Musaraigne varie assez dans les proportions et la 
coloration pour avoir donnè lieu è la creation d’ un grand 
nombre de fausses espèces. (11) » 

Oggi poi godo di aggiungere alla nostra Fauna mammo- 
logica una sesta specie ben distinta d’insettivoro, che finora 
ignoravo trovarsi proprio dentro i contini del Modenese, ed è 
- la vera Talpa caeca Savi, da questo sommo Zoologo descrittaci 
nel 1822. 

La diagnosi che di questa specie sogliono dare gli autori 
è la seguente: 

D'un nero brunastro o d’ ardesia più o meno intenso nei due 
lati. Pelame velutato. Piede anteriore largo quanto lungo, non 
comprese le unghie. Muso acuminato che misura, a cominciare 
dagl’ incisivi, press’ a poco il doppio della larghezza del gru- 
gnettino. Occhio affatto ricoperto dalla pelle. 

Lunghezza totale in media 160 mm. 

Dall’ Europea adunque differisce perchè questa offre il piede 
anteriore a paletta, e più largo che lungo; il muso d’ una lar- 
ghezza quasi eguale alla lunghezza, a cominciar dagl’ incisivi. 
L'occhio non è del tutto coperto, offrendo la pelle una fessura 
palpebrale, che permette di scorgere il globo oculare piccolis- 
simo. Inoltre l’ Europea o talpa comune ha una lunghezza to- 
tale del corpo evidentemente maggiore, come abbiamo pur noi 


191 


in Museo verificato, confrontando le dimensioni di più esem- 
plari dell’ una con quelli dell’ altra specie. 

Il Fatio da in media alla 7. europaea una lunghezza to- 
tale di 170 mm. Quelle che possediamo in collezione neli’ alcool 
hanno una lunghezza totale media di soli 150 millim. È ben vero 
che deve tenersi conto dell’ azione dell’ alcool, ma ad ogni modo 
ci proponiamo con esemplari freschi di rinnovare queste misure, 
La Talpa caeca ci ha dato in media una lunghezza totale di 
136 mm., mentre il’ Fatio ne da una di 150 mm. e più (12). 

E qui fo un’avvertenza, ed è che mentre della 7. curopaea 
ebbi già frequenti occasioni di osservare esemplari perfetta- 
mente albini, che anche nei dintorni di Modena si trovano, e 
quelli che abbiamo in Museo pel maggior numero apparten- 
gono per l’ appunto a questa varietà; della T.. caeca, invece su 
una diecina di esemplari che ci fu dato aver sopra Fiumalbo, 
nessuno offre traccia alcuna di albinismo (13). Il Bonaparte 
però scrive d’ aver incontrato « Talpe cieche perfettamente 
albine. » 1 

A questi caratteri differenziali, dagli autori con piena ra- 
gione si aggiungono i seguenti altri, che mi diedi pure pre- 
mura di verificare: I. i due incisivi mediani sono nella 7. 
caeca assai più robusti degli altri; mentre nella 7. europea 
gli stessi 2 denti sono leggermente più forti degli altri. I 3 
premolari di quest’ ultima poco differiscono, il primo però sor- 
passa gli altri, ed il secondo è un po’ più piccolo del terzo, 
Nella cieca osservasi che il secondo è parimenti più piccolo 
del terzo, ma il primo premolare è realmente più grosso degli 
altri due. 

Il pelame è più corto nella cieca, e parmi più velutato che 
nell’ altra specie. 

À Fiumalbo pare non la distinguano dalla comune specie, 
e la chiamano come questa: col nome di Topa. 

Anche nelle abitudini gli osservatori notano alcune diffe- 
renze fra la più comune e la cieca. Le gallerie che quest’ ul- 
tima scava sono meno estese e non scendono tanto al. disotto 
della superficie del suolo. Vuolsi inoltre che mentre la talpa 
comune depone i figli in uno scompartimento separato, la cieca 
se li tenga nella propria stanza, 


192 


Anche nell'ordine de’ Mammiferi roditori la nostra colle- 
zione de’ Vertebrati modenesi (inaugurata il 1 giugno del ces- 
sante anno con 400 e più sceltissimi esemplari, e che nel 1880 
spero di portar quasi al suo compimento) si è arricchita di due 
specie che ci mancavano, appartenenti entrambe al genere 
Arvicola, di cui possedevamo solo le due specie A. arvalis 
Pall., e A. amphibius. L. 

Le due nuove aggiunte sono |’ Arvicola glareolus Schr., 
avuta dal Dott. Mayor presso l’ Abetone (confini modenesi); e 
l’Arvicola nivalis Martins, presa sul Cimone, pur essa avuta 
grazie al Mayor. 

Nei giorni abbastanza numerosi che rimanemmo in Fiu- 
malbo, non solo fu compiuta un’ ascensione sulla più alta 
cima del Cimone (raggiunta dal Dott. Bergonzini, Sig. Tonini, 
D. Santi, e in parte da me), ma incaricammo parecchi caccia- 
tori e conoscitori della regione perchè ci procurassero un qual- 
che esemplare di questa ricercatissima e desiderata specie, sulla 
quale fornimmo pure qualche istruzione per meglio riconoscerla 
e coglierla. Ma non è agevole riuscire nell’ intento, e anche 
con buone trappole collocate opportunamente, occorrerebbe avere 
chi facesse la guardia per più ore. 

L’ Arvicola nivalis è il mammifero che, come scrive il 
Martins (il quale dottamente e con diligenza illustrò questa 
interessante specie) « occupe la station la plus elevee de 
UV Europe » (14). 

Il Cornalia nell'opera già citata, dice che il Campagnolo 
della neve abita « nei siti alpini: io ebbi campo, aggiunge, di 
vederne un esemplare a Macugnaca nel 1868 preso ai piedi 
del Monte Rosa. Due individui di ‘quella specie trovansi nel 
Museo di Milano segnati come provenienti dal San Gottardo 
fuori dal limite d’Italia (15). » Oggi è probabilissimo che il 
detto Museo ne possieda altri esemplari, e italiani; come quelli 
ricchissimi di Firenze, Torino ecc. 

AI Martins sembra che i maschi siano dell’ istesse dimen- 
ioni e nell’ istessa proporzione numerica delle femmine. 


193 


Circa alle maggiori altezze cui lo si trovò, l’ istesso autore 
ricorda che Hugi lo osservò sul colle di Strahleck a 3.150 me- 
tri; ed a 3,900 metri sul Finster-Aarhom, vide un Campagnolo 
che parvegli specie nuova; ma avendogli il Martins mostrata 
viva un’ Arvicola nivalis, riconobbe esser quella la specie da 
lui (Hugi) veduta (16). 

Per ragione di brevità ommetto alcune notizie interessanti 
sulla diversa altitudine cui suol vivere il Campagnolo delle 
nevi, rammentando solo cosa, del resto a voi, egregi colleghi, 
ben nota; ed è che sul Cimone siamo ad un’ altezza di 2167 
metri. (Quest altezza è alquanto superiore a parecchie altre 
| che troviamo notate in opere e carte geografiche: essa però è 

tolta dalla diligente carta geografica formata per cura della 
Scuola Militare e di essa mi sono valso durante la escursione). 

Il Major nella sua pregevolissima memoria sui Vertebrati 
Italiani così scrive: 

« Questa bella specie fu da me raccolta qualche anno fa in 
due esemplari a la Zotte (presso Pramol (Alpe cozie), presso 
Pinerolo a circa 1600 metri. Depositai gli individui nel Museo 
di Pisa. Il Museo di Firenze possiede da poco due individui 
delle Alpi di Domodossola. 

« E probabile, continua, che la troveremo anche, sulle alte 
cime dei nostri Apennini centrali (17).» E questo esemplare è 
qui per testimoniarvi quanta ragione avesse il Major nella 
sua asserzione. La probabilità egli seppe mutarla in certezza. 

Il prof, Lessona in una sua nota intorno agli Arvicolini del 
Piemonte (18) dopo averci ricordato che questa è certamente la 
specie più notevole del genere, e riferiti i caratteri specifici 
che la distinguono, ci fa conoscere che il « Museo di Torino 
ha quattro esemplari raccolti a Valsaranche dal Cav. Francesco 
Comba, quando egli seguiva nelle sue caccie alpine il com- 
pianto Re Vittorio Emanuele. Questi esemplari furono raccolti 
sul piano dell’ accampamento reale di caccia, a circa 2400 
metri sul livello del mare. nel mese di Agosto dell’anno 1874. » 

Aggiunge finalmente alle interessanti notizie già date, 
quest’ altra: « Questa specie non pare essere molto, comune 
in Piemonte, Io non ne ho osservato che tre individui certi, 


194 


due presi sulle Alpi, l’altro nel cortile dell’ antico palazzo dei 
Musei (palazzo dell’ Accademia delle Scienze) nel 1847, come 
risulta dal catalogo del Museo Zoologico di Torino. » 

Sui nostri Appennini trovasi essa con qualche frequenza? 
V° ha o vavrà una regione in cui sia più facile. coglierne un 
maggior numero d’ individui? E questa regione soltanto il Ci- 
mone, l’ Arciprete de’ monti in cotta bianca? 

Nulla io sono oggi in grado di rispondervi: anzi mi pro- 
pongo chieder nuove notizie alla cortesia del D. Major, e rac- 
comandarmi agli amici di Fiumalbo perchè, se possibile, si cu- 
rino con premura di questa strana abitatrice. del loro caro 
Monte, 

Perchè ama le cime nevose, potrebbe qualcuno chiedermi con 
curiosità invero permessa? Tirerei per le lunghe se volessi darvi 
le ragioni che, non senza qualche sforzo, il. Martins e qualche 
altro ci esposero nei loro pregiati lavori. i 


Tutte queste domande io m’ ero fatto, ed ora potrei in gran 
parte farne a meno. Pure le lascio formulate quali mi si pre- 
sentarono alla mente, allorquando ero desideroso di risposta. 
Oggi posso infatti darla, valendomi d’ un opuscolo gentilmente 
e spontaneamente inviatomi dal dott. Major il giorno 20 di- 
cembre del cessante anno, ch’ è quanto dire una settimana ad 
oggi. L’ opuscolo ha per titolo: I? gran Sasso d’ Ituliu e due 
de’ suor abitatori (19). Alcuni dei giudizi, dati dall'autore, mi 
sembrano così giusti che nulla di meglio posso fare se non di 
porli a conoscenza di tutti voi. Egli (a pag. 15) dichiara che non 
potrebbe spiegarsi come l’ A. Nivalis passi ben 9 mesi dell’ in- 
verno lassù, cioè sulla cima del Corno Grande, a 2,921 metri, 
se non fa delle provviste, le quali certamente non basteranno ; 
onde sarà costretta a mettersi in moto intorno alla sua abita- 
zione, per trovare qualche cibo sotto la neve o nei posti spaz- 
zati dal vento. Su questo punto i pochi zoologi che hanno 
fatto delle osservazioni sulla vita ed i costumi dell’ Arvicola 
nivalis, non sono d’ accordo. 


195 


Soggiunge poco dopo che senza dubbio avranno ragione il 
Blasius e lo Tschudi, i quali dicono, che il campagnuolo delle 
nevi vive in parte delle provviste raccolte, e quando queste 
sono terminate, è costretto a scavare delle gallerie fra la neve 
ed il suolo, per cercarvi piante erbacee che sotto la neve si 
conservano. Dal momento che è provato da. più osservazioni 
che. questo campagnuolo non migra, sarebbe impossibile spie- 
gare la sua esistenza in certi luoghi, se. non si ammettesse che 
vive una parie almeno dell’ inverno con provviste fatte innanzi 
(pes): 

Intorno alla distribuzione geografica di questo « alpinista 
per eccellenza » come il Major lo chiama; ecco quali interes- 
santi notizie ci offre (pag. 15 e 16). E comune in molte parti 
delle Alpi, ove si spinge fino all’ incredibile altezza di quasi 
4,000 metri sul mare. Altro che Stambecco, Camoscio e Mar- 
motta! Major medesimo lo scoprì in Italia nelle Alpi, come già 
dissi, presso Pinerolo; poi sulla vetta del Cimone, provincia 
di Modena, esiste una colonia di campagnoli delle nevi sotto 
il mucchio di sassi, residuo di segnali diroccati. Anche più in 
basso fu dal Major catturato: così sotto Boscolungo { Apennino 
pistoiese) a 1,200 metri circa, e sotto il Monte Vecchio, nel- 
l Apennino Reggiano, ad una eguale altezza. Il Gran Sasso 
è il punto più meridionale conosciuto della sua distribuzione; 
ad ovest si estende fino al Pic du Midi nei Pirenei. Nelle 
Alpi, a quanto consta al citato scrittore, non fu mai osservato 
sotto 3,000 piedi d'altezza; e degli Apennini ho riferito quanto 
egli fa conoscere intorno ai punti più bassi abitati dal Cam- 
pagnolo delle nevi. 


(Continua). 


ECA-EùL E OB BICE A Ly Bi 


DIREZIONE 
per.llanno Sociale ‘4649 


Presidente Onorario — CANESTRINI Pror. Dort. Cav. GIOVANNI 
Presidente Effettivo — BONI Cav. Dort. CARLO 


Vice-Presidente — MANZINI Cav. Pror. GIUSEPPE. 
Segretario — PICAGLIA Dort. LUIGI 

Bibliotecario — MAZZETTI AB. Dort. GIUSEPPE 
Cassiere — CRESPELLANI Cav. Avv. ARSENIO 


Rappresentanti della Società all’ Estero 


KESSELMEYER Cav. Inc. CARLO AUGUSTO 


per l'Impero Germanico e l' Inghilterra 


SENONER Cav. Dotr. ADOLFO 
per l'Impero Austro-Ungarico 


ELENCO DEI SOCI 


Membri Benemeriti 


1875 - Kesselmeyer Cav. Ing. Carlo Augusto - Manchester 
1877 - Howart Eliot John, Esq. F. R. S. - Londra 
1878 - Lehman Astronomo Paolo - Berlino 


Membri Onorari 


1869 - De Siebold Cav. Prof. Dott. Carlo - Monaco 
Moleschott Comm. Prof Dott. Jacopo, Senatore del Regno - Roma 


Se a 
1869 - Nardo Cav. Dott. G. Domenico - Venezia 
Schiff Comm. Prof. Dott. Maurizio - Ginevra 
Vogt Cav. Prof. Dott. Carlo - Ginevra 
Denza Cav. Prof. Francesco - Moncalieri 
Serpieri Cav. Prof. Angelo - Urbino 
Parnisetti Cav. Prof. Dott. Pietro - Alessandria 
Ciofalo Cav. Prof. Saverio - Termini-Imerese 
Hauer Comm. Prof. Dott. Francesco - Vienna 
1870 - Canestrini Cav. Prof. Dott. Giovanni - Padova 
Sella Comm. Prof. Dott. Quintino - Roma 
1871 - Preudhomme de Borre Cav. Adolfo - Bruxelles 
Cartailhac Cav. Prof. Dott. Emilio - Tolosa 
Omboni Cav. Prof. Dott. Giovanni - Padova 
Mantegazza Comm. Prof. Dott. Paolo, Senatore del Regno - Firenze 
Virchow Comm. Prof. Dott. Rodolfo - Berlino 
1872 - Garrigou Dott. Cav. Felice = Luchon 
1874 - Ercolani Comm. Prof. Dott. Conte Giambattista - Bologna 
Senoner Cav. Dott. Adolfo - Vienna 
1875 - Kesselmeyer Cav. Ing. Carlo Augusto - Manchester 
Darwin Carlo F. R. S. - Londra 
Finali Comm. Ing. Gaspare - Roma 
1876 - Kalahauna I, Re delle Isole Hawajane - Honolulu 
1877 - Targioni Tozzetti Comm. Prof. Dott. Adolfo - Firenze 
1878 - Bombici Comm. Prof. Dott. Luigi - Bologna 
Cornalia Comm. Prof. Barone Emilio - Milano 
Doria Comm. Marchese Giacomo - Venezia 


Soci Corrispondenti Onorariî 


1875 - Sciutto Patti Cav. Ing Carmelo - Catania 
Aradas Cav. Prof. Andrea - Catania 
Hans Bruno Geinitz - Dresda 
Giebel Cav. Dott. Carlo - Halle a|s 
Eliot Howard John, Esq. F. R. S. - London 
Jolis {Le) Ing. Dott. Augusto - Cherbourg 
Dreschsler Cav. Dott. A. - Dresda 
1876 - Kiesenwetter (von) - Dresda 
Biederman (von) Freiher - Dresda 
Bley Dott. Carlo - Dresda 
Pedraglio Rag. Leone - Milano 
Tacchini Comm. Prof. Pietro - Palermo 


LODE 
1876 - Hartig Cav. Dott. A. - Dresda 
Kirsch Dott. Teodoro - Dresda 
Schubring Dott. Gustavo - Erfurt 
Bernard Dott. Alfonso - Celigny 
Monier Prof. Dott. Dionigio - Genéve 
Stoppani Cav. Ab. Antonio - Firenze 
Lefevre Dott. Teodoro - Bruxelles 
Rousette Jules - Santa Maria (Svizzera) 
Koch Dott. A. - Erfurt 
Roberts Landscape-Gardner - Althrincahm (Lancashire) 
Meuron (de) Luogotenente Dott. Luigi - Lausanne (Vand) 
Ludwig Dott. I. M. - Pontresina (Grigioni) 
Ludwig Dott. Herz - Vienna 
1877 - Stefanelli Cav. Prof. Dott. Pietro - Firenze 
Capellini Comm. Prof. Dott. Giovanni - Bologna 
Hillyer Giglioli Cav. Prof. Enrico - Firenze 
Herzen Prof. Dott. Alessandro - Firenze 
1878 - Lambert Dott. Ernesto - Bruzelles 
Simmonds P. Luigi . Parigi 
1879 - Lessona Comm. Prof. Dott. Michele - Torino 
Salvadori Conte Dott. Tomaso - Torino 
Villa Cav. Antonio - Milano 


Soci Ordinarî 
( Residenti in Modena ) 


1865 - Boni Cav. Dott. Carlo 
Bezzi Cav. Prof. Dott. Giovanni 
Casarini Cav. Prof. Dott. Giuseppe 
Generali Cav. Prof. Dott. Giovanni 
Menafoglio Cav. Marchese, Paolo 
Puglia Comm. Prof. Dott. Alessandro 
Vaccà Comm. Prof. Dott. Luigi 

1868 - Puglia Prof. Dott. Giuseppe 

1869 - Gaddi Prof. Ing. Alfonso 
Mazzetti Ab. Dott. Giuseppe 

1872 - Carruccio Cav. Prof. Dott. Antonio 
Crespellani Cav. Avv. Arsenio 
Sacerdoti Cav. Dott. Giacomo 

1874 - Riccardi Dott. Paolo 


DERE pg 00 
1874 - Personali Nob. Prof. Federico 
Testi Francesco 
Zannini Prof. Ing. Francesco 
Giovanardi Cav. Prof. Dott. Eugenio 
Pozzi Ing. Dott. Carlo 
Guidotti Giovanni 
1875 - Manzieri Gaetano 
1876 - Bergonzini Dott. Curzio 
Picaglia Dott. Luigi 
Verona Decio 
Moreschi Prof. Bartolomeo 
Basini Ing. Marco 
1877 - Manzini Cav. Prof. Giuseppe 
Uzielli Prof. Ing. Gustavo 
1878 - Lucchi Ing. Giovanni Battista 
Agazzotti Stefano 
Bagnesi Bellencini March. Arrigo 
1879 .. Abati Marescotti Conte Dott. Giuseppe 
Fiori Dott. Andrea 
Jona Tenente Ing. Amedeo 
Tonelli Giuseppe 


(Non residenti ) 


1865 - Businelli Comm. Prof, Dott. Francesco - Roma 

1869 - Doderlein Cav. Prof. Pietro - Palermo 

1870 - Plessi Cav. Avv. Alessandro - Vignola 

1871 - Spagnolini Cav. Prof. Dott. Alessandro - Firenze 
Ferretti Ab. Dott. Antonio - S. Ruffino 

1872 - De-Blasi Cav. Prof. Dott. Andrea - Palermo 
Lodi Cav. Magg. Ing. Giovanni - Bologna 

1874 - Ragazzi Tenente Dott. Vincenzo - Venezia 

1876 - Manzoni Conte Dott. Angelo - Bologna 
Fornieri Maestro Achille - Levizzano 

1878 - Delmas Dott. Luigi - Avana 
Pichardo Dott. Gabriele - Avana 


Soci Corrispondenti Annuali 


1867 - Ninni Conte Dott. Alessandro - Venezia 
De Betta Comm. Dott. Edoardo - Verona 
1871 - Morselli Prof. Dott. Enrico - Macerata 


1873 - Fanzago Prof. Dott. Filippo - Sassari 
Gambari Prof. Dott. Luigi - Venezia 
1874 - Pullè Conte Ing. Giulio - Isola d’ Elba 
Brusina Dott. Spiridione - Zagrad (Agram) 
1875 - Nardoni Ing. Leone - Roma 
1876 - Boccolari Cav. Antonio - Sinigalia 
Elb Ing. Oscar - Dresda 
Nacke Ing. Emilio - Dresda 
Bosi Cav. Dott. Pietro - Firenze 
Rondani Cav. Prof. Camillo - Parma 
1877 - Pullè Giovanni - Australia 


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ACCADEMIE 
E SOCIETÀ SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI 


Accademia delle scienze dell'Istituto - Bologna 
Accademia Gioenia di Scienze Naturali - Catania 

R. Accademia dei Georgofili - Firenze 

Società Entomologica Italiana - Firenze 

Società di Letture e Conversazioni Scientifiche - Genova 
Museo Civico - Genova | Y 

R. Accademia Virgiliana - Mantova 

R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere - Milano 
Socieià Italiana di Scienze Naturali - Milano 

R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti - Modena 
R. Accademia delle Scienze Matematiche e Naturali - Napoli 
Società Veneto-Trentino di Scienze Naturali - Padova 
R. Accademia di Scienze e Lettere - Padova 
Società Toscana di Scienze Naturali - Pisa 

R. Accademia dei Lincei - Roma 

La Natura - Periodico - Roma 

R. Comitato Geologico Italiano - Roma 

Circolo delle Scienze Mediche e Naturali - Sassari 
R. Accademia dei Fisiocritici - Siena 

R. Accademia delle Scienze - Torino 

R. Accademia di Medicina - Torino 


DOESONI ILS 
R. Istituto Veneto di Scienze e Lettere - Venezia 
R. Accademia Olimpica - Vicenza 
Società degli Spettroscopisti Italiani - Palermo 
Società Adriatica di Scienze Naturali - Trieste 
Archives neerlandaises de Sciences exactes et naturelles - Haarlem 
Societe des Sciences Naturelles du Gran-Duchè de Luxembourg - Luxembourg 
Naturforscher-Gesellschaft - Dorpat 
Zapiskì Noworossiiskago Obsezetwa Estetw oiispitatelci - Odecca 
Société Impèrial des Naturalistes - Moscow 
Kongelige Norske Frederiks Universitàt - Christhiama 
Allgem. Schweizerische Naturforschende Gesellschaft - Bern 
Institut National Genévois - Genéve 
Société de Physique et d° Histoire Naturelle - Genéve 
Société Vaudoise des Sciences Naturelles - Lausanne 
Société des Sciences Naturelles - Neuchatel 
Naturforschende Gesellschaft - Zurich 
Royal Society - Edimburg 
Royal Society - London 
Royal Irish Academy - Dublin 
Zoological Society - London 
Physical Society - London 
R. Accademia das Sciencias - Lisbona 
Ateneo Propagador des las Ciencias Naturales - Madrid 
U. S. Bureau of Statitics - Washington 
U. S. Departement of Agriculture - agi 
Smithsonian Istitution - Washington 
Connecticut Academy of Arts and Sciences - aci 
Society of Natural History - Boston 
Zoological Society - Phidelphia 
Société Antropologique - Habana 
Société Royal Botanique de Belgique - Bruxelles 
Société Belge de Microscopie - Bruxelles 
Acadèmie Royal des Sciences - Bruxelles 
Société Entomologique - Bruxelles 
Société Malacologique de Belgique - Bruxelles 
Société Royal des Sciences - Liege 
Naturhistoriske Forening - Kjòbenhaven 
Société d’ Agriculture - Lyon 
Academie des Sciences - Paris 
Guide du Naturaliste, Revue Bibliographique des sciences naturelles - Parts 


o DSS 
Feuilles des Jeunes Naturalistes - Paris 
Société Nationale des Sciences Naturelles - Cherbourg 
Société d° Histoire Naturelle - Toulouse 
Société Linneenne du Nod de la France - Rouen 
Société des Amis des sciences naturelles - Rouen 
Verein der Naturfreunde - Reichemberg 
Anthropologischen Gesellschaft - Wien 
K. K. Akademie der Wissenschaften - Wien 
Naturwissenschaftlicher Vereins fur Steimark - Gratz 
Naturvissensaftlicher Vereins - Kiel 
Naturwissensachafiticher Vereins - Halle n|s 
Physikalischen-6knomischen Gesellschaft - Konîsbreg 
Naturforschende Gesellschaft - Frankfurt 
Gesellschaft fir Geographie und Statistik - Frankfurt 
K. K. Geographische Gesellschaft - Wien 
K. K. Geologische Reichsanstalt - Wien 
K. K. Zoologische-Botanische Gesellschaft - Wien 
Naturwissenschafiliche Gesellschaft - Chemnit 
« Isis » - Dresden 
Vereins fur naturkunde - Cassel 
Zoologische Anzeiger hausgegeben von J. Victor Carus - Leip319 
K. K. Beforderung des Ackterbanes der Natur und Landestunde - Brun 
Naturhistorischer Verein - Ausburg 
K. K Akademie der Wissenschaften - Berlin 
Naturhistorischer Verein - Bonn 
Schlesische Gesellschaft fiir Vaterlàadische Cultur - Bresluu 
Naturwissenschaffilicher Verein - Calsruhe 
Naturforschende Geselleschaft - Danzig 
Naturwissenschaftlicher Verein Ambourg (Aitona) 
Naturhistorisch-medicinischer Verein - Heidelbourg 
Konif-Bayerische Academie der Wissenchaften - Munchen 
Naturhistorische Gesellschaft - Nwrderg 
Offenbacher Verein fiir Naturkunde = Offenbach a m. 
Zoologisch-mineralogischer Verein - Regensburg 
Nassauischer Verein fur Naturkunde - Wiesbaden 
Gesellschaft der Vissenschaften - Gorlitz 
Société Industrielle - Mwh/hausen 


— DOP — 


ci gie 


RENDICONTI DELLE ADUNANZE 


ADUNANZA GENERALE del 1.° Gennajo 1879 


MUSEO CIVICO 
Presidenza del Cav. Dott. G. BONI 


ORDINE DEL GioRNO 


Parte Scientifica -- l. Testi dott. Francesco — Relazione 
della Commissione per il giudizio sul trattato di Pollicoltura del Cav. 


O. Marcoaldi. — 2 Resoconto scientifico del Segretario. 

Parte Ufficiale — 3. Resoconto Amministrativo — 4. Nomina 
della Commissione per la revisione del Bilancio del 1878. — 5. Nomina 
di nuovi Soci ordinarî e Corrispondenti onorarî. — 6. Comunicazioni di- 


verse. — 7. Nomina della Direzione pel 1879. 


La seduta è aperta alle ore 11. — Sono presenti i soci Basini, Boni 
Manzini, Mazzetti, Picaglia, Pozzi e Testi. 

Il Segretario dà una relazione dettagliata del movimento scientifico 
della Società nell’ anno 1878; dimostra come quest’ anno sia stato veramente 
eccezionale sia per il numero delle adunanze tenute, come per il numero 
dei Soci che hanno presentato delle memorie. Questo risveglio di vitalità 
spera farà aumentare la stima che la nostra Società gode, stima che ove 
non bastassero a dimostrarcela le continue richieste di cambio che da ogni 
parte ci giungono, ce lo proverebbero le accoglienze che furono fatte ai 
nostri rappresentanti dai convenuti al congresso tenuto in Varese dalla 
Società Italiana di Scienze Naturali. Ed un novello attestato di stima ci 
fu dato dalla Società di allevamento ed esposizione triennale di frutta, 
ortaggi ed animali da cortile ora istituita nella nostra città; questa nel- 
l' approvare il suo statuto deliberava unanimemente che a comporre la 
Direzione dovesse anche il Presidente della Società dei Naturalisti farne parte. 
Rammenta pure come la nostra Società abbia dimostrato starle a cuore lo 
sviluppo dell’ industria agricola col concorso sopra un trattato originale di 
Pollicoltura aperto in occasione della Esposizione di colombi, gallinacei ed 
altri animali da cortile. Accenna da ultimo con piacere all’ aumentato nu- 
mero dei Soci sia ordinarî che onorarî, e conclude sperando che l’ anno 
che sta per cominciare sia un anno florido, e che non sia per diminuire nei 


RAT, 220 
Soci 1° amore per la Società. Lavoriamo, conclude, lavoriamo tutti per il 
progresso della scienza, per il bene e la prosperità della Patria nostra. 

Il Segretario legge quindi a nome del socio Testi la relazione della 
Commissione per la revisione del trattato di pollicoltura del sig. cav. Oreste 
Marcoaldi, il solo presentato al concorso indetto dalla Società in occasione 
dell’ Esposizione di Colombi, Gallinacei ed altri animali da cortile. 

Il Presidente a nome anche del prof. Manzini dice che la relazione non 
esprime sempre esattamente i criteri della Commissione, giacchè sono 
esposte in modo troppo assoluto opinioni particolari ad alcuni, ma non 
accettate dagli altri commissarii, e perciò egli vorrebbe in questo senso 
modificata la relazione. 

Il Socio Pozzi approva pienamente le proposte del Boni e vorrebbe che 
la relazione fosse rimessa alla Direzione, acciò la modifichi secondo le idee 
svolte dal Presidente. Questa proposta viene accettata. 

Non essendo presente il Cassiere è rimandato il resoconto amministrativo 
alla prossima adunanza assieme alla relazione della Commissione per la 
revisione del bilancio. 

Dietro proposta dei soci Boni, Picaglia e Pozzi vengono proposti ed 
accettati a Socio Ordinario il sig. conte dott. Giuseppe Abati 
Marescotti di Modena, ed a Soci Corrispondenti Onorari . 
i sigg. comm. prof. Michele Lessona e conte dott. Tomaso Salvadori. 

Il Segretario comunica alla Società avere la Direzione chiesta pel socio 
Abati un permesso di caccia a scopo scientifico nei tempi in cui la caccia 
è chiusa; presenta quindi il IV fascicolo dell’ Annuario. 

Il Presidente propone che la Società mandi un saluto in occasione del 
nuovo anno al Socio Benemerito Cuv. A. Kesselmeyer; questa proposta 
viene accettata per acclamazione. 

Viene quindi riconfermata la Commissione per la revisione del bilancio 
nelle persone dei Soci Pozzi, Verona e Testi. 

Giacchè è scarso il numero delle schede ricevute per la nomina della 
Direzione il Presidente propone che siano lasciate aperte le urne e che lo 
spoglio si faccia nella prossima adunanza. Essendo approvata questa proposta 
la seduta è sciolta alle 12 14. 


IL PRESIDENTE 
C. BONI 


IL SEGRETARIC 
L. PICAGLIA, 


a 


Adunanza del 9 Marzo 1879 
MUSEO CIVICO 
Presidenza del Cav. Dott. C. BONI 


ORDINE DEL Giorno 


Parte Scientifica. -- 1. Mazzetti ab. Giuseppe — La 
Molassa marnosa della montagna modenese e reggiana, e lo Schlier delle 
colline bolognesi. — 2. Iiccard dott. Paolo — Saggio di alcuni studi 
etnografici sullo starnuto nelle varie razze umane. — 3. Bergonzini dott. 
Curzio — Constatazione della Taenia Mediocanellata nel modenese. — 
4. Carruccio prof. cav. dott. Antonio — Studii sulla Pesca nel modenese. 
— 5. Mammiferi nuovi per la fauna del modenese. — 6, Picaglia dott. Luigi 
— Alcune notizie sopra un Cursorius gallicus preso nel modenese. — 
7. Generali cav. prof. dott. Giovanni — Studi ed esperienze intorno ad 
una malattia delle vie aeree del colombo triganino. 

Parte Ufficiale — 8. Relazione della Commissione del bilancio 
e Resoconto amministrativo -- 9. Relazione della Commissione per il 
giudizio sul trattato di pollicoltura presentato al concorso — 10. Fresen= 
tazione dei libri pervenuti in dono ed in cambio — 11. Proclamazione 
della Direzione per l’ anno sociale 1879 — 42. Nomina di soci onorarii e 
corrispondenti onorari — 12. Communicazioni diverse. 

La seduta è aperta alle ore 10,40; sono presenti i soci Boni, Bergonzini, 
Carruccio, Crespellani, Generali, Manzini, Mazzetti, Picaglia, Pozzi e 
Riccardi. 

Il socio dott. Riccardi proclama il risultato delle elezioni per la pre- 
sidenza della società nel 1879. 

Presidente — Boni cav. dott. Carlo - voti 9. 

Vice Presidente — Manzini cav. prof. Giuseppe - voti 7. 

Segretario — Picaglia dott. Luigi - voti 9. 

Bibliotecario — Mazzetti ab. Giuseppe - voti 9. 

Cassiere — Crespellani cav. avv. Arsenio - voti 9. 

Il Presidente quindi pronunzia le seguenti parole: 

Nel giorno 5 Gennajo del corr. anno il nostro Socio Onorario 
prof. barone Bartolomeo Gastaldi cessò di vivere în Torino, dov' era 
nato nel 1818. 

La rarissima virtù che sottrae i veri dotti dalle fallaci lusinghe del= 
l'ambizione, la modestia, fu la sua precipua virtù intima. E per essa, tutto 


a | e, 

dedito a studi cui prepotentemente avevalo attratto la sua natura, potè, 
accettando solo gli incarichi, in vero non lievi, pei quali era la sua mente 
preparata, ed ai quali le specialità dei suoi studi rendevalo in singolar 
guisa disposto, segnare una traccia luminosa nella scienza del suo tempo. 
Fu geologo, e mineralogista insigne. Da lui ebbe origine la scienza del- 
l'archeologia primitiva, quando iniziò la paletnologia, aprendoci il nuovis- 
simo orizzonte degli studi delle abitazioni lacustri, e delle terremare 
dell Emilia. © 

Di Lui hannosi 62 pubblicazioni scientifiche, che non ostante il loro 
incontestabile valore, appena varranno a scemarci il dolore della sua perdita 
gravissima. 

Ha quindi la parola il Sig. /rg. Pozzi per il seguente cenno necrologico. 

Nel testè decorso mese di Febbrajo cessava di vivere nella grave età 
di anni 82 la nostra Socia d? Onore Signora marchesa Adelaide 
Tacoli ved. march. Bagnesi Bellencini. A Lei deve la nostra Modena i 
primi impulsi dati agli studj Entomologici dei quali fu appassionata cultrice. 

Essa curò specialmente l’ ordine dei JLepidotteri e ne raccolse 
una buona quantità, in massima parte Ropaloceri, i quali disposti in ben 
ordinata collezione e classificati formano un prezioso ricordo pel di Lei 
figlio sig. march. cav. Achille Bagnesi Bellencini il quale li custodisce 
con geloso zelo. 

Possa la compianta defunta trovare imitatrici fra le Signore della 
nostra città 

Il Segretario dà lettura delle lettere di ringraziamento del sig. Salvadori 
per la nomina a socio corrispondente onorario ; dei sig. Capellini e Ciofalo 
per alcuni fascicoli dell’ annuario loro inviati in dono; del sig. Kesselmeyer 
per gli augurii fattigli in occasione del nuovo anno e del Ministro 
d’ Agricoltura Industria e Commercio per l’ invio di 50 copie della Memoria 
dei soci Pozzi e Bergonzini « Contribuzione alla fauna entomologica agricola 
del Modenese. » 

Comunica inoltre esser giunto dal sig. Prefetto il permesso di caccia a 
scopo scientifico per il sig. Abati. Avverte quindi essere pervenute alla 
Società ie seguenti proposte di cambio: 

1. Zoologischer Angeizer herausgegeben con Prof. J. Victor Carus, 
Leipzig. — 2. Guide du Naturaliste, Revue Bibliografigue des Sciences 
Naturelles, Paris. — 3. Vereins fur Naturkunde zu Cassel, Cassel. — 
4. Giornale botanico del Prof. Kanitz di Klausenburg; questi cambi 
vengono accettati. 

Il Bibliotecario preienta i libri pervenuti in dono ed in cambio alla 
società dopo l’ adunanza del 23 Novembre u. s, 

Dietro proposta dei soci Boni, Carruccio e Picagliia vengono nominati 


DESSSI0, O BES 
Soci Ordinari i signori Cornalia comm, prof. barone Emilio, 
Doria comm. march. Giacomo, Bombici comm. prof. Luigi, e Socio 
Corrispondente Onorario il sig. Villa cav. Antonio. 

Il Segretario dott. Luigi Picaglia dà lettura della relazione sul trattato 
di Pollicoltura del sig. cav. Oreste Marcoaldi, così modificata dalla Dire- 
zione a seconda della proposta approvata nell’ Adunanza del 1. gennaio 1879. 

Non v’ha dubbio che le condizioni nelle quali trovasi l’ allevamento dei 
volatili da cortile in Italia sieno tutt’ altro che felici. Quelle pochissime e 
spesso inesatte pratiche coloniche che si tengono in tal materia non hanno 
alcun fondamento razionale e sono tutte soggette all’ empirvismo. Un trattato 
adunque, o meglio un manuale che potesse correre per le mani di tutti e 
dare quelle norme facili ma ragionate le- quali meglio rispondessero allo 
scopo di migliorare questo ramo d’ industria, era assolutamente necessario. 
Fu a questo scopo che la Direzione della nostra Società aprì un concorso 
per un trattato pratico di pollicoltura. Uno solo fu ‘il concorrente al premio 
proposto giusta le norme stabilite da «letto concorso; ed egli presentò il 
suo scritto coll’epigrafe Rendo grazie agli Dei che Sparta abbia trovato 
trecento uomini più meritevoli di me. 

Se il lavoro presentato non va scevro di mende, se quindi non può 
considerarsi come perfetto, nonostante in esso raccolgonsi pregi non comuni 
sicchè l’ esame complessivo dello stesso ce lo fece collocare fra i buoni 
libri, e cosa che più interessa fra gli utili. 

Il rigore però che ci astringe come giudici, a dire il bene, senza tacere 
il male ci porta ad una critica di dettaglio, che colpirà non il complesso 
del lavoro, come si disse assai buono, ma alcuna delle sue parti meno 
perfette, esponendo qualche volta opinioni personali ad alcuno dei diversi 
membri del giurì. 

In questo scritto lo stile è un poco ampolloso e di una prolissità spesso 
eccedente. Egli sparge a piene mani un corredo di cognizioni etimologiche, 
mitologiche, storiche, che accennano è vero a una coltura non comune, ma 
che riescono spesso inopportune specialmente in un lavoro che deve correre 
per le mani del colono e della massuia come egli stesso si esprime. È 
vero che molte di queste cognizioni hanno per iscopo, come dice l’ autore 
in altro posto, di yilevare te false pratiche e combatterle, di notare le 
buone e inculcarle, di vituperare barbare usanze, ma è anche vero che 
molte citazioni hanno un valore assai tenue. 

Notiamo anzitutto essere un fatto che nelle opere popolari giova gran- 
demente l’ esatezza del linguaggio; nè v°ha ragione o difficoltà che si op- 
ponga a valersi, con la persimonia dovuta, dei più chiari e precisi vocaboli 
scientifici, che hanno inoltre il vantaggio di permettere un collocamento 
razionale degli oggetti dei quali si discorre, 


POLIA (ON 

Diversi esempi potrebbonsi citare per dimostrare come nel lavoro da 
noi esaminato non siasi sempre osservato questo savio percetto; ne diremo 
uno solo. Nel capitolo HI alla linea 4, scrive che: « il gallo, il tacchino, 
c il Colombo appartenenti (sono) alla famiglia del gallinacei veri, e 1° a- 
« natra e loca appartenenti alla famiglia dei palmipedi vertebrati a san- 
« gue rosso e caldo come tutti gli altri uccelli. » 

Prescindendo dal modo con cui è adoperato dall’ autore il vocabolo fa- 
miglia, non può tacersi essere erroneo il dire che il Colombo, al pari 
del Gallo e del Tacchino, appartenga ai gallinacei veri. 

Venendo poi ad altre particolarità, alcuno della commisaione ha notato 
che il Capitolo dove trattasi del pollajo non è ben immaginate, che le 
cognizioni sono scarse e che lo studio pratico è piuttosto insufficiente ; altri 
ha osservato che certi capitoli sull’ enumerazione e descrizione delle diverse 
specie di volatili da cortile sono assai miseri di cognizioni, valga ad 
esempio quello nel quale ei parla della tortora. Un altro capitolo che è 
sembrato un poco manchevole, riguardo all’ importanza del soggetto è 
quello che tratta delle malattie del pollame e dei mezzi terapeutici per 
combatterle. Primieramente nella classificazione delle malattie manca l’ or- 
dine seientifico e questo nuoce alla diagnosi delle stesse e di più riguardo 
alla terapeutica occorreva quà e là una maggior estensione. 

Queste sono le pecche osservate dalla Commissione esaminatrice. Dopo 
di che è debito nostro l’ accennare anche ai meriti del lavoro. Alla domanda 
se l' Autore abbia osservato le norme del concorso di presentare cioè un 
manuale, noi rispondiamo che sì. Quanto alla pratica utilità siamo convinti 
che ne possa avere, considerando anche la scarsità per non dire mancanza 
delle opere di tal genere in Italia. È indubitato che mentre in Inghilterra 
e più in Francia dove la pollicoltura è così fiorente, le opere scientifiche 
si succedono con molta rapidità. Si studiano le razze diverse dei volatili 
da cortile coi loro costumi e le loro qualità. Quì in Italia invece le cose 
sono assai diverse. Questo ramo zootecnico dorme ancora in culla e forse, 
come avvertì alcuno della commissione, di poco vantaggio sarebbe il volgere 
gli studi su questo indirizzo: bisognerebbe prima osservare bene le con- 
dizioni del nostro paese, condizioni che rendon di dubbia utilità 1’ introdu- 
zione e Ja coltura di razze straniere di pollamme, mentre invece ci indicano 
‘di conservare e perfezionare la nostra razza comune la quale se non ha i 
meriti della bellezza, meriti che sa apprezzare il dilettante appassionato 
ma che trascura il colono, ha quello principale di dare molte ova. Questo 
scopo principale a cui‘dovrebbe attendere la Pollicoltura in Italia dove per. 
molte ragioni commerciali l’ industria delle ova può essere assai estesa, si 
può ottenere, migliorando colle assidue cure e colla selezione specialmente, 
la razza comune che trovasi al presente nelle nostre campagne, in uno 


SIE rage 

stato compassionevole. Orbene l’ Autore in tutto il suo scritto s' informa a 
questo principio e in tutti i Capitoli sulla scelta, sull’ incubazione naturale 
e artificiale delle ova, da precetti assai buoni ed attendibili. È per questa 
ragioni e anche per la considerazione che questo trattato è il primo che 
si presenta in tale forma in Italia e che il tempo concesso a questo studio 
è stato piuttosto ristretto che la commissione ha di buon grado accordato 
in premio la medaglia d' argento. 

. Autore di questo scritto s' è trovato, il sig. Oreste Marcoaldi di Fa- 
briano, R. Commissario pei monumenti e scavi della provincia d’ Ancona. . 

Il Socio ing. C Pozzi relatore della commissione del bilancio dà lettura 
del seguente resoconto amministrativo pel 1878. 

La società dei Naturalisti di Modena, nella sua seduta del giorno 1° 
gennaio anno corrente, riconfermava la commissione dello scorso 1877 
composta dei signori Decio Verona, Francesco Testi ed Ing. Carlo Pozzi 
nell’ incarico di rivedere il rendiconto amministrativo det caduto 1878 e di 
riferire in proposito. 

Proceduta all’ esame minuzioso dei registri della società e dei recapiti 
ad appoggio, si è convinta della regolarità colla quale è proceduta la ge- 
stione amministrativa. 

Infatti dal bilancio 


delle (entratevanit (ii) atti Se TRAE  PRSSST IE 8127 
COlFE: Spese HR RE, e CUL ORO (siae MUOIO 


abbiamo un avanzo attivo in. . . ... L. 9,14 

È ben meschina cosa un tal fondo di cassa, ma dove si voglia far 
rifesso ai pochi cespiti di rendita sui quali può contare la società, e con- 
siderando d’ altronde che la restanza passiva di L. 470,93 del 1° gennaio 1878 
è stata ridotta a L. 327,00 nel 1° del corrente anno, noi possiamo chia- 
marci soddisfattissimi dell’ economia fatta in L. 143, 93 rappresentante un 
miglioramento delle finanze sociali. 

Un elogio ben meritato porgiamo al nostro segretario il quale seppe 
attenersi scrupolosamente alle proposte che la commissione credette fare 
nella scorso 1878, e nel tempo stesso approviamo pienamente l° operato 
nell’ intera gestione. 

Abbiamo poi creduto di premettere al rendiconto lo stato patrimoniale 
della società, al 1° gennaio 1878, indi dopo il dettaglio dell’ amministrazione 
di tutto l’ anno medesimo, farne seguire il patrimonio constatato nel 31 
dicembre u. s. 

Dal raffronto di questi risultati si è verificato un aumento di patrimonio 
di L. 259,54 durante la gestione ora chiusa, 


CAME (02 


È quindi ben lieta la commissione di poter porgere alla società un 
risultato così brillante, persuasa d’ altronde che continuando con un’ am- 
ministrazione ben regolata, vedrà ogni anno rinnovarsi nuove economie le 
quali non tarderanno ad appagare il voto della commissione, quello cioè 
di vedere progredire continuamente la società nella massima floridezza. 

Esaurita così la partie ufficiale il socio ab. G. Mazzetti legge una 
sua memoria intorno alla Molassa marnosa della bassa montagna modenese 
e reggiana, e intorno allo Schlier delle colline di Bologna. L° A. in questa 
sua memoria dopo d' aver dimostrata brevemente la ricchezza e specialità 
della Fauna fossile di Pautano, con argomenti tanto litologici, che paleon- 
tologici e stratigrafici, fa vedere: che la detta formazione di Pantano si 
mostra non solo contemporanea alla formazione molassica-marnosa di Gui- 
glia-Zocca, ma ben anche alla stessa formazione marnosa di Bologna, in 
oggi rota sotto il nome di Schler, si che queste tre formazioni, invece di 
tre terreni diversi, non costituiscono in realtà che una sola ed unica for- 
mazione della istessa età e dello stesso mare. Poscia accenna all’ importanza 
somma che in oggi assume questa stessa formazione molassica nella co- 
stituzione geologica dell’ Italia centrale, non che all’ affinità strettissima 
che la predetta formazione ha pure colla vera Molassa serpentinosa che 
prende nome da Montese. Termina coll’indicare quelle correzioni, che in 
seguito alle nuove scoperte, si dovrebbero eseguire sulla carta Geologica 
delle provincie di Modena e Reggio del Doderlein, affinchè potesse servire 
allo scopo a cui fu diretta. 

Il dott. P. Riccardi legge un saggio di alcuni studii intorno ai pre- 
giudizii che ha ingenerati lo starnuto nelle razze umane. Parla degli auguri 
che si fanno, o che si sono fatti alle persone che starnutavano presso i 
Greci, i Latini, i Cafri, i Papuas ecc. Combatte la ipotesi di Haliburton, 
di De-Gubernatis, e di Tylor fermandosi in ispecial modo su quella emessa 
da quest’ ultimo autore. Non crede nè all'ipotesi mitologica del Prometeo, 
né a quella dei Talmudisti; non ammette quella del Giove Tonante del 
De- Gubernatis, come non accetta interamente quella degli spiriti vaganti 
del Tylor. Conclude coll’ ammettere che debbasi alla natura sola del feno- 
meno ascrivere la origine del pregiudizio presso tante nazioni, e durante 
tante generazioni. 

Il dott. L. Picaglia presenta un Cursorius Gallicus preso nella valletta 
di Quarantoli presso Mirandola; dà i caratteri di questo uccello nuovo per 
la Fauna del Modenese, ne descrive le abitudini, e termina enumerando le 
diverse comparse che ha fatto in questo secolo nelle regioni più meridio- 
nali d’ Europa. 

Queste memorie verranno inserite nell’ Annuario. 

Il prof. A. Carruccin dà comunicazione di alcune note sulla pesca nel 


sia 


Modenese ; e quantunque questa industria sia fra noi assai limitata, mostra 
come potrebbe aumentare la sua importanza: descrive i sistemi in uso 
presso di noi; deplora la quasi nessuna cura per riproduzione e per la 
tutela del piccoli; accenna all’ importanza che potrebbe avere sopratutto la 
pesca della trota, se con opportuni sistemi se ne intraprendesse la coltiva- 
zione. Termina enumerando le SPECIR di pesci commestibili, che vivono 
nelle acque del Modenese. 

Il prof. A. Carruccio fa conoscere come al catalogo del Mammiferi 
del Modenese, egli, per acquisti o doni fatti al Museo Universitar’o, possa 
aggiungere altre cinque specie bene diagnosticate fra i Chirotteri, gl’ In- 
settivori, i Carnivori ( Rhunolophus hypposidereus, Vesperugo moctula, 
Vesperus pipistrellus, Crossopus fodiens, Lutra vulgaris). 

Il dott. C. Bergonzini dà comunicazione della constatazione da lui fatta 
nel Modenese della Tauenia mediocanellata. 

Sul finire del gennaio corrente anno, egli dice, ebbi dai signori dottori 
Malagoli e Generali un bell’ esemplare ‘di tenia fresca espulsa col cousso da 
una donna piuttosto avanzata in età e che ha sempre abitato questo paese. 
All’ esame che ne feci non tardai ad accorgermi che non si trattava del- 
l’ordinaria Taenia solium, L. ma sì della Taenia medio-canellata Kiicken- 
meister. Invero osservata la testa, che era benissimo conservata, si vide 
affatto sprovvista di uncivi. Comunico questo fatto perchè non è a mia 
notizia che sia ancora stata constatata positivamente nella nostra città 
questa specie di cestoide, che del resto in ogni sito è più rara della Tenia 
armata. Per distinguere queste due specie il più certo è l’ esame micro- 
scopico della testa, ma in via ordinaria bastano i caratteri macroscopici. 

La testa è piccolissima ed affatto puntiforme nella solivm; ha invece 
un diametro di 11 a 2 mill. nella mediocanellata. ln quest’ ultima è 
nerastra ed anche ad occhio nudo vi si vedono manifesti i 4 puntini cor- 
rispondenti alle 4 ventose, mentre questi sono sempre invinsibili, nella 
armata. Gli articoli posteriori sono molto più larghi nella Tenia medio- 
cannellata che nella solium e in quest’ ultima contengono un utero dendritico 
con 6 a 12 ramificazioni, mentre nella inerme ve ne possono essere fino a 
30 per lato. Come è noto la Tenia mediocanellata non provviene dal cisti- 
cercus cellulosae, che vive nel maiale, ma sì dal cisticercus bovis, che vive 
nel vitello. Da informazioni assunte non risulterebbe che la donna, che ha 
espulsa questa tenia, avesse mai mangiata earne cruda. 

Il socio prof. Generali fa una breve comunicazione intorno ad una 
malattia che dominò epizootica sui colombi triganini nell’ estate scorsa. 
La malattia deve essere classificata fra le micosi delle vie aeree. 

E una malattia gravissima che uccide presso chè tutti i colombi che 
ne sono colpiti. 


SOA 

Negli essudati che in questo morbo si riscontrano nei bronchi, la- 
ringe, etc. si è osservato dal Prof. Generali spesse volte l’ esistenza di un ‘ 
micelio, sempre poi quella di micrococchi. 

Dippiù fa conoscere di avere trovato, in due fra gli otto colombi sezio- 
nati, nei sacchi aerei addominali la presenza sull’ essudato di un Aspergillus 
(A. nigrescens) in piena fruttificazione. 

Nulla più restando a trattare la seduta è sciola alle 1 pom. 


IL PRESIDENTE 
C. BONI 
IL SEGRETARIO 
L. PICAGLIA. 


Adunanza del 20 Aprile 1879 
MUSEO CIVICO 
Presidenza del Cav. Dott. C. BONI 
ORDINE DEL GiorNO 


Parte Scientifica —- l. Riccardi Dott. Paolo - Pagina di 
Storia degli studii intorno all'Attenzione nell’ uomo - 2. Il culto delle Pie- 
tre nelle Razze umane. 

Parte Ufficiale — 3 Nomina di Soci Ordinarii - 4 Proposta 
di cambio - 5 Presentazione dei libri pervenuti in Dono ed in Cambio - 
Communicazioni diverse. 

La seduta è aperta alle ore 1l. Sono presenti i Soei Bergonzini, Boni, 
Crespellani, Picaglia, Riccardi e Testi. 

Letto ed approvato il verbale della precedente adunanza il Socio Dottor 
Riccardi parla sulla Storia degli studii intorno all’ Attenzione nell’ Uomo. 

Agli antichi filosofi e pensatori, egli dice, non era ignota la importanza 
che aveva la facoltà attentiva nello svolgimento delle attività della intelli- 
genza: ma per tutto quanto riguarda la espressione del volto umano, nel- 
l’ esercizio dell’ attenzione, le mie ricerche sino ad ora, riuscirono infruttuose. 

Soltanto, forse, Scipione lasciò scritto « Qui frrontem rugosam habent, 
« cogitabundi »; mentre Plinio scrive « Quidbus juxta nasum flexa sunt 
« (idest supercilia) austerus et acerbus »; ciò che dimostra come le con- 
trazioni dei muscoli frontali e sopracigliari erano studiate in rapporto al 
morale dell’ individuo. ® 

Cornelio Ghirardelli (1) allo stesso proposito serive « Quando la fronte 
« sarà rugorosa per il lungo, argomenta malinconici pensieri » - Sentenza 
evidentemente ispirata a quanto avea detto Scipione. 


(1) Cefalogia Fisonomica - Bologna - 1630. 


-—- 18 — 


Filippo Finella (1), intorno agli uomini che contraggono i muscoli delle 
‘ sopracilia, scrive quanto segue « Homines justos suscitat, et benignos, 
« deique, et prossimi amatores, tamen praesentia unius fortunae, vel be- 
« nignus oculus, docti erunt, et decorabiles, omni implentur, veru male- 
« ficus Martis. » 

G. B. della Porta (della Fisonomia dell’ Huomo) lasciò scritto « Le 
« ciglia piegate vicino al naso dinotano huomo austero et acerbo. » 

È necessario passare ad altri autori del secolo XVII presso il De la 
Chambre (2) e al secolo XVIII presso il Lavater (3), per trovare degli studii 
abbastanza positivi intorno all’ Espressione dell’ Attenzione nell’ Uomo. 

L’ ultimo di questi autori si occupa dell’ attenzione « consumata e tutta 
« intenta al suo oggetto » - e accenna anche ai fenomeni respiratorii che 
spesso accompagnano lo stato attentivo: ma poi è trascinato dalla fantasia 
a dare le figure dello « sguardo attentivo dell’ uomo onesto » - « dell’ at- 
« tenzione di uomo grossolano » « dell’ attenzione senza interesse. » 

F. Gall (4) si è pure occupato della lesione dell’ attenzione nei pazzi e 
riporta, in proposito, molte osservazioni del Pinel. 

Il signor G, Polli (5) trattando della riflessione e dell’ attenzione, fa 
fare un passo addietro alla questione; perchè studiando le rughe e le re- 
gioni percettive, riflessive e creative della fronte, rammenta le specula- 
zioni del Della Porta o del Ghirardelli. 

In altri due lavori l’ uno del Lavater e del Chaussier (6), l’ altro di un 
incognito, trovasi, press’ a poco, colle stesse parole, descritta l° espressione 
dell’ attenzione. 

Alla Società Antropologica di Parigi (7) i sigg. Gratiolet, de Jouvencel 
e Broca si occuparono della fisiologia e della espressione dell’ Attenzione. 
Il primo sosteneva che non si può essere attenti che ad un solo oggetto; 
De Jouvencel sosteneva che il contrario era vero: ma il problema in co- 
testo modo non poteva éssere sciolto, dal momento che era basato sopra 
cognizioni non sempre precise della fisiologia della psiche. i 

Lepelletier de la Sarthe (8), a proposito dell’ uomo attento, si lascia 
trasportare dalla fantasia; tanto da scrivere che la statura dell’ uomo 
attento è, in generale, al di sopra che al di sotto della media; che il 
naso è largo e ricurvo ecc. ecc. 


(1) De duocecim coelestibus signis etc. - Anzvorpia - 1650. 
(2) L° art. de connoistre les hommes - Amsterdam - 1660. 
(3) Essai sur la physiognomonie - Haje - 1783-1786. 
(4) Sur l’organe des qualitès morales etc. - Paris - 1825. 
(5) Saggio di Fisiognomonia e Patognomonia - Milano - 1837. 
(6) Nouveau manuel du Physionomiste - Parîs - 1838. 
Nouveau manuel du Physionomiste des Dames - Paris - 1843. 
(7) Bulletins de la Société d’ Anthropologie - Paris - 1861. 
(8) Traité complet de Physiognomie - Paris - 1864. 


SCONO) ((CINFECES 

G. B. Duchenne (1) ha studiato assai il meccanismo della espressione ; 
e, secondo questo autore, il muscolo completamente espressivo dell’ atten- 
zione è il frontale e come linee fondamentali vi è l’ elevazione e curva 
del sopracigliare; e come linee secondarie, le pieghe frontali. - Ma se ciò 
si verifica in molti casi, non si può dire che sia vero in ogni caso: nei 
bambini vi può essere attenzione senza pieghe frontali. Anche il Darwin (2) 
non accetta, che con molte restrizioni, le idee di Duchewvne sul mecca- 
nismo espressivo della riflessione e dell’ attenzione. 

Sir C. Bell (3) - il Dott. Piderit (4) - il signor Luys (5) - David Fer- 
rier (6) - A. Rees (7) - Bain (8) Wundt (9) ed iv stesso (10) ci siamo oc- 
cupati ora della fisiologia e ora della espressione dell’ attenzione nell’ uomo. 

La teorica del Luys intorno alla fisiologia dell'attenzione si può rias- 
sumere con queste parole dell’ A. « L' elemento nervoso toccato nella sua 
« intima sensibilità, si erige, entra in arresto, egli è attento; e da questo 
« intimo conflitto, risulta in lui un modo di essere nuovo, una vibrazione 
« specifica, che dal mondo esterno, dove è derivata, va a ripercuotersi sino 
c al sensorium. 

Il signor Ferrier (11) la pensa diversamente, riguardo all’ intimo mecca- 
nismo dell’ attenzione; ammette che è quistione difficilissima, appena capace 
di determinazione sperimentale; ma crede che l’attenzione risieda nella 
regione anteriore del cervello e che debbasi considerare, come una combi- 
nazione dell’ attività motrice e dei centri arresto-motori (and of the in- 
hibitory-motor centres ). 

Il fatto, del resto, che l’attenzione implica l° attività dei centri motori, 
è stato chiaramente annunziato da Bain e da Wundt (12). 

Il primo di questi autori scrive « Una grande profusione d’ immagini 
« rammentate, d'idee o nozioni, serve poco a scopi pratici, senza il potere 
« di arresto o selezione, che nella sua origine, è puramente volontario. » 

Riguardo adunque al meccanismo fisiologico dell’ attenzione, ci troviamo 
di fronte a due principali e più positive. teoriche; l’ una, della vibrazione 
intima del sensorio che ingenera l’ attenzione e gli stati di coscienza; 

(1) Mècanisme de la Physionomie - Paris. - 1876. 

(2) L’ expression des èmotions - Paris - 1874, 

(3) Anatomy of expression - London. 

(4) Wissenchafiliches System der Mimik - Wien - 1867. 

(5) Le cerveau et ses fonctions - Paris - 1876. x 

(6) The fonctions of the Brain - London - 1876. 

(7) The Cyclopedia - London - 1819. 

(8) The emotions and the Will - London - 1875. 

(9) Physioligische Psychologie - p. 793. 

(10) Saggio di studii e di osservazioni intorno nell’ Attenzione - Modena - 1877. 


(11) The emotions aund the Will. p. 371. 
(12) Physiologiche Psvchologie - 793. 


® 


-- 20 — 
l'altra, dei centri d’ arresto, del brivido conscio degli elementi nervosi, 
nella regione anteriore o motrice degli emisferi, 

Quale delle due teoriche sia la vera, o la più probabile, nulla ancora 
si può dire; v'hanno fatti, osservazioni e dati sperimentali, da una parte e 
dell’ altra; ma è ancora prudenza il non pronunciarsi in modo positivo per 
una delle due ipotesi. 

Per quanto riguarda la espressione dell’ attenzione, ho trovato che il 
corrugatore delle sopraciglia, l’orbicolare delle palpebre e quello delle 
labbra tengono il primo posto nelle espressioni riflesse. E a seconda poi 
che l’ attenzione è dinamica o statica, si trovano diversi movimenti. 

Nella espressione entrano ancora fenomeni respiratori ( sospensione vo- 
lontaria o involontaria del espiro) - fenomini psichici secondarii (idee 
persistenti, turbamento d'idee) - fenomeni geoerali (prostrazione e stan- 
chezza ). 

Ecco quanto si può asserire di certo sulla Fisiologia e sulla Espres- 
sione dell’ Aitenzione nell’ uomo. 

Farò solo notare come diversi autori abbiano cercato di definire, espli- 
care e dimostrare l’ importanza dalla facoltà attentiva, con aforismi, defi- 
nizioni ecc. alcuni dei quali ora riporterò. 

L' attenzione raddoppia le forze dello spirito - (Thèry). 

L'attenzione è la madre del genio - (Bonnet). 

Il genio non è altra cosa che una paziente attenzione - ( Buffon ). 

L'attenzione è il bulino della memoria - ( Lèwis). 

L'attenzione è allo spirito, ciò che il telescopio è all' astronomo 
(Alibert ). 

I piccoli oggetti hanno molte facce - e una forte attenzione è un mi- 
croscopio che li ingrandisce - ( Fontenelle ). 

Ciò che manca maggiormente ai giorni nostri è il rispetto nell’ ordine 
morale e l’ attenzione nell’ ordine intellettuale - (Royer). 

E a me sia permesso di aggiungere che nella educazione della intelli- 
genza, la riflessione e l’ attenzione, sono le zavorre del pensiero umano. 

È Lo stesso Dott. Riccardi comunica poi il seguente sunto di un suo la- 
voro sul culto delle pietre nelle razze umane. 

« Nello svolgimento del concetto del sovrannaturale vi ha un periodo 
in cui l’uomo dà la vita, la volontà, il potere a qualunque oggetto gli 
venga sottomano: è il periodo massimo di feticismo, rappresentato in modo 
assai passeggiero, qualche volta, dai nostri fanciulli che danno dei senti- 
menti alle, loro pupattole o che parlano ai loro gioccattoli, o che li spez- 
zano per vendicarsi d’ immaginari dispetti. 

Per il feticista, tutto in natura è vivo; tutto è animato: la scienza 
sperimentale non ha ancora dimostrata splendidamente questa verità, ma 


ORE (ORA 
il selvaggio ha già data la vita alle pietre, il potere alle roccie, la vo- 
lontà alle montagne. 

Dai primi albori della civiltà sino ai nostri giorni; dall’ epoca in cui 
la pietra sostituiva il ferro, sino a quella in cui il ferro è sostituito dal- 
l’acciajo, si rinvengono presso moltissimi popoli le tracce evidenti del culto 
della pietra. 

‘La freccia di selce incastonata rozzamente nel bronzo; la colonna di 
smeraldo del tempio di Melkarth; i detyles dei greci; il cippo tetragono 
Zeus Telejos; il sasso fallico di alcune tribù del continente asiatico; la 
pietra rotonda dei Dakotas; le pietre da fulmine dei nostri contadini, trac- 
cîano tutto l'andamento del culto della pietra, e la sua persistenza dimo- 
strano, in mezzo a migliaia di generazioni e a popoli diversissimi. 

Il signor Burnouf crede che il selvaggio non veda nel suo fetisso il 
simbolo di Dio; ma che riconosca di fatto il potere sovranaturale nelle 
scheggie di selce o nei massi di granito. 

Il signor De Quatrefages ammette invece che il selvaggio crede nel 
fetisso, come dimora di Dio. 

Il signor Tylor opina che la questione sia dubbiosa e che mentre, in 
alcuni casi, le razze inferiori esprimano chiaramente le loro idee sul sim- 
bolo o sul fetisso, in altri casi è difficile di formarsi un concetto preciso 
del problema. 

Senza pronunciarmi in modo assoluto, credo che considerare il fetisso, 
come il vero essere dotato di potenza, ovvero considerarlo come il rap- 
presentante materiale del potere extra-naturale, siano stadii più o meno 
differenziati d'idee fetiche, di cui il primo è il più rozzo ed il secondo il 
più perfezionato: ma che sia ben difficile di esattamente dividere, o tro- 
vare divisi, questi fenomeni, basta pensare che anche al di d’ oggi, mentre 
alcuni pregano la statua del santo come materiale rappresentante lo spi- 
rito; alcuni contadini pregano la stessa statua, dando alla creta quella po- 
tenza che altri non dànno che allo spirito di Dio o del santo. 

Indicare le prime sorgenti del culto alla pietra è addentrarsi nel gine- 
praio de’ sentimenti umani; è cercare le prime origini della religiosità e le 
cause del sentimento religioso — è tentare di sciogliere uno dei problemi 
più intricati della psiche umana; ma senza porre piede nel laberinto, si 
può già ammettere che l’ origine del culto alle pietre non è da ascriversi, 
come vorrebbe il signor Dalaure, a quella delle pietre di confine. 

Si può convenire col sig. Lubbock che il culto a certe pietre particolari 
( Hermes, Termes, ecc.) abbia avuto una origine siffatta; ma non accet- 
tando, che in parte, le idee in proposito del signor De Rialle, devesi rico- 
noscere che la Litolatria ha ben più profonde radici, e assai diverse, nei 
vergini terreni della psiche umana. 


Be, cer 

L'uomo primitivo, l’ attuale selvaggio, il nostro fanciullo hanno sempre 
una vaga sintesi del mondo esterno che a loro si impone — tutta l’ ana- 
lisi del mondo ambiente si riduce, in primo stadio, alla divisione di ciò che 
appartiene all’ individuo e di ciò che è fuori di lui — all’io e al non-io 
dei filosofi; mentre poi non bisogna dimenticare che distinzioni fra 1’ ani- 
mato e l’inanimato, fra il naturale e il sopranaturale, i selvaggi, come i 
bambini, le concepiscono con moltissima difficoltà, essendo disposti a rico- 
noscere che ogni cosa è viva e naturale. 

Il culto delle pietre è mantenuto dalla ignoranza completa sulla natura 
delle cose e siccome non sono distinti gli atti intenzionali dai fatti indif- 
ferenti, così il selvaggio crea dei rapporti e delle relazioni fra i fenomeni i 
più disparati. l primi dolori o i primi piaceri debbono essere s!ati, più o 
meno direttamente, ingenerati dar fenomeni esterni; dal dare adunque al 
sole, alla pioggia, al tuono, alla tempesta la causa di molti dolori o di molti 
piaceri, all’assegnare alle bestie, alle piante, alle montagne, alle pietre 
delle cause analoghe, il passo è breve per una intelligenza rozza e primi- 
tiva; sicchè posto questo germe, e fecondatosi dall’ ignoranza, l’ antropo- 
morfismo, il feticismo il sovranaturale si sono estrinsecati colla massima 
forza e in massimo grado. 

Numerosisime sono le razze selvaggie che rivelano il culto delle pietre; 
ciò che permette di spiegare, colla teorica della persistenza 1’ apparizione 
dalla antichità e in mezzo alle arti classiche, del culto reso agli oggetti 
grossolani, i quali, senza dubbio erano venerati dai selvaggi primitivi. 

I Tongusi adorano le pietre; i Tartari adorano le montagne; i Dakotas 
pregano una pietra rotonda; i Badakara dell’ India meridionale, venerano 
una dignità benigna, rappresentata da una pietra; i Benou-Thekif adorano 
un blocco nerastro e una roccia; gli indigeni di Sambawa, in caso di ma- 
lattia, imp'orano, per mezzo di una pietra, la protezione del loro Dio; gli 
Incas adoravano pietre, roccie o montagne; gli Australiani tengono assai 
ai loro circoli di pietre sacre. — I Lapponi, i Samoiedi, i Ghirghisi venne- 
rano roccie e obelischi; alle Molucche, a Timor, alle Zelebes, a Sumatra, 
a Giava, a Madagascar sono adorate le pietre. I Dei e le Dee dei Figiani 
abitano le pietre nere; i guacas dei Peruviani erano fetissi di pietra. — I 
Monitarri fanno sacrifici ad una pietra, prima d’ intraprendere un viaggio. 

I Greci ed i Romani ci hanno lasciate tracce evidenti del culto della 
pietra. 

In Beotia s’ adorava Ercole sotto forma di pietra grossolana. (Tylor) 

Teofrasto narra del culto reso dai Greci superstiziosi a certe speciali 
pietre sacre. 

Tacito descrivendo il palo rappresentante la Venere di Papho, scrive: 
Et ratio in obscuro. 

Plauto ha lasciato scritto: Inter saxum sacrumque. 


OSE | ID 


Claudiano accenna ala religiosa siex. 

Polibio descrive il Jurare per Jovem lapidem 

Ovidio parlando di un Frigiano, lasciò scritto: Ille etiam saxo corpus 
laniavit acuto. 

ll Dio Thor degli Scandinavi, lo Zeus Keraunieus dei Greci, il Jupiter 
Tonans dei Romani, sono armati di massi petrosi, di martelli di pietre, di 
punte di freccie. Il Perunum dei Russi ha un fulmine di pietra in mano: 
il Giove Capitolino tiene il lapîs capitulinus; il Catequil dei Peruviani 
lancia pietre da fulmine; l’ Ukko dei Fini agita la tempesta col martello 
di pietra; Heno degli Irochesi fende gli alberi con ascic di pietra. 

Nel III e nel IV secolo troviamo tracce del culto della pietra in Dani- 
marca: difatti nella Saga dei Valsungs ed dei Niflungs, Grudîne, vedova 
del grande Sigurd, rimaritata al re Atle, fu accusata d’ avere tradita la 
fede ;. allora essa dice: « Io voglio giurare per la santa pietra bianca, che 
non ho accordato a questo illustre principe Thiodrek, alcuno dei favori che 
sono il privilegio del padrone e del marito. » 

Nell’ Evo antico e nell’ Evo medio era così radicato il culto alle pietre 
che Teodorico arcivescovo di Cantorbery e il re Edgardo nel X secolo e 
Knut nell’ XI proibirono [assolutamente una tale forma di culto. Il Concilio di 
Nantes, quello di Arles, di Tours severamente proibirono il culto alle pietre. 

Ma anche al dì d’oggi presso le alte razze, come presso le basse, ma 
sotto una diversa forma, appare il culto della pietra. 

Sono le freccie, le scheggie, i martelli di pietra; sono le rozze armi 
che i popoli primitivi lasciarono cadere alla superficie della terra, e che 
popoli meno primitivi, ma non meno superstiziosi, raccolsero con cura e re- 
sero divine per potenza, dotate di virtù per pregiudizio. 

Sono le pietre da fulmine come si chiamano in Italia — le pierre de 
foudre in Francia -- le Tunderbolt in Inghilterra — Donnerkeile in Ger- 
mania — Dondersteen in Olanda — Tordensteen in Danimarca — Skrug- 
gotein in Irlanda — Askviggar in Svezia, che crearono tanti pregiudizii 
e tante superstizioni. Innocenti strumenti dell’ industria primitiva, tenuti 
come fetissi, venerati come simboli, tenuti come parafulmini per tanti se- 
coli prima e tanti anni dopo che il genio di Franklin avesse scoperta la 
punta del ferro conduttore. 

Fra i Latini chiamavansi Ceraunia ; fra i moderni Greci Astropelehia; 
fra i Brasiliani Corîsco; fra i Giapponesi Rai-funoscki; fra gli Indiani 
Byti petter. 

Il signor Cartailhac ha fatto uno stupendo lavoro sulle superstizioni 
ingenerate dalle pietre da fulmine, presso moltissimi popoli. 

Queste pietre sono tenute nel pecorile ( Cevenne ), oppure nella mas- 
seria (vallate della Garonne); negli abiti (vallata del Rhòne); s° adope- 


HO gp 
rano come farmaci presso alcuni Alsaziani, Bavaresi e Svizzeri e sono spe- 
cifiche per le oftalmie in Birmania. 

Tuttavia è da osservarsi che al sud della Gironde, nel Derbyshire, lo 
stesso principio superstizioso ha condotto a risultati opposti, perchè in 
questi paesi le pietre da fulmine non si raccolgono e non si adorano; ma 
si temono si fuggono, si spezzano. 

Di queste pietre-amuleti, pietre-fetissi, se ne trovano negli avanzi del- 
l'età del bronzo, del ferro e anche nel periodo di arti classiche — in 
questo caso sono storiate, disegnate, coperte di figure e montate in oro 
con vera cura e con una certa eleganza. 

Non è cosa esagerata l’ asserire che presso quasi tutti i popoli la pietra 
è stato oggetto di culto — che lo fu nei tempi preistorici e che lo è presso 
i selvaggi viventi; e se la ipotesi di origine di questo curioso culto ha un 
fondamento abbastanza solido, non potremo più esclamare con Tacito: 
Et ratio în obscuro. 

Questo lavoro riassunto formerà un capitolo di un opera sulla religio- 
sità nelle varie razze umane che il Dott. Riccardi sta ora scrivendo. 

Esaurita così la parte Scientifica i Soci Riccardi, Crespellani e Picaglia 
propongono a Socio Ordinario i sigg. Jona Tenente Ing. Amedeo e Fiori 
Dott. Andrea i quali vengano accettati. 

Il Segretario invitato a voler sollecitare la pubblicazione del 1° fasci- 
colo dell’ annuario, dichiara non essere sua colpa se non è ancora uscito, 
ma colpa dei Soci i quali, tranne il Dott. Riccardi, non hanno ancora 
presentato i manoscritti dei lavori letti nelle ultime adunanze. 

Il Presidente lo prega di scrivere loro prontamente, invitandoli a 
farlo entro otto giorni, scorsi i quali pubblichi subito il I° fascicolo; le 
memorie già presentate per la stampa le inserirà poi nel successivofascicolo. 

Vengono quindi approvati i cambi colla Société Botanique du Belgi- 
que în Bruxelles e col Circolo di Scienze Mediche e Naturali di Sassari. 

Il Segretario comunica le lettere di ringraziamento per la nomina a 
Soci dei sigg. Cornalia, Bombici, e Villa Antonio. 

Finalmente il Bibliotecario presenta i libri pervenuti in dono ed in 
cambio. 

La seduta è sciolta alle ore 12 m. 


IL PRESIDENTE 
C. BONI 


IL SEGRETARIO 
C. PICAGLIA. 


dgr 


ADUNANZA ORDINARIA dell’ 11 Maggio 1879. 


MUSEO CIVICO 
Presidenza del Cav. Dott. GC. BONI 


ORDINE DEL GroRNO 


Parte Scientifica. — l. Bergonzini Dott. Curzio - 1 Ba- 
ctevi — 2. Sulla struttura istologica della Mucosa stomacale del Myoxus 
avellanarius L. VAI 

Parte Ufficiale. — 3. Nomina di un nuovo socio — 4. Co- 
municazioni diverse, 

La seduta è aperta alle ore 11 ant. Sono presenti i Soci Bergonzini, 
Boni, Crespellani, Fiori, Manzini, Mazzetti, Picaglia, Pozzi. 

Letto ed approvato il verbale della precedente tornata; il Presidente 
comunica alla Società la morte del Socio Onorario Cav. Paolo Volpicelli 
e ne tesse brevemente l’ elogio. 

Ha quindi la parola il Socio Bergonzini: VP A. da relazione di alcuni 
suoi studii sui Bacteri eseguiti nel Gabinetto di Zoologia della R. Univer- 
versità. Passa poi a parlare delle osservazioni da lui fatte sulla mucosa 
stomacale del Myowus avellanarius in relazione con quella di altri mam- 
miferi. 

Vengono poi presentati dal Bibliotecario i libri pervenuti alla Società 
dopo l’ ultima adunanza. 

Dietro proposta dei Soci Pozzi, Picaglia e Crespellani viene accettato a 
Socio ordinario il Sig. Guseppe Tonelli di Modena. 

Da ultimo il Segretario presenta le lettere di ringraziamento dei Soci 
Fiori e Iona. 

Dopo di che la°seduta è levata alle ore 12,45. 


IL PRESIDENTE 
C. BONI 


IL SEGRETARIO 


L. PICAGLIA. 


ui: Agi 


ADUNANZA ORDINARIA del 28 Dicembre 1879 


MUSEO DI MINERALOGIA DELLA R. UNIVERSITÀ 
Presidenza del Dott. C. BONI. 


mr __ 


ORDINE DEL GIORNO 4% 


Parte Scientifica. -- Carruccio Prof. Cav. Antonio - 
Contribuzione alla Fauna del Modenese — 2. Bergonzini Dutt. Curzio - 
Nuovi studi sui Bacteri — 3. Riccardi Dott. Paolo — Saggio di una Bi- 
bliografia Antropologica Italiana — 4. Fiori Dott. Andrea - Note Ornito- 
logiche — 5. Uzielli Prof. Gustavo - Notizie intorno al Museo di Mine- 
ralogia e Geologia della R. Università di Modena -— 6. Osservazioni sulle 
Argille Scagliose — 7. Tampellini Prof. Cav. Giuseppe - Craniologia e 
scheletri dei cavalli. 

Parte Ufficiale. -- 8. Nomina e dimissioni di Soci — 10. Co- 
municazioni diverse. 

La seduta è aperta alle ore 12 e 20 p. 

Sono presenti i Soci Bergonzini, Boni, Carruccio, Crespellani, Fiori, 
Mapzini, Picaglia, Tampellini, Tonelli, Uzielli. 

Il Segretario dà lettura del processo verbale dell’ ultima adunanza che 
‘viene approvato. 

Il Cav. Crespellani con acconcie parole tesse l’ elogio del compianto 
Prof. Baschieri, che quasi fino agli ultimi giorni di sua vita fu nostro socio. 

Il Dott. Picaglia comunica la morte del Socio Prof. Cav. Camillo 
Rondani, ne ricorda i meriti scientifici e le sue principali pubblicazioni; 
conclude deplorando la morte di uno dei più dotti cultori dell’ Entomologia, 
e di uno dei più antichi Soci. 

Il Prof. Carruccio annuncia e presenta alla Società le nuove specie che 
riuscì ad ottenere in una bella escursione da lui fatta in queste vacanze 
scolastiche, in compagnia dell’Assistente e del Preparatore del Museo Zoo- 
logico della R. Università, nelle montagne e vallate che circondano Fiu- 
malbo. Queste specie, nuove alla Fauna del Modenese e mancanti alle col- 
lezioni sono fra i Mammiferi Chirotteri, il Vespertilio mystacinus Leisl.; 
fra i Roditori l’ Arvicola nivalis Martins, bellissima e ricercata specie che 
vive nelle più alte cime, e questa fu colta sul Cimone; e 1° Arvicola gla- 
reolus Schr.; fra gl’ Insettivori la Talpa caeca del Savi, che non credevasi 
fosse sui confini della provincia abbastanza comune, e che per la sua strut- 
tura e per le sue abitudini richiama l’ attenzione dei Naturalisti più assai 


90 a 
della comune, o Talpa europea. Tacendo di tutte le altre specie riportate 
dal Prof. Carruccio in aggiunta alla nuova Collezione dei Vertebrati Mo- 
denesi inaugurata il 1. giugno 1879, ricordiamo la importante aggiunta di 
un Anfibio urodele il Geotriton fuscus del Buonaparte trovato pure in 
Fiumalbo, e al Direttore del nostro Museo Zoologico donato dai sigg. dott. 
Riva e farm. Coppi. Tacciamo pure della grande quantità di animali infe- 
riori riportati, e che in esso Museo ora vanno studiandosi, ed ordinandosi. 

Il Dott. Bergonzini comunica ulteriori suoi esperimenti sni Bacteri. In 
essi |’ autore, pigliando le mosse da alcuni studi di Herzen sull' acidifica- 
zione del vino, espone il risultato di non poche sue esperienze da lui ese- 
guite sui liquidi animali in putrefazione (soluzioni di albumina e di gela- 
tina), dalle quali risulta che certe sostanze come l’ Acido Borico, mentre 
sono capici d’ impedire la putrefazione e la comparsa dei Bacteri, permet- 
tano la vita dei Bacteri stessi quando siano già sviluppati nei liquidi pu- 
tridi. Dal che l’autore trae la conclusione che queste sostanze (acido borico) 
non sono già nemiche della vita dei Bacteri, ma si degli scambi chimici 
che costituiscono la putrefazione. Onde i Bacteri stessi sono a ritenersi un 
epifenomeno e non la causa della putrida decomposizione. 

Parla quindi il Dott. Fiori e presenta alcuni uccelli nuovi o rari per 
la fauna del Modenese facendo nello stesso tempo alcune rettifiche all’ A- 
vifauna del Modenese del Doderlein. Sono questi il Circus Swainsonti, 
Smith. il Melizophilus provincialis Jeny, il Pastor roseus Lin, la Mu- 
scicapa atricapilla Lin., il Phylopneuste Bonelli Viesil., la  Calandrella 
brachydactila Bon. 

Il Prof. Carruccio dichiara, per amore della verità storica, che l’ Assi- 
stente al Museo Zooiogico, Dott. Bergonzini ed il Dott. Picaglia, rivedendo 
per incarico di esso Prof. più specie di uccelli fra cui i Circus, notarono 
che in parecchi di quelli conservati nella collezione fin dai tempi di Do- 
derlein (e che questo Zoologo indicò come appartenenti al C. Cyaneus, 
ritenendo, nella sua Avifauna, che nel Modenese fosse sconosciuto il C. Swain- 
sonii) si riscontrarono i caratteri del C. Swainsonii. Invitato dai predetti 
Dottori a verificare questi caratteri (e questo accadeva fra l' ottobre ed 
il novembre del 1878), il Prof. Carruccio confermava la loro diagnosi; 
la quale per maggior sicurezza, si volle, inviandogli un esemplare, fosse 
alla sua volta confermata dal valente Direttore del Museo di Firenze, il 
Prof. Giglioli. 

Il Dott. Fiori in risposta al Prof. Corruccio afferma che per l' appunto 
ha determinato il C. Swainsonii che egli possiede sopra gli esemplari del 
Museo. 

Il Prof. Carruccio ringrazia il Dott. Fiori di questa sua esplicita di- 
chiarazione. 


I EN 

Il Prof. Gustavo Uzielli presenta quindi degli appunti per servire alla 
Storia del Museo di Mineralogia dell’ Università di Modena diviso nei se- 
guenti capitoli: 

1. Cenno preliminare. — 2. Elenco Cronologico dei Direttori e Custodi 
del Museo di Storia Naturale della sua fondazione al 34 dicembre 1879 — 
3. Elenco dei Cataloghi manoscritti esistenti nel Gabinetto di Mineralogia, 
Geologia e Paleontologia. — 4. Elenco Cronologico degli aumenti occorsi 
in esemplari e collezioni di Mineralogia, Geologia e Paleontologia. — 
5. Stato delle Collezioni negli anni 1846-1861-1870 e 31 dicembre 1879. 

Egli fa notare l’ importanza delle raccolte geologiche e paleontologiche 
fatte dal prof. Doderlein, ricorda i danni che subirono dopo la partenza di 
questo scienziato e la convenienza che esse sieno ordinate avanti il 1881, 
anno in cui gli scienziati raccolti a Bologna per il congresso Geologico 
internazionale verranno cortamente a visitarle. 

Egli si è occupato fin d’ ora specialmente a riordinare le collezioni Mi- 
neralogiche e Geologiche. Terminato questo lavoro s° occuperà delie Pa- 
leontologiche. 

Se qualche ordinamento fu dato a piccole parti di queste devesi di ciò 
rendere merito ai signori dott. Lodovico Foresti ed abate Giuseppe Maz- 
zetti, che vollero occuparsene spontaneamente per solo interesse della seienza 
ed ai quali con piacere chi parla coglie l’ occasione di esprimere i suoi più 
vivi ringraziamenti. 

Ma ricordando che il Doderlein pose 24 anni a riunire e ad ordinare 
le raccolte da lui fatte, i danni che esse subirono, il numero degli esem- 
plari di cui sono costituite superiore al duecentomila, la convenienza suac- 
cennata di avere tale collezione in ordine del 1881 ed inoltre di soddisfare 
le continue richieste che fanno Illustri Scienziati per ottenere in comuni- 
cazione le specie esistenti in questo Museo, tutto ciò induce il Prof. Uzielli 
la necessità che venga addetto in via provvisoria a questo Museo persona 
che possa aiutarlo ad affrettare il lavoro. 

Egli ricorda che le collezioni del Doderlein devon rimanere immutabili, 
come documento per la Storia della Geologia e come indispensabile illu- 
strazione della Carta Geologica del Modenese e del Reggiano, fatta come 
è foto a spese delle rispettive provincie con un concetto altamente lode- 
vole, ma non sempre imitato dagli altri Consigli Provinciali d’ Italia. 

Conclude infine pregando il Presidente a voler esaminare i modi più 
opportuni perchè egli possa nel più breve termine possibile riparare ad 
uno screzio grave per Modena e per la Scienza. 

Sulle Argille Scagliose e sulla frana di Lama di Mocogno il Professor 
Uzielli presenta una numerosa raccolta di Rocce del Modenese da cui ri- 
sulta che le argille scagliose sono originate da modificazioni che anche at- 
tualmente subiscono rocce regolarmente stratificate. 


gg 

Quando gli strati vengano a muoversi avviene un fenomeno di lamina- 
zione che sviluppa la schistosità, e quando i moti sono irregolari la schi- 
stosità passa alla scagliosità. 

È naturale del rimanente che nel caso di strati di varia durezza, i più 
teneri sieno quelli che subiscono facilmente tali modificazioni di struttura. 

Infine qualunque roccia a seconda della natura e dell'energia della com- 
pressione può in determinate circostanze assumere la schistosità o la sca- 
gliosità. | | 

Se in molte parti aell’ Appennino nel terreno detto delle Argille sca- 
gliose prevalgono. calcari e macigni, eocenici o cretacei che siano, ciò si- 
gnifica solo che il terreno eocenico 0 cretaceo è composto di materiali fa- 
cili a lavinare ed a tale facilità è da attribuirsi appunto la lavina avve- 
nuia quest’ anno alla Lama di Mocogno; come risulta dalla numerosa col- 
lezione di saggi ivi racolti e qui ora esposti 

A Pujanello invece le argille scagliose sono dovute alla compressione 
originata dallo scorrimento di masse argillose; ma quelle non presentano 
scagliosità propriamente detta. 

È errore poi credere che le salse emettono di regola argille scagliose. 
Queste mancano del tutto a Nirano, dove l'argilla eruttata è analoga a 
quella pliocenica ehe costituisce i terreni circostanti a quella salsa. 

Finalmente e da ritenersi che il diboscamento favorisca il dislocamento 
dei terreni sedimentari, più proprii alla coltivazione e quindi sia una delle 
cause cui debba attribuirsi l' estensione nel Modenese e nel Reggiano del 
terreno detto delle argille scagliose, così triste e sterile e che ormai oc- 
cupa quasi una metà delle regioni montagnose di queste due provincie. 

Da ultimo il Prof. Tampellini da lettura di una notizia preventiva su 
di uno scheletro di cavallo da lui ucciso e sezionato nella scuola di Vete- 
rinaria, la colonna vertebrale del quale presentava la prima vertebra lom- 
bare, nell’ apofisi trasversa del lato sinistro prolungata a mo’ di costola 
formata e diretta in modo uguale all’ ultima costola asternale. Fatto que- 
sto il quale, unito ai caratteri craniofacciali ed alla triangolarità dei me- 
tatarsi, fanno classificare l' animale fra i meticci di un tipo a 6 vertebre 
lombari e del tipo a 5 ( Equus caballus africanus Sanson). 

La brachicefalia constata nel cranio dell’ animale risponde, secondo 
l’ autore, vittoriosamente all’ opinione di alcuni anatomici i quali affermano. 
che mai tale maniera di indizio cefalico riscontrasi negli equini i quali, a 
parer loro, tutti sarebbero dolicocefali. Nota pure il Tampellini che dietro 
ripetuti esami e varie sezioni di cranii di bovini della varietà Modenese, 
esso avrebbe constatato prevalente in sommo grado in questi la brachice- 
falia, la quale unita agli altri caratteri craniofacciali da questi presentati 
indurrebbe a classificarli quali appartenenti al tipo Giurassico del Sanson, 


Mt: 

che corrisponde al Frontalis del Rutimayer e che sasebbe a noi stato tra- 
smessa dalla Svizzera nera le varietà Friburghese e del Fimmenthal se- 
gnatamente. Tale tipo, spesso non puro, sarebbe commisto all’ Alpino di 
Sanson (Brachyceras di Rutimayer) trasmessoci pure dalla Svizzera  prin- 
cipalmente per mezzo della varieta di Sohwitz. L° Esponente si riserva di 
maggiormente sviluppare il suo lavoro con studi ulteriori che è intento a 
proseguire. . 

Il Presidente Cav. Boni interpella la Società se intenda appoggiare il 
Prof. Uzielli nelle pratiche da lui iniziate, acciò venga, prima del prossimo 
congresso internazionale di Bologna, riordinata la Collezione Paleontologica 
del Museo di Mineralogia con tanto studio ed amore fatta. dal Prof. Do- 
derlein. 

Dietro proposta dei Prof. Carruccio e Tampellini vien dato incarico alla 
Direzione di avvisare il modo migliore onde ajutare il Prof. Uzielli affinchè 
la bella Collezione Paleontologica del Doderlein sia prima del 1881 rimessa 
nel pristino stato. 

I Soci Picaglia, Crespellani, Mazzetti propongano a Soci ordi» 
nari il Sig. Don Valerio Capunni, ed Ing. Francesco Coppi, Prof. il 
primo di Matematica nel Collegio di Marola, il secondo libero docente di 
Mineralogia e Geologia nell’ Università di Modena. Queste proposte ven- 
gono accettate. 

Il Segretario comunica le dimissioni dei Sig. Prof. Cav. Filippo Mar- 
tinelli ed Emilio Righetti. 

Nulla più restando a trattare la seduta è levata alle ore 2,30. 


IL PRESIDENTE 


C. BONI. , 
IL SEGRETARIO 


L. PICAGLIA 


INDICE METODICO 
DELLE MATERIE CONTENUTE NEL XIM VOLUME 


ANATOMIA COMPARATA — 
Tampellini Prof. Cav. Giuseppe - 
Craniologia e Scheletri dei ca- 
valli; p. R9. 

COMMEMORAZIONI — Il Pre- 
sidente Cav. Carlo Boni comunica 
la morte dei Soci Onorari Prof. 
Bartolomeo Gastaldi e Prof. Paolo 
Volpicelli; p 10, 25 — Cre- 
spellani Cav. Arsenio comunica 
la morte del Prof. Antonio Ba- 
schieriî; p. 26 — Picaglia Dott. 
Luigi comunica la morte del So- 
cio corrispondente Prof. Camillo 
Rondani; p. 26 — Pozzi Ing. 
Carlo comunica la morte della 

Socia d’ Onore Marchesa Adelaide 
— Taccoli ved. Bagnesi Bellencmi. 
p. 11. 

CRONACA SCIENTIFICA — 
Senoner Cav. Dott. Adolfo; pa- 
gine 101, 145. 

Dimissioni di soci p. O. 

ETNOGRAFIA — Riccardi Dott. 
Paolo - Breve saggio di alcuni 
studi etnografici sullo starnuto nelle 
razze umane p. l — Il culto della 
pietra nelle razze umane p. 1'77. 

Elenco dei Soci p. 1. 

Elenco delle Accademie e So- 
cietà Corrispondenti p. 5. 

GEOLOGIA — Mazzetti Ab. 
Dott. Giuseppe - La molassa mar- 
nosa delle montagne Modenesi e 


Reggiane e lo Schlier delle col- 
line Bolognesi p. 105 — Uziell 
Prof, Gustavo - Osservazioni sulle 
argille scagliose; p. 29. 

ISTOLOGIA — Bergonzini Dott. 
Curzio - Sulla struttura istologica 
della mucosa stomacale del Myo- 
xus avellanarius L. p. 127. 

MICOLOGIA — Bergonzini 
Dott. Curzio - I Bacteri; p. 19 
— Nuovi studii ed esperimenti sui 
Bacterii; p. 161. 

Nomina di Soci p. 9, 12, 
24, 25, SO. 

Notizie intorno al Museo di 
Mineralogia e Geologia della R. 
Università di Modena del Prof. 
Uzielli Gustavo; p. RS. 

PATOLOGIA COMPARATA — 
Generali Prof. Cav. Giovanni - 
Sulla micosi delle vie aeree nei 
Colombi; p. 16. 

PSICOLOGIA — Riccardi Dott. 
Paolo - Pagina di Storia degli 
studii intorno all’ Attenzione nel- 
l’uomo; p. 17”. 

Relazione della Commissione 
per la revisione dei conti del 1878; 
p. 1-4. A 

Relazione della Commissione 
per il Giudizio sul trattato di Pol- 
licoltura del Cav. O. Marcoaldi; 
p. 12. 

Relazione sulla, Pesca nel Mo- 


denese del Prof. Antonio Carruccio 
p. 15. 

Rendiconto delle Adunanze; pa- 
gine 8, 10, 17, 25, 26. 

Rendiconto Scientifico del Se- 
gretario Dottor Luigi Picaglia; 
p. S. 

ZOOLOGIA — Bergonzini Dr. 
Curzio - Constatazione nel Mode- 
nese della Taenia medio-canellata 
Kùck; p. 16 — Bergonzini D.r 
Curzio e Poszi Ing. Dott. Carlo - 


Sul Passaggio della Vanessa car- 
dui nel Modenese; pag. 141 — 
Carruccio Prof. Cav. Antonio Mam- 
miferi nuovi per la fanna del Mo- 
denese p. 16 — Nuove aggiunte 
alla fauna dei Vertebrati Modenesi 
ed alle Collezioni Universitarie ; 
p. ISO — Picaglia Dott. Luigi 
- Sulla comparsa nel Modenese di 
un Cursorius Gallicus; p. 135. 
— Fiori Dott. Andrea - Note Or- 
nitologiche; p. 135. 


I numeri in carattere nero si riferiscono alla Parte Ufficiale. 


DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 


UZIELLI Prof. GUSTAVO — Notizie intorno al Museo di Mineralogia 
nella R. Università di Modena. ; 

TAMPELLINI Prof. GIUSEPPE — Craniologia e scheletri dei cavalli. 

MANZONI Conte Dott. ANGELO — Geologia della Provincia di Bologna. 

CARRUCCIO Prof. ANTONIO — Nuove aggiunte alla fauna dei Vetebrati 
Modenesi ed alle collezioni Universitarie (continuazione e fine). 

FIORI Dott. ANDREA — Note ornitologiche. 

MAISSEN Prof. PIE [RO ed UZIELLI Prof. GUSTAVO — Intorno ad un 
Areolita caduto in Albareto (Modena). 


Sono vendibili presso la Direzione 


Annuario della Società dei Maturalisti di Modena 


Anno I. al XII. ..... Lisgzo — 46 Amo en LL 8- 
O go Bici Anno RA s 19 
AMRONIV RN e, DD eni ANNOIATO 10 >» 10 — 
AMANO e » 5 ‘Ano XII eo >» 10 — 
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DIGEST OF THE 
LIBRARY REGULATIONS. 


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umes at any one ti ess by special vote of the 
Council. 
Books may be kept o 
| without renewal, and ren 
| twice. 
A fine of five cents pér day 
| returned within the tinfie specifie 
I The Librarian mag demand the 
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Certain books, sò designated, cannot be “taken from the 
Library without special permission. SR 
All books must’ be returned at least two weeks previous 
to the Annual Meeting. 
Persons are responsible for all injury or loss of books 
charged to their name. 


one calendar month; no longer 
l may not be granted more than 


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