S. ii¥^
1
ATTI
Del Real Istituto d'Incoraggiamento
alle scienze naturali
DI NAPOLI.
/^.ìtq e.
ATTI
tr
DEL R E A L I STIT U T O
D' INCORAGGIAMENTO
ALLE SCIENZE NATURALI
DI NAPOLI.
T O M O L
IN NAPOLI, 1811.
DALLA TIPOGRAFIA DI ANGELO TRANI.
S. R. M.
D.
'I molti conquistatori parla la sto-
ria ^ di niuno però con più lodi che del
figlio di Filippo , non perchè Egli aA an-
zasse tutti gli altri per numero di hat-
taglie o per gravezza di flifficoltà supe-
rata , ed ampiezza di paese conquistato ,
ma perchè dovunque la sorte della guer-
ra lo rese superiore, ehbe cura delle arti
della pace , e soddisfece generosamente
il debito Immenso clie ad ogni guer-
riero la vittoria impone verso liimanl-
tà . L' Egitto venerò in lui il lestaura-
tore del suo antico sapere . Cosi que-
sta terra , o Sire , men favolosa ma non
men classica dell'Egitto , venererà in
voi il grandissimo guerriero ed il bene-
fico restauratore di quelle arti , delle
quali fu altrui maestra , e dalle quali
prese ne' tempi anticbìssiml lo stesso suo
nome .
Questo volume di memorie acca-
demiche , o Sire , è il primo saggio
de' tentativi clic han fatti per seconda-
re i vostri benefìci disegni coloro che
il vostro genio ha riuniti , protetti ,
animati .
Piacciavi accoglierlo benignamente
non per lo merito dell' ingegno ma
per quello dello zelo col quale han
cercato di eseguire le idee della M. V.
Allri col tempo faranno meglio, e
noi ci consoleremo colla gloria di coloro
che avran saputo esser più eli noi utili
alla nostra patria . Ma qualunque sia
r utilità che questo stabilimento potrà
produrre col tempo , e ne produrrà
certamente una grandissima , la gloria
principale del henefìcio sì dovrà sempre
a voi che ne siete stato il primo autore
e protettore .
Il cielo conservi lungamente V. M.
per la felicità de' suol sudditi .
Napoli 25 Luglio i8n.
Pel Real Istituto d' Incoraggìatnfnto
// Cnns. di Stato Coca P residente,
Gaetano Gagliardi Segretario.
INTRODUZIONE.
\f CESTO Istituto , sebbene tragga il suo nome dalle
scienze sperimentali , pure ha per iscopo principa-
le i progressi dell' industria e delle arti che da tali
scienze dipendono.
Sotto gli auspicj di un Re guerriero la nazione
nostra vede risorgere le arti della pace . Un an-
nua esposizione de' prodotti della nostra industria ha
già mostrato quanto possa , allorché è eccitata da nobile
emulazione , quella energia d ingegno , che la natura ne
ha dato, e quanta fiducia possiamo avere in noi stessi, noi
che finora troppo' ammirammo e troppo imitammo le
opere della mano straniera . Abbiam veduti i nostri
Sovrani discendere tra noi j applaudire e premiare
V industria de' loro popoli , ed offrire nuovo guada-
gno al lavoro , nuovo stimolo all' emulazione ; ed a
tuttfi la nazione è sembrato rivedere i bei giorni ara-
gonesi, quando Alfonso disegnava egli stesso gli archi
del suo trionfo , e Fontano cantava in bei versi la
coltura degli aranci in una corte in cui la tipo-
grafia, e tutte le altre arti utili ricevevano e premj ed
onore .
Ma le arti non basta proteggerle : è necessario
istruirle. Una protezione non illuminata spesse volte ,
lungi dal migliorarle , le corrompe. Il bisogno è forse
egli solo sufficiente ad attivare quella intrinseca na-
turale energia che muove l'ingegno e la mano delCuomo
B ad
ad accrescere , migliorare , trasformare ì prodotti della
natura : ma questa energia non si estende oltre le
idee, e quel bisogno che vince l'indolenza, non può
superare V ignoranza .
Chiunque conosce lo stato attuale delle idee de-
gli uomini e delle cose , deve confessare che le arti
non mancano oggi né della protezione de' governi , né
degli stimoli dell' interesse , e deve convenire , che se
non fanno que' progressi che si desiderano , ciò non vie-
ne se non da mancanza d' istruzione .
Un' altra osservazione non sarà ne anche sfuggi-
ta , ed è quella che noi non manchiamo certamen-
te di sapienti , i quali si occupano delle cose utili alla
vita ; e che la teorica di tutte le arti è coltivata quan-
to , e forse più di qualunque altra parte delle cogni-
zioni umane . Onde avvien dunque che la pratica
non corrisponde alla teorica , e che mentre noi ab-
biamo un grandissimo numero di buoni precetti , scar-
seggiamo ancora di buoni esem.pj ?
Pare che T istruzione delle arti sia mal af-
fidata alla sola cura degV individui privati , e che a
promuoverla ejfìcacemente sia necessario commetterla
ad un corpo permanente . L' istituzione delle società
agrarie ed economiche è ima delle più utili idee di
cui si possa applaudire V ultima metà del secolo scor-
so ; e chiunque conosce T Europa , e specialmente l al-
ta Italia , deve confessare , che a tale istituzione si deb-
bono i rapidi progressi che ivi han fatte l'agricoltura
e le altre orli. ^
L' istruzione delle arti deve essere più universale
di
XX
di quella delle scienze ; perchè se è pericoloso pre-
tendere , ed impossìbile ottenere che tutti gli uomini
componenti ima società politica sien filosofi , è utile
però e necessario , che tutti sieno industriosi . Ma non
può mai divenir generale uri istruzione , la quale non
consista più in esempj , che in precetti ; ne i precetti
e gli esempj possono divenir abitudine , se non sono
moltiplici e continuati .
Il buon esempio di un uomo solo non si estende
che per un brevissimo raggio intorno a lui. Che ha mai
prodotto di bene nelle terre vicine V esempio di quel
paroco di Montagano , il di cui nome non si deve obliar
giammai , se è vero che la gloria non è altro che
il beneficare i suoi simili [x)? La saviezza di un solo
si perde tra la stoltezza universale : Il buon esempio
è soffogato come una pianta utile dalla folla delle
erbe cattive : le buone massime si estinguono : il fi-
glio di un proprietario savio di rado è savio anche
egli : la saviezza passa da una famiglia all' altra ,
B 2 ma
(i) Damiano Petrone . Quest'uomo intimamente
persuaso che l'amore dell'utile lavoro fosse il patire di
ogni virtù pubblica e piivata , diresse tutta l' influenza
che la leligione gli dava sugli animi de' suoi parroc-
chiani a generarvelo, ed a fonientarvelo. Le penitenze
che egli imponeva, non erano che opere di agricollnra.
In meno di un' età di uomo ha (ormato del territorio
di Montagano un giardino. Galanti ne ha scritta la vita.
SII
e dopo una generazione vi si estingue egualmen"
te : farà il giro di tutte le famiglie , ma non forni e-
rà mai la saviezza e la ricchezza di una nazione
intera.
I più belli esperimenti , il più delle volte si deb-
bono al caso ; ma il ripeterli si deve alla ragione ;
alla ragione sì deve il ripeterli molte volte ed in molti
luoghi, acciocché acquistino tutto il grado di probabi-
lità di cui sono capaci ; alla ragione il modificar-
li ed adattarli alle varie circostanze de' luoghi e de'
tempi ^ onde ottengano quella precisione die di rado
hanno tra le illusioni , che accompagnano sempre le pri-
me scoperte . Se i primi esperimenti rimangono igno-
rati, ornai noti ^ essi saranno perduti per lo progresso
della scienza, o ne nasceranno de' sistemi precoci,
i quali lungi dal promuovere le verità , spesso conferà
mano e moltiplicano gli errori.
U agricoltura ne' suoi principj è una ; ma intan-
to sono mille e diversi i metodi e le pratiche che si
seguono dalle varie nazioni , dalle varie provincie di
uno stesso stato, dalle varie terre di ima stessa pro-
vincia , dalle varie famìglie dì una stessa terra . Se
sorge uno scrittore , per V ordinario tenta convertire
in precetti generali ciò che si pratica nella sua ter-
ra , nella sua provincia . È egli sicuro che ciò che ivi
si pratica convenga a tutti i siti , a tutti i climi , agli
interessi dì tutti i popoli ? Quindi , o non è ascoltato ,
o mal inteso, produce più male che bene. Quale uti-
lità non ritrarrebbero V agricoltura e tutte le altre arti
dal conoscere i metodi di tutti i popoli colti ?
XIII
Affidisi dunque T istruzione delle arti ad un col-
legio che sia eterno come deve essere V industria di
una nazione \ abbia questo collegio principale de' col-
legi minori in ciascheduna provincia , e ne sieno come
le braccia : sieno iscritti in esso i principali agricoltori^
e manifatturieri di uno stato ; abbia corrispondenza con
tutti gli altri collegi di simil natura , che sono presso le
altre nazioni colte , e cosi noi avremo la riunione degli
esempi ai precetti'^ un istruzione rapida e simultanea
in tutti gli angoli del regno : ciò che si fa in un an-
golo ^ sia buono , sia cattivo, si saprà in tutti gli altri
per imitarsi j o per ischivarsi ; ciò che si fa in tutta
V Europa sarà rapidamente comunicato a noi : i pro-
gressi di un solo artefice diventeranno per questa via
i progressi della specie umana.
Sarebbe difficilissimo alla diligenza di qualunque
privato procurarsi le notizie di tutta V Europa : im-
possibile diffonderle rapidamente tra gli altri privati .
Di molte macchine non basta averne la descrizione ;
convien vederne i modelli: molti esperimenti è neces-
sità vederli ripetere : e tutto ciò se non stanca la dili-
genza , supera però di molto la forza di un uomo solo.
Una delle cure principali di questo Istituto sarà quel-
lo di ripetere tutti gli sperimenti importanti , e di
raccogliere i modelli di tutte le macchine utili , onde
l istruzione sia completa , e non solo si sappia ciò che
si debba fare , ma anche , il che nella pratica è impor-
tantissimo ed al tempo istesso difficilissimo , il come
sì debba fare .
In fatto di macchine sopratutto , ( è un'osservazio-
ne
XIV
ne che ha potuto fare cliiunqiie conosce la storia della
meccanica ) , pochissime sono <juelle che sonosi scoperte
per via di Si>iltippo di principj ; il maggior mimerò
si deve ad un impeto naturale d' ingegno , che prima
di conoscere i principj ne ha scoperta l'applicazione. Se-
guendo questa costante inclinazione della natura , V os-
servazione sulle moltissime macchine riunite insieme nel
Conservalorio di Parigi deve essere più feconda di tut-
ti i principj di meccatnca analitica. Tra noi questa
raccolta sarà riunita all' Istituto , onde sia piìi faci-
le l acquisto de' modelli , piìi facile la diffusione.
Cosi questo Istituto istruisce gli artefici commu-
nìcando loro le teorie e le macchine delle arti, e nel
tempo istesso perfeziona le arti raccogliendo in un p un-
to solo j in un centro comune , le osservazioni degli
artefici .
Se uno di questi due oggetti mancasse , V istituzio-
ne sarebbe incompleta , poiché ne gli artefici si pos-
sono dirigere altrimenti che rendendo loro comuni e
facili i principj delle arti ; né queste si possono pet^-
fezionare se non moltiplicando e raccogliendo le os-
servazioni degli artisti .
Che sono mai i principj , che formano la teorica'
delle arti? Essi sono formati dalla ragione, ma sono
risultati astratti de' dati che ha forniti V osservazione .
L' intelletto s' impossessa di questi dati , li paragona
tra loro , li classifica , e ne estrae delle conseguenze
generali , per le quali determinandosi i rapporti del-
le cose tra loro ,, vengonsi a fissare i precetti delle
azioni degli uomini sulle medesime.
Ma
XV
Ma queste conseguenze sono sempre in picciol nu-
mero , incerte, e , se si vogliono estender troppo , di-
ventan perniciose . Sono in picciol numero , perchè in
verità quanti sono i dati che noi sappiamo a fronte di
quelli che dovremmo sapere neW infinita immensitìi del-
la natura ? Incerte , perchè la certezza di una con-
seguenza dell' esperienza è una probabilità , la quale è
sempre in ragione del numero de' casi osservati, pa-
ragonato al numero de' casi osservabili . Or il numero
de'secondi è quasi infinito , e picciolissimo è al contrario
il numero de' primi , perchè molti casi non si ossei-
van sempre y molti non si osservano allo stesso mo-
do y le osservazioni ora sì contradicono , ora sono
inesatte , e lungi di apportar luce , spargono nuova te-
nebria sugli oggetti ; ora finalmente , ancorché fatte con
esattezza e precisione , si perdono inutilmente, perchè
rimangono ignorate tra le carte , e talora nella stessa
testa dell autore che le ha fatte .
Quindi in tutte le scienze che dir si posso-
no sperimentali quella mancanza di dati necessa-
rj a poterne dedurre principj certi ; quindi V insuffi-
cienza e T inesattezza dei principj medesimi ; quindi
tra per la necessitcì , e per la naturale inclinazione ed
il naturale bisogno che abbiamo di formare e di ser-
virci di principj generali ; tra per la negligenza che
naturalmente abbiamo in osservare , si veggono le
osservazioni di un nomo reputarsi risultato delle
osservazioni di tutti gli uomini ; le pratiche di alcu-
ne età tener luogo della sapienza del genere uma-
no y gli usi di una limitatissima regione confon-
der-
XVI
dersi colle nonne universali di tutta la terra , onde poi
ignoranza, errori, pregiudi zj , e la corruzione, o il
lento progresso delle arti. Stabilito una volta un pre-
giudizio o un errore , T ingegno umano per sua na-
turale indole si ostina a sostenerlo , ed associa le sue
idee tanto ampiamente e tanto stranamente , che per
distruggerlo , invece di un errore , è necessità comhat~
terne mille , tra i quali molti tanto più forti , quanto
che, avendo tutto il loro fondamento non già nella natura
delle cose , ma nelle immaginazioni degli uomini , è sem-
pre difficilissimo richiamar costoro al giudizio de' sensi e
trovare un fatto che smentisca le loro opinioni . Chi
crederebbe , per esempio , che un popolo , che con ra-
gione si venera come maestro in agricoltura , avesse
limitato i suoi tentativi in far nuovi innesti , perchè gli
Dei aveano coi fulmini riprovata tale audacia (i)-'*
Funesto esempio di ciò che può lo spirito umano una
volta traviato dal retto sentiero, e norma ai sapienti per
ricondurvelo incominciando sempre dall' osservazione!
Riportare continuamente gli uomini all' osserva-
zione è il modo più sicuro per allontanarli dagli er-
rori ; è il modo più efficace d' insegnar loro ciò che
è utile . Ne altra è la ragione per la quale ne' secoli
barbari sono nate tutte le arti , ed han fatti molto
più grandi progressi che ne' secoli colti. A que' secoli
che noi chiamiamo barbari dobbiamo di fatti l'invenzione
della carta , della bussola , della majolica , de'molini a
ven-
(i) Plin. tit. 9.
XVI I
vento ec. Ne' secoli colti abbiamo certamente perfezio-
nate tali invenzioni ; ma quanto si paragona il cam-
mino che lo spirito umano ha dovuto correre dalla igno-
ranza all' invenzione , oh di guanto esso è maggiore
di quello che rimaneva a fare dal punto dell' invenzio-
ne a quello dell' attuale perfezionamento ! Ma i po-
poli ancora barbari ^ simili ai giovinetti ^ osservano
più de' vecchi : questi ragionano , e la ragione è più
fatta per perfezionare , che per inventare . La ragio-
ne paragona , classifica , ordina i dati; la sola osser-
vazione però li somministra .
Gli antichi , dice V Alambert , osservavano più
di noi , e meglio di noi , perchè osservavano con più
diligenza ed assiduità .
Noi vinciamo gli antichi neW arte di sperimenta-
re . Ma T esperienza suppone sempre la precedente os-
servazione ', e spesso sarebbe superflua se si fosse be-
ne osservato ; perchè spesso quella verità che ricer-
chiamo con lunghe e sottilissime induzioni , era sotto i
nostri occhi ^ e noi abbiam trascurato vederla . Tut-
to è così strettamente connesso nelV universo , che una
semplice ma abbondante collezione di fatti basta sola
a far progredire rapidamente le nostre scienze ; ed il
render questa collezione di fatti quanto più si possa
completa , deve essere il primo scopo di ogni ben or-
dinata istruzione . Il numero moltiplicato delle osser-
vazioni e' insegnerà nuove esperienze a tentare , e
nuove verità a scoprire.
Ma che s' intenderà mai quando si parla della
necessità di moltiplicar le osservazioni ? Mancano es-
c se
XVI li
se forse ? Ogni nomo è inclinato ad osservare per na-
tura ; ogni artefice è costretto ad osservar per neces-
sità . Moltiplicar dunque le osservazioni , non vuol
dir altro che raccoglier quelle che o n-ituralmente , o
per necessità gli uomini tutto giorno van. facendo , e
che si perdono .
Si dice , che hi p'à bella opera prodotta dalle
osservazioni degli antichi , gli aforis'ni d' Ippocra-
te , sia il risultato delle osservazioni di molti uoinini,
e di molli secoli depositate in un tenypiu. Mollivlicare le
osservazioni non è altro che / ìaprire un tempio , dove
si possono depositare quelle che gli uomini fanno , e
che oggi inutilmente si perdono , e dare a^li uomini
degli stimoli a depositarvi quelle che han fatte .
Ma noi possiam fare più degli antichi ; noi
dohbiam far si che le osservazioni nostre sitano an-
che più numerose e più esatte ; piìi numerose , per-
chè pili estesa è a tempi nostri la civiltà e Y istru-
zione , più facili le comunicazioni tra i varj popoli .
Gli antichi , olire degli ostacoli politici e religio-
si, che tali comunicazioni o impedivano , o rendevano
difficili y imo grandissimo ne aveano nella mancanza
di una lingua tecnica per ogni scienza ; lingua che
fosse comune a tutti i popoli , lingua che sola può
far si che T osservazione fatta in un luogo s' intenda
in un altro . Chiunque è versato nello studio degli an-
tichi scrittori sa quanta difficoltcì s' incontra ad ogni
passo , per ridurre lui osservazione di Teofrasto all'
unisono di un altra di Plinio . Noi V abbiamo questa
lingua y essa si va di giorno in giorno perfezionando ,
ed
XIX
ed è uno de' più grandi mezzi che Y Europa abbia per
accrescerle la civiltà, e perfezionare le sue scienze .
Noi possiamo avere osservazioni più esatte , per-
chè possiamo regolarle ; il che non credo che gli
antichi abbìan mai fatto , ed è divede credere die
abbian potuto fare , almeno in grande , nella man'
canza in cui erano di ima lingua tecnica . E le os-
servazioni non sono mai veramente utili j se non sono
ben dirette j imperciocché essendo necessario , per aver
buone osservazioni , che esse sien fatte per lungo tem-
po , in molti luoghi, da ìnoltissimi uomini, è impos-
sibile che ciò si ottenga, senza che i molti nominine'
varj luoghi , e ne' varj tempi non osservino con una nor-
ma comune . Senza questa norma , ciò che si osser-
verà in un luogo sarà trascurato in un altro ; mol-
te osservazioni saranno superflue , molte mancanti ,
moltissime inesatte , tutte incomplete .
jyoi dunque possiamo far più cammino degli an-
tichi , ma questi erano sulla buona strada ; ritonùa-
mo sul loro sentiero, e coi mezzi che abbiamo, otter-
remo effetti maggiori .
L' Istituto dirigerà le osservazioni prima che si
facciano , le raccoglierà , le paragonerà quando son
fatte : i risultati saranno più certi e più esalti , perchè
il numero delle osservazioni sarà stato maggiore ; da
questi risìdtati nasceranno le indicazioni di nuove os-
servazioni ; ed i progressi delle scienze saranno si-
mili a quelli di un viaggiatore , il quale quanto più Ita
veduto , tanto piii conosce che gli rimane a vedere .
Né questi progressi saranno limitati alle sole àr-
C 2 ti,
ti , ma ne trarranno profitto anche le scienze , dalle
quali tali arti dipendono ; perchè mentre queste som-^
ministrano alle arti i loro principj , ne ricevertmno le
osservazioni . Chiunque vuol separare le une dall'altre,
tende a rendere o le arti barbare , o le scienze pom-^
posamente inutili . Chiunque conosce la storia della
filosofia , deve confessare che i progressi delle scien-
ze fisiche sono stati effetto del progresso delle arti ,
e delV unione che si è stabilita tra loro : le arti han-
no sbandite dalle scienze lo spirito dì sistema , sog-
gettando i principj sistematici all' esperienza che gli
ha smentiti / le arti han somministrate alle scien^
ze le pili esatte osservazioni , perchè non vi è , ne
può esservi mai migliore osservatore di colui che
agisce .
LéC arti non altro sono che V applicazione delle
forze dell' uomo ai materiali che somministra la natu-
ra. Tra le scienze , la storia naturale è quella , che in-
dica questi materiali: le matematiche calcolano e di-
riggono le forze : la Chimica , analizzando i corpi ,
ora accresce i materiali delle arti , facendo trovare in
molti corpi quelli che prima eran visibili in pochi ; ora
accresce le forze dell' uomo , insegnandogli ad unire e
separare quegli esseri , che resisterebbero all' azione
dei soli mezzi meccanici : la fisica , scienza che nello
stato attuale delle nostre cognizioni si può dire di es-
ser rimasta indeterminata , e che forse non potrà aver
giammai un significato eguale all' ampiezza del suo
nome , senza che usurpi ciò che a molte altre scienze
è stato concesso , la fisica , o applica a taluni corpi
par-
XXI
particolari le verità della matematica , o calcola le
azioni di alcuni grandi agenti della natura , quando
operano non già analizzati dal chimico , ma in mas-
sa , e quali sono nel loro stato naturale . A questa
parte della fìsica appartiene la meteorologìa , scienza
che forse taluno crede non esìstere sol perchè le si è
prestata troppa fede nei secoli , che noi crediamo me-
no culti del nostro , ma di cui non si può negare la
possibilità , se prima non precedano le osservazioni ,
almeno di due altri secoli .
jfe' applicazione di tutte queste scienze a conosce-
re e descrii'ere il paese che noi abitiamo , deve esse-
re la cura principale di un istituto addetto principal-
mente a promuovere V industria nazionale . Quest' ap-
plicazione è quella che si può chiamare Statistica ,
parte delle nostre cognizioni , a cui pare che ancor
si disputi qual posto se le debba assegnare .
Alcuni credono che essa non sia diversa dalla
geografìa , prendendola nel suo più ampio significa-
to di fisica , istorìca , politica , e commerciale . Ma
anche in questa ipotesi la statistica non darebbe che
piccolo ajuto all' econotnia pubblica di un regno , per-
chè non indicherebbe quasi mai lo stato attuale delle
cose , che è quello dal quale gli uomini ed i governi
debbon prender la norma delle loro operazioni. Tutto
cangia , e la descrizione di ciò che fu ieri , non è nor-
ma sicura per ciò che si deve far oggi . Converrebbe
fare una geografia , fisica , istorìca , politica , com-
merciale in ogni anno y e per /' imjiossibìlìtà di poterla
fare , convien confessare che tutte le opere di statistica
avu-
XXI I
afute Jìnora non hanno prodotto neW economia pubbli-
ca quei buoni effetti , che i loro autori se ne promet-
tevano .
Tra gli oggetti della Statistica ve ne sono dei
permanenti , e di quelli eh*; cangiano sempre. I pri-
mi bisogna osservarli diligentemente , ma niun uo-
mo può lusingarsi di osservar tutto egli solo nel più
piccolo angolo della terra . I secondi bisogna osser-
varli sempre : le cose cangiano con certe leggi , che
importa conoscere y e queste , non ci scuoprono se
non a forza di osservazioni continue , non sopra i
risultati de' cangiamenti ma sopra i cangiamenti me-
desimi .
Alcuni han confusa la statistica coli' aritmetica
politica , sol perchè uno de' primi che tra i moderni
si occupò di qualche soggetto di statistica volle dare
alle sue ricerche questo nome , confondendo le cogni-
zioni aritmetiche che gli servivan d' istrumento , col-
le verità economiche che n erano il risultato. A que-
sto modo non vi è parte delle nostre cognizioni , la
quale non possa meritare il nome di aritmetica ,
perchè poche ve ne sono nelle quali il calcolo non
sia un istrumento necessario , almeno principale .
Alcuni vorrebbero separare la statistica dalla
storia. Tale è V opinione dell'Inglese Plaifair , il qua-
le ha ridotta la statistica ad esser una miniatura per
donne , o per fanciulli . Di fatti una statìstica per
donne e per fanciulli , che bisogno ha della storia ? Es-
sa né deve analizzare le cagioni de' mali , né incari-
carsi de' rimedj . Ma tostocchè si hanno in mira que-
sti
XXI 1 I
stì dite oggetti , non s' intende come si possano conse-
guire senza storia , la quale sola può farci ben cono-
scere lo stato attuale delle cose , ed insegnarci ciò che
convenga fare per migliorarlo . Per conoscer bene lo
stato attuale , non haxta sapere qual esso sia : sic-
come nulla è permanente di quanto è sotto il so-
le, cosi quello ituto si dirà prospero^ il quale ^ sia
pur quanto si voglia picciolo , progredisce verso l'au-
menlo ; quello si dirà cattivo , il quale , sia pur quan-
to si voglia grande , va verso la diminuzione . La
sola storia riunita alla statistica può darci questo pa-
ragone , tanto necessario tra ciò che è stato , e ciò che
è : la sol» storia descrivendoci V azione simultanea di
tutte' le nazioni , che hanno influito sulla felicità nazio-
nale , può insegnarci a calcolare l'influenza di ciascu-
na : la sola storia , mostrandoci ciò che si faceva quan-
do si faceva bene , può insegnarci a non far male .
Senza saper quello che si è fatto j di rado si può sa-
pere ciò che si ha a fare .
Quando la storia applicata all' industria naziona-
le fosse inutile a tutto il rimanente deW Europa , non
lo sarebbe per noi. La terra che abitiamo è an-
tica ; i popoli che T han coltivata sono grandi; né
della loro grandezza è pervenuta a noi una fama in-
certa ed oscura come dell Etruria , e dell'Egitto , nomi
grandi per f ammirazione de' posteri , inutili per la
nostra istruzione y ma ne son pervenute a noi le me-
morie di ciò che facevano , ed esistono gli avanzi di
Ciò che han fatto .
Gli
XVIV
Gli antichi coltivarono in queste nostre regioni
quasi settanta specie di viti , e ne traevano quasi al-
trettante specie di squisiti vini . Molti di questi sono
rimasti quasi illustri nomi di mitologia . Tale si può
dir che sia il Falerno y la regione che lo produceva
non dà ora , siccome dice Metastasio , che vino da
galeotti ; pure la vite arainea in quella regione esi-
ste ancora : io V ho riconosciuta quale la descrive
Plinio , ed il vino di questa vite fatto con cura , e
serbato per qualche anno , ha mollo dell' austero e
del flavo di quel vino, a cui dovea gran parte del suo
estro il poeta filosofò di Venosa .
Sarebbe utilissimo sulle nostre viti un lavoro egua-
le a quello che il Sìg. Presta ci ha dato sugli ulivi ;
lavoro a cui niuna altra nazione può controporne uno
eguale , ma lavoro che non si può sperare , se non
ripigliando tutte le idee degli antichi , ed aggiugnen-
do all' esperienza nostra i due mila anni dell' espe-
rienza loro .
In quante pratiche di agricoltura noi ci siamo
allontanati dal vero , sol perchè non abbiavi voluto
seguire i nostri antichi ? // libro veramente classico
di Tanoja sulle api , lo dimostra ad evidenza. Tutti i
prodigi narrati intorno questo utilissimo insetto sono
svaniti : sono svanite tutte le quasi superstizioni , che
si praticavano nella di lui cura : le semplicissime pra-i^
iiche de' nostri antichi Ajmli tramandateci per cenni da
Varrone e da Aristotile , si son trovate esser al tempo
istesso le più ragionevoli , le più facili , le più utili .
IVoi interrogavamo gli altri per saper ciò che si do-
ves-
XXV
vesse fare , ed i nostri padri lo facevano da molti
secoli .
Oserò io esporre un mio pensiero , con quella
C ircospezione però che si conviene in un sofgeCo
tanto dubbio , e di tanta gravezza ? Oggi tutta l Eu-
ropa crede , e crediamo anche noi , che V introduzione
de' merinos sia L' unico mezzo di restaurare le dege-
neri razze delle nostre pecore . lo non mi opporrò a
questa idea , ma non mi sarà permesso di fare os-
servare , che a tempo di Plinio , e di Coliiniella le
nostre Ione eran superiori di molto a quelle di Spa-
gna? Queste venivano non solamente dopo le lane
Tareiitine , ma anche dopo quelle di PoUentia . Col
tempo il pregio delle lane nostre decadde , perchè
diminuì colla barbarie la cura diligentissiina che si
avea delle pecore ai tempi di Plinio. Alfonso di Ara-
gona trovò la nostra pastorizia quasi interamente di-
strutta , e volle rigenerarla . Si poteva allora pro-
porre un problema : sarei meglio rinnovar le razze
degli animali , o ripristinare V antica industria degli
uoìnini ? Jo non so , se il problema si propose : so
che fu adottato il primo metodo , come quello che
era piii facile , piii analogo al modo di pensare di
un re aragonese , il quale dovea esser intimamente
persuaso , che le pecore della terra conquistatrice
fosser naturalmente migliori delle pecore della terra
conquistata . Allora quasi tutte le nostre pecore di-
vennero Spagnuole ; ma ritornarono perciò le nostre
lane ad avere il pregio , che aveano all' etcì di Pli-
nio ? Noi dunque abbiamo avute lane eccellentissime
D dui-
XXVI
dalle nostre pecore indigene ; ed abbiamo lane medìo^
cri didie Spaglinole: io non disputerò del mellito di
queste , ma avrà torto chi sosterrà che a migliorar le
nostre lane, piìi che la j-innovazione delle razze ^ deb-
ba influire la rìpristinazione dell' antica diligenza ? E
sarà condannabile chi ripigliando V antica industria
si lusingherà di vincere anche le lane Spagnuole ?
Jo non fa che indicare tentativi : ma questi pos-
sono essere infiniti ed nidi in un suolo tanto fertile ,
in un cielo tanto vario , quanto il nostro , e di que-
sti tentativi gran parte ne lian fatti i nostri pred e-
cessori . Perchè perdere il frutto della loro esperien-
za? Se , come dice Cicerone di ogni altra storia ,
Y ignorare ciò che sì è fatto prima di noi è lo stesso
eh' esser sempre fanciullo , noi possiam dire della no-
stra , che il saperla basta quasi solo a farci grandi .
Altri han confusa la statistica coli' economia pO'
litica , la quale a ben intenderla , non ne deve essere
che il risultato ; e V averla preceduta , ha prodotto
gli stessi mali , che ha prodotto in fisica la smania
di aver voluto stabilire de' sistemi generali , prima di
aver raccolto un numero sufficiente di osservazioni .
Quindi lo stato attuale di quella scienza, che si chia-
ma economia politica è tale , che , tranne alcune po^
che verità che dir si potrebbero di senso comune , il
dìppiiì non è che un composto di sistemi contraddite
torj , o esagerati a segno , che quando si vogliono ap-
plicare alla pratica , o non riescono , o hanno biso^
gno di tante modificazioni , che a forza di eccezioni,
'SÌ distrugge la regola . Lo dirò io ? U economia po^
liti-
XXVI I
litica non esiste ancora ; e quella che deve esistere
non si può sperare , se non dall' attenta osservazione
de' fatti , la quale non si può ripetere che dalla sta-
tistica .
Da tutto ciò che ho detto risulta una proposizio-
ne , la quale forse sembrerà un paradosso , ma che
io credo vera / cioè che la statistica è una scienza
sperimentale, utilissima j necessaria , ma che ancora
non esiste. Io credo j 'che da quello che ho detto sì
sciolga il problema agitato tra molti eruditi , se di
essa ne avessero , o nò conoscenza gli antichi. La
risposta è semplice : gli antichi aveano descrizioni di
stati ; perchè senza averne non avrebbero potuto essi
governarli: ne doveano averne delle molte più detta~
gliate di quelle che i geografi han tramandale a noi,
per la ragione , che con il solo ajuto di queste , non
si potrebbe governare . Tale dovea essere il famoso
me moriale di angusto , che Tiberio recitò al Senato;
ma tutte queste descrizioni non erano slaùsùca ., scien-
za per cosi dire perpetua , che per soddisfare alt og-
getto a cui è destinata si può dire che non sia mila
ancora .
La statistica non può esser F opera di un uomo
solo . £ questa una verità, che quasi tutti i Gover-
ni han compresa . Né l' attività , né la vita di un uo-
mo , sono sufficienti a conoscere e descriver tutto .
La statistica deve esser opera di uii collegio perma-
nente per molti secoli , perchè di molti secoli di os-
servazioni sempre imiformi essa abbisogna , per poter
prendere abito , ed utilità di scienza . In Francia vi
D 2 è un
XXVI I r
è un officio addetto alla statistica dell' Impero y vi è
una società di dotti che si occupa dello stesso ogget-
to .' nel nostro regno la cura della statistica è data
a questo istesso corpo , il quale è incaricato de' pro-
gressi deli industria nazionale .
La statistica è una scienza, la quale ha bisogna
dell opera di molte altre scienze , e tende alla perfe-
zione di tutte . Ha bisogno di molte scienze , perchè
è fondata sulle ossen>azioni , le quali non sono che
interrogazioni , che noi facciamo alla natura ; ed il
S:ipere interrogare , come diceva Socrate , è già una
scienza. Di fatti , noi dobbiamo alle matematiche , al-
la fisica , ed alla chimica la precisicme e l esattezza
di alcune descrizioni de' moderni su quelle degli an~
tichi . La descrizione di un terreno fatta dagli anti-
chi è sempre indefinita , e di rado dà- norme utili al-
la pratica ; fatta da un moderno coi metodi che som-
ministra la chimica , mentre è precisa , e insegna il
modo di migliorarlo , di renderlo più opportuno ai
nostri bisogni.
Molte scienze dunque debbono somministrare le
interrogazioni alla statistica , ma le risposte che que-
sta raccoglie possono servire alla perfezione di non
poche delle scienze medesime , che han som,mi ni stra-
le le interrogazioni . Io non parlerò dell' economia
politica : essa non esiste ancora , né esisterà senza
■ statistica . Ma la geografìa fìsica , e la geologia ,
di quanti fatti non si potranno esse arricchire , se si
osserverà costantemente per molti anni sopra i varj
punti della superficie della terra ? Qua li progressi
non
XXIX
non può sperarne la meteorologìa .^ scienza la quale ,
come da molti è stato ben ovi^eitito , non può trarre
i suoi dati , se non da osservazioni fatte in grande ,■
e sopra vasti spazj di terreno ? Allora si potrii cal-
colare quanto itifiniscano sulle vicende dell' atmosfe-
ra l'azione de' corpi celesti, prima cagione delle me-'
desime , e le elevazioni de^ siti , e le varie direzioni
de' monti , e la diversa vegetazione , e tante altre ca-
gioni , le quali , perchè ancora mal note , non pos-
sono finora ben diffinìrsi , ma che intanto , non ces-
sando di agire , e turbando T effetto delle cagioni
principali , fanno si , che si corra ai due estremi , o
di dar troppo , o di non dar nulla di fede ad una
scienza, che è molto importante pel ben essere de IT
umanità , e che in conseguenza non deve rimaner
neir incertezza . Senza meteorologia noi descriviamo
il clima di un paese colla slessa inesattezza , colla
quale , senza storia naturale , e senza chimica , de-
scriviamo il suolo .
Qual altro vantaggio possono ricevere dalla sta-
tistica tutte le scienze , che riguardano la salute degli
liotnini , e degli animali ? La vita è uno stato forzo-
so, e tre quarti della medesima dipende dagli esseri
che mi circondano \: essi modificano le azioni della
natura nelV uomo sano , modificano V azione delle mc'
decine nelV infermo y le malattie prendono il carattere
del clima , e secondo il clima cangiano gli effetti
delle medicine . Abbiamo noi raccolto tutte queste os-
servazioni , le abbiam paragonate tra loro , ovvero
senza averle né raccolte , ne esaminate , osiam dire ,
che
XXX
che non offrirebbero alcun risultato utile ai pregressi
della scienza salutare ? Poche interrogazioni aggiunte
alle ordinarie tavole di popolazione ne accrescerebbe-
ro di motto V utilità .
Io non fo che indicare alcuni oggetti : chi potreb-
be annoverarli tutti ? Ma da quel poco che ho det-
to -, si vedrà , spero , al tcrr.po istesso V ampiezza e
de' doveri de' socj delV Istituto , e de' benejìcj che col-
la sua fondazione il Go vento ha fatti ai suoi popoli.
XXXI
STATUTI.
UHI gBa liM***
C A P. I.
PiSFOSIZlONI GENBRiLI.
I
L Real Istituto d' Incoraggiamento di Napoli avrà tre ordini di
SOC), cioè Ordinar], Onorar], e Corrispondenti . Il numero de' pri-
mi è di sessanta , e saran divisi in cinque classi , come sarà detto
nel capitolo Vili. Gli Onorar] , e Corrispondenti saranno di un nu-
mero indeterminato . I soli Soc] ordiuai-j han diritto al voto .
§. ..
Sarà governato da un Presidente , le cui funzioni dureranno un
anno. ^
§. 3.
Inoltre avrà un Vice-Presidente , il quale disìmpegnerà le fimzio-
ni del Presidente nel caso questi sia assente , e durerà similmente
un anno .
§•4.
In mancanza del Presidente , e del Vice- Presidente ne farà le v«-
ci il Socio più anziano in età .
Vi sarà un Segretario, e Vice-Se^etario : tutte e. due saràn per-
petui : le di loro incombenie saranno spiegate nel capitolo IV.
XXXII
$.6.
Avrà un Consiglio di Ainminislrazione composto di tre indivi-
dui , uno de' quali avrà V iucaiico di Tesoi'iere . Le loro funzioni
dureranno un ajino .
§■ 7.
Avrà finalmente un Archivario e BiHiotecario , un Commesso
e Custode , ed un Usciere .
§• 8.
I soldi de' predetti impiegati sono fissati nel modo seguente :
Al Segretario ducati venti al mese.
Al Vice-Segretario ducati dieci al mese .
AI Bibliotecario ed Archivario ducati venti al mese.
Al Commesso e Custode ducati quindici al mese .
All' Usciere ducali otto al mese ,
§• 9- -
Nel caso che qualche articolo de' presenti stabilimenti meritasse
col tempo del cambiamento , se ne farà relazione a Sua Maestà .
Nelle deliberazioni ordinarie un voto al di sopra della metà sa-
rà riguardato come il voto generale : ma non si reputerà seduta ac-
cademica quella che non abbia il numero di i5 Sorj.
Il Real Istituto avrà un locale in cui vi sia una sala grande
per le assemblee pubbliche , e per le adunanze accademiche ; una
sa-
I
Xxxiu
sala di lettura ; una biblioteca ; un gabinetto di maccbine , e special-
mente di quelle che dovranno introdursi nel Regno , o che saranno
di nuova invenzione . Avrà benanche un Gabinetto meteoroloyico ,
una Stamperia , ed uu Elaboratorio .
§. 12.
Vi sarà in ogni anno una sessione pubblica , ove si pubblicherà il
Tomo degli Atti : ed ove si distribuiranno i prenij d' incoraggiamento.
§• i3.
Nelle sessioni economiche dell' Istituto non possono assistervi
che i soli Socj Ordinar) .
§. i4.
Sarà aperta una soscrizione libera , ove potranno farsi registra-
re indistintamente tutte le persone , che vorranno concorrere alla
perfezione delle opere dell' Istituto .
§. i5.
Queste soscrizionl si riceveranno presso del Segretario , e le
somme che se ne ricaveranno , vei-ranno depositate nella cassa del
Tesoriere .
§. 16.
Si pubblicheranno in tutti gli anni le liste di coloro , clic si
soscriveranno in fine delle memorie dell' Istituto .
§• »7-
In ogni anno si renderà un conto esatto dell' uso in cui si sarà
impiegato r importo delle soscrizioni .
B.
CA-
C A P. II.
Elezione , e modi delle medesime.
§■ 18.
L'elezione del Presidente, del Vice-Presidente, e del Consiglio
di Amministrazione si farà nella prima sessione di ciascliedun anno,
§• >9-
In questa elezione, in cui il numero de' voti dev'essere almenor
di ventiquattro, ogni Socio scriverà in una scheda il nome di quel-
r accademico che vorrà nominare , e tutte le schede saranno deposte
in un'urna. Il Presidente nominerà due Squittinatori , i quali dopo
di aver numerate le schede , le leggeranno una dopo 1' altra con vo-
ce alta . II Presidente , il Segretario , il Vice-Segretario , e '1 Tesorie--
re son tenuti a scrivere i nominati in ciascuna delle schede . Colui
c^e avrà avuto maggior numero di voti sarà proclamato Presidente ,
e quegli in cui sarà un numero di voti prossimo al maggiore sarà
il Vice-Presidente . In parità di voti deciderà il Presidente .
§. 20.
Lo stesso Socio non potrà essere rieletto .
§• 21-
L'elezione del Segretario e Vice-Segretario si farà allo stesso-
modo : la loro elezione sarà presentata al Real Trono per averne
r approvazione .
L' elezione de' Socj Oi-dinarj sarà trattata in due sessioni ; nella
prima essendone stati prevenuti lutt' i Socj Ordinar] , ciascuno di
essi
/
essi indipendentemente dall' altro produrrà una scheda , nella quale
saranno registrati i nomi di tanti soj;gelli creduti degni quanti sa-
ranno i posti \acantl . Tutte le siLide raccolte in una bussola sa-
ranno lette da due Scnitiuatori . 11 Presidente, il Segretario, il Vi-
ce-Segretario , ed il Tesoriere ne prenderanno nota , e se le altre
note non si trovassero uniformi , si rileggeranno le scliedc , e verifi-
cate le note si registreranno que' soggetti , su i quali saranno con-
corsi almeno tre voti , formandosi la lista de' candidati . Questa lista
sarà passata alla classe cui appartiene il posto vacante . ^
Si passerà quindi alla bussola il nome di colui , che si troverà
notato in primo luogo, e poi gli altri secondo il loro ordine. JS'on
dovrà concorrei-e meno di due terzi di voti inclusivi de' Socj presen-
ti : ben inteso che tutti i nominati secondo l' oi'dine posto dalla clas-
se saranno messi a squittinio avendosi per eletto quello che riassu-
merà il massimo numero di voti . Tale elezione sarà presi'ntatti al
Real Trono per riscuoterne 1' approvazione , senza la quale non po-
trà prendersene 1' esercizio ,
§. 23.
Nella elezione de' Socj Onorarj , e CoiTÌspondenti sarà in liber-
tà di ciascuno degli Ordinar) di farne la proposta in una sessione ,
e questa si passerà alla considerazione delle rispettive classi , le quali
dopo di aver prese le dovute indagini , proporranno il Soggetto per
lo squittinio , e la maggioranza de' voti deciderà dell" ammissione , o
dell' esclusione .
C A P. III.
DSLLE FDWZIONI DEL PRESIDENTE , B DEL VlCE-PnESlDENTE. .
Il Presidente reggerà le sessioni perchè sieno tenute con ordine
« regolaiità.
xsx\i
Darà la parola a que' Socj che vorranno leggere le memorie , o
i rapporti .
§. a6.
Scioglierà , o prolungherà le sessioni secondo il bisogno ,
Soscriverà gli atti accademici , e tutti gli staLUimenti , relazioni ,
e rapporti , che si manderanno al Re , o a' suoi Ministri .
§. a8.
Spedirà , e soscriverà i brevetti , e le patenti .
§• 29-
Convocherà le assemblee straordinarie , e stabilirà i cambiamenti
de' giorni delle periodiche .
§. 3c.
Sarà Presidente nato di tutte le deputazioni che potranno esse-
re inviate dall' Istituto al Re , o a' suoi Ministri .
§. 3u
Designerà, alla semplice deliberazione dell'assemblea , i Socj che
dovranno comporre la Deputazione, o qualunque Commessione che
recar debbasi alla presenza del Re , o de' suoi Ministri .
§. 32.
Rimetterà alle rispettive classi le materie , ordinandone anche-
l'unione, nel caso che il bisogno lo richiedesse. GAP.
XXX vu
GAP. IV.
Del Segretario Perpetuo , e Vice-Segretario .
§. 33.
Il Segretario perpetuo sarà il direttore di tutti i registri acca-
demici .
§• 34.
Avrà cura che dall' Archivario si conservino nell'Archivio ben
ordinato tanto i registri , quanto le lettere di corrispondenza , e i
manoscritti degli Accademici , e de' non Accademici che vorranno de-
positarveli .
§. 35.
Nelle sessioni leggerà gli atti della sessione precedente , e li
soscriverà col Presidente , indi noterà quelli della sessione attuale .
§. 36.
Disporrà tutte le relazioni , e le lettere , e le soscriverà dopo il
Presidente . "^
§• 37.
Riceverà , e metterà in ordine tutte le memorie che saranno
date nel corso dell' anno , e dirigerà la compilazione e la stampa dei
lavori accademici.
$. 38.
Indirizzerà i brevetti , e patenti delle nomine , e gli soscriverà
dopo il Presidente , e vi apporrà il suggello .
§• 39.
Spedirà tutt'i biglietti di avviso delle convocazioni accademiche
e di qualunque altro invito. Q. 4o.
§• 4o.
Terrà corrispondenza con tutti i Socj sì esteri , che nazionali
di qualunque classe essi sieno .
§• 4i. "
Ànnnnzierà la morte de' Socj , e ne formerà gli articoli necro-
logici .
§• 42-
In caso di assenza nelle assemLIee dell" Istituto sarà rimpiazzato
dal Vice-Segretario , U quale adempirà in sua mancanza tutte ie di
lui veci , e coopererà col medesimo ai lavori accademici .
C A P. V.
Dell' amministrazione .
§. 43.
Sarà nominato un Consiglio Amministrativo composto di tre
Socj , uno de' quali avrà V impiego di Tesoriere , a tenore del §. 6.
§■ 44-
Il Tesoriere incasserà tutte le somme , cte s' introiteranno per
conto dell' Istituto .
§. 45.
Provvedere alle spese , che occorreranno per le sessioni , pei
mobili , per la Contabilità , e per I' Archivio .
$. io.
xmx
§• 46. . -
Egli non potrà fave spesa alcuna senza la firma almeno «li uno
de' (lue Ammiuistratovi .
§• 47-
Malgrado ciò , potrà egli fare le ricevute delle partite che in-
casserà .
$■ 48.
Li Amministrazione renderà i suoi conti nella fine dell' anno .
S- 49-
Allora saranno nominati due Censori per rivedere i conti , e
farne i rapporti all' Istituto . Siffatti rapporti esaminati dal Presiden-
te , e dal Segretario saranno letti all' assemblea ,
§. 5o.
11 Tesoriere riceverà i mensuali appuntamenti assegnati , e da
assegnarsi da S. M. , e pagherà tutte le spese che saranno ordinate
dal Consiglio di Amministrazione .
C A P. VI.
Delle Sessioni.
§• 5i.
Vi saranno delle assemblee pubbliche , periodiche, e straordinarie.
§• Sa.
Le assemblee periodiche si terranno regolarmente ogni settima-
na in un giorno da destinarsi dallo stesso Istituto . §.53.
§. 53.
Le assemblee straordinarie saranuo convocate con biglietto del
Segretario d' ordine del Presidente .
§. 54.
Per potersi fare una sessione, il numero de' Socj non deve es-
sere minore di i5, come fu detto nel §. io.
§. 55.
Nel principio della sessione il Presidente domanderà al Segreta-
rio perpetuo la lettura degli Atti della sessione precedende '.
§. 56.
Ogni Socio potrà accennare se abbia osservazioni da proporre
su gli atti suddetti , e discusse che saranno , il Segretario li dai-à a
registrare nel libro, mentre dura la sessione.
§. 57.
Immediatamente dopo il Segretario leggerà gli ordini del Re ,
o de' suoi Ministri , e si determineranno alla pluralità de' voti le ri-
spettive risposte da darsi, rimettendosi alle classi quelle materie che
han bisogno di esame .
§. 58.
Fatto ciò il Presidente annunzierà una dopo 1' altra le cose da
trattarsi .
§• %•
Tutti gli affari dibattuti si metteranno allo squittinio a voti
Segreti , purché sia reclamato da' Socj .
§• 60.
$■ 5o.
Indi si leggeranno le memorie , le quali dovran sempre conte-
nere un soggetto degno dell' occupazione dell' Istituto.
§• 6i.
I Socj cte vorranno leggere le loro memorie , o i loro rappor-
ti , ne faranno inteso prima della sessione U Presidente , il quale da-
rà r ordine della lettura.
§. 62.
L'ultimo atto delle medesime sarà la soscrizione cLe faranno il
Presidente , ed il Segretario, degli atti deUa sessione precedente re-
gistrati nel libro.
S- 63.
La Sessione non si scioglierà , se il Presidente non ne darà il
segno.
§■ 64.
Ninno de' SocJ potrà innanzi tempo ritirarsi , se il Presidente
non gliene darà il permesso.
§• 65.
Sarà preciso obbUigo di ogni Socio Ordinario d'Intervenire nel-
le unioni periodiche dell'Istituto, come anche in quelle deUe classi,
e la sua mancanza per otto volte continue senza legittima scusa da'
prodursi con biglietto al Segretario , il quale la riferirà all' Istituto ,
sarà interpetrata , come una rinuncia al Corpo Accademico , che al-
lora avrà dritto di sciegliere un altro Socio in di lui vece.
«• GAP.
C A P. VII.
Modo pi votAhe.
§. 66.
Si formeranno le tabelle a guisa di carte da giuoco di picciola
forma , sopra le quali sarà impresso eoa la stampa P. placet , o pu-
re N. P. NON PLACET . A ciascun Socio saran consegnate due di es-
se , cioè una del voto affermativo, e l'altra del negativo . Ciò 'fatto
porrà ognuno la tavoletta del suo voto neir urna , 1" altra la conser-
verà in un luogo , dove non potrà essere riconosciuta ; il Segi-etario
pi-enderà T urna , e fatta la separazione delle tavolette negative , e
delk affermative , le presenterà al Presidente, dal quale numeran-
dosi in pubblico , si vedrà se v' ba inclusiva , o negativa . Ciò per
altro potrà praticarsi colla bussola , usando le pallette.
GAP. Vili.
Delie Classi.
§.67.
Avendo per oggetto questo R. Istituto la floridezza della Nazio-
ne poggiala su le Scienze utili , quali sono T Economia pubblica e
privata , T Agricoltura , e le Arti che vengono sussidiate dalle Mate-
matiche , dalla Fisica , dalla Chimica , dalla Storia naturale , dalla
Medicina , e dalla Veterenaria , le sue occupazioni per esser condotte
con conveniente analisi , saran distribuite in cinque Classi nel modo
seguente.
1 . Matematiche , ed Arti che ne dipendono.
2. Fisica , e Chimica , ed Arti che vi han rapporto.
3. Storia naturale con la sua applicazione,
4. Medicina e Veterenaria.
5. Economia civile e rurale.
§. 68.
§. 68.
^ Ciascuna classe avrà un numero iudcterminato di Socj , conve-
niente però alla quantità del materiale. La loro destinazione sarà
fatta prudenzialmente in un assemblea generale.
§. 69.
Un Socio non potrà appartenere a due classi . Resterà però in
arbitrio di ciascun Socio il produrre delle memorie su qualunque
materia , abbeuchè appartenente alla classe non sua.
§. 70.
Ciascuno argomento , o discussione sarà rimessa in puTsblica se-
duta a quella classe cui sì appartiene , e anche a due e a più , se
la materia lo esiga.
§■ 7»-
Ciascuna Classe avrà un Presidente , ed un Segretario , i quali
si cambierauno in ogni anno , e la cui elezione non sarà dissimile
dalla esposta nel §. 19.
§■ 72-
Le Classi avranno le loro particolari sedute nello stesso locale
del R. Istituto , e sarau convocate d' ordine del Presidente della
classe , e con biglietto del Segretario speciale.
§.73.
Le discussioni saranno registrate dal Segretario e firmate da
tutti i componenti.
r a §. 74-
xliy
§• 74.
I rapporti saian segnati dal Presidente , e dal Segretario , fatta
che ne sarà la lettura nella sessione Accademica.
§. 75.
Nella riunione di più classi presederà il più anziano de' Presi-
denti delle medesime , purché però non vi sia il Presidente dell' Isti-
tuto, il (juale ha il dx'Mo d'intervenire , e di votare in tutte
le classi .
§• 7&-
Ciascun Segretario delle classi potrà aver carteggio co' Socj Cor-
rispondenti , che dipendono dalle medesime .
§• 77-
Tutte le memorie lette , o presentate al Real Istituto , saranno
rimesse alle classi rispettive , le quali , inteso 1' Autore nel caso si
credesse che la memoria meritasse o cambiamenti , o dilucidazioni ;
e dopo maturo esame , ne faranno rapporto all' intiero Istituto acciò
si decidesse se meritino , o no d' essere inserite negli atti , 0 se dehf-
ba farsene altro uso.
GAP. IX.
Delle memorie da coronarsi per cohcorso
§• 78-
Ciascuna Classe presenterà in ogni anno un programma che
crederà il più conducente a proporsi per 1' utilità nazionale , e dal
Real Istituto dovrà essere approvato in una Sessione generale . Sarà
in-
inoltre umiliato a S. M. , affinchè , vedendone 1' impórtanra , possa
asst'gnai'vi de' preiaj convenienti.
' §• 79-
Ottenuto da S. M. il permesso , e la destinazione de' premj , si
renderà puiblico colle stampe.
§. 80.
Elasso il tempo prefisso , i concorrenti presenteranno le loro me-
morie al Segretario PerpetHO chiuse , o aperte a lor piacere , ma
senza nome di autori , e segnate con un motto arbitrario.
Contemporaneamente presenteranno una scheda siiggellata , nella
quale sarà notato il nome dell' autore , e al di fuori sarà segnata
con lo stesso motto scritto nella memoria .
§. 82.
Le Memorie saranno rimesse alle classi rispettive , e le schede
saranno conservate nella cassa del suggello .
§. 83.
Le classi , fatto un severo esame di tutte le memorie , ne fa-
ranno in iscritto la classazione , che sarà presentata alla generale
unioue dell' Istituto , il quale in un' altra sessione dovrà decidere a
voli segreti del loro merito ; e del premio da conferirsi .
S- H.
In seguito di tal rapporto sarà fissata la sessione generale , che
rivi
il convoclicrà con due biglietti l'flrtiooUTÌ , e specificati , ed In essa
si coronerà la memoria , che più avrà soddisfatto ai programma , «
quelle che meritano 1' accessit .
§. 85.
Nel tempo che si frappone tra '1 rapporto fatto dalle Classi , e !a
decisione dell' Istituto , sarà in libertà d' ogni Socio d' istruirsi del
contenuto si delle memorie , che de' rapporti delle classi ; a qual ef-
fetto si terranno in Archivio a continua disposizione di tutti i Socj ,
ma non si potranno estrare per qualunque causa .
§. 86.
Al momento che sarà fatto il giudizio , si apriranno quelle sche-
de che avranno i corrispondenti motti della memoria che avrà me-
ritato il premio , e di quelle che avranno ottenuto 1' accessit , e si
pubblicherà il nome dell' autore rispettivo , bruciandosi le altre sche-
de nella stessa pubblica sessione .
§• 87-
Si supplicherà il Re tutte le volte che si dovrà fissare il giorno ,
e il luogo della gran sessione.
§. 88.
L' atto' accademico di ammissione al premio sarà stampato, e
scritto nel libro .
§• 89.
Oltre a'premj sopradetti, se saranno presentate al Real Istituto
memorie , libri , invenzioni , perfezioni di metodi tecnici , modelli di
macchine , ed ogni altro che tendesse ad aumentare la pubblica ilori-
dez-
slvli
dezza , ne sai-à fatto rapporto al Real Trono , per implorare un
premio corrispoudente.
C A P. X.
De' Regis'^'ri.
§• 9°-
Vi saranno quattro registri generali . Il primo conterrà la Real
determinazione, con cui fu fondato il Real Istituto , i presenti Sta-
tuti , r elezione de' Socj , il loro elenco , ed ogni altra innovazione
che abbia forza di statuti, o di cainbiamento de' presenti.
§■ 91-
Il secondo sarà il registro delle Sessioni generali.
§. 62.
11 terzo comprenderà le relazioni del Governo.
§•93.
Il quarto sarà il registro delle lettere che saran dirette ai Cor-
rispondenti , e ad altri particolari in nome dell' Istituto.
§• 94-
Ciascuna classe avrà il suo registro delle sessioni , quello dei
rapporti all' intero Istituto , e delle lettere a' Socj Corrispondenti.
§• 95.
Tutti siffatti registri , terminato 1' attuai bisogno , saranno con-
servati nell' Aixhivio. CAP.
xlviii
GAP. XI.
De' Suggelli.
§■ 96-
Il Real Istituto avrà due suggelli , uno grande pe diplomi di
Socio , e di Corrispondente , e per gli atti di approvazione , o di
coronazione ; T altro piccolo per le lettei'e.
§•97-
Il suggello grande sarà conservato nell' Archivio , e chiuso con
due chiavi , delle quali una sarà presso il Presidente , e T altra ia
potere del Segretario Perpetuo .
§• 98-
Il grande sarà apposto ove contenga , nel tempo d' una sessio-
ne , negli atti della quale sarà fatta menzione della carta che ne sia
stata munita,
§■ 99-
Il piccolo sarà presso il Segretario Perpetuo , per adoperarlo
Belle relazioni , e nelle lettere scritte a nome dell' Istituto,
GAP. XII.
De" Soci Onorari,
§, 100.
I Socj Onorarj avranno un posto nelle assemblee ordinarie , e
pubbliche.
S- 101.
Essi potranno essere nominati fra Socj , che saranno deputati
al Re , o a suoi Ministri.
C A P. XIII.
De' Soci Cohbispondebti.
§. loa.
I Socj Corrispondenti che si troveranno in Napoli, potranno assi-
stere in tutte le assembree periodiche , e pubbliche.
§. io3.
Essi avranno una voce consultiva , e potranno fare delle pro-
poste , e delle discussioni su tutti gli oggetti delle deliberazioni.
Napoli 6 Novembre i8io.
APPROVATI.
Firmato-GlOACCBmO NAPOLEONE
Per copia conforme
Il Ministro dell' interno
Firmato GIUSEPPE ZURLO
CA-
h
CATALOGO
Dei Signori Ascritti al R. Istituto.
iiiicapiiiw
Socj Ordinarj .
Anaantea Cavaliere Bruno, P. P. di Anotomla Pratica.
Andria Cavaliere Nicola , P. P. di Medicina Teoretica.
Andrai Cavaliere , Medico di S. M.
Barba Antonio , Professore di Fisica.
Bianchi Giovanni, Medico Direttore dello Spedale di S. Francesco.
Boccanera Angelo , P. P. di Chirurgia.
Bonnet Giovanni.
Briganti Vincenzo , Professore -di Botanica.
Capecelatro Giuseppe , Arcivescovo di Taranto , e Consigliere di Stato,
Carelli Cavaliere Francesco , Capo della Seconda Divisione nel Mini-
stero dell' Interno.
Cagnazzi Luca , P. P. di Pubblica Economia. '
Cotugno Cavaliere Domenico , P. P. di Anotoiuia.
Costanzo Cavaliere , Colonnello del Real Corpo del Genio.
Conciliis Gennaro , P. P. di Fisica.
Cottrau Cavaliere Guglielmo , Ispettore alle riviste della Real Marina.
Coco Cavaliere Vincenzo , Consigliere di Stato.
Daniele Cavaliere Francesco , Direttore della Stamperia Reale.
Delfico Cavaliere Melchiorre, Consigliere di Stato.
Fazio Giuliano , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade.
Flauti Vincenzo , P. P. di Matematiche Miste.
Pergola Nicola , P. P. di Matematiche sublimi.
Ferrara Michele , Professore di Chimica.
Gagliardi Gaetano , Segretario perpetuo.
Gagliardo Giovan Battista, Direttore Generale dell" Agricoltura dei
Beni della Corona
a 2 Giam-
ht
Giampaolo Cavaliere Paolo, Consigliere di Stata.
Guidi Leandro , Professore di Agricoltura.
Longo Gabriele, Professore di Chimica.
.Macri Saverio , P. P. di Storia Naturale.
Mansi Cavaliere Tito , Segretario del Consiglio di State.
Melograni Giuseppe , Professore di Mineralogia.
Milano Cavaliere Michele , Ciamherlano di S. M.
Monticelli Cavaliere Teodoro , P. P. di Filosofia Morale>
Ouorati Nicola , P. P. di Agricoltura.
Pelliccia Alessio, Professore di Diplomatica.
Petagna Luigi , Professore di Storia Naturale.
Peborde Cavaliere , Chirurgo di S. M.
Pignatclli-Strongoli Francesco , Tenente Generale .
Piscicelli Cavaliere , Tenente Colonnello del Real Corpo del Genia-
Ramondini Vincenzo, P. P. di Mineralogia,
Reynier Cavaliere Luigi , Consigliere di Stato.
Romano Francesco , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade.
Rosini Cavaliei-e Carlo , Vescovo di Pozzuoli , e Consigliere di Stato»
Ruggiero Pietro , Medico Direttore dello Spedale di S. Francesco.
Ruggieri Luigi , P. P. di Meccanica.
Savaresi Antonio , Medico Ispettore dell' Armata ,
Sangiovanni Giosuè , Professore di Storia Naturale.
Sementini Cavaliere Antonio, P. P. di Medicina Pratica,
Sementini Luigi, P. P. di Chimica.
Semola Mariano , P. P. di Logica e Metafisica.
Sonni Domenico , Professore di Matematica.
Stellati Vincenzo, Professore di Botanica, e Vice Segretario Perpetuo.
Stile Cavaliere Ignazio , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade.
Tenore Michele , Direttore del Giardino delle piante.
Venanson Flamminio , Uditore al Consiglio di Stato (a). So-
(a.) Mancano da qnestn elenco i Signori Andrea Savaresi , FUipp o
Ciivulini , Giuseppe Casella, Giuseppe Galante, Monsignor Forges
Davanzati , Vincenzo Petagna , che la morte ha rapito alla Patria ^
ed alle Lettere. De' mede%inii si daranno i corrispoadenU articoli /le*
erologici nel tegnente volume .
Ini
Socj Onorarj.
Abbamonte Giuseppe, Giudice della G. C. di Cassazione,
Andrcs Giovauni , Prcfello della Pubblica Biblioteca.
Anguissola Conte , Consigliere di Stalo.
Ai'cambal , Consigliere di Stato.
Bisignano Principe di , Consigliere di Stato.
Baudus , Sotto Governatoi-e di Sua Altezza il Principe Keals.
Belli Andrea , Bibbotecario Regio.
Bario Marchese.
Charrou , Intendente in Capitanata.
Cavaignac , Consigliere di Stato.
Canzano Duca di , Consigliere di Stato.
Carfora Aniello.
Cassano Duca di , Gran Cacciatore di S. M.
Cantalupo Duca di.
Campochiaro Duca di , Consigliere di Stato.
Cianciulli Michelangelo , Vice Presidente del Consiglio di Stato.
Ciampitti Niccola , P. P. di Eloquenza.
Cotti Luigi.
Curzio Vincenzo , Professore di Matematiche.
De Fusco Aureliano , Professore di Architettura.
De Rogatis Francesco Saverio , Giudice della G. C. di CassazioSK.
De Tommaso Giuseppe, Relatore al Consiglio di Stato.
Della Torre Bernardo , Vescovo di Lettere e Gragnano.
Dragonctti Marchese , Vice-Presidente nella G. C. di Cassazione.
Filangieri Michele , Ciamberlano di S. M. .
Folinea Francesco, Dottore in Medicina.
Franchino Gaetano , Professore di Matematiche.
Galdi Matteo, Intendente in Calabaria Ulteriore.
Gallo Marchese di , Ministro degli Affari esteri.
Gennaro Raimondo di , Consigliere di Stato.
Gianualtasio Felice , Professore ili Matematiche.
Giannattasio Orazio , Dottore in medicina. - -
Laureazana Duca di , Consigliere d/i Stato.
IlV
Lamparelli Michele, Dottore in Medicina.
Lippi Carminantonio , Professore di Mineralogia.
Leone Muzio , Bibliotecario del R. Istituto.
Montagne Camillo, Chirurgo Maggiore della Guardia Reale.
Wannula Antonio , Professore di Anatomia.
Nolli Barone , Consigliere di Stato.
Pignatelli Giuseppe , Ministro Segi-etario di Stato.
Pignatelli Luigi , Tesoriere del Real Ordine delle Due Sicilie.
Petrucci Alessandro , Giudice della Corte di Appello di Napoli.
Poerio Giuseppe , Procuratore Generale nella G. C di Cassazione.
Puoti Giovan Maria.
Parisi Giuseppe , Consigliere di Stato.
Ricciardi Francesco , Gran Giudice Ministro della Giustizia e Culto.
Rucco Giulio, Dottore in Medicina.
Ruffa Giuseppantonio , Prefett» della Biblioteca della Università.
Sansone Domenico, Giudice della G. C. di Cassazione.
Scatigna Vitantonio , Professore di Chirurgia.
Santarpino Duca di , Consigliere di Stato.
Simone Francesco , Consigliere di Stato.
Spinelli Luigi , Direttore del Collegio di Marina.
Sterlich Pietro , Presidente del Comitato di pubblica beneficenza.
Sirignano Principe di , Consigliere di Stato.
Suppa Pasquale , Dottore in Medicina.
Susanna Tommaso, Procurator Generale presso la R. C. de' Conti.
San Teodoro Duca di , Gran Maestro di Cerimonie di S. M.
Ventignano Duca di.
Zurlo Giuseppe Conte , Ministro dell' Interno.
Socj Corrispondenti nel Regno.
./\.Liprandi Giovanni Pennei
Acclavio Domenico Taranto.
■Gl'acri Gregorio Catanzaro.
Araneo Gio: Battista Solniona.
Biscardi Lucantonio Caserta.
Bisceglia Yitangelo Terlizzi.
Ca-
h
Casazza
Chiamo
Coletti
Comi
Candito
Candiota
Cagnazzi
Corte
Cortese
Cerasoli
Cassitti
Como
Durini
DelGco
Del Giudice
De Acetis
De Lucretiìs
D' Egidio
De Focatiis
De Sanclis
De Rospis
De Leo
Filippi-pepe
Fiore
Gatti
Giovene
Orio
Gervasio
Giannelli
Jatta
Lapira
Lagioja
Lioncavallo
Lombardi
Michitelli
Antonio
Vincenzo
Michele
Vincenzo
Francesco
Onorato
Giuseppe
Matteo
• Paolo
Carlo
Federigo
Massimo
Giuseppe
Oi-azio
Gennaro
Cherubino
Gaetano
Antonio
Vincenzo
Giacomo
Francesco
Annibale
Francesco
Felice
Serafino
Giuseppe
Giuseppe
Antonio
Antonio
Donato
Gaetano
Giuseppe
Giuseppe
Filippo
Eugenio
Monlefuscolo.
Cotrone.
Atri.
Teramo.
Lecce.
Altamura.
Àltamura.
Salerno.
Potenza.
Gallipoli.
Bovino.
Taranto.
Chicli.
Teramo.
Fraine.
Caramanico.
Sansevero.
Barletta.
Serre.
Ferrazzano.
Musciano.
Arciv. in Brindisi
Civitella
Molfetta.
Foggia.
Molfetta.
Polistena.
S. Severo.
S. Severo.
Conversano.
Foggia.
Taranto.
Barletta.
Lucerà.
Teramo.
Mai^
Ivi
Manni
Pasquale
Lecce.
Morina
Giuseppe
Portici.
Melluso
Antonio
INIontesarchio.
Mosca
Antonio
Aquila.
Moschettini
Cosimo
Martano.
Morelli
Vincenzo
Taranto.
Messeri
Gioacchino
Cajazzo.
Marugi
Giovanni
Manduria.
Milone
Marc' Angelo
Avellino.
Montenegro
Giuseppe
Lecce.
IVIancai-elli
Benedetto
Lecce.
Manfredi
Gio: Battista
Allamura.
TMammone
Francesco
Monterosso.
Mola
Emanuele
Bari.
Malvazzi-Malvini
Antonio
Matera.
Monticelli
Pietro
Brindisi.
Nardi
Luigi
Arpino.
Pinto
Vincenzo
Salerno.
Pacelli
Giuseppe
Manduria.
Palma
Achille
Galatone.
Pepe
Raffaele
Civitacampomarano.
Petrolini
Giovanni
Cervaro.
Rossi
Canonico
Maddaloni.
Ricciardi
Francesco
Caserta.
Romano
Alessio
Pato.
Rosato
Giuseppe
Foggia.
Ripoli
Giovanni
S. Severo.
Salvia
Carlo
Tito.
Scarano
Giosuè
Trivento.
Taulero
Giovanni
Teramo.
Torti
Carlo
Teramo.
Todaro
Diego
Taranto
Topputi
Domenico
Bisceglie
Virgilio
Gaetano
Barletta.
Vulturale
Nicola
Canosa.
Uracri
Giuseppe
Catanzaro.
Ivii
ELENCO
Delle Mt morie lette che non han luogo in questo
|k^ primo Tomo .
■■millim^lii
SIG. ARANCO.
Statistica del suolo Sulmonese, '
SIG. CHAVASSIEUX.
Dell' Epidemie in generale , e de' modi di prevenirle , e curarle.
Sulla malattia del iiioco S. Antonio ; modo di prevenirla , e cu-
rarla .
Sull'Epidemia che regnò in Caserta nell'anno 1807.
SIG. CAGNAZZI DE SAMUELE LUCA.
Sulle curve parallele.
SIG. CASSITTO GIULIO.
Sulle miniere della Provincia di Capitanata.
MGR. FORGES DAVANZATI.
Su i cangiamenti fisici del Regno di Napoli.
Sullo slato fisico del Regno di Napoli.
Su i cangiamenti fisici dell' Italia.
Suir Epoca dell' emersione dell' Italia dalle onde.
a SIG.
SIG. GAGLIARDI GAETANO.
Sulla necessità di ristabilirsi la fabbrica della porcellana in Napo-
Ji , e mezzi per eseguirla .
SIGNORI CEMBALI , e SCHIAVONE.
Sulla miniera di ferro di Acemo.
SIG. MELOGRANI GIUSEPPE,
Geologia delle montagne d' Avella.
Descrizione di alcune pietre rinvenute nel Territorio di Ginosa in
Terra d' Otranto.
Su tre minerali venuti da Calabria.
SIG. MONTICELLI TEODORO.
Sul burro.
Sul formaggio.
Sulla Grotta della Linganasa,
SIG. RANALDI DOMENICO.
Sull' imbiancamento delle fibre Tegetalì.
SIG. ROCCO DOMENICO.
Piano di pubblica economia.
SIG. SEMENTINI ANTONIO.
Sulle medicine calmanti.
«G.
hi
SIG. SEMENTINI LUIGI.
Analisi chimica delle acque Acetosella e Media di Castellamare .
Sul preteso fenomeno della incomLustibilità .
Sulla Bacchetta Divinatoria.
SuU' uso medico del muriato di calce per le malattie linfatiche.
Sul Potassio , e Sodio . Memorie due.
SIG. TENORE MICHELE.
Sul modo da ottenere un liquore zuccheroso dalle canne del fru-
mentone , e da varie specie di saggine.
SIG. PRISCO CARMELO.
Sulle intemperie dell' aria clie sogliono produrre de' tifi disenterici.
SIG. PEPE VINCENZO.
Nuovo estratto stittico per V emottisi.
ELEN-
ELENCO
Delle opere puhJjlicatc da'Socj dal 1806; epoca
dell'istallazione del R. Istituto.
«WWW^^^IWW»
SIG. ANDRIA NICOLA.
iyj.ateria Medica in 8. Napoli 1811.
SIG. CAGNAZZI DE SAMUELE LUCA.
Elementi dell' arte Statistica. Tomi due in 8. Napoli i8og.
SIG. FLAUTI VINCENZO.
Geometria Descrittiva. In 8. Roma 1807.
Lettere sulla medesima. In 8. Napoli 1809.
Addizione alla memoria delle Frazioni del Sig. Pergola. In 4. Na-
poli 1810.
SIG. FERRARI MICHELE.
Istituzioni di Farmacia Chimica. In 8. Napoli 1810.
SIG. GAGLIARDI GIO. BATTISTA.
Catechismo Agrai-io. In 8. Napoli 1807.
Biblioteca di Campagna. lu 8. tomi venti Napoli dal 1807 al i8og.
Descrizione Topografica di Taranto. In 8. Napoli i8u.
SIG.
In
SIG. CALDI MATTEO.
Pensieri sull' istruzione pubblica relativamente al Regno di Napoli .
In 8. Napoli i8o().
Stato Politico sull'Olanda. In 8. Tomi due. Milano 1809.
SIG. MONTICELLI TEODORO.
Dell' Educazione , e Governo delle api nell' Isola della Favignana .
In 8. Napoli 1806.
Suir Economia delle acque da ristabilirsi nel Regno di Napoli. In 4-
Napoli i8oy.
SIG. MELOGRANI GIUSEPPE.
Manuale Geologico. In 8. Napoli uSog.
Istruzioni Fisiche ed Economiche su i boschi. In 8. Napoli i8io.
SIG. ONORATI NICOLA.
Sul miglioramento de' vini Napolitaili. In 8. Napoli 1808.
Sul coltivamento , ed industria della Bambagia. In S.Napoli 1809.
li Calendario dell'Agricoltore. In 8. Napoli 1810 e i8n.
SIG. RUGGIERI PIETRO-
Lettere Ottiche. In S. Napoli 1808.
SIG. RIZZI FILIPPO.
Osservazioni Statistiche del Cilento. In 8. Napoli i8oq.
SIG. STELLATI VINCENZO.
Istìtozioni di Filosofìa Botanica. In 8. Napoli 1809.
SIG.
Itii
SIG. SAVARESI ANTONIO.
Medicine Militaire ; ou Histoire Medicale ,de T armée de Naples .
In 8. Paris 1807. ^
Memorie , ed Opuscoli fisici e medici suU' Egitto. In 4- Napoli 1B08.
De la Cévre jaiiue en gouoial , et particuliermciil de celle qui a re-
gné à la Martiniqiie cu l'an XI et XII ( i8o3 , et i8o4 )• To-
me premier . lu 8. Naples i8io.
SIG. SEMENTINI ANTONIO.
Parere sulla Tisi polmonare in 8. Napoli 1809.
SIG. TENORE MICHELE.
Corso delle Botaniche lezioni. Fitognosia Tomo primo e second»
in 8. Napoli 1806, e 1810.
Saggio sulle qualità medicinali delle piante della Flora Napolitana ,
e sulla maniera di servirsene per surrogarle alle droghe Esotiche.
In 8. Napoli 1808.
Catalogo delle piante del Real Orto Botanico di Napoli. In 8. Na~
poli 1808.
Catalogo delle piante dell' Orto Botanico del Principe di Bisignano.
In 8. Napoli 1809.
IN-
(^ )
Dei vantaggio che sì può ricavare dalle osservazioni
meteorologiche per V avanzamento delle scienze utili.
Discorso del socio ordinario Luca de Samuele
Caonazzi P- professore di economia politica nella
Regia Università di Napoli , letto nell'adunanza del
giorno 26 febbrajo 1807.
Il OTissiMO è , che le funzioni de' corpi organici ces-
sano al monienlo che manca 1' eccitamento , ossia
quello stimolo conveniente de' corpi esterni , che ne
promuovono l' attività . Sono da collocarsi tra questi
principalmente le meteore, la cui diretta influenza pro-
duce la vita SI animale , che vegetativa, e le sue fun-
zioni ne regola, e ne ravviva : che perciò è dei no-
stro massimo interesse il riconoscerle parlilanif^nte , e
i' osservare con diligenza i loro varj andamenti co'
melodi finora escogitati.
L' aria respirabile , ossia quella massa fluida , che
investe il nostro globo , detta atmosfera , non solo ani-
ma , e regola in primo luogo le funzioni organiche
con le sue meccaniche proprietà , ma con le chimi-
che altresì. La sua enorme gravitazione («) , che ri-
tiene i fluidi ne' canali di lor circolazione , e che fo-
menta la rfspirazione animale , la riconosciamo con
tutta la esattezza nelle sue variazioni , per mezzo del
I
(a) Si calcola su del corpo umano circa 3o mila
■ libbre .
barometro . I suoi moti poi , ossiano i venti , i quali
vedremo quanto influiscano sulle altre meteore , ci
vengono con egual precisione dinotati nella lor direzio-
ne 5 e nella loro forza, cogli anemometri y e cogli ane-
jnoscopi . E siccome la massa dell' atmosfera da due
principali componenti vien formata , differenti nelle
Joro chimiche qualità, e che diversamente influiscono
suir ecoDomia organica 5 cosi mediante gli eudiometri
conoscer possiamo le varietà della loi'o proporzione,
benché a dir il vero tult' i processi finora inventati
mancano di quella precisione , e di quella esattezza ,
eh' è desiderahile in un corso di delicate osservazioni .
Nulla poi dico delle altre sostanze volatili vaganti nell'
atmosfera, capaci di stimolare le fibre organiche , per
le quali finora non si sono rinvenuti processi valevoli
ad analizzarne speditamente la loro indole , e la loro
intensità [a] ; solamente qualche metodo di correzione
abbiamo per alcune di esse , dopo che da' funesti ef^
fetti ce ne siamo avveduti .
Il calorico , quella sottil materia , che con la sua
combinazione mantiene nello stato di fluidità 1' atmo-
(a) Si propose amii sono in Inghilterra di tener
sospesi de' palloni di vetro ^ entro de' quali vi Josse
del ghiaccio col sale ; di raccogliere poi in dose suf-
ficiente ad un analisi chimica T umido che investe que-
sti palloni entro a delle tazze y radendo dolcemente la
loro estrema superficie con coltelli dello stesso vetro :
ma un tal metodo fu ritrovato inefficace ■
C3)
sfera , Iia la più notabile influenza su lult' i corpi or-
ganici . La sua mancanza , ed il suo eccesso , relativa-
mente al bisogno , cagionano mano mano delle altera-
zioni, e delle sospensioni alle lor funzioni, e quindi
anche la lor distruzione . Però questi fenomeni bau
luogo allorché dallo stato di combinazione , o di lati-
tazione , rendesi il calorico attivo , e sensibile . I fisi-
ci han ritrovato de' metodi da misurare il calore sotto
questi due aspetti ; ma per noi giova solamente accen-
nare , che mediante il termometro possonsi misurare
comparativamente i gradi del calorico sensibile , detto
perciò termometrico , o semplicemente calore .
I gradi del calore dell' atmosfera diconsi poi con
particolarità, temperatura . Questa generalmente opera
su' corpi organici, per cui è l'oggetto delle nostre vi-
ste principali . Se gli effetti del grande astro non fos-
sero disturbati neir atmosfera da cagioni , o accidenta-
li , o locali , sarebbero costanti ne'periodi, com'è il suo
corso, uniformi nelle stesse latitudini, e proporzionali
alla differenza di queste. La determinazione della tem-
peratura sarebbe in quel caso un risultato perfetto di
semplice calcolo , dato il punto del periodo del sole ,
e quello della superficie della terra, detta perciò tem-
peratura astronomica ; ma non essendo cosi , infinite
-viste , e considerazioni preceder debbono per tal de-
terminazione , le quali estend..r si possono sulle ciixo-
stanze locali , che sono visibili , ma non su gli acci-
dt nli , che prevedere , e determinare difficilmente si
possono. Ora per espJlere da' dati gli accidenti gior-
nalieri , che possono influire nel più , e nei meno del-
(4)
la temperatura , si coacervano da' meteorologi tutt' i gra-
di termometrici di uq mese , o di un anno , e preso-
ne il medio colla conveniente divisione, la chiamano.
temperatura media , mensuale , o annua .
J\on tutt' i corpi organici sono stati costituiti dal-
la natura in modo da star bene in tutte le temperature
terrestri ; che anzi se vi sono degli animali , a' quali
è stato conceduto dalla natura un particolar istinto di
garantirsi da' rigori della temperatura con alcuni mez-
zi , ciò non esclude che non soffrano , posti in una
temperatura disconvenevole . I vegetabili poi , privi di
quello , che a rigore dicesi senso , e della facoltà loco
motiva , non possono garantii'si da questi rigori , on-
de nudamente ne ricevano le impressioni , per cui
senza un artificio umano è impossibile, che alcune
piante di un clima allignino in un altro molto diffe-
rente . È dunque della più grande importanza il co-
noscere , e '1 valutare la temperatura locale , per cono-
scere con precisione quelle piante , e quegli animali ,
che introdur si possono , e qual esser debba il metodo
di trattarli in cadaun paese. La valutazione di tempe-
ratura su di un modello costante, secondo le idee del
celebre A^/nvrtn ^ sarà poi l'oggetto di un altro discorso.
L' acqua somministra due degli essenziali compo-
nenti i corpi organici , come la nuova chimica ne di-
mostra ; e quindi intendesi come a spese di essa an-
dar debba avanti la loro vita . Niuno ignora quanto le
piogge influiscano alla vegetazione . Vi sono però de'
vegetabili , che bau bisogno per loro alimento di ab-
boudaulissime acque , altri al contrario vi stanno ma-
le , e languiscono ncU' abbondanza . È dunque della
precisa necessità conoscere il tempo della caduta delle
piogge, il loro periodo, la lor quantità mensuale , ed
annua in ciascun luogo , e gli altri fenomeni cbe 1' ac-
compagnano, per regolare le operazioni campestri. Con-
tribuiscono assai le circostanze locali , come la posizio-
ne de' mari , de' laghi , de' fiumi , de' monti , e delle
selve ; la qualità del terreno , ed altre simili , che non
sono cosi facili a calcolarsi ; quindi giova verificare
con le osservazioni il periodo , e '1 quantitativo medio
delle piogge , ed ogni altro che vi ha influenza .
Tralascio di parlare, in grazia della brevità , de-
gli effetti delle giornaliere brine, de' veementi stimoli
che danno a' corpi organici le brume , le nevi, le gra-
gnuole ed altre simili meteore acquose , essendo questi
abbastanza noti a tutti .
La influenza dell'acqua poi su de' corpi organici
non è solamente nello stato concreto di essa , ma in
quello di vapore altres'i . Di fatti frammischiandosi que-
sta con r aria atmosferica diventa allora un sottil flnido
circonfuso a' corpi organici , che serve di stimolo- ad
alcune delle loro funzioni , ed anche di alimento a'vc-
gttabili , che l'attirano col mezzo delle foglie. Que-
sto vapore però , allorché trovasi in perfetta combina-
zione , ossia in dissoluzione nell' aria , e saturato di
calorico , rendcsi invisibile , ed incapace di essere con
facilità misurato da' fisici ; quindi non altrimenti che il
calore latente , sfugge alle osservazioni esatte , mentre
sarebbe della piìi grande importanza trovarne il mo-
do spedito da valutarlo . Coraiacia dunque a ricouo-
(6)
scerlo r osservatore allorché dallo stato predetto di som-
ma elasticità , e di combinazione coll'aria , passa a quel-
lo di semplice sospensione , ossia , che rendcsi sensi-
bile con notabile impressione su' corpi organici . Ci
serviamo a tale oggetto degl' igrometri , che sono di
sostanze organiche composti , e con preferenza , come
più sensibili , delle animali nello stalo di morte , le
quali attraendo 1' umido sensibile dall' aria si distendo-
no, e si raccorciano abbandonandolo j queste variazio-
ni con differenti metodi vengono segnate nelle scale ,
e vengono rendnte comparabili , Le fibre organiche pe-
rò , e specialmente le animali, siccome nello stato di
vita per un saggio provvedimento della natura acqui-
stano col tempo una certa indiffei'enza agli stimoli,
eh' è ciò che dicesi incallire , così parimenti nello sla-
to di morte non solo acquistano una simile indifferen-
za alle impressioni dell' umido , ma quella altresì a
prontamente riceverlo , e a comunicarlo a' corpi vicini.
Ne nasce da ciò , che le variazioni dell' umido atmosfe-
rico non possono mai essere dinotate da varj igrometri
con esatta comparabilità . Questi generali difatti degl'
igrometri vengono in parte corretti con l'uso di quel-
lo a capello di Saussure , purché spesso vengagli cam-
biato il capello . («) Il volere sostituire altre sostanze ,
(a) Porta qualche impaccio la snstitiizinne de' ca-
pelli a questi igrometri , variinlosi la graduazione ;
ina a ciò è stato da me riparato con una aggiunta
fattavi ,
( 7)
come 1 sali , o gli acidi alla costruzione degl' igrome-
tri , i quali imbevendosi dell' umido vagante possano
col peso accresciuto dinotarlo , soffre gravisssiuii in-
convenienti 5 cos'i pure quelli proggettati , mediante
r elettricismo , a s. gno , che se n' è lasciato il pcn-
siere .
Questo ramo di osservazioni meriterebbe una mi-»
gliorazione in tutta la sua estensione, se fosse possibi-
le , giacché il vapore elastico 5 ossia invisibile , non es-
sendo altro che l'acqua saturata di calorico, e di elet-
tricismo , al massimo grado possibile , mentre all' op-
posto nello stato vescicolare, ossia apparente contiene
la minore dose possibile di questi due fluidi : quindi
avviene, che se l'atmosfera da serena fassi torbida,
il calorico abbandonato altera la temperatura, e l'at-
mosfera ne diviene elettrica positiva, e ciò per elettri-
cismo abbandonato; all' opposto se da torbida ella pas-
sa allo stato sereno , la temperatura si diminuisce , e
r atmosfera passa allo stato elettrico negativo . Contri-
buendo dunque alle variazioni della temperatura que-
ste conversioni , benché non ne sieno desse le sole
cagioni , e dando elleno alle meteore elettriche 1' ori-
gine altresì, ottimo sarebbe se riconoscere si potessero
con ogni precisione. L'occhio però dell'osservatore
esperto per la lunga pratica supplir potrebbe in parte
a ciò, col notare continuamente le varie tinte del cie-
lo. Sono per altro finora vaghe, ed incerte le osser-
vazioni fatte su quest' oggetto da' meteorologi , forse
perchè non han dato loro tutto quel peso , che meri-
tano . Non dico con ciò , che si fiieuo tralasciali di
(8)
segnare all' ingrosso i varj aspetti del cielo , le nubi
sfumate , le caligini ec. ma si sono trascurate quelle
delicate tinte , che gioverebbe Gssare con una gradua-
zione comparativa , come in un altro articolo sarà da
me particolarmente esposto .
L' elettricismo , essendo , come si è detto , uno de'
componenti de' vapori con simil legge del calorico,
( onde i vapori elastici , vescicolari , concreti , cioè le
piogge , contengono in combinazione progressivamente
minor dose di elettricismo ) col passaggio successivo
secondo 1' ordine esposto , rende 1' atmosfera elettrica
positiva in rapporto alla terra j come il passaggio in-
verso la rende in conseguenza elettrica negativa . Ora
s^ questi passaggi son assai rapidi il disquilibramento
elettrico tra la terra e 1' atmosfera trovasi ad un trat-
to eccessivo , il quale se ha mezzi da ristabilirsi in si-
lenzio , lo fa , in altro caso vediamo le spaventevoli
meteore elettriche e spesse volte i tremuoli , essendo
più che dimostrato , esser l' elettricismo un potentissi-
mo stimolante , per conseguenza , qualunque sia il ,
suo passaggio tra l' atmosfera e la terra , ed inver-
samente , stimolar dee le fibre de' corpi organici , po-
sti sulla di lei sujierficie . Non è poi una qualità pri-
vativa delle fibre nervine la sensazione elettrica, giac-
ché l'esperienza dimostra, the la lisentono anche le
piante. Chi non sa il risultato di tante esperienze ten-
tate coir elettricismo su vegetabili ? Gli efìelli de' re-
pentini temporali a secco , e de' tremuoli sulla vege-
tazione sono abbastanza noli : lo sconcerto , che si pro-
duce nella economia fisica dell' uomo da' fenomeni
(9)
temporaleschi , e da' Iremuoti , non è tolalmente 1' ef-
fetto del nostro sistema morale agliaio , effettuandosi
anche in alcuni bruti molto diversamente dall' uomo
organizzati . Riguardar dobbiamo inoltre non solo i
funesti fenomeni di questi violenti passaggi , ma ben
anche il periodico stato elettrico dell' atmosfera se sia
negativo , o positivo , e quella secreta corrente elet-
trica , che scorre per lo j^'ù dall' atmosfera alla Terra ,
o da questa a quella, e combinarla con gli altri feno-
meni meteorologici , e specialmente con 1' aspetto del
cielo , e con quei delicati efletti , che risultar ne pos-
sono ne' corpi organici. L'ultimo apparato , escogitato
dall' insigne Cavalier Volta dell' elettroscopio a pagliette
col lanternino , pare che per la sua semplicità, e com-
parabilllà contenti per ora i nostri desiderj , purché si
usi quella solita pratica , e vigilanza nelle minute os-
servazioni elettriche ricercata ; ma desiderabile sareb-
be , che altro apparato più sensibile , e comparabile si
ritrovasse , cosa che non parnii difficile ora che un tal
ramo è divenuto F oggetto della occupazione di tutti i
fisici .
Finalmente risguardar dobbiamo la luce , come uno
degli eccitanti principali della regolarità delle funzioni
organiche , a segno tale , che non solo gli animali ,
ma i vegetabili tutti la ricercano per un ammirabile
instinto, e senza di essa languiscono , né danno pro-
dotti di perfezione alcuna ; anzi pare, che entri in com-
binazione con gli altri principj componenti i corpi or-
ganici . Chi non sa l'attivila di alcuni fiori, che si
rivolgono all' aspello del sole per riceverne pienamen-
2
( IO )
le j raggi? Ma non solo la vivissima luce del sole ani-
ma le orgauiclie funzioni , ciò fa quella eziandio , hen-
cliè debolissima , della luna . Un tempo si credea ,
anche con superstizione , agi' influssi lunari , forse per
qualche sperienza esagerata dall' immaginazione . Si
corse subilo all' opposto , solito passaggio precipitoso
che fa l'uomo, e si annullò ogn' influsso lunare. Ora
le osservazioni ci hanno persuasi , colia scorta dell' in-
signe Toaldo , ad ammettere gli effetti della luce lu-
nare , la quale benché infinitamente inferiore a quella
del sole, è sempre però una quantità reale in riguar-
do al nulla . Se dunque creder non si voglia capa-
ce ad eccitare la vegetazione , sarà almeno sufficien-
te , come le osservazioni ci mostrano , a maiiten cr-
ia in qualche modo attiva . Vediamo in fatti , che
durante il periodo della luce lunare le piante sono
più vigorose , e non cosi quando regna il bujo not-
turno .
Se però la luce de' due gran luminali liberamente
su la superficie terrestre glugnesse , il solo calcolo ce
ne darebbe la qualità , appoggiandolo su le distanze
de' luminari , e su la inclinazione delle superficie irra-
diate ; ma siccome passando per la densità dell' atmo-
sfera soffre ella una perdita , che misurar non si può
per mancanza de' dati accidentali , cos'i non farà mai
esatto qualunque calcolo che voglia farsi . Un foto-
metro , ossia misurator della luce , sarebbe desiderabi-
le , ma unir dovrebbe speditezza , e comparabilità, per
accoppiare alle altre osservazioni periodiche quella
della luce cadente . Non mancano j è vero , processi
( '' )
chimici , che indichino 1' efìetlo della luce , ma non
hanno le desiderate prerogative da essere adoperati
all' uopo indicato . A questa mancanza l' abile osserva-
tore supplir dee per quanto può con la sua avverten-
za , indicando 1' aspetto del cielo , e propri aiiienle se
il luminare eh' è sull' orizzonte sia oscuralo più o uìe-
no prudenzialmente da nubi dense ed oscure , o sem-
plicemente velato, dallo slesso vapore , che altera la
tinta del cielo , come già si è detto . Ogni altro feno-
meno poi di semplice apparenza non dee trascurarsi
dall'esatto osservatole , giacche da esso ad arguir si
viene dello slato de' vapori che nuotano nell' atmosfe-
ra , e che sono la cagione di ogni meteora di semplice
apparenza ^
Se dunque la temperatura , la quale formasi dal
corso periodico del sole , e dalla latitudine locale ,
soffre variazione per gli cambiamenti di stato de' va-
pori ; se questi stessi danno origine a tutte le meteore
elettriche ; se l'azione della luce vien da questi vapori
intercettata col rendersi sensibili , e con ciò opachi ,
può dirsi , che queste varietà meteorologiche sieno
conseguenze immediale di quelle de' vapori . Questi
poi vero è che ubbidiscono alla temperatura astrono-
mica , ma più assai all' azione de' venti . Inoltre ima
corrente di aria venendo pregna di vapori per esser
passata su' mari , o laghi, li depone su di noi ; come
al contrario venendo più secca , per aver abbandona-
ti nel suo corso de' vapori su delle terre , sollecita l'e-
vaporazione delle nostre acque . In egual modo diret-
tauieute influiscono i venti sulla temperatura , venendo
( I^ )
essi dalla linea pregni di calore ; oppure scarsi di
qaesio , sa vengono dal gelido polo . Di più avendo
1 aria la facoltà dissolvente dell' umido, questa auniea-
taudosi iu ragion della sua agitazione e densità ; ed
essendo quindi 1' effetto de' venti quello di accrescer-
ue la massa in alcuni luoghi , e con ciò anche la den-
sità , ìTienlre in altri la minora , ne viene in conse-
guenza , che que' venti , i quali rendono più pesante l'at-
mosfera , come ne indica il barometro , facilitano l'eva-
porazione non solo con l' agitazione , ma ben anche
la densità cresciuta. I venti all' opposto , che fanno
abbassare il barometro , fanno altresì precipitare i va-
pori dall' atmosfera .
Da lutto ciò ben si comprende essere primario
scopo de' meteorologi conoscere, se sia possibile, 1' ori-
gine de' venti , e la lor natura , la quale varia a nor-
ma de' luoghi donde vengono . Ardua impresa è poi
certamente l' investigare le cagioni de' venti ; son desse
molte , ed oscure per noi , non ostante i grandi sforzi
d' immaginazione fatti da tutti i fisici e la lusinga di
alcuni di esservi pervenuti , i quali uel fatto si sono
poi ravveduti del loro inganno . Lungo sarebbe , ed
alieno dal nostro oggetto il voler numerare le opi-
nioni più o meno probabili delle origini de' venti , ma
mi conviene fare qualche osservazione necessai'ia al filo
del mio discorso .
Il sole , e più la luna per la sua vicinanza con la
terra, mediante la gravitazione, producono sulle acque
del mare quello , che dicesi esto , o mar&a . L' atmo-
sfera , eh' è r ammasso di un fluido , che nel grado
( ^3)
^i massima condensazione naturale è ollocento volte
più leggiero dell'acqua, dee risentir lo stesso periodi-
co efletto di esso da simil cagione prodotto . Qnesta
verità fu conosciuta fin dal principio del passato seco-
lo (i) , ma niuno tentava prima dell' insigne Toal-
do (2) paragonare i periodi di questi esti , o maree
atmosferiche , ossia de' venti con delle meteore che ne
dipendono , con quelli de' due predetti astri , e delia
loro azione . Fece egli conoscere , che la luna la quale
regola col suo periodo le maree , contribuir deve som-
mamente alle variaziqni atmosferiche giornaliere, e men-
suali , richiamando , spogliata però da' pregiudizj , 1'
antica volgare opinione dell'influsso lunare. I travagli
profondi di questo illustre Italiano , poggiati su delle
sue lunghe osservazioni meteorologiche , e di quelle
del suo antecessore Marchese Po/e/u, gli aprirono delle
tracce a potere pronosticare all' ingrosso delle variazio-
ni atmosferiche , prendendo per base i periodi solari ,
e lunari.
In questa operazione adunque non di altro tratta-
si , che di assodare in primo luogo col calcolo le pe-
riodiche azioni di gravitazione della luna , e del sole
su r atmosfera , e di dedurne quindi gli effetti , e le
(i) Riccardo Mead : Traaatus de imperio solìs ,
& lunae in corpora humana, et morbis inde oriundis .
(2) Della vera influenza degli astri sulle stagio^
ni , e mutazioni di tempo .
( ^4)
mbs$e con quella maggioi- precisione che sia possì-
Lilv3 ; in secondo luogo eli prevedoie le altre circo-
stanze, che alterare, o disturhar possono queste mosse,
e con quale intensità, e direzione ciò facciasi. Questa
seconda operazione è la più ardua per la mancanza
delle cognizioni opportune .
Una macchina prodotta dal sapientissimo Artefice
aver dee un ordine in tutte le parti : e V ordine ndla
successione delle azioni è ciò che dicesi periodo . Se
r astronomia non avesse fatta tra noi avvanzamenti tali
da aver assodati i periodi degli astri , e le loro orbi-
te , ci sembrerebbero gli ecclissi accidentali, come le
piogge , e come sembravano agli Americani , ritrovati
dal Colombo . Posto ciò dunque 1' uomo non dee pre-
cipitare il suo giudizio credendo accidentali , e senza
periodi i fenomeni atmosferici , perchè non l' abbia po-
tuto ancora determinare . Sono però innegabili i pe-
riodi di alcuni venti riconosciuti , come gli etesj , fia
da' tempi più antichi, e che osserviamo costanti in
alcune regioni , ove altre cagioni locali non gli al-
terino .
Per rischiaramento dell' assunto indicar possiamo
la traccia dell'analisi de' venti giornalieri , che potreb-
bero osservarsi per rimontar quindi alle altre origini de'
venti . Da quel che si è detto si deduce dovervi es-
sere un flusso e riflusso di aria nelle varie ore del
giorno , regolate dal corso lunare , come le maree . L'
atmosfera rarefatta dall'azione de' raggj solari nel me-
rigio , e quindi nuovamente addensata nella notte , deve
avere de' movimenti corrispondenti . I vapori che si
(,5)
sollevano uè' \icini mari durante la presenza del sole
su r orizzonte debbono spingere 1' atmosfera sulla ter-
ra , e ricbiamarla di notte . Queste tre cagioni giorna-
liere possono essere poste a calcolo e dedurre se ne
possono gli effetti con qualcbe precisione , purché al-
tre non ve ne concorrano . Se si unisse ora a questi
lisultali di calcolo la considerazione del periodo luna-
re, e con ciò la concorrenza, e la opposizione della
gravitazione con quella del sole sul!' atmosfera ; se si
aggiugnesse quella degli effetti del calore solare sulla
terra nel suo corso annuo, che a vicenda rai'efà , e ad-
densa l'atmosfera ne' poli opposti ; se tutte le altre cagioni
generali, e particolari de' venti, forse non puranche no-
te , prese con la stessa analisi fossero conosciute , chi
negar oserebbe , che predir non si protrebbero i ven-
ti , che sono i principali moventi delle altre meteore?
Se queste predizioni però non potranno avere il grado
di certezza , e di esattezza , dirò col Toaldo , che
hanno quello di probabilità , e di approssimazione
almeno .
I cronologi da tre periodi , che sono i tre cicli
solare , lunare , e delle indizioni , han formato con la
moltiplicazione il gran periodo Giuliano di 7980 an-
ni , terminato il quale si combina lo stesso numero
de' tre componenti periodi . Quelli poi meteorologici
essendo , come pare , moltissimi , quante migliaja di
anni comprender non dovrebbe il gran periodo me-
teorologico , composto dalla moltiplicazione di essi , se
conoscerli tutti ci riuscisse ? Noi però non dobbiamo
di ciò disperar pienamente , giacché a Toaldo , e ad
(i6)
altri meteorologi è riuscito ravvisarne alcuni , con le
osservazioni di meno di un secolo. E se con le osser-
vazioni astrononiiclie le più remote , cominciate da'
Caldei non ci è riuscito ancora di esaurire la cono-
scenza di tutti i periodi degli astri , come lusingar ci
possiamo di giungervi cosi subito nella meteorologia
assai più difficile , e complicata ? La instituzioae delle
moltiplici osservazioni meteorologiche, fatte con dili-
genza , e con precisione da persone istruite , e con
istronienti perfetti, su varj punti, possono promettere
questo gran bene all' umanità .
Se lungo però sembra questo travaglio , e se mossi
non siamo dal grande utile , che verremo a preparare
a posteri , ci muova almeno 1' utile immediato , che
ne risulterebbe , non solo nel generale , che nel par-
ticolare . Un cumulo di esatta osservazioni atmosferi-
che , con quelle contemporanee sulla economia de' ve-
getabili , e degli animali , mostrerebbe vie più all' uo-
mo col fatto, quale stretta influenza abbiano le mete-
ore su di loro . Non dobbiam noi persuaderne , che
conosciute le generali teorie di tale influenza , non ci
restino da scoprire innumerabili perticolarità . Ci ser-
vano di esempio alcune raccolte , che vanno a male ,
senza poterne a prima faccia conoscere la cagione ; ed
alcune infermità constituzionali , che non si possono
ad altro attribuire , che ad alcune circostanze atmos-
feriche .
Fin dal 1774 la Real Società di Montpelier pro-
pose il problema : » Qual sia 1' influenza delle meteo-
» re su la vegetazione , e quali conseguenze pratiche
('7)
n rapporto a quest' oggctlo si possono ricavare dalle
» diverse osservazioni meteorologiche finora fatte u .
Abbracciò questo problema due quistioni , una teori-
ca , e 1' altra pratica , che dal Toaldo furo io nel mi-
glior modo trattate, onde ne ottenne il premio j ma
non soddisfece pienamente, com'egli slesso il confes-
sò . Circa la parte teorica ora si potrebbe , è vero ,
con maggior chiarezza ragionare , per essere la chi-
mica , e la fisica un poco più avvanzate , ma conver-
rà riempire delle grandi lacune in tali scienze , prima
di lusingarci di potere progredire a pie fermo j e ciò
non altrimenti potrà ottenersi , che con le osservazio-
ni . Circa la pratica poi confessar dobbiamo , che man-
cauo tuttavia degli esatti giornali degli andamenti cam-
pestri , essendo ovunque 1' agricoltura non nelle mani
de' filosofi, ma de' rozzi coloni, e de' proprietarj in-
tenti solamente all' immediato guadagno , onde non si
potrebbe da noi parlar meglio. E necessario dunque,
come ko per varj anni ho fatto , avere un esatto gior-
nale degli andamenti campestri con tutta la precisio-
ne ; e cosi potrassi dai paragoni conoscere in tutta la
sua estensione 1' antica massima di Teofrasto cioè che
annus fruclijìcat , non terra .
Uà p -riodico registro poi delle malattie correnti
non solo nella campagna per gli uomini e per il be-
stiame, ma nelle città, e specialmente negli ospedali,
con ddlle osservazioni ben intese su delle loro qualità ,
e po.-tamjnti, e con le tavole necrologiche paragonate
con le moise atmosferiche, sarebbe un ampia messe pe 'l
medico filosofo . Se il celebre Retz avesse avuto de'
3
( ^8)
materiali cosi precisi ed esatti si farebbe molto di più
spaziato nella sua memoria sulla meteorologia appli-
cala alla medicina , cbe fa coronata dall' Accademia
di Bruxelles nel 1778.
Ho slimalo superfluo mostrare il grande utile , che
da' pronostici atmosferici, anche probabili , ne risulte-
rebbe sulla navigazione, ed in ogni altro, che diret-
tamente riguarda la civile economia, essendo ciò abba-
stanza noto .
Il nostro Regno , avendo una varietà di suolo no-
tabilissima, non solo per la forma, ma per la qualità
ancora; ed esssndo certissimo, che il suolo influisca
al clima , sarebbe del massimo vantaggio Io stabilire
con avvedutezza in yarj siti di esso degli osservatori
esalti, ed istruiti. Questo , oltre di facilitare il rischia-
ramento delle predette teorie , fisserebbe la natura e
r indole del clima di ciascun luogo, e eoa ciò le pian-
te da introdurvi , i metodi di agricoltura opportuni , i
sistemi di medela convenienti , e le specolaziojji eco-
nomiche da eseguirsi in ciascuna Regione . Non essen-
do dunque la semplice terra , che produce , ma ben-
sì il clima , benché da quella in parte modificato ,
non altrimenti che con questo stabilimento si soddis-
ferebbe interamente all' esposto precetto del Mantova-
no Poeta .
( ^9)
Sulla preparazione della Canapa prima di essere pet-
tinata , e della sua filatura . Memoria del Socio
ordinario Vincenzo Ra.mondiisi P. Professore di
Mineralogia nella B. Università di Napoli. Letta
neW adunanza del giorno aS aprile 1807.
N,
El 1801 il Governo mi ordinò di viaggiare il Re-
gno di Napoli per oggetti di Storia naturale , e per
vedere lo stato dell' Agricoltura , delle Arti , e del Com-
mercio de' rispettivi luoghi , e gli stabilimenti , che taluna
contrada potea ammattere . Or avendo veduto che nel
Paraggio di Reggio in Calabria Ultra, luogo dove in-
cominciai le mie osservazioni , si coltivava della canapa ,
e che da essa altro partito non si rfcavava se non per
corde, o tele da sacchi, d'infima qualità, e grosso-
lane, mi tolsi l'impegno, per secondare le mire del
Governo , di rendere con un metodo il più semplice
e facile la canapa stessa , già gramolata , bianca , mor-
bida , resistente , e col tiglio lungo e fino , capace ad
esser filata a filo finissimo , come vidi praticare in Ger-
mania , e come si pratica in tutt' i paesi industriosi,
dove si fabbricano tele finissime, e i merletti più di-
licali . Avendo mostrata la canapa preparata agli abi-
tanti del Paese , e fatte a' medesimi delle premure ,
acciò s' impegnassero a migliorare la loro derrata , e
la manifattura della tela , poco costoro m' intesero , e
credo che dopo la mia part-nza da que' luoghi , non
si pnriò più di canapa . Il Governo nel tempo stesso
mi ordinò di scrivere una memoria su l' assunto , ac-
(20)
ciò passando sotto gli occhi di tutti , si potessero tro-
vare delle persone , che s' impegnassero a moltiplicare
un ramo d' industria nel Paese , che occuperebbe un
numero significante di persone.
Essendo le mire del nostro Reale Istituto dirette
ad incoraggiare la nostra Nazione , ed istruirla nel
tempo stesso di quelle pratiche utili , che si trascu-
rano fra noi 5 mi pare in questa occasione di rin-
novare l'idea, che si ebbe nel i8oi , di puJjblica-
re , cioè , il risultato delle mie esperienze , e delle
riflessioni , su la preparazione della canapa prima di
esser pettinata, e su la sua filatura, non come una
cosa nuova tra le Nazioni industriose , ma per ani-
mare i nostri , acciocché si occupassero a perfezionare
un ramo di economia , che tanto e' interessa , e che
coopera alla ricchezza nazionale .
L' operazione di preparare la canapa dopo di es-
sersi gramolata, e prima di pettinarsi, consiste nel
toglierle la naturai gomma , l'endere in tal guisa mor-
bido il suo tiglio , e disporlo in modo da essere bea
suddiviso dal pettine , per potersi tirare a filo finissi-
simo . Il metodo per riuscire in questa operazione è
stato finora tra noi tenuto , come un segreto di po-
chi , e forse questi stessi non ne han conosciuto il più
facile , e spedito ; ma si sono serviti di mezzi dispen-
diosi , e complicati . La maggior parte de'nostri si è
contentata di pettinare la canapa gramolata con petti-
ni grossolani , e formare perciò delle tele ordinarie .
Qual vantaggio per lo Stato se la nostra canapa giu-
gner potesse ad esser tirata a filo fino ? Quante brac-
(2. )
eia oziose non s' impiegherebbero tra noi ; e quanto
meno cainbiercmino con 1' estero , per aver le tele fi-
ne , allorché queste si formassero nel Paese?
I metodi che comunemente propongonsi per pre-
parare la canapa gramolata , o son quelli di bollirla
nella lisciva di sola ceneie , o di cenere , o di calce ,
o nella soluzione di sapone , o con 1' uso degli acidi ,
del latte della crusca , o di cose simili : ma il metodo
da me praticato , e che io propongo , e il più sem-
plice , ed il meno dispendioso . Si ravviserà , che l'
incomodo che porta è picciolissimo paragonato con la
utililà, che produce; ed io avrò il piacere di contri-
buire a' vantaggi de' miei Concittadini .
II Signor Marcandier considerando , che la mace-
razione ordinaria della canapa che si fa allorché la
pianta è già secca , altro non è , che la dissoluzione
di una parte della gomma , che contiene la corteccia ,
per separarla dalla parte legnosa , o lisca 5 giudica
che r acqua capace a separare la corteccia dalla lisca,
esser dovesse ancor atta a divider le libre della cor-
teccia tra loro , per la totale dissoluzione della gomma
natmale . Di l'atti , mettendo la canapa gramolala nell'
acqua , ottenne 1' inlento .
Io , dietro le norme del Marcandier , instituii il
mio esperimento , che ora ho il vantaggio di presen-
tare al pubblico . Macerai la canapa gramolata nell' ac-
qua semplice, e l'ebbi morbida , bianca , e con tiglio
lungo, e fino . Ecco l'analisi del mio saggio , e 'I ri-
sultato del medesimo .
Presi due libbre di canapa gramolala del Para^-
r 25 )
gìo di Reggio scevra interamcnle della parte legnosa ■;
ne formai sette mannelli , legando leggermente ciascuno
di essi nel mezzo con dello sj>ago ; e li silaai nell' ac-
qua in una vasca di jìietra . Correndo allora il mese
di luglio, esposi di giorno al sole, e li lasciai per
sei giorni nell' acqua stessa senza rimuoverli . Dopo
questo tempo presi per lo spago tutt' i mannelli uno
dopo r altro , e li battei leggermente con una maz-
zuola ordinaria da iiìibiancatrice , per tutta la loro
lunghezza su di una pietra ben levigala , e ciò per
suddividere il tiglio, e per disporre la gomma natu-
rale ammollita a sciogliersi nell' acqua , lavando la
canapa . Indi lavai ben bene i mannelli l' un dopo 1' altro
in una nuova acqua, tenendoli per lo spago , e di-
menandoli nell'acqua stessa senza managgiarli , par
timore di rompere il tiglio , e per non ingarbnglia-
]e la canapa . Ripetei questa lavanda con acqua nuo-
va , ed ottenni la canapa bianca , e col tiglio lun-
go quanto lo era prima della macerazione . Final-
mente appesa , ed allargata su le canne , la posi ad
asciugare .
Il tempo , durante il quale la canapa dee restar
nell'acqua, è proporzionato alla sua qualità, ed alla
stagione , nella quale si fa la macerazione . Se si
mette nell' acqua esposta al sole di està , ha bisogno
di restarvi per uno spazio di tempo assai minore di
quello, che esigerebbe in altra stagione. Nell'inver-
no , e ne' luoghi montuosi , e freddi , difìicilmjnte si
vede sciogliere la gomma naturale . Ciò osservai ,
ripetendo 1' esperimento a Bova nel mese di gen-
(.3)
naro . Per accelerare dunque V operazione è molto
meglio che si faccia <l' està , poiché il calore della sta-
gione agevola di molto lo scioglimento della gom-
ma . Se poi voglia farsi in tempo d'inverno, o in
hioghi freddi , è necessario , che 1' acqua si manten-
ga tiepida .
L' operazione tanto necessaria della lavanda della
canapa dopo la macerazione , riesce migliore dove
trovasi acqua corrente . Questa trasporta la gomma
naturale ammollita antecedentemente . In tal caso al-
tra diligenza non dee praticarsi fuorché quella di pre-
sentare la parte della ligatura del mannello alla corren-
te dell' acqua ; ed agitarlo alquanto ; poiché mentre
il tiglio della canapa resta egualmente diviso , e con
la stessa direzione , la gomma ha maggior campo di
essere trasportata .
Nel tempo che si asciugava la canapa , ebhi la
cura di maneggiarla, e di distaccare i tigli fra loro ,
per impedire che restassero incollati . Come fu bene
asciugata , proccurai di renderla morbida , strofinan-
dola. Quest' ultima operazione si potrebba in un gran-
de stabilimento eseguire con una gramola , o con la
paletta , e cavalletto , di cui si servono per iscotolare
la canapa , per minorare al più che sia possibile la
manovra .
Così ridotta la canapa pesò once 21 e mezza ,
che poi pettinata con tre pettini di diversa grandezza , fu
del i)eso di once 11 e mezza per ciascun tiglio lungo ,
ma bianca , lucida , morbida , e sottile , e di once 9
e tre quarti di stoppa finissinia , e bianca , da potersi.
( ^4 ) ■
paragonare a primo aspetto con la seta . Questa stoppa
fu da me fatta pettinare con altra specie di pettini ,
per dirizzarne i tigli , sciogliere i nodetti restati dopo
la pettinatura , e rendere una parte di essa così utile ,
come la canapa a tiglio lungo . H calo , che soffre la
canapa nella macerazione, non dee affatto scoraggia-
le , perchè tanto meno di calo si soffre nell' imbian-
care il filato .
Dopo la preparazione della canapa , i pattini so-
no im oggetto interessantissimo per ottenere la mede-
sima col tiglio sottile , e lungo , e con la stoppa a ti-
glio dirizzato. Senza di questi, qualunque preparazio-
ne sarebbe inutile . I pettini , de' quali mi son servito
per la canapa a tiglio lungo , sono quelli delle figure
j. 2. 3. La figura i. mostra il pettine più grande , e
D. è il suo dente con la naturai grandezza , la cui
base è d . La figura seconda rappresenta il secondo
pettine , ed .ff è il naturai dente con la base h . La
figura 3 finalmente è quella del pettine più fino col
dente M , e la sua base m .
Per rendere la stoppa in parte cosi utile, come la
canapa a tiglio lungo, per separare i nodetti che re-
stano dopo la prima pettinatura, e per dirizzare il suo
tiglio ; mi servii primieraniente di quella specie di
pettini , che chiamo dirizzato) , de' quali si fa uso nel
pettinare la lana a tiglio lungo senza olio , per fi-
larsi col fuso ordinario , coma si osserva nella figura
Nel dirizzare il tiglio della stoppa co' suddetti di-
rizzatoj , si mette prima tanta stoppa ia uno di essi ,
( ^5 )
quanta ne possono contenere i suoi denti ; indi si tie-
ne «juesto con la mano sinistra , e con le punte in
su , e tenendo 1' altro con la destra con le punte in
giù , si pettina la stoppa situala nel primo . Quando
il tiglio della stoppa ha acquistato per la maggior par-
te sopra tulli e due i dirizzato] una ugual direzione ,
si Ijssa uno di essi su d' una tavola per mezzo d' un
uncino di ferro ia essa couficcato , e si tira il tiglio
con le dita di tutte e due le mani , come si pratica
pettinando la lana con questi pettini . Tirato il tiglio
lungo d' un dirizzatojo si lira quali' alti'o , si toglie via
la poca stoppa a tiglio corto co'uodelti, e si continua
1' operazione come prima .
Avendo veduto che co' dirizzatorj di sopra esposti,
quantunque il fiorello , che si otteneva era ottimo , e
simile a quello , clie si ottiene da' bozzoli sfarfallati
cardati con que' cardi , che tra noi si praticano , pure
i nodelli delia stoppa restavano interi , cos'i feci car-
dar ìa medesima co' cardi della seta fig. 5. P. O. cou
le punte come in p^ giusta la loro naturale grandezza,
ed otlcnui da once 9, e tre quarti di sloppa, once 2,
e tre quarti di fioretto , che chiamo fiorello di Cana-
pa, ed. anche 6 once e mezza di sloppa otliiiia col ti-
glio dirizzalo , e co' nodelli sciolti . Il lìorcllo suddet-
to ha il tiglio più fino che la canapa a tiglio lungo ,
ma più corto della medesima , in modo che filandosi
egualmente fino , serve per trauìa della tela , e la sto^>-
pa che resta ne' cardi filata con diligenza , serve per
trama di tela più giossolaua, o per altri usi domeilici.
La sola macchina trovala oliima per filare la tana-
4
(26)
pa 5 lino e fioi-etto di seta è il fllatojo Fiammingo fig.
6. Nel filare la canapa a tiglio lungo , che dee servi-
re per trama della tela , è necessario avvertire alle fi-
latrici , che leghino la canapa suddetta per una delle
sue estremità ad un bastone posto al filatojo in g , e
che r altra estremità pendente arrivi all' altezza del pet-
to della filati'ice seduta, perchè questa in tal guisa uni-
sce , secondo il bisogno , i tigli senza romperli , e 'l
filato si ha con men di punti d' unione , e di nodi , e
per conseguenza più resistente . Il fioretto , perchè il
suo tiglio è più corto della canapa suddetta , si avvol-
ge alla rocca , e si fila col filatojo medesimo , e '1 fi-
lato che si ottiene , serve per trama , giacché questa
nel tessere non dee far resistenza alcuna . Si avverta ,
che facendo uso dell' acqua nel filare , è necessario
che vi si mischi un pò di midolla di pane, per som-
ministrare una dolce sostanza mucilagginosa .
Il filatojo alla Fiamminga differisce dal Tedesco ,
perchè , oltre alla carruculetta del rocchetto , ha un'
altra carruculetta al fuso delle ale , come in Q fig. 6.
e la ruota , che la filatrice gira col piede , ha un fu-
nicello ripiegato , che gira tutte e due le carruculette
nello stesso tempo , mentre il Tedesco ha la sola car-
ruculetta al rocchetto, e la ruota ha il funicello di un
solo giro .
I filatoj Fiamminghi costan tra noi ben caro ; co-
sicché dilficilniente le nostre povere donne se ne pos-
sono provedere . Sarebbe dunque necessario , che il
nostro Real Istituto proccurasse di far fai'e i filatoj me-
desimi in modo che costassero il meno fhe sìa p os-
(=7 )
sibile, e che avessero la perfezione che si richiede,
per poter essere ogni lllalrice in islalo di provveder-
sene .
L'arte di filare tra noi è. ridotta a tale, che man-
tiene chi vi si occupa nella più gran miseria. Si do-
vrebbe perciò regolare la mercede della tllatma in mo-
do , che le filatrici , filando con attenzione , ed un da-
to tempo nella giornata , potessero ritrarre un guadagno
conveniente alle loro fatiche . Questa mercede debb'
esser regolata non secondo il solo peso del filato , co-
me fra noi si pratica , ma giusta la misura parago-
nalo al peso. Se p. e. da un rotolo di canapa una fi-
latrice trae cinquemila canne di filato , ed im' altra
diecimila , il tempo che questa impiega , è più del dop-
pio di quello della prima , perchè formando un nu-
Tnero doppio di canne di filalo più fino , ha bisogno
di attenzione maggiore , e di maggior tempo ; e quin-
di la mercede debb' esser maggiore .
Nelle grandi manifatture di tele di Europa v'èla
tariffa per rapporto al modo come deesi pagare la fi-
latura, in guisa che un rotolo di filato, a filo grossola-
no , si paga alquante grana , ed un' oncia di filato fi-
nissimo ad uso di merletti si paga più ducati per fila-
tura . Ogni filatrice ne' luoghi suddetti fa uso del ma-
tassatojo a naspo , per determiqare la lunghezza del
filalo . Questa macchinetta ha ftd una delle estremità
dell' asse il manubrio , col qual si gira una ruota slel-
lata . Questa ruota ha ad una delle estremità dell' as-
se , situato parallello al diametro del naspo un altra
ruota stellata , e questa muovo il va e viene con le
(.8)
gnide paralcUe all'asse del uaspo. Dal numero de'raggi
delle mole stellate si determina il numero delle- volle
clie il filo dee avvolgersi al naspo ; e quando la ruo-
ta del va e viene ha determinalo il suo giro, dà il
segno . loccaudo con una punta di ferro un campanel-
lo situalo alla maccliinelta stessa, ed allora la filatri-
ce lega la matassa per fare l'altra di sopra. Con que-
sto metodo ogni filatrice sa la misura del filo , e la
mercede che dee ricavarne .
Questo nostro Reale Istituto dovrebbe occupa?-si
della formazione della riferita tariffa rapportala al
prezzo delle nostre derrate , con ricavare la gradazio-
ne de' fili , e 1 prezzo corrispondente a ciascuna qua-
lità . Io non mancherò dal canto mio , se le eirco-
etanze me Io permetteranno , di cooperarnu per la
tariffa mentovala , acciocché 1' arte di filare non sia
tanto odiata , come lo è tra noi , e le filatrici , tro-
vando un competente mezzo di sussistenza , ne pro->
movessero la perfezione .
Avendo trattato della marnerà di preparare la ca-
napa dopo gramolata e di renderla propia ad esser
filata a filo finissimo, non resterebbe altro che parlatr
de' telai da tessere la tela con quella proporzione , e
larghezza che si conviene; che i loro pettini fossero
d'una quali là proporzionata al filato, onde dee for-
marsi la tela; che s'introducesse tra noi la naveita vo-
lante all'uso Inglese, acciocché una tessitrice tesser
potesse il triplo della tela , che formerebbe nel tempo
richiesto dal metodo ordinaiio . Spero che il pubblico
ne possa avere iu breve de' dettagli , perchè ho dato
r^^. 'Ig.
T. J-.
al Signor Cotlrau , Capo della seconda Divisione del
Miuiitero dell' Interno, una navetta volante con un
pezzo di cardo , di cui si servono gì' Inglesi , per car-
dare il coltone , per metterla ìi\ pratica ntl Reale
Albergo de' Poveri , dove si sia adattando ad un telajo,
per addestrare uno di que' giovani a questa specie di
lavoro.
(3o)
Dell' Arachìtide Americana , sua coltura ed usi . Me-
moria del Socio ordinario Michele Tenore . Letta
nella adunanza del giorno 28 giugno 1807.
T ' •
JLj Arachide ( arachis hypogea ) Lin. ecce di terra
degl'Italiani, pistace de terre de' francesi , cacahuale,
o mani de' Spagnuoli , è una pianta erbacea spontanea
dei climi caldi di ambedue le Indie . Dalle descrizioni
che ne danno i botanici , e da ciò che ho particolar-
mente osservato , si dee però inferire che 1' asiatica sia
molto diversa dall'americana. Rumfio (1) dà una ac-
culata descrizione accompagnata con figura della spe-
cie asiatica , che egli osservò coltivarsi copiosamente
nel Regno di Baiava , e di Amhoina sotto il nome di
Ratiang , ove era stata trasportata dai Cinesi , ed asse^
l'isce che il Giappone , la Cina , e specialmente il
Maccassar, siano i luoghi natali di questa pianta. Gu-
glielmo Pisone (2) e lo Spagnuolo Monardes descrivo-
no la varietà americana nota nel Brasile , e nel Perù
col nome di Mantubi . Cosi dell' una , che dell' altra ,
gV Indiani e gli Americani conoscono pienamente le
qualità, essi ne mangiano i frutti crudi ed ab]>rustoli-
li , uè preparano delle bevande simili al tè , ne fanno
pag. 425
(i) Herbarium amboiiiense tom. V. parte n.
425.
(2) De re naturali utriusque Indice pag. 256.
(3. )
delle confetture e ne spremono l'olio. Nelle Antille
al riferire di Bosch , se ne valgono espressamente per
quest' ultimo uso , e ve ne sono stabilite le più estese
coltivazioni .
La sua coltivazione in Europa rimonta ad un epoca
molto rimota, giacché nel 1725 Nissolio ne dette una
dettagliata descrizione , eseguita sulla pianta che osser-
vò nel botanico giardino di Montpellier e che trovasi
inserita nelle memorie dell'Accademie delle Scienze
di queir anno ; ma bisogna dire , che allora la coltura
di questa pianta era limitata nei soli botanici giardini.
Nel 1774- già era estesamente coltivala in Inghilterra,
giacché il Signor Watson lesse in quell' anno una me-
moria nella Real Società di Londra sulla bontà dell'
olio , che ad imitazione degli americani , aveva egli
cavato da questa pianta. Nel 1787. ne fu dal Brasile
portata gran quantità di semi nel Portogallo , ed in
Ispagna, ove ne furono intraprese le coltivazioni che
vi prosperarono oltrciuodo .
I Spagnuoli se ne son serviti per cavarne 1' olio ,
prepararne il sapone , e il cioccolatte : e mischiandolo al
frumento , ne han fatto anche del pane . Gli economi-
sti francesi attenti a profittare di tutti i nuovi acquisti
dell' agricoltura non tardarono a divulgarla in Francia,
ed i Sigg. Mechain e Tessier , contribuirono partico-
larmente a promuoverne la coltura in tutt' i paesi me-
ridionali di quel vasto Impero . L' arachide ivi colti-
vata, ha generosamente compensato le cure che si era-
no prese a suo riguardo ; essa ha fornito uu olio lim-
pido luoodoro , meno grasso del più fino olio di oli-
(3.)
ve , che secondo il giudizio reso dalla Società di Agri-
coltura , gareggia col miglior olio di Provenza . AI
presente tutt' i proprietarj della Francia donjandano
de' semi di arachide per vieppiù estenderne le colti-
vazioni , e malgrado il gran numero di negozianti di
piante , e senù che incessantemente si occupano ad
ammassarne , riesce nuUadimeno impossibile il soddi-
sfare a tulle le richieste che ne vengon fatte . Presso
di noi non si è tralasciato d' istituire sull' arachide gli
stessi esperimenti ; ed io mi sono parlicolarmente oct
cupato a ripeterli ed a verificarli più estesamente . I
risultati ne sono stali egualmente felici , siccome si ri-
leverà da ciò che anderò ad esporre .
Descrizione (Iella pianta .
Io imprendo a descrivere quella varietà di ara^
chide che coltivasi presso di noi , e che corrisponde
esaltamente alla varietà americana , Mi sforzerò anche
a dimostrare nel decorso di questa memoria che l'ara-
chide conosciuta in Europa debba sempre riportarsi a
questa istessa ; e che l' altra varietà asiatica sia tanlo
diversa dall' americana che , seguendo il rigore botani-
co , dovrebbero considerarsi come due distinte specie.
L' arachide è una pianta leguminosa , che Linneo
e tutt' i botanici che sieguono il suo metodo riportano
nella classe diadellia ordine decandria , ma che con-
verrebbe rimandare alla classe poligamia ordine mo~
Boecia ]ìer ciò che si dirà in seguito .
Radice .
A somiglianza della maggior parte delle piante
della sua famiglia, e specialmente del lupino a cui
( 33 )
sì avvicina moltissimo , 1' arachide ha la radice fusifor-
me , ossia fittonata che si profonda circa 4 pollici nel
terreno e si carica di molte bai-be . Essa qualche volta
è tortuosa.
Fusto .
Nissolio , e Lamarch han descritto il fusto dell' ara-
chide come prostrato , forse perchè ne hanno conside-
rate alcune ramificazioni . Esso aell' origine è dritto e
semplice, ma poi si ramifica, e tutt'i rami acquista-
no una quasi eguale grossezza , si elevano fino a due
piedi , sono nodosi ed alternativamente angolati tra
l'inserzione di una foglia e l'altra, hanno un color
rugginoso nella parte più invecchiata , e sono di uu
verde gajo in tutto il resto , e coperti di una debole
e morbida peluria .
Foglie .
Le foglie sono alterne pinnate , composte di due
coppie di foglioline, disposte nella parte superiore di
un picciuolo comune . Delle quali una coppia è termi-
nale , e r altra è situata al di sotto ed a piccola di-
stanza dalla prima : talvolta non v' è né che una
sola coppia , specialmente nelle foglie più' inferiori e
radicali .
L»e foglioline sono cuneiformi intierissime, di api-
ce ottuso munito di una picciola punta , hanno molti
Bervi paralelli , e sono pubescenti nella pagina infe-
riore , sono di un verde gajo e liscie nella pagina su-
periore . Neil' ora della sera si dispongono combacian-
dosi per le pagine superiori e diventano perpendico-
lari al picciuolo comune .
5
( 34 )
TI picciuolo connine è lungo due pollici circa , e
scannellato , con un nodo die lo articola col fusto con
^cui convengono nel colore . I picciuoletti che sostengono
le foglioline sono lunghi circa due linee ed hanno uà
colore bruno violetto cupo .
Stipiti e .
Ogni foglia di arachide nella inserzione del pic-
ciuolo comune col fusto è munita di una coppia di
sti]>ule lanceolate . Il Sig. Loureiro (i) ha appoggiala
alle siipuie la distinzione tra la specie Asiatica e Afri-
cana . Egli asserisce che la prima le abbia bifide e la
seconda le abbia intere, Willdenow (2) assicura di
averle trovate indivise in ambedue le specie . Le no-
sti'e piante anche le hanno sempre così .
Fiore .
Nelle ascelle delle foglie nascono i fiori riuniti a
mazzetti di tre a sei ciascuno , e sostenute da pedun-
colelti lun<jhl circa un pollice . Quelli che nascono
nelle ascelle delle foglie superiori sono tutti màschi ,
gli altri delle foglie inferiori sono confusi maschi ed
ermafroditi , il calice è bilabiato col labbro superiore
tridentato, l'inferiore intero, concavo ed acuto. La
corolla è papilionacea rovesciata di color giallo . Il
vessillo è quasi rotondo smarginalo 5 le ali sono ovate
più corte del vessillo ; la carena è della lunghezza del-
le ali . Gli stami non sempre sono al numero di dieci:
(1) Flora cochinchinensis pag. 552.
(2} Species plantarum p. 1021.
(35)
io ne lio trovali perloppiù otto . Essi hanno i filamenti
riuniti in un sol fascette e sono allernativanienle uno
lungo , ed un altro corto , muniti di antere alternativa-
mente ovate e globose . Questo carattere la ravvicina
semprc'ppiù al lupino. Il peduncolo a somiglianza del-
le enotere , è pervio ed è percorso dal pistillo . Il
germe di questo è confuso coli' interno della base del
peduncoletto medesimo ed è inserito nell'ascella del
fuslo , lo stilo percorre tutta la lunghezza del pedun-
colo , attraversa il fascette de' slami , e con uno stim-
ma semplice sbuca presso le antere.
Nei fiori maschi manca il germe e vi è solo un
avanzo di pistilli . Dopo la fecondazione i fiori ma-
schi periscono , e si dileguano insieme con i pedun-
coli j gli ermafroditi periscono egualmente, ma dalla
base del loro peduncolo che corrisponde al germe
spunta un cornetto della grossezza di una punta di
spillone aguzzo . Questo gambetto appena comparso si
curva in giù dirigendosi verso la terra ; allora ii;ro-
mincia ad allungarsi rapidamente , e tra cinque giorni,
conservando sempre la slessa grossezza e lo slesso api-
ce acuto , qualunque sia la distanza dalla terra , la
raggiunge in fine, acquistando talvolta fino a' 4 polli-
ci di lunghezza , secondo che n' è più o meno lonta-
na , malgrado tutto questo sviluppo, il gambo che l' ha
acquistato è mollo lontano dall' esseie un frutto , an-
che ossirvandoio con lente, dopo averlo aperto non vi
si riconosce traccia veruna di fruttificazione . Ma ecco
ciò che sorprende! non appena che l'acuta estremità
del gambo giugne a trovar il terreno ed :a profondar-
(36)
visi di qualche linea , che incomincia a gonfiarsi ; ivi
a misura che si gonfia semprepiù si profonda, ed in
pochi giorni , alla profondità di 2 a 4 pollici offre
seppellito un baccello lungo circa un pollice, di so-
stanza coriacea , e ripieno di due semi della grossezza
di una picciola avellana .
L'arachide è dunque una pianta ipocarpogea, ma
per distinguersi dal ciclamino , dal trifoglio sotterra-
neo , e da altre piante che perfezionano i loro frutti
sotteiTa , ha ciò di singolare, che, laddove questi dopo
la fecondazione offrono già un abbozzo di frutto che
si perfeziona nel terreno , 1' arachide prima di profon-
darvi i suoi peduncoli non offre traccia visibile di frut-
tificazione . È anche rimarchevole il notabile allun-
gamento di cui questi peduncoletti son capaci . Sotto
questo punto di vista la fruttificazione dieir arachide
offre un bel tratto di analogia colla fruttificazione de'
moschi . E noto ai botanici che i fiori dei moschi
sono seppelliti tra le minute loro fogliuzze , e che il
germe dopo essersi fecondato, sostenuto da un pedun-
colo che si allunga rapidamente , giugne ad elevarsi si-
no a due pollici .
Il frutto dell' arachide è da tutti chiamato legu-
me, quantunque si avvicini molto alla noce. Esso giam-
mai si apre spontaneamente siccome avviene nei veri
legumi , ma appena offre in cima una picciola rima ,
che bisogna forzare per aprire realmente , e poi bi-
sogna lacerare tutto il resto del frutto per cacciarne
i semi .
Questi sono due mandorle ovoidali della grossezza
(37)
di una pìcciola avellana coperta da una solili issi ma
membrana di color carneo . Tulta la polpa consta di
due coliledoni farinosi oleosi , e del picciolo embrio-
ne . Son teneri , e non disgustosi a mangiarsi freschi ,
avendo il sapore dei ceci, ma torrefalli acquistano un
sapore mollo grazioso che partecipa di quello delle
vere mandorle .
Differenza delle specie .
Tutte le descrizioni e le figure che hanno dato dell'
arachide Barreliero (i) , Ehrelio , Nissolio (2) , Pluk-
netio (3), Pisone (4), convengono esaltamente coli' ara-
chide americana da noi già descritta . II solo Rumfio
ha data la descrizione e la figura della specie Asiatica.
Cosi r una che 1' altra in nulla convengono colla pri-
ma . Quindi sarà d' uopo farne rilevare le differenze .
» Questa pianta, (dice Rumfio) giammai si eleva
» dalla terra , ma la ricopre a foggia di una densa
» chioma mandando radici dappertutto . Essa si carica
)i di propagini della grossezza di una piuma , che si
» prolungono fino a sei piedi . Queste inferiormente
» sono alquanto legnose, molte ne germogliono dalla
» stessa radice , che si spargono per terra , e si tnol-
» tiplicano radicandosi in altri distinti siti , cosicché
)i occupano una grande estensione di terreno confusa-
(i) Icones plantarum tab. iii5.
(2) A et. 1723./ 387. t. ig.
(3) Alm. 341. tab. 60. / 2.
(4} Loc. cit
( 38 )
» menle insieme intralciandosi . Le foglie sono roton-
)i de bislunghe bianchicce inferiormente , e tutte co-
» peijte (li peli densi , e molli che conciliano un color
» bianchiccio a tutta la pianta .
Dippiù Rumilo assegjja più anni di vita alla sua.
pianta, ed assicura che possa moltiplicarsi per polloni.
)) Bisogna dunque, die' egli, nella raccolta dei
>i frutti scoprire quelle che hanno acquistata molta du-
)> rezza ed un colore oscuro cineriiio , le bianche so-
» no immature e debbono serbarsi per la raccolta sus-
» seguente , allora ricoprendole con nuovo soffice ter-
>i reno , se ne potrà par due anni istituir la raccolta
» nel medesimo campo . Nai mesi piovosi puossi an-
» che propagare la pianta per mazzo dalle sue propa-
>i gini , giacché pronlamenle si sviluppa, e moltiplica.
Tutti questi caratteri che concorrono nella pianta
di RuuiGo , mancano affatto nella nostra . Questa ha il
fusto drillo ramoso e sfornito di ogni sorta di polloni ,
o propagiiii, manca altresì della irsuzie bianchiccia av-
vertita da Rumfio ih tutta la sua pianta , ed appena è
coperta di minuti peli giallognoli , non ha che un solo
anno di vita, né può altrimenti mdtiolicarsi , che pT
via di semi . Anche le foglie sono ovali bislunghe nell'
arachide asiatica , mentre nell' americana sono ovate-
cnnei formi .
Sono dunque le arachidi asiatica , ed americana ,
due piante affatto diverse, giacché quando anche si
voglia credere che Rum(io nel dire che la sua pianta
si radica dappertutto, abbia inleso parlare dei flutti
che a guisa di radici si profoudono ael terreno, re-
(39) •
stano lultavia intòressanli caratteri, onde distinguere I'
una dall'altra. Tuttociò può anche rilevarsi dalla ocu-
lare ispezione della tavola di cui egli ha corredata la
sua descrizione , ove egli ha rappresentato un pezzo
della pianta, che corrisponde esallamenle ad una di
quelle jjropngini avvertite nella sua descrizione col no-
me'di sttiifellci . Tuli' i botanici , tranne l'Autore dell'
Erbario di Amboina , non han conosciuta che la specie
americana . Questa islessa è introdotta e coltivala in
Europa', e sembra che giammai la specie asiatica sia
uscita fuori della sua patria .
Fa sorpresa che Burmanno illustrando il testo
di RumGo , riporta tra le sinonimie di questa specie
di arachide le citazioni di molti autori , come Pluk-
netio , Barreliero e Sloane che han descritta la specie
americana . Ma forse le confuse descrizioni che questi
ne danno non gli permisero di rilevarne le differen-
ze . Anche Linneo descrivendo l'arachide, cita nel
medesimo tempo le sinonimie di Pisone e di Rnmfio ,
mentre il primo ha cOn molla precisione descritta la'
specie ame./.ana , ed il secondo ha parlato dell' asiati-
ca . Bisogna dire in discolpa del sommo Botanico Sve-
dese, cTie non avendo sotto gli occhi gl'individui ve-
getanti né dell'una, uè dell'altra, si sia' interamente
riportato all'altrui autorità.
Solo dai moderni che avevano sotto 1' occhio la
specie americana introdotta nei giardini, e l'opera di
Rumfio, poteva sperarsi qu s'a distinzione, ed allora'
senza ricorrere al carattere delle stipule , che anche
nella tavola data da Rumtìo della specie asiatica si os-
(4o)
servano interissirae , si sarebbero dalla descrizione di
questo illustre botanico attinti i caratteri opportuni a
stabilirne le differenze . Forse costoro perchè occu-
pati di un immenso lavoro avranno pi'eterilo di con-
sultarla .
Molti dei caratteri dell'arachide asiatica conven-
gono alla glycine subterranea altra pianta ipocarpogea
indigena dell'Africa, e coltivata nel nuovo Mondo,
ma a ni uno potrà cadere in mente che RuraGo avesse
inteso parlare di questa quando ha descritta I' arachide
asiatica , mentre son queste due piante che disconven-
gono in tutto il resto, e basterà consultarne le descri-
zioni per restarne appieno convinto .
Pisoue ha descritto nel tempo stesso 1' arachide a-
mericana , e la gljcine . Da lui sappiamo che i brasi-
liani le coltivano insieme, e chiamano niundubi la
prima , manobi la seconda . Taluni confondendo que-
ste due piante affatto diverse, spesso riportano tra i si-
nonimi dell'arachide anche la voce inanobi (i) . Que-
sta confusione ha fatto credere a qualche moderno scrit-
tore che l'arachide sia nativa dell' africi^ /o.) .
Dalle descrizioni di già esposte sarà facile rileva-
re i caratteri differenziali delle due specie di arachide.
Questi si riducano ai seguenti .
Arachide americana di Lina , di Pisone , e di altri.
(i) La Jacopiere . Pìsintes hypocarpogees j pag. 3g.
(2) Tollard Bibliotheque physico-écoaomique 2.
an. voi. I. pag. agS.
(4> )
Fusto annuo , eretto , ramoso , pubescente . giallo-
gnolo •■, foglie ovxile-cuneil'ormi , pubescenti nella super-
ficie inferiore .
y/rachide asiatica di Ptum/io .
Fusto bienne , serpeggiante , stolonifero , irsuto ,
grigiastro j foglie ovali bislunghe grigiastre nella super-
ficie inferiore .
Qualità ed usi dell' arachide .
Tutta la pianta dell' arachide , partecipando del
carattere della ianiiglia a cui appartiene , è molto mu-
cilagginosa; quindi le sue foglie possono proporsi per
ottimo jiascolo degli animali , di modo che ([uando si
fa la raccolta de' suoi fruiti , eh' è seniore su la metà
di autunno, si cavano dal terreno le ])iante, e dopo
averne distaccai' i frutti si lasciano disseccare e si con-
servano per foraggio . Neil' inverno , quando di ogni
altro ])ascolo suol' esservi penuria , è questo un foraggio
che amministrato con moderazione nutrisce assai bene
i besliami .
Ma non è dalle foglie che pretendesi tirare il più
gran profitto nella coltivazione dell'arachide, è bensì
dal seme, il quale si presta ad una infinità di usi impor-
tantissimi, e che è mio pensiero di far rilevare . Il seme
dell'arachide mangialo crudo non è di disgustoso sapore
ed è uiolto nutritivo perchè abbonda di fecula muci-
laggino-oleosa ; ma questa istcssa copia di mucilaggiue
e di olio che contien;^, ne rende dannoso l'usarne in
gran copia , mentre allora riesce flatulento ad eccopro-
lico . Per ispogliarlo di queste cattive qualità , bisogna
abbrustolirlo , siccome costumasi fare delle mandorle ,
6
(40
delle fave , de' ceci ed altri semi che partecipano de-
gli stessi rimproveri . In questo stato acquistano un
sapore molto più grato , potendosi scambiare con le
mandorle j e sostituirle a tutti gli usi a cui queste so-
glionsi destinare. Gl'indiani amano mangiarle cosi:
eglmo ne fanno delle polente cnocendole col latte, che
condiscono con aromi , e trovano di un sapore squisi-
to ; ne fanno delle confetture, de' dolci , ed ogni altra
sorta di vivande composte . Gli americani , al riferire
del nostro rispettabile collega il Sig. Savaresi , soglio-
no infornare le arachidi con tutto il baccello, e an-
che cuocerle sotto la cenere siccome noi costumiamo
fare delle castagne , e cosi calde le mangiano , e le tro-
vano di im sapore squisito .
Alcuni han pensato di sostituire 1' arachide al cacao
nella fabbrica del cioccolate , ed in Francia , e nella
Spagna con un terzo di arachide , e due terzi di ca-
cao di caracca , se n' è ottenuto del buono . Presso di
noi si è fatto altrettanto , ed i risultati ne sono stati
egualmente felici. Nella Spagna sogliono mischiarla con
la farina per farne del pane , ed a questo uso si suo-
le specialmente destinare il pastone che si ottiene dall'
arachide dopo averne spremuto 1' olio . In farmacia si
fanno dell' emulsioni , sostituendo l' arachide alle man-
dorle ,
Avendo ammassata gran quantità di semi di arachi-
de mi son creduto nell' obbligo di replicare tutt' i sag-
gi summentovati per assicurarmi delle sue buone qua-
lità , e sì da i saggi che ho avuto 1' onore di presen-
tare a questo Real Istituto , come da quelli che eoo
,( 43 )
ho potuto eseguire che privalamente , ho rilevato che
al seme di arachide convengono luti' i vantaggi di so-
pra riferiti , e sopratulto ho osservalo che fabbrican-
done il cioccolatte , può sostituirsi il cacio selvaggio
al carNcca,e risparmiarsi il quarto dello zucchero che
suole ordinariamente adoperarcisi , mentre la dolcezza
del seme di arachide ne mitiga il sapore austero .
Wiuno si attenda però di ottenere dal miscuglio dell'
arachide un cioccolatte dell' istessa qualità dell' ordi-
nario, mentre esso non lascia di partecipare del sapo-
re oleoso proprio di questo seme.
Il più eccellente prodotto che dai semi dell' ara-
chide può trarsi è 1' olio che se ne spreme , e di cui
suole ottenersene sino alla metà del peso .
L'olio dell'arachide ha la consistenza ed il peso
specifico dell'olio di mandorle, è limpido, biancastro,
senza odore , e di un leggierissimo sapore proprio ,
niente disgustoso . Quest' olio può servir bene a tutti
gli usi economici , brucia con fiamma più chiara e più
durevole dell' islesso olio di olive . In tutti gli stabili-
menti Europei situati fra i due tropici , 1' arachide è
coltivata espressamente per quest' uso . Nella Spagna
forma oggi giorno un oggetto di speculazione economi-
ca , e nei paesi meridionali della Francia si moltipli-
cano sempre più le coltivazioni di questo seme , e se
ne sperimentano gli stessi vantaggi . Dell' olio di ara-
chide si fabbrica in Ispagna dell' eccellente sapone .
Mentre nei paesi che scarseggiano , o mancano
affatto di olio , non si saprebbe abbastanza raccoman-
(44)
dare la coltura dell' arachide , per rimpiazzare un pro-
dotto di SI grande uso , presso noi che di olio alihoa-
diaino oltremodo , potreb])e ad alcuno sembrare stra-
no , il vedersi proposta l' introduzione di un gene-
re coloniale , a solo oggetto di profittare del suo olio.
Ma a tal proposito conviene riflettere che per le stes-
se ragioni che concorrono a farci godere 1' inapprez-
zabile vantaggio di essere i soli popoli in Europa che
possiamo conservare il più florido commercio dell' olio
di olive , mentre da una parte dobbiamo impegnarci
ad estendere sempre più ed a perfezionare le coltiva-»
zioui , e le manipolazioni di quella interessante derrata,
non dobbiamo disprezzare dall' altra , i vantaggi che
potranno trarsi dalla coltivazione di altre piante olei-
fere , e sopratulto dell'arachide , che minorando il con-
sumo del primo renderebbe sempre più esteso il suo
commercio .
Giova anche fare avvertire che 1' olio di arachide
rimpiazzando quello di mandorle , potrebbe risparmia-*
re il consumo che di esso suol farsi per gli usi far-
maceutici , il che influirebbe non poco a minorarne il
prezzo . In effetti non vi è cosa più mal sicura ed in-
certa della raccolta delle mandorle. Impazienti i fiori
dell' albero che le produce di aprirsi nel mese di gen-
uaro e febbrajo , sono non di rado vittima delle gelate
e delle brine di quei mesi , che perciò giammai que-
ste non sogliono pagarsi meno di quattro carlini ai-
rotolo , e di ciascun rotolo appena possono cavarsi
quallortlici once di olio . Desiderando persuadere coi
(45)
fatti r utilità che per luti' i titoli dall' olio di arachide
può cavarsi, espongo in questo luogo il risultalo de'
miei saggi economici .
In un canipicello di cinquecento palmi quadrati
ho seminalo 3oo semi di arachide, equivalenti nel pe-
so ad once tre in circa ; nella fine di ottobre ho sca-
vati i frutti del terreno , e dopo averli l'alti disseccare
ne ho ottenuto io libbre di semi , ed in conseguenza
cinque libbre circa di olio , cavato per espressione .
Or fissandosi l' estensione di un moggio di terra a
palmi quadrati 4° 5 800 , dall' intero moggio si sarebbe-
ro ottenute 81 5 libbre di seme di arachide, ed in con-
seguenza 407 libbre di olio : e quindi calcolandosi la
rendita annuale del moggio a ducati 20 , il prezzo
dell' olio di arachide ricade a gr. 5 la libbra .
Ma dalla rendila primitiva del moggio dovrebbero
anche scemarsene due terzi, perchè 1' arachide occupan-
do la terra per soli sei mesi , dal novembre all'aprile
può essa destinarsi alla coltura degli ortaggi , e perchè
la coltivazione dell'arachide non impedisce che il cam-
po sia alberato . Dippiù per la coltura dell' arachide
possono desti riarsi i campi di un terreno piuttosto fab-
hioso , locchè non può farsi degli ulivi. Ecco perchè,
destinando per la coltura dell' arachide gì' immensi
campi alberali , che spesso rimangono inutili , o anche
facendo servire per la sua coltura quei campi , che
per lo addietro erano addetti ad altro genere di pian-
te , sarà sempre di gran vantaggio ai proprietarj , ed
allo Stato di moltiplicare e 1' estendere al più possibile
( 4(3 )
la collivazioiie dell' arachide , che dà sì gran copia di
olio ad un prezzo cosi discreto .
Per contribuire per quauto è possibile da mia
parte al pieno conseguimento di quest'oggetto , ho ri-
serbato una sufficiente quantità di semi di arachide, per
distribuirli a coloro che animati dall' interesse del pub-
blico bene , e da quello spirito d' industria che tanto
influisce su la prosperità delle nazioni , vorranno in-
traprenderne la coltivazione nei proprj poderi . Ecco
perchè credo indispensabile di qui aggiugnere li pre-
cetti che ne riguardano la coltura .
Coltura dell' arachide.
Neil' intraprendersi la coltivazione di qualsivoglia
genere di piante , da ninno s' ignora che fa d' uopo
prima di tutto determinare la qualità del terreno che
gli conviene. L' arachide ama i terreni leggieri , sciolti
e piuttosto sabbiosi j questi caratteri sono ricercati dal-
le circostanze che accompagnano la sua fruttificazione ;
in un terreno argilloso e compatto , i suoi peduncoli
non potrebbero profondarsi , e la raccolta ne sarebbe
perciò scarsa ed infelice .
Si prepara la terra per la semina arandola, e la-
vorandola colla zappa onde vieppiù scioglierla ed at-
tenuarla . Se vogliasene ottenere un prodotto maggiore ,
bisognerà anche concimarla ; servendosi a tal uopo di
foglie consumate , o di terriccio di selva , non mai dì
ingrasso animale. Questo, oltre al riscaldare soverchia-
( 47 )
mente la vegetazione dell' arachide, ricliiamerebbe sul
terreno un formicajo d' insetti che ne divorerebbero i
frulli .
Il terreno da seminarsi dovrà dividersi in lunghi
e profondi solchi , simili a quelli che sogliono prati-
carsi per la semina del frumento , serbando la distan-
za di due palmi circa tra l' uno , e 1' altro .
Dal priucipio a tutta la fine del mese di aprile,
può effettuarsi la semina dell'arachide . Si metterà nel
fondo de' solchi , alla distanza di due palmi 1' uno dall'
altro, un seme per volta, alla profondila di quattro
dita , e si coprirà leggermente col terreno . Secondo
la stagione più o meno calda , tra 20 giorni circa , la
pianta è già nata, e dopo due mesi incomincia a fio-
rire : allora conviene rincalzare ogni pianta ammontic-
chiandovi intorno la terra dei solchi contigui , e que-
sta operazione uopo ò replicare fino a 4 volle in di-
versi tempi , cosicché in fine , la parte più alta dei
solchi si troverà cangiata nella più profonda . Se que-
sta operazione si trascurasse, i peduncoli fruttiferi che
partono dalle ascelle de' rami superiori a misura che
la pianta si eleva, prima di giugnere a toccare il ter-
reno , si allungherebbero oltremodo , acquistando una
certa rigidezza , che si oppone all' affluenza de' succhi
che deve favorire lo sviluppo del fruito sotterra , e per-
ciò o darebbe appena un frutticello con un picciol se-
me poco nudrilo , o finirebbero per abbonire del tutto.
Nel forte dell' està sarà ben fatto innaffiare la pian-
ta , se è possibile j ma ciò conviea farlo di raro e so-
briamente: del resto l'arachide non soffre moltissimo
(4S)
per la mancanza di questo benefico soccorso .
Gli ullimi giorni di ottobre, ed i primi del no-
vembre sogliono offrire il tempo proprio per la rac-
colta dei fruiti : qncsta è annunziata dall' ingiallimento
delle foglie . Bisogna allora scavare il terreno a cia-
scuna pianta , e quindi strappamela dolcemente con
tutti i suoi baccelli , cbe si troveranno sospesi pendo-
loni sotto di essi . Sa ne scrollerà tutta la terra , e se
ne faranno de' fasci cbe si avrà cura di tener sospesi
a delle travi in luogo asciutto e coperto , afUncbè pos-
sino seccarsi . Quando i semi si sentono suonare nel
baccello, quello è il tempo opportuno per distaccare
tutti i baccelli dalla pianta e conservarb slesi sul pa-
vimento di una camera bene asciutta , e ventilata ; av-
vertendo a tenerne lontani i topi cbe ne sono gliiol-
tissimi .
Per cavarne i semi bisogna comprimere il bac-
cello per ì due bordi longitudinali ed opposti : in tal
modo si caveranno interi , e molto facilmente . Que-
sti per altro conservansi bene nel baccello per quei
tempo cbe si brama , onde è sempre meglio estrarnelì
nel momento che vogliono destinarsi a qualche uso ,
ARACHIDIS AMERICANA
BOTANICA DESCRIPTIO.
Radi'x fuslformìs , spìlhameae longitudinis , tortuosa
barbis capillaribus onusta.
Caudex annuus , basi simplex , erectus , subligno-
( 49 )
sus ; dein ramosus . Rami altitudine gequales , bipeda-
les , umbellati , subangulati , nodosi , senesceutes eru-
ginosi , juniores laile virentes , pubescentes.
Folla alterna, composita bijuga. Alterum par api-
ce pelioli communis inserlum 5 alterum pauUo infra .
Foìivh* ovato-cuneiformia integerrima , apice obtuso
cum acumine, parallelo-nervosa , superiori superficie
lasvia, laete yircntia , inferiori pubescentia . Nocte dor-
tniunt connivendo. Petinlus universalis bipollicaris ca-
nabculatus , prope insertionem nodosus . Petioli par-
tiales bilineares atropurpurei . Stipiilce geniinae lanceo-
latae integerrimae.
Flos . Calix Perianthium bipartitum , dehiscens :
Labium superius ovatum semitrifidum ; lacinula inter-
media fere niajore , emarginata . Labium inferius lan-
ceolatum concavum, acnlum , fere longius . Corolla
papilionacea , resupinata , lutea.
Vexillum subrotundum , deflexe-planum , maxi-
mum , emarginatum , calyce longius.
Alce liberse subovatae vexillo breviores.
Carina subulata , incurva, longitudine calycis , basi
levissime bifida.
Stamina. Filamenta monadelpha , superne divisa,
subulata , longitudine carinae. Antherce octo ad decem
alterne siibcotundae , alternae oblongao.
Pistillum. Flores masculi . Germen nullum. Stj~
bis subulatus longitudine pedunculi , apice adscendens.
Stigma simplex.
Flores fcEmmei . Germen minimum Incospicuum
basi pedunculi recondilum , cablerà ut in pra?cedentibu.s.
7
( 5o )
Pericarphim. Legumen ovalo-oblongum griseo-lu-
teum , gibbum , torulosum , venosum, coriaceum, uni-
loculare . Semina duo , oblonga , obtusa , gibba , hinc
truncata , epidermide carnea venosa teda.
Pedunciilus floriferus , filiformis , pervius post an-
thesim una cum flore marcescens , fructiferus ab axil-
la folli exor.'ens , reflexus , terram penetrans.
Bractece inteiflores lanceolalae deciduae.
Character essentialis genericiis.
Classis polygamia , ordo monoecia.
Flos hermaphroditus . Corólla resupinata. Gernlen
recondifum , post anlhesim pedunculo reflexo suffultum,
terroe fructificans. Legumen coriaceum evalve.
Flos mas . Gerraen nuUum , caetera ut in berma-
pbrodito.
Character essentialis specìjicus.
Caulis annuus erectus , pubescens subluteus , folla
ovato-cuneiformia subtus pubescentia (i).
(i) Dopo la pubblicazione di questa memoria , diversi altri valenti
scrittori si sono occupati dell' istesso soggetto , sviluppandone più estesa-
mente la parte agraria . Il Signor Biroìi , ne pubblicò una dotta memo-
ria nel Giornale di Agricoltura di Milano 1808; e quindi una secon-
da nel primo bimestre del Giornale di Fisica , Chimica e Storia na-
turale del Signor Brugnatelli . In queste memorie il Signor Biroli fa
conoscere con quanto profitto siasi intrapresa nel Regno d' Italia la col-
tivazione dell' Aracliide . E da notarsi di' egli designando la patria di
questa pianta , cita indistintamente il Perù , il Brasile , l'Asia e l'Africa;
onde sembra che non abbia posto mente alla diversità delle specie , clie
allignano in queste diverse regioni , e che si è stabilita in questo
luogo.
Neil' anno 1809 il Signor Sonnìni pubblicò im eccellente Trautto
lulT
( 5i )
suW Af aditele [a) , nel quale mostra di aver conosciuta la mia memoria,
giucche allotta la correzione da me fatta alla classificazione dell' arachis ^
riporf.uidola alla P oly gaviia monoecia , non già alla Diadelpìtia , ove
era stata riportata dal Signor Linneo e da' suoi seguaci. Quindi nello stes-
so anno il Signor Bayle Barelle pubblicò nel IV numero degli Annali
di Agricoltura del Regno d' Italia , del Signor Filippo Re , un' altra
memoria molto interessante . In questa egli descrive due varietà di ara-
cliide r una indiana , e 1' altra africana , suU' autorità di Willdenow e
Persoon ; ma è da riflettersi die Willdenow ( Sp. pi. voi. 3. p. 2. pag.
1021 ) dopo di aver citali i sinonimi delV arachis hypogaea , di cui
forma una specie sola , e ne cita per varietà il •solo sinonimo di Nissolio
per l'arachide americana , accenna soltanto che Loureiro nella Flora Co-
chinchinense pag.522 distingue due specie di questo genere , cioè \asia-
lica che à le stipole bifide , e 1' africana die le à indivise , né aggiunge
alcuna sua particolare osservazione su questa pretesa specie africana \
anche Persoon ne riporta la varietà africana suU' autorità di Loureiro .
Lo stesso sopralodato Bay. Barelle assicura che questi due sommi Bota-
nici abbiano detto che la specie indigena delle indie sia liscia, e l'afri-
cana villosa ; mentre Willdenow à detto asiatica est valde hirsuta ,
e Persoon africana est glabra . Noi dunque ci contenteremo tli rico-
noscere tuttavia le due specie , attendendo ulteriori dilucidazioni per
questa terza specie africana , sul conto della quale lio già palesato il mio
dubbio di crederla confusa colla Glycine snbterranea ; che anche Bur-
manno (b) chiamò arachis africana.
(a) Traile sur l'Arachide, oit Pisiache de terre . Paris 1809 chex
Colas.
(b) Planile indicee 22.
Dello sfato dell'arte vetraria nel Regno di Napoli ,
e dei mezzi di migliorarla . Memoria del Socio
Ordinario Michele Ferrara . Letta nelV adunanza
del di 23 agosto 1807.
JT Ra' rami d' industria , onde la nostra Nazione va
tributaria alla manifattura straniera , debbe annoverar-
si quello dell' Arte Vetraria , che ne cosliluisce una
mancanza veramente marcata.
Nel secolo passato la sua importanza non isfuggì
le vedute di qualche sagace speculatore. In Mouteleo-
ne , Città della Calabria Ultra , venne istituito uno
stabilimento di tal natura j un altro simile ne fu eretto
dal Signor Baldassarre Monti in questa Capitale , in
cui vi concorse anche l'ajuto della Reale Munificenza,
ed un altro finalmente in Castellammare.
Questi stabilimenti fabbricarono cristallo, bottiglie
nere , lastre , e vetro comune ; ma il sistema irregola-
re tenuto da' direttori , la mal guidata garanzia , l' or-
dinaria indipendenza de' maestri , e la crassa ignoran-
za su i prodotti del nostro suolo cosi bene applicabili
a tali operazioni , furono basi sì deboli , che produsse-
ro il crollo precipitoso di sì pregevoli intraprese.
Un tal fatto destò nell'animo degli speculatori sen-
timenti così determinati di alienazione, e di scoraggia-
mento , che , resa vana ogni risorsa , costituì di nuovo
la Nazione soggetta all' industria degli esteri.
In questa Capitale rimase confinata una branca
di tal ramo, la quale tuttavia esiste , ed è solamente
( 53 )
limitata a fabbricare vetro comune 5 ma perchè non ha
mai ricevuta , ne riceve altra guida, che quella del nu-
do mecanismo , è stala perciò incapace di risorsa ^ e
di miglioramento .
In fatti il fabbricato vitreo monta a tal grado
d* imperfezione , che la nostra Capitale non ha un cri-
stallo, una lastra, o altro genere di tal sorta ben for-
mato, se non le pervengono dalla Germania. Le no-
stre Provincie del Levante sono obbligate a provveder-
si da Venezia, e quelle di Abruzzo per una caraffa,
per im bicchiere ricorrono a Roma .
La cenere di soda , la fdice , il manganese , le ar-
gille , il combustibile , sono i generi primordiali per
talo industria . La nostra nazione n' è cos'i doviziosa-
mente fornita , che della cenere di soda ne fa com-
mercio , del manganese n' è ricca la Calabria , le ar-
gille le sono comuni , del combustibile ne abbonda ,
e della silice ne provvede Roma . E pure ad onta di
si benefica naturale influenza , paga a prezzo indiscre-
to , e con quella legge , che all' estero piace imporle
siffatti generi d' industria , che risultano dalla manifat^
turazione de' suol proprj prodotti .
Fisserai una volta , o illustre genio Vesuviano ,
l'epoca alta a destarti dal vergognoso letargo del tuo
avvilimento? Sarà forse fissata da quel giorno , e da
quel momento medesimo , in cui trovasi segnata quel-
la della instituzione di questo Istituto, dietro le prov-
vide mire del Governo ? Io te 1' auguro .
II nou poter ricever* uà vetro coiuaue bea for-
( 54 )
malo dalle nostre vetriere , e l' assoluta necessità di
tal genere per la mia fabbrica di acido solforico, aven-
domi obbligato a stabilire una picciola vetriera per
proprio conto , mi han fallo instituire de' saggi co' uo-«
stri prodotti .
Quello delle bottiglie nere ha ottenuto lutto il
suo effetto . La scoperta della terra selciosa , clie co-
stituisce la base al fondente , è commendabile j l' im-
mensa quantità che ne abbiamo , non richiede altra
cura che quella di raccoglierla ; la sua proprietà è a
tal segno marcata , che bisogna impiegare il 3o per
cento di più della proporzione ordinaria ; il suo colo-
re è tutto simile a quello delle bottiglie di Francia ;
ed ha finalmente il raro e prezioso vantaggio , che il
suo rottame col mezzo della fusione ritorna allo sta-
to di vetro , quandoché quello delle bottiglie estere è
infusibile .
Il saggio sul vetro a lastre di Germania mi ha
dato delle pruove convincenti di approssimazione , ed
è anche il risultato de' prodotti nazionali .
Io che ho sempre protestato il dovuto filiale af-»
fello alla mia nazione , e che determinatamente mi
sou dichiarato pe' suoi vantaggi , non posso per conse-
guenza fare un mistero delle mie scoperte , anzi ascri-
verò a mia gloria l'appalesarle, quante volte il Gover»
no a ciò mi autorizzasse.
Affinchè possa pertanto cotest' arte ricevere le pri-
me fondamenta di sussistenza nel nostro Regno , cre-
do mio indispensabile dovere sommetlere alla sana
(55)
intelligenza di queslo Real Islilulo quale sia il suo sta-
to alluiale , e quali sieno i mezzi valevoli per la sua
risorsa .
Stato attuale clelT Arte Vetraìa nel
nostro Regno .
In tulio il Regno vi sono olio fabbriche di vetro;
fiei nella Capitale, la settima in Cardilo , e l'ottava ia
Monteforte . Ognun vede che queste due ultime sono
in piccola distanza dalia Capitale medesima .
Una di queste manilaltura lastre a vetro comune ,
e bottiglie nere j la seconda solamente lastre anche a
vetro comune ; e le altre sei fabbricano caraffe , pi-
retti j ed altri generi di bufferia col vetro medesimo .
Ordinariamente quelle addette a bufferia fanno
uso di poca cenere di sonla , e di silice j quale combi-
nazione chiamasi fritta j e s' ingegnano di raccogliere
lutto il vetro rotto , con cui cuocendosi , e ricuocen-
dosi , sostengono la nianifatlurazione .
Si avvalgono esclusivamente non d' altra soda , o
silice , che di quella della Sicilia , si provvedono delle
argille da Monlecalvo , e per la costruzione della Ibr-
nacc , si servono della pietra di Montesarchio . Ado-
perano il manganese del Piemonte , e da qualche an-
no praticano anche quello di Calabria . Il magistero
non sa adattarsi che alle forme le più ordinarie ; esso
si traiuauda da padre a figlio eoa uu meccanismo il
( 56 }
più mcscliino ; ed 1 propiielarj non agiscono , che eoa
)a sterile norma della tradizione .
Il fabbricalo vitreo possiede le seguenti difettose
caratteristiche . Il suo colore è vario ; dimostra al tut-
to della rugosità e dell' asprezza; è pieno di bolle; è
facile a spezzarsi ; ed ha fìnalnjeute pochissima tem«
pera .
Tale marcata imperfezione deriva i . Perchè non la^*
vasi il vetro rotto che raccogliesi , per nettarlo dalle
lordure, e dalle terre, ond' è ordinariamente attaccato.
Le prime , calcinandosi , rimangono incorporate all'
ammasso vitreo , e ne alterano il colorito naturale. Le
peeonde , perchè non incontrano il fondente , restano
isolate sotto la forma di tanti minuti gruppi.
2. Dalla fornace , che non ha cenerario , e da ciò
avviene che , gittandosi le legna nel focolare con im-
peto, si dà luogo all'esalazione del polverio della ce-
nere, e questa imboccandosi nelle padelle, ed essendo
incapace di fusione , forma la grana nel vetro .
3. Dalla pratica che per lo più si osserva , di
fondere il solo rottame, e rara fritta. Il rottame quan-
do si fa cuocere così isolalo , vi ene a perdere sempre
una porzione di alcali , che n' è il componente , e la
silice , rimanendo per conseguenza scevra di questa
parte salina, non può produrre che un vetro fragile,
e rugoso . E vero che il rottame è necessario nelle
vetriere , ma dee considerarsi come il bevilo per la
fabbricazione del buon vciro , e la fritta come il fru-^
pienlo , conciossiachò l' alcali che U'ovasi sempre ìì\
(57)
una proporzione soprabbondante nella combinazione
della fritta, viene a surrogar quella, che il rottame
ha perduta per le fusioni solìerte . Più ; il sale mari-
Bo ospitante nella cenere di soda , all' azione del ca-
lore intenso si decompone , il suo acido , divenendo li-
bero, attacca 1' ossigeno del manganese, e risulta aci-
do muriatico ossigenalo . In tale stato questo esercita
la sua azione su la materia colorante dtìlia soda , e
delle lordure , se mai ve ne restano attaccate al rot-
tame , e la distrugge , e 1' alcali marino trovandosi
isolato , in parte volatilizza , ed in parte serve di fon-
dente a quelle terre che sono sempre unite allo stesso
rottame .
4- Alle notate imperfezioni del nostro vetro co-
mune concorre ancora la poca cottura , che ordi-
nariamente riceve . L' acido carbonico naturalmente
combinato con la silice, e con la cenere di soda,
e r aria atmosferica «he rimane intercettata nel git-
tarsi il rotarne , non avendo il tempo proprio a
svilupparsi , producono le bolle nel vetro , e que-
ste sono più , o meno voluminose , e rare a misu-
ra del maggiore , o minor tempo di coltura , che il
vetro riceve .
5. La tempera , che si applica al nostro vetro
manlfatturato , si esegue in quel forno , che viene ri-
scaldato dal fuoco medesimo che cuoce il vetro .
In questo forno è picciolo lo spazio , che si frap-
pone da quel punto , in cui la temperatura è ol-
tremodo calda, a quello in cui è già fredda; quin-
8
(58)
di ne avviene che i vetri lavorati , non potendosi
gradatamente raffreddare, debbono pei'ciò esser facili
a spezzarsi .
Finahnente tralascio di accennare 1' ignoranza su
la conoscenza delle nostre argille , e 1' inespertezza di
depurarle dalle terre vetrificabili . Taccio la poca
pratica nella formazione de' vasi , ì difetti marca-
ti nella costruzione del fornello da fusione , e la
trascuraggine nella preparazione della fritta . Non
parlo del magistero così meschinamente limitato ,
della scarsa compensazione , che gli artefici ritrag-
gono dalle loro fatighe , e altre simili insuftìcien->
ze , per le quali converrebbe formarsi un piano este-
so d'istruzioni .
Da quanto ho osservato chiaramente rilevasi, che
il nostro fabbricato vitreo non può non risultare , che
nel grado marcato d'imperfezione, ed il fatto Io confer-
ma , perchè conoscendosi per esperienza da tutti per
difettoso, mette tutti ragionevolmente nella dura ne-
cessità di ricercarlo dall' estero .
Più : Sono già due anni da che i proprietarj di
quelle fornaci addette alla bufferia hanno fra loro adot-
tata una convenzione avvalorata dal Magistrato , in
viitù della quale si ripartiscono il lavoro in modo ,
che due di essi fabbricano per lo spazio di mesi sei ,
e gli altri due negli altri sei rimanenti mesi dell'
anno .
Più : I due proprietarj , che sono in attività , cor-
rispondono ducati 1 20. mensualmente a quelli , che
(59)
sono fuori esercizio, e ripigliando questi il loro lavo-
ro , praticano la stessa corrispondenza .
Tale convenzione riconosce la sua origine dalla
viltà del prezzo , con cui ognuno proccurava far lo
spaccio del proprio lavoro. Ciò faceva mettere in uso
de' mezzi sempreppiù ruinosi , ond' erano impossibili-
tati a potere fabbricare un buon vetro , giacche il
prezzo vile introdotto noi permetteva .
Questo assurdo cagionava oltremodo l' avvilinien-
lo , e la deteriorazione dell' industria , ed affinchè que-
sta meschina branca non fosse stata nel cimento di
vedersi affatto arrestata, convenne ricorre all'espedien-
te della mentovata convenzione .
Questo è lo stato dell' arte Vetraria nel nostro Re-
gno . Passo ora a rapportare i mezzi , che credo poter
concorrere al suo miglioramento .
Mezzi dì Miglioramento .
Quante volte due delle quattro fornaci esistenti
in questa Capitale, ed addette soltanto alla bufferia
non possono mettersi in attività, se non dopo che le
altre due abbiano lavorato per mesi sei , e ciò per
dar luogo allo spaccio de' generi manifatturati eoa
prezzo convenevole , potrebbero due di esse rimaner
sempre in esercizio in tutto 1' anno nella Capita-
le , ed obbligar le altre due a trasferirsi una iu Ab-
bruzzo , e r altra alle falde del Monte S. Angelo in
Puglia .
(6o)
2. Potrebbero a tal uopo prevenirsi due de' no-
stri Socj corrispondenti , ed incaricarsi , con 1' autorità
del Governo , della scelta del locale pel facile acquisto
così del combustibile, che degli altri generi primordiali
per tale manifatturazione .
3. Questi Socj corrispondenti potrebbero stabilire
una Deputazione con quelle istruzioni , che loro si
comuniclierebbero , dietro 1' approvazione del Gover-
no , per potersi più agevolmente somministrar que'
mezzi che possono contribuire all' esilo felice di tale
operazione .
4- Questo Real Istituto costituirebbe una Commes-
sione di due Socj ordinar} , che conferendo co' pro-
prietarj delle fornaci , potessero rilevare da vicino tutte
le cagioni, le quali arrestano- la risorsa di questa in-
dustria tanto interessante; conciliare i mezzi i più ana-
loghi alle nuove istituzioni delle vetriere nel Regno ;
esaminare, se converrebbe o no la dfsmissione della
porzione degli artefici , de' quali si avvalgono tutta-
via , e riguardare finalmente il miglioramento del ma-
gistero .
La suddetta ComuTessione dovrebb' essere autoriz-
zata a potere instituire de' saggi ne' padellotli in quelle
fornaci , che si troverebbero in attività .
5. La situazione di siffatti padellotti non arrestan-
do il corso della manifattura , e non esigendo spesa
pel combustibile, soiiiministrerà alla Commessio ne tut-
ta la faciKtà di eseguire gli esperimenti , e di familia-
rizzarsi con la pratica dell' arte .
( 6r )
6. I maleriali , che occorreranno pe' saggi , po-
tranno proccurarsi da questo Ileal Istituto, tanloppiù
che la loro spesa è tenuissima .
7. Colesti saggi dovranno eseguirsi co' prodotti na-
zionali , ed avere per iscopo principale la formazione
del cristallo , delle lastre a vetro di Germania , ed al-
tro genere ricercato .
8 Cosi la Commessione di Napoli , che quelle
delle Provincie, apriranno fra loro un corrispondenza,
partecipandosi reciprocamente le idee , i fenomeni , e
le scoperte .
9. Subitochè una delle Commessloni avrà verifica-
to col fatto la manifatturazione di quel genere vetra-
rio che manca alla nazione , ne dovrà fare il rapporto
a questo Real Istituto , acciò possa il medesimo con-
sultare il Governo , e proporre i mezzi si d' inco-
raggiamento , che di esecuzione .
Con tal sistema verrebbe promosso questo ramo d'
industria , che fa reale mancanza fra noi . La Capitale ,
e le Provincie , che presentemente debbono ricer-
care i generi di tal manifattura dall' estero , sarebbe ro
a sufficienza provvedute . Gli artefici, che in sei mesi
dell' anno non sono in esercizio , e vivono a spese di
quelle velriere , che sono in attività , avrebbero perenne
la loro sussistenza dalle proprie fatiche . I prodotti del
noslro suolo , che giacciono tuttavia sepolti nell' iner-
zia , e nella sconoscenza, e che sono tanto bene appli-
cabili a tale operazione, sarebbero ravvivati. L' estrazio-
ne di somme non indifferenti , che si esitano in ogni
( 60
anno per tale oggetto sarebbe rinfrancata , e finalmente il
Governo , non addossandosi altro interesse , che quello
della garanzia , e dell'incoraggiamento, non farebbe che
destare l' amore , e l' impegno per le scoperte , che
costituiscono la vera gloria, e la reale ricche/zza delle
Nazioni .
{63)
Sulla Flora della Provincia di Bari . Memoria del
Socio Corrispondente yiTO bisceglia . Letta nelt
adunanza del di 3. novembre 1807.
JL/Opo le occupazioni del mio ecclesiastico Mini-
stero , le mie cure da alcuni anni a questa par-
te sono state tutte dirette nel coltivar la scienza ,
che riguarda le piante . Fu mio disegno da pri-
ma raccogliere delle erbe per formarne una flora
Appula , nella quale fossero comprese quelle della
Terra di Bari , di Lecce , e di Capitanata . Que-
sta Flora sarebbe servita di stimolo, e di emulazio-
ne alle altre Provincie , per aversi le Flore Luca-
na , Bruzia , Campana , Sannitica , &c. Da queste si
sarebbe formata la Flora generale Napolitana, e eoa
uno sguardo solo si sarebbero vedute le copiose dovi-
zie , che il regno vegetabile presenta alle ai'ti , alla sus-
sistenza , a' comodi , ed al miglior essere della vita .
La fortunata situazione delle diverse contrade di que-
ste Provincie lusingava le mie speranze. Monti alpini,
colli , valli , pianure , un littorale , che circonda tutti
questi paesi , (lumi che l' irrigano , debbono per ne-
cessità contener delle piante, che nascono nelle regioni
boreali , nelle australi, e nelle intermedie. Qual ricco
tesoro , dicea fra me , e qual vergogna per gì' ingegni
Napolitani il non avere una Flora Sicula , mentrechè
tutte le nazioni eulte le hanno da più tempo ! Ma per
l'esecuzione del mio progetto yarj ostacoli si sono op-
{ 64 )
posti . Ho cercato di vincerli con 1' aspetto de' vantag-
gi, clic ne sarebbero derivali, con la persuasione , colle
preghiere , co' deboli soccorsi , che le mie scarsissime
finanze mi somministravano . Tutto è stato inutile .
Quindi mi sono limitato a visitare varj territorj di
questa Provincia per mia privata istruzione , e con l'
ajuto dell'egregio Professore di Botanica Sig. Vincenzo
Petagna , che ha in differenti rincontri rischiarato -i
miei dubbj , lio raccolte , classificate secondo il sistema
Linneano , e ridotte nel mio erbario oltre a mille spe-
cie di piante coltivate , e spontanee . Egli è vero , che
questa Provincia, le cui campagne sono in buona par^
te ridotte a coltura, ha una situazione monotona , se se
n' eccettuano i piccioli colli detti le murge ( ramo bas-
so della catena degli Appennini ) e perciò non fecon-
da di erbe di climi diversi ; ma ciò non ostante ha
essa la sua sufficiente porzione , che può essere util-
mente impiegata , ed io di alcune di esse tesserò fra
poco il catalogo . Ritorno in tanto alla Flora Appula,
ed alla Sicula. Vede ognuno di qaanta u l'ià potrebbe
questa riuscire; ma se la potente ed attiva mano del
Governo non toglie gli ostacoli ; se non facilita i mez-
zi con ispedire nelle Provincie giovani versati nella
materia , facendoli proteggere da' Ministri Politici , ed
Economici , 1' impresa non potrà mai avere un felice
successo , e lo Stato continuerà a sentire la privazione
di sì gran vantaggio .
Nelle mie ricerche botaniche ho rinvenute molte
piante impiegate da diverse nazioni per varj rami di
economia , e per 1' uso dell' arte salutare . Farò di
(65)
esse tre classi . La prima sarà composta delle piante ,
che presenta il littorale : la seconda di quelle , che si
adoperano per le tinte : la terza comprenderà le of-
liciuali .
PRIMA CLASSE
Delle piante marine utili per la Soda.
E ormai cosa risaputissima , che le piante , le
quali nascono nel lido del mare , o nelle sue vicinan-
ze , abbondano quale più , e quale meno d' alcali
fisso minerale , ossia di soda . La nostra nazione è
nell' obbligo di acquistare dall' estero questa sostanza
necessaria alla fabbrica de' vetri, e de' cristalli , a' sa-
poni , ed a tante altre arti , ed usi della vita, mea-
trecchè le piante , che la danno , nascono fra noi in
una copia tale , che potrebbe straregnarsi il loro pro-
dotto , ed essere impiegati i poveri ne' Reclusorj a bru-
ciarle , ed a ridurle in soda co' dovuti metodi . In soc-
corso della natura per la maggior propagazione , e per
la miglior coltura può accorrere la mano dell' uomo ,
come altrove si pratica. Basta per ora il sapere, eh' esse
nascono spontaneamente , e che forse un tempo erano
poste a profitto giacché , se è vero ciò che mi è stato
riferito, nelle paludi di Trani , contrada estesa situata
tra quella Città, e Barletta, e dove nascono spontanee
la Salicornia herbacea , la Salsola Kali , Tragiis , ed
altre piante della stessa indole , eravi un tempo una
fabbrica di vetri , i cui ruderi si osservano tuttavia. È
9
questo il Catalogo in modo alfabetico delle piante:
marine , e lillorali proprie per quesll'uso , co' nomi
triviali Linueani .
Antirrhinum Cirrliosum
Alriplex Glauca Laciniata
Bunias C ikile
Bnpl) (hai munì Maritimum
Chelulonium Glaucium
Confeiva liltoralis , ceru-
ginosa
Convolvulus Soldanella
Critlimunì Marilimuin
Echinophora Spinosa
Eryngium marilimum
Fucus. Molte specie
Glaux marilima .
Mesembriauthemum Nodi-
floruni
PI ani ago Marilima
Polygonum Maritimuriir
Salicornia Herbacea
Salsola Rali . Tragus
Statice Echiodes
Ulva Umbilicalis
Zostera Oceanica marilima
seu Phucagrostis Philip—
pi Camolini
Osseri>azÌQnì ■
Le più abbondanti di qtieste piante sono 1' Atri^-
plex , il Buphthalmuni , il Chelidonium , la Glaux ,,
la Salicornia , le Salsole , le Zostere. Ija Salicornia
si offre in due aspetti . Quella che nasce immediata-
mente nel lido , o nelle rime degli scogli è suffrutico-
sa , si eleva oltre a due piedi , e forma rome una pic-
cola siepe . Suole anche abitare in qualche distanza
dal mare , ed allora mostra realmente d' essere erba-
cea . Non molto lungi da M ilietta avvi un sito , dove
le acque piovane sogliono per lo più ristagnare . Ivi la
(6;)
Salicornia assiepala da giunghi fa una bella comparsa.
Si vede un campo di color rosso oscuro . Essa può
moltiplicarsi a segno da farne copiosa raccolta .
Le Salsole nascono per lo più nelle arene mobili
del lido . Si alzano fino a quattro piedi , e co' loro
nioltiplici rami diventano cespitose . Una sola pianta
diramala ha talvolta tre piedi di diametro . Le Sai-
soie danno la più abbondante, e buona Soda. Non
ignorandosi il sito die amano in preferenza di ogni
altro, jiotranno con vantaggio impiegarsi le immense
arene , che da Trani vanno sino a Manfredonia , e
quelle di Bari , e del rimanente littorale , dove spon-
taneamente vegetano , e dove inaridite nell' està sono
rotolate da' venti con vergogna degli abitatori , che po-
trebbero di esse profittare . Sapendosi anche il terreno
che cerca la Salicornia , tult' i luoghi paludosi posti in
riva al mare , e ve ne ha molti in questo esteso litto-
rale , possono servire ad una vasta piantagione . La
Salicornia ha un vantaggio su le Salsole . Queste sono
piante annuali . Quella , perchè suffruticosa, è perenne,
e basta averla piantata una volta per raccoglierla per
più anni, purché non sia maltrattata.
I Fuchi , e le Conferve meritano tutta la consi-
derazione , ed al presente sono del tutto trascurate .
Non v' è scoglio , che non ne abbia le sue differenti
specie . Alcune amano di gittare le loro radici su dei
testacei . Una gran quantità n' è espulsa al lido , dove
putrefassi . Queste piante sono piene zeppe di sai ma-
rino, la cui base, com'è nolo, è l'alcali fisso mine-
rale . la quelle , che io couservo , i rami , e le foglie
(68)
sono tutte ricoperte di quel sale , e bruciandosi , da-
rebbero molla soda . Per la propagazione di questa
pianta non vi bisogna la mano dell' uomo : tutto fa la
natura doviziosissima in siffatta produzione. All'uomo
spetta soltanto il raccoglierla, e ridurla in cenere .
Fra' Fucili trovansi spesso le due indicate specie
di conferve , che in forma di ciocche , talvolta lunghe
im piede , ed altre di pochi pollici , pendono dagli
scogli , ed a guisa di capelli di un bel verde sono agi-
tate dalie onde . Fo di loro espressa menzione per un
sospetto che in me risvegliano . I loro filamenti com-
posti di tanti tubercoli uniti, e visibili allorché sona
inessi tra 1' occhio , e la luce , conservano anche sec-
chi il loro verde natio . Abbondano dunque di sostan-
za , e di principi coloranti . Potrebbero su di essi fìnsi
de' saggi per le tinte.
Le due Zostere , o piuttosto 1' Oceanica , e la
Fucogrosti , cosi corretta dal nostro celebre Filippo
Cavolini ,^ detta un tempo Marina d_iil Cavalier Lii n ;o,
vengono comunemente chiamate col nome di yilghe .
Esse nascono in gran copia nel nostro mare . Dell' ul-
tima soprattutto simile alle piante graminose n' è si
pieno il fondo del nostro mare , che rassomiglia un
ca«ipo seminato di biade del mese di oprile . I flutti
sbarbicano una gran quantità di amendue , e la gitta-
110 nel lido , dove si accumula specialmente nell' au-
tunno , tempo in cui la pianta è giunta alla sua ma-
turità . In alcune Città littorali la gente di campagna
per un'economia mal intesa, e che si rende pregiu-
dizievole alla vita degli uomini , la raccoglie , e la
(69)
spaiKÌe per le strade . Ivi gli animali da soma solleci-
tali dall' umido di quelle piante vi depongono i loro
escrenienli , e soprattutto le orine , che promuovono
con la fermentazione Io sfacelo , e la coiTuzione . L'
aria in que' luoghi, e nelle loro vicinanze è appestata,
il lezzo è insolfrihile, i vapori aeriformi sono mici-
diali , ed avvi chi è persuaso che la cecità , cui sog-
giacciono gli abitatori delle Città , dove quell' opera-
zione si consuma , debba ripetersi dalle sostanze cau-
stiche e corrosive che in forma di gas si elevano da
que' letamai , In vece dunque di destinarsi ad un uso
tanto nocivo alla salute, sarebbe assai meglio impie-
gar quelle piante ad estrarne la soda . Si farebbe un
tesoro inesauribile , tanta n' è la quantità messa fuo-
ri dal mare , o che nel fondo stesso potrebbe rac-
cogliersi .
SECONDA CLASSE
Piante utili per le Tìnte -.
II catalogo , che vado a dare, è preso dalle piante
tintorie rapportate dal celebre Dottor Talier , il qua-
le, per quanto è a mia notizia, è l'ultimo che cou
la scorta de' più insigni recenti autori IngKsi , e Fran-
cesi , ha per comodo de' tintori italiani dato il suo
bel Trattato su l' arte di tingere . Io T ho confron-
tato con le piante cnlte, e spontanee che la Povin-
cia produce , e da esse ho formalo il segueuitì cala-
C70)
logo . È da rimarcarsi precedentemente che alcune
di esse nascono in copia per le strade di campagna ,
e tuttogiorno si calpestano . Esse invitano la mana
dell' uomo neghittoso per essere addette a nobili usi .
Soggiugnerò poi quelle, che volgarmente si usano per
le tiute senza metodi, e per semplice pratica, noa
notate dal dotto Talìer .
Agaricus Quercinus , detto
Iguiarius da Talier per
r esca che se uè cava .
Anchusa Tiuftoria, tralascia-
ta da Talier .
Carthamus Tinflorius
Clematis Vitalba
Convolvulus Arvensis
Crataegus Oxiacantha
Croton Tinftorium
Cyuara Scolymus
Fagus Castanea
Ficus Carica
Galium Verum
Holcus Sorguni
Impaliens Balsamina
Isatis TinSoria
Juglans Regia
Lichen Prunastri
Mespilus Inermis
Morus Nigra
Plantago Psyllium
Prunus Armeniaca
Pteris Aquilina (a)
Pyrus communis
Quercus Robur
Reseda Luteola
Rhamnus Alaternus
Rubia Tiniloriuni
Riibus Fruticosus
Ruta Graveolens
Sambucus Nigra
Saiiguisorba Officinalis
Thiaspi Bursa Pastoris
Trifolium Rubens
(a) Non nasce in questa Provincia , altrove è co-
mune .
(71 )
Piante che si usano volgarmente per le tinte.
Amygdalus Communis Juglans Regia
Aspliodelus vai', sp. Pastinaca Opoponax
Bupleurum Rotundifoliutn Punica Granatum
Conferva : vulgo diSa Ver- Pyi'us Malus
ga (F ava . Pyrus Cydonia
Crocus Salivus Thapsia Asclepium.
Daphne Guidium
Osservazioni .
Alcune delle dinotate piante abbondantemente na-
scono , altre sono rare . Tra le prime il Cartamo Tin-
torio , il Cratego Ossicantha , il jCroton Tintorio ,
il Cinara Carciofo , il Fico , V Isatide tintoria , la
JSoce , il Nespolo, il Gelso, la Piantagine Psillio ,
V Albicocco , il Pero, la Quercia , la. Reseda Luteo-
la delta nella Provincia la Cariazza , 1' Alaterno , il
Uovo , la Unta, la Sanguisorha , il Sambuco ,\a. Bor-
sa Pastore , il Trifoglio Rubente , il Mandorlo , gli
'Asfodeli , il Bupleuro Rotondifulio , il Croco Satino,
o Zafferano , il Dafne Gnidio , la Conferva verga
d' ova , r Opoponace , il Granato , il Cotogno , la Ta-
spia Asclepio . Quest' ultimo , il Bupleuro , e 1' Opo-
ponace volgarmente vengono chiamati Ferolazzo per
una lontana somiglianza , che hanno nelle umbelle con
la Ferola.
(70
Fa veramente dispetto il vedere che li natura è
stata tanto prodiga con 1' uomo in questa Provincia ,
ed egli non cura i suoi doui . Il Croton Tintorio ve-
geta di està in quasi tutt' i campi lavorati a maggese :
esso dà un bel ceruleo , che ho niostrato a molti col
solo compi'imere le sue piccole coccole . E vero che
dalle foglie, e dall'intera pianta si ricava da prima
un verde diluto ^ ma le stoffe tinte col succo delle
medesime acquistano , esponendosi a' vapori dell' orina ,
il nativo colore della pianta . Gli esteri lo coltivano ,
e ne fanno gran uso. JJ Isatide , pianta perenne , na-
sce in tutta la Provincia di Bari, ne teme il freddo ,
poiché r ho veduta benissimo vegetare in Altamura .
Essa ama soprattutto i luoghi coltivati a biade , e si
eleva quasi sino all' altezza umana . Può bene ognuno
immaginare quante foglie può dare per la costruzione
del Guado , o Pastello^ e , se è vero ciò che ho letto ,
per l'Indaco . Nel tempo delle piove estive vegeta
quasi per tutto l'anno . Qui è del tutto ignorato l' uso ,
che se ne fa altrove, ed appena è distinta da' campa-
gnuoli col vocabolo di Cauliciello . Fin dalla prima
memoria da me presentata a' Georgofili di Firenze ,
cui ho r onore di appartenere per altro oggetto , mi
dolsi della grossolana ignoranza de' nostri Baresi , che
la calpestano .
La Reseda Luteola è coltivata , e serve per sem-
plice mordente. Vegeta benissimo , e divien cespitosa.
Ma oltre a questa specie vi nascono spontanee , e vi
5Ì moltiplicano 1' Undata , V Alba , la. P/titeuina ^ della
(73)
quali una più , altra meno si approssima OiUa Luleold ,
massimamente V Undata , die trovasi comunemente
ne' campi , e nelle vecchie mura . I Botanici insogna-
no , ed è un fallo che giornalmente vien confermalo
dall'esperienze, che le piante , le quali convengono
nel classico carattere naturale,© nel generico, soglio-
no per lo più avere le medesime proprietà . Que-
st' assertiva è molto più vera nelle j)iante congeneri ,
perchè forse han tutte avuta una madre , dalla quale
riconoscono gli stessi principi . Procedendo con questa
teoria , non si farebbe perdita se si assoggettassero a
<le' saggi le specie indicale . Di vantaggio poco colti-
vasi , e non si estrae dal Cartamo tintorio , o zaffe-
ranone quel colore , che agi' intendenti è ben nolo .
A que' pochi che lo piantano ho insegnato il processo
facile suggerito dal Signor Talier per ridurre il Zaf-
feranone a dare il color rosso ; ma non ho avuta la
sorte d' essere inteso . In luti' i luoghi incolti vegeta
benissimo il Cartamo lanata al primo molto simile ,
e i cui fioretti color di solfo possono al pari di quello
essere utilissimi alle tinte , facendosene precedente-
mente i tentativi . La Robbia è comune in tutte le
vecchie pareli a secco , e nelle siepi , e si fa qualche
uso delle sue radici; ma di tanti Galj ,, e soprattutto
delle riparine , che trovansi da per ogni dove , e che
convengono con la Robbia nel carattere classico natu-
rale, cioè neir aver le radici colorale, i cauli angulati ,
e per lo più aspri , le foglie verticillate , ed i fiori
mollo simili , il solo Galio vero è no minalo , e tutti
darebbero forse lo slesso colore . Parimente la sola
IO
(74)
Anciisa tintoria, che trovasi uè' pascoli dì Altamura
ha meritato quel nome ; ma forse le sue congeneri ,
cioè r Officinale , e l' Angusti/olia volgari in questa
provincia , come lo sue compagne nella classe natura-
le delte As^ierifoglie, vale a dire i varj Echj , la Bo-
ragine , V A sperugine , i Cmog/o^^/, produrrebbero la
medesima sostauza colorata. Della Calendula , o piut-
tosto de' suoi (lori relativamente al color giallo, trovo
fatta menzione in alcuni autori ; ma la classe Sjnge-
nesia , tanto estesa, darebbe lo stesso colore ne' varj
suoi g'iidrì, e nelle diiìerenti specie. Il Crysantenio
piima'ijiilo , onde sono piene tutte le vigne , ed i cam-
pi delle Cina liilorjli co' suoi tlori gialli , il Bit/tal-
mo Spinoso , ed il Maritinio , la Catananche Lutea,
e tante altre , che io tralascio , potrebbero essere og-
getti di esame .
Passo a' Licheni . E questa ima vasta famiglia di-
visa in più ordini. Alcune delle sue speiie sono stale
con profitto impiegate dall' arte salutare . E celebre il
Lichene Islandico , che si è anche raccolto ne' Monti
Sannilici . Il Pissidato tanto commendato nelle tossi
convulsive de' ragazzi ; e da me proposto negli anni
passati , ha snienlila 1' opinione , che se ne aveva . E
senza dubbio più utile per le tinte . Posso con tutta
l'asseveranza asserire, che non v' è pietra delle mura
a secco , onde sono per lo più cinti i fondi di questa
Provincia, non v' è sasso ne' boschi, o ne' luoghi mon-
tuosi , non v' è albero né frutice , che non sia in tut-
to , o in parte vcs;ito del suo lichene . La maf.gIor
parte appartiene a' due ordiui Leprosi tubercolati , e
(73)
Leprosi scutellati, ma ve n'ha eziandio degli altri
ordini , come 1' Onifalode , il Liclume del Priina-
stro , eie. . Dell' Omfalode sono ricoperte nell' inver-
no , e nella primavera latte le terre addette a' pascoli.
E il Cork od Arcel , del quale gli Scozzesi , ed altri
popoli si avvalgono per tingere in porpora, o in iscar-
latto. Linneo, e varj celebri Botanici haa fatto parola
del gran profitto , che i popoli Settentrionali sanno
ricavare per le tinta- dalle differenti specie di Lichene ,
le quali forse in questo solo Regno sono trascurate ,
ad eccezione del Roc cella , e di qualche altra . La
materia tofacca colorante , che trovasi nel Roccella ,
od Oricello^k comune a molle allre piante di questo
genere, giusta le osservazioni di Micheli , di Hellot,
0 di Bernardo de Jussieu . Basta che se ne facciano
i saggi , e saranno se non in tutto, almeno nella mag-
gior parte proGcui . Ti'ascriverò dal Compendio delle
Transazioni Anglicane il processo insegnato dal prefa-
to Sig. Hollot per conoscere i LìcIiluì proprj a dare
un color rosso , e porporino . Eccolo . » Si pongano
)) due dramme di lichene qualunque in un picciolo
» vaso di vetro: si umellino bene con parti uguali di
» acqua di calce ben forle , e di spirilo volatile di
» sale ammoniaco. Si leghi una vescica umida all'ori-
» ficio del vaso , e si lasci in questo stalo per tre , o
n quattro giorni. A capo di questo tempo, se il li-
» chene ha la proprietà bramata , la ])icrioIa quantità
1- di liquore , che si troverà nel vaso sarà di un rosso
'1 chermisi carico, e la pianta conserverà Io stesso co-
» lore quando lutto il liquido si sarà svaporalo . Se
(76)
» il liquore , o la pianta non hanno preso alcun colo-
» re , è inutile il sottoporla ad altra priiova » . E un
" processo facile, e da impiegare i tintori a farne
r esperimento . Conchiuderò 1' articolo Lichene con
quel che si legge nella stessa opera . « Noi abbiamo
» in questa famiglia di piante un esempio mirabile-
» della utilità, ch« può risultare dallo studio della Sto-
» ria naturale in generale, ed auche da' suoi rami i più
)v piccioli , e fino ad ora trascurati. Gli usi economici
» die' licheni nelle diverse parti del mondo sono con-
» siderabilissimi j e di somma importanza ; e benché
» le loro qualità sensibili , e l'esperienza de' secoli
» passati non sembrino autorizzarci ad attribuir loro
■» gi-an virtù medicinali , la posterità certamente tro-
» vera nuovi mezzi onde impiegarli in vantaggio dell'
» umanità , e degli usi che ci s-jno igno.i .
Tra le piante che si usano per tinte in questa
Provincia ve n' è una marina denominata dal volgo
verga d' oi>a ^ perchè con essa si tingono di un bel
rosso chermisi le uova pasquali pe' fanciulli , L' ho-
chiamata Conferva , perchè è quella famiglia , per quan-
to a me sembra , appartiene . Nasce sa gli scogli sot-
tomarini , e nel fondo del mare . La sua maggiore
elevazione non è più di quattro o cinque pollici. Da
una radice comune sorgono molti cauli filiformi , che
si dividono in piii rami rappresentati la figura cespi-
tosa . Abbondano di molte foglie tenui , dilicate , se-
milineari , j innate . Non saprei con precidono assériT-
re a quale specie apjarienga. Quindi è che per non
andaie eri aio, mi son servilo del nome triviale, ch.e
(77)
le vien dato nella Provincia da coloro clie la vendo-
no . Essa si dislingue da tulle le allre per la linla
rossa inclinante al violaceo , onde ogni sua parte è ri-
coperta . Le onde procellose la sbarbicano dal luogo
natio 5 e l' espellono al lido , dove se ne trova una
gran quantità . È rimarclievole clie talvolta abbandona-
ta da' tlulli su gli scogli , nel gocciolare l'acqua marina,
e nel seccarsi ùnge quelli di un rosso oscuro . Sono
sì copiosi i principj coloranti di questa pianta , che
anche secca dà mia leggera tinta alle carte , nelle qua-
li la conservo. Messa nell' infuso acquoso a fresco co-
lorisce leggermente 1' acqua , ma in decozione se ne ha
un bel chermisi . Trattata con gli acidi, o con gli al-
cali svilupperebbe tutta la sua sostanza colorante . Io
non io che indicare le piante utili : gì' intendenti po-
tranno valersene jier un uso migliore .
Poche donne nelle Città di questa Provincia si
avvalgono delle piante notale nel secondo Catalogo .
Del frullo dell' Asjodele ramoso si servono per le tin-
te verdi , ma d.lle sue radici tubercolate si può fare
allr' uso economico , come di quello dell' Aro , e del
Ciclame Europeo , piante ovvie . Macerate se non dan-
no il pane il più salutare, di cui per altro nel tempo
di carestia , ed iu alcuni luoghi il popolo si è servito
e si serve , })ossono benissimo dare una sostanza bian-
chissima da ridursi alla così della polvere di cipro ,
ed.air aiiiiilo . Il Croco Satu'o , o Zafferano nasce
spontaneo, e vegeta benissimo nell'autunno, e nell'
inverno . In altri tempi forse si coltivava , pircbè nel-
le carte di Altamura di due secoli addietro leggesi che
(73)
si facevano degli avvanzi di danaro per pagarsi poi in
zafl'erano. Colà iu Gravina , ed in molti luoghi, mal-
grado la fredda temperatura , fiorisce nella stagione
fredda" quando i tempi sono buoni . Non si cura , e
solamente una picciola quantità ne fanno raccogliere
le Monache per tingere le tele ad oggetto di formarne
fiori di Cliiesa, o per ornamento delle donne , ed un
altro poco gli Speziali per le loro preparazioni . E co-
mune il Daphne Gnidiuin in tutt' i Casali di Bari , ne'
territori di Conversano , e ne' luoghi vicini , nelle pa-
ludi di Trani , nel piano della Puglia da Barletta in
poi^ ed altrove . Non trovo fatta parola di questa pian-
ta tra le tintorie : intanto le donne par una pratica ,
la cui origine ignoro , se ne servono con altre sostan-
ze per tingere di verde le loro stoffe , e lo chiamano
ciuccino . Le cortecce di granato servono soltanto di
mordente per alcuni colori , come 1' esteriori cortecce
fresche della noce ( Juglans Regia ). Le foglie di Po-
mo , 0 Melo , quelle del Cotogno , dell' Opoponaco ,
della Tapsia Asclepio , e del Biipleuro per le tinte
gialle . Le radici del Mandorlo pel cosi detto color
di legno . Qualche uso si fa della Galla Quercina per
r inchiostro , e per le tinte nere , ma quasi tutta si
estrae per 1' estero con nostro discapito .
Ho più volte impegnata persona di mia cono-
scenza, che si diletta a colorire delle stoffe nostrali, '
e che ha avuto presente i processi insegnati dal Sig;
Talier , a seguirne le regole, ed a mettere in pratica
r erbe comunali tra noi dal medesimo indicate . Tja
risposta datami si è che noi manchiamo delle soluzio-
(79)
ni melaUiclie , e degli ossidi de' dilferenli metalli ci-
tali dallo slesso Anlore , i quali formano i più belli
mordeiili per preparare le lane , il (ilo , il cotone , e
la seta a ricevere i colori . Qui anzi se ne ignorano i
nomi , ed al più si fa , e si usa il vilriolo comune ,
e 'I cosi detto verderame , che ò un ossidazione di
metallo . Degli acidi minerali conosciuti di somma
utilità non se ne fa affatto uso per le tinte , ed appe-
na si trova qualche poco del solforico nelle Farmaco-
pee da poter servile nelle febbri putride , e dissoluto-
rie . Qualora piacesse al nostro Governo d' introdurre
delle Tintorie nelle nuove case di Reclusione , per
servire di travaglio a' poveri , ed avvalersi delle nostre
erbe per le varie tinte ;, potrebbe benignarsi di com-
mettere r esecuzione di questo piano a qualche bravo
tintore di codesta Capitale , il quale inteso del suo
mestiere , e de' priucipj chimici , mettesse in opera
quanto dal dotto Sig. Talier vien prescritto su l'arte
tintoria .
Dovrei passare all' enumerazione delle piante offi-
cinali , ma soffrile , Signori , che come un' appendice
alle piante tintorie , sottoponga alla vostra savia intelli-
genza alcune mie vedute economiche dedotte da altre
piante , che si coltivano , o potrebbonsi coltivare in
questa Provincia .
Il Lino usitatissìmo de' Botanici , che è il lino
comune , sì semina quasi in tuli' i luoghi della Pro-
vincia, ma si può dire che generalmente riesce catti-
vo , se se n' eccettua qualche poco mediocre , che dà
Allamura. Negli anni passali era cresciuto 1' impegno
( 8o }
dì coltivarlo, massimamente nella mia -patTÌa ; ma at-
tesa la non buona qualilà , e le considei?evoli spese
clie debbono erogarsi nelle diverse operazioni , cui va
soggetto, quell'ardore si raffreddò immediatamente.
Io non so se questa coltivazione riesca utile alla salu-
te degli uomini , sopratutfo in luoghi dove mancano
le acque correnti , e dove gli stagni ridotti a curato)
appestano l'atmosfera a distanze considerevoli. Quan-
do soltanto si volesse l'illettcre alla spesa nello stato
presente , mancando I processi più facili , e meno di-
spendiosi per ridurlo al suo punto , quella equipare-
rebbe , se non fosse maggiore , ciò che bisogna per
acquistailo dalle altre Provincie , che lo danao mi-
gliore . All' Incontro crederei che dovesse risparmiarsi
r atmosfera dal , saturarsi di gas micidiali in un paese,
che neir estiva stagione è tanto disposto alle febbri
putride, alle terzane, e ad altri malori.
Coltivasi parimente il Gossjphim herhacemn , os-
sia la bambagia. Non vi è forse città della Provincia ,
se se n' eccettuano I luoghi montuosi , dove ogni fa-
miglia benestante non abbia il suo picciolo campo se-
nwnato a bambagia. La maggiore industria è in Bari,
e ne' suoi casali. Essendo una pianta estiva, è per lo
più soggetta , mancando la pioggia , di perire . Esige
molti coltivi , e suole assai bene compensare il suo
cokivatore negli anni ubertosi . Ve né ha di due spe-
cie , una dà il cotone comune , 1' altra il cosi detto
cotone turchesco . Il primo è bianco , il secondo co-
lor di legno. La pianta di quest'ultima, che è una
varietà dell' altra , suol essere più elevata , ha le foglie
(8. )
più larglie, le capsule maggiori , ed ha maggior quan-
tità di lana vogelabile . Sarebbe preferibile , se il suo
coione non fosse d'una natura fragile , e di minor
durata dell' altro . Con delle speculazioni potreJ)bero
ripararsi questi difelli .
Nasce non solo nelle campagne vicine al mare,
ma nelle mediterranee, ed in quasi tutt' i luoglii in-
colli , e boscosi della Provincia il Lentisco ( Pistacia
Letìtiscus ) . Siccome non vien curato , anzi è gior-
nalmente vilipeso , non si eleva oltre alla condizione
di frutice . Io però ne ho vedute delle piante arboree.
Il suo picciolo fruito, che suol esser copioso, si man-
gia col sale dal volgo. In certi luoghi si preme , e se
n' estrae un olio di forte odore , ma che è ottimo pe'
lumi . Oltre a questi usi , la pianta è altrove impie-
gata a dare quella nobile resina detta comunemente
Mastice, di cui si avvalgono per oggetti di voluttà,
Cloe per profumare gli appartamenti del serraglio di
Costantinopoli , per rendere odorosa la bocca ec. L' uso
più nobile però è quello di servire per le tinte, e per
le vernici. Nell'isola di Scio, ed in altre dell'Arci-
pelago, dove nasce il Lentisco , e dove per incisione
fii fa percolare il Mastice , qnesta pianta si considera
dd tanlo merito , che il Gran Signore ne ha fatto per
se un diritto proibitivo. Noi che l'abbiamo in copia,
e che siamo a un di presso alla latitudine di Scio '
potremmo fare de' tentativi su la medesima per esilar-
ai o quella preziosa resina.
Il Sig. Donato Jatta di Conversano ha colà introdotto ,
e coltiva per suo conto molte migiiaja di piante della
II
(80
così denominala Seta vegetabile [Asclepias fruticosa).
Io 1' lio trovala anche in picciola quantità in Trani , ed
in pochi altri luoghi coinè oggetto di curiosità . Lo
stesso Jatta , per mezzo del Direttore dell' Opihcio sta-
bilito in Taranto , ne avea iatlo lavorare delle varie
stoffe da me vedute a forma di nioerri , ed altre si-
mili . Ma con mia sorpresa ho osservato , che o per
effetto delia mala filatura , o di tessitura impropria j
avea perduta quella dolce morbidezza , che ha il pap-
po chiamatosela vegetabile, e quel bel lucido , che ri-
ceve dalia natura . Ridotte al punto di perfezione quel-
le due operazioni , potrebbe 1' Asclepiade fruticosa
riuscire di molto vantaggio, tanto più che la pianta
alligna bene in questi luoghi , elevandosi a forma di
siepe fino all' altezza di quattro piedi co' suoi molti ra-
mi , ed essendo la sua durata di molti anni. In Trani
r ho veduta abbandonata a se stessa , e pure abbon-
dava di grossi follicoli .
La mancanza delle legna per fuoco cresce da an-
no in anno , sopratutto dopoché con de' pretesti si è
avuta la manìa di quasi distruggere i boschi . Vi ha
delle Città , che ne sono prive del tutto , e la pove-
ra gente per riscaldarsi nell' inverno è obbligata rac-
cogliere i secchi steli degli Asfodeli . In Trani , e ia
Barletta sono nella necessità di provvedersi di legna ,
e carboni dal Gargano , e da Monopoli , Altamura è
nella maggiore penuria . Vi sono state delle persone
■celanti pel pubblico bene , che non han mancato di
suggerire , e d' impegnare , benché con poco , o niun
profitto , delle popolazioni a piantarle . Si è fra gli al-
(83)
tri distinto Monsignor de Genimis in Allamura , do-
rè non ha lasciato in ogni rincontro di raccomandare,
e d' inculcare , che si piantassero degli alberi in quel
vasto territorio atto ad ogni vegetabile produzione . Si
crede un operazione lunga e 1' uomo che si credo na-
to per se solo , non vuole aspettar molto tempo , e
cerca vantaggi pronti , e pi'esentanei . Se dipendesse
da me , e se le mie riflessioni potessero essere di
qualche merito , li contenterei su questo capo ; ed
ecco quel che ne penso . Non v' è quasi Città della
Provincia , che non abbia una porzione del suo ter-
ritorio posta jn sito basso , dove le acque per una
l)uona parte dell' anno ristagnano , e le campagne o
sono a pura perdita , o danno piccioli lucri al pro^
prietario . Questi luoghi pantanosi , per effetto delle
erbe, che si putrefanno, o per altre cagioni, ne' mesi
estivi massimamente , corrompono in modo 1' aria , che
micidiale si rende la dimoila per breve intervallo in
que' luoghi, ed i campagnuoli , che da fanciulli sono
stati obbligati a resjiirarla , malgrado 1' assuefazione ,
rnenano una vita malsana , ed il periodo della mede-
sima e breve . Ne cito un solo esempio , ed è quello
del Garagnoue . Per ovviare in parte a questi ma-
li , od avere abbondanza di legna , non vi restereb-
be a fare , che una sola operazione , ed è quella di
piantare il pioppo ( Populus nìgra ). È già nolo , che
questa pianta ama in preferenza i luoghi paludosi , e
fci nutre di gas idrogeno. Si fa parimente, eh' è di
pronta crescenza , e che in capo a pochi anni si può
(84)
avere da' suoi rami ima sufficiente pvovvisla di legna
per fuoco , oltre al tronco , eh' è di tanta utilità pe'
diversi oggetti economici , cui è destinato , mentreccliè
in questa Provincia manca del tutto il legname per
ogni altro uso . Con questa piantagione si migliorereb-
be la condizione dell' atmosfera , giacché è una verità
da non chiamarsi più in dubbio , che gli alberi si sca-
ricano per le loro foglie del sopravvanzante gas ossi-^
geno solo atto alla respirazione de' viventi . Senza toc-
care la proprietà , potrebbe prescriversi a' padroni di
que' fondi, che piantassero quell' al]>ero utile, e cer-,
carsene conto . Il pascolo , a cui forse quelle terre
sono destinate , nulla perderebbe ; il proprietario in
breve tempo triplicherebbe il suo prodotto , e la pro-
vincia non senlirebibe più il bisogno delle legna .
( H^> )
TERZA CLASSE
Catalogo delle piante officinali •
Vengo air nlliino copioso Catalogo citile piante of-
ficinali . L'ho estratto da quello, che si trova nelle
IgsIiIuzÌohÌ Botaniche citi celehre Professore Sig. Tin-
cenzo l'elagna , e tlt-ll' Illusile Swediaur. IMaleria Me-
dica. Edizione di Milano 1801 . e che ho collazionato
con cpielle , che nascono nella Provincia . Siccome al-
cune di esse sono ovvie , ed altre rare , così ho ag-
giunto a ciascuna specie la lettera C che dinota Co-
iiiuiie ^ e la lettera R che vuol dir Rara . Quelle che
non hanno c{ueste lettere sono in quantità mediocre .
Quando vi sono più specie , che apj^artengono allo
stesso genere, le metto una dopo l'altra . E da avver-
tire , che non ripelo nel Catalogo delle ofiicinali quel-
le già nominate nelle altre due classi, e che sono an-
ch'esse medicinali.
A Persica . C.
Anagallis Arvensis. C.
Acanlhus Mollis . C. Auagyris Fcelida . C.
Achillea Millefolium . C. Anchusa Tinfloria . Officl-
Adianthum Capillus Ven. ualis . C.
Agave Americ.ina Anemone Ncmorosa . C.
Agrimonia Eupatoria Anethum Graveolens . Fce-
Alcea Rosea. C. niculum .
Allium Sativum . Coppa. C. Anfliemis Nohilis . Pi.
Amygdalus Communis . Anlirrhiuum Cjmbalaria
(86)
Apium Gr aveolens . Petro-
selinuni . C.
ArSiuiu Lappa . R.
Arislolochia Roluncla .
Longa
Artemisia Vuìgaris R. Ab-
sinthium
Arunì Maculatum . C.
Allindo Phragmitis
Asclepias Vincetoxicum. R,
Asparagus Offic. C
Asperula Odorata
Asphodelus Ramosiis
Aspleniuni Ceterach. C.
Trichomanoides
Atropa Mandragora
Avena Saliva. G.
B
BelHs Perennis . C.
Beta Vuìgaris . C
Borrago Oilicin. C.
Brassica Olei'acea. Eruca.
Rapa . C.
Buhon Macedonicuni
Bupleurum Rotundiflorum.
G.
Buxus Sempervirens
Caflus Opuntia
Calendula Officinalis . G.
Capparis Spinosa . C.
Capsicum Annuum
Carex Arenaria
Carlina Vuìgaris
Carthamus TinSorius
Centaurea Calcitrapa . C.
Benediaa. R.
Ceratonia Siliqua . G.
Clienopodium Bonus
Henr. R. Rubrum . G.
Cicer Arietinum . G.
Cichorium Intybus . Endi-
via . G.
Citrus Aurantium . Medi-
ca . G.
Glenialis Vitalba
Colchicuni Autumnale . C.
Conferva Helmintliocar--
pton. C.
Goniuni Maculatum
Convolvulus Sepium. Sol*
danella . C.
Coriandrum Sativum . C-
Corylus Avellana . C.
Crocus Sativus
Cucumis Melo . C.
{87 )
CucurLila Pepo . Lagena-
G
na
Climi nu in Cyinlnum
Ciipressus Sempervirens
C
Cuscula Europea
Galiiim Aparine
Genliana CeuLaurium
GeraniumMoscliatum. Pio-
bertianum . C
Cyclamen Europeum . C. Gladiolus Conimunis . C.
Cyiioglossum Oriicin. C. Glycyrrhiza glabra
Cyperus Longus . C. Gossypium Herbaceum. C.
D
H
Daucus Carota . C.
Del |)h ini uni Slapbisagria
Hedera Helix . C.
Herniaria Hirsuta. C.
Diaulhus Gariophyllus . C Horclcuni Vulgare C.
Hiosciamus Albus . C.
E Hypericum Perlbratum. C»
Equisetum Arvense
Ervum Lens . C
Eryngium Campestre. C.
Erysimuni Olficinale . C.
Euf)Horbia Lathyris . R.
Paluslris . C.
Euphrabia Odontites .
Jasminmìi Officinale.
Inula disenterica . C.
Iris Fcelida. Florenlina. Ger-
manica .
Fragaria Voscgi
Fumaria OIììcìd. C
Lafluca Saliva . C. Viro-
sa. C.
Lavandaia Spica » G
Laurus Nobilis . C.
Leontodoa Taraxacum.
Lichen Pyxidatus
Lilium Canclidum. C.
Ijiniim Usitatissimuni .
Lilliosperinum Olllcin,
Purpureo Ccerul.
Lonicera Capri folium .
Periclymenum
Lujiiuus Albus
Lycoperdoa Bovista
M
(88)
C.
o
Ocimum Basilicum . C.
Olca Europea. C.
C. Ononis Spinosa
Onoporduni Acanlhium
c.
e. Orchis . VarÌ33 Species
Origauuni Vulgare . C
Majorana
Oxalis Acetosella .
Malya Fiotundifolia. C.
Marrubium Vulgare . C.
Matricaria Chaniomilla. G.
Melissa Ofilcinalis
Menlha Saliva
Mercurialis Annua . C.
Mcsembryanthemum Gryr-
stallinum
JVJespilus Germanica
Momordica Elateiium G.
Morus Nigra .
N
Ncpela Gataria
IVicotifina Tabacmn
Pecenia Ofilcinalis . R.
Panicuni Daftyloa
Papaver Somniferum .
Rhajas. G.
Parietaria Officia. C.
Pastinaca Opoponax
Peucedanum Officinale
Peziza Auricula
Phalaris Ganariensis . G.
Pliaseolus Vulgaris . G.
Pbilolaeca Decaudra
Pimpinella Anisum . G.
l'inus Piuea
Pislacia Lentiscus . G.
Pisum Sativuni . G.
Plantago Major.. Psyllium
i^)
Plumbago Europea . C.
Polygonum Aviculare . C
Portulaca Oleracea . C.
Potentina Reptans
Poterium. Sanguisorba . C.
Prunus Spinosa . Cerasus
Domell. C.
Psoralea Bituminosa . C
Pyrus Malus.
Quercus Elobur.
R
Ranunculus Ficaria . C.
Raphanus Sativus . C
Rhamnus Zyzyphus . C.
Jujuba . C.
Rhus Coriaria . R.
Ricinus Communis . R.
Rosa alba . Damascena .
Rubra. C.
Rosmarinus Officin. C.
Rumex Acetosa. Acutus C.
Ruscus Aculeatus.
Ruta Graveolens
Salix . Variae specie*
Salvia Sclarea. R.ofiicin. C.
Salsola Kali
Sambucus Kigra
Sanguisorba Officin. C
Santolina Chamaecyparis-
sus . R.
Scabiosa Arvensis
Scandix Cerefoliura . C.
Scilla Maritima . C.
Sedum Telephium . R.
Acre
Sempervivum Tectorum
Senecio Vulgaris . C.
Sinapis Nigra . C. Alba C.
Sisymbrium Nasturlium .
R. Sophia. C.
Smilax Aspera. C.
Solanum Lycopersicon .
Nigrum. R. Tuberosum
Sol. Sodomeum . R.
Sonchus Oleraceus . C
Sorbus Domestica . C.
Spiraea Filipendula . R-
xa
8T Unica Dioica . Pilulifera
Tamarix Gallica V
Ttucrium Chaniaedris .
ClKiinoepitis Polium. G Verbascura Thapsus . C.
Maruin . R. Verbena Offìcinalis
Thymus Sorpillum . C. Vida Faba . C.
Trifoliiiin Rppens . C Viola odorala. Tricolor.
Trigonella Fcenum Grse- C.
cuni Viscum Album. C.
Trljicum Repens. Hiber- Vilis Vinifera.
num . C.
Tussilago Farfara. X
U Xanthium Strumarium . R:
TJlmus Campestris
Osservazioni .
f' Nulla dir dovrei delle piante officinali , non es-
sendo la medicina , cui esse appartengono , mia pro-
vincia, e di esse si è trattato da tutti gli scrittori della
Materia Medica , massimamente dal dotto Professore
Petagna nella sua opera delle facoltà delle piante. Mi
basterebbe solo di aver fatto notare , che questi luoghi
non mancano di erbe proprie a ridonar la salute , a
togliere la cagione de' mali , ed a minorarne 1' inten-
sità , e la durata . Ma ad oggetto di rilevare la pra-
tica j che dal volgo si fa di alcune di esse , e l' uso
(9^ )
cne di altre potrebbe farsi , dirò di passaggio qual
cte cosa . '
Dalle puerpere , e dalle donne , che non hanno
felici i periodi niensuali molto si pratica il Capeh'e-
nere ( Adianthwn Capillus t^eneris ) , q V Asplenio
Ceteracli . Il primo nasce spontaneo nelle vicinanze
delle cisterne, e ne' luoghi dove sgorga dell'acqua. Il
secondo, detto comunemente Spaccapietre, fra le ri-
me delle vecchie mura campestri . Si hanno , come
rinfrescanti , ed aperitivo , promovendo i lochj , e le
purghe, e generalmente se ne lodano gli effetti. Più
attiva , e più pericolosa è 1' Artemisia vulgate per 1'
uso anzidetto . Vi è una classe di donne , che per in-
slituto religioso hanno professato un perpetuo celiba-
to . Sogliono coltivarla forse per facilitare le loro re-
gole attrassate . Da esse io l'ho avuta, poiché non
nasce. Le fanciulle, che non hanno saputo resistt-re
alle seduzioni dell' amore , si contentano , per quanto
mi è stato riferito , di abusare di questa pianta p'er
distruggere con un delitto il germe , che han con-
cepito , e nascondere agli occhi del Mondo la loro
infamia .
Mangia il volgo gran quantità di agli , e cipolle
in tutto r anno , e gli uni , e le altre tanto allorché
sono in erbe, quanto i bulbi, e le radici. Si colti-
vano amcndue , ma l' Allium sativum nasce anche
spontaneo con diverse altre specie , che non sono in
uso , alcune delle quali producono de' fiori di grazioso
aspetto . I campagnuoli non si sentono contenti se nel
loro pranzo , o cena non vi sia per companatico la
(9^)
cipolla . L' aglio poi è la loro gran medicina per im-
pedire gli effetti dell' aria cattiva , e per ristorare le
loro forze infiacchite . Allorché 1' hanno mangiato , ac-
quistano realmente un vigore da fare le maggiori
fatiche .
È comune 1' Anemone Nemorosa , che nasce in
tutt' i luoghi incolti , e ne' coltivati eziandio , dove non
giugne r aratro . E' chiamata comunemente la Torto-
ra , pianta micidiale per le pecore , e pe' buoi , se la
mangiano , utile di molto per gli uomini . Io non so
se da altri sia stato osservato , ma riferirò ciò che su
r altrui esperienza mi è stato rapportato . U a vecchio
padrone di pecore si avvaleva delle radici di questa
pianta , e la conservava anche secca per darla nel bi-
sogno , per calmare gli acuti dolori de' denti . Egli morì
senza manifestare la pianta : disse soltanto eh' era per-
niciosa al minuto bestiame , ed indicò la forma della
radice . Per lungo tempo un suo figlio Ecclesiastico
r ha cercata in vano ; ma su le vaghe notizie dateme-
ne y indovinando piuttosto , mi è riuscito trovarla . Egli
r ha riconosciuta a' caratteri esteriori della radice , e
r ha trovata propria a guarire da quel male . La sua
affinità con gli altri aneuioni, e soprattutto col silve-
stre , che anche qui nasce in copia co' suoi be' fiori ,
dovrebbe rendere comune la stessa virtù , e quindi se
ne potrebbero fare de' saggi . Usano per gli stessi do-
lori di denti la radice dell' Hjosciamus albus , che
nasce accanto alle vecchie mura di campagna , e da
poco tempo a questa parte ho suggerito per Io stesso
male l' uso delle foglie della Psoralea Bituminosa ,
(93)
che nasce in copia , e se ne sono veduti de' conside-
revoli vantaggi .
Dell' Asparago officinale , o piuttosto do' suoi te-
neri germogli , che sono un cibo dilicato , e delle sue
radici se ne fa uso in decozione , e se ne beve 1' ac-
qua . Gli viene attribuita forza aperitiva , e diuretica .
Ma ho trovato de' medici , che 1' hanno contraddetta ,
e ne hanno riprovato l' uso . Senz' alcun dubbio di più
sicura utilità per quel bisogno è l' Ononis Spinosa ,
che nasce nelle marine di Bitonto , e Ruvo, nelle pa-
ludi di Trani , ed altrove ; e che viene valutata quan-
to r Uva ursina ( Arhutus Uva arsi ) , che fra noi
non nasce. L'ho proposta più volte agl'infermi, ed
ho loro dati i saggi per distinguerla , ma senz' alcun
frutto , perchè non han curalo di mandarla a racco-
gliere dove nasce . Si sono servili piuttosto della Sal-
via Sclarea, che da alcuni si coltiva, ed i cui van-
taggi non sono paragonabili a quelli dell' Ononis .
Dal territorio di Bisceglia per tutta la Puglia Pia-
na nasce spontaneo il Capparis Spinosa . È ur.a pian-
ta , che col suo lungo caulo e rami , i quali , senza
elevarsi , riposano su la terra ( procunibcnti ) occuja
mollo spazio . lu Barletta , ed in altri pochi luoghi
della Puglia Piana raccolgono i suoi fiori , o plullosto
calici quando sono della grossezza poco men d' uu
coce , e li mettono in salanioja . Indi li conservano
con V acelo in barili , e li servono in insalata , ed iu
altri UjÌ di cucina . Pictiola quantità n' esca fuori . Di
questa pianta , che la naluiu a larga mano ha data a.'
Pugliesi , se ne dovrebbe tenere maggior conio . Mi
(94)
ricordo di aver !etto in alcune memorie di Accade-
mie Francesi , che si proponeva con impegno , e pre-
mura la moltiplicazione , n collura di questa pianta ,
la quale vien considerata come antiscorbutica , e di
somma utilità no' lunghi viaggi di mare, ne' quali Io
scorbuto suol inanifestarsi con tanta desolazione degli
equipaggi de' vascelli. Per guarire gli umori della
stessa indole perversa, benché non abbiamo la Co-
chlearia OJjftcinalis , che comincia a coltivarsi da un
valente giovane Professore di Bitonto , abbiamo bensì
la Cochlearìa Coroiinpus , che vegeta in tutt' i luoghi,
dove le acque stagnanti si disseccano , e che si pratica
con profitto .
Generalmente si coltivano i Melloni d' acqua
( Cucurbita Citrulhis ) , ed i Melloni di pane . ( Cu-
cuinis 71/e/o).Una considerevole estensione di territo-
rio detta le arene di Balletta, cui appartiene, ne pro-
duce una quantità prodigiosa da somministrarne a
molte città della Provincia . Sono in concetto di piìi
saporosi , e realmente lo meritano quelli , che si col-
tivano nel territorio di Altamura , massimamente i de-
nominati della Vecchia, e di Massimo. Ne'mesi di
agosto , e di settembre sono il cibo comune : altri se
ne serbano per l' inverno . E' più innocente il Mello-
ne d' acqua , che si suole prescrivere agl'infermi come
un rinfrescante, soprattutto nelle febbri ardenti; ma e
dell' uno , e dell' altro convien mangiarne con mode-
razione : quello di pane non è da tutti felicemente di-
gerito : r altro di acqua mangiato ia copia illauguidi-
(<>5)
stvs Vò stomaco, inconveniente, cui si cerca riparare
col bere del vino .
Coltivasi dal popolo in poca quantità il Delphi'
niwn Stapliisagria , ina in copia nasce ne' campi il
Delphìniitni peregrinuni , ed una sua varietà , che ne'
mesi estivi s' incontra per tutte le strade di campagna.
Di queste piante se ne raccolgono i semi , e se ne fa
uso con profitto ad uccidere gli schifosi e nocivi in-
setti , che si annidano nel capo .
Alcuni coltivano la Catapuzia minore , e poche
piante si veggono della maggiore. E quella l' i^i/yu/ior-
bia Licityris ; questa il Ricinus Commimis . L' ultima
è un oggetto solo di curiosità , perchè forse ne ven-
gono ignorati gli usi economici, e medicinali, che in
altre parti se ne fanno. Dovrebbe apprezzarsi di van-
taggio , e moltiplicarsi . Da' suoi semi se n' eslrae un
olio , eh' è ottimo , e salutare . Negli anni passati
ne fu proposta nell' alta Italia la propagazione , e la
coltura per riparare alla mancanza dell' olio , soprat-
tutto iu qua' luoghi , dove 1 intensità del freddo o non
permette la coltivazione dell' ulivo , o 1' espone a' fre-
quenti geli , ed alla morie . Pralic.uio certuni la Cata-
puzia minore per nettare il corpo , inghiottendo 1 suoi
semi senza misura , ma essendo essi un purgante dra-
stico, gli espone il più delle volte ad acuti dolori di
viscere , e non di rado a pericolo di perire . Qualcu-
no de' mi'ji concittadini, che ne ha fatta l'amara espe-
rienza , si guarda bene dal ripeterne la pruova . Altri
più savj praticano le decozione djlla Mercurìalis an-
nua^ che è ovvia, e che purga il corpo dolcemente.
( 96)
Abbiamo due specie di Fumaria , che dall' au-
tunno vegetano sino all' està vegnente , e si usano dif-
ferentemente . Quella eh' è più proficua è a fiori ros-
si , e non molto si eleva : 1' ho additata a molti . La
sua leggermente amara decozione è di molta utilità ,
dà un certo tuono allo stomaco , ed al tubo intestina-
le, e purga il sangue dell' acredine , e dal salso . Io
ne ho ritratti de' considerevoli vantaggi . Forse più at-
tiva per guarire dalla salsedine è la Sarsapariglia no-
strale ( Smilax Aspera ) che nasce, e vegeta benissi-
mo in tutte le vecchie pareti di campagna . Le sue
cime tenere ed allesse, preparate con l' aceto , si man-
giano in insalata . Le sue lunghe , e dure radici ac-
ciaccate , e bollite con 1' acqua , comunicano a questa
la loro virtù purgante, che per lo più si manifesta
per la via della pelle. Non è mia incombenza il dimo-
strare , che la sarsapariglia nostrale sia la stessa , che
l'esotica. Basta sapere, che i vantaggiosi effetti sieno
gli stessi per doverla preferire all' ultima , che si com-
pera , forse già dissipata , mentrecchè la prima s' in-
contra ad ogni passo senza danaro , fresca , e nel suo
maggior vigore . Per lo stesso uso si praticano le ra-
d ici del Panicum Dactylon , che appesta , con quelle
che sono repenti , e di cui son piene tutte le campa-
gne . Viene chiamata comunemente Gramigna , ma
questo nome si dee propriamente al Triticiim repens ,
p ianta anche comune fra noi , ma di cui non si av-
valgono i Medici .
Ad una Conferva , che trovasi tra le officinali
del Signor Petagna , e che io ho aggiunto , avvalendo-
(97)
mi del nome datale dal Signor Swediaur comune i n
tulle le nostre marine , restituisco il nome triviale ,
col quale e qui , ed altrove è conosciuta da' medici .
E essa la Corallina , pianta di mezzo ])iede di allozza
con molli tenui rami , e con foglie brevi lineari , tut-
ta di color bigio . Si confonde co' Fuchi , e con le
Conferve , che le rassomigliano ; ma i marinari sanno
distinguerla , la raccolgono , e la vendono . Mangiata
fresca non è di disgustoso sapore . La sua riconosciu-
ta virtù consiste nell' essere vermicida , e gli effetti ne
sono pronti . Già secca si riduce in polvere, e si uni-
sce con la farina di frumento , colla quale s' impasta :
se ne fanno poi delle frittelle con 1' olio , ed indi si
passano o pel mele , o pel vin cotto , e si mangiano .
INulla si sente nel gusto dell'odore naturale dell' erba 5
ma la sua facoltà si manifesta dopo alcune ore per le
vie del sedere . E certamente una pianta di deciso van-
taggio pe' corpi umani, e merita d'esser molto ap-
prezzata. Forse in cotesto delizioso cratere non nasce ,
giacche frequenti commissioni ne vengono da cotesta
Capitale da coloro , che ne conoscono il valore . L'e-
gregio Signor Petagna mi assicura che si trovi .
La Centaura Minore ( Gentìana Centaurium Mi-
nus ) ugualmente che il Camedrio ( Teiicrium Clia-
mcedris ), il Camepizio ( Teucrium Chamcepithis ) , cà
il Pollio f Teucrium Polium ) piante comuni sono
usale dal volgo, ed anche prescritte da' medici in de-
cozione , per estinguere le ostinate febbri terzane , e
quartane . Molti le hanno usate con utilità . Io non so
se le loro facoltà sieno dirette ad espellere la caus a
i3
( 98 )
«Iella fc'Lbre , ma siccome I' origine di quelle deriva da
leulesceaza , cosi lu' iiiiiiiagino che l'amaro, onde son
esse dotate , come tonico , sia jjroprio a rinvigorire i
viscni , e a togliere il lentore . Il più amaro di tutti,
per quanto a me pare è il Came[)izio, che ha di più un
odore resinoso. Vi ha de' medici che lo riprovano ; ma
io ilo conosciuto persone, che ne masticano frequentemen-
te i rametti , e le foglie, raccontandone le maraviglie pe'
Lenelicj , che ne ritraggono nel fortificare lo stomaco .
Non dee trascmarsi il Teiicrium Siipinum , che nasce
ne' piccioli colli sovrapposti al mare , ed è forse più
ulile . Coltivasi l'erba forte ( Teucriwn Marum ) , ma
il suo potente odore eccita molte volte il dolor di capo.
Abbiuiu eziandio il Teiicriuin Jva comune per le
strade : il suo potente odore di muschio come del Gè-
ranìimi Moschatimi , ovvio parimente, dà sufficiente
luollvo da supporlo pianta di somma utilità.
M >!to uso si fa della Malva rotnndifolia , che
trovasi in tult' i luoghi , e per tutto l'anno. Allorché
talvolta manca viene sostituito il Malvone ( Altea Ro-
sea ) che si coltiva. Bollita si applica come emollien-
te su de' tumori , che mostrano di venire a suppura-
zione j per facilitarla . Il suo decotto si ha per pur-
gante degli umori , e del sangue . I fiori secchi sono
commendati per varj usi, e nelle Farmacopee vengo-
no impiegali con profilio. Per tal ragione gli attaccali
da lue ceiiica lo biyono giornalmente. Nascono del
pari la M.h'a par^'iftora , e la Silvestre , \ Altliea
Ci ìivhiiia , \ Aliliea liirsuta . La loro affinità, ed il
loro abito esteriore fauno pvesiiuiere j che abbiano la
e 99)
stcs.:n facoltà , e perciò potiebbaro servire p.n- eli
slessi usi . "
Nasce in molta quantità la Malricann Chamomil-
la: essa prod.legge massimamente le terre vicine alle
abitazioni rustiche , e ìualgraJo di essere calpestala
vegeta Lenissimo. iVel maggio, tempo della sua (iori-
tura , non si può slare impunemente ne' luoghi , dove
ve n' ha copia , tanto u' è Ibrte 1' odore . È un ecrel-
lente anodino . Della sua decozione non solamente
. K-ìnno uso le femmine ne' dolori , che derivano dagli
orgam uterini , ma anche gli uomini per qualnnoue
altra affezione spasmotica .
Negli orti suole coltivarsi il Papavenim Somnife-
rum pe' suoi fiori , e non per estrarre I' oppio dallo
sue capsule ; nasce spontaneo in Trani a fiore sempli-
ce . II Papoi'er Rheas , e 1' Ilihridum dal volgo si
mangiano teneri in insalata, e con l'aceto. Si crede
comunemente , che promuovano il sonno , come la
Lacluca Sativa , di cui avvene più varietà . De' fiori
degli ultimi Papaveri si fanno delle preparazioni nelle
officine . La Piantalo major , che nasce per lo più
nelle vicinanze de' serbatoi d'acqua , il Sedum Thele-
phium, ed W Sempervwum Tectorum , che si. colti-
vano , sono quasi sempre praticati per rinfrescare le
ansure delle piaghe , e per tenerle morbide con la lo-
ro copiosa mucilaggine. Le ultime , ed il Cotiledon
innìnhcus pianta , che da per tutto si trova nelle fes-
sure delle pareti campestri , si usano vantaggiosamente
■per ammollire ed estirpare i calli delle dita de' piedi
Sul proposito delle piaghe , delle contusioni , e delle
( 100 )
lividure giova qui fare osservare , cln i solJuli f'^nn-
Ccòi nella dimora da essi falla ia q'tisli noslri luoghi
i}'gli mini passati hinno additalo al volg) jih' descrilli
iii;i!i r liso di Geraniuin molle , die da alcuni pra-
t^ si inlendenli di materie erbario è stalo chiamilo AL-
chitnilld , benché erroneamente, e dal popolo •Stelhiz-
Zfl . Si è conosciuto d' una decisa utilità iu guisa che
generalmente vien praticato con l' acciaccarsi , e col
mettersi su la parte affetta . Usasi parimente dal po-
polo la comunissima Salvia Pratensis da esso chia-
mata Centragalla , per lo stesso bisogno , e le foglie
dell' Ufoscìainiis Albiis .
11. anche ovvia la Plumbago Europcea chiamata im-
propriamente dal volgo Romice . Questo nome appar-
tiene a piante utili e salutari , come sono il Riimex
Acetosa , Acetosella, che nascono in questa Provin-
cia, e non sono curale, eccetto la prima, le cui fo-
glie fetide , e subacide si mangiano da' campagnuoli .
Alla Piumbagine si ascrive ima virtù sedativa de' do-
lori pe' denti 5 e chi ne ha patito , e l'ha usata , dice
di averne ricavato del vantaggio . Si pratica nel se-
guente luodo . Le sue foglie teneie si stropicciano sul
braccio nel tempo che si soffre il dolore : elleno fan-
no arrossire la pelle , e con la loro virulenza richia-
mano un afflusso di umori , come se fosse un epi-
spaslo.
La corteccia del Pruno spinoso era un tempo in
mollo credilo come medicina propria ad espellere la
febbre terzana , e si valutava quanto la corteccia Pe-
ruviana . Ora non è più usata, ma non dovrebbe ca-
( '''' )
dere in nWjlio : potrcbbiiu firsi de' nnovi saggi soprat-
tulio perchè è Irulice che si trova in ogni parie .
Era anche molto in modi negli anni j)assati la Ruta
Grnveuleiìta . Le donne l'avevano come aiilisterica , e
de' suoi rami ne ornav.ino il petto . La moda è ora
passata, né più si cura. Dovrebbesi al contrario avere
in concetto , perchè il suo lorle e grave odore pro-
mette molle virtù. Si coltiva negli orti , e rasce spon-
tanea , iiiassimamoDle intorno a Palo di Molfetla .
Molte specie di Salvia nascono nella Provincia ,
ed a me pare di averne scoperta nna nuova non in-
dicata da' Botanici . Vegeta nel cosi dello <S'oi'éto, con-
trada di questo territorio destinala per pascolo, e fio-
risce nel maggio. L' Officinale , e la Sjlarea si col-
tivano . Di cpicsl' idtinia ho già parlalo , della p'riina
non sono ovvj gli usi . Forse per gli stessi potrebbero
impiegarsi la S.'achis lanata , il Clinopodiuni vidimare,
e le due Priinellì Laciniata , e Vulvare , che \i han-
no molta affinità, e forse le stesse virtù. Sono comu-
ni . Merita che sia fatta menzione della bella Salvia
argentea , la quale nasce ne' pascoli delle miirge , ed
in altri luoghi . Ella viene chiamala da' Campagnuoli
col nome di Pi/osella , per<hè le sue laighe foglie
sono coperte d' una morbida lanugine somigliante al
cotone . Allorché essi hanno dello coiilusioni , o ddle
scorticature cuoprono la ferita con quelle foglie , che
servono di panniliui , e le guaricono.
Poche piante vengono coltivale nell' orlo del Sig
Eustachio Gentile di Bilonto del Solanum S domeum ,
ossia Pomodoro Spinoso , che nasce in allre Provincie.
( 102 )
Polrel)be mollipllcarserie !a coUivazione , giacché pei"
asserzione di molti medici, e d H'illustre noslro Socio
Sig. Petagna , le sue foglie sono la gran medicina con-
tro de' reumatismi invecchiati.
Vegetano felicemente nella Provincia varie specie
di Viole. L' Odorata , di cui si fa uso nelle officine,
viene anche coltivata in qualche giardino ; ma quella
che nasce in maggior copia , e che non viene curata ,
è la Viola Tricoìor . Taluni per oggetto soltanto di
piacere, e pe' suoi graziosi fiori tricolorali l'educano
ne' vasi . Ma il disogno, cui la natura l'ha destinala,
è assai più nobile . Le sue foglie sono la gran me-
dicina per liberare i bambini dalle usciture , che ap-
pariscono nel viso , e ntl capo , dette Lattirne ; e che
rendendosi talvolta maligne , troncano il filo della vi-
ta di quelle tenere creature.
E questo un breve Saggio di osservazioni su di al-
cune piante officniali. Non essendo io del mestiere, ho
soltanto accennali quegli usi , cui comunemente sono
impiegate. Un Professore gli avrebbe dettagliati con
maggior precisione , e co' vocaboli dell'arte ; io mi so-
no espresso con le parole triviali .
Da' Cataloghi delle tre descritte classi , che sono
una picciola parte delle molte che nascono in questa
Provincia , si rileva di qual vantaggio sarebbe una Flo-
ra , che abbracciasse le piante di tutte le Provincie , e
quale incalcolabile utilità ne ritrarebbero le arli , le
manifatture , l' industria nazionale , e la vita degli uomi-
ni 5 quanta occupazione potrebbe darsi alle classi in-
digenti per procurarsi la sussistenza . Ciò si otterrebbe
( 'o^ )
se il Governo vi si mostrassi? propenso , e se ile' gio-
vani bene intenzion tli si esibissero ciascuno nel ramo
suo a raccof;lier delle ti he , a classilicarle , secondo il
sistema di Linneo gener.iiinenle ricevuto, e ad impie-
garle per la diversa loro destinazione. Quanto a me
non tralascerò l' intrapresa mia carriera , continuando
a fare delle ricerche in altri luoghi della Provincia ,
per quanto mi sarà jiermesso .
( io4)
Della coltura e preparazione elei Guado . Istruzione
pratica del Socio Corrispondente Antonio Mo-
scai . Presentata nell. adunanza del di 28 dicembre
1807.
I
L Guado , Isntis tinctoria di Linneo , è un' erba in-
dignofera , che si propaga col seme . Il suo fusto della
grossezza di un dilo si alza a circa due piedi ; le sue
foglie lisce , e simili alla lingua di cane , si caricano
di un verde turchiniccio . Da queste foglie , quando
sono giunte alla maturila, se n' estrae un Indaco per-
fellissimo , che i tintori adoperano per la tinta bleu ,
e per preparare le stoffe a ricevere i colori oscuri .
Le terre , dove quest' erba prospera meglio , sono
le grasse mescolate alla sabbia . Dopo di aver ben la-
vorato 5 e letamalo il terreno si divide in tante prose ,
larghe un braccio , e lunghe a piacere . A' primi di apri-
le si sparge il seme non tanto folto, e si ricopre con
l'erpice, nel modo stesso che si pratica per seminare
il lino . Allorché le piante cominciano a crescere ,
bisogna sarchiarle , e mondarle dell' erbe cattive . Ver-
so il Une di giugno ( nel clima della Provincia dell'
Aquila ) quando le foglie sono mature , il che si co-
nosce , se rompendone una , e strofinandola ad un
panno bianco lo tinga di un bel verde cupo, si fa la
prima ricolla del Guado . Di là ad un mese se ne fa
la seconda , e verso il fine di agosto la terza . I terre-
ni assai fertili ne danno anche una quarta . La foglia
non si coglie punto dalle piante , che si vogliono la-
If 'ìo5 )
sciare per II seme al qual oggetto si tleslhiano le più
belle e vigorose .
Il metodo che si tiene' in Rieti per eslrarre l'in-
daco dal Guado, riducendo in pasta la foglia per via
di molini, esige molte braccia, molto tempo, e mol-
lo dispendio . Quello comunicato dal Sig. Giuseppe Mo-
rina Piemontese, e che è stato ritrovalo eccellente, e
facilissimo , è il seguente . Le foglie appena colte si
ineltono in un recipiente di legno , o di inajolica , o
anche di fabbrica , si ricoprono di acqua naturale,
si obbligano a stare sott' acqua con de' pezzi di le-
gno di quercia , e si lasciano cosi in riposo per ore
sedici in dieciotto . Dopo questo tempo , o sia dopo
fatta la maturazione, cosa che si conosce mettendo
un poro di acqua in un bicchiere di cristallo , ed os-
servando se sarà carica di un colore tra 'l giallo , e 1
verde, si gittano le foglie , e si lascia riposare l'ac-
qua per alcuni minuti, affincliè le parti terree possa-
no precipitarsi nel fondo del recipiente , e si decanta
r acqua in altro vaso , passandola per tela , o per se-
taccio , ad oggetto di ritenere le particelle delle fo-
glie, o altro corpicciuolo , che fosse rimasto nell'acqua
del primo recipiente . Quest' acqua cosi filtrata si agi-
ta subito ben bene con una mestola di legno per uu
quarto d' ora o più , a misura della minore o maggio-
re quantità dell' acqua . Vi si versa quindi una picco-
la quantità di acqua di calce ben chiara , seguitando
r agitazione per altri pochi minuti , onde ben mesco-
lare r acqua di calce . Si lascia finalmente in riposo
per alcune ore , si versa dolcemente V acqua , e si tro-
»4
( io6>)
vera nel fondo del vaso la fecola di un hellissiino co-
lore hleu , che si filtra per tela assai fitta , o meglio
per coloncino, e si nielte in ultimo ad asciugare su
tavole di leguo prima al sole , e poi all' ombra ia
luogo arioso , per riporre questa fecola , o indaco
asciutto bene che sia , dentro delle scaltole , e servir-
sene al bisogno per le tinte. Questa pratica di eslrarre
r indaco dalle foglie fresche del Guado , che si è de-
scritta , si può estendere in grande , e formarne uno
stabilimento qualunque , che riunisca insieme tutti i
mezzi , e tutti i comodi di questa semplicissima ope-
razione . -,
'( IO? }
Dello zafferano e sua coltura nella Provincia delt
Aquila. Istruzione pratica del Socio Corrisjiontente
Antonio Mosca. Presentata ncll adunanza del di 23
febbrajo 1808.
L
LL Zafferano ( Crocus sativus autiimnalìs Liti. ) è
una pianta bulbosa , cbc si moltiplica per mezzo del-
le cipolle . I suoi fiori , che hanno nn color celeste
mescolato di rosso porporino , presentano una specie di
fiocco diviso in tre cordoni , che si chiamano (ila , e
e che soli Ibrmano ciò che vi è di più stimabile pel
Zafferano . Kou vi è luogo in tutto il postro Regno ,
dove meglio si coltivi , e dove sembri meglio prospera-
re , che uella Provincia dell'Aquila , sebbene la sua
coltura non vi sia tanto miiver3ale quanto si conver-
rebbe , e quanto lo era prima , che la emigrazione in-
cominciasse a spopolare gli Abruzzi . Le terre , dove
alligna con successo maggiore , sono le nere , le ros-
sicce , ed anche quelle, che senza essere nere conten-
gono un poco di sabbia ; tutte però debbono essere
asciutte, e leggiere, non essendo buone assolutamente
né le umide , uè le argillose . Per piantare un Zaffe-
raneto cominciano i nostri Abbruzzesi dal far con la
zappa , oppure con la vanga un lavoro profondo uà
braccio , rivolgendo , e attenuando bene la terra ,
non altriinenti che si pratica nel piantare le viti .
Coloro, che meglio intendono i loro interessi, eseguo-
no questo lavoro alcuni mesi prima del tempo in cui
■si vuol fare la piantagione, affinchè gl'influssi dell' at.-
mosfera dispongano il terreno ad una vegetazione più
(io8)
j.crfelta, e più vigorosa . Preparala cosi la terra j e
-iiiigliorata con qualche concime, sopratUitlo con le vi-
' nacce ,' nel mese di agosto piantano il Zafferano . Que-
sta operazione consiste nel dividere tulio il terreno
per la sua lunghezza in tante linee diriit^, o solchi fat-
ti con la pnnla della zappa, distanti l'imo dall'altro
un palmo , e profondi quattro pollici : e nel disporre
in tali solchi le cipolle alla stessa distanza di quattro
pollici r una dall' altra , ricovrendo le cipolle del sol-
co antecedente con la terra, che si ricava dal solco
che segue . Ogni quattro solchi piantali , e ricoperti a
questo modo , si ha da lasciare un solco vuoto ^ vale a
dire , che tutto il Zafferaneto viene ad essere ripartito
in tante prose lunghe ad arhi trio, larghe mezza canna,
e lontane 1' una dall' altra circa due palmi , onde po-
ter più agevolmente sarchiare il Zafferano , e racco-
glierne i fiori. Un mese dopo piantate le cipolle si
prende con la zappa tutta quella terra smossa , che
trovasi negli spazj tra le prose, e si rivolge successiva-
mente su le prose medesime, eguagliandone la superficie
con un rastrello di legno in guisa che le prose piantate
di Zafferano vengano a rimaner come elevate in mez-
zo a due grandi solchi j cosa che non solamente fa-
cilita là coltura del Zafferano , ma procura nel tempo
stesso un libero scolo alle acque . Verso il fine di
maggio , quando i capeìli o sien le foglie del Zaffe-
rano divengono bionde , e che mostrano di esser ma-
ture , queste si dislaccano dalle piante , e si riserba-
no come un ottimo, e riscaldante nutrimento pel be-
stiame 5 specialmente per le vacche durante l'inverno .
Immsdiala incute dopo la raccolta delle foglie si dà il
primo lavoro al Zafferaneto , sarchiandolo , ed estirpai:-
done tutte le cattive erbe, senza però danneggiare le
cipolle , e le barbe 5 e la stessa operazione si ripete a
luglio , ed a settembre . Le cure , che esige il secon-
do anno non differiscono punto da quelle del primo ,
eccettuatane la piantagione, ed il ripianare le prose , che
non vi hanno luogo . Verso la fine di settembre inco-
mincia la fioritura del Zafferano , e dura per lo spa-
zio di un mese. Allora ogni nìallina allo spuntar del
sole una truppa di conladiui , relativa alla estensione
del campo, si distribuisce fra le prose del Zafferaneto , e
ciascuno rivolto dalia sua parte destra coglie con due
dita il fiore, e lo ripone in un panerino, che sostie-
ne con la mano sinistra . Siffatta operazione , che non
lascia di presentare uno spettacolo grazioso , e piace-
vole , debb' esser fatta con la maggior destrezza, e sol-
lecitudine precisamente all' ora indicata , perchè dopo
di essersi alzato il sole su l'orizzonte, allargandosi so-
verchiamente il calice del Core , i suoi Glam;nti si ap-
passiscono, e si perdono affatto. Ricondotti a casa i
fiori , si ha cura di separare dalle spoglie del fiore , e
da tuttociò che è inutile, que' filamenti , che come si
è detto , costituiscono propriamente ciò che chiamasi
Zafferano . Quindi non rimane altro , che dissecarlo .
A quest' oggetto si distende una certa quantità di Zaf-
ferano sopra di un paniere di vinchi piatto , e roton-
do , e per via di tre corde attaccate all' orlo del pa-
niere, e che si riuniscono insieme a forma di pirami-
de , si sospende il paniere stesso col Zafferano sopra
("0)
di uu fuoco lento ad una competente altezza , facen-
dolo girare continuamente all' intorno del proprio as-
se 5 e rivolgendo spesso la massa dei Zafferano , sino
a che sia interamente asciutto . Tutto ciò esige molta
attenzione . Quattro libbre di Zafferano fresco non ne
danno , che una quando è secco . Ridotto a questo
stato se ne spedisce la maggior parte per Livorno ,
per Trieste , per Venezia ec. , che lo passano quasi
tutto alle piazze del ]\ord. Una libra di Zafferano co-
sta ordinariamente in questa Provincia da quattro du-
cati sino a sei , secondo le raccolte . Il migliore , e
più l'icercato da' forastieri è quello , che ha gii stami
larglii , di un bel color vellutato rosso , che ha pochi
filaménti gialli , e che è ben asciutto , e netto da ogni
parte eterogenea . Ritorniamo ora al Zafferaneto . Do-
po due raccolte di fiori si dissotterrano le cipolle del
Zafferano , se ne distaccano tutti i fìgliuolini , si mon-
dano da ogni parte secca, e le più belle, e più sane
si trapiantano in altro terreno , già ])reparato nel mo-
do , che si è detto . Qui ricominciano gradatamente
tutte quelle cure , che si sono descritte di sopra . Li
ultimo bisogna avvertire , che il più terribile nemicQ
di questa pianta # il sorcio ,
( III )
Della cassetta per le fratture alT estremità inferì ori ,
inventata per il trasporto degli ammalati negli ospe-
dali ambulanti che seguono le armate. Memoria del
Socio Corrispondente Mangin. Chirurgo in capo dell'
firmata di Napoli . Presentata neW adunanza del
di 29 Aprile 1S08.
N.
On v' ha cosa tanto da bramarsi per la chirurgia
militare, e per 1' umanità quanto il poter proccurare
su i campi di battaglia , o nelle loro vicinanze , de'
buoni letti , e la tranquillità a' feriti . Questi vantaggi
farebbero evitare senza dubbio a molli bravi soldati
1' accrescimento de' dolori , ed anche la morte , che ia-
contran talvolta ne' mezzi che si adoperano per tra-
sportarli agli ospedali più o meno lontani , e per pro-
curar loro i soccorsi che 1' umanità implora .
Troppo sovente il numero de' carrettoni che se-
guono gli ospedali ambulanti , non basta al trasporlo
de' feriti . Si è nella necessità di avvalersi di cattivi
carri o carrette , di farli viaggiare per cattive strade ,
dove sono esposti a' balzi ed alle scosse pericolose , so-
prattutto per coloro , che hanno delle fratture , spe-
cialmente alle estremità inferiori . Si è osservalo con
dispiacere che i trasporti sconcertavano la buona situa-
zione delle parti fratturate , e divenivano delle cagioni
secondarie , che le rendevano complicale con pericolo
cagionando il disordine delle ossa, delle loro scheg-
ginole , r implanlazione nelle parli molli vicine, la
stiratura , il dilaceramento di queste parti , dolori , emor-
ragie j e successivamente eretismo , conti-azione , iucor-
danieuto , tensione , infiammazione , febbre , spasimi ,1
convulsioni , tetani , ed altri accidenti .
Quanto non hanno avuto a dolersi 1 chirurgi del-
la cattiva posizione delle membra fratturate , e i feriti
de' dolori che han sofferto su le vetture al loro arrivo
negli spedali ! Quante volte , io dico , non sono stati
obbligati i chirurgi ne' campi di battaglia ad armarsi
d' un coltello , o d' una sega per amputar delle mem-
bra fratturate, con istrepilo, contusione, e laceramento,
che avrebbero conservate , malgrado questi disordini ,
se fossero stati in uno spedale sedentario , dove non
fossero mancati de' mezzi atti e convenevoli al traspor-
to de' feriti ! Pr isi'uggire gli accidenti cagionali dal
trasporto de' feriti , si sotto inventate da gran tempo
delle macchine ad oggetto di tener fisse ed immobili
le parti fratturate . Tali sono le cassette di legno con
de' mastietti , e de' gangheri ; le cassette , e gronde di
ferro bianco , di cuojo , di cartone j e di cortecce di
alberi &c.
La cassetta perfezionata da Petit , e dettagliata da
Garengeot non ha gli stessi vantaggi , che quella della
quale mi son servito . Le perlezioui che Petit ha date
a questa macchina, non possono servire , che per le
fratture all' estremità inferiori stazionate in un letto .
Qui trattasi di far viaggiare gli ammalati col minore
sconcerto , e dolore possibile , e con mezzi semplici ,
e comuni , facilissimi a rinvenirsi , ed a trasportarsi .
Non ostante che queste niacchine non sieno state
di piena soddisfazione , non può osservarsi senza sor-
presa 1* derelizione , e 1' obblio , in cui fioa cadute
( n3 )
negli ospedali ambulami . Dipendo forse dalle difficol-
tà del loro trasporto , o della loro applicazione in ra-
gione delle coinplicarioni , disproporzioni , e cattive
congegnazioni tra esse , e lo parli frallutato ? Sj ne
sono ottenuti de' vantaggi ?
Le cassette ])er fratture , che io propongo , sono
semplici , facili a farsi ed al trasporlo , nò sono spe-
sose . Non avvi falegname , per cattivo che sia , il
quale non possa farle. Ne feci formar loo. in due
giorni nel villaggio di Albano , dandone il modello in
carta . Un mulo , o un cavallo può agevoln^ente por-
tarne i5o. o 200. Guernite con morbidezza possono
servire non solamente a ben contener le fratture nel
loro trasporto , ma anche quando sono stazionate nel
letto 5 frenano l'azione muscolare, tengono fisse l'cslre-
niilà delle ossa fratturate nella posizione del contatto,
e della circonferenza rispettiva al loro livello naturale,
si applicano più agevolmente , e con maggior pron-
tezza , che tuli' i pezzi , che si è nell' obbligo di uni-
re alle fasciature ordinarie. Dee contarsi moltissimo su
questi mezzi , sopratutto al seguito delle armate , dove
trai gran numero de' chirurgi , che si è nella necessità
d' impiegare , non han tutti 1' abitudine di curare con-
venevolmente le fratture : con un pò di attenzione , e
d' intelligenza possono essere perfettaiìieute contenute
per mezzo di queste cassette , che godono altresì del
vantaggio di agevolare a' feriti il cambiamento del
letto .
L'utilità di queste macchine è stata confermata
dall' esperienza nell' annata di Napoli , specialmente
i5
neir assedio di Gaeta . Esse servivano al trasporto de'
nostri feriti nella trincea di Castellone , di Sessa , di
Capua , di Napoli , dove le fratture giugnevano senza
sconcerto , essendo ben tenute nelle loro cassette , e-
Senz' altri sintomi td accidenti, all' infuori di quelli,
di' eran prodotti dalle loro cagioni efficienti , o dalle
loro conseguenze essenziali . Esse contenevano non so-
lamente il vantaggio di tener bene le fratture nel loro
trasporto, ma faceano evitare molti dolori a' feriti nel
dover cambiar le vetture per le disposizioni degl' in-
fermieri poco pratici , ed intelligenti .
L' allontanamento delle estremità fratturate è il
più delle volte , soprattutto in tempo di guerra, cagio-
nato dagli sforzi mal diretti di coloro , che rilevano ,
e portano i ferifi , o per le cattive posizioni , che dan-
no alle parti fratturate , o ancora per le stesse cagioni
delle fratture. Sarebbe cosa necessariissinia , che il
Governo scegliesse gli uomini che impiega come in-
fermieri al seguito delle armate . Per averne de' mi-
gliori , bisognerebbe meglio pagarli , e far loro appren-
dere negli ospedali in tempo di pace a curare i feriti .
Sovente i pìccoli mezzi , o i mezzi semplici pos-
sono avere de' gran vantaggi . Potrebbe ascriversi a
queste cassette, ed a' carrettoni coverti j e sospesi («)
(a) Vetture a quattro ruote , e sospese ordinate
dal Signor Arcampal Commessario Generale dell' ar-
mata . Erano coperte di materassa al dì dentro del
cassone , e seryivano specialmente pe' feriti .
(1,5)
la guarigione di un gran numero di fralture compli-
cale, per la buona situazione .che tali macchine con-
servano alle parti ferite . I buoni effetti di questi ajuti
ne' gran caldi, come In quelli, che si ebbero nell'as-
sedio di Gaeta , dove il servizio degli ospedali fu ve-
ramente esemplare , e degno degli elogj che ha rice-
vuti , non sarebbero cagioni , che preserverebbero dal
tetano, evitandosi nel trasporto gì' IrritainentI nervosi?
Su d' un numero di circa dugento cinquanta malati
gravemente feriti non potei contare , c^e tre affezioni
tetaniche.
La scienza , che preserva dalle malattie debbe
senza dubbio anteporsi a quella che le risana , ed a
quella che non risana che di rado alcune malattie . Se
gli uomini non han potuto scoprire nella terapeutica
de' rimedj atti a guarire II tetano cagionato dalle fe-
dite d' arme da fuoco , debbon prendere i mezzi d'igle-
na , che possono preservare da questo accidente , spes-
slsslme volte funesto .
Potrei aggiugnere in favore de' mezzi preservativi,
che io propongo , ad oggetto di evitare i tetani , molte
pruove analoghe , che mostrerebbero gì' irritamenti , o
affezioni secondarie delle ferite , come le cause le più
frequenti di, questo morbo .
Nel 1781. nell'assedio di*Yorck nella Virginia Io
spedale ambulante era convenevolmente situato nelle
vicinanze della trincea . I feriti vi eran portati su de'
carri . Il Signor Robillard chirurgo consultore dell'
armata fé conservare a questo deposito le maggiori
fratture , e ferite j le altre eran condotte su de' carret-
( "6)
toni a Willianisbourg in distanza di circa 18. a 20.
miglia da Yorck . Dopo la resa di questa piazza otten-
ne un numero d' uomini necessario per portar dolce-
mente ne' quadrali all' inglese tutte le fratture , e feri-
te conservate nello spedale di Williamsbourg . I feriti
di questo assedio ebbero la sorte di andare esenti dal
tetano , accidente clié scoraggia la gente del mestiere ,
per ragione che porta quasi sempre la morte.
Ho fatta riflessione su la causa dell' assenza dell'
affezione tetanica nelle ferite da noi curate nella Vir-
ginia . Da quel tempo l'esperienza mi ha dimostrato,
che quest' orribile accidente di rado era essenziale alle
ferite, quando si eran completamente secondati gì' ia-
dizj che offrono , come degl'irritamenti cagionali dalle
loro cause essenziali, e'I più delle volte da cause sus-
seguenti, come nel trasporlo de' feriti , dallo stiramento
delle parti molli , e dallo sconcerto delle solide nelle
. fratture.
Il tetano dimostra il carattei'e di un grado supre-
mo d' irritamento nervoso manifestato dagli epifeno-
mini più , o meno regolari, prodotti da una cagione
irri laute s?u 1' organo sensorio , e che vi agisce con
maggior frequenza , e più specificamente ne' paesi cal-
di, che ne' freddi, a cagione d'una maggior debolezza
organica degl' individui , e del loro più allo grado di
sensibilità , e d'irritabilità .
I. Distruggere con delle operazioni , e co' rimedj
indicati le cause essenziali d' irritamento delle ferite ,
è un prevenire il telano .
( »i7 )
2. Evitare nel traeporto de' feriti per mezzo della
cassetta , di cui ho fatto uso , il dolore , 1' irritamento
prodolto da cause susseguenti alle ferite , è anche un
isfuggire il tetano , altri accidenti pericolosi , o morta-
li . Questo è stato il mio scopo . Esso è analago a
quello de' quadrati all' inglese , de' quali si è servito il
Signor Rohillard con successo nella Virginia pel tra-
sporto del gran numero de' nostri feriti da Yorck a
Willamsbourg . Quanti esempj non potrei qui citare
del tetano prodotto dagli urli cagionali a' feriti pe' cat-
tivi mezzi di trasporto , e per le cattive strade ! Non è
mia intenzione di dissertare , né di qui addurre le os-
servazioni , che le grandi occasioni mi han posto a por-
tata di fare intorno a questo accidente funesto. Mi re-
stringo al presente ad implorare, dietro l'esperienza,
ed a nome della umanità, che si formasse un Humero '
bastevole delle cassette o macchine , che propongo , e
che anderanno unite alle casse di apparecchio al seguito
degli ospedali ambulanti delle armate. Esse non sola-
mente servono a proteggere solidamente l'applicazione
dell' apparecchio nel trasporlo de' feriti , ma possono
eziandio servire in mancanza di biancheria per la cu-
ra , ad oggetto di trasportare con una buona posizione
le frattuie nell' estremità inferiori , e procurano un
gran risparmio nell' impiegare la biancherìa, facilitano
r uso delle cose proprie a tenore più , o meno calde
le parti fratturate.
Consiglierei a' chirurgi di marina di far uso di
queste cassette nel caso delle fratture all' estremità in-
( ^^8)
ferìori , che si sconcertano agevolmente per 1' agitazio-
ne , e per l'oadeggiamento del legno , malgrado la buo-
na situazione che abbia potuto darsi a' feriti . Vi ha
circa dugento di queste cassette distribuite nelle diJIe-
reuti divisioni dell' armata di Napoli .
Forma della macchina.
Non è mia intenzione proporre questa cassetta co-
me una novità , ma certamente come la riduzione d'una
macchina complicatissiuia in un' altra molto semplice
la più facile a costruirsi , ed al trasporto delle fratture
all' estremità inferiori . Come scorgesi dall' annessa ta-
vola , queste cassette son composte di quattro pezzi
per le fratture di coscia, i. uno che forma il suolo.
2. un altro il fondo , su cui dee poggiare la faccia po-
steriore della gamba ; 3. due altri laterali , uno intei'-
no o tibiale , 1' altro esterno , o peroniere. Si vede be-
ne che questi tre ultimi pezzi per la gamba , come
quelli , che vi si aggiungeranno per la coscia , do-
vranno avere delle lunghezze , e delle lai'ghezze propor-
zionate a' volumi , ed alle lunghezze delle parti che
dovranno contenere : la densità delle tavole , che le
compongono , dee avere circa un mezzo traverso di
dito .
Il suolo debb' esser legato o articolato all' estre-
mità del fondo della cassetta per mezzo di due cordon-
cini di filo, o grossi spaghi. Le tavole laterali debbo-
no ancora ciascuna esser legata o articolata per uno
de' loro orli agli orli laterali del pavimento per mezzo
di sei cordoncini , tre da ciascuna parie , li quali pas-
sino ne' buchi corrispondenti a' bordi di questo pavi-
mento , ed agli orli de' pavimenti laterali . Si potreb-
bero adoperare ancoia le picciolo corregge con delle
fibbie per articolar queste tavole. L'esperienza ha di-
mostrato , che le -cerniere di ferro, i gangheri, ed j
mastietti sarebbero di un uso incomodo e vizioso ncl-
r uso di questa cassetta . Presso del bordo non artico-
lato o anteriore di ogni pezzo laterale , esser vi deb-
bono tre buchi , i quali al pari che gli anziddetti ,
debbono essere situali nelle parti medie , e vicino all'
estremità di questi orli . Questi ultimi forami servono
a (issare o ad attaccare delle cordicine della lunghezza
di circa mezzo piede . Queste tavole laterali pel loro
ravvicinamento ad ogni parte della gamba, la manten-
gono solidamente nella situazione per mezzo delle cor-
dicine, o legature, che formano de' nodi scorrendo al-
la parte anteriore della gamba . Il suolo avvicinato al-
la pianta del piede lo sostiene per mezzo d'un cordo-
ne o fettuccia di filo assai lunga , che vi è attaccata ,
o la fissa accrescendosi alla parte anterioi'e della ganì-
ba , passando pe' buchi, che servono di attacco alle le-
gature o ligami anteriori delle tavole laterali ; ben inte-
so che queste non debbono essere strette in guisa che
compri man forte le membra che debbono contenere ,
ma che possan piuttosto per le loro larghe superficie ,
e per mezzo d' una compressione uniforme , impedire
col mezzo delle loi'o guarnitura 1' azione de' muscoli
f ilo )
senza slanciarli , e garantire 1' immobilità delle ossa do-
po la loro riduzione, anche nelle IValture obblique , o
a piano inclinato . Questa cassetta , contenendo l' unio-
ne muscolare , impedisce lo slogamento delle ossa se-
condo la loro lunghezza , e densità . Essa sostiene il
])iede in una linea naturale . Bisogna anche mettere le
parti fratturate in una situazione conveniente , e da-
re al tronco tale posizione , che non possa spingere al
basso il frammento superiore dell'osso . Questi mezzi
adoperati con giudizio , mantengono le ossa in una
buona confronlazione , senza esporre la parte agli acci-
denti che cagionano le estensioni permanenti .
Nelle fratture di coscia , si tratta di ligare , o di
articolare di rimpetto il ginocchio per mezzo di cordoni
situati a fronte 1' uno dell' altro , tre tavole corrispon-
denti a quella della gamba , e vi sono fissate per mezzo
di due cordoni ; < sse si articolano e si ligano come quel-
le che servono alla gamba, per inezzo di forami , e di
legature praticate presso de' loro bordi , come può os-
servarsi nelle figure . Questo accessorio , che può dir-
si femorale , dee avere la sua tavola laterale interna
un pò incavata alla sua estremità o bordo superiore ,
per adattarsi alla parte superiore , ed interna della
coscia .
Le fratture alle parti superiori del femore come
quella del collo di qnesl' osso , han bisogno costan-
temente di una tavola laterale esterna assai lunga
per giugnere sino al di sopra del ciglione dell' osso
delle isole , ed al di sotto delle false coste . Questa fe-
morale esterna aver debbe alla sua estremuà superiore
( •=■' )
e presso a' su&i bordi due aperture deHa lunghezza di
circa tre pollici , proporzionate alla larghezza d' una
cintura di tela , che dee passarvi , per fissare al cor-
po del ferito questa tavola , che si potrebbe fare assai
lunga perchè giugnesse sino all' ascella , dove sai-eb-
be facilmente sottoposta per mezzo d'un cordone,
o fascia larga due pollici , che passasse in due aper-
ture praticate all' estremità superiore di questa tavola ,
qual cordone si attraversasse su la spalla per passare
sotto l'ascella opposta, e ritornare a fissarsi su 1' estre-
mila superiore della tavola . Ma questa tavola , che
arrivarebbe sino all' ascella , per quanto guarnita di
cuscinetti essa fosse , cioè di corpi molli tra essa , e
la pelle renderebbe troppo penosa al malato la situa-
zione che esigerebbe . Per mezzo di queste ultime di-
sposizioni sarebbe facile senza dubbio, allorché i feriti
fossero ^abiliti in uno spedale sedentario di operare
delle estensioni permanenti 5 ma potrebbe avvenire ciò
che ho veduto più volte in queste sorte <li estensioni
da alcuni ufiziali di sanità , che volendo ottener trop-
po, non hanno ottenuto che de' risultati perniciosi, e
funesti.
Il primo scopo dell' arte è quello di evitare la
morte ; il secondo di ristabilire , per quanto è possi-
bile , le parti inferme nel loro stato naturale . Gli an-
tichi cerusici hanno osservato , che 1' effetto delle esten-
sioni permanenti , dove credevano di dovérle impie-
gare nelle fratture , esponeva in una maniera inco-
moda il primo oggetto pel secondo . Questo incon-
venicnte ha fatto abbandonare i mezzi estensivi pernia-
i6
( »22 )
nenti , che impiegavano per alcune fratture col rac-
corciamento alle grandi estremità , con la veduta di
restituire ad esse la loro lunghezza naturale , o di man-
tenervele . Ciò non ha impedito ad alcuni professori
di chirurgia distinti de' tempi nostri di richiamare alla
memoria , e di raccomandarne 1' uso per mezzo di
giogaje fatte in maniera da potere operare un effetto
contrario all' azione restrittiva , o contrattiva de' mu-
scoli , ed a mantener la lunghezza delle partì ne' casi
di frattura con perdita della sostanza ossea , o con
delle facce obblique, o a piani inclinati, facili a
scorrere 1' uno su 1' altro . Queste giogaje hanno ot-
tenuta una fiducia tanto maggiore quanta ne godo-
no coloro , che ne han predicato 1' uso nell' arte di
risanare .
Malgrado la considerazione dovuta ad uomini di
tanto merito , io non ho fatto uso di giogaje ad esten-
sioni permanenti; avendole vedute più volte impiegate
da chirurgi formati nell' esercizio dell' arte , dagl' in-
stitutori medesimi , che ne' han soverchiamente esag-
geralo, e preconizzato i vantaggi. Ho osservato che
limitandosi all' effetto delle giogaje ordinarie , non ot-'
tenevasi il fine proposto , cioè di vincijre l'azione con-
tratliva o restrittiva de' muscoli , e che conseguendo
questo fine , eran seguite da funesti accidenti .
Per operare siffatte- estensioni continue, si è nella
necessità i. di stabilire delle compressioni per mezzo "
delle ligaturp, che debbono tenere nella estensione "
forzalo il membro fratturato , o sormontare 1' azione "
de' suoi muscoli . Queste ligature producono tante con-
(1.3)
V^zloni alle parti , Su le quali sono applicate . Di là
derivano de' dolori , ingorgamenti sovente seguiti da
suppurazione , o cangrena . 2. Queste forze estensive
non possono essere esercitate , sebbene si possa sup-
porre che non eccedano il giusto grado di lunghezza
naturale de' muscoli, contro i quali sono impiegate .
3. Vi sono poche fratture , che per le loro cause effi-
cienti , o per lo sconcerto delle ossa non sieno ac-
compagnate da lesione più, o meno grave alle parti
molli, come da contusioni, punture, ed altro sciogli-
mento di continuità alle fibre muscolose , tendinose ,-
aponeurotiche , ligamentose , nervose, che sono eoa
tanta maggior celerità seguite da sinistri accidenti , in
quanto sono stirate danna continuazione di forza esten-
siva , che produce , ed accresce essenzialmente. 1' irri-
tamento , il dolore , la febbre , l' ingorgamento , . l' in-
fiammazione seguita da suppurazione, o stiratura, can-
grena , spasimi, convulsioni, e dalla morte.
Senza dubbio riflettendo Polt su le cause di qae-
sll accidenti alle fratture dell' estremità inferiori , con
somma felicità ha immaginato, che per ridurle, e ri-
dotte mantenerle , bisognava piegar le membra frattu-
rate, in vece di distenderle; che per mezzo di questa
situazione si mettevano le parti molli nel riposo , ciò
che facea evitare gli sforzi di estensione, e di contro-
estensione , e gli accidenti che le accompagnano , co-
me ancora 1' estensione continua de' muscoli . Que-
ste giuste riflessioni avrebbero dovuto opporsi al rin-
novellamento del metodo estensivo permanente nel-
(I4)
la guarigione delle fratture alle grandi estremità del
corpo .
Questo metodo di Pott è stato adottato e seguito
da gran tempo da' migliori pratici . L' ho posto in
pratica con molto successo da più di aS anni per-
le fratture alle gambe ; non 1' ho adoperalo per
quelle delle cosce , per la ragione che quello che
può guadagnarsi in queste ultime pel rilassamento di
certi muscoli , si perde per la tensione de' loro an-^
tagonisti .
Nelle mie lezioni di chirurgia date nello spedale
militare d'istruzione di Lilla ho citato molti falti,che
confermano i cattivi effetti da me osservati nell' uso
delle giogaje ad estensione continua . Ne ]:o anche ve-
duto uno , eh' è passato sotto gli sguardi di parecchi
uffiziali di sanità . Nel mese di gennaro dell'anno scorso
visitando uno degli ospedali del Regno di Napoli ,
esaminai un uomo di 22 anni forte e vigoroso, che
da otto giorni avea la gamba diritta fratturata com-
pletamente verso il suo terzo inferiore , conseguenza
d' una caduta . Pel rapporto del chirurgo che curava
questo ferito una tal frattura era accompagnata da
una piaga fatta dal frammento superiore della tibia ,
che avea forata la pelle rimpetto alla cresta anteriore
di quest' osso .
La parte fratturata era contenuta da giogaje ad'
estensione continua . Il malato era afflittissimo , il suo
polso era picciolo , frequente , di carattere nervoso , ca-
lore con eritisnio alla pelle , respirazione al sommo
impedita di ragione dello spasimo generale , che ma-
( 125 )
infestavasi particolarmenle dalla parte del petto , volto
arrossito, occhio vivo, veglia, delirio vago. Questi
epifenomeni spasmodici con carattere infiammatorio non
potevano essere ascritti, che allo stiramento, ed alla
irritazione cagionata dalle giogaje ad estensione conti-
nua . Consigliai la loro soppressione , l'uso del salasso,
gji antispasmodici , ed antiflogistici .
Malgrado la soppressione di queste giogaje l'or-
gano sensitivo era attaccato da irritamento a tal gra-
do , che le sue affezioni sintomatiche non iscemarono,
il delirio divenne violento , il ferito volle levarsi , e
camminare, cadde, fu immediatamente rilevato , e ri-
posto nel suo letto . Il chirurgo in capo , incaricato di
quest'albergo, chiamato, fece, ma in vano , fare delle
estensioni , e contro-estensioni per ridurre la frattura
disordinata dalla caduta . Sapendo che io non era lon-
tano dall' ospizio nel momento de' suoi sforzi inutili ,
mi manda a chiamare di trasferì rnai dal ferito. I fram-
menti superiori della tibia , e del peroneo uscivano da
circa un pollice , e presentavano degli aspetti poco ob-
bliqui per la piaga . Malgrado lo stato convulsivo in cui
era r infermo , posi in confronto all' istante , e senza sforzo
la estremità delle ossa , luettendo la gamba in flessio-
ne , e i muscoli della rilassatezza. Questo ferito è mor-
to due giorni dopo pel tetano derivato dall' irrita-
zione cagionala dalla stiratura prodotta dalle estensioni
continue .
Mi doldi di non aver consiglialo da jirima 1' uso.
de' bagni uniti a' mezzi temperanti, e calmanti da ine
indicali .
(1.6)
Ne' primi giorni i fratturati , coinè ancora tutti
gli altri feriti , provano ordinariamente delle irritazio-
ni , e de' dolori essenziali. Esponendo in quel primo
tempo un membro fratturato alle estensioni , e contro-
estensioni forzate come all' applicazione delle giogaje
ad estensioni continue, accrescesi necessariamente l'ir-
ritamento , e '1 dolore , come accrescesi dalla falsa po-
sizione delle parti , e dal poco di perfezione de' mezzi
che si hanno talvolta al seguito delle armate pel tra-
sporto de' feriti .
La facilità di ridurre le fratture come altresì le
lussazioni, mettendo i muscoli delle parti fratturate
nella rilassatezza , non può essere molto raccomanda-
ta . Si può, dietro la riduzione, distendere il mem-
bro fratturato per collocarlo ne' mezzi , che debbo-
no contenerlo , o lasciarlo piegare secondo i precetti
di Pott .
Se è permesso l' uso delle giogaje ad estensioni
permanenti alle fratture del collo del femore , come
a quelle , in cui vi è perdita di sostanza in tutta la
densità delle ossa, ed a quelle estremamente oblique,
non può ciò essere che dopo di esser cessato l'irri-
tamento , e '1 dolore , badando bene a non risvegliai-e
questi sintomi . Degli esempli simili a quello da me
rapportato , debbono farci sentire al vivo , esser pre-
feribile, non essendovi mezzo migliore, il veder vivere
de' feriti con de' vizj di conformazione nelle estremità
inferiori, che il vederli morire con queste estremità
ben conformate, o di lunghezza naturale.
Le cassette che io propongo , possono servire e-
guahnenle, in ragione della mobilità delle cerniere,
pe'loro due aspetti, cioè quella che sembra di essere
stata conformata per la parte sinistra nelle fratture di
coscia , può servire anche per la destra , facendole
cambiare aspetto . È necessario osservare , che deb-
be esservi molto intervallo tra le membra fratturate ,
e le cassette , per collocarvi guarnitura di fieno o
di paglia .
Si può , come si è proposto , far uso delle pic-
ciole materasse di lana, di stoppa, o di crini; ma
questi accessori renderebbero complicate queste mac-
chine ; i coscinetti d'altra parte inzuppati di sangue ,
e di pus , diverrebbero ben tosto duri , e d' un odore
intollerabile. Antepongo alla lana, alla stoppa , ed a'
crini i piccioli pagliacci pieni per metà di minuta pa-
glia di avena , che aver si potrebbe in provigione :
essi sono più o meno densi in proporzione de' vani
da riempirsi tra la parie fratturata , e la cassetta , e
ciò in ragione della mobilità della paglia . Ho suppli-
to con vantaggio a questi accessorj con della paglia ,
o fieno fatto in minuti pezzi , con delle foglie di al-
beri , dell' erba , e del musco ec. con cui può formarsi
mi fondo delle cassette un letto assai denso, e riem-
piere i vani, e gl'intervalli, che sono tra la gamba,
e le tavole laterali, affinchè le parti sien mantenute
con la maggior morbidezza possibile , e nella posizione
necessaria .
La chirurgia militare ha avute delle pruove reali
nell'assedio di Jorck , ed in quello di Gaeta, che la
gran dolcezza nel trasporto de' feriti favoriva singoiar-
«lente le loro guarigio.ii . ScLbene I mezzi amiiiìnì-
strallvJ de' nostri spedali fossei'O nella maggior parte
restati dietro l'armata, e su de' vascelli ne' primi gior-
ni dell'assedio di Jorck , e che i nostri feriti fossero
stati situati nelle scuderie , e coricati su la paglia , co-
perti di vecchie tele, e di cattivi panni , questa man-
canza di mezzi non impedi la guarigione d' un gran
numero di ferite gravissime fatte per colpi di palle dii
fucili , e di cannoni , e per lo scoppio di bombo ; a
noi avemmo il piacere di salvar molte membra, che
sembrava per la natura delle loro ferite dover essere
amputate all' istante .
Ho rapportato per più anni nelle mie lezioni all'
ospedale militare d'istruzione di Lilla delle storie cir-
costanziate di ferite maggiori avvenute in tale assedio ,
e tra le altre di una memorabile , onde fu afflitto il
Signor Carlo Lameth . Questo Uffiziale nella presa d'
un fortino fu colpito da una palla, che gli divise tra-
versalmente la rotola in due parti. La metà superiore
di quest' osso era rimossa dal suo luogo per la con-
trazione dell' estensore della gamba sino a circa quat-
tro pollici al di sopra del ginocchio . Questo bravo
militare fu portato su d'una stanga al deposito in uno
stato di dolore, e d' irritamento proporzionato alla gra-
vezza della ferita .
La palla attraversando la rotola , ne avea distrut-
ta r estenzione di circa un pollice di pelle , e di fibre
tendinose , che cuoprouo la convessità di quest' osso .
Questa specie di ponte dell' intervallo dell' ingresso all'
uscita del corpo fu tosto iacisa secondo il tragitto di
(Juesio carpo . iLe diie piaghe ridotta aJ uua, si oslras-
sero alcuni piccioli IVainnionli ossei, si poso la coscia
in una gran flessibilità, come il piedo, o la gamba
Dell' estensione . L' estremità fu sostenuta da due cu-
scini di paglia disposti in maniera , che ne risultava
un piano inclinato , elevatissimo dalla parte del calca-
gno . Si ravvicinarono agevolmente le due parti delle
rotola , che furon «lantennte in confronto da uua fa-
sciatura indicata , che si dovè abbandonare dal 6. al 7.
giorno della ferita a motivo dell'enfiagione, e de' do-
lori considerevoli avvenuti alle parti molli adjacenti
dèli' articolo : Il gonfiamento , che circondava il ginoc-
chio , rimpiazzò la fasciatura , mantenendo nel suo
perfetto contatto le 'due parti di rotola , ciò che uè
lavori la riunione , ed una consolidazione si perfetta ,
che dopo lo spazio di circa tre mesi il Signor Carlo
Lameth potè partire dall' America per ritornare in Fran-
cia , ove si è servito , e tuttavia si serve della rotola
fratturata , come di quella opposta .
L' anchilosi dovea essere riguardata , come il ter-
mine il più felice di questa ferita . Furono adoperati
de' mezzi emollienti, risolutivi, temperanti, ed antis-
pasmodici uniformemente agi' indie). Tal' è. in breve la
storia d' una ferita , che agli occhi de' conoscitori de'
caratteri delle piaghe fatte dalle arme da fuoco con-
dannava il Signor Carlo Lameth ad un'amputazione
alla coscia . L'ufficiale di sanità , che avrebbe fatta que-
st' amputazione all' istante non sarebbe stato men bia-
sifmeVole dalla chirurgia, che da' cerusici .
< " -D Signor IVobillard , che diresse questa cura ,
»7
(,3o)
come ancora molle altre considerevoli , mostrò 1'
alto grado di discernimento , e di esperienza , onde ha
dato sovente delle pruove . La posterità riceverà senza
dubbio con sensi di riconoscenza i numerosi esemp)
della buona chirurgia pratica , eh' egli ha mostrata .
Se la frattura della rotola y della quale ho favel-
lato, e non pochi altri guasti della metà, o di due
terzi delle ossa alle grandi estremità , erano stati es-
posti ne' primi tempi a cause irritanti , come agli sbal-
zi , ed agli urti delle vetture , e se non si era fatto
■uso nel trasporto delle grandi ferite di mezzi sì dol-
ci j come de' quadrati all' inglese , la ragione assicura j
che non se n' erano ottenuti successi sì rari come quelli
di cui la chirurgia ha avuto a ||9riarsi dopo l' asse-
dio di Jork ,
Dietro r utilità della macchina , che io propon-
go pel trasporto delle fratture all' estremità inferiori ,
scrissi nel tempo del nostro ingresso in questo Regno
la lettera circolare seguente a' signori chirurgi maggiori
dell' armala incaricati degli ospedali ambulanti al se-
guito delle divisioni .
Da albano li 2. Febbraro 1806*
Signori
Non potendo avere il piacere di vedere , ne éS,
parlare co' chirurgi dell' armala , prendo il partilo di
scrivere a' loro capi rispettivi . Li priego a voler co-
municare la mia lettera a coloro y che ad essi sono
subordinati .
(i3. )
Io giutlico , che abbiamo la slessa maniera di ve-
dere, e di esercitare la chirurgia. Voi immaginate
senza dubbio come me , che la scienza che fa evitare le
operazioni, è preferibile all'arie di farle, e che un
chirurgo non debbe aver sempre la mano armata di
coltello, o di sega .
I chirurghi dell' ai-mata di Napoli non calcoleran-
no i servi^ che presteranno a' bravi militari feriti
dal numero delle amputazioni che avranno fatte, ma
da quello delle membra , che conserveranno , tanto
per le dilatazioni necessarie , e convenienti alle circo-"
stanze , quanto per 1' estrazione de' corpi estranei , e
-delle cure metodiche ec.
Vi ha intanto de' casi ben noti , in cui ne la scien-
za dell' arte ne la natura hanno alcun potere per con-
servare una parte molto disorganizzata dalla causa ef-
ficiente della ferita . Intendo far parola di que' casi ,
in cui le parti ferite sono di già morte per effetto del
laceramento , della contusione , dell' attrizione , della
frattura con istrepito , comminuzione delle ossa , di-
struzione de' vasi capitali ec. Certamente , signori , ec-
co uno stato , che forza un chirurgo a prender subito
un coltello , o una sega : anche questo stato è subor-
dinato a quello delle forze del ferito .
Ne' casi i più incerti , quelli ne' quali son con-
servali de' vasi maggiori , dov' è un gran disordine
nelle parli molli , e dure ( non prevediamo troppo
la mancanza delle risorse della natura ) io posso as-
sicurare , dietro 1' esperienza , che le membra , le quali
sembravano esser condannate alla morte , e quindi
( a32 )
air amputazione , si sono come richiamate alla vita
<lal soccorso della natura ben secondata dall' arte di
guarire .
In una parola , gli estremi sono viziosi . Coloro,
che han voluto proscrivere intieramente le amputazioni
dalla chirurgia , hanno avuto lo stesso torto che quel-
li , che han voluto farle senz'. alcuna necessità . La
diagnostica , o il giudizio fondato sul ragionamento ,
e su l'esperienza, dee servir di regola alla chirurgia
attiva , coinè debb' esser la sorgente di tutte le indi-
cazioni curative .
Unisco alle casse di apparecchio anche le cassette per
le fratture all'estremità inferiori . L' uso di siffatte cas-
sette suppone l'applicazione dell'apparecchio indicato.
Esse debbono esser guarnite ne' loro angoli , e vuole
negl'intervalli, che incontransi tra'l membro, e la
parte interna della cassa , con della stoppa, della pa-
glia , o del fieno, ed anche del musco , e di tutto ciò,
di che potrà disporsi per mantener le parti fratturate
nel tempo del trasporto con la maggior morbidezza
possibile, conservandole fisse nella posizione la più
naturale , o la più vantaggiosa .
Lo ripeto , gli estremi son del tutto nocivi • Io
non sono più partiggiano degli unguenti , che degli
empiastri . Intanto convien far uso del digestivo sem-
plice , soprattutto ne' primi tempi delle piaghe fatte
dalle arme da fuoco , come conviene adoperare gli
empiastri agglutinativi per la riunione delle piaghe
fatte dagli strumenti taglienti , malgrado che in questo
genere di piaghe la vera situazione , cioè la rilassalez-
( 1.33 )
za de' muscoli recisi , ciò che suppone 1' estensione
de' loro antagonisti fissati da una fasciatura convenien-
te, sia il mezzo principale della chirurgia .
Non si tratta solamente nella chirurgia militare
di saper fare con esaltezza il suo servizio , miei cari
confratelli , bisogna altresì far ben servire . Raccoman-
do a' vostri collaboratori subordinazione, zelo, attività,
e buona armonia non solamente tra loro , ma anche
con tutti gl'impiegati dell'amministrazione.
I chirurgi debbono tutti osservare ciò che può
contribuire al bene de' soldati , e render conto a
chi conviene . Debbo dirvi , o signori , che i mi-
litari debbono la più grande riconoscenza a S. M. il
Re Giuseppe , ed al Maresciallo Messena pe' soc-
corsi di biancheria per le cure , clxe mettono a nostra,
disposizione .
( '34)
Della valutazione delle Temperature di Altamu-
ra . Discorso dei Socio Ordinario Luca de Samuele
Cagnazzi . P. Professore di Economia Politica nella
R- Università di Napoli. Letto nel di 23 giugno
1808.
Nec vidìsse semel satis est : juvat usque morari ,
Et corife rre gradum , 6" veniendi discere causar .
Virg. ^aeid, Lib. VL
OE 1' azione del sole non fosse modificata dalle cir-
costanze locali , la tempei'atura reale di ciascun luogo
sarebbe uniforme all' astronomica . Questa con calcolo
si può determinare in generale per tutto l' anno dal
grado di latitudine , ed in particolare in ciascun istan-
te dal corso della Terra intorno di esso sole , ed in-
torno a se stessa j ma come è impossibile sottoporre
a calcolo le cause locali modificanti le temperature
astronomiche , cosi la determinazione delle tempera-
ture reali non può essere , che un risultato delle at-
tuali e lunghe osservazioni meteorologiche , come io
dissi nel mio antecedente discorso . Abbastanza poi si
conosce quanto sia utile la fissazione delle temperatu-
re reali di ciascun luogo per ogni speculazione rustica
ed economica , specialmente tra noi , essendo questo
Regno di un suolo assai variato j e con circostanze di-
verse che r accompagnano .
( ^^5 )
Chiamano i meteorologi temperatura media del
giorno quella che risulta dall' unione del massimo , e
del minimo calore osservato nella giornata , e diviso
per mela. Similmente unite tutte le temperature me-
die delle giornate di un mese , e diviso quindi il to-
tale pe '1 numero di esse , si ha la temperatura media
mensuale . Prese finalmente tutte le temperature me-
die mensuali di un anno , e divìse per dodici , si ha
la temperatura media annua . Si è osservato nelle no-
stre latitudini , che la temperatura media di aprile è
quasi la stessa che 1' annua , ond' è che da' meteorologi
suole a quest' ultima sostituirsi . Ma ciò non dee for-
mare, parlando a rigore, un canone generale.
Il celebre Signor Rirwan nel suo — Saggio me-
teorologico contenente una valutazione della tempera-
pira ec — volendo stabilire la temperatura astrono-
mica , ossia di modello , di tutte le latitudini dell'emis-
fero australe r si serve delle medie annue e mensuali
osservate in varj punti nel mezzo dell' oceano Atlantico
tra i due continenti dalla linea fino al polo , ove 1'
influenza , e la varietà delle terre poco, o nulla pos-
sono valere . Con una formola poi , ricavata dalle stes-
se osservazioni , fissa progressivamente tutte le tempe-
rature medie annue e mensuali di ciascun punto della
latitudine su le acque del riferito oceano , formando
delle tavole , cui riferisce le corrispondenti tempera-
ture reali osservate su i continenti . Indaga quindi le
cause delle modificazioni , preudendo per base , che i
T«nti, i quali spirano su i mari, si radono piùtem-
( i36)
perali iu amendue i sensi , vai qnauio dire , meno
iVeddi nell' iaverno , e meno caldi uolla state .
(>f ; . Per mancanza di altre osservazioni meteoròlogi-
clie neir Italia , all' infuori di quelle del celebre Toal-
do di Padova , non potè il citato autore spaziarsi di
molto su la temperatura di questa nostra regione , on-
de :si restrii^se a dire nell'opera citata quelche sie-
gue : ») Secondo le osservazioni del celebre meteorolo-
» go Signor Toalilo la temperatura media di questa
» Città negli anni 1781 , e 1782 , fu 52 . 2 Farenheit .
» La temperatura del modello è Sy . 2 F. (a), la dif-
)• fereuza è 5 F, ma la distanza di Padova dall'Ai-»
>i lantico è 600 miglia , dalla quale dovrebb' essere
» raffreddala di 4 gradi (Z») . Neil' inverno è raffredda-
» ta anche di più dalla sua vicinanza ai mouti Euga-
» nei , e nell' estate ancora dalla vicinanza all' Adriati-
M co ; il Mediterraneo l'è per verità molto più vici-
» no dell' oceano , ma la sua influenza è intercetta-
» ta dagli Appennini , che si frappongono ; così la
» sua vera temperatura pare che sia Sa . 6 F. , o
>. 52 . 8 . F.
Volendo eseguire un lavoro cosi utile per Alta-
(a) Padova è situata alla latitudine 45. 25. ^ ortde
tal' è la temperatura di modello che l' appartiene , se-
condo il calcolo rapportato .
(b) L' Autore fissa dalle osservazioni il raffred-
damento di un grado dalla temperatura per ogni iSe
miglia di distanza dall' oceano Atlantico.
. ( '37 )
mura mia patria , dietro un lungo corso di osserva-
zioni meteorologiche , mi convenne prima d' ogni al-
tra cosa fare delle generali riflessioni su l'intera Ita-
lia , avvalendomi delle osservazioni altrui , e di quelle
da me fatte viaggiando per la medesima . Alcune di
queste furono da me esposte ne' quadri periodici di
meteorologia , che anni sono io dava al pubblico , e
che quindi unite ad altre costituirono una memoria
su la temperatura dell' Italia , che presentai alla Rea-
le Accademia delle Scienze in Firenze . Mi conviene
dare al presente un reassunlo di essa, perchè serva di
preliminare al mio argomento 5 e prima di far ciò mi
sia permesso richiamare alla memoria le teorie generali
risguardanti le temperature de' luoghi, già l'iconosciute
per le più sicure dagli osservatori , e che brevemente
accennai nel mio precedente discorso .
Vien modificata soprattutto la temperatura d' una
regione da' venti che vi spirano . Questi oltre al ca-
rattere essenziale , che concepiscono a norma della
prossimilà a' due opposti cardini , ne acquistano un
altro dalla qualità de' luoghi , su cui scorrono prima
di pervenirvi . In qualunque modo poi , se essi au-
menlauo 1' evaporazione , diminuiscono la temperatu-
ra 5 e l'accrescono al contrario se causano precipita-
zione . L' aria sollecita 1' evaporazione non solo a mi-
sura della sua siccità , ma anche a norma della sua
densità ; come all' opposto la precipitazione succe-
de non solo per l' affluenza de' vapori sospesi nell' at-
mosfera pe' venti umidi che vi pervengono , ma p'^r
la sua rarei'azione altresì.
18
(i38)
La posizione dell' Italia bagnata dal Mediterraneo,
e dall' Adriatico , è tale , che lo Scilocco , o Sud-Est ,
porta seco un umido molesto , facendo abbassare la
colonna del mercurio nel barometro , ossia reudendo
più rara 1' atmosfera , donde deriva quell' abbattimento
di forze che si risente, ed una impressione molesta
alla nostra fibra , per dover ritenere nel loro corso
gli umori con maggior forza , essendosi diminuita la
pressione esterna , onde risultano delle sensazioni do-
lorose nelle parti del nostro corpo offese (a) . Questa
proprietà benché sia privativa di siffatto vento in un
sommo grado , non mancano di averla anche gli adja-
centi nella slessa proporzione della loro prossimità .
Il Maestro , o Nord-Ovest , per lo contrario , spiran-
do dal sito opposto a questo , porta il secco ed il
sereno , facendo elevai-e il barometro , ossia adden-
(a) Questa esterna pressione o reazione allo sfor-
zo , che le nostre fibre fanno per mettere in circola-
zione gli umori , diminuisce , a calcolo fatto , circa
novanta libbre per ogni linea che il mercurio si ab-
bassa nel barometro . Da ciò nascono V emorragie
nel salire le altissime montagne . Nel mio discorso
deir anno 1 792 , e g3. mi trovo di aver parlato alla
lunga su questo assunto , e dimostrai con numerose
osservazioni quanto influiscano le variazioni barome-
triche ai mali specialmente dì petto , e come possa
ciò servire di presentimento ad alcuni animali nel-
le variazioni atmosferiche .
(,39)
sando l' atmosfera , per cui produce del vigore nel-
la fibra , ed un accrescimento di forze per T'aumen-
tata pressione ossia reazione alla superficie del nostro
corpo .
Conviene però considerar le stagioni , in cui tali
venti spirano . Rendesi desiderabile nelt' inverno lo
Scilocco dopo di ostinali freddi , perchè produce l'au-
mento della temperatura , e dà delle piogge . Questo
vento nel pervenirci scorrer debbe alla lunga più de-
gli altri adjacenti su le acque del Mediterraneo j che
tra'inari chiusi è il più temperato relativamente, on-
de si rende più efficace agi' indicati fenomeni . Neil*
està poi rendesi alquanto molesto per la rarefazione
che produce nell' atmosfera , cagionando iin caldo sfi-
brante , ed umido sospeso , che suole alle volte scio-
gliersi in pioggia.
II Maestro , o Nord-Ovest , è molto rigido nell'
inverno per tutta l' Italia : ci perviene senz' aver toc-
cato mare alcuno , ijnmediatameute dopo di aver lam-
bite le gelide cime delle Alpi , e così dura fino agli
estrenti di questa regione , la cui forma di stivale è
posta lungo la direzione di questo vento . Dopoché il
vento di Maestro ha disposta pian piano 1' atmosfera
ad una temperatura molto bassa , al soffiar di qualche
altro formasi della neve. Se poi l'atmosfera si trova
soverchiamente gravida di vapori vescicolan, all'im-
provviso soffiar del Maestro , non potendosi questi al
momento convertire in elastici , si precipitano in ne-
"ve . Non di rado però succedono tali cambiamenti con
( i4o )
posatezza , altro non ne risulta , che un freddo secco
nell' inverno .
il Settentrione, o Nord, è per noi meno freddo
del precedente , benché venga dal Polo , perchè tocca
minore estensione di montagne nel gingnere lino a
noi . Si aggiugue per la bassa Italia , che dee scorrere
di più il golfo Adriatico . Il Signor Williamson ripete
r essersi reso meno freddo questo vento per 1' Italia
da diecisselte secoli in qua dallo sboscamento della
Germania , essendosi ravvisato che i venti passando su
de' boschi si raffreddano maggiormente di quel che
fanno nel passare su di terre nude, giacché si aumenta
V evaporazione col mezzo de' vegetabili , e soprattutto
degli alberi boscosi , e delle foreste .
Questo golfo non ostante , che s' imbocchi col
temperato Mediterraneo , crede il Signor Rirwan (a) ,
che sia d' una temperatura assai al di sotto per essersi
alcuni anni gelate le lagune Veneziane , onde conchiu-
de che in nulla può condurre ad addolcire il riferito
vento . Non è da negarsi eh' essendo lo stretto Adria-
tico circondato da inontagne assai alpestri , non sia
d'una temperatura relativamente molto bassa , incapa-
ce però a far gelare 1' acqua pregna dell' intera salse-
dine marina . Chi non sa essere le dette lagune un pic-
ciolo e basso seno assai circoscritto , entro cui si sca-
ricano alcuni fiumi , onde le sue acque sono assai piìi
(a) Cap. XI. della citata opera .
( '4. )
dolci delle ordinarie , spirando specialmente i venti bo-
reali , che frenano l'ingresso alle altre acque? Non è
malagevole ora il comprendere come gelar possano in
alcuni anni . Neil' anno i8oo , mi avvenne osservare
questo fenomeno , benché parziale , ed avendo preso
un pezzo di gelo lo trovai leggiermente salso . Servi
ciò a togliermi la gran maraviglia , che cagionata avea-
mi r opinione precipitosa del citato Meteorologo . Da
ciò risulta, che in ogni modo l'Adriatico influir dee,
benché di poco , a mitigare il detto vento .
Rendesi anche molesto il vento di Mezzogiorno ,
0 Sud , il quale ha gli stessi caratteri dello Scilocco ,
ma con qualche grado di meno , né cosi spesso risol-
vesì in pioggia . Il Libeccio, o Sud-Ovest, spirando
porta del calore bruciando e dannoso s'i agli animali ,
che a' vegetabili . Questo vento nel pervenirci percor-
re un grande spazio delle aduste terre dell' Affrica ,
onde seco porta la temperatura più calda dell' Atlan-
tico .
Considerando poi la posizione della nostra Italia
vediamo che sebbene non molto distante dall' oceano
Atlantico, pure il suo influsso viene intercettato da
terre montuose . Il vento di ponente , ossia Ovest , ve-
nendo dall' oceano Atlantico , elevar dovrebbe la no-
stra temperatura , ma l' osservazione dimostra il con-
trario , considerando tutte le circostanze , e i diffe-
renti stati dell' atmosfera che ritrova , giacché scor-
rendo i Pirenei , e porzione delle Alpi , viene a raf-
freddarsi .
(i4. )
In generale però dobbiamo osservare , cfee la no-
stra bella regione essendo cinta da piccioli mari , non
sono questi sufficienti ad elevare di molto la tempera^
tura de' venti , che ci vengono raffreddati relativa-
mente dalle terre . Da ciò avviene che la temperatura
italiana non solamente è inferiore a quella di modello
dell'Atlantico, ma ad altre temperature di regioni del-
la stessa latitudine bagnate dal mare .
Dice il Sig. Raymond [a] : » Benché la Grecia , e
« r Italia sieno di qualche grado più meridionali del-
» la bassa Provenza , soffrono intanto de' freddi più
» forti , giacché i venti vi giungono dopo di aver per-
» corsa una più grande estenzione di terre più fredde.
Prima di lasciare però le nostre considerazioni in-
torno alla influenza de' venti su la temperatura dell'
Italia, non istimo alieno dall'assunto accennare, i. che
quelli di Maestro , e di Settentrione co' loro solleciti
cangiamenti sogliono cagionare delle nwsse elettriche f
ma se lungamente dura con costanza un soffio leggie-
ro di questi venti , allora rendendosi il cielo secco e
caliginoso , è da temersi o un fòrte temporale , o qual-
che tremuoto elettrico . 2. Il Greco , ed il Levante so-
gliono essere apportatori di piogge , ma con minori mos-r
se eletriche . 3. Il Ponente è di un carattere variabile
secondo le stagioni opposte , e le varie disposizioni che
incontra nell' atmosfera . Questi caratteri non sono eo-
(aj Mem, de la Soc Rojal de Med. ann. 1777- 78.
( U3)
stanti nelle stagioni medie , in cui regna una varlahi-
lità da confondere ogni osservatore . Ha è vero , cia-
scun vento la stessa natura , ma il risultato è vario , e
si uniforma a produrre quegli effetti , che son analo-
ghi alla stagione che più gli è prossima . Circa il ca-
rattere degli altri venti sarebbe lungo il parlarne , poi-
ché si dovrebbero individuare tante minute circostanze ,
senza delle quali non si potrebbe distinguere .
Contribuisce inoltre alla bassa temperatura delF
Italia la lunga catena degli Appennini , che si dirama
in tutta la sua estensione. Quel punto nell'atmosfera,
ia cui gelano i vapori , e che perciò è al di sotto del
zero di Reaumur , o de' 32 di Farenheit, fu detto
punto nivale . Questo si eleva dalla superficie della
terra ridotta al livello del mare secondo la stagione ,
la latitudine , e le circostanze locali . Poste le tempe-
rature medie annue , questi punti costituiscono una
curva , che ha principio sotto la linea all' altezza del
livello del mare, secondo Bouguer (a) , i46o4 pie-
di , quale ripiegandosi tocca la terra progredendo
verso il polo . Questa curva si approssima alla re-
golarità sul mezzo dei grandi mari solamente , essen-
do altrove più , o meno irregolare. Le cime delle
montagne quanto più si avvicinano a questa linea ni-
vale , più in conseguenza debbono essere di bassa tem-
peratura . La lunga catena degli Appennini contiene
moltissime montagne , oltre a quelle di origine vulca-
(a) Voyage au Perou .
( ^44)
nica , che nella maggior parte dell' anno sono al diso-
pra delia linea nivale , ond' è che sono ricoperte di
ghiaccio , senza parlare del Graa Sasso d' Italia , ossia
di Montecorno , altro 9577 piedi dal livello del mare,
secondo che fu misurato dal chiarissimo Sig. Colon-
nello Deltìco con le osservazioni barometriche . Esso
contiene nella cima continui geli , e perciò non è mai
tra noi il punto nivale al di là di tale altezza . Il chia-
rissimo nostro Socio Sig. Tenore nel suo viaggio botani-
co sulla Majella , fatto per ordine dell' attuai Gover-
no , ha similmente ritrovate le cime di questo monte
coperte di nevi nel cuor dell'està. Il suolo italiano
essendo più montuoso che piano è in conseguenza più
freddo del conveniente , e le pianure sono ben anche
rinfrescate da' venticelli che da queste montagne spi-
rano .
Queste circostanze osservate in generale dagli altri
meteorologi sono confermate dal calcolo preciso del
Signor Rirwan , il quale mostra , come si è veduto
che la temperatura media reale di Padova sia più bas-
sa di 5 gradi F. di quella di modello . Sarebbe desi-
derabile che con altre molte osservazioni fatte in varj
punti del suolo italiano fossero ravvisate siffatte diver-
sità , per potersi ragionare con una nnaggior pi'ecisione.
Ciò posto, mi cade in acconcio esporre la seguente
tavola, nella cui prima colonna sono annotate le tem-
perature reali medie di Altamura , ricavate dal lungo
corso delle mie osservazioni mdereologiche , secondo
la graduazione di Reaumur 5 e nella seconda sono le
medesime temperature ridotte alla graduazione di Fa-
( i45 )
renheit . La terza dinota le lemperaluve tnensuali di
moilcllo secondo la latitudine di gradi 4» > e minuti
45, in cui, secondo lo osservazioni del Signor Zunno-
ni , è situata Altaniura . I,a quarta colonna coiiliene
Je differenze di queste due temperature . NJlIa quinta
colonna si contengono le temperature reali di Padova,
e nella sesta quelle di modello del grado di latitudine
45 e 23 di detta Città. Nella settima fiualuieule le
loro {lifferenze .
19
1 TEMPERATURE MEDIE MENSUALI.
I
iGenn.
DI ALTAMURA.
Gr. d.
Rea.
\ Febbra.
Marzo.
Aprile.
Maggio
^Giugno.
2 - 5
4-1
di F.
41
37 -6
41-2
di
MODELLO
di F.
47 - 1
5o -6
59- 6
5-7 44-8
12-5
16-1
[ Luglio . ^8-9
1 Agosto.
Ottobre
iNoTem.
Oecem
60-1
68 -:
74-5
18-2 7* - 9 70 - 2
61-3
67-2
DI PADOVA.
!
REALI.
di F.
18 -4
di F.
53-
54-7
45 -2
16-5
7 -1
70-1 1-9
70-3
16- 1
9 . 8
7-3
5-6
68-2
54- o
48-4
69- 7
Si- e
55. 3
di
MODELLO
DIFFEREN-
ZE.
di F. di F.
44-5
46-3
54-3
57-2
ti - 6
9 -1
58-4 62-8 4-4
71 -9
4-3
a-7
1-5
76. 5
75-0
65-8
67.8
67- 8
62
5-2 5i -9
55-2 6
40-1 I 53 - 2
i3-i
41-2
36
62-8 o - «
6 -i
i
7 -2
54 -8
5o-S
48-8
9-6
Il -9
y-^^/^^-^^^^^^-^^^i^^;^^^!
( '47 )
Altamura è situata su d' un placido e distaccalo
eolle di pietra calcare ( carbonaio di calce ) detU> tra'
Pugliesi Murgia , corrottamente da Muriccia. La sua
elevazione dal livello del m»re per calcolo da me più.
volte ripetuto con delle osservazioni barometriche , iu
corrispondenza di quelle del Signor Arciprete Giovene
sul lido Adriatico , è di piedi circa ^oo . Il Signor de
Saussure dice, che tra' gradi [^o in 47 di latitudine la
temperatura media nell' atmosfera diminuisca dal li-
vello del mare sino alle vette delle montagne alla ra-
gione di un centesimo di grado R. per ogni quattro
piedi [a). Il Signor Rirwau {bì) riflettendo, che le ci-
me delle montagne di placida elevazione sono più tem-
perate di quelle egualmente alte , ma più precipitose ,
conferendo le falde nella prima a moderare il freddo ,
fa varie distinzioni comuni a qualunque latitudine. Se
r elevazione del mare è di sei piedi per ogni miglio
di distanza , bisogna scemare un quarto di grado R.
per ogni 200 piedi di altezza , se di sette piedi , un
terzo di grado, se di 1 3 piedi, due quinti, se di i5 piedi»
0 più, un mezzo, ed in quest'ultimo caso importa,
come sopra, un centesimo di grado di diminuzione
dalla temperatura media . L' elevazione di Altamura
dal livello del mare essendo di 36 piedi a miglio , la
diminuzione dee regolarsi con 1' ultima formola , che
(a) Vojage sur le col. du Geant. Journ. de Pìvys-
1788. dicembre.
(b) Opera citata .
' ( i48 )
importa gradi R. 2. in circa . Questa differenza è slata
più volte da me notata prossimamente , paragonando
le mie osservazioni periodiche con quellj dello stesso
àig. Giovene falle in Molftlta , ma qualche anomalia
osservasi in alcuni tempi per ciò che vengo ad ac-
cennare.
La distanza di Altamura dal lido Adriatico , die
è al suo S ttentiione , è circa venti miglia geometri-
che ; e dal Joiiio, posto alsuo Scilocco , di circa ven-
tolto miglia . Questi due venti , perchè meno toccano
terra nel pervenirvi , sono poco modificali , tantoppiù
che niuna montagna incontrano, anzi lo Scilocco vie-
ne dopo di aver corso il seno Tarantino , ed una pia-
nura, che un tempo formava la sua continuazione (a).
Lf montagne della Basilisata alla distanza di i5. mi-
glia incombrano un quarto del suo bell'orizzonte, co-
minciando dal Mezzodì sino al Ponente , e presentano
una graziosa veduta . Questa estesa catena di montagne
diminuisce per Altamura la temperatura di Libeccio ,
che viene dal mar Tirreno , distante sessanta miglia .
Hanno tali montagne , durante l' inverno , per lo pitt
le loro cime vestite di neve ,-e così quelle della Sila
di Calabria poste al suo mezzogiorno , ond' è che que-
sto vento d' inverno suol essere molto freddo relativa-
mente . Il Ponente poi , che spira verso Altamura
(aj Si vegga la mia memoria, inserita nel XIIJ.
volums degli atti della Società Italiana , su lo sboc-
co dell' Adriatico per la Daunia nel seno Tarentiìio .
( »49 )
dal famoso Vulture , antico Vulcano , concepisce un
caialtore cosi ligido , olire a quello che aLbiani detto
avere per tutta 1' Italia , che produce delle dannose
brinate .
Molto più rigido è poi il Maestro , di cui abfjia-
«10 parlato , perchè passa per le alte montagne del
promontorio del Gargano .
L'iiifia:^so delle montagne di Basilicata, e di Ca-
labria debb' essere senza dubbio maggiore per Altamu-
ra che per Molfelta , circa ventidue miglia geometri-
che più lontana ; quest' ultima al contrario soffre di-
rettamente r influsso delle montagne del Gargano , che
sono più vicine , a cui il solo picciol golfo di Manfre-
donia vi si frappone . Queste differenze si rendono-
minime ne' risultali , e perciò rimane solo quella che
in Altamura vien prodotta dalla elevazione , e che può
valutarsi di due gradi R. al di sotto di quella di Mol-
fetta. È però siffatta differenza costante , ed alle volte
maggiore nell' inverno , variabile nelle stagioni medie
e nulla per lo più nell' està . La situazione di Altamu-
ra su di un sassoso colle , nudo quasi affatto di alberi ,
e di vegetabili viventi in tempo della calda stagione,
e senz'acque scorrevoli all'intorno, e sol consistente
in aduste pianure, fa che risenta l'azione de' venti
caldi senza cvajìorazione che la mitighi. IMolfelta per
lo Contrario situala tra un bosco di ulivi , e di altri
alberi IVuttileri , bagnata dal mar<> , ricevo non solo il
beaellcio dell' evaporazione ne' calori , ma ben anche
guello de' placidi venti marini, che com? sono tem-
perati dai rigori del freddo ncli'iuveruo , cosi lo sono
( '5o)
nella siale da' colorì estuanti (aj . Il snolo di enti'am-
bi , benché egualmente di sodo e duro carbonato cal-
care , capace a ritenere il calore , pure il colle Alta-
uiurano essendo più scoperto di terriccio , che mode-
ra il calore , più agevolmente se ne imbeve . Ciò , a
parer mio , fa che la sua temperatura estiva non sia al
disotto di quella di Molletta , malgrado l'elevazione di
già osservata .
Coacervate poi le reali temperature mensuali di
Altamura , e divise quindi per dodici , danno 1' annua
temperatura media reale di gradi R. q. g. , che sono
54- 2. F. Quella di modello su 1' Oceano Atlantico al
grado 4o. e 49-5 é di giadi F. 6i. 3. , dunque la reale
è più bassa di 7. i. F. Da ciò conchiuder si dee , che
in generale vi sono maggiori cause in Altamura , che
in Padova , da far abbassare la temperatura , giacché la
differenza in questa come si è veduto , è di 5 dal mo-
dello corrispondente su 1' Atlantico .
Dando poi un' occhiata alla tavola proposta , do-
po i dettagli fatti , molte osservazioni risultano ; ma io
mi contento , per servire alla brevità , di notarne le
principali. Le differenze mensuali della temperatura rea-
le da quella di modello in Padova serbano un ordine
più regolare , che in Altamura. Ne' tre mesi d' inverno
(a) // Ch. nostro Socio Signor Teodoro Monti-
celli mi assicura , die nelV Isola della Favignana il
vento di mezzogiorno negli ardori estivi si sente pìi^
fresco degli altri , scorrendo da sopra mare-
(,5, )
la temperatura reale di Padova trovasi più bassa di
quella di modello in undici gradi F. con qualche de-
cimale. Nelle due stagioni medie la ditì'erenza diviene
minima . Ne' tre mesi estivi passa poi nel negativo ,
vai quanto dire che la temperatura reale supera quel-
la di modello fin di otto gradi F. con qualche deci-
male . Ciò conferma ad evidenza quanto sopra ho det-
to , cioè , che il mare è egualmente efficace a tempe-
rare il freddo , che il calore , e 1' opposto succede su
le terre .
Osservando poi le dette differenze di temperature
in Altamma , trovasi essere nel maximum più bassa la
reale dalla corrispondente di modello ne' mesi di mar-
zo , e di aprile, e non già in quelli d'inverno. Ciò
nasce or dal più , or dal meno di straordinaria varia-
bilità , che suol regnare in quel clima in questi due
mesi di primavera. La temperatura reale di Altamura poi
giugne ad essere di gradi 18. 4- F. al disotto del mo-
dello. Ciò conferma sempreppiù che le circostanze lo-
cali di Altamura , e direi della bassa Italia , rendono
più fredda del conveniente la sua temperatura ; ed è
ciò tanto vero che le differenze negative ne' mesi esti-
vi non eccedono 4- ^- F. malgrado di aver veduto
quanto Altamura nell' està sia più calda degli altri pros-
simi luoghi litlorali . Lungo sarebbe 1' entrare in mi-
nuti dettagli su lo varietà locali , che contribuiscono al-
le anomalie predette , come alle differenze annue le
quali per altro possono essere di gran lume alla im-
portante scienza meteorologica .
( i52 y
Di gran vantaggio sarebbe certamente Id valutaz'o-.
ne di temperature pe' varj luoghi di questo Regno , e
sopraltuto per questa Capitale, il cui clima è d' mia
variabilità singolare . Le sole osservazioni termome-
triche di più anni non sarebbero bastanti , che a dare
uno sterile calcolo di risultati senza conoscere con pre-
cisione le cause . Prima che le osservazioni meteoro-
logiche non vengono qui stabilite col metodo da me
esposto nel discorso antecedente, ogni ragionammo
che voglia azzardarsi su la sua temperatura , non sarà
che inesatto.
e i53 )
Delt Oppio . Sagf^io del Socio Ordinario Teodoro
Monticelli . P. Professore di Filosofia Morale
nella R. Università dì Napoli. Letto neW Adu-
nanza del di 27. agosto 1808.
J. Ralle occupazioni lodevoli Ji questo R. Istituto
d' Incoraggiamento non è la nien considerevole quella
che si è prefissa di supplire alla mancanza delle dro-
ghe , medicine , e prodotti esteri coi prodotti del no-
stro suolo.
Secondando io queste utile vedute ho cercato di
cavare l'oppio dal papavero ( Papaver somniferiim ),
e ve ne presento il Saggio .
Da 200 capi di papaveri per incisione ho estrat-
to una mezz'oncia e più di oppio puro, che all'odo-
re, al sapore, al colore somiglia il migliore oppio,
che si abbia nel commercio ; ed io spero , che speri-
mentandosi da mano medica si troverà ancora più at-
tivo , ed energico dell'officinale. E inutile il dire,
che le incisioni potevano essere più regolari, e fatte in
tempi opportuni . Basta accennare, ch'è il primo esperi-
mento , che io mi abbia fatto, per credere , che da
200 capi di papaveri si debba attendere una quanlLtà
di oppio in lacrime assai maggiore di quella , che io
vi presento .
Seguendo il costume degli Egiziani , raccolto l'op-
pio in lacrima ho fallo poi pestare i capi dtl papa-
vero , e sotto il torchio mi han dato un liquore, che
20
condensato al fuoco , vi presento parimenti per farne
sperimeulare la forza.
Quando anche questo secondo oppio fosse racyio
efficace dall' officinale , che a noi viene dall'Egitto , il
primo si potrà avere in tanta abbondanza , e perfezio-
ne nelle Provincie meridionali , ed orientali del nostro
Regno , che potremo da ora innanzi liberarci dal bi-
sogno degli esteri per questo articolo medicinale co-
tanto in voga .
-( Io vi prego, Rispettabili Socj, a far di. qnest' op-
pio le necessarie esperienze: e trovandolo idoneo all',
uso, crederei che si dovesse incoraggiare la coltiva-
zione del papavero , ed istruire i contadini insegnan-
do loro il modo di ben coltivare la pianta , che Io
produce , e facilitando ad essi i modi, de' quali deb —
bono far uso per raccoglierne l' Oppio sia per incisione ,
sia per espressione .
/ ( i55 )
Del Papiglìone delV Asclepìade . Descrizione del Socio
Ordinario Gaetano Maria Gagliardi Segretario
Perpetuo . Letta nell adunanza del di 5 novembre
1807 .
I À Alloggio che presero le truppe Inglesi nella mia
Villa alla Torre del Greco allorché da Castellamare
passarono per istabilirsi in Napoli l'anno i8o5 avea
dalo al clima di questa Capitale uno de' più belli pa-
piglioai delle Indie Orientali, se i geli di queste con-
trade avessero potuto permettere che fosse prosperato .
Io non disconvengo dal parere de'Signori Vincenzo , e
Tjuigi Petagna nostri onorati Colleghi , e tanto bene-
meriti della Entomologia , che sieno spesso venuti , e
possano tuttavia venire dall' Affrica molti insetti di
quella regione per mezzo delle uova su le barche de'
Corallari ; ma siccome questo insetto è sicuramente
Indiano , cosi io vivo sicurissimo esser venuto per
mezzo delle uova fra le quisquilie , delle quali gì' In-
glesi si ripulirono nella mia Villa , dove alloggiarono
per cinque giorni , e delle quali appena bastò un me-
se per risestare il casino . L' insetto , di cui vi parlo ,
è un papiglione molto affine al Crisippo di Fabricio ,
e del quale esser potrebbe anche una varietà, e per
conseguenza dell' Indoslan , e de' luoghi meridionali e
littorali adjaccnti a Bengala , clima tanto analogo a
quello della parte meridionale del nostro Vesuvio .
Questo papiglioue adunque avendo trovalo e clima e
cibo aualogo , potè prosperare negli anni j8o6, e
1807, ne' quali la stagione si portò oltre 1' usato dol-
ce , e senza geli : cosa , che non essendo stata possi-
bile negli anni susseguenti , ne cagionò la perdita . Il
papiglione die io vengo a descrivervi , e eh' ebbi la
opportunità di osservarne 1' intera metamorfosi , era
uno de' più belli che avremmo potuto avere in queste
contrade . Il suo moto più tardo degli altri nostrali ,
il parco cibo di poche foglie dell' Asclepiade , che non
distrugge , la vaga mostra che fanno le crisalidi sospe-
se come tanti vaghi flocchi pendoloni dalla pianta, il
volo alto , e maestoso della farfalla , lutto nobilita-
va il mio giardino j e lo rendeva sommamente pre-
gevole .
Descrizione dell' Insetto
La larva è di un violetto più o meno scuro quan-
do è piccola, dilavato quando è grande. In ogni anello
ha cinque fasce nere , delle quali quattro sottili late-
rali , e seguite , una larghetta nel mezzo formata per
lo più dalla contmuazione di altrettante macchiette, le
quali, col prendere il totale accrescimento , si coalizza-
no , e rare volte quella di mezzo resta alquanto divi-
sa . Due lince bianche in ciascun anello formano un
sequito di macchiette , che orlano i fianchi di bianco
alla base dell'addome; e quattro di macchie gialle or-
lano , cioè due i due laterali , e due il dorso , formate
in guisa , che le due ne' laterali in ogni anello son
quasi coalizzate, le due sul dorso sono grandi, distan-
( ^'^1 )
ti , e laterali alle suddette macchii; nere . La testa ha
tre lasce nere con una macchia gialla divisa in due su
la fronte. Nel secondo anello ha due come lunghe
nere, nel quinto, e nel penultimo due corna più cor-
te . Finalmente ha sei piedi uncinati al torace , otto
piedi addominali , e due caudali .
La crisalide è in forma di un fiocchetto per Io
più di color carneo più, o meno dilavato, rare volte
verde inglese , appiccala a Cfualunque parte della pianta
con attaccatura di seta , che caccia lo stesso insetto
divenuta nera con un umore dell'ano che trasuda nell'
atto di appiccarsi capovolta in giù . Essa ha olio stel-
lucce d'oro nella-parte della testa in giù come nella
figura delle quali le due seconde superiori spesso obli-
terale, ed una fascetta sonile nella parie superiore
della pupa composta di due giri di punti rilevati e
coalizzali , uno di punti d'oro sopra, l'altro di punti
ner, luc.d.ssimi al di sollo , i quah svaniscono al sor-
tir dell' insello .
Il papiglione ha le ale intiere, delle quali le su-
penor, bislunghe, ed ottuse, le inferiori rotondate Le
superiori di un biondo scuro ora più , ora meno in-
tenso con 1' apice sopra nero con macchie bianche, sot-
to metà nero , e metà giallo con macchie bianche Le
ale inf.r.ori gialle, rare volte col fondo bianco, sem-
pre pero hanno nelle parte superiore tre, o quattro
macchie nere nel mezzo , ora più, ora meno grandi ,
delle quali la più grande suole spesso avere un occhio
bianco ; indi col margine nero frastaglialo da sette , o
da nove macchie bianche, le quali in alcune variclà
mancano totalmente; nella parte inferiore poi altre
tre , o quattro macchie nere corrispondenti alle su-
periori , e similmente orlate di una fascia nera con mac-
chie bianche . Le antenne nere , il torace , e la testa di
nero di velluto tutte asperse di macchie bianche . L'
addome sopra biondo fosco , sotto biancheggiante .
La proboscide è piuttosto corta rispettivamente all'
insetto .
Istoria dell Insetto .
La larva si pasce delle foglie dell' Asclepiade fru-
ticosa . Giunta alla sua età , caccia una seta , con la
quale volendosi incrisalidare , si appicca con 1' ano
capovolta in giù in qualunque parte de' tronchi della
pianta , restandovi fortemente appiccata con un umore
nero che caccia dall' ano . Ed in questo stato piegata
per metà in giù resta per più ore , e per lo più un'
intera giornata. Venuto il momento cangia di colore
biancheggiandosi, o illividendosi tutta, dando segni d'
una convulsione; indi si spacca la sua spoglia-, e si
arriccia salendo sempre verso la parte superiore , fin-
ché co' tanti dimenamenti dell' insetto cade arricciata
in piccolissimo glomeretto nero . Resta allora la cri-
salide cosi spogliata sospesa alla pianta all' aria libera ,
facendovi una vaga e dilettevole mostra per lo spazio
di quindici , o venti giorni secondo che la stagione è
più o meno calda . Finalmente venuto il tempo an-
nerisce, dimostrando già l'insetto, a traverso della pel-
licola che lo involve , i colori resi , gialli , e bianchi
( i59 )
che lo conlradislinguono. Accalorato dunque dal sole
s'ingrossa, crepa la pellicola, la quale si apre, e per-
mette all' iusetlo di dilatarsi agevolmente , e più di
tutto nelle ale , le quali nel sortir dell' insetto son
corte , umide , e ripiegate , ma sotto 1 ' occhio si di-
stendono , s' ingrandiscono , e torna 1' insetto grande ,
bello , ed agile . Questo papiglione sorte con la testa
in giù j ma appena è uscito si rivolta in su , e tenen-
dosi co' piedi su la pellicola bianca , sottilissima , e
trasparente che rimane crepata , resta per più ore cosi
sospeso al sole finché rasciugate , cresciute , e conso-
lidate le ale comincia a volare per andar succhiando il
nettare de' fiori , ed indi disporsi alla copula , dopo della
quale depone le uova nella terra , e spesso a' piedi
dell' asclepiade , di cui pascer si dee la larva . Il volo
alto di questo papiglione mi fa credere che la copula
sortisca nella parte più alta dell' atmosfera, e nelle ore
più calde del giorno, dapoichè avendone tenuta una
quantità in una gran galleria , non fu mai possibile
vederle inclinate alla copula . E si sa che la notte
dormono assiderati sugli alberi, ne si destano la mat-
tina che con l'ardore del sole. Il favore della stagione
che diede il più bello autunno che mai siesi veduto
negli anni 1806, e 1807 diede a questo bel papiglio-
ne la felice opportunità di prosperare, in maniera che
io già mi lusigava di esser esso divenuto nostrale , ma
infelicemente si è perduto , come accade ordinariamen-
te a tutti gl'insetti esotici che sogliono quivi allignare
per simili circostanze.
( iGo )
Questo papiglione è molto affine al Crisippo, ma
non saprei determinarmi a crederlo sicmamente una
varietà ; tanto più che allora dovremmo credere tali
molti altri papiglioni della stessa famiglia , cosa inve-
rosimile , perchè non si saprebbe comprendere come
una specie potesse contenere un numero cosi prodigio-
so di considerevoli varietà . Giudicheranno di ciò me-
glio di me que' naturalisti che avranno il piacere di
vedere uell' Indostan i papiglioni di quest'ordine.
FAPILIOmS ASCLEPIADIS TECHNICA DESCRIPTIO.
Papilio Asclepiadis^
Asclepiaclis P. alìs fiilvis albo nigroqne macula-
tis , anterìoribiis apice nigro albo maculato, poster ìo-
ribus margine nigro saspe maculis 7. vel Q.albis,tho-
race capiteque nigris albo punélatis.
Habitat in Asclepiade fruticosa , cestivo & autum-
nali tempore , advena ex India Orientali vel Aegypto,
nunc deperditus.
D. Imago pulcherrima . Alce integerrimce , ante-
riores oblongce fulvce , apice saprà nigro albo macu-
lato , subtus flavo nigroq. vario albo maculato ; poste-
riores rotimdatce subtus flavce interdum idbo macula-
tee , supra fulvce nigro maculatce , margine nigro sce-
pìus maculis 7. vel g. albis in quibusdam varietatibus
obliteratis , subtus maculis tribus vel quatuor nigris
quanim maxima scepius ocello albo , margine nigro
albo maculato . Caput , thorax &• peciiis nigerrima al-
bo
p
To/ìi . Z,
P'^^6,,
( i6r )
ho punclata . Abdomen supra fulvum suhtus albicans ,
pedes supra ni^ri , suhtus albi.
Pupa venusta , nuda , pendala e pianta , ddute
carnea vel viridescens , striga aurea nigraq. puncfis-
fjue aureis , sub dio deget donec nigrescit & animai
prodit.
Larva 16. poda , pedibus tlioracinis sex uncina-
tisi abdondnalibus odo, caudalibus duobus , tota vio-
laceo-alhicans , flavo nigroq. annulata ; tenlacula sex
nigra quorum duo cujuslibet colli , dorsi , caudceque .
Caput fasciis tribus nigris , media duplici macula fla-
va ad frontem.
Kariat a. alis posticìs supra margine nigro albo
punRato. V. Tab. num. i. 2.
h. alis postìcis supra margine nigro imma-
culato. V. Tab. num. 3. 4-
e. alis postìcis maculis in disco quatuor
nigris , quorum major supra annulo ra-
diisq. albis cincia .^ suhtus pupillata . V.
Tab. num. 5. 6.
21
DelT origine e formazione de' Volca/ii . Memoria del
Socio Ordinario Giuseppe Melograni . Letta nel-
l'Adunanza del dì 3o dicembre i8o8.
X Volcani , queste monlagne ignivome che incutono
terroi-e e spavento in tempo di esplosione ed apporta-
no la desolazione nelle contrade ov' esistono , sommi-
nistrarono anticamente a' poeti vasto campo di favo-
leggiamenti , ed agi' ignoranti soggetto di errori vani
e puerili . Hanno essi , in tutti i tempi , tirato a se
r attenzione de' Naturalisti , e suscitate delle dispute
e contese interminabili sulla loro origine . Oggi pare
che la maggior parte di essi convenga, doversi questa
attribuire ad un ammasso più o meno grande di com-
bustibile , sepolto nelle viscere della terra , e pretende
che questo materiale consista principalmente nel car-
bon fossile , il solo che possa nutrire ed alimentare i
volcani per secoli . Ma qual' è mai , io domando , la
specie di carbone che presta un tanto uffizio ? Vi è
mai un carbon fossile vegetabile , vi è un carbon fos-
sile animale , se mi si permetta questa espressione ?
Chiunque si trova avere visitato le miniere di carbone
d'Inghilterra e di Germania, avrà potuto scoprire, in
alcune di quelle cave , il vero carbon fossile vegeta-
bile con tutta la gradazione delle sue metamorfosi ,
da legno bituminoso sino al carbone più perfetto , ov'
è riconoscibile ancora , ai cerchi concentrici , ai nodi,
alla- corteccia , alla tessitura fibrosa , la natura del le-
( i63 )
gfto, ed io alcuni pezzi benanco la specie stessa dell*
albero . Al contrario il carbon fossile animale , conq-
sciato sotto il nome generale di bitume , ora volatile ,
ora leggiero e galleggiante , ora fluido , ora solido e
compatto , sotto forma di etere , di petrolio , di asfal-
lo , di malta, di pece minerale, di succino ec. pare
che riconosca principalmente l' origine sua dal regna
animale .
Perciocché se noi gilliamo lo sguardo sopxa di-
TCrsi punii del globo , nella terra , nell' aria , nell' ac-
qua , reggiamo tuttogiorno andare a morte una quan-
tità ingente di animali, un'altra più enorme perire
negli abissi dell'oceano, e nel fondo degli altri mari,
la cui scomposizione va sempre cangiando la faccia
della Terra . Che diventano mal gli ayanzi di tante
creature morte , ed a quali rivoluzioni vanno essi sog-
getti ? Il mare, questo vasto laboratorio della natura,
contiene molte sostanze saline ed oleose : né possianiQ
dubitare , che 1' acido muriatico , la soda , la magne-
sia, la calce non si formino specialmente in questa
grande officina , e che buona parte 'di esse non sia
dovuta principalmente alla scomposizione degli ani-
mali .
Gli olj che si sprigionano da queste sostanze ia
putrefazione , volatili o fluidi nel loro primo stato ,
esposti sulla superficie delle acque , all' azione dell'at-
mosfera , si vanno mano mano addensando a guisa di
cera , come vanno assorbendo 1' ossigeno dell' aria {a].
(a) Si sa c/ie tutù i corpi che contengono guest»
( i64 )
Presa una cella aria di consistenza vanno via via at-
taccandosi alle terre calcari ed argillose , che le acque
depongono nel l'ondo del mare o sulle sponde de' li-
di , sotto nome di antraciti, geantraci , litantraci, no-
mi riferibili alla specie diversa di tene , o alla mag-
giore o minore dose di materia petrosa , cui sono
combinali, i quali costituiscono , propriamente parlan-
do , il vero carbon di terra o carbon pietra .
Sogliono questi strati bituminosi andare quasi
sempre accompagnali da una folla di scheletri ìiiarini
lapidefatti , anzi i cimiteri maggiori di questi si tro-
iano appunto , ove esistono i gran depositi di bitu-
jni (a) .
Tuttociò non esclude che gli olj e le resine ve-
getabili , modificate dalle sostanze saline , non prenda-
no qualche volta un aspello bituminoso , e che i le-
gni sepolti attaccati o penetrali dall' acido solforico ,
non passino a poco a poco allo stato carbonoso , si
\Uole soltanto infei'ire , che non ostante questa somi-
principio j lo cedono volentieri agli olj : molti acidi ,
e sopratutto V acido muriatico ossigenato , gli ossidi
metallici ec. addensano gli olj fissi , e h ravvicinano
allo stato di bitume .
(a) In alcune provincie d' Inghilterra , le spoglie
marine petrefatte sono spesso indizio geologico del
carbone , ed in alcune miniere vanno qualche volta
alternando cogli strati carbonosì , o con altri subor-
dinati al carbone .
{ iC5 )
glianza ; il Lltume animale contiene in se qualche co-
sa di più che lo distingua e caretterizza dal bitume
vegetabile. E quantunque gli speiimenti , fatti su queste
sostanze , siano molto scarsi , uè la chimica se ne sia
finora seriamente occupata , tuttavia , dai pochi tenta-
tivi operati , sappiamo , che il bitume animale ha un
sapore e un odore suo proprio j non è solubile nello
spirito di vino ma si bene negli olj espressi e distil-
lali dei vegetabili; è assai più pesante [a]; e brucian-
do si comporta tutto altrimente dall' altro . Il bitume
vegetabile brucia più facilmente , ma si consuma più
presto , r altro lentamente sul principio , ma si eleva
mano mano ad una temperatura di calore si alta j
che fonde le sostanze più resistenti e refrattarie , e
(a) Trovo nel mìo giornale minerologico-metallur-
gico d' Inghilterra notato quanto siegue . Presi un
pollice cubico dì carbon fossile della specie detta
Kennelkole carbone di Kennel nel Pancashire , che
io credetti di origine animale , il più puro, il più ne-
ro , il pili compatto , il più nitido tra tutti ì carboni
conosciuti , atto a ricevere al tornio qualunque for-
ma , ed un altro pollice cubico del carbone di Bo~
vejs j eli era incontrastabilmente di origine vegetabi-
le , e pesando V uno e l' altro , trovai j che il carbone
di Bovejs era tre ottave meno del peso di quello di
Kennel ; e comparandolo con quello di Carron , in-
quinato di piriti j lo trovai più leggiero quasi della
metà .
( i66 )
concepisce , bruciando , una specie di amtìiollimento.
che si accosta alla semifusione , lasciando qfualche
volta , dopo la combustione , ceneri che rassomigliano
alle scorie delle forge . In somma dai saggi istituti fi-
nora sul petrolio, su i litautrici, sulla malta, si rile-
va , non trovarsi in essi cosa che fosse esclusivamente
propria del regno vegetabile , e se mai per caso vi si
trovi , si deve riguardare come accidentale , come so-
no appunto le diverse materie terrose o petrose , di cui
sono combinati i bitumi .
Oltracciò i sepolcri del carbon fossile vegetabile
sono molto ristretti , chiusi tra limiti angusti , senza
ordine certo , ove si veggono i tronchi ammonticchia-
li confusamente insieme , secondochè le piene gli depo-
sero qua e là nel fondo delle valli (a) .
Ne tutti gli alberi abbattuti , strascinati , e sepolti
*oggiacciono sempre e coustantemente alla carbouizza-
)EÌoue , perciocché se ne trovano alcuni nel fondo
(a) Nella citata valh dì Bovejs non lungi da
Exeter nel De\>onshire j vidi una cava dì carbon fos-
sile vegetabile , di una profonditii di circa quaranta
verghe inglesi ( i4o palmi napolitani ) , tutta scO"
perta al giorno , ove sono distinguibili tutte le gra-
duazioni della carbonizzazione , ove i tronchi sono
ammassati insieme scompigliatamente , se non quanto
piccioli strati di litomarga , interposti in quel fascia-
me , ne separano qualche volta gì' intervalli . In essa
non vi sono petrijicoti.
('67 )
delle miniere o in altri sotterranei , che noti ostante
che vi giacciono da secoli , si mantengono illesi o poco
tramutati (a) .
(a) JYel maggio del 1789 un gran masso , sicco-
me rapporta Spallanzani nei suoi viaggi alle due Si-
cilie , staccato dal monte Cimane il più alto del Mo-
denese , urtò di fronte un altro vecchio francamen-
te, lo ruppe , e lo aperse in modo , che si vedeva-
no , da' suoi aperti fianchi , diverse specie di alberi ,
tra i quali vi erano molti abeti , di cui non esiste ve-
stigio alcuno in quei contorni , né aveano mai esisti-
ti a memoria de' più zwcchi del vicinato. Presi que-
sti alberi ed esaminati si trovarono sanissimi j fuori di
im picciolo superficiale annerimento , ciocché non im-
pedì di farli servire agli usi stessi , cui servono le
piante recise di recente . Di più non lungi dalla la-
va di Boccasuolo vicino i fuochi di Barigazzo nella
stessa contrada , si scoperse in un altro smottamento
di cui s'ignora l'epoca j un sepolcro di tronchi di
faggio j consunti soltanto nelle poche punte scoperte ,
ma conservatissimi , ove per la terra che gli copriva,
vennero protetti dalle impressioni dell' aria . Lo stes-
so accade nelle invasioni del mare : scavando , presso
Bruges nelle Fiandre , il terreno a quaranta piedi di
profondità , si trovano alberi in gran numero radicati
nel suolo , come quelli di una foresta all' in piedi ,
ove i tronchi, i rami, e le foglie stesse sono si per-
fettamente conservate , fh? si possono facilmente di->
( :68 )
Altri poi si ritrovano petrificali , com' è 1' albero
detto del diluvio Siiudllullibaum , specie di faggio eoa
tutti i suoi rami e foglie , trovalo a Tohachimsllial
nel cunicolo di BarbarastoUen, alla profondità di cento
cinquanta tese , e più di tremila dalla bocca dello slesso
cunicolo . Parecchi ancora si scorgono più o meno
carbonizzati , secondocbè le circostanze locali , o le
sostanze concomitanti favoriscono questo o quell' altro
cangiamento . Ciò dimostra che il numero delle selve
gcpolte non è tanto grande , quanto comunemente si
crede, e che molto più limitato è il numero di quelle
che sono passate in carbone , e conseguentemente che
gli olj vegetabili non sono in natura cosi abbondanti
da formare , coli' azione dell' accido solforico , quella
stingiiere le specie . Ove si disotterrano questi alberi,
sì sa , che cinquecento anni addietro era mare , ne
•vi é tradizione alcuna che dica , che prima di quel
tempo vi fosse stata terra , quantunque vi dovesse
essere , giacche in quel terreno sono nati e cresciuti
questi alberi . Perciò convien dire che quel luogo , in
tempi più remoti , fosse stato terraferma , coperta di
hoscaglie , invasa in seguito dalle acque del mare ,
le quali , dopo avervi deposto quel sedimento terroso^
si siano quindi ritirate . Neil' isola stessa di Man po-
sta tra r Islanda e V Inghilterra si trovarono , entro
una gran palude a venti piedi di profondità , molti
(fbeti tuttora dritti , colle radici piantate in terra , che
si conservarono interi Jinanco nelle stesse foglie .
( >%)
congerie di bllumi , che veggiamo con. maraviglia oc-
cupare immensi tratti di paese (a) .
Al contrario il carbone animalo occupa spazj pro-
fondissimi , superficie mollo eslese , serba una regola-
rità di stratificazione decisa , constante , successiva ,
cose tutte che non si avverano nel carbone fossile ve-
getabile . Onde mai , domando , fenomeni cotanto sin-
golari ? La distruzione continua e non mai interrotta
di tanti animali , specialmente marini , è la cagione
vera, la sorgente inesausta e feconda di quel materia-
le , che le acque depongono incessantemente a strati ,
ora in uno , ora in altro luogo , la cui riproduzione
sempre rinascente , supera di gran lunga il consumo ,
che gli uomini fanno giornalmente di esso , e che l*
uso o r abuso di tutto il passato tempo' della creazio-
22
(a) Se tutta la superfìcie ci' Inghilterra , dì Sco-
zia , d Irlanda fosse stata un intera foresta sepolta e
carbonizzata , sarebbe già terminata da più secoli
fjuesta provisione di carbone , tanto grande è il con-
sumo che si fa di questo contbustib le in quei paesi ,
e lo spaccio che se ne fa in Olanda e nella bassa
Germania . Anzi oserei dire , che se tutta la super-
jìcie , che forma oggi il fondo del mediterraneo , fos-
se stata anch' essa un' intera jeha sommersa dallo
sboccamento dell' oceano , e carbonizzata , sarebbe
stata già consumata dai Volcani , che bruciarono un
tempo , e che bruciano attualmente .
( »70 )
ne non ta potuto , ne potrà mal diminuire in meno-
ma parte .
Tuttociò dimostra doversi questo bitume riferire
al Regno animale , dimostrazione che si accosta all'
evidenza , quando vogliamo considerare i prodotti che
si cavano da questa sostanza : dalla distillazione del
carbone , così in grande che in piccolo , si ottiene 1'
ammoniaca 5 e l' ammoniaca è un edotto che si deve
principalmente agli olj grassi, e delle carni degli ani-
mali che soggiacciono allo slaccio ed alla putrefazio-
ne [a) . I sali ammoniaci che veggiamo in copia subli-
mati sul cratere dei Volcani , e quel torrente di gas
idrogeno , ammoniacale , carbonico , azotico , che sca-
turisce dalle gore dei volcani e pseudovolcani , attesta
parimente la stessa origine. Mi riserbo di confermare
in appresso con una serie di esperienze tuttociò che va-
do qui leggermente toccando .
Poste a giorno le due specie di carbone , doman-
(a) Lord Dundonal , volendo ridurre il suo car-
bone in Coaks , tanto nelle sue Signorie di Scozia ,,
quanto in quelle che possiede nel Shropshire in In-
ghilterra , fece costruire dei forni chiusi in maniera
che per mezzo di un fuoco lento e ben amministra-
to , nulla si perdesse poi degli edotti di questo fossi-
le . Cosi ottenne egli V alcali volatile , che va a ser-
vire alla preparazione del sale ammoniaco , la pece-^
il petrolio , di cui il più denso serve ad uso di ca-^
trame , il più fino per illuminale le strade .
(^7' }
do, quale delle due nultisce i volcaui? Il carbon fossile
vegetabile , per le ragioni enunciate , non è in ista*o
di prestare un uffizio sì terribile e di tanta durala ,
quindi è forza conchiudere , che il massimo, forse il
solo alimentatore de' volcani , sia il carbon fossile ani-
male , come quello che possiede tutti i requisiti a ciò
necessari . Esso mantenne un tempo i volcani estinti ,
mantiene tuttavia gli attivi , e manterrà in appresso i
volcani rinascenti . Questa è forse benauco la ragio-
ne, onde i volcani si trovano constantemente in mezzo
ai mari sulle isole , o vicinissimi ai lidi , perciocché
essendo questo elemento il gran depositario di una
merce si ricca , i volcani non possono che di là pren-
dere la loro nascita e '1 loro incremento Questa pare
anche la ragione , onde le acque , adiacenti alle falde
de' volcani, si trovino in tempo di bonaccia sparse di
petrolio, che tramanda un odore niente ingrato (a).
Quindi potremo inferire stanza timore d'ingannar-
ci , che i volcani si vanno mano mano estinguendo, co-
me si vanno allontanando dal mare , quasicchè 1' ab-
bandonamento di esso si tirasse dietro la perdila ine-
\itabilt; dei loro nulrimento . La proviicia di Terra di
Lavoi'o , e quella di Napoli sono piene zej'pe di volcani
(rt) Volendosi in tempo di state andare per mare
da Napoli a Portici , si sente per tutto quel tratto ,
specialmente nelle ore della mattina , im odore di pe-
trolio . Le acque di Catania ne sono anch' esse im-
pregnate : e ciò è comune ai pseudovolcani .
e ^7^ )
raffreddati, oggi lontaui dal mare (a). Tali sono pari-
Bicnte i \olcaui estinti dello slaio Romano, Toscano,
Po dovali o , Vicentino, Modenese e di quasi tutta l' Ita-
lia . La lontananza quindi o vicinanza del mare, po-
treLl>e servire d'indizio a giudicare, se un volcano
aia totalmente estinto , o abbia soltanto , per poco ,
sospeso i suoi fulmini .
Da ciò non segue , clie non si possono dare nelle
contrade interne molto distanti dal tiìare , depositi di
carbone dell'una e dell'altra origine , ma bensì che
non possaHO essi produrre voloani vivi , e vivi per
secoli . Perciocché per quanto è a mia notizia , le mi-
niere di antraciti con tutto il corredo degli scisti in-
fiammabili, delle argille o marne bituminose sogliono
si qualche volta bruciare da sestesse , senza strepito o
rumore ; produoendo quella specie d' incendj sotterra-
nei , conosciuti sotto il nome di pseudovolcani , ma
non mai volcani esplosivi e durevoli [b] .
(a) // monte Friello , antico volcano estinto sito
nel lenimento di Conca , è distante dal mare più vi-
cino di Gaeta , quindici miglia ■ J volcani estinti di
Teano , e della piana di Cajazzo , sono presso a po~
co in eguale distanza . Il Vulture , grandissimo vol-
cano estinto della Basilicata , si trova più di trenta
miglia lontano dal mai^e di Barletta .
(1j) La miniera di antraciti di Thalern vicino
Krerns , quaranta miglia distante da Vienna , brucia
p»;r dieci anni continui da se sola. Quella di Comma-
( '73 )
E se la presenza costante dei volcani sul mare ,
o la loro tro])po vicinanza ci fa ragionevolmente con-
chiudere che di là traggono i loro principj , perchè
non tirare poi da questo latto generale un corollario
egualmente giusto, e dire che tutti o buona parte al-
meno dei psoutlovolcani , lontani dal mare ^ si pascano
ancor essi dei residui lasciati dal mase stesso ? S' è ve-
ro ciocché insigni naturalisti , Ramazzici , Frassoni ,
Valisnieri , Spallanzani, aifermano delle salse della Mai-
na , di Boccasuolo , di Querzuola , di Montezibio ce.
nel Modenese , le quali vomitano un argilla bianchic-
cia inquinata di petrolio , salata al gusto , ed aspersa ,
quando è secca , di una fioritura bianca , eh' è un ve-
ro muriato di soda ; e l" acqua limacciosa o fanghiglia
ch'eruttano insieme coli' argilla, pitna anch' essa di sa-
le marino , non è questa una prova sicura , che
il mare avesse un tempo lasciato colà quei depositi ,
e poi si fosse ritiralo ? La pietrarena stessa che forma
r ossatura di quelle montagne da dove scorrono fontane
perenni di petrolio , non è essa un altro deposito del
mare ? E se è vero ciò che dicono valenti minerologisti ,
che il diaspro porcellana ( prodotto dei pseudovolca-
ni ) non era , avanti la sua metamorfosi , che argilla
lau in Boemia ,elo stato carbonoso di Saazbruke bru-
ciarono ancora : bruciano attuahneute altre miniere
di Scozia , bruciano i fuochi di Darigazzo , dell' Or-
to dell' Inferno , di Fetta , della Raina ec. nel Mo-
denese .
( '74)
scistosa, compagna indivisibile del carbone basallino ,
una colla pielrarena , e col minerale di ferro argillo-
so-, non è questo un altro argomento che prova die
il pseudovolcano corra le stesse vicende del volcano
vero [a) .
Pare quindi elio tanto ì veri , quanto i Coli vol-
caui abbiano comune 1' origine , com3 hanno comune
(a) Siccome il carbone di terra occupa general-
mente le regioni piane e basse , cioè le ultime od es-
sere asciugate o abbandonate dcdl' acque , cosi questa
sua posizione geologica manifesta non tanto la novità
di queste terre , quanto la vera origine di sua forma-
zione. Il mare suole , nel rilircrsì , lasciare sparsi
qua e là depositi di acque , pni o meno estesi e pro-
fondi , o staccati interamente o comunicanti ancora
con esso . 1 fiumi stessi arrestati da catene di mon~
tagne sogliojio formare anch' essi dei ristagnamenti .
In questi laghi di acque salse o dolci , soggiorna e
vive un numero prodigioso di pesci e di altri esseri
organici , oltre quelli che menano i fiumi che i}' im-
boccano .
La destruzione di questi esseri ha potuto , col
decorso del tempo , e col concorso di altre circostan-
ze favorevoli , formare quotili spaziosi e profondi stra ti
di carbone che si veggono nelle loro adjacenze , come
attestano le sponde occidentali del Caspio , le rive dei
laghi Arai e Baikal nelt Asia , ed i numerosi ed am-
plissimi laghi dell' America settentrionale .
la somiglianza . Infatti sembra che tutta o la sola dif-
ferenza consista nell'impeto, perchè ove gli uni ardo-
no 2'lacidi e tranquilli , gli altri al contrario scuoto-
no, squarciano, fulminano-
Ma se si esamini un poco più attentamente il fa-
re di ambidue , si scuopre qualche cosa di più che
non è la sola esplosione . La vita del pseudovolcano ,
comparata a quella del volcano vero , non dura che
momenti , e ciò non può ripetersi altronde , che dal-
la massa circoscritta e limitata dal combustibile che
gli serve di alimento , quale consumata , forza è che
muoja con essa il finto volcano . Al contrario i volca-
ni veri che durano d' ordinario migliaja di anni e for-
se di secoli , suppongono non tanto una copia ingente
di comljuslibile , ma fanno sospettare , ancora e non
senza fondamento , che venga essa rigenerata tutto gior-
no dalle cagioni medesime che la produssero la pri-
ma volta . E che sappiam noi , se il silenzio , tenuto
per secoli da un volcano , non derivi appunto da que-
sta cagione , e non aspetti , nel suo stato inoperoso ,
quel materiale, che la natura va successivamente pre-
parando , e con esso le circostanze favorevoli all' in-
cendio ? Io non saprei spiegare , o immaginare altri-
menti questi incendj a riprese , che ammettendo egua-
li ripr ese tra i vecchi consumi e i novelli prodotti .
Perciochè se si volesse soltanlo supporre eh' esistano
sotto r interno della terra o sotto il fondo del mare
strati continuati e profondi di combustibile , si dovreb-
be presumere nel tempo stesso , che acceso una volta
V incendio , quando non vi sia una cagione particola-
( 176)
re clic Io estingua , dovesse proseguire sino alla totale
consumazione àA combustibile , che sarebbe anche l'ul-
timo periodo del volcano . Ma noi veggiamo al con-
trario volcani , come sono 1' Etna e il Vesuvio , dopo
più secoli di quiete , riprendere , con maggior furore ,
la loro forza , e cagionare guasti assai più terribili dei
passati [a) . Onde inai queste forze novelle ? da ali-
uieuti già preesistenti , o da nuova messe venuta di
(.a) Jl nostro Kesuvìo scoppiò la prima volta sotto
T impero di Tito V amio 79 deli' Era cristiana , ma
ciò fu un comiìiciamento relativo alla storia dell' uo-
mo . La sua forma conica , troncata nelV apice , la
positura isolata , il suo cratere , le cave profonde ta~
pezzate di materie abbrustolite , fecero dire a Stra-
hone lib. 5. pag. 247. e seg. dell' edizione Parigina
dell' anno 1620 ^ super hsec loca ( parlando di Nola ,
Nocera , Acerra ) situs est Vesuvius mons , agris cin-
clus optimis: dempto vertice , qui magna sui parte pla-
nus , totus sterilis est, adspectu cinereus , cavernasque
osteudens fistularum plenas , et lapidum colore fuligi-
uoso , utpote ab igne exesorum : ut conjecturam facile
possis facere , ista loca quondam arsisse , et crateras
ignis habnisse , delude materia deficiente reslincta fuis-
se ; e dimostrano infatti quelle tracce avere esso bru-
ciato altre volte prima che cominciassero gli annali
di Roma . Ciò attestano le case e le strade della di-
sotierrata Pompei , costruite tutte di lave , e gii
avanzi della via Appia formati della stessa roccia .
e 177 )
fresco dalle mani della natui'a ? Io sono dì questo ul-
timo sentimento ', checché si dica altri , e mi terrò
fermo , fìutanlocchè non sarò vittoriosamente convinto
del coj*(rario .
Si possono dare , e ne convengo anch' io dei vol-
cani estinti nel seno stesso del mare , ma ciò può di-
pendere da più circostanze , o perchè tra il volcano e
la materia combustibile sia stata , da cagione ignota ,
insuperabilmente intercettata la comunicazione, o per-
chè mancano le disposizioni favorevoli alla combustio-
ne, o perchè , e ciò è più frequente, l' incendio , apren-
dosi un altro passaggio più facile e comodo , sbuca
fuori per altro orificio , formando , nelle vicinanze
dreir estinto , un volcano novello , com'è l'esempio dei
volcani delle isole Eoliche , ove la morte di alcuni
dieda occasione al nascimento di altri , e com'è l'al-
tro dei volcani estinti d' Ischia , della Solfatara , dei
campi Flegrei , e di quanti altri esistano nel cratere
di Napoli , di Pozzuoli , o nel mar di Gaeta , i quali
morendo , cederono tutti i loro dritti al comune ere-
de , il vicino Vesuvio .
In quella lunga tregua dì settecento e più anni pote-
j-ono crescere sul suo dorso alcuni alberile le grotte
divenire praticabili tanto , da permettere a Spartaco
capo degli insorgenti sen'i , assediato in quel nionte ,
al dir di Lucio Floro cap. 20. ^ da Clodio GLibrione ,
di escludere la vigilanza di questo generale , scap^
panda via coi suoi per quelle profonde caverne .
( ^78 )
Ciò non è vero poi in tutta la sua estensione , n«
Tpos^ianio con certezza asserire, che i volcani vivi, se-
guita r eversione dei loro crateri , si spegnano inlt;ra-
iiìente , qnan do 1' esperienza e 1' osserviizlone giorna-
liera attestano , che la combustione proceda ancora
oltre , sebbene con atteggiamenti diversi dai passati .
Cosa è mai quel sobbollinieuto che si sente sotto i
piedi nei nostri campi Flegrei , e negli altri volcani
estinti delle isole Lipariche ? Quello strascico di ruote
che si urtano insieme , quei fumajuoli perenni , que-
gli spiragli o crepani , dai quali sortono tìumi di gas ,
acque termali bolL;ntissime, e sublimazioni continue
;di sostanze saline ? Ciò non viene sicuramente da
qualche ghiacciaja che vi fosse in quei profondi, ma
sì bene da un calorico sotterraneo che corre a guisa
di picciolo ruscello placidamente mormorante , senza
incutere più timore di allagare traboccando. La sov-
versione per lo più dei volcani e dei loro crateri non
è di fatto , che un passaggio dal più al meno dallo
stato burrascoso a quello di calma , e per dirla tutta
usieme , da volcano vivo a pseudovolcano. Perduta
esso avendo, in questa rivoluzione, buona j arte di
sue forze , prosii'gue a bruciare tranquillamente per
secoli , finché dura il fomite alimentatore dell' incendio.
Kon è poi il solo sostentamento l' oggetto che
costituisca il mare patria dei volcani; la presenza dell*
acqua è ad essi necessaria per mille altri riguardi non
meno importanti. E fatto costante iu geologia , che
non solo i volcani , ma i pseudovolcani ancora , sieno
cosianteuieate vicini ai grandi ammassamenti di ac-
( '79 )
qua . Tutte le miniere di antraciti e litrantraci , da nit
visitate in Germania e in Inghilterra , sono presso fiu-
mi più o meno considerabili ; i litantraci di Thalern
soprameutovati giacciono sotto il Danubio , e nell' an-
no 1 ngo. quanto io fui colà , già si ei-a arrivato , scavan-
do , alla profondità di quaranta tese sotto al letto di
quel fiume ; i litantraci di Dresda sono prossimi all'
Elba ; quei di Commotau in Boemia non sono lontani
dal Moldau ; gli altri di Newcastle radono il Pine ,
e quelli di Colbrokdale nel Shropshire sono vicinissi-
mi al Severn : in somma non iscorgerete deposito alcu-
no di carbon fossile , che non abbia nelle sue vicinan-
ze un serbatojo più o ineno frequente di acqua . Per-
chè un andamento si conforme , o perchè mai la na-
tura ha posto quella accanto a questo ? Se non pos-
siamo indovinare qual premura o disegno avesse ella
avuto in ciò fare, possiamo ottimamente comprendere
tutti gli effetti che da tale accozzamento derivano j e
questo è ciò che interessa .
Uno di questi , già lo ripeto , è Fa deposizione
delle sostanze bituminose, l'altro consiste nel sommi-
nistrare l'acqua quel principio che serve allo sviluppo
dell'incendio. Le osservazioni reiterate , fatte a que-
sto uopo , dimostrano inconlrastabilmenie , che le com-
bustioni volcaniche hanno stretto ed iminediato rap-
porto coir acqua , ciocché indica dovervi esser? non
tanto una comunicazione interna e segreta tra essa e
i volcnui , quanto che il suo concorso sia assoluta-
mente necessario alla formazione dell' incendio .
Le miniere di litantraci o di qualunque altra spe-
( iSo )
eie di carbon fossile , sono quasi sempre accompa-
gnale da una prodigiosa quantità di solfuri e di solfi
in massa . Dall' isola sola di Volcano si tiravano , tem-
po fa, quattromila canlaja all'anno di solfo , oltre una
quantità maggiore , che somministrava il rimanente^
dell' Eolie . Gli altri nostri volcani e pseudo-volcani
ne abbondano , e nelle eruzioni noa si sente che il
puzzo soffocante del solfo . La natura in somma pare
avere prodigato questo combustibile nel paese degli
altri combustibili . Le miniere poi non brucianti di
carbone sono anch' esse largamente provvedute di pi-
luti , che vanno alternando col carbone , o fognando
ammassamenti isolati ed ingenti .
Questi metalli miuex'alizzati dal solib , siano essi
ferro , rame , arsenico , o altro , non possono sicura-
mente riscaldarsi , se non intervenga o vi assista una
data quantità di umido che gli disponga a scomporsi.
Quest' acqua non può venire che dal mare o dai fiu-
mi , non essendo quella delle piogge sempre a tiro di
penetrare sino a quella profondità . Al solo contatto
dell'acqua concepiscono le piriti un calore tale da ri-
scaldare non solo la massa carbonosa , ma di scomporre
r acqua stessa nei suoi priucijij . Questa scomposizione
appunto è quella , che somministrando l' ossigene e
1' idrogeue 5 accende l'esca, accosta la miccia, e desta
(queir incendio che si manifesta sotto mille apparen-
ze (a) .
(nj Si possono dare alti-i agenti promotori dell'
incendio , la materia elettrica , il fulmine ec. , ma la
{ '8i )
In questa conflagrazione succede naturalmente ,
che si svolgano molli fluidi aeriformi , che non esiste-
vano avanti la combustione , proveziienli dalle sostanze
bruciate . In fatti veggiamo scaturire dalle eruzioni dei
volcani , e dai fumajuoli de' pseudovolcani molli di
questi gas , l' idrogene principalmente libero e solfora-
to, r ammoniaca semplice o combinata , l' acido solfori-
co sciolto o legato a qualche base , 1' acido cai-bonico
ec. Succede ancora che una porzione grandissima di
acqua rimanga soltanto risoluta in vapori , che una
porzione di solfo si sublimi ,- e che 1' aria atmosferica
inviluppata nell' acqua , si sprigioni dai suoi impacci ,
e si metta anch' essa in libertà (a) .
Succede talora che 1^ olio stesso , addensato e fìsso
nel carbon pietra , riscaldato dalla scomposizione dei
solfuri , trasudando fuoi'i , si volatizzi in parte , venga tra-
sportato dalle acque in qualche fogna , da cui poi esca
al giorno, come accade colle fontane di Montezibio nel
Modenese , che fanno 1' uso di cisterne a petrolio . In
questo caso la pietrarena , lo scistargilla , o V argilla
via più frequente che batte la natura è la scomposi-
zione delle piriti e dell' acqua .
(a) Chi mettesse in dubbio che, V acqua contenga
una dose pia o meno grande di aria , vada a vedere
le nostre fonderie della Mungiaiui , animate da tubi
i>enlilatori , e vedrà qual profluvio di aria si svolga
dall' acqua , che cadendo frange sopra un macigno
chiuso in una gran vasca .
( ^82 )
Semplice , che formano la parte pendente o giacente
del bitume, investite costantemente da questa corrente
oleosa , si manifestano anch' esse più- o uìeno carbo-
nizzate , secondo il maggiore o minore grado di pe-
netrazione , come accade appunto cogli alberi sepolti.
Ciò dipende in gian parte dalla natura e tessuto delle
pietre , altre essendo più porose e bibaci , altre meno.
Tutti questi gas sopramentovati accquistano via
vìa per l' intensità del calorico un elaterio tale , che
mal soffrendo di vedersi chiusi tra stretti ergastoli , cer-
cano ad ogni costo di aprirsi una strada : quindi i Ire-
muoti e gli scuotimenti che precedono 1' esplosione ,
finché trovato un passaggio nella parte più debole del-
la roccia , o tra i punti di separazione Ira strato , e
strato, ovvero tra i vuoti lasciati dalle piriti o dai
carboni bruciati , percorrono uno spazio simigliante al
collo di un imbuto, che sì va mano mano allargando
quanto meno di resistenza incontra , o quanto più si
avvicina alla superficie , ove questo collo va finalmen-
te a terminare in un cono capovolto . come sono or-
dinariamente tutti i crateri dei volcani .
Se a questo primo cono , per le sovrapposizioni
successive , accede un' altra corrente di lave , e vi si
pianti sopra , sorgerà un altro cono , unito al primo
per la base , il cui ultimo cratere rappresenterà anch'
esso una campana capovolta . Cosi va ergendosi a po-
co la montagna , finche spuntando fuori del mare ,
forma coli' andar del tempo un isola . Ma se mai av-
venga appresso , che le correnti sopravvegnentì trovi-
no nei fianchi defla montagna meno resistelàza che nel
(,83)
rertice , si apriranno là uno o pift passaggi , formando
altri nionticelli anch' essi conici .
Da queste premesse possiamo comprendere, onde
vengano quei getti di acqua che lanciano qualche vol-
ta i volcani in tempo di eruzione , onde i venti che
sbucano dai loro spiragli , onde quelle colonne fumi-
fere e conglobate , che precedono e spianano la strada
alle succGSSive grandinate di sassi e pietre che cuo-
prono città intere e villaggi .
La forza del calorico nel centro dei volcani esplo-
sivi è diversamente intensa, qualche volta la tempera-
tura è cosi alta, e la fusione si completa , che le ma-
terie fuse si accostano più o meno allo stalo di vetro
o di smalto . Qualche volta la fusione si mantiene tra
i limiti di una moderata liquefazione , e in questo ca-
so le rocce refrattarie vi reggono ferme , e i cristalli
d' horniblenda , invischiati nella pasta dei basalti , non
soffrono punto («) . Qt^alche altra volta non è affettala
dal fuoco , che la corteccia esterna della pasta , restan-
do illeso ed inlatto il nucleo . Spesso le pareli interne
(a) La lava del Vesuvio dei i3. agosto \So5. pre-
ceduta dal tremuoto dei 26 luglio era tanto liquida ,
che somigliava all' acqua. Dalla boera del volcano
al mure pose quattro minuti primi di tempo , non ostan-
te la distanza di tre miglia . Credo che la somma li-
quidezza di essa venisse , non tanto dalla forza d< l
calorico , quanto dalla lungliezza del tempo che restò
«sposta al fuoco del volcano .
( i84 )
degli strati adiacenti , strappate e divelle dall' impeto
dei gas , sono a brani lanciate fuori del cratere .
Queste vicende diverse debbono necessariamente
imprimere nei fossili già preslstenti caratteri diversi:
alcuni sono tramutati in modo , che , perduta affatto
l'antica fisonomia , prendono col nome tutto l'aspetto
di rocce volcaniche ; altri sfigurate lasciano però tra-
vedei'e le tracce della prima indole j altri poi si mo-
strano affitto illesi ; altri finalmente sono novellamente
combinati dal miscuglio dei corpi volcanizzati . Da
quanto finora si è accennato si possono ricavare i se-
guenti corollarj .
1. La rocce volcaniche riconoscono la loro origi-
ne non già dall'acqua, ma dal fuoco, di cui portano
impresse tracce più o meno distinte .
2. Si conoscono esse all' aspetto asciutto , abbru-
stolito , squarciato , vescicoso , scoriaceo .
3. La formazione delle montagne volcaniche cade
in un epoca di tempo assai più recente di quella del-
le montagne primitive e stratose . Perciocché il fuoco
dei voìcani non produce né crea fossili novelli , ma
cangia e svisa i fossili già preesistenti . ISè si può im-
maginare mai , che avesse questo fuoco esistito avanti
eh' esistesse la materia necessaria al suo sviluppo.
4. Il materiale atto all'incendio , o la materia com-
bnstiLile , cui i volcani debbono tutto 1 essere , è un
corpo appartenente principalmente al fondo del mare
o all'interno della terra lasciato in abbandono dalle
acque. I volcani vivi o estimi in molte regioni del
globo , fanno supporre che un tal fossile non solo esi-
1
( i85 )
stesse anteriormente ad essi , ma si rigenerasse conli-
niiamente dalle stesse sostanze che lo formarono la
prima volta. E se noi vogliamo procedere dalle cose
piccole , le cui cagioni sono note , alle più grandi , ci
sarà forza confessare e riconoscere nel carbon fossile
animale tutti i caratteri e prerogative di questo com-
bustibile .
5. Le montagne volcaniche sono di due specie :
alcune riconoscono l' intera esistenza dal fuoco , e si
chiamano volcani veri ; altre parimente dal fuoco , ma
senza gli effetti dell' esplosione , e si dicono pseudo-
volcani. Secondo le differenze di queste due specie di
montagne , le rocce si dividono in due famiglie , cioè
in rocce vere volcaniche , formate o per dir meglio
sformate nel centro del volcano , ed in rocce pseudo-
volcaniche , diverse da quelle e per la qualità , e per
la quantità meno estesa delle prime.
6. Siccome il grado dell' azione del calorico è mol-
to differente , e dipende soltanto dal caso la sorte dei
fossili 5 che ne sono attaccati o svisati , cosi bisogna
sempre supporre, che le rocce volcaniche , rispetto ai
loro caratteri , sono anche diverse . Rispetto poi ai
componenti , pare che siano principalmente d' indole
argillosa , come farò vedere quando parlerò dei vol-
cani in particolare .
a4
( '8G )
SulV imbianchimento delle tele . Memoria del Socio
Ordinario Michele Ferrara . Letta neW Adunanza
nel dì 2^. febbrajo i8og.
Imbianchimento è quella ultima operazione , per
la quale la canapa, il lino, ed il cotone si spogliano
dalla loro materia colorante , ed acquistano il colore
affatto bianco , senza che il tessuto filamentoso ne sof-
fra la menoma alterazione , o cambiamento .
La felice riuscita però di questa operazione non
dipende solamente dai metodi , che soglionsi appli-
carvi , ma assolutamente da quelle pi'eparazioni , che
devono necessariamente precederla .
La chimica nella dovizia della sue numerose sco-
perte potrà suggerire qualunque ritrovato prosperevole ;
non mai però lo rileverà corrispondente all' effetto , se
questi corpi non saranno precedentemente preparati .
Le operazioni , che devono prevenire 1' imbianchi-
mento , sono la preparazione della canapa , e del lino
prima di essere pettinati , la costruzione de' pettini ,
tutta diversa dagli ordinar] , e 1' uguaglianza della fila-
tura .
Tali preparazioni nel nostro Regno generalmente
s' ignorano , e ciò costituisce la vera ragione , onde non
si vede formato fra noi un bel filo , ed una buona
tela .
Fino a che perdurerà questa marcata Ignoranza
fra ì nostri industrianti nella esecuzione di queste pre-
cedenti applicazioni 1' imbianchimento non potrà avere
( i87)
mai luogo . Ed è , a dir vero , cosa oltre modo di-
spiacente allorché si rifletta che la oanapa , il lino, ed
il cotone tanto fecondamente allignanti nel nostro suo-
lo , non vagliano ad offrirci tntta la estensione del
loro uso per la sola mancanza di inanofatturazione , e
neir atto che ne siamo doviziosamente forniti dobbia-
mo essere riconoscenti della loro eslesa applicazione
alla industria degli esteri .
Io neir esporre questa memoria a questo rispettabile
Istituto sarei nel dovere occuparmi prima delle prepa-
razioni , che devono precedere l' imbianchimento . Ma
con mia soddisfazione vengo alleviato a rapportarle per
le lodevoli fatiche del nostro valente Socio Sig. Ra-
mondini , il quale in ima sua memoria inserita in
questo nìe;lesimo volume tratta queste preparazioni
con una pratica tanto istruttiva , alla quale altro
non manca , se non quella dell'imbiancamento per
potersi questo ramo interessante d' industria istituirsi
fra noi .
Nel rassegnare pertanto alla vostra profonda intel-
ligenza, Signori Colleghi , questo qualunque siasi mio
txavaglio , devo prevenirvi essere il medesimo quel
sincero risultato di fatti , i quali ho avuto occasione
di osservare costantemente nell'eseguire tale operazione,
perciò 5e nell' esporre quanto opino sulla combattuta
teoria mi allontano dai sentimenti di quei rao^oruarde-
voli chimici , che meritano il primo luogo nello stu-
dio di questa scienza , intendo sempre nudrire per i
medesimi tutta la stima , che giustamente 1' è dovuta ,
( ì88 ) ■
né ad altro scopo teiulono le mie riflessioni , che alla
ricerca della scoperta , e della verità .
Con la guida dunque de' fatti io procedo a pro-
vare 1. che la materia colorante le iihre filamentose
vegetahili sia un principio identico, e puro di sua na-
tura 2. Che la potassa , la soda , i muriati a loro
base, ed a terra calcare siano efficaci mezzi per togliere
la parte estrattiva da queste sostanze , ma non per
imbiancarle . 3. Finalmente che il solo e vero dissol-
vente della materia colorante sia 1' ossigeno .
Con la guida de' fatti istessi passo inoltre a j)ro-
• porre 1' applicazione del metodo col gas acido muria-
tico ossigenato , e la esposizione di quei mezzi , che
concorrono al felice successo della operazione .
La operazione dell' imbianchimento è stata per
lunga serie di anni la industria delle semplici donnir-
ciuole . Essa non ha meritata 1' attenzione de' chimici
se non dopo la scoperta dell' acido muriatico ossige-
nato fatta dair illustre Signor Priestley , e siamo debi-
tori air indefesso operatore Signor Berthollet dell' ap-
plicazione utile di questo acido alle arti .
Da tale epoca questa operazione uscì dall' angusto
suo limite , in cui meschinamente si raggirava , richia-
mò la occupazione della scienza -per osservarne i feno-
meni , e divenne oggetto interessante per la bellezza
de' risultati .
Quanto siamo debitori però all' indicato illustre chi-
mico per l'applicazione di questo ritrovato nel togliere la
materia colorante dalla fibra filamentosa vegetabile , e
{ >% )
quanto siamo riconoscenti ad altri non meno valenti
operatori per la diversità del metodo che lianno cre-
duto apporvi , altrettanti siamo dispiacenti nel riscon-
trare una discrepanza di opinioni sulla teoria di tale
operazione . Quindi è , che data 1' incertezza sulla co-
noscenza de' componenti , che costituiscono il fatto ,
vario e mal sicuro ne sarà sempre il metodo , che
viene a comprovarlo . Da tale circostanza a mio cre-
dere è derivato quel meno favorevole incontro con
cui r imbianchimento col gas-acido muriatico ossige-
nato è stato generalmente ricevuto .
La opinione della maggior parte de' cliimici i più
accreditati conviene, che la materia colorante della fibra
filamentosa de' vegetabili morti sia un composto di due
sostanze fra loro diverse , e perciò richedono per po-
terla distruggere due dissolventi , qual è la potassa , e
r ossigeno .
Si uniformano altri con la cennata teoretica opi-
nione , ma discordano sulle attribuzioni de' dissolventi.
Vi è chi crede che questa materia colorante sia
una sostanza identica e sola , la quale dopo di essere
passata allo stato di acitìo carbonico per il contatto
dell' ossigene , il resto risulta in uno estratto solubile .
Da me non valutandosi altro che il fatto , mi propon-
go a sostenere che sia un principio identico di sua
natura .
Tulli i vegetabili morti presentano generalmente
nella loro analisi l'acqua, l'olio, la resina, la mucil-
lagine , uua sostanza salina, il carbone, la parte ter-
rea , e qualche ossido metallico .
( 19» )
Se si rifletta sulla natura di questi prodotti , chia-
ramente rilevasi , che tulli sono , eccetto le tene , ed
i metalli , il risultato della diversa proporzione con
cui trovansi comhinati fra loro 1' ossigeno , 1' idrogeno,
r azoto , ed il carbonio .
Questi prodotti dunque , che di loro natura sono
un composto delle mentovate primordinali sostanze ,
costituiscono nel loro tulio un essere sui generis , che
dai chimici si dice Principio vegetabile , e dall' inge-
gnoso Fourcroy Materiali immediati alla vegetazione.
Ed in vero trattandosi questi prodotti medesimi
con i rispettivi reattivi essi vengono perfettamente a
disciogliersi o a distruggersi , e la dissoluzione , o la
distruzione succede ugualmente nel tutto insieme delle
loro partì , senzacchè ciascheduno de' componenti ne
rimanghi isolato . In conseguenza di tale verità la resi-
na , r olio volatile gli olj crassi , la mucillagine, la parte
salina , e tutti gli altri prodotti della vegetazione mor-
ta meritano la denominazione di principio vegetabile,
quantunque riconoscono per componenti le sostanze
primitive .
La materia colorante delle fibre filamentose de'
vegetabili morti , cosa è mai ? Non è anch'essa un pro-
dotto , che ci presenta l' analisi della vegetazione ? E se
è cosi , perchè non si deve considerare come un ri-
sultato della combinazione delle sostanze jirimitive ,
ed in conseguenza come principio vegetabile , o ma-
teriale immediato alla vegetazione ?
La necessità di doversi impiegare la potassa , e
r ossigeno nell'imbianchimento ha fatto giudicare che
( ^90
questa tnatei'ia colorante sia uà composto di due so-
stanze diverse , giacché se fosse una ed idenlica , non
esigerebbe due reattivi per disciogliersi.
Si accordi pure che sia un composto di due so-
stanze , una che richiede la potassa , I' ossigeno l' altra,
qual' è il loro nome, e quali sono le loro caratteristi-
che ? Nissnno l'accenna. Come agisce l'affinila nella
combinazione , e qual' è 1' attribuzione de' reagenti ne'
risultati? Se s'ignora la loro natura.
Li chimica non riconosce per vero che il fatto.
Dal fatto dunque rileviamo il vero .
Il metodo ordinario d' imbiancare consiste nell'es-
porre le tole ed i fili umettati all' azione dell' aria , e
della luce: ed è noto a chiunque-, che dietro le suc-
cessive umettazioni applicate per quattro o cinque set-
timane , queste tele, e questi fili si osservano quasi
imbiancali .
E un fatto che l'imbianchimento sia succeduto 5
non è perfetto j ma non vi è stata applicazione di po-
tassa , Chi mai ha sciolto o tutta, o in parte quella so-
stanza, di cui all'alcali solo è riserbata la dissoluzione?
Se si sommergano queste stesse tele, e questi fili
istessi in un bagno di potassa , che segui il grado 5.
all' idrometro , il di loro colore da quasi bianco qual
era , diviene citrino . L' alcali forse esercita la sua azio-
ne sopra quella sostanza , che 1' appartiene ? Nò .• per-
chè se vi rimangano sommersi non uno, o due gior-
ni , ma mesi , il colore mai permuterà .
Se la potassa disciogliesse una di quelle sostanze ^
( 192 )
che la costituisce componente della materia colorante
perchè non si rinviene in parte distrutta : e perchè il
colore si rileva sempre ugualmente lo stesso ?
Se le tele ed i fili , che non hanno ricevuta alcu-
na precedente preparazione si espongano umettali di
potassa fluida al vapore dell'acqua bollente in una stu-
fa , la potassa costituisce una pioggia coli' aggregazione
acquosa , seco trasportando la parte estrattiva ; il tessu-
to fibroso rimane di un colore citrino 5 e nella calda-
ja si trova 1' acqua alcalizzala tinta da un colore gial-
lognolo fosco con un sedimento copioso .
All' opposto se le tele ed i fili sieno stali antece-
dentemente preparati , ed umettati di potassa , venga-
no esposti alla stessa azione del vapore a stufa , il co-
lorilo di essi risulta ugualmente citrino , 1' acqua appe-
na succede colorata , ed il sedimento è quasi incalco-
labile .
Finalmente se si espongono al vapore istesso quelle
tele, che hanno ricevuto l' imbianchimento ordinario,
l'acqua della caldaja si osserva appena colorata, ed il
sedimento in una proporzione tenuissima.
Da tali fatti chiaramente deducesi , che la potassa
ha prodotto l'effetto istesso , che l'umettazione ajutata
dalla luce nell' imbianchimento ordinario , giacché sul
tessuto fibroso , il quale è stato antecedentemente pre-
paralo , non si è rilevato 1' effetto istesso ; si marca
però la differenza che la potassa animala dal calore a
stufa spoglia le fibre filamentose dal materiale estrat-
tivo nel corso di un giorno , e le umettazioni all' aria
pi'oducono lo stesso dopo quello di più settimane. Do-
pò tali operazioni si osserva costantemente , che il tes-
suto (ilamentoso risulta tinto di colore citrino 5 clic
questo coloriio sia il iiialeriale colorante, giacché la
sua dissoluzione si nega cosi alle successive umetla-
xioni , che all'applicazione della potassa, che esiga al-
tro reagente per essere distrutto .
L' applicazione dunque della potassa tanto ricevu-
ta dai chimici nell' imhianchimento è necessaria ? Si .
Per distruggere forse la materia colorante delle libre
filamenlose, o uno di quei due componenti di cui si
crede composta ? Nò. Ma per quale vantaggio ? Perchè
essendo una sostanza salina , la sua azione è più pene-
trante , conseguentemente è più spedita delle umetta-
zioni all'aria per separare il materiale feculaceo-estrat-
livo , non già per imbiancare .
L' applicazione dall' ossigeno , che io considero il
solo e vero reagente per distruggere la materia colo-
rante le libre filamentose vegetabili confermerà quanto
finora ho esposto .
Questo benefico primordiale agente della natura
non mai va isolato , ma sempre con altre sostanze tro-
vasi in unione, ed i suoi preziosi effetti si sperimen-
tano più o meno attivi , giusta la niaggiore , o mi-
nore tendenza eh' esercita nelle combinazioni .
Se si esponga la limatura di ferro ad una tempe-
ratura umida, l'ossigeno di quell'atmosfera agisce sul
metallo , e lo riduce in ossido . Tale ossidazione però
nou succede se non dopo il corso di più settimane ,
perciié 1 ossigeno istesso quasi lambendo esercita la
sua azione .
2S
( ^9i )
Se si sommerga la limatura mcfltsiiiia nel!' acido
solforico dilulo, eli' è l'ossigeno a base di solfo, allora
, la ossidazione riesce prontanea , perchè queslo agonie
vi si scarica con latta la sua forza ,
Succede lo stesso, quando 1' azione di questa pri-
mordiale sostanza viene applicata sul tessuto filamen-
toso vegetabile .
Allorché le tele ed i fili si espongono umettati all'
azione dell'aria e della luce , si trovano dopo il corso
di più settimane superGcialmente imbiancate . Ciò chia-
ra uieute si compi-ende ; perchè 1' ossigeno non ha po-
tuto agire che lambendo le libre filamentosa , in con-
seguenza l'imbianchimento non è che superiiciale .
Se si bagnano le stesse tele , e gli stessi fili di aci-
do muriatico ossigenato, allora il tessuto fibroso rima-
ne corroso perfettamente dall' acido , e 1' ossigeno che
-si trova al contatto immediato delle sue particelle ^
distrugge prontamente la materia colorante ,
E se si sommergano le tele ed i fili umettati di
potassa nel gas acido muriatico ossigenato , i quali
hanno ricevuto le antecedenti preparazioni , allora il
tessuto fibroso è in cimento di deteriorazione , ma ri-
mane Imbiancalo . Finalmente se le tele , ed i fili pre-
parati rimangono nel bagno di muriato di potassa oijsi-
genato , allora il lessato filamentoso è in salvo , e I'
imbianchimento succede felicemente .
Chi non rileva che quando le tele si sono som-
merse cosi isolate nel gas acido muriatico osiigenato ,
questo ha marcato la sua azione sul tessuto filamen-
toso , e r ha corroso , e la materia colorante che si è
I
( ^95 )
presentala in tulli i suoi punti all'ossigeno, è slata,
dissipata AH' opposto quando le tele si sono fatte
soniuiergero umettate di potassa nello stesso gas-acido ,
allora questo in virtù di tendenza all' alcali si è uni-
to, e l'ossigeno si è scaricato sulla materia colorante,
e l'ha distrutta. In questa operazione vi è sospetto di
deteriorazione nella libra filamenlosa , perchè può es-
sere acido soprahboiidanle alla potassa, e rimanendo
il medesimo isolalo può esercitare la sua azione sul
tessuto, e corroderlo. Neil' ultima operazione final-
meute l'acido, che si trova pe rl'ellamenle neutraliz-
zalo dalla potassa , e questa più tosto in grado mag-
giore, cosliluisce la sicurezza nel tessuto , senza im-
pedir r efll'tto dell' ossigeno por imbiancarlo.
In queste indicale operazioni l' imbianchimento e
succeduto. Ma a spese di qnal reagente ? Dell'ossige-
no , giacché la potassa nell' ultimo sperimento non ha ^
servito che a neutralizzare 1' acido , per cui il tessuto ^^
llbroso è rimasto illeso da corrosione.
E di fatti neir immergere le tele umettate di po-
tassa nel bagno summenlovato della seconda opera-
zione , si manifesta prontaneo 1' odcye del muriato os-
sigenato di jiolassa , e la effervescenza con le bolle
sulla superficie del bagno. Il primo dinota la combi-
nazione dell'acido colla potassa, la seconda indica
lo sviluppo dell' acido carbonico che si svolge dalla
potassa islessa . Finalmente evajìorandosi questo ba-
gno di gaa-acido mr.riaiico cssigenaio , in cui è slata
sommersa la lela umettala dalla potassa , si ricava il
muriato di potassa , e non già il muriato ossigenalo
alla slcssa base .
( '96 )
Quesli fatti compruovano gli ultimi sperimenti
tanto ben ricevuti dai chimici , cioè di applicare t
riìuriati ossigenati o di potassa, o di sodalo di calce
sull' imbianchimento.
Queste saline dissoluzioni penetrando con la loro
attività 1' interno del tessuto filamentoso si decompon-
gono . Esse neir alto che efficacemente disciogliono la
parte estrattiva, aprono la strada all'ossigeno, il quale
in virtù di tendenza abbandona la combinazione , ed
attacca la materia colorante , e la distrugge , senza che
il tessuto suddetto ne risenta la minima deteriorazione .
Il liquore di questo bagno fatto quindi evaporare som-
ministra parimente il muriato semplice , e non giù os-
sigenalo a base di potassa .
Dalle addotte osservazioni tutte risultanti da fatti ,
pare dunque provato che la materia colorante le fibre
filamentose vegetabili sia una sostanza sui generis ,
ed un principio identico , come tutti gli altri della ve-
getazione morta ; che la potassa , e più efficacemente i
jnuriati ossigenati alla sua base o a quella di soda , o
di calce siano efficaci e spediti mezzi per esentare dal
tessuto fibroso la parte estrattiva , non già per imbian-
carlo , e che il vero reagente per distruggere la ma-
teria colorante sia il solo ossigene.
Con la guida della teoretica esposizione sulFira-
biauchimento 5 io procedo all'applicazione, descriven-
do prima il metodo per estrarre il gas acido muriati-
co ossigenato , e quindi l'apparecchio corrispondente
per eseguire eoa sicurezza la operazione .
( '97 )
Metodo per la formazione del gas-acido muriatico
ossigenato , che dovrà servire all'
inibianclùinento .
Si costruisca wna vasca di legno, le di cui ginn*
ture siano csallamenle chiuse 5 si applichi in uno de'
suoi Iati verso il fondo una chiave a vite , e nel cen-
tro del suo piano superficiale vi sia uno spiraglio,
por il quale s' introduchi un'asta di legno, che abhia
nella sua estremila quattro shranche incrocicchiate ,
lunghe due piedi , e larghe mezzo piede , facendo
quest'asta medesima l'uso di agitatore.
Nel piano superiore suddetto vi sia anche un al-
tro spiraglio e proprian)ente verso 1' estremità della sua
periferia , che jiossa aprirsi e chiudersi a piacere per
immettere il fluido che Lisogria .
Si costituiscano j)oi tre o quattro fornelli sempli-
ci poco lontani dalla vasca , ne' quali rimanghiuo adat-
tati i rispettivi bagni di arena 5 in questi si situino del-
le marmitte di vetro di collo lungo , e vi si applichi-
no de' sifoni ben suggellati , le di cui estiemilà vanno
ad introdursi per uno spiraglio nella vasca . In uno
de' lati delle iudicate marmitte vi sia anche un becco,
che si apra e chiuda a piacere per immettervi i ma-
teriali , che producono il gas acido, che si desidera.
Ciò fallo, s' immetta nella vasca tanto di potassa di-
luta , che segni il grado 4 ^H' idrometro , e che ne
resti quasi pieua, ]ioi si getti per il becco della mar-
mitta l'uguale porzione di murlato di soda, e di man-
ganese di Calabria calcinato , e soj)ra di questi ber»
soppestati si afionda a successive riprese 1' uguale
porzione parimenti di acido solforico dilungato con
acqua semplice .
Terminala l' effusione , si chiuda il becco , e ces-
sala la effervescenza si procuri con una dolce tempe-
ratura di calore lo sviluppo gassoso, il quale per il
suo sifone va ad introdursi nella vasca .
Da tempo in tempo si dimeni l'agitatore, che
trovasi ueir interno, ed in tal modo si proceda fino
a che il materiale nelle marmitte sarà divenuto asciut-
to , e lo sviluppo del gas affatto terminato.
Il liquore che trovasi nella vasca è il muriato di
potassa ossigenato diluto , ed applicabile al tessuto fi-
broso vegetabile per imbiancarsi .
Esame teoretico sul metodo proposto .
Allorché sopra del muriato dì soda , e del man-
ganese soppcslati si affonde dell'acido solforico, que-
sto in virtù di tendenza agisce sulla soda, che fa la
base dell'acido muriatico, e vi resta neutralizzato.
L'acido muriatico a misura che viene abbando-
nato dalla sua base, esercita la sua azione sull'ossige-
no, che si trova nell'ossido metallico, e coU'ajuto
della temperatura passa nello stato gassoso .
Questo gas è ricevuto da i sifoni applicati alla
marmitta, e s'introduce col mezzo de' -medesimi nella
vasca .
Finalmente 1' agitatore dimeuando . 1' acqua alca-
( '99 }
lizzata facilita la combinaziuue del niuriato ossige-
na lu .
Avi'ertìineiilo per il felice successo della
•* operazione .
1 . La vasca poli a essere coslruila da ogni specie
di legno, all' infuori di quello di castagno.
2. Essa dovrà ossero accerchiala da cordoni di
ferro , o sostenuta da sbranclie situate a strcttoja .
3. I spiraglj , e le commessure dovranno essere
tanto ben chiuse, che non j)ermettano tras]3Ìrazione -
4- Le bottiglie, o le marmitte di vetro, f[nanto
più saranno sottili , altrettanto debbon essere resistenti .
5. Non si dovrà applicare la temperatura del ca-
lore se non dopo la effervescenza per impedire lo svi-
luppo violento del gas , che potrebbe cagionare la rot-
tura de* vasi .
6. II quantitativo de' materiali descritti dovrà cor-
rispondere a saturare di gas-acido l'acqua alcaiizzata,
e ciò lo dimostra quando il fluido della vasca segnerà
il grado 5 alT idrometro . L'operatore però potrà di-
minuire o crescere il grado di saturazione giusta 1' ef-
fetto che juodurrà sul tessuto filamentoso .
7. Il nostro manganese di Calabria è inferiore a
quello del Piemonte nella bontà, perchè contiene mol-
to carbone , Col mezzo della calcinazione rendendosi
privo di questa sostanza , diviene applicabile all' ope-
razione .
( 200 )
8. Sarà bene diluire coli' acqua semplice l' aci-
do solforico per impedire la violenza dello sviluppo
gassoso .
g. La temperatura del calore dovrà essere da
priucipio leggiera , e non converrà accrescerla se noa
verso la metà della operazione.
10. Finalmente. Quando i materiali nel fondo
del vaso di vetro compariranno affatto disseccati , essi
dimostrano l' indizio cerio di essere il gas già ter-
luiuato ,
Descrizione della stufa a vapore.
Si costruisca una stanza di fabbrica , cbe sia lun-
ga palmi dodici, larga palmi sedici, ed altra palmi
diciotto . L' altezza però abbia la forma di una cupo-
la , che termini con un camino del diametro di once
quattro .
Fino all' altezza di sei palmi si formi un masso
di fabbrica, nel di cui centro vi l'esti un forame
per adattarvi una caldaja di rame del diametro di
xm palmo e mezzo , e la superfìcie della medesi-
ma venghi levigata col masso islcsso , ed allo stesso
livello .
Il fondo jioi di questa caldaja abbia l'appoggio
sopra di un fornello semplice , da costruirsi nel pieno
del masso indicato, e contengbi un tubo dello stesso
metallo , clie sporga fuori da un lato della stanza ,
nella di cui estremità vi rimangbi suggellalo un al-
( 201 )
tro di vetro , che servirà di esploratore all' acqua che
evapora .
Nello stesso lato vi sia anche uno spiraglio a vi-
te , per il quale possa introdursi 1' acqua nella
caldaja .
Finalmente sopra il livello del masso vi si faccia
un apertura con la sua porta , alla quale si ascenda
per mezzo de' scalini di fabbrica . Questo apparalo è
la stufa a vapore .
Metodo (T imbiancare col gas-acido muriatico
ossigenato ■
Quando la canapa ed 11 lino dopo la dovuta ma-
cerazione son passati per i pettini ordinar) , e quindi
per i cardi ; poi trattali colla potassa , o col sapone
sono divenuti asciutti col mezzo dell' aria e della lu-
ce ; e finalmente quando è stata praticata tutta la
esattezza sulla uguaglianza e sottigliezza de' fili, giusta
le istruzioni pratiche del nostro Socio signor Ramon-
dini ; allora i fili di tale natura , o le tele formate da
questi fili umettati di potassa , che segni il grado 5
all'idrometro, si sospendano nel vuoto della stufa, so-
stenuti da corde , e fatta piena di acqua semplice la
caldaja, si proceda con fuoco attivo alla ebollizio-
ne, avvertendo di sospenderla, quando l'esplorato-
re indica l' abbassamento della evaporazione fiuo a
due terzi .
Ciò fallo dallo spiraglio della cupola si getti dell'
26
( 202 )
acqua fresca col mezzo di uno imbuto grande di le-
gno , e finalmente rafl'reddala quasi la stufa , si rac-
colgono i fili , e le tele , che vi erano sospese , facen-
do uscire per il suo tubo l'acqua tinta, che trovasi
nella caldaja.
Allora questi fili , o tele si sommergano in un
canale ad acqua corrente, e rese ben lavate , ed asciut-
te , si gettano in una o più tine di legno , sopraffon-
dendoci dell' acqua gassosa che trovasi nella vasca .
Dopo ore 24 si bagnino di nuovo nell'acqua sem-
plice, ed asciugate si ripeta per la seconda volta l'o-
perazione , se r imbianchimento non sarà succeduto
affatto bianco .
La facilità, l'economia, e la marcata brevità del
tempo, ch'apporta il metodo descritto, ha ricevuto
col fatto il più felice successo con la guida della teo-
ria , che bo antecedentemente esposta .
Quando la canapa , ed il lino sono stati pettinati,
e passati per i cardi , allora il di loro tiglio si è cbtre-
mamente diviso , e presentandosi in tale stalo alla po-
tassa, o al sapone diluti, questi vengono al contatto
immediato di tutta la parte mucosa , ed estrattiva ,
che quasi intieramente la disciolgono . Il tessuto fibro-
so difatti non ha quel color giallo-fosco , e macchiato
di nero, ma all'intuito giallognolo, ed al tatto non
è aspro , e rugoso , ma cedevole , morbido , e di-
licato .
Esposti i fili , e le tele di tal natura umettati di
potassa nella stufa, ne avviene che quel residuale estrat-
tivo come traspirando svanisce, e non li rimane che
( ^o3 )
la pura rualeria colorante , la quale viene distrulla
dall'ossigeno, che gli offre deconipouendosi ilinuiialo
di potassa ossigenato .
Ripetuta per due volte questa operazione , si os- .
serva il filo , e la tela di color bianco latteo , senzac-
chè il suo tessuto abbia sofferto la minima deteriora-
zione , per esser l' acido muriatico , che poteva corro-
derlo , in combinazione con la potassa , e non già
isolalo .
Questo metodo però tanto facile , spedito ed econo-
mico non riesce applicabile a i fili ed alle tele nostrali ,
perchè risulta dispendioso . Essi divengono bianchi ,
ma il prezzo di ogni canna sormonta le grana 24 7 e
forma un calo nel tessuto circa del terzo . Il pubblico
eh' è avvezzo ad erogare ordinariamente grana tre , al
più quattro per ogni canna, e non sa persuadersi del-
la cagione dello sfrido rende incompaùbile 1' istituzio-
ne di questo interessante stabilimento , perchè il suo
filo, e la sua tvla , che manofaltura, non hanno rice-
vuto le antecedenti preparazioni .
Fino a che queste non verranno a praticarsi da
i nostri industrianti di tal ramo , non è sperabile che
si potrà sperimentare tutta la vantaggiosa ed estesa
applicazione della nostra canapa , e del nostro li no ,
di che la prodiga natura con una influenza benefica
ne ha reso fecondo questo regno; non è sperabile che
la operazione dell' iinbianchimenlo potrà solidamente
vedersi istituita fra noi : conseguentemente saremo sem-
pre nella dura necessità di essere riconoscenti con ver-
gognoso tributo alla industria degli esteri ,
(204)
Io rapporterò in un' altra memoria 1' uso della
stufa a vapore , che risulterà di marcato vantaggio non
solo a quelli , che ritraggono la sussistenza col bian-
chissaggio ordinario, ma benanco agli osjiedali , ed
alle numerose comunità, proponendoli per tal mezzo
di poter evitare il consumo della biancheria col ri-
sparmio della lavanda ordinaria .
( 205 )
Dello stato , e conservazione de boschi della Provincia
di Molise . Memoria del Socio Corrispondente hAF~
FAELE Pepe . Presentata neU Adunanza del di 3o.
giugno i8og.
J. Passi clic i popoli danno verso la civilizzazione se-
no sempre a spese della natura . Più le società si sono
slargate , tantoppiù la faccia agreste , e selvaggia della
terra ha cambiato aspetto . Nelle foreste cominciarono
le prime società, e le prime arti. Dalle foreste 1' uo-
mo passò alla capanna , dalla capanna al villaggio ,
e dal villaggio alla città . A poco a poco l' uomo
usando del suo braccio potente , e della perfettibilità
del suo spirito , risentendo una moltiplice massa di
bisogni , moltiplicò in conseguenza le arti . Disgustato
degli aspri frutti delle foreste , e tante volte incerti ,
egli cominciò a cibarsi delle piante spontanee che il
caso gli avea mostrato : allora cominciò 1' agricoltura ,
nacque la distinzione del mio , e del tuo , e si formò
r idea morale della proprietà . Diviso in due grandi
famiglie il genere umano di selvaggi , cioè, e di civi-
lizzati , la conservazione delle foreste doveva interes-
sare amendue , gli uni per la caccia, e pastorizia, gli
altri per le arti : ma l' idea di proprietà ignota a' pri-
mi , e tanto potente presso i secondi , produsse che i
civilizzati siensi sempre allargati in superficie . Le sel-
ve ('(rusche , le sacre querce de druidi , nidi di arcana
religione, le sanguinolenti boscaglie d' Odio , e L' Vcn-
toniche souo cadute sotto la scure ; ed ove s' immola-
( 206 )
va U prigioniero al nume , ore la voce di un sacer-
dote spaventava , armava , e disarmava a suo piacere le
orde superstiziose , ivi si sono erette delle città , e delle
accadenìie che rimbombano dello strepito delle arti ,
e de' cantici della filosoUa . Gli uomini addensati , e
riuniti moltiplicandosi , moltiplicarono ancora il lusso
ed i bisogni , e le società riunendo le somme de' bi-
sogni , e de' bisogni primitivi, hanno perciò di secolo
in secolo diminuiio i boschi , in modo che tal dimi-
nuzione è maggiore ove le società sono più antiche ,
e più civilizzate : ed i boschi dell' Europa dovendo
dar materiale alla marina , al commercio , ed a tutta
la filiera delle manifatture , i popoli più potenti , e
più ricchi sono divenuti tributar] per il legname al
Nord, ed all'America settentrionale.
I Governi Europei finalmente conobbero il vuoto
che si era fatto nelle foreste , e cercarono ripararvi ,
alcuni con leggi , ed ordinanze particolari come 1 a
Francia, altri con incoraggiare la piantagione de' nuo-
vi boschi come l' Inghilterra , e varj Stati della Ger-
inania , altri dichiarando le foreste regalie . Inutili sfor-
zi! L' uomo distrugge in un giorno di lavoro quanto
la natura ha creato in cento anni.
GAP. I.
Estensione de boschi di Molise .
La superficie totale del dipartimento di Molise è
di novecento miglia quadrate, le quali formano nove-
( 207 )
cento mila tomoli della gran misura di novecento passi
quadrali . Dallo slato generale delle sezioni apparisce
che la parte boscosa è di tomoli cento quarantadue
mila cinquecento cinquantuno , che sono quasi il selli-
mo delta superficie totale. Di questi tomoli 1 4^551 di
bosco , tomoli 54263 sono comunali , e tomoli 88286
sono de' particolari cittadini.
La popolazione di Molise ascende a 200000 abitanti
circa , i quali relativamente all' estensione di gooooo
tomoli vengono ad avere quattro tomoli e mezzo per
testa sulla superficie totale , e tra questi avranno an-
cora tre quarti di un tomolo boscoso.
Calcolando quattro individui per famiglia , vi sa-
ranno in Molise 40000 famiglie: ed assegnando ad
ogni famiglia 1' una per 1' altra , secondo i pratici ru-
rali , due canne (a) di legname , la provincia ha qnindi
bisogno di 80000 canne per anno .
In questa somma di 80000 canne non si compren-
dono i legnami per costruzione , per il bisogno delle
manifatture , per le fornaci ec. 5 ma il solo legname
per il consumo domestico .
(a) La canna è la misura comune del legnarne
in Provincia : essa è di 8 palmi di altezza , 8 di lun-
ghezza j e quattro di larghezza .
(208)
e A P TI.
Natura^ e stato de' boschi di Moline.
La natura del bosco , come quella di tutt' i ve-
getabili segue sempre quella del terreno : generalmente
il legno bianco , e leggiero vuole una esposizione alta,
ed un terreno soffice fresco: il legno forte ama i ter-
reni forti , e profondi : e questa varia indole si mani-
festa molto bene ne' boschi di Molise .
.Questa Provincia ha la forma di una conca , i di
cui orli al Nord, ed all'Ovest sono le montagne, ra-
«lificazioni degli appennini.
Il snolo è più ricco di 'sorgenti , più carico di ter-
riccio, più siliceo vtrso i monti , ma è più asciutto ,
più alluminoso nel seno della conca: ond' è che i bo-
schi diversi pare che si abbiano diviso 1' impero della
parte alta, e della parte bassa della Provincia. Sono
comuni i legni forti e pesanti nelle parti basse , e
nelle colline intermedie mentre il legno bianco e leg~
giero è più universalmente sparso su i gioghi , e nelle
valli de' monti .
I boschi pritnarj della provincia sono coxiiposti di
querce, e di cerri e questi sono i più utili perchè dan-
no legname, ghianda, ed uno squisito pascolo, tre
importanti oggetti della nostra industria rurale . Oltre
di un gran numero di porci che si allevano presso di
noi , numerosi branchi ne vengono dalla Puglia nel
tempo della gliiandata : nell' està poi vi pascolano le
greggi che riloroauo dalla Capitanata : questi due punti
( 209 )
formano in parte la maggior rendila delle nostre fo-
reste , e forse in tale aspetto rende più una terra a
bosco , che una di eguale estensione a grano .
La quercia più comune è la rovere ( Quercus ro~
bar Lin. ) che produce molta ghianda ma piccola , non
alza molto , lìia si dirama , e dà un legno duro e pe-
sante . Si accusa la nostra quercia di esser soggetta a
screpolare quando si lavora , Io che può derivare dall'
ignoranza de' legna] noli i quali tagliano in ogni stagio-
ne purché sia a luna mancante , unica norma del ta-
glio per i conladini . Se gli alberi si scortecciassero
una stagione prima di tagliarli , o il legname taglialo
si mettesse a mollo nell' acqua per un ora prima di
metterlo al lavoro, allora si vedrebbe di quale durez-
za ed incorruttibilità sia suscettibile la nostra quercia.
I boschi di Guardialfiera , Casacalenda , Sessano ,
Vastogirardi , Castelluccio , Cerceraaggiore , Montene-
ro , Riccia ec. sono abbondanti di rovere . La farnia
( Quercus racemosa Encicl. Met. ) fa la ghianda con pe-
duncolo lungo che è molto amata da' porci . L' Ischia
si vede prosperare ne' luoghi bassi e profondi : amen-
due fanno un fusto alto , e dritto , che può mettersi
in riserba per la grossa costruzione . E ancora comune
l'altra varietà di quercia detta castagnola ( ^ne/'CiiJ ir//-
lota ) , il di cui frutto è dolce e mangiabile , e che
nelle carestie del 1801. , e 1802. servi di nutrimento
a qualche sventurato contadino .
Bolli Cerri ( Quercus crinita Encicl. ) sono quelli
di Carpinone , Triventi , Rocca , Busso , Acquaviva ec.
se vi fosse una strada rotabile ve ne sarebbero degli
27
( 2t0 j
©tlinii per le costruzioni navali. Il faggio ( Fagus syì~
vestris Lin. ) cresce maeslosamenle , divcnla un beli*
albero, e forma belli boschi ne' fianchi de' monti. So-
no bellissimi quelli di Malese , e formano una sisorsa
all' industria di que' montanari , i quali ne fanno car-
bone , lo lavorano in maniche di znppe e vanghe , in
pale , mestole , sedie, zoccoli , casse , vasi per diversi
bisogni , tavole , assicelle ec. Ilaller consiglia , prima
di usare queslo legno , d'immergerlo nell' acqua : quesl'
uso non è mollo generalizzalo , ond' è assalito da' tarli
e dura poco. L'acero dell' a])pennino ( Acer campe-
stre Lin. ) è ollremodo bello , ed avvene ancora
delle varietà : potrebbe essere un oggetto di commer-
cio per i montanari se la Provincia avesse de' tornitori,
de' lavoratori di mobilia , d' istrumenti musicali , o se
avesse una strada per trasportarlo in città .
Sono belli i carpini di Frosolone , Sessano , Ca-
pracotta , tanto il bianco ( Carpinits betulns ) , quanto
il nero ( Carpiniis otrja Linn. ). Il tiglio è ancora co-
mune ne' luoghi freschi ( Tilia Europcea ). Ve ne so-
no de' grandi e bellissimi a Sassinoro, Baranello , Bo-
jano ec.
In generale sono comuni sopra i monti il frassino
( Fraxinus excehior , e 'I Fraxinus ormis Lin. ) ^ il
tasso ( Taxiis baccata ) , l'olmo ( Ulmiis campe stris );
come il leccio ( Quercus ilex Lin. ) è comime nella
parte del Malese che guarda Isernia , e ne' boschi di
Guardia , e Casacalenda sul Biferno . La bassa macchia
de' boschi sul monte è più abbondante di nocciuoU
cornioli , sanguinelli , meli , peri , ginestre , agrifogli :
(2Tr )
iove che ne' boschi tlelle valli , e ne' luoghi ascinlti
sono più comuni i ramni , i crateghi , i pruni , i rovi,
gli smilaci ec.
Guardando con occhio attento ì boschi della Pro-
vincia si vede subilo che sono in uno stalo di drgra-
dazione . Alcuni hanno alberi vecchi sopra gli 80 anui :
altri sono soverchio larghi di alberi : vi sono degli al-
tri , i cui alberi sono in uno slato ruinoso di potagio-
ne : s' incontrano d^gli spazj vuoti : e pochissime selve
giovani si veggono che possano supplire alla mancan-
za tolalc, e vicina delle vecchie .
GAP. III.
Cagioni della decadenza de' Loschi.
Bisogna metter tra le prime la trascuratezza de'
passati governi , presso de' quali tutto era Fisco , e
niente Kazione . Giicondali dal mare, il commercio
marittimo dovea essere la nostra principale risorsa ,
ma i drilli di porto , e dogana riurtarono l' attività
civica . nicchi d' inmiensi ])rodotti territoriali aveva-
mo il Kord tributario per il vino , acquavite, olio,
seta , ma si stabilirono gii arrendanienti , e così si limilo
il corso delle derrate. La molliplicilà delle arti ma-
neggiala da' nostri fervidi ingegni poteva , migliorando
le manifatture , aumentare la nostra ricchezza , ma le
maeslranze , le corporazioni , i privilegi esclusivi pa-
ralizzarono la nostra industria . Le nostre foreste ci
esentavano dali'csscr soggetti al legname del Word , dau-
r 212 )
docene dell' ottimo pei* la marina mercantile , e mili-
tare, ma questa non vi poteva essei'e ove non vi era
lina potenza politica , e F altra non si trova ove nou
vi è libertà.
In quella massa enorme , ed indigesta di leggi
che nella passata Dinastia ci ha oppresso , varie pra-
maticìie , varj dispacci vi erano per la conservazione
de' boschi , ma nulla modellato sulla statica , e sulle
teorie delle foreste.
Al bosco si assegnano quattro età . La prima dal-
la nascita fino a dieci anni; da dieci a venti la secon-
da; da venti a quaranta la terza; e da quaranta agli
ottanta anni la quarta ; passata questa ultima età , il
bosco è dichiarato vecchio .
Se le leggi avessero regolato il taglio secondo que-
sti periodi , ed avvicendate le foreste ad un taglio di
nove anni, le foreste si sarebbero conservate. Or que-
sta vicenda di taglio in Molise non vi è stata mai in
uso ne per consuetudine , né prescritta per legge : si
taglia egualmente un bosco di prima età , ed un bosco
di terza , o di quarta ; ma egli è un fatto che ia
quantità uguali im legno di prima età dura la metà
meno di tempo al fuoco, che non un legno di terza,
p erchè dopo questa 1' alburno prende una consis enza
eguale a quella del legno interno : il consumo delle
legna da fnoco sarà per conseguenza doppio , e doppio
pure il danno dèi bosco : e '1 danno sarà triplo se il
Losco è di legno bianco, il quale come più inliam-
niabile dura al fuoco molto meno del legno forte .
Il Cerro avendo uu legno più pieghevole viene
I
ftdoperalo per cerchiare le botti , ed altri tiul da ven-
dcinmia , da bucalo ec. , destinando a tale oggetto o il
legno interno sfilato, o i giovani rimessiticci di sette,
o otto anni , i quali non scortecciandosi sono rosi da'
vermi , ed inutili dopo due anni : or in un paese di
vigne come Molise si vede bene qual consumo si può
fare de' boschi per i cerchi, e per pali da sostener le
viti , i quali non durano che due o tre anni al più ,
mentre ce ne vogliono sette , o otto anni perchè un
rimessiticcio sia buono per cerchio , o per palo : così
il consumo supera sempre la riproduzione . La Pro-
vincia ha ima grande pastorizia , la quale è errante
come la tartara , e le bisognano mandre , capanne ,
agghiacci, pagliai, paraventi in varj punti del paese:
e cambiandosi luogo qunsi in ogni anno . Bisogna per
conseguenza in ogni anno atterrare nuovi alberi per
fare i ricoveri per gli armeaii . Per provvedere gli
armenti di mangime per l' inverno , i pastori tagliano
una gran quantità di rami di quercia nel settembre ,
ed ottobre ; questo taglio libero , ed indeterminato
deturpa gli alberi fatti e guasta gli alberi crescenti .
Le consuetudini municipali permettono di tagliare
la bassa macchia de'boschi per cuocere la calce , il ges-
so , i mattoni , e si crede che il bosco giovane debba
esser tenuto nello per prosperar meglio. Ma le osser-
vazioni di Buffon , e la giornaliera esperienza ci pro-
vano, che più è netto di macchia il bosco giovane,
decresce piuttosto che migliorare. La macchia è ne-
cessaria per riparare i giovani querciuoli dall'urto de'
venti , dalle gelate , e dall' ardore del sole . Altri prò-
( ^'4 )
cLolll rurali vogliono essere coUìvati per rendere , e
più si collivaiio , più rendono : il bosco più tiglio del-
la natura che dell' uomo non vuole esser toccalo ; per
esso la coltura nuoce alla rendita: esso vegeta e muo-
re per il tempo che ripara , e per il temj)o che. di-
strugge : il bosco giovane non si deve nò polare , né
allargare , né nettare , esso deve presentare la natura
in tutta la pompa della sua selvaggia indipendenza .
Tagliando un bosco di alto fusto , o i qnerciuoU
bisogna che il taglio si faccia Ira cielo , e terra , ac-
ciò il tronco riproduca de' polloni , ma il nostro con-
tadino taglia sempre allo , ccsicchò gli alberi non ne
riproducono niai .
Grande consumo di legname da fuoco si fa ia
Molise per la cattiva costruzione de' cammmi : esso si
diminuirebbe mollo se s' introducessero le stufe , o i
cammini Pensilvani .
Ma questi danni sono piccioli in confronto di
quelli che finora han dipenduto da jussi cii'ici che
forJunalamenle la legge ha tolti colla ripartizione de'
Leni Comunali .
L'altro gran danno proviene dai proprietarj de'
boschi i quali credono poter trarre doppio vantag-
gio dalle loro terre boscose , col vendere il le^^name ,
e mettere a coltura il terreno : e lasciando venti o
trenta querciuoli per moggio essi sperano che a ca-
po di tempo il bosco risorga. Ma trenta querciuoli
non sono un dato cerio sul quale si jiossa Sj)crare
che il bosco si riformi , perche sono troppo al largo ,
e come ho avvertito più sopra , più le selve sono guar-
I
lille, dense , e folte , più crescono; e poi di trenta quer-
ciiioli aj>pena se ne salverà un quinto 'dagli animali,
dalle gelate , da' seccori , da' venti : io ho veduto che
in molte terre ove si erano fulte simili riserht; , il bo-
sco non si è riprodotto più . Finalmente i boschi eb*
Loro r ultimo crollo nella infelice epoca del 1799,
quando la libertà politica si prese per licenza , e si
giunse all'anarchia.
S'ingannerebbe quel polilico che dallo sbosca-
nienlo diuturno volesse tirarne la conseguenza che l'
agricoltura faccia progressi in Molise , che i boschi atter-
rati sieno tanti campi dippiù per il grano, e che gli
uomini moltiplicati abbiano dovuto dissodare le foresta
per aver terreno a coltivare . Nò . L' osservatore che
senza rinchiudersi nel gabinetto guarda le campagne di
Molise da vicino , conoscerà molto bene, che i boschi
diminuiscono non perchè l'agricoltura migliori, im
bens'i perchè retrograda e peggiora . La prodigiosa fer-
tilità delle terre da bosco ove V humus , quel terriccio
nato dalla morte di tanti vegetabili , ed accumulato da
secoli, pare che aspetti di esser lacerato dal vomere :
ove le incinerazioni che si fanno per abbattere la mac-
chia sono tanti stimoli fertilizzanti , ove le raccolte
possono seguirsi in ogni anno senza quel riposo tanta
caro a' nostri coltivatori , tutte queste cause riunite
allettano i nostri contadini all'atterramento de' boschi ,
per ridurli a campi seminatorj .
Nemmeno deriva lo sboscamento perchè la popo-
lazione è cresciuta ; anzi io credo in contrario , che
la mancanza delle braccia , quella de' letamai , degli
(2,6 )
auiniali , de' buoni metodi , e della ruota agraria , nou
facendo rendere alle terre antiche tanto quanto con
minori spese rendono le novali , si sono sempre pre-
ferite queste alle antiche . Ancora : se fosse la molti-
plicazione degli uomini la causa dello sboscamento , si
dovrebbero vedere tutte le terre antiche coltivate : si
dovrebbe veder tolto I' uso de' riposi , perchè non vi
è riposo nelle terre , ove gli uomini son molli , come
si vede ne' contorni di Napoli , in alcune Contee dell'
Inghilterra , e generalmente nella China . Ma noi ve-
diamo il contrario , che vaste contrade antiche si ab-
bandonano quando si possono avere i novali , ed al-
tre si discreditano , come infertili , appunto per man-
canza di braccia travagliatrici ; che è generale in Mo-
lise di lasciare un terzo de' campi a riposo ed un al-
tro terzo a nocchiarica ossia riposo di tre anni ; che
vasti sono i pascoli comunali , ove non crescono che
magri fili di erba ; devesi dunque conchiudere che i
boschi nel nostro dipartimento decadono , perchè 1'
agricoltura retrograda, e nou perchè migliora.
C A P. IV.
Idee Sulla conservazione de' bos'chi ,
È inutile sperare dalle comuni la conservazione
de'boschi comunali non ostante la divisione de' medesimi.
Ci vogliono 60 anni per formarsi un bosco di alto
fusto , e la generazione presente sicura di nou goderne ,
trascura il bene delle geneiazioni future.
Si dovrebbe perciò stabilire una istruzione pratica
sulla coltivazione dei boschi , la quale desse le regole
del taglio, e della potatura , regolata su di un dato nu-
mero di anni , e che riunisse 1' interesse del flttuario
con quelli del proprietario .
Allora si metterebbero in riserba tutt' i boschi di
più allo fusto , i quali sarebbero gli arsenali viventi .
Le foreste dovrebbero essere divise in due clas-
si : di legname da ardere , e di legname da costru-
zione .
Nelle foreste disotto a venti anni si dovrebbe li-
mitare il pascolo libero : ma il taglio limitalo .
Conosciuta l' indole del terreno , e quella del bo-
sco , e calcolalo il bisogno con 1' annuo aumento le-
gnoso , si conoscerebbe a qual vicenda di taglio si deve
assoggettare jl bosco , se a sette anni quando 1' aumen-
to legnoso è più celere , se a nove anni quando esso
è più lento . Questa vicenda di taglio è 1' unico mez-
zo per conservare i boschi , poiché soddisfa il bisogno,
e non esaurisce il legname : e mentre distrugge da
un lato riproduce dall'altro, perchè il periodo di no-
ve anni di taglio è bastante a mantenere la foresta
sempre guarnita nelle altre otto parti che non si ab-
battono .
La direzione delle foreste suppone degli uomini
istruiti nella botanica, nella statica delle piante, nelle
teorie , e pratiche de' boschi , e dell' economia rurale .
Dovrebbe Ja direzione dipendere interamente dalle
acoudemie di agricoltura modellate sulla camera dell'
28
(2l8)
agricoltura dell' Ingliilterra . Ogni provincia dovrebbe
avere una colonia agraria dipendente dall'accademia,
ed in ogni distretto un comizio agricola corrispon-
dente con la colonia . Questi punti scientifici sparsi
per le campagne formerebbero la statistica , la flora , la
geologia ec. della provincia , invigilerebbero sulla pra-
tica agraria , ed introdurrebbero i migliori metodi , e
mettendosi in corrispondenza fra loro ne risulterebbe
un fermento di attività fra le teorie , ed i fatti utilissl-
ìuo all' agricoltura . La direzione si dovrebbe ancora
occupare de' boschi degradati che si volessero riguar-
nire j e delle macchie che il bisogno di una Comune
vorrebbe rialzare a bosco , per vederne la natura del
fondo, l'estcnzione, e la qualità degli alberi più con-
renienti alla qualità del terreno .
Gli usi civici che talune popolazioni hanno sa
i boschi si dovrebbero restringere , e rendere più
fissi , risecando quel che adesso hanno di vago ,
ed incerto. Il pascolo, e '1 taglio si dovrebbero re-
golare secondo le stagioni . Quando il bisogno di
una Comune richiede che si allarghi il terreno semi-
uatorio , dissodaudo porzione di un bosco di monte ,
allora si deve badare all' angolo d' inclinazione del
monte : se questo passa i venti gradi , il dissodamento
non può che recar danno nelle nostre contrade , il di
cui terreno alluminoso è soggetto alle lave o siano
frane .
Ke' pendii gli alberi con le radici intralciate so-
stengono il terreuo , ma quando soa tagliati , il so-
e 2^9 )
stegno manca , e le gi-osse piovane trascinano il ter-
reno , lasciando nude rocce ribelli ad ogni coltura .
Abili economisti hanno opinalo che una nazione
non deve avere né più di un terzo , uè meno di un
q^uinlo della sua supertìcie in foreste .
Per i bisogni del dipartimento di Molise un buon
bosco deve essere composto di due terzi di ghiandi-
feri , e di un terzo di altro legno .
Per i bisogni della nazione un buon bosco deve
presentare legname por pilotaggio , ed alta costruzio-
ne, per fuoco, per la grossa, e minuta carpenteria,
per le fornaci , e fucine diverse , per i lavori di lus-
so : dee quindi esser composto di ogni specie di
legno .
Nella disastrosa penuria dalla quale siamo minac-
ciati sarebbe per la nazione un sommo soccorso , e
meriterebbe la riconoscenza civica quel cittadino, che
iu vece degli alberi indigeni che tuttodì spariscono ,
introducesse gli esotici , come gli aceri , cioè lo stria-
tum , il sacchariniim , e '1 negundo , i pioppi della
Virginia, e della Carolina, la Robinia, tanto hispida j
quanto la. pseiido acacia, il castagno d'India Aesculus
I/jppocastanum , la Catalpa Bignonia Catalpa ,'\^\ov\.
papiriferi , i Platani &c. albei-i tutti naturalizzati in Eu-
ropa , alberi belli , ed utili per il legname a qualun-
que uso vogliansi destinare .
La robinia di io anni vale quanto una quercia d
4o , e tanto vale un castagno d' India a 3o anni ,
quanto una quei'cia a 70. Perchè dunque restringere
( 220 )
la piantagione de' nuovi boscLi alle sole varietà di
querce ? introducendo gli alberi esolici , la nazione ver-
rebbe a guadagnare treni' anni di tempo .
Ma quesli alberi sono ignoti in Molise , appena
se ne vede qualcuno negli orti degli amatori . Un to-
molo di terreno seminato a robinie , o catalpe , e
regolato secondo l'arte, dà in due anni tante pian-
te da guarnire a bosco cinquanta moggia almeno .
Quando la divisione de' beni comunali sarà intera-
mente eseguita j quando sarà abolita la ruinosa servi-
tù del compascuo 5 quando i coloni divenuti proprie-
tarj miglioreranno i loro fondi , e per l' articolo 47
del decreto de' 3 dicembre li chiuderanno , allora da
una parte la maggiore istruzione, e l'interesse, dall'
altra un obbligo nascente dalle leggi possono costrin-
gere i coltivatori a piantare di alberi, le siepi, e le
chiusure . Or potendosi senza timore del danno deli'
ombra tenere dieci allieri di robinie , o di catalpe in
ogni moggio di terreno seniiuatorio l'uno per l'altro,
e valutando a 200000 moggia i campi rasi comunali
semiuatorj delia Provincia , a capo di dieci anni avrem-
mo 20000000 d' al]>eri di mezzana grandezza disponi-
iili per il consumo douìesiico .
In quelle età in cui il genere umano non era
tanto corrotto bastò alla conservazione de' boschi il
circondarli del sacro rispetto della Religione . Ogni
albero avea un nume protettore : ogni foresta una di-
\inità . Gli oracoli , come le leggi rendendosi nell'
opaco orrore di una boscaglia era un sacrilegio l' at-
:ì'
( 221 )
lerrarla . Appena si tagliava una quercia per farne uà
simulacro ad un nume, o una coroua per il valore y
e per il palriotlismo . Così gli alberi giunsero a quel-
la smisurata grandezza che ci narrano Plinio , e Teo-
fraslo . Ma oggi le idee morali sono cambiale , e bi-
sogna che la vigilanza delle leggi guardi sempre le
foiesle . Ciò che per gli antichi nasceva da un sacrò
dovere, presso ipopoli attuali esser deve l'effetto della
legge ,
Finalmente la conservazione della temperatura del
clima e' impone la conservazione delle foreste . Ab-
battendole si espone ima maggior superfìcie di terreno
all' azione del sole di già troppo potente : si lascia li-
bero ii corso ai venti, e si diminuisce l'annua quan-
tità di pioggia. Dalle osservazioni melereologiche si
rileva che di dieci primavere, due sono umide 5 che
le scaise raccolte derivano piuttosto dalle siccità ; che
queste siccità sono frequenti; e che il calore aumenta
appunto per lo sboscamento . Conserviamo dunque
tjueste masse verdeggianti , sono esse che richiamano
le nuvole, addensano i vapori , tirano le piogge , man-
tengono l'umidità colla loro traspirazione, rinfrescano
le terre colle rugiade . Se la vegetazicyie vuole una
giusta combinazione di calorico e di umido , e se que-
sta combinazione è rara presso di noi , cosicché non
possiamo in alcune Provincie variare le piantagioni ,
introdurvi delle nuove, e de' prati , lasciamo adunque
che le lioscaglie unite all'astro della luce , temperando
i loro influssi si accordino a rinfrescare , ed a riscal''
( 222 )
dare la terra , ed a rianimarvi la vita . Lasciamo spar-
se le foreste qua e là tramezzate da' prati , da' campi ,
da vigne , acciò il nostro territorio presenti un qua-
dro variato delle sue ricchezze in vigne , ulivi , messi
indorate che accrescono il nostro commercio, ed in
foreste per fabbricar navigli da scorrere 1' Oceano , e
figurare una volta fra le uazioni Europee .
( "3 )
Suir argilla smettica . Memoria del Socio Corri*
spandente Giuseppe Antonio Ruffa . Presentata
nell'adunanza del di 3o agosto 1809.
J_^GI1 è certo , che la provvidenza ha sparso lulorno
all'uomo con prodiga mano una infinilà di materiali ,
che sono ugualmente necessarj alla sua vita ed alle
6ue comodità. È un error grossolano il credere, che
i metalli e le pietre preziose naerilino sopra tutte ié
le altre cose la nostra atteuzione . Questo gloho terre-
stre nei suol tre regni ci presenta sempre immensi te-'
sori , se noi sapremmo trarne proGtto . I più piccoli
Minimali, le piante più disprezzabili, e le terre più vili
si adoperano spesso dall' industria umana ai bisugai
della vita , e si fan servire ancora qualche volta alla
comodila ed al lusso : e perchè la terra ha soll'erto
delle grandi alterazioni per mezzo dell' acqua e del
fuoco , ed in tal modo tutto divenne o coofuso , o
misto con aliene sostanze , o nascosto , tocca all' inge-
gno dell'uomo la ricerca, all'esperienza l'esame, ed
alla prudenza il farne l'uso convenevole ,
Una delle terre importantissime sparsa in molta
copia sul nostro globo è senza dubbio Y argilla ; que-
sta ha servilo sempre , e serve tuttavia alle fabbriche
delle stoviglie , ed a varie arti ; essa è il principale
mezzo usato dalla natura per la vegetazione delle pian-
te ; e iinalmente è stata anche adoperata per servir®
( 2^4 )
agli ornamenti di lusso , come chiaramente dimostra-
to i vasi italici antichi , ed i moderni portati in Eu-
ropa dalla Gina, e dal Giappone, cui si die il nome
di porcellane, e che furono indi mollo bene imitali
in Sassonia , in Germania , ed in Francia .
Tra le molte argille descritte dagli autori, ve
n' è una che il sig Haùy chiama Argile Smectiqne ,
e che il sig. Brochaut, seguitando il sistema di Wer-
ner , mette tra le terre magnesiache col nome di ter-'
Te à foulons : questa appunto è la terra di Gualchie-
ra , della quale iutendo parlare . Trattando io un og-
getto isolato non devo entrare in discussioni minera-
logiche : appartiene a chi forma un sistema di classi-
ficar tutto , ed ordinare i generi , e le specie dei mi-
nerali 5 per tal motivo mi servirò della nomenclatura
usata comunemente , lasciando ad ognuno la libertà
di collocarla o tr^ le terre argillose , oppure tra le
magnesiache ,
Neil' anno i8o3 ebbi il piacere di ritrovar que-
sta terra , che mi si dimostrò esser tale dai suoi ester-
ni caratteri . Non credei opportuno di pubblicare allora
questa scoperta , perchè dovea prima esaminar bene i
caratteri della medesima , e paragonarla con quella d'
Inghilterra , che allora mi mancava . Oggi dopo aver-
la bene considerata , e dopo averne fatto il deside-
rato paragone mi fo un dovere di manifestarla al nostro
Il cale Istituto [a] .
(a) Per non errare, ho consii^liato il Socio Signor
( 225 )
Se 1 Francesi slessi asseriscono , che gì' inglesi
dehbono la b.Hezza, perfezione, e durata dei loro
j)anni lani a questa terra, la quale n' eslrac tulio l'o-
lio senza corroderli , o guastarli , spero che i nostri
nazionali, conosceiulo di averla nel proprio paese, non
tanh'ianno a farne uso, ed io mi crederò felice se in
qualche ])iccola parie potrò così contribuire al bene
dei miei simili (a) .
La natura ha sparso abbondantemente i suoi doni
prezioù nel nostro Regno , ma noi non conosciamo
le nostre ricchezze . Quando lascieremo quella iner-
zia , che tanlo degrada la nostra nazione ? Vorremo
noi essere eternamente ammiratori degli altri popoli ?
Giuseppe Melograni , ed il Socio Sig. Vincenzo Ramon-
din i , ottime persone e molto intelligenti nelle cose mine-
ralogiche : essi furono del mio sentimento . Il secondo
mi somministrò un pezzo di argilla smettica d' Inghil-
terra , col quale ho paragonato la mia, e Ilio tro-
vata della stessa specie .
(a) Celle d' Angleterre est reconniie la nieilleure
de toutes , e est pourquoi les étrangers qui pcuvent
jaire ejcporter clandestinement des laines d' Angleterre
ire peuvent jamai atteindre ìi la perfection des draps
de ce ménie rojaume sans la terre ci fouUons du
nu'mc royaume : et dont les Anglais sont si jaloujc :
e est l'unique raison qui a deterininé et en faire une
marchandise de contrehande . Vanehnoat de Boniare
Mineralogie t. i. p. 100.
( 226 )
Sì risvegli dunque in noi quello spirito che agita tut-
te le culle nazioni, e le incoraggia a perfezionare le
arti e le manifatture , ampie sorgeuli di ricchezze e
di comodi .
DESCRIZIONE
Argilla Smettica.
Argile Smectique . Haìiy tom. 4 p- 445-
Terra da Follone . Ncipione p. 253.
La terre a foulons . Brochant t. i p. 4G4.
Argilla Smeclis . TValler. tom. i p. 20.
Fullers' eartji. Kinvan. [ci) .
II suo colore è giallo di varie gradazioni : certe
volte è rosso, color di carne; ed il giallo in certi
pezzi è così smorto che va al bianco .
Si trova iti massa 5 il suo interno è matto ; la sua
tessitura è schistosa .
(a) Argilla pingttis tritura nitens , lainellosa in
aqua , in pulverem dilahens , in aere fatiscens , igne
fortiori in virimi lacteum cihiens . Liun Mineralog. pag.
iS^. Gmeliti. Habitat in Anglia , Svecia , Savonia ,
Lusatia mine f lisca , nnnc cinerea, nunc ex vire-
sceitti alba, mine viridis , mino càrnea.
Argilla virescens parum indurata , particidis ini~
palpabiltbus exiccatione Lamellaris , vel rhomboidalis.
Waller. system, minerai, i pag. 48-
e 237 )
La frattura è terrosa a grana fina, e lamcllosa; i
frammenti sono irregolari.
r, opaca, tenerissima, e quasi fria])ile ; al tatto è
untuosa; stropicciata j)rende un lustro grasso.
Si attacca mollo alla lingua; non fa effervescenza
cogli aciJi ; è poco fredda , e poco pesante ,
Col tratto lascia una impressione più chiara di
ciò che presenta il componente .
Si scioglie subito nell' acqua in parti poco coe-
renti .
Questi sono i caratteri che io ho raccolto dell' ar-
gilla smetlica di Cahibria Ultra ; ed a me sembrano
sufficienti , sì per distinguerla dalle altre argille con-
generi , come ancora per conoscerla della stessa specie
descritta da'min ralogisli sotto i nomi sopra indicati.
Mi sono servilo della nomenclatura del Signor Haùy,
e l'ho chiamata Argilla smetlica, perchè un tal voca-
bolo esprime una delle sue proprietà , e derivando dal
Greco , può ben usarsi in italiano . Terra da follone ,
terra da gualchiera , sono anche termini usali nella
nostra lingua .
Il Sig. B.irgman avendo analizzato quella d'Hamp-
shire vi trovò 5i , e 8 dì silice, aS di argilla, 3, 3
di calce, o 7 di magnesia , i3 , 7 di ferio , i5 , 5
d' acqua .
Si trova in Briatico nella Provincia di Calabria
Ultra .
( 228 )
Osservazioni.
L' argilla ucU' appendice del Sig. Haiiy è posta
tra il secondo ordine , il qnale contiene generalmente
tutti gli aggregati di seconda , o di terza formazione ,
e che sembrano per lo più dover la loro origine ai
sedimenti , e la durezza al disseccamento .
Questa sostanza è una miscela di silice, e di alu-
mina , alla quale si uniscono spesso altri principi , co-
me la magnesia ed il ferro . Le quantità relative delle
due terre principali variano all' infinito : la silice è sem-
pre dominante: le argille umettate per mezzo della
espirazione esalano un odore chiamato per tal ragione
argilloso : questa nostra posta allo sperimento dà tale
odore . Dortès atribuisce ciò alla presenza dell' ossido
di ferro .
La nostra terra ha tutte le propietà generali delle
sue congeneri , ma differisce da esse alla untuosità ,
che dimostra al tatto, dovuta alla magnesia, ed allo
sciogliersi facilmente nell' acqua in parti tra se poco
coerenti : il suo colore dipende probabilmente dall' os-
sido di ferro , che entra nella sua comjiosizione .
Una delle cose più essenziali nella descrizione d'un
minerale si è l' indicare la sua posizione geologica , e
descriverne con esattezza il luogo , ciò che io procu-
rerò di fare. Il distretto di Briatico come tutte le con-
trade vicine mostrano , che la base inferiore è il gra-
nito a cui sta sopra un tufo calcareo più o meno du-
ro : la superdcie dei terreni è formata di varie mar-
ne miste a terra vegetabile : si trova verso Pannaco-
( ^^9 )
ni uno strato di litantrace^ e presso il paese di Bria-
tico si ritrovò in mezzo al tufo calcareo imo strato
poco esteso di manganese , che lu esauiilo : trenta pas-
si in circa lontano dal paese verso la parte di mezzo-
giorno v' è una piccola collina nel luogo dello S. A-
paco in mezzo alla quale si vede uno strato di argilla
smettica : questo è preceduto da due strati superiori ,
il primo alto due palmi in circa di terra vegetabile
marnosa, ed il secondo alto io palmi di tufo calcareo
arenoso Inabile : poi s' ossserva lo strato d'argilla il qua-
le cinge come una fascia larga un palmo la colliua , e
s'estende sia sotto il casino del sign. Antonio Satria-
iii , nel qual luogo viene interrotto dallo scavo della
publica strada : piosegue poi alla slessa altezza nel ter-
ritorio detto Solaro dove s' interna : questo tratto è cir-
ca 200 passi : sì manifesta ancora sotto S. Leo clie u'è
«listante un miglio e mezzo* detto strato d' argillla è
anch' esso composto di varj strati della medesima , sein-
pre però i superiori , e gì' inferiori sono d' uu giallo
più carico , ed in alcuni luoghi di color rosso di car-
ne ; sotto r argilla succede un' altro strato di tufo cal-
careo duro; nella parte di levante della stessa collina
si vedoa alternare gli strati dell' argilla , e del tufo cal-
careo .
Sembra che i Greci conobbero la nostra argilla
sotto il nome gè smecti ovvero smectice terra sniectis
ossia smectica dal verbo smeco il quale siguilica puli-
re, mondificare , eh' è appunto una delle proprietà del-
la nostra terra ; fu anche delta cimolia dal nome dell'
Isola Cimola una delle Sporadi .
( 230 )
Uso.
La conoscienza delle cose naturali non solamente
reca piacere allo spirito , ma porla altresì infiniti van-
taggi alla vila umana. Dioscoride ni libro v. cap. i,3c)
dice che la terra cimolia sciolta nell'aceto è risolvente,
scioglie i tumori dei testicoli : dai caratteri , che egli
le attribuisce, e dalla breve descrizione che ne fa, si
conosce bene esser la sua terra cimolia , la stessa che
la nostra argilla smettica . Plinio dice lo stisso nel lib.
35. cap. 17. : ecco le sue parole » CretK phira gene-
ra . Ex ììs citnolice duo ad medicos pertinentin , can-
didiini , £- ad piirpin issimi iiiclinans . Vis ittrique ad
discutiendos tuinores , & sistendas Jlujcioiies , aceto
assitmpto . Panos quoque , & parotidas cohibet: & li~
chenas illita ^ pustulasque . Si vero aplironitrum , et
nitrum adjiciatur , & acetum , pedum tuniores sanat ; ita
ut in sole curatio hcec fìat , & post sex horus aqua
salsa ahluatur . Sebbene noi non facciamo più uso né
di questa argilla , né delle altre dì cui si servivano gli
antichi nella inedicina , pure nelle Memorie della So-
cietà economica di Berna dell'anno 1764 Mr. Bour-
geois propose la terra da follone sciolta nell' aceto co-
me un' ottimo rimedio per le scottature , e per arre-
stare le infiammazioni della pelle , adoprandola ester-
namente .
Questa nostra terra smettica di Calabria si può
usare dagl'indoratori a vernice in luogo del bolo , ed
io ne ho fatto fare delle pruove , che sono felicemente
riuscite : potrebbe servire ancora per colorire 1' este-
/
{23l )
rìore delle case : sì ritrova un casino in Brialico colo-
rito al di fuori di quest'argilla , e mantiene molto
bene il colore non ostante che sien trascorsi 5.G anni :
di più essa ha la proprietà di migliorare alcune spe-
cie di terreni , qualora con gli stessi si mischia , ed
accresce la vegetazione delle piante : serve per to-
gliere le macchie degli ahiti convenientemente usata ,
come io stesso ne ho fatto dell' esperienze , ed i Ro-
mani al dir di Plinio («) 1' impiegavano a tale uflìzio.
Finalmenle per la proprietà , che possiede d' as-
sorhir l'olio, e d'attaccarsi al medesimo, è impiegata
nelle gualchiere per lo sgrassamento dei panni lani , e
riesce eccellente per si fatta operazione ; è noto che
nelle fahhriche di tali panni è necessario , che le lane
prima di adoperarsi si preparino coli' olio , il quale si
deve poi togliere dalle medesime .-i mezzi sono diversi
in diverse fahhriche . In Francia si servono delle urine
putrefatte, delle marne , delle crete unite all' argilla ,
(a) Et est Ciinolice iisus in vestibus ; nam Sarda
qne affertur e Sardinia, candidis tantum assnmitur ,
iinitilis versicoloribus , et est vilissima omnium cimo-
lice generum ,- prceciosior Umhrìca , et qnam vocant
saxum .... Unibrica nonnisi policndis vestibus assu~
mitur . Ncque enim pigebit Itane quoque partem attin-
gere cum lex Metdia extet /ullonibut dieta , quam
C. Glaminus , & L. JEniilius censores dedere ad popu-
lum ferendnni . Adeo omnia majuribus cura fuere .
PUn. lih. 3J. cap. 17.
( 232 )
e del sapone , ma si sa che le urine , e le marne pro-
ducono molli inconvenienti , logorano le lane , e le
rendono aspre (a) . GÌ' Inglesi si servono dell' argilla
smellica simile alla nostra descritta di sopra , e da essi
chiamala Fullers' earth , la quale nell' atto che toglie
r olio dalle lane ha il vantaggio di rendere i panni
più di corpo, più durevoli , e più morbidi ; essendo
priva di sabbia , e la sua grana iìuissima , non v' è af-
fatto timore né che logori le lane , nò che produca
alcun' altro svantaggio. Riguardo alla maniera come
deve farsene uso n.:lle gualchiere potrà vedersi 1' En-
ciclopedia metodica {b) .
(a) Car les draps degraissés avec l urine ne soni
ni aussi heaux , ni anssi doux , ni aussi durnbles que
ceux qui soni degraissés cwec une bonne terre à fou-
lons , et ih ont d' ailleurs moins de corps. Somare
p. loi. mineralog.
(b) Encyclopedie Methodique , manifactures , arts j
metiers. T. i. à P adone 1799.
( a33 )
Sulle locuste , dette volgarmente Bruchi Memoria del
Socio Corrispondente G^iei\ìiso de Luchetus . Pre-
sentata neir Adunanza del di 6- novembre 1809.
Scilicet hoc deerat post tot mala , undique nostris
Locustui ut rapereiit cjaidciuid inesset agris .
Andr. Alciati Emblem. CXXVIII.
X Er quanto I' uomo il più versato nel maneggio de-
gli aflari economici regoli sulli calcoli e sulla spcricn-
za le sue operazioni , e \e combini nella maniera eh'
€gli repula la j,iù efficace a fargli raccogliere nella
m.issiina possibile abbondanza li frutti li meglio con-
dizionati ; non può n< garsi , clie sovente ostacoli in-
sormontabili e talora inopinati attraversano le di lui
misure , sconcertano le di lui speculazioni , e lo fan-
no rimaner deluso nelle sue lusinghiere speranze ;
giacché, giusta la espressione di un elegante sirillore ,
il male si roverscia a' torrenti sulli brevi giorni dell'
uomo , ed il bene si trova sparso in piccioli fram-
menli nel gran volume delle umane vicende . Lutta
perennemente lo sventurato agricoltoi'e contro una
folla di accidenti , che la sagacità e la prudenza la
più consumata non saprebbe prevedere , uè le più vi-
gili cure potrebbero allontanare. Le intemperie delle
stagioni, che producono nella temperatura dell' atmos-
fera un repentino disquilibrio ne' gradi nieute propizio
alla vegetazione delle piante alimentari dell'uomo, sono
3o
f ^34 )
ordjnan'ametite la sorgente principale de' discapiti che
soffrono le vaiie specie di derrate campestri , e che
possono meno prevenirsi . Una gelata preceduta da
lino scioglimento di gliiaccio , o danna pioggia ahbon--
dante prodnce ne' vegetabili ^di effetti li più funesti :
tutte le parli elelle piante sono alloia inibevnte di ac-
qua , e questa agghiacciandosi ne' piccioli tubi se[uar-
cia le libre con una violenza, che inevitabilmente ca-
giona la loro rottura e la loro morte . La caduta di.
una grandine elesolatrice stermina iu un colpo d' oc-
chio le campagne cariche de' tesori dell' abbondanza ,.
dà il guasto a' frutti, ed alle messi , rovina gli alberi,,
ed uccide talvolta gli animali e 1' uomo stesso esposto
alia sua caduta . Li venti violenti , un colpo di sole-
allorché l'atmosfera non è affatto agitata, le inonda-
zioni subitanee , 1' eccessive siccità , le piogge copiose
e continue , ed una nebbia specialmente nel tempo
della lloritura fanno svanire le speranze del coltivato-
re. Le malattie epizootiche e contagiose portano negli
armenti e nelle greggi una mortalità , che spopola i
pascoli e le mandre, e che 1' uomo non sempre ha
1' efficace abilità eli arrestare , e privano 1' agricoltore
dell'opera sussidiaria delle bestie da lavoro, da tiro,
e da soma . Variano pnrnondimeno queste calamità se-
condo la diversità de' tempi , le vicende delle stagioni,
le influenze del cielo , e le particolari circostanze delle
località. Ma tra gl'innumerevoli detrimenti , a cui van-
no soggette le industrie delle campagne, uno delli più
distruttori e l' incalcolabile molliplicilà di piccioli ani-
maletti j ed inselli , catlivissime porzioni di materia
( 235 )
;animala , ciascuna delle quali prosa isolatamente nien-
te ha che di debole e di spregevole , ma che per l'ec-
cessiva aiiollìplicazione, e sorprendente voracità diven-
tano tanti esseri perniciosissimi , ed un vero flagello
pubblico, capace di rendere inabitabile un intero can-
tone . Le invernate soverchiamente dolci , e che non
fanno provare 1' usalo rigore del freddo , favoriscono
•disgraziatamente la generazione e lo sviluppo de' pic-
cioli animali, e specialmente degl' insetti j cosicché in
taluni luoghi la di loro moltiplicazione eccede moltis-
simo i limiti degli anni ordiuarj , ne' quali delle loro
uova non ne sarebbe schiusa la millesima parte . Koa
tutti certamente sono del pari nocivi . Li grossi scia-
mi di api , di calabroni , di vespe , e le nuvole di mo-
scherini , di zanzare, e di altri somiglianti insetti, so-
no più incomodi che nocivi . Non può dirsi lo stesso
delle legioni di formiche , di farfalle , di scarafaggi ,
che compariscono in primavera ed autunno , e che
per il loro numero , e per la loro picciolezza scappa-
no a' mezzi di distruzione , che potrebbero impiegarsi
contro di essi . Quasicchè però non fossei'o sufficienti
a gettare nella desolazione 1' industre agricoltore li to-
pi devastatori, li vermini mangiatori delle gemme delle
viti , li punteruoli o gorgoglioni distruttori de' grani e
de' legumi , e tanti altri malefìci animaletti ed insetti ,
che nascono nel seno delle nostre contrade , e che
danno il guasto ai frumenti, orzi, avene, alle vigne,
alle piante legnminose , ed ortensi , si soffre anche la
sventura di vedere legioni incalcolabili d'inselli slra-
jaieri , che abbandonando di tempo in tempo li deserti
{ :ì36)
della Tarlarra , e dell' Arabia , vengono a piomHare
su queste nostre contrade , ed a guisa di falangi fol-
tissime di barbari conquistatori invadono il territorio
della fertilità, tagllono , rodono, distruggono li vege-
tabili sul loro passaggio , che cuoprono col lugubre
velo della desolazione , e mettono le popolazioni a ri-
schio di essere gettate negli orrori della tniseria e della
faine ; dacché divorando la riproduzione de' seminati
e delle praterie , rendono le campagne squallide , ed
incapaci di somministrare agli uomini non men che
agli ammali famelici e spossali il necessario nutrimen-
to ; onde il gregge andante , e 1' armento kiflevojito
m cscola li suoi belati , e li suoi mugiti , a' tris0 ge-
mi ti del costernato pastore, e dell'abbattuto agricol-
tore . Sono queste le locuste , o cavallette , chiamate
comunemente brucili, che da qualche anno a questa
parte hanno invaso le più fertili Provincie del nostro
Pvegno . Calamità non nuova per l'Italia, avendo scrit-
to Plinio : Italiani ex Africa maxime coortce flocu-
sice J infe stani , siepe populo ad Sibillina coacto re-
media confiigere , inopice metu.
Senza trattenermi a darne la descrizione, che può
agevolmente rinvenirsi in tante opere di storia natu-
rale e di economia , mi limiterà a versare sulla di
loro indole ,moltJpHcazione , emigrazioni , e sulli varj
periodi della loro vita , secondo i quali debbono di-
sporsi li mezzi da impiegarsi per la loro distruzione .
La culla delle locuste ( GriUiis jnigratorins Lin. )
chiamate da' naturalisti Francesi Criquets de passage ,
è la Tai-laria , e l' Arabia y abbandonando però talora
(^37)
il luogo natio , si uniscono a sciami , emigrano , c"
vengono a recare la desolazione e '1 raccapriccio nella
Europa , e specialmente in queste nostre meridionali
contrade. Basta un vento di Est per favorire il volo
di queste orde sterminatrici composte ordinariamente
di un numero incalcolabile d'individui; ciocché con-
fermasi dall' accurato osservatore Adanson nel suo
viaggio al Senegal , che fu testimonio della emigrazio-
ne di quest' insetti j)resso il fiume Cambia nell' Af-
frica : Verso le otto dalla mattina , egli dice , nel
mese di fehbrajo ,uua densa nube intproi'i'isa ci stava
sopra , ed oscurava V aria si che toglieva i raggi del
sole . Osservammo , di' essa era una nube di locuste
innalzatesi a circa ceni' ottanta piedi da terra , e che
copriva lina estensione di piìi leghe : finalmente una
immensa quantità di esse come piovendo a scroscio
si posò a terra , divorò quanto vi era di verde , e
riprese quindi il suo viaggio. Questa nuvola era spin-
ta da un forte vento di Est , ed impiegò tutta la
giornata ad oltrepassare il paese adjacente . Soggia-
cquero queste campagne per 1' ultiina volta alle loro
devastazioni nell'anno i^SS. Serviva di preludio aldi
loro arrivo un rumore sordo prodotto dalle agitazioni
delle loro ale, e l'oscurazione del sole annunziava la
loro imuiinenle caduta sulli campi ; e guai a quelli',
suiti quali si ri])Osavano dalle fatighe del loro viaggio,
che si valuta fin di trenta miglia al giorno ! Le cam-
pagne le più fertili non rappresentavano dopo la loro
•visita che un tristo deserto ! -.•
( 238 )
Ne' loro paesi nativi quando Testa è Calda, eS.
abbondante in erbaijgi , la loro moltiplicazione è ec-
cessiva ; ed il tempo sereno ed asciutto è il più pro-
prio alle loro emigrazioni; e talvolta volando sul Bal-
tico si spinsero fin nella Svezia ; ciocche mi ha fatto
rammentare , che trovandosi nella Bessarahia il troppo
rinomato Carlo XII , si credè sorpreso da un orago-
no con orribile grandine , quando una nuvola di locu-
ste , che oscurava il sole , venne a cadere , e cuopren-
do uomini e cavalli arrestò 1' armata intera nella sua
marcia .
La loro voracità è sorprendente. Grundler pose al-
cune locuste sotto un vaso di vetro , in cui aveva col-
locato dell' orzo di fresco raccolto : esse divisero alla
prima il tubo in due parti , divorarono da cima a fon-
do la parte rimasta in piedi , e consumarono indi tut-
.tocciò che la morsicatura aveva fatto cadere a' lati 5 ma
questo si fece con un' agilità e prestezza da non po-
tersi descrivere . Né d ve recar meraviglia quando si
sappia , che ogni locusta nelle due mascelle ha quattro
denti incisivi le di cui punte ben affdate s' incrociano
tra di loro a guisa di picciole seghette , e sono altissi-
mi ad afferrare e tagliare . E pure io penso , che li
danni prodotti da ciascuna di queste locuste merite-
rebbero appena 1' attenzione dell' agricoltore , se esse
venissero , come le altre specie , in bande meno nu-
merose ; ma perchè i loro sciami sono composti da le-
gioni innumerevoli, le quali somigliano a quelle den-
se nubi che il loro proprio peso fa piombare dal eie-
( ^-39 )
Io accoppiando rsj'e ad una grande attività devastatrice ^
e ad una sorprendente ngilità, il disastroso vantaggio dell'
esorbitante numero , clie talora sorpassa ogni calcolo ,
cadono su di corte contrade, ed in un batter d' occbio
divorano tutte le piante che loro si parano avanti. La
loro prima furia si scarica suU' erbe sottili , e sulle te-
nere piante più abbondanti di succo; venendo però a
mancar loro questo nudrimento , e trovandosi più in-
grossale , attaccano le piante leguminose , le foglie e
le corteccie di alberi , e generalmente tutte le classi
de' vegetabili , senza risjiarmiare neppure quelli , il di
cui odore o sapore hanno qualche cosa di acre, di aci-
do , di astringente, di amaro, ed anche di velenoso,
come rodono parimente le coperte di lana, e gli abi-
ti della gente di campagna, allorché sono inumiditi dal-
la pioggia, dalia brina, o da altra cagione, e talora
fin le stoffe di lino o di seta .
Sull'emigrazione delle locuste meritano 1' attenzio-
ne dell' osservatore alcune circostanze quanto comuni
altrettanto neglette . Esse s'innalzano più sollecitamen-
te ed a maggiore altezza allorché l'atmosfera trovasi ad
Tina temperatura calda , e 1' aere è sereno ed asciuto ; e
per Io contrario quando 1' atmosfera è carica di vapori
o di pioggia , oppure faccia sentirsi un poco di freddo,
o anche nel levarsi e tramontare del sole , esse sono più
lente, e provano una certa rigidezza, muovono con
difficoltà le loro ale , e non s' innalzano a molt' altez-
za ; e dandosi loro la caccia con violenza in un tem-
po piovoso o che tenda al freddo, esse cominciano ad
agitare le loro ale , e fanno tulio lo sforzo per iunal-
( ^40 )
^arsi , ma non trovandosi in islalo di sostenere un lun-
go viaggio , alla prima si abbassano , ed indi piomba-
no precipitandosi a terra, e sono forzate a continuare
il loro viaggio a piedi .
L'Irlandese Guglielmo Bowles , che menò li suoi
anni nelle Spagne , ove scrisse una Introduzione alla
sfarla naturale ed alla geografia fisica di Spagna
pubblicata e conientata dal cavaliere d' Azara parlando
delle locuste , che desolarono varie provincie di quel-
la Monarcliia dall'anno 1724 sino al 1757 , sostiene,
qhe l' ardore di perpetuare .la loro specie non sia ugua-
le nelle locuste de' due sessi , osservandosi il ìuaschio
inquieto e sollecito, mentre la femmina mostra freddez-
za, ed è sempre intenta a mangiare ; onde -in tutto' il
fresco della mattina li maschi assaltano , e le femmine
fuggono e si nascondono ; ma due ore prima del inezzo-
giorno incominciano le femmine a libararsi colli salti
e voli dalla petulanza de'maschi , li qiali più s'impe-
gnano ad inseguirle ; e con questo esercizio s' innalza-
Uo nell'atmosfera sino all'allt^zza di quattro o cinqne-
qenlo piedi 5 che la prima legione prende sempre ii
cammino a seconda del venlo , ^^ol di cui favore di
primo volo si allontana circa due leghe j ed allorché
il cielo è sereno e l' aria non agitata da' venti , li vo-
li sono più brevi ; che nelle loro fermate li maschi
importunano le femmine, e queste fuggono ; e da que-
sta cagione fa risultare 1' emigrazione delle cavallette ,
allegando , cke un giudizioso contadino spagnuolo ve-
dendo il suo campo da esse divorato , «sclamò : Se
queste maledette femmine non fossero si schizzignose.
(^4r )
e si lasciassero godere dal maschio nel paese dove
nacquero , non ci accaderebbero queste disgrazie ; ma
la canaglia teme la morte , e tira ad allungare la vi-
ta come noi altri , perchè ella sa , che congiuiigen-
dosi non le resta che sgravarsi e morire .
Bisognerebbe essere eccessivamente portalo pel me-
raviglioso per adottare la credulilà del buon contadino
S])agnuolo , e persuadersi , clie le locuste prevedano
le conseguenze dell' accoppiamento fatale per esse , e
per attribuire alla castimonia ed al rigore delle rem-
mine l'emigrazioni di queste innumerevoli colonie, le
quali vanno di lontananza dall' oriente sino all' occi-
dente di Europa . Ma perchè non attribuire piuttosto
quest' emigrazioni ad una cagione quanto semplice e
naturale , altrettanto fondata suU' istinto di ogni essere
organizzato , di ricercare il proprio nudrimento ; per
cui consumate in un luogo le sostanze nutrienti , si
porta a ricorcarle ove queste abbondano ? E questa
senza dubbio la prima tra le tre cagioni principali ,
che determinano l'emigrazioni delle specie viventi,
cominciando dall' uomo , e continuando ne' quadrupe-
di , ne' volatili , in alcuni rettili, ne' zoofili , ne' mo- -
scherini ed altr' insetti ; ed a questa si debbono qu' gì'
immensi ridussi di Barbari, che usciti dalle bilze set-
tentrionali inondarono più volte le calde e fertili con-
trade del mezzogiorno . Infatti tutti quegli sciami di
Goti , Unni , Cimbri , Vandali , Borgognoni , Alani ,
che sboccarono nelle vaste provi ncie del Romano Im-
pero, per trovare ne' suoi rottami una vita, e quegli
alimenti che loro venivano negati dtUe loro sterili pa-
3i
( 24^ )
Irle, e le freqnenli invasioni de' Turlari nell'Asia me-
ridionale, di cui Je s'orie riferiscono undeci esempj ,
olire agli altri rimasti sepolti nel bujo de' secoli vetusti,
non rassomigliano a quelle bande di volpi e di orsi
del Nord , che vanno disseminandosi molto lungi per
ricercare prede più abbondanti; e molto più propria-
mente alle nuvole spaventevoli di locuste , che dalla
Tartaria e dall' Arabia passano ad inondare le campa-
gne dell' India , della Palesti.ia , della Polonia , delia
Spagna , e dellu Italia , di cui divorano le sostanze ve-
getabili ? In realtà poi è noto, che la supposta seve-
rità, la resistenza delle femmine delle locuste , quanto
vi fosse , dovrebbe essire di pura mostra 5 giacche ter-
mina finalmente, come ognuno sa, col prestarsi alli
desideri de' maschi , come il dimostra la sorprendente
quantità di uova fecondate eh' esse depongono . Viag-
giando esse in masse incalcolabili , distruggono le so-
stanze vegetabili di una intera contrada , ed il bisogno
di alimentarsi le obbliga a passare in altri luoghi per
rinvenire nuove materie nutrienti . Varie classi di uc-
celli, e di pesci , come li salmoni, le aringhe , &c. , per
deporre le loro uova cambiano domicilj , ed emigrano
non ad altr' oggetto che per quello di trovare abbonde-
volmente o piccioli animaletti, o picciole piante proprie
al di loro alimento, ed a quello delle di loro novelle
progeniture. Questa è la gran legge della natura , e tutto
è in una perpetua agitazione sulla faccia dell ' Universo:
tutto si cambia, tutto vi si rinnova, vi si moltij lica ,
■yi si distrugge : li poli ricalcano perennemente i loro
esseri viventi suUi Tropici, e li Tropici riagiscono
e =«43 )
sulli Poli . Tal' è la circolazione delle sostanze organiz-
zate . La materia vivente coli' emigrazioni si dissemi-
na, si moltiplica senza fine in questo flusso e riflus-
so ; onde niente resta inerte ed inutile } e le genera-
zioni che scompariscono sono il fermento di nuove
generazioni. Questi trasporti, queste marce di sostan-
2e organizzate disseminandosi per tutta la Terra sono
per la materia vivente ciò che sono il flusso e riflusso
dell' Oceano , e le maree del atmosfera .
Neil' accoppiamento di queste locuste orientali
niente vi è che differisca da quello delle altre specie;
ma Gleditch dell' Accademia di Berlino fece la se-
guente osservazione , oh' egli credè molto singolare .
Egli vide tre maschi accopiarsi colla stessa femmina ,
e si persuase , che la natura ahhia avute delle viste
particolari in questa siugolarilà . Nel considerarsi il
numero esorbitante delle uova , egli dice , che per la
fecondazione loro non sarebbe sufficiente l' accoppia-
meuto di un solo maschio , e che quindi o avrebbe
dovuto esso più volte accoppiarsi , o altri avrebbero
dovuto rilevarlo; e soggiugne , che prima di questa
osservazione non si era sicuro se lo stesso maschio
leplicasse li suoi accoppiamenti , o se altri maschi si
servissero della stessa femmina .
Uopo è però di riflettere , che 1' organo sessuale
nel maschio è nascosto , ed ha li muscoli erettori na-
scenti dalle di lui viscere; ed allorché sonte lo sti-
molo della riproduzione , lo fa apparire , ed é d^lla
lunghezza di quattro linee , e più grosso di qualunque
altra sua parte . Si accoppia allora con furore alla ftm-
( ^'^4 )
mina , e rimane accoppialo per ore ; e siccome 1' or-
gano sessuale di questa si restringe in quell'atto, cosi
non possono separarsi per qualche tempo , come si
osserva ne' cani. L'accoppiamento dunque di ore po-
trebbe far pensare , che anche un solo maschio basti
per fecondare tutte le uova di una femmina ; tantop-
più che si è riconosciuto da celebri entomologisti ,
che nelle locuste le vescichette seminali sono mollipli-
catissime , e li testicoli hanno una forma apparente ,
che si avvicina molto a quella de' mammiferi . Questi
testicoli di forma ovale sono fissati sotto la parete del
dorso , e la loro superficie convessa è tempestala da
molle trachee di un colore dorato lucido 5 e dopo aver
tolte queste trachee si viene facilmente a capo di svol-
gere il testicolo , ed allora si scorge , eh' esso non è
che un vaso rotolato su di se stesso , nella di cui ori-
gine vi sono delle vescicole seminali disposte in fascetti
così numerosi che nel tempo degli amori riempiono
li tre quarti della capacità del ventre dell' insetto , e
sono ripiene di un liquore limpido , eh' è il seme . L'
osservazione dunque di Gladi tsch avrà potuto essere il
risultalo non del bisogno di fecondarsi le uova , ma
del numero de' maschi , che tra quest' insetti eccede
moltissimo quello delle femmine ; essendosi osservato ,
che talvolta per una femmina vi sono cento maschi ,
e talora giungono sino a trecento, distinguendosi age-
volmente il loro sesso al ventre ed alla tromba . Que-
sta numerosa turba di maschi soprannumerarj ha po-
tuto dar luogo alla descritta osservazione. E poi è no-
to , che secondo l' esperieuze di Spallanzani poche
( 245 )
stilla di spenna del ranocchio diluite in molt'acq^ua
bastano per fecondare un gran numero di uova . Le-
tuwenhoech dopo replicate osservazioni microscopiche
trovò , che un solo merluzzo poteva contenere nel suo
latte i5o,ooo,ooo,ooo, animalcoli viventi, ed in una
femmina di inedia grandezza della stessa specie nu-
merò nove milioni e trecento quaranta quattro mila
uova 5 e si sa, che lo sperma espresso dal maschio su
di questo sorprendente numero di uova si mescola
coir acqua, e vi si diluisce; e ciò non ostante opera
la loro fecondazione . Non vi è dunque motivo di
duhitare , che tra le cavallette un maschio fornito delle
descritte numerose vescicole seminali, e che prolunga
per ore il suo accoppiamento colla femmina , possa es-
sere sufhcientissimo a fecondare da venti sino a cin-
quanta uova, ed ove siano le locuste di specie più
grande, come quelle ch'egli osservò nella Prussia , ne
fecondino sino a cencinquanta .
Kel tempo degli amori le locuste prima disperse
si uniscono a truppe foltissime , e si accingono a tra-
vagliare per la propagazione della specie ; opera che
Lcn di rado si prolunga al di là di sei o sette setti-
mane . Terminata questa operazione , li maschi resta-
no non solamente spossali , ma dehbe credersi , che
provino un grande ardore , giacché suhito cercano di
rinfrescarsi , e quindi corrono alle acque le più vici-
ne, sia un lago, una corrente, un pozzo, una palu-
de, ove ordinariamente muojono annegali a motivo
che hagnandosi le ale , e raffreddandosi , non possono
più prendere il volo . E però un problema se ne muo-
( MG )
jano più per i loro amori che per le di loro morsi-
calure crudeli . Li maschi nel loro calore attaccano
altri maschi, ed anche le femmine, le feriscono gra-
vemente, strappano le loro membra, e specialmente
le antenne ^ in una parola questi perversi insetti si
maltrattano reciprocamente con tale violenza , che per
questi comhattimeuti ne perisce un gran numero ; ed
un'altra osservazione del citalo Gledilsch dipinge più.
al vivo la fierezza di qucst' iuselli . Un ingrato ma-
schio, egli dice, dopo aver terminato l'accoppiamento
si pose ad esercitar sulla femmina utia specie di carne?»
ficina , che non poteva avere per cagione la mancanza
di alimenti ; esso saliva sulla femmina , che resisteva
con tutte le sue forze, le lacerava la carne viva, e ne
inghiottiva ardentemente il succhio sino a farla perire
prima che avesse potuto deporre le sue uova . Quan-
do questi atti di sevizie siano comuni , non deve met-
tersi in dubbio , che vi siano leggi costanti ed immu-
tabili stabilite dal Supi'emo Autore della Natura rap-
porto a ceri' insetti, per Impedire che la loro mol-
tiplicazione seippre incomoda o perniciosa agli altri
animali non oltrepassi la qtiantità de' pascoli , di cui
abbisognano .
Passano le locuste per varj stali dalla loro esisten-
za nelle uova sino alla mortele la cognizione di que-
sii può somministrare delle indicazioni siili! mezzi aq.
impiegarsi pel di loro esterminio .
Il primo periodo è quello, in cui le locuste si
trovano racch'use nella uova , e dura per sei o sette
mesi , vale a dire , d^jil line di settembre o principi
di ottobre sino a circa la metà del mese di aprile ,
dipendendo il più e '1 meno dal piti tardo O più sol-
lecito riscaldamento dell'atmosfera nella stagione di
primavera, e mollo più della esposizione, in cui si
trovano li terreni , che conservano il deposilo delli
uova , e da altre circostanze locali .
Escono nel secondo periodo le locuste dalle uova
sotto la forma di larve , o sia di vermi bianchi , li
quali hanno un corpo lungo formalo da una serie di
anelli, che sembrano membranosi, ed incastrali gli
uni negli altri, ed indi passano allo stalo di ninfe.
Sono allora nere e della grossezza de' moscherini : si
ammucchiano queste neonate appiè delle zolle, ed at-
torno a* cespugli, saltando gli uni su gli altri, ed oc-
cupando uno spazio di tre o quattro piedi in tondo ,
allo due pollici; e siccome credesi, che quest'insetti
vivano allora di sola rugiada , si alzano e si abbassa-
no perennemente l'uno sull'altro per raccoglierla ; on-
de il di loro ammasso ha tutta 1' apparenza di uu
panno nero, che si muova ondeggiando . Essi si allon-
tanano jjochissimo dal luogo della loro nascita , aven-
do le gambe deboli , le ale non ancora sviluppate , e
li demi non abbastanza duri per rodere l'erba.
Circa il line del mese di maggio le locuste co-
minciano a passare allo stalo di adolescenza , stato
perniciosissimo a' prodotti del terreno . Racchiude que-
sto periodo lutti li cambiamenti che loro avvengono
noli' accrescimento sino al termine, in cui essendo
sviluppalo il loro corpo, li membri hanno acquistala
la loro grandezza, e la loro naturale proporzione, all'
e ^48 )
infuori delle ale ancora inguainale negli astucci . Con-
suinauo allora tutte le piante erbacee prima che que-
ste abbiano acquistati steli bastantemente duri per re-»
sistere a' loro denti .
, Nel corso del mese di giugno le loro ale pren-<
dono un bel colore di rosa, ed acquistano tutta la
forza ed attività di cui sono capaci ; e così tutta la
loro metamorfosi si riduce allora principalmente al
completo sviluppo delle ale , ciocché si eseguisce sen-^
za che la loro forma ed il loro genere di vita soffra-^
pò veruna considerevole alterazione . Si uniscono nuo-
vamente in legioni per la seconda ed- ultima volta, ed
allora comincia la loro pubertà , e si acceiKle in essi
il fuoco , e '1 desiderio di perpetuare la loro specie .
In questo stato, che si chiama perfetto, perchè sono
allora elevate a tutta la perfezione organica conve-
niente al rango che debbono occupare , quest' insetti
destinati all'adempimento di una funzione più impor--
tante alla natura, che per noi, si affrettano a soddi-
sfare il pressante bisogno della riproduzione 5 onde i
maschi inseguendo le femmine , e queste col saltellare
sfuggendo la loro importunità, per quanto da taluni
si crede , o piuttosto perchè dopo aver divorata la ver-r
dura di una certa estensione di territorio sono nella
necessità di cercare nuovi pascoli , si elevano nell' at-
mosfera , e formano tante nuvole , che giungono ad
intercettare i raggi del sole .
E finalmente il quinto periodo è quello della di
loro riproduzione , ed indi della loro morte ; giacché
passato il tempo della propagazione psse muojono.Co-'
( ^49 )
iniiicia questo periodo verso il fine del mese di ago-
sto , e lermina col mese di settembre o principi di
ottobre . Allorcbè le uova sono stale fecondate , lo fein-
miue passano il resto della loro vita a costruire un
nido in terra per depositarle. La natura sempre prov-
vida per la conservazione della specie ha dato a que-
sti animaletti 1' istinto di cercare il terreno più sodo
per deporvi le uova , onde mettere a coperto dalle
influenze delle meteore , e da' guasti degli uomini , e
delle bestie questo deposito prezioso per essi , dal qua-
le dipende la conservazione della loro razza, che nelli
terreni coltivali polirebbe essere agevohneule distratta
.anche colla sola rinnovazione de' lavori ; e su questo
proposito mi piace di trascrivere un articolo del ci-
talo Bowles , come quello di un accurato osservatore,
che nelle Spagne ebbe occasioni ben frequenti di ri-
petere a piacere le sue osservazioni: Subitoccliè , egli
dice , le uova sono state fecondate dal maschio , cer~
ca la femmina un terreno sodo ed indurito da depo-
sitarle , affinchè non siano esposte a' colpi delF aratro
e della zappa . Benché milioni di locuste siano su di
im campo coltivato , non vi è timore che ninna vi
deponga le uova / e se vi è un pezzo incolto per
picciolo che sia , ivi anderanno tutte a sgravarsi .
Questa preferenza è necessaria per la conservazione
della loro specie , e viene alla locusta insegnata dall'
odorato . E qui dopo aver addotte varie pruove per
dimostrare , che le locuste ed altr' insetti , come pure
gli uccelli ed altri animali sono fornii! di una squisita
sensibilità negli organi oU'atlorj , couchiude : E sicuro
32
{ 25o )
dunque , che la locusta conosce coli' odorato la terra
mossa , e la fugge , senza sapere il motivo perchè
prejerisca la terra incolta ; poiché non può prevedere
il pericolo della zappa , e dell' aratro &c. E qui nell'
anno i^58 si osservò parimente , che in lulta la esten-
sione di questi vigneti , e de' terreni coltivati non si
trovava un solo astuccio di uova di cavallette , ma
tutti furono scavati ne' terreni saldi .
E da notarsi , che le larve delle locuste allorché
giunte allo stato dì ninfe hanno le ali rinchiuse in
una specie di hottoni situati sul loro dorso , a somi-
glianza di tutti gli altr' insetti , non sono atti a ripro-
dursi se non dopo 1' intero sviluppo di queste parti ,
il quale non ha luogo che quando esse lasciano le lo-
ro spoglie di ninfe.
La loro fecondità è tale , che in un distretto di
■mediocre estensione si può raccogliere una considere-
vole quantità di uova ; ed il succennato Gleditsch
ne accerta che nell'anno 1^33 invasero •queste la Mar-
ca di Brandeburgo , ove se ne trovarono sino al '73g,
quando cominciarono ad essere insensibilmente distrut-
te dalle rigide invernate; che nel 1748 nuove legioni
sbucarono dalla Tarlarla , e si gettarono non solamen-
te sulla intera Ungheria , Transilvania , e Polonia , ma
anche sulta Scozia, e sulle Isole vicine a quel Rea-
me, e che ogni ovaja conteneva ordinariamente da
cento trenta sino a cencinquanta uova. Senza dubbio
la specie di locuste , di cui parla Gleditsch , ha do-
vuta essere delle più grosse ; giacche il citato Bowles
parlando di quelle di Spagna» non fa ascendere il nu-
(.51 )
mero delle uova , che depone ogni femmina , se non
a circa quaranta ; e qui dopo aver io aperti molli
astucci o cannellini di varie larghezze, ho ritrovato
un solo astuccio , che ne conteneva cinquanta , altri
che ne contenevano quaranta , e questi erano anche
rari ; il massimo numero poi di queste guaine non
ne racchiudevano che da diciotto sino a trenta , o po-
chi di più, ed avendo osservato nel passato anno, che
non tutte le locuste qua piombate avevano una gros-
sezza uguale , essendosene vedute delle ben grandi ,
sebbene rare , e moltissime assai picciole uopo è cre-
dere , che il maggiore o minor numero delle uova sia
provenuto dalla varia mole delle femmine che le han-
no deposte . Vi si riconosce però in sostanza 1' abbon-
devole fecondità dcgl' insetti , e la loro pullulazione
incalcolabile ; e se un gran numero di cotesti germi
non fosse distrutto da una folla di circostanze , la ter-
ra ne sarebbe bentosto inondata . La natura spiega
una ricchezza ed una fecondità senza limiti: e per
preservare le sue produzioni dalli peiicoli di una in-
tera disti'uzioue, rende inesauribili li tesori di ripro-
duzioni; tesori certamente preziosi per essa che ha in
mira la conservazione della specie , ma rovinosi per
noi a motivo delle depredazioni e guasti che poi fan-
no delle nostre sostanze alimentari . La figura delle
uova delle cavallette è cilindrica , ed ogni uovo è lun-
go una linea , di color hianco e ben levigato . Sono
situati obliquamente nel!' astuccio o sia guaina , e
la testa della picciola locusta è nel sito , pel quale
deve uscire .
È sovpreadente poi la maniera colla quale le
femmine formano li loro nidi , e vi depongono le
uova. Hanno esse nella loro estremità posteriore dol
corpo una specie di punteruolo vuoto al di dentro ,
lungo circa otto linee, di (igura rotonda e ben levigato,
alla di cui radice vi è una cavità , che contiene una
vescica piena di un umore glutinoso , la quale imbocca
nel canale del punteruolo, donde l'umore scola al
bisogno . Vi sono nello slesso punteruolo quattro mu-
scoli picciolissiini , li q'i;di contraendosi ed estenden-
dosi alternativamente vengono a muoversi o perpendi-
colarmente o orizzontalmente secondo 1' occorrenza.
Qnallro membrane elastiche occupano gli spazj che
Iramezzano questi muscoli , e queste agiscono come
suste nelli movimenti del punteruolo ; e T insetto coti
questa organizzazione muov il punteruolo a suo ar-
bitrio in tutte le possibili direzioni. La femmina dopo
aver forata la terra con questo istromsnlo , operazione
che non esige altro tempo che quello di due ore ,
Ciiopre la parte inferiore del foro di un intonaco che
■fo-ma col liquore glutinoso contenuto nella cennata
vescica, e vi depone le prime uova con un ordine
sorprendente . Dopo il primo scarico di uova la lo-
custa getta altro intonaco per formare il cannellino ,
e ve ne depone altre ; ed indi a varie riprese repli-
cando il suo travaglio termina V operazione , la quale
suole durare cinque in sei ore ; e col'o stosso liquore
ne chiude l'apertura superiore; ed essendo questo in-
dissolubile nell'acqua , resistente al calore dil sole
senza screpolarsi , e non soggetto alle impressioni delle
( 253 )
foni gelariire, restano- le nova ben difese da dilli gli
accidenti , che potrebbero provenire da queste tre ca-
gioni , come molle uova di allr' insetti passano 1' in-
verno , Senza cbe le gelatnre e li gran freddi \lÌ6trug-
gano il loro germe di vita. E ben da notarsi però ,
che si("Coiiie alle femmine delle locuste manca la i'a-
gina gpiiitalis , eh' esca dal suo corpo , essa lascia ca-
dere a poco a poco le sue uova conficcando più della
metà del suo corpo nel terreno ; ma talvolta le semi-
na e le disperde solamente nella superdcie . Sono que^
sta picciole uova legale tra di loro da una specie di
mucosilà indurita , e disposte simmetricainente in un
astuccio come in ima membrana , nella quale restano
rinchiuse sino all'epoca del loro sviluppo.
Vero è, che la Provvidenza oppone felicemente
nn gran numero di nemici ad insetti così formidabili ;
Un vento gagliardo , una pioggia fredda , una tempe-
sta , possono distrnggerne in im istante molli milioni .
Le volpi, i porci, le lucertole, le ranocchie , ^li stor-
ni, li corvi, le cornacchie, li volatili di bassa corte,
le allodole ed altri uccelli ne fanno strage ; ma la per-
secnzione che si fa soffrire a questi quadrupedi e
volatili scema notabilmente il numero degli animali
dislrnltori dille locuste, e protettori delle nostre mes-
si , che non sono mai da essi danneggiale . E stata
b.n diversa su questo articolo la condotta de' popoli
Orientali, Plutarco attesta , che nt^ll' Isola di Lemnos ,
ove le locuste cagionano dinni iii>-alco]a])ili , le allo-
dole orano riputate uccelli sacri , j>erchè cons imavauo
una sorprendeiite quaulità di uova col cil>arscne ; ed
( a54)
indubitatamente lì servigj che prestano all'uomo que-
sti uccelli nel tlistruggere li germi dello generazioni di
varie specie d'insetti devastatori delle nostre raccolte ,
dovrebbero impegnare tutti a risparmiarli , ad averne
riguardo 5 ma sventuratamente a questi si fa la guerra
la più inconsiderata. Plinio riferisce la venerazione
che gli abitanti della stessa Isola avevano per le cor-
nacchie distruttrici delle Locuste : Et in Lemno In-
sula certa jnensura prcefìnita est , quam singuli ene-
catarum ad niagistratiis referant . Graculos quoque
oh ìd coliiiit , adverso volatu occurrentes earuni ( lo-
custarum ) exitio . Ed in altro luogo parla di certi
uccelli chiamati Seleucidi ne' seguenti termini : Seleu-
cides aves vocantur , quarwn adventuni ab love pre-
cibiis impetrant Casii montis incolae , fruges eoi imi
locustis vastantihiis . Nec linde veniant , quove abeant
compertwn , nu nquani conspectis nisi cum praesidio
earum indigetur . Ed il di lui comentatore Gabriele
Brotier in una nota soggiunge : Seleucides aves . Per-
sa eas vocant Abnielec . Sunt magnitudine nierula-
rum , plnmis nigris , carnìs coloris coerulei . Valde
appetere dicuntur aquam fontis , quce est propre Ur-
bem Cuerch. Sa]>piamo ora , che gli Arabi di Mosul
e di Aleppo conoscono le seleucidi sotto il nome di
Samnrmar , a di Samarniag . Non s'indirizzano più
questi popoli a Giove , come negli antichi tempi , per
ottenere il soccorso delle seleucidi contro le devasta-
trici locuste ; ma alcuni Deputati vanno a cercarle in
gran cerimonia nel Rhorasan . Il Governo spedisce
persone di sua fiducia ad una sorgente presso il vii'-
( 255 )
{aggio di Samaran situalo in mezzo ed alcune monla-
gne nelle vicinaoze di Mesched o Musa er ridda . Li
Deputati osservando il cerimoniale prescritto riempiono
di acqua attinta in quella fontana una cassa die chiu-
dono ermeticamente ad oggetto d'impedirne l'evapo-
razione . Dalla fontana alla Città la cassa deve sempre
tenersi Ira il cielo e la terra senza che si possa mal
posare a terra, né lasciarla su di uu tetto , né farla
entrare per una porla . Si colloca sulla più alta parte
del principale edifizioje nommeno li Maom.illani che
li Cristiani e gli Elirei sono sicuri , che le Simarmar,
o siano le S^leucidi seguono costantemenle l'acqua al-
lorché è stata trasportata colle richieste condizioni , e
che restano nel paese sino a tanto che vi rimane nella
cassa una goccia di acqua .
Per quanto favolosi possano essere somiglianti rac-
conti , racchiudono però essi un fatto certo, cioè , che
nelle contrade orientali , ove nuvole foltissime di lo-
custe devastano le campagne, esiste una specie di uc-
celli , i quali fanno a quest' insetti una guerra così
viva, che gli uomini di tutti li tempi l'hanno ricono-
sciuta , e ne hanno fatto un soggetto di superstizione .
La misteriosa esistenza di questi uccelli , le precau-
zioni indispensabili per ottenerli o nell' indirizzarsi a
Giove , o che si creda adescarli coli' acqua eh' essi
bevono , impongono alla moUiludine il dovere di ri-
spettarli , come uccelli sacri . Guaj alle contrade di
Arabia se si gingnesse a distrustgere qnesta credulità,
e se le seleucidi confuse cogli altri uccelli venissero
straziale ed uccise , coiue si pratica qui con tutti gli
( i5G )
animali distruttori delle locuste ! Fuggiranno esse una
terra di persecuzione , e l' abbandoneranno a tutta la
voracità di qucsl' iuselti d"Solatori.
Non vi è poi in queste contrade il gusto de' po-
poli Acridofagi , o sia mangiatori di locuste , che per
imbandiiue le loro mense, e per portarne a' mercati ,
ne consumano un numero immenso , come de' Parti
accerta Plinio: Parthis & Jiue [ locustoe) in cibo gra^
tee . E Strabone ; Curn iis jEthiopes , qui Siiti appel-
lantur belluin gerunt oiygum cormbus prò armis iiten-
tes .... vii'unt ex locustis , quas verni lìbes & ze-
pliiri vehementiiis flantes in e a loca compellunt ....
ù athnijcto sale , ex eis massulas conficiunl , & iititn-
tur . E con:e i popoli di varie contrade dell'Oriente,
li quali ne prendono niollissime per farle seccare , ma-
cinare , e formarne una specie di pane , che si porta
in tale quantità ne' mercati di Bagdad da far ribassare
il prezzo delle altre vivande 5 li Bedovini dell'Egitto ,
che le fanno arrostire vive sulll carboni , e dopo aver
loro tolte le ali , e le gambe , ogn' individuo ne man-
gia sino a duecento per colazione; le donne ed i fan-
ciulli di alcuni paesi dell' Arabia Felice le infdzauo e
le vendono; gli Arabi fanno arrostire questi animalet-
ti, e r inzuppano col burro , ed allorché vogliono
spingere più lungi la loro delicatezza li sottomettono
ad una picciola bollitura nell' acqua , ed indi li frig-
gono nel burro ; gli abitanti di Marrocco li fanno sec-
care sulli tetti delle di loro case , e li mangiano o afi-
fumati , o arrostiti, o bolliti; altri popoli djl la Barba-
ria , e ^quelli deli' Arabia Petrea li mettono iu salauiO"
(.57)
ja ad oggetto di conservarli per più lungo tempo per'
li momenti di carestia ^ insomma ne fauno in varj
modi un consumo incalcolabile . E finalmente gliOt-
lenlolti li più selvaggi pensano di ricevere dalla prov-
videnza un vero regalo quando di tempo in tempo
ii\anda loro gli sciami di cavallette , che sovente dopo
r assenza di otto , dieci , quindeci , o venti auni , ed
anche più ricompariscono a legioni innumerevoli 5 e
sebbene siano ben certi , che le locuste distruggeranno
nel loro territorio sino il più picciolo filo di verdura,
essi festeggiano nel loro arrivo. Le femmine di quella
specie , eh' essi preferiscono a' maschi , sono meno at-
te al volo per la brevità delle loro ale , e pel ventre
pesante e trojipo gonfio dalle uova . Di queste prepa-
rano una zuppa bi-ima , che sembra grassa , e ne man-
giano tanto, che in pochi giorni si vedono impin-
guati , per quanto ne accerta Brcz nel suo Discor-
do sulla utilità degl' inselli e dello studio della In-
setlologia .
Pare , che ciò non dovrebbe sorprendere nel ri-
flellersi , che Moisè diligentissimo nella scelta de' cibi
convenienti agli Ebrei permise loro di mangiar le ca-
vallette come un cibo salutare ; ed è notissimo , che
S. Giovambattista nel deserto cibavasi di queste e del
mele ^ selvaggio . A me però sembra, doversi prendere
in considerazione , che li menzionali popoli acridofaj,i,
privali di ogni mezzo per la loro sussistenza a moti-
vo delle orribili devastazioni cagionate dalle locuste
nelle di loro campagne, sono nella inevitabile pcccssilà
di gettarsi ,su. di questi medesimi animaletti per sa-
33
( 258 )
zlare la di loro fame ; ed è noto altresì , che se Pli-
nio , Diodoro di Sicilia , e Strabene , parlano di po-
poli che si nudriscono di locuste , essi medesimi di-
cono , che costoro sono piccioli uomini , gracili , sot-
tili, di debole complessione, e che non vivono al di là
di quarant'^ anni , e periscono della malattia chiamata
■plithiriase , o sia morbo pedicolare . Indubitatamente
però gì' insetti danno un nutrimento acre , irritante ^
e che non fornisce quasi niente di chilo; e quindi le
persone, che usassero di continuo , non potrebbe-
ro avere lunga vita . Ma si è inoltre osservato , che
questo nutrimento colla sua acrimonia cagiona delle
picciole ulcere nella gola ,. e talvolta una specie de
angina..
II gusto frattanto degli Europei non- ha mal per^
messo che si fosse tra loro introdotta la moda di
quest'intingoli , e si è sempre pensato , come hanno»
praticalo altri popoli , a sterminarli ia diversi modi
adattabili a' varj periodi della loro vita . Scrisse Pli-
nio : In Cyrenaica regione lex etiam est ter anno de-
Bellaiidi eas flocustasj, p'-imo ova obterendo , deinde
foefum y postremo^ aduTtas 5, desertoris pana in eum ,■
qui cessaverit . Et in Lemno Insula certa mensura
prwjìnita est , quam singuli enecntariim ad Magisfra-
tus referanf . . . . Necare & in Sjria militari imperio
coguntur, E tutti li Governi Europei , li quali per
meltei-e a coperto li loro popoli dalla fame e dalla
peste y che quest' insetti vivi o morti cagionano ; e
quello specialmente delle Spagne, le di cui provincie
Eaeridiouali ne sono quasi perenneurenle infettate, han-
no sempre in primo luogo emanati gli ordini di far
cavare dal terreno gli astucci pieni di uova , e farli
consegnare ad una deputazione incaricata di farle se-
pellire in profondo fosso. E nelle recreations tirées de
V histoire natiirelles des insectes leggesi , che nel pas-
saggio delle locuste in Francia nel i6i3 avevano que-
ste radicalmente mietuti sino alla radice piìi di quin-
decimila arpenti di grano ne' contorni di Arles , ed
avevano anche penetrato ne' granai , quando mólte cen-
linaja di uccelli, e specialmente di storni, quasi man-
dati dalla Divina Providenza, andarono a travagliare
alla di loro diminuzione; e malgrado questo felice av-
■venimenlo, su gli ordini emanati dal Governo, che
obbligavano a raccogliere le loro uova , se ne raccol-
sero più di tremila misure, da ciascuna delle quali
sarebbero schiusi presso a due milioni di locuste. Neil'
altro passaggio di esse venute dalla jìarte di Bontzhida in
Tra nsilvania nel i;^8o ad oggetto di prevenire le spa-
ventevoli conseguenze, che avrebbero potuto risultar-
ne, si comandò a mille e cinquecento persone , cia-
scuna delle quali doveva raccogliere un sacco pieno
di locuste , che furono in parte schiacciate , in parte
bruciate e seppellite 5 e pure se ne riconobbe poca di-
minuzione sino a che non sopravvenne un freddo acu-
to. Nella primavera seguente vi furono milioni di
astucci di uova disotlerrati e di strutti dal pojìolo , che
si fece levare in massa per qu' sta operazione ; e mal-
grado tultocciò , vi furono delle campagne ben estese,
nelle quali il suolo e?a coperto di giovani locuste sino
al punto di non lasciarne niente a nudo . Si posero
(260)
allora a scoparle , feci a spingerle in fossi a tal' uopo
scavati , de' quali si era gnarnilo il margine di tele
ben tese , ed in tali fossi furono schiacciate . Tutto
questo in Francia .
Rilevasi poi dagli atti della Reale Accademia dt
Berlino, clie nell'anno 175© immense nuvole di locu-
ste dalla Polonia passarono su di alcune contrade del
Circolo di Sterneherg j ed in un istante ne fu coverto
il villaggio di Sclionagarer . Il Signore di quel canto-
ne che aveva sofferti altri guasti da qutsi' insetti , os-
servò-da quale punto spirava il vento, e trovatolo co-
sfante , radunò li suoi vassalli e vicini ^ e prescrisse
loro r ordine che dovevano eseguire , la di cui parte
la più impoi'tante consisteva a gettar delle grida cla-
morose , ed a fare molto rumore battendo con violen-
za su di varie sorti d' istrunrenti di rame . Eseguitosi
questo metodo verso la punta del giorno , riuscì con
tanta felicità , che le locuste essendosi iinite in legioni
salirono a poco a poco nell' aria , ed abbandonaron»
intieramente il cantone 5 ma essendo V aria ancora
fredda e carica di vapori , quest' insetti si mossero al-
la prima stentatamente, e s'innalzarono con un volo
lentissimo all' altezza di circa sei piedi al di sopra de'
grani, e cominciavasi anche a temere, che non potes-
sero salire più in alto, quando al levar del sole giun-
sero all' altezza delle foreste y e bentosto 1' oltrepassa-
rono di molto . Spinte poi dal vento si portarono sul
territorio di Bucliolos , li di cui abitanti istruiti di ciò
che dovevano attendersi da questa visita si erano pre-
parati a riceverla ; e quando le videro giungere fecero
(.6. )
Tifi tnmoi'e s'r grande , un fracasso così orribile ai gri-
da , di vasi di metallo battuti , di colpi di fucile , e di
tultocciò che poteva spaventarli ed allontanarli , che il
successo corrispose molto bene a' desiderj . Andarono
indi più lungi a riposare , e quando il calore del sole
cominciò a rarefare 1' aria , varie colonne discesero sul
territorio di Zerbow , li di cui abitanti poco informali
del pericolo non si presero la pena di dar loro la cac-
cia^ ma in poche ore furono ammaestrati a loro spese
dal guasto che cagionarono allo di loro campagne . Al-
tre bande avendo passato 1' Oder si gettarono nelle
campagne di Lebus , e le loro uìlimc divisioni giun-
sero alle vicinanze di Berlino , ove cagionarono altri
guasti , e vi lasciarono il giusto timore di veder rina-
scere il male nella seguente priniavera , ciocché ecci-
tò r intera Alemagna a cercare preservativi e rimedj ;
e '1 princi[)alc spedicnle fu quello di roversciare rapi-
damente il terreno, sulla (iducia che le uova recente-
mente depostevi essendo mosse e rivollate , una por-
zioue sarebbe stata distrutta dalla rigidezza della sta-
gione invernale , e 1' altra portata via dagli uomiui ,
e dagli animali nommen quadrupedi che volatili \ ol-
trecchè scavandosi coli' aratro nel t rreno le uova che
vi erano nascoste , con questa operazione dovevano
affondarsi le uova disperse nella superficie , e quelle
deposte a (ìor di terra , e quindi suffocarsi e ridursi
a putrefazione .
Il» d'.soliizioni poi cagionate dalle cavallette nella
nostra Puglia Diurna a diverse epoche sono state ben
limarchevoU . Tralasciando li tempi della più riuiola
( 26i )
aDtichltà, ed omettendo altresì le meno rovinose, ranv-
menterò l'anno laSi, in cui questi perniciosissimi ia--
selli astrinsero il saggio Imperadore Federico li. a
promulgare una legge particolare , con cui si prescrisse^
che ogni agiicollpre nel tempo della invasione di que-
sli animaletti avesse dovuto la mattina prima di levarsi
il sole raccoglierne quattro tomoli per presentarli al
Magistrato, che doveva farli bruciare. Dell'anno i54i
scrisse Rovero Fontano : Sub cestatem istiiis anni in-
gens locustarum agnien per Germaniani in Italiani
versus nostrum clima volahat . Sicubi vero agmen il-
lud consederat , depascebat omnia . Erant enim locu-
stce copiosce et mognoe . Gravissimi ancora furono U
danni , che produssero in queste contrade neli' a;ino
1571 , e che obbligarono il Viceré Duca di Alcalà
P. Perafante de Ribera ad emanare col volo e parere
del Regio Collaterale Consiglio nel dì 8 del mese di
ottobre i562 la Prammatica prima de Bruchis . Tit.
XXIII. , colla quale ordinò , che i Comuni avessero
Riandati esploratori ed uomini pratici per li di loro
territorj , li quali avessero dovuto ricercare i luoghi ,
in cui le cavallette avevano deposte le uova ; e trova-
tele , ne' mesi di settembre ed ottobre si fossero arali,
perchè con questa operazione si sarebbero cacciati
fuori del terreno gli astucci delle uova . Che in ogni
paese per ciascun fuoco si fosse fallo raccogliere im
quarto dì tomolo di questi astucci , e si fossero con-
segnati alli capitani ed eletli , che dovevano farli get-'
tare ne' fossi , o nel mare , o in qualche acqua cor-
rente, ne' luoghi marittimi o di fiumi. Che quando
.( .63 )
fossero eominciatì a nascere , li padroni delli seminati
di quelle terre salde , dove sogliono mettersi a man-
giare l'erba, avessero scavalo un fosso conveniente-
mente grande , perchè le locuste desiderando il fresco,
quando avessero sentito un poco di caldo sarebbero
andate nel fosso , dove avessero dovuto ricoprirsi col
terreno scavato e posto dalla parte de' seminati , per
lasciare libero quel Iato , dal quale dovevano saltare
nel fosso . Che nel mese di aprile tutti coloro che ave-
vano'porci avessero dovuto mandarli a mangiare le
cavallette , di cui questi quadrupedi sono ghiotti. jE
finalmente che tutti li massari ne' tempi convenienti
atessero dovuto spandere li lertzuoli , o recane ( sono
queste certi lunghi e* larghi panni di tela grossa ) ^ e
gettarvi sopra afcune cavallette , dove vedendosi dalle
altre , verrebbero qufsle a porsi anche sulle dette tele,
ed indi piegando li leozuoli o racane,le avessero prese.
Inondarono anche la Puglia nell'anno 1G62 , e distrus-
sero tutti li seminali : onde il Viceré conte di Penaranda
non .solamente accordò a coloni de' terreni fiscali la ge-
nerale abolizione del debito di quell'anno, ma dimi-
nuì per la metà quello dell' anno' seguente , oltre di
Varj ajuti che fa indispensabile di accordar loro ne-
gli anni susseguenli . Invasero' nuovamente là Puglia'
Daunia nell'anno' 1727", e ne distrussero le campagne.
E tìnalmeute ricomparvero in queste contrade nell'
anno 1759, in cui governava la dogana di Foggia il
Presidente D. Antonio Belli ; e questi a i!\ agosto del-^
lo stesso anno emanò ordini somiglianti a quelli del
D'uca di Alcalà ,. ed aggiunse, che li Deputati di' canai*-
r 264 )
pagna avessero ingiglialo a far attaccare il fuoco colla
paglia su di tutt' i luoghi occupati dalle locuste prima
che queste si fossero rese atte al volo. Neil' auno poi
1770 al ì'j'ji crebbero nelle Provincie di Bari, Mate-
ra , e Lecce ed il Governo ordinò a quo' Maj^islrali ,
che si fossero impegnali all' estirpazione di esse coli'
adoperare gì espedienti li più eHicaci, e specialmente
quelli praticati dal Presidente Belli , e comandò , che
le spese si facessero da Ptegio Erario , con accordare
anche particolari gratificazioni a coloro , che avessero
psata maggiore diligenza nella distruzione delle uovaj,
p somiglianti provvidenze ebbero tal' efficacia , che
questi malefici insetti non solamente non penetrarono
nella nostra Puglia Daunia , ma furono iuteianiente di-
strutte nelle connate Provincie.
Da quanto finora sono andato divisando risulla,
che li mezzi di sterminare questi nocevolissimi insetti
possono ridursi alli seguenti : i. Nel primo periodo ,
e propriamente ne' mesi di settembre ed ottobre dcb-
be rimuoversi coli' aratro o colla zappa il terreno , in
cui furono depositate le uova, e debbono farsi que-
ste raccogliere e seppellire ne' fossi ; ed è questo il
tempo d' indrodurre ne' territorj arati a' quest'oggetto
li porci , che continueranno a mangiarne una quanti-.
là sorprendente sino al terzo periodo , 2. Nel secondo
vale a dire, allorché sono schiusi dalle uova, possono
prendersene abbondevolmente, e schiacciarsi anche dal-
li contadini colli piedi, e con istromenti di legno pe~
Sfinle : e ])er tutto il tempo, in cui non hanno ; ali e
sono .quindi incapaci di prender volo , e vannq sola-
{ iG5 )
mente saltcllaiulo , può anche vantaggiosamente gcltar-
si della paglia su di essi nella iiialliiia , e verso la S2-
la , quando si trovino in gran numero su di qualche
estensione di terreno, ed attaccarvisi il fuoco da più
lati , onde non possano evitare di essere incendiali. 3.
Quando poi avranno spiegate le ali , che prima era-
no invilupjjale come in due bottoni sul dorso , potrà
farsi uso delli lenzuoli , delle racane , e de' fossi , nel-
la maniera prescritta del duca di Alcalà . Ed ove si
trattasse di scacciarle da un seminalo per farle passare
in un bosco vicino, o in qualche terreno incollo, gio-
verà allora fare de' rumori battento violentemente su
di ogni sorta d' istrumenti di rame , e di altri metalli,
tirando colpi di fucili , e gettando grida clamorose . E
finalmente siccome nel tempo degli amori e dell' ac-
copiamento le legioni di cavallette prima disperse, se si
rendono sulli terreni saldi , e sulle paglie rimaste do-
2)0 la trebbiatura de' grani e biade , e vi si uniscono
in truppe foltissime , lo stato di turbolenza in cui al-
lora si trovano , fornisce alli conladini 1' occasione favo-
revolissima per distruggerne agevolmente una immen-
sa quanlità colla loro progenie.
Quando li succennali modi si adallino giudizio-
samente agi' indicati varj periodi della loro vita, pro-
duranno indubitabilmente il più vantaggioso effetto. Ma
non debbo tralasciar di avertire , che tra tutti li modi
impiegati finora il più distruttore è quello di far ca-
vare le guaine di uova , o che questo si eseguisca colf
aratro , o con allr' islromcnti rurali , avendo la spe-
. - - (, 2GG )
rìeiiza dimostrato di non potersi affatto equiparare con
questo r efficacia dogli altri spedienti ; onde 1' esattis-
simo osservatore Bowks scrisse : Abbiamo riferiti i ma-
li, che quest' insetti cagionano. Il rimedio anticipato
sarebbe , che i soprintendenti ^ ed i magistrati di E stre-
madura e della Mancha inculcassero li contadini e so-
pratutto li pastori per iscoprire li siti dove hanno de-
poste le uova , e che unendo gente praticassero li mez-
zi soliti per distruggerli ^ senz aspettare che aiansi
sviluppati o die incomincino a saltare ; perchè al-
lora per quanto grande sia il numero , che se ne di-
strugge , ne restano sempre eserciti immensi . Ma il
meglio sarebbe annichilare qaesi orribile Jlaggello ne-
gV incolti dove si produce : questo sarebbe sterminar
le radici.
Per procurare però il pieno effetto degl' indicati
provvedimenti non debhe trascurarsi una osservazione
essenzialissima , ed è che in ogni genere di calamita
pubbliche non si debba mai affidare l'amministrazione
de' rimedj , che loro si oppongono , a persone iguorai»-
ti , neghittose , di cattiva volontà , che trascurano di
eseguirli colla indispensabile frequenza , o di osservare
le diverse circostanze , che ne assicurebbero il succes-
so , e che trascurate producono conseguenze fatali .
Ed infine con rammarico debbo rammentare , che
in tutte le succennate epoche delle invasioni delle lo-
custe in questa Puglia Daunia taluni possessori di ter-
reni saldi o per non per<j;ere l'erba già nata e cresciuta,
o per la falsa credejiza che laYoraodosi i terreni sai-
(.67)
di non avrebbero più* un'erba tanto sostanziosa quan-
to quella che vi si trova pviina di lavorarsi , non nian-
carouo mai di circonvenire il governo , e d' impiega-
re tuiti li loro sforzi per istrappar ordini vietami
il lavoro de' loro terreni incolli o «ipU' aratro o col-
la zappa o con altr'istromenti rurali 5 e talvolta vi riu-
scirono con un" discapito incalcolabile della Provincia
intera . Sono essi persuasi , che una scarsa quantità
di erba di terre salde somministri un nutrimento
maggiore di quello che possa dare un' abbondevole
quantità di erba nata nelle ristoppie , o in qualun-
que altro terreno coltivato ; onde mettono le pecore
sterpe , ed altri simili animali , cui bisogna xin nutri-
mento soblan zioso , no' terreni saldi ; e nelle stoppie
poi , ed altri terreni lavorati v' indroducono gli agnelli,
a' quali sta bene un erbaggio tenero, delicato, acquo-
so, e che non porge un alimento di molta sostanza.
Per poco però che v,i si ridetta, non so quanto Je teo-
rie agrarie di taluni di cotesti possessori di terreni
saldi possono trt-varsi di accordo colli principj della
sana fisica . Ma per non fare un inutile consumo di
tempo a confutarle , e supponendo pure che lo siano,
o che non debbano lavorarsi colesti terreni per non
perdersi l'erba esistente, mi sembra, che nell'uno o
r altro caso riduccsi 1' affare al seguente problema , va-
le a dire , se il privato interesse de' proprietarj di que'
terreni saldi , nelli quali le locuste abbiano deposte le
uova , debba prevalere al pericolo di rendere affama-
ta e gettata negli orrori della carestia e della miseria
( .68 )
una inlcra Provincia , e forse anche talora le Provincie
liuiilrofe , quando per risparmiale un poco di erba,o
per evitare l' imniaginario pericolo di rendere ingeu-
tilila , coni' essi dicono, l'erba che nascerà ne'saldi dopo
che saranno sfali^lavorali per disturbare ed ioip^dire
lo sviliinpo di qaasti insetti rovinosi non si tocchino
cocesti Irnuii ; e qniiidi si permetta , che tante miriadi
di ii.)va sihiudaijo s^nza intoppi , e la nuova genera-
zione delle locuste devasti e consumi quanto è neces-
sario alla sussistenza d^gli uomini e delle bestie utili :
problema , la di cui soluzione appartiene all'illuminato
governo, che s'interessa pel ben essere de' suoi popoli
essendo il Sovrano il Tutore legittimo del comune inte-
resse , per cui può ben prescrivere all' interesse parti-
colare quo' giusti confini, onde il dritto inviolabile di
proprietà modellato dalla natura , e consolidato dal pat-
io sociale, in vigor del quale ogni j^roprietario può
usare ed abusare de' proprj beni, non distrugga l'equi-
librio del ben comune ; perchè 1' augusta legislazione ,
che colla sua voce imperiosa tutto richiama al grande
oggetto della pubblica salvezza, esclamerebbe allora:
JExpedit Reipiihlicce , ne re sua quis ìnule utatiir. Ed
ognuno sa , che la pastorizia al pari di tutte le arti
subalterne è 1' accessorio e non il principale oggetto
di ogni nazione civilizzata , che voglia ottenere una
sussistenza copiosa , la di cui oificina è indubitatamen-
te l'agricoltura j e se le arti meritano il favore dell'
autorità politica a misura di ciò che contribuiscono
alla prosperità civile , non può mettersi in conlrover-
( 2G9)
sia , che il p rimo luogo apjìarlenga alle arti di neces-
•ilà , e che 1' agricoltura sia l'erario della umana sus»
sisfenza , e la base ed il fondamento di tulfe le arti .
Vero è , che la pastorizia è il suo punto di appoggio j;
ma dobbe sempre considerarsi come una ripresa , nou
couie il primo oggetto della Z'urale economia.
( 270 }
Sul preteso controstìmolo . 3f emoria del Socia Ordi-
nr:rio Vincenzo SrELiAti. Lietta nelV Adunanza del
di 20. gennaro 1810.
1 j Mio intendimento di offrire alla considerazione di
questo rispettabile Istituto i princij)j di una nuova
dottrina , che spettando alla filosofia della vita anima-
le , e quindi all' arte de' inedici , promette da un lato
di somministrare un nuovo lume , e preziose cogni-
zioni, e dall'altro fa più ragionevolmente temere uno
stato d' illusione , che sostenuta dall' entusiasmo delle
novità , potrebbe urtare la soda ragione medica , e
riuscire infesta alla umana salute . Parlerò , a buon
conto , del controstimolo j voce da qualche tempo
vagante per l' Italia , di' cui però non è agevole fissare
un senso preciso . Un professore di nna delle più il-
lustri scuole d'Italia se ne dice l'in-ventore, quantun-r
que niente abbiane fatto sapere, se non per alcuni ri-
voli , che non ancora danno acqua assai limpida . Uno
di tali rivoli è sgorgato tra noi, il quale se non bastò
a fissare il giudizio , e l' attenzione di molli , è bastato
però per destare in alcuni una viva speranza di figu-
rar tra dotti , coli' abbracciare una novità strepitosa 5
ed in altri un serio timore , che possa da questa dot-
trina esser indotto qualche spirito leggieio ad opere
pericolose nell' arte curativa . E vi ha chi dice , che
tal timore non sia vano, anzi che sia autorizzato dai
/alti . Quindi mi è parato non doversi trascurare un
( 271 )
posato esame di tal novità , onde si possa abbracciarla ,
trovandola analoga alla ragion medica , ed ai l'alti 5 o
Doa cm'arla , colla sicuj'ezza , che svanirà ben tosto ,
come tante altre meteore , che per poco soglion tur-
bare l'atmosfera di quelle scienze , che appartengono
alla medicina . A quesl' oggetto ho proccurato in pii-
nio luogo di ben ponderare il peso di quei principj '
che si danno come appoggio della dottrina ; ed indi
avvicinare ad essi il lume non meno di posali speri-
menti , che della ragione quindi legitimamente tratta .
De' primi ho istituito buon numero, che vo a ripeter-
li alla vostra presenza . Mi è però necessario Io in»-
cominciare dalla sposizione di ciò , che si vuol dare
ad intendere . Mi avvicino quindi a tale ricerca , fa-
cendo «a cenno dello stato f in cui si trovava la dot-
trina dello stimolo già proposta da Brown , della quale
n' è modificazione , o trasformazione la nuova , della
di cui sposizione mi occupo , non trascurando quelle
riflessioni , che sono dettate dalla ragion medica , e
che la clinica ogni giorno conferma . Dopo aver ciò
fatto , porrò in veduta i fatti somministratimi dalle
osservazioni sugli animali . Spero cosi di dare alla
cosa un tale aspetto da esser chiunque nel caso di
bilanciare il peso delle mije ragioni , e di solidamen-
te giudicare del valore delle mie induzioni [«),
(a) Non debbo in. questo luogo ommettere , che
nella non piccola serie degli sperimenti da me prati-
( 272 j
Esposizione delle dottrine.
I. Dlelro la luce sparsa dal sistema di Brown , i
-inedjci non sonosi veduti più nslla necessità di ricor-
lere a principj complicati, onde poter render ragione
del modo di agire de' rimedj nelle malattie ; che an-
zi dopo essersi da questo insigne riformatore della me-
dicina stabilito , che la vita in generale è il risultato
di cause esterne , le quali di continuo portano la loro
azione sul sistema sensibile, ed irritabile , tutto par
che spiri facilità , chiarezza , e semplicità . Quali im-
portanti conseguenze non sonosi tratte da questo prin-
cipio , per individuare tanto lo stato sano dell' anima-
le , quanto il morboso? La più rilevante , ed utile in-
sieme è stata , che quei uaedesimi agenti esterni , che
eccitano la vita , e ne conservano Io stato sano , quan-
do agiscono sulla fibra sensibile con giusta misura , ed
in giusto grado sono applicali , divengono poi le ordinarie
cause delle malattie , allorché o eccedono nella loro
azione, o s' infievoliscono . Ecco quindi la più sem-
plice classificazione delle malattie medesmie : classifi-
cazione , che sodisfa senza dubbio la difficile contenta-
tura di un medico filosofo quando le cause agiscono
cati , non lieve ajnto ini ha apprestato il Sig. Giaco-
ino de Sanctis , giovine di grande speranza , per es-
ser molto versato nelle scienze fisiche , ed in parii-
colure nella botanica .
(^73)
in più , ne sorgono le malattie di soverchio vigore ;
agendo poi in meno han luogo quelle di languore. Nel
primo caso i medici adoperano i rimedj cosi detti </<?-
hilitanti . Nel secondo quei , che portano il nome di
corroboranti .
II. Ma osservandosi effetti diversi dietro 1' applica-
zione di questi rimedj , è forse differente tal loro mo-
do di agire ? Questa è una di quelle grandi vedute ,
che Brown stabilì , e eh' è stata approvata da tutti gli
altri osservatori , e che la prima volta soffre contra-
dizione dalla nuova teoria controsti molante . Si è finora
creduto , e con ragione , e mi voglio augurare , che
questo stesso si seguirà a credere , cioè che tutte le
sostanze , le quali suU' animale vivente agiscono , o co-
me alimenti , o come medicamenti , agiscono sempre
slimolando la fibra^sensibile , o sia esercitando sulla
medesima un anione , cioè urtandola j e Y effetto loro
corrisponde sempre ai gradi dello stimolo , con cui
operano . E come non tutte sono fornite dello stesso
grado di forza stimolante, alcune perciò debbono pro-
durre un' effetto meu forte di alcune altre . In simil
modo andando avanti , dobbiamo riconoscere 1' esisten-
za di altre sostanze , le quali perchè sono provviste dì
un picciolissimo grado di forza stimolante, non solo
non producono innalzamento di eccitamento , che anzi
lo deprimono, quando è soverchiamente innalzato; e
perciò le medesime diconsi debilitanti. Posto ciò, è
facile rilevare , che il vario grado di forza slimolante
inerente a ciascuna sostanza , e non già un diverso
modo di agire , sia la causa de' differenti effetti , che
35
( ^74 )
\rggoniI dlelro 1' applicazioiic de' corroboranti , e de'
di Lililanli . A questa veduta non può negarsi il pregio
di correre sul cammina della natura intiera vivente y-
esaltamente concorde alle leggi cosmologiche , ed uni-
versali, Infatti non vi ha menoma particella della ma-
teria nello stalo di azione , il quale non può esser al-
tro che movimento , che non riconosca lui tale stala
per effetto dì aver sofferta una somigliante azione da
altra molecola di materia , da cui è stata urtala . Sorge
da questa catena necessaria ed impreteribile ciocché si
dice il corso delh.i natura corporea , sonza che quest»
cammino possa ammettere alcuna eccezione , o soffri-
re alterazione di veruna sorte .
III. Si distinguono poi varie specie di corroboranti,
secondo che il di loro effetto è più , o meno durevo-
le 5 e secondo che più o meno sollecitamente rendesi
uà tal' effetto sensibile : come pure si hanno varie
specie di debilitanti , se direttamente , o indirettamen-
te abbassano le forze vitali , e tanto de' primi , che de*
secondi dai modici si fa grande uso ne' varj casi di
malattie .
IV. Nella macchina duncj;ue anmiaTe risiede una
facoltà alta a risentire gli slimoli ,■ eh' è las così detta
eccitabilità. Tutte le sostanze, le 'quali agiscono sulla
fibra, sono più, o meno stimolami ; ed infine debili-
tanti diconsi quelle , che abbassano le forze vitali ,
stimolando la macchina medesima in meno di quello,
che un momento prima della loro azione era stimo-
lala .
V. Kè riesce difficile il comprendere come i cosi
( 2;^ )
<lelli (lebililanti sieno nel caso di distruggere gli cfforii
di quelle sostanze, clie avoano considcrabilmente in-
nalzalo r ecci lamento . Colla introduzione di un'agente
che sia fornito di minor forza slimolante di quello ,
che ha portalo 1' eccitamento medesimo ad im gra-
do elevato , si obbliga la fibra in quel momento a ri-
spondere al nuovo slimolo indrodollo , nìentre questo,
abbenchè di grado inferiore , è sempre senlito j>iù di
quello , che ha agito ; e ciò è conOrmato dalla giorna-
liera osservazione . Se dunque la sostanza novellamen-
te indrodotta slimola meno, dee la medesima produrre
un effclio proporzionalo ; dee cioè abbassare 1' eccila-
iTjenlo , e per conseguenza dee debilitare.
VI. In questo luogo polrei molto bene occuparmi
delle varie diatesi morbose , come pure di tutte le ne-
cessarie loro distinzioni , che la teoria stimolante sug-
gerisce , ma come non è questo il mio principale
scopo ; cosi passo a quello , che più importa , cioè al-
la sposizione do' principi della teoria controstimolante j
sendjrandomi bastante ciò che della prima ho detto ,
onde possa farsi quel giusto parallelo tra le due dot-
trine , dal quale maggior luce avranuo i miei argo-
jucnli , e le mie induzioni • («) .
(a) / principi , che vo ad esporre , da me sono
stati traili da poche pagine non ha guari stampate
presso di noi dal dottor Prospero Postiglione , come
pure da quelle poche notizie , che ne dà d signor
liasori nelle annotazioni alla Zoonomìa di Dan,vin .
e. 76)
TU. Secondo questa nuova teoria non tutte le so-
stanze agiscono sliniolaudo , come Brown avea stabilito
ina alcune di esse producono un'effetto contrario; e
perciò diconsi controstimolanli . Si reputano quindi
stimolanti solamente quelle, che innalzano l' eccita-
mento 5 e contro stimolanti quelle altre, che lo depri-
mono ; potendo la azione loro andare tanto avanti da
dislrug£;(rla affatto.
Vili. Sotto l'azione degli stimolanti, e de' con-
trostiniolanti si stabilisce un diverso, ed opposto statoi
della fibra . Si vuole, che i primi la contraggano, ed
i secondi la rilascino. Sarebbe di falli ragionevole,
eh' essendo diametralmente opposta V azione di queste
sostanze , dovessero produrre anche effetti opposti : ma
questo non rattrovasi vero; e perciò molti dubj haa
luogo, come in appresso si osserverà.
IX. Abbenchè i controslimoli procurino alla mac-
china animale alcune volte uno stato di calma , e di
quiete, ed altre volte ne minorino il vigore; pure non
sono da confondersi coi sedativi , e coi debilitanti: ào~
vendosi aver presente , che la calma può venir dietro
anche agli stimolanti , quando lo stalo turbolento è
figlio della debolezza ; e che il controstiittolo spesso
ridona alla fibra la sua perduta robustezza , allorché la
debolezza viene in seguito di eccessivo vigore, come
osservasi nella diatesi infiammatoria : ed in tal guisa il
controstimolante fa le veci di uno stimolante pintosto
che di debilitante . In un sol easy agisce couTe debi-
litante j ed è quando l' animale godendo un perfetto
( 277 )
stato di salute, sotto la sua azione scusibilmente s' iu-
debolisce .
X. Non è ancora chiaro il modo di agire del con-
trostimolo 5 e perciò non è determinato ancora il cam-
biamento , che il medesimo produce nella fibra . Da
alcuni si pretende , che questo la intorpidisca , e la
inabiliti a sentire gli stimoli . Da altri poi si è vedu-
to , che alcune volte la fibra s' intorpidisce , e sente
meno 1' azione degli stimoli j altre volle poi diviene
più sensibile, e disposta a convellersi, o col fatto si
convelle : propiietà anche comune agli slimolanti .
XI. Si disti ngnono i conUosli molanti alio stesso
modo degli stimolanti, cioè in diretti , ed indiretti.
Dicousi direni qnei che agendo direttamente sulla fi-
bra ne minorano il vigore, e la vitalità. In tal caso
il languore non deesi attribuire alla mancanza degli
stimoli, come sinora si è pensato, ma sibbene alla
presenza di qualche sostanza, che si oppone agli sti-
moli , e così viene ad indeboliie la vitalità medesima .
Chiamansi poi indiretti quegli altri , che producono
lo stesso effetto, non già perchè si fosse adopu-alo al-
cun controslimolanle , ma perchè si toglie , o si mi-
nora qualche stimolante . La cavata di sangue j pev
esempio , come pure la dieta sono controstimolauti
indiretti , perchè indeboliscono indirettamente la nìac-
china animale , cioè senza 1' azione diretta di qualche
controstrmolanle . Da ciò è facile rilevarsi, che quei
mezzi , che sinora han portato il nonìa di debilitanti
diretti , divengono al presente controstimolanti indiret-
ti} ma restano però nella classe de' debilitauti.
( =^78 ]
XII. Essendo r effetto de' controstlmolanti sempre
lo slesso , deprimendo cioè essi sempre 1' eccitamento,
convengono in tult^ i casi , ne' quali questo è sover-
cliìamente inmlzato , cioè quando vi è aumento di
forze vitali . E' chiaro quindi , die del)bonsi precisa-
mente impi>^gare in tutte le malattie infiammatorie.
XIII. Il più curioso della teoria controslimolante
è , clie nella cura delle malattie non è necessario ba-
dare alle cause peccanti in più , o in meno , che le
hanno prodotte; ma bisogna por mente a quello, che
nell'atto osservasi. Quando vi è irritazione, che se-
condo tal teoria è sempre un'azione io più sono com-
;nicndati i controslimolauti . Se poi esisto rilasciamen-
to , eh' è un'azione iu meno, deblìonsi impiegare gli
Stimolanti: e secondo che il controslimolo produce ef-
fetti più , o meno pronti , si viene in cognizione della
natura della diatesi predominante . Da tali dati si de-
duce, che quando in una malattia stenica sonovi se-
gui di rilasciamento , si dee dar di piglio , senza ba-
dare ad altro , agli stimolanti ; e così per 1' opposto ,
allorché in una malattia astenica vi è irritazione, del)-
bonsl adoperare i controstimolanii . Osservandosi ciò
più volle nel corso di una malattia , il medico non
dee perder tem])o a cambiare subito il metodo cu-
rativo .
XIV. Dividesi finalmente la diatesi stenica in di-
retta , ed indiretta. Secondo il di lei carattere si ado-
perano ora i conlrostimolanti diretti, ed ora gì' indi-
relti . La diatesi astenica poi non è suscettibile di di-
visione, perchè sempre accompagnata da rilasciamen-
(^79)
(0 ; é perciò deesi trattare Sftnipre cogli slimolanli .
Quale poi tUbha essere il grado di attività da darsi
agli sliuiolauti , e mollo più ai conlrostimolanli , non
è ancora dclernìinalo . La più o inen lunga durata
della irritazione , o del rilasciamento farà determinare
il medico a conlinuare, modiGcare , o cambiare i ri^
mcdj , che adopera , e sostituire a questi altri di dif-
icrcnle natura .
XV. Questi sono In breve i principi della teoria
fontrostimolanttì . Dal quadro finora fallo di auieudue
II? dottrine, sarà facile il rilevare la differenza, che
passa tra la prima, e la seconda , e quali siano i van-
taggi , che quesl' ultima promette , onde poter esser
nel caso dì abbandonare la prima . Passo quindi ad
una breve analisi del coulrosliriiolo , acciò si possa
giustamente giudicare del di lui valore , e se sia , o
nò conducente alla spiegazione do' fenomani. Son per-
suaso , che tale ricerca desterà contro di me la indi-
gnazione di molti , ma come i fatti , le mie osserva-
zioni nello Spedale; di S. Francesco , in cui niente si
risparmia per la salute degl' infermi dai direttori di
un tale stabilimento, e le accurate osservazioni, chsì
in unione del citato de Sanctis ho fatte sugli animali ,
sono la mia guida , cosi di nulla mi curo ; e solo mi
anima il vantaggio de' giovani studiosi , che sembrano
ora aggirarsi, come attoniti ne' vortici di Cartesio,
non iiien che degl' infermi , i quali cercano da noi la
loro salute. Onde prima esporrò le qualunque siano
mie riflessioni , e poi il risultato costante di una lun-
ga serie di spericnze ripetute più e più volle.
[ 280 )
XVI. Qual sicurezza in primo luogo può mai of-
frire una dottrina, se la dt'finizione n' è vacillante, ed
incerta? Si domanda qua!' è T idea , che deesi attacare
alla parola controstimolo ? Si ris[)onde , quella di uà
rimedio , che alcune volte intorpidisce la libra , e la
rende meno atta a sentire lo stimolo, ed altre volte
la rende più sensibile , e soggetta perciò a e onveller&i
( Postìg. pag. XVII. parag. 6. ) . Ma qual delinizione
è questa? Una stessa causa produce variabilmente , e
senza una regola costante, due effetti diametralmente
opposti ? Ammessa la proprietà che hanno tutt' i cor-
pi viventi di sentire X azione degli agenti esterni , qua-
le dovrebb' essere il modo di agire del controstimolo,
onde la libra variamente modilicandosi , produca due
effetti contrarj affatto? Qualunque possa essere una
tale moditicazione , sarà essa certamente un effetto
positivo: ma l'effetto positivo non può riconoscere
per cagione efficiente, che un'azione positiva: dunque
positiva dev' esser V azione del controstimolo . Ma po-
sitiva è ancora l'azione dello stimolo, e riguardo a
ciò non vi cade dubbio alcuno 5 sono per conseguen-
za amendue queste azioni della stessa natura , non so-
no contraddittorie, l'una non può distruggere l'altra.
Il controstimolo quindi agisce come lo stimolo . Com-
prendendosi altrimenti la cosa, sarà lo stesso, che
conciliare l'idea della esistenza di un agente positivo,
e lo sviluppo di un effetto negativo .
XVII. Di più : le principali forme , colle quali si
manifesta l'eccitamento sono il senso , ed il moto ; ond'
è, che tutte le sostante, le quali applicate alla mac-
(.8i )
china animale vivente , risvegliano tali forme , diconsi
stimolanti . Ma per potersi dire , die una sostanza agi-
sca sulla macchina animale vivente, è necessario, che
risvegli , o il senso, o il motoj tanto è perciò slimo-
lare una macchina , quanto è assoggettarla all' azione
di una sostanza qualunque ; e quindi stimolare , ed
agire sono sinonimi . Dunque azione controstimolante
suona lo slesso, che stimolo controstimolo , o pure
azione controazione . Ecco con quali parole perfetta-
mente vuote di senso si pretende stabilire una nuova
dottrina .
XVIII. Si determina poi dietro l' azione degli
stimolanti , e de' controstimolanti un diverso stalo
della GLra . Si dice , che i primi producono contra-
lione , ed i secondi rilasciamento ; e che perciò a nor-
ma di questi due opposti stati , sono da impiegarsi
anche opposti rimedj . La sventura di questa teo-
ria è che non raltrovasi ciò vero . Il più delle volte
io non ho potuto distinguere nello stomaco di moltis-
simi animali, che ho sacrificali , questa differenza , anzi
i più rinomati controstimolanti mi haa fatto trovare
Io stomaco infiammato, e corrugalo, come apparirà
dal dettaglio delle mie osservazioni . La contrazione
quindi , ed il rilasciamento nou essendo sempre effetti
ooslanli dell'azione degli stimolanti, e de' conlrostimo-
lanti , non possono dare una norma sicura da valere
nella cura delle malattie.
XIX. Da ciò, che si è detto ( parag. 16. 17 )
riesce agevole il rilevare quanto può valere la distin-
zione, che si è fatta, di controsliuiolaiili diretti , ed
36
( 282 )
iotlirelli . Non si potrà mai comprenrlere come il con-
txostiiuolo diletto senza agire, e perciò senza stimo-
lare, mentre agire e stimolare sono sinonimi, possa
opporsi agli stimoli, ed indebolire l'eccitamento .Qiial
maniera di ragionare è questa ? Coma potrà depri-
mersi l'energia vitale, se non si minorino gli stimo-
li, che ne sono la causa? Colla dottrina slimolante
si spiega ciò facilmente , senza urlar di fronte la
ragione .
XX. De' conlroslimolanti indiretti poi niente di-
co, perchè vi è un semplice cambiamento di vocabo-
li, j quali non debbono interessare mai l'essenza delle
dottrine . O questi si dicono conlroslimolanti indiretti,
o debilitanti diretti , secondo Brown , vale lo slesso ì
essendo sempre quello il di loro effetto , per causa
della sottrazione che producono degli stimoli .
XXI. Ma secondo questa niiova teoria , quali so-
no le norme , che il medico dee aver pi-esenti nella
cura delle malattie , onde determinarsi all' uso degli
Slimolanti, o de' conlroslimolanti ? Ecco il più miste-
rioso di tal dottrina . Lo stato d' irritazione , come si
è detto { parag. i3 ) indica l'uso de' conlroslimolanti;
quello poi di rilasciamento dee far adoperare gli sli-
molauti ; e ciò tutte le volte, che bisogna nel corso
di una malattia 5 dovendosi cambiare più o meno
prontamente il metodo curativo , secondo la più , o
men sollecita successione di tali stati . Ne siegue quin-
di , che secondo lai dottrina sia inutile 1' indagine
delle cause , che han prodotta la malattia ; e che il
medico dee occuparsi solo di ciocché nell' atto esser-
( ^83 )
va , sia la tnalallia il prodotto di cause peccanti in
più, che ia meno. Ma a tutti è noto, che vi sono
molte malattie , che hanno un aspetto ingannevole j
ed in tali casi la semplice osservazione de' differenti
stati d'irritazione, o di rilasciamento, senza l'esame
delle cagioni mandanti, sagriGcherà sicuramente gli
ammalati alle novità. Non rare difatti sono quelle
malattie le quali essendo nel fondo sostenute dalla
dialesi stenica , presentano chiari segni di languore, e
di debolezza j e così al contrario s' incontrano spesso
delle altre prodotte da cause debilitanti , che offrono
un apparalo simile a quello delle malattie di accre-
sciuto vigore . In simili casi il medico fa quello stes-
so, che detta la generale diagnosi delle malattìe , cioè
prende conio delle cagioni produttrici, acciò possa
conoscere i di loro effetti in qualunque modo questi
si presentino : e similmente s' incarica del tempera-
mento , della predisposizione , della maniera di vive-
re , e di altre circostanze , che calcolate nel loro in-
sieme fanno acquistare idea chiara della vera natura
della malattia, e non già dell'apparente . Esamina a
buon conto la sua origine, e per conseguenza se sia
stata preceduta da cause stimolanti la macchina in
più , o in meno -, e non già si occupa del predominio
della irritazione , o del rilasciamento, che non forma-
no mai un morbo identico ; mentre possono egual-
mente appartenere alle due sorgenti delle malattie .
Dietro tal giudizio difiìcilmente il medico s' inganna ,
e cura quindi cogli stimolanti quello stato morboso
della macchina animale , il quale benché presenta de'
( .84 )
segni di accresciuto eccitamento , è sostenuto dalla
diatesi astenica ; e parimenti fuga , e distrugge coi de-
bilitanti le malattie , che indicano a prima vista de-
bolezza , e rilasciamento , ma che poi sono il prodotto
della diatesi slcnica . Se i fautori della dottrina con-
trostimolante avessero riflettuto , che nel riconoscersi il
significato di una cosa non debbonsi giammai guarda-
re quei segni , che a più significati convengono , ma
quelli bensì , che privativamente gli appartengono ,.
non sarebbero caduti nell' errore di trarre la di tignosi
delle malattie dagli stati d' irritazione , e di rilascia-
mento , che indifferentemente appartengono a più ma-
lattie e simili , e dissimili .
XXII. Dippiù ne' morbi acuti accade volentieri
un continuo passaggio dallo stato d'irritazione a quello
di rilasciamento, e così al contrario. Si debbono per-
ciò alternativamente amministrare ora i controslimoli ,
ed ora gli stimolile come ciò può aver luogo più volte
nel corso di un giorno; si dovrà necessariamente an-
che in un giorno assoggettare l'ammilato a medicine
opposte . Ma chi non sa , che non vi è cosa più per-
niciosa , e nocevole nel trattamento delle malattie acu-
te quanto l' urtare la macchina alternativamente coli'
azione di medicine diverse , ed opposte . Lo stesso
deesi intendere anche pe' mali cronici, i quali presen-
tano pure quella tale alternativa , che giammai farà ri-
solvere il medico savio a cambiare il met,odo cu-
rativo .
XXIII. Finalmente per dimostrare I' insufficienza
de' principi del controstimolo, basta guardare per pò-
( 285 )
co quello che spesso nelle febbri , anche di diatesi
astenica , osservasi . E' comune nelle medesime 1' uso
della soluzione del tartaro stibialo data per epicrasi ,
ad oggetto di superare lo stato di crudità , e portar la
malattia alla cozione . Or mi è accaduto più volte ,
anche io presenza di molti miei giovani , chiaramente
osservare , che dopo essersi con tal medicina ottenuta
la cozione, avendola voluto continuare, sono ricom-
parsi i sintomi tutti della crudità. Come ciò è acca-
duto , essendo il tartaro slibiato un controslimolante ?
Potea portare la febbre a cozione , perchè si vuole fi-
glia di diatesi stenica , ma non dovea riprodurre la
crudità , e tutti quei sintomi , che secondo la nuova
dottrina indicano pura stenia. Si risponderebbe forsi ,
che il restringimento della pupilla, il polso teso, 1'
aridità della pelle, 1' atlrasso delle secrezioni , ed escre-
zioni sienosegni, che spettano pure ad uh eccesso di'
astenia .''In tal casa daranno quelli, che così rispon-
dessero , un addio ad ogni sintomatologia , onde distin-
guere le due dialesi .
XXIV. Niente finalmente dico della distinzione ,
che nella dottrina controstimolante si fa , della diatesi
stenica in diretta, ed indiretta; perchè la medesima
crolla da se , subito che abbiamo dimostrato , che con-
troslimolanti diretti , i quali converrebbero nella stenia
diretta , non esistono , né possono esistere ; perchè ri-
pugnanti alla sana filosofia , ed anche al senso couìune .
Può più tosto tal distinzione valere per la diatesi as-
tenica, abbeuchè questa si voglia indivisa nella nuova
teoria . Noa nego , che secondo la semplice idea della
( 286 )
debolezza indiretta, stabilita da Brown , il metodo cu-
rativo di questa sembra meritare qualche riforma 5 ma
non per questo dobbiaiìio porre in dubbio l'esistenza
di alcune malattie di languore , clie sono il prodotto
della eccessiva azione slimolante . Per avere un' idea
chiara, ed adeguata della debolezza indiretta mi piace
molto la distinzione , che fa di essa il Signor Monleg-
gia nelle sue istituzioni Chirurgiche, e propriamente
nella prima parte, cap. i. , pai'ag. 18., e seguenti.
XXV. Dopo aver fatto intanto queste poche ri-
flessioni suir insuflicienza , ed assurdità della teoria
controstimolante ; per non eccedere i limiti , che mi
son proposto, lascio i ragionamenti , e passo al più
essenziale della cosa, vengo cioè ad esporre il risul-
tato delle mie osservazioni fatte sugli animali . Mi lu-
singo , che le medesime siano tanto decisive da far ri-
credere tutti quelli , che sono stati trascinati dall'amo-
re delle novità a dar retta alla parola controstimolo .
Prima porrò in veduta alcuni de' miei privati speri-
menti , ed indi quei , che ho avuto 1' onore di presen-
tare al pubblico .
Esperienze private .
Tre cose mi son proposto di osservare negli spe-
rimenti sì privati , che pubblici , che vo a dettagliare.
I. Se i voluti controstimolanti producano qualche ef-
fetto analogo a quello degli stimolanti. 2. Se gli ef-
fetti di un controstimolante possano vedersi distrutti
dall' azione di un altro . 3. Se dopo la morte degli
( =^87 )
animali proccurata uon men cogli stimolanti , che coi
corilrosliinolanli , la vitalilà di essi oflVa , per m-zzo
del Calvauismo consideralo come uno stimolante di
pilin' ordine; fenomeno degno di esser ponderalo e cal-
colato . La novità dell'esperienze, e la costanza de'
risultati felici mi fanno angmare, che essendo ciò con-
Crmato dai falli , non si parlerà più di una dottrina ,
che ravvisasi insudiciente in tutta la sua estensione .
Prevengo però i lettori , che per individuare alla me-
glio le dosi delle sostanze, di cui mi son servito nel
eorso di questi sperimenti , ho fatto uso di una nìi-
sura capace di quasi mezz'oncia di liquido, di cui
sempre qualche poco si è perduto nel somministrarlo
agli animali . Per avere poi una libertà di operare ,
mi son servito in particolare de' conigli, • quali sono
docilissimi , ed i meno atti a turbare coi loro movi-
menti il corso dell' opera. Dippiù debbo premettere ,
che la soluzione di tartaro slibiato , di cui ho fatto
sempre uso, è stalo il'risullato di quindici acini di
tal preparazione sciolti in una libbra di acqua comu-
ne . E finalmente l' acqua di lauro-ceraso da me pra-
ticata , non è stata coobata , ma dietro la prima di-
stillazione si è adoperata .
1. Diedi ad un coniglio , per epicrasi , circa un'on-
cia di acqua distillala di lauro-ceraso . Sotto le prime
dosi r animale perde subito il suo coraggio ; si ac-
celerarono le pulsazioni del cuore ; e diede segni non
equivoci di raffreddore nervino . Si replicò la introdu-
zione dell'acqua, e l'animale mori assalito da chiari,
e violenti coavellimeati . Lo feci aprire , e lungi dall'
( 288 )
essere il cuore pieno di sangue , e lo stomaco rilasciato,
come lo avrei dovuto trovare , ebbi il grazioso spet-
tacolo di ravvisare lo stomaco, e le budella teuui ar-
rossite, e corrugate.
Se sotto la lenta azione dell' acqua di lauro-ceraso
il ventricolo si è infiammato , non altrimenti cbe c«
lo presenta l'oppio , come si vedrà in appresso, bi-
sogna convenire , che amendue queste sostanze agisco-
no allo stesso modo; ond' è, cbe se l'oppio è stimo-
lante , lo dev' essere anche l' acqua dì lauro-ceraso .
Wè posso temere di essermi ingannato ; perchè avendo
più volte ripetuto un tale sperimento , mi ha sempre
Io stomaco dell' animale presentata la stessa altera-
zione. E quello che dà più peso , è il trovare nella
illustre opera mediga del signor Riccardo Mead quello
Stesso, che il fatto mi ha dimostrato. Questo gran
juiedico ed osservatore , nell' appendice che fa nell'
esame /dell'oppio , parla dell' acqua di lauro-ceraso , e
dice che la medesima data ad un animale lo ammaz-
za sollecitamente, e con forti convellimenti , e lo sto-
maco di esso presenta sempre le vene goìtfie , ed il
sangue passato anche ne' linfatici , come si può rile-
vare dalla sua opera medica pag. i47-
2. Apprestai ad un altro coniglio , anche per epi-
crasi , una soluzione di tartaro slibiato fatta nel modo
di sopra espressato . Fu l' animale subito assalilo da
una forte angoscia, da forti conati di vomito, e da
convellimenti abbastanza sensibili . Replicai dopo qual-
che tempo la dose , ed avendo consumate circa un'
cucia di tal soluzione , sotto un violente singhiozzo mori
(-89)
Si apri r addome , e si rinvennero le budella tenui
anch' esternamente non poco arrossile . La faccia in-
terna poi dello stomaco anche si trovò infiammala , e
corrugata . Ripetei più volte questo sperimento, e sem-
pre un notabile grado di corrugazione ravvisai nello
stomaco . Ma mi accorsi , che l' arrossimenlo poi era
più , o meno intenso , secondo che più , o meno solle-
citamente si faceva morire il coniglio. In generale pos-
so dire, che quando l'animale più stenta a morire col
tartaro stibiato , tanto più cresce 1' arrossimenlo .
3. Essendosi data ad un' altro coniglio a poco a
poco la medesima soluzione di tartaro stibiato , fu que-
sto sorpreso dallo stesso raffreddore comparso nel pri-
mo sperimento , dalla solita angoscia , ed incomincia-
va di già a convellersi ; ond' è , che andava anche sol-
lecitamente a morire ; ma come gli feci , pure per epi-
crasi , somministrare dell'acqua di lauro-ceraso , si vi-
de cedere il raffreddore , divenne più coraggioso , e do-
po poco tempo riprese il suo perduto vigore .
Allorché le azioni sono cospiranti , debbono pro-
durre un medesimo effetto . Or se gli effetti del tar-
taro stibiato furono distrutti dall' acqua di lauro cera-
so , dobbiamo ragionevolmente dire , che le azioni di
tali sostanze non sono cospiranti , e non agiscono allo
steso modo . Se si suppone quindi , che la soluzione
del tartaro slibiato sia un controstimolante, non lo de-
ve esser l' acqua di lauro-ceraso . Se però ricorreremo
alla dollrina stimolante , ritrovaremo in essa una com-
pleta spiegazione di tal fallo . Dietro l'azione violenta
di un forte stimolante , qual' è la soluzione del tarla-
37
( 290 )
ro stibiato, deve tutta la macchina, ed in particolare
il ventricolo cadere in debolezza indiretta , e propria-
mente in quella detta dai recenti per stanchezza . Coli'
applicazione di un nuovo stimolo, qual fu 1' acqua di
lauro-ceraso , diversamente essendo stimolato il ventri-
colo , e lutto il sistema , si vide 1' animale risorgere
da quel languore , che minacciava da vicino la sua
vita .
4- Feci dare ad un coniglio , in piccole dosi ^
una mezz' oncia della stessa acqua di lauro-ceraso , e
fu questo immediatamente sorpreso da tali convellimen-
ti , e particolarmente dall' opislotano , eh' era pros-
simo a morire . Feci subito dargli poco men di mezz'
oncia della solita soluzione di tartaro stibiato , e l'ani-
male a poco a poco si rimise nel pristino stato.
5. Presi poi due altri conigli , e per epicrasi ad uno
feci dare la soluzione del tartaro stibiato , ed all' altro
l'acqua di lauro-ceraso . Comparvero subito i soliti se-
gni marcati sopra , e quando mi accorsi , ch'erano
nello stato da temere della loro vita , feci apprestare
anche a poco a poco l'acqua di lauro-ceraso al primo,
e la soluzione del tartaro stibiato al secondo . Si vide-
ro subito ravvivati , e talmente si riebbero , che han
servito ad ulteriori sperimenti .
Da ciò rendesi sempre più chiara la insussistenza
della teoria controstimolante , e la indispensabile neces-
sità di ricorrere alla stimolante , onde render ragione
de' fenomeni , che sarebbero altrimenti incomprensibili.
Si rileva altresì dall' enunciato sperimento , quanto sia
analoga l'azione de'voluti controstimolanti a quella de-
gli stimolanti .
{ 291 )
6. Nel presente sperimento volli cimentare uno
stimolante, qual' è l'oppio , ed il solito egregio con-
trostimolante , qual' è r acqua di lauro-ceraso . Die-
di perciò ad un coniglio poche gocce di laudano li-
quido , le quali non avendo prodotta alcun' alterazione,
dopo pochi minuti furono replicate . Dietro questa se-
conda dose fu l'animale sorpreso da leggiere convul-
sioni . In questo stato gli feci apprestare una parchis-
sima dose , meno cioè di mezz' oncia , di acqua di lau-
ro-ceraso, e quando mi aspettava veder il coniglio ri-
messo in buono stato , questo mori pochi minuti do-
po la introduzione dell' acqua medesima .
Come si potrà comprendere questo fatto , osservato
replicate volte , e come si spiegherà , essendo 1' acqua
di lauro-ceraso un controstimolante ? Si potrebbe ri-
spondere , che la dose del controstimolo fu eccedente,
e perciò apportò la morte . Ma essendo anche ciò vero
( allorché una maggior dose di questa sostanza non fu
capace di pi-odurre simile effetto , come apparisce da-
gli antecedenti sperimenti ) , avrebbe dovuto prima di-
struggere lo slimolo dell' oppio , e poi ammazzare il
coniglio -, e perciò vi sarebbe bisognato maggior tempo.
Il coniglio morì dopo pochi minuti , e la dose dell'
acqua fu scarsissima . Dunque altra è la ragione di
questo fatto , e propriamente quella nascente dall' azio-
ne dell' acqua di lauro-ceraso analoga a quella dell' op-
pio , onde la vitalità restò distrutta sotto l'azione di
due forti stimolanti .
Or questi fatti . ed altri riguardanti la vitalità de-
gli animali dopo la loro morte , osservati replicate volte
( 292 )
e da me in dettaglio , e privatameate , mi decisero di
ripetere in pubblico una buona parte di tali sperimen-
ti , e propriamente quei , che credei più importanti ,
onde si rendesseio a tutti noti .
Esperìenze pubbliche, (a)
JLiA prima cosa, cbe mi proposi di far osservare, fa
la somiglianza degli effetti degli stimolanti , e de' con-
trostimolanti : somiglianza , che non si può negare nìal-
grado qualunque prevenzione . Indi mi occupai di due
importanti sperimenti , ne' quali posi in opposizione i
coutrostimoli . Finalmente volli far osservare per mez-
zo del Galvanismo , la dose di vitalità , che rimane:
negli animali ammazzati non men cogli stimoli , che
coi controstÌTHoli .
I. Presi quindi in primo luogo tre conigli , ed al
primo feci apprestare 1' acqua di lauro-ceraso , sempre
in picciole dosi . Secondo il solito, dopo le prime pre-
se , si manifestarono i convellimenti , i quali erana
sempre più violenti nel momento della introduzione
(a) Queste sperienze furono ripetute nel Reale
Istituto nel giorno 8. g. i o ^ ed 11. del mese di mag-
gio 1810, per lo cittì il medesimo ordirlo, che si fos-
sero registrate in un processo verbale firmato da tutti
i Socj che intervennero , e che si fosse conservato
neir archivio , dove esiste .
Nota del Compilatore .
(.93)
delle nuove dosi , e mentivano 1' aspello di tanti pic-
coli salti . Tutta la scena durò circa due ore ; dopo
qua! tempo 1' animale mori tutto convulso , avendo
consumato poco più di un' oncia e mezza di acqua di
lauro-ceraso . Al secondo coniglio poi feci , per epi-
crasi , dare la solita soluzione di tartaro stibiato . Di-
venne questo subito singhiozzoso , ed ansaute ; i suoi
arti , in particolare i posteriori , si l'esero deboli ; le
battute del cuore , ed i conati di vomito erano sempre
più intensi ; e finalmente comparvero delle convulsoni
violenti , ed affatto simili a quelle prodotte dall'acqua
di lauro-ceraso . Sotto tali convellimenti morì l'animale
quasi nello stesso spazio di tempo y non essendosi con-
sumata , che circa un' oncia della soluzione medesima.
Finalmente al terzo coniglio avendo apprestato circa
una ventina di gocce del laudano liquido del Sidena-
mìo , comparvero subito de' convellimenti , non intensi
però come quelli prodotti dall' acqua di lauro-ceraso ,
e perdendo di botto il suo vigore divenne sensibilmen-
te debole . Una sola differenza feci marcare , cioè che
i convellimenli prodotti dall' acqua di lauro-ceraso si
avanzavano nel momento della introduzione della nuo-
va dose; e quelli prodotti dall' oppio mostravano sem-
pre- una stessa intensità . Feci ripetere le piccole dosi
del detto laudano , ed allora crebbe la sua debolez-
za ; i moti del cuore , ed i colpi di singhiozzo , che
sulle prime eran frequenti , si resero più lenti ; e cir-
ca un' ora dopo mori con un sonoro stertore . Feci
aprire i ventricoli de' tre conigli , né si potè dagli astanti
rilevare alcuna sensibile differenza nella loro faccia in-
( 294)
terna , mentre si osservò chiaramente arrossita , e cor-
rugata in tutti ; come arrossite si rinvennero esterna-
mente le budella tenui . In quel momento si sospettò,
che un tal colore fosse proprio di questi animali an-
che nello stato naturale ; ed allora fu , che presi un
altro coniglio sano , Io amma2zaì , ed avendogli aper-
to l'addome , si trovò tutto altro il colore delle budella
tenui , ne punto arrossita si vide la faccia interna dello
stomaco. Finalmente feci aprire il torace de' tre coni-
gli , ed essendosi posto il cuore di ciascuno di essi al-
lo scoverto , si gettò sul medesimo dell'acqua di lau-
ro-ceraso , della soluzione del tartaro stibiato , ed an-
che del laudano liquido : sostanze , che accrebbero
egualmente , ed allo stesso modo , le oscillazioni del
cuore, senza aver potuto rilevare qualche iitarcata dif-
ferenza . Ecco la sana , ed unica , a mio credere , in-
terpeti azione di questo sperimento .
I convellimenti , che sotto l' azione dell' oppio as-
salirono il coniglio , erano per gradi dissimili da quei
prodotti nell' altro dall' acqua di lauro-ceraso ; e sic-
come nello stesso tempo si sperimentò sì 1' uno , che
r altra , così lo spettacolo fu non men grazioso , che
decisivo ; mentre le convulsioni , ed i singhiozzi pro-
cedevano in entrambi allo stesso modo, e non differi-
vano che per gradi . Abbeuchè intanto tutte le sostan-
ze allorché esercitano la loro azione sulla macchina
animale vivente , agiscano stimolando , pure ciascuna
deve avere il suo modo particolare, e proprio di agi-
re : e ciò , com' è noto , costituisce la differenza spe-
cifica di uno stimolante dall' altro . Ciò posto , noe
i
(^95)
dee recar meraviglia , se la soluzione del tartaro sti-
biato rese l'animale più singhiozzoso , ed ansante, che
negli alili due , giacché gli stimolanti dotati di prin-
cipi alituosi , e volatili diffondono nel momento la lo-
ro azione equabilmente per tutto il sistema . Quelli
poi , che sono privi di tali principj , debbono limitar-
la nel ventricolo , e sue adjacenze : e tra questi appUn"-
lo è posto il tartaro slibiato , il quale per conseguenza
altro immediatamente produrre non dovca , che l'ansia,
ed il singhiozzo . È regolare inoltre , che agendo il
ventricolo , e sue adjacenze in più , perchè ivi cresce
r afflusso degli slimolanti naturali , necessariamente iu
tal disquilibrio deve il restante della macchina agire
in meno. Deve quindi abbassarsi la temperatura negli
estremi , e verso le parti esterne del corpo ; si dee
Sperimenlare la sensazione di freddo ; e dee impove-
rirsi di forze tutto il restante della costituzione : feno-
meni , che costantemente ho osservati in tutti gli ani-
mali sottoposti air azione del tartaro stibiato . Da ciò
si comprt ide pure facilmente la ragione di quella pic-
cola differenza , che passava tra i convellimenti pro-
dotti dall'oppio, i quali erano sempre egualmente in-
tensi , e quelli figli dell'azione dell'acqua di lauro-ce-
raso , i quali sì aumentavano tutte le volte che s'intro-
duceva la nuova dose . Tutto deriva , io replico , dalla
specifica diversità di agire degli stimolanti . Se dunque
i tre conigli morti coli' acqua di lauro-ceraso , coli' op-
pio, e colla soluzione del tartaro stibiato presentarono
gli stessi fenomeni , eccetto quella piccola diversità ,
di cui si è data la ragion sufUcieale ; paiu che senza
( 296)
punto esitare possa conchiudersi , che tutte queste so-
stanze agiscano allo stesso modo , tutte siano cioè sti-
molanti .
II. In questo sperimento , che fu senza dubbio il
più decisivo , posi in opposizione i due soliti contro-
stimoli , acciocché tutti l'ossero stati nel caso di osser-
vare i di loro effetti . Feci apprestare quindi ad uà
coniglio , per epicrasi , quasi un'oncia di acqna di lau-
ro-ceraso , e come vidi , eh' eccetto quel solito torpo-
re , e la solita angoscia, non vi erano altri segni pros-
simamente miuaccianti la vita , mi arbitrai a dargli un'
altra piccola dose della detta acqua . Indi vedendo
l'animale più ammiserito, ed in modo intorpidito, eh'
«ssendo stato posto sul suolo , ed urtato , non saltella-
va , come naturalmente fauno i conigli , ma languida-
mente movea i suoi arti , diedi di piglio alla soluzione
del tartaro stibiato, che fu anche data per epicrasi, e
questa fece immediatamente rilevare una notabile mi-
gliox-ia , mentre cede 1' affanno , e tutti gli altri inco-
modi , e quell'animale , che un momento prima noa
potea muoversi, incominciò a camminare con maggior
franchezza , e di là a poco saltellò ; ond' è , che non
solo non mori , ma si rimise anzi iu istato buono di
salute , non essendosi consumata , che poco più di
mezz' oncia della soluzione medesima . Contemporanea-
mente poi , ad un altro coniglio diedi nello spazio
di circa tre ore , collo stesso metodo , quasi un' oncia
di soluzione di tartaro stibiato . Come questo agisce
più sullo stomaco , che sul rimanente della costituzio-
ne così divenne l' animale subito angoscioso , ed an-
( 297 )
sante , ed incominciò a soffrire de' chiari brividi , i
quali divennero ia seguito sempre più intensi . In tale
slato volli apprestargli , in piccole dosi , circa un' al-
tra oncia di acqua di lauro-ceraso , la quale produsse
■un effetto sensibilissimo , giacché l' animale riprese il
suo perduto vigore , terminò 1' angoscia , la respirazio-
ne si restituì nel pristino stato , ed avendolo posto sul
suolo , saltellava , come se non avesse mai sofferta al-
cuna malsania . Questi due conigli talmente si riebbe-
ro , che servirono al seguente sperimento .
Se dall' antecedente sperimento si rileva , che una
data dose di acqua di lauro-ceraso fu suflìcente a dar
la morte ad un coniglio , ed un' altra della soluzione
del tartaro stibiato ne ammazzò un secondo , ne sie-
gue per conseguenza , che se queste sostanze fossero
entrambe controstimolanti , le due dosi , o poco meno,
unite insieme , date ad un solo animale , come sì è
fette nel presente sperimento , avrebbero dovuto molto
più facilmente , e con maggior sollecitudine produrre
lo. stesso effetto , cioè la morte . Ma non essendo ciò
accaduto , anzi essfndosi chiaramente osservato , che
r azione di una sostanza fu distrutta da quella dell' al-
tra , mi lusingo di poter decisivamente conchiudere,
che l'azione controstimolante sia affatto chimerica , che
trutte le sostanze agiscono stimolando , e che la teoria
di Brov(rn lungi dall'addivenir vacillante , venga anzi a
ricevere nuova fermezza , e solidità , e ad ess,'r rico-
nosciuta come la più ragionata , la più analoga alle
sperienze , ed ai fatti , ed infine come la più condu-
cente alla spiegazione de' fenomeni .
38
e ^98)
III. Finalmente gli ulti mi sperimenti , che presen-
tai al pubblico, furono diretti ad osservare la vitalità,
che resta negli animali morti si cogli stimolanti , che
coi controstiniolanti . A quest'oggetto preparai una pic-
cola Pila Galvanica , o meglio , di Volta , ed indi am-
mazzai un coniglio con due valide dosi di laudano li-
quido ; gli troncai il capo , scoprendo la midolla al-
lungata , e praticai altresì una profonda incisione ne'
muscoli di una delle cosce . Immediatamente che l'ani-
male , cosi preparato , fu posto , per mezzo de' soliti
conduttori , in comuuicazione colla Pila , si vide sor-
preso da forti , e generali convellimenti , i quali essen-
do durali più minuti primi gradatamente andiedero a
mancare , sino che si estinsero affatto .
Lo stesso apparecchio praticai in un altro coni-
glio, che ammazzai con due anche valide dosi di acqua
di lauro-ceraso. Malgrado ciò , questo secondo animale,
posto in comunicazione colla Pila, manifestò de'convel-
limenli , pure V energia di questi , non men che la lor
durata presentarono un apparato di cose per gradi dis-
simile dal primo , giacche le scosse convulsive furono
più deboli , e minore ne fu la durata : fenomeno , che
»on mancai di far marcare , perchè conferma sempre
più , ed in ullimo luogo , la tante volte dimostrata as-
surdità della teoria controòtimolante . A tutti infatti è
noto , che , secondo i di lei principi , il coniglio mol-
to coir oppio poco avrebbe dovuto convellersi , per-
chè quasi distrutta in esso l'eccitabilità 5 e l'altro, che
fu ammazzato coli' acqua di lauro-ceraso , avrebbe do-
vuto dare delle violenti convulsioni , e di magg^ior da-
( ^99 )
tata , non essendosi quella esaurita . Ma rome il con-
trario accadde, è forza decisivamente conchindere , che
i principi della nuova teoria sono affatto ideali , e chi-
merici . Voleva finalmente ammazzare un altro coni-
glio colla soluziooe del tartaro sllbialo , ed indi assog-
gettarlo all' azione della Pila ; ma non si volle dagli
astanti che si sagriGcasse questo terzo animale , porche
i primi avean abbastanza , e chiaramente dimostrala
la dose di vitalità , che osservasi dietro la morte di
essi proccurata non men cogli stimolanti , che coi con-
troslimolanti .
Ecco in breve i principali , e più importanti spe-
rimenti , clie mi son dato l'onore di ripetere alla pre-
senza di molli, e che sono pronto a replicare sempre che
si vorrà, a fine di render pubblici i loro risultati ,i quali
«essendo stati sempre uniformi , mi pare di aver abba-
stanza provato s'i a priori , che a posteriori , cioè e col-
le ragioni tratte dalla Filosofia medica , e coi fatti , la
nullità della teoria controstimolante . Posso quindi ben
volentieri dar termine alla presente memoria , anche
perchè temo di esser tacciato di soverchia prolissità .
Ma prima di far ciò, vi fo in ultimo luogo riflettere,
Signori , che degli esseri contraddittoriamente opposti
debbono benanche le proprietà esser contraddittorie .
Ciò imporla , che se un solo effetto arriva il contro-
stimolo a produrre , eh' è ancora prodotto dallo stimo-
lo , non è più degno di formare un genere a parte di
sostanze , ma torna a confondersi colle altre . Or dagli
addotti sperimenti chiaramente si è rilevata la identità
tra gli effetti degli stimolanti , e quei de' controslimo-
( 3oo )
lanti ; ed in particolare , perchè questi ultimi al pari
de' primi risvegliano il senso , ed il moto . Dunque
posso conchiudere , che gli stimolanti non solo contrad-
dittori non osservinsi ai controstimolanti; ma che anzi
siano loro affatto simili j onde crolla assolutamente la
base dell' edificio .
I
1
(3oi )
Dell'Agricoltura Ercohmese. Memoria dal Socio Or-
dinario Gio: Bjjtista Gagliardo. Letta nelVAdiu-
nanza del di 12 aprile 1810.
I
L Vesuvio colla tenibile eruzione del 79 dell'era vol-^
gare, eruzione, che come ognun sa, coslò la vita a
Plinio , seppellì di terra volcanica , detta pozzolana
bianca, \a città di Ercolano , e copri di altra terra vol-
canica , detta lapillo j le città di Pompei , e Stabbia .
Dopo queir epoca memoranda , l'eruzioni di questo
volcano furono per lo più di /avo, ossia roccia volca-
nica , per lo che tutta la collina , che guarda il Sud-
Ovest, restò incolta e disabitata, e non si coltivarono
che quei pochi tratti di terreno , che furono immum
da lai flagello . Ciò fece che gli abitanti di Resina po-
tessero riedificare alcune poche case che formavano ap-
pena un villaggio , al quale diedero il nome della lo-
ro antica patria , abbenchè le costruissero sulla sepolta
Ercolano . Questo villaggio quantunque fessesi quindi
ampliato non fu mai una gran cosa sino al i63i , epo-
ca di una seconda eruzione di terra volcanica , delta
pozzolana di fiioco [a) la quale avendo coperte tutte
le lave antecedenti , e quei pochi terreni , che si col-
tivavano , diede occasione ai Resinesi , sull' esempio
(a) Questa pozzolana è migliore di tutte le altre
per gli edijicj : ed adoperandosi colle pietre di lava
forma un masso solo.
( 302 )
degli abitanti della Torre della Nunziata, che sull'an-
tica Pompei piantati avevano e viti e alberi da fratto ,
di ridurre a coltura tutta la collina che loio apparte-
neva . Fecero lo stesso gli abitanti della tante volte se-
polta , e sempre riedificata Torre del Greco . Così Pve-
sina da piccola divenne grande , al segno che ora , uni-
tamente a Portici che l'è contiguo, conta da quattor-
dici in quindici mila abitanti . Tanto gli uni , quanto
gli altri sono tutti attivi ed industrioòi , e ricavano la
la loro sussistenza ben comoda da quel medesimo ter-
reno , che formata avea la i-ovina e la miseria de' loro
antenati . Ma in qual inodo bau saputo essi profittar-
ne ? Questo è ciò che io mi son proposto , rispettabi-
lissimi Signori e Colleglli , di farvi conoscere. E mi
sono a ciò determinato: i. perchè non vi è stalo ve-
runo , per quanto io sappia , che siasene prima di me
occupato : 2. perchè la coltivazione Ercolanese si sco-
sta da tutte le altre dell'Italia, e come tale merita di
essere conosciuta: e 3. perchè comprova ad evidenza
quel che dai moderni fisici, chimici, ed agronomi
sia stato dopo lauti travagli , ed esperienze dimostra-
to , cioè che il gas acido carbonico sia il vero nutri-
mento de'vegetaJjili.
Il terreno che , come dissi , copri nel i63t la
collina Ercolanese, e che a primo aspetto rassembra
un pò verìglio volcanico frammisto di frantumi minu-
tissimi di talco , e di vetrificazioni , avendolo fatto
analizzare con i dovuti processi chimici , ha mostrato
esser un composto per la terza parte di terra calcare
ridotta a carbonaio , per un'altra terza parte di cene-
( 3o3 )
re volcanica , e l'ulliina terza parte per metà di aiu-
tili na , e per metà di silice. Come tale non può que-
sto terreno essere in niun modo ne meccanicamente,
uè chimicamente l'ertile. Voi ve ne convincerete da
ciò che vi farò conoscere , «descrivendovi il modo eoa
cui si lavora e coltiva.
Tutta la coltivazione della collina Ercolanese con-
siste in vigneti , tra i quali sono piantate promiscua-
mente e confusamente, in modo che formano quasi
tin bosco , molte specie e varietà di alberi da frutto.
Io vi parlerò prima de'vigneti , e del modo con cui
si fabbrica e conserva il vino, e poi vi favellerò de-
gli alberi da frutto.
Quando si vuol colà piantare una vigna , o ri-
mettere una vite che sia perita, convien fare delle
fosse più o- meno profonde. Questa profondità dipen-
de dalla maggior qtiantita di pozzolana da fuoco , che
cuopre le antiche lave ^ o quelle terre che ne furono
coperte nel i63i. Da ciò nasce la denominazione di
terre da fuoco , e di terre vecchie. Colla prima s'in-
tendono quelle che hanno le lava sottoposta : e colla
seconda quelle che cuoprono , non già la lava , ma
quei terreni che collivavansi prima di quell'epoca. I.e
migliori per la qualità del vino sono le terre da fuo-
co, abbenchè talune vadano soggette alla mofela, del-
ie quale parlerò. E queste sono tanto più migliori ,
se la crosta della lava , che chiamasi catracchia , sia
di color rossiccio, e non già di color giallognolo , det-
ta/-r/v/^'mr , ed alla quale sia unito una qualità di
terreuo argilloso di color rossastro, che dicesi inani-
( 3o4 )
moso. Quivi le viti vengono più robuste , vegetano
prosperamente , danno maggior quantità di uva , da
cui si fabbrica un vino migliore.
Ma oltre di questa distinzione se ne conosce
un'altra , ed è di terre vergini ^ e terre morte j la qua-
le si applica tanto alle terre da fuoco quanto alle
terre vecchie^ e nasce dall'essere state o no le mede-
sime im 'altra volta cavate. Se nel far la fossa i con-
tadini si accorgono che il terreno fosse stato prima
cavato , prendono cattivo augurio della riescila delle
viti , e cercano di cavarla non già perpendicolare , ma
inclinata , e per quel verso dove la terra sìa vergine.
Infatti le terre morte essendo friabili , non solo soa
pericolose nel farvi le fosse , ma le viti che si pian-
tano vengono stentatamente , e danno poco frutto.
Esistono oltre a ciò delle altre terre che non fu-
.rono coperte nel i63i , ed hanno queste il nome di
novelle. Sono ugualmente buone quanto le terre veC"
■chie , e segnatamente per gli alberi da frutto.
La varia altezza , ossia profondità della terra vol-
-canica fa si <;he talune fosse debbono profondarsi sino
a 45 palmi. La vite perchè prenda , e riesca , deve
colle sue radici toccar o la lava ., o la terra vecchia
sottoposta. E quando non si hanno sarmenti tanti lun-
ghi , usasi inettere nel fondo della fossa del letame
misto a paglia e foglie secche di alberi , sino al pun-
to ove arriva il sarmento. Cosi si ottiene che le radici
possano liberamente scendere sino al luogo designato,
ed assicurarsi della riescila della vite.
Le uve più generalmente coltivate per uso da
( 3o5 )
fabbricarne vino sono le nere. Hanno queste gli ar-
bitrar] nomi di aglianìca , ossia greca nera , palomhi-
na , porcinola , colagiovanni , tintora , olivella , can-
namela , marocco , castagnara , ed altre. Le migliori
sono Vaglianica , e la palombina , perchè più zucche-
rose. Le bianche si coltivano più per uso da mangia-
re , che per fabbricarne viuo, e sono la greca ^ la
ìuoscadella , la teresella , la catalanesca , e \uva rosa.
Qualunque sia però la profondità delle fosse , la
larghezza non eccede i due palmi , e la lunghezza non
oltrepassa i tre , ed in ognuna si adattano sei sarmen-
ti., tre per parte. Ordinariamente si preparano in lu-
glio ed agosto , ma talvolta sì fanno anche in ottobre
e novembre , dopo terminata la vendemmia , rh'è il
tempo della piantatura delle viti , che in tutti gli altri
luoghi , come ognun sa , si fa in febbrajo e marzo. la
qualunque tempo , il contadino che le cava deve la-
vorar senza camicia e stando curvo. Il ferro di cui si
serve è il picone , che colà chiamasi sciamarro. Con
questo smuove, giunto che sia al termine della fossa,
il terreno sottoposto in modo che forma una campa-
na, e cosi siegue salendo : cosicché quella fossa , ch'era
lunga tre palmi diventa di quattro , ch'è la distanza
di una vile dall'altra. Un vigneto si stima tanto più
migliore , ed ha perciò maggior valuta , se ogni fossa
contenga le sei vili che vi furono piantate ; per lo che
da taluni in vece di tre sarmenti se ne pongono quat-
tro , dicendo , che uno sempre ne muore. Ordinaria-
mente in ogni moggio di terreno si fanno cinquecen-
to fosse, cosicché ogni moggio dovrebbe contenere tre
39
( 3o6 )
mila vili , le quali tenute a tre a tre formerebbero tre
mila piante. Ma ciò è rarissimo. Mancandone una non
si può rimeltere propaginandone un'altra. Le propa-
gini non riescono («).
La coltivazione de' vigneti coasiste nella potatura,
nella rimondatura , nella sfossatura, e nella spampana-
tura . Dico dei vigneti, poiché il lavoro del terreno
non ha ninna parte per la vegetazione delle vili , e
serve soltanto per gli alberi da frutto , è di altri pro-
dotti , di cui parlerò . Le vili ricavano il loro nutri-
mento direttamente dalla lava , oppur dalla terra vec-
chia sottoposta , e lo attraggono dall' aria per mezzo
dei pampini .
La potatura comincia in dicembre , e dura sino
alla metà di marzo . I più accorti però non fanno ol-
trepassare il mese di gennaro, poiché sanno essere un
errore il permettere che le vili lagri alassero , come
avviene a coloro che pospongono la potatura nel tem-
po in cui le piante sono in succo . La potatura a pri-
mavera non va fatta , che alle viti piantate in terreni
umidi, onde lagrimando sgombrar si potessero della
linfa soverchia , che contengono . Questo lavoro per
la collina Ercolanese è molto spesoso , perchè per ogni
(a) // moggio è uno spazio di 3o passi per lato,
ed in conseguenza ha la superficie di novecento passi
quadrati. Ogni passo è di sette palmi ed un terzo. FI
moggio è perciò cento e dieci tese meno dell'arpent
di Parigi.
(307)
pianta che come ho detto può contenere tre vili , vi
bisogna un palo tljtto spalatrone , a cui va legala ; vi
bisognano i salici coi quali si lega , e dei rami di
pioppo, che mettonsi colla punta in giù alle cimo de-
gli s/xilatroni , acciò le viti nel salire possano avere
varj punti di appoggio . I salici , ed i pioppi si han-
no dalla stessa montagna : gli spalatroni si fan venire
da fuori . I gambali , ossia i tronchi delle viti , non
si fanno elevare che dodici palmi al più .
Sembra strano, che in un terreno aridissimo , qual'è
qnello della collina Ercolanese, possino vegetare i sa-
lici ed i pioppi . Per i primi i Resinesi lian saputo
profittare dei burroni della montagna per i quali cor-
re l'acqua piovana, che in molli luoghi si ferma. Qui
i salici perchè in luogo umido, e perchè protetti nella
stale dal violente ardor del sole , vengono bellissimi .
Per i pioppi riesce difficile la loro prima educazione,
e ne periscono molti , ma allevali che sieno reggono
airasciullore ed alla siccità . Ogni podere ne ha quel
numero che bisogna (a) .
(a) Nel burrone dello il Fosso Grande , che per
la maggior parie appartiene al Dottor sig. Giovanni
tozzolino mio amico, ho 'visto de' salici piantati a ta-
lee neir anno 1 808 , che avevano chi cinque , e chi sei
germogli . Ho visto altresì i fichi , i gelsi mori, ed i
noci , che avevan dato il frutto al secondo anno . I
peschi lo avevan dato al primo . Egli mi assicurò sa-
persi in Resina per tradizione che lo stesso era avve-
( 3o8 )
Potate le vili e legate agli spalatronì , succede il
lavoro della rimondatura, detto colà scapezzatura ^ che
si fa in maggio , e giugno . Cora questo non solo si tol-
gono dalle piante tutti i pampinarj , i saeppoli , e le
femminelle, cioè i sarmenti inutili e soverchi, e la-
sciansi i fruttiferi , ma attaccansi i sarmenti di una
pianta coli' altra: cosiccliè tutti i filari delle viti ven-
gono a formare tanti festoni , che in autunno quando
son carichi di uva fanno il più beli' effetto .
La sfossatura si fa in luglio ed agosto . Questo la-
voro consiste nello scalzare tutte le piante delle vili
sino alla profondità di un palmo, e serve per due og-
getti. Il I. è quello di togliere tutte le radici superio-
ri , le quali se soa di danno alle viti di qualunque
nato nelle piantagioni dopo il i63i. Ciò è ben natu-
rale, poiché le pianticelle trovano ora nel burrone del
Fojso Grande , come lo trovarono quelle del i63i j
abbondanza di gas acido carbonico , primo e princi-
pal nutrimento de' vegetabili. Questo burrone era pri-
ma coltivato, ma fii poi coperto dalla lava del 1767^
che fece tremar Napoli , per lo che fu eretta sul pon-
te della Maddalena la statua di S. Gennaro . Il Sig.
Cozzolino non risparmiando ne spese , né cure , pro-
fittando delle acque che scendono dalla montagna ,
q: andò piove , ha fatto costruire da luogo in luogo
de' ciglioni , i quali trattengono la terra , che l acqua
trasporta . In tal modo sta rendendo fertile un luogo
sterilissimo .
( 309 )
specie,. e in qualunque altro terreno coltivale, molto
più Io debbono essere per le viti dell'aridissima colli-
na Vesuviana , le quali ricavando il loro nutrimento
dalla lava ^ o dalla terra vecchia sottoposta, obligano
l'agricoltore a non trascurare in niun modo una pra-
tica COSI necessaria. Il 2. è quello di preparare le fonti
da ricevere le piogge , che cosi ritenute portano un
alimento al basso delle fosse . Queste fosse , o fonti , si
riempiono , e si appianano in marzo .
Nei molti discorsi agronomici che io ho tenuto
con varj proprietarj di Resina, ho loro dimostrato che
era un errore il far le fonti in luglio ed agosto , e riem-
pirle in marzo . Il vero tempo da far le fonti è l'otto-
bre . Cos'i non v' è pericolo che il troppo ardor del
sole bruci le piante , come spesso avviene colà . Ed il
tempo da cuoprirle ed appianarle è il maggio .
L'ultimo lavoro è la spampanatura : lavoro neces-
sario, perchè col medesimo si espongono lutti i grap-
poli a ricevere lo stimolo della luce . Io vi ricordo , o
Signori , the Dante cantò .
Egli è il calor del sol che si fa vino
GiiHito all' umor che dalla vite cola .
E che Galilei diceva che l'uva , ed il vino altro
non essere che la luce del sole mescolata con l'umido
della vite.
Questi sono gli annuali lavori che i Resinesi fan-
no ai loro vigneti . Ma perchè non li zappano ? Per
la ragione che ho di già accennata , che le vili traggo-
no il loro nutrimento dal profondo dei terreni , vale
4 dire dal gas acido carbonico , che le la^e , e le ter^
C3ro)
re vecchie continuamente esalano . E quando questo
gas è troppo abbondante, come succede tiopo le grandi
eruzioni del volcauo , tulli quei poderi di terre da fuo~
co , che hanno la lava sottoposta non già intiera , ma
a pezzi staccati , soffrono a segno che tutte le vili pe-
riscono . Onesta è la mofeta , la quale apporta un dan-
no non indifferente in ogni eruzione; danno per altro
che vien poi ben compensato , poiché ripiantandosi le
viti , vengono queste assai più presto , riescono quasi
tutte , vegetano con molta celerità , e danno fin dai
primi anni un prodotto abbondaulissirao.
Le zappature; che si fanno son due , ma non ser-
vono per le viti. La prima si fa in marzo all'oggetto
di sarchiare le fave ed i piselli che ftuon piantali in
settembre ; per seminare i fagiuoli , e per seppellire i
lupini e le vecce seminate espressamente in autunno
per farne soverscio • Le fave , i piselli , ed i fagiuoli
non si seccano , ma vendonsi a legumi . La seconda
poi si fa in eslate , e serve per preparar la terra a ri-
cevere in settembre la semina delle fave , de' piselli ,
de' lupini , e delle vecce . Queste due zappature non
si profondano più dimezzo palmo, e meglio direbbon-
sì sarchiature. Taluni arano, ed altri seminano anche
il frumento , ma raccolgono ineno uva , e frulli , e
perciò quasi tutti zappano . Infatti come si possono ben
arare quei poderi che son boschi senza rompere , e
spezzare le vili e gli alberi ? Come possono portar frutti
quelle viti, e particolarmente le più basse, se restano
avvolte nel miglior periodo di lor vegetazione , qual'è
quello della fioritura , e dell'allegalura dalle piante del
frumento ?
(3,1)
Oltre del soverscio fanno uso ancora del letame
che non ispandono sa tutto il terreno , ina lo pongo-
no in quei fossetti , entro cui seminar debbono le ci-
•vaje , cioè le fave , i piselli , ed i fagiuoli . Somma cu-
ra hanno perciò del letame, che si procurano in qua-
lunque modo , e che conservano nei letnmai .
Ma più di ogni altro ingrasso giova colà la cene-
re che il Vesuvio erutta quando è in collera . Questa
cenere è un ingrasso preziosissimo , perchè abbonda
di gas acido carbonico . E vero che nel cadere brucia
i germogli delle viti, e degli altri alberi, ma compen-
sa quindi dopo due anni in un modo generosissimo .
La sorprendente raccolta del 1808 fu dovuta alla ce-
nere che il Vesuvio^ eruttò nel 1806 . Ella è costante
osservazione , che la cenere n&n giova se non se dopo
il secondo anno della sua caduta.
Dal detto fin qui ognun; vede quanta la coltiva-
zione Ercolanese sia diversa dalle altre di tutta l'Ita-
lia , e quali sieno le ragioni che abbiano obbligati i
Resìnesi a praticarla. E si deve confessare d'essere
stata una conseguenza di lunghe , penose , e reiterate
sperienze. Tra queste merita che ne sia conosciuta una,
ch'è importantissima, relativamente all'innesto.
Allora quando vogliasi colà innestare ima vite ,
usasi l'innesto a spacco , e perchè l'innesto riesca , si
deve scalzar la vite sino a tre palmi se la medesima
è piantata in terra da fuoco. Quando 1 innesto sia riu-
scito fa mestieri coricar la vite , onde il luogo doH'in-
neslo resti sempre sotterra. Lo slesso sotterramento si
deve fare colle vili iuuestate apparleaeuli a terra vec-
(3i. )
chia , ma per queste si può praticar l'innesto a fjoi'
di terra. Onde ciò? Essi l'ignorano: ed io non sapi-ei
Fenderne ragione. Taluno crede che ciò derivi perchè
Belle piante delle prime le radici van profonde sino a
toccar la lai>a ove trovano il loro nutrimento , quando
he le seconde lo ricavano anche dalla terra superioi-e.
Se ciò fosse vero sarehbe inutile nel piantar le vili ia
terre vecchie far le fosse così profonde sino a toccar
la terra che prima del i63i era scoperta. Oh quante
cose vi sono su cui non si può render ragione ! Perciò
conviene rispettar gli usi , e non declamare accusando
di pregiudicati coloro che convinti da una lunga serie
di topici esperimenti , sono obbligati a talune pratiche,
ehe sembrano discostarsi dalle regole ordinarie che la
scienza precrive. Io ssn d'opinione che l'agricoltura
nostra non abbia fatto verun progresso , non solo per-
chè i contadini seguono tenacemente le pratiche dei
loro antenati , che per lo più son fallaci ; ma piìi ,
perchè coloro che han <;ercato migliorarla non haa
prima ben esaminate le diverse circostanze dipendenti
dal clima , dall'esposizione , e dalla natura de'terreni ,
e non han riflettuto che la cattiva riuscita dell'inno-
Tazione confermar doveva i pregiudizj .
Cosi coltivato un vigneto , egli è vago , come dissi,
il vederlo carico di uve . L' ottobre è 1' epoca della
vendemmia . Ordinariamente non si comincia a ven^
demmiare se non dopo la metà del mese . Colà non
vi è pericolo che arrivino le brinate , e che 1' uva si
guasti. Ed è questa la ragione per cui i Resinosi pian*-
teuio indistintamente ^ e promiscuamente ogni sorla di
( 3.3 )
vitigni , che, come ognun sa, deb/jonsi piantare separa-
tamente non maturando ciascun vitigno alla medesima
epoca le sue uve . Tutte le uve sono allora malurissi-
me . Io ho col gleuco-enometro alla mano misurato il
grado di zuccaro che contenevano i varj mosti di quasi
tutti i poderi di Resina , di Portici , e della Torre del
Greco , e tutti m' indicarono il grado 28 al 29 e ta-
luni anche il 3o.
Con questi gradi di zuccaro non si deve attende-
re che un vino eccellente . Tal' è in fatti la lacrima ,
clie io piuttosto denominerei Ercolano , la quale in
Oltramonli ha un prezzo maggiore di qualunque altro
vino del Continente , eccetto il tokai . Ma qui da noi
questo viiK), che veramente ristora e conforta quando
sia bevuto moderatamente , ha lo stesso prezzo degli
altri vini del Regno . E per disgrazia non si ha puro,
perchè serve ai mercanti di vino per accomodare gli
altri vini d'inferior qualità . Ciò produce che i Resi-
nasi niuna cura prendono nella scelta delle uve , e ba-
dano più alla quantità che alla qualità del prodotto;
e perciò in vece di moltiplicar V agìiunica , piantano
ed innestano idi porcinola ^ come quella cha dà più uva
delle altre . Da ciò dipende ancora , che son ben po-
chi quei poderi che abbiano palmento , o tinaja , e
pochissimi i proprietarj che abbiano cantine . La fer-
mentazione si pratica all' aria aperta , in tini mal fatti,
né chiusi . Difficilmente passa il mese di novembre
senza che i vini non sien venduti . La fermentazione
non oltrepassa giammai il terzo giorno , ed in ogni
a4 ore la grassa s' immerge nel mosto , poiché si teme
40
(3.4)
che il viuo possa inacidire . Così il vino resta di gusto
dolce 5 ed è questo il sapore che si ricerca dai mer-
canli , i quali talvolta fanno espressamente fabbricare
un vino dolcissimo detto lambiccato , la cui fabbrica-
zione consiste di non far fermentare il mosto al di là
delle ore i!\ , e di passarlo quindi per la manica d'Ip-
pocrate .
Cosa sarebbero i vini Ercolanesi se si fabbricasse-
ro colle regole che la scienza prescrive . Qual durata
non avrebbero se si riponessero in botti ben costruite,
e si serbassero in buone e convenienti cantine ? Voglio
sperare che suU' esempio del Signor Pasquale Cozzoli-
no che ne ha fabbricate alquante botti colle regole che
gli ho additate, potessero gli altri imitarlo, e cosi mi-
gliorarsi quei vini naturalmente eccellenti .1
L vero che molti forestieri non han mancato di
trar partito dalle uve Ercolanesi per fabbricare degli
eccellenti vini : ma non han recato verun bene al paese;
poiché ne han fatto un mistero , ed hanno aggiunto ai
loro vini delle materie estranee , onde farli credere
vini di Ollramonti . Ella è questa un impostura .
Per ottenere , Signori Colleghi , che non solo i
vini , ma tutti gli altri prodotti del nostro Reg^no sì
migliorassero , non bisogna far altro che istruire i pro-
prietarj , istruirli senza ciarlataneria, ed incoraggiarli.
Ma ciò spetta a voi . Pensateci ! Io intanto passerò a
parlare di quegli alberi , ì quali nell' atto che fauno
coi loro fruiti la delizia delle nostre mense , formano
colà un secondo ramo di lucroso commercio . Ma non
essendovi clù non dia tra noi la preferenza ai mede-
r3.3 )
simi , conosciuti sotto il nome di frutti dì Somma ,
tralascerò di parlarne parli tamente , e mi fermerò per
un momento , onde non abusare della vostra compia-
cenza , a favellarvi degli ulivi , come quelli dai quali
potrebbero i Resinesi ritrarne un prodotto ricchissimo.
Ben pochi sono ora gli ulivi coltivati sulla collina
Ercolanese , e non appartengono che alla specie di
quelli che danno frutti da mangiarsi o in concia , det-
ta del capitello , o salati . Tali sono le cosi dette olive
di Spagna , ò le pasole che colà chiamansi rotondelle.
Ognun sa che queste due qualità di olive non danno
che poco olio, e quel poco che danno abbonda di ina-
cilagine .
Persuaso che l'olio di Ercolano superar dovesse
tutti gli altri olj del Regno, e che potesse stare a fron-
te a quelli di Provenza , io mi disperava per non po-
ter avere altra qualità di olive : ma la fortuna mi fu
amica . Essendomi un giorno f.;rmato avanti al cancel-
lo del Real Boschetto di Portici , m' incontrai eh; si
vendevano all' incanto delle olive di alcuni pochi al-
beri sparsi nel medesimo; ed avendo domandato a qua-
le sj)ecie appartenessero , mi fu risposto che non va-
levano , perchè non erano né le spagnole , né le ro-
tondelle . Ciò in' invogliò di andarle a vedere , e tro-
vai che appartenevano alle specie delle cosi dette cel~
line ^ ed ol'arole , le migliori per cavarne olio . Alle-
gro ])er questa scoperta , tornai colà dove si procede-
va alla vendila , ed avendo messo un prezzo superiore
alla loro vera valuta , fui preferito nella compra .
Tulle le olive furono sei tomoli , colà detti \>arri,
dalle quali ho cavato un'olio, che quantunque fabbri-
calo senz'arte ed in uno di quei trappoli ordinar] , pur
tulavia egli è eccellente. Eccone il saggio che ho l'ono-
re di presentarvi .
Qual altro ramo di speciosa ricchezza , oltre quella
del vino , e de' frutti non potrebbero riirarre i pro-
prielaij Ercolanesi , se innestassero a cellinì i loro uli-
vi , e se in vece di sorbi , nespoli , e carubbi, piantas-
sero, e moliiplicassero gli ulivi! E se questi moltipli-
cali , introducessero per 1' estrazione dell'olio il frattojo
de' loro antenati , che fortunatamente fu nello scorso
secolo rinvenuto negli scavi di Stabbia , con cui si ha
il comodo d' infrangere le olive senza rompere il nu-
cleo , per lo che all' olio non si unisce quell'acqua
mucilaginosa che il nucleo rinchiude!
Sarebbe anche ciò, rispettabilissimi Signori e Col-
leghi , un altro oggello da meritare i vostri savj , e fi-
lantropici liflessi.
(3.7)
Della macchina per le unzioni mercuriali . Memoria
del Socio Ordinario Pi et no Ruggiero. Letta neU
Adunanza del di 11 maggio }8io. (a).
i k^E vi è un metodo curativo, per la di cui inven-
zione può anilar superba , e piena di se medesima l'arie
salutare , dtsso è, a parer mio , l'applicazione del mer-
cuiio conilo del proteo morbo , la silillide. In tutti gli
siali dt'ir iulei nio , in tutte le apparenze del male , in
qualunque stagione, ed in qualsivoglia temperamento,
r applicazione del mercuri», eccetto pochi casi , debel-
la sempre con sicurezza la malattia.
2. Toslochè un morbo cotanto distruttivo del ge-
nere umano nella fine dt;l decimo quinto secolo tra-
smigrò , probabilmente , dall' Africa nell'Europa (Z»),
(a) Questa memoria fu letta nel mese di novem-
Vhe 1 8og . // Reale Istituto avendo incaricato i socj
signori Antonio Sementini , e Bruno Amantea , onde
avessero in unione dell' autore posta in pratica la 7io~
velia macchina nelf Ospedale degV Incurahili , dietro
il rapporto de' medesimi fu la memoria approvata nel
mese di maggio , una colie aggiunzioni fattevi dal si-
gnore Arnaiid macchinista , come si rili'va dull.i se-
conda tavola di cui si avrìi in Jine la descrizione . No-
ta del Compilatore.
(1>) Per lungo tempo si è creduto che la sifdlide
sia pervenuta in Europa dall' America . Oggi però
(3.8)
i medici , forse senza lunga fatica , gli opposero la
grande medicina , il merciuio . Mi sembra che dob-
biamo onninamente confessare che ne' grandi bisogni
dell' uomo la provvida natura gli offre subito le gi-
gantesche risorse. Si conosceva in Europa, anche pri-
ma dell' epoca del male venereo , che le ulcere cuta-
nee , e le erpeti in g:>nera]e curavausi mollo bene eoa
questa medicina . Ma perchè la lue nel primo suo na-
scere offendeva con pustule , e piaghe depascenti la
cute degli Europei, più spesso di quel che oggi osser-
viamo, perciò i medici guidali dall' analogia , e perchè
alloi'a la siliilide si credè morbo spontaneo , ricorsero
all'uso del mercurio , e con grande vantaggio degl'ia-
fenni ['jj .
con molte ragioni vien dimostrato , chi nel viaggio
eli Colombo già la Ine era comparsa in Europa , e
che gli Americani per allora non la conoscevano. Tra
tanti sentimenti , che cercano ileterminare dónde ftt
lue ci è pervenuta , prevale quello che sostiene averla
noi ricevuta dall' Africa . Fabre Traité des malaties
veneriennes.
fa) / Greci furono i primi , per quanto io sappia,
che cominciarono ad adoperare il jneniirio come me-
dicamento , anche prima della conoscii.ta si/ìllide ^ ma
perchè non ne conobbero il vero metodo di adopt^rarlo
furono avviliti dalla grande salivazione , che produce-
va agi infermi , e V abbandonarono . Quindi gli Ara-
bi , che neppure avvertirono essere difettoso il metodo
(3.9)
3. Dippiù siccome in que' tempi , ed ad un'epo-
ca ancora non molla limola da noi , si credè , che
ogni male dovesse terminare con critiche evacuazioni ,
e che la crise più propria della lue fosse la salivazio-
ne , ed i sudori, cosi li medici animarono la cura
mercuriale con chiudere gì' infermi quasi ermeticamen-
te in una stanza . Colà , a noruìa del Tempio di Ve-
sta , ardeva in tulle le ore una grande quantità di
fuoco , ahbeveravansi spesso gì' infermi con decozioni
sudorifere, si tuffavano quolidianatnente ne'bagni caldi,
o per Io meno si adoperavano stufe di vapori. In tal
modo la medicina , e gli accessorj , agivano del pari ,
perchè mentre quella distruggeva il morbo , questi
ammazzavano l' ammalato . Che se qualcuno meravi-
gliosamente sapeva resistere alla cura senza terminare
la vita, ne usciva semimorto, e difformato , avvilito
di forze , colla pinguedine consunta , sdentato , con
gingive e palato carico di ulcere , 1' alito puzzolente , la
testa svanita ec. ; onde per riprendere 1' aulico stato
(li amministrarlo , pensarono , che fosse venpjica V in-
dole del medicamento , ma volendone ripigliare l'uso,
proccnrarono corriggerne la malignità , mischiandolo
con diverse droghe. E celebre l' unguento Saraceno
composto di una nona parie di mercurio , ed otto
none parti di semi di stafisagria . Ma siccome il di-
fetto , ch'era il metodo , non venne neppure allontanato ,
perdi) anche nelle loro mani seguitò il mercurio a
produrre varj sconcerti.
( 320 )
di salute , gli costava j)iù di fatica , clie per curarsi
dal male . I tiìedici per altro non sopportavano con
indifferenza questa carneficina degl' infermi ; ed alla fi-
ne colle continue riflessioni , e colle replicate sperien-
ze conobbero , die lutto il danno era vera conseguen-
za del metodo mal' inteso , con cui la medicina veniva
semini nistrata . Eglino adunque s' impegnarono e riu-
scirono a coniggerne l'errore 5 ed oggi possiamo fran-
camente asserire co' fatti alla mano , che il gran me-
dicamento adoperato per frizioni liesce sempre vantag-
gioso anche alle gravide , a' bambini , a' vecchi , ce. ,
purché si colpisca la vera occasione , e si adoperi col
Hietodo ultimamente riformato.
4. Con tutto ciò mi credo pieno di ragione ad as-
serire , che le frizioni mercuriali eseguite col metodo
edieriìo , ch'è il piti perfetto, si rendono micidiali per
alcuni uomini , e diflicili ad eseguirsi per alcuni altri.
A tale oggetto mi sono determinato , eruditissimi si-
gnori Colleghi , di proporre qualche mezzo come ripa-
rare codesti inconvenienti particolari.
5. A tutti è noto , che la cura di mercurio ri-
chiede due necessarie coudizioni , che possono dirsi
esterne : la prima consiste nell' unguento ben prepara-
to , il che è facile ad ottenersi : la seconda nelle fri-
zioni eseguite da esperti pratici , de' quali in Napoli
ne abbiamo degli ottimi . Questi manovrieri per tanto,
affin d' impedire , che il mercurio penetri nella di lo-
ro macchina ( giacche riesce sempre dannoso a qua-
lunque individuo , allorché s' introduce nel suo corpo
in grande quantità e senza bisogtio ) adoperano molte
e 32t )
diligenze, che a lulli sono note. Ma ciò non ostan-
te, gli unziouaij appena hanno conlinualo il di loro
meslioro per lina decina di anni , clie o muojono con
sfrenata eniollise , o si debilitano in modo , che diven-
gono Iremoli sopratulto nelle braccia e nel collo; onde
restano inabilitati per qnesla o per ogni altra fatica .
Costoro adunque , dopo il corso di alcuni anni , o
perdono la vita naturale, o rendendosi inutili per lo-
ro stessi , e per gli altri , perdono la vita civile ; e
possiamo considerarli come i condannati allo scavo delle
miniere. Io per altro non so quanto sia permesfO
nella Società di mettere a ripentaglio la vita di alcuni,-
per rendere salva quella di altri . Mi costa solo , che
la vita degli uomini è egualmente eslimabile fino al
più infelice della terra, e che i medici debbono af-
faticarsi non solo per restituire la salute agi' infermi ,
ma molto più per conservare quella degli uomini ,
che non ancora l'hanno perduta.
G. In secondo luogo dissi , che le frizioni mercu-
riali si rendono di difficile esecuzione per un gran-
de numero di persone . La prima difhcoltà consi-
ste nel dispendio , che ascende per lo meno ad una
trentina di ducali , non tanto per il valore dell' un-
guento , quanto per il compenso, che si dee agli unzio-
narj , i quali non sono mai a sufiicienza rimunerati ,
perchè logorano la propria salute .
-]. La seconda difficoltà poi è quella, che rende
assolutamente ineseguibile la cura delle frizioni 5 e que-
sta consiste nel trovarsi spesse volte bisognose della
gran medicina le zitelle di famiglie onorate , le donne
41
( 323 )
ligate in matrimonio , 1 figli di padri severi , 1 sacer-
doti , ed altri personaggi di riguardo , che tengono mol-
to a cura la propria stima, e quella de' loro congiunti -
L'ordinaria cura delle frizioni non può mai mettersi
in opera senza farsi nota all' unzionario , a' congiunti ,
ed a' famigliari . Posto ciò, molti di tal' infermi per
non denigrare il di loro buon nome , si contentano
sagrificare la propria salute , e qualche volta benan-
che la vita .
8. Tutte queste riflessioni , che non sono sicura-
mente nuove, da lungo tempo hanno toccato nel vivo
il cuore de' medici , per cui molti di essi , ed io an-
cora, abbiamo spesso consigliato gl'infermi ad eseguire
le frizioni colle proprie mani . Un tal metodo a pri-
ma vista sembra, che dilegua tutte le di ficoltà fin ora
esposle , e pare , che si renda più utile del metodo
generale , perchè in simil guisa il mercurio penetra per
le mani, e per il luogo, che viene essere sfrolinato. Il
fatto sta , che io ho veduto costantemente da ciò due
conseguenze niente lodevoli nella pratica , e ini lusingo ^
che sian pur note a chi riguarda le cose criticamente,
e con posatezza . La prima si è , che mai gì' infermi
con lue confermata non restano perfettamente curati j
non solo perchè non impiegano nel piede tutto l'unguento
necessario , giacché manca loro la forza , e la pazienza
di strofinare per un pajo d' ore continua quella parte
in una molto svantaggiosa situazione j ma benanche
perchè si sospendono le cure a mezza strada , giacché
si sgomentano a consumare circa ott' once d'unguento ,
eh' è l'ordinaria dose per distruggere la lue conferma-
( 323 )
fa . La seconda conseguenza è più ten-iblle della pri-
ma , perchè io ho trovato spesse volte vero , che questi
infermi non solo per la mal comoda situazione , che so-
no obbligati di sostenere nello strofinare colla propria
mano l'arco plantare, ma forse anche perche la por-
zione di mercurio , la quale per le mani incanalando-
si ne' \'asi linfatici corto a corto giunge, subito a' pol-
moni , ed offende questi , per cui spesso si assoggetli-
scono air emoltise , e sopratutto i gracili di complesso.
Dal canto mio nello spazio di otto anni ho veduto ben
dieci individui sputar sangue con tosse nel corso delle
frizioni mercuriali , eh' eseguivano colle proprie mani.
Con ragione adunque ho di già eliminalo dalla mia
pratica questo metodo , che in luogo di ristabilire ,
consuma gli ammalati .
g. In fine bisogna riflettere , che gli attaccati da
lue , i quali si passano per le frizioni negli ospedali ,
ordinariamente n' escono come n' entrarono , o poco
migliorali . Che se qualche volta sembrano sani , Io
sono apparentemente ; perchè nel cambiarsi delle sta-
• gioni vengono di nuovo sopraffatti dagli stessi sintomi.
Sappiamo che per consumare due dramme di unguen-
to napolitano sotto gli archi plantari , si richieggono
due ore di strofinio. In un grande ospedale al con-
trario , dove sì debbe in ciascun giorno soinniiuistrare
il mercurio a sessanta inalati circa , vi si tengono ad-
detti ammalappena quattro o cinque unzionarj , i quali
procurano disbrigarsi in du3 ore di tempo , consuman-
do pochi minuti per ciascun infermo; la cura dunque
dev'essere necessariamente imperfetta. Anzi gli unzionaii
( M )
pel" disbrigare In pochissimo tempo 1' operazione , un-
gono JQ luogo di stropicciare , 1' unguento lungo le
gambe; per cui difficilmente in questo nostro ospe-
dale un uomo, che soggiace alla cura nurcurial; va
esente da gran salivazione ; cosa che non osservia-
mo,nelle case particolari.
io Tutte queste riflessioni , vale a dire i. il fre-
quente bisogno di dover n iscondere la malattia , e la
cura istessa , che degradano il buon nome , 2. la spe-
sa significante, che non può sost^-nersi con indiferenza
da ogn' infermo , 3. il danno, che ne ricavano gli un-
zionarj , 4 1' impossibiliià di potersi eseguire questa cu'-
ra con esattezza negli osp dali ; 5. ed in fine il desi^-
derio di moltiplicare o facilitare i nit'zzi dalla nostr*
arte, mi hanno aguzzato 1 ingegno ad inventare una
niacchiuuccia , colla quale ciascuno infermo possa da
se slesso eseguire le frizioni , purché tenga le braccia
immuni da ogni ma-I ore . (ihv^ Sfl poi. questi arti non
fossero interamente a sua disposizione , allora roirajuto
di un famigliare qualunque , che <lia nìilo alla nncilii-
iia,può eseguire facilmente le frizioni m-^rcuriali. Sono
già dodici anni, che ho posto in opera il mentovato
istrumenlo , e posso onestamente rassicurare questa
rispettabilissima adunanza, che lutti gl'infermi, che
r hanno adoperato , sono perlettamente guariti dalla lue
tanto generale , che confermata . Mi duole di non po-
ter designare i soggetti, che sono riuìasti estremamen-
te obbligati a tale invenzione , perchè distruggerei in
un momento il più bel vantaggio , che da lui si rica-
va . Invito intanto il signor Presidente ad incaricare
1
la classe di Medicina, afGnchè prenda in considera-
zione il metodo da me esj>oslo , e che trovandolo uti-
le col fallo, possa questo convalidarsi di maggiori pruo-
\e , ed in tal guisa generalizzarsi in poco tempo per
r utile dell' lunanilà.
Descrizione della machina.
II. Questa nuova macchina è composta r. daV tor-
no , 2. dal telavo , dove gira il torno , 3. da un arco
armato di corda , per mezzo del quale si comunica il
movimento al torno istcsso y come si osserva nella
fig. ^-
Spies^azione della Tavola prima .
13. I^ii^- /. T'orno . Per inteni'ere bene la descri-
zione di quoslo torno bisogna esaminare prima di lulto
la sua ossatura , che si osserva nella /ìg. V.
i3; Fig. ir. Scheletro del torno. Lo schek'tro
del forno consiste in un asse di legno cilindrico nel
mez/.o , e quadrato negli estremi lungo pollici i4 , e
mezzo pollice doppio 5 la parte media di questo cilin-
dro, che io chiamo collo del tomo , ha il diametro di
un pollice e mezzo, ed un asse di pollici due in tre,
secondo che le girelle tengono maggiore , o minore
convessità verso del collo del torno . Il collo del tor-
no è rinchiuso da due grandi girelle del diametro ip
pollici 8, e due altr& girelle, ma ])iccole,vi sono ne-
gli estremi A B dell'asse, le quali hanno il diametro
di pollici 4 • Queste quattro girelle sono di legno di
( 326 )
noce bianco , perchè legno forte , e leggiero ; hanno
piccola grossezza nella circonferenza, afGnchè il tor-
no riesca leggiero . Le girelle escavale con un foro nel
centro ( dove sono più doppie e convesse verso il
collo del torno ] vengono ricevute dall' asse , e coli*
ajuto dell' icriocolla restano ligate con quello .
i4- Preparato in questo modo lo scheletro del
torno , si empiono di peli caprini gli spazj voli
( AD , BT) Jìg. I. ) tra le piccole, e grandi girelle ;
cmpionsi però in modo da formare due cilindri col
diametro delle piccole giielle ; colla coudizione , che
gli estremi loro verso le grandi girelle abbiano la se-
zione di qualche linea superiore a tutto il resto , af-
finchè possa questa parte empiere meglio ì'escavazlone
dell'arco plantare. Questi crini vanno coperti di tela
per conservare la descritta figura , e per coprii'si quia-
di di cuojo , come diremo or ora .
i5. Dall' esposta descrizione si capisce , che da
ciascuna grande girella resta su' cilindri un orlo supe-
rante , dell' altezza di un pollice circa , che io chia-
mo creste del torno , le quali nella faccia esterna ,
corrispondente a' cilindri , saranno pur coperte di cri-
ni, e di tela come i cilindri istessi . In fine i due ci-
lindri , e le creste vengono coperte di quella pelle , di
cui i nostri unzionarj hanno il di loro guanto per strofi-
nare il mercurio . La migliore pelle è la vera pelle di
dante, eh' è doppia, morbida , e di pori strettissimi ;
ma questa è rara a trovarsi , almeno fra noi , ed è di
molto costo . Perciò se le può sostituire qualunque
xuojo , purché sia sottile . Questo cuojo si adatta
(3a7 )
la modo che la superficie carnosa, che si chiama car-
niccio y resta esterna , ed interna la superficie levi-
gata ; perchè in questo modo il contatto ■ del torno
sarà. più morbido sotto del piede. Il cuojo , che copre
il cilindro sarà di un pezzo solo, ed avrà una sola
cucitura ; quello poi , che copre la cresta , sarà benan-
che di un sol pezzo , ma senza cucitura , eccetto quel-
la che unisce il cuojo della cresta e quello del cilin-
dro. Le cuciture saranno interne , e bene strette , al-
trimenti 1' unguento mercuriale vi penetrerà per mez-
zo dello strofinio . In fine si avrà l'accortezza di levi-
gare questa superficie aspra del cuojo col mezzo della
pomice, affinchè niente d'unguento rimanga nascosto,
ed i punti di contatto tra 'l piede ed il torno siano
molti ,. ed uniti .
i6. Fig. I. Torno già terminato. Negli estre-
mi del torno A, B, vi sono due perni di ferro ( ve-
di ^j"'. JC. ) eh' escono dagli estremi dell'asse, i qua-
li entrano poi ne' due forami I , I delle stanghe ,
o siano sostegni del torno [Jig- IH- ) per inezzo de'
quali il torno si rende mobile. la questo modo il
torno richiede molta lorza nello stropicciare i piedi ,
por cui ho Cercato adattarvi i perni del vero torno ,
e che gli artisti chiamano punte di acciajo , Jig. VII.
Vili. IX.
17. La pelle de' cilindri sarà inchiodata nella su-
perficie esterna delle piccole girelle A, e B , e nel!'
orlo delle grandi D. ,^ e D. Fra le creste , e la pelle,
che le copre , vi sarà bemnche una piccola imbotti-
llèra di criai , in modo che la cresta sia sottile nell'
( 328 )
cHo , e doppia nel toccarsi col cilin dio ; ed affincliè
r attrito , che si larà da questa suU' interna parte dell'
arco plantare , sia nioibido , e non duro .
1 8 Fìg. II. U arco , che fa girare il torno . Que-
sto consiste in una perlica di legno G , G , lunga
palmi 3 e mezzo , dotata di un manico fisso in F ,
il quale sia lungo pollici 6; questo manico serve,
perchè l'infermo vi adatti ambe le mani, e possa in
qucslo modo con maggior franchezza muovere il tor-
no , allorché voglia stropicciare tutti due i piedi n eli'
istesso tempo ; e serv^ ancora per ivi fermare la cor-
da dell' arco . S3 poi ama di fregare un piede per
volta , questo manico non è necessario , e basta in
quel luogo un piccolo pozzo di legno per assodare
il cordellino E E dell'arco. Questa corda, la quale
è fissata prima mU' estremo inferiore, si gira poi due
o tre volte intorno al collo del torno , ed indi si passa
per una escavazione fatta sull' apice superiore dell' ar-
co , e si assoda sul suo manico F .
19. Fig- IH- Telajo dove gira il torno . Il telajo
consiste in due laterali , o stanghe HH , HH , lunghe
non meno di tre palmi , e mezzo , e larghe pollici
due , e mezzo . Si po.^souo fare anche di legno di
pioppo , non essendo necessario legno forte . Vi sono
tre tavolette traverse R , R , R , delle quali la media
necessariamente deve avere tre pollici di larghezza , e le
altre possono farsi più strette . Negli estremi superiori
delle stanghe , e propriamente nel lato inferiore vi è V
incisione H per cadauna , che serve per fissare questi
estremi del telajo su di uno sprocco di sedia , come
(3.9)
si osserva nella ^g-. V. La traversa media tiene nel
mezzo una grande escavazione per dar luogo alle cre-
ste del torno .
20. Fig. IV. Vedi Jìg. I.
21. Fig. V. Infermo in atto <Ii eseguire da se
solo le frizioni mercuriali col torno . Se poi avesse t
arco col manico , lavorerebbe con ambe le mani ,
come si osserva nella Jìg. X. dell' altra Tavola .
22. Fig. VI. Tavoletta die resta inchiodata de^
bolmente sulla traversa media del telajo . Questa ser-
ve di sostegno posteriormente al tallone , affinchè il
piede non venga menato in dietro , allorché il torno
è in azione . S' inchioda debolmente , perchè si possa
di nuovo schiodare, e portarsi più avanti q più dietro
a proporzione che il piede da strofinarsi è più lungo o
più corto .
23. Fig. VII. Una delle punte di acciajo , su
delle quali dee girare il torno in luogo de' perni di
ferro A B della fig. I. Lia vite a b termina in punta
conica b, ed è ricevuta dalla scrofa ed, la quale
sarà inchiodata ad una stanga del telajo nel punto H,
fig III.
24. Fig. Vili. L' altra punta di acciajo sta fissata
nel pezzo di ferro ih, che s' inchioda nell' opposta
stanga del telajo .
25. Fig. IX. Un perno di acciajo di figura qua-'
drata , che s' introduce nell estremo A , fig. I- delt
asse del torno. Nell'apice/ di questo perno si os-
serva un foro conico , che riceve una delle punte de-
scritte . Nell'apice B,fig. I. s'introduce un altro per-
42
( 33o )
no come 11 già descritto , il quale pur nelF estremo
• libero avrà un foro conico per ricevere 1' altra punta
<u acciajo_. Con questo mezzo il torno gira più facil-
mente , esige minor forza nella mano motrice , e
coir ajuto della punta a b fatta a vite può stringersi,
allargarsi , togliersi , e rimettersi a proprio piacere
nel telajo .
> 26. E però d'avvertirsi, che queste punte ed ì
forami conici ne' jierni di acciajo , da cui sono rice-
vute , si consumano nello spedale dopo un mese che
la macchina si è posta in attività . L' accortezza di un-
gerle di olio spesso allorché gira il torno , e la sicurez-
za che siano di vero acciajo daran loro una più lunga
durata ; ma ì perni lunghi descritti , Jig. X. , senza
di ciò sono perpetui . Adunque se le punte facilitano
il moto del torno , i perni sono di maggior dm'ata ^
ed io preferisco questi per gli ospedali .
27. Fig. X. Il perno di ferro A B lungo più dì
un pollice è di figura quadrata da 2 in 3 , eh' è la
porzione che dee penetrare tutta nell' asse del torno :
da I in 2 è di figura rotonda , ed è la porzione che
resta scoperta fuori dell' asse del torno , che dicest
collo del perno , e che penetrando ne'foi'ami escavati
alle stanghe, ^g". III., fa girare il torno . Questo collo
del perno vicino al suo corpo è più doppio , che nell'
apice estremo , e quella doppiezza dicesi collare del
perno . Questo collare serve affinchè il torno nel suO'
moto non traballi ia mezzo a' sostegni ,
( 33r )
Metodo per far uso del torno .
28. Armata la tnaccliina nella maniera esposta , si
tiee situare come si osserva nella y^'g'. V., vale a dire,
che gli eslreml superiori del telajo poggiuo sopra lo
sprocco di una sedia, o più superiormente sul lembo
del sedilo della ssdia istessa . Questa sedia è sita iu
modo che tocca colle spalle ia faccia al muro della
stanza per renderla fissa all' azione del torno . Gli
estremi iiifc-riori del telajo tagliali a sbiscio colla tra-
versa inferiore, da cui sono sostenuti , poggiano sul
suolo. Quivi si adatta una sedia per far sedere l'in-
fermo , la quale con uno de' suoi piedi anteriori pre-
me r inferiore traversa del telajo . L' infermo intanto
Seduto su questa sedia poggia il calcagno di un piede
( e sia per esempio il sinistro, com3 nella j^g. V. )
sulla traversa media del telajo , e la pianta sul corri-
spondente cilindro del torno , in modo che la faccia
interna dell' arco plantare tocca la vicina cresta del
torno . L' altro piede lo fissa sulla stanga corrispon-
dente del telajo , e prende 1' arco colla mano dritta ,
colla quale agitando l'arco istesso comunica al torno
i moti contrarj di rotazione , necessarj per la frizione
mercuriale .
2Q. Questa situazione dell'infermo è tale, che lo
mette nelle circostanze di agire comodamente , ma
rende anche fissa la macchina istessa nell' eseguire le
frizioui .
( 332 )
Avvertimenti necessarj per V uso di questa
macchina .
3o. Tutte le volte, che l'infermo comincia le
frizioni , sarà prudente conJoUa stropicciare un piede
dopo l'altro, e non già ambidue nel tempo istesso ;
perchè in questo modo con due o tre giorni di eser-
cizio acquisterà tutta la necessaria espertezza, e quln-^
di gli riuscirà facile strofinare tutti due i piedi nel
tempo istesso . In questo secondo caso la sedia , dove
siede l'infermo, non poggerà sulla traversa inferiore
del telajo, ma sarà regolarmente situata sul pavimeni-
to , ed alquanto discosta dal telajo ; perchè i piedi
dell' infermo , che poggiano sulla traversa media , ba-
stano per mantenere ferma la macchina . E però d'
avvertirsi, che se il torno deve esser mosso dall' istesso
infermo , sarà più prudente stropicciare un piede per
volta, allorché si tratta di una donna o di un uomo
debol
e .
TS.
3i. Situato r infermo nel modo descritto proccu-
rerà tener fermi i calcagni sulla traversa media del te-
lajo , e le piante de' piedi le poggerà Ipggermenle su'
cilindri del torno. Se questa compressione fosse alquan-
to pesante , ne nascerebbono due mali 5 il primo , che
( 333 )
il piede si riscalda moltissimo con positivo incomodo
dell' infermo ; il secondo è , che si richiede molta
forza per far girare il torno . Purché si abbia riguardo
a questa prima condizione , con piccola forza si stro-
picciano ambidue i piedi in un tempo solo .
ni.
32. La facilità di stropicciare i due piedi nel
tempo istesso è maggiore quando il torno è armato
di punte ne' suoi estremi, che quando è armato di:
perni
IV.
33. L'arco non si debbe muovere con molta ve-
locità , affinchè il torno non acquisti molto impeto ,
il quale riscalda il piede con gran fastidio dell' ia^
fermo .
V.
34- Quanto più i cilindri del torno sono volumi-
nosi , tanto più presto sarà consumato 1' unguento,
che si è spalmalo sulle piante de' piedi j perchè que-
sta pianta essendo quasi piana , avrà sempre maggiori
punti di contatto col cilindro, allorché è più grande
la circonferenza di questo : non mai però la circon-
ferenza sarà tale che debba strofinare sul calcagno , e
sulle di^ de' piedi .
(334)
VI.
35. Con questo istrumento si impiega il terzo di
tempo, che consuma 1' unzionario , ed anche meno.
Bastano tre quarti di ora di tempo coli' uso del tor-
no per eseguire ciascuna frizione, e l' uuzionario la
prolunga ben spesso due ore e .mezza , ed anche
tre ore .
VII.
36. Allorché il torno è nuovo bisogna ingrassar-
lo, aftinché insuppato una volta , ributti poi l'unguen-
to che dee stropicciare . Il torno s' ingrassa stropic-
ciandolo con grasso porcino, quindi si asciuga al so-
le o vicino al fuoco per replicare l' istessa operazione
la seconda , e terza volta ancora . Con tutta questa
diligenza pur la pelle del torno , come quella del
guanto dell' unzionario , assorbisce unguento sulle pri-
me ; e perciò le prime tre o quattro frizioni si fai'auT.
no con dose tripla d' unguento ,
VIII.
37. L'infermo conosce essere terminata la frizio-
ne, allorché la pianta de' piedi e la pelle del torno
non è più lucida ; e dippiù quando toccando leggier-
iiiente la pianta del piede coli' apice di un dito della
mano , questo non si annegrisce .
(335]
IX.
38. Tanto II torno , quanto il guanto dell' un-
zionario s' incrostano di grasso addensato continuan-
do le frizioni ; e questo si mischia col nuovo unguen-
to , il quale resta debilitato da tanto grasso , e ren-
desi difOcile l'assorbimento del mercurio. Dunque
a norma de' guanti degli unzionarj, bisogna dopo set-
te in otto fiizioni pulire bene il torno con un panno
qualunque .
Spiegazione della Tavola seconda .
Fig. I. Sheletro del torno . Vedi la spiegazione
della Fig. IV. nella Tav. I
Fig- IT- L' intera macchina chiusa , e guar-
data di prospetto. ¥jS , ¥u braccia del torno ; r/ _, gh
sostegni delle braccia ; pò , nni creste del torno , nel-
la faccia esterna delle quali il cuojo forma un piano
inclinato su' cilindri , il che produce una figura adat-
tata per tropicciare l'arco plantare nella superficie in^
feriore ed interna laterale .
Fig. III. GH, GH braccia del torno; HI, HI
sostegni delle braccia , i quali sono uniti colle stesse
braccia per mezzo di viti a rubinetto in HH , per po-
ter chiudere la macchina. G, e G sono semicerniere,
che si uniscono colle altre due metà fissate nella base
del telajo , come si osserva In M, ed M, Fig. IV.
{ 336 )
Le punte di ferro i , 2,3 sorgono perpendicolari
nelle braccia del lorno per sostenere i due perni la-
terali a ^ b della tavoletta , Fig. V. che serve di ar-
gine sii tallone , affichè non venga menato in dietro
dal movimento del torno .
Fig- If^- Base o pianta della macchina . Qui-
vi sono da notarsi due laterali MN , MN con due
traverse MM , NN ; le intere cerniere M ed M ,
e le dentature 4^ 5, 6; 4» ^5 6, le quali ri-
cevono gli estremi inferiori I, I de' sostegni HI, HI^
fs- III
Fig. V. Tavoletta , che sostiene i talloni , ac-
ciocché il piede non si dissesti dal suo sito per il
movimento del torno posto in azione . In questa si
Dotane ;due rialti « d , e b , de' quali ciascuno forma
il suo cavo nel lato interno in d , eà in e; due per-
ni traversi di ferro a ^ h , che poggiati sopra uno de'
perni perpendicolari i , 2 , 3 , fig. 111. , non solo so-
stengono la tavoletta, ma offrono la comodità di
portare l' istessa tavoletta avanti o in dietro secondo
la lunghezza del piede , che si stropiccia . P è un po-
mo di legno per prendere la tavoletta , e portarla ove
piaccia .
Fig. VI. U intera macchina guardata di prò-'
fio.
Fig. VII. U intera macchina chiusa , e guardata
dì prozio .
Fig. Vili. Arco guardato di prospetto. OQ
pertica di legno } b manubrio dell' arco j O palla di
( 337 )
legno , die riceve una vile lunga di fono , la quale
si avvila colla scrofa mobile di ollone, che si osser-
va nella 7?jg-. XI: d occhiello di ollone , che continua
colla scrofa , e serve per ricevere 1' estremo superiore
della corda .
Fig. IX. Arco guardato di profilo , e correda-
to di corda , dove si osserva la corda islessa liga-
ta neir estremo inferiore dell' arco RV , e coni è rav-
volta intorno al collo del torno in T , e ligata all' oc-
chietto di ottone S . Quest' occhietto è una continua-
zione della vite femmina rinchiusa nell' arco , e che
riceve il maschio di ferro affidato alla palla di legno
R . Or ognuno intende , che girando a dritta la palla
R, tirerà in sopra l'occhietto S, ed in conseguenza
si tenderà la corda j e viceversa girandola a sinistra
sarà rilasciata la corda . II pezzo di legno g h serve
per coprire il gioco delle viti nascoste nell' arco .
Il manubrio descritto nell' antecedente figura si osser-
va in o .
Fig. X. Infermo in atto di darsi le frizioni mer-
curiali. Non si è stimato adattare ambi i piedi sul
torno , per dimostrare più chiaramente la situazione
del piede istesso .
Fig. XI. Vite , che si nasconde nel manico
dell' arco per tendere o rilasciare la corda giusta il
bisogno . A palla di legno , dove si assoda la spira di
ferro AB . Questa spira si avvita nella scrofa C . La
scrofa continua in CB , dove si piega producendo Bc?
con un occhio in d, il quale esce fuori del manico,
e riceve 1' estremo superiore della corda de. L' uso
43
( 338 )
di questa vite si è detto nella spiegazione deWafìg IX.
Questo telajo tanto complicato rluscii'ebbe utile nella
pratica, qualora si fissasse j perchè il telajo facilmente
si apre nell' azione del torno , e le ferrature si rom-
pono ben spesso negli ospedali , dove la macchina fa-
tica moliissiino, ed è maneggiata da persone sciocche,
e uoa curanti.
Fa^. 33 S.
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(339)
Sulle campagne di Puglia . Saggio del Socio Ordina-
rio Lucy0 DE SAMUELE Cagts AZZl . Letto all' AdU'
nanza del di i8. agosto 1810.
Hoc opus , hoc studitim parvi properemus , et ampli ,
Si patrice volumus , si nohis vivere cari .
Hor. L. I. Ep. III.
T leti divisa la Puglia in piana e pietrosa . La parte
piana , eh' era I' antica Dauuia , confinata verso il suo
settentrione dalle montagne del promontorio Gargano
nell'occidente e libeccio dalla catena degli appennini,
nel levante dal mare e dalle inurge [a] , sì prolunga
tra queste e le montagne di Basilicata fino al seno
Tarenlioo . In una mia memoria, che trovasi inserita
nel XIII volume della Società Italiana delle Scienze , io
ho presentato le mie congetture di essere stala mia ta-
le pianura fino al detto seno Tarentino sotto le acque
lungo tempo dopo che gli appennini e le nnirge era-
no già discoperle, formando in conseguenza un isola
del suolo pietroso che un tempo era abitato dai Salen-
tiui , Peuceti e Calabri , ed oggi costituisce le due pro-
vincie di Bari ed Otranto .
(a) Senza credere che tali luog/ii sieno stati un
tempo dominati da Murcese diconsi murge le colline
pietrose della Puglia corrottamente da muricce, ammas~
si di pietre , perchè tali sembrano nelle loro falde .
( 34o )
Per ben conoscere la cfiialilà del terreno, e tutte
le altre circostanze locali delle già dislinte ])aril della
Puglia, uopo è che in Lieve la loro litograda io uè
faccia .
Sono le mrtrge di un indole tnlta diffi-rente dagli
appenniiii , e d;il!a I:inga catena di questi sono distac-
cate mediante l'indicata pianura, contra 1' opinione di
tulli i geografi che l'han credute una continuazione di
essi appennini . Queste murge nel costituire le loro
diramazioni sulla già detta ostensione son poste in mo-
do da indicare cliiaramonte la corrispondenzT tra gli
angoli sinvoj e quelii rilevanti . I sfrati che le costitui-
scono son di posizione orizzontale, o poco da questa
diffcienle , purché qualche slraorclinarìo accidente non
li al)l)ia turbali coinè avvi luogo a credere in varj siti.
Son dessi di pietra calcare , o sia carbonato di calce , di
una tessitura compatta, a segno che non può lavorarsi
che con piconi e martelli, e serve aì!a costruzione di
durevoli edifizj , e più di ogni altro a lastricare le
strade ; colla coltura conveniente si converte in buona
calce . Questi strali non sono di egual grossezza , es-
sendovene alcuni di più piedi , ed altri progressiva-
mente di due o tre linee. F, rimarcabile che gli strali
di una rupe bene spesso corris[)ondono nella grossezza
e tessitura con quelli dell' altra prossima , posli alla
slessa direzione . Fra questi strati scorrer si vedono
non di rado de' filoni di ossido di ferro , alquanto mi-
sto di marna , che in alcuni luoghi prende la consi-
stenza di ematite .
Questi solidi strali calcari sono i soli componenti
( 34. )
tifile murice , tic; altro sasso ritrovasi , a riserba del
tufo anclij calcar.! di cui dovrò parlare . Questi strali
sembrano prodotti non già da una lenta precipitazione
di materie, ma piuttosto da una sollecita disposizione
causala da eslo acquoso. L da credersi però, die qual-
che s azio abbia dovuto passare Ira la Ibruia/ione o
sia deposizione di uno strato ed il suo sovrapposto ,
giacché tra aliuni non essendovi altra materia fram-
mezzo, se molle fosse slato il sottoposto , nell' atto che
si dcj'oneva il superiore , si sarebbe con esso unito ,
anche in forza del peso ; si vede anzi in molli la su-
pcrlicie alquanto più dura. Il limo calcare che pro-
dusse questi strali considerandolo prodotto da' corpi
organici marini , dovè subire una poderosa azione dall'
esto delle acque per più secoli , giacché le sue parti-
celle sono assai assottigliale ed uniformi ; o pure è da
credersi primitiva questa terra calcare. Giova però
sapere che in queste pietre le più dure e compatte si
trovano non di rado de' residui di corpi animali.
Queste osservazioni unite alla monotonia che pre-
sentano nella loro interna costruzione le ììiurg^, non
che nell'esterna, la loro umile grandezza e forma ton-
deggiante per lo più 5 ci mostrano la loro formazione
subacquea , ma differente però e non contemporanea
a (juella degli appennini . Hanno questi per lo con-
trario r esterna ligura poco tondeggiante, e spesso
alle falde dirupata e la costruzione interna confusa ed
irregolare per i compononli , e posizione de' strati ,
giacché la parte sassosa degli appemiini prossima
alle minge y che sono i monti di Basilicata, suol con-
( 34. )
sistere iu disordiuati ammassi di cote arenaria , con
qualche strato di petroselce , e qualche grosso strale
di pietra calcare , non cosi bianca e pura della prece-
dente , né della slessa tessitura . Avendo inoltre più
volte livellato le più alty cinje delle ninrge \ l'ho ri-
trovate tutte più basse di quelle degli appennini ; che
perciò è da credersi che le inurge erano un tempo
sotto le acque , quando al di fuori erano gli appennini.
In seguito poi che le acque restarono discoperte,
ìe murge più elevate dimorar dovettero per lungo
tempo sopra strati di quella pietra calcare di livello
inferiore alle falde di esse murge ; e nelle loro valli
come anche nelle pianure intermediarie tra le murge
ed i monti appennini , eh' è propriamente la pianura
Daunia, che stendendosi fino alle l'adici del Vulture ,
va quindi a dilungarsi fino al seno Tarentino . In que-
sti fondi ricopeili di acqua, mentre gli appennini e le
murge erano al di fuori , considerabile sedimento di
residui di corpi uìarini si formarono , che costituiro-
no il tufo calcare , dal quale è formato il suolo delle
pianure . Questo sedimento o tufo calcare comincia
presso a poco allo stesso livello all' intorno delle falde
delle murge , e siccome tra i seni di queste con più
agio allignar vi poterono de' testacei ed altri vermi
marini , quali non avendo sofferto un esilo violento ,
non furono molto stritolati. Da ciò avviene che il tufo
delle gran pianure è di una grana più fiaa ; mentre
quello tra le murge è di una tessitura più grossolana ,
e vi si ritrovano di nicchi ed altre spoglie più conser-
ìyate e riconoscibili .
Va-
( 3/,3 )
Varia dunque la qualità del tufo pugliese d»
quella in un tessuto grossolano , ripeto , vicino le mur~
gè , e di lina consistenza alle volte cosi Ibrte a segno
di non potersi lavorare con sega e mannaja , ina h*
bisogno di inartelli e piconi , fino a quello gradata-
mente di un tessuto delicato ed uniforme , suscettibile
di delicato travaglio .
Sono le inurge generalmente, di leggier terreno ,
restando nelle cime qua e là discoperto il sasso . Égli
è un composto di terra vegetabile mista di quell' ocra
marziale , cbe trovasi tra gli strati di quei sassi con de'
frantumi di questi ; ne' fondi e valli ove 1' acqua ha
potuto radunarlo, questo terreno è molto atto alla cul-
tura , e qualche volta misto trovasi con della marna .
Le pianure poi di suolo tufaceo son ricoperte ove
più ove meno di marna , in cui per lo più domina la
parte calcare , ma bene spesso anche 1' argilla in al-
cuni fondi . Ove la corrente nelle ultime epoche dell'
inondazione ha avuto più azione , vi si trovano de'
ciottoli silicei in essa marna.
È notissimo che le gran masse argillose costitui-
scono le sorgenti perenni [a) e non essendovene di
queste nella Puglia , non vi sono in generale scaturi-
gini e ruscelli a riserba de' pozzi , che sogliono cavarsi
nelle pianure , ove incontrandosi degli strati di marna
argillosa vi depongono dell' acqua , quale per altro suol
(a) Si veggano i miei elementi dell' arte statistica
part. I. sez. i. cap. IV. §. U.
( 344 )
contenere molia terra in dissoluzione . Wiua fiume
dunque prende origine nella Puglia . La pianura Dau-
nia volgarmenle detta Puglia piana dà passaggio a
quattro fiumi, che sono il Candelaro il Gorvaro , la
Carapella , e l' Ofanlo , quali son prodotti dagli ap-
pcnnini . Le due provincie di Bari ed Otranto , o sia
la Puglia pietrosa né anche ha questo vantaggio .
Dippiìx se qualche filo d' acqua vedesi sgocciola-
re nelle pianure non in luti' i tempi dell' anno da
qualche ammasso o collina di marna argillosa , nulla
di ciò vedesi nelle niurge ove non evvi che iniper-
mcahile sasso ricoperto di poca terra , e terra poi cal-
care, che facilmente depone l'acqua coll'evaporazione,
per cui tali terreni furon detti asciutti.
Per hen decidere dello stato di una regione con-
viene conoscere quello delle sue meteore , e ciò ad al-
tro discorso riserho per non rendermi lungo : nìa con-
viene pur dire che dalle osservazioni meteorologiche
da me fatte per più di un decennio ho rilevato che
la pioggia non è stata mai più dell' altezza di pollici
22. e linee 7. negli anni piovosi , né meno di pollici
16 e linee 6 negli anni aridi e secchi, ma per solito
può valutarsi 18 in J9 pollici . Non dissimile di ciò
ha ritrovato colle sue osservazioni il chiarissimo nostro
socio signor vicario Giovene . Questa pioggia è circa
due terzi di quella che cader suole nelle montagne
degli appennini , come si ha dalle osservazioni del si-
gnor Zerella in Ariano , e del signor Nolarjanni in
Jjenola .
La privazione de' monti nella Puglia , e quella de-
( 345 )
gli alberi per la maggior parie , impedisce il facile e
silenzioso rislabilimenlo dell' equilibrio Ira la terra e
l'almoslera dell' elettrico fluido, clie per le metamor-
fosi de' vapori in essa alta ragione suol natiiralniente
avvenire , per cui le piogge estive sogliono essere ac-
couipagnale quasi sempre da mosse elettriche .
La parte calcarea predominante nel terreno pugliese
permettendo la facile evaporazione , senza esservi per lo
contrario assorbimento dagli alberi , fa clie le rugiade
sieno più che altrove abbondanti. Questo eccessivo umi-
do notturno , che succede ad un estrema aridezza del
giorno, è la principale causa delle infermità endemiche
nella slate .
In questa stagione queste campagne addivengono
arse, al dire dell' illustre Zimmerman («) , come quel-
le dell'Africa, ed i raggi solari sono cosi molesti , che
ben disse Orazio :
IVec tajitus iinquam siderum insedit vapor
Siticulosce Apulice [h).
L' aspetto di desolazione che si sparge in tale
iempo nelle nude campagne della Daunia , e nelle mur-
ge addette alla pastorizia fa orrore . Si cammina per
qualche ora senza incontrare un sol uomo, nò bestia-
me alcuno , emigrando in questo tempo nelle monta-
gne . Non si vede che il suolo vestilo di arido fieno ,
44
(a) Viaggio alla nitriera naturale di Molfella. Opu-
scoli di Milano voi. XII.
(b) Epodon 3. ad Moecenatem .
(346)
e cielo . Tutto è silenzio . Gli uccelli stessi fuggono
questi deserti , e solo qualche rettile striscia tra '1 fie-
no , che accresce lo spavento. Convien provvedersi di
acqua per il viaggio perchè la mancanza de' serbato] ,
o l'essere per lo più vuoti fanno restar deluso l'asse-
tato viaggiatore .
Dall' indole già descritta del suolo pugliese ben
si comprende , perchè dar possa ricetto alle cavallette
impropriamente chiamate bruchi. Questo insetto ( Gril~
lus migratorius ) è originario della Tartaria, propagato
neir Oriente e nell' Egitto , suol da tanto in tanto per-
venire nelle nostre contrade . Egli ha 1' istinto di de-
porre le sue uova nel cader della state in un teireno
incolto , piuttosto arido ed asciutto , qual è la marna
calcare e non mai in quello argilloso , il quale quanto
è duro e compatto nell' està , altrettanto è umido , e
fangoso neir inverno . Cosi le sue uova non vengono
offese .
Per la ragione istessa detto suolo dà anche ricetto
ai topi campagnoli ( Miis arvalis ). Questi animaletti si
propagano in un modo prodigioso da anno in anno ,
finché giunto ad una straordinaria abbondanza una
naturale epidemia li uccide , giacché la caccia , che lo-
ro si dà, non è sufficiente a distruggerli [a). I limiti del
loro domicilio sono gli Appennini , per essere di ter-
reno piuttosto argilloso , in cui l' inverno vi starebbero
(a) Può vedersi il mio discorso meteorologico
dell' anno 1 796. Fol. 4 del giornale letterario di Napoli.
(347)
assai male , e 1' està non potrebbero comodameule per-
forarle .
Da questa naturale descrizione delle campagne Pu-
gliesi ben si comprende quali piante lor convengano , e
qu;il genere di coltura : ma il mio scopo è di parlare
del loro attuale stato , lasciando a qnesta dotta Società
suggerire le migliorie tecniche.
La ])arte della Terra di Bari , verso il llttorale
Adriatico è ben coltivata. Gli ulivi, ed i mandorli co-
stituiscono boschi , mentre la terra al di sotto è inten-
ta ad altro prezioso prodotto . Tutti gli altri alberi frut-
tiferi sono ivi con diligenza coltivali. Nel modo stesso
si pratica in molta parte della Terra d'Otranto. Il co-
tone vi si coltiva da tempo immemorabile. La cultura
in generale in questi luoghi è ben intesa a riserba di
quei raffinamenti , che non sono sperabili da ignoranti
coloni , che la sola tradizionale pratica li guida. A ciò
supplir potrebbe una semplice, ma efficace istruzione,
quale propagar si dovrebbe per mezzo de' curati di
campagna, e di altri opportuni soggetti.
Tutta la pianura Daunia , molta parte della pro-
vincia di Bari, e di quella d'Otranto nude di alberi
sono addette alla pastorizia , ed alla semplice semina
di cereali e legumi . Di queste campagne, assai più
estese e deserte , io mi accingo a parlare , meritar do-
vendo la nostra maggiore attenzione .
La pastorizia , oltre di esser errante e mal intesa,
è totalmente affidata alla discrezione delle stagioni .
Rinn ricovero generalmente si forma per garentire
specialmente il bestiame da lana dai freddi invernali ,
( 348 ) .
e (la calori esiivi , per cui si è questa degenerata .
Niuna speciale cura per prevenire i mali nelle greggi
ed armenti si usa , e poco provvedimento si fa di io-
raggi opportuni per 1' inverno .
In vece poi di essere la pastorizia e 1' agricoltura
associate , e di scambievole sussidio come precetta Var-
rone («), sono in continua opposizione. Finora la pa-
storizia è stata pi'omiscua nei terreni , detti demaniali,
ma mercè le cure dell' attuale illuminato Governo , si
sono tolti tutti quei domiflj sovrapposti l' uno all' altro,
e tante servitù di pascolo , che in pratica sono state
sempre di danno assoluto. L'odio poi dei così detti
Locati del tavoliere di Puglia, garentiti dal Governo,
erasi generalmente ridotto oppressivo per i coloni , e
molto residuo ne resta , non ostante l'abolizione del si-
stema doganale . L' avidità di non far arare , o altri-
menti rompere un qualche terreno saldo, addetto alla
pastorizia di esso tavoliere , ove da qualche torma di
cavallette venuta dall' Africa si erano deposte le uova ,
ha tante volte preparato l'orrendo tlaggello della messe
e di altre coltivazioni per gli anni seguenti.
L' agricoltura che si pratica nelle dette campagne
della pianura Daunia , ed in quelle nude di alberi
nelle altre due provincie , è generalmente coli' aratro,
vai dire in grande^ seminandosi grano, biade , e le-
gumi . Nojoso sarei se discender volessi alle minute
descrizioni degli ordigni , che s' impiegano , o dei me-
(a) De re rustica lib. i.
( '^49 )
totli , ohe si usano , tanto più che variar sogliono da
paese in paese. Devo però dire che quelle campagna
non sono in generale ben coltivate ; infatti al dir di
Catone ; Quid est agrum. bene colere ? Bene arare .
quid secundiim ? Arare ; quid tertinm ? Stercorare j ed
indi soggiunge ; Agrunifrumentariuìn cuni ares bene et
tempestive ares («j . Benché ordinariamente si adopri-
no quattro arature nel maggesare , e da alcuni si faccia
profondo solco , pure parmi generale l' inconveniente
(a) De re rustica cap. 6i.
fJ ben noto dalla nuova chimica , che alcuni com-
ponenti immediati delle piante V attraggono le terre
dall' atmosfera con essere in riposo , e rimenate per
qualche tempo , che dicesi maggesare , o pure loro sì
comunicano col letame , vale a dire co residui de'
corpi organici , che ne contengono a dovizia . JYon
giova dunque arar bene le terre piii volte , ma bisogna
farlo in tempo conveniente ,af finche restino per un tempo
opportun o in rinoso , e non si spossino di tali materiali
componenti , e che le loro parti sieno state quasi tutte
al contatto dell' atmosfera per un tempo sufficiente ,
ecco perchè gli antichi rustici guidati dall' esperienza,
insegnano tutta la coltura consistere neW impregnare
le terre di tali principj componenti le piante , perchè
dopo la seminazione sonmiinistrar le possono con gli
altri , che presenta V acqua , e procurar così una pron-
ta e vigorosa vegetazione alle piante utili , eh' è l'uni-
co scopo di ogni cultura . .
( 35o )
ili ararsi precipitosamente , credendo essi , die basti il
solo numero delle arature a ben preparare il terreno.
La concimazione poi è relativamente ristretta e
malintesa . Si fa uso del solo letame delle stalle , e
degli ovili, quale senza farlo macerare all'aria, secon-
do le buone regole de' rustici , si cava tuttavia fuman-
te da tali luoghi , e si va a spargere nei campi , per
cui la sua causticità non può certamente giovare alla
vegetazione . Le immondezze poi degli abitanti sono
poco curate, e restano ad infettar l'aria. Vero è che
a misura dtl bisogno del letame gli abitanti esser
dovrebbero più netti ; ma quando il vantaggio , che
nel ricolto si ritrae dalla concimazione, può aversi
col mettere a coltura terreni tenuti per più anni in
riposo, ove abbondano, e cha poco costa il loro fit-
to, si preferisce questo mezzo, ])er cui il letame non
viene curato . Tutte le città di Puglia ricche più del
bisogno di tenilorio soglio io essere perciò immonde .
Non si conosce 1' uso dell' erpice , ne quello del
seminatoio . La sarchiatura ai seminati per verità è fat-
ta con attenzione . Si recide la messe con la picciola
falce a sega , e per far ciò vi è bisogno di molta
quantità di mietitori da altri paesi (fl). Si trebbia il frumen-
(a) Con molto risparmio di tempo usar si potreb"
he la gran falce , che si pratica pel fieno , munita pe-
ro di una hanila da sostenere le spighe , ordinatamente
da potersi fare i fasci senza alcuna perdita , come
fu esperi mentalo dalla nostra estinta Società Patriotica
(35i )
lo e le biade colle cavalle da razza , e questo molto
influisce alla costoro degenerazione (a) .
In Puglia più che altrove è penosa questa opera-
zione , giacché non si tratta solo di separare i grani
dalla paglia , ma di sminuzzar bene questa , giacché es-
sendo ivi , forse per effetto del suolo , più grossa e dura ,
non potrebbe senza di ciò esser mangiata dagli animali.
Il prodotto del grano mai si computa generalmen-
te per raccolta media più del sei in sette per uno .
di Milano . Con poco esercizio i contadini si adde-
strano a ben maneggiarla . Se ne può vedere la de-
scrizione nel IX. voi. degli opuscoli scelti di Milano.
(a) Varrone ( de re rustica lib. i. cap. Sa. ^ fa
menzione della carretta punica per trebbiare , ma as-
sai imperfettamente la descrii>e : E spicis in arcana
excuti grana , quod Ct apud alios jumentis junctis , ac
tribulo , id fit e tabula lapidibus , aut ferro esasperata ,
quse imposito auriga , aut pendere grandi trahitur ju-
mentis junctis , ut discutiat e spica grana , aut ex as-
sibus dentatis cum orbiculis , quod vocant plostellum
pcenicum . In eo quis sedet , ut agitet , quae tra-
hant jumenta , ut in Hispania citeriore , et aliis locis
faciunt . Non sarebbe un soverchio amore per gli an'
tichi costumi r occuparsi ad investigare la vera co-
struzione della carretta punica , giacche da moderni
non si è ben conosciuta . Molte altre macchine da
trebbiare si sono inventate , ma con poco successo ,
aggiuntovi anche V incomoda complicazione di alcune.
( 302 )
Si è veduto clie la grande estensione del territorio
Pugliese nuda di alberi , e scarsa di popolazione è (col-
tivata in grande , vale a dire coU'aratro . E ora bastan-
temente provato di esserci della perdita , quando una^
picciola porzione di un gran territorio fosse coltivato
in piccolo , vale a dire a braccia colla zappa e colla
vanga , restando il dippiù sterile (a) . Dunque non al-
trimenti cbe coU'aratro cohivar si possono le predette
spopolate campagne . Neil' agricoltura in grande vi si
richiedono però de' capitali per le macchine e bestia-
me , quindi è che non può stare in mano di gente po-
vera e mercenaria . Inoltre 1' economia dell' agricoltura
coir aratro esige che il più meschino , che industria ,
non abbia di territorio men di quella estensione che
si coltiva con un solo aratro , giacché se ne ha dì me-
no , resta inoperoso il suo aratro per qualche tempo .
Quest' agricoltura poi avendo bisogno di capitali , es-
sendo in mano di piccioli projirietarj ad ogui avversa
vicenda delle stagioni o di altro si paralizza , giacche
son dessi allora costretti a distrarre i loro capitali per
supplire ai loro bisogni . La costante esperienza ha
dimostrato che ovunque la coltura sia fatta in grande
pian piano vassi a ridurre nelle mani di pochi pro-
prie tarj .
Se in mezzo a grandi terreni , coltivati a semina-
zione con macchine animate dal bestiame, vogliasi da
(a) Ji/em. dell' arte statistica, part. II. sezion. 3.
§.4-
f 353 )
qualche misero colono collivare a braccio un piccolo-
cainpicello anche a seminazione, sarà certamente me-
glio coltivalo e produrrà dipiù riguardo all' estensione^
ma per ragion naturale mettendo a calcolo la spesa
maggiore impiegata , trovasi il prezzo naturale del pro-
<lotto al di sotto del prezzo cangiabile.
Pare però contradittorio il vedere in Puglia ed
altrove in mezzo ad estese campagne , coltivato in gran-
de qualche picciolo campicello dalle sole braccia de'
meschini contadini. Se da vicino esaminiamo ciò , come
mi è riuscito fare , a confessione degli slessi coloni tro-
veremo che essi tengono il picciolo campicello ad uso
di semina per coltivarlo nei giorni , in cui o non trovano
a travagliare ad altri , o la mercede giornaliera è tenue,
ed al loro travaglio associano anche quello delle donne
e fanciulli , che in altio caso inoperosi resterebbero .
Da quanto ho detto pare , che di poco successo
esser possa la benefica disposizione di dividersi il va-
sto terreno comunale di Puglia in mano de' non pos-
sidenti , e ciò anche che ad essi usar si voglia la ge-
nerosità di darli de' capitali convenienti per coltivarli
coir aratro .
Io son di parere che se prima non si aumenta V
agricoltura Pugliese , le picciole porzioni territoriali non
tarderanno a passare in mano di polenti proprietarj .
Ma come mai può aumentarsi l'agricoltura se
non si aumentano le braccia coltivatrici.'* Ecco l'uni-
co mezzo di rendere floride quelle campagne, come
furono ne' remoli tempi . Sarà questa un' ardua o
impossibile impresa! Facciamo qualche osservazione,
45
( 354 )
che ci possa indicare il modo il più facile esolletrl».
Gli abitanti delle amene proviucie Pugliesi d' in-
dole Jjlacida e quieta , molestate una volta da in-
cursioni di feroci orde di malviventi delle montuose ,
Provincie loro confinanti , non che da corsari turchi che
di notte tempo sbarcavano su quelle spiagge , ovun-
que accessibili , videro la necessità di doversi radu-
nare in numerosi abitati , ed ivi custodire le lorc
donne, ed i loro effetti. I coloni dunque o pernotta-
no in questi abitati colle loro famiglie , e son co-
stretti in ogni giorno ad andare e venire dalle cam-
pagne per coltivarle , o pure pernottano lontani dalie-
loro famiglie : 1' uno e 1' altro sistema è sempre dan-
noso all' agi'icoltura .
Obbligato un opei'ajo a dovere ben spesso perde-
re il sonno e quindi a fare più miglia a piedi pria di
di mettersi al travaglio , non può lavorare con forza , e
robustezza ; ed il suo pensiero intento di continuo a
dover fare altrettanto di viaggio dopo il travaglio lo
rende cauto a risparmiarsi e non istancarsi di mallo »
Ma anche che ciò ammetter non si voglia , o si sup-
pongano tutti gli opera] provveduti del loro asinelio ^
e senza neanche ammettere le occasioni di remora , che
si provano nell' uscir dall' abitato , e 1' anzietà di ri-
tornarci , il tempo die s' impiega al doppio viaggio^
Tien detratto da quello del travaglio , che non è mai
meno del quarto della giornata in ogni stagione .
Questo è il sistema che si serba nelle campagne
più coltivate della Puglia, ma in quelle ove gli abi-
tati distauo li'a loro di veuti o trenta miglia soglionoj
( 355 )
come ho delio , pernottare i coloni nelle campagne
divisi dalle loro famiglie , ed andarle a ritrovare in ogni
sette giorni , ed anche in alcuni luoghi in ogni quin-
dici , e quando poi il bisogno dell' cconoiuia lo ri-
chiegga . Il viaggio da bassi operai fassi generalmente a
piedi , giacché non ostante che dai proprietarj si con-
cedono loro delle bestie , di queste sogliono avvaler-
sene per condurre delle legna per le loro famiglie .
In qualunque modo però il sabato , in cui fassi il viag-
gio per andare in città , perdesi quasi intieramente per
questo; il lunedì similmente per ritornare in campa-
gna: ecco che i sei giorni di travaglio della settima-
na si riducono a quattro, senza contare le altre Fe-
stività dell' anno , in cui fassi lo slesso . Questo in-
conveniente mi si potrà dire si diminuisce, ove si
permeile l' accesso degli operai alle loro famiglie in
ogni quindici ed anche più giorni, ma con ciò vessi
incontro ad altro peggiore , come vengo a dire .
Le donne abbandonate dai loro mariti per più'
giorni di buona fede crediamole caste . È he n vero-
che la rara venere è più prolifica , ma non già allor-
ché sia forzala, giacche il punto delta generazione
risiede nell' incontro della favorevole disposizione di
ambi i coojugali , che non è molto frequente . Quindi
è che un tale -Sistema è una delle cause spopolalrici
di quei paesi .
Se poi suppor vogliamo , da maligni , che le don-
ne prive dei loro mariti e della loro soggezione si
dieno volentieri alla prostituzione, giacché non suol
esservi termine medio negli amori impudici di femmine
( 356 )
prive di morale educazione, allora avremo una mag-
gior causa spopolalrice j ed origine di tante altre iiumo-
ralilà e delitti .
Comunque creder ciò si voglia posso io assicura-
re che dai registri parrocchiali della popolazione di
Altamura ho rilevato, che vi sono mollo più hgli ge-
neralmente nelle famiglie di que' contadini , che ri-
tornano quasi ogni sera nell' ahitato , che" nelle famiglie
dei pastori e degli altri , che pernottano sempre in cam-
pagna , e veggono le mogli di raro . Se dunque per nott
perdersi tempo dal travaglio creder si voglia più pro-
llttcvole la minor frequenza de' viaggi de' coloni agli al>i-
tati , allora si aumenta la già detta causa spopolatrice.
Per riparare a tutti i mali , il solo e semplice
mezzo è di richiamare le famiglie ad abitare le cam-
pagne . Si toglierebbe cosi l' occasioae de' viaggi de-
gli Ojjerai per vedere le loro famiglie , o andare a per-
nottare nelle città , e si aumenterebbe il tempo del
travaglio . Inoltre si accrescerebbero all' istante le brac-
cia all' agricoltura , giacché le femmine che ora langui-
scono tra r ozio e la mollezza ne' numerosi abitalf
o al più sono addette alla meschina arte del fuso, si
adatterebbero volentieri ad ajutare i loro mariti e pa-
dri nel coltivare la terra. Le donnesche arti di prima
necessità sona generalmente eseguite in Puglia eoa
metodi stentati , quindi è che con macchine ben in-
tese , e coir impiego di tre o quattro abili artieri sup-
plir si potrebbe a ciò che si esegue ora nel tempa
stesso per ogni centi najo di femmine .
Esposte queste di coulixiuo alle vicende delle sta-
( 3^7 )
gloni nelle campagne , si renderebbero assai più ro*
buste e capaci a sostenere il travaglio . Osserviamo
ora die avezze alla mollezza nell' inverno n'escono molto
in tempo estivo nelle campagne per lo spicilegio in-
contrando non poche infermità pericolose per 1' insola-
zione , e per altre violenti im[)ressioni che risentono.
Oltre delle infermità endemiche , quelle campagne so-
gliono produrre de' mali nervini , avendo la testa di-
scoperta al sole , ed una incomoda esalazione che si
emana dalla messe recisa, che suol produrre un leg-
gier furore o mania , a cui va anche soggetto qual-
che maschio , guaribile colla musica e col ballo ,
che erroneamente si è creduto prodotto dal morso
di una specie di ragno detto Tarantola . Dalle ta-
vole necrologiche di Altamura , che per varj anni colle
osservazioni patologiche unii a quelle meteorologiche ,
ho costantemente rilevato , che i mesi di luglio ed
agosto sono i più mortiferi per tali donne .
In unione de' loro mariti sarebbero esse più
oneste, e ciò assai iulluirebbe a migliorare la pub-
blica morale , non tanto perchè più difGcoltà incontre-
rebbero i maschi a dare sfogo alle loro prave passio-
ni, ma perchè sono le donne, che i primi sentimenti
istillano a fanciulli ; e per migliorarsi il costume ,
cominciar devesi da quello delle donne , come al-
trove ho dimostrato (a) . Inoltre non solo la prolifica-
2Ìoue si aumenterebbe , ma i fanciulli nella loro infan-
(a) Arte statistica par. II sez. 4- cap. 7. §. 3.
( 358 )
zia si accoslumerebbero alle varie impressioni delle
stagioni , da cui ne risulterebbe la loro maggior ro-
bustezza .
Il massimo vantaggio di un tale sistema ridon-
derebbe poi , sebene si rifletta , ad utile degli stessi
operai . Quelli die pernottano nelle nude campa-
gne pugliesi di altro non si alimentano di conti-
nuo , che di una semplice suppa latta col pane ba-
gnato in acqua e sale, e condita con poco olio , e ciò
per mancanza di chi ajiparecchi loro de' cibi variati .
Si sa che l'alimento misto è il più analogo all'uomo,
e che il continuo vitto vegetabile non è proprio per
la gente addetta al travaglio . Le mogli essendo allora
in compagnia continuamente dei loro mariti non man-
cherebbero occuparsi ad apparecchiar loro variati cibi,
e penserebbero da vicino alla loro nettezza, principale
modo di procurare la buona salute; rasciugherebbero
al focolare in tempo di pioggia le loro umide vesti ,
che tante volte non depongono anche nel dormire; ed
altri molti sussidj potrebbero dar loro .
Ma come procurare la dimora delle famiglie in
catiipagna da cui tanti vantaggi risultano? Io non pi'O-
pongo il precetto di Palladio : Ferrarli , Ugnarii , do-
liorum , cuparumque factores necessario habendi siint,
ne a labore solenni rusticos causa desiderandce urbis
avertat [a) . Basta solo un molino , un forno , perchè
i Pugliesi coloni possano rimanere in campagna .
(a) De re rustica lib. i. tit. VI.
(359)
La nostra santa religione , a perfezionar la morale
sommamente intenta , non si contenta che le famiglie
nelle loro private mura solamente diano il dovuto cul-
lo alla divinità, come ai Dei penati facevano gli an-
tichi , uìa esige che si congreghino nelle chiese ne'
festivi giorni per sentire la voce de' loro sagri pa-
stori , e partecipare della sagramentale grazia ; quindi
è che il centro ed il richiamo delle famiglie sono
presso di noi a ragione le Chiese coi loro Ministri
Ad onta di questa verità i Giureconsulti che com-
ponevano la real Camera di S. Chiara, a cui spetta-
va impartire 1' assenso in ogni erezione di ecclesiastico
stahilimento , considerando che ogni erezione di nuo-
va Chiesa portava seco la dotazione di fondi , li quali
vincolati eternamente restavano e fuori del civile com-
mercio , anche che aholite venissero tali Chiese , per
una interpretazione estesa alle canoniche massime ,
renitenti erano nella concessione di ogni rurale Chie-
sa . Ora che la ragion di stato è con saggia avve-
dutezza intesa , e non si hanno più questi riguar-
di , crederei che meritar dovesse il gradimento dell'
illuminato Governo lo stabilimento delle rurali Chie-
se, ove il bisogno richieda, per richiamarvi il domi-
cilio delle famiglie , e popolare in tal modo le cam-
pagne della Puglia , e quelle che simili alle Pugliesi
sono anche deserte , ed aumentarsi cosi 1' agricoltura ,
e procurare la nazionale floridezza .
Quanto poi la meschina classe de' Pugliesi inca-
pace sia di adattarsi ad altro cibo , che rimpiazzar
possa il pane di Aumento , come negli anni di estre-
( 36o )
ma carestia si è osservato , altrettanto è dessa parca
nel contentarsi di questo solo pane ed accessoriamente
di qualche altro commestibile .
II solo stabilimento di un molino , e di un forno
costituisce dunque l'essenziale bisognevole per l' ali-
mentazione degli operar] sparsi per le campagne . Io
non dico con ciò che obbliati vengano tutti gli stabi-
limenti e sussidj per la miglior vita e conservazione
di sì utile classe, ma questi non sono di una neces-
sità la più pressante per i nostri moderati Pugliesi .
Questi semplici stabilimenti sono sufficienti , co-.
me ho detto a trattenere le famiglie in campagna ,
ma non già a richiamarle . Non è certamente piace-
vole il passaggio oltre le abitudini delle donne con-
trattate nella mollezza delle città. Per indurle a ciò
qual miglior mezzo può escogitarsi , qualora non vi
sleno ostacoli , che unire alla concessione delle porzio-
ni de^ territori comunali, l'obbligo di trasferire la lo-
ro dimora in campagna ? I grandi proprietarj si do-
vrebbero animare ad edificare una Chiesa , un moli-
no , un forno , e qualche ricovero ne' proprj poderi
per le famiglie de' coloni. Non è più il tempo da te-
mere r estensione del giogo feudale in questo modo ,
ma la sola floridezza nazionale .
Quando la popolazione sarebbe spai'sa nelle cam-
pagne , allora sarebbe ivi confacente l'agricoltura in pic-
ciolo con sommo profitto.
Altri mezzi non mancherebbero al nostro illuminato
Governo da incoraggiare la campestre popolazione in Pu-r-
glia , che di soverchio mio ardire sarebbe il proporli.
{36i )
Sulla Pastorizia del Regno di Napoli . Memoria del
Socio Ordinario Cavaliere Teodoro Monticelli . P.
Professore di Filosofia Morale nelV Università di
Napoli . Letta neW Adunanza del di 26 Setteni"
Ire 1810.
V_iHiiinquo aLbia qualche uolizia del nostro paese , e
per poco riflella ai generi commerciali , di cui ci prove-
douo gli esteri , si avvede dovervisi annoverare il
cacio , le pelli , e le cuoja . Anzi è così considerevole
la copia , ed il valore di questi generi , che ne' tempi
di pace dalla Sard/gna , dalla Morea , dalla Dalmazia, e
sopratutto dall'Inghilterra siam soliti ritrarre, che se-
condo i registri doganali -vi s' impiegava in ogni
anno 1' esorbitante somma di un milione , e 3oo mila
ducali , che continua tuttavia a sborzarsi presso a
poco , come prima , non ostante la guerra .
Ciò basta a dimostrare , che la nostra Pastorizia
essendo insufficiente al bisogno di cinque milioni d.' uo-
mini , cui appartengono , oltre i sterili monti , i boschi ,
i (ìumi , le strade, e le abitazioni i6 millioni incirca
di moggia di terra fertilissima e coltivabile (i) lungi
dall' esser florida , ed animata, sia da lungo tempo nell'
46
(1) f^edi Galanti del Commercio del Regno nella
sua Descrizione Geografico- Politica . In questa som-
ma non è compreso l'esito di denaro per panni,
e lana .
( 362 )
avvilimento , e nella più completa decadenza . Quindi
mi è venuto alla mente il pensiero di esporre breve-
mente della nostra Pastorizia non solo lo stato attua-
le , ma benanche i difetti , e gli ostacoli , che la man-
tengono neir abiezione 5 e calcolando con dali sicuri,
ed incontrastabili i felici risultati , che meglio tratta-
ta , e più estesa ci ripromette , cercherò di richiama-
re r attenzione de'proprietarj verso di quella , e accen-
nerò in ultimo luogo i inezzi più facili a farla solle-
'citamente , come il nostro interesse esige , rifiorire .
Nel momento , in cui sembra terminata la l'iforma
delle nostre antiche , e complicate leggi , e fissato com-
pletamente il nuovo sistema dell' amministrazione , e
degli ordini civili , il tentare di far risorgere tra noi una
delle arti nudrici dell' uomo , che ci ripromette gran-
de opulenza da noi soli dipendente , mi sembra degno
della vostra attenzione. Tocca a voi rispettabili Socj ,
decidere se io abbia colto nel sogno , e se debba me-
ritare il vosti'o compatimento .
I
( 3G3 )
PARTE I.
Stato attuale della Pastorizia del Regno di Napoli.
ÌTXOUe sono le specie di animali, che l'uomo, è
già gran tempo , apprese a soggiogare , o domestica»
re . Benché tutte siano utili , ed interessanti , quelle
però , che agli altri prodotti accoppiano il latte , la
carne , e la lana , riscossero mai sempre presso tutti i
popoli della terra ben giusta preferenza. Le preferirò
ancor io in questa memoria , onde mi restringo a par-
lare delle pecore , e delle vacche (i).
L' emporio della nostra Pastorizia è il così detto
Tavoliere di Puglia . La pecore di sei Provincie , cioè
degli Apruzzi , del Sannio moderno , della Capitana-
(ij La superfìcie del Regno si crede esser di 23
mila miglia quadrate , ed in conseguenza di 35 mi-
lioni di moggia incirca: tolti 9. per i cennati oggetti,
restano di terra coltii>abile 16 milioin di moggia, che
potrebbero ridursi presso a poco a quella fertilità ,
che osserviamo nella Campania , ed a nudrire in con^
seguenza un proporzionato numero di abilanti , se si
trattassero con quella intelligenza , e previdenza , che
il nostro interesse altamente riclama , e come furon
trattati dai nostri più rimoti antenati .
(364)
ta , e della Basilicata al numero di uu milione, e
mezzo vi si adunano per passarvi 1' inverno , e dimo-
rano l'estate ne' monti. Nelle altre Provincie del Regno
esiste un' altro milione di pecore , se vogliam presta r
fede all' Avvocato Galanti e deferendo ad altri autori il
numero di queste benché sia maggiore non eccede
quello del Tavoliere ,
Diyidousi le nostre pecore in sai specie principa-
li, diverse fra loro per grandezza, par bontà, e pe'l
color-vario, e preggio della laaa . Abbiamo pecore
gentili bianche, e nere; bianche, e nere da pelo lun-
go 5 dette di lana moscia ; pecora carfagne , e carapel-
lesi (t) . Ciascheduna di queste specie varia ancor di
grandezza , e di lana a seconda della abbondanza e deU
)a qualità de' pascoli, -«n-*-
La differenza più sensibile, che distingue tra noi
le varie razze è senza dubbio tra quelle , che viaggia-
no dai monti ai piatii , e quelle , che d' està , e
d' inverno rimangono sempre nella stessa regione .
Le pecore di Apruzzo sono certamente di singoiar
bellezza, e le migliori di tutte rapporto alla lana
alla di cui bontà si crede contribuir grandemente 1' in-
veterato costume di farle svernare ne' piani tepidi
(i) Le nostre pecore gentili si credono discenden-
ti dai merini di Spagna , die maltrattati degenerarono .
{Chiamiamo Carfagne le pecore di lana- ruvida mista
di bianco , di nero e di bigio . Carapellesi poi diconsi
quelle di lana nera pendente al bigio .
. ( 365 )
della Puglia, e trattenerle su' i verdegianli prati de*^
monti ne' calori estivi , e sempre a cielo scopi-rto .
I pascoli rrjigliori in Apruzzo son quelli dt^l gran
sasso , e di falli producono squisito latte , e la lui-
glior lana . Sono ancora in preggio quei d' Ovindoli ,
€ (li Lucoli . In Puglia i migliori sono intorno a Fog-
gia , Cirignola , Orla , e Ascoli . Quei di Lesina , e
di Apricena tengono il secondo luogo . Quei di Sal-
pe poi , e della Trinila ricoperti di lenlisco , e quei
di Canosa , e di Andria petrosi ed aridi sono i meu
estimati .
Nelle pianure i nostri pascoli son più o men con-
tani'nali dalle acque slagnanti , ed in conseguenza an-
cora da erbe palustri , ed ombellifere (i) . V<'ggonsi
poi da per tulio ritopcrli di piante inutili , o poco
utili al bcstiaiìie (o.], e spesso ancora di pianle no-
(i) Z/' erhe priltistri ^ di cni abbondano tra noi i
prati pantanosi , ed umidi sono i ginnghi , la canna
palustre , V equiseto , il carice , V idrocotile aquatica,
la lobidia del fior prolungato , la pediculare palustre ,
la cicuta , varie sorti di solani ec.
(2) Piante mutili al bestiame , o pressocchè inu~
idi sono il giungo , il dauco ispanico , la canna are-
naria , il convolvolo, V imperato , V echinofora spinosa,
T eringio marittimo , il corniolo , il bosso , l agno
casto , il ginepro , hi salicornia fruticosa. , il ranno
alaterno, il pruno spinoso, l'evonimo europeo , il cor-
bezzolo , la spina , il pero selvaggio , la saponaria ,
le ferule , il mirto , il lenttsco , ed altre , di cui ab-
bondiamo .
( 3GG }
e'tve (i). L' eroa predominante ne' piali di Puglia, e
delle Provincie piane del Regno è senza dnbbio la
gramigna di varie specie . Si osserva questa stessa
nelle colline , e nelle valli trai monti . Alle varie
specie di gramigna mescolausi la cicoria , la bursa pa-
storis, l'antosanto odoroso , il cardoncello , la trigonella,
o sia il fieno greco , la ferfara , cioè la medica , il
trifoglio a fior bianco , e a fior rosso , il fleo praten-
se , la sulla in alcune regioni della Calabria abbon-
dantissima , il mille-foglio , la bellide maggiore e mi-
nore , la festuga rossa , ed ovina specialmente nelle
alture, il timonelle sabbie, il cartamo de' tintori, il
rosmarino , la ginestra , ed altre erbe agli armenti
utilissime . Ma ben più di queste vi abbondano le poco
utili, e le affatto inutili, e sovente ancor le nocive nelle
note da noi riportate . Se ne' Colli , e ne' monti
tra il ginepro , le spine , il bosso abbondano le festu-
che , la pimpinella, reufragia,la nepeta , la camomil-
la , la salvia, la valei'iana , la carlina, la melissa, la
genziana, i bromi, le agrostidi ec. e mille altre piante
aromatiche, egli è un dono della natura, e del clima
e non un prodotto della nostra industria .
TVoi non prendiamo alcun conto de' nostri pasco-
(j) Piante nocive al bestiame oltre le palustri
(il sopra accennate sono il titinialo , lo stinionio ,
V en'o-riibiglia , la Scilla , il tasso baccifero , i ra-
nuncoli , V anemone appennUia , ed altre.
( 367 )
li . l5on dessi perloppiù , come ci furon trasmessi
dai nostri padri , o al più rotti , e dissodali di quan-
do in qnanclo per coltivarvi i cereali . Non si ])ensò
mai di liberarli dalle acque stagnanti, di svellerne al-
men le piante inutili , e le nocive , di sostituirvene
delle salubri , e più utili • Non si sospetta nò anche
dai nostri proprietarj , che siano suscettibili di boni-
ficazione i prati della Puglia, e dell' Apruzzo . La
natura , la sola natura deve somministrar tutto per la
sussistenza delle nostre greggi senza la menoma coope-
razione dell' iiomo (i).
Alcuni prpgiuJizj vengono in appogio della gene-
rale oscitanza . Comunemente credesi , che le pecore
cangiando pascolo non solo vadano a degenerare , ma
corrano rischio di morte , e che somministrando loro
nell'inverno biada, fieno, o altro seccume , siano sog-
gette agi' istessi inconvenienti , onde non si pensò mai
a procurargli cibo, che spontaneo non sorga sulla su-
perficie del Suolo , nò si prese mai alcuna precauzio-
ne per supplirlo ncU' intemperie delle stagioni .
(i) Nel Sanino, e ìielV Apruzzo si usa dure alle
pecore del seccume , e della paglia nell im'crno , on-
de chiamansi pagliarole ; e sono senza dubbio le più
in/elici di quelle , clur abbiamo , ?na ninno ha provato
ancora , se nudrendole nel corso dell' inverno con del-
le patate , colla radice di abbondanza , ed oltre le
f rondi , e la paglia , migliorassero la loro condizione,
come deye succedere .
( 368 )
Come in Puglia , cosi nelle altre Provincie vivo-
no le pecore notti e dì esposte all' ingiurie del tem-
po , che nel nostro clima sono tollerabilissime , e que-
sto costume giova alla bontà della lana . Vagano di
giorno accompagnate dai pastori , e dai cani par i
campi , e di notte sono rinchiusa no' recinti formati
di fernla , e di paglia , o ne' cortili di muro . Tutte
riposano su i loro escrementi , anzi in Puglia serbansL
alti, e annosi strati di letame indurito, perche di so-
pra vi giaccian asciutte le pecore senza sospettare per
poco , che la lana , e la sanità ne debbano provare
non lieve detrimento .
I montoni si tengono alla rinfusa colle pecore iu
ogni tempo . Ninna diligenza si adopera rapporto all'
accoppiamento dell' un sesso coli' altro , donde dipende
la conservazione , ed il perfezzionamento delle razze .
Se per conservare le razze dalle pecore gentili si ha
qualche cura , tenendole separate dall' altre , non sa
ne ha alcuna per migliorarne la lana. A caso vivono,
a caso si uniscono, e si propagano, a caso sono con-
dotte , e regolate.
L'umidità nuoce grandemente a questi animali, ed
il sale è eftìcace rimedio ad impedirne le tristi conse-
guenze . Il sale intanto non si dà alle pecore in
molte Provincie del Regno , ma nella Puglia , e nelle
Provincie dove si adopera , il di lui uso va restringen-
dosi da giorno in giorno per l' arduo prezzo di questa
derrata (i) .
(i) // Goiferno somministrava ai Locati i8 mila
to-
( 3C9 )
PfcU'arle velerenaria quanto siamo alle più colle
nazioni di Europa inferiori con rossore il (lobbia ni
confessare j ma per le pecore anidale inleranicole alla
classe pili abji'lta , e miserabile della nazione non vi
è cosa , che possa esprimere al vivo i frequenti mali
contagiosi, e le molte infermità individuali da cui so-
gliono esser oppresse. Il solfo , e la pece per i mali
cutanei , e la cavata di sangue forman tutta la scienza
de' nostri più sagaci pastori . Intanto la schiavina , la
rogna, il capogirolo, il fuoco di S. Antonio, il ciam-
muorro . la diarrea , il piscia sangue, la torta (i) , il
marcimento del legato attaccano, e distruggono da per
tutto con fnrore i nostri annenli . E di questi mali
banche saj)piamo doversene ripetere 1' origine dall' er-
be cattive, o velenose , dall' acque putride, e stagnanti,
dal soverchio ardore del sole nell' estate. , dal cattivo ,
e scarso pascolo,, e dalla neve, e dal gelo nemico so-
])ralutto degli animali deboli , e mal nudriti,pure non
sappiamo assegnare le cause precise , nò prevenirle ,
o combatterle con opportuni rimcdj .
Oltre i cennali mali convien sapere , che le no-
stre greggie negli anni nevosi soffrono un flagello sco-
47
tomoli di sale V anno alla metà del prezzo ordinario
di quella derrata per animare la Pastorizia nel Tavolie-
re . Questo benefìcio è andato in disuso , e V alto
prezzo del sale ne va restringendo sempreppiù V uso .
(i) Di questo morbo ancor si quistiona per sa-
perne la cagione con accerto .
%
( ^70 )
nosciuto al resto dell' Italia , e dell' Europa . Quante
volte nella Puglia, e nelle Provincie meridionali del
Regno cada la neve e per qualche giorno ricopra
quelle apriche pianure , periscono a torme gli agnelli ,
e le pecore , e tantoppiù n' è grande 1' esterminio ,
quanto più sia stato scarso il pascolo nell'antecedente
autunno. Il freddo precoce , e la siccità di quella sta-
gione non fa germogliare l' erhe da prato . La sover-
chia umidità autunnale , o corrompe l' erhe , di cui
mal seconda lo sviluppo , o al meno la rende acquo-
sa, e di poca sostanza . In questi casi se nell' inver-
no sovragiunge la neve , gli animali spossati, e infievoliti
dallo scarso , o poco sostanziale nudrimento , essendo
le campagne da neve ricoverte , vengono interamente
a mancare di vitto , e dalla forza del gelo assiderati
muojono a folla . Suol perirne un quinto , un quar-
to, un terzo, ed anche una metà negli anni i più di-
sastrosi . E queste mortalità più , o meno grandi ri-
novansi si di frequente , che non passa uu decennio
senza soffrirne una delle maggiori .
Ognun sa , che le greggi somministrano carne ,
lana, latte, pelli , hudella; mi si conceda scorrer hreve-
mente per tutti gli accennati articoli . E da osservar-
si però che in molte Provincie del Regno non si fa
il menomo conto del fimo peconuo tanto utile a fe-
condare la terra _, e che da pertutto si trascurano le
ossa , le cartilagini , le unghie ec. di questi animali ,
che pur sarebbero eccellenti a concimare le terre avr- '
gillose , e cretose di cui abhondia.mo .
( 370 ^
La carne del castralo in Puglia , e negli Appruz-
zi , specialmente in Caramanico, è ollima al gusto, ben-
ché più leggiera della bovina; è poco piacevole poi
nella Campania , e nell' altre Provincie , come l'è da
perlutlo spiacevole la carne di pecora e di montone .
Ignorasi donde derivi cosiffatta differenza , alla quale
certainenle non poco influir deve la qualità de' pascoli .
Sogliam tosare le pecore due volte 1' anno a mag-
gio ed a settembre 5 questa pratica se porterà con-
to per la copia della lana , deve deteriorarne la qua-
lità . La lana delle pecore gentili ha del inerito , ma
si Slima più del dovere dai Pugliesi , e dagli Apruzze-
si. È dessa molto inferiore alla lana de' merini di Spa-
gna , perchè la inigliore lana gentile presso di m)i vai
circa 80 ducali il canlajo , mentre la lana di quei po-
chi merini , che abbiamo in Puglia , e della di cui
bontà perfetta si può muover dubbio , si vende succi-
da a 100 ducati almeno , che vai quanto dire lavata
a i3o ducati il cantajo .
I Romani padroni un tempo di queste regioni ,
e delle Spagne non conoscevano lana migliore della
Tarantina, della Lucerina , della Canusina. Il pecus
tectum di Taranto doveva dar lana finissima , e mor-
bidissima , come rilevasi dalle cure che si adoprava-
no per queste greggie singolari . La lana lunga, detta
moscia , è mediocre per 1' uso, cui s' impiega , cioè per
materasse ; è però ancor essa assai inferiore alla lana
di Tunisi . Né tampoco è da rammentarsi lana di al-
tra specie dopo queste : appena se ne possono forma-
*^
( 37a )
re riividissiml arLaci , e funi (i) .
Le pelli di agnello sogliono estraersi dai Roma-
ni , e dai Levantini principalmente per formarne de'
guanti , che potrebbero ben lavorarsi in Regno . Le
pelli di pecora o di montone convertonsi in carta-pe-
cora ; questa si forma in Regno , ma si suole rafGnar
i n Roma , e di là si spande per 1' Europa , come se
noi non potessimo raffinarla tutta , e mandarla di là
dai monti direttamente con maggior profitto.
Le budella degli agnelli somministrano le corde
armoniche, tanto usi tate , e pregiate di là dalle Alpi.
Questo ramo di commercio ed industria dovrebbe ri-
scuoter da noi maggior attenzione , e buona fede. Por-
tandole in Germania , in Francia, in Inghilterra , si
(i) / Veneziani , e i Francesi comprar soglio-
no ne' tempi di pace circa tremila cantaja eli lana a
5o o 60 il cantajo . Questo spaccio fa credere a tutti,
che la nostra lana sia eccellente , onde non si badò
mai a renderla migliore. Ascrivesi ad imperizia la me-
diocre qualitcì de' panni , che ne formiamo , e non si
ravi'isa , che manchiamo egualmente di lana fina , che
di scienza perchè sia in ottimo panno convertita . Tro-
vo nel bilancio del nostro commercio testé citato ,
che dall' estero in panni diversi , e lana grezza ci
vien somministrato tanto , che non solo assorbisce il
ritratto delle cantaja tremila di lana, ma dobbiamo ri-'
ondere alt estero in ogni anno circa 27 mila ducati
per questi soli oggetti .
( 3:3 ) .
vendono all' islaute , ed in breve tempo si triplica , e
si quadruplica il capitale che vi è stato impiegalo .
Il latte degli animali somministra varj prodotti ,
tra' quali i principali sono la crema , donde si ritrae
il burro, o la manteca , ed il cacio. Qual sia il ca-
cio comune (i) delle nostre pecore ciascheduno di
noi il conosce : duro , saliinastro , spiacevole , di po-
ca durata . Tratterò in particolari memorie del burro ,
e del cacio, che meritano grande riforma presso di noi .
Esposto quanto ha riguardo alle pecore , ci con-
viene descrivere lo stato de' nostri armenti bovini.
V'ha chi pretende che il maggior numero delle
nostre vacche negli anni passati ascendeva a 700 mila.
Ho delle ragioui da crederle presentemente ridotte a
un terzo di meno , (2) ma sia come si pretende da
coloro , che esagerano le nostre ricchezze , le vacche
rapporto al vitto , al governo , ed alla custodia , sono
(1) // cacio di Morsico , di Maglie , e di molti altri
luoghi del Regno per la bontà de' pascoli ha del merito .
(2) L'industria delle vacche va ogni giorno restrin-
gendosi in tutte le Provincie , come T agricoltura .
JSelle Calabrie è mancata per molti . IS'e' poderi , che
non han pia padroni va a perdersi interamente . I cele-
stini mantenevano in San Severo , e Ripalda 200 paja
di bovi , 5oo cavalli , Soo vacche , 600 bufale , due 0
tre mila porci , otto , a dieci mila pecore . Tutti que-
sti animali sono scomparsi , e appena vi si trovano 1 1\
mila ducati di animali. Ab uno disce omnes .
f374)
presso di noi trattate perfettamente a livello de' lanuti,
onde soffrono le stesse vicende , e le stesse disgrazie
negli anni nevosi , o di opportuno pascolo deficienti .
Anzi tanto più vi soggiacciono , quanto più malagevo-
le rendesi alle medesime il pascolar l' erbe corte atte-
sa la grossolana struttura della loro bocca , e la diffi-
coltà di gir vacando per ogni dove per la mole della
loro machina , e per la lentezza del proprio movi-
mento .
Di cotesti animali non si ha positiva cura , si ac-
compagnano semplicemente al pascolo , e si mungono
nella stagione propria , la quale nella maggior parte
delle nostre Provincie si restringe a pochi mesi dell'
anno , ed in molti poderi non si mungono affatto , per-
chè abbiamo bisogno di molte vacche per averne un
numero sufficiente di partorite ; e per il poco latte che
danno abbiamo bisogno di molte vacche lattifere per
farne il cacio . Di loo Vacche, appena So partorisco-
no nel corso dell' anno , ove l' industria va felicissi-
ma, e ove questa è men felice , ne partoriscono an-
che meno, e men se ne mungono quando le campa-
gne presentano molto pascolo . Il latte , eh' esse dan-
no per 7 mesi dell'anno al più non eccede le ^ caraf-
fe al giorno compensando i tempi proprizj coi men
fausti . Ma ciò avviene soltanto in alcuni pochi poderi
della Capitanata, di Apruzzo , e di Calabria, in for-
za di 2:)articolari circostanze di qua' luoghi privilegiati
dalla natura che li fa abbondar più lungamente di er-
be da prato . Ma nelle altre Provincie , o le vacche
( 375 )
non si mungono affatto , o si mungono solo nel mese
di maggio e giugno, o ottobre e novembre , e danno
pocbissimo latte. Quindi la rendila di una buona vacca
da latte presso di noi è da 4 a 8 ducati l' anno net-
ta di spese , mentre in Sorrento con maggiori atten-
zioni si giunge a ritrarre dalle vacche 24 ducati a testa.
Siamo soliti eziandio assoggettare le vacche in più luo-
ghi alla tritura del granone delle biade, penoso trava-
glio , che dirado va disgiunto da frattura di ossa , da
lussazioni , ed altri funesti accidenti .
A migliorare la razza , a sceglier le vacche di quella
conformazione, e di quella specie, che a dar molto
latte richiedesi , a conservarle lattifere colle cure rico-
nosciute ormai da tutt'i popoli dell' Europa, par che non
ponghiamo la menoma attenzione . Il sale che pur dia-
mo alle pecore , si niega alle vacche , cui sarebbe egual-
mente giovevole , e necessario ; quindi non dee far
meraviglia , se menano vita stentata , se danno pochi
allievi , e men latte , e se abbandonate al macello dia-
no carne men buona de' bovi .
Di questi il destino è alquanto migliore . Impie-
gati all'aratro, ed al carro, vengono nudrili nelle stal-
le, non proprie però, né proporzionate al loro nume-
ro ; quindi sono ancor essi soggetti a' crudeli epizoozie
cui concorrano ancora tutte le altre cagioni, che parlan-
do delle infermità contagiose delle pecore accennam-
mo . Invecchiando sogliono i bovi esser meglio trattati
per ricavarne carne migliore, e maggior profitto ven-
dendoli a macellai .
Dal latte di vacca far si sogliono diverse sorti di
(376)
cacio , cioè il comune , il cacio cavallo , le provole ,
Ossian grosse provature . Vetlremo altrove qual sia il
merito di queste varie specie di cacio , e come po-
trebbero migliorarsi.
I nostri cuoj , le nostre pelli , ed il cacio vaccino
non possono star con vantaggio al paragone con quelli
di Fiandra , d' Inghilterra , e di Francia , ed abbiamo
veduto nel principio di questa memoria , che non sono
suftìcienti alla nostra ordinaria consumazione .
Questo è lo stalo de' nostri armenti bovini , e
pecorini . La Nazione però lotta incerta , e divisa sai
merito della pastorizia, e sinora par che ignorato ab-
bia i mezzi , onde combinarla coli' agricoltura.
Vantano gli Apruzzesi il fruttato delle loro peco-
re da corpo , affermando porger netti di spesa dodici
carlini 1' uno , quando però le stagioni corran felici .
Ma computate le pecore non fruttifere , i montoni , e
le infinite sciagure , che sovente , ed in varie guise op-
primono questa industria, sparirà gran parte del pre-
teso fruttato . Considerate oltre ciò 1' ampia estensione
de' terreni addetti a pascolo , paragonateli col numero
degli animali , che a stenti nudriscono , e riflettete al
maggior prodotto , che meglio coltivati, anche per uso
di pastura . dar potrebbero , e vedrete come ogni cal-
colo , che per essi facciasi , poggia suH' ipotesi della
generale , ed inveterata oscitanza , come se fosse per
noi iinpossibil cosa di far ciò, che popoli men favoriti
dalla natura , e da noi poco rinioti felicemente costu-
mano di fare .
J
( 377 )
Rapporto all' industria delle vacche le pretensioni
de' nostri arnientarj sono assai più ristretto . II coin-«
mercio più utile , che con queste , e coi bovi si fac-
cia, è l'ingrassarle per il macello. Molti han dismes-
so , e dismettono alla giornata questa stessa industria;
onde se il Governo non prenderà le più efficaci mi-
sure per ravvivarla, vedremo sempreppiù diminuito,
e ristretto il numero de' hovi ,e delle vacche, con dan-
ni incalcolabili per l'agricoltura, e per lo Stalo.
Per persuaderci colla maggior possibile evidenza
dell'infelicità dell'attuale nostra Pastorizia, osservia-
mone il prodotto di molti anni . L'emporio di questa
è senza dubbio il cos'i detto Tavoliere di Puglia , pia-
na , e vasta regione , che sulla larghezza media di 40
si estende per 70 miglia. Esistono in Foggia, capitale
di quella regione , e centro di questa industria, i re-
gistri Doganali, ne' quali colle varie somme annuali
dal Governo ritratte sulle pecore, e sulle vacche , sono
segnate le ottime, le buone, le mediocri, le cattive,
le più cattive , e le pessime annate . Or questi registri
ci danno a vedere , che nel periodo di 5o anni , cioè
dal i^5o,sinoal 1789 avemmo dai nostri armenti duo
annate di olliina rendila, cinque pessime, tredici cat-
tive, o più cattive , i5 mediocri , e altretlante buo-
ne , vai quanto dire , diviso il prodotto di questi
anni , l' ordinario , e comune è nicn del mediocre
presso di noi slessi. Ma quel che noi chiamiamo an-
nata ottima rapporto agli armenti , nell' alla Italia , nel-
la Svizzera , nella Fiandra , in Olanda , in Inghilterra
48
(378)
BOn sarebbe che mediocre, o anche infelice (i).
Nel principio di questa memoria ho riportata
l'esorbitante somma, che per il cacio, per le pelli, e
per le cuoja paghiamo in ogni anno agli stranieri ,
possedendo aS milioni di moggia di fertilissima terra,
altro argomento decisivo egli è questo dell' errore di
coloro , che credono esser prospera la nostra pastori-
zia. Finalmente la carne non entra per nulla nel vit-
to de' contadini, e della plebe, e la carne vaccina non
entra nel vitto ordinario degli agiati, e ricchi cittadi-
ni , se non nella Capitale, ed in quattro , o cinque al-
tre Città principali del Regno . Spesso ancora bisogna
ricorrere all' Agro Romano , alle maremme di Tosca-
na , e di Ferrara , alle Marche di Fermo , e di An-
cona, e più in su ancora , perchè non resti la Capitale
priva di carne vaccina (2) . Resta adunque dimo-
strato , che la nostra pastorizia è in uno stato di lan-
guore , e di decadenza .
(i) L'uso de prati artificiali stabilito presso que-
sta nazioni industriose ha dato alla pastorizia un frut-
to sicuro, e slabile, almen quatruplo sul nostro . Per
crederlo basta osservare quel che danno di frutto le
vacche in Sorrento .
(2) Nel 1807 si dovè frir venire dalle rifrrite
regioni circa dieci mila bestie da corno per /' appro-
vìsionamento della Capitale , che non si p(.tea atten-
dere dalla Puglia , e dalla Calabria per la mortalità
cK ebbe luogo .
(•^79)
Ma è forse il suolo , o il clima , che si oppon-
gono ai progressi di qucst' arte tra di noi ? Soa forsi
le leggi che finora 1' abbian rilardati ?
Che il nostro feracissimo suolo sia oltremodo alla,
pastorizia idoneo , non troverassi per avventura chi lo
voglia recar in dubbio , osservandosi poi sotto il nostro
cielo i varj climi di Europa più analoghi alla vegeta-
zione j rapporto alla pastorizia , ne' nostri monti , do-
vremmo esser più felici degli Svizzeri , ed al pari de'
Lombardi nelle nostre pianure , se per noi si usasse
di quel regolamento , e di quelle diligenze, onde que'
popoli industriosi guidano , e governano i loro armenti ,
e le loro praterie .
Arrecar si solca per iscusa de' tardi e lenti pro-
grossi della pastorizia , e dell' agricoltura , li governo
feudale, la comunità, e la servitù de' pascoli , cose
tutte di già per le nuove leggi abolite, senza riflettere
che furono presso di noi molti paesi non feudali , sce-
vri di ogni servitù di pascolo , e di demanio comu-
nale , e ciò non per tanto la di lor pastorizia si giac-
que sempre negletta , né unqueroai divenne migliore'.
Ma qu'i fa d' uopo fermarsi al quanto , per divisare più
geneiali , ed esistenti cagioni , che se non saranno effi-
cacemente combattute , e rimosse, renderanno vane le
nostre lusinghe , e i nostri sforzi .
E cominciamo dal non arrossire indicando per la
prima , e più potente cagione de'nostri mali la genera-
le oscitanza del popolo, e de'proprietarj . Questa , fi-
glia in parte della mollezza del clima , e della fecon-
dità del suolo , che ambe ci spingono all' ozio , ed in
( 38o )
parte della deficienza di publica istruzione , e di spi-
rito publico , ci rende inerii , e quasi stranieri a noi
stessi , allo stato , ed ai posteri .
La mania di sboscare , e la tolleranza delle paludi
in tutte le provincie del Regno , quanto influiscano ad
ammiserire, e restringere il fruito e la fecondità delle
nostre terre, ed il numero dei nostri animali, l'bo di-
mostrato nella mia memoria suir economia delle acque.
Inoltre gli affitti a breve tempo come tra noi u-
sansi , vietan principalmente i progressi della [pastori-
zia . Clhi può pensare a mescolare la creta , o 1' argil-
la colla sabbia , ed a vicenda ? Chi può pensare a pro-
sciugare le terre paludose , o render irrigabili quelle
che presso i fiumi si giacciono? Chi si occuperà mai
a formar de' prati secondo le regole dell' arie , o a fa-
re delle piantagioni nelle terre , che abbandonar dee
dopo tre o sei anni al più? Ninno de' fittuarj certa-
mente . Sarebbe lo stesso , che rovinar se stessi ed
arricchire gli oziosi avidi proprietarj , che non usa-
no intraprendere siffatte bonificazioni per non privar-
si della rendita attuale , e per non gravarsi di spese
straordinarie . In Inghilterra non si ravvisa affitto , che
minor durala di 18 anni si abbia, quindi la pastori-
zia grandemente fiorisce, e vi- si fanno le migliorie
corrispondenti alla prosperità di questa industria , e
dell' agricoltura . '
Aggiungete il tarlo cOrrosore dell agricoltura ,
della pastoriza , e della pescagione tra noi , cioè quel
contralto usurario , che la miseria de' contadini , de
pastori , e de' marinari ha da gran tempo stabilito sol-
(38i )
to il nome di contraili alla voce, o a prezzo fallo da-
gli usura] islessi ; e nella povertà forzosa dvlle classi
più utili della nazione trovarele un' altro polentissinio
ostacolo alla prosperità della pastorizia , i di cui pro-
dotti, come quelli della coltivazione, soglionsi vendere
avanti l'esistenza, e maturità (i).
Finalmente per un inveteralo , e generale pregiu-
dizio noi vogliamo ritrarre dai lanuti , più che dagli
(i) Ne secoli che chiamiamo barbari, la Religio-
ne, e la pietà de' privati , osò frapporre a tal vizio
qualche urgiue , creando da pertutto monti frumenta-
yj a sovveniincntfì ile-' poveri industriosi, lo ne conosco
circa 45o, ma disgraziatamente né questi ne V altro
fermato sotto la passata dinastìa colle sostanze delle
Chiese, che sono il patrimonio de' poveri , hanno ti
destino , che <///' istituzione , ed al loro nome convie~
ne. L'ottimo Marchese Palmieri a stenti riusci a por-
tar qualche riforma nel modo di far la voce , o sia il
prezzo di generi venduti con anticipazione ,- ed il di
lui consiglio di creare nuovi monti frumentarj i" ogni
distretto e rimasto non solo ineseguito , ma si son
perduti gli esistenti . Un abile Ministro potrebbe 7H-
cuperare gli smarriti, accrescerli, e crearne dei nuovi
dapertut o , inducendo i ricchi delle provincie a quesC
opera salutare con delle condizioni utili ai fonda-
tori , e con r indipendenza . La Religione potrebbe
grandemente agevolare questo pio uso, combinandosi
col Governo .
( 332 )
armenli bovini la carne ; ed a quelli diam tanta prefe-
renza , che delle vacche da latte , le quali potrebbero
esser mantenute , come a Sorrento si usa , in tutta la
Campania e in tutt' i poderi delle altre Provincie in
grandissimo numero, ci curiamo assai poco; anzi ove
le vacche abbian luogo ne' nostri più fecondi p oderi ,
son cos'i trascurate , che certamente fruttan meno di un
corrispondente valore impiegato ne' branchi di peco-
re. Intanto l'esperienza, la ragione, e l'economia
pubblica esigerebbero che si moltiplicasse ro per 1' uso
della carne , e del cacio gli armenti bovini , serban-
dosi principalmente per la lana i pecorini. L'esem-
pio dell' alta Italia , della Svizzera , dell' Inghilterra ec.
ci assicurano della verità , e de' vantaggi di questa
nuova pratica , e la ragione , e l' analisi li dimostra
' ad evidenza . La carne vaccina non solo è migliore
al palato, ma è assai più nudriliva della pecorina . Il
latte di vacca dà cacio , e burro di miglior qualità del
pecorino , la vacca partorisce ad un di presso in
ogni i5. mesi , e quando sia ben nudrita dà latte sino
all' ottavo mese di gravidanza , e dopo 4^. giorni da 1
parto . La pecora nello stesso periodo partorisce due
volte , manca di latte al terzo mese , e allatta per più
di due mesi il debole agnello , e inungendosi non dà
lana buona . In ultimo luogo per pascolo della mi-
gliore vacca da latte presso di noi basta quello , che
s'impiega a dieci pecore, dalle quali ne' tempi propi-
zj potrete a stenti trarre quattro in cinque libbre di
latte j mentre in questi stessi tempi , che son più lun-
ghi per le buone vacche , ritraendone sole 4- caraffe ,
l
{383 }
e non 12 , e 20 come in Sorrento accade, si à il dop-
pio. Paragonate su questi dati il prodotto delle peco-
re , e -delle vacche , rapporto al latte , ed alla carne ,
ed avrete la dimostrazione la più completa , che il so-
stituire per le carni , e pel cacio alle pecore gli ar-
menti hovini sia cosa lodevole , e vantagiosissima per
i privati e per lo stalo .
Da quanto sin qui ho eposto , egli è manifesto ,
che la nostra pastorizia sia in uno stato di languore ,
e di miseria , ed esaminate le cagioni che l' infestano,
chiaro è ed evidente non potersi perfezzionare nella
più bella parte d' Italia , se proprietarj ed il Governo
non garcggieranno a vicenda colle loro rispettive for-
ze , e coi loro lumi ad estenderla , e , migliorarla . E
poi la pastoiizia , come dimostrerò, la prima traile in-
dustrie campestri , che 1' indole del nostro suolo , e le
circostanze politiche della nazione richiamano a prefe-
renza , e ne ripromettono al tempo stesso i più gran-
di , e stabili emolumenti . È dessa indispensabile alla
perfezione dell' agricoltura. È necessaria finalmente ad
avvivare le nostre arti , ed il commercio -
( 384 )
PARTE II.
Dell' importanza della pastorizia nel Regno di
Napoli , e de suoi vantaggi .
JDAsla volger Io sguardo su queste fertili contrade per
ravvisare , che la naiura formate le abbia ad oggetto di
nudrirvi numerosi armenti . Imperocché avendo ingom-
brato questo suolo di monti , e di grandi ramificazioni
di monti , la più parte calcarei (ij, ricchi di sorgive ,
e di scaturigini , ci presenta nella partorizia l' unico
mezzo da trarne partito , e convertirli coi progressi di
quest' industria in una esausta sorgente di ricchezze .
E certamente i monti colle loro gibbosità occupano più
della metà della superficie del Regno, ed i inon ti , co-
me ognuno sa , son generalmente piùj idonei alla pa-
storizia, che all' agricoltura .
La conservazione de'monli stessi , non che la fertili-
tà delle valli, e delle sottoposte pianure imperiosamente
richiede , che sian di piante perenni , e silvestri ri co-
verti affin d' impedire lo scretolamento , cui van sog-
I
(i) Quel che dicesi de' monti calcarei dee esten-
dersi con maggior ragione ai monti di alluvione , ed
ai vulcanici . I primi scretolano agevolmente con in-
-finito danno nei piani , i secondi si sciolgono in a-
rene , e per l indole dè'prodotti vulcanici esigono im-
mense penej e grandi spese per esser coltivati .
( 385 )
getti per l'azione delle meteore. Più : niegansi ancora essi
in gran parte alla coltivazione delle piante cereali , alla
vegetazione della vite , dell'ulivo , e di altri alberi gen-
tili , e preziosi , che mal reggon sulle vette de' monti L
più umili , nelle loro balze , e nelle coste settentrio-
nali per la forza de' venti , della neve , del gelo . Fi-
nalmente presentando i monti da per tutto un suolo
tenace , e duro da non poterlo smuovere , e lavorare ,
se non col bidente , e col picone , e dovendosi le ter-
re dalla natura allogate in pendio da • ciglioni , e da
argini sostenere , perchè non siano dalle dirotte piogge
trasportate nel piano , richiedono per la coltivazione spe-
se maggiori dell'ordinarie , le quali di rado vengono
compensate dalle raccolte per la rigidezza del clima ,
e per la poca fecondità del suolo , a differenza de' luo-
ghi piani , che si sperimentano di maggior profitto , e
di minor dispendio . Finalmente , le più feconde valli
fra i monti non sono, rapporto alle piante cereali , da
paragonarsi in fertilità colle nostre pianure (i) . Ma
questi monti istessi , quando fosser di alberi maestosi
e di speciosi frutici a dovizia vestiti , sarebbero di gran-
di ricchezze cagione , non solo col legname da costru-
zione, da opera , e da fuoco, ma principalmente coli'
abbondanza del pascolo per gli animali di ogni genere.
49
( 1 ) La migliore raccolta nelle più felici valli del
Sannio non giunge a 8 tomoli di grano a moggio , in
Puglia giunge al ii , e qualche volta ancora dà
dippià .
( 385 )
lia frequenza delle scaturigini , e jyfiLì'iii , onde son
ricchi da pert'.itto nelle lor dolci pendici , e nelle vai-
li , pi-«s°nta facili mezzi d;> stabdirvi un sistema di pra-
ti arlillciali irrigui , i (juali eleva ida il valor natio di-
quelle terre , darebbero costante maggior proGtlo colla
pastorizia , e le renderebbero contjmporaneamente più
idonee a dare di quando in quando abbondaulissime
raccolte di cereali, di canape ec. (i) .
La natura adunque ci sprona a volger la metà del
Regno alle industrie pastorali , onde speraremo in va-
no incremento di popolazione , e di prosperila Gnche
non si pervenga a trattare i monti giusta il modo più
analogo alla loro indole , a covrirli cioè di foreste ,
di frutici , e di ottime praterie, le quali sommini-
strandoci copia straordinaria di foraggio ci farebbero
abbondare di armenti bovini , pecorini , porcini ec. ^
come ne abbondavamo ai tempi di Annibale, e di Po-
libio, quanrto una quarta d' obulo bastava allo stranie-
re per vitto quotidiano nelle nostre locande .
La stessa madre benefica, che ne' monti c'invita ad
MD eslesa , e felice Pastorizia a preferenza dell' agricol-
ra , in molte guise parimenti ne sprona a praticarla
neir altra metà del Regno , che formata viene dalle
pianure . Dirò ancora, che al verace risorgimento dell'
agricoltura preceder dee quello della Pastorizia. Im-
(i) / prati artificiali arricchiscono di terra ve-
getabile i terreni , Oi'e vegetano , e dopo alcuni anni
uguagliano la fecondità delle terre vergini .
( 387 )
peroccTiè a promuover enicacemente la prima, ed ele-
varla all'apice della perlezione nelle- pianure , uopo è
abbondare di legname d'ogni genere, nocessatio agli
«si della vita campestre, alle macchine rurali, alle fa-
Lriche , ai ricoveri degli animali , alia difesa de cam-
pi ec. 5 conviene parimenti che le terre non siano aridi-
te dal sole il quale presso di noi ha tanta forza al ca-
der di primavera, che tutto brucia, ed inaridisce .
Bisogna ancora, che le piante piìi interessami, come
sono le cereali, o le tigliose principalmente , sien alla
meglio riparate , e difese dal grave sofGo de' venti mi-
cidiali, dalle nebbie ec. e vegilino su' terreni affatto spo-
gliati di radici, e piante inutili, o nocive j uop'è fi-
nalmente che la terra dia il massimo ricoUo , mercè
la spesa ed il travaglio istesso , che si richiede per 1*
ordinario , alla qual perfezione non potremo inalzare
nelle Provincie la nostra agricoltura, se ad esempio
d' una parte della Campania non sapremo accumulare
tanta quantità di terriccio quanto u' è indispensabile
a ricavare dalla stessa terra diversi prò lotti in ogni
anno, e a moltiplicarvi le braccia. Or la moltiplica-
zione delle braccia coltivatrici si otterrebbe egualmente
se air errante , e negletta pastorizia succedesse la bea
intesa , perche or sono addetti alla vita pastorale 5om.
de' nostri abitanti per il solo Tavoliere di Puglia , de'
quali col sistema de' prati artificiali , e dfgli animali
a stalla , non solo non vi sarebbe tanto bisogno , ma
ciascheduno di essi sarebbe al tempo stesso pastore ,
fi coltivatore .
E con pari felicità tutte le altre condizioni neces-
( 388 )
sarie all' aumento dell' agricoltura agevolmente si adem-
piranno se attenderemo a introdurre nelle pianure le
piantagioni di alberi, di frutici, e di piante di ogni
genere così variate, e ripartite, da somtniiiistrar sem-
pre una porzione di verde alimento agli ai-menti : se
avremo delle siepi, e dei fossi per custodire le pian-
tagioni, e le praterie dall'incursioni degli animali ,
e dal ristagno delle acque . Le piantagioni , e le siepi
potrebbero esser s'i saggiamente disposte , che difendes-
sero coir ombra loro le terre dall' eccedente ardore
del sole , dall'impeto de' venti, e somministrassero coi
loro rottami, e colle spoglie degl'insetti che nudrisco-
nd perenne copia di terricio (i) .
Riflettendo poi , che la spesa per formar i prati
artificiali , e le piantagioni di frutici , e degli alberi ,
benché non sia lieve , compensata pur viene ne' primi
dal maggior prodotto , che le terre dissodate , e pur-
gate dalle radici d' inutili piante dar sogliono : rifletten-
do ancora , che le piantagioni degli alberi , de' frutici ,
(i) Chi riflette alla floridezza della coltivazione
in alcune parti della Campania comprenderà in tutta
la sua estensione la forza del mio discorso , e cono-
scerà poterla render comune alla maggior parte delle
pianure del Regno , covrendole di piantagioni , di sel-
ve , e di prati artificiali. Gli uomini hanno sempre
un rapporto colle piantagioni regolari., e coi prati ar-
tificiali. Più, abbondan questi., più numerosa è la pO'^
polaziune , perchè vi abbondano le sussistenze .
( 389 )
e di molte erbe da prato durano per moltissimi , o
per molti anni danno mano mano frutto maggiore ;
né richiedono dalla mano dell'uomo, se non a grandi
intervalli , semplici diligenze piuttosto , che lavori dis-
pendiosi , e difficili : osservando in fine, che il gelo,
la nebbia , il vento , la gragnuola , e la pioggia ec.
le quali spesso annientano i sudori , e le spese de' col-
tivatori , in nulla o poco danneggiano le piante di fo-
raggio , e gli alberi da bosco , chi non vede esser noi
dal proprio interesse chiamati ad esercitare con intel-
ligenza , ed estender vigorosamente la pastorizia nelle
pianure, come il mezzo più agevole, e sicuro da trar-
ne sollecito , men incerto , e men dispendioso profit-
to ? Tanloppiù , che mancando noi di braccia jjer ben
coltivar nelle pianure le terre attualmente coltivabili ,
sarebbe, come l'è stato , non piccolo errore l'estendere
r agricoltura propriamente detta , e trasandar in esse
la buona pastorizia . Sarà sempre vero 1' aureo dello
di Virgilio : laudato ingentìa Tura , exiquum coìito ,
e sarà vero sempre altresì , che dieci moggia di terra
riccamente concimata , e diligentetnente lavorata ren-
dano più di 20 , e di 3o moggia coltivate all' oi"-
diaario .
Da queste verità, che ho creduto dover sempli-
cemente accennare , trascurando di adduroe le prove ,
per non recarvi fastidio , ragionando di cose evidenti ,
e notissime, egli è chiaro, che la buona pastorizia
deve precedere , ed accompagnare l' agricoltura nelle
pianure . Affinchè però ciascheduno ne rimanga persua-
so, e tulli siano animali a metter in pratica i consigli
( 390 )
della ragione , mi sia lecito di rilevare due grandi van-
taggi , che la bea inlesa pastorizia seco porla , e che ,
come questa , sono da noi ignorati , o negletti .
Sanno i Botanici , che 1' erbe corte e tenere , nel
primo loro germogliare smozzicate, hanno una straor-
dinaria disposizione a crescere , qual disposizione va
a mancar nelle adulte . Si sa da' pastori , che a pa-
scolar 1' erbe corte ne' primi giorni della germinazione,
gli animali grandi , come i buoi e le vacche , siano
inetti, ma'i vitelli , come i lanuti, a proporzione dell'
età si osservano più , o men' atti a profittarne ; onde
facendosi pascer da' giovani animali, e ricrescendo que-
sta sotto il loro dente innocente con celerità, e con
maggior vigore, ottengono gl'industriosi oltramontani
un dippiù di pascolo, che nel nostro sistema erroneo,
e confuso ,è pressocchè perduto , specialmente rapporto
ai buoi .
Inoltre 1' esperienza , ed il calcolo han persuaso i
Tedeschi , i Francesi , e gl'Inglesi a mandare al macello
non già vecchi , ed inutili buoi , come tra noi si usa ,
ma giovani principalmente , appena giunti al perfetto
loro sviluppo , nudriscono a tal uopo moltissime vac-
che ^ e lascian crescere i vitelli sino al terzo anno , ed
ingrassandoli con ogni sorte di erbe , e di radici , ne
ritraggono carni più sostanziose , più tenere , e più sa-
porite, e cuoi assai migliori de' nostri (i) con un pro-
(i) // cuoio degli animali vecchi è logorato dall'
etày dal travaglio , dalle piaghe , è più indurito , men
soffice , ed elastico del cuojo d^W animale giovane , e
vegeto ,
(391 )
fitto tra noi sconos'^iuto, perche poco avvezzi a ri-
fleltere e a calcolale.
V'ha un t rinins in cui l'animale cessa di crescere,
e questo è ne'hiioj presso a tre anni compiuti . Sino
a quest'epoca il giov:>iie animale consuma in alimenti
assai meno dell'adulto, e non h'.irò, che consumatone
abbia una sola metà ., ma due terzi per abbondare nel
calcolo . Da ciò ne siegue , che il pascolo sufficiente
a nudrire tre bovi adulti , nudrirà comodamente quat-
tro vitelli , e non divenendo presso di noi vecchio , e
da macello nn bue , se non dopo i nove anni , quel pa-
scolo , che per nove anni sostiene tre buoi , sosterrà 12
vitelli , de' quali quattro se ne suppongono uccisi in
ogni triennio. Suole altronde un animale giunto al suo
perfetto sviluppo pesare un terzo meno dell'adulto
vecchio ben ingrassato Adunque dodici bovetti col vitto
corrispondente a tre bovi nel corso di 9 anni daranno
tal copta di carne, e di cuoja, quanta ne corrispon-
derebbe a 8 bovi da macello , ed aggiunta la miglior
qualità della carne , e del cuojo , e considerato il van-
taggio dell' erba corla di sopra menzionato , possiam
francamente asserire , che sostituendo per lo macello
a buoi , e vacche vecchie i giovani giunti appena al
perfetto loro sviluppo , venga a triplicarsi la copia
della carne , e delle cuoja. Quel che si dice de buoi
può applicarsi ai lanuti , ed ai porci (1) .
(i) J^i sarà chi troverà n ridire su questo mio cal-
colo , perche non v inclùudo il travaglio , che per sei
annt
( 39^ )
Quando poi con silTaUi nuovi metodi crescesse
r abbondan7a della carne potrebbe entrar nel vitto del
popolo , da cui è esclusa , ed allora vi sarebbe mag-
gior risparmio di fruniento , che si potrebbe vendere
all'Estero. E noto che la carne nudrisce al doppio
del pane, e ancor dippiù rapporto al pane di frumen-
tone, onde sotto l'uso di quella la forza, e la salu-
brità de' contadini riceverebbe aumento , e faremiuo
cogli esteri più utile, ed esteso commercio de' nostri
grani superflui .
Ma se dai nostri sforzi per moltiplicare gli ar-
menti altro vantaggio non si dovesse attendere , se
non quello di provvederci per noi medesimi del cacio,
delle pelli , e de' cuoj alla nostra consumazione ne-
anni prestano i bovi da aratro ,o da carro. Ma questi
portano una spesa maggiore , abbisognando di vitto
sostanzioso , e abbondante ; e come per lentezza del
moto fan poco profitto colf aratro , o col carro , cosi
spesso per le disgrazie e malattie , cui van soggetlti ,
s' inutilizzano y onde messe a calcolo tutte queste ri"
flessioni , e paragonati i buoi coi cavalli, e coi mu-
li , che hanno maggior attitudine ai lavori campestri
ed al carro , maggior velocità , e più lunga vita , e
minori pericoli , confesseremo , che saviamente si re-
golano gF Inglesi j i Francesi, i Tedeschi , ed i Lom-
bardi, che adoperano cavalli , e muli ne' lavori della
terra , e per il carro , e serbano i buoi al macello ,
ed alle picciole fatiche .
( 393 )
cessai*), pur sarebbe grandissimo , sottraenJoci per tal
mezzo air umiliante ed enorme tributo di un milione,
e 3oom. due, che paghiamo agli esteri, come altrove
si è detto .
Le da me finora addotte ragioni a prò della buo-
na Pastorizia non isfuggirono nei principj del caduto
secolo agi' Inglesi perspicacissimi , ed avidi calcolato-
ri, e da tanto seppero felicemente valutarle , che po-
nendo in opera tutte le risorse del genio protetti , ed
incoraggiati dal Governo , eS^tcsero , e perfezionarono
la Pastorizia , e per questa via pervennero alla per-
fezione dell' Agricoltura . Or questo stesso piano a
noi vien indicato non solo dalla natura del suolo , dall'
indole del clima , dalle circostanze politiche , e dai
nostri bisogni , come ho dimostrato , ma ci vien chia-
ramente inculcato dall'esempio de' nostri gloriosi an-
tenati, e dai più illustri scrittori rustici dell'antichità.
Nei secoli di prosperità , e di gloria meritarono
queste Provincie il nome d' Italia , e fummo detti Itali
dalla copia, e bellezza dei buoi. In quei tempi , come
ho dimostrato in altra opera, i nostri monti , le colli-
ne , e i piani vedevansi sì saggiamente di piante da
bosco, da frutta , e da foraggio ricoverte , che ben si
può da ognuno comprendere essere stata presso de'
Marsi , de' Sanniti , de' Frtntani , de' Lucani , de' Bruz j ,
e de'popoli della magna Grecia considerata la pastori-
zia, come la prima sorgente dell'opulenza nazionale,
ed aver meritata la più grand' estensione , e diligen-
za . Sono nella storia famosi i pastori del Matese , e
della Sila . La regione Salentina abbondava di cavalli
5o
(394)
al dir di Virgilio , e non inea di 4 iwila indomiti
ne ristrass^ Annibale eoa una scorreria dalla Peucezia ,
e dalla Japigia . Le straordinarie ricchezze del Tem-
pio di Giunone Lucina presso Cotrone dai pascoli del
sacro bosco derivarono . I sacrilicj di buoi , di peco-
re , di por.^i , di capre , cosi generali , frequenti , e nu-^
merosi , sono non equivoca pruova della copia grande
di animali , eh.? nudrivansi in quei tempi . Tatti gli
argoiiTjnli poi , che dimostrano essere stata in quel pa-
rlo lo felice la nostra Terra abitata da una popolazio-
ne doppia almea della presente, convinceranno i più
increduli , che allor si avevano più numerose mandre
di aniivtali.
Ma a che serve con induzioni provar ciò , che
dagli Autori latini de re rustica chiaram.Mite si at-
testa ? Benché quelli , che a noi soa pervenuti vives-
sero nel principio della nostra dfcad mza , o in que-
sta stessa ben avvanzata, pure riguardarono la pastori-
zia come la più vantagiosa traile campestri industrie ,
Difatti Catone , Golumella , Plinio , non altra sor-
gente più ferace di ricchezze conobbero traile cure
de' campi , se non la pastorale. jYuìi dice Coluinil-
la ft) in rusticatione vìi antitjnissiina est ratio pa-
icendi , eaileinqus^ quoestuosissiin^ Et nunc
apud nostros quidein Colonos alia rss uberior nulla
est . Plinio (2) e Golumella concordemente ci narra-
(i) Lib. VI. nella Prefazione .
(2) hib. 18 cap. 5 Hist. JYat. Coluni, l. citato.
(39^)
DO , che interrogatus Cato , quis esset certissimiis qiice-
stus ? RespoiìcUt , si heite pascas : quis proximus ?
si medìucrifcr pascas . E <1i qiu'sla sua opinione ne
adduce la ragione . Simvuu oniniiini in lioc speclanda
fuit , ut friulns is maxime proharclitr , qui quam mi-
nimo impendio cnnstatiirns, esset. Lo stesso Colone (i)
ci lasciò scritto. Prata irrigna , si aquam ììabetis, po-
tissimum /acito , non est prtedinm , quod ubi 7>is ,
expedit facere . II iioine stesso di prata cioè semper
parata.) è una dimostrazione dell'alia considerazione,
in cui furono, « della grande «tilità , che recavano.
E qui non vi sia alcuno, che protestando esage-
razioni , e inesattezze presso gli scrittori rustici , osi
trattar queste massime come opinioni mal sicure, e
parlo piuttosto d'immaginazione, che di e.sperienza .
Poicchè Columella lo smentirebbe col fatto .Ci ha tras-
messo quest'autore la notizia del fruttato de' prati , che
fall iavansi a mnggio , e<l in autunno, cioè due volte
nello stesso anno (2) . Dava nella prima falcinlura un
jugcro di prato al buon 0[)prajo in un giorno 1 too
fascine di erba secca (3), che pesavan quattro liijbre
(i) De re rustica cap. <).
(2) lAb. XI. Cap. 2.
(3) Dico secca , perchè Columella parla di fieno ,
e non di erba ; ne si può sospettare , che i f./lciatorì
dì quei tempi a differenza de' nostri formassero le pi-
scine cosi picciole da pesar v -rdi 4- libbre . Quel che
dice Columella è si vero , che i falciatori odierni in
Ro-
( 396 )
l'una, vai quanto dire si ricavava ordinariamente da
un jugero di terra 4 ™ila , e 800 libbre di Ceno sotto
la prima falciatura. Plinio conferma il calcolo di Co-
lumella , ed ambidue convengono , che dopo la fal-
eiatura raccoglievasi altro fieno seccato , e sfuggito
all' operajo , che altro ancora , non tocco dalla falce
nella prima operazione, se ne raccoglieva dopo pochi
giorni, e lìnalmente , che lo stesso prato tornava a fal-
ciarsi in autunno e dava il fceniim chordwn . Quindi
per piccolo , che si voglia supporre il prodotto della
seconda raccolta, unita agli avvanzi della prima , niun
potrà mai dubitare, che l'intero prorlotto di un ju-
gero di terra a prato dovea esser d' intorno a 8. mila
libbre senza tener conto del pascolo verde , che da ot-
tobre lo stesso prato somministrava agli animali , che
in quel tempo vi si solean condurre.
Né si creda , che i riferiti autori de' prati propria-
mente irrigui parlassero ; perchè di questi asseriscono
nelle loro opere quel che si sperimenta anche oggi gior-
no , ovunque si costumano , cioè , che falciavansi quattro,
e cinque volte da maggio ad ottobre . Se alcun poi vo-
lesse sospettare , che tanto prodotto de' prati appar-
tenevasi ad altre Regioni , e non a queste , ricordia-
moci , che Columella coltivava e scriveva presso Ta-
ranto, non già presso Lodi, o Milano. Dietro questi
Roma sogliono tagliare , e ligare in un giorno 4200.
/ascine di fieno secco del peso ciascheduna di 4- m>'
bre .
(397)
dati un moggio di terra a prato artificiale dovrebbe
darci <). mila e più libbre di ficQO , percliè il moggio na-
po'elano in lai proporzione è più grande dello juge-
ro de' Romani , die ne somuiiuislrava , come abbiam
dimostrato 8. mila (i) .
Paragoniamo intanto all'antico prodotto l'attuale
delle nostre praterie naturali , e prescegliamo le Pu-
gliesi , come le più feraci . Non avendo esperienze di-
rette , ed esatte da esaminarlo , ci sarà di scorta la
quantità del prato necessaria all' ordinario manteni-
lucnlo d'un dato numero di pecore, e di vacche. E
canone della Dogana di Foggia , e di tutti que' pasto-
ri, che per il pascolo ibernale di loo pecore \i biso-
gna un carro di terra, ed altrettanto per pascolo esti-
va, in tutto mog. iGo. Ogni vacca nel calcolo de' Pu-
gliesi vale IO pecore rapporto al pascolo. Ma 160 mog-
gia a prato artificiale secondo il calcolo da noi addot-
to ai tempi di Columella dar dovrebbero un milione,
e mezzo di libbre di fieno , che darebbero ampio nudri-
mento a 400. montoni, o a 4o vacche da latte , senza
contare il pascolo verde , che per alcuni mesi se ne
potrebbe ritrarre j dunque coli' introduzione de' buoni
prati artificiali noi potremmo quadruplicare il nume-
ro de' nostri lanuti , e de' loro prodotti , senz' accresce-
(ij Un miglio quadrato contiene moggia mi ad
UH dipresso , e contiene jugeri ii85. Il prodotto dunque
dello j'ugero sarà a quello del moggio , come 1 11 1
a 1285,
e 398 )
re le terre da pascolo . Diminuiscasi questo numero a
capriccio sino alla mela , sarà sempre vero , che coi
prati artificiali noi potremmo rad(lop|,iare il numero
de' nostri armenti; ed iu conseguenza dei loro pro-
dotti .
E per animar vieppiù i nostri proprietarj a pren-
der conto magi^iore degli armenti Lovini , e de' prati
artiticiali , che meritano di esser moltiplicati , e propa-
gati a preferenza , giova rilevare i vantaggi , che da
questi dovrebbero atteiidrisi nella Paglia, ove 1' uso
de' prati artiliciali venisse a stabilirsi.
Fingiamo , che «ella Puglia lungo soltanto le spon-
de de' liumi , e de' torrenti che la bagnano a tutto
inaggio fi) siasi introdotta in vece dell' errante la bea
intesa Pastoiizia , e siavi un proprietario , il quale si
determini a mettere 160 moggia di terre a prato arti-
ficiale , irrigabile solo nel mese di maggio dopo la
( I ) Prescelgo le sponde de' nostri torrenti , e de'
nostri fiumi per dure ed nostri la facilità d'esser irri-
gati . I torrenti soglion correre nel mese di maggio
e spesso anche per tutto giugno . I nostri antenati
davano V acque ai prati artificiali appena secato il pri-
mo fieno in maggio , e cosi , ancorché non avessero
altra acqua per irrigarli successivamente , ne traevano
gran profitto , vi conservavano meglio le piante , e
la verdura , e tornavano a falciarli in autunno , per-
chè le piante i-invigorite dall' acqua dopo il primo ta-
glio producevano molta erba alt apparir dell' autunnc%
.J>
(399)
prima falciatura per aver dell' erba nell' e^là , e ot-
tenerne più agevolmente una seconda in autunno .
Diamo di rendila annua a questa terra il valore di
36o ducali : compuliamo la spesa necessaria per dis-
sodarlo , acciò il prato riesca della più perfetta
qualità, per la soumia di 800 duca^ . Diamo per ca-
pilale d' 4*^ vacche sceltissime 24^0 dìicati . Por
una stalla, ed un fonile corrispondente, e per la ca-
scina vi occorrano due mila ducali : per custodia
delle vacche diamo a 4 pastori 28 ducati al mese j
per trasporti , e per commodo vi si mantengano 4
animali da soma colla spesa annua di due. 200, e per
acquistare il seme di prato occorra la spesa di ducati
3oo. Risulta da queste condizioni , che a stabilire in
Puglia un procojo di ^o vacche scelte, vi bisognareb-
he il capitale di 53oo ducati, e l'annua spesa di i4i<5-
Per abbondare nel calcolo, e per ])rovvedere gli utensili
diciam le spese annuali ammontare a i5oo , e fissiamo 6
mila ducati di capitale . Veduto 1' esito calcoliamone 1' in-
troito. Di l^o vacche scelte, e ben nudrite ,^ mettiamo
che sole 20 diano sempre latte (i) e non dirò , che
darne potranno 3o , 20, o i5 caraffe ai giorno, come
la tlanno ne' tempi analoghi le vacche di Sorrento , e
(i) Supponendo una vacca incinta in ogni \S me-
si, l\0 vacche in cinque anni partorir doi'rehbcro 4
volte , ed in conseguenza dar iGo allievi: 32 allievi
per anno , se fossero di scelta razza , ben trattate
nel vitto , e nella salute y ed esenti da disgrazie .
( 4oo )
della Svizzera , ma solo 12 carafe. Avremo dunque
240 caraffe di latte al giorno , che dando il sesto del
suo p3So in burro , e cacio iasieiae, darebbe, se la
caraffa nostra pesasse aS oncie , e mezza di acqua, co-
mi volgarmente credesi , il peso di 81 libbre di ca-
cio , e burro , e prese alla ragione di 12 grana la
libbra, darebbero a giorno la rendita di g ducati e 72
grana , ed in conseguenza la rendila di 365 gior-
ni sarebbe di ducati 3547 ' ^^ ■ Dedotte le spese an-
nuali , restarebbero di proQtto ducati 2047 , 80, cor-
rispondenti , come frutto del capitale impiegato nel
fondo alieno per piantarvi il procojo , come sopra da
noi ideato ; ma il capitale cosi impiegato non eccede i
ducati 6000 : dunque questa stessa somma verrebbe a
dare il 33 per loo in circa di rendita netta, la quale
è cosi rispettabile , e grande , che non può considerar-
si se non come la massima , che costantemente pos-
sa farsi nel commercio il più attivo , e felice .
E per giungere a questo stato di prosperità non
dirò per tutto il Regno , ma solo in duemila poderi
dispersi su tutta la superfìcie di quello presso i fiumi,
e i laghi , che abbiamo nelle valli , e nelle pianure ,
ove sarebbe assai facile l' accrescere coli' estiva irriga-
zione il prodotto dei prati da noi calcolato di sopra ,
non vi sarebbe bisogno di tutta la spesa da noi com-
putata , perchè generalmente abbiamo delle vacche ,
ma con piccolo , o niun frutto , e meaocchè nel Ta-
voliere di Puglia, si hanno da pertutlo , e stalle e cor-
tili , e capanne , cioè una specie di portici rustici, che
meglio iatesi e riformati , ci metterebbero ia istato di
[ 4oi ) ^
trarre dai nostri armenti meglio nudriti tutto quel van-
lagio , che nell' alta Italia , e altrove col mezzo de'
prati artificiali ritraesi .
Dal sin qui esposto , e da quanto insegnano i
scrittori agrarj , e i popoli culti di Europa inettoQO
in pratica , egli è chiaro , che le piantagioni , e i prati
artificiali siano l' unico mezzo , onde animare la Pasto-
rizia . Succede agli animali come agli uomini ; pro-
sperano, e si moltiplicano , ovunque abbondino i mezzi
di sussistenza , ed in proporzione di essi. Quindi l'unico
mezzo , che si dee proporre alla Nazione , è quello
d' introdurre da per tutto i prati artificiaU irrigui, e
non irrigui.
Non è , che questi siano tra noi ignoti . I non ir-
rigui sopratutto son comuni nella Campania , ed io qual-
che altro cantone d .l Regno , ma non si esteadono
alle cacche , ed alle pecore .
Io vi annojerei se volessi qui ricopiare gli av-
vertimenti e le regole, secondo le quali si debboa
formare i prati artificiali . Piuttosto sembrami necessa-
rio discorrere di quali erbe ci convenga far uso.
Si
( 402 )
P A R T E ni.
Di mezzi da far rifiorire tra noi la Pastorìzia '.
Se dobbiamo pe'l nostro interesse iatrodnrre i
prati arlifioiali di quali erbe ci serviremo ? Non om-
nies feri omnia Telìns . Ci nasce quÌD('i il bisogno di
disaniioar traile tante piante, che pur abbiamo, e trai-
le mollissime , di cui manchiamo , quali convenga-
no meglio alla nostra Pastorizia . Or questa dissami-
na abbraccia due considerazioni , cioè quella della na-
tura del suolo , e quella del clima . Favelliamo dun-
que del nostro suolo , e del nostro clima ppr poter
precisare quali erbe siano da coltivarsi a preferenza,
ne ' nostri prati artllìciali .
Benché le nostre terre siano tra loro varie, e dif-
ferenti, io porto opinione, che possano esser classifi-
cate ili modo sodisfacente al bisogno de' pastori , ss
rifletteremo all'origine geologica del nostro suolo.
Una catena di monti ramificali iu varie direzioni
dividono il nostro Regno per tutta la sua lunghezza
in molte pianure, le quali dal mare, cui dolcem?nte
inclinansi , terminate , ban per lo più V aspelto dill'
oriente, o di mezzogiorno , e pocha ve ne sono tra
ponente , e mezzo giorno , pochissime Ira oriente e
tramontana .
L' indole de' nostri monti è varia. Per lo più so-
no calcarei , di passaggio , o di più recente formazio-
ne , ed in conseguenza contengono più o man secou-
(4o3)
do r clà sostanze animali , e vegetabili petrificati . Ta-
li sono i monti dell' antico Sannio , de' Piceni , della
Daunia , della Peucezia, de' Salentini,Ja maggior par-
te di quei della Campania , e della Lucania . Da «[ue-
Sta Provincia però verso i Bruzj , e la magna Grecia
sino all' Esaro, e propriamente verso il Tirreno abbia-
mo monti primitivi , di granito cioè , di gneis , di
mica schislosa , di schisto argilloso , su de' quali in di-
versi luoghi veggonsi monti calcarei di diversa età , ed
anche de' monti sabbionosi . Sede di vulcani estinti , o
finalmente di vulcani ardenti furono, e sono ancor mol-
te regioni del nostro suolo . I campi flegrei , i monti ,
su cui giacciono Teano, e Sessa: il Malese , il Vul-
ture, e molli altri, che per brevità tralascio di no-
verare neir antico Sannio , ed in altri luoghi ancora,
arderono un tempo, e formarono de' monti, e campi
vulcanici colle loro eruzioni . La valle d' Ansante , la
Zolfalaia , e tulli quei luoghi del Regno, donde acque
termali sorgono , o vapori lumerali s' innalzano , sono
a riputarsi vulcani st mi estinti ; restando al solo Ve-
suvio la qualità funesta d' istruirci colle sue terribili
eruzioni di quel che furono gli estinti, o semi estinti
vulcani cosi frequenti in questa bella parte 'lei Mondo.
Le nostre pianure una volta ingombrate delle ac-
que, non sursoro certamente prima de' monti j)riini-
tivi , e lungamente dopo la forma/ione degli A|q)en-
Tiini. Son desse figlie del sedim-nto delle ondo nella
maggior parte, e del detrito de' monti , che le circon-
dano; e perciò nelle loro estremità , cioè ne' litii da
poco, e leularaenle da mare abbandonati, sono, come
( 4o4 )
esser debbono, di sabbia a dovizia fornite , e ne' luoghi
mediterranei debbono abbondar , coma 1' esperienza il
dimostra , di sabbia , o di creta , o di argilla , a seconda
della natura de' monti che lor sovrastano-'
B:jnchè le alkivioni particolari , le concussioni ter-
restri tra noi frequenti , e terribili , e l' eruzioai vul-
caniche abbian alterato in alcuni luoghi 1' inJole na-
tia delle nostre terre ,. pure la massima pnrte di esse
G ha conservato , o ha acquistato nella superfìcie il mag-
gior numero di quelk proprietà , che corrispondono
alla loro origine . Quindi è , che il nostro littorale
abbonda di sabbia , e di terreni leggieri , e sabbioiiosi ,,
e di tufo : ne' luoghi mediterranei le pianure abbon-
dano di tèrra calcarea sotto forma di creta , di crosta
tufacea, di tufo calcareo, di marmo ec. , coma osser-
vasi nelle provincie orientali , e sottentrionali d;d Re-
gno 5 o pure abbondano di terra argillosa sotto forma
di argilla, di mirua , coms nelle Calabrie, ed in qual-
che parte della Lucania ravvisasi . Nella Campania
poi, e presso tutti i vulcani estinti , a semi estinti, le
terre conservano le qualità primordiali , cioè sono
prodotti vulcanici sotto forala di puzzolaua , lapillo ,
tufo vulcanico, lava scomposta ec.
Da questi brevi cenni geologici possiam dunque
eonchiudere . che sono le, nostre terre riducibili a due
specie principali, cioè a terre sabbioaose, e leggiere,
quali sono quasi tutte quelle del nuuijroìo lungo litto-
rale, e presso i monti vulcanici; ed in terre forti,
e tenaci più o meno , che si possono suddividere in
due altre specie , cioè in terre ere tose , quali sono
( 4o5 )
quelle delle pianure , e delle valli del Sannio , della
Puglia , delle Murcie , e della Lucania , ed in terre
argillose , e marnose , quali sono principalmente le
terre di Calabria. E btnchè Ira queste vi sieno delle
terre cretose, e sabbionose, come traile cretose vi si
■veggono de' campi arenosi, pure bastando l'occhio,
ed il tallo a distinguere la sabbia , la creta , e V ar-
gilla , e le più marcate loro composizioni , ninno de'
coltivatori potrà ingannarsi , se vorrà per poco riflet-
tere , ed osservare , intorno alla qnaliià predominante
del terreno , die imprende a coltivare , e potrà age-
volmente adattarvi quelle piante^ e quell' erbe da pra-
to , che siano analoghe a tali qualità . '
Ma non basta certamente la ricognizione sola del-
le tTre per determinarsi con felice successo a colti-
varvi le piante corrispondenti . Vi sono delle partico-
kri circostanze , che farebbero abortir le speranze
del colono , se non venissero avvertite; e queste tali
circostanze per mio sentimento si restringono alla co-
pia , o penuria delle acque ,. e alla temperatura me-
dia dell'atmosfera ; cioè alle qualità del clima.
La copia delle acque è senza dubbio il mezzo
più efficace per la prosperità della vegetazio ne , alla
quale cooperano la lena , l' aria y il calore , e
la luce insieme , e sono ad un di presso egual-
mente necessarie , ed essenziali . Specialmente nell'
està , e nelle terre arenose par moltiplicare l' erbe
non v'è^altro mezzo, che l' acqua . Con essa i pra-
ti irrigui si falciano cinque, e sei volte l'anno ^
mentre apperja a maggio possonsi falciare i migliori.
• ( 4o6 ]
■prati secchi . Ovunque non abbonda l' acqua , forza «
rinunciare ai prati irrigui , e finché non si abbia mag-
gior copia di questo elemento , converrà ridursi a
delle piante , che prosperano senz'abbondante umore.
Quindi la Puglia, che ha poche acque correnti, e po-
chi fiumi, che non manchino interamente , potrà aver
de' prati irrigui nel mese di maggio, e giugno al più,
Tiìa senza la risorsa de'serbatoj , e de' pozzi, ove renda
conto il praticarli , noti potrà irrigarli ne' mesi di lu-
glio , e settembre per far molte raccolte di Geno . E
chiaro però , che quando si usasse in Puglia di dar
r acqua alniino ai jwati appena tagliati nel mese di
•maggio, o di giugni), si avrebbe deir erba in copia sco-
nosciuta a queUe arse contrade da maggio in poi , e
si potrebbe ancor serbar del (ieno peri' inverno . Che
se i Pugliesi pensando a quel che furono una volta,
e a quel che potrebbero essere, s'ingegnassero a vesti-
re di selve i monti, che li circondaao , e di pianta-
gioni le loro pianure, minorando l'ardore estivo, e
richiamando le piog^^ , potrebb ;r:) aver d^'priti suf-
ficienti a nudrire coi proprj ti^rreiii uà doppio nume-
ro di animali , cui ora son consacrate le cainpague
del Tavoliere non solo , ma di ^. Provincie del Regno.
IjO sforzo primario , e generale de' Pugliesi dovreb-
b' esser diretto ad approfittarsi delle poche acque che
vi sono, ed a coltivare qujl genere di piante, che ve-
getano benissimo sotto i cocenti ardori del sole ; e con
questi mezzi diverrebbero iu breve tempo capaci di
sostener le spese delle piantagioni , e de' serbato] , che
reslituirebbero a quelle terre 1' antica ubertosità , e le
e 407 )
rulu rrcbbcro eguali aliueuo per il valore t^c' predoni
alla Campania .
Ma il Sannio , i Picini , i Biiizj,e gran parie citi-
la Lucania Lauro acque sullicicnti per isabilir fre-
qiKnli prati arlidcialì , (ti iir'j^i-Liii . Io ccn so qial
faialj rf.riOian/a n.filici.c qr,('((jo!i sciolti daile scr-
■vilù; l(i.(!ali ntl lou) irlito fcj ere per r.oc profiffar-
Ee! La sulla, il U\n^V\c a fcr lineo ,. il sain-
foin , la nutlica et mi jb* ic (£scr (Stt£Ì,o ii.iJtt'Clti r.e'
piali (li (jiullr jitAii.cir, nelle Icio jitnie, rielle
loio >alli . Le palli ii;(ni(5e joi di (,ius!e stesse re-
gicrvi meglio ii\(blilc di all.di,. e di fiutici utili , po-^
triLbtro somniihistrar ancor esse rucve risorse all' in-
diistiia posloiale , e jicvcdtr da se stesse si d'inverno
the d'està rlla su^si^l(nza di qiugli amienti, che all'
appai ir dell' fiulunno perirebbero dalla fame, se non'
eni ^S( r menali ai lepidi piani della Puglia, e della
C ampania .
In tulle le conlrado , ed in ogni stagione anche nella^
Puglia possiamo aver dapertulto foraggio verde , e sec-
co per i nostri animali . Se ne manchiamo è nostra
oscitanza, e nostro danno. La Campania alternando
O coltivando il trifoglio, la- h.pinella , i lupini , il pani-
co, il miglio, il granone , le rape ec , facendo uso
delle foglie delle vili , e di molli alberi nndrisce i
suoi armenti d' està ,• e d' inverno ; e potrebbe otte-
nersi lo slesso nella Puglia , e ntl Sannio , se si usas-
se la stessa diligenza, ed anche maggiore . Baslarcb-
Le a ciò il conoscer le piante oorrispondenl' alle di-
Verse coadiziuni de' prali , alla copia delle acque ; al
( 4o8 )
gracto della temperatura o sia alla qualità del clima
di cui è ormai tempo di parlare .
I nostri monti si elevano a tanta altezza , che i
più alti sorpassano il termine della vegetazione dalla
natura assegnato alle regioni boreali . Le parti medie
lungamente alla neve , ed al gelo soggette soffrono un
grado di freddo alpino , e le parti inferiori son tocche
ancor esse dal gelo , e dalla neve in ogni anno , e si
quelle , che queste , sono soggette a violenti , ed im>-
provisi turbini , a frequenti gragnuole , nebbie , e
piogge . In queste regioni abbiamo il clima della Sviz-
zera , e della Lombardia , cioè mollo freddo , ed
umido .
Opposto diametralmente a quello de' monti è il
clima delle nostre pianure orientali , e meridionali .
Di rado in esse cade la neve , o vi dura per pochi gior-
ni : se la forza de' venti vi spande il gelo nel colmo
dell'inverno, di rado nuoce sensibilmente alla vegeta-
zione ; vi regna sempre un lepore benigno , e vivifi-
cante , sconosciuto al resto dqU' Italia , e dell' Europa ;
anzi abbiaino de' luoghi, ove non cadde mai la neve,
ne si sperimentò mai la forza del gelo.
Da questi caratteri comuni alle pianure del Re-
gno di sopra menzionate , si dovrebbe dedurre , che
godano dello slesso clima; ma pur differiscono gran-
demente le orieutali dalle meridionali, non solo per
la diversa loro esposizione al sole , ma ben anche per
tutto ciò , che può influire a diversificarne la tempe-
ratura . Nelle pianure orientali la jiioggia annuale non
giunge a 20 pollici di altezza secoadQ le osservazioni
(409)
dell'illustre socio Monsignor Gioveno , mancano sopra-
tullo le acque al maggior uopo , cioè nelT esià . Nelle
meridionali la pioggia annuale e di 29 pollici d' altez-
za , come osservò Niccola Cirillo , e 1' està non suol'
esser mai arida , come nella Puglia . La neve cade as-
sai di rado nella Puglia , e per lo più col Greca-
le . Cade poi colla tramontana , o col maestro e
frequentemente, ed in maggior copia nella Lucania , e
nelle Calabrie intermezzate da monti altissimi . II vea-
te di ponente , cioè 1' antico atabulo , distrugge le
piante nella Puglia , e nelle pianure a quella paralcl-
le , cui lo scirocco , ed il libeccio funestissimi alle
pianure meridionali nuocciono assai meno del ponen-
te . In quelle , le montagne più alte , e meglio ve-
stite di alberi attraggono agevolmente i vapori , e le
nubi , onde abbondano le brme , le l'ugiade , e le
piogge, e in conseguenza le sorgive; vi regna perciò
una minore irregolarità nelle meteore dell' atmosfera ,
vi si produce un grado di frescura superiore alla na-
turai posizione , cose tutte, che in vano si sperereb-
bero nelle pianure orientali circondate da piccioli
monti pressocchè interamente denudati : onde solfrono
frequenti improvisi turbini , spesse gragnuole, e dal
riverbero de' raggi solari per i monti , e pe l ma-
re che lo altoriii.ino , un g'ado di rslnaiile calore .
Tutto dunque varia in queste due regioni , varia la
pioggia, il caldo, il freddo , la neve, il g'Io, la gra-
gnuola , la nebbia ce. , ed in conseguenza varia dev*
esserne la coltivazione , e analoga a queste combi-
52
( 4io )
nazioni, ed alla visibile indole del suolo.
Che farem dunque per migliorare , ed aumentare
l'industrie pastorali? Io non oso ingiungere ai miei
concittadini , non ancora elevali ài grado d' istruzione
corrispondente alle ottime regole agrarie , la pratica
de' nostri maggiori, cioè di cominciar le loro campe-
stri operazioni dall' emendare i difetti naturali delle
varie terre con mescolarvi quelle di un carattere op-
posto . Questa pratica felicemente usata a gio;'ni nostri
dagl' Inglesi , dai Francesi , ed altri popoli di Europa
diverrà comune anche tra noi , se risorgerà una volta
la coltivazione , e la pastorizia , e con esse le braccia. Ma
dirò , che non v' è proprietario , il quale coli' intro-
duzione delle piante da foraggio con giudizio prescelte
non possa in breve tempo mtìttersi in islalo di accre- .
scere i suoi armenti , assicurarne la vita , la sanità ,
ed i maggiori prodotti .
E qui mi par acconcio di ricordare , e suggerire
come nelle terre aride il timo , il rosmarino , il pani-
ciini altissimum o sia erba della Guinea , le rape , le
pastinache, le palate, la radice di abbondanza, i co-
comeri , e melloni possono presentare oltre le piante
leguminose, e le spontanee, tanta varietà , e copia di
foraggio verde, e secco nfel corso dell'anno, da non
esser più obbligati a far peregrinare con tanto disagio ,
e spesa gli armenti .
Ognun conosce il merito del timo e del rosmarino
che som. nini strano squisito latte , e ottimo «iole j ma
(4" )
chi ne forma de' prati , o delle siepi ? Nessuno . Igno-
rasi , che si potrebbe ne' luoghi più aridi introdurre
con sommo profitto il panico altissimo , la radice
d' abbondanza ; pochi sanno che le patate , i cocomeri
i cavoli potrebbero, come le rape, le pastinache, e
le carote , coltivarsi per foraggio . Quindi mi sarà
pemiesso d' intrattenermi sulle principali , e più inte-
ressanti di queste piante .
II panico altissimo , o sia erba della Guinea , fu
trasportala da quella Regione alle Anlille , e indi ntll'
Inghilterra. L'esperienze reiterate, che se ne fecero
nella Giammaica , in S. Domingo , ed in Francia , e
la sua origine da' terreni sabbiosi posti sotto la zona
torrida assicurano , che dovrebbe grandemente pro-
sperare sulle arene de' nostri lidi abbandonate , e ne-
gli aridi piani della Puglia . Io ne ho chiesto in
vano sinora il seme , ma non sarebbe difficile al Go-
verno di provederne lo Stato , e diffonderlo . Covren-
do di questa erba le terre sabbionose di niun profitto,
non solo diverrebbero utili agli animali , ma andereb-
bero mano mano a rendersi di maggior fecondità . E
tm filo di erba nel corso dell' està in Puglia , e lun-
go le nostre spiagge, vai quanto una spiga di grano .
La radice di abbondanza parimenti sarebbe , in
quella specie di terre , di gran vantaggio alla pastorizia
colle nioUiplici raccolte delle sue ampie , e succose
foglie neir està , e coi voluminosi suoi bulbi nell' in-
verno . Il fu Duca di Andria ne fece un saggio presso
quella Città con profitto , ma non ebbe degl'imitatori ;
{ 4^^ )
per la ragione che noi non dobbiamo saper più de*^
nostri avi , né far meglio di essi .
Men buone di questa rapporto alle foglie , ma
più utili per i loro tuberi , sarebbero le patate, quan-
te volte s' inducessero i nostri contadini a nudrirne gli
ariìionti . Non v' è bisogno di dilungarmi sulla pro-
digiosa fecondila di questa pianta , sulla certezza del
suo prodotto , e sulla sua salubrità tanto per gli uo-
mini , quarito per gli animali. Orna essa da più anni le
mense de' ricchi , ma non si è fatto nulla per fari»
gustar al popolo mal nudrito in molte Provincie col for-
mentone , che esaurisce la terra; ne si è fatto alcun passo
per nudrirne le bestie. Io ne ho ingrassato de' majali
meschiandole colla crusca , e la di loro carne , e il
lardo riuscirono squisitissimi . Gli oltremontani ta-
gliandone i bulbi in> più parti le presentano ai bovi ,
ai cavalli , alle pecore , che non cedono , anzi supera-
no in bellezza i nostri armenti . Potendosi le patate
semiuare da settembre sino a marzo non impediscono
le faccende rustiche più interessanti , e presentano va-
rie raccolte da luglio a ottobre ; e non solo per i
bulbi sono interessanti , ma ben anche per i loro steli,
e foglie , che dopo la fioritura potrebbero recidersi ,
e somministrarsi agli animali come foraggio vei'de.
L ' introduzione poi di questa pianta in tutto il Regno
per uso degli animali diverrebbe una risorsa per la
vita degli uomini nel caso di penuria del grano , di-
sgrazia assai facile ad avvenire nelle circostanze attuali
della agricoltura , e irrimediabile nello stato di guerra
in cui siamo .
•■(4«3)
Con viso arcigno diranno molti, il panico altissi-
mo , la radice di abbondanza non sappiamo se pro-
speranp in queste nostre regioni ; ma non potranno
dir io slesso delle patate, de' cocomeri , e de' melloni :
le arene di Barletta , come quelle di Castellamare , e
di tulli i paesi che hanno terre leggiere , e sciolte
producono patate, e cocomeri, e melloni di sliaordr-
naria grossezza ; dunque il seminar questi per uso di
foraggio, cioè sprssi e senza curar del frutto, sommi-
nistrerebbe ne' più caldi mesi del!' anno lungo il na-
stro litlorale nella Puglia un pascolo verde , gradito
e salubre ai nostri armenti . Letame, e terra sciolta
ed aprica son le due condizioni , che i cocomeri esi-
gono . Se la pioggia è rara , sorbiscono la rugiada
dell' atmosfera colle foglie , e vegetano bene y più te-
nere foglie , e più sostanziose somininistrarebbero col-
tivati per liso sol di foraggio. E se a questa , e alle al-
tre piante estive testé nominate si aggiungessero le patate,
le pastinache , le carote , i navoni , i cavoli , certamen-
te , che la Puglia potrebbe mantener bene d' estate ,
e d'inverno i suoi armenti , potrebbe accrescerli, e
moltiplicarli senz' aver bisogno de' prati di Abruzzo
neir està , com e l'Abruzzo potrebbe sostentar per tut-
to r anno i suoi animali raddoppiati , e triplicati , òv^
adottasse il sistema di aggiungere alla paglia , ed alle
foglie degli alberi, con cui alimenta i buoi, e le pe-
core pagliarole , le patate , i navoni , i bulbi della radi-
ce d' abbondanza , e quella maggior copia di fieno ,
che i prati irrigui potrebbero somministrare . Con
(44)
«
^Xfuesli mezzi in paesi assai più rigidi de'nostri , com' è
la Svezia, si conservano, e prosperano tutte le specie
degli animali , che noi abbiamo , i quali danno prodotti
migliori de'nostri. Scuotiamo una volta i pregiudizj a
fronte dell'esperienza ; facciamo , come fanno i popoli
men favoriti dalla natura , ma più industriosi di noi ,
e rioccuperemo , pe '1 numero degli abitanti , per la
feracità del suolo , per la copia degli armenti, il nome
d' Italiani , e quella potenza , che i Romani a stento
distrussero dopo 80 anni e più di guerra micidiale.
Ove poi la tenacità delle terre non permettesse
di contar molto sulle accennate piante , la botanica è
ricca abbastanza di vegetabili a giorni nostri per so-
slituirvene altri eguahnente utili, ed interessanti.
L' Edisarum coronariwn ( Saìn-foin d' Espagne J ,
o sia la Sulla di Calabria , e l' Edisarum onobry-
chis [ Sain-foin de' Francesi ) , o sia la Lupinella ,
che riescono bene nelle buone terre , ed eccellenti
nelle terre forti e tenaci , potrebbero seminarsi coli'
avena , e fatta la raccolta di questa , germoglierebbero
rivestendo coi loro getti i prati . La sulla è confinata
in alcuni distretti della Calabria , e la nostra indolenza
è si grande, che non ostante la riconosciuta utilità di
questa pianta , non ha passato ancora i confini di
quella provincia . La lupinella si coltiva in Terra di
lavoro.
Il trifoglio da fior bianco e rosso , e la medica
ne' terreni alquanto umidi ed irrigabili , sono di gran-
dissimo vantaggio per la industria pastorale. A queste
y
( 4i5 )
bisogna rivolgersi per i prali irrigui , ed eguagliareilio
la Lombardia nella copia delle vacche .
Ma la pianta inigliore , che dovrebbe ricovrire le
nostre campagne , e che farebbe la più pronta , e fe-
lice rivoluzione nella nostra pastorizia è senza dubbio
il citiso degli antichi . Invano questo si cercherebbe tra
i molli de' moderni . Dietro le tracce trasmesseci da
Plinio , e Dioscoride , il Maranta lo dissepelli dal lungo
obbjio in cui era giaciuto sino al secolo XV ^ e ne
mandò i semi a Pier Vettori , che dispiaciuto di non
vederlo germogliare in Firenze , scrisse con dolore al
Maranta cercando altro seme più perfetto , e miglio-
re, come dalle di lui lettere pubblicate colle slampe
rilevasi. Ma gli sforzi di Maranta, e di Pier Vettori
non trassero dalla sua oscurità questa pianta preziosa.
Gianìbaltista della Porta non tralasciò cosa alcuna per
farla riconoscere ed apprezzare ; ma né i pastori , ne gli
I, scrittori che gli successero se ne occuparono mai. Il sig.
.Vincenzo Pelagna , la di cui onorala ìnemoria sarà cara
lai sempre ai dotti, la discovri a Nisita , ed all'esire-
Ima punta di Posillipo : venti anni fa ne scrisse il si-
Ignor Amoreux^ come leggrsi nelle memorie della So-
Icielà di Agricoltura di Parigi. Ma anche in Francia se n'è
lerduta di bel nuovo la memoria , perchè M ^ La-
|sleyrie mi ha domandato , se nelle pai ti del Sannio
»i coltivasse il citiso dogli amichi , come diceasi da
ilcuni .
E dunque il citiso un frutice della classo Diadclphia,
propriamente la mcdicago aiboica seniinibus liinatis ,
e 4i6 )
margine integerrimo caule arboreo di Linneo , o sia
la medicago frutescens incarta di Tournefort , il Oythi-
siis incanus di Discoiide . Questa pianta è soggetta al
sonno . Per sodislazione de' Botanici vi aggiungo il ra-
me , che il sig. Petagna ne ha fatto incidere.
Io non credo potersi esporre meglio i preggi sin-
golari di questa pianta , se non servendomi delle pa-
role di Columella : CjthisuTn , ei dice _, in agro
esse qiiam plurinvnn maxime refert , quod galUnis ,
apihus , bobus quoque , & omni generi pecudum uti-
lissinius est , quod eo cito pinguescit , & laclis pluri-
mum prcebet ovis'.tum etiam , quod oclo mensibus vi-
ridi eo pàbulo uti , & postea arido possis . Prceterea
in qiiovis agro, quamvis inacerrimo celeriter compre-
hendit : omnem in j uria' n sine noxa peti tur / mulieres
quidem si laclis inopia premuntur , Gythisum aridum
in aqua macerari oportat , &• cum tota nocle permadue-'
rit, postero dis expressi succi ternas he.minas permisceri
modico vino , atque ita potandum dari ; sic & istce va-
lebunt , & piieri abbundantia laSlis confinnabuntur .
Che si abbia in ogni podere la più gran copia di ci-,
liso, egli è cosa importantissima, perchè alle galline,
alle api , ai bovi ancora , ed a qualunque sp>^cie di
animali quadrupedi è utilissimo , facendo si , che pre-
stissimamente divengan pingui, e somministrando alle
pecore moltissimo latte \ s' aggiunga ancora , (he per
otto mesi , come verde pascolo , e per il rtslo dell'
auuo , come alimento secco si può adoperare . Inoltre
(4'7 )
n qualunque terreno ancorché estremamente magro
subitamente , e con felicità vegeta , e soffi e qualunque
ingiuria delle stagioni senza restarne offeso. Le donne
poi, se afflitte siano da scarsezza di latte , converrà far
macerare ncU' acqua il citiso per una notte intera , e
COSI rammollito spremerne il succo sino alla quantità
di tre emine , e mescolandolo con poco vino darlo lo-
ro per bevanda . Con questa le donne ricupereranno
il loro vigore , e i bambini nudrili con maggior copia
di latte staranno assai meglio.
Dura questo frutice perpetuamente , comincia a
fiorire a giugno , e la sua lunga fioritura dura sino a
settembre , quando cominciano colla perfezion de' semi
a cader le foglie ^ ed è quello il tempo da reciderlo .
Rimette le foglie a marzo . Nel clima di Napoli tutto
anticipa . Le foglie compariscono in gennaro : i fiori
in febbrajo , e dura la fioritura sino al mese di giu-
gno , tempo della maturazione de' semi , e della cadu-
ta delle foglie . Si riproduce dal seme , e più celere-
mente , e con sicurezza maggiore , per mezzo de' ra-
muscelli svelti dalla pianta, e messi sotterra alla pro-
fondità di trej o quattro dita . Prende subito in qua-
lunque terra , suU' arena , sul tufo , e cresce presto for-
mando de' cespugli per la copia de' getti, che rimette
sempre . A mezzo palmo da terra , dopo il terzo an-
no , si recidono in settembre tutti i suoi rami, si ten-
gono a prosciugarsi all' ombra , iudi si sfogliano , e si
con.servano le sostanziose foglie in luogo asciutto . Al
dir di Plinio 20 libbre di citiso suppliscono alla bia-
da, che si dà a i5 bovi da travaglio 5 e la stessa quan-
tità senz* altro cibo mantiene assai bene qualunque
Tacca Nel darlo secco agli animali conviene qualche
ora pri'ma umettarlo nell' acqua . Quando si dà verde
poi bisogna darlo moderatamente agli armenti , perchè
ne maugiarcbbero sempre , e mangiandone mollo non
solo nausearebbero ogni altro cibo , ma correrebbero
rischio di perir dal soverchio sangue , e dal grasso ,
che questa pianta mirabilmente accresce . Nel tempo
della fioritura bisogna usarlo ancora con maggior cir-
cospezione , ed in minor copia dell' ordinario , perchè,
come avverte Aristotile , in quel tempo riscalda sover-
chiamente , ed infiamma.
La riunione di tante eccellenti qualità nel citiso ci
fa subito concepire, che quando sarà conosciuto , di-
verrà la pianta prediletta de' pastori , e da per tutto a
furia sarà coltivata e diffusa , tantoppiù , che reciden-
dosi ogni tre anni somministra il comodo di coltivare
* . . .
ne' filari , in cui deve esser disposta per due anni le
cipolle , gli agli , le patate , e i legumi , che ben vi
vegetano, e sempre colla sua ombra conserva più lun-
gamente verde la gramigna , e le altre erbe , che la
terra iuculta produce.
Se le nostre campagne ricoverte di ferole , di mir-
to , di lentisco , di triboli , di spine , poco utili agli
armenti , e di molte altre più inutili ancora , anzi no-
cive , fossero di citiso abbondanti , qual' aumento non
prenderebbe la nostra pastorizia , ed i suoi prodotti
non solo , ma ben anche la negletta , e trascurata in-
dustria delle api ?
( 4^9 )
La diffusion generale del citiso accompagnata d^
quella delle patate, della radice di abbondanza , delia
sulla , della lupinella , de' navoni , delle rape , de' co-
comeri e melloni , del trifoglio , della medica , e di
quei varj legumi , che pur sono in Terra di lavoro
principalmente per uso di foraggio coltivati , mettereb-
be ben presto tutte le Provincie del Regno nello stato
di rinunciar o interamente , o in gran parte alla pa-
storizia errante, e di evitare quelle frequenti, e gran-
di calamità , che si sovente affliggono i nostri ar-
menti .
Ma cosa debba farsi per generalizzare ne' nostri
campi il citiso , e per introdurre la coltivazione delle
altre erbe ne' prati artificiali secchi, ed irrigui ? Gli
scrittori , ed i libri non produrranno mai effetti sensi-
bili se non dopo lunghi anni, e ciò quante volte le ve-
rità da essi predicate s'imbattano in circostanze tali da
rilevarle . Le nazioni non divengono savie , se no»
quando son dirette al bene , e la forza di diriggerle
è nel Governo. A questo dunque dobbiam rivolgerci,
e sperare , che Gioacchino , come Numa dopo Romo-
o, ugunglierà 1' uno, e 1' altro riunendo le arti della
pace a quelle, in cui è già chiarissimo, della guerra,
e darà alla nostra agricoltura, e pastorizia quel corso,
quegli ajuti , quella direzione , quelle leggi , e quegli
incoraggiamenti , che sor.o necessarj per farle prospe-
rar a bene del suo popolo , e alla gloria della sua fa-
ma iniiuortale . Un passo utilissimo già è stato fatto
sotto i suoi auspicj , ed è quello de' semenza] , e delle
(420 )
società agrarie per tutto il Regno stabilite . L' abile
Ministro , che dirigge le cose interne dello Slato , de'
semenza) per la diffusione degli alberi si servirà ancora
per le piante da prato , che presto dan fruito ; saprà
ripristinare i monti frumentarj ne' distretti , escogitare
un codice di Agricoltura pur troppo necessario nel
nostro paese 5 e coi premj , colle onorificenze, coi soc-
corsi pubblici metterà ben presto in movimento i no-
stri spiriti assopiti, onde trarre dalla feconda terra que'
beni , che per oscitanza perdiamo ; ne mancherà cer-
tamente provedendoci delle migliori razze di animali
di metterci a livello delle altre nazioni di Europa ,
cui non siamo certamente inferiori per feracità di suo-
lo, per forza d'ingegno, per felicità di clima, ma
solo per mancanza d'istruzione, di direzione, e d'in-
coraggiamento. Cos'era la pastorizia in Francia prima
della scuola pratica stabilita del celebre Daubenton ?
Cosa era nella Svezia la stessa industria prima della scuo-
la pratica ivi introdotta ad esempio de' Francesi ? L'
esperienza , che accerta i contadini del lucro delle
nuove coltivazioni , e delle nuove pratiche , è 1' unico
mezzo da riformare le arti primitive; e l'esperienza
non si può fare sulle prime se non dal Governo , o
dalle Società istituite, e protette dal Governo .
Io avrei dovuto in questa memoria parlare d' in^
finite cose relative alla perfezione della pastorizia , e
specialmente rapporto alla perfezione delle razze , ed
all' introduzione delle nuove più utili di quelle , qhe
abbiamo . Ma ove tutto si dee creare o quasi tut-
to ,
( 4ai )
to , presenlare al pubblico i fondamenti di un' edi-
ficio , e le principali parti di esso , benché siano senza
intonaco, senza ornati , senza lusso , è il primo passo
alla di lui felicità , e non essendo sperabile di giun-
gere alla perfezione , se non per gradi , e col concoi'so
di molle circostanze che or non esistono , sarò com-
patito , se rimetto ai numerosi scrittori rustici quei
pochi de' miei lettori , che bramassero di ritrovare in
questa memoria un trattato completo di pastorizia .
Non posso però dispensarmi dal far riflettere , che
traile razze che si potrebbero acquistare , e diffondere
nel Regno oltre i merini , le pecore di Barberia , le ca-
pre d' Angora , i cavalli Àrabi , Turchi , Inglesi , e Pri-
gioni , si dovrebbe principalmente badare alle vacche.
Di queste Aristotile conosceva due razze differentissi-
xne per la statura , ma eccellenti ambedue per la co-
pia , e squisitezza del latte . Le grandi , e gigantesche
erano quelle d'Epiro chiamate Pirriche , da Pirro,
che ne avea 4o . Ciascheduna di queste vacche , che
l'uomo non poteva mungei'e in ginocchio, ma in pie-
di alquanto curvato , dava 120 libbre di latte al gior-
no . Conosceva poi le vacche della Faside , Provincia
della Colchide , le' quali eran picciole , e le chiama
pusillce bucidce , e quarum singulìs multum lactis habe-
tur[i). Or queste vacche esistono nel nostro Regno per
le cure del Marchese di Valva , il quale le ottenne da
53
(i) Lib. 3. hist. animai cop. 265.
( 42tì )
Ragusa dove vengono a slenti dal Mar nero , e dalla
Bosnia perchè era vietato sotto rigorose pene di estrar-
le da quello Stalo . K-son certamente desse 5 poiché
alla picciolezza del corpo uniscono poppe grandiose ,
e quella voracità , che secondo Aristotile è 1' indizio
del mollo latte , e della fecondità (i). Il Marchese Val-
va mi accerta, che danno assai latte in proporzione
del loro corpo e molto più rapporto alle nostre vac~
che comuni ; ed il loro latte dà un sesto di formag-
gio più del latte vaccino ordinaiio . Egli è certo , che
questi piccoli animali si portano da per tutto, come le
capre , mangian di tulio anche strappando le radici
dalla terra, e l'erbe le più corte, come fan i monto-
ni, e qualunque seccume ancor vile; agili , e forti in-
sieme non temono il freddo , contro del quale la na-
tura di ruvido , e irto pelo dopo il raso , comune alla
specie grande delle vacche , nell' inverno le riveste .
Quindi ne' luoghi montuosi questo genere di animali
sarebbe assai più utile della specie grande , e mea
soggetta ai disastri, e alle infermità. Io ho con un toro,
che somiglia per la sua docilezza e bellezza quello ,
che animò Giove quando volle rapire Europa , due di
queste vacche , dono del detto Marchese , che brama-
rebbe si conoscesse il merito di questi piccioli animali,
e che si diffondessero per tutto il Regno. Ban nudrite
danno queste vacche 1 2 caraffe di latte al giorno .
(i) Ved. lib. 3. e. 265.
l
p.
'y- 422.
T. /.
V
^■M.,^^/// y.
^ J}fu^ ^^
(4^3)
Sulla efficacia della semenza del Cismè nelle Oftal-
mie . Memoria del Socio Corrispondente Luigi
Fhmnk . Letta nell adunanza del dì i3 no\>em-
bre 1810 .
Il EU' Egitto , al pari di molli altri paesi caldi , si
osserva frequentemente 1' oftalmia , la quale priva non
pochi della vista , ed in particolare quando non è cu-
rata a dovere, e con somma cautela. Avendo io dato
per lo spazio quasi di un lustro un'attenzione partico-
lare a questa infermità , ho creduto perciò utile lo scri-
vere questa memoria , la quale riguarda tutto quello ,
che appartiene alle cagioni ed alla di lei natura , non
che al metodo curativo della medesima .
Gli abitanti doli' Egitto sogliono impiegare nella
predetta malattia un rimedia , la di cui somma effica-
cia merita esser conosciuto nell' Europa . Questa è la
semenza , eh' essi chiamano Cismè , la quale è co-
nosciuta anche nella Turchia Europea sotto il nome
di Cismaton . Ma la maggior parte di questa semenza è
portata dall' interno dell' Affrica , e particolarmente da
quella regione chiamata Var-four situata al Sud Est
dell'Egitto. Sembra assai probabile, che i Negri ab-
biano propagato fino al Gran Cairo le nozioni primi-
tive sul vantaggioso uso di detta semenza . Il sagacis-
simo osservatore Prospero Alpino nella sua storia na-
turale dell'Egitto ha delineata una pianta , eh' egli chia-
ma Ahsus \ ma per quanto egli sia circostanziato su
tutte le cose vedute in quel celebre paese , pure nulla
( 44 )
parla dell' uso vantaggioso , che se ne può fare nelle
oftalmie . Alcuni -membri dell' Instituto delle arti e
scienze d'Egitto hanno seminata in un luogo ombro-
so la semenza del Cismè , dalla quale nacque una
pianta , ch'essi conobbero per la Cassia absus di Lin-
neo . Presso lo stesso Linneo poco di sodisfacente ri-
trovasi su questa pianta , e la sua semenza .
Il mio pregiatissimo , e dotto collega Savaresi è'il
primo fra i moderni , il quale abbia fatto qualche
menzione di questo rimedio nella sua tipografia di
Dami ette ,
Desideroso di conoscere se il Cismé potesse pro-
sperare in un clima dolce, come quello dalla Grecia,
ho dato nello scorso mese di aprile una piccola por-
zione di semenza al signor Pouqueville console Fran-
cese in Giannina , ed ebbi la consolazione di vede-
re sviluppare una pianta molto analoga a quella chia-
mata da Prospero Alpino Absus . Nel mese di luglio
del corrente auno i signori Pieri , e Doria Prosalendi ,
ambìdue socj distinti dell'accademia Tonica, seminaro-
no il Cismè neir Isola di Gorfù , ove bea presto spun-
tarono varie pianticelle .
La semenza del Cismè è della grandezza di una
lenticchia, più o meno rotonda, con una, e talvolta
con due piccole punte di un colore bruno e scuro , e
di somma durezza . Polverizzandola , ed infondendola
nell'acqua somministra buona quantità di mucillagi-
ne . Il suo sapore è leggiermente piccante , ed alquan-
to aromatico .
Per fare uso della semenza del Cismè nell' Oftal-
(4^5 )
mia , fa d' uopo , eli' ella subisca la seguente prepara-
zione. Bisogna in primo luogo scrupolosamente pulir-
la: da qualunque materia eterogenea die vi potrebbe
essere unita. In seguito si lava più volte la semenza
neir acqua fredda , quindi si asciuga al sole . Quando
ha riacquistala la sua primitiva secchezza, si pesta dili-
gentemente in un mortajo di bronzo , e si passa da
un setaccio sottilissimo, vi si unisce quindi una egua-
le porzione di zucchero bianco finissimo , e si con-
serva il miscuglio in un fiaschetto ben otturato .
Prima di favellare dell' uso dell' anzidetto rime-
dio gioverà qui osservare, che l'oftalmia dell'Egitto
non è, come molli sonosi immaginati , una malattia
di natura infiammatoria , o sia stenica , ed è perciò
appunto , che sonosi veduti peggiorati quasi tutti gV
individui trattati col metodo cosi detto antiflogìstico .
Una lunga , ed attenta osservazione mi ha parimente
convinto , che moltissime oftalmie de' nostri climi so-
no per lo più di natura astenica , e puramente loca-
li 5 e desideraremmo per il bene dell' umanità , e per
r onore della nostra arte , che i medici , e chirurghi
si persuadessero di questa verità col rigoroso esame
di ciò che si trova sparso presso molti autori , e con
quello che si osserva al letto dell' ammalato . Se si
considera inoltre con quanti pochi riguardi molte per-
sone dell'arte trattano l'organo il più sensibile , e deli-
cato del corpo umano applicandovi una moltitudine di
rimedj senza che ne sia determinata la precisa quan-
tità , facile cosa sarà il convincersi della fondata asser-
zione dell' insigne Federico Hofmann , il quale pre-
( 4^6 )
lendc , che l' inconsiderala applicazione de' riinedj ac-
ceca maggiore quantità d' in ferini della malattia me-
desima. Del resto ella è cosa rimarclievolissima , che
per quanto siano semplici .in generale gli abitanti dell'
Egitto , hanno nulla dimeno potuto stabilire delle re-
gole giudiziose , dalle quali risulta , che il Cismò con-
viene impiegarlo ne' casi determinali dall' esperienza .
Cosi per esempio eglino Io encomiano nella prirnia in-
vasione dell' oftalmia , ed allora si veggono in fatti
degli effetti sorprendenti . Se poi l' occhio è di già
sommamente rosso , dolente , lagrimante , allora il ri-
medio è nocivo . Quando in vece la prima violenza
dell'oftalmia è passata, lo che accade per 1' oi'dinario
verso r ottavo , o decimo giorno , allora si può di bel
nuovo impiegarlo con successo . Ordinariamente si ap-
plica questo rimedio una sola volta il giorno , e di
preferenza verso sera; sovente una sola applicazione fa
dissipare l'oftalmia. Se poi l'occhio fosse estrema-
mente sensibile in seguito di detta applicazione , sarà
bea fatto di reiterarne il suo uso ogni secondo giorno.
L' effetto costante del rimedio è di cagionare un mo-
mentaneo, e moderato bruciore, e qualche lagri-
mazione .
Ci resta d' accennare ancora due circostanze es-
senziali , e queste risguardano il modo particolare di
applicare questa polvere, e la sua consueta dose. Bi-
sogna che l'ammalalo si corichi orizzoutalmaute : al-
lora il medico , o qualche altra persona intelligente
apre colle dita della mano sinistra blandamente le due
palpebre j colla diritta prende per mezzo di uoa pie-
( 4^7 )
cola , e sonilo moneta una quantità di della polvere
equivalente in circa alla grossezza di un grano di or-
zo; versandolo da vicino sul mezzo dell' occhio, cioè
sulla cornea . So sono affettali entrambi gli oachi , si
farà la stessa operazione anche al secondo .
Debhonsi a parer mio attribuire i salutari, e sor-
prendenti effetti di questo rimedio allo stimolo pro-
porzionato, ed il più omogeneo nelle predette oftal-
mìe. Egli è certo , che un tale rimedio, produce de-
gli effetti salutari , solleciti , e superiori a qualsiasi co-
nosciuto collirio . Questo successo dipende a parer
mio non solamente della natura istessa del rimedio ,
ma egualmente dal modo 'blando , con cui si applica
sopra r occhio ammalato una determinata quantità del-
lo stesso . Sono altresì persuaso , che se i medici , e
chirurghi avessero pensato più seriamente a- non mo-
lestar l'organo della vista nel caso'di malattia, che con
•una ben determinata quantità di rimedio , eglino sa-
rebbero slati pfù felici nelle loro cure, ed avrebbero
ottenuto in breve coli' arte quello che spesso non ot-
tengono che col lungo volgere del tempo .
Anche nelle oftalmie croniche la predetta polvere
è assai giovevole , ma non di rado egli è necessario
di aumentare alquanto la sua attività.
Una delle addizioni la più convenienti è il Curcu-
ma nella proporzione di un quarto , o di un terzo .
Taluni sogliono infondere una porzione della semen-
za del Cismè polverizzata nell'acido di limone, e quin-
di la fanno asciugare al sole , per poi servirsene . Al-
tri ancora sogliono unirvi qualche volta piccola por-
l A28 )
zione di alunie , e di noce di galla. Io pertanlo do la
pietereaza al Cismè unito collo zucchero solo , o tut-
to al più col Curcuma ; dal quale miscuglio ho costan-
temente veduto degli efletti molto salutari. Servonsi
ancora gli abitanti d'Egitto del Cismè per la guarigio-
ne delle macchie della cornea trasparente ; ma biso-
gna , che non situo molto opache , e invecchiate . Ter-
nìiuerò di favellare di si eccellente rimedio , i-acco-
mandandone la cultura, e l'uso alle persone dell' arte 5
giacche son sicuro , che questa pianta vegeta anche ne'
climi temperati, qual' è quello della Grecia , e di Cor-
fù . Unisco alla presente memoria una porzione di
detta semenza , la quale conserva per molto tempo la
sua facoltà vegetativa acciò cotesto reale Istituto possa
nella vegnente primavera vedere naturalizata una pian-
ta fino ad ora affatto sconosciuta in Europa , e quia-
di verificare la sua noa equivoca efficacia .
Nota del Compilatore.
La semenza fu presentata dal Socio Signor j4n-
tonio Savaresi , e fu consegnata al Socio Signor Mi-
chele Tenore , che s' incaricò di coltivarla nel Reftl
Giardino delle piante .
Fiifs DEL Tomo Primo .
•Il
( 4'9 )
INDICE GENERALE.
XNTnoDuziotrs . »x
'Statuti. xKxi
Elenco de' Socj Ordinar] . Ix
Onorar]'. ini
Corrispondenti . liT.
Delle memorie lette che non han luogo in questo
primo Tomo. Ivir
Delle opere pubblicate dai Socj dal 1806. epoca
dell' istallazione del Real Istituto . Ix
INDICE DELLE MEMOPvlE.
Del vantaggio che si può ricavare dalle osservazioni
meteorologiche per l' avanzamento delle scienze utili:
del socio ordinario Luca de Samuele Cugnazzi. pag. i
Sulla preparazione della Canape : del socio ordinario
yincenzo Ramondiiii . i g
Dell' Arachide Americana , sua coltura ed usi: del so-
cio ordinario Michele Tenore . 5 o
Dello stato dell' arte vetraria nel Regno di Napoli :
del socio ordinario AUclie.le Ferrara . 5 2
Sulla FI' ira delta Provincia di Bari : del socio cor-
rispondente Vito Bisceglia • 63,
54
Della coltura e preparazione del Guado : del socio
corrispondente Antonio Mosca. io4
Dello Zafferano , e sua coltura nella Provincia dell' A.-
quila: dello stesso. 107
Della Cassetta per le fratture all' estremità inferiori-:
del socio corrispondente Mangin. ut
Della valutazione delle Temperature di jdltan.ura : del
socio ordinario Luca de Samuele Cagnazzi. i54
Dell' Oppio : del socio ordinario Teodoro Monticelli. i55
Del Papiglione dell' Asclepiade : del socio ordinario Gae-
tano Maria Gagliardi. i55
Dell' origine , e formazione de' Voìcani : del socio or-
dinario Giuseppe Melograni . 162
Suir imbiancamento delle tele : del socio ordinario Mi-
chele Ferrara. 186
Dello stato , e conservazione de' boschi della Provincia
di Molise : del socio corrispondente Raffaele Pepe. 2o5
Suir argilla smettica : del socio corrispondente Giuseppe
Antonio Huffa. 220
Sulle locuste dette volgarmente bruchi : del socio cor-
rispondente Gaetano de Lucretiis ■ 235
Sul preteso controstimolo : del socio ordinario Vincen-
zo Stellati . 270
Dell' Agricoltura E'colanesc : del socio ordinario Gio:
Battista Gagliardo. 5oi
Della macchina per le unzioni mercuriali : del socio or-
dinario Pietì-o Paiggiero. 5 17
Sullo campagne di Puglia : del socio ordinario Luca
de Samuele Cagnazzi. 53g
Sulla pastorizia del Regno di Napoli : del socio ordina-
rio Teodoro Monticelli. 36i
Sulla efficacia della semenza del Cismè nelle Oftalmie:
del socio corrispondente Luigi Frank 4z^
\
ERRORI. CORREZIONI.
INTRODUZIONE.
pag. XI. Un. 12. paroco parroco
nota Plin. tit. Plin. lib.
MEMORIE
pag. IO. li
n. 25 Farà
Sarà
i3
22 Solo
Sole
21.
6 Cenere
3o.
I Arachilide
Arachide ,
3i.
3o Inoodoro
Inodoro
4..
6 Cnocendole
Cuocendole
52.
22 li
il
53.
12 f ilice
silice
70.
19 Tinfloriuni
Tinftoriim
76.
21 perchè è
perchè a
id.
26 Rappresentali
Rappresentanti
9G.
29 Che trovasi
Che non trovasi
98.
20 Altea
Alcea
101.
18 Prunelli
Prunelle
id.
25 delio
delle
104.
8 Indignofera
Iiidigofera
io5.
24 Una
Una
107.
2 Corrispolente
Corrispondente
120.
29 delle isole
deli' ischio '
125.
I ni (eslavasi
infcslavasi
id.
2/1 della
nella
144
pag. 144.
lin, 4 Montecorno, altro Montecorvo, alto
148.
i5 Basilisata
Basilicata
154.
4 dall'
dell'
168.
14 accido
acido
170.
14 gore
■ gole
178.
21 nsienie
insieme
»79
I lilranlraci
litantraci /
189.
25 nn
un
193.
16 dall'
dell'
197-
21 sisoni
sifoni
200.
i5 altra
alla
210.
4 sisorsa
risorsa
id.
19 otrya
ostrya
218.
3o terreuo
terreno
23o.
I conoscienza
conoscenza
247.
8 vermi
bruchi
264.
I invigliato
invigilalo
id.
7 §i
gli
id.
9 da
dal
272.
21 Illosofoquaado
filosofo . Quando
280.
3 attacare
attaccare
281.
14 producouo
producono
285.
i4 pura
pure
287.
3 Galvanismo
Galvanismo
288.
3o violente
violento
289.
25 steso
stesso
295.
25 io
lo
3l2.
6 he
che
325.
7 machina
macchina
id.
27 ip
di
326
I
pag-
326. Un.
6 icriocolla
ictiocolla
340.
20 coltura
cottura
345.
4 ragione
regione
357.
20 influirebbe
influirebbe
358.
5 sebeiie
sebbene
365.
3 nota 2. imperato
imperata
SG6.
2 noia slimonio
stramonio
367.
12 appogio
appoggio
372.
i3 riondere
rifondere
id.
27 ondere
fondere
38o.
I publica
pubblica
id.
2 publico
pubblico
383.
12 se proprietarj
se i ])roprietarj
389.
19 exiqiium
èxiguum
396.
12 dubitare
dubbitare
399-
27 trattate
trattati
4o3.
24 delle
dalle
4og.
II paralelle
parallele
416.
I margine
margine
4'9-
21 Romoo
Romolo
417.
17 j ed è quello il
quello è il
427.
25 convenienti
conveniente
>^«-^x^2L r^^^.%^
- C^ *U^.
V7.' ■ ■.,->
ATTI
Del Real Istituto d'Incoraggiamento
alle scienze naturali
DI NAPOLI.
^. lì/^-9.
ATTI
DEL REAL ISTITUTO
D'INCORAGGIAMENTO
ALLE SCIENZE NATURALI
DI NAPOLI.
TOMO II.
IN NAPOLI 1818.
DALLA TIPOGRAFIA DI ANGELO TRANL
S. R. M.
J_je Scienze , e le lettere sono il più beli' or-
namento delle Nazioni , e contribuiscono più
cbe ogni altro parto della mente , e della ma-
no dell' uomo ad accrescere Io splendore del
Trono. Ma quando poi \engono specialmente
dirette aU' utile de' popoli , ed all' aumento de'
beni dello Stato , agevolando , e promoven-
do ogni arte ed ogni industria , meritano il
doppio titolo d' instruttrici , e benefattrici del
genere umano. I membri componenti il Real
/ A
Istituto d" Iiicoraggiainento si lusingano aver
finora utilmente diretti i loro sforzi , e le lo-
ro vigilie a questo lodevol fine ; e sotto l'Egi-
da protettrice della M. V. spermio compiere
un giorno ciò , che hanno con le più pure in-
tenzioni incominciato. Si degni la Maestà Vo-
stra proteggere l'Istituto d'incoraggiamento al-
le Scienze Naturali , ed allora con maggiore
alacrità di animo continueranno i lor travagli
di cui ora si dan la gloria di olTerirle un se-
condo breve saggio ; sperando in avvenire me-
glio corrispondere alla magnanimità della M. V. ,
ed all' aspettazione della Patria.
Pel Real Istituto d' Incoraggiamento
ce
// Pìincipe di Cai dito Presidente.
P'incenzio Stellali Segretario Perpetuo
■U
(vip
PREFAZIONE.
JLja contemplazione della natura fu sempre riputata
lo studio pili nobile , e più conveniente alla dignità
dell' uomo , al benessere della società , e ai progressi
generali delle scienze , e delle arti tutte •
^'olendosi concepire questo studio nel senso stes-
so che l' intendeva il vecchio Plinio^ egli abbracce-
rebbe V Universo intero ; e non escluderebbe alcuna
delle cose create . La Cosmogonia , 1^ Cosmologia,
V Astronomia^ ta Geografia , /' Idrografia , la Chi-
mica, la Zoologia^ la Mineralogia, la Botanica,
e quindi V Antropologia , e la Tecnologia ec sareb-
bero tante diramazioni dell' interminabile , . ed ine-
sauribile scienza della natura .
Ma i Filosofi sorpresi , e spesso smarriti nella
immensità di sì vasto e profondo pelago , non tro-
vandone mai sponde , e mai fine , per ajutare la
loro intelligenza , e la memoria distribuirono , e
classificarono acconciamente tutte le parti di sì ric-
ca scienza , diedero ad ognuna il suo nome , e con-
sacrandosi a coltivarne qualche ramo isolato , giun-
sero a misurare , almeno per approssimazione , e da
lontano il campo , che loro veniva dalle limitate
( VII! )
forze delt intendimento umano concesso di percor-'
rere .
./ pili arditi ed immaginosi tra savj vollero sartia
tinare la difficile scienza della Cosmogonia : altri ri-
volsero gli occhi , e la mente a contemplare i feno-
meni della sublime Urania : altri percorsero la su -
perfide de' mari , e della terra , e la sottoposero
ai loro calcoli , e alle loro teorie : altri finalmente
meno audaci , e piìi riflessivi si contentarono di sa-
per poco ^ e con accuratezza ^ piuttosto che molto,
ed indigesfamente .
Ma qual fine si proposero essi nelle loro medi-
tazioni , e nelle loro giudiziose indagini ? Qiello di
ammirare nelle cose piccole , e nelle pai grandi l'o-
pera del Supremo Fattore del tutto , di conoscer
meglio se stessi, di scegliere neW immensa suppel-
lettile delle cose create tutto ciò che possa vieppiìi
far ammirare V onnipotenza di Dio , e la nobiltà
della natura dell' uomo , e tutto ciò che meglio po-
tesse condurre alla maggior coltura , e vantaggio
de* suoi simili •
JSella infinita catena , che tutti lega , ed uni-
sce gii esseri creati si rinvenne , e si elesse parti-
colarmente ciò che pili condur potea alt ntiliià , e
perfettibilità delle società intere, e de^^V individui ,
che le compongono . A questi oggetti dunque pUt
precisamente si rivolsero le cure , e le vigilie defi-
losofi naturalisti .
E per procedere con piìi sicuro passo nell'in-
( »x )
cominciata carriera, stabilirono, per quanto fu lo-
ro possibile , i punti di contatto , e quelli di sepa-
razione fra gli anelli di continuità , e di connes-
sione di sijffatta catena , che dall' alto de^ cieli per
infino agli impenetrabili abissi della terra si diffon-
de, e si protende j come il fossile si avvicina, e
giugne a confondersi col vegetabile , e come il ve-
getabile coir animale , e come poi con ordine inver-
so si rlistinguono , si separano , e si allontanano
tra loro .
Ottennero così il vantaggio di fissare V idea ge-
nerica della scienza , di contemplarla nella totalità,
e di considerarla nelle sue grandi diramazioni .
Dalle grandi diramazioni si venne allo f^ìù par-
ticolari, e si st^hilJ^ono ì ffoaorl, SI divIscro in Ispt-
cie , si suddivisero in individui . La mineralogia ,
la Zoologia , la Botanica egualmente subirono que-
ste divisioni , e suddivisioni , che vieppiii servirono
all'esatta classificazione delle create cose, ed a cono-
scer l'uso , cui destinate tavea il Creatore Supremo.
jdccio niente mancasse all' uomo iniziato in sì
utili studj , si volle ajutare il suo intendimento , ap-
plicandovi il rigore delle matematiche , le ricerche
delle fisiche, l'analisi delle chimiche, e gli utili
precetti della tecnologia. In tal guisa , e per gV im-
mortali travagli de' Porta , de' Colonna , de' Ca-
pua , degV Imperati , degli Aldovrandi , de' Redi ,
de' P'ollisnieri , de' Malpighi , de' Buffon , de' Lìn^
nei , de' Bonnet , degli Haller , dei Fallas , la scien'
h
(O
za della natura crebbe ^ ed elevassi a quelV altezza ,
e a ff'iello splendore , cui la veggiaino giunta oggi
giorno .
Con tali principi , e calcando le orme di sì gran
maestri , /' membri di questo Reale Istituto haii cer-
cato , per quanto il comportavano le laro f>rze , e
i loro talenti , rendersi utili alla Società , ed al Ge-
neroso non men che Savio Governo die li proteg-
ge. Piivatas qiioeriimis opes : fu , e sarà sempre la piìi
particolare , e prediletta loro divisa. Investicare C'à ,
chi! fjof'ia vieppiii migliorare la nostra agricolturaj
la past'»/ izia , le arti meccaniche , fu il primario ,
e piti caro oggetto delle loro ricerche . Vastissimo
campo ulte tnro scoperte , alle utili teorie , alle ap-
plicazioni , ai proggeiit .ict-.s.st , offerì tot u la varia^
e vagita superficie did pili bel regno di Europa ^ e
quanto cont^ensi nelle memorie del primo volume
detr Istituto , non men che di (ptesto , d qu ile or
vede la luce , n'e un sicuro , irrefragabile documento.
I membri dtlt Istituto , che tanfo interesse pren-
dono ai progressi delle scienze naturali , che sì fer-
ventemeiUe le coltivano , onde rendersi utili ad una
patria adorata , han veduta con dolore e con la-
grime distrutta una parte della sperata messe , e
recise finanche non poche delle loro speranze, per
la perdita di alcuni da' loro Socj , e cooperatori esi'
mj , che morte di recente ne tolse . Non può richia-
marsi senza una dolorosa emozione la memoria de'
Galanti , de'Dunieli , de'Forges Davanzali , de'Sati-
(XT )
soni, de" Bianchi , da' S emeni ini , de' Vnlletia, de-
gli ^ndria , che formavano il pia belP ornamento di
questa Società , e che ora non san piìi . 3Jn la lor
perdita i stessa , per noi tanto deplorabile , sarà for-
se incentivo ai cuori generosi de' piii giovani nostri
Socj , e corrispondenti , onde imitarne i dolci urbani
costumi i) la prudenza , il sapere^ e riparare a poco
a poco, o renderne meno sensibile una calamitasi
grande . ,
A fronte pero di s\ dolorose rimembranze , e
della frequente interruzione dé'nostri travagli , pos-
siamo mostrarci con qualche specie di orgoglio al
cospetto del pubblico , giacche all' util suo , al suo
vantaggio sono state dirette le nostre fatiy^he , e le
ricerche , di cui imu puico limane inedita, ed un'
altra e consegnata nelle memorie dé'nostri atti ac-
cademici .
Si presenta a fronte di questo secondo volume
de' nostri aiti la memoria del P. .Nicola Onorati ,
nostro Socio ordinario , sul coltivamento , e sull'in-
dustria della bambagia nel Regno di Napoli , ov e
raccolto quanto seppero gli antichi , e quanto han-
no dappoi aggiunto i moderni sulla coltura di que-
sta pianta preziosa . In essa campeggia una solida
eruiizione , e le teorie non son mai disconipagnate
dalle osservazioni pratiche; sicché in poche pagine
ognuno pub leggere , ed istruirsi di quanto riguarda
quesi' util ramo d' industria , che ha considerevol-
mente uutrunlato il valor di non poche delle nostre
b 2
(xn )
terre., ed offerto immenso materiale alle nostre ma-
nifatture , non che un nuovo ramo delle nostre espor-
tazioni aHo straniero.
Segue V altra non men dotta che interessante
memo'ia sulla coltivazione dell' ^ grò Brindisino di
Monsignor Annibale di Leo , Arcivescovo di Brin-
disi ^ e nostro Socio corrispondente. Si parìa in essa
della coltura di quella classica terra, non solo del-
la pili alta antichità , ma de' mezzani tempi ^ e di
quelli a noi pili vicini . Si fauno conoscere Cuii
esquisita erudizione , ed intelligenzi delVarte le ca-
gioni della sua prosperità , e del suo decadimento,
si propongono facili , e salutari mezzi per ricon-
durla alti prioitna sua feracità .
La terza memoria è opera anche di uno de'hene-
meriti nostri S>cj corrispondenti Sig. Felice Fi we di
Mo fetta , ed e intitolata : Saggio sulle cagioni della
decadenza delT Agricoltura presso gli amichi Romani.
Le ricerche d II' autore s<>n varie , ed interessanti ,
e t li Ite fondate sulla storia , e suW esperienza de*
georgici nn/ii hi . Quel eh' ei dice sulla stnisumta
estensione dt' poderi de' Patrizj , e Senatori Boniani ,
motivo principale da farli rimaner sterili e deserti ^
quel che aggiunge sulla deficienza delle braccia , on-
de metter a coltura le abbandonate terre , e una le-
zione importante per tutte le nazioni agricole , e per
tutti i proprietarj , che perdon di vista la massima
V^irgiliana : Laudato ingentia rura , exiguum colilo »
/ leggitori delle tre prime memorie di questa
( XIII )
volume vedranno con piacere , come i loro beneme-
riti Olii ori han saputo accoppiare V erudizione , e le
pratiche antiche a c/uelle dc^ moderni , e con quanto
studio , ed impegno abbiano cercato di richiamare
in uso le (secchie regole , che portano con esso loro
V impronta dell" esperienza di piìi secoli , e che per
disavventura troppo sovente sono state , non solo tra-
sandate , ma screditate mid a proposito da recenti
Scrittori, che senza darsi la pena di approfondir
le dottrine di Cafone, di Virgilio, di Columella ,
han creduto propria invenzione, e novità, ciò ch'era
antico quanto lo erano quei vecchi padri del geor-
gico sapere .
P^erte la quarta memoria delV egire^'-^ chimico
Sig. Michele rerrara , ^uvìu ordinario delf Istitu-
to , sulla depurazione della Canfora greggia : ella
tende ad introdurre , come si e introdotto fra noi
con successo , un nuovo ramo d' industria , di cui
fecero per lungo tempo un mistero g'i Olandesi, e
che produsse infiniti vantaggi al loro commercio .
I procedimenti del Sig. Ferrara per la depurazione
della Canfora greggia sono altrettanto semplici che
poco dispendiosi ; e tulli gli amici dell' industria
patria dovranno sapergli buon grado de' suoi lode-
Voli sforzi .
La quinta memoria sugli usi medicinali della di-
gitale ^ial'a appartiene al Socio ordinario , e Segreta-
rio dt'W Istituto Sig. Vincenzo Stelliti . La digitale
gialla j già cotnutumcnte nota ai botanici j e sta-
( X'v )
ta sperimentata dal Sìg. Stellati specialmente utile
nella cura dell' idropisia . Avvalorato il dotto Au'
iore da numerose esperienze , e da non equivoci suc-
cessi , è giunto a presentare aW umanità sofferente
un nuovo antidoto contro i mali che VaJJìiggono ,
ed in particolare contro V idropisia , refrattaria so-
vente ai rimedj piìi eroici dell' arte saiutare , e fi-
nanche creduta inesanabile .
Appartiene al dotto geologo , e mineralogista
Sig. Giuseppe Melograni , nostro Socio ordinario ,
la memoria sesta sulla Grafite di Olivari nella Pro-
vincia di Calabria Ulteriore , o ve campeggia vasto
sapere geologico , riflessioni iipportanti sali utilità ,
ed usi di <juesto minerale, ed uno stile facile ^ pre-
ciso , elegante , conveniente alta materia di cui si
tratta .
// chiarissimo Sìg- Dot. Antonio Savarese , noto
per dotte ^ e varie produzioni medichete di Storia
naturale , nostro Socio ordinario , ha scritto la set-
tima memoria sulla digitale lutea, e purpurea, di
cui con varia , e vasta erudizione , sopratutto degli
Scrittori Chimici , Farmaceutici , e Botanici Oltra-
montani , non men che con solide osservazioni , e
reiterate esperienze , ne ha dimostrato gli usi salu-
tari neir idropisia atonica , nella nefritide calcolo-
sa , rìeil' epilessia , e nella disuria .
Il Socio corrispondente Dot. Francesco Amhruosi
e V autore dell ottava memoria sulla coltivazione
de' papaveri , e sulla maniera di cavarne V oppio .
(XV)
Già r esperienza ha pienamente corrisposto alle teo-
rie del Sig. Anibraosi , e noi possiamo far di meno
dell' oppio straniero , essendo il nostrale egualmente
perfetto ^ che il piìi vantato delle Indie . Questa me-
moria contiene inoltre savissime riflessioni sull'uso ,
e sulla maniera di applicare questa droga a diver-
se malitttie , per le quali diviene potentissimo anti-
doto .
La nona memoria del Socio corrispondente Sig.
Giuseppe M orina è divisa in due parli: tratta la
prima della coltivazione del Guado , e del modo di
esfrarne la fecola colorante : la seconda si aggira
sulla coltivazione deliJnil , ossia vero indago del-
l'fndostan. Se il Guado già coltivavasì <:^n succes-
so in diverse Provincie ili questo Regno, se t Anil
neppure era ignoto , le memorie del Sig. Morina
hiin contribuito almeno a promuovere sempreppiìc
il genio, ed il vantaggio insieme di questa coltiva-
zione ,• a fissarne il modo , e facilitare con la sem-
plirità c/c processi da esso Ini indicati , /' estrazione
della fecola , ed a liberare il nostro commercio di una
gran par/e di quel tributo , che paga agli stranieri,
onde procurarci (piesto genere di materie coloranti.
Pili a lutilo la classe di scienze chimiche del
nostro Istituto nel suo rapporto analogo , e che leg-
gesi dopo la prelodata memoria del Sig. Marina ,
ne ha rilevali i pregi , e fatto conoscere il valore ,
e /' utilità .
La decima memoria , sull'agricoltura di Sessa
( -^vi )
è una nuova , ed utile produzione ' del Socio ordì •
Ilario Sig. Giovanbattista Gagliardo. Egli con sa-
gacità , e brevità ha saputo indicarne i difetti , ha
raccomandate nuove pratiche per rilevarla dallo sta-
to di decadenza , in cui rattrovasi , ed ha cercato
cogP eserìipj , e colla insinuazioni di far ,vì , che la
buona coltura risorgesse in una delle più belle re-
gioni della campagna felice .
Diverse memorie , e lettere di Socj ordinar] e
corrispondenti su div'^rse importanti materie son&
state lette nel decorso del passato , e de' primi sei
mesi del corrente anno nelle adunanze di questa Isti-
tuto . Ma esse non possono trovar luogo nel presen-
te volume , perchè non ancora sono sfati pronuncia-
ti , e si attendono con impazienz i i i;iiidizj delle di-
verse classi sul merito , e valore dtiie medesime .
Quanto si è detto , e scritto sul Fuinolo , ossia Hy-
pericum Crispum , e dei danni , che arreca alle pe-
core nelle Puglie , e di grande importanza , e seb-
bene siasene fatto qualche cenno in fine di questo
secondo volume de" nostri atti , pure questa materia
e degna di ulterior discussione , e che si riunisca
in una sola memoria quanto i nostri Socj corrispon-
denti particolarmente hanno a noi con diverse let-
tere , e memorie tramandato . Sarebbe mia nuova,
ed importante scoperta nella Storia naturale , da-
rebbe luogo ad importanti ricerche botaniche , e
zoologiche , se si potesse giugnere a verificare con
esattezza, se l'influenza venefica de Fumo lo. si ma-
( =tvii )
nifesti effettivamente su di una pili che su d' un
altra razza , e colore del bestiame pecorino , e se
si potesse rinvenire efficace rimedio onde liberarlo
dalle malefiche influenze di questa pianta velenosa.
Interessantissime , e di lunga disamina sono
state altresì le memorie lette in questo Istituto sul-
l'aneurisma , tanto del Dot. Angelo Boccanera ,
quanto del Dot. Grillo , e del Dot. del Sole , e di
altri benemeriti Professori deWarte chirurgica , e par-
ticolarmente del Dot. Nannulla , il quale avendo aC'
quistato e preparato ben anche colle injezioni di-
versi preziosi pezzi aneurismatici sì interni , ch^ester-
ni , ha fatto rimarcare molti punti interessanti , che
gettuiio ohiafìesimi lumi su quesict parte della Chi-
rurgia . Questa malattia terribile , e creduta per
lungo tempo refrattaria ad ogni soccorso deWarte,
ha fatto escogitare da' prelodati Professori diversi
metodi per curarla. Soventi fiate i loro sfijrzi ge-
nerosi sono stati coronati dal piii felice successo ,
ma spesso fian deluso le loro piìi belle speranze. Con
tutto ciò riunendo insieme le loro memorie , e le lo-
ro sperienze , se ne potrebbe raccogliere una serie
di teorie , e di fatti da poter essere utilissimi nella
pratica , ed approssimarsi a poco a poco a quel
grado di certezza curativa, di cui e suscettibile
V arte salutare . Quindi non bisogna abbandonare
la generosa intrapresa , bisogna aggiunger fatti a
fitti., esperienze ad esperienze , finche si possa sta-
bilire solidamente il metodo di guarigione deirancu-
( XVIII )
risma , non ondeggiare piti nelV incertezza , ofjrìre
alla gioventÌL studiosa un vasto campo di nuove ri-
cerche , un sollievo alV umanità , e nuovi esempj
agli stranieri del valore de" nostri concittadini nel
percorrere i vasti campi della scienza d" Ippocrate.
Rare volte s' incontra e per fortuna , più. che
per sagacità ed arte , il vero nella carriera del sa-
pere . La verità talvolta si travede da lontano , tal
altra si crede averla rinvenuta nelV atto che si e
molto lungi dalla sua sorgente , e soltanto a forza
di ostinate ricerche, di continue esperienze, e so-
pratutto di una paziente ed assidua osservazione si
giugne a cumulare i dati particolari , onde grada-
tamente generaltM,aa?-lt , o Jhrmarno yirtctlniciUC ì ai-
Stemi inconcussi , e le utili teorie .
Una moltitudine di progetti di particolari bc"
nemeriti cittadini sono stati rimessi dal Ministero
dell Interno a questo Istituto per disaminarli , e cal-
colarne il valore , distinguere ciò che era una vera
scoperta da ciò cK era antecedentemente noto e
divulgato , conoscere se quel che si proponeva era di
vera utilità , di sicura applicazione nelle arti , e
nelle scienze , onde trarne profitto , e distinguere la
serie delle verità ben stabilite , daW altra dei prò--
babili , e delle ipotisi .
L' Istituto ha consagrato il tempo , e le cure
necessarie nel valutare con rigore, ed imparzialità
tutti questi scritti , e memorie , ha soddisfatto scru-
polosamente all' incarico ricevuto , ed ha distinto il
( XIX )
merito degli autori , ed inventori , mentre ha eli-
minato tutto ciò che gli è sembrato incerto , az-
zardato , e chimerico . Questa non è stata ne V ul"
lima , ne la minor parte de^ suoi travagli ; e se non
sono state soddisfatte appieno le speranze de' par-
ticolari , si è pero utilmente servito al Governo , ed
alla Patria .
Le notizie necrologiche , le quali leggonsi alla
Jine del presente volume ne fanno rilevare quali per-
dite abhiam fatte , e di quali illustri Socj ne ha
privato V Ordine della Provvidenza : ma se noi pro-
fitteremo delle lezioni che ci han lasciato quei gran-
di uomini , se sapremo seguirne le trnccc , ed imi-
tarli , sarà minore il nuacro danno , e nel richiamar
spesso fra noi la memoria del loro sapere , e delle
loro virtìi , giungeremo a poco a poco a riparar
tanta perdita , o a renderla meno sensibile alla re-
pubblica delle lettere .
Ecco presentati al giudizio del pubblico ì no-
stri travagli , e il frutto delle nostre vigilie ■ Nel vo-
lume seguente , che sarà il terzo di questi atti , ci
proponiamo d'inserire quanto non ha potuto trovar
luogo nel presente per le ragioni di sopra indicate,
ed in olire tutte le notizie statistiche del Regno , che
abbiamo raccolte , e che ci sarà possibile di racco-
gliere . A tale effetto invitiamo , particolarmente i
nostri Socj corrispondenti delle Provincie , di rad-
doppiare di zelo nel somministrarci tutto il mate-
riale , che potranno insieme riunire . Sarà nostra
e a
(XX)
cura di classificarlo nelle debite Jorme , e il ren-
dere ai benemeriti nostri Cotisocj quel tributo di ri-
conoscenza , e di encomj , che' si debbe alle loro
onorevoli fatiche .
/ nostri voti si estenderebbero in particolare a
raccoglier notizie esatte , e precise della nostra Geo'
logia , della nostra Fauna , e della nostra Flora .
Forman questi oggetti il punto principale de' nostri
studj , come formano la massa de'prodotli della na^
tura , e dell' industria di tutti i popoli .
Trarre il maggior profitta dalle produzioni del
nostro suolo non si pub altrimenti , che conoscen-
done la vai-ictà infinita ; e dirigere V uomo indu-
strioso per la via più Dreve a rendersi viemaggior-
mente utile a se stesso , e alla patria , nemmeno è
possibile, se non si conoscono in tutto , o nella maS'
sima parte i materiali , su di cui debba egli con
piÌL sicuro profitto rivolgere V acume del suo inge-
gno , e la forza della sua mano . Così praticando ^
i nostri atti diverranno , come hanno incominciato
ad esserlo ,'un deposito universale di cognizioni teo"
rico'pratiche , relative alla nostra Storia naturale
in generale , ed alla nostra agricoltura , alla nostra
pastorizia , ed alle nostre arti e manifatture spe-
cialmente, ed allora avremo pagato il giusto tri-
buto di rispetto , e di riconoscenza all' ottimo So-
vrano che ne protegge , e sostenta , ed al pubblico,
che ha dritto di pesare , e di valersi delle cogni-
zioni , e degli utili procedimenti che saremo per
o/ferirgli periodicamente . CA-
( "I )
CATALOGO
De' Signori ascritti al Real Istituto
Sodi ovdinarii.
X_ioffredo D. Lodovico Principe di Cardilo , Cavaliere
del R. Ordine di S. Gennaro, primo Regente di Ca-
mera del supremo Consiglio di Cancelleria, Presiden-
te della Commissione della Pubblica Istruzione ^ ed
attuai Presidente di questo R. Istituto.
Barba D. Amuuiw P. <i; Flcloa , Vice-Presidente.
Stellati D. Vincenzio P. di Medicina , e di Botani-
ca, Segretario perpetuo.
Vulpes D. Benedetto P. di Patologia nel R. Collegio
Medico-cerusico , Vice-Segretario perpetuo.
Amanlea Cavaliere D. Bruno P.P. di Anatomia pra-
tica nella Reg. Università degli Studi). T
Boccanera D. Angelo P. P. di Glinica-cerusica nella
R. Università degli Studii.
Briganti D. Vincenzio P. P. aggiunto alla cattedra di
Botanica nella R. Università degli Studii.
Cagnazzi Cavalier D. Luca P. P. di Statistica nel-
la R. Università degli Studii.
Carelli Cavaliere D. Francesco Capo di Dipartimento
nel Ministero digli affari interni.
Cotugno Cavaliere D. Domenico P. P. di Anatomia-'
teoretica nella R. Università degli Studii.
( XXÌl )
Concillis de D. Gennaro P. P. di Fisica nella R.
Università degli Studii.
Cotrau Cavaliere D. Guglielmo membro della Accade-
mia delle Scienze.
Flauti D. Vincenzio P. P. di Analisi sublime nella R.
Università degli Studii.
Folinea D. Francesco P. P. sostituto di Anatomia
nella R. Università degli Studii.
Gagliardo D. Gio: Battista Ispettor generale delle
Acque , e Foreste. ij
Galdi Cavaliere D. Matteo membro della Commissio-
ne della Pubblica Istruzione.
Gargallo Cavaliere D. Tommaso Marchese di Castel-
lentiui , Consiglleic Xlcgcui^ di Camera del bupre«
mo Consiglio di Cancelleria.
Grillo D. Antonio P. di Anatomia nel R. Collegio
Medico-cerusico.
Guidi D. Leandro P. di Economia civile , e rurale.
Klain D. Michele P. di Farmacia.
Longo D. Gabriello P. di Meccanica.
Lancellotti D. Francesco P. di Chimica.
Macrì D. Saverio P. P. di materia Medica nella R.
Università degli Studii.
Marroncelli D. Giustino P. di Medicina.
Melograni D. Giuseppe Ispettor generale delle Acque f
e Foreste.
Miglietta D.Antonio P. P. di Storia medica nella R.
Università degli Studii.
Nanula D. Antonio P. di Anatomia.
Onorati P. Niccola P. P. di Agricoltura nella R.
Università degli Studii.
( XXI II )
Petagna D. Luigi P. P. di Zoologia nella R. Universi-
tà degli Sttidii.
Poli Cavaliere D. Giuseppe Tenente Colonello de'
RR. Eserciti di S. M. e già Precettore di S. A. R.
il Duca delle Calabrie.
Prisco D. Carmelo P. di Medicina , e di Chimica ap-
plicata alle arti.
Ronchi D. Salvatore P. P. di Medicina pratica nel-
la R. Università degli Studii.
Rossi Canonico Cavaliere D. Francesco P. P. dì Sa-
cra Scrittura nella R. Università degli Studii.
Ruggieri D. Luigi P. P. di Meccanica nella R. Uni-
versità degli Studii.
Ruggiero D. Fietro F. P. di Nosologia, e Patologia
nella R. Università degli Studii.
Sangiovanni D. Giosuè P. di Storia naturale.
Bavaresi D. Antonio P. di Medicina.
Sementini Cavaliere D. Luigi P. P. di Chitnìca nel-
la R. Università degli Studii.
Semola D. Mariano P. P. di Ideologia nella R. Uni-
versità degli Studii.
[Sonni D. Domenico P. di Matematica , ed Ispettor
generale della Pubblica Istruzione.
[Santoro D. Leonardo P. P. di Chirurgia teoretica nel-
la R. Università degli Studii.
Tenore Cavaliere D. Michele P. P. di Filologia , e
Direttore del R. Orto botanico.
rondi D. Matteo P. P. di Oritlopnosia nella R. Uni-
versità degli Studii , Diruttore del Rea! Museo oritto-
logico , ed Ispettor generale delle Acque , e Foreste.
( XXIV )
Socii Onorarli, e Corrispondenti ascritti dopo
la pubblicazione del I. Volume
Onorarii Esteri.
Alibert P. di Medicina in Parigi.
Andriel Cavalier D. Pietro.
Assalini P. di Chirurgia in Milano.
Beugnot Ministro , e Direttore Generale delle Poste in
Parigi.
Brocchi G. R. p, di Mineralogia in Milano.
Dandolo Conte in Milano.
Gottardi D. Geronimo P. di Botanica , e di Chimica
in Parma.
Grossi D. Luigi P. di Chirurgia in Milano.
HoUand P. di Medicina in Londra.
Matteucci Abate in Firenze.
Meckel D. Federico P. di Anatomia, e di Zoologia
nella Università di Halle in Westfalia.
Merrem D. Daniele in Brema.
Millin D M. dell'Istituto in Parigi.
Pictet Cavaliere D. Agostino in Ginevra.
Pieri D. Michele in Corfù.
Rafinesque Schmaltz C. S. P. di Storia naturale nella
Nuova Yorck.
Rasis D. Nlccola P. di Medicina in Corfù.
Rdembach Cavaliere in Monaco di Baviera.
( XXV )
Rubini D - - - P. di Chimica in Parma.
Schmitt Cavaliere in Londra.
Sommar D Medico di S. M. l' Imperatore delle
Russie.
5anctis de D. - - - P. P. di Matematica nell' Archig.
di Roma.
Tommasini D. Giacomo P. di Fisiologia in Parma.
Tonnelli D. Pietro P. di Fisica in Reggio di Modena.
Zacch Barone Direttore dell' Osservatorio Astronomi-
co in Gotha.
Onorarli Nazionali.
Andria D. Geuuaiu r. a: Mcdiviua.
Belvedere Principe di
Canosa Principe di
Capecelatro Monslg. Arcivescovo di Taranto.
Cappelli Marchese D. Orazio Segretario di Stato , Mi-
nistro della Casa Reale.
Cernili D. Giuseppe P. P. di Fisiologia nella R. Uni-
versità degli Studii.
Chiavarini D. Luigi P. di Medicina.
Colecchi D. Ottaviano P. di Matematica nella Scuo-
la Politecnica Militare.
Cotogno D. Pietro.
D' Avanzo Abate D. Mattia.
Delfico Cavaliere D. Merchiorre.
Fergola D. Niccola P. di Matematica.
Callotti Barone D. Salvatore Proc. Regio del Tribuna-
le Civile. d
( ^^^^ )
Glannuzzi D. Luigi de' Principi di Cirenzla.
Giardini D. Mario P. di Medicina.
Guidi D. Filippo P. P. di Matematica nella R. Uni-
versità degli Studii.
Larucci D. Luigi P. P. aggiunto alla Cattedra di Zoo-
logia nella R. Università degli Studii.
Mancini D. Niccola P. di Chirurgia.
Medici Cavaliere D. Luigi Segretario di Stato Ministro
delle Finanze.
Milano Conte D. Michele.
Mirabelli D. Domenico P. di Medicina in Calvizzano-
Minutolo Cavaliere D. Fabrizio.
JNazzari D. Ovidio P. P. di Medicina.
Oliva D. Domenico Slmoooo i*. u; d. ij.
Pensa D. Gaspare P. di Chirurgia.
Piazzi P. D. Giuseppe Direttore dell'Osservatorio A-
stronomico di Napoli , e di Palermo.
Hocco D. Giulio Capo di Dipartimento nel Ministe-
ro della Marina.
Rosa D. Alessandro.
Sole del D. Gaetano P. di Chirurgia.
Somma de D. Tommaso Marchese dì Clrcello Se-
gretario di Stato Ministro degli affari esteri.
Spinelli D. Domenico Principe di S. Giorgio della
Montagna.
Suppa D. Pasquale P. di Medicina.
Tommasi Marchese D. Donato Segretario di Stalo Mi-
nistro di Giustizia , e del Culto.
Zocchi D. Giuseppe P. di Medicina.
( XXVII )
Corrispondenti esteri.
Cardone D. Carlo P. di Fisica nel Liceo di Bene-
vento.
Cassola D. Filippo di Benevento,
Dottor Borda,
Dottor Spedalieri,
Dottor Volpi.
Dottor Harrison in Londra.
Dottor Bergonzi,
Dottor Darest Direttore della Fabbrica de'Tabacchi.
Dottor Graeff D. Carlo Ferdinando di Berlino,
Dottor Scarpa.
Dottor Liupacchliii,
Dottor Anlonmarchi.
Dottor Soldani.
Dottor Moreschi.
Dottor Santi Fattori,
Dottor Prelà.
Dottor Morigi.
Dottor Flajani,
Dottor Vacca Berlingbieri,
Dottor Lupi.
Garulli D. AUessandro di Macerata,
Scamberg Cavaliere P. di Medicina.
5eristori Cavaliere D. Luigi di Firenze.
d a
( XXVIII )
Corrispondenti nazionali.
Aloisi D. Francesco di Avezzano.
Ambruosi D. Francesco di Bitonto. J
Barone D. Vincenzio di Foggia. "
Bianco del Barone di Fiumefrcddo-
Bombini Can. D. Michele Segretario dell' Istituto Co- (
semino.
Bonchi D. Onofrio di Lucerà.
Corbi D. Diodato) j- » • i-
l di Avigliano.
Corbi D. Giulio j
Carelli D. Saverio di Picerno.
Colapietro D. Erasmo Dottor Fisico in Castiglione di
Chieti.
Davino D. Vincenzio Dottor Fisico di Marano.
Diana D. Francesco Regio Tavolario.
Durante D. Tommaso Dottor Fisico di Fratta.
' Finamore D. Silvestro Presidente del Comitato di
Vaccinazione , e membro della società economica
di Apruzzo Ultra.
Giusti D. Giovanni Segretario generale della Intea-
denza di Cosenza.
Lombardi D. Andrea di Potenza.
Levante D. Giuseppe di Larino.
Liberatore D. Pasquale.
Maggiopalma D. Pasquale di Larino.
Marinosci D. Martino di Martina,
Marone D. Gio: Battista di Laurenzana.
Miele D. Giuseppe di Andretta.
( XXIX )
Pasca D. Gio: Battista Dottor Fisico in Vibonati.
Petroni D. Saverio Intendente di Potenza.
Pielracatella Marchese di, Intentente di Lecce.
Pittare D. Antonio P. di Medicina.
Rosica D. Giuseppe Dottor Fisico in Rocca S. Felice.
Santangelo D. Niccola Intendente di Reggio.
Santoli D. Giuseppe di Rocca S. Felice.
Sarlo D, Giuseppe Giudice del Tribunale Civile di
Salerno.
Silvagni D. Gabriele Segretario della Società economi-
ca di Calabria Ultra.
Sotis D. Biagio Dottor Fisico di Fondi. '^
Tabassi Alanna D. Michele di Teramo.
Toppuii JL». iMctaiUu ouwuivu lu Bisceglia.
Tarsia D. Ottavio P. di Matematica.
e «X )
CATALOGO
Delle Opere date alle stampe da^socii ordinarli
dopo la pubblicazione- del I. volume.
BARBA D. ANTONIO.
Descrizione dì una Macchina per la comraunicazion»
del moto in 8. con fig. Napoli j8i2.
., Cagnazzi x>. luca.
Elementi dell' Arte statistica T. 2 in 8. Napoli 1809,
Elementi di Economia politica in 8. Napoli i8i3.
GAGLIARDI D. GIO: BATTISTA.
Vocabolario agronomico in 8. Napoli i8i3.
Del Vino , modo di fabbricarlo , e conservarlo in 8.
Napoli 1814.
Lettera al Professore Filippo Re sulla coltivazione del-
le canne a zucchero nelle Calabrie in 8. Napoli i8i4»
GRILLO D. ANTONIO.
Ragionamento istorico filosofico esposto in occasione
di un acranio in 8. Napoli i8i3.
Istoria .della fabbrica del corpo umano in 8. Napoli
1814.
Elogio storico del q. Cavai. D. Antonio Sementini in
4. Napoli 1816.
( XXXI )
LANCELLOTTI D. FRANCESCO.
Istituzioni di Farmacia Galenica in 8, Napoli i8i3.
Piano di un corso teorico-pratico di Chimica applica-
ta alle arti in 4- Napoli 1818.
MIGLIETTA D. ANTONIO.
Rapporti sull' uso medicinale delle acque minerali del
tempio di Serapide in Pozzuoli in 4- Napoli 1818.
MONTICELLI D. TEODORO.
Vita Philipp! Caulini in 8. Napoli 1812.
ONORATI P. NICCOLA.
Della educazione de' Bachi da seta per animarne l'in-
dustria nel Regno di Napoli , e Sicilia in 8. Napoli
1817.
Memorie sull' iLconomia campestre, e domestica, che
possono servire di supplimento all' opera delle cose
rustiche. Parte I. e II. in 8. Napoli 1818.
Prefazione , e note al Saggio di una difesa della DI-
Ivina Rivelazione di Lionardo Eulero in 8. Napoli
i8i5.
SEMENTINI D. LUIGI.
Trattato Elementare di Chimica con un atlante sepa-
rato in 8. Napoli 18 15.
STELLATI D. VINCENZIO.
Istituzione botanica con alcune nozioni di fisiologia
vegetabile in 8. Napoli 1818 seconda edizione.
Catalogus plantarum , quae iu horto botanico in usum
Collegii Medico-chirurgici nupcr consito colunlur in
( xTxir )
TONDI D. MATTEO.
Istruzione sulla seminagione artificiale , e piantagione
de' boschi ad uso forestale in 8. Napoli l8i8.
La Caccia considerata come prodotto selvano ad uso
forestale in 8. Napoji 1816.
Elementi di Orittoguosia. T. 2 in 8. Il terzo di sole
figure sotto al torchio. Napoli 1818.
Discorso per 1' apertura della Cattedra di Geognosia
in 4- Napoli 18 16.
VULPES D. BENEDETTO.
Prospetto di un corso di sperienze chimiche in 4» Na-
poli 1813.
Elogio istorico del q. Cavai. D. Niccola Andria in
8. Napoli 18 15.
Istituzioni di Patologia T. 2 in 8. Napoli 181 7.
Oratio prò solemni studiorum istauratione CoUegil
Medico-chirurgici in 8. Napoli 1818.
Sul
( I )
Sul coltivamento , e su V industria della bambagia
nel Regno di Napoli . Memoria del Socio ordi-
nario P. NiccotA CoLVMELLA OffORJTi Minor
Osservante , P. P. emerito di Economia rurale
nella R. Univei-sità di Napoli , Corrispondente
della Società d y1 gricoltura di Parigi ec. Letta
nelV adunanza tenuta dal R. Istituto nel dì 9 Di^
cemhre i8io.
Nullum lini geniis huic candore , et mollitie prae-
fertur. G. B. Portae. Villae L. XI. C. 64.
OcoRSi son già anni sedici, dacché manifestai al Pub--
blico (1) un onesto mio voto , cioè , che la coltivà-
zion della bambagia, che da secoli si fa allignare nella
nostra Puglia (2) •, si propagasse altresì nella pianura
di Eboli , in tutto il Cilento , ne' campi marittimi
di Terralavoro , e in altri molti della Puglia^ e della
Terra di Bari . Il mio desiderio è stato in qualche
parte adempito, veggendosi ora una tal pianta prospe-
ramente vegetare , e in gran copia fruttare e nella Torre
della Nunziata (3) migliji IX lungi da Napoli , e in
moltissimi altri luoghi, non discosti dalla regione me-
desima . Il profitto , che si è cavato , e che tuttavia
dagli Agricoltori si trae, per coltivamento silfatto^ ven-
dendosi oggi nella Torre un cantajo di bambagia sepa-
rata dal seme , fino a ducati dugento ^ non che l' otti-
ma qualità della stessa , da stare a fronte a tutte quelle
I
di oltremare ; ha indotto voglia a non pochi Agricoli
- di volerla, cioè, coltivare nelle altre provinole del Re-
gno. E poiché nella Torre , dove io soglio andar so-
vente a rusticare, molti errori ho notato su la coltura
di questa pianta ; e perchè altri operar possa con i
principj dell' arte ^ così ho stimato di far cosa grata
agli- uomini industriosi, scrivendo la presente Memoria,
la quale potrà servire per avventura non solo ad emen-
dare i difetti , che oggi comunemente si commettono
da' nostri Villici su tal obbietto , ma bensì di norma
a tutti coloro , che vorranno coltivarla nel paese pro-
pio. L'economia di questa Memoria si legge nell' indice
de' capitoli. Molti Scrittori mi hanno preceduto , anche
negli ultimi tempi , nella materia presente , ma io spero
che ia mia Operetta non debba riuscire alle altre secon-
da^ e che sia per incontrare l' approvazion di tutti co-
loro , che a siffatti ameni utilissimi studj sono applicati.
_
(0 N^l V^ol. II, pag. 5 deìle mie Cose Rustiche ,
Ediz. prima , Nap. 1793 , presso Flauto 8.
(2) Satus rationem apud Appulos observavimus ,
ubi copiosissime seritur etc. Così il nostro celebre
Gio'. Battista della Porta, che fiorì nel secolo XVI.
Villae L. XI. e. 54.
(3) / primi ad introdurne quivi nel 1788 la col-
tura fiirono i Sacerdoti jD. Vincenzio Gargano, e'I
P. Pacifico da Ceppaloni minor Osservante', il pri-
mo nel suo podere irrigatorio , detto Mezza-torre ,
«7 secondo nel giardino del Convento di S.Gennaro.
Questo buon Religioso portò seco la sementa da Ca-
stello dell'Abate nel Cilento.
(3)
CAPITOLO I.
Del cielo, e del terreno più atto alla coltura della
bambagia. Si premettono le notizie della pianta,
e delle diverse sue specie , secondo i Botanici.
I. Si crede comunemente da'dotti, che i Saraceni,
che dall' Affrica vennero in Italia verso l' anno 85o ,
conquistando i paesi de'Cristiani , introducessero nelle
soggiogate Nazioni diversi generi di piante nuove , o
esotiche , e fra di esse ancor il Cotone . E noto per
la Storia , che nel Secolo XI , tanto nella Spagna,
che nella Sicilia la bambagia occupava campagne molto
estese I, e che la carta bambagina fosse in USO e in Italia,
e nelle Spagne sino alla metà del Secolo XIII. Io pos-
seggo un Codice ms. di tal carta, che si giudica essere
del Secolo XI. Il Signor Tappati mi assicura, che in
Bisceglia, sua patria, sonvi degl'Istromenti antichi, e
propiamente del io5o , o là intorno , co' quali i Preti
di S.Adueno davano a fitto le terre della lor Chiesa
ad colendam gossypium. Ciò posto, possiam dire con
ragione , che nella Terra di Bari il cotone si coltiva
da anni 800 in circa .
II. La bambagia , detta dal greco Teofrasto Xy-
lon , o sia lana nata in un frutice ^ e da Snida bam^
bax , e pampax j dagli Arabi cotum ; da'Latini gos-
sipyum j e da' nostri volgarmente cotone , e bamba-
gia j appartiene , giusta il linguaggio botanico , alla
classe XVI Monodelphia Polyandria. Secondo il Lin~
(4)
rieoj che ne forma un genere particolare ^ essa ha un
calice doppio , essendo l' esterno trifido y la corolla
campanulata , distinta in petali cinque , a base co-
mune-, la capsula cfuadriloculare '^ e i semi vestiti di
lana. Lin. gen. 845.
Le sue foglie poi sono frastagliate in cinque lobij
sostenute da lunghi gambi :^ e la sua radice è a perno ,
e ramosa. Il frutto detto volgarmente noce, e cardo,
è acuto in punta , e si apre da se stesso nella parte
superioie , e ne' lati. Lo stelo in fine è erbaceo, cilin-
drico, e ramoso: il fiore nasce dalle ascelle, e le fo-
glie sono situate sopra gli steli.
in. Non convengono i Botanici in quanto alle va-
rie specie della bambagia. TI d^^. Linneo ne conta 5 5
il Signor Laniark 8;, il Signor Rohr , Naturalista Da-
nese , 34 i e altri circa ^o. Nelle nostre Provincie di
Lecce , e di Bari , nelle Calabrie , e nella Basilicata
si coltiva in grande il cotone erbaceo ( gossypium
herbaceum ) j e in piccola porzione il così detto
turchesco bianco ( gossypium Siamense ) ; e il mal-
tese , come vien chiamato , a color di camoscio, ov-
vero isabella (^gossypium hirsutum). Nella Torre poi,
e in altri luoghi della Provincia di Napoli si coltiva
soltanto il cotone turchesco bianco. M. de Lasteyrie ,
mio Amico , nel suo libro , impresso a Parigi nel
1808 (i) pag. 85, dice , che il cotone annuale ìmpro-
piamente si appella da'Botanici ^o.^.^j'/^/wm herbaceum;
e che meglio si direbbe gossypium- fruticosum.. Inol-
tre il nostro Signor Canouico Giovene afferma (2) ,
(5)
che il cotone a color isabella , sia il gossypium hir-
sutuììiy e altri pi'etendono , che sia il religiosiim. Noi
lasciamo siffatte quistioni a'Botanici , de' quali moltis-
simi , per estendere il loro regno , mohiplicano senza
necessità gì' individui ^ e da alcune modificazioni acci-
dentali passano a formare specie novelle.
IV. La bambagia in genere ama un cielo caldo ,
secco, e sereno^ siccome anchela primavera anticipa-
ta , l'estate fervida , con qualche pioggia , e 1' autunno
lungo . Fra lutti i venti , il borea nuoce assai al co-
tone j e fa lo stesso la nebbia , la gelata , non che la
pioggia dopo la seminazione , e in tempo della matu-
rità delle noci . L' aria solamente umida non fa male
a questa pianta ^ e il coniraiìu si dica dell' aria umi-
da insieme , e fredda . Secondo le mie osservazioni ,
la bambagia può vegetare , e fruttificare nelle nostre
Provincie dal grado 57 . di latitudine boreale fino al
grado 42 • In oltre ho osservato ne' diversi miei viag-
gi inter patriam , che questa pianta prospera bene fi-
no a miglia 3o lungi dal mare, dal grado ^o in giù,
quante volte le condizioni indicate sopra non manchi-
no . Basta che la temperatura non sia troppo elevata ,
essa può jirosperare anche ne' luoghi i più mediterranei ,
lungi dalla spiaggia del mare . Dal che possiamo infe-
rire , che la coltura di tal vegetabile si può estendere
quasi in tutte le Provincie del nostro Regno , il qua-
le forma una penisola .
Ora passo a descrivere , ad istruzione de' nazio-
nali , e degli estranei , V anno mctereologico da me
notato nella Torre, luogo mafiltiino di questa Provia-
(6) .
eia di Napoli , che ha il mare a mezzo giorno . Pei
lo spazio di mesi 8 , comiaciando da Aprile sino a
tutto Novembre , il cotone abita nel terreno . I mesi
più freddi sono il Dicembre , il Gennajo , il Febbra-
jo , e il Marzo j e i mesi più caldi sono il Giugno ,
il Luglio , r Agosto , e il Settembre . I gradi del cal-
do neir estate arrivano ordinariamente a' 25 in 2.6 del
Reaumur 5 e que' del freddo nell' inverno a' gradi i
in 2 sotto il zero . I venti, che dominano nell'inver-
no sono lo scirocco , o sia austro , lo scirocco a li-
beccio , e il borea , e alle volte il greco a levante .
Dal Maggio in Giugno , comincia a soffiare dalla mat-
tina fino al mezzo giorno il levante j e nelle ore po-
meridiane il ponente, che domina per tutta l'estate'.
1 mesi più piovosi sono d' ordinario il Novembre , e '1
Dicembre nell' autunno ^ e il Marzo , e l' Aprile in
primavera ^ e i mesi più secchi sono il Giugno , il
Luglio , e r Agosto . In quest' ultimo mese cade qual-
che pioggia , siccome anche ne' due appresso , di Set-
tembre cioè, e di Ottobre. Per l'ordinario la primavera
comincia a' principi ^^ Febbrajo , correndo fra' nostri
contadini il proverbio seguente : La cannelora ( alli
2 del mese indicato ) 5 V inverno e fora : 1' estate è
caldissima -^ e l' autunno , o sia il tempo caldo , e
temperato , arriva fino a i 25 di Novembre . Nel pros-
simo passato anno 1809 nel giorno poco anzi notato ,
il termometro ha segnato in Napoli il grado i^ in i5.
Ordinariamente i Napolitani si ritirano dalla Villa nel
giorno medesimo . Nella Provincia di Napoli si gode
ogni anno per lo spazio di giorni 8 , e ancor più , la
(7)
così detta estate di S. Martino , che o precede , o sus-
segue il giorno del detto Santo , che cade agli 1 1 del
mese accennato. A mezzo Aprile le nebbie, e le gela-
te sono per lo più finite. E questo corso metereologico
si osserva per la più parte in tutto il lato meridionale
di Terralavoro , e delle due altre Provincie limitrofe ,
di Napoli cioè , e di Salerno .
V. Dal cielo passiamo al suolo . Perchè il coto-
ne ha radice pernale , e ramosa , che nell' erbaceo si
distende fino a mezzo palmo , e nel turchesco fino a
un palmo ^ e perchè ama il caldo ^ perciò esso si vuol
coltivare in terreno profondo , grasso naturalmente , e
poroso , e in campo aperto , detto da' nostri volgar-
mente scampia . Ho detto , che il campo sia natural-
mente grasso j perciocché il Sole riscaldando il leta-
me , specialmente immaturo , e indigesto , sparso su
di esso , e con la terra incorporato , fa morire per lo
comune le piante . Quindi la bambagia mal vegeta in
terreni argillosi , o cretosi , o sassosi , che sono fred-
di, e connessi, e forti j e su i colli, e ne' luoghi pen-
denti , e molto inclinati : il contrario si dica delle ter-
re vegetabili a base arenosa , o pur calcarla , o pur
vulcanica ( che serbano il calorico , facendo anche pe-
netrar le radici ) ^ non che delle pianure , e delle
vallate . Ecco 1' analisi , che io ho fatto nel terreno
aperto , e piano della Torre , che produce ottimo co-
tone ed eccellente .
Terra vegetabile parti a
Calcaria parte i
Cenere del Vesuvio parte i
(8)
Nella Basilicata poi all' Ionio io ho osservato •,
che le terre bambagifere di Tursi , di Craco , di Pi-
sticci , di Rotondella ec. erano composte come ap-
presso :
Terra vegetabile parte i
Argilla parte i
Arena parti 2
I miei Lucani seminano il cotone e ne' campi som-
mersi dalle piene de' fiumi, e delle altre acque del Cie-
lo , e nelle terre porose . Nelle due Provincie di Bari ,
e di Lecce la terra addetta a simil coltura , è a base
calcarla j e nelle Calabrie a base arenosa , o pur cal-
carla. E debbo notare in questo luogo , che i Torres!
seminano anche la bambagia nelle terre arbustate :
essi però non hanno sempre il contento di torre tutto
il cotone maturo , e perfetto . Neil' anno scorso , nel-
la contrada di Capodimoiite , sopra Napoli , le noci
del cotone, piantato in terra con viti sposate co' pioppi
e con bronconi , si sono marcite nel maggior numero
ancor verdi , a cagione e delle piogge autunnali , e più
dell' ombramento.
(i) Du Cotonnier , et de sa culture 8. Questo
Libro e stato tradotto in Italiano dal Signor Luigj
Targioni , con le notizie in fine sulla industria del
cotone nel Regno di Napoli ivi 1809. 8.
(2) Istruzione su la coltura del cotone a color
di camoscio , mandata alla Società Patriottica di
Milano. Opusc. scelti, tom. i5 , an 1792.
(9)
CAPITOLO II.
Metodo di coltura nella Provincia di Napoli .
Suoi difetti , e correzioni necessarie .
VI. Nella Torre, e negli altri paesi di questa
Provincia , come in Scafati , in Castello a mare , in
Gragnano ec. , ne' quali s' ignora affatto il riposo del-
le terre , prodncendo esse in tutti gli anni j una sem-
plice zappatura basta a preparare il campo per lo co-
tone . Le gramigne , e le altre erbe spontanee invano
si cercano in dette campagne fortunate . Dopo di aver
in Marzo fatto lo scioverso (volgarmente zarrima^ delle
fave cavaliJue , nouiìnate volgarmente favole j o de'
lupini , o delle erbe da prato ec. j dalla metà di A-
prile sino alla fine di Maggio si solca il terreno con
zappa all' intervallo di palmi due , e nelle porche si
mette il seme pollicando , con coprirlo con la stessa
zappa air altezza di un pollice . Altri contadini più
industriosi piantano le fave in Novembre alla distanza
di palmi 3 in larghezza fra solco e solco : colgono il
fratto in Maggio , e intanto piantano la bambagia in
mezzo alle fave nel tempo debito ^ cavando dallo stes-
so suolo due raccolte . Prima di piantare le fave , il
terreno s' ingrassa con letame stagionato . La semenza
prima di essere^ consegnata alla terra , si bagna con
acqua in sul pavimento, e si stropiccia con le mani,
acciocché la lana si ristringa intorno alla medesima .
S' intende per poUicare il fare cadere fra 1' indice e 'i
2
(IO)
pollice della mano il seme nelle porche . Per un
moggio di terra , vi bisogna un tomolo di seme , Il
cotone nasce dopo giorni 8, o 12 , o i5, secondo il
calorico atmosferico . Le piantoline si diradano dopo
che hanno meòso foglie 4 j con isvellere le più debo-
li ^ e con lasciare le più robuste , all' intervallo di un
palmo e un quarto fra di esse . Ne' principj di Giu-
gno si sarchia il campo, e nel tempo stesso si rincal-
zano le piante. Una seconda sarchiatura si fa nella line
del mese accennato. Le piante si cimano con la mano,
perchè non lussureggino , alli 26 di Luglio , giorno
di S. Anna , o circa quel tempo ; i rami laterali si
estendono e si fortificano : il cotone turchesco non
cimato, giugerebbe airalrezza di palmi ^., e V erbaceo
a quella di palmi 2 e un quarto , con tal operazione
il primo s' innalza a palmi 3 , e il secondo a un palmo
« mezzo (3).
I fiori compariscono su le piante nella fine di Lu-
glio o ne' principj di Agosto : essi escono bianchi , e ca-
dono rosseggianti , o sia a color di rosa secca . Pri-
ma della fioritura il campo a cotone s' irriga due vol-
te , in Giugno cioè , e in Luglio . Se non piove in
Agosto , le piante s' irrigano per la terza volta . La
raccolta della bambagia comincia ne' principj , o pur
verso la fine di Settembre secondo il caldo della sta-
gione , e dura fino a tutto Novembre . Per accelerare
la maturità del frutto , molti contadini levan via la
frodi inutili 5 sponendo quello ali' azione del Sole , e
della luce . Le noci ^ che rimangono ancor verdi e
-i
ì
( " )
immature , si mettono al coperto , e si aspetta la ma-
turità di esse. IN eli' anno scorso in molti paesi di que-
sta Provincia si sono formate le stufe a tale obbictto.
L' esilo è riuscito felice . le frondi del cotone al-
quanto avvizzite si danno per cibo agli animali , cioè
ai buoi , ai cavalli , agli asini , e alle pecore . Le pian-
te secche o si mettono al fuoco , o pur servono per
formare capanne . Del seme superfluo o si fa uso per
lo forno , o jH;r lo braciere . Un tomolo di semenza
si vendè da carlini 6 lino a io .
VII. I difetti da me notati nella Torre sono i se-
guenti : 1. Nel seminare il cotone, anziché pollicai lo ^
ottima cosa sarebbe il formare con la mano ne' fian-
chi de' solchi verso oriente , delle fossette . superficiali
alla distanza di palmi 3 , e di mettere in ogni fosset-
ta semi 3 , o 4- Se piove dopo la seminazione , l' ac-
qua , che vien accolta dalle porche , non impedisce la
germinazion del seme, che la riceve di passaggio. Neil'
Aprile dello scorso anno 1809 il cotone si è risemina-
to nella Torre a cagion delle piogge , le quali hanno
impedito il primo suo nascimento. La pioggia , secon-
do il linguaggio de' Villici , acceca la semenza della
bambagia , e non la fa nascere . Delle piante nate se
ne serberà una sola, e la più robusta. Ecco 1' origine
di questa mia dottrina , di piatare cioè il cotone nel-
le fossette, e a giusto intervallo^ essa è nata dal fatto
che ora racconto . Il Sacerdote D. Michelangelo Mov-
licchio di Scafati seminò anni indietro un suo cam-
picello pollicando : i sorci , le formiche ec. si man-
( lO
glarono la maggior parte della semenza : le piante nac-
quero air intervallo di palmi 5 , 6 , e 8 fta di esse .
Il contadino voleva fare altro uso di quel terreno : il
buon Sacerdote vi si oppose . Nel mese 'di Settembre
sì contarono sopra molte di quelle piante rade radis-
sime , fino a noci i2o . Anche la maturità di esse an-
licijò per giorni i5 in 20 . Non v'ha dubbio alcuno,
che le piante rade , essendo dominate dal Sole , ma-
turano più presto il loro frutto : il che giova moltis-
simo al cotone in particolare , che non cessa mai di
fiorire , e di fruttificare , sino a tanto che non venga
frenato dall'asprezza dell'inverno . Ad accelerare la
maturità del cotone , non che a fare che il seme di
esso più felicemente , e in maggior copia nascesse , si
legge presso il nostro Porta la dottrina seguente : ,,
5, Si vuole , che gli Ortolani dell' Isola di Candia fac-
,, ciano macerare la semenza della bambagia nel fimo
5, porcino , e nel vaccino : in tal guisa le piante na-
5, scono presto , danno più fruito , e prevengono il
„ rigore del freddo (4). Io ho tenuto per giorni 2 a
macerare 10 semi di cotone delle materie predette :
essi sono nati nel tempo stesso che gli altri ^ e le
piante hanno maturato il loro frutto nella stagione me-
desima . La sola differenza è stata , che tali piante si
mostravano più robuste delle altre . Il frutto nella
quantità è stato simigliante. E ciò potrà servire anche
di risposta al Signor Tuppiiti , il quale alla pag. 9
della sue Memorie ec. scrive, chela colombina, con
le altre materie fecali , e spezialmente il fimo di mon-
( i3)
tone, misto con data quantità di calce , e il tutto unito
alla terra , acceleri la vcgetazion della bambagia .
L'altro difetto della coltivazion Torrese si è quel-
lo , di corre cioè la bambagia dalle noci mezzo aper-
te , e non ancora mature . Il cotone dee maturare nel
suo involucro , e quando quest' ultimo è secco , allora
si dee fare la raccolta . I Torresi , che sono ol^bligati
a svellere le noci per farle aprire interamente al Sole j
perdono quasi la terza parte del frutto j hanno cotone
imperfetto , e semenza quasi lattiginosa . Né vale il
dire , che i ladri la rubano nottetempo : perciocché
minimo divien il furto in una contrada , nella quale
( siccome oggi nella Torre della Nunziata ) moggia
2000 di terreno in circa si trovano addetti a coltiva-
zione siffatta . ) ti, :i
Il terzo difetto sì è quello d' irrigare la bambagia
sino a tre volte . Una sola irrigazione ne' principi di
Luglio è sufficiente al bisogno . Le piante del cotone ,
specialmente ne' luoghi bassi , e vicini ai monti , resi-
stono al secco dell' estate , più del frumentone . Neil'
anno prossimo passalo in Angri , e in S. Pietro di
Scafati la raccolta è stata scarsissima , o nulla , a ca-
gion de' replicati irrigamenti . Le j)rime noci hanno
ritardata la loro maturità , e le seconde , ancor im-
perfette , sono state sorprese dalla gelata , e si sono
tutte perdute . Oltre a che si è sperimentato , che il
cotone raccolto da un campo troppo inaffiato , non
giugne a un alto grado di finezza . La bambagia colta
neir anno scorso in Ottajano , con un solo irrigameli-
io 5 ha superata tutte le altre nella qualità .
( i4 )
Il quarto difetto si è quello di ' separare il cotone
col mezzo della macchina dal proprio seme subito do-
po la raccolta . La bambagia dee esser ben secca , e
asciutta , prima di farla passare fra i cilindri . Io ho
veduto nella Torre , che molti semi insiem col cotone
passavano schiacciati in mezzo a' cilindri . Egli è vero ,
che il cotone ammassato , e compresso ne' magazzini
per lungo tempo , come si pratica nella Basilicata , e
altrove , peggiora di qualità , perchè V olio de' semi
s' infiltra ne' fiocchi j e fa perdere la lucente sua bian-
chezza . Ma io intendo di evitare gli estremi. Se il co-
tone è ben asciutto , si separi pure subito dopo la rac-
colta^ e se qualche circostanza vi si oppone, che si
differisca il minor tempo possibile .
L' ultimo difetto si è di coltivare la bambagia per
molti anni nel campo medesimo . Io conosco nella
Torre il bravo Agricoltore , e 1' ottimo uomo Pietro
Jlardo , il quale da anni i^ semina nel suolo stesso .
La pianta s' indebolisce , il prodotto si fa minore , il
seme degenera j e gì' insetti nimici di essa , si molti-
plicano all' infinito j siccome è avvenuto nell'anno scor-
so 1809, con le così nominate campe y delle quali
ragioneremo appresso . È vero , che fra tutti i generi
coltivabili , il cotone rende moltissimo , ma bisogna
alternare la coltura , a beneficio delle piante medesime .
Ecco la ruota campestre , eh' io suggerisco a' Torresi :
Nel primo anno , grano , o pure orzo , o vena .
Nel secondo , rape , o lupini .
Nel terzo , frumentone .
(i5)
Nel quarto bambagia , che si può anche seminare
neir anno quinto .
E così appresso : il grano riesce bene dopo il coto-
ne . Ch' il crederebbe ? i contadini delle due Provin-
cie , di Napoli cioè, e di Terralavoro , che sono av.
vezzi dall'infanzia a mangiare il pane di grano d'India,
pagano oggi lai genere , per la scarsezza dello stesso ,
carlini 20 il tomolo . I Cinesi hanno sperimentato , the
dopo la coltura della bambagia erbacea non bisogna
seminare nel campo né piselli , né fave . Si può fare
da' nostri questo sperimento . Essi o fanno succedere
al cotone 1' orzo , e il miglio ^ o pure per due anni
seminano il cotone , e per gli altri due appresso il riso.
(3) // nostro Signor Tupputi a ragione riprova
nella sua Memoria sur la colture du cotonnier , Pa-
ris 1807 ,' la dottrina di M. de Goufller , il quale
dice , che il cotone alle volte s' innalza fino a piedi
5. Forse Egli avrà avuto in mira il cotone arboreo ,
che vegeta ne' luoghi arenosi dell India.
f4) ^4junt , Candiotae olitores semen suillo ster-
core , et vaccino macerari ; sic uheribus , et fieli cius
enasci , ìievipe celerius einergit , et uherius fiert ,
antevcrtitque firìgoris fyrannidem, et scevitiarn. Vii'
lae Lib. XI , e. 54.
( i6 )
CAPITOLO IH.
Si espone il metodo di coltivazione nelle altre
Provincie del Regno j e si notano
i difetti , con i rimedj
opportuni .
Vin. Passiamo ora alle altre Provincie del Regno,
con notare la coltura della bambagia , e i difetti , che
si osservano nella stessa . Noi ci avvaleremo inquanto
alla prima parte delle notizie dateci negli ultimi tempi
dal Signor Cantore p^ito Biseglia nella sua Lettera
scritta a S. E. il Sig. Duca di Ganzano , Intenden-
te della Provincia di Bari ec. , e inserita nel Gior-
nale Enciclopedico di Napoli , num. 3 , pag. 285 , e
seguenti . Tanto nella Terra di Bari ( così il Sig. Bi-
seglia scrive a un di presso ) , che in quella di Otran-
to , la bambagia si coltiva nelle maggesi , cioè in quel-
le terre , che nell' anno appresso si debbono coltivare
a frumento . Quindi il terreno si prepara con le ara-
ture ordinarie alla coltivazion delle piante cereali. Ol-
tre delle maggesi , non pochi di que' contadini scas-
sano , o divelgono nel primo anno profondamente il
terreno , con torre le radici di tutte le erbe sponta-
nee , e in particolare della gramigna ( triticum repens^.
Preparato il campo , e ridotto quasi in cenere , si se-
mina il cotone nel declinare di Marzo , o ne' priucipj
di Aprile , in giornate serene , e asciutte . Prima che
il seme si consegni alla terra , si bagna con acqua nel
( ^7 )
giorno precedente , e si mischia con sabbia , per se-
pararne i grani : si semina poi o a getto , con^e il fn.-
niento j o a pizzico , come volgarmente si dice ^ con
mettere semi 5 o 6 in un buco , che si apre con le
dita alla profondità di pollici 2 , coprendoli con ter-
ra , e all' intervallo di un piede in circa fra di essi .
Appresso con un fascio di rami di un albero qualun-
que , o di virgulti spinosi , nominati scorve , ligato con
fune , e aggravato con grossa pietra , e tirato da un.
villico , il campo si uguaglia a superficie quasi levi-
gata : il che si appella in quell' idioma rustico traglia-
re , o scorveggiare .
Dopo che le piante nate han messo foglie 2 , o 3,
il terreno si sarchia , e nel tempo stesso si sbarbicano
le più gracili , restando le sole vigorose . Il cotone e/'- .
haceo s' innalza in quelle contrade un piede in circa,
e il turchesco , o Siamese , palmi 2. Le piante do-
po che sono giunte a tal elevazione , si cimano , altri-
menti s' innalzerebbero di vantaggio : esse si caricano
di gemme fiorifere , e non lussureggiano . Secondo le
osservazioni del Canonico Giovene , la bambagia a co-
lor isabella non dee essere cimala negli anni medio-
cremente asciutti j ma tal operazione giova moltissimo
i»«gli anni piovosi . Sino al tempo della fruttificazione
si fauno nel campo due , o tre altre sarchiature , ])ev
estirpare l'erbe nocive . Per la prosperità delle pian-
te si richieggono delle piogge verso la fine di Giugno,
o ne' principi di Luglio : qualora mancassero , il co-
tone andrebbe in deperimento . La fioritura comincia
3
(i8)
nel mese di Luglio , e continua lino a Settembre , e
alle volte fino a Novembre . La raccolta ha principio
nella metà di Agosto , e dura per tutto il mese di
Ottobre . Per avere cotone ottimo , si dee corre subi-
to che le noci sono aperte , e nelle ore prime del mat-
tino . Se si coglie più tardi , e nelle ore pomeridiane,
le foglie calicine , che facilmente si frangono , si mi-
schierebbono , come realmente si mischiano , per di-
fetto di avvertenza , con la lana , dalla quale con dif-
ficoltà si distaccano . Le capsule , o noci residue , che
son quelle della fine di Ottobre , o si mettono al sole ,
o pur si fanno aprire in un forno leggiermente riscal-
dato ^.i semi però di tal cotone sono imperfetti, e la
lana serve soltanto per imbottire . Fin qui il Sig. Bi-
segUa , il quale giudica buone le regole per la coltura
del cotone ne' luoghi da lui conosciuti della sua Pro-
vincia di Bari. Il Sig. Tupputi , nativo della Provincia
medesima, ha sostituito al metodo antico il seguente,
come si legge nella lodata sua Memoria. Nel mese di
Luglio egli ha fatto zappare la terra alla profondità
di pollici i5. Appresso con due altre zappature ha fatto
estirpare tutte V erbe cattive . Verso la fine di IMarzo
ha fatto zappare per la quarta volta il campo , e alla
profondità , come prima . Dopo ha letamato la terra
con fimo animale , come si è detto sopra , ( Nani.
J^II. ) misto con data quantità di calce . In ultimo
ha fatto interrare il letame mezzo putrefatto , ed ha
•seminato , con aver prima tenuto immorsi i grani per
ore 5 iu 6 iu un liquore alcalino , di cui appresso
( ^9)
tratteremo . Ed avendo fatto sarchiare tre , o (niattro
volle il fampo •> * stato ricoinpeusato nella ratcolia
del cotone e delle sne cure, e delle spese sue. 11 me-
todo poi di coltivazione , che sì osserva nella Basili-
cata , e nelle Calabrie , conviene nella maggior parte
con quello ,■ che ahljiam descrillo col Sig. Bi.<eglia. In
tutte le Provincie mentovate il seme del cotone , che
si vende carlini 8, e ancor io il tomolo^ nell'inverno
si dà in cibo a' buoi.
IX. In quanto ai difetti , che si possono notare
nella coUivazion della bambagia nelle indicate Provin-
cie , e sp(!ciainiente in quelle di Bari , e di Lecce ^ io
mi ristringo ai seguenti . E primo , le arature , e le
zappature debbono essere regolate secondo la massima
penetrazione , o esj^ansione " delle radici di quelle pian-
te , che si vogliono coltivare . La radice del cotone
ei'hacco penetra nel suolo mezzo palmo : dunque a
questa profondità, e non già a quella di pollici i5, che
oltrepassa il palmo napoletano , si dee zappare , o pure
arare il terreno.
Secondo , i letami animali se non sono convertiti
in terrìccio , o pure se non sono stati ridotti in cenere
dall'azione del fuoco , recano sempre danno alla bam-
bagia , e con la lor intestina fermentazione , e con gli
inselli , che nudriscono , i quali , come ognun sa ,
corrono sempre al putrido . Né picciola quantità di
calce basta a decomporre , e a ridurre in terra vegeta-
;bile il letame degli animali. I Baresi in ispecie potreb-
beFO valersi delle ceneri delle alghe marine , che in
(20)
-quelle spiagge ablinnrlano , per ingrassare i loro campi
a cotone , siccome si pratica ulitmeiiv>. ;., p;,\ lngcihi
di quella Provincia con gli olivi . In oltre tutti i col-
tivatori della bambagia potrebbero imitare l' esempio
di alcune nazioni , cbe ingrassano i campi con le ce-
neri degli escrementi umani bruciati. E al caso nostro,
noi potremmo anche far uso delle ceneri delle piante
secche del cotone , sottoponendole al fuoco.
Terzo , in quanto alla macerazione de' semi delia
bambagia nel liquore alcalino , composto , secondo il
Sig. Tnpputi , ( pagg. 27 , e seg. ) di acqua di leta-
me , di vino ( o pur di sidro , o di birra 5 o della
stessa acquavite ) 5 di nitro comune , ( o di una forte
lisciva di cenere , o di soda ) ^ e di sale raai'ino ^ e su
le coste di acqua di mare 5 nelle debite proporzioni .
Noi avvertiamo come segue . Le immersioni delle se-
menze ne' varj fluidi tanto semplici , che composti ,
non ignote agli antichi , possono avere due obbietti
differenti j cioè il preservare i semi da' vermi , e da
altri accidenti ^ e l' accrescere la virtù moltiplicativa dei
medesimi. In quanto al primo , i vermi non possono
vivere che in una terra viziata , e malsana , amando
essi il putrido 5 e che i vermini attaccano soltanto le
semenze guaste , e quelle , che hanno già contratto
qualche principio di corruzione. Il rimedio per le terre
viziate è quello di spargere su le medesime la calce ,
o la fuliggine , che fanno morire i vermi , o pur di
appiccarvi il fuoco a tempo debito 5 e per i semi
guasti , e vecchi , e corrotti j sarà quello di scegliere
( 21 )
1 sani , e i giovani . Ottimo è quel seme , che si è
estratto ililk- noci della prima raccolta , e che resiste
alla pressione dell' indice , e del pollice , restando in-
tero . In quanto al secondo , benché la macerazione
Uk. .
70 fluidi alcalini , acceleri alle volte lo svi-
luppo ciel eeiiiic , ^ ,, , . „ . ,,
.... , , ... Z^'o. influisce nella virtù mol-
tiplicativa de medesimi. Anzi aaiut lui.uc.:,!.,
nascono molti incomodi j e sono i , che i semi
molliti necessariamente si diseccano, languiscono ^ ■"
fine muojono , se dopo di essere stati s,.j.i'eiiili nel
suolo , sopravvenga un caldo soverchio, che faccia esa-
lare le particelle acquose tanto dcll^ terre, che de' se-
mi stessi : 2 , che sopraggiiignendo molto freddo , l'ac-
qua rinchiusa in tali semi , si gela , ed bassi rottura
de' vasi: 3, che correndo l'aria troppo umida, i vasi
delle semenze si distendono per 1' umidità , e si cor-
rompono : 4 '^ fi"'-' 5 <^be non procedendosi con tutta
la possibile accuratezza in tale mollificazione , l'acqua
può togliere a' semi tanto di virtù , quanto può essa
comunicarne a quelli. Si vegga, se piace, quel tanto,
ch'io ho scritto su della presente materia', cioè se
r arte possa accrescere la virtù moltiplicativa delle se-
menze nel Voi. II , cap. IX della mia Opera j Delle
Cose rustiche, Edizione 2.» Napoli i8o3. E conchiu-
do , con dire , che il vero segreto di raccorre molto
cotone si è quello di aver seme perfetto , e di metterlo
al debito intervallo in terra atta a simil coltura , e
ben apparecchiata come abbiam notato sopra . Se mai
il seme degenerasse , siccome dopo anni io degenera
(22)
sensibilmente, si può imitare l'esempio de' Maltesi ,
che se ne provvedono dalla Sicilia ^ con praticare lo
stesso anche i Siciliani, che Io fanno venire da^ilta.
]Voi potremmo fare il cambio con le Rrovincie finiti^
me. Dunque il licpiore del Sig. ^"/V'f ^4;:f;4"k ve-
accelerare Io sviluppo del ep'""" ,. ,. j j.
acceieiaic _^_i ^ al , com'egli dice, essendo di-
^^^^A\?^^n e non conservandosi più di giorni due ,
•^ me egli stesso afferma j non può avere qued et-
fe«o , che dall'autor suo si asserisce.
Quarto , fa al certo meraviglia , come gli Sciittori
Baresi non abbi.^"'^ finora corretto il metodo di tra-
gliare , o sia di appianare il campo , dopo la seinina-
zione della bambagia. Ecco i motivi , che m' inducono
a riprovarlo. Se piove dopo la seminatura , il terreno
disposto a superficie piana , divien un loto , e la bam-
bagia non nasce , e si dee riseminare . Se succedono
giornate calde , quel suolo , eh' è a base calcarla , e
per conseguenza amico del calorico , investito da' raggi
solari , evapora 1' umidità , che contiene , a danno
delle piante , che debbono nascere , o che sono già
paté, I contadini della Torre della Nunziata nel decli-
nare del mese di Maggio , o ne' principi di Giugno ,
hanno il costume di disporre con la zappa la superficie
de' campi con gli arbusti di viti , situate alle falde del
Vesuvio , rimpetto al mezzo giorno , o a solchi , o a
monticelli. Ed avendo richiesto a'medesimi la ragione di
tal novità , mi hanno con molto senno risposto : per
spezzare la for:ia del sole , e per non fare seccare
(23)
le vili . Ed in vero i raggi solari quanto più sono ri-
flessi su duna superficie scabra di un campo , tanto
minore succede l'evaporazione dell' umidi là delle terre.
Quindi si semini, o meglio si pianti il cotone a solchi
aperti , e a giusta distanza^ come abbiam notalo sopra:
in tal modo V evaporazione sarà minore , e le piogge
accolte nelle porche , non impediranno la germinazione
della semenza . E que' nostri proprietarj delle lodate
Provincie si ricordino, clie avendo essi il mare ad orien-
te, i solchi si vogliono tirare da borea a mezzo giorno j
giacché in quelle contrade , il borea è favorevole alla
vegetazione di tutte le piante.
Quinto in fine , io non saprei approvare Intera-
mente il costume di dare a' buoi nell' inverno in cibo
i semi del cotone. Essi contengono dell'olio , che da-
gl'Inglesi si estrae nelle loro Colonie. Anche i Siciliani
li fanno mangiare ai buoi , alle vacche , ai cavalli ,
agli asini, ed ai muli , dopo di averli tenuti nell'acqua
per più giorni . ]Non v' ha alcun dubbio , die que' go-
mitoli di pelo , che i buoi inghiotono nel leccarsi ,
detti da'Greci egagropiles , tormentano , e fanno di-
magrare le bestie cornute. Io ho vedute delle egagro-
piles y estratte dagli stomachi de' buoi , e datemi dai
macellai nspoletani, del peso di una libbra. Anche gli
agnelli muojono bene spesso per lo così detto ; mal dì
pallotta , Di agnelli 36 morti , il Dauhenton scrive ,
che undici eran morti di questo morbo , perchè certe
egagropile, o pallotte di filamenti di lana , inghiottite
du' uiedesimi , aveano chiuso il passo dal venlricino alle
(24)
budella. Ora essendo i semi del cotone vestiti di lana,
ancorché nella minima quantità, io non debbo affermare
assolutamente, eli' essi possano servire di cibo innocente
allo stomaco de' buoi , e degli altri animali. Io invito
i Medici Baresi, non che que' delle altre Provincie, ad
osservare se ne' quattro stomachi, spezialmente de' buoi
ammazzati da' macellai, e nutriti con seme di bambagia
nell'inverno , e con altri cibi , si trovino delle egugro-
piles . In quanto al seme superfluo , se ne potrebbe
cavare olio per le lucerne , sotto allo strettoio. E per-
chè spira cattivo odore , potrebbe servire per le arti .
Di più si potrebbe imitare l' esempio degli Spagnuoli,
che lo impiegano per ingrasso de' campi , dopo che si
è convertito in concime.
CAPITOLO IV.
De' danni , e delle malattie del Cotone in erba .
Riinedj. Se le piante del nostro Cotone tanto e/'-
baceo , che tarchesco si possano rendere biennali ,
o triennali ?
X. Secondo le replicate mie ossei'vazioni , fatte
nfeUa, Torre della Nunziata, a sei si possono ridurre i
dfnni del Cotone cagionati dagl'insetti^ e a quattro i
mali prodotti dall' atmosfera . Cominceremo da' primi :
I. I sorci , le formiche , i porcellini terrestri,
alcuni piccoli scarabei ec. si mangiano la semenza
posta liCl campo. Contenendo essa dell'olio, è uq cibo
(25)
gradito a* sorci, e ad altri insetti. Ne' Magazzini biso-
gna serbarla o dcnUo alle vecchie botti , o dentro alle
casse, o in altri vasi grossi, e sempre in luoglii asciutti j
perciocché V umidità la spinge al corrompimento ^ e
gl'infetti corrono al putrido. Il miglior seme è quello,
che si ottiene dalle noci , che maturano naturalmente
prima delle altre , che si separa subito dalla lana ,
dopo la raccolta , e che non abbia passato gli anni
due , con essersi serbato in istanze asciutte , e tempe-
rate . E giova avvertire in questo luogo , che i semi
del cotone di ogni specie divengono sterili , e inutili ,
se per ([ualche spazio di tempo sono stati invasi dal
i'ummo di alcun cammino. Alcuni suggeriscono a met-
tere il seme in un vaso di acqua , e di scegliere per la
semenza quelli, che dopo alcune ore, dall'immersione,
non galleggiano sul fluido, o sia, che vanno al fondo "^
del vaso. I nostri contadini mescolando le semenze di
tutte le varie raccolte , e mal custodendole j o pur
chiudendole non ben secche, debbono soffrire il danno,
di cui si è ragionato .
2. / gojfoli ( acheta giyllo - talpa . Linn. ) .
Quest' insetti , che alloggiano ne' terreni bassi , acqui-
trinosi , e umidi , e che mancano nelle terre elevate ,
ed asciutte ^ rodendo , e cibandosi delle prime radi-
cette , fanno morire le piante nella loro infanzia , e
appena nate . Quindi bisogna riseminare la bambagia.
Il rimedio consiste nella scelta del campo aperto , po-
roso , e rasciutto . Alcuni giudiziosi ortolani distrug-
gono i goffoli , che pur danneggiano le loro piante ,
4
(26)
non che il frumentone , con rartificlo seguente : pren-
dono una foglia di vite , o sia pampano , e ne formano
una specie d^ imbuto , che col suo collo viene intro-
dotto nel nido : indi vi versano gocce 3 o 4 di olio ,
e appresso altrettante di acqua : l'animaluccio esce su-
bito fuori come stordito , e si ammazza . Altri conta-
dini mettono nel campo a cotone molti e spessi fascetti
di erbe tenerelle e umide : i goffoli vanno a nascon-
dersi sotto que' fascetti ; e così in sul nascere del sole
sì uccidono da' rustici . Questo metodo vien praticato
spezialmente nella Provincia di Bari , per testimonianza
del Sig. Biseglia. E si potrebbe usare anche contro ai
goffoli 3 che devastano le piante tenerelle del frumen-
tone . Io però preferisco la scelta del terreno idoneo
al cotone aiizi che 1' uso delle medicine . Sero medi-
cina paratur (5). Ed avvertiamo qui col Signor Fe~
hurier , che la femmina del grillo-talpa in ogni covata
produce fino ad uovicini 220 j che probabilmente fa
due covate nell' anno j e che per distruggerla , in vece
dell' olio , che non sempre produce 1' effetto desidera-
to , benché sia 1' unico mezzo per farle perire j giova
operare nel modo seguente j notando le stesse parole
dello Scrittore lodato : » Appena io scopro la meno-
» ma traccia di un qualche nido , ficco il dito nel bu-
» co verticale : prendo allora uno strumento , in for-
» ma di cucchiaio , e cavo intorno al buco , dove ten-
>> go fermo costantemente il dito, sino a che sento l'a-
» nimaluccio j altrimenti scavo sino al fondo del bu-
» co . Allora con un sol colpo dello strumento , che
ft
(27)
» calco nel buco , mi riesce facile di prendere l' inset-
» to . Se la prima operazione non ha il suo effetto ,
» batto allora la terra col piede , con appianarla , e so-
» spendo la ricerca. Nel di seguente l'animale risale,
» e forma un monticello di terreno , che indica il luo-
» go del suo ritiro . In questo caso la caccia è fatta .
Finalmente il N. A. , cha paga soldi 2 per ogni gril-
lo-trappa , e soldi 12 per ogni covata, assicura, che
in pochi giorni gli sia riuscito di distruggere co' suoi
contadini nel proprio giardino i6,ooo e più insetti ,
tanto in uovicini , che nati (6) .
5. La morsicatura de' goffoli , o di altro gril-
lo . Tra i due mesi di Luglio , e di Agosto si veggo-
no alcune piante di bambagia inclinate verso terra , i
contadini appellano ciò podagra . Io ho visitato nel
terren basso di Scafati simili piante , e ho trovato una
morsicatura profonda alcune bnee verso la base del fu-
sto del cotone . L' epidormide nel luogo del morbo era
tutta corrosa per la lunghezza di un pollice . L' incli-
nazione della pianta era più della metà dell' arco ver-
so terra tra la verticale, e l'orizzontale. Volli visitare
le radici , e trovai , che la pernale verso il lato dell'
inclinazione della pianta , era corrosa per la lunghez-
za di due pollici , e nella profondità di linee 4- in 5.
Forse il grillo-talpa , o altro grillo non avendo potu-
to dar morte alla pianta adulta , era corso ad attacca-
re il fusto verso la base . Le noci di simili piante
podagrose , maturono la lor lana nel tempo debito :
esse però in tale stalo morboso cessano di fiorire , e
se hanno fiori , tutti seccano , e cadono .
(28)
4- I tordoni , o sieno vermini rossi , e lunglii li-
nee 12 in circa, che rodendo lo stelo del cotone an-
cor tenero , fanno perire le picciole piante . Questi
vermini , che sono in picciol numero , si cavano eoa
la zappa , e si schiacciano co' piedi .
5. / pidocchi , o afidi , o pulci , che succhiano
1' umore delle frondi ; essi però non recano danno né
a' fiori , né alle noci della bamhagia. Contro agli afi-
di delle altre piante giova moltissimo 1' aspersione di
acqua , in cui sieno state infuse le frondi del tabacco.
6. Le campe ( larvce noctuce peltìgeris . Hu-
bner ) . Ecco la storia in breve di queste larve . Dal
seme d'una farfalla, detta dall'autore citato noctua
peltigera ( Tav. 63- fìg. 3io. ) si schiudono le cam-
pe nel mese di Agosto , e corrono ad annidarsi den-
tro ai calici de' fiori della bambagia . Esse divorano i
teneri germi , e le parti de' fiori cadono . Dopo un tal
guasto , e dopo di essersi ben ingrossate , corrono alle
noci , già formate da' primi fiori tanto grosse che pic-
cole , bucano in tondo le capsule , e si cibano della
sostanza lattiginosa de' semi . In fine terminato il pe-
riodo di lor vita , escono nel declinar di Settembre ,
o pur di Ottobre , dalle noci già distrutte nella mag-
gior parte , e vanno a seppellirsi nel terreno . Dopo
giorni 28 in 32 , non essendovi ostacoli nell' atmosfe-
ra , come il freddo ec. , s' incrisalidano , come tutte le
altre nottue . Esse restano nello stato di pupe , duran-
te r inverno , e in primavera passano a quello di far-
falle . Queste larve abitano ancora su V aster chinen-
(29)
sìs , e su di altre sortì di asteri ; su le ceiosie , det-
te volgarmente fiocchi di Cardinale j su gli amaranti
ec. Ora qual rimedio proporremo contro siffatti deva-
statori di campi interi di bambagia ? Alcuni nostri or-
tolani nelle vicinanze di Napoli , per distruggere le
cainpe , che si mangiano tutti i broccoli , e gli altri
cavoli , e le rape ec. mettono dentro una mezza bot-
te piena di acqua 1' erba jusquiamo ( hyoscyamus ,
L. ) , eh' essi appellano erba cannocchiale , dalla fi-
gura del fiore , e con detta acqua aspergendo le pian-
te suddette , le campe sen mujono, essendo quell' erba
narcotica . Altri si servono dell' infusione di assenzio
{ absynthiiim officinale . L. ) j o pure di quella del-
le cipolle . Ma possono giovare simili infusioni contro
alle campe della bambagia ? Si tenti un tale sperimen-
to -, e trattandosi di un rimedio utile , io propongo an-
che una forte infusione delle frondi di sambuco nano
( samhiicus ehulus ) j non che delle foglie di ontano,
e anche di quelle del noce , che non sono mai tocche
dagl' insetti . In Scafati i contadini si rallegrano quan-
do veggono molti passeri ne' loro poderi di cotone , as-
saliti dalle campe: que'volaiili se ne cibano con avi-
dità. Un gran proprietario mi dimandò 1' anno scorso ,
se i gallinacci potevano introdursi con vantaggio ne'
campi bambagiferi , infestati da tali insetti? La rispo-
sta si fu affermativa , essendo lecito di tentare ogni
mezzo per distruggere gì' insetti nimici . Io però ho
avvertito nella Torre , che o poche , o nulle campe si
veggono oe' terreni asciutti , e che alternativamente ser-
/
(3o)
«vono a' prodotti differenti j e per lo contrarlo mo Iti di
tali insetti si scorgono sovente nelle terre acquitrinose,
e grasse , e che da più anni si trovano destinate alla
coltura del cotone . Quindi s' introduca la ruota cam-
pestre ^ non si faccia uso per l' ingrasso delle terre a
bambagia , che di scioverso , o pur di letame passato
in terriccio , e che si badi alla scelta del seme , pren-
dendolo , se abbisogna ^ dalle contrade vicine 5 con
isbarbicare dal campo tutte l'erbe spontanee , che so-
gliono alimentare gì' insetti .
XI. Passiamo ora ai danni dell' atmosfera :
1 . La brusca del mare , che nel mese di Mag-
gio fa seccare le piante del cotone nella loro infanzia,-
onde si dee riseminare . Ma non solo 1' acido muriati-
co del mare può produrre nelle teneri piante della bam-
bagia simil danno j perciocché esso può anche nascere
da un' inconstante alternativa del caldo , e del freddo.
In fatti io ho veduto in un luogo mediterraneo secca-
to nel mese di Maggio un campicello di cotone j ed
avendone interrogato i contadini , mi hanno risposto ,
che a due notti fredde erano succedute due giornate
calde , e serene . Quindi il rimedio sarà di aspettare
fino a tanto che la stagione si sarà messa in regola ,
/ per la seminazione di tal pianta . E che forse in Smir-
ne , e in Messina , per questa , e per altre cagioni , non
si semina la bambagia ne' principi di Giugno ?
2. La sinopica y o sia la nebbia , che venendo nel
mese di Maggio , fa seccare le frondi , e i ramoscellij
le piante però rimettono i novelli rami dalle ascelle j
(3i )
che danno il loro frutto . Ma se la nebbia viene in
Giugno , o in Luglio , allora benché la pianta o con
la pioggia , o con 1' irrigazione , sbucci nuovamente ,
essa non dà frutto , sopravvegnendo i freddi . Talvol-
ta la sinopica fa seccare interamente le piante fino al-
le radice , ed esse sono perdute . Il rimedio preserva-
tivo consiste nel seminare la bambagia a giusto inter-
vallo ^ acciocché 1' aria non vi muoja dentro ; e in ter-
reni bas si non già , o nelle vallate , nelle quali la nebbia
esercita tutta la sua forza j ma in suolo aperto, e do-
minato dal sole .
3. // secco eccessivo , le piogge forti , e i ven-
it Jì'eddi sono nocivi al cotone in fiore . Contro al sec-
co , che fa dimagrare le piante , il rimedio consiste nel-
l' irrigazione , essendovi il comodo delle acque vicine.
Niun rimedio possiamo prescrivere contro ai due altri
danni .
j, 4- l'I fine, La gelata, che venendo in Novem-
bre , fa cadere le frondi , e attacca le noci imperfette,
le quali non si aprono mai , cadendo marcite nel suo-
lo : non così avviene alle noci perfette , che raccolte ,
e messe al coperto , si aprono nell' inverno , e danno
della lana di qualità inferiore . In quanto poi ai mor-
bi del cotone nelle altre nostre Provincie , il lodato
Sig. Biseglia nella citata sua Lettera , ha descritti ,
benché in linguaggio del volgo , quei della Terra di
Bari : i quali poi corrispondono in buona parte con i
nostri . Il Sig. Targioni , per far cosa grata al nostro
Pubblico nel Foglio volante , n. XLIII , della Corri-
(53)
sporidcnza generale dì Letteratura , Scienze , ed Ar-
ti , ha inserito un articolo , col titolo : Nimici del co-
tone , estratto dall' Enciclopedie MetJwdique , v. Co-
tonnier . IMa que' morbi riguardano il cotone arboreo
di America , non già le specie , che si coltivano da*
nostri .
XII. Nel Volume II. delle Memorie concernenti
i Cinesi , dateci da'Missionarj Europei ^ e propriamente
in quella , che ha per obbietto la coltura del cotone
in queir Impero j si legge , che quantunque nella Cina
insiem con 1' arboreo si coltivi pure 1' erbaceo ^ questo
secondo però , benché annuale , come presso di noi ,
getta di nuovo sopra la sua radice ne' paesi , ove 1' in-
verno non è molto rigido . Esso si lascia durare anni
tre , e nel quarto si svelle dal terreno , e in quel cam-
po si semina o il miglio , o 1' uno .
In Molril , città di Spagna, nel Regno di Granata,
le piante del cotone durano per anni 5, 6, e tal .4
IO. Que' coltivatori assicurano, che le prime semenze
sieno venute dall' Isola di Malta.
Il Sig. Galanti nelle Aggiunzioni fatte al Dizio-
nario di Agricoltura dell' Ab. Rozier., tradotto in 'ta-
liano , e stampato in Napoli nel 1794» 8. Tom. Vili,
pag. 333 parlando del cotone , dice : » La pianta è
» biennale nella Calabria , e nel secondo anno dà mag-
» gior prodotto .
Il Sig. Ab. Melograni , della Calabria ulteriore ,
i^ accerta , che nel Capo Vaticano , cominciando da
oriente fino a Briatico , e propriamente ne' paesi Spi-
(33)
Unga, Carciadi , Bratterà, Drapìa, Zaccanopoli, Filili,
Dafinà , Brivadi , Parghelìa , Tropea, Zainbroni ec. la
pianta del cotone è biennale , e ancora triennale , ri-
producendo dalla radice. Il suolo è sabbioso , prove-
niente dalla decomposizione de' graniti , e asperso nella
superficie di una terra calcarla , nata dalle conchiglie
marine decomposte , e spezialmente dal!a sj)ecie degli
echini ec. La Città di Tropea è sotto al grado Sg iti
circa di latitudine (7).
Nella Torre però due proprietarj , cioè Pietro
Il ardo , e D.Saverio Battista avendo lasciate alcune
piante di bambagia nel campo , esse in primavera non
hanno caccialo verun germoglio. Io nel Dicembre del-
l' anno scorso ho fatto tagliare il fusto , alcuni pollici
dentro terra , a molte piante di cotone , e mi rimane
a vedere se nella stagione novella germoglino , o no
dalle radici . La mia opinione si è , che non sia im-
probabile un tale germogliamento ne'terreni o sabbiosi ,
o calcarei , esposti a mezzo giorno , e riparati dal
borea , e dalle gelate. Invito i nostri nazionali a farne
le pruove replicate. Se la desiderata riproduzione dalle
radici fosse costante nella bambagia , oltre al risparmio
della coltura per alcuni anni , le noci maturerebbero
più presto, e le piante sarebbero soggette a' danni mi-
nori . Il Sig. Canonico Giovcne dice nella ciiata sua
Istruzione f che nel clima proprio la pianta del cotone
a color di camoscio è biennale , e t he nella Puglia
conserva talora per tutto l'inverno radice, e stelo vi-
5
( ^ )
vente , per rigermogliare in primavera. E giova avver-
tire in questo luogo , che alcuni de' nostri , fra' quali
il Sig. p^incenzio Briganti , inutilmente si sono stu-
diati di fare vegetare ne' paesi nostri il cotone arboreo:
esso è nato , è cresciuto , ed ha avuto vita per qual-
che anno , ma in fine è morto prima di fruttificare.
(5) // cel. Signor Scopoli scrisse al nostro pro-
posito : fimo equino allicitur , porcino pellitur . Dun-
que contro al grillo-talpa ingrassa il terreno a co-
tone col letame di porci , e in tal modo allontane-
rai i goffoli ^ ovvero metti vicino , o in mezzo al
campo 4 o 5 secchie piene piìi della metà di le-
tame cavallino : i goffoli nella notte vi si anni-
deranno : prima di spuntar il sole inaffia con mor-
chia , o sia feccia di olio quel letame , colmando-
lo in ultimo di acqua : i goffoli verranno su , e man-
cando loro V aria esterna per respirare , a cagion
della morchia , restano soffogati .
(6) Quest' articolo si trova inserito nel Voi.
VII ) pag. i86 della Biblioteca di Campagna del ce-
lebre nostro Signor Gio: Battisa Gagliardi .
(7) Nelle vicinanze dell' antica Velia nel Ci-
lento , e propriamente nel podere del Sig. Gervasio
Passero , vicino alVAscha , il cotone ha riprodotto
dalle radici ; essendo quella contrada tiepida , e
riparata dal borea , non altrimenti che i luoghi
vicino Tropea nella Calabria ultra.
( 35 )
CAPITOLO V.
Prodotto dal Cotone nelle Provincie diverse. Osser-
vazioni su le (jualità del medesimo . Manifatture
JSazionali . Commercio . Perfezione della mac-
china per separare la bambagia dal seme. Come
si conservi il cotone netto .
XIII. Comincerò a notare il prodotto della bam-
bagia nelln Pro\incia di Napoli , prendendo la norma
da cpiello della Torre • e quindi farò passaggio a quello
delle altre Provincie . E a procedere con l' ordine
dovuto , segnerò prima le spese di coltura , e di go-
verno , con indicare il prodotto, e'I suo valore^ e ap-
presso sottraendo le prime dal secondo , avremo la
rendita netta di un dato spazio di terra.
Conto delle spese per un moggio di terreno irriga-
torio nella Torre della Nuziata.
per affitto 35 co
per apparecchio del campo 06 oo
per semina 00 60
per diradare le piante 00 3o
per due sarchiature , e per cimarla ... 01 4^
per tre irrigazioni 06 60
per sfrondarla 01 20
per corre la bambagia . 06 00
67 IO
- (36)
Si raccoglie tra annata fertile e infertile
un cantajo e mezzo di cotone netto , che
venduto nell'anno scorso 1809 ducati 180 il
cantajo , sono 270 00
Dalla qual somma tolte le spese . 67 io
Più le altre spese per separarla dal
seme i5 00—72 io
restano di guadagno 197 90
Si avverta in questo luogo , che non so a qual
relazione il Signor Targioni appoggiato , abbia nelle
sue Notizie scritto , che la rendita netta di un mog-
gio di terra irrigatoria nella Torre della Nunziata sia
di ducati 100 all' anno.
Conto delle spese per un moggio di terreno
arhustato , e non irrigatorio nella Torre
della Nunziata.
per affitto , e per le spese di apparecchio del
campo 25 00
per semina , per diradamento , per due sar-
chiature , per cimare le piante , e per
corre le noci mature , e immature ... 08 00
Si raccolgono tra stagion fertile, e in-
fertile rotola 5o di bambagia netta , che
venduta nell'anno scorso ducati i8o il can-
tajo , sono 90 00
Dalla qual somma tolte le spese 25 00
più 08 00
più per separarla dal seme ... 04 00—37 ^'^
restano di guadagno 53 00
V
( 37 )
Ed avveniamo , che se cade qualche pioggia nella
fine di Giugno , o ne' principi di Luglio , la raccolta
si fa jnaggiore . Di più avvertiamo , che nella Torre
da un rotolo di cotone lordo si hanno once 8 in g
di cotone netto . Similmente notiamo , che lo stesso
guadagno si ricava a un di presso da un moggio di
terra a cotone in Ottajano , in Sarno , in Nocera , in
Angri , in Gragnano , in Castello a mare , in Scafati
ec. che sono paesi, che spettano alla Provincia di Sa-
lerno per la maggior parie . Di lutto il cotone poi ,
che si raccoglie ^ il più forte , il più bianco , il più
netto , o sia quello delle noci aperte naturalmente su
le piante ^ si è venduto ducati i8o il canta jo , e fin
a ducali 200 ^ il mediocre , quello cioè delle noci
aperte o al sole , o con altro mezzo , ducati 80 , 90 ,
e ancor 100 ^ e V infimo , o sia quello delle ultime
noci mezzo guaste \ e imperfette , che serve per im-
bottire , o per lavori grossolani , ducati ^o in 5o il
cantajo . In oltre si avverta , che dalla sola Torre si
sono estratti nel 1809 cantaja 2,000 e più di cotone
netto ;, e che dagli altri Paesi ricordati sopra , se ne
sono estratti cantaja 10,000, e ancor più. Nulla dico
della quantità , che si è raccolta e nella Cava , e nella
pianura di Salerno , e in Nola , e in altri luoghi delle
; due Provincie , di Napoli cioè , e di Terralavoro . la
ultimo giova sapere , che nella Torre i |>rezzi del co-
tone , da anni io in qua , sono stati due. 60 , 70 ,
80 , e 90 il cantajo 5 e solo da anni 3 fino al 1809 ,
per lo concorso de' comjjralori francesi, sono arrivati
a ducati i5o , 180 , e fino a 200 il cantajo.
(38)
XIV. E alle altre Provincie del Eegno facendo
passaggio , noteremo , secondo le notizie , che abbiamo
ricevute , le spese , e il guadagno per la coltivazione
della bambagia.
Nella Basilicata ali Ionio.
per affitto di un tomolo di terra .... 02 oo
per 4 arature 02 ^o
per isvellere la gramigna 00 60
per due sarchiature , e per cimare la pian-
te 00 80
per corre la bambagia 01 20
7 00
Sì hanno tra stagion fertile e infertile
rot. 25 di cotone netto , che venduto cari.
10 il rotolo , sono 25 00
Dalla qual somma tolte le spese 7 00
più per separarlo dal seme ... i 00 — 8 00
restano di guadagno 17 00
Si noti , clie nella Basilicata il fitto di un tomolo
di terra , non irrigatoria , secondo i luoghi , varia di
prezzo, come da carlini 12. fino a 25.
Ne' paesi poi , che godono del beneficio dell' irri-
gazione de' due fiumi Aciri , e Siri come in Tursi, in
Rotondella , in Montalbano , in S. Arcangelo ec. le spe-
se per un tomolo di terra ascendono fino a ducati 20 ;
(39)
e '1 guadagno netto arriva fino a ducati 5o in 60, giac-
ché da un tomolo di terreno irrigatorio , che si dà a
fitto due. 4 •> si hanno fino a rot, 80 di cotone net-
to . E diciamo lo stesso delle due Provincie di Cala-
bria , o sia di que' paesi , ne' quali evvi coltivaraento
siffatto , cioè del cotone erbaceo . Non posso assicura-
re con certezza la quantità di bambagia , che si rac-
coglie ogni anno nelle due Calabrie, e nella Basilica-
ta. Solo dico con qualche verisimilitudine , che in 2^
e più paesi bambagiferi della Calabria ultra , si raccol-
gono canta ja 3, eoo in circa di cotone : in quella di
Cosenza , ove ristretta n' è la coltura , più di cantaja
000 , e nella Basilicata cantaja 12,000 in circa , che
si ricava da' Comuni 20 , e ancor più .
Nella Provincia di Bari.
Per affitto di un tomolo di terra non ir-
rigatorio 5. 00
Per 4- arature , e per tutte le altre ope-
razioni, indicate nel n. YIII 8. 20
Si raccolgono tra 'I più , e '1 meno roto-
la 3o di cotone netto , che venduto car. io
il rot. sono 3o. 00
Dilla qual somma tolti . . . 5. 20
Più tolti 8. 20
Più per separazione dal seme . 2. ^o-i5. 60
Restano di guadagno ...... 14. 4°
(4o)
Questo calcolo si dee intendere per Io cotone er-
baceo j poiché il cotone turchesco , spezialmente quel-
lo a color isabella , si suole vendere un carlino , e
ancora due più il rotolo .
Dalle Notizie raccolte dal Sig. Targioni si rileva,
secondo il rapporto di quell' Intendente , che nella Pro-
vincia di Bari si raccolgono cantaja 766 di cotone ,
proveniente da Comuni ^1 , fra i quali si distinguono
per tal coltivamento que' di Canosa , di Rutigliano , di
Corato , di Noja , di Barletta, e di Bari. Questo cal-
colo però si vuo'e rettificare . Il Prelato di Canosa Mon-
signor Forges Davanzali mi assicurò, che anni indie-
tro entrarono in quel Comune circa ducati 24,000 per
cotone venduto . Quindi la raccolta della bambagia nel-
la Terra di Bari si può valutare per cantaja 12,000.
Confesso , che oggi per lo poco commercio di mare in
tutte le Provincie del Regno una tal coltivazione sia
diminuita j ma per lo consumo nazionale , il prodotto
non è si scarso come da taluni si crede. E giova sape-
re , che nella Provincia , di cui parliamo , da libre 6
di cotone ordinario lordo , se ne cava una libbra net-
ta j e per lo contrario bastano per ottenere la stessa
quantità d' una libbra , libbre 3 di cotone a color isa-
bella . In genere il colon turchesco sì bianco , che co-
lorato ha più lana , e meno semenza in paragone del-
l' erbaceo .
La coltura della bambagia è molto estesa nella
Provincia di Le^^ce . Il metodo , secondo il Signor Bi~
seglia. , non difllrijce da quello della Terra di Bari .
(40
Non essendovi acqua da irrigare , possiam dire , eie il
prodotto , o sia il guadagno è lo slesso nelle due Pro-
vincie lodate . La quantità però della raccolta si vuo-
le dire maggiore nella Terra di Otranto , e che si può
fere ascendere a cantaja 1 6,000 ^ perciocché in essa le
manifatture di cotone sono moltissime, e varie, come
si dirà appresso . Sicché unendo insieme tutte le som-
me predette , che noi diciamo di approssimazione ,
avremo .
Dalla Provincia di Napoli , e dagli altri
luoghi vicini (8) cantaja 12,000
Dalla Calabria ultra ........ 8,000
Dalla Calabria citra 3oo
Dalla Basilicata . , 12,000
Dalla Terra di Bari 12,000
Dalla Terra di Otranto 16,000
In tutto 6o,3oo
XV. E venendo alle qualità del nostro cotone, io
ho osservato i . , che la bambagia de' terreni non irri-
gato rj è più forte di quella delle terre irrigue; 2., che
una tal fortezza si scorge anche nel cotone erbaceo
( che pur meglio riesce ne' lavori ) in confronto del
turchesco sì bianco , che a color isabella : 3. , che i
terreni a base arenosa , come nella Calabria ultra , dan-
no cotone debole , e non molto bianco : 4- > che ove
domina V argilla bianca , la bambagia prende un color
cenericcio^ e un color flavo, ove domina l'argilla ros-
sa , come avviene nella Basilicata , nella Calabria citra ,
6
(40
e In Salerno : 5., clic nelle terre a base calcarea, co-
me in Bari , e in Lecce , il coione riesce aspretto al
tatto , e '1 suo colore inclina al piombino : 6. finalmen-
te , che ne' terreni , ove la cenere vulcanica .^ unita a
molto terriccio , non manca , come intorno al Vesu*
vio , e a qualche intervallo da esso j il cotone riesce
bianco , leggiere , morbido , e di giusta consistenza :
esso conservato senza il seme in luogo asciutto, e di-
feso dalla polvere , acquista dopo un anno disposizio-
ni tali , ad essere impiegato ne' lavori più fini , e gen-
tili . Ed avvertiamo in questo luogo , che alla poca
bianchezza della bambagia delle nostre Provincie con-
corre moltissimo il sistema di separarla dal seme dopo
molti mesi , e talora dopo qualche anno j con tenerla
anche ammonticchiata, e calcata in magazzini alle volte
umidi , e ben spesso sorditi.
XVI. In quanto alle manifatture nazionali di co-
tone , nella Terra di Otranto si nominano con lode le
felpe , o vellutini di Taranto , le calzette di Franca-
villa , le coperte da letto di Nardo , le tele , la bian-
cheria di tavola all' uso di Fiandra , e le mossoìine e
larghe, e strette di Gallipoli, di Calatone, di Casarano,
di Parabita ec. E se quelle mossoìine > che pur si ven-
dono carlini 3 il palmo , non divenissero crespe (forse
per la filatura del cotone a fuso ) , sarebbero di pregio
maggiore. E si ricordano anche con lode le ventinel-
le f o sia il filo finissimo di Monopoli , di Taranto ,
e di molti altri paesi , un rotolo del quale si vende
circa ducati io j non che lo scottino, o sìdi Jiannina ^
(43)
composta di bambagia , che serve dì stame , e di lana
gentile, che serve di trama, di Tricase , di Galatina,
di Nardo , di Galatone ec. In detti paesi lodatissimi
sono altresì i guanti , le calzette , e le tele , da fare
giubljoni , che si lavorano con bambagia unita a' peli
di lepre, o di coniglio. Nella Terra di Bari all' infuori
del filo finissimo, e bianco per ricamo , che viene an-
che in Napoli, con vendersi carlini cinque l'oncia j
non abbiamo lavori di bambagia , che sieno ricercati
almeno dagli altri nazionali. Le varie manifatture, non
escluse le stoffe di color isabella , servono per uso dei
provinciali . Un tal colore poi , siccome il Canonico
Giovene ne assicura ^ non solo resiste alla lesciva di
cenere, e al sapore j ma bensì gli alcali lo rendono più
forte j e gli acidi , benché lo dilavino , pure lo fanna
di aspetto migliore . La tinta in nero regge su di que-
sta specie di cotone meglio assai che sopra tutte le al-
tre di color bianco . In Basilicata si reputa la Jiannina
o sia scottino ( eh' è composto di lana gentile , e di
cotone , come sopra ) di Ferrandina , paese in cui è
nata siniil manifattura , e dal quale negli anni passati
ne sono uscite in ciascun anno fino a canne 12,000 :
la tela di Pisticci, e di S. Arcangelo; e'I filo sottile,
come la ventinella , di Tursi , di Rotondella , e di
Colobraro . Le matasse colà si appellano morselle .
In Tursi si lavorano anche delle coperte da letto , che
possono stare a fronte a quelle di Nardo. Nella Pro-
vincia di Cosenza si ricordano con qualche lode le
fasce pe' bambini , e la biancheria da tavola , eh' è
(44)
tutta di coloìie , della Città di Cassano ; come pure k
«ajetta di Castrovillari , eh' è composta di lana , e di
cotone •, e in quella 'dfella Calabria ulteriore si lodano le
coperte da letto -di' Paf^hèh'a , di Briatico , e di Tro-
pea . Quindi a torto il Signor Targioni , non ben in-
terpetrando l' articolo dell' Enciclopedia Metodica , at-
tribuisce nelle sue Notizie le manifatture delle Cala-
brie alle due Provincie di Bari cioè , e di Otranto .
Egli però riferisce una lettera de' i6 di Marzo 1808
del Signor Mario Amato , con la quale fa sapere di
aver egli promosso in Catanzaro la fabbrica delle tele
di cotone all' uso di Malta , con diversi concerti , e
con colori differenti . Finalmente sono degne di tutta
la lode le manifatture della Città della Cava , che da
tempo antico col cotone e netto , e filato di tutte le
Provincie bambagifere del Regno , ha lavorato , e la-
vora non solo biancheria da tavola , all' uso di Fian-
dra , che si comprava fin anche dagl' Inglesi 5 ma an-
cor tovaglie da asciugar le mani , e la faccia , doblet-
ti , frustagni , nankini , nankinetti , a color isabella ri-
gatini , trapunti , e cose simili . In molte di tali ma-
nifatture ha luogo anche il lino . Negli anni passati si
lavoravano in detta Città fino a cantaja 25,ooo di co-
tone. Finalmente per opera del Sig. Capano si è intro-
dotto in Napoli da alcuni anni in qua un filo finissimo
di cotone , ottimo e per ricamo , e per farne calzette a
telajo , le quali riescono bellissime • Nella Capitale poi
da tempo antico si fabbricano le tele bambagine for-»
tissime per le vele tanto ad uso delle barche piccole,
che delle navi.
( 45 )
to confessò che tutte le nostre manifatture di co-
tone sono ancora nella loro infanzia . Presso di noi
mancano le macchine per cardare, e per filare. L'arte
del tintore non ancora si è perfezionata. E noi speria-
mo , che distendendosi nelle Provincie i lumi delle
Scienze naturali , dirette al miglioramento delle arti ,
e de' mestieri , possano col volgere del tempo vedersi
fra noi condotti a perfezione le mossoline , che si av-
vicinino a quelle di Bengala, e i inaìcali e i malca-
tini , uguali , ai hasen d'Inghilterra , e di Francia j e
i vellutini , non dissimili da que' di Roven , e di A-
miens , e tutti gli altri lavori nostri . Le nostre tele
bambagine avrebbero maggiore spaccio nella Nazione ,
se coloro , che oggi fanno uso di camiciolette di lana
a corpo nudo , sì nell'inverno, che nell'estate, si de-
terminassero a sostituire quelle di cotone, il quale as-
sorbisce il sudore più del lino , e della canapa , e tiene
aperti i pori della pelle , che pur si conserva, asciutta j
con frenare le calde esalazioni, che noi spiriamo. I più
dilicati , potrebbero avvalersi delle tele bambagine tessute
a metà col lino. Tutti gli Orientali, ed ancora gli Euro-
pei , stabiliti nelle Colonie , per biancheria da corpo ,
non adoperano altro, che manifatture di cotone, come
i nostri provinciali in que' luoghi , ne' quali una tal
pianta si coltiva. Dagli stracci poi di bambagia si po-
trebbe fabbricare la carta ; imitando l' esempio de' po-
poli dell' Asia , buona per scrivere , jier lo disejiuo ,
per la pittura, per la stampa, per la decorazione de-
gli appartamenti , e per sostituirsi ai vetri delle fine-
( 46 )
stre . In somma Noi abbiam un genere , che difficilis-
simamente si può coltivare e nel restante deli' Italia ,
e ancor nella Francia , e che può formare buona parte
della ricchezza nazionale.
XVII. Ora veniamo al commercio del cotone. In
tempo che la navigazione non incontrava ostacoli ,
quasi tutta la bambagia di nove paesi della Calabria
ulteriore (9) verso il Mar Ionio ^ e buona parte di
quella delle due Provincie di Bari, e di Lecce, si tra-
sportava in Trieste . Quella poi di Basilicata 5 e dei
paesi al mare opposto della stessa Calabria , con altra
porzione delle due Terre di Bari , e di Otranto veni-
va in Napoli, e nella vicina Città della Cava^ donde
e grezza , e lavorata si distendeva nelle altre Provincie
del Regno , e per tutta l'Italia. I nostri Scillitani , e i
Tropeani commerciavano con Genova , con Marsiglia ,
e con Livorno , vendendo da per tutto , e filo, e cal-
zette , e berrettini , e coperte di cotone . Quasi tutta
la bambagia poi della Provincia di Napoli , e quella
de' luoghi vicini , da alcuni anni in qua, vie n traspor-
tata per terra nella Francia . Il prezzo di simìl genere ,
superiore a quello di tutti gli altri prodotti del campo,
ha determinato moltissimi a una tal coltura . Tutte le
nostre terre lungo i tre mari cioè il Ionio , l' Adriati-
co, e il Tirreno , fino a certa distanza da essi , si ve-
dranno ben presto coverti della pianta del cotone j e
noi oltre al proprio comodo e consumo , e a quello
di tutta l'Italia , saremo nella felice circostanza di som-
ministrare abbondantemente cotone e bianco , e a color
(47)
isabella alle fatbrìclie francesi di Roven , di Amìens ,
di Rubaix, di Caux, di Parigi con i suoi contorni, di
Coen , di Alenzon , di Maine , e di Bearu . Da' quali
paesi poi vengono a noi le inossoUIne, e calicut, e mol-
lettoni , e frustagni , e fazzoletti , e l»asen , e piques ,
e trapunti , e crespogni , e nankin , e velluti ec
XVIII. Per separare il cotone dal seme in tutte
le nostre Provincie si fa uso di una macchinetta , o
sia molino , chiamato manganello . Essa è composta
di due cilindri , o meglio di due coni troncati , posti
orlz/ontalraente Tuno sopra l'altro in mezzo a due
pilastri , e ristretti col mez;4o di cunei j con avere in
una dell'estremità a destra delle viti a lumaca , che
si addentano , e che son messe in molo da un manu-
brio. Il lavoratore con la diritta muove in giro il ma-
nubrio , e con la sinistra mette innanzi a' cilindri il
cotone : esso passa alla parte di dietro , e in quella
di avanti restano i semi . In una giornata non si net-
tano da una donna o da un giovanetto , che libbre
«ette in otto di cotone . Il prezzo della fatica consiste
in grani 3 a libbra , e alle volle in grani 3 e mezzo .
E la stessa macchinetta si trova in tutto il Levante .
Niuno finora tra di noi si è applicato al miglioramento
^ di strumento siffatto.
Nelle Indie occidentali , e nella Spagna questo
molino si è renduto più spedito , e più facile j pcrcioc~
che esso è posto in moto j<er mezzo di una calcola, e
il lavorante avendo le mani libere , può nettare più
cotone, somministrandolo meglio in l'accia a'cihj.dii.
(48)
M. de Lasteyrie nel lodato suo libro parla di
una macchina , di cui dà la figura , che si vuole la
più pertetta , giunta finora alla nostra conoscenza : col
mezzo di essa si hanno libb. 3o in 5o di cotone netto
al giorno. Egli ne ha tradotto la descrizione dal Te-
desco , trovandosi inserita nel Tomo II. delle Nuove
Memorie dnlt Accademia Reale di Svezia. In lireve,
la macchina consiste in due cilindri del diametro di
circa un pollice , con delle scanalature longitudinali di
linee due , situati orizzontalmente in mezzo a un qua-
dro di legno , e sostenuti nella lor lunghezza da cin-
que montanti , con le biette , per ravvicinarli a pia-
cere : nelle loro estremità hanno due ruote , del dia-
metro di piedi due e mezzo , e grosse circa un polli-
ce : una ruota porta al suo centro 1' estremità del ci-
lindro superiore , e l' altra quella del cilindro inferiore :
all' esterno di ciascuna ruota si fissa una caviglia ec-
centrica , alla quale è attaccata una corda , che va a
corrispondere con la calcola. Il lavorante seduto innan-
zi alla macchina , che ha tavola , e traverse , mette
in azione la medesima , con dar moto contrario alle
ruote con le due mani , e poi continua , alzando , e
abbassando il piede , che poggia sulla calcola , con cui
comunicano le traverse , all' estremità delle quali sono
attaccate le due corde , che discendono dalle ruote .
Se il cotone è ben asciutto , e se conserva un certo
grado di calore , si ha in un giorno la quantità accen-
nata di bambagia netta. L'uomo che lavora, mette su
la tavola il cotone , e lo somministra ai cilindri : i se-
(49 )
mi cadono fra 1* apertura , eh' è all' estremità della ta-
vola , e il cotone netto cade dal Iato opposto in un
sacco , o in una cassa , situata orizzontalmente. Alcu-
ne volte due persone sedute insieme lavorano alla mac-
china medesima.
Ora nella descritta macchina io ho ravvisato i di-
fetti seguenti :
1. Le scanalature ne' due cilindri moltiplicando le
superficie , accrescono anche l'attrito , e la resistenza.
Oltre a che ricevendo esse insiem col vello de' semi
piccioli, guasti, e imperfetti^ la resistenza divien mag-
giore. Nulla dico della figura cilindrica, alla quale io
preferisco quella de' coni troncati , come meglio mo-
strerò appresso .
2. I cinque montanti , che servono per tenere i
cilindri ravvicinati, si possono empire da'loro lati e di
cotone , e di semi schiacciati , e in tal guisa o si ri-
tarda , o si estingue il moto della macchina .
3. Il moto opposto, e contrario delle due ruote,
e le ruote stesse, accrescendo la resistenza, come ognun
può di leggieri conoscere , V uomo , che siede al lavo-
ro , non può per lungo tempo proseguire l' opera sua.
4- In fine , le corde , che da' due perni eccentrici
delle ruote discendono fino alla calcola, con l'umidità
si contraggono , e con il secco si rallentano : il che
senza dubbio alcuno dee fare perdere molto tempo al
lavorante.
Io mi sono studiato di fare qualche aggiunta all'
antico nostro manganello , con ridurlo in modo , che si
7
(5o)
evitassero tutti i difetti accennati , e che nel tempo
stesso con una giusta potenza si nettasse quantità di
cotone, maggiore dell'ordinario . E primieramente non
mi sono opposto all' uso de' nostri macchinisti , o sieno
falegnami , tutto che ignoranti e rozzi , i quali nella
costruzione di tal ordigno , hanno sempre formato due
cilindri non già , ma due coni troncati , detti da essi :
fusi a coda di sorce. La sperienza, sostenuta dalla
dimostrazione , fa vedere , che ì secondi nettano nel
tempo dato più cotone de' primi . In fatti i due coni
troncati mangiano , per dir così , non solo di fronte ,
o sia per linea orizzontale , ma ancor di lato , o sia
per linea obbliqua . Ognun sa in meccanica , che mol-
tiplicandosi le leve , si rimuovono più presto gli osta-
coli •
In oltre nel sito del manubrio ho messo una ruo-
ta di giusto diametro , con fissare a qualche distanza,
dal centro di essa un perno. Nel piano poi della mac-
china ho adattato la calcola sopra di un cilindro, so-
stenuto da due montanti nelle sue estremità • Final-
mente col mezzo di un' assicella mobile , ho unito il
perno eccentrico alla calcola , con aprire un occliio nel-
la parte superiore dell' assicella , da ricevere il perno •
e nell' inferiore alcuni piccioli buchi , attaccandola alla
calcola per mezzo di una funicella . Essendo 1' assicel-
la ben secca, non si altera sensibilmente con i cam-
biamenti dell' atmosfera 5 ed essendo mobile, la poten-
za , giusta i principi meccanici , si accresce . Ora il
lavorante seduto innanzi al manganello ^ preme la cai-
I
(5i)
cola , e con la destra dirige nel principio 11 moto del-
la ruota : le sue mani sono libere , e può con esse
somministrare il cotone grezzo a' coni troncati : la ruo-
ta muovendosi con moto equabile ^ l' uomo può in
una giornata nettare fino a libbre 28 , e ancor più ,
di bambagia .
Ecco le proporzioni del mio manganello perfe-
zionato , siccome si può osservare nella figura •
AA sono i due pilastri di legno di quercia ( quer-
cus robur ) , alti palmi 3 e mezzo .
BB i due coni troncati di legno di cerro ( qiier-
cus cerris ) , lunghi palmi 2 , e once 2 ; e di diametro
verso alla base un'oncia, e minuti 3; e verso all'al-
tra estremità un' oncia , e un minuto .
C II ponte , che sostiene i due coni troncati .
DD sono i due buchi , che ricevendo i due cu-
nei , ( volg. zeppe ) , tengono uniti i due coni .
E la traversa , che tiene ristretti i due pilastri .
F la pianta di legno , su di cui la macchina si so-
stiene.
G la ruota di legno di noce , il cui diametro è
di palmi 2 , e un' oncia j e la grossezza è di un' oncia
e mezzo.
H il terzo pilastro , che serve di appoggio all' e-
stremità del cono inferiore , acciocché la ruota , per
lo cui centro il medesimo passa , non gravitasse sopra
lo stesso .
I l'assicella di legno di noce, che unisce, restan-
do essa mobile j il perno alla calcola •
(52)
RR i due montanti , che ricevono il fuso immo-
bile L , al quale è unito per mezzo di ganglierelli
( volg. scibhie ) j per motiplicar le leve ^ la calcola
mobile M.
Si avverta , che i due coni troncati si possono
costruire anche di bosso , eh' è un legno più duro di
quanti alberi mai crescano in Europa . Il mio mac-
chinista mi loda il legno santo : esso però mal sostiene
r azione del tornio . In alcuni luoghi si fa uso di ci-
lindri di acciajo , che non sono soggetti a scheggiarsi,
essendo i più solidi di tutti . Neil' Indie Occidentali
però, a cagion dell'umido eccessivo, i detti cilindri,
sovente si arruginiscono .
XIX. Non v'ha produzione del regno vegetabile,
che attragga 1' umidità più prontamente , e in maggior
copia", e che la conservi per tempo più lungo, quanto
il cotone. Si è sperimentato , che una libbra di bamba-
gia, asciutta al sole, e poi messa in una stanza vicino
a qualche vaso di acqua j essa in una sola notte ha ti-
rato a se once 4 ^ mezzo di umidità , che al semplice
tatto né pur si può conoscere. Di più io ho posto in
mezzo a una botte piena di quasi libbre loo di cotone
netto , un vaso di creta , non inverniciato , che con-
teneva libbre io in circa di acqua : e dopo ore 12 ho
cavato il vaso dal seno del cotone , e non ho trovato
in esso né pur una goccia di acqua. Dalle quali sjpe-
rienze dobbiamo inferire
I. Che prima di sottoporre il cotone al manga-
nello , bisogna farlo ben seccare o al sole , o vicino
I
(53)
a' carboni ben accesi , con rivoltarlo spesso. Quanto
più il cotone sarà caldo , tanto minor fatica soffrirà
r uomo , che siede alla macchina , e tanto maggiore
la quantità , che avrassi in un tempo dato.
2. Che il cotone netto si vuoi serbare o entro a
casse grandi di legno;" o entro a botti inutili, ma ben
monde; o entro a sacchi di tela grossa , calcandolo bea
bene j e sempre in magazzini asciutti , e con le finestre
a oriente , o pure a mezzogiorno. Sarà ancor bene che
i sacchi , o altri vasi sien situati sopra le tavole , o
almeno sopra la paglia.
3. Finalmente , che comprando cotone netto per
non incorrere nelle frodi de' vi^nditori , ottima cosa
sarà di prenderne una libbra a pruova, pesarla, e do-
po metterla o al sole , o vicino al fuoco . Se dopo
qualche ora di rasciugamento , il peso sarà lo stesso
si potrà conchiudere il negozio: altrimenti la cosa es-
sendo, il compratore regolerà meglio i fatti suoi.
(8) Siccome si rileva dal registro delV Ispezion
^generale de" Coloni del Regno dì Napoli , dal mese
Idi Ottobre iHìi. fino a tutto Settembre del 1812 ,
Vsono usciti fuori di Regno cantaja 21,000 in circa
\di bambagia netta di seme , proveniente dalla Tor-
re della Nunziata , e da altri paesi situati intorno
\al Vesuvio.
(9) Tali sono S. Severìna , Montauro , Monte-
\ avene , Satriano , Davoli , S. Oste , Isca , Bado-
\lato , e Ceraci.
(54)
Sulla cultura dell Agro Brindisino . Memoria ài
Monsignor Annibale ve Leo , Arcivescovo di
•Brindisi, Socio Corrispondente . Presentata nel-
r adunanza del dì 25 Aprile i8ii.
I. Ir
Imprendendo io a ragionare della coltura dell'Agro
Brindisino , cosi de' tempi antichi , come della mezza-
na, e dell'ultima età , prima di ogni altra cosa vengo
a ricordare un principio adottato generalmente da tut-
ti i saggi Politici , ed Economisti, eh' essendo la cul-
tura della terra la prima sorgente della prosperità di
una nazione , a misura che la coltivazione fa de'pro-
gressi , crescono colla moltiplicità de' prodotti della ter-
ra le ricchezze , ed i comodi . Ma la coltivazione non
può eseguirsi senza le braccia j ed in conseguenza cre-
scendo la popolazione , con reciproca proporzione cre-
sce il coltivaraento ^ e mancando le braccia , manca
ancor la coltura. Se io dunque ritrovo una Città po-
polata e ricca , che alza la fronte su gli altri luoghi a
lei adjacenti , e ne diviene per così dire la Capitale :
prescindendo dalle straordinarie cagioni , io posso in-
ferire , eh' ella è abitata da un popolo coltivatore, in-
dustrioso , e commerciante : dacché altriraente non
potrebbe somministrare le sussistenze ai suoi numerosi
abitanti . Il commercio non può sostenersi senza la
coltivazione, e senza dare ali' estero i generi superflui,
e riceverne i mancanti .
(55)
II. Or se la Città di Brindisi ne' tempi antichissi-
mi fu popolata, e ricca-, il suo territorio dovea essere
ben coltivato . Tal opulenza sin dalla sua prima età la
fece mettere nello stato di aver delle forze di terra , e
di mare , e di far la guerra non solo a' Popoli limi-
trofi ^ ma ancora di difendersi dalle vicine Potenze
marittime 5 e questa a parer mio è la più chiara pro-
va dell' antica coltivazione del territorio di Brindisi.
III. Eraclide Pontico Scrittore rammentato da
Laerzio (i) coetaneo di Platone , e di Aristotele (2)
ha lasciato un Trattato de Politiis pubblicato da molti ,
ed inserito dal Gronovio nel suo Tesoro delle Anti-
chità Greche (3) . Costui sotto il titolo de' Corciresi
dice , che questi collegati cogli Appuli facevan la guer-
ra a' Brindisini , ed a' Messapi , e perchè forse andavan
male le loro faccende , chiamaron l'ajuto di Diomede.
Ecco le di lui parole : Corcyraei Diomedis opein
implorarunt . . . Illis praeterea auxilio venit non
exigua classe appellans in Japygiam cantra Briin-
dusinoshelhmi gerentem. Parla di questa guerra x\n-
tonino Liberale altro Scrittor Greco nelle sue Meta-
morfosi (4) , ove dice , che Diomede dopo la guerra
di Troja approdò nella Dannia , e fu pregato dal Re
(1) Laert. Lih.V. infine.
(2) Fabr. Bibl.Graec. TJX. Lib.F. Gap. XXXI.
(3) Gronov. Antii]. Graec. T. VI.
(4) Aaton. Liber. M^t. cap. 37.
(56)
de' Daunì dì ajutarlo nella guerra , che avea co' Messa-
pi , offerendogli in matrimonio la figlia con una parte
del suo territorio ^ ed essendogli riuscito di dare ai
nemici una disfatta, ottenne i promessi campi , che
divise ai Dorj , che avea seco condotti .
IV. Io non cerco testimonianze tratte dalle favo-
le, nelle quali il grande Omero inviluppò l'eccidio di
Troja . Che Diomede sia stato in questi luoghi , vi è
la prova incontrastabile del nome da lui lasciato alle
Isole Diomedee celebrate da tutti gli antichi Scrittori,
e che oggi son dette di Tremiti . Anzi io porto opi-
nione , che tutte le Greche Colonie stabilite nella Dau-
nia , e nella Peucezia avessero avuto l'origine da' com-
pagni di questo Greco Capitano .
V. Passiamo a' tempi posteriori . L' agro Brindisi-
no era ne' primi tempi estesissimo . Ci assicura Stra-
bene , eh' essendo la Città dominata dai Re , perde
molto del suo territorio toltole dagli Spartani , che vi
vennero con Falanto , e eh' essendo stato questo Duce
discacciato da Taranto , fu accolto dai Brindisini , e
dopo morte decorato di splendida sepoltura : Postea
temporis , Brundusium ciim Regem haheret , sono
le parole di Straboiie (i) , mulhi.m ngri ciniisit , aderri-
ptiim a Spartanis , qui eo cum Phalanto venerante
qiiem tamen pulsuin Taranto Brundusini recepenint,
mortiLwnque splendida sunt dìgnati sepultura . Non
(i) Strab. Lib. FI.
( 5; )
parla qui Strabene delle campagne del circondario di
Brindisi , ma di que' campi al dominio soggetti della
Repubblica , e de' Re Brindisini, che aveano moltis-
sima estensione j dimodoché l'illustre Geografo Cluve-
rio (i) inferisce dalle citate parole di Strabene , che
quando giunse Falanto con i suoi Spartani in questi
siti , Brindisi era la Capitale di tutta la Penisola ; Sed
ex Strabonis praescriptis verbis colligitur , totius
Messapiae peninsulae caput fuisse , et Regiam 6'e-
dem Brundusium , quo tempore Phalantus cum suis
Lacaedemoniis eie.
VI. La Città di Taranto colla Colonia Partenia
divenne ancor essa opulente e ricca , e per dilatare i
suoi confini , continuò con varia sorte le guerre coi
Messapi , e Brindisini . Sono queste rammentate da
Erodoto (2) , Aristotile (5) , e Diodoro di Sicilia .
Ha lasciato scritto quest' ultimo , che governando Me-
none la Repubblica Ateniese , sotto i Consoli Emilio
Man>erco, e C. Cornelio Lentulo , i Tarentini confe-
derati co' Reggini ebbero una rotta da un Esercito di
ventimila Messapi (4) ■ E Plutarco (5) , Ateneo (S) e
V (i) Ital. Ani. T. II. Lib. IV. cap. i3.
(2) Herodot. "Vii.
(3) De Repub. Lib. V. cap. VI.
(4) Diod. Sicul. lib. IV.
(5) Plutarch. in, Aegid. et Camil.
(6) Alhen. Uh. XII. cap. XVII.
8
(58)
Pansania (i) rendono testimonianza di un'altra batta-
glia de' Messapi , e Tarenlini presso Manduria , nella
quale restò ucciso Archidamo Duce de' Tarentini .
Ma l'islesso Pausania poi attesta, che i Tarentini di-
votissimi di Apolline più volte spedirono de' magnifici
doni , eh' egli va numerando , al Tempio di Delfo per
le vittorie riportate sopra de' Messapi .
VII. Cosi queste due Città si disputaron tra loro
il dominio della Penisola . Ma i Tarentini da Japigì
divenuti Greci per la Colonia Spartana furon rispettati
dai Greci : i Brindisini all' incontro coi Messapi rima-
seso sempre esposti alle incursioni de' Greci . Attesta
r Isterico Giustino abbreviatore di Trogo (2) , che
Alessandro Re dell' Epiro venne in Italia a far la guer-
ra a' Messapi 5 ma avendo conosciuto, non saprei dir
come , il destino della Città di Brindisi , tece la pace,
ed amicizia col loro Re : Alexander cum in Italiani
venisset , primum ibi helliim cum Appulis Jecit ,
quorum cognito Urbis fato , brevi post tempore pa-
cein , et amicitiam cum Rege eorum fecit . Erat
namque tunc temporis Urbs Appulis Brundusium .
Qui sotto il nome di Appuli credo bene , che voglia-
no intendersi i Messapi , non avendo mai Brindisi este-
so il suo dominio fuori della Penisola .
Ci) Pausan. in Lacan.
(2) Justin. Uh. XIL
(59)
Vili. Queste furono le vicende di Brindisi sia
che cadde in poter de' Romani . Dopo che questi eb-
bero soggiogati i Tarentini , per divenir padroni di tut-
ta r Italia , altro lor non restava che di occupare l'in-
tiera Regione de' Salentini , e de'Messapi . Fu portata
loro la guerra nell'anno 486 di Roma dai Consoli At-
tilio Regolo , e L. Libo ne , che nella prima campa-
gna ottennero 1' onor del trionfo . E nel seguente an-
no 487 fu conquistato tutto il Paese dai Consoli Fa-
bio Pittore , e Giunio Pera , che parimente trionfaro-
no, come le Tavole Capitoline pul^blicate dal Sigo-
nio (i) , dal Panvinio (2) e dal Gruteio ci assicura-
no (3) .
IX. Se non fossero periti i Libri di Livio , ove
una tal guerra era descritta , potremmo saperne i più
minuti dettagli , come ci sono stati tramandati di tutti
gli avvenimenti della guerra de' Tarentini , e di Pirro.
Ma noi altro non sappiamo , se non ciò , che ha la-
sciato scritto r abbreviatore di Livio , e L. Floro .
Sappiam da quest' ultimo , che la Capitale de' Salenti-
ni era Brindisi (4) : Salentini Picentibus additi , ca-
piitque Regionis Brundiisium cum inclito Porta .
(i) Sigon. in Fast.pag-.iiJ^. et de Jiire Ital.lib.I.
Cap. XII.
(2) Panvin. in append. ad Fast. p. 26.
(3) Grut. p. CCXCFI.
(4) Fior. lib. XX. Liv. Epitom. lib. XIX.
( 6o )
'Sulle qxiali parole ecco ciò , che ha scrìtto Paolo Me-
rola nella sua Cosmografia (i) : Bnmdusium , scri-
hente Floi'o , tantis opibiis , tantaque potentia . . .
ut Salentinorinn hahita fiierit caput , et frequenta-
ta ab Asiaticis , Graecisque populis . Né da que-
sti discordano Eutropio (2), e Giornande (5), Scrit-
tori del V. e VI. Secolo : Salentinis in Apu Ha, scrìs-
se Eutropio , heìlum inditum est , captique sunt cuin
Civitate simul Brundusini , atque de fiis iterum
trhiinphatum est .
X. Non poteva Brindisi né esser Capo di una
Regione , né sostener guerre con potenti vicini , né
obbligare i Romani a due campagne , se non era una
Città popolata e ricca , e '1 territorio nello stato di
una florida coltivazione . I Romani fecer la guerra ai
Salentini , dice Dione , col pretesto , che avessero ri-
cevuto Pirro ne' loro Porti , ed infestato i loro Socj,
ma in realtà per occupare Brindisi a cagione della co«-
modità del suo Porto, ond'era facile il passaggio nel-
r Illirico , e nella Grecia : Arma Calahriae intule-
rnnt praetcxtu qiiidem quod recepissent Pyrrhum -y
et socios infestassent , revei'a tamen , quod Brun-
dusium propter commoditatem , facilemque in Ilfy-
ricum , et Jlelladem trajectum snbigere intende^
(i) Merul. Cosmograp. p.iì. Uh .IJ^.cap .XXXII-
(2) Eutrop. lib. IL
(-3) Lib.I.
(6i )
ì>ant (i) : e Zonara ancora scrisse (2): Romani, riti
Bnindusio potirentur propter portuum ' commodi la-
tem , facilemque in Illjricum , et Graeciam trnj'e-
Ctum 5 codem enim vento spirante , et solvere ex
portu , et in eundcin appellere licet .
XI. Ma si deve perdonare, la noja , ch'io reco
con produrre le proprie parole degli antichi per* non
lasciar dubbio , eh' io voglia imporre , tratto dall' im-
pegno d' ingrandire le cose proprie . Ma la grandezza
di Brindisi antica deve ripetersi dall' epoca , in cui
cadde in poter de' Romani . Città non ci è stata iu
tutta r Italia più celebre di essa nella Storia Romana.
Vi fu dedotta , come assicura Patercolo (3), nell'an-
no 5og una floridissima Colonia , il di cui ingresso
accadde nel quinto giorno del mese Sestile , che fu
celebrato in ogni anno con istraordinaria allegrezza y
come attesta Cicerone in una Lettera ad Attico (4) j
e neir Orazione prò Piando , perchè egli vi si trovò
presente , e ricolmò di magnifiche lodi i Cittadini di
Brindisi . Agli antichi abitanti fu ancora accordato
r onore del Municipio , e fu permesso di vivere se-
condo le proprie leggi , e di continuare a battere le
proprie monete . E di qui è , che le antiche Iscrizio-
(i) Dio. lib.Xf.
(2) Zonar. lib. XI.
(3) Patere. Uh. I.
C4) Ep. I. lib. IF.adAttic. et in Orat.pro Piane,
(62)
ni Brindisine ci offrono il nome del Senato e della
Repubblica Brindisina , de' Municipi , de' Decurioni ,
dell' Ordine Equestre , e Popolare , de' Censori , degli
Auguri, e degli Edili , e di tanti altri titoli , che il
dritto Municipale assicurano .
XII. La Colonia 'Brindisina con i Messapi, e Ja-
pigi tenne apparecchiati 60,000 fanti , e iS.ooo ca-
valli per difesa della Repubblica contro i Galii Seno-
ni , come assicura il grave Storico Polibio (i); e nel-
la seconda Guerra Punica , allorché Roma vi.de im-
minente la sua rovina, Brindisi non solo si mantenne
nella sua fede , e fece restar deluse le speranze di An-
nibale di occuparla per tradimento , ma poderosi soc-
corsi prestò a' Romani contro di lui , onde cantò Si-.
lio Italico (2) :
Additar his Calaher S olenti naeqiie Cohortes ,
Necnon JBrundusiuin , quo desinit Itala tellus ^
Parehat Legio , audaci praemissa Cethego ,
E fu ella una delle diciotto Colonie , delle quali Li-
vio (3) ha registrato il glorioso nome , che pronte si
offerirono in quella guerra di sostener la Repubblica ,
ed alle quali dal Senato , e dal Popolo Romano fu-,
ron decretati pubblici ringraziamenti .
(i) Lib. II. cap. XVI.
(2) Sii. Ital. Uh. mi.
(3) Liv. Uh. XXII. cap. io.
f
(63)
XIII. Stal)ilita in Brindisi la Colonia , che fu la
prima spedita in questa nostra Regione , cominciarono
a pensare i Romani alle conquiste d'oltre mare, pro-
fittando dell'opportunità del Porto ^ e per rendere più
facile il tragitto da Roma a Brindisi , fu formata la
celebre Via Appia chiamata da Stazio la Regina di
tutte le strade :
Appia longnrnm terìtiir Regina viariim .
Allora fu che cominciarono a venire in Brindisi i Ro-
mani Eserciti , e divenne questa Città la scala , e l'em-
porio di Roma . Sarebbe cosa lunga il narrare distin-
tamente tutte le spedizioni fatte da questo Porto del-
le truppe Romane , ed il loro ritorno dopo i gloriosi
fatti d'arme, del che può vedersi Livio in più luo-
ghi (i) . In questa Città erano i quartieri de' Soldati,
qui r Arsenale per la costruzione delle triremi , qui le
armerie, qui i magazzini de' viveri . L'Iscrizione di
L. Aurelio Epafrodito pubblicata dal Pratillo nella sua
Via Appia (2) r appella Custos alimoniae , et di-
Strihutor armorum exercitus asiatici . Qui la fre-
quenza di tanti Uomini illustri , tra' quali basta no-
minare il Padre della Latina Eloquenza , ed i due
Principi pur de' Poeti Latini Orazio , e Virgilio . Qui
(i) Lib. XXXT. XXXII. XXXVI. XXXFIL
XXXXLI. XXXXHII.
(2) Prat. FiaApp.Ub.JJJ. cap. FU.
(H)
tanti Consoli, Imperatori , e Generali di Armate, tra
quali il Dittatore Siila dopo la Guerra Mitridatica ,
che approdò in questo Pòrto con milleseicento navi
al dir di Appiano Alessandrino (i) , ed ai Brindisini
accordò l'immunità da ogni tributo , che per lungo
tempo mantennero . Di qui ebber principio tutte le
conquiste dell' Oriente , e questa Città fu il primo tea-
tro delle guerre Civili (2) , ove Pompeo fu assediato
da Cesare , la Città dovea essere ben fortificata , co-
me oltre Plutarco (5) avvisa il Poeta Lucano (4) :
Brundusii tutas canscendit magiius in arcete ^
altrimenti come poteva nelle stesse guerre Civili , se-
guendo il partito di Ottavio , chiuder le porte al
Triumviro M. Antonio , che vi mise l' assedio , ed
obbligò a venire in di lei soccorso da Roma l' istesso
Ottavio con numeroso Esercito? Ma fu composta ogni
briga colla pace detta da Tacito (5) Brindisina , pro-
curata da Mecenate , e da Coccejo Nerva , co' quali
si accompagnò il Poeta Orazio , che ne descrisse il
viaggio nella Satira quinta del primo Libro , Insorti
poi nuovi disturbi tra' medesimi , questa Città ricusò
(i) App. de B. C. lib. I.
(2) Caes. de B. C. Uh. I. C25.
(3; Plut. inPomp.
(4) Lib. II.
(5) A linai, lib. I.
(65)
per la seconda volta di ricevere lo stesso Antonio ,
che dovè ritirarsi in Taranto .
XIV. Io ho dato un prospetto benché prolisso,
ma nondimeno ìm{)rrfetto di Brindisi antica per for-
marne un argomeniu d'induzione sulla coltivazione
del suo territorio . Se questa Città era popolata , e ric-
ca le sue campagne non doveano restare incolle . U
suo recinto, io son d' opnione, che dovea raccogliere
più di cento mila abitanti , Non è credibile , che uà
gran Popolo potesse sostentisi , senza la coltura dei
campi , o che dovesse ricevere la sussistenza unica-»
mente dall' estero , o che dovessero essere così stupi-.
di i Brindisini , ed i Romani , che trascurassero di
mettere a profitto e le loro braccia , ed un territorio
per se stesso fertilissimo. i ou i.^i i.ui
. XV. JNon si creda di grazia , che io parli in aria:
eccomi pronto a produrre le testimonianze di gravi
Scrittori antichi riguardo alla nostra coltivazione , ed
a' nostri prodotti . Incomincio da Strabone , quell'esat-
to e giudizioso geografo , che fiorì a' tempi ■ di Tibe-
rio . Egli assicura , che l' Agro Brindisino era migliore
del Tarentino , perchè era meno gleboso , e produce-
va degli eccellenti frutti 5 ma che sopra tutto si loda-
va il suo mele , e la sua lana (i) . Ager Brundusi-
norum est qùam Tarehtinorum melior , ut enim mi-
nus glebosus est , ita fructus cantra bonos proferì .
(1) Strab. Uh. FI.
a 66)
Mei quidem et lana ejtis cinn primis laudantur .
Or può dubitarsi della coltura dell'Agro Brindisino al
tempi di Strabene ? Queste campagne non solo erano
coltivate per ritrarne i frutti della terra , ma vi resta-
va ancor luogo per i pascoli , dacché Strabene com-
menda le sue lane , e per aver delle lane doveano es-
serci delle greggie di pecore , le quali sono ancor utili
a fertilizzare i campi col loro concime . E quindi è ,
che dopo di avere i Romani soggiogata Brindisi coi
Salentini , al dir di Floro (i) fu innalzato in Roma
un Tempio a Pale Dea de' pastori 5 chiaro indizio ,
che in questi luoghi fioriva ancora la Pastorizia .
XVL Ma passiamo innanzi . Assicura Frontino
nel suo bel Libro de Coloniis (2) , che il territorio
Brindisino non era tutto eguale nella fertilità , lo che
si osserva a colpo d' occhio anche oggidì , e che quan-
do per ordine dell' Imperador Vespasiano furon fatte
le misure , e raccolta la somma de' jugeri , le campa-
gne di Brindisi furon divise giusta la perizia fatta sul-
la loro ubertà : Quando terminavimus Provinciant
Apuliam , et Calabriam secundum constitutionem ,
et legem Divi J^espasiani , variis in locis mensurae
actae sunt , et jugerationis modus collectus est ,
(i) Fior. lib. XX. In hoc certamine victoriae
pretium Templum sibi Victoria Pales ultro popò-
sci t .
(2) Front, tii.de Civ. Prov. Calahr.
(67 )
Brundusinus ager prò aestimio uhertatis est dwisiis,
caetera in saltibus sunt assìgnata .
XVII. Eran dunque coltivate le nostre campa-
gne , e non solo producevano del frumento , ma an-
cora del vino , e dell' olio , e questi generi servivano
per la propria sussistenza , e per darne fuori , ed im-
barcarsi . Il dotto Varrone nella sua beli' Opera de Re
Rustica (i) parla degli asini da soma , eh' egli chia-
ma dossuarii , che trasportavano al mare dall' Agro
Brindisino e dalla Puglia il grano , l' olio , il vino ,
ed altri generi : Grcges Jiunt fere Mercatorum , ut
eorum , qui a Brundusino agro , aut Apulia asel-
lis dossuariis comportarli ad mare oleum. , aut vi-
tium , itemque fruinentum- , aut quid aliud .
XVIII. Varrone istesso parla delle viti dell'Agro
Brindisino, che al sno tempo si sosteneano colle funi-
celle . Plinio ancora attesta , che in questo territorio
le viti si univan tra loro o con le pertiche , o con
funicelle, o con crini al pari di quelle di Spagna (2):
Juguni jit pertica , crine , funiculoque , ut in Hi-
spania , Brundusioque • Questo sostegno delle viti si
eseguiva con molta accortezza , poiché essendo il ter-
ritorio palustre j i tralci specialmente delle viti giova-
ni difficilmente si sostenevano senza toccar la terra di
sua natura uraidu , e che percossa dal sole rovinava i
(i) Varr. de R. R. lib. I. cap. FUI.
(2) Plin. H.N.lib.XFILc, io3.
(68)
gdajipoli , che sii di essa posavano . Il Rendella (i)
ripoila un Distico del celelirè Giureconsulto Giulio
Claro sulle viti , e vini di Brindisi :
-f- Molle caput Cervi mndidis tibi mittit ah agì'is
Quale jugata olim vitihus uva dahat .
De' vini , che si estraevano da Brindisi vi è un bel
pez;zo del Giureconsulto Pomponio nella Legge Ratio 3
• de act. empi, et vend. nella quale risponde , che nel-
la vendita di t]iTesto genere non deve riguardarsi il
luogo del contratto , ma il luogo , ove si fa la conse-
gna : Item non oportet , ejus loci prcetia spectare
in quo agatur , sed ejus , in quo vina tradi opor-
tet. Nam quod a Brundusio vinum venit ^ etsi ven-
ditio alibi facta sit , Brundusii tradi oportet .
XIX. La coltivazione adunque di questi territorj
produceva de' frutti in tanta abbondanza , che servi-
vano a sostenere un commercio coli' estero , rammen-
tato in varie Leggi Romane . Ma a me piace di pro-
durre un bel passo del Giureconsulto Scevola nella
Legge qui Romce 121. de verhor. obligat. ove si par-
la della pecunia nautica coli' ipoteca delle merci , che
da Berito si doveano portare a Brindisi , e di quelle
che da Brindisi si doveano trasportare a Berito: Cai-
liinachus mutuam pecuniam nauticam accepit a
Sticho servo Seii in Provincif^ Syrice usque ad
Brentesiuin j idque creditum esse in omnes navigii
(1) Rendella de Kend.
i
( 69 )
dies ducentos sub pignoribus et hypothecis , merci-
bus a Berito comparads , et Brentesium perjeren-
dis , et quas Brentesio empturus csset , et per na-
verri Berito invecturus .
XX, Lunga cosa sarebbe il divagarmi sul com-
mercio di Brindisi antica , la quale benché occupata
da' Padroni del Mondo , non avea un commercio sem-
plicemente passivo , ma dava fuori i proprj prodotti ,
come abbiam veduto dall'accennata Legge di Scevola,
e riceveva dall' estero il bisognevole . Io ho presso di
me una bell'urna Cineraria di un tal Negoziante del-
la Bitinla , che mi piace di riportare :
C . HOSTILIVS
HYPATVS
BITHYNVS
NEGOTIATOR
V . A . XXX mi
XXI. Aveano ancora gli antichi Brindisini le loro
Case di campagna , che servir potevano non solo di
sollievo , ma ben anche per vegliare alla coltura dei
loro terreni . Tal era la Casa di M. Lenio Fiacco
brindisino dottissimo situata ne' suoi Orti non molto
distanti dalla Città , e nella quale fu da lui, e dal vec-
chio suo padre , e dagli ottimi figli a fronte di qua-
lunque pericolo cordialmente accolto il gran Tullio
profugo dair Italia per la Legge Clodia , ed interdetto
dell' acqua , e del fuoco . E da' medesimi fu ancor ri-
cevuto nel suo glorioso ritorno , come con sentimenti
- (70)
della riconoscenza più viva egli medesimo assicura nel-
le sue Orazioni (i) , e nelle sue Lettere (2) .
XXII. Ma basti quanto ho detto sullo stato flo-
rido della Città di Brindisi , e della sua coltivazione ,
e del suo commercio . Tempo è oramai , che io di-
scenda alla mezzana età , e che io sviluppi com' ella
andò decadendo dal suo antico lustro e splendore , e
le sue campagne rimasero desolate ed incolte. Due po-
tentissime cagioni io ritrovo della nostra desolazione e
rovina. La prima fu la divisione dell'Imperio di Orien-
te da quello di Occidente . La seconda le incursioni ,
le devastazioni, e gì' incendj de' Barbari.
XXIII. Dappoiché fu diviso 1' Imperio , e Roma
cessò di esserne 1' unica Capitale ed il centro , cessò
quel gran commercio , che quivi era stato per Tiunan-
zi dell'Italia coli' Oriente . Non più qui si radunaron
le truppe per le spedizioni , non più in questo porto
si uniron le armate di mare , non più qui rimasero i
quartieri de' Soldati , gli Arsenali , ed i Magazzini dei
viveri j e Brindisi , che sin' allora era stata come l'em-
porio e la scala dell' Imperio di Roma per 1' Oriente ,
si ridusse ad esserne un confine senza comunicazione.
Con tutto ciò si mantenne qualche tempo in uno sta-
to di floridezza. Gli Atti del Martire S- Pelino, che
(i) Pro Piane, n. 40. et ^i. Pro Sext. n. 63.
(2) AdAuic. III. 3. Fami/iar. XI J^. 4-
(7^ )
fu Vescovo di questa Chiesa a' tempi di Giuliano Apo-
stata , assicurano che alla njetà del IV. Secolo era mol-
to ampia, fortificata, e ricca (i) . Ma a'tempi di Giu-
stiniano, vale a dire poco dopo un secolo , Procopio
ce la descrive mezza distrutta , e priva di muraglie(2).
XXIV. Per ben sei volte ella sostenne le deva-
stazioni de' Goti , e de' Greci , che a vicenda se ne
rendettero padroni . Cadde in poter de' Goti sotto il
Regno di Teodorico j ma Bellisario la prima volta che
venne in Italia , la restituì all' Imperio senza contrasto
alcuno . Dopo otto anni ritornò di bel nuovo sotto il
dominio de' Goti , ed è credibile , che allora fossero
state diroccate le sue fortificazioni . Giustiniano la ri-
cuperò per opera di Giovanni suo Generale j ma Te-
lila avendo conquistato molte Provincie , fece entrar*
in Brindisi per la terza volta i Goti , che vi si man-
tennero contro le irruzioni degli Eruli mandati da Giu-
stiniano . Ed in questa occasione ci fa sapere Proco-
pio , che 1' agro brindisino era divenuto incolto , per-
chè gli Eruli inseguiti dai Goti furono spinti entro una
folta selva di questo territorio . Finalmente essendo
stato spedito in Italia Narsete , Brindisi ritornò all'ub-
bidienza de' Greci , finché non cadde in potere de'Lon-
gobardi .
(i) Ap. Ughell. T. IX. in Brundusinis.
(2) Procop. Lib. III.
( 70
XXV. Romualdo Duca di Benevento , come assi-
cura Paolo Diacono (i) , espugnò questa Città circa
Tanno 668. Guidone di Ravenna Scrittore del IX. Se-
colo attesta , che allora fu diroccata insieme con Ta-
ranto 5 perchè nelle incursioni de' Longobardi si eran
mantenute fedeli a' Greci , ai quali non restarono che
le sole Città di Otranto , e di Gallipoli (2) .
XXVI. Ma l'ultimo esterminio della Città fu ca-
gionato da'Saraceni , gente nemica del travaglio , e del-
l' agricoltura , ed avvezza a vivere colle rapine e colle
stragi . Costoro nell' anno 836. partiti dalla Sicilia con
grande armata vennero ad occuparla . Sicardo Duca
di Benevento spedì subito un grand' esercito per ricu-
perarla . Ma i Saraceni gli diedero una rotta . Niente
atterrito dall' infelice successo della prima spedizione ,
si preparava a condurre in questa Città una seconda
armata . I Saraceni , avuta notizia delle misure riso-
lute di Sicardo , attaccarono il fuoco alla Città , e se
ne fuggirono per la via del mare in Sicilia , come at-
testa l'Anonimo Salernitano (3) .
XXVII. Il Ducato Beneventano fu lacerato da Si-'
conolfo Principe di Salerno , e da Landolfo Conte di
Capua , che fecero sorgere sulle sue rovine due potenti
(i) De Gest. Longohard. Lib. VI. Cap. I.
(2) Porphirog. cleadm. Iinp. cap. 27.
' ' (5) Cap. 57. ap. Mur. R.J.S. T. II. pag. 2.
(73)
Signorie . Radelchi succcssor di Sicardo cliiamò i Sa-
raceni in suo ajuto , che si annidarono in queste no-
stre Provincie •, scorrendo da pertutto , e caijionando
infiniti danni agi' istessi Beneventani , che gli aveano
invitati . Non si conobbe allora altro rimedio, se non
quello d' implorare il soccorso degli Augusti di Occi-
dente , e perciò si ricorse all' Imperatore Lotario , ed
al di lui figlio Lodovico . Quest' ultimo venuto con
poderoso esercito nel Ducalo Beneventano , die la
caccia ai Saraceni , e nell' anno 867. fece anch' egli
una disgustosa visita alla Città di Brindisi, perchè nuo-
vamente l'incendiò, e distrusse, come attesta lo Sto-
rico del Monistero di S. Clemente di Pescara pubbli-
cato dall' Ughelli (1) 5 e dal Muratori (2) , ed è da
credersi , che i Saraceni vi si fossero nuovamente sta-
biliti .
XXVin. Tal era la condizione di tutte queste
contrade , ma specialmente di Brindisi , di dover sof-
frire cioè le incursioni , or de' Saraceni , or de' Lon-
gobardi , ed or de' Franchi 5 e se nuovamente vi si
univano pochi abitanti , eran di nuovo visitati da quel-
le genti feroci . Neil' anno 924 e 25 i Saraceni fecero
nuove irruzioni nella Puglia , e finiron di distruggere
Brindisi, come rilevasi da antichi Cronisti , ma spe-
cialmente dalla Cronica Saracenico-Araba del Monaco
(i) Tom. IX. pag. 699 . Ed. Ven.
(2) R.j.S. T. II. Péli. col. 778.
(74)
Arnolfo pubblicata dal Pratilli, e dal Muratori , ove
cosi si legge : Saraceni ìntravcrunt in Apuliam , et
fecerunt magnani stragcm , et coeperunt Leciian ,
Nai'deum , Uriam , et Brundiisiuin , et alia loca ,
multos captivos duxerunt in Calavriam , et alios in
Africani miserunt . La Cattedra Vescovile disparve di
qui , e fu collocata in altro sito ^ qui non si vide più
Clero , e fu abbandonata la Chiesa , ove riposavan le
Oisa del primo Vescovo ed Apostolo de' Brindisini
S. Leucio . L' Anonimo Tranese Scrittore della tras-
lazione del corpo di questo Santo pubblicata dal Bol-
lando (i) dice , che in quegl' infelici tempi la Città
era tutta distrutta , e che alcuni pietosi Tranesi ne in-
volarono il Corpo , e che tal desolazione durava sino
al suo tempo, vale a dire sino alla metà del Secolo XI.
Bisogna sentire le di lui proprie parole : Contigit , ut
■praefrita Urhs hostili marni frinditus everteretur , et
(juae quondam fiiit divitiis suhlimis et gloria , par-
vissimi sub specie oppidi nunc usque incolitur , et
videtur , cujus quidem ruina intueri eam voleutium.
ociilis patet .
XXIX. Or ridotta Brindisi ad uno stato cosi de-
plorabile e per le devastazioni sofferte abitata parvis-
simi sub specie oppidi , ove poteano esser le braccia
per coltivar le campagne , esposte sempre alle incur-
sioni Saraceniche , e co.me poteva fiorirvi 1' Agricoltu-
(i) T.L ad diem XL Ja^.
(75)
ra ? Doveva il suo territorio divenire per necessità tut-
to incolto , e macchioso 5 tanto più che i Saraceni oc-
cuparono un sito otto miglia da Brindisi distante po-
co rinioto dal lido Adriatico didla parte Settentrionale,
che ritiene tuttavia il nome di Saracenopoli , ov'è cre-
dibile , che si fossero fortificati per scorrere di là , e
saccheggiare , e depredare le vicine campagne , e po-
ter quindi , incalzati da forze superiori , fuggir per
mare .
XXX. L'Agro brindisino adunque nel mezzo tem-
po restar dovea per tante disgrazie macchioso , bosco-
so , e senza coltivazione . Bisogna ora vedere come co-
minciò a risorgere questa Città , e come il suo territo-
rio cominciò nuovamente a coltivarsi . GÌ' Imperadori
Greci , che occupati per molti Secoli in dispute Teo-
logiche avean lasciato invadere le loro Provincie dai
Goti , da' Longobardi , e da' Saraceni , risvegliati final-
mente come da un letargo cominciarono a pensare di
ricuperare questi luoghi . Fu il primo Basilio il Mace-
done , che alla fine del IX. Secolo spedi delle arma-
te in Otranto Città con Gallipoli rimase sotto il gre-
co Dominio . Ricuperarono ancora la desolata Città di
Brindisi , che ritrovaron tutta distrutta , e che dovero-
no rifabbricare dì pianta , come rilevasi dall'Iscrizione
mutila fatta scolpire dal Protospata Lupo nella base
dell' antica Colonna situata in fronte alla bocca del
Porto , ove leggesi questo verso :
Protospata Lupus Urhem hanc struxit ab imo.
(7^)
XXXI. I Greci perciò cominciarono a coltivare
1' Agro brindisino , e si sparsero per tutto il suo ter-
ritorio , come ne fan testimonianza le tante Chiese
Greclie in parte esistenti , e in parte dirute , clie s'in-
contrano in varj luoghi . Vi formarono ancora delle
Popolazioni , che oggidì son distrutte , ed esiste sol-
tanto il Casale di Tuturano popolato di greche fami-
glie sino a due secoli addietro . Eressero anche in
queste campagne de' Monisteri di Monaci , come fu
quello di S. Maria de Ferulellis oggi Badia del Semi-
nario in un sito ferace di picciole ferule non molto
lontano dal mare a . quattro miglia di distanza dalla
Città dalla parte meridionale . Perciò 1' agricoltura co-
minciò qui a ■ rifiorire nel tempo de' Greci \ e come
neir istessa epoca i Greci della guarnigione di Otran-
to si sparsero nelle campagne adiacenti , e formarono
tanti luoghi , che ritengono tuttavia il greco idioma ,
e li ridussero in florido stato di coltura , così i Greci
di Brindisi si sparsero eziandio nel suo territorio .
XXXII. Ma venuti qui dopo la metà del secolo
XI. i Normanni chiamati dai Pugliesi , conquistarono
queste Provincie , e ne formarono tante piccole Signo-
rie , che furon divise tra i loro Capi con piena Sovra-
nità ^ e questa Città cadde sotto il dominio del Conte
Goffredo di Conversano nipote di Roberto Guiscardo.
Io non ho dubbio , che si avessero appropriato i più
speciosi campi , com' è solito de' conquistatori . Ma
conoscendo il profitto , che ritraevano da" greci agri-
(77 )
coltori , 11 lasciarono in questi luoglii . Abbiamo bel-
lissimi monumenti del Clero Greco , e del Clero La-
tino di questa Città non solo de' tempi Normanni, ma
anche sotto le susseguenti Dinastie . Ed esistevano i
Preti greci sino al i565 , come rilevasi dagli atti del-
la Visita dell' Arcivescovo Bovio del detto anno , per
amministrare i Sagramenti alle greche famiglie . Nei
tempi più antichi i Preti greci aveano il loro Arcipre-
te , giacché il Sommo Pontefice Innocenzio ITI. , co-
in' è scritto nella di lui vita pubblicata dal Baluzio ,
spedì suo Nunzio all' Imperatore de' Bulgari Domenico
Arciprete de' Greci di Brindisi uomo dottissimo , che
unì quella nazione alla Cliiesa Romana. Oggi vi è an-
cora un vestigio dell' antico Clero greco , cioè una
funzione , che si supplisce dal Clero latino , di can-
tarsi r Epistola , e r Evangelio greco nella Domenica
delle Palme .
XXXIII. Ridotto a Monarchia il dominio de'Nor-
manni , per quanti sforzi avesse fatto la Corte Bizan-
tina per ricuperare queste Provincie , tutti i tentativi
furono inutili . GÌ' incostanti Pugliesi , che avevano
chiamato i Normanni contro de' Greci , invitarono poi
i Greti contro i ISormanni . Ma i poveri Greci, ch'e-
rano qui stabiliti ne pianser la pena , specialmente sot-
to il Re Guglielmo il Malo, che fece di essi una stra-
ge , clu! li ridusse all' ultimo eccidio : e quindi avvili-
ti, fuggitivi , ed oppressi andarono mano mano ad
estinguersi , e 1' agro brindisino ne soffrì sopra ogni
altro il detrimento nella sua coltura. Ne' tempi poste-
(78)
riori a' Normanni io son persuaso , che questo territo-
rio sia stato egualmente trascurato , e per conseguenza
imboschito per difetto di agricoltori . I grandi proprie-
tarj non avendo mezzi di mettere a profitto i loro ter-
reni , cominciarono a concederli in enfiteusi a varj
coloni col peso di ridurne a coltura una data quantità
in ogni anno , e di prestar la decima di tutti i frutti,
che sarebbero per nascervi . Esistono moltissimi istru-
menti di tali concessioni di cinque e sei secoli a que-
sta parte j e di qui è avvenuto , che una buona metà
del territorio di Brindisi è soggetto al peso della de-
cima a varj particolari . Ma la penuria degli agricol-
tori ha fatto ritornare ancor questi fondi enfiteutici al-
lo stato macchioso .
XXXIV. I Principi , che vennero dopo i Nor-
manni , gli Svevi , gli Angioini , gli Aragonesi non eb-
bero altro impegno che di rendere popolata e florida
questa Città . Avvertirono bene V importanza di questo
sito , e la comodità di questo porto , e che novanta
miglia di littorale da Monopoli ad Otranto sarebbe ri-
masto deserto , se fosse andata in rovina la Città dì
Brindisi . Perciò cercarono di ripopolarla ed arricchirla
di privilegi . Lunga cosa sarebbe se io volessi minuta-
mente esporre le loro beneficenze , che si trovano re-
gistrate ne' nostri Archivj . Ma gli abitanti , la maggior
parte de' quali dovea esser gente collettizia , vi corri-
sposero male colle loro intestine discordie , colle quali
si sterminavano fra di loro , formando de' partiti con
(79)
gente armata , che fu d' uopo più volte di reprimere
con forze maggiori .
XXXV. Leandro Alberti , che fece la sua descri-
zione dell' Italia nel i52o così scrisse di Brindisi : Era
Capo de' Salentini j ora è molto male abitata , e peg-
gio edificata . E ciò dice Razzano esserle intervenuto
per le sue maledette fazioni j imperocché tra se si so-
no rovinati i cittadini , guastando ed abbruciando gli
edifizj , e peggio facendo che non avrebbero fatto i
nemici . Così V Alberti . Ora da cotesta gente era mai
sperabile , che si badasse al bene pubblico , ed alla
coltivazione de' campi ? Ci è rimasa ancora una brut-
ta descrizione degli abitanti di Brindisi , di Taranto , e
diSquillace lasciataci dal Poeia Fiorentino Facio degli"
Uberti , che scrisse il suo Poema nel i322 , giusta
r avviso del Salviati ne' suoi Avvertimenti , e che ci
fa quest' onore :
Ma non cercamo senza molti affanni
I Sqnilaci , Taranto , e Brundizio ,
Perché p' è Malandrin di tutti inganni .
Con tutto ciò il medesimo Alberti , che fu testimonio
oculare , assicura , che il territorio al suo tempo era
pieno di ulivi, che producevano un'immensa quantità
di olio , e tanta , che sembrava incredibile a chi non
aveva veduto le grandi selve di ulivi , che vi erano .
Io porto opinione , che queste immense selve di ulivi
vi fossero state piantate dagli agricoltori greci , e non
già da posteriori coloni , a' quali non era molto a cuo-
re la fatica . Ma come disparvero i tanti oliveti , e i
( 8o )
tanti fraatoj , de' quali nelle campagne , e nelle Città
si veggono i vestigj , e le grosse macine sparse per le
strade ? Ecco la loro sorte .
XXXVI. I Veneziani sostennero ben sovente del-
le guerre contro de' Turchi . Si cominciò dall' invasio-
ne , che questi fecero di Cipro, di Candia , della Mo-
rea . Le navi venete avean bisogno di vino e di ace-
to . Perciò nel passaggio da questo porto si provvede-
vano di questi generi , che salirono a' prezzi altissimi .
I Brindisini osservando , che una soma di vino , ed
anche di aceto valeva più di una soma di olio , si
diedero a piantar vigne ; ed esistono i vecchi palmenti
in molte miglia di distanza dalla Città . E come le
viti prosperavano poco in mezzo agli ulivi , comincia-
rono a spiantar questi alberi , e ne spiantarono tanti ,
che non ne rimasero da poter produrre tant'oiio , quan-
to bastasse a condir l' insalata . Finiron le guerre col
Turco , e le spedizioni de' Veneziani , e per conseguen-
za i vini cadder di prezzo , furono abbandonate le vi-
gne , e questo territorio restò con poche viti , e senza
ulivi . Ma i nostri vini doveano essere di un' esquisita
qualità , specialmente navigati j ed è certo , che ' tra le
poche vigne rimase la natura piuttotto che l'arte con-
ferisce asì eccellenti liquori, che si conservano per mol-
ti anni : e ciò sembra di aver dato luogo al dilterio di
far de' Brindisi ne' saluti, che si fan nelle tavole , e
come per avventura lia creduto il Redi , appellando il
vino Brindisevol merce , e facendo invitare Arianna da
Bacco a navigare fino a Brindisi nel suo Ditirambo .
(8i )
XXXVII. Diamo ora uno sguardo allo stato pre-
Sente dell' agro brindisino . Questo occupa diciotto mi-
glia di littorale a diritta ed a sinistra della Città . Io'
calcolo la sua estensione per lo meno a i5o miglia
(juadrate -, ed assegnaudo ad ogni miglio quadrato ^oo
tomoli della nostra misura , noi avremo 60 mila tomoli
di terre . Ma di queste appena è coltivato un terzo, e
due terzi restano macchiosi ed incolti .
XXXVIII. Prima di passar oltre facciamo un' os-
servazione . Tutta la Provincia di Lecce è per lo più
incolta nel suo littorale , e per molte miglia addentro,
ed è soltanto coltivala la sua schiena , o sia la parte
mediterranea . La Provincia di Bari all' incontro , che
appena ha il terzo del littorale , e la metà di estensio-
ne di territorio è tutta coltivata , ed ha quasi la stessa
Popolazione della Provincia di Lecpe . Neil' estensione
di sessanta miglia da Monopoli a Barletta ha nove Cit-
tà ben popolate e piene di agricoltori . Questa all' in-
contro in un littorale di i5o miglia e forse più , non
ha che quattro Città . Ciò è derivato , se io non m'in-
ganno , da due ragioni . La prima si è, che il litto-
rale della Provincia di Bari non ha territorj palustri ,
né acque stagnanti , ed in conseguenza vi si respira
aria più sana , e i lavoratori delle campagne sono più
robusti , più attivi , più industriosi . Il littorale della
Provincia di Lecce è paludoso , pieno di ristagni , e
gli agricoltori vi contraggono delle infermità, e si ren-
dono poco atti alla fatica . Di più il littorale di Bari
ha nove Baloardi eoa nove Città , che atterriscono
II
(80
gì' Invasori . AH' incontro quello di Lecce è più espo-
sto , e le invasioni de' Pirati , e de' Turchi sono state
frequentissime , che han portata la desolazione ed il
terrore a tutta la nostra marina , ed anche alle Città
Episcopali , come avvenne a Castro .
XXXIX. Ma ritornando al nostro territorio , chi
può dubitare , che il suo cielo sia mal sano ? Cicero-
ne , eh' ebbe a dimorar qui per molti mesi , scrisse ad
Attico , che non potea sostenerne la gravezza (i) . E
Cesare ancora lasciò scritto (2) , che le sue Legion
avvezze a respirare 1' aere salubre delle Gallie , e delle
Spagne , venivano a perire nel clima della Puglia , e
intorno a Brindisi j e pure allora non vi era quell' in-
fezione di aria , che ci è oggidì . Coli' andar de' se-
coli essendo cresciute le paludi , e le acque stagnanti y
si è avanzata. ancor l'infezione , non solo nelle adia-
cenze della Città , e nell' estremità de' seni del porto
interiore , ma ancora nelle campagne -, e questo è il
primo ostacolo per la coltivazione dell'agro brindisino.
Se noi potessimo purificare quest' aria , potrebbe dive-
nir subito coltivatissimo . La Campagna Felice ne' pri-
mi tempi ubertosa e fertile , ne' mezzi tempi divenne
infelice , perchè tutta palustre , ed in un clima mici-
diale . L' esercito de' Francesi comandato da Lautrech
ebbe a perir di contagio sotto le mura di N^apoli circa
{\) Qìc.adAttic.XI.iQ. \
(2) Caes. deB. C. Uh. III. cap. II. ì
l
(83)
tre secoli addietro. Ma il saggio Conte di Lemos Vi-
ceré , uomo di talento e di genio colla direzione del
Cavalier Fontana fece formare de' gran tagli, die rac-
coglievano lo scolo di tutte le acque , e le conduceva-
no al mare , e così tolse 1' infezione dell' aria ^ e la
Campagna infelice divenne Terra di Lavoro , come
tuttavia si appella. Lo stesso potrebbe farsi nell' agro
brindisino , e ne' suoi siti palustri . Ma questa opera-
zione non è della forza de' privati. Sarebbe parte di
un benefico So.vrano , che pur dovrebbe calcolare gì' im-
mensi vantaggi , che potrebbero derivare al Regio Era-
rio dalla coltivazione di questo Territorio. Questo re-
sterà sempre incolto e deserto senza un tale soccorso,
essendosi sperimentato , che gli agricoltori de' luoghi
ccnvicini qui trasferiti per coltivare le nostre terre pa-
lustri vi han lasciata la vita j onde hanno in orrore
iV inoltrarsi ne' nostri siti non sicuri : Ed è ancor no-
tabile , che in una raassaria di grandissima estensione
vicina al lido adriatico , ed alla Torre detta delle Te-
ste vi sono due pozzi , uno detto della Comunione , e
r altro della Estrema Unzione , per significare , che chi
va a coltivar que' terreni , o vi lascia la vita , o deve
soffrire gravi e pericolose infermità.
XL. Questa infezione di aria non fa crescere la
popolazione , la quale da mezzo secolo a questa par-
te si mantiene traile sei e sette mila anime . E come
■può coltivarsi un territorio immenso, ove mancan le
braccia ? Non vi sono in Città che circa ^oo agricol-
tori , che appena lavorano due o tre mila tomoli di
(84)
terre le più vicine per lo più piantate a vlgoe, abban-
donando i siti più rimoli , Felici qtie' possessori , che
han de' terreni alle frontiere di Carovigno , di San Vi-
to , di Latiano , e di Mesagno , luoghi pieni di agri-
coltori, che penetrano ne' confini di questo territorio,
e ne hanno perfezionata ancor 1' aria colla coltura .
Queste terre oggidì colle braccia de' cqnvicini son ren-
dale fenili e di molto prezzo^ ed il resto è abbando-
nato. Vi sono delle massarie , che hanno molle miglia
di estensione , ma per lo più si affittano per uso di
pascoli , e talora rimangono inaffittate .
XLI. È verissimo , che non tutto il territorio di
Brindisi è della stessa qualità , Fu avvertita da Fron-
tino l'ineguaglianza della sua ubertà- Vi sono de'pez-
zi fertilissimi adattabili ad ogni sorta di coltivazione .
Ve ne sono degli sterilissimi a guisa di arene lavate, qhe
non producono veruna sorta di vegetabili . Ma se ci
fosse la popolazione , le terre di loro natura sterili di-
verrebbero feconde . Niente può idearsi di più sterile
delle spumose lave del Vesuvio , ma appena raffredda-
te , io ho veduto gli agricoltori di Terra di Lavoro
raccoglier per le strade la terra e lo stabbio , e andarlo
a gittar su la lava , ed in seguito piantarci de' foglia-
mi , delle viti , e degli arbusti. Se noi avessimo brac-
cia , sarebbe senza meno coltivato il nostro territorio.
L' augusto Carlo III. fece venire una Colonia di Greci
da Paiga , e, da Prevesa , credendo di potere per mez-
zo di essi ridurre alla debita coltura 1' agro brindisi-
no. Ottima fu r idea , ma gli effetti non corrisposero
( 85)
alle speranze , che se n' erano concepite . I Greci eran
fuorusciti de' loro Paesi non molto amici della fatica ,
e dopo che si ebbero consumati i grossi sussidj , che
loro furono somministrati, 1' un dopo l' altro sloggiaro-
no di qui . Ad un saggio Governo non mancano dei
mezzi per richiamare qui delle braccia , ma di gente
onesta , non di bricconi e di scelerati .
XLII. Purificata 1' aria , ed asciugate cogli scoli
le paludi , sarebbe desiderabile , che in cinque o sei
de' migliori siti dell' agro brindisino si piantassero del-
le abitazioni per forniarvisi delle popolazioni agricole ,
assegnando loro delle terre incolte per ridurle alla con-
veniente coltura . Ma bisognerebbe accarezzare tali co-
loni , con far loro sperimentare de' vantaggi . L' uomo
corre ove trova il suo interesse . Bisogna animarli, al-
lettarli, e non opprimerli . Essi sono la gente più be-
nemerita dell'umanità, e dello Stato, Que' , che nien-
te possedono , e vivono co' loro sudori , e che sono
nella classe de' miserabili , quando sieno veri agricol-
tori , debbono essere esenti da ogni contribuzione .
Questo è quanto ho potuto raccogliere riguardo
allo stato antico , della mezza età , e moderno dell' a-
gro brindisino , ed a' mezzi , che ho potuto escogitare
per farlo riliorire . Volentieri rimetto il tutto al giudi-
zio de' Saggi , che potrebbero spargere su questo og-
getto lumi migliori . ^
( 86 ) -
Saggio sulle cagioni della decadenza deltagricoltuìa
presso gli antichi Romani, del Sig. Felice Fiore
di MolJ'etta , Socio corrispondente . Presentato
nelV adunanza del dì ii Febhrajo i8i3.
Frangitur ipsa suis Monta superba bonis
Propert. Lib. III. Eleg. XI.
JLi ottenere dalla campagna la maggior quantità possì-
bile di derrate , onde poter alimentare il maggior nu-
mero , che si può di uomini , formò presso le antiche
nazioni uno de' precetti essenziali di politica , le cui
leggi sono sempre rivolte ad assicurarne il potere .
L' agricoltura , che nacque collo stabilimento della
umana società , e che si avvicina per conseguenza al-
l' epoca la più felice , è la base , ed il sostegno del
genere umano j e senza di cui né il commercio , né le
manifatture avrebbono di che alimentarsi , perchè pri-
ve delle materie , sulle quali debbono esercitare la lo-
ro azione . Per tal via giunse Roma a quella tanta for-
za j che suggettò una gran parte della terra al suo im-
perio •
Tuttoché però di tal verità piena fede ne facciano
le Storie , pur nondimeno le moderne nazioni non an-
no avuto dell' agricoltura quell' alto concetto , che n'eb-
1^
( 8; )
bero le antiche j e dove prima si vedeano de' Sovrani,
e de' gentiluomini occuparsi di quest' arte , e su di essa
comporsi de' libri , dettarsi de' precetti , poco , o nul-
la in tal proposito trovasi scritto fino a' tempi a noi
vicini , come poi di esempj così lodevoli ninna imita-
zione rinviensi uegli annali d'oggigiorno.
L' epoca , in cui 1' aratro restò negletto nelle ma-
ni de' gentiluomini , e la coltura della terra fu riputa-
ta mestiere di schiavi , fu quella ancora della decaden-
za dell' Impero romano ^ come al contrario il primo
scalino della potenza dell' Inghilterra , che al tempo di
Cesare non si brigava neppure di seminare il frumen-
to (i) , fu r epoca , in cui i signori cominciarono a
riputare la nobiltà non disgiunta dalla proprietà terri-
toriale .
I primi re di Roma , dopo il culto degli Dei , e
il rispetto alla religione , raccomandavano la coltura
della terra . È ben certo argomento dell' interesse , che
prendeva all' agricoltura ne diede ne' tempi appresso il
Senato romano , quando de' 28 volumi composti su
quest' arte da Magone cartaginese , ne commise la tra-
duzione in latino ad uno de' primi suoi magistrati .
jSuma , il re più saggio dell' antichità seppe associare
le leggi agrarie alle leggi politiche , e stabilì la garan-
zia della loro unione nelle istituzioni, e nelle cirimo-
(i) Interiores ple.rique frumenta non serunt
Gaes. de Bel. Gal.lib. V.
(88)
nie religiose . Tra i popoli antichi , che In sommo pre-
gio tennero V agricoltura , sembra , che gli Egizj deb-
bano occupare un rango distinto . Essa formava il pri-
m' oggetto di quel governo, e uno de' priuii fonda-
menti della sua politica j e quanto quel paese sia stato
potente , ricco , e popolato , non v' è chi noi sappia ,
Era tanta la riverenza , che aveano gli antichi all'agri-
coltura , che si giunse fino al punto di effigiare lo scet-
tro reale nella forma di un aratro . In Roma le leggi,
e il culto istesso contriliuirono a renderla onorevole :
i tempj dedicati a Cerere , a Pane , a Flora , a Po-
mona , a Bacco , e ad altre divinità fan testimonianza
dell' alto concetto , in che si tenne da quel popolo
1' agricoltura : le virtù campestri erano assai valutate j
e si vedeano chiamati dall' aratro ad occupare i primi
posti della repubblica i Serani , e i Cincinnati , al mo-
do stesso , che altra volta in Persia vedeasi sedere tra
grandi del regno colui , che avea la cura di distribui-
re le acque alle terre .
Quale spettacolo non dovette esser mai quello ,
quando a Cincinnato mezzo ignudo , e ingombro il
volto di polvere j intento ad arare un suo podere ,
venne dall' araldo annunciata la Dittatura , decretatagli
dal Senato ! Qual differenza di elogio da questi , a
que' tempi , quando il nome di buon coltivatore me-
ritava le laudi , e il rispetto degli uomini (i) ! Così
(i) Cum viriim boninn coloni/m dixissent , am-
plissime laudasse existimabont . Pliu. Hist. nat. Uh.
xvin. e. IH.
(89)
vennero onorali in Roma , mercè la polizia dì quel
governo , 1' agricoltura ^ e 1' agricoltore ^ e così que-
st' arte nodrice degli uomini crebbe ad altissimo pre-
gio all' ombra del favore della opinione pubblica , ch'è
sempre più imperiosa della legge .
Lungo sarebbe, e fuori del mio scopo, se io vo-
lessi delineare un quadro de' rapporti , che legano l'a-
gricoltma a tutte le parti di uno stato , e dimostrare
come la popolazione , le arti , il commercio , la navi-
gazione , la milizia debbano a lei la lor origine, il lo-
ro progresso, la loro perfezione . Una infinità di filo-
sofi agricoltori comparsi in questi ultimi tempi , le ac-
cademie di agricoltura stabilite in ogni angolo di Eu-
ropa , i premj accordati alle utili invenzioni geor-
giche dimostrano abbastanza , che questa verità è ora-
mai universalmente conosciuta , benché i difetti di una
legislazione malintesa , o di una maliziosa esecuzione
ne ritardino lo sviluppo .
In un tempo , in cui le primizie de' campi si of-
ferivano agli Dei Arvali , in un tempo , in cui il pri-
m' ordine de' cittadini era tratto dalle tribù rustiche ,
in un tempo , in cui la legge della censura condanna-
va la negligenza del coltivatore , in un tempo final-
mente, in cui la legislazione, ed il costume onoravano
r arte primitiva degli uomini , non dee recar meravi-
glia lo stato di potenza , a cui giunse Roma , che mer-
cè r agricoltura , moltiplicando i mezzi di sussistenza
moltiplicò la popolazione , che forma il nerbo , e la
floridezza degli stati . Questa verità , eh' è così sempli-
12
(90)
ce à il pregio tìi farsi conoscere senza il treno di una
verbosa dimostrazione . Ma se Roma colle leggi , e co-
gli esempli promosse , e incoraggiò T agricoltura , se
essa considerò quest' arte necessaria a rien^pire il voto
della popolazione , cLe produceva il sistema di conti-
nua guerra , se alle sue risorse fu debitrice dell' im-.
mense confine , a cui estese il suo dominio • d' onde
mai fu , cbe sotto i Cesari dimentica de' suoi interessi,
o stanca quasi di tanta fortuna avesse tollerato l'abban-
dona mento della coltura della terra , ed ape ito il var-
co alla decadenza dell' agricoltura fino al segno di aver
bisogno di una sussistenza straniera, ed incerta ? Quali
furono le cagioni , che jirodussem un sì ruinoso can-
giamento ? In qual modo queste cagioni operarono la
rivoluzione dell' economia politica? Ecco il subbietto
delle mie ricerche , che io m'ingegnerò di esporre col-
la maggior brevità possibile , e alle quali sarà di norma
fedele la Storia di Roma . Mio proposito non è di ram-
mentare le piaghe , che recarono all' agricoltura roma-
na le guerre civili : niuno ignora la desolazione delle
campagne sotto quell' epoca infausta . Che se dovessi
rintracciarne la prima origine , mi converrebbe rincu-
lare fino alla seconda guerra punica , la quale lasciò
impresse profondamente suU' agricoltura le prime orme
della devastazione , e della mina . Io limito al tempo
de' Cesari le mie indagini soltanto, e le mie riflessioni.
Tutto ciò che conduce ad aumentare la fecondità
della terra , la somma delle fatiche , e quindi la po-
polazione 5 aumenta ancora la ricchezza , e la potenza
(90
di una nazione . Rivolgo ora l'argomento. Tutto quan-
to tende a scemare la fecondità della terra , la somma
delle fatiche , e quindi la popolazione , sccuia ancora
la ricchezza, e la potenza di uno stato . Io vol^o uq'
occhiata allo stato dell' Italia nell' epoca de' Cesari ^ e
nella desolazione delle sue campagne , io veggo il fu-
nesto ritratto della miseria de' suoi abitatori . Veggo in
Roma un immenso popolaccio sfaccendato assistere , e
godere degli spettacoli , e de' giuochi j io lo veggo sa-
ziarsi alle sontuose cene , che gli prepara 1' ambizione,
e l'interesse degl' impeiadori : io veggo i signori posse-
dere de' vasti poderi , ed affidarne la coltura alla ma-
no degli schiavi ; veggo finalmente sparsi In tutti gli
ordini de' cittadini la crapula , la gozzoviglia , la mol-
lezza , e la suntnosità , ed il lusso nel mangiare , e
nel vestire . Dagli effetti risalgo alle cagioni , e con-
chiudo , che le cagioni produttrici della decadenza del-
l' agricoltura , debbono attribuirsi all' ozio , a una ec-
cessiva dissuguaglianza di fortune, e ad un lusso smo-
deralo . La storia di Roma , sotto il governo de' Ce-
sari , contiene la lunga serie de' tristi effetti , che pro-
dussero le indicate cagioni su la sorte di quello Impe-
rio . L' incou.paral)ile liberalità de' principi recò il pri-
mo colpo fatale all' agricoltura . Questa liberalità pro-
dusse r ozio , 1' inerzia , la scioperatezza ^ e mentre
Roma si satollava nella inazione , l' Imperio languiva
nello stento . La noja , che sogliono recare i minuti
rasiZTiagli non ini distrae dal proposito di abbozzare
almeno un picciol quadro della profusione de' Cesari ,
(92)
e die pnò condurre più l'acilmeute a dimostrare la ve-
rità di questo primo argomento .
Se la Storia non (osse fornita de' caratteri di au-
tenticità , si sarebbe stentato più di una volta a pre-
star fede ad alcuni racconti , che sembrano dettali so-
lamente da una vivace immaginazione . Le largizioni
degl' imperadori romani sano di tal natura . Io comin-
cio da Cesare il doraator de' Britanni , e il vincitor di
Pompeo . Io non parlo de' donativi fatti al popolo in
tempo della sua edilità : rammento solo le ingenti lar-
gizioni da lui fatte all' immenso popolo di Roma do-
do i suoi quattro raagniflcentissimi trionfi . Egli distri-
buì dieci moggia di grano , ed altrettante libbre di olio
a testa : vi aggiunse 3oo sesterzj , oltre altri cento di
mora per ogni individuo . Non contento di tanta ge-
nerosità apprestò al popolo un sontuoso convito , in
cui la copia gareggiava colla squisitezza delle vivan-
de (i) . Fu in questa cena trionfale , che si videro
apparecchiate per la prima volta sei rada murene , e
dove fu consumata una gran quantità di Falerno , e
di Chio , specie di vino prezioso , e di molto valo-
(i) Populo pi-aeter frumenti denos modios , ac
totìdem olei libras trecenos quoque nummos quos
pollicitus olim erat , viritim divisi t : et hoc ampli us
centenos pi'o mora adjecit epulum ac visce-
rationem . Svet. in Caes. e. XKXVlll -, et Idìon.His.
lib. XLJIL
(93)
re (i) . Ove si volesse fare xin calcolo delle somme
spese in questa occasione , si irovercLbe ascendere a
jnolti milioni una simile profusione , Taccio i pranzi,
che diede dopo la guerra di Spagna : taccio il convito
fatto nel suo terzo consolalo , ove pose il colmo alla
liberalità sua nella profusa distribuzione de' pregiatissi-
mi vini Falerno , Chio , Lesbio , e Mamerlino (2) .
Augusto tentò di moderare le distribuzioni fru-
mentarie , che racnsualmente si faceano al popolo .
Egli dispose , che tre volte nell' anno , e in ogni qua-
trimestre foss' eseguita tale distribuzione. Conobbe quel
savio principe , che allettata la plebe da così frequenti
largizioni , avrebbe potuto distrarsi dalle arti , e dai
mestieri . Ma egli non seppe resistere a' clamori della
moltitudine , ed accordò di nuovo le antiche usan-
ze (3) . I Cesari temevano di disgustare la plebe di
Roma : il loro interesse , la loro ambizione , i loro ca-
pricci non eran compatibili con una saggia legislazione-
L' olio , il pane , le cene , i giuochi , gli spettacoli era-
fi) Plin. His. nat. lib. XIV. e. XV. , et Uh. IX.
e. LV.
(2) Id. lib. XI r. e. XV.
(3) ISe plebs fruìnentationum causa freqiientius
a negotiis avocaretur , ter in annum , qiiaternum
mensinm tesseras dare destinavit : sed desideranti
cónsitetudinem veterem concessit rursus , ut sui cu-
jusque mensis acci per et . Svet. in Oct. e. XIV.
( 94 ) _
no presso il popolo , gli agenti efficaci del dispotismo,
e de' deliij degl' imperadori : essi erano come il teschio
di Medusa , d' innanzi a cui la giustizia impallidiva ,
s' impietrivano le leggi . Con questi mezzi si acchetava
il popolo : con questa moneta si comperavano gli ono-
ri , le cariche , le acclamazioni , il trono , le apoteo-
si (i) . Quindi fu, che il popolo romano quando scen-
deva a' comizj adoperava invece de' suffragi le spade ,
i coltelli , le frombe per sostenere le domande del ge-
neroso suo donatore (2) . Augusto dunque non potè
dispensarsi dalle solite distribuzioni frumentarie : egli
auzi con frequenza donò al popolo varie somme di da-
naro (3) .
Tiberio ad onta della sua avarizia , e tenacità non
risparmiossi da siffatte largizioni : egli dopo il trionfo
Illirico fece su di mille mense apprestare un pranzo al
popolo , a cui distribuì anche trecento sesterzj a te-
sta (4) •
(1) Qui honores principatiisque petehant , ovini
abjecta prorsns verecundia epiiliiin publice largitio-
nesque distribuehant in popidwn . Plnt. in Caes.
(2) Corruptum mercede populuin ad coniitia
descendentem cerneres non siifjragiis , sed arcu ,
gladio , fundaque prò largitore decertantem . Id.ib.
(3) Svet. in oct. e. XLI.
(4) Prandiam populo mille mensis , et congia-
riiim trecenos nummos viritim dedit . Svet. in Tib.
e. XX.
(95)
Caligola fu assai più liberale del suo antecessore .
Egli diede più d' una volta de' lautissimi conviti j di-
spensò danaro , e non soddisfatto di tanta sua gene-
^ rosila , distribuì alle donne, ed a' fanciulli delle fasce
di porpora , e di ostro (i) .
Venne Nerone per dare degli esempj funesti di
una insensata dissipazione . Io mi sdegno a leggere le
profusioni , le prodigalità , gli scialacqui di questo mo-
stro assiso sul trono de' Cesari . Lungo sarebbe , se io
volessi ad una ad una numerare le di lui follìe nelle
profusioni fatte al popolo . Il famoso convito da lui
dato nel lago di Agrippa, e disposto da Tigellino ba-
sti per una pruova di suo scialacquare . Fu quivi fab-
bricato un tavolato mobile , ove fu imbandita la men-
sa sovrapposta a galee tutte commesse d' oro , e d'avo*
rio ^ d' intorno giravan taverne fornite di cibi dilicati
per ogn' uno j immensa era la quantità delle vivande j
uccellami , e salvaggiumi di varie parti del mondo ,
pesci insin dell'oceano, tutto era squisito , e sontuo-
so (2) . Nerone non sapea contenersi di profonder te-
sori : egli all' occasione di finire le Terme dispensò del-
l' olio (3) ^ esempio del tutto nuovo di prodigalità,
poiché i suoi predecessori erano soliti di fare simili
largizioni , ma sol per caso di pubblica letizia . Tacito
(i) Id.inCalig. c.XVII.
(2) Tacit. An.lih.XV.c.XXXVII.
(3) Id. An. lib. XI'F. e. XLVII.
(96)
fa montare a 55 milioni d' oro l' eccedenti dissipazioni
di questo parricida (i) • E giunse a segno la di lui
prodigalità , che prestando fede a un tal Cesellio Basso
uomo visionario , che gli fece credere di trovarsi ripo-
sta una massa immensa d'oro in una spelonca nel ter-
ritorio dì Cartagine , si animò a profondare , e a dis-
sipare con maggior eccesso , e inconsiderazione .
Commodo , fra i tiranni di Roma , occupa anche
egli un luogo distinto ne' fasti della prodigalità. I con-
giarj da lui dati al popolo furono frequenti , e Dione
rapporta , che spesso distribuì cinque scudi d' oro , e
x5 danari a testa (2) .
Settimio Sfivero il quale» , se assi a Credere a Spar-
ziano ^ lasciò morendo ne' pubblici magazzini di Roma
una provvista di grano per sette anni , e di olio per
cinque, non solo per Roma, ma per T Italia ancora(5),
non fu meno liberale de' suoi predecessori . Egli toc-
cato eh' ebbe il decimo anno del principato , dato il
solito congiario al popolo, distribuì anche dieci scudi
d' oro a testa 5 della qual largizione egli si gloriava ,
perchè niuno prima di lui avea donato in una volta
una egual somma (4) .
(i) Id. Hist. lib. J. e. XX.
(2) Populo saepe aureos V. denariosque XV. ,
viritim dedit . Dion. Hist. in Epit.
(5) Ael. Spari, in Sev.
(4) Quam oh caiisam sibi mirum in viodum
placebat f cimi re i'era neìno' iinquam si mul tantun-
dem eis dedisset . Dion. in Epit.
I
(97)
Aureliano alle distribuzioni del frumento, dell'o-
lio-, delle carni volle aggiungere anche quella del vi-
no (i) . Egli a qiiesl' oggetto avea stabilito di compe-
rare de'ternni incolti , dove assegnare degli schiavi
per piantiire delle vili , onde saziare di quel vino il
popolo roiuano (2) . Fgli donò anccra delle tonache
di varii paesi , e fu il primo , che regalò al popolo
degli scingaioi (3) . In somma non vi fu imperadore
buono o cattivo, saggio^ o demente, prodigo o avaro,
che non iiicesse delle largizioni di grano, di olio, di
carni , di danaro , e d' altro . Queste distribuzioni do-
▼eano assorbire una somma immensa di danaro , se si
consideri, che immenso eia il popolo di Koma^ né si
facean già di rado ^questi donativi : nulla è più ovvio
quanto di trovare nelle monete marcata la sesta , la
settima , 1' ottava liberalità di un principe , che indica
il numero de' congiarj dati al popolo . Ecco come la
liberalità politica affrettò la ruina della economia pub-
blica : ecco come la munificenza del principe istupidì
l'attività del cittadino . Qual molla potea spingere la
plebe a procurarsi il vitto , quando la legge Serapro-
(i) Statuerat , et vinnin gratuituin populo ro-
mano dare . Flav. ^'^opis. in Aurei.
(2) Id. ihid.
(3) Sciendinn donasse populo i-omano tunicas
QÌhas maiiicatas ex divcrsis provìnciis . . . ìpsum-
que primum donasse oraria populo romano, Id.ibids
IO
(98)
nia , la legge Terenzia , la legge Clotlia avean provve-
duto alla sua sussistenza ? il mangiare , e bere a sa-
zietà a spese degl' imperadoii , era egli ben diverso dal
rompere le dure zolle de' campi . Angusto fu tentato
di abolire per sempre le distribuzioni frumentaric , poi-
ché vedeva, che con questa fiducia andava a cessare
la coltura delle campagne (i) , Ma il vizio era radi-
cato , e per isbarbicavsi ci volea tempo , e saggezza di
legislazione .
Più dannosa però della liberalità de' principi fu
air agricoltura la eccessiva dilatazione de' poderi. Que-
sto male riconosceva la sua origine nell' antichità , esso
fu , che diede campo alle, tante gare tribunizie , e ai
frequenti tumulti della plebe , la quale malgrado il so-
stegno di una pubblica autorità restò sempre la vitti-
ma della potenza , e del raggiro de' grandi . Questi
ampliarono le loro possessioni , or coli' inganno , or
colla forza , or col danaro (2) . Siila , Cesare , ed Au-
gusto ripartirono le terre a' loro soldati vittoriosi , i
quali non contenti delle assegnate porzioni si faceaa
lecito di occupare i campi confinanti discacciandone
(1) Impetiim se cepisse scribit , frumentationes
piihlìcas in perpetuiim aholendi , quod eariun fidu~
eia cultura ngronnn cessarci. Svet. in Oct. c.XLlL
(2) Divites vicinoì'um pauperum portiones modo
vi ndjtmgentes j modo praetio . App. Alex. In Bel.
Civ. L.J.
I
ì
(99)
gli nntkhi possessori (i) . Cesare nella clistribuzione,
che fece a' suoi veterani , volle prevenire questo male,
assognaodo loro le terre , ma non contigue , onde non
vi l'asse luogo a un abuso così ruinoso (2) . Poteva
mai prosperare 1' agricoltura, quando la proprietà non
era rispettata ? Il possesso de' fondi mal sicuro dall'ag-
gressione era mal difeso contro la violenza . Vi è dip-
più . Guerrieri avvezzi lunga stagione al brio delle vit-
torie , assuefatti a un sollecito mezzo di arricchirsi ,
mercè le spoglie, e il bottino, mal potevano sofferire
i disagi di una vita laboriosa , e assoggettarsi tutto a
un tratto ad incallir sulla vanga, e sull'aratro . Egli
è pur vero, che in Roma la classe coltlvauice forniva
il miglior nerbo delle armate , ma egli è vero altresì ,
che se di un colono sì può formare un soldato , di
un soldato non è facile di formarne un colono . Que-
sta gente dunque di costume diversa , e di nazione,
priva del nobile amore della patria , senza legame di
famiglia , e di parentela , stanca dalle cure , che ri-
chiede la coltura delle terre , le cede a' ricchi per po-
(1) Jinenes pari ter, ac seniores, inulieresque cum
parvis liberis coiujiierentes nullo suo peccato se ho-
mines italici nominis pelli agris focisque , tamquam
iure belli captns . Id.ilnd.lib. V.
(2) yJssignai'it , et ngros , sed non continuos ,
ne quis possessorum expelleretur . Svet. in Caes. C.
XXXFIIJ.
( 100 )
co prezzo , e invitata dal fonte inesauribile delle lar-
gizioni , che offerivano i Cesari in Roma , abbandona-
va i paesi , e le campagne^ e a torme andava verso la
Capitale , ove fornita di pane , di olio , e di danaro
cresceva ben pasciuta , come greggia di Epicuro. Qual
diminuzione di popolazione non dovè seco trarsi que-
sto abbandonamento delle campagne? Quanto non do-
vè scemare l' annua riproduzione ? Si è detto , che la
popolazione cresce a misura , che crescono i mezzi di
sussistenza -^ i mezzi di sussistenza crescono in ragione
della somma delle fatiche . La terra divenuta sterile ,
colpa dell' inerzia dell' uomo , scema la massa degli
alimenti . Questa mancanza di alimenti quante famiglie
non toglie ad uno stato ? Ecco il casa di Roma . Ti-
to Livio si meraviglia come ne' primi tempi della re-
pubblica gli Equi , ed i Volsci abbiano potuto soste-
nere tante guerre , e va investigando delle lagioni , on-
de determinare il modo tenuto da quei popoli per ri-
trovare tanta gente , con cui supplire a quella , che
soccombeva a' casi della guerra (i) . Se una delle ca-
"gioni della popolazione di un paese , è la fertilità del
terreno , e la diligenza della coltura , il territorio dei
Volsci non mancava certamente di questi requisiti .
Strabone lo chiama insigne (p) . Sebbene sotto Augu-
(ì) Tìt.hìy. ffist.lib. FI.
(2) Volscorum ager pracclamsfuit. Strah. Geog^.
lib. F. \
I
( 10^ )
sto P Italia non somministrava , die pochi soldati , e
Io stesso Livio n' è il testimonio (i) . E i Biuzj , i
Lucani, gli Appuli, i Sanniti dove sono? dove i Ta-
rantini , che osarono di provocar Roma ? essi più non
esistono : quelle regioni , eh' erano un semenzajo di
uomini , sono divenute ora un deserto.
La vastità dunque de' poderj appartenenti a un
solo individuo reca un sommo pregiudizio a' progressi
dell'agricoltura. Ed in vero l'eccesso di proprietà in
un solo suppone il difetto di proprietà in molti . Mi
ricordo di un hel motto di un antico Imperadorc Cinese,
il quale diceva , che se vi era in un angolo del suo
imperio un uomo oizìoso » doveva cocorvì altrove un al-
tro , che mancava del necessario. Nel caso proposto si
verifica questa lezione : il possesso stravagante è adat-
tabile alla circostanza indicata. Questa gran parte di
non proprietarj non ha il modo da impiegare le sue
braccia^ e quando anche l'avesse, non può certamente
coltivare i fondi altrui con quella diligenza , e con
quella cura con cui coltiverebbe i suoi : questa verità
non abbisogna di argomenti per essere dimostrata. Ol-
tracciò i poderi quando sieno troppo estesi , e soggetti
(i) Simile veri est . . . innumerabilem mnlti-
tndiiiem libcrorum capitimi in eis Jtiisse locis , quae
mine vix seminario exigno milìtum relieto, servi fia
romana ab solitudine vindicant . Tit.hìy. I/ist.l.f'I.
( 102 )
a un proprietario solo , sono ordinariaraenle negligen-
tati. Virgilio
Quello savio gentil , die tatto seppe.
e che sapea , sopratulto di agricoltura , ne fece un
canone agrario (ì) . Non si replica mai abbastanza
dal dire , che la terra quanto è più divisa , altrettanto
è più cortese , e feconda . Sì ^. né si dovrebbe cessar
mai dal pr>,dicare questa verità. Quel Cajo Furio Cre-
sino , che raccogliendo nel picciolo suo campo di frutti
copiosi , mentre scarseggiavano altri ampj poderi con-
finanti , accusato ne' comizj d' incantesimo , come si
sbrigò dall' imputazione fattagli ? Egli portò nel foro
gì' istrumcnti rurali , condusse sepo una sua figliuola
robusta , e ben adorna , de' ferri ben fatti , delle zappe
pesanti, de'vomeri gravi, e de' buoi grassi, e nudriti.
Ecco, disse, o Romani, i miei incantesimi, né posso
mostrarvi , o portare nel foro i miei travagli , le mie
vigilie , i miei sudori (2) .
Non men grave danno reca all' agricoltura 1' abu-
so , che fanno de'terreni cotesti grandi proprietarj . Essi
ne sacrificano al piacere una gran parte , che bagnata
dal sudore del villico laborioso , darebbe abbondanti
ricolte , e presterebbe la sussistenza a molte famiglie.
I boschi dedicati alla caccia , le ville spaziose , e su-
(i) Exiquiim. colito. Virg. Georg. Lih. II.
(2) Plin. Hist. nat. Lib. XFIIL C. FI,
( io3 )
perbe , i lunghi , e tortuosi viali destinati colla loro
ombra infeconda a difendere 1' ozioso , e ricco possessore
dagli ardori del sole , quanti alimenti , quanti mezzi di
sussistenza , quanta popolazione in conseguenza non
tolgono ad uno Stato ? Ecco come considerevoli som-
me , che dovrebbono consecrarsi alla conservazione ,
ed all' aumento dell' annua riproduzione , sono irrepa-
rabilmente dissipate da folli capricci di un lusso rui-
noso , e da' bisogni dell'opinione, cui sa mal resistere
la legge .
Onde convincersi della vastità de'poderi all' qioca
de' Cesari basterà leggere la lettera scritta da Tiberio
al Senato. Egli chiama infiiiiie 1' estensioni delle ville
de' suoi tempi (i) . L' Italia , la Sicilia , e altre pro-
vincie dell'imperio romano furono il vasto patrimonio di
poche famiglie. Plinio attesta , che una metà dell'Affrica
era divisa fra sei soli proprietarj (2). Taccio i giardini
di Lucullo , che venivan riputati i primi fra i più son-
tuc^i de' Sovrani (5) j taccio le possessioni di Crasso,
che non giudicava ricco colui , che non potea assoldare
a sue spese un esercito (4). Quale immensità di fortune
(1) Villanim injinita spatia Tacìt. on.Lih. III.
C. LI IL
(2) Sex domini semisseni Africae possidehant.
Pliii. Ili^t. nat. Lib. XVIII, C. FI.
(3) Plut. in Lue.
C4) Id. in trass.
( 'o4 )
qual vastità di beni ! Qnal differenza da' primi tempi
della repubblica , quando Curio considerava pernicioso
quel cittadino , che non era contento di sette jugeri
di terra ?
Io non voglio già farmi difensore della uguale di-
visione de' beni. Lungi un'idea, clie ricorda ^odio^a le-
gislazione de' Gracchi; lungi un progetto assolutamente
chimerico , o pericoloso almeno alla pubblica tranquil-
lità. So che le terre troppo divise si oppongono anche
al miglioramento dell'agricoltura, poiché escludono quel-
le grandi spese in anticipazione, da cui essa riconosce
La sua perfeziono. INIa quei colossi mostruosi , che as-
sorbiscono tanti piccioli patrimonj , quelle vaste posses-
sioni , il di cui confine è segnato dall' orizzonte j quei
proprietarj enormi , che visitano cosi spesso quella parte
di terreni dedicati alle dehzie , e non degnano mai
d'un guardo quell'altra parte consecrata alla fruttifica-
zione , non possono certamente fiivorire 1' agricoltura.
E furono appunto questi colossi, furon queste stermi-
nate possessioni , furon questi stragrandi proprietarj ,
che minarono sotto i Cesari l'agricoltura, e l'Italia (^i).
Ma se vi furon in Roma di cosi vasti proprietarj ,
non potendo essi da se soli promuovere la fertilità
de' loro fondi , dovettero cercare nelle moni lavoratrici
gli strumenti uecessarj a fender le zolle degli smisurati
(i) Lnt/fiindia perdìdere Italiarn. Plin. Hist.
fiat. Lih. XP III. C. FI,
I
( 'o5 )
loro campi . Fosse pur piaciuto al cielo , che la coltura
di così ampli terreni fosse stata affidata a gente libera,
a contadini esperti, ad uomini laboriosi. Una turba di
schiavi atterrita dalla sferza di un padrone crudele, eJ
ingrato, era la coltivatrice di quelle vaste possessioni.
Cosa poteva mai sperarsi da questa classe scioperata ,
che ministra in gioventù della mollezza de'potenli, di-
venutane il rifiuto in vecchiaja , veniva cacciata ne'cam-
pi , ove èra forzala a divenire tutto ad un tratto la
maestra di un' arte , che richiede esperienza , e robu-
stezza (i) ? Le gocce di sudore , che grondano dalla fron-
tjB dell' operajp , quando non sono riscaldate dall'azione
di un travaglio volontario, ma sono figb'e del tenore,
isteriliscono , e non fecondano la terra. Misera Italia !
Questa bella regione , che nella conquista del mondo
somministrò dal suo seno tutti gli eserciti , e che dal
prodotto delle sue campagne alimentò provincie stra-
niere, sotto i Cesari vota di popolazione, straziata dalle
guerre intestine , smunta dall'ingorda avarizia de'pub-
blicani ebbe di bisogno delle messi dell'Africa, e dell'
(i) Si fundiim locuples mercatus est , e turba
pedisseqnorum , lecticarioriimque defedi ssimum an~
nis , et viribus in agnini relegai . . . ignarum rei
cui praejuturus est , magistrum Jieri jubet . Colum.
in Praef.
'4
( io6 )
Egitto , fidando così alle navi , e alla fortuna la sus-
sistenza de' suoi abitatori (i).
Non si può non rattristarsi , quando si legge sotto
il governo de'Cesari così spesso affamata l'Italia. Sotto
Augusto Roma provò il flagello della penuria . Questo
principe , che fondò , e resse il suo imperio sulle basi
di una raffinata politica, conobbe T importanza di man-
tenere in Roma un* annona sempre abbondante : perciò
egli dopo conquistato l'Egitto si diede cura di facili-
tare lo scolo a que' tanti canali destinati a raccogliere
le acque del Nilo, che lunghezza di tempo aveva op-
pilati (2) : perciò egli vietò a' Senatori , e a' Cavalieri
distinti di entrare in Egitto , perchè temeva , che un
cittadino riguardevole potesse impedire 1' estrazioni di
(1) Olìm ex Italiae j^egìonihus longìnqiias in
provincias commeatiis portabant ; nec mine ìnfecun-
ditate laboratiir ^ sed AJricam potìus , et yEgyptum
exercemus , navibusqiie , et casibus vita populi Ro-
mani permissa est. Tacit. an. Lib. XII. C. XLIII.
(2) ^gyptum in provinciae formam redactam ,
ut jeraciorem habilioremque annonce urbicae red-
deret fossas omnes , in quas Nilus exoestuat , obli-
matas longa vetustate , militari opere detersit. Svet.
in Oct. C. XVIII.
1
( io^ )
grano per la sede dell'impero (i). In falli sotto Cesare
Roma fu afllitla dalla faine , perei è Pompeo , che te-
neva occupata la Sicilia , la /Sardegna , e la Corsica
impedì le regolari spedizioni frumentaric'. né l'Italia
poteva allora riparare a questo bisogno per l'estrema
decadenza dell' agricoltura (2) . Una fame a Roma ec-
citava degli ammutinamenti ^ quella plebe avvezza nell'
ozio ad esser nudrila dalla mano degl' Imperadorì di-^
veniva insolente, quando non sentiva il ventre pieno,
e in quel caso la vita del Piincipe era mal sicura .
Qual fu il fine , che spinse Werone ad esentare i mer-
catanti di grano da ogni sorta di gabelle (5) ? fu la
fame a cui Roma andava così spesso soggetta , fu il
(i) Aiigustus Inter alia domina/iones arcana
vetitis , ni.si permissu , iiigredi Senatoribus , aut
eqiiitihus Ronianis iìlustrihus , seposuit y^grptnrn ,
ne fame iirgeret ftaliam , quisqitis eam provinciam
.... ingredisset. Tacit. an. Lib. II. C. XLIX.
(2) Urhs fame lahorabat , ifnf)editis per Pom-
penm frnmentatio?iibìis maritimis : in Italia vero
prce continuis hellis agricultura neglecta propemo-
dnm^ et siquid agri ferrent , absiimentemilite. App.
in Bel. Civ. Lib. V.
(3) Imperata apud transmarinas provincias fru-
menti suhvectio '. et ne censibus negotiatorum naves
ascriberentiir , tributumque prò illis pender ent, con-
stitutum. Tacit. an. Lib. XIII. Q.^i.
>
( io8 )
timor della vita , da cui gì' Imporadori eran sempre
minacciati all'epoca di una carestia . Tiberio , questo
principe sempre sospettoso , sempre timido diede un
aria più misteriosa allo statuto del suo predecessore .
Egli riserbò 1' amministrazione dell' Egitto ad uno dei
suoi liberti, e sgridò acremente Germanico, che senza
suo ordine , e contro il divieto di Augusto avesse messo
piede in Alessandria (i) : tanta era la premura , che
aveano i Cesari di fornir Roma di copioso frumento .
Ciò però non tolse , che sotto il suo governo non vi
fosse carestia. Tacito afferma , che una volta fu per
tumultuare il popolo , il quale in teatro spiegò una
licenza non mai usata agi' Imperadori (2) . Claudio ,
l'imbecille Claudio, invigilò più d'ogni altro Impera-
dore all' annona. Egli a quest' oggetto fece restaurare il
porto di Ostia (3) , e costituì molti privilegi a' costrut-
tori di bastimenti : propose a' negozianti di grano dei
guadagni certi ^ e giùnse fino al punto di assumere in
se que' danni che avessero potuto cagionar le tempe-
ste (4). Ad onta però di tutt'i suoi provvedimenti, la
fame non cessò di mostrare 1' orribile suo ceffo . Essa
(1) acerrime increpuit , quod cantra instituta
Augusti , non sponte principis , Alexandriam, introis-
set. Id. ib.
(2) Id. an. Lib. VI. C. XIII.
(3) Dion. Hist. Lib. IX.
(4) Svet. in Claud. C. XVIII-
( '09 )
andò tanl' oltre , che Claudio fu irailcnuto nei loro
dalla plebe, e fu così malmenalo, e coperto d'ingiu-
rie, che a stento potè sottrarvisi, cercando un asilo
nel suo palagio (i) . Finalmente fame sotto Antonino
Pio , fame sotto M. Aurelio , fame sotto Cominodo ,
e fame generalmente sotto tutti gì' imperadori Romani
Eppure il primo pensiero de'Cesari era quello di prov-
vedere all'annona di Roma. Infatti Vespasiano, chia-
mato dall'Oriente a prender possesso dello imperio,
si avvisò di occupare Alessandria , che veniva riguar-
data come la chiave dell'Egitto. Severo di ritorno dal-
la spedizione de'Parti, volle passare per l'Egitto,
prendendo esatto, e minuto conto della situazione, e
dello stato di quella provincia. Aureliano si gloriava
di avere accresciuta 1' annona , e di avere stabiliti dei
nuovi barca] uoli nel Nilo , altri destinati nel Tevere
per lo pili facile trasporto de' grani ; a qual' oggetto
egli scriveva a Flavio Arabiano Prefetto dell' annona ,
perchè proccurasse , onde non' andassero a voto queste
sue disposizioni , poiché sapea , che nulla poteva esser
più importante che la sazietà al popolo Romano (2) .
Tutti gli sforzi però , e tutte le provvidenze de' Cesa-
(i) Id. ibid.
(2) Tuum est officium. Ambiane iuciindissime ^
elaborare , ne mece dispositiones in irritum veniant.
Neque eniin populo Romano saturo quicquam po-
test esse Icetius. f^opisc. in Aurei.
(no)
ri , non fiiroii bastanti a guarantire l'Italia dal flagel-
lo della fame . Né potea diversamente avvenire . Una
nazione, dice l'Ab. Genovese, che può avere in sua
casa grano , ed altre derrate , ed arti di prima neces-
sità, se in ciò dipende dalle straniere, è stolta, e schia-
va . Se per accidente fosse venuto a interrompersi il
regolare trasporto de' grani , Roma, e l'Italia sarebbe-
ro perite sicuramente di fame . Alla mancanza dell' E-
gltto , e dell'Affrica potea forse supplire l' Italia ? Vana
lusinga . Il giardino dell' Esperidi non presentava allo-
ra che l'orrido spettacolo di vastissime solitudini (i).
Ecco lo stato lagrimevole dell' Italia sotto il regime dei
Cesari ; ecco i tristi effetti dell' abbandonamento dei
campi : ecco le conseguenze funeste della vastità di quei
poderi , che al dir di Columella non eran in caso nep-
pure di essere trascorsi a cavallo da' loro proprietarj ,
o che si lasciavan devastare dagli animali , o la di cui
coltura si affidava agli schiavi, e a' mercenarj (2).
Ne' primi tempi di Roma , quando si cacciavan di
Senato personaggi distinti , perchè faceansi servire a
(i) Solitudines , quce tum erant per Italiani ,
plurimce freqiientahantur. Dion. Hist. KKXVIII.
(2) More preepotentìum , qui possident Jìnes
gentiuin , qiios ne circiimire equis quidem valerti ,
sed proculcandos pecudibus , et vastando.s , ac po-
pulandos feris derelbiquunt , aut occupatos nexu
civium , et ergastidis tenent. Colum. Lib, I. C. Ili'
ì
(in)
mensa in vasi di argento , il possesso territoriale era
circoscrittto ne' confini della mediocrità : qual'era dun-
que la cagione della tanta ubertà d'allora, e di cui ne
fanno fede le Storie ? Plinio risponde j perchè la terra
coltivata dalle mani de'Generali, andava superba di un
aratro ornato di alloro, e di un aratore trionfante*, o
perchè essi coU'istessa diligenza trattavano le sementi,
che le cose della guerra , impiegando nella coltura del-
la terra l' istessa attenzione , che usavano nel disporre
gli alloggiamenti , o finalmente perchè le cose fatte da
jnani onorate riescono più felicemente, perchè fatte
con più diligenza (i). Questo era lo stato dell'agricol-
tura de' primi tpmpi j ma i Romani del settimo secolo
e de' susseguenti anzicchè nelle messi , e ne' vigneti
amarono meglio di esercitare le loro mani ne circhi ,
e ne' teatri (2) .
Si è veduto fin' ora il grave pregiudizio , che la
liberalilà degl' imperadori recò all' agricoltura ^ si è ve-
duto il più grave danno, che portò a quest'arte la so-
verchia dilatazione de' poderi resta ora a vedersi qual
inlluenza ebbe alla distruzion dell'agricoltura il lusso,
e dimostrare come la precipitosa decadenza della pri-
ma rispose alla precipitosa irruzione del secondo : che
(i) Pìin. Hist. nat. lib. XFIII. C. III.
(2) Manus movere mahierimt in Theatro , ac
Circo ^ quam in segetibus ac vinetis. Varr. de R.R.
Lib. II.
( "2 )
a guisa di contagio attaccò tutti gli ordini , e tutte le
classi de' cittadini romani.
Il lusso è il segno indubitato della opulenza di
una nazione . Quando questa opulenza sia il frutto
del travaglio , quando il lusso sia figlio dell' uso , che
si fa delle ricchezze per proccurarsi una esistenza pia-
cevole , egli è un bene', perchè promuove l'industria,
incoraggia il commercio, impedisce il ristagno del nu-
merario , e favorisce 1' agricoltura . Esso anzi la mi-
gliora , poiché un proprietario , che sacrifica al lusso
il superfluo delle sue rendite , si affatica a coltivare
la terra con più diligenza , onde poter cambiare una
maggior quantità di produzioni, con una maggior quan-
tità di comodi . Ma questo non fu il lusso di Roma ,
perchè 1' opulenza di Roma non fu il lento frullo del
travaglio , e della industria , ma fu il rapido effetto
di una più rapida conquista . Quei pretesi pronipoti
di Marte passarono in poco tempo dalla povertà alle
ricchezze , dalla sobrietà al lusso , dalla fatica all'ozio,
dalla vigilanza all' inerzia . L' ardor del bottino , e la
cupidigia dell' oro non conobbero gradi ne' loro petti .
Essi restarono ammaliati in faccia allo splendore , e
alla magnificenza asiatica j irritati dalla fame delle ric-
chezze soggiogarono tutt' i popoli , desolarono luti' i
regni . Avea ragione quell' aulico poeta di dire , che
Giove guardando la terra non vi potea veder nulla ,
-che non fosse trofeo delle armi romane . Roma diven-
ne in un istante il tempio di Saturno , ove andavano
a depositarsi l' oro , 1' argento e gli oggetti preziosi di
( "3)
tutte le nazioni . Qual differenza tra il popolo roma-
no, die rende ad Aitalo l'Asia conquistata collo armi,
e il popolo romano , che avido de'tesori di Tolommeo ,.
Re di Cipro, lo condanna a perdere il regno, e le fa-
coltà (i) ! Tito Quinzio Flaminio , che ridona la li-
bertà alle ricche città Greche conquistate , è un esem-
pio ben diverso da Crasso , che per V ingordigia del-
l'oro malgrado le imprecazioni del tribuno Atejo, in-
tima la guerra ai Parti (2) .
Questa veemente irruzione delle ricchezze , e del
lusso in Roma portò l' ultimo colpo distruttore all' a-
gricoltura . La storia di Spagna al tempo della scoper-
ta di America , la ColcKido moderna , può fornire un
esempio luminoso della situazione de' Romani nell'epo-
ca di cui parlo .
Si è avuto luogo di osservare di quanto danno ca-
gione fu all' agricoltura romana l'uso degli schiavi. Ma
se il forzoso , e stentato travaglio degli schiavi, anzi-
ché fecondare, isteriliva la terra , il niun travaglio do-
veva inorridirla . Non è possibile di esprimere la pro-
fusione , che faceano i Romani nella compera degli
schiavi destinati a formare il corteggio de' ricchi . Quel
Cajo Cecilio Isidoro , che malgrado i mali sofferti nel-
la guerra civile , lasciò morendo 4000 servi era a mio
(0 Hor. Lib. IH. C. IX.
(2) Phit. in Flam.
Valer. Max. lib. IF. CXIIL e Fior. Lib. II. C. FU.
i5
("4)
giudizio un nemico dichiarato dell'agricoltura (i). La
famiglia servile di Cesare era composta de' più belli ,
e speciosi soggetti ; egli li comperava a carissimo prez-
zo , e nascondeva sempre ai suoi computisti il loro
costo per risparmiarsi il rossore di pubblicare la sua
profusione in questa specie di lusso (2). Non vi era
ricco , che camminando per la città non si traesse die-
tro un esercito di seivi (3). Le matrone istesse quan-
do uscivano erano accompagnate da questo lungo cor-
teggio (4). Tiberio dunque non esagerò, quando nella
sua lettera al Senato li chiamò popoli, e nazioni (5).
Tante braccia tolte all' aratro toglievano altrettanti ali-
menti alla popolazione . Questi) è un lusso di fasto ^
è un lusso di ostentazione , che ferisce direttamente
l'agricoltura, attacca nel suo principio la riproduzione,
e prepara insensibilmente la ruina delle nazioni .
(1) Plin. HisU nat. Lib.XXXIIL C. X.
(2) Servitìa recentiora , politioraque immenso
pretio , et ciijus ipsiim etiani puderet, sic ut ratio-
nibus vetaret inferri. Svet. in Caes. C. XLVIL
(3) Familiarum agmina post terga traentes.
Amm. Marcel. Lib. XIV.
(4) Quo comitatu matronce complures opertis
capitibus , et basternis per Intera civitatis cuncta
discurrnnt. Id. ibi.
(5) Familiarum numerum et nationes . Tacit.
an. Lib. «I. C. LIIL
( 1^5)
I Romani degenerati in un subito si abbandona-
rono ad ogni sorta di corruzione : la corruzione li gettò
in una sentina di vizj , che per alimentarli si spende-
vano immensi tesori . Uno de' vizj più prediletti fu
l' intemperanza , e la ghiottoneria. Ortensio il facondo
oratore fu il primo , che nella sua cena sacerdotale
introdusse i pavoni ^ e Marco Aufidio Lurco ebbe l'o-
nore di trovare il nìodo d' ingrassarli . Roma fu debi-
trice a Fulvio Irpino della istituzione de' viva) di lu-
niaclie , e della maniera d'ingrassarle con vin cotto, e
farro . Sergio Orata comunicò il primo alle ostriche
un sapore squisito, e Cajo Irrio fece gustare le mure-
ne (i). Macrobio rapporta, che la villa di costui,
benché di mediocre grandezza , pure pel pregio dei
vivai fu venduta quattro milioni di sisterzi , che di
nostra moneta oltrepassano i 100,000 ducati (2) . La
storia ci ha conservato il nome di Clodio Esopo ric-
chissimo istrione , il quale volle sperimentare qual' ef-
fetto avrebbe prodotto al palato il sapore delle perle
disciolte in aceto (3). È celebre in questo genere di
lusso il convito dato da Cleopatra a M. Antonio . La
cena di Metello pontefice massimo era imbandita dei
(i) Plin. Hist. nat. Lib. IX.
(2) Htijus Hirrii villani quamvis non amplam ,
aut latam constai propter vicaria quce hahuit, qua-
4ragies sestertium venundatain. Macrob. Sat. Lib.IIL
C. XV.
(3) Plin. Hist. nat. Lib. IX. C. XXXV.
(ii6)
cibi i più ricercati , e i più squisiti (i). Le mense dì
Vitellio , e fli Lucio Vero oltrepassano qualunque im-
maginazione . Il fasto della gola de' Romani era insul-
tante , essi facean costare una vivanda 100,000 se-
sterzi , non altramente , che* praticarono alcuni di que-
gli Spagnuoli , che arricchiti in pochi giorni dall' oro
del Messico , e del Perù facean riscaldare de' ragù con
dei biglietti di Banco . Giovenale avea ragione di dire
che nn solo convito divorava il patrimonio di una fa-
miglia (2). Ammiano chiama voragini le mense dei
Romani (3). Ma quando i Principi , quando i Pontefi-
ci , i quali erano non meno i presidenti del culto reli-
gioso c]ie i luaesiri d*»!!» cucina davau degli esempi
contagiosi di lautezza^ cosa poteva mai sperarsi dal resto
de' cittadini ? Vespasiano fu frugale nel vitto , modera-
to nel vestire : i Romani ad imitazione del principe
riformarono in parte le loro abitudini , i loro costu-
mi . Così r esempio ottenne quello , che non avrebbo-
no potuto ottenere la pena, e il timor della legge (4).
Tanto è vero quell'aureo dettato di Cicerone, che
(1) Macroh. Sat. II. C. XK
(2) una comedunt patrimonia mensa .
Juv. Sat. L
(3) Mensarum voragine^. Amm. Lib. XIV-
(4) Oh.sec/iiium in principem , et cemuìandi ajnor -
vaìidior qiutm pcena ex legibus , et metus . Tacit.
An. Lib. III. Cap. LV. ^
tali sogliono essere in uno slato i ciltadini, quali so-
no i principi (i). Io lascio indietro una infinità di
esempi della profusione , e dello scialac(|uamento dei
Romani . Io non debbo tessere i fasti della gola , o
della intemperanza di quella nazione. Orazio ci ha la-
sciato nelle sue Satire un monumento eterno della in-
gegnosa ghiottoneria di quei tempi. Un lusso di questa
natura è un lusso di consumazione , cui non vi è la
via di riparare . Quando poche bocche divorano il
frutto dal travaglio di molte braccia, allora una parte
di queste dee languire di stento : Quando un uomo
solo consuma quello , che potrebbe bastare a molti ,
allora egli fura agli oltrl la euesistenza, e tende a sce-
mare la popolazione , scemando così 1' agricoltura .
Che dirò io della corruzione del lusso donnesco,
e di tanti ministri della dissolutezza romana ? Le pse-
cadi , le veslìpUci , le imtatrici , le tessitrici , le
cosmetc da una parte ^ gli unguentar] , i bagnaiuoli,
i cuochi, che doveano avere lo stesso raffinamento di
gola de' loro padroni (2) , e il resto degli artefici del-
la voluttà dall' altra . Questo lusso aumentò , e nudrì
in Roma un infinito numero di mestieri , e di arti
(i) Quales in repuhlica principes siint , tales
reli'pios^olere esse cives . Cic.
(2) Non satis est drs sola coquo servire palato
Naim/ite cnquns domini debet habere gulam . Mar-
tial. Lib. XIV. Epig. 218.
(ii8)
non produttrici di alcuna ricchezza j e diminuendo in
conseguenza il numero della classe coltivatrice , dimi-
nuì , e spossò l'arte dell'agricoltura eh' è la sola pro-
duttrice delle rendite vere , e reali . Che se si voglia
riguardar il lusso sotto un altro punto di veduta , qual'è
il lusso di generi stranieri , si troverà , che V agricol-
tura in Italia dovea diseccarsi fin nel suo fonte . L' I-
talia in ogni tempo rinomata pe' suoi vini , benché
non dispregiasse i proprj , fece uso sotto i Cesari di
vini forestieri (i) . I più pregiati erano quei della Gre-
cia, e dell'Asia. Il Chio , il Sarao , il Cipro, il Lesbo
accupavano sempre il primo posto sulle mense do' ric-
chi . 11 pili lodalo , e il ju'ù iioLilo era il primo . Or-
tensio ne lasciò al suo erede più di 10,000 caratel-
li (2) . In tal modo le provincie dell' impero si arric-
chivano a spese del folle lusso de' Romani . L' Egitto
forniva il frumento, e Roma mandava danaro. L'AtlVi-
ca provvedea le frutta , e Roma spediva danaro . La
Gullia r Olio , e Roma danaro ; la Spagna la cera ,
il mele, e Roma danaro ; la Grecia i >iiii, e Roma
danaro. Potea mai l'agricoltura prosperare , quando il
consumo cadea tutto sopra generi stranieri , non esclusi
quelli di prima necessità? L'agricoltore, che non può
smerciare le sue derrate si disanima , e non coltiva più
(i) yai'ibiu< vindeviianicondimus ex insìila Coa,
et Ghia. Varr. de R. R. lib. II.
(2) Plin. JJùt. nat. lib.XIF. cap. XIF.
( "9)
quei campi , le di cui |>ro<Ju/,ioni non coriHannaic «I;il-
la moda :> inurcìn: . ()ui:hi<) spirilo (al^li; di noviù è
connine anelili alla moderna Jl.dia . Non vcngon inTha
oggi hulh; nostre menHc , a firer«;r';n/,a d«' nostri i)\\ ,
e de' noslii vini , gli Olj ili l'roven/.a , e i vini di
Sciam|)agna , «; di iJoigogtiii ?
lo non rammento «jnì la propensione, o pinttosto
il furore deMloinani jx.-r gli ungii<;iiti , per gli aromi,
per le gemme, le [xrrle , l'avorio, 1' ehano , Tauilira , e
per mille alde merci di fasto, e di voluttuosa delizia.
Questi generi venivan somministrali dalli; Indie , dali'
Araliia , «lall.i l'ersia , dall'Egitto, dall'Etiopia, e da
altri remotissimi paesi ^ e Koiiu tranne un poco di olio,
e di vino li c-onliiava con argentai, ed oro effettivo .
Io lio voluto WilarnenU; fare un cenno di questo lusfco
sempre ((assiso po' H orna ni , [M;rche si possa facilmente
conquendere , come 1' industija <lell' Oriente seppe in
poco Ur;mpo smungere l'oro ilelT infingardo Occidente.
l'inalniente La religione istessa ehhe il suo lusso.
Io non jjarlo né «legli ornamenti de' U^nipli , né «Iella
pompa de' funerali, né (k-lla magnififenza delle tumu-
Ut/A'jtt'i . Io int/.-ndo di dire MjlanicnU; dell' ahus'j , che
si iact; /le' buoi ne' »acrifizj . Il i>ue , qiiest' utile com-
pagno dell'uomo nelle faceude lusticlie, e ministro di
Cerere (i), il bue, la cui uccisione riell' anticliiià rne-
(i)'///c aociius hominum in rustico opere ^ et
Cerei in rniuuter . Var. de R. K. lih. II.
e 120 )
rito la pena della morte, e dell'esilio (i) , II bue fu
riputato la vittima la più gradita ai bugiardi numi di
Roma (2) . Quelli eh' erano destinati a sacrificarsi da'
trionfatori si facean venire dall' Umbria , che avea fa-
ma di produrne de' bellissimi . Merania ne forniva de-
gli speciosi , e prima di essere tratti al sacrificio fa-
ceansi lavare nel fiume Clitumno , perchè si credeva ,
che quelle acque li rendessero bianchi (3) . Giuliano
r acerrimo persecutor de' Cristiani fu furente in questa
specie di sacrifizio . Egli alcune volte giunse ad im-
molare cento tori , e innumerabili gregge di varii be-
stiami (4) • Il togliere questi animali alla coltura , e
toglierli nella loro gioventù , non era egli lo smembra-
re dal corpo le braccia ? Se Costantino in tale deca-
cenza dell' agricoltura sforzandosi di riparare in parte
al suo ultimo fato , esentò i buoi aratori dal servizio
delle pubbliche vetture , con quanta maggior ragione
non si sarebbe dovuto proibirne il macellamento ? In
(i) Ab hoc antiqui manus ita ahstineri l'oltie-
runt , ut capite sanxerint , si qiiis occidisset. Id.
Uh. IL cap. V. Plin. Hist. nat. Uh- J^III. C. XLV.
(2) Vittima opima , ci laudatissima deorum
placai io Id. ibid.
(3) Fedi Virgilio . Georg, lib. II. v. 146.
(4) Tauros aliquoties immolando centenos , et
inmimeros varii pecoris greges . Amm. Marcel, lib.
XXII.
I
( 121 )
un paese ove il lusso superstizioso immolava a centi-
naja sugli altari questi utili animali , sarebbe stato ne-
cessario , che la legislazione li avesse protetti . La
cervice , eh' è atta al giogo non dev' essere esposta a'
colpi della scure ^ il bue si dee lasciare in vita perchè
è quello , che insieme coli' uomo travaglia alla sussi-
stenza dell' uomo (i) . Esiodo facea consistere il so-
stegno di una famiglia nel padre , nella madre , e nel
bue aratore.
In tal modo decadde 1' agricoltura presso un po-
polo , che fu signor di ogni cosa , finché allo spirito
guerriero seppe associare i germi dell' attività , e del
travaglio . In tal modo ruinò una nazione , che su
queste basi fondò il più vasto , e il più potente domi-
nio dell' Universo . D' onde si conosce chiaramente
quanto vadano errati coloro , che allo imperio della
forza pospongono quello della industria .
(i) Apta jiigo cervix non est ferienda securi
Fivat y et in dura serpe laboret humo.
Ovid. Fast. Lib. IV.
i6
( 122 )
Memoria sulla depurazione della Canfora greggia
del Socio ordinario Signor Michele Ferrara ,
Letta neir adunanza del dì 16 di aprile 1812.
JT ra i generi coloniali pervenuti in questa Capitale
nell'anno 1810, vi fu quello di circa libbre 4oniila di
Canfora greggia .
E noto che questa sostanza vegetabile si raccoglie
abbondantemete nel Giappone da una specie di Lau-
ro , Laurus Camphora .
Il metodo di estrarla consiste nel tagliare minuta-
mente i rami , e le radici di quest' albero , e di get-
tarli così picpaiitti in un lambicco ove trovasi ripo-
sta dell' acqua . Nel capitello di questo vase si adatta-
no i fascetti di paglia di riso , ed applicato il recipien-
te al suo becco si procede in seguito alla distillazione.
Con tale mezzo la Canfora si separa dal tessuto
legnoso, elevandosi una porzione col vapore acquoso,
altra aderente alla paglia del riso , il resto finalmente
sotto forma di una massa galleggiante sull' acqua nel
lambicco .
Raffreddato 1' apparecchio si raccoglie la sostanza
indicata che nel tutto insieme rappresenta un colore bian-
co-fosco , lucido , granoso , facile a rappigliarsi in gru-
mi , ne' quali va sempre fiammischiata qualche parti-
cella legnosa . Questi grumi strofinati colla mano si
< 123 )
dipartiscono in tanti minuti granelli di figura confu-
sa . La massa nell' insieme spande 1' odore acuto della
droga • imprime sulla lingua un sapore prima amaret-
to , quindi di un aroma piccante fresco , ed espansi-
vo in modo , che promuove la lagrimazione .
I paesani dopo d' averla raccolta , 1' immettono
nelle casse formate da lamine sottili di piombo , sug-
gellando le commessure collo stagno , ed in tal mo-
do condizionata la passano in commercio col* nome di
canfora greggia .
Gli Olandesi , e gì' Inglesi sono i soli che ne fan-
no r acquisto . Eseguono con riserva il metodo , che
praticano nel raffinarla , ed è diversa la forma , che
le conciliano .
I primi la trasmettono nelle piazze d'Europa a
piccioli pani di figura sferica , ed ognuno di questi
non eccede il peso di once 26.
I secondi la riducono alla forma medesima , ma
ogni pane sormonta ordinariamente le libbre 12.
Queste masse sono compatte , consistenti , dure ,
di colore bianco trasparente , e tramandano 1' odore
grazioso canforico .
Parlando della storia dì questa sostanza vegetabi-
le , credo opportuno l'aggiungere , che la medesima non
si sapeva estrarre dai nostri antichi , se non da un al-
bero , che cresce nelle isole Molucche . Venne in se-
guito trovata abbondantemente nel Laiirus Campho-
ra , e quindi scoperta negli olj volatili della cannella,
del timo , del rosmarino , del sassafrasso , e più dovi-
( 1^4)
ziosamente nella lavendola : tanto cìie un fannacrsta
di Marcia, provincia meridionale della Spagna, la ri-
traeva da quest' ultima con un processo semplice , co-
me r assicura il Signor Agerula .
E noto finalmente d' essere stata discordante 1' o-
pinione de' chimici sulla natura di questa sostanza .
Taluni la credevano una resina , altri un olio essen-
ziale concreto . Finalmente riconosciute oggidì le pro-
prietà così fisiche, che chimiche , le quali l'apparten-
gono , è stata perciò considerata come uno de' princì-
pi immediati della vegetazione , e come tale ha meri-
tato dalla Scienza 1' articolo rispettivo nella classe de'
medesimi .
Per uno incidente politico intanto trovandosi una
massa rispettabile di questo genere greggio in doga-
na, venne, comò gH altri, esposto alla vendita^ ma
perchè non era alla conoscenza degli speculatori , e
non indicando altro segno di essere canfora ^ che il solo
odore , così ognuno credè un azzardo di farne 1' ac-
quisto j e come inutile rimase ne' vasti magazzini do-
ganali .
Scorso qualche tempo il Sig. Ferrier Direttore delle
dogane mi fece pervenire una libbra di questa droga ,
incaricandomi di saggiarla , e se dal risultamento era
assicurato d'essere canfora, ne avessi stabilito, così il
metodo di raffinazione , che di ridurla alla fattura dell'
estero .
Neil' osservare il genere non credei istituire alcun
saggio ajaalittico per conoscerlo , giacché le sue proprie-
( »25 )
tà fisiche 1' appalesavano bastantemente , ini rivolsi per-
ciò a rallliiarlo . A tal eiìetto io mescolai esattamente
la libbra della canfora greggia col quinto del suo peso
di calce . Esposi in seguito la mescolanza alla subli-
mazione colla temperatura corrispondente . Essa dopo
d' essersi perfettamente riscaldata prese lo stato di fu-
sione . Allora venne diminuita la temperatura medesi-
ma , e l' operazione fu portata al suo termine . Raf-
freddato il vaso trovai la canfora sublimata ne' lati , di
colore bianco diafano , consistente , gratissima nell'
odore . Era in somma la canfora railìnata di com-
mercio .
Assicurato quel Direttore della natura del gene-
re , ed informato col fatto , che poteva depurarsi , e
conciliarglisi la fattura estera , lo propose a mercatan-
ti, e questi dopo d' averne fatto 1' atcjuishn , mi die-
dero l' incarico di raffinarlo . Io cominciai a procede-
re air operazione col metodo tenuto nel saggio . L' e-
sito non corrispose . La canfora al grado 5o del ter-
mometro si elevava sotto forma di tanti aghi bianchis-
simi , e coir aumento della temperatura invece di pren-
dere lo stato solido nella sublimazione si fondeva di
nuovo , ritornando sulla massa , d' onde era partita .
Ripetei r operazione ben due volte , ed ottenni
lo stesso risultamento .
Allora mi proposi di sostituire alla calce il suo
carbonato . La canfora in tale mescolanza rimase dei
proprio colore senza punto imbianchirsi . Esposta alla
temperatura, si fuse, elevandosi nello stato concreto.
( 126 )
Raffreddato 1' apparecchio , il colorito della droga era
giallognolo con qnalche tinta rossastra , aveva lo stato
trasparente , e tramandava un odore empireumatico
cosi disgustoso , che faceva nausea .
Finalmente mi rivolsi a trattarla colla calce resa
sotto-carbonata all' aria . La canfora greggia con que-
sta terra divenne bianca all' istante . Coli' applicazione
della temperatura prese la mescolanza lo stato di fu-
sione , e s' elevò regolarmente sotto forma diafana e
consistente . La sublimazione però veniva accompagna-
ta da uno strepito , e da un fragore , che faceva te-
mere la rottura del vaso . Se per poco veniva dimi-
nuita la temperatura corrispondente alla fusione , al-
lora la massa passava prontamente allo stato d' adden-
samento , si rimaneva dal sublimarsi, e conveniva
con avvedutezza riprendere lo stato primiero .
Ad onta di tale molesta , e pericolosa progressione
fu portata al suo termine .
Dagli antecedenti fatti venni alla conseguenza .
1 . Che la calce viva era capace di denudare la
canfora greggia del suo materiale colorante , ma non
atta a farla sublimare nello stato concreto , quasi che
la decarbonizzava in parte .
2. Che il carbonato calcareo non era meritevole
di applicazione , perchè incapace di spogliare la droga
del materiale colorante , d' onde dipendeva l' elevazio-
ne di quest' ultimo nella sublimazione . Che questo
materiale sublimandosi confusamente le conciliava il
colorito giallorossigno , ed acquistava la droga un gra-
( »27 )
do d' adustione , donde lo stato empireuraatico .
3. Che il sotto-carbonato calcareo conferiva ol-
tre modo alla raffinazione , perchè la imbiancava all'
istante ^ conseguentemente il materiale colorante veni-
va trattenuto fra le particelle terrose senza punto po-
tersi elevare , e quasi sopraccarbonizzandola conduce-
va allo stato di concrezione e depurallssimo della dro-
ga . Bisognava però proccurare un intermedio , che va-
lesse a reprimere lo strepito , il fragore , e talvolta la
forte ebull izione , che soleva adombrare la nettezza del
genere sublimato .
Io debbo qui con ingenuità confessare di non aver
mai provato un' angustia tanto penosa , né una con-
fusione più molesta per tutto quel tempo , che s' in-
terpose sino alla sicurezza del processo , perchè i mer-
catanti curiosi di vedere un saggio del loro genere raf-
finato , mi facevano le più incessanti- premure , all'
opposto io non sapeva che dir loro , né che rispon-
dere .
Istruito intanto dalle osservazioni indicate io pro-
cedei air applicazione del metodo , ed impiegai colla
droga r ottavo del suo peso di calce estinta , e circa
il sesto di carbonato calcareo . Adoperai quest' ultimo
coir oggetto, che come più greve venisse ad intrattene-
re fra le sue parti la calce estinta , e non avesse luo-
go lo strepito ed il fragore , che la medesima produce-
va impiegandosi isolata col pericolo della rottura del
vaso , della combustione violenta ec. ec. Il fatto cor-
rispose prosperevolmente .
( 128 )
Esposta la mescolanza in un sargiuolo sepolto nell*
arena , applicai alla sua estremità un tubo ricurvo ,
che s' immetteva in un ampolla. Suggellate le giunture
la trattai colla corrispondente temperatura . Essa placi-
damente prese lo stato di fuzione . Allora minorai la
temperatura istessa , sostenendola a far bollire legger-
mente la massa , e discoprendo il vaso dall' arena ^
che occupava i lati superiori del medesimo .
Con tal sistema la canfora si sublimò colla più
precisa regolarità . Lo strepito , ed il fragore non eb-
bero luogo , e 1' operazione placidamente pervenne al
suo termine .
Raffreddati i vasi raccolsi la droga sublimata . Es-
sa era compatta , trasparente , bianchissima , tutta si-
mile a quella del commercio .
Neil' ampolla di rincontro trovai dell' acqua , eh'
era circa 9 per ogni cento , con una poca quantità di
canfora , che seco aveva innalzata , e nel fondo del sar-
giuolo rinvenni poca quantità di canfora inviluppata
tra le parti terrose , e la massa nell' insieme presenta-
va un colore bigio .
Assicurato il metodo , io procedei a portar il raf-
finamento all' ìngraude , ed in tale proseguimento os-
servai , che quando si adoperava la calce spenta per
lungo tempo all' aria , questa contribuiva altrettanto
all' esito felice dell' operazione : che quando si poteva
far uso isolatamente di questa terra estinta per lungo
tempo , conveniva applicare una temperatura sempre
eguale , dopo la fusione avvenuta j che questo grado
i
( »29 )
costante non poteva sperarsi impiegando il nostro car-
bone senza una vigilanza penosissima, che per tale cir-
costanza gl'Inglesi , e gli Olandesi dovevano riconosce-
re un vantaggio niarcalissinio coli' uso del carbon fos-
sile, potendo questo conciliare alla massa fusa la tera-
peralnra eguale per la lunga durata di tal combustibi-
le , e finalmente con tale mezzo si poteva Hire a me-
ro di adoperare il carbonato calcareo a condizione del-
la calce, che fosse stala esposta all'aria per lungo lenipo.
Osservai inoltre , che il caio sul raflinamento non
succedeva sempre Io stesso , e ciò proveniva dall'acqua,
che non si trovava costantemente nella proporziona
intesa in unione alla canfora greggia j anzi quando que-
sto Iluido v' era in abbondanza , esso produceva del
gonfiamento iH;lla massa , prolungava la fusione del-
la droga , e dopo che questa era fusa , se n' elevava
una picciola porzione coli' acqua medesima , che veni-
va ad addeusiusi nel vaso di rincontro.
Finaluieuie iile\ai, «he la canfora greggia con^'er-
vata per lungo tempo soffriva un calo jnaggiore nella
sublimazione , e ciò proveniva dalla dissipazione del
principio canforico , che come volatile , oltremodo si
dispeiideva ad onta che trova\asi ben condizionato
Utile lan)ine di piombo.
lo conciliai la fwrnia «li figura sferica ai miei pa-
ni di canfora. Ogni j>anc però era diverso nel ptso da
quello d'Oiand,! , e d' lughilurra. Esso ordinar'amen-
te eccedeva le lilibie tre , e con ciò veniva a di&tiji-
luei'bi d'essere falluia JN'apoleluua.
J7
( j3o)
Su gli usi medici della Digitale Gialla. Memoria
del Socio ordinario , e Segretario perpetuo Signor
Vincenzo Stellati. Letta ncW adunanza de' 12
Dicembre 181 1.
Plantce , qiicv genere conveniunt , iisdem facullali-
bus pr cedi Ice sani.
Linn. Pliilosopli. Boi. pag. 278. n. ù3].
A.
.MANDO quella parte della Storia Naturale , che pre-
cisamente ha per oggetto la conoscenza ilelie piante, e
coltivandola per quanto me lo concedono le mie po-
che forze , preferisco sempre che posso quel ramo di
essa , che ci riguarda , cioè la cognizione di quelle
piante , le quali son proprie del nostro suolo patrio,
e proccuro tanto maggiormente di perfezionarla al mio
possibile , quanto me ne occorre alcuna , che posso
"per giuste ragioni , o anche lo debbo , annoverarla tra
le sostanze medicamentose , credendola non a caso op-
porttina ad importanti oggetti della Medicina. È stato
questo l'incontro de' motivi , che mi hanno spinto a
raccogliere le notizie riguardanti la Digitale IjUtea di
Linneo, che io chiamerò Gialla, alla di cui consi-
derazione mi ha, per così dire, attaccato quello, che
della Digitale Purparea si è affermato da accreditati
Autori. La quasi totale mancanza di quest'ultima , es-»
t
( i3i )
sentlosi oppposla presso noi al generale di lei »iso , e
perciò al generale conoscimento delle sue eroiche fa-
coltà mediche ^ sarà sempre ben impiegato il travaglio
di porre a giorno quanto può sapersi della pianta , che
r è affatto analoga ^ sicché può dirsi dotata delle virtù
medesime, se non che sia di qualche grado più debole
la sua attività : circostanza che invece di costituire uno
svantaggio della nostra Digitale , potrebbe anzi parere
che la renda più accomodata agli usi nostri , e più
opportuna alle nostre fisiche costituzioni.
Sembrami intanto non inutile il confessare , che
fin oggi non è se non accennata la digitale gialla dal
Sig. Viteto , il quale per testimonianza del dottor Bet-
toli avrebbe voluto sostituirla alla purpurea , come ri-
levo dal terzo volume dol Giornale della Società Me-
dico-Chirurgica di Parma pag. 265 , quantunque io non
sappia , né è stato possibile rinvenire alcun tentativo
già fatto su tal proposito dallo stesso autore , o da
altri.
Né infine debbo passar sotto silenzio , che II no-
stro chiarissimo Signor Domenico Cirillo nel secondo
volume de' Fondamenti Botanici pag. 271 parlando
della Digitale Ferruginea accenna di passaggio esser la
Digitale gialla fortemente emetica , ed anche drastica ,
e come tale da doversene temere 1' uso . Ecco le sue
parole : Postremo loco de Digitalis Fermginece exi-
mia qualitate diuretica dispu indimi A^os
ab speciei flore ferrugineo rari taf em , Digitalis lu-
teoB decoctum. asciticis , et hucoplhegmaticis prò-
( i32 )
pìnavìmus. P'evum veliementissimn emetica , atqnc
drastica facultate perterriti , post breve tempiis ab
hoc efficacissimo quamvis diuretico cd>stiiiuimus. Io
rispetto assai i detti di uu uomo sì illustre , ma non
debbo celare uon aver giammai ossorvato né il vomi-
to , né accrescimento di evacuazioni ventrali dietro la
giusta e moderata amministrazione della digitale gialla ,
che da molti anni continuamente pratico non meno in
decotto , che in polvere . Solo fa ella nel momento
della introduzione sentire un certo malessere dello sto-
maco , che dura pochi momenti : fenomeno da me
posto a calcolo , come potrà rilevarsi dalle rapportate
osservazioni . Sarebbe stato desiderabile , che il citato
dotto Scrittore avesse fatto menzione della dose , se-
condo la quale ha egli dato il luentovato decotto ^ co-
me pure delle particolari circostanze di tali infermi ,
e del numero delle sue osservazioni . Ogni giorno in
fatti r esercizio della professione ci fa marcare varj ef-
fetti ne' rimedj secondo la lor dose , e secondo i varj
gradi di sensibilità delle differenti costituzioni . Tutt' i
medici riconoscono nel Chermes minerale il potere di
promuovere 1' espettorazione , ed intanto si sa da tut-
ti , che non di rado tal rimedio dato in dose avan-
zata , o pure amministrato in una macchina molto ec-
citabile , suscita il vomito , ed accelera le separazioni
ventrali. Lo stesso accade spesso nell' amministrazione
della così detta polvere di James, nel mentre che vien
sempre prescritta come un esimio diaforetico. Né sono
pochi altri simili esempj tratti dal regno vegetabile. La
( i33 )
somma delle attuali cognizioni relativa al generale modo
di agile de' rimedj rende completa spiegazione di tutto
ciò . Ma poi se la Digitale purpurea è molto lontana
dal far vomitare , e dal purgare , non vi è ragione da
credere , che possa produrre tali effetti la Gialla , la
quale gode delle istesse virtù. Pare dunque non dover
esser proscritta la Digitale gialla dal catalogo delle so-
stanze medicamentose , dacché ha forse qualche volta
suscitato il vomito, ed aumentate 1' escrezioni ventrali j
che anzi debba guardarsi come uno de' più efficaci ri-
medj adatti a fugare le più terribili malattie.
Non. poclii sono gli Scrittori di opere mediche ,
i quali han fatto parola del valore della Digitale Pur-
purea di Linneo in molte malattie. II dottor Wilhering
è stato forse il primo , il qnale in un trattato partico-
lare con molta precisione ha parlato delle qualità me-
diche di questa pianta nelle idropisie . Lentin pose a
giorno r attività della medesima nel disciorre le scro-
fole. Haller nella storia delle piante Elvetiche anche
la propone contro le medesime allorché in particolare
sono ereditarie. A questi due ultimi illustri Scrittori
fa eco il dottor Merz , il quale in una sua disserta-
zione ha fatto vedere quanto sia questa pianta efficace
nella cura delle scrofole istesse . Cullen non ha man-
cato di far rilevare la sua forza diuretica . Swediaur
oltre al raccomandarla nelle idropisie , e nelle scrofole ,
la propone nella nefritide calcolosa , nella epilessia , e
e nella disuria. Darwin nel terzo volume della Transa-
zioni mediche fa lodevole menzione non solo della
( iM )
polvere , ma benanche del decotto della digitale pur-
purea nel trattamento delle ulceri scrofolose . Scliie-
mann , Murray finalmente , ed altri molti convengono
tutti relativamente alla virtù risolvente di questa spe-
cie di digitale . Né vi sono mancati di quelli , i quali
temendo la sua soverchia facoltà acre , ed irritante si
son limitati a raccomandarla come nn egregio risolven-
te solo per l'uso esterno . Parkinsono infatti vuole ,
che posta la digitale purpurea acciaccata sulle scrofole
in breve tempo le dissipi 5 che anzi lo stesso effetto
produca un linimento fatto coi suoi fiori . Il dottor
Hulse poi ha dato un passo più oltre , giusta la rela-
zione di Rajo nel tomo i della storia , facendo vedere
che r applicazione esterna della Digitale purpurea rie-
sce utile nelle scrofole secce , e non già nelle umide .
Finalmente anche ne' tempi più reconditi piacque ad
Elmonzio , come riporta Quarin , dare non solo la
polvere della medesima internamente , ma di unirla
alla gomm' ammoniaco , ed allo bdellio in forma di
empiastro per applicarsi sulle scrofole- A quest' oggetto
tutte le farmacopee riportano l' unguento della digi-
tale , ed il suo empiastro da servire per la cura di
esse .
Nel mentre però che molti han parlato delle fa-
coltà mediche della digitale purpurea introdotta sì in-
ternamente , che applicata esternamente , bisogna con-
fessare il vero , che non poco han contribuito al co-
noscimento del valore di questa pianta , e delle ma-
lattie , nelle quali spiega tutta la sua attività , le dotte
( 135 )
Tnemorìe del dottor Tommasini , e del dottor Bettoli
inserite nel terzo volume del giornale della Società Medi-
co-Chirurgica di Parma. Da esse si rileva di qual' ener-
gia sia ella fornita nel debellare le più ostinate , e le
più contumaci malattie. L' ascite , l' idrotorace , l' ana-
sarca , non meno che le affezioni pituitose del petto ,
e le siippressioni della mestruazione , restie a tutti gU
ajuti dell' arte sono state fugate dall' uso della digitale
purpurea . Con ragione perciò da mollo tempo ha in-
cominciato questa pianta a fare una luminosa comparsa
nel catalogo delle sostanze medicamentose. Con ragio-
ne corre impegno presso tutt' i Medici di osservarne da
vicino gli effetti . Con ragione infine si è ormai resa
presso noi generale la lagnanza di non poterne avere
quella quantità , che corrispoadpsse al bisogno. La di-
gitale purpurea in effetti non è indigena del nostro
Regno , o almeno finora non è stata incontrata né da
me 5 né dagli altri nostri amatori della Botanica . Di
essa non si è istituito ancora alcun commercio . Non
vi è stato dunque altro mezzo , onde poterla praticare ,
ed osservarne i suoi effetti , che quello di strapparne
qualche individuo , come io ho fatto , che trovavasi
coltivato ne' giardini . Ma come ognuno può scorgere
di leggieri è questo un mezzo molto debole da speri-
mentare le grandi virtù della digitale purpurea , come
quella , che convenendo in molte malattie ne abbisogna
continuamente una non indifferente quantità . Quindi
n' è avvenuto , che non solo il di lei uso non si è reso
generale presso noi j ma pure vi sono de' medici , i
( i36 )
quali neanche conoscono il valore di una cotanto im-
portante pianta. Ecco la circostanza, che m'indusse a
pensare ad altro , ed ecco quello che forma l' oggetto
della presente memoria , che credo non esser stalo fi-
nora di proposito trattato da altri.
Son varj anni dacché dolente per la mancanza
della digitale purpurea rivolsi le mie mire sulla Gial-
la ( Dìgitalis Lutea. Linn. ) , ritrovandosi questa
molto abbondantemente disseminata nelle nostre cam-
pagne , ed in particolare nelle colline che circon-
dano la Valle di S. Rocco a Capodimonte , come pure
nella valle istessa j in quelle de' Gamaldoli , ed infine
lungo la strada de' Ponti Rossi. Le prime mie ricerche
caddero sulle sue qualità fisiche , le quali se non pro-
cedono del pari con qjiellft della purpurea , sono sola-
mente di qualche grado iiiferiori. Eccole . Masticandosi
le foglie recenti della Gialla si avverte subito un amaro
forte unito ad un chiaro senso di astringente. Tutte le
parti interne della bocca risentono l' impressione di un
acre , che si determina in particolare sull' ugola , onde
ne siegue dell' asprezza nel fondo delle fauci , e grande
esito di saliva. Continuandosene la masticazione, si au-
menta sempre più lo sgorgo della saliva , e quella che
sul principio è semplice asprezza , passa ad un dichia-
rato ardore. Questo stesso si avverte masticandosi le
foglie secche. Bisogna solamente impiegar maggior tem-
po , onde possano svolgersi tali principj esistenti nelle
medesime. Questi però ravvisansi più fievoli nel fusto
della pianta , e molto più nella sua radice. I fiori fi-
( i37 )
nalmcnte non sono mancanti delle indicate qualità .
Per 1' uso medico intanto sono da eleggersi le foglie j
perchè ricolme, come si è detto , in preferenza di tutte
le altre parti , de' mentovati principi .
Debbo dire il vero : subito che ravvisai nelle fo-
glie della digitale gialla le qualità riportate , pensai
di già all'applicazione delle medesime in quelle stesse
malattie , nelle quali sarebbe indicata la purpurea. Ma
prima di far ciò volli saggiarla con ambedue i mestrui ,
coll'acquoso, cioè, e collo spiritoso, ad oggetto di os-
servare quali risultati avess' ella somministrati. Avendo
dunque posta egual qnantiià delle foglie della digitale
in quistioiie non meno nell' acqua , che nello spirito di
vino , dopo poche ore amendue i liquidi acquistarono
un color giallognolo tendente al verde ^ il di loro sa-
pore divenne dichiaratamente amaro , e siccome più
intenso scorgevasi l'amaro del mestruo acquoso, così
più acre di questo divenne lo spiritoso . Cimentai in-
fine r infuso acquoso , ed il decotto colla soluzione del
solfato di ferro , ed immediatamente si produsse un co-
lor nerognolo. Or tuttociò senz'alcun equivoco mi fé com-
prendere , che in tale pianta , oltre all'acido gallico , debt-
bono esservi delle parli sì gommose che resinose^ che
r amaro risiede nelle gommose ^ e che le resinose ven-
gono a sostenere quell'acre, di cui ho fatto menzione.
Né si andrebbe lontano dal vero se si dicesse esser
talmente unite tra loro le parli gommose , e le resi-
nose , che il mestruo acquoso discioglie anche porzio-
ne delle resinose ; e cosi per lo contrario lo spiritoso
i8
( i38)
ne discioglle parte delle gommose. Finalmente gli estratti
manifestarono presso a poco le medesime proprietà.
Dopo aver ciò osservato , e per conseguenza dopo
essermi assicurato , che la natura della digitale gialla è
molto prossima a quella della purpurea , e che som-
ministra presso a poco i medesimi risultati ^ mi animai
a praticarla nelle malattie , in cui vien quella racco-
mandata. I primi saggi furono da me fatti nello Spe-
dale di S. Francesco alla presenza di molti giovani , i
quali sono altrettanti testimonj de' portentosi effetti del-
la nostra digitale. I felici successi di questi primi saggi
mi hanno in seguito sempre più animato a praticarla
pure nelle case de' privati. Il mio esempio è stato ben
tosto seguito da molti altri professori , e sempre col
medesimo felice risultato. Io intanto non farò che ri-
portare la storia di pochi casi , perchè altrimenti an-
drei troppo alla lunga , ed eccederei sicuramente i li-
miti di una memoria. Questi però saran sufficienti a
dare giusta idea del valore della pianta in quistiofie.
Venne nella mia sala una donna di circa anni So ,
e di buona costituzione attaccata da febbre quotidiana ,
di cui ciascun parosismo era preceduto da leggieri bri-
vidi , e seguito da generali sudori. Avea la lingua molto
vestita , un continuo incitamento al vomito , ed ema-
nava un alito puzzolente. In buono stato poi erano le
funzioni del capo e del petto. La prima indicazione ,
che credei di riempire, fu quella di togliere la grande
località esistente nello stomaco . La feci quindi vomi-
tare con una lunga soluzione di tartaro slibiato , die*
( »39)
irò la di cui azione diede fuora un gomitolo di vermini
con de' succhi gastrici guasti . Keplicai nel giorno se-
guente r istesso emetico, ed anche un materiale pravo
si vide sortir fuora con gran sollievo della inferma. In-
tanto la febbre continuando a ricorrere temei , che non
avesse a cambiar aspetto la malattia , come accade spes-
so negli ospedali , col crollare il sistema nervoso in
roagj^iore avvilimento. I polsi essendo molli , la lingua
umida , la cute giustamente temperata , mi determinai
all' uso d^lla cbiu-china , la quale produsse i soliti suoi
lodevoli effetti j giacché di giorno in giorno il paro-
sismo si mitigò , i pulsi divennero meno tempestosi j
infine nel decimotpiarto gìinuo ia febbre si estinse af-
fatto , comparvero ddle separazioni abbondanti per se-
cesso , ed anche de' sudori , e la Rngua perfettamente
si nettò . Avrebbe dovuto 1' infeima in tale stato ser-
bare un esatto regimine di vita j ma dopo pochi giorni
dando luogo a qualche eccesso di cibo , ed anche a
qualche disordine di traspirazione , mentre spesso girava
nuda per la sala , ricadde nel male. La febbre si riaccese
con gagliardia. Di bel nuovo si vide in campo il ga-
stricismo. Vi si Unirono finalmente anche de' dolori
nella muscolatura , i quali venivano accompagnati da
un notabile innalzamento di temperatura della cute. II
bagno , la china , e le preparazioni antimoniali fecero
al termine del primo settenario il tutto svanire. L' in-
ferma si rimise nel pristino stato . In grazia della
brevità tralascio di riferire minutamente tutto quello
che in seguito accadde. Solo fo riflettere che non pas-
( i4o )
sarono molti giorni , e di bel nuovo ricadde con una
più distinta comparsa di tutti quei sintomi , i quali
accompagnarono la prima recidiva . In luogo però de'
dolori reumatici avvertiva l' inferma in ogni accessione
febbrile de' forti dolori nella regione ombilicale , i quali
duravano sino al cader del parosismo. Ecco l'origine
di una seconda, e più terribile malattia. Immediata-
mente diedi di piglio , premesso un emetico , all' uso
della china animata da qualche granello di oppio , ed
a quello del bagno. Né mancai cogli opportuni mezzi
di sostenere le forze della vita. Un tal sistema intanto
nel mentre che produceva i più chiari vantaggi riguar-
do alla febbre , niun beneficio arrecava relativamente
a' dolori ombilicali 5 che anzi siccome i medesimi nel
principio di quesia' ultima recidiva affliggevano l' in-
ferma, solo nelle accessioni feijbrili , divennero da gior-
no in giorno più frequenti sino al punto di tormentar-
la pei- tutto il corso del giorno e della notte . Final-
mente cede dopo altri due settenarj compiutamente la
febbre , si videro copiose evacuazioni , la lingua per
la terza volta si nettò j ma i dolori continuavano "sem-
pre colla medesima intensità . Non avendo né i repli-
cati bagni , né la china , né le preparazioni oppiate
date in dosi superiori alle ordinarie prodotto alcun
sollievo , mi determinai di assoggettare 1' inferma alla
dieta lattea , acciocché facendosi una sottrazione degli
stimoli naturali , si potesse veder minorato lo squisito
senso morboso , acquistalo dalle viscere del basso ven-
tre , ed in particolare dalle budella tenui , coutinuaa-
('4t )
do altresì 1' uso del bagno , ma più tosto fresco , e di
piccola durata. Anche inutile un tal espediente riuscì .
Dopo una decina di giorni all'asprezza de' dolori om-
biiicali si accoppiò una sensible tumefazione dfcU' ad-
dome , ed una diminuzione nella separazione delle ori-
ne. Ecco di già manifestato il carattere di quella ma-
lattia secondaria , cioè di quell' ascile , cbe veniva fin
dai primi giorni indicalo da' mentovati dolori. La tu-
mefazione intanto della pancia si avanzava a gran passi ,
essendosi resa chiarissima la fluttuazione , e le orine per
conseguenza anche a gran passi scarseggiavano. Le notti
erano inquiete e vigili , e la nutrizione sofferiva un gior-
naliero detrimento . A proporzione però che si aumen-
tava il volume dell'addome, i dolori si mitigavano
sino a scomparire perfettamente . A farla breve inco-
minciai a trattar subito V inferma coi diuretici . Prima
praticai 1' uva orsina , ed il solano spinoso . Indi posi
mano agli aselli, cremor di tartaro, e scilla. Sul prin-
cipio questi rimedj produssero qualche sollievo , accre-
scendo la quantità delle orine ^ ma da lì a pochi gior-
ni di bel nuovo crebbe la tumefazione del basso ven-
tre , le orine si resero scarsissime , e le notti sempre
più inquiete . Costretto dunque dalla necessità mi ri-
solvetti di darle le foglie della digitale gialla in sostan-
za , cioè in polvere , di cui da quest' epoca giammai
me ne ho fallo mancare una sufficiente quantità . La
ripartii in piccole dosi di quattro acini l'una, e di
queste ne facevo introdurre tre il giorno. Sotto le pri-
me dosi avvertì l' inferma uel momento della introdu-
( I42 )
zìoue un disturbo significante nello stomaco : disturbo
ftiolto simile a quella nausea , che precede il vomito :
disturbo che generalmente avvertesi usandosi la polve-
re deVÈÈ nostra digitale , come si avverte pure allorché
usasi quella della purpurea . Furono intanto continua-
te le solite tre dosi per due giorni , e nel terzo se ne
aggiunse una quarta . Al principiare del quinto giorno
sì videro chiaramente divenir le orine più abbondanti,
cacciandone più libbre nel decorso di 2^ ore col mas-
simo sollievo della inferma. Allora fu che con maggior
coraggio feci continuare l'uso delle polveri , le quali
nel decorso di circa dodici giorni dissiparono l' agcite ,
rimisero l'addome nel primiero stato , ed innalzarono
le forze della inferma in modo da passeggiare per la
sala . Contro il mio sentimento intanto vedendosi in
questo stato non volle ulteriormente continuare l' uso
delle polveri-, ma fu dopo pochi giorni nel bisogno di
riprenderle , giacché di bel nuovo T addome s' ingran-
dì, e le orine si minorarono. Infatti appena ne riprese
l'uso, si vide migliorare sollecitamente, essendosi su-
bito aumentata la separazione delle orine medesime .
Malgrado di questi vantaggi feci continuare il rimedio per
altri pochi giorni , accrescendone la quantità gradata-
mente sino a granelli sei per ciascuna dose, finché ri-
acquistò perfettamente 1' appetito , e le forze j sicché si
pose nello stato di sortire dallo spedale.
Un'altra donna di anni circa 44» ® ^^ costituzio-
ne non molto valida, venne nella mia sala afflitta da
forti dolori di carattere gallico , e da esostosi dolentis-
( ^3 )
sime in ambedue le tibie . A questi non lievi incomo-
di si accoppiava lo stato malsano del fegato , e degli
organi vicini. Appetiva molto poco , ed a stento dige-
riva quello , che introduceva. In tale stato credetti espe-
diente attaccar subito la causa prima di tutti questi di-
sordini. L'assoggettai perciò all'unto del comune un-
guento mercuriale , accompagnando la cura con tutto
quello , eli' è solito l'arsi in tali casi . Né mancai di
conciliare all'inferma un poco di pace , mercè gli epi-
spastici afqiHcati , com' è mio costume , sull' esostosi ,
ed anclie con qualche dose di oppio . La cura andò
avanti felicemente sino al consumo di tre once di un-
guento , giacché i dolori eransi resi fievolissimi , 1' eso-
stosi abbassate , appetiva meglio , e meglio anche di-
geriva . Nel mentre però , che tutto prometteva una
prossima guarigione, comparve della tosse, in partico-
lare nelle ore della notte . Sul principio fu ella giudi-
cata per catarrale j ma dopo altri pochi giorni dive-
nendo sempre già imjiortuna anche nel corso del gior-
no si manifestò un Jeggiero edema ne' piedi ^ i polsi sì
resero alquanto tesi^ ed infine una certa anzietà di' re-
spiro venne ad inquietare la povera inferma nelle ore
dt'lla notte . Or T apparizione di questa nuova serie di
malanni fece sospettare già qualche minaccia di separa-
zione sierosa nel petto. Non volendo perder mai di vista
la diatesi sifilitica , aggiunsi all' unto mercuriale I' uso di
un risolvente esimio , e gran diuretico insieme , qual' è
la miscela del nitro , e del tartaro stibiato. Prese l' infer-
ma di tal miscela tre o quattro piccole dosi in ciascun
( '44 )
giorno , ma con poco sollievo j che anzi non passò
molto , perchè l' edema de' piedi occupasse anche le
gambe , manifestandosi eziandio qualche gonfiore nella
cellulare delle gote. Tutto a buon conto indicava un
idrotorace , che andava a stabilirsi. Non volendo quindi
perder più tempo posi mano all' amministrazione della
polvere della digitale gialla nel modo anzidetto , ren-
dendo le dosi più prossime tra esse. Feci però sospende-
re le frizioni mercuriali per il giusto timore di non ur-
tare soverchiamente il sistema nervoso con i stimoli
differenti. Seguitò l'inferma a prendere nelle ore del-
la sera qualche granello di oppio . Posso assicurare
i miei lettori , che dopo il consumo di circa una dram-
ma di tale polvere , si aprirono profusamente le orine j
si abbassarono le gote ; a poco a poco si minorò 1' e-
dema j i polsi si resero muUi j la tosse divenne soffri-
bile . Continuò per altri quindici giorni 1' uso della
digitale , allontanandone gradatamente le dosi sino alla
introduzione di due solamente per ciascun giorno , e
così svanì la minaccia dell' idrotorace colla massima
sorpresa di tutti. Feci in seguito riprendere i' unto mer-
curiale finché l'esostosi furono completamente distrutte 5
ed essendo ciò accaduto dietro il consumo di circa
tre altre once di unguento , trovossi l' inferma perfet-
tamente rimessa in salute , e nelle circostanze di sor-
- tire dallo spedale .
Tra le cure fatte colla digitale vi è quella di un fab-
bro ferrajo avanzato più. tosto in età, il quale si portò
in mia casa per provvedere al suoi guai di salute. Dal
( i45 )
suo racconto rilevai , che da molti anni era divenuto
asmatico ^ che il bisogno di vivere lo avea obbligato a
fàtigare stando continuamente avanti al fuoco j che dal
principio della sua malattia nelle ore matutine espetto-
rava una quantità di bava , e così andava l' affanno a
minorarsi ^ e che da qualche settimana non avendo il
giornaliero beneficio di dar fiiora tanto materiale dal
petto , vedevasi assai maltrattato . Era intanto compas-
sionevole il suo stato, mentre per causa dell'eccessivo
affanno sembrava strangolarsi. La respirazione osserva-
vasi superiore e celere ^ uno stridente scroscio si sen-
tiva neir atto della inspirazione \ ma quello che atter-
riva , si era la impetuosa e continua tosse , la quale
enormemente lo arrossiva , e sembrava togliergli il re-
spiro . Avea di più la faccia , il collo , ed i piedi gon-
fii . I polsi linalmente si mostravano vibranti , e tesi .
Osservando questo povero uomo in tale stato dubitai
molto della sua vita , ed oso dire che ne avrebbe
chiunque dubitato , trattandosi di un chiaro idrotorace
sopraggiunto ad un annosa affezione asmatica . E tan-
to più vidi in grave pericolo la sua vita, dacché si ri-
trovava in uno stato sì misero da non poter profittare
di niun ajuto dell'arte, né di poter usare un buon
regimine dietetico. Ciò non ostante proccurai d'incorag-
giarlo. Gli diedi dodici dose di cinque acini T una della
polvere della digitale, delle quali ne dovesse prender tre
in ciascun giorno con soprabbere su \ ultima della sera
un poco di latte, e lo esortai a ritornare dopo il quarto
giorno . Attentamente infatti eseguì il povero uomo
19
( i46)
tutto il prescritto da me, ed essendo ritornato mi ri-
feri, che quando prendeva la polvere sentivasi una mos-
sa , diceva egli, nello stomaco, dopo la quale vedevasi
r espettorazione di quella bava accresciuta j e che 1' af-
fanno non era tanto forte come ne' giorni antecedenti.
Avendo io ciò inteso , gli diedi buon numero di altre
simili dose da prenderne quattro nel decorso di cia-
scun giorno . Gli feci continuare altresì il latte per
cena , e gì' imposi di ritornare dopo altri cinque o sei
giorni . In questa occasione debbo assicurare i miei
rispettabili lettori, che non vie stato per me momen-
to più lieto di quello allorché venne per la seconda
volta il ferrajo , Il suo aspetto indicava già i vantaggi
della medicina , che praticava . Egli dunque mi riferì
che la mossa di stomaco facevasi costantemente senti-
re nella introduzione della polvere j che per mezzo
della tosse cacciava dal petto grande quantità di bava
spumosa, in particolare nelle ore della mattina 5 che
l' affanno erasi reso soffribile \ e che continuamente
( furono sue parole ) veniva chiamato ad orinare. Per
non diffondermi di più soggiungo solamente , che con-
tinuò costui a prendere la digitale per un'altra venti-
na di giorni , ma minorandone a poco a poco le dosi .
Avendolo per 1' ultima volta veduto , lo trovai rimesso
quasi perfettamente in salute , giacché non altro soffri-
va che una discreta tosse nelle ore della mattina, la
quale veniva seguita da piccolo esito di materiale lin-
fatico. Da quel tempo non essendo più da me venuto,
xfA fa credere che continui a star bene.
(»47)
Non debbo ommettere di riportare il gaso di Un
ragazzo di otto anni figliuolo di un galantuomo, il
quale noi mentre godeva un lodevole stato di salute ,
fu sorpreso da un pessimo morviglione. Essendo stato
però questo trattato co' più efficaci ajuti delf arte , si
ottenne una mediocre eruzione, ed il nior\iglione sem-
brò ("are un corso regolare sino al suo termine. Benché
intanfo si fosse imposto ai parenti di tenerlo custodito
per molti giorni , non passò guari perchè il ragazzo
volle uscire dal letto , ed arbitrandosi semprepiù die
luogo ad una infreddatura. Si riaccese subito la febbre ,
un generale abbandonamento si manifestò, ed alla ter-
za accessione divenne anasarcatico. Molti ajuti furono
allora praticati , ma infruttuosamente . Le istesse pol-
veri di James, ed il bagno niim vantaggio apportando si
disperava con molta ragione della sua vita . Non aven-
dolo io voluto abbandonare, indussi i parenti a dargli
la decozione della digitale gialla . Feci quindi prepa-
rare un carico decotto colle foglie della medesima ,
impiegandone due dramme per i primi giorni , ed indi
tre per ogni libbra di acqua , e di quello ne facevo
introdurre due once ogui tre ore , non lasciando di
farlo addolcire per sottrarre le fauci alla solita asprez-
za . Ubbcdiente il ragazzo a quanto gì' imposi inco-
minciò a ])rcndere il mentovalo decotto . Per il pri-
mo e secondo giorno questo niente fé veder di buono ^
ma al termine del terzo giorno si videro fluire le ori-
ne in maggior quantità . Un notabile cambiamento pe-
rò si osservò nel colore delle medesime , mentre os-
( i48 )
servavansi più cariche , che negli anlecedenti giorni .
Pel decorso del quarto giorno si inanlcnnero esse nello
stesso stato . Al cominciare però del quinto giorno si-
no al finire del sesto si resero tanto abbondanti , che
furono di generale sorpresa. Intanto cede perfettamente
la universale tumefazione della cellulare. Si videro ri-
sorte le forze , e tranquillazzat' i polsi . Per una mia
scrupulosità feci continuare per altri pochi, giorni qual-
che altra dose del detto decotto , e così il ragazzo
trovossi perfettamente ristabilito.
I succennati fatti , ed altri simili che per brevità
tralascio , i quali non restano dubbio alcuno riguardo
alla grande facoltà risolvente , e diuretica della digitale
gialla , mi animarono a sperimentarla anche in qualche
altra malattia , ove non vi fosse ristagno sieroso , ed
ove d' altronde si avesse pure bisogno di ricorrere
ai risolventi irritanti , come accade tutte le volte
che occorre promuovere la mestruazione , ed an-
che la locchiazione attrassata , ma non per malattia
organica. Ebbi in fatti la fortunata occasione di ciò
osservare per la prima volta in una giovane di circa
anni 18, la quale trovandosi mestruante fu soggetta ad
una fortissima passione d' animo , di cui 1' effetto im-
mediato fu quello di chiuderle l' utero . Disprezzò ella
per più mesi un tal inconveniente accaduto , adope-
rando solamente quelle piccole cose , che le donne in
simili casi son solite fare , e spesso infruttuosamente .
Ma vedendosi deteriorare l' appetito , e perdere il suo
solito colorito 5 si risolvè di consigliar me per potersi
( »49 )
sottrarre a tale indisposizione . Questa mi parve la più
lavorcvole circostanza di sperimentare la digitale . Glie
ne diedi dunque un buon numero delle solite dose di
quattro acini l'una, e la esorlai a prenderne due pel
primo, e secondo giorno, e tre nel proseguimento.
Fu in vero cosa meravigliosa dacché nel sesto , o
settimo giorno quella mestruazione, clie non avea vo-
luto ubbidire a molti ajuti antecedentemente appresta-
ti , comparve in modo , che arrecò spavento j sicché
il bisogno portò di dover sospendere il rimedio . Da
questo momento la giovane riacquistò 1' appetito , e do-
po pochi giorni il suo volto mostrò gli elletti delle
buone digestioni . Questa giovane è rimasa così affe-
zionata alla digitale , che appena osserva una tardanza
nella ricorrenza del suo tributo mestruo , ricorre im-
mediatamente all' impero di quella .
Merita finalmente tutta l' attenzione il segue nte
caso di un' altra donna di bassa condizione , la quale
dopo aver sofferto un felicissimo parto si ritrovava
nel terzo giorno del più regolare puerperio , quando
vide il neonato assalito di botto da forti convulsioni.
Ciò produsse, com'è solito accadere, una tale altera-
zione nella sua costituzione , che immediatamente l'ute-
ro si chiuse, interrompendosi perfettamente la locchia-
zione . L' addome si gonfiò ^ i polsi osservavansi feb-
brili , ed una sj)ecie di smania di già si appalesava .
Essendovi stato io chiamato, fui animato dall'antece-
dente osservazione ad amministrare la polvere della
digitale gialla . Mi servii quindi delle solite dose , da
(i5o)
doverne prendere quattro in ciascun giorno , non es-
sendovi tempo da perdere. Or queste produssero tanto
sollecitamente il di loro effetto , che fa al di sopra
della mia aspettativa. Dopo la introduzione della quinta,
dose di già si videro delle macchie sanguigne sortir
dall' utero . Queste crebbero dopo aver introdotta la
sesta , ed in tale stato si mantenne lo scolo per tutta
la notte seguente. Con maggior fiducia incominciò l'in-
ferma a riprenderne l'uso nella mattina seguente j ma
non ne potè introdurre che tre altre, giacché si avan-
zò tanto lo scolo , che bisognò sospenderne la ulteriore
introduzione. I polsi intanto si tranquillizzarono 5 l'ad-
dome riacquistò il primiero volume j cede la smania •,
e si rimise perfettamente nello stato primiero di sanità.
Non la terminarri per ora se volessi porre a ras-
segna , e qui riportare tutte le malattie osservate non
men da me , che da molti miei giovani , ed amici ,
nelle quali la digitale gialla ha spiegata la più grande
attività . Basta dire , che malgrado nello spedale di
S. Maria della Fede , dal di cui degnissimo Direttore
Signor Canonico Ricciardi niente si tralascia pel buon
trattamento delle inferme , io mi trovassi a medicare
i corpi li più astenizzati e maltrattati dai moltiplici e
variati effetti della sifilide , la digitale ciò non ostante
fa prodigi ri^^l^ idropisie , specialmente nelle asciti ed
idrotoraci , e nelle anche annose suppressioni delia me-
struazione. Tutti coloro quindi, che assistono alla mia
visita vanno ogni giorno in campagna a provvedersi
di tale pianta , ed animati dalle continue felici osser-
(i5, )
vazlonl r amministrano ben anche nelle case de' privati.
Niente poi dico di molti farmacisti , i quali di già ne
han preparata la polvere , di cui fanno uno spaccio
significante.
Spinto cjuindi da tali decisive osservazioni mi è
sembrato buono non dilungarne ulteriormente la pub-
blicazione. Deesi iu verità la digitale gialla stimare come
uno de' più grandi risolventi da farne conto per con-
seguenza tutte le volte che questi sono indicati . Con
ogni fiducia quindi sì può essa impiegare nell' ascile ,
nell' idrotorace , nell' anasarca , ed in tutte le malattie
idropiche . Vale altresì nell' asma umido e nella sop-
pressione della mestruazione , e locchiazione . Deesi
infine tener presente questa eroica pianta nell'emottisi,
che spesso mostrasi contumace a tult' i più valenti ri-
medj , come ho dedotto da altre mie posteriori osser-
vazioni , tlelle quali mi risèrbo parlarne in un' altra
memoria.
Dalle moltiplicate mie osservazioni ho rilevato ,
che per poter fare decisivo colpo nelle mentovate due
indisposizioni delle donne , fa d' uopo che non sieno
esse conseguenza di qualche febbre , la quale pone a
so([quadro tutto il sistema , e spesso lo gitta nel più
considerevole avvilimento. In questo caso all' uso del-
la digitale bisogna unire quel metodo curativo , che
vien indicato dalla particolar natura della febbre . Né
sarà inutile similmente il far riflettere , che quando
alle indicate malattie , nelle quali conviene la digita-
le , si accoppii V impegno di qualche organo , come
( i52 )
spesso accade nell' ascile ^ come pure vi siano chiarì
indizj della diatesi sifilitica , non bisogna fidare sola-
mente nella medesima ^ ma sarà prudenza unirvi nel
primo caso i così detti deostruenti , come per esempio ,
r estratto di cicuta, quello dello giusquiamo, la gomm'
ammonìaco ec. j e nel secondo le frizioni mercuriali .
Potranno i medici istituire delle altre sperienze , che
io non sarò alieno dal farle , onde osservare l'attiij'ità
di questa nostra pianta in altre malattie , ed in par-
ticolare nelle affezioni nervose , e scrofolose . Son si-
curo che non anderà guari perchè farà la medesima
una luminosa comparsa nelle materie mediche .
Ecco intanto 1' opportuno luogo , in cui mi dovrei
occupare del modo di agire della digitale gialla sulla
umana costituzione . Partecipando questa dalla mede-
sima natura della purpurea j spiegando la sua attività
nelle medesime malattie , e per conseguenza potendosi
a quella surrogare , dovrei entrar anche io nella tanto
agitata controversia , se , cioè , la digitale gialla agisca
stimolando, o pure controstimolando. Come però non
è a me ignoto tutto ciò , che riguardo al modo di
agire della purpurea si è detto da valenti Scrittori , in
particolare da' Dottori Bettoli , e Tommaslni ^ così
sembrami inutile riandare le istesse cose , ed impe-
gnarmi o pel sentimento del primo , il quale protegge
la forza stimolante della digitale purpurea ^ o del se-
condo , che ne sostiene la facoltà controstimolante .
Il mio unico scopo in questa occasione è di render
nota 1' attività della digitale gialla nelle indicate ma-
J
( ^53)
lattle , pubblicando le mie particolari osservazioni .
Altri forniti di maggiori lumi discuteranno meglio ta-
le qiiistione . Solo fo riflettere ai miei rispettabili Col-
leglli , che restando tutta via gì' istessi miei dubbj re-
lativi alla dottrina del controstimolo : dubbj esposti
in un' altra memoria inserita nel primo volume degli
Atti del nostro Reale Istituto d'Incoraggiamento , non
posso accordare , che la forza stimolante alla digitale
medesima . Il suo forte amaro , l' acre e l' astringen-
te , che contiene , l' aura graveolente , che tramanda
allorché riducasi in polvere j e molto più l' energia
che sviluppa in quelle malattie , ove chiaramente cam-
peggiano languore ed abbattimento-, sono per me tanti
argomenti decisivi , onde giudicare del suo modo di
j<gire analogo a quello di tutte le altre sostanze amare.
Benché nelle varie sperienze istituite io mi sia ser-
vito sempre delle foglie della digitale gialla , si potrebbe
ciò' non ostante far uso del rimanente della pianta. Al
di sopra ho fatto vedere , che la radice , il fusto ,
ed i fiori contengono i medesimi principi , ma in
minore grado. Volendosi perciò far uso di tali parti ,
è necessario accrescerne solo la dose. Riesce puranche
utile la digitale non solo in polvere , ma eziandio in
decozione. Né sono da trascurarsi in qualche occasione
gì' infusi , e gli estratti . Sarà sempre meglio però per
riuscire più presto nell' intento servirsi delle foglie sec-
cate all'ombra, e poscia ridotte in polvere sottilissima.
Tvè deesi trascurare il tempo della loro ricolta , che
sarà eseguita o prima della fioritura della pianta , o
ao
(i54)
dopo il seccarne nto del suo fusto. Riguardo poi alla
dose bisogna esser nella prevenzione , che volendosi pre-
scrivere la digitale in polvere , si può cominciare da
quattro granelli , e lentamente si può accrescere fino
ad otto ne' casi di massima urgenza. Questa dose a se-
conda del bisogno si replicherà anche più volte nel corso
del giorno. Sarà sempre meglio però introdurre più dosi
pìccole , che una grande. Nel caso si volesse usare la
decozione , la quale anche riesce attiva , si faranno bol-
lire due o tre dramme delle foglie in una libbra di ac-
qua , che si ripartirà in più prese. Per 1' infusione si
può impiegare la medesima quantità di acqua e di fo-
glie , ma debbonsi queste far soggiornare in essa alme-
no per dodici ore . L' infusione poi si può dare eoa
maggior libertà. Finalmente occorrendo dare l'estratto,
deesi sempre anteporre P acquoso allo spiritoso , e si
comincerà ben anche da pochi granelli.
Intanto uno de' titoli , che rende pregevole la digi-
tale gialla , si è quello di potersi avere le sue foglie
recenti in tutto l'anno. Essendo ella fornita di radice
perenne riesce grazioso 1' osservarsi , che appena è ac-
caduta la fruttificazione, dalla parte superiore, e late-
rale della radice istessa si sviluppa un gentil germoglio,
il quale trovasi] di già abbastanza ingrandito allorché
perisce il fusto dietro la perfezione de' semi . Questo
poi è quel gerraogho , che figura da caule nella nuova
stagione -, ed è quello , che reggendo ai massimi rigori
dell'inverno somministra eccellentissime foglie verdi in
tutt' i tempi .
( i55)
Finalmente non ignoro, che per compiere la storia
di questa importante pianta , dovrei dar termine alla
presente memoria col riportare la descrizione botani-
ca della medesima , e la sua figura . In questo modo
però non farei altro che ripetere le istesse cose dette
da altri , essendo essa nota a tutt' i botanici . Credo
perciò molto meglio rimettere per tale oggetto i miei
lettori alle opere di Linneo spec. pi. 807 , di Wildnov
pag. 283 , di Persoon Synopsis plantarum par. 2. pag.
162 ^ di Vitman Suinma plantarum tom. 3 pag. 5o4 «
di Haller Fior. Helvet. num. 332 , di Gio: Bauhino
Hist. 2. [). 814 5 dì Gaspare Bauhino pin. 224, di Mori-
sono Hist. 3. f. 5. tav. 8 , di Giacquino Hort.2.tav. 2o5,
ed infine dell' Orto Romano /. 2. tav. 88. , ove trove-
ranno non meno la descrizione botanica della Digitale
Gialla, che la sua bella figura (1).
(i) Dietro la lettura di questa Memoria furono dal
Reale Istituto invitati vnrj Socj , Professori di Me-
dicina , a sperimentare il valore della indicata di'
gitale j ed a riportarne i risultati. Tra gli altri vi
fu il Sig. Cavaliere S'acaresi , // quale non solo si
uniformò al parere degli altri Cotlcghi , ma per
convalidare sempreppiìi V attività di questa specie
di digitale , si die la lodevole pena di raccogliere y
e registrare molte delle sue osservazioni , la di cui
importanza spinse V Istituto medesimo ad ordinarne
ben anche la pubblicazione in questo secondo volume
degli Atti.
Nota del Compii.
( i56 )
Sulla miniera di Grafite di Olivadi nella Provincia
di Calabria Ulteriore. Memoria del Socio Ordi-
nario Sig. Giuseppe Melograni. Letta nell'adu-
nanza de' 7 Gennajo i8i3.
■.■<<^ «<»>»»»..
JUa Grafite di Ollvadi va tirando a se l' attenzione
del Governo , come quella che , supplendo il voto
che lasciò colla guerra la grafite inglese , potrà un
giorno o r altro prestare i medesimi uffizj , e ser-
vire ai medesimi bisogni , ed usi , cui serviva prima
questa ultima . Era di fatti giusto , che un minerale
cosi prezioso , che la Provvidenza pare avere quasi esclu-
sivamente conceduto alla provincia di Cumberland ,
ed alla Calabria ulteriore , fosse valutato egualmente ,
ed utilizzato sul piede medesimo nell' una e nell' altra
contrada. GÌ' Inglesi aprono le miniere di grafite di
Barrowdale nel distretto di Kesvig una volta in ogni
otto anni , e ne cavano tanto quanto basta per tutto
quel tempo al commercio. Questo metodo di versare
a bocconi una merce siffatta , mantiene una rarità ar-
tifiziosa , e proccura un traffico , che porta loro più
migliaja di lire sterline all' anno di lucro . I nostri al
contrario ignari del valore di questa merce , lasciarono
ai baroni , entro i cui feudi esisteva , la piena facoltà
di usare, ed abusare di un minerale tenuto generalmente
a vile , e negletto . I baroni , anch' essi meno istruiti
(i57)
del popoli, e del Governo, non sapendo trarre parlilo
migliore , vendevano la grafite nostra a' Messinesi a prez-
zo tenue e basso, i quali spiegando in questo affare un
personaggio tutto passivo, la rimettevano ai loro com-
mittenti in Venezia , e in Trieste , e pochissima ne
mandavano in Napoli a solo uso del disegno , dico a
solo uso del disegno , perciocché i nostri orefici non
sapendo allora costruire con essa 1 crogiuoli apiri , fa-
cevano venire questi da Passau , e da altri luoghi di
Germania , pagando forse al ritorno la nostra materia
lavorala a danaro contante .
Sarebbe quindi interesse del nostro benefico Go-
•verno di spingere avanti la coltivazione di un mine-
rale ch'è tutto nostro , che le montagne danno a dovi-
zia , che può riempiere i nostri bisogni , e quei dei
popoli confinanti , e che con promuovere , ed animare
questo ramo d' industria , verrebbe a sottrarci da quel
tributo , che per siffatto genere paghiamo tuttodì agli
stranieri. Sembra che ciò consigli la politica, che ciò
lichicgga r utilità . ^,/,
Queste vedute hanno già determinato II Governo
a fare de' passi che menano a questo scopo ; siccome lo
[ "scavamento dalle miniere consuma una quantità di le-
• gname per la fortificazione interna, ed un'altra niag-
■^ giore ne consumano i minerali per loro trattamento , e
i. questa non si può ottenere che dai boschi bene ammi-
«^nislrati , era perciò necessario lar precedere una legge.
;.forestalo , che servisse come di preparazione al ramo mi-
•^neralogico. Ciò fa fallo colla promulgazione della leg-
ge organica delle foreste , data fuori ai 20 gennajo del-
Tanuo 1811.
(158)
In questo medesimo tempo conoscendo la Direzio-
ne della Reale Artiglieria di Napoli la necessità che avea
l'Arsenale di questo minerale, domandò a S. M. per
mezzo di S. E. il Ministro dalla Guerra, il permesso
di proseguire avanti a conto suo la coltivazione della
miniera di Olivadi ^ onde trarre di là un articolo tanto
bisognevole agli usi moltiplici di quella officina. Il Re
si compiacque approvare la domanda , ed oggi il la-
voro della miniera è riguardato come un'appendice di
quello della Mongiana .
La prosecuzione di questo scavamento non reca
detrimento alcuno ai boschi , perciocché non avendo
bisogno la grafite di processi metallurgici , ma venendo
fuori tutta pura e perfetta dalle mani della natura , le
foreste quindi poco o nulla ne soffrono .
Questa stessa ragione dovrebbe animare il Governo
a fare coltivare le altre miniere di grafite sparse nella
Calabria Ulteriore , onde stendere questo ramo di fi-
nanze di una maniera più celere , e vantaggiosa 5 e '1
mezzo j>i^ conducevole sarebbe quelio , di concedere
dette miniere alle società particolari de' cittadini sotto
alcune date condizioni , che esprimano la natura di
queste concessioni secondo T uso degli stabilimenti me-
tallici .
Mentre io mi trovava in commissione alla Mon-
giana nel i3ii , incaricato per l'ingrandimento delle
miniere, e fonderia di ferro, ebbi ordine diportarmi'
ad osservare la miniera di Olivadi , e fare delle mie
osservazioni un minuto rapporto. Io che amava di «ve-
( i59 )
dere una miniera che non avea veduto ancora , colsi
volentieri 1' occasione , e movendo dal luogo di mia
dimora , dopo un viaggio di 3o miglia , pervenni final-
mente ad Olivadi.
Descrizione topografica della miniera di Olivadi ,
e delle montagne adjacenti.
Giace la miniera di grafite sovra una montagna
posta nel lenimento di Olivadi , compreso nel circon-
dario di Gasparina , distretto di Catanzaro nella Cala-
bria oiienlale , quattro miglia distante da Olivadi , otto
dal mare , allreltanli da Squillace , diciotto da Catan-
zaro , e 270 da Napoli. Avanti di entrare nella miniera,
divisai conoscere preventivamente la posizione topogra-
fica , e geologica delle montagne limitrofe , onde tirare
da questa conoscenza un risultato più o meno proba-
bile degli andamenti di tutta la paile montuosa , che
cinge la miniera. Apersi questo mio pensiero al Capi-
tano di Artiglieria De Vouge preposto ai lavori di que-
sto scavamento , e mio compagno di viaggio in questa
visita , il quale mi condusse sovra la cima di una mon^
lagna più elevata, denominata Serra alta , sulla costa
della Rivisa , la quale , mentre serve di frontiera , ai
lenimenti di Maida, di Laconia , di Girifalco, di Fila-
delfia , Polia ec. domina una vasta estensione di paese.
Arrivato lassù , quale spettacolo imponente si aperse
alla vista ! mirava ai miei fianchi due mari opposti , il
mare di mezzogiorno , ed il mare di settentrione , scoi-
( i6o )
geva a manca un buon tratto del Tirreno colla mae-
stosa prospettiva di Strongoli , e di tutte le isole Eo-
lie , a destra il mare di Squillace quasi sino al ca-
po delle Colonne j, mi trovava sul dorso di una mon-
tagna , che costituisce il punto intermedio tra 1' uno e
l' altro mare , dì una montagna impiantata nella parte
più esile ed angusta del regno, mi trovava là, ove la
gamba , e lo stivale dell' Italia si accorcia e stringe al
maggior grado possibile , ove il passaggio di un mare
air altro non. occupa che il tempo di mezza giornata ,
ove pare volesse la natura un giorno o 1' altro riunire
i due mari , tante e tali sono le tracce terribili impresse
in questo breve punto del nostro continente . Esso è
chiuso dalla parte del nord tra i due fiumi Angitola ,
e Lamato , da quella del sud tra il fiume AUi , e la
punta di Stallatti . Questo spazio comprende i circon-
dar) di Maida , e di Monterosso appartenenti al di-
stretto di Monteleone , e dall' altro lato i circondar]
di Chiaravalle , di Davoli , di Gasparina , di Squillace,
e di Borgia , attinenti al distretto di Catanzaro.
Descrizione geologica delle inontagne , che formano
listmo del nostro continente.
Le montagne, che radono l'Angitola, e Lamato ,
formano dei poggi , che si vanno mano "mano elevando
a guisa di gradini sino alla montagna ove io mi era ,
e delle scarpe formano le montagne opposte contenute
tra AUi , e la punta di Stallatti , colla differenza , che
( i6i )
sono queste meno distinte, meno decise delle prime,
più confusamente conglobate, ma le une, e le altre si
accordano perfettamente insieme nell' interrompere in
<juesto luogo il corso, e la continuazione delle montagne
primitive, e torreggianti della Sila con quelle della Ser-
ra , e di Aspromonte , e nel formare 1' anello più de-
clive , e depresso della gran catena degli appennini .
Questa specie di gradinata si osserva assai più distin-
tamente nel rimanente della Calabria Ulteriore , comin-
ciando dal Pizzo sino a Reggio.
La roccia di ambe le coste sovraindicate consiste
nel gneis di una tessitura scistosa più o meno grosso-
lana , colla differenza che il gneis di Maida più netto,
e più puro nei suoi componenti , per la preponderanza
del feldspato sulla mica , e sul quarzo , sembra vo-
lersi ravvicinare al granito ^ 1' altro dell'AngitoIa è più
ferrigno , e come si va elevando verso Filadefia , o
Polla , comparisce penetrato di ocra di ferro , e la copia
di essa è tale e tanta , che sembra formare su queste
alture il cappello , e '1 tetto delle montagne. Lo stesso
si osserva nelle coste opposte che* guardano il mare di
Sovarado e di Squillace , e posso francamente asserire
che il gneis del mezzogiorno presenta la sembianza
medesima , la medesima struttura , serba lo stesso con-
tegno , offre i medesimi caratteri , porta i medesimi fos-
sili stranieri o subordinati , che porta ed offre il gneis
del settentrione.
In questo spazio appunto , compreso nelP istmo ,
sembra aver la natura concentrato la grafite , come si
21
( i62 )
rileva da quella di Lamato, da quella di Monterosso,
non lungi da Monteleone , e dall' altra di Olivadi. Nel
giro da me fatto lungo i gioghi, e le curvature di que-
ste montagne , osservai , dai segni geologici , forieri dei
minerali , che tutta 1' aja montuosa circonscritta dal-
l' istmo , dovea essere più o meno carica di grafite ,
ciò indicando l' acqua tinta dei ruscelli che si gittano
neir uno , e nell' altro mare , V ocra di ferro , e l' indole
della roccia. Avendo palesata questa mia conghiettura a
molti dei circonstanti , avvenne , dopo un mese che io
mi era già ritirato alla Mongiana , che , facendo alcuni
dei tentativi , trovarono verso Polìa una traccia non
indifferente di grafite , di cui mi si presentò una mo-
stra simigliante affatto a quella della miniera di Oliva-
di 5 ed altri , cavando verso Filadelfia dei pozzi , e delle
fosse , si abbatterono ben anche in diverse strisce di
grafite , ciocché accadde parimente nelle vicinanze della
miniera. Tutto ciò , confermando il mio giudizio, fa cre-
dere aver la natura largamente profuso questo minerale
nel tratto montuoso , chiuso da qui da Lamato , e dal-
l'Angitola , di là da Alli , e da Stallatti , e che non
aspetta che la mano dell' uomo per darlo fuori , e
darlo generosamente. Fatte queste poche osservazioni,
mi condussi colla stessa compagnia a visitare la miniera
di grafite , che passo brevemente a discrivere.
( i63 )
Descrizione della miniera di Olivadi .
I. Natura, e caratteri della roccia.
Lo scavamento di questa mioiera è spinto in una
specie di gneis , che presenta in tutta la sua mole una
varietà prodigiosa di contrasti , e di modificazioni : ora
la roccia si manifesta pura come quella di Maida , ora
ferrigna come l'altra dall'Angilola, spesso spesso compa-
risce carica di granati ignobili di un rosso cupo , parte
freschi , parte caduti e scomposti , ora aspersa di horni-
blenda , ora di solfuro di ferro ^ qualche volta vi pre-
domina il quarzo , e la mica , e la sua tessitura scistosa
e sottile affetta l'aria di scistomica • in somma il gneis
di questa miniera si diletta di riunire in se , nello
stesso luogo , nello stesso spazio , nel tempo stesso ,
tutte insieme le metamorfosi, e i passaggi , che sogliono
altrove accompagnare le rocce ne' tempi , negli stati ^
e nelle circonstanze diverse.
2. andamento degli strati.
»
Gli strati di questa montagna vanno da Mezzo*-
giorno a Settentrione con una inclinazione verso il nord
cosi brusca , e rapida che sembrano volersi ravvicinape
alla perpendicolare j altri strati all' opposto -solitarj i,
spiccandosi da Occidente verso Oriente ,• 'fagliano i
primi in senso contrario. In somma la stratificazion«
( i64 )
plesenta qui le stesse mosse , la vaghezza stessa , che
offrono altrove i con}ponenti della roccia . Tra questi
strati trovai iazeppato un sasso solitario , che rintuzzava
gli acciai più squisiti , che mi parve a tutt' i caratteri,
esterni il vero grunstein dei Tedeschi , chiamato da
Vallerlo Saxiim Feireiim. Esso è composto d' horni-
Jjlenda , feldspato, e mica, in modo che l'horniblenda
di color verde cupa constituisce la massa dominante
del composto , il feldspato la parte minore , la mica
solitaria la parte menoma. Questo sasso , siccome ap-
partiene alla famiglia dei trappi, o alle rocce di transito,
avrebbe dovuto occupare l'apice, o la parte superficiale
della montagna ^ e non già trovarsi inzeppato negli
strati profondi del gneis. Credo che tale fenomeno venga
da cagione straordinaria , da tremuoto , o altro , che
vivesse dimosso , e precipitato là quel sasso.
3. Descrizione del filone , e suoi caratteri.
La grafite di Olivadi pare , dal poco che si vede
scoverta , volere constituire un filone regolare , e per-
manente , che si prolunghi e sfili ben lungi assai nella
roccia , la cui direzione , ed inclinazione non sono an-
cora perfettamente determinabili , perciocché , non essen-
do i lavori molto estesi, s'ignorano conseguentemente
le vere mosse de' suoi andamenti. Nello stato attuale ,
siccome affetta esso tutta l' aria di filone , io passo a
descriverlo come tale , aspettando , che la prosecuzio-
( i65)
ne ulteriore degli scavamenti inetta a giorno il vero
Éuo carattere , se debba ascriversi tra il numero de' fi-
loni, o degli strati minerali.
Presenta questo filone nello stato attuale la forma
di una forca bidentata , il cui manico ha tre palmi di
potenza , e i due denti presi insieme pareggiano il vo-
lume stesso del tronco . Costituiscono essi un' ellissi
aperta verso settentrione , la cui lunghezza , presa
dal primo punto dell' apertura sino all' estremità , è
di quattro palmi . Ma questa lunghezza non procede
molto lungi , poiché le due vene , o ramificazioni in-
dicano volersi riunire di nuovo un poco più giù , é
ricomporre il primo tronco. Al lato sinistro del filone
verso Oriente , alla distanza di sette piedi , si osserva
un' altra venetta di grafite paralella alla forca , che sem»-
bra sfioccarsi anch'essa dallo stesso tronco principale j
ma nel punto ov' esso sta sepolto , ed ascoso . Batte
questa vena la stessa via , e serba 1' ordine stesso , che
serba il filone. La direzione di queste vene è da Mez-
zogiorno a Settentrione , e pare che abbioscino , e pen-
dano verso Occidente.
4> Natura della matrice.
La matrice, o gangue, che accompagna il filone,
e le sue ramificazioni , tanto dalla parte pendente ,
quanto dalla parte giacente di esso , consiste in una
specie di argilla friabile, untuosa al tatto, che affetta
( '66)
l'aspetto di steatite, proveniente dalla fatiscenza del
feldspato , e della mica , la quale , asciugata , e indu-
rita alquanto , si manifesta per una vera litomarga di
colore gialliccio. Qualche volta succede , ma di raro ,
che il gneis si trova in alcuni punti poco o nulla scom-
posto , o alterato , e in questo caso , stando a contatto
immediato col minerale , si veste superficialmente di
un intonaco di grafite , che gli è tenacemente aderen-
te , siccome mostrano alcuni pezzi da me scelti a que-
sti caratteri.
5. Qrafite di Olivadi , e sua differenza da quella
di Lamato , e Monterosso.
La grafite di Olivadi comparisce diversamente mo-
dificata secondo le circostanze locali , e le sostanze
concomitanti -. generalmente è dessa di una tessitura
scistosa sottile , a grani fini , fornita raramente di la-
minette flessibili, che ubbidiscono alla pressione , sino
ad un certo dato segno senza rompersi , come attestano
alcuni pezzi da me scelti a queste note . Il suo colore
va al grigio violetto , più «o meno chiaro^ le varietà di
un grigio lucido si trovano meno inquinate , ed ubbi-
discono più facilmente alla zona . Ordinariamente si
trova essa aspersa di grani quarzosi solitarj , prove-
nienti dalla scomposizione del gneis j spesso spesso
porta fra mischiati de' granati ignobili , spezialmente là,
ove il filone rade quella varietà di gneis che porta seco
I
( i67 )
questo (ossile accidentale , ed ove la risoluzione della
roccia , abbandonando i granati a se stessi , vanno que-
sti cadendo , ad impiantarsi nella massa del mine-
rale. È accompagnata ben anco da picciole tracce di
solfuro di ferro , per lo più impercettibili.
Le grafiti poi di Lamato , e Monterosso si pre-
sentano a strati decisi , di una tessitura scistosa più
compatta , di un grigio violetto sporco e scuro , e pie-
ne zeppe di solfuri di ferro in massa.
Differenza tra la grafite della Calabria Ulteriore,
e quella d Inghilterpi.
La grafite di Barrowdale nel distretto di Kes*
vig nella provincia di Cttmberland esiste in una mon-
tagna di scistargilla di color grigio verdognolo , mi-
schiato di steatite , di piccioli grani di spatocalce ,
e di sottilissime strisce di quarzo di un colore bianco
verdognolo. Si manifesta essa diversamente conformata ,
ora dispersa nella roccia in pezzi grandi e piccioli di
forma globosa o ovale ^ ora in pezzi scistosi compatti ,
dì una superficie specchiante , peiielrati internamente
di grani di steatite di color grigio verdognolo , di li-
te marga di un bianco sporco , e di picciole macchie
di ocra di ferro, ora in pezzi solitarj, aspersi soltanto
di ocra di ferro , e qualche volta comparisce ingrom-
mata nella stessa roccia , accompagnata da solfuri di
ferro. Da questa posizione risulta che la grafite inglese
ha dei caratteri particolari, che la distinguono da quel*
( i68 )
h\ di Calabria , perciocché ove questa si trova nel gneis ,
la cui risoluzione , proveniente principalmente dal feld-
spato , versa nel minerale una quantità non indiffe-
rente di particelle quarzose , 1' altra al contrario si tro-
va nello scistargilla , accompagnata dalla steatite , so-
stanza anch' essa untuosa , molle , e tenera , che nulla
deroga alla qualità della grafite ^ e se vi si trovano in
questa roccia delle strisce di quarzo , queste sono rare
ed impercettibili , e non così facili a scomporsi . La
grafite inglese ha di più una grana fina , sottile , coe-
rente , che si presta a qualunque trattamento.
Ciocché succjgde alla grafite , si avvera parimente
nel regno minerale di molti altri individui della stessa
specie , ove le differenze accidentali , e parziali vanno
a costituire la gradazione delle varietà . E se noi vo-
gliamo consultare la mineralogia geografica , porge essa
molti attestati di tali discordanze ; i cristalli per esem-
pio della calce fluata, del quarzo, dello spatocalce ec.
di Boemia , Sassonia , Ungheria non sono perfettamente
di accordo coi cristalli della stessa specie esistenti in
Inghilterra : e se mai succeda , che si presentassero
confusi tutti insieme in un armadio , un occhio pra-
tico , e ben esercitato distingue gì' inglesi dai tedeschi
al lustro , alla vivacità , al brio , e a cetti tratti ignoti
più facili a discernersi, che ad esprimersi. Queste mo-
dificazioni , vengono principalmente dal clima , dal
suolo , e dalle sostanze concomitanti , le quali impri-
mono a ciascun individuo la divisa della patria ,ì e la
propria costituzione fisica. Tuttavia non alterano esse
( ^^9)
il carattere distintivo della specie , come si ravvisa
nell' esempio delle tre varietà di grafite sovraindicate ,
le quali convengono insieme nel carattere fondamen-
tale, e costitutivo della specie.
In quale ordine di montagne '■
esiste la grafite.
•
Da ciò che si è detto poco sovra risulta , che la
grafite si trova ordinariamente nelle montagne primi-
tive : di fatti non solo quella di Calabria s' incontra
nel gneis", e quella d' Inghilterra nello scistargilla , ma
ben anche V altra di Schonpikel sotto Ens , tra Glo-
cknitz e Schattwien nell' Austria si trova , sebbene in
picciolo partite , nello Scistomica. Quella poi d' Invier-
tel , vicino Passali , comparisce a picciole dosi , ora
disseminata , ora impiantata , o sovrapposta ad una
massa granitosa , o incrostata qua , e là a modo dì
macchie sulla superficie del quarzo.
Or la difficoltà consiste a spiegare come mai la
grafite si rinvenga in questa specie di montagne, quan-
do gì' infiammabili , al parere dei mineralogisti , alber-
gano generalmente nelle montagne secondarie , o stratose
contemporanee ai regni organici ? Tuttociò è vero , ma
è anche vero , che la natura non si lascia circonscri-
vere da legge alcuna nei suoi andamenti. Dalle osser-
vazioni geologiche da me fatte sulla faccia de' luoghi ,
quando fui a visitare la grafite d'Inghilterra, e quella
di Calabria , mi accorsi , che Jo scistargilla di quella ,
22
( I70 )
e 'I gtiels di questa non aveano di primitivo che il solo-
embrione : il primo affettava tutta V aria di roccia di
passaggio , ed imitava perfettamente i caratteri degli
scistargilla di Colbrookdale , e di Marty che sono in-
dubitatamente secondar] , distinti dai primitivi al colore
smorto , alle picciole scaglie di mica disperse coafusa-
mente qua e là , alla vicinanza degli scisti a base di
pietrarena e di grauwacke , e qualche volta alla pre-
senza dei petrificati che portano addosso.
Le montagne di gneis comprese nell' istmo della
Calabria ulteriore si mostrano egualmente svisate, scom-
pigliate , ed alterate in modo che non si ravvisa più
in esse , che qualche misera traccia della loro prima
origine : le adiacenze di Borgia , le quali costituiscono
una parte dell' istmo , offrono una pietrarena zeppa di
petrificati, che forma il cappello al sottostante gneis 5 e
le vicinanze di Filadelfia, Girifalco, e Polìa, e tutte
le coste lungo il mare di mezzogiorno presentano segni
di rivoluzioni , e di sconcerti assai più decisi . I tre-
muoti del 1783 cagionarono quivi de' danni terribili,
giusto perchè trovarono le montagne disposte allo svi-
luppo delle cagioni produttrici di questo flagello. Por-
tando quindi tali rocce la sembianza di rocce di pas-
saggio , poteva benissimo succedere , che avesse la na-
tura accumulato in esse la grafite , ed altre sostanze
infiammabili j ed i mineralogisti stessi assicurano po-
tersi trovare in questa sorta di rocce dei bitumi , e dei
petrificati.
' ( '71 )
Natura della gi'ajite , e come si produce ne^ forni ,
ove si fonde il minerale di ferro.
La grafite , detta volgarmente piombaglne , fu lun-
gamente confusa col moliddeno , e noi non sappiamo
ia sua vera natura , che dopo i saggi fatti da Scheele ,
Monges , Bertholet, e da altri valenti chimici. Da que-
sti siamo assicurati non essere altro la grafite che un
vero carburo di ferro , vale a dire , un composto di
carbone , e ferro , combinati in modo , che il primo
forma la massa maggiore ,6 1' altro la parte minore .
Ha esso tutta la natura di corpo infiammabile, brucia
lentamente , e per bruciare ha bisogno di essere espo-
sto alla grande aria , e di essere spesso dimosso , e vol-
tolato. Ignoriamo poi quale sia la sostanza che impri-
me al carburo di ferro l' indole sua untuosa , e scri-
bente , se sia il ferro , o il carbone , ovvero tutti e due
insieme , o qualche acido esistente in uno stato ancora
ignoto come pensa Flahnenmanns t Ciocché sappiamo
di certo è , che si forma esso frequentemente nelle for-
naci , ove si fonde il minerale di ferro , come ebbi
occasione di osservare più volte nella fonderia della
Mongiana.
Ciò succede quando il minerale del ferro , conce-
pendo nella fornace una temperatura di calore assai
alta , e continuata , si riduce in parte , e in parte si
ossida. Questa qualità di ferro dipende principalmente
dalla sproporzione della carica , o mescuglio , perchè
ove il carbone prepondera di molto sul minerale , al-
( 172 )
loia si ottiene un l'erro , che i fonditori chiamano bru-
ciato , di un colore nerognolo , e di una rraltiua sca-
gliosa. In questo caso appunto avviene , che una por-
zione di ferro si evapora , e si volatilizza , e con essa
ancora si volatilizza una porzione di carbone , che fram-
mischiandosi insieme , e spandendosi nella fonderia in
forma di pioggia , questa si attacca , cadendo , alla
superficie de' corpi che incontra . Avviene ancora in
tempo dell' operazione , che trovandosi il ferro troppo
assottigliato , e vaporoso , una porzione di esso viene
assorbita dal carbone 3 assorbimento , che il tramuta ia
vero carburo di ferro , il quale scappa, via dal forno
confuso colle scorie. Queste sono appunto le due va-
rietà di carburo di ferro , che si osservano alla Mon-
giana , quando il processo metallurgico si risente del
vizio sovraindicato. La prima varietà di questo carburo
di ferro , come più pura , si raccoglie con diligenza , si
impasta coll'argilla , o colla polvere di carbone , e serve ,
battuta , a formare la base de' fornelli a riverbero. L'al-
tra poi si vede diversamente modificata 3 perchè , o i
pezzi di carbone si trovano interamente cambiati in
parte , o incrostati superficialmente di grafite , modifi-
cazioni , che si ravvisano tutte nei gran cumoli delle
scorie gittate sulle sponde dell' alaro sottoposto alla
fonderia.
( ^73)
De' lavori interni della miniera d' Olivadi.
Ora tornando ai lavori della miniera , posso fran-
camente asserire , che il metodo tenuto finora a spin-
gere avanti questi scavamenti , sia il più assurdo , il
più imbarazzante del mondo , sia quello stesso che u-.
savano i popoli antidiluviani , o che userebbero i sel-
vaggi di tutt' i tempi. Basta dire che la maniera tenuta
ad aprirli , e spingerli avanti , sia stata quella di a-
prirli e spingerli alla scoverta , per dire tuttociò che
di vizioso , e di sconsigliato può dirsi in questa ma-
teria. Ecco un breve quadro della miniera di Olivadi .
Figurate una voragine fatta a modo di cono rovescio,
o di una campana capovolta , che abbia un altezza di
194 palmi napolitani , un diametro nella sua massima
apertura di 200 palmi , ed un fondo di 3o palmi , tutta
intagliata nel gneis , tutta grondante acqua , non già
a gocce , ma a rivoli , e in tempo di pioggia a torrenti ,
che va tutta ad imboccare nel fondo del cono , e a for-
mare un lago. Questa appunto è la miniera di Olivadi.
Una posizione così minaccevole , non manca di ca-
gionare tuttogiorno effetti funesti alla vita de' minato-
ri , e frapporre ostacoli insuperabili al proseguimento
de' lavori. Infatti succede spesso , che le acque operan-
do tempestosamente contro le pareti del cono , vi pro-
ducano smottamenti enormi , che fanno de' grandissimi
guasti j e se mai avviene , che corrano placide e tran-
quille , non lasciano , nello stato di calma , di rodere
pian piano quel glutine , che serve di coesione a' ma-
( 174 )
cigni f di scantonarli , e precipitarli già . Succede an-
cora , spezialmente in tempo d' inverno , che i geli ,
frapposti tra strato e strato , o tra le cavità della roc-
cia , facendo 1' uffizio di cunei , staccano grandissimi
massi 5 e più frequentemente accade , che la terra ve-
getabile, che circonda le margini della voragine, dimos-
sa la base sottostante , dirupi anch' essa , e precipiti ab-
basso , e che la superficie interna del cono , esposta
all' azione libera del sole , e dell' aria , si scomponga
è risolva , cagionando continui e successivi scoscendi-
menti.
Piano di una galleria di scolamento.
Queste circostanze doveàno naturalmente sommer-
gere la miniera , riempirla di rottami di ogni genere ,
e bepellire lo strato o filone della grafite. L'antico pa-
drone della miniera, volendo proseguire avanti la
coltivazione della grafite , divisò aprire una galleria
di scolamento ad oggetto di votare l' acqua dal co-
no , sbarazzarlo dalla congerie inutile , e scovrire di
nuovo il filone. Il piano o progetto di questa galleria è
bizzarro è rivoltante , e 'l peggio si è , che fa eseguito
tale quale fu proposto , ed ecco come . Immaginate
di avere sotto gli occhi la gran voragine , chiusa in-
torno intorno da mura torreggiami j immaginate , che
una porzione di esse guardi verso mezzogiorno un
vallone sottoposto , che abbia questo spazio un pen-
dio , ed una distanza di 5oo palmi sino al vallone ;
( 175 )
in questa linea appunto fu fatto il taglio della galle-
ria , e fatto iu tutta la sua lunghezza dall' apice del
mu Taglione sino alla sponda del vallone , e fatto ia
tutta r altezza dalla sommità della montagna sino al
fondo del cono , taglio due palmi largo , taglio che ha
per letto il suolo della galleria , e per tetto il cielo.
Questa è appunto la galleria fatta, cavare dal possessore
del luogo.
Bettificazione di questa galleria.
Passata in questo tempo la miniera nelle mani del-
l'Artiglieria , il capitano Devouge accorgendosi, che
un opera siffatta andava esposta a gravissimi incomodi,
divisò dare a questo cuniculo una forma migliore ,
onde trarre l'utile, che si attendea da esso, qual era
appunto r evacuazione dell' acqua , e la scoverta del fi-
ione. Fece perciò intravare arabi i lati di questo gran
solco , o taglio con pilastri di faggio robusti , alti sette
palmi , impiantati verticalmente nel suolo della galleria,
sulla testa dei quali fece sovrapporre le cornici in mo-
do , che formassero tanti angoli retti coi pilastri , e fa-
cessero tutti insieme una tettoja continuata sino alla boc-«
ca (iella galleria. Dal tetto in su fece disporre di tratto in
tratto delle travi traversali inzeppate in ambi i lati della
roccia, onde sostenessero, e dividessero col tetto la fu-
tura carica. Oggi si va mano mano riempiendo il vo-
to , che resta in tutta la larghezza, e profondità delle
due montagne laterali. JVello stato attuale ( risecato lo
e 176 )
spazio occupato dalla fortificazione ) la larghezza della
galleria si riduce ad un palmo e quarto , la sua pro-
fondità perpendicolare , presa dal fondo del cono sino
alla sponda del vallone a 5o palmi , e la sua lunghez-
za a 3oo. Un lavoro così rattoppato secondò in parte
l'oggetto , 1' acqua fu evacuata , e '1 filone scoverto. Ma
siccome gli scavamenti furono da quel momento spinti
più giù , la galleria si trovò inutilizzata , e le acque , se-
guendo a percolare dalle pareti del cono , si adunava-
no nella parte più ima , attraversando sempre le ope-
razioni j e non ostante , che si fossero praticate su i
lembi superiori della voragine delle sezioni ben intese
per deviarle , ed imboccarle in un canale comune , che
le scaricasse nel vicino vallone, tuttavia la copia, che
si accumula tutto giorno nel fondo , è tale , che due
barili attaccati all' argano non bastano ad esaurirla. Ol-
tracciò non ammettendo questa galleria per la sua an-
gustia r accesso libero al minatore per risarcirla , suc-
cede naturalmsnte , che le cornici , e i pilastri , che si
vanno via via corrompendo , non venendo rimpiazzati
dà altri più freschi , si tireranno inevitabilmente dietro
u» croUamento generale. -
( 177 )
Mezzi praticati ad assicurare le persone
degli operai , e la continuazione
dei lavori.
Appena terminata la galleria di scolamento , la
seconda operazione fu quella di assicurare le persone dei
minatori da' pericoli che doveano temere dal lato della
roccia. A questo fine il citato capitano di artiglieria fece
piantare intorno intorno al fondo del cono delle travi
robuste commesse insieme eoa altre travi poste in traverso
egualmente forti nhe le prime , e poi un altro incrocia-
mento di legname legato ed uaito di una maniera stabile ,
e sovra quest' ultimo un intavolato bpn inchiodato col
tetto. Questo doppio ordine d' intravamento sarebbe
stato sufficiente a mettere gli operai a coverto di qua-
lunque insulto , se le circostanze locali non portassero
la necessità di sturbare , e di muovere spesso spesso dal
sito loro le travi fondamentali j perciocché calando giù
i lavori a gradini discendenti , il lineamento deve na-
turalmente cangiar sito come cangia di base , e que-
st' alternativa di cambiare i pilastri , e portarli da un
luogo all'altro è quella che rende l'architettura labile
e minacciosa.
23
( 178 )
Piano di mi lavoro mineralogico da seguirsi
nella miniera di Olivadi.
Siccome i tentativi fatti , e i mezzi praticati finora
poco o nulla risposero al fine proposto , bisognava con-
seguentemente introdurre un sistema di coltivazione
più diritto , meno dispendioso , e fondato sulle regole
dell' arte. E siccome le operazioni antecedenti si risen-
tivano di una tale quale imperfezione, e la galleria, e
l'architettura avevano inerenti de' vizj umanamente in-
corregibili , proposi doversi assolutamente abbandonare
le opere fatte nella voragine , e ricominciare un lavoro
più regolavp , e in un sito più Convenevole : progettai
quindi 1' apertura di una nuova galleria dal lato del
vallone , che si trova ad Occidente della miniera , e
propriamente nel luogo da me segnato. Questa galleria
andrà dopo un pajo di centinaja di palmi a raggiun-
gere la grafite , e servirà nel tempo stesso di scolamento
alle acque , e di trasporto al minerale , e alle materie
inutili. E quando mai la necessità portasse doversi a-
prire un' altra buca per mantenei'e la circolazione del-
l' aria , dovrà ciò farsi sul dorso della collina in un
punto , che andasse a scendere a piombo sul suolo della
galleria , ciocché sarà determinato dalle operazioni tri-
gonometriche. Accompagnai' questo mio piano di tutto
ciò, che poteva illustrare, o interessare i futuri lavori,
dando nel tempo stesso le misure , e le regole da ser-
( 179 )
barsi nell' esecuzione. Di questa maniera si eviteranno
tutti gl'intoppi, e pericoli, che presenta la voragine,
e con essi le spese ingenti che si tira dietro la forti-
ficazione interna del luogo .
Uso della grafite.
La grafite serve a diversi usi : mischiata ad una
proporzionata quantità di argilla , è ottima per i cro-
giuoli api ri ^ serve a fare i mattoni refrattarj per la co-
struzione de' forni a riverbero -, serve a pulire i vasi di
ferro , a' quali comunica un bel lustro , ed imprime in
essi una specie di vernice , che gli preserva per qual-
che tempo dalla ruggine j serve anche , stropicciata tra
gli orecchioni, o cardini delle ruote , n diminuirne l'at-
trito 5 serve pure a raddolcire le palle di piombo ad
uso di caccia , rotolandole nella polvere di grafite j
serve a far parte di quella composizione , che si ap-
plica al cuojo, ove si fanno passare e ripassare i rasoi j
serve ad uso del disegno , e principalmente alla ma-
nifattura de' lapis .
Manifiittura de" nostri lapis.
Volendo tentare se la grafite di Olivadi desse dei
lapis cosi buoni come quelli d' Inghilterra , mi presi
la cura di farne le pruove , assistito dal Sig. Dome-
nico Barilaro primo ebanista della Mongiana . I risul-
tati de' primi saggi doveano naturalmente risentirsi di
( i8o )
una tale quale rozzezza , che suole sempre accompa-
guare i cominciamenti delle novelle manifatture , e que-
sta imperfezione nel caso nostro era tanto più certa ,
quantochè nulla vi era , che potesse farci sperare una
mediocre riuscita . Mancavano le zone atte a tal uo-
po , mancavano le trafile , mancavano gli utensili op-
portuni , ed io era altronde persuaso , che la squisi-
tezza de' lavori dipende principalmente dalla bontà del-
la materia , dalla mano esercitata , e dall' apparecchio
convenevole. A fronte di questi ostacoli feci segare un
masso di grafite pesante 67 rotoli , che trovai inqui-
nato di particelle quarzose , che rintuzzavano forte-
mente la zona , ed impedivano , che le tavolette , o
sbarrelle dì grafite venissero fuori cosi condizionate
come esige il lapis ^ e di quella misura e lunghezza ,
che richiede la bacchetta : vi bisognavano tre e quattro
pezzetti di grafite per riempiere 1' astuccio , e questi
aveano poca , o nessuna coerenza , aveano una grana
grossa , e stritolabile al menomo urto. Feci quindi se-
gare un altro masso di rotola 26 , che manifestò gli
stessi difetti del primo j ma tasteggiando via via di-
versi punti di ambi i massi , trovai de' frammenti , che
mi parvero meno ingombri di selce , i quali soggettati
alla zona diedero fuori tavolette di grafite più tollera-
bili delle prime , e sebbene non avessero esse la lun-
ghezza ricercata , né la grana la più lodevole , tuttavia
provate sulla carta palesavano un tratto mediocre per
la formazione de' contorni.
( »8i )
Mi accorsi , facendo questi saggi , che la grafite
fresca , uscita allora allora dalla miniera , era poco atta
alla costruzione de' lapis , ma esposta all' aria , e sta-
gionata per qualche tem])o , si rendeva più agglutinata ,
più asciutta , e più unita ^ mi accorsi ancora , che per
avere de' lapis fini bisognava scegliere la grafite più
pura , di una grana picciola , eguale e compatta , e che
le varietà di un grigio chiaro erano quelle, che si ac-
costavano più a questi caratteri.
Io non dubito punto , che , proseguendo avanti
la coltivazione della grafite , non saremo per abbatterci
un giorno in una qualità di grafite , che abbia gli stessi
attributi di quella d'Inghilterra, tanto maggiormente,
che le montagne dell' istmo (fall' uno all' altro mare pa-
jono tutte piene zeppe di questo minerale. E facile an-
che trovarla negli strati più profondi di Olivadi , di
IVIonterosso , o di Lamato. Noi per ora ri serviamo pei
nostri bisogni della grafite più scelta che abbiamo per
le mani , aspettando , che la Provvidenza coroni meglio
in appresso le nostre fatiche . I primi saggi de' nostri
lapis furono da S.E. il Ministro della Guerra presen-
tati a S. M. che gradi con piacere questo primo frutto
dell' industria nazionale. Oggi si cerca a fare un appa-
recchio più convenevole alla manifattura j intanto la
polvere , che si ottiene dalla segatura della grafite , si
conserva da parte , per fonderla col solfo e con un
poco di gomma , e fare di questa pasta de' lapis ordi-
nar] ad uso de' falegnami , ed altri artefici.
( i82 )
L' altra difficoltà fu quella di trovare un legno
proprio a fare gli astucci , un legno arrendevole e mor-
bido , un legno che stringesse , ed abbracciasse egual-
mente la sbarrella della grafite , un legno che ubbidisse
al temperatojo come il cipresso americano , che usano
gì' Inglesi j si provarono a questo riguardo diversi le-
gni , il €Ìriegio, il pero , il tasso , il sorbo ec, ma riu-
scirono duri e resistenti ^ finalmente si provò la fusa-
ria ( evonymus europceus ) , che rispose in parte al
voto , di cui attualmente ci serviamo , finché non ci
si presenta un altro legno più cedevole , ed ubbidiente.
(183)
Osservazioni Mediche , e Notizie Storiche intorno
alle Digitali lutea, e purpurea ^ del Socio ordinario
Cav. Sig. ANTONIO Savaresi . Lette nelV adu-
nanza de' 2 Aprile 1812.
Nostrce vero cetati reservatum Jldt , eum excogitare
administrationis modum, quo exosum veneni no-
jnen ainitteret , et numero , Jideque experimen-
torum , morhos exacte determinare y quibus sa~
nandis par est .
Murray, Appar. Medie, de dig. purp.
JLiA digitale purpurea (i) , che taluni credono un
rimedio moderno , o de' nostri giorni , è stata impie-
gata in medicina sin dal principio del penultimo se-
colo , sono ormai dugento anni , e si trova descritta
(i^ Digitalis purpurea di Linné, Wildenow, La-
marck , e Persoou . Digitella o Digitale rossa , o pur-
purea degl'Italiani. Gantelée , gants de notreDame,
digitale ponrprée, grande digitale de' Francesi . FiU'.
gerhuthhime , Fingerhut , Fingerkraut de' Tedeschi .
Fox-giove, purple fox giove degl'Inglesi. Dedalera
purpurea p qualda perra degli Spagauoli.
( i84)
da Leonardo Fuchs (i), medico che viveva prima del-
l' epoca testé indicata . Giovanni Ray , celebre botanico
inglese di quel tempo, e avanti di lui, secondo Qua-
rin (2) , il famoso alchimico Vanhelmont, ne fanno
menzione nelle loro opere (3) , e parlano della sua
forza antiscrofolosa . Dopo di questi il regio farmaci-
sta di Londra Giovanni Parkinson (4) l' ha resa fami-
gerata, ed usoUa nella cura di varie malattie, segna-
tamente nelle scrofole , nell' asma pituitoso , e nelP epi-
lessia . Le antiche farmacopee di Londra , e di Edim-
burgo (5), e quelle di Parigi e di Vittemberga porta-
(i) Leonardo Fuchs, medico e botanico Aleman-
no del XVI Secolo, nella sua historia stirpium , cap.88.
descrive abbreviatamente le digitali purpurea , e lu^
tea y ed attribuisce ad ambedue le proprietà delle
piante amare .
(2) Quarin , Animadversiones practiccB ^etc. Vin-
dobonae 1781.
(3) Ray , Historia plantarum , tom. r , Londini
1686 in fol.
(4) Parkinson , Theatrum hotanicum , Londini
1640 infoi.
(5) La Farmacopea di Londra del 1721 V inserì
nel suo catalogo : l espulse dall' edizione del 1746 ,
e la riportò in quella del 1788, di' è l'ultima. La
Farmacopea di Edimburgo la riceve nel suo indice
nel 1744» l'escluse dalle edizioni del 1765 e 1774»
( i85)
no la digitale purpurea nell' indice de' loro rimedj ve-
getabili , e danno diverse formole per la sua prepara-
zione . Co' fiori di questa pianta , e col grasso porci-
no si faceva un unguento mollo usato nelle scrofole ,
il quale è infinitamente lodato in questa malattia da-
gli Scrittori moderni (i), ed io stesso ne ho sperimen-
tato r efficacia in alcuni casi . Plenk nella sua tossi-
cologia (2), parlando della medesima pianta, cita la fa-
coltà antiscrofolosa de' fiori , manifestata coli' applica-
zione del soprallodalo unguento, o col prescrivere il
decotto delle foglie . Le qualità deleterie della digitale
purpurea , e gli effetti del suo veleno estremamente
acre ed irritante , in particolare applicato all' esterno ,
son note a' Medici ed a' Fisici dietro le osservazioni e
gli sperimenti di Boerhaave , di Pennant , di Lenti n ,
di Lettsora , di Schiemann, e di Merz (5). Il Dottor
Withering , di Anglezark in Inghilterra , nella Contea
e V accetto di nuovo nel 1783. Queste vicende sul-
V ammissione , o esclusione della digitale purpurea
ebbero luogo dalla poca certezza ^ che si aveva sul-
la sua azione . Veggasi Murray, app. med. voi. i. Goet-
tingae, J793.
(i) Tra gli a///7 Haller ( histor. stirp. helvetic. ),
Merz ( Dissertatio de Dig. purp. ejusque usu in scrofo-
lis . Jenae 1790. ) .
(2) Plenk, Toxicologia , p. il^b. Viennae 1785.
(3) V;. Murray op. cit.
. 24
( i86)
di Lancaster, il medesimo che ci ha latto conoscere
la viterite , ossia carbonato di barite , è stato il pri-
mo a servirsi della digitale purpurea nella cura dell'idro-
torace verso il 1775 (i)- e poscia è stata applicata dal-
lo stesso , e da' suoi colleghi corrispondenti , alia gua-
rigione dell' idropisia atonica , della nefritide calcolosa ,
dell' epilessia , e della disuria ; da Darwin nella ma-
nia (2) , da Baker nella tisi pulmonare (3) , da Jones
neir emottisi (4) , e da altri nell' itterizia , nella pal-
pitazione , e nell' aneurisma dell' aorta , ne' quali mor-
bi è stata amministrata , a dosi picciolissime , in pol-
vere , in infusione , in decotto, in sugo , in estrat*-
to , in tintura , ed in forma di sciroppo (5) . Gli au-
tori delle materie mediche le più recenti , e dei trattati
delle facoltà delle piante , come CuUen (6) , Murray (7) ,
(i) Withering. , an account of the fox-glove .
Birmingham 1785. in 8.
(2) Darwin, V. Medicai transactions •, 3 voi.
(3) Baker , la sua memoria nel sopraccitato voi.
delle Medie, tr ansaci.
(4) Jones , V. Medicai commentar, etc. voi. 1.
London 1786.
(5) V. Magennis , London Medicai and physi-
cai Journal v. 5. p. 201.
(6) Cullen , Matiére Medicale ytiàd. par Bosquil-
lon .
(7) Murray, op, cit.
( ^87 )
Petagna (i) , Swediaur (2), Schwilgué (3), Savi (4),
Tenore (5) , Duncan (6) ec. , ammettono la digitale
purpurea tra' buoni diuretici, e tra' rimcdj efficaci nelle
diverse idropisie , raccomandando alcuni di essi di
ordinarla eoa infinite circonspezionl . Han pure rico-
nosciuto la sua forza diuretica l'illustre Darwin, Frank
il figlio , Rasori , e Borda ; ma le loro opinioni son
contrarie sul modo di agire di questo rimedio (7) j
(i) Petagna , Delle facoltà delle piante . Nap.
1796.
(2) ^yfeàiAìiT ^ Materia Medica. Mediolani 1801.
(5) Schwilgué , Traité de Matiére Medicale .
Paris i8o5.
(4) Savi , Materia Medica vegeiubile Toscana.
Firenze i8o5.
(5) Tenore , Saggio sulle qualità medicinali delle
piante della Flora Napolitana. Nap. 1808.
(6) Andrew Duncan , The Edinburgh new di-
spensatory , with the materia medica , etc. Edin-
burgh i8o5 , p. 218.
(7) // Dottor Jones , nelV opera citata , ed il
Dot, Hosack di Filadefia , nella sua materia medi-
ca , sono a mia conoscenza gli autori , che han ri-
conosciuto la forza o la qualità sedativa della di-
gitale purpurea molto prima di Rasori e di Borda .
TI secondo consiglia siffatto rimedio nella tisi inci-
piente, preceduta da emorrogia de' polmoni, ed as-
( i88 )
poiché i primi 1' han caratterizzato come eccitante , ed
i secondi accorgendosi , che durante la sua azione il
calor generale , e la frequenza del polso diminuiva-
no (i) , fenomeni già osservati da Jones , da Vithe-
ring , e da Baker, l'han creduto coiitrostimolante (2).
Questa utilissima pianta , eh' è comune in Inghilterra ,
nella Scozia , nella Danimarca , nella Svezia , in Ger-
mania , e nella Francia settentrionale , non è indigena
de' nostri luoghi , benché alcuni botanici asseriscono
esser nativa delle regioni le più australi dell' Europa:
gerisce che opera maravigliosamente : ecco le sue pa-
role : In one case of incipient phthisis , preceded by
haemorrhage from the lungs , it operated like a charm in
relieving the patient from some of the most formida-
ble symptoms of the inflammatory stage of that di-
sease I remark of digitalis that is only useful
where blood-letting and other depleting remedies are
indicated . p^. V interessante operetta del mio com-
pagno d' Egitto ^fisico botanico^ e Dot. di Medicina
Alire Raffeueau Delille , An inaugurai dissertation
on puhnonary consumption . New-Jork , 1807 , p- 4'^'
(i) Anzalone , dell'Oppio, pag. 3i. Nap. i8o4-
(2) Leltsom ha avvertito però che , continuan-
dosi r uso della digitale purpurea per piìi di un
giorno , i polsi riprendevano la loro velocità ordi-
naria . V. Memoirs of the medicai Society of London ,
voi. 2.
( ^89 0
Dumont-Courset (i) è uno di quei che nota che sia
settentrionale . Fin ora non si è trovata spontanea nel
Regno di Napoli , malgrado le ricerche de' giovani bo-
tanici corrispondenti del Sig. Tenore , e secondo le no-
tizie che questo dotto Collega mi ha comunicate . In
contraccambio noi possediamo abbondantemente la digi-
tale lutea (2) , che vegeta fastosamente ne' valloni at-
torno Napoli j e dippiù abbiamo la digitale ferrugìnea
e r ambigua , eh' è la grandiflora della Flora Francese .
Ma le specie che s' impiegano da' medici sono tre , la
purpurea , la lutea , e la ferruginea , di cui Michele
Ettmuller ci ha dato conoscenza è circa un secolo , e
mezzo (3) : la prima coltivandosi al solo orto bota-
(i) Duinont-Gourset , Le Botaaistc-cultivateur ,
tom. 2. Paris 1801 .
(2) DigitaRs lutea di Fuchs , di Linnè , di Jac-
quin , e di Persoon ^ Digìtalis parvifLora di Lamarck j
Digitale à petites Jleurs de' Francesi j digitale gialla ,
capo di cane , erba aralda ,fior gentile degl' Italiani .
(3) Ettmuller, nella prima classe della sua Fi-
lologia , dopo aver citato la digitale flore purpureo ,
luteo , et albo , che a' suoi tempi non era ancora am-
messa nelle Officine, dice: habetur et Digitalis major
ferruginea, ita dieta a floribus ejus dbsoletis, et quasi
ferrugineis. Rara est et exotica (^ forse non vi e in Ger-
mania ) , pariter ad symphita , sive verbasca referenda .
V- Ettmul. Op. omnia , Venet. 1700 , voi. 3 p. 48.
GV Italiani la chiamano Digitale maggiore .
( 190 )
uico , e non essendo troppo usuale presso di noi , i
nostri medici si son rivolti verso la seconda specie , e
1' hanno adoperata con successo . Se mal non mi ap-
pongo , gì' Italiani sono stati i primi ad introdurre nel-
la medicina la digitale lutea , non men che la ferru-
ginea^ e per quante ricerche io abbia fatte, son incli-
nato a credere , che il Dottor Savi sia stato il primo
a promulgarne 1' uso , a cui eran destinate da' pratici j
ed a stimarle come potenti diuretici, pressappoco quan-
to la purpurea . Il soprannominato professor di fisica
ci fa saper parimenti , che nella Toscana non vi cre-
sce questa ultima specie (i) .
L'anno scorso, i8io, lessi nel giornale Enciclope-
dico di Napoli (2) , compilato dal Sig. Tenore , una
memoria curiosa sulla tisi pulmonare , scritta da un
anonimo , forse giovine medico , che vantasi di esser
discepolo dell' illustre Rasorl , e la quale ha per ti-
tolo : Cenni sulla tisi . In questa operetta 1' autore
parla con enfasi il linguaggio della Scuola Rasoriana ,
cioè quello della nuova dottrina del controstimolo , e
ad alcuni buoni principj accoppia errori madornali , e
stravaganze senza pari : tra queste è notabile quella che
generalizza tutte le tisi di una sola forma, vale a dire
(i) Savi , op. cit.
(2) Giornale Enciclopedico di Napoli , quarto anno
di associazione, toni. 3. Napoli 1809. pag. 64-
( igx )
di diatesi stenica , senza badare alle innumerevoli ca-
gioni , ed a' diversi stati di siffatta malattia j adattan-
dovi in conseguenza un solo trattamento , eh' è il cou-
trostimolante , ovvero antiflogistico . Allorché questo
saccentello, che osa spacciar sentenze, e paradossi con
un tuono affermativo di poliatro , avrà venti o trenta
anni di pratica, ed avrà curati in varie zone del glo-
bo più di mille casi di tisi, negli ospedali civili, o mi-
litari , riconoscerà il suo inganno , ed apprenderà a di-
stinguere cou Dumas (i) , e con me , dietro le vesti-
gia di Sydenham (2) , di Morton (3) , di Leigh (4) ,
e di altri Padri della Medicina (5) , le numerose specie
di tisi pulmonare idiopatica , e sintomatica , stenica ed
astenica o nervosa , la quale può ancora dividersi in
locale e generale , ereditaria ed accidentale , trattandosi
(^1) Vedete le note di Dumas all' opera di Reid
de la phthisie piilnionaire .
(2) Sydenham , Phthisis seu tabis descrip. et
cura in process. integr. in morbis omnibus curandis.
Oper. omnia . Ven. 1762.
(3) Morton , Phthisiologia . Genevae 1696.
(4J Car. Leigh, Phthisiologia Lancastriensis .
Lendini 1694-
(5) Sauvages , Nosol. Method. Venet. 1764.
Borsieri, Insiit. Med. Pract. Voi. vii. Venet. 1789.
V. de phthisi pulm. §. tv.
CuUen, Sinops, JSosol. Method. Ticini 1790.
( 192 )
di caratterizzarla rigorosamente, e che richiede diversi
metodi curativi , a norma della diatesi , e secondo lo
stato, ovvero la condizione generale, e locale del mor-
bo . Siccome questo medico anonimo , dietro 1' esem-
pio de' suoi Maestri (i), loda l'uso delle digitali pur-
purea , e lutea nella tisi sia ereditaria o acciden-
tale , non conoscendo io l'azione delle predette pian-
te sulla tabe di petto, ed avendola per lo passato im-
piegate soltanto nelle affezioni scrofolose , ed idropi-
che, ho voluto sperimentarle sopra alcuni tisici di pri-
mo e secondo grado , ne' quali esistendo i -vizj di strut-
tura, la malattia era generale, sviluppatasi in seguito
di catarri negletti , e delle raffreddature sofferte nelle
(1) Q^^esti rispettabili Maestri non sono stati
cèrtamente i primi ad immaginarsi , che la digita-
le purpurea sarebbe un buon rimedio coiitra la tisi
pulmonare , ed a prescriverla coli intenzione di gua-
rir tal malattia j io trovo che sin dal 1710 // Dot.
Guglielmo Salmon, Inglese ■) ha indicato la digitale
rossa come un rimedio da tenerne conto nella con-
sunzione del petto ( London medicai revieW , and
raagazine , vol.v. p. 3o3 ). Dopar di questo autore,
i suoi compatriotti Beddoes , e Baker , medici di ri"
putazione in Inghilterra., hanno pubblicato verso il
ì 780 alcune ossej'vazioni sulV uso di questo medica-
mento nella tisi 3 e parlano con gran lode della sua
azione .
r,
( ^95)
fatiche della guerra , ed accompagnata con tosse vic-
Jenta , con doloretli vaghi al torace, con is])uti un pò
marciosi o striati di sangue , con principio di cmacia-
zione universale , con febbre etica in (juakheduno , e
con sudore ed escreato abbondante mattutino , ma ho-
labilmente con irritazione particolare , e con senso di
calore, e di brulichio al di sotto dello sterno : questi
soggetti scelti al numero di dieci , già sottoposti ad un
trattamento antielico, erano soldati di Cavalleria e di
Fanteria , tutti giovani e passabilmente robusti prima
di cader onimalati , ad onta della loro difettosa con-
formazione . Presso tre di questi il male poteva con-
siderarsi come ereditario, i loro genitori essendone stali
afflitti, e presso gli altri sette era onninamente acci-
dentale . L' eretismo particolare , che si osservava in
questi ammalati , parte de' quali era alla fine del pri-
mo stadio delia malattia, e parte nel corso del secon-
do stadio , mi fece stimare che fosse il vero caso per
provare con utilità gli effetti della digitale gialla , am-
ministrata con intenzione di abbattere il resto della dia-
tesi infiammatoria, o di quello stato irritativo, che do-
mina tanto negli etici al primo grado . Prescrissi dun-
que ad ognun di questi sei grani di digitale lutea la
mattina, ed altrettanti la sera, e lasciai loro parte dei
medicamenti usuali , cioè una decozione leggiera di fiori
pettorali con ossimele semplice per bevanda nel corso
della giornata, ed un locco addolcito con picciola dose
di ossido di antimonio solforato rosso per la notte .
Dopo sci giorni di questa cura in alcuni la tosse di-
25
( »94)
minuì , e l'espettorazione diventò più lodevole, e nei
rimanenti 1' uno e 1' altro sintoma svanirono quasi del
tutto , e gli ammalati migliorarono di mollo . A buon
conto , ottenni gli stessi effetti che si hanno praticando
nella tisi il metodo di Reid (i) , che consiste a pre-
scrivere ogni due o tre giorni una lieve dose d' ipeca-
cuana^ ovvero, come ognua sa , lo stesso benefizio che
proccura 1' estratto di oppio gommoso , il lichene pissi-
dato , la gomma ammoniaco , ed il latte di asina . Con-
tinuai in tutti e dieci la cura per un mese accrescen-
do gradatamente la polvere della digitale lutea sin a
ventiquattro grani al giorno, cioè dodici la mattina,
ed altrettanti la sera, ed osservai che la quantità del-
le orine aumentò in tutti , la febbre passò a quei che
n' erano travagliati , e dormivano naturalmente , vale
a dire il loro sonno non era stentato come prima . Que-
sti progressi sensibili promettevano la guarigione radi-
cale, ed io la credeva vicina ^ ma disgraziatamente non
si ebbe , malgrado che si prolungasse l' istesso metodo
ancora per quindici giorni . Accorgendomi che il calo-
re eccessivo del maggio del i8ii fece peggiorare quat-
tro ammalati , che si avanzavano rapidamente verso il
marasmo , sospesi la digitale , e consegnai questi indi-
vidui ad altri medici col giornale della loro cura : fui
(i) Reid , Essai sur la nature , et le traite-
ment de la phthisie pulmonaire , traduit par Dumas,,
et Petit Darsson . Lyon 1792.
( 195)
Informato qualche leinpo dopo , cioè in giugno , clie
perirono tutti quattro con sintomi più presto di i'ebbrc
nervosa marasmatica che di tisi . Gli altri sei rimasero
sotto r uso de' surriferiti rimedj , a' quali , scorgendo
che la loro efficacia si era molto rallentata, stimai be-
ne di aggiungere 1' ossimele scillitico , una maggior do-
se di ossido antimoniale solforato rosso , il latte di asi-
na, o di capra la sera, con vitto un pò più nutritivo
del solito, con frutta cottele con picciola quantità di
■vino innacquato e tepidetto . Con questa aumentazione
di mezzi curativi 1 sei infermi migliorarono di giorno
in gioi'no col riacquistar le forze , e le carni , furono
n teramente guariti alla fine di giugno , e raggiunsero
i loro reggimenti con agevolezza, e senza pena nel cam-
minare . Si deve inferire da tutto ciò , che la digitale
lutea non è bastata essa sola per guarire questi indivi-
dui ^ ma li à ben disposti alla guarigione .
Lasciamo da parte la futilità della dottrina dei
conlrostimolo , ed i vantaggi che se ne possono rica-
vare , i quali fin ora non son ben noti , né ben de-
terminati , e ragioniamo dietro il lume della sperienza
e della osservazione , vere sorgenti della scienza della
vita , e guide sicure della pratica medica , le sole alle
quali ci dobbiamo appoggiare per decidere in materia
di nuovi rimedj . La digitale gialla , secondo quel che
ho osservalo attentamente , ha un' azione particolare su
i mali del petto ^ essa calma la tosse ed i dolori , dis-
sipa l'emottisi, attenua e scarica i muchi, che si de-
pongono su' polmoni , e fa trascinare del materiale per
( 19^ )
le orine , che provoca grandemente . Essendo stala utile
da principio in quelle tabi sopravvenute a' catarri vio-
Itnli , in cui si è osservato irritazione eccessiva , do-
glia , e calore al petto , io la credo maggiormente gio-
vevole nella tisi polmonare stenica , soprattutto nel pri-
mo periodo ^ e dippiù penso , che riuscirebbe di mag-
gior efficacia adoperata nel principio della malattia, che
nel secondo e terzo stadio di essa . In una cura di
emottisi , che tormentava una fanciulla di quattordici
in quindici anni , già mestruata , piena di brio e di
mobilità , ed avendo una struttura di petto difettosa ,
ho ordinato la digitale lutea combinata colla purpurea ,
nella propoi one di due terzi della prima con un ter-
zo della seconda , alla dose di quindici in diciotto gra-
ni nelle ventiquattro ore , presa in tre volte , ed ho
avuto la soddisfazione di veder totalmente cessato lo
sputo sanguigno alla fine del terzo giorno . Il mede-
simo successo ho ottenuto , impiegando l' istesso rime-
dio, in un uomo emottoico con febbre infiammatoria,
accidente che sopraggiunse , in seguito di una terribile
caduta da sopra una carrozza : poche prese di digitale
rossa e gialla . la neve acidulata , l' amministrazione di
un eccoprotico , il riposo , la dieta lo sanarono perfet-
tanlente . In somma questo nuovo rimedio in alcuni
mali del petto , nati da infiammazione , da rottura di
vasi , da esulcerazioni , e da sommo irritamento , si
deve valutare per buono , come lo dimostrano le spe-
rienze accuratamente fatte . Ma la medicina nel suo
stato attuale mancava di rimedj equivalenti ? No , poi-
( '97 )
che ne' divisati morbi, e principalmente nell'emottisi,
l'amministrazione della polignla virginiana, del lichene
islandico , della Scilla e dell' ossimele scillitico , del
sugo di ortica , semplice o combinato coli' oppio , e
colla tintura marziale , della gomma arabica , del de-
cotto del legno Campecliiano, degli acidi solfoi'ico, ni-
trico, e benzoico allungati, dell'oppio torrefatto o etio-
pe vegetabile , del ghiaccio tritato ed acidulato , ec.
ce. (i), produce gli stessi effetti , ed opera bellissime
(i) Tralascio di annoverare tra questi rimedj ,
spezialmente utili nella emottisi^ e nelle tabi che le
sopravvengono , V acetato di piombo liquido , poi-
che non ignoro che la maggior parte de" Medici han
ribrezzo di ordinare siffatta preparazione chimica
per uso interno . E un vero pregiudizio questo ti-
mor mal fondato , o quella eccessiva precauzione ,
che e' impedisce di estendere le nostre conoscenze
nella medicina pratica , e di ben calcolare V azione
de' medicamenti . Dietro V esempio de' medici Te-
deschi, ho prescritto neW emottisi accidentale, ed in
varie emorragie interne , tre o quattro gocce di ace-
tato di piombo liquido , sciolte in mi bicchiere or-
dinario di acqua aromatica distillata , o d' infu-
sion di camomilla , o di acqua semplice , con dodici
o quindici gocce di laudano liquido , il tutto due
volte al giorno, e ne ho avuto bonissimi effetti. Fo
avvertire , che ho ordinato itu altre malattie , delle
. ( "98 )
guarigioni . Essendo però utile di arricchir sempre la
materia medica di sostanze medicamentose attive , le
digitali lutea e purpurea vi trovano naturalmente il
loro posto , per le moltiplici facoltà eh' esse posseggo-
no, e di cui bisogna far conto in varie circostanze del-
le malattie .
Avendo fatto appena cenno della dottrina del con-
trostimolo , applicata alla cura della tisi pulmonare ,
non reputo fuor di proposilo di fare nn' obbiezione ai
medici che la professano , e che cercano di propagar-
la . Quantunque fin al presente i Rasorlani non abbia-
no ben definito il controstimolo , di maniera a farci
capir chiaramente la loro idea , pur tuttavolta pare che
i medici ragionevoli debbano intendere per questa pa-
rola uno stato negativo , uno stato contrario , e nemico
dello stimolo, cioè un abbassamento, o una sottrazio-
ne dell' eccitamento , e quindi la diminuzione delle
forze e delle potenze eccitanti . Sembra dunque che
la debolezza , 1' astenia , l'atonia , l' adinamia , la prostra-
zione di forze , ed il controstimolo siano cose identi-
quali tratterò , fin a una dramma e mezza di ace-
tato di piombo liquido , senza che ne sia risultato
il menomo danno , come suole accadere con altre
sostanze medicamentose deleterie . Debbo aggiunge-
re che questo rimedio agisce debilitando, per cui i
Rasoriani non mancheranno di dire , ch^ e contro-
stimolante , e di classificarlo per tale .
i
(^99 )
che , vale a dire fenomeni che si arleguano , effctli
uguali. In fatti riflettendo sodamente su questo assun-
to , il controstimolo non può esser altrimenti interpe-
trato che come io asserisco . Ciò posto , il salasso es-
sendo uno de' primi controstimolanti , è fuor di dub-
bio , che il freddo e V acqua ghiacciata siano ancora
tali, e che nel!' ordine della classificazione vengano im-
mediatamente appresso all' emission del sangue , in con-
seguenza , se il salasso , come afferma il nostro anoni-
mo giova a' tisici del secondo e terzo grado , deve an-
che a questi esser di giovamento 1' esposizione rego-
lata all'aria fredda, e T amministrazione dell'acqua
nevata . E di grazia , prescrivete questi rimedj nella
tisichezza , e vedete quel che ne risulta ? Chi non sa
che il freddo uccide i tabidi , e che ne' tempi vernali
i catarri cronici degenerano in tisi? Chi ignora che le
bevande ghiacciate fanno aumentare d' intensità tutti i
sintomi della tisi pulmonare , specialmente la tosse, ed
i dolori di petto ? Quale è il Medico che non abbia
osservato ancora che i freddi rigorosi son micidiali per
gli etici di ogni grado , e che questi son soggetti a
perir tutti dcdla fine dell' autunno al principio della
primavera? Ne' nostri spedali militari stabiliti nel Re-
gno di Napoli , si è osservato costantemente , che i
tisici han subito la loro luttuosa catastrofe dal mese di
Dicembre a quello 'di Marzo , soprattutto quando sof-
fiavano i venti boreali . Le stessissime osservazioni ho
fatte anni addietro più particolarmente ne' climi freddi
e temperati dell' Europa , e dell' America , che negli
altri luoghi .
( 200 )
Memoria sulla coltivazione de' papaveri , e sulla
maniera di cavarne V Oppio ^ del socio corrispon-
dente Z)/ Francesco Ambrvosi . Letta neW adu-
nanza de' iS. Giugno 1811.
Oe uno degli oggetti più interessanti delle colte , ed
avvedute Nozioni egli è stato mai sempre quello di
conoscere distintamente , e di migliorare la coudiz,ione
de' proprii prodotti , onde soddisfare nel miglior modo
possibile a' bisogni indispensabili della natura , non
meno che , con menare a perfezione le arti , e le ma-
nifatture , a' comodi , ed agi della vita umana , ogni
cittadino amante della patria, e de' suoi simili non dee
lasciar mezzo intentato , e cooperare all' eseguimento
di tal lodevol fine : e facendo saggi , ed esplorando
spezialmente la natura , e 1' indole delle produzioni ,
e de' vegetant' indigeni , che abbiano gli stessi gradi di
efficacia , per poteri' indi surrogare in luogo degli eso-
lici , soprattiitto nelle presenti circostanze di penuria
di generi stranieri. Non hanno a tal effetto trascurato
i Duhamel , i Buffon , i Bonnet , ed altri esimii con-
templatori delle fisiche produzioni di soggerire, e pro-
muovere con fervore cotal salutevol ed economica mas-
sima . Dietro a ciò i saggi professori dell' arte salutare
non cessan di valersi con profitto , e sostituire di tem-
po in tempo a' semplici esotici gli equivalenti nostrali
( 201 )
vegelanti , che la Suprema Provvidenza , dispensatrice
imparziale de' suoi doni , ha fatto aUignarc , relativa-
mente a' climi , per ogni dove della terra in sostenta-
mento degli esseri viventi , non che in presentaneo
farmaco alle loro endemiche morbose indisposizioni .
Di fatti quanti nostri semplici , che pareggiano , e so-
vente vincono anzi che no gli stranieri in virtù , ed
energia ci posson somministrare delle medicine utili ,
ovvie , e poco dispendiose ?
Possibile , che la sola idea di raro , inusitato , e
peregrino , debba suonar tanto bene all' orecchio de-
gV imperiti , che imponga stima , e rispetto ? Possibile
ancora , che le sole Indie , l' Arabia , 1' America , deb-
bano godere la privativa di produrre delle droghe , e
de' generi si maravigliosi ? Non si può senza sorpresa
osservare il trasporto , che induce gli abitatori d' Eu-
ropa a trarre a di loro uso le produzioni sole di quelle
regioni . Un tale pregiudizio , al dire di un dotto
scrittore sembra ingiurioso alla Provvidenza , contrario
alle salute umana .
S'ignora forse , che vegetano presso di noi tanti por-
tentosi vegetabili , da'quali si trae profitto con riputarsi
a ragione succedanei alle droghe , ed erbe oltramontane?
La Camamilla , la Genziana minore , la Valeriana ,
la Verbena , ed altrettante piante nostrali , non ci pre-
stano le veci della corteccia del Perù? La Salsa vol-
. gare (i) , la Dulcamara, la Bardana, la Fumaria, e
(i) Smiìax aspera.
16
( 202 )
diverse piante aquatiche , non ci valgono come la
Salsaparilla ? La Poligala nostrale (i) , e 1' Iride
Fiorentina , non profittano al pari della Poligala del-
la Virginia . Il Calamo aromatico volgare , e le ra-
dici della Cario-fillata (2) o della Primulaveris , nort
possono sostituirsi alla Canfora , ed alla Serpenta-
ria ? L' Assenzio , il Camedrio , la Salvia j ed il Ga-
mepizio y non possono equivalere alla Cascarilla , ed
al Quassio ? La radice della Genziana (3) non può
masticarsi romft il Rabarbaro ? La Centaui'ea polve-
rata (4) 5 o r istessa Genziana minore (5) , non po-
trebbero supplire all'Angustura ? Non è l'olio di Pino,
che con ugual successo viene usato , che il balsamo di
Copaive , o quello del Perù ? Le radici della Conso-
lida (6) , e la Conserva delle Rose secche , come -quella
de' Balausti , ed altri leggieri stittici , non presterebbero
l' istessa efficacia della Simaruba ? La conserva dei
fiori di Persico , o dei Prugni ortensi , come quella
preparata dai Selvaggi , e l' olio estratto dai semi del
Ricino (7) , non sarebbero i succedanei i più analoghi
alla Cassia fislula , ed alla Tamarindi ?
(i) Polygala vulgaris.
(2) Geum Urbanuin.
(3) Gentiana lutea.
(4) Chironia Centaui'ium.
(5) Gentiana Acauli s.
(6) SymphYtum Officinale.
(7) Ricinus comunis.
( 2o3 )
Ciò basti per non fare una lunga serie di tanti al-
tri prodotti stranieri , che una male intesa prevenzione
a favore , per la maggior parte di essi , per non dire
una interessata impostura , va coonestando col titolo
misterioso di Specifiche Medicine .
La breve esposizione delle sopracennate medicine
ci guida senza dubbio a ritrovare puranche nell' oppio
nostrale una efficacia così bene marcata , che quando
si cerchi di sottoporlo alla pruova , si avrà più attivo
di quello d' Asia , di Tebe , e di tutte le altre Regio-
ni , dove si manifattura . Né ciò deve credersi un tratto
d' entusiasmo per l'are gli elogj della proposta medicina,
giacché se è vero, che i fatti siano superiori a qualun-
que raziocinio , sarei nel caso di esporre in dettaglio
una lunghissima serie di fatti evidenti , dai quali po-
trebbe ciascheduno rimaner convinto . Ma il mio og-
getto non è quello di comporre un mero Giornale di
osservazioni , perchè imponga , ed accrediti con un'aria
d' empirismo la cennata medicina . Basta dire , che da
più tempo si sta propinando da molti Professori , ed
è stata il soggetto delle di loro accurate osservazioni ,
come delle mie ancora, in tutte le malattie, ove con-
venga, con essersene sempre ritratto il desiderato fine.
Dall'analisi poi potrà ognuno restar' anche con\into
circa 1' efficace modo d' operare di questa droga .
Da una continuata , ed uniforme relazione di pa-
recchi viaggiatori , sappiamo , che in due differenti mo-
di manovrano la raccolta dell' oppio gli Orientali . Pri-
mo , coir incisione sulle capsole de' verdeggianti papa-
( 204)
veri, adoperando un ferro a cinque punte, che in una
lanciata produce cinque ferite , ronie ci avvisa preci-
samente il dotto Geoffroy nella sua Materia Medica .
O con altro a due sole lamine una a ridosso dell' al-
tra , a norma delie relazioni del viaggiatore Rerr . Sco-
la dalle incisioni un umor lattiginoso , che quindi con-
densasi sul dorso delle stesse capsole; e distaccandolo ,
lo ripongono in un vase d' argilla , che a tale oggetto
portano pendente dal collo sull' addome . Secondo con
forzare sotto del torchio le capsole, e foglie verdi j pri-
ma acciaccate, dalle quali cavandosi il snrrn espresso,
lo rendono compatto coli' evaporazione . Il primo è
r oppio puro in lagrime . Il secondo è il Meconio .
Gli antichi Scrittori , tra' quali Plinio (i) , Dioscori-
de (2) , e Galeno (3) , conoscevano pure due specie
d' oppio , e vi davano le istesse denominazioni .
Sappiamo ancora , che trovansi occupate estesissi-
me campagne neir Asia minore , nella Natòlia , nel-
r Egitto , nella Persia , e nell' Arabia , per la coltiva-
zione de' papaveri , seminandosi come noi sementiamo
il frumento : E che molta gente sfacendata ne trae pro-
fitto , occupandosi in quella manovra. Perciò non deve
recar maraviglia , se tanto della prima , quanto della
seconda sorta, se ne traggono quantità tali da portarsi
(i) Lih. XX. Cap. XriII. S. N.
(2) Lib. IV. Cap. LXV.
(3) Né libri spuiii : De simplicibus pag. 93.
( 2o5 )
in commercio tra tante nazioni . Malgrado però le sì
ubertose raccolte non dobbiamo lusingarci , che perven-
ga in Europa ad uso di tutti l'oppio in lagrime, poi-
ché prima deve servire per le persone di distinzione di
tutti i luoghi , dove quello si raccoglie , e quindi per
tutti i nazionali , che quando anche si vogliano sup-
porre sobrii, ve ne bisognano per lo meno due dram-
me al giorno a ciascheduno tra il masticare , e farne
uso per condimenti , supplendo così al divieto del vi-
no . Ma ciò non basta . Vedremo anche coi fatti , che
quello puro in lagrime non ci perviene j o assai di ra-
do . Ed è questo il giudizio , che vien dato concor-
demente da tutti i più imparziali Scrittori , che possa
vantare la Storia Medica dall' epoca di media età sino
ai dì nostri . Che se alcuni granelli di perfetta qualità
si sieno talvolta presso di noi rinvenuti , bisogna pur
credere , che si abbian dovuto appartenere a quella clas-
se , in cui vi era miscela di quello in lagrime .
Il Meconio ridotto in pezzi appianati a forme di
focaccia è quello , che capita presso di noi europei :
e tuttavia ne bisogna quantità eccessiva per esserne prov-
veduti tanti popoli . Intanto ogni più triviale Farma-
cista presume di conservare 1' oppio genuino ^ come sup-
pone di avere il Balsamo della Mecca , quello vero del
Perù , ed altri prodotti stranieri ben rari , e difficili ,
anche ad aversi nelle regigni stesse , ove si manifattu-
rano .
Circa la specie della pianta , che in que' luoghi si
coltiva , si conviene da tutti i viaggiatori , che sia il
( 206 )
Papaver somnìfernm di Linneo (i) tanto a semi neri,
che a semi bianchi 5 i quali si trovano variare non per
intrinseco carattere , ma per la figura, e grandezza del-
le capsole , e pel colorito delle corolle , e dei semi j
essendo ambedue della stessa specie , cioè la settima in-
dicata dal nostro dotto Petagna , coi caratteri : Foliis
amplexicaulibus inclsis . Calycibus , capsulisque gla-
hris . Semine nigro , ve/ albo . Plinio però asserisce (2) ,
che dal papavero di seconda specie , tra quei , che si
trovavano di sua conoscenza , cioè da quello a semi
neri , si traeva 1' oppio a tempi euol . Ed io di que-
sto mi avvalsi nella semina de' primi anni , poiché ve-
geta con più facilità presso di noi . Non lascio però di
consigliare d' introdursi più estesamente quello a semi
bianchì , come ho eseguito nella semina di questo an-
no , perchè le piante sono più grandiose , e conseguen-
temente anche le capsole, che sono il triplo di quelle
de' papaveri neri . Ma con ciò non intendo , che si deb-
bano questi affatto escludere, mentre che se per ragio-
ne di commodo , e per le semine estese , giova meglio
maneggiare quelle grandi , ed alte , che vanno anche
più isolate^ per prodotto poi , ccBteris paribus , pare
che ne porgan più le capsole piccole , cioè quelle dei
semi neri .
Nella considerazione de' fatti tanto rilevanti , e nel-
la conoscenza cjel processo,, che adoperano gli Orien-
(i) Classe Polyandria.
' (2) Lib, XIX. Cap. FUI. S. N.
( 207 •)
tali per ottenere questa droga, avend' osservato jioco
profitto essersi ritratto nelle urgenze delle malattie dal-
l' oppio in commercio , attesa la penuria delle medici-
ne esotiche, ed altronde avendo sperimentata la decisa
efficacia de' nostri papaveri nelle differenri loro prepa-
razioni , ho creduto giovare a' miei simili , con aver fat-
to de' saggi , e varj piccoli travagli su di questo inte-
ressante obbietto .
Dietro di tali cognizioni più mi sentivo a ciò in-
vogliato, sovvenendomi , che alcuni Scrittori di Mate-
ria Medica avevano da alcun tempo adombrata una tal
verità , e che tra i benemeriti della cognizione delle
piante , e tra i valenti professori di Medicina , vi sie-
no stali i Signori, Ball in Inghilterra^ Palmieri in Ita-
lia ^ ed i nostri rispettabili nazionali Ripoli , Gagliardi ,
Tenore, ed altri, i quali avendo travagliato sullo sles-
s' oggetto , abbiano intraprese delle piccole raccolte .
Coir idea dunque di bandire quella inerzia , anzi le-
targo , da cui siamo oppressi , in non voler valutare
quanto deesi le produzioni indigene , di cui siamo for-
niti, proseguendo le lodevoli tracce di quei professori,
ho voluto con dettaglio porre in sistema un tal punto
di pubblica economia , con aver fatto replicate semine
in varj anni , ed in epoche diverse , per trarne quel
miglior partito, che si poteva . Dopo d'avere atteso-,
che sian nate, e venute a fiorire le piante, e dopo ca-
duti i petali , quando le capsole si trovavano ingrandi-
te , e succose , andava io innanzi nelle operazioni , i
di cui risxdtati descriverò mano mano senza occupa'rmi
< 2o8 )
dell' intiera esposizione de' variali metodi da me tenuti .
Quindi dopo varj saggi istituiti , e dopo d' aver rac-
colto più libbre d' oppio di prima sorta , cioè quello
in lagrime , indicando i prodotti dell' analisi compara-
tiva , a quello in commercio, mi sarà agevole additare
quale metodo meglio convenga per la raccolta , e sua
particolar maniera , pel tempo della semina ^ prepa-
razione da farsi al terreno ^ e tutto altro , che possa
essere analogo a tal oggetto .
Si snfilga dunque un sito a solatio , che partecipi
dell'oriente, e del mezzogiorno . Si fitccia il possibile,
che non vi sieno alberi all'intorno, né per lo mezzo,
acciocché si pongano bene in ordine le ajuole , e non
resti per nulla intercettata 1' influenza benefica de' raggi
solari .
Sia il terreno profondo , ed argilloso , con sufficien-
te ingrasso di letame ben macero , e che goda de' prin-
cipii di molte parti vegetali . Se trovasi oltremodo ste-
rile , e sabbionoso senza parti affatto di terriccio , non
sarà mai atto all' uopo indicato .
Si coltivi ne' principii di Settembre , mischiando-
vi una significante dose di concime j e per far meglio
si combini con altra dose di cenere . Si rompano le
zolle , e coir erpice si vada appianando il terreno .
Quindi nell' Ottobre , dopoché si sarà nuovamente col-
tivato , sarà allora il tempo opportuno della semina-
gione .
Eseguita che si sarà la preparazione a quel pezzo
di terra , si disponga in tante ajuole , o prose , così
e 209 )
dette , della larghezza di circa quattro palmi , coi cor-
rispondenti sentieri tra l' una , e l' altra prosa . Si ap-
piani bene il terreno , e quindi a mano aperta , e bea
raro , si sparga il seme , facendolo rimanere coperto
con passarci per la seconda volta 1' erpice , o un fascet-
to di spine . Ciò si faccia in ogni prosa , rimanendo i
sentieri pel solo commodo di passar per dentro ne*
lavori consecutivi da farsi .
II seme per i terreni estesi sia de' papaveri bian-
chi per le ragioni di sopra esposte . B perchè non si
erri circa la qualità di esso, se si trovi alquanto oscmo
di colore , le capsole , che lo prestano , oltre di essere
notabilmente grandi , non debbono avere le piccole
aperture sotto la corona stellata , e sono alquanto al-
lungate a differenza di quelle a semi neri , che sono
più globose ,
Verso la fine di Novembre , e principio dell' altro
mese saranno fuori le piccole piante , le quali trovan-
dosi di soverchio folte , si dovranno diradare j sarchian-
dole quindi con attenzione per non ismuovere , o re-
car lesione alle tenui radici , e cosi purgarle dalle
erbe nocive , e parasite .
Ne' principii di Febbrajo , o prima , conviene di-
radarle un' altra volta , e sarchiarle ancora , coli' avver-
timento di lasciare circa un piede , di distanza tra pian-
ta , e pianta . Chi non voglia però assoggettarsi alla
fastidiosa operazione di render rare , ed a giusta distan-
za i papaveri , potrebbe nel tempo disegnato fare la
fiemina a pizzico , come suol dirsi , in quei siti pro-
27
( 2IO )
prlamente , dove dovrebbero rimanere a dimora ; di-
staccandone però i superflui , perchè rimanga isolata
ciascheduna pianta . In tal modo il terreno interme-
dio verrebbe sin dalle prime meglio coltivato .
Dalla metà di Aprile in avanti , qualora sono vi-
cine a cacciar fuori lo stelo , si sarchino per la terza
volta , togliendo sempre l' erba , e rincalzando il terre-
no . E saremo già vicini alla fioritura .
Prima di terminare il Maggio , come andranno
a cadere i petali di ciascun fiore , attendendosi al-
tri sei , o più giorni , onde siano bene ingrandite
le capsole , si praticheranno mano mano le incisioni .
Ma prima di passar oltre ad indicare il modo da ese-
guirle , si avverta , che volendosi ritardare la semina ,
si potrà fare puranche nel Gennajo , come fu da me
eseguita nell' anno scorso , avendo anticipatamente pre-
parato il terreno coli' ingrasso , e con replicate coltiva-
zioni . Ma , a dire il vero , bisogna dare tutta la pre-
ferenza a quella dell' Ottobre . In fatti a pari circo-
stanze 5 e nello stesso sito , dóve fo tali saggi , le pian-
te nate spontanee nel Novembre del i8og. , e quelle
prodotte dalla semina del Gennajo seguente , vegetaro-
no sempreppiù rigogliose le prime , e con più pronto
sviluppo 5 essendo state superiori a qualunque nociva
influenza di meteore . la simil modo avendo in que-
sto anno fatto la semina dell' Ottobre su. di molte pro-
se , e su di una sola quella del-.Gennajo , le piante
di questa vanno innanzi con piccola statura, e le pri-
me grandiose con molti estesi rami promettono una
( 211 )
raccolta d' oppio ubertosa , e soddisfacente del pari ,
che ne diedero le spontanee degli anni antecedenti .
Se si crederà da taluni , che giovi di traspiantare
i papaveri per migliorare la lor condizione , o per for-
nire delle altre prose , potrà benissimo disingannarsi j
poiché avendone in due anni fatto la pruova , tanto
se sieno di tenuissima statura le piante , che più adul-
te . Nel mese di Gennajo , o più tardi , coli' inaflia-
mento , o senza di esso , ho osservato costantemente ,
che la maggior parte è andata a perire : Altra porzio-
ne con una vita lenta La prodotto un piccol gambo,
e pochissime capsole , di grandezza niente regolare .
Ma è già questo un punto d' osservazione , che gene-
ralmente si avvera in un gran numero di piante . Per
i papaveri poi , che sono forniti di radici perpendico-
lari, e fusiformi, con pochissime laterali fibrose,. su-
bitocchè sieno distolte dalla di loro primitiva direzio-
ne , ed aderenza col terreno , perdendo ivasellini quel-
la vitalità., ed energìa , onde si sosteneva la circola-
zione , o marciscono interamente , oppure vanno quel-
le radici a rimanere inerti , e conseguentemente anche
le piante , sino a che qualche dilicatissirao fdo radica-
le , e quindi qualche altro , vada a sortire , che ripi-
gli il cammino del fluido circolante , sostenendo una
benché stentata vegetazione . E dunque fuori di dub-
bio , che il seme a dimora per le piante piccole , va
a sviluppare una vita assai più energica , essendo quelle
sostenute sulla base di radici seminali , le quali vanno
a macerarsi nella maggior parte col trapiantarle .
( 212 )
Non occorre d' loaffiare i papaveri qualora le sta-
gioni procederanno con certa regolarità , dovendosi at-
tendere Il solo benefico umettamento della pioggia . Ed
è ciò analogo al sentimento di tutti gli Scrittori di
materia medica , quali In consigliando la plantagglone
dell'erbe, e de' frutici , che debbano produrre resine,
o gomme-resine , prescrivono , che I terreni siano piut-
tosto asciutti , che Irrigati . E Plinio nel sopracitato
luogo , parlando dell' oppio , dice : Optimum in sic-
cis , et ubi raro pluit .
Guidate dunque le tenere plauie cuu ijucgli ajuti
di sopra esposti , essendo fuori gli steli , i fiori , e
quindi le capsole , si sarà al tempo delle incisioni , e
propriamente dalla metà di Maggio sino a tutto Giu-
gno , qualora il Termometro nella scala di Reaumur
si trovi segnare da 18 sino ai 22 gradi . La differenza
de' climi potrà fissare un' epoca alquanto varia , sem-
pre però approssimativa alla già enunciata .
Giunto II tempo da praticare le incisioni , cioè
dopo caduti i fiori , e rese progressivamente grandi le
capsole sino all' intiero sviluppo , nel termine di sei
giorni più , o meno , quando 1' umore è denso a suf-
ficienza , e non sieroso j si prenda una piccola lancet-
ta a punta non molto acuta , ma tagliente , e" sostenen-
do la capsola colla mano sinistra si facciano le inci-
sioni verticali , eseguendole da sotto in sopra , cioè da
vicino al caule della pianta per tutta la convessità di
essa capsola , e con ferire la sola epidermide . Se ne
potranno praticare quattro in quelle di mediocre gran-
( 2i3 )
dezza , e sei nelle altre più grandi j come precisamen-
te nei papaveri bianchi . Saranno eseguite neli' istesso
tempo , e serbando una certa uguale distanza . Intanto
si osserverà con maraviglia , che il ferro andrà avanti ,
ed un umor lattiginoso gli correrà dietro prendendo la
figura di una lagrima , che sarà pendente nella parte
inferiore della capsola : un tal latte sarà di sapore no-
tabilmente amaro , e di odore nauseoso di muffa .
Devono sempre farsi le incisioni nelle giornate a-
sciutte , e calde , e due ore circa dopo lo spuntar del
sole in avanti , acciocché si renda meno scorrevole
1' umore , e non si gitti sulle foglie . E servendomi del-
l' espressioni dello stesso Plinio , dirò : Ciim. ros exa-
ruerit , hoc est hora diei sereni . Giova ancora , che
r atmosfera non sia agitata da vento . In tal modo
coli' attività di una temperatura calda sì formerà in cia-
scheduna lagrima una pellicola esterna j ed a capo di
dieci in dodici ore quella gocciolina acquisterà una
consistenza viscosa con colorito che tira al giallo . Nel-
la giornata appresso sarà più consistente con colore
rosso-bruno prendendo 1' aspetto della mirra lucida j e
r oppio sarà maturo .
Questa dunque è 1' epoca da raccogliere quelle la-
grime , e ciò si verrà a fare nel cadere della seconda
giornata . Il ferro , che bisognerà per tale operazione ,
potrà essere quello stesso delle incisioni , o altro simi-
le , ma più largo , oppure a dirittura un temperino .
Si porterà nella mano dritta con distaccare ciaschedu-
no pezzo dalle rispettive ferite , alle quali si trova ade-^
( 2i4 ;
rente , mentre la mano sinistra ferma '-, capsola dall' al-
tra parte . Adattati quei pezzetti uno a iMosso dell'al-
tro, formeranno quei più rimarchevoli, che andranno
bene riposti ia un bicchiere di cristallo , ovvero -^i ar«
gilla .
Se le sopraddette lagrime si facciano rimanere al
di là dei due giorni sul dorso delle capsole , sarà no-
tabilmente diminuita la lor forza , rendendosi carbo-
nizzate dall' attività del sole , portata troppo innanzi ,
e già il colorito negrognolo ne addita il carattere , «
la poca forza , come ho osservato nelle occorrenze del-
le malattie , in cui ne ho fatto uso . Il solo caso di
una pioggia , o di altro incidente , che impedirà la rac-
colta , farà un eccezione alla regola proposta.
Altronde se si sia a tempo di prevenire una im-
minente pioggia , che possa sciogliere , o porta via una
buona porzione di lagrime , converrà sollecitamente
andarle a distaccare senza prender conto se siano al
punto della perfezione , mentre quei piccoli ammassi
potranno rendersi consistenti con esporli al sole per
una , o due giornate finché acquistino i caratteri so-
praindicati . Un tal caso mi è accaduto talvolta , e vi
ho prestato riparo , perchè si è trattato di piccole rac-
colte. Una seminazione estesa non potendo ammettere
simile ajuto , si compenserà con andarle a raccogliere
consecutivamente,, td a proporzione della consistenza
acquistata .
Dopo le replicate osservazioni, e metodi praticati
^ relativi al numero delle incisioni , convengo semprep-
( 2i5 )
più , che nei nostri papaveri quattro , o al più sei
fatte nel medesimo tempo , bastino a portar fuori tutta
la dose dell' umore già preparato , che serbato tra 1' e-
pidermide , e gli altri integumenti delle capsole , poiché
facendosene in maggior numero , come più volte ho pra-
ticato , non è che scaturisca più umore , ma si viene
a ripartire per tutte quel fluido , che doveva scorrere
dalle sole quattro ferite. Nel caso dunque di volerne
istituire dippiù, altro che una piccola squama non si
rinverrà su di ciascheduna ferita . Perciò ci dovrà im-
piegare più tempo per la raccolta 3 si verrà a distac-
care l' epidermide fresca dai papaveri 3 e l'oppio, non
essendo puro , presenterà sempre il senso , e 1' odore
erbóso .
È inutile di fare incisioni su di altre parti della
pianta , perchè nessuno umore andrà a fluire , o sarà
puramente aqueo . Così , nella generalità , nemmeno
giova fìune altre nello spazio intermedio alle prime ,
poiché sortirà un puro siero di latte oppiato . Questa
pratica ammette tuttavia qualche eccezione per alcune
capsole , le quali esplorate nuovamente col ferro pre-
stano latte di buoùa condizione , e come il primo .
Sicché in quelle , che sembrano succose ancora , si
potranno benissimo reiterare , e si avrà l' intento .
Il metodo , che riferisce Dioscoride , di fare le
incisioni circolarmente sotto la corona stellata dei pa-
paveri , e quindi inclinarli per riceversi il succo gron-
dante in un vasellino , che si esporrà al sole , non mi
sembra plausibile per varie circostanze , che ho ravvi-
( 2i6 )
sato col fatto. E basta dire, che avendone taluni fatto
il saggio , tra' quali il diligentissimo lames , non ne
sono rimasi soddisfatti.
Giova qui puranche rimarcare 1' uso , che si tiene
dagli Orientali , cioè a far rimanere aderenti alle cap-
sole le lagrime per il solo corso di una notte . Non
deve tale sistema da noi adottarsi , sì perchè la tem-
peratura del clima sia ivi notabilmente avvanzata rela-
tivamente al nostro , e quello di tutta 1' Italia j come
perrhè nemmeno colà si trae maturo , ed a giusta con-
sistenza qualora si raccoglie . Tanto ciò è vero che gli
stessi viaggiatori ci riferiscono , che dopo raccolte le
lagrime , espongono al sole i vasi semipieni per farle
acquistare una competente spessezza . Per lo contrario
distaccandosi già maturo l' oppio gode di altre emi-
nenti prerogative . E tale circostanza non può dirsi ,
che sfugga I' attenzione di quei popoli , che sono ora^
mai assai bene istruiti in quella pratica dalla lunga
serie delle osservazioni . Deve supporsi piuttosto , che
ragioni d' industria li determinino a trattarlo in quel
modo . Forse per ridurlo più agevolmente nelle forme
in cui ce lo recano : o per combinarci delle altre so-
stanze, come precisamente il meconico , essendo più
facile ciò far.n qualora sia maneggevole , ed umidiccio.
Ma non bisogna andar tant' oltre in vane discetta-
zioni . Vediamo quali prodotti ci presenti l' analisi di
questa droga tanto necessaria , ed essenziale in medi-
cina , che , senza di essa , asseriva il dottissimo Syden-
ham , non avrebbe avuto il coraggio di fare il medico ,
( 217 )
Avendo sciolto una dramma dell' oppio nostrale ,
ridotto prima in fina polvere , nello spirito di vino
ben rettificato, e datoci un sufficiente grado di calo-
re , dopo circa un' ora è rimasa una gran parte per-
fettamente in soluzione , Raccolto quindi il sedimento
insolubile , si è rinvenuto quasi tutto gommoso , e del
peso di circa venti granelli .
Ho reiterato un tale processo ; ed avendo acceso
lo spirito di vino , che serbava in soluzione 1' oppio ,
dopo d' essersi consumato tutto l' alkool , e con esso
la parte resinosa , è ugualmente rimasa a fondo una
materia gommosa , però carbonizzata dall' azione della
Gamma .
Messone un pezzo ad una punta di ferro , ed ap-
prossimato alla fiamma si è veduto sul momento an-
dare in violenta combustione , avendo presentata una
fiammetta rosso-sulfurea , e vaga all' aspetto , che ha
dato fuori un fumo bianchiccio di odore nauseoso di
muffa , che muoveva a starnutare . Si vede bene in
questo incontro , che andando avanti la combustione
si consuma gran parte della massa dell' oppio , il qua-
le terminato di bruciare , presenta a guisa di carbone
la sostanza gommosa residuale delle due sopradette
operazioni .
Dunque, prima di terminare l'analisi, si può as-
sicurare , che di una dramma il terzo pressappoco è una
materia gommosa , insolubile nello spirito di vino ^ e
tutto il rimanente è quasi per intiero sostanza resino-
sa friabile , e lucida , che separata coli' evaporazione
38
(2l8)
dell'acquavite, che la conteneva, ed adattata alla lin-
gua , vellica sensibilmente le papille nervee conciliando
un senso acre - caldo , che dà molto dell' aromatico .
Per meglio riuscire in questo saggio , ho voluto
servirmi pure dell' acqua , con aver versato l' istessa
quantità d'oppio attivato da calda temperatura, ho os-
servato che a gradi, e con qualche stento, si è andata
a sciogliere la porzione della gomma , essendo rimaso
pressocchè insolubile tutto il restante di sostanza resi-
nosa leggìermenie salina , che ne costituiva la parte
maggione .
Col divisato esperimento si è veduta andare a galla
una materia oleosa fissa , eh' è quella , che presta un
insensibile untume , stropicciandosi tra le dita un pez-
zetto d' oppio .
Merita pure d' essere rimarcato un principio vo-
latile graveolente , eh' è quello appunto , che produce
la sensazione odorifera di quella sostanza , ed in gra-
do assai eminente , di maniera che in aprirsi una bot-
tiglia , che conserva la nostra droga , non si può tol-
lerare r impressione , che ne ricevono i nervi olfatto-
ri 5 circostanza , che non accade tanto sensibilmente
nell'oppio in commercio. Ciò però dipende da un olio
essenziale penetrantissimo. E questa è quella sostanza,
che gli concilia tanta forza , ed opera nei primi istanti,
che sia propinato , anche prima di sciogliersi dai suc-
chi gastrici la gomma , e la parte resinosa.
Questa stessa sì potente esalazione odorosa rende
incommoda , e fastidiosa la raccolta , ed è perciò che
( 219 )
disperdendosi una parie aliluosa dalle lagrime aderenti
alle capsole si forma una piccola atmosfera , che va
ad aftéttare la sclaliva del raccoglitore con miscliiarvisi,
ed eccita una molesta nausea , anzi talvolta il vomi-
to , oltre di una certa temulenza , che produce al ca-
po. Queste affezioni furono da me sperimentate a se-
gno , che nel meglio de' saggi mi decidevo sin dall'an-
no scorso a svellere tutte le piante de' papaveri , e
porre in oblio una utile intrapresa . Il minore incom-
modo , che mi è accaduto è stato quello di sputac-
chiare peicnueuienie per il tratto della lunga e nojosa
. raccolta , che negli anni di siffatto travaglio ho dovu-
to per ben due mesi portare innanzi in tutti i giorui
dalla metà di Maggio sino al principj di Luglio. Ma
ciò sarà ben lungi di accadere a quegf individui , che
dotati di minor sensibilità di fibra , e meglio condi-
zionati nella di loro costituzione , prendendosi dalla
classe de' contadini , possano benissimo adattarsi alla
facile manovra di trattare quelle piante per ritrarne la
desiderata medicina. Taniopiù sarà necessario di ren-
dere istruita quella gente , per quanto convenga non
per solo diletto , o per fare de' saggi , ma per indu-
stria , ed occupare qualche considerevole pezzo di
terreno ad una si vantaggiosa speculazione.
Esposta la sopradetta analisi ottenuta da un pro-
cesso semplicissimo , ma veridico , se però non si giun-
gerà colla stessa esattezza a rimarcare quella propor-
zione di principj tutte le volte , che si voglia reitera-
re , come a me è puranche accaduto , ciò dipende a
( 220 )
buou senso da varj accidenti , che possono avere del-
l' influenza , e specialmente dalle differenti qualità del-
l' oppio , in ordine anche alla sua maturazione \ e dal-
l' affinità grande , con cui la resina , e la gomma so-
no aderentemente unite , formando l'impasto di quella
sostanza con altra poca porzione di parti terrose , e
saline j per cui non sempre tutta la parte resinosa si
scioglie neir alkool , né tutta la gomma nell' acqua.
Circa i caratteri esterni di un tale oppio , posso
con ingenuità assicurare , che si trovano non che cor-
rispondenti a quello d' ottima qualità , eh' è andato
sempre in commercio, m' anzi in gradi più eminenti:
essendo di spiacevolissimo odore ^ alquanto tenace ,
con essere un ammasso di tante lagrime , è molto ama-
ro al gusto 5 uniforme , e senza parti eterogejiee j di
colore di succino , o di mirra , sembrando in tutto una
pura resina , prontissimo ad andare in combustio-
ne , con produrre una fiamma assai più chiara , e sfa-
villante ^ è friabile , per cui si può più agevolmente
polverizzare \ e non rimane alcuna feccia allorché si
scioglie.
Le preggevoli qualità rappresentate , non sono certa-
mente ipotetiche, o fallaci, dacché han potuto ravvi-
sarsi senza equivoco in quello esposto con tutti i ge-
neri nazionali nella Fiera di Agosto in Napoli . Altro
simile è stato , ed è , presso la considerazione di molti
professori dell' arte sanatrice , cui 1' ho fatto pervenire.
Ed è ancora esposto in alcune Farmacie per oggetto
venale,
( 221 )
Ma perchè sieno sino all' evidenza dichiarate le
sublimi prerogative di qnesta patria medicina , e ad
oggetto di avere un' analisi di comparazione , ho sotto-
posto ad esame il più squisito , che si trovava anni
indietro^ ed il prodotto del breve processo istituito si
trova essere di una metà tutta gommosa ^ meno di un
terzo di resina , ed il restante una materia terrosa mi-
sta a poco olio fisso.
Il desiderio di rimanere sempreppiù convinto nel-
la serie delle mie osservazioni , mi ha spinto a fare
delle altre ispezioni sulle masse dell' oppio asiatico .
Perciò ho costantemente osservato , che di due sorti
sogliono essere quei pezzi . Alcuni di massa alquanto
uniforme , ed a guisa di un verace estratto , di colo-
rito fosco con delle impurità per dentro , e riducibile
in altra forma a picciol grado di calore. Altri sono di
massa varia , poiché in aprendoli si ravvisano per mez-
zo dei pezzetti più lucidi di colore , e più compatti ,
ma sempre colle stesse impurità. Ho conchiuso da ciò ,
che i primi siano il semplice nieconio fatto da succo
espresso. Kd i secondi , anche questo , ma con esservi
in miscela le lagrime dell' oppio puro . Intanto ciò si
trova appuntino analogo alle relazioni , che ne abbia-
mo ^ usando gli orientali di rotolare le lagrime col me-
conio non ancora giunto a consistenza , ed in modo
che risulti una massa apparentemente uniforme . Que-
sto in fatti presso di noi si è stimato sempre migliore.
Di pezzi poi , che potevano dirsi ammasso di sole la-
grime , non è stato facile vederne ^ perchè oppio co-
( 222 )
siffatto di rado , o non mai , si sono compiacimi di
recarci. Gli antichi però , tra' quali Galeno , sotto la
denominazione di oppio , includevano le sole lagrime.
Di fatti nella Classe 5. pag. 114. così si esprime: Qui
autein Opinin , idest Papaveris lacrymam biberint ,
iis statini etc.
Alla giusta considerazione di tali fatti bisogna pur
soggiungere , che varie e multiplici adulterazioni sieno
soliti di manovrare gli Asiatici , anche a seconda dei
di luro pixTati bisogni. Per avere piacevolissimi sogni ,
ed immaginazioni , che allettino , mischiano il Giu-
squiamo nero, e lo Strammonio. Come alessifarmaco , e
per suscitar loro allegria , precisamente ne'combattimenti
marziali , combinano il Succino , lo Zafferano , la Mir-
ra , la Noce Moscada , ed il Cardamomo 5 e ciò fan-
no più di tutto ncJla Persia dando a questa composi-
zione il nome di Pholonia.
Ma se queste adulterazioni si limitassero alle pre-
parazioni di loro semplice Uso non se ne incaricherebbe
alcuno certamente. Subitochè però lo recano così alte-
rato in commercio , e gli stessi nostri nazionali si fan-
no lecito di replicare le miscele in passandolo nelle
officine , reclama ognuno , ed a ragione , come dal
tempo de' Greci sino ai dì nostri , non mancano di
farsi le più alte querele Dioscoride , Remfero , e Geof-
froy coi più recenti Scrittori , perchè vi adoprino tante
miscele , che sien giunti a combinarci la liquirizia ,
r assafetida , lo sterco bovino , ed ancora il sevo , con
molte altre sostanze eterogenee.
( 223 )
È fuor di dubbio , che il Glaucio , composizione
celebre nell' antichità , che a buon conto era il succo
estratto del Rumex Lapathum ; o conciliando 1' opi-
nione di altri , il succo condensato del Chelidonium ,
o del Papavev curniculatum , pianta , che presso di
noi trovasi a dovizia per la spiaggia dell'Adriatico , go-
dendo di un succo giallo-amaro , faccia parte dell'oppio
officinale . E ciò rapporto al Glaucio non tanto deve
supporsi vero , perchè si rileva da autori degni di fede j
quantochè volendosi distaccare le foglie secche , e se-
mi , che spesso vengono aderenti ai pezzi dell' oppio ,
quei semi sono effettivamente del Rumex surriferito ,
come replicate volte mi è riuscito averne la conoscen-
za. L' erudito James è fermo a credere , che il succo
solito a mischiarsi coli' oppio puro, nelle regioni, ove
si manifattura , sia quello della lattuga selvaggia , op-
pure dell' ortense. Né ciò deve sembrare lontano dal
vero, poiché le lattughe godono della forza oppiata,
serbando un succo latteo amaro mollo analogo a quel-
lo de' papaveri , tantoché Galeno , e varj au tori , le
danno le istesse attribuzioni , e quei che se ne ciba-
no , si attendono un sonno tranquillo.
Ognuno dunque vede bene quale notabile diffe-
renza vi possa essere tra l' esotico , ed il nostrale • e
per quanti secoli siamo rimasi illusi su di un ogget-
to di tanta importanza , che ha obbligato le nazioni
tutte d' Europa ad acquistare dagli esteri quella dro-
ga , di cui ciascheduno può presentemente fornirsi
nel proprio paese in qualità, e dosi tali da formare il
(224)
lustro , ed il decoroso ornamento delle officine farma-
ceutiche.
Preparazione , o processo alcuno , non bisogna per
migliorare la sua condizione , e renderlo depurato ,
nello stato di lagrime , poiché geme come se fosse di-
stillato in dorso delle capsole , e l' attività del sole
dissipa, e corregge qualunque piccola impurità , che vi
si possa trovare , rimanendovi per due giorni , o sino
alla perfetta asciuttezza . E di bene però di attendere
circa un mcso di tempn per incominciare a farne uso j
mentre in quel!' epoca avrà acquistato 1' odore puro ,
ed i caratteri veraci dell'oppio, trovandosi dissipato
ogni qualunque senso erboso.
Per essere ora a giorno dei fatti favorevoli , e della
decisa efficacia di questa medicina ne' varj casi di ma-
lattie , ove possa convenire , dopo di aver s aputo col-
r analisi di essere la resina assai predominante alla
g'omma j e d' essere più odoroso , friabile , e lucido j
più accensibile , e puro , che con difficoltà si scioglie
neir acqua , bensì nell' alkool , o vino spiritoso , qua-
lità tutte , che non si ravvisano in tal grado in quello
d' Oriente , ma che ne costituiscono l' ottima condizio-
ne : si deve sapere , che opera con sicurezza in tutti
i casi , in cui quell' altro suole giovare ^ colla diffe-
renza , che debba propinarsi in dose più discreta , al-
trimenti si corre rischio di far incontrare tristi effet-
ti a quegl' infelici , per i quali si sia adoperato . In
conferma di ciò si vuole avvertire , che per una mera
affezione catarrale , che portava una tosse di stimolo
( 225 )
assai fastidiosa , essendosene usato un granello da un
infermo , che aveva tutta la diffidenza , che mezzo gra-
nello fusse stato sufficiente a tranquillarlo , fu tormen-
talo in tutta la notte da continuo vaniloquio , da gran
mossa di vomito , e da calore estuante. A tale oggetto
per determinare con certo metodo la dose , conviene
stahilire , che nei cuiirplessi di dilicuiu cosili uziuue , e
laddove il bisogno di urgente malattia non Io richie-
da , si può prescrivere da mezzo sino ad un granello,
o sciolto , o in forma pillolare. Qualora poi i sintomi,
o r indole del male , esigano un prontissimo ajuto ,
se ne appresti subito un granello. E se sembra espe-
diente , come nelle violpntl emorragie , nelle ostinate
convulsioni , r nelle doglie acute , si può replicare la
dose dopo dissipata la forza della prima.
Essendosi dunque da molti giudiziosi medici , e
da me istesso , adoperato nelle malattie spasmodiche ^
e dove si tratti di affezioni dolorose in generale , ed
in quelle ancora , in cui la gran sensibilità è un pro-
dotto della debolezza , si è osservato , che non sola-
mente produce narcosi , calmando lo spasmo , ma ec-
cita in rerto mrxln , coiiciliantìo iiuuva energia al si-
Stema nervoso. Così nelle cardialgie , e coliche , piut-
tosto convulsive , che materiali , si è osservata una
calma nella circolazione , notabile diminuzione di sin-
tomi , e quindi un sonno placido . Tra gli altrettanti
casi un giovine di delicata complessione , che per una
cardialgia spasmodica era violentemente molestato da
vomito inane, essendosi ridotto con sudori fieddi la
29
( 226 )
una mortale asfissia per non aver ritratto alcun solile'
vo dalle replicate dosi del laudano , e con avere re-
stituito tre granelli d' oppio , se gli sciolse uno del-
l' indigeno nel vino , e fattolo a slenti ingojare , di 11
a mezz' ora cessò il vomito , e fu restituita la calma
all' infelice giovane.
Neir ibteiisino , asma , e tossi prellamenle convul-
sive , dove un' atonia del sistema generale favoriva
quelle affezioni , ha operato da narcotico , avendo ec-
citata altra forza viva agli organi vitali . Ed in questi
casi ha giovato tanto meglio , per quanto se n' è rei-
terato r uso colla miscela de' leggieri tonici.
Nelle emottisi , e nelle emorragie in generale , pre-
cisamente in quelle accoppiate da mal abito di corpo ,
ha recato un utile decisivo. Si può assicurare , che tra
gli altri , una donna , che sofferiva una emorragìa na-
sale violenta , e protratta per più giorni , essendosele
propinato , misto alla china , profittò portentosamente.
Un' altra affetta da ostinata menon-agla sino al punto
d'essersi avvanzato un buono edema, resa già cachet-
tica dopo le grandi perdite di sangue , ne ha rilevato
gran vantaggio avendolo preso unito a' marziali. Ad un
emottoico di età non tanto avvanzata , allorché il san-
gue a sbocchi affettava un oscuro periodo , dopo le
molte dosi dell' oppio , e dell' etiope vegetabile , è
riuscito con due granelli in due giornate , d'impedirlo
a gradi , e con regolarità tale da non seguirne peggior
male.
( 227 )
Debbo però con ingenuità asserire di non averlo
voluto mai , senza urgentissimo bisogno , somministrare
ai giovani assai pletorici , e dotati di troppo valida
costituzione , predominando la diatesi stenica -, come
non debba convenire nell' isterìa delle donne robuste j
e laddove , servendomi dell' espressione degli Antichi ,
si trovi l' utero in una temperie calda , nel caso di
sofferire emorragie uterine , convellimenti , ed altro ,
per la ragione , che composto quest' oppio di resina ,
eccitando troppo qualora non sia opportuno , si pone
la circolazione in maggiore orgasmo , e ne sieguono
più triste conseguenze. In tali casi io consiglierei piut-
tosto , che si faccia uso dell' istess' oppio sì , ma pre-
parato a guisa dell' estratto aquoso del Pecquet , o un
tantino bruciato , come l' etiope vegetabile .
Ne' delirii malincolici soliti ad effettare i corpi
ippocondriaci , ed accompagnati talvolta da qualche
grado di cachessìa , ha giovato senza dubbio . Una
giovane che dopo le replicate , e non indifferenti per-
dite di sangue dall'utero, era caduta in una grave de-
bolezza del sistema vascolare , e quindi in un delirio
malinconico , che si rendeva in alcuni giorni anche
furioso \ in quelle sere , in cui prendeva un gra-
nello deir oppio indigeno , dormiva tranquillamente ,
e rimaneva per più ore in pace. Tutte le altre volte ,
che per istituire un saggio , se le prestavano due , o
tre granelli dell' estero , non ne ritraeva sollievo , ed
era sempre agitata , e delirante .
( 228 )
Nelle diarree abituali prodotte da poca concezio-
ne de' cibi , e da un' astenìa viscerale ben marcata ,
iiggiunto a qualche estratto amaro , ha prodotto pur-
anche effetti sicuri . In tutte le altre affezioni lente in-
testinali , per le quali si fa facile passaggio alla disen-
terìa , ed in questa istessa , purché non. vi sia princi-
pio di riscaldamento , combinato con poca ipecacuana
o con una terra assorbente , come la magnesia , ha
operato a guisa d' antidoto , Molti fanciulli , che sono
andati soggetti nello scorso autunno all' affezione di-
senterica , dopo d' essersi adoperati in vano altri ajuti,
si sono riavuti quas' istantaneamente con tenue dose
di questa medicina sciolta nell'emulsione dei semi cu-
curbitacei .
Quegl' infermi , ai quali 1' uso frequente dell' op-
pio r aveva loro reso pressocchè infruttuoso , ed erano
obbligati a prenderne tre , o quattro granelli , con un
granello solo del nostrale , hanno ottenuto 1' intento .
Tra questi uno piucchè mai , eh' erasi abituato per un
asma convulsivo , nell' ingojare delle dosi generose del
laudano , oppio , e massa di stirace , quando 1' asma
istesso si era fatto umorale con notabile infarcimento
ne' pulmoni , avendo fatto sospendere qualunque altro
narcotico , ne feci uso alla dose di un granello senza
averlo potuto replicare , se non a capo di quattro
giorni , perchè la narcosi prodotta sopprimeva V espet-
lorazione. Ed intaìito perchè l'asma continuava tutta-
via ad affettare qualche periodo , e bisognava ad ogni
modo un oppiato , gli dava quello venale alla dose
( 229 )
di Ire granelli in tntte le altre scie , però senza vciun
profitto. Una Signora poi , che per una spasmodia ute-
rina di più giorni era tutta convulsa , mentre da più
tempo sembrava perennemente isterica , ed era giunta
in quel parosismo ad introdurre con istento quattro
granelli d' oppio nel corso di una giornata , con un
granello dell' indigeno , e quindi con un altro fu per-
fettamente ristabilita da quell' acuzie .
Non manco ancora di avvertire , che nei gravi
dolori in generale giova , e molto meglio , che quello
d'Asia , benché in minor dose. Perciò nelle nefralgie ,
nei reumatismi acuti , e nelle doglie intestinali è decisa
la sua efficacia , come da replicati fatti viene piena-
mente dimostrato . Così per dare una calma al tutto
nelle malattie locali si è più volte adoperato. Una gio-
vane , che per un profondo carcinoma all'utero spasi-
mava continuamente , e non ritraeva sollievo da tre ,
e quattro granelli d' oppio , con uno del nostrale fu-
rono mitigati i dolori lancinanti , che sofferiva , per
cui se ne ripetè 1' uso sempre con profitto.
In una costituzione di febbri intermittenti , che
precorse nella passata stagione estiva , e nell' incomin-
ciar deir Autunno , e che produsse dei sudori profu-
sissimi , onde gì' infermi rimanevano oltremodo sner-
vati di forze , comecché conveniva un oppialo coli' an-
tifebbrile ( giaccliè è deciso , che 1' oppio trattiene le
avvanzate secrezioni , ed escrezioni tutte ) 1' usai
prima del parosismo ^ ed avendo contribuito a rinvi-
gorire i nervi , e calmare lo spasmo de' vasi cutanei ,
( 200 )
servì d' ostacolo ai tanti sudori , e fece migliorare su-
bito l' infelice stato degl' infermi .
In fine senza entrare in erudite discettazioni sulla
maniera d' agire dell' oppio in generale , se rarefacendo
il sangue , e con ciò facendosi pressione maggiore al
cervello ; e se sciogliendo , o rappigliandolo : se asso-
pendo y o risvegliando V irritabilità musculare degli
Stalleriani ^ o 1' eccitabilità de' nervi di Brown : O che
in qualunque altra maniera operi , per noi basta d' es-
sere convinti coli' analisi , e coi molti fatti di pruova,
quali si sono enunciati appena , ed in brevissimo nu-
mero , per non eccedere i limsti di una Memoria , e
non far da Empirico ; che l' indigeno non solo equi-
valga air esotico , ma sia anzi preferibile.
Non occorre ugualmente , che io stia additando
tutti gli altri casi di malattie , ove possa , e debba es-
sere opportuno V oppio nostrale al pari dell' estero •
Tutto ciò è abbastanza noto ad og li Piofessore dell'arte
salutare. Chi voglia notizie più estese, e soddisfacenti ,
oltre di poter riscontrare qualunque Autore di materia
medica , potrebbe in preferenza consultare chi si sia
con precisione occupato in un' epoca non molto lungj
da noi , cioè il Sig. Tralles. E circa la maniera d'agire
di questa droga diffusamente , e da profondo fisiologo
negli ul'imi tempi il Sig. Giovacchino Carradori in una
Memoria inserita negli Opuscoli scelti di Milano.
Ed affinchè si promuova evidentemente l' utile
pubblico, ed il particolare interesse de' cittadini , men-
tre r uomo neghittoso spesso trascura i doni della Prov-
(23l )
videnza, giova scuoterci, ponendoci in una ceila atti-
vità, ed impegno, onde faccia scorgere la Nazione
d' essere animata da lodevole entusiasmo , e da vorace
spirito di filantropìa in occuparsi d' intraprese tanto
prcggevoli . Perchè dunque si attacchi quell' idea di
conflderiya propria da andar oltre in simili speculazio-
ni, è di bene far osservare col fatto , che si può be-
nissimo combinare in tale incontro 1' utile dulci. Vengo
perciò a dettagliare quel tanto, che ho enunciato in
astratto , determinando per punto di approssimazione
qnal profitto possa ritrarsi da un pezzo di terreno ad-
detto a questa semina. Conviene dunque stabilire.
1 . Ghe si divida il dato terreno in tante varie
prose coi rispettivi sentieri , assegnando a ciascheduna
ia larghezza di palmi quattro , e con situarvi quattro
piante alla distanza di un palmo per ciascheduna : si
abbia 1' attenzione di rimanere la prima mezzo palmo
dentro dell' orlo della prosa , ed in modo che la quarta
pianta venga pure situata mezzo palmo dentro della
medesima dall'altra parte. Ciò si vuol fare ad oggetto ,
che i rami , e foglie dei papaveri non vadano ad in-
clinarsi nello spazio di terra occupato dai sentieri. Alle
prose poi non occorre di dare ampiezza maggiore dei
quattro palmi , altrimenti le braccia dell' operajo sa-
ranno incapaci di giungere sulle piante dai sentieri li-
mitrofi .
2. Che ogni sentiero abbia la larghezza di due
palmi per potersi con tutto commodo eseguire i lavori ,
e le operazioni dovute all' una , e 1' altra prosa conti-
( 232 )
glia , tanto nell' epoca , in cui si trovano le piante ,
che per i nuovi ingrassi , e preparazioni , che converrà
fare sino al tempo dell'altra semina. Giova pure, che
i sentieri sieno in tal modo larghi per aversi un facile
passaggio , e non accada ciocché avverte Dioscoride ,
che in passando per le piante già sanciate , il raccogli-
tore tragga seco cogli abiti il latte grondante.
5. Che se sia data una superficie di terra , che
abbia per ciaschedun lato la lunghezza di palmi cento ,
si avrà tutta la superficie quadrata di palmi diecemila.
Perciò si avranno diciassette prose con altrittanti sen-
tieri della lunghezza di palmi cento , e la larghezza co-
me sopra denotata. Ma questa estensione si è prefissa per
una mera norma . Volendosi ampliare , per aversi un
calcolo comparativo sul prodotto , si vuol sapere , che
corrisponde a poco men di un quinto del moggio
napoletano.
Ogni prosa darà piante 400 • E tutta 1' estensione
del terreno ne presenterà 6800.
Tutte queste a quattro capsole per ciascheduna
per lo meno , e segnando le sole più grandi , senza
porre a calcolo le molte altre piccole de' rami inferiori,
che offrono pure 11 di loro latte , ne daranno 27200.
Ciò vale in rapporto ai papaveri neri , perchè i bian-
chi ne producono tre , o al più quattro tra' grandi ,
e piccole .
Ciascheduna capsola avendomi dato agevolmente,
e nella più scarsa dose , due granelli d' oppio adden-
sato , da quattro incisioni j con supporsi di mediocre
I
( 233 )
grandezza , come quelle delle nostre piante , rlducen-
dosi il prodotto da' granelli a libbre , si otterranno set-
te libbre , once sei , e -3 , le quali calcolate al -valore
discreto di ducati sei la libbra^ daranno la somma di
ducati quarantacinque, e grana trentacinque. Sembra
intanto, che questo solo compenso possa essere suffi-
ciente a render paghe le premure , e V aspettativa di
chi se ne sia occupato . Trattandosi però , che questo
sia il profitto del solo oppio puro , non si limita qui
r industria dell' accorto proprietario .
Distaccate che sieno le lagrime progressivamente ,
e fatta anche la secónda raccolta a quelle capsole, ove
saranno state necessarie le nuove incisioni , sarà egli at-
tento ad osservare , se altre ve ne sieno non ancora in-
cise . Quindi non si tardi a svellere le piante tuttavia
verdi , e succose , che si recheranno sotto al torchio do-
po d' averle ben bene acciaccate ^ e serviranno propria-
mente a tal' uopo le capsole, e le piccole foglie vicine,
poiché gli steli prestano pochissimo, o nessuno umore.
Il succo espresso si evapori a fuoco lento sino a dura
consistenza 5 e si avrà il Meconio , il quale adoperato
in doppia dose compete in tutti quelli casi , in cui gio-
va r oppio puro . Debbo in tale incontro avvertire i
Farmacisti , che per la composizione del laudano di Si-
denhamio , per la massa di Stirace , e di Cinoglossa ,
ed altre preparazioni, qualora avranno il meconio estrat-
to giusta le regole dell' arte, senza renderlo in menoma
parte carbonizzato, è in loro libertà di servirsene, poi-
ché avendo fatto istituire più saggi , ci è stata sempre
3o
(234)
una favorevole riuscita . Però la dose dovrà essere al
doppio .
Facendosi un calcolo d' approssimazione , che dal-
le capsole , e da poche foglie premute d' ogai pianta ,
si estragga circa mezza dramma di mecooio ( attenendo-
mi sempra al meno ) si avranno di questa seconda sor-
ta libbre ventotto, ed once quattro , le quali valuta-
te , a prezzo medio , alla ragione di ducati tre la
libbra , daranno 1' altro" prodotto di ducati ottanta-
cinque.
Rimanendo in fine altre piante già rese aride, po-
tranno le capsole servire per lo sciroppo così detto dei
papaveri, pel Diacodio; per la conserva, che si pre-
para come blando sonnifero ai ragazzi , e per le altre
preparazioni , che si vogliono , coli' attenzione però di
essere un poco esuberante la dose , per la sicurezza ,
che abbiano perduto alquanta forza colle incisioni pra-
ticate . Ma quanto si è finora esposto vale per gli usi
della sola Farmacia . Vi è dippiù ancora .
Cosa ben rimarchevole è quella di porre a guada-
gno i semi , che dalle quantità immense delle capsole
( allorché si facciano seminagioni molto estese ) si ver-
ranno ad estrarre . E qui cade in acconcio di ricor-
dare , che r olio puro , e limpido , che prestano quei
semi , godendo di un sapore dolce , e senza vernn di-
fetto , ha formato , e forma tuttogiòrno parte del so-
stentamento , ed industria di molti popoli , dove per
condizione di clima, o per iltri ostacoli , che vi si op-
pongono , non si trovino introdotti gli ulivi , servendo
( 235 )
non solo per le arti , e manifatture , che per condi-
menti nelle vivande , e per uso de' lumi .
I Popoli antichi , come si esprime Plinio (i) fa-
cevano usu di quei semi al terminare del pasto mischiati
con del mele^ e che i contadini precisamente poneva-
no quella miscela sulle croste del pane , bagnato prima
coi tuorli d' uova . Ma Ippocrate assai prima di lui li
annovera tra le sostanze alimentose (2). Quindi a tem-
po di Galeno , e nelle epoche posteriori , si sono in va-
rie guise usati per nutrimento tanto presso i Persiani ,
e gli Egizj , che nella Polonia, Ungheria, ed anche in
Italia , avvalendosi della pasta , come quella delle man-
dorle , componendone alcune gustosissime confetture .
Ed intanto , riflette il Mattioli (3), che tali popoli non
perciò dormono più del dovere . Gli Alemanni , ed i
Fiauiniiiighi, che si avvalgono quasi esclusivamente del-
l' olio di tai semi, non ne perdono la pasta, che ser-
ve più d' ogn' altro per ingrasso de' porci , e delle vac-
che . Sappiamo ugualmente , che in diverse provincie
della Francia si è generalizzato l' uso di quest' olio con
notabile profitto della nazione , chiamandolo Olivette .
Ora essendo questi tanti fatti evidenti, non occor-
re maravigliarsi in considerare , come nell' istessa pian-
ta, anzi nella stessa parte di essa, qual' è la capsola ,
(0 Lib. XIX. Cap. Fin. S. N.
(2) Lib. II. de Diceta .
(3) Lib. IF. Cap. LXFJI.
( 236 )
si trovi preparato un succo efficacemente narcotico , e
perciò un potente veleno , a canto di un seme oleoso
dolce , e nutrimentoso^ poiché contemplando un poco
davvicino le bizzarre produzioni, che fa la Natura, e
gì' intrighi portentosi , che servendo come tanti anelli
di concatenazione tra gli esseri organizzati dell' Uni-
verso , nel mentre , che fanno sorpresa , ci fanno però
conoscere , che sia tutta una maravigliosa armonìa , e
tutto disposto dall' Ente Supremo con ordine preciso »
che costantemente risponde ad un fine .
Dopo di aver calcolato alla meglio possibile , ed
in una maniera la più equa , nel segnare il guadagno,
che possa rendere un pezzo di terra addetto a questa
speculazione , dietro ad una esperienza non equivoca,
posso con sicurezza stabilire , che di mano d'opera più
di ducati dodici non potranno erogarsi nel corso di tutti
i lavori , e necessarie operazioni per 1' estensione di so-
pra fissata , trovandosi però di lodevole condizione .
Ma già una dolce lusinga mi fa sperare, che il te-
nue travaglio, e l'occupazione da me tenuta, sia fa-
vorevolmente accolta, a solo fine di utilizzare, e pro-
muovere i prodotti nazionali . I Professori dell' arte
sanatrice , i zelanti Farmacisti j ed i Filantropi d'ogni
classe , che amino prender parte in un oggetto tanto
interessante , non potrebbero occupar meglio i di loro
talenti , ed il desiderio di giovare , che in opere di si-
mil fatta . Il clima d' Italia ^ tutto il nostro Regno j e
questa costa dell' Adriatico precisamente , favoriscono
assai bene la vegetazione di queste piante per tempera-
(237)
tura, e per qualità di suolo (i). Però non devo mancare
di esprimere il mio gran compiacimento , mentre assi-
(i) La coltivazione, de^ papaveri ^ la ricolta del-
l' oppio f e l' espressione del meconio si e sempre
mai nell'età le pia remote industriosamenf eseguita
nella nostra ^pulia : e per avventura fin da que' for-
tunati tempi , in cui le abbronzate Apuliesi si eser-
citavano co' laboriosi , e diligenti lor mariti 'nsieme
nelle piìi malagevoli operazioni della campagna ;
ed accrescendo in cotal guisa le braccia , ed il tra-
vaglio ne multipUcavano le produzioni . Il nostro
venosino Poeta così cel ricorda nelV Epodo Ode II.
Sabina qiialis , aut perusta solibus
Pernicis uxor Appuli .
Bai'tolommeo Maranta , ei pur di Venosa , che
scrisse verso la metà del secolo decimosesto , par-
lando dell' oppio , onde altri ne rimanga convinto ,
chiaro il dimostra . IL che viene altresì lealmente
rapportato dal Barone Haller nella sua Biblioteca
Botanica, in cui leggesi: Bariholomaeus Maranta ve-
nusinus testalur boniim opium in Regi)o Neapolitano
ex albo papavero colligi ec. E prima di tal epoca gli
Autori della Censura delV Antidotario di Giovanni
fi-^Ho di Mesue così ancor attentarono nel capo i66. §.
De omni papavere : linde opium Thebaicum praefertur
( 238 )
curato dai replicali fatti favorevoli , e dopo la raccolta
del 1810, allorché feci vagare per più luoghi, un det-
tagliato rapporto circa il modo da preparare il terreno
caeteris , secnndnm ipsos. Verumtamen scimus , quod
in partibus Apuliae , et aliis locis , non ex nigris , sed
ex albis faciunt , non tamen per contusionem capitum ,
sed per ipsorum scarificationem lac assumunt. // Don-
zelli 5 ed altri coerentemente . Ma perche cagione
fosse quinci dismessa la seminazione de" papaveri ,
ed abbandonata l'antica industria , egli non e age-
vole il determinarlo . Cambiamenti politici , rifles-
sioni economiche , lunghi periodi d' ignoranza , e
di disordine , vicende , e diversità di reggimento ,
guerre sterminatrici , incursioni , e devastamento di
barbari , o che che altro , ne an forse alienato gli
animi, e cagionata la totale derelizione di questa y
non che di altri laiidevoli usi , e procaccianti pra-
tiche di agricoltura.
Ma succeduta la calma de' tempi , e sparsi
nuovi lumi su i diritti, e gV interessi delle nazioni ,
si scossero i sagaci appuli dal lor lungo letargo ;
e fin dal cominciamento del secolo passato , ne ri-
presero i saggi . Ed egli à degli anni ben trenta ,
che il Sig. Giovanni Ripoli della Città di S. Severo ,
incidendo con prevedimento alcune capsole di papa-
vero, e ricoltone oppio eccellente, ne diede al pub-
blico esatto ragguaglio.
(239 )
sino alle ultime necessarie operazioni , con avere ani-
mato, e posto in emulazione le persone di buon sen-
so, e nella stessa epoca presentai al Governo una buo-
na porzione del prodotto, abbia veduto, che taluni han-
no eseguita la semina col metodo da me proposto, es-
sendo già prossimi a ritrarre il compenso del di loro
onoralo travaglio .
// nostro Autore con più felici successi si occupo
indi di questo non indifferente ohhietto , e dietro a
un competente ricolto di lagrime di puro oppio, ol-
tre al meconio , à egli acquistato un diritto alla
pubblica riconoscenza. È a sperare j che altri 'neo-
raggiati dal di lui esemplo , ed animati pel bene
de' nostri popoli , con estendere la coltura de' papa-
veri , si addestrino a fare un esuberante ammassa-
m^ento di oppio , eh' e' fosse valevole non solamente
à sottrarre la nostra nazione dal tributo , che per
siffatto farmaco paga agli orientali , ma a formarne
altresì un ramo di commercio attico.
Non è e^li questo il solo genere , di che possano
utilmente industriarsi gli abitatori di quella calda
regione , dacché , siccome dagli orni ricavano la
manna , da' pinastri la pece , potrebbero non altri-
menti trarre con picciola fatica dagli aceri la ma-
teria zuccherosa , dal lentisco , di piìi dell' olio , il
mastice , dalla ft-rula V ossa fetida j e da tanti al-
tri esseri vegetanti , di che ridondano quelle campa-
( 240 )
E quando anche 1' amore dell' interesse , e di una
industria tanto sicura , non basta a svegliare le anime
inerti , e pigre , sarà certamente 1' avidità per la gloria ,
l' istinto sublime , che ecciti V entusiasmo nazionale ad
intraprendere non solo il miglioramento delle arti , e
delle manifatture , ma 1' uso ancora dei succedanei al-
le droghe ; e prodotti Oltramontani .
gne , altre sustanze , o manipolazioni vantaggiose
alla sanità , o agli agi della vita umana . Nella
econom.ia rurale non ci à cosa , che delibasi negli-
gentare . Ogni saggio , e diligente agricoltore dee
mettere a profitto tutto ciò , che la natura gli pre-
senta 5 e qualch' e' si sia V obhietto , avvegnacche
di piccai momento , dee mai sempre occuparlo , e
divenir Vargomento delle sue incessanti speculazioni
N. del C.
( 24^ )
Sul Guado , sua coltivazione , e modo di estrame
V indaco ^ Memorie del Socio' Corrispondente Sig.
Giuseppe Mori n a lette nell'adunanza de' iS. Feb-
hrajo 1811.
MEMORIA PRIMA.
Di
'ipendendo 1* estrazione dell' indaco dal Guado , o da
qualunque altra pianta che somministrar possa una tinta
da sostituirla all' indaco di America , dal modo come
debhonsi preparare le foglie^ ed essendo assolutamente
necessario aver pronti tutti gli strumenti , e vasi atti
all' uopo , così prima di parlare dei modi di piepararle
la di mestieri descrivere il laboratorio , ove praticar
debbonsi tutte le operazioni.
C A P. I.
Del Laboratorio.
Questo laboratorio , senza del quale , per ragion
del nostro clima , ben diveVso da quello di America ,
ci vedremmo inabilitati a poter operare in ciascun gior-
no , che ci sia del Guado maturo , per attendere sola-
mente a' giorni più caldi dell'estate, non può altii-
raenti costruirsi , che con dei commodi , i quali per
3i
(242)
maggior vantaggio, ci mettano nello stato di poter an-
cora operare in ciascun giorno di primavera, e di au-
tunno , malgrado i tempi freschi , e piovosi , che in
queste stagioni sogliono correre , giacché il guado più
oltre dell'estate ancor esiste, e ricresce. Egli è perciò
necessario , che lo collochiamo dentro un edifìcio , il
quale abbia la maggiore vicinanza al guado, ed all'ac-
qua perenne ed abbondante.
Questo edificio avrà tre stanze superiori prossime
una all'altra , colla differenza però, che una di dette
stanze avrà una elevazione maggiore delle altre due di
cinque in sei palmi. Due di dette stanze , cioè la più
elevata , e quella di mezzo devono essere sostenute da
volte, o archi ben solidi, perchè la prima, ossia la più
alta portar deve il peso di un recipiente destinato a
conservar 1' acqua , e la seconda il peso di altro reci-
piente per la fermentazione del guado. La terza stanza
poi , che non porta un tal peso , e serve solo per
asciugar la fecola , e tenervi una stufa , che non meno
a se , che alle altre due stanze comunichi il calore ,
potrà essere sopra travi. Sotto le dette tre stanze su-
periori ve ne saranno altre tre inferiori , le quali
abbiano 1' altezza non minore di 25 palmi per potervi
in esse collocare tre altri recipienti in varie altezze , ol-
tre di altri quattro , che appresso diremo (i) .
(i) Abbiamo detto , che sotto alle tre stanze
superiori ve ne siano altre tre inferiori . Queste tre
stanze inferiori meglio sarebbe , che non avessero
( 243 )
Vicino alle tre stanze inferiori a pian terreno
Bono altresì necessarie altre quattro , o cinque j cioè
due per i filtri, altra per uso di magazzino, e registro
delia scrittura, e una o due per comodo de' lavoranti,
ed altre occorrenze .
GAP. II.
Passando ora alia costruzione de' recipienti , ossia
de' membri servibili , e necessarj alle operazioni , ne
dimostraremo colla maggiore chiarezza , e brevità pos-
sibile il loro uso , situazione , e proporzione di cia-
scuno , affinchè col concorso dello sviluppo , che fac-
ciamo di tutto il meccanismo delle operazioni atte a
trarre la fecola azzurra dal guado , o da qualunque
altra pianta indigofera , si venga nel bramato intento
di averla con economia , e di bontà uguale all' indaco ,
del quale , aumentandosene le fabbriche , se ne potrà
avere a sufficienza per tutto lo smercio , che si crederà
potersene fare non solo dentro , ma anche fuori dello
Stato. I recipienti , ossia vasche , si devono costruire
mura all' intorno , ma soltanto archi, e volte per so-
stenere le stanne superiori , ajjinche tutti quei reci-
pienti, che sono sul pian terreno , abbiano maggio-
re spazio , tanto pili , che le operazioni , che in que-
ste stanze inferiori si dovranno fare , non sono sog-
gette all' inclemenza j e varietà del clima .
e 244 )
più o meno grandi secondo la maggiore , o minore
ampiezza dell'edifìcio, che si vorrà formare, giusta la
quantità della fecola , che si desidera giornalmente
estrarre , e debbono essere al numero di nove , cioè
cinque situate una sotto l'altra , e le altre quattro au-
siliarie situate a differenti piani per maggior comodo ,
ed economia delle operazioni.
Nome , ed uso dei recipienti.
I cinque principali recipienti sono i seguenti;
1. La conserva alta.
2. La vasca grande. ;-'.
3. La vasca mezzana. ;,ir
4- La vasca della ruota.
5. La vasca piccola.
I. La conserva alta serve per riporre un giorno
per r altro una quantità di acqua naturale , acciò ab-
bia tempo di acquistare una temperatura di i5 gradi
di calore prima di farla passare nella vasca grande. 2.
La vasca grande è destinata alla fermentazione del
guado. 3. La vasca mezzana serve per lasciarvi depo-
sitare nel fondo le impurità del liquore fermentato
nella vasca grande. Questa vasca mezzana avrà in una
delle sue parti laterali altri due piccoli recipienti ,
come si dirà appresso. 4- La vasca della ruota è de-
stinata alla formazione, e precipitazione della fecola.
( 245 )
5. La vasca piccola serve a lavar detta fecola (i) .
Gli altri quattro recipienti sono li seguenti :
1. La vasca del precipitante.
2. La conserva bassa.
3. ì I due piccoli recipienti situati lateralmente
4. j alla vasca mezzana.
Uso dei medesimi .
I. La vasca del precipitante serve a conservare
questo liquore un giorno per l'altro preparato in dose
sufficiente. 2. La conserva bassa serve a contenere ac-
qua naturale a sufilcienza per tutti gli usi , che a suo
luogo verranno indicati. 3. e 4- Gli ultimi due reci-
pienti , o vasche piccole , i quali in una piccola fab-
brica possono anche di legno essere costruiti , servono
a trar profitto del restante liquore fermentato rimasto
col sedimento in fondo della vasca mezzana.
(1) Questi piccoli recipienti sembrano a prima
vista superflui , ma si vedrà colf esperienza , che
sono di grand' economia , poiché altrimenti ci tro-
veremmo nella necessità di buttar via insieme col
sedimento della vasca mezzana una gran quantità
di liquore , che non si può raccogliere in altro mo-
do , che col restringerlo in un recipiente piccolo .
(246)
GAP. m.
Situazione di tutt' i recipienti.
I primi due recipienti , cioè la conserva alta , e
la vasca grande si collocheranno nella parte superiore
dell'edificio, e verranno chiuse in due differenti stanze^
cioè la conserva alta nella stanza più. elevata , e la
vasca grande nella stanza di mezzo , a fine di mante-
nere sì all' una , che all' altra il calore , che si richiede
alla fermentazione .
Nel pian terreno sotto alle dette stanze si situe-
ranno le altre tre vasche , cioè la mezzana , quella
della ruota, e la piccola, una soprapposta air altra per
tutta la loro altezza . Superiore a queste tre vasche
sarà la mezzana , la quale si collocherà sotto la volta
della stanza , ove sta posta la vasca grande . Al piano
di mezzo sarà la vasca della ruota , la quale avrà un
ripiano alle due parti laterali per commodo delle per-
sone , che devono girar la ruota . E al pian terreno
sarà la vasca piccola , la quale però starà due palmi
più alta del pian terreno . Si deve avvertire , che nel
costruire la volta , sopra la quale poserà la vasca grande
si lascerà un buco, pel quale passandovi un tubo di
rame , l' acqua fermentata possa calare con facilità dal-
la detta vasca grande nella vasca mezzana .
I due recipienti, cioè la vasca del precipitante,
e la conserva bassa , si possono situare in qualunque
altra parte laterale del laboratorio, purché però le loro
(247)
acque si possano per mezzo di tubi , o canali condurre
con facilità nella vasca della ruota , o nella vasca pic-
cola .
Finalmente gli ultimi due piccoli recipienti si de-
vono situare uno superiore all' altro in maniera che la
sommità del primo stia sotto il fondo della vasca mez-
zana , e la sommità del secondo sotto il robinetto
superiore del primo.
GAP. IV.
Grandezze , e proporzioni di detti recipienti.
Siccome dalla quantità del guado , che si può
jaccogliere , o si vuole impiegare all' estrazione della
fecola regolar si deve la capacità della vasca grande ,
dove si mettono a fermentar le foglie , così la capacità
di' questa deve dare la norma della maggiore , o mi-
Hore ampiezza delle altre vasche , o recipienti , e per-
ciò dobbiamo parlare in primo luogo di detta vasca
grande , benché vada ella situata più bassa della con-
serva alta.
La vasca grande (i) sarà di una capacità tale ,
(i) Una vasca per la fermentazione , che con--
tenga il guado necessario per estrarre ^o libbre d'in-
daco in una sola operazione avrà di capacità 1200
palmi cubici , cioè palmi 24 di lunghezza , palmi io
di larghezza , e palmi 5 di profondità . Da queste
( MS )
che possa contenere nelle due terze parti della sua pro-
fondità, quella quantità di guado, che in ciascun giorno
Yorrà porsi a fermentare. La sua larghezza dovrà essere
commoda per quei che portano le foglie, onde poterle
situare nella vasca coli' ajuto delle mani senza bisogno
di entrarvi dentro, e calpestarle. La sua lunghezza sarà
regolata dalla capacità , che si desidera.
La conserva alta sarà di sufficiente grandezza , se
sarà minore di una quinta parte , ed anche un jioco
meno della vasca grande.
La vasca mezzana , costruendosi anche minore della
vasca grande di una quarta parte , sarà sufficiente.
La vasca della ruota , come quella , che oltre del
liquor fermentato, deve contenere una data quantità di
precipitante , e per le acque , che sbalzano fuori della
vasca neir azione della ruota , dovrà essere maggiore
della vasca grande di una quarta parte.
La vasca piccola , dove si lava la fecola , sarà
bastantemente grande , se la sua capacità non oltrepas-
seià la quarta parte della vasca grande.
La conserva , o vasca del precipitante sarà della
grandezza della vasca mezzana.
La cojiserva bassa , come serve per avere un
commodo pronto, e vicino di prender l'acqua per lavar
la fecola , ed anche per fare il precipitante , come altresì
dimensioni potrà ciascuno calcolare , e dare la do-
vuta proporzione ai recipienti secondo la grandez-
za del suo laboratorio .
(249)
per farla passare alla conserva alta In mancanza di al-
ti' acqua , così dovrà questa conserva bassa essere di
una grandezza proporzionata per contenere una quan-
tità sutliciente a' detti usi.
Le ultime due vasche finalmente, o recipienti pic-
coli , si costruiranno di una capacità bastante a conte-
nere tutto il restante liquore unito al Redimento , che
rimana tra i robinetti superiori della vasca mezzana ,
e del suo fondo.
Dimostrata così la proporzione di tutt' i suddetti
H recipienti , ci resta ancora ad avvertire , che le di loro
profondità , particolarniente de' cinque primi non deb-
bano oltrepassare i cinque palmi , poiché riuscirebbero
troppo incomodi a' lavoranti , o bisognerebbe alzar di
troppo tutto r edificio.
t: A p. V.
Dei robinetti , e loro situazioni in ciascuno
di detti recipienti.
Essendo necessario , che per la pronta esecuzione
delle operazioni abbiano i recipienti uno, o più robi-
netti , che dall' uno all' altro diano pronto passaggio
alle acque , o liquore , abbiamo perciò trovato espe-
diente dare ai medesimi la seguente situazione.
La conserva alta dall' acqua avrà uno , o più robi-
netti collocati due o tre dita più sopra del suo fpndo
per non far passare nella vasca inferiore qualche im-
02
( 25o )
purità 5 o sedimento solito a deporsi nelle acque.
La vasca grande avrà parimenti uno o più robì-
netti a livello del suo fondo , acciò , finita la fermen-
tazione , lutto il suo liquore passi per mezzo di essi
in breve tempo alla sottoposta vasca mezzana . Avver-
tendo , che la detta vasca grande avrà inoltre un robi-
netto (i) verso la metà della sua altezza, che servirà
soltanto per tirare di quando in quando in un bic-
chiere un poco del detto liquore , per ossei'vare se la
fermentazione sia giunta al suo punto.
La vasca mezzana avrà i robinetti situati a due
differenti altezze. Ne avrà uno , o più situati di fronte
circa un mezzo palmo più alto del fondo ^ ne avrà
poi un altro di lato , e nel piano dello stesso fondo ,
acciò tutto il sedimento possa colare nel piccolo reci-
piente superiore , che le sta lateralmente sottoposto.
La vasca della ruota avrà un robinetto situato nel
fondo per far passare tutta la fecola nella vasca pic-
cola , ne avrà poi in una delle sue parti laterali altri
(i) Abbiamo stimato collocare un piccolo robi-
netto verso la metà dell'altezza della vasca grande,
atteso V esperimento fatto del liquore cavato a va-
rie altezze della vasca , avendo trovato meno fer-
mentato quello preso nella parte superiore , che quel-
lo tirato nella parte inferiore , cosicché con detta
chiave di mezzo si avrà piìt accertato il saggio per
intraprendere V operazione ,
( 25i )
Ire, cioè uno all'altezza di un palmo, e gli altri due
situati quattro dita più sopra T uno dall' altro per far
uscire gradatamente l'acqua soprastante di color giallo,
ed inutile , dopocchè la fecola sarà precipitata nel fondo
della vasca .
La vasca piccola avrà ugualmente un robinetlo
nel suo fondo di mediocre diametro per far calare , e
raccogliere ne' vasi tutta la fecola dopo lavata j e ne
avrà poi a diverse altezze altri tre, anche uno superiore
air altro di quattro dita , che servono pure per far
uscire colla stess' attenzione 1' acqua so])rastante a mi-
sura che la fecola lavata si precipiterà nel fondo.
La conserva del precipitante avrà un rohinetto si-
tuato un buon palmo più alto del suo fondo, affinchè
r acqua esca limpida e chiara senza portar seco me-
noma parte di calre.
La conserva bassa dovrà anche avere il suo robi-
uetto un pò più alto del fondo , affinchè l' acqua na-
turale che contiene , possa aver luogo di depositare in
essa qualche impurità di terra , o altro , ed esca pura
per non imbrattar la fecola.
I piccoli recipienti avranno ciascuno due robi-
netti. Il più alto ne avrà uno di lato situato a livello
del fondo , e ne avrà poi un altro situato un palmo
più alto del fondo, acciò il colore passi ben limpido,
e chiaro dopo il sedimento nuovamente fatto in questo
primo recipiente. Il secondo recipiente avrà anche due
robinetti , uno nel fondo per ricevere la fecola, e l'al-
tro più sopra di un mezzo palmo per farvi uscire
( 252 )
.l' acqua inutile , come si è detto di fare alla vasca
della ruota.
Tutt' i robinetti della conserva alta , della vasca
grande , e della vasca mezzana , come altresì quella
del precipitante devono avere un diametro tale , che
in mezz' ora si possano mandar fuori tutte le loro
acque , o liquore rispettivamente nelle vasche sotto-
poste ,
C A P. VI.
De' filtri , ed altri utensili necessari .
I filtri saranno formati in figura conica , in mo-
do che la base venga situata verso sopra , la di lo-
ro sezione deve avere il diametro di un palmo nella
base , e r asse del cono la lunghezza di due palmi .
I suddetti filtri devono essere di forte tela di cotone ,
ed in numero sufficiente alla quantità di fecola , che
giornalmente si estrae, ed in numero anche triplicato,
acciò mentre gli uni sono ripieni di fecola de' giorni
antecedenti , vi sieno gli altri vuoti per ricevere la
fecola del giorno corrente. Detti filtri si attaccheranno
a due listoni , uno vicino al muro, e l'altro un palmo
e mezzo distante in linea parallela al primo, che sieno
tramezzati di due in due palmi in circa , che formino
tanti quadretti , nel mezzo de' quali verranno situati ^
legati ai detti listoni .
RichiedesI una quantità sufficiente di scatole di
legno poroso di forma bislunga con un bordo alto un
( 253 )
buon dito di traverso per farvi asciugar la fecola.
Sono necessarj altresì molti cesti grandi per averne
una quantità proporzionata al guado che giornalmente
6Ì ha da raccogliere , e portare nella vasca grande.
E finalmente varj tubi , o canali di latta , o le-
gno , ma meglio se fossero di rame, per condurre dal-
l' una air altra vasca le acque , secondo richiederà il
■bisogno .
GAP. VII.
Della Ruota.
La ruota', dì cui noi ci serviamo con buonissimo
effetto per agitar il liquore , e formata di dodici palette
a forma di remi , situate in modo , che nel giro di
detta ruota fendano 1' acqua senza incontrare molta
resistenza . JNel centro di detta ruota vi sarà un asse
di ferro avente un manubrio alle due estremità per
poterla far girare da due o più persone. Detto asse di
ferro starà appoggiato sopra i due orli laterali di detta
vasca dentro i loro cardini disposti in maniera da po-
tersi levar la ruota quando occorra . Le suddette pa-
lette sono lunghe tre soli palmi , e con tutto ciò agi-
tano molto bene V acque , ancorché sia questa alla
profondità di cinque palmi.
( 254 )
GAP. Vili.
Del modo di estrarre la fecola in pìccola quantità
per isperimentare , se il guado sia giunto
alla sua maturità .
Dopoché sarà construito nella maniera da noi de-
scritta un esatto laboratorio , prima di porre mano
alle operazioni in grande , conviene fare un saggio in
piccola quantità per assicurarsi se sia giunta la stagione
propria della maturità delle foglie del guado.
Si farà dunque un tal saggio, prendendo una por-
zione delle sue foglie , che sieno di un color verde
carico , e di nessuna maniera ingiallilo ( segno di
troppa maturità ) si pongano in un vaso di creta , le-
gno , o vetro dopo lavate 5 si coprano di acqna , ob-
bligandole star sotto di quella col peso di alcuni
pezzi di legno , indi si lasci detto vaso in una stan-
za , ove il termometro graduato secondo M/ Rea-
mur noti li 20 gradi di calore . Fra lo spazio di 20
ore circa si troverà 1" acqua tinta di un color giallo
di limone carico con un iride verde bellissima , ag-
gradevole alla vista , che vieppiù comparirà tale nel
versare il liquore da un vaso in un altro. Se 1' acqua
ancora non sarà giunta a tal segno , si lasci stare altro
poco di tempo in fermentazione , quindi si gettino via
le foglie. Si decanti l'acqua in un bacile , o altro vaso,
con passarla anche per istaccio , o tela . Quindi si agiti
con un legno , o spatola per pochi minuti , e se le
( 255)
versi sopra contemporaneamente uno, due, o più bic-
chieri di acqua di calce ben chiara , e trasparente ,
fintantoché il liquore da giallo si cambi in un bellis-
simo color verde smeraldo carico. Allora si cessi l'agi-
tazione, e l'aggiunzione del precipitante, e si lasci ri-
posare , che quindi in meno di un' ora si vedrà la fe-
cola precipitata , ed ammassata in fondo del vaso. Tosto
si decanti 1' acqua gialla soprannotante , rimettendovi
sopra della nuova acqua chiara naturale per lavarla ,
il che si ripeterà per due altre volte . Dopo queste
abluzioni , se la fecola ccmparlrà di un bel colore az-
zurro violaceo , è segno che si possono cominciare le
operazioni in grande nel laboratorio.
Visto dunque per i saggi fatti , che il guado sia
giunto a maturirà da potersi cominciare le operazioni j
e disposto 11 laboratorio nel modo di sopra descritto ,
si empieranno di acqua le due conserve , e si preparerà
il precipitante pel giorno seguente, e così un giorno
per i' altro si faranno sempre anticipatamente dette fun-
zioni per tutto il tempo che si avrà il guado maturo,
e che se ne vorrà estrarre la fecola.
( 256 )
GAP. IX.
Del ìnodo di fare il precipitante (i)'.
Si prepara il precipitante , gettando prima nel
fondo della sua vasca un quantità di calce spenta ,
che resti almeno due dita sotto il robinetto , acciocché
quando si debba far uso di questo liquore, e condurlo
(i) Tra' precipitanti è preferibile V acqua di
calce per essere piìi facile , e piìt economica . Que-
sto precipitante però ha un inconveniente , che al-
l' aria libera subito si repristina la sua crema , del-
la quale passando7ie Colt acqua qualche piccola quan-
tità si unisce alla fecola, che poi dopo asciutta com-
parisce tutta seminata di puntine bianche , le quali
colle lavande non si distruggono , per essere indisso-
lubili nelV acqua naturale . Nei piccoli saggi si ri-
inedia con tener V acqua di calce chiusa dopo fil-
trata j ma nelle operazioni in grande come filtrare
per carta tanta quantità di acqua , e come conser-
varla esattamente chiusa , senz'' aggravarsi di spesa
oltre r imbarazzo , e perdita di tempo ? A questo
inconveniente si ripara mediante la vasca del pre-
cipitante a suo luogo nominata , che nelle fabbriche
in grande sarà meglio suddividerla in tre , o quat-
tro separazioni anche di pietre , e con un robinetto
ad ogni separazione . Quando si tira V acqua con
qualche lentezza , non vi e timore , né che la calce
( 257 )
per mezzo di un luLo nella vasca della ruota , la calce
non possa intromettersi dentro nel buco , e scorrere
insieme col liquore . Posta la calce sino all'altezza in-
dicala , si empierà la vasca di acqua, naturale , rimo-
vendo ben bene la calce, sinlanlochè se le versa l'ac-
qua , con una paletta di legno , acciò , disciogliendo-
si , diventi questa come un latte. Ciò fatto , si lascerà
rassettata in fondo si muova , ne che la crema si
unisca con V acqua, la quale lentamente scendendo
come un panno , impedisce che V aria abbia accesso
colV acqua , e formi nuova crema •, in tal modo si
ottiene un precipitante limpido , e chiaro , senza di-
fetti , e di quasi niuTia spesa , tanto piìi che la cal-
ce posta in fondo puh servire almeno per i5 o 20
operazioni , essendocene noi serviti sino a 3o volte;
e per t'innovarla si toglie una terza, o quarta par^
te di calce dal fondo di delta vasca , e se ne rimet^
te altrettanta dose uguale.
Ai'endo ottenuto per mezzo della calce un pre-
cipitante pili facile , ed economico ho tralasciato di .
pili servirmi dell acali caustico fatto con soda , o
con potassa , e calce , di cui prima io faceva uso .
E ben vero, che il suddetto, ed ogni altro precipi-
tante si pub risparmiare , facendo agitare il liquo-
re fermentato per molte ore •■, ma questa faticosa
funzione, oltre del ritardo che darebbe alla forma-
zione della fecola , ci obbligherebbe a tener più,
lavoranti pel solo giro della ruota. 53
( 258 )
Ìq riposo fino al giorno seguente, in cui dovrà servire.
Con un giorno sempre anticipato di riposo , la calce
avrà tutto il tempo di rassettarsi tutta nel fondo della
vasc« , e di restar l'acqua chiara e limpida senza biso-
gno di filtrarla , che nelle grandi operazioni recherebbe
imbarazzo , spesa , e perdita di tempo.
Fatti questi preparativi si è in grado di dar prin-
cipio al lavoro , il quale consiste iu quattro principali
distinte operazioni , che sono le seguenti :
1. La fermentazione del guado .
2. La formazione della fecola .
3. Il modo di lavarla , e filtrarla .
4' II suo diseccamento .
Prima però di passare alla descrizione di queste
quattro principali operazioni dovremmo in primo luogo
trattare del guado , e sua coltivazione ^ ma perchè que-
sta pianta è troppo conosciuta nel Piemonte da tempo
antichissimo (i) , perciò ci asterremo per maggior bre-
vità di parlarne , e solo daremo il metodo di racco-
glier le foglie per migliore accertamento della buona
qualità della fecola .
Il tempo di tagliare il guado è lo stesso che per
la solita raccolta di esso si osserva per formare il pa-
stello , ma badar si deve nel caso nostro , che le fo-
glie non abbiano affatto cominciato ad ingiallire . Ab-
(i) Chi non sa che il guado coltivasi negli d-
briizzi da tempo immcinorabile'ì Io non ho fatto ab-
tro che coltivarlo in jS^apoli •
( 25/) )
hìiTTìo »«npr* amln una fecola rMtivmtm» ^ fpiiri'ì'ì
ahfnamo oper;rto cfm ìd^ói: in^litt';: *^i\ ^H'o^iprAto d
è rìuMrito un indoro più barilo, e j>i».« fino, qu;)ri'io
abbiamo of*erai/i ton f'^lii: tut.rjAu; \n uno %t^»o 'li on
bel \t:tiìt: firìcOf fKrrao »iA>r-iuif) f^ttjt vrgnif»; l;i rac-
colta da 20 m 25 giórni da una ali* altra , areri'i/i ha»
dato di far tz^tut le fo)rfi« ^km^a danu/'^iifr*: b j»i;»n-
ta . Bfoi da' 3 di rna^^io fino a tutto il rri*ry: di ot-
tobre abbiamo £uto nore tagli da an iftCMO campo ,
rìcresceodo tempre le (tti^ Az noi tvdte al prado di
nuova raccolta prima die paaaaMefo «letti fpomì, dopo
i qoaiì coanaciaTa a ctagionarM di tropp^j .
Da questo rlx; abbia ?»o rbHlto, potrà ^ia4>c«Mo re-
golarci per a**T»; «n emo^fy di fftt»do , fìm in </g^i ^i'>f-
«o po*M dargli quamitii £ foglie a mtikàetn» per le m^
opera^ìoDÌ , altemaodo ora in nn ìaoffì f on ìtr oa al^
tro il ta^io tempre colf intermetlimeato di 20 a 25
pomi ¥ uno dall' Atro .
Resta però da aTrerttrH , die le penose adilrfte
alla racr::olta d«l gnado deMMmo zvere V arrrrteaTA d'
iitnare le li.gUe eoa ddtcatezza ntf c«ui coMa premer-
le troppo , poìdiè ▼erfdibero ad a/fieroiini , e co-
mincerelibef» a fementare prima di porle oeHa raset
delb IcrmeBianoiie.
fiìemfiuA i omci £ dette fef^y ai porteremo
Milito sei ìahontorìo , t^tonendisfi fnteirnameDte in
patte ombroia, ùmo a taaio'de « di«ociciip«ra la ir»-
«ca gmde, pvereaesdo aoeon di ISvae eoflundare fl
t»C^ dopo «Mito 3 fole, e iolo tetuuuw a tn^
( 260 )
proprio per poter mettere le foglie dentro ■ la vasca ,
acciò non restino lungo tempo nei cesti ammassate .
G A P. X.
Del modo di estrarre la Jecola in grande diviso
nelle suddette quattro operazioni .
Articolo I.
... Della fermentazione (i) .
Questa prima operazione , da cui principalmente
dipende la buona , o cattiva qualità della fecola , do-
vrà eseguirsi con ogni esattezza possibile , e compiersi
(i) Per non interrompere la descrizione dell' ope-
razione in grande , ci siamo qui estesi nel trattare
sulla fermentazione del guado . Per base noi fissia-
mo circa ore i8 per questa fermentazione , avver-
tendo però con premura somma di non variare que-
sto termine piucche sicuro pel vantaggio , e certa
riuscita dell' operazione . Conveniamo , che si po-
trebbe abbreviare il prefisso tempo , ma si verreb-
bero ad incontrare piìi difficoltà , e spese . Non si
potrebbe evitar quella maggiore spesa nella materia
combustibile ■) e V altra per i scaldar di piìi le acque^
anch'' estendendosi a quella del maggior corpo del-
l' edificio , dovendosi perciò costruire i membri al
( 26i )
fra lo spazio di óre i8, mercè le cautele da noi indi-
cate per difendere la vasca grande dai venti, e freddi,
che si sogliono provare nei mesi di primavera , e di
piano uguale della conserva alta , come abbiamo
detto , per rinchiudervi i Jórnelli colle loro caldaje ,
dalle quali dovrebbero co" tubi opportuni colare le
acque nella vasca grande .
Abbreviando la fermentazione , anche con ridur-
la ad ore 12 per potersi eseguire due operazioni in
ogni 24 ore , cadremmo infallibilmente nelV incon-
veniente di doversi fare gli esperimenti in ore not-
turne, le quali a lume di candela giammai bene pos-
sono eseguirsi , per non potersi osservare accurata-
mente i fenomeni , ed i cangiamenti nella fermenta-
zione f che sono piucche necessari di doversi vedei-e.
Nasce un altro positivo inconveniente , e danno
ad un tal fine con V acqua così calda . Con questa,
e vero che si estraggono sollecitamente le particelle
coloranti del guado , ma e altresì vero, che si scio-
glie molta maggior quantità di materia estrattiva ,
che deturpa la vivacità, e bellezza del colore, do-
vendo poi di necessità ricorrere ad altro rimedio
dispendioso per purgare il colore con degli acidi ,
oltreché rendonsi necessarie maggiori quantità di
lavande , che occorrono farsi e prima , e dopo dato
i acido qualunque sia .
La fermentazione è bene che si Jaccia ne con
precipizio ^ ne con troppa lunghezza di tempo , ma
( 262 )
autunno, e tal volta anche in alcuni giorni dell'estate
in seguito di qualche pioggia, che suole rinfrescar l'aria j
al quale oggetto devesi anche colle stesse cautele tener
custodita la conserva alta situata al di sopra della va-
nel termine da noi fissato di ore i8 : e supponendo
che avvenga verso il mezzogiorno , ella e quella l'ora
che reca tutV i vantaggi , e comodi da noi desi-
derati . Supponiamo che la fermentazione giunga al
suo termine verso le ore 14 , o al piìi 16 d' Italia ^
noi così saremo in grado di seguitare sino a sera
tutte le altre operazioni con ogni nostro comodo ,
poiché dalle ore 1^,0 16 fino alle 20, o 22 si avrà
sufficiente tempo per fare uscir il liquor fermenta-
to , levare il guado inutile , e ripcrvi il nuovo , ac-
ciocché questo sia in grado di cominciare alla stess*
ora del giorno antecedente la sua fermentazione ,
per finirla all' istess^ ora il giorno vegnente .
Per ottenere un^ esatta fermentazione fra il det-
to termine noi abbiamo fissata la temperatura della
stanza della vasca grande a gradi 20 , e che V ac-
qua da passare sopra il guado sia temperata non
meno dì gradi i5 . Questo regolamento sebbene si
osservi esattamente , con tutto ciò è soggetto ad al^
cune variazioni secondo le stagioni j e perciò vi
si richiede una persona di qualche cognizione per
dirigere la suddetta fermentazione , che preveda ne'
casi gV inconvenienti , e ne regoli a forza di espe-
rienze la temperatura!, dell'acqua , e della stanza
( 2B3 )
sca suddetta , acciò 1' ambiente delle due stanze si tro-
vi a quel grado di calore , che si richiede a facilitare
la fermentazione nel termine prefisso , perchè se fra il
suddetta , affinchè non si preterisca di un quarto
rf ora la Jermentazione .
Nelle giornate già troppo fresche , massime se
si saranno spesse fiate aperte le porte delle suddet-
te stanze , vicn di conseguenza il ritardo di qual-
che tempo della Jermentazione , perciò la necessità
della persona di conoscenza e , che possa fare le
necessarie osservazioni } tanto piìi , che a noi alcu-
ne volte V istesso guado ci ha sollecitata , o ritar-
data la fermentazione y cioè , avendolo posto nella
vasca venuto feddo dal campo , coli' istessa tempe-
ratura ha ritardata la fermentazione di alcune ore,
ed altre volte colto in giornata caldissima , o essen-
dosi alquanto riscaldato ne' cesti , ha fatto il con-
trario ^ onde coir esperienze , ed osservazioni si po-
trà rimediare a siffatti inconvenienti , tralasciando
infinite altre riflessioni , che crediamo inutili , e di
tedio .
Qui ci occorre di avvertire però , che se alcu-
ne ore prima delle ore 14» o 16 si sperimenterà , che
V acqua della conserva alta non sia giunta al gra-
do solito , per essere stata introdotta troppo fedda
la sera antecedente , come accaderà spesso ne* gior-
ni feschi , si può rimediare , con porvi subito uno
a due cilindri di rame, con entro un poco di fio-
( 264 )
detto termine non si troverà al suo punto la fermen-
tazione , non avremmo più tempo a far le altre opera-
zioni successive nelle altre sei ore , che compiono
co per riscaldar V aerila , come, sì fa per quella de'
bagni .
Ma torniamo ai gradi della fermentazione , la
quale ci darà un indaco chiaro , e poco servibile ,
se il guado non ha fermentato tatto- il tempo neces-
sario , e perciò e massimo errore ciocche dice nel-
la Biblioteca del Nord fautore sull'articolo dell'in-
daco del guado , in cui si esprime , che tirando 1' ac-
qua da sotto le foglie di guado troppo presto si ha
dell' indaco , ma poco . Doveva egli dire , che si ha
bensì dell' indaco , m.a con poco colore , - come sem-
pre succederà , quando le foglie sono poco jermen-
tate . Il colore adunque si perfeziona secondo i gra-
di della fermentazione , e si otterrà secondo la bon-
tà delle foglie del guado piìi o meno perfetto inda-
co : perciò il guado dovrà essere a giusta maturità
raccolto , perche anche cooperi al giusto punto del-
la fermentazione , e della miglior bontà dell' indaco .
abbiamo estratto per saggio dal liquore fermen-
tato solamente ore io , e fattane la' solita precipi-
tazione ci ha dato una fecola più bianca che cele-
ste ; replicando poi gii stessi saggi , il colore si fa-
ceva pili carico , e piìi bello a misura che si acco-
stava al punto preciso della fermentazione , e in ul-
timo si fece così carico di colore , che pareva ne-^
( 265 )
l' intiera giornata , anzi quella quantità di fecola , che
dovrassi in ciacun giorno ricavare, si avrebbe soltanto
in due giorni.
ro j motivo per cui siamo di parere , che non dico-
no bene gli Americani , i quali credono , che il lo-
ro indaco abbruciato , o nero provenga da essere
stato troppo battuto il liquore , ma bensì , dorreb-
bero dire , dall' avere troppo fatto fermentare Z'anil,
poiché, quando non è ben seguita la fermentazione,
V indaco dii'ien chiaro , e di niun uso , e non nero.
Ben vero che quando V indaco riesce solo alquanto
nero , e non bianco , tanto resta pregevole .
Qui anche ci pare a proposito di far osservare
il perchè abbiamo avvertito di far riposare il liquo-
re uscito dalla vasca grande solo i5. o 20 ore . Pri-
mo ; perchè un tal tempo è sufficiente per deporre
ogni sedimento ; secondo , perchè il liquore fermen-
tato uscito da sotto le foglie passerebbe con maggior
tempo alla fermentazione putrida ,• e terzo , perchè
si deve cercare guadagnar tempo , essendo troppo
necessario il non perderne , neppure in un quarto
d" ora , acciò possa sollecitamente seguire la preci-
pitazione della fecola , lasciarla riposare , e far
uscire /' acqua gialla dopo riposata , con mandar
la fecola nella vasca piccola , dove deve nuovamen-
te riposare per farvi uscire V acqua gialla , e rimet-
tervi V acqua nuova , per così aver tempo , come
si è detto f di far avanti notte la prima lavanda .
34
( 266)
Poste le foglie del guado nella vasca grande sino
all' altezza di due terze parti in circa , o tre quarti
della sua capacità (i) j si metteranno sopra di esse tanti
pezzi di legno di quercia (2) , quanti bastano a man-
tener sott' acqua le foglie , quindi, aprendo i robinetti
della conserva alta , si farà subito discendere l' acqua ,
che a quel punto dovrà trovarsi temperata a 1 5 gradi,
secondo lo dimostrerà il termometro posto dentro l'ac-
qua della conserva , acciò non cali troppo fresca nella
vasca grande , e ne ritardi la fermentazione . Finita di
scorrere l' acqua così temperata , si userà uguale atten-
zione alla stanza della vasca grande , ove si terrà il
termometro appeso al muro , dandovi un calore di cir-
ca 20 gradi . Per fredda che sia la stagione , usando
queste cautele , non mancherà la fermentazione di per«
Sezionarsi fra il divisato termine, troppo necessario per
(i) N eìl e giornate , in cui il guado .ù trova fre-
sco , e vegeto , siccome abbonda di umido , e che
non gonfia tanto neW acqua , così si potrà mettere
fino a tre quarte parti di altezza nella vasca. Nelle
giornate poi aride , ventose , e troppo calde , per-
che le foglie si trovano affievolite , e senza umido,
si situeranno fino alle due terze parti della vasca ,
acciocché ripigliando neW acqua la lor freschezza
non salgano gonfiando sopra gli orli.
(p) È preferibile il legno di quercia ad ogni
altro legno , perche non comunica colore .
(267)
Bon prolungare a due giorni le operazioni tutte , che
si possono far in un giorno solo.
Essendo quasi prossimo il termine della fermenta-
zione si faranno de' replicati saggi di tempo in tempo
per assicurarsene , tirando un poco di liquore per mez-
zo del piccolo robinetto dentro un bicchiere , e tro-
vandolo di un color giallo di limone con un iride ver-
de , si apriranno i robinetti della vasca grande , e si
farà subito passare il liquore nella vasca mezzana , sot"
toponendo ai robinetii un setaccio di crine , e meglio
sarebbe un canestro foderato di grossa tela , acciò uscen-
do foglie , o altra materia non passi nella detta vasca
mezzana ^ e questo passaggio dovrà succedere anche la
mezz' ora circa , acciò il tempo , che resta per compie-
re le altre successive operazioni non. sia occupato di
soverchio dallo scolo delle acque , motivo per cui si
deve badare alla grossezza , e numero dei robinetti , e
Jbuttare via subito le foglie fermentate (i) .
(i) Oggetto di economia sarà il far servire le
foglie alV ingrasso de' campi del guado , i coltiva-
tori del quale , senz' aggravio di spesa del proprieta-
rio della fabbrica , possono essi stessi levarle dalla
vasca , e portarle via .
( 268 )
Articolo II.
Della formazione della fecola.
Questa seconda operazione , che principia dopo-
ché nella vasca mezzana il liquore avrà avuto un suf-
ficiente riposo di circa i3 a 20 minuti , quanto basta
per depositare ogni impurità , dovrà farsi anche con
sollecitudine , acciò i recipienti restino disoccupati pel
giorno seguente . Perciò subito schiarito il liquore ,
si apriranno i robinetti di detta vascha mezzana , e si
farà passare nella vasca della ruota , ove fintanto che
cala il detto liquore , per nou perder tempo , si co-
mincerà a far girar la ruota appena , che le punte de'
suoi raggi cominciano a toccarne la superficie , e si
continuerà il suo giro fintantoché sia tutto il liquore
calato dentro di essa . Finito di calare , si farà tutto
discendere nel primo recipiente piccolo , ove , dopo un
secondo sedimento , si trarrà profitto dal liquore , che
andrà nuovamente a chiarirsi •
Dopoché r agitazione della ruota sarà durata an-
cora circa 20 minuti , oltre quel tratto di tempo , che
ha agitato il liquore in quell' atto , che scorreva dalla
vasca grande , si farà passare in questa vasca il preci-
pitante ben chiaro e limpido, seguitando sempre a gi-
rar la detta ruota , ma con quella lentezza , che basta
per far che il precipitante si mescoli bene col liquore .
Durante quest'azione, si andrà prendendo un poco di
detto liquore , che comparendo tutto cambiato io un bel
>
( 269 )
color verde smeraldo carico , si cesserà tosto di far ca-
lare più precipitante , né più si muoverà la ruota , la-
sciando il liquore in riposo , acciò le particelle colo-
ranti si precipitino al fondo , ciocché succederà fra il
termine di tre in quattro ore . Intanto che questo li-
quore riposa , s' impiegherà il tempo a far la stessa ope-
razione nel primo recipiente piccolo situato lateralmen-
te alla vasca mezzana j ove il liquore depurato si farà
passare pel suo robinetto superiore nel secondo re-
cipiente a lui sottoposto , nel quale agitandolo con un
bastone o pala , e postovi sufficiente dose di precipi-
tante, si lascerà anch'esso in riposo. Finalmente si farà
dal primo recipiente piccolo uscire tutto il sedimento,
e lordure , che si butteranno via.
Articolo III.
Del modo di lavare , e di filtrare la fecola.
Per riconoscere se sia precipitata al fondo della
vasca della ruota la fecola , si sperimenterà con cavare
un bicchiere del liquore , e riconoscendolo giallo , nien-
te tinto di color verde , sarà sicuramente precipitata j
perciò si farà uscir fuori tutto il liquore inutile con
aprire gradatamente i robinetti, affinchè non s' intorbidi
la fecola già rassettata in fondo .
Finito che avrà di uscir fuori tutto il suddetto li-
quore , quanto più si potrà , si aprirà il robinetto del
fondo , e si darà esito a tutta la fecola , facendola scor-
( 270 )
rere dentro la \asca piccola . Lo stesso si farà al se-
condo piccolo recipiente , da cui si farà uscire pel
robinetto superiore il liquore inutile , e la fecola che
starà nel fondo , si farà scorrere , o si trasporterà me-
desimamente in detta vasca piccola .
Dopoché questa vasca piccola avrà tenuto per jil-
cun tempo in riposo la fecola , e vi comparirà su di
essa ancora del liquore giallo , si farà questo uscire
per quel robinetto , che si trova più vicino alla super-
ficie della fecola .
Quindi facendovi entrare dalla conserva bassa per
mezzo di un tubo , o canale 1' acqua chiara , e natu-
rale sopra la detta fecola in una mediocre quantità , si
darà principio alla prima lavanda , operandosi , che
mentre 1' acqua scorre sopra la fecola , vpnga agitata
questa ben bene con una paletta di legno , acciocché
venga esattamente penetrata in tutte le sue parti ; cosa
che non si potrebbe così bene ottenere , se si lavasse
sopra il filtro , come alcuni hanno proposto .
Questa prima lavanda è troppo necessario che si
faccia la stessa sera , benché fosse 1' ora tarda , affin-
chè nel giorno seguente di buon mattino si possa fare
la seconda , e dopo tre o quattro altre ore si faccia la
terza , «seguitando sempre il metodo suddetto .
Dòpo finalmente altre tre ore circa di riposo , che
la fecola di nuovo sia ben ricalata in fondo , si farà
uscire tutta 1' acqua della terza lavanda , con indi a-
prirsi il robinetto del fondo della vasca per far passa-
re in un tinello , o vaso di creta la fecola , la quale
( 27' )
si porterà nella stanza de' filtri , in cui si verserà in
tini situati vicino a' medesimi : cosi seguitando , finché
tutta la fecola sia finita di uscire dalla vasca piccola .
Finita questa operazione , si porrà ripartitamente
la fecola dentro i filtri , prendendola con qualche vaso
conveniente di creta, rame, o cristallo.
Al primo scorrere , che faranno i filtri , uscirà
l'acqua ancora carica di colore : per questo non si do-
vraniiO togliere i vasi posti al di sotto per raccoglier-
la , ma vedendola poi passar chiara , come succederà
ben presto , allora si leveranno detti vasi per lasciarla
scorrere nel suo declivio . L' acqua poi scolorita pas-
sata nei vasi posti al di sotto de' filtri , si rimetterà
nuovamente sopra di questi .
I suddetti filtri si lasceranno stare nella loro si-
tuazione per una intera giornata, e finché abbiano in-
teramente finito di gocciolare . Indi si distaccheranno,
e si situeranno in altra parte , lasciandoli stare altre
24 ore appesi , acciò la fecola prima di mettersi nelle
scatole, sia, quanto più si può, priva di umidità.
Levata poi la fecola dal filtri , si laveranno questi
in acqua pura , e questa si gitterà nella vasca piccola
per profittare del colore , che ai medesimi stava attac-
cato .
( 272 )
ARTICOtO IV.
Del diseccamento della fecola.
La fecola dopo essere stata ne' filtri per due intere
giornate, si passerà nelle scatole , nelle quali dopo appia-
nata, e lisciata entro le medesime con una stecca, o col-
tello di legno , o di ferro si esporrà al sole , ed in difetto
si collocherà dentro la stanza della stufa sopra varj piani
espressamente in essa formati , mentre richiedesi di
essa il suo pronto diseccamento per impedirne la pu-
trefazione j a qual* oggetto la temperatura di detta
stanza dovrà avere un grado di calore maggiore delle
altre due , facendolo arrivare fino ai gradi 26 in circa ,
e si avrà la cura di metter le scatole più umide nella
parte più calda di detta stanza , non solo di giorno ,
quando manca il sole, ma soprattutto durante la notte.
A misura che la fecola si andrà asciugando , con
un coltello di osso , o di ferro, purché non sia attaccato
dalla ruggine , si taglierà in quadri , che poi si ritaglie-
ranno in quadretti più piccoli per agevolare il totale
diseccamento , il quale non succede , per quanto si
voglia affrettare, prima di otto giorni.
Diseccate poi a sufficienza tutte le fecole separate
in varie scatole , si andrà riunendo in poche il loro
volume, a misura, che si van restringendo, per passarle
in seguito nel magazzino dell' indaco , ove si porranno
nel barile a questo fine preparato , avvertendo a non
mescolare in esso varie qualità di fecola.
Si deve in fine poi badare, che per quanta cautela
si usi nel tener lontana la fecola dalla polvere, quando
( 275 )
si tiene esposta a diseccare , non si può giammai im-
pedire , che alla sua superfìcie non se ne attacchi -, per-
ciò prima di portarla nel magazzino, si metterà dentro
un sacco di pelle , nel quale vi sia dell' indaco già
spolverezzato, e scuotendola dentro il sacco riprenderà
alla sua superficie il colore uguale al suo interno.
GAP. XI. j
Della Schiuma.
La schiuma , che coli' agitazione del liquore nella
vasca della ruota si forma in una quantità densissima,
e' s'innalza a segno di stravasare sopra gli orli della
medesima , rendendo alcune volte faticosa 1' azione
della ruota, comincia a vedersi a poco a poco bianca j
poi diviene più o meno azzurra. Questa schiuma si fa
ribassare con alcune poche gocce d' olio asperse dal
fiocco di una penna. Ma siccome ve ne rimane sempre
una buona quantità sopra il fiquore, così si raccoglierà
con diligenza con una scumaruola quadrata di rame
sottile , ed a misura , che si raccogHie , si porrà entro
un filtro , o più filtri di grossa tela , distesi sopra un
telaro quadrato , affinchè ne scoli 1' umido , ed a mi-
sura , che si deve restringere , premendola in ogni mez-
z'ora con una stecca liscia di ferro , o di legno , che
così alla fine di un giorno , o due si troverà ridotta
da una gran massa ad una ben piccola , la quale poi
seccata al sole ,yO- stufa , si troverà essere il più bel-
r indaco fiore, che mai si possa vedere. 35
( 274 )
MEMORIA SECONDA.
J_JA mia memoria sull'estrazione dalla fecola mandata
air Accademia di Torino nel dicembre 1792, com'era
unicamente responsiva al programma di quell' Accade-
mia , che prescriveva soltanto 5 d' indicare il più fa-
cile , ed economico mezzo per trarre dal Guado ,
o da qualsivoglia pianta nostrale una Jècola azzur-
ra , così eh' essa si possa con vantaggio sostituire
all' indaco negli usi tintorj • cosi altro non feci , né
dovea fate , che descrivere in quella memoria il me-
todo delle operazioni , ed il piano d' un laboratorio ,
che 1' esperienza mi aveva fatto conoscere essere neces-
sariissimo , ond' estrarre con vantaggio , ed economia
la fecola da qualunque pianta indigofera . Oggi però
che mi son ben note le savie premure del Reale Isti-
tuto d' Incoraggiamento di promuovere in questo Regno
la fabbricazione dell'indaco, per quindi esimere la no-
stra nazione da un tributo , che annualmente paga agli
esteri per 1' acquisto di siffatto prezioso articolo tanto
necessario per le tinte azzurre ^ mi fo un dovere di
aggiungere tutte quelle altre notizie , e cognizioni , che
ho io acquistate pel corso di tanti anni di pratica .
Descriverò dunque :
1 . L' esperienze sulla coltura dell' y4nil .
2. L'esperienze sulla pianta del Guado.
( 275 )^
3. Per qual ragione sia da preferirsi il laboratorio
che ho prescritto .
4. Se la fecola del Guado sia d' uguale , o minore
bontà di quella dell' AniL .
5. Quali sieno gli unici mezzi da adottarsi per in-
trodurre con felice successo nel nostro Regno la ma-
nifattura dell' indaco .
Articolo I.
Esperienze sulla coltivazione dell' Anil .
Le mie prime esperienze furtin fatte sulla pianta
dell' Anil , che fu da me coltivata in un giardino alla
spiaggia di Chiaja , dalla quale al suo maturo ottenni
un vero indaco americano di ottima qualità , che a
decisione de' periti fu trovato , che se non avea la per-
fezione deir indaco Guatimalo , era però superiore di
molto a quello della Carolina . Ma con tutto ciò , do-
po tre anni di assidua applicazione , non avendo ri-
sparmiato ogni possibile diligenza, e nella coltura , 'e
neir estrazione della fecola , fui convinto , che giam-
mai sarei riuscito a trarne almeno le spese , con istabilire
una manifattura in grande ^ e ciò perchè il nostro cli-
ma ha delle alternative di caldo , e di freddo così spes-
se , e facili , che rendendolo incostantissimo , non per-
mettono la riuscita di una pianta , che ama un clima
sempre uguale, ed ugualmente temperato , cora' è quello
di America dove si coltiva .
(276)
Articolo II.
Esperienze sulla coltivazione del Guado .
Convinto , che avrei inutilmente impiegato il tem-
po coltivando 1' ^nil mi decisi a coltivar il guado ^
il perchè , avendomi proccurati , non senza difficoltà ,
de' semi dal Piemonte , e da Rieti nella Romagna ,
ignorando allora , che in Abruzzo si coltivava questa
pianta da tempo immemorabile , ne' principi di febbra-
jo 1784 seminai il guado nel cennato giardino di Chiaja,
dov' era solito a seminare 1' Anil ^ e sebbene la stagio-
ne fosse rigorosa , pute il seme germinò dopo di dieci
giorni tutto ugualmente ; e prosperò in modo , che do-
po la metà di maggio ne feci il primo taglio , quando-
ché r Anil non era ancor nato . Avendo operato nello
stesso modo , come negli anni antpcerlenti coli' u4nil ,
ottenni da un quadro di terreno di simile dimensione
una bella fecola uguale a quella dell' Anil , ma molto
più abbondante : e siccome i tagli del guado in un cli-
saa uguale a quello de' contorni di questa Capitale se
ne possono fare da otto sino a nove ^ così il frutto di
questa nostrale pianta è infinitamente maggiore deìVAnilj
oltre che la sua coltivazione anche è molto più facile,
e sicura . Or dunque animato da questo vantaggio , mi
occupai totalmente a lavorare sul guado , per recare a
perfezione la manifattura della sua fecola ^ ed ho il
piacere di assicurare, che questo non cede di merito ad
ogni più perfetto indaco ,
( 277 )
Articolo III.
Per guai ragione sia da preferirsi
il mio laboratorio.
Seguitando le mie esperienze, conosceva semprep-
più quante difficoltà restavano a superare j poiché se
per la diversità del clima l' Anil dava un si meschino
prodotto da non poter pareggiare le spese della colti-
vazione, e della manifattura , anche col guado vi era
molto che fare . Per ottenere la fecola colorante dalle
piante che avea coltivate j e per averla di buona qua-
lità , e con economia in ciascuuo degli otto , o nove
tagli , "che poteva fare in ogni stagione , sempre nuovi
ostacoli mi si presentavano , nascenti dall' inconstanza
del nostro clima con l' uguaglianza di temperatura , che
richiede la l'ermentazione del guado , o Anil che sia .
Inoltre è da sapersi , prima di tutto , che per avere
tutto il prodotto della semina del guado, è necessario
ripartire il campo in venti quadri circa , seminandone
uno per giorno ^ acciocché venendo il maturo del pri-
mo taglio del proporzionato a dare la quantità delle
foglie necessarie pei- riempiere la vasca grande ^ racco-
gliendole poi di mano in mano per venti giorni circa,
si può fare un' operazione giornaliera successivamente
con molta facilità , e comodo degli operar] , e racco-
gliere sempre il guado al suo punto di maturità . Do-
po terminato il taglio de' suddetti venti quadri , s' in-
comincia da capo a recidere le foglie di guado crescia-
( =^78 )
te, e mature dal quadro tagliato prima, e così per tut-
to il tempo , che la buona stagione continuerà permet-
terlo ; giacché questa pianta ripullula sempre , purché
venga inaffiata subito d^po tagliata j sapendo dunque
regolare le operazioni con questo metodo , si avrà un
abbondantissima raccolta d' indaco con molto vantag-
gio . Ma per ottenere tutto l' intento , vi occorre an-
cora , che la fermentazione compiuta, succeda al più lun-
go fra le sedici alle diciott' ore , altrimenti s' inciampa
in grandi inconvenienti , e sono che vi vuole due gior-
ni per fare quel che necessita , e può farsi in un sol
giorno , evitando così la spesa di due laboratori , e di
due stabilimenti in luogo di uno , in conseguenza du-
plicata spesa vi occorre ^ oppure si avrà il dispiacere ,
ed il danno di perdere molto guado , perchè , oltre-
passando nella stagione calda di molto i venti giorni a
raccogliere il guado , questo essendo troppo maturo dà
una pessima fecola , per cui in questo caso conviene
meglio di reciderlo , e buttarlo , e dar luogo ad una
nuova vegetazione : altro grave inconveniente sarà , se
la fermentazione passa detto termine di tempo , poiché
giungendo verso sera , si corre rischio di sbagliar l'ope-
razione j essendo il giusto punto della fermentazione
anche molto importante pel buon esito , il quale si de-
cide più a colpo d' occhio , che ad ogni altro segno ^
perciò per distinguerlo con certezza si deve evitare di
lavorare a lume di candela 5 e lo stesso per la sepa-
razione della fecola , eh' è ben vedere di giorno chia-
ro tutta la precipitazione della medesima , per cono-
( 279 )
scere s'è ben riuscita. Per le operazioni successive poi
non vi è più da temere , se si fanno dopo tramontato
U sole .
Durant' i calorosi giorni della state , è facil cosa
che la fermentazione si compisca nel termine stabilito^
ma non sarà così negli altri mesi senza uno stabilimen-
to fornito d' un regolato laboratorio . Mi è accaduto
di passare le ventlquatt' ore , e anche più assai , prima
che la fermentazione giungesse al suo giusto grado -,
altre volte il guado è passato insensibilmente alla pu-
trefazione , per cui si ha dovuto buttar il lutto con
grave perdita di spesa , e di tempo .
A tanti inconvenienti si può riparare per mezzo
del suddetto laboratorio, col*quale resta appianato ogni
ostacolo del clima , e delle varie stagioni ora più cal-
de , ora più fredde 5 e nel tempo stesso si facilitano
moltissimo le operazioni , né se ne sbaglierà alcuna ,
ed il tutto si farà col massimo risparmio , e semplicità .
Da ciò ognuno ben comprende, che per fare uno
stabilimento in grande , è necessario fornirlo d' un la-
boratorio nel modo da me prescritto , affine di ottenere
con sicurezza tutto quel vantaggio maggiore , che si
potrà j quantunque per la prima volta vi occorra qual-
che spesa per la formazione del medesimo , questa ben
presto sarà compensata da una grand' economia nella
manovra , con la sicurezza di non isbagliare alcuna
operazione. Si dee considerare alla fine, che tutta l'o-
perazione si riduce quasi ad un giuoco di chiavi , tal-
mentechè un intelligente direttore , due operar] di qua-
( 28o )
lunque sesso, con pochi ragazzi di varie età sono suf-
ficienti per una grandissima fabbrica . Ben inteso però
che io calcolo le fatiche, e le spese dal momento che
r erba entra nel laboratorio per porla alla fermentazio-
ne nella vasca grande ( vedi -la prima memoria ), at-
tesoché sino ad un tal punto le spese , e Le fatiche
sono le stesse che vi occorrono , come se 1' erba do-
vesse andare al molino per farne i pastelli al modo
solito -, an^i con una differenza ben grande di spesato ,
il quale è assai maggiore se si lavora un campo di
guado a pastelli, che lavorarlo per l'indaco. Per per-
suadersene basta riflettere che questo è la pura parte
colorante della pianta , il cui volume è quasi un nul-
la a paragone dell' immelmo volume de' pastelli , do-
vendosi questi travagliare lungamente , maneggiarli , e
trasportarli a forza di un gran numero di persone , di
animali , ec.
Articolo IV.
Se la fecola del Guado sia d' eguale , o minore
bontà di quella dell' Anil , ossia indaco .
Quando si considera la solidità , e la bellezza del
colore azzurro delle lane , e de' vestiti de' nostri Abruz-
zesi tinte di solo guado, e che non mai vedesi scolo-
rilo , l'unico abito di quei campagnuoli , sebbene lo
portino addosso per molti anni , né alterato il colore
dalla forza del sole nella state , né per effetto delle piog-
( 28i )
gè , e nevi dell' inverno , deve cessare in tutti ogni
dubbio , che la fecola del guado sia d' inferiore' , o di
diversa qualità di quella dell' Anil. Ma dippiù è da
sapersi , che col guado si è sempre tinto il color bleu,
ed eccellente , prima della scoverta dell' America j ed
era l' unica droga conosciuta allora per tingere azzur-
ro , sebbene preparato coli' antico rozzo metodo. Gli
Abruzzesi (i), e tra gli altri quei del circondario di
(i) Nelle nostre Provincie degli Apruzzi , regioni
abitate un tempo da' Marsi , Sabini , Frentani , Peli-
gni , Vestini ec. popoli, quanto prodi nelle armi,
altrettanto industriosi , e sagaci nelle arti , fin
dall' età primordiali , ed innanzi che il Guado in
Italia ad altri fosse noto ^ si conobbe tal pianta
tintoria, si coltivò , e se n' estrasse comunque il co-
lore azzurro. La multiplicità de" lanificii , che quivi
medesimo eran rizzati , e de' Collegi de lanajuoli ,
sparsi per ogn' intorno , come ne fitn testimonianza
le antiche iscrizioni lapidarie tuttavia esistenti j Jra
quali quella di Teramo , con che descrivesi li Col-
legio de' Centonarii Praetutiani Interamniti , ne prò-
Tìiosse di assai la coltura , e ne reco /' estrazione del
succo colorante presso che al suo intero raffinamento.
E si diffuse tant' oltre tra di costoro V arte lanifica ,
e tintoria , che non d' altronde i Romani traevano
quanto era lor di mestieri di saie , e di panni lani
pel vestimento delle numerose loro milizie , che da
36
( 282 )
CatnpoH, poche miglia distante da Teramo, e partico-
larmente nel luogo detto Campovalano , coltivano eccel-
lentemente il guado, dove espressamente mi sono por-
talo nel i8o3 a verificarlo, dippiù si coltiva in Penna
cotaìi peligne officine : sicché il Sago , la Lacerna
de' militi , non meno che le Clamidi o Paludamenti
de' .sommi Duci erano Imponi di cotesti popoli. Colla
decadenza dell'Impero Romano^ che cagionò all'I-
talia soprattutto tante sciagure , decadde ogni scien-
za , ogni arte , ogni manifattura \ ed in cotal vor-
tice desolatore fu eziandio assorbita V arte della
lana , la coltivazion del guado , e V opera della
tintura ; e benché isfuggisse il suo totale distruggi-
mento, si rimase non per tanto in guisa trascurata,
e negletta , che rifuggita in alcuni remoti angoli di
quelle regioni , quivi serbassi pel decorso di molti
secoli , ma sempre mai in uno stato di abiezione , e
di languore : mentre che altrove appena n' era rimasa
la memoria , perche suggerita da' rottami degli edi-
fizii delle vetuste tintorie.
Allenata la general catastrofe, il seminamento
del guado , e /' estrazione della materia colorata ebbe
qualche incremento , senza però uscire da quegli
angusti limiti , in cui era stata per lo addietro con-
finata ; e merce della cura , e sedulità delle labo-
riose apruzzesi , che assai sovente ne fan uso in.
colorire i loro graziosi vestimenti, si conservò sue-
( 283 )
S. Andrea, e in Montegualtieri nel circondario di B!-
senti^ in Terra di Lavoro, benanche i naturali di S. Do-
nato , circondario d' Alvito , e di altri luoj^lu vicini
coltivano moltissimo il guado ^ e fanno gran conimer-
cesshamente in tal condizione sino al di d' ozsi .
La foggia quanto elegante , agiaV altrettanto del ve-
stir sabino , che anno in usanza le ingegnose don-
ne di Scanno , e di altri luoghi di quelle contrade j
egli e oltremodo commendabile ^ non tanto solamen-
te per la lucidezza , e per la varietà de colori , tutti
estratti con indicibil maestrìa da piante indigene ,
quanto per la loro immutabilità, poiché ei veruna,
avvegnaché minima , alterazione , o iscambiamento
di colore risentono ne dalla impression delV aria ,
ne dall' attività dalla luce, ne dall' azion degli aci-
di , sien dessi citrici , od urici.
Questa singoiar proprietà dell' estratto del gua-
do , o vogliam dire dell' Indaco nostrale di lucci-
care sulle pannine , e sulle stoffe anzi che no , e
di rintuzzare , in virtù forse ancora del loro ap-
parecchiamento , la forza di sì efficaci agenti, non
lascia certamente dubbio alcuno di dover essere
tal pianta collocata in primo luogo nella classe
delle indigofere, ( ben cinque ne descrive la Sy-
nopsis piantarum Horti Botanici Accademiae Regiae
Panorraitanae anni 1 799 : oltre a quella , non à guari
discoperta in Bengala dal Sig. Roxburgh , e pub-
( 284 )
ciò di pastelli . Nella Romagna , nella Lombardia , nel
Piemonte, nella Turingia, ed in tanti altri luoghi del-
la Germania , e nella Francia , e particolarmente i pa-
stelli d'Albynella in Linguadoca sono i più rinomati^ e
blicata sotto il nome di Nerium tinctorium ") e di
accordare all' Indaco nazionale quel preferimento
sopra V asiatico , e V americano , che per diritto si
a guadagnato , come i repetiti saggi il conferma^
no , mediante V ottima preparazione , che con tra-
vaglio assiduo , ed indefesso dal N. A. tutto 7 dì
gli si appresta: e che verrà successivamente porta-
ta dal non interrotto magistero alla sua compiuta
perfezione . A tal fine potrehh' essere di non poco
agevolamento V eccellente , e ben raro libro , intito-
lato, Grolucchius ( Henr. ) De cultura herbae , isatidis,
ejusque praeparatione ad lanas tjngendas . Tiguri i555
in 8 , qualora de sciente penna venisse volgarizzato.
Un abbietto adunque di cotanta importanza do-
vrebbe destar V attenzione , ed eccitar il proprio in-
teresse , massime de' nostri provinciali , ( intormen-
titi 3 dirò cosi , in mezzo a tanti be ni , che la ter-
ra incessantemente lor offerisce ) di promuovere , e
di estendere il seminamento di questa preziosa pian-
ta^ e la manipolazione delP Indaco , e cosi non al-
trimenti di aggrandire , e di perfezionare la colti-
vazione , e 7 preparamento della Robbia , del Car-
tamo , del Croco , e di altrettali piante tintorie .
( 285 )
così in tante altre parti di Europa , dove i migliori
tintori ancora oggidì pongono molto guado nel loro
tino d'indaco -, essendo sicuri, che il colore viene più
solido , che se fatto fosse col solo indaco .
Se i tintori più celebri si sono appigliati all' inda-
co , ed hanno trascurato di tingere co' pastelli del
guado , non è già per effetto , che il color dell' inda-
co fosse migliore , anzi II contrarlo • ma non curano
ì pastelli per cagion dell' Incomodo , ed imbarazzo che
recano , essendo questi formati d' una picciollssima dose
di parte colorante, framischiata col gran volume della
parte inutile della pianta diseccata, e prima pestata, e
che o spontaneamente nascono . o appena in qual-
che stremila delle loro possessioni senz' arte , e scia^
auratamente ora si coltivano . Il che , mentre accre-
scerebbe la somma delle nostre ricchezze , ci tor-
rebbe, non che altro, per questi generi da quella vo-
lontaria dipendenza dalle nazioni straniere , che non
per precisilo bisogno , ma per rea nostra indolenza
il bene, ci tiene tuttora soggettati . Avverrà ciò mai?
Sì ; qualunque volta , deposto quel nostro infermo ,
ed eteroclito vensare , e dispogliati da queW assur-
do fanatismo , che ci mena a travedere per le cose
forestiere, imprenderemo con più sano consiglio a
valutare , com' e' si dee , le produzioni fisiche del
nostro suolo, non meno che le scientifiche della no-
stra mente. INotaz. del Comp:
( 286 )
putrefatta , framichiata di tante altre impurità , come
insetti , terra, e corpi estranei, che infettano conseguen-
temente il bagno del tintore. Tutto il merito dunque
dell' indaco non è già nell' intrinseca qualità del colo-
re ^ ma per la ragione , che avendo avuto una prepa-
razione molto più perfetta , si rende comodissimo al
tintore in qualunque operazione , che lo destini , sia
trattato cogli alcali caustici per le tinte di forte azzur-
ro su qualunque stoffa di seta , lana , lino , o cotone ,
sia cogli acidi minerali , tra gli altri coli' acido solfo-
rico , nel quale si fa sciogliere , quando si vuole tinge-
re in azzurro , o in verde di Sassonia .
Se le colonie Americane ci avessero mandato il
loro anil preparato in pastelli , come lo è il nostro
guado , non mai gli Europei avrebbero comperato un
pastello indiano . L' indolenza dì costoro merita ogni
critica j poiché fra il decorso di varj secoli , da che si
è commerciato colle colonie suddette finoggi , non si
sono giammai occupati di dare al guado , a questa
preziosa pianta nostrale , quella stessa preparazione ,
che in quelle , e ben anche nell' indie orientali danno
alle loro indigofere , sebbene sieno di varie specie .
In fine chi mai ne può dubitare ancora, dopo le
rigorose esperienze fatte eseguire dalla Reale Accade-
mia delle Scienze di Torino nel 1785 e 1786, in pre-
senza di una deputazione di scelti soggetti , dai migliori
tintori di quel paese in seta , lana , cotone , e lino ,
su queir istessa fecola di guado da me consi^gnata al
Marchese di Brerae , allorché era Ministro di quella Cor-
.( 2C7 )
•te a questa di Napoli , che poi per essere stato deciso,
che per la sua eccellente qualità era uguale all' indaco
americano, si determinò quell'Accademia, dopo alcuni
anni , a pubblicare il programma del 1791 '. nella quale
occasione, separatamente diede alle stampe tutte quelle
altre notizie, che si aveva procurate circa le qualità del
guado , che si coltiva in Piemonte da tempo antichis-
simo , e che lavorato in pastelli se ne fanno delle spe-
dizioni pel Pò.
Articolo V. '
Quali sono i mezzi di adottarsi per introdurre
con facile successo nel nostro Regno la
fabbricazione dell' indaco .
Sono ben pochi i mezzi , che io propongo per po-
ters' introdurre fra noi la fabbricazione dell' indaco .
Io li sottometto al savio discernimento de' miei Colk-
ghi . Il Reale Istituto perciò procurerà.
1. Che la coltivazione del guado si estenda in pre-
ferenza nelle Provincie degli Abruzzi , e nel Contado
di Molise , dove fortunatamente si coltiva da tempo
immemorabile .
2. Farà pubblicare non solo una istruzione prati-
ca djl modo di coltivar il guado , ma bensì la prima
mia memoria, acciò ognuno potesse disporre un labo-
ratorio nella maniera che ho prescritta . •
( 288 )
3. Proporrà a S. E. il sig. Ministro dell'Interno
che possa ottenere dalla munificenza del Sovrano un
premio da distribuirsi a coloro che saranno i prinri
ad introdurre la fabbricazione dell' indaco , construen-
do un laboratorio .
Quando ciò si voglia fare ardisco proporre il sig.
Michele Tabassi Alanno , che fortunatamente trovasi
in Teramo , essendo degnamente giudice di quel Tri-
bunale , per render facile agli Abruzzesi non solo la
coltivazione del guado , rùa altresì la fabbricazione del-
l' indaco .
Il sig. Tabassi è il soggetto 11 più opportuno per
avere infinite volte assistito a tutte le operazioni , che
da me si praticavano , allorché il mio laboratorio era
in attività , e sempre aperto al pubblico .
Premiati , e protetti dal Governo coloro , che si
occuperanno di questa interessante industria , e sicuri
che ne otterranno un guadagno grande , chi potrà du-
bitare che le fabbricazioni dell' indaco non saranno au-
mentate ?
Così il Reale Istituto avrà la gloria di aver pro-
mossa prima di ogn' altra parte di Europa un indu-
stria quanto interessante alla Nazione , altrettanto uti-
le ai proprietarj .
(289)
RAPPORTO
DELLA CLASSE DI CHIMICA
Sulle memorie riguardanti V indaco
estratto dal guado.
SIGNORI COLLECHI
X.ÌSSENDOSI la nostra Classe riunita per esaminare
giusta gli ordini vostri, le quattro memorie presentate
a questo nostro Reale Istituto , risguardanti l' indaco
che si può estrarle dal guado (^isatis tinctorìa'): una
del socio corrispondente Signor Gennaro del Giudice,
r altra del Signor Michele Tabasei Alan no , e la ter-
za , e la quarta dell' altro socio corrispondente Signor
Giuseppe Morina , ed avendole attentamente conside-
rate, ci facciamo un dovere , prima di esporvi il pa-
rere della classe , di farvi conoscere il contenuto del-
le medesime .
Il socio Signor del Giudice espone il metodo di
tinger la lana in bleu col guado ridotto ia pastello .
A tal' effetto descrive il modo di coltivar la pianta ,
accennando qual terreno più le convenga , il tempo
della semina, l'applicazione dell' inaffiamento , la sar-
37
( 290 )
chiatura , e finalinf^nte il tempo della raccolta delle fo-
glie ia luglio , o agosto , e novembre .
Propone inoltre la norma di formare il pastello ,
ridiicendo le foglie in massa , soppestandole , ed ag-
giungendo una piccola dose di argilla , e prescrive il
tempo eh' esige di macerazione .
Passa in seguito all' esposizione del processo della
tinta, il quale consiste nel trattare il pastello con una
lisciva di sotto-carboaato di potassa , segnando la pro-
porzione così de' pastelli , che della lana da tingersi.
Quindi do[)o d' aver -fitta bollire la mescolanza con la
corrispondente quantità di acqua , debbesi aggiungere
il sopr'atrattato di potassa , ed il sopra solfato di allu-
mina , e di potassa. Allora la lana tolta dal bagno, e
divenuta asciutta , si espone alla nuova ebollizione nel-
l' acqua con la noce di galla , e solfato di ferro , ed in
fine si sottopone alla lavanda .
Questo è il metodo che tengono gli Abruzzesi nel
tingere le loro lane , e le loro stoffe , che così tinte
resistono all' azione dell' aria , e della luce , e sono
poco alterabili ai contatti degli acidi nitroso , e nitri-
co diluiti , e trattate in fine coli' acido citrico riesco-
no solide , ed indelebili .
Questa memoria non contenendo altro, se non se
r esposizione del metodo di tingere in hleii col pastel-
lo del guado , conosciuto non solamente negli Abruz-
zi, ma in tutta l'Europa , così stimiamo , che non
possa meritare la vostra attenzione , eh' è quella di a-
Ter si un metodo facile , e sicurg di ottenere dal guado
( 290
un indaco da sostituirlo all' iudaco Americano .
Il Signor Michele Tabassi Alanno nella sua me-
moria espone, che nel Ì796 ijnmaginò d'introdurre la
coltura della pianta esotica denominata anil , e che
non ebbe il piacere di vederla fecondare per alcune
circostanze, che non accenna. Ciò gli fu di sprone di
rivolgere le sue mire al guado , ed esprime la sua soil-
disfazione per avere estratto da questa pianta la fecola
tutta simile all' indaco Americano ; ma che non aven-
do fondi sufficienti per una fabbrica in grande , ab-
bandonò r impresa .
Avendo però letto in giugno dello scorso anno nel
Giornale Letterario di PSapoli l' Imperiai Decreto , con
cui si propone un premio a favore di chi esporrà il
metodo sicuro di estrarre l' indaco da una pianta in-
digena , disegnò di scrivere una memoria , e rimetter-
tcrla a questo R. Istituto, unitamente a due pezzettini
di tela tinti in hleii , e co' corrispondenti saggi d' in-
daco j prevenendo, che le indicate mostre sono state
eseguite senza laboratorio , senza strumenti , e fuori
stagione . Dopo ciò passa a descrivere la coltura del
guado , dando un dettaglio più circostanziato di quel-
lo rapportato dal Signor del Giudice .
S' inoltra in seguito a disegnare il modello per la
costruzione di un laboratorio , ed in questo commen-
da tre vasche 1' una sottoposta . all' altra , assegnando
alle medesime le denominazioni rispettive , I' uso , e
la situazione , nell' ultima delle quali , eli' egli chiama
vasca di sbatlimento ^ vi applica l'agitatore raggiante,
(^292 )
dinotandone la struttura , e prescrìve la preparazio-
ne dell' acqua di calce , con la rispettiva proporzione
della terra , e dei fluido ,
Avverte finalmente d' essere necessaria una stanza
ventilata , per mctterNÌ nei lati delle njura interne i
telai per appoi;gio dei cappucci di tela , solto de' quali
dovranno essere collocati dei recipienti, che possano
ricevere le acque j e giudica importante cosa, che il la-
boratorio sia provveduto di una stufa per asciugare la
fecola .
Terminata la descrizione del laboratorio , procede
ad esporre il processo per estrarre la fecola . A tal ef-
fetto prescrive , che le foglie del guado , separate dalle
corrotte e cattive , debbano riporsi nella seconda va-
sca detta d' infusione , sopra cui va a cadere V acqua
contenuta nella vasca superiore per mezzo de'robinetti,
ed aftinché le foglie rimanessero sommerse , prescrive
di soprapporvi de' pezzi di legno a traverso . Cosi pre-
parate le foglie , egli dice , la fermentazione va a suc-
cedere dopo l' intervallo di circa ore 20 , e sarà più
spedita , se la temperatura dell' atmosfera sarà calda .
Asserisce, che la conoscenza della matura fermen-
tazione derivi dall' abitudine , non essendovi norma
precisa , e che il solo calore dell' infuso divenuto si-
mile al vino bianco alquanto carico , ed azzurognolo
neir agitarsi , potrà verificarne la sicurezza della ma-
turità .
Quando l' infuso mostrerà un tal colore , allora
per mezzo dei robinetti si farà passare nella vasca sot-
( 293 )
toposla detta di sbattimento , adattandovi nel passag-
gio del fluido de' canestri foderati di tela per separar-
lo da qualunque materiale estraneo ^ e quindi bisogna
muoverlo coli' at^ilare .
Quando il liquore è divenuto schiumoso , debbe
affondersi 1' acqua di calce , proseguendo l' agitazione,
e la schiuma, qnando comparirà azzurra, darà l'indizio
della sospensione del travaglio .
Allora si lascia il tutto in riposo per dar luogo
alla fecola , che possa precipitare nel fondo , ma si
raccoglie la schiuma , riponendola nei canestri foderati
di tela , per ottenersi un sedimento che ha il viva-
ce colore d' azzurro , conosciuto col nome d' indaco
fiore .
Seguita la precipitazione feculacea , si fa passare
l'acqua sopranuotante della vasca, per mezzo dei ro-
binetti , nei cajìpucci, per ivi ricevere quella porzione
d' indaco , che potrà seco trascinare ; e raccolto il re-
siduale sedimentoso , si pone all' ombra , e non al sole
per asciugarsi , ma prima di divenire asciutto perfetta-
mente , fa di mestieri tagliarlo in forma di tanti piccoli
quadrati per metterlo in commercio . Questo è l' in-
daco .
La memoria termina con alcune osservazioni per
aversi presenti tanto sul campo, che si destina alla col-
tivazione del guado , quanto sul laboratorio .
Ci duole , Signori , che le mostre di tela tinte in
bleu , che il Sig. Tabassi ha rimesse , non sieno plau-
sibili , e the Ira i saggi dell' indaco , che ha egli estrat-
. 294 ')
lo dal guado j" quidl solo eh© poteva €sser f;oddisfacen-
te per farne gli assaggi ^ftoti^^ba potato fornire alla
Classe le bella occasione' di' sperimentarlo , non essen-
do stata la dose che di soli (jnatft^o granelli : ma ciò
non ostante contenendo la di 'tuì memoria un'esatta
descrizione su la coltura d^'l guado , sulla costruzione
del laboratorio , e sul ppoctfsso <Jel modo come del>-
basi estrarre la fecola , proponiamo che il R. Istituto
nel rendergli con una lettera i suoi ringraziamenti lo
aggreghi a suo socio corrispondente .
Le due memorie successive sono del socio Signor
Morina . Nella prima egli espone il metodo pratico per
estrarre la fecola azzurra dal guado , descrive l' econo^
mìa nell' estrarla , dettagliando precisamente tutte le cir-
costanze, che accompagnano il suo processo^ e com-
promette il suo indaco risultante dotato di tutte le pro-
prietà, riguardandolo tutto simile a quello di America.
Asserisce di più, che questa memoria sia una co-
pia di quella, che diresse all' Accademia di Torino in
dicembre dell'anno 1792, ed è responsiva al program-
ma della medesima , con cui si prescriveva d' indicare
soltanto il mezzo facile, ed economico per èstrarre dal
guado, o da qualunque altra pianta indigena una fe-
cola azzurra da potersi sostituire all' indaco America-
no 5 e che l' indicata memoria venne coronata col pre-
mio di mille lire .
Il Signor Morina In essa descrive il piano esteso
delle operazioni jier potersi es trarre sicuramente la fe-
cola dal guado , previene con solide precauzioni 1' ia-
(295)
costanza della nostra temperatura atmosferica , disegna
mimitamente la costruzione del laboratorio con le ri-
spettive dimensioni, le forme degl'utensili, la loro de-
nominazione, e la situazione, l'agitatore, e la sua strut-
tura, la stufa, e la corrispondente temperatura, e det-
taglia l'uso di lutto l'apparato con una precisione cosi
chiara , che ne fa comprendere con evidenza il mecca-
nismo , e r esecuzione .
Propone in seguito il modo di saggiare le foglie
del guado , se sieno al punto da somministrare la fe-
cola , e con tal mezzo assicura 1' esito prosperevole del
processo dal piccolo al grande .
Espone inoltre la preparazione dell' acqua di calce,
eh' egli denomina precipitante , assegna la situazione
de' vasi, che la contengono, e ne marca l'uso.
Il Morina non crede doversi trattenere su la col-
tura del guado jier essere la medesima comunissima ne-
gli Abruzzi .
Procede poi a dettagliare II suo processo In gran-
de, e lo divide in quattro articoli . Il primo riguarda
la fermentazione delle foglie ; il secondo l' estrazione
della fecola^ il terzo il metodo per lavarla;, ed II quar-
to il di lei diseccamento al sole, o alla stufa .
Avverte di trar parlilo dalla schiuma , che deriva
dall'agitatore per ottenere l'indaco fiore, ed In ultimo
esamina tutto ciò, che crede di schiarimento per potersi
eseguire il processo, che; ha })roposto .
La seconda memoria è dl\isa In cinque articoli .
Nel primo espoue tulli gli sperijiicnii fatti sulla colta-
(296)
la dell' yinìl j assicura d' averne ricavato l' indaco nel
1784, ma ad onta di tutta la sua sofferenza praticata
per rendere fecondante questa pianta esotica , confessa ,
che l'inconstanza del nostro clima si oppone diametral-
mente alla di lei vegetazione . Nel secondo articolo an-
nunzia , che convinto di ciò, si determinò a coltivare
il guado j ed in quest'occasione volle osservare il gra-
do della vegetazione così dell' Anil , che del guado .
Questa osservazione gli dimostrò, che V Anil nel mese
di maggio di quell'anno non era ancora nato, quan-
doché dal guado n' aveva ricavato il primo taglio nel-
r epoca istessa , e dopo di avere estratta la fecola da
quest' ultimo , trovò eh' era tutta simile a quella del
primo .
Nel terzo articolo descrive tutti i saggi , e le sue
penose fatiche per assicurare il processo dell' estrazione
dell'indaco dal guado, ed indica tutti gli ostacoli, che
ha dovu^o sormontare per rendere prosperevole questo
stabilimento.
Nel quarto articolo fa rilevare, che in Europa non
si dava il colore hleiL su la lana , se non se col pa-
stello del guado, che questo metodo sia antico, e che
là sospensione dell' uso venne prodotta dalla introdu-
zione dell' indaco Americano , non per la solidità dei
colore , ma per essere scevro da materiali stranieri , e
più alla portata della tinta, che non è il pastello j tal-
mente che se gli Americani avessero spedito in Euro-
pa il loro Anil in pastello , la loro speculazione noa
avrebbe avuto luogo ,
( 297 )
Nel quinto articolo fiiialnienfc propone tutl' i mez-
zi, e tutte le dilucidazioni, onde agevolare la mani-
fattura di questo genere importante , e V assicura con
uri dettaglio così preciso , che esclude ogni diflicollà sul
felice successo .
Neir esaminare le accennate memorie del Signor
Morina, la Classe ha provato non solo il soddisfacente
piacere d' avere un travaglio tanto completo su la isti-
tuzione di questo ramo d' industria , ma vi ha rilevato
la nettezza nelT espressioni , la semplicità ne' mezzi ,
r accorgimento in tutte le circostanze , che 1' accompa-
gnano , la lealtà m gli sperimenti , ed infine l'assicura-
zione del fatto .
La Classe perciò , dopo d' avere attentamente con-
siderato , quanto il Signor Morina ha partecipato a que-
sto Reale Istituto con queste due memorie , ha cre-
duto per confermare il ilitto trattare P indaco , eh' egli
ha estratto dal guado con varj modi ^ ed in presenza
dello stesso ne ha istituito il saggio , avendo in con-
torno quello d' America .
A tal' effetto si è gettato dell' acido acetico in due
picciole ampolle di cristallo , ove in una v' era riposto
r indaco americano ridotto in polvere , e nell' altra
r indaco estratto dal ^uado , parimente in polvere e
nella medesima proporzione • Quindi si è agitala la me-
scolanza , e si è lasciata in riposo . In questo frattem-
po non è comparsa né bolla , né movimento , anzi la
fecola si é depositata nel fondo , mostrando il suo co-
lorito naturale, e l'acido vi soprassedeva limpido , e
clii^iro . Si è impiegata inoltre l' uguale do^e d' indaco
38
( 298 )
d' America , e di quello del guado , dell' Infima qua-
lità , fra le mostre esibiteci dal Signor Morina , con la
potassa caustica , e la miscela è stata esposta contem-
poraneamente all' azione della corrispondente tempera-
tura . La dissoluzione è succeduta parimente j allora
dopo d' avere allontanati i vasi dal fuoco vi si è ag-
giunta la quantità corrispondente di solfato di ferro di-
luito , agitando 1' unione . In questa , divenuta quasi
fredda, si è immerso il filo di canape affatto bianco,
e dietro le ripetite immersioni è sortito tinto in hleu
senza una marcata differenza . Lavato il filo d' ambe-
due i bagni , e reso asciutto , è stato trattato col sa-
pone diluito , la tinta è rimasta illesa , e saggiato col-
r acido del limone non ha dimostrato niun cambia-
mento .
Si è in seguito formata una nuova dissoluzione
nella potassa caustica con la stessa diversità di genere,
e vi si è unita la medesima quantità di solfato di ferrq.
diluito . Allora vi si è impiegata la lana , questa è di-
venuta quasi ugualmente colorita in bleu , e resistente
ai reagenti medesimi .
Non si è creduto praticare lo stesso con la seta ,
perchè quella , che ci era stata esibila , si è ritrovata
biancheggiata col vapore dell' acido dello zolfo .
Si è gettata in fine l'eguale dose d'indaco ame-
ricano , e dell' indigeno separatamente in due vasi , e
\i si è sopraffuso il sesto del loro peso rispedivo di
acido solforico di gradi 66. La mescolanza agitata con
una spatola di vetro si è ugualmente oltremodo riscal-
data , e dopo ore quattro di macerazioue , la dissolu-
( 299 )
zione è perfettamente riuscita così dell' uno , che del-
l' altro .
Poche gocce di queste rispettive dissoluzioni sono
state gettate nell' acqua . Questa si è tìnta del mede-
simo colorito , senza che vi Casse comparso il minimo
indizio di sedimento .
Si è diluita poi una loro porzione separatamente,
e fatta bollire, vi si è aggiunto il soprasoUato d'allu-
mina, e di potassa, e quindi vi si è immersa la lana,
la quale è sortita tinta in bleu chiaro .
La Classe dòpo tanti decisivi sperimenti , avendo
interrogato il Signor Morina su la ragione di non ave-
re egli profittato -di sì preziosa scoperta dopo il dispen-
dio , e la fatica , che per tale scopo era stato obbli-
gato d' erogare , il medesimo rispose , che un guasto
rovinoso avvenuto nel suo fabbricato , l' interessante
premura di doverlo rimettere nello slitto primitivo , e
gli avvenimenti politici quindi succeduti , ne soppres-
sero l'incominciato avviameclo , per cui decadde, ed
andò quasi in oblio .
La Classe avendogli domandato inoltre , se pote-
va suggerirle , almeno per approssimazione , qual quan-
lità d' indaco può produrre un moggio di terra atto
alla coltura del guado , egli rispose , che un moggio
di terreno può dare libbre 200 e più d' indaco asciut-
to , e commerciabile .
Noi pertanto nel presentare a questo R. Istituto le
mostre di lana , e di filo tinte in bleu coli' indaco del
guado , e le mqstre d' indaco , e d' indaco fiore esibi-
te dal Signor Morina , proponiamp :
( 3oo )
1. Che questo R. Istituto si compiaccia dì scrive-
re una lettera al Signor Morina , attestandogli i senti-
menti di sincera congratulazione per avergli partecipa-
ta la preparazione dell' indaco dal guado con una pre-
cisione, e con un dettaglio così completo , che nulla
lascia a desiderare .
^. 2. Che le due sue memorie sieno registrate, ed in-
serite negli Atti.
3. Che con la massima sollecitudina si manifesti
ne' Giornali politici, e letterarj questa preziosa scoperta,
eseguita fin da 27 anni indietro ^ ed a tal effetto il
Segretario di questo R. Istituto ne formi un estratto
completo , affinchè 1' Europa conosca che la fabbrica-
zione di questo genere è originaria della nostra Na-
zione .
4- Finalmente , che il Reale Istituto formi una
Commissione , coli' incarico di presentare a S. E. il
Sig. Ministro dell' Interno così le mostre d' indaco , e
d' indaco fiore del Signor Morina , che i saggi di tinta
praticati dalla Classe , per verilicarne le proprietà , af-
finchè si compiaccia di umiliarle a S. M.
Napoli 18 Aprile 181 1*
Luigi Sementivi Presidente,
Michele Tenore.
Antonio Barba.
Gabriele Longo.
Michele FfiR&Aiu Segretario .
(3oi )
Memoria suWAgricoltura di Sessa del Socio ordi-
nario Sig^. Gto: Battista Gagliardo , Letta nel'
l'adunanza del dì i5 Marzo 1814.
Ì^ESSA giace sulla medesima deliziosa collina dov' era
l'antica , otto miglia al di qua del Liri , oggi Gari-
gliano. Fu essa conosciuta nell' antichità sotto il nome
di Sessa Aiu'unca , non solo per distinguerla Asl Sessa
Pomczict , capitale de' Volsci , nel Lazio , presso le
Paludi Pontine, ma più perchè in essa si rifuggirono,
e stabilironsi i cittadini di Auriinca , quando minac-
ciati dai Sidicini abbandonarono la loro Città , e for-
marono coi Sessani un popolo solo . Ma non comin-
ciò Sessa a figurare nella storia , se non quando di-
venne Colonia de' Romani , epoca in cui ebbe il por-
tico , il foro , il teatro , 1' anfiteatro , le terme , e tutti
quegli altri pubblici edilicii , che i Romani avevano in
uso .
Di tutti questi non si veggono ora che le rovine 5
le quali però sono sufficienti per dimostrarne la magni-
ficenza . Solo alcune colonne di granito sono rimaste
in piedi , e sostengono il volto , ed il portico della
Cattedrale , edificala sulle rovine dell' antico Tempio
dedicato a Mercurio : ed incontransi per la Città va-
rie lapidi , ed iscrizioni .
( 302 )
Ciò che esiste in piedi , tale e quale , è un ma%
gnifico Ponte , detto ora Ponte Ronaco , il quale è
lungo palmi 55o , e largo palmi ventuno . I suoi archi,
al numero di ventuno , sono sostenuti da pilastri, lun-
ghi otto palmi , costruiti di opera reticolata , e vestiti
di mattoni lunghi palmi due . Gli antichi Io inalzaro-
no per rendere piana la strada di una valle , detta ora
di Sansevile , la quale menava all'antica Via Appia ,
e vi si giunge per uno de' rami della medesima , dei
quali in Sessa , come nella vicina Teano , incontransi
varii spezzoni benissimo conservati . E tali sarebbero
tutti, se si avesse avuta cura di conservarli, e non già
di distruggei'li , come si è fatto . Con non picciolo di-
spiacere ho A^eduto i grossi pezzi di selce , di cui erari
costruiti , far ora parte de' muri delle case , e de' con-
venti , e destinali a selciare le strade della Città ^ quan-
do che i Sessani ricavar potevano le medesime pietre
dalla stessa cava , donde tratte le avevano i loro ante-
nati , non lungi da Sessa che un miglio e mezzo .
All'intuito simile, e forse anche assai più magni-
fico dell'antico , perchè al doppio più. allo ,. è il no-
vello ponte innalzato nella medesima valle da quella
parte che separa Sessa dalla via consolare , detta J^ia
Nuova , che fu cominciato nel lygS , e terminato nel
1808 . Questo ponte è costruito di mattoni , e d' una
qualità di pietra bianca dura , eh' è una specie di tra?
vertino , colà detto piperno . I mattoni si fabbricano
nel vicino villaggio di Cascano , dove sono stabilite
varie fabbriche di stoviglie , le quali conservano tut-
( 3o3 )
tavìa la forma delle amiche: ed è da siipporsi , che an-
che in Cascano esistessero le antiche fabbriche di sto-
viglie , sì per r alumina che si trova nelle sue vicinan-
ze , sì perchè scavandosi s' incontrano lun ghi tratti di
rimasugli di vasi ordinarli , di anfore , e simili . La
lunghezza di questo ponte è di palmi 546 , è largo
palmi trenta, ed alto I25 . Gli archi al numero di do-
dici poggiano sopra pilastri , de' quali quelli di mezzo
sono sostenuti da due altri archi sottoposti , che occu-
pano la parte profonda della valle , eh' è la più stretta.
Mi renderei nojoso se volessi intrattenervi dinotan-
dovi tutto ciò che Sessa offerisce relativamente ai suoi
edifìzii , ed alle sue antichità . Ciascuno potrà riscon-
trarle neir opera del suo cittadino Signor Masi del
Pezzo , che nel 1762 pubblicò le memorie della sua
patria , ove non mancò di parlare anche delle mone-
te e medaglie Sessane , che avevano un conio eccel-
lente . Io mi limito a descrivere lo stato attuale della
sua agricoltura 5 e per ciò fare divido la presente me-
moria in tanti articoli .
Te IT il or io ,
Il territorio di Sessa ha 1' estensione di 70 in 80
mila moggia quadrate . Confina all' Est con quello di
Teano ^ all' Ovest col Garigliano , il quale lo divide
da quello di Traetto 5 al Sud Est con quello di Cari-
nola , da cui vien diviso dalla cresta del Monte Clas-
sico , celebre pe' vini di Falerno ricordati da Orazio ^
( 3o4 )
al Sud Ovest col mar Tirreno j ed al Nord con quel-»
lo di Rocca Monfina ^ e contiene ventiquattio villaggi,
dei quali il più lontano, detto Sctìicar'o , è distante
da Sessa miglia sei (i) . Tulli gli altri le son vicinis-
simi , e formano con essa insieme una popolazione tutta
industriosa di tredici in quattordicimila abitanti. I suoi
prodotti principali sono olio, vino, cereali, e civaje. Si
divido in tre parli ; una è in piano , l'altra incolline,
e la terza è montuosa . La prima , il cui terreno è piut-
tosto alumii^oso , è destinala alla semina , ed alla pa-
stura . La seconda , che ha un terreno sihceo , dove
cretoso , e dove tufaceo , di color cenerognolo , si col-
tiva ad ulivi , e vigne . E la terza , il cui terreno è un
poco più cattivo delle colline , è incolta , e non ha che
delle piccole piantagioni di castagni (2) . Il miglior ter-
reno è quello accanto al Garigliano , Il clima è tem-
(i) Questi villaggi sono Cascano , Gusti , Va-
lagno , Cai boi a , Marzulo , Svezzano , Sorbe! lo ,
Piedimonte , Cavano , Cellole , Fasoni , Cupa ,
Sancastrese , Lauro , AuruncoUsi , Corigliano , Ce-
schelo , Sanimartino , Sancarlo , Santamaria a Va-r
lo^no , Fontana Radina , Ponte 3 Tauro , Anlpi .
Ed è da notarsi , che in ciaschedun villaggio e l'a-
ria la vestitura delle donne , le (f itali portano in
testa una tovaglia differentemente piegata , ed or-
nata di merletti pili o meno ricclji secondo la VU'
ria condizione e fortuna .
(2) Castanea vesca =
( 3o5 )
iierato , e poco soggetto ali*- dcLI'Ìp. II mcgplo è com-
posto di trenta passi quadrati : ed ogni p;',st.i) è lungo
sette )ialini e mezzo . All' infuori del Liri , che lo ba-
gna dalla parte di Ponente non ha altri fiumi . Vi so-
no però de' ruscelli , dd' quali quello , che corre per la
valle di Sansevile , e che parte dal Monte Gaiiro ,
alle cui pendici giare Rocca Monfina , è il più ahLon-
dante. Dopo aver questo ruscello animati varii niolini,
va a perdersi nel Liri.
Tutta la campagna non è che pochissimo abitata.
Ciò sarà forse avvenuto dall' essere i suoi villaggi tra
'oro molto vicini : ma oltre ciò io penso , che nasca
dalla poca sicurezza, che prima vi era abitandosi lon-
tano dalla Città, e da' villaggi- e dall' aere , che nella
state è pessima nella parte piana pe' piccoli stagni, che,
come in tutto il littorale del Regno, esistono anche colà,
e pel lago detto Pantano , che anticamente fu cono-
sciuto sotto il nome di Paludi Mmturnesi , celebri
*ina volta , perchè ivi si nascose Mario allorché fuggiva
le crudi Uà di Siila. Quell'aria non solamente pregiu-
dica la pianura , ma anche le colline, allorché i venti
di mare strascinan seco loro qtiei miasmi . E non solo
mancano le abitazioni campestri , i poderi non han
chiusure affjtto , all' infuori di taluni posti a canto
della via consolare , che hanno delle siepi di sambu-
co (i) e di rovo (2) .
39
(i) Sambncus nì^ra.
(2) Ruhiis fruticosiis .
( 3o6 )
Gli alberi sparsi per la campagna sono castagni, e
guercie (i) . Nelle vallate incontransi de' pioppi (2) ,
e degli olmi (5) , dai quali i Sessani non raccolgono
le foglia per nutrirne il bestiame, se non nel solo caso,
che mancasse loro qualunque altro foraggio j ma non
sanno conservarle nell' inverno .
II cibo ordinario de' contadini , e delle contadine,
le quali , all' infuori dell' arare, e del potare , sono im-
piegate in tutte le altre faccende campestri , consiste
in minestre di ortaglie , d' erbe selvatiche , e di civaje.
Il pane che loro si dà è di bolu formentone , e quello
di frumento è cattivo, né si dà vino, se non nel solo
tempo della messe , epoca in cui il prezzo della gior-
nata dai due ai tre carlini , che è 1' ordinario , aumen-
ta sino a' cinque . La polenta , eh' è il cibo il più sa-
no per la gente di campagna , non si conosce affatto .
Gli strumenti rurali son molti, e ben lavorati , e
si fabbricano in Sessa , ove se ne fa Io spaccio in ogni
giovedì , giorno di mercato (4) ? al quale concorrono
(1) Qiiercus racemosa .
(2) Populiis tremula , alba , ecc.
(3) L'imus campestris .
(4) Tra gii .strumenti rurali, che Jin dalla più
remota antichità si usano in Terra di Lavoro , ed
in oltre Provincie del nostro Regno , merita di es-
ser ricordato lo stranio, ossìa la tragula menzionata
da Fanone , ddla quale ha parlato il Sig. Abbate
(3o7)
Ijoìl solo gli abitanti dei villaggi del Circondarlo y ma
i Cittadini di Carinola , Teano , e Roccamonfìna , ed
anche quei di Mola , e di Gaeta , che vanno a provve-
dersi di vaccine . Ma , oltre del mercato , la piazza
abbonda di carne eccellente , e di ogni sorta di com-
mestibili , e si lia il piacere di avere dell' olUmo pe-
6ce , il qnale per la vicinanza del mare ordinariamente
arriva due ore dopo pescato .
Coltivazione .
I terreni per lo più si coltivano a conto proprio.
Si risano per le mezzadrie, volgarmente colonie, e gli
affitti , che ordinariamente si stabiliscono in generi , e
rinnovansi in ogni biennio . La coltivazione è alterna-
iiva . Ogni podere , sia grande o piccolo , vien diviso
Romanelli nella ^iin memoria , inserifa nel voi. V.
delle Notizie interessanti V agricoltura , sulle due
macchine usate dagli antichi per trebbiare il grano .
Egli e questo , come sapete , un carro senza ruote,
che serve per trasportare le gregne dal campo al-
l' aja , ed i fasci del fieno dal prato al fenile . E
Ja meraviglia , che potendolo egli vedere alV uscir
da Napoli , non essendovi podere , ove non se ne fac-
cia uso , ci mandi sino al Danubio per farcelo co-
noscere .
( 3o8)
in due partì . Nell'atto che una parte vien coltivata a
frumento, o a biada , l'altra si suddivid..- in due mela,
delle quali una si ara , e rimane a maggese sino alla
novella semina , e 1' altra si coltiva a ci^aje , a for-
mentone (i) , a lupini (2) , ed a prato , sotto il qnal
nome s'intende la coltivazione del trifolitim sativiim(J>)
di Cirillo , oppure a pascane , la qnal coltivazione
consiste nel seminare rape (4) , lupini , e sorgo (S)
che si dà a pascere al bestiame jjer tutto il mese di
febbrajo , e quindi si zappa o si vanga , seppellendo
r erbe rimaste . Passato 1' anno , la metà coltivata a
frumento, o a biada vien destinata alle civaje, al for-
mentone , ed a prato , e quella che ha dato il formen-
tone ecc. riceve il frumento , o la biada . Sono stato
assicurato , che la parte che più rende è sempre quella
che restò a maggese *, e con ragione , poiché riceve
cinque arature, ed una proporzionata quantità di leta-
me , e perchè ordinariamente viene stabbiata : le quali
(i) Zea mays.
(2) Liipinus albns .
(3) Di questo trifoglio ve ne sono due varietà .
Uno vien detto tempestivo , che si falcia a tutt'' apri-
le , et altro chiamasi verdosco che dura per tutto
giugno .
(4) Brassica rapa.
(5) Holeus sorguin.
( 3o9 )
cose non si pralicano all' alua metà , a cui non si pre-
mettono che due, o al più tre araluie , e non se le dà
«litro ingrasso clie il soverscio .
Il grano seminalo si copre con un erpice chiamato
Abhatiello, eh' è assai più piccolo dell'ordinario, che
chiamasi Mangano , il quale si usa dalla parte dove
non vi si son denti per rompere le zolle delle arature,
e dalla parte opposta per appianare 1' nltimo lavoro.
Campo.
Sotto questo nome non solamente s' intende dai
Sessani un pezzo di terreno privo di alberi , ma qua-
lunque altro , che si destina a cereali , ed a civaje ,
benché arborato.
Il frumento si semina a getto in settembre senza
dar veruna preparazione alle semenze. Si ha però cura
di scegliere i grani migliori • e se ne sparge un tomo-
lo , cioè circa cinquanta rotola per ogni moggio di
terreno , qualunque sia la specie , o duro, o gentile :
ma non si coltiva mai una specie sola . La semina si
fa in confuso , sulla falsa credenza, che se una venisse
a patire, rimaner possa illesa l'altra. Per questa mede-
sima ragione mischiasi ai formenli anche la segale(])5
che non si coltiva mai a solo.
Nato il frumento, in gennapb non si sarchia , ma
(i) Secale cereale .
( 3io )
si ara , il che dicesi solcare : in marzo si zappetta ^
ed in maggio il campo si monda da tutte l'erbe spon-
tanee, come papaveri (i) , felici (2), ed altre erbe
parassite , ciò che si pratica svellendole colle mani.
Oltre del frumento , si coltiva anche V orzo (5) ,
e la vena (4) nel modo istesso. Le fave (5) poi si se-
minano in ottobre . Nate le piante , il terreno non si
zappa , ma si ara , il che fatto lasciansi in loro baha ,
ed esposte alla voracità dell'erbe parassite sino alla
raccolta. La specie, che si coltiva in preferenza, è la
fava piccola , detta Java da cavalli . La specie delle
grandi si coltiva soltanto negli orti , come i jùselli (6),
poicliè usasi di mangiarle fresche , e non secche . I
fagiuoli (7) , de' quali vi è una specie bianca piccolis-
sima , ed eccellente al gusto , detta risiilo (8) , si col-
tivano unitamente al formentone j non così le lenti (9),
e le cicerchie (io) . Queste due specie si seminano a
(i) Papaver Jìeas.
(2) Pteris Aquiliiia.
(3) Hordeum vulgare,
(4) Avena saliva.
(5) Vida f ab a.
(6) Pisimi sativiiin.
(7) Phaseolus ^ulgaì'is.
(8) Phaseolus vulgaris albuS'
(9) Erviun lens.
(io) Lathirus sativus.
(5ii)
solo j e della prima ve a' è una varietà di forma pic-
colissima, e quasi sferica, eccellentissima al gusto, che
lingcsi di olio , onde preservarla dai gorgoglioni. Tanto
i fagiuoli , quanto le lenti , e le cicerchie , si seminano
in primavera, e raccolgonsi in estate.
Una delle parti del campo viene occupata dal for-
mentone , a cui si destina quella porzione , che restò a
maggese , e si prepara , o col soverscio , o col pasca-
ne . Il lino (i) anch' esso occupa costantemente una
parte del campo . La specie che si coltiva è l' inver-
nengo , e si fa macerare nelle acque stagnanti , ove si
fa macerare anche la canapa (2) j la cui coltivazione
per altro non si estende , che pel solo bisogno delle
famiglie .
La trebbiatura si esegue facendo camminar i
bovi , e le giumente sopra le gregne . Pochi usano il
coreggiato . È ben pochi sono i poderi , che hanno le
aje lastricate .
Caderebbe qui in acconcio , che dicessi qualche
cosa delle macchine colle quali si dovrebbe far eseguire
la trebbiatura j oggetto tanto importante, che ha meri-
tato mai sempre 1' attenzione di tutti gli agronomi ed
agricoltori, e di tutte le Società di Agricoltura dell'Eu-
ropa : ma io mi riserbo di farvcne parola un' altra
volta . Intanto avendo lo stesso Sig. Abbate Roma-
(i) Linum usitatìssìmum,
(2) Canabis saliva.
< 5i2 )
nelli , nella prelodata memoria sulle due macchln© •
usate dagli antichi per trebbiare il grano ecc. , voluto
investigare quale poteva essere // tribolo , e quale il
jifostello punico, di cui parla Varrone, dandone anche i
disegni, non posso far a meno di ricordarvi, che nelle
nostre proviucie di Bari, e di Lecce si usa un tribolo
assai preferibile a quello descritto da questo Patriarca
dell'Agricoltura Romana, poiché non consiste in un
pezzo di legno ornato di ferri , o di pietre , ma in un
pezzo di travertino , chiamato pesara , o di altra pie-
tra calcarea , lungo palmi tre , e largo da uno a due
palmi , il quale vien tirato da un pajo di bovi guidati
da un uomo , che molte volte si tiene in piedi sul
sasso , onde renderlo più pesante . Se in vece di un
sasso solo , se ne usassero due , come io aveva proposto
nelle mie Istituzioni Agrarie , stampate in Roma nel
1791 ,. e poi in Milano nel 180T , oppure se questo
sasso si facesse strascinare da un carro le cui ruote
fossero dentate , voi vedete bene , che si avrebbe una
macchina assai migliore del plostello punico imma-
ginato dal signor Abbate Romanelli.
Concimazione , ed Ingrassi.
La concimazione non si conosce affatto, e neanche
la marnazione. Degl' ingrassi , oltre del soverscio , di
cui ho già parlato , si usa il letame , e lo stabbio . Il
letame formasi di qualunque materia , non escluso il
fimo de' majali : ma si fa maturare a cielo aperto , e
(3i3)
si adopera non bene scusso . Il suo prezzo ordinario
è di due carlini al carro . Le fecce umane all' incotro
si pagano di più ; si fanno bene stagionare , e si ado-
perano soltanto negli orti.
Prati .
Se non si usasse il così detto Pascane , eh' è un
prato annuale , non si conoscerebbero i prati artificiali
il quale , come dissi , fa parte della rotazione j non vi
è perciò proporzione veruna tra i prati ed i seminati ,
pon destinandosi i pasconi , ch$ al solo nutrimento de-
gli animali addetti al lavoro. Le mandre si nutriscono
ne' boschi , e ne' pascoli naturali , ove abbondano varie
specie di trifogli , e particolarmente il rosso (i) , ed
\\ bianco (2) .
Orti , e Giardini.
Gli orti fan parte de' giardini j son tutti all' in-
torno della Città ; e sono cosi abbondanti in ogni sorta
4^ eccellenti ortaglie, che da Sessa vengono provveduti
tutt' i villaggi vicini . Eccellenti sono anche i frutti .
Gli strumenti degli ortolani consistono in due zappe
4ella medesima forma , una grande ed una piccola , e
di un piantatore.
_±
(i) Trifolium incarnatum.
(3) Trifolium repens.
( 3i4 )
Ulivi .
Gli ulivi (i) si moltiplicano piantando in aprile ,
e maggio le talee , colà dette piantoni , che sono i
rami giovani del diametro di un quarto di palmo, ed
alti da otto in dieci palmi. Prima di piantarli non si
scorzano , ma si denudano dell' epidermide , per uà
palmo e più dalla parte che andar deve sotterra , e
pongonsi ciascuno in una fossa , preparata due mesi
prima , profonda palmi cinque , e larga quattro , op-
pure si fa un fossato lungo quanto il podere , ove di-
spongonsi alla distanza di 24 sino a 28 palmi. I pian-
tati nelle fosse non hanno verua ordine.
Benché gli uliveti occupino per Ja maggior parte
le colline , pur non di manco vi si praticano tutte le
coltivazioni , come n^i campi in piano ^ cosicché le
arature , e gl'ingrassi servono più pe' cereali, e per le
civaje , che per gli ulivi , ai quali non si usa veruna
attenzione. Evvi però qualcheduno che ingrassa i suoi
ulivi, scalzando gli alberi, e ponendo il letame intorno
al pedale . E non ostante che dalla metà de.llo scorso
secolo si sia introdotta la potatura , che prima noa
conoscevasi affatto , questa é così mal regolata , e mal
diretta , che lasciansi andar in alto gli alberi a lora
voglia .
(1) Olea Europaea .
(5.5)
"Le varietà che si coltivano sono quattro , dette
Gaetana , Cicinella , Olivella ed Olivastra . Evvi
anche qualche albero di ulivo di Spagna . Quella che
dà il miglior olio, ed in maggior quantità, è \a. Cici-
nella. L' olio è eccellente ^ ma lo sarebbe in superior
grado , poiché non è grasso , se le olive si raccoglies-
sero a tutto dicembre , e non si aspettasse che cades-
sero da loro stesse, e se non si bacchiassero gli alberi,
allora quando non cadano , come succede nelle inver-
nate fredtle ; se si usasse la nettezza negli utensili ,
lavandoli con ranni e liscive ^ e se prima ili macinarle
non si tenessero per quaranta giorni in serbo in tante
vasche , dette Rine , per riscaldarle . Ogni vasca ne
contiene da' quaranta ai cinquanta tomoli. Macinate
le olive , pongousi nelle gabbie , che si sottopongono
non già al torchio , ma ai pendoloni (i). Gli olii per
altro si conservano bene , poiché ripongonsi in vasi
,di terra cotta verniciata .
J^iti , e Vino .
La vigna si porta, attaccando ogni vite ad un olmo,
e legandole una all' altra in modo che formino tanti
festoni , lo che dicesi Arbusto , colla qual voce espri-
(i) Evvi però quahheduno che usa il torchio .
Ne vidi uno assai ben fatto nella Masseria del
Signor Paolo de Ruosi di Casale.
mevansi anche gli antichi ; ed occupano le colline ,
Havvene anche nelle pianure , ma in poca quantità .
La loro moltiplicazione si ottiene per mezzo dei ma-
gliuoli , e delle barbatelle , mettendo i primi in genna-
jo , e le seconde in aprile j o in fossi lunghi quanto
il podere , profondi quattro palmi , e larghi due , op-
pure in tante fossatelle preparate due mesi prima , lar-
ghe, e profonde quattro palmi. Così piantate , si fanno
crescere da dieci in dodici palmi ^ e giunte a quest'al-
tezza non si ha veruna cura per la coltivazione annuale
successiva , all' infuori della potatura , che ha luogo in
gennajo , e della mondatura, che si pratica in giugno.
Le arature , e gli altri lavori servono più pe' cereali ,
e per le civaje , che vi si seminano , che per le viti.
I vitigni, che si coltivano sono al numero di tren-
ta , venti di specie bianca , e dieci di specie nera , e
ciascuno ha de' nomi arbitrarli . Le migliori uve pel
vino sono le nere ; ma per la maggior quantità delle
bianche , i vini son quasi tutti scolorili , ed ordinaria-
mente non buoni , sì perchè non si ha l' uso dello
spampanare , per lo che le uve non sempre arrivano
alla perfetta maturità , come anche perchè non si usa
veruna attenzione nella loro fabbricazione . Ecco il
modo che si pratica ;
Vendemmiate le uve sul finir di settembre ^ nulla
badandosi se sieno , o no interamente mature , si por-
tano nelle vasche , o nei tini , che preparansi nella
vigna medesima , ove pigiansi . Il mosto che ne cola
si pone negli otri , e trasportasi in Città , ove si passa
(3i7)
im mediatamente nelle botti , che chlamansl fusti . Le
cantine sono per lo più umide , e poco ventilate . La
grassa si stringe per mezzo dei pendoloni, ed il mosto
che ne cola si mischia col primo , che colò dopo la
pigiatura. Evvi però qualcheduno , tra i quali il Signor
Struftì , che usa lo strettojo , e che fa fermentare il
mosto unitamente alla grassa (i) : ma per adattarsi
al gusto del paese , che preferisce i vini bianchi e
dolci ai rossi ed asciutti , non fa egli terminare la fer-
mentazione ^ per ciò la parte zuccherosa non tutta si
decompone , ed il vino uun acquista tutto il colore .
Durante la fermentazione , e per lutto gcnnajo , epoca
della tramuta , si ha cura di tener sempre piene le
botti. Fatta la tramuta nulla importa il sopraempirle ,
poiché il vino non ne soffre , e si può impunemente
tener le botti semipieue y purché se ne tiri vino ogni
giorno. Le botti son di castagno cerchiate di ferro, ed
hanno ciascuna il suo portello corrispondente. E chiaro
che vini in tal guisa fabbricati , e tenuti in cantine
umide, e poco ventilate, non possono aver lunga du-
rala 5 cosicché i Sessani sono obbligati di vendere i
loro vini in primavera , e provvedersi di vini straniar
per la state, e per l'autunno.
(i) La cantina del Signor Stniffi. occupa una
parte delle antiche Terme , in cui tuttavia vengonsi
i residui delle vasche e de' condotti per dove cor-
reva /' acqua.
(3i8)
Boschi.
I boschi occupano una porzione della pianura
dalla parte del mare, e del Pantano , e tutta la falda
del Monte Massico da Cascano sino al mare. Gli alberi
dominanti sono le querce (i) colle cui ghiande ingras-
sansi i majali. Il terreno de' boschi è destinato , come
tutti gli altri del Regno , al pascolo delle vacche.
Vi sono anche delle selve cedue castagnai! , che
tagliansi regolarmente ogni s4 auui ,
Risaje .
Fortunatamente non esistono risaje , che In po-
ca quantità nei villaggi di Corigliano , e Bancario : le
quali si coltivano nel modo stesso , che praticavasi in
Salerno , vale a dire , che essendo artificiali , e noa
naturali , 1' acqua non si dà , né si può togliere se?»
condo il bisogno , come si fa in Lombardia.
Animali .
Tanto i bovi , quanto le vacche hanno quel pela-
me bianco detto marino . I bovi allevansi pe' lavori ,
e nutrisconsi a stalla con fieno o paglia, né si dà loro
(i) Quercus racemosa , et robur.
biada. Le vacche poi allevansi per averne la prole, e'I
latto , da cui fabbricasi il caciocavallo , e nutrisconsi
ftei boschi , ove vivono all' aperto tanto di giorno quan-
to di notte. Lo stesso si fa per le bufale , col cui latte
si fabbricano le provature , o siano le provole , e mo:i-
sarelle.
Vi sono anche delle razze di cavalli , ma ben po-
che , e di qualità mediocre . Pochi sono anche i muli .
Non cosi gli asini , che sono abbondantissimi. In man-
canza di questi nnimali i Sessani Hou potrebbero senza
grandissima spesa far la vendemmia , e la raccolta delle
olive , essendo gli asini gli animali i più opportuni al
trasporto del mosto , e delle olive dalla campagna alla
Città , ove , come dissi , esistono i trappeti , e le can-
tine .
I majall sono della specie di quelli senza peli .
Nutrisconsi in campagna sino all'epoca dell'ingrasso,
a quale oggetto si dà loro ghiande , oppure castagne , e
formentone . Oltre 1' uso della carne , che si mangia
fresca da ottobre a tutto il Carnevale , si fabbricano
degli eccellenti prcsciuttl , ed altri salami.
Le pecore sono di razza gentile , e la lana sareb-
be ottima, se nell'inverno si facessero pernottare negli
ovili , invece di tenerle a stabbiare chiuse ntU' agghiac-
cio. Fatta la tosatura in maosio si mandano alla mon-
'bb'
lagna .
Le capre sono anch' esse di buona razza , e cosi
feconde che ordinariamente danno due figli ad un par-
lo . Tengonsi la notte nelle stalle , mandauJole nel
( 520 )
giorno alla campagna , ove arrecano de' non pic-
cioli guasti . Il latte tanto delle pecore , quanto delle
capre serve per farne cacio , il quale sarebbe eccellen-
te se fosse meno salato (i) .
Filugelli non se ne allevano affatto . Non così le
api che custodisconsi in arnie di pietre , o in tronchi
di alberi . Ho visto però qualche arnia di tavole . Il
miele sarebbe ottimo , se le arnie si smelassero : ma per
disgrazia della buona economìa in Sessa le api si am-i
mazzano per ricavarne il miele .
Conchiusione .
Da tutto ciò che ho avuto 1' onore di rappresentar-i
vi, illustri Colleghi, è facilissimo lo scorgere, che non
vi ha parte della rurale economìa , che in Sessa , e nel
suo Circondario ( e potrei dir lo stesso de' Circondarli
di Teano , Carinola , Traetto , ed altri di Terra di La-
voro ) , non abbia difetti , e che , questi corretti , ot-
terrebbesi in quei luoghi un vantaggio notabilissimo ;
(i) Se questo formaggio fosse ben fabbricato ^
potrebbe riavere quel posto ^ che ottenne nelV antichi-
tà y per cui fu ricordato da Plinio nel cap. 42 del
lib. XI. sotto il nome di Cacio cedizio , poiché fabbri-
catasi , al riferir del Signor Dacier , nel campa
Cedizio nelle vicinanze di Sinuessa , oggi Mondra^
gone.
(321 )
vantaggio che sarebbe poi di gran lunga maggiore , se
vi si accoppiasse la premura di trar profitto da tanti
oggetti , che ora si trascurano , e se s' introducessero
e nuove pratiche , e novelle coltivazioni. Io non man-
cai nella mia dimora colà di far toccar con mano a
coloro , che ebbi occasione di conoscere , qual bene ri-
caverebbero , se si applicassero a migliorare la loro agri-
coltura . Diedi anche loro i miei libri . Ma cosa può
far la voce di nn ^n\o ? Il hene generale agronomico
della nostra Nazione non si può ottenere che da que-
sto lieal Istituto , come quello da cui diramar debbonsi
i lumi necessari! in tutto il Regno , e da cui dipen-
dono le Società Economiche , che il Governo con tan-
ta saviezza ha già stabilite in ogni Provincia .
Rivolgete perciò , illustri Colleghi , le vostre cure
su ciò: ma prima di tutto vi sia a cuore l'introduzio-
ne dei prati artificiali irrigui • Favoriteli , per quanto
è a voi. Sollecitatene lo stabilimento : poiché solamen-
te da questi si potrà ottenere 1' aumento del bestiame
bovino , che già comincia a mancare j e si potranno
rendere utili quelle acque, che in Terra di Lavoro pro-
ducono r aria lual^aiia ^ cosicché inutili e sterili , o
semplicemente destinate alla pastorizia errante , giac-
ciono migliaja di moggia di terreni , che potrebbero
restituirsi all' agricoltura .
4»
( 322 )
Estratto di alcune notizie de' velenosi effetti ,
che sulle pecore bianche produce la pianta
del Fumalo ( Hypericum Grispum L. )
D>
'a molto tempo è noto ai pastori dì pecore della
Provincia di Lecce nel Regno di Napoli , che le pe-
core bianche , a causa del fumolo , andavano a peri-
re . Anche il Professor D. Domenico Cirillo fin dal
1787 avea annunziata questa verità, allorché nel II. Vo-
lume della sua Opera che ha per titolo : Fundamenta
Botanicce pag- i35 ci lasciò scritto qnaniu siegue —
Hypericnni Crispum : Frcesentaneuin ovium albarum
venenum j ideo omnes quce modo in agro Tarentino
aluntur nigrcB sunt : nec lana inter reliquas emi-
net , uti tempore Romanorum . Portasse tunc pianta
hcec rarior . Boves contra Hypericum crispum co~
medunt sine ulla nota : verum si dum hoec herba
vescentur , lingua partem aliquam proprii corporis
lambendo humectant cutis statim depilatur . p^ulgo
ab incolis appellatur Fumulo . Crescit quoque in
SicilicB campis .
Il Sig. Manni di Lecce , Socio corrispondente di
questo Real Istituto , ci ha dato un qualche dettaglio
degli effetti del fumolo. Il nostro fumolo, egli dice,
» ( Hjpericuni Crispum L. ) verso la line di Aprile
( 323 )
M incomincia a danneggiare le pecore bianche. La ra at-
7) tina, menate che sono al pascolo , mentre si cibano ,
M delle aUre erbe , toccando con le labbra e colla iac-
j> eia la pianta del futnolo aspersa di brina, all'istan-
w te il mento e le labbra si trovano investite di un
3> certo umore . Esse probabilmente incominciano a
ì) soffrire una sensazione molesta, cercano a tutta pos-
w sa di liberarsene , stropicciandosi le labbra ed il
w mento per varitì parti del corpo . In tal modo spar-
j> gono il veleno in diversi luoghi della macchina j e
» con maggior prontezza , se pochi giorni prima loro
» si fosse tosata la lana . Incominciasi a tumefare la
3) faccia , si dipela , addiviene ancor erpetica ogni
j> parte del corpo, ove colle labbra si è portato il ve-
» leno . Si manifesta un mal essere generale . Alle vol-
M te perdono la facoltà di vedere : non pascolano ■« La
jj maggior parte- in mezzo a delle convulsioni ne muo-
j> re tra lo spazio di due settimane j altre poi , me nan-
» do una vita meschina , seguitano a vivere per più
j> mesi , precipitando sempre in salute e finalmente
3> ne muojono .
jj E costante l'osservazione, che il veleno del fu-
« mulo offenda espressamente le pecore bianche men-
ji tre le nere non ne soffrono alcun danno .
Anche il Socio corrispondente , Sig. Marinosci di
Martina , ci ha forniti di alcune notizie sulP argomen-.
te in quistione . Egli ben' anche riguarda /' hyperi-
5j cuTn crispum come un veleno particolare alle peco-
>» re bianche senza alcuna macchia di nero sulla la-
( 224 )
V na j e che gli effetti di questo veleno si estendono
» ancora alle carfagne , ed alle ruvide e bastarde : Inasta
j:) che bianche del tutto sieuo , e senza la più piccola
ìi orma di nerezza. Bisogna avvertire però che queste
ij ultime ne sono meno affette delle altre . Del resto
>j non è più da cFedersi ciò che il Cirillo , V Onora-
li ti , ed altri hanno scritto essere l' ipperico nocivo
3j alle sole pecore gentili . In fatti benché queste sie-
w no affette molto più delle altre , e quasi sempre mor-
3J talmente , alle bianche in generale è pregiudizievole
jj questo veleno . Nella sezione delle pecore morte per
w gli effetti dell' ipperico altro non si trova di preter-
w naturale , al dir de' pastori , che un diseccamento
}3 nelle viscere del basso ventre , un dissesto nel cer-
3ì vello per la consistenza , e nel fegato uu impetri-
tì mento , o sia un indurimento notabile .
I fiori dell' ipperico danno un tanfo di teribinto
ed un' odore insoffribile . Pare che la materia venefica
contenuta ne' fiori di questa pianta abbia bisogno di
essere sciolta dalla brina per potersi insinuare nella
superficie esterna del mento, e delle labbra.
II veleno del fumolo manifesta la sua attività im-
mediata ne' siti che trova più umidi , come sono cer-
tamente le labbra , e la bocca , ma poi rimanendo as-
sorbito nel resto della costituzione animale , per invi-
luppare quegli altri sintomi , che nascono dalla di lui
azione mediata , al riferir del Sig. Manni .
Se gli accorti possidenti delle mandre arrivano a
conoscere che le pecore sono colpite dalla velenosa
( 325 )
azione del fumolo , immccliatamcntc lavano loro la
faccia , perchè più olire non passi il veleno .
L' hypericuin crispimi non è funesto in tulli i
luoghi , ina lo è solo ne' campi bassi ed umidi . Ed
in vero i campi di tal indole danno quasi sempre pa-
scoli pericolosi .
Non sarà discaro di riportare l' opinione del Sig.
Manni riguardo all' attività di questo veleno soltanto
per le pecore hianrhe « Pare corso ordinario della na-
w tura imporre un carettere di robustezza in quegli
>j animali il di cui pelo , o abito lanifero possiede
■>:> tinte oscure o nere . In ogni trailo si possono rile-
vi vare argomenti distinti per illustrare questa verità ,
w Gittando l' occhio sulle pecore e bianche , e nere
M abbiamo nel confronto la differenza effettiva della
3j robustezza delle nere , la copia maggiore di latte ^
51 che rendono , e lo andare meno soggette a delle
5j malattie ^ e si parli solo della natura della di lor
« lana . La finezza della lana , che le nere hanno è
jj di gran lunga superiore a quelle delle bianche . Non
55 dipende questa proprietà della maggiore , o minore
>} doppiezza del vello ^ giacché tante volte i velli sot-
w tili sono pili rigidi de' grossi . Io fo derivare la sua
»} pieghevole morbidezza dalla robustezza della vita
w dell' animale . Tutto è perfezione dove la vita è sa-
» na , e se in concorso le pecore di color diverso go-
« dono ugual salute , le nere hanno prodotti migliori
M per intrinseca posizione . Siami permesso registrare
» un pensiere suU' antica bontà , e perfezione delle
( 326 )
» nostre lane Tarantine cotanto rinomate . I pascoli
ì) abbondanti , clie le natura lor prestava , e che oggi
» r industria , coltivando , ha tolti , è il primo passo,
» che si oppone alla natura della buona lana delle
w attuali nostre mandre . Passo sotto silenzio le altre
» cure che ne prendeano nel difenderle dalla intem-
» perle dell' aria , coprendole il corpo ^ ancora pre-
>j parandoli ottimi ovili ec. I cavalli bianchi sono
w molto deboli a confronto de' morelli , e dei baj ec.
j> Il toro dal momento che resta mutilato , perde di
M forza e di ferocia , ed il suo manto dal nero passa
» al bianco. L'uomo medesimo col passare l'infanzia,
» e la pubertà perde il bianco del crine ed acquista
» nella sua verilità le graduazioni delle tinte oscure ,
» giacché nella vecchiezza passa alla ranizit; assoluta .
3j Questi fatti mi portano a stabilire nelle pecore bian-
» che uno stato di certa debolezza in confronto delle
» nere : stato che le dispone alla suscettibilità della
» malattia mortale , che vanno a soffrire dall' azione
» venefica dell' Hypericum Crispum . Tutti gli esseri
» deboli sono di fatti soggetti a risentire gli urti delle
» potenze nocive più prontamente de' robusti e validi.
Ecco un fatto , alla di cui illustrazione sarebbe
necessario, che a bella posta alcune pecore bianche in
diversi tempi si facessero pascolare ne' diversi siti do-
ve r ipperico rincontrasi . In tal modo si potrebbero
meglio stabilire i seguenti articoli .
I. Se la pianta sia nociva in tutte le ore del gior-
no , ed in quali stagioni .
(327)
II. Se realmente i fiori contengano la materia ve-
lenosa.
III. Se lo sia in tutte le contrade.
IV. Esaminare con attenzione l'indole dell' e/yjcf e ,
da cui sorge 1' alopecia .
L' esame di tali articoli ci menerà a conoscere
con maggior precisione la natura , e gli effetti di sif-
fatto veleno. E benché dalle nostre Società agrarie
provinciali se ne attendano più sperimentali cognizio-
ni , si è creduto non ostante di renderne pubblica la
notizia , acciocché ognuno possa intanto a sua posta
occuparsene per darne quindi un più determinato rag-
guaglio .
(328)
Descrizione , f^ uso di un naoco apparecchio per
le dislillazioni composte . Memoria dA Signor D.
Benedetto Fulpes FiceSegret mio perpetuo . Lietta
naif Adunanza de' zS JSuvembre iBi5.
I.Uno
degli appareccìii , mercè di cui l' indusire
Chimico viene a raccogliere esatiainente i risnUali dell'a-
nalisi eseguita colla forza ripulsiva del calorico , egli è
appunto 1' apparecchio di Wonlf . E' troppo noto ai
cultori della scienza , perchè io ne faccia qui una mi-
nuta descrizione j eri è continuamente adoperato per
avere diverse preparazioni necessarie alla medicina ed
in varie arti , perchè io ne dimostri i comodi ed i
vantaggi. Infatti nelle distillazioni composte, e pneu-
mato-chimiche , oltre a' risultali solidi e liquidi, si ot-
tengono anche i fluidi , e di questi tanto i gas misci-
bili coir acqua , co' liquori acidi , od alcalini j quanto
gli altri gas, che non possono mescolarsi co' mentovati
liquidi , e quindi raccolgonsi nell' apparito pneumato-
chimico .
II. ITales , Rouelle , Woulf, Lavoisier, Hassen-
fratz , ed altri celebri Chimici si sono impegnati suc-
cessivamente a rettificare , ed a perfezionar siffatta in-
venzione . Bisogna confessare però , che la mohlplici-
tà delle giunture de' vasi , obbligando il Chimico spe-?
(329)
rìmentatore a lutarle tnlte esaltamente , ed oblilifjaii-
dolo altresì ad aspettare che i luti sieno asciulli , vita
a formare nn' iml)arazzo , e rende l' operazione non
molto facile e pronta ad eseguirsi .
III. Queste riflessioni non isfnggirono all' accorto
penetrante genio dell' immortale Lavoisier . Di fat-
ti parlando de' luti così egli scrisse : Si farebbe un
gran vantaggio ai Chimici , e soprattutto ai Chi-
mici /iiieiimatici, di metterli in istato di potersi di-
spensare (lei luti , o almeno di diminuirne cunsidc-
rubiìmente il ninnerò . A tal fine nelle distillazioni
composte propose una bottiglia a due colli in modo
che tra loro si formasse nelV interno un profondo
canaletto destinato a ricevere il mercurio , e in que-
sto canaletto si accomadasse un coperchio di vetro.
L' avveduto Chimico però in ultimo conchiuse : Un,
apparato d\ rpiesta specie sarà comodissimo in un
gran numero d' esperienze j ma non si potrà mette-
re in uso , che nelle distillazioni di materie^ le quali
non hanno azione sopra il mercurio (i) .
IV. Mentre questo primo progetio dell' illustre La-
voisier meritava di essere portato innanzi col rendere
queir apparecchio più perfetto, e coli' estendere l'uso,
egli stesso seguitò a servirsi dell' apparato di Woulf .
Rè i Chimici , che in tutto il resto hanno seguite le
42
(1) Lavoisier , Elementi di Chimica , Parte IH.
Cap. TI, §. /.
(33o)
orme luminose di questo giaiide sperìmfntaìore , Ino-
lio poi pensalo a perfe/iiuiiare , ed a uietture iii o^jara
quel!' appaialo tla lui pioposlo.
V. Il Sii^nor Welter volend) di;ninuire il nir.ne-
ro delle giunture de' vasi , elio luta:' si d!-;iii»j(ir> rveli'''ip-
piuocchio di WoulC, iiU nuj-i io i suoi tubi dt coia«-
nicazione , e nel teni,) ) sie->so di sicur'iz.i , delti co-
inunemente tnln alla fVclicr . Questi però, rne.iire
Hon sono tanto facili a coslruiisi , diininuiscono , ma
Bon tolgono iuleramente il bisogno di dover lutare tutte
le giunture de' vasi ^
VI. Penetrato io dalle difficoltà, e dSlla perdila
di lenijio , nel servirmi et nlinnamente dell' usato ap-
parecchio di VVoulf ne' miei cor-^i di Chimica speri-
njeulaie, destinati all' istruzione della giovenlù, che fre-
quenta il mio studio j)rivalo di Medicina , andava
escogitando un apparecchio j)iù semplice , p ù ficile e
più ^p^■dito . Aveva sempre presente al mio spirito quel-
la lìottiglia a due colli proposta d I sagace Lavoisier-
Ma ij doversi necessariamente adoperare il mercurio j
la dillìcile costruzione di s. (falla boltiulia nelle nostre
velraje , quel profondo cariale , che per quanto si
fos-e profondo , non lo era giammai aiibastanz.i j in fi-
re l'esser mollo rislretto 1' uso dell' appai ecohio di cui
parlo;, tulle queste riflessioni m'impegnarono a com-
binar diversamente le cose . Comunicai un mio primo
pensiero all' intimo mio amico D. Raff;iele Polizzy »
Commissario delle polveri e de' Salnitri , giovane che
alle cognizioni di Chieiica accoppia una pronta e dot-
(33.)
ta mrccanica . Ci uniiiitiio a far continue sperienze
nel mio laboratorio di Chimica , e siamo j^imai fiiial-
inente a costruire un apparecchio per le di.\lillaz/o-
ni pneumnto-ch'lniche , il ({iialc può sostituirsi con
vantagr^io all'apparalo di WoulCj e di cui vengo a
presentarvi , dottissimi Colleglli , la descrizione noa
solo , ma il vero tipo . In tal modo avrò il vantaggio
di ricevere dai vostri suolimi talenti molti lumi riguar-
do ad un apparato tanto utile nella Cl-.imlca analitica.
VII. L' apparecchio , ( Ajjparecchio I. ) oltre alla
storta col recipiente tubolato , o pure al matraccio ,
secondo le diverse sostanze poste a distillare , cor)siste
in varie combinazioni di una bottiglia semplice dentro
due bicchieri di diverso diametro. Questi poi hanno i
corrispondenti tubi di comunicazione e di sicurezza ;
in modo che ciascuna di esse così combinata coi due
bicchieri corrisponde ad una bottiglia di VVouir(i) .
Vili. La diversità de' diametri della bottiglia e
de'due bicchieri di ciascuna combinazione è tale, che,
posto r uno dentro agli altri , tra essi rimane uno spa-
zio libero al passaggio de' tubi di comunicazione e di
sicurezza .
IX. 11 bicchiere esterno , a cui daremo il nome
di vasca (2) contiene nel suo mezzo una bottiglia sem-
(1) In vece della bottiglia potrebbe adoperarsi
benanche un bicchiere .
(2) Questa vasca nella parte inferiort tiene un
(532)
plirp (Fig T.) clie chlaineremo recìpii^nte , perchè (ìc-
stiu.tla a ricevere quell'acqua che si vuol s;itiirnre del-
la base di un dato gas . INeilo spazio , che lasciano
tra loro la bottiglia e la vasca, si ver^a una deie: mi-
nata quantità dì acqua per separare V i.'itcrna capacità
della bottglia dell' aria atmosferica esteriore , mercè l'al-
tro bitchiere , che vi s'immerge capovolto. Questo bic-
chiere (Figi. HI.) che sarà detto il separatore, col suo
margine appcgolasi sul l'ondo della vasca . Ed è perciò,
che siffatto margine deve avcie tre incavi ben grandi
B, M , E, per dar passaggio alle cnrva'ure de' due
tubi di comunicazione, e di quello di sicurezza. Es-
so deve sovrastare almeno per due dita traverse alla
gola del recipiente, per lasciare un libero spazio a' tu-
bi che si appoggiano su di essa (S) .
X. I tubi di comunicazione (Fig. II.) sono di-
sposti in varie corvature a zigzag . Ognuno di essi ,
con un' estremità A partendo dalla gola del recipien-
te , discende per 1' acqua contenuta tra il recipiente
e la vasca . Quindi si curva in b , passa sotto il par-
ticolar incavo dell' orlo del separatore capovolto ,- e
foro ed un tubo, il r/itnle si chiude e si apre a pia-
cere per dar uscita all' ac(pia in essa contenuta ,
quando la bisogna il richiede .
(3) // separatore , e V acqua in quest' apparec-
chio fanno ciò che si debbe al luto nell' apparato
di TFoulf.
( 333 )
risalendo al di sopra del mnrgine superiore della va-
sca in e va sino a quella dell'altra succ(;sslva in e^ia
seguilo giunge sino al di lei fondo , e curvandosi ine,
passa sotto all' incavo del margine del separatore ca-
povolto . t inalmènle risale all' orlo del reci|)iente in
ft;, e s'immerge coli' altra estremità h sino al fondo
dell* acqua contenuta nel recipiente medesimo .
XI. Dai!' ultimo recipiente parte un t.d)o conve-
nevolmente curvalo [ler aiulire ad immerg'rsi nell' ap-
parato pneumatico-chimico.
XII. Dai recipienti s'innalzano benanche i tubi
di sicurezza. Onesti sono diversi da quei dell' ap]);i-
recchio di Woulf. Ciascuno ( Fig. IV. ) è formalo da
un tubo a due rami aperti ne' loro estremi a, f. Il
ramo più lungo AM trovasi esposto all'atmosfera, di
fianco alla faccia esterna del separatore , mentre il
ramo più corto CDEF alquanto curvo nella sua e-
stremit.à va ad appoggiarsi su la gola del recipiente .
Una piccola goccia di acqua , che discenda vertical-
mente sino alla curvatura B C , impedisce che il gas
del recipiente vada a disperdersi nell' atmosfera . Nel
caso poi dì assorbimento , la preponderante pressione
dell'atnjosfera meilesima, facendo entrare nel recipiente la
piccola goccia di acqua, va a ripianare il voto. Allora
è , che lo sperimentatore vi ripone un' altra goccia di
acqua , per impedire in seguito 1' uscita del gas .
Questi tubi di sicurezza , così da me inventati ,
si possono in qualche modo sostituire ai dispendiosi e
complicati tubi di Welter . La curvatura de' njiei fa
(334)
le veri iloHa pallina de' Uibi del Signor Weller.
XIII. Neil' adoperare qnt'St' apparecchio , se fa^si
uso dui malracclo , si può risparmiare benanche di lu-
tar la Locca del medesimo j purché intorno al collo
dui nintiaccio ( Apjjart-ccliio I.) si adatti un largo tu-
Lo A B G D, (i) il quale sia !unt;o in modo da poter
contener una ben alta colonna di acqua (a). Nel col-
(i) Si scelga un tubo aperto nelle sue estremi^
tà 5 una di queste dalla parie esterna , con luto di
albumine d.' uovo e di calce si attacchi alla base
del collo del matraccio j e poi questa giuntura si
copra col luto di argilla , con cui si è loricato lo
stesso matraccio nella parte esterna •, finalmente si
ponga un poco di luto grasso circolarmente alla
giuntura medesima .
(2) Questa colonna deve accrescersi di altez-
za , allorché nel tubo , che apre la comunicazione
tra il matraccio , ed il primo recipiente , i vapori
provvenienti da quello si convertono in gocce d'ac-
qua . Queste gocce appunto fanno tale resistenza al
gas , eh' esso potrebbe vincere la pressione della co-
lonna di acqua contenuta nel largo tubo, e quindi
disperdersi nelV atmosjera . ColV accrescer dunque
la colonna di acqua si aumenta la pressione j ed
in conseguenza il gas , non potendo scappare per
questa strada, vince la resistenza delle gocce, e
V a finalmente a gorgogliare nel recipiente .
( 33'! )
Io del matraccio sieno due incavi • uno per contpnnre
la curvaliiia d<'l luho A destinato a versar qnaiclie li-
quido :, ed un alno per abbracciare la curvatura del
tubo, che fa comunicare il matraccio col resto dell'ap-
parecchio. Si prenda un altro tubo cilindrico (KMON)
chiuso in un estremo E \I , ed aperto nelTiiltro N O,
il cui diametro trasversale sia medio tra quello del col-
lo del matraccio ed il Uiho grande. Un tale tubo ci-
lindrico si dovrà porre capo\olto , appoggiandolo col
suo fondo E M sulla bocca del matraccio, senza pre-
mere le corvature de' tubi . Col suo margine aperto
arriverà sino alla parte inferiore del collo del matrac-
cio, laiciando libero il passaggio alle corvature de' tu-
bi, le quali debbono trovarsi al più basso che sia pos-
sibile . E così viene a risparmiarsi di lutar la bocca
del matraccio, come si è detto .
XIV. Se poi si fa uso della storta col recipiente
tubolato , allora non può farsi a meno di lutare le
giunture del collo della storta con quella del recipien-
te . Ma nella tubolatura di questo si adopera lo stesso
meccanismo , the si è fatto per la bocca del matraccio .
XV. Descritte così isolatain>Mite le parti dell' ap-
parecchio , andiamo ora ad indicarne l' uso . S' inco-
mincia dal situare a fianco del matraccio le vasche ,
successivamente le une dopo le altre in fila . Al di
dentro di ciascuna vasca si pongdno i ree pienti , in
modo che sieno equidistanti d.tlle pareti interne di
quelle . In questi recipienti , per mela della loro capa-
cità , si pone quel liquido che si vuol saturare della
(336)
base de' gas provvenicnli dal matraccio. TI solo primo
recipiente resta \ oto . Quindi si situano i tubi di co-
inunicazione , e quei di sicurezza. Fatto ciò, si pone
dell'acqua nel tubo grande che circonda il matraccio.
L'altezza di questa colonna di acqua dev' essere ugua-
le alla somma delle immersioni de' tubi succesivi en-
tro i liquori de' recipienti . Si mette benanche dell' ac-
qua nelle vasche , fino a quell'altezza che giunga a co-
prire gì' incavi fatti nei margini de' recipienti capovolti .
Allora sul collo del mairaccio sì pone quel tubo me-
dio capovolto , di cui si è parlato nel §. IX. Dopo-
ché è terminalo il gorgoglio dell' aria nel recipiente
della prima combinazione , si pone anche su di que-
sto il separatore capovolto j e così successivamente
gli altri .
XVI. Quando non si vogliano adoperare tante va-
sche quanto sono le bottiglie , si i)uò far uso di una
sola vasca grande quadrangolare A B C D . ( Apparec-
chio II.), capace di contenere un dato numero di
bottiglie , o bicchieri , coi corrispondenti separatori .
Questa vasca potrebbe avere il suo fondo di legno ben
inverniciato , e gli altri quattro piani laterali potreb-
bero essere di cristallo sostenuti negli angoli da quat-
tro colonnette anche di legno .
Nei vani A,B, C, D, ( Pianta dell' apparecchio li.)
che restano tra i separatori e le pareti della vasca , si
pongono i tubi di comunicazione e quei di sicurezza^
per cui i piani inferiori di detti vani debbono essere
alquanto più incavati di quel sito del fondo della va-
(337)
sca su cui appoggiansi le bottiglie , ed i separatori .
XVII. Eseguendosi un'operazione con questi ap-
parecchi ^ se mai si vede, che l'elasticità del gas in-
.ualzi il separatore capovojto , subito sul fondo di
cjueslo si mette un peso . Se per la stessa elasticità
del gas si ai)bassi di molto l' acqua contenuta tra il
recipiente e il separatore , si pone altr' acqua nella
vasca , per accrescere la pressione e così impedire l'u-
scita del gas .
XVIII. Quest'acqua contenuta nella vasca , o tro-
vandosi a contatto del gas che si ottiene dalla distil-
lazione , ne riceve una porzione. Per non perdersi po-
trebbe servire per le successive operazioni , rimetten-
dosi nei recipienti, onde renderla perfettamente satura-
ta. Potrebbe benanche contenere qualche acido , o al-
cali , poiché si combinasse subilo alla base del gas .
Cosi a modo d'esempio, prejìarandusi l'acido muria-
tico , 1' acqua della vasca potrebbe contener la calce
per formare ni) muriato di calce . Per l'acido niu-
rialico ossiggenato , l'acqua potrebbe consistere in una
soluzione di potassa . Se si prepara T acido nitrico ,
potrebbe esservi una soluzione di potassa , ovvero di
ammoniaca liquida, onde fermare un nitrato di potassa, o
nitrato di ammoniaca. So l'apparecchio s impiega per l'am-
moniaca, I-acqua potrel)l)e contenere o dell'acido acetico,
o dell' acido nmrialico , per formare un acetato , o
im muriato di ammoniaca . In una parola : spetta al
Chiniico operatore di trarne qu^-l partito che meglio
gli conviene . In ogni modo trattandosi di prcparazio-
45
(33G)
DÌ cliimichc, basta che l'acqua dePrecipìenle restì
perfeltaineiiLe saturala 3 giacché quella della vasca , in
cui la base del gas trovasi dilnila , servirà per altri
usi . Sempre però si avrà il vantaggio di aver^ econo-
mizzato tempo, e di aver assicurate le preparazioni (1)-
XrX. Vi ha più. Quando dall'aumento di volu-
me dell'acqua contenuta nel primo recipiente, il chi-
mico operatore potrà decidere ch'essa siasi perl'eta men-
te saturata della base del gas , allora invece di far
passare il gas dal primo nel secondo recipiente, po-
trebbe togliersi il reci])iente della prima vasca , e so-
stituirvi il secondo . Questo può eseguirsi con tanta
maggior facilità , in quanto che non si sono adopera-
ti"! luti 5 e le parti dell'apparecchio si possono solle-
citamente separare e riunire.
XX. In questo apparecchio si ha benanche il van-
taggio , che se r assorbimento della base del gas ne*
recipienti innalzasse di molto la temperatura ;, in fune-
sto caso l'acqua delia vasca farebbe 1' uf^^io di rcfri-
gcratorio . Riscaldata essa si farebbe uscire pel foro
praticato nella parte inferiore delle vasche, mentre
dalla parte superiore si ri affonderebbe nuova acqua
fresca, ovvero ( quando e' fosse di mestieri) la stes-
sa neve ^
(i) Adopcrnndosi V apparecchio di fVoiilf, chi
non sa quanto tempo si perde per lutare, e per aspet-^
lare che i luti sic.no riseccati ? Quante volte i luti
inaspettatamente si fendono ?
'^MS^':^
l"' H.c^c'':
0
k
Ed ecco giù descritto l' apparecchio , e '1 metodo
pnrticolarc che si può adoperare per le distillazioni com-
poste , come mi era proposto . Finalmente ornatissimi
Accademici , andrò ad eseguire la preparazione dell'a-
cido muriatico, nell'apparecchio, che ho avuto 1' ono-
re di presenlaivi .
(340)
NECROLOGIA. ..«o^
VINCENZO PETAGNA.
N
acque Vincenzo Potagna in Napoli il di 17 Gen-
najo del 1734- da Antonino Petagna , e da Orsola
Cuouio onesti genitori. La sua tenera età la passò
nelle scuole de'PP. Gesuiti , presso de'quali prese gu-
sto per la belle lettere, e per la lingua latina:^ quiinli
attese agli studj di filosofia, e poscia di medicina 5 E.
nel dì 22. Luglio 1704 contando il ventesimo anao so-
pra i sei mesi di sua età, si lanreò in medicina. Coa
un corredo di buoni principi intraprese il corso di me-
dicina-pratica presso il famoso Clinico D. Luigi Viso-
ne. Ed essendosi egli acquistata fama non equivoca
nella sua professione, nel 1770 intraprese il viaggio di
Vienna , seguendo il Principe di Raunitz Ministro
Plenipotenziario della Corte Imperiale in Napoli ^ ed
in tale occasione ebbe la opportunità di visitare gran
parte della Germania , tutta la Stiria , la Gainiola , e
(34i )
l'Italia. Ritornalo in questa sua patria ricco di non
volgali cognizioni , proseguì indufessameate lo studio
della Storia naturale in lutti i suoi rami , a cui fu,
seiiipic mai portato da particolar inclinazione. Chia-
mato iud' in Palermo a consultare sulla sanità del Mar-
chesc Presidente Airoldi, che andava di giorno in gior-
no declinando , si prevals'egli di tal congiuntura per
^irar gran parte delia Sicila, e |)er osservare con occhia
di naturalista lilosolb molte produzioni , e depositi ,
che la natura cou larga mano ha sj)arsi in quell' Isola.
Fupalrialosi j)cr la seconda volta fu ben tosto eletto
lettore iuierino nella cattebra di Botanica in questa
R. Unisersilà degli Sludj , e non istette guari che die-
tro a varj concorsi condegnamente ne meritò la pro-
prietà. Fu annoverato tra gli accademici pensionar]
della Real Accademia di S. e B. L. di allora. Fu di-
rettore dell' Orlo botanico dimostrativo nell' abolito Mo-
nastero di Monleoliveto , che in breve tempo menò al
suo compimento. Fu medico ordinario della real De-
putazione di Salute . Fu socio di questo R. Istituto
d'Incoraggiamento , fu membro della nuova R. Socie-
tà delle Scienze , ed Accademico della Società R, di
Londra , di Firenze, e di altre Italiane. La sua sta-
tura piuttosto alta che no , il suo aspetto affabile , e
sempre mai tranquillo , l' illibatezza de' costumi, I' os-
servanza , e '1 fervore per la Pveligione gli aveva conci-
liata r amicizia , e la benevolenza di tutti i cittadiui.
Questo esemplare di virtù , e di morale dietro a pc-
nora e lunga malattia ci fu rapito da morlcj e '1 per-
( 342 )
demmo il dì 6 di Ottobre del 1810 lasciandoci a sua
onorevole ricordanza le seguenti opere.
Institutiones Rei Botanicae, 4- voi. 8. Neap. 1785.
Specimen Insectorum Calabriae Ulterioris , 4* fi§'
iFeap. 1786.
Institutiones Entomologicae, 2. voi 8. Neap. 1792.
Delle facoltà delle piante, 3. voi 8. Nap. 1796.
( 343 )
ANDREA SAVARESI.
A
ndrea Biaggio Pasquale Ignazio Maria Savaresi nac-
que in Napoli , nel quartiere di Cbiaja il dì i di
Febbrajo del 1762 da' coujugi Francesco Savaresi ed
Elena Cecere. Appresi i primi rudimenti dell' umano
sapere nella propria casa, passò in età di anni 12
nelle scuole pie di Caravaggio di questa città , ed ia
quelle si perfezionò nella lingua latina , compì un
corso di filosofia , e studiò le Matematiche Elementa-
ri. Ma trovandosi allora in famiglia due suoi zii me-
dici , ed avendo ancora due suoi cugini addetti all'
arte salutare , fu da' suoi genitori destinato a quella
professione , anche perchè fin da' tempi di Carlo V.
soH fioriti de' medici fra' suoi antenati , come appare
da' documenti di sua famiglia j quindi fu che mandato
alla R. Università degli Studj di Napoli seguì le lezioni
de' celebri professori , Dolce , Serao , Giannelli , Ci-
rillo , Cotugno , Petagna , Vairo , eFasano, ed intan-
to non tralasciava de' corsi privali di Anatomia , e di
Chirurgia nel grande Ospedale degl' Incurabili . Qua-
lunque l'orse stata però la sua attenzione per una
professione da Ini scelta , egli si applicò con ardore
alle Matematiche sublimi , ed all' Astronomia sotto la
disciplina di Marzucco , e di Sabalelli , ed alle lingue
e 344 )
orientali sotto de' Martorelli , de' Morelli , e de' Santo-
ro ^ né tralasciò lo studio della Metafisica col profes-
sore Vico ultimo figlio del rinomato Gio: Battista.
Tutto ciò eseguì egli dall'anno 1774, ^"0 al 17805
epoca in cui , riconopcinti i suol progressi , principiò
la sua clinica col professore Tiberio Gambajoli , che
lo amò come figlio, e gli rese degl'importanti ser-
vigi-
Neil' anno diciannovesimo di sua età, cioè nel
1781 per mezzo del signor Marchese di Cesa fece la
conoscenza del suo mecenate D. Michele Vecchioni
allora Giudice della G. G. della Vicaria, e poi pre-
sidente del Tribunale di Foggia, il quale fece il gio-
vane Savaresi dispotico della sua magnifica biblioteca,
e medico di casa , cohie Io elessero ancora II principe
di S. Angelo Imperiale , il Marchese di Cesa , e molte
Comunità religiose.
Verso r anno 1783 contava egli nel numero de'
fiuoi amici , e professori I primi medici della capitale,
fra' quali Giuseppe Vairo , che lo fece nominare sosti-
tuto alla sua cattedra di chimica ^ e già egli comin-
ciò a godere delle ricerche de' forestieri come di Do-
lomieu , Fortis , Spallanzani, ed altri. Dal 1784, al
1789 perfezionandosi nella medicina , e nella chimica
scrisse delle memorie interessanti su' nuovi oggetti di
queste scienze , che dirette al signor Vairo rimasero
inedite j e cinque altre operette furono stampate come
si vedrà nel catalogo generale che qui dappresso si da-
rà j ed intanto dava a' giovani de' corsi di chimic?
(345)
spmmentale in compagTiia di Salvatore Ronchi , e di
Carmelo Prisco , ciò che suscitò conlra loro della ge-
losia , e contribuì ad introdurre la nuova nomencla-
t-ura con molto accanimento contrastata da alcuni scien-
ziati seguaci tenacissimi della chimica Italiana; ed al-
lora fu «he aggiunse delle note alla Medicina dome-
stica di Buchan , che si stampava dal Gabinetto Let-
terario , e fece ancora delle annotazioni al Dizionario
di chimica del Macquer , che uscivano alla luce
sotto il nome di Vairo per le stampe del Porcelli ; e
fece la conoscenza del cavalier Planelli di cui divienne
medico ordinario , e dell' illustre professore Scopoli col
quale ebbe un carteggio scientifico.
Intanto allettato estremamente dallo studio della
chimica , della Mineralogia , e di tutta la Storia Natu-
rale , il Ministro Acton su la proposta del Colonnello
Parise , ■che ne avea conosciuto il merito , lo fece no-
minare dal Governo il dì 21 Aprile 1789, direttore
della Società Mineralogica , destinata a recarsi in Ger-
mania per apprendere tutto quello che ha rapporto con
io scavo delie miniere ; e partì da Napoli ]ier 1' Ale-
magna nt;l Maggio del 1789 co' suoi compagni Malico
Tondi , Vincenzio Ramondini , Giuseppe Melograni ,
e Giovanni Faicchio , a' qnali si accoppiò Carminanto-
nio Lippi nell'alta Italia, e nell'Austria. Rimase di-
rettore di questa riguardevole società fino alla fin
dell'anno 1791 • Quindi si divisero in tre cop]iie ,
ognuna delle quali viaggiava separatamente per la pro-
pria istruzione, visitando Je principali miniere di Eu-
44
( ^G )
ropa , e studiando la Mineralogia , la Mettallurgia , e
la Fisica sotterranea sotto i primi professori di Ger-
mania , e singolarmente sotto il fumoso Werner a Frey-
berg in Sassonia . Nel dì 5o Agosto del iByo., dopo
sette anni e tre mesi , ritornò nella sua pai ria , avendo
trascorsa 1' Italia , 1' Austria , la Sassonia , 1' Ungheria
la Boemia , la Galizia , la Polonia , la Prussia , le Cit-
tà Anseatiche, l'Inghilterra, e la Scozia, n^lle quali
regioni coltivò 1' amicizia di lutti i Fisici , Medici , e
INaturidisti i più famosi. Allora fu , che le occupazioni
mineralogiche , che assorbivano tutto il suo tempo , e
la speranza di un nuovo impiego onorevole che gli si
prometteva gli fecero totalmente abbandonare la pro-
fessione di Medicina , nella quale prometteva la più
gran riuscita . INel 1797 fu chiamato a riconoscere
co' suoi compagni la Cava di Carbon fossile di Giffo-
ni , e ad esaminare i forni di Morino, e di Canneto.
Fu indi spedito cogli stessi nelle Calabrie , con Ict in-
combenza di portare a jìcrfezione le ferriere di quelle
Provincie , di v sitarne le mine che s'indicavano, di
trovarne delle nuove, e di stabiliie delle altre ferriere
ne' luoghi dove si conibinavano la opportunità de' bo-
schi e delle acque. Ma una inopinata catastrofe lo ri-
menò in Napoli , ed in seno della sua famiglia , dove
godendo ])er qualche tempo la tranquillità dello spi-
rito, tutto si diede con intenso studio ad accrescere,
e raffinar la massa delle sue cognizioni. I suoi meriti
letterari però , ed i saggi non equivoci , che dati ave-
'va d' ialender molto avanti , massime nella chimiua ,
(347 )
e nella minerologia , non gli permisero che lungamen-
te e' si rimanesse qui teorico inoperoso, poiché fu di
nuovo spedito con l'ottimo amico Vincenzio Kimon-
dini nelle Calabrie con un geografo , ed un disegna-
tore cogli ordini di rilevare una carta fìsica , geogra-
fica , ed orittognoslica di quelle Provincie, e con le
mire di attivare q-.ielle miniere , e di far eseguire de-
gli altri progetti . Partirono si bravi compagni nel
1801 e si recarono al loro destino , dove faticarono
moltissimo, e fecero delle operazioni non meno utili ,
che interessanti , ad onta di alcune traversie , a cui ben
sovente van soggetti gli uomini di merito ^ il Ramon-
dini ritornò in Napoli , ed egli rimase alla Mongiana
come Direttore delle ferriere , che vi erano stabilite ,
donde uscì nel mese di Ottobre del 1807 e si ricon-
dusse in questa sua patria.
Mentre qui dimorava per ristabilire il suo fisico
notabilmente alterato dalle fatiche , e dalle pene dura-
le in regioni aspre e solitarie , questo Regale Istituto
lo ammise fra' suoi Socj ordinar] nella sessione de' 28
Dicembre 1806, e già quest'Accademia aspettava sue
preziose produzioni . Ma la nuova carica eh' egli ebbe
di Commissario dell' Amministrazione alla Polveriera
della Torre dell'Annunziata, da lui disimpegnata con
ardente zelo, ma cdn deteriorazione irreparabile della
sua snlnte, ci fece pedere Andrea Bavaresi, che pie-
no di pregi letterarii , e di cristiana virtù cessò di vi-
vere il giorno 2 di M.trzo del 1810 , contando l'anno
quarantanovesimo dell' età sua.
(348)
NIGCOLA AND RIA
Nacqu' egli nel 1748. in Massafra piccola Città nella
regione de' Salentini dal Dot. Fisico Gennaro An-
dria , e Giacomina Resta. Da giovanetto, avvegnaché
foss' egli unico , e la di lui casa a sufficienza fornita di
beni di fortuna , fu da suo padre tosto avviato allo
studio delle belle lettere; in che, avendo ei fatti non
ordinari! avanzamenti , diessi a quello della filosofia ,
e con singolar propensione alle matematiche : per la
qual cosa poco men che di contintio scemava le ore
del sonno . Ed avendone quivi dati pubblici applau-
diti saggi , que' illuminati suoi concittadini ne preco-
nizzarono da quel dì il futuro di lui gran metito nel-
la letteratura.
Nella sua adolescenza fu dal genitore mandato in
Napoli ad apprendere le scienze legali : nelle quali e'
fece non men rapidi progressi , che fatti aveva nelle
antecedenti , e diede altresì prove luminose del suo
felice ingegno . Divisando quindi , che colali scienze
non del tutto appagavano il suo vasto intendimento ;
ed anelando altrpnde di dare sempre mai la maggior
possibil estensione alle sue cognizioni , ripigliò il suo
prediletto stadio delle matematiche ; a cui unì le scien-
ze fisiche nell' ampia loro sfera ; ma determinossi al-
lora per quella della medicina , scienza quamo utile ,,
altreltaQto difficile j ad un felice talento però con uno
( 349 )
studio indefesso non riuscì malagevole cotanto l' Ini-
ziarsi ne' più recondili arcani della natura . E portan-
dosi incessantemente ad ascoltare le lezioni di un Se-
rao , di un Vairo, di un Colugno, rinomali professori
in questa Regia Università .degli studj , fece progressi
tali in tuli' i rami di questa scienza, che ne divenne
hen tosto ancor egli professore. Di fatti nella fresca età
di anni 23. aprì scuola medica nella sua casa , ove
essendo egli stato uno de' primi , che tra di noi sep-
pe associare alle scienze mediche la Chimica sperimen-
tale , ebbe un gran concorso di giovani studiosi , ed
acquistossi nel pubblico sommo credito , e gloriosa ri-
putazione. Ques'a di lì a poco lo fé chiamare per su-
slituto nella Cattedra di Medicina pratica , che occu-
pavasi dal Dott. de Robertis . Fu indi promosso alla
Cattedra di Agricoltura j che , quale scienza , ed arte,
fu da lui , non meno nella teorìa , che nella pratica ,
con cln'aro metodo e dottrina dissimpegnata , ed esal-
tata , onde siccome salì in maggior pregio il suo no-
me , desiò così nella nostra gioventù un nobil genio
per questa parte di scienza naturale , che forma la ba-
se della prosperila delle nazioni. Sos*"' ne quindi suc-
cedevolmenle , e sempremai con cìiiarissima fama la
Cattedra di Fmoloi^ìa , di Patologìa, e d'i Nosologia.
Eia sua miniera d'insegnare, la solidità, e la dottrina
dell ■ sue opere , ed i (elici successi della sua pratica
renderanno a perpelualilà indelebile, non che imuiorlaltt
il di lui nome ne' fasti della scienza salutare.
e 35o )
Al suo merito letterario accoppiò egli con ugual
zelo, ed onore le virtù tutte morali, e civili: ottimo
padre di famiglia, vero cristiano, egregio cittadino 5
piacevole , e nobile nella sua conversazione j liberale
con tutti; profuso co' poveri j zelante , e premuroso
pel bene dell' umanità j onesto , grave , temperato per
rispetto a se , e signore di tutti i suoi affetti. Doti ,
cbe da giovanetto lo accompagnarono inseparabilmente
sino alla tomba , iu che fu menato da un tifo nervo-
so nella fine del iRi^. , e nella sua età di anni 67.
Amante di tutti , d> tutti amato 5 ed ora in perpetuo
desiderio di tutti i buoni , e virtuosi cittadiai.
Opere da lui pubblicate.
Trattato delle acque minerali.
Istituzioni di Chimica filosofica.
Elementi di Fisiologia.
Dissertazione sulla Teoiìa della vita.
Elementi di Medicina teoretica.
Istituzioni di Materia medica.
Istituzioni di Medicina pratica.
Istituzioni di Agricoltura. Inedite.
(35r )
GIUSEPPE CASELLA
Nalo in (ausino in Terra di Lavoro nel 1755. , e
morto ili Napoli nel 1808. Gli ollimi di lui geni-
tori avvedutisi con anticipazione de' talenti del fanciul-
lo , che toito ei fé conoscere nel precoce compimento
degli studi! elementari , come lor parve tempo l' in-
viarono al Seminario Diocesano in Cerreto , dove istrui-
to da' valenti precettori nelle belle lettere , di che tras-
se ei gran profitto, si die quindi tatto allo studio del-
le scienze sublimi , e con trasporto alla matematica ;
e terminatone con somma lode, e vantaggio , felice-
mente il corso , ritirossi in patria^ e per un anno in-
tiero che dimorovvi , non fé, che, di per se con as-
sidua a|)plica(^ione , a^giugnere maiserapre novelle co-
gnizioni scientifiche alle già acquistate. Ma la sua men-
te irrequieta dal fervente desiderio di far continuamen-
te maggiori avanzamenti nell' ampia sfera dello scibile,
recossi a noja di quivi più a lungo trattenersi ; il per-
chè si condusse in questa Metropoli . Q il , apertosi
dinanzi a lui un più lucido, e vast' orizzonte scienti-
fico, provò un più vivo incitani 'nto , ed elettrizzossì
in maniera il felice inj^egno d'I nostro giovanetto Ca-
sella , che momento di tempo non andava , in, cui di
smgoìar erudizione, e «lottrina noi arricchisse il suo
animo . Divenuto per essolui lo studio una passion
imponente , vegliava le notti su' lib;i , e consuuiava
( 352 )
la giornata in ascoltare le lezioni de' pubblici professori
della R. Università , ed in frequentare le più rinomate
biblioteche . E benché , per non contradiare il volere
<ile' genitori , avess' ei dovuto attendere allo studio delle
Leggi civili , e canoniche , ciò non ostante quel ge-
nio insuperabile , che dalla sua fanciullezza avevalo
menato ad applicarsi alle matematiche , ve lo ricon-
dusse ben tosto ; e quindi speEÌalmente all' Astro-
nomia. Questa col fermare il di lui animo divenne la
■sua scienza prediletta , in cui sotto gP insegn.nrìenti ,
e le osservazioni del celebre nostro professore di Astro-
nomia Felice Sabatelli , si avanzò di tanto , che avve-
gnaché in fresca età , venne ìq fama di valente astro-
nomo .
Non contento però egli ancora del suo sapere , e
per estenderlo il più , che per esso si poteva •, non si
tosto gli cadde ìa pensiero di traghettare il mare , e
condursi per tale oggetto a Londra , che il pose in
esecuzione: ma volendo innanzi le principali Città ila-
liane visitare , andò da prima a Vetiazia , passò indi
a Padova, dove la sua dottrina , e '1 suo diportamen-
to gli conciliò a un tratto la conoscenza non meno ,
che r affetto , e la considerazione di que' letterali , e
nominatamente tra gli altri del Signor Toaldo , e del
Signor Nicolai , che incontanente lo ammisero, nonché
alla loro benevol' amicizia , ma il vollero altresì socio
de' loro astronomici, e matematici lavori. Il dilui me-
rito, che star non poteva fra brevi limiti ristretto, to-
sto come pervenne agli orecchi de' Riformatori di quel-
( 353 )
lo studio, fatlegli da' medesimi graie accoglienze, gra-
ziosamenle per ritenerlo fra loro , gli esibirono la'Cal-
tedra di iiiatemalica in quel Seminario , dandogli si-
curezza di trasferirlo poscia nella Università. Esita sul
momeiuo il nostro Luon Collega ^ non sa de]ioire la
deliberazione di proseguir il suo viaggio verso Inghilter-
ra , non sa altronde ricusar 1' esibizione urbanamente
fattagli j vinto però dalla gratitudine , accetta a grado
r onorevol proferta. Intanto giunti a notizia del nostro
Governo i di lui talenti uranologici , non indugiò con
cortese generoso invito di richiamarlo in j)alria . So-
prnppreso egli da sì fatto annunzio , prova il più fiero
contristamento , o di lasciar affatto i suo' grati , e be-
nevoli amici , o di rifiutar scortesemente la sovrana be-
nigna chiamata . Ma la preponderanza di questa, eia
forza del connaturale amore di renders' iu seno della
patria , e de' suoi , prevalse finalmente suU' agitato di
lui animo : Determina , e senza più riviene in Napoli:
L' accolsero qui festosamente i suoi , e lo gratificò con
piacimento il Governo j in prima con la cattedra di
Astronomia nel R. Collegio della xMarina , indi con
quella di Meccanica nel 11. Collegio di Artiglieria , e
seguentemente con elegerlo a pubblico professore di
Astronomia nella Regia Università degli Sludii ; ed in
ciascuna died' egli ben a conoscere il suo profondo
sapere . Fu egli il pronjotore , e 1' eseculor destinato
alla erezione della Specola astronomica , ed allo assor-
timento delle differenti macchine , ed istromenfi per
le moltiplici osservazioni , e contemplazioni degli astri.
45
(354)
Fu egli l'autore per sovrano ordinameiuo della costru-
zione della Meridiana nella R. Biblioteca , e 'I reiiifl-
catore di altre o deviate, o non huti di-terminale. Fa
egli in somma, che provvedeva alle bisogne della vita
sociale per quanto à correlazione col corso degli astri.
e colle varianti meteore . Se le non mai interrotte oc-
cipazioni sui fenomeni celesti avevano in qualche parte
già debilitata la sua sanità , ( ancorch' e' fosse di
forte complessione) le notti però insonne , vernali , e
sub dio coQsuma'e nell'assidua inspezione , |)er tutto quel
tempo, che la Cometa corn[)arsa sul finir del i8 7- , si
rese a noi visibile , Io giitarono in una grave idropi-
sìa di petto , cui non va se alcun umano ajulo , anzi
a giorno per giorno sempre più inferocendo , nella sua
età di anni 5r. , da tutti dolorosan'enle compianto agli
8. di Febbraio , dopo aver dati ipiùlumino^i attestati
della sua Religione , lo mise a morte : lasciando però
di se inKuortal memoria ne' suoi magisteri , e ne' suoi
scritti . Tra quali
Un opuscolo anallttico pubblicato nel 1788. , in cui
studiossi con nuovi metodi di ridurre 1' Equazioni di
più alto grado a semplici formole.
Memoria nel iBo^. , inserita nel Volume XI. del-
la Società Italiana , con che presenta )1 miglior meto-
do per trovare le radici uumeriche di ogni equazione .
Memoria inviata nel 1807. *"^ Società Italiana
pel concorso del premio proposto sul problema di tro-
varsi un metodo sicuro , onde determinare le lon-
gitudini in mare. E benché tal memoria fosse giunta
e 355 )
dopo del tempo prefisso , fu non ostante pubblicata ,
ed inserita nel XIV. Volume.
Efcmeridi astronomiche calcolate al meridiano di
Napoli dal 1788. in avanti.
Inediti .
Molti Opuscoli astronomici , e fisici .
Alcune riflessioni , e nuove aggiunte al suo Opu-
scolo Analiitico .
Storia de' fenomeni prodotti dal terremoto de' 26.
Luglio i8o5. nella Provincia di Molise.
( 355 )
GIOVANNI BIANCHI
Iji
riovanni Bianchi figliuolo dì Vitaliano , e di Gio-
vanna Gonidi , possidenti , nacque In Catanzaro
nell'anno 1740- Poich'ebbe appresi i linoni precetti
della lingua latina , da' suoi genitori fix mandato iu
Napoli ad oggetto di perfeziouars' in essa, e di appren-
der la greca , la filosofia , le matematiche» , e quindi
r arte salutare. Secondò egli talmente il desiderio de'
suoi genitori , che ben presto si distinse tra' giovani
studiosi . Manifestò particolarmente un massimo tra-
sporto per le scienze esatte , ed avvegnaclìè si foss' e'
determinato di occuparsi nella medicina per professio-
ne , ciò non pertanto continuò egli a coltivarle con
entusiasmo. Diede in fatti una gran pruova del suo
valore in queste facoltà , allorché , essendo di già ac-
clamato medico , si espose a un pubblico concorso ,
pel cui effett'ottenne nella patria la Cattedra di matema-
tica nel Collegio, ch'era de'PP. Gesuiti. Allora fu, che
il Bianchi , ritornato in Catanzaro , benché giovanetto ,
cominciò a disseminare i germi delle scienze utili , e
ad eccitare tutta la gioventù di quella Provincia allo
stndio delle matematiche. Continuò egli per molti anni
a fare ivi lodevolmente il medico , e ad insegnar dalla
Cattedra con la massima felicità , e con pubblico ap-
plauso. Ma nell'epoca micidiale de' rubesti terremoti.,
che soqquadrarono quelle fertili Calabre Provincie ,
( 357 )
essendo stato quivi invialo dal Governo il Generale
Pigd.itelli per recar sollievo a quelle disolale popola-
zioni , e por ordino alla naeglio al fisico , e morale
sconvolgimLiilo ; al che il nostro Bianchi aggiu
a se
quanto per luì si poteva , la sua cooperazione ^ e da
indi in poi divenne l' amico ben veduto del G'^neralej
il quale , dissiinpegnalo nel miglior modo possibile l'alto
incarico , volle secolui condurlo iu Napoli. Qui , mer-
cè dell'assiduo esercizio della salutifera medicina , e
de' suoi costumi pieni di modestia , e di cristiana pie-
tà , trasse tosto alla sua amicizia i più dislinli , e let-
terali suggelli di questa Metropoli , Ira' quali il Gene-
rale Pomerueil , che incoruanenle nominollo medico
primario del R. Corpo dell'Artiglieria , di cui era egli
allora Direttore. Passalo in Francia il nostro Collega,
non andò guari , che la sua dottrina , ed il suo meri-
to letterario fosse colà riconosciuto , e guiderdonato
colla carica di medico nello Spedale di Tours . Ma
non contento egli di quel soggiorno , e preso dal de-
siderio di viaggiare , persuaso , che non altrimenti si
coltiva lo spirito che coli' acquisizione di novelle pe-
regrine cognizioni , poicliè vi à assai di differenza tra
il sentir dire , e 'l vedere , tra il leggere , e l'operare ,
imprese a visitar l' Olanda , le Fiandre , e ben tutta
r Italia , osservando con sagace criterio , e facendo ru-
brica di tutto ciò , che mena al conoscimento del mi-
gliore , o del vero. Ritornato in Napoli nel 1807. for-
nito di- una profonda teoria , e di una pratica Sfcon-
dalrice della natura , ebbe la direzione dello Spedale
( 358 )
della Real Marina , ove diportossi , non solamente da
medico perito e premuroso ia sollecitare la sanità de-
gl' infermi , ma eziandio da amico amoroso , e conso-
latore delle umanità afflitta , e paziente ^ ond' è , che
quest' uomo ricolmo di sommo merito di Religione ,
di morale , e di beneficenza verso de' suoi simili fa.
da tutti dolorosamente compianto , allorachè nel mese
di Luglio del i8i4- , e di anivi 74- di età sua da una
febre nervosa intra pochi dì fa messo a morte.
«
H comhì /lamento dì varie circostanze à ritarda'
ta di assai la pubblicazione di questo secondo VO"
lume. In questa interposision di tempo abbiamo noi,
da morte rapiti , perduti non pochi altri d£ nostri
degni colleghi , d^' quali ne terrem la dovuta me-
moria nel seguente III. Volume.
Fine del 1I> Volum&f
(559)
INDICE OEiNERALE
PnEFAZJONE p3g. ^,,
Cataldo; de' Sig. ascritti al R. Istituto .
Sodi ordinurii.
XXI
ivi
Socii onorari i esteri xxiv]
Ouorarii nazionali xxv | ammessi dopo la
Sodi corrispondenti esteri xxvi i ( P'^bhlicazione del
Corrispondenti nazionali xxv in) ^" f^olume.
Opere ditte alle stampe da' sodi ordinari dopo
pubblicalo il £. Volume. xxx
INDICE
DELLE MEMORIE CONTENUTE IN QUESTO
II. VOLUME.
Sul coltivamento , e .mila industria della Bam-
bagia nel Regno di Napoli . Memoria del
Sodo ordinario P. JV/ccola Cnlumethi Onorati
Minor osservante P.P. <li Economia rurale
nella H. Un/versifci di Napoli. Letta neW a-
dunanza del J{. Istituto del dì 9, Dicembre
1810. jjag.
( 36o )
Sulìa coltura dell Agro Brindisino. Memoria
di Monsignor Annibale de Leo Arcivescovo ,
di Brindisi Socio corrispondente. Presentata
JielV adunanza de' 9.5. Aprile 1811. 5^
Memoria sulla depurazione della Canfora greg-
gia del Socio ordinario D. Michele Ferra-
ra. Letta nell'adunanza del dì 16. di Apri-
le 1812. 122
Su gli usi medici della Digitale gialla. Memoria
del Socio ordinario , e segretario perpetuo
D. Vincenzio Stellati : Letta nelV adunan-
za de' 12. Dicembre 181 1. i5o
Sulla miniera ili Grafite di Olivadi nella Pro-
vincia di Calabria Ulteriore. Memoria del
Socio ordinario D. Giuseppe Melograni. Let-
ta nell'adunanza de'"]. Gennajo i8i3. i56
Osservazioni mediche , e notizie storiche in-
torno alle Digitali lutea , e purpurea del Socio
ordinario D. Antonio Savarese. Lette nell'a-
dunanza de''2.. Aprile 1812. i83
Memoria sulla coltivazione de' Papaveri , e sulla
maniera di cavarne V Oppio del socio cor-
rispondente Dottor D. Francesco Ambruosi.
Letta nelV adunanza de' i5. Giugno 181 1. 200
Sul Guado , sua coltivazione , e modo di estrar-
ne V indaco . Memorie del socio corrispon-
dente D. Giuseppe Morina. Lette nell' adu-
nanza de' i3. Febbraio 181 1. 241
(36i )
Memoria prima idem
Memoria seconda 274
Bapporto della Classe di Chimica sulle memo-
rie riguardanti V Indaco estratto dal Guado 289
Memoria sulV Agricoltura di Sessa del socio
ordinario D. Gio: Battista Gagliardo. Letta
nell'adunanza del dì i5. Marzo 1814. 3oi
Estratto di alcune notizie de' velenosi effetti ,
che sulle pecore bianche produce la pianta
del Funiolo ( Ttypericura Crispum L. ) 322
Descrizione , ed uso di un nuovo apparecchio
per le distillazioni composte . Memoria di
D. Benedetto Vulpes vice-segretario perpe-
tuo . Letta nelV adunanza de' 25. Novembre
i8i5. 328
NECROLOGIA.
Vincenzio Petagna 5^o
Andrea Savaresi 343
JNiccola Andria 348
Giuseppe Casella 35 1
Giovanni Bianchi. 356
( 362 )
ERRORI.
CORREZIONI.
PREFAZIONE.
Pag. X. lin.
IO. Investicare
Investigare
XIV.
8. inesaoabile
insanabile
26. disuria
dissuria
XVII.
10. Nannulla
Naaula
XVUI.
25. ipotisi
MEMORIE.
ipotesi
Pag. 10. lin.
i4' giugerebbe
giungerebbe
li.
25. piai are
piantare
12.
21. delle
nelle
l3.
3o. superata
superato
l5.
25. uberibus
uberius
27.
8. grillo-trappa
Grillo-talpa
3o.
l5. teneri
tenere
42.
16. sorditi
sordidi
43.
i3. lasciva
lisciva
14. sapore
sapone
46.
26. coverti
coverte
47.
3. Bearu
Bearn
5. piques
piquès
117.
IO. dal
del
118.
12. accupavano
occupavano
120.
i5. decacenza
decadenza
129.
i3. intesa
i stessa
( 363 )
l3l. 1ÌD
.29.
leucoplheg-
maticis
leucophlegmaticis
i5B.
4-
dalla
della
160.
2.
Strongoli
Stromboli
162.
25.
discrivere
descrivere
170.
21.
Marty
Marlyr
172.
24.
alaro
Alaro
195.
i3.
meramente
interamente
18.
del
del
197-
26.
bonissimi
buonissimi
aoo.
21.
soggerire
suggerire
202.
5.
Cario-fillata
Cariofillata
Primulaveris
Primula veris
.21.
alla
a'
211.
6. poicchè aven-
avendone
dona
212.
5.
quali
i quali
216.
23.
meconico
meconio
218.
II.
maggione
maggiore
223.
5.
curniculatum
corniculatura
23o.
8.
Stalleriani
Halleriani
249.
24.
dall' acqua
dell' acqua
252.
4-
altresì quella
altresì di quella
268.
7-
vascha
vasca
281.
20.
li
il
284.
J7-
de
da
285.
27.
Notaz.
Nota
286.
I.
framichiata
frammischiata
21.
indie
Indie
^
(364)
Pag. 304.
lin.18.
Carbora
Corba ra
3o6.
2.
querele
querce
307.
II.
per
però
3io.
3.
felici
felci
3i3.
2.
incotro
incontro ,
325.
10.
carettere
carattere
27.
hanno
danno
326.
14.
verilità
virilità
332.
6.
bottglia
bottiglia
335.
i3.
corvature
curvature
336.
6.
succesivi
successivi
341.
27.
penora
penosa
345.
II.
divienne
divenne
352.
3.
coatradiare
contraddire
A. S. E. n Segretario di Stato Ministro
Cancelliere .
ECCELLERZA
JLo Stampatore Angelo Tranl volendo pubblicare per
le slam])e il secondo volume degli Atti del Real Isti-
tuto d' Incoraggiamento , prega 1' E. V. volersi beni-
gnare di accordargli uq Revisore , e 1' avrà a grazia ec.
Jicrmafo — Angelo Tran!.
Per disposizione dell'Eccellentissimo Ministro Can-
celliere Presidente se ne conìiuelte l'esame al Signor
Marchese di Castelleutini Reggente della seconda Ca-
mera .
Jl Segretario Generale del Supremo Consiglio di
Cancelleria — firmato — Morelli .
Commesso
// regio Revisore Signor Arcidiacono Cagnazzi .
Jiriiiato z:: Castellentini .
ECCELLENZA
An esecuzione dell' incarico ricevuto ho letto il
secondo Volume dogli atti del Reale Istituto d' Inco-
raggiamento , e nulla ho in esso ritrovato , che sia
contrario alla S. Religione , al buon costume , ed allo
Stalo , son dunrjue di parere , che permetter se ne
possa la pubblicazione : tanfo più che contiene delle
dotte Memorie tendenti alla prosperità nazionale.
// Regio Revisore delle Opere che si stampano }
fìrmalozii Luca de Samuele Cagnazzi .
S. E. il Segretario dì Stato Ministro Cancelliere.
^o-
Napoli li 24 Ot taire 1818.
La Seconda Camera del Sapremo Consiglio di
Cancelleria •
Veduta la domanda di Angelo Traui ])er dare al-"
le stampe il secondo Volume degli Atti del Reale Isti-
tuto d' Incoraggiamento . -.
Veduto il parere del regio Revisore D. Luca de
Samuele Cagnazzi^ permette che la indicata Opera si
stampi : ma ordina , che hon si fìubblichi , se prima
lo stesso Regio Revisore non attesti di aver nel con-
fronto riconosciuta la impressione uniforme all' origi-
nale approvato.
Il Reggente della Seconda Camera
Marchese di CASTELLENTINI .
Duca di CAMPOCmARO .
// Segretario Generale
Morelli.
L' Eccellentissimo Ministro CaocelHere Presidente ,
e gli altri Signori Consiglieri nel tempo della soscri-
iione impediti .