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Full text of "Atti della Societa Pontaniana di Napoli"

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S.  ii¥^ 


1 


ATTI 

Del  Real  Istituto  d'Incoraggiamento 
alle  scienze  naturali 

DI  NAPOLI. 


/^.ìtq  e. 


ATTI 


tr 


DEL  R  E  A  L  I STIT  U  T  O 

D'  INCORAGGIAMENTO 

ALLE  SCIENZE  NATURALI 

DI  NAPOLI. 
T  O  M  O     L 


IN   NAPOLI,  1811. 

DALLA   TIPOGRAFIA  DI   ANGELO   TRANI. 


S.    R.    M. 


D. 


'I  molti  conquistatori  parla  la  sto- 
ria ^  di  niuno  però  con  più  lodi  che  del 
figlio  di  Filippo ,  non  perchè  Egli  aA  an- 
zasse  tutti  gli  altri  per  numero  di  hat- 
taglie  o  per  gravezza  di  flifficoltà  supe- 
rata ,  ed  ampiezza  di  paese  conquistato , 
ma  perchè  dovunque  la  sorte  della  guer- 
ra lo  rese  superiore,  ehbe  cura  delle  arti 
della  pace ,    e  soddisfece  generosamente 


il  debito  Immenso  clie  ad  ogni  guer- 
riero la  vittoria  impone  verso  liimanl- 
tà  .  L' Egitto  venerò  in  lui  il  lestaura- 
tore  del  suo  antico  sapere  .  Cosi  que- 
sta terra  ,  o  Sire  ,  men  favolosa  ma  non 
men  classica  dell'Egitto  ,  venererà  in 
voi  il  grandissimo  guerriero  ed  il  bene- 
fico restauratore  di  quelle  arti ,  delle 
quali  fu  altrui  maestra ,  e  dalle  quali 
prese  ne'  tempi  anticbìssiml  lo  stesso  suo 
nome  . 

Questo  volume  di  memorie  acca- 
demiche ,  o  Sire  ,  è  il  primo  saggio 
de'  tentativi  clic  han  fatti  per  seconda- 
re i  vostri  benefìci  disegni  coloro  che 
il  vostro  genio  ha  riuniti  ,  protetti  , 
animati . 

Piacciavi  accoglierlo  benignamente 
non  per  lo  merito  dell'  ingegno  ma 
per  quello  dello  zelo  col  quale  han 
cercato   di  eseguire  le  idee  della  M.  V. 


Allri  col  tempo  faranno  meglio,  e 
noi  ci  consoleremo  colla  gloria  di  coloro 
che  avran  saputo  esser  più  eli  noi  utili 
alla  nostra  patria  .  Ma  qualunque  sia 
r  utilità  che  questo  stabilimento  potrà 
produrre  col  tempo  ,  e  ne  produrrà 
certamente  una  grandissima  ,  la  gloria 
principale  del  henefìcio  sì  dovrà  sempre 
a  voi  che  ne  siete  stato  il  primo  autore 
e  protettore . 

Il  cielo  conservi  lungamente  V.  M. 
per  la  felicità  de'  suol  sudditi . 

Napoli  25  Luglio   i8n. 


Pel  Real  Istituto  d' Incoraggìatnfnto 
//  Cnns.  di  Stato   Coca   P  residente, 
Gaetano  Gagliardi  Segretario. 


INTRODUZIONE. 


\f  CESTO  Istituto ,  sebbene  tragga  il  suo  nome  dalle 
scienze  sperimentali ,  pure  ha  per  iscopo  principa- 
le i  progressi  dell'  industria  e  delle  arti  che  da  tali 
scienze  dipendono. 

Sotto  gli  auspicj  di  un  Re  guerriero  la  nazione 
nostra  vede  risorgere  le  arti  della  pace  .  Un  an- 
nua esposizione  de'  prodotti  della  nostra  industria  ha 
già  mostrato  quanto  possa  ,  allorché  è  eccitata  da  nobile 
emulazione ,  quella  energia  d ingegno ,  che  la  natura  ne 
ha  dato,  e  quanta  fiducia  possiamo  avere  in  noi  stessi,  noi 
che  finora  troppo' ammirammo  e  troppo  imitammo  le 
opere  della  mano  straniera  .  Abbiam  veduti  i  nostri 
Sovrani  discendere  tra  noi  j  applaudire  e  premiare 
V  industria  de'  loro  popoli  ,  ed  offrire  nuovo  guada- 
gno al  lavoro ,  nuovo  stimolo  all'  emulazione  ;  ed  a 
tuttfi  la  nazione  è  sembrato  rivedere  i  bei  giorni  ara- 
gonesi,  quando  Alfonso  disegnava  egli  stesso  gli  archi 
del  suo  trionfo ,  e  Fontano  cantava  in  bei  versi  la 
coltura  degli  aranci  in  una  corte  in  cui  la  tipo- 
grafia, e  tutte  le  altre  arti  utili  ricevevano  e  premj  ed 
onore  . 

Ma  le  arti  non  basta  proteggerle  :  è  necessario 
istruirle.  Una  protezione  non  illuminata  spesse  volte , 
lungi  dal  migliorarle  ,  le  corrompe.  Il  bisogno  è  forse 
egli  solo  sufficiente  ad  attivare  quella  intrinseca  na- 
turale energia  che  muove  l'ingegno  e  la  mano  delCuomo 

B  ad 


ad  accrescere  ,  migliorare  ,  trasformare  ì  prodotti  della 
natura  :  ma  questa  energia  non  si  estende  oltre  le 
idee,  e  quel  bisogno  che  vince  l'indolenza,  non  può 
superare  V  ignoranza  . 

Chiunque  conosce  lo  stato  attuale  delle  idee  de- 
gli uomini  e  delle  cose  ,  deve  confessare  che  le  arti 
non  mancano  oggi  né  della  protezione  de'  governi  ,  né 
degli  stimoli  dell'  interesse ,  e  deve  convenire ,  che  se 
non  fanno  que'  progressi  che  si  desiderano  ,  ciò  non  vie- 
ne se  non  da  mancanza  d'  istruzione  . 

Un'  altra  osservazione  non  sarà  ne  anche  sfuggi- 
ta ,  ed  è  quella  che  noi  non  manchiamo  certamen- 
te di  sapienti ,  i  quali  si  occupano  delle  cose  utili  alla 
vita  ;  e  che  la  teorica  di  tutte  le  arti  è  coltivata  quan- 
to ,  e  forse  più  di  qualunque  altra  parte  delle  cogni- 
zioni umane  .  Onde  avvien  dunque  che  la  pratica 
non  corrisponde  alla  teorica  ,  e  che  mentre  noi  ab- 
biamo un  grandissimo  numero  di  buoni  precetti ,  scar- 
seggiamo ancora  di  buoni  esem.pj  ? 

Pare  che  T  istruzione  delle  arti  sia  mal  af- 
fidata alla  sola  cura  degV  individui  privati  ,  e  che  a 
promuoverla  ejfìcacemente  sia  necessario  commetterla 
ad  un  corpo  permanente  .  L'  istituzione  delle  società 
agrarie  ed  economiche  è  ima  delle  più  utili  idee  di 
cui  si  possa  applaudire  V  ultima  metà  del  secolo  scor- 
so ;  e  chiunque  conosce  T Europa  ,  e  specialmente  l al- 
ta Italia  ,  deve  confessare  ,  che  a  tale  istituzione  si  deb- 
bono i  rapidi  progressi  che  ivi  han  fatte  l'agricoltura 
e  le  altre  orli.  ^ 

L' istruzione  delle  arti  deve  essere  più  universale 

di 


XX 

di  quella  delle  scienze  ;  perchè  se  è  pericoloso  pre- 
tendere ,  ed  impossìbile  ottenere  che  tutti  gli  uomini 
componenti  ima  società  politica  sien  filosofi  ,  è  utile 
però  e  necessario  ,  che  tutti  sieno  industriosi .  Ma  non 
può  mai  divenir  generale  uri  istruzione  ,  la  quale  non 
consista  più  in  esempj ,  che  in  precetti  ;  ne  i  precetti 
e  gli  esempj  possono  divenir  abitudine  ,  se  non  sono 
moltiplici  e  continuati  . 

Il  buon  esempio  di  un  uomo  solo  non  si  estende 
che  per  un  brevissimo  raggio  intorno  a  lui.  Che  ha  mai 
prodotto  di  bene  nelle  terre  vicine  V  esempio  di  quel 
paroco  di  Montagano ,  il  di  cui  nome  non  si  deve  obliar 
giammai ,  se  è  vero  che  la  gloria  non  è  altro  che 
il  beneficare  i  suoi  simili [x)?  La  saviezza  di  un  solo 
si  perde  tra  la  stoltezza  universale  :  Il  buon  esempio 
è  soffogato  come  una  pianta  utile  dalla  folla  delle 
erbe  cattive  :  le  buone  massime  si  estinguono  :  il  fi- 
glio di  un  proprietario  savio  di  rado  è  savio  anche 
egli  :    la    saviezza  passa    da    una  famiglia   all'  altra  , 

B     2  ma 


(i)  Damiano  Petrone .  Quest'uomo  intimamente 
persuaso  che  l'amore  dell'utile  lavoro  fosse  il  patire  di 
ogni  virtù  pubblica  e  piivata  ,  diresse  tutta  l' influenza 
che  la  leligione  gli  dava  sugli  animi  de'  suoi  parroc- 
chiani a  generarvelo,  ed  a  fonientarvelo.  Le  penitenze 
che  egli  imponeva,  non  erano  che  opere  di  agricollnra. 
In  meno  di  un'  età  di  uomo  ha  (ormato  del  territorio 
di  Montagano  un  giardino.  Galanti  ne  ha  scritta  la  vita. 


SII 

e    dopo    una    generazione   vi   si  estingue    egualmen" 
te  :  farà  il  giro  di  tutte  le  famiglie ,  ma    non  forni  e- 
rà  mai    la  saviezza   e  la    ricchezza    di    una    nazione 
intera. 

I  più  belli  esperimenti ,  il  più  delle  volte  si  deb- 
bono al  caso  ;  ma  il  ripeterli  si  deve  alla  ragione  ; 
alla  ragione  sì  deve  il  ripeterli  molte  volte  ed  in  molti 
luoghi,  acciocché  acquistino  tutto  il  grado  di  probabi- 
lità di  cui  sono  capaci  ;  alla  ragione  il  modificar- 
li ed  adattarli  alle  varie  circostanze  de'  luoghi  e  de' 
tempi ^  onde  ottengano  quella  precisione  die  di  rado 
hanno  tra  le  illusioni ,  che  accompagnano  sempre  le  pri- 
me scoperte  .  Se  i  primi  esperimenti  rimangono  igno- 
rati,  ornai  noti  ^  essi  saranno  perduti  per  lo  progresso 
della  scienza,  o  ne  nasceranno  de'  sistemi  precoci, 
i  quali  lungi  dal  promuovere  le  verità ,  spesso  conferà 
mano  e  moltiplicano  gli  errori. 

U  agricoltura  ne'  suoi  principj  è  una  ;  ma  intan- 
to sono  mille  e  diversi  i  metodi  e  le  pratiche  che  si 
seguono  dalle  varie  nazioni  ,  dalle  varie  provincie  di 
uno  stesso  stato,  dalle  varie  terre  di  ima  stessa  pro- 
vincia ,  dalle  varie  famìglie  dì  una  stessa  terra  .  Se 
sorge  uno  scrittore  ,  per  V  ordinario  tenta  convertire 
in  precetti  generali  ciò  che  si  pratica  nella  sua  ter- 
ra ,  nella  sua  provincia  .  È  egli  sicuro  che  ciò  che  ivi 
si  pratica  convenga  a  tutti  i  siti ,  a  tutti  i  climi ,  agli 
interessi  dì  tutti  i  popoli  ?  Quindi  ,  o  non  è  ascoltato  , 
o  mal  inteso,  produce  più  male  che  bene.  Quale  uti- 
lità non  ritrarrebbero  V  agricoltura  e  tutte  le  altre  arti 
dal  conoscere  i  metodi  di  tutti  i  popoli  colti  ? 


XIII 

Affidisi  dunque  T  istruzione  delle  arti  ad  un  col- 
legio che  sia  eterno  come  deve  essere  V  industria  di 
una  nazione  \  abbia  questo  collegio  principale  de'  col- 
legi minori  in  ciascheduna  provincia ,  e  ne  sieno  come 
le  braccia  :  sieno  iscritti  in  esso  i  principali  agricoltori^ 
e  manifatturieri  di  uno  stato  ;  abbia  corrispondenza  con 
tutti  gli  altri  collegi  di  simil  natura ,  che  sono  presso  le 
altre  nazioni  colte  ,  e  cosi  noi  avremo  la  riunione  degli 
esempi  ai  precetti'^  un  istruzione  rapida  e  simultanea 
in  tutti  gli  angoli  del  regno  :  ciò  che  si  fa  in  un  an- 
golo ^  sia  buono  ,  sia  cattivo,  si  saprà  in  tutti  gli  altri 
per  imitarsi  j  o  per  ischivarsi  ;  ciò  che  si  fa  in  tutta 
V  Europa  sarà  rapidamente  comunicato  a  noi  :  i  pro- 
gressi di  un  solo  artefice  diventeranno  per  questa  via 
i  progressi  della  specie  umana. 

Sarebbe  difficilissimo  alla  diligenza  di  qualunque 
privato  procurarsi  le  notizie  di  tutta  V  Europa  :  im- 
possibile diffonderle  rapidamente  tra  gli  altri  privati . 
Di  molte  macchine  non  basta  averne  la  descrizione  ; 
convien  vederne  i  modelli:  molti  esperimenti  è  neces- 
sità vederli  ripetere  :  e  tutto  ciò  se  non  stanca  la  dili- 
genza ,  supera  però  di  molto  la  forza  di  un  uomo  solo. 
Una  delle  cure  principali  di  questo  Istituto  sarà  quel- 
lo di  ripetere  tutti  gli  sperimenti  importanti ,  e  di 
raccogliere  i  modelli  di  tutte  le  macchine  utili ,  onde 
l  istruzione  sia  completa ,  e  non  solo  si  sappia  ciò  che 
si  debba  fare ,  ma  anche ,  il  che  nella  pratica  è  impor- 
tantissimo ed  al  tempo  istesso  difficilissimo  ,  il  come 
sì  debba  fare  . 

In  fatto  di  macchine  sopratutto ,  (  è  un'osservazio- 
ne 


XIV 

ne  che  ha  potuto  fare  cliiunqiie  conosce  la  storia  della 
meccanica  ) ,  pochissime  sono  <juelle  che  sonosi  scoperte 
per  via  di  Si>iltippo  di  principj  ;  il  maggior  mimerò 
si  deve  ad  un  impeto  naturale  d' ingegno  ,  che  prima 
di  conoscere  i  principj  ne  ha  scoperta  l'applicazione.  Se- 
guendo questa  costante  inclinazione  della  natura  ,  V os- 
servazione sulle  moltissime  macchine  riunite  insieme  nel 
Conservalorio  di  Parigi  deve  essere  più  feconda  di  tut- 
ti i  principj  di  meccatnca  analitica.  Tra  noi  questa 
raccolta  sarà  riunita  all'  Istituto ,  onde  sia  piìi  faci- 
le l  acquisto  de'  modelli ,  piìi  facile  la  diffusione. 

Cosi  questo  Istituto  istruisce  gli  artefici  commu- 
nìcando  loro  le  teorie  e  le  macchine  delle  arti,  e  nel 
tempo  istesso  perfeziona  le  arti  raccogliendo  in  un  p  un- 
to solo  j  in  un  centro  comune ,  le  osservazioni  degli 
artefici . 

Se  uno  di  questi  due  oggetti  mancasse  ,  V  istituzio- 
ne sarebbe  incompleta  ,  poiché  ne  gli  artefici  si  pos- 
sono dirigere  altrimenti  che  rendendo  loro  comuni  e 
facili  i  principj  delle  arti  ;  né  queste  si  possono  pet^- 
fezionare  se  non  moltiplicando  e  raccogliendo  le  os- 
servazioni degli  artisti . 

Che  sono  mai  i  principj ,  che  formano  la  teorica' 
delle  arti?  Essi  sono  formati  dalla  ragione,  ma  sono 
risultati  astratti  de'  dati  che  ha  forniti  V  osservazione . 
L'  intelletto  s'  impossessa  di  questi  dati ,  li  paragona 
tra  loro  ,  li  classifica  ,  e  ne  estrae  delle  conseguenze 
generali ,  per  le  quali  determinandosi  i  rapporti  del- 
le cose  tra  loro ,,  vengonsi  a  fissare  i  precetti  delle 
azioni  degli  uomini  sulle   medesime. 

Ma 


XV 

Ma  queste  conseguenze  sono  sempre  in  picciol  nu- 
mero ,  incerte,  e ,  se  si  vogliono  estender  troppo  ,  di- 
ventan  perniciose  .  Sono  in  picciol  numero  ,  perchè  in 
verità  quanti  sono  i  dati  che  noi  sappiamo  a  fronte  di 
quelli  che  dovremmo  sapere  neW  infinita  immensitìi  del- 
la natura  ?  Incerte  ,  perchè  la  certezza  di  una  con- 
seguenza dell'  esperienza  è  una  probabilità  ,  la  quale  è 
sempre  in  ragione  del  numero  de'  casi  osservati,  pa- 
ragonato al  numero  de'  casi  osservabili .  Or  il  numero 
de'secondi  è  quasi  infinito ,  e  picciolissimo  è  al  contrario 
il  numero  de'  primi ,  perchè  molti  casi  non  si  ossei- 
van  sempre  y  molti  non  si  osservano  allo  stesso  mo- 
do y  le  osservazioni  ora  sì  contradicono  ,  ora  sono 
inesatte ,  e  lungi  di  apportar  luce  ,  spargono  nuova  te- 
nebria sugli  oggetti  ;  ora  finalmente  ,  ancorché  fatte  con 
esattezza  e  precisione ,  si  perdono  inutilmente,  perchè 
rimangono  ignorate  tra  le  carte  ,  e  talora  nella  stessa 
testa  dell  autore  che  le  ha  fatte  . 

Quindi  in  tutte  le  scienze  che  dir  si  posso- 
no sperimentali  quella  mancanza  di  dati  necessa- 
rj  a  poterne  dedurre  principj  certi  ;  quindi  V  insuffi- 
cienza e  T  inesattezza  dei  principj  medesimi  ;  quindi 
tra  per  la  necessitcì ,  e  per  la  naturale  inclinazione  ed 
il  naturale  bisogno  che  abbiamo  di  formare  e  di  ser- 
virci di  principj  generali  ;  tra  per  la  negligenza  che 
naturalmente  abbiamo  in  osservare  ,  si  veggono  le 
osservazioni  di  un  nomo  reputarsi  risultato  delle 
osservazioni  di  tutti  gli  uomini  ;  le  pratiche  di  alcu- 
ne età  tener  luogo  della  sapienza  del  genere  uma- 
no y  gli  usi  di  una  limitatissima  regione  confon- 
der- 


XVI 

dersi  colle  nonne  universali  di  tutta  la  terra ,  onde  poi 
ignoranza,  errori,  pregiudi zj  ,  e  la  corruzione,  o  il 
lento  progresso  delle  arti.  Stabilito  una  volta  un  pre- 
giudizio o  un  errore  ,  T  ingegno  umano  per  sua  na- 
turale indole  si  ostina  a  sostenerlo  ,  ed  associa  le  sue 
idee  tanto  ampiamente  e  tanto  stranamente ,  che  per 
distruggerlo  ,  invece  di  un  errore  ,  è  necessità  comhat~ 
terne  mille  ,  tra  i  quali  molti  tanto  più  forti ,  quanto 
che,  avendo  tutto  il  loro  fondamento  non  già  nella  natura 
delle  cose  ,  ma  nelle  immaginazioni  degli  uomini ,  è  sem- 
pre difficilissimo  richiamar  costoro  al  giudizio  de' sensi  e 
trovare  un  fatto  che  smentisca  le  loro  opinioni  .  Chi 
crederebbe  ,  per  esempio  ,  che  un  popolo ,  che  con  ra- 
gione si  venera  come  maestro  in  agricoltura ,  avesse 
limitato  i  suoi  tentativi  in  far  nuovi  innesti ,  perchè  gli 
Dei  aveano  coi  fulmini  riprovata  tale  audacia  (i)-'* 
Funesto  esempio  di  ciò  che  può  lo  spirito  umano  una 
volta  traviato  dal  retto  sentiero,  e  norma  ai  sapienti  per 
ricondurvelo  incominciando  sempre  dall'  osservazione! 
Riportare  continuamente  gli  uomini  all'  osserva- 
zione è  il  modo  più  sicuro  per  allontanarli  dagli  er- 
rori ;  è  il  modo  più  efficace  d'  insegnar  loro  ciò  che 
è  utile  .  Ne  altra  è  la  ragione  per  la  quale  ne'  secoli 
barbari  sono  nate  tutte  le  arti  ,  ed  han  fatti  molto 
più  grandi  progressi  che  ne'  secoli  colti.  A  que' secoli 
che  noi  chiamiamo  barbari  dobbiamo  di  fatti  l'invenzione 
della  carta  ,  della  bussola ,  della  majolica  ,  de'molini  a 

ven- 

(i)  Plin.  tit.  9. 


XVI  I 

vento  ec.  Ne'  secoli  colti  abbiamo  certamente  perfezio- 
nate tali  invenzioni  ;  ma  quanto  si  paragona  il  cam- 
mino che  lo  spirito  umano  ha  dovuto  correre  dalla  igno- 
ranza all'  invenzione  ,  oh  di  guanto  esso  è  maggiore 
di  quello  che  rimaneva  a  fare  dal  punto  dell'  invenzio- 
ne a  quello  dell'  attuale  perfezionamento  !  Ma  i  po- 
poli ancora  barbari  ^  simili  ai  giovinetti  ^  osservano 
più  de'  vecchi  :  questi  ragionano  ,  e  la  ragione  è  più 
fatta  per  perfezionare ,  che  per  inventare .  La  ragio- 
ne paragona ,  classifica ,  ordina  i  dati;  la  sola  osser- 
vazione però  li  somministra  . 

Gli  antichi ,  dice  V  Alambert ,  osservavano  più 
di  noi ,  e  meglio  di  noi ,  perchè  osservavano  con  più 
diligenza  ed  assiduità  . 

Noi  vinciamo  gli  antichi  neW  arte  di  sperimenta- 
re .  Ma  T  esperienza  suppone  sempre  la  precedente  os- 
servazione ',  e  spesso  sarebbe  superflua  se  si  fosse  be- 
ne osservato  ;  perchè  spesso  quella  verità  che  ricer- 
chiamo con  lunghe  e  sottilissime  induzioni ,  era  sotto  i 
nostri  occhi  ^  e  noi  abbiam  trascurato  vederla  .  Tut- 
to è  così  strettamente  connesso  nelV  universo  ,  che  una 
semplice  ma  abbondante  collezione  di  fatti  basta  sola 
a  far  progredire  rapidamente  le  nostre  scienze  ;  ed  il 
render  questa  collezione  di  fatti  quanto  più  si  possa 
completa ,  deve  essere  il  primo  scopo  di  ogni  ben  or- 
dinata istruzione  .  Il  numero  moltiplicato  delle  osser- 
vazioni e'  insegnerà  nuove  esperienze  a  tentare  ,  e 
nuove  verità  a  scoprire. 

Ma  che  s' intenderà  mai  quando  si  parla  della 
necessità  di  moltiplicar  le  osservazioni  ?  Mancano  es- 

c  se 


XVI  li 

se  forse  ?  Ogni  nomo  è  inclinato  ad  osservare  per  na- 
tura ;  ogni  artefice  è  costretto  ad  osservar  per  neces- 
sità .  Moltiplicar  dunque  le  osservazioni ,  non  vuol 
dir  altro  che  raccoglier  quelle  che  o  n-ituralmente ,  o 
per  necessità  gli  uomini  tutto  giorno  van.  facendo  ,  e 
che  si  perdono . 

Si  dice ,  che  hi  p'à  bella  opera  prodotta  dalle 
osservazioni  degli  antichi ,  gli  aforis'ni  d' Ippocra- 
te ,  sia  il  risultato  delle  osservazioni  di  molti  uoinini, 
e  di  molli  secoli  depositate  in  un  tenypiu.  Mollivlicare  le 
osservazioni  non  è  altro  che  /  ìaprire  un  tempio  ,  dove 
si  possono  depositare  quelle  che  gli  uomini  fanno  ,  e 
che  oggi  inutilmente  si  perdono ,  e  dare  a^li  uomini 
degli  stimoli  a  depositarvi  quelle  che  han  fatte . 

Ma  noi  possiam  fare  più  degli  antichi  ;  noi 
dohbiam  far  si  che  le  osservazioni  nostre  sitano  an- 
che più  numerose  e  più  esatte  ;  piìi  numerose ,  per- 
chè pili  estesa  è  a  tempi  nostri  la  civiltà  e  Y  istru- 
zione ,  più  facili  le  comunicazioni  tra  i  varj  popoli . 
Gli  antichi ,  olire  degli  ostacoli  politici  e  religio- 
si,  che  tali  comunicazioni  o  impedivano ,  o  rendevano 
difficili  y  imo  grandissimo  ne  aveano  nella  mancanza 
di  una  lingua  tecnica  per  ogni  scienza  ;  lingua  che 
fosse  comune  a  tutti  i  popoli ,  lingua  che  sola  può 
far  si  che  T  osservazione  fatta  in  un  luogo  s'  intenda 
in  un  altro  .  Chiunque  è  versato  nello  studio  degli  an- 
tichi scrittori  sa  quanta  difficoltcì  s'  incontra  ad  ogni 
passo  ,  per  ridurre  lui  osservazione  di  Teofrasto  all' 
unisono  di  un  altra  di  Plinio  .  Noi  V  abbiamo  questa 
lingua  y  essa  si  va  di  giorno  in  giorno  perfezionando  , 

ed 


XIX 

ed  è  uno  de'  più  grandi  mezzi  che  Y  Europa  abbia  per 
accrescerle  la  civiltà,  e  perfezionare  le  sue  scienze  . 

Noi  possiamo  avere  osservazioni  più  esatte  ,  per- 
chè possiamo  regolarle  ;  il  che  non  credo  che  gli 
antichi  abbìan  mai  fatto  ,  ed  è  divede  credere  die 
abbian  potuto  fare  ,  almeno  in  grande  ,  nella  man' 
canza  in  cui  erano  di  ima  lingua  tecnica  .  E  le  os- 
servazioni non  sono  mai  veramente  utili  j  se  non  sono 
ben  dirette  j  imperciocché  essendo  necessario  ,  per  aver 
buone  osservazioni ,  che  esse  sien  fatte  per  lungo  tem- 
po ,  in  molti  luoghi,  da  ìnoltissimi  uomini,  è  impos- 
sibile che  ciò  si  ottenga,  senza  che  i  molti  nominine' 
varj  luoghi ,  e  ne'  varj  tempi  non  osservino  con  una  nor- 
ma comune  .  Senza  questa  norma ,  ciò  che  si  osser- 
verà in  un  luogo  sarà  trascurato  in  un  altro  ;  mol- 
te osservazioni  saranno  superflue  ,  molte  mancanti , 
moltissime  inesatte ,  tutte  incomplete  . 

jyoi  dunque  possiamo  far  più  cammino  degli  an- 
tichi ,  ma  questi  erano  sulla  buona  strada  ;  ritonùa- 
mo  sul  loro  sentiero,  e  coi  mezzi  che  abbiamo,  otter- 
remo effetti  maggiori  . 

L'  Istituto  dirigerà  le  osservazioni  prima  che  si 
facciano  ,  le  raccoglierà  ,  le  paragonerà  quando  son 
fatte  :  i  risultati  saranno  più  certi  e  più  esalti ,  perchè 
il  numero  delle  osservazioni  sarà  stato  maggiore  ;  da 
questi  risìdtati  nasceranno  le  indicazioni  di  nuove  os- 
servazioni ;  ed  i  progressi  delle  scienze  saranno  si- 
mili a  quelli  di  un  viaggiatore ,  il  quale  quanto  più  Ita 
veduto  ,  tanto  piii  conosce  che  gli  rimane  a  vedere  . 

Né  questi  progressi  saranno  limitati  alle  sole  àr- 

C    2  ti, 


ti ,  ma  ne  trarranno  profitto  anche  le  scienze  ,  dalle 
quali  tali  arti  dipendono  ;  perchè  mentre  queste  som-^ 
ministrano  alle  arti  i  loro  principj  ,  ne  ricevertmno  le 
osservazioni .  Chiunque  vuol  separare  le  une  dall'altre, 
tende  a  rendere  o  le  arti  barbare  ,  o  le  scienze  pom-^ 
posamente  inutili .  Chiunque  conosce  la  storia  della 
filosofia ,  deve  confessare  che  i  progressi  delle  scien- 
ze fisiche  sono  stati  effetto  del  progresso  delle  arti  , 
e  delV  unione  che  si  è  stabilita  tra  loro  :  le  arti  han- 
no sbandite  dalle  scienze  lo  spirito  dì  sistema  ,  sog- 
gettando i  principj  sistematici  all'  esperienza  che  gli 
ha  smentiti  /  le  arti  han  somministrate  alle  scien^ 
ze  le  pili  esatte  osservazioni ,  perchè  non  vi  è ,  ne 
può  esservi  mai  migliore  osservatore  di  colui  che 
agisce . 

LéC  arti  non  altro  sono  che  V  applicazione  delle 
forze  dell'  uomo  ai  materiali  che  somministra  la  natu- 
ra. Tra  le  scienze  ,  la  storia  naturale  è  quella  ,  che  in- 
dica questi  materiali:  le  matematiche  calcolano  e  di- 
riggono  le  forze  :  la  Chimica  ,  analizzando  i  corpi  , 
ora  accresce  i  materiali  delle  arti ,  facendo  trovare  in 
molti  corpi  quelli  che  prima  eran  visibili  in  pochi  ;  ora 
accresce  le  forze  dell'  uomo  ,  insegnandogli  ad  unire  e 
separare  quegli  esseri  ,  che  resisterebbero  all'  azione 
dei  soli  mezzi  meccanici  :  la  fisica  ,  scienza  che  nello 
stato  attuale  delle  nostre  cognizioni  si  può  dire  di  es- 
ser rimasta  indeterminata  ,  e  che  forse  non  potrà  aver 
giammai  un  significato  eguale  all'  ampiezza  del  suo 
nome  ,  senza  che  usurpi  ciò  che  a  molte  altre  scienze 
è  stato  concesso ,  la  fisica ,  o  applica  a  taluni  corpi 

par- 


XXI 

particolari  le  verità  della  matematica ,  o  calcola  le 
azioni  di  alcuni  grandi  agenti  della  natura  ,  quando 
operano  non  già  analizzati  dal  chimico  ,  ma  in  mas- 
sa ,  e  quali  sono  nel  loro  stato  naturale  .  A  questa 
parte  della  fìsica  appartiene  la  meteorologìa ,  scienza 
che  forse  taluno  crede  non  esìstere  sol  perchè  le  si  è 
prestata  troppa  fede  nei  secoli ,  che  noi  crediamo  me- 
no culti  del  nostro  ,  ma  di  cui  non  si  può  negare  la 
possibilità  ,  se  prima  non  precedano  le  osservazioni , 
almeno  di  due  altri  secoli . 

jfe'  applicazione  di  tutte  queste  scienze  a  conosce- 
re e  descrii'ere  il  paese  che  noi  abitiamo  ,  deve  esse- 
re la  cura  principale  di  un  istituto  addetto  principal- 
mente a  promuovere  V  industria  nazionale  .  Quest'  ap- 
plicazione è  quella  che  si  può  chiamare  Statistica  , 
parte  delle  nostre  cognizioni ,  a  cui  pare  che  ancor 
si  disputi  qual  posto  se  le  debba  assegnare  . 

Alcuni  credono  che  essa  non  sia  diversa  dalla 
geografìa ,  prendendola  nel  suo  più  ampio  significa- 
to di  fisica  ,  istorìca  ,  politica  ,  e  commerciale  .  Ma 
anche  in  questa  ipotesi  la  statistica  non  darebbe  che 
piccolo  ajuto  all'  econotnia  pubblica  di  un  regno  ,  per- 
chè non  indicherebbe  quasi  mai  lo  stato  attuale  delle 
cose  ,  che  è  quello  dal  quale  gli  uomini  ed  i  governi 
debbon  prender  la  norma  delle  loro  operazioni.  Tutto 
cangia  ,  e  la  descrizione  di  ciò  che  fu  ieri  ,  non  è  nor- 
ma sicura  per  ciò  che  si  deve  far  oggi  .  Converrebbe 
fare  una  geografia  ,  fisica  ,  istorìca  ,  politica  ,  com- 
merciale in  ogni  anno  y  e  per  /'  imjiossibìlìtà  di  poterla 
fare ,  convien  confessare  che  tutte  le  opere  di  statistica 

avu- 


XXI  I 

afute  Jìnora  non  hanno  prodotto  neW  economia  pubbli- 
ca quei  buoni  effetti ,  che  i  loro  autori  se  ne  promet- 
tevano . 

Tra  gli  oggetti  della  Statistica  ve  ne  sono  dei 
permanenti ,  e  di  quelli  eh*;  cangiano  sempre.  I  pri- 
mi bisogna  osservarli  diligentemente  ,  ma  niun  uo- 
mo può  lusingarsi  di  osservar  tutto  egli  solo  nel  più 
piccolo  angolo  della  terra .  I  secondi  bisogna  osser- 
varli sempre  :  le  cose  cangiano  con  certe  leggi ,  che 
importa  conoscere  y  e  queste  ,  non  ci  scuoprono  se 
non  a  forza  di  osservazioni  continue ,  non  sopra  i 
risultati  de'  cangiamenti  ma  sopra  i  cangiamenti  me- 
desimi . 

Alcuni  han  confusa  la  statistica  coli'  aritmetica 
politica ,  sol  perchè  uno  de'  primi  che  tra  i  moderni 
si  occupò  di  qualche  soggetto  di  statistica  volle  dare 
alle  sue  ricerche  questo  nome ,  confondendo  le  cogni- 
zioni aritmetiche  che  gli  servivan  d'  istrumento  ,  col- 
le verità  economiche  che  n  erano  il  risultato.  A  que- 
sto modo  non  vi  è  parte  delle  nostre  cognizioni ,  la 
quale  non  possa  meritare  il  nome  di  aritmetica  , 
perchè  poche  ve  ne  sono  nelle  quali  il  calcolo  non 
sia  un  istrumento  necessario ,  almeno  principale  . 

Alcuni  vorrebbero  separare  la  statistica  dalla 
storia.  Tale  è  V  opinione  dell'Inglese  Plaifair  ,  il  qua- 
le ha  ridotta  la  statistica  ad  esser  una  miniatura  per 
donne ,  o  per  fanciulli .  Di  fatti  una  statìstica  per 
donne  e  per  fanciulli ,  che  bisogno  ha  della  storia  ?  Es- 
sa né  deve  analizzare  le  cagioni  de' mali ,  né  incari- 
carsi de'  rimedj .  Ma  tostocchè  si  hanno  in  mira  que- 
sti 


XXI  1  I 

stì  dite  oggetti ,  non  s'  intende  come  si  possano  conse- 
guire senza  storia  ,  la  quale  sola  può  farci  ben  cono- 
scere lo  stato  attuale  delle  cose ,  ed  insegnarci  ciò  che 
convenga  fare  per  migliorarlo  .  Per  conoscer  bene  lo 
stato  attuale  ,  non  haxta  sapere  qual    esso    sia  :  sic- 
come nulla    è   permanente    di  quanto   è  sotto    il    so- 
le,  cosi  quello  ituto  si  dirà  prospero^    il  quale  ^    sia 
pur  quanto  si  voglia  picciolo  ,  progredisce  verso  l'au- 
menlo  ;  quello  si  dirà  cattivo  ,  il  quale  ,  sia  pur  quan- 
to si  voglia  grande  ,  va  verso    la    diminuzione  .    La 
sola  storia  riunita  alla  statistica  può  darci  questo  pa- 
ragone ,  tanto  necessario  tra  ciò  che  è  stato  ,  e  ciò  che 
è  :  la  sol»  storia  descrivendoci  V  azione  simultanea  di 
tutte'  le  nazioni ,  che  hanno  influito  sulla  felicità  nazio- 
nale ,  può  insegnarci  a  calcolare  l'influenza  di  ciascu- 
na :  la  sola  storia  ,  mostrandoci  ciò  che  si  faceva  quan- 
do si  faceva  bene  ,  può  insegnarci  a    non  far  male  . 
Senza  saper  quello  che  si  è  fatto  j  di  rado   si  può  sa- 
pere ciò  che  si  ha  a  fare  . 

Quando  la  storia  applicata  all'  industria  naziona- 
le fosse  inutile  a  tutto  il  rimanente  deW Europa ,  non 
lo  sarebbe  per  noi.  La  terra  che  abitiamo  è  an- 
tica ;  i  popoli  che  T  han  coltivata  sono  grandi;  né 
della  loro  grandezza  è  pervenuta  a  noi  una  fama  in- 
certa ed  oscura  come  dell  Etruria ,  e  dell'Egitto  ,  nomi 
grandi  per  f  ammirazione  de'  posteri  ,  inutili  per  la 
nostra  istruzione  y  ma  ne  son  pervenute  a  noi  le  me- 
morie di  ciò  che  facevano  ,  ed  esistono  gli  avanzi  di 
Ciò  che  han  fatto  . 


Gli 


XVIV 

Gli  antichi  coltivarono  in  queste  nostre  regioni 
quasi  settanta  specie  di  viti ,  e  ne  traevano  quasi  al- 
trettante specie  di  squisiti  vini .  Molti  di  questi  sono 
rimasti  quasi  illustri  nomi  di  mitologia  .  Tale  si  può 
dir  che  sia  il  Falerno  y  la  regione  che  lo  produceva 
non  dà  ora ,  siccome  dice  Metastasio  ,  che  vino  da 
galeotti  ;  pure  la  vite  arainea  in  quella  regione  esi- 
ste ancora  :  io  V  ho  riconosciuta  quale  la  descrive 
Plinio  ,  ed  il  vino  di  questa  vite  fatto  con  cura  ,  e 
serbato  per  qualche  anno ,  ha  mollo  dell'  austero  e 
del  flavo  di  quel  vino,  a  cui  dovea  gran  parte  del  suo 
estro  il  poeta  filosofò  di  Venosa . 

Sarebbe  utilissimo  sulle  nostre  viti  un  lavoro  egua- 
le a  quello  che  il  Sìg.  Presta  ci  ha  dato  sugli  ulivi  ; 
lavoro  a  cui  niuna  altra  nazione  può  controporne  uno 
eguale  ,  ma  lavoro  che  non  si  può  sperare  ,  se  non 
ripigliando  tutte  le  idee  degli  antichi ,  ed  aggiugnen- 
do  all'  esperienza  nostra  i  due  mila  anni  dell'  espe- 
rienza loro  . 

In  quante  pratiche  di  agricoltura  noi  ci  siamo 
allontanati  dal  vero ,  sol  perchè  non  abbiavi  voluto 
seguire  i  nostri  antichi  ?  //  libro  veramente  classico 
di  Tanoja  sulle  api ,  lo  dimostra  ad  evidenza.  Tutti  i 
prodigi  narrati  intorno  questo  utilissimo  insetto  sono 
svaniti  :  sono  svanite  tutte  le  quasi  superstizioni ,  che 
si  praticavano  nella  di  lui  cura  :  le  semplicissime  pra-i^ 
iiche  de'  nostri  antichi  Ajmli  tramandateci  per  cenni  da 
Varrone  e  da  Aristotile ,  si  son  trovate  esser  al  tempo 
istesso  le  più  ragionevoli ,  le  più  facili ,  le  più  utili  . 
IVoi  interrogavamo   gli  altri  per  saper  ciò  che    si  do- 

ves- 


XXV 

vesse  fare ,    ed  i  nostri  padri    lo  facevano   da    molti 
secoli . 

Oserò    io  esporre    un  mio  pensiero ,    con    quella 
C  ircospezione   però    che    si  conviene    in    un    sofgeCo 
tanto  dubbio  ,  e  di  tanta  gravezza  ?  Oggi  tutta  l  Eu- 
ropa crede  ,  e  crediamo  anche  noi ,  che  V  introduzione 
de'  merinos  sia  L'  unico  mezzo  di  restaurare    le  dege- 
neri razze  delle  nostre  pecore .  lo  non  mi  opporrò  a 
questa  idea ,    ma  non    mi  sarà  permesso    di  fare  os- 
servare ,  che  a  tempo    di  Plinio  ,    e  di  Coliiniella    le 
nostre  Ione  eran  superiori  di  molto    a  quelle    di  Spa- 
gna?   Queste  venivano    non  solamente    dopo    le  lane 
Tareiitine  ,   ma  anche    dopo  quelle  di  PoUentia .    Col 
tempo    il  pregio   delle    lane  nostre    decadde ,    perchè 
diminuì    colla  barbarie    la  cura  diligentissiina    che    si 
avea  delle  pecore  ai  tempi  di  Plinio.  Alfonso  di  Ara- 
gona trovò  la  nostra  pastorizia  quasi  interamente   di- 
strutta ,    e  volle  rigenerarla .    Si  poteva    allora    pro- 
porre   un   problema  :    sarei   meglio  rinnovar   le   razze 
degli  animali  ,  o  ripristinare  V  antica  industria    degli 
uoìnini  ?    Jo  non  so  ,    se  il  problema  si  propose  :    so 
che  fu  adottato   il   primo    metodo  ,    come  quello    che 
era   piii  facile ,    piii  analogo    al  modo    di  pensare  di 
un    re  aragonese ,    il  quale  dovea    esser  intimamente 
persuaso  ,    che   le  pecore    della    terra   conquistatrice 
fosser  naturalmente  migliori  delle  pecore    della  terra 
conquistata  .    Allora  quasi  tutte  le  nostre    pecore  di- 
vennero Spagnuole  ;  ma   ritornarono  perciò    le  nostre 
lane  ad  avere    il  pregio  ,    che    aveano  all'  etcì  di  Pli- 
nio ?    Noi  dunque  abbiamo  avute  lane  eccellentissime 

D  dui- 


XXVI 

dalle  nostre  pecore  indigene  ;  ed  abbiamo  lane  medìo^ 
cri  didie  Spaglinole:  io  non  disputerò  del  mellito  di 
queste ,  ma  avrà  torto  chi  sosterrà  che  a  migliorar  le 
nostre  lane,  piìi  che  la j-innovazione  delle  razze ^  deb- 
ba influire  la  rìpristinazione  dell'  antica  diligenza  ?  E 
sarà  condannabile  chi  ripigliando  V  antica  industria 
si  lusingherà  di  vincere  anche  le  lane  Spagnuole  ? 

Jo  non  fa  che  indicare  tentativi  :  ma  questi  pos- 
sono essere  infiniti  ed  nidi  in  un  suolo  tanto  fertile  , 
in  un  cielo  tanto  vario ,  quanto  il  nostro  ,  e  di  que- 
sti tentativi  gran  parte  ne  lian  fatti  i  nostri  pred  e- 
cessori .  Perchè  perdere  il  frutto  della  loro  esperien- 
za? Se  ,  come  dice  Cicerone  di  ogni  altra  storia , 
Y  ignorare  ciò  che  sì  è  fatto  prima  di  noi  è  lo  stesso 
eh'  esser  sempre  fanciullo  ,  noi  possiam  dire  della  no- 
stra ,  che  il  saperla  basta  quasi  solo  a  farci  grandi . 

Altri  han  confusa  la  statistica  coli'  economia  pO' 
litica ,  la  quale  a  ben  intenderla ,  non  ne  deve  essere 
che  il  risultato  ;  e  V  averla  preceduta  ,  ha  prodotto 
gli  stessi  mali ,  che  ha  prodotto  in  fisica  la  smania 
di  aver  voluto  stabilire  de'  sistemi  generali ,  prima  di 
aver  raccolto  un  numero  sufficiente  di  osservazioni . 
Quindi  lo  stato  attuale  di  quella  scienza,  che  si  chia- 
ma economia  politica  è  tale ,  che ,  tranne  alcune  po^ 
che  verità  che  dir  si  potrebbero  di  senso  comune ,  il 
dìppiiì  non  è  che  un  composto  di  sistemi  contraddite 
torj ,  o  esagerati  a  segno  ,  che  quando  si  vogliono  ap- 
plicare alla  pratica  ,  o  non  riescono  ,  o  hanno  biso^ 
gno  di  tante  modificazioni  ,  che  a  forza  di  eccezioni, 
'SÌ  distrugge  la  regola  .  Lo  dirò  io  ?  U  economia  po^ 

liti- 


XXVI I 

litica  non  esiste  ancora  ;  e  quella  che  deve  esistere 
non  si  può  sperare  ,  se  non  dall'  attenta  osservazione 
de' fatti ,  la  quale  non  si  può  ripetere  che  dalla  sta- 
tistica . 

Da  tutto  ciò  che  ho  detto  risulta  una  proposizio- 
ne ,    la  quale  forse  sembrerà    un  paradosso ,   ma  che 
io  credo  vera  /   cioè  che  la  statistica    è  una   scienza 
sperimentale,  utilissima  j  necessaria  ,  ma  che  ancora 
non  esiste.  Io  credo j  'che  da  quello    che  ho  detto  sì 
sciolga    il  problema  agitato    tra  molti  eruditi ,    se   di 
essa  ne  avessero ,    o  nò  conoscenza   gli  antichi.    La 
risposta  è  semplice  :  gli  antichi  aveano  descrizioni  di 
stati  ;   perchè  senza  averne  non  avrebbero  potuto  essi 
governarli:    ne  doveano  averne  delle  molte  più  detta~ 
gliate  di  quelle  che  i  geografi  han  tramandale   a  noi, 
per  la  ragione ,    che  con  il  solo  ajuto  di  queste ,  non 
si  potrebbe  governare  .    Tale   dovea  essere    il  famoso 
me  moriale  di  angusto ,  che  Tiberio  recitò  al  Senato; 
ma  tutte  queste  descrizioni  non  erano  slaùsùca  .,  scien- 
za per  cosi  dire  perpetua  ,  che  per  soddisfare  alt  og- 
getto a  cui  è  destinata  si  può  dire  che  non  sia  mila 
ancora . 

La  statistica  non  può  esser  F  opera  di  un  uomo 
solo  .  £  questa  una  verità,  che  quasi  tutti  i  Gover- 
ni han  compresa .  Né  l'  attività ,  né  la  vita  di  un  uo- 
mo ,  sono  sufficienti  a  conoscere  e  descriver  tutto . 
La  statistica  deve  esser  opera  di  uii  collegio  perma- 
nente per  molti  secoli ,  perchè  di  molti  secoli  di  os- 
servazioni sempre  imiformi  essa  abbisogna ,  per  poter 
prendere  abito  ,  ed  utilità  di  scienza  .   In  Francia  vi 

D  2  è  un 


XXVI I r 

è  un  officio  addetto  alla  statistica  dell'  Impero  y  vi  è 
una  società  di  dotti  che  si  occupa  dello  stesso  ogget- 
to .'  nel  nostro  regno  la  cura  della  statistica  è  data 
a  questo  istesso  corpo ,  il  quale  è  incaricato  de'  pro- 
gressi deli  industria  nazionale  . 

La  statistica  è  una  scienza,  la  quale  ha  bisogna 
dell  opera  di  molte  altre  scienze ,  e  tende  alla  perfe- 
zione di  tutte  .  Ha  bisogno  di  molte  scienze  ,    perchè 
è  fondata  sulle  ossen>azioni ,  le  quali    non  sono    che 
interrogazioni  ,    che  noi  facciamo    alla  natura  ;    ed  il 
S:ipere  interrogare  ,  come  diceva  Socrate ,    è  già  una 
scienza.  Di  fatti  ,  noi  dobbiamo  alle  matematiche ,  al- 
la fisica ,  ed  alla  chimica  la  precisicme   e  l  esattezza 
di  alcune  descrizioni  de'  moderni  su  quelle    degli  an~ 
tichi  .   La  descrizione  di  un  terreno  fatta  dagli  anti- 
chi è  sempre  indefinita ,  e  di  rado  dà-  norme  utili  al- 
la pratica  ;  fatta  da  un  moderno  coi  metodi  che  som- 
ministra la  chimica  ,  mentre  è  precisa ,     e  insegna  il 
modo    di  migliorarlo  ,    di  renderlo    più  opportuno    ai 
nostri  bisogni. 

Molte  scienze  dunque  debbono  somministrare  le 
interrogazioni  alla  statistica  ,  ma  le  risposte  che  que- 
sta raccoglie  possono  servire  alla  perfezione  di  non 
poche  delle  scienze  medesime  ,  che  han  som,mi  ni  stra- 
le le  interrogazioni  .  Io  non  parlerò  dell'  economia 
politica  :  essa  non  esiste  ancora  ,  né  esisterà  senza 
■  statistica  .  Ma  la  geografìa  fìsica ,  e  la  geologia , 
di  quanti  fatti  non  si  potranno  esse  arricchire ,  se  si 
osserverà  costantemente  per  molti  anni  sopra  i  varj 
punti    della  superficie    della    terra  ?    Qua  li  progressi 

non 


XXIX 

non  può  sperarne  la  meteorologìa  .^  scienza  la  quale  , 
come  da  molti  è  stato  ben  ovi^eitito ,  non  può  trarre 
i  suoi  dati ,  se  non  da  osservazioni  fatte  in  grande  ,■ 
e  sopra  vasti  spazj  di  terreno  ?  Allora  si  potrii  cal- 
colare quanto  itifiniscano  sulle  vicende  dell'  atmosfe- 
ra l'azione  de' corpi  celesti,  prima  cagione  delle  me-' 
desime ,  e  le  elevazioni  de^  siti ,  e  le  varie  direzioni 
de'  monti ,  e  la  diversa  vegetazione ,  e  tante  altre  ca- 
gioni ,  le  quali ,  perchè  ancora  mal  note ,  non  pos- 
sono finora  ben  diffinìrsi  ,  ma  che  intanto  ,  non  ces- 
sando di  agire  ,  e  turbando  T  effetto  delle  cagioni 
principali ,  fanno  si ,  che  si  corra  ai  due  estremi  ,  o 
di  dar  troppo ,  o  di  non  dar  nulla  di  fede  ad  una 
scienza,  che  è  molto  importante  pel  ben  essere  de  IT 
umanità  ,  e  che  in  conseguenza  non  deve  rimaner 
neir  incertezza .  Senza  meteorologia  noi  descriviamo 
il  clima  di  un  paese  colla  slessa  inesattezza ,  colla 
quale  ,  senza  storia  naturale  ,  e  senza  chimica  ,  de- 
scriviamo il  suolo  . 

Qual  altro  vantaggio  possono  ricevere  dalla  sta- 
tistica tutte  le  scienze  ,  che  riguardano  la  salute  degli 
liotnini ,  e  degli  animali  ?  La  vita  è  uno  stato  forzo- 
so,  e  tre  quarti  della  medesima  dipende  dagli  esseri 
che  mi  circondano  \:  essi  modificano  le  azioni  della 
natura  nelV  uomo  sano  ,  modificano  V  azione  delle  mc' 
decine  nelV  infermo  y  le  malattie  prendono  il  carattere 
del  clima ,  e  secondo  il  clima  cangiano  gli  effetti 
delle  medicine  .  Abbiamo  noi  raccolto  tutte  queste  os- 
servazioni ,  le  abbiam  paragonate  tra  loro ,  ovvero 
senza  averle  né  raccolte ,  ne  esaminate ,  osiam  dire  , 

che 


XXX 

che  non  offrirebbero  alcun  risultato  utile  ai  pregressi 
della  scienza  salutare  ?  Poche  interrogazioni  aggiunte 
alle  ordinarie  tavole  di  popolazione  ne  accrescerebbe- 
ro di  motto  V  utilità  . 

Io  non  fo  che  indicare  alcuni  oggetti  :  chi  potreb- 
be annoverarli  tutti  ?    Ma  da  quel  poco   che   ho  det- 
to -,   si  vedrà ,  spero ,   al  tcrr.po  istesso    V  ampiezza  e 
de'  doveri  de'  socj  delV  Istituto  ,  e  de'  benejìcj  che  col- 
la sua  fondazione  il  Go vento  ha  fatti  ai  suoi  popoli. 


XXXI 

STATUTI. 


UHI  gBa  liM*** 


C  A  P.    I. 

PiSFOSIZlONI   GENBRiLI. 


I 


L  Real  Istituto  d'  Incoraggiamento  di  Napoli  avrà  tre  ordini  di 
SOC),  cioè  Ordinar],  Onorar],  e  Corrispondenti  .  Il  numero  de' pri- 
mi è  di  sessanta  ,  e  saran  divisi  in  cinque  classi  ,  come  sarà  detto 
nel  capitolo  Vili.  Gli  Onorar] ,  e  Corrispondenti  saranno  di  un  nu- 
mero  indeterminato  .  I  soli  Soc]  ordiuai-j  han  diritto  al  voto  . 

§.  .. 

Sarà  governato  da  un  Presidente ,  le  cui  funzioni  dureranno  un 
anno.  ^ 

§.  3. 

Inoltre  avrà  un  Vice-Presidente ,  il  quale  disìmpegnerà  le  fimzio- 
ni  del  Presidente  nel  caso  questi  sia  assente  ,  e  durerà  similmente 
un  anno . 

§•4. 

In  mancanza  del  Presidente ,  e  del  Vice- Presidente  ne  farà  le  v«- 
ci  il  Socio  più  anziano  in  età  . 

Vi  sarà  un  Segretario,  e  Vice-Se^etario  :  tutte  e. due  saràn  per- 
petui :  le  di  loro  incombenie  saranno  spiegate  nel  capitolo  IV. 


XXXII 

$.6. 

Avrà  un  Consiglio  di  Ainminislrazione  composto  di  tre  indivi- 
dui ,  uno  de'  quali  avrà  V  iucaiico  di  Tesoi'iere  .  Le  loro  funzioni 
dureranno   un  ajino . 

§■  7. 

Avrà  finalmente   un   Archivario  e  BiHiotecario ,    un    Commesso 
e  Custode  ,  ed  un  Usciere  . 

§•  8. 

I  soldi  de'  predetti  impiegati  sono  fissati  nel  modo    seguente  : 

Al  Segretario  ducati  venti  al  mese. 

Al  Vice-Segretario  ducati  dieci  al  mese  . 

AI  Bibliotecario  ed  Archivario   ducati  venti  al  mese. 

Al  Commesso  e  Custode  ducati  quindici  al  mese . 

All'  Usciere  ducali  otto  al  mese  , 

§•  9-     - 

Nel  caso  che  qualche  articolo  de'  presenti  stabilimenti  meritasse 
col  tempo  del  cambiamento  ,  se  ne  farà  relazione  a  Sua  Maestà . 


Nelle  deliberazioni  ordinarie  un  voto  al  di  sopra  della  metà  sa- 
rà riguardato  come  il  voto  generale  :  ma  non  si  reputerà  seduta  ac- 
cademica quella  che  non  abbia  il  numero  di    i5   Sorj. 


Il  Real  Istituto  avrà  un  locale    in    cui    vi    sia    una    sala    grande 
per    le    assemblee    pubbliche  ,  e  per    le    adunanze    accademiche  ;    una 

sa- 


I 


Xxxiu 
sala  di  lettura  ;  una  biblioteca  ;  un  gabinetto  di  maccbine ,  e  special- 
mente di  quelle  che  dovranno  introdursi  nel  Regno  ,  o  che  saranno 

di  nuova  invenzione  .    Avrà    benanche  un  Gabinetto    meteoroloyico  , 

una  Stamperia  ,  ed  uu  Elaboratorio  . 

§.    12. 

Vi  sarà  in  ogni  anno  una  sessione  pubblica  ,  ove  si  pubblicherà  il 
Tomo  degli  Atti  :  ed  ove  si  distribuiranno  i  prenij  d' incoraggiamento. 

§•  i3. 

Nelle  sessioni  economiche  dell'  Istituto  non  possono  assistervi 
che  i  soli  Socj  Ordinar)  . 

§.  i4. 

Sarà  aperta  una  soscrizione  libera  ,  ove  potranno  farsi  registra- 
re indistintamente  tutte  le  persone ,  che  vorranno  concorrere  alla 
perfezione  delle  opere    dell'  Istituto  . 

§.  i5. 

Queste  soscrizionl  si  riceveranno  presso  del  Segretario  ,  e  le 
somme  che  se  ne  ricaveranno  ,  vei-ranno  depositate  nella  cassa  del 
Tesoriere . 

§.   16. 

Si  pubblicheranno  in  tutti  gli  anni  le  liste  di  coloro  ,  clic  si 
soscriveranno  in  fine  delle  memorie  dell'  Istituto  . 

§•   »7- 

In  ogni  anno  si  renderà  un  conto  esatto  dell'  uso  in  cui  si  sarà 
impiegato  r  importo  delle  soscrizioni . 


B. 


CA- 


C   A  P.      II. 

Elezione  ,  e  modi  delle  medesime. 

§■   18. 

L'elezione  del  Presidente,   del  Vice-Presidente,  e  del  Consiglio 
di  Amministrazione  si  farà  nella  prima  sessione  di  ciascliedun  anno, 

§•   >9- 

In  questa  elezione,  in  cui  il  numero  de' voti  dev'essere  almenor 
di  ventiquattro,  ogni  Socio  scriverà  in  una  scheda  il  nome  di  quel- 
r  accademico  che  vorrà  nominare ,  e  tutte  le  schede  saranno  deposte 
in  un'urna.  Il  Presidente  nominerà  due  Squittinatori ,  i  quali  dopo 
di  aver  numerate  le  schede  ,  le  leggeranno  una  dopo  1'  altra  con  vo- 
ce alta  .  II  Presidente ,  il  Segretario ,  il  Vice-Segretario  ,  e  '1  Tesorie-- 
re  son  tenuti  a  scrivere  i  nominati  in  ciascuna  delle  schede  .  Colui 
c^e  avrà  avuto  maggior  numero  di  voti  sarà  proclamato  Presidente  , 
e  quegli  in  cui  sarà  un  numero  di  voti  prossimo  al  maggiore  sarà 
il  Vice-Presidente  .  In  parità  di  voti  deciderà  il  Presidente  . 

§.   20. 
Lo  stesso  Socio  non   potrà  essere  rieletto  . 

§•  21- 

L'elezione  del  Segretario  e  Vice-Segretario  si  farà  allo  stesso- 
modo  :  la  loro  elezione  sarà  presentata  al  Real  Trono  per  averne 
r  approvazione . 


L'  elezione  de'  Socj   Oi-dinarj   sarà  trattata  in  due  sessioni  ;   nella 
prima    essendone    stati  prevenuti    lutt'  i  Socj    Ordinar]  ,    ciascuno    di 

essi 


/ 


essi  indipendentemente  dall'  altro  produrrà  una  scheda  ,  nella  quale 
saranno  registrati  i  nomi  di  tanti  soj;gelli  creduti  degni  quanti  sa- 
ranno i  posti  \acantl  .  Tutte  le  siLide  raccolte  in  una  bussola  sa- 
ranno lette  da  due  Scnitiuatori .  11  Presidente,  il  Segretario,  il  Vi- 
ce-Segretario ,  ed  il  Tesoriere  ne  prenderanno  nota  ,  e  se  le  altre 
note  non  si  trovassero  uniformi ,  si  rileggeranno  le  scliedc ,  e  verifi- 
cate le  note  si  registreranno  que'  soggetti ,  su  i  quali  saranno  con- 
corsi almeno  tre  voti  ,  formandosi  la  lista  de'  candidati .  Questa  lista 
sarà  passata  alla  classe  cui  appartiene  il  posto  vacante  .  ^ 

Si  passerà  quindi  alla  bussola  il  nome  di  colui ,  che  si  troverà 
notato  in  primo  luogo,  e  poi  gli  altri  secondo  il  loro  ordine.  JS'on 
dovrà  concorrei-e  meno  di  due  terzi  di  voti  inclusivi  de'  Socj  presen- 
ti :  ben  inteso  che  tutti  i  nominati  secondo  l' oi'dine  posto  dalla  clas- 
se saranno  messi  a  squittinio  avendosi  per  eletto  quello  che  riassu- 
merà il  massimo  numero  di  voti  .  Tale  elezione  sarà  presi'ntatti  al 
Real  Trono  per  riscuoterne  1'  approvazione  ,  senza  la  quale  non  po- 
trà prendersene  1'  esercizio  , 

§.  23. 

Nella  elezione  de'  Socj  Onorarj ,  e  CoiTÌspondenti  sarà  in  liber- 
tà di  ciascuno  degli  Ordinar)  di  farne  la  proposta  in  una  sessione  , 
e  questa  si  passerà  alla  considerazione  delle  rispettive  classi  ,  le  quali 
dopo  di  aver  prese  le  dovute  indagini ,  proporranno  il  Soggetto  per 
lo  squittinio ,  e  la  maggioranza  de'  voti  deciderà  dell"  ammissione ,  o 
dell'  esclusione  . 

C  A  P.     III. 

DSLLE    FDWZIONI    DEL    PRESIDENTE  ,    B    DEL    VlCE-PnESlDENTE.  . 

Il  Presidente  reggerà  le  sessioni  perchè  sieno  tenute  con   ordine 
«  regolaiità. 


xsx\i 

Darà  la  parola  a  que'  Socj  che  vorranno  leggere  le  memorie ,  o 
i  rapporti . 

§.  a6. 

Scioglierà ,  o  prolungherà  le  sessioni  secondo  il  bisogno  , 

Soscriverà  gli  atti  accademici ,  e  tutti  gli  staLUimenti ,  relazioni , 
e  rapporti ,  che  si  manderanno  al  Re ,  o  a'  suoi  Ministri  . 

§.  a8. 

Spedirà  ,  e  soscriverà  i  brevetti ,  e  le  patenti . 

§•  29- 

Convocherà  le  assemblee  straordinarie ,  e  stabilirà  i  cambiamenti 
de'  giorni  delle  periodiche  . 

§.  3c. 

Sarà  Presidente  nato  di  tutte  le  deputazioni  che  potranno  esse- 
re inviate  dall'  Istituto  al  Re ,  o  a'  suoi  Ministri . 

§.  3u 

Designerà,  alla  semplice  deliberazione  dell'assemblea  ,  i  Socj  che 
dovranno  comporre  la  Deputazione,  o  qualunque  Commessione  che 
recar  debbasi  alla  presenza  del  Re ,  o   de'  suoi  Ministri . 

§.     32. 

Rimetterà  alle  rispettive  classi  le  materie  ,  ordinandone  anche- 
l'unione,  nel  caso  che  il  bisogno  lo  richiedesse.  GAP. 


XXX  vu 
GAP.     IV. 

Del  Segretario  Perpetuo  ,  e  Vice-Segretario  . 

§.  33. 

Il  Segretario  perpetuo  sarà  il  direttore  di  tutti  i  registri  acca- 
demici . 

§•   34. 

Avrà  cura  che  dall' Archivario  si  conservino  nell'Archivio  ben 
ordinato  tanto  i  registri ,  quanto  le  lettere  di  corrispondenza  ,  e  i 
manoscritti  degli  Accademici ,  e  de'  non  Accademici  che  vorranno  de- 
positarveli . 

§.  35. 

Nelle  sessioni  leggerà  gli  atti  della  sessione  precedente ,  e  li 
soscriverà  col  Presidente  ,  indi  noterà    quelli    della    sessione  attuale . 

§.  36. 

Disporrà  tutte  le  relazioni ,  e  le  lettere  ,  e  le  soscriverà  dopo  il 
Presidente .  "^ 

§•  37. 

Riceverà ,  e  metterà  in  ordine  tutte  le  memorie  che  saranno 
date  nel  corso  dell'  anno ,  e  dirigerà  la  compilazione  e  la  stampa  dei 
lavori  accademici. 

$.  38. 

Indirizzerà  i  brevetti  ,  e  patenti  delle  nomine  ,  e  gli  soscriverà 
dopo  il  Presidente  ,  e  vi  apporrà  il  suggello . 

§•   39. 

Spedirà  tutt'i  biglietti  di  avviso  delle  convocazioni  accademiche 
e  di   qualunque  altro  invito.  Q.  4o. 


§•  4o. 

Terrà  corrispondenza  con  tutti  i  Socj  sì  esteri  ,  che  nazionali 
di   qualunque  classe  essi  sieno  . 

§•  4i.  " 

Ànnnnzierà  la  morte  de'  Socj  ,  e  ne  formerà  gli  articoli  necro- 
logici . 

§•  42- 

In  caso  di  assenza  nelle  assemLIee  dell"  Istituto  sarà  rimpiazzato 
dal  Vice-Segretario  ,  U  quale  adempirà  in  sua  mancanza  tutte  ie  di 
lui  veci  ,  e  coopererà  col  medesimo  ai  lavori  accademici . 

C  A  P.     V. 

Dell'  amministrazione  . 

§.  43. 

Sarà  nominato  un  Consiglio  Amministrativo  composto  di  tre 
Socj  ,  uno  de'  quali  avrà  V  impiego  di  Tesoriere  ,   a  tenore  del  §.  6. 

§■  44- 

Il  Tesoriere  incasserà  tutte  le  somme ,  cte  s' introiteranno  per 
conto  dell'  Istituto . 

§.  45. 

Provvedere  alle  spese  ,  che  occorreranno  per  le  sessioni  ,  pei 
mobili ,  per  la  Contabilità  ,  e  per  I'  Archivio  . 

$.  io. 


xmx 

§•  46.  .     - 

Egli  non  potrà  fave  spesa  alcuna  senza  la  firma  almeno  «li  uno 
de'  (lue  Ammiuistratovi  . 

§•  47- 

Malgrado  ciò  ,  potrà  egli  fare  le  ricevute  delle  partite  che  in- 
casserà . 

$■  48. 

Li  Amministrazione  renderà  i  suoi  conti  nella  fine  dell'  anno  . 

S-  49- 

Allora  saranno  nominati  due  Censori  per  rivedere  i  conti  ,  e 
farne  i  rapporti  all'  Istituto  .  Siffatti  rapporti  esaminati  dal  Presiden- 
te ,  e  dal  Segretario  saranno  letti  all'  assemblea  , 

§.   5o. 

11  Tesoriere  riceverà  i  mensuali  appuntamenti  assegnati ,  e  da 
assegnarsi  da  S.  M.  ,  e  pagherà  tutte  le  spese  che  saranno  ordinate 
dal  Consiglio  di  Amministrazione  . 

C  A  P.     VI. 

Delle  Sessioni. 

§•   5i. 

Vi  saranno  delle  assemblee  pubbliche  ,  periodiche,  e  straordinarie. 

§•    Sa. 

Le  assemblee  periodiche  si  terranno  regolarmente  ogni  settima- 
na in  un  giorno  da  destinarsi  dallo  stesso  Istituto  .  §.53. 


§.  53. 

Le  assemblee  straordinarie  saranuo  convocate  con  biglietto  del 
Segretario  d' ordine  del  Presidente . 

§.   54. 

Per  potersi  fare  una  sessione,  il  numero  de' Socj  non  deve  es- 
sere minore  di   i5,  come  fu  detto  nel  §.    io. 

§.   55. 

Nel  principio  della  sessione  il  Presidente  domanderà  al  Segreta- 
rio perpetuo  la  lettura  degli  Atti  della  sessione  precedende  '. 

§.  56. 

Ogni  Socio  potrà  accennare  se  abbia  osservazioni  da  proporre 
su  gli  atti  suddetti  ,  e  discusse  che  saranno  ,  il  Segretario  li  dai-à  a 
registrare  nel  libro,  mentre  dura  la  sessione. 

§.   57. 

Immediatamente  dopo  il  Segretario  leggerà  gli  ordini  del  Re  , 
o  de'  suoi  Ministri ,  e  si  determineranno  alla  pluralità  de'  voti  le  ri- 
spettive risposte  da  darsi,  rimettendosi  alle  classi  quelle  materie  che 
han  bisogno  di  esame  . 

§.   58. 

Fatto  ciò  il  Presidente  annunzierà  una  dopo  1'  altra  le  cose  da 
trattarsi . 

§•   %• 

Tutti  gli  affari  dibattuti  si  metteranno  allo  squittinio  a  voti 
Segreti ,  purché  sia  reclamato  da'  Socj  . 

§•  60. 


$■  5o. 

Indi  si  leggeranno  le  memorie ,  le  quali  dovran  sempre  conte- 
nere un  soggetto  degno  dell'  occupazione  dell'  Istituto. 

§•  6i. 

I  Socj  cte  vorranno  leggere  le  loro  memorie ,  o  i  loro  rappor- 
ti ,  ne  faranno  inteso  prima  della  sessione  U  Presidente  ,  il  quale  da- 
rà r  ordine  della  lettura. 

§.  62. 

L'ultimo  atto  delle  medesime  sarà  la  soscrizione  cLe  faranno  il 
Presidente  ,  ed  il  Segretario,  degli  atti  deUa  sessione  precedente  re- 
gistrati nel  libro. 

S-  63. 

La  Sessione  non  si  scioglierà  ,  se  il  Presidente  non  ne  darà  il 
segno. 

§■  64. 

Ninno  de'  SocJ  potrà    innanzi    tempo    ritirarsi  ,  se  il  Presidente 
non  gliene  darà  il  permesso. 

§•  65. 

Sarà  preciso  obbUigo  di  ogni  Socio  Ordinario  d'Intervenire  nel- 
le unioni  periodiche  dell'Istituto,  come  anche  in  quelle  deUe  classi, 
e  la  sua  mancanza  per  otto  volte  continue  senza  legittima  scusa  da' 
prodursi  con  biglietto  al  Segretario  ,  il  quale  la  riferirà  all'  Istituto  , 
sarà  interpetrata  ,  come  una  rinuncia  al  Corpo  Accademico  ,  che  al- 
lora avrà  dritto  di  sciegliere  un  altro  Socio  in  di  lui  vece. 

«•  GAP. 


C  A  P.    VII. 

Modo  pi  votAhe. 

§.  66. 

Si  formeranno  le  tabelle  a  guisa  di  carte  da  giuoco  di  picciola 
forma  ,  sopra  le  quali  sarà  impresso  eoa  la  stampa  P.  placet  ,  o  pu- 
re N.  P.  NON  PLACET  .  A  ciascun  Socio  saran  consegnate  due  di  es- 
se ,  cioè  una  del  voto  affermativo,  e  l'altra  del  negativo  .  Ciò 'fatto 
porrà  ognuno  la  tavoletta  del  suo  voto  neir  urna ,  1"  altra  la  conser- 
verà in  un  luogo  ,  dove  non  potrà  essere  riconosciuta  ;  il  Segi-etario 
pi-enderà  T  urna  ,  e  fatta  la  separazione  delle  tavolette  negative  ,  e 
delk  affermative  ,  le  presenterà  al  Presidente,  dal  quale  numeran- 
dosi in  pubblico  ,  si  vedrà  se  v'  ba  inclusiva  ,  o  negativa  .  Ciò  per 
altro  potrà  praticarsi  colla  bussola ,    usando  le  pallette. 

GAP.  Vili. 

Delie  Classi. 

§.67. 

Avendo  per  oggetto  questo  R.  Istituto  la  floridezza  della  Nazio- 
ne poggiala  su  le  Scienze  utili ,  quali  sono  T  Economia  pubblica  e 
privata  ,  T  Agricoltura ,  e  le  Arti  che  vengono  sussidiate  dalle  Mate- 
matiche ,  dalla  Fisica  ,  dalla  Chimica  ,  dalla  Storia  naturale  ,  dalla 
Medicina ,  e  dalla  Veterenaria ,  le  sue  occupazioni  per  esser  condotte 
con  conveniente  analisi  ,  saran  distribuite  in  cinque  Classi  nel  modo 
seguente. 

1 .  Matematiche  ,  ed  Arti  che  ne  dipendono. 

2.  Fisica  ,  e  Chimica ,  ed  Arti  che  vi  han  rapporto. 

3.  Storia  naturale  con  la  sua  applicazione, 

4.  Medicina  e  Veterenaria. 

5.  Economia  civile  e  rurale. 

§.  68. 


§.  68. 

^  Ciascuna  classe  avrà  un  numero  iudcterminato  di  Socj  ,  conve- 
niente  però  alla  quantità  del  materiale.  La  loro  destinazione  sarà 
fatta  prudenzialmente  in  un  assemblea  generale. 

§.  69. 

Un  Socio  non  potrà  appartenere  a  due  classi .  Resterà  però  in 
arbitrio  di  ciascun  Socio  il  produrre  delle  memorie  su  qualunque 
materia  ,  abbeuchè  appartenente  alla  classe  non  sua. 

§.   70. 

Ciascuno  argomento  ,  o  discussione  sarà  rimessa  in  puTsblica  se- 
duta a  quella  classe  cui  sì  appartiene  ,  e  anche  a  due  e  a  più  ,  se 
la  materia  lo  esiga. 

§■  7»- 

Ciascuna  Classe  avrà  un  Presidente  ,  ed  un  Segretario ,  i  quali 
si  cambierauno  in  ogni  anno  ,  e  la  cui  elezione  non  sarà  dissimile 
dalla  esposta  nel  §.   19. 

§■   72- 

Le  Classi  avranno  le  loro  particolari  sedute  nello  stesso  locale 
del  R.  Istituto ,  e  sarau  convocate  d'  ordine  del  Presidente  della 
classe  ,  e  con  biglietto  del  Segretario  speciale. 

§.73. 

Le  discussioni  saranno  registrate  dal  Segretario  e  firmate  da 
tutti  i  componenti. 

r  a  §.  74- 


xliy 

§•  74. 

I  rapporti  saian  segnati  dal  Presidente  ,  e  dal  Segretario  ,  fatta 
che  ne  sarà  la  lettura  nella  sessione  Accademica. 

§.  75. 

Nella  riunione  di  più  classi  presederà  il  più  anziano  de'  Presi- 
denti delle  medesime ,  purché  però  non  vi  sia  il  Presidente  dell'  Isti- 
tuto, il  (juale  ha  il  dx'Mo  d'intervenire  ,  e  di  votare  in  tutte 
le   classi . 

§•  7&- 

Ciascun  Segretario  delle  classi  potrà  aver  carteggio  co'  Socj  Cor- 
rispondenti ,  che  dipendono  dalle  medesime  . 

§•  77- 

Tutte  le  memorie  lette  ,  o  presentate  al  Real  Istituto  ,  saranno 
rimesse  alle  classi  rispettive  ,  le  quali ,  inteso  1'  Autore  nel  caso  si 
credesse  che  la  memoria  meritasse  o  cambiamenti  ,  o  dilucidazioni  ; 
e  dopo  maturo  esame  ,  ne  faranno  rapporto  all'  intiero  Istituto  acciò 
si  decidesse  se  meritino ,  o  no  d' essere  inserite  negli  atti ,  0  se  dehf- 
ba  farsene  altro  uso. 

GAP.     IX. 

Delle  memorie  da  coronarsi  per    cohcorso 

§•   78- 

Ciascuna  Classe  presenterà  in  ogni  anno  un  programma  che 
crederà  il  più  conducente  a  proporsi  per  1'  utilità  nazionale  ,  e  dal 
Real  Istituto  dovrà  essere  approvato  in  una  Sessione  generale  .   Sarà 

in- 


inoltre  umiliato  a  S.   M.  ,  affinchè  ,   vedendone    1'  impórtanra  ,  possa 
asst'gnai'vi  de'  preiaj  convenienti. 

'  §•  79- 

Ottenuto  da  S.  M.  il  permesso  ,  e  la  destinazione  de'  premj  ,  si 
renderà  puiblico  colle  stampe. 

§.  80. 

Elasso  il  tempo  prefisso ,  i  concorrenti  presenteranno  le  loro  me- 
morie al  Segretario  PerpetHO  chiuse  ,  o  aperte  a  lor  piacere ,  ma 
senza  nome  di  autori ,  e  segnate  con  un  motto  arbitrario. 


Contemporaneamente  presenteranno  una  scheda  siiggellata  ,  nella 
quale  sarà  notato  il  nome  dell'  autore ,  e  al  di  fuori  sarà  segnata 
con  lo  stesso  motto  scritto  nella  memoria  . 

§.   82. 

Le  Memorie  saranno  rimesse  alle  classi  rispettive  ,  e  le  schede 
saranno  conservate  nella  cassa  del  suggello  . 

§.  83. 

Le  classi  ,  fatto  un  severo  esame  di  tutte  le  memorie  ,  ne  fa- 
ranno in  iscritto  la  classazione  ,  che  sarà  presentata  alla  generale 
unioue  dell'  Istituto  ,  il  quale  in  un'  altra  sessione  dovrà  decidere  a 
voli  segreti  del  loro  merito  ;  e  del  premio  da  conferirsi  . 

S-  H. 

In  seguito  di  tal  rapporto  sarà  fissata  la  sessione  generale  ,  che 


rivi 

il  convoclicrà  con  due  biglietti  l'flrtiooUTÌ ,  e  specificati ,  ed  In  essa 
si  coronerà  la  memoria ,  che  più  avrà  soddisfatto  ai  programma  ,  « 
quelle  che  meritano  1'  accessit  . 

§.  85. 

Nel  tempo  che  si  frappone  tra  '1  rapporto  fatto  dalle  Classi ,  e  !a 
decisione  dell'  Istituto  ,  sarà  in  libertà  d'  ogni  Socio  d' istruirsi  del 
contenuto  si  delle  memorie  ,  che  de'  rapporti  delle  classi  ;  a  qual  ef- 
fetto si  terranno  in  Archivio  a  continua  disposizione  di  tutti  i  Socj  , 
ma  non  si  potranno  estrare  per  qualunque  causa  . 

§.  86. 

Al  momento  che  sarà  fatto  il  giudizio ,  si  apriranno  quelle  sche- 
de che  avranno  i  corrispondenti  motti  della  memoria  che  avrà  me- 
ritato il  premio  ,  e  di  quelle  che  avranno  ottenuto  1'  accessit  ,  e  si 
pubblicherà  il  nome  dell'  autore  rispettivo  ,  bruciandosi  le  altre  sche- 
de nella  stessa  pubblica  sessione . 

§•  87- 

Si  supplicherà  il  Re  tutte  le  volte  che  si  dovrà  fissare  il  giorno  , 
e  il  luogo  della  gran  sessione. 

§.  88. 

L' atto' accademico  di  ammissione  al  premio  sarà  stampato,  e 
scritto  nel  libro . 

§•  89. 

Oltre  a'premj  sopradetti,  se  saranno  presentate  al  Real  Istituto 
memorie ,  libri ,  invenzioni  ,  perfezioni  di  metodi  tecnici ,  modelli  di 
macchine ,  ed  ogni  altro  che  tendesse  ad  aumentare  la  pubblica  ilori- 

dez- 


slvli 

dezza  ,  ne    sai-à   fatto    rapporto   al   Real   Trono ,    per   implorare  un 
premio  corrispoudente. 

C  A  P.    X. 

De'  Regis'^'ri. 

§•  9°- 

Vi  saranno  quattro  registri  generali  .  Il  primo  conterrà  la  Real 
determinazione,  con  cui  fu  fondato  il  Real  Istituto  ,  i  presenti  Sta- 
tuti ,  r  elezione  de'  Socj ,  il  loro  elenco  ,  ed  ogni  altra  innovazione 
che  abbia  forza  di  statuti,  o  di  cainbiamento  de' presenti. 

§■  91- 
Il  secondo  sarà  il  registro  delle  Sessioni  generali. 

§.  62. 
11  terzo  comprenderà  le  relazioni  del  Governo. 

§•93. 

Il  quarto  sarà  il  registro  delle  lettere  che  saran  dirette  ai  Cor- 
rispondenti ,  e  ad  altri  particolari  in  nome  dell'  Istituto. 

§•  94- 

Ciascuna  classe  avrà  il  suo  registro  delle  sessioni  ,  quello  dei 
rapporti  all'  intero  Istituto  ,  e  delle  lettere  a'  Socj   Corrispondenti. 

§•  95. 

Tutti  siffatti  registri ,  terminato  1'  attuai  bisogno  ,  saranno  con- 
servati nell'  Aixhivio.  CAP. 


xlviii 

GAP.     XI. 

De'  Suggelli. 

§■  96- 

Il  Real  Istituto  avrà  due  suggelli  ,  uno  grande  pe  diplomi  di 
Socio ,  e  di  Corrispondente  ,  e  per  gli  atti  di  approvazione  ,  o  di 
coronazione  ;  T  altro  piccolo  per  le  lettei'e. 

§•97- 

Il  suggello  grande  sarà  conservato  nell'  Archivio  ,  e  chiuso  con 
due  chiavi  ,  delle  quali  una  sarà  presso  il  Presidente  ,  e  T  altra  ia 
potere  del  Segretario  Perpetuo  . 

§•  98- 

Il  grande  sarà  apposto  ove  contenga  ,  nel  tempo  d'  una  sessio- 
ne ,  negli  atti  della  quale  sarà  fatta  menzione  della  carta  che  ne  sia 
stata  munita, 

§■  99- 

Il  piccolo  sarà  presso  il  Segretario  Perpetuo  ,  per  adoperarlo 
Belle  relazioni  ,  e  nelle  lettere  scritte  a  nome  dell'  Istituto, 

GAP.     XII. 

De"  Soci  Onorari, 

§,   100. 

I  Socj  Onorarj  avranno  un  posto  nelle  assemblee  ordinarie  ,  e 
pubbliche. 


S-    101. 

Essi  potranno  essere  nominati  fra  Socj  ,    che    saranno    deputati 
al  Re  ,  o  a  suoi  Ministri. 

C  A  P.     XIII. 

De'  Soci  Cohbispondebti. 

§.   loa. 

I  Socj  Corrispondenti  che  si  troveranno  in  Napoli,  potranno  assi- 
stere in  tutte  le  assembree  periodiche ,  e  pubbliche. 

§.   io3. 

Essi  avranno  una  voce    consultiva  ,  e  potranno  fare    delle  pro- 
poste ,  e  delle  discussioni  su  tutti  gli  oggetti  delle    deliberazioni. 

Napoli  6  Novembre   i8io. 

APPROVATI. 

Firmato-GlOACCBmO  NAPOLEONE 

Per  copia  conforme 

Il  Ministro  dell'  interno 
Firmato  GIUSEPPE  ZURLO 


CA- 


h 

CATALOGO 

Dei  Signori  Ascritti  al  R.  Istituto. 


iiiicapiiiw 


Socj  Ordinarj . 

Anaantea  Cavaliere  Bruno,  P.  P.  di  Anotomla  Pratica. 

Andria  Cavaliere  Nicola  ,  P.  P.  di  Medicina  Teoretica. 

Andrai  Cavaliere  ,  Medico  di  S.  M. 

Barba  Antonio  ,  Professore  di  Fisica. 

Bianchi  Giovanni,  Medico  Direttore  dello  Spedale   di  S.  Francesco. 

Boccanera  Angelo ,  P.  P.  di  Chirurgia. 

Bonnet  Giovanni. 

Briganti  Vincenzo  ,  Professore  -di  Botanica. 

Capecelatro  Giuseppe ,  Arcivescovo  di  Taranto ,  e  Consigliere  di  Stato, 

Carelli  Cavaliere  Francesco ,  Capo  della  Seconda  Divisione  nel  Mini- 
stero dell'  Interno. 

Cagnazzi  Luca  ,  P.   P.  di  Pubblica  Economia.  ' 

Cotugno  Cavaliere  Domenico  ,  P.   P.  di  Anotoiuia. 

Costanzo  Cavaliere  ,   Colonnello  del  Real  Corpo  del  Genio. 

Conciliis  Gennaro ,  P.   P.  di  Fisica. 

Cottrau  Cavaliere  Guglielmo  ,  Ispettore  alle  riviste  della  Real  Marina. 

Coco  Cavaliere  Vincenzo  ,  Consigliere  di  Stato. 

Daniele  Cavaliere  Francesco ,  Direttore  della  Stamperia  Reale. 

Delfico  Cavaliere  Melchiorre,   Consigliere  di  Stato. 

Fazio  Giuliano  ,  Ingegniere  in  capo  de'  Ponti  e  Strade. 

Flauti  Vincenzo ,  P.  P.  di  Matematiche  Miste. 

Pergola   Nicola  ,  P.   P.  di  Matematiche  sublimi. 

Ferrara  Michele  ,  Professore  di  Chimica. 

Gagliardi  Gaetano  ,   Segretario  perpetuo. 

Gagliardo  Giovan  Battista,  Direttore    Generale   dell"  Agricoltura   dei 
Beni  della  Corona 

a     2  Giam- 


ht 

Giampaolo  Cavaliere  Paolo,  Consigliere  di  Stata. 
Guidi  Leandro ,  Professore  di  Agricoltura. 
Longo  Gabriele,  Professore  di  Chimica. 
.Macri  Saverio  ,  P.   P.   di  Storia  Naturale. 
Mansi  Cavaliere  Tito ,   Segretario  del  Consiglio  di  State. 
Melograni  Giuseppe  ,   Professore  di   Mineralogia. 
Milano  Cavaliere  Michele ,  Ciamherlano  di  S.  M. 
Monticelli  Cavaliere  Teodoro  ,  P.  P.   di  Filosofia  Morale> 
Ouorati   Nicola  ,   P.   P.   di  Agricoltura. 
Pelliccia  Alessio,  Professore  di  Diplomatica. 
Petagna  Luigi ,  Professore  di  Storia  Naturale. 
Peborde  Cavaliere ,  Chirurgo  di  S.   M. 
Pignatclli-Strongoli  Francesco  ,  Tenente  Generale  . 
Piscicelli  Cavaliere  ,  Tenente  Colonnello  del  Real    Corpo  del    Genia- 
Ramondini  Vincenzo,   P.   P.   di  Mineralogia, 
Reynier  Cavaliere  Luigi ,  Consigliere  di  Stato. 
Romano  Francesco  ,  Ingegniere  in  capo  de'  Ponti  e  Strade. 
Rosini  Cavaliei-e  Carlo  ,  Vescovo  di  Pozzuoli ,  e  Consigliere  di  Stato» 
Ruggiero  Pietro ,  Medico  Direttore  dello  Spedale  di  S.   Francesco. 
Ruggieri  Luigi ,  P.  P.  di   Meccanica. 
Savaresi  Antonio ,  Medico  Ispettore  dell'  Armata  , 
Sangiovanni  Giosuè  ,  Professore  di   Storia  Naturale. 
Sementini  Cavaliere  Antonio,  P.   P.  di  Medicina  Pratica, 
Sementini  Luigi,  P.   P.   di  Chimica. 
Semola  Mariano  ,  P.  P.  di  Logica  e  Metafisica. 
Sonni  Domenico ,  Professore  di  Matematica. 

Stellati  Vincenzo,   Professore  di  Botanica,  e  Vice  Segretario  Perpetuo. 
Stile  Cavaliere  Ignazio  ,  Ingegniere  in  capo  de'  Ponti  e  Strade. 
Tenore  Michele  ,  Direttore  del  Giardino  delle  piante. 
Venanson  Flamminio  ,  Uditore  al   Consiglio  di  Stato  (a).  So- 


(a.)  Mancano  da  qnestn  elenco  i  Signori  Andrea  Savaresi  ,  FUipp  o 
Ciivulini ,  Giuseppe  Casella,  Giuseppe  Galante,  Monsignor  Forges 
Davanzati ,  Vincenzo  Petagna  ,  che  la  morte  ha  rapito  alla  Patria  ^ 
ed  alle  Lettere.  De'  mede%inii  si  daranno  i  corrispoadenU  articoli  /le* 
erologici  nel  tegnente  volume . 


Ini 
Socj  Onorarj. 

Abbamonte  Giuseppe,   Giudice  della  G.  C.  di  Cassazione, 

Andrcs  Giovauni  ,   Prcfello  della  Pubblica  Biblioteca. 

Anguissola  Conte ,  Consigliere  di  Stalo. 

Ai'cambal  ,  Consigliere  di  Stato. 

Bisignano  Principe  di ,   Consigliere  di  Stato. 

Baudus  ,  Sotto  Governatoi-e  di  Sua  Altezza  il  Principe  Keals. 

Belli  Andrea  ,  Bibbotecario  Regio. 

Bario  Marchese. 

Charrou ,  Intendente  in  Capitanata. 

Cavaignac  ,  Consigliere  di  Stato. 

Canzano  Duca  di ,  Consigliere  di  Stato. 

Carfora  Aniello. 

Cassano  Duca  di  ,  Gran  Cacciatore  di  S.  M. 

Cantalupo  Duca  di. 

Campochiaro  Duca  di ,  Consigliere  di  Stato. 

Cianciulli  Michelangelo  ,  Vice  Presidente  del  Consiglio  di  Stato. 

Ciampitti  Niccola  ,   P.   P.  di  Eloquenza. 

Cotti  Luigi. 

Curzio  Vincenzo  ,  Professore  di  Matematiche. 

De  Fusco  Aureliano ,   Professore  di  Architettura. 

De  Rogatis  Francesco  Saverio  ,  Giudice  della  G.  C.  di    CassazioSK. 

De  Tommaso  Giuseppe,  Relatore  al  Consiglio  di  Stato. 

Della   Torre  Bernardo  ,  Vescovo  di  Lettere  e  Gragnano. 

Dragonctti  Marchese ,  Vice-Presidente  nella  G.  C.  di  Cassazione. 

Filangieri  Michele  ,  Ciamberlano  di  S.   M.   . 

Folinea   Francesco,  Dottore  in  Medicina. 

Franchino  Gaetano ,  Professore  di  Matematiche. 

Galdi  Matteo,   Intendente  in  Calabaria  Ulteriore. 

Gallo  Marchese  di  ,   Ministro  degli  Affari  esteri. 

Gennaro  Raimondo  di  ,   Consigliere  di  Stato. 

Gianualtasio  Felice ,   Professore  ili   Matematiche. 

Giannattasio  Orazio ,  Dottore  in  medicina.    -  - 

Laureazana  Duca  di  ,  Consigliere  d/i  Stato. 


IlV 

Lamparelli  Michele,  Dottore  in  Medicina. 

Lippi   Carminantonio  ,  Professore  di  Mineralogia. 

Leone  Muzio  ,  Bibliotecario  del  R.  Istituto. 

Montagne  Camillo,  Chirurgo  Maggiore  della  Guardia  Reale. 

Wannula  Antonio ,  Professore  di  Anatomia. 

Nolli  Barone ,  Consigliere  di  Stato. 

Pignatelli   Giuseppe  ,  Ministro  Segi-etario  di  Stato. 

Pignatelli  Luigi ,  Tesoriere  del  Real  Ordine  delle  Due  Sicilie. 

Petrucci  Alessandro ,  Giudice  della  Corte  di  Appello  di  Napoli. 

Poerio  Giuseppe  ,  Procuratore  Generale  nella  G.  C    di  Cassazione. 

Puoti   Giovan  Maria. 

Parisi  Giuseppe ,  Consigliere  di  Stato. 

Ricciardi  Francesco ,  Gran  Giudice  Ministro  della  Giustizia  e  Culto. 

Rucco   Giulio,   Dottore  in  Medicina. 

Ruffa   Giuseppantonio  ,  Prefett»  della  Biblioteca  della  Università. 

Sansone  Domenico,   Giudice  della  G.   C.  di  Cassazione. 

Scatigna  Vitantonio  ,  Professore  di  Chirurgia. 

Santarpino  Duca  di ,  Consigliere  di  Stato. 

Simone  Francesco  ,  Consigliere  di  Stato. 

Spinelli  Luigi ,  Direttore  del  Collegio  di  Marina. 

Sterlich  Pietro  ,  Presidente  del  Comitato  di  pubblica  beneficenza. 

Sirignano  Principe  di  ,  Consigliere  di  Stato. 

Suppa  Pasquale  ,  Dottore  in  Medicina. 

Susanna   Tommaso,  Procurator  Generale  presso  la  R.  C.  de' Conti. 

San  Teodoro  Duca  di ,  Gran  Maestro  di  Cerimonie  di  S.  M. 

Ventignano   Duca  di. 

Zurlo  Giuseppe  Conte ,  Ministro  dell'  Interno. 

Socj  Corrispondenti  nel  Regno. 

./\.Liprandi  Giovanni  Pennei 

Acclavio  Domenico  Taranto. 

■Gl'acri  Gregorio  Catanzaro. 

Araneo  Gio:  Battista  Solniona. 

Biscardi  Lucantonio  Caserta. 

Bisceglia  Yitangelo  Terlizzi. 

Ca- 


h 


Casazza 

Chiamo 

Coletti 

Comi 

Candito 

Candiota 

Cagnazzi 

Corte 

Cortese 

Cerasoli 

Cassitti 

Como 

Durini 

DelGco 

Del  Giudice 

De  Acetis 

De  Lucretiìs 

D'  Egidio 

De  Focatiis 

De  Sanclis 

De  Rospis 

De  Leo 

Filippi-pepe 

Fiore 

Gatti 

Giovene 

Orio 

Gervasio 

Giannelli 

Jatta 

Lapira 

Lagioja 

Lioncavallo 

Lombardi 

Michitelli 


Antonio 
Vincenzo 
Michele 
Vincenzo 
Francesco 
Onorato 
Giuseppe 
Matteo 
•  Paolo 
Carlo 
Federigo 
Massimo 
Giuseppe 
Oi-azio 
Gennaro 
Cherubino 
Gaetano 
Antonio 
Vincenzo 
Giacomo 
Francesco 
Annibale 
Francesco 
Felice 
Serafino 
Giuseppe 
Giuseppe 
Antonio 
Antonio 
Donato 
Gaetano 
Giuseppe 
Giuseppe 
Filippo 
Eugenio 


Monlefuscolo. 

Cotrone. 

Atri. 

Teramo. 

Lecce. 

Altamura. 

Àltamura. 

Salerno. 

Potenza. 

Gallipoli. 

Bovino. 

Taranto. 

Chicli. 

Teramo. 

Fraine. 

Caramanico. 

Sansevero. 

Barletta. 

Serre. 

Ferrazzano. 

Musciano. 

Arciv.  in  Brindisi 

Civitella 

Molfetta. 

Foggia. 

Molfetta. 

Polistena. 

S.  Severo. 

S.   Severo. 

Conversano. 

Foggia. 

Taranto. 

Barletta. 

Lucerà. 

Teramo. 


Mai^ 


Ivi 

Manni 

Pasquale 

Lecce. 

Morina 

Giuseppe 

Portici. 

Melluso 

Antonio 

INIontesarchio. 

Mosca 

Antonio 

Aquila. 

Moschettini 

Cosimo 

Martano. 

Morelli 

Vincenzo 

Taranto. 

Messeri 

Gioacchino 

Cajazzo. 

Marugi 

Giovanni 

Manduria. 

Milone 

Marc'  Angelo 

Avellino. 

Montenegro 

Giuseppe 

Lecce. 

IVIancai-elli 

Benedetto 

Lecce. 

Manfredi 

Gio:  Battista 

Allamura. 

TMammone 

Francesco 

Monterosso. 

Mola 

Emanuele 

Bari. 

Malvazzi-Malvini 

Antonio 

Matera. 

Monticelli 

Pietro 

Brindisi. 

Nardi 

Luigi 

Arpino. 

Pinto 

Vincenzo 

Salerno. 

Pacelli 

Giuseppe 

Manduria. 

Palma 

Achille 

Galatone. 

Pepe 

Raffaele 

Civitacampomarano. 

Petrolini 

Giovanni 

Cervaro. 

Rossi 

Canonico 

Maddaloni. 

Ricciardi 

Francesco 

Caserta. 

Romano 

Alessio 

Pato. 

Rosato 

Giuseppe 

Foggia. 

Ripoli 

Giovanni 

S.  Severo. 

Salvia 

Carlo 

Tito. 

Scarano 

Giosuè 

Trivento. 

Taulero 

Giovanni 

Teramo. 

Torti 

Carlo 

Teramo. 

Todaro 

Diego 

Taranto 

Topputi 

Domenico 

Bisceglie 

Virgilio 

Gaetano 

Barletta. 

Vulturale 

Nicola 

Canosa. 

Uracri 

Giuseppe 

Catanzaro. 

Ivii 

ELENCO 

Delle  Mt  morie  lette  che  non  han  luogo  in  questo 
|k^         primo  Tomo . 

■■millim^lii 


SIG.  ARANCO. 

Statistica  del  suolo  Sulmonese,  ' 

SIG.   CHAVASSIEUX. 

Dell'  Epidemie  in  generale  ,   e  de'  modi  di   prevenirle  ,    e    curarle. 
Sulla  malattia   del  iiioco    S.    Antonio  ;    modo   di   prevenirla  ,     e   cu- 
rarla . 
Sull'Epidemia   che  regnò    in    Caserta   nell'anno    1807. 

SIG.  CAGNAZZI  DE  SAMUELE  LUCA. 

Sulle  curve  parallele. 

SIG.  CASSITTO  GIULIO. 

Sulle  miniere  della  Provincia  di  Capitanata. 

MGR.  FORGES  DAVANZATI. 

Su    i   cangiamenti  fisici    del   Regno   di  Napoli. 

Sullo   slato  fisico  del  Regno  di    Napoli. 

Su  i  cangiamenti    fisici  dell'  Italia. 

Suir  Epoca    dell'  emersione  dell'  Italia  dalle   onde. 

a  SIG. 


SIG.   GAGLIARDI   GAETANO. 

Sulla  necessità   di  ristabilirsi  la  fabbrica    della  porcellana    in  Napo- 
Ji ,  e  mezzi  per  eseguirla . 

SIGNORI  CEMBALI  ,  e  SCHIAVONE. 

Sulla  miniera  di  ferro  di  Acemo. 

SIG.  MELOGRANI  GIUSEPPE, 

Geologia   delle   montagne  d'  Avella. 

Descrizione  di  alcune   pietre  rinvenute   nel    Territorio    di   Ginosa   in 

Terra   d'  Otranto. 
Su   tre   minerali  venuti   da   Calabria. 

SIG.  MONTICELLI  TEODORO. 

Sul  burro. 

Sul   formaggio. 

Sulla  Grotta   della  Linganasa, 

SIG.  RANALDI  DOMENICO. 

Sull'  imbiancamento  delle  fibre  Tegetalì. 

SIG.  ROCCO  DOMENICO. 

Piano  di  pubblica  economia. 

SIG.  SEMENTINI  ANTONIO. 

Sulle  medicine  calmanti. 


«G. 


hi 

SIG.  SEMENTINI  LUIGI. 

Analisi  chimica  delle  acque  Acetosella  e   Media  di  Castellamare . 

Sul  preteso  fenomeno  della  incomLustibilità . 

Sulla   Bacchetta  Divinatoria. 

SuU'  uso  medico  del  muriato   di  calce  per  le  malattie   linfatiche. 

Sul  Potassio  ,  e  Sodio .  Memorie  due. 

SIG.  TENORE  MICHELE. 

Sul   modo  da   ottenere  un   liquore  zuccheroso   dalle  canne    del   fru- 
mentone ,  e  da  varie  specie  di   saggine. 

SIG.  PRISCO  CARMELO. 

Sulle  intemperie  dell'  aria  clie  sogliono  produrre  de'  tifi  disenterici. 

SIG.  PEPE  VINCENZO. 

Nuovo  estratto  stittico  per  V  emottisi. 


ELEN- 


ELENCO 

Delle  opere  puhJjlicatc  da'Socj  dal  1806;  epoca 
dell'istallazione  del  R.  Istituto. 


«WWW^^^IWW» 


SIG.  ANDRIA  NICOLA. 
iyj.ateria  Medica  in  8.  Napoli  1811. 

SIG.  CAGNAZZI  DE  SAMUELE  LUCA. 

Elementi  dell'  arte  Statistica.  Tomi  due  in  8.  Napoli   i8og. 

SIG.  FLAUTI  VINCENZO. 

Geometria  Descrittiva.   In  8.   Roma   1807. 
Lettere  sulla  medesima.   In  8.  Napoli   1809. 

Addizione  alla  memoria  delle  Frazioni    del    Sig.  Pergola.  In  4.   Na- 
poli  1810. 

SIG.  FERRARI  MICHELE. 

Istituzioni  di  Farmacia  Chimica.   In  8.   Napoli   1810. 

SIG.  GAGLIARDI  GIO.  BATTISTA. 

Catechismo  Agrai-io.   In  8.   Napoli   1807. 

Biblioteca   di   Campagna.   lu  8.   tomi  venti   Napoli  dal    1807   al  i8og. 

Descrizione  Topografica  di  Taranto.  In  8.  Napoli   i8u. 

SIG. 


In 
SIG.  CALDI  MATTEO. 

Pensieri  sull'  istruzione  pubblica  relativamente    al    Regno  di   Napoli  . 

In  8.   Napoli    i8o(). 
Stato  Politico  sull'Olanda.   In  8.   Tomi  due.   Milano   1809. 

SIG.  MONTICELLI  TEODORO. 

Dell'  Educazione  ,    e  Governo  delle  api  nell'  Isola    della    Favignana  . 

In  8.   Napoli   1806. 
Suir  Economia  delle  acque  da  ristabilirsi  nel  Regno  di  Napoli.  In  4- 

Napoli   i8oy. 

SIG.  MELOGRANI  GIUSEPPE. 

Manuale  Geologico.   In  8.   Napoli   uSog. 

Istruzioni  Fisiche  ed  Economiche  su  i  boschi.   In  8.   Napoli   i8io. 

SIG.  ONORATI  NICOLA. 

Sul  miglioramento  de' vini  Napolitaili.   In  8.   Napoli   1808. 

Sul  coltivamento  ,    ed  industria  della   Bambagia.   In  S.Napoli    1809. 

li  Calendario  dell'Agricoltore.   In  8.   Napoli    1810  e   i8n. 

SIG.  RUGGIERI  PIETRO- 

Lettere  Ottiche.   In  S.   Napoli   1808. 

SIG.  RIZZI  FILIPPO. 

Osservazioni  Statistiche  del  Cilento.   In  8.  Napoli    i8oq. 

SIG.  STELLATI  VINCENZO. 

Istìtozioni  di  Filosofìa  Botanica.  In  8.  Napoli   1809. 

SIG. 


Itii 

SIG.  SAVARESI  ANTONIO. 

Medicine  Militaire  ;  ou  Histoire  Medicale  ,de  T  armée  de  Naples . 
In   8.   Paris    1807.  ^ 

Memorie  ,  ed  Opuscoli  fisici  e  medici  suU'  Egitto.  In  4-  Napoli  1B08. 

De  la  Cévre  jaiiue  en  gouoial  ,  et  particuliermciil  de  celle  qui  a  re- 
gné  à  la  Martiniqiie  cu  l'an  XI  et  XII  (  i8o3  ,  et  i8o4  )•  To- 
me premier  .  lu  8.  Naples  i8io. 

SIG.  SEMENTINI  ANTONIO. 

Parere  sulla  Tisi  polmonare  in  8.  Napoli  1809. 
SIG.  TENORE  MICHELE. 

Corso    delle    Botaniche    lezioni.    Fitognosia    Tomo    primo  e    second» 

in  8.  Napoli   1806,  e   1810. 
Saggio  sulle  qualità  medicinali    delle  piante  della  Flora  Napolitana  , 

e  sulla  maniera  di  servirsene  per  surrogarle  alle  droghe  Esotiche. 

In  8.  Napoli   1808. 
Catalogo  delle  piante  del  Real  Orto  Botanico    di  Napoli.   In  8.   Na~ 

poli   1808. 
Catalogo  delle  piante  dell'  Orto  Botanico  del  Principe  di  Bisignano. 

In  8.  Napoli  1809. 


IN- 


(^  ) 

Dei  vantaggio  che  sì  può  ricavare  dalle  osservazioni 
meteorologiche  per  V  avanzamento  delle  scienze  utili. 
Discorso  del  socio  ordinario  Luca  de  Samuele 
Caonazzi  P-  professore  di  economia  politica  nella 
Regia  Università  di  Napoli ,  letto  nell'adunanza  del 
giorno  26  febbrajo  1807. 

Il  OTissiMO  è  ,  che  le  funzioni  de'  corpi  organici  ces- 
sano al  monienlo  che  manca  1'  eccitamento  ,  ossia 
quello  stimolo  conveniente  de'  corpi  esterni  ,  che  ne 
promuovono  l' attività  .  Sono  da  collocarsi  tra  questi 
principalmente  le  meteore,  la  cui  diretta  influenza  pro- 
duce la  vita  SI  animale  ,  che  vegetativa,  e  le  sue  fun- 
zioni ne  regola,  e  ne  ravviva  :  che  perciò  è  dei  no- 
stro massimo  interesse  il  riconoscerle  parlilanif^nte  ,  e 
i'  osservare  con  diligenza  i  loro  varj  andamenti  co' 
melodi  finora  escogitati. 

L'  aria  respirabile  ,  ossia  quella  massa  fluida  ,  che 
investe  il  nostro  globo  ,  detta  atmosfera  ,  non  solo  ani- 
ma ,  e  regola  in  primo  luogo  le  funzioni  organiche 
con  le  sue  meccaniche  proprietà  ,  ma  con  le  chimi- 
che altresì.  La  sua  enorme  gravitazione  («) ,  che  ri- 
tiene i  fluidi  ne'  canali  di  lor  circolazione  ,  e  che  fo- 
menta la  rfspirazione  animale  ,  la  riconosciamo  con 
tutta  la  esattezza  nelle  sue  variazioni ,  per    mezzo    del 

I 

(a)  Si  calcola  su  del  corpo  umano   circa  3o  mila 
■  libbre . 


barometro .  I  suoi  moti  poi ,  ossiano  i  venti ,  i  quali 
vedremo  quanto  influiscano  sulle  altre  meteore ,  ci 
vengono  con  egual  precisione  dinotati  nella  lor  direzio- 
ne 5  e  nella  loro  forza,  cogli  anemometri  y  e  cogli  ane- 
jnoscopi .  E  siccome  la  massa  dell'  atmosfera  da  due 
principali  componenti  vien  formata  ,  differenti  nelle 
Joro  chimiche  qualità,  e  che  diversamente  influiscono 
suir  ecoDomia  organica  5  cosi  mediante  gli  eudiometri 
conoscer  possiamo  le  varietà  della  loi'o  proporzione, 
benché  a  dir  il  vero  tult'  i  processi  finora  inventati 
mancano  di  quella  precisione  ,  e  di  quella  esattezza  , 
eh'  è  desiderahile  in  un  corso  di  delicate  osservazioni  . 
Nulla  poi  dico  delle  altre  sostanze  volatili  vaganti  nell' 
atmosfera,  capaci  di  stimolare  le  fibre  organiche  ,  per 
le  quali  finora  non  si  sono  rinvenuti  processi  valevoli 
ad  analizzarne  speditamente  la  loro  indole ,  e  la  loro 
intensità  [a]  ;  solamente  qualche  metodo  di  correzione 
abbiamo  per  alcune  di  esse  ,  dopo  che  da'  funesti  ef^ 
fetti  ce  ne  siamo  avveduti  . 

Il  calorico  ,  quella  sottil  materia ,  che  con    la  sua 
combinazione  mantiene  nello  stato    di  fluidità  1'  atmo- 


(a)  Si  propose  amii  sono  in  Inghilterra  di  tener 
sospesi  de'  palloni  di  vetro  ^  entro  de'  quali  vi  Josse 
del  ghiaccio  col  sale  ;  di  raccogliere  poi  in  dose  suf- 
ficiente ad  un  analisi  chimica  T  umido  che  investe  que- 
sti palloni  entro  a  delle  tazze  y  radendo  dolcemente  la 
loro  estrema  superficie  con  coltelli  dello  stesso  vetro  : 
ma  un  tal  metodo  fu  ritrovato  inefficace  ■ 


C3) 

sfera  ,  Iia  la  più  notabile  influenza  su  lult'  i  corpi  or- 
ganici .  La  sua  mancanza ,  ed  il  suo  eccesso ,  relativa- 
mente al  bisogno  ,  cagionano  mano  mano  delle  altera- 
zioni, e  delle  sospensioni  alle  lor  funzioni,  e  quindi 
anche  la  lor  distruzione  .  Però  questi  fenomeni  bau 
luogo  allorché  dallo  stato  di  combinazione  ,  o  di  lati- 
tazione ,  rendesi  il  calorico  attivo  ,  e  sensibile .  I  fisi- 
ci han  ritrovato  de' metodi  da  misurare  il  calore  sotto 
questi  due  aspetti  ;  ma  per  noi  giova  solamente  accen- 
nare ,  che  mediante  il  termometro  possonsi  misurare 
comparativamente  i  gradi  del  calorico  sensibile  ,  detto 
perciò  termometrico  ,  o  semplicemente  calore  . 

I  gradi  del  calore  dell'  atmosfera  diconsi   poi    con 
particolarità,  temperatura  .  Questa  generalmente  opera 
su'  corpi  organici,  per  cui  è  l'oggetto  delle  nostre  vi- 
ste principali  .  Se  gli  effetti  del  grande    astro  non  fos- 
sero disturbati   neir  atmosfera  da  cagioni  ,  o  accidenta- 
li ,  o  locali  ,  sarebbero  costanti  ne'periodi,  com'è  il  suo 
corso,  uniformi  nelle  stesse  latitudini,  e  proporzionali 
alla  differenza  di  queste.  La  determinazione  della  tem- 
peratura sarebbe  in   quel  caso  un    risultato    perfetto  di 
semplice  calcolo  ,  dato  il  punto  del  periodo  del    sole  , 
e  quello  della  superficie  della  terra,  detta  perciò  tem- 
peratura astronomica  ;  ma  non  essendo  cosi  ,    infinite 
-viste  ,  e    considerazioni  preceder  debbono  per  tal     de- 
terminazione ,  le  quali  estend..r  si  possono  sulle  ciixo- 
stanze  locali ,  che  sono  visibili  ,  ma  non    su    gli    acci- 
dt  nli  ,  che  prevedere ,    e    determinare    difficilmente  si 
possono.  Ora  per  espJlere  da' dati  gli  accidenti   gior- 
nalieri ,  che  possono  influire  nel  più ,  e  nei  meno  del- 


(4) 

la  temperatura  ,  si  coacervano  da'  meteorologi  tutt'  i  gra- 
di termometrici  di  uq  mese  ,  o  di  un  anno ,  e  preso- 
ne il  medio  colla  conveniente  divisione,  la  chiamano. 
temperatura  media  ,  mensuale ,  o  annua . 

J\on  tutt'  i  corpi  organici  sono  stati  costituiti  dal- 
la natura  in  modo  da  star  bene  in  tutte  le  temperature 
terrestri  ;  che  anzi  se  vi  sono  degli    animali  ,    a'  quali 
è  stato  conceduto  dalla  natura  un    particolar  istinto  di 
garantirsi  da'  rigori  della  temperatura  con  alcuni   mez- 
zi ,  ciò  non  esclude  che  non    soffrano  ,    posti    in    una 
temperatura  disconvenevole  .  I  vegetabili  poi ,  privi   di 
quello  ,  che  a  rigore  dicesi  senso  ,  e  della  facoltà  loco 
motiva ,  non  possono  garantii'si   da  questi    rigori ,   on- 
de nudamente    ne   ricevano    le    impressioni  ,    per    cui 
senza  un    artificio    umano    è    impossibile,    che    alcune 
piante  di  un  clima    allignino    in  un  altro  molto  diffe- 
rente .    È  dunque  della  più  grande  importanza    il    co- 
noscere ,  e  '1  valutare  la  temperatura  locale  ,  per  cono- 
scere con  precisione  quelle  piante  ,    e  quegli  animali , 
che  introdur  si  possono ,  e  qual  esser  debba  il  metodo 
di  trattarli  in  cadaun  paese.  La  valutazione  di  tempe- 
ratura su  di  un  modello  costante,  secondo  le  idee  del 
celebre  A^/nvrtn  ^  sarà  poi  l'oggetto  di  un  altro  discorso. 
L'  acqua  somministra  due  degli  essenziali  compo- 
nenti i  corpi  organici  ,  come  la  nuova  chimica  ne  di- 
mostra ;  e  quindi  intendesi  come  a  spese    di    essa    an- 
dar debba  avanti  la  loro  vita .  Niuno  ignora  quanto  le 
piogge    influiscano    alla    vegetazione  .  Vi  sono  però  de' 
vegetabili  ,    che  bau    bisogno  per  loro  alimento  di  ab- 
boudaulissime    acque  ,  altri  al  contrario  vi  stanno  ma- 


le  ,  e  languiscono  ncU'  abbondanza .  È  dunque  della 
precisa  necessità  conoscere  il  tempo  della  caduta  delle 
piogge,  il  loro  periodo,  la  lor  quantità  mensuale  ,  ed 
annua  in  ciascun  luogo  ,  e  gli  altri  fenomeni  cbe  1'  ac- 
compagnano,  per  regolare  le  operazioni  campestri.  Con- 
tribuiscono assai  le  circostanze  locali ,  come  la  posizio- 
ne de'  mari ,  de'  laghi  ,  de'  fiumi ,  de'  monti  ,  e  delle 
selve  ;  la  qualità  del  terreno ,  ed  altre  simili ,  che  non 
sono  cosi  facili  a  calcolarsi  ;  quindi  giova  verificare 
con  le  osservazioni  il  periodo  ,  e  '1  quantitativo  medio 
delle  piogge  ,  ed  ogni  altro  che  vi  ha  influenza  . 

Tralascio  di  parlare,  in  grazia  della  brevità  ,  de- 
gli effetti  delle  giornaliere  brine,  de' veementi  stimoli 
che  danno  a' corpi  organici  le  brume  ,  le  nevi,  le  gra- 
gnuole  ed  altre  simili  meteore  acquose ,  essendo  questi 
abbastanza  noti  a  tutti  . 

La  influenza  dell'acqua  poi  su  de' corpi  organici 
non  è  solamente  nello  stato  concreto  di  essa  ,  ma  in 
quello  di  vapore  altres'i  .  Di  fatti  frammischiandosi  que- 
sta con  r  aria  atmosferica  diventa  allora  un  sottil  flnido 
circonfuso  a'  corpi  organici  ,  che  serve  di  stimolo-  ad 
alcune  delle  loro  funzioni  ,  ed  anche  di  alimento  a'vc- 
gttabili  ,  che  l'attirano  col  mezzo  delle  foglie.  Que- 
sto vapore  però  ,  allorché  trovasi  in  perfetta  combina- 
zione ,  ossia  in  dissoluzione  nell'  aria  ,  e  saturato  di 
calorico  ,  rendcsi  invisibile  ,  ed  incapace  di  essere  con 
facilità  misurato  da' fisici  ;  quindi  non  altrimenti  che  il 
calore  latente  ,  sfugge  alle  osservazioni  esatte  ,  mentre 
sarebbe  della  piìi  grande  importanza  trovarne  il  mo- 
do spedito  da  valutarlo  .  Coraiacia    dunque  a    ricouo- 


(6) 
scerlo  r  osservatore  allorché  dallo  stato  predetto  di  som- 
ma elasticità  ,  e  di  combinazione  coll'aria  ,  passa  a  quel- 
lo di  semplice  sospensione  ,  ossia  ,  che  rendcsi  sensi- 
bile con  notabile  impressione  su'  corpi  organici  .  Ci 
serviamo  a  tale  oggetto  degl'  igrometri  ,  che  sono  di 
sostanze  organiche  composti  ,  e  con  preferenza  ,  come 
più  sensibili ,  delle  animali  nello  stalo  di  morte ,  le 
quali  attraendo  1'  umido  sensibile  dall'  aria  si  distendo- 
no,  e  si  raccorciano  abbandonandolo  j  queste  variazio- 
ni con  differenti  metodi  vengono  segnate  nelle  scale  , 
e  vengono  rendnte  comparabili ,  Le  fibre  organiche  pe- 
rò ,  e  specialmente  le  animali,  siccome  nello  stato  di 
vita  per  un  saggio  provvedimento  della  natura  acqui- 
stano col  tempo  una  certa  indiffei'enza  agli  stimoli, 
eh'  è  ciò  che  dicesi  incallire  ,  così  parimenti  nello  sla- 
to di  morte  non  solo  acquistano  una  simile  indifferen- 
za alle  impressioni  dell'  umido ,  ma  quella  altresì  a 
prontamente  riceverlo ,  e  a  comunicarlo  a'  corpi  vicini. 
Ne  nasce  da  ciò ,  che  le  variazioni  dell'  umido  atmosfe- 
rico non  possono  mai  essere  dinotate  da  varj  igrometri 
con  esatta  comparabilità .  Questi  generali  difatti  degl' 
igrometri  vengono  in  parte  corretti  con  l'uso  di  quel- 
lo a  capello  di  Saussure ,  purché  spesso  vengagli  cam- 
biato il  capello  .  («)  Il  volere  sostituire  altre  sostanze  , 


(a)  Porta  qualche  impaccio  la  snstitiizinne  de'  ca- 
pelli a  questi  igrometri  ,  variinlosi  la  graduazione  ; 
ina  a  ciò  è  stato  da  me  riparato  con  una  aggiunta 
fattavi , 


(  7) 
come  1  sali  ,  o  gli  acidi  alla  costruzione  degl'  igrome- 
tri ,  i  quali  imbevendosi  dell'  umido  vagante  possano 
col  peso  accresciuto  dinotarlo ,  soffre  gravisssiuii  in- 
convenienti 5  cos'i  pure  quelli  proggettati  ,  mediante 
r  elettricismo ,  a  s.  gno  ,  che  se  n'  è  lasciato  il  pcn- 
siere . 

Questo  ramo  di  osservazioni  meriterebbe  una  mi-» 
gliorazione  in  tutta  la  sua  estensione,  se  fosse  possibi- 
le ,  giacché  il  vapore  elastico  5  ossia  invisibile  ,  non  es- 
sendo altro  che  l'acqua  saturata  di  calorico,  e  di    elet- 
tricismo ,  al  massimo  grado  possibile  ,  mentre  all'  op- 
posto nello  stato  vescicolare,  ossia  apparente    contiene 
la  minore  dose  possibile  di  questi  due  fluidi  :    quindi 
avviene,  che  se  l'atmosfera  da  serena    fassi    torbida, 
il  calorico  abbandonato    altera  la  temperatura,   e  l'at- 
mosfera ne  diviene  elettrica  positiva, e  ciò  per  elettri- 
cismo abbandonato;  all' opposto  se  da  torbida  ella  pas- 
sa allo  stato  sereno  ,  la  temperatura    si    diminuisce  ,  e 
r  atmosfera  passa  allo  stato  elettrico  negativo  .  Contri- 
buendo dunque  alle  variazioni    della  temperatura  que- 
ste conversioni  ,    benché    non    ne    sieno    desse    le  sole 
cagioni  ,  e  dando  elleno    alle  meteore  elettriche  1'  ori- 
gine altresì,  ottimo  sarebbe  se  riconoscere  si  potessero 
con  ogni  precisione.    L'occhio    però    dell'osservatore 
esperto  per  la  lunga  pratica  supplir  potrebbe  in  parte 
a  ciò,  col  notare  continuamente  le  varie  tinte  del  cie- 
lo.  Sono  per  altro  finora  vaghe,     ed  incerte  le  osser- 
vazioni   fatte    su  quest'  oggetto  da'  meteorologi   ,    forse 
perchè  non  han  dato  loro  tutto  quel  peso  ,  che  meri- 
tano .  Non  dico  con  ciò  ,    che    si    fiieuo    tralasciali  di 


(8) 
segnare  all'  ingrosso  i  varj  aspetti  del  cielo  ,  le  nubi 
sfumate  ,  le  caligini  ec.  ma  si  sono  trascurate  quelle 
delicate  tinte  ,  che  gioverebbe  Gssare  con  una  gradua- 
zione comparativa ,  come  in  un  altro  articolo  sarà  da 
me  particolarmente  esposto . 

L' elettricismo  ,  essendo  ,  come  si  è  detto  ,  uno  de' 
componenti  de' vapori  con  simil  legge  del  calorico, 
(  onde  i  vapori  elastici  ,  vescicolari  ,  concreti  ,  cioè  le 
piogge  ,  contengono  in  combinazione  progressivamente 
minor  dose  di  elettricismo  )  col  passaggio  successivo 
secondo  1'  ordine  esposto  ,  rende  1'  atmosfera  elettrica 
positiva  in  rapporto  alla  terra  j  come  il  passaggio  in- 
verso la  rende  in  conseguenza  elettrica  negativa  .  Ora 
s^  questi  passaggi  son  assai  rapidi  il  disquilibramento 
elettrico  tra  la  terra  e  1'  atmosfera  trovasi  ad  un  trat- 
to eccessivo  ,  il  quale  se  ha  mezzi  da  ristabilirsi  in  si- 
lenzio ,  lo  fa  ,  in  altro  caso  vediamo  le  spaventevoli 
meteore  elettriche  e  spesse  volte  i  tremuoli  ,  essendo 
più  che  dimostrato  ,  esser  l'  elettricismo  un  potentissi- 
mo stimolante ,  per  conseguenza  ,  qualunque  sia  il  , 
suo  passaggio  tra  l' atmosfera  e  la  terra  ,  ed  inver- 
samente ,  stimolar  dee  le  fibre  de'  corpi  organici ,  po- 
sti sulla  di  lei  sujierficie  .  Non  è  poi  una  qualità  pri- 
vativa delle  fibre  nervine  la  sensazione  elettrica,  giac- 
ché l'esperienza  dimostra,  the  la  lisentono  anche  le 
piante.  Chi  non  sa  il  risultato  di  tante  esperienze  ten- 
tate coir  elettricismo  su  vegetabili  ?  Gli  efìelli  de'  re- 
pentini temporali  a  secco  ,  e  de'  tremuoli  sulla  vege- 
tazione sono  abbastanza  noli  :  lo  sconcerto ,  che  si  pro- 
duce   nella    economia   fisica   dell'  uomo    da'  fenomeni 


(9) 
temporaleschi ,  e  da'  Iremuoti  ,  non  è  tolalmente  1'  ef- 
fetto del  nostro  sistema  morale    agliaio  ,    effettuandosi 
anche  in  alcuni  bruti    molto    diversamente    dall'  uomo 
organizzati  .    Riguardar    dobbiamo    inoltre    non    solo  i 
funesti  fenomeni  di   questi  violenti  passaggi  ,    ma    ben 
anche  il  periodico  stato  elettrico  dell' atmosfera   se  sia 
negativo  ,   o  positivo  ,    e    quella  secreta  corrente  elet- 
trica ,  che  scorre  per  lo  j^'ù  dall' atmosfera  alla  Terra  , 
o  da  questa  a  quella,  e  combinarla  con  gli  altri  feno- 
meni meteorologici  ,  e  specialmente    con  1'  aspetto  del 
cielo  ,  e  con  quei  delicati  efletti ,  che  risultar  ne  pos- 
sono ne' corpi  organici.  L'ultimo  apparato  ,  escogitato 
dall'  insigne  Cavalier  Volta  dell'  elettroscopio  a  pagliette 
col  lanternino  ,  pare  che  per  la  sua  semplicità,  e  com- 
parabilllà  contenti  per  ora  i  nostri  desiderj  ,  purché  si 
usi   quella  solita  pratica  ,     e  vigilanza  nelle  minute  os- 
servazioni elettriche  ricercata  ;    ma  desiderabile    sareb- 
be ,  che  altro  apparato  più  sensibile ,  e  comparabile  si 
ritrovasse ,  cosa  che  non  parnii  difficile  ora  che  un  tal 
ramo  è  divenuto  F  oggetto  della  occupazione  di  tutti  i 
fisici  . 

Finalmente  risguardar  dobbiamo  la  luce  ,  come  uno 
degli  eccitanti  principali  della  regolarità  delle  funzioni 
organiche  ,  a  segno  tale  ,  che  non  solo  gli  animali  , 
ma  i  vegetabili  tutti  la  ricercano  per  un  ammirabile 
instinto,  e  senza  di  essa  languiscono  ,  né  danno  pro- 
dotti di  perfezione  alcuna  ;  anzi  pare,  che  entri  in  com- 
binazione con  gli  altri  principj  componenti  i  corpi  or- 
ganici .  Chi  non  sa  l'attivila  di  alcuni  fiori,  che  si 
rivolgono  all'  aspello  del  sole  per  riceverne  pienamen- 

2 


(    IO    ) 

le  j  raggi?  Ma  non  solo  la  vivissima  luce  del  sole  ani- 
ma le  orgauiclie  funzioni ,  ciò  fa  quella  eziandio  ,  hen- 
cliè  debolissima  ,    della    luna  .    Un    tempo    si  credea , 
anche  con  superstizione  ,  agi'  influssi  lunari  ,  forse  per 
qualche    sperienza    esagerata    dall'  immaginazione  .    Si 
corse  subilo  all'  opposto  ,    solito    passaggio    precipitoso 
che    fa  l'uomo,  e  si  annullò  ogn' influsso  lunare.   Ora 
le  osservazioni  ci  hanno  persuasi ,  colia  scorta  dell'  in- 
signe  Toaldo ,  ad  ammettere  gli  effetti    della  luce  lu- 
nare ,  la  quale  benché  infinitamente  inferiore  a  quella 
del  sole,  è  sempre  però  una  quantità  reale  in  riguar- 
do al  nulla  .    Se    dunque     creder    non  si  voglia  capa- 
ce ad  eccitare  la  vegetazione ,    sarà    almeno    sufficien- 
te ,    come  le  osservazioni  ci  mostrano  ,    a    maiiten  cr- 
ia   in    qualche    modo    attiva  .  Vediamo  in    fatti ,    che 
durante    il    periodo  della  luce  lunare    le    piante    sono 
più    vigorose  ,    e  non    cosi    quando  regna  il  bujo  not- 
turno . 

Se  però  la  luce  de'  due  gran  luminali  liberamente 
su  la  superficie  terrestre  glugnesse  ,  il  solo  calcolo  ce 
ne  darebbe  la  qualità ,  appoggiandolo  su  le  distanze 
de' luminari ,  e  su  la  inclinazione  delle  superficie  irra- 
diate ;  ma  siccome  passando  per  la  densità  dell'  atmo- 
sfera soffre  ella  una  perdita  ,  che  misurar  non  si  può 
per  mancanza  de'  dati  accidentali  ,  cos'i  non  farà  mai 
esatto  qualunque  calcolo  che  voglia  farsi .  Un  foto- 
metro ,  ossia  misurator  della  luce  ,  sarebbe  desiderabi- 
le ,  ma  unir  dovrebbe  speditezza  ,  e  comparabilità,  per 
accoppiare  alle  altre  osservazioni  periodiche  quella 
della  luce  cadente .  Non  mancano  j   è   vero  ,    processi 


(  ''  ) 

chimici ,  che  indichino  1'  efìetlo  della  luce  ,  ma  non 
hanno  le  desiderate  prerogative  da  essere  adoperati 
all'  uopo  indicato  .  A  questa  mancanza  l' abile  osserva- 
tore supplir  dee  per  quanto  può  con  la  sua  avverten- 
za ,  indicando  1'  aspetto  del  cielo  ,  e  propri aiiienle  se 
il  luminare  eh'  è  sull'  orizzonte  sia  oscuralo  più  o  uìe- 
no  prudenzialmente  da  nubi  dense  ed  oscure ,  o  sem- 
plicemente velato,  dallo  slesso  vapore  ,  che  altera  la 
tinta  del  cielo  ,  come  già  si  è  detto  .  Ogni  altro  feno- 
meno poi  di  semplice  apparenza  non  dee  trascurarsi 
dall'esatto  osservatole  ,  giacche  da  esso  ad  arguir  si 
viene  dello  slato  de' vapori  che  nuotano  nell'  atmosfe- 
ra ,  e  che  sono  la  cagione  di  ogni  meteora  di  semplice 
apparenza  ^ 

Se  dunque  la  temperatura ,  la  quale  formasi  dal 
corso  periodico  del  sole  ,  e  dalla  latitudine  locale  , 
soffre  variazione  per  gli  cambiamenti  di  stato  de'  va- 
pori ;  se  questi  stessi  danno  origine  a  tutte  le  meteore 
elettriche  ;  se  l'azione  della  luce  vien  da  questi  vapori 
intercettata  col  rendersi  sensibili ,  e  con  ciò  opachi  , 
può  dirsi  ,  che  queste  varietà  meteorologiche  sieno 
conseguenze  immediale  di  quelle  de'  vapori  .  Questi 
poi  vero  è  che  ubbidiscono  alla  temperatura  astrono- 
mica ,  ma  più  assai  all'  azione  de'  venti  .  Inoltre  ima 
corrente  di  aria  venendo  pregna  di  vapori  per  esser 
passata  su' mari ,  o  laghi,  li  depone  su  di  noi  ;  come 
al  contrario  venendo  più  secca  ,  per  aver  abbandona- 
ti nel  suo  corso  de'  vapori  su  delle  terre  ,  sollecita  l'e- 
vaporazione delle  nostre  acque  .  In  egual  modo  diret- 
tauieute  influiscono  i  venti  sulla  temperatura ,  venendo 


(  I^  ) 

essi  dalla  linea  pregni  di  calore  ;  oppure  scarsi  di 
qaesio ,  sa  vengono  dal  gelido  polo  .  Di  più  avendo 
1  aria  la  facoltà  dissolvente  dell' umido,  questa  auniea- 
taudosi  iu  ragion  della  sua  agitazione  e  densità  ;  ed 
essendo  quindi  1'  effetto  de'  venti  quello  di  accrescer- 
ue  la  massa  in  alcuni  luoghi  ,  e  con  ciò  anche  la  den- 
sità ,  ìTienlre  in  altri  la  minora  ,  ne  viene  in  conse- 
guenza ,  che  que'  venti ,  i  quali  rendono  più  pesante  l'at- 
mosfera ,  come  ne  indica  il  barometro  ,  facilitano  l'eva- 
porazione non  solo  con  l' agitazione  ,  ma  ben  anche 
la  densità  cresciuta.  I  venti  all'  opposto  ,  che  fanno 
abbassare  il  barometro ,  fanno  altresì  precipitare  i  va- 
pori dall'  atmosfera  . 

Da  lutto  ciò  ben  si  comprende  essere  primario 
scopo  de' meteorologi  conoscere,  se  sia  possibile,  1' ori- 
gine de'  venti ,  e  la  lor  natura ,  la  quale  varia  a  nor- 
ma de'  luoghi  donde  vengono  .  Ardua  impresa  è  poi 
certamente  l' investigare  le  cagioni  de'  venti  ;  son  desse 
molte  ,  ed  oscure  per  noi  ,  non  ostante  i  grandi  sforzi 
d' immaginazione  fatti  da  tutti  i  fisici  e  la  lusinga  di 
alcuni  di  esservi  pervenuti ,  i  quali  uel  fatto  si  sono 
poi  ravveduti  del  loro  inganno  .  Lungo  sarebbe  ,  ed 
alieno  dal  nostro  oggetto  il  voler  numerare  le  opi- 
nioni più  o  meno  probabili  delle  origini  de'  venti ,  ma 
mi  conviene  fare  qualche  osservazione  necessai'ia  al  filo 
del  mio  discorso  . 

Il  sole  ,  e  più  la  luna  per  la  sua  vicinanza  con  la 
terra,  mediante  la  gravitazione,  producono  sulle  acque 
del  mare  quello  ,  che  dicesi  esto ,  o  mar&a  .  L'  atmo- 
sfera ,    eh'  è    r  ammasso    di  un  fluido ,    che    nel  grado 


(  ^3) 
^i  massima  condensazione  naturale  è  ollocento  volte 
più  leggiero  dell'acqua,  dee  risentir  lo  stesso  periodi- 
co efletto  di  esso  da  simil  cagione  prodotto  .  Qnesta 
verità  fu  conosciuta  fin  dal  principio  del  passato  seco- 
lo (i)  ,  ma  niuno  tentava  prima  dell'  insigne  Toal- 
do  (2)  paragonare  i  periodi  di  questi  esti  ,  o  maree 
atmosferiche ,  ossia  de'  venti  con  delle  meteore  che  ne 
dipendono  ,  con  quelli  de'  due  predetti  astri  ,  e  delia 
loro  azione  .  Fece  egli  conoscere  ,  che  la  luna  la  quale 
regola  col  suo  periodo  le  maree ,  contribuir  deve  som- 
mamente alle  variaziqni  atmosferiche  giornaliere,  e  men- 
suali  ,  richiamando ,  spogliata  però  da'  pregiudizj  ,  1' 
antica  volgare  opinione  dell'influsso  lunare.  I  travagli 
profondi  di  questo  illustre  Italiano  ,  poggiati  su  delle 
sue  lunghe  osservazioni  meteorologiche ,  e  di  quelle 
del  suo  antecessore  Marchese  Po/e/u,  gli  aprirono  delle 
tracce  a  potere  pronosticare  all'  ingrosso  delle  variazio- 
ni atmosferiche ,  prendendo  per  base  i  periodi  solari  , 
e  lunari. 

In  questa  operazione  adunque  non  di  altro  tratta- 
si ,  che  di  assodare  in  primo  luogo  col  calcolo  le  pe- 
riodiche azioni  di  gravitazione  della  luna  ,  e  del  sole 
su  r  atmosfera ,  e  di  dedurne    quindi  gli  effetti ,    e    le 


(i)  Riccardo  Mead  :  Traaatus  de  imperio  solìs  , 
&  lunae  in  corpora  humana,  et  morbis  inde  oriundis  . 

(2)  Della  vera  influenza  degli  astri  sulle  stagio^ 
ni ,  e  mutazioni  di  tempo  . 


(  ^4) 

mbs$e  con  quella  maggioi-  precisione  che  sia  possì- 
Lilv3  ;  in  secondo  luogo  eli  prevedoie  le  altre  circo- 
stanze, che  alterare,  o  disturhar  possono  queste  mosse, 
e  con  quale  intensità,  e  direzione  ciò  facciasi.  Questa 
seconda  operazione  è  la  più  ardua  per  la  mancanza 
delle  cognizioni  opportune . 

Una  macchina  prodotta  dal  sapientissimo  Artefice 
aver  dee  un  ordine  in  tutte  le  parti  :  e  V  ordine  ndla 
successione  delle  azioni  è  ciò  che  dicesi  periodo  .  Se 
r  astronomia  non  avesse  fatta  tra  noi  avvanzamenti  tali 
da  aver  assodati  i  periodi  degli  astri  ,  e  le  loro  orbi- 
te ,  ci  sembrerebbero  gli  ecclissi  accidentali,  come  le 
piogge ,  e  come  sembravano  agli  Americani  ,  ritrovati 
dal  Colombo  .  Posto  ciò  dunque  1'  uomo  non  dee  pre- 
cipitare il  suo  giudizio  credendo  accidentali  ,  e  senza 
periodi  i  fenomeni  atmosferici ,  perchè  non  l'  abbia  po- 
tuto ancora  determinare  .  Sono  però  innegabili  i  pe- 
riodi di  alcuni  venti  riconosciuti  ,  come  gli  etesj  ,  fia 
da' tempi  più  antichi,  e  che  osserviamo  costanti  in 
alcune  regioni  ,  ove  altre  cagioni  locali  non  gli  al- 
terino . 

Per  rischiaramento  dell'  assunto  indicar  possiamo 
la  traccia  dell'analisi  de' venti  giornalieri ,  che  potreb- 
bero osservarsi  per  rimontar  quindi  alle  altre  origini  de' 
venti  .  Da  quel  che  si  è  detto  si  deduce  dovervi  es- 
sere un  flusso  e  riflusso  di  aria  nelle  varie  ore  del 
giorno  ,  regolate  dal  corso  lunare ,  come  le  maree  .  L' 
atmosfera  rarefatta  dall'azione  de' raggj  solari  nel  me- 
rigio  ,  e  quindi  nuovamente  addensata  nella  notte  ,  deve 
avere  de'  movimenti  corrispondenti  .    I    vapori  che    si 


(,5) 

sollevano  uè'  \icini  mari  durante  la  presenza  del  sole 
su  r  orizzonte  debbono  spingere  1'  atmosfera  sulla  ter- 
ra ,  e  ricbiamarla  di  notte  .  Queste  tre  cagioni  giorna- 
liere possono  essere  poste  a  calcolo  e  dedurre  se  ne 
possono  gli  effetti  con  qualcbe  precisione  ,  purché  al- 
tre non  ve  ne  concorrano  .  Se  si  unisse  ora  a  questi 
lisultali  di  calcolo  la  considerazione  del  periodo  luna- 
re, e  con  ciò  la  concorrenza,  e  la  opposizione  della 
gravitazione  con  quella  del  sole  sul!'  atmosfera  ;  se  si 
aggiugnesse  quella  degli  effetti  del  calore  solare  sulla 
terra  nel  suo  corso  annuo,  che  a  vicenda  rai'efà  ,  e  ad- 
densa l'atmosfera  ne' poli  opposti  ;  se  tutte  le  altre  cagioni 
generali,  e  particolari  de'  venti, forse  non  puranche  no- 
te ,  prese  con  la  stessa  analisi  fossero  conosciute  ,  chi 
negar  oserebbe  ,  che  predir  non  si  protrebbero  i  ven- 
ti ,  che  sono  i  principali  moventi  delle  altre  meteore? 
Se  queste  predizioni  però  non  potranno  avere  il  grado 
di  certezza  ,  e  di  esattezza ,  dirò  col  Toaldo  ,  che 
hanno  quello  di  probabilità  ,  e  di  approssimazione 
almeno  . 

I  cronologi  da  tre  periodi  ,  che  sono  i  tre  cicli 
solare  ,  lunare  ,  e  delle  indizioni ,  han  formato  con  la 
moltiplicazione  il  gran  periodo  Giuliano  di  7980  an- 
ni ,  terminato  il  quale  si  combina  lo  stesso  numero 
de'  tre  componenti  periodi  .  Quelli  poi  meteorologici 
essendo ,  come  pare  ,  moltissimi  ,  quante  migliaja  di 
anni  comprender  non  dovrebbe  il  gran  periodo  me- 
teorologico ,  composto  dalla  moltiplicazione  di  essi  ,  se 
conoscerli  tutti  ci  riuscisse  ?  Noi  però  non  dobbiamo 
di  ciò  disperar  pienamente  ,   giacché  a  Toaldo  ,  e  ad 


(i6) 
altri  meteorologi  è  riuscito  ravvisarne  alcuni ,  con  le 
osservazioni  di  meno  di  un  secolo.  E  se  con  le  osser- 
vazioni astrononiiclie  le  più  remote ,  cominciate  da' 
Caldei  non  ci  è  riuscito  ancora  di  esaurire  la  cono- 
scenza di  tutti  i  periodi  degli  astri ,  come  lusingar  ci 
possiamo  di  giungervi  cosi  subito  nella  meteorologia 
assai  più  difficile  ,  e  complicata  ?  La  instituzioae  delle 
moltiplici  osservazioni  meteorologiche,  fatte  con  dili- 
genza ,  e  con  precisione  da  persone  istruite  ,  e  con 
istronienti  perfetti,  su  varj  punti,  possono  promettere 
questo  gran  bene  all'  umanità  . 

Se  lungo  però  sembra  questo  travaglio ,  e  se  mossi 
non  siamo  dal  grande  utile  ,  che  verremo  a  preparare 
a  posteri ,  ci  muova  almeno  1'  utile  immediato  ,  che 
ne  risulterebbe  ,  non  solo  nel  generale  ,  che  nel  par- 
ticolare .  Un  cumulo  di  esatta  osservazioni  atmosferi- 
che ,  con  quelle  contemporanee  sulla  economia  de'  ve- 
getabili ,  e  degli  animali  ,  mostrerebbe  vie  più  all'  uo- 
mo col  fatto,  quale  stretta  influenza  abbiano  le  mete- 
ore su  di  loro .  Non  dobbiam  noi  persuaderne ,  che 
conosciute  le  generali  teorie  di  tale  influenza  ,  non  ci 
restino  da  scoprire  innumerabili  perticolarità  .  Ci  ser- 
vano di  esempio  alcune  raccolte  ,  che  vanno  a  male  , 
senza  poterne  a  prima  faccia  conoscere  la  cagione  ;  ed 
alcune  infermità  constituzionali ,  che  non  si  possono 
ad  altro  attribuire  ,  che  ad  alcune  circostanze  atmos- 
feriche . 

Fin  dal  1774  la  Real  Società  di  Montpelier  pro- 
pose il  problema  :  »  Qual  sia  1'  influenza  delle  meteo- 
»  re  su  la  vegetazione  ,    e   quali  conseguenze    pratiche 


('7) 
n  rapporto  a  quest'  oggctlo  si  possono  ricavare  dalle 
»  diverse  osservazioni  meteorologiche  finora  fatte  u  . 
Abbracciò  questo  problema  due  quistioni  ,  una  teori- 
ca ,  e  1'  altra  pratica  ,  che  dal  Toaldo  furo  io  nel  mi- 
glior modo  trattate,  onde  ne  ottenne  il  premio  j  ma 
non  soddisfece  pienamente,  com'egli  slesso  il  confes- 
sò .  Circa  la  parte  teorica  ora  si  potrebbe  ,  è  vero  , 
con  maggior  chiarezza  ragionare  ,  per  essere  la  chi- 
mica ,  e  la  fisica  un  poco  più  avvanzate  ,  ma  conver- 
rà riempire  delle  grandi  lacune  in  tali  scienze  ,  prima 
di  lusingarci  di  potere  progredire  a  pie  fermo  j  e  ciò 
non  altrimenti  potrà  ottenersi  ,  che  con  le  osservazio- 
ni .  Circa  la  pratica  poi  confessar  dobbiamo  ,  che  man- 
cauo  tuttavia  degli  esatti  giornali  degli  andamenti  cam- 
pestri ,  essendo  ovunque  1'  agricoltura  non  nelle  mani 
de' filosofi,  ma  de' rozzi  coloni,  e  de' proprietarj  in- 
tenti solamente  all'  immediato  guadagno  ,  onde  non  si 
potrebbe  da  noi  parlar  meglio.  E  necessario  dunque, 
come  ko  per  varj  anni  ho  fatto  ,  avere  un  esatto  gior- 
nale degli  andamenti  campestri  con  tutta  la  precisio- 
ne ;  e  cosi  potrassi  dai  paragoni  conoscere  in  tutta  la 
sua  estensione  1'  antica  massima  di  Teofrasto  cioè  che 
annus  fruclijìcat ,  non  terra . 

Uà  p -riodico  registro  poi  delle  malattie  correnti 
non  solo  nella  campagna  per  gli  uomini  e  per  il  be- 
stiame, ma  nelle  città,  e  specialmente  negli  ospedali, 
con  ddlle  osservazioni  ben  intese  su  delle  loro  qualità  , 
e  po.-tamjnti,  e  con  le  tavole  necrologiche  paragonate 
con  le  moise  atmosferiche,  sarebbe  un  ampia  messe  pe  'l 
medico  filosofo  .    Se  il  celebre  Retz    avesse  avuto    de' 

3 


(  ^8) 
materiali  cosi  precisi  ed  esatti  si  farebbe  molto  di  più 
spaziato  nella    sua  memoria    sulla    meteorologia    appli- 
cala alla  medicina  ,    cbe  fa    coronata    dall'  Accademia 
di  Bruxelles  nel   1778. 

Ho  slimalo  superfluo  mostrare  il  grande  utile ,  che 
da' pronostici  atmosferici,  anche  probabili  ,  ne  risulte- 
rebbe sulla  navigazione,  ed  in  ogni  altro,  che  diret- 
tamente riguarda  la  civile  economia,  essendo  ciò  abba- 
stanza noto  . 

Il  nostro  Regno ,  avendo  una  varietà  di  suolo  no- 
tabilissima,  non  solo  per  la  forma,  ma  per  la  qualità 
ancora;  ed  esssndo  certissimo,  che  il  suolo  influisca 
al  clima  ,  sarebbe  del  massimo  vantaggio  Io  stabilire 
con  avvedutezza  in  yarj  siti  di  esso  degli  osservatori 
esalti,  ed  istruiti.  Questo  ,  oltre  di  facilitare  il  rischia- 
ramento delle  predette  teorie  ,  fisserebbe  la  natura  e 
r  indole  del  clima  di  ciascun  luogo,  e  eoa  ciò  le  pian- 
te da  introdurvi  ,  i  metodi  di  agricoltura  opportuni ,  i 
sistemi  di  medela  convenienti  ,  e  le  specolaziojji  eco- 
nomiche da  eseguirsi  in  ciascuna  Regione .  Non  essen- 
do dunque  la  semplice  terra ,  che  produce  ,  ma  ben- 
sì il  clima ,  benché  da  quella  in  parte  modificato , 
non  altrimenti  che  con  questo  stabilimento  si  soddis- 
ferebbe interamente  all'  esposto  precetto  del  Mantova- 
no Poeta . 


(  ^9) 
Sulla  preparazione  della  Canapa  prima  di  essere  pet- 
tinata ,  e  della  sua  filatura  .  Memoria  del  Socio 
ordinario  Vincenzo  Ra.mondiisi  P.  Professore  di 
Mineralogia  nella  B.  Università  di  Napoli.  Letta 
neW  adunanza  del  giorno  aS  aprile  1807. 


N, 


El  1801  il  Governo  mi  ordinò  di  viaggiare  il  Re- 
gno di  Napoli  per  oggetti  di  Storia  naturale ,  e  per 
vedere  lo  stato  dell'  Agricoltura  ,  delle  Arti  ,  e  del  Com- 
mercio de'  rispettivi  luoghi  ,  e  gli  stabilimenti ,  che  taluna 
contrada  potea  ammattere  .  Or  avendo  veduto  che  nel 
Paraggio  di  Reggio  in  Calabria  Ultra,  luogo  dove  in- 
cominciai le  mie  osservazioni ,  si  coltivava  della  canapa  , 
e  che  da  essa  altro  partito  non  si  rfcavava  se  non  per 
corde,  o  tele  da  sacchi,  d'infima  qualità,  e  grosso- 
lane, mi  tolsi  l'impegno,  per  secondare  le  mire  del 
Governo  ,  di  rendere  con  un  metodo  il  più  semplice 
e  facile  la  canapa  stessa ,  già  gramolata  ,  bianca ,  mor- 
bida ,  resistente ,  e  col  tiglio  lungo  e  fino  ,  capace  ad 
esser  filata  a  filo  finissimo ,  come  vidi  praticare  in  Ger- 
mania ,  e  come  si  pratica  in  tutt' i  paesi  industriosi, 
dove  si  fabbricano  tele  finissime,  e  i  merletti  più  di- 
licali  .  Avendo  mostrata  la  canapa  preparata  agli  abi- 
tanti del  Paese ,  e  fatte  a'  medesimi  delle  premure  , 
acciò  s'  impegnassero  a  migliorare  la  loro  derrata  ,  e 
la  manifattura  della  tela  ,  poco  costoro  m'  intesero  ,  e 
credo  che  dopo  la  mia  part-nza  da  que'  luoghi  ,  non 
si  pnriò  più  di  canapa  .  Il  Governo  nel  tempo  stesso 
mi  ordinò  di  scrivere  una  memoria  su  l'  assunto  ,    ac- 


(20) 

ciò  passando  sotto  gli  occhi  di  tutti ,  si  potessero  tro- 
vare delle  persone ,  che  s' impegnassero  a  moltiplicare 
un  ramo  d'  industria  nel  Paese  ,  che  occuperebbe  un 
numero  significante  di  persone. 

Essendo  le  mire  del  nostro  Reale  Istituto  dirette 
ad  incoraggiare  la  nostra  Nazione ,  ed  istruirla  nel 
tempo  stesso  di  quelle  pratiche  utili  ,  che  si  trascu- 
rano fra  noi  5  mi  pare  in  questa  occasione  di  rin- 
novare l'idea,  che  si  ebbe  nel  i8oi  ,  di  puJjblica- 
re  ,  cioè  ,  il  risultato  delle  mie  esperienze ,  e  delle 
riflessioni ,  su  la  preparazione  della  canapa  prima  di 
esser  pettinata,  e  su  la  sua  filatura,  non  come  una 
cosa  nuova  tra  le  Nazioni  industriose ,  ma  per  ani- 
mare i  nostri ,  acciocché  si  occupassero  a  perfezionare 
un  ramo  di  economia ,  che  tanto  e'  interessa ,  e  che 
coopera  alla  ricchezza  nazionale  . 

L'  operazione  di  preparare  la  canapa  dopo  di  es- 
sersi gramolata,  e  prima  di  pettinarsi,  consiste  nel 
toglierle  la  naturai  gomma  ,  l'endere  in  tal  guisa  mor- 
bido il  suo  tiglio  ,  e  disporlo  in  modo  da  essere  bea 
suddiviso  dal  pettine  ,  per  potersi  tirare  a  filo  finissi- 
simo .  Il  metodo  per  riuscire  in  questa  operazione  è 
stato  finora  tra  noi  tenuto ,  come  un  segreto  di  po- 
chi ,  e  forse  questi  stessi  non  ne  han  conosciuto  il  più 
facile  ,  e  spedito  ;  ma  si  sono  serviti  di  mezzi  dispen- 
diosi ,  e  complicati .  La  maggior  parte  de'nostri  si  è 
contentata  di  pettinare  la  canapa  gramolata  con  petti- 
ni grossolani  ,  e  formare  perciò  delle  tele  ordinarie  . 
Qual  vantaggio  per  lo  Stato  se  la  nostra  canapa  giu- 
gner  potesse  ad  esser  tirata  a  filo  fino  ?    Quante  brac- 


(2.  ) 

eia  oziose  non  s'  impiegherebbero  tra  noi  ;  e  quanto 
meno  cainbiercmino  con  1'  estero  ,  per  aver  le  tele  fi- 
ne ,  allorché  queste  si  formassero  nel  Paese? 

I  metodi  che  comunemente  propongonsi  per  pre- 
parare la  canapa  gramolata  ,  o  son  quelli  di  bollirla 
nella  lisciva  di  sola  ceneie  ,  o  di  cenere  ,  o  di  calce  , 
o  nella  soluzione  di  sapone ,  o  con  1'  uso  degli  acidi  , 
del  latte  della  crusca  ,  o  di  cose  simili  :  ma  il  metodo 
da  me  praticato  ,  e  che  io  propongo  ,  e  il  più  sem- 
plice ,  ed  il  meno  dispendioso  .  Si  ravviserà ,  che  l' 
incomodo  che  porta  è  picciolissimo  paragonato  con  la 
utililà,  che  produce;  ed  io  avrò  il  piacere  di  contri- 
buire a'  vantaggi  de'  miei  Concittadini  . 

II  Signor  Marcandier  considerando  ,  che  la  mace- 
razione ordinaria  della  canapa  che  si  fa  allorché  la 
pianta  è  già  secca  ,  altro  non  è  ,  che  la  dissoluzione 
di  una  parte  della  gomma  ,  che  contiene  la  corteccia  , 
per  separarla  dalla  parte  legnosa  ,  o  lisca  5  giudica 
che  r  acqua  capace  a  separare  la  corteccia  dalla  lisca, 
esser  dovesse  ancor  atta  a  divider  le  libre  della  cor- 
teccia tra  loro  ,  per  la  totale  dissoluzione  della  gomma 
natmale  .  Di  l'atti ,  mettendo  la  canapa  gramolala  nell' 
acqua  ,  ottenne  1'  inlento  . 

Io  ,  dietro  le  norme  del  Marcandier  ,  instituii  il 
mio  esperimento  ,  che  ora  ho  il  vantaggio  di  presen- 
tare al  pubblico  .  Macerai  la  canapa  gramolata  nell'  ac- 
qua semplice,  e  l'ebbi  morbida  ,  bianca  ,  e  con  tiglio 
lungo,  e  fino  .  Ecco  l'analisi  del  mio  saggio  ,  e  'I  ri- 
sultato  del  medesimo  . 

Presi  due  libbre  di  canapa  gramolala  del    Para^- 


r  25  ) 

gìo  di  Reggio  scevra  interamcnle  della  parte  legnosa  ■; 
ne  formai  sette  mannelli ,  legando  leggermente  ciascuno 
di  essi  nel  mezzo  con  dello  sj>ago  ;  e  li  silaai  nell' ac- 
qua in  una  vasca  di  jìietra  .  Correndo  allora  il  mese 
di  luglio,  esposi  di  giorno  al  sole,  e  li  lasciai  per 
sei  giorni  nell'  acqua  stessa  senza  rimuoverli  .  Dopo 
questo  tempo  presi  per  lo  spago  tutt'  i  mannelli  uno 
dopo  r  altro  ,  e  li  battei  leggermente  con  una  maz- 
zuola ordinaria  da  iiìibiancatrice  ,  per  tutta  la  loro 
lunghezza  su  di  una  pietra  ben  levigala  ,  e  ciò  per 
suddividere  il  tiglio,  e  per  disporre  la  gomma  natu- 
rale ammollita  a  sciogliersi  nell'  acqua  ,  lavando  la 
canapa  .  Indi  lavai  ben  bene  i  mannelli  l'  un  dopo  1'  altro 
in  una  nuova  acqua,  tenendoli  per  lo  spago  ,  e  di- 
menandoli nell'acqua  stessa  senza  managgiarli  ,  par 
timore  di  rompere  il  tiglio  ,  e  per  non  ingarbnglia- 
]e  la  canapa  .  Ripetei  questa  lavanda  con  acqua  nuo- 
va ,  ed  ottenni  la  canapa  bianca ,  e  col  tiglio  lun- 
go quanto  lo  era  prima  della  macerazione  .  Final- 
mente appesa  ,  ed  allargata  su  le  canne  ,  la  posi  ad 
asciugare  . 

Il  tempo  ,  durante  il  quale  la  canapa  dee  restar 
nell'acqua,  è  proporzionato  alla  sua  qualità,  ed  alla 
stagione  ,  nella  quale  si  fa  la  macerazione  .  Se  si 
mette  nell'  acqua  esposta  al  sole  di  està ,  ha  bisogno 
di  restarvi  per  uno  spazio  di  tempo  assai  minore  di 
quello,  che  esigerebbe  in  altra  stagione.  Nell'inver- 
no ,  e  ne'  luoghi  montuosi  ,  e  freddi  ,  difìicilmjnte  si 
vede  sciogliere  la  gomma  naturale  .  Ciò  osservai  , 
ripetendo    1'   esperimento    a   Bova    nel    mese    di    gen- 


(.3) 

naro  .  Per  accelerare  dunque  V  operazione  è  molto 
meglio  che  si  faccia  <l'  està ,  poiché  il  calore  della  sta- 
gione agevola  di  molto  lo  scioglimento  della  gom- 
ma .  Se  poi  voglia  farsi  in  tempo  d'inverno,  o  in 
hioghi  freddi  ,  è  necessario  ,  che  1'  acqua  si  manten- 
ga tiepida  . 

L'  operazione  tanto  necessaria  della  lavanda  della 
canapa  dopo  la  macerazione  ,  riesce  migliore  dove 
trovasi  acqua  corrente  .  Questa  trasporta  la  gomma 
naturale  ammollita  antecedentemente  .  In  tal  caso  al- 
tra diligenza  non  dee  praticarsi  fuorché  quella  di  pre- 
sentare la  parte  della  ligatura  del  mannello  alla  corren- 
te dell'  acqua  ;  ed  agitarlo  alquanto  ;  poiché  mentre 
il  tiglio  della  canapa  resta  egualmente  diviso  ,  e  con 
la  stessa  direzione  ,  la  gomma  ha  maggior  campo  di 
essere  trasportata  . 

Nel  tempo  che  si  asciugava  la  canapa  ,  ebhi  la 
cura  di  maneggiarla,  e  di  distaccare  i  tigli  fra  loro  , 
per  impedire  che  restassero  incollati  .  Come  fu  bene 
asciugata  ,  proccurai  di  renderla  morbida  ,  strofinan- 
dola. Quest'  ultima  operazione  si  potrebba  in  un  gran- 
de stabilimento  eseguire  con  una  gramola ,  o  con  la 
paletta  ,  e  cavalletto  ,  di  cui  si  servono  per  iscotolare 
la  canapa  ,  per  minorare  al  più  che  sia  possibile  la 
manovra  . 

Così  ridotta  la  canapa  pesò  once  21  e  mezza  , 
che  poi  pettinata  con  tre  pettini  di  diversa  grandezza  ,  fu 
del  i)eso  di  once  11  e  mezza  per  ciascun  tiglio  lungo  , 
ma  bianca  ,  lucida ,  morbida  ,  e  sottile  ,  e  di  once  9 
e  tre  quarti    di  stoppa  finissinia ,  e  bianca ,  da  potersi. 


(  ^4  )     ■ 

paragonare  a  primo  aspetto  con  la  seta  .  Questa  stoppa 
fu  da  me  fatta  pettinare  con  altra  specie  di  pettini  , 
per  dirizzarne  i  tigli  ,  sciogliere  i  nodetti  restati  dopo 
la  pettinatura  ,  e  rendere  una  parte  di  essa  così  utile , 
come  la  canapa  a  tiglio  lungo  .  H  calo  ,  che  soffre  la 
canapa  nella  macerazione,  non  dee  affatto  scoraggia- 
le ,  perchè  tanto  meno  di  calo  si  soffre  nell'  imbian- 
care il  filato  . 

Dopo  la  preparazione  della  canapa  ,  i  pattini  so- 
no im  oggetto  interessantissimo  per  ottenere  la  mede- 
sima col  tiglio  sottile  ,  e  lungo  ,  e  con  la  stoppa  a  ti- 
glio dirizzato.  Senza  di  questi,  qualunque  preparazio- 
ne sarebbe  inutile  .  I  pettini ,  de'  quali  mi  son  servito 
per  la  canapa  a  tiglio  lungo  ,  sono  quelli  delle  figure 
j.  2.  3.  La  figura  i.  mostra  il  pettine  più  grande  ,  e 
D.  è  il  suo  dente  con  la  naturai  grandezza  ,  la  cui 
base  è  d .  La  figura  seconda  rappresenta  il  secondo 
pettine  ,  ed  .ff  è  il  naturai  dente  con  la  base  h  .  La 
figura  3  finalmente  è  quella  del  pettine  più  fino  col 
dente  M ,  e  la  sua  base  m  . 

Per  rendere  la  stoppa  in  parte  cosi  utile,  come  la 
canapa  a  tiglio  lungo,  per  separare  i  nodetti  che  re- 
stano dopo  la  prima  pettinatura,  e  per  dirizzare  il  suo 
tiglio  ;  mi  servii  primieraniente  di  quella  specie  di 
pettini  ,  che  chiamo  dirizzato)  ,  de'  quali  si  fa  uso  nel 
pettinare  la  lana  a  tiglio  lungo  senza  olio  ,  per  fi- 
larsi col  fuso  ordinario ,    coma  si    osserva    nella  figura 

Nel  dirizzare  il  tiglio  della  stoppa  co'  suddetti  di- 
rizzatoj ,    si  mette  prima   tanta  stoppa  ia  uno  di  essi  , 


(  ^5  ) 

quanta  ne  possono  contenere  i  suoi  denti  ;  indi  si  tie- 
ne «juesto  con  la  mano  sinistra  ,  e  con  le  punte  in 
su  ,  e  tenendo  1'  altro  con  la  destra  con  le  punte  in 
giù  ,  si  pettina  la  stoppa  situala  nel  primo  .  Quando 
il  tiglio  della  stoppa  ha  acquistato  per  la  maggior  par- 
te sopra  tulli  e  due  i  dirizzato]  una  ugual  direzione  , 
si  Ijssa  uno  di  essi  su  d'  una  tavola  per  mezzo  d'  un 
uncino  di  ferro  ia  essa  couficcato  ,  e  si  tira  il  tiglio 
con  le  dita  di  tutte  e  due  le  mani  ,  come  si  pratica 
pettinando  la  lana  con  questi  pettini  .  Tirato  il  tiglio 
lungo  d'  un  dirizzatojo  si  lira  quali'  alti'o  ,  si  toglie  via 
la  poca  stoppa  a  tiglio  corto  co'uodelti,  e  si  continua 
1'  operazione  come  prima  . 

Avendo  veduto  che  co'  dirizzatorj  di  sopra  esposti, 
quantunque  il  fiorello  ,  che  si  otteneva  era  ottimo  ,  e 
simile  a  quello  ,  clie  si  ottiene  da' bozzoli  sfarfallati 
cardati  con  que'  cardi  ,  che  tra  noi  si  praticano  ,  pure 
i  nodelli  delia  stoppa  restavano  interi  ,  cos'i  feci  car- 
dar ìa  medesima  co' cardi  della  seta  fig.  5.  P.  O.  cou 
le  punte  come  in  p^  giusta  la  loro  naturale  grandezza, 
ed  otlcnui  da  once  9,  e  tre  quarti  di  sloppa,  once  2, 
e  tre  quarti  di  fioretto  ,  che  chiamo  fiorello  di  Cana- 
pa, ed.  anche  6  once  e  mezza  di  sloppa  otliiiia  col  ti- 
glio dirizzalo  ,  e  co'  nodelli  sciolti  .  Il  lìorcllo  suddet- 
to ha  il  tiglio  più  fino  che  la  canapa  a  tiglio  lungo  , 
ma  più  corto  della  medesima  ,  in  modo  che  filandosi 
egualmente  fino  ,  serve  per  trauìa  della  tela  ,  e  la  sto^>- 
pa  che  resta  ne'  cardi  filata  con  diligenza ,  serve  per 
trama  di  tela  più  giossolaua,  o  per  altri  usi  domeilici. 

La  sola  macchina  trovala  oliima  per  filare  la  tana- 


4 


(26) 

pa  5  lino  e  fioi-etto  di  seta  è  il  fllatojo  Fiammingo  fig. 
6.  Nel  filare  la  canapa  a  tiglio  lungo  ,  che    dee  servi- 
re per  trama  della  tela ,  è  necessario  avvertire  alle  fi- 
latrici ,  che  leghino  la  canapa  suddetta  per   una    delle 
sue  estremità  ad  un  bastone  posto  al  filatojo    in    g  ,    e 
che  r  altra  estremità  pendente  arrivi  all'  altezza  del  pet- 
to della  filati'ice  seduta,  perchè  questa  in  tal  guisa  uni- 
sce ,  secondo  il  bisogno ,    i    tigli    senza    romperli ,    e  'l 
filato  si  ha  con  men  di  punti  d'  unione  ,  e  di  nodi ,  e 
per  conseguenza  più  resistente  .  Il    fioretto  ,    perchè  il 
suo  tiglio  è  più  corto  della  canapa  suddetta  ,  si  avvol- 
ge alla  rocca  ,  e  si  fila  col  filatojo  medesimo  ,  e  '1  fi- 
lato che  si  ottiene  ,    serve  per  trama ,    giacché    questa 
nel  tessere  non  dee  far  resistenza  alcuna  .    Si  avverta , 
che  facendo    uso    dell'  acqua    nel    filare  ,    è    necessario 
che  vi  si  mischi  un  pò  di  midolla  di  pane,  per  som- 
ministrare una  dolce  sostanza  mucilagginosa . 

Il  filatojo  alla  Fiamminga  differisce  dal  Tedesco  , 
perchè  ,  oltre  alla  carruculetta  del  rocchetto  ,  ha  un' 
altra  carruculetta  al  fuso  delle  ale  ,  come  in  Q  fig.  6. 
e  la  ruota  ,  che  la  filatrice  gira  col  piede  ,  ha  un  fu- 
nicello  ripiegato  ,  che  gira  tutte  e  due  le  carruculette 
nello  stesso  tempo  ,  mentre  il  Tedesco  ha  la  sola  car- 
ruculetta al  rocchetto,  e  la  ruota  ha  il  funicello  di  un 
solo  giro  . 

I  filatoj  Fiamminghi  costan  tra  noi  ben  caro  ;  co- 
sicché dilficilniente  le  nostre  povere  donne  se  ne  pos- 
sono provedere  .  Sarebbe  dunque  necessario  ,  che  il 
nostro  Real  Istituto  proccurasse  di  far  fai'e  i  filatoj  me- 
desimi in  modo  che  costassero  il  meno    fhe    sìa  p  os- 


(=7  ) 
sibile,  e  che    avessero    la  perfezione  che    si    richiede, 
per  poter  essere  ogni  lllalrice    in  islalo   di  provveder- 
sene . 

L'arte  di  filare  tra  noi  è.  ridotta  a  tale,  che  man- 
tiene chi  vi  si  occupa  nella  più  gran  miseria.  Si  do- 
vrebbe perciò  regolare  la  mercede  della  tllatma  in  mo- 
do ,  che  le  filatrici ,  filando  con  attenzione  ,  ed  un  da- 
to tempo  nella  giornata  ,  potessero  ritrarre  un  guadagno 
conveniente  alle  loro  fatiche  .  Questa  mercede  debb' 
esser  regolata  non  secondo  il  solo  peso  del  filato  ,  co- 
me fra  noi  si  pratica  ,  ma  giusta  la  misura  parago- 
nalo al  peso.  Se  p.  e.  da  un  rotolo  di  canapa  una  fi- 
latrice trae  cinquemila  canne  di  filato  ,  ed  im'  altra 
diecimila  ,  il  tempo  che  questa  impiega  ,  è  più  del  dop- 
pio di  quello  della  prima ,  perchè  formando  un  nu- 
Tnero  doppio  di  canne  di  filalo  più  fino  ,  ha  bisogno 
di  attenzione  maggiore  ,  e  di  maggior  tempo  ;  e  quin- 
di la  mercede  debb'  esser  maggiore  . 

Nelle  grandi  manifatture  di  tele  di  Europa  v'èla 
tariffa  per  rapporto  al  modo  come  deesi  pagare  la  fi- 
latura, in  guisa  che  un  rotolo  di  filato, a  filo  grossola- 
no ,  si  paga  alquante  grana  ,  ed  un'  oncia  di  filato  fi- 
nissimo ad  uso  di  merletti  si  paga  più  ducati  per  fila- 
tura .  Ogni  filatrice  ne'  luoghi  suddetti  fa  uso  del  ma- 
tassatojo  a  naspo ,  per  determiqare  la  lunghezza  del 
filalo .  Questa  macchinetta  ha  ftd  una  delle  estremità 
dell'  asse  il  manubrio  ,  col  qual  si  gira  una  ruota  slel- 
lata  .  Questa  ruota  ha  ad  una  delle  estremità  dell'  as- 
se ,  situato  parallello  al  diametro  del  naspo  un  altra 
ruota  stellata  ,    e  questa  muovo  il    va   e    viene    con  le 


(.8) 
gnide  paralcUe  all'asse  del  uaspo.  Dal  numero  de'raggi 
delle  mole  stellate  si  determina  il  numero  delle-  volle 
clie  il  filo  dee  avvolgersi  al  naspo  ;  e  quando  la  ruo- 
ta del  va  e  viene  ha  determinalo  il  suo  giro,  dà  il 
segno  .  loccaudo  con  una  punta  di  ferro  un  campanel- 
lo situalo  alla  maccliinelta  stessa,  ed  allora  la  filatri- 
ce lega  la  matassa  per  fare  l'altra  di  sopra.  Con  que- 
sto metodo  ogni  filatrice  sa  la  misura  del  filo  ,  e  la 
mercede  che  dee  ricavarne   . 

Questo  nostro  Reale  Istituto  dovrebbe  occupa?-si 
della  formazione  della  riferita  tariffa  rapportala  al 
prezzo  delle  nostre  derrate  ,  con  ricavare  la  gradazio- 
ne de'  fili  ,  e  1  prezzo  corrispondente  a  ciascuna  qua- 
lità .  Io  non  mancherò  dal  canto  mio  ,  se  le  eirco- 
etanze  me  Io  permetteranno  ,  di  cooperarnu  per  la 
tariffa  mentovala  ,  acciocché  1'  arte  di  filare  non  sia 
tanto  odiata  ,  come  lo  è  tra  noi  ,  e  le  filatrici  ,  tro- 
vando un  competente  mezzo  di  sussistenza  ,  ne  pro-> 
movessero  la  perfezione  . 

Avendo  trattato  della  marnerà  di  preparare  la  ca- 
napa dopo  gramolata  e  di  renderla  propia  ad  esser 
filata  a  filo  finissimo,  non  resterebbe  altro  che  parlatr 
de'  telai  da  tessere  la  tela  con  quella  proporzione  ,  e 
larghezza  che  si  conviene;  che  i  loro  pettini  fossero 
d'una  quali  là  proporzionata  al  filato,  onde  dee  for- 
marsi la  tela;  che  s'introducesse  tra  noi  la  naveita  vo- 
lante all'uso  Inglese,  acciocché  una  tessitrice  tesser 
potesse  il  triplo  della  tela  ,  che  formerebbe  nel  tempo 
richiesto  dal  metodo  ordinaiio  .  Spero  che  il  pubblico 
ne  possa  avere  iu  breve  de'  dettagli  ,    perchè  ho    dato 


r^^.    'Ig. 


T.  J-. 


al  Signor  Cotlrau ,  Capo  della  seconda  Divisione  del 
Miuiitero  dell'  Interno,  una  navetta  volante  con  un 
pezzo  di  cardo  ,  di  cui  si  servono  gì'  Inglesi ,  per  car- 
dare il  coltone  ,  per  metterla  ìi\  pratica  ntl  Reale 
Albergo  de' Poveri  ,  dove  si  sia  adattando  ad  un  telajo, 
per  addestrare  uno  di  que'  giovani  a  questa  specie  di 
lavoro. 


(3o) 

Dell'  Arachìtide  Americana  ,  sua  coltura  ed  usi .  Me- 
moria del  Socio  ordinario  Michele  Tenore  .  Letta 
nella  adunanza  del  giorno  28  giugno  1807. 

T  '       • 

JLj  Arachide    (  arachis  hypogea  )  Lin.  ecce  di  terra 
degl'Italiani,  pistace  de  terre  de' francesi  ,  cacahuale, 
o  mani  de'  Spagnuoli  ,  è  una  pianta  erbacea  spontanea 
dei  climi  caldi  di  ambedue  le  Indie  .  Dalle  descrizioni 
che  ne  danno    i  botanici ,  e  da  ciò  che  ho  particolar- 
mente osservato  ,  si  dee  però  inferire  che  1'  asiatica  sia 
molto  diversa  dall'americana.    Rumfio  (1)  dà  una  ac- 
culata descrizione  accompagnata  con  figura  della  spe- 
cie asiatica ,    che  egli   osservò     coltivarsi    copiosamente 
nel  Regno  di  Baiava  ,  e  di  Amhoina  sotto  il  nome  di 
Ratiang ,  ove  era  stata  trasportata  dai  Cinesi ,  ed  asse^ 
l'isce    che    il  Giappone  ,    la  Cina ,    e  specialmente    il 
Maccassar,  siano  i  luoghi  natali  di  questa  pianta.  Gu- 
glielmo Pisone  (2)  e  lo  Spagnuolo  Monardes  descrivo- 
no la  varietà  americana  nota  nel  Brasile  ,    e  nel  Perù 
col  nome  di  Mantubi  .  Cosi  dell'  una  ,  che  dell'  altra , 
gV  Indiani    e  gli  Americani    conoscono    pienamente    le 
qualità,  essi  ne  mangiano  i  frutti  crudi   ed  ab]>rustoli- 
li  ,  uè  preparano  delle  bevande  simili   al  tè  ,  ne  fanno 


pag.  425 


(i)     Herbarium    amboiiiense    tom.     V.    parte     n. 
425. 
(2)  De  re  naturali  utriusque  Indice  pag.  256. 


(3.  ) 
delle  confetture    e  ne  spremono    l'olio.    Nelle  Antille 
al  riferire  di  Bosch ,  se  ne  valgono  espressamente  per 
quest'  ultimo  uso ,  e  ve  ne  sono  stabilite   le  più  estese 
coltivazioni . 

La  sua  coltivazione  in  Europa  rimonta  ad  un  epoca 
molto  rimota,  giacché  nel  1725  Nissolio  ne  dette  una 
dettagliata  descrizione  ,  eseguita  sulla  pianta  che  osser- 
vò nel  botanico  giardino  di  Montpellier  e  che  trovasi 
inserita  nelle  memorie  dell'Accademie  delle  Scienze 
di  queir  anno  ;  ma  bisogna  dire  ,  che  allora  la  coltura 
di  questa  pianta  era  limitata  nei  soli  botanici  giardini. 
Nel  1774-  già  era  estesamente  coltivala  in  Inghilterra, 
giacché  il  Signor  Watson  lesse  in  quell'  anno  una  me- 
moria nella  Real  Società  di  Londra  sulla  bontà  dell' 
olio ,  che  ad  imitazione  degli  americani  ,  aveva  egli 
cavato  da  questa  pianta.  Nel  1787.  ne  fu  dal  Brasile 
portata  gran  quantità  di  semi  nel  Portogallo ,  ed  in 
Ispagna,  ove  ne  furono  intraprese  le  coltivazioni  che 
vi  prosperarono  oltrciuodo  . 

I  Spagnuoli  se  ne  son  serviti  per  cavarne  1'  olio  , 
prepararne  il  sapone ,  e  il  cioccolatte  :  e  mischiandolo  al 
frumento  ,  ne  han  fatto  anche  del  pane  .  Gli  economi- 
sti francesi  attenti  a  profittare  di  tutti  i  nuovi  acquisti 
dell'  agricoltura  non  tardarono  a  divulgarla  in  Francia, 
ed  i  Sigg.  Mechain  e  Tessier ,  contribuirono  partico- 
larmente a  promuoverne  la  coltura  in  tutt'  i  paesi  me- 
ridionali di  quel  vasto  Impero  .  L'  arachide  ivi  colti- 
vata,  ha  generosamente  compensato  le  cure  che  si  era- 
no prese  a  suo  riguardo  ;  essa  ha  fornito  uu  olio  lim- 
pido luoodoro ,    meno  grasso  del  più   fino  olio  di  oli- 


(3.) 

ve  ,  che  secondo  il  giudizio  reso  dalla  Società  di  Agri- 
coltura ,  gareggia  col  miglior  olio  di  Provenza .  AI 
presente  tutt'  i  proprietarj  della  Francia  donjandano 
de'  semi  di  arachide  per  vieppiù  estenderne  le  colti- 
vazioni ,  e  malgrado  il  gran  numero  di  negozianti  di 
piante  ,  e  senù  che  incessantemente  si  occupano  ad 
ammassarne  ,  riesce  nuUadimeno  impossibile  il  soddi- 
sfare a  tulle  le  richieste  che  ne  vengon  fatte  .  Presso 
di  noi  non  si  è  tralasciato  d'  istituire  sull'  arachide  gli 
stessi  esperimenti  ;  ed  io  mi  sono  parlicolarmente  oct 
cupato  a  ripeterli  ed  a  verificarli  più  estesamente  .  I 
risultati  ne  sono  stali  egualmente  felici  ,  siccome  si  ri- 
leverà da  ciò  che  anderò  ad  esporre  . 

Descrizione  (Iella  pianta  . 

Io  imprendo  a  descrivere  quella  varietà  di  ara^ 
chide  che  coltivasi  presso  di  noi  ,  e  che  corrisponde 
esaltamente  alla  varietà  americana  ,  Mi  sforzerò  anche 
a  dimostrare  nel  decorso  di  questa  memoria  che  l'ara- 
chide conosciuta  in  Europa  debba  sempre  riportarsi  a 
questa  istessa  ;  e  che  l' altra  varietà  asiatica  sia  tanlo 
diversa  dall'  americana  che  ,  seguendo  il  rigore  botani- 
co ,  dovrebbero  considerarsi  come  due  distinte  specie. 

L'  arachide  è  una  pianta  leguminosa  ,  che  Linneo 
e  tutt' i  botanici  che  sieguono  il  suo  metodo  riportano 
nella  classe  diadellia  ordine  decandria ,  ma  che  con- 
verrebbe rimandare  alla  classe  poligamia  ordine  mo~ 
Boecia  ]ìer  ciò  che  si  dirà  in  seguito  . 

Radice . 

A  somiglianza  della  maggior  parte  delle  piante 
della  sua  famiglia,    e  specialmente    del    lupino    a  cui 


(  33  ) 
sì  avvicina  moltissimo ,  1' arachide  ha  la  radice  fusifor- 
me ,  ossia  fittonata  che  si  profonda  circa  4  pollici  nel 
terreno  e  si  carica  di  molte  bai-be .  Essa  qualche  volta 
è  tortuosa. 

Fusto  . 
Nissolio  ,  e  Lamarch  han  descritto  il  fusto  dell'  ara- 
chide come  prostrato  ,  forse  perchè  ne  hanno  conside- 
rate alcune  ramificazioni  .  Esso  aell'  origine  è  dritto  e 
semplice,  ma  poi  si  ramifica,  e  tutt'i  rami  acquista- 
no una  quasi  eguale  grossezza  ,  si  elevano  fino  a  due 
piedi  ,  sono  nodosi  ed  alternativamente  angolati  tra 
l'inserzione  di  una  foglia  e  l'altra,  hanno  un  color 
rugginoso  nella  parte  più  invecchiata  ,  e  sono  di  uu 
verde  gajo  in  tutto  il  resto  ,  e  coperti  di  una  debole 
e  morbida  peluria . 

Foglie  . 

Le  foglie  sono  alterne  pinnate ,  composte  di  due 
coppie  di  foglioline,  disposte  nella  parte  superiore  di 
un  picciuolo  comune .  Delle  quali  una  coppia  è  termi- 
nale ,  e  r  altra  è  situata  al  di  sotto  ed  a  piccola  di- 
stanza dalla  prima  :  talvolta  non  v'  è  né  che  una 
sola  coppia ,  specialmente  nelle  foglie  più'  inferiori  e 
radicali  . 

L»e  foglioline  sono  cuneiformi  intierissime, di  api- 
ce ottuso  munito  di  una  picciola  punta  ,  hanno  molti 
Bervi  paralelli ,  e  sono  pubescenti  nella  pagina  infe- 
riore ,  sono  di  un  verde  gajo  e  liscie  nella  pagina  su- 
periore .  Neil'  ora  della  sera  si  dispongono  combacian- 
dosi per  le  pagine  superiori  e  diventano  perpendico- 
lari al  picciuolo  comune  . 

5 


(  34  ) 

TI  picciuolo  connine  è  lungo  due  pollici  circa ,  e 
scannellato  ,  con  un  nodo  die  lo  articola  col  fusto  con 
^cui  convengono  nel  colore  .  I  picciuoletti  che  sostengono 
le  foglioline  sono  lunghi  circa  due  linee  ed  hanno  uà 
colore  bruno  violetto  cupo  . 

Stipiti  e  . 
Ogni  foglia  di  arachide  nella  inserzione  del  pic- 
ciuolo comune  col  fusto  è  munita  di  una  coppia  di 
sti]>ule  lanceolate  .  Il  Sig.  Loureiro  (i)  ha  appoggiala 
alle  siipuie  la  distinzione  tra  la  specie  Asiatica  e  Afri- 
cana .  Egli  asserisce  che  la  prima  le  abbia  bifide  e  la 
seconda  le  abbia  intere,  Willdenow  (2)  assicura  di 
averle  trovate  indivise  in  ambedue  le  specie  .  Le  no- 
sti'e  piante  anche  le  hanno  sempre  così . 

Fiore  . 
Nelle  ascelle  delle  foglie  nascono  i  fiori  riuniti  a 
mazzetti  di  tre  a  sei  ciascuno  ,  e  sostenute  da  pedun- 
colelti  lun<jhl  circa  un  pollice  .  Quelli  che  nascono 
nelle  ascelle  delle  foglie  superiori  sono  tutti  màschi  , 
gli  altri  delle  foglie  inferiori  sono  confusi  maschi  ed 
ermafroditi  ,  il  calice  è  bilabiato  col  labbro  superiore 
tridentato,  l'inferiore  intero,  concavo  ed  acuto.  La 
corolla  è  papilionacea  rovesciata  di  color  giallo  .  Il 
vessillo  è  quasi  rotondo  smarginalo  5  le  ali  sono  ovate 
più  corte  del  vessillo  ;  la  carena  è  della  lunghezza  del- 
le ali  .  Gli  stami  non  sempre  sono  al  numero  di  dieci: 


(1)  Flora  cochinchinensis  pag.  552. 
(2}  Species  plantarum  p.  1021. 


(35) 

io  ne  lio  trovali  perloppiù  otto .  Essi  hanno  i  filamenti 
riuniti  in  un  sol  fascette    e  sono  allernativanienle  uno 
lungo  ,  ed  un  altro  corto  ,  muniti   di  antere  alternativa- 
mente ovate  e  globose  .     Questo  carattere    la  ravvicina 
semprc'ppiù  al  lupino.  Il  peduncolo  a  somiglianza  del- 
le enotere  ,    è  pervio    ed  è    percorso     dal    pistillo  .     Il 
germe  di  questo  è  confuso  coli'  interno    della  base  del 
peduncoletto  medesimo    ed  è  inserito    nell'ascella    del 
fuslo  ,    lo  stilo  percorre  tutta  la  lunghezza  del  pedun- 
colo ,  attraversa  il  fascette  de'  slami  ,  e  con  uno  stim- 
ma semplice  sbuca  presso  le  antere. 

Nei  fiori  maschi  manca    il  germe    e  vi  è  solo  un 
avanzo  di  pistilli  .    Dopo    la  fecondazione    i  fiori   ma- 
schi periscono ,    e  si  dileguano  insieme    con    i   pedun- 
coli j    gli  ermafroditi  periscono  egualmente,    ma  dalla 
base    del  loro    peduncolo    che    corrisponde    al    germe 
spunta     un    cornetto     della  grossezza     di  una  punta    di 
spillone  aguzzo  .  Questo  gambetto  appena  comparso  si 
curva   in  giù  dirigendosi    verso    la  terra  ;    allora  ii;ro- 
mincia  ad  allungarsi  rapidamente  ,  e  tra  cinque  giorni, 
conservando  sempre  la  slessa  grossezza  e  lo  slesso  api- 
ce acuto  ,    qualunque    sia    la  distanza    dalla  terra  ,    la 
raggiunge  in  fine,  acquistando  talvolta  fino    a' 4  polli- 
ci di  lunghezza  ,  secondo  che    n'  è  più    o  meno  lonta- 
na ,  malgrado  tutto  questo  sviluppo,  il  gambo  che  l' ha 
acquistato  è  mollo  lontano  dall'  esseie    un  frutto  ,    an- 
che ossirvandoio  con  lente,  dopo  averlo  aperto  non    vi 
si   riconosce  traccia  veruna  di   fruttificazione  .  Ma  ecco 
ciò  che  sorprende!    non  appena  che    l'acuta  estremità 
del  gambo  giugne  a  trovar  il  terreno  ed  :a  profondar- 


(36) 

visi  di  qualche  linea ,  che  incomincia  a  gonfiarsi  ;  ivi 
a  misura  che  si  gonfia  semprepiù  si  profonda,  ed  in 
pochi  giorni  ,  alla  profondità  di  2  a  4  pollici  offre 
seppellito  un  baccello  lungo  circa  un  pollice,  di  so- 
stanza coriacea  ,  e  ripieno  di  due  semi  della  grossezza 
di  una  picciola  avellana . 

L'arachide  è  dunque  una  pianta  ipocarpogea,  ma 
per  distinguersi  dal  ciclamino ,  dal  trifoglio  sotterra- 
neo ,  e  da  altre  piante  che  perfezionano  i  loro  frutti 
sotteiTa ,  ha  ciò  di  singolare,  che,  laddove  questi  dopo 
la  fecondazione  offrono  già  un  abbozzo  di  frutto  che 
si  perfeziona  nel  terreno  ,  1'  arachide  prima  di  profon- 
darvi i  suoi  peduncoli  non  offre  traccia  visibile  di  frut- 
tificazione .  È  anche  rimarchevole  il  notabile  allun- 
gamento di  cui  questi  peduncoletti  son  capaci  .  Sotto 
questo  punto  di  vista  la  fruttificazione  dieir  arachide 
offre  un  bel  tratto  di  analogia  colla  fruttificazione  de' 
moschi .  E  noto  ai  botanici  che  i  fiori  dei  moschi 
sono  seppelliti  tra  le  minute  loro  fogliuzze ,  e  che  il 
germe  dopo  essersi  fecondato,  sostenuto  da  un  pedun- 
colo che  si  allunga  rapidamente  ,  giugne  ad  elevarsi  si- 
no a  due  pollici . 

Il  frutto  dell'  arachide  è  da  tutti  chiamato  legu- 
me,  quantunque  si  avvicini  molto  alla  noce.  Esso  giam- 
mai si  apre  spontaneamente  siccome  avviene  nei  veri 
legumi ,  ma  appena  offre  in  cima  una  picciola  rima  , 
che  bisogna  forzare  per  aprire  realmente ,  e  poi  bi- 
sogna lacerare  tutto  il  resto  del  frutto  per  cacciarne 
i  semi  . 

Questi  sono  due  mandorle  ovoidali  della  grossezza 


(37) 
di  una  pìcciola  avellana  coperta  da  una  solili  issi  ma 
membrana  di  color  carneo  .  Tulta  la  polpa  consta  di 
due  coliledoni  farinosi  oleosi  ,  e  del  picciolo  embrio- 
ne .  Son  teneri  ,  e  non  disgustosi  a  mangiarsi  freschi  , 
avendo  il  sapore  dei  ceci,  ma  torrefalli  acquistano  un 
sapore  mollo  grazioso  che  partecipa  di  quello  delle 
vere  mandorle  . 

Differenza  delle  specie . 

Tutte  le  descrizioni  e  le  figure  che  hanno  dato  dell' 
arachide  Barreliero  (i)  ,  Ehrelio  ,  Nissolio  (2)  ,  Pluk- 
netio  (3),  Pisone  (4),  convengono  esaltamente  coli' ara- 
chide americana  da  noi  già  descritta  .  II  solo  Rumfio 
ha  data  la  descrizione  e  la  figura  della  specie  Asiatica. 
Cosi  r  una  che  1'  altra  in  nulla  convengono  colla  pri- 
ma .  Quindi  sarà  d'  uopo  farne  rilevare  le  differenze  . 

»  Questa  pianta,  (dice  Rumfio)  giammai  si  eleva 
»  dalla  terra  ,  ma  la  ricopre  a  foggia  di  una  densa 
»  chioma  mandando  radici  dappertutto  .  Essa  si  carica 
)i  di  propagini  della  grossezza  di  una  piuma  ,  che  si 
»  prolungono  fino  a  sei  piedi  .  Queste  inferiormente 
»  sono  alquanto  legnose,  molte  ne  germogliono  dalla 
»  stessa  radice ,  che  si  spargono  per  terra  ,  e  si  tnol- 
»  tiplicano  radicandosi  in  altri  distinti  siti  ,  cosicché 
)i  occupano    una  grande  estensione  di  terreno  confusa- 


(i)  Icones  plantarum  tab.   iii5. 

(2)  A  et.   1723./  387.   t.   ig. 

(3)  Alm.  341.  tab.  60.  /  2. 
(4}  Loc.  cit 


(  38  ) 
»  menle  insieme  intralciandosi  .    Le  foglie  sono  roton- 
)i   de  bislunghe  bianchicce    inferiormente ,    e    tutte  co- 
»  peijte  (li  peli  densi  ,  e  molli  che  conciliano  un  color 
»  bianchiccio  a  tutta  la  pianta  . 

Dippiù  Rumilo  assegjja  più    anni  di  vita  alla    sua. 
pianta,   ed  assicura  che  possa  moltiplicarsi   per  polloni. 

))  Bisogna  dunque,  die'  egli,  nella  raccolta  dei 
>i  frutti  scoprire  quelle  che  hanno  acquistata  molta  du- 
)>  rezza  ed  un  colore  oscuro  cineriiio ,  le  bianche  so- 
»  no  immature  e  debbono  serbarsi  per  la  raccolta  sus- 
»  seguente  ,  allora  ricoprendole  con  nuovo  soffice  ter- 
>i  reno  ,  se  ne  potrà  par  due  anni  istituir  la  raccolta 
»  nel  medesimo  campo  .  Nai  mesi  piovosi  puossi  an- 
»  che  propagare  la  pianta  per  mazzo  dalle  sue  propa- 
>i  gini  ,  giacché  pronlamenle  si  sviluppa,  e  moltiplica. 

Tutti  questi  caratteri  che  concorrono  nella  pianta 
di  RuuiGo  ,  mancano  affatto  nella  nostra  .  Questa  ha  il 
fusto  drillo  ramoso  e  sfornito  di  ogni  sorta  di  polloni  , 
o  propagiiii,  manca  altresì  della  irsuzie  bianchiccia  av- 
vertita da  Rumfio  ih  tutta  la  sua  pianta  ,  ed  appena  è 
coperta  di  minuti  peli  giallognoli ,  non  ha  che  un  solo 
anno  di  vita,  né  può  altrimenti  mdtiolicarsi  ,  che  pT 
via  di  semi  .  Anche  le  foglie  sono  ovali  bislunghe  nell' 
arachide  asiatica  ,  mentre  nell'  americana  sono  ovate- 
cnnei formi  . 

Sono  dunque  le  arachidi  asiatica  ,  ed  americana  , 
due  piante  affatto  diverse,  giacché  quando  anche  si 
voglia  credere  che  Rum(io  nel  dire  che  la  sua  pianta 
si  radica  dappertutto,  abbia  inleso  parlare  dei  flutti 
che  a  guisa  di  radici    si    profoudono  ael  terreno,    re- 


(39)  • 
stano  lultavia  intòressanli  caratteri,  onde  distinguere  I' 
una  dall'altra.  Tuttociò  può  anche  rilevarsi  dalla  ocu- 
lare ispezione  della  tavola  di  cui  egli  ha  corredata  la 
sua  descrizione  ,  ove  egli  ha  rappresentato  un  pezzo 
della  pianta,  che  corrisponde  esallamenle  ad  una  di 
quelle  jjropngini  avvertite  nella  sua  descrizione  col  no- 
me'di  sttiifellci .  Tuli' i  botanici  ,  tranne  l'Autore  dell' 
Erbario  di  Amboina  ,  non  han  conosciuta  che  la  specie 
americana  .  Questa  islessa  è  introdotta  e  coltivala  in 
Europa',  e  sembra  che  giammai  la  specie  asiatica  sia 
uscita  fuori  della  sua  patria  . 

Fa    sorpresa    che    Burmanno    illustrando    il    testo 
di  RumGo  ,  riporta  tra  le   sinonimie    di  questa  specie 
di  arachide    le  citazioni    di  molti  autori  ,    come  Pluk- 
netio  ,    Barreliero  e  Sloane  che   han  descritta  la  specie 
americana  .  Ma  forse  le  confuse  descrizioni   che  questi 
ne  danno  non  gli  permisero    di    rilevarne  le    differen- 
ze .    Anche  Linneo    descrivendo    l'arachide,    cita    nel 
medesimo  tempo  le  sinonimie  di  Pisone  e  di  Rnmfio  , 
mentre  il  primo    ha    cOn  molla  precisione  descritta  la' 
specie  ame./.ana  ,  ed  il  secondo  ha  parlato  dell'  asiati- 
ca .  Bisogna  dire  in  discolpa  del  sommo  Botanico  Sve- 
dese, cTie  non  avendo  sotto  gli  occhi    gl'individui  ve- 
getanti   né  dell'una,  uè  dell'altra,    si  sia' interamente 
riportato  all'altrui  autorità. 

Solo    dai  moderni    che    avevano  sotto  1'  occhio    la 
specie  americana  introdotta  nei  giardini,    e  l'opera  di 
Rumfio,  poteva  sperarsi  qu  s'a  distinzione,    ed  allora' 
senza  ricorrere    al    carattere    delle    stipule ,    che  anche 
nella  tavola  data  da  Rumtìo  della  specie  asiatica  si  os- 


(4o) 

servano  interissirae  ,  si  sarebbero  dalla  descrizione  di 
questo  illustre  botanico  attinti  i  caratteri  opportuni  a 
stabilirne  le  differenze  .  Forse  costoro  perchè  occu- 
pati di  un  immenso  lavoro  avranno  pi'eterilo  di  con- 
sultarla . 

Molti  dei  caratteri  dell'arachide  asiatica  conven- 
gono alla  glycine  subterranea  altra  pianta  ipocarpogea 
indigena  dell'Africa,  e  coltivata  nel  nuovo  Mondo, 
ma  a  ni  uno  potrà  cadere  in  mente  che  RuraGo  avesse 
inteso  parlare  di  questa  quando  ha  descritta  I'  arachide 
asiatica ,  mentre  son  queste  due  piante  che  disconven- 
gono in  tutto  il  resto,  e  basterà  consultarne  le  descri- 
zioni per  restarne  appieno  convinto  . 

Pisoue  ha  descritto  nel  tempo  stesso  1'  arachide  a- 
mericana  ,  e  la  gljcine .  Da  lui  sappiamo  che  i  brasi- 
liani le  coltivano  insieme,  e  chiamano  niundubi  la 
prima ,  manobi  la  seconda  .  Taluni  confondendo  que- 
ste due  piante  affatto  diverse,  spesso  riportano  tra  i  si- 
nonimi dell'arachide  anche  la  voce  inanobi  (i)  .  Que- 
sta confusione  ha  fatto  credere  a  qualche  moderno  scrit- 
tore che  l'arachide  sia  nativa  dell' africi^ /o.) . 

Dalle  descrizioni  di  già  esposte  sarà  facile  rileva- 
re i  caratteri  differenziali  delle  due  specie  di  arachide. 
Questi  si  riducano  ai  seguenti . 

Arachide  americana  di  Lina ,  di  Pisone ,  e  di  altri. 


(i)  La  Jacopiere .  Pìsintes  hypocarpogees  j  pag.  3g. 
(2)   Tollard   Bibliotheque    physico-écoaomique    2. 
an.  voi.   I.  pag.  agS. 


(4>  ) 

Fusto  annuo  ,  eretto  ,  ramoso  ,  pubescente  .  giallo- 
gnolo •■,  foglie  ovxile-cuneil'ormi ,  pubescenti  nella  super- 
ficie inferiore  . 

y/rachide  asiatica  di  Ptum/io  . 

Fusto  bienne  ,  serpeggiante  ,  stolonifero  ,  irsuto  , 
grigiastro  j  foglie  ovali  bislunghe  grigiastre  nella  super- 
ficie inferiore  . 

Qualità  ed  usi  dell'  arachide  . 

Tutta  la  pianta  dell'  arachide  ,  partecipando  del 
carattere  della  ianiiglia  a  cui  appartiene  ,  è  molto  mu- 
cilagginosa;  quindi  le  sue  foglie  possono  proporsi  per 
ottimo  jiascolo  degli  animali  ,  di  modo  che  ([uando  si 
fa  la  raccolta  de'  suoi  fruiti  ,  eh'  è  seniore  su  la  metà 
di  autunno,  si  cavano  dal  terreno  le  ])iante,  e  dopo 
averne  distaccai' i  frutti  si  lasciano  disseccare  e  si  con- 
servano per  foraggio .  Neil'  inverno ,  quando  di  ogni 
altro  ])ascolo  suol'  esservi  penuria  ,  è  questo  un  foraggio 
che  amministrato  con  moderazione  nutrisce  assai  bene 
i  besliami  . 

Ma  non  è  dalle  foglie  che  pretendesi  tirare  il  più 
gran  profitto  nella  coltivazione  dell'arachide,  è  bensì 
dal  seme,  il  quale  si  presta  ad  una  infinità  di  usi  impor- 
tantissimi, e  che  è  mio  pensiero  di  far  rilevare  .  Il  seme 
dell'arachide  mangialo  crudo  non  è  di  disgustoso  sapore 
ed  è  uiolto  nutritivo  perchè  abbonda  di  fecula  muci- 
laggino-oleosa  ;  ma  questa  istcssa  copia  di  mucilaggiue 
e  di  olio  che  contien;^,  ne  rende  dannoso  l'usarne  in 
gran  copia  ,  mentre  allora  riesce  flatulento  ad  eccopro- 
lico  .  Per  ispogliarlo  di  queste  cattive  qualità  ,  bisogna 
abbrustolirlo ,  siccome  costumasi  fare  delle    mandorle  , 

6 


(40 

delle  fave  ,  de'  ceci  ed  altri  semi  che  partecipano  de- 
gli stessi  rimproveri .  In  questo  stato  acquistano  un 
sapore  molto  più  grato ,  potendosi  scambiare  con  le 
mandorle  j  e  sostituirle  a  tutti  gli  usi  a  cui  queste  so- 
glionsi  destinare.  Gl'indiani  amano  mangiarle  cosi: 
eglmo  ne  fanno  delle  polente  cnocendole  col  latte,  che 
condiscono  con  aromi  ,  e  trovano  di  un  sapore  squisi- 
to ;  ne  fanno  delle  confetture,  de' dolci ,  ed  ogni  altra 
sorta  di  vivande  composte  .  Gli  americani ,  al  riferire 
del  nostro  rispettabile  collega  il  Sig.  Savaresi  ,  soglio- 
no infornare  le  arachidi  con  tutto  il  baccello,  e  an- 
che cuocerle  sotto  la  cenere  siccome  noi  costumiamo 
fare  delle  castagne ,  e  cosi  calde  le  mangiano ,  e  le  tro- 
vano di  im  sapore  squisito  . 

Alcuni  han  pensato  di  sostituire  1'  arachide  al  cacao 
nella  fabbrica  del  cioccolate  ,  ed  in  Francia  ,  e  nella 
Spagna  con  un  terzo  di  arachide  ,  e  due  terzi  di  ca- 
cao di  caracca ,  se  n'  è  ottenuto  del  buono .  Presso  di 
noi  si  è  fatto  altrettanto  ,  ed  i  risultati  ne  sono  stati 
egualmente  felici.  Nella  Spagna  sogliono  mischiarla  con 
la  farina  per  farne  del  pane  ,  ed  a  questo  uso  si  suo- 
le specialmente  destinare  il  pastone  che  si  ottiene  dall' 
arachide  dopo  averne  spremuto  1'  olio  .  In  farmacia  si 
fanno  dell'  emulsioni ,  sostituendo  l'  arachide  alle  man- 
dorle , 

Avendo  ammassata  gran  quantità  di  semi  di  arachi- 
de mi  son  creduto  nell' obbligo  di  replicare  tutt' i  sag- 
gi summentovati  per  assicurarmi  delle  sue  buone  qua- 
lità ,  e  sì  da  i  saggi  che  ho  avuto  1'  onore  di  presen- 
tare a  questo  Real  Istituto  ,    come    da  quelli  che  eoo 


,(  43  ) 

ho  potuto  eseguire  che  privalamente  ,  ho  rilevato  che 
al  seme  di  arachide  convengono  luti'  i  vantaggi  di  so- 
pra riferiti  ,  e  sopratulto  ho  osservalo  che  fabbrican- 
done il  cioccolatte  ,  può  sostituirsi  il  cacio  selvaggio 
al  carNcca,e  risparmiarsi  il  quarto  dello  zucchero  che 
suole  ordinariamente  adoperarcisi  ,  mentre  la  dolcezza 
del  seme  di  arachide  ne  mitiga  il  sapore  austero  . 
Wiuno  si  attenda  però  di  ottenere  dal  miscuglio  dell' 
arachide  un  cioccolatte  dell'  istessa  qualità  dell'  ordi- 
nario, mentre  esso  non  lascia  di  partecipare  del  sapo- 
re oleoso  proprio  di  questo  seme. 

Il  più  eccellente  prodotto  che  dai  semi  dell'  ara- 
chide può  trarsi  è  1'  olio  che  se  ne  spreme  ,  e  di  cui 
suole  ottenersene  sino  alla  metà  del  peso  . 

L'olio  dell'arachide  ha  la  consistenza  ed  il  peso 
specifico  dell'olio  di  mandorle,  è  limpido,  biancastro, 
senza  odore ,  e  di  un  leggierissimo  sapore  proprio , 
niente  disgustoso  .  Quest'  olio  può  servir  bene  a  tutti 
gli  usi  economici ,  brucia  con  fiamma  più  chiara  e  più 
durevole  dell'  islesso  olio  di  olive  .  In  tutti  gli  stabili- 
menti Europei  situati  fra  i  due  tropici  ,  1'  arachide  è 
coltivata  espressamente  per  quest'  uso  .  Nella  Spagna 
forma  oggi  giorno  un  oggetto  di  speculazione  economi- 
ca ,  e  nei  paesi  meridionali  della  Francia  si  moltipli- 
cano sempre  più  le  coltivazioni  di  questo  seme ,  e  se 
ne  sperimentano  gli  stessi  vantaggi  .  Dell'  olio  di  ara- 
chide si  fabbrica  in  Ispagna  dell'  eccellente  sapone  . 

Mentre  nei  paesi  che  scarseggiano ,  o  mancano 
affatto  di  olio  ,  non  si  saprebbe   abbastanza  raccoman- 


(44) 

dare  la  coltura  dell'  arachide  ,  per  rimpiazzare  un  pro- 
dotto di  SI  grande  uso ,  presso  noi  che  di  olio  alihoa- 
diaino  oltremodo  ,  potreb])e  ad  alcuno  sembrare  stra- 
no ,  il  vedersi  proposta  l'  introduzione  di  un  gene- 
re coloniale  ,  a  solo  oggetto  di  profittare  del  suo  olio. 
Ma  a  tal  proposito  conviene  riflettere  che  per  le  stes- 
se ragioni  che  concorrono  a  farci  godere  1'  inapprez- 
zabile vantaggio  di  essere  i  soli  popoli  in  Europa  che 
possiamo  conservare  il  più  florido  commercio  dell'  olio 
di  olive  ,  mentre  da  una  parte  dobbiamo  impegnarci 
ad  estendere  sempre  più  ed  a  perfezionare  le  coltiva-» 
zioui  ,  e  le  manipolazioni  di  quella  interessante  derrata, 
non  dobbiamo  disprezzare  dall'  altra  ,  i  vantaggi  che 
potranno  trarsi  dalla  coltivazione  di  altre  piante  olei- 
fere ,  e  sopratulto  dell'arachide ,  che  minorando  il  con- 
sumo del  primo  renderebbe  sempre  più  esteso  il  suo 
commercio  . 

Giova  anche  fare  avvertire  che  1'  olio  di  arachide 
rimpiazzando  quello  di  mandorle  ,  potrebbe  risparmia-* 
re  il  consumo  che  di  esso  suol  farsi  per  gli  usi  far- 
maceutici ,  il  che  influirebbe  non  poco  a  minorarne  il 
prezzo  .  In  effetti  non  vi  è  cosa  più  mal  sicura  ed  in- 
certa della  raccolta  delle  mandorle.  Impazienti  i  fiori 
dell'  albero  che  le  produce  di  aprirsi  nel  mese  di  gen- 
uaro  e  febbrajo  ,  sono  non  di  rado  vittima  delle  gelate 
e  delle  brine  di  quei  mesi  ,  che  perciò  giammai  que- 
ste non  sogliono  pagarsi  meno  di  quattro  carlini  ai- 
rotolo  ,  e  di  ciascun  rotolo  appena  possono  cavarsi 
quallortlici  once  di  olio  .    Desiderando  persuadere  coi 


(45) 

fatti  r  utilità  che  per  luti'  i  titoli  dall'  olio  di  arachide 
può  cavarsi,  espongo  in  questo  luogo  il  risultalo  de' 
miei  saggi  economici  . 

In  un  canipicello  di  cinquecento  palmi  quadrati 
ho  seminalo  3oo  semi  di  arachide,  equivalenti  nel  pe- 
so ad  once  tre  in  circa  ;  nella  fine  di  ottobre  ho  sca- 
vati i  frutti  del  terreno  ,  e  dopo  averli  l'alti  disseccare 
ne  ho  ottenuto  io  libbre  di  semi  ,  ed  in  conseguenza 
cinque  libbre  circa  di  olio  ,  cavato  per  espressione . 
Or  fissandosi  l' estensione  di  un  moggio  di  terra  a 
palmi  quadrati  4°  5  800 ,  dall' intero  moggio  si  sarebbe- 
ro ottenute  81 5  libbre  di  seme  di  arachide,  ed  in  con- 
seguenza 407  libbre  di  olio  :  e  quindi  calcolandosi  la 
rendita  annuale  del  moggio  a  ducati  20  ,  il  prezzo 
dell'  olio  di  arachide  ricade  a  gr.  5  la  libbra  . 

Ma  dalla  rendila  primitiva  del  moggio  dovrebbero 
anche  scemarsene  due  terzi,  perchè  1' arachide  occupan- 
do la  terra  per  soli  sei  mesi  ,  dal  novembre  all'aprile 
può  essa  destinarsi  alla  coltura  degli  ortaggi  ,  e  perchè 
la  coltivazione  dell'arachide  non  impedisce  che  il  cam- 
po sia  alberato  .  Dippiù  per  la  coltura  dell'  arachide 
possono  desti  riarsi  i  campi  di  un  terreno  piuttosto  fab- 
hioso  ,  locchè  non  può  farsi  degli  ulivi.  Ecco  perchè, 
destinando  per  la  coltura  dell'  arachide  gì'  immensi 
campi  alberali ,  che  spesso  rimangono  inutili  ,  o  anche 
facendo  servire  per  la  sua  coltura  quei  campi ,  che 
per  lo  addietro  erano  addetti  ad  altro  genere  di  pian- 
te ,  sarà  sempre  di  gran  vantaggio  ai  proprietarj  ,  ed 
allo  Stato  di  moltiplicare  e  1'  estendere  al  più  possibile 


(  4(3  ) 

la  collivazioiie  dell'  arachide  ,    che  dà  sì  gran  copia  di 
olio  ad  un  prezzo  cosi  discreto  . 

Per  contribuire  per  quauto  è  possibile  da  mia 
parte  al  pieno  conseguimento  di  quest'oggetto  ,  ho  ri- 
serbato  una  sufficiente  quantità  di  semi  di  arachide,  per 
distribuirli  a  coloro  che  animati  dall'  interesse  del  pub- 
blico bene  ,  e  da  quello  spirito  d'  industria  che  tanto 
influisce  su  la  prosperità  delle  nazioni  ,  vorranno  in- 
traprenderne la  coltivazione  nei  proprj  poderi  .  Ecco 
perchè  credo  indispensabile  di  qui  aggiugnere  li  pre- 
cetti che  ne  riguardano  la  coltura  . 

Coltura  dell'  arachide. 

Neil'  intraprendersi  la  coltivazione  di  qualsivoglia 
genere  di  piante ,  da  ninno  s'  ignora  che  fa  d'  uopo 
prima  di  tutto  determinare  la  qualità  del  terreno  che 
gli  conviene.  L' arachide  ama  i  terreni  leggieri ,  sciolti 
e  piuttosto  sabbiosi  j  questi  caratteri  sono  ricercati  dal- 
le circostanze  che  accompagnano  la  sua  fruttificazione  ; 
in  un  terreno  argilloso  e  compatto  ,  i  suoi  peduncoli 
non  potrebbero  profondarsi ,  e  la  raccolta  ne  sarebbe 
perciò  scarsa  ed  infelice  . 

Si  prepara  la  terra  per  la  semina  arandola,  e  la- 
vorandola colla  zappa  onde  vieppiù  scioglierla  ed  at- 
tenuarla .  Se  vogliasene  ottenere  un  prodotto  maggiore  , 
bisognerà  anche  concimarla  ;  servendosi  a  tal  uopo  di 
foglie  consumate  ,  o  di  terriccio  di  selva  ,  non  mai  dì 
ingrasso  animale.  Questo,  oltre  al  riscaldare  soverchia- 


(  47  ) 
mente  la  vegetazione  dell' arachide,    ricliiamerebbe  sul 
terreno  un  formicajo    d' insetti  che  ne  divorerebbero  i 
frulli  . 

Il  terreno  da  seminarsi  dovrà  dividersi  in  lunghi 
e  profondi  solchi  ,  simili  a  quelli  che  sogliono  prati- 
carsi per  la  semina  del  frumento  ,  serbando  la  distan- 
za di  due  palmi  circa  tra  l'  uno  ,  e  1'  altro  . 

Dal  priucipio  a  tutta  la  fine  del  mese  di  aprile, 
può  effettuarsi  la  semina  dell'arachide  .  Si  metterà  nel 
fondo  de'  solchi ,  alla  distanza  di  due  palmi  1'  uno  dall' 
altro,  un  seme  per  volta,  alla  profondila  di  quattro 
dita  ,  e  si  coprirà  leggermente  col  terreno  .  Secondo 
la  stagione  più  o  meno  calda  ,  tra  20  giorni  circa  ,  la 
pianta  è  già  nata,  e  dopo  due  mesi  incomincia  a  fio- 
rire :  allora  conviene  rincalzare  ogni  pianta  ammontic- 
chiandovi intorno  la  terra  dei  solchi  contigui  ,  e  que- 
sta operazione  uopo  ò  replicare  fino  a  4  volle  in  di- 
versi tempi ,  cosicché  in  fine ,  la  parte  più  alta  dei 
solchi  si  troverà  cangiata  nella  più  profonda  .  Se  que- 
sta operazione  si  trascurasse,  i  peduncoli  fruttiferi  che 
partono  dalle  ascelle  de'  rami  superiori  a  misura  che 
la  pianta  si  eleva,  prima  di  giugnere  a  toccare  il  ter- 
reno ,  si  allungherebbero  oltremodo  ,  acquistando  una 
certa  rigidezza ,  che  si  oppone  all'  affluenza  de'  succhi 
che  deve  favorire  lo  sviluppo  del  fruito  sotterra ,  e  per- 
ciò o  darebbe  appena  un  frutticello  con  un  picciol  se- 
me poco  nudrilo  ,  o  finirebbero  per  abbonire  del  tutto. 

Nel  forte  dell'  està  sarà  ben  fatto  innaffiare  la  pian- 
ta ,  se  è  possibile  j  ma  ciò  conviea  farlo  di  raro  e  so- 
briamente:   del   resto  l'arachide  non  soffre  moltissimo 


(4S) 

per  la  mancanza  di  questo  benefico  soccorso  . 

Gli  ullimi  giorni  di  ottobre,  ed  i  primi  del  no- 
vembre sogliono  offrire  il  tempo  proprio  per  la  rac- 
colta dei  fruiti  :  qncsta  è  annunziata  dall'  ingiallimento 
delle  foglie  .  Bisogna  allora  scavare  il  terreno  a  cia- 
scuna pianta ,  e  quindi  strappamela  dolcemente  con 
tutti  i  suoi  baccelli  ,  cbe  si  troveranno  sospesi  pendo- 
loni  sotto  di  essi .  Sa  ne  scrollerà  tutta  la  terra  ,  e  se 
ne  faranno  de'  fasci  cbe  si  avrà  cura  di  tener  sospesi 
a  delle  travi  in  luogo  asciutto  e  coperto ,  afUncbè  pos- 
sino  seccarsi  .  Quando  i  semi  si  sentono  suonare  nel 
baccello,  quello  è  il  tempo  opportuno  per  distaccare 
tutti  i  baccelli  dalla  pianta  e  conservarb  slesi  sul  pa- 
vimento di  una  camera  bene  asciutta  ,  e  ventilata  ;  av- 
vertendo a  tenerne  lontani  i    topi    cbe   ne  sono  gliiol- 

tissimi  . 

Per  cavarne  i  semi  bisogna  comprimere  il  bac- 
cello per  ì  due  bordi  longitudinali  ed  opposti  :  in  tal 
modo  si  caveranno  interi  ,  e  molto  facilmente  .  Que- 
sti per  altro  conservansi  bene  nel  baccello  per  quei 
tempo  cbe  si  brama  ,  onde  è  sempre  meglio  estrarnelì 
nel  momento  che  vogliono   destinarsi    a    qualche    uso  , 

ARACHIDIS    AMERICANA 

BOTANICA     DESCRIPTIO. 

Radi'x  fuslformìs ,  spìlhameae  longitudinis  ,  tortuosa 
barbis  capillaribus  onusta. 

Caudex  annuus  ,  basi  simplex ,  erectus  ,  subligno- 


(  49  ) 
sus  ;  dein  ramosus  .  Rami  altitudine  gequales  ,  bipeda- 
les ,  umbellati ,  subangulati ,  nodosi  ,    senesceutes  eru- 
ginosi  ,  juniores  laile  virentes  ,  pubescentes. 

Folla  alterna,  composita  bijuga.  Alterum  par  api- 
ce pelioli  communis  inserlum  5  alterum  pauUo  infra  . 
Foìivh*  ovato-cuneiformia  integerrima  ,  apice  obtuso 
cum  acumine,  parallelo-nervosa  ,  superiori  superficie 
lasvia,  laete  yircntia  ,  inferiori  pubescentia  .  Nocte  dor- 
tniunt  connivendo.  Petinlus  universalis  bipollicaris  ca- 
nabculatus  ,  prope  insertionem  nodosus  .  Petioli  par- 
tiales  bilineares  atropurpurei .  Stipiilce  geniinae  lanceo- 
latae  integerrimae. 

Flos  .  Calix  Perianthium  bipartitum  ,  dehiscens  : 
Labium  superius  ovatum  semitrifidum  ;  lacinula  inter- 
media fere  niajore ,  emarginata  .  Labium  inferius  lan- 
ceolatum  concavum,  acnlum  ,  fere  longius  .  Corolla 
papilionacea  ,  resupinata  ,  lutea. 

Vexillum  subrotundum  ,  deflexe-planum  ,  maxi- 
mum ,  emarginatum  ,  calyce  longius. 

Alce  liberse  subovatae  vexillo  breviores. 

Carina  subulata  ,  incurva,  longitudine  calycis  ,  basi 
levissime  bifida. 

Stamina.  Filamenta  monadelpha  ,  superne  divisa, 
subulata  ,  longitudine  carinae.  Antherce  octo  ad  decem 
alterne  siibcotundae ,  alternae  oblongao. 

Pistillum.  Flores  masculi .  Germen  nullum.  Stj~ 
bis  subulatus  longitudine  pedunculi ,  apice  adscendens. 
Stigma  simplex. 

Flores  fcEmmei .  Germen  minimum  Incospicuum 
basi  pedunculi  recondilum  ,  cablerà  ut  in  pra?cedentibu.s. 

7 


(  5o  ) 
Pericarphim.  Legumen  ovalo-oblongum  griseo-lu- 
teum  ,  gibbum  ,  torulosum  ,  venosum,  coriaceum,  uni- 
loculare .  Semina  duo  ,  oblonga  ,  obtusa  ,  gibba  ,    hinc 
truncata  ,  epidermide  carnea  venosa  teda. 

Pedunciilus  floriferus  ,  filiformis  ,  pervius  post  an- 
thesim  una  cum  flore  marcescens  ,  fructiferus  ab  axil- 
la  folli  exor.'ens  ,  reflexus  ,  terram  penetrans. 
Bractece  inteiflores  lanceolalae  deciduae. 
Character  essentialis  genericiis. 
Classis  polygamia ,  ordo  monoecia. 
Flos  hermaphroditus .  Corólla  resupinata.  Gernlen 
recondifum  ,  post  anlhesim  pedunculo  reflexo  suffultum, 
terroe  fructificans.  Legumen  coriaceum  evalve. 

Flos  mas  .  Gerraen  nuUum  ,  caetera  ut  in  berma- 
pbrodito. 

Character  essentialis  specìjicus. 
Caulis  annuus  erectus  ,  pubescens  subluteus  ,  folla 
ovato-cuneiformia  subtus  pubescentia  (i). 

(i)  Dopo  la  pubblicazione  di  questa  memoria  ,  diversi  altri  valenti 
scrittori  si  sono  occupati  dell'  istesso  soggetto  ,  sviluppandone  più  estesa- 
mente la  parte  agraria  .  Il  Signor  Biroìi ,  ne  pubblicò  una  dotta  memo- 
ria nel  Giornale  di  Agricoltura  di  Milano  1808;  e  quindi  una  secon- 
da nel  primo  bimestre  del  Giornale  di  Fisica  ,  Chimica  e  Storia  na- 
turale del  Signor  Brugnatelli  .  In  queste  memorie  il  Signor  Biroli  fa 
conoscere  con  quanto  profitto  siasi  intrapresa  nel  Regno  d'  Italia  la  col- 
tivazione dell' Aracliide  .  E  da  notarsi  di'  egli  designando  la  patria  di 
questa  pianta  ,  cita  indistintamente  il  Perù  ,  il  Brasile  ,  l'Asia  e  l'Africa; 
onde  sembra  che  non  abbia  posto  mente  alla  diversità  delle  specie  ,  clie 
allignano  in  queste  diverse  regioni  ,  e  che  si  è  stabilita  in  questo 
luogo. 

Neil'  anno  1809  il  Signor  Sonnìni  pubblicò    im  eccellente   Trautto 

lulT 


(  5i  ) 

suW Af aditele  [a)  ,  nel  quale  mostra  di  aver  conosciuta  la  mia  memoria, 
giucche  allotta  la  correzione  da  me  fatta  alla  classificazione  dell'  arachis  ^ 
riporf.uidola  alla  P oly gaviia  monoecia  ,  non  già  alla  Diadelpìtia  ,  ove 
era  stata  riportata  dal  Signor  Linneo  e  da'  suoi  seguaci.  Quindi  nello  stes- 
so anno  il  Signor  Bayle  Barelle  pubblicò  nel  IV  numero  degli  Annali 
di  Agricoltura  del  Regno  d' Italia  ,  del  Signor  Filippo  Re  ,  un'  altra 
memoria  molto  interessante  .  In  questa  egli  descrive  due  varietà  di  ara- 
cliide  r  una  indiana  ,  e  1'  altra  africana  ,  suU'  autorità  di  Willdenow  e 
Persoon  ;  ma  è  da  riflettersi  die  Willdenow  (  Sp.  pi.  voi.  3.  p.  2.  pag. 
1021  )  dopo  di  aver  citali  i  sinonimi  delV  arachis  hypogaea  ,  di  cui 
forma  una  specie  sola  ,  e  ne  cita  per  varietà  il  •solo  sinonimo  di  Nissolio 
per  l'arachide  americana  ,  accenna  soltanto  che  Loureiro  nella  Flora Co- 
chinchinense  pag.522  distingue  due  specie  di  questo  genere  ,  cioè  \asia- 
lica  che  à  le  stipole  bifide  ,  e  1'  africana  die  le  à  indivise  ,  né  aggiunge 
alcuna  sua  particolare  osservazione  su  questa  pretesa  specie  africana  \ 
anche  Persoon  ne  riporta  la  varietà  africana  suU'  autorità  di  Loureiro . 
Lo  stesso  sopralodato  Bay.  Barelle  assicura  che  questi  due  sommi  Bota- 
nici abbiano  detto  che  la  specie  indigena  delle  indie  sia  liscia,  e  l'afri- 
cana villosa  ;  mentre  Willdenow  à  detto  asiatica  est  valde  hirsuta  , 
e  Persoon  africana  est  glabra  .  Noi  dunque  ci  contenteremo  tli  rico- 
noscere tuttavia  le  due  specie  ,  attendendo  ulteriori  dilucidazioni  per 
questa  terza  specie  africana  ,  sul  conto  della  quale  lio  già  palesato  il  mio 
dubbio  di  crederla  confusa  colla  Glycine  snbterranea  ;  che  anche  Bur- 
manno  (b)  chiamò  arachis  africana. 

(a)  Traile  sur  l'Arachide,  oit  Pisiache  de  terre  .  Paris  1809  chex 
Colas. 

(b)  Planile  indicee  22. 


Dello  sfato  dell'arte  vetraria  nel  Regno  di  Napoli  , 
e  dei  mezzi  di  migliorarla  .  Memoria  del  Socio 
Ordinario  Michele  Ferrara  .  Letta  nelV  adunanza 
del  di  23  agosto  1807. 


JT  Ra'  rami  d' industria  ,  onde  la  nostra  Nazione  va 
tributaria  alla  manifattura  straniera  ,  debbe  annoverar- 
si quello  dell'  Arte  Vetraria  ,  che  ne  cosliluisce  una 
mancanza  veramente  marcata. 

Nel  secolo  passato  la  sua  importanza  non  isfuggì 
le  vedute  di  qualche  sagace  speculatore.  In  Mouteleo- 
ne ,  Città  della  Calabria  Ultra  ,  venne  istituito  uno 
stabilimento  di  tal  natura  j  un  altro  simile  ne  fu  eretto 
dal  Signor  Baldassarre  Monti  in  questa  Capitale  ,  in 
cui  vi  concorse  anche  l'ajuto  della  Reale  Munificenza, 
ed  un  altro  finalmente  in  Castellammare. 

Questi  stabilimenti  fabbricarono  cristallo,  bottiglie 
nere  ,  lastre ,  e  vetro  comune  ;  ma  il  sistema  irregola- 
re tenuto  da'  direttori  ,  la  mal  guidata  garanzia  ,  l'  or- 
dinaria indipendenza  de'  maestri  ,  e  la  crassa  ignoran- 
za su  i  prodotti  del  nostro  suolo  cosi  bene  applicabili 
a  tali  operazioni ,  furono  basi  sì  deboli  ,  che  produsse- 
ro il  crollo  precipitoso  di  sì  pregevoli  intraprese. 

Un  tal  fatto  destò  nell'animo  degli  speculatori  sen- 
timenti così  determinati  di  alienazione,  e  di  scoraggia- 
mento ,  che  ,  resa  vana  ogni  risorsa  ,  costituì  di  nuovo 
la  Nazione  soggetta  all'  industria  degli   esteri. 

In  questa  Capitale  rimase  confinata  una  branca 
di  tal  ramo,  la  quale  tuttavia  esiste  ,    ed  è  solamente 


(  53  ) 
limitata  a  fabbricare  vetro  comune  5  ma  perchè  non  ha 
mai  ricevuta  ,  ne  riceve  altra  guida,  che  quella  del  nu- 
do mecanismo  ,  è  stala  perciò  incapace    di    risorsa  ^  e 
di  miglioramento  . 

In  fatti  il  fabbricato  vitreo  monta  a  tal  grado 
d*  imperfezione  ,  che  la  nostra  Capitale  non  ha  un  cri- 
stallo, una  lastra,  o  altro  genere  di  tal  sorta  ben  for- 
mato, se  non  le  pervengono  dalla  Germania.  Le  no- 
stre Provincie  del  Levante  sono  obbligate  a  provveder- 
si da  Venezia,  e  quelle  di  Abruzzo  per  una  caraffa, 
per  im  bicchiere  ricorrono  a  Roma  . 

La  cenere  di  soda  ,  la  fdice ,  il  manganese  ,  le  ar- 
gille ,  il  combustibile  ,  sono  i  generi  primordiali  per 
talo  industria  .  La  nostra  nazione  n'  è  cos'i  doviziosa- 
mente fornita ,  che  della  cenere  di  soda  ne  fa  com- 
mercio ,  del  manganese  n'  è  ricca  la  Calabria  ,  le  ar- 
gille le  sono  comuni  ,  del  combustibile  ne  abbonda  , 
e  della  silice  ne  provvede  Roma  .  E  pure  ad  onta  di 
si  benefica  naturale  influenza ,  paga  a  prezzo  indiscre- 
to ,  e  con  quella  legge  ,  che  all'  estero  piace  imporle 
siffatti  generi  d'  industria ,  che  risultano  dalla  manifat^ 
turazione  de'  suol  proprj  prodotti . 

Fisserai  una  volta  ,  o  illustre  genio  Vesuviano  , 
l'epoca  alta  a  destarti  dal  vergognoso  letargo  del  tuo 
avvilimento?  Sarà  forse  fissata  da  quel  giorno  ,  e  da 
quel  momento  medesimo  ,  in  cui  trovasi  segnata  quel- 
la della  instituzione  di  questo  Istituto,  dietro  le  prov- 
vide mire  del  Governo  ?  Io  te  1'  auguro  . 

II  nou  poter  ricever*  uà  vetro  coiuaue   bea    for- 


(  54  ) 

malo  dalle  nostre  vetriere  ,  e  l' assoluta  necessità  di 
tal  genere  per  la  mia  fabbrica  di  acido  solforico,  aven- 
domi obbligato  a  stabilire  una  picciola  vetriera  per 
proprio  conto  ,  mi  han  fallo  instituire  de'  saggi  co'  uo-« 
stri  prodotti . 

Quello  delle  bottiglie  nere  ha  ottenuto  lutto  il 
suo  effetto  .  La  scoperta  della  terra  selciosa  ,  clie  co- 
stituisce la  base  al  fondente  ,  è  commendabile  j  l' im- 
mensa quantità  che  ne  abbiamo  ,  non  richiede  altra 
cura  che  quella  di  raccoglierla  ;  la  sua  proprietà  è  a 
tal  segno  marcata ,  che  bisogna  impiegare  il  3o  per 
cento  di  più  della  proporzione  ordinaria  ;  il  suo  colo- 
re è  tutto  simile  a  quello  delle  bottiglie  di  Francia  ; 
ed  ha  finalmente  il  raro  e  prezioso  vantaggio  ,  che  il 
suo  rottame  col  mezzo  della  fusione  ritorna  allo  sta- 
to di  vetro  ,  quandoché  quello  delle  bottiglie  estere  è 
infusibile . 

Il  saggio  sul  vetro  a  lastre  di  Germania  mi  ha 
dato  delle  pruove  convincenti  di  approssimazione ,  ed 
è  anche  il  risultato  de'  prodotti  nazionali . 

Io  che  ho  sempre  protestato  il  dovuto  filiale  af-» 
fello  alla  mia  nazione ,  e  che  determinatamente  mi 
sou  dichiarato  pe'  suoi  vantaggi  ,  non  posso  per  conse- 
guenza fare  un  mistero  delle  mie  scoperte  ,  anzi  ascri- 
verò a  mia  gloria  l'appalesarle,  quante  volte  il  Gover» 
no  a  ciò  mi  autorizzasse. 

Affinchè  possa  pertanto  cotest'  arte  ricevere  le  pri- 
me fondamenta  di  sussistenza  nel  nostro  Regno  ,  cre- 
do mio    indispensabile    dovere    sommetlere    alla   sana 


(55) 
intelligenza  di  queslo  Real  Islilulo  quale  sia  il  suo  sta- 
to alluiale  ,   e    quali    sieno  i  mezzi  valevoli  per  la  sua 
risorsa  . 

Stato  attuale  clelT  Arte  Vetraìa  nel 
nostro  Regno . 

In  tulio  il  Regno  vi  sono  olio  fabbriche  di  vetro; 
fiei  nella  Capitale,  la  settima  in  Cardilo  ,  e  l'ottava  ia 
Monteforte  .  Ognun  vede  che  queste  due  ultime  sono 
in  piccola  distanza  dalia  Capitale  medesima  . 

Una  di  queste  manilaltura  lastre  a  vetro  comune , 
e  bottiglie  nere  j  la  seconda  solamente  lastre  anche  a 
vetro  comune  ;  e  le  altre  sei  fabbricano  caraffe ,  pi- 
retti  j  ed  altri  generi  di  bufferia  col  vetro  medesimo  . 
Ordinariamente  quelle  addette  a  bufferia  fanno 
uso  di  poca  cenere  di  sonla ,  e  di  silice  j  quale  combi- 
nazione chiamasi  fritta  j  e  s'  ingegnano  di  raccogliere 
lutto  il  vetro  rotto  ,  con  cui  cuocendosi ,  e  ricuocen- 
dosi ,  sostengono  la  nianifatlurazione . 

Si  avvalgono  esclusivamente  non  d'  altra  soda  ,  o 
silice ,  che  di  quella  della  Sicilia ,  si  provvedono  delle 
argille  da  Monlecalvo  ,  e  per  la  costruzione  della  Ibr- 
nacc  ,  si  servono  della  pietra  di  Montesarchio  .  Ado- 
perano il  manganese  del  Piemonte  ,  e  da  qualche  an- 
no praticano  anche  quello  di  Calabria  .  Il  magistero 
non  sa  adattarsi  che  alle  forme  le  più  ordinarie  ;  esso 
si  traiuauda  da   padre    a  figlio  eoa  uu  meccanismo  il 


(  56  } 

più  mcscliino  ;  ed  1  propiielarj  non  agiscono  ,  che  eoa 
)a  sterile  norma  della  tradizione  . 

Il  fabbricalo  vitreo  possiede  le  seguenti  difettose 
caratteristiche  .  Il  suo  colore  è  vario  ;  dimostra  al  tut- 
to della  rugosità  e  dell'  asprezza;  è  pieno  di  bolle;  è 
facile  a  spezzarsi  ;  ed  ha  fìnalnjeute  pochissima  tem« 
pera  . 

Tale  marcata  imperfezione  deriva  i .  Perchè  non  la^* 
vasi  il  vetro  rotto  che  raccogliesi  ,  per  nettarlo  dalle 
lordure,  e  dalle  terre,  ond' è  ordinariamente  attaccato. 
Le  prime  ,  calcinandosi  ,  rimangono  incorporate  all' 
ammasso  vitreo  ,  e  ne  alterano  il  colorito  naturale.  Le 
peeonde  ,  perchè  non  incontrano  il  fondente  ,  restano 
isolate  sotto  la  forma  di  tanti  minuti  gruppi. 

2.  Dalla  fornace  ,  che  non  ha  cenerario  ,  e  da  ciò 
avviene  che  ,  gittandosi  le  legna  nel  focolare  con  im- 
peto, si  dà  luogo  all'esalazione  del  polverio  della  ce- 
nere, e  questa  imboccandosi  nelle  padelle,  ed  essendo 
incapace  di  fusione  ,  forma  la  grana  nel  vetro  . 

3.  Dalla  pratica  che  per  lo  più  si  osserva  ,  di 
fondere  il  solo  rottame,  e  rara  fritta.  Il  rottame  quan- 
do si  fa  cuocere  così  isolalo  ,  vi  ene  a  perdere  sempre 
una  porzione  di  alcali  ,  che  n'  è  il  componente  ,  e  la 
silice ,  rimanendo  per  conseguenza  scevra  di  questa 
parte  salina,  non  può  produrre  che  un  vetro  fragile, 
e  rugoso  .  E  vero  che  il  rottame  è  necessario  nelle 
vetriere ,  ma  dee  considerarsi  come  il  bevilo  per  la 
fabbricazione  del  buon  vciro  ,  e  la  fritta  come  il  fru-^ 
pienlo  ,  conciossiachò    l' alcali   che    U'ovasi    sempre  ìì\ 


(57) 
una  proporzione  soprabbondante  nella  combinazione 
della  fritta,  viene  a  surrogar  quella,  che  il  rottame 
ha  perduta  per  le  fusioni  solìerte  .  Più  ;  il  sale  mari- 
Bo  ospitante  nella  cenere  di  soda  ,  all'  azione  del  ca- 
lore intenso  si  decompone  ,  il  suo  acido  ,  divenendo  li- 
bero, attacca  1'  ossigeno  del  manganese,  e  risulta  aci- 
do muriatico  ossigenalo  .  In  tale  stato  questo  esercita 
la  sua  azione  su  la  materia  colorante  dtìlia  soda ,  e 
delle  lordure  ,  se  mai  ve  ne  restano  attaccate  al  rot- 
tame ,  e  la  distrugge  ,  e  1'  alcali  marino  trovandosi 
isolato  ,  in  parte  volatilizza ,  ed  in  parte  serve  di  fon- 
dente a  quelle  terre  che  sono  sempre  unite  allo  stesso 
rottame  . 

4-  Alle  notate  imperfezioni  del  nostro  vetro  co- 
mune concorre  ancora  la  poca  cottura  ,  che  ordi- 
nariamente riceve  .  L'  acido  carbonico  naturalmente 
combinato  con  la  silice,  e  con  la  cenere  di  soda, 
e  r  aria  atmosferica  «he  rimane  intercettata  nel  git- 
tarsi  il  rotarne  ,  non  avendo  il  tempo  proprio  a 
svilupparsi  ,  producono  le  bolle  nel  vetro  ,  e  que- 
ste sono  più ,  o  meno  voluminose ,  e  rare  a  misu- 
ra del  maggiore  ,  o  minor  tempo  di  coltura  ,  che  il 
vetro  riceve  . 

5.  La  tempera ,  che  si  applica  al  nostro  vetro 
manlfatturato  ,  si  esegue  in  quel  forno  ,  che  viene  ri- 
scaldato dal  fuoco  medesimo  che  cuoce  il  vetro  . 
In  questo  forno  è  picciolo  lo  spazio ,  che  si  frap- 
pone da  quel  punto ,  in  cui  la  temperatura  è  ol- 
tremodo  calda,  a    quello    in  cui   è  già  fredda;    quin- 

8 


(58) 
di    ne  avviene    che   i  vetri    lavorati  ,    non    potendosi 
gradatamente    raffreddare,  debbono  pei'ciò  esser  facili 
a  spezzarsi . 

Finahnente  tralascio  di  accennare  1'  ignoranza  su 
la  conoscenza  delle  nostre  argille ,  e  1'  inespertezza  di 
depurarle  dalle  terre  vetrificabili  .  Taccio  la  poca 
pratica  nella  formazione  de'  vasi  ,  ì  difetti  marca- 
ti nella  costruzione  del  fornello  da  fusione  ,  e  la 
trascuraggine  nella  preparazione  della  fritta  .  Non 
parlo  del  magistero  così  meschinamente  limitato  , 
della  scarsa  compensazione ,  che  gli  artefici  ritrag- 
gono dalle  loro  fatighe  ,  e  altre  simili  insuftìcien-> 
ze  ,  per  le  quali  converrebbe  formarsi  un  piano  este- 
so d'istruzioni  . 

Da  quanto  ho  osservato  chiaramente  rilevasi,  che 
il  nostro  fabbricato  vitreo  non  può  non  risultare  ,  che 
nel  grado  marcato  d'imperfezione,  ed  il  fatto  Io  confer- 
ma ,  perchè  conoscendosi  per  esperienza  da  tutti  per 
difettoso,  mette  tutti  ragionevolmente  nella  dura  ne- 
cessità di  ricercarlo  dall'  estero  . 

Più  :  Sono  già  due  anni  da  che  i  proprietarj  di 
quelle  fornaci  addette  alla  bufferia  hanno  fra  loro  adot- 
tata una  convenzione  avvalorata  dal  Magistrato  ,  in 
viitù  della  quale  si  ripartiscono  il  lavoro  in  modo  , 
che  due  di  essi  fabbricano  per  lo  spazio  di  mesi  sei  , 
e  gli  altri  due  negli  altri  sei  rimanenti  mesi  dell' 
anno  . 

Più  :  I  due  proprietarj ,  che  sono  in  attività  ,  cor- 
rispondono   ducati    1 20.  mensualmente    a    quelli ,   che 


(59) 
sono  fuori  esercizio,  e  ripigliando  questi  il  loro  lavo- 
ro ,  praticano  la  stessa  corrispondenza . 

Tale  convenzione  riconosce  la  sua  origine  dalla 
viltà  del  prezzo  ,  con  cui  ognuno  proccurava  far  lo 
spaccio  del  proprio  lavoro.  Ciò  faceva  mettere  in  uso 
de' mezzi  sempreppiù  ruinosi ,  ond' erano  impossibili- 
tati a  potere  fabbricare  un  buon  vetro  ,  giacche  il 
prezzo  vile  introdotto  noi  permetteva  . 

Questo  assurdo  cagionava  oltremodo  l' avvilinien- 
lo  ,  e  la  deteriorazione  dell'  industria ,  ed  affinchè  que- 
sta meschina  branca  non  fosse  stata  nel  cimento  di 
vedersi  affatto  arrestata,  convenne  ricorre  all'espedien- 
te della  mentovata  convenzione  . 

Questo  è  lo  stato  dell'  arte  Vetraria  nel  nostro  Re- 
gno .  Passo  ora  a  rapportare  i  mezzi ,  che  credo  poter 
concorrere  al  suo  miglioramento  . 

Mezzi  dì  Miglioramento  . 

Quante  volte  due  delle  quattro  fornaci  esistenti 
in  questa  Capitale,  ed  addette  soltanto  alla  bufferia 
non  possono  mettersi  in  attività,  se  non  dopo  che  le 
altre  due  abbiano  lavorato  per  mesi  sei  ,  e  ciò  per 
dar  luogo  allo  spaccio  de'  generi  manifatturati  eoa 
prezzo  convenevole ,  potrebbero  due  di  esse  rimaner 
sempre  in  esercizio  in  tutto  1'  anno  nella  Capita- 
le ,  ed  obbligar  le  altre  due  a  trasferirsi  una  iu  Ab- 
bruzzo  ,  e  r  altra  alle  falde  del  Monte  S.  Angelo  in 
Puglia  . 


(6o) 

2.  Potrebbero  a  tal  uopo  prevenirsi  due  de'  no- 
stri Socj  corrispondenti  ,  ed  incaricarsi ,  con  1'  autorità 
del  Governo ,  della  scelta  del  locale  pel  facile  acquisto 
così  del  combustibile,  che  degli  altri  generi  primordiali 
per  tale  manifatturazione . 

3.  Questi  Socj  corrispondenti  potrebbero  stabilire 
una  Deputazione  con  quelle  istruzioni  ,  che  loro  si 
comuniclierebbero  ,  dietro  1'  approvazione  del  Gover- 
no ,  per  potersi  più  agevolmente  somministrar  que' 
mezzi  che  possono  contribuire  all'  esilo  felice  di  tale 
operazione  . 

4-  Questo  Real  Istituto  costituirebbe  una  Commes- 
sione  di  due  Socj  ordinar}  ,  che  conferendo  co'  pro- 
prietarj  delle  fornaci ,  potessero  rilevare  da  vicino  tutte 
le  cagioni,  le  quali  arrestano-  la  risorsa  di  questa  in- 
dustria tanto  interessante;  conciliare  i  mezzi  i  più  ana- 
loghi alle  nuove  istituzioni  delle  vetriere  nel  Regno  ; 
esaminare,  se  converrebbe  o  no  la  dfsmissione  della 
porzione  degli  artefici ,  de'  quali  si  avvalgono  tutta- 
via ,  e  riguardare  finalmente  il  miglioramento  del  ma- 
gistero . 

La  suddetta  ComuTessione  dovrebb' essere  autoriz- 
zata a  potere  instituire  de'  saggi  ne'  padellotli  in  quelle 
fornaci  ,  che  si  troverebbero  in  attività  . 

5.  La  situazione  di  siffatti  padellotti  non  arrestan- 
do il  corso  della  manifattura  ,  e  non  esigendo  spesa 
pel  combustibile,  soiiiministrerà  alla  Commessio  ne  tut- 
ta la  faciKtà  di  eseguire  gli  esperimenti  ,  e  di  familia- 
rizzarsi con  la  pratica  dell'  arte  . 


(  6r  ) 

6.  I  maleriali  ,  che  occorreranno  pe'  saggi  ,  po- 
tranno proccurarsi  da  questo  Ileal  Istituto,  tanloppiù 
che  la  loro  spesa  è  tenuissima  . 

7.  Colesti  saggi  dovranno  eseguirsi  co' prodotti  na- 
zionali ,  ed  avere  per  iscopo  principale  la  formazione 
del  cristallo  ,  delle  lastre  a  vetro  di  Germania  ,  ed  al- 
tro genere  ricercato . 

8  Cosi  la  Commessione  di  Napoli  ,  che  quelle 
delle  Provincie,  apriranno  fra  loro  un  corrispondenza, 
partecipandosi  reciprocamente  le  idee  ,  i  fenomeni  ,  e 
le  scoperte  . 

9.  Subitochè  una  delle  Commessloni  avrà  verifica- 
to col  fatto  la  manifatturazione  di  quel  genere  vetra- 
rio che  manca  alla  nazione  ,  ne  dovrà  fare  il  rapporto 
a  questo  Real  Istituto  ,  acciò  possa  il  medesimo  con- 
sultare il  Governo  ,  e  proporre  i  mezzi  si  d'  inco- 
raggiamento ,  che  di  esecuzione  . 

Con  tal  sistema  verrebbe  promosso  questo  ramo  d' 
industria  ,  che  fa  reale  mancanza  fra  noi .  La  Capitale  , 
e  le  Provincie  ,  che  presentemente  debbono  ricer- 
care i  generi  di  tal  manifattura  dall'  estero  ,  sarebbe  ro 
a  sufficienza  provvedute  .  Gli  artefici,  che  in  sei  mesi 
dell'  anno  non  sono  in  esercizio  ,  e  vivono  a  spese  di 
quelle  velriere  ,  che  sono  in  attività  ,  avrebbero  perenne 
la  loro  sussistenza  dalle  proprie  fatiche  .  I  prodotti  del 
noslro  suolo  ,  che  giacciono  tuttavia  sepolti  nell'  iner- 
zia ,  e  nella  sconoscenza,  e  che  sono  tanto  bene  appli- 
cabili a  tale  operazione,  sarebbero  ravvivati.  L'  estrazio- 
ne di  somme  non  indifferenti ,    che  si    esitano  in  ogni 


(  60 

anno  per  tale  oggetto  sarebbe  rinfrancata  ,  e  finalmente  il 
Governo ,  non  addossandosi  altro  interesse ,  che  quello 
della  garanzia  ,  e  dell'incoraggiamento,  non  farebbe  che 
destare  l' amore ,  e  l' impegno  per  le  scoperte  ,  che 
costituiscono  la  vera  gloria,  e  la  reale  ricche/zza  delle 
Nazioni  . 


{63) 

Sulla  Flora  della  Provincia  di  Bari .  Memoria  del 
Socio  Corrispondente  yiTO  bisceglia  .  Letta  nelt 
adunanza  del  di  3.  novembre  1807. 

JL/Opo    le  occupazioni    del    mio    ecclesiastico    Mini- 
stero ,    le    mie    cure    da  alcuni    anni    a  questa    par- 
te   sono  state    tutte    dirette    nel    coltivar    la    scienza  , 
che    riguarda    le    piante    .    Fu    mio    disegno    da    pri- 
ma   raccogliere    delle    erbe    per    formarne    una    flora 
Appula ,    nella    quale    fossero    comprese    quelle    della 
Terra    di    Bari ,    di    Lecce  ,    e    di    Capitanata .    Que- 
sta Flora    sarebbe  servita    di  stimolo,    e    di  emulazio- 
ne   alle  altre  Provincie  ,    per    aversi    le    Flore    Luca- 
na ,  Bruzia ,    Campana ,    Sannitica ,    &c.  Da  queste    si 
sarebbe  formata   la  Flora  generale  Napolitana,    e    eoa 
uno  sguardo  solo  si  sarebbero  vedute  le  copiose  dovi- 
zie ,  che  il  regno  vegetabile  presenta  alle  ai'ti ,  alla  sus- 
sistenza ,    a'  comodi  ,    ed  al  miglior    essere  della  vita  . 
La  fortunata  situazione  delle  diverse  contrade  di  que- 
ste Provincie  lusingava  le  mie  speranze.  Monti  alpini, 
colli  ,  valli  ,  pianure  ,  un  littorale  ,    che  circonda  tutti 
questi  paesi  ,    (lumi  che  l' irrigano  ,    debbono  per    ne- 
cessità contener  delle  piante,  che  nascono  nelle  regioni 
boreali  ,  nelle  australi,  e  nelle  intermedie.  Qual    ricco 
tesoro  ,  dicea  fra  me  ,  e  qual  vergogna    per  gì'  ingegni 
Napolitani  il  non  avere  una  Flora  Sicula ,  mentrechè 
tutte  le  nazioni  eulte  le  hanno  da  più  tempo  !  Ma  per 
l'esecuzione  del  mio  progetto  yarj  ostacoli  si  sono  op- 


{  64  ) 

posti  .  Ho  cercato  di  vincerli  con  1'  aspetto  de'  vantag- 
gi, clic  ne  sarebbero  derivali,  con  la  persuasione  ,  colle 
preghiere  ,  co'  deboli  soccorsi  ,    che  le  mie  scarsissime 
finanze    mi    somministravano  .    Tutto    è    stato    inutile  . 
Quindi    mi    sono    limitato  a  visitare    varj    territorj    di 
questa  Provincia  per  mia  privata  istruzione  ,    e    con  l' 
ajuto  dell'egregio  Professore  di  Botanica  Sig. Vincenzo 
Petagna  ,    che  ha    in    differenti    rincontri    rischiarato  -i 
miei  dubbj  ,  lio  raccolte ,  classificate  secondo  il  sistema 
Linneano  ,  e  ridotte  nel  mio  erbario  oltre  a  mille  spe- 
cie di  piante  coltivate  ,  e  spontanee  .  Egli  è  vero  ,  che 
questa  Provincia,  le  cui  campagne  sono  in  buona  par^ 
te  ridotte  a  coltura,  ha  una  situazione  monotona  ,  se  se 
n'  eccettuano  i  piccioli  colli  detti  le  murge  (  ramo  bas- 
so  della  catena  degli  Appennini  )  e  perciò  non  fecon- 
da di  erbe  di  climi  diversi  ;    ma    ciò    non    ostante    ha 
essa  la    sua    sufficiente  porzione ,    che  può  essere  util- 
mente   impiegata  ,    ed  io  di  alcune  di  esse  tesserò  fra 
poco  il  catalogo  .  Ritorno  in  tanto  alla  Flora  Appula, 
ed  alla  Sicula.  Vede  ognuno  di  qaanta  u   l'ià  potrebbe 
questa  riuscire;  ma  se  la  potente  ed    attiva    mano  del 
Governo  non  toglie  gli  ostacoli  ;  se  non  facilita  i  mez- 
zi con    ispedire    nelle    Provincie    giovani    versati    nella 
materia  ,  facendoli  proteggere  da'  Ministri  Politici  ,    ed 
Economici  ,  1'  impresa  non  potrà  mai  avere    un    felice 
successo  ,  e  lo  Stato  continuerà  a  sentire  la  privazione 
di  sì  gran  vantaggio  . 

Nelle  mie  ricerche  botaniche  ho  rinvenute  molte 
piante  impiegate  da  diverse  nazioni  per  varj  rami  di 
economia ,    e  per    1'  uso    dell'  arte  salutare  .    Farò    di 


(65) 
esse  tre  classi  .  La  prima  sarà  composta  delle  piante , 
che  presenta  il  littorale  :    la  seconda  di  quelle  ,  che   si 
adoperano  per  le  tinte  :    la    terza    comprenderà    le    of- 
liciuali  . 

PRIMA    CLASSE 

Delle  piante  marine  utili  per  la  Soda. 

E  ormai  cosa  risaputissima  ,    che    le    piante  ,    le 
quali  nascono  nel  lido  del  mare  ,  o  nelle  sue  vicinan- 
ze ,    abbondano    quale    più  ,    e   quale    meno    d'  alcali 
fisso  minerale ,    ossia    di  soda  .    La    nostra    nazione    è 
nell'  obbligo  di  acquistare    dall'  estero    questa    sostanza 
necessaria  alla  fabbrica  de' vetri,    e  de' cristalli  ,    a' sa- 
poni ,  ed  a  tante  altre  arti  ,  ed  usi    della    vita,    mea- 
trecchè  le  piante  ,  che  la  danno  ,  nascono    fra    noi    in 
una  copia  tale  ,  che  potrebbe  straregnarsi   il  loro  pro- 
dotto ,  ed  essere  impiegati  i  poveri  ne'  Reclusorj  a  bru- 
ciarle ,  ed  a  ridurle  in  soda  co'  dovuti  metodi .  In  soc- 
corso della  natura  per  la  maggior  propagazione  ,  e  per 
la  miglior  coltura  può  accorrere  la  mano  dell'  uomo  , 
come  altrove  si  pratica.  Basta  per  ora  il  sapere,  eh'  esse 
nascono  spontaneamente ,  e  che  forse  un  tempo  erano 
poste  a    profitto  giacché ,  se  è  vero  ciò  che  mi  è  stato 
riferito,  nelle  paludi  di  Trani  ,   contrada   estesa  situata 
tra  quella  Città,  e  Barletta,  e  dove  nascono  spontanee 
la  Salicornia  herbacea ,  la  Salsola  Kali ,   Tragiis ,  ed 
altre  piante  della  stessa    indole  ,  eravi    un  tempo    una 
fabbrica  di  vetri  ,  i  cui  ruderi  si  osservano  tuttavia.  È 

9 


questo  il  Catalogo  in  modo  alfabetico  delle  piante: 
marine  ,  e  lillorali  proprie  per  quesll'uso  ,  co'  nomi 
triviali  Linueani  . 


Antirrhinum  Cirrliosum 
Alriplex  Glauca   Laciniata 
Bunias  C  ikile 
Bnpl) (hai munì    Maritimum 
Chelulonium  Glaucium 
Confeiva    liltoralis  ,    ceru- 

ginosa 
Convolvulus  Soldanella 
Critlimunì  Marilimuin 
Echinophora  Spinosa 
Eryngium  marilimum 
Fucus.  Molte  specie 


Glaux  marilima  . 
Mesembriauthemum  Nodi- 

floruni 
PI  ani  ago  Marilima 
Polygonum  Maritimuriir 
Salicornia  Herbacea 
Salsola  Rali  .  Tragus 
Statice  Echiodes 
Ulva  Umbilicalis 
Zostera  Oceanica  marilima 

seu  Phucagrostis  Philip— 

pi  Camolini 


Osseri>azÌQnì  ■ 


Le  più  abbondanti  di  qtieste  piante  sono  1'  Atri^- 
plex  ,  il  Buphthalmuni  ,  il  Chelidonium  ,  la  Glaux  ,, 
la  Salicornia  ,  le  Salsole  ,  le  Zostere.  Ija  Salicornia 
si  offre  in  due  aspetti  .  Quella  che  nasce  immediata- 
mente nel  lido ,  o  nelle  rime  degli  scogli  è  suffrutico- 
sa ,  si  eleva  oltre  a  due  piedi ,  e  forma  rome  una  pic- 
cola siepe  .  Suole  anche  abitare  in  qualche  distanza 
dal  mare  ,  ed  allora  mostra  realmente  d'  essere  erba- 
cea .  Non  molto  lungi  da  M  ilietta  avvi  un  sito  ,  dove 
le  acque  piovane  sogliono  per  lo  più  ristagnare .  Ivi  la 


(6;) 
Salicornia  assiepala  da  giunghi  fa  una  bella  comparsa. 
Si  vede  un  campo    di  color   rosso  oscuro  .    Essa    può 
moltiplicarsi  a  segno  da  farne  copiosa  raccolta  . 

Le  Salsole  nascono  per  lo  più  nelle  arene  mobili 
del  lido .  Si  alzano  fino  a  quattro  piedi ,  e  co'  loro 
nioltiplici  rami  diventano  cespitose .  Una  sola  pianta 
diramala  ha  talvolta  tre  piedi  di  diametro  .  Le  Sai- 
soie  danno  la  più  abbondante,  e  buona  Soda.  Non 
ignorandosi  il  sito  die  amano  in  preferenza  di  ogni 
altro,  jiotranno  con  vantaggio  impiegarsi  le  immense 
arene  ,  che  da  Trani  vanno  sino  a  Manfredonia  ,  e 
quelle  di  Bari  ,  e  del  rimanente  littorale ,  dove  spon- 
taneamente vegetano ,  e  dove  inaridite  nell'  està  sono 
rotolate  da'  venti  con  vergogna  degli  abitatori  ,  che  po- 
trebbero di  esse  profittare .  Sapendosi  anche  il  terreno 
che  cerca  la  Salicornia ,  tult'  i  luoghi  paludosi  posti  in 
riva  al  mare ,  e  ve  ne  ha  molti  in  questo  esteso  litto- 
rale ,  possono  servire  ad  una  vasta  piantagione  .  La 
Salicornia  ha  un  vantaggio  su  le  Salsole .  Queste  sono 
piante  annuali .  Quella  ,  perchè  suffruticosa,  è  perenne, 
e  basta  averla  piantata  una  volta  per  raccoglierla  per 
più  anni,  purché  non  sia  maltrattata. 

I  Fuchi ,  e  le  Conferve  meritano  tutta  la  consi- 
derazione ,  ed  al  presente  sono  del  tutto  trascurate  . 
Non  v'  è  scoglio ,  che  non  ne  abbia  le  sue  differenti 
specie  .  Alcune  amano  di  gittare  le  loro  radici  su  dei 
testacei  .  Una  gran  quantità  n'  è  espulsa  al  lido  ,  dove 
putrefassi  .  Queste  piante  sono  piene  zeppe  di  sai  ma- 
rino,  la  cui  base,  com'è  nolo,  è  l'alcali  fisso  mine- 
rale .  la  quelle ,  che  io  couservo ,   i  rami ,   e  le  foglie 


(68) 
sono  tutte  ricoperte  di  quel  sale  ,  e  bruciandosi ,  da- 
rebbero molla  soda  .  Per  la  propagazione  di  questa 
pianta  non  vi  bisogna  la  mano  dell'  uomo  :  tutto  fa  la 
natura  doviziosissima  in  siffatta  produzione.  All'uomo 
spetta  soltanto  il  raccoglierla,  e  ridurla  in  cenere  . 

Fra'  Fucili  trovansi  spesso  le  due  indicate  specie 
di  conferve  ,  che  in  forma  di  ciocche  ,  talvolta  lunghe 
im  piede  ,  ed  altre  di  pochi  pollici  ,  pendono  dagli 
scogli  ,  ed  a  guisa  di  capelli  di  un  bel  verde  sono  agi- 
tate dalie  onde  .  Fo  di  loro  espressa  menzione  per  un 
sospetto  che  in  me  risvegliano  .  I  loro  filamenti  com- 
posti di  tanti  tubercoli  uniti,  e  visibili  allorché  sona 
inessi  tra  1'  occhio  ,  e  la  luce  ,  conservano  anche  sec- 
chi il  loro  verde  natio  .  Abbondano  dunque  di  sostan- 
za ,  e  di  principi  coloranti .  Potrebbero  su  di  essi  fìnsi 
de' saggi  per  le  tinte. 

Le  due  Zostere ,  o  piuttosto  1'  Oceanica ,  e  la 
Fucogrosti ,  cosi  corretta  dal  nostro  celebre  Filippo 
Cavolini  ,^  detta  un  tempo  Marina  d_iil  Cavalier  Lii  n  ;o, 
vengono  comunemente  chiamate  col  nome  di  yilghe  . 
Esse  nascono  in  gran  copia  nel  nostro  mare  .  Dell'  ul- 
tima soprattutto  simile  alle  piante  graminose  n'  è  si 
pieno  il  fondo  del  nostro  mare  ,  che  rassomiglia  un 
ca«ipo  seminato  di  biade  del  mese  di  oprile  .  I  flutti 
sbarbicano  una  gran  quantità  di  amendue  ,  e  la  gitta- 
110  nel  lido ,  dove  si  accumula  specialmente  nell'  au- 
tunno ,  tempo  in  cui  la  pianta  è  giunta  alla  sua  ma- 
turità .  In  alcune  Città  littorali  la  gente  di  campagna 
per  un'economia  mal  intesa,  e  che  si  rende  pregiu- 
dizievole   alla  vita    degli  uomini ,    la  raccoglie ,    e    la 


(69) 
spaiKÌe  per  le  strade .  Ivi  gli  animali  da  soma  solleci- 
tali dall'  umido  di  quelle  piante  vi  depongono  i  loro 
escrenienli  ,  e  soprattutto  le  orine  ,  che  promuovono 
con  la  fermentazione  Io  sfacelo ,  e  la  coiTuzione  .  L' 
aria  in  que' luoghi,  e  nelle  loro  vicinanze  è  appestata, 
il  lezzo  è  insolfrihile,  i  vapori  aeriformi  sono  mici- 
diali ,  ed  avvi  chi  è  persuaso  che  la  cecità ,  cui  sog- 
giacciono gli  abitatori  delle  Città  ,  dove  quell'  opera- 
zione si  consuma  ,  debba  ripetersi  dalle  sostanze  cau- 
stiche e  corrosive  che  in  forma  di  gas  si  elevano  da 
que'  letamai  ,  In  vece  dunque  di  destinarsi  ad  un  uso 
tanto  nocivo  alla  salute,  sarebbe  assai  meglio  impie- 
gar quelle  piante  ad  estrarne  la  soda  .  Si  farebbe  un 
tesoro  inesauribile  ,  tanta  n'  è  la  quantità  messa  fuo- 
ri dal  mare  ,  o  che  nel  fondo  stesso  potrebbe  rac- 
cogliersi . 

SECONDA  CLASSE 

Piante  utili  per  le  Tìnte  -. 

II  catalogo  ,  che  vado  a  dare,  è  preso  dalle  piante 
tintorie  rapportate  dal  celebre  Dottor  Talier  ,  il  qua- 
le, per  quanto  è  a  mia  notizia,  è  l'ultimo  che  cou 
la  scorta  de' più  insigni  recenti  autori  IngKsi ,  e  Fran- 
cesi ,  ha  per  comodo  de' tintori  italiani  dato  il  suo 
bel  Trattato  su  l' arte  di  tingere .  Io  T  ho  confron- 
tato con  le  piante  cnlte,  e  spontanee  che  la  Povin- 
cia  produce ,    e  da  esse    ho  formalo    il  segueuitì  cala- 


C70) 
logo  .  È  da  rimarcarsi  precedentemente  che  alcune 
di  esse  nascono  in  copia  per  le  strade  di  campagna  , 
e  tuttogiorno  si  calpestano .  Esse  invitano  la  mana 
dell'  uomo  neghittoso  per  essere  addette  a  nobili  usi  . 
Soggiugnerò  poi  quelle,  che  volgarmente  si  usano  per 
le  tiute  senza  metodi,  e  per  semplice  pratica,  noa 
notate  dal  dotto   Talìer . 


Agaricus  Quercinus ,  detto 
Iguiarius  da  Talier  per 
r  esca  che  se  uè  cava  . 

Anchusa  Tiuftoria,  tralascia- 
ta da  Talier  . 

Carthamus  Tinflorius 

Clematis  Vitalba 

Convolvulus  Arvensis 

Crataegus  Oxiacantha 

Croton  Tinftorium 

Cyuara  Scolymus 

Fagus  Castanea 

Ficus  Carica 

Galium  Verum 

Holcus  Sorguni 

Impaliens  Balsamina 

Isatis  TinSoria 

Juglans  Regia 


Lichen  Prunastri 
Mespilus  Inermis 
Morus  Nigra 
Plantago  Psyllium 
Prunus  Armeniaca 
Pteris  Aquilina  (a) 
Pyrus  communis 
Quercus  Robur 
Reseda  Luteola 
Rhamnus  Alaternus 
Rubia  Tiniloriuni 
Riibus  Fruticosus 
Ruta  Graveolens 
Sambucus  Nigra 
Saiiguisorba  Officinalis 
Thiaspi  Bursa  Pastoris 
Trifolium  Rubens 


(a)  Non  nasce  in  questa  Provincia ,  altrove  è  co- 
mune . 


(71  ) 
Piante  che  si  usano  volgarmente  per  le  tinte. 

Amygdalus  Communis  Juglans  Regia 

Aspliodelus  vai',  sp.  Pastinaca  Opoponax 

Bupleurum  Rotundifoliutn  Punica  Granatum 

Conferva  :  vulgo  diSa  Ver-  Pyi'us  Malus 

ga  (F  ava  .  Pyrus  Cydonia 

Crocus  Salivus  Thapsia  Asclepium. 
Daphne  Guidium 

Osservazioni . 

Alcune  delle  dinotate  piante  abbondantemente  na- 
scono ,  altre  sono  rare  .  Tra  le  prime  il  Cartamo  Tin- 
torio ,  il  Cratego  Ossicantha ,  il  jCroton  Tintorio , 
il  Cinara  Carciofo ,  il  Fico ,  V  Isatide  tintoria  ,  la 
JSoce ,  il  Nespolo,  il  Gelso,  la  Piantagine  Psillio  , 
V  Albicocco  ,  il  Pero,  la  Quercia , la.  Reseda  Luteo- 
la  delta  nella  Provincia  la  Cariazza  ,  1'  Alaterno  ,  il 
Uovo  ,  la  Unta,  la  Sanguisorha  ,  il  Sambuco  ,\a.  Bor- 
sa Pastore ,  il  Trifoglio  Rubente  ,  il  Mandorlo ,  gli 
'Asfodeli ,  il  Bupleuro  Rotondifulio  ,  il  Croco  Satino, 
o  Zafferano  ,  il  Dafne  Gnidio  ,  la  Conferva  verga 
d'  ova ,  r  Opoponace  ,  il  Granato  ,  il  Cotogno  ,  la  Ta- 
spia  Asclepio  .  Quest'  ultimo  ,  il  Bupleuro  ,  e  1'  Opo- 
ponace volgarmente  vengono  chiamati  Ferolazzo  per 
una  lontana  somiglianza ,  che  hanno  nelle  umbelle  con 
la  Ferola. 


(70 

Fa  veramente  dispetto  il  vedere  che  li  natura  è 
stata  tanto  prodiga  con  1'  uomo  in  questa  Provincia , 
ed  egli  non  cura  i  suoi  doui  .  Il  Croton  Tintorio  ve- 
geta di  està  in  quasi  tutt'  i  campi  lavorati  a  maggese  : 
esso  dà  un  bel  ceruleo  ,  che  ho  niostrato  a  molti  col 
solo  compi'imere  le  sue  piccole  coccole  .  E  vero  che 
dalle  foglie,  e  dall'intera  pianta  si  ricava  da  prima 
un  verde  diluto  ^  ma  le  stoffe  tinte  col  succo  delle 
medesime  acquistano ,  esponendosi  a' vapori  dell' orina , 
il  nativo  colore  della  pianta  .  Gli  esteri  lo  coltivano  , 
e  ne  fanno  gran  uso.  JJ  Isatide ,  pianta  perenne  ,  na- 
sce in  tutta  la  Provincia  di  Bari,  ne  teme  il  freddo  , 
poiché  r  ho  veduta  benissimo  vegetare  in  Altamura  . 
Essa  ama  soprattutto  i  luoghi  coltivati  a  biade  ,  e  si 
eleva  quasi  sino  all'  altezza  umana  .  Può  bene  ognuno 
immaginare  quante  foglie  può  dare  per  la  costruzione 
del  Guado  ,  o  Pastello^  e ,  se  è  vero  ciò  che  ho  letto  , 
per  l'Indaco  .  Nel  tempo  delle  piove  estive  vegeta 
quasi  per  tutto  l'anno .  Qui  è  del  tutto  ignorato  l' uso , 
che  se  ne  fa  altrove,  ed  appena  è  distinta  da' campa- 
gnuoli  col  vocabolo  di  Cauliciello  .  Fin  dalla  prima 
memoria  da  me  presentata  a'  Georgofili  di  Firenze  , 
cui  ho  r  onore  di  appartenere  per  altro  oggetto  ,  mi 
dolsi  della  grossolana  ignoranza  de'  nostri  Baresi  ,  che 
la  calpestano  . 

La  Reseda  Luteola  è  coltivata ,  e  serve  per  sem- 
plice mordente.  Vegeta  benissimo ,  e  divien  cespitosa. 
Ma  oltre  a  questa  specie  vi  nascono  spontanee  ,  e  vi 
5Ì  moltiplicano  1'  Undata  ,  V  Alba  ,  la.  P/titeuina  ^  della 


(73) 
quali  una  più  ,  altra  meno  si    approssima  OiUa  Luleold , 
massimamente    V  Undata ,    die    trovasi    comunemente 
ne'  campi ,  e  nelle  vecchie  mura  .    I  Botanici  insogna- 
no ,  ed  è  un  fallo  che  giornalmente     vien  confermalo 
dall'esperienze,  che  le  piante  ,    le    quali    convengono 
nel  classico  carattere  naturale,©  nel  generico,  soglio- 
no   per  lo  più    avere    le    medesime    proprietà  .     Que- 
st'  assertiva  è  molto  più  vera    nelle    j)iante  congeneri  , 
perchè  forse  han  tutte  avuta  una  madre ,    dalla    quale 
riconoscono  gli  stessi  principi  .  Procedendo  con  questa 
teoria  ,  non  si   farebbe  perdita    se  si   assoggettassero   a 
<le'  saggi  le  specie  indicale  .  Di  vantaggio    poco    colti- 
vasi ,  e  non  si  estrae  dal   Cartamo  tintorio  ,    o    zaffe- 
ranone quel  colore  ,  che  agi'  intendenti    è    ben    nolo . 
A  que'  pochi  che  lo  piantano  ho  insegnato  il  processo 
facile  suggerito    dal  Signor  Talier  per  ridurre  il  Zaf- 
feranone a  dare  il  color  rosso  ;    ma    non  ho  avuta   la 
sorte  d'  essere  inteso  .  In  luti'  i    luoghi     incolti    vegeta 
benissimo  il  Cartamo  lanata  al  primo    molto    simile  , 
e  i  cui  fioretti  color  di  solfo  possono  al  pari  di  quello 
essere  utilissimi    alle    tinte  ,    facendosene    precedente- 
mente i  tentativi .    La    Robbia    è    comune    in   tutte   le 
vecchie  pareli  a  secco  ,  e  nelle  siepi  ,  e  si  fa  qualche 
uso  delle  sue  radici;    ma  di  tanti  Galj ,,  e  soprattutto 
delle  riparine ,  che  trovansi  da  per  ogni  dove  ,  e  che 
convengono  con  la   Robbia  nel  carattere  classico  natu- 
rale, cioè  neir  aver  le  radici  colorale,  i  cauli   angulati  , 
e  per  lo  più  aspri  ,    le    foglie    verticillate ,     ed    i  fiori 
mollo  simili ,  il  solo  Galio  vero  è  no  minalo    ,   e  tutti 
darebbero    forse    lo  slesso  colore  .    Parimente   la   sola 

IO 


(74) 
Anciisa  tintoria,  che  trovasi  uè'  pascoli  dì  Altamura 
ha  meritato  quel  nome  ;  ma  forse  le  sue  congeneri , 
cioè  r  Officinale ,  e  l' Angusti/olia  volgari  in  questa 
provincia  ,  come  lo  sue  compagne  nella  classe  natura- 
le delte  As^ierifoglie,  vale  a  dire  i  varj  Echj ,  la  Bo- 
ragine  ,  V  A  sperugine  ,  i  Cmog/o^^/,  produrrebbero  la 
medesima  sostauza  colorata.  Della  Calendula  ,  o  piut- 
tosto de' suoi  (lori  relativamente  al  color  giallo,  trovo 
fatta  menzione  in  alcuni  autori  ;  ma  la  classe  Sjnge- 
nesia ,  tanto  estesa,  darebbe  lo  stesso  colore  ne'  varj 
suoi  g'iidrì,  e  nelle  diiìerenti  specie.  Il  Crysantenio 
piima'ijiilo  ,  onde  sono  piene  tutte  le  vigne  ,  ed  i  cam- 
pi delle  Cina  liilorjli  co'  suoi  tlori  gialli  ,  il  Bit/tal- 
mo  Spinoso ,  ed  il  Maritinio  ,  la  Catananche  Lutea, 
e  tante  altre  ,  che  io  tralascio  ,  potrebbero  essere  og- 
getti di    esame  . 

Passo  a'  Licheni  .  E  questa  ima  vasta  famiglia  di- 
visa in  più  ordini.  Alcune  delle  sue  speiie  sono  stale 
con  profitto  impiegate  dall'  arte  salutare  .  E  celebre  il 
Lichene  Islandico  ,  che  si  è  anche  raccolto  ne'  Monti 
Sannilici  .  Il  Pissidato    tanto  commendato  nelle    tossi 
convulsive  de' ragazzi  ;    e    da    me    proposto  negli  anni 
passati  ,  ha  snienlila  1'  opinione  ,    che  se  ne  aveva  .  E 
senza  dubbio  più  utile  per  le  tinte  .    Posso    con    tutta 
l'asseveranza   asserire,  che  non  v' è  pietra  delle  mura 
a  secco  ,   onde  sono  per  lo  più  cinti  i  fondi  di  questa 
Provincia,  non  v' è  sasso  ne' boschi,  o  ne' luoghi  mon- 
tuosi ,  non   v'  è  albero  né  frutice  ,  che  non  sia  in  tut- 
to   ,  o  in  parte  vcs;ito    del    suo    lichene  .    La  maf.gIor 
parte   appartiene  a'  due  ordiui  Leprosi  tubercolati  ,    e 


(73) 
Leprosi  scutellati,  ma  ve  n'ha  eziandio  degli  altri 
ordini  ,  come  1'  Onifalode  ,  il  Liclume  del  Priina- 
stro  ,  eie.  .  Dell'  Omfalode  sono  ricoperte  nell'  inver- 
no ,  e  nella  primavera  latte  le  terre  addette  a'  pascoli. 
E  il  Cork  od  Arcel ,  del  quale  gli  Scozzesi  ,  ed  altri 
popoli  si  avvalgono  per  tingere  in  porpora,  o  in  iscar- 
latto.  Linneo,  e  varj  celebri  Botanici  haa  fatto  parola 
del  gran  profitto  ,  che  i  popoli  Settentrionali  sanno 
ricavare  per  le  tinta-  dalle  differenti  specie  di  Lichene , 
le  quali  forse  in  questo  solo  Regno  sono  trascurate  , 
ad  eccezione  del  Roc cella ,  e  di  qualche  altra  .  La 
materia  tofacca  colorante  ,  che  trovasi  nel  Roccella  , 
od  Oricello^k  comune  a  molle  allre  piante  di  questo 
genere,  giusta  le  osservazioni  di  Micheli  ,  di  Hellot, 
0  di  Bernardo  de  Jussieu  .  Basta  che  se  ne  facciano 
i  saggi  ,  e  saranno  se  non  in  tutto,  almeno  nella  mag- 
gior parte  proGcui  .  Ti'ascriverò  dal  Compendio  delle 
Transazioni  Anglicane  il  processo  insegnato  dal  prefa- 
to Sig.  Hollot  per  conoscere  i  LìcIiluì  proprj  a  dare 
un  color  rosso  ,  e  porporino  .  Eccolo  .  »  Si  pongano 
))  due  dramme  di  lichene  qualunque  in  un  picciolo 
»  vaso  di  vetro:  si  umellino  bene  con  parti  uguali  di 
»  acqua  di  calce  ben  forle ,  e  di  spirilo  volatile  di 
»  sale  ammoniaco.  Si  leghi  una  vescica  umida  all'ori- 
»  ficio  del  vaso  ,  e  si  lasci  in  questo  stalo  per  tre  ,  o 
n  quattro  giorni.  A  capo  di  questo  tempo,  se  il  li- 
»  chene  ha  la  proprietà  bramata  ,  la  ])icrioIa  quantità 
1-  di  liquore  ,  che  si  troverà  nel  vaso  sarà  di  un  rosso 
'1  chermisi  carico,  e  la  pianta  conserverà  Io  stesso  co- 
»  lore  quando    lutto    il  liquido  si  sarà  svaporalo  .    Se 


(76) 
»  il  liquore  ,  o  la  pianta  non  hanno  preso  alcun  colo- 
»  re  ,  è  inutile  il  sottoporla  ad  altra  priiova  »  .  E  un 
"  processo  facile,  e  da  impiegare  i  tintori  a  farne 
r  esperimento .  Conchiuderò  1'  articolo  Lichene  con 
quel  che  si  legge  nella  stessa  opera  .  «  Noi  abbiamo 
»  in  questa  famiglia  di  piante  un  esempio  mirabile- 
»  della  utilità,  ch«  può  risultare  dallo  studio  della  Sto- 
»  ria  naturale  in  generale,  ed  auche  da' suoi  rami  i  più 
)v  piccioli ,  e  fino  ad  ora  trascurati.  Gli  usi  economici 
»  die'  licheni  nelle  diverse  parti  del  mondo  sono  con- 
»  siderabilissimi  j  e  di  somma  importanza  ;  e  benché 
»  le  loro  qualità  sensibili  ,  e  l'esperienza  de' secoli 
»  passati  non  sembrino  autorizzarci  ad  attribuir  loro 
■»  gi-an  virtù  medicinali  ,  la  posterità  certamente  tro- 
»  vera  nuovi  mezzi  onde  impiegarli  in  vantaggio  dell' 
»  umanità  ,  e  degli  usi  che  ci  s-jno  igno.i  . 

Tra  le  piante  che  si  usano  per  tinte  in  questa 
Provincia  ve  n' è  una  marina  denominata  dal  volgo 
verga  d' oi>a  ^  perchè  con  essa  si  tingono  di  un  bel 
rosso  chermisi  le  uova  pasquali  pe'  fanciulli  ,  L' ho- 
chiamata  Conferva  ,  perchè  è  quella  famiglia  ,  per  quan- 
to a  me  sembra  ,  appartiene  .  Nasce  sa  gli  scogli  sot- 
tomarini ,  e  nel  fondo  del  mare  .  La  sua  maggiore 
elevazione  non  è  più  di  quattro  o  cinque  pollici.  Da 
una  radice  comune  sorgono  molti  cauli  filiformi  ,  che 
si  dividono  in  piii  rami  rappresentati  la  figura  cespi- 
tosa .  Abbondano  di  molte  foglie  tenui  ,  dilicate  ,  se- 
milineari  ,  j  innate  .  Non  saprei  con  precidono  assériT- 
re  a  quale  specie  apjarienga.  Quindi  è  che  per  non 
andaie  eri  aio,  mi  son  servilo  del  nome    triviale,  ch.e 


(77) 
le  vien  dato  nella  Provincia  da  coloro    clie    la  vendo- 
no .    Essa    si    dislingue    da  tulle  le  allre    per    la  linla 
rossa  inclinante  al  violaceo  ,  onde  ogni  sua  parte  è  ri- 
coperta .     Le  onde  procellose  la  sbarbicano    dal  luogo 
natio  5  e  l'  espellono  al    lido  ,    dove  se    ne    trova    una 
gran  quantità  .  È  rimarclievole  clie  talvolta  abbandona- 
ta da' tlulli  su  gli  scogli  ,  nel  gocciolare  l'acqua  marina, 
e  nel  seccarsi  ùnge    quelli  di  un  rosso    oscuro  .    Sono 
sì  copiosi  i  principj    coloranti    di    questa    pianta  ,    che 
anche  secca  dà  mia  leggera   tinta  alle  carte  ,  nelle  qua- 
li la  conservo.  Messa  nell'  infuso  acquoso  a  fresco  co- 
lorisce leggermente  1'  acqua ,  ma  in  decozione  se  ne  ha 
un  bel  chermisi  .  Trattata  con  gli  acidi,  o  con  gli  al- 
cali   svilupperebbe    tutta  la  sua  sostanza   colorante  .  Io 
non  io  che  indicare  le  piante  utili  :    gì'  intendenti    po- 
tranno valersene  jier  un  uso  migliore  . 

Poche  donne  nelle  Città  di  questa  Provincia  si 
avvalgono  delle  piante  notale  nel  secondo  Catalogo  . 
Del  frullo  dell'  Asjodele  ramoso  si  servono  per  le  tin- 
te verdi  ,  ma  d.lle  sue  radici  tubercolate  si  può  fare 
allr'  uso  economico  ,  come  di  quello  dell'  Aro  ,  e  del 
Ciclame  Europeo  ,  piante  ovvie  .  Macerate  se  non  dan- 
no il  pane  il  più  salutare,  di  cui  per  altro  nel  tempo 
di  carestia  ,  ed  iu  alcuni  luoghi  il  popolo  si  è  servito 
e  si  serve  ,  })ossono  benissimo  dare  una  sostanza  bian- 
chissima da  ridursi  alla  così  della  polvere  di  cipro  , 
ed.air  aiiiiilo .  Il  Croco  Satu'o  ,  o  Zafferano  nasce 
spontaneo,  e  vegeta  benissimo  nell'autunno,  e  nell' 
inverno  .  In  altri  tempi  forse  si  coltivava  ,  pircbè  nel- 
le carte  di  Altamura  di  due  secoli  addietro  leggesi  che 


(73) 
si  facevano  degli  avvanzi  di  danaro  per  pagarsi  poi  in 
zafl'erano.  Colà  iu  Gravina  ,  ed  in  molti  luoghi,  mal- 
grado la  fredda    temperatura  ,     fiorisce    nella    stagione 
fredda"  quando  i  tempi  sono    buoni  .    Non    si    cura  ,  e 
solamente  una  picciola  quantità    ne    fanno    raccogliere 
le  Monache  per  tingere  le  tele  ad  oggetto  di  formarne 
fiori  di  Cliiesa,  o  per  ornamento  delle  donne  ,  ed  un 
altro  poco  gli  Speziali  per  le  loro  preparazioni  .  E  co- 
mune il  Daphne  Gnidiuin  in  tutt'  i  Casali  di  Bari  ,  ne' 
territori    di  Conversano ,  e  ne'  luoghi  vicini ,  nelle  pa- 
ludi   di    Trani  ,    nel  piano  della  Puglia  da  Barletta  in 
poi^  ed  altrove  .  Non  trovo  fatta  parola  di  questa  pian- 
ta   tra  le  tintorie  :    intanto  le  donne  par  una  pratica  , 
la  cui  origine  ignoro  ,  se  ne  servono  con  altre  sostan- 
ze per  tingere  di  verde  le  loro  stoffe  ,  e  lo   chiamano 
ciuccino  .  Le  cortecce    di  granato  servono  soltanto  di 
mordente  per  alcuni  colori ,  come  1'  esteriori  cortecce 
fresche  della  noce  (  Juglans  Regia  ).  Le  foglie  di   Po- 
mo ,  0   Melo  ,  quelle  del   Cotogno  ,  dell'  Opoponaco , 
della    Tapsia  Asclepio  ,  e  del  Biipleuro    per    le    tinte 
gialle  .  Le  radici  del  Mandorlo    pel    cosi    detto  color 
di  legno  .  Qualche  uso  si  fa  della  Galla  Quercina  per 
r  inchiostro  ,  e  per  le  tinte  nere  ,    ma    quasi    tutta    si 
estrae  per  1'  estero  con  nostro  discapito  . 

Ho  più  volte  impegnata  persona  di  mia  cono- 
scenza,  che  si  diletta  a  colorire  delle  stoffe  nostrali,  ' 
e  che  ha  avuto  presente  i  processi  insegnati  dal  Sig; 
Talier ,  a  seguirne  le  regole,  ed  a  mettere  in  pratica 
r  erbe  comunali  tra  noi  dal  medesimo  indicate  .  Tja 
risposta  datami  si  è  che  noi  manchiamo  delle  soluzio- 


(79) 
ni  melaUiclie ,  e  degli  ossidi  de'  dilferenli  metalli  ci- 
tali dallo  slesso  Anlore  ,  i  quali  formano  i  più  belli 
mordeiili  per  preparare  le  lane  ,  il  (ilo  ,  il  cotone  ,  e 
la  seta  a  ricevere  i  colori  .  Qui  anzi  se  ne  ignorano  i 
nomi  ,  ed  al  più  si  fa  ,  e  si  usa  il  vilriolo  comune  , 
e  'I  cosi  detto  verderame  ,  che  ò  un  ossidazione  di 
metallo  .  Degli  acidi  minerali  conosciuti  di  somma 
utilità  non  se  ne  fa  affatto  uso  per  le  tinte  ,  ed  appe- 
na si  trova  qualche  poco  del  solforico  nelle  Farmaco- 
pee da  poter  servile  nelle  febbri  putride  ,  e  dissoluto- 
rie  .  Qualora  piacesse  al  nostro  Governo  d'  introdurre 
delle  Tintorie  nelle  nuove  case  di  Reclusione  ,  per 
servire  di  travaglio  a' poveri ,  ed  avvalersi  delle  nostre 
erbe  per  le  varie  tinte  ;,  potrebbe  benignarsi  di  com- 
mettere r  esecuzione  di  questo  piano  a  qualche  bravo 
tintore  di  codesta  Capitale  ,  il  quale  inteso  del  suo 
mestiere  ,  e  de'  priucipj  chimici  ,  mettesse  in  opera 
quanto  dal  dotto  Sig.  Talier  vien  prescritto  su  l'arte 
tintoria  . 

Dovrei  passare  all' enumerazione  delle  piante  offi- 
cinali ,  ma  soffrile  ,  Signori  ,  che  come  un'  appendice 
alle  piante  tintorie  ,  sottoponga  alla  vostra  savia  intelli- 
genza alcune  mie  vedute  economiche  dedotte  da  altre 
piante ,  che  si  coltivano  ,  o  potrebbonsi  coltivare  in 
questa  Provincia  . 

Il  Lino  usitatissìmo  de'  Botanici  ,  che  è  il  lino 
comune  ,  sì  semina  quasi  in  tuli'  i  luoghi  della  Pro- 
vincia, ma  si  può  dire  che  generalmente  riesce  catti- 
vo ,  se  se  n'  eccettua  qualche  poco  mediocre  ,  che  dà 
Allamura.  Negli  anni  passali  era  cresciuto    1'  impegno 


(  8o  } 
dì  coltivarlo,  massimamente  nella  mia  -patTÌa  ;  ma  at- 
tesa la  non  buona   qualilà  ,     e    le    considei?evoli  spese 
clie  debbono  erogarsi  nelle  diverse  operazioni  ,  cui  va 
soggetto,  quell'ardore    si    raffreddò    immediatamente. 
Io  non  so  se  questa   coltivazione  riesca  utile  alla  salu- 
te degli  uomini ,    sopratutfo    in    luoghi  dove  mancano 
le  acque  correnti ,    e    dove  gli  stagni  ridotti  a  curato) 
appestano  l'atmosfera  a  distanze  considerevoli.  Quan- 
do soltanto  si  volesse  l'illettcre    alla    spesa    nello  stato 
presente ,  mancando  I  processi  più  facili  ,  e  meno  di- 
spendiosi per  ridurlo  al  suo  punto  ,    quella  equipare- 
rebbe ,  se  non  fosse   maggiore  ,    ciò    che    bisogna    per 
acquistailo  dalle  altre  Provincie ,    che    lo    danao    mi- 
gliore .  All'  Incontro  crederei  che  dovesse  risparmiarsi 
r  atmosfera  dal ,  saturarsi  di  gas  micidiali   in  un  paese, 
che  neir  estiva  stagione    è    tanto    disposto    alle    febbri 
putride,  alle  terzane,  e  ad  altri  malori. 

Coltivasi  parimente  il  Gossjphim  herhacemn  ,  os- 
sia la  bambagia.  Non  vi  è  forse  città  della  Provincia  , 
se  se  n'  eccettuano  I  luoghi  montuosi  ,    dove    ogni  fa- 
miglia benestante  non  abbia  il  suo  picciolo  campo  se- 
nwnato  a  bambagia.  La  maggiore  industria  è  in  Bari, 
e  ne' suoi  casali.  Essendo  una  pianta  estiva,  è  per  lo 
più  soggetta  ,  mancando  la  pioggia  ,  di  perire  .    Esige 
molti  coltivi  ,    e    suole    assai    bene  compensare  il  suo 
cokivatore  negli  anni  ubertosi .  Ve  né  ha  di  due  spe- 
cie ,    una  dà  il  cotone  comune  ,    1'  altra    il  cosi  detto 
cotone  turchesco  .    Il  primo  è  bianco  ,  il  secondo  co- 
lor di  legno.    La  pianta  di  quest'ultima,    che  è    una 
varietà  dell'  altra  ,  suol  essere  più  elevata  ,  ha  le  foglie 


(8.  ) 
più  larglie,  le  capsule  maggiori ,  ed  ha  maggior  quan- 
tità di  lana  vogelabile  .  Sarebbe  preferibile  ,  se  il  suo 
coione  non  fosse  d'una  natura  fragile  ,  e  di  minor 
durata  dell'  altro  .  Con  delle  speculazioni  potreJ)bero 
ripararsi  questi  difelli  . 

Nasce  non  solo    nelle    campagne  vicine  al  mare, 
ma  nelle  mediterranee,  ed    in    quasi  tutt' i  luoglii  in- 
colli ,  e  boscosi  della  Provincia  il  Lentisco  (  Pistacia 
Letìtiscus  )  .  Siccome  non  vien  curato  ,   anzi    è  gior- 
nalmente vilipeso  ,  non  si  eleva    oltre    alla  condizione 
di  frutice  .  Io  però  ne  ho  vedute  delle  piante  arboree. 
Il  suo  picciolo  fruito,  che  suol  esser  copioso,  si  man- 
gia col  sale  dal  volgo.  In  certi  luoghi  si  preme ,  e  se 
n'  estrae  un  olio  di  forte  odore  ,  ma  che  è  ottimo  pe' 
lumi  .  Oltre  a  questi  usi  ,    la  pianta  è  altrove  impie- 
gata a  dare  quella  nobile    resina    detta    comunemente 
Mastice,  di  cui  si  avvalgono  per  oggetti    di    voluttà, 
Cloe  per  profumare  gli  appartamenti    del    serraglio  di 
Costantinopoli  ,  per  rendere  odorosa  la  bocca  ec.  L'  uso 
più  nobile  però  è  quello  di  servire  per  le  tinte,  e  per 
le  vernici.  Nell'isola  di  Scio,    ed  in  altre    dell'Arci- 
pelago, dove  nasce  il  Lentisco  ,    e  dove  per  incisione 
fii  fa  percolare  il  Mastice  ,   qnesta  pianta  si  considera 
dd   tanlo   merito  ,  che  il  Gran  Signore  ne  ha  fatto  per 
se  un  diritto  proibitivo.  Noi  che  l'abbiamo  in  copia, 
e  che  siamo  a  un  di  presso    alla    latitudine    di    Scio  ' 
potremmo  fare  de' tentativi  su  la  medesima  per  esilar- 
ai o  quella  preziosa  resina. 

Il  Sig.  Donato  Jatta  di  Conversano  ha  colà  introdotto , 
e  coltiva  per  suo  conto  molte  migiiaja  di  piante    della 


II 


(80 
così  denominala  Seta  vegetabile  [Asclepias  fruticosa). 
Io  1'  lio  trovala  anche  in  picciola  quantità  in  Trani  ,  ed 
in  pochi  altri  luoghi  coinè  oggetto  di  curiosità  .  Lo 
stesso  Jatta  ,  per  mezzo  del  Direttore  dell' Opihcio  sta- 
bilito in  Taranto ,  ne  avea  iatlo  lavorare  delle  varie 
stoffe  da  me  vedute  a  forma  di  nioerri ,  ed  altre  si- 
mili .  Ma  con  mia  sorpresa  ho  osservato  ,  che  o  per 
effetto  delia  mala  filatura ,  o  di  tessitura  impropria  j 
avea  perduta  quella  dolce  morbidezza  ,  che  ha  il  pap- 
po chiamatosela  vegetabile,  e  quel  bel  lucido ,  che  ri- 
ceve dalia  natura  .  Ridotte  al  punto  di  perfezione  quel- 
le due  operazioni  ,  potrebbe  1'  Asclepiade  fruticosa 
riuscire  di  molto  vantaggio,  tanto  più  che  la  pianta 
alligna  bene  in  questi  luoghi  ,  elevandosi  a  forma  di 
siepe  fino  all'  altezza  di  quattro  piedi  co'  suoi  molti  ra- 
mi ,  ed  essendo  la  sua  durata  di  molti  anni.  In  Trani 
r  ho  veduta  abbandonata  a  se  stessa  ,  e  pure  abbon- 
dava di  grossi  follicoli  . 

La  mancanza  delle  legna  per  fuoco  cresce  da  an- 
no in  anno ,  sopratutto  dopoché  con  de'  pretesti  si  è 
avuta  la  manìa  di  quasi  distruggere  i  boschi  .  Vi  ha 
delle  Città  ,  che  ne  sono  prive  del  tutto  ,  e  la  pove- 
ra gente  per  riscaldarsi  nell'  inverno  è  obbligata  rac- 
cogliere i  secchi  steli  degli  Asfodeli .  In  Trani  ,  e  ia 
Barletta  sono  nella  necessità  di  provvedersi  di  legna  , 
e  carboni  dal  Gargano  ,  e  da  Monopoli  ,  Altamura  è 
nella  maggiore  penuria  .  Vi  sono  state  delle  persone 
■celanti  pel  pubblico  bene ,  che  non  han  mancato  di 
suggerire  ,  e  d'  impegnare  ,  benché  con  poco  ,  o  niun 
profitto  ,  delle  popolazioni  a  piantarle .  Si  è  fra  gli  al- 


(83) 

tri  distinto  Monsignor  de  Genimis  in  Allamura  ,  do- 
rè non  ha  lasciato  in  ogni  rincontro  di  raccomandare, 
e  d'  inculcare  ,  che  si  piantassero  degli  alberi  in  quel 
vasto  territorio  atto  ad  ogni  vegetabile  produzione  .  Si 
crede  un  operazione  lunga  e  1'  uomo  che  si  credo  na- 
to per  se  solo  ,  non  vuole  aspettar  molto  tempo  ,  e 
cerca  vantaggi  pronti  ,  e  pi'esentanei .  Se  dipendesse 
da  me  ,  e  se  le  mie  riflessioni  potessero  essere  di 
qualche  merito  ,  li  contenterei  su  questo  capo  ;  ed 
ecco  quel  che  ne  penso .  Non  v'  è  quasi  Città  della 
Provincia  ,  che  non  abbia  una  porzione  del  suo  ter- 
ritorio posta  jn  sito  basso  ,  dove  le  acque  per  una 
l)uona  parte  dell'  anno  ristagnano ,  e  le  campagne  o 
sono  a  pura  perdita ,  o  danno  piccioli  lucri  al  pro^ 
prietario  .  Questi  luoghi  pantanosi  ,  per  effetto  delle 
erbe,  che  si  putrefanno,  o  per  altre  cagioni,  ne' mesi 
estivi  massimamente  ,  corrompono  in  modo  1'  aria  ,  che 
micidiale  si  rende  la  dimoila  per  breve  intervallo  in 
que' luoghi,  ed  i  campagnuoli  ,  che  da  fanciulli  sono 
stati  obbligati  a  resjiirarla  ,  malgrado  1'  assuefazione  , 
rnenano  una  vita  malsana  ,  ed  il  periodo  della  mede- 
sima e  breve  .  Ne  cito  un  solo  esempio  ,  ed  è  quello 
del  Garagnoue  .  Per  ovviare  in  parte  a  questi  ma- 
li ,  od  avere  abbondanza  di  legna  ,  non  vi  restereb- 
be a  fare ,  che  una  sola  operazione  ,  ed  è  quella  di 
piantare  il  pioppo  (  Populus  nìgra  ).  È  già  nolo  ,  che 
questa  pianta  ama  in  preferenza  i  luoghi  paludosi  ,  e 
fci  nutre  di  gas  idrogeno.  Si  fa  parimente,  eh' è  di 
pronta  crescenza ,  e  che  in  capo  a  pochi  anni  si    può 


(84) 
avere  da'  suoi  rami  ima  sufficiente  pvovvisla  di  legna 
per  fuoco  ,  oltre  al  tronco  ,  eh'  è  di  tanta  utilità  pe' 
diversi  oggetti  economici  ,  cui  è  destinato  ,  mentreccliè 
in  questa  Provincia  manca  del  tutto  il  legname  per 
ogni  altro  uso  .  Con  questa  piantagione  si  migliorereb- 
be la  condizione  dell'  atmosfera  ,  giacché  è  una  verità 
da  non  chiamarsi  più  in  dubbio  ,  che  gli  alberi  si  sca- 
ricano per  le  loro  foglie  del  sopravvanzante  gas  ossi-^ 
geno  solo  atto  alla  respirazione  de'  viventi .  Senza  toc- 
care la  proprietà ,  potrebbe  prescriversi  a'  padroni  di 
que' fondi,  che  piantassero  quell' al]>ero  utile,  e  cer-, 
carsene  conto .  Il  pascolo  ,  a  cui  forse  quelle  terre 
sono  destinate ,  nulla  perderebbe  ;  il  proprietario  in 
breve  tempo  triplicherebbe  il  suo  prodotto  ,  e  la  pro- 
vincia non  senlirebibe  più  il  bisogno  delle  legna . 


(  H^>  ) 
TERZA    CLASSE 

Catalogo  delle  piante  officinali  • 

Vengo  air  nlliino  copioso  Catalogo  citile  piante  of- 
ficinali .  L'ho  estratto  da  quello,  che  si  trova  nelle 
IgsIiIuzÌohÌ  Botaniche  citi  celehre  Professore  Sig.  Tin- 
cenzo  l'elagna  ,  e  tlt-ll' Illusile  Swediaur.  IMaleria  Me- 
dica. Edizione  di  Milano  1801  .  e  che  ho  collazionato 
con  cpielle  ,  che  nascono  nella  Provincia  .  Siccome  al- 
cune di  esse  sono  ovvie  ,  ed  altre  rare  ,  così  ho  ag- 
giunto a  ciascuna  specie  la  lettera  C  che  dinota  Co- 
iiiuiie  ^  e  la  lettera  R  che  vuol  dir  Rara  .  Quelle  che 
non  hanno  c{ueste  lettere  sono  in  quantità  mediocre  . 
Quando  vi  sono  più  specie  ,  che  apj^artengono  allo 
stesso  genere,  le  metto  una  dopo  l'altra  .  E  da  avver- 
tire ,  che  non  ripelo  nel  Catalogo  delle  ofiicinali  quel- 
le già  nominate  nelle  altre  due  classi,  e  che  sono  an- 
ch'esse medicinali. 

A  Persica  .  C. 

Anagallis  Arvensis.  C. 

Acanlhus  Mollis  .  C.  Auagyris  Fcelida  .  C. 

Achillea  Millefolium  .  C.  Anchusa  Tinfloria  .  Officl- 

Adianthum  Capillus   Ven.  ualis  .  C. 

Agave  Americ.ina  Anemone  Ncmorosa  .  C. 

Agrimonia  Eupatoria  Anethum  Graveolens  .  Fce- 

Alcea  Rosea.  C.  niculum  . 

Allium  Sativum  .  Coppa.  C.  Anfliemis  Nohilis  .  Pi. 

Amygdalus     Communis    .  Anlirrhiuum  Cjmbalaria 


(86) 


Apium  Gr  aveolens .  Petro- 

selinuni .  C. 
ArSiuiu  Lappa  .  R. 
Arislolochia  Roluncla  . 

Longa 
Artemisia  Vuìgaris  R.  Ab- 

sinthium 
Arunì  Maculatum  .   C. 
Allindo  Phragmitis 
Asclepias  Vincetoxicum.  R, 
Asparagus  Offic.  C 
Asperula  Odorata 
Asphodelus  Ramosiis 
Aspleniuni     Ceterach.      C. 

Trichomanoides 
Atropa  Mandragora 
Avena  Saliva.  G. 

B 

BelHs  Perennis  .  C. 
Beta  Vuìgaris  .  C 
Borrago  Oilicin.  C. 
Brassica  Olei'acea.  Eruca. 

Rapa  .  C. 
Buhon  Macedonicuni 
Bupleurum  Rotundiflorum. 

G. 
Buxus  Sempervirens 


Caflus  Opuntia 

Calendula  Officinalis  .  G. 

Capparis  Spinosa  .  C. 

Capsicum  Annuum 

Carex  Arenaria 

Carlina  Vuìgaris 

Carthamus  TinSorius 

Centaurea    Calcitrapa .    C. 
Benediaa.  R. 

Ceratonia  Siliqua  .  G. 

Clienopodium  Bonus 
Henr.    R.  Rubrum .   G. 

Cicer  Arietinum  .  G. 

Cichorium  Intybus  .  Endi- 
via .  G. 

Citrus  Aurantium  .   Medi- 
ca .  G. 

Glenialis  Vitalba 

Colchicuni  Autumnale  .  C. 

Conferva    Helmintliocar-- 
pton.  C. 

Goniuni  Maculatum 

Convolvulus  Sepium.  Sol* 
danella  .  C. 

Coriandrum  Sativum  .  C- 

Corylus  Avellana  .  C. 

Crocus  Sativus 

Cucumis  Melo .  C. 


{87  ) 


CucurLila  Pepo  .    Lagena- 


G 


na 


Climi nu in  Cyinlnum 
Ciipressus    Sempervirens 

C 
Cuscula  Europea 


Galiiim  Aparine 
Genliana  CeuLaurium 
GeraniumMoscliatum.  Pio- 
bertianum  .  C 


Cyclamen  Europeum  .    C.     Gladiolus  Conimunis  .   C. 
Cyiioglossum  Oriicin.  C.         Glycyrrhiza  glabra 
Cyperus  Longus  .  C.  Gossypium  Herbaceum.  C. 


D 


H 


Daucus  Carota  .  C. 


Del  |)h  ini  uni  Slapbisagria 


Hedera  Helix  .  C. 
Herniaria  Hirsuta.  C. 
Diaulhus  Gariophyllus .  C      Horclcuni  Vulgare      C. 

Hiosciamus  Albus  .  C. 
E  Hypericum  Perlbratum.  C» 


Equisetum  Arvense 
Ervum  Lens  .  C 
Eryngium  Campestre.  C. 
Erysimuni  Olficinale  .  C. 
Euf)Horbia    Lathyris  .    R. 

Paluslris  .  C. 
Euphrabia  Odontites . 


Jasminmìi  Officinale. 
Inula  disenterica  .   C. 
Iris  Fcelida.  Florenlina. Ger- 
manica . 


Fragaria  Voscgi 
Fumaria  OIììcìd.  C 


Lafluca  Saliva .    C.    Viro- 

sa.  C. 
Lavandaia  Spica  »  G 


Laurus  Nobilis  .  C. 
Leontodoa  Taraxacum. 
Lichen  Pyxidatus 
Lilium  Canclidum.  C. 
Ijiniim  Usitatissimuni  . 
Lilliosperinum  Olllcin, 

Purpureo  Ccerul. 
Lonicera  Capri folium  . 

Periclymenum 
Lujiiuus  Albus 
Lycoperdoa  Bovista 

M 


(88) 
C. 


o 


Ocimum  Basilicum .  C. 
Olca  Europea.  C. 
C.     Ononis  Spinosa 

Onoporduni  Acanlhium 

c. 

e.     Orchis  .  VarÌ33  Species 
Origauuni   Vulgare  .  C 

Majorana 
Oxalis  Acetosella  . 


Malya  Fiotundifolia.  C. 
Marrubium  Vulgare  .  C. 
Matricaria  Chaniomilla.  G. 
Melissa  Ofilcinalis 
Menlha  Saliva 
Mercurialis  Annua  .  C. 
Mcsembryanthemum  Gryr- 

stallinum 
JVJespilus  Germanica 
Momordica    Elateiium  G. 
Morus  Nigra  . 

N 

Ncpela  Gataria 
IVicotifina  Tabacmn 


Pecenia  Ofilcinalis  .  R. 
Panicuni  Daftyloa 
Papaver  Somniferum  . 

Rhajas.  G. 
Parietaria  Officia.    C. 
Pastinaca  Opoponax 
Peucedanum  Officinale 
Peziza  Auricula 
Phalaris  Ganariensis  .   G. 
Pliaseolus  Vulgaris  .   G. 
Pbilolaeca  Decaudra 
Pimpinella  Anisum  .   G. 
l'inus  Piuea 
Pislacia  Lentiscus  .  G. 
Pisum  Sativuni  .  G. 
Plantago  Major..  Psyllium 


i^) 


Plumbago  Europea  .  C. 
Polygonum  Aviculare  .  C 
Portulaca  Oleracea  .  C. 
Potentina  Reptans 
Poterium.  Sanguisorba .  C. 
Prunus    Spinosa .    Cerasus 

Domell.  C. 
Psoralea  Bituminosa .  C 
Pyrus  Malus. 


Quercus  Elobur. 

R 

Ranunculus  Ficaria  .  C. 
Raphanus  Sativus .  C 
Rhamnus    Zyzyphus  .    C. 

Jujuba  .  C. 
Rhus  Coriaria .  R. 
Ricinus  Communis  .  R. 
Rosa    alba  .    Damascena  . 

Rubra.  C. 
Rosmarinus  Officin.  C. 
Rumex  Acetosa.  Acutus  C. 
Ruscus  Aculeatus. 
Ruta  Graveolens 


Salix .  Variae  specie* 
Salvia  Sclarea.  R.ofiicin.  C. 
Salsola  Kali 
Sambucus  Kigra 
Sanguisorba  Officin.  C 
Santolina    Chamaecyparis- 

sus .  R. 
Scabiosa  Arvensis 
Scandix  Cerefoliura  .  C. 
Scilla  Maritima  .  C. 
Sedum    Telephium  .     R. 

Acre 
Sempervivum  Tectorum 
Senecio  Vulgaris .  C. 
Sinapis  Nigra  .  C.  Alba  C. 
Sisymbrium    Nasturlium  . 

R.  Sophia.  C. 
Smilax  Aspera.  C. 
Solanum    Lycopersicon    . 

Nigrum.  R.  Tuberosum 
Sol.  Sodomeum  .  R. 
Sonchus  Oleraceus .  C 
Sorbus  Domestica .  C. 
Spiraea  Filipendula .  R- 


xa 


8T  Unica  Dioica .  Pilulifera 

Tamarix  Gallica  V 
Ttucrium      Chaniaedris    . 

ClKiinoepitis   Polium.   G  Verbascura  Thapsus  .   C. 

Maruin  .  R.  Verbena  Offìcinalis 

Thymus  Sorpillum  .  C.  Vida  Faba  .   C. 

Trifoliiiin   Rppens .  C  Viola    odorala.    Tricolor. 

Trigonella    Fcenum    Grse-  C. 

cuni  Viscum  Album.  C. 

Trljicum  Repens.    Hiber-  Vilis  Vinifera. 

num  .  C. 

Tussilago  Farfara.  X 

U  Xanthium  Strumarium .  R: 


TJlmus  Campestris 


Osservazioni . 


f'  Nulla  dir  dovrei  delle  piante  officinali ,  non  es- 
sendo la  medicina  ,  cui  esse  appartengono  ,  mia  pro- 
vincia, e  di  esse  si  è  trattato  da  tutti  gli  scrittori  della 
Materia  Medica  ,  massimamente  dal  dotto  Professore 
Petagna  nella  sua  opera  delle  facoltà  delle  piante.  Mi 
basterebbe  solo  di  aver  fatto  notare  ,  che  questi  luoghi 
non  mancano  di  erbe  proprie  a  ridonar  la  salute  ,  a 
togliere  la  cagione  de'  mali  ,  ed  a  minorarne  1'  inten- 
sità ,  e  la  durata  .  Ma  ad  oggetto  di  rilevare  la  pra- 
tica j  che  dal  volgo    si  fa    di  alcune  di  esse  ,    e  l'  uso 


(9^  ) 

cne    di    altre  potrebbe    farsi ,    dirò    di  passaggio  qual 
cte  cosa  .  ' 

Dalle  puerpere  ,  e  dalle  donne  ,  che  non  hanno 
felici  i  periodi  niensuali  molto  si  pratica  il  Capeh'e- 
nere  (  Adianthwn  Capillus  t^eneris  )  ,  q  V  Asplenio 
Ceteracli .  Il  primo  nasce  spontaneo  nelle  vicinanze 
delle  cisterne,  e  ne' luoghi  dove  sgorga  dell'acqua.  Il 
secondo,  detto  comunemente  Spaccapietre,  fra  le  ri- 
me delle  vecchie  mura  campestri  .  Si  hanno  ,  come 
rinfrescanti  ,  ed  aperitivo  ,  promovendo  i  lochj  ,  e  le 
purghe,  e  generalmente  se  ne  lodano  gli  effetti.  Più 
attiva  ,  e  più  pericolosa  è  1'  Artemisia  vulgate  per  1' 
uso  anzidetto  .  Vi  è  una  classe  di  donne ,  che  per  in- 
slituto  religioso  hanno  professato  un  perpetuo  celiba- 
to .  Sogliono  coltivarla  forse  per  facilitare  le  loro  re- 
gole attrassate  .  Da  esse  io  l'ho  avuta,  poiché  non 
nasce.  Le  fanciulle,  che  non  hanno  saputo  resistt-re 
alle  seduzioni  dell'  amore  ,  si  contentano  ,  per  quanto 
mi  è  stato  riferito  ,  di  abusare  di  questa  pianta  p'er 
distruggere  con  un  delitto  il  germe  ,  che  han  con- 
cepito ,  e  nascondere  agli  occhi  del  Mondo  la  loro 
infamia  . 

Mangia  il  volgo  gran  quantità  di  agli  ,  e  cipolle 
in  tutto  r  anno  ,  e  gli  uni ,  e  le  altre  tanto  allorché 
sono  in  erbe,  quanto  i  bulbi,  e  le  radici.  Si  colti- 
vano amcndue ,  ma  l' Allium  sativum  nasce  anche 
spontaneo  con  diverse  altre  specie  ,  che  non  sono  in 
uso  ,  alcune  delle  quali  producono  de'  fiori  di  grazioso 
aspetto .  I  campagnuoli  non  si  sentono  contenti  se  nel 
loro  pranzo ,   o    cena  non  vi  sia    per   companatico    la 


(9^) 
cipolla .  L' aglio  poi  è  la  loro  gran  medicina  per  im- 
pedire gli  effetti  dell'  aria  cattiva ,  e  per  ristorare  le 
loro  forze  infiacchite  .  Allorché  1'  hanno  mangiato  ,  ac- 
quistano realmente  un  vigore  da  fare  le  maggiori 
fatiche  . 

È  comune  1'  Anemone  Nemorosa  ,  che  nasce  in 
tutt'  i  luoghi  incolti  ,  e  ne'  coltivati  eziandio  ,  dove  non 
giugne  r  aratro  .  E'  chiamata  comunemente  la  Torto- 
ra ,  pianta  micidiale  per  le  pecore ,  e  pe'  buoi ,  se  la 
mangiano  ,  utile  di  molto  per  gli  uomini .  Io  non  so 
se  da  altri  sia  stato  osservato  ,  ma  riferirò  ciò  che  su 
r  altrui  esperienza  mi  è  stato  rapportato  .  U  a  vecchio 
padrone  di  pecore  si  avvaleva  delle  radici  di  questa 
pianta  ,  e  la  conservava  anche  secca  per  darla  nel  bi- 
sogno ,  per  calmare  gli  acuti  dolori  de'  denti .  Egli  morì 
senza  manifestare  la  pianta  :  disse  soltanto  eh'  era  per- 
niciosa al  minuto  bestiame  ,  ed  indicò  la  forma  della 
radice  .  Per  lungo  tempo  un  suo  figlio  Ecclesiastico 
r  ha  cercata  in  vano  ;  ma  su  le  vaghe  notizie  dateme- 
ne y  indovinando  piuttosto  ,  mi  è  riuscito  trovarla  .  Egli 
r  ha  riconosciuta  a'  caratteri  esteriori  della  radice  ,  e 
r  ha  trovata  propria  a  guarire  da  quel  male  .  La  sua 
affinità  con  gli  altri  aneuioni,  e  soprattutto  col  silve- 
stre ,  che  anche  qui  nasce  in  copia  co'  suoi  be'  fiori  , 
dovrebbe  rendere  comune  la  stessa  virtù  ,  e  quindi  se 
ne  potrebbero  fare  de'  saggi  .  Usano  per  gli  stessi  do- 
lori di  denti  la  radice  dell'  Hjosciamus  albus  ,  che 
nasce  accanto  alle  vecchie  mura  di  campagna ,  e  da 
poco  tempo  a  questa  parte  ho  suggerito  per  Io  stesso 
male    l' uso    delle    foglie    della  Psoralea    Bituminosa , 


(93) 
che  nasce  in  copia ,    e  se  ne  sono  veduti    de'  conside- 
revoli vantaggi  . 

Dell'  Asparago  officinale  ,  o  piuttosto  do'  suoi  te- 
neri germogli ,  che  sono  un  cibo  dilicato  ,  e  delle  sue 
radici  se  ne  fa  uso  in  decozione ,  e  se  ne  beve  1'  ac- 
qua .  Gli  viene  attribuita  forza  aperitiva  ,  e  diuretica  . 
Ma  ho  trovato  de'  medici ,  che  1'  hanno  contraddetta  , 
e  ne  hanno  riprovato  l' uso  .  Senz'  alcun  dubbio  di  più 
sicura  utilità  per  quel  bisogno  è  l' Ononis  Spinosa , 
che  nasce  nelle  marine  di  Bitonto  ,  e  Ruvo,  nelle  pa- 
ludi di  Trani ,  ed  altrove  ;  e  che  viene  valutata  quan- 
to r  Uva  ursina  (  Arhutus  Uva  arsi  ) ,  che  fra  noi 
non  nasce.  L'ho  proposta  più  volte  agl'infermi,  ed 
ho  loro  dati  i  saggi  per  distinguerla  ,  ma  senz'  alcun 
frutto ,  perchè  non  han  curalo  di  mandarla  a  racco- 
gliere dove  nasce  .  Si  sono  servili  piuttosto  della  Sal- 
via Sclarea,  che  da  alcuni  si  coltiva,  ed  i  cui  van- 
taggi non  sono  paragonabili  a  quelli  dell'  Ononis  . 

Dal  territorio  di  Bisceglia  per  tutta  la  Puglia  Pia- 
na nasce  spontaneo  il  Capparis  Spinosa .  È  ur.a  pian- 
ta ,  che  col  suo  lungo  caulo  e  rami  ,  i  quali  ,  senza 
elevarsi ,  riposano  su  la  terra  (  procunibcnti  )  occuja 
mollo  spazio  .  lu  Barletta ,  ed  in  altri  pochi  luoghi 
della  Puglia  Piana  raccolgono  i  suoi  fiori  ,  o  plullosto 
calici  quando  sono  della  grossezza  poco  men  d' uu 
coce ,  e  li  mettono  in  salanioja .  Indi  li  conservano 
con  V  acelo  in  barili ,  e  li  servono  in  insalata ,  ed  iu 
altri  UjÌ  di  cucina  .  Pictiola  quantità  n'  esca  fuori  .  Di 
questa  pianta  ,  che  la  naluiu  a  larga  mano  ha  data  a.' 
Pugliesi ,   se  ne  dovrebbe  tenere    maggior  conio  .    Mi 


(94) 

ricordo  di  aver  !etto  in  alcune  memorie  di  Accade- 
mie Francesi  ,  che  si  proponeva  con  impegno  ,  e  pre- 
mura la  moltiplicazione  ,  n  collura  di  questa  pianta  , 
la  quale  vien  considerata  come  antiscorbutica ,  e  di 
somma  utilità  no' lunghi  viaggi  di  mare,  ne' quali  Io 
scorbuto  suol  inanifestarsi  con  tanta  desolazione  degli 
equipaggi  de' vascelli.  Per  guarire  gli  umori  della 
stessa  indole  perversa,  benché  non  abbiamo  la  Co- 
chlearia  OJjftcinalis ,  che  comincia  a  coltivarsi  da  un 
valente  giovane  Professore  di  Bitonto  ,  abbiamo  bensì 
la  Cochlearìa  Coroiinpus  ,  che  vegeta  in  tutt' i  luoghi, 
dove  le  acque  stagnanti  si  disseccano  ,  e  che  si  pratica 
con   profitto  . 

Generalmente  si  coltivano  i  Melloni  d'  acqua 
(  Cucurbita  Citrulhis  )  ,  ed  i  Melloni  di  pane  .  (  Cu- 
cuinis  71/e/o).Una  considerevole  estensione  di  territo- 
rio detta  le  arene  di  Balletta,  cui  appartiene,  ne  pro- 
duce una  quantità  prodigiosa  da  somministrarne  a 
molte  città  della  Provincia  .  Sono  in  concetto  di  piìi 
saporosi  ,  e  realmente  lo  meritano  quelli  ,  che  si  col- 
tivano nel  territorio  di  Altamura  ,  massimamente  i  de- 
nominati della  Vecchia,  e  di  Massimo.  Ne'mesi  di 
agosto  ,  e  di  settembre  sono  il  cibo  comune  :  altri  se 
ne  serbano  per  l' inverno .  E'  più  innocente  il  Mello- 
ne d' acqua  ,  che  si  suole  prescrivere  agl'infermi  come 
un  rinfrescante,  soprattutto  nelle  febbri  ardenti; ma  e 
dell'  uno ,  e  dell'  altro  convien  mangiarne  con  mode- 
razione :  quello  di  pane  non  è  da  tutti  felicemente  di- 
gerito :  r  altro  di  acqua  mangiato    ia  copia  illauguidi- 


(<>5) 
stvs  Vò  stomaco,    inconveniente,    cui    si  cerca  riparare 
col  bere  del  vino . 

Coltivasi  dal  popolo  in  poca  quantità  il  Delphi' 
niwn  Stapliisagria ,  ina  in  copia  nasce  ne' campi  il 
Delphìniitni  peregrinuni  ,  ed  una  sua  varietà  ,  che  ne' 
mesi  estivi  s'  incontra  per  tutte  le  strade  di  campagna. 
Di  queste  piante  se  ne  raccolgono  i  semi  ,  e  se  ne  fa 
uso  con  profitto  ad  uccidere  gli  schifosi  e  nocivi  in- 
setti ,  che  si  annidano  nel  capo  . 

Alcuni  coltivano  la  Catapuzia  minore  ,  e  poche 
piante  si  veggono  della  maggiore.  E  quella  l' i^i/yu/ior- 
bia  Licityris  ;  questa  il  Ricinus  Commimis  .  L'  ultima 
è  un  oggetto  solo  di  curiosità  ,  perchè  forse  ne  ven- 
gono ignorati  gli  usi  economici,  e  medicinali,  che  in 
altre  parti  se  ne  fanno.  Dovrebbe  apprezzarsi  di  van- 
taggio ,  e  moltiplicarsi  .  Da'  suoi  semi  se  n'  eslrae  un 
olio  ,  eh'  è  ottimo  ,  e  salutare  .  Negli  anni  passati 
ne  fu  proposta  nell'  alta  Italia  la  propagazione  ,  e  la 
coltura  per  riparare  alla  mancanza  dell'  olio  ,  soprat- 
tutto iu  qua'  luoghi  ,  dove  1  intensità  del  freddo  o  non 
permette  la  coltivazione  dell'  ulivo  ,  o  1'  espone  a'  fre- 
quenti geli  ,  ed  alla  morie  .  Pralic.uio  certuni  la  Cata- 
puzia minore  per  nettare  il  corpo  ,  inghiottendo  1  suoi 
semi  senza  misura  ,  ma  essendo  essi  un  purgante  dra- 
stico,  gli  espone  il  più  delle  volte  ad  acuti  dolori  di 
viscere  ,  e  non  di  rado  a  pericolo  di  perire  .  Qualcu- 
no de'  mi'ji  concittadini,  che  ne  ha  fatta  l'amara  espe- 
rienza ,  si  guarda  bene  dal  ripeterne  la  pruova  .  Altri 
più  savj  praticano  le  decozione  djlla  Mercurìalis  an- 
nua^   che  è  ovvia,  e  che  purga  il  corpo    dolcemente. 


(  96) 

Abbiamo  due  specie  di  Fumaria ,  che  dall'  au- 
tunno vegetano  sino  all'  està  vegnente  ,  e  si  usano  dif- 
ferentemente .  Quella  eh'  è  più  proficua  è  a  fiori  ros- 
si ,  e  non  molto  si  eleva  :  1'  ho  additata  a  molti  .  La 
sua  leggermente  amara  decozione  è  di  molta  utilità  , 
dà  un  certo  tuono  allo  stomaco  ,  ed  al  tubo  intestina- 
le,  e  purga  il  sangue  dell'  acredine ,  e  dal  salso  .  Io 
ne  ho  ritratti  de'  considerevoli  vantaggi .  Forse  più  at- 
tiva per  guarire  dalla  salsedine  è  la  Sarsapariglia  no- 
strale (  Smilax  Aspera  )  che  nasce,  e  vegeta  benissi- 
mo in  tutte  le  vecchie  pareti  di  campagna .  Le  sue 
cime  tenere  ed  allesse,  preparate  con  l' aceto ,  si  man- 
giano in  insalata  .  Le  sue  lunghe  ,  e  dure  radici  ac- 
ciaccate ,  e  bollite  con  1'  acqua ,  comunicano  a  questa 
la  loro  virtù  purgante,  che  per  lo  più  si  manifesta 
per  la  via  della  pelle.  Non  è  mia  incombenza  il  dimo- 
strare ,  che  la  sarsapariglia  nostrale  sia  la  stessa  ,  che 
l'esotica.  Basta  sapere,  che  i  vantaggiosi  effetti  sieno 
gli  stessi  per  doverla  preferire  all'  ultima ,  che  si  com- 
pera ,  forse  già  dissipata ,  mentrecchè  la  prima  s' in- 
contra ad  ogni  passo  senza  danaro  ,  fresca ,  e  nel  suo 
maggior  vigore  .  Per  lo  stesso  uso  si  praticano  le  ra- 
d  ici  del  Panicum  Dactylon  ,  che  appesta ,  con  quelle 
che  sono  repenti  ,  e  di  cui  son  piene  tutte  le  campa- 
gne .  Viene  chiamata  comunemente  Gramigna ,  ma 
questo  nome  si  dee  propriamente  al  Triticiim  repens , 
p  ianta  anche  comune  fra  noi ,  ma  di  cui  non  si  av- 
valgono i  Medici . 

Ad  una  Conferva  ,    che    trovasi    tra    le    officinali 
del  Signor  Petagna  ,  e  che  io  ho  aggiunto , avvalendo- 


(97) 
mi  del  nome  datale  dal  Signor  Swediaur  comune  i  n 
tulle  le  nostre  marine  ,  restituisco  il  nome  triviale  , 
col  quale  e  qui  ,  ed  altrove  è  conosciuta  da'  medici  . 
E  essa  la  Corallina  ,  pianta  di  mezzo  ])iede  di  allozza 
con  molli  tenui  rami  ,  e  con  foglie  brevi  lineari  ,  tut- 
ta di  color  bigio  .  Si  confonde  co'  Fuchi  ,  e  con  le 
Conferve  ,  che  le  rassomigliano  ;  ma  i  marinari  sanno 
distinguerla  ,  la  raccolgono  ,  e  la  vendono  .  Mangiata 
fresca  non  è  di  disgustoso  sapore  .  La  sua  riconosciu- 
ta virtù  consiste  nell'  essere  vermicida  ,  e  gli  effetti  ne 
sono  pronti  .  Già  secca  si  riduce  in  polvere,  e  si  uni- 
sce con  la  farina  di  frumento  ,  colla  quale  s' impasta  : 
se  ne  fanno  poi  delle  frittelle  con  1'  olio  ,  ed  indi  si 
passano  o  pel  mele  ,  o  pel  vin  cotto  ,  e  si  mangiano  . 
INulla  si  sente  nel  gusto  dell'odore  naturale  dell' erba  5 
ma  la  sua  facoltà  si  manifesta  dopo  alcune  ore  per  le 
vie  del  sedere  .  E  certamente  una  pianta  di  deciso  van- 
taggio pe' corpi  umani,  e  merita  d'esser  molto  ap- 
prezzata. Forse  in  cotesto  delizioso  cratere  non  nasce , 
giacche  frequenti  commissioni  ne  vengono  da  cotesta 
Capitale  da  coloro ,  che  ne  conoscono  il  valore  .  L'e- 
gregio Signor  Petagna  mi  assicura  che  si  trovi  . 

La  Centaura  Minore  (  Gentìana  Centaurium  Mi- 
nus  )  ugualmente  che  il  Camedrio  (  Teiicrium  Clia- 
mcedris  ),  il  Camepizio  (  Teucrium  Chamcepithis  ) ,  cà 
il  Pollio  f  Teucrium  Polium  )  piante  comuni  sono 
usale  dal  volgo,  ed  anche  prescritte  da'  medici  in  de- 
cozione ,  per  estinguere  le  ostinate  febbri  terzane  ,  e 
quartane .  Molti  le  hanno  usate  con  utilità  .  Io  non  so 
se  le  loro  facoltà  sieno  dirette   ad    espellere   la    caus  a 

i3 


(  98  ) 
«Iella  fc'Lbre  ,  ma  siccome  I'  origine  di  quelle  deriva  da 
leulesceaza ,  cosi  lu' iiiiiiiagino  che  l'amaro,  onde  son 
esse  dotate  ,  come  tonico  ,  sia  jjroprio  a  rinvigorire  i 
viscni  ,  e  a  togliere  il  lentore  .  Il  più  amaro  di  tutti, 
per  quanto  a  me  pare  è  il  Came[)izio,  che  ha  di  più  un 
odore  resinoso.  Vi  ha  de' medici  che  lo  riprovano  ;  ma 
io  ilo  conosciuto  persone,  che  ne  masticano  frequentemen- 
te i  rametti  ,  e  le  foglie,  raccontandone  le  maraviglie  pe' 
Lenelicj  ,  che  ne  ritraggono  nel  fortificare  lo  stomaco  . 
Non  dee  trascmarsi  il  Teiicrium  Siipinum ,  che  nasce 
ne'  piccioli  colli  sovrapposti  al  mare  ,  ed  è  forse  più 
ulile  .  Coltivasi  l'erba  forte  (  Teucriwn  Marum  ) ,  ma 
il  suo  potente  odore  eccita  molte  volte  il  dolor  di  capo. 
Abbiuiu  eziandio  il  Teiicriuin  Jva  comune  per  le 
strade  :  il  suo  potente  odore  di  muschio  come  del  Gè- 
ranìimi  Moschatimi  ,  ovvio  parimente,  dà  sufficiente 
luollvo   da   supporlo  pianta  di  somma  utilità. 

M  >!to  uso  si  fa  della  Malva  rotnndifolia  ,  che 
trovasi  in  tult' i  luoghi  ,  e  per  tutto  l'anno.  Allorché 
talvolta  manca  viene  sostituito  il  Malvone  (  Altea  Ro- 
sea )  che  si  coltiva.  Bollita  si  applica  come  emollien- 
te su  de'  tumori  ,  che  mostrano  di  venire  a  suppura- 
zione j  per  facilitarla  .  Il  suo  decotto  si  ha  per  pur- 
gante degli  umori  ,  e  del  sangue  .  I  fiori  secchi  sono 
commendati  per  varj  usi,  e  nelle  Farmacopee  vengo- 
no impiegali  con  profilio.  Per  tal  ragione  gli  attaccali 
da  lue  ceiiica  lo  biyono  giornalmente.  Nascono  del 
pari  la  M.h'a  par^'iftora  ,  e  la  Silvestre  ,  \  Altliea 
Ci  ìivhiiia  ,  \  Aliliea  liirsuta  .  La  loro  affinità,  ed  il 
loro  abito  esteriore  fauno  pvesiiuiere  j   che  abbiano  la 


e  99) 
stcs.:n     facoltà  ,    e    perciò   potiebbaro    servire    p.n-    eli 
slessi  usi .  " 

Nasce  in  molta  quantità  la  Malricann  Chamomil- 

la:  essa  prod.legge  massimamente    le  terre  vicine  alle 

abitazioni   rustiche  ,    e    ìualgraJo    di    essere    calpestala 

vegeta  Lenissimo.  iVel  maggio,  tempo  della  sua  (iori- 

tura  ,  non  si  può  slare  impunemente  ne'  luoghi  ,  dove 

ve  n'  ha  copia  ,  tanto  u'  è  Ibrte  1'  odore  .    È  un  ecrel- 

lente   anodino  .    Della    sua    decozione    non    solamente 

.  K-ìnno  uso  le  femmine  ne' dolori  ,    che    derivano  dagli 

orgam   uterini  ,    ma    anche    gli  uomini  per  qualnnoue 

altra   affezione  spasmotica  . 

Negli  orti  suole  coltivarsi  il  Papavenim  Somnife- 
rum  pe'  suoi  fiori   ,    e    non    per  estrarre  I'  oppio  dallo 
sue  capsule  ;  nasce  spontaneo  in   Trani  a  fiore  sempli- 
ce .    II  Papoi'er    Rheas  ,    e  1'  Ilihridum    dal    volgo    si 
mangiano  teneri  in  insalata,   e  con  l'aceto.    Si    crede 
comunemente  ,    che    promuovano    il   sonno  ,  come  la 
Lacluca  Sativa  ,  di  cui    avvene    più  varietà  .  De'  fiori 
degli  ultimi  Papaveri  si   fanno  delle  preparazioni  nelle 
officine  .  La  Piantalo  major  ,    che    nasce    per  lo  più 
nelle  vicinanze  de' serbatoi  d'acqua  ,  il  Sedum   Thele- 
phium,    ed    W  Sempervwum   Tectorum ,    che    si.  colti- 
vano ,  sono  quasi  sempre  praticati    per    rinfrescare    le 
ansure  delle  piaghe ,  e  per  tenerle  morbide  con  la  lo- 
ro copiosa  mucilaggine.  Le  ultime   ,    ed    il    Cotiledon 
innìnhcus  pianta  ,  che  da  per  tutto  si  trova  nelle  fes- 
sure delle  pareti  campestri ,  si  usano  vantaggiosamente 
■per  ammollire  ed  estirpare   i  calli  delle  dita  de'  piedi 
Sul  proposito  delle  piaghe  ,   delle  contusioni  ,    e  delle 


(    100    ) 

lividure  giova  qui  fare  osservare  ,  cln  i  solJuli  f'^nn- 
Ccòi  nella  dimora  da  essi  falla  ia  q'tisli  noslri  luoghi 
i}'gli  mini  passati  hinno  additalo  al  volg)  jih' descrilli 
iii;i!i  r  liso  di  Geraniuin  molle  ,  die  da  alcuni  pra- 
t^  si  inlendenli  di  materie  erbario  è  stalo  chiamilo  AL- 
chitnilld  ,  benché  erroneamente,  e  dal  popolo  •Stelhiz- 
Zfl .  Si  è  conosciuto  d'  una  decisa  utilità  iu  guisa  che 
generalmente  vien  praticato  con  l' acciaccarsi  ,  e  col 
mettersi  su  la  parte  affetta  .  Usasi  parimente  dal  po- 
polo la  comunissima  Salvia  Pratensis  da  esso  chia- 
mata Centragalla  ,  per  lo  stesso  bisogno  ,  e  le  foglie 
dell'  Ufoscìainiis  Albiis  . 

11.  anche  ovvia  la  Plumbago  Europcea  chiamata  im- 
propriamente dal  volgo  Romice  .  Questo  nome  appar- 
tiene a  piante  utili  e  salutari  ,  come  sono  il  Riimex 
Acetosa  ,  Acetosella,  che  nascono  in  questa  Provin- 
cia, e  non  sono  curale,  eccetto  la  prima,  le  cui  fo- 
glie fetide  ,  e  subacide  si  mangiano  da'  campagnuoli  . 
Alla  Piumbagine  si  ascrive  ima  virtù  sedativa  de'  do- 
lori pe' denti  5  e  chi  ne  ha  patito  ,  e  l'ha  usata  ,  dice 
di  averne  ricavato  del  vantaggio  .  Si  pratica  nel  se- 
guente luodo  .  Le  sue  foglie  teneie  si  stropicciano  sul 
braccio  nel  tempo  che  si  soffre  il  dolore  :  elleno  fan- 
no arrossire  la  pelle  ,  e  con  la  loro  virulenza  richia- 
mano un  afflusso  di  umori  ,  come  se  fosse  un  epi- 
spaslo. 

La  corteccia  del  Pruno  spinoso  era  un  tempo  in 
mollo  credilo  come  medicina  propria  ad  espellere  la 
febbre  terzana  ,  e  si  valutava  quanto  la  corteccia  Pe- 
ruviana .  Ora  non  è  più  usata,  ma  non  dovrebbe  ca- 


(  ''''  ) 

dere  in  nWjlio  :  potrcbbiiu  firsi  de' nnovi  saggi  soprat- 
tulio  perchè  è  Irulice  che  si  trova  in  ogni  parie  . 
Era  anche  molto  in  modi  negli  anni  j)assati  la  Ruta 
Grnveuleiìta  .  Le  donne  l'avevano  come  aiilisterica  ,  e 
de' suoi  rami  ne  ornav.ino  il  petto  .  La  moda  è  ora 
passata,  né  più  si  cura.  Dovrebbesi  al  contrario  avere 
in  concetto  ,  perchè  il  suo  lorle  e  grave  odore  pro- 
mette molle  virtù.  Si  coltiva  negli  orti  ,  e  rasce  spon- 
tanea ,   iiiassimamoDle  intorno  a  Palo  di  Molfetla  . 

Molte  specie  di  Salvia  nascono  nella  Provincia  , 
ed  a  me  pare  di  averne  scoperta  nna  nuova  non  in- 
dicata da' Botanici  .  Vegeta  nel  cosi  dello  <S'oi'éto,  con- 
trada di  questo  territorio  destinala  per  pascolo,  e  fio- 
risce nel  maggio.  L'  Officinale ,  e  la  Sjlarea  si  col- 
tivano .  Di  cpicsl'  idtinia  ho  già  parlalo  ,  della  p'riina 
non  sono  ovvj  gli  usi  .  Forse  per  gli  stessi  potrebbero 
impiegarsi  la  S.'achis  lanata  ,  il  Clinopodiuni  vidimare, 
e  le  due  Priinellì  Laciniata  ,  e  Vulvare  ,  che  \i  han- 
no molta  affinità,  e  forse  le  stesse  virtù.  Sono  comu- 
ni .  Merita  che  sia  fatta  menzione  della  bella  Salvia 
argentea  ,  la  quale  nasce  ne'  pascoli  delle  miirge  ,  ed 
in  altri  luoghi  .  Ella  viene  chiamala  da'  Campagnuoli 
col  nome  di  Pi/osella  ,  per<hè  le  sue  laighe  foglie 
sono  coperte  d'  una  morbida  lanugine  somigliante  al 
cotone  .  Allorché  essi  hanno  dello  coiilusioni  ,  o  ddle 
scorticature  cuoprono  la  ferita  con  quelle  foglie  ,  che 
servono  di  panniliui  ,  e  le   guaricono. 

Poche  piante  vengono  coltivale  nell'  orlo  del  Sig 
Eustachio  Gentile  di  Bilonto  del  Solanum  S  domeum , 
ossia  Pomodoro  Spinoso ,  che  nasce  in  allre  Provincie. 


(    102    ) 

Polrel)be  mollipllcarserie  !a  coUivazione  ,  giacché  pei" 
asserzione  di  molti  medici,  e  d  H'illustre  noslro  Socio 
Sig.  Petagna ,  le  sue  foglie  sono  la  gran  medicina  con- 
tro de' reumatismi  invecchiati. 

Vegetano  felicemente  nella  Provincia  varie  specie 
di  Viole.  L'  Odorata  ,  di  cui  si  fa  uso  nelle  officine, 
viene  anche  coltivata  in  qualche  giardino  ;  ma  quella 
che  nasce  in  maggior  copia  ,  e  che  non  viene  curata  , 
è  la  Viola  Tricoìor  .  Taluni  per  oggetto  soltanto  di 
piacere,  e  pe' suoi  graziosi  fiori  tricolorali  l'educano 
ne' vasi  .  Ma  il  disogno,  cui  la  natura  l'ha  destinala, 
è  assai  più  nobile  .  Le  sue  foglie  sono  la  gran  me- 
dicina per  liberare  i  bambini  dalle  usciture  ,  che  ap- 
pariscono nel  viso  ,  e  ntl  capo  ,  dette  Lattirne  ;  e  che 
rendendosi  talvolta  maligne  ,  troncano  il  filo  della  vi- 
ta di   quelle  tenere  creature. 

E  questo  un  breve  Saggio  di  osservazioni  su  di  al- 
cune piante  officniali.  Non  essendo  io  del  mestiere,  ho 
soltanto  accennali  quegli  usi  ,  cui  comunemente  sono 
impiegate.  Un  Professore  gli  avrebbe  dettagliati  con 
maggior  precisione  ,  e  co'  vocaboli  dell'arte  ;  io  mi  so- 
no espresso  con  le  parole  triviali  . 

Da'  Cataloghi  delle  tre  descritte  classi ,  che  sono 
una  picciola  parte  delle  molte  che  nascono  in  questa 
Provincia  ,  si  rileva  di  qual  vantaggio  sarebbe  una  Flo- 
ra ,  che  abbracciasse  le  piante  di  tutte  le  Provincie ,  e 
quale  incalcolabile  utilità  ne  ritrarebbero  le  arli ,  le 
manifatture  ,  l' industria  nazionale  ,  e  la  vita  degli  uomi- 
ni 5  quanta  occupazione  potrebbe  darsi  alle  classi  in- 
digenti per  procurarsi  la  sussistenza  .  Ciò  si  otterrebbe 


(  'o^  ) 
se  il  Governo  vi  si  mostrassi?  propenso  ,  e  se  ile'  gio- 
vani bene  intenzion  tli  si  esibissero  ciascuno  nel  ramo 
suo  a  raccof;lier  delle  ti  he  ,  a  classilicarle  ,  secondo  il 
sistema  di  Linneo  gener.iiinenle  ricevuto,  e  ad  impie- 
garle per  la  diversa  loro  destinazione.  Quanto  a  me 
non  tralascerò  l' intrapresa  mia  carriera  ,  continuando 
a  fare  delle  ricerche  in  altri  luoghi  della  Provincia  , 
per  quanto  mi  sarà  jiermesso  . 


(  io4) 

Della  coltura  e  preparazione  elei  Guado  .  Istruzione 
pratica  del  Socio  Corrispondente  Antonio  Mo- 
scai .  Presentata  nell.  adunanza  del  di  28  dicembre 
1807. 


I 


L  Guado  ,  Isntis  tinctoria  di  Linneo ,  è  un'  erba  in- 
dignofera ,  che  si  propaga  col  seme  .  Il  suo  fusto  della 
grossezza  di  un  dilo  si  alza  a  circa  due  piedi  ;  le  sue 
foglie  lisce  ,  e  simili  alla  lingua  di  cane  ,  si  caricano 
di  un  verde  turchiniccio  .  Da  queste  foglie  ,  quando 
sono  giunte  alla  maturila,  se  n' estrae  un  Indaco  per- 
fellissimo  ,  che  i  tintori  adoperano  per  la  tinta  bleu  , 
e  per  preparare  le  stoffe  a  ricevere  i  colori  oscuri  . 

Le  terre ,  dove  quest'  erba  prospera  meglio  ,  sono 
le  grasse  mescolate  alla  sabbia  .  Dopo  di  aver  ben  la- 
vorato 5  e  letamalo  il  terreno  si  divide  in  tante  prose  , 
larghe  un  braccio  ,  e  lunghe  a  piacere  .  A'  primi  di  apri- 
le si  sparge  il  seme  non  tanto  folto,  e  si  ricopre  con 
l'erpice,  nel  modo  stesso  che  si  pratica  per  seminare 
il  lino  .  Allorché  le  piante  cominciano  a  crescere  , 
bisogna  sarchiarle ,  e  mondarle  dell'  erbe  cattive  .  Ver- 
so il  Une  di  giugno  (  nel  clima  della  Provincia  dell' 
Aquila  )  quando  le  foglie  sono  mature  ,  il  che  si  co- 
nosce ,  se  rompendone  una  ,  e  strofinandola  ad  un 
panno  bianco  lo  tinga  di  un  bel  verde  cupo,  si  fa  la 
prima  ricolla  del  Guado  .  Di  là  ad  un  mese  se  ne  fa 
la  seconda  ,  e  verso  il  fine  di  agosto  la  terza  .  I  terre- 
ni assai  fertili  ne  danno  anche  una  quarta  .  La  foglia 
non  si    coglie  punto  dalle  piante  ,    che  si  vogliono  la- 


If  'ìo5  ) 
sciare  per  II  seme  al  qual  oggetto  si  tleslhiano    le  più 
belle  e  vigorose . 

Il  metodo  che  si  tiene'  in  Rieti  per  eslrarre  l'in- 
daco dal  Guado,  riducendo  in  pasta  la  foglia  per  via 
di  molini,  esige  molte  braccia,  molto  tempo,  e  mol- 
lo dispendio  .  Quello  comunicato  dal  Sig.  Giuseppe  Mo- 
rina  Piemontese,  e  che  è  stato  ritrovalo  eccellente,  e 
facilissimo ,  è  il  seguente  .  Le  foglie  appena  colte  si 
ineltono  in  un  recipiente  di  legno  ,  o  di  inajolica  ,  o 
anche  di  fabbrica  ,  si  ricoprono  di  acqua  naturale, 
si  obbligano  a  stare  sott'  acqua  con  de'  pezzi  di  le- 
gno di  quercia  ,  e  si  lasciano  cosi  in  riposo  per  ore 
sedici  in  dieciotto  .  Dopo  questo  tempo  ,  o  sia  dopo 
fatta  la  maturazione,  cosa  che  si  conosce  mettendo 
un  poro  di  acqua  in  un  bicchiere  di  cristallo  ,  ed  os- 
servando se  sarà  carica  di  un  colore  tra  'l  giallo  ,  e  1 
verde,  si  gittano  le  foglie  ,  e  si  lascia  riposare  l'ac- 
qua per  alcuni  minuti,  affincliè  le  parti  terree  possa- 
no precipitarsi  nel  fondo  del  recipiente  ,  e  si  decanta 
r  acqua  in  altro  vaso  ,  passandola  per  tela  ,  o  per  se- 
taccio ,  ad  oggetto  di  ritenere  le  particelle  delle  fo- 
glie, o  altro  corpicciuolo ,  che  fosse  rimasto  nell'acqua 
del  primo  recipiente  .  Quest'  acqua  cosi  filtrata  si  agi- 
ta subito  ben  bene  con  una  mestola  di  legno  per  uu 
quarto  d'  ora  o  più  ,  a  misura  della  minore  o  maggio- 
re quantità  dell'  acqua  .  Vi  si  versa  quindi  una  picco- 
la quantità  di  acqua  di  calce  ben  chiara  ,  seguitando 
r  agitazione  per  altri  pochi  minuti ,  onde  ben  mesco- 
lare r  acqua  di  calce  .  Si  lascia  finalmente  in  riposo 
per  alcune  ore ,  si  versa  dolcemente  V  acqua  ,  e  si  tro- 

»4 


(  io6>) 

vera  nel  fondo  del  vaso  la  fecola  di  un  hellissiino  co- 
lore hleu  ,  che  si  filtra  per  tela  assai  fitta  ,  o  meglio 
per  coloncino,  e  si  nielte  in  ultimo  ad  asciugare  su 
tavole  di  leguo  prima  al  sole  ,  e  poi  all'  ombra  ia 
luogo  arioso  ,  per  riporre  questa  fecola  ,  o  indaco 
asciutto  bene  che  sia  ,  dentro  delle  scaltole  ,  e  servir- 
sene al  bisogno  per  le  tinte.  Questa  pratica  di  eslrarre 
r  indaco  dalle  foglie  fresche  del  Guado  ,  che  si  è  de- 
scritta ,  si  può  estendere  in  grande  ,  e  formarne  uno 
stabilimento  qualunque  ,  che  riunisca  insieme  tutti  i 
mezzi  ,  e  tutti  i  comodi  di  questa  semplicissima  ope- 
razione .  -, 


'(    IO?    } 

Dello  zafferano  e  sua  coltura  nella  Provincia  delt 
Aquila.  Istruzione  pratica  del  Socio  Corrisjiontente 
Antonio  Mosca.  Presentata  ncll adunanza  del  di  23 
febbrajo  1808. 


L 


LL  Zafferano    (   Crocus    sativus    autiimnalìs   Liti.  )   è 
una  pianta  bulbosa  ,  cbc  si  moltiplica  per  mezzo  del- 
le cipolle  .  I  suoi   fiori  ,    che  hanno    nn    color    celeste 
mescolato  di   rosso  porporino ,  presentano  una  specie  di 
fiocco  diviso  in  tre  cordoni  ,  che  si    chiamano  (ila  ,  e 
e  che  soli  Ibrmano  ciò  che  vi   è  di  più    stimabile    pel 
Zafferano  .  Kou  vi  è  luogo  in  tutto  il  postro    Regno  , 
dove  meglio  si  coltivi ,  e  dove  sembri  meglio  prospera- 
re ,  che  uella  Provincia  dell'Aquila  ,    sebbene    la    sua 
coltura    non  vi  sia  tanto  miiver3ale  quanto    si    conver- 
rebbe ,  e  quanto  lo  era  prima  ,  che  la  emigrazione  in- 
cominciasse a  spopolare  gli  Abruzzi  .  Le  terre  ,    dove 
alligna  con  successo  maggiore  ,  sono  le  nere  ,    le    ros- 
sicce  ,  ed  anche  quelle,  che  senza  essere  nere  conten- 
gono un  poco  di  sabbia  ;   tutte    però    debbono    essere 
asciutte,  e  leggiere,  non  essendo  buone  assolutamente 
né  le  umide ,  uè  le  argillose .    Per  piantare   un    Zaffe- 
raneto   cominciano  i  nostri  Abbruzzesi  dal   far    con  la 
zappa  ,  oppure  con  la  vanga  un     lavoro    profondo  uà 
braccio    ,  rivolgendo  ,    e    attenuando    bene    la    terra  , 
non    altriinenti    che    si    pratica    nel    piantare    le    viti  . 
Coloro,  che  meglio  intendono  i  loro  interessi,  eseguo- 
no questo  lavoro  alcuni  mesi  prima  del  tempo   in   cui 
■si  vuol  fare  la  piantagione,  affinchè  gl'influssi  dell' at.- 
mosfera  dispongano  il  terreno  ad  una  vegetazione    più 


(io8) 
j.crfelta,  e  più  vigorosa  .  Preparala  cosi  la  terra  j  e 
-iiiigliorata  con  qualche  concime,  sopratUitlo  con  le  vi- 
'  nacce  ,' nel  mese  di  agosto  piantano  il  Zafferano  .  Que- 
sta operazione  consiste  nel  dividere  tulio  il  terreno 
per  la  sua  lunghezza  in  tante  linee  diriit^,  o  solchi  fat- 
ti con  la  pnnla  della  zappa,  distanti  l'imo  dall'altro 
un  palmo  ,  e  profondi  quattro  pollici  :  e  nel  disporre 
in  tali  solchi  le  cipolle  alla  stessa  distanza  di  quattro 
pollici  r  una  dall'  altra  ,  ricovrendo  le  cipolle  del  sol- 
co antecedente  con  la  terra,  che  si  ricava  dal  solco 
che  segue  .  Ogni  quattro  solchi  piantali  ,  e  ricoperti  a 
questo  modo  ,  si  ha  da  lasciare  un  solco  vuoto ^  vale  a 
dire  ,  che  tutto  il  Zafferaneto  viene  ad  essere  ripartito 
in  tante  prose  lunghe  ad  arhi trio,  larghe  mezza  canna, 
e  lontane  1'  una  dall'  altra  circa  due  palmi  ,  onde  po- 
ter più  agevolmente  sarchiare  il  Zafferano  ,  e  racco- 
glierne i  fiori.  Un  mese  dopo  piantate  le  cipolle  si 
prende  con  la  zappa  tutta  quella  terra  smossa  ,  che 
trovasi  negli  spazj  tra  le  prose,  e  si  rivolge  successiva- 
mente su  le  prose  medesime,  eguagliandone  la  superficie 
con  un  rastrello  di  legno  in  guisa  che  le  prose  piantate 
di  Zafferano  vengano  a  rimaner  come  elevate  in  mez- 
zo a  due  grandi  solchi  j  cosa  che  non  solamente  fa- 
cilita là  coltura  del  Zafferano  ,  ma  procura  nel  tempo 
stesso  un  libero  scolo  alle  acque  .  Verso  il  fine  di 
maggio ,  quando  i  capeìli  o  sien  le  foglie  del  Zaffe- 
rano divengono  bionde  ,  e  che  mostrano  di  esser  ma- 
ture ,  queste  si  dislaccano  dalle  piante  ,  e  si  riserba- 
no come  un  ottimo,  e  riscaldante  nutrimento  pel  be- 
stiame 5  specialmente  per  le  vacche  durante  l'inverno  . 


Immsdiala incute  dopo  la  raccolta  delle  foglie  si  dà  il 
primo  lavoro  al  Zafferaneto  ,  sarchiandolo  ,  ed  estirpai:- 
done  tutte  le  cattive  erbe,  senza  però  danneggiare  le 
cipolle  ,  e  le  barbe  5  e  la  stessa  operazione  si  ripete  a 
luglio ,  ed  a  settembre .  Le  cure  ,  che  esige  il  secon- 
do anno  non  differiscono  punto  da  quelle  del  primo  , 
eccettuatane  la  piantagione,  ed  il  ripianare  le  prose  ,  che 
non  vi  hanno  luogo  .  Verso  la  fine  di  settembre  inco- 
mincia la  fioritura  del  Zafferano  ,  e  dura  per  lo  spa- 
zio di  un  mese.  Allora  ogni  nìallina  allo  spuntar  del 
sole  una  truppa  di  conladiui  ,  relativa  alla  estensione 
del  campo,  si  distribuisce  fra  le  prose  del  Zafferaneto  ,  e 
ciascuno  rivolto  dalia  sua  parte  destra  coglie  con  due 
dita  il  fiore,  e  lo  ripone  in  un  panerino,  che  sostie- 
ne con  la  mano  sinistra  .  Siffatta  operazione  ,  che  non 
lascia  di  presentare  uno  spettacolo  grazioso  ,  e  piace- 
vole ,  debb' esser  fatta  con  la  maggior  destrezza, e  sol- 
lecitudine precisamente  all'  ora  indicata  ,  perchè  dopo 
di  essersi  alzato  il  sole  su  l'orizzonte,  allargandosi  so- 
verchiamente il  calice  del  Core  ,  i  suoi  Glam;nti  si  ap- 
passiscono, e  si  perdono  affatto.  Ricondotti  a  casa  i 
fiori ,  si  ha  cura  di  separare  dalle  spoglie  del  fiore  ,  e 
da  tuttociò  che  è  inutile,  que' filamenti  ,  che  come  si 
è  detto  ,  costituiscono  propriamente  ciò  che  chiamasi 
Zafferano  .  Quindi  non  rimane  altro  ,  che  dissecarlo  . 
A  quest'  oggetto  si  distende  una  certa  quantità  di  Zaf- 
ferano sopra  di  un  paniere  di  vinchi  piatto  ,  e  roton- 
do ,  e  per  via  di  tre  corde  attaccate  all'  orlo  del  pa- 
niere,  e  che  si  riuniscono  insieme  a  forma  di  pirami- 
de ,  si  sospende  il  paniere  stesso  col    Zafferano    sopra 


("0) 

di  uu  fuoco  lento  ad  una  competente  altezza  ,  facen- 
dolo girare  continuamente  all'  intorno  del  proprio  as- 
se 5  e  rivolgendo  spesso  la  massa  dei  Zafferano  ,  sino 
a  che  sia  interamente  asciutto  .  Tutto  ciò  esige  molta 
attenzione  .  Quattro  libbre  di  Zafferano  fresco  non  ne 
danno  ,  che  una  quando  è  secco  .  Ridotto  a  questo 
stato  se  ne  spedisce  la  maggior  parte  per  Livorno , 
per  Trieste  ,  per  Venezia  ec.  ,  che  lo  passano  quasi 
tutto  alle  piazze  del  ]\ord.  Una  libra  di  Zafferano  co- 
sta ordinariamente  in  questa  Provincia  da  quattro  du- 
cati sino  a  sei  ,  secondo  le  raccolte  .  Il  migliore  ,  e 
più  l'icercato  da'  forastieri  è  quello  ,  che  ha  gii  stami 
larglii  ,  di  un  bel  color  vellutato  rosso  ,  che  ha  pochi 
filaménti  gialli  ,  e  che  è  ben  asciutto  ,  e  netto  da  ogni 
parte  eterogenea  .  Ritorniamo  ora  al  Zafferaneto  .  Do- 
po due  raccolte  di  fiori  si  dissotterrano  le  cipolle  del 
Zafferano  ,  se  ne  distaccano  tutti  i  fìgliuolini  ,  si  mon- 
dano da  ogni  parte  secca,  e  le  più  belle,  e  più  sane 
si  trapiantano  in  altro  terreno  ,  già  ])reparato  nel  mo- 
do ,  che  si  è  detto  .  Qui  ricominciano  gradatamente 
tutte  quelle  cure  ,  che  si  sono  descritte  di  sopra  .  Li 
ultimo  bisogna  avvertire  ,  che  il  più  terribile  nemicQ 
di  questa  pianta  #  il  sorcio  , 


(  III  ) 

Della  cassetta  per  le  fratture  alT  estremità  inferì  ori  , 
inventata  per  il  trasporto  degli  ammalati  negli  ospe- 
dali ambulanti  che  seguono  le  armate.  Memoria  del 
Socio  Corrispondente  Mangin.  Chirurgo  in  capo  dell' 
firmata  di  Napoli  .  Presentata  neW  adunanza  del 
di  29  Aprile  1S08. 


N. 


On  v'  ha  cosa  tanto  da  bramarsi  per  la  chirurgia 
militare,  e  per  1' umanità  quanto  il  poter  proccurare 
su  i  campi  di  battaglia  ,  o  nelle  loro  vicinanze  ,  de' 
buoni  letti  ,  e  la  tranquillità  a'  feriti  .  Questi  vantaggi 
farebbero  evitare  senza  dubbio  a  molli  bravi  soldati 
1'  accrescimento  de'  dolori ,  ed  anche  la  morte  ,  che  ia- 
contran  talvolta  ne'  mezzi  che  si  adoperano  per  tra- 
sportarli agli  ospedali  più  o  meno  lontani  ,  e  per  pro- 
curar loro  i  soccorsi   che  1'  umanità  implora  . 

Troppo  sovente  il  numero  de'  carrettoni  che  se- 
guono gli  ospedali  ambulanti  ,  non  basta  al  trasporlo 
de' feriti .  Si  è  nella  necessità  di  avvalersi  di  cattivi 
carri  o  carrette ,  di  farli  viaggiare  per  cattive  strade  , 
dove  sono  esposti  a'  balzi  ed  alle  scosse  pericolose ,  so- 
prattutto per  coloro  ,  che  hanno  delle  fratture  ,  spe- 
cialmente alle  estremità  inferiori  .  Si  è  osservalo  con 
dispiacere  che  i  trasporti  sconcertavano  la  buona  situa- 
zione delle  parti  fratturate  ,  e  divenivano  delle  cagioni 
secondarie  ,  che  le  rendevano  complicale  con  pericolo 


cagionando  il  disordine  delle  ossa,  delle  loro  scheg- 
ginole ,  r  implanlazione  nelle  parli  molli  vicine,  la 
stiratura  ,  il  dilaceramento  di  queste  parti ,  dolori ,  emor- 
ragie j  e  successivamente  eretismo  ,  conti-azione ,  iucor- 


danieuto  ,  tensione  ,  infiammazione  ,    febbre  ,  spasimi  ,1 
convulsioni  ,  tetani ,  ed  altri  accidenti . 

Quanto  non  hanno  avuto  a  dolersi  1  chirurgi  del- 
la cattiva  posizione  delle  membra  fratturate  ,  e  i  feriti 
de'  dolori  che  han  sofferto  su  le  vetture  al  loro  arrivo 
negli  spedali  !  Quante  volte  ,  io  dico  ,  non  sono  stati 
obbligati  i  chirurgi  ne'  campi  di  battaglia  ad  armarsi 
d'  un  coltello  ,  o  d'  una  sega  per  amputar  delle  mem- 
bra fratturate,  con  istrepilo,  contusione,  e  laceramento, 
che  avrebbero  conservate  ,  malgrado  questi  disordini , 
se  fossero  stati  in  uno  spedale  sedentario  ,  dove  non 
fossero  mancati  de'  mezzi  atti  e  convenevoli  al  traspor- 
to de'  feriti  !  Pr  isi'uggire  gli  accidenti  cagionali  dal 
trasporto  de'  feriti  ,  si  sotto  inventate  da  gran  tempo 
delle  macchine  ad  oggetto  di  tener  fisse  ed  immobili 
le  parti  fratturate  .  Tali  sono  le  cassette  di  legno  con 
de'  mastietti  ,  e  de'  gangheri  ;  le  cassette  ,  e  gronde  di 
ferro  bianco ,  di  cuojo  ,  di  cartone  j  e  di  cortecce  di 
alberi  &c. 

La  cassetta  perfezionata  da  Petit  ,  e  dettagliata  da 
Garengeot  non  ha  gli  stessi  vantaggi ,  che  quella  della 
quale  mi  son  servito  .  Le  perlezioui  che  Petit  ha  date 
a  questa  macchina,  non  possono  servire  ,  che  per  le 
fratture  all'  estremità  inferiori  stazionate  in  un  letto . 
Qui  trattasi  di  far  viaggiare  gli  ammalati  col  minore 
sconcerto  ,  e  dolore  possibile  ,  e  con  mezzi  semplici  , 
e  comuni  ,  facilissimi  a  rinvenirsi  ,  ed  a  trasportarsi  . 

Non  ostante  che  queste  niacchine  non  sieno  state 
di  piena  soddisfazione  ,  non  può  osservarsi  senza  sor- 
presa 1*  derelizione  ,    e  1'  obblio  ,   in   cui    fioa  cadute 


(  n3  ) 

negli  ospedali  ambulami .  Dipendo  forse  dalle  difficol- 
tà del  loro  trasporto ,  o  della  loro  applicazione  in  ra- 
gione delle  coinplicarioni  ,  disproporzioni  ,  e  cattive 
congegnazioni  tra  esse  ,  e  lo  parli  frallutato  ?  Sj  ne 
sono  ottenuti  de'  vantaggi  ? 

Le  cassette  ])er  fratture  ,  che  io  propongo  ,  sono 
semplici  ,  facili  a  farsi  ed  al  trasporlo  ,  nò  sono  spe- 
sose  .  Non  avvi  falegname  ,  per  cattivo  che  sia  ,  il 
quale  non  possa  farle.  Ne  feci  formar  loo.  in  due 
giorni  nel  villaggio  di  Albano  ,  dandone  il  modello  in 
carta  .  Un  mulo  ,  o  un  cavallo  può  agevoln^ente  por- 
tarne i5o.  o  200.  Guernite  con  morbidezza  possono 
servire  non  solamente  a  ben  contener  le  fratture  nel 
loro  trasporto  ,  ma  anche  quando  sono  stazionate  nel 
letto  5  frenano  l'azione  muscolare,  tengono  fisse  l'cslre- 
niilà  delle  ossa  fratturate  nella  posizione  del  contatto, 
e  della  circonferenza  rispettiva  al  loro  livello  naturale, 
si  applicano  più  agevolmente  ,  e  con  maggior  pron- 
tezza ,  che  tuli'  i  pezzi  ,  che  si  è  nell'  obbligo  di  uni- 
re alle  fasciature  ordinarie.  Dee  contarsi  moltissimo  su 
questi  mezzi  ,  sopratutto  al  seguito  delle  armate  ,  dove 
trai  gran  numero  de'  chirurgi  ,  che  si  è  nella  necessità 
d' impiegare  ,  non  han  tutti  1'  abitudine  di  curare  con- 
venevolmente le  fratture  :  con  un  pò  di  attenzione  ,  e 
d' intelligenza  possono  essere  perfettaiìieute  contenute 
per  mezzo  di  queste  cassette  ,  che  godono  altresì  del 
vantaggio  di  agevolare  a'  feriti  il  cambiamento  del 
letto  . 

L'utilità  di  queste  macchine  è  stata  confermata 
dall'  esperienza    nell'  annata    di  Napoli  ,    specialmente 

i5 


neir  assedio  di  Gaeta .  Esse  servivano  al  trasporto  de' 
nostri  feriti  nella  trincea  di  Castellone  ,  di  Sessa  ,  di 
Capua  ,  di  Napoli  ,  dove  le  fratture  giugnevano  senza 
sconcerto ,  essendo  ben  tenute  nelle  loro  cassette  ,  e- 
Senz' altri  sintomi  td  accidenti,  all' infuori  di  quelli, 
di'  eran  prodotti  dalle  loro  cagioni  efficienti  ,  o  dalle 
loro  conseguenze  essenziali  .  Esse  contenevano  non  so- 
lamente il  vantaggio  di  tener  bene  le  fratture  nel  loro 
trasporto,  ma  faceano  evitare  molti  dolori  a' feriti  nel 
dover  cambiar  le  vetture  per  le  disposizioni  degl'  in- 
fermieri poco  pratici ,  ed  intelligenti  . 

L'  allontanamento  delle  estremità  fratturate  è  il 
più  delle  volte ,  soprattutto  in  tempo  di  guerra,  cagio- 
nato dagli  sforzi  mal  diretti  di  coloro  ,  che  rilevano  , 
e  portano  i  ferifi  ,  o  per  le  cattive  posizioni  ,  che  dan- 
no alle  parti  fratturate  ,  o  ancora  per  le  stesse  cagioni 
delle  fratture.  Sarebbe  cosa  necessariissinia  ,  che  il 
Governo  scegliesse  gli  uomini  che  impiega  come  in- 
fermieri al  seguito  delle  armate  .  Per  averne  de'  mi- 
gliori ,  bisognerebbe  meglio  pagarli ,  e  far  loro  appren- 
dere negli  ospedali  in  tempo  di  pace  a  curare  i  feriti  . 

Sovente  i  pìccoli  mezzi  ,  o  i  mezzi  semplici  pos- 
sono avere  de'  gran  vantaggi  .  Potrebbe  ascriversi  a 
queste  cassette,  ed  a'  carrettoni  coverti  j    e  sospesi  («) 


(a)  Vetture  a  quattro  ruote  ,  e  sospese  ordinate 
dal  Signor  Arcampal  Commessario  Generale  dell'  ar- 
mata .  Erano  coperte  di  materassa  al  dì  dentro  del 
cassone  ,  e  seryivano  specialmente  pe'  feriti . 


(1,5) 

la  guarigione  di  un  gran  numero  di  fralture  compli- 
cale, per  la  buona  situazione  .che  tali  macchine  con- 
servano alle  parti  ferite  .  I  buoni  effetti  di  questi  ajuti 
ne' gran  caldi,  come  In  quelli,  che  si  ebbero  nell'as- 
sedio di  Gaeta ,  dove  il  servizio  degli  ospedali  fu  ve- 
ramente esemplare ,  e  degno  degli  elogj  che  ha  rice- 
vuti ,  non  sarebbero  cagioni ,  che  preserverebbero  dal 
tetano,  evitandosi  nel  trasporto  gì' IrritainentI  nervosi? 
Su  d' un  numero  di  circa  dugento  cinquanta  malati 
gravemente  feriti  non  potei  contare ,  c^e  tre  affezioni 
tetaniche. 

La  scienza  ,  che  preserva  dalle  malattie  debbe 
senza  dubbio  anteporsi  a  quella  che  le  risana  ,  ed  a 
quella  che  non  risana  che  di  rado  alcune  malattie  .  Se 
gli  uomini  non  han  potuto  scoprire  nella  terapeutica 
de'  rimedj  atti  a  guarire  II  tetano  cagionato  dalle  fe- 
dite d'  arme  da  fuoco  ,  debbon  prendere  i  mezzi  d'igle- 
na ,  che  possono  preservare  da  questo  accidente ,  spes- 
slsslme  volte  funesto . 

Potrei  aggiugnere  in  favore  de' mezzi  preservativi, 
che  io  propongo  ,  ad  oggetto  di  evitare  i  tetani ,  molte 
pruove  analoghe ,  che  mostrerebbero  gì'  irritamenti ,  o 
affezioni  secondarie  delle  ferite ,  come  le  cause  le  più 
frequenti  di,  questo  morbo . 

Nel  1781.  nell'assedio  di*Yorck  nella  Virginia  Io 
spedale  ambulante  era  convenevolmente  situato  nelle 
vicinanze  della  trincea  .  I  feriti  vi  eran  portati  su  de' 
carri  .  Il  Signor  Robillard  chirurgo  consultore  dell' 
armata  fé  conservare  a  questo  deposito  le  maggiori 
fratture  ,  e  ferite  j  le  altre  eran  condotte  su  de'  carret- 


(  "6) 

toni  a  Willianisbourg  in  distanza  di  circa  18.  a  20. 
miglia  da  Yorck  .  Dopo  la  resa  di  questa  piazza  otten- 
ne un  numero  d'  uomini  necessario  per  portar  dolce- 
mente ne'  quadrali  all'  inglese  tutte  le  fratture  ,  e  feri- 
te conservate  nello  spedale  di  Williamsbourg  .  I  feriti 
di  questo  assedio  ebbero  la  sorte  di  andare  esenti  dal 
tetano ,  accidente  clié  scoraggia  la  gente  del  mestiere  , 
per  ragione  che  porta  quasi  sempre  la  morte. 

Ho  fatta  riflessione  su  la  causa  dell'  assenza  dell' 
affezione  tetanica  nelle  ferite  da  noi  curate  nella  Vir- 
ginia .  Da  quel  tempo  l'esperienza  mi  ha  dimostrato, 
che  quest'  orribile  accidente  di  rado  era  essenziale  alle 
ferite,  quando  si  eran  completamente  secondati  gì' ia- 
dizj  che  offrono  ,  come  degl'irritamenti  cagionali  dalle 
loro  cause  essenziali,  e'I  più  delle  volte  da  cause  sus- 
seguenti, come  nel  trasporlo  de' feriti ,  dallo  stiramento 
delle  parti  molli ,  e  dallo  sconcerto  delle  solide  nelle 
.  fratture. 

Il  tetano  dimostra  il  carattei'e  di  un  grado  supre- 
mo d'  irritamento  nervoso  manifestato  dagli  epifeno- 
mini  più  ,  o  meno  regolari,  prodotti  da  una  cagione 
irri laute  s?u  1'  organo  sensorio  ,  e  che  vi  agisce  con 
maggior  frequenza  ,  e  più  specificamente  ne'  paesi  cal- 
di,  che  ne' freddi,  a  cagione  d'una  maggior  debolezza 
organica  degl'  individui  ,  e  del  loro  più  allo  grado  di 
sensibilità  ,  e  d'irritabilità  . 

I.  Distruggere  con  delle  operazioni  ,  e  co' rimedj 
indicati  le  cause  essenziali  d' irritamento  delle  ferite  , 
è  un  prevenire  il  telano  . 


(  »i7  ) 

2.  Evitare  nel  traeporto  de' feriti  per  mezzo  della 
cassetta  ,  di  cui  ho  fatto  uso  ,  il  dolore  ,  1'  irritamento 
prodolto  da  cause  susseguenti  alle  ferite ,  è  anche  un 
isfuggire  il  tetano  ,  altri  accidenti  pericolosi  ,  o  morta- 
li .  Questo  è  stato  il  mio  scopo  .  Esso  è  analago  a 
quello  de'  quadrati  all'  inglese  ,  de'  quali  si  è  servito  il 
Signor  Rohillard  con  successo  nella  Virginia  pel  tra- 
sporto del  gran  numero  de' nostri  feriti  da  Yorck  a 
Willamsbourg .  Quanti  esempj  non  potrei  qui  citare 
del  tetano  prodotto  dagli  urli  cagionali  a'  feriti  pe'  cat- 
tivi mezzi  di  trasporto ,  e  per  le  cattive  strade  !  Non  è 
mia  intenzione  di  dissertare ,  né  di  qui  addurre  le  os- 
servazioni ,  che  le  grandi  occasioni  mi  han  posto  a  por- 
tata di  fare  intorno  a  questo  accidente  funesto.  Mi  re- 
stringo al  presente  ad  implorare,  dietro  l'esperienza, 
ed  a  nome  della  umanità,  che  si  formasse  un  Humero  ' 
bastevole  delle  cassette  o  macchine  ,  che  propongo  ,  e 
che  anderanno  unite  alle  casse  di  apparecchio  al  seguito 
degli  ospedali  ambulanti  delle  armate.  Esse  non  sola- 
mente servono  a  proteggere  solidamente  l'applicazione 
dell'  apparecchio  nel  trasporlo  de'  feriti  ,  ma  possono 
eziandio  servire  in  mancanza  di  biancheria  per  la  cu- 
ra ,  ad  oggetto  di  trasportare  con  una  buona  posizione 
le  frattuie  nell'  estremità  inferiori  ,  e  procurano  un 
gran  risparmio  nell' impiegare  la  biancherìa,  facilitano 
r  uso  delle  cose  proprie  a  tenore  più ,  o  meno  calde 
le  parti  fratturate. 

Consiglierei    a' chirurgi    di    marina    di  far    uso    di 
queste  cassette  nel  caso  delle  fratture  all'  estremità    in- 


(  ^^8) 
ferìori  ,  che  si  sconcertano  agevolmente  per  1'  agitazio- 
ne ,  e  per  l'oadeggiamento  del  legno  ,  malgrado  la  buo- 
na situazione  che  abbia  potuto  darsi  a'  feriti .  Vi  ha 
circa  dugento  di  queste  cassette  distribuite  nelle  diJIe- 
reuti  divisioni  dell'  armata  di  Napoli . 

Forma  della  macchina. 

Non  è  mia  intenzione  proporre  questa  cassetta  co- 
me una  novità  ,  ma  certamente  come  la  riduzione  d'una 
macchina  complicatissiuia  in  un'  altra  molto  semplice 
la  più  facile  a  costruirsi  ,  ed  al  trasporto  delle  fratture 
all'  estremità  inferiori  .  Come  scorgesi  dall'  annessa  ta- 
vola ,  queste  cassette  son  composte  di  quattro  pezzi 
per  le  fratture  di  coscia,  i.  uno  che  forma  il  suolo. 
2.  un  altro  il  fondo  ,  su  cui  dee  poggiare  la  faccia  po- 
steriore della  gamba  ;  3.  due  altri  laterali  ,  uno  intei'- 
no  o  tibiale ,  1'  altro  esterno  ,  o  peroniere.  Si  vede  be- 
ne che  questi  tre  ultimi  pezzi  per  la  gamba  ,  come 
quelli ,  che  vi  si  aggiungeranno  per  la  coscia  ,  do- 
vranno avere  delle  lunghezze  ,  e  delle  lai'ghezze  propor- 
zionate a'  volumi ,  ed  alle  lunghezze  delle  parti  che 
dovranno  contenere  :  la  densità  delle  tavole  ,  che  le 
compongono  ,  dee  avere  circa  un  mezzo  traverso  di 
dito  . 

Il  suolo  debb'  esser  legato  o  articolato  all'  estre- 
mità del  fondo  della  cassetta  per  mezzo  di  due  cordon- 
cini di  filo,  o  grossi  spaghi.  Le  tavole  laterali  debbo- 
no   ancora  ciascuna    esser  legata   o    articolata   per  uno 


de'  loro  orli  agli  orli  laterali  del  pavimento  per  mezzo 
di  sei  cordoncini ,  tre  da  ciascuna  parie  ,  li  quali  pas- 
sino ne' buchi  corrispondenti  a' bordi  di  questo  pavi- 
mento ,  ed  agli  orli  de'  pavimenti  laterali .  Si  potreb- 
bero adoperare  ancoia  le  picciolo  corregge  con  delle 
fibbie  per  articolar  queste  tavole.  L'esperienza  ha  di- 
mostrato ,  che  le  -cerniere  di  ferro,  i  gangheri,  ed  j 
mastietti  sarebbero  di  un  uso  incomodo  e  vizioso  ncl- 
r  uso  di  questa  cassetta  .  Presso  del  bordo  non  artico- 
lato o  anteriore  di  ogni  pezzo  laterale  ,  esser  vi  deb- 
bono tre  buchi  ,  i  quali  al  pari  che  gli  anziddetti  , 
debbono  essere  situali  nelle  parti  medie  ,  e  vicino  all' 
estremità  di  questi  orli  .  Questi  ultimi  forami  servono 
a  (issare  o  ad  attaccare  delle  cordicine  della  lunghezza 
di  circa  mezzo  piede .  Queste  tavole  laterali  pel  loro 
ravvicinamento  ad  ogni  parte  della  gamba,  la  manten- 
gono solidamente  nella  situazione  per  mezzo  delle  cor- 
dicine, o  legature,  che  formano  de' nodi  scorrendo  al- 
la parte  anteriore  della  gamba  .  Il  suolo  avvicinato  al- 
la pianta  del  piede  lo  sostiene  per  mezzo  d'un  cordo- 
ne o  fettuccia  di  filo  assai  lunga ,  che  vi  è  attaccata  , 
o  la  fissa  accrescendosi  alla  parte  anterioi'e  della  ganì- 
ba ,  passando  pe' buchi,  che  servono  di  attacco  alle  le- 
gature o  ligami  anteriori  delle  tavole  laterali  ;  ben  inte- 
so che  queste  non  debbono  essere  strette  in  guisa  che 
compri  man  forte  le  membra  che  debbono  contenere  , 
ma  che  possan  piuttosto  per  le  loro  larghe  superficie  , 
e  per  mezzo  d'  una  compressione  uniforme  ,  impedire 
col  mezzo  delle  loi'o   guarnitura    1'  azione    de'  muscoli 


f   ilo  ) 

senza  slanciarli ,  e  garantire  1'  immobilità  delle  ossa  do- 
po la  loro  riduzione,  anche  nelle  IValture  obblique  ,  o 
a  piano  inclinato  .  Questa  cassetta  ,  contenendo  l'  unio- 
ne muscolare  ,  impedisce  lo  slogamento  delle  ossa  se- 
condo la  loro  lunghezza  ,  e  densità  .  Essa  sostiene  il 
])iede  in  una  linea  naturale  .  Bisogna  anche  mettere  le 
parti  fratturate  in  una  situazione  conveniente  ,  e  da- 
re al  tronco  tale  posizione  ,  che  non  possa  spingere  al 
basso  il  frammento  superiore  dell'osso  .  Questi  mezzi 
adoperati  con  giudizio  ,  mantengono  le  ossa  in  una 
buona  confronlazione  ,  senza  esporre  la  parte  agli  acci- 
denti    che  cagionano  le  estensioni  permanenti  . 

Nelle  fratture  di  coscia  ,  si  tratta  di  ligare  ,  o  di 
articolare  di  rimpetto  il  ginocchio  per  mezzo  di  cordoni 
situati  a  fronte  1'  uno  dell'  altro  ,  tre  tavole  corrispon- 
denti a  quella  della  gamba  ,  e  vi  sono  fissate  per  mezzo 
di  due  cordoni  ;  <  sse  si  articolano  e  si  ligano  come  quel- 
le che  servono  alla  gamba,  per  inezzo  di  forami ,  e  di 
legature  praticate  presso  de'  loro  bordi  ,  come  può  os- 
servarsi nelle  figure  .  Questo  accessorio  ,  che  può  dir- 
si femorale  ,  dee  avere  la  sua  tavola  laterale  interna 
un  pò  incavata  alla  sua  estremità  o  bordo  superiore  , 
per  adattarsi  alla  parte  superiore  ,  ed  interna  della 
coscia . 

Le  fratture  alle  parti  superiori  del  femore  come 
quella  del  collo  di  qnesl'  osso  ,  han  bisogno  costan- 
temente di  una  tavola  laterale  esterna  assai  lunga 
per  giugnere  sino  al  di  sopra  del  ciglione  dell'  osso 
delle  isole  ,  ed  al  di  sotto  delle  false  coste  .  Questa  fe- 
morale esterna  aver  debbe  alla  sua  estremuà  superiore 


(  •=■'  ) 

e  presso  a'  su&i  bordi  due  aperture  deHa  lunghezza  di 
circa  tre  pollici  ,  proporzionate  alla  larghezza  d'  una 
cintura  di  tela  ,  che  dee  passarvi  ,  per  fissare  al  cor- 
po del  ferito  questa  tavola  ,  che  si  potrebbe  fare  assai 
lunga  perchè  giugnesse  sino  all'  ascella  ,  dove  sai-eb- 
be  facilmente  sottoposta  per  mezzo  d'un  cordone, 
o  fascia  larga  due  pollici  ,  che  passasse  in  due  aper- 
ture praticate  all'  estremità  superiore  di  questa  tavola , 
qual  cordone  si  attraversasse  su  la  spalla  per  passare 
sotto  l'ascella  opposta,  e  ritornare  a  fissarsi  su  1' estre- 
mila superiore  della  tavola .  Ma  questa  tavola  ,  che 
arrivarebbe  sino  all'  ascella  ,  per  quanto  guarnita  di 
cuscinetti  essa  fosse  ,  cioè  di  corpi  molli  tra  essa  ,  e 
la  pelle  renderebbe  troppo  penosa  al  malato  la  situa- 
zione che  esigerebbe  .  Per  mezzo  di  queste  ultime  di- 
sposizioni sarebbe  facile  senza  dubbio,  allorché  i  feriti 
fossero  ^abiliti  in  uno  spedale  sedentario  di  operare 
delle  estensioni  permanenti  5  ma  potrebbe  avvenire  ciò 
che  ho  veduto  più  volte  in  queste  sorte  <li  estensioni 
da  alcuni  ufiziali  di  sanità  ,  che  volendo  ottener  trop- 
po, non  hanno  ottenuto  che  de' risultati  perniciosi,  e 
funesti. 

Il  primo  scopo  dell'  arte  è  quello  di  evitare  la 
morte  ;  il  secondo  di  ristabilire ,  per  quanto  è  possi- 
bile ,  le  parti  inferme  nel  loro  stato  naturale  .  Gli  an- 
tichi cerusici  hanno  osservato  ,  che  1'  effetto  delle  esten- 
sioni permanenti ,  dove  credevano  di  dovérle  impie- 
gare nelle  fratture  ,  esponeva  in  una  maniera  inco- 
moda il  primo  oggetto  pel  secondo  .  Questo  incon- 
venicnte  ha  fatto  abbandonare  i  mezzi  estensivi  pernia- 

i6 


(    »22    ) 

nenti ,  che  impiegavano  per  alcune  fratture  col  rac- 
corciamento  alle  grandi  estremità ,  con  la  veduta  di 
restituire  ad  esse  la  loro  lunghezza  naturale ,  o  di  man- 
tenervele .  Ciò  non  ha  impedito  ad  alcuni  professori 
di  chirurgia  distinti  de' tempi  nostri  di  richiamare  alla 
memoria  ,  e  di  raccomandarne  1'  uso  per  mezzo  di 
giogaje  fatte  in  maniera  da  potere  operare  un  effetto 
contrario  all'  azione  restrittiva  ,  o  contrattiva  de'  mu- 
scoli ,  ed  a  mantener  la  lunghezza  delle  partì  ne' casi 
di  frattura  con  perdita  della  sostanza  ossea ,  o  con 
delle  facce  obblique,  o  a  piani  inclinati,  facili  a 
scorrere  1'  uno  su  1'  altro  .  Queste  giogaje  hanno  ot- 
tenuta una  fiducia  tanto  maggiore  quanta  ne  godo- 
no coloro  ,  che  ne  han  predicato  1'  uso  nell'  arte  di 
risanare  . 

Malgrado  la  considerazione  dovuta  ad  uomini  di 
tanto  merito  ,  io  non  ho  fatto  uso  di  giogaje  ad  esten- 
sioni permanenti;  avendole  vedute  più  volte  impiegate 
da  chirurgi  formati  nell'  esercizio  dell'  arte  ,  dagl'  in- 
stitutori  medesimi ,  che  ne'  han  soverchiamente  esag- 
geralo,  e  preconizzato  i  vantaggi.  Ho  osservato  che 
limitandosi  all'  effetto  delle  giogaje  ordinarie  ,  non  ot-' 
tenevasi  il  fine  proposto  ,  cioè  di  vincijre  l'azione  con- 
tratliva  o  restrittiva  de' muscoli  ,  e  che  conseguendo 
questo  fine  ,  eran  seguite  da  funesti  accidenti  . 

Per  operare  siffatte- estensioni  continue,  si  è  nella 
necessità  i.  di  stabilire    delle  compressioni    per  mezzo  " 
delle    ligaturp,     che    debbono    tenere    nella    estensione  " 
forzalo    il  membro  fratturato ,    o    sormontare    1'  azione   " 
de'  suoi  muscoli .  Queste  ligature  producono  tante  con- 


(1.3) 

V^zloni  alle  parti ,  Su  le  quali  sono  applicate  .  Di  là 
derivano  de'  dolori  ,  ingorgamenti  sovente  seguiti  da 
suppurazione  ,  o  cangrena .  2.  Queste  forze  estensive 
non  possono  essere  esercitate ,  sebbene  si  possa  sup- 
porre che  non  eccedano  il  giusto  grado  di  lunghezza 
naturale  de' muscoli,  contro  i  quali  sono  impiegate  . 
3.  Vi  sono  poche  fratture ,  che  per  le  loro  cause  effi- 
cienti ,  o  per  lo  sconcerto  delle  ossa  non  sieno  ac- 
compagnate da  lesione  più,  o  meno  grave  alle  parti 
molli,  come  da  contusioni,  punture,  ed  altro  sciogli- 
mento di  continuità  alle  fibre  muscolose  ,  tendinose  ,- 
aponeurotiche ,  ligamentose ,  nervose,  che  sono  eoa 
tanta  maggior  celerità  seguite  da  sinistri  accidenti  ,  in 
quanto  sono  stirate  danna  continuazione  di  forza  esten- 
siva ,  che  produce ,  ed  accresce  essenzialmente.  1'  irri- 
tamento ,  il  dolore  ,  la  febbre  ,  l' ingorgamento  , .  l'  in- 
fiammazione seguita  da  suppurazione,  o  stiratura,  can- 
grena ,  spasimi,  convulsioni,  e  dalla  morte. 

Senza  dubbio  riflettendo  Polt  su  le  cause  di  qae- 
sll  accidenti  alle  fratture  dell'  estremità  inferiori ,  con 
somma  felicità  ha  immaginato,  che  per  ridurle,  e  ri- 
dotte mantenerle  ,  bisognava  piegar  le  membra  frattu- 
rate, in  vece  di  distenderle;  che  per  mezzo  di  questa 
situazione  si  mettevano  le  parti  molli  nel  riposo ,  ciò 
che  facea  evitare  gli  sforzi  di  estensione,  e  di  contro- 
estensione  ,  e  gli  accidenti  che  le  accompagnano  ,  co- 
me ancora  1'  estensione  continua  de'  muscoli  .  Que- 
ste giuste  riflessioni  avrebbero  dovuto  opporsi  al  rin- 
novellamento    del   metodo  estensivo    permanente    nel- 


(I4) 

la  guarigione  delle  fratture  alle  grandi  estremità  del 
corpo  . 

Questo  metodo  di  Pott  è  stato  adottato  e  seguito 
da  gran  tempo  da'  migliori  pratici  .  L' ho  posto  in 
pratica  con  molto  successo  da  più  di  aS  anni  per- 
le fratture  alle  gambe  ;  non  1'  ho  adoperalo  per 
quelle  delle  cosce  ,  per  la  ragione  che  quello  che 
può  guadagnarsi  in  queste  ultime  pel  rilassamento  di 
certi  muscoli  ,  si  perde  per  la  tensione  de'  loro  an-^ 
tagonisti  . 

Nelle  mie  lezioni  di  chirurgia  date  nello  spedale 
militare  d'istruzione  di  Lilla  ho  citato  molti  falti,che 
confermano  i  cattivi  effetti  da  me  osservati  nell'  uso 
delle  giogaje  ad  estensione  continua  .  Ne  ]:o  anche  ve- 
duto uno ,  eh'  è  passato  sotto  gli  sguardi  di  parecchi 
uffiziali  di  sanità  .  Nel  mese  di  gennaro  dell'anno  scorso 
visitando  uno  degli  ospedali  del  Regno  di  Napoli  , 
esaminai  un  uomo  di  22  anni  forte  e  vigoroso,  che 
da  otto  giorni  avea  la  gamba  diritta  fratturata  com- 
pletamente verso  il  suo  terzo  inferiore  ,  conseguenza 
d'  una  caduta  .  Pel  rapporto  del  chirurgo  che  curava 
questo  ferito  una  tal  frattura  era  accompagnata  da 
una  piaga  fatta  dal  frammento  superiore  della  tibia , 
che  avea  forata  la  pelle  rimpetto  alla  cresta  anteriore 
di  quest'  osso . 

La  parte  fratturata  era  contenuta  da  giogaje  ad' 
estensione  continua  .  Il  malato  era  afflittissimo  ,  il  suo 
polso  era  picciolo  ,  frequente  ,  di  carattere  nervoso  ,  ca- 
lore con  eritisnio  alla  pelle ,  respirazione  al  sommo 
impedita  di  ragione  dello  spasimo  generale ,    che    ma- 


(    125    ) 

infestavasi  particolarmenle  dalla  parte  del  petto  ,  volto 
arrossito,  occhio  vivo,  veglia,  delirio  vago.  Questi 
epifenomeni  spasmodici  con  carattere  infiammatorio  non 
potevano  essere  ascritti,  che  allo  stiramento,  ed  alla 
irritazione  cagionata  dalle  giogaje  ad  estensione  conti- 
nua .  Consigliai  la  loro  soppressione  ,  l'uso  del  salasso, 
gji  antispasmodici  ,  ed  antiflogistici  . 

Malgrado  la  soppressione  di  queste  giogaje  l'or- 
gano sensitivo  era  attaccato  da  irritamento  a  tal  gra- 
do ,  che  le  sue  affezioni  sintomatiche  non  iscemarono, 
il  delirio  divenne  violento  ,  il  ferito  volle  levarsi  ,  e 
camminare,  cadde,  fu  immediatamente  rilevato  ,  e  ri- 
posto nel  suo  letto  .  Il  chirurgo  in  capo  ,  incaricato  di 
quest'albergo,  chiamato,  fece,  ma  in  vano  ,  fare  delle 
estensioni  ,  e  contro-estensioni  per  ridurre  la  frattura 
disordinata  dalla  caduta  .  Sapendo  che  io  non  era  lon- 
tano dall'  ospizio  nel  momento  de'  suoi  sforzi  inutili  , 
mi  manda  a  chiamare  di  trasferì  rnai  dal  ferito.  I  fram- 
menti superiori  della  tibia  ,  e  del  peroneo  uscivano  da 
circa  un  pollice  ,  e  presentavano  degli  aspetti  poco  ob- 
bliqui  per  la  piaga  .  Malgrado  lo  stato  convulsivo  in  cui 
era  r  infermo  ,  posi  in  confronto  all'  istante  ,  e  senza  sforzo 
la  estremità  delle  ossa  ,  luettendo  la  gamba  in  flessio- 
ne ,  e  i  muscoli  della  rilassatezza.  Questo  ferito  è  mor- 
to due  giorni  dopo  pel  tetano  derivato  dall'  irrita- 
zione cagionala  dalla  stiratura  prodotta  dalle  estensioni 
continue  . 

Mi  doldi  di  non  aver  consiglialo  da  jirima  1'  uso. 
de' bagni  uniti  a' mezzi  temperanti,  e  calmanti  da  ine 
indicali . 


(1.6) 

Ne'  primi  giorni  i  fratturati  ,  coinè  ancora  tutti 
gli  altri  feriti  ,  provano  ordinariamente  delle  irritazio- 
ni ,  e  de' dolori  essenziali.  Esponendo  in  quel  primo 
tempo  un  membro  fratturato  alle  estensioni ,  e  contro- 
estensioni  forzate  come  all'  applicazione  delle  giogaje 
ad  estensioni  continue,  accrescesi  necessariamente  l'ir- 
ritamento ,  e  '1  dolore ,  come  accrescesi  dalla  falsa  po- 
sizione delle  parti  ,  e  dal  poco  di  perfezione  de'  mezzi 
che  si  hanno  talvolta  al  seguito  delle  armate  pel  tra- 
sporto de'  feriti . 

La  facilità  di  ridurre  le  fratture  come  altresì  le 
lussazioni,  mettendo  i  muscoli  delle  parti  fratturate 
nella  rilassatezza ,  non  può  essere  molto  raccomanda- 
ta .  Si  può,  dietro  la  riduzione,  distendere  il  mem- 
bro fratturato  per  collocarlo  ne'  mezzi  ,  che  debbo- 
no contenerlo  ,  o  lasciarlo  piegare  secondo  i  precetti 
di  Pott  . 

Se  è  permesso  l' uso  delle  giogaje  ad  estensioni 
permanenti  alle  fratture  del  collo  del  femore ,  come 
a  quelle  ,  in  cui  vi  è  perdita  di  sostanza  in  tutta  la 
densità  delle  ossa,  ed  a  quelle  estremamente  oblique, 
non  può  ciò  essere  che  dopo  di  esser  cessato  l'irri- 
tamento ,  e  '1  dolore ,  badando  bene  a  non  risvegliai-e 
questi  sintomi  .  Degli  esempli  simili  a  quello  da  me 
rapportato  ,  debbono  farci  sentire  al  vivo  ,  esser  pre- 
feribile, non  essendovi  mezzo  migliore,  il  veder  vivere 
de'  feriti  con  de'  vizj  di  conformazione  nelle  estremità 
inferiori,  che  il  vederli  morire  con  queste  estremità 
ben  conformate,  o  di  lunghezza  naturale. 

Le  cassette  che  io  propongo ,    possono  servire    e- 


guahnenle,  in  ragione  della  mobilità  delle  cerniere, 
pe'loro  due  aspetti,  cioè  quella  che  sembra  di  essere 
stata  conformata  per  la  parte  sinistra  nelle  fratture  di 
coscia ,  può  servire  anche  per  la  destra  ,  facendole 
cambiare  aspetto  .  È  necessario  osservare ,  che  deb- 
be  esservi  molto  intervallo  tra  le  membra  fratturate  , 
e  le  cassette  ,  per  collocarvi  guarnitura  di  fieno  o 
di  paglia . 

Si  può  ,  come  si  è  proposto ,  far  uso  delle  pic- 
ciole  materasse  di  lana,  di  stoppa,  o  di  crini;  ma 
questi  accessori  renderebbero  complicate  queste  mac- 
chine ;  i  coscinetti  d'altra  parte  inzuppati  di  sangue  , 
e  di  pus ,  diverrebbero  ben  tosto  duri ,  e  d'  un  odore 
intollerabile.  Antepongo  alla  lana,  alla  stoppa  ,  ed  a' 
crini  i  piccioli  pagliacci  pieni  per  metà  di  minuta  pa- 
glia di  avena  ,  che  aver  si  potrebbe  in  provigione  : 
essi  sono  più  o  meno  densi  in  proporzione  de'  vani 
da  riempirsi  tra  la  parie  fratturata ,  e  la  cassetta ,  e 
ciò  in  ragione  della  mobilità  della  paglia  .  Ho  suppli- 
to con  vantaggio  a  questi  accessorj  con  della  paglia  , 
o  fieno  fatto  in  minuti  pezzi  ,  con  delle  foglie  di  al- 
beri ,  dell'  erba  ,  e  del  musco  ec.  con  cui  può  formarsi 
mi  fondo  delle  cassette  un  letto  assai  denso,  e  riem- 
piere i  vani,  e  gl'intervalli,  che  sono  tra  la  gamba, 
e  le  tavole  laterali,  affinchè  le  parti  sien  mantenute 
con  la  maggior  morbidezza  possibile ,  e  nella  posizione 
necessaria  . 

La  chirurgia  militare  ha  avute  delle  pruove  reali 
nell'assedio  di  Jorck ,  ed  in  quello  di  Gaeta,  che  la 
gran  dolcezza  nel  trasporto  de'  feriti  favoriva  singoiar- 


«lente  le  loro  guarigio.ii  .  ScLbene  I  mezzi  amiiiìnì- 
strallvJ  de'  nostri  spedali  fossei'O  nella  maggior  parte 
restati  dietro  l'armata,  e  su  de' vascelli  ne' primi  gior- 
ni dell'assedio  di  Jorck ,  e  che  i  nostri  feriti  fossero 
stati  situati  nelle  scuderie  ,  e  coricati  su  la  paglia ,  co- 
perti di  vecchie  tele,  e  di  cattivi  panni  ,  questa  man- 
canza di  mezzi  non  impedi  la  guarigione  d'  un  gran 
numero  di  ferite  gravissime  fatte  per  colpi  di  palle  dii 
fucili  ,  e  di  cannoni ,  e  per  lo  scoppio  di  bombo  ;  a 
noi  avemmo  il  piacere  di  salvar  molte  membra,  che 
sembrava  per  la  natura  delle  loro  ferite  dover  essere 
amputate  all'  istante  . 

Ho  rapportato  per  più  anni  nelle  mie  lezioni  all' 
ospedale  militare  d'istruzione  di  Lilla  delle  storie  cir- 
costanziate di  ferite  maggiori  avvenute  in  tale  assedio  , 
e  tra  le  altre  di  una  memorabile  ,  onde  fu  afflitto  il 
Signor  Carlo  Lameth  .  Questo  Uffiziale  nella  presa  d' 
un  fortino  fu  colpito  da  una  palla,  che  gli  divise  tra- 
versalmente  la  rotola  in  due  parti.  La  metà  superiore 
di  quest'  osso  era  rimossa  dal  suo  luogo  per  la  con- 
trazione dell'  estensore  della  gamba  sino  a  circa  quat- 
tro pollici  al  di  sopra  del  ginocchio .  Questo  bravo 
militare  fu  portato  su  d'una  stanga  al  deposito  in  uno 
stato  di  dolore,  e  d' irritamento  proporzionato  alla  gra- 
vezza della  ferita  . 

La  palla  attraversando  la  rotola ,  ne  avea  distrut- 
ta r  estenzione  di  circa  un  pollice  di  pelle ,  e  di  fibre 
tendinose  ,  che  cuoprouo  la  convessità  di  quest'  osso  . 
Questa  specie  di  ponte  dell'  intervallo  dell'  ingresso  all' 
uscita  del  corpo  fu  tosto  iacisa  secondo    il    tragitto  di 


(Juesio  carpo  .  iLe  diie  piaghe  ridotta  aJ  uua,  si  oslras- 
sero  alcuni  piccioli  IVainnionli  ossei,  si  poso  la  coscia 
in  una  gran  flessibilità,  come  il  piedo,  o  la  gamba 
Dell'  estensione  .  L'  estremità  fu  sostenuta  da  due  cu- 
scini di  paglia  disposti  in  maniera ,  che  ne  risultava 
un  piano  inclinato  ,  elevatissimo  dalla  parte  del  calca- 
gno .  Si  ravvicinarono  agevolmente  le  due  parti  delle 
rotola  ,  che  furon  «lantennte  in  confronto  da  uua  fa- 
sciatura indicata  ,  che  si  dovè  abbandonare  dal  6.  al  7. 
giorno  della  ferita  a  motivo  dell'enfiagione,  e  de'  do- 
lori considerevoli  avvenuti  alle  parti  molli  adjacenti 
dèli'  articolo  :  Il  gonfiamento ,  che  circondava  il  ginoc- 
chio ,  rimpiazzò  la  fasciatura  ,  mantenendo  nel  suo 
perfetto  contatto  le  'due  parti  di  rotola  ,  ciò  che  uè 
lavori  la  riunione  ,  ed  una  consolidazione  si  perfetta  , 
che  dopo  lo  spazio  di  circa  tre  mesi  il  Signor  Carlo 
Lameth  potè  partire  dall'  America  per  ritornare  in  Fran- 
cia ,  ove  si  è  servito  ,  e  tuttavia  si  serve  della  rotola 
fratturata ,  come  di  quella  opposta  . 

L'  anchilosi  dovea  essere  riguardata ,  come  il  ter- 
mine il  più  felice  di  questa  ferita  .  Furono  adoperati 
de' mezzi  emollienti,  risolutivi,  temperanti,  ed  antis- 
pasmodici uniformemente  agi'  indie).  Tal' è. in  breve  la 
storia  d'  una  ferita ,  che  agli  occhi  de'  conoscitori  de' 
caratteri  delle  piaghe  fatte  dalle  arme  da  fuoco  con- 
dannava il  Signor  Carlo  Lameth  ad  un'amputazione 
alla  coscia  .  L'ufficiale  di  sanità  ,  che  avrebbe  fatta  que- 
st'  amputazione  all'  istante  non  sarebbe  stato  men  bia- 
sifmeVole  dalla  chirurgia,  che  da' cerusici  . 
<  "    -D  Signor    IVobillard  ,    che    diresse    questa    cura  , 

»7 


(,3o) 
come  ancora  molle  altre  considerevoli  ,  mostrò  1' 
alto  grado  di  discernimento ,  e  di  esperienza ,  onde  ha 
dato  sovente  delle  pruove .  La  posterità  riceverà  senza 
dubbio  con  sensi  di  riconoscenza  i  numerosi  esemp) 
della  buona  chirurgia  pratica  ,  eh'  egli  ha  mostrata  . 

Se  la  frattura  della  rotola  y  della  quale  ho  favel- 
lato,  e  non  pochi  altri  guasti  della  metà,  o  di  due 
terzi  delle  ossa  alle  grandi  estremità  ,  erano  stati  es- 
posti ne'  primi  tempi  a  cause  irritanti ,  come  agli  sbal- 
zi ,  ed  agli  urti  delle  vetture  ,  e  se  non  si  era  fatto 
■uso  nel  trasporto  delle  grandi  ferite  di  mezzi  sì  dol- 
ci j  come  de'  quadrati  all'  inglese ,  la  ragione  assicura  j 
che  non  se  n'  erano  ottenuti  successi  sì  rari  come  quelli 
di  cui  la  chirurgia  ha  avuto  a  ||9riarsi  dopo  l' asse- 
dio di  Jork  , 

Dietro  r  utilità  della  macchina  ,  che  io  propon- 
go pel  trasporto  delle  fratture  all'  estremità  inferiori  , 
scrissi  nel  tempo  del  nostro  ingresso  in  questo  Regno 
la  lettera  circolare  seguente  a'  signori  chirurgi  maggiori 
dell'  armala  incaricati  degli  ospedali  ambulanti  al  se- 
guito delle  divisioni . 

Da  albano  li  2.  Febbraro  1806* 

Signori 

Non  potendo  avere  il  piacere  di  vedere ,  ne  éS, 
parlare  co'  chirurgi  dell'  armala ,  prendo  il  partilo  di 
scrivere  a'  loro  capi  rispettivi .  Li  priego  a  voler  co- 
municare la  mia  lettera  a  coloro  y  che  ad  essi  sono 
subordinati . 


(i3.  ) 

Io  giutlico ,  che  abbiamo  la  slessa  maniera  di  ve- 
dere, e  di  esercitare  la  chirurgia.  Voi  immaginate 
senza  dubbio  come  me  ,  che  la  scienza  che  fa  evitare  le 
operazioni,  è  preferibile  all'arie  di  farle,  e  che  un 
chirurgo  non  debbe  aver  sempre  la  mano  armata  di 
coltello,  o  di  sega  . 

I  chirurghi  dell'  ai-mata  di  Napoli  non  calcoleran- 
no i  servi^  che  presteranno  a'  bravi  militari  feriti 
dal  numero  delle  amputazioni  che  avranno  fatte,  ma 
da  quello  delle  membra ,  che  conserveranno  ,  tanto 
per  le  dilatazioni  necessarie ,  e  convenienti  alle  circo-" 
stanze  ,  quanto  per  1'  estrazione  de'  corpi  estranei  ,  e 
-delle  cure  metodiche  ec. 

Vi  ha  intanto  de'  casi  ben  noti ,  in  cui  ne  la  scien- 
za dell'  arte  ne  la  natura  hanno  alcun  potere  per  con- 
servare una  parte  molto  disorganizzata  dalla  causa  ef- 
ficiente della  ferita  .  Intendo  far  parola  di  que'  casi  , 
in  cui  le  parti  ferite  sono  di  già  morte  per  effetto  del 
laceramento  ,  della  contusione  ,  dell'  attrizione  ,  della 
frattura  con  istrepito  ,  comminuzione  delle  ossa ,  di- 
struzione de'  vasi  capitali  ec.  Certamente  ,  signori ,  ec- 
co uno  stato  ,  che  forza  un  chirurgo  a  prender  subito 
un  coltello  ,  o  una  sega  :  anche  questo  stato  è  subor- 
dinato a  quello  delle  forze  del  ferito  . 

Ne'  casi  i  più  incerti  ,  quelli  ne'  quali  son  con- 
servali de'  vasi  maggiori ,  dov'  è  un  gran  disordine 
nelle  parli  molli ,  e  dure  (  non  prevediamo  troppo 
la  mancanza  delle  risorse  della  natura  )  io  posso  as- 
sicurare ,  dietro  1'  esperienza ,  che  le  membra ,  le  quali 
sembravano    esser   condannate  alla   morte  ,   e  quindi 


(  a32  ) 
air  amputazione ,    si    sono    come    richiamate    alla    vita 
<lal  soccorso    della  natura    ben  secondata    dall'  arte    di 
guarire  . 

In  una  parola  ,  gli  estremi  sono  viziosi  .  Coloro, 
che  han  voluto  proscrivere  intieramente  le  amputazioni 
dalla  chirurgia  ,  hanno  avuto  lo  stesso  torto  che  quel- 
li ,  che  han  voluto  farle  senz'.  alcuna  necessità  .  La 
diagnostica  ,  o  il  giudizio  fondato  sul  ragionamento  , 
e  su  l'esperienza,  dee  servir  di  regola  alla  chirurgia 
attiva ,  coinè  debb'  esser  la  sorgente  di  tutte  le  indi- 
cazioni  curative  . 

Unisco  alle  casse  di  apparecchio  anche  le  cassette  per 
le  fratture  all'estremità  inferiori  .  L' uso  di  siffatte  cas- 
sette suppone  l'applicazione  dell'apparecchio  indicato. 
Esse  debbono  esser  guarnite  ne'  loro  angoli  ,  e  vuole 
negl'intervalli,  che  incontransi  tra'l  membro,  e  la 
parte  interna  della  cassa  ,  con  della  stoppa,  della  pa- 
glia ,  o  del  fieno,  ed  anche  del  musco  ,  e  di  tutto  ciò, 
di  che  potrà  disporsi  per  mantener  le  parti  fratturate 
nel  tempo  del  trasporto  con  la  maggior  morbidezza 
possibile,  conservandole  fisse  nella  posizione  la  più 
naturale  ,  o  la  più  vantaggiosa  . 

Lo  ripeto  ,  gli  estremi  son  del  tutto  nocivi  •  Io 
non  sono  più  partiggiano  degli  unguenti  ,  che  degli 
empiastri  .  Intanto  convien  far  uso  del  digestivo  sem- 
plice ,  soprattutto  ne'  primi  tempi  delle  piaghe  fatte 
dalle  arme  da  fuoco  ,  come  conviene  adoperare  gli 
empiastri  agglutinativi  per  la  riunione  delle  piaghe 
fatte  dagli  strumenti  taglienti  ,  malgrado  che  in  questo 
genere  di  piaghe  la  vera  situazione  ,  cioè  la  rilassalez- 


(  1.33  ) 
za    de'  muscoli  recisi  ,    ciò    che   suppone    1'  estensione 
de' loro  antagonisti  fissati  da  una  fasciatura  convenien- 
te, sia  il  mezzo  principale  della  chirurgia  . 

Non  si  tratta  solamente  nella  chirurgia  militare 
di  saper  fare  con  esaltezza  il  suo  servizio  ,  miei  cari 
confratelli ,  bisogna  altresì  far  ben  servire  .  Raccoman- 
do a' vostri  collaboratori  subordinazione,  zelo,  attività, 
e  buona  armonia  non  solamente  tra  loro  ,  ma  anche 
con  tutti  gl'impiegati  dell'amministrazione. 

I  chirurgi  debbono  tutti  osservare  ciò  che  può 
contribuire  al  bene  de' soldati  ,  e  render  conto  a 
chi  conviene  .  Debbo  dirvi  ,  o  signori  ,  che  i  mi- 
litari debbono  la  più  grande  riconoscenza  a  S.  M.  il 
Re  Giuseppe  ,  ed  al  Maresciallo  Messena  pe'  soc- 
corsi di  biancheria  per  le  cure ,  clxe  mettono  a  nostra, 
disposizione  . 


(  '34) 

Della  valutazione  delle  Temperature  di  Altamu- 
ra  .  Discorso  dei  Socio  Ordinario  Luca  de  Samuele 
Cagnazzi  .  P.  Professore  di  Economia  Politica  nella 
R-  Università  di  Napoli.  Letto  nel  di  23  giugno 
1808. 

Nec  vidìsse  semel  satis  est  :  juvat  usque  morari , 
Et  corife  rre  gradum ,  6"  veniendi  discere  causar . 

Virg.  ^aeid,  Lib.  VL 


OE  1'  azione  del  sole  non  fosse  modificata  dalle  cir- 
costanze locali ,  la  tempei'atura  reale  di  ciascun  luogo 
sarebbe  uniforme  all'  astronomica .  Questa  con  calcolo 
si  può  determinare  in  generale  per  tutto  l' anno  dal 
grado  di  latitudine ,  ed  in  particolare  in  ciascun  istan- 
te dal  corso  della  Terra  intorno  di  esso  sole ,  ed  in- 
torno a  se  stessa  j  ma  come  è  impossibile  sottoporre 
a  calcolo  le  cause  locali  modificanti  le  temperature 
astronomiche ,  cosi  la  determinazione  delle  tempera- 
ture reali  non  può  essere ,  che  un  risultato  delle  at- 
tuali e  lunghe  osservazioni  meteorologiche  ,  come  io 
dissi  nel  mio  antecedente  discorso  .  Abbastanza  poi  si 
conosce  quanto  sia  utile  la  fissazione  delle  temperatu- 
re reali  di  ciascun  luogo  per  ogni  speculazione  rustica 
ed  economica ,  specialmente  tra  noi ,  essendo  questo 
Regno  di  un  suolo  assai  variato  j  e  con  circostanze  di- 
verse che  r  accompagnano . 


(  ^^5  ) 

Chiamano  i  meteorologi  temperatura  media  del 
giorno  quella  che  risulta  dall'  unione  del  massimo ,  e 
del  minimo  calore  osservato  nella  giornata ,  e  diviso 
per  mela.  Similmente  unite  tutte  le  temperature  me- 
die delle  giornate  di  un  mese ,  e  diviso  quindi  il  to- 
tale pe  '1  numero  di  esse ,  si  ha  la  temperatura  media 
mensuale .  Prese  finalmente  tutte  le  temperature  me- 
die mensuali  di  un  anno ,  e  divìse  per  dodici ,  si  ha 
la  temperatura  media  annua .  Si  è  osservato  nelle  no- 
stre latitudini ,  che  la  temperatura  media  di  aprile  è 
quasi  la  stessa  che  1'  annua  ,  ond'  è  che  da'  meteorologi 
suole  a  quest'  ultima  sostituirsi .  Ma  ciò  non  dee  for- 
mare,  parlando  a  rigore,  un  canone  generale. 

Il  celebre  Signor  Rirwan  nel  suo  —  Saggio  me- 
teorologico contenente  una  valutazione  della  tempera- 
pira  ec  —  volendo  stabilire  la  temperatura  astrono- 
mica ,  ossia  di  modello  ,  di  tutte  le  latitudini  dell'emis- 
fero australe  r  si  serve  delle  medie  annue  e  mensuali 
osservate  in  varj  punti  nel  mezzo  dell'  oceano  Atlantico 
tra  i  due  continenti  dalla  linea  fino  al  polo ,  ove  1' 
influenza  ,  e  la  varietà  delle  terre  poco,  o  nulla  pos- 
sono valere  .  Con  una  formola  poi ,  ricavata  dalle  stes- 
se osservazioni ,  fissa  progressivamente  tutte  le  tempe- 
rature medie  annue  e  mensuali  di  ciascun  punto  della 
latitudine  su  le  acque  del  riferito  oceano  ,  formando 
delle  tavole ,  cui  riferisce  le  corrispondenti  tempera- 
ture reali  osservate  su  i  continenti .  Indaga  quindi  le 
cause  delle  modificazioni ,  preudendo  per  base  ,  che  i 
T«nti,  i  quali  spirano  su  i  mari,  si  radono  piùtem- 


(  i36) 
perali  iu  amendue  i  sensi  ,  vai  qnauio  dire  ,  meno 
iVeddi  nell'  iaverno  ,  e  meno  caldi  uolla  state  . 
(>f ; .  Per  mancanza  di  altre  osservazioni  meteoròlogi- 
clie  neir  Italia ,  all'  infuori  di  quelle  del  celebre  Toal- 
do  di  Padova  ,  non  potè  il  citato  autore  spaziarsi  di 
molto  su  la  temperatura  di  questa  nostra  regione ,  on- 
de :si  restrii^se  a  dire  nell'opera  citata  quelche  sie- 
gue  :  »)  Secondo  le  osservazioni  del  celebre  meteorolo- 
»  go  Signor  Toalilo  la  temperatura  media  di  questa 
»  Città  negli  anni  1781  ,  e  1782  ,  fu  52  .  2  Farenheit  . 
»  La  temperatura  del  modello  è  Sy  .  2  F.  (a),  la  dif- 
)•  fereuza  è  5  F,  ma  la  distanza  di  Padova  dall'Ai-» 
>i  lantico  è  600  miglia ,  dalla  quale  dovrebb'  essere 
»  raffreddala  di  4  gradi  (Z») .  Neil' inverno  è  raffredda- 
»  ta  anche  di  più  dalla  sua  vicinanza  ai  mouti  Euga- 
»  nei ,  e  nell'  estate  ancora  dalla  vicinanza  all'  Adriati- 
M  co  ;  il  Mediterraneo  l'è  per  verità  molto  più  vici- 
»  no  dell'  oceano  ,  ma  la  sua  influenza  è  intercetta- 
»  ta  dagli  Appennini  ,  che  si  frappongono  ;  così  la 
»  sua  vera  temperatura  pare  che  sia  Sa  .  6  F.  ,  o 
>.  52  .  8  .  F. 

Volendo  eseguire    un  lavoro    cosi  utile     per  Alta- 


(a)  Padova  è  situata  alla  latitudine  45.  25.  ^  ortde 
tal'  è  la  temperatura  di  modello  che  l'  appartiene ,  se- 
condo il  calcolo  rapportato  . 

(b)  L' Autore  fissa  dalle  osservazioni  il  raffred- 
damento di  un  grado  dalla  temperatura  per  ogni  iSe 
miglia  di  distanza  dall' oceano  Atlantico. 


.  (  '37  ) 
mura  mia  patria ,  dietro  un  lungo  corso  di  osserva- 
zioni meteorologiche ,  mi  convenne  prima  d'  ogni  al- 
tra cosa  fare  delle  generali  riflessioni  su  l'intera  Ita- 
lia ,  avvalendomi  delle  osservazioni  altrui  ,  e  di  quelle 
da  me  fatte  viaggiando  per  la  medesima .  Alcune  di 
queste  furono  da  me  esposte  ne'  quadri  periodici  di 
meteorologia  ,  che  anni  sono  io  dava  al  pubblico  ,  e 
che  quindi  unite  ad  altre  costituirono  una  memoria 
su  la  temperatura  dell'  Italia  ,  che  presentai  alla  Rea- 
le Accademia  delle  Scienze  in  Firenze  .  Mi  conviene 
dare  al  presente  un  reassunlo  di  essa,  perchè  serva  di 
preliminare  al  mio  argomento  5  e  prima  di  far  ciò  mi 
sia  permesso  richiamare  alla  memoria  le  teorie  generali 
risguardanti  le  temperature  de' luoghi,  già  l'iconosciute 
per  le  più  sicure  dagli  osservatori  ,  e  che  brevemente 
accennai  nel  mio  precedente  discorso  . 

Vien  modificata  soprattutto  la  temperatura  d'  una 
regione  da'  venti  che  vi  spirano  .  Questi  oltre  al  ca- 
rattere essenziale  ,  che  concepiscono  a  norma  della 
prossimilà  a'  due  opposti  cardini  ,  ne  acquistano  un 
altro  dalla  qualità  de'  luoghi  ,  su  cui  scorrono  prima 
di  pervenirvi  .  In  qualunque  modo  poi  ,  se  essi  au- 
menlauo  1'  evaporazione  ,  diminuiscono  la  temperatu- 
ra 5  e  l'accrescono  al  contrario  se  causano  precipita- 
zione .  L'  aria  sollecita  1'  evaporazione  non  solo  a  mi- 
sura della  sua  siccità  ,  ma  anche  a  norma  della  sua 
densità  ;  come  all'  opposto  la  precipitazione  succe- 
de non  solo  per  l'  affluenza  de'  vapori  sospesi  nell'  at- 
mosfera pe'  venti  umidi  che  vi  pervengono  ,  ma  p'^r 
la  sua  rarei'azione  altresì. 

18 


(i38) 
La  posizione  dell'  Italia  bagnata  dal  Mediterraneo, 
e  dall'  Adriatico  ,  è  tale ,  che  lo  Scilocco  ,  o  Sud-Est , 
porta  seco  un  umido  molesto  ,  facendo  abbassare  la 
colonna  del  mercurio  nel  barometro ,  ossia  reudendo 
più  rara  1'  atmosfera  ,  donde  deriva  quell'  abbattimento 
di  forze  che  si  risente,  ed  una  impressione  molesta 
alla  nostra  fibra ,  per  dover  ritenere  nel  loro  corso 
gli  umori  con  maggior  forza ,  essendosi  diminuita  la 
pressione  esterna ,  onde  risultano  delle  sensazioni  do- 
lorose nelle  parti  del  nostro  corpo  offese  (a) .  Questa 
proprietà  benché  sia  privativa  di  siffatto  vento  in  un 
sommo  grado  ,  non  mancano  di  averla  anche  gli  adja- 
centi  nella  slessa  proporzione  della  loro  prossimità  . 
Il  Maestro ,  o  Nord-Ovest ,  per  lo  contrario  ,  spiran- 
do dal  sito  opposto  a  questo ,  porta  il  secco  ed  il 
sereno  ,    facendo    elevai-e    il  barometro ,    ossia    adden- 


(a)  Questa  esterna  pressione  o  reazione  allo  sfor- 
zo ,  che  le  nostre  fibre  fanno  per  mettere  in  circola- 
zione gli  umori ,  diminuisce  ,  a  calcolo  fatto ,  circa 
novanta  libbre  per  ogni  linea  che  il  mercurio  si  ab- 
bassa nel  barometro  .  Da  ciò  nascono  V  emorragie 
nel  salire  le  altissime  montagne .  Nel  mio  discorso 
deir  anno  1 792 ,  e  g3.  mi  trovo  di  aver  parlato  alla 
lunga  su  questo  assunto ,  e  dimostrai  con  numerose 
osservazioni  quanto  influiscano  le  variazioni  barome- 
triche ai  mali  specialmente  dì  petto ,  e  come  possa 
ciò  servire  di  presentimento  ad  alcuni  animali  nel- 
le  variazioni  atmosferiche  . 


(,39) 
sando   l' atmosfera ,   per  cui    produce   del  vigore    nel- 
la fibra  ,  ed  un  accrescimento  di  forze    per    T'aumen- 
tata pressione  ossia  reazione  alla  superficie   del  nostro 
corpo . 

Conviene  però  considerar  le  stagioni  ,  in  cui  tali 
venti  spirano  .  Rendesi  desiderabile  nelt'  inverno  lo 
Scilocco  dopo  di  ostinali  freddi ,  perchè  produce  l'au- 
mento della  temperatura ,  e  dà  delle  piogge  .  Questo 
vento  nel  pervenirci  scorrer  debbe  alla  lunga  più  de- 
gli altri  adjacenti  su  le  acque  del  Mediterraneo  j  che 
tra'inari  chiusi  è  il  più  temperato  relativamente,  on- 
de si  rende  più  efficace  agi'  indicati  fenomeni .  Neil* 
està  poi  rendesi  alquanto  molesto  per  la  rarefazione 
che  produce  nell'  atmosfera  ,  cagionando  iin  caldo  sfi- 
brante ,  ed  umido  sospeso ,  che  suole  alle  volte  scio- 
gliersi in  pioggia. 

II  Maestro ,  o  Nord-Ovest ,  è  molto  rigido  nell' 
inverno  per  tutta  l' Italia  :  ci  perviene  senz'  aver  toc- 
cato mare  alcuno ,  ijnmediatameute  dopo  di  aver  lam- 
bite le  gelide  cime  delle  Alpi ,  e  così  dura  fino  agli 
estrenti  di  questa  regione ,  la  cui  forma  di  stivale  è 
posta  lungo  la  direzione  di  questo  vento  .  Dopoché  il 
vento  di  Maestro  ha  disposta  pian  piano  1'  atmosfera 
ad  una  temperatura  molto  bassa  ,  al  soffiar  di  qualche 
altro  formasi  della  neve.  Se  poi  l'atmosfera  si  trova 
soverchiamente  gravida  di  vapori  vescicolan,  all'im- 
provviso soffiar  del  Maestro ,  non  potendosi  questi  al 
momento  convertire  in  elastici  ,  si  precipitano  in  ne- 
"ve  .  Non  di  rado  però  succedono  tali  cambiamenti  con 


(  i4o  ) 

posatezza  ,  altro  non  ne  risulta  ,    che  un   freddo  secco 
nell'  inverno  . 

il  Settentrione,  o  Nord,  è  per  noi  meno  freddo 
del  precedente  ,  benché  venga  dal  Polo  ,  perchè  tocca 
minore  estensione  di  montagne  nel  gingnere  lino  a 
noi .  Si  aggiugue  per  la  bassa  Italia ,  che  dee  scorrere 
di  più  il  golfo  Adriatico  .  Il  Signor  Williamson  ripete 
r  essersi  reso  meno  freddo  questo  vento  per  1'  Italia 
da  diecisselte  secoli  in  qua  dallo  sboscamento  della 
Germania  ,  essendosi  ravvisato  che  i  venti  passando  su 
de'  boschi  si  raffreddano  maggiormente  di  quel  che 
fanno  nel  passare  su  di  terre  nude,  giacché  si  aumenta 
V  evaporazione  col  mezzo  de'  vegetabili  ,  e  soprattutto 
degli  alberi  boscosi ,  e  delle  foreste . 

Questo  golfo  non  ostante  ,  che  s' imbocchi  col 
temperato  Mediterraneo  ,  crede  il  Signor  Rirwan  (a) , 
che  sia  d'  una  temperatura  assai  al  di  sotto  per  essersi 
alcuni  anni  gelate  le  lagune  Veneziane  ,  onde  conchiu- 
de che  in  nulla  può  condurre  ad  addolcire  il  riferito 
vento  .  Non  è  da  negarsi  eh'  essendo  lo  stretto  Adria- 
tico circondato  da  inontagne  assai  alpestri  ,  non  sia 
d'una  temperatura  relativamente  molto  bassa  ,  incapa- 
ce però  a  far  gelare  1'  acqua  pregna  dell'  intera  salse- 
dine marina .  Chi  non  sa  essere  le  dette  lagune  un  pic- 
ciolo e  basso  seno  assai  circoscritto  ,  entro  cui  si  sca- 
ricano alcuni  fiumi  ,  onde  le  sue  acque  sono  assai  piìi 


(a)  Cap.  XI.  della  citata  opera  . 


(  '4.  ) 

dolci  delle  ordinarie  ,  spirando  specialmente  i  venti  bo- 
reali ,  che  frenano  l'ingresso  alle  altre  acque?  Non  è 
malagevole  ora  il  comprendere  come  gelar  possano  in 
alcuni  anni  .  Neil'  anno  i8oo  ,  mi  avvenne  osservare 
questo  fenomeno  ,  benché  parziale ,  ed  avendo  preso 
un  pezzo  di  gelo  lo  trovai  leggiermente  salso  .  Servi 
ciò  a  togliermi  la  gran  maraviglia  ,  che  cagionata  avea- 
mi  r  opinione  precipitosa  del  citato  Meteorologo  .  Da 
ciò  risulta,  che  in  ogni  modo  l'Adriatico  influir  dee, 
benché  di  poco  ,  a  mitigare  il  detto  vento  . 

Rendesi  anche  molesto  il  vento  di  Mezzogiorno  , 
0  Sud  ,  il  quale  ha  gli  stessi  caratteri  dello  Scilocco  , 
ma  con  qualche  grado  di  meno ,  né  cosi  spesso  risol- 
vesì  in  pioggia  .  Il  Libeccio,  o  Sud-Ovest,  spirando 
porta  del  calore  bruciando  e  dannoso  s'i  agli  animali  , 
che  a'  vegetabili .  Questo  vento  nel  pervenirci  percor- 
re un  grande  spazio  delle  aduste  terre  dell'  Affrica  , 
onde  seco  porta  la  temperatura  più  calda  dell'  Atlan- 
tico . 

Considerando  poi  la  posizione  della  nostra  Italia 
vediamo  che  sebbene  non  molto  distante  dall'  oceano 
Atlantico,  pure  il  suo  influsso  viene  intercettato  da 
terre  montuose  .  Il  vento  di  ponente ,  ossia  Ovest ,  ve- 
nendo dall'  oceano  Atlantico  ,  elevar  dovrebbe  la  no- 
stra temperatura ,  ma  l'  osservazione  dimostra  il  con- 
trario ,  considerando  tutte  le  circostanze  ,  e  i  diffe- 
renti stati  dell'  atmosfera  che  ritrova  ,  giacché  scor- 
rendo i  Pirenei  ,  e  porzione  delle  Alpi ,  viene  a  raf- 
freddarsi . 


(i4.  ) 

In  generale  però  dobbiamo  osservare ,  cfee  la  no- 
stra bella  regione  essendo  cinta  da  piccioli  mari ,  non 
sono  questi  sufficienti  ad  elevare  di  molto  la  tempera^ 
tura  de'  venti ,  che  ci  vengono  raffreddati  relativa- 
mente dalle  terre .  Da  ciò  avviene  che  la  temperatura 
italiana  non  solamente  è  inferiore  a  quella  di  modello 
dell'Atlantico,  ma  ad  altre  temperature  di  regioni  del- 
la stessa  latitudine  bagnate  dal  mare . 

Dice  il  Sig.  Raymond  [a]  :  »  Benché  la  Grecia ,  e 
«  r  Italia  sieno  di  qualche  grado  più  meridionali  del- 
»  la  bassa  Provenza  ,  soffrono  intanto  de'  freddi  più 
»  forti ,  giacché  i  venti  vi  giungono  dopo  di  aver  per- 
»  corsa  una  più  grande  estenzione  di  terre  più  fredde. 
Prima  di  lasciare  però  le  nostre  considerazioni  in- 
torno alla  influenza  de'  venti  su  la  temperatura  dell' 
Italia,  non  istimo  alieno  dall'assunto  accennare,  i.  che 
quelli  di  Maestro  ,  e  di  Settentrione  co'  loro  solleciti 
cangiamenti  sogliono  cagionare  delle  nwsse  elettriche  f 
ma  se  lungamente  dura  con  costanza  un  soffio  leggie- 
ro di  questi  venti  ,  allora  rendendosi  il  cielo  secco  e 
caliginoso ,  è  da  temersi  o  un  fòrte  temporale ,  o  qual- 
che tremuoto  elettrico  .  2.  Il  Greco  ,  ed  il  Levante  so- 
gliono essere  apportatori  di  piogge  ,  ma  con  minori  mos-r 
se  eletriche  .  3.  Il  Ponente  è  di  un  carattere  variabile 
secondo  le  stagioni  opposte  ,  e  le  varie  disposizioni  che 
incontra  nell'  atmosfera .  Questi  caratteri  non  sono  eo- 


(aj  Mem,  de  la  Soc  Rojal  de  Med.  ann.  1777-  78. 


(  U3) 
stanti  nelle  stagioni  medie  ,  in  cui  regna  una  varlahi- 
lità  da  confondere  ogni  osservatore  .  Ha  è  vero  ,  cia- 
scun vento  la  stessa  natura  ,  ma  il  risultato  è  vario  ,  e 
si  uniforma  a  produrre  quegli  effetti  ,  che  son  analo- 
ghi alla  stagione  che  più  gli  è  prossima .  Circa  il  ca- 
rattere degli  altri  venti  sarebbe  lungo  il  parlarne ,  poi- 
ché si  dovrebbero  individuare  tante  minute  circostanze , 
senza  delle  quali  non  si  potrebbe  distinguere . 

Contribuisce  inoltre  alla  bassa  temperatura  delF 
Italia  la  lunga  catena  degli  Appennini ,  che  si  dirama 
in  tutta  la  sua  estensione.  Quel  punto  nell'atmosfera, 
ia  cui  gelano  i  vapori ,  e  che  perciò  è  al  di  sotto  del 
zero  di  Reaumur  ,  o  de' 32  di  Farenheit,  fu  detto 
punto  nivale  .  Questo  si  eleva  dalla  superficie  della 
terra  ridotta  al  livello  del  mare  secondo  la  stagione  , 
la  latitudine ,  e  le  circostanze  locali .  Poste  le  tempe- 
rature medie  annue  ,  questi  punti  costituiscono  una 
curva  ,  che  ha  principio  sotto  la  linea  all'  altezza  del 
livello  del  mare,  secondo  Bouguer  (a) ,  i46o4  pie- 
di ,  quale  ripiegandosi  tocca  la  terra  progredendo 
verso  il  polo .  Questa  curva  si  approssima  alla  re- 
golarità sul  mezzo  dei  grandi  mari  solamente  ,  essen- 
do altrove  più  ,  o  meno  irregolare.  Le  cime  delle 
montagne  quanto  più  si  avvicinano  a  questa  linea  ni- 
vale ,  più  in  conseguenza  debbono  essere  di  bassa  tem- 
peratura .  La  lunga  catena  degli  Appennini  contiene 
moltissime  montagne ,  oltre  a  quelle  di  origine   vulca- 


(a)  Voyage  au  Perou . 


(  ^44) 

nica  ,  che  nella  maggior  parte  dell'  anno  sono  al  diso- 
pra delia  linea  nivale ,  ond'  è  che  sono  ricoperte  di 
ghiaccio ,  senza  parlare  del  Graa  Sasso  d' Italia ,  ossia 
di  Montecorno  ,  altro  9577  piedi  dal  livello  del  mare, 
secondo  che  fu  misurato  dal  chiarissimo  Sig.  Colon- 
nello Deltìco  con  le  osservazioni  barometriche  .  Esso 
contiene  nella  cima  continui  geli  ,  e  perciò  non  è  mai 
tra  noi  il  punto  nivale  al  di  là  di  tale  altezza  .  Il  chia- 
rissimo nostro  Socio  Sig.  Tenore  nel  suo  viaggio  botani- 
co sulla  Majella  ,  fatto  per  ordine  dell'  attuai  Gover- 
no ,  ha  similmente  ritrovate  le  cime  di  questo  monte 
coperte  di  nevi  nel  cuor  dell'està.  Il  suolo  italiano 
essendo  più  montuoso  che  piano  è  in  conseguenza  più 
freddo  del  conveniente  ,  e  le  pianure  sono  ben  anche 
rinfrescate  da'  venticelli  che  da  queste  montagne  spi- 
rano . 

Queste  circostanze  osservate  in  generale  dagli  altri 
meteorologi  sono  confermate  dal  calcolo  preciso  del 
Signor  Rirwan  ,  il  quale  mostra  ,  come  si  è  veduto 
che  la  temperatura  media  reale  di  Padova  sia  più  bas- 
sa di  5  gradi  F.  di  quella  di  modello  .  Sarebbe  desi- 
derabile che  con  altre  molte  osservazioni  fatte  in  varj 
punti  del  suolo  italiano  fossero  ravvisate  siffatte  diver- 
sità ,  per  potersi  ragionare  con  una  nnaggior  pi'ecisione. 
Ciò  posto,  mi  cade  in  acconcio  esporre  la  seguente 
tavola,  nella  cui  prima  colonna  sono  annotate  le  tem- 
perature reali  medie  di  Altamura  ,  ricavate  dal  lungo 
corso  delle  mie  osservazioni  mdereologiche  ,  secondo 
la  graduazione  di  Reaumur  5  e  nella  seconda  sono  le 
medesime  temperature  ridotte  alla  graduazione  di  Fa- 


(  i45  ) 
renheit  .  La  terza  dinota  le  lemperaluve  tnensuali  di 
moilcllo  secondo  la  latitudine  di  gradi  4»  >  e  minuti 
45,  in  cui,  secondo  lo  osservazioni  del  Signor  Zunno- 
ni  ,  è  situata  Altaniura  .  I,a  quarta  colonna  coiiliene 
Je  differenze  di  queste  due  temperature  .  NJlIa  quinta 
colonna  si  contengono  le  temperature  reali  di  Padova, 
e  nella  sesta  quelle  di  modello  del  grado  di  latitudine 
45  e  23  di  detta  Città.  Nella  settima  fiualuieule  le 
loro  {lifferenze . 


19 


1         TEMPERATURE  MEDIE  MENSUALI. 


I 


iGenn. 


DI  ALTAMURA. 


Gr.  d. 
Rea. 


\  Febbra. 


Marzo. 
Aprile. 


Maggio 


^Giugno. 


2  -  5 


4-1 


di  F. 


41 


37  -6 


41-2 


di 

MODELLO 


di  F. 


47  - 1 


5o  -6 


59-  6 


5-7      44-8 


12-5 


16-1 


[  Luglio .     ^8-9 


1  Agosto. 


Ottobre 


iNoTem. 


Oecem 


60-1 


68  -: 


74-5 


18-2      7*  -  9      70  -  2 


61-3 


67-2 


DI  PADOVA. 


! 


REALI. 


di    F. 


18  -4 


di  F. 


53- 


54-7 


45  -2 


16-5 


7  -1 


70-1        1-9 


70-3 


16-  1 


9  .  8 


7-3 


5-6 


68-2 


54-  o 


48-4 


69-  7 


Si-  e 


55.  3 


di 

MODELLO 


DIFFEREN- 
ZE. 


di  F.       di  F. 


44-5 


46-3 


54-3 


57-2 


ti  -  6 


9  -1 


58-4    62-8      4-4 


71  -9 


4-3 


a-7 


1-5 


76.  5 


75-0 


65-8 


67.8 


67-  8 


62 


5-2     5i  -9 


55-2       6 


40-1  I  53  -  2 


i3-i 


41-2 


36 


62-8        o  -  « 


6  -i 


i 


7  -2 


54  -8 


5o-S 


48-8 


9-6 


Il  -9 


y-^^/^^-^^^^^^-^^^i^^;^^^! 


(  '47  ) 

Altamura  è  situata  su  d'  un  placido  e  distaccalo 
eolle  di  pietra  calcare  (  carbonaio  di  calce  )  detU>  tra' 
Pugliesi  Murgia ,  corrottamente  da  Muriccia.  La  sua 
elevazione  dal  livello  del  m»re  per  calcolo  da  me  più. 
volte  ripetuto  con  delle  osservazioni  barometriche  ,  iu 
corrispondenza  di  quelle  del  Signor  Arciprete  Giovene 
sul  lido  Adriatico  ,  è  di  piedi  circa  ^oo  .  Il  Signor  de 
Saussure  dice,  che  tra' gradi  [^o  in  47  di  latitudine  la 
temperatura  media  nell'  atmosfera  diminuisca  dal  li- 
vello del  mare  sino  alle  vette  delle  montagne  alla  ra- 
gione di  un  centesimo  di  grado  R.  per  ogni  quattro 
piedi  [a).  Il  Signor  Rirwau  {bì)  riflettendo,  che  le  ci- 
me delle  montagne  di  placida  elevazione  sono  più  tem- 
perate di  quelle  egualmente  alte  ,  ma  più  precipitose  , 
conferendo  le  falde  nella  prima  a  moderare  il  freddo  , 
fa  varie  distinzioni  comuni  a  qualunque  latitudine.  Se 
r  elevazione  del  mare  è  di  sei  piedi  per  ogni  miglio 
di  distanza  ,  bisogna  scemare  un  quarto  di  grado  R. 
per  ogni  200  piedi  di  altezza  ,  se  di  sette  piedi  ,  un 
terzo  di  grado,  se  di  1 3  piedi,  due  quinti, se  di  i5  piedi» 
0  più,  un  mezzo,  ed  in  quest'ultimo  caso  importa, 
come  sopra,  un  centesimo  di  grado  di  diminuzione 
dalla  temperatura  media .  L'  elevazione  di  Altamura 
dal  livello  del  mare  essendo  di  36  piedi  a  miglio  ,  la 
diminuzione  dee  regolarsi  con  1'  ultima  formola  ,    che 


(a)  Vojage  sur  le  col.  du  Geant.  Journ.  de  Pìvys- 
1788.  dicembre. 

(b)  Opera  citata . 


'  (  i48  ) 
importa  gradi  R.  2.  in  circa  .  Questa  differenza  è  slata 
più  volte  da  me  notata  prossimamente  ,  paragonando 
le  mie  osservazioni  periodiche  con  quellj  dello  stesso 
àig.  Giovene  falle  in  Molftlta  ,  ma  qualche  anomalia 
osservasi  in  alcuni  tempi  per  ciò  che  vengo  ad  ac- 
cennare. 

La  distanza  di  Altamura  dal  lido  Adriatico  ,  die 
è  al  suo  S  ttentiione  ,  è  circa  venti  miglia  geometri- 
che ;  e  dal  Joiiio,  posto  alsuo  Scilocco  ,  di  circa  ven- 
tolto  miglia  .  Questi  due  venti  ,  perchè  meno  toccano 
terra  nel  pervenirvi ,  sono  poco  modificali  ,  tantoppiù 
che  niuna  montagna  incontrano,  anzi  lo  Scilocco  vie- 
ne dopo  di  aver  corso  il  seno  Tarantino ,  ed  una  pia- 
nura, che  un   tempo  formava  la  sua  continuazione  (a). 

Lf  montagne  della  Basilisata  alla  distanza  di  i5.  mi- 
glia incombrano  un  quarto  del  suo  bell'orizzonte,  co- 
minciando dal  Mezzodì  sino  al  Ponente ,  e  presentano 
una  graziosa  veduta  .  Questa  estesa  catena  di  montagne 
diminuisce  per  Altamura  la  temperatura  di  Libeccio  , 
che  viene  dal  mar  Tirreno  ,  distante  sessanta  miglia  . 
Hanno  tali  montagne ,  durante  l' inverno  ,  per  lo  pitt 
le  loro  cime  vestite  di  neve  ,-e  così  quelle  della  Sila 
di  Calabria  poste  al  suo  mezzogiorno  ,  ond' è  che  que- 
sto vento  d' inverno  suol  essere  molto  freddo  relativa- 
mente .    Il    Ponente    poi   ,    che    spira    verso  Altamura 


(aj  Si  vegga  la  mia  memoria,  inserita  nel  XIIJ. 
volums  degli  atti  della  Società  Italiana  ,  su  lo  sboc- 
co dell'  Adriatico  per  la  Daunia  nel  seno   Tarentiìio  . 


(  »49  ) 
dal  famoso  Vulture  ,  antico  Vulcano  ,    concepisce    un 

caialtore  cosi  ligido  ,  olire  a  quello  che  aLbiani  detto 

avere  per  tutta  1'  Italia  ,    che    produce    delle    dannose 

brinate . 

Molto  più  rigido  è  poi  il  Maestro  ,  di  cui  abfjia- 
«10  parlato ,  perchè  passa  per  le  alte  montagne  del 
promontorio  del  Gargano  . 

L'iiifia:^so  delle  montagne  di  Basilicata,  e  di  Ca- 
labria debb'  essere  senza  dubbio  maggiore  per  Altamu- 
ra  che  per  Molfelta  ,  circa  ventidue  miglia  geometri- 
che più  lontana  ;  quest'  ultima  al  contrario  soffre  di- 
rettamente r  influsso  delle  montagne  del  Gargano  ,  che 
sono  più  vicine  ,  a  cui  il  solo  picciol  golfo  di  Manfre- 
donia vi  si  frappone  .  Queste  differenze  si  rendono- 
minime  ne'  risultali  ,  e  perciò  rimane  solo  quella  che 
in  Altamura  vien  prodotta  dalla  elevazione  ,  e  che  può 
valutarsi  di  due  gradi  R.  al  di  sotto  di  quella  di  Mol- 
fetta.  È  però  siffatta  differenza  costante  ,  ed  alle  volte 
maggiore  nell'  inverno  ,  variabile  nelle  stagioni  medie 
e  nulla  per  lo  più  nell'  està  .  La  situazione  di  Altamu- 
ra su  di  un  sassoso  colle  ,  nudo  quasi  affatto  di  alberi , 
e  di  vegetabili  viventi  in  tempo  della  calda  stagione, 
e  senz'acque  scorrevoli  all'intorno,  e  sol  consistente 
in  aduste  pianure,  fa  che  risenta  l'azione  de' venti 
caldi  senza  cvajìorazione  che  la  mitighi.  IMolfelta  per 
lo  Contrario  situala  tra  un  bosco  di  ulivi  ,  e  di  altri 
alberi  IVuttileri  ,  bagnata  dal  mar<> ,  ricevo  non  solo  il 
beaellcio  dell'  evaporazione  ne'  calori ,  ma  ben  anche 
guello  de' placidi  venti  marini,  che  com?  sono  tem- 
perati dai  rigori  del  freddo  ncli'iuveruo  ,  cosi    lo  sono 


(  '5o) 
nella  siale  da'  colorì  estuanti  (aj  .  Il  snolo  di  enti'am- 
bi ,  benché  egualmente  di  sodo  e  duro  carbonato  cal- 
care ,  capace  a  ritenere  il  calore  ,  pure  il  colle  Alta- 
uiurano  essendo  più  scoperto  di  terriccio  ,  che  mode- 
ra il  calore  ,  più  agevolmente  se  ne  imbeve  .  Ciò  ,  a 
parer  mio  ,  fa  che  la  sua  temperatura  estiva  non  sia  al 
disotto  di  quella  di  Molletta ,  malgrado  l'elevazione  di 
già  osservata  . 

Coacervate  poi  le  reali  temperature  mensuali  di 
Altamura  ,  e  divise  quindi  per  dodici ,  danno  1'  annua 
temperatura  media  reale  di  gradi  R.  q.  g.  ,  che  sono 
54-  2.  F.  Quella  di  modello  su  1'  Oceano  Atlantico  al 
grado  4o.  e  49-5  é  di  giadi  F.  6i.  3.  ,  dunque  la  reale 
è  più  bassa  di  7.  i.  F.  Da  ciò  conchiuder  si  dee ,  che 
in  generale  vi  sono  maggiori  cause  in  Altamura  ,  che 
in  Padova  ,  da  far  abbassare  la  temperatura ,  giacché  la 
differenza  in  questa  come  si  è  veduto  ,  è  di  5  dal  mo- 
dello corrispondente  su  1'  Atlantico  . 

Dando  poi  un'  occhiata  alla  tavola  proposta  ,  do- 
po i  dettagli  fatti  ,  molte  osservazioni  risultano  ;  ma  io 
mi  contento ,  per  servire  alla  brevità ,  di  notarne  le 
principali.  Le  differenze  mensuali  della  temperatura  rea- 
le da  quella  di  modello  in  Padova  serbano  un  ordine 
più  regolare ,  che  in  Altamura.  Ne'  tre  mesi  d' inverno 


(a)  //  Ch.  nostro  Socio   Signor    Teodoro    Monti- 
celli mi  assicura  ,  die  nelV  Isola    della  Favignana   il 
vento  di  mezzogiorno  negli  ardori  estivi  si   sente  pìi^ 
fresco  degli  altri  ,  scorrendo  da  sopra  mare- 


(,5,  ) 

la  temperatura  reale  di  Padova  trovasi  più  bassa  di 
quella  di  modello  in  undici  gradi  F.  con  qualche  de- 
cimale. Nelle  due  stagioni  medie  la  ditì'erenza  diviene 
minima .  Ne'  tre  mesi  estivi  passa  poi  nel  negativo , 
vai  quanto  dire  che  la  temperatura  reale  supera  quel- 
la di  modello  fin  di  otto  gradi  F.  con  qualche  deci- 
male .  Ciò  conferma  ad  evidenza  quanto  sopra  ho  det- 
to ,  cioè ,  che  il  mare  è  egualmente  efficace  a  tempe- 
rare il  freddo ,  che  il  calore ,  e  1'  opposto  succede  su 
le  terre  . 

Osservando  poi  le  dette  differenze  di  temperature 
in  Altamma ,  trovasi  essere  nel  maximum  più  bassa  la 
reale  dalla  corrispondente  di  modello  ne'  mesi  di  mar- 
zo ,  e  di  aprile,  e  non  già  in  quelli  d'inverno.  Ciò 
nasce  or  dal  più  ,  or  dal  meno  di  straordinaria  varia- 
bilità ,  che  suol  regnare  in  quel  clima  in  questi  due 
mesi  di  primavera.  La  temperatura  reale  di  Altamura  poi 
giugne  ad  essere  di  gradi  18.  4-  F.  al  disotto  del  mo- 
dello. Ciò  conferma  sempreppiù  che  le  circostanze  lo- 
cali di  Altamura ,  e  direi  della  bassa  Italia  ,  rendono 
più  fredda  del  conveniente  la  sua  temperatura  ;  ed  è 
ciò  tanto  vero  che  le  differenze  negative  ne'  mesi  esti- 
vi non  eccedono  4-  ^-  F.  malgrado  di  aver  veduto 
quanto  Altamura  nell'  està  sia  più  calda  degli  altri  pros- 
simi luoghi  litlorali  .  Lungo  sarebbe  1'  entrare  in  mi- 
nuti dettagli  su  lo  varietà  locali  ,  che  contribuiscono  al- 
le anomalie  predette ,  come  alle  differenze  annue  le 
quali  per  altro  possono  essere  di  gran  lume  alla  im- 
portante scienza  meteorologica  . 


(  i52  y 

Di  gran  vantaggio  sarebbe  certamente  Id  valutaz'o-. 
ne  di  temperature  pe'  varj  luoghi  di  questo  Regno  ,  e 
sopraltuto  per  questa  Capitale,  il  cui  clima  è  d' mia 
variabilità  singolare  .  Le  sole  osservazioni  termome- 
triche di  più  anni  non  sarebbero  bastanti  ,  che  a  dare 
uno  sterile  calcolo  di  risultati  senza  conoscere  con  pre- 
cisione le  cause  .  Prima  che  le  osservazioni  meteoro- 
logiche non  vengono  qui  stabilite  col  metodo  da  me 
esposto  nel  discorso  antecedente,  ogni  ragionammo 
che  voglia  azzardarsi  su  la  sua  temperatura ,  non  sarà 
che  inesatto. 


e  i53  ) 
Delt  Oppio  .    Sagf^io    del   Socio    Ordinario    Teodoro 
Monticelli  .    P.    Professore    di  Filosofia    Morale 
nella    R.    Università    dì   Napoli.    Letto    neW  Adu- 
nanza del  di  27.  agosto  1808. 


J.  Ralle  occupazioni  lodevoli  Ji  questo  R.  Istituto 
d'  Incoraggiamento  non  è  la  nien  considerevole  quella 
che  si  è  prefissa  di  supplire  alla  mancanza  delle  dro- 
ghe ,  medicine  ,  e  prodotti  esteri  coi  prodotti  del  no- 
stro suolo. 

Secondando  io  queste  utile  vedute  ho  cercato  di 
cavare  l'oppio  dal  papavero  (  Papaver  somniferiim  ), 
e  ve  ne  presento  il  Saggio  . 

Da  200  capi  di  papaveri  per  incisione  ho  estrat- 
to una  mezz'oncia  e  più  di  oppio  puro,  che  all'odo- 
re, al  sapore,  al  colore  somiglia  il  migliore  oppio, 
che  si  abbia  nel  commercio  ;  ed  io  spero  ,  che  speri- 
mentandosi da  mano  medica  si  troverà  ancora  più  at- 
tivo ,  ed  energico  dell'officinale.  E  inutile  il  dire, 
che  le  incisioni  potevano  essere  più  regolari,  e  fatte  in 
tempi  opportuni .  Basta  accennare,  ch'è  il  primo  esperi- 
mento ,  che  io  mi  abbia  fatto,  per  credere  ,  che  da 
200  capi  di  papaveri  si  debba  attendere  una  quanlLtà 
di  oppio  in  lacrime  assai  maggiore  di  quella ,  che  io 
vi  presento  . 

Seguendo  il  costume  degli  Egiziani ,  raccolto  l'op- 
pio in  lacrima  ho  fallo  poi  pestare  i  capi  dtl  papa- 
vero ,  e  sotto  il  torchio  mi  han  dato  un  liquore,    che 

20 


condensato  al  fuoco ,  vi  presento  parimenti    per  farne 
sperimeulare  la  forza. 

Quando  anche  questo  secondo  oppio  fosse  racyio 
efficace  dall' officinale  ,  che  a  noi  viene  dall'Egitto  ,  il 
primo  si  potrà  avere  in  tanta  abbondanza  ,  e  perfezio- 
ne nelle  Provincie  meridionali  ,  ed  orientali  del  nostro 
Regno  ,  che  potremo  da  ora  innanzi  liberarci  dal  bi- 
sogno degli  esteri  per  questo  articolo  medicinale  co- 
tanto in  voga  . 

-(  Io  vi  prego,  Rispettabili  Socj,  a  far  di.  qnest' op- 
pio le  necessarie  esperienze:  e  trovandolo  idoneo  all', 
uso,  crederei  che  si  dovesse  incoraggiare  la  coltiva- 
zione del  papavero  ,  ed  istruire  i  contadini  insegnan- 
do loro  il  modo  di  ben  coltivare  la  pianta  ,  che  Io 
produce  ,  e  facilitando  ad  essi  i  modi,  de'  quali  deb — 
bono  far  uso  per  raccoglierne  l' Oppio  sia  per  incisione  , 
sia  per  espressione . 


/  (  i55  ) 

Del  Papiglìone  delV Asclepìade .  Descrizione  del  Socio 
Ordinario  Gaetano  Maria  Gagliardi  Segretario 
Perpetuo  .  Letta  nell  adunanza  del  di  5  novembre 
1807  . 

I  À  Alloggio  che  presero  le  truppe  Inglesi  nella  mia 
Villa  alla  Torre  del  Greco  allorché  da  Castellamare 
passarono  per  istabilirsi  in  Napoli  l'anno  i8o5  avea 
dalo  al  clima  di  questa  Capitale  uno  de'  più  belli  pa- 
piglioai  delle  Indie  Orientali,  se  i  geli  di  queste  con- 
trade avessero  potuto  permettere  che  fosse  prosperato  . 
Io  non  disconvengo  dal  parere  de'Signori  Vincenzo ,  e 
Tjuigi  Petagna  nostri  onorati  Colleghi  ,  e  tanto  bene- 
meriti della  Entomologia  ,  che  sieno  spesso  venuti  ,  e 
possano  tuttavia  venire  dall'  Affrica  molti  insetti  di 
quella  regione  per  mezzo  delle  uova  su  le  barche  de' 
Corallari  ;  ma  siccome  questo  insetto  è  sicuramente 
Indiano ,  cosi  io  vivo  sicurissimo  esser  venuto  per 
mezzo  delle  uova  fra  le  quisquilie  ,  delle  quali  gì'  In- 
glesi si  ripulirono  nella  mia  Villa  ,  dove  alloggiarono 
per  cinque  giorni  ,  e  delle  quali  appena  bastò  un  me- 
se per  risestare  il  casino  .  L' insetto  ,  di  cui  vi  parlo  , 
è  un  papiglione  molto  affine  al  Crisippo  di  Fabricio  , 
e  del  quale  esser  potrebbe  anche  una  varietà,  e  per 
conseguenza  dell' Indoslan  ,  e  de' luoghi  meridionali  e 
littorali  adjaccnti  a  Bengala  ,  clima  tanto  analogo  a 
quello  della  parte  meridionale  del  nostro  Vesuvio  . 
Questo  papiglioue  adunque    avendo  trovalo  e  clima   e 


cibo  aualogo  ,  potè  prosperare  negli  anni  j8o6,  e 
1807,  ne' quali  la  stagione  si  portò  oltre  1'  usato  dol- 
ce ,  e  senza  geli  :  cosa  ,  che  non  essendo  stata  possi- 
bile negli  anni  susseguenti ,  ne  cagionò  la  perdita  .  Il 
papiglione  die  io  vengo  a  descrivervi  ,  e  eh'  ebbi  la 
opportunità  di  osservarne  1'  intera  metamorfosi  ,  era 
uno  de' più  belli  che  avremmo  potuto  avere  in  queste 
contrade  .  Il  suo  moto  più  tardo  degli  altri  nostrali  , 
il  parco  cibo  di  poche  foglie  dell'  Asclepiade ,  che  non 
distrugge  ,  la  vaga  mostra  che  fanno  le  crisalidi  sospe- 
se come  tanti  vaghi  flocchi  pendoloni  dalla  pianta,  il 
volo  alto  ,  e  maestoso  della  farfalla  ,  lutto  nobilita- 
va il  mio  giardino  j  e  lo  rendeva  sommamente  pre- 
gevole . 

Descrizione  dell'  Insetto 

La  larva  è  di  un  violetto  più  o  meno  scuro  quan- 
do è  piccola,  dilavato  quando  è  grande.  In  ogni  anello 
ha  cinque  fasce  nere  ,  delle  quali  quattro  sottili  late- 
rali ,  e  seguite  ,  una  larghetta  nel  mezzo  formata  per 
lo  più  dalla  contmuazione  di  altrettante  macchiette,  le 
quali,  col  prendere  il  totale  accrescimento ,  si  coalizza- 
no ,  e  rare  volte  quella  di  mezzo  resta  alquanto  divi- 
sa .  Due  lince  bianche  in  ciascun  anello  formano  un 
sequito  di  macchiette  ,  che  orlano  i  fianchi  di  bianco 
alla  base  dell'addome;  e  quattro  di  macchie  gialle  or- 
lano ,  cioè  due  i  due  laterali ,  e  due  il  dorso  ,  formate 
in  guisa  ,  che  le  due  ne'  laterali  in  ogni  anello  son 
quasi  coalizzate,  le  due  sul  dorso  sono  grandi,  distan- 


(  ^'^1  ) 

ti ,  e  laterali  alle  suddette  macchii;  nere .  La  testa  ha 
tre  lasce  nere  con  una  macchia  gialla  divisa  in  due  su 
la  fronte.  Nel  secondo  anello  ha  due  come  lunghe 
nere,  nel  quinto,  e  nel  penultimo  due  corna  più  cor- 
te .  Finalmente  ha  sei  piedi  uncinati  al  torace ,  otto 
piedi  addominali ,  e  due  caudali . 

La  crisalide  è    in  forma  di  un    fiocchetto    per    Io 
più  di  color  carneo  più,  o  meno  dilavato,  rare   volte 
verde  inglese  ,  appiccala  a  Cfualunque  parte  della  pianta 
con  attaccatura  di   seta  ,   che    caccia    lo    stesso    insetto 
divenuta  nera  con  un  umore  dell'ano  che  trasuda  nell' 
atto  di  appiccarsi  capovolta  in  giù  .  Essa  ha  olio   stel- 
lucce  d'oro  nella-parte  della  testa  in  giù   come    nella 
figura  delle  quali   le  due  seconde  superiori  spesso  obli- 
terale,   ed    una    fascetta    sonile    nella    parie    superiore 
della  pupa  composta  di   due  giri   di   punti    rilevati       e 
coalizzali  ,  uno  di  punti  d'oro  sopra,  l'altro  di  punti 
ner,  luc.d.ssimi  al  di  sollo  ,  i  quah  svaniscono  al  sor- 
tir dell'  insello  . 

Il  papiglione  ha  le  ale  intiere,  delle  quali   le    su- 
penor,  bislunghe,  ed  ottuse,  le  inferiori  rotondate    Le 
superiori   di  un  biondo  scuro  ora    più  ,  ora  meno    in- 
tenso con  1'  apice  sopra  nero  con  macchie  bianche,  sot- 
to metà  nero  ,  e  metà  giallo  con  macchie  bianche    Le 
ale    inf.r.ori  gialle,  rare  volte  col  fondo  bianco,  sem- 
pre  pero  hanno  nelle  parte    superiore    tre,    o    quattro 
macchie  nere  nel  mezzo  ,  ora  più,  ora  meno   grandi  , 
delle  quali   la  più  grande  suole  spesso  avere  un  occhio 
bianco  ;  indi  col  margine  nero  frastaglialo  da  sette  ,  o 
da  nove  macchie  bianche,  le  quali  in    alcune    variclà 


mancano  totalmente;  nella  parte  inferiore  poi  altre 
tre  ,  o  quattro  macchie  nere  corrispondenti  alle  su- 
periori ,  e  similmente  orlate  di  una  fascia  nera  con  mac- 
chie bianche  .  Le  antenne  nere ,  il  torace  ,  e  la  testa  di 
nero  di  velluto  tutte  asperse  di  macchie  bianche  .  L' 
addome  sopra  biondo  fosco  ,  sotto  biancheggiante  . 
La  proboscide  è  piuttosto  corta  rispettivamente  all' 
insetto . 

Istoria  dell  Insetto . 

La  larva  si  pasce  delle  foglie  dell'  Asclepiade  fru- 
ticosa .  Giunta  alla  sua  età  ,  caccia  una  seta  ,  con  la 
quale  volendosi  incrisalidare ,  si  appicca  con  1'  ano 
capovolta  in  giù  in  qualunque  parte  de'  tronchi  della 
pianta ,  restandovi  fortemente  appiccata  con  un  umore 
nero  che  caccia  dall'  ano  .  Ed  in  questo  stato  piegata 
per  metà  in  giù  resta  per  più  ore  ,  e  per  lo  più  un' 
intera  giornata.  Venuto  il  momento  cangia  di  colore 
biancheggiandosi,  o  illividendosi  tutta,  dando  segni  d' 
una  convulsione;  indi  si  spacca  la  sua  spoglia-,  e  si 
arriccia  salendo  sempre  verso  la  parte  superiore  ,  fin- 
ché co'  tanti  dimenamenti  dell'  insetto  cade  arricciata 
in  piccolissimo  glomeretto  nero .  Resta  allora  la  cri- 
salide cosi  spogliata  sospesa  alla  pianta  all'  aria  libera , 
facendovi  una  vaga  e  dilettevole  mostra  per  lo  spazio 
di  quindici  ,  o  venti  giorni  secondo  che  la  stagione  è 
più  o  meno  calda  .  Finalmente  venuto  il  tempo  an- 
nerisce, dimostrando  già  l'insetto,  a  traverso  della  pel- 
licola che  lo  involve ,  i  colori  resi ,    gialli ,    e    bianchi 


(  i59  ) 
che  lo  conlradislinguono.    Accalorato  dunque  dal  sole 

s'ingrossa,  crepa  la  pellicola,  la  quale  si  apre,  e  per- 
mette all'  iusetlo  di  dilatarsi  agevolmente   ,    e     più    di 
tutto  nelle  ale  ,    le    quali    nel    sortir    dell'  insetto    son 
corte ,  umide  ,  e  ripiegate  ,    ma    sotto  1  '  occhio  si  di- 
stendono ,  s'  ingrandiscono  ,  e  torna  1'  insetto  grande  , 
bello  ,  ed  agile  .  Questo  papiglione    sorte    con  la  testa 
in  giù  j  ma  appena  è  uscito  si  rivolta  in  su ,  e  tenen- 
dosi co'  piedi    su  la  pellicola  bianca  ,    sottilissima ,    e 
trasparente  che  rimane  crepata  ,  resta  per  più  ore  cosi 
sospeso  al  sole  finché    rasciugate ,    cresciute  ,  e  conso- 
lidate le  ale  comincia  a  volare  per  andar  succhiando  il 
nettare  de'  fiori  ,  ed  indi  disporsi  alla  copula  ,  dopo  della 
quale  depone  le    uova    nella    terra ,    e    spesso    a'  piedi 
dell'  asclepiade  ,  di  cui  pascer  si  dee  la  larva  .  Il    volo 
alto  di  questo  papiglione  mi  fa  credere  che  la  copula 
sortisca  nella  parte  più  alta  dell' atmosfera,  e  nelle  ore 
più  calde  del  giorno,  dapoichè   avendone    tenuta    una 
quantità  in  una  gran   galleria  ,    non    fu    mai    possibile 
vederle  inclinate    alla    copula  .    E    si    sa    che    la  notte 
dormono  assiderati  sugli  alberi,  ne  si  destano    la  mat- 
tina che  con  l'ardore  del  sole.  Il  favore  della  stagione 
che  diede  il  più  bello  autunno    che    mai    siesi    veduto 
negli  anni   1806,  e  1807  diede  a  questo    bel  papiglio- 
ne la  felice  opportunità  di  prosperare,  in  maniera  che 
io  già  mi  lusigava  di  esser  esso  divenuto  nostrale  ,  ma 
infelicemente  si  è  perduto  ,  come  accade  ordinariamen- 
te a  tutti  gl'insetti  esotici  che  sogliono  quivi  allignare 
per  simili  circostanze. 


(  iGo  ) 
Questo  papiglione  è  molto  affine  al  Crisippo,  ma 
non  saprei  determinarmi  a  crederlo  sicmamente  una 
varietà  ;  tanto  più  che  allora  dovremmo  credere  tali 
molti  altri  papiglioni  della  stessa  famiglia  ,  cosa  inve- 
rosimile ,  perchè  non  si  saprebbe  comprendere  come 
una  specie  potesse  contenere  un  numero  cosi  prodigio- 
so di  considerevoli  varietà  .  Giudicheranno  di  ciò  me- 
glio di  me  que'  naturalisti  che  avranno  il  piacere  di 
vedere  uell' Indostan  i  papiglioni  di  quest'ordine. 

FAPILIOmS  ASCLEPIADIS   TECHNICA  DESCRIPTIO. 

Papilio  Asclepiadis^ 

Asclepiaclis  P.  alìs  fiilvis  albo  nigroqne  macula- 
tis ,  anterìoribiis  apice  nigro  albo  maculato,  poster ìo- 
ribus  margine  nigro  saspe  maculis  7.  vel  Q.albis,tho- 
race  capiteque  nigris  albo  punélatis. 

Habitat  in  Asclepiade  fruticosa  ,  cestivo  &  autum- 
nali  tempore  ,  advena  ex  India  Orientali  vel  Aegypto, 
nunc  deperditus. 

D.  Imago  pulcherrima  .  Alce  integerrimce ,  ante- 
riores  oblongce  fulvce ,  apice  saprà  nigro  albo  macu- 
lato ,  subtus  flavo  nigroq.  vario  albo  maculato  ;  poste- 
riores  rotimdatce  subtus  flavce  interdum  idbo  macula- 
tee  ,  supra  fulvce  nigro  maculatce ,  margine  nigro  sce- 
pìus  maculis  7.  vel  g.  albis  in  quibusdam  varietatibus 
obliteratis  ,  subtus  maculis  tribus  vel  quatuor  nigris 
quanim  maxima  scepius  ocello  albo  ,  margine  nigro 
albo  maculato  .  Caput  ,  thorax  &•  peciiis  nigerrima  al- 
bo 


p 


To/ìi  .  Z, 


P'^^6,, 


(  i6r   ) 
ho  punclata .  Abdomen  supra  fulvum  suhtus  albicans , 
pedes  supra  ni^ri  ,  suhtus  albi. 

Pupa  venusta ,  nuda ,  pendala  e  pianta  ,  ddute 
carnea  vel  viridescens  ,  striga  aurea  nigraq.  puncfis- 
fjue  aureis  ,  sub  dio  deget  donec  nigrescit  &  animai 
prodit. 

Larva  16.  poda ,  pedibus  tlioracinis  sex  uncina- 
tisi abdondnalibus  odo,  caudalibus  duobus ,  tota  vio- 
laceo-alhicans  ,  flavo  nigroq.  annulata  ;  tenlacula  sex 
nigra  quorum  duo  cujuslibet  colli ,  dorsi ,  caudceque  . 
Caput  fasciis  tribus  nigris  ,  media  duplici  macula  fla- 
va ad  frontem. 

Kariat  a.  alis  posticìs  supra  margine  nigro    albo 
punRato.   V.    Tab.  num.   i.  2. 
h.  alis  postìcis  supra  margine  nigro  imma- 
culato.  V.   Tab.  num.  3.  4- 
e.  alis  postìcis    maculis  in   disco    quatuor 
nigris  ,  quorum  major  supra  annulo  ra- 
diisq.  albis  cincia  .^  suhtus  pupillata .   V. 
Tab.  num.  5.  6. 


21 


DelT  origine  e  formazione  de'  Volca/ii  .  Memoria  del 
Socio  Ordinario  Giuseppe  Melograni  .  Letta  nel- 
l'Adunanza del  dì  3o  dicembre  i8o8. 

X  Volcani  ,    queste  monlagne  ignivome    che  incutono 
terroi-e  e  spavento  in  tempo  di  esplosione  ed  apporta- 
no la  desolazione  nelle  contrade  ov'  esistono  ,  sommi- 
nistrarono anticamente    a'  poeti    vasto    campo    di  favo- 
leggiamenti  ,  ed  agi'  ignoranti  soggetto    di    errori    vani 
e  puerili  .    Hanno  essi  ,    in  tutti  i  tempi  ,    tirato  a  se 
r  attenzione  de'  Naturalisti  ,    e    suscitate    delle  dispute 
e  contese  interminabili  sulla  loro  origine   .    Oggi    pare 
che  la  maggior  parte  di   essi  convenga,  doversi   questa 
attribuire  ad  un  ammasso  più  o  meno  grande  di  com- 
bustibile ,  sepolto  nelle  viscere  della  terra ,  e  pretende 
che  questo  materiale  consista  principalmente   nel    car- 
bon  fossile  ,  il  solo  che  possa  nutrire    ed    alimentare  i 
volcani  per  secoli  .    Ma  qual'  è  mai  ,  io  domando  ,  la 
specie  di  carbone  che  presta  un  tanto  uffizio   ?    Vi    è 
mai  un  carbon  fossile  vegetabile  ,  vi  è  un  carbon    fos- 
sile animale  ,    se   mi    si  permetta    questa  espressione  ? 
Chiunque  si  trova  avere  visitato  le  miniere  di  carbone 
d'Inghilterra  e  di   Germania,  avrà  potuto  scoprire,  in 
alcune  di  quelle  cave  ,  il  vero    carbon    fossile    vegeta- 
bile   con    tutta    la    gradazione  delle    sue  metamorfosi  , 
da  legno  bituminoso  sino  al  carbone  più  perfetto  ,  ov' 
è  riconoscibile  ancora  ,  ai  cerchi  concentrici  ,  ai  nodi, 
alla-  corteccia  ,  alla  tessitura  fibrosa ,   la  natura  del  le- 


(  i63  ) 

gfto,  ed  io  alcuni  pezzi  benanco  la  specie  stessa  dell* 
albero  .  Al  contrario  il  carbon  fossile  animale  ,  conq- 
sciato  sotto  il  nome  generale  di  bitume ,  ora  volatile , 
ora  leggiero  e  galleggiante  ,  ora  fluido ,  ora  solido  e 
compatto ,  sotto  forma  di  etere  ,  di  petrolio  ,  di  asfal- 
lo ,  di  malta,  di  pece  minerale,  di  succino  ec.  pare 
che  riconosca  principalmente  l'  origine  sua  dal  regna 
animale . 

Perciocché  se  noi  gilliamo  lo  sguardo  sopxa  di- 
TCrsi  punii  del  globo  ,  nella  terra  ,  nell'  aria  ,  nell'  ac- 
qua ,  reggiamo  tuttogiorno  andare  a  morte  una  quan- 
tità ingente  di  animali,  un'altra  più  enorme  perire 
negli  abissi  dell'oceano,  e  nel  fondo  degli  altri  mari, 
la  cui  scomposizione  va  sempre  cangiando  la  faccia 
della  Terra .  Che  diventano  mal  gli  ayanzi  di  tante 
creature  morte  ,  ed  a  quali  rivoluzioni  vanno  essi  sog- 
getti ?  Il  mare,  questo  vasto  laboratorio  della  natura, 
contiene  molte  sostanze  saline  ed  oleose  :  né  possianiQ 
dubitare  ,  che  1'  acido  muriatico  ,  la  soda  ,  la  magne- 
sia, la  calce  non  si  formino  specialmente  in  questa 
grande  officina  ,  e  che  buona  parte  'di  esse  non  sia 
dovuta  principalmente  alla  scomposizione  degli  ani- 
mali . 

Gli  olj  che  si  sprigionano  da  queste  sostanze  ia 
putrefazione  ,  volatili  o  fluidi  nel  loro  primo  stato  , 
esposti  sulla  superficie  delle  acque ,  all'  azione  dell'at- 
mosfera ,  si  vanno  mano  mano  addensando  a  guisa  di 
cera  ,  come  vanno  assorbendo  1'  ossigeno  dell'  aria  {a]. 

(a)  Si  sa  c/ie  tutù  i  corpi  che  contengono  guest» 


(  i64  ) 
Presa  una  cella  aria  di  consistenza  vanno  via  via  at- 
taccandosi alle  terre  calcari  ed  argillose  ,  che  le  acque 
depongono  nel  l'ondo  del  mare  o  sulle  sponde  de'  li- 
di ,  sotto  nome  di  antraciti,  geantraci  ,  litantraci,  no- 
mi riferibili  alla  specie  diversa  di  tene  ,  o  alla  mag- 
giore o  minore  dose  di  materia  petrosa ,  cui  sono 
combinali,  i  quali  costituiscono ,  propriamente  parlan- 
do ,  il  vero  carbon  di  terra  o  carbon  pietra  . 

Sogliono  questi  strati  bituminosi  andare  quasi 
sempre  accompagnali  da  una  folla  di  scheletri  ìiiarini 
lapidefatti ,  anzi  i  cimiteri  maggiori  di  questi  si  tro- 
iano appunto ,  ove  esistono  i  gran  depositi  di  bitu- 
jni  (a)  . 

Tuttociò  non  esclude  che  gli  olj  e  le  resine  ve- 
getabili ,  modificate  dalle  sostanze  saline  ,  non  prenda- 
no qualche  volta  un  aspello  bituminoso  ,  e  che  i  le- 
gni sepolti  attaccati  o  penetrali  dall'  acido  solforico  , 
non  passino  a  poco  a  poco  allo  stato  carbonoso  ,  si 
\Uole  soltanto  infei'ire ,    che  non  ostante  questa  somi- 


principio  j  lo  cedono  volentieri  agli  olj  :  molti  acidi  , 
e  sopratutto  V  acido  muriatico  ossigenato ,  gli  ossidi 
metallici  ec.  addensano  gli  olj  fissi  ,  e  h  ravvicinano 
allo  stato  di  bitume  . 

(a)  In  alcune  provincie  d' Inghilterra  ,  le  spoglie 
marine  petrefatte  sono  spesso  indizio  geologico  del 
carbone  ,  ed  in  alcune  miniere  vanno  qualche  volta 
alternando  cogli  strati  carbonosì ,  o  con  altri  subor- 
dinati al  carbone  . 


{  iC5  ) 

glianza  ;  il  Lltume  animale  contiene  in  se  qualche  co- 
sa di  più  che  lo  distingua  e  caretterizza  dal  bitume 
vegetabile.  E  quantunque  gli  speiimenti  ,  fatti  su  queste 
sostanze  ,  siano  molto  scarsi  ,  uè  la  chimica  se  ne  sia 
finora  seriamente  occupata ,  tuttavia  ,  dai  pochi  tenta- 
tivi operati ,  sappiamo  ,  che  il  bitume  animale  ha  un 
sapore  e  un  odore  suo  proprio  j  non  è  solubile  nello 
spirito  di  vino  ma  si  bene  negli  olj  espressi  e  distil- 
lali dei  vegetabili;  è  assai  più  pesante  [a];  e  brucian- 
do si  comporta  tutto  altrimente  dall'  altro  .  Il  bitume 
vegetabile  brucia  più  facilmente  ,  ma  si  consuma  più 
presto  ,  r  altro  lentamente  sul  principio  ,  ma  si  eleva 
mano  mano  ad  una  temperatura  di  calore  si  alta  j 
che  fonde    le  sostanze    più  resistenti    e  refrattarie  ,    e 


(a)  Trovo  nel  mìo  giornale  minerologico-metallur- 
gico  d' Inghilterra  notato  quanto  siegue .  Presi  un 
pollice  cubico  dì  carbon  fossile  della  specie  detta 
Kennelkole  carbone  di  Kennel  nel  Pancashire ,  che 
io  credetti  di  origine  animale  ,  il  più  puro,  il  più  ne- 
ro ,  il  pili  compatto ,  il  più  nitido  tra  tutti  ì  carboni 
conosciuti ,  atto  a  ricevere  al  tornio  qualunque  for- 
ma ,  ed  un  altro  pollice  cubico  del  carbone  di  Bo~ 
vejs  j  eli  era  incontrastabilmente  di  origine  vegetabi- 
le ,  e  pesando  V  uno  e  l' altro ,  trovai  j  che  il  carbone 
di  Bovejs  era  tre  ottave  meno  del  peso  di  quello  di 
Kennel  ;  e  comparandolo  con  quello  di  Carron ,  in- 
quinato di  piriti  j  lo  trovai  più  leggiero  quasi  della 
metà  . 


(  i66  ) 

concepisce ,  bruciando ,  una  specie  di  amtìiollimento. 
che  si  accosta  alla  semifusione  ,  lasciando  qfualche 
volta ,  dopo  la  combustione  ,  ceneri  che  rassomigliano 
alle  scorie  delle  forge  .  In  somma  dai  saggi  istituti  fi- 
nora sul  petrolio,  su  i  litautrici,  sulla  malta,  si  rile- 
va ,  non  trovarsi  in  essi  cosa  che  fosse  esclusivamente 
propria  del  regno  vegetabile ,  e  se  mai  per  caso  vi  si 
trovi  ,  si  deve  riguardare  come  accidentale  ,  come  so- 
no appunto  le  diverse  materie  terrose  o  petrose  ,  di  cui 
sono  combinati  i  bitumi  . 

Oltracciò  i  sepolcri  del  carbon  fossile  vegetabile 
sono  molto  ristretti ,  chiusi  tra  limiti  angusti  ,  senza 
ordine  certo ,  ove  si  veggono  i  tronchi  ammonticchia- 
li confusamente  insieme  ,  secondochè  le  piene  gli  depo- 
sero qua  e  là  nel  fondo  delle  valli  (a) . 

Ne  tutti  gli  alberi  abbattuti ,  strascinati  ,  e  sepolti 
*oggiacciono  sempre  e  coustantemente  alla  carbouizza- 
)EÌoue ,    perciocché    se    ne    trovano    alcuni    nel    fondo 


(a)  Nella  citata  valh  dì  Bovejs  non  lungi  da 
Exeter  nel  De\>onshire  j  vidi  una  cava  dì  carbon  fos- 
sile vegetabile ,  di  una  profonditii  di  circa  quaranta 
verghe  inglesi  (  i4o  palmi  napolitani  )  ,  tutta  scO" 
perta  al  giorno  ,  ove  sono  distinguibili  tutte  le  gra- 
duazioni della  carbonizzazione ,  ove  i  tronchi  sono 
ammassati  insieme  scompigliatamente  ,  se  non  quanto 
piccioli  strati  di  litomarga  ,  interposti  in  quel  fascia- 
me ,  ne  separano  qualche  volta  gì'  intervalli  .  In  essa 
non  vi  sono  petrijicoti. 


('67  ) 
delle  miniere    o  in  altri  sotterranei ,    che    noti  ostante 
che  vi  giacciono  da  secoli ,  si  mantengono  illesi  o  poco 
tramutati  (a)  . 


(a)  JYel  maggio  del  1789  un  gran  masso  ,  sicco- 
me rapporta  Spallanzani  nei  suoi  viaggi  alle  due  Si- 
cilie ,  staccato  dal  monte  Cimane  il  più  alto  del  Mo- 
denese ,    urtò  di  fronte    un  altro  vecchio   francamen- 
te,  lo  ruppe ,    e  lo  aperse  in  modo  ,    che  si  vedeva- 
no ,  da'  suoi  aperti  fianchi ,    diverse  specie  di  alberi  , 
tra  i  quali  vi  erano  molti  abeti ,  di  cui  non  esiste  ve- 
stigio alcuno  in  quei  contorni ,  né  aveano  mai  esisti- 
ti  a  memoria  de' più  zwcchi  del  vicinato.    Presi  que- 
sti alberi  ed  esaminati  si  trovarono  sanissimi  j  fuori  di 
im  picciolo  superficiale  annerimento  ,  ciocché  non  im- 
pedì  di  farli  servire    agli  usi  stessi ,    cui    servono    le 
piante  recise    di  recente .    Di  più    non  lungi  dalla  la- 
va di  Boccasuolo  vicino  i  fuochi   di  Barigazzo    nella 
stessa  contrada  ,  si  scoperse  in  un  altro  smottamento 
di  cui  s'ignora    l'epoca  j    un  sepolcro    di  tronchi    di 
faggio  j  consunti  soltanto  nelle  poche  punte  scoperte  , 
ma  conservatissimi ,  ove  per  la  terra  che  gli  copriva, 
vennero  protetti  dalle  impressioni  dell'  aria  .  Lo  stes- 
so accade  nelle  invasioni  del  mare  :  scavando ,  presso 
Bruges  nelle  Fiandre ,    il  terreno  a  quaranta  piedi  di 
profondità ,  si  trovano  alberi  in  gran  numero  radicati 
nel  suolo  ,    come    quelli    di  una  foresta    all'  in  piedi , 
ove  i  tronchi,  i  rami,  e  le  foglie  stesse  sono  si  per- 
fettamente conservate  ,   fh?   si  possono  facilmente  di-> 


(  :68  ) 
Altri  poi  si  ritrovano  petrificali  ,  com'  è  1'  albero 
detto  del  diluvio  Siiudllullibaum  ,  specie  di  faggio  eoa 
tutti  i  suoi  rami  e  foglie  ,  trovalo  a  Tohachimsllial 
nel  cunicolo  di  BarbarastoUen,  alla  profondità  di  cento 
cinquanta  tese  ,  e  più  di  tremila  dalla  bocca  dello  slesso 
cunicolo  .  Parecchi  ancora  si  scorgono  più  o  meno 
carbonizzati ,  secondocbè  le  circostanze  locali ,  o  le 
sostanze  concomitanti  favoriscono  questo  o  quell'  altro 
cangiamento  .  Ciò  dimostra  che  il  numero  delle  selve 
gcpolte  non  è  tanto  grande ,  quanto  comunemente  si 
crede,  e  che  molto  più  limitato  è  il  numero  di  quelle 
che  sono  passate  in  carbone  ,  e  conseguentemente  che 
gli  olj  vegetabili  non  sono  in  natura  cosi  abbondanti 
da  formare  ,  coli'  azione    dell'  accido   solforico  ,   quella 


stingiiere  le  specie  .  Ove  si  disotterrano  questi  alberi, 
sì  sa ,  che  cinquecento  anni  addietro  era  mare ,  ne 
•vi  é  tradizione  alcuna  che  dica ,  che  prima  di  quel 
tempo  vi  fosse  stata  terra  ,  quantunque  vi  dovesse 
essere ,  giacche  in  quel  terreno  sono  nati  e  cresciuti 
questi  alberi .  Perciò  convien  dire  che  quel  luogo  ,  in 
tempi  più  remoti ,  fosse  stato  terraferma  ,  coperta  di 
hoscaglie ,  invasa  in  seguito  dalle  acque  del  mare  , 
le  quali ,  dopo  avervi  deposto  quel  sedimento  terroso^ 
si  siano  quindi  ritirate .  Neil'  isola  stessa  di  Man  po- 
sta tra  r  Islanda  e  V  Inghilterra  si  trovarono  ,  entro 
una  gran  palude  a  venti  piedi  di  profondità ,  molti 
(fbeti  tuttora  dritti ,  colle  radici  piantate  in  terra ,  che 
si  conservarono  interi  Jinanco  nelle  stesse  foglie . 


(  >%) 

congerie  di  bllumi  ,   che  veggiamo  con. maraviglia  oc- 
cupare immensi  tratti  di  paese  (a)  . 

Al  contrario  il  carbone  animalo  occupa  spazj  pro- 
fondissimi ,  superficie  mollo  eslese  ,  serba  una  regola- 
rità di  stratificazione  decisa  ,  constante  ,  successiva  , 
cose  tutte  che  non  si  avverano  nel  carbone  fossile  ve- 
getabile .  Onde  mai  ,  domando ,  fenomeni  cotanto  sin- 
golari ?  La  distruzione  continua  e  non  mai  interrotta 
di  tanti  animali  ,  specialmente  marini  ,  è  la  cagione 
vera,  la  sorgente  inesausta  e  feconda  di  quel  materia- 
le ,  che  le  acque  depongono  incessantemente  a  strati  , 
ora  in  uno ,  ora  in  altro  luogo  ,  la  cui  riproduzione 
sempre  rinascente  ,  supera  di  gran  lunga  il  consumo  , 
che  gli  uomini  fanno  giornalmente  di  esso ,  e  che  l* 
uso  o  r  abuso  di  tutto  il  passato  tempo'  della  creazio- 

22 

(a)  Se  tutta  la  superfìcie  ci'  Inghilterra  ,  dì  Sco- 
zia ,  d  Irlanda  fosse  stata  un  intera  foresta  sepolta  e 
carbonizzata  ,  sarebbe  già  terminata  da  più  secoli 
fjuesta  provisione  di  carbone  ,  tanto  grande  è  il  con- 
sumo che  si  fa  di  questo  contbustib  le  in  quei  paesi  , 
e  lo  spaccio  che  se  ne  fa  in  Olanda  e  nella  bassa 
Germania  .  Anzi  oserei  dire  ,  che  se  tutta  la  super- 
jìcie  ,  che  forma  oggi  il  fondo  del  mediterraneo ,  fos- 
se stata  anch'  essa  un'  intera  jeha  sommersa  dallo 
sboccamento  dell'  oceano  ,  e  carbonizzata ,  sarebbe 
stata  già  consumata  dai  Volcani ,  che  bruciarono  un 
tempo ,  e  che  bruciano  attualmente  . 


(  »70  ) 
ne  non  ta  potuto ,   ne  potrà  mal  diminuire  in  meno- 
ma parte  . 

Tuttociò  dimostra    doversi  questo    bitume  riferire 
al  Regno  animale ,    dimostrazione    che    si  accosta    all' 
evidenza  ,  quando  vogliamo  considerare  i  prodotti  che 
si  cavano  da    questa    sostanza  :    dalla    distillazione    del 
carbone  ,  così  in  grande  che  in  piccolo  ,    si  ottiene    1' 
ammoniaca  5   e  l' ammoniaca    è  un  edotto    che  si  deve 
principalmente  agli  olj  grassi,  e  delle  carni  degli  ani- 
mali che  soggiacciono    allo  slaccio    ed  alla  putrefazio- 
ne [a) .  I  sali  ammoniaci  che  veggiamo  in  copia  subli- 
mati sul  cratere    dei  Volcani ,    e  quel  torrente    di  gas 
idrogeno  ,  ammoniacale  ,  carbonico  ,  azotico  ,  che  sca- 
turisce dalle  gore  dei  volcani  e  pseudovolcani ,  attesta 
parimente  la  stessa  origine.  Mi  riserbo  di    confermare 
in  appresso  con  una  serie  di  esperienze  tuttociò  che  va- 
do qui  leggermente  toccando  . 

Poste  a  giorno  le  due  specie  di  carbone ,  doman- 


(a)  Lord  Dundonal ,  volendo  ridurre  il  suo  car- 
bone in  Coaks  ,  tanto  nelle  sue  Signorie  di  Scozia  ,, 
quanto  in  quelle  che  possiede  nel  Shropshire  in  In- 
ghilterra ,  fece  costruire  dei  forni  chiusi  in  maniera 
che  per  mezzo  di  un  fuoco  lento  e  ben  amministra- 
to ,  nulla  si  perdesse  poi  degli  edotti  di  questo  fossi- 
le .  Cosi  ottenne  egli  V  alcali  volatile ,  che  va  a  ser- 
vire alla  preparazione  del  sale  ammoniaco  ,  la  pece-^ 
il  petrolio  ,  di  cui  il  più  denso  serve  ad  uso  di  ca-^ 
trame  ,  il  più  fino  per  illuminale  le  strade  . 


(^7'  } 
do,  quale  delle  due  nultisce  i  volcaui?  Il  carbon  fossile 
vegetabile ,  per  le  ragioni  enunciate  ,  non  è  in  ista*o 
di  prestare  un  uffizio  sì  terribile  e  di  tanta  durala  , 
quindi  è  forza  conchiudere ,  che  il  massimo,  forse  il 
solo  alimentatore  de'  volcani  ,  sia  il  carbon  fossile  ani- 
male ,  come  quello  che  possiede  tutti  i  requisiti  a  ciò 
necessari  .  Esso  mantenne  un  tempo  i  volcani  estinti  , 
mantiene  tuttavia  gli  attivi  ,  e  manterrà  in  appresso  i 
volcani  rinascenti  .  Questa  è  forse  benauco  la  ragio- 
ne, onde  i  volcani  si  trovano  constantemente  in  mezzo 
ai  mari  sulle  isole  ,  o  vicinissimi  ai  lidi  ,  perciocché 
essendo  questo  elemento  il  gran  depositario  di  una 
merce  si  ricca ,  i  volcani  non  possono  che  di  là  pren- 
dere la  loro  nascita  e  '1  loro  incremento  Questa  pare 
anche  la  ragione ,  onde  le  acque  ,  adiacenti  alle  falde 
de' volcani,  si  trovino  in  tempo  di  bonaccia  sparse  di 
petrolio,  che  tramanda  un  odore  niente  ingrato  (a). 

Quindi  potremo  inferire  stanza  timore  d'ingannar- 
ci ,  che  i  volcani  si  vanno  mano  mano  estinguendo,  co- 
me si  vanno  allontanando  dal  mare  ,  quasicchè  1'  ab- 
bandonamento  di  esso  si  tirasse  dietro  la  perdila  ine- 
\itabilt;  dei  loro  nulrimento  .  La  proviicia  di  Terra  di 
Lavoi'o  ,  e  quella  di  Napoli  sono  piene  zej'pe  di  volcani 


(rt)  Volendosi  in  tempo  di  state  andare  per  mare 
da  Napoli  a  Portici ,  si  sente  per  tutto  quel  tratto  , 
specialmente  nelle  ore  della  mattina ,  im  odore  di  pe- 
trolio .  Le  acque  di  Catania  ne  sono  anch'  esse  im- 
pregnate :  e  ciò  è  comune  ai  pseudovolcani . 


e  ^7^  ) 
raffreddati,  oggi  lontaui  dal  mare  (a).  Tali  sono  pari- 
Bicnte  i  \olcaui  estinti  dello  slaio  Romano,  Toscano, 
Po  dovali  o  ,  Vicentino,  Modenese  e  di  quasi  tutta  l' Ita- 
lia .  La  lontananza  quindi  o  vicinanza  del  mare,  po- 
treLl>e  servire  d'indizio  a  giudicare,  se  un  volcano 
aia  totalmente  estinto  ,  o  abbia  soltanto  ,  per  poco , 
sospeso  i  suoi  fulmini  . 

Da  ciò  non  segue  ,  clie  non  si  possono  dare  nelle 
contrade  interne  molto  distanti  dal  tiìare  ,  depositi  di 
carbone  dell'una  e  dell'altra  origine  ,  ma  bensì  che 
non  possaHO  essi  produrre  voloani  vivi  ,  e  vivi  per 
secoli  .  Perciocché  per  quanto  è  a  mia  notizia  ,  le  mi- 
niere di  antraciti  con  tutto  il  corredo  degli  scisti  in- 
fiammabili, delle  argille  o  marne  bituminose  sogliono 
si  qualche  volta  bruciare  da  sestesse  ,  senza  strepito  o 
rumore  ;  produoendo  quella  specie  d' incendj  sotterra- 
nei ,  conosciuti  sotto  il  nome  di  pseudovolcani ,  ma 
non  mai  volcani  esplosivi  e  durevoli  [b]  . 


(a)  //  monte  Friello  ,  antico  volcano  estinto  sito 
nel  lenimento  di  Conca  ,  è  distante  dal  mare  più  vi- 
cino di  Gaeta  ,  quindici  miglia  ■  J  volcani  estinti  di 
Teano  ,  e  della  piana  di  Cajazzo  ,  sono  presso  a  po~ 
co  in  eguale  distanza  .  Il  Vulture  ,  grandissimo  vol- 
cano estinto  della  Basilicata  ,  si  trova  più  di  trenta 
miglia  lontano  dal  mai^e  di  Barletta  . 

(1j)  La  miniera  di  antraciti  di  Thalern  vicino 
Krerns ,  quaranta  miglia  distante  da  Vienna  ,  brucia 
p»;r  dieci  anni  continui  da  se  sola.  Quella  di  Comma- 


(  '73  ) 
E  se  la  presenza  costante  dei  volcani  sul  mare  , 
o  la  loro  tro])po  vicinanza  ci  fa  ragionevolmente  con- 
chiudere che  di  là  traggono  i  loro  principj  ,  perchè 
non  tirare  poi  da  questo  latto  generale  un  corollario 
egualmente  giusto,  e  dire  che  tutti  o  buona  parte  al- 
meno dei  psoutlovolcani  ,  lontani  dal  mare  ^  si  pascano 
ancor  essi  dei  residui  lasciati  dal  mase  stesso  ?  S'  è  ve- 
ro ciocché  insigni  naturalisti  ,  Ramazzici  ,  Frassoni  , 
Valisnieri  ,  Spallanzani,  aifermano  delle  salse  della  Mai- 
na ,  di  Boccasuolo  ,  di  Querzuola  ,  di  Montezibio  ce. 
nel  Modenese  ,  le  quali  vomitano  un  argilla  bianchic- 
cia inquinata  di  petrolio  ,  salata  al  gusto  ,  ed  aspersa  , 
quando  è  secca  ,  di  una  fioritura  bianca  ,  eh'  è  un  ve- 
ro muriato  di  soda  ;  e  l"  acqua  limacciosa  o  fanghiglia 
ch'eruttano  insieme  coli' argilla,  pitna  anch' essa  di  sa- 
le marino  ,  non  è  questa  una  prova  sicura  ,  che 
il  mare  avesse  un  tempo  lasciato  colà  quei  depositi  , 
e  poi  si  fosse  ritiralo  ?  La  pietrarena  stessa  che  forma 
r  ossatura  di  quelle  montagne  da  dove  scorrono  fontane 
perenni  di  petrolio  ,  non  è  essa  un  altro  deposito  del 
mare  ?  E  se  è  vero  ciò  che  dicono  valenti  minerologisti  , 
che  il  diaspro  porcellana  (  prodotto  dei  pseudovolca- 
ni  )  non  era  ,  avanti  la  sua  metamorfosi ,    che    argilla 


lau  in  Boemia  ,elo  stato  carbonoso  di  Saazbruke  bru- 
ciarono ancora  :  bruciano  attuahneute  altre  miniere 
di  Scozia  ,  bruciano  i  fuochi  di  Darigazzo  ,  dell'  Or- 
to dell'  Inferno  ,  di  Fetta ,  della  Raina  ec.  nel  Mo- 
denese . 


(  '74) 

scistosa,  compagna  indivisibile  del  carbone  basallino  , 
una  colla  pielrarena  ,  e  col  minerale  di  ferro  argillo- 
so-, non  è  questo  un  altro  argomento  che  prova  die 
il  pseudovolcano  corra  le  stesse  vicende  del  volcano 
vero  [a)  . 

Pare  quindi  elio  tanto  ì  veri  ,  quanto   i  Coli    vol- 
caui  abbiano  comune  1'  origine  ,  com3  hanno    comune 


(a)  Siccome  il  carbone  di  terra  occupa  general- 
mente le  regioni  piane  e  basse  ,  cioè  le  ultime  od  es- 
sere asciugate  o  abbandonate  dcdl'  acque  ,  cosi  questa 
sua  posizione  geologica  manifesta  non  tanto  la  novità 
di  queste  terre  ,  quanto  la  vera  origine  di  sua  forma- 
zione.  Il  mare  suole  ,  nel  rilircrsì  ,  lasciare  sparsi 
qua  e  là  depositi  di  acque  ,  pni  o  meno  estesi  e  pro- 
fondi ,  o  staccati  interamente  o  comunicanti  ancora 
con  esso  .  1  fiumi  stessi  arrestati  da  catene  di  mon~ 
tagne  sogliojio  formare  anch'  essi  dei  ristagnamenti . 
In  questi  laghi  di  acque  salse  o  dolci  ,  soggiorna  e 
vive  un  numero  prodigioso  di  pesci  e  di  altri  esseri 
organici  ,  oltre  quelli  che  menano  i  fiumi  che  i}'  im- 
boccano . 

La  destruzione  di  questi  esseri  ha  potuto  ,  col 
decorso  del  tempo  ,  e  col  concorso  di  altre  circostan- 
ze favorevoli ,  formare  quotili  spaziosi  e  profondi  stra ti 
di  carbone  che  si  veggono  nelle  loro  adjacenze  ,  come 
attestano  le  sponde  occidentali  del  Caspio ,  le  rive  dei 
laghi  Arai  e  Baikal  nelt  Asia  ,  ed  i  numerosi  ed  am- 
plissimi laghi  dell'  America  settentrionale  . 


la  somiglianza  .  Infatti  sembra  che  tutta  o  la  sola  dif- 
ferenza consista  nell'impeto,  perchè  ove  gli  uni  ardo- 
no 2'lacidi  e  tranquilli  ,  gli  altri  al  contrario  scuoto- 
no, squarciano,  fulminano- 

Ma  se  si  esamini  un  poco  più  attentamente  il  fa- 
re di  ambidue ,  si  scuopre  qualche  cosa  di  più  che 
non  è  la  sola  esplosione  .  La  vita  del  pseudovolcano  , 
comparata  a  quella  del  volcano  vero  ,  non  dura  che 
momenti  ,  e  ciò  non  può  ripetersi  altronde  ,  che  dal- 
la massa  circoscritta  e  limitata  dal  combustibile  che 
gli  serve  di  alimento  ,  quale  consumata  ,  forza  è  che 
muoja  con  essa  il  finto  volcano  .  Al  contrario  i  volca- 
ni  veri  che  durano  d'  ordinario  migliaja  di  anni  e  for- 
se di  secoli  ,  suppongono  non  tanto  una  copia  ingente 
di  comljuslibile ,  ma  fanno  sospettare  ,  ancora  e  non 
senza  fondamento ,  che  venga  essa  rigenerata  tutto  gior- 
no dalle  cagioni  medesime  che  la  produssero  la  pri- 
ma volta  .  E  che  sappiam  noi ,  se  il  silenzio ,  tenuto 
per  secoli  da  un  volcano  ,  non  derivi  appunto  da  que- 
sta cagione  ,  e  non  aspetti  ,  nel  suo  stato  inoperoso , 
quel  materiale,  che  la  natura  va  successivamente  pre- 
parando ,  e  con  esso  le  circostanze  favorevoli  all'  in- 
cendio ?  Io  non  saprei  spiegare ,  o  immaginare  altri- 
menti questi  incendj  a  riprese ,  che  ammettendo  egua- 
li ripr  ese  tra  i  vecchi  consumi  e  i  novelli  prodotti  . 
Perciochè  se  si  volesse  soltanlo  supporre  eh'  esistano 
sotto  r  interno  della  terra  o  sotto  il  fondo  del  mare 
strati  continuati  e  profondi  di  combustibile  ,  si  dovreb- 
be presumere  nel  tempo  stesso  ,  che  acceso  una  volta 
V  incendio  ,  quando  non  vi  sia  una  cagione   particola- 


(  176) 
re  clic  Io  estingua ,  dovesse  proseguire  sino  alla  totale 
consumazione  àA  combustibile  ,  che  sarebbe  anche  l'ul- 
timo periodo  del  volcano  .  Ma  noi  veggiamo  al  con- 
trario volcani ,  come  sono  1'  Etna  e  il  Vesuvio  ,  dopo 
più  secoli  di  quiete ,  riprendere  ,  con  maggior  furore  , 
la  loro  forza  ,  e  cagionare  guasti  assai  più  terribili  dei 
passati  [a) .  Onde  inai  queste  forze  novelle  ?  da  ali- 
uieuti  già  preesistenti ,    o    da    nuova    messe  venuta  di 


(.a)  Jl  nostro  Kesuvìo  scoppiò  la  prima  volta  sotto 
T  impero  di  Tito  V  amio  79  deli'  Era  cristiana  ,  ma 
ciò  fu  un  comiìiciamento  relativo  alla  storia  dell'  uo- 
mo .  La  sua  forma  conica ,  troncata  nelV  apice  ,  la 
positura  isolata ,  il  suo  cratere  ,  le  cave  profonde  ta~ 
pezzate  di  materie  abbrustolite  ,  fecero  dire  a  Stra- 
hone  lib.  5.  pag.  247.  e  seg.  dell'  edizione  Parigina 
dell'  anno  1620  ^  super  hsec  loca  (  parlando  di  Nola  , 
Nocera ,  Acerra  )  situs  est  Vesuvius  mons  ,  agris  cin- 
clus  optimis:  dempto  vertice  ,  qui  magna  sui  parte  pla- 
nus  ,  totus  sterilis  est,  adspectu  cinereus  ,  cavernasque 
osteudens  fistularum  plenas  ,  et  lapidum  colore  fuligi- 
uoso  ,  utpote  ab  igne  exesorum  :  ut  conjecturam  facile 
possis  facere  ,  ista  loca  quondam  arsisse  ,  et  crateras 
ignis  habnisse ,  delude  materia  deficiente  reslincta  fuis- 
se  ;  e  dimostrano  infatti  quelle  tracce  avere  esso  bru- 
ciato altre  volte  prima  che  cominciassero  gli  annali 
di  Roma  .  Ciò  attestano  le  case  e  le  strade  della  di- 
sotierrata  Pompei  ,  costruite  tutte  di  lave  ,  e  gii 
avanzi  della  via  Appia  formati   della    stessa   roccia  . 


e  177  ) 

fresco  dalle  mani  della  natui'a  ?  Io  sono  dì  questo  ul- 
timo sentimento  ',  checché  si  dica  altri  ,  e  mi  terrò 
fermo  ,  fìutanlocchè  non  sarò  vittoriosamente  convinto 
del  coj*(rario  . 

Si  possono  dare ,  e  ne  convengo  anch'  io  dei  vol- 
cani  estinti  nel  seno  stesso  del  mare  ,  ma  ciò  può  di- 
pendere da  più  circostanze ,  o  perchè  tra  il  volcano  e 
la  materia  combustibile  sia  stata  ,  da  cagione  ignota  , 
insuperabilmente  intercettata  la  comunicazione,  o  per- 
chè mancano  le  disposizioni  favorevoli  alla  combustio- 
ne, o  perchè  ,  e  ciò  è  più  frequente,  l' incendio  ,  apren- 
dosi un  altro  passaggio  più  facile  e  comodo  ,  sbuca 
fuori  per  altro  orificio  ,  formando  ,  nelle  vicinanze 
dreir  estinto  ,  un  volcano  novello  ,  com'è  l'esempio  dei 
volcani  delle  isole  Eoliche  ,  ove  la  morte  di  alcuni 
dieda  occasione  al  nascimento  di  altri  ,  e  com'è  l'al- 
tro dei  volcani  estinti  d' Ischia  ,  della  Solfatara  ,  dei 
campi  Flegrei ,  e  di  quanti  altri  esistano  nel  cratere 
di  Napoli  ,  di  Pozzuoli  ,  o  nel  mar  di  Gaeta  ,  i  quali 
morendo  ,  cederono  tutti  i  loro  dritti  al  comune  ere- 
de ,  il  vicino  Vesuvio . 


In  quella  lunga  tregua  dì  settecento  e  più  anni  pote- 
j-ono  crescere  sul  suo  dorso  alcuni  alberile  le  grotte 
divenire  praticabili  tanto  ,  da  permettere  a  Spartaco 
capo  degli  insorgenti  sen'i  ,  assediato  in  quel  nionte  , 
al  dir  di  Lucio  Floro  cap.  20.  ^  da  Clodio  GLibrione , 
di  escludere  la  vigilanza  di  questo  generale  ,  scap^ 
panda  via  coi  suoi  per  quelle  profonde  caverne . 


(  ^78  ) 

Ciò  non  è  vero  poi  in  tutta  la  sua  estensione  ,  n« 
Tpos^ianio  con  certezza  asserire,  che  i  volcani  vivi,  se- 
guita r  eversione  dei  loro  crateri  ,  si  spegnano  inlt;ra- 
iiìente  ,  qnan do  1'  esperienza  e  1'  osserviizlone  giorna- 
liera attestano  ,  che  la  combustione  proceda  ancora 
oltre ,  sebbene  con  atteggiamenti  diversi  dai  passati  . 
Cosa  è  mai  quel  sobbollinieuto  che  si  sente  sotto  i 
piedi  nei  nostri  campi  Flegrei  ,  e  negli  altri  volcani 
estinti  delle  isole  Lipariche  ?  Quello  strascico  di  ruote 
che  si  urtano  insieme  ,  quei  fumajuoli  perenni  ,  que- 
gli spiragli  o  crepani  ,  dai  quali  sortono  tìumi  di  gas , 
acque  termali  bolL;ntissime,  e  sublimazioni  continue 
;di  sostanze  saline  ?  Ciò  non  viene  sicuramente  da 
qualche  ghiacciaja  che  vi  fosse  in  quei  profondi,  ma 
sì  bene  da  un  calorico  sotterraneo  che  corre  a  guisa 
di  picciolo  ruscello  placidamente  mormorante ,  senza 
incutere  più  timore  di  allagare  traboccando.  La  sov- 
versione per  lo  più  dei  volcani  e  dei  loro  crateri  non 
è  di  fatto ,  che  un  passaggio  dal  più  al  meno  dallo 
stato  burrascoso  a  quello  di  calma ,  e  per  dirla  tutta 
usieme ,  da  volcano  vivo  a  pseudovolcano.  Perduta 
esso  avendo,  in  questa  rivoluzione,  buona  j  arte  di 
sue  forze ,  prosii'gue  a  bruciare  tranquillamente  per 
secoli  ,  finché  dura  il  fomite  alimentatore  dell'  incendio. 

Kon  è  poi  il  solo  sostentamento  l' oggetto  che 
costituisca  il  mare  patria  dei  volcani;  la  presenza  dell* 
acqua  è  ad  essi  necessaria  per  mille  altri  riguardi  non 
meno  importanti.  E  fatto  costante  iu  geologia  ,  che 
non  solo  i  volcani  ,  ma  i  pseudovolcani  ancora ,  sieno 
cosianteuieate    vicini  ai   grandi  ammassamenti   di  ac- 


(  '79  ) 
qua .  Tutte  le  miniere  di  antraciti  e  litrantraci ,  da  nit 
visitate  in  Germania  e  in  Inghilterra  ,  sono  presso  fiu- 
mi più  o  meno  considerabili  ;  i  litantraci  di  Thalern 
soprameutovati  giacciono  sotto  il  Danubio  ,  e  nell'  an- 
no 1  ngo.  quanto  io  fui  colà  ,  già  si  ei-a  arrivato  ,  scavan- 
do ,  alla  profondità  di  quaranta  tese  sotto  al  letto  di 
quel  fiume  ;  i  litantraci  di  Dresda  sono  prossimi  all' 
Elba  ;  quei  di  Commotau  in  Boemia  non  sono  lontani 
dal  Moldau  ;  gli  altri  di  Newcastle  radono  il  Pine , 
e  quelli  di  Colbrokdale  nel  Shropshire  sono  vicinissi- 
mi al  Severn  :  in  somma  non  iscorgerete  deposito  alcu- 
no di  carbon  fossile ,  che  non  abbia  nelle  sue  vicinan- 
ze un  serbatojo  più  o  ineno  frequente  di  acqua  .  Per- 
chè un  andamento  si  conforme  ,  o  perchè  mai  la  na- 
tura ha  posto  quella  accanto  a  questo  ?  Se  non  pos- 
siamo indovinare  qual  premura  o  disegno  avesse  ella 
avuto  in  ciò  fare,  possiamo  ottimamente  comprendere 
tutti  gli  effetti  che  da  tale  accozzamento  derivano  j  e 
questo  è  ciò  che  interessa  . 

Uno  di  questi  ,  già  lo  ripeto  ,  è  Fa  deposizione 
delle  sostanze  bituminose,  l'altro  consiste  nel  sommi- 
nistrare l'acqua  quel  principio  che  serve  allo  sviluppo 
dell'incendio.  Le  osservazioni  reiterate  ,  fatte  a  que- 
sto uopo  ,  dimostrano  inconlrastabilmenie  ,  che  le  com- 
bustioni volcaniche  hanno  stretto  ed  iminediato  rap- 
porto coir  acqua  ,  ciocché  indica  dovervi  esser?  non 
tanto  una  comunicazione  interna  e  segreta  tra  essa  e 
i  volcnui  ,  quanto  che  il  suo  concorso  sia  assoluta- 
mente  necessario  alla  formazione  dell'  incendio  . 

Le  miniere  di  litantraci  o  di  qualunque  altra  spe- 


(  iSo  ) 

eie  di  carbon  fossile  ,  sono  quasi  sempre  accompa- 
gnale da  una  prodigiosa  quantità  di  solfuri  e  di  solfi 
in  massa .  Dall'  isola  sola  di  Volcano  si  tiravano  ,  tem- 
po fa,  quattromila  canlaja  all'anno  di  solfo  ,  oltre  una 
quantità  maggiore  ,  che  somministrava  il  rimanente^ 
dell'  Eolie .  Gli  altri  nostri  volcani  e  pseudo-volcani 
ne  abbondano  ,  e  nelle  eruzioni  noa  si  sente  che  il 
puzzo  soffocante  del  solfo  .  La  natura  in  somma  pare 
avere  prodigato  questo  combustibile  nel  paese  degli 
altri  combustibili  .  Le  miniere  poi  non  brucianti  di 
carbone  sono  anch'  esse  largamente  provvedute  di  pi- 
luti  ,  che  vanno  alternando  col  carbone  ,  o  fognando 
ammassamenti  isolati  ed  ingenti  . 

Questi  metalli  miuex'alizzati  dal  solib  ,  siano  essi 
ferro  ,  rame  ,  arsenico ,  o  altro  ,  non  possono  sicura- 
mente riscaldarsi  ,  se  non  intervenga  o  vi  assista  una 
data  quantità  di  umido  che  gli  disponga  a  scomporsi. 
Quest'  acqua  non  può  venire  che  dal  mare  o  dai  fiu- 
mi ,  non  essendo  quella  delle  piogge  sempre  a  tiro  di 
penetrare  sino  a  quella  profondità  .  Al  solo  contatto 
dell'acqua  concepiscono  le  piriti  un  calore  tale  da  ri- 
scaldare non  solo  la  massa  carbonosa ,  ma  di  scomporre 
r  acqua  stessa  nei  suoi  priucijij .  Questa  scomposizione 
appunto  è  quella  ,  che  somministrando  l'  ossigene  e 
1'  idrogeue  5  accende  l'esca,  accosta  la  miccia,  e  desta 
(queir  incendio  che  si  manifesta  sotto  mille  apparen- 
ze (a) . 


(nj  Si  possono    dare    alti-i    agenti    promotori  dell' 
incendio ,  la  materia  elettrica  ,  il  fulmine  ec.  ,  ma  la 


{  '8i  ) 

In  questa  conflagrazione  succede  naturalmente  , 
che  si  svolgano  molli  fluidi  aeriformi ,  che  non  esiste- 
vano avanti  la  combustione  ,  proveziienli  dalle  sostanze 
bruciate  .  In  fatti  veggiamo  scaturire  dalle  eruzioni  dei 
volcani  ,  e  dai  fumajuoli  de'  pseudovolcani  molli  di 
questi  gas ,  l' idrogene  principalmente  libero  e  solfora- 
to, r  ammoniaca  semplice  o  combinata  ,  l' acido  solfori- 
co sciolto  o  legato  a  qualche  base  ,  1'  acido  cai-bonico 
ec.  Succede  ancora  che  una  porzione  grandissima  di 
acqua  rimanga  soltanto  risoluta  in  vapori  ,  che  una 
porzione  di  solfo  si  sublimi  ,-  e  che  1'  aria  atmosferica 
inviluppata  nell'  acqua ,  si  sprigioni  dai  suoi  impacci  , 
e  si  metta  anch'  essa  in  libertà  (a)  . 

Succede  talora  che  1^  olio  stesso  ,  addensato  e  fìsso 
nel  carbon  pietra  ,  riscaldato  dalla  scomposizione  dei 
solfuri ,  trasudando  fuoi'i ,  si  volatizzi  in  parte ,  venga  tra- 
sportato dalle  acque  in  qualche  fogna  ,  da  cui  poi  esca 
al  giorno,  come  accade  colle  fontane  di  Montezibio  nel 
Modenese  ,  che  fanno  1'  uso  di  cisterne  a  petrolio  .  In 
questo  caso  la  pietrarena  ,  lo    scistargilla  ,    o    V  argilla 


via  più  frequente  che  batte    la  natura  è  la  scomposi- 
zione delle  piriti  e  dell'  acqua  . 

(a)  Chi  mettesse  in  dubbio  che,  V  acqua  contenga 
una  dose  pia  o  meno  grande  di  aria ,  vada  a  vedere 
le  nostre  fonderie  della  Mungiaiui  ,  animate  da  tubi 
i>enlilatori ,  e  vedrà  qual  profluvio  di  aria  si  svolga 
dall'  acqua  ,  che  cadendo  frange  sopra  un  macigno 
chiuso  in  una  gran  vasca  . 


(      ^82    ) 

Semplice  ,  che  formano  la  parte  pendente  o  giacente 
del  bitume,  investite  costantemente  da  questa  corrente 
oleosa  ,  si  manifestano  anch'  esse  più-  o  uìeno  carbo- 
nizzate ,  secondo  il  maggiore  o  minore  grado  di  pe- 
netrazione ,  come  accade  appunto  cogli  alberi  sepolti. 
Ciò  dipende  in  gian  parte  dalla  natura  e  tessuto  delle 
pietre  ,  altre  essendo  più  porose  e  bibaci ,  altre  meno. 

Tutti  questi  gas  sopramentovati  accquistano  via 
vìa  per  l' intensità  del  calorico  un  elaterio  tale ,  che 
mal  soffrendo  di  vedersi  chiusi  tra  stretti  ergastoli ,  cer- 
cano ad  ogni  costo  di  aprirsi  una  strada  :  quindi  i  Ire- 
muoti  e  gli  scuotimenti  che  precedono  1'  esplosione  , 
finché  trovato  un  passaggio  nella  parte  più  debole  del- 
la roccia  ,  o  tra  i  punti  di  separazione  Ira  strato ,  e 
strato,  ovvero  tra  i  vuoti  lasciati  dalle  piriti  o  dai 
carboni  bruciati ,  percorrono  uno  spazio  simigliante  al 
collo  di  un  imbuto,  che  sì  va  mano  mano  allargando 
quanto  meno  di  resistenza  incontra  ,  o  quanto  più  si 
avvicina  alla  superficie  ,  ove  questo  collo  va  finalmen- 
te a  terminare  in  un  cono  capovolto  .  come  sono  or- 
dinariamente tutti  i  crateri  dei  volcani  . 

Se  a  questo  primo  cono  ,  per  le  sovrapposizioni 
successive  ,  accede  un'  altra  corrente  di  lave  ,  e  vi  si 
pianti  sopra ,  sorgerà  un  altro  cono ,  unito  al  primo 
per  la  base ,  il  cui  ultimo  cratere  rappresenterà  anch' 
esso  una  campana  capovolta  .  Cosi  va  ergendosi  a  po- 
co la  montagna  ,  finche  spuntando  fuori  del  mare , 
forma  coli'  andar  del  tempo  un  isola .  Ma  se  mai  av- 
venga appresso  ,  che  le  correnti  sopravvegnentì  trovi- 
no nei  fianchi  defla  montagna  meno  resistelàza  che  nel 


(,83) 

rertice  ,  si  apriranno  là  uno  o  pift  passaggi  ,  formando 
altri  nionticelli  anch'  essi  conici . 

Da  queste  premesse  possiamo  comprendere,  onde 
vengano  quei  getti  di  acqua  che  lanciano  qualche  vol- 
ta i  volcani  in  tempo  di  eruzione  ,  onde  i  venti  che 
sbucano  dai  loro  spiragli  ,  onde  quelle  colonne  fumi- 
fere  e  conglobate  ,  che  precedono  e  spianano  la  strada 
alle  succGSSive  grandinate  di  sassi  e  pietre  che  cuo- 
prono  città  intere  e  villaggi  . 

La  forza  del  calorico  nel  centro  dei  volcani  esplo- 
sivi è  diversamente  intensa,  qualche  volta  la  tempera- 
tura è  cosi  alta,  e  la  fusione  si  completa ,  che  le  ma- 
terie fuse  si  accostano  più  o  meno  allo  stalo  di  vetro 
o  di  smalto  .  Qualche  volta  la  fusione  si  mantiene  tra 
i  limiti  di  una  moderata  liquefazione  ,  e  in  questo  ca- 
so le  rocce  refrattarie  vi  reggono  ferme  ,  e  i  cristalli 
d' horniblenda  ,  invischiati  nella  pasta  dei  basalti  ,  non 
soffrono  punto  («)  .  Qt^alche  altra  volta  non  è  affettala 
dal  fuoco  ,  che  la  corteccia  esterna  della  pasta  ,  restan- 
do illeso  ed  inlatto  il  nucleo .  Spesso  le  pareli  interne 


(a)  La  lava  del  Vesuvio  dei  i3.  agosto  \So5. pre- 
ceduta dal  tremuoto  dei  26  luglio  era  tanto  liquida , 
che  somigliava  all'  acqua.  Dalla  boera  del  volcano 
al  mure  pose  quattro  minuti  primi  di  tempo ,  non  ostan- 
te la  distanza  di  tre  miglia  .  Credo  che  la  somma  li- 
quidezza di  essa  venisse  ,  non  tanto  dalla  forza  d<  l 
calorico  ,  quanto  dalla  lungliezza  del  tempo  che  restò 
«sposta  al  fuoco  del  volcano  . 


(  i84  ) 
degli  strati  adiacenti  ,  strappate    e    divelle    dall'  impeto 
dei  gas  ,  sono  a  brani  lanciate  fuori  del  cratere  . 

Queste  vicende  diverse  debbono  necessariamente 
imprimere  nei  fossili  già  preslstenti  caratteri  diversi: 
alcuni  sono  tramutati  in  modo  ,  che  ,  perduta  affatto 
l'antica  fisonomia  ,  prendono  col  nome  tutto  l'aspetto 
di  rocce  volcaniche  ;  altri  sfigurate  lasciano  però  tra- 
vedei'e  le  tracce  della  prima  indole  j  altri  poi  si  mo- 
strano affitto  illesi  ;  altri  finalmente  sono  novellamente 
combinati  dal  miscuglio  dei  corpi  volcanizzati  .  Da 
quanto  finora  si  è  accennato  si  possono  ricavare  i  se- 
guenti corollarj  . 

1.  La  rocce  volcaniche  riconoscono  la  loro  origi- 
ne non  già  dall'acqua,  ma  dal  fuoco,  di  cui  portano 
impresse  tracce  più  o  meno  distinte  . 

2.  Si  conoscono  esse  all'  aspetto  asciutto  ,  abbru- 
stolito ,  squarciato  ,  vescicoso  ,  scoriaceo  . 

3.  La  formazione  delle  montagne  volcaniche  cade 
in  un  epoca  di  tempo  assai  più  recente  di  quella  del- 
le montagne  primitive  e  stratose  .  Perciocché  il  fuoco 
dei  voìcani  non  produce  né  crea  fossili  novelli  ,  ma 
cangia  e  svisa  i  fossili  già  preesistenti .  ISè  si  può  im- 
maginare mai ,  che  avesse  questo  fuoco  esistito  avanti 
eh'  esistesse  la  materia  necessaria  al  suo  sviluppo. 

4.  Il  materiale  atto  all'incendio  ,  o  la  materia  com- 
bnstiLile  ,  cui  i  volcani  debbono  tutto  1  essere  ,  è  un 
corpo  appartenente  principalmente  al  fondo  del  mare 
o  all'interno  della  terra  lasciato  in  abbandono  dalle 
acque.  I  volcani  vivi  o  estimi  in  molte  regioni  del 
globo  ,  fanno  supporre  che  un  tal  fossile  non  solo  esi- 


1 


(  i85  ) 
stesse  anteriormente  ad  essi  ,  ma  si  rigenerasse  conli- 
niiamente  dalle  stesse  sostanze  che  lo  formarono  la 
prima  volta.  E  se  noi  vogliamo  procedere  dalle  cose 
piccole  ,  le  cui  cagioni  sono  note  ,  alle  più  grandi  ,  ci 
sarà  forza  confessare  e  riconoscere  nel  carbon  fossile 
animale  tutti  i  caratteri  e  prerogative  di  questo  com- 
bustibile . 

5.  Le  montagne  volcaniche  sono  di  due  specie  : 
alcune  riconoscono  l' intera  esistenza  dal  fuoco  ,  e  si 
chiamano  volcani  veri  ;  altre  parimente  dal  fuoco  ,  ma 
senza  gli  effetti  dell'  esplosione  ,  e  si  dicono  pseudo- 
volcani.  Secondo  le  differenze  di  queste  due  specie  di 
montagne  ,  le  rocce  si  dividono  in  due  famiglie  ,  cioè 
in  rocce  vere  volcaniche  ,  formate  o  per  dir  meglio 
sformate  nel  centro  del  volcano  ,  ed  in  rocce  pseudo- 
volcaniche  ,  diverse  da  quelle  e  per  la  qualità  ,  e  per 
la  quantità  meno  estesa  delle  prime. 

6.  Siccome  il  grado  dell'  azione  del  calorico  è  mol- 
to differente ,  e  dipende  soltanto  dal  caso  la  sorte  dei 
fossili  5  che  ne  sono  attaccati  o  svisati  ,  cosi  bisogna 
sempre  supporre,  che  le  rocce  volcaniche  ,  rispetto  ai 
loro  caratteri  ,  sono  anche  diverse  .  Rispetto  poi  ai 
componenti ,  pare  che  siano  principalmente  d'  indole 
argillosa  ,  come  farò  vedere  quando  parlerò  dei  vol- 
cani in  particolare  . 


a4 


(  '8G  ) 
SulV  imbianchimento    delle  tele  .    Memoria   del  Socio 
Ordinario  Michele  Ferrara  .  Letta  neW Adunanza 
nel  dì  2^.  febbrajo  i8og. 

Imbianchimento  è  quella  ultima  operazione  ,  per 
la  quale  la  canapa,  il  lino,  ed  il  cotone  si  spogliano 
dalla  loro  materia  colorante  ,  ed  acquistano  il  colore 
affatto  bianco  ,  senza  che  il  tessuto  filamentoso  ne  sof- 
fra la  menoma  alterazione  ,  o  cambiamento  . 

La  felice  riuscita  però  di  questa  operazione  non 
dipende  solamente  dai  metodi  ,  che  soglionsi  appli- 
carvi ,  ma  assolutamente  da  quelle  pi'eparazioni ,  che 
devono  necessariamente  precederla  . 

La  chimica  nella  dovizia  della  sue  numerose  sco- 
perte potrà  suggerire  qualunque  ritrovato  prosperevole  ; 
non  mai  però  lo  rileverà  corrispondente  all' effetto ,  se 
questi  corpi  non  saranno  precedentemente  preparati  . 

Le  operazioni  ,  che  devono  prevenire  1'  imbianchi- 
mento ,  sono  la  preparazione  della  canapa  ,  e  del  lino 
prima  di  essere  pettinati  ,  la  costruzione  de'  pettini  , 
tutta  diversa  dagli  ordinar]  ,  e  1'  uguaglianza  della  fila- 
tura . 

Tali  preparazioni  nel  nostro  Regno  generalmente 
s' ignorano ,  e  ciò  costituisce  la  vera  ragione  ,  onde  non 
si  vede  formato  fra  noi  un  bel  filo  ,  ed  una  buona 
tela  . 

Fino  a  che  perdurerà  questa  marcata  Ignoranza 
fra  ì  nostri  industrianti  nella  esecuzione  di  queste  pre- 
cedenti applicazioni  1'  imbianchimento  non  potrà  avere 


(  i87) 
mai  luogo  .  Ed  è  ,  a  dir  vero  ,  cosa  oltre  modo  di- 
spiacente allorché  si  rifletta  che  la  oanapa  ,  il  lino,  ed 
il  cotone  tanto  fecondamente  allignanti  nel  nostro  suo- 
lo ,  non  vagliano  ad  offrirci  tntta  la  estensione  del 
loro  uso  per  la  sola  mancanza  di  inanofatturazione  ,  e 
neir  atto  che  ne  siamo  doviziosamente  forniti  dobbia- 
mo essere  riconoscenti  della  loro  eslesa  applicazione 
alla  industria  degli  esteri  . 

Io  neir  esporre  questa  memoria  a  questo  rispettabile 
Istituto  sarei  nel  dovere  occuparmi  prima  delle  prepa- 
razioni ,  che  devono  precedere  l' imbianchimento  .  Ma 
con  mia  soddisfazione  vengo  alleviato  a  rapportarle  per 
le  lodevoli  fatiche  del  nostro  valente  Socio  Sig.  Ra- 
mondini  ,  il  quale  in  ima  sua  memoria  inserita  in 
questo  nìe;lesimo  volume  tratta  queste  preparazioni 
con  una  pratica  tanto  istruttiva  ,  alla  quale  altro 
non  manca  ,  se  non  quella  dell'imbiancamento  per 
potersi  questo  ramo  interessante  d'  industria  istituirsi 
fra  noi . 

Nel  rassegnare  pertanto  alla  vostra  profonda  intel- 
ligenza,  Signori  Colleghi  ,  questo  qualunque  siasi  mio 
txavaglio  ,  devo  prevenirvi  essere  il  medesimo  quel 
sincero  risultato  di  fatti  ,  i  quali  ho  avuto  occasione 
di  osservare  costantemente  nell'eseguire  tale  operazione, 
perciò  5e  nell'  esporre  quanto  opino  sulla  combattuta 
teoria  mi  allontano  dai  sentimenti  di  quei  rao^oruarde- 
voli  chimici  ,  che  meritano  il  primo  luogo  nello  stu- 
dio di  questa  scienza  ,  intendo  sempre  nudrire  per  i 
medesimi  tutta  la  stima  ,  che  giustamente  1'  è  dovuta , 


(  ì88  )     ■ 
né  ad  altro  scopo  teiulono  le  mie  riflessioni ,  che  alla 
ricerca  della  scoperta  ,  e  della  verità  . 

Con  la  guida  dunque  de'  fatti  io  procedo  a  pro- 
vare 1.  che  la  materia  colorante  le  iihre  filamentose 
vegetahili  sia  un  principio  identico,  e  puro  di  sua  na- 
tura 2.  Che  la  potassa  ,  la  soda  ,  i  muriati  a  loro 
base,  ed  a  terra  calcare  siano  efficaci  mezzi  per  togliere 
la  parte  estrattiva  da  queste  sostanze  ,  ma  non  per 
imbiancarle  .  3.  Finalmente  che  il  solo  e  vero  dissol- 
vente della  materia  colorante  sia  1'  ossigeno  . 

Con  la  guida  de'  fatti  istessi    passo    inoltre    a  j)ro- 
•   porre  1'  applicazione  del  metodo  col  gas  acido  muria- 
tico ossigenato  ,    e    la  esposizione  di  quei  mezzi  ,  che 
concorrono  al  felice  successo  della  operazione  . 

La  operazione  dell'  imbianchimento  è  stata  per 
lunga  serie  di  anni  la  industria  delle  semplici  donnir- 
ciuole  .  Essa  non  ha  meritata  1'  attenzione  de'  chimici 
se  non  dopo  la  scoperta  dell'  acido  muriatico  ossige- 
nato fatta  dair  illustre  Signor  Priestley  ,  e  siamo  debi- 
tori air  indefesso  operatore  Signor  Berthollet  dell'  ap- 
plicazione utile  di  questo  acido  alle  arti  . 

Da  tale  epoca  questa  operazione  uscì  dall'  angusto 
suo  limite  ,  in  cui  meschinamente  si  raggirava  ,  richia- 
mò la  occupazione  della  scienza  -per  osservarne  i  feno- 
meni ,  e  divenne  oggetto  interessante  per  la  bellezza 
de'  risultati . 

Quanto  siamo  debitori  però  all'  indicato  illustre  chi- 
mico per  l'applicazione  di  questo  ritrovato  nel  togliere  la 
materia  colorante  dalla  fibra  filamentosa  vegetabile  ,  e 


{ >%  ) 

quanto  siamo  riconoscenti  ad  altri  non  meno  valenti 
operatori  per  la  diversità  del  metodo  che  lianno  cre- 
duto apporvi  ,  altrettanti  siamo  dispiacenti  nel  riscon- 
trare una  discrepanza  di  opinioni  sulla  teoria  di  tale 
operazione  .  Quindi  è  ,  che  data  1'  incertezza  sulla  co- 
noscenza de'  componenti  ,  che  costituiscono  il  fatto  , 
vario  e  mal  sicuro  ne  sarà  sempre  il  metodo  ,  che 
viene  a  comprovarlo  .  Da  tale  circostanza  a  mio  cre- 
dere è  derivato  quel  meno  favorevole  incontro  con 
cui  r  imbianchimento  col  gas-acido  muriatico  ossige- 
nato è  stato  generalmente  ricevuto  . 

La  opinione  della  maggior  parte  de'  cliimici  i  più 
accreditati  conviene,  che  la  materia  colorante  della  fibra 
filamentosa  de' vegetabili  morti  sia  un  composto  di  due 
sostanze  fra  loro  diverse  ,  e  perciò  richedono  per  po- 
terla distruggere  due  dissolventi ,  qual  è  la  potassa  ,  e 
r  ossigeno  . 

Si  uniformano  altri  con  la  cennata  teoretica  opi- 
nione ,   ma  discordano  sulle  attribuzioni  de'  dissolventi. 

Vi  è  chi  crede  che  questa  materia  colorante  sia 
una  sostanza  identica  e  sola  ,  la  quale  dopo  di  essere 
passata  allo  stato  di  acitìo  carbonico  per  il  contatto 
dell'  ossigene  ,  il  resto  risulta  in  uno  estratto  solubile  . 
Da  me  non  valutandosi  altro  che  il  fatto  ,  mi  propon- 
go a  sostenere  che  sia  un  principio  identico  di  sua 
natura  . 

Tulli  i  vegetabili  morti  presentano  generalmente 
nella  loro  analisi  l'acqua,  l'olio,  la  resina,  la  mucil- 
lagine  ,  uua  sostanza  salina,  il  carbone,  la  parte  ter- 
rea ,  e  qualche  ossido  metallico  . 


(  19»  ) 

Se  si  rifletta  sulla  natura  di  questi  prodotti ,  chia- 
ramente rilevasi  ,  che  tulli  sono  ,  eccetto  le  tene  ,  ed 
i  metalli  ,  il  risultato  della  diversa  proporzione  con 
cui  trovansi  comhinati  fra  loro  1'  ossigeno  ,  1'  idrogeno, 
r  azoto  ,  ed  il  carbonio  . 

Questi  prodotti  dunque  ,  che  di  loro  natura  sono 
un  composto  delle  mentovate  primordinali  sostanze  , 
costituiscono  nel  loro  tulio  un  essere  sui  generis  ,  che 
dai  chimici  si  dice  Principio  vegetabile  ,  e  dall'  inge- 
gnoso Fourcroy  Materiali  immediati  alla  vegetazione. 

Ed  in  vero  trattandosi  questi  prodotti  medesimi 
con  i  rispettivi  reattivi  essi  vengono  perfettamente  a 
disciogliersi  o  a  distruggersi  ,  e  la  dissoluzione  ,  o  la 
distruzione  succede  ugualmente  nel  tutto  insieme  delle 
loro  partì  ,  senzacchè  ciascheduno  de'  componenti  ne 
rimanghi  isolato  .  In  conseguenza  di  tale  verità  la  resi- 
na ,  r  olio  volatile  gli  olj  crassi ,  la  mucillagine,  la  parte 
salina ,  e  tutti  gli  altri  prodotti  della  vegetazione  mor- 
ta meritano  la  denominazione  di  principio  vegetabile, 
quantunque  riconoscono  per  componenti  le  sostanze 
primitive  . 

La  materia  colorante  delle  fibre  filamentose  de' 
vegetabili  morti ,  cosa  è  mai  ?  Non  è  anch'essa  un  pro- 
dotto ,  che  ci  presenta  l' analisi  della  vegetazione  ?  E  se 
è  cosi ,  perchè  non  si  deve  considerare  come  un  ri- 
sultato della  combinazione  delle  sostanze  jirimitive  , 
ed  in  conseguenza  come  principio  vegetabile  ,  o  ma- 
teriale immediato  alla  vegetazione  ? 

La  necessità  di  doversi  impiegare  la  potassa ,  e 
r  ossigeno  nell'imbianchimento  ha  fatto  giudicare    che 


(  ^90 
questa  tnatei'ia  colorante  sia  uà  composto    di    due  so- 
stanze diverse  ,  giacché  se  fosse  una  ed  idenlica  ,  non 
esigerebbe  due  reattivi  per  disciogliersi. 

Si  accordi  pure  che  sia  un  composto  di  due  so- 
stanze ,  una  che  richiede  la  potassa  ,  I'  ossigeno  l'  altra, 
qual' è  il  loro  nome,  e  quali  sono  le  loro  caratteristi- 
che ?  Nissnno  l'accenna.  Come  agisce  l'affinila  nella 
combinazione  ,  e  qual'  è  1'  attribuzione  de'  reagenti  ne' 
risultati?  Se  s'ignora  la  loro  natura. 

Li  chimica  non  riconosce  per  vero  che  il  fatto. 
Dal  fatto  dunque  rileviamo  il  vero  . 

Il  metodo  ordinario  d'  imbiancare  consiste  nell'es- 
porre  le  tole  ed  i  fili  umettati  all'  azione  dell'  aria  ,  e 
della  luce:  ed  è  noto  a  chiunque-,  che  dietro  le  suc- 
cessive umettazioni  applicate  per  quattro  o  cinque  set- 
timane ,  queste  tele,  e  questi  fili  si  osservano  quasi 
imbiancali  . 

E  un  fatto  che  l'imbianchimento  sia  succeduto  5 
non  è  perfetto  j  ma  non  vi  è  stata  applicazione  di  po- 
tassa ,  Chi  mai  ha  sciolto  o  tutta,  o  in  parte  quella  so- 
stanza, di  cui  all'alcali  solo  è  riserbata  la  dissoluzione? 

Se  si  sommergano  queste  stesse  tele,  e  questi  fili 
istessi  in  un  bagno  di  potassa  ,  che  segui  il  grado  5. 
all'  idrometro  ,  il  di  loro  colore  da  quasi  bianco  qual 
era  ,  diviene  citrino  .  L'  alcali  forse  esercita  la  sua  azio- 
ne sopra  quella  sostanza  ,  che  1'  appartiene  ?  Nò  .•  per- 
chè se  vi  rimangano  sommersi  non  uno,  o  due  gior- 
ni ,  ma  mesi ,  il  colore  mai  permuterà  . 

Se  la  potassa  disciogliesse    una    di  quelle  sostanze  ^ 


(  192  ) 
che  la  costituisce  componente  della    materia    colorante 
perchè  non  si  rinviene  in  parte  distrutta  :  e    perchè  il 
colore  si  rileva  sempre  ugualmente  lo  stesso  ? 

Se  le  tele  ed  i  fili ,  che  non  hanno  ricevuta  alcu- 
na precedente  preparazione  si  espongano  umettali  di 
potassa  fluida  al  vapore  dell'acqua  bollente  in  una  stu- 
fa ,  la  potassa  costituisce  una  pioggia  coli'  aggregazione 
acquosa ,  seco  trasportando  la  parte  estrattiva  ;  il  tessu- 
to fibroso  rimane  di  un  colore  citrino  5  e  nella  calda- 
ja  si  trova  1'  acqua  alcalizzala  tinta  da  un  colore  gial- 
lognolo fosco  con  un  sedimento  copioso  . 

All'  opposto  se  le  tele  ed  i  fili  sieno  stali  antece- 
dentemente preparati  ,  ed  umettati  di  potassa  ,  venga- 
no esposti  alla  stessa  azione  del  vapore  a  stufa ,  il  co- 
lorilo di  essi  risulta  ugualmente  citrino  ,  1'  acqua  appe- 
na succede  colorata ,  ed  il  sedimento  è  quasi  incalco- 
labile . 

Finalmente  se  si  espongono  al  vapore  istesso  quelle 
tele,  che  hanno  ricevuto  l' imbianchimento  ordinario, 
l'acqua  della  caldaja  si  osserva  appena  colorata,  ed  il 
sedimento  in  una  proporzione  tenuissima. 

Da  tali  fatti  chiaramente  deducesi ,  che  la  potassa 
ha  prodotto  l'effetto  istesso  ,  che  l'umettazione  ajutata 
dalla  luce  nell'  imbianchimento  ordinario  ,  giacché  sul 
tessuto  fibroso  ,  il  quale  è  stato  antecedentemente  pre- 
paralo ,  non  si  è  rilevato  1'  effetto  istesso  ;  si  marca 
però  la  differenza  che  la  potassa  animala  dal  calore  a 
stufa  spoglia  le  fibre  filamentose  dal  materiale  estrat- 
tivo nel  corso  di  un  giorno  ,  e  le  umettazioni  all'  aria 
pi'oducono  lo  stesso  dopo  quello  di  più  settimane.  Do- 


pò  tali  operazioni  si  osserva  costantemente ,  che  il  tes- 
suto (ilamentoso  risulta  tinto  di  colore  citrino  5  clic 
questo  coloriio  sia  il  iiialeriale  colorante,  giacché  la 
sua  dissoluzione  si  nega  cosi  alle  successive  umetla- 
xioni ,  che  all'applicazione  della  potassa,  che  esiga  al- 
tro reagente  per  essere  distrutto  . 

L'  applicazione  dunque  della  potassa  tanto  ricevu- 
ta dai  chimici  nell'  imhianchimento  è  necessaria  ?  Si . 
Per  distruggere  forse  la  materia  colorante  delle  libre 
filamenlose,  o  uno  di  quei  due  componenti  di  cui  si 
crede  composta  ?  Nò.  Ma  per  quale  vantaggio  ?  Perchè 
essendo  una  sostanza  salina  ,  la  sua  azione  è  più  pene- 
trante ,  conseguentemente  è  più  spedita  delle  umetta- 
zioni all'aria  per  separare  il  materiale  feculaceo-estrat- 
livo  ,  non  già  per  imbiancare  . 

L'  applicazione  dall'  ossigeno  ,  che  io  considero  il 
solo  e  vero  reagente  per  distruggere  la  materia  colo- 
rante le  libre  filamentose  vegetabili  confermerà  quanto 
finora  ho  esposto  . 

Questo  benefico  primordiale  agente  della  natura 
non  mai  va  isolato ,  ma  sempre  con  altre  sostanze  tro- 
vasi in  unione,  ed  i  suoi  preziosi  effetti  si  sperimen- 
tano più  o  meno  attivi  ,  giusta  la  niaggiore  ,  o  mi- 
nore tendenza  eh'  esercita  nelle  combinazioni  . 

Se  si  esponga  la  limatura  di  ferro  ad  una  tempe- 
ratura umida,  l'ossigeno  di  quell'atmosfera  agisce  sul 
metallo  ,  e  lo  riduce  in  ossido  .  Tale  ossidazione  però 
nou  succede  se  non  dopo  il  corso  di  più  settimane  , 
perciié  1  ossigeno  istesso  quasi  lambendo  esercita  la 
sua  azione  . 


2S 


(  ^9i  ) 

Se  si  sommerga  la  limatura  mcfltsiiiia    nel!'  acido 
solforico  dilulo,  eli' è  l'ossigeno  a  base  di  solfo, allora 
,  la  ossidazione  riesce  prontanea ,    perchè  queslo  agonie 
vi  si  scarica  con  latta  la  sua  forza  , 

Succede  lo  stesso,  quando  1' azione  di  questa  pri- 
mordiale sostanza  viene  applicata  sul  tessuto  filamen- 
toso vegetabile  . 

Allorché  le  tele  ed  i  fili  si  espongono  umettati  all' 
azione  dell'aria  e  della  luce  ,  si  trovano  dopo  il  corso 
di  più  settimane  superGcialmente  imbiancate  .  Ciò  chia- 
ra uieute  si  compi-ende  ;  perchè  1'  ossigeno  non  ha  po- 
tuto agire  che  lambendo  le  libre  filamentosa  ,  in  con- 
seguenza l'imbianchimento  non  è  che  superiiciale  . 

Se  si  bagnano  le  stesse  tele  ,  e  gli  stessi  fili  di  aci- 
do muriatico  ossigenato,  allora  il  tessuto  fibroso  rima- 
ne corroso  perfettamente  dall'  acido  ,  e  1'  ossigeno  che 
-si  trova  al  contatto  immediato  delle  sue  particelle  ^ 
distrugge  prontamente  la  materia  colorante  , 

E  se  si  sommergano  le  tele  ed  i  fili  umettati  di 
potassa  nel  gas  acido  muriatico  ossigenato ,  i  quali 
hanno  ricevuto  le  antecedenti  preparazioni  ,  allora  il 
tessuto  fibroso  è  in  cimento  di  deteriorazione  ,  ma  ri- 
mane Imbiancalo  .  Finalmente  se  le  tele ,  ed  i  fili  pre- 
parati rimangono  nel  bagno  di  muriato  di  potassa  oijsi- 
genato  ,  allora  il  lessato  filamentoso  è  in  salvo  ,  e  I' 
imbianchimento  succede  felicemente  . 

Chi  non  rileva  che  quando  le  tele  si  sono  som- 
merse cosi  isolate  nel  gas  acido  muriatico  osiigenato  , 
questo  ha  marcato  la  sua  azione  sul  tessuto  filamen- 
toso ,  e  r  ha  corroso ,  e  la  materia  colorante    che  si  è 


I 


(  ^95  ) 
presentala    in    tulli  i  suoi  punti    all'ossigeno,    è    slata, 
dissipata      AH'  opposto    quando    le    tele    si    sono    fatte 
soniuiergero  umettate  di  potassa  nello  stesso  gas-acido , 
allora    questo   in  virtù  di  tendenza    all'  alcali    si  è  uni- 
to,  e  l'ossigeno  si  è  scaricato  sulla    materia  colorante, 
e  l'ha  distrutta.  In  questa  operazione  vi  è  sospetto  di 
deteriorazione  nella  libra  filamenlosa  ,  perchè  può   es- 
sere acido    soprahboiidanle    alla  potassa,  e  rimanendo 
il  medesimo  isolalo    può    esercitare  la  sua  azione    sul 
tessuto,    e    corroderlo.    Neil'  ultima  operazione    final- 
meute    l'acido,    che  si  trova    pe  rl'ellamenle  neutraliz- 
zalo dalla  potassa ,    e    questa  più    tosto    in  grado  mag- 
giore,    cosliluisce    la  sicurezza  nel  tessuto  ,    senza  im- 
pedir r  efll'tto  dell' ossigeno  por   imbiancarlo. 

In   queste  indicale  operazioni    l' imbianchimento  e 
succeduto.  Ma  a  spese  di   qnal  reagente  ?  Dell'ossige- 
no ,  giacché  la  potassa  nell'  ultimo  sperimento   non  ha  ^ 
servito  che  a  neutralizzare  1'  acido  ,  per    cui  il  tessuto           ^^ 
llbroso  è  rimasto  illeso  da  corrosione. 

E  di  fatti  neir  immergere  le  tele  umettate  di  po- 
tassa nel  bagno  summenlovato  della  seconda  opera- 
zione ,  si  manifesta  prontaneo  1'  odcye  del  muriato  os- 
sigenato di  jiolassa  ,  e  la  effervescenza  con  le  bolle 
sulla  superficie  del  bagno.  Il  primo  dinota  la  combi- 
nazione dell'acido  colla  potassa,  la  seconda  indica 
lo  sviluppo  dell'  acido  carbonico  che  si  svolge  dalla 
potassa  islessa .  Finalmente  evajìorandosi  questo  ba- 
gno di  gaa-acido  mr.riaiico  cssigenaio ,  in  cui  è  slata 
sommersa  la  lela  umettala  dalla  potassa  ,  si  ricava  il 
muriato  di  potassa ,  e  non  già  il  muriato  ossigenalo 
alla  slcssa  base  . 


(  '96  ) 

Quesli  fatti  compruovano  gli  ultimi  sperimenti 
tanto  ben  ricevuti  dai  chimici  ,  cioè  di  applicare  t 
riìuriati  ossigenati  o  di  potassa,  o  di  sodalo  di  calce 
sull'  imbianchimento. 

Queste  saline  dissoluzioni  penetrando  con  la  loro 
attività  1'  interno  del  tessuto  filamentoso  si  decompon- 
gono .  Esse  neir  alto  che  efficacemente  disciogliono  la 
parte  estrattiva,  aprono  la  strada  all'ossigeno,  il  quale 
in  virtù  di  tendenza  abbandona  la  combinazione  ,  ed 
attacca  la  materia  colorante  ,  e  la  distrugge  ,  senza  che 
il  tessuto  suddetto  ne  risenta  la  minima  deteriorazione . 
Il  liquore  di  questo  bagno  fatto  quindi  evaporare  som- 
ministra parimente  il  muriato  semplice ,  e  non  giù  os- 
sigenalo a  base  di  potassa  . 

Dalle  addotte  osservazioni  tutte  risultanti  da  fatti , 
pare  dunque  provato  che  la  materia  colorante  le  fibre 
filamentose  vegetabili  sia  una  sostanza  sui  generis  , 
ed  un  principio  identico  ,  come  tutti  gli  altri  della  ve- 
getazione morta  ;  che  la  potassa ,  e  più  efficacemente  i 
jnuriati  ossigenati  alla  sua  base  o  a  quella  di  soda  ,  o 
di  calce  siano  efficaci  e  spediti  mezzi  per  esentare  dal 
tessuto  fibroso  la  parte  estrattiva ,  non  già  per  imbian- 
carlo ,  e  che  il  vero  reagente  per  distruggere  la  ma- 
teria colorante  sia  il  solo  ossigene. 

Con  la  guida  della  teoretica  esposizione  sulFira- 
biauchimento  5  io  procedo  all'applicazione,  descriven- 
do prima  il  metodo  per  estrarre  il  gas  acido  muriati- 
co ossigenato ,  e  quindi  l'apparecchio  corrispondente 
per  eseguire  eoa  sicurezza  la  operazione  . 


(  '97  ) 

Metodo  per  la  formazione  del  gas-acido  muriatico 
ossigenato  ,  che  dovrà  servire  all' 
inibianclùinento  . 

Si  costruisca  wna  vasca  di  legno,  le  di  cui  ginn* 
ture  siano  csallamenle  chiuse  5  si  applichi  in  uno  de' 
suoi  Iati  verso  il  fondo  una  chiave  a  vite  ,  e  nel  cen- 
tro del  suo  piano  superficiale  vi  sia  uno  spiraglio, 
por  il  quale  s' introduchi  un'asta  di  legno,  che  abhia 
nella  sua  estremila  quattro  shranche  incrocicchiate  , 
lunghe  due  piedi  ,  e  larghe  mezzo  piede ,  facendo 
quest'asta  medesima  l'uso  di  agitatore. 

Nel  piano  superiore  suddetto  vi  sia  anche  un  al- 
tro spiraglio  e  proprian)ente  verso  1' estremità  della  sua 
periferia  ,  che  jiossa  aprirsi  e  chiudersi  a  piacere  per 
immettere  il  fluido  che  Lisogria  . 

Si  costituiscano  j)oi  tre  o  quattro  fornelli  sempli- 
ci poco  lontani  dalla  vasca ,  ne' quali  rimanghiuo  adat- 
tati i  rispettivi  bagni  di  arena  5  in  questi  si  situino  del- 
le marmitte  di  vetro  di  collo  lungo  ,  e  vi  si  applichi- 
no de'  sifoni  ben  suggellati  ,  le  di  cui  estiemilà  vanno 
ad  introdursi  per  uno  spiraglio  nella  vasca  .  In  uno 
de'  lati  delle  iudicate  marmitte  vi  sia  anche  un  becco, 
che  si  apra  e  chiuda  a  piacere  per  immettervi  i  ma- 
teriali ,  che  producono  il  gas  acido,  che  si  desidera. 
Ciò  fallo,  s'  immetta  nella  vasca  tanto  di  potassa  di- 
luta ,  che  segni  il  grado  4  ^H'  idrometro  ,  e  che  ne 
resti  quasi  pieua,  ]ioi  si  getti  per  il  becco  della  mar- 
mitta l'uguale  porzione  di  murlato  di  soda,  e  di  man- 


ganese  di  Calabria  calcinato ,  e  soj)ra  di  questi  ber» 
soppestati  si  afionda  a  successive  riprese  1'  uguale 
porzione  parimenti  di  acido  solforico  dilungato  con 
acqua  semplice  . 

Terminala  l' effusione  ,  si  chiuda  il  becco  ,  e  ces- 
sala la  effervescenza  si  procuri  con  una  dolce  tempe- 
ratura di  calore  lo  sviluppo  gassoso,  il  quale  per  il 
suo  sifone  va  ad  introdursi  nella  vasca  . 

Da  tempo  in  tempo  si  dimeni  l'agitatore,  che 
trovasi  ueir  interno,  ed  in  tal  modo  si  proceda  fino 
a  che  il  materiale  nelle  marmitte  sarà  divenuto  asciut- 
to ,  e  lo  sviluppo  del  gas  affatto  terminato. 

Il  liquore  che  trovasi  nella  vasca  è  il  muriato  di 
potassa  ossigenato  diluto  ,  ed  applicabile  al  tessuto  fi- 
broso vegetabile  per  imbiancarsi  . 

Esame  teoretico  sul  metodo  proposto  . 

Allorché  sopra  del  muriato  dì  soda ,  e  del  man- 
ganese soppcslati  si  affonde  dell'acido  solforico,  que- 
sto in  virtù  di  tendenza  agisce  sulla  soda,  che  fa  la 
base  dell'acido  muriatico,  e  vi  resta  neutralizzato. 

L'acido  muriatico  a  misura  che  viene  abbando- 
nato dalla  sua  base,  esercita  la  sua  azione  sull'ossige- 
no, che  si  trova  nell'ossido  metallico,  e  coU'ajuto 
della  temperatura  passa  nello  stato  gassoso  . 

Questo  gas  è  ricevuto  da  i  sifoni  applicati  alla 
marmitta,  e  s'introduce  col  mezzo  de' -medesimi  nella 
vasca  . 

Finalmente     1'  agitatore    dimeuando  .  1'  acqua  alca- 


(  '99  } 
lizzata    facilita    la  combinaziuue    del    niuriato    ossige- 
na lu  . 

Avi'ertìineiilo  per  il  felice  successo  della 
•*  operazione  . 

1 .  La  vasca  poli  a  essere  coslruila  da  ogni  specie 
di  legno,  all' infuori  di  quello  di  castagno. 

2.  Essa  dovrà  ossero  accerchiala  da  cordoni  di 
ferro  ,   o  sostenuta  da  sbranclie  situate  a  strcttoja  . 

3.  I  spiraglj ,  e  le  commessure  dovranno  essere 
tanto  ben  chiuse,  che  non  j)ermettano  tras]3Ìrazione - 

4-  Le  bottiglie,  o  le  marmitte  di  vetro,  f[nanto 
più  saranno  sottili  ,  altrettanto  debbon  essere  resistenti  . 

5.  Non  si  dovrà  applicare  la  temperatura  del  ca- 
lore se  non  dopo  la  effervescenza  per  impedire  lo  svi- 
luppo violento  del  gas  ,  che  potrebbe  cagionare  la  rot- 
tura de*  vasi . 

6.  II  quantitativo  de' materiali  descritti  dovrà  cor- 
rispondere a  saturare  di  gas-acido  l'acqua  alcaiizzata, 
e  ciò  lo  dimostra  quando  il  fluido  della  vasca  segnerà 
il  grado  5  alT  idrometro .  L'operatore  però  potrà  di- 
minuire o  crescere  il  grado  di  saturazione  giusta  1'  ef- 
fetto che  juodurrà  sul  tessuto  filamentoso  . 

7.  Il  nostro  manganese  di  Calabria  è  inferiore  a 
quello  del  Piemonte  nella  bontà,  perchè  contiene  mol- 
to carbone  ,  Col  mezzo  della  calcinazione  rendendosi 
privo  di  questa  sostanza  ,  diviene  applicabile  all'  ope- 
razione . 


(    200    ) 

8.  Sarà  bene  diluire  coli'  acqua  semplice  l' aci- 
do solforico  per  impedire  la  violenza  dello  sviluppo 
gassoso  . 

g.  La  temperatura  del  calore  dovrà  essere  da 
priucipio  leggiera  ,  e  non  converrà  accrescerla  se  noa 
verso  la  metà  della  operazione. 

10.  Finalmente.  Quando  i  materiali  nel  fondo 
del  vaso  di  vetro  compariranno  affatto  disseccati  ,  essi 
dimostrano  l' indizio  cerio  di  essere  il  gas  già  ter- 
luiuato  , 

Descrizione  della  stufa  a  vapore. 

Si  costruisca  una  stanza  di  fabbrica  ,  cbe  sia  lun- 
ga palmi  dodici,  larga  palmi  sedici,  ed  altra  palmi 
diciotto  .  L'  altezza  però  abbia  la  forma  di  una  cupo- 
la ,  che  termini  con  un  camino  del  diametro  di  once 
quattro  . 

Fino  all'  altezza  di  sei  palmi  si  formi  un  masso 
di  fabbrica,  nel  di  cui  centro  vi  l'esti  un  forame 
per  adattarvi  una  caldaja  di  rame  del  diametro  di 
xm  palmo  e  mezzo ,  e  la  superfìcie  della  medesi- 
ma venghi  levigata  col  masso  islcsso  ,  ed  allo  stesso 
livello  . 

Il  fondo  jioi  di  questa  caldaja  abbia  l'appoggio 
sopra  di  un  fornello  semplice  ,  da  costruirsi  nel  pieno 
del  masso  indicato,  e  contengbi  un  tubo  dello  stesso 
metallo ,  clie  sporga  fuori  da  un  lato  della  stanza  , 
nella    di  cui  estremità   vi  rimangbi    suggellalo    un    al- 


(   201    ) 

tro  di  vetro  ,  che  servirà  di  esploratore  all'  acqua  che 
evapora  . 

Nello  stesso  lato  vi  sia  anche  uno  spiraglio  a  vi- 
te ,  per  il  quale  possa  introdursi  1'  acqua  nella 
caldaja  . 

Finalmente  sopra  il  livello  del  masso  vi  si  faccia 
un  apertura  con  la  sua  porta ,  alla  quale  si  ascenda 
per  mezzo  de'  scalini  di  fabbrica .  Questo  apparalo  è 
la  stufa  a  vapore . 

Metodo  (T  imbiancare  col  gas-acido  muriatico 
ossigenato  ■ 

Quando  la  canapa  ed  11  lino  dopo  la  dovuta  ma- 
cerazione son  passati  per  i  pettini  ordinar)  ,  e  quindi 
per  i  cardi  ;  poi  trattali  colla  potassa  ,  o  col  sapone 
sono  divenuti  asciutti  col  mezzo  dell'  aria  e  della  lu- 
ce ;  e  finalmente  quando  è  stata  praticata  tutta  la 
esattezza  sulla  uguaglianza  e  sottigliezza  de' fili,  giusta 
le  istruzioni  pratiche  del  nostro  Socio  signor  Ramon- 
dini  ;  allora  i  fili  di  tale  natura  ,  o  le  tele  formate  da 
questi  fili  umettati  di  potassa  ,  che  segni  il  grado  5 
all'idrometro,  si  sospendano  nel  vuoto  della  stufa,  so- 
stenuti da  corde  ,  e  fatta  piena  di  acqua  semplice  la 
caldaja,  si  proceda  con  fuoco  attivo  alla  ebollizio- 
ne, avvertendo  di  sospenderla,  quando  l'esplorato- 
re indica  l'  abbassamento  della  evaporazione  fiuo  a 
due  terzi  . 

Ciò  fallo  dallo  spiraglio  della  cupola  si  getti  dell' 

26 


(    202    ) 

acqua  fresca  col  mezzo  di  uno  imbuto  grande  di  le- 
gno ,  e  finalmente  rafl'reddala  quasi  la  stufa ,  si  rac- 
colgono i  fili ,  e  le  tele ,  che  vi  erano  sospese ,  facen- 
do uscire  per  il  suo  tubo  l'acqua  tinta,  che  trovasi 
nella  caldaja. 

Allora  questi  fili ,  o  tele  si  sommergano  in  un 
canale  ad  acqua  corrente, e  rese  ben  lavate  ,  ed  asciut- 
te ,  si  gettano  in  una  o  più  tine  di  legno  ,  sopraffon- 
dendoci  dell'  acqua  gassosa  che  trovasi  nella  vasca  . 

Dopo  ore  24  si  bagnino  di  nuovo  nell'acqua  sem- 
plice, ed  asciugate  si  ripeta  per  la  seconda  volta  l'o- 
perazione ,  se  r  imbianchimento  non  sarà  succeduto 
affatto  bianco  . 

La  facilità,  l'economia,  e  la  marcata  brevità  del 
tempo,  ch'apporta  il  metodo  descritto,  ha  ricevuto 
col  fatto  il  più  felice  successo  con  la  guida  della  teo- 
ria ,  che  bo  antecedentemente  esposta  . 

Quando  la  canapa  ,  ed  il  lino  sono  stati  pettinati, 
e  passati  per  i  cardi  ,  allora  il  di  loro  tiglio  si  è  cbtre- 
mamente  diviso  ,  e  presentandosi  in  tale  stalo  alla  po- 
tassa, o  al  sapone  diluti,  questi  vengono  al  contatto 
immediato  di  tutta  la  parte  mucosa  ,  ed  estrattiva  , 
che  quasi  intieramente  la  disciolgono  .  Il  tessuto  fibro- 
so difatti  non  ha  quel  color  giallo-fosco  ,  e  macchiato 
di  nero,  ma  all'intuito  giallognolo,  ed  al  tatto  non 
è  aspro  ,  e  rugoso  ,  ma  cedevole  ,  morbido  ,  e  di- 
licato  . 

Esposti  i  fili  ,  e  le  tele  di  tal  natura  umettati  di 
potassa  nella  stufa,  ne  avviene  che  quel  residuale  estrat- 
tivo come  traspirando  svanisce,    e  non    li  rimane  che 


(  ^o3  ) 
la  pura    rualeria    colorante  ,    la  quale    viene    distrulla 
dall'ossigeno,  che  gli  offre  deconipouendosi  ilinuiialo 
di  potassa  ossigenato . 

Ripetuta  per  due  volte  questa  operazione  ,    si  os- . 
serva  il  filo  ,  e  la  tela  di  color  bianco  latteo  ,  senzac- 
chè  il  suo  tessuto  abbia  sofferto    la  minima  deteriora- 
zione ,  per  esser  l'  acido  muriatico  ,  che  poteva  corro- 
derlo ,    in  combinazione    con    la    potassa  ,    e  non    già 
isolalo  . 

Questo  metodo  però  tanto  facile  ,  spedito  ed  econo- 
mico non  riesce  applicabile  a  i  fili  ed  alle  tele  nostrali  , 
perchè  risulta  dispendioso  .  Essi  divengono  bianchi  , 
ma  il  prezzo  di  ogni  canna  sormonta  le  grana  24  7  e 
forma  un  calo  nel  tessuto  circa  del  terzo  .  Il  pubblico 
eh' è  avvezzo  ad  erogare  ordinariamente  grana  tre  ,  al 
più  quattro  per  ogni  canna,  e  non  sa  persuadersi  del- 
la cagione  dello  sfrido  rende  incompaùbile  1'  istituzio- 
ne di  questo  interessante  stabilimento ,  perchè  il  suo 
filo,  e  la  sua  tvla  ,  che  manofaltura,  non  hanno  rice- 
vuto le  antecedenti  preparazioni  . 

Fino  a  che  queste  non  verranno  a  praticarsi  da 
i  nostri  industrianti  di  tal  ramo  ,  non  è  sperabile  che 
si  potrà  sperimentare  tutta  la  vantaggiosa  ed  estesa 
applicazione  della  nostra  canapa ,  e  del  nostro  li  no  , 
di  che  la  prodiga  natura  con  una  influenza  benefica 
ne  ha  reso  fecondo  questo  regno;  non  è  sperabile  che 
la  operazione  dell' iinbianchimenlo  potrà  solidamente 
vedersi  istituita  fra  noi  :  conseguentemente  saremo  sem- 
pre nella  dura  necessità  di  essere  riconoscenti  con  ver- 
gognoso tributo  alla  industria  degli  esteri  , 


(204) 

Io  rapporterò  in  un'  altra  memoria  1'  uso  della 
stufa  a  vapore  ,  che  risulterà  di  marcato  vantaggio  non 
solo  a  quelli  ,  che  ritraggono  la  sussistenza  col  bian- 
chissaggio  ordinario,  ma  benanco  agli  osjiedali  ,  ed 
alle  numerose  comunità,  proponendoli  per  tal  mezzo 
di  poter  evitare  il  consumo  della  biancheria  col  ri- 
sparmio della  lavanda  ordinaria . 


(    205    ) 

Dello  stato ,  e  conservazione  de  boschi  della  Provincia 
di  Molise  .  Memoria  del  Socio  Corrispondente  hAF~ 
FAELE  Pepe  .  Presentata  neU  Adunanza  del  di  3o. 
giugno  i8og. 

J.  Passi  clic  i  popoli  danno  verso  la  civilizzazione  se- 
no sempre  a  spese  della  natura  .  Più  le  società  si  sono 
slargate ,  tantoppiù  la  faccia  agreste  ,  e  selvaggia  della 
terra  ha  cambiato  aspetto  .  Nelle  foreste  cominciarono 
le  prime  società,  e  le  prime  arti.  Dalle  foreste  1'  uo- 
mo passò  alla  capanna  ,  dalla  capanna  al  villaggio , 
e  dal  villaggio  alla  città .  A  poco  a  poco  l' uomo 
usando  del  suo  braccio  potente  ,  e  della  perfettibilità 
del  suo  spirito  ,  risentendo  una  moltiplice  massa  di 
bisogni ,  moltiplicò  in  conseguenza  le  arti  .  Disgustato 
degli  aspri  frutti  delle  foreste  ,  e  tante  volte  incerti  , 
egli  cominciò  a  cibarsi  delle  piante  spontanee  che  il 
caso  gli  avea  mostrato  :  allora  cominciò  1'  agricoltura  , 
nacque  la  distinzione  del  mio ,  e  del  tuo  ,  e  si  formò 
r  idea  morale  della  proprietà  .  Diviso  in  due  grandi 
famiglie  il  genere  umano  di  selvaggi  ,  cioè,  e  di  civi- 
lizzati ,  la  conservazione  delle  foreste  doveva  interes- 
sare amendue  ,  gli  uni  per  la  caccia,  e  pastorizia,  gli 
altri  per  le  arti  :  ma  l' idea  di  proprietà  ignota  a'  pri- 
mi ,  e  tanto  potente  presso  i  secondi  ,  produsse  che  i 
civilizzati  siensi  sempre  allargati  in  superficie  .  Le  sel- 
ve ('(rusche  ,  le  sacre  querce  de  druidi ,  nidi  di  arcana 
religione,  le  sanguinolenti  boscaglie  d' Odio  ,  e  L'  Vcn- 
toniche  souo  cadute  sotto  la  scure  ;  ed  ove  s' immola- 


(    206   ) 

va  U  prigioniero  al  nume  ,  ore  la  voce  di  un  sacer- 
dote spaventava ,  armava  ,  e  disarmava  a  suo  piacere  le 
orde  superstiziose  ,  ivi  si  sono  erette  delle  città  ,  e  delle 
accadenìie  che  rimbombano  dello  strepito  delle  arti , 
e  de'  cantici  della  filosoUa  .  Gli  uomini  addensati  ,  e 
riuniti  moltiplicandosi ,  moltiplicarono  ancora  il  lusso 
ed  i  bisogni  ,  e  le  società  riunendo  le  somme  de'  bi- 
sogni ,  e  de' bisogni  primitivi,  hanno  perciò  di  secolo 
in  secolo  diminuiio  i  boschi ,  in  modo  che  tal  dimi- 
nuzione è  maggiore  ove  le  società  sono  più  antiche  , 
e  più  civilizzate  :  ed  i  boschi  dell'  Europa  dovendo 
dar  materiale  alla  marina  ,  al  commercio  ,  ed  a  tutta 
la  filiera  delle  manifatture  ,  i  popoli  più  potenti  ,  e 
più  ricchi  sono  divenuti  tributar]  per  il  legname  al 
Nord,  ed  all'America  settentrionale. 

I  Governi  Europei  finalmente  conobbero  il  vuoto 
che  si  era  fatto  nelle  foreste  ,  e  cercarono  ripararvi  , 
alcuni  con  leggi  ,  ed  ordinanze  particolari  come  1  a 
Francia,  altri  con  incoraggiare  la  piantagione  de' nuo- 
vi boschi  come  l' Inghilterra  ,  e  varj  Stati  della  Ger- 
inania  ,  altri  dichiarando  le  foreste  regalie .  Inutili  sfor- 
zi! L'  uomo  distrugge  in  un  giorno  di  lavoro  quanto 
la  natura  ha  creato  in  cento  anni. 

GAP.      I. 

Estensione  de  boschi  di  Molise  . 

La  superficie  totale  del  dipartimento    di  Molise  è 
di  novecento  miglia  quadrate,  le  quali  formano  nove- 


(  207  ) 
cento  mila  tomoli  della  gran  misura  di  novecento  passi 
quadrali  .  Dallo  slato  generale  delle  sezioni  apparisce 
che  la  parte  boscosa  è  di  tomoli  cento  quarantadue 
mila  cinquecento  cinquantuno  ,  che  sono  quasi  il  selli- 
mo  delta  superficie  totale.  Di  questi  tomoli  1 4^551  di 
bosco  ,  tomoli  54263  sono  comunali  ,  e  tomoli  88286 
sono   de'  particolari  cittadini. 

La  popolazione  di  Molise  ascende  a  200000  abitanti 
circa  ,  i  quali  relativamente  all'  estensione  di  gooooo 
tomoli  vengono  ad  avere  quattro  tomoli  e  mezzo  per 
testa  sulla  superficie  totale  ,  e  tra  questi  avranno  an- 
cora tre  quarti  di  un  tomolo  boscoso. 

Calcolando  quattro  individui  per  famiglia  ,  vi  sa- 
ranno in  Molise  40000  famiglie:  ed  assegnando  ad 
ogni  famiglia  1'  una  per  1'  altra  ,  secondo  i  pratici  ru- 
rali ,  due  canne  (a)  di  legname ,  la  provincia  ha  qnindi 
bisogno  di   80000  canne  per  anno  . 

In  questa  somma  di  80000  canne  non  si  compren- 
dono i  legnami  per  costruzione  ,  per  il  bisogno  delle 
manifatture  ,  per  le  fornaci  ec.  5  ma  il  solo  legname 
per  il  consumo   domestico  . 


(a)  La  canna  è  la  misura  comune  del  legnarne 
in  Provincia  :  essa  è  di  8  palmi  di  altezza  ,  8  di  lun- 
ghezza j  e  quattro  di  larghezza . 


(208) 

e    A    P      TI. 

Natura^  e  stato  de' boschi  di  Moline. 

La  natura  del  bosco  ,  come  quella  di  tutt'  i  ve- 
getabili segue  sempre  quella  del  terreno  :  generalmente 
il  legno  bianco  ,  e  leggiero  vuole  una  esposizione  alta, 
ed  un  terreno  soffice  fresco:  il  legno  forte  ama  i  ter- 
reni forti  ,  e  profondi  :  e  questa  varia  indole  si  mani- 
festa molto  bene  ne'  boschi  di  Molise  . 

.Questa  Provincia  ha  la  forma  di  una  conca  ,  i  di 
cui  orli  al  Nord,  ed  all'Ovest  sono  le  montagne,  ra- 
«lificazioni  degli  appennini. 

Il  snolo  è  più  ricco  di  'sorgenti ,  più  carico  di  ter- 
riccio,  più  siliceo  vtrso  i  monti  ,  ma  è  più  asciutto  , 
più  alluminoso  nel  seno  della  conca:  ond'  è  che  i  bo- 
schi diversi  pare  che  si  abbiano  diviso  1'  impero  della 
parte  alta,  e  della  parte  bassa  della  Provincia.  Sono 
comuni  i  legni  forti  e  pesanti  nelle  parti  basse  ,  e 
nelle  colline  intermedie  mentre  il  legno  bianco  e  leg~ 
giero  è  più  universalmente  sparso  su  i  gioghi  ,  e  nelle 
valli    de'  monti  . 

I  boschi  pritnarj  della  provincia  sono  coxiiposti  di 
querce,  e  di  cerri  e  questi  sono  i  più  utili  perchè  dan- 
no legname,  ghianda,  ed  uno  squisito  pascolo,  tre 
importanti  oggetti  della  nostra  industria  rurale  .  Oltre 
di  un  gran  numero  di  porci  che  si  allevano  presso  di 
noi  ,  numerosi  branchi  ne  vengono  dalla  Puglia  nel 
tempo  della  gliiandata  :  nell'  està  poi  vi  pascolano  le 
greggi  che   riloroauo  dalla  Capitanata  :  questi  due  punti 


(    209   ) 

formano  in  parte  la  maggior  rendila  delle  nostre  fo- 
reste ,  e  forse  in  tale  aspetto  rende  più  una  terra  a 
bosco  ,  che  una  di  eguale  estensione  a  grano  . 

La  quercia  più  comune  è  la  rovere  (  Quercus  ro~ 
bar  Lin.  )  che  produce  molta  ghianda  ma  piccola  ,  non 
alza  molto  ,  lìia  si  dirama  ,  e  dà  un  legno  duro  e  pe- 
sante .  Si  accusa  la  nostra  quercia    di  esser  soggetta  a 
screpolare  quando  si  lavora  ,  Io  che  può  derivare  dall' 
ignoranza  de'  legna] noli  i  quali  tagliano  in  ogni  stagio- 
ne purché  sia  a  luna  mancante  ,  unica  norma  del  ta- 
glio  per  i  conladini  .    Se    gli    alberi   si  scortecciassero 
una  stagione  prima  di  tagliarli  ,  o    il  legname  taglialo 
si  mettesse  a   mollo  nell'  acqua    per   un    ora  prima  di 
metterlo  al  lavoro,  allora  si  vedrebbe  di  quale  durez- 
za ed  incorruttibilità  sia  suscettibile  la  nostra  quercia. 
I  boschi  di  Guardialfiera  ,  Casacalenda  ,  Sessano  , 
Vastogirardi  ,  Castelluccio  ,  Cerceraaggiore  ,  Montene- 
ro ,  Riccia  ec.  sono  abbondanti  di  rovere  .    La    farnia 
(  Quercus  racemosa  Encicl.  Met.  )  fa  la  ghianda  con  pe- 
duncolo lungo  che  è  molto  amata  da'  porci  .  L' Ischia 
si  vede  prosperare  ne'  luoghi  bassi  e  profondi  :  amen- 
due  fanno  un  fusto  alto  ,  e  dritto  ,    che    può  mettersi 
in  riserba  per  la  grossa  costruzione  .  E  ancora  comune 
l'altra  varietà  di  quercia  detta  castagnola  (  ^ne/'CiiJ  ir//- 
lota  )  ,  il  di  cui  frutto  è  dolce    e    mangiabile  ,  e    che 
nelle  carestie  del   1801.  ,  e  1802.  servi    di    nutrimento 
a  qualche  sventurato  contadino  . 

Bolli  Cerri  (  Quercus  crinita  Encicl.  )  sono  quelli 
di  Carpinone  ,  Triventi  ,  Rocca  ,  Busso  ,  Acquaviva  ec. 
se  vi  fosse  una  strada  rotabile    ve    ne   sarebbero  degli 

27 


(   2t0  j 

©tlinii  per  le  costruzioni  navali.  Il  faggio  (  Fagus  syì~ 
vestris  Lin.  )  cresce  maeslosamenle ,  divcnla  un  beli* 
albero,  e  forma  belli  boschi  ne' fianchi  de' monti.  So- 
no bellissimi  quelli  di  Malese  ,  e  formano  una  sisorsa 
all'  industria  di  que'  montanari  ,  i  quali  ne  fanno  car- 
bone ,  lo  lavorano  in  maniche  di  znppe  e  vanghe  ,  in 
pale  ,  mestole  ,  sedie,  zoccoli  ,  casse  ,  vasi  per  diversi 
bisogni ,  tavole  ,  assicelle  ec.  Ilaller  consiglia  ,  prima 
di  usare  queslo  legno  ,  d'immergerlo  nell' acqua  :  quesl' 
uso  non  è  mollo  generalizzalo  ,  ond'  è  assalito  da'  tarli 
e  dura  poco.  L'acero  dell' a])pennino  (  Acer  campe- 
stre Lin.  )  è  ollremodo  bello  ,  ed  avvene  ancora 
delle  varietà  :  potrebbe  essere  un  oggetto  di  commer- 
cio per  i  montanari  se  la  Provincia  avesse  de'  tornitori, 
de'  lavoratori  di  mobilia ,  d' istrumenti  musicali  ,  o  se 
avesse  una  strada  per  trasportarlo  in  città  . 

Sono  belli  i  carpini  di  Frosolone  ,  Sessano  ,  Ca- 
pracotta  ,  tanto  il  bianco  (  Carpinits  betulns  )  ,  quanto 
il  nero  (  Carpiniis  otrja  Linn.  ).  Il  tiglio  è  ancora  co- 
mune ne'  luoghi  freschi  (  Tilia  Europcea  ).  Ve  ne  so- 
no de' grandi  e  bellissimi  a  Sassinoro,  Baranello  ,  Bo- 
jano  ec. 

In  generale  sono  comuni  sopra  i  monti  il  frassino 
(  Fraxinus  excehior  ,  e 'I  Fraxinus  ormis  Lin.  )  ^  il 
tasso  (  Taxiis  baccata  )  ,  l'olmo  (  Ulmiis  campe stris  ); 
come  il  leccio  (  Quercus  ilex  Lin.  )  è  comime  nella 
parte  del  Malese  che  guarda  Isernia  ,  e  ne'  boschi  di 
Guardia  ,  e  Casacalenda  sul  Biferno  .  La  bassa  macchia 
de'  boschi  sul  monte  è  più  abbondante  di  nocciuoU 
cornioli ,  sanguinelli ,  meli  ,  peri  ,  ginestre  ,    agrifogli  : 


(2Tr   ) 

iove  che  ne'  boschi  tlelle  valli  ,  e  ne'  luoghi  ascinlti 
sono  più  comuni  i  ramni  ,  i  crateghi ,  i  pruni ,  i  rovi, 
gli  smilaci   ec. 

Guardando  con  occhio  attento  ì  boschi  della  Pro- 
vincia si  vede  subilo  che  sono  in  uno  stalo  di  drgra- 
dazione  .  Alcuni  hanno  alberi  vecchi  sopra  gli  80  anui  : 
altri  sono  soverchio  larghi  di  alberi  :  vi  sono  degli  al- 
tri ,  i  cui  alberi  sono  in  uno  slato  ruinoso  di  potagio- 
ne :  s' incontrano  d^gli  spazj  vuoti  :  e  pochissime  selve 
giovani  si  veggono  che  possano  supplire  alla  mancan- 
za tolalc,  e  vicina  delle  vecchie  . 

GAP.      III. 

Cagioni  della  decadenza  de'  Loschi. 

Bisogna  metter  tra  le  prime  la  trascuratezza  de' 
passati  governi  ,  presso  de'  quali  tutto  era  Fisco  ,  e 
niente  Kazione .  Giicondali  dal  mare,  il  commercio 
marittimo  dovea  essere  la  nostra  principale  risorsa  , 
ma  i  drilli  di  porto  ,  e  dogana  riurtarono  l'  attività 
civica  .  nicchi  d'  inmiensi  ])rodotti  territoriali  aveva- 
mo il  Kord  tributario  per  il  vino  ,  acquavite,  olio, 
seta  ,  ma  si  stabilirono  gii  arrendanienti ,  e  così  si  limilo 
il  corso  delle  derrate.  La  molliplicilà  delle  arti  ma- 
neggiala da'  nostri  fervidi  ingegni  poteva  ,  migliorando 
le  manifatture  ,  aumentare  la  nostra  ricchezza  ,  ma  le 
maeslranze  ,  le  corporazioni  ,  i  privilegi  esclusivi  pa- 
ralizzarono la  nostra  industria  .  Le  nostre  foreste  ci 
esentavano  dali'csscr  soggetti  al  legname  del  Word  ,  dau- 


r  212  ) 

docene  dell'  ottimo  pei*  la  marina  mercantile  ,  e  mili- 
tare, ma  questa  non  vi  poteva  essei'e  ove  non  vi  era 
lina  potenza  politica  ,  e  F  altra  non  si  trova  ove  nou 
vi  è  libertà. 

In  quella  massa  enorme  ,  ed  indigesta  di  leggi 
che  nella  passata  Dinastia  ci  ha  oppresso  ,  varie  pra- 
maticìie ,  varj  dispacci  vi  erano  per  la  conservazione 
de'  boschi  ,  ma  nulla  modellato  sulla  statica  ,  e  sulle 
teorie  delle  foreste. 

Al  bosco  si  assegnano  quattro  età  .  La  prima  dal- 
la nascita  fino  a  dieci  anni;  da  dieci  a  venti  la  secon- 
da; da  venti  a  quaranta  la  terza;  e  da  quaranta  agli 
ottanta  anni  la  quarta  ;  passata  questa  ultima  età ,  il 
bosco  è  dichiarato  vecchio  . 

Se  le  leggi  avessero  regolato  il  taglio  secondo  que- 
sti periodi  ,  ed  avvicendate  le  foreste  ad  un  taglio  di 
nove  anni,  le  foreste  si  sarebbero  conservate.  Or  que- 
sta vicenda  di  taglio  in  Molise  non  vi  è  stata  mai  in 
uso  ne  per  consuetudine  ,  né  prescritta  per  legge  :  si 
taglia  egualmente  un  bosco  di  prima  età  ,  ed  un  bosco 
di  terza  ,  o  di  quarta  ;  ma  egli  è  un  fatto  che  ia 
quantità  uguali  im  legno  di  prima  età  dura  la  metà 
meno  di  tempo  al  fuoco,  che  non  un  legno  di  terza, 
p  erchè  dopo  questa  1'  alburno  prende  una  consis  enza 
eguale  a  quella  del  legno  interno  :  il  consumo  delle 
legna  da  fnoco  sarà  per  conseguenza  doppio  ,  e  doppio 
pure  il  danno  dèi  bosco  :  e  '1  danno  sarà  triplo  se  il 
Losco  è  di  legno  bianco,  il  quale  come  più  inliam- 
niabile  dura  al  fuoco  molto  meno  del  legno  forte  . 

Il  Cerro  avendo    uu    legno    più    pieghevole    viene 


I 


ftdoperalo  per  cerchiare  le  botti ,  ed  altri  tiul  da  ven- 
dcinmia  ,  da  bucalo  ec.  ,  destinando  a  tale  oggetto  o  il 
legno  interno  sfilato,  o  i  giovani  rimessiticci  di  sette, 
o  otto  anni  ,  i  quali  non  scortecciandosi  sono  rosi  da' 
vermi  ,  ed  inutili  dopo  due  anni  :  or  in  un  paese  di 
vigne  come  Molise  si  vede  bene  qual  consumo  si  può 
fare  de' boschi  per  i  cerchi,  e  per  pali  da  sostener  le 
viti  ,  i  quali  non  durano  che  due  o  tre  anni  al  più , 
mentre  ce  ne  vogliono  sette  ,  o  otto  anni  perchè  un 
rimessiticcio  sia  buono  per  cerchio  ,  o  per  palo  :  così 
il  consumo  supera  sempre  la  riproduzione  .  La  Pro- 
vincia ha  ima  grande  pastorizia  ,  la  quale  è  errante 
come  la  tartara  ,  e  le  bisognano  mandre  ,  capanne  , 
agghiacci,  pagliai,  paraventi  in  varj  punti  del  paese: 
e  cambiandosi  luogo  qunsi  in  ogni  anno  .  Bisogna  per 
conseguenza  in  ogni  anno  atterrare  nuovi  alberi  per 
fare  i  ricoveri  per  gli  armeaii  .  Per  provvedere  gli 
armenti  di  mangime  per  l' inverno  ,  i  pastori  tagliano 
una  gran  quantità  di  rami  di  quercia  nel  settembre  , 
ed  ottobre  ;  questo  taglio  libero  ,  ed  indeterminato 
deturpa  gli  alberi   fatti  e  guasta  gli  alberi  crescenti  . 

Le  consuetudini  municipali  permettono  di  tagliare 
la  bassa  macchia  de'boschi  per  cuocere  la  calce ,  il  ges- 
so ,  i  mattoni  ,  e  si  crede  che  il  bosco  giovane  debba 
esser  tenuto  nello  per  prosperar  meglio.  Ma  le  osser- 
vazioni di  Buffon  ,  e  la  giornaliera  esperienza  ci  pro- 
vano, che  più  è  netto  di  macchia  il  bosco  giovane, 
decresce  piuttosto  che  migliorare.  La  macchia  è  ne- 
cessaria per  riparare  i  giovani  querciuoli  dall'urto  de' 
venti ,  dalle  gelate ,  e  dall'  ardore  del  sole  .  Altri  prò- 


(  ^'4  ) 

cLolll  rurali  vogliono  essere  coUìvati  per  rendere ,  e 
più  si  collivaiio  ,  più  rendono  :  il  bosco  più  tiglio  del- 
la natura  che  dell'  uomo  non  vuole  esser  toccalo  ;  per 
esso  la  coltura  nuoce  alla  rendita:  esso  vegeta  e  muo- 
re per  il  tempo  che  ripara  ,  e  per  il  temj)o  che.  di- 
strugge :  il  bosco  giovane  non  si  deve  nò  polare  ,  né 
allargare ,  né  nettare ,  esso  deve  presentare  la  natura 
in  tutta  la  pompa  della  sua  selvaggia  indipendenza  . 

Tagliando  un  bosco  di  alto  fusto  ,  o  i  qnerciuoU 
bisogna  che  il  taglio  si  faccia  Ira  cielo  ,  e  terra  ,  ac- 
ciò il  tronco  riproduca  de'  polloni  ,  ma  il  nostro  con- 
tadino taglia  sempre  allo  ,  ccsicchò  gli  alberi  non  ne 
riproducono  niai  . 

Grande  consumo  di  legname  da  fuoco  si  fa  ia 
Molise  per  la  cattiva  costruzione  de'  cammmi  :  esso  si 
diminuirebbe  mollo  se  s'  introducessero  le  stufe  ,  o  i 
cammini  Pensilvani  . 

Ma  questi  danni  sono  piccioli  in  confronto  di 
quelli  che  finora  han  dipenduto  da  jussi  cii'ici  che 
forJunalamenle  la  legge  ha  tolti  colla  ripartizione  de' 
Leni    Comunali  . 

L'altro  gran  danno  proviene  dai  proprietarj  de' 
boschi  i  quali  credono  poter  trarre  doppio  vantag- 
gio dalle  loro  terre  boscose  ,  col  vendere  il  le^^name  , 
e  mettere  a  coltura  il  terreno  :  e  lasciando  venti  o 
trenta  querciuoli  per  moggio  essi  sperano  che  a  ca- 
po di  tempo  il  bosco  risorga.  Ma  trenta  querciuoli 
non  sono  un  dato  cerio  sul  quale  si  jiossa  Sj)crare 
che  il  bosco  si  riformi  ,  perche  sono  troppo  al  largo  , 
e  come  ho  avvertito  più  sopra  ,  più  le  selve  sono  guar- 


I 


lille,  dense  ,  e  folte  ,  più  crescono;  e  poi  di  trenta  quer- 
ciiioli  aj>pena  se  ne  salverà  un  quinto 'dagli  animali, 
dalle  gelate  ,  da'  seccori  ,  da'  venti  :  io  ho  veduto  che 
in  molte  terre  ove  si  erano  fulte  simili  riserht;  ,  il  bo- 
sco non  si  è  riprodotto  più  .  Finalmente  i  boschi  eb* 
Loro  r  ultimo  crollo  nella  infelice  epoca  del  1799, 
quando  la  libertà  politica  si  prese  per  licenza ,  e  si 
giunse  all'anarchia. 

S'ingannerebbe  quel  polilico  che  dallo  sbosca- 
nienlo  diuturno  volesse  tirarne  la  conseguenza  che  l' 
agricoltura  faccia  progressi  in  Molise ,  che  i  boschi  atter- 
rati sieno  tanti  campi  dippiù  per  il  grano,  e  che  gli 
uomini  moltiplicati  abbiano  dovuto  dissodare  le  foresta 
per  aver  terreno  a  coltivare  .  Nò  .  L'  osservatore  che 
senza  rinchiudersi  nel  gabinetto  guarda  le  campagne  di 
Molise  da  vicino  ,  conoscerà  molto  bene,  che  i  boschi 
diminuiscono  non  perchè  l'agricoltura  migliori,  im 
bens'i  perchè  retrograda  e  peggiora .  La  prodigiosa  fer- 
tilità delle  terre  da  bosco  ove  V  humus ,  quel  terriccio 
nato  dalla  morte  di  tanti  vegetabili  ,  ed  accumulato  da 
secoli,  pare  che  aspetti  di  esser  lacerato  dal  vomere  : 
ove  le  incinerazioni  che  si  fanno  per  abbattere  la  mac- 
chia sono  tanti  stimoli  fertilizzanti  ,  ove  le  raccolte 
possono  seguirsi  in  ogni  anno  senza  quel  riposo  tanta 
caro  a' nostri  coltivatori  ,  tutte  queste  cause  riunite 
allettano  i  nostri  contadini  all'atterramento  de' boschi  , 
per  ridurli  a  campi  seminatorj . 

Nemmeno  deriva  lo  sboscamento  perchè  la  popo- 
lazione è  cresciuta  ;  anzi  io  credo  in  contrario  ,  che 
la  mancanza  delle   braccia  ,    quella    de'  letamai  ,    degli 


(2,6  ) 

auiniali ,  de'  buoni  metodi ,  e  della  ruota  agraria  ,  nou 
facendo    rendere  alle    terre    antiche  tanto    quanto  con 
minori  spese  rendono  le  novali  ,  si  sono  sempre    pre- 
ferite queste  alle  antiche  .    Ancora  :    se  fosse  la    molti- 
plicazione degli  uomini  la  causa  dello  sboscamento ,  si 
dovrebbero  vedere  tutte    le  terre  antiche  coltivate  :    si 
dovrebbe  veder  tolto    I'  uso  de'  riposi  ,   perchè  non  vi 
è  riposo  nelle  terre ,  ove  gli  uomini  son  molli  ,  come 
si  vede  ne'  contorni  di  Napoli ,  in  alcune  Contee   dell' 
Inghilterra  ,  e  generalmente  nella  China  .    Ma  noi    ve- 
diamo il  contrario  ,    che  vaste  contrade  antiche  si  ab- 
bandonano quando  si  possono  avere    i  novali ,    ed  al- 
tre si  discreditano  ,  come  infertili  ,  appunto  per  man- 
canza di  braccia  travagliatrici  ;  che  è  generale  in  Mo- 
lise di  lasciare  un  terzo    de'  campi  a  riposo  ed  un  al- 
tro terzo  a  nocchiarica  ossia  riposo   di  tre  anni  ;    che 
vasti  sono  i  pascoli  comunali ,    ove  non  crescono  che 
magri  fili  di  erba  ;    devesi  dunque    conchiudere    che  i 
boschi    nel  nostro    dipartimento    decadono ,    perchè    1' 
agricoltura  retrograda,  e  nou  perchè  migliora. 

C    A    P.      IV. 

Idee  Sulla  conservazione  de'  bos'chi , 

È  inutile    sperare    dalle    comuni  la  conservazione 
de'boschi  comunali  non  ostante  la  divisione  de'  medesimi. 
Ci  vogliono    60    anni    per    formarsi    un  bosco   di  alto 
fusto  ,  e  la  generazione  presente  sicura  di  nou  goderne  , 
trascura  il  bene  delle  geneiazioni  future. 


Si  dovrebbe  perciò  stabilire  una  istruzione  pratica 
sulla  coltivazione  dei  boschi  ,  la  quale  desse  le  regole 
del  taglio,  e  della  potatura  ,  regolata  su  di  un  dato  nu- 
mero di  anni  ,  e  che  riunisse  1'  interesse  del  flttuario 
con   quelli    del  proprietario  . 

Allora  si  metterebbero  in  riserba  tutt'  i  boschi  di 
più  allo  fusto  ,  i  quali  sarebbero  gli  arsenali  viventi  . 

Le  foreste  dovrebbero  essere  divise  in  due  clas- 
si :  di  legname  da  ardere ,  e  di  legname  da  costru- 
zione . 

Nelle  foreste  disotto  a  venti  anni  si  dovrebbe  li- 
mitare il  pascolo  libero  :  ma  il  taglio  limitalo  . 

Conosciuta  l' indole  del  terreno  ,  e  quella  del  bo- 
sco ,  e  calcolalo  il  bisogno  con  1'  annuo  aumento  le- 
gnoso ,  si  conoscerebbe  a  qual  vicenda  di  taglio  si  deve 
assoggettare  jl  bosco  ,  se  a  sette  anni  quando  1'  aumen- 
to legnoso  è  più  celere  ,  se  a  nove  anni  quando  esso 
è  più  lento  .  Questa  vicenda  di  taglio  è  1'  unico  mez- 
zo per  conservare  i  boschi ,  poiché  soddisfa  il  bisogno, 
e  non  esaurisce  il  legname  :  e  mentre  distrugge  da 
un  lato  riproduce  dall'altro,  perchè  il  periodo  di  no- 
ve anni  di  taglio  è  bastante  a  mantenere  la  foresta 
sempre  guarnita  nelle  altre  otto  parti  che  non  si  ab- 
battono . 

La  direzione  delle  foreste  suppone  degli  uomini 
istruiti  nella  botanica,  nella  statica  delle  piante,  nelle 
teorie  ,  e  pratiche  de'  boschi  ,  e  dell'  economia  rurale  . 
Dovrebbe  Ja  direzione  dipendere  interamente  dalle 
acoudemie    di  agricoltura  modellate    sulla  camera   dell' 

28 


(2l8) 

agricoltura  dell' Ingliilterra .  Ogni  provincia  dovrebbe 
avere  una  colonia  agraria  dipendente  dall'accademia, 
ed  in  ogni  distretto  un  comizio  agricola  corrispon- 
dente con  la  colonia .  Questi  punti  scientifici  sparsi 
per  le  campagne  formerebbero  la  statistica  ,  la  flora  ,  la 
geologia  ec.  della  provincia  ,  invigilerebbero  sulla  pra- 
tica agraria  ,  ed  introdurrebbero  i  migliori  metodi  ,  e 
mettendosi  in  corrispondenza  fra  loro  ne  risulterebbe 
un  fermento  di  attività  fra  le  teorie ,  ed  i  fatti  utilissl- 
ìuo  all'  agricoltura  .  La  direzione  si  dovrebbe  ancora 
occupare  de'  boschi  degradati  che  si  volessero  riguar- 
nire j  e  delle  macchie  che  il  bisogno  di  una  Comune 
vorrebbe  rialzare  a  bosco  ,  per  vederne  la  natura  del 
fondo,  l'estcnzione,  e  la  qualità  degli  alberi  più  con- 
renienti  alla  qualità  del  terreno  . 

Gli  usi  civici  che  talune  popolazioni  hanno  sa 
i  boschi  si  dovrebbero  restringere  ,  e  rendere  più 
fissi  ,  risecando  quel  che  adesso  hanno  di  vago  , 
ed  incerto.  Il  pascolo,  e '1  taglio  si  dovrebbero  re- 
golare secondo  le  stagioni  .  Quando  il  bisogno  di 
una  Comune  richiede  che  si  allarghi  il  terreno  semi- 
uatorio  ,  dissodaudo  porzione  di  un  bosco  di  monte , 
allora  si  deve  badare  all'  angolo  d'  inclinazione  del 
monte  :  se  questo  passa  i  venti  gradi  ,  il  dissodamento 
non  può  che  recar  danno  nelle  nostre  contrade ,  il  di 
cui  terreno  alluminoso  è  soggetto  alle  lave  o  siano 
frane  . 

Ke'  pendii  gli  alberi  con  le  radici  intralciate  so- 
stengono   il  terreuo ,    ma  quando    soa  tagliati ,    il  so- 


e  2^9  ) 
stegno  manca ,    e  le  gi-osse  piovane   trascinano    il  ter- 
reno ,  lasciando  nude  rocce  ribelli  ad  ogni  coltura  . 

Abili  economisti  hanno  opinalo  che  una  nazione 
non  deve  avere  né  più  di  un  terzo  ,  uè  meno  di  un 
q^uinlo  della  sua  supertìcie  in  foreste  . 

Per  i  bisogni  del  dipartimento  di  Molise  un  buon 
bosco  deve  essere  composto  di  due  terzi  di  ghiandi- 
feri ,  e  di  un  terzo  di  altro  legno  . 

Per  i  bisogni  della  nazione  un  buon  bosco  deve 
presentare  legname  por  pilotaggio  ,  ed  alta  costruzio- 
ne,  per  fuoco,  per  la  grossa,  e  minuta  carpenteria, 
per  le  fornaci  ,  e  fucine  diverse  ,  per  i  lavori  di  lus- 
so :  dee  quindi  esser  composto  di  ogni  specie  di 
legno  . 

Nella  disastrosa  penuria  dalla  quale  siamo  minac- 
ciati sarebbe  per  la  nazione  un  sommo  soccorso  ,  e 
meriterebbe  la  riconoscenza  civica  quel  cittadino,  che 
iu  vece  degli  alberi  indigeni  che  tuttodì  spariscono  , 
introducesse  gli  esotici ,  come  gli  aceri  ,  cioè  lo  stria- 
tum ,  il  sacchariniim  ,  e  '1  negundo  ,  i  pioppi  della 
Virginia,  e  della  Carolina,  la  Robinia,  tanto  hispida j 
quanto  la.  pseiido  acacia,  il  castagno  d'India  Aesculus 
I/jppocastanum  ,  la  Catalpa  Bignonia  Catalpa  ,'\^\ov\. 
papiriferi ,  i  Platani  &c.  albei-i  tutti  naturalizzati  in  Eu- 
ropa ,  alberi  belli ,  ed  utili  per  il  legname  a  qualun- 
que uso  vogliansi  destinare . 

La  robinia  di  io  anni  vale  quanto  una  quercia      d 
4o ,    e  tanto    vale    un    castagno    d' India    a    3o    anni  , 
quanto    una  quei'cia    a  70.  Perchè  dunque   restringere 


(    220    ) 

la  piantagione  de'  nuovi  boscLi  alle  sole  varietà  di 
querce  ?  introducendo  gli  alberi  esolici ,  la  nazione  ver- 
rebbe a  guadagnare  treni'  anni  di  tempo  . 

Ma  quesli  alberi  sono  ignoti  in  Molise  ,  appena 
se  ne  vede  qualcuno  negli  orti  degli  amatori  .  Un  to- 
molo di  terreno  seminato  a  robinie ,  o  catalpe ,  e 
regolato  secondo  l'arte,  dà  in  due  anni  tante  pian- 
te da  guarnire  a  bosco  cinquanta  moggia  almeno . 
Quando  la  divisione  de'  beni  comunali  sarà  intera- 
mente eseguita  j  quando  sarà  abolita  la  ruinosa  servi- 
tù del  compascuo  5  quando  i  coloni  divenuti  proprie- 
tarj  miglioreranno  i  loro  fondi ,  e  per  l' articolo  47 
del  decreto  de'  3  dicembre  li  chiuderanno  ,  allora  da 
una  parte  la  maggiore  istruzione,  e  l'interesse,  dall' 
altra  un  obbligo  nascente  dalle  leggi  possono  costrin- 
gere i  coltivatori  a  piantare  di  alberi,  le  siepi,  e  le 
chiusure  .  Or  potendosi  senza  timore  del  danno  deli' 
ombra  tenere  dieci  allieri  di  robinie  ,  o  di  catalpe  in 
ogni  moggio  di  terreno  seniiuatorio  l'uno  per  l'altro, 
e  valutando  a  200000  moggia  i  campi  rasi  comunali 
semiuatorj  delia  Provincia  ,  a  capo  di  dieci  anni  avrem- 
mo 20000000  d'  al]>eri  di  mezzana  grandezza  disponi- 
iili  per  il  consumo  douìesiico  . 

In  quelle  età  in  cui  il  genere  umano  non  era 
tanto  corrotto  bastò  alla  conservazione  de'  boschi  il 
circondarli  del  sacro  rispetto  della  Religione  .  Ogni 
albero  avea  un  nume  protettore  :  ogni  foresta  una  di- 
\inità  .  Gli  oracoli ,  come  le  leggi  rendendosi  nell' 
opaco  orrore  di  una  boscaglia  era  un  sacrilegio    l' at- 


:ì' 


(    221     ) 

lerrarla  .  Appena  si  tagliava  una  quercia  per  farne  uà 
simulacro  ad  un  nume,  o  una  coroua  per  il  valore  y 
e  per  il  palriotlismo  .  Così  gli  alberi  giunsero  a  quel- 
la smisurata  grandezza  che  ci  narrano  Plinio  ,  e  Teo- 
fraslo  .  Ma  oggi  le  idee  morali  sono  cambiale  ,  e  bi- 
sogna che  la  vigilanza  delle  leggi  guardi  sempre  le 
foiesle  .  Ciò  che  per  gli  antichi  nasceva  da  un  sacrò 
dovere,  presso  ipopoli  attuali  esser  deve  l'effetto  della 
legge  , 

Finalmente  la  conservazione  della  temperatura  del 
clima  e'  impone  la  conservazione  delle  foreste  .  Ab- 
battendole si  espone  ima  maggior  superfìcie  di  terreno 
all'  azione  del  sole  di  già  troppo  potente  :  si  lascia  li- 
bero ii  corso  ai  venti,  e  si  diminuisce  l'annua  quan- 
tità di  pioggia.  Dalle  osservazioni  melereologiche  si 
rileva  che  di  dieci  primavere,  due  sono  umide  5  che 
le  scaise  raccolte  derivano  piuttosto  dalle  siccità  ;  che 
queste  siccità  sono  frequenti;  e  che  il  calore  aumenta 
appunto  per  lo  sboscamento  .  Conserviamo  dunque 
tjueste  masse  verdeggianti  ,  sono  esse  che  richiamano 
le  nuvole,  addensano  i  vapori  ,  tirano  le  piogge  ,  man- 
tengono l'umidità  colla  loro  traspirazione,  rinfrescano 
le  terre  colle  rugiade  .  Se  la  vegetazicyie  vuole  una 
giusta  combinazione  di  calorico  e  di  umido  ,  e  se  que- 
sta combinazione  è  rara  presso  di  noi  ,  cosicché  non 
possiamo  in  alcune  Provincie  variare  le  piantagioni  , 
introdurvi  delle  nuove,  e  de' prati  ,  lasciamo  adunque 
che  le  lioscaglie  unite  all'astro  della  luce  ,  temperando 
i  loro  influssi  si  accordino  a  rinfrescare  ,    ed   a  riscal'' 


(    222    ) 

dare  la  terra ,  ed  a  rianimarvi  la  vita .  Lasciamo  spar- 
se le  foreste  qua  e  là  tramezzate  da'  prati  ,  da'  campi , 
da  vigne ,  acciò  il  nostro  territorio  presenti  un  qua- 
dro variato  delle  sue  ricchezze  in  vigne  ,  ulivi ,  messi 
indorate  che  accrescono  il  nostro  commercio,  ed  in 
foreste  per  fabbricar  navigli  da  scorrere  1'  Oceano  ,  e 
figurare  una  volta  fra  le  uazioni  Europee . 


(  "3  ) 

Suir  argilla  smettica  .  Memoria  del  Socio  Corri* 
spandente  Giuseppe  Antonio  Ruffa  .  Presentata 
nell'adunanza  del  di  3o  agosto  1809. 

J_^GI1  è  certo  ,  che  la  provvidenza  ha  sparso  lulorno 
all'uomo  con  prodiga  mano  una  infinilà  di  materiali  , 
che  sono  ugualmente  necessarj  alla  sua  vita  ed  alle 
6ue  comodità.  È  un  error  grossolano  il  credere,  che 
i  metalli  e  le  pietre  preziose  naerilino  sopra  tutte  ié 
le  altre  cose  la  nostra  atteuzione  .  Questo  gloho  terre- 
stre nei  suol  tre  regni  ci  presenta  sempre  immensi  te-' 
sori ,  se  noi  sapremmo  trarne  proGtto  .  I  più  piccoli 
Minimali,  le  piante  più  disprezzabili,  e  le  terre  più  vili 
si  adoperano  spesso  dall'  industria  umana  ai  bisugai 
della  vita  ,  e  si  fan  servire  ancora  qualche  volta  alla 
comodila  ed  al  lusso  :  e  perchè  la  terra  ha  soll'erto 
delle  grandi  alterazioni  per  mezzo  dell'  acqua  e  del 
fuoco  ,  ed  in  tal  modo  tutto  divenne  o  coofuso  ,  o 
misto  con  aliene  sostanze  ,  o  nascosto  ,  tocca  all'  inge- 
gno dell'uomo  la  ricerca,  all'esperienza  l'esame,  ed 
alla  prudenza  il  farne  l'uso  convenevole  , 

Una  delle  terre  importantissime  sparsa  in  molta 
copia  sul  nostro  globo  è  senza  dubbio  Y  argilla  ;  que- 
sta ha  servilo  sempre  ,  e  serve  tuttavia  alle  fabbriche 
delle  stoviglie ,  ed  a  varie  arti  ;  essa  è  il  principale 
mezzo  usato  dalla  natura  per  la  vegetazione  delle  pian- 
te ;    e  iinalmente    è  stata    anche    adoperata  per  servir® 


(  2^4  ) 

agli  ornamenti  di  lusso  ,  come  chiaramente  dimostra- 
to i  vasi  italici  antichi ,  ed  i  moderni  portati  in  Eu- 
ropa dalla  Gina,  e  dal  Giappone,  cui  si  die  il  nome 
di  porcellane,  e  che  furono  indi  mollo  bene  imitali 
in  Sassonia  ,  in  Germania  ,  ed  in  Francia  . 

Tra  le  molte  argille  descritte  dagli  autori,  ve 
n' è  una  che  il  sig  Haùy  chiama  Argile  Smectiqne  , 
e  che  il  sig.  Brochaut,  seguitando  il  sistema  di  Wer- 
ner ,  mette  tra  le  terre  magnesiache  col  nome  di  ter-' 
Te  à  foulons  :  questa  appunto  è  la  terra  di  Gualchie- 
ra ,  della  quale  iutendo  parlare  .  Trattando  io  un  og- 
getto isolato  non  devo  entrare  in  discussioni  minera- 
logiche :  appartiene  a  chi  forma  un  sistema  di  classi- 
ficar tutto  ,  ed  ordinare  i  generi  ,  e  le  specie  dei  mi- 
nerali 5  per  tal  motivo  mi  servirò  della  nomenclatura 
usata  comunemente  ,  lasciando  ad  ognuno  la  libertà 
di  collocarla  o  tr^  le  terre  argillose  ,  oppure  tra  le 
magnesiache  , 

Neil'  anno  i8o3  ebbi  il  piacere  di  ritrovar  que- 
sta terra  ,  che  mi  si  dimostrò  esser  tale  dai  suoi  ester- 
ni caratteri .  Non  credei  opportuno  di  pubblicare  allora 
questa  scoperta  ,  perchè  dovea  prima  esaminar  bene  i 
caratteri  della  medesima  ,  e  paragonarla  con  quella  d' 
Inghilterra  ,  che  allora  mi  mancava  .  Oggi  dopo  aver- 
la bene  considerata ,  e  dopo  averne  fatto  il  deside- 
rato paragone  mi  fo  un  dovere  di  manifestarla  al  nostro 
Il  cale  Istituto  [a] . 


(a)  Per  non  errare,  ho  consii^liato  il  Socio  Signor 


(    225    ) 

Se  1  Francesi  slessi  asseriscono  ,  che  gì'  inglesi 
dehbono  la  b.Hezza,  perfezione,  e  durata  dei  loro 
j)anni  lani  a  questa  terra,  la  quale  n' eslrac  tulio  l'o- 
lio senza  corroderli  ,  o  guastarli  ,  spero  che  i  nostri 
nazionali,  conosceiulo  di  averla  nel  proprio  paese, non 
tanh'ianno  a  farne  uso,  ed  io  mi  crederò  felice  se  in 
qualche  ])iccola  parie  potrò  così  contribuire  al  bene 
dei  miei  simili  (a) . 

La  natura  ha  sparso  abbondantemente  i  suoi  doni 
prezioù  nel  nostro  Regno  ,  ma  noi  non  conosciamo 
le  nostre  ricchezze  .  Quando  lascieremo  quella  iner- 
zia ,  che  tanlo  degrada  la  nostra  nazione  ?  Vorremo 
noi  essere  eternamente  ammiratori    degli  altri  popoli  ? 

Giuseppe  Melograni ,  ed  il  Socio  Sig.  Vincenzo  Ramon- 
din  i ,  ottime  persone  e  molto  intelligenti  nelle  cose  mine- 
ralogiche :  essi  furono  del  mio  sentimento .  Il  secondo 
mi  somministrò  un  pezzo  di  argilla  smettica  d' Inghil- 
terra ,  col  quale  ho  paragonato  la  mia,  e  Ilio  tro- 
vata della  stessa  specie  . 

(a)  Celle  d'  Angleterre  est  reconniie  la  nieilleure 
de  toutes  ,  e  est  pourquoi  les  étrangers  qui  pcuvent 
jaire  ejcporter  clandestinement  des  laines  d' Angleterre 
ire  peuvent  jamai  atteindre  ìi  la  perfection  des  draps 
de  ce  ménie  rojaume  sans  la  terre  ci  fouUons  du 
nu'mc  royaume  :  et  dont  les  Anglais  sont  si  jaloujc  : 
e  est  l'unique  raison  qui  a  deterininé  et  en  faire  une 
marchandise  de  contrehande .  Vanehnoat  de  Boniare 
Mineralogie   t.   i.  p.   100. 


(    226    ) 

Sì  risvegli  dunque  in  noi  quello  spirito  che  agita  tut- 
te le  culle  nazioni,  e  le  incoraggia  a  perfezionare  le 
arti  e  le  manifatture ,  ampie  sorgeuli  di  ricchezze  e 
di  comodi . 

DESCRIZIONE 

Argilla  Smettica. 

Argile  Smectique  .  Haìiy  tom.  4  p-  445- 

Terra  da  Follone  .  Ncipione  p.  253. 

La  terre  a  foulons  .  Brochant  t.   i  p.   4G4. 

Argilla  Smeclis  .   TValler.  tom.   i  p.  20. 

Fullers'  eartji.  Kinvan.  [ci)  . 

II  suo  colore  è  giallo  di  varie  gradazioni  :  certe 
volte  è  rosso,  color  di  carne;  ed  il  giallo  in  certi 
pezzi  è  così  smorto  che  va  al  bianco . 

Si  trova  iti  massa  5  il  suo  interno  è  matto  ;  la  sua 
tessitura  è  schistosa . 


(a)  Argilla  pingttis  tritura  nitens ,  lainellosa  in 
aqua  ,  in  pulverem  dilahens  ,  in  aere  fatiscens  ,  igne 
fortiori  in  virimi  lacteum  cihiens .  Liun  Mineralog.  pag. 
iS^.  Gmeliti.  Habitat  in  Anglia  ,  Svecia ,  Savonia  , 
Lusatia  mine  f lisca ,  nnnc  cinerea,  nunc  ex  vire- 
sceitti  alba,  mine  viridis ,  mino  càrnea. 

Argilla  virescens  parum  indurata  ,  particidis  ini~ 
palpabiltbus  exiccatione  Lamellaris  ,  vel  rhomboidalis. 
Waller.  system,  minerai,   i   pag.  48- 


e    237    ) 

La  frattura  è  terrosa  a  grana  fina,  e  lamcllosa;  i 
frammenti  sono  irregolari. 

r,  opaca,  tenerissima,  e  quasi  fria])ile  ;  al  tatto  è 
untuosa;  stropicciata  j)rende  un  lustro  grasso. 

Si  attacca  mollo  alla  lingua;  non  fa  effervescenza 
cogli  aciJi  ;  è  poco  fredda ,  e  poco  pesante  , 

Col  tratto  lascia  una  impressione  più  chiara  di 
ciò  che  presenta  il  componente  . 

Si  scioglie  subito  nell'  acqua  in  parti  poco  coe- 
renti . 

Questi  sono  i  caratteri  che  io  ho  raccolto  dell'  ar- 
gilla smetlica  di  Cahibria  Ultra  ;  ed  a  me  sembrano 
sufficienti  ,  sì  per  distinguerla  dalle  altre  argille  con- 
generi ,  come  ancora  per  conoscerla  della  stessa  specie 
descritta  da'min  ralogisli  sotto  i  nomi  sopra  indicati. 
Mi  sono  servilo  della  nomenclatura  del  Signor  Haùy, 
e  l'ho  chiamata  Argilla  smetlica,  perchè  un  tal  voca- 
bolo esprime  una  delle  sue  proprietà ,  e  derivando  dal 
Greco  ,  può  ben  usarsi  in  italiano  .  Terra  da  follone  , 
terra  da  gualchiera ,  sono  anche  termini  usali  nella 
nostra  lingua  . 

Il  Sig.  B.irgman  avendo  analizzato  quella  d'Hamp- 
shire vi  trovò  5i  ,  e  8  dì  silice,  aS  di  argilla,  3,  3 
di  calce,  o  7  di  magnesia  ,  i3  ,  7  di  ferio  ,  i5  ,  5 
d'  acqua  . 

Si  trova  in  Briatico  nella  Provincia  di  Calabria 
Ultra  . 


(    228    ) 

Osservazioni. 

L' argilla  ucU'  appendice  del  Sig.  Haiiy  è  posta 
tra  il  secondo  ordine  ,  il  qnale  contiene  generalmente 
tutti  gli  aggregati  di  seconda  ,  o  di  terza  formazione  , 
e  che  sembrano  per  lo  più  dover  la  loro  origine  ai 
sedimenti  ,  e  la  durezza  al  disseccamento  . 

Questa  sostanza  è  una  miscela  di  silice,  e  di  alu- 
mina ,  alla  quale  si  uniscono  spesso  altri  principi  ,  co- 
me la  magnesia  ed  il  ferro  .  Le  quantità  relative  delle 
due  terre  principali  variano  all'  infinito  :  la  silice  è  sem- 
pre dominante:  le  argille  umettate  per  mezzo  della 
espirazione  esalano  un  odore  chiamato  per  tal  ragione 
argilloso  :  questa  nostra  posta  allo  sperimento  dà  tale 
odore  .  Dortès  atribuisce  ciò  alla  presenza  dell'  ossido 
di  ferro  . 

La  nostra  terra  ha  tutte  le  propietà  generali  delle 
sue  congeneri  ,  ma  differisce  da  esse  alla  untuosità  , 
che  dimostra  al  tatto,  dovuta  alla  magnesia,  ed  allo 
sciogliersi  facilmente  nell'  acqua  in  parti  tra  se  poco 
coerenti  :  il  suo  colore  dipende  probabilmente  dall'  os- 
sido di  ferro  ,  che  entra  nella  sua  comjiosizione  . 

Una  delle  cose  più  essenziali  nella  descrizione  d'un 
minerale  si  è  l' indicare  la  sua  posizione  geologica  ,  e 
descriverne  con  esattezza  il  luogo  ,  ciò  che  io  procu- 
rerò di  fare.  Il  distretto  di  Briatico  come  tutte  le  con- 
trade vicine  mostrano  ,  che  la  base  inferiore  è  il  gra- 
nito a  cui  sta  sopra  un  tufo  calcareo  più  o  meno  du- 
ro :  la  superdcie  dei  terreni  è  formata  di  varie  mar- 
ne miste  a  terra  vegetabile  :  si    trova    verso    Pannaco- 


(  ^^9  ) 
ni  uno  strato  di  litantrace^  e  presso  il  paese  di  Bria- 
tico  si  ritrovò  in  mezzo  al  tufo  calcareo  imo  strato 
poco  esteso  di  manganese  ,  che  lu  esauiilo  :  trenta  pas- 
si in  circa  lontano  dal  paese  verso  la  parte  di  mezzo- 
giorno v'  è  una  piccola  collina  nel  luogo  dello  S.  A- 
paco  in  mezzo  alla  quale  si  vede  uno  strato  di  argilla 
smettica  :  questo  è  preceduto  da  due  strati  superiori , 
il  primo  alto  due  palmi  in  circa  di  terra  vegetabile 
marnosa,  ed  il  secondo  alto  io  palmi  di  tufo  calcareo 
arenoso  Inabile  :  poi  s'  ossserva  lo  strato  d'argilla  il  qua- 
le cinge  come  una  fascia  larga  un  palmo  la  colliua  ,  e 
s'estende  sia  sotto  il  casino  del  sign.  Antonio  Satria- 
iii ,  nel  qual  luogo  viene  interrotto  dallo  scavo  della 
publica  strada  :  piosegue  poi  alla  slessa  altezza  nel  ter- 
ritorio detto  Solaro  dove  s'  interna  :  questo  tratto  è  cir- 
ca 200  passi  :  sì  manifesta  ancora  sotto  S.  Leo  clie  u'è 
«listante  un  miglio  e  mezzo*  detto  strato  d'  argillla  è 
anch'  esso  composto  di  varj  strati  della  medesima  ,  sein- 
pre  però  i  superiori  ,  e  gì'  inferiori  sono  d'  uu  giallo 
più  carico  ,  ed  in  alcuni  luoghi  di  color  rosso  di  car- 
ne ;  sotto  r  argilla  succede  un'  altro  strato  di  tufo  cal- 
careo duro;  nella  parte  di  levante  della  stessa  collina 
si  vedoa  alternare  gli  strati  dell'  argilla ,  e  del  tufo  cal- 
careo . 

Sembra  che  i  Greci  conobbero  la  nostra  argilla 
sotto  il  nome  gè  smecti  ovvero  smectice  terra  sniectis 
ossia  smectica  dal  verbo  smeco  il  quale  siguilica  puli- 
re,  mondificare  ,  eh' è  appunto  una  delle  proprietà  del- 
la nostra  terra  ;  fu  anche  delta  cimolia  dal  nome  dell' 
Isola  Cimola  una  delle  Sporadi . 


(    230    ) 

Uso. 

La  conoscienza  delle  cose  naturali  non  solamente 
reca  piacere  allo  spirito  ,  ma  porla  altresì  infiniti  van- 
taggi alla  vila  umana.  Dioscoride  ni  libro  v.  cap.  i,3c) 
dice  che  la  terra  cimolia  sciolta  nell'aceto  è  risolvente, 
scioglie  i  tumori  dei  testicoli  :  dai  caratteri  ,  che  egli 
le  attribuisce,  e  dalla  breve  descrizione  che  ne  fa,  si 
conosce  bene  esser  la  sua  terra  cimolia  ,  la  stessa  che 
la  nostra  argilla  smettica  .  Plinio  dice  lo  stisso  nel  lib. 
35.  cap.  17.  :  ecco  le  sue  parole  »  CretK  phira  gene- 
ra  .  Ex  ììs  citnolice  duo  ad  medicos  pertinentin  ,  can- 
didiini  ,  £-  ad  piirpin  issimi  iiiclinans  .  Vis  ittrique  ad 
discutiendos  tuinores  ,  &  sistendas  Jlujcioiies  ,  aceto 
assitmpto .  Panos  quoque  ,  &  parotidas  cohibet:  &  li~ 
chenas  illita  ^  pustulasque  .  Si  vero  aplironitrum  ,  et 
nitrum  adjiciatur  ,  &  acetum  ,  pedum  tuniores  sanat  ;  ita 
ut  in  sole  curatio  hcec  fìat  ,  &  post  sex  horus  aqua 
salsa  ahluatur .  Sebbene  noi  non  facciamo  più  uso  né 
di  questa  argilla  ,  né  delle  altre  dì  cui  si  servivano  gli 
antichi  nella  inedicina  ,  pure  nelle  Memorie  della  So- 
cietà economica  di  Berna  dell'anno  1764  Mr.  Bour- 
geois  propose  la  terra  da  follone  sciolta  nell'  aceto  co- 
me un'  ottimo  rimedio  per  le  scottature  ,  e  per  arre- 
stare le  infiammazioni  della  pelle  ,  adoprandola  ester- 
namente . 

Questa  nostra  terra  smettica  di  Calabria  si  può 
usare  dagl'indoratori  a  vernice  in  luogo  del  bolo  ,  ed 
io  ne  ho  fatto  fare  delle  pruove  ,  che  sono  felicemente 
riuscite  :  potrebbe  servire  ancora   per   colorire   1'  este- 


/ 

{23l    ) 

rìore  delle  case  :  sì  ritrova  un  casino  in  Brialico  colo- 
rito al  di  fuori  di  quest'argilla  ,  e  mantiene  molto 
bene  il  colore  non  ostante  che  sien  trascorsi  5.G  anni  : 
di  più  essa  ha  la  proprietà  di  migliorare  alcune  spe- 
cie di  terreni  ,  qualora  con  gli  stessi  si  mischia  ,  ed 
accresce  la  vegetazione  delle  piante  :  serve  per  to- 
gliere le  macchie  degli  ahiti  convenientemente  usata  , 
come  io  stesso  ne  ho  fatto  dell'  esperienze  ,  ed  i  Ro- 
mani al  dir  di  Plinio  («)  1'  impiegavano  a  tale  uflìzio. 
Finalmenle  per  la  proprietà  ,  che  possiede  d'  as- 
sorhir  l'olio,  e  d'attaccarsi  al  medesimo,  è  impiegata 
nelle  gualchiere  per  lo  sgrassamento  dei  panni  lani  ,  e 
riesce  eccellente  per  si  fatta  operazione  ;  è  noto  che 
nelle  fahhriche  di  tali  panni  è  necessario  ,  che  le  lane 
prima  di  adoperarsi  si  preparino  coli'  olio  ,  il  quale  si 
deve  poi  togliere  dalle  medesime  .-i  mezzi  sono  diversi 
in  diverse  fahhriche  .  In  Francia  si  servono  delle  urine 
putrefatte,  delle  marne  ,    delle  crete  unite  all'  argilla  , 


(a)  Et  est  Ciinolice  iisus  in  vestibus  ;  nam  Sarda 
qne  affertur  e  Sardinia,  candidis  tantum  assnmitur  , 
iinitilis  versicoloribus ,  et  est  vilissima  omnium  cimo- 
lice  generum  ,-  prceciosior  Umhrìca  ,  et  qnam  vocant 
saxum  ....  Unibrica  nonnisi  policndis  vestibus  assu~ 
mitur  .  Ncque  enim  pigebit  Itane  quoque  partem  attin- 
gere cum  lex  Metdia  extet  /ullonibut  dieta  ,  quam 
C.  Glaminus  ,  &  L.  JEniilius  censores  dedere  ad  popu- 
lum  ferendnni  .  Adeo  omnia  majuribus  cura  fuere  . 
PUn.  lih.  3J.  cap.   17. 


(    232    ) 

e  del  sapone  ,  ma  si  sa  che  le  urine  ,  e  le  marne  pro- 
ducono molli  inconvenienti  ,  logorano  le  lane ,  e  le 
rendono  aspre  (a)  .  GÌ'  Inglesi  si  servono  dell'  argilla 
smellica  simile  alla  nostra  descritta  di  sopra  ,  e  da  essi 
chiamala  Fullers'  earth  ,  la  quale  nell'  atto  che  toglie 
r  olio  dalle  lane  ha  il  vantaggio  di  rendere  i  panni 
più  di  corpo,  più  durevoli  ,  e  più  morbidi  ;  essendo 
priva  di  sabbia  ,  e  la  sua  grana  iìuissima  ,  non  v'  è  af- 
fatto timore  né  che  logori  le  lane  ,  nò  che  produca 
alcun' altro  svantaggio.  Riguardo  alla  maniera  come 
deve  farsene  uso  n.:lle  gualchiere  potrà  vedersi  1'  En- 
ciclopedia metodica  {b)  . 


(a)  Car  les  draps  degraissés  avec  l  urine  ne  soni 
ni  aussi  heaux ,  ni  anssi  doux  ,  ni  aussi  durnbles  que 
ceux  qui  soni  degraissés  cwec  une  bonne  terre  à  fou- 
lons  ,  et  ih  ont  d' ailleurs  moins  de  corps.  Somare 
p.   loi.  mineralog. 

(b)  Encyclopedie  Methodique  ,  manifactures  ,  arts  j 
metiers.   T.  i.  à  P adone  1799. 


(  a33  ) 

Sulle  locuste ,  dette  volgarmente  Bruchi  Memoria  del 
Socio  Corrispondente  G^iei\ìiso  de  Luchetus  .  Pre- 
sentata neir Adunanza  del  di  6-  novembre  1809. 

Scilicet  hoc  deerat  post  tot  mala  ,  undique  nostris 
Locustui  ut  rapereiit  cjaidciuid  inesset  agris . 

Andr.  Alciati  Emblem.  CXXVIII. 


X  Er  quanto  I'  uomo  il  più  versato  nel  maneggio  de- 
gli aflari  economici  regoli  sulli  calcoli  e  sulla  spcricn- 
za  le  sue  operazioni  ,    e  \e  combini  nella  maniera  eh' 
€gli  repula    la   j,iù  efficace    a    fargli    raccogliere    nella 
m.issiina  possibile  abbondanza    li   frutti  li  meglio  con- 
dizionati ;  non  può  n<  garsi  ,    clie  sovente  ostacoli  in- 
sormontabili e  talora  inopinati    attraversano    le    di   lui 
misure  ,  sconcertano  le  di  lui  speculazioni  ,  e  lo  fan- 
no   rimaner    deluso    nelle    sue    lusinghiere    speranze  ; 
giacché,  giusta  la  espressione    di  un  elegante  sirillore , 
il  male  si    roverscia  a'  torrenti    sulli    brevi  giorni  dell' 
uomo  ,  ed  il  bene    si    trova  sparso    in    piccioli    fram- 
menli  nel  gran  volume    delle    umane    vicende  .  Lutta 
perennemente    lo    sventurato    agricoltoi'e     contro    una 
folla   di  accidenti  ,    che    la    sagacità    e  la   prudenza  la 
più  consumata  non  saprebbe  prevedere  ,  uè  le  più  vi- 
gili cure  potrebbero  allontanare.    Le  intemperie  delle 
stagioni,  che  producono  nella  temperatura  dell' atmos- 
fera un  repentino  disquilibrio  ne' gradi  nieute  propizio 
alla  vegetazione  delle  piante  alimentari  dell'uomo,  sono 

3o 


f  ^34  ) 

ordjnan'ametite    la  sorgente  principale  de' discapiti  che 
soffrono  le  vaiie  specie    di   derrate  campestri  ,    e    che 
possono    meno  prevenirsi .    Una    gelata    preceduta   da 
lino  scioglimento  di   gliiaccio  ,  o  danna  pioggia  ahbon-- 
dante  prodnce  ne'  vegetabili  ^di  effetti    li   più  funesti  : 
tutte  le  parli  elelle  piante  sono  alloia  inibevnte  di  ac- 
qua ,  e  questa  agghiacciandosi  ne'  piccioli   tubi  se[uar- 
cia  le  libre  con   una  violenza,  che  inevitabilmente  ca- 
giona  la  loro  rottura  e  la  loro  morte  .    La   caduta    di. 
una  grandine  elesolatrice  stermina    iu    un   colpo  d'  oc- 
chio le  campagne  cariche    de'  tesori  dell'  abbondanza  ,. 
dà   il  guasto  a' frutti,  ed  alle  messi  ,  rovina  gli  alberi,, 
ed  uccide  talvolta  gli   animali  e  1'  uomo  stesso  esposto 
alia  sua  caduta  .    Li  venti   violenti  ,    un    colpo    di  sole- 
allorché  l'atmosfera  non  è  affatto  agitata,    le    inonda- 
zioni   subitanee  ,  1'  eccessive  siccità  ,    le  piogge  copiose 
e  continue  ,  ed    una    nebbia    specialmente    nel    tempo 
della  lloritura  fanno  svanire  le  speranze   del  coltivato- 
re. Le  malattie  epizootiche  e  contagiose  portano  negli 
armenti  e  nelle  greggi    una    mortalità  ,    che  spopola  i 
pascoli  e  le  mandre,  e  che    1'  uomo    non    sempre    ha 
1'  efficace  abilità  eli    arrestare  ,    e  privano  1'  agricoltore 
dell'opera  sussidiaria  delle  bestie  da  lavoro,    da    tiro, 
e  da  soma  .  Variano  pnrnondimeno  queste  calamità  se- 
condo la  diversità  de'  tempi ,  le  vicende  delle  stagioni, 
le  influenze  del  cielo ,  e  le  particolari  circostanze  delle 
località.  Ma  tra  gl'innumerevoli  detrimenti ,  a  cui  van- 
no soggette  le  industrie  delle  campagne,  uno  delli  più 
distruttori  e  l'  incalcolabile  molliplicilà  di  piccioli  ani- 
maletti j  ed   inselli ,   catlivissime   porzioni    di   materia 


(  235  ) 

;animala ,  ciascuna  delle  quali  prosa  isolatamente  nien- 
te ha  che  di  debole  e  di  spregevole ,  ma  che  per  l'ec- 
cessiva aiiollìplicazione,  e  sorprendente  voracità  diven- 
tano tanti  esseri  perniciosissimi  ,    ed    un  vero  flagello 
pubblico,  capace  di  rendere  inabitabile  un  intero  can- 
tone .  Le  invernate  soverchiamente  dolci  ,    e    che  non 
fanno  provare  1'  usalo  rigore  del  freddo  ,    favoriscono 
•disgraziatamente  la  generazione    e  lo  sviluppo    de'  pic- 
cioli animali,  e  specialmente  degl' insetti  j  cosicché  in 
taluni  luoghi  la  di  loro  moltiplicazione  eccede  moltis- 
simo i  limiti  degli  anni  ordiuarj  ,    ne'  quali  delle  loro 
uova  non  ne  sarebbe  schiusa  la  millesima  parte  .  Koa 
tutti  certamente  sono  del  pari  nocivi  .    Li  grossi  scia- 
mi di  api ,  di  calabroni ,  di  vespe ,  e  le  nuvole  di  mo- 
scherini  ,  di  zanzare,  e  di  altri  somiglianti  insetti, so- 
no più  incomodi  che  nocivi  .   Non    può  dirsi  lo  stesso 
delle  legioni  di  formiche  ,    di  farfalle  ,  di  scarafaggi  , 
che  compariscono  in  primavera    ed  autunno  ,    e    che 
per  il  loro  numero  ,  e  per  la  loro  picciolezza  scappa- 
no a'  mezzi  di  distruzione  ,  che  potrebbero  impiegarsi 
contro  di  essi .  Quasicchè   però  non  fossei'o  sufficienti 
a  gettare  nella  desolazione  1'  industre  agricoltore  li   to- 
pi devastatori,  li  vermini  mangiatori  delle  gemme  delle 
viti  ,  li  punteruoli  o  gorgoglioni  distruttori  de'  grani  e 
de'  legumi  ,  e  tanti  altri  malefìci  animaletti  ed  insetti , 
che  nascono    nel    seno    delle    nostre    contrade  ,  e  che 
danno  il  guasto  ai  frumenti,  orzi,  avene,  alle  vigne, 
alle  piante  legnminose  ,  ed  ortensi  ,  si  soffre  anche  la 
sventura  di  vedere  legioni  incalcolabili    d'inselli   slra- 
jaieri ,  che  abbandonando  di  tempo  in  tempo  li  deserti 


{  :ì36) 
della  Tarlarra  ,  e  dell'  Arabia  ,  vengono  a  piomHare 
su  queste  nostre  contrade ,  ed  a  guisa  di  falangi  fol- 
tissime di  barbari  conquistatori  invadono  il  territorio 
della  fertilità,  tagllono  ,  rodono,  distruggono  li  vege- 
tabili sul  loro  passaggio  ,  che  cuoprono  col  lugubre 
velo  della  desolazione  ,  e  mettono  le  popolazioni  a  ri- 
schio di  essere  gettate  negli  orrori  della  tniseria  e  della 
faine  ;  dacché  divorando  la  riproduzione  de'  seminati 
e  delle  praterie  ,  rendono  le  campagne  squallide  ,  ed 
incapaci  di  somministrare  agli  uomini  non  men  che 
agli  ammali  famelici  e  spossali  il  necessario  nutrimen- 
to ;  onde  il  gregge  andante  ,  e  1'  armento  kiflevojito 
m  cscola  li  suoi  belati  ,  e  li  suoi  mugiti  ,  a'  tris0  ge- 
mi ti  del  costernato  pastore,  e  dell'abbattuto  agricol- 
tore .  Sono  queste  le  locuste  ,  o  cavallette  ,  chiamate 
comunemente  brucili,  che  da  qualche  anno  a  questa 
parte  hanno  invaso  le  più  fertili  Provincie  del  nostro 
Pvegno  .  Calamità  non  nuova  per  l'Italia,  avendo  scrit- 
to Plinio  :  Italiani  ex  Africa  maxime  coortce  flocu- 
sice  J  infe stani ,  siepe  populo  ad  Sibillina  coacto  re- 
media  confiigere ,  inopice  metu. 

Senza  trattenermi  a  darne  la  descrizione,  che  può 
agevolmente  rinvenirsi  in  tante  opere  di  storia  natu- 
rale e  di  economia  ,  mi  limiterà  a  versare  sulla  di 
loro  indole  ,moltJpHcazione  ,  emigrazioni  ,  e  sulli  varj 
periodi  della  loro  vita  ,  secondo  i  quali  debbono  di- 
sporsi li  mezzi  da  impiegarsi    per  la  loro  distruzione  . 

La  culla  delle  locuste  (  GriUiis  jnigratorins  Lin.  ) 
chiamate  da' naturalisti  Francesi  Criquets  de  passage , 
è  la  Tai-laria  ,  e  l'  Arabia  y    abbandonando  però  talora 


(^37) 
il  luogo  natio  ,    si  uniscono    a   sciami  ,    emigrano  ,    c" 
vengono  a  recare  la  desolazione  e  '1  raccapriccio  nella 
Europa  ,    e    specialmente  in  queste  nostre  meridionali 
contrade.    Basta    un    vento  di  Est  per  favorire  il  volo 
di  queste  orde  sterminatrici    composte    ordinariamente 
di  un  numero  incalcolabile  d'individui;  ciocché  con- 
fermasi    dall'  accurato    osservatore    Adanson    nel    suo 
viaggio  al  Senegal  ,  che  fu  testimonio  della  emigrazio- 
ne di  quest'  insetti    j)resso    il    fiume  Cambia  nell'  Af- 
frica :    Verso    le  otto  dalla  mattina  ,    egli    dice  ,    nel 
mese  di  fehbrajo  ,uua  densa  nube  intproi'i'isa  ci  stava 
sopra  ,  ed  oscurava  V  aria  si  che  toglieva  i  raggi  del 
sole  .   Osservammo  ,    di'  essa  era  una  nube  di  locuste 
innalzatesi  a  circa  ceni' ottanta  piedi  da  terra ,  e  che 
copriva  lina  estensione   di  piìi  leghe  :  finalmente   una 
immensa  quantità    di  esse    come  piovendo  a  scroscio 
si  posò  a  terra  ,    divorò    quanto    vi  era  di  verde ,  e 
riprese  quindi  il  suo  viaggio.  Questa  nuvola  era  spin- 
ta da  un  forte    vento    di    Est ,  ed   impiegò    tutta  la 
giornata  ad  oltrepassare  il  paese    adjacente  .    Soggia- 
cquero queste  campagne  per  1'  ultiina  volta    alle    loro 
devastazioni  nell'anno  i^SS.  Serviva  di  preludio  aldi 
loro  arrivo  un  rumore  sordo  prodotto  dalle  agitazioni 
delle   loro  ale,  e  l'oscurazione  del  sole  annunziava   la 
loro  imuiinenle  caduta  sulli   campi  ;  e    guai  a    quelli', 
suiti  quali  si  ri])Osavano  dalle  fatighe  del  loro  viaggio, 
che  si  valuta  fin  di  trenta  miglia  al  giorno  !    Le  cam- 
pagne le  più  fertili  non  rappresentavano  dopo   la  loro 
•visita  che  un  tristo  deserto  !  -.• 


(  238  ) 

Ne' loro  paesi  nativi  quando  Testa  è  Calda,  eS. 
abbondante  in  erbaijgi ,  la  loro  moltiplicazione  è  ec- 
cessiva ;  ed  il  tempo  sereno  ed  asciutto  è  il  più  pro- 
prio alle  loro  emigrazioni;  e  talvolta  volando  sul  Bal- 
tico si  spinsero  fin  nella  Svezia  ;  ciocche  mi  ha  fatto 
rammentare  ,  che  trovandosi  nella  Bessarahia  il  troppo 
rinomato  Carlo  XII  ,  si  credè  sorpreso  da  un  orago- 
no  con  orribile  grandine  ,  quando  una  nuvola  di  locu- 
ste ,  che  oscurava  il  sole ,  venne  a  cadere ,  e  cuopren- 
do  uomini  e  cavalli  arrestò  1'  armata  intera  nella  sua 
marcia . 

La  loro  voracità  è  sorprendente.  Grundler  pose  al- 
cune locuste  sotto  un  vaso  di  vetro  ,  in  cui  aveva  col- 
locato dell'  orzo  di  fresco  raccolto  :  esse  divisero  alla 
prima  il  tubo  in  due  parti ,  divorarono  da  cima  a  fon- 
do la  parte  rimasta  in  piedi ,  e  consumarono  indi  tut- 
.tocciò  che  la  morsicatura  aveva  fatto  cadere  a'  lati  5  ma 
questo  si  fece  con  un'  agilità  e  prestezza  da  non  po- 
tersi descrivere  .  Né  d  ve  recar  meraviglia  quando  si 
sappia  ,  che  ogni  locusta  nelle  due  mascelle  ha  quattro 
denti  incisivi  le  di  cui  punte  ben  affdate  s'  incrociano 
tra  di  loro  a  guisa  di  picciole  seghette ,  e  sono  altissi- 
mi ad  afferrare  e  tagliare  .  E  pure  io  penso  ,  che  li 
danni  prodotti  da  ciascuna  di  queste  locuste  merite- 
rebbero appena  1'  attenzione  dell'  agricoltore  ,  se  esse 
venissero ,  come  le  altre  specie  ,  in  bande  meno  nu- 
merose ;  ma  perchè  i  loro  sciami  sono  composti  da  le- 
gioni innumerevoli,  le  quali  somigliano  a  quelle  den- 
se nubi  che  il  loro  proprio  peso  fa  piombare  dal  eie- 


(  ^-39  ) 
Io  accoppiando  rsj'e  ad  una  grande  attività  devastatrice  ^ 
e  ad  una  sorprendente  ngilità,  il  disastroso  vantaggio  dell' 
esorbitante  numero  ,  clie  talora  sorpassa  ogni    calcolo  , 
cadono  su  di  corte  contrade,  ed  in  un  batter  d'  occbio 
divorano  tutte  le  piante  che  loro  si  parano  avanti.  La 
loro  prima  furia  si  scarica  suU'  erbe  sottili ,  e  sulle  te- 
nere piante  più  abbondanti  di  succo;  venendo    però  a 
mancar  loro  questo  nudrimento  ,  e  trovandosi  più   in- 
grossale ,    attaccano  le  piante  leguminose  ,   le  foglie  e 
le  corteccie  di  alberi ,    e  generalmente    tutte    le    classi 
de'  vegetabili ,  senza  risjiarmiare  neppure    quelli ,  il  di 
cui  odore  o  sapore  hanno  qualche  cosa  di  acre,  di  aci- 
do ,  di  astringente,  di  amaro,  ed  anche  di    velenoso, 
come  rodono  parimente  le  coperte  di  lana,  e  gli  abi- 
ti della  gente  di  campagna,  allorché  sono  inumiditi  dal- 
la pioggia,  dalia  brina,  o  da  altra    cagione,  e    talora 
fin  le  stoffe  di  lino  o  di  seta  . 

Sull'emigrazione  delle  locuste  meritano  1' attenzio- 
ne dell'  osservatore  alcune  circostanze  quanto     comuni 
altrettanto  neglette  .  Esse  s'innalzano  più  sollecitamen- 
te  ed  a  maggiore  altezza  allorché  l'atmosfera  trovasi  ad 
Tina  temperatura  calda  ,  e  1'  aere  è  sereno  ed  asciuto  ;  e 
per  Io  contrario  quando  1'  atmosfera  è  carica  di  vapori 
o  di  pioggia  ,  oppure  faccia  sentirsi  un  poco  di  freddo, 
o  anche  nel  levarsi  e  tramontare  del  sole ,  esse  sono  più 
lente,  e  provano  una    certa    rigidezza,    muovono    con 
difficoltà  le  loro  ale  ,  e  non  s' innalzano  a  molt'  altez- 
za ;  e  dandosi  loro  la  caccia  con  violenza  in  un    tem- 
po piovoso  o  che  tenda  al  freddo,  esse  cominciano  ad 
agitare  le  loro  ale  ,  e  fanno  tulio  lo  sforzo  per  iunal- 


(  ^40  ) 

^arsi ,  ma  non  trovandosi  in  islalo  di  sostenere  un  lun- 
go viaggio  ,  alla  prima  si  abbassano  ,  ed  indi  piomba- 
no precipitandosi  a  terra,  e  sono  forzate  a  continuare 
il  loro  viaggio  a  piedi  . 

L'Irlandese  Guglielmo  Bowles  ,  che  menò  li  suoi 
anni  nelle  Spagne  ,  ove  scrisse  una  Introduzione  alla 
sfarla  naturale  ed  alla  geografia  fisica  di  Spagna 
pubblicata  e  conientata  dal  cavaliere  d'  Azara  parlando 
delle  locuste  ,  che  desolarono  varie  provincie  di  quel- 
la Monarcliia  dall'anno  1724  sino  al  1757  ,  sostiene, 
qhe  l'  ardore  di  perpetuare  .la  loro  specie  non  sia  ugua- 
le nelle  locuste  de' due  sessi  ,  osservandosi  il  ìuaschio 
inquieto  e  sollecito,  mentre  la  femmina  mostra  freddez- 
za, ed  è  sempre  intenta  a  mangiare  ;  onde  -in  tutto' il 
fresco  della  mattina  li  maschi  assaltano  ,  e  le  femmine 
fuggono  e  si  nascondono  ;  ma  due  ore  prima  del  inezzo- 
giorno  incominciano  le  femmine  a  libararsi  colli  salti 
e  voli  dalla  petulanza  de'maschi ,  li  qiali  più  s'impe- 
gnano ad  inseguirle  ;  e  con  questo  esercizio  s'  innalza- 
Uo  nell'atmosfera  sino  all'allt^zza  di  quattro  o  cinqne- 
qenlo  piedi  5  che  la  prima  legione  prende  sempre  ii 
cammino  a  seconda  del  venlo  ,  ^^ol  di  cui  favore  di 
primo  volo  si  allontana  circa  due  leghe  j  ed  allorché 
il  cielo  è  sereno  e  l'  aria  non  agitata  da'  venti  ,  li  vo- 
li sono  più  brevi  ;  che  nelle  loro  fermate  li  maschi 
importunano  le  femmine,  e  queste  fuggono  ;  e  da  que- 
sta cagione  fa  risultare  1'  emigrazione  delle  cavallette  , 
allegando  ,  cke  un  giudizioso  contadino  spagnuolo  ve- 
dendo il  suo  campo  da  esse  divorato  ,  «sclamò  :  Se 
queste  maledette  femmine  non  fossero  si  schizzignose. 


(^4r  ) 
e  si  lasciassero  godere  dal  maschio  nel  paese  dove 
nacquero  ,  non  ci  accaderebbero  queste  disgrazie  ;  ma 
la  canaglia  teme  la  morte ,  e  tira  ad  allungare  la  vi- 
ta come  noi  altri ,  perchè  ella  sa  ,  che  congiuiigen- 
dosi  non  le  resta  che  sgravarsi  e  morire  . 

Bisognerebbe  essere  eccessivamente  portalo  pel  me- 
raviglioso per  adottare  la  credulilà  del  buon  contadino 
S])agnuolo  ,  e  persuadersi  ,  clie  le  locuste  prevedano 
le  conseguenze  dell'  accoppiamento  fatale  per  esse  ,  e 
per  attribuire  alla  castimonia  ed  al  rigore  delle  rem- 
mine  l'emigrazioni  di  queste  innumerevoli  colonie,  le 
quali  vanno  di  lontananza  dall'  oriente  sino  all'  occi- 
dente di  Europa  .  Ma  perchè  non  attribuire  piuttosto 
quest'  emigrazioni  ad  una  cagione  quanto  semplice  e 
naturale ,  altrettanto  fondata  suU'  istinto  di  ogni  essere 
organizzato  ,  di  ricercare  il  proprio  nudrimento  ;  per 
cui  consumate  in  un  luogo  le  sostanze  nutrienti  ,  si 
porta  a  ricorcarle  ove  queste  abbondano  ?  E  questa 
senza  dubbio  la  prima  tra  le  tre  cagioni  principali  , 
che  determinano  l'emigrazioni  delle  specie  viventi, 
cominciando  dall'  uomo  ,  e  continuando  ne'  quadrupe- 
di ,  ne' volatili ,  in  alcuni  rettili,  ne' zoofili  ,  ne' mo-  - 
scherini  ed  altr'  insetti  ;  ed  a  questa  si  debbono  qu'  gì' 
immensi  ridussi  di  Barbari,  che  usciti  dalle  bilze  set- 
tentrionali inondarono  più  volte  le  calde  e  fertili  con- 
trade del  mezzogiorno  .  Infatti  tutti  quegli  sciami  di 
Goti  ,  Unni  ,  Cimbri  ,  Vandali  ,  Borgognoni  ,  Alani  , 
che  sboccarono  nelle  vaste  provi ncie  del  Romano  Im- 
pero, per  trovare  ne' suoi  rottami  una  vita,  e  quegli 
alimenti  che  loro  venivano  negati  dtUe  loro  sterili  pa- 

3i 


(  24^  ) 

Irle,  e  le  freqnenli  invasioni  de' Turlari  nell'Asia  me- 
ridionale, di  cui  Je  s'orie  riferiscono  undeci  esempj , 
olire  agli  altri  rimasti  sepolti  nel  bujo  de' secoli  vetusti, 
non  rassomigliano  a  quelle  bande  di  volpi  e  di  orsi 
del  Nord  ,  che  vanno  disseminandosi  molto  lungi  per 
ricercare  prede  più  abbondanti;  e  molto  più  propria- 
mente alle  nuvole  spaventevoli  di  locuste  ,  che  dalla 
Tartaria  e  dall'  Arabia  passano  ad  inondare  le  campa- 
gne dell'  India  ,  della  Palesti.ia  ,  della  Polonia  ,  delia 
Spagna  ,  e  dellu  Italia  ,  di  cui  divorano  le  sostanze  ve- 
getabili ?  In  realtà  poi  è  noto,  che  la  supposta  seve- 
rità, la  resistenza  delle  femmine  delle  locuste  ,  quanto 
vi  fosse  ,  dovrebbe  essire  di  pura  mostra  5  giacche  ter- 
mina finalmente,  come  ognuno  sa,  col  prestarsi  alli 
desideri  de'  maschi  ,  come  il  dimostra  la  sorprendente 
quantità  di  uova  fecondate  eh'  esse  depongono  .  Viag- 
giando esse  in  masse  incalcolabili ,  distruggono  le  so- 
stanze vegetabili  di  una  intera  contrada  ,  ed  il  bisogno 
di  alimentarsi  le  obbliga  a  passare  in  altri  luoghi  per 
rinvenire  nuove  materie  nutrienti  .  Varie  classi  di  uc- 
celli, e  di  pesci ,  come  li  salmoni,  le  aringhe  ,  &c. ,  per 
deporre  le  loro  uova  cambiano  domicilj ,  ed  emigrano 
non  ad  altr'  oggetto  che  per  quello  di  trovare  abbonde- 
volmente  o  piccioli  animaletti,  o  picciole  piante  proprie 
al  di  loro  alimento,  ed  a  quello  delle  di  loro  novelle 
progeniture.  Questa  è  la  gran  legge  della  natura  ,  e  tutto 
è  in  una  perpetua  agitazione  sulla  faccia  dell  '  Universo: 
tutto  si  cambia,  tutto  vi  si  rinnova,  vi  si  moltij  lica  , 
■yi  si  distrugge  :  li  poli  ricalcano  perennemente  i  loro 
esseri  viventi    suUi  Tropici,    e    li    Tropici    riagiscono 


e  =«43  ) 

sulli  Poli .  Tal'  è  la  circolazione  delle  sostanze  organiz- 
zate .  La  materia  vivente  coli'  emigrazioni  si  dissemi- 
na,  si  moltiplica  senza  fine  in  questo  flusso  e  riflus- 
so ;  onde  niente  resta  inerte  ed  inutile  }  e  le  genera- 
zioni che  scompariscono  sono  il  fermento  di  nuove 
generazioni.  Questi  trasporti,  queste  marce  di  sostan- 
2e  organizzate  disseminandosi  per  tutta  la  Terra  sono 
per  la  materia  vivente  ciò  che  sono  il  flusso  e  riflusso 
dell'  Oceano  ,  e  le  maree  del  atmosfera  . 

Neil'  accoppiamento  di  queste  locuste  orientali 
niente  vi  è  che  differisca  da  quello  delle  altre  specie; 
ma  Gleditch  dell'  Accademia  di  Berlino  fece  la  se- 
guente osservazione ,  oh'  egli  credè  molto  singolare  . 
Egli  vide  tre  maschi  accopiarsi  colla  stessa  femmina  , 
e  si  persuase ,  che  la  natura  ahhia  avute  delle  viste 
particolari  in  questa  siugolarilà  .  Nel  considerarsi  il 
numero  esorbitante  delle  uova  ,  egli  dice  ,  che  per  la 
fecondazione  loro  non  sarebbe  sufficiente  l' accoppia- 
meuto  di  un  solo  maschio ,  e  che  quindi  o  avrebbe 
dovuto  esso  più  volte  accoppiarsi  ,  o  altri  avrebbero 
dovuto  rilevarlo;  e  soggiugne ,  che  prima  di  questa 
osservazione  non  si  era  sicuro  se  lo  stesso  maschio 
leplicasse  li  suoi  accoppiamenti  ,  o  se  altri  maschi  si 
servissero  della  stessa  femmina  . 

Uopo  è  però  di  riflettere ,  che  1'  organo  sessuale 
nel  maschio  è  nascosto  ,  ed  ha  li  muscoli  erettori  na- 
scenti dalle  di  lui  viscere;  ed  allorché  sonte  lo  sti- 
molo della  riproduzione  ,  lo  fa  apparire  ,  ed  é  d^lla 
lunghezza  di  quattro  linee ,  e  più  grosso  di  qualunque 
altra  sua  parte  .  Si  accoppia  allora  con  furore  alla  ftm- 


(  ^'^4  ) 

mina ,  e  rimane  accoppialo  per  ore  ;  e  siccome  1'  or- 
gano sessuale  di  questa  si  restringe  in  quell'atto,  cosi 
non  possono  separarsi  per  qualche  tempo  ,  come  si 
osserva  ne' cani.  L'accoppiamento  dunque  di  ore  po- 
trebbe far  pensare ,  che  anche  un  solo  maschio  basti 
per  fecondare  tutte  le  uova  di  una  femmina  ;  tantop- 
più  che  si  è  riconosciuto  da  celebri  entomologisti  , 
che  nelle  locuste  le  vescichette  seminali  sono  mollipli- 
catissime  ,  e  li  testicoli  hanno  una  forma  apparente  , 
che  si  avvicina  molto  a  quella  de'  mammiferi .  Questi 
testicoli  di  forma  ovale  sono  fissati  sotto  la  parete  del 
dorso ,  e  la  loro  superficie  convessa  è  tempestala  da 
molle  trachee  di  un  colore  dorato  lucido  5  e  dopo  aver 
tolte  queste  trachee  si  viene  facilmente  a  capo  di  svol- 
gere il  testicolo  ,  ed  allora  si  scorge ,  eh'  esso  non  è 
che  un  vaso  rotolato  su  di  se  stesso ,  nella  di  cui  ori- 
gine vi  sono  delle  vescicole  seminali  disposte  in  fascetti 
così  numerosi  che  nel  tempo  degli  amori  riempiono 
li  tre  quarti  della  capacità  del  ventre  dell'  insetto  ,  e 
sono  ripiene  di  un  liquore  limpido  ,  eh'  è  il  seme  .  L' 
osservazione  dunque  di  Gladi tsch  avrà  potuto  essere  il 
risultalo  non  del  bisogno  di  fecondarsi  le  uova ,  ma 
del  numero  de'  maschi  ,  che  tra  quest'  insetti  eccede 
moltissimo  quello  delle  femmine  ;  essendosi  osservato  , 
che  talvolta  per  una  femmina  vi  sono  cento  maschi  , 
e  talora  giungono  sino  a  trecento,  distinguendosi  age- 
volmente il  loro  sesso  al  ventre  ed  alla  tromba .  Que- 
sta numerosa  turba  di  maschi  soprannumerarj  ha  po- 
tuto dar  luogo  alla  descritta  osservazione.  E  poi  è  no- 
to ,    che    secondo    l' esperieuze    di    Spallanzani    poche 


(  245  ) 
stilla  di  spenna  del  ranocchio  diluite  in  molt'acq^ua 
bastano  per  fecondare  un  gran  numero  di  uova  .  Le- 
tuwenhoech  dopo  replicate  osservazioni  microscopiche 
trovò  ,  che  un  solo  merluzzo  poteva  contenere  nel  suo 
latte  i5o,ooo,ooo,ooo,  animalcoli  viventi,  ed  in  una 
femmina  di  inedia  grandezza  della  stessa  specie  nu- 
merò nove  milioni  e  trecento  quaranta  quattro  mila 
uova 5  e  si  sa,  che  lo  sperma  espresso  dal  maschio  su 
di  questo  sorprendente  numero  di  uova  si  mescola 
coir  acqua,  e  vi  si  diluisce;  e  ciò  non  ostante  opera 
la  loro  fecondazione  .  Non  vi  è  dunque  motivo  di 
duhitare  ,  che  tra  le  cavallette  un  maschio  fornito  delle 
descritte  numerose  vescicole  seminali,  e  che  prolunga 
per  ore  il  suo  accoppiamento  colla  femmina  ,  possa  es- 
sere sufhcientissimo  a  fecondare  da  venti  sino  a  cin- 
quanta uova,  ed  ove  siano  le  locuste  di  specie  più 
grande,  come  quelle  ch'egli  osservò  nella  Prussia ,  ne 
fecondino  sino  a  cencinquanta  . 

Kel  tempo  degli  amori  le  locuste  prima  disperse 
si  uniscono  a  truppe  foltissime  ,  e  si  accingono  a  tra- 
vagliare per  la  propagazione  della  specie  ;  opera  che 
Lcn  di  rado  si  prolunga  al  di  là  di  sei  o  sette  setti- 
mane .  Terminata  questa  operazione  ,  li  maschi  resta- 
no non  solamente  spossali  ,  ma  dehbe  credersi  ,  che 
provino  un  grande  ardore  ,  giacché  suhito  cercano  di 
rinfrescarsi  ,  e  quindi  corrono  alle  acque  le  più  vici- 
ne,  sia  un  lago,  una  corrente,  un  pozzo,  una  palu- 
de, ove  ordinariamente  muojono  annegali  a  motivo 
che  hagnandosi  le  ale ,  e  raffreddandosi  ,  non  possono 
più  prendere  il  volo .  E  però  un  problema  se  ne  muo- 


(  MG  ) 
jano  più  per  i  loro  amori  che  per  le  di  loro  morsi- 
calure  crudeli .  Li  maschi  nel  loro  calore  attaccano 
altri  maschi,  ed  anche  le  femmine,  le  feriscono  gra- 
vemente, strappano  le  loro  membra,  e  specialmente 
le  antenne  ^  in  una  parola  questi  perversi  insetti  si 
maltrattano  reciprocamente  con  tale  violenza ,  che  per 
questi  comhattimeuti  ne  perisce  un  gran  numero  ;  ed 
un'altra  osservazione  del  citalo  Gledilsch  dipinge  più. 
al  vivo  la  fierezza  di  qucst'  iuselli .  Un  ingrato  ma- 
schio, egli  dice,  dopo  aver  terminato  l'accoppiamento 
si  pose  ad  esercitar  sulla  femmina  utia  specie  di  carne?» 
ficina ,  che  non  poteva  avere  per  cagione  la  mancanza 
di  alimenti  ;  esso  saliva  sulla  femmina  ,  che  resisteva 
con  tutte  le  sue  forze,  le  lacerava  la  carne  viva,  e  ne 
inghiottiva  ardentemente  il  succhio  sino  a  farla  perire 
prima  che  avesse  potuto  deporre  le  sue  uova  .  Quan- 
do questi  atti  di  sevizie  siano  comuni ,  non  deve  met- 
tersi in  dubbio  ,  che  vi  siano  leggi  costanti  ed  immu- 
tabili stabilite  dal  Supi'emo  Autore  della  Natura  rap- 
porto a  ceri'  insetti,  per  Impedire  che  la  loro  mol- 
tiplicazione seippre  incomoda  o  perniciosa  agli  altri 
animali  non  oltrepassi  la  qtiantità  de'  pascoli  ,  di  cui 
abbisognano  . 

Passano  le  locuste  per  varj  stali  dalla  loro  esisten- 
za nelle  uova  sino  alla  mortele  la  cognizione  di  que- 
sii  può  somministrare  delle  indicazioni  siili!  mezzi  aq. 
impiegarsi  pel  di  loro  esterminio  . 

Il  primo  periodo  è  quello,  in  cui  le  locuste  si 
trovano  racch'use  nella  uova ,  e  dura  per  sei  o  sette 
mesi ,    vale  a  dire ,    d^jil  line    di  settembre    o  principi 


di  ottobre  sino  a  circa  la  metà  del  mese  di  aprile  , 
dipendendo  il  più  e  '1  meno  dal  piti  tardo  O  più  sol- 
lecito riscaldamento  dell'atmosfera  nella  stagione  di 
primavera,  e  mollo  più  della  esposizione,  in  cui  si 
trovano  li  terreni ,  che  conservano  il  deposilo  delli 
uova  ,  e  da  altre  circostanze  locali . 

Escono  nel  secondo  periodo  le  locuste  dalle  uova 
sotto  la  forma  di  larve ,  o  sia  di  vermi  bianchi  ,  li 
quali  hanno  un  corpo  lungo  formalo  da  una  serie  di 
anelli,  che  sembrano  membranosi,  ed  incastrali  gli 
uni  negli  altri,  ed  indi  passano  allo  stalo  di  ninfe. 
Sono  allora  nere  e  della  grossezza  de'  moscherini  :  si 
ammucchiano  queste  neonate  appiè  delle  zolle,  ed  at- 
torno a* cespugli,  saltando  gli  uni  su  gli  altri,  ed  oc- 
cupando uno  spazio  di  tre  o  quattro  piedi  in  tondo  , 
allo  due  pollici;  e  siccome  credesi,  che  quest'insetti 
vivano  allora  di  sola  rugiada  ,  si  alzano  e  si  abbassa- 
no perennemente  l'uno  sull'altro  per  raccoglierla  ;  on- 
de il  di  loro  ammasso  ha  tutta  1'  apparenza  di  uu 
panno  nero,  che  si  muova  ondeggiando .  Essi  si  allon- 
tanano jjochissimo  dal  luogo  della  loro  nascita  ,  aven- 
do le  gambe  deboli  ,  le  ale  non  ancora  sviluppate  ,  e 
li  demi   non  abbastanza  duri  per  rodere  l'erba. 

Circa  il  line  del  mese  di  maggio  le  locuste  co- 
minciano a  passare  allo  stalo  di  adolescenza  ,  stato 
perniciosissimo  a'  prodotti  del  terreno  .  Racchiude  que- 
sto periodo  lutti  li  cambiamenti  che  loro  avvengono 
noli' accrescimento  sino  al  termine,  in  cui  essendo 
sviluppalo  il  loro  corpo,  li  membri  hanno  acquistala 
la  loro  grandezza,  e  la  loro  naturale  proporzione,  all' 


e  ^48  ) 

infuori  delle  ale  ancora  inguainale  negli  astucci  .  Con- 
suinauo  allora  tutte  le  piante  erbacee  prima  che  que- 
ste abbiano  acquistati  steli  bastantemente  duri  per  re-» 
sistere  a' loro  denti  . 

,  Nel  corso  del  mese  di  giugno  le  loro  ale  pren-< 
dono  un  bel  colore  di  rosa,  ed  acquistano  tutta  la 
forza  ed  attività  di  cui  sono  capaci  ;  e  così  tutta  la 
loro  metamorfosi  si  riduce  allora  principalmente  al 
completo  sviluppo  delle  ale  ,  ciocché  si  eseguisce  sen-^ 
za  che  la  loro  forma  ed  il  loro  genere  di  vita  soffra-^ 
pò  veruna  considerevole  alterazione  .  Si  uniscono  nuo- 
vamente in  legioni  per  la  seconda  ed- ultima  volta,  ed 
allora  comincia  la  loro  pubertà  ,  e  si  acceiKle  in  essi 
il  fuoco  ,  e  '1  desiderio  di  perpetuare  la  loro  specie  . 
In  questo  stato,  che  si  chiama  perfetto,  perchè  sono 
allora  elevate  a  tutta  la  perfezione  organica  conve- 
niente al  rango  che  debbono  occupare  ,  quest'  insetti 
destinati  all'adempimento  di  una  funzione  più  impor-- 
tante  alla  natura,  che  per  noi,  si  affrettano  a  soddi- 
sfare il  pressante  bisogno  della  riproduzione  5  onde  i 
maschi  inseguendo  le  femmine  ,  e  queste  col  saltellare 
sfuggendo  la  loro  importunità,  per  quanto  da  taluni 
si  crede  ,  o  piuttosto  perchè  dopo  aver  divorata  la  ver-r 
dura  di  una  certa  estensione  di  territorio  sono  nella 
necessità  di  cercare  nuovi  pascoli  ,  si  elevano  nell'  at- 
mosfera ,  e  formano  tante  nuvole ,  che  giungono  ad 
intercettare  i   raggi   del  sole  . 

E  finalmente  il  quinto  periodo  è  quello  della  di 
loro  riproduzione  ,  ed  indi  della  loro  morte  ;  giacché 
passato  il  tempo  della  propagazione  psse  muojono.Co-' 


(  ^49  ) 
iniiicia  questo  periodo  verso  il  fine  del  mese    di  ago- 
sto ,    e  lermina    col  mese    di  settembre    o  principi    di 
ottobre  .  Allorcbè  le  uova  sono  stale  fecondate  ,  lo  fein- 
miue  passano    il  resto    della  loro  vita    a  costruire    un 
nido  in  terra  per  depositarle.  La  natura  sempre  prov- 
vida per  la  conservazione  della  specie  ha  dato  a  que- 
sti animaletti  1'  istinto  di  cercare   il  terreno     più  sodo 
per  deporvi    le  uova  ,    onde  mettere    a  coperto     dalle 
influenze  delle  meteore  ,    e  da'  guasti    degli  uomini ,  e 
delle  bestie  questo  deposito  prezioso  per  essi  ,  dal  qua- 
le dipende  la  conservazione  della  loro  razza,  che  nelli 
terreni  coltivali    polirebbe  essere  agevohneule  distratta 
.anche  colla  sola  rinnovazione  de' lavori  ;    e    su  questo 
proposito    mi   piace    di  trascrivere  un  articolo    del  ci- 
talo Bowles  ,  come  quello  di  un  accurato  osservatore, 
che  nelle  Spagne  ebbe  occasioni    ben  frequenti    di  ri- 
petere a  piacere  le  sue  osservazioni:  Subitoccliè  ,   egli 
dice  ,  le  uova  sono  state  fecondate  dal  maschio  ,  cer~ 
ca  la  femmina  un  terreno  sodo  ed  indurito    da  depo- 
sitarle ,  affinchè  non  siano  esposte    a'  colpi    delF  aratro 
e  della  zappa  .  Benché  milioni  di  locuste  siano   su  di 
im  campo  coltivato  ,    non    vi  è  timore    che  ninna    vi 
deponga    le  uova  /    e  se    vi  è    un  pezzo    incolto    per 
picciolo    che  sia ,    ivi  anderanno    tutte    a    sgravarsi . 
Questa  preferenza  è  necessaria    per    la  conservazione 
della  loro  specie  ,  e  viene  alla  locusta  insegnata  dall' 
odorato  .    E  qui  dopo  aver  addotte    varie  pruove    per 
dimostrare  ,  che  le  locuste  ed  altr'  insetti  ,    come  pure 
gli   uccelli  ed  altri  animali  sono  fornii!   di  una  squisita 
sensibilità  negli  organi  oU'atlorj ,  couchiude  :    E  sicuro 

32 


{  25o  ) 
dunque ,  che  la  locusta  conosce  coli'  odorato  la  terra 
mossa  ,  e  la  fugge ,  senza  sapere  il  motivo  perchè 
prejerisca  la  terra  incolta  ;  poiché  non  può  prevedere 
il  pericolo  della  zappa  ,  e  dell'  aratro  &c.  E  qui  nell' 
anno  i^58  si  osservò  parimente  ,  che  in  lulta  la  esten- 
sione di  questi  vigneti  ,  e  de'  terreni  coltivati  non  si 
trovava  un  solo  astuccio  di  uova  di  cavallette ,  ma 
tutti  furono  scavati  ne' terreni  saldi  . 

E  da  notarsi ,  che  le  larve  delle  locuste  allorché 
giunte  allo  stato  dì  ninfe  hanno  le  ali  rinchiuse  in 
una  specie  di  hottoni  situati  sul  loro  dorso  ,  a  somi- 
glianza di  tutti  gli  altr'  insetti  ,  non  sono  atti  a  ripro- 
dursi se  non  dopo  1'  intero  sviluppo  di  queste  parti  , 
il  quale  non  ha  luogo  che  quando  esse  lasciano  le  lo- 
ro spoglie  di   ninfe. 

La  loro  fecondità    è  tale  ,    che  in  un  distretto    di 
■mediocre  estensione  si  può  raccogliere  una  considere- 
vole   quantità    di  uova  ;    ed    il    succennato    Gleditsch 
ne  accerta    che  nell'anno  1^33  invasero  •queste  la  Mar- 
ca di  Brandeburgo  ,  ove  se  ne  trovarono  sino  al  '73g, 
quando  cominciarono  ad  essere  insensibilmente  distrut- 
te dalle  rigide  invernate;    che  nel   1748  nuove  legioni 
sbucarono  dalla  Tarlarla  ,  e  si  gettarono  non  solamen- 
te sulla  intera  Ungheria  ,  Transilvania ,  e  Polonia ,  ma 
anche  sulta  Scozia,    e  sulle  Isole  vicine    a  quel    Rea- 
me,   e  che  ogni    ovaja    conteneva    ordinariamente    da 
cento  trenta  sino  a  cencinquanta  uova.     Senza  dubbio 
la  specie  di  locuste  ,     di  cui  parla  Gleditsch  ,    ha  do- 
vuta essere  delle  più  grosse  ;    giacche  il  citato  Bowles 
parlando  di  quelle  di  Spagna»  non  fa  ascendere  il  nu- 


(.51  ) 

mero  delle  uova  ,  che  depone  ogni  femmina  ,    se  non 
a    circa    quaranta  ;    e  qui    dopo    aver    io  aperti  molli 
astucci    o  cannellini    di  varie  larghezze,    ho    ritrovato 
un  solo  astuccio  ,    che  ne  conteneva  cinquanta  ,    altri 
che  ne  contenevano  quaranta ,    e   questi    erano    anche 
rari  ;    il  massimo    numero    poi    di  queste  guaine    non 
ne  racchiudevano  che  da  diciotto  sino  a  trenta ,  o  po- 
chi di  più,  ed  avendo  osservato  nel  passato  anno,  che 
non  tutte    le  locuste    qua  piombate  avevano  una  gros- 
sezza uguale ,    essendosene    vedute    delle  ben    grandi  , 
sebbene  rare  ,  e  moltissime  assai  picciole  uopo  è  cre- 
dere ,  che  il  maggiore  o  minor  numero  delle  uova    sia 
provenuto  dalla  varia  mole  delle  femmine  che  le  han- 
no deposte  .  Vi  si  riconosce  però  in  sostanza  1'  abbon- 
devole   fecondità    dcgl'  insetti  ,    e    la  loro  pullulazione 
incalcolabile  ;    e  se    un  gran  numero    di  cotesti  germi 
non  fosse  distrutto  da  una  folla  di  circostanze  ,  la  ter- 
ra ne  sarebbe    bentosto    inondata  .    La    natura    spiega 
una  ricchezza    ed  una    fecondità    senza  limiti:    e    per 
preservare  le  sue  produzioni  dalli  peiicoli    di  una  in- 
tera disti'uzioue,    rende  inesauribili    li  tesori  di  ripro- 
duzioni; tesori  certamente  preziosi  per  essa  che  ha  in 
mira  la  conservazione    della  specie ,    ma  rovinosi    per 
noi  a  motivo  delle  depredazioni  e  guasti  che  poi  fan- 
no   delle  nostre  sostanze    alimentari  .     La  figura     delle 
uova  delle  cavallette  è  cilindrica ,  ed  ogni  uovo  è   lun- 
go una  linea  ,    di  color  hianco    e  ben  levigato  .    Sono 
situati    obliquamente    nel!'  astuccio    o    sia    guaina  ,    e 
la  testa    della  picciola  locusta    è    nel  sito  ,    pel    quale 
deve  uscire . 


È    sovpreadente    poi    la    maniera    colla    quale    le 
femmine     formano    li  loro  nidi  ,    e    vi    depongono    le 
uova.    Hanno  esse    nella  loro  estremità  posteriore  dol 
corpo  una  specie  di    punteruolo  vuoto    al  di    dentro  , 
lungo  circa  otto  linee,  di  (igura  rotonda  e  ben  levigato, 
alla  di   cui   radice  vi  è  una  cavità  ,    che  contiene    una 
vescica   piena   di  un  umore  glutinoso  ,  la  quale  imbocca 
nel    canale    del    punteruolo,    donde    l'umore   scola    al 
bisogno  .   Vi   sono   nello  slesso  punteruolo  quattro  mu- 
scoli  picciolissiini  ,  li  q'i;di   contraendosi     ed  estenden- 
dosi alternativamente  vengono  a  muoversi   o   perpendi- 
colarmente o  orizzontalmente    secondo    1'   occorrenza. 
Qnallro    membrane    elastiche    occupano  gli    spazj    che 
Iramezzano  questi    muscoli  ,    e    queste    agiscono  come 
suste  nelli   movimenti  del  punteruolo  ;  e  T  insetto    coti 
questa  organizzazione  muov  il  punteruolo    a    suo    ar- 
bitrio in  tutte  le  possibili  direzioni.  La  femmina  dopo 
aver  forata  la  terra  con   questo  istromsnlo  ,  operazione 
che    non    esige  altro    tempo    che  quello    di  due    ore  , 
Ciiopre  la  parte  inferiore  del  foro    di  un  intonaco  che 
■fo-ma    col  liquore    glutinoso    contenuto    nella    cennata 
vescica,    e    vi  depone    le    prime  uova    con  un  ordine 
sorprendente  .    Dopo    il  primo  scarico    di  uova    la    lo- 
custa getta    altro  intonaco  per  formare    il    cannellino  , 
e  ve  ne    depone  altre  ;    ed  indi  a  varie    riprese    repli- 
cando il  suo  travaglio  termina  V  operazione  ,    la  quale 
suole  durare  cinque  in  sei  ore  ;  e  col'o  stosso   liquore 
ne  chiude  l'apertura  superiore;  ed  essendo  questo  in- 
dissolubile   nell'acqua  ,    resistente    al    calore    dil    sole 
senza  screpolarsi ,  e  non  soggetto  alle  impressioni  delle 


(  253  ) 

foni  gelariire,  restano- le  nova  ben  difese  da  dilli  gli 
accidenti  ,  che  potrebbero  provenire  da  queste  tre  ca- 
gioni ,  come  molle  uova  di  allr'  insetti  passano  1'  in- 
verno ,  Senza  cbe  le  gelatnre  e  li  gran  freddi  \lÌ6trug- 
gano  il  loro  germe  di  vita.  E  ben  da  notarsi  però  , 
che  si("Coiiie  alle  femmine  delle  locuste  manca  la  i'a- 
gina  gpiiitalis  ,  eh'  esca  dal  suo  corpo  ,  essa  lascia  ca- 
dere a  poco  a  poco  le  sue  uova  conficcando  più  della 
metà  del  suo  corpo  nel  terreno  ;  ma  talvolta  le  semi- 
na e  le  disperde  solamente  nella  superdcie  .  Sono  que^ 
sta  picciole  uova  legale  tra  di  loro  da  una  specie  di 
mucosilà  indurita  ,  e  disposte  simmetricainente  in  un 
astuccio  come  in  ima  membrana  ,  nella  quale  restano 
rinchiuse  sino  all'epoca  del  loro  sviluppo. 

Vero  è,  che  la  Provvidenza  oppone  felicemente 
nn  gran  numero  di  nemici  ad  insetti  così  formidabili  ; 
Un  vento  gagliardo  ,  una  pioggia  fredda  ,  una  tempe- 
sta ,  possono  distrnggerne  in  im  istante  molli  milioni  . 
Le  volpi,  i  porci,  le  lucertole,  le  ranocchie ,  ^li  stor- 
ni, li  corvi,  le  cornacchie,  li  volatili  di  bassa  corte, 
le  allodole  ed  altri  uccelli  ne  fanno  strage  ;  ma  la  per- 
secnzione  che  si  fa  soffrire  a  questi  quadrupedi  e 
volatili  scema  notabilmente  il  numero  degli  animali 
dislrnltori  dille  locuste,  e  protettori  delle  nostre  mes- 
si ,  che  non  sono  mai  da  essi  danneggiale  .  E  stata 
b.n  diversa  su  questo  articolo  la  condotta  de'  popoli 
Orientali,  Plutarco  attesta  ,  che  nt^ll' Isola  di  Lemnos  , 
ove  le  locuste  cagionano  dinni  iii>-alco]a])ili  ,  le  allo- 
dole orano  riputate  uccelli  sacri  ,  j>erchè  cons  imavauo 
una  sorprendeiite  quaulità    di  uova  col  cil>arscne  ;    ed 


(  a54) 
indubitatamente  lì  servigj  che  prestano  all'uomo    que- 
sti uccelli  nel  tlistruggere  li  germi  dello  generazioni   di 
varie  specie  d'insetti  devastatori  delle  nostre  raccolte  , 
dovrebbero  impegnare  tutti  a  risparmiarli  ,    ad  averne 
riguardo  5  ma  sventuratamente  a  questi  si  fa  la  guerra 
la    più    inconsiderata.    Plinio   riferisce    la    venerazione 
che  gli  abitanti  della  stessa  Isola  avevano    per    le  cor- 
nacchie distruttrici  delle  Locuste  :    Et    in  Lemno    In- 
sula certa  jnensura  prcefìnita  est ,    quam  singuli   ene- 
catarum  ad    niagistratiis    referant  .    Graculos    quoque 
oh  ìd  coliiiit  ,  adverso  volatu  occurrentes    earuni  (  lo- 
custarum  )  exitio .    Ed  in  altro    luogo  parla    di    certi 
uccelli  chiamati  Seleucidi  ne'  seguenti  termini  :    Seleu- 
cides  aves  vocantur ,  quarwn  adventuni  ab  love    pre- 
cibiis   impetrant  Casii    montis  incolae ,  fruges  eoi  imi 
locustis  vastantihiis .  Nec  linde  veniant ,  quove  abeant 
compertwn  ,    nu  nquani  conspectis  nisi   cum   praesidio 
earum  indigetur  .    Ed  il    di  lui    comentatore  Gabriele 
Brotier  in  una  nota  soggiunge  :  Seleucides  aves  .   Per- 
sa eas  vocant  Abnielec  .    Sunt   magnitudine    nierula- 
rum ,   plnmis  nigris ,    carnìs   coloris  coerulei .     Valde 
appetere  dicuntur  aquam  fontis ,  quce  est  propre     Ur- 
bem  Cuerch.  Sa]>piamo  ora  ,  che  gli    Arabi  di    Mosul 
e  di  Aleppo  conoscono  le  seleucidi  sotto    il    nome  di 
Samnrmar ,    a    di  Samarniag  .    Non    s'indirizzano  più 
questi  popoli  a  Giove  ,  come  negli  antichi  tempi ,  per 
ottenere  il  soccorso  delle  seleucidi    contro   le    devasta- 
trici locuste  ;    ma  alcuni  Deputati  vanno  a  cercarle  in 
gran    cerimonia    nel    Rhorasan  .    Il    Governo    spedisce 
persone  di  sua  fiducia  ad  una  sorgente   presso    il    vii'- 


(  255  ) 

{aggio  di  Samaran  situalo  in  mezzo  ed  alcune  monla- 
gne  nelle  vicinaoze  di  Mesched  o  Musa  er  ridda .  Li 
Deputati  osservando  il  cerimoniale  prescritto  riempiono 
di  acqua  attinta  in  quella  fontana  una  cassa  die  chiu- 
dono ermeticamente  ad  oggetto  d'impedirne  l'evapo- 
razione .  Dalla  fontana  alla  Città  la  cassa  deve  sempre 
tenersi  Ira  il  cielo  e  la  terra  senza  che  si  possa  mal 
posare  a  terra,  né  lasciarla  su  di  uu  tetto  ,  né  farla 
entrare  per  una  porla  .  Si  colloca  sulla  più  alta  parte 
del  principale  edifizioje  nommeno  li  Maom.illani  che 
li  Cristiani  e  gli  Elirei  sono  sicuri ,  che  le  Simarmar, 
o  siano  le  S^leucidi  seguono  costantemenle  l'acqua  al- 
lorché è  stata  trasportata  colle  richieste  condizioni  ,  e 
che  restano  nel  paese  sino  a  tanto  che  vi  rimane  nella 
cassa  una   goccia  di  acqua . 

Per  quanto  favolosi  possano  essere  somiglianti  rac- 
conti ,  racchiudono  però  essi  un  fatto  certo,  cioè  ,  che 
nelle  contrade  orientali ,  ove  nuvole  foltissime  di  lo- 
custe devastano  le  campagne,  esiste  una  specie  di  uc- 
celli ,  i  quali  fanno  a  quest'  insetti  una  guerra  così 
viva,  che  gli  uomini  di  tutti  li  tempi  l'hanno  ricono- 
sciuta ,  e  ne  hanno  fatto  un  soggetto  di  superstizione  . 
La  misteriosa  esistenza  di  questi  uccelli  ,  le  precau- 
zioni indispensabili  per  ottenerli  o  nell'  indirizzarsi  a 
Giove ,  o  che  si  creda  adescarli  coli'  acqua  eh'  essi 
bevono  ,  impongono  alla  moUiludine  il  dovere  di  ri- 
spettarli ,  come  uccelli  sacri .  Guaj  alle  contrade  di 
Arabia  se  si  gingnesse  a  distrustgere  qnesta  credulità, 
e  se  le  seleucidi  confuse  cogli  altri  uccelli  venissero 
straziale  ed  uccise ,  coiue  si    pratica    qui  con  tutti    gli 


(  i5G  ) 
animali   distruttori  delle  locuste  !   Fuggiranno  esse  una 
terra  di   persecuzione ,  e  l' abbandoneranno    a    tutta   la 
voracità  di  qucsl' iuselti  d"Solatori. 

Non  vi  è  poi  in  queste  contrade  il  gusto  de'  po- 
poli Acridofagi  ,  o  sia  mangiatori  di  locuste  ,  che  per 
imbandiiue  le  loro  mense,  e  per  portarne  a' mercati , 
ne  consumano  un  numero  immenso ,  come  de'  Parti 
accerta  Plinio:  Parthis  &  Jiue  [  locustoe)  in  cibo  gra^ 
tee  .  E  Strabone  ;  Curn  iis  jEthiopes  ,  qui  Siiti  appel- 
lantur  belluin  gerunt  oiygum  cormbus  prò  armis  iiten- 
tes  ....  vii'unt  ex  locustis  ,  quas  verni  lìbes  &  ze- 
pliiri  vehementiiis  flantes  in  e  a  loca  compellunt  .... 
ù  athnijcto  sale ,  ex  eis  massulas  conficiunl  ,  &  iititn- 
tur .  E  con:e  i  popoli  di  varie  contrade  dell'Oriente, 
li  quali  ne  prendono  niollissime  per  farle  seccare  ,  ma- 
cinare ,  e  formarne  una  specie  di  pane ,  che  si  porta 
in  tale  quantità  ne' mercati  di  Bagdad  da  far  ribassare 
il  prezzo  delle  altre  vivande  5  li  Bedovini  dell'Egitto  , 
che  le  fanno  arrostire  vive  sulll  carboni  ,  e  dopo  aver 
loro  tolte  le  ali  ,  e  le  gambe  ,  ogn'  individuo  ne  man- 
gia sino  a  duecento  per  colazione;  le  donne  ed  i  fan- 
ciulli di  alcuni  paesi  dell'  Arabia  Felice  le  infdzauo  e 
le  vendono;  gli  Arabi  fanno  arrostire  questi  animalet- 
ti, e  r  inzuppano  col  burro  ,  ed  allorché  vogliono 
spingere  più  lungi  la  loro  delicatezza  li  sottomettono 
ad  una  picciola  bollitura  nell'  acqua  ,  ed  indi  li  frig- 
gono nel  burro  ;  gli  abitanti  di  Marrocco  li  fanno  sec- 
care sulli  tetti  delle  di  loro  case  ,  e  li  mangiano  o  afi- 
fumati ,  o  arrostiti,  o  bolliti;  altri  popoli  djl  la  Barba- 
ria  ,  e  ^quelli  deli'  Arabia  Petrea  li  mettono  iu  salauiO" 


(.57) 
ja  ad  oggetto  di  conservarli  per  più  lungo  tempo  per' 
li  momenti  di  carestia  ^  insomma  ne  fauno  in  varj 
modi  un  consumo  incalcolabile  .  E  finalmente  gliOt- 
lenlolti  li  più  selvaggi  pensano  di  ricevere  dalla  prov- 
videnza un  vero  regalo  quando  di  tempo  in  tempo 
ii\anda  loro  gli  sciami  di  cavallette  ,  che  sovente  dopo 
r  assenza  di  otto  ,  dieci  ,  quindeci  ,  o  venti  auni  ,  ed 
anche  più  ricompariscono  a  legioni  innumerevoli  5  e 
sebbene  siano  ben  certi  ,  che  le  locuste  distruggeranno 
nel  loro  territorio  sino  il  più  picciolo  filo  di  verdura, 
essi  festeggiano  nel  loro  arrivo.  Le  femmine  di  quella 
specie  ,  eh'  essi  preferiscono  a'  maschi  ,  sono  meno  at- 
te al  volo  per  la  brevità  delle  loro  ale  ,  e  pel  ventre 
pesante  e  trojipo  gonfio  dalle  uova  .  Di  queste  prepa- 
rano una  zuppa  bi-ima  ,  che  sembra  grassa  ,  e  ne  man- 
giano tanto,  che  in  pochi  giorni  si  vedono  impin- 
guati ,  per  quanto  ne  accerta  Brcz  nel  suo  Discor- 
do sulla  utilità  degl'  inselli  e  dello  studio  della  In- 
setlologia  . 

Pare  ,  che  ciò  non  dovrebbe  sorprendere  nel  ri- 
flellersi  ,  che  Moisè  diligentissimo  nella  scelta  de'  cibi 
convenienti  agli  Ebrei  permise  loro  di  mangiar  le  ca- 
vallette come  un  cibo  salutare  ;  ed  è  notissimo  ,  che 
S.  Giovambattista  nel  deserto  cibavasi  di  queste  e  del 
mele ^ selvaggio  .  A  me  però  sembra,  doversi  prendere 
in  considerazione ,  che  li  menzionali  popoli  acridofaj,i, 
privali  di  ogni  mezzo  per  la  loro  sussistenza  a  moti- 
vo delle  orribili  devastazioni  cagionate  dalle  locuste 
nelle  di  loro  campagne,  sono  nella  inevitabile  pcccssilà 
di  gettarsi    ,su.  di  questi  medesimi  animaletti    per    sa- 

33 


(  258  ) 
zlare  la  di  loro  fame  ;  ed  è  noto  altresì  ,  che  se  Pli- 
nio ,  Diodoro  di  Sicilia  ,  e  Strabene  ,  parlano  di  po- 
poli che  si  nudriscono  di  locuste  ,  essi  medesimi  di- 
cono ,  che  costoro  sono  piccioli  uomini ,  gracili  ,  sot- 
tili,  di  debole  complessione, e  che  non  vivono  al  di  là 
di  quarant'^  anni  ,  e  periscono  della  malattia  chiamata 
■plithiriase  ,  o  sia  morbo  pedicolare  .  Indubitatamente 
però  gì'  insetti  danno  un  nutrimento  acre  ,  irritante  ^ 
e  che  non  fornisce  quasi  niente  di  chilo;  e  quindi  le 
persone,  che  usassero  di  continuo  ,  non  potrebbe- 
ro avere  lunga  vita .  Ma  si  è  inoltre  osservato  ,  che 
questo  nutrimento  colla  sua  acrimonia  cagiona  delle 
picciole  ulcere  nella  gola  ,.  e  talvolta  una  specie  de 
angina.. 

II  gusto  frattanto  degli  Europei  non-  ha  mal  per^ 
messo  che  si  fosse  tra  loro  introdotta  la  moda  di 
quest'intingoli  ,  e  si  è  sempre  pensato  ,  come  hanno» 
praticalo  altri  popoli  ,  a  sterminarli  ia  diversi  modi 
adattabili  a'  varj  periodi  della  loro  vita  .  Scrisse  Pli- 
nio :  In  Cyrenaica  regione  lex  etiam  est  ter  anno  de- 
Bellaiidi  eas  flocustasj,  p'-imo  ova  obterendo  ,  deinde 
foefum  y  postremo^  aduTtas  5,  desertoris  pana  in  eum  ,■ 
qui  cessaverit .  Et  in  Lemno  Insula  certa  mensura 
prwjìnita  est ,  quam  singuli  enecntariim  ad  Magisfra- 
tus  referanf .  .  .  .  Necare  &  in  Sjria  militari  imperio 
coguntur,  E  tutti  li  Governi  Europei  ,  li  quali  per 
meltei-e  a  coperto  li  loro  popoli  dalla  fame  e  dalla 
peste  y  che  quest'  insetti  vivi  o  morti  cagionano  ;  e 
quello  specialmente  delle  Spagne,  le  di  cui  provincie 
Eaeridiouali  ne  sono  quasi  perenneurenle  infettate,  han- 


no  sempre  in  primo  luogo  emanati   gli    ordini    di  far 
cavare  dal  terreno  gli  astucci    pieni    di    uova ,    e    farli 
consegnare  ad  una  deputazione  incaricata  di  farle    se- 
pellire  in  profondo  fosso.  E  nelle  recreations  tirées  de 
V  histoire  natiirelles  des  insectes  leggesi ,  che  nel  pas- 
saggio delle  locuste  in  Francia  nel   i6i3  avevano  que- 
ste radicalmente  mietuti  sino  alla  radice  piìi  di    quin- 
decimila  arpenti    di    grano    ne'  contorni    di    Arles ,  ed 
avevano  anche  penetrato  ne'  granai  ,  quando  mólte  cen- 
linaja  di  uccelli,  e  specialmente  di  storni,  quasi  man- 
dati dalla  Divina  Providenza,    andarono    a    travagliare 
alla  di   loro  diminuzione;  e  malgrado  questo  felice  av- 
■venimenlo,    su  gli   ordini   emanati  dal  Governo,    che 
obbligavano  a  raccogliere  le  loro  uova  ,  se  ne  raccol- 
sero più   di  tremila  misure,    da    ciascuna    delle    quali 
sarebbero  schiusi  presso  a  due  milioni  di  locuste.  Neil' 
altro  passaggio  di  esse  venute  dalla  jìarte  di  Bontzhida  in 
Tra  nsilvania  nel   i;^8o  ad  oggetto  di  prevenire  le  spa- 
ventevoli  conseguenze,    che  avrebbero  potuto  risultar- 
ne, si  comandò  a  mille  e  cinquecento  persone  ,    cia- 
scuna  delle  quali  doveva  raccogliere    un    sacco    pieno 
di  locuste  ,  che  furono  in  parte  schiacciate  ,   in    parte 
bruciate  e  seppellite  5  e  pure  se  ne  riconobbe  poca  di- 
minuzione   sino  a  che  non  sopravvenne  un  freddo  acu- 
to.   Nella    primavera    seguente    vi    furono    milioni    di 
astucci  di  uova  disotlerrati  e  di  strutti  dal  pojìolo ,  che 
si  fece  levare  in  massa  per  qu' sta  operazione  ;  e  mal- 
grado  tultocciò ,  vi  furono  delle  campagne  ben  estese, 
nelle  quali  il  suolo  e?a  coperto  di  giovani  locuste  sino 
al  punto  di  non  lasciarne   niente    a   nudo .    Si   posero 


(260) 

allora  a  scoparle  ,  feci  a  spingerle  in  fossi  a  tal'  uopo 
scavati  ,  de'  quali  si  era  gnarnilo  il  margine  di  tele 
ben  tese ,  ed  in  tali  fossi  furono  schiacciate  .  Tutto 
questo  in  Francia  . 

Rilevasi  poi  dagli  atti  della  Reale  Accademia  dt 
Berlino,  clie  nell'anno  175©  immense  nuvole  di  locu- 
ste dalla  Polonia  passarono  su  di  alcune  contrade  del 
Circolo  di  Sterneherg  j  ed  in  un  istante  ne  fu  coverto 
il  villaggio  di  Sclionagarer .  Il  Signore  di  quel  canto- 
ne che  aveva  sofferti  altri  guasti  da  qutsi'  insetti ,  os- 
servò-da  quale  punto  spirava  il  vento,  e  trovatolo  co- 
sfante  ,  radunò  li  suoi  vassalli  e  vicini  ^  e  prescrisse 
loro  r  ordine  che  dovevano  eseguire  ,  la  di  cui  parte 
la  più  impoi'tante  consisteva  a  gettar  delle  grida  cla- 
morose ,  ed  a  fare  molto  rumore  battendo  con  violen- 
za su  di  varie  sorti  d' istrunrenti  di  rame  .  Eseguitosi 
questo  metodo  verso  la  punta  del  giorno  ,  riuscì  con 
tanta  felicità  ,  che  le  locuste  essendosi  iinite  in  legioni 
salirono  a  poco  a  poco  nell'  aria  ,  ed  abbandonaron» 
intieramente  il  cantone  5  ma  essendo  V  aria  ancora 
fredda  e  carica  di  vapori  ,  quest'  insetti  si  mossero  al- 
la prima  stentatamente,  e  s'innalzarono  con  un  volo 
lentissimo  all'  altezza  di  circa  sei  piedi  al  di  sopra  de' 
grani,  e  cominciavasi  anche  a  temere,  che  non  potes- 
sero salire  più  in  alto,  quando  al  levar  del  sole  giun- 
sero all'  altezza  delle  foreste  y  e  bentosto  1'  oltrepassa- 
rono di  molto  .  Spinte  poi  dal  vento  si  portarono  sul 
territorio  di  Bucliolos  ,  li  di  cui  abitanti  istruiti  di  ciò 
che  dovevano  attendersi  da  questa  visita  si  erano  pre- 
parati a  riceverla  ;  e  quando  le  videro  giungere  fecero 


(.6.  ) 
Tifi  tnmoi'e  s'r  grande  ,  un  fracasso  così  orribile  ai  gri- 
da ,  di  vasi  di  metallo  battuti  ,  di  colpi  di  fucile ,  e  di 
tultocciò  che  poteva  spaventarli  ed  allontanarli  ,  che  il 
successo  corrispose  molto    bene  a'  desiderj  .    Andarono 
indi  più  lungi  a  riposare  ,  e  quando  il  calore  del  sole 
cominciò  a  rarefare  1'  aria  ,  varie  colonne  discesero  sul 
territorio  di  Zerbow  ,  li  di   cui  abitanti  poco  informali 
del  pericolo  non  si  presero  la  pena  di  dar  loro  la  cac- 
cia^ ma  in  poche  ore  furono  ammaestrati  a  loro  spese 
dal  guasto  che  cagionarono  allo  di  loro  campagne  .  Al- 
tre bande    avendo    passato    1'  Oder  si    gettarono   nelle 
campagne  di   Lebus  ,    e    le  loro   uìlimc  divisioni  giun- 
sero alle  vicinanze  di  Berlino  ,    ove    cagionarono  altri 
guasti  ,  e  vi   lasciarono  il  giusto  timore  di   veder  rina- 
scere il  male  nella  seguente  priniavera  ,    ciocché  ecci- 
tò r  intera  Alemagna  a  cercare  preservativi   e  rimedj  ; 
e  '1  princi[)alc  spedicnle  fu  quello  di  roversciare  rapi- 
damente il  terreno,  sulla  (iducia  che  le  uova  recente- 
mente depostevi  essendo  mosse  e  rivollate  ,    una  por- 
zioue  sarebbe  stata  distrutta  dalla  rigidezza    della    sta- 
gione invernale  ,    e    1'  altra  portata  via  dagli   uomiui   , 
e  dagli  animali   nommen  quadrupedi  che  volatili  \  ol- 
trecchè  scavandosi   coli' aratro  nel  t  rreno  le  uova  che 
vi  erano  nascoste  ,    con    questa    operazione    dovevano 
affondarsi  le   uova  disperse  nella  superficie  ,    e    quelle 
deposte  a  (ìor  di  terra  ,  e  quindi  suffocarsi    e    ridursi 
a  putrefazione  . 

Il»  d'.soliizioni  poi  cagionate  dalle  cavallette  nella 
nostra  Puglia  Diurna  a  diverse  epoche  sono  state  ben 
limarchevoU  .  Tralasciando  li  tempi    della    più  riuiola 


(    26i  ) 

aDtichltà,  ed  omettendo  altresì  le  meno  rovinose,  ranv- 
menterò  l'anno  laSi,  in  cui  questi  perniciosissimi  ia-- 
selli  astrinsero  il  saggio  Imperadore  Federico  li.  a 
promulgare  una  legge  particolare  ,  con  cui  si  prescrisse^ 
che  ogni  agiicollpre  nel  tempo  della  invasione  di  que- 
sli  animaletti  avesse  dovuto  la  mattina  prima  di  levarsi 
il  sole  raccoglierne  quattro  tomoli  per  presentarli  al 
Magistrato,  che  doveva  farli  bruciare.  Dell'anno  i54i 
scrisse  Rovero  Fontano  :  Sub  cestatem  istiiis  anni  in- 
gens locustarum  agnien  per  Germaniani  in  Italiani 
versus  nostrum  clima  volahat .  Sicubi  vero  agmen  il- 
lud  consederat ,  depascebat  omnia  .  Erant  enim  locu- 
stce  copiosce  et  mognoe  .  Gravissimi  ancora  furono  U 
danni  ,  che  produssero  in  queste  contrade  neli'  a;ino 
1571  ,  e  che  obbligarono  il  Viceré  Duca  di  Alcalà 
P.  Perafante  de  Ribera  ad  emanare  col  volo  e  parere 
del  Regio  Collaterale  Consiglio  nel  dì  8  del  mese  di 
ottobre  i562  la  Prammatica  prima  de  Bruchis .  Tit. 
XXIII.  ,  colla  quale  ordinò  ,  che  i  Comuni  avessero 
Riandati  esploratori  ed  uomini  pratici  per  li  di  loro 
territorj  ,  li  quali  avessero  dovuto  ricercare  i  luoghi  , 
in  cui  le  cavallette  avevano  deposte  le  uova  ;  e  trova- 
tele ,  ne'  mesi  di  settembre  ed  ottobre  si  fossero  arali, 
perchè  con  questa  operazione  si  sarebbero  cacciati 
fuori  del  terreno  gli  astucci  delle  uova  .  Che  in  ogni 
paese  per  ciascun  fuoco  si  fosse  fallo  raccogliere  im 
quarto  dì  tomolo  di  questi  astucci  ,  e  si  fossero  con- 
segnati alli  capitani  ed  eletli  ,  che  dovevano  farli  get-' 
tare  ne'  fossi ,  o  nel  mare ,  o  in  qualche  acqua  cor- 
rente, ne' luoghi  marittimi    o    di  fiumi.    Che    quando 


.(  .63  ) 
fossero  eominciatì  a  nascere  ,  li  padroni  delli  seminati 
di  quelle  terre  salde  ,  dove  sogliono  mettersi  a  man- 
giare l'erba,  avessero  scavalo  un  fosso  conveniente- 
mente grande ,  perchè  le  locuste  desiderando  il  fresco, 
quando  avessero  sentito  un  poco  di  caldo  sarebbero 
andate  nel  fosso  ,  dove  avessero  dovuto  ricoprirsi  col 
terreno  scavato  e  posto  dalla  parte  de'  seminati  ,  per 
lasciare  libero  quel  Iato  ,  dal  quale  dovevano  saltare 
nel  fosso .  Che  nel  mese  di  aprile  tutti  coloro  che  ave- 
vano'porci  avessero  dovuto  mandarli  a  mangiare  le 
cavallette  ,  di  cui  questi  quadrupedi  sono  ghiotti.  jE 
finalmente  che  tutti  li  massari  ne'  tempi  convenienti 
atessero  dovuto  spandere  li  lertzuoli  ,  o  recane  (  sono 
queste  certi  lunghi  e*  larghi  panni  di  tela  grossa  )  ^  e 
gettarvi  sopra  afcune  cavallette  ,  dove  vedendosi  dalle 
altre  ,  verrebbero  qufsle  a  porsi  anche  sulle  dette  tele, 
ed  indi  piegando  li  leozuoli  o  racane,le  avessero  prese. 
Inondarono  anche  la  Puglia  nell'anno  1G62  ,  e  distrus- 
sero tutti  li  seminali  :  onde  il  Viceré  conte  di  Penaranda 
non  .solamente  accordò  a  coloni  de'  terreni  fiscali  la  ge- 
nerale abolizione  del  debito  di  quell'anno,  ma  dimi- 
nuì per  la  metà  quello  dell'  anno'  seguente  ,  oltre  di 
Varj  ajuti  che  fa  indispensabile  di  accordar  loro  ne- 
gli anni  susseguenli  .  Invasero'  nuovamente  là  Puglia' 
Daunia  nell'anno'  1727",  e  ne  distrussero  le  campagne. 
E  tìnalmeute  ricomparvero  in  queste  contrade  nell' 
anno  1759,  in  cui  governava  la  dogana  di  Foggia  il 
Presidente  D.  Antonio  Belli  ;  e  questi  a  i!\  agosto  del-^ 
lo  stesso  anno  emanò  ordini  somiglianti  a  quelli  del 
D'uca  di  Alcalà ,.  ed  aggiunse,  che  li  Deputati  di' canai*- 


r  264  ) 

pagna  avessero  ingiglialo  a  far  attaccare  il  fuoco  colla 
paglia  su  di  tutt'  i  luoghi  occupati  dalle  locuste  prima 
che  queste  si  fossero  rese  atte  al  volo.  Neil'  auno  poi 
1770  al  ì'j'ji  crebbero  nelle  Provincie  di  Bari,  Mate- 
ra  ,  e  Lecce  ed  il  Governo  ordinò  a  quo' Maj^islrali  , 
che  si  fossero  impegnali  all'  estirpazione  di  esse  coli' 
adoperare  gì  espedienti  li  più  eHicaci,  e  specialmente 
quelli  praticati  dal  Presidente  Belli  ,  e  comandò  ,  che 
le  spese  si  facessero  da  Ptegio  Erario  ,  con  accordare 
anche  particolari  gratificazioni  a  coloro  ,  che  avessero 
psata  maggiore  diligenza  nella  distruzione  delle  uovaj, 
p  somiglianti  provvidenze  ebbero  tal'  efficacia  ,  che 
questi  malefici  insetti  non  solamente  non  penetrarono 
nella  nostra  Puglia  Daunia ,  ma  furono  iuteianiente  di- 
strutte nelle  connate  Provincie. 

Da  quanto  finora  sono  andato  divisando  risulla, 
che  li  mezzi  di  sterminare  questi  nocevolissimi  insetti 
possono  ridursi  alli  seguenti  :  i.  Nel  primo  periodo  , 
e  propriamente  ne'  mesi  di  settembre  ed  ottobre  dcb- 
be  rimuoversi  coli'  aratro  o  colla  zappa  il  terreno ,  in 
cui  furono  depositate  le  uova,  e  debbono  farsi  que- 
ste raccogliere  e  seppellire  ne'  fossi  ;  ed  è  questo  il 
tempo  d' indrodurre  ne' territorj  arati  a'  quest'oggetto 
li  porci  ,  che  continueranno  a  mangiarne  una  quanti-. 
là  sorprendente  sino  al  terzo  periodo  ,  2.  Nel  secondo 
vale  a  dire,  allorché  sono  schiusi  dalle  uova,  possono 
prendersene  abbondevolmente,  e  schiacciarsi  anche  dal- 
li contadini  colli  piedi,  e  con  istromenti  di  legno  pe~ 
Sfinle  :  e  ])er  tutto  il  tempo,  in  cui  non  hanno  ;  ali  e 
sono  .quindi  incapaci  di  prender   volo ,  e    vannq  sola- 


{  iG5  ) 

mente  saltcllaiulo  ,  può  anche  vantaggiosamente  gcltar- 
si  della  paglia  su  di  essi  nella  iiialliiia  ,  e  verso  la  S2- 
la ,  quando  si  trovino  in  gran  numero  su  di  qualche 
estensione  di  terreno,  ed  attaccarvisi  il  fuoco  da  più 
lati  ,  onde  non  possano  evitare  di  essere  incendiali.  3. 
Quando  poi  avranno  spiegate  le  ali  ,  che  prima  era- 
no invilupjjale  come  in  due  bottoni  sul  dorso  ,  potrà 
farsi  uso  delli  lenzuoli ,  delle  racane  ,  e  de'  fossi ,  nel- 
la maniera  prescritta  del  duca  di  Alcalà .  Ed  ove  si 
trattasse  di  scacciarle  da  un  seminalo  per  farle  passare 
in  un  bosco  vicino,  o  in  qualche  terreno  incollo,  gio- 
verà allora  fare  de' rumori  battento  violentemente  su 
di  ogni  sorta  d'  istrumenti  di  rame ,  e  di  altri  metalli, 
tirando  colpi  di  fucili  ,  e  gettando  grida  clamorose .  E 
finalmente  siccome  nel  tempo  degli  amori  e  dell'  ac- 
copiamento  le  legioni  di  cavallette  prima  disperse,  se  si 
rendono  sulli  terreni  saldi  ,  e  sulle  paglie  rimaste  do- 
2)0  la  trebbiatura  de'  grani  e  biade ,  e  vi  si  uniscono 
in  truppe  foltissime  ,  lo  stato  di  turbolenza  in  cui  al- 
lora si  trovano  ,  fornisce  alli  conladini  1'  occasione  favo- 
revolissima per  distruggerne  agevolmente  una  immen- 
sa quanlità  colla  loro  progenie. 

Quando  li  succennali  modi  si  adallino  giudizio- 
samente agi' indicati  varj  periodi  della  loro  vita,  pro- 
duranno  indubitabilmente  il  più  vantaggioso  effetto.  Ma 
non  debbo  tralasciar  di  avertire  ,  che  tra  tutti  li  modi 
impiegati  finora  il  più  distruttore  è  quello  di  far  ca- 
vare le  guaine  di  uova  ,  o  che  questo  si  eseguisca  colf 
aratro  ,  o  con  allr'  islromcnti    rurali ,    avendo    la    spe- 


.    -  -  (,  2GG  ) 

rìeiiza  dimostrato  di  non  potersi  affatto  equiparare  con 
questo  r  efficacia  dogli  altri  spedienti  ;    onde    1'  esattis- 
simo osservatore  Bowks  scrisse  :  Abbiamo  riferiti  i  ma- 
li,  che  quest' insetti  cagionano.  Il   rimedio  anticipato 
sarebbe  ,  che  i  soprintendenti  ^  ed  i  magistrati  di  E stre- 
madura  e  della  Mancha  inculcassero  li  contadini  e  so- 
pratutto li  pastori  per  iscoprire  li  siti  dove  hanno  de- 
poste le  uova  ,  e  che  unendo  gente  praticassero  li  mez- 
zi soliti  per  distruggerli  ^    senz  aspettare    che    aiansi 
sviluppati  o  die   incomincino    a   saltare  ;    perchè  al- 
lora per  quanto  grande  sia  il  numero ,  che  se  ne  di- 
strugge ,  ne  restano  sempre  eserciti    immensi .    Ma  il 
meglio  sarebbe  annichilare  qaesi  orribile  Jlaggello  ne- 
gV  incolti  dove  si  produce  :  questo    sarebbe  sterminar 
le  radici. 

Per  procurare  però  il  pieno  effetto  degl'  indicati 
provvedimenti  non  debhe  trascurarsi  una  osservazione 
essenzialissima  ,  ed  è  che  in  ogni  genere  di  calamita 
pubbliche  non  si  debba  mai  affidare  l'amministrazione 
de'  rimedj  ,  che  loro  si  oppongono  ,  a  persone  iguorai»- 
ti  ,  neghittose  ,  di  cattiva  volontà  ,  che  trascurano  di 
eseguirli  colla  indispensabile  frequenza  ,  o  di  osservare 
le  diverse  circostanze ,  che  ne  assicurebbero  il  succes- 
so ,  e  che  trascurate  producono  conseguenze   fatali . 

Ed  infine  con  rammarico  debbo  rammentare  ,  che 
in  tutte  le  succennate  epoche  delle  invasioni  delle  lo- 
custe in  questa  Puglia  Daunia  taluni  possessori  di  ter- 
reni saldi  o  per  non  per<j;ere  l'erba  già  nata  e  cresciuta, 
o  per  la  falsa  credejiza   che  laYoraodosi   i  terreni  sai- 


(.67) 
di  non  avrebbero  più*  un'erba   tanto  sostanziosa  quan- 
to quella  che  vi  si  trova  pviina  di  lavorarsi ,  non  nian- 
carouo  mai  di  circonvenire  il  governo  ,    e  d'  impiega- 
re   tuiti     li    loro   sforzi    per    istrappar    ordini    vietami 
il  lavoro  de'  loro  terreni  incolli    o    «ipU'  aratro    o    col- 
la zappa  o  con  altr'istromenti  rurali  5  e  talvolta  vi  riu- 
scirono con  un"  discapito  incalcolabile  della    Provincia 
intera  .  Sono  essi  persuasi  ,  che    una    scarsa    quantità 
di    erba    di    terre    salde    somministri    un    nutrimento 
maggiore    di    quello  che    possa    dare    un'  abbondevole 
quantità    di    erba    nata  nelle  ristoppie   ,    o   in   qualun- 
que altro    terreno  coltivato   ;    onde  mettono  le  pecore 
sterpe  ,  ed  altri  simili  animali  ,  cui  bisogna  xin  nutri- 
mento soblan  zioso  ,  no'  terreni    saldi  ;    e    nelle    stoppie 
poi ,  ed  altri  terreni  lavorati  v'  indroducono  gli  agnelli, 
a' quali  sta  bene  un  erbaggio  tenero,  delicato,  acquo- 
so, e  che  non  porge  un  alimento  di    molta    sostanza. 
Per  poco  però  che  v,i  si  ridetta,  non  so  quanto  Je  teo- 
rie   agrarie    di    taluni    di  cotesti    possessori    di  terreni 
saldi  possono  trt-varsi  di  accordo    colli    principj    della 
sana  fisica  .  Ma  per  non    fare   un    inutile    consumo  di 
tempo  a  confutarle  ,  e  supponendo  pure  che  lo  siano, 
o  che    non    debbano     lavorarsi  colesti  terreni  per  non 
perdersi  l'erba  esistente,  mi  sembra,  che    nell'uno  o 
r  altro  caso  riduccsi  1'  affare  al  seguente  problema ,  va- 
le a   dire  ,  se  il  privato  interesse  de'  proprietarj  di  que' 
terreni  saldi  ,  nelli  quali  le  locuste  abbiano  deposte  le 
uova  ,  debba  prevalere  al  pericolo  di  rendere    affama- 
ta e  gettata  negli  orrori  della  carestia  e  della    miseria 


(  .68  ) 
una  inlcra  Provincia  ,  e  forse  anche  talora  le  Provincie 
liuiilrofe  ,  quando  per  risparmiale  un  poco  di  erba,o 
per  evitare  l' imniaginario    pericolo    di  rendere  ingeu- 
tilila  ,  coni'  essi  dicono,  l'erba  che  nascerà  ne'saldi  dopo 
che  saranno  sfali^lavorali  per  disturbare    ed    ioip^dire 
lo  sviliinpo  di   qaasti   insetti  rovinosi    non    si    tocchino 
cocesti  Irnuii  ;  e  qniiidi  si   permetta  ,  che  tante  miriadi 
di  ii.)va  sihiudaijo  s^nza  intoppi    ,    e  la  nuova  genera- 
zione delle  locuste  devasti  e  consumi  quanto    è  neces- 
sario alla  sussistenza  d^gli   uomini  e  delle  bestie  utili  : 
problema  ,  la  di   cui  soluzione  appartiene  all'illuminato 
governo,  che  s'interessa  pel  ben  essere  de' suoi   popoli 
essendo  il  Sovrano  il  Tutore  legittimo  del  comune  inte- 
resse ,  per  cui  può  ben  prescrivere  all'  interesse  parti- 
colare quo' giusti  confini,  onde  il  dritto  inviolabile    di 
proprietà  modellato  dalla  natura  ,  e  consolidato  dal  pat- 
io sociale,  in  vigor  del    quale    ogni    j^roprietario    può 
usare  ed  abusare  de'  proprj  beni,  non  distrugga  l'equi- 
librio del  ben  comune  ;  perchè  1'  augusta  legislazione  , 
che  colla  sua  voce  imperiosa  tutto  richiama  al  grande 
oggetto  della  pubblica  salvezza,    esclamerebbe  allora: 
JExpedit  Reipiihlicce  ,  ne  re  sua  quis  ìnule  utatiir.  Ed 
ognuno  sa  ,  che  la  pastorizia    al    pari    di    tutte  le  arti 
subalterne  è  1'  accessorio    e    non   il  principale  oggetto 
di  ogni  nazione  civilizzata  ,    che    voglia    ottenere  una 
sussistenza  copiosa ,  la  di  cui  oificina  è  indubitatamen- 
te l'agricoltura  j  e  se  le  arti  meritano    il    favore  dell' 
autorità    politica    a  misura    di  ciò    che    contribuiscono 
alla  prosperità  civile  ,    non  può  mettersi  in  conlrover- 


(  2G9) 

sia  ,  che  il  p  rimo  luogo  apjìarlenga  alle  arti  di  neces- 
•ilà  ,  e  che  1' agricoltura  sia  l'erario  della  umana  sus» 
sisfenza ,  e  la  base  ed  il  fondamento  di  tulfe  le  arti  . 
Vero  è ,  che  la  pastorizia  è  il  suo  punto  di  appoggio  j; 
ma  dobbe  sempre  considerarsi  come  una  ripresa ,  nou 
couie  il  primo  oggetto  della  Z'urale  economia. 


(  270 } 

Sul  preteso  controstìmolo .  3f emoria    del  Socia  Ordi- 
nr:rio  Vincenzo  SrELiAti.  Lietta  nelV  Adunanza  del 


di  20.  gennaro  1810. 


1  j  Mio  intendimento  di  offrire  alla  considerazione  di 
questo  rispettabile  Istituto  i  princij)j  di  una  nuova 
dottrina  ,  che  spettando  alla  filosofia  della  vita  anima- 
le ,  e  quindi  all'  arte  de'  inedici ,  promette  da  un  lato 
di  somministrare  un  nuovo  lume  ,  e  preziose  cogni- 
zioni, e  dall'altro  fa  più  ragionevolmente  temere  uno 
stato  d' illusione  ,  che  sostenuta  dall'  entusiasmo  delle 
novità  ,  potrebbe  urtare  la  soda  ragione  medica  ,  e 
riuscire  infesta  alla  umana  salute  .  Parlerò  ,  a  buon 
conto  ,  del  controstimolo  j  voce  da  qualche  tempo 
vagante  per  l' Italia  ,  di'  cui  però  non  è  agevole  fissare 
un  senso  preciso  .  Un  professore  di  nna  delle  più  il- 
lustri scuole  d'Italia  se  ne  dice  l'in-ventore,  quantun-r 
que  niente  abbiane  fatto  sapere,  se  non  per  alcuni  ri- 
voli ,  che  non  ancora  danno  acqua  assai  limpida  .  Uno 
di  tali  rivoli  è  sgorgato  tra  noi,  il  quale  se  non  bastò 
a  fissare  il  giudizio  ,  e  l' attenzione  di  molli ,  è  bastato 
però  per  destare  in  alcuni  una  viva  speranza  di  figu- 
rar tra  dotti  ,  coli'  abbracciare  una  novità  strepitosa  5 
ed  in  altri  un  serio  timore  ,  che  possa  da  questa  dot- 
trina esser  indotto  qualche  spirito  leggieio  ad  opere 
pericolose  nell'  arte  curativa  .  E  vi  ha  chi  dice ,  che 
tal  timore  non  sia  vano,  anzi  che  sia  autorizzato  dai 
/alti .  Quindi    mi    è   parato  non  doversi  trascurare  un 


(  271  ) 
posato  esame  di  tal  novità  ,  onde  si  possa  abbracciarla , 
trovandola  analoga  alla  ragion  medica  ,  ed  ai   l'alti  5    o 
Doa  cm'arla  ,  colla  sicuj'ezza  ,    che  svanirà  ben    tosto  , 
come  tante  altre  meteore  ,   che    per  poco  soglion    tur- 
bare l'atmosfera  di    quelle  scienze  ,    che  appartengono 
alla  medicina  .  A  quesl'  oggetto   ho  proccurato  in  pii- 
nio    luogo  di  ben  ponderare  il  peso  di  quei  principj  ' 
che  si  danno  come  appoggio    della    dottrina  ;    ed  indi 
avvicinare  ad  essi  il  lume  non  meno    di  posali  speri- 
menti ,    che  della  ragione  quindi  legitimamente  tratta  . 
De' primi  ho  istituito  buon  numero,  che  vo  a  ripeter- 
li   alla    vostra  presenza  .    Mi    è  però  necessario  Io  in»- 
cominciare  dalla  sposizione  di  ciò  ,    che    si  vuol  dare 
ad  intendere  .  Mi  avvicino  quindi  a  tale  ricerca  ,    fa- 
cendo «a  cenno  dello  stato  f  in  cui  si  trovava  la  dot- 
trina dello  stimolo  già  proposta  da  Brown ,  della  quale 
n'  è  modificazione  ,  o  trasformazione  la  nuova  ,    della 
di  cui  sposizione  mi  occupo  ,    non  trascurando  quelle 
riflessioni ,    che    sono    dettate    dalla   ragion  medica ,  e 
che  la  clinica  ogni  giorno  conferma  .    Dopo    aver  ciò 
fatto ,    porrò    in    veduta    i    fatti  somministratimi  dalle 
osservazioni    sugli    animali  .    Spero    cosi    di   dare  alla 
cosa    un    tale  aspetto    da    esser    chiunque   nel    caso  di 
bilanciare  il  peso  delle  mije  ragioni  ,    e  di  solidamen- 
te giudicare  del  valore  delle  mie  induzioni  [«), 


(a)  Non  debbo    in.  questo  luogo  ommettere  ,    che 
nella  non  piccola  serie  degli  sperimenti  da  me  prati- 


(    272    j 

Esposizione  delle  dottrine. 

I.  Dlelro  la  luce  sparsa  dal  sistema  di  Brown  ,  i 
-inedjci  non  sonosi  veduti  più  nslla  necessità  di  ricor- 
lere  a  principj  complicati,  onde  poter  render  ragione 
del  modo  di  agire  de'  rimedj  nelle  malattie  ;  che  an- 
zi dopo  essersi  da  questo  insigne  riformatore  della  me- 
dicina stabilito  ,  che  la  vita  in  generale  è  il  risultato 
di  cause  esterne  ,  le  quali  di  continuo  portano  la  loro 
azione  sul  sistema  sensibile,  ed  irritabile  ,  tutto  par 
che  spiri  facilità  ,  chiarezza  ,  e  semplicità  .  Quali  im- 
portanti conseguenze  non  sonosi  tratte  da  questo  prin- 
cipio ,  per  individuare  tanto  lo  stato  sano  dell'  anima- 
le ,  quanto  il  morboso?  La  più  rilevante  ,  ed  utile  in- 
sieme è  stata  ,  che  quei  uaedesimi  agenti  esterni ,  che 
eccitano  la  vita  ,  e  ne  conservano  Io  stato  sano  ,  quan- 
do agiscono  sulla  fibra  sensibile  con  giusta  misura ,  ed 
in  giusto  grado  sono  applicali  ,  divengono  poi  le  ordinarie 
cause  delle  malattie ,  allorché  o  eccedono  nella  loro 
azione,  o  s'  infievoliscono  .  Ecco  quindi  la  più  sem- 
plice classificazione  delle  malattie  medesmie  :  classifi- 
cazione ,  che  sodisfa  senza  dubbio  la  difficile  contenta- 
tura   di    un  medico  filosofo  quando  le  cause  agiscono 


cati ,  non  lieve  ajnto  ini  ha  apprestato  il  Sig.  Giaco- 
ino  de  Sanctis  ,  giovine  di  grande  speranza  ,  per  es- 
ser molto  versato  nelle  scienze  fisiche  ,  ed  in  parii- 
colure  nella  botanica  . 


(^73) 
in  più ,  ne  sorgono  le  malattie  di  soverchio  vigore  ; 
agendo  poi  in  meno  han  luogo  quelle  di  languore.  Nel 
primo  caso  i  medici  adoperano  i  rimedj  cosi  detti  </<?- 
hilitanti .  Nel  secondo  quei ,  che  portano  il  nome  di 
corroboranti . 

II.  Ma  osservandosi  effetti  diversi  dietro  1'  applica- 
zione di  questi  rimedj  ,  è  forse  differente  tal  loro  mo- 
do di  agire  ?  Questa  è  una  di  quelle  grandi  vedute  , 
che  Brown  stabilì  ,  e  eh'  è  stata  approvata  da  tutti  gli 
altri  osservatori  ,  e  che  la  prima  volta  soffre  contra- 
dizione dalla  nuova  teoria  controsti  molante  .  Si  è  finora 
creduto ,  e  con  ragione  ,  e  mi  voglio  augurare ,  che 
questo  stesso  si  seguirà  a  credere ,  cioè  che  tutte  le 
sostanze  ,  le  quali  suU'  animale  vivente  agiscono ,  o  co- 
me alimenti ,  o  come  medicamenti ,  agiscono  sempre 
slimolando  la  fibra^sensibile ,  o  sia  esercitando  sulla 
medesima  un  anione  ,  cioè  urtandola  j  e  Y  effetto  loro 
corrisponde  sempre  ai  gradi  dello  stimolo  ,  con  cui 
operano  .  E  come  non  tutte  sono  fornite  dello  stesso 
grado  di  forza  stimolante,  alcune  perciò  debbono  pro- 
durre un'  effetto  meu  forte  di  alcune  altre .  In  simil 
modo  andando  avanti ,  dobbiamo  riconoscere  1'  esisten- 
za di  altre  sostanze ,  le  quali  perchè  sono  provviste  dì 
un  picciolissimo  grado  di  forza  stimolante,  non  solo 
non  producono  innalzamento  di  eccitamento  ,  che  anzi 
lo  deprimono,  quando  è  soverchiamente  innalzato;  e 
perciò  le  medesime  diconsi  debilitanti.  Posto  ciò,  è 
facile  rilevare  ,  che  il  vario  grado  di  forza  slimolante 
inerente  a  ciascuna  sostanza  ,  e  non  già  un  diverso 
modo  di  agire ,  sia  la  causa  de'  differenti   effetti ,    che 

35 


(  ^74  ) 
\rggoniI  dlelro  1'  applicazioiic  de'  corroboranti  ,  e  de' 
di  Lililanli  .  A  questa  veduta  non  può  negarsi  il  pregio 
di  correre  sul  cammina  della  natura  intiera  vivente  y- 
esaltamente  concorde  alle  leggi  cosmologiche  ,  ed  uni- 
versali,  Infatti  non  vi  ha  menoma  particella  della  ma- 
teria nello  stalo  di  azione  ,  il  quale  non  può  esser  al- 
tro che  movimento  ,  che  non  riconosca  lui  tale  stala 
per  effetto  dì  aver  sofferta  una  somigliante  azione  da 
altra  molecola  di  materia  ,  da  cui  è  stata  urtala  .  Sorge 
da  questa  catena  necessaria  ed  impreteribile  ciocché  si 
dice  il  corso  delh.i  natura  corporea ,  sonza  che  quest» 
cammino  possa  ammettere  alcuna  eccezione  ,  o  soffri- 
re alterazione  di  veruna  sorte  . 

III.  Si  distinguono  poi  varie  specie  di  corroboranti, 
secondo  che  il  di  loro  effetto  è  più  ,  o  meno  durevo- 
le 5  e  secondo  che  più  o  meno  sollecitamente  rendesi 
uà  tal'  effetto  sensibile  :  come  pure  si  hanno  varie 
specie  di  debilitanti  ,  se  direttamente  ,  o  indirettamen- 
te abbassano  le  forze  vitali  ,  e  tanto  de'  primi ,  che  de* 
secondi  dai  modici  si  fa  grande  uso  ne' varj  casi  di 
malattie  . 

IV.  Nella  macchina  duncj;ue  anmiaTe  risiede  una 
facoltà  alta  a  risentire  gli  slimoli  ,■  eh' è  las  così  detta 
eccitabilità.  Tutte  le  sostanze,  le  'quali  agiscono  sulla 
fibra,  sono  più,  o  meno  stimolami  ;  ed  infine  debili- 
tanti diconsi  quelle  ,  che  abbassano  le  forze  vitali  , 
stimolando  la  macchina  medesima  in  meno  di  quello, 
che  un  momento  prima  della  loro  azione  era  stimo- 
lala . 

V.  Kè  riesce  difficile  il  comprendere  come  i  cosi 


(  2;^  ) 
<lelli  (lebililanti  sieno  nel  caso  di  distruggere  gli  cfforii 
di  quelle  sostanze,  clie  avoano  considcrabilmente  in- 
nalzalo r  ecci lamento  .  Colla  introduzione  di  un'agente 
che  sia  fornito  di  minor  forza  slimolante  di  quello  , 
che  ha  portalo  1'  eccitamento  medesimo  ad  im  gra- 
do elevato  ,  si  obbliga  la  fibra  in  quel  momento  a  ri- 
spondere al  nuovo  slimolo  indrodollo  ,  nìentre  questo, 
abbenchè  di  grado  inferiore  ,  è  sempre  senlito  j>iù  di 
quello  ,  che  ha  agito  ;  e  ciò  è  conOrmato  dalla  giorna- 
liera osservazione  .  Se  dunque  la  sostanza  novellamen- 
te indrodotta  slimola  meno,  dee  la  medesima  produrre 
un  effclio  proporzionalo  ;  dee  cioè  abbassare  1'  eccila- 
iTjenlo  ,  e  per  conseguenza  dee  debilitare. 

VI.  In  questo  luogo  polrei  molto  bene  occuparmi 
delle  varie  diatesi  morbose  ,  come  pure  di  tutte  le  ne- 
cessarie loro  distinzioni  ,  che  la  teoria  stimolante  sug- 
gerisce ,  ma  come  non  è  questo  il  mio  principale 
scopo  ;  cosi  passo  a  quello  ,  che  più  importa  ,  cioè  al- 
la sposizione  do'  principi  della  teoria  controstimolante  j 
sendjrandomi  bastante  ciò  che  della  prima  ho  detto  , 
onde  possa  farsi  quel  giusto  parallelo  tra  le  due  dot- 
trine ,  dal  quale  maggior  luce  avranuo  i  miei  argo- 
jucnli  ,  e  le  mie  induzioni  •  («) . 


(a)  /  principi ,  che  vo  ad  esporre  ,  da  me  sono 
stati  traili  da  poche  pagine  non  ha  guari  stampate 
presso  di  noi  dal  dottor  Prospero  Postiglione  ,  come 
pure  da  quelle  poche  notizie ,  che  ne  dà  d  signor 
liasori  nelle  annotazioni  alla  Zoonomìa  di  Dan,vin  . 


e. 76) 

TU.  Secondo  questa  nuova  teoria  non  tutte  le  so- 
stanze agiscono  sliniolaudo  ,  come  Brown  avea  stabilito 
ina  alcune  di  esse  producono  un'effetto  contrario;  e 
perciò  diconsi  controstimolanli .  Si  reputano  quindi 
stimolanti  solamente  quelle,  che  innalzano  l' eccita- 
mento 5  e  contro  stimolanti  quelle  altre,  che  lo  depri- 
mono ;  potendo  la  azione  loro  andare  tanto  avanti  da 
dislrug£;(rla  affatto. 

Vili.  Sotto  l'azione  degli  stimolanti,  e  de'  con- 
trostiniolanti  si  stabilisce  un  diverso,  ed  opposto  statoi 
della  fibra  .  Si  vuole,  che  i  primi  la  contraggano,  ed 
i  secondi  la  rilascino.  Sarebbe  di  falli  ragionevole, 
eh'  essendo  diametralmente  opposta  V  azione  di  queste 
sostanze  ,  dovessero  produrre  anche  effetti  opposti  :  ma 
questo  non  rattrovasi  vero;  e  perciò  molti  dubj  haa 
luogo,  come  in  appresso  si  osserverà. 

IX.  Abbenchè  i  controslimoli  procurino  alla  mac- 
china animale  alcune  volte  uno  stato  di  calma  ,  e  di 
quiete,  ed  altre  volte  ne  minorino  il  vigore;  pure  non 
sono  da  confondersi  coi  sedativi ,  e  coi  debilitanti:  ào~ 
vendosi  aver  presente  ,  che  la  calma  può  venir  dietro 
anche  agli  stimolanti  ,  quando  lo  stalo  turbolento  è 
figlio  della  debolezza  ;  e  che  il  controstiittolo  spesso 
ridona  alla  fibra  la  sua  perduta  robustezza  ,  allorché  la 
debolezza  viene  in  seguito  di  eccessivo  vigore,  come 
osservasi  nella  diatesi  infiammatoria  :  ed  in  tal  guisa  il 
controstimolante  fa  le  veci  di  uno  stimolante  pintosto 
che  di  debilitante  .  In  un  sol  easy  agisce  couTe  debi- 
litante j    ed  è  quando    l' animale    godendo  un    perfetto 


(  277  ) 
stato  di  salute,  sotto  la  sua  azione  scusibilmente  s'  iu- 
debolisce  . 

X.  Non  è  ancora  chiaro  il  modo  di  agire  del  con- 
trostimolo 5  e  perciò  non  è  determinato  ancora  il  cam- 
biamento ,  che  il  medesimo  produce  nella  fibra  .  Da 
alcuni  si  pretende ,  che  questo  la  intorpidisca  ,  e  la 
inabiliti  a  sentire  gli  stimoli .  Da  altri  poi  si  è  vedu- 
to ,  che  alcune  volte  la  fibra  s' intorpidisce  ,  e  sente 
meno  1'  azione  degli  stimoli  j  altre  volle  poi  diviene 
più  sensibile,  e  disposta  a  convellersi,  o  col  fatto  si 
convelle  :  propiietà  anche  comune  agli  slimolanti  . 

XI.  Si  disti ngnono  i  conUosli molanti  alio  stesso 
modo  degli  stimolanti,  cioè  in  diretti ,  ed  indiretti. 
Dicousi  direni  qnei  che  agendo  direttamente  sulla  fi- 
bra ne  minorano  il  vigore,  e  la  vitalità.  In  tal  caso 
il  languore  non  deesi  attribuire  alla  mancanza  degli 
stimoli,  come  sinora  si  è  pensato,  ma  sibbene  alla 
presenza  di  qualche  sostanza,  che  si  oppone  agli  sti- 
moli ,  e  così  viene  ad  indeboliie  la  vitalità  medesima  . 
Chiamansi  poi  indiretti  quegli  altri  ,  che  producono 
lo  stesso  effetto,  non  già  perchè  si  fosse  adopu-alo  al- 
cun controslimolanle  ,  ma  perchè  si  toglie ,  o  si  mi- 
nora qualche  stimolante  .  La  cavata  di  sangue  j  pev 
esempio  ,  come  pure  la  dieta  sono  controstimolauti 
indiretti  ,  perchè  indeboliscono  indirettamente  la  nìac- 
china  animale  ,  cioè  senza  1'  azione  diretta  di  qualche 
controstrmolanle  .  Da  ciò  è  facile  rilevarsi,  che  quei 
mezzi  ,  che  sinora  han  portato  il  nonìa  di  debilitanti 
diretti ,  divengono  al  presente  controstimolanti  indiret- 
ti} ma  restano  però  nella  classe  de'  debilitauti. 


(  =^78  ] 

XII.  Essendo  r  effetto  de' controstlmolanti  sempre 
lo  slesso  ,  deprimendo  cioè  essi  sempre  1'  eccitamento, 
convengono  in  tult^  i  casi  ,  ne'  quali  questo  è  sover- 
cliìamente  inmlzato  ,  cioè  quando  vi  è  aumento  di 
forze  vitali  .  E'  chiaro  quindi  ,  die  del)bonsi  precisa- 
mente impi>^gare  in  tutte  le  malattie  infiammatorie. 

XIII.  Il  più  curioso  della  teoria  controslimolante 
è  ,  clie  nella  cura  delle  malattie  non  è  necessario  ba- 
dare alle  cause  peccanti  in  più  ,  o  in  meno  ,  che  le 
hanno  prodotte;  ma  bisogna  por  mente  a  quello,  che 
nell'atto  osservasi.  Quando  vi  è  irritazione,  che  se- 
condo tal  teoria  è  sempre  un'azione  io  più  sono  com- 
;nicndati  i  controslimolauti .  Se  poi  esisto  rilasciamen- 
to ,  eh' è  un'azione  iu  meno,  deblìonsi  impiegare  gli 
Stimolanti:  e  secondo  che  il  controslimolo  produce  ef- 
fetti più  ,  o  meno  pronti  ,  si  viene  in  cognizione  della 
natura  della  diatesi  predominante  .  Da  tali  dati  si  de- 
duce,  che  quando  in  una  malattia  stenica  sonovi  se- 
gui di  rilasciamento  ,  si  dee  dar  di  piglio  ,  senza  ba- 
dare ad  altro  ,  agli  stimolanti  ;  e  così  per  1'  opposto  , 
allorché  in  una  malattia  astenica  vi  è  irritazione,  del)- 
bonsl  adoperare  i  controstimolanii  .  Osservandosi  ciò 
più  volle  nel  corso  di  una  malattia ,  il  medico  non 
dee  perder  tem])o  a  cambiare  subito  il  metodo  cu- 
rativo . 

XIV.  Dividesi  finalmente  la  diatesi  stenica  in  di- 
retta ,  ed  indiretta.  Secondo  il  di  lei  carattere  si  ado- 
perano ora  i  conlrostimolanti  diretti,  ed  ora  gì' indi- 
relti  .  La  diatesi  astenica  poi  non  è  suscettibile  di  di- 
visione, perchè  sempre  accompagnata  da  rilasciamen- 


(^79) 
(0  ;  é  perciò  deesi  trattare  Sftnipre  cogli  slimolanli  . 
Quale  poi  tUbha  essere  il  grado  di  attività  da  darsi 
agli  sliuiolauti  ,  e  mollo  più  ai  conlrostimolanli  ,  non 
è  ancora  dclernìinalo  .  La  più  o  inen  lunga  durata 
della  irritazione  ,  o  del  rilasciamento  farà  determinare 
il  medico  a  conlinuare,  modiGcare  ,  o  cambiare  i  ri^ 
mcdj  ,  che  adopera  ,  e  sostituire  a  questi  altri  di  dif- 
icrcnle  natura  . 

XV.  Questi  sono  In  breve  i  principi  della  teoria 
fontrostimolanttì  .  Dal  quadro  finora  fallo  di  auieudue 
II?  dottrine,  sarà  facile  il  rilevare  la  differenza,  che 
passa  tra  la  prima,  e  la  seconda  ,  e  quali  siano  i  van- 
taggi ,  che  quesl'  ultima  promette  ,  onde  poter  esser 
nel  caso  dì  abbandonare  la  prima  .  Passo  quindi  ad 
una  breve  analisi  del  coulrosliriiolo ,  acciò  si  possa 
giustamente  giudicare  del  di  lui  valore  ,  e  se  sia  ,  o 
nò  conducente  alla  spiegazione  do' fenomani.  Son  per- 
suaso ,  che  tale  ricerca  desterà  contro  di  me  la  indi- 
gnazione di  molti  ,  ma  come  i  fatti  ,  le  mie  osserva- 
zioni nello  Spedale;  di  S.  Francesco  ,  in  cui  niente  si 
risparmia  per  la  salute  degl'  infermi  dai  direttori  di 
un  tale  stabilimento,  e  le  accurate  osservazioni,  chsì 
in  unione  del  citato  de  Sanctis  ho  fatte  sugli  animali  , 
sono  la  mia  guida  ,  cosi  di  nulla  mi  curo  ;  e  solo  mi 
anima  il  vantaggio  de'  giovani  studiosi  ,  che  sembrano 
ora  aggirarsi,  come  attoniti  ne' vortici  di  Cartesio, 
non  iiien  che  degl'  infermi  ,  i  quali  cercano  da  noi  la 
loro  salute.  Onde  prima  esporrò  le  qualunque  siano 
mie  riflessioni  ,  e  poi  il  risultato  costante  di  una  lun- 
ga serie  di  spericnze  ripetute  più  e  più  volle. 


[    280    ) 

XVI.  Qual  sicurezza  in  primo  luogo  può  mai  of- 
frire una  dottrina,  se  la  dt'finizione  n' è  vacillante,  ed 
incerta?  Si  domanda  qua!' è  T  idea  ,  che  deesi  attacare 
alla  parola  controstimolo  ?  Si  ris[)onde  ,  quella  di  uà 
rimedio  ,  che  alcune  volte  intorpidisce  la  libra  ,  e  la 
rende  meno  atta  a  sentire  lo  stimolo,  ed  altre  volte 
la  rende  più  sensibile  ,  e  soggetta  perciò  a  e  onveller&i 
(  Postìg.  pag.  XVII.  parag.  6.  )  .  Ma  qual  delinizione 
è  questa?  Una  stessa  causa  produce  variabilmente  ,  e 
senza  una  regola  costante,  due  effetti  diametralmente 
opposti  ?  Ammessa  la  proprietà  che  hanno  tutt'  i  cor- 
pi viventi  di  sentire  X  azione  degli  agenti  esterni  ,  qua- 
le dovrebb' essere  il  modo  di  agire  del  controstimolo, 
onde  la  libra  variamente  modilicandosi ,  produca  due 
effetti  contrarj  affatto?  Qualunque  possa  essere  una 
tale  moditicazione  ,  sarà  essa  certamente  un  effetto 
positivo:  ma  l'effetto  positivo  non  può  riconoscere 
per  cagione  efficiente,  che  un'azione  positiva:  dunque 
positiva  dev'  esser  V  azione  del  controstimolo  .  Ma  po- 
sitiva è  ancora  l'azione  dello  stimolo,  e  riguardo  a 
ciò  non  vi  cade  dubbio  alcuno  5  sono  per  conseguen- 
za amendue  queste  azioni  della  stessa  natura ,  non  so- 
no contraddittorie,  l'una  non  può  distruggere  l'altra. 
Il  controstimolo  quindi  agisce  come  lo  stimolo  .  Com- 
prendendosi altrimenti  la  cosa,  sarà  lo  stesso,  che 
conciliare  l'idea  della  esistenza  di  un  agente  positivo, 
e  lo  sviluppo  di  un  effetto  negativo  . 

XVII.  Di  più  :  le  principali  forme  ,  colle  quali  si 
manifesta  l'eccitamento  sono  il  senso  ,  ed  il  moto  ;  ond' 
è,  che  tutte  le  sostante,    le  quali  applicate  alla  mac- 


(.8i  ) 
china  animale  vivente ,  risvegliano  tali  forme  ,  diconsi 
stimolanti  .  Ma  per  potersi  dire  ,  die  una  sostanza  agi- 
sca sulla  macchina  animale  vivente,  è  necessario,  che 
risvegli  ,  o  il  senso,  o  il  motoj  tanto  è  perciò  slimo- 
lare una  macchina ,  quanto  è  assoggettarla  all'  azione 
di  una  sostanza  qualunque  ;  e  quindi  stimolare  ,  ed 
agire  sono  sinonimi  .  Dunque  azione  controstimolante 
suona  lo  slesso,  che  stimolo  controstimolo  ,  o  pure 
azione  controazione  .  Ecco  con  quali  parole  perfetta- 
mente vuote  di  senso  si  pretende  stabilire  una  nuova 
dottrina  . 

XVIII.  Si  determina  poi  dietro  l' azione  degli 
stimolanti  ,  e  de'  controstimolanti  un  diverso  stalo 
della  GLra .  Si  dice ,  che  i  primi  producono  contra- 
lione  ,  ed  i  secondi  rilasciamento  ;  e  che  perciò  a  nor- 
ma di  questi  due  opposti  stati ,  sono  da  impiegarsi 
anche  opposti  rimedj  .  La  sventura  di  questa  teo- 
ria è  che  non  raltrovasi  ciò  vero  .  Il  più  delle  volte 
io  non  ho  potuto  distinguere  nello  stomaco  di  moltis- 
simi animali,  che  ho  sacrificali ,  questa  differenza  ,  anzi 
i  più  rinomati  controstimolanti  mi  haa  fatto  trovare 
Io  stomaco  infiammato,  e  corrugalo,  come  apparirà 
dal  dettaglio  delle  mie  osservazioni  .  La  contrazione 
quindi  ,  ed  il  rilasciamento  nou  essendo  sempre  effetti 
ooslanli  dell'azione  degli  stimolanti,  e  de' conlrostimo- 
lanti  ,  non  possono  dare  una  norma  sicura  da  valere 
nella  cura  delle  malattie. 

XIX.  Da  ciò,  che  si  è  detto  (  parag.  16.  17  ) 
riesce  agevole  il  rilevare  quanto  può  valere  la  distin- 
zione, che  si  è  fatta,    di  controsliuiolaiili  diretti  ,    ed 

36 


(    282    ) 

iotlirelli  .  Non  si  potrà  mai  comprenrlere  come  il  con- 
txostiiuolo  diletto  senza  agire,  e  perciò  senza  stimo- 
lare, mentre  agire  e  stimolare  sono  sinonimi,  possa 
opporsi  agli  stimoli,  ed  indebolire  l'eccitamento  .Qiial 
maniera  di  ragionare  è  questa  ?  Coma  potrà  depri- 
mersi l'energia  vitale,  se  non  si  minorino  gli  stimo- 
li, che  ne  sono  la  causa?  Colla  dottrina  slimolante 
si  spiega  ciò  facilmente  ,  senza  urlar  di  fronte  la 
ragione  . 

XX.  De'  conlroslimolanti  indiretti  poi  niente  di- 
co, perchè  vi  è  un  semplice  cambiamento  di  vocabo- 
li, j  quali  non  debbono  interessare  mai  l'essenza  delle 
dottrine  .  O  questi  si  dicono  conlroslimolanti  indiretti, 
o  debilitanti  diretti  ,  secondo  Brown  ,  vale  lo  slesso  ì 
essendo  sempre  quello  il  di  loro  effetto ,  per  causa 
della  sottrazione  che  producono  degli  stimoli  . 

XXI.  Ma  secondo  questa  niiova  teoria  ,  quali  so- 
no le  norme ,  che  il  medico  dee  aver  pi-esenti  nella 
cura  delle  malattie ,  onde  determinarsi  all'  uso  degli 
Slimolanti,  o  de' conlroslimolanti  ?  Ecco  il  più  miste- 
rioso di  tal  dottrina  .  Lo  stato  d' irritazione  ,  come  si 
è  detto  {  parag.  i3  )  indica  l'uso  de' conlroslimolanti; 
quello  poi  di  rilasciamento  dee  far  adoperare  gli  sli- 
molauti  ;  e  ciò  tutte  le  volte,  che  bisogna  nel  corso 
di  una  malattia  5  dovendosi  cambiare  più  o  meno 
prontamente  il  metodo  curativo  ,  secondo  la  più  ,  o 
men  sollecita  successione  di  tali  stati .  Ne  siegue  quin- 
di ,  che  secondo  lai  dottrina  sia  inutile  1'  indagine 
delle  cause  ,  che  han  prodotta  la  malattia  ;  e  che  il 
medico  dee  occuparsi  solo  di  ciocché    nell'  atto  esser- 


(  ^83  ) 
va ,    sia  la  tnalallia    il  prodotto    di  cause   peccanti   in 
più,    che  ia  meno.    Ma  a  tutti  è  noto,    che    vi  sono 
molte     malattie ,    che  hanno    un  aspetto    ingannevole  j 
ed    in  tali  casi    la  semplice    osservazione    de'  differenti 
stati  d'irritazione,    o  di  rilasciamento,    senza  l'esame 
delle  cagioni    mandanti,    sagriGcherà    sicuramente    gli 
ammalati    alle  novità.    Non    rare    difatti    sono    quelle 
malattie    le  quali    essendo    nel  fondo    sostenute    dalla 
dialesi  stenica  ,  presentano  chiari  segni  di  languore,   e 
di  debolezza  j    e  così  al  contrario    s' incontrano  spesso 
delle  altre  prodotte    da  cause  debilitanti  ,    che  offrono 
un  apparalo  simile    a  quello    delle  malattie    di  accre- 
sciuto vigore  .    In  simili  casi  il  medico  fa  quello  stes- 
so, che  detta  la  generale  diagnosi  delle  malattìe  ,  cioè 
prende    conio    delle  cagioni  produttrici,    acciò    possa 
conoscere    i  di  loro  effetti     in  qualunque  modo  questi 
si  presentino  :    e  similmente    s' incarica    del   tempera- 
mento ,  della  predisposizione ,    della  maniera    di  vive- 
re ,  e  di  altre   circostanze ,    che  calcolate  nel  loro   in- 
sieme   fanno  acquistare  idea  chiara    della  vera    natura 
della  malattia,    e  non  già   dell'apparente  .    Esamina  a 
buon  conto    la  sua  origine,    e    per  conseguenza  se  sia 
stata   preceduta    da  cause    stimolanti    la    macchina    in 
più  ,  o  in  meno  -,  e  non  già  si  occupa  del  predominio 
della  irritazione  ,  o  del  rilasciamento,  che  non  forma- 
no mai    un  morbo  identico  ;    mentre    possono    egual- 
mente   appartenere    alle  due   sorgenti    delle    malattie  . 
Dietro  tal  giudizio  difiìcilmente  il  medico    s' inganna  , 
e  cura    quindi    cogli  stimolanti     quello  stato    morboso 
della  macchina  animale  ,  il  quale  benché  presenta    de' 


(  .84  ) 
segni  di  accresciuto  eccitamento ,  è  sostenuto  dalla 
diatesi  astenica  ;  e  parimenti  fuga  ,  e  distrugge  coi  de- 
bilitanti le  malattie  ,  che  indicano  a  prima  vista  de- 
bolezza ,  e  rilasciamento  ,  ma  che  poi  sono  il  prodotto 
della  diatesi  slcnica  .  Se  i  fautori  della  dottrina  con- 
trostimolante avessero  riflettuto  ,  che  nel  riconoscersi  il 
significato  di  una  cosa  non  debbonsi  giammai  guarda- 
re quei  segni  ,  che  a  più  significati  convengono  ,  ma 
quelli  bensì  ,  che  privativamente  gli  appartengono  ,. 
non  sarebbero  caduti  nell'  errore  di  trarre  la  di  tignosi 
delle  malattie  dagli  stati  d'  irritazione ,  e  di  rilascia- 
mento ,  che  indifferentemente  appartengono  a  più  ma- 
lattie e  simili  ,  e  dissimili  . 

XXII.  Dippiù  ne'  morbi  acuti  accade  volentieri 
un  continuo  passaggio  dallo  stato  d'irritazione  a  quello 
di  rilasciamento,  e  così  al  contrario.  Si  debbono  per- 
ciò alternativamente  amministrare  ora  i  controslimoli , 
ed  ora  gli  stimolile  come  ciò  può  aver  luogo  più  volte 
nel  corso  di  un  giorno;  si  dovrà  necessariamente  an- 
che in  un  giorno  assoggettare  l'ammilato  a  medicine 
opposte  .  Ma  chi  non  sa  ,  che  non  vi  è  cosa  più  per- 
niciosa ,  e  nocevole  nel  trattamento  delle  malattie  acu- 
te quanto  l' urtare  la  macchina  alternativamente  coli' 
azione  di  medicine  diverse ,  ed  opposte .  Lo  stesso 
deesi  intendere  anche  pe' mali  cronici,  i  quali  presen- 
tano pure  quella  tale  alternativa  ,  che  giammai  farà  ri- 
solvere il  medico  savio  a  cambiare  il  met,odo  cu- 
rativo . 

XXIII.  Finalmente  per  dimostrare  I'  insufficienza 
de' principi  del  controstimolo,  basta  guardare  per  pò- 


(  285  ) 
co  quello    che    spesso    nelle  febbri ,    anche    di    diatesi 
astenica  ,    osservasi  .    E'  comune  nelle  medesime    1'  uso 
della  soluzione  del    tartaro  stibialo  data  per    epicrasi  , 
ad  oggetto  di  superare  lo  stato  di  crudità  ,  e  portar  la 
malattia    alla  cozione  .    Or  mi    è  accaduto    più  volte  , 
anche  io  presenza  di  molti  miei  giovani ,  chiaramente 
osservare  ,  che  dopo  essersi  con  tal  medicina   ottenuta 
la    cozione,  avendola  voluto  continuare,    sono  ricom- 
parsi i   sintomi  tutti    della  crudità.    Come  ciò  è  acca- 
duto ,   essendo  il  tartaro  slibiato  un  controslimolante  ? 
Potea  portare  la  febbre  a  cozione  ,  perchè  si  vuole  fi- 
glia di  diatesi   stenica  ,    ma    non  dovea  riprodurre    la 
crudità  ,    e  tutti   quei  sintomi ,    che  secondo    la  nuova 
dottrina   indicano  pura  stenia.  Si   risponderebbe  forsi , 
che  il   restringimento  della  pupilla,    il  polso  teso,     1' 
aridità  della  pelle,  1' atlrasso  delle  secrezioni  ,  ed  escre- 
zioni sienosegni,  che  spettano  pure  ad  uh  eccesso  di' 
astenia  .''In   tal  casa  daranno  quelli,    che  così  rispon- 
dessero ,  un  addio  ad  ogni  sintomatologia  ,  onde  distin- 
guere  le  due  dialesi  . 

XXIV.  Niente  finalmente  dico  della  distinzione  , 
che  nella  dottrina  controstimolante  si  fa  ,  della  diatesi 
stenica  in  diretta,  ed  indiretta;  perchè  la  medesima 
crolla  da  se  ,  subito  che  abbiamo  dimostrato  ,  che  con- 
troslimolanti  diretti ,  i  quali  converrebbero  nella  stenia 
diretta  ,  non  esistono  ,  né  possono  esistere  ;  perchè  ri- 
pugnanti alla  sana  filosofia  ,  ed  anche  al  senso  couìune  . 
Può  più  tosto  tal  distinzione  valere  per  la  diatesi  as- 
tenica, abbeuchè  questa  si  voglia  indivisa  nella  nuova 
teoria  .  Noa  nego  ,  che  secondo  la  semplice  idea  della 


(  286  ) 
debolezza  indiretta,  stabilita  da  Brown ,  il  metodo  cu- 
rativo di  questa  sembra  meritare  qualche  riforma  5  ma 
non  per  questo  dobbiaiìio  porre  in  dubbio  l'esistenza 
di  alcune  malattie  di  languore  ,  clie  sono  il  prodotto 
della  eccessiva  azione  slimolante .  Per  avere  un'  idea 
chiara,  ed  adeguata  della  debolezza  indiretta  mi  piace 
molto  la  distinzione ,  che  fa  di  essa  il  Signor  Monleg- 
gia  nelle  sue  istituzioni  Chirurgiche,  e  propriamente 
nella  prima  parte,  cap.   i.  ,  pai'ag.   18.,  e  seguenti. 

XXV.  Dopo  aver  fatto  intanto  queste  poche  ri- 
flessioni suir  insuflicienza ,  ed  assurdità  della  teoria 
controstimolante  ;  per  non  eccedere  i  limiti  ,  che  mi 
son  proposto,  lascio  i  ragionamenti  ,  e  passo  al  più 
essenziale  della  cosa,  vengo  cioè  ad  esporre  il  risul- 
tato delle  mie  osservazioni  fatte  sugli  animali  .  Mi  lu- 
singo ,  che  le  medesime  siano  tanto  decisive  da  far  ri- 
credere tutti  quelli ,  che  sono  stati  trascinati  dall'amo- 
re delle  novità  a  dar  retta  alla  parola  controstimolo  . 
Prima  porrò  in  veduta  alcuni  de' miei  privati  speri- 
menti ,  ed  indi  quei ,  che  ho  avuto  1'  onore  di  presen- 
tare al  pubblico  . 

Esperienze  private . 

Tre  cose  mi  son  proposto  di  osservare  negli  spe- 
rimenti sì  privati ,  che  pubblici  ,  che  vo  a  dettagliare. 
I.  Se  i  voluti  controstimolanti  producano  qualche  ef- 
fetto analogo  a  quello  degli  stimolanti.  2.  Se  gli  ef- 
fetti di  un  controstimolante  possano  vedersi  distrutti 
dall'  azione     di  un  altro .    3.  Se  dopo    la  morte    degli 


(  =^87  ) 
animali  proccurata  uon  men  cogli  stimolanti  ,  che  coi 
corilrosliinolanli  ,  la  vitalilà  di  essi  oflVa  ,  per  m-zzo 
del  Calvauismo  consideralo  come  uno  stimolante  di 
pilin' ordine;  fenomeno  degno  di  esser  ponderalo  e  cal- 
colato .  La  novità  dell'esperienze,  e  la  costanza  de' 
risultati  felici  mi  fanno  angmare,  che  essendo  ciò  con- 
Crmato  dai  falli  ,  non  si  parlerà  più  di  una  dottrina  , 
che  ravvisasi  insudiciente  in  tutta  la  sua  estensione  . 
Prevengo  però  i  lettori  ,  che  per  individuare  alla  me- 
glio le  dosi  delle  sostanze,  di  cui  mi  son  servito  nel 
eorso  di  questi  sperimenti  ,  ho  fatto  uso  di  una  nìi- 
sura  capace  di  quasi  mezz'oncia  di  liquido,  di  cui 
sempre  qualche  poco  si  è  perduto  nel  somministrarlo 
agli  animali  .  Per  avere  poi  una  libertà  di  operare  , 
mi  son  servito  in  particolare  de' conigli,  •  quali  sono 
docilissimi  ,  ed  i  meno  atti  a  turbare  coi  loro  movi- 
menti il  corso  dell'  opera.  Dippiù  debbo  premettere  , 
che  la  soluzione  di  tartaro  slibiato ,  di  cui  ho  fatto 
sempre  uso,  è  stalo  il'risullato  di  quindici  acini  di 
tal  preparazione  sciolti  in  una  libbra  di  acqua  comu- 
ne .  E  finalmente  l' acqua  di  lauro-ceraso  da  me  pra- 
ticata ,  non  è  stata  coobata  ,  ma  dietro  la  prima  di- 
stillazione si   è  adoperata  . 

1.  Diedi  ad  un  coniglio  ,  per  epicrasi ,  circa  un'on- 
cia di  acqua  distillala  di  lauro-ceraso  .  Sotto  le  prime 
dosi  r  animale  perde  subito  il  suo  coraggio  ;  si  ac- 
celerarono le  pulsazioni  del  cuore  ;  e  diede  segni  non 
equivoci  di  raffreddore  nervino  .  Si  replicò  la  introdu- 
zione dell'acqua,  e  l'animale  mori  assalito  da  chiari, 
e  violenti  coavellimeati .  Lo  feci  aprire ,  e   lungi  dall' 


(  288  ) 
essere  il  cuore    pieno  di  sangue  ,  e  lo  stomaco  rilasciato, 
come  lo  avrei  dovuto  trovare  ,  ebbi  il    grazioso    spet- 
tacolo di  ravvisare  lo  stomaco,  e  le  budella   teuui  ar- 
rossite, e  corrugate. 

Se  sotto  la  lenta  azione  dell'  acqua  di  lauro-ceraso 
il  ventricolo  si  è  infiammato  ,  non  altrimenti  cbe  c« 
lo  presenta  l'oppio  ,  come  si  vedrà  in  appresso,  bi- 
sogna convenire  ,  che  amendue  queste  sostanze  agisco- 
no allo  stesso  modo;  ond' è,  cbe  se  l'oppio  è  stimo- 
lante ,  lo  dev'  essere  anche  l' acqua  dì  lauro-ceraso  . 
Wè  posso  temere  di  essermi  ingannato  ;  perchè  avendo 
più  volte  ripetuto  un  tale  sperimento  ,  mi  ha  sempre 
Io  stomaco  dell'  animale  presentata  la  stessa  altera- 
zione. E  quello  che  dà  più  peso ,  è  il  trovare  nella 
illustre  opera  mediga  del  signor  Riccardo  Mead  quello 
Stesso,  che  il  fatto  mi  ha  dimostrato.  Questo  gran 
juiedico  ed  osservatore ,  nell'  appendice  che  fa  nell' 
esame  /dell'oppio  ,  parla  dell'  acqua  di  lauro-ceraso  ,  e 
dice  che  la  medesima  data  ad  un  animale  lo  ammaz- 
za sollecitamente,  e  con  forti  convellimenti  ,  e  lo  sto- 
maco di  esso  presenta  sempre  le  vene  goìtfie ,  ed  il 
sangue  passato  anche  ne'  linfatici ,  come  si  può  rile- 
vare dalla  sua  opera  medica  pag.   i47- 

2.  Apprestai  ad  un  altro  coniglio  ,  anche  per  epi- 
crasi  ,  una  soluzione  di  tartaro  slibiato  fatta  nel  modo 
di  sopra  espressato  .  Fu  l' animale  subito  assalilo  da 
una  forte  angoscia,  da  forti  conati  di  vomito,  e  da 
convellimenti  abbastanza  sensibili  .  Replicai  dopo  qual- 
che tempo  la  dose  ,  ed  avendo  consumate  circa  un' 
cucia  di  tal  soluzione  ,  sotto  un  violente  singhiozzo  mori 


(-89) 
Si  apri  r  addome ,  e  si  rinvennero  le  budella  tenui 
anch'  esternamente  non  poco  arrossile  .  La  faccia  in- 
terna poi  dello  stomaco  anche  si  trovò  infiammala  ,  e 
corrugata  .  Ripetei  più  volte  questo  sperimento,  e  sem- 
pre un  notabile  grado  di  corrugazione  ravvisai  nello 
stomaco  .  Ma  mi  accorsi  ,  che  l'  arrossimenlo  poi  era 
più  ,  o  meno  intenso  ,  secondo  che  più  ,  o  meno  solle- 
citamente si  faceva  morire  il  coniglio.  In  generale  pos- 
so dire,  che  quando  l'animale  più  stenta  a  morire  col 
tartaro  stibiato  ,  tanto  più  cresce  1'  arrossimenlo  . 

3.  Essendosi  data  ad  un'  altro  coniglio  a  poco  a 
poco  la  medesima  soluzione  di  tartaro  stibiato  ,  fu  que- 
sto sorpreso  dallo  stesso  raffreddore  comparso  nel  pri- 
mo sperimento  ,  dalla  solita  angoscia ,  ed  incomincia- 
va di  già  a  convellersi  ;  ond'  è  ,  che  andava  anche  sol- 
lecitamente a  morire  ;  ma  come  gli  feci  ,  pure  per  epi- 
crasi ,  somministrare  dell'acqua  di  lauro-ceraso ,  si  vi- 
de cedere  il  raffreddore  ,  divenne  più  coraggioso  ,  e  do- 
po poco  tempo  riprese  il  suo  perduto  vigore  . 

Allorché  le  azioni  sono  cospiranti  ,  debbono  pro- 
durre un  medesimo  effetto  .  Or  se  gli  effetti  del  tar- 
taro stibiato  furono  distrutti  dall'  acqua  di  lauro  cera- 
so ,  dobbiamo  ragionevolmente  dire  ,  che  le  azioni  di 
tali  sostanze  non  sono  cospiranti  ,  e  non  agiscono  allo 
steso  modo  .  Se  si  suppone  quindi  ,  che  la  soluzione 
del  tartaro  slibiato  sia  un  controstimolante,  non  lo  de- 
ve esser  l' acqua  di  lauro-ceraso .  Se  però  ricorreremo 
alla  dollrina  stimolante  ,  ritrovaremo  in  essa  una  com- 
pleta spiegazione  di  tal  fallo  .  Dietro  l'azione  violenta 
di  un  forte  stimolante  ,    qual'  è  la  soluzione  del    tarla- 

37 


(  290  ) 
ro  stibiato,  deve  tutta  la  macchina,  ed  in  particolare 
il  ventricolo  cadere  in  debolezza  indiretta  ,  e  propria- 
mente in  quella  detta  dai  recenti  per  stanchezza  .  Coli' 
applicazione  di  un  nuovo  stimolo,  qual  fu  1' acqua  di 
lauro-ceraso  ,  diversamente  essendo  stimolato  il  ventri- 
colo ,  e  lutto  il  sistema  ,  si  vide  1'  animale  risorgere 
da  quel  languore  ,  che  minacciava  da  vicino  la  sua 
vita  . 

4-  Feci  dare  ad  un  coniglio  ,  in  piccole  dosi  ^ 
una  mezz'  oncia  della  stessa  acqua  di  lauro-ceraso  ,  e 
fu  questo  immediatamente  sorpreso  da  tali  convellimen- 
ti ,  e  particolarmente  dall'  opislotano  ,  eh'  era  pros- 
simo a  morire  .  Feci  subito  dargli  poco  men  di  mezz' 
oncia  della  solita  soluzione  di  tartaro  stibiato ,  e  l'ani- 
male a  poco  a  poco  si  rimise  nel  pristino  stato. 

5.  Presi  poi  due  altri  conigli ,  e  per  epicrasi  ad  uno 
feci  dare  la  soluzione  del  tartaro  stibiato  ,  ed  all'  altro 
l'acqua  di  lauro-ceraso  .  Comparvero  subito  i  soliti  se- 
gni marcati  sopra  ,  e  quando  mi  accorsi  ,  ch'erano 
nello  stato  da  temere  della  loro  vita  ,  feci  apprestare 
anche  a  poco  a  poco  l'acqua  di  lauro-ceraso  al  primo, 
e  la  soluzione  del  tartaro  stibiato  al  secondo  .  Si  vide- 
ro subito  ravvivati  ,  e  talmente  si  riebbero  ,  che  han 
servito  ad  ulteriori  sperimenti . 

Da  ciò  rendesi  sempre  più  chiara  la  insussistenza 
della  teoria  controstimolante  ,  e  la  indispensabile  neces- 
sità di  ricorrere  alla  stimolante  ,  onde  render  ragione 
de'  fenomeni ,  che  sarebbero  altrimenti  incomprensibili. 
Si  rileva  altresì  dall'  enunciato  sperimento  ,  quanto  sia 
analoga  l'azione  de'voluti  controstimolanti  a  quella  de- 
gli stimolanti . 


{   291    ) 

6.  Nel  presente  sperimento  volli  cimentare  uno 
stimolante,  qual'  è  l'oppio  ,  ed  il  solito  egregio  con- 
trostimolante ,  qual'  è  r  acqua  di  lauro-ceraso  .  Die- 
di perciò  ad  un  coniglio  poche  gocce  di  laudano  li- 
quido ,  le  quali  non  avendo  prodotta  alcun' alterazione, 
dopo  pochi  minuti  furono  replicate  .  Dietro  questa  se- 
conda dose  fu  l'animale  sorpreso  da  leggiere  convul- 
sioni .  In  questo  stato  gli  feci  apprestare  una  parchis- 
sima dose  ,  meno  cioè  di  mezz'  oncia  ,  di  acqua  di  lau- 
ro-ceraso, e  quando  mi  aspettava  veder  il  coniglio  ri- 
messo in  buono  stato  ,  questo  mori  pochi  minuti  do- 
po la  introduzione  dell'  acqua  medesima  . 

Come  si  potrà  comprendere  questo  fatto  ,  osservato 
replicate  volte  ,  e  come  si  spiegherà ,  essendo  1'  acqua 
di  lauro-ceraso  un  controstimolante  ?  Si  potrebbe  ri- 
spondere ,  che  la  dose  del  controstimolo  fu  eccedente, 
e  perciò  apportò  la  morte  .  Ma  essendo  anche  ciò  vero 
(  allorché  una  maggior  dose  di  questa  sostanza  non  fu 
capace  di  pi-odurre  simile  effetto  ,  come  apparisce  da- 
gli antecedenti  sperimenti  ) ,  avrebbe  dovuto  prima  di- 
struggere lo  slimolo  dell'  oppio  ,  e  poi  ammazzare  il 
coniglio  -,  e  perciò  vi  sarebbe  bisognato  maggior  tempo. 
Il  coniglio  morì  dopo  pochi  minuti  ,  e  la  dose  dell' 
acqua  fu  scarsissima  .  Dunque  altra  è  la  ragione  di 
questo  fatto ,  e  propriamente  quella  nascente  dall'  azio- 
ne dell'  acqua  di  lauro-ceraso  analoga  a  quella  dell'  op- 
pio ,  onde  la  vitalità  restò  distrutta  sotto  l'azione  di 
due  forti  stimolanti  . 

Or  questi  fatti .  ed  altri  riguardanti  la  vitalità  de- 
gli animali  dopo  la  loro  morte  ,  osservati  replicate  volte 


(  292  ) 

e  da  me  in  dettaglio  ,  e  privatameate ,  mi  decisero  di 
ripetere  in  pubblico  una  buona  parte  di  tali  sperimen- 
ti ,  e  propriamente  quei  ,  che  credei  più  importanti , 
onde  si  rendesseio  a  tutti  noti  . 

Esperìenze  pubbliche,  (a) 

JLiA  prima  cosa,  cbe  mi  proposi  di  far  osservare,  fa 
la  somiglianza  degli  effetti  degli  stimolanti  ,  e  de'  con- 
trostimolanti  :  somiglianza  ,  che  non  si  può  negare  nìal- 
grado  qualunque  prevenzione  .  Indi  mi  occupai  di  due 
importanti  sperimenti  ,  ne'  quali  posi  in  opposizione  i 
coutrostimoli  .  Finalmente  volli  far  osservare  per  mez- 
zo del  Galvanismo  ,  la  dose  di  vitalità  ,  che  rimane: 
negli  animali  ammazzati  non  men  cogli  stimoli  ,  che 
coi  controstÌTHoli . 

I.  Presi  quindi  in  primo  luogo  tre  conigli  ,  ed  al 
primo  feci  apprestare  1'  acqua  di  lauro-ceraso ,  sempre 
in  picciole  dosi .  Secondo  il  solito,  dopo  le  prime  pre- 
se ,  si  manifestarono  i  convellimenti  ,  i  quali  erana 
sempre    più  violenti    nel  momento    della   introduzione 


(a)  Queste  sperienze  furono  ripetute  nel  Reale 
Istituto  nel  giorno  8.  g.  i  o  ^  ed  11.  del  mese  di  mag- 
gio 1810,  per  lo  cittì  il  medesimo  ordirlo,  che  si  fos- 
sero registrate  in  un  processo  verbale  firmato  da  tutti 
i  Socj  che  intervennero  ,  e  che  si  fosse  conservato 
neir  archivio  ,  dove  esiste . 

Nota  del  Compilatore  . 


(.93) 
delle  nuove  dosi  ,  e  mentivano  1'  aspello  di  tanti  pic- 
coli salti  .  Tutta  la  scena  durò  circa  due  ore  ;  dopo 
qua!  tempo  1'  animale  mori  tutto  convulso  ,  avendo 
consumato  poco  più  di  un'  oncia  e  mezza  di  acqua  di 
lauro-ceraso  .  Al  secondo  coniglio  poi  feci  ,  per  epi- 
crasi ,  dare  la  solita  soluzione  di  tartaro  stibiato  .  Di- 
venne questo  subito  singhiozzoso  ,  ed  ansaute  ;  i  suoi 
arti  ,  in  particolare  i  posteriori  ,  si  l'esero  deboli  ;  le 
battute  del  cuore  ,  ed  i  conati  di  vomito  erano  sempre 
più  intensi  ;  e  finalmente  comparvero  delle  convulsoni 
violenti  ,  ed  affatto  simili  a  quelle  prodotte  dall'acqua 
di  lauro-ceraso  .  Sotto  tali  convellimenti  morì  l'animale 
quasi  nello  stesso  spazio  di  tempo  y  non  essendosi  con- 
sumata ,  che  circa  un'  oncia  della  soluzione  medesima. 
Finalmente  al  terzo  coniglio  avendo  apprestato  circa 
una  ventina  di  gocce  del  laudano  liquido  del  Sidena- 
mìo  ,  comparvero  subito  de' convellimenti  ,  non  intensi 
però  come  quelli  prodotti  dall'  acqua  di  lauro-ceraso  , 
e  perdendo  di  botto  il  suo  vigore  divenne  sensibilmen- 
te debole  .  Una  sola  differenza  feci  marcare  ,  cioè  che 
i  convellimenli  prodotti  dall'  acqua  di  lauro-ceraso  si 
avanzavano  nel  momento  della  introduzione  della  nuo- 
va dose;  e  quelli  prodotti  dall' oppio  mostravano  sem- 
pre- una  stessa  intensità  .  Feci  ripetere  le  piccole  dosi 
del  detto  laudano  ,  ed  allora  crebbe  la  sua  debolez- 
za ;  i  moti  del  cuore  ,  ed  i  colpi  di  singhiozzo  ,  che 
sulle  prime  eran  frequenti  ,  si  resero  più  lenti  ;  e  cir- 
ca un'  ora  dopo  mori  con  un  sonoro  stertore  .  Feci 
aprire  i  ventricoli  de'  tre  conigli  ,  né  si  potè  dagli  astanti 
rilevare  alcuna  sensibile  differenza  nella  loro  faccia  in- 


(  294) 
terna ,  mentre  si  osservò  chiaramente  arrossita ,  e  cor- 
rugata in  tutti  ;  come  arrossite  si  rinvennero  esterna- 
mente le  budella  tenui .  In  quel  momento  si  sospettò, 
che  un  tal  colore  fosse  proprio  di  questi  animali  an- 
che nello  stato  naturale  ;  ed  allora  fu  ,  che  presi  un 
altro  coniglio  sano  ,  Io  amma2zaì  ,  ed  avendogli  aper- 
to l'addome  ,  si  trovò  tutto  altro  il  colore  delle  budella 
tenui ,  ne  punto  arrossita  si  vide  la  faccia  interna  dello 
stomaco.  Finalmente  feci  aprire  il  torace  de' tre  coni- 
gli ,  ed  essendosi  posto  il  cuore  di  ciascuno  di  essi  al- 
lo scoverto  ,  si  gettò  sul  medesimo  dell'acqua  di  lau- 
ro-ceraso ,  della  soluzione  del  tartaro  stibiato  ,  ed  an- 
che del  laudano  liquido  :  sostanze  ,  che  accrebbero 
egualmente  ,  ed  allo  stesso  modo  ,  le  oscillazioni  del 
cuore,  senza  aver  potuto  rilevare  qualche  iitarcata  dif- 
ferenza .  Ecco  la  sana ,  ed  unica  ,  a  mio  credere ,  in- 
terpeti  azione  di  questo  sperimento  . 

I  convellimenti ,  che  sotto  l'  azione  dell'  oppio  as- 
salirono il  coniglio  ,  erano  per  gradi  dissimili  da  quei 
prodotti  nell'  altro  dall'  acqua  di  lauro-ceraso  ;  e  sic- 
come nello  stesso  tempo  si  sperimentò  sì  1'  uno  ,  che 
r  altra  ,  così  lo  spettacolo  fu  non  men  grazioso  ,  che 
decisivo  ;  mentre  le  convulsioni  ,  ed  i  singhiozzi  pro- 
cedevano in  entrambi  allo  stesso  modo,  e  non  differi- 
vano che  per  gradi .  Abbeuchè  intanto  tutte  le  sostan- 
ze allorché  esercitano  la  loro  azione  sulla  macchina 
animale  vivente  ,  agiscano  stimolando  ,  pure  ciascuna 
deve  avere  il  suo  modo  particolare,  e  proprio  di  agi- 
re :  e  ciò  ,  com'  è  noto  ,  costituisce  la  differenza  spe- 
cifica   di  uno  stimolante   dall'  altro  .  Ciò  posto  ,    noe 


i 


(^95) 
dee  recar  meraviglia  ,    se  la  soluzione     del  tartaro  sti- 
biato  rese  l'animale  più  singhiozzoso  ,  ed  ansante,  che 
negli  alili  due   ,    giacché  gli  stimolanti  dotati  di  prin- 
cipi alituosi  ,  e  volatili  diffondono  nel  momento  la    lo- 
ro azione    equabilmente    per  tutto  il  sistema   .    Quelli 
poi  ,  che  sono  privi  di  tali  principj  ,  debbono  limitar- 
la nel  ventricolo  ,  e  sue  adjacenze  :  e  tra  questi  appUn"- 
lo  è  posto  il  tartaro  slibiato  ,  il  quale  per  conseguenza 
altro  immediatamente  produrre  non  dovca  ,  che  l'ansia, 
ed    il  singhiozzo  .    È  regolare  inoltre   ,    che  agendo  il 
ventricolo  ,  e  sue  adjacenze  in  più  ,   perchè  ivi  cresce 
r  afflusso  degli  slimolanti  naturali  ,  necessariamente  iu 
tal  disquilibrio  deve    il  restante    della  macchina    agire 
in  meno.  Deve  quindi  abbassarsi  la  temperatura  negli 
estremi  ,    e  verso   le  parti  esterne    del  corpo  ;    si  dee 
Sperimenlare  la  sensazione    di  freddo   ;  e  dee  impove- 
rirsi di  forze  tutto  il  restante  della  costituzione  :  feno- 
meni ,  che  costantemente  ho  osservati  in  tutti  gli  ani- 
mali sottoposti  air  azione   del  tartaro  stibiato  .    Da  ciò 
si  comprt  ide  pure  facilmente  la  ragione  di  quella  pic- 
cola differenza  ,    che  passava    tra  i  convellimenti  pro- 
dotti dall'oppio,  i  quali  erano  sempre  egualmente  in- 
tensi ,    e  quelli  figli  dell'azione  dell'acqua  di  lauro-ce- 
raso ,  i   quali  sì  aumentavano  tutte  le  volte  che  s'intro- 
duceva  la  nuova  dose  .  Tutto  deriva  ,  io  replico  ,  dalla 
specifica  diversità  di  agire  degli  stimolanti .  Se  dunque 
i  tre  conigli  morti  coli' acqua  di  lauro-ceraso ,  coli' op- 
pio, e  colla  soluzione  del  tartaro  stibiato  presentarono 
gli  stessi  fenomeni  ,    eccetto  quella    piccola    diversità  , 
di  cui  si  è  data  la  ragion  sufUcieale  ;    paiu  che  senza 


(  296) 
punto  esitare  possa  conchiudersi  ,  che  tutte  queste  so- 
stanze agiscano  allo  stesso  modo  ,    tutte  siano  cioè  sti- 
molanti . 

II.  In  questo  sperimento  ,  che  fu  senza  dubbio  il 
più  decisivo  ,  posi  in  opposizione  i  due  soliti  contro- 
stimoli  ,  acciocché  tutti  l'ossero  stati  nel  caso  di  osser- 
vare i  di  loro  effetti  .  Feci  apprestare  quindi  ad  uà 
coniglio  ,  per  epicrasi ,  quasi  un'oncia  di  acqna  di  lau- 
ro-ceraso ,  e  come  vidi  ,  eh'  eccetto  quel  solito  torpo- 
re ,  e  la  solita  angoscia,  non  vi  erano  altri  segni  pros- 
simamente miuaccianti  la  vita  ,  mi  arbitrai  a  dargli  un' 
altra  piccola  dose  della  detta  acqua  .  Indi  vedendo 
l'animale  più  ammiserito,  ed  in  modo  intorpidito,  eh' 
«ssendo  stato  posto  sul  suolo ,  ed  urtato  ,  non  saltella- 
va ,  come  naturalmente  fauno  i  conigli  ,  ma  languida- 
mente movea  i  suoi  arti ,  diedi  di  piglio  alla  soluzione 
del  tartaro  stibiato,  che  fu  anche  data  per  epicrasi,  e 
questa  fece  immediatamente  rilevare  una  notabile  mi- 
gliox-ia  ,  mentre  cede  1'  affanno  ,  e  tutti  gli  altri  inco- 
modi ,  e  quell'animale  ,  che  un  momento  prima  noa 
potea  muoversi,  incominciò  a  camminare  con  maggior 
franchezza  ,  e  di  là  a  poco  saltellò  ;  ond'  è  ,  che  non 
solo  non  mori  ,  ma  si  rimise  anzi  iu  istato  buono  di 
salute  ,  non  essendosi  consumata  ,  che  poco  più  di 
mezz'  oncia  della  soluzione  medesima  .  Contemporanea- 
mente poi  ,  ad  un  altro  coniglio  diedi  nello  spazio 
di  circa  tre  ore  ,  collo  stesso  metodo  ,  quasi  un'  oncia 
di  soluzione  di  tartaro  stibiato  .  Come  questo  agisce 
più  sullo  stomaco  ,  che  sul  rimanente  della  costituzio- 
ne    così  divenne  l' animale  subito  angoscioso  ,  ed  an- 


(  297  ) 
sante  ,  ed  incominciò  a  soffrire  de'  chiari  brividi  ,  i 
quali  divennero  ia  seguito  sempre  più  intensi .  In  tale 
slato  volli  apprestargli  ,  in  piccole  dosi  ,  circa  un'  al- 
tra oncia  di  acqua  di  lauro-ceraso  ,  la  quale  produsse 
■un  effetto  sensibilissimo  ,  giacché  l' animale  riprese  il 
suo  perduto  vigore ,  terminò  1'  angoscia  ,  la  respirazio- 
ne si  restituì  nel  pristino  stato  ,  ed  avendolo  posto  sul 
suolo ,  saltellava ,  come  se  non  avesse  mai  sofferta  al- 
cuna malsania .  Questi  due  conigli  talmente  si  riebbe- 
ro ,    che  servirono  al  seguente  sperimento . 

Se  dall'  antecedente  sperimento  si  rileva  ,  che  una 
data  dose  di  acqua  di  lauro-ceraso  fu  suflìcente  a  dar 
la  morte  ad  un  coniglio  ,  ed  un'  altra  della  soluzione 
del  tartaro  stibiato  ne  ammazzò  un  secondo  ,  ne  sie- 
gue  per  conseguenza  ,  che  se  queste  sostanze  fossero 
entrambe  controstimolanti ,  le  due  dosi ,  o  poco  meno, 
unite  insieme  ,  date  ad  un  solo  animale  ,  come  sì  è 
fette  nel  presente  sperimento  ,  avrebbero  dovuto  molto 
più  facilmente  ,  e  con  maggior  sollecitudine  produrre 
lo.  stesso  effetto  ,  cioè  la  morte  .  Ma  non  essendo  ciò 
accaduto  ,  anzi  essfndosi  chiaramente  osservato  ,  che 
r  azione  di  una  sostanza  fu  distrutta  da  quella  dell'  al- 
tra ,  mi  lusingo  di  poter  decisivamente  conchiudere, 
che  l'azione  controstimolante  sia  affatto  chimerica ,  che 
trutte  le  sostanze  agiscono  stimolando  ,  e  che  la  teoria 
di  Brov(rn  lungi  dall'addivenir  vacillante  ,  venga  anzi  a 
ricevere  nuova  fermezza  ,  e  solidità  ,  e  ad  ess,'r  rico- 
nosciuta come  la  più  ragionata  ,  la  più  analoga  alle 
sperienze  ,  ed  ai  fatti  ,  ed  infine  come  la  più  condu- 
cente alla  spiegazione  de'  fenomeni . 

38 


e  ^98) 

III.  Finalmente  gli  ulti  mi  sperimenti ,  che  presen- 
tai al  pubblico,  furono  diretti  ad  osservare  la  vitalità, 
che  resta  negli  animali  morti  si  cogli  stimolanti  ,  che 
coi  controstiniolanti  .  A  quest'oggetto  preparai  una  pic- 
cola Pila  Galvanica ,  o  meglio ,  di  Volta  ,  ed  indi  am- 
mazzai un  coniglio  con  due  valide  dosi  di  laudano  li- 
quido ;  gli  troncai  il  capo  ,  scoprendo  la  midolla  al- 
lungata ,  e  praticai  altresì  una  profonda  incisione  ne' 
muscoli  di  una  delle  cosce  .  Immediatamente  che  l'ani- 
male ,  cosi  preparato  ,  fu  posto  ,  per  mezzo  de' soliti 
conduttori  ,  in  comuuicazione  colla  Pila  ,  si  vide  sor- 
preso da  forti ,  e  generali  convellimenti ,  i  quali  essen- 
do durali  più  minuti  primi  gradatamente  andiedero  a 
mancare  ,  sino  che  si  estinsero  affatto  . 

Lo  stesso  apparecchio  praticai  in  un  altro  coni- 
glio, che  ammazzai  con  due  anche  valide  dosi  di  acqua 
di  lauro-ceraso.  Malgrado  ciò  ,  questo  secondo  animale, 
posto  in  comunicazione  colla  Pila,  manifestò  de'convel- 
limenli ,  pure  V  energia  di  questi  ,  non  men  che  la  lor 
durata  presentarono  un  apparato  di  cose  per  gradi  dis- 
simile dal  primo  ,  giacche  le  scosse  convulsive  furono 
più  deboli  ,  e  minore  ne  fu  la  durata  :  fenomeno  ,  che 
»on  mancai  di  far  marcare  ,  perchè  conferma  sempre 
più  ,  ed  in  ullimo  luogo  ,  la  tante  volte  dimostrata  as- 
surdità della  teoria  controòtimolante  .  A  tutti  infatti  è 
noto  ,  che  ,  secondo  i  di  lei  principi  ,  il  coniglio  mol- 
to coir  oppio  poco  avrebbe  dovuto  convellersi  ,  per- 
chè quasi  distrutta  in  esso  l'eccitabilità 5  e  l'altro,  che 
fu  ammazzato  coli'  acqua  di  lauro-ceraso  ,  avrebbe  do- 
vuto dare  delle  violenti  convulsioni ,  e  di  magg^ior  da- 


(  ^99  ) 
tata ,  non  essendosi  quella  esaurita  .  Ma  rome  il  con- 
trario accadde,  è  forza  decisivamente  conchindere  ,  che 
i  principi  della  nuova  teoria  sono  affatto  ideali  ,  e  chi- 
merici .  Voleva  finalmente  ammazzare  un  altro  coni- 
glio colla  soluziooe  del  tartaro  sllbialo  ,  ed  indi  assog- 
gettarlo all'  azione  della  Pila  ;  ma  non  si  volle  dagli 
astanti  che  si  sagriGcasse  questo  terzo  animale  ,  porche 
i  primi  avean  abbastanza  ,  e  chiaramente  dimostrala 
la  dose  di  vitalità  ,  che  osservasi  dietro  la  morte  di 
essi  proccurata  non  men  cogli  stimolanti ,  che  coi  con- 
troslimolanti  . 

Ecco  in  breve  i  principali ,  e  più  importanti  spe- 
rimenti ,  clie  mi  son  dato  l'onore  di  ripetere  alla  pre- 
senza di  molli,  e  che  sono  pronto  a  replicare  sempre  che 
si  vorrà,  a  fine  di  render  pubblici  i  loro  risultati  ,i  quali 
«essendo  stati  sempre  uniformi  ,  mi  pare  di  aver  abba- 
stanza provato  s'i  a  priori ,  che  a  posteriori ,  cioè  e  col- 
le ragioni  tratte  dalla  Filosofia  medica  ,  e  coi  fatti  ,  la 
nullità  della  teoria  controstimolante  .  Posso  quindi  ben 
volentieri  dar  termine  alla  presente  memoria  ,  anche 
perchè  temo  di  esser  tacciato  di  soverchia  prolissità . 
Ma  prima  di  far  ciò,  vi  fo  in  ultimo  luogo  riflettere, 
Signori  ,  che  degli  esseri  contraddittoriamente  opposti 
debbono  benanche  le  proprietà  esser  contraddittorie  . 
Ciò  imporla  ,  che  se  un  solo  effetto  arriva  il  contro- 
stimolo  a  produrre  ,  eh'  è  ancora  prodotto  dallo  stimo- 
lo ,  non  è  più  degno  di  formare  un  genere  a  parte  di 
sostanze  ,  ma  torna  a  confondersi  colle  altre  .  Or  dagli 
addotti  sperimenti  chiaramente  si  è  rilevata  la  identità 
tra  gli  effetti  degli  stimolanti  ,  e  quei  de' controslimo- 


(  3oo  ) 
lanti  ;  ed  in  particolare  ,  perchè  questi  ultimi  al  pari 
de'  primi  risvegliano  il  senso  ,  ed  il  moto  .  Dunque 
posso  conchiudere  ,  che  gli  stimolanti  non  solo  contrad- 
dittori non  osservinsi  ai  controstimolanti;  ma  che  anzi 
siano  loro  affatto  simili  j  onde  crolla  assolutamente  la 
base  dell'  edificio . 


I 

1 


(3oi  ) 

Dell'Agricoltura  Ercohmese.  Memoria  dal  Socio  Or- 
dinario Gio:  Bjjtista  Gagliardo.  Letta  nelVAdiu- 
nanza  del  di  12  aprile  1810. 


I 


L  Vesuvio  colla  tenibile  eruzione  del  79  dell'era  vol-^ 
gare,  eruzione,  che  come  ognun  sa,  coslò  la  vita  a 
Plinio  ,  seppellì  di  terra  volcanica ,  detta  pozzolana 
bianca,  \a  città  di  Ercolano  ,  e  copri  di  altra  terra  vol- 
canica ,  detta  lapillo  j  le  città  di  Pompei  ,  e  Stabbia  . 
Dopo  queir  epoca memoranda  ,  l'eruzioni  di  questo 
volcano  furono  per  lo  più  di  /avo,  ossia  roccia  volca- 
nica ,  per  lo  che  tutta  la  collina  ,  che  guarda  il  Sud- 
Ovest,  restò  incolta  e  disabitata,  e  non  si  coltivarono 
che  quei  pochi  tratti  di  terreno  ,  che  furono  immum 
da  lai  flagello .  Ciò  fece  che  gli  abitanti  di  Resina  po- 
tessero riedificare  alcune  poche  case  che  formavano  ap- 
pena un  villaggio  ,  al  quale  diedero  il  nome  della  lo- 
ro antica  patria  ,  abbenchè  le  costruissero  sulla  sepolta 
Ercolano  .  Questo  villaggio  quantunque  fessesi  quindi 
ampliato  non  fu  mai  una  gran  cosa  sino  al  i63i  ,  epo- 
ca di  una  seconda  eruzione  di  terra  volcanica ,  delta 
pozzolana  di  fiioco  [a)  la  quale  avendo  coperte  tutte 
le  lave  antecedenti  ,  e  quei  pochi  terreni  ,  che  si  col- 
tivavano ,    diede  occasione    ai  Resinesi  ,    sull'  esempio 


(a)  Questa  pozzolana  è  migliore  di  tutte  le  altre 
per  gli  edijicj  :  ed  adoperandosi  colle  pietre  di  lava 
forma  un  masso  solo. 


(    302     ) 

degli  abitanti  della  Torre  della  Nunziata,  che  sull'an- 
tica Pompei  piantati  avevano  e  viti  e  alberi  da  fratto  , 
di  ridurre  a  coltura  tutta  la  collina  che  loio  apparte- 
neva .  Fecero  lo  stesso  gli  abitanti  della  tante  volte  se- 
polta ,  e  sempre  riedificata  Torre  del  Greco  .  Così  Pve- 
sina  da  piccola  divenne  grande  ,  al  segno  che  ora  ,  uni- 
tamente a  Portici  che  l'è  contiguo,  conta  da  quattor- 
dici in  quindici  mila  abitanti  .  Tanto  gli  uni ,  quanto 
gli  altri  sono  tutti  attivi  ed  industrioòi ,  e  ricavano  la 
la  loro  sussistenza  ben  comoda  da  quel  medesimo  ter- 
reno ,  che  formata  avea  la  i-ovina  e  la  miseria  de'  loro 
antenati  .  Ma  in  qual  inodo  bau  saputo  essi  profittar- 
ne ?  Questo  è  ciò  che  io  mi  son  proposto ,  rispettabi- 
lissimi Signori  e  Colleglli  ,  di  farvi  conoscere.  E  mi 
sono  a  ciò  determinato:  i.  perchè  non  vi  è  stalo  ve- 
runo ,  per  quanto  io  sappia  ,  che  siasene  prima  di  me 
occupato  :  2.  perchè  la  coltivazione  Ercolanese  si  sco- 
sta da  tutte  le  altre  dell'Italia,  e  come  tale  merita  di 
essere  conosciuta:  e  3.  perchè  comprova  ad  evidenza 
quel  che  dai  moderni  fisici,  chimici,  ed  agronomi 
sia  stato  dopo  lauti  travagli  ,  ed  esperienze  dimostra- 
to ,  cioè  che  il  gas  acido  carbonico  sia  il  vero  nutri- 
mento de'vegetaJjili. 

Il  terreno  che  ,  come  dissi  ,  copri  nel  i63t  la 
collina  Ercolanese,  e  che  a  primo  aspetto  rassembra 
un  pò  verìglio  volcanico  frammisto  di  frantumi  minu- 
tissimi di  talco  ,  e  di  vetrificazioni  ,  avendolo  fatto 
analizzare  con  i  dovuti  processi  chimici  ,  ha  mostrato 
esser  un  composto  per  la  terza  parte  di  terra  calcare 
ridotta  a  carbonaio  ,   per  un'altra  terza  parte  di  cene- 


(  3o3  ) 

re  volcanica  ,  e  l'ulliina  terza  parte  per  metà  di  aiu- 
tili na  ,  e  per  metà  di  silice.  Come  tale  non  può  que- 
sto terreno  essere  in  niun  modo  ne  meccanicamente, 
uè  chimicamente  l'ertile.  Voi  ve  ne  convincerete  da 
ciò  che  vi  farò  conoscere ,  «descrivendovi  il  modo  eoa 
cui  si  lavora  e  coltiva. 

Tutta  la  coltivazione  della  collina  Ercolanese  con- 
siste in  vigneti  ,  tra  i  quali  sono  piantate  promiscua- 
mente e  confusamente,  in  modo  che  formano  quasi 
tin  bosco  ,  molte  specie  e  varietà  di  alberi  da  frutto. 
Io  vi  parlerò  prima  de'vigneti  ,  e  del  modo  con  cui 
si  fabbrica  e  conserva  il  vino,  e  poi  vi  favellerò  de- 
gli alberi  da  frutto. 

Quando  si  vuol  colà  piantare  una  vigna ,  o  ri- 
mettere una  vite  che  sia  perita,  convien  fare  delle 
fosse  più  o-  meno  profonde.  Questa  profondità  dipen- 
de dalla  maggior  qtiantita  di  pozzolana  da  fuoco  ,  che 
cuopre  le  antiche  lave ^  o  quelle  terre  che  ne  furono 
coperte  nel  i63i.  Da  ciò  nasce  la  denominazione  di 
terre  da  fuoco ,  e  di  terre  vecchie.  Colla  prima  s'in- 
tendono quelle  che  hanno  le  lava  sottoposta  :  e  colla 
seconda  quelle  che  cuoprono  ,  non  già  la  lava ,  ma 
quei  terreni  che  collivavansi  prima  di  quell'epoca.  I.e 
migliori  per  la  qualità  del  vino  sono  le  terre  da  fuo- 
co,  abbenchè  talune  vadano  soggette  alla  mofela,  del- 
ie quale  parlerò.  E  queste  sono  tanto  più  migliori  , 
se  la  crosta  della  lava ,  che  chiamasi  catracchia ,  sia 
di  color  rossiccio,  e  non  già  di  color  giallognolo ,  det- 
ta/-r/v/^'mr  ,  ed  alla  quale  sia  unito  una  qualità  di 
terreuo  argilloso  di  color  rossastro,    che   dicesi   inani- 


(  3o4  ) 
moso.  Quivi    le    viti    vengono    più   robuste ,    vegetano 
prosperamente ,  danno  maggior    quantità    di    uva ,    da 
cui  si  fabbrica  un  vino  migliore. 

Ma  oltre  di  questa  distinzione  se  ne  conosce 
un'altra  ,  ed  è  di  terre  vergini ^  e  terre  morte  j  la  qua- 
le si  applica  tanto  alle  terre  da  fuoco  quanto  alle 
terre  vecchie^  e  nasce  dall'essere  state  o  no  le  mede- 
sime im 'altra  volta  cavate.  Se  nel  far  la  fossa  i  con- 
tadini si  accorgono  che  il  terreno  fosse  stato  prima 
cavato ,  prendono  cattivo  augurio  della  riescila  delle 
viti ,  e  cercano  di  cavarla  non  già  perpendicolare ,  ma 
inclinata ,  e  per  quel  verso  dove  la  terra  sìa  vergine. 
Infatti  le  terre  morte  essendo  friabili ,  non  solo  soa 
pericolose  nel  farvi  le  fosse  ,  ma  le  viti  che  si  pian- 
tano vengono  stentatamente ,  e  danno  poco  frutto. 

Esistono  oltre  a  ciò  delle  altre  terre  che  non  fu- 
.rono  coperte  nel  i63i  ,  ed  hanno  queste  il  nome  di 
novelle.  Sono  ugualmente  buone  quanto  le  terre  veC" 
■chie  ,  e  segnatamente  per  gli  alberi  da  frutto. 

La  varia  altezza  ,  ossia  profondità  della  terra  vol- 
-canica  fa  si  <;he  talune  fosse  debbono  profondarsi  sino 
a  45  palmi.  La  vite  perchè  prenda ,  e  riesca ,  deve 
colle  sue  radici  toccar  o  la  lava .,  o  la  terra  vecchia 
sottoposta.  E  quando  non  si  hanno  sarmenti  tanti  lun- 
ghi ,  usasi  inettere  nel  fondo  della  fossa  del  letame 
misto  a  paglia  e  foglie  secche  di  alberi  ,  sino  al  pun- 
to ove  arriva  il  sarmento.  Cosi  si  ottiene  che  le  radici 
possano  liberamente  scendere  sino  al  luogo  designato, 
ed  assicurarsi  della  riescila  della  vite. 

Le   uve    più   generalmente    coltivate    per   uso  da 


(  3o5  ) 

fabbricarne  vino  sono  le  nere.   Hanno    queste    gli    ar- 
bitrar] nomi  di  aglianìca  ,  ossia  greca  nera ,  palomhi- 
na ,  porcinola  ,  colagiovanni ,  tintora  ,  olivella  ,  can- 
namela ,  marocco ,  castagnara  ,  ed  altre.  Le  migliori 
sono  Vaglianica  ,  e  la  palombina ,  perchè  più  zucche- 
rose. Le  bianche  si  coltivano  più  per  uso  da  mangia- 
re ,    che    per   fabbricarne    viuo,    e    sono  la  greca  ^  la 
ìuoscadella  ,  la  teresella  ,  la  catalanesca ,  e  \uva  rosa. 
Qualunque  sia  però  la  profondità  delle    fosse  ,    la 
larghezza  non  eccede  i  due  palmi ,  e  la  lunghezza  non 
oltrepassa  i  tre ,  ed  in  ognuna  si  adattano  sei  sarmen- 
ti., tre  per  parte.  Ordinariamente    si  preparano  in  lu- 
glio ed  agosto  ,  ma  talvolta  sì  fanno   anche  in  ottobre 
e  novembre  ,  dopo    terminata    la    vendemmia ,    rh'è  il 
tempo  della  piantatura  delle  viti  ,  che  in  tutti  gli  altri 
luoghi ,  come  ognun  sa ,  si  fa  in  febbrajo  e  marzo.  la 
qualunque  tempo  ,  il  contadino  che  le    cava    deve  la- 
vorar senza  camicia  e  stando  curvo.  Il  ferro  di  cui  si 
serve  è  il  picone ,    che  colà  chiamasi    sciamarro.  Con 
questo  smuove,  giunto  che  sia  al  termine  della  fossa, 
il  terreno  sottoposto  in  modo  che    forma  una  campa- 
na, e  cosi  siegue  salendo  :  cosicché  quella  fossa ,  ch'era 
lunga  tre  palmi  diventa    di    quattro  ,    ch'è   la  distanza 
di    una    vile    dall'altra.   Un    vigneto  si  stima  tanto  più 
migliore ,  ed  ha  perciò  maggior  valuta  ,    se  ogni  fossa 
contenga  le  sei  vili  che  vi  furono  piantate  ;  per  lo  che 
da  taluni  in  vece  di  tre  sarmenti  se  ne  pongono  quat- 
tro ,  dicendo  ,    che  uno  sempre  ne  muore.  Ordinaria- 
mente in  ogni  moggio  di  terreno  si  fanno   cinquecen- 
to fosse,  cosicché  ogni  moggio  dovrebbe  contenere  tre 

39 


(  3o6  ) 
mila  vili  ,  le  quali  tenute  a  tre  a  tre  formerebbero  tre 
mila  piante.  Ma  ciò  è  rarissimo.  Mancandone  una  non 
si   può  rimeltere  propaginandone    un'altra.    Le   propa- 
gini  non  riescono  («). 

La  coltivazione  de'  vigneti  coasiste  nella  potatura, 
nella  rimondatura  ,  nella  sfossatura,  e  nella  spampana- 
tura .  Dico  dei  vigneti,  poiché  il  lavoro  del  terreno 
non  ha  ninna  parte  per  la  vegetazione  delle  vili  ,  e 
serve  soltanto  per  gli  alberi  da  frutto  ,  è  di  altri  pro- 
dotti ,  di  cui  parlerò  .  Le  vili  ricavano  il  loro  nutri- 
mento direttamente  dalla  lava ,  oppur  dalla  terra  vec- 
chia sottoposta  ,  e  lo  attraggono  dall'  aria  per  mezzo 
dei  pampini  . 

La  potatura  comincia  in  dicembre  ,  e  dura  sino 
alla  metà  di  marzo  .  I  più  accorti  però  non  fanno  ol- 
trepassare il  mese  di  gennaro,  poiché  sanno  essere  un 
errore  il  permettere  che  le  vili  lagri alassero ,  come 
avviene  a  coloro  che  pospongono  la  potatura  nel  tem- 
po in  cui  le  piante  sono  in  succo  .  La  potatura  a  pri- 
mavera non  va  fatta  ,  che  alle  viti  piantate  in  terreni 
umidi,  onde  lagrimando  sgombrar  si  potessero  della 
linfa  soverchia  ,  che  contengono .  Questo  lavoro  per 
la  collina  Ercolanese  è  molto  spesoso  ,  perchè  per  ogni 


(a)  //  moggio  è  uno  spazio  di  3o  passi  per  lato, 
ed  in  conseguenza  ha  la  superficie  di  novecento  passi 
quadrati.  Ogni  passo  è  di  sette  palmi  ed  un  terzo.  FI 
moggio  è  perciò  cento  e  dieci  tese  meno  dell'arpent 
di  Parigi. 


(307) 
pianta  che  come  ho  detto  può  contenere  tre  vili  ,  vi 
bisogna  un  palo  tljtto  spalatrone ,  a  cui  va  legala  ;  vi 
bisognano  i  salici  coi  quali  si  lega  ,  e  dei  rami  di 
pioppo,  che  mettonsi  colla  punta  in  giù  alle  cimo  de- 
gli s/xilatroni ,  acciò  le  viti  nel  salire  possano  avere 
varj  punti  di  appoggio  .  I  salici  ,  ed  i  pioppi  si  han- 
no dalla  stessa  montagna  :  gli  spalatroni  si  fan  venire 
da  fuori  .  I  gambali  ,  ossia  i  tronchi  delle  viti  ,  non 
si  fanno  elevare  che  dodici  palmi  al  più  . 

Sembra  strano,  che  in  un  terreno  aridissimo  ,  qual'è 
qnello  della  collina  Ercolanese,  possino  vegetare  i  sa- 
lici ed  i  pioppi  .  Per  i  primi  i  Resinesi  lian  saputo 
profittare  dei  burroni  della  montagna  per  i  quali  cor- 
re l'acqua  piovana,  che  in  molli  luoghi  si  ferma.  Qui 
i  salici  perchè  in  luogo  umido,  e  perchè  protetti  nella 
stale  dal  violente  ardor  del  sole  ,  vengono  bellissimi  . 
Per  i  pioppi  riesce  difficile  la  loro  prima  educazione, 
e  ne  periscono  molti  ,  ma  allevali  che  sieno  reggono 
airasciullore  ed  alla  siccità  .  Ogni  podere  ne  ha  quel 
numero  che  bisogna  (a) . 


(a)  Nel  burrone  dello  il  Fosso  Grande  ,  che  per 
la  maggior  parie  appartiene  al  Dottor  sig.  Giovanni 
tozzolino  mio  amico,  ho  'visto  de' salici  piantati  a  ta- 
lee neir  anno  1 808 ,  che  avevano  chi  cinque ,  e  chi  sei 
germogli  .  Ho  visto  altresì  i  fichi  ,  i  gelsi  mori,  ed  i 
noci ,  che  avevan  dato  il  frutto  al  secondo  anno  .  I 
peschi  lo  avevan  dato  al  primo  .  Egli  mi  assicurò  sa- 
persi in  Resina  per  tradizione  che  lo  stesso  era  avve- 


(  3o8  ) 

Potate  le  vili  e  legate  agli  spalatronì ,  succede  il 
lavoro  della  rimondatura,  detto  colà  scapezzatura ^  che 
si  fa  in  maggio  ,  e  giugno .  Cora  questo  non  solo  si  tol- 
gono dalle  piante  tutti  i  pampinarj  ,  i  saeppoli  ,  e  le 
femminelle,  cioè  i  sarmenti  inutili  e  soverchi,  e  la- 
sciansi  i  fruttiferi  ,  ma  attaccansi  i  sarmenti  di  una 
pianta  coli' altra:  cosiccliè  tutti  i  filari  delle  viti  ven- 
gono a  formare  tanti  festoni  ,  che  in  autunno  quando 
son  carichi  di  uva  fanno  il  più  beli'  effetto  . 

La  sfossatura  si  fa  in  luglio  ed  agosto  .  Questo  la- 
voro consiste  nello  scalzare  tutte  le  piante  delle  vili 
sino  alla  profondità  di  un  palmo,  e  serve  per  due  og- 
getti. Il  I.  è  quello  di  togliere  tutte  le  radici  superio- 
ri ,    le  quali    se  soa    di  danno    alle  viti   di  qualunque 


nato  nelle  piantagioni  dopo  il  i63i.  Ciò  è  ben  natu- 
rale, poiché  le  pianticelle  trovano  ora  nel  burrone  del 
Fojso  Grande  ,  come  lo  trovarono  quelle  del  i63i  j 
abbondanza  di  gas  acido  carbonico  ,  primo  e  princi- 
pal  nutrimento  de'  vegetabili.  Questo  burrone  era  pri- 
ma coltivato,  ma  fii  poi  coperto  dalla  lava  del  1767^ 
che  fece  tremar  Napoli ,  per  lo  che  fu  eretta  sul  pon- 
te della  Maddalena  la  statua  di  S.  Gennaro  .  Il  Sig. 
Cozzolino  non  risparmiando  ne  spese  ,  né  cure  ,  pro- 
fittando delle  acque  che  scendono  dalla  montagna  , 
q:  andò  piove ,  ha  fatto  costruire  da  luogo  in  luogo 
de'  ciglioni  ,  i  quali  trattengono  la  terra ,  che  l  acqua 
trasporta  .  In  tal  modo  sta  rendendo  fertile  un  luogo 
sterilissimo . 


(  309  ) 
specie,. e  in  qualunque  altro  terreno  coltivale,   molto 
più  Io  debbono  essere  per  le  viti  dell'aridissima  colli- 
na Vesuviana ,    le  quali  ricavando     il  loro   nutrimento 
dalla  lava  ^  o  dalla  terra  vecchia  sottoposta,    obligano 
l'agricoltore  a  non  trascurare  in  niun   modo  una  pra- 
tica COSI  necessaria.  Il  2.  è  quello  di  preparare  le  fonti 
da  ricevere    le  piogge ,    che    cosi  ritenute  portano    un 
alimento  al  basso  delle  fosse  .  Queste  fosse  ,  o  fonti ,  si 
riempiono  ,  e  si  appianano  in  marzo  . 

Nei  molti  discorsi  agronomici  che  io  ho  tenuto 
con  varj  proprietarj  di  Resina, ho  loro  dimostrato  che 
era  un  errore  il  far  le  fonti  in  luglio  ed  agosto ,  e  riem- 
pirle in  marzo .  Il  vero  tempo  da  far  le  fonti  è  l'otto- 
bre .  Cos'i  non  v'  è  pericolo  che  il  troppo  ardor  del 
sole  bruci  le  piante ,  come  spesso  avviene  colà  .  Ed  il 
tempo  da  cuoprirle  ed  appianarle  è  il  maggio  . 

L'ultimo  lavoro  è  la  spampanatura  :  lavoro  neces- 
sario, perchè  col  medesimo  si  espongono  lutti  i  grap- 
poli a  ricevere  lo  stimolo  della  luce  .  Io  vi  ricordo  ,  o 
Signori ,  the  Dante  cantò  . 

Egli  è  il  calor  del  sol  che  si  fa  vino 

GiiHito  all'  umor  che  dalla  vite  cola  . 

E  che  Galilei  diceva  che  l'uva  ,  ed  il  vino  altro 
non  essere  che  la  luce  del  sole  mescolata  con  l'umido 
della  vite. 

Questi  sono  gli  annuali  lavori  che  i  Resinesi  fan- 
no ai  loro  vigneti  .  Ma  perchè  non  li  zappano  ?  Per 
la  ragione  che  ho  di  già  accennata  ,  che  le  vili  traggo- 
no il  loro  nutrimento  dal  profondo  dei  terreni  ,  vale 
4  dire  dal  gas  acido  carbonico ,  che  le  la^e ,  e  le  ter^ 


C3ro) 
re  vecchie  continuamente  esalano .  E  quando  questo 
gas  è  troppo  abbondante, come  succede  tiopo  le  grandi 
eruzioni  del  volcauo ,  tulli  quei  poderi  di  terre  da  fuo~ 
co  ,  che  hanno  la  lava  sottoposta  non  già  intiera  ,  ma 
a  pezzi  staccati  ,  soffrono  a  segno  che  tutte  le  vili  pe- 
riscono .  Onesta  è  la  mofeta ,  la  quale  apporta  un  dan- 
no non  indifferente  in  ogni  eruzione;  danno  per  altro 
che  vien  poi  ben  compensato  ,  poiché  ripiantandosi  le 
viti  ,  vengono  queste  assai  più  presto  ,  riescono  quasi 
tutte  ,  vegetano  con  molta  celerità  ,  e  danno  fin  dai 
primi  anni   un  prodotto  abbondaulissirao. 

Le  zappature;  che  si  fanno  son  due  ,  ma  non  ser- 
vono per  le  viti.  La  prima  si  fa  in  marzo  all'oggetto 
di  sarchiare  le  fave  ed  i  piselli  che  ftuon  piantali  in 
settembre  ;  per  seminare  i  fagiuoli  ,  e  per  seppellire  i 
lupini  e  le  vecce  seminate  espressamente  in  autunno 
per  farne  soverscio  •  Le  fave  ,  i  piselli ,  ed  i  fagiuoli 
non  si  seccano  ,  ma  vendonsi  a  legumi  .  La  seconda 
poi  si  fa  in  eslate  ,  e  serve  per  preparar  la  terra  a  ri- 
cevere in  settembre  la  semina  delle  fave  ,  de'  piselli , 
de'  lupini  ,  e  delle  vecce  .  Queste  due  zappature  non 
si  profondano  più  dimezzo  palmo,  e  meglio  direbbon- 
sì  sarchiature.  Taluni  arano,  ed  altri  seminano  anche 
il  frumento  ,  ma  raccolgono  ineno  uva  ,  e  frulli  ,  e 
perciò  quasi  tutti  zappano  .  Infatti  come  si  possono  ben 
arare  quei  poderi  che  son  boschi  senza  rompere  ,  e 
spezzare  le  vili  e  gli  alberi  ?  Come  possono  portar  frutti 
quelle  viti,  e  particolarmente  le  più  basse,  se  restano 
avvolte  nel  miglior  periodo  di  lor  vegetazione  ,  qual'è 
quello  della  fioritura  ,  e  dell'allegalura  dalle  piante  del 
frumento  ? 


(3,1) 

Oltre  del  soverscio  fanno  uso  ancora  del  letame 
che  non  ispandono  sa  tutto  il  terreno  ,  ina  lo  pongo- 
no in  quei  fossetti  ,  entro  cui  seminar  debbono  le  ci- 
•vaje  ,  cioè  le  fave ,  i  piselli  ,  ed  i  fagiuoli .  Somma  cu- 
ra hanno  perciò  del  letame,  che  si  procurano  in  qua- 
lunque modo  ,  e  che  conservano  nei  letnmai  . 

Ma  più  di  ogni  altro  ingrasso  giova  colà  la  cene- 
re che  il  Vesuvio  erutta  quando  è  in  collera  .  Questa 
cenere  è  un  ingrasso  preziosissimo  ,  perchè  abbonda 
di  gas  acido  carbonico  .  E  vero  che  nel  cadere  brucia 
i  germogli  delle  viti,  e  degli  altri  alberi,  ma  compen- 
sa quindi  dopo  due  anni  in  un  modo  generosissimo  . 
La  sorprendente  raccolta  del  1808  fu  dovuta  alla  ce- 
nere che  il  Vesuvio^  eruttò  nel  1806  .  Ella  è  costante 
osservazione  ,  che  la  cenere  n&n  giova  se  non  se  dopo 
il  secondo  anno  della  sua  caduta. 

Dal  detto  fin  qui  ognun;  vede  quanta  la  coltiva- 
zione Ercolanese  sia  diversa  dalle  altre  di  tutta  l'Ita- 
lia ,  e  quali  sieno  le  ragioni  che  abbiano  obbligati  i 
Resìnesi  a  praticarla.  E  si  deve  confessare  d'essere 
stata  una  conseguenza  di  lunghe ,  penose  ,  e  reiterate 
sperienze.  Tra  queste  merita  che  ne  sia  conosciuta  una, 
ch'è  importantissima,  relativamente  all'innesto. 

Allora  quando  vogliasi  colà  innestare  ima  vite , 
usasi  l'innesto  a  spacco  ,  e  perchè  l'innesto  riesca  ,  si 
deve  scalzar  la  vite  sino  a  tre  palmi  se  la  medesima 
è  piantata  in  terra  da  fuoco.  Quando  1  innesto  sia  riu- 
scito fa  mestieri  coricar  la  vite  ,  onde  il  luogo  doH'in- 
neslo  resti  sempre  sotterra.  Lo  slesso  sotterramento  si 
deve  fare  colle  vili  iuuestate  apparleaeuli  a  terra  vec- 


(3i.  ) 
chia ,  ma  per  queste  si  può  praticar  l'innesto  a  fjoi' 
di  terra.  Onde  ciò?  Essi  l'ignorano:  ed  io  non  sapi-ei 
Fenderne  ragione.  Taluno  crede  che  ciò  derivi  perchè 
Belle  piante  delle  prime  le  radici  van  profonde  sino  a 
toccar  la  lai>a  ove  trovano  il  loro  nutrimento  ,  quando 
he  le  seconde  lo  ricavano  anche  dalla  terra  superioi-e. 
Se  ciò  fosse  vero  sarehbe  inutile  nel  piantar  le  vili  ia 
terre  vecchie  far  le  fosse  così  profonde  sino  a  toccar 
la  terra  che  prima  del  i63i  era  scoperta.  Oh  quante 
cose  vi  sono  su  cui  non  si  può  render  ragione  !  Perciò 
conviene  rispettar  gli  usi  ,  e  non  declamare  accusando 
di  pregiudicati  coloro  che  convinti  da  una  lunga  serie 
di  topici  esperimenti ,  sono  obbligati  a  talune  pratiche, 
ehe  sembrano  discostarsi  dalle  regole  ordinarie  che  la 
scienza  precrive.  Io  ssn  d'opinione  che  l'agricoltura 
nostra  non  abbia  fatto  verun  progresso  ,  non  solo  per- 
chè i  contadini  seguono  tenacemente  le  pratiche  dei 
loro  antenati ,  che  per  lo  più  son  fallaci  ;  ma  piìi , 
perchè  coloro  che  han  <;ercato  migliorarla  non  haa 
prima  ben  esaminate  le  diverse  circostanze  dipendenti 
dal  clima ,  dall'esposizione  ,  e  dalla  natura  de'terreni  , 
e  non  han  riflettuto  che  la  cattiva  riuscita  dell'inno- 
Tazione  confermar  doveva  i  pregiudizj  . 

Cosi  coltivato  un  vigneto  ,  egli  è  vago  ,  come  dissi, 
il  vederlo  carico  di  uve  .  L'  ottobre  è  1'  epoca  della 
vendemmia  .  Ordinariamente  non  si  comincia  a  ven^ 
demmiare  se  non  dopo  la  metà  del  mese  .  Colà  non 
vi  è  pericolo  che  arrivino  le  brinate  ,  e  che  1'  uva  si 
guasti.  Ed  è  questa  la  ragione  per  cui  i  Resinosi  pian*- 
teuio  indistintamente  ^  e  promiscuamente  ogni  sorla  di 


(  3.3  ) 
vitigni ,  che,  come  ognun  sa,  deb/jonsi  piantare  separa- 
tamente non  maturando  ciascun  vitigno  alla  medesima 
epoca  le  sue  uve .  Tutte  le  uve  sono  allora  malurissi- 
me .  Io  ho  col  gleuco-enometro  alla  mano  misurato  il 
grado  di  zuccaro  che  contenevano  i  varj  mosti  di  quasi 
tutti  i  poderi  di  Resina  ,  di  Portici  ,  e  della  Torre  del 
Greco  ,  e  tutti  m' indicarono  il  grado  28  al  29  e  ta- 
luni anche  il  3o. 

Con  questi  gradi  di  zuccaro  non  si  deve  attende- 
re che  un  vino  eccellente  .  Tal'  è  in  fatti  la  lacrima  , 
clie  io  piuttosto  denominerei  Ercolano  ,  la  quale  in 
Oltramonli  ha  un  prezzo  maggiore  di  qualunque  altro 
vino  del  Continente  ,  eccetto  il  tokai  .  Ma  qui  da  noi 
questo  viiK),  che  veramente  ristora  e  conforta  quando 
sia  bevuto  moderatamente  ,  ha  lo  stesso  prezzo  degli 
altri  vini  del  Regno  .  E  per  disgrazia  non  si  ha  puro, 
perchè  serve  ai  mercanti  di  vino  per  accomodare  gli 
altri  vini  d'inferior  qualità  .  Ciò  produce  che  i  Resi- 
nasi niuna  cura  prendono  nella  scelta  delle  uve  ,  e  ba- 
dano più  alla  quantità  che  alla  qualità  del  prodotto; 
e  perciò  in  vece  di  moltiplicar  V agìiunica  ,  piantano 
ed  innestano  idi  porcinola  ^  come  quella  cha  dà  più  uva 
delle  altre  .  Da  ciò  dipende  ancora  ,  che  son  ben  po- 
chi quei  poderi  che  abbiano  palmento  ,  o  tinaja  ,  e 
pochissimi  i  proprietarj  che  abbiano  cantine  .  La  fer- 
mentazione si  pratica  all'  aria  aperta  ,  in  tini  mal  fatti, 
né  chiusi  .  Difficilmente  passa  il  mese  di  novembre 
senza  che  i  vini  non  sien  venduti  .  La  fermentazione 
non  oltrepassa  giammai  il  terzo  giorno  ,  ed  in  ogni 
a4  ore  la  grassa  s'  immerge  nel  mosto ,  poiché  si  teme 

40 


(3.4) 
che  il  viuo  possa  inacidire  .  Così  il  vino  resta  di  gusto 
dolce  5  ed  è  questo  il  sapore  che  si  ricerca  dai  mer- 
canli  ,  i  quali  talvolta  fanno  espressamente  fabbricare 
un  vino  dolcissimo  detto  lambiccato  ,  la  cui  fabbrica- 
zione consiste  di  non  far  fermentare  il  mosto  al  di  là 
delle  ore  i!\  ,  e  di  passarlo  quindi  per  la  manica  d'Ip- 
pocrate . 

Cosa  sarebbero  i  vini  Ercolanesi  se  si  fabbricasse- 
ro colle  regole  che  la  scienza  prescrive  .  Qual  durata 
non  avrebbero  se  si  riponessero  in  botti  ben  costruite, 
e  si  serbassero  in  buone  e  convenienti  cantine  ?  Voglio 
sperare  che  suU'  esempio  del  Signor  Pasquale  Cozzoli- 
no  che  ne  ha  fabbricate  alquante  botti  colle  regole  che 
gli  ho  additate,  potessero  gli  altri  imitarlo,  e  cosi  mi- 
gliorarsi quei  vini  naturalmente  eccellenti  .1 

L  vero  che  molti  forestieri  non  han  mancato  di 
trar  partito  dalle  uve  Ercolanesi  per  fabbricare  degli 
eccellenti  vini  :  ma  non  han  recato  verun  bene  al  paese; 
poiché  ne  han  fatto  un  mistero  ,  ed  hanno  aggiunto  ai 
loro  vini  delle  materie  estranee  ,  onde  farli  credere 
vini  di  Ollramonti  .  Ella  è  questa  un  impostura  . 

Per  ottenere  ,  Signori  Colleghi  ,  che  non  solo  i 
vini  ,  ma  tutti  gli  altri  prodotti  del  nostro  Reg^no  sì 
migliorassero  ,  non  bisogna  far  altro  che  istruire  i  pro- 
prietarj  ,  istruirli  senza  ciarlataneria,  ed  incoraggiarli. 
Ma  ciò  spetta  a  voi  .  Pensateci  !  Io  intanto  passerò  a 
parlare  di  quegli  alberi  ,  ì  quali  nell'  atto  che  fauno 
coi  loro  fruiti  la  delizia  delle  nostre  mense  ,  formano 
colà  un  secondo  ramo  di  lucroso  commercio  .  Ma  non 
essendovi  clù  non  dia  tra  noi  la  preferenza    ai  mede- 


r3.3  ) 

simi  ,  conosciuti  sotto  il  nome  di  frutti  dì  Somma  , 
tralascerò  di  parlarne  parli tamente  ,  e  mi  fermerò  per 
un  momento  ,  onde  non  abusare  della  vostra  compia- 
cenza ,  a  favellarvi  degli  ulivi  ,  come  quelli  dai  quali 
potrebbero  i  Resinesi  ritrarne  un  prodotto  ricchissimo. 
Ben  pochi  sono  ora  gli  ulivi  coltivati  sulla  collina 
Ercolanese  ,  e  non  appartengono  che  alla  specie  di 
quelli  che  danno  frutti  da  mangiarsi  o  in  concia  ,  det- 
ta del  capitello  ,  o  salati  .  Tali  sono  le  cosi  dette  olive 
di  Spagna  ,  ò  le  pasole  che  colà  chiamansi  rotondelle. 
Ognun  sa  che  queste  due  qualità  di  olive  non  danno 
che  poco  olio,  e  quel  poco  che  danno  abbonda  di  ina- 
cilagine  . 

Persuaso  che  l'olio  di  Ercolano  superar  dovesse 
tutti  gli  altri  olj  del  Regno,  e  che  potesse  stare  a  fron- 
te a  quelli  di  Provenza  ,  io  mi  disperava  per  non  po- 
ter avere  altra  qualità  di  olive  :  ma  la  fortuna  mi  fu 
amica  .  Essendomi  un  giorno  f.;rmato  avanti  al  cancel- 
lo del  Real  Boschetto  di  Portici  ,  m'  incontrai  eh;  si 
vendevano  all'  incanto  delle  olive  di  alcuni  pochi  al- 
beri sparsi  nel  medesimo;  ed  avendo  domandato  a  qua- 
le sj)ecie  appartenessero  ,  mi  fu  risposto  che  non  va- 
levano ,  perchè  non  erano  né  le  spagnole  ,  né  le  ro- 
tondelle .  Ciò  in'  invogliò  di  andarle  a  vedere  ,  e  tro- 
vai che  appartenevano  alle  specie  delle  cosi  dette  cel~ 
line  ^  ed  ol'arole ,  le  migliori  per  cavarne  olio  .  Alle- 
gro ])er  questa  scoperta  ,  tornai  colà  dove  si  procede- 
va alla  vendila  ,  ed  avendo  messo  un  prezzo  superiore 
alla  loro  vera  valuta  ,  fui   preferito  nella   compra  . 

Tulle  le  olive  furono  sei  tomoli  ,  colà  detti  \>arri, 


dalle  quali  ho  cavato  un'olio,  che  quantunque  fabbri- 
calo senz'arte  ed  in  uno  di  quei  trappoli  ordinar]  ,  pur 
tulavia  egli  è  eccellente.  Eccone  il  saggio  che  ho  l'ono- 
re di  presentarvi . 

Qual  altro  ramo  di  speciosa  ricchezza  ,  oltre  quella 
del  vino  ,  e  de'  frutti  non  potrebbero  riirarre  i  pro- 
prielaij  Ercolanesi  ,  se  innestassero  a  cellinì  i  loro  uli- 
vi ,  e  se  in  vece  di  sorbi  ,  nespoli  ,  e  carubbi,  piantas- 
sero, e  moliiplicassero  gli  ulivi!  E  se  questi  moltipli- 
cali ,  introducessero  per  1'  estrazione  dell'olio  il  frattojo 
de'  loro  antenati  ,  che  fortunatamente  fu  nello  scorso 
secolo  rinvenuto  negli  scavi  di  Stabbia  ,  con  cui  si  ha 
il  comodo  d'  infrangere  le  olive  senza  rompere  il  nu- 
cleo ,  per  lo  che  all'  olio  non  si  unisce  quell'acqua 
mucilaginosa  che  il  nucleo  rinchiude! 

Sarebbe  anche  ciò,  rispettabilissimi  Signori  e  Col- 
leghi ,  un  altro  oggello  da  meritare  i  vostri  savj  ,  e  fi- 
lantropici liflessi. 


(3.7) 
Della  macchina  per   le  unzioni  mercuriali  .    Memoria 
del  Socio    Ordinario  Pi  et  no  Ruggiero.  Letta  neU 
Adunanza  del  di  11  maggio  }8io.  (a). 

i  k^E  vi  è  un  metodo  curativo,  per  la  di  cui  inven- 
zione può  anilar superba  ,  e  piena  di  se  medesima  l'arie 
salutare  ,  dtsso  è,  a  parer  mio  ,  l'applicazione  del  mer- 
cuiio  conilo  del  proteo  morbo  ,  la  silillide.  In  tutti  gli 
siali  dt'ir  iulei  nio  ,  in  tutte  le  apparenze  del  male  ,  in 
qualunque  stagione,  ed  in  qualsivoglia  temperamento, 
r  applicazione  del  mercuri»,  eccetto  pochi  casi  ,  debel- 
la sempre  con  sicurezza  la  malattia. 

2.  Toslochè  un  morbo  cotanto  distruttivo  del  ge- 
nere umano  nella  fine  dt;l  decimo  quinto  secolo  tra- 
smigrò  ,  probabilmente  ,    dall' Africa  nell'Europa  (Z»), 


(a)  Questa  memoria  fu  letta  nel  mese  di  novem- 
Vhe  1 8og  .  //  Reale  Istituto  avendo  incaricato  i  socj 
signori  Antonio  Sementini  ,  e  Bruno  Amantea  ,  onde 
avessero  in  unione  dell'  autore  posta  in  pratica  la  7io~ 
velia  macchina  nelf  Ospedale  degV  Incurahili  ,  dietro 
il  rapporto  de'  medesimi  fu  la  memoria  approvata  nel 
mese  di  maggio  ,  una  colie  aggiunzioni  fattevi  dal  si- 
gnore Arnaiid  macchinista  ,  come  si  rili'va  dull.i  se- 
conda tavola  di  cui  si  avrìi  in  Jine  la  descrizione .  No- 
ta   del   Compilatore. 

(1>)  Per  lungo  tempo  si  è  creduto  che  la  sifdlide 
sia  pervenuta  in  Europa    dall'  America  .     Oggi    però 


(3.8) 
i  medici  ,   forse    senza    lunga  fatica  ,    gli    opposero  la 
grande  medicina ,  il  merciuio .    Mi    sembra    che    dob- 
biamo onninamente  confessare    che    ne'  grandi    bisogni 
dell'  uomo    la    provvida  natura    gli  offre  subito  le    gi- 
gantesche risorse.  Si  conosceva  in  Europa,  anche   pri- 
ma dell'  epoca  del  male  venereo  ,    che  le  ulcere   cuta- 
nee ,  e  le  erpeti  in  g:>nera]e  curavausi  mollo  bene  eoa 
questa  medicina  .  Ma  perchè  la  lue  nel  primo  suo  na- 
scere offendeva  con  pustule  ,    e    piaghe    depascenti    la 
cute  degli  Europei,  più  spesso  di  quel  che  oggi  osser- 
viamo, perciò  i  medici  guidali  dall' analogia  ,  e  perchè 
alloi'a  la  siliilide  si  credè  morbo  spontaneo  ,  ricorsero 
all'uso  del  mercurio  ,  e  con  grande  vantaggio  degl'ia- 
fenni  ['jj . 


con  molte  ragioni  vien  dimostrato  ,  chi  nel  viaggio 
eli  Colombo  già  la  Ine  era  comparsa  in  Europa  ,  e 
che  gli  Americani  per  allora  non  la  conoscevano.  Tra 
tanti  sentimenti ,  che  cercano  ileterminare  dónde  ftt 
lue  ci  è  pervenuta  ,  prevale  quello  che  sostiene  averla 
noi  ricevuta  dall'  Africa .  Fabre  Traité  des  malaties 
veneriennes. 

fa)  /  Greci  furono  i  primi  ,  per  quanto  io  sappia, 
che  cominciarono  ad  adoperare  il  jneniirio  come  me- 
dicamento ,  anche  prima  della  conoscii.ta  si/ìllide  ^  ma 
perchè  non  ne  conobbero  il  vero  metodo  di  adopt^rarlo 
furono  avviliti  dalla  grande  salivazione ,  che  produce- 
va agi  infermi  ,  e  V  abbandonarono  .  Quindi  gli  Ara- 
bi ,  che  neppure  avvertirono  essere  difettoso  il  metodo 


(3.9) 
3.  Dippiù  siccome  in  que'  tempi  ,  ed  ad  un'epo- 
ca ancora  non  molla  limola  da  noi  ,  si  credè  ,  che 
ogni  male  dovesse  terminare  con  critiche  evacuazioni , 
e  che  la  crise  più  propria  della  lue  fosse  la  salivazio- 
ne ,  ed  i  sudori,  cosi  li  medici  animarono  la  cura 
mercuriale  con  chiudere  gì' infermi  quasi  ermeticamen- 
te in  una  stanza  .  Colà  ,  a  noruìa  del  Tempio  di  Ve- 
sta ,  ardeva  in  tulle  le  ore  una  grande  quantità  di 
fuoco  ,  ahbeveravansi  spesso  gì'  infermi  con  decozioni 
sudorifere,  si  tuffavano  quolidianatnente  ne'bagni  caldi, 
o  per  Io  meno  si  adoperavano  stufe  di  vapori.  In  tal 
modo  la  medicina  ,  e  gli  accessorj  ,  agivano  del  pari  , 
perchè  mentre  quella  distruggeva  il  morbo  ,  questi 
ammazzavano  l'  ammalato .  Che  se  qualcuno  meravi- 
gliosamente sapeva  resistere  alla  cura  senza  terminare 
la  vita,  ne  usciva  semimorto,  e  difformato  ,  avvilito 
di  forze  ,  colla  pinguedine  consunta  ,  sdentato  ,  con 
gingive  e  palato  carico  di  ulcere  ,  1' alito  puzzolente  ,  la 
testa  svanita  ec.  ;    onde    per  riprendere    1'  aulico   stato 


(li  amministrarlo  ,  pensarono  ,  che  fosse  venpjica  V  in- 
dole del  medicamento ,  ma  volendone  ripigliare  l'uso, 
proccnrarono  corriggerne  la  malignità  ,  mischiandolo 
con  diverse  droghe.  E  celebre  l' unguento  Saraceno 
composto  di  una  nona  parie  di  mercurio  ,  ed  otto 
none  parti  di  semi  di  stafisagria  .  Ma  siccome  il  di- 
fetto ,  ch'era  il  metodo  ,  non  venne  neppure  allontanato  , 
perdi)  anche  nelle  loro  mani  seguitò  il  mercurio  a 
produrre  varj  sconcerti. 


(  320  ) 
di  salute  ,  gli  costava  j)iù  di  fatica  ,  clie  per  curarsi 
dal  male  .  I  tiìedici  per  altro  non  sopportavano  con 
indifferenza  questa  carneficina  degl'  infermi  ;  ed  alla  fi- 
ne colle  continue  riflessioni ,  e  colle  replicate  sperien- 
ze  conobbero  ,  die  lutto  il  danno  era  vera  conseguen- 
za del  metodo  mal'  inteso  ,  con  cui  la  medicina  veniva 
semini nistrata  .  Eglino  adunque  s'  impegnarono  e  riu- 
scirono a  coniggerne  l'errore 5  ed  oggi  possiamo  fran- 
camente asserire  co'  fatti  alla  mano  ,  che  il  gran  me- 
dicamento adoperato  per  frizioni  liesce  sempre  vantag- 
gioso anche  alle  gravide  ,  a'  bambini  ,  a'  vecchi  ,  ce.  , 
purché  si  colpisca  la  vera  occasione ,  e  si  adoperi  col 
Hietodo  ultimamente  riformato. 

4.  Con  tutto  ciò  mi  credo  pieno  di  ragione  ad  as- 
serire ,  che  le  frizioni  mercuriali  eseguite  col  metodo 
edieriìo  ,  ch'è  il  piti  perfetto,  si  rendono  micidiali  per 
alcuni  uomini  ,  e  diflicili  ad  eseguirsi  per  alcuni  altri. 
A  tale  oggetto  mi  sono  determinato  ,  eruditissimi  si- 
gnori Colleghi ,  di  proporre  qualche  mezzo  come  ripa- 
rare codesti  inconvenienti   particolari. 

5.  A  tutti  è  noto  ,  che  la  cura  di  mercurio  ri- 
chiede due  necessarie  coudizioni  ,  che  possono  dirsi 
esterne  :  la  prima  consiste  nell'  unguento  ben  prepara- 
to ,  il  che  è  facile  ad  ottenersi  :  la  seconda  nelle  fri- 
zioni eseguite  da  esperti  pratici  ,  de'  quali  in  Napoli 
ne  abbiamo  degli  ottimi  .  Questi  manovrieri  per  tanto, 
affin  d' impedire  ,  che  il  mercurio  penetri  nella  di  lo- 
ro macchina  (  giacche  riesce  sempre  dannoso  a  qua- 
lunque individuo  ,  allorché  s'  introduce  nel  suo  corpo 
in  grande  quantità  e  senza  bisogtio  )  adoperano  molte 


e  32t  ) 
diligenze,  che  a  lulli  sono  note.  Ma  ciò  non  ostan- 
te, gli  unziouaij  appena  hanno  conlinualo  il  di  loro 
meslioro  per  lina  decina  di  anni  ,  clie  o  muojono  con 
sfrenata  eniollise  ,  o  si  debilitano  in  modo  ,  che  diven- 
gono Iremoli  sopratulto  nelle  braccia  e  nel  collo;  onde 
restano  inabilitati  per  qnesla  o  per  ogni  altra  fatica  . 
Costoro  adunque  ,  dopo  il  corso  di  alcuni  anni  ,  o 
perdono  la  vita  naturale,  o  rendendosi  inutili  per  lo- 
ro stessi ,  e  per  gli  altri  ,  perdono  la  vita  civile  ;  e 
possiamo  considerarli  come  i  condannati  allo  scavo  delle 
miniere.  Io  per  altro  non  so  quanto  sia  permesfO 
nella  Società  di  mettere  a  ripentaglio  la  vita  di  alcuni,- 
per  rendere  salva  quella  di  altri  .  Mi  costa  solo  ,  che 
la  vita  degli  uomini  è  egualmente  eslimabile  fino  al 
più  infelice  della  terra,  e  che  i  medici  debbono  af- 
faticarsi non  solo  per  restituire  la  salute  agi'  infermi  , 
ma  molto  più  per  conservare  quella  degli  uomini , 
che  non  ancora  l'hanno  perduta. 

G.  In  secondo  luogo  dissi  ,  che  le  frizioni  mercu- 
riali si  rendono  di  difficile  esecuzione  per  un  gran- 
de numero  di  persone  .  La  prima  difhcoltà  consi- 
ste nel  dispendio  ,  che  ascende  per  lo  meno  ad  una 
trentina  di  ducali  ,  non  tanto  per  il  valore  dell'  un- 
guento ,  quanto  per  il  compenso,  che  si  dee  agli  unzio- 
narj  ,  i  quali  non  sono  mai  a  sufiicienza  rimunerati  , 
perchè  logorano  la  propria  salute  . 

-].  La  seconda  difficoltà  poi  è  quella,  che  rende 
assolutamente  ineseguibile  la  cura  delle  frizioni  5  e  que- 
sta consiste  nel  trovarsi  spesse  volte  bisognose  della 
gran  medicina  le  zitelle  di  famiglie  onorate ,    le  donne 

41 


(   323    ) 

ligate  in  matrimonio ,  1  figli  di  padri  severi ,  1  sacer- 
doti ,  ed  altri  personaggi  di  riguardo  ,  che  tengono  mol- 
to a  cura  la  propria  stima,  e  quella  de' loro  congiunti - 
L'ordinaria  cura  delle  frizioni  non  può  mai  mettersi 
in  opera  senza  farsi  nota  all'  unzionario  ,  a'  congiunti , 
ed  a' famigliari .  Posto  ciò,  molti  di  tal' infermi  per 
non  denigrare  il  di  loro  buon  nome ,  si  contentano 
sagrificare  la  propria  salute  ,  e  qualche  volta  benan- 
che la  vita  . 

8.  Tutte  queste  riflessioni ,  che  non  sono  sicura- 
mente nuove,  da  lungo  tempo  hanno  toccato  nel  vivo 
il  cuore  de'  medici ,  per  cui  molti  di  essi  ,  ed  io  an- 
cora, abbiamo  spesso  consigliato  gl'infermi  ad  eseguire 
le  frizioni  colle  proprie  mani  .  Un  tal  metodo  a  pri- 
ma vista  sembra,  che  dilegua  tutte  le  di  ficoltà  fin  ora 
esposle ,  e  pare  ,  che  si  renda  più  utile  del  metodo 
generale  ,  perchè  in  simil  guisa  il  mercurio  penetra  per 
le  mani,  e  per  il  luogo,  che  viene  essere  sfrolinato.  Il 
fatto  sta  ,  che  io  ho  veduto  costantemente  da  ciò  due 
conseguenze  niente  lodevoli  nella  pratica  ,  e  ini  lusingo  ^ 
che  sian  pur  note  a  chi  riguarda  le  cose  criticamente, 
e  con  posatezza .  La  prima  si  è ,  che  mai  gì'  infermi 
con  lue  confermata  non  restano  perfettamente  curati  j 
non  solo  perchè  non  impiegano  nel  piede  tutto  l'unguento 
necessario  ,  giacché  manca  loro  la  forza  ,  e  la  pazienza 
di  strofinare  per  un  pajo  d' ore  continua  quella  parte 
in  una  molto  svantaggiosa  situazione  j  ma  benanche 
perchè  si  sospendono  le  cure  a  mezza  strada  ,  giacché 
si  sgomentano  a  consumare  circa  ott' once  d'unguento , 
eh'  è  l'ordinaria  dose  per  distruggere  la  lue  conferma- 


(  323  ) 

fa .  La  seconda  conseguenza  è  più  ten-iblle  della  pri- 
ma ,  perchè  io  ho  trovato  spesse  volte  vero  ,  che  questi 
infermi  non  solo  per  la  mal  comoda  situazione ,  che  so- 
no obbligati  di  sostenere  nello  strofinare  colla  propria 
mano  l'arco  plantare,  ma  forse  anche  perche  la  por- 
zione di  mercurio  ,  la  quale  per  le  mani  incanalando- 
si ne' \'asi  linfatici  corto  a  corto  giunge,  subito  a' pol- 
moni ,  ed  offende  questi ,  per  cui  spesso  si  assoggetli- 
scono  air  emoltise  ,  e  sopratutto  i  gracili  di  complesso. 
Dal  canto  mio  nello  spazio  di  otto  anni  ho  veduto  ben 
dieci  individui  sputar  sangue  con  tosse  nel  corso  delle 
frizioni  mercuriali  ,  eh'  eseguivano  colle  proprie  mani. 
Con  ragione  adunque  ho  di  già  eliminalo  dalla  mia 
pratica  questo  metodo ,  che  in  luogo  di  ristabilire  , 
consuma  gli  ammalati . 

g.  In  fine  bisogna  riflettere ,  che  gli  attaccati  da 
lue  ,  i  quali  si  passano  per  le  frizioni  negli  ospedali , 
ordinariamente  n'  escono  come  n'  entrarono  ,  o  poco 
migliorali  .  Che  se  qualche  volta  sembrano  sani  ,  Io 
sono  apparentemente  ;  perchè  nel  cambiarsi  delle  sta- 
•  gioni  vengono  di  nuovo  sopraffatti  dagli  stessi  sintomi. 
Sappiamo  che  per  consumare  due  dramme  di  unguen- 
to napolitano  sotto  gli  archi  plantari  ,  si  richieggono 
due  ore  di  strofinio.  In  un  grande  ospedale  al  con- 
trario ,  dove  sì  debbe  in  ciascun  giorno  soinniiuistrare 
il  mercurio  a  sessanta  inalati  circa  ,  vi  si  tengono  ad- 
detti ammalappena  quattro  o  cinque  unzionarj  ,  i  quali 
procurano  disbrigarsi  in  du3  ore  di  tempo  ,  consuman- 
do pochi  minuti  per  ciascun  infermo;  la  cura  dunque 
dev'essere  necessariamente  imperfetta.  Anzi  gli  unzionaii 


(  M  ) 

pel"  disbrigare  In  pochissimo  tempo  1'  operazione ,  un- 
gono JQ  luogo  di  stropicciare  ,  1'  unguento  lungo  le 
gambe;  per  cui  difficilmente  in  questo  nostro  ospe- 
dale un  uomo,  che  soggiace  alla  cura  nurcurial;  va 
esente  da  gran  salivazione  ;  cosa  che  non  osservia- 
mo,nelle  case  particolari. 

io  Tutte  queste  riflessioni  ,  vale  a  dire   i.    il    fre- 
quente bisogno  di   dover  n  iscondere  la  malattia  ,  e    la 
cura  istessa  ,  che  degradano  il  buon   nome  ,  2.  la  spe- 
sa significante,  che  non  può  sost^-nersi  con  indiferenza 
da  ogn' infermo  ,  3.   il  danno,  che  ne  ricavano  gli  un- 
zionarj  ,  4   1' impossibiliià  di  potersi  eseguire  questa  cu'- 
ra  con  esattezza  negli  osp  dali  ;  5.     ed    in    fine  il   desi^- 
derio  di   moltiplicare  o  facilitare  i  nit'zzi    dalla    nostr* 
arte,  mi  hanno  aguzzato  1  ingegno    ad     inventare    una 
niacchiuuccia ,  colla  quale    ciascuno  infermo    possa    da 
se  slesso  eseguire  le  frizioni  ,  purché  tenga    le    braccia 
immuni   da  ogni   ma-I  ore  .   (ihv^  Sfl   poi.  questi    arti     non 
fossero   interamente  a   sua  disposizione  ,  allora  roirajuto 
di  un  famigliare  qualunque  ,  che  <lia  nìilo  alla  nncilii- 
iia,può  eseguire   facilmente   le  frizioni  m-^rcuriali.   Sono 
già  dodici  anni,    che  ho  posto  in  opera    il    mentovato 
istrumenlo  ,    e    posso    onestamente    rassicurare    questa 
rispettabilissima  adunanza,    che    lutti    gl'infermi,    che 
r  hanno  adoperato  ,  sono  perlettamente  guariti  dalla  lue 
tanto  generale  ,  che  confermata  .   Mi  duole  di   non  po- 
ter designare  i  soggetti,  che  sono  riuìasti  estremamen- 
te obbligati    a    tale   invenzione  ,  perchè  distruggerei  in 
un  momento  il  più  bel  vantaggio  ,  che  da  lui  si  rica- 
va .  Invito  intanto    il  signor  Presidente    ad    incaricare 


1 


la  classe  di  Medicina,  afGnchè  prenda  in  considera- 
zione il  metodo  da  me  esj>oslo ,  e  che  trovandolo  uti- 
le col  fallo,  possa  questo  convalidarsi  di  maggiori  pruo- 
\e ,  ed  in  tal  guisa  generalizzarsi  in  poco  tempo  per 
r  utile  dell'  lunanilà. 

Descrizione  della  machina. 

II.  Questa  nuova  macchina  è  composta  r.  daV  tor- 
no ,  2.  dal  telavo  ,  dove  gira  il  torno  ,  3.  da  un  arco 
armato  di  corda  ,  per  mezzo  del  quale  si  comunica  il 
movimento  al  torno  istcsso  y  come  si  osserva  nella 
fig.  ^- 

Spies^azione  della  Tavola  prima . 

13.  I^ii^-  /.  T'orno  .  Per  inteni'ere  bene  la  descri- 
zione di  quoslo  torno  bisogna  esaminare  prima  di  lulto 
la  sua  ossatura  ,  che  si   osserva   nella  /ìg.    V. 

i3;  Fig.  ir.  Scheletro  del  torno.  Lo  schek'tro 
del  forno  consiste  in  un  asse  di  legno  cilindrico  nel 
mez/.o  ,  e  quadrato  negli  estremi  lungo  pollici  i4  ,  e 
mezzo  pollice  doppio  5  la  parte  media  di  questo  cilin- 
dro, che  io  chiamo  collo  del  tomo  ,  ha  il  diametro  di 
un  pollice  e  mezzo,  ed  un  asse  di  pollici  due  in  tre, 
secondo  che  le  girelle  tengono  maggiore  ,  o  minore 
convessità  verso  del  collo  del  torno  .  Il  collo  del  tor- 
no è  rinchiuso  da  due  grandi  girelle  del  diametro  ip 
pollici  8,  e  due  altr&  girelle,  ma  ])iccole,vi  sono  ne- 
gli estremi  A  B  dell'asse,  le  quali  hanno  il  diametro 
di  pollici  4  •  Queste  quattro  girelle    sono   di  legno  di 


(  326  ) 

noce  bianco  ,  perchè  legno  forte  ,  e  leggiero  ;  hanno 
piccola  grossezza  nella  circonferenza,  afGnchè  il  tor- 
no riesca  leggiero  .  Le  girelle  escavale  con  un  foro  nel 
centro  (  dove  sono  più  doppie  e  convesse  verso  il 
collo  del  torno  ]  vengono  ricevute  dall'  asse  ,  e  coli* 
ajuto  dell'  icriocolla  restano  ligate  con  quello  . 

i4-  Preparato  in  questo  modo  lo  scheletro  del 
torno  ,  si  empiono  di  peli  caprini  gli  spazj  voli 
(  AD  ,  BT)  Jìg.  I.  )  tra  le  piccole,  e  grandi  girelle  ; 
cmpionsi  però  in  modo  da  formare  due  cilindri  col 
diametro  delle  piccole  giielle  ;  colla  coudizione  ,  che 
gli  estremi  loro  verso  le  grandi  girelle  abbiano  la  se- 
zione di  qualche  linea  superiore  a  tutto  il  resto  ,  af- 
finchè possa  questa  parte  empiere  meglio  ì'escavazlone 
dell'arco  plantare.  Questi  crini  vanno  coperti  di  tela 
per  conservare  la  descritta  figura ,  e  per  coprii'si  quia- 
di  di   cuojo  ,  come  diremo  or  ora . 

i5.  Dall'  esposta  descrizione  si  capisce  ,  che  da 
ciascuna  grande  girella  resta  su'  cilindri  un  orlo  supe- 
rante ,  dell'  altezza  di  un  pollice  circa  ,  che  io  chia- 
mo creste  del  torno  ,  le  quali  nella  faccia  esterna , 
corrispondente  a'  cilindri  ,  saranno  pur  coperte  di  cri- 
ni,  e  di  tela  come  i  cilindri  istessi  .  In  fine  i  due  ci- 
lindri ,  e  le  creste  vengono  coperte  di  quella  pelle  ,  di 
cui  i  nostri  unzionarj  hanno  il  di  loro  guanto  per  strofi- 
nare il  mercurio .  La  migliore  pelle  è  la  vera  pelle  di 
dante,  eh' è  doppia,  morbida  ,  e  di  pori  strettissimi  ; 
ma  questa  è  rara  a  trovarsi  ,  almeno  fra  noi ,  ed  è  di 
molto  costo  .  Perciò  se  le  può  sostituire  qualunque 
xuojo  ,   purché    sia   sottile  .    Questo    cuojo   si    adatta 


(3a7  ) 
la  modo  che  la  superficie  carnosa,  che  si  chiama  car- 
niccio y  resta  esterna  ,  ed  interna  la  superficie  levi- 
gata ;  perchè  in  questo  modo  il  contatto  ■  del  torno 
sarà. più  morbido  sotto  del  piede.  Il  cuojo  ,  che  copre 
il  cilindro  sarà  di  un  pezzo  solo,  ed  avrà  una  sola 
cucitura  ;  quello  poi  ,  che  copre  la  cresta ,  sarà  benan- 
che di  un  sol  pezzo  ,  ma  senza  cucitura  ,  eccetto  quel- 
la che  unisce  il  cuojo  della  cresta  e  quello  del  cilin- 
dro. Le  cuciture  saranno  interne  ,  e  bene  strette  ,  al- 
trimenti 1'  unguento  mercuriale  vi  penetrerà  per  mez- 
zo dello  strofinio  .  In  fine  si  avrà  l'accortezza  di  levi- 
gare questa  superficie  aspra  del  cuojo  col  mezzo  della 
pomice,  affinchè  niente  d'unguento  rimanga  nascosto, 
ed  i  punti  di  contatto  tra  'l  piede  ed  il  torno  siano 
molti  ,. ed  uniti  . 

i6.  Fig.  I.  Torno  già  terminato.  Negli  estre- 
mi del  torno  A,  B,  vi  sono  due  perni  di  ferro  (  ve- 
di ^j"'.  JC.  )  eh'  escono  dagli  estremi  dell'asse,  i  qua- 
li entrano  poi  ne'  due  forami  I  ,  I  delle  stanghe  , 
o  siano  sostegni  del  torno  [Jig-  IH-  )  per  inezzo  de' 
quali  il  torno  si  rende  mobile.  la  questo  modo  il 
torno  richiede  molta  lorza  nello  stropicciare  i  piedi  , 
por  cui  ho  Cercato  adattarvi  i  perni  del  vero  torno  , 
e  che  gli  artisti  chiamano  punte  di  acciajo  ,  Jig.  VII. 
Vili.  IX. 

17.  La  pelle  de' cilindri  sarà  inchiodata  nella  su- 
perficie esterna  delle  piccole  girelle  A,  e  B  ,  e  nel!' 
orlo  delle  grandi  D.  ,^  e  D.  Fra  le  creste ,  e  la  pelle, 
che  le  copre ,  vi  sarà  bemnche  una  piccola  imbotti- 
llèra  di  criai  ,  in  modo  che  la  cresta    sia    sottile   nell' 


(  328  ) 
cHo  ,  e  doppia  nel  toccarsi  col  cilin  dio  ;    ed    affincliè 
r  attrito  ,  che  si  larà  da  questa  suU'  interna  parte  dell' 
arco  plantare  ,  sia  nioibido  ,  e  non  duro  . 

1 8  Fìg.  II.  U  arco ,  che  fa  girare  il  torno .  Que- 
sto consiste  in  una  perlica  di  legno  G ,  G  ,  lunga 
palmi  3  e  mezzo  ,  dotata  di  un  manico  fisso  in  F  , 
il  quale  sia  lungo  pollici  6;  questo  manico  serve, 
perchè  l'infermo  vi  adatti  ambe  le  mani,  e  possa  in 
qucslo  modo  con  maggior  franchezza  muovere  il  tor- 
no ,  allorché  voglia  stropicciare  tutti  due  i  piedi  n  eli' 
istesso  tempo  ;  e  serv^  ancora  per  ivi  fermare  la  cor- 
da dell'  arco  .  S3  poi  ama  di  fregare  un  piede  per 
volta  ,  questo  manico  non  è  necessario ,  e  basta  in 
quel  luogo  un  piccolo  pozzo  di  legno  per  assodare 
il  cordellino  E  E  dell'arco.  Questa  corda,  la  quale 
è  fissata  prima  mU' estremo  inferiore,  si  gira  poi  due 
o  tre  volte  intorno  al  collo  del  torno  ,  ed  indi  si  passa 
per  una  escavazione  fatta  sull'  apice  superiore  dell'  ar- 
co ,  e  si  assoda  sul  suo  manico  F  . 

19.  Fig-  IH-  Telajo  dove  gira  il  torno  .  Il  telajo 
consiste  in  due  laterali ,  o  stanghe  HH  ,  HH  ,  lunghe 
non  meno  di  tre  palmi  ,  e  mezzo  ,  e  larghe  pollici 
due ,  e  mezzo  .  Si  po.^souo  fare  anche  di  legno  di 
pioppo ,  non  essendo  necessario  legno  forte .  Vi  sono 
tre  tavolette  traverse  R  ,  R  ,  R  ,  delle  quali  la  media 
necessariamente  deve  avere  tre  pollici  di  larghezza  ,  e  le 
altre  possono  farsi  più  strette  .  Negli  estremi  superiori 
delle  stanghe ,  e  propriamente  nel  lato  inferiore  vi  è  V 
incisione  H  per  cadauna  ,  che  serve  per  fissare  questi 
estremi   del  telajo   su  di  uno  sprocco    di  sedia ,    come 


(3.9) 
si   osserva    nella  ^g-.  V.    La  traversa  media    tiene    nel 
mezzo  una  grande  escavazione  per  dar  luogo  alle  cre- 
ste del  torno  . 

20.  Fig.  IV.  Vedi  Jìg.  I. 

21.  Fig.  V.  Infermo  in  atto  <Ii  eseguire  da  se 
solo  le  frizioni  mercuriali  col  torno  .  Se  poi  avesse  t 
arco  col  manico  ,  lavorerebbe  con  ambe  le  mani , 
come    si    osserva    nella  Jìg.    X.    dell'  altra  Tavola  . 

22.  Fig.  VI.  Tavoletta  die  resta  inchiodata  de^ 
bolmente  sulla  traversa  media  del  telajo  .  Questa  ser- 
ve di  sostegno  posteriormente  al  tallone ,  affinchè  il 
piede  non  venga  menato  in  dietro  ,  allorché  il  torno 
è  in  azione  .  S'  inchioda  debolmente  ,  perchè  si  possa 
di  nuovo  schiodare,  e  portarsi  più  avanti  q  più  dietro 
a  proporzione  che  il  piede  da  strofinarsi  è  più  lungo  o 
più  corto  . 

23.  Fig.  VII.  Una  delle  punte  di  acciajo ,  su 
delle  quali  dee  girare  il  torno  in  luogo  de'  perni  di 
ferro  A  B  della  fig.  I.  Lia  vite  a  b    termina    in  punta 

conica  b,    ed  è  ricevuta    dalla  scrofa    ed,    la    quale 
sarà  inchiodata  ad  una  stanga  del  telajo  nel  punto  H, 
fig  III. 

24.  Fig.  Vili.  L'  altra  punta  di  acciajo  sta  fissata 
nel  pezzo  di  ferro  ih,  che  s' inchioda  nell'  opposta 
stanga  del  telajo . 

25.  Fig.  IX.  Un  perno  di  acciajo  di  figura  qua-' 
drata  ,  che  s'  introduce  nell  estremo  A  ,  fig.  I-  delt 
asse  del  torno.  Nell'apice/  di  questo  perno  si  os- 
serva un  foro  conico  ,  che  riceve  una  delle  punte  de- 
scritte .  Nell'apice  B,fig.  I.  s'introduce  un  altro  per- 

42 


(  33o  ) 

no  come  11  già  descritto ,  il  quale  pur  nelF  estremo 
•  libero  avrà  un  foro  conico  per  ricevere  1'  altra  punta 
<u  acciajo_.  Con  questo  mezzo  il  torno  gira  più  facil- 
mente ,  esige  minor  forza  nella  mano  motrice ,  e 
coir  ajuto  della  punta  a  b  fatta  a  vite  può  stringersi, 
allargarsi  ,  togliersi  ,  e  rimettersi  a  proprio  piacere 
nel  telajo  . 

>  26.  E  però  d'avvertirsi,  che  queste  punte  ed  ì 
forami  conici  ne'  jierni  di  acciajo  ,  da  cui  sono  rice- 
vute ,  si  consumano  nello  spedale  dopo  un  mese  che 
la  macchina  si  è  posta  in  attività .  L'  accortezza  di  un- 
gerle di  olio  spesso  allorché  gira  il  torno  ,  e  la  sicurez- 
za che  siano  di  vero  acciajo  daran  loro  una  più  lunga 
durata  ;  ma  ì  perni  lunghi  descritti  ,  Jig.  X.  ,  senza 
di  ciò  sono  perpetui  .  Adunque  se  le  punte  facilitano 
il  moto  del  torno  ,  i  perni  sono  di  maggior  dm'ata  ^ 
ed  io  preferisco  questi  per  gli  ospedali  . 

27.  Fig.  X.    Il  perno  di  ferro  A  B    lungo  più  dì 
un  pollice  è    di  figura  quadrata    da  2  in  3 ,    eh'  è    la 
porzione  che  dee  penetrare  tutta    nell'  asse  del  torno  : 
da  I   in  2  è  di  figura  rotonda ,    ed  è  la  porzione    che 
resta  scoperta    fuori    dell'  asse    del  torno  ,    che    dicest 
collo  del  perno  ,  e  che  penetrando  ne'foi'ami  escavati 
alle  stanghe,  ^g".  III.,  fa  girare  il  torno  .  Questo  collo 
del  perno  vicino  al  suo  corpo  è  più  doppio  ,  che  nell' 
apice  estremo  ,    e  quella  doppiezza  dicesi     collare  del 
perno  .  Questo  collare  serve  affinchè    il  torno  nel  suO' 
moto  non  traballi  ia  mezzo  a'  sostegni , 


(  33r   ) 
Metodo  per  far  uso  del  torno  . 

28.  Armata   la  tnaccliina    nella  maniera  esposta  ,    si 
tiee  situare  come  si  osserva  nella  y^'g'.  V.,  vale  a  dire, 
che  gli  eslreml  superiori     del  telajo  poggiuo    sopra   lo 
sprocco  di  una  sedia,  o  più  superiormente  sul  lembo 
del  sedilo    della  ssdia  istessa .    Questa   sedia    è  sita    iu 
modo  che  tocca  colle  spalle    ia  faccia    al  muro    della 
stanza    per  renderla    fissa    all'  azione    del    torno .     Gli 
estremi  iiifc-riori  del  telajo  tagliali  a  sbiscio    colla  tra- 
versa inferiore,    da  cui  sono  sostenuti  ,    poggiano    sul 
suolo.  Quivi  si  adatta  una  sedia    per  far  sedere    l'in- 
fermo ,  la  quale  con  uno  de'  suoi  piedi  anteriori  pre- 
me r  inferiore  traversa  del  telajo  .    L'  infermo    intanto 
Seduto  su  questa  sedia  poggia  il  calcagno  di  un  piede 
(  e  sia  per  esempio    il  sinistro,    com3    nella  j^g.  V.  ) 
sulla  traversa  media  del  telajo  ,    e  la  pianta  sul  corri- 
spondente cilindro  del  torno  ,    in  modo   che  la  faccia 
interna    dell'  arco  plantare  tocca    la  vicina  cresta     del 
torno  .    L' altro  piede    lo  fissa    sulla  stanga  corrispon- 
dente del  telajo  ,    e  prende   1'  arco  colla  mano  dritta  , 
colla  quale  agitando  l'arco  istesso  comunica    al  torno 
i  moti  contrarj  di  rotazione  ,    necessarj   per  la  frizione 
mercuriale  . 

2Q.  Questa  situazione  dell'infermo  è  tale,  che  lo 
mette  nelle  circostanze  di  agire  comodamente  ,  ma 
rende  anche  fissa  la  macchina  istessa  nell' eseguire  le 
frizioui . 


(  332  ) 

Avvertimenti  necessarj  per  V  uso  di  questa 
macchina . 


3o.  Tutte  le  volte,  che  l'infermo  comincia  le 
frizioni ,  sarà  prudente  conJoUa  stropicciare  un  piede 
dopo  l'altro,  e  non  già  ambidue  nel  tempo  istesso  ; 
perchè  in  questo  modo  con  due  o  tre  giorni  di  eser- 
cizio acquisterà  tutta  la  necessaria  espertezza,  e  quln-^ 
di  gli  riuscirà  facile  strofinare  tutti  due  i  piedi  nel 
tempo  istesso  .  In  questo  secondo  caso  la  sedia ,  dove 
siede  l'infermo,  non  poggerà  sulla  traversa  inferiore 
del  telajo,  ma  sarà  regolarmente  situata  sul  pavimeni- 
to ,  ed  alquanto  discosta  dal  telajo  ;  perchè  i  piedi 
dell'  infermo  ,  che  poggiano  sulla  traversa  media  ,  ba- 
stano per  mantenere  ferma  la  macchina  .  E  però  d' 
avvertirsi,  che  se  il  torno  deve  esser  mosso  dall' istesso 
infermo  ,  sarà  più  prudente  stropicciare  un  piede  per 
volta,    allorché  si  tratta  di  una  donna   o  di  un  uomo 


debol 


e  . 


TS. 


3i.  Situato  r  infermo  nel  modo  descritto  proccu- 
rerà  tener  fermi  i  calcagni  sulla  traversa  media  del  te- 
lajo ,  e  le  piante  de'  piedi  le  poggerà  Ipggermenle  su' 
cilindri  del  torno.  Se  questa  compressione  fosse  alquan- 
to pesante ,  ne  nascerebbono  due  mali  5   il  primo ,  che 


(  333  ) 

il  piede  si  riscalda  moltissimo  con  positivo  incomodo 
dell'  infermo  ;  il  secondo  è ,  che  si  richiede  molta 
forza  per  far  girare  il  torno .  Purché  si  abbia  riguardo 
a  questa  prima  condizione  ,  con  piccola  forza  si  stro- 
picciano ambidue  i  piedi  in  un  tempo  solo  . 


ni. 


32.  La   facilità    di    stropicciare    i    due    piedi    nel 
tempo  istesso    è  maggiore  quando    il  torno    è    armato 
di  punte    ne' suoi  estremi,    che  quando  è    armato    di: 
perni 


IV. 


33.  L'arco  non  si  debbe  muovere  con  molta  ve- 
locità ,  affinchè  il  torno  non  acquisti  molto  impeto  , 
il  quale  riscalda  il  piede  con  gran  fastidio  dell'  ia^ 
fermo  . 


V. 


34-  Quanto  più  i  cilindri  del  torno  sono  volumi- 
nosi ,  tanto  più  presto  sarà  consumato  1'  unguento, 
che  si  è  spalmalo  sulle  piante  de'  piedi  j  perchè  que- 
sta pianta  essendo  quasi  piana  ,  avrà  sempre  maggiori 
punti  di  contatto  col  cilindro,  allorché  è  più  grande 
la  circonferenza  di  questo  :  non  mai  però  la  circon- 
ferenza sarà  tale  che  debba  strofinare  sul  calcagno  ,  e 
sulle  di^  de'  piedi  . 


(334) 
VI. 

35.  Con  questo  istrumento  si  impiega  il  terzo  di 
tempo,  che  consuma  1' unzionario  ,  ed  anche  meno. 
Bastano  tre  quarti  di  ora  di  tempo  coli'  uso  del  tor- 
no per  eseguire  ciascuna  frizione,  e  l' uuzionario  la 
prolunga  ben  spesso  due  ore  e  .mezza  ,  ed  anche 
tre  ore  . 


VII. 


36.  Allorché  il  torno  è  nuovo  bisogna  ingrassar- 
lo, aftinché  insuppato  una  volta  ,  ributti  poi  l'unguen- 
to che  dee  stropicciare .  Il  torno  s'  ingrassa  stropic- 
ciandolo con  grasso  porcino,  quindi  si  asciuga  al  so- 
le o  vicino  al  fuoco  per  replicare  l'  istessa  operazione 
la  seconda ,  e  terza  volta  ancora  .  Con  tutta  questa 
diligenza  pur  la  pelle  del  torno  ,  come  quella  del 
guanto  dell' unzionario  ,  assorbisce  unguento  sulle  pri- 
me ;  e  perciò  le  prime  tre  o  quattro  frizioni  si  fai'auT. 
no  con  dose  tripla  d'  unguento , 

VIII. 

37.  L'infermo  conosce  essere  terminata  la  frizio- 
ne, allorché  la  pianta  de' piedi  e  la  pelle  del  torno 
non  è  più  lucida  ;  e  dippiù  quando  toccando  leggier- 
iiiente  la  pianta  del  piede  coli'  apice  di  un  dito  della 
mano  ,   questo  non  si  annegrisce  . 


(335] 
IX. 

38.  Tanto  II  torno ,  quanto  il  guanto  dell'  un- 
zionario  s' incrostano  di  grasso  addensato  continuan- 
do le  frizioni  ;  e  questo  si  mischia  col  nuovo  unguen- 
to ,  il  quale  resta  debilitato  da  tanto  grasso  ,  e  ren- 
desi  difOcile  l'assorbimento  del  mercurio.  Dunque 
a  norma  de' guanti  degli  unzionarj,  bisogna  dopo  set- 
te in  otto  fiizioni  pulire  bene  il  torno  con  un  panno 
qualunque . 

Spiegazione  della  Tavola  seconda . 

Fig.  I.  Sheletro  del  torno  .  Vedi  la  spiegazione 
della  Fig.  IV.  nella  Tav.  I 

Fig-  IT-  L'  intera  macchina  chiusa  ,  e  guar- 
data di  prospetto.  ¥jS  ,  ¥u  braccia  del  torno  ;  r/ _,  gh 
sostegni  delle  braccia  ;  pò  ,  nni  creste  del  torno  ,  nel- 
la faccia  esterna  delle  quali  il  cuojo  forma  un  piano 
inclinato  su'  cilindri ,  il  che  produce  una  figura  adat- 
tata per  tropicciare  l'arco  plantare  nella  superficie  in^ 
feriore  ed  interna  laterale  . 

Fig.  III.  GH,  GH  braccia  del  torno;  HI,  HI 
sostegni  delle  braccia  ,  i  quali  sono  uniti  colle  stesse 
braccia  per  mezzo  di  viti  a  rubinetto  in  HH  ,  per  po- 
ter chiudere  la  macchina.  G,  e  G  sono  semicerniere, 
che  si  uniscono  colle  altre  due  metà  fissate  nella  base 
del  telajo ,    come  si  osserva    In  M,    ed  M,    Fig.  IV. 


{  336  ) 

Le  punte  di  ferro  i  ,  2,3  sorgono  perpendicolari 
nelle  braccia  del  lorno  per  sostenere  i  due  perni  la- 
terali a  ^  b  della  tavoletta  ,  Fig.  V.  che  serve  di  ar- 
gine sii  tallone ,  affichè  non  venga  menato  in  dietro 
dal  movimento  del  torno  . 

Fig-  If^-  Base  o  pianta  della  macchina .  Qui- 
vi sono  da  notarsi  due  laterali  MN ,  MN  con  due 
traverse  MM  ,  NN  ;  le  intere  cerniere  M  ed  M  , 
e  le  dentature  4^  5,  6;  4»  ^5  6,  le  quali  ri- 
cevono gli  estremi  inferiori  I,  I  de' sostegni  HI,  HI^ 

fs-  III 

Fig.  V.  Tavoletta  ,  che  sostiene  i  talloni ,  ac- 
ciocché il  piede  non  si  dissesti  dal  suo  sito  per  il 
movimento  del  torno  posto  in  azione  .  In  questa  si 
Dotane  ;due  rialti  «  d ,  e  b  ,  de' quali  ciascuno  forma 
il  suo  cavo  nel  lato  interno  in  d ,  eà  in  e;  due  per- 
ni traversi  di  ferro  a  ^  h  ,  che  poggiati  sopra  uno  de' 
perni  perpendicolari  i  ,  2  ,  3  ,  fig.  111.  ,  non  solo  so- 
stengono la  tavoletta,  ma  offrono  la  comodità  di 
portare  l' istessa  tavoletta  avanti  o  in  dietro  secondo 
la  lunghezza  del  piede  ,  che  si  stropiccia .  P  è  un  po- 
mo di  legno  per  prendere  la  tavoletta ,  e  portarla  ove 
piaccia  . 

Fig.    VI.     U  intera    macchina    guardata  di  prò-' 
fio. 

Fig.  VII.  U  intera  macchina  chiusa ,  e  guardata 
dì  prozio . 

Fig.    Vili.    Arco   guardato    di  prospetto.    OQ 
pertica  di  legno }    b    manubrio   dell'  arco  j     O  palla  di 


(  337  ) 
legno ,  die  riceve  una  vile  lunga  di  fono ,  la  quale 
si  avvila  colla  scrofa  mobile  di  ollone,  che  si  osser- 
va nella 7?jg-.  XI:  d  occhiello  di  ollone  ,  che  continua 
colla  scrofa  ,  e  serve  per  ricevere  1'  estremo  superiore 
della   corda  . 

Fig.  IX.  Arco  guardato  di  profilo  ,  e  correda- 
to di  corda ,  dove  si  osserva  la  corda  islessa  liga- 
ta  neir  estremo  inferiore  dell'  arco  RV  ,  e  coni  è  rav- 
volta intorno  al  collo  del  torno  in  T ,  e  ligata  all'  oc- 
chietto di  ottone  S  .  Quest'  occhietto  è  una  continua- 
zione della  vite  femmina  rinchiusa  nell'  arco ,  e  che 
riceve  il  maschio  di  ferro  affidato  alla  palla  di  legno 
R  .  Or  ognuno  intende  ,  che  girando  a  dritta  la  palla 
R,  tirerà  in  sopra  l'occhietto  S,  ed  in  conseguenza 
si  tenderà  la  corda j  e  viceversa  girandola  a  sinistra 
sarà  rilasciata  la  corda  .  II  pezzo  di  legno  g  h  serve 
per  coprire  il  gioco  delle  viti  nascoste  nell'  arco  . 
Il  manubrio  descritto  nell'  antecedente  figura  si  osser- 
va in   o  . 

Fig.  X.  Infermo  in  atto  di  darsi  le  frizioni  mer- 
curiali.  Non  si  è  stimato  adattare  ambi  i  piedi  sul 
torno ,  per  dimostrare  più  chiaramente  la  situazione 
del  piede  istesso  . 

Fig.  XI.  Vite  ,  che  si  nasconde  nel  manico 
dell'  arco  per  tendere  o  rilasciare  la  corda  giusta  il 
bisogno  .  A  palla  di  legno  ,  dove  si  assoda  la  spira  di 
ferro  AB  .  Questa  spira  si  avvita  nella  scrofa  C  .  La 
scrofa  continua  in  CB  ,  dove  si  piega  producendo  Bc? 
con  un  occhio  in  d,  il  quale  esce  fuori  del  manico, 
e  riceve  1'  estremo  superiore  della  corda  de.    L'  uso 

43 


(  338  ) 
di  questa  vite  si  è  detto  nella  spiegazione  deWafìg  IX. 
Questo  telajo  tanto  complicato  rluscii'ebbe  utile  nella 
pratica,  qualora  si  fissasse j  perchè  il  telajo  facilmente 
si  apre  nell'  azione  del  torno  ,  e  le  ferrature  si  rom- 
pono ben  spesso  negli  ospedali ,  dove  la  macchina  fa- 
tica moliissiino,  ed  è  maneggiata  da  persone  sciocche, 
e  uoa  curanti. 


Fa^.  33  S. 


a  •( 


^yir/z^u</  /^^o<^/i'^à  <^  /e/<x^c>  e.  a^/j. 


Q/zu/T/-,-)    /.'c/Au^      ^ 


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(339) 
Sulle  campagne  di  Puglia  .  Saggio  del  Socio  Ordina- 
rio Lucy0  DE  SAMUELE  Cagts AZZl  .    Letto    all'  AdU' 


nanza  del  di  i8.  agosto  1810. 


Hoc  opus ,  hoc  studitim  parvi  properemus ,  et  ampli , 
Si  patrice  volumus ,  si  nohis  vivere  cari . 

Hor.  L.   I.  Ep.  III. 

T  leti  divisa  la  Puglia  in  piana  e  pietrosa  .  La  parte 
piana  ,  eh'  era  I'  antica  Dauuia  ,  confinata  verso  il  suo 
settentrione  dalle  montagne  del  promontorio  Gargano 
nell'occidente  e  libeccio  dalla  catena  degli  appennini, 
nel  levante  dal  mare  e  dalle  inurge  [a]  ,  sì  prolunga 
tra  queste  e  le  montagne  di  Basilicata  fino  al  seno 
Tarenlioo  .  In  una  mia  memoria,  che  trovasi  inserita 
nel  XIII  volume  della  Società  Italiana  delle  Scienze  ,  io 
ho  presentato  le  mie  congetture  di  essere  stala  mia  ta- 
le pianura  fino  al  detto  seno  Tarentino  sotto  le  acque 
lungo  tempo  dopo  che  gli  appennini  e  le  nnirge  era- 
no già  discoperle,  formando  in  conseguenza  un  isola 
del  suolo  pietroso  che  un  tempo  era  abitato  dai  Salen- 
tiui  ,  Peuceti  e  Calabri  ,  ed  oggi  costituisce  le  due  pro- 
vincie  di  Bari  ed  Otranto  . 


(a)  Senza  credere  che  tali  luog/ii  sieno  stati  un 
tempo  dominati  da  Murcese  diconsi  murge  le  colline 
pietrose  della  Puglia  corrottamente  da  muricce,  ammas~ 
si  di  pietre  ,  perchè  tali  sembrano  nelle  loro  falde . 


(  34o  ) 

Per  ben  conoscere  la  cfiialilà  del  terreno,  e  tutte 
le  altre  circostanze  locali  delle  già  dislinte  ])aril  della 
Puglia,  uopo  è  che  in  Lieve  la  loro  litograda  io  uè 
faccia  . 

Sono  le  mrtrge  di  un  indole  tnlta  diffi-rente  dagli 
appenniiii  ,  e  d;il!a  I:inga  catena  di  questi  sono  distac- 
cate mediante  l'indicata  pianura,  contra  1' opinione  di 
tulli  i  geografi  che  l'han  credute  una  continuazione  di 
essi  appennini  .  Queste  murge  nel  costituire  le  loro 
diramazioni  sulla  già  detta  ostensione  son  poste  in  mo- 
do da  indicare  cliiaramonte  la  corrispondenzT  tra  gli 
angoli  sinvoj  e  quelii  rilevanti .  I  sfrati  che  le  costitui- 
scono son  di  posizione  orizzontale,  o  poco  da  questa 
diffcienle  ,  purché  qualche  slraorclinarìo  accidente  non 
li  al)l)ia  turbali  coinè  avvi  luogo  a  credere  in  varj  siti. 
Son  dessi  di  pietra  calcare  ,  o  sia  carbonato  di  calce  ,  di 
una  tessitura  compatta,  a  segno  che  non  può  lavorarsi 
che  con  piconi  e  martelli,  e  serve  aì!a  costruzione  di 
durevoli  edifizj  ,  e  più  di  ogni  altro  a  lastricare  le 
strade  ;  colla  coltura  conveniente  si  converte  in  buona 
calce  .  Questi  strali  non  sono  di  egual  grossezza  ,  es- 
sendovene  alcuni  di  più  piedi  ,  ed  altri  progressiva- 
mente di  due  o  tre  linee.  F,  rimarcabile  che  gli  strali 
di  una  rupe  bene  spesso  corris[)ondono  nella  grossezza 
e  tessitura  con  quelli  dell'  altra  prossima  ,  posli  alla 
slessa  direzione  .  Fra  questi  strati  scorrer  si  vedono 
non  di  rado  de' filoni  di  ossido  di  ferro ,  alquanto  mi- 
sto di  marna  ,  che  in  alcuni  luoghi  prende  la  consi- 
stenza di  ematite  . 

Questi  solidi  strali  calcari  sono  i  soli  componenti 


(   34.  ) 
tifile  murice  ,  tic;  altro    sasso  ritrovasi  ,    a    riserba    del 
tufo  anclij  calcar.!  di   cui  dovrò  parlare  .  Questi  strali 
sembrano  prodotti  non  già  da  una  lenta  precipitazione 
di  materie,  ma  piuttosto    da  una  sollecita  disposizione 
causala  da  eslo  acquoso.  L   da  credersi  però,  die  qual- 
che s  azio  abbia  dovuto  passare    Ira    la    Ibruia/ione  o 
sia  deposizione  di  uno  strato    ed    il    suo  sovrapposto  , 
giacché  tra  aliuni    non  essendovi    altra    materia  fram- 
mezzo, se  molle   fosse  slato  il  sottoposto ,  nell' atto  che 
si  dcj'oneva  il  superiore ,    si    sarebbe    con  esso   unito , 
anche  in  forza  del  peso  ;  si  vede  anzi  in  molli  la  su- 
pcrlicie  alquanto  più  dura.    Il  limo  calcare    che  pro- 
dusse questi    strali    considerandolo    prodotto    da'  corpi 
organici  marini ,  dovè  subire  una  poderosa  azione  dall' 
esto  delle  acque  per  più  secoli  ,   giacché  le  sue  parti- 
celle sono  assai   assottigliale  ed  uniformi  ;  o  pure    è  da 
credersi  primitiva    questa    terra    calcare.    Giova    però 
sapere  che    in  queste  pietre  le  più  dure  e  compatte  si 
trovano  non   di  rado  de' residui  di  corpi  animali. 

Queste  osservazioni  unite  alla  monotonia  che  pre- 
sentano nella  loro  interna  costruzione  le  ììiurg^,  non 
che  nell'esterna,  la  loro  umile  grandezza  e  forma  ton- 
deggiante per  lo  più  5  ci  mostrano  la  loro  formazione 
subacquea  ,  ma  differente  però  e  non  contemporanea 
a  (juella  degli  appennini  .  Hanno  questi  per  lo  con- 
trario r  esterna  ligura  poco  tondeggiante,  e  spesso 
alle  falde  dirupata  e  la  costruzione  interna  confusa  ed 
irregolare  per  i  compononli  ,  e  posizione  de'  strati  , 
giacché  la  parte  sassosa  degli  appemiini  prossima 
alle  minge y  che  sono  i  monti  di  Basilicata,  suol  con- 


(  34.  ) 
sistere  iu  disordiuati  ammassi  di  cote  arenaria  ,  con 
qualche  strato  di  petroselce  ,  e  qualche  grosso  strale 
di  pietra  calcare ,  non  cosi  bianca  e  pura  della  prece- 
dente ,  né  della  slessa  tessitura .  Avendo  inoltre  più 
volte  livellato  le  più  alty  cinje  delle  ninrge  \  l'ho  ri- 
trovate tutte  più  basse  di  quelle  degli  appennini  ;  che 
perciò  è  da  credersi  che  le  inurge  erano  un  tempo 
sotto  le  acque  ,  quando  al  di  fuori  erano  gli  appennini. 
In  seguito  poi  che  le  acque  restarono  discoperte, 
ìe  murge  più  elevate  dimorar  dovettero  per  lungo 
tempo  sopra  strati  di  quella  pietra  calcare  di  livello 
inferiore  alle  falde  di  esse  murge  ;  e  nelle  loro  valli 
come  anche  nelle  pianure  intermediarie  tra  le  murge 
ed  i  monti  appennini  ,  eh'  è  propriamente  la  pianura 
Daunia,  che  stendendosi  fino  alle  l'adici  del  Vulture  , 
va  quindi  a  dilungarsi  fino  al  seno  Tarentino  .  In  que- 
sti fondi  ricopeili  di  acqua,  mentre  gli  appennini  e  le 
murge  erano  al  di  fuori  ,  considerabile  sedimento  di 
residui  di  corpi  uìarini  si  formarono  ,  che  costituiro- 
no il  tufo  calcare  ,  dal  quale  è  formato  il  suolo  delle 
pianure .  Questo  sedimento  o  tufo  calcare  comincia 
presso  a  poco  allo  stesso  livello  all'  intorno  delle  falde 
delle  murge  ,  e  siccome  tra  i  seni  di  queste  con  più 
agio  allignar  vi  poterono  de'  testacei  ed  altri  vermi 
marini  ,  quali  non  avendo  sofferto  un  esilo  violento  , 
non  furono  molto  stritolati.  Da  ciò  avviene  che  il  tufo 
delle  gran  pianure  è  di  una  grana  più  fiaa  ;  mentre 
quello  tra  le  murge  è  di  una  tessitura  più  grossolana , 
e  vi  si  ritrovano  di  nicchi  ed  altre  spoglie  più  conser- 

ìyate  e  riconoscibili  . 

Va- 


(  3/,3  ) 

Varia  dunque  la  qualità  del  tufo  pugliese  d» 
quella  in  un  tessuto  grossolano  ,  ripeto  ,  vicino  le  mur~ 
gè ,  e  di  lina  consistenza  alle  volte  cosi  Ibrte  a  segno 
di  non  potersi  lavorare  con  sega  e  mannaja  ,  ina  h* 
bisogno  di  inartelli  e  piconi ,  fino  a  quello  gradata- 
mente di  un  tessuto  delicato  ed  uniforme  ,  suscettibile 
di  delicato  travaglio  . 

Sono  le  inurge  generalmente,  di  leggier  terreno  , 
restando  nelle  cime  qua  e  là  discoperto  il  sasso  .  Égli 
è  un  composto  di  terra  vegetabile  mista  di  quell'  ocra 
marziale  ,  cbe  trovasi  tra  gli  strati  di  quei  sassi  con  de' 
frantumi  di  questi  ;  ne'  fondi  e  valli  ove  1'  acqua  ha 
potuto  radunarlo,  questo  terreno  è  molto  atto  alla  cul- 
tura ,  e  qualche  volta  misto  trovasi  con  della    marna  . 

Le  pianure  poi  di  suolo  tufaceo  son  ricoperte  ove 
più  ove  meno  di  marna  ,  in  cui  per  lo  più  domina  la 
parte  calcare  ,  ma  bene  spesso  anche  1'  argilla  in  al- 
cuni fondi .  Ove  la  corrente  nelle  ultime  epoche  dell' 
inondazione  ha  avuto  più  azione  ,  vi  si  trovano  de' 
ciottoli  silicei  in  essa  marna. 

È  notissimo  che  le  gran  masse  argillose  costitui- 
scono le  sorgenti  perenni  [a)  e  non  essendovene  di 
queste  nella  Puglia  ,  non  vi  sono  in  generale  scaturi- 
gini e  ruscelli  a  riserba  de'  pozzi ,  che  sogliono  cavarsi 
nelle  pianure  ,  ove  incontrandosi  degli  strati  di  marna 
argillosa  vi  depongono  dell'  acqua ,  quale  per  altro  suol 


(a)  Si  veggano  i  miei  elementi  dell'  arte   statistica 
part.  I.  sez.  i.  cap.  IV.  §.  U. 


(  344  ) 

contenere  molia  terra  in  dissoluzione  .  Wiua  fiume 
dunque  prende  origine  nella  Puglia  .  La  pianura  Dau- 
nia  volgarmenle  detta  Puglia  piana  dà  passaggio  a 
quattro  fiumi,  che  sono  il  Candelaro  il  Gorvaro  ,  la 
Carapella  ,  e  l' Ofanlo  ,  quali  son  prodotti  dagli  ap- 
pcnnini  .  Le  due  provincie  di  Bari  ed  Otranto  ,  o  sia 
la  Puglia  pietrosa  né  anche  ha  questo  vantaggio  . 

Dippiìx  se  qualche  filo  d'  acqua  vedesi  sgocciola- 
re nelle  pianure  non  in  luti'  i  tempi  dell'  anno  da 
qualche  ammasso  o  collina  di  marna  argillosa  ,  nulla 
di  ciò  vedesi  nelle  niurge  ove  non  evvi  che  iniper- 
mcahile  sasso  ricoperto  di  poca  terra  ,  e  terra  poi  cal- 
care,  che  facilmente  depone  l'acqua  coll'evaporazione, 
per  cui  tali  terreni  furon  detti  asciutti. 

Per  hen  decidere  dello  stato  di  una  regione  con- 
viene conoscere  quello  delle  sue  meteore  ,  e  ciò  ad  al- 
tro discorso  riserho  per  non  rendermi  lungo  :  nìa  con- 
viene pur  dire  che  dalle  osservazioni  meteorologiche 
da  me  fatte  per  più  di  un  decennio  ho  rilevato  che 
la  pioggia  non  è  stata  mai  più  dell'  altezza  di  pollici 
22.  e  linee  7.  negli  anni  piovosi  ,  né  meno  di  pollici 
16  e  linee  6  negli  anni  aridi  e  secchi,  ma  per  solito 
può  valutarsi  18  in  J9  pollici  .  Non  dissimile  di  ciò 
ha  ritrovato  colle  sue  osservazioni  il  chiarissimo  nostro 
socio  signor  vicario  Giovene  .  Questa  pioggia  è  circa 
due  terzi  di  quella  che  cader  suole  nelle  montagne 
degli  appennini  ,  come  si  ha  dalle  osservazioni  del  si- 
gnor Zerella  in  Ariano  ,  e  del  signor  Nolarjanni  in 
Jjenola  . 

La  privazione  de' monti  nella  Puglia ,  e  quella  de- 


(  345  ) 
gli  alberi  per  la  maggior  parie  ,  impedisce  il  facile  e 
silenzioso  rislabilimenlo  dell'  equilibrio  Ira  la  terra  e 
l'almoslera  dell' elettrico  fluido,  clie  per  le  metamor- 
fosi de' vapori  in  essa  alta  ragione  suol  natiiralniente 
avvenire  ,  per  cui  le  piogge  estive  sogliono  essere  ac- 
couipagnale  quasi  sempre  da  mosse  elettriche  . 

La  parte  calcarea  predominante  nel  terreno  pugliese 
permettendo  la  facile  evaporazione  ,  senza  esservi  per  lo 
contrario  assorbimento  dagli  alberi  ,  fa  clie  le  rugiade 
sieno  più  che  altrove  abbondanti.  Questo  eccessivo  umi- 
do notturno  ,  che  succede  ad  un  estrema  aridezza  del 
giorno,  è  la  principale  causa  delle  infermità  endemiche 
nella  slate  . 

In  questa  stagione  queste  campagne  addivengono 
arse,  al  dire  dell' illustre  Zimmerman  («) ,  come  quel- 
le dell'Africa,  ed  i  raggi  solari  sono  cosi  molesti ,  che 
ben  disse  Orazio  : 

IVec  tajitus  iinquam  siderum  insedit  vapor 

Siticulosce  Apulice  [h). 

L'  aspetto  di  desolazione  che  si  sparge  in  tale 
iempo  nelle  nude  campagne  della  Daunia  ,  e  nelle  mur- 
ge  addette  alla  pastorizia  fa  orrore  .  Si  cammina  per 
qualche  ora  senza  incontrare  un  sol  uomo,  nò  bestia- 
me alcuno  ,  emigrando  in  questo  tempo  nelle  monta- 
gne .  Non  si  vede  che  il  suolo  vestilo  di  arido  fieno  , 

44 


(a)  Viaggio  alla  nitriera  naturale  di  Molfella.  Opu- 
scoli di  Milano  voi.  XII. 

(b)  Epodon  3.  ad  Moecenatem  . 


(346) 

e  cielo .  Tutto  è  silenzio .  Gli  uccelli  stessi  fuggono 
questi  deserti  ,  e  solo  qualche  rettile  striscia  tra  '1  fie- 
no ,  che  accresce  lo  spavento.  Convien  provvedersi  di 
acqua  per  il  viaggio  perchè  la  mancanza  de'  serbato] , 
o  l'essere  per  lo  più  vuoti  fanno  restar  deluso  l'asse- 
tato viaggiatore  . 

Dall'  indole  già  descritta  del  suolo  pugliese  ben 
si  comprende ,  perchè  dar  possa  ricetto  alle  cavallette 
impropriamente  chiamate  bruchi.  Questo  insetto  (  Gril~ 
lus  migratorius  )  è  originario  della  Tartaria,  propagato 
neir  Oriente  e  nell'  Egitto ,  suol  da  tanto  in  tanto  per- 
venire nelle  nostre  contrade .  Egli  ha  1'  istinto  di  de- 
porre le  sue  uova  nel  cader  della  state  in  un  teireno 
incolto  ,  piuttosto  arido  ed  asciutto  ,  qual  è  la  marna 
calcare  e  non  mai  in  quello  argilloso  ,  il  quale  quanto 
è  duro  e  compatto  nell'  està  ,  altrettanto  è  umido  ,  e 
fangoso  neir  inverno  .  Cosi  le  sue  uova  non  vengono 
offese . 

Per  la  ragione  istessa  detto  suolo  dà  anche  ricetto 
ai  topi  campagnoli  (  Miis  arvalis  ).  Questi  animaletti  si 
propagano  in  un  modo  prodigioso  da  anno  in  anno  , 
finché  giunto  ad  una  straordinaria  abbondanza  una 
naturale  epidemia  li  uccide  ,  giacché  la  caccia  ,  che  lo- 
ro si  dà,  non  è  sufficiente  a  distruggerli  [a).  I  limiti  del 
loro  domicilio  sono  gli  Appennini  ,  per  essere  di  ter- 
reno piuttosto  argilloso  ,  in  cui  l' inverno  vi  starebbero 


(a)    Può    vedersi   il    mio    discorso    meteorologico 
dell'  anno  1 796.  Fol.  4  del  giornale  letterario  di  Napoli. 


(347) 
assai  male  ,  e  1'  està  non  potrebbero  comodameule  per- 
forarle . 

Da  questa  naturale  descrizione  delle  campagne  Pu- 
gliesi ben  si  comprende  quali  piante  lor  convengano  ,  e 
qu;il  genere  di  coltura  :  ma  il  mio  scopo  è  di  parlare 
del  loro  attuale  stato  ,  lasciando  a  qnesta  dotta  Società 
suggerire  le  migliorie  tecniche. 

La  ])arte  della  Terra  di  Bari  ,  verso  il  llttorale 
Adriatico  è  ben  coltivata.  Gli  ulivi,  ed  i  mandorli  co- 
stituiscono boschi  ,  mentre  la  terra  al  di  sotto  è  inten- 
ta ad  altro  prezioso  prodotto .  Tutti  gli  altri  alberi  frut- 
tiferi sono  ivi  con  diligenza  coltivali.  Nel  modo  stesso 
si  pratica  in  molta  parte  della  Terra  d'Otranto.  Il  co- 
tone vi  si  coltiva  da  tempo  immemorabile.  La  cultura 
in  generale  in  questi  luoghi  è  ben  intesa  a  riserba  di 
quei  raffinamenti  ,  che  non  sono  sperabili  da  ignoranti 
coloni  ,  che  la  sola  tradizionale  pratica  li  guida.  A  ciò 
supplir  potrebbe  una  semplice,  ma  efficace  istruzione, 
quale  propagar  si  dovrebbe  per  mezzo  de'  curati  di 
campagna,  e  di  altri  opportuni  soggetti. 

Tutta  la  pianura  Daunia  ,  molta  parte  della  pro- 
vincia di  Bari,  e  di  quella  d'Otranto  nude  di  alberi 
sono  addette  alla  pastorizia  ,  ed  alla  semplice  semina 
di  cereali  e  legumi  .  Di  queste  campagne,  assai  più 
estese  e  deserte ,  io  mi  accingo  a  parlare  ,  meritar  do- 
vendo la  nostra  maggiore  attenzione  . 

La  pastorizia  ,  oltre  di  esser  errante  e  mal  intesa, 
è  totalmente  affidata  alla  discrezione  delle  stagioni  . 
Rinn  ricovero  generalmente  si  forma  per  garentire 
specialmente  il  bestiame  da  lana   dai  freddi  invernali , 


(  348  )      . 
e  (la  calori  esiivi   ,    per    cui    si    è  questa  degenerata  . 
Niuna  speciale  cura  per  prevenire    i  mali  nelle  greggi 
ed  armenti  si  usa  ,  e  poco  provvedimento  si  fa  di  io- 
raggi  opportuni  per  1'  inverno  . 

In  vece  poi  di  essere  la  pastorizia  e  1'  agricoltura 
associate  ,  e  di  scambievole  sussidio  come  precetta  Var- 
rone  («),  sono  in  continua  opposizione.  Finora  la  pa- 
storizia è  stata  pi'omiscua  nei  terreni  ,  detti  demaniali, 
ma  mercè  le  cure  dell'  attuale  illuminato  Governo  ,  si 
sono  tolti  tutti  quei  domiflj  sovrapposti  l' uno  all'  altro, 
e  tante  servitù  di  pascolo  ,  che  in  pratica  sono  state 
sempre  di  danno  assoluto.  L'odio  poi  dei  così  detti 
Locati  del  tavoliere  di  Puglia,  garentiti  dal  Governo, 
erasi  generalmente  ridotto  oppressivo  per  i  coloni  ,  e 
molto  residuo  ne  resta  ,  non  ostante  l'abolizione  del  si- 
stema doganale .  L' avidità  di  non  far  arare  ,  o  altri- 
menti rompere  un  qualche  terreno  saldo,  addetto  alla 
pastorizia  di  esso  tavoliere  ,  ove  da  qualche  torma  di 
cavallette  venuta  dall'  Africa  si  erano  deposte  le  uova , 
ha  tante  volte  preparato  l'orrendo  tlaggello  della  messe 
e   di  altre  coltivazioni  per  gli  anni  seguenti. 

L'  agricoltura  che  si  pratica  nelle  dette  campagne 
della  pianura  Daunia  ,  ed  in  quelle  nude  di  alberi 
nelle  altre  due  provincie  ,  è  generalmente  coli' aratro, 
vai  dire  in  grande^  seminandosi  grano,  biade  ,  e  le- 
gumi .  Nojoso  sarei  se  discender  volessi  alle  minute 
descrizioni  degli  ordigni ,  che  s' impiegano  ,  o  dei  me- 


(a)  De  re  rustica  lib.   i. 


(  '^49  ) 
totli  ,  ohe  si  usano  ,  tanto  più  che  variar  sogliono  da 
paese  in  paese.  Devo  però  dire  che  quelle  campagna 
non  sono  in  generale  ben  coltivate  ;  infatti  al  dir  di 
Catone  ;  Quid  est  agrum.  bene  colere  ?  Bene  arare  . 
quid  secundiim  ?  Arare  ;  quid  tertinm  ?  Stercorare  j  ed 
indi  soggiunge  ;  Agrunifrumentariuìn  cuni  ares  bene  et 
tempestive  ares  («j  .  Benché  ordinariamente  si  adopri- 
no  quattro  arature  nel  maggesare  , e  da  alcuni  si  faccia 
profondo  solco  ,  pure  parmi  generale    l' inconveniente 


(a)  De  re  rustica  cap.  6i. 

fJ  ben  noto  dalla  nuova  chimica  ,  che  alcuni  com- 
ponenti immediati  delle  piante  V  attraggono  le  terre 
dall'  atmosfera  con  essere  in  riposo  ,  e  rimenate  per 
qualche  tempo  ,  che  dicesi  maggesare  ,  o  pure  loro  sì 
comunicano  col  letame  ,  vale  a  dire  co  residui  de' 
corpi  organici ,  che  ne  contengono  a  dovizia  .  JYon 
giova  dunque  arar  bene  le  terre  piii  volte  ,  ma  bisogna 
farlo  in  tempo  conveniente  ,af finche  restino  per  un  tempo 
opportun  o  in  rinoso ,  e  non  si  spossino  di  tali  materiali 
componenti ,  e  che  le  loro  parti  sieno  state  quasi  tutte 
al  contatto  dell'  atmosfera  per  un  tempo  sufficiente , 
ecco  perchè  gli  antichi  rustici  guidati  dall' esperienza, 
insegnano  tutta  la  coltura  consistere  neW  impregnare 
le  terre  di  tali  principj  componenti  le  piante  ,  perchè 
dopo  la  seminazione  sonmiinistrar  le  possono  con  gli 
altri ,  che  presenta  V  acqua ,  e  procurar  così  una  pron- 
ta e  vigorosa  vegetazione  alle  piante  utili ,  eh'  è  l'uni- 
co scopo  di  ogni  cultura  .  . 


(  35o  ) 

ili  ararsi  precipitosamente ,  credendo  essi ,  die  basti  il 
solo  numero  delle  arature   a  ben  preparare  il  terreno. 

La  concimazione  poi  è  relativamente  ristretta  e 
malintesa  .  Si  fa  uso  del  solo  letame  delle  stalle  ,  e 
degli  ovili,  quale  senza  farlo  macerare  all'aria,  secon- 
do le  buone  regole  de'  rustici  ,  si  cava  tuttavia  fuman- 
te da  tali  luoghi  ,  e  si  va  a  spargere  nei  campi  ,  per 
cui  la  sua  causticità  non  può  certamente  giovare  alla 
vegetazione  .  Le  immondezze  poi  degli  abitanti  sono 
poco  curate,  e  restano  ad  infettar  l'aria.  Vero  è  che 
a  misura  dtl  bisogno  del  letame  gli  abitanti  esser 
dovrebbero  più  netti  ;  ma  quando  il  vantaggio  ,  che 
nel  ricolto  si  ritrae  dalla  concimazione,  può  aversi 
col  mettere  a  coltura  terreni  tenuti  per  più  anni  in 
riposo,  ove  abbondano,  e  cha  poco  costa  il  loro  fit- 
to, si  preferisce  questo  mezzo,  ])er  cui  il  letame  non 
viene  curato  .  Tutte  le  città  di  Puglia  ricche  più  del 
bisogno  di  tenilorio  soglio  io  essere  perciò   immonde  . 

Non  si  conosce  1'  uso  dell'  erpice  ,  ne  quello  del 
seminatoio  .  La  sarchiatura  ai  seminati  per  verità  è  fat- 
ta con  attenzione  .  Si  recide  la  messe  con  la  picciola 
falce  a  sega  ,  e  per  far  ciò  vi  è  bisogno  di  molta 
quantità  di  mietitori  da  altri  paesi  (fl).  Si  trebbia  il  frumen- 


(a)  Con  molto  risparmio  di  tempo  usar  si  potreb" 
he  la  gran  falce  ,  che  si  pratica  pel  fieno  ,  munita  pe- 
ro di  una  hanila  da  sostenere  le  spighe ,  ordinatamente 
da  potersi  fare    i  fasci  senza  alcuna   perdita ,    come 
fu  esperi  mentalo  dalla  nostra  estinta  Società  Patriotica 


(35i  ) 

lo  e  le  biade  colle  cavalle  da  razza  ,  e  questo  molto 
influisce  alla  costoro  degenerazione  (a) . 

In  Puglia  più  che  altrove  è  penosa  questa  opera- 
zione ,  giacché  non  si  tratta  solo  di  separare  i  grani 
dalla  paglia  ,  ma  di  sminuzzar  bene  questa  ,  giacché  es- 
sendo ivi ,  forse  per  effetto  del  suolo  ,  più  grossa  e  dura  , 
non  potrebbe  senza  di  ciò  esser  mangiata  dagli  animali. 

Il  prodotto  del  grano  mai  si  computa  generalmen- 
te per  raccolta  media  più  del  sei  in  sette  per  uno  . 


di  Milano  .   Con  poco  esercizio    i    contadini   si  adde- 
strano a  ben  maneggiarla  .  Se  ne  può  vedere    la  de- 
scrizione nel  IX.  voi.  degli  opuscoli  scelti  di  Milano. 
(a)  Varrone  (    de    re  rustica  lib.   i.  cap.  Sa.  ^  fa 
menzione  della  carretta  punica  per  trebbiare ,  ma  as- 
sai imperfettamente    la  descrii>e  :    E    spicis    in  arcana 
excuti  grana  ,  quod  Ct  apud  alios  jumentis  junctis  ,  ac 
tribulo  ,  id  fit  e  tabula  lapidibus  ,  aut  ferro  esasperata  , 
quse  imposito  auriga ,    aut  pendere  grandi  trahitur  ju- 
mentis junctis  ,  ut  discutiat  e  spica  grana  ,  aut  ex  as- 
sibus  dentatis  cum  orbiculis ,    quod   vocant  plostellum 
pcenicum  .    In    eo    quis   sedet  ,    ut    agitet  ,    quae    tra- 
hant  jumenta  ,  ut  in  Hispania  citeriore  ,    et  aliis  locis 
faciunt  .  Non  sarebbe  un  soverchio  amore  per  gli  an' 
tichi  costumi  r  occuparsi  ad  investigare    la    vera  co- 
struzione della  carretta  punica  ,    giacche  da  moderni 
non  si  è  ben  conosciuta  .    Molte    altre    macchine    da 
trebbiare  si  sono  inventate  ,    ma  con  poco   successo  , 
aggiuntovi  anche  V  incomoda  complicazione  di  alcune. 


(    302    ) 

Si  è  veduto  clie  la  grande  estensione  del  territorio 
Pugliese  nuda  di  alberi ,  e  scarsa  di  popolazione  è  (col- 
tivata in  grande  ,  vale  a  dire  coU'aratro .  E  ora  bastan- 
temente provato  di  esserci  della  perdita  ,  quando    una^ 
picciola  porzione  di  un  gran  territorio    fosse    coltivato 
in  piccolo  ,  vale  a  dire  a  braccia  colla    zappa    e    colla 
vanga  ,  restando  il  dippiù  sterile  (a)  .  Dunque  non  al- 
trimenti cbe  coU'aratro  cohivar  si  possono  le  predette 
spopolate  campagne  .  Neil'  agricoltura  in    grande    vi  si 
richiedono  però    de'  capitali  per  le  macchine  e  bestia- 
me ,  quindi  è  che  non  può  stare  in  mano  di  gente  po- 
vera e  mercenaria  .  Inoltre  1'  economia  dell'  agricoltura 
coir  aratro    esige    che  il  più  meschino  ,  che  industria  , 
non    abbia    di  territorio  men  di  quella  estensione  che 
si  coltiva  con  un  solo  aratro  ,  giacché  se  ne  ha  dì  me- 
no ,  resta  inoperoso  il  suo  aratro  per  qualche    tempo  . 
Quest'  agricoltura  poi    avendo    bisogno  di  capitali  ,  es- 
sendo  in  mano  di  piccioli  projirietarj  ad  ogui  avversa 
vicenda  delle  stagioni  o    di  altro  si  paralizza  ,    giacche 
son  dessi  allora  costretti  a  distrarre  i  loro  capitali  per 
supplire  ai    loro    bisogni  .    La    costante    esperienza    ha 
dimostrato  che  ovunque  la  coltura  sia  fatta   in   grande 
pian  piano  vassi  a  ridurre    nelle    mani  di  pochi    pro- 
prie tarj  . 

Se  in  mezzo  a  grandi  terreni ,  coltivati  a  semina- 
zione con  macchine  animate  dal  bestiame,  vogliasi  da 


(a)    Ji/em.    dell'  arte  statistica,  part.  II.  sezion.  3. 

§.4- 


f  353  ) 
qualche  misero  colono  collivare  a  braccio  un  piccolo- 
cainpicello  anche  a  seminazione,  sarà  certamente  me- 
glio coltivalo  e  produrrà  dipiù  riguardo  all'  estensione^ 
ma  per  ragion  naturale  mettendo  a  calcolo  la  spesa 
maggiore  impiegata  ,  trovasi  il  prezzo  naturale  del  pro- 
<lotto  al  di  sotto  del  prezzo  cangiabile. 

Pare  però  contradittorio  il  vedere  in  Puglia  ed 
altrove  in  mezzo  ad  estese  campagne  ,  coltivato  in  gran- 
de qualche  picciolo  campicello  dalle  sole  braccia  de' 
meschini  contadini.  Se  da  vicino  esaminiamo  ciò ,  come 
mi  è  riuscito  fare ,  a  confessione  degli  slessi  coloni  tro- 
veremo che  essi  tengono  il  picciolo  campicello  ad  uso 
di  semina  per  coltivarlo  nei  giorni ,  in  cui  o  non  trovano 
a  travagliare  ad  altri  ,  o  la  mercede  giornaliera  è  tenue, 
ed  al  loro  travaglio  associano  anche  quello  delle  donne 
e  fanciulli ,  che  in  altio  caso  inoperosi  resterebbero  . 

Da  quanto  ho  detto  pare  ,  che  di  poco  successo 
esser  possa  la  benefica  disposizione  di  dividersi  il  va- 
sto terreno  comunale  di  Puglia  in  mano  de'  non  pos- 
sidenti ,  e  ciò  anche  che  ad  essi  usar  si  voglia  la  ge- 
nerosità di  darli  de'  capitali  convenienti  per  coltivarli 
coir  aratro . 

Io  son  di  parere  che  se  prima  non  si  aumenta  V 
agricoltura  Pugliese  ,  le  picciole  porzioni  territoriali  non 
tarderanno   a  passare  in   mano  di  polenti   proprietarj . 

Ma    come    mai    può    aumentarsi    l'agricoltura    se 
non  si  aumentano  le  braccia  coltivatrici.'*  Ecco  l'uni- 
co mezzo  di   rendere  floride    quelle    campagne,     come 
furono    ne'  remoli    tempi  .    Sarà    questa     un'  ardua    o 
impossibile  impresa!    Facciamo    qualche  osservazione, 

45 


(  354  ) 
che  ci  possa  indicare  il  modo  il  più  facile  esolletrl». 

Gli  abitanti  delle  amene  proviucie  Pugliesi  d'  in- 
dole Jjlacida  e  quieta  ,  molestate  una  volta  da  in- 
cursioni di  feroci  orde  di  malviventi  delle  montuose  , 
Provincie  loro  confinanti  ,  non  che  da  corsari  turchi  che 
di  notte  tempo  sbarcavano  su  quelle  spiagge ,  ovun- 
que accessibili  ,  videro  la  necessità  di  doversi  radu- 
nare in  numerosi  abitati  ,  ed  ivi  custodire  le  lorc 
donne,  ed  i  loro  effetti.  I  coloni  dunque  o  pernotta- 
no in  questi  abitati  colle  loro  famiglie  ,  e  son  co- 
stretti in  ogni  giorno  ad  andare  e  venire  dalle  cam- 
pagne per  coltivarle  ,  o  pure  pernottano  lontani  dalie- 
loro  famiglie  :  1'  uno  e  1'  altro  sistema  è  sempre  dan- 
noso all'  agi'icoltura  . 

Obbligato  un  opei'ajo  a  dovere  ben  spesso  perde- 
re il  sonno  e  quindi  a  fare  più  miglia  a  piedi  pria  di 
di  mettersi  al  travaglio  ,  non  può  lavorare  con  forza ,  e 
robustezza  ;  ed  il  suo  pensiero  intento  di  continuo  a 
dover  fare  altrettanto  di  viaggio  dopo  il  travaglio  lo 
rende  cauto  a  risparmiarsi  e  non  istancarsi  di  mallo  » 
Ma  anche  che  ciò  ammetter  non  si  voglia ,  o  si  sup- 
pongano tutti  gli  opera]  provveduti  del  loro  asinelio  ^ 
e  senza  neanche  ammettere  le  occasioni  di  remora  ,  che 
si  provano  nell'  uscir  dall'  abitato ,  e  1'  anzietà  di  ri- 
tornarci ,  il  tempo  die  s'  impiega  al  doppio  viaggio^ 
Tien  detratto  da  quello  del  travaglio  ,  che  non  è  mai 
meno  del  quarto  della  giornata  in  ogni  stagione  . 

Questo  è  il  sistema  che  si  serba  nelle  campagne 
più  coltivate  della  Puglia,  ma  in  quelle  ove  gli  abi- 
tati distauo  li'a  loro  di  veuti  o  trenta  miglia  soglionoj 


(  355  ) 

come  ho  delio  ,  pernottare  i  coloni  nelle  campagne 
divisi  dalle  loro  famiglie  ,  ed  andarle  a  ritrovare  in  ogni 
sette  giorni  ,  ed  anche  in  alcuni  luoghi  in  ogni  quin- 
dici ,  e  quando  poi  il  bisogno  dell'  cconoiuia  lo  ri- 
chiegga  .  Il  viaggio  da  bassi  operai  fassi  generalmente  a 
piedi ,  giacché  non  ostante  che  dai  proprietarj  si  con- 
cedono loro  delle  bestie ,  di  queste  sogliono  avvaler- 
sene per  condurre  delle  legna  per  le  loro  famiglie  . 
In  qualunque  modo  però  il  sabato  ,  in  cui  fassi  il  viag- 
gio per  andare  in  città  ,  perdesi  quasi  intieramente  per 
questo;  il  lunedì  similmente  per  ritornare  in  campa- 
gna: ecco  che  i  sei  giorni  di  travaglio  della  settima- 
na si  riducono  a  quattro,  senza  contare  le  altre  Fe- 
stività dell'  anno ,  in  cui  fassi  lo  slesso  .  Questo  in- 
conveniente mi  si  potrà  dire  si  diminuisce,  ove  si 
permeile  l' accesso  degli  operai  alle  loro  famiglie  in 
ogni  quindici  ed  anche  più  giorni,  ma  con  ciò  vessi 
incontro  ad  altro  peggiore  ,  come  vengo  a  dire  . 

Le  donne  abbandonate  dai  loro  mariti  per  più' 
giorni  di  buona  fede  crediamole  caste  .  È  he  n  vero- 
che  la  rara  venere  è  più  prolifica  ,  ma  non  già  allor- 
ché sia  forzala,  giacche  il  punto  delta  generazione 
risiede  nell'  incontro  della  favorevole  disposizione  di 
ambi  i  coojugali ,  che  non  è  molto  frequente  .  Quindi 
è  che  un  tale  -Sistema  è  una  delle  cause  spopolalrici 
di  quei  paesi  . 

Se  poi  suppor  vogliamo  ,  da  maligni ,  che  le  don- 
ne prive  dei  loro  mariti  e  della  loro  soggezione  si 
dieno  volentieri  alla  prostituzione,  giacché  non  suol 
esservi  termine  medio  negli  amori  impudici  di  femmine 


(  356  ) 
prive   di  morale  educazione,  allora  avremo  una    mag- 
gior causa  spopolalrice  j  ed  origine  di  tante  altre  iiumo- 
ralilà  e  delitti  . 

Comunque  creder  ciò  si  voglia  posso  io  assicura- 
re che  dai  registri  parrocchiali  della  popolazione  di 
Altamura  ho  rilevato,  che  vi  sono  mollo  più  hgli  ge- 
neralmente nelle  famiglie  di  que' contadini  ,  che  ri- 
tornano quasi  ogni  sera  nell'  ahitato  ,  che"  nelle  famiglie 
dei  pastori  e  degli  altri  ,  che  pernottano  sempre  in  cam- 
pagna ,  e  veggono  le  mogli  di  raro .  Se  dunque  per  nott 
perdersi  tempo  dal  travaglio  creder  si  voglia  più  pro- 
llttcvole  la  minor  frequenza  de'  viaggi  de'  coloni  agli  al>i- 
tati  ,  allora  si  aumenta  la  già  detta  causa  spopolatrice. 

Per  riparare  a  tutti  i  mali  ,  il  solo  e  semplice 
mezzo  è  di  richiamare  le  famiglie  ad  abitare  le  cam- 
pagne .  Si  toglierebbe  cosi  l' occasioae  de'  viaggi  de- 
gli Ojjerai  per  vedere  le  loro  famiglie  ,  o  andare  a  per- 
nottare nelle  città  ,  e  si  aumenterebbe  il  tempo  del 
travaglio  .  Inoltre  si  accrescerebbero  all'  istante  le  brac- 
cia all' agricoltura  ,  giacché  le  femmine  che  ora  langui- 
scono tra  r  ozio  e  la  mollezza  ne'  numerosi  abitalf 
o  al  più  sono  addette  alla  meschina  arte  del  fuso,  si 
adatterebbero  volentieri  ad  ajutare  i  loro  mariti  e  pa- 
dri nel  coltivare  la  terra.  Le  donnesche  arti  di  prima 
necessità  sona  generalmente  eseguite  in  Puglia  eoa 
metodi  stentati  ,  quindi  è  che  con  macchine  ben  in- 
tese ,  e  coir  impiego  di  tre  o  quattro  abili  artieri  sup- 
plir si  potrebbe  a  ciò  che  si  esegue  ora  nel  tempa 
stesso  per  ogni  centi najo  di  femmine  . 

Esposte  queste  di  coulixiuo  alle  vicende  delle  sta- 


(  3^7  ) 
gloni  nelle  campagne ,  si  renderebbero  assai  più  ro* 
buste  e  capaci  a  sostenere  il  travaglio  .  Osserviamo 
ora  die  avezze  alla  mollezza  nell'  inverno  n'escono  molto 
in  tempo  estivo  nelle  campagne  per  lo  spicilegio  in- 
contrando non  poche  infermità  pericolose  per  1'  insola- 
zione ,  e  per  altre  violenti  im[)ressioni  che  risentono. 
Oltre  delle  infermità  endemiche  ,  quelle  campagne  so- 
gliono produrre  de'  mali  nervini  ,  avendo  la  testa  di- 
scoperta al  sole  ,  ed  una  incomoda  esalazione  che  si 
emana  dalla  messe  recisa,  che  suol  produrre  un  leg- 
gier  furore  o  mania  ,  a  cui  va  anche  soggetto  qual- 
che maschio  ,  guaribile  colla  musica  e  col  ballo  , 
che  erroneamente  si  è  creduto  prodotto  dal  morso 
di  una  specie  di  ragno  detto  Tarantola .  Dalle  ta- 
vole necrologiche  di  Altamura ,  che  per  varj  anni  colle 
osservazioni  patologiche  unii  a  quelle  meteorologiche  , 
ho  costantemente  rilevato  ,  che  i  mesi  di  luglio  ed 
agosto  sono  i  più  mortiferi  per  tali  donne  . 

In  unione  de'  loro  mariti  sarebbero  esse  più 
oneste,  e  ciò  assai  iulluirebbe  a  migliorare  la  pub- 
blica morale  ,  non  tanto  perchè  più  difGcoltà  incontre- 
rebbero i  maschi  a  dare  sfogo  alle  loro  prave  passio- 
ni,  ma  perchè  sono  le  donne,  che  i  primi  sentimenti 
istillano  a  fanciulli  ;  e  per  migliorarsi  il  costume  , 
cominciar  devesi  da  quello  delle  donne  ,  come  al- 
trove ho  dimostrato  (a)  .  Inoltre  non  solo  la  prolifica- 
2Ìoue  si  aumenterebbe ,  ma  i  fanciulli  nella  loro  infan- 


(a)  Arte  statistica  par.  II  sez.  4-  cap.  7.  §.  3. 


(  358  ) 
zia    si  accoslumerebbero    alle    varie    impressioni    delle 
stagioni  ,    da  cui  ne   risulterebbe    la   loro  maggior  ro- 
bustezza . 

Il  massimo  vantaggio  di  un  tale  sistema  ridon- 
derebbe poi  ,  sebene  si  rifletta  ,  ad  utile  degli  stessi 
operai  .  Quelli  die  pernottano  nelle  nude  campa- 
gne pugliesi  di  altro  non  si  alimentano  di  conti- 
nuo ,  che  di  una  semplice  suppa  latta  col  pane  ba- 
gnato in  acqua  e  sale,  e  condita  con  poco  olio ,  e  ciò 
per  mancanza  di  chi  ajiparecchi  loro  de'  cibi  variati  . 
Si  sa  che  l'alimento  misto  è  il  più  analogo  all'uomo, 
e  che  il  continuo  vitto  vegetabile  non  è  proprio  per 
la  gente  addetta  al  travaglio .  Le  mogli  essendo  allora 
in  compagnia  continuamente  dei  loro  mariti  non  man- 
cherebbero occuparsi  ad  apparecchiar  loro  variati  cibi, 
e  penserebbero  da  vicino  alla  loro  nettezza,  principale 
modo  di  procurare  la  buona  salute;  rasciugherebbero 
al  focolare  in  tempo  di  pioggia  le  loro  umide  vesti  , 
che  tante  volte  non  depongono  anche  nel  dormire;  ed 
altri  molti  sussidj  potrebbero  dar  loro  . 

Ma  come  procurare  la  dimora  delle  famiglie  in 
catiipagna  da  cui  tanti  vantaggi  risultano?  Io  non  pi'O- 
pongo  il  precetto  di  Palladio  :  Ferrarli  ,  Ugnarii ,  do- 
liorum ,  cuparumque  factores  necessario  habendi  siint, 
ne  a  labore  solenni  rusticos  causa  desiderandce  urbis 
avertat  [a) .  Basta  solo  un  molino  ,  un  forno  ,  perchè 
i  Pugliesi  coloni  possano  rimanere  in  campagna  . 


(a)  De  re  rustica  lib.  i.  tit.  VI. 


(359) 

La  nostra  santa  religione  ,  a  perfezionar  la  morale 
sommamente  intenta  ,  non  si  contenta  che  le  famiglie 
nelle  loro  private  mura  solamente  diano  il  dovuto  cul- 
lo alla  divinità,  come  ai  Dei  penati  facevano  gli  an- 
tichi ,  uìa  esige  che  si  congreghino  nelle  chiese  ne' 
festivi  giorni  per  sentire  la  voce  de'  loro  sagri  pa- 
stori ,  e  partecipare  della  sagramentale  grazia  ;  quindi 
è  che  il  centro  ed  il  richiamo  delle  famiglie  sono 
presso  di  noi  a  ragione  le  Chiese  coi  loro  Ministri 

Ad  onta  di  questa  verità  i  Giureconsulti  che  com- 
ponevano la  real  Camera  di  S.  Chiara,  a  cui  spetta- 
va impartire  1'  assenso  in  ogni  erezione  di  ecclesiastico 
stahilimento ,  considerando  che  ogni  erezione  di  nuo- 
va Chiesa  portava  seco  la  dotazione  di  fondi ,  li  quali 
vincolati  eternamente  restavano  e  fuori  del  civile  com- 
mercio ,  anche  che  aholite  venissero  tali  Chiese  ,  per 
una  interpretazione  estesa  alle  canoniche  massime , 
renitenti  erano  nella  concessione  di  ogni  rurale  Chie- 
sa .  Ora  che  la  ragion  di  stato  è  con  saggia  avve- 
dutezza intesa  ,  e  non  si  hanno  più  questi  riguar- 
di ,  crederei  che  meritar  dovesse  il  gradimento  dell' 
illuminato  Governo  lo  stabilimento  delle  rurali  Chie- 
se, ove  il  bisogno  richieda,  per  richiamarvi  il  domi- 
cilio delle  famiglie  ,  e  popolare  in  tal  modo  le  cam- 
pagne della  Puglia  ,  e  quelle  che  simili  alle  Pugliesi 
sono  anche  deserte  ,  ed  aumentarsi  cosi  1'  agricoltura , 
e  procurare  la  nazionale  floridezza . 

Quanto  poi  la  meschina  classe  de'  Pugliesi  inca- 
pace sia  di  adattarsi  ad  altro  cibo  ,  che  rimpiazzar 
possa  il  pane  di   Aumento  ,  come  negli  anni  di  estre- 


(  36o  ) 
ma  carestia  si  è  osservato ,    altrettanto    è    dessa    parca 
nel  contentarsi  di  questo  solo  pane  ed  accessoriamente 
di  qualche  altro  commestibile  . 

II  solo  stabilimento  di  un  molino  ,  e  di  un  forno 
costituisce  dunque  l'essenziale  bisognevole  per  l' ali- 
mentazione degli  operar]  sparsi  per  le  campagne  .  Io 
non  dico  con  ciò  che  obbliati  vengano  tutti  gli  stabi- 
limenti e  sussidj  per  la  miglior  vita  e  conservazione 
di  sì  utile  classe,  ma  questi  non  sono  di  una  neces- 
sità la  più  pressante  per  i  nostri  moderati  Pugliesi . 

Questi  semplici  stabilimenti  sono  sufficienti ,  co-. 
me  ho  detto  a  trattenere  le  famiglie  in  campagna  , 
ma  non  già  a  richiamarle .  Non  è  certamente  piace- 
vole il  passaggio  oltre  le  abitudini  delle  donne  con- 
trattate nella  mollezza  delle  città.  Per  indurle  a  ciò 
qual  miglior  mezzo  può  escogitarsi ,  qualora  non  vi 
sleno  ostacoli ,  che  unire  alla  concessione  delle  porzio- 
ni de^ territori  comunali,  l'obbligo  di  trasferire  la  lo- 
ro dimora  in  campagna  ?  I  grandi  proprietarj  si  do- 
vrebbero animare  ad  edificare  una  Chiesa ,  un  moli- 
no ,  un  forno ,  e  qualche  ricovero  ne'  proprj  poderi 
per  le  famiglie  de'  coloni.  Non  è  più  il  tempo  da  te- 
mere r  estensione  del  giogo  feudale  in  questo  modo  , 
ma  la  sola  floridezza  nazionale . 

Quando  la  popolazione  sarebbe  spai'sa  nelle  cam- 
pagne ,  allora  sarebbe  ivi  confacente  l'agricoltura  in  pic- 
ciolo con  sommo  profitto. 

Altri  mezzi  non  mancherebbero  al  nostro  illuminato 
Governo  da  incoraggiare  la  campestre  popolazione  in  Pu-r- 
glia  ,  che  di  soverchio  mio  ardire  sarebbe  il  proporli. 


{36i  ) 
Sulla  Pastorizia  del  Regno  di  Napoli  .  Memoria  del 
Socio  Ordinario  Cavaliere  Teodoro  Monticelli .  P. 
Professore  di  Filosofia  Morale  nelV  Università  di 
Napoli .  Letta  neW  Adunanza  del  di  26  Setteni" 
Ire  1810. 

V_iHiiinquo  aLbia  qualche  uolizia  del  nostro  paese  ,  e 
per  poco  riflella  ai  generi  commerciali ,  di  cui  ci  prove- 
douo  gli  esteri  ,  si  avvede  dovervisi  annoverare  il 
cacio  ,  le  pelli ,  e  le  cuoja  .  Anzi  è  così  considerevole 
la  copia  ,  ed  il  valore  di  questi  generi  ,  che  ne'  tempi 
di  pace  dalla  Sard/gna  ,  dalla  Morea  ,  dalla  Dalmazia,  e 
sopratutto  dall'Inghilterra  siam  soliti  ritrarre,  che  se- 
condo i  registri  doganali  -vi  s'  impiegava  in  ogni 
anno  1'  esorbitante  somma  di  un  milione  ,  e  3oo  mila 
ducali  ,  che  continua  tuttavia  a  sborzarsi  presso  a 
poco  ,  come  prima  ,  non  ostante  la    guerra  . 

Ciò  basta  a  dimostrare  ,  che  la  nostra  Pastorizia 
essendo  insufficiente  al  bisogno  di  cinque  milioni  d.'  uo- 
mini ,  cui  appartengono  ,  oltre  i  sterili  monti ,  i  boschi  , 
i  (ìumi  ,  le  strade,  e  le  abitazioni  i6  millioni  incirca 
di  moggia  di  terra  fertilissima  e  coltivabile  (i)  lungi 
dall'  esser  florida  ,  ed  animata,  sia  da  lungo  tempo  nell' 

46 


(1)  f^edi  Galanti  del  Commercio  del  Regno  nella 
sua  Descrizione  Geografico- Politica  .  In  questa  som- 
ma  non  è  compreso  l'esito  di  denaro  per  panni, 
e  lana . 


(  362  ) 

avvilimento  ,  e  nella  più  completa  decadenza .  Quindi 
mi  è  venuto  alla  mente  il  pensiero  di  esporre  breve- 
mente della  nostra  Pastorizia  non  solo  lo  stato  attua- 
le ,  ma  benanche  i  difetti  ,  e  gli  ostacoli  ,  che  la  man- 
tengono neir  abiezione  5  e  calcolando  con  dali  sicuri, 
ed  incontrastabili  i  felici  risultati  ,  che  meglio  tratta- 
ta ,  e  più  estesa  ci  ripromette  ,  cercherò  di  richiama- 
re r  attenzione  de'proprietarj  verso  di  quella  ,  e  accen- 
nerò in  ultimo  luogo  i  inezzi  più  facili  a  farla  solle- 
'citamente  ,  come  il  nostro  interesse  esige  ,  rifiorire  . 

Nel  momento  ,  in  cui  sembra  terminata  la  l'iforma 
delle  nostre  antiche  ,  e  complicate  leggi ,  e  fissato  com- 
pletamente il  nuovo  sistema  dell'  amministrazione ,  e 
degli  ordini  civili ,  il  tentare  di  far  risorgere  tra  noi  una 
delle  arti  nudrici  dell'  uomo  ,  che  ci  ripromette  gran- 
de opulenza  da  noi  soli  dipendente ,  mi  sembra  degno 
della  vostra  attenzione.  Tocca  a  voi  rispettabili  Socj  , 
decidere  se  io  abbia  colto  nel  sogno  ,  e  se  debba  me- 
ritare il  vosti'o  compatimento  . 


I 


(  3G3  ) 
PARTE    I. 

Stato  attuale  della  Pastorizia  del  Regno  di  Napoli. 

ÌTXOUe  sono  le  specie  di  animali,  che  l'uomo,  è 
già  gran  tempo  ,  apprese  a  soggiogare  ,  o  domestica» 
re  .  Benché  tutte  siano  utili  ,  ed  interessanti  ,  quelle 
però  ,  che  agli  altri  prodotti  accoppiano  il  latte  ,  la 
carne  ,  e  la  lana  ,  riscossero  mai  sempre  presso  tutti  i 
popoli  della  terra  ben  giusta  preferenza.  Le  preferirò 
ancor  io  in  questa  memoria  ,  onde  mi  restringo  a  par- 
lare delle  pecore  ,  e  delle  vacche  (i). 

L'  emporio  della  nostra  Pastorizia  è  il  così  detto 
Tavoliere  di  Puglia .  La  pecore  di  sei  Provincie  ,  cioè 
degli  Apruzzi  ,  del  Sannio  moderno  ,    della  Capitana- 


(ij  La  superfìcie  del  Regno  si  crede  esser  di  23 
mila  miglia  quadrate ,  ed  in  conseguenza  di  35  mi- 
lioni di  moggia  incirca:  tolti  9.  per  i  cennati  oggetti, 
restano  di  terra  coltii>abile  16  milioin  di  moggia,  che 
potrebbero  ridursi  presso  a  poco  a  quella  fertilità  , 
che  osserviamo  nella  Campania  ,  ed  a  nudrire  in  con^ 
seguenza  un  proporzionato  numero  di  abilanti ,  se  si 
trattassero  con  quella  intelligenza  ,  e  previdenza ,  che 
il  nostro  interesse  altamente  riclama  ,  e  come  furon 
trattati  dai  nostri  più  rimoti  antenati . 


(364) 
ta ,  e  della  Basilicata  al  numero  di  uu  milione,  e 
mezzo  vi  si  adunano  per  passarvi  1'  inverno  ,  e  dimo- 
rano l'estate  ne' monti.  Nelle  altre  Provincie  del  Regno 
esiste  un'  altro  milione  di  pecore  ,  se  vogliam  presta  r 
fede  all'  Avvocato  Galanti  e  deferendo  ad  altri  autori  il 
numero  di  queste  benché  sia  maggiore  non  eccede 
quello  del  Tavoliere  , 

Diyidousi  le  nostre  pecore  in  sai  specie  principa- 
li, diverse  fra  loro  per  grandezza,  par  bontà,  e  pe'l 
color-vario,  e  preggio  della  laaa .  Abbiamo  pecore 
gentili  bianche,  e  nere;  bianche,  e  nere  da  pelo  lun- 
go 5  dette  di  lana  moscia  ;  pecora  carfagne  ,  e  carapel- 
lesi  (t)  .  Ciascheduna  di  queste  specie  varia  ancor  di 
grandezza  ,  e  di  lana  a  seconda  della  abbondanza  e  deU 
)a  qualità  de' pascoli,  -«n-*- 

La  differenza  più  sensibile,  che  distingue  tra  noi 
le  varie  razze  è  senza  dubbio  tra  quelle ,  che  viaggia- 
no dai  monti  ai  piatii  ,  e  quelle  ,  che  d'  està  ,  e 
d'  inverno  rimangono  sempre  nella  stessa  regione  . 
Le  pecore  di  Apruzzo  sono  certamente  di  singoiar 
bellezza,  e  le  migliori  di  tutte  rapporto  alla  lana 
alla  di  cui  bontà  si  crede  contribuir  grandemente  1'  in- 
veterato     costume    di    farle    svernare    ne' piani    tepidi 


(i)  Le  nostre  pecore  gentili  si  credono  discenden- 
ti dai  merini  di  Spagna  ,  die  maltrattati  degenerarono  . 
{Chiamiamo  Carfagne  le  pecore  di  lana-  ruvida  mista 
di  bianco  ,  di  nero  e  di  bigio .  Carapellesi  poi  diconsi 
quelle  di  lana  nera  pendente  al  bigio  . 


.  (  365  ) 

della  Puglia,    e  trattenerle    su' i  verdegianli  prati    de*^ 
monti  ne'  calori  estivi  ,  e  sempre  a  cielo  scopi-rto  . 

I  pascoli  rrjigliori  in  Apruzzo  son  quelli  dt^l  gran 
sasso  ,  e  di  falli  producono  squisito  latte  ,  e  la  lui- 
glior  lana  .  Sono  ancora  in  preggio  quei  d'  Ovindoli  , 
€  (li  Lucoli  .  In  Puglia  i  migliori  sono  intorno  a  Fog- 
gia ,  Cirignola  ,  Orla  ,  e  Ascoli  .  Quei  di  Lesina  ,  e 
di  Apricena  tengono  il  secondo  luogo  .  Quei  di  Sal- 
pe poi  ,  e  della  Trinila  ricoperti  di  lenlisco  ,  e  quei 
di  Canosa  ,  e  di  Andria  petrosi  ed  aridi  sono  i  meu 
estimati  . 

Nelle  pianure  i  nostri  pascoli  son  più  o  men  con- 
tani'nali  dalle  acque  slagnanti ,  ed  in  conseguenza  an- 
cora da  erbe  palustri  ,  ed  ombellifere  (i)  .  V<'ggonsi 
poi  da  per  tulio  ritopcrli  di  piante  inutili  ,  o  poco 
utili  al  bcstiaiìie  (o.],    e    spesso  ancora    di    pianle   no- 

(i)  Z/'  erhe  priltistri  ^  di  cni  abbondano  tra  noi  i 
prati  pantanosi  ,  ed  umidi  sono  i  ginnghi ,  la  canna 
palustre  ,  V  equiseto  ,  il  carice  ,  V  idrocotile  aquatica, 
la  lobidia  del  fior  prolungato  ,  la  pediculare palustre  , 
la  cicuta  ,  varie  sorti  di  solani  ec. 

(2)  Piante  mutili  al  bestiame  ,  o  pressocchè  inu~ 
idi  sono  il  giungo  ,  il  dauco  ispanico  ,  la  canna  are- 
naria ,  il  convolvolo,  V  imperato  ,  V  echinofora  spinosa, 
T  eringio  marittimo ,  il  corniolo  ,  il  bosso  ,  l  agno 
casto  ,  il  ginepro  ,  hi  salicornia  fruticosa.  ,  il  ranno 
alaterno,  il  pruno  spinoso,  l'evonimo  europeo ,  il  cor- 
bezzolo ,  la  spina ,  il  pero  selvaggio ,  la  saponaria  , 
le  ferule  ,  il  mirto  ,  il  lenttsco  ,  ed  altre  ,  di  cui  ab- 
bondiamo . 


(  3GG  } 
e'tve    (i).  L' eroa  predominante    ne' piali  di  Puglia,  e 
delle  Provincie  piane  del  Regno    è   senza    dnbbio      la 
gramigna    di    varie    specie  .    Si  osserva    questa    stessa 
nelle  colline  ,    e    nelle   valli    trai    monti  .     Alle    varie 
specie  di  gramigna  mescolausi  la    cicoria  ,  la  bursa  pa- 
storis,  l'antosanto  odoroso  ,  il  cardoncello  ,  la  trigonella, 
o  sia  il  fieno  greco  ,    la    ferfara  ,    cioè    la  medica  ,    il 
trifoglio  a  fior  bianco  ,  e  a  fior  rosso  ,     il  fleo    praten- 
se ,    la  sulla  in    alcune    regioni    della  Calabria  abbon- 
dantissima ,  il  mille-foglio  ,    la  bellide  maggiore    e  mi- 
nore ,    la  festuga  rossa ,     ed    ovina   specialmente    nelle 
alture,    il  timonelle  sabbie,    il  cartamo    de' tintori,    il 
rosmarino ,    la    ginestra ,    ed    altre    erbe    agli    armenti 
utilissime .  Ma  ben  più  di  queste  vi  abbondano  le  poco 
utili,  e  le  affatto  inutili,  e  sovente  ancor  le  nocive  nelle 
note    da    noi    riportate  .    Se    ne'  Colli   ,    e    ne'  monti 
tra  il  ginepro  ,  le  spine  ,  il  bosso  abbondano  le  festu- 
che ,  la  pimpinella,  reufragia,la  nepeta  ,  la  camomil- 
la ,  la  salvia,  la  valei'iana  ,  la  carlina,    la    melissa,    la 
genziana,  i  bromi,  le  agrostidi   ec.  e  mille  altre  piante 
aromatiche,  egli  è  un  dono  della  natura,    e  del   clima 
e  non    un  prodotto    della    nostra  industria  . 

TVoi  non  prendiamo  alcun  conto  de'  nostri    pasco- 


(j)  Piante  nocive  al  bestiame  oltre  le  palustri 
(il  sopra  accennate  sono  il  titinialo  ,  lo  stinionio  , 
V  en'o-riibiglia  ,  la  Scilla  ,  il  tasso  baccifero  ,  i  ra- 
nuncoli ,  V  anemone  appennUia  ,  ed  altre. 


(  367  ) 
li .  l5on  dessi  perloppiù  ,  come  ci  furon  trasmessi 
dai  nostri  padri ,  o  al  più  rotti  ,  e  dissodali  di  quan- 
do in  qnanclo  per  coltivarvi  i  cereali  .  Non  si  ])ensò 
mai  di  liberarli  dalle  acque  stagnanti,  di  svellerne  al- 
men  le  piante  inutili  ,  e  le  nocive  ,  di  sostituirvene 
delle  salubri ,  e  più  utili  •  Non  si  sospetta  nò  anche 
dai  nostri  proprietarj  ,  che  siano  suscettibili  di  boni- 
ficazione i  prati  della  Puglia,  e  dell'  Apruzzo  .  La 
natura  ,  la  sola  natura  deve  somministrar  tutto  per  la 
sussistenza  delle  nostre  greggi  senza  la  menoma  coope- 
razione dell' iiomo  (i). 

Alcuni  prpgiuJizj  vengono  in  appogio  della  gene- 
rale oscitanza  .  Comunemente  credesi ,  che  le  pecore 
cangiando  pascolo  non  solo  vadano  a  degenerare  ,  ma 
corrano  rischio  di  morte  ,  e  che  somministrando  loro 
nell'inverno  biada,  fieno,  o  altro  seccume ,  siano  sog- 
gette agi'  istessi  inconvenienti  ,  onde  non  si  pensò  mai 
a  procurargli  cibo,  che  spontaneo  non  sorga  sulla  su- 
perficie del  Suolo  ,  nò  si  prese  mai  alcuna  precauzio- 
ne per  supplirlo  ncU'  intemperie  delle  stagioni  . 


(i)  Nel  Sanino,  e  ìielV  Apruzzo  si  usa  dure  alle 
pecore  del  seccume  ,  e  della  paglia  nell  im'crno ,  on- 
de chiamansi  pagliarole  ;  e  sono  senza  dubbio  le  più 
in/elici  di  quelle  ,  clur  abbiamo  ,  ?na  ninno  ha  provato 
ancora  ,  se  nudrendole  nel  corso  dell'  inverno  con  del- 
le patate  ,  colla  radice  di  abbondanza ,  ed  oltre  le 
f rondi ,  e  la  paglia ,  migliorassero  la  loro  condizione, 
come  deye  succedere . 


(  368  ) 

Come  in  Puglia ,  cosi  nelle  altre  Provincie  vivo- 
no le  pecore  notti  e  dì  esposte  all'  ingiurie  del  tem- 
po ,  che  nel  nostro  clima  sono  tollerabilissime  ,  e  que- 
sto costume  giova  alla  bontà  della  lana  .  Vagano  di 
giorno  accompagnate  dai  pastori  ,  e  dai  cani  par  i 
campi  ,  e  di  notte  sono  rinchiusa  no'  recinti  formati 
di  fernla  ,  e  di  paglia  ,  o  ne'  cortili  di  muro  .  Tutte 
riposano  su  i  loro  escrementi ,  anzi  in  Puglia  serbansL 
alti,  e  annosi  strati  di  letame  indurito,  perche  di  so- 
pra vi  giaccian  asciutte  le  pecore  senza  sospettare  per 
poco ,  che  la  lana  ,  e  la  sanità  ne  debbano  provare 
non   lieve  detrimento  . 

I  montoni  si  tengono  alla  rinfusa  colle  pecore  iu 
ogni  tempo  .  Ninna  diligenza  si  adopera  rapporto  all' 
accoppiamento  dell'  un  sesso  coli'  altro  ,  donde  dipende 
la  conservazione  ,  ed  il  perfezzionamento  delle  razze  . 
Se  per  conservare  le  razze  dalle  pecore  gentili  si  ha 
qualche  cura  ,  tenendole  separate  dall'  altre  ,  non  sa 
ne  ha  alcuna  per  migliorarne  la  lana.  A  caso  vivono, 
a  caso  si  uniscono,  e  si  propagano,  a  caso  sono  con- 
dotte ,  e  regolate. 

L'umidità  nuoce  grandemente  a  questi  animali, ed 
il  sale  è  eftìcace  rimedio  ad  impedirne  le  tristi  conse- 
guenze .  Il  sale  intanto  non  si  dà  alle  pecore  in 
molte  Provincie  del  Regno  ,  ma  nella  Puglia  ,  e  nelle 
Provincie  dove  si  adopera  ,  il  di  lui  uso  va  restringen- 
dosi da  giorno  in  giorno  per  l'  arduo  prezzo  di  questa 
derrata  (i)  . 


(i)  //  Goiferno   somministrava  ai  Locati    i8  mila 

to- 


(  3C9  ) 
PfcU'arle  velerenaria  quanto  siamo  alle  più    colle 
nazioni    di    Europa    inferiori    con    rossore  il  (lobbia ni 
confessare  j  ma  per  le  pecore  anidale  inleranicole  alla 
classe  pili  abji'lta  ,  e  miserabile  della    nazione  non    vi 
è   cosa  ,  che  possa  esprimere    al  vivo  i  frequenti    mali 
contagiosi,  e  le   molte  infermità  individuali  da  cui  so- 
gliono esser  oppresse.  Il  solfo  ,  e  la  pece  per    i    mali 
cutanei ,  e  la  cavata  di  sangue  forman  tutta  la  scienza 
de'  nostri  più  sagaci   pastori  .    Intanto    la  schiavina  ,    la 
rogna,   il  capogirolo,  il  fuoco  di  S.  Antonio,  il  ciam- 
muorro  .  la  diarrea  ,  il  piscia  sangue,  la  torta  (i)  ,    il 
marcimento  del  legato  attaccano,  e  distruggono  da  per 
tutto    con  fnrore  i  nostri  annenli  .    E    di  questi    mali 
banche  saj)piamo  doversene  ripetere  1'  origine    dall'  er- 
be cattive,  o  velenose  ,  dall'  acque  putride,  e   stagnanti, 
dal  soverchio  ardore  del    sole  nell'  estate. ,  dal  cattivo  , 
e  scarso  pascolo,,  e  dalla  neve,  e  dal  gelo  nemico  so- 
])ralutto  degli  animali   deboli  ,  e  mal  nudriti,pure  non 
sappiamo  assegnare    le  cause  precise  ,    nò    prevenirle  , 
o  combatterle  con  opportuni  rimcdj  . 

Oltre  i  cennali   mali  convien  sapere  ,    che     le  no- 
stre   greggie  negli  anni  nevosi  soffrono  un  flagello  sco- 

47 


tomoli  di  sale  V  anno  alla  metà  del  prezzo  ordinario 
di  quella  derrata  per  animare  la  Pastorizia  nel  Tavolie- 
re .  Questo  benefìcio  è  andato  in  disuso  ,  e  V  alto 
prezzo  del  sale  ne  va  restringendo  sempreppiù  V  uso . 
(i)  Di  questo  morbo  ancor  si  quistiona  per  sa- 
perne la  cagione  con  accerto  . 


% 

(  ^70  ) 
nosciuto  al  resto  dell'  Italia  ,  e  dell'  Europa  .  Quante 
volte  nella  Puglia,  e  nelle  Provincie  meridionali  del 
Regno  cada  la  neve  e  per  qualche  giorno  ricopra 
quelle  apriche  pianure  ,  periscono  a  torme  gli  agnelli  , 
e  le  pecore  ,  e  tantoppiù  n'  è  grande  1'  esterminio  , 
quanto  più  sia  stato  scarso  il  pascolo  nell'antecedente 
autunno.  Il  freddo  precoce ,  e  la  siccità  di  quella  sta- 
gione non  fa  germogliare  l' erhe  da  prato  .  La  sover- 
chia umidità  autunnale ,  o  corrompe  l' erhe ,  di  cui 
mal  seconda  lo  sviluppo ,  o  al  meno  la  rende  acquo- 
sa,  e  di  poca  sostanza  .  In  questi  casi  se  nell'  inver- 
no sovragiunge  la  neve , gli  animali  spossati,  e  infievoliti 
dallo  scarso  ,  o  poco  sostanziale  nudrimento ,  essendo 
le  campagne  da  neve  ricoverte ,  vengono  interamente 
a  mancare  di  vitto  ,  e  dalla  forza  del  gelo  assiderati 
muojono  a  folla .  Suol  perirne  un  quinto  ,  un  quar- 
to, un  terzo,  ed  anche  una  metà  negli  anni  i  più  di- 
sastrosi .  E  queste  mortalità  più  ,  o  meno  grandi  ri- 
novansi  si  di  frequente  ,  che  non  passa  uu  decennio 
senza  soffrirne  una  delle  maggiori  . 

Ognun  sa ,  che  le  greggi  somministrano  carne , 
lana,  latte,  pelli ,  hudella;  mi  si  conceda  scorrer  hreve- 
mente  per  tutti  gli  accennati  articoli  .  E  da  osservar- 
si però  che  in  molte  Provincie  del  Regno  non  si  fa 
il  menomo  conto  del  fimo  peconuo  tanto  utile  a  fe- 
condare la  terra  _,  e  che  da  pertutto  si  trascurano  le 
ossa  ,  le  cartilagini  ,  le  unghie  ec.  di  questi  animali , 
che  pur  sarebbero  eccellenti  a  concimare  le  terre  avr-  ' 
gillose ,  e  cretose  di  cui  abhondia.mo . 


(  370       ^ 
La  carne   del   castralo  in  Puglia ,  e  negli  Appruz- 
zi ,  specialmente  in  Caramanico,  è  ollima  al  gusto,  ben- 
ché più  leggiera  della    bovina;   è   poco  piacevole    poi 
nella  Campania  ,  e  nell'  altre  Provincie  ,  come  l'è  da 
perlutlo  spiacevole  la  carne  di  pecora    e  di  montone . 
Ignorasi    donde    derivi  cosiffatta  differenza  ,  alla  quale 
certainenle  non  poco  influir  deve  la  qualità  de' pascoli . 
Sogliam  tosare  le  pecore  due  volte  1'  anno  a  mag- 
gio   ed  a  settembre  5    questa  pratica    se  porterà  con- 
to per  la  copia  della  lana  ,  deve  deteriorarne  la  qua- 
lità .  La  lana   delle  pecore  gentili  ha  del   inerito ,  ma 
si  Slima  più  del  dovere  dai  Pugliesi ,  e  dagli  Apruzze- 
si.  È  dessa  molto  inferiore  alla  lana  de' merini  di  Spa- 
gna ,  perchè  la  inigliore  lana  gentile  presso  di  m)i  vai 
circa  80  ducali  il  canlajo ,  mentre  la  lana  di  quei  po- 
chi merini ,    che  abbiamo  in  Puglia  ,    e    della    di  cui 
bontà  perfetta  si  può  muover  dubbio  ,  si  vende  succi- 
da a  100  ducati  almeno  ,    che    vai  quanto  dire  lavata 
a  i3o  ducati  il  cantajo  . 

I  Romani  padroni  un  tempo  di  queste  regioni  , 
e  delle  Spagne  non  conoscevano  lana  migliore  della 
Tarantina,  della  Lucerina  ,  della  Canusina.  Il  pecus 
tectum  di  Taranto  doveva  dar  lana  finissima  ,  e  mor- 
bidissima ,  come  rilevasi  dalle  cure  che  si  adoprava- 
no  per  queste  greggie  singolari  .  La  lana  lunga,  detta 
moscia  ,  è  mediocre  per  1'  uso,  cui  s' impiega  ,  cioè  per 
materasse  ;  è  però  ancor  essa  assai  inferiore  alla  lana 
di  Tunisi  .  Né  tampoco  è  da  rammentarsi  lana  di  al- 
tra specie  dopo  queste  :  appena  se  ne  possono  forma- 


*^ 


(   37a    ) 
re  riividissiml  arLaci  ,  e  funi  (i)  . 

Le  pelli  di  agnello  sogliono  estraersi  dai  Roma- 
ni ,  e  dai  Levantini  principalmente  per  formarne  de' 
guanti  ,  che  potrebbero  ben  lavorarsi  in  Regno  .  Le 
pelli  di  pecora  o  di  montone  convertonsi  in  carta-pe- 
cora ;  questa  si  forma  in  Regno  ,  ma  si  suole  rafGnar 
i  n  Roma  ,  e  di  là  si  spande  per  1'  Europa ,  come  se 
noi  non  potessimo  raffinarla  tutta  ,  e  mandarla  di  là 
dai  monti  direttamente  con  maggior  profitto. 

Le  budella  degli  agnelli  somministrano  le  corde 
armoniche,  tanto  usi  tate  ,  e  pregiate  di  là  dalle  Alpi. 
Questo  ramo  di  commercio  ed  industria  dovrebbe  ri- 
scuoter da  noi  maggior  attenzione  ,  e  buona  fede.  Por- 
tandole in  Germania  ,  in  Francia,    in  Inghilterra  ,  si 


(i)  /  Veneziani ,  e  i  Francesi  comprar  soglio- 
no ne'  tempi  di  pace  circa  tremila  cantaja  eli  lana  a 
5o  o  60  il  cantajo  .  Questo  spaccio  fa  credere  a  tutti, 
che  la  nostra  lana  sia  eccellente  ,  onde  non  si  badò 
mai  a  renderla  migliore.  Ascrivesi  ad  imperizia  la  me- 
diocre qualitcì  de'  panni ,  che  ne  formiamo ,  e  non  si 
ravi'isa ,  che  manchiamo  egualmente  di  lana  fina  ,  che 
di  scienza  perchè  sia  in  ottimo  panno  convertita .  Tro- 
vo nel  bilancio  del  nostro  commercio  testé  citato  , 
che  dall'  estero  in  panni  diversi  ,  e  lana  grezza  ci 
vien  somministrato  tanto  ,  che  non  solo  assorbisce  il 
ritratto  delle  cantaja  tremila  di  lana,  ma  dobbiamo  ri-' 
ondere  alt  estero  in  ogni  anno  circa  27  mila  ducati 
per  questi  soli  oggetti  . 


(  3:3  )  . 

vendono  all'  islaute  ,  ed  in  breve  tempo  si  triplica  ,  e 
si  quadruplica  il  capitale  che  vi  è  stato  impiegalo  . 

Il  latte  degli  animali  somministra  varj  prodotti  , 
tra' quali  i  principali  sono  la  crema  ,  donde  si  ritrae 
il  burro,  o  la  manteca  ,  ed  il  cacio.  Qual  sia  il  ca- 
cio comune  (i)  delle  nostre  pecore  ciascheduno  di 
noi  il  conosce  :  duro  ,  saliinastro  ,  spiacevole ,  di  po- 
ca durata  .  Tratterò  in  particolari  memorie  del  burro  , 
e  del  cacio,  che  meritano  grande  riforma  presso  di  noi  . 
Esposto  quanto  ha  riguardo  alle  pecore  ,  ci  con- 
viene descrivere  lo  stato  de'  nostri  armenti  bovini. 

V'ha  chi  pretende  che  il  maggior  numero  delle 
nostre  vacche  negli  anni  passati  ascendeva  a  700  mila. 
Ho  delle  ragioui  da  crederle  presentemente  ridotte  a 
un  terzo  di  meno  ,  (2)  ma  sia  come  si  pretende  da 
coloro  ,  che  esagerano  le  nostre  ricchezze  ,  le  vacche 
rapporto  al  vitto  ,  al  governo  ,  ed  alla  custodia  ,  sono 


(1)  //  cacio  di  Morsico  ,  di  Maglie ,  e  di  molti  altri 
luoghi  del  Regno  per  la  bontà  de'  pascoli  ha  del  merito  . 

(2)  L'industria  delle  vacche  va  ogni  giorno  restrin- 
gendosi in  tutte  le  Provincie  ,  come  T  agricoltura  . 
JSelle  Calabrie  è  mancata  per  molti .  IS'e'  poderi  ,  che 
non  han  pia  padroni  va  a  perdersi  interamente .  I  cele- 
stini mantenevano  in  San  Severo  ,  e  Ripalda  200  paja 
di  bovi ,  5oo  cavalli  ,  Soo  vacche ,  600  bufale  ,  due  0 
tre  mila  porci ,  otto  ,  a  dieci  mila  pecore  .  Tutti  que- 
sti animali  sono  scomparsi ,  e  appena  vi  si  trovano  1 1\ 
mila  ducati  di  animali.  Ab  uno  disce  omnes . 


f374) 
presso  di  noi  trattate  perfettamente  a  livello  de'  lanuti, 
onde  soffrono  le  stesse  vicende  ,  e  le  stesse  disgrazie 
negli  anni  nevosi ,  o  di  opportuno  pascolo  deficienti  . 
Anzi  tanto  più  vi  soggiacciono ,  quanto  più  malagevo- 
le rendesi  alle  medesime  il  pascolar  l' erbe  corte  atte- 
sa la  grossolana  struttura  della  loro  bocca  ,  e  la  diffi- 
coltà di  gir  vacando  per  ogni  dove  per  la  mole  della 
loro  machina ,  e  per  la  lentezza  del  proprio  movi- 
mento . 

Di  cotesti  animali  non  si  ha  positiva  cura ,  si  ac- 
compagnano semplicemente  al  pascolo ,  e  si  mungono 
nella  stagione  propria ,  la    quale    nella    maggior   parte 
delle  nostre  Provincie  si  restringe    a  pochi   mesi  dell' 
anno  ,  ed  in  molti  poderi  non  si  mungono  affatto ,  per- 
chè abbiamo  bisogno  di  molte  vacche    per  averne  un 
numero  sufficiente  di  partorite  ;  e  per  il  poco  latte   che 
danno  abbiamo  bisogno  di  molte  vacche    lattifere    per 
farne  il  cacio  .    Di   loo  Vacche,  appena  So  partorisco- 
no nel  corso   dell'  anno  ,    ove    l' industria    va   felicissi- 
ma, e  ove  questa  è  men  felice  ,  ne    partoriscono    an- 
che meno,  e  men  se  ne  mungono    quando  le  campa- 
gne presentano  molto  pascolo  .  Il    latte ,  eh'  esse  dan- 
no per  7  mesi  dell'anno  al  più    non  eccede  le  ^  caraf- 
fe al  giorno    compensando  i  tempi  proprizj    coi    men 
fausti  .  Ma  ciò  avviene  soltanto   in  alcuni  pochi  poderi 
della  Capitanata,  di  Apruzzo  ,  e  di  Calabria,    in    for- 
za di  2:)articolari  circostanze  di    qua'  luoghi  privilegiati 
dalla  natura  che  li  fa  abbondar  più  lungamente  di  er- 
be da   prato .    Ma    nelle    altre  Provincie ,   o  le  vacche 


(  375  ) 

non  si  mungono  affatto ,  o  si  mungono  solo  nel  mese 
di  maggio  e  giugno,  o  ottobre  e  novembre  ,  e  danno 
pocbissimo  latte.  Quindi  la  rendila  di  una  buona  vacca 
da  latte  presso  di  noi  è  da  4  a  8  ducati  l'  anno  net- 
ta di  spese  ,  mentre  in  Sorrento  con  maggiori  atten- 
zioni si  giunge  a  ritrarre  dalle  vacche  24  ducati  a  testa. 
Siamo  soliti  eziandio  assoggettare  le  vacche  in  più  luo- 
ghi alla  tritura  del  granone  delle  biade,  penoso  trava- 
glio ,  che  dirado  va  disgiunto  da  frattura  di  ossa  ,  da 
lussazioni  ,  ed  altri   funesti  accidenti  . 

A  migliorare  la  razza  ,  a  sceglier  le  vacche  di  quella 
conformazione,  e  di  quella  specie,  che  a  dar  molto 
latte  richiedesi  ,  a  conservarle  lattifere  colle  cure  rico- 
nosciute ormai  da  tutt'i  popoli  dell'  Europa,  par  che  non 
ponghiamo  la  menoma  attenzione  .  Il  sale  che  pur  dia- 
mo alle  pecore ,  si  niega  alle  vacche  ,  cui  sarebbe  egual- 
mente giovevole ,  e  necessario  ;  quindi  non  dee  far 
meraviglia  ,  se  menano  vita  stentata  ,  se  danno  pochi 
allievi  ,  e  men  latte  ,  e  se  abbandonate  al  macello  dia- 
no carne  men  buona  de'  bovi  . 

Di  questi  il  destino  è  alquanto  migliore  .  Impie- 
gati all'aratro,  ed  al  carro,  vengono  nudrili  nelle  stal- 
le,  non  proprie  però,  né  proporzionate  al  loro  nume- 
ro ;  quindi  sono  ancor  essi  soggetti  a'  crudeli  epizoozie 
cui  concorrano  ancora  tutte  le  altre  cagioni, che  parlan- 
do delle  infermità  contagiose  delle  pecore  accennam- 
mo .  Invecchiando  sogliono  i  bovi  esser  meglio  trattati 
per  ricavarne  carne  migliore,  e  maggior  profitto  ven- 
dendoli  a  macellai  . 

Dal  latte  di  vacca  far  si  sogliono  diverse  sorti  di 


(376) 
cacio  ,  cioè  il    comune  ,  il    cacio    cavallo  ,  le  provole  , 
Ossian  grosse  provature  .  Vetlremo  altrove    qual    sia  il 
merito  di  queste  varie  specie  di  cacio  ,    e    come    po- 
trebbero migliorarsi. 

I  nostri  cuoj ,  le  nostre  pelli  ,  ed  il  cacio  vaccino 
non  possono  star  con  vantaggio  al  paragone  con  quelli 
di  Fiandra  ,  d' Inghilterra ,  e  di  Francia  ,  ed  abbiamo 
veduto  nel  principio  di  questa  memoria  ,  che  non  sono 
suftìcienti  alla  nostra  ordinaria  consumazione  . 

Questo  è  lo  stalo  de'  nostri  armenti  bovini  ,  e 
pecorini .  La  Nazione  però  lotta  incerta  ,  e  divisa  sai 
merito  della  pastorizia,  e  sinora  par  che  ignorato  ab- 
bia i  mezzi ,  onde  combinarla  coli' agricoltura. 

Vantano  gli  Apruzzesi  il  fruttato  delle  loro  peco- 
re da  corpo  ,  affermando  porger  netti  di  spesa  dodici 
carlini  1'  uno  ,  quando  però  le  stagioni  corran  felici  . 
Ma  computate  le  pecore  non  fruttifere  ,  i  montoni  ,  e 
le  infinite  sciagure  ,  che  sovente ,  ed  in  varie  guise  op- 
primono questa  industria,  sparirà  gran  parte  del  pre- 
teso fruttato  .  Considerate  oltre  ciò  1'  ampia  estensione 
de'  terreni  addetti  a  pascolo  ,  paragonateli  col  numero 
degli  animali  ,  che  a  stenti  nudriscono  ,  e  riflettete  al 
maggior  prodotto  ,  che  meglio  coltivati,  anche  per  uso 
di  pastura  .  dar  potrebbero  ,  e  vedrete  come  ogni  cal- 
colo ,  che  per  essi  facciasi  ,  poggia  suH'  ipotesi  della 
generale  ,  ed  inveterata  oscitanza  ,  come  se  fosse  per 
noi  iinpossibil  cosa  di  far  ciò,  che  popoli  men  favoriti 
dalla  natura  ,  e  da  noi  poco  rinioti  felicemente  costu- 
mano di  fare  . 

J 


(  377  ) 
Rapporto  all'  industria  delle  vacche  le  pretensioni 
de'  nostri  arnientarj  sono  assai  più  ristretto  .  II  coin-« 
mercio  più  utile  ,  che  con  queste  ,  e  coi  bovi  si  fac- 
cia,  è  l'ingrassarle  per  il  macello.  Molti  han  dismes- 
so ,  e  dismettono  alla  giornata  questa  stessa  industria; 
onde  se  il  Governo  non  prenderà  le  più  efficaci  mi- 
sure per  ravvivarla,  vedremo  sempreppiù  diminuito, 
e  ristretto  il  numero  de' hovi  ,e  delle  vacche,  con  dan- 
ni incalcolabili  per  l'agricoltura,  e  per  lo  Stalo. 

Per  persuaderci   colla  maggior  possibile    evidenza 
dell'infelicità  dell'attuale  nostra  Pastorizia,    osservia- 
mone il  prodotto  di  molti  anni  .  L'emporio  di  questa 
è  senza  dubbio  il  cos'i  detto  Tavoliere  di  Puglia  ,  pia- 
na ,  e  vasta  regione  ,  che  sulla  larghezza  media  di  40 
si  estende  per  70  miglia.  Esistono  in  Foggia,  capitale 
di   quella  regione  ,  e  centro  di  questa   industria,  i    re- 
gistri  Doganali,  ne' quali  colle    varie    somme    annuali 
dal  Governo  ritratte  sulle  pecore,  e  sulle  vacche  ,  sono 
segnate  le  ottime,  le  buone,  le  mediocri,  le  cattive, 
le  più  cattive  ,  e  le  pessime  annate  .  Or  questi  registri 
ci   danno   a   vedere  ,  che  nel    periodo  di   5o  anni  ,  cioè 
dal   i^5o,sinoal   1789  avemmo  dai  nostri  armenti  duo 
annate   di   olliina  rendila,   cinque  pessime,  tredici  cat- 
tive, o  più  cattive  ,   i5  mediocri  ,    e    altretlante    buo- 
ne ,    vai    quanto    dire  ,    diviso    il    prodotto    di    questi 
anni    ,    l' ordinario  ,    e    comune    è    nicn    del  mediocre 
presso    di  noi  slessi.  Ma  quel    che  noi   chiamiamo  an- 
nata ottima  rapporto  agli  armenti  ,  nell'  alla  Italia  ,  nel- 
la Svizzera  ,  nella    Fiandra  ,  in  Olanda  ,  in  Inghilterra 

48 


(378) 

BOn  sarebbe  che  mediocre,  o  anche  infelice  (i). 

Nel     principio    di    questa    memoria    ho  riportata 

l'esorbitante  somma,  che  per  il  cacio,  per  le   pelli,  e 
per  le  cuoja    paghiamo    in    ogni   anno    agli    stranieri , 
possedendo  aS  milioni    di  moggia  di  fertilissima  terra, 
altro  argomento    decisivo    egli  è  questo  dell'  errore  di 
coloro  ,  che  credono  esser  prospera  la    nostra    pastori- 
zia.  Finalmente  la  carne  non  entra  per  nulla  nel  vit- 
to de'  contadini,  e  della  plebe,  e  la  carne  vaccina  non 
entra  nel  vitto  ordinario  degli  agiati,  e  ricchi    cittadi- 
ni ,  se  non  nella  Capitale,  ed  in  quattro  ,  o  cinque  al- 
tre Città  principali  del  Regno  .  Spesso    ancora  bisogna 
ricorrere  all'  Agro  Romano  ,  alle  maremme  di    Tosca- 
na ,  e  di  Ferrara ,  alle  Marche  di  Fermo  ,    e   di    An- 
cona, e  più  in  su  ancora ,  perchè  non  resti  la  Capitale 
priva    di    carne    vaccina  (2)    .    Resta    adunque    dimo- 
strato ,  che  la  nostra  pastorizia  è  in    uno  stato  di  lan- 
guore ,  e  di  decadenza . 


(i)  L'uso  de  prati  artificiali  stabilito  presso  que- 
sta  nazioni  industriose  ha  dato  alla  pastorizia  un  frut- 
to sicuro,  e  slabile,  almen  quatruplo  sul  nostro  .  Per 
crederlo  basta  osservare  quel  che  danno  di  frutto  le 
vacche  in  Sorrento  . 

(2)  Nel  1807  si  dovè  frir  venire  dalle  rifrrite 
regioni  circa  dieci  mila  bestie  da  corno  per  /'  appro- 
vìsionamento  della  Capitale  ,  che  non  si  p(.tea  atten- 
dere dalla  Puglia  ,  e  dalla  Calabria  per  la  mortalità 
cK  ebbe   luogo . 


(•^79) 
Ma  è  forse  il  suolo ,  o  il   clima ,    che    si    oppon- 
gono ai  progressi  di  qucst'  arte  tra    di  noi  ?    Soa  forsi 
le  leggi  che  finora  1'  abbian  rilardati  ? 

Che  il  nostro  feracissimo  suolo  sia  oltremodo  alla, 
pastorizia  idoneo ,  non  troverassi  per  avventura  chi  lo 
voglia  recar  in  dubbio  ,  osservandosi  poi  sotto  il  nostro 
cielo  i  varj  climi  di  Europa  più  analoghi  alla  vegeta- 
zione j  rapporto  alla  pastorizia  ,  ne'  nostri  monti ,  do- 
vremmo esser  più  felici  degli  Svizzeri  ,  ed  al  pari  de' 
Lombardi  nelle  nostre  pianure  ,  se  per  noi  si  usasse 
di  quel  regolamento  ,  e  di  quelle  diligenze,  onde  que' 
popoli  industriosi  guidano  ,  e  governano  i  loro  armenti , 
e    le  loro  praterie  . 

Arrecar  si  solca  per  iscusa  de'  tardi  e    lenti    pro- 
grossi della  pastorizia  ,  e    dell'  agricoltura  ,    li   governo 
feudale,    la    comunità,    e  la    servitù    de' pascoli ,  cose 
tutte  di  già  per  le  nuove  leggi  abolite,  senza  riflettere 
che  furono  presso  di  noi  molti  paesi  non  feudali ,  sce- 
vri di     ogni    servitù  di  pascolo  ,  e  di  demanio  comu- 
nale ,  e  ciò  non  per  tanto  la  di  lor  pastorizia    si  giac- 
que sempre  negletta  ,    né  unqueroai  divenne  migliore'. 
Ma  qu'i  fa  d'  uopo  fermarsi  al  quanto  ,  per  divisare  più 
geneiali  ,  ed  esistenti  cagioni ,  che  se  non    saranno  effi- 
cacemente combattute  ,  e  rimosse,  renderanno  vane  le 
nostre  lusinghe  ,  e  i  nostri  sforzi  . 

E  cominciamo  dal  non  arrossire  indicando  per  la 
prima  ,  e  più  potente  cagione  de'nostri  mali  la  genera- 
le oscitanza  del  popolo,  e  de'proprietarj .  Questa  ,  fi- 
glia in  parte  della  mollezza  del  clima  ,  e  della  fecon- 
dità del  suolo ,  che  ambe  ci  spingono  all'  ozio  ,  ed  in 


(  38o  ) 
parte  della  deficienza   di  publica  istruzione ,  e  di  spi- 
rito publico  ,  ci  rende    inerii ,    e  quasi  stranieri  a  noi 
stessi  ,  allo  stato  ,  ed  ai  posteri  . 

La  mania  di  sboscare ,  e  la  tolleranza  delle  paludi 
in  tutte  le  provincie  del  Regno  ,  quanto  influiscano  ad 
ammiserire,  e  restringere  il  fruito  e   la  fecondità  delle 
nostre  terre,  ed  il  numero  dei  nostri  animali,  l'bo  di- 
mostrato nella  mia  memoria  suir  economia  delle  acque. 
Inoltre  gli  affitti  a  breve  tempo  come    tra  noi  u- 
sansi  ,  vietan  principalmente  i  progressi  della  [pastori- 
zia .  Clhi  può  pensare  a  mescolare  la  creta ,  o  1'  argil- 
la colla  sabbia  ,  ed   a  vicenda  ?  Chi  può  pensare  a  pro- 
sciugare   le  terre  paludose  ,    o   render   irrigabili  quelle 
che  presso  i  fiumi    si  giacciono?  Chi  si  occuperà   mai 
a  formar  de'  prati  secondo  le  regole  dell'  arie ,  o  a  fa- 
re delle   piantagioni  nelle  terre ,  che    abbandonar    dee 
dopo  tre  o  sei  anni  al    più?    Ninno    de' fittuarj    certa- 
mente .    Sarebbe  lo  stesso  ,    che  rovinar    se    stessi     ed 
arricchire    gli  oziosi    avidi  proprietarj  ,    che    non    usa- 
no intraprendere   siffatte  bonificazioni  per   non   privar- 
si della  rendita  attuale  ,  e  per    non  gravarsi    di    spese 
straordinarie  .  In  Inghilterra  non  si  ravvisa  affitto  ,  che 
minor  durala  di   18  anni  si  abbia,  quindi    la   pastori- 
zia grandemente    fiorisce,    e  vi-  si  fanno    le    migliorie 
corrispondenti    alla    prosperità   di    questa  industria ,  e 
dell'  agricoltura  .  ' 

Aggiungete  il  tarlo  cOrrosore  dell  agricoltura  , 
della  pastoriza  ,  e  della  pescagione  tra  noi  ,  cioè  quel 
contralto  usurario  ,  che  la  miseria  de'  contadini  ,  de 
pastori  ,  e  de'  marinari  ha  da  gran  tempo  stabilito  sol- 


(38i  ) 

to  il  nome  di  contraili  alla  voce,  o  a  prezzo  fallo  da- 
gli usura]  islessi  ;  e  nella  povertà  forzosa  dvlle  classi 
più  utili  della  nazione  trovarele  un'  altro  polentissinio 
ostacolo  alla  prosperità  della  pastorizia  ,  i  di  cui  pro- 
dotti, come  quelli  della  coltivazione,  soglionsi  vendere 
avanti  l'esistenza,  e  maturità  (i). 

Finalmente  per  un  inveteralo  ,  e  generale  pregiu- 
dizio noi    vogliamo    ritrarre  dai  lanuti  ,    più  che  dagli 


(i)  Ne  secoli  che  chiamiamo  barbari,  la  Religio- 
ne,  e  la  pietà  de'  privati ,  osò  frapporre  a  tal  vizio 
qualche  urgiue  ,  creando  da  pertutto  monti  frumenta- 
yj  a  sovveniincntfì  ile-' poveri  industriosi,  lo  ne  conosco 
circa  45o,  ma  disgraziatamente  né  questi  ne  V  altro 
fermato  sotto  la  passata  dinastìa  colle  sostanze  delle 
Chiese,  che  sono  il  patrimonio  de' poveri ,  hanno  ti 
destino  ,  che  <///'  istituzione ,  ed  al  loro  nome  convie~ 
ne.  L'ottimo  Marchese  Palmieri  a  stenti  riusci  a  por- 
tar qualche  riforma  nel  modo  di  far  la  voce  ,  o  sia  il 
prezzo  di  generi  venduti  con  anticipazione  ,-  ed  il  di 
lui  consiglio  di  creare  nuovi  monti  frumentarj  i"  ogni 
distretto  e  rimasto  non  solo  ineseguito  ,  ma  si  son 
perduti  gli  esistenti .  Un  abile  Ministro  potrebbe  7H- 
cuperare  gli  smarriti,  accrescerli,  e  crearne  dei  nuovi 
dapertut  o  ,  inducendo  i  ricchi  delle  provincie  a  quesC 
opera  salutare  con  delle  condizioni  utili  ai  fonda- 
tori ,  e  con  r  indipendenza .  La  Religione  potrebbe 
grandemente  agevolare  questo  pio  uso,  combinandosi 
col  Governo . 


(  332  ) 
armenli  bovini  la  carne  ;  ed  a  quelli  diam  tanta  prefe- 
renza ,  che  delle  vacche  da  latte  ,  le  quali  potrebbero 
esser  mantenute  ,  come  a  Sorrento  si  usa  ,  in  tutta  la 
Campania  e  in  tutt'  i  poderi  delle  altre  Provincie  in 
grandissimo  numero,  ci  curiamo  assai  poco;  anzi  ove 
le  vacche  abbian  luogo  ne'  nostri  più  fecondi  p  oderi  , 
son  cos'i  trascurate  ,  che  certamente  fruttan  meno  di  un 
corrispondente  valore  impiegato  ne'  branchi  di  peco- 
re.  Intanto  l'esperienza,  la  ragione,  e  l'economia 
pubblica  esigerebbero  che  si  moltiplicasse  ro  per  1'  uso 
della  carne  ,  e  del  cacio  gli  armenti  bovini  ,  serban- 
dosi principalmente  per  la  lana  i  pecorini.  L'esem- 
pio dell'  alta  Italia  ,  della  Svizzera  ,  dell'  Inghilterra  ec. 
ci  assicurano  della  verità  ,  e  de'  vantaggi  di  questa 
nuova  pratica  ,  e  la  ragione  ,  e  l' analisi  li  dimostra 
'  ad  evidenza  .  La  carne  vaccina  non  solo  è  migliore 
al  palato,  ma  è  assai  più  nudriliva  della  pecorina  .  Il 
latte  di  vacca  dà  cacio  ,  e  burro  di  miglior  qualità  del 
pecorino  ,  la  vacca  partorisce  ad  un  di  presso  in 
ogni  i5.  mesi  ,  e  quando  sia  ben  nudrita  dà  latte  sino 
all'  ottavo  mese  di  gravidanza ,  e  dopo  4^.  giorni  da  1 
parto .  La  pecora  nello  stesso  periodo  partorisce  due 
volte  ,  manca  di  latte  al  terzo  mese  ,  e  allatta  per  più 
di  due  mesi  il  debole  agnello  ,  e  inungendosi  non  dà 
lana  buona .  In  ultimo  luogo  per  pascolo  della  mi- 
gliore vacca  da  latte  presso  di  noi  basta  quello  ,  che 
s'impiega  a  dieci  pecore,  dalle  quali  ne' tempi  propi- 
zj  potrete  a  stenti  trarre  quattro  in  cinque  libbre  di 
latte  j  mentre  in  questi  stessi  tempi  ,  che  son  più  lun- 
ghi per  le  buone  vacche ,  ritraendone    sole  4-   caraffe  , 


l 


{383  } 

e  non  12  ,  e  20  come  in  Sorrento  accade,  si  à  il  dop- 
pio. Paragonate  su  questi  dati  il  prodotto  delle  peco- 
re ,  e  -delle  vacche  ,  rapporto  al  latte  ,  ed  alla  carne  , 
ed  avrete  la  dimostrazione  la  più  completa  ,  che  il  so- 
stituire per  le  carni  ,  e  pel  cacio  alle  pecore  gli  ar- 
menti hovini  sia  cosa  lodevole  ,  e  vantagiosissima  per 
i  privati  e  per  lo  stalo  . 

Da  quanto  sin  qui  ho  eposto ,  egli  è  manifesto  , 
che  la  nostra  pastorizia  sia  in  uno  stato  di  languore  , 
e  di  miseria  ,  ed  esaminate  le  cagioni  che  l' infestano, 
chiaro  è  ed  evidente  non  potersi  perfezzionare  nella 
più  bella  parte  d' Italia ,  se  proprietarj  ed  il  Governo 
non  garcggieranno  a  vicenda  colle  loro  rispettive  for- 
ze ,  e  coi  loro  lumi  ad  estenderla ,  e  , migliorarla  .  E 
poi  la  pastoiizia ,  come  dimostrerò,  la  prima  traile  in- 
dustrie campestri ,  che  1'  indole  del  nostro  suolo ,  e  le 
circostanze  politiche  della  nazione  richiamano  a  prefe- 
renza ,  e  ne  ripromettono  al  tempo  stesso  i  più  gran- 
di ,  e  stabili  emolumenti  .  È  dessa  indispensabile  alla 
perfezione  dell'  agricoltura.  È  necessaria  finalmente  ad 
avvivare  le  nostre  arti  ,  ed  il  commercio  - 


(  384  ) 
PARTE    II. 

Dell'  importanza  della  pastorizia  nel  Regno  di 
Napoli ,  e  de  suoi  vantaggi . 

JDAsla  volger  Io  sguardo  su  queste  fertili  contrade  per 
ravvisare  ,  che  la  naiura  formate  le  abbia  ad  oggetto  di 
nudrirvi  numerosi  armenti  .  Imperocché  avendo  ingom- 
brato questo  suolo  di  monti  ,  e  di  grandi  ramificazioni 
di  monti  ,  la  più  parte  calcarei  (ij,  ricchi  di  sorgive  , 
e  di  scaturigini  ,  ci  presenta  nella  partorizia  l' unico 
mezzo  da  trarne  partito  ,  e  convertirli  coi  progressi  di 
quest'  industria  in  una  esausta  sorgente  di  ricchezze  . 
E  certamente  i  monti  colle  loro  gibbosità  occupano  più 
della  metà  della  superficie  del  Regno,  ed  i  inon ti ,  co- 
me ognuno  sa  ,  son  generalmente  piùj  idonei  alla  pa- 
storizia, che  all' agricoltura  . 

La  conservazione  de'monli  stessi ,  non  che  la  fertili- 
tà delle  valli, e  delle  sottoposte  pianure  imperiosamente 
richiede  ,  che  sian  di  piante  perenni  ,  e  silvestri  ri  co- 
verti affin  d' impedire  lo  scretolamento  ,  cui   van   sog- 


I 


(i)  Quel  che  dicesi  de'  monti  calcarei  dee  esten- 
dersi con  maggior  ragione  ai  monti  di  alluvione  ,  ed 
ai  vulcanici  .  I  primi  scretolano  agevolmente  con  in- 
-finito danno  nei  piani  ,  i  secondi  si  sciolgono  in  a- 
rene ,  e  per  l  indole  dè'prodotti  vulcanici  esigono  im- 
mense penej  e  grandi  spese  per  esser  coltivati . 


(  385  ) 

getti  per  l'azione  delle  meteore.  Più  :  niegansi  ancora  essi 
in  gran  parte  alla  coltivazione  delle  piante  cereali  ,  alla 
vegetazione  della  vite  ,  dell'ulivo  ,  e  di  altri  alberi  gen- 
tili ,  e  preziosi ,  che  mal  reggon  sulle  vette  de'  monti  L 
più  umili  ,  nelle  loro  balze ,  e  nelle  coste  settentrio- 
nali per  la  forza  de'  venti  ,  della  neve  ,  del  gelo  .  Fi- 
nalmente presentando  i  monti  da  per  tutto  un  suolo 
tenace  ,  e  duro  da  non  poterlo  smuovere  ,  e  lavorare  , 
se  non  col  bidente  ,  e  col  picone ,  e  dovendosi  le  ter- 
re dalla  natura  allogate  in  pendio  da  •  ciglioni  ,  e  da 
argini  sostenere  ,  perchè  non  siano  dalle  dirotte  piogge 
trasportate  nel  piano  ,  richiedono  per  la  coltivazione  spe- 
se maggiori  dell'ordinarie ,  le  quali  di  rado  vengono 
compensate  dalle  raccolte  per  la  rigidezza  del  clima  , 
e  per  la  poca  fecondità  del  suolo  ,  a  differenza  de'  luo- 
ghi piani  ,  che  si  sperimentano  di  maggior  profitto  ,  e 
di  minor  dispendio  .  Finalmente  ,  le  più  feconde  valli 
fra  i  monti  non  sono,  rapporto  alle  piante  cereali  ,  da 
paragonarsi  in  fertilità  colle  nostre  pianure  (i)  .  Ma 
questi  monti  istessi  ,  quando  fosser  di  alberi  maestosi 
e  di  speciosi  frutici  a  dovizia  vestiti ,  sarebbero  di  gran- 
di ricchezze  cagione ,  non  solo  col  legname  da  costru- 
zione,  da  opera  ,  e  da  fuoco,  ma  principalmente  coli' 
abbondanza  del  pascolo  per  gli  animali  di  ogni  genere. 

49 

(  1  )  La  migliore  raccolta  nelle  più  felici  valli  del 
Sannio  non  giunge  a  8  tomoli  di  grano  a  moggio ,  in 
Puglia  giunge  al  ii  ,  e  qualche  volta  ancora  dà 
dippià  . 


(  385  ) 
lia  frequenza  delle  scaturigini  ,  e  jyfiLì'iii  ,  onde  son 
ricchi  da  pert'.itto  nelle  lor  dolci  pendici  ,  e  nelle  vai- 
li ,  pi-«s°nta  facili  mezzi  d;>  stabdirvi  un  sistema  di  pra- 
ti arlillciali  irrigui  ,  i  (juali  eleva  ida  il  valor  natio  di- 
quelle  terre  ,  darebbero  costante  maggior  proGtlo  colla 
pastorizia  ,  e  le  renderebbero  contjmporaneamente  più 
idonee  a  dare  di  quando  in  quando  abbondaulissime 
raccolte  di  cereali,   di  canape  ec.  (i)  . 

La  natura  adunque  ci  sprona  a  volger  la  metà  del 
Regno  alle  industrie  pastorali  ,  onde  speraremo  in  va- 
no incremento  di  popolazione  ,  e  di  prosperila  Gnche 
non  si  pervenga  a  trattare  i  monti  giusta  il  modo  più 
analogo  alla  loro  indole  ,  a  covrirli  cioè  di  foreste , 
di  frutici  ,  e  di  ottime  praterie,  le  quali  sommini- 
strandoci copia  straordinaria  di  foraggio  ci  farebbero 
abbondare  di  armenti  bovini  ,  pecorini  ,  porcini  ec.  ^ 
come  ne  abbondavamo  ai  tempi  di  Annibale,  e  di  Po- 
libio, quanrto  una  quarta  d' obulo  bastava  allo  stranie- 
re per  vitto  quotidiano  nelle  nostre  locande  . 

La  stessa  madre  benefica, che  ne'  monti  c'invita  ad 
MD  eslesa  ,  e  felice  Pastorizia  a  preferenza  dell'  agricol- 
ra  ,  in  molte  guise  parimenti  ne  sprona  a  praticarla 
neir  altra  metà  del  Regno ,  che  formata  viene  dalle 
pianure  .  Dirò  ancora,  che  al  verace  risorgimento  dell' 
agricoltura  preceder  dee  quello    della  Pastorizia.    Im- 


(i)  /  prati  artificiali  arricchiscono  di  terra  ve- 
getabile i  terreni ,  Oi'e  vegetano  ,  e  dopo  alcuni  anni 
uguagliano  la  fecondità  delle  terre  vergini . 


(  387  ) 
peroccTiè  a  promuover  enicacemente  la  prima,  ed  ele- 
varla all'apice  della  perlezione  nelle- pianure  ,  uopo  è 
abbondare  di  legname  d'ogni  genere,  nocessatio  agli 
«si  della  vita  campestre,  alle  macchine  rurali,  alle  fa- 
Lriche  ,  ai  ricoveri  degli  animali  ,  alia  difesa  de  cam- 
pi ec.  5  conviene  parimenti  che  le  terre  non  siano  aridi- 
te dal  sole  il  quale  presso  di  noi  ha  tanta  forza  al  ca- 
der di  primavera,  che  tutto  brucia,  ed  inaridisce  . 
Bisogna  ancora,  che  le  piante  piìi  interessami,  come 
sono  le  cereali,  o  le  tigliose  principalmente  ,  sien  alla 
meglio  riparate ,  e  difese  dal  grave  sofGo  de'  venti  mi- 
cidiali, dalle  nebbie  ec.  e  vegilino  su'  terreni  affatto  spo- 
gliati di  radici,  e  piante  inutili,  o  nocive j  uop'è  fi- 
nalmente che  la  terra  dia  il  massimo  ricoUo  ,  mercè 
la  spesa  ed  il  travaglio  istesso  ,  che  si  richiede  per  1* 
ordinario  ,  alla  qual  perfezione  non  potremo  inalzare 
nelle  Provincie  la  nostra  agricoltura,  se  ad  esempio 
d'  una  parte  della  Campania  non  sapremo  accumulare 
tanta  quantità  di  terriccio  quanto  u' è  indispensabile 
a  ricavare  dalla  stessa  terra  diversi  prò  lotti  in  ogni 
anno,  e  a  moltiplicarvi  le  braccia.  Or  la  moltiplica- 
zione delle  braccia  coltivatrici  si  otterrebbe  egualmente 
se  air  errante ,  e  negletta  pastorizia  succedesse  la  bea 
intesa ,  perche  or  sono  addetti  alla  vita  pastorale  5om. 
de'  nostri  abitanti  per  il  solo  Tavoliere  di  Puglia  ,  de' 
quali  col  sistema  de'  prati  artificiali  ,  e  dfgli  animali 
a  stalla  ,  non  solo  non  vi  sarebbe  tanto  bisogno  ,  ma 
ciascheduno  di  essi  sarebbe  al  tempo  stesso  pastore  , 
fi  coltivatore  . 

E  con  pari  felicità  tutte  le  altre  condizioni    neces- 


(  388  ) 
sarie  all'  aumento  dell'  agricoltura  agevolmente  si  adem- 
piranno se  attenderemo  a  introdurre  nelle  pianure  le 
piantagioni  di  alberi,  di  frutici,  e  di  piante  di  ogni 
genere  così  variate,  e  ripartite,  da  somtniiiistrar  sem- 
pre una  porzione  di  verde  alimento  agli  ai-menti  :  se 
avremo  delle  siepi,  e  dei  fossi  per  custodire  le  pian- 
tagioni, e  le  praterie  dall'incursioni  degli  animali  , 
e  dal  ristagno  delle  acque  .  Le  piantagioni ,  e  le  siepi 
potrebbero  esser  s'i  saggiamente  disposte  ,  che  difendes- 
sero coir  ombra  loro  le  terre  dall'  eccedente  ardore 
del  sole  ,  dall'impeto  de'  venti,  e  somministrassero  coi 
loro  rottami,  e  colle  spoglie  degl'insetti  che  nudrisco- 
nd  perenne  copia  di  terricio  (i)  . 

Riflettendo  poi  ,  che  la  spesa  per  formar  i  prati 
artificiali ,  e  le  piantagioni  di  frutici ,  e  degli  alberi , 
benché  non  sia  lieve  ,  compensata  pur  viene  ne'  primi 
dal  maggior  prodotto  ,  che  le  terre  dissodate  ,  e  pur- 
gate dalle  radici  d'  inutili  piante  dar  sogliono  :  rifletten- 
do ancora  ,  che  le  piantagioni  degli  alberi ,  de'  frutici , 


(i)  Chi  riflette  alla  floridezza  della  coltivazione 
in  alcune  parti  della  Campania  comprenderà  in  tutta 
la  sua  estensione  la  forza  del  mio  discorso  ,  e  cono- 
scerà poterla  render  comune  alla  maggior  parte  delle 
pianure  del  Regno ,  covrendole  di  piantagioni ,  di  sel- 
ve ,  e  di  prati  artificiali.  Gli  uomini  hanno  sempre 
un  rapporto  colle  piantagioni  regolari.,  e  coi  prati  ar- 
tificiali.  Più,  abbondan  questi.,  più  numerosa  è  la  pO'^ 
polaziune ,  perchè  vi  abbondano  le  sussistenze  . 


(  389  ) 
e    di  molte  erbe    da  prato  durano    per  moltissimi  ,    o 
per  molti    anni    danno    mano  mano  frutto  maggiore  ; 
né  richiedono  dalla  mano  dell'uomo,  se  non  a  grandi 
intervalli ,  semplici  diligenze  piuttosto ,  che  lavori  dis- 
pendiosi ,    e  difficili  :    osservando  in  fine,  che  il  gelo, 
la  nebbia  ,    il  vento  ,    la  gragnuola  ,    e    la  pioggia  ec. 
le  quali  spesso  annientano  i  sudori  ,  e  le  spese  de'  col- 
tivatori ,  in  nulla  o  poco  danneggiano  le  piante  di  fo- 
raggio ,  e  gli  alberi  da  bosco  ,  chi    non  vede  esser  noi 
dal  proprio  interesse  chiamati    ad  esercitare  con  intel- 
ligenza ,    ed  estender  vigorosamente    la  pastorizia  nelle 
pianure,  come  il  mezzo  più  agevole,  e  sicuro  da  trar- 
ne sollecito  ,    men  incerto  ,    e  men  dispendioso  profit- 
to ?  Tanloppiù  ,  che  mancando  noi  di  braccia  jjer  ben 
coltivar  nelle  pianure    le  terre  attualmente  coltivabili  , 
sarebbe,  come  l'è  stato  ,  non  piccolo  errore  l'estendere 
r  agricoltura    propriamente   detta ,    e  trasandar    in  esse 
la  buona  pastorizia  .    Sarà  sempre  vero    1'  aureo    dello 
di  Virgilio  :    laudato  ingentìa  Tura  ,    exiquum  coìito  , 
e  sarà  vero  sempre  altresì ,  che    dieci  moggia  di  terra 
riccamente   concimata  ,    e  diligentetnente  lavorata  ren- 
dano   più   di    20 ,    e    di  3o    moggia    coltivate    all'  oi"- 
diaario  . 

Da  queste  verità,  che  ho  creduto  dover  sempli- 
cemente accennare  ,  trascurando  di  adduroe  le  prove  , 
per  non  recarvi  fastidio  ,  ragionando  di  cose  evidenti , 
e  notissime,  egli  è  chiaro,  che  la  buona  pastorizia 
deve  precedere ,  ed  accompagnare  l' agricoltura  nelle 
pianure .  Affinchè  però  ciascheduno  ne  rimanga  persua- 
so, e  tulli  siano  animali  a  metter  in  pratica  i   consigli 


(  390  ) 
della  ragione ,  mi  sia  lecito  di  rilevare  due  grandi  van- 
taggi ,  che  la  bea  inlesa  pastorizia   seco  porla  ,  e  che , 
come  questa  ,  sono  da  noi  ignorati  ,  o  negletti  . 

Sanno  i  Botanici ,  che  1'  erbe  corte   e  tenere  ,  nel 
primo  loro  germogliare  smozzicate,  hanno  una  straor- 
dinaria disposizione    a  crescere ,    qual    disposizione    va 
a  mancar  nelle  adulte  .    Si  sa    da'  pastori ,    che    a    pa- 
scolar 1' erbe  corte  ne' primi  giorni  della  germinazione, 
gli  animali    grandi ,   come   i  buoi    e    le  vacche ,  siano 
inetti,  ma'i  vitelli ,  come  i  lanuti,  a  proporzione  dell' 
età  si  osservano  più ,    o  men'  atti    a  profittarne  ;    onde 
facendosi  pascer  da' giovani  animali,  e  ricrescendo  que- 
sta sotto  il  loro  dente  innocente    con  celerità,    e    con 
maggior  vigore,    ottengono    gl'industriosi  oltramontani 
un  dippiù  di  pascolo,  che  nel  nostro  sistema  erroneo, 
e  confuso  ,è  pressocchè  perduto  ,  specialmente  rapporto 
ai  buoi  . 

Inoltre  1'  esperienza ,  ed  il  calcolo  han  persuaso  i 
Tedeschi  ,  i  Francesi  ,  e  gl'Inglesi  a  mandare  al  macello 
non  già  vecchi ,  ed  inutili  buoi ,  come  tra  noi  si  usa , 
ma  giovani  principalmente  ,  appena  giunti  al  perfetto 
loro  sviluppo  ,  nudriscono  a  tal  uopo  moltissime  vac- 
che ^  e  lascian  crescere  i  vitelli  sino  al  terzo  anno  ,  ed 
ingrassandoli  con  ogni  sorte  di  erbe  ,  e  di  radici  ,  ne 
ritraggono  carni  più  sostanziose  ,  più  tenere  ,  e  più  sa- 
porite,  e  cuoi  assai  migliori  de' nostri  (i)  con  un  pro- 

(i)  //  cuoio  degli  animali  vecchi  è  logorato  dall' 
etày  dal  travaglio  ,  dalle  piaghe ,  è  più  indurito  ,  men 
soffice ,  ed  elastico  del  cuojo  d^W  animale  giovane ,  e 
vegeto  , 


(391  ) 
fitto  tra  noi  sconos'^iuto,    perche   poco    avvezzi    a   ri- 
fleltere  e  a  calcolale. 

V'ha  un  t  rinins  in  cui  l'animale  cessa  di  crescere, 
e  questo  è  ne'hiioj  presso  a  tre  anni  compiuti  .  Sino 
a  quest'epoca  il  giov:>iie  animale  consuma  in  alimenti 
assai  meno  dell'adulto,  e  non  h'.irò,  che  consumatone 
abbia  una  sola  metà  .,  ma  due  terzi  per  abbondare  nel 
calcolo  .  Da  ciò  ne  siegue ,  che  il  pascolo  sufficiente 
a  nudrire  tre  bovi  adulti ,  nudrirà  comodamente  quat- 
tro vitelli  ,  e  non  divenendo  presso  di  noi  vecchio  ,  e 
da  macello  nn  bue  ,  se  non  dopo  i  nove  anni ,  quel  pa- 
scolo ,  che  per  nove  anni  sostiene  tre  buoi  ,  sosterrà  12 
vitelli ,  de'  quali  quattro  se  ne  suppongono  uccisi  in 
ogni  triennio.  Suole  altronde  un  animale  giunto  al  suo 
perfetto  sviluppo  pesare  un  terzo  meno  dell'adulto 
vecchio  ben  ingrassato  Adunque  dodici  bovetti  col  vitto 
corrispondente  a  tre  bovi  nel  corso  di  9  anni  daranno 
tal  copta  di  carne,  e  di  cuoja,  quanta  ne  corrispon- 
derebbe a  8  bovi  da  macello ,  ed  aggiunta  la  miglior 
qualità  della  carne ,  e  del  cuojo ,  e  considerato  il  van- 
taggio dell'  erba  corla  di  sopra  menzionato  ,  possiam 
francamente  asserire  ,  che  sostituendo  per  lo  macello 
a  buoi  ,  e  vacche  vecchie  i  giovani  giunti  appena  al 
perfetto  loro  sviluppo ,  venga  a  triplicarsi  la  copia 
della  carne  ,  e  delle  cuoja.  Quel  che  si  dice  de  buoi 
può  applicarsi  ai  lanuti ,  ed  ai  porci  (1)  . 


(i)   J^i sarà  chi  troverà  n  ridire  su  questo  mio  cal- 
colo ,  perche  non  v  inclùudo  il  travaglio ,  che  per  sei 


annt 


(  39^  ) 

Quando  poi  con  silTaUi  nuovi  metodi  crescesse 
r  abbondan7a  della  carne  potrebbe  entrar  nel  vitto  del 
popolo  ,  da  cui  è  esclusa  ,  ed  allora  vi  sarebbe  mag- 
gior risparmio  di  fruniento ,  che  si  potrebbe  vendere 
all'Estero.  E  noto  che  la  carne  nudrisce  al  doppio 
del  pane,  e  ancor  dippiù  rapporto  al  pane  di  frumen- 
tone, onde  sotto  l'uso  di  quella  la  forza,  e  la  salu- 
brità de'  contadini  riceverebbe  aumento  ,  e  faremiuo 
cogli  esteri  più  utile,  ed  esteso  commercio  de' nostri 
grani  superflui . 

Ma  se  dai  nostri  sforzi  per  moltiplicare  gli  ar- 
menti altro  vantaggio  non  si  dovesse  attendere  ,  se 
non  quello  di  provvederci  per  noi  medesimi  del  cacio, 
delle  pelli ,    e    de'  cuoj  alla   nostra    consumazione    ne- 


anni  prestano  i  bovi  da  aratro  ,o  da  carro.  Ma  questi 
portano    una  spesa  maggiore ,    abbisognando    di  vitto 
sostanzioso  ,  e  abbondante  ;    e  come  per  lentezza  del 
moto  fan  poco  profitto  colf  aratro  ,  o  col  carro  ,  cosi 
spesso  per   le  disgrazie  e  malattie  ,  cui  van  soggetlti , 
s'  inutilizzano  y    onde  messe  a  calcolo  tutte  queste  ri" 
flessioni ,  e    paragonati  i  buoi  coi  cavalli,  e  coi  mu- 
li ,  che  hanno  maggior  attitudine    ai  lavori   campestri 
ed  al  carro  ,  maggior  velocità ,  e  più  lunga  vita  ,  e 
minori  pericoli  ,  confesseremo ,  che  saviamente  si  re- 
golano gF  Inglesi  j  i  Francesi,  i  Tedeschi ,  ed  i  Lom- 
bardi, che  adoperano  cavalli ,    e  muli  ne' lavori  della 
terra ,    e  per  il  carro  ,  e  serbano  i  buoi  al  macello  , 
ed  alle  picciole  fatiche  . 


(  393  ) 
cessai*),  pur  sarebbe  grandissimo  ,  sottraenJoci    per  tal 
mezzo  air  umiliante  ed  enorme  tributo  di  un  milione, 
e  3oom.  due,  che  paghiamo  agli  esteri,  come  altrove 
si  è  detto  . 

Le  da  me  finora  addotte  ragioni  a  prò  della  buo- 
na Pastorizia  non  isfuggirono  nei  principj  del  caduto 
secolo  agi'  Inglesi  perspicacissimi  ,  ed  avidi  calcolato- 
ri, e  da  tanto  seppero  felicemente  valutarle  ,  che  po- 
nendo in  opera  tutte  le  risorse  del  genio  protetti  ,  ed 
incoraggiati  dal  Governo ,  eS^tcsero ,  e  perfezionarono 
la  Pastorizia  ,  e  per  questa  via  pervennero  alla  per- 
fezione dell'  Agricoltura  .  Or  questo  stesso  piano  a 
noi  vien  indicato  non  solo  dalla  natura  del  suolo  ,  dall' 
indole  del  clima ,  dalle  circostanze  politiche  ,  e  dai 
nostri  bisogni  ,  come  ho  dimostrato  ,  ma  ci  vien  chia- 
ramente inculcato  dall'esempio  de' nostri  gloriosi  an- 
tenati, e  dai  più  illustri  scrittori  rustici  dell'antichità. 

Nei  secoli  di  prosperità  ,  e  di  gloria  meritarono 
queste  Provincie  il  nome  d' Italia  ,  e  fummo  detti  Itali 
dalla  copia,  e  bellezza  dei  buoi.  In  quei  tempi  ,  come 
ho  dimostrato  in  altra  opera,  i  nostri  monti  ,  le  colli- 
ne ,  e  i  piani  vedevansi  sì  saggiamente  di  piante  da 
bosco,  da  frutta  ,  e  da  foraggio  ricoverte  ,  che  ben  si 
può  da  ognuno  comprendere  essere  stata  presso  de' 
Marsi ,  de'  Sanniti  ,  de'  Frtntani ,  de'  Lucani ,  de'  Bruz  j , 
e  de'popoli  della  magna  Grecia  considerata  la  pastori- 
zia, come  la  prima  sorgente  dell'opulenza  nazionale, 
ed  aver  meritata  la  più  grand'  estensione  ,  e  diligen- 
za .  Sono  nella  storia  famosi  i  pastori  del  Matese  ,  e 
della  Sila .    La  regione  Salentina  abbondava  di  cavalli 

5o 


(394) 
al    dir  di  Virgilio  ,    e    non    inea    di    4  iwila    indomiti 
ne  ristrass^  Annibale  eoa  una  scorreria  dalla  Peucezia  , 
e  dalla  Japigia  .  Le   straordinarie  ricchezze    del   Tem- 
pio di  Giunone  Lucina    presso  Cotrone  dai  pascoli  del 
sacro  bosco  derivarono  .  I  sacrilicj  di  buoi  ,    di  peco- 
re ,  di  por.^i  ,  di  capre  ,  cosi  generali ,  frequenti  ,  e  nu-^ 
merosi  ,  sono  non  equivoca  pruova  della  copia  grande 
di   animali  ,    eh.?   nudrivansi    in  quei  tempi  .    Tatti  gli 
argoiiTjnli  poi  ,  che  dimostrano  essere  stata  in  quel  pa- 
rlo lo  felice  la  nostra  Terra  abitata    da  una  popolazio- 
ne doppia  almea  della  presente,    convinceranno  i  più 
increduli ,  che  allor  si  avevano  più  numerose  mandre 
di  aniivtali. 

Ma  a  che  serve  con  induzioni  provar  ciò  ,  che 
dagli  Autori  latini  de  re  rustica  chiaram.Mite  si  at- 
testa ?  Benché  quelli ,  che  a  noi  soa  pervenuti  vives- 
sero nel  principio  della  nostra  dfcad  mza  ,  o  in  que- 
sta stessa  ben  avvanzata,  pure  riguardarono  la  pastori- 
zia come  la  più  vantagiosa  traile  campestri  industrie  , 
Difatti  Catone  ,  Golumella  ,  Plinio  ,  non  altra  sor- 
gente più  ferace  di  ricchezze  conobbero  traile  cure 
de' campi  ,  se  non  la  pastorale.  jYuìi  dice  Coluinil- 
la  ft)    in  rusticatione    vìi  antitjnissiina    est  ratio    pa- 

icendi ,  eaileinqus^  quoestuosissiin^ Et    nunc 

apud  nostros    quidein    Colonos    alia  rss   uberior  nulla 
est .    Plinio  (2)    e  Golumella  concordemente    ci   narra- 


(i)  Lib.   VI.  nella  Prefazione . 

(2)  hib.   18  cap.  5  Hist.  JYat.   Coluni,  l.  citato. 


(39^) 
DO ,  che  interrogatus  Cato ,  quis  esset  certissimiis  qiice- 
stus  ?  RespoiìcUt  ,  si  heite  pascas  :  quis  proximus  ? 
si  medìucrifcr  pascas  .  E  <1i  qiu'sla  sua  opinione  ne 
adduce  la  ragione  .  Simvuu  oniniiini  in  lioc  speclanda 
fuit  ,  ut  friulns  is  maxime  proharclitr  ,  qui  quam  mi- 
nimo impendio  cnnstatiirns,  esset.  Lo  stesso  Colone  (i) 
ci  lasciò  scritto.  Prata  irrigna ,  si  aquam  ììabetis,  po- 
tissimum  /acito  ,  non  est  prtedinm  ,  quod  ubi  7>is  , 
expedit  facere  .  II  iioine  stesso  di  prata  cioè  semper 
parata.)  è  una  dimostrazione  dell'alia  considerazione, 
in   cui   furono,  «  della  grande  «tilità  ,  che  recavano. 

E  qui  non  vi  sia  alcuno,  che  protestando  esage- 
razioni ,  e  inesattezze  presso  gli  scrittori  rustici  ,  osi 
trattar  queste  massime  come  opinioni  mal  sicure,  e 
parlo  piuttosto  d'immaginazione,  che  di  e.sperienza  . 
Poicchè  Columella  lo  smentirebbe  col  fatto  .Ci  ha  tras- 
messo quest'autore  la  notizia  del  fruttato  de' prati ,  che 
fall  iavansi  a  mnggio  ,  e<l  in  autunno,  cioè  due  volte 
nello  stesso  anno  (2)  .  Dava  nella  prima  falcinlura  un 
jugcro  di  prato  al  buon  0[)prajo  in  un  giorno  1  too 
fascine  di  erba  secca  (3),    che  pesavan    quattro  liijbre 


(i)  De  re  rustica  cap.  <). 

(2)  lAb.  XI.   Cap.  2. 

(3)  Dico  secca  ,  perchè  Columella  parla  di  fieno  , 
e  non  di  erba  ;  ne  si  può  sospettare ,  che  i  f./lciatorì 
dì  quei  tempi  a  differenza  de'  nostri  formassero  le  pi- 
scine cosi  picciole  da  pesar  v  -rdi  4-  libbre  .  Quel  che 
dice  Columella  è   si  vero  ,    che  i  falciatori  odierni   in 

Ro- 


(  396  ) 
l'una,  vai  quanto  dire  si  ricavava  ordinariamente  da 
un  jugero  di  terra  4  ™ila  ,  e  800  libbre  di  Ceno  sotto 
la  prima  falciatura.  Plinio  conferma  il  calcolo  di  Co- 
lumella  ,  ed  ambidue  convengono  ,  che  dopo  la  fal- 
eiatura  raccoglievasi  altro  fieno  seccato  ,  e  sfuggito 
all'  operajo  ,  che  altro  ancora  ,  non  tocco  dalla  falce 
nella  prima  operazione,  se  ne  raccoglieva  dopo  pochi 
giorni,  e  lìnalmente  ,  che  lo  stesso  prato  tornava  a  fal- 
ciarsi in  autunno  e  dava  il  fceniim  chordwn  .  Quindi 
per  piccolo  ,  che  si  voglia  supporre  il  prodotto  della 
seconda  raccolta,  unita  agli  avvanzi  della  prima  ,  niun 
potrà  mai  dubitare,  che  l'intero  prorlotto  di  un  ju- 
gero di  terra  a  prato  dovea  esser  d' intorno  a  8.  mila 
libbre  senza  tener  conto  del  pascolo  verde  ,  che  da  ot- 
tobre lo  stesso  prato  somministrava  agli  animali  ,  che 
in  quel  tempo  vi  si  solean  condurre. 

Né  si  creda  ,  che  i  riferiti  autori  de'  prati  propria- 
mente irrigui  parlassero  ;  perchè  di  questi  asseriscono 
nelle  loro  opere  quel  che  si  sperimenta  anche  oggi  gior- 
no ,  ovunque  si  costumano  ,  cioè  ,  che  falciavansi  quattro, 
e  cinque  volte  da  maggio  ad  ottobre  .  Se  alcun  poi  vo- 
lesse sospettare  ,  che  tanto  prodotto  de'  prati  appar- 
tenevasi  ad  altre  Regioni  ,  e  non  a  queste  ,  ricordia- 
moci ,  che  Columella  coltivava  e  scriveva  presso  Ta- 
ranto, non  già  presso  Lodi,    o  Milano.  Dietro  questi 


Roma  sogliono  tagliare  ,  e  ligare  in    un  giorno  4200. 
/ascine  di  fieno  secco  del  peso  ciascheduna  di  4-  m>' 
bre . 


(397) 
dati  un  moggio  di  terra  a  prato  artificiale  dovrebbe 
darci  <).  mila  e  più  libbre  di  ficQO  ,  percliè  il  moggio  na- 
po'elano  in  lai  proporzione  è  più  grande  dello  juge- 
ro  de'  Romani ,  die  ne  somuiiuislrava  ,  come  abbiam 
dimostrato  8.  mila  (i)  . 

Paragoniamo  intanto  all'antico  prodotto  l'attuale 
delle  nostre  praterie  naturali ,  e  prescegliamo  le  Pu- 
gliesi ,  come  le  più  feraci  .  Non  avendo  esperienze  di- 
rette ,  ed  esatte  da  esaminarlo  ,  ci  sarà  di  scorta  la 
quantità  del  prato  necessaria  all'  ordinario  manteni- 
lucnlo  d'un  dato  numero  di  pecore,  e  di  vacche.  E 
canone  della  Dogana  di  Foggia  ,  e  di  tutti  que'  pasto- 
ri, che  per  il  pascolo  ibernale  di  loo  pecore  \i  biso- 
gna un  carro  di  terra,  ed  altrettanto  per  pascolo  esti- 
va, in  tutto  mog.  iGo.  Ogni  vacca  nel  calcolo  de' Pu- 
gliesi vale  IO  pecore  rapporto  al  pascolo.  Ma  160  mog- 
gia a  prato  artificiale  secondo  il  calcolo  da  noi  addot- 
to ai  tempi  di  Columella  dar  dovrebbero  un  milione, 
e  mezzo  di  libbre  di  fieno  ,  che  darebbero  ampio  nudri- 
mento  a  400.  montoni,  o  a  4o  vacche  da  latte  ,  senza 
contare  il  pascolo  verde  ,  che  per  alcuni  mesi  se  ne 
potrebbe  ritrarre  j  dunque  coli'  introduzione  de' buoni 
prati  artificiali  noi  potremmo  quadruplicare  il  nume- 
ro de' nostri  lanuti  ,  e  de'  loro  prodotti  ,  senz'  accresce- 


(ij  Un  miglio  quadrato  contiene  moggia  mi  ad 
UH  dipresso ,  e  contiene  jugeri  ii85.  Il  prodotto  dunque 
dello  j'ugero  sarà  a  quello  del  moggio  ,  come  1 11 1 
a  1285, 


e  398  ) 

re  le  terre  da  pascolo .  Diminuiscasi  questo  numero  a 
capriccio  sino  alla  mela  ,  sarà  sempre  vero  ,  che  coi 
prati  artificiali  noi  potremmo  rad(lop|,iare  il  numero 
de'  nostri  armenti;  ed  iu  conseguenza  dei  loro  pro- 
dotti . 

E  per  animar  vieppiù  i  nostri  proprietarj  a  pren- 
der conto  magi^iore  degli  armenti  Lovini  ,  e  de'  prati 
artiticiali  ,  che  meritano  di  esser  moltiplicati  ,  e  propa- 
gati a  preferenza  ,  giova  rilevare  i  vantaggi  ,  che  da 
questi  dovrebbero  atteiidrisi  nella  Paglia,  ove  1'  uso 
de' prati  artiliciali  venisse  a  stabilirsi. 

Fingiamo  ,  che  «ella  Puglia  lungo  soltanto  le  spon- 
de de'  liumi  ,  e  de'  torrenti  che  la  bagnano  a  tutto 
inaggio  fi)  siasi  introdotta  in  vece  dell'  errante  la  bea 
intesa  Pastoiizia  ,  e  siavi  un  proprietario  ,  il  quale  si 
determini  a  mettere  160  moggia  di  terre  a  prato  arti- 
ficiale ,  irrigabile  solo    nel    mese    di    maggio    dopo  la 


(  I  )  Prescelgo  le  sponde  de'  nostri  torrenti ,  e  de' 
nostri  fiumi  per  dure  ed  nostri  la  facilità  d'esser  irri- 
gati .  I  torrenti  soglion  correre  nel  mese  di  maggio 
e  spesso  anche  per  tutto  giugno  .  I  nostri  antenati 
davano  V  acque  ai  prati  artificiali  appena  secato  il  pri- 
mo fieno  in  maggio  ,  e  cosi ,  ancorché  non  avessero 
altra  acqua  per  irrigarli  successivamente ,  ne  traevano 
gran  profitto  ,  vi  conservavano  meglio  le  piante ,  e 
la  verdura  ,  e  tornavano  a  falciarli  in  autunno  ,  per- 
chè le  piante  i-invigorite  dall'  acqua  dopo  il  primo  ta- 
glio   producevano  molta  erba  alt  apparir  dell' autunnc% 


.J> 


(399) 
prima  falciatura  per  aver  dell'  erba  nell'  e^là  ,  e  ot- 
tenerne più  agevolmente  una  seconda  in  autunno  . 
Diamo  di  rendila  annua  a  questa  terra  il  valore  di 
36o  ducali  :  compuliamo  la  spesa  necessaria  per  dis- 
sodarlo ,  acciò  il  prato  riesca  della  più  perfetta 
qualità,  per  la  soumia  di  800  duca^ .  Diamo  per  ca- 
pilale  d'  4*^  vacche  sceltissime  24^0  dìicati  .  Por 
una  stalla,  ed  un  fonile  corrispondente,  e  per  la  ca- 
scina vi  occorrano  due  mila  ducali  :  per  custodia 
delle  vacche  diamo  a  4  pastori  28  ducati  al  mese  j 
per  trasporti  ,  e  per  commodo  vi  si  mantengano  4 
animali  da  soma  colla  spesa  annua  di  due.  200,  e  per 
acquistare  il  seme  di  prato  occorra  la  spesa  di  ducati 
3oo.  Risulta  da  queste  condizioni  ,  che  a  stabilire  in 
Puglia  un  procojo  di  ^o  vacche  scelte,  vi  bisognareb- 
he  il  capitale  di  53oo  ducati,  e  l'annua  spesa  di  i4i<5- 
Per  abbondare  nel  calcolo,  e  per  ])rovvedere  gli  utensili 
diciam  le  spese  annuali  ammontare  a  i5oo  ,  e  fissiamo  6 
mila  ducati  di  capitale  .  Veduto  1'  esito  calcoliamone  1'  in- 
troito. Di  l^o  vacche  scelte,  e  ben  nudrite  ,^  mettiamo 
che  sole  20  diano  sempre  latte  (i)  e  non  dirò  ,  che 
darne  potranno  3o  ,  20,  o  i5  caraffe  ai  giorno,  come 
la  tlanno    ne'  tempi  analoghi   le  vacche  di  Sorrento  ,    e 


(i)  Supponendo  una  vacca  incinta  in  ogni  \S  me- 
si, l\0  vacche  in  cinque  anni  partorir  doi'rehbcro  4 
volte ,  ed  in  conseguenza  dar  iGo  allievi:  32  allievi 
per  anno ,  se  fossero  di  scelta  razza  ,  ben  trattate 
nel  vitto  ,  e  nella  salute  y  ed  esenti  da  disgrazie  . 


(  4oo  ) 
della  Svizzera  ,    ma  solo    12  carafe.    Avremo    dunque 
240  caraffe  di  latte  al  giorno  ,  che  dando    il  sesto  del 
suo  p3So  in  burro  ,  e  cacio  iasieiae,    darebbe,    se    la 
caraffa  nostra  pesasse  aS  oncie ,  e  mezza  di  acqua,  co- 
mi volgarmente  credesi  ,    il  peso    di  81    libbre    di  ca- 
cio ,     e    burro  ,    e  prese    alla    ragione    di   12  grana    la 
libbra,  darebbero  a  giorno  la  rendita  di  g  ducati  e  72 
grana  ,    ed    in    conseguenza    la  rendila    di    365    gior- 
ni sarebbe  di  ducati  3547   '  ^^  ■  Dedotte   le  spese  an- 
nuali ,  restarebbero  di  proQtto  ducati  2047  ,  80,    cor- 
rispondenti ,  come    frutto    del    capitale    impiegato    nel 
fondo  alieno  per   piantarvi  il  procojo  ,  come  sopra  da 
noi  ideato  ;  ma  il  capitale  cosi  impiegato  non  eccede  i 
ducati  6000  :  dunque  questa  stessa  somma  verrebbe  a 
dare  il  33  per  loo  in  circa  di  rendita  netta,  la  quale 
è  cosi  rispettabile  ,  e  grande ,  che  non  può  considerar- 
si se  non  come  la  massima  ,    che    costantemente    pos- 
sa farsi  nel  commercio  il  più  attivo  ,  e  felice  . 

E  per  giungere  a  questo  stato  di  prosperità  non 
dirò  per  tutto  il  Regno  ,  ma  solo  in  duemila  poderi 
dispersi  su  tutta  la  superfìcie  di  quello  presso  i  fiumi, 
e  i  laghi ,  che  abbiamo  nelle  valli  ,  e  nelle  pianure  , 
ove  sarebbe  assai  facile  l'  accrescere  coli'  estiva  irriga- 
zione il  prodotto  dei  prati  da  noi  calcolato  di  sopra  , 
non  vi  sarebbe  bisogno  di  tutta  la  spesa  da  noi  com- 
putata ,  perchè  generalmente  abbiamo  delle  vacche  , 
ma  con  piccolo  ,  o  niun  frutto  ,  e  meaocchè  nel  Ta- 
voliere di  Puglia,  si  hanno  da  pertutlo  ,  e  stalle  e  cor- 
tili ,  e  capanne  ,  cioè  una  specie  di  portici  rustici,  che 
meglio  iatesi  e  riformati ,  ci  metterebbero  ia  istato  di 


[  4oi  )      ^ 

trarre  dai  nostri  armenti  meglio  nudriti  tutto  quel  van- 
lagio  ,  che  nell'  alta  Italia ,  e  altrove  col  mezzo  de' 
prati  artificiali  ritraesi  . 

Dal  sin  qui  esposto ,  e  da  quanto  insegnano  i 
scrittori  agrarj  ,  e  i  popoli  culti  di  Europa  inettoQO 
in  pratica  ,  egli  è  chiaro  ,  che  le  piantagioni  ,  e  i  prati 
artificiali  siano  l' unico  mezzo ,  onde  animare  la  Pasto- 
rizia .  Succede  agli  animali  come  agli  uomini  ;  pro- 
sperano, e  si  moltiplicano  ,  ovunque  abbondino  i  mezzi 
di  sussistenza  ,  ed  in  proporzione  di  essi.  Quindi  l'unico 
mezzo ,  che  si  dee  proporre  alla  Nazione  ,  è  quello 
d'  introdurre  da  per  tutto  i  prati  artificiaU  irrigui,  e 
non  irrigui. 

Non  è  ,  che  questi  siano  tra  noi  ignoti .  I  non  ir- 
rigui sopratutto  son  comuni  nella  Campania ,  ed  io  qual- 
che altro  cantone  d .l  Regno ,  ma  non  si  esteadono 
alle  cacche  ,  ed  alle  pecore  . 

Io  vi  annojerei  se  volessi  qui  ricopiare  gli  av- 
vertimenti e  le  regole,  secondo  le  quali  si  debboa 
formare  i  prati  artificiali  .  Piuttosto  sembrami  necessa- 
rio discorrere  di  quali  erbe  ci  convenga  far  uso. 


Si 


(   402    ) 

P  A  R  T  E     ni. 

Di  mezzi  da  far  rifiorire  tra  noi  la   Pastorìzia  '. 

Se  dobbiamo  pe'l  nostro  interesse  iatrodnrre  i 
prati  arlifioiali  di  quali  erbe  ci  serviremo  ?  Non  om- 
nies  feri  omnia  Telìns  .  Ci  nasce  quÌD('i  il  bisogno  di 
disaniioar  traile  tante  piante,  che  pur  abbiamo,  e  trai- 
le mollissime  ,  di  cui  manchiamo  ,  quali  convenga- 
no meglio  alla  nostra  Pastorizia  .  Or  questa  dissami- 
na  abbraccia  due  considerazioni ,  cioè  quella  della  na- 
tura del  suolo  ,  e  quella  del  clima  .  Favelliamo  dun- 
que del  nostro  suolo  ,  e  del  nostro  clima  ppr  poter 
precisare  quali  erbe  siano  da  coltivarsi  a  preferenza, 
ne  '  nostri  prati  artllìciali  . 

Benché  le  nostre  terre  siano  tra  loro  varie,  e  dif- 
ferenti,  io  porto  opinione,  che  possano  esser  classifi- 
cate ili  modo  sodisfacente  al  bisogno  de' pastori  ,  ss 
rifletteremo  all'origine  geologica  del  nostro  suolo. 

Una  catena  di  monti  ramificali  iu  varie  direzioni 
dividono  il  nostro  Regno  per  tutta  la  sua  lunghezza 
in  molte  pianure,  le  quali  dal  mare,  cui  dolcem?nte 
inclinansi  ,  terminate  ,  ban  per  lo  più  V  aspelto  dill' 
oriente,  o  di  mezzogiorno  ,  e  pocha  ve  ne  sono  tra 
ponente  ,  e  mezzo  giorno  ,  pochissime  Ira  oriente  e 
tramontana  . 

L' indole  de'  nostri  monti  è  varia.  Per  lo  più  so- 
no calcarei  ,  di  passaggio  ,  o  di  più  recente  formazio- 
ne ,  ed  in  conseguenza  contengono  più  o  man  secou- 


(4o3) 

do  r  clà  sostanze  animali ,  e  vegetabili  petrificati  .  Ta- 
li sono  i  monti  dell'  antico  Sannio  ,  de'  Piceni  ,  della 
Daunia  ,  della  Peucezia,  de'  Salentini,Ja  maggior  par- 
te di  quei  della  Campania ,  e  della  Lucania  .  Da  «[ue- 
Sta  Provincia  però  verso  i  Bruzj  ,  e  la  magna  Grecia 
sino  all'  Esaro,  e  propriamente  verso  il  Tirreno  abbia- 
mo monti  primitivi ,  di  granito  cioè  ,  di  gneis  ,  di 
mica  schislosa ,  di  schisto  argilloso  ,  su  de'  quali  in  di- 
versi luoghi  veggonsi  monti  calcarei  di  diversa  età ,  ed 
anche  de'  monti  sabbionosi .  Sede  di  vulcani  estinti  ,  o 
finalmente  di  vulcani  ardenti  furono,  e  sono  ancor  mol- 
te regioni  del  nostro  suolo  .  I  campi  flegrei  ,  i  monti , 
su  cui  giacciono  Teano,  e  Sessa:  il  Malese  ,  il  Vul- 
ture, e  molli  altri,  che  per  brevità  tralascio  di  no- 
verare neir  antico  Sannio  ,  ed  in  altri  luoghi  ancora, 
arderono  un  tempo,  e  formarono  de' monti,  e  campi 
vulcanici  colle  loro  eruzioni  .  La  valle  d' Ansante  ,  la 
Zolfalaia  ,  e  tulli  quei  luoghi  del  Regno,  donde  acque 
termali  sorgono  ,  o  vapori  lumerali  s'  innalzano  ,  sono 
a  riputarsi  vulcani  st mi  estinti  ;  restando  al  solo  Ve- 
suvio la  qualità  funesta  d'  istruirci  colle  sue  terribili 
eruzioni  di  quel  che  furono  gli  estinti,  o  semi  estinti 
vulcani  cosi  frequenti  in  questa  bella  parte  'lei  Mondo. 
Le  nostre  pianure  una  volta  ingombrate  delle  ac- 
que, non  sursoro  certamente  prima  de' monti  j)riini- 
tivi  ,  e  lungamente  dopo  la  forma/ione  degli  A|q)en- 
Tiini.  Son  desse  figlie  del  sedim-nto  delle  ondo  nella 
maggior  parte,  e  del  detrito  de'  monti ,  che  le  circon- 
dano; e  perciò  nelle  loro  estremità  ,  cioè  ne' litii  da 
poco,  e  leularaenle  da  mare  abbandonati,  sono,  come 


(  4o4  ) 

esser  debbono,  di  sabbia  a  dovizia  fornite ,  e  ne'  luoghi 
mediterranei  debbono  abbondar  ,  coma  1'  esperienza  il 
dimostra  ,  di  sabbia  ,  o  di  creta  ,  o  di  argilla  ,  a  seconda 
della  natura  de' monti  che  lor  sovrastano-' 

B:jnchè  le  alkivioni  particolari  ,  le  concussioni  ter- 
restri tra  noi  frequenti  ,  e  terribili  ,  e  l'  eruzioai  vul- 
caniche abbian  alterato  in  alcuni  luoghi  1'  inJole  na- 
tia delle  nostre  terre  ,.  pure  la  massima  pnrte  di  esse 
G  ha  conservato  ,  o  ha  acquistato  nella  superfìcie  il  mag- 
gior numero  di  quelk  proprietà  ,  che  corrispondono 
alla  loro  origine .  Quindi  è  ,  che  il  nostro  littorale 
abbonda  di  sabbia  ,  e  di  terreni  leggieri ,  e  sabbioiiosi ,, 
e  di  tufo  :  ne'  luoghi  mediterranei  le  pianure  abbon- 
dano di  tèrra  calcarea  sotto  forma  di  creta  ,  di  crosta 
tufacea,  di  tufo  calcareo,  di  marmo  ec. ,  coma  osser- 
vasi nelle  provincie  orientali  ,  e  sottentrionali  d;d  Re- 
gno 5  o  pure  abbondano  di  terra  argillosa  sotto  forma 
di  argilla,  di  mirua  ,  coms  nelle  Calabrie,  ed  in  qual- 
che parte  della  Lucania  ravvisasi  .  Nella  Campania 
poi,  e  presso  tutti  i  vulcani  estinti ,  a  semi  estinti,  le 
terre  conservano  le  qualità  primordiali  ,  cioè  sono 
prodotti  vulcanici  sotto  forala  di  puzzolaua  ,  lapillo  , 
tufo  vulcanico,  lava  scomposta  ec. 

Da  questi  brevi  cenni  geologici  possiam  dunque 
eonchiudere  .  che  sono  le, nostre  terre  riducibili  a  due 
specie  principali,  cioè  a  terre  sabbioaose,  e  leggiere, 
quali  sono  quasi  tutte  quelle  del  nuuijroìo  lungo  litto- 
rale, e  presso  i  monti  vulcanici;  ed  in  terre  forti, 
e  tenaci  più  o  meno  ,  che  si  possono  suddividere  in 
due  altre  specie  ,   cioè    in    terre   ere  tose  ,    quali  sono 


(  4o5  ) 

quelle  delle  pianure  ,  e  delle  valli  del  Sannio  ,  della 
Puglia  ,  delle  Murcie  ,  e  della  Lucania  ,  ed  in  terre 
argillose ,  e  marnose  ,  quali  sono  principalmente  le 
terre  di  Calabria.  E  btnchè  Ira  queste  vi  sieno  delle 
terre  cretose,  e  sabbionose,  come  traile  cretose  vi  si 
■veggono  de' campi  arenosi,  pure  bastando  l'occhio, 
ed  il  tallo  a  distinguere  la  sabbia  ,  la  creta  ,  e  V  ar- 
gilla ,  e  le  più  marcate  loro  composizioni  ,  ninno  de' 
coltivatori  potrà  ingannarsi  ,  se  vorrà  per  poco  riflet- 
tere ,  ed  osservare  ,  intorno  alla  qnaliià  predominante 
del  terreno  ,  die  imprende  a  coltivare  ,  e  potrà  age- 
volmente adattarvi  quelle  piante^  e  quell'  erbe  da  pra- 
to ,  che  siano  analoghe  a  tali  qualità  .     ' 

Ma  non  basta  certamente  la  ricognizione  sola  del- 
le tTre  per  determinarsi  con  felice  successo  a  colti- 
varvi le  piante  corrispondenti  .  Vi  sono  delle  partico- 
kri  circostanze  ,  che  farebbero  abortir  le  speranze 
del  colono  ,  se  non  venissero  avvertite;  e  queste  tali 
circostanze  per  mio  sentimento  si  restringono  alla  co- 
pia ,  o  penuria  delle  acque  ,.  e  alla  temperatura  me- 
dia dell'atmosfera  ;  cioè  alle  qualità  del  clima. 

La  copia  delle  acque  è  senza  dubbio  il  mezzo 
più  efficace  per  la  prosperità  della  vegetazio  ne  ,  alla 
quale  cooperano  la  lena  ,  l'  aria  y  il  calore  ,  e 
la  luce  insieme  ,  e  sono  ad  un  di  presso  egual- 
mente necessarie  ,  ed  essenziali  .  Specialmente  nell' 
està ,  e  nelle  terre  arenose  par  moltiplicare  l' erbe 
non  v'è^altro  mezzo,  che  l'  acqua  .  Con  essa  i  pra- 
ti irrigui  si  falciano  cinque,  e  sei  volte  l'anno  ^ 
mentre  apperja   a  maggio    possonsi  falciare    i  migliori. 


•  (  4o6  ] 

■prati  secchi  .  Ovunque  non  abbonda  l' acqua  ,   forza  « 
rinunciare  ai  prati  irrigui  ,  e  finché  non  si  abbia  mag- 
gior copia   di    questo    elemento  ,    converrà    ridursi     a 
delle  piante ,  che  prosperano  senz'abbondante  umore. 
Quindi   la  Puglia,  che  ha  poche  acque  correnti,  e  po- 
chi fiumi,  che  non  manchino  interamente  ,  potrà  aver 
de' prati  irrigui   nel  mese  di  maggio,  e  giugno    al  più, 
Tiìa  senza  la  risorsa  de'serbatoj  ,  e  de' pozzi,  ove  renda 
conto  il  praticarli  ,  noti  potrà  irrigarli  ne' mesi   di  lu- 
glio ,  e  settembre    per  far  molte  raccolte    di   Geno  .  E 
chiaro    però  ,  che  quando    si    usasse    in    Puglia   di  dar 
r  acqua  alniino  ai    jwati  appena   tagliati    nel    mese  di 
•maggio,  o  di  giugni),  si  avrebbe  deir erba  in    copia  sco- 
nosciuta   a    queUe  arse  contrade  da  maggio  in  poi  ,  e 
si  potrebbe  ancor  serbar  del   (ieno  peri'  inverno  .  Che 
se  i  Pugliesi    pensando  a  quel    che  furono  una  volta, 
e  a  quel  che  potrebbero  essere,  s'ingegnassero  a  vesti- 
re di  selve  i   monti,  che  li  circondaao  ,  e    di    pianta- 
gioni   le  loro   pianure,   minorando  l'ardore  estivo,    e 
richiamando  le  piog^^  ,  potrebb  ;r:)  aver  d^'priti   suf- 
ficienti a  nudrire  coi  proprj  ti^rreiii  uà  doppio  nume- 
ro di   animali  ,    cui    ora    son   consacrate  le    cainpague 
del  Tavoliere  non  solo  ,  ma   di   ^.   Provincie  del  Regno. 
IjO  sforzo  primario  ,    e    generale     de'  Pugliesi  dovreb- 
b'  esser  diretto  ad  approfittarsi   delle   poche   acque   che 
vi  sono,  ed  a  coltivare  qujl  genere  di  piante,  che  ve- 
getano benissimo  sotto  i  cocenti  ardori  del  sole  ;  e   con 
questi  mezzi  diverrebbero  iu    breve    tempo    capaci  di 
sostener  le  spese  delle  piantagioni  ,  e  de'  serbato]  ,  che 
reslituirebbero  a  quelle  terre  1'  antica  ubertosità  ,  e  le 


e  407  ) 

rulu  rrcbbcro  eguali  aliueuo  per  il    valore    t^c' predoni 
alla  Campania  . 

Ma  il  Sannio  ,  i  Picini  ,  i  Biiizj,e  gran  parie  citi- 
la Lucania  Lauro  acque  sullicicnti  per  isabilir  fre- 
qiKnli  prati  arlidcialì  ,  (ti  iir'j^i-Liii  .  Io  ccn  so  qial 
faialj  rf.riOian/a  n.filici.c  qr,('((jo!i  sciolti  daile  scr- 
■vilù;  l(i.(!ali  ntl  lou)  irlito  fcj  ere  per  r.oc  profiffar- 
Ee!  La  sulla,  il  U\n^V\c  a  fcr  lineo  ,.  il  sain- 
foin  ,  la  nutlica  et  mi  jb*  ic  (£scr  (Stt£Ì,o  ii.iJtt'Clti  r.e' 
piali  (li  (jiullr  jitAii.cir,  nelle  Icio  jitnie,  rielle 
loio  >alli  .  Le  palli  ii;(ni(5e  joi  di  (,ius!e  stesse  re- 
gicrvi  meglio  ii\(blilc  di  all.di,.  e  di  fiutici  utili ,  po-^ 
triLbtro  somniihistrar  ancor  esse  rucve  risorse  all' in- 
diistiia  posloiale  ,  e  jicvcdtr  da  se  stesse  si  d'inverno 
the  d'està  rlla  su^si^l(nza  di  qiugli  amienti,  che  all' 
appai  ir  dell' fiulunno  perirebbero  dalla  fame,  se  non' 
eni  ^S(  r  menali  ai  lepidi  piani  della  Puglia,  e  della 
C  ampania  . 

In  tulle  le  conlrado  ,  ed  in  ogni  stagione  anche  nella^ 
Puglia  possiamo  aver  dapertulto  foraggio  verde ,  e  sec- 
co per  i  nostri  animali  .  Se  ne  manchiamo  è  nostra 
oscitanza,  e  nostro  danno.  La  Campania  alternando 
O  coltivando  il  trifoglio,  la- h.pinella ,  i  lupini  ,  il  pani- 
co, il  miglio,  il  granone  ,  le  rape  ec ,  facendo  uso 
delle  foglie  delle  vili  ,  e  di  molli  alberi  nndrisce  i 
suoi  armenti  d'  està  ,•  e  d' inverno  ;  e  potrebbe  otte- 
nersi lo  slesso  nella  Puglia  ,  e  ntl  Sannio  ,  se  si  usas- 
se la  stessa  diligenza,  ed  anche  maggiore  .  Baslarcb- 
Le  a  ciò  il  conoscer  le  piante  oorrispondenl'  alle  di- 
Verse  coadiziuni  de'  prali ,    alla  copia  delle  acque  ;    al 


(  4o8  ) 
gracto  della  temperatura    o  sia  alla  qualità    del   clima 
di  cui  è  ormai  tempo  di  parlare  . 

I  nostri  monti  si  elevano  a  tanta  altezza  ,  che  i 
più  alti  sorpassano  il  termine  della  vegetazione  dalla 
natura  assegnato  alle  regioni  boreali  .  Le  parti  medie 
lungamente  alla  neve ,  ed  al  gelo  soggette  soffrono  un 
grado  di  freddo  alpino  ,  e  le  parti  inferiori  son  tocche 
ancor  esse  dal  gelo ,  e  dalla  neve  in  ogni  anno ,  e  si 
quelle  ,  che  queste  ,  sono  soggette  a  violenti  ,  ed  im>- 
provisi  turbini  ,  a  frequenti  gragnuole  ,  nebbie  ,  e 
piogge  .  In  queste  regioni  abbiamo  il  clima  della  Sviz- 
zera ,  e  della  Lombardia ,  cioè  mollo  freddo  ,  ed 
umido  . 

Opposto  diametralmente  a  quello  de'  monti  è  il 
clima  delle  nostre  pianure  orientali  ,  e  meridionali  . 
Di  rado  in  esse  cade  la  neve ,  o  vi  dura  per  pochi  gior- 
ni :  se  la  forza  de'  venti  vi  spande  il  gelo  nel  colmo 
dell'inverno,  di  rado  nuoce  sensibilmente  alla  vegeta- 
zione ;  vi  regna  sempre  un  lepore  benigno  ,  e  vivifi- 
cante ,  sconosciuto  al  resto  dqU'  Italia  ,  e  dell'  Europa  ; 
anzi  abbiaino  de' luoghi,  ove  non  cadde  mai  la  neve, 
ne    si  sperimentò  mai  la  forza  del  gelo. 

Da  questi  caratteri  comuni  alle  pianure  del  Re- 
gno di  sopra  menzionate  ,  si  dovrebbe  dedurre  ,  che 
godano  dello  slesso  clima;  ma  pur  differiscono  gran- 
demente le  orieutali  dalle  meridionali,  non  solo  per 
la  diversa  loro  esposizione  al  sole  ,  ma  ben  anche  per 
tutto  ciò  ,  che  può  influire  a  diversificarne  la  tempe- 
ratura .  Nelle  pianure  orientali  la  jiioggia  annuale  non 
giunge  a  20  pollici   di  altezza  secoadQ    le  osservazioni 


(409) 

dell'illustre  socio  Monsignor  Gioveno  ,  mancano  sopra- 
tullo  le  acque  al  maggior  uopo  ,  cioè  nelT  esià  .  Nelle 
meridionali  la  pioggia  annuale  e  di  29  pollici  d'  altez- 
za ,  come  osservò  Niccola  Cirillo  ,    e  1'  està  non  suol' 
esser  mai  arida  ,  come  nella  Puglia  .  La  neve  cade  as- 
sai di  rado    nella  Puglia  ,    e    per    lo    più    col  Greca- 
le .    Cade    poi    colla    tramontana  ,     o    col  maestro    e 
frequentemente,  ed  in  maggior  copia  nella  Lucania ,  e 
nelle  Calabrie  intermezzate  da  monti  altissimi  .  II   vea- 
te    di  ponente  ,    cioè    1'  antico    atabulo  ,    distrugge  le 
piante  nella  Puglia  ,    e  nelle  pianure  a  quella  paralcl- 
le  ,    cui    lo  scirocco  ,    ed  il  libeccio  funestissimi    alle 
pianure  meridionali  nuocciono  assai  meno    del  ponen- 
te .    In  quelle ,    le  montagne    più  alte  ,    e  meglio  ve- 
stite di  alberi  attraggono  agevolmente    i  vapori  ,    e   le 
nubi  ,    onde    abbondano    le  brme  ,    le  l'ugiade  ,    e    le 
piogge,    e  in  conseguenza  le  sorgive;    vi  regna  perciò 
una  minore  irregolarità  nelle  meteore    dell' atmosfera  , 
vi  si  produce  un  grado  di  frescura  superiore    alla  na- 
turai posizione  ,    cose  tutte,    che  in  vano  si  sperereb- 
bero   nelle    pianure    orientali     circondate    da    piccioli 
monti  pressocchè  interamente  denudati  :  onde  solfrono 
frequenti    improvisi    turbini  ,    spesse  gragnuole,    e  dal 
riverbero     de'  raggi  solari    per    i  monti ,    e     pe  l  ma- 
re   che    lo  altoriii.ino  ,    un  g'ado    di  rslnaiile  calore  . 
Tutto  dunque  varia    in  queste    due  regioni   ,    varia  la 
pioggia,  il  caldo,  il  freddo  ,  la  neve,  il  g'Io,  la  gra- 
gnuola ,    la  nebbia   ce.  ,    ed  in  conseguenza  varia  dev* 
esserne    la  coltivazione  ,    e  analoga    a    queste    combi- 

52 


(  4io  ) 

nazioni,  ed  alla  visibile  indole  del  suolo. 

Che  farem  dunque  per  migliorare  ,  ed  aumentare 
l'industrie  pastorali?    Io  non    oso    ingiungere    ai   miei 
concittadini ,  non  ancora  elevali  ài  grado  d'  istruzione 
corrispondente    alle    ottime  regole  agrarie  ,  la   pratica 
de'  nostri  maggiori,  cioè  di  cominciar  le  loro  campe- 
stri operazioni   dall' emendare    i    difetti    naturali  delle 
varie  terre  con  mescolarvi  quelle    di    un  carattere  op- 
posto .  Questa  pratica  felicemente  usata  a  gio;'ni  nostri 
dagl'  Inglesi  ,  dai  Francesi  ,    ed  altri  popoli  di  Europa 
diverrà  comune  anche  tra  noi  ,  se  risorgerà  una  volta 
la  coltivazione  ,  e  la  pastorizia  ,  e  con  esse  le  braccia.  Ma 
dirò  ,    che  non  v'  è  proprietario  ,    il  quale    coli'  intro- 
duzione delle  piante  da  foraggio  con  giudizio  prescelte 
non  possa  in  breve  tempo  mtìttersi  in  islalo  di  accre-  . 
scere  i  suoi  armenti ,   assicurarne  la  vita  ,    la  sanità  , 
ed  i  maggiori  prodotti . 

E  qui  mi  par  acconcio  di  ricordare  ,  e  suggerire 
come  nelle  terre  aride  il  timo  ,  il  rosmarino  ,  il  pani- 
ciini  altissimum  o  sia  erba  della  Guinea  ,  le  rape  ,  le 
pastinache,  le  palate,  la  radice  di  abbondanza,  i  co- 
comeri ,  e  melloni  possono  presentare  oltre  le  piante 
leguminose,  e  le  spontanee,  tanta  varietà  ,  e  copia  di 
foraggio  verde,  e  secco  nfel  corso  dell'anno,  da  non 
esser  più  obbligati  a  far  peregrinare  con  tanto  disagio  , 
e  spesa    gli  armenti  . 

Ognun  conosce  il  merito  del  timo  e  del  rosmarino 
che  som. nini  strano  squisito  latte  ,  e  ottimo  «iole  j  ma 


(4"  ) 

chi  ne  forma  de'  prati ,  o  delle  siepi  ?  Nessuno  .  Igno- 
rasi ,  che  si  potrebbe  ne'  luoghi  più  aridi  introdurre 
con  sommo  profitto  il  panico  altissimo  ,  la  radice 
d'  abbondanza  ;  pochi  sanno  che  le  patate  ,  i  cocomeri 
i  cavoli  potrebbero,  come  le  rape,  le  pastinache,  e 
le  carote  ,  coltivarsi  per  foraggio  .  Quindi  mi  sarà 
pemiesso  d' intrattenermi  sulle  principali ,  e  più  inte- 
ressanti di  queste  piante  . 

II  panico  altissimo  ,  o  sia  erba  della  Guinea  ,  fu 
trasportala  da  quella  Regione  alle  Anlille  ,  e  indi  ntll' 
Inghilterra.  L'esperienze  reiterate,  che  se  ne  fecero 
nella  Giammaica  ,  in  S.  Domingo  ,  ed  in  Francia  ,  e 
la  sua  origine  da'  terreni  sabbiosi  posti  sotto  la  zona 
torrida  assicurano  ,  che  dovrebbe  grandemente  pro- 
sperare sulle  arene  de'  nostri  lidi  abbandonate  ,  e  ne- 
gli aridi  piani  della  Puglia  .  Io  ne  ho  chiesto  in 
vano  sinora  il  seme  ,  ma  non  sarebbe  difficile  al  Go- 
verno di  provederne  lo  Stato  ,  e  diffonderlo  .  Covren- 
do di  questa  erba  le  terre  sabbionose  di  niun  profitto, 
non  solo  diverrebbero  utili  agli  animali ,  ma  andereb- 
bero  mano  mano  a  rendersi  di  maggior  fecondità  .  E 
tm  filo  di  erba  nel  corso  dell'  està  in  Puglia  ,  e  lun- 
go le  nostre  spiagge,  vai  quanto  una  spiga  di  grano . 

La  radice  di  abbondanza  parimenti  sarebbe  ,  in 
quella  specie  di  terre ,  di  gran  vantaggio  alla  pastorizia 
colle  nioUiplici  raccolte  delle  sue  ampie  ,  e  succose 
foglie  neir  està ,  e  coi  voluminosi  suoi  bulbi  nell'  in- 
verno .  Il  fu  Duca  di  Andria  ne  fece  un  saggio  presso 
quella  Città  con  profitto  ,  ma  non  ebbe  degl'imitatori  ; 


{  4^^  ) 

per  la  ragione    che    noi   non    dobbiamo  saper  più  de*^ 
nostri   avi  ,  né  far  meglio  di  essi  . 

Men  buone    di  questa    rapporto    alle    foglie  ,    ma 
più  utili   per  i  loro  tuberi  ,  sarebbero  le  patate,  quan- 
te volte  s' inducessero  i  nostri  contadini  a  nudrirne  gli 
ariìionti  .  Non  v'  è  bisogno    di    dilungarmi    sulla    pro- 
digiosa fecondila  di  questa  pianta  ,    sulla    certezza  del 
suo  prodotto  ,  e  sulla  sua  salubrità  tanto    per    gli  uo- 
mini ,  quarito  per  gli  animali.  Orna  essa  da  più  anni  le 
mense    de'  ricchi  ,    ma    non    si    è    fatto  nulla  per  fari» 
gustar  al  popolo  mal  nudrito  in  molte  Provincie  col  for- 
mentone ,  che  esaurisce  la  terra;  ne  si  è  fatto  alcun  passo 
per  nudrirne  le  bestie.  Io  ne  ho  ingrassato    de'  majali 
meschiandole  colla  crusca  ,    e    la  di  loro  carne  ,    e  il 
lardo    riuscirono    squisitissimi  .    Gli    oltremontani    ta- 
gliandone i  bulbi  in>  più  parti    le  presentano    ai  bovi  , 
ai  cavalli  ,  alle  pecore  ,  che  non  cedono  ,  anzi  supera- 
no in  bellezza    i    nostri  armenti  .    Potendosi    le    patate 
semiuare  da  settembre  sino  a  marzo  non    impediscono 
le  faccende  rustiche  più  interessanti  ,  e  presentano  va- 
rie raccolte    da  luglio    a  ottobre  ;    e    non    solo   per    i 
bulbi  sono  interessanti ,  ma  ben  anche  per  i  loro   steli, 
e   foglie  ,    che  dopo  la  fioritura  potrebbero    recidersi  , 
e     somministrarsi    agli    animali    come  foraggio    vei'de. 
L  '  introduzione  poi  di  questa  pianta  in  tutto  il  Regno 
per  uso  degli  animali  diverrebbe    una    risorsa    per    la 
vita  degli  uomini   nel  caso  di  penuria  del   grano  ,    di- 
sgrazia assai  facile  ad  avvenire  nelle  circostanze  attuali 
della  agricoltura  ,  e  irrimediabile  nello  stato  di  guerra 
in  cui  siamo  . 


•■(4«3) 

Con  viso  arcigno  diranno  molti,  il  panico  altissi- 
mo ,  la  radice  di  abbondanza  non  sappiamo  se  pro- 
speranp  in  queste  nostre  regioni  ;  ma  non  potranno 
dir  io  slesso  delle  patate,  de' cocomeri  ,  e  de' melloni  : 
le  arene  di  Barletta  ,  come  quelle  di  Castellamare  ,  e 
di  tulli  i  paesi  che  hanno  terre  leggiere  ,  e  sciolte 
producono  patate,  e  cocomeri,  e  melloni  di  sliaordr- 
naria  grossezza  ;  dunque  il  seminar  questi  per  uso  di 
foraggio,  cioè  sprssi  e  senza  curar  del  frutto,  sommi- 
nistrerebbe ne'  più  caldi  mesi  del!'  anno  lungo  il  na- 
stro litlorale  nella  Puglia  un  pascolo  verde  ,  gradito 
e  salubre  ai  nostri  armenti  .  Letame,  e  terra  sciolta 
ed  aprica  son  le  due  condizioni  ,  che  i  cocomeri  esi- 
gono .  Se  la  pioggia  è  rara  ,  sorbiscono  la  rugiada 
dell'  atmosfera  colle  foglie  ,  e  vegetano  bene  y  più  te- 
nere foglie  ,  e  più  sostanziose  somininistrarebbero  col- 
tivati per  liso  sol  di  foraggio.  E  se  a  questa  ,  e  alle  al- 
tre piante  estive  testé  nominate  si  aggiungessero  le  patate, 
le  pastinache  ,  le  carote  ,  i  navoni ,  i  cavoli  ,  certamen- 
te ,  che  la  Puglia  potrebbe  mantener  bene  d'  estate  , 
e  d'inverno  i  suoi  armenti  ,  potrebbe  accrescerli,  e 
moltiplicarli  senz'  aver  bisogno  de' prati  di  Abruzzo 
neir  està  ,  com  e  l'Abruzzo  potrebbe  sostentar  per  tut- 
to r  anno  i  suoi  animali  raddoppiati  ,  e  triplicati  ,  òv^ 
adottasse  il  sistema  di  aggiungere  alla  paglia  ,  ed  alle 
foglie  degli  alberi,  con  cui  alimenta  i  buoi,  e  le  pe- 
core pagliarole  ,  le  patate ,  i  navoni ,  i  bulbi  della  radi- 
ce d'  abbondanza  ,  e  quella  maggior  copia  di  fieno  , 
che    i    prati   irrigui    potrebbero    somministrare  .    Con 


(44) 

« 

^Xfuesli  mezzi  in  paesi  assai  più  rigidi  de'nostri ,  com'  è 
la  Svezia,  si  conservano,  e  prosperano  tutte  le  specie 
degli  animali ,  che  noi  abbiamo  ,  i  quali  danno  prodotti 
migliori  de'nostri.  Scuotiamo  una  volta  i  pregiudizj  a 
fronte  dell'esperienza  ;  facciamo  ,  come  fanno  i  popoli 
men  favoriti  dalla  natura  ,  ma  più  industriosi  di  noi , 
e  rioccuperemo  ,  pe  '1  numero  degli  abitanti  ,  per  la 
feracità  del  suolo  ,  per  la  copia  degli  armenti,  il  nome 
d'  Italiani  ,  e  quella  potenza ,  che  i  Romani  a  stento 
distrussero  dopo  80  anni  e  più  di  guerra  micidiale. 

Ove  poi  la  tenacità  delle  terre  non  permettesse 
di  contar  molto  sulle  accennate  piante  ,  la  botanica  è 
ricca  abbastanza  di  vegetabili  a  giorni  nostri  per  so- 
slituirvene  altri  eguahnente  utili,  ed  interessanti. 

L'  Edisarum  coronariwn  (  Saìn-foin  d' Espagne  J , 
o  sia  la  Sulla  di  Calabria  ,  e  l' Edisarum  onobry- 
chis  [  Sain-foin  de'  Francesi  )  ,  o  sia  la  Lupinella  , 
che  riescono  bene  nelle  buone  terre  ,  ed  eccellenti 
nelle  terre  forti  e  tenaci  ,  potrebbero  seminarsi  coli' 
avena ,  e  fatta  la  raccolta  di  questa ,  germoglierebbero 
rivestendo  coi  loro  getti  i  prati  .  La  sulla  è  confinata 
in  alcuni  distretti  della  Calabria ,  e  la  nostra  indolenza 
è  si  grande,  che  non  ostante  la  riconosciuta  utilità  di 
questa  pianta  ,  non  ha  passato  ancora  i  confini  di 
quella  provincia  .  La  lupinella  si  coltiva  in  Terra  di 
lavoro. 

Il  trifoglio  da  fior  bianco  e  rosso  ,  e  la  medica 
ne'  terreni  alquanto  umidi  ed  irrigabili ,  sono  di  gran- 
dissimo vantaggio  per  la  industria  pastorale.  A  queste 


y 


(  4i5  ) 
bisogna  rivolgersi  per  i  prali  irrigui  ,  ed  eguagliareilio 
la  Lombardia  nella  copia  delle  vacche  . 

Ma  la  pianta  inigliore  ,  che  dovrebbe  ricovrire  le 
nostre  campagne  ,  e  che  farebbe  la  più  pronta  ,    e  fe- 
lice rivoluzione  nella  nostra  pastorizia    è  senza  dubbio 
il  citiso  degli  antichi .  Invano  questo  si  cercherebbe  tra 
i  molli    de'  moderni .    Dietro     le  tracce  trasmesseci  da 
Plinio  ,  e  Dioscoride  ,  il  Maranta  lo  dissepelli  dal  lungo 
obbjio    in    cui  era  giaciuto  sino  al  secolo  XV  ^    e    ne 
mandò  i  semi  a   Pier  Vettori  ,    che  dispiaciuto  di  non 
vederlo  germogliare  in  Firenze  ,    scrisse  con  dolore  al 
Maranta  cercando  altro  seme    più  perfetto  ,    e  miglio- 
re,    come    dalle  di  lui  lettere  pubblicate  colle  slampe 
rilevasi.    Ma   gli  sforzi  di  Maranta,   e  di  Pier  Vettori 
non  trassero  dalla  sua  oscurità  questa  pianta  preziosa. 
Gianìbaltista  della  Porta  non  tralasciò  cosa  alcuna  per 
farla  riconoscere  ed  apprezzare  ;  ma  né  i  pastori ,  ne  gli 
I,  scrittori  che  gli  successero  se  ne  occuparono  mai.  Il  sig. 
.Vincenzo  Pelagna ,  la  di  cui  onorala  ìnemoria  sarà  cara 
lai  sempre  ai  dotti,  la  discovri  a  Nisita  ,  ed  all'esire- 
Ima  punta  di  Posillipo  :    venti  anni  fa    ne  scrisse  il  si- 
Ignor  Amoreux^  come  leggrsi   nelle  memorie  della  So- 
Icielà  di  Agricoltura  di  Parigi.  Ma  anche  in  Francia  se  n'è 
lerduta    di  bel  nuovo    la    memoria  ,    perchè    M  ^  La- 
|sleyrie    mi    ha  domandato  ,    se  nelle  pai  ti    del  Sannio 
»i  coltivasse   il  citiso    dogli    amichi ,    come    diceasi    da 
ilcuni  . 

E  dunque  il  citiso  un  frutice  della  classo  Diadclphia, 
propriamente  la  mcdicago  aiboica  seniinibus  liinatis  , 


e  4i6  ) 

margine  integerrimo  caule  arboreo  di  Linneo  ,  o  sia 
la  medicago  frutescens  incarta  di  Tournefort ,  il  Oythi- 
siis  incanus  di  Discoiide .  Questa  pianta  è  soggetta  al 
sonno  .  Per  sodislazione  de'  Botanici  vi  aggiungo  il  ra- 
me ,  che  il  sig.  Petagna  ne  ha  fatto  incidere. 

Io  non  credo  potersi  esporre  meglio  i  preggi  sin- 
golari   di  questa  pianta  ,  se  non  servendomi  delle  pa- 
role   di    Columella  :     CjthisuTn  ,    ei    dice   _,    in    agro 
esse  qiiam  plurinvnn    maxime  refert ,   quod  galUnis  , 
apihus  ,  bobus  quoque  ,    &  omni  generi  pecudum  uti- 
lissinius  est  ,    quod  eo  cito  pinguescit  ,  &  laclis  pluri- 
mum  prcebet  ovis'.tum  etiam ,  quod  oclo  mensibus  vi- 
ridi eo  pàbulo  uti  ,  &  postea  arido  possis  .    Prceterea 
in  qiiovis  agro,  quamvis  inacerrimo  celeriter  compre- 
hendit  :  omnem  in j uria' n  sine  noxa  peti  tur  /    mulieres 
quidem    si  laclis  inopia  premuntur  ,   Gythisum  aridum 
in  aqua  macerari  oportat ,  &•  cum  tota  nocle  permadue-' 
rit,  postero  dis  expressi  succi  ternas  he.minas  permisceri 
modico  vino ,  atque  ita  potandum  dari ;  sic  &  istce  va- 
lebunt ,    &    piieri   abbundantia    laSlis    confinnabuntur . 
Che  si  abbia  in  ogni  podere    la  più  gran  copia  di  ci-, 
liso,  egli  è  cosa  importantissima,  perchè  alle  galline, 
alle  api  ,    ai  bovi  ancora  ,    ed    a  qualunque  sp>^cie  di 
animali  quadrupedi   è  utilissimo  ,  facendo  si  ,  che  pre- 
stissimamente divengan  pingui,    e  somministrando  alle 
pecore    moltissimo    latte  \    s' aggiunga  ancora  ,  (he  per 
otto  mesi ,    come  verde  pascolo  ,    e  per    il  rtslo    dell' 
auuo  ,  come  alimento  secco  si  può  adoperare  .  Inoltre 


(4'7  ) 
n   qualunque    terreno    ancorché    estremamente    magro 

subitamente  ,  e  con  felicità  vegeta  ,  e  soffi  e  qualunque 
ingiuria  delle  stagioni  senza  restarne  offeso.  Le  donne 
poi,  se  afflitte  siano  da  scarsezza  di  latte  ,  converrà  far 
macerare  ncU'  acqua  il  citiso  per  una  notte  intera  ,  e 
COSI  rammollito  spremerne  il  succo  sino  alla  quantità 
di  tre  emine  ,  e  mescolandolo  con  poco  vino  darlo  lo- 
ro per  bevanda  .  Con  questa  le  donne  ricupereranno 
il  loro  vigore  ,  e  i  bambini  nudrili  con  maggior  copia 
di   latte  staranno  assai   meglio. 

Dura  questo  frutice  perpetuamente  ,  comincia  a 
fiorire  a  giugno  ,  e  la  sua  lunga  fioritura  dura  sino  a 
settembre  ,  quando  cominciano  colla  perfezion  de'  semi 
a  cader  le  foglie  ^  ed  è  quello  il  tempo  da  reciderlo  . 
Rimette  le  foglie  a  marzo  .  Nel  clima  di  Napoli  tutto 
anticipa  .  Le  foglie  compariscono  in  gennaro  :  i  fiori 
in  febbrajo  ,  e  dura  la  fioritura  sino  al  mese  di  giu- 
gno ,  tempo  della  maturazione  de' semi  ,  e  della  cadu- 
ta delle  foglie .  Si  riproduce  dal  seme  ,  e  più  celere- 
mente  ,  e  con  sicurezza  maggiore  ,  per  mezzo  de'  ra- 
muscelli  svelti  dalla  pianta,  e  messi  sotterra  alla  pro- 
fondità di  trej  o  quattro  dita  .  Prende  subito  in  qua- 
lunque terra  ,  suU'  arena  ,  sul  tufo  ,  e  cresce  presto  for- 
mando de' cespugli  per  la  copia  de' getti,  che  rimette 
sempre  .  A  mezzo  palmo  da  terra  ,  dopo  il  terzo  an- 
no ,  si  recidono  in  settembre  tutti  i  suoi  rami,  si  ten- 
gono a  prosciugarsi  all'  ombra  ,  iudi  si  sfogliano  ,  e  si 
con.servano  le  sostanziose  foglie  in  luogo  asciutto  .  Al 
dir  di  Plinio  20  libbre  di  citiso  suppliscono  alla  bia- 
da,  che  si  dà  a  i5  bovi  da  travaglio  5  e  la  stessa  quan- 


tità  senz*  altro  cibo  mantiene  assai  bene  qualunque 
Tacca  Nel  darlo  secco  agli  animali  conviene  qualche 
ora  pri'ma  umettarlo  nell'  acqua  .  Quando  si  dà  verde 
poi  bisogna  darlo  moderatamente  agli  armenti ,  perchè 
ne  maugiarcbbero  sempre  ,  e  mangiandone  mollo  non 
solo  nausearebbero  ogni  altro  cibo  ,  ma  correrebbero 
rischio  di  perir  dal  soverchio  sangue  ,  e  dal  grasso  , 
che  questa  pianta  mirabilmente  accresce  .  Nel  tempo 
della  fioritura  bisogna  usarlo  ancora  con  maggior  cir- 
cospezione ,  ed  in  minor  copia  dell'  ordinario  ,  perchè, 
come  avverte  Aristotile  ,  in  quel  tempo  riscalda  sover- 
chiamente ,  ed  infiamma. 

La  riunione  di  tante  eccellenti  qualità  nel  citiso  ci 
fa  subito  concepire,  che  quando  sarà  conosciuto  ,  di- 
verrà la  pianta  prediletta  de'  pastori ,  e  da  per  tutto  a 
furia  sarà  coltivata  e  diffusa  ,  tantoppiù  ,  che  reciden- 
dosi ogni  tre  anni  somministra  il  comodo  di  coltivare 
*  .     .  . 

ne'  filari ,  in  cui  deve  esser  disposta    per    due    anni  le 

cipolle  ,  gli  agli  ,  le  patate  ,  e  i  legumi   ,    che   ben    vi 
vegetano,  e  sempre  colla  sua  ombra  conserva  più  lun- 
gamente verde  la  gramigna ,  e  le  altre    erbe  ,    che    la 
terra  iuculta  produce. 

Se  le  nostre  campagne  ricoverte  di  ferole  ,  di  mir- 
to ,  di  lentisco ,  di  triboli ,  di  spine  ,  poco  utili  agli 
armenti ,  e  di  molte  altre  più  inutili  ancora  ,  anzi  no- 
cive ,  fossero  di  citiso  abbondanti ,  qual'  aumento  non 
prenderebbe  la  nostra  pastorizia  ,  ed  i  suoi  prodotti 
non  solo  ,  ma  ben  anche  la  negletta ,  e  trascurata  in- 
dustria delle  api  ? 


(  4^9  ) 

La  diffusion  generale  del  citiso  accompagnata  d^ 
quella  delle  patate,  della  radice  di  abbondanza  ,  delia 
sulla  ,  della  lupinella  ,  de'  navoni  ,  delle  rape  ,  de'  co- 
comeri e  melloni  ,  del  trifoglio  ,  della  medica  ,  e  di 
quei  varj  legumi  ,  che  pur  sono  in  Terra  di  lavoro 
principalmente  per  uso  di  foraggio  coltivati ,  mettereb- 
be ben  presto  tutte  le  Provincie  del  Regno  nello  stato 
di  rinunciar  o  interamente ,  o  in  gran  parte  alla  pa- 
storizia errante,  e  di  evitare  quelle  frequenti,  e  gran- 
di calamità ,  che  si  sovente  affliggono  i  nostri  ar- 
menti . 

Ma  cosa  debba  farsi  per  generalizzare  ne'  nostri 
campi  il  citiso  ,  e  per  introdurre  la  coltivazione  delle 
altre  erbe  ne'  prati  artificiali  secchi,  ed  irrigui  ?  Gli 
scrittori  ,  ed  i  libri  non  produrranno  mai  effetti  sensi- 
bili se  non  dopo  lunghi  anni, e  ciò  quante  volte  le  ve- 
rità da  essi  predicate  s'imbattano  in  circostanze  tali  da 
rilevarle .  Le  nazioni  non  divengono  savie ,  se  no» 
quando  son  dirette  al  bene  ,  e  la  forza  di  diriggerle 
è  nel  Governo.  A  questo  dunque  dobbiam  rivolgerci, 
e  sperare  ,  che  Gioacchino  ,  come  Numa  dopo  Romo- 
o,  ugunglierà  1'  uno,  e  1'  altro  riunendo  le  arti  della 
pace  a  quelle,  in  cui  è  già  chiarissimo,  della  guerra, 
e  darà  alla  nostra  agricoltura,  e  pastorizia  quel  corso, 
quegli  ajuti  ,  quella  direzione  ,  quelle  leggi ,  e  quegli 
incoraggiamenti  ,  che  sor.o  necessarj  per  farle  prospe- 
rar a  bene  del  suo  popolo  ,  e  alla  gloria  della  sua  fa- 
ma iniiuortale  .  Un  passo  utilissimo  già  è  stato  fatto 
sotto  i  suoi  auspicj  ,  ed  è  quello  de'  semenza]  ,  e  delle 


(420    ) 

società  agrarie  per  tutto  il  Regno  stabilite  .  L'  abile 
Ministro  ,  che  dirigge  le  cose  interne  dello  Slato  ,  de' 
semenza)  per  la  diffusione  degli  alberi  si  servirà  ancora 
per  le  piante  da  prato  ,  che  presto  dan  fruito  ;  saprà 
ripristinare  i  monti  frumentarj  ne'  distretti  ,  escogitare 
un  codice  di  Agricoltura  pur  troppo  necessario  nel 
nostro  paese  5  e  coi  premj  ,  colle  onorificenze,  coi  soc- 
corsi pubblici  metterà  ben  presto  in  movimento  i  no- 
stri spiriti  assopiti,  onde  trarre  dalla  feconda  terra  que' 
beni ,  che  per  oscitanza  perdiamo  ;  ne  mancherà  cer- 
tamente provedendoci  delle  migliori  razze  di  animali 
di  metterci  a  livello  delle  altre  nazioni  di  Europa  , 
cui  non  siamo  certamente  inferiori  per  feracità  di  suo- 
lo,  per  forza  d'ingegno,  per  felicità  di  clima,  ma 
solo  per  mancanza  d'istruzione,  di  direzione,  e  d'in- 
coraggiamento. Cos'era  la  pastorizia  in  Francia  prima 
della  scuola  pratica  stabilita  del  celebre  Daubenton  ? 
Cosa  era  nella  Svezia  la  stessa  industria  prima  della  scuo- 
la pratica  ivi  introdotta  ad  esempio  de'  Francesi  ?  L' 
esperienza ,  che  accerta  i  contadini  del  lucro  delle 
nuove  coltivazioni ,  e  delle  nuove  pratiche  ,  è  1'  unico 
mezzo  da  riformare  le  arti  primitive;  e  l'esperienza 
non  si  può  fare  sulle  prime  se  non  dal  Governo  ,  o 
dalle  Società  istituite,  e  protette  dal  Governo  . 

Io  avrei  dovuto  in  questa  memoria  parlare  d' in^ 
finite  cose  relative  alla  perfezione  della  pastorizia  ,  e 
specialmente  rapporto  alla  perfezione  delle  razze  ,  ed 
all'  introduzione  delle  nuove  più  utili  di  quelle  ,  qhe 
abbiamo  .  Ma  ove  tutto  si  dee  creare  o  quasi  tut- 
to , 


(  4ai  ) 

to  ,  presenlare  al  pubblico  i  fondamenti  di  un'  edi- 
ficio ,  e  le  principali  parti  di  esso  ,  benché  siano  senza 
intonaco,  senza  ornati  ,  senza  lusso  ,  è  il  primo  passo 
alla  di  lui  felicità  ,  e  non  essendo  sperabile  di  giun- 
gere alla  perfezione ,  se  non  per  gradi ,  e  col  concoi'so 
di  molle  circostanze  che  or  non  esistono ,  sarò  com- 
patito ,  se  rimetto  ai  numerosi  scrittori  rustici  quei 
pochi  de'  miei  lettori  ,  che  bramassero  di  ritrovare  in 
questa  memoria  un  trattato  completo  di  pastorizia . 

Non  posso  però  dispensarmi  dal  far  riflettere ,  che 
traile  razze  che  si  potrebbero  acquistare ,  e  diffondere 
nel  Regno  oltre  i  merini ,  le  pecore  di  Barberia ,  le  ca- 
pre d'  Angora  ,  i  cavalli  Àrabi ,  Turchi  ,  Inglesi ,  e  Pri- 
gioni ,  si  dovrebbe  principalmente  badare  alle  vacche. 
Di  queste  Aristotile  conosceva  due  razze  differentissi- 
xne  per  la  statura  ,  ma  eccellenti  ambedue  per  la  co- 
pia ,  e  squisitezza  del  latte .  Le  grandi ,  e  gigantesche 
erano  quelle  d'Epiro  chiamate  Pirriche  ,  da  Pirro, 
che  ne  avea  4o .  Ciascheduna  di  queste  vacche  ,  che 
l'uomo  non  poteva  mungei'e  in  ginocchio,  ma  in  pie- 
di alquanto  curvato  ,  dava  120  libbre  di  latte  al  gior- 
no .  Conosceva  poi  le  vacche  della  Faside  ,  Provincia 
della  Colchide  ,  le'  quali  eran  picciole  ,  e  le  chiama 
pusillce  bucidce  ,  e  quarum  singulìs  multum  lactis  habe- 
tur[i).  Or  queste  vacche  esistono  nel  nostro  Regno  per 
le  cure  del  Marchese  di  Valva ,  il  quale  le  ottenne  da 

53 


(i)  Lib.  3.  hist.  animai  cop.  265. 


(  42tì  ) 

Ragusa  dove  vengono  a  slenti  dal  Mar  nero  ,    e  dalla 
Bosnia  perchè  era  vietato   sotto   rigorose  pene  di  estrar- 
le da  quello  Stalo  .    K-son  certamente  desse  5    poiché 
alla  picciolezza  del  corpo    uniscono  poppe    grandiose  , 
e  quella  voracità  ,    che    secondo  Aristotile    è    1'  indizio 
del  mollo  latte  ,  e   della  fecondità  (i).  Il  Marchese  Val- 
va mi  accerta,   che  danno  assai    latte    in    proporzione 
del  loro  corpo  e  molto  più  rapporto    alle    nostre  vac~ 
che  comuni  ;  ed  il  loro  latte    dà   un  sesto    di  formag- 
gio  più  del  latte  vaccino  ordinaiio  .  Egli    è  certo ,  che 
questi  piccoli  animali  si  portano  da  per  tutto,  come  le 
capre  ,    mangian    di    tulio    anche  strappando  le  radici 
dalla  terra,  e  l'erbe  le  più  corte,  come  fan  i  monto- 
ni, e  qualunque  seccume  ancor  vile;  agili ,  e  forti  in- 
sieme non  temono  il  freddo  ,   contro  del  quale  la  na- 
tura di  ruvido  ,  e  irto  pelo  dopo  il  raso  ,  comune  alla 
specie    grande    delle  vacche ,  nell'  inverno    le  riveste . 
Quindi    ne'  luoghi  montuosi  questo  genere    di  animali 
sarebbe    assai    più    utile    della    specie  grande  ,  e  mea 
soggetta  ai  disastri,  e  alle  infermità.  Io  ho  con  un  toro, 
che  somiglia    per    la   sua  docilezza  e  bellezza    quello  , 
che  animò  Giove  quando  volle  rapire  Europa  ,  due  di 
queste  vacche ,   dono  del  detto  Marchese ,  che  brama- 
rebbe    si  conoscesse  il  merito  di  questi  piccioli  animali, 
e  che  si  diffondessero  per  tutto  il  Regno.  Ban  nudrite 
danno  queste  vacche  1 2  caraffe  di  latte  al  giorno  . 


(i)  Ved.  lib.  3.  e.  265. 


l 


p. 


'y-  422. 


T.  /. 


V 


^■M.,^^///   y. 


^  J}fu^  ^^ 


(4^3) 
Sulla  efficacia  della  semenza   del  Cismè    nelle  Oftal- 
mie .    Memoria    del   Socio    Corrispondente    Luigi 
Fhmnk  .    Letta    nell  adunanza    del   dì    i3    no\>em- 
bre  1810  . 

Il  EU'  Egitto  ,  al  pari  di  molli  altri  paesi  caldi  ,  si 
osserva  frequentemente  1'  oftalmia  ,  la  quale  priva  non 
pochi  della  vista ,  ed  in  particolare  quando  non  è  cu- 
rata a  dovere,  e  con  somma  cautela.  Avendo  io  dato 
per  lo  spazio  quasi  di  un  lustro  un'attenzione  partico- 
lare a  questa  infermità  ,  ho  creduto  perciò  utile  lo  scri- 
vere questa  memoria ,  la  quale  riguarda  tutto  quello , 
che  appartiene  alle  cagioni  ed  alla  di  lei  natura  ,  non 
che  al  metodo  curativo  della  medesima  . 

Gli  abitanti  doli'  Egitto  sogliono  impiegare  nella 
predetta  malattia  un  rimedia  ,  la  di  cui  somma  effica- 
cia merita  esser  conosciuto  nell'  Europa  .  Questa  è  la 
semenza ,  eh'  essi  chiamano  Cismè  ,  la  quale  è  co- 
nosciuta anche  nella  Turchia  Europea  sotto  il  nome 
di  Cismaton .  Ma  la  maggior  parte  di  questa  semenza  è 
portata  dall'  interno  dell'  Affrica  ,  e  particolarmente  da 
quella  regione  chiamata  Var-four  situata  al  Sud  Est 
dell'Egitto.  Sembra  assai  probabile,  che  i  Negri  ab- 
biano propagato  fino  al  Gran  Cairo  le  nozioni  primi- 
tive sul  vantaggioso  uso  di  detta  semenza  .  Il  sagacis- 
simo osservatore  Prospero  Alpino  nella  sua  storia  na- 
turale dell'Egitto  ha  delineata  una  pianta  ,  eh'  egli  chia- 
ma Ahsus  \  ma  per  quanto  egli  sia  circostanziato  su 
tutte  le  cose  vedute  in  quel  celebre  paese ,  pure  nulla 


(  44  ) 

parla  dell'  uso  vantaggioso ,  che  se  ne  può  fare  nelle 
oftalmie .  Alcuni  -membri  dell'  Instituto  delle  arti  e 
scienze  d'Egitto  hanno  seminata  in  un  luogo  ombro- 
so la  semenza  del  Cismè ,  dalla  quale  nacque  una 
pianta  ,  ch'essi  conobbero  per  la  Cassia  absus  di  Lin- 
neo .  Presso  lo  stesso  Linneo  poco  di  sodisfacente  ri- 
trovasi su  questa  pianta ,  e  la  sua  semenza . 

Il  mio  pregiatissimo ,  e  dotto  collega  Savaresi  è'il 
primo  fra  i  moderni ,  il  quale  abbia  fatto  qualche 
menzione  di  questo  rimedio  nella  sua  tipografia  di 
Dami  ette  , 

Desideroso  di  conoscere  se  il  Cismé  potesse  pro- 
sperare in  un  clima  dolce,  come  quello  dalla  Grecia, 
ho  dato  nello  scorso  mese  di  aprile  una  piccola  por- 
zione di  semenza  al  signor  Pouqueville  console  Fran- 
cese in  Giannina  ,  ed  ebbi  la  consolazione  di  vede- 
re sviluppare  una  pianta  molto  analoga  a  quella  chia- 
mata da  Prospero  Alpino  Absus  .  Nel  mese  di  luglio 
del  corrente  auno  i  signori  Pieri  ,  e  Doria  Prosalendi , 
ambìdue  socj  distinti  dell'accademia  Tonica, seminaro- 
no il  Cismè  neir  Isola  di  Gorfù ,  ove  bea  presto  spun- 
tarono varie  pianticelle  . 

La  semenza  del  Cismè  è  della  grandezza  di  una 
lenticchia,  più  o  meno  rotonda,  con  una,  e  talvolta 
con  due  piccole  punte  di  un  colore  bruno  e  scuro ,  e 
di  somma  durezza  .  Polverizzandola  ,  ed  infondendola 
nell'acqua  somministra  buona  quantità  di  mucillagi- 
ne .  Il  suo  sapore  è  leggiermente  piccante  ,  ed  alquan- 
to aromatico  . 

Per  fare  uso  della  semenza  del  Cismè  nell'  Oftal- 


(4^5  ) 

mia  ,  fa  d'  uopo  ,  eli'  ella  subisca  la  seguente  prepara- 
zione. Bisogna  in  primo  luogo  scrupolosamente  pulir- 
la: da  qualunque  materia  eterogenea  die  vi  potrebbe 
essere  unita.  In  seguito  si  lava  più  volte  la  semenza 
neir  acqua  fredda  ,  quindi  si  asciuga  al  sole  .  Quando 
ha  riacquistala  la  sua  primitiva  secchezza,  si  pesta  dili- 
gentemente in  un  mortajo  di  bronzo  ,  e  si  passa  da 
un  setaccio  sottilissimo,  vi  si  unisce  quindi  una  egua- 
le porzione  di  zucchero  bianco  finissimo  ,  e  si  con- 
serva il  miscuglio  in  un  fiaschetto  ben  otturato  . 

Prima  di  favellare  dell'  uso  dell'  anzidetto  rime- 
dio gioverà  qui  osservare,  che  l'oftalmia  dell'Egitto 
non  è,  come  molli  sonosi  immaginati  ,  una  malattia 
di  natura  infiammatoria  ,  o  sia  stenica ,  ed  è  perciò 
appunto  ,  che  sonosi  veduti  peggiorati  quasi  tutti  gV 
individui  trattati  col  metodo  cosi  detto  antiflogìstico . 
Una  lunga ,  ed  attenta  osservazione  mi  ha  parimente 
convinto ,  che  moltissime  oftalmie  de'  nostri  climi  so- 
no per  lo  più  di  natura  astenica ,  e  puramente  loca- 
li 5  e  desideraremmo  per  il  bene  dell'  umanità  ,  e  per 
r  onore  della  nostra  arte ,  che  i  medici  ,  e  chirurghi 
si  persuadessero  di  questa  verità  col  rigoroso  esame 
di  ciò  che  si  trova  sparso  presso  molti  autori  ,  e  con 
quello  che  si  osserva  al  letto  dell'  ammalato  .  Se  si 
considera  inoltre  con  quanti  pochi  riguardi  molte  per- 
sone dell'arte  trattano  l'organo  il  più  sensibile ,  e  deli- 
cato del  corpo  umano  applicandovi  una  moltitudine  di 
rimedj  senza  che  ne  sia  determinata  la  precisa  quan- 
tità ,  facile  cosa  sarà  il  convincersi  della  fondata  asser- 
zione dell'  insigne  Federico  Hofmann  ,  il    quale    pre- 


(  4^6  ) 
lendc  ,  che  l' inconsiderala  applicazione  de'  riinedj  ac- 
ceca maggiore  quantità  d'  in  ferini  della  malattia  me- 
desima. Del  resto  ella  è  cosa  rimarclievolissima  ,  che 
per  quanto  siano  semplici  .in  generale  gli  abitanti  dell' 
Egitto  ,  hanno  nulla  dimeno  potuto  stabilire  delle  re- 
gole giudiziose  ,  dalle  quali  risulta  ,  che  il  Cismò  con- 
viene impiegarlo  ne'  casi  determinali  dall'  esperienza  . 
Cosi  per  esempio  eglino  Io  encomiano  nella  prirnia  in- 
vasione dell'  oftalmia  ,  ed  allora  si  veggono  in  fatti 
degli  effetti  sorprendenti .  Se  poi  l' occhio  è  di  già 
sommamente  rosso  ,  dolente ,  lagrimante  ,  allora  il  ri- 
medio è  nocivo  .  Quando  in  vece  la  prima  violenza 
dell'oftalmia  è  passata,  lo  che  accade  per  1' oi'dinario 
verso  r  ottavo ,  o  decimo  giorno  ,  allora  si  può  di  bel 
nuovo  impiegarlo  con  successo  .  Ordinariamente  si  ap- 
plica questo  rimedio  una  sola  volta  il  giorno  ,  e  di 
preferenza  verso  sera;  sovente  una  sola  applicazione  fa 
dissipare  l'oftalmia.  Se  poi  l'occhio  fosse  estrema- 
mente sensibile  in  seguito  di  detta  applicazione  ,  sarà 
bea  fatto  di  reiterarne  il  suo  uso  ogni  secondo  giorno. 
L'  effetto  costante  del  rimedio  è  di  cagionare  un  mo- 
mentaneo,  e  moderato  bruciore,  e  qualche  lagri- 
mazione  . 

Ci  resta  d' accennare  ancora  due  circostanze  es- 
senziali ,  e  queste  risguardano  il  modo  particolare  di 
applicare  questa  polvere,  e  la  sua  consueta  dose.  Bi- 
sogna che  l'ammalalo  si  corichi  orizzoutalmaute  :  al- 
lora il  medico  ,  o  qualche  altra  persona  intelligente 
apre  colle  dita  della  mano  sinistra  blandamente  le  due 
palpebre  j  colla  diritta  prende  per  mezzo  di  uoa    pie- 


(  4^7  ) 
cola  ,  e  sonilo  moneta  una  quantità  di  della  polvere 
equivalente  in  circa  alla  grossezza  di  un  grano  di  or- 
zo; versandolo  da  vicino  sul  mezzo  dell'  occhio,  cioè 
sulla  cornea  .  So  sono  affettali  entrambi  gli  oachi  ,  si 
farà  la  stessa  operazione  anche  al  secondo  . 

Debhonsi  a  parer  mio  attribuire  i  salutari, e  sor- 
prendenti effetti  di  questo  rimedio  allo  stimolo  pro- 
porzionato, ed  il  più  omogeneo  nelle  predette  oftal- 
mìe.  Egli  è  certo  ,  che  un  tale  rimedio,  produce  de- 
gli effetti  salutari ,  solleciti  ,  e  superiori  a  qualsiasi  co- 
nosciuto collirio  .  Questo  successo  dipende  a  parer 
mio  non  solamente  della  natura  istessa  del  rimedio , 
ma  egualmente  dal  modo  'blando  ,  con  cui  si  applica 
sopra  r  occhio  ammalato  una  determinata  quantità  del- 
lo stesso  .  Sono  altresì  persuaso  ,  che  se  i  medici  ,  e 
chirurghi  avessero  pensato  più  seriamente  a-  non  mo- 
lestar l'organo  della  vista  nel  caso'di  malattia,  che  con 
•una  ben  determinata  quantità  di  rimedio  ,  eglino  sa- 
rebbero slati  pfù  felici  nelle  loro  cure,  ed  avrebbero 
ottenuto  in  breve  coli' arte  quello  che  spesso  non  ot- 
tengono  che  col  lungo  volgere  del  tempo  . 

Anche  nelle  oftalmie  croniche  la  predetta  polvere 
è  assai  giovevole  ,  ma  non  di  rado  egli  è  necessario 
di  aumentare  alquanto  la  sua  attività. 

Una  delle  addizioni  la  più  convenienti  è  il  Curcu- 
ma nella  proporzione  di  un  quarto  ,  o  di  un  terzo  . 
Taluni  sogliono  infondere  una  porzione  della  semen- 
za del  Cismè  polverizzata  nell'acido  di  limone,  e  quin- 
di la  fanno  asciugare  al  sole  ,  per  poi  servirsene  .  Al- 
tri ancora   sogliono  unirvi  qualche  volta  piccola   por- 


l  A28  ) 
zione  di  alunie  ,  e  di  noce  di  galla.  Io  pertanlo  do  la 
pietereaza  al  Cismè  unito  collo  zucchero  solo ,  o  tut- 
to al  più  col  Curcuma  ;  dal  quale  miscuglio  ho  costan- 
temente veduto  degli  efletti  molto  salutari.  Servonsi 
ancora  gli  abitanti  d'Egitto  del  Cismè  per  la  guarigio- 
ne delle  macchie  della  cornea  trasparente  ;  ma  biso- 
gna ,  che  non  situo  molto  opache  ,  e  invecchiate  .  Ter- 
nìiuerò  di  favellare  di  si  eccellente  rimedio  ,  i-acco- 
mandandone  la  cultura,  e  l'uso  alle  persone  dell' arte  5 
giacche  son  sicuro ,  che  questa  pianta  vegeta  anche  ne' 
climi  temperati,  qual' è  quello  della  Grecia ,  e  di  Cor- 
fù .  Unisco  alla  presente  memoria  una  porzione  di 
detta  semenza  ,  la  quale  conserva  per  molto  tempo  la 
sua  facoltà  vegetativa  acciò  cotesto  reale  Istituto  possa 
nella  vegnente  primavera  vedere  naturalizata  una  pian- 
ta fino  ad  ora  affatto  sconosciuta  in  Europa ,  e  quia- 
di  verificare  la  sua  noa  equivoca  efficacia . 

Nota  del  Compilatore. 

La  semenza  fu  presentata  dal  Socio  Signor  j4n- 
tonio  Savaresi  ,  e  fu  consegnata  al  Socio  Signor  Mi- 
chele Tenore ,  che  s' incaricò  di  coltivarla  nel  Reftl 
Giardino  delle  piante  . 

Fiifs  DEL  Tomo  Primo  . 


•Il 


(  4'9  ) 

INDICE   GENERALE. 


XNTnoDuziotrs .  »x 

'Statuti.  xKxi 

Elenco  de'  Socj  Ordinar] .  Ix 

Onorar]'.  ini 

Corrispondenti .  liT. 

Delle  memorie  lette   che  non  han  luogo  in   questo 

primo   Tomo.  Ivir 
Delle    opere  pubblicate    dai  Socj   dal  1806.    epoca 

dell'  istallazione  del  Real  Istituto  .  Ix 


INDICE  DELLE  MEMOPvlE. 


Del  vantaggio  che  si  può  ricavare  dalle  osservazioni 
meteorologiche  per  l' avanzamento  delle  scienze  utili: 
del  socio  ordinario  Luca  de  Samuele  Cugnazzi.  pag.        i 

Sulla  preparazione  della  Canape  :     del  socio    ordinario 

yincenzo  Ramondiiii .  i  g 

Dell'  Arachide  Americana  ,  sua  coltura  ed  usi:  del  so- 
cio ordinario  Michele  Tenore  .  5  o 

Dello    stato    dell'  arte   vetraria    nel  Regno     di  Napoli  : 

del  socio  ordinario  AUclie.le  Ferrara .  5  2 

Sulla  FI' ira  delta  Provincia  di  Bari  :  del  socio  cor- 
rispondente Vito  Bisceglia  •  63, 

54 


Della   coltura    e   preparazione    del    Guado  :    del   socio 

corrispondente  Antonio  Mosca.  io4 

Dello  Zafferano  ,  e  sua  coltura  nella  Provincia  dell' A.- 

quila:  dello  stesso.  107 

Della    Cassetta   per  le  fratture  all'  estremità   inferiori-: 

del  socio  corrispondente  Mangin.  ut 

Della  valutazione  delle  Temperature  di  jdltan.ura  :  del 

socio  ordinario  Luca  de  Samuele  Cagnazzi.  i54 

Dell'  Oppio  :  del  socio  ordinario   Teodoro  Monticelli.      i55 
Del  Papiglione  dell'  Asclepiade  :  del  socio  ordinario  Gae- 
tano Maria  Gagliardi.  i55 
Dell'  origine  ,  e  formazione  de'  Voìcani  :    del  socio    or- 
dinario  Giuseppe  Melograni .                                             162 
Suir  imbiancamento  delle  tele  :  del  socio  ordinario  Mi- 
chele Ferrara.  186 
Dello  stato  ,  e  conservazione  de'  boschi  della  Provincia 

di  Molise  :  del  socio  corrispondente  Raffaele  Pepe.  2o5 
Suir  argilla  smettica  :  del  socio  corrispondente  Giuseppe 

Antonio  Huffa.  220 

Sulle  locuste  dette  volgarmente    bruchi  :    del  socio    cor- 
rispondente  Gaetano  de  Lucretiis  ■  235 
Sul  preteso  controstimolo  :  del  socio  ordinario  Vincen- 
zo Stellati .                                                                              270 
Dell'  Agricoltura  E'colanesc  :  del  socio  ordinario  Gio: 

Battista  Gagliardo.  5oi 

Della  macchina  per  le  unzioni  mercuriali  :  del  socio  or- 
dinario Pietì-o  Paiggiero.  5 17 
Sullo  campagne    di  Puglia  :   del  socio    ordinario   Luca 

de  Samuele  Cagnazzi.  53g 

Sulla  pastorizia  del  Regno  di  Napoli  :  del  socio  ordina- 
rio  Teodoro  Monticelli.  36i 
Sulla  efficacia  della  semenza  del  Cismè  nelle  Oftalmie: 

del  socio  corrispondente  Luigi  Frank  4z^ 


\ 


ERRORI.  CORREZIONI. 

INTRODUZIONE. 

pag.  XI.     Un.   12.    paroco  parroco 

nota  Plin.  tit.  Plin.  lib. 


MEMORIE 


pag.   IO.    li 

n.  25  Farà 

Sarà 

i3 

22  Solo 

Sole 

21. 

6  Cenere 

3o. 

I   Arachilide 

Arachide     , 

3i. 

3o  Inoodoro 

Inodoro 

4.. 

6  Cnocendole 

Cuocendole 

52. 

22  li 

il 

53. 

12    f  ilice 

silice 

70. 

19  Tinfloriuni 

Tinftoriim 

76. 

21   perchè  è 

perchè  a 

id. 

26  Rappresentali 

Rappresentanti 

9G. 

29  Che  trovasi 

Che  non  trovasi 

98. 

20  Altea 

Alcea 

101. 

18  Prunelli 

Prunelle 

id. 

25  delio 

delle 

104. 

8  Indignofera 

Iiidigofera 

io5. 

24  Una 

Una 

107. 

2  Corrispolente 

Corrispondente 

120. 

29  delle  isole 

deli'  ischio  ' 

125. 

I   ni  (eslavasi 

infcslavasi 

id. 

2/1   della 

nella 

144 

pag.    144. 

lin,     4  Montecorno,  altro  Montecorvo,  alto 

148. 

i5  Basilisata 

Basilicata 

154. 

4  dall' 

dell' 

168. 

14  accido 

acido 

170. 

14  gore 

■   gole 

178. 

21   nsienie 

insieme 

»79 

I  lilranlraci 

litantraci  / 

189. 

25  nn 

un 

193. 

16  dall' 

dell' 

197- 

21    sisoni 

sifoni 

200. 

i5  altra 

alla 

210. 

4  sisorsa 

risorsa 

id. 

19  otrya 

ostrya 

218. 

3o  terreuo 

terreno 

23o. 

I   conoscienza 

conoscenza 

247. 

8  vermi 

bruchi 

264. 

I   invigliato 

invigilalo 

id. 

7  §i 

gli 

id. 

9  da 

dal 

272. 

21    Illosofoquaado 

filosofo  .  Quando 

280. 

3  attacare 

attaccare 

281. 

14  producouo 

producono 

285. 

i4  pura 

pure 

287. 

3  Galvanismo 

Galvanismo 

288. 

3o  violente 

violento 

289. 

25  steso 

stesso 

295. 

25  io 

lo 

3l2. 

6  he 

che 

325. 

7  machina 

macchina 

id. 

27  ip 

di 

326 


I 


pag- 


326.  Un. 

6  icriocolla 

ictiocolla 

340. 

20  coltura 

cottura 

345. 

4  ragione 

regione 

357. 

20  influirebbe 

influirebbe 

358. 

5  sebeiie 

sebbene 

365. 

3  nota  2.  imperato 

imperata 

SG6. 

2  noia  slimonio 

stramonio 

367. 

12  appogio 

appoggio 

372. 

i3  riondere 

rifondere 

id. 

27  ondere 

fondere 

38o. 

I   publica 

pubblica 

id. 

2  publico 

pubblico 

383. 

12  se  proprietarj 

se  i  ])roprietarj 

389. 

19  exiqiium 

èxiguum 

396. 

12  dubitare 

dubbitare 

399- 

27  trattate 

trattati 

4o3. 

24  delle 

dalle 

4og. 

II   paralelle 

parallele 

416. 

I   margine 

margine 

4'9- 

21  Romoo 

Romolo 

417. 

17  j  ed  è  quello  il 

quello  è  il 

427. 

25  convenienti 

conveniente 

>^«-^x^2L  r^^^.%^ 

-  C^  *U^. 

V7.'      ■  ■.,-> 

ATTI 

Del  Real  Istituto  d'Incoraggiamento 
alle  scienze  naturali 

DI   NAPOLI. 


^.  lì/^-9. 


ATTI 


DEL  REAL  ISTITUTO 


D'INCORAGGIAMENTO 


ALLE  SCIENZE  NATURALI 


DI   NAPOLI. 


TOMO  II. 


IN   NAPOLI    1818. 
DALLA  TIPOGRAFIA  DI  ANGELO  TRANL 


S.  R.  M. 


J_je  Scienze ,  e  le  lettere  sono  il  più  beli'  or- 
namento delle  Nazioni ,  e  contribuiscono  più 
cbe  ogni  altro  parto  della  mente  ,  e  della  ma- 
no dell'  uomo  ad  accrescere  Io  splendore  del 
Trono.  Ma  quando  poi  \engono  specialmente 
dirette  aU'  utile  de'  popoli ,  ed  all'  aumento  de' 
beni  dello  Stato ,  agevolando ,  e  promoven- 
do ogni  arte  ed  ogni  industria ,  meritano  il 
doppio  titolo  d' instruttrici  ,  e  benefattrici  del 
genere  umano.  I  membri    componenti  il  Real 


/   A 


Istituto  d"  Iiicoraggiainento  si  lusingano  aver 
finora  utilmente  diretti  i  loro  sforzi ,  e  le  lo- 
ro vigilie  a  questo  lodevol  fine  ;  e  sotto  l'Egi- 
da protettrice  della  M.  V.  spermio  compiere 
un  giorno  ciò  ,  che  hanno  con  le  più  pure  in- 
tenzioni incominciato.  Si  degni  la  Maestà  Vo- 
stra proteggere  l'Istituto  d'incoraggiamento  al- 
le Scienze  Naturali  ,  ed  allora  con  maggiore 
alacrità  di  animo  continueranno  i  lor  travagli 
di  cui  ora  si  dan  la  gloria  di  olTerirle  un  se- 
condo breve  saggio  ;  sperando  in  avvenire  me- 
glio corrispondere  alla  magnanimità  della  M.  V. , 
ed  all'  aspettazione  della  Patria. 


Pel  Real  Istituto  d'  Incoraggiamento 

ce 

//  Pìincipe  di   Cai  dito  Presidente. 
P'incenzio  Stellali  Segretario  Perpetuo 


■U 


(vip 

PREFAZIONE. 


JLja  contemplazione  della  natura  fu  sempre  riputata 
lo  studio  pili  nobile ,  e  più  conveniente  alla  dignità 
dell'  uomo  ,  al  benessere  della  società  ,  e  ai  progressi 
generali  delle  scienze  ,  e  delle  arti  tutte  • 

^'olendosi  concepire  questo  studio  nel  senso  stes- 
so che  l' intendeva  il  vecchio  Plinio^  egli  abbracce- 
rebbe V  Universo  intero  ;  e  non  escluderebbe  alcuna 
delle  cose  create .  La  Cosmogonia  ,  1^  Cosmologia, 
V  Astronomia^  ta  Geografia  ,  /'  Idrografia  ,  la  Chi- 
mica,  la  Zoologia^  la  Mineralogia,  la  Botanica, 
e  quindi  V  Antropologia ,  e  la  Tecnologia  ec  sareb- 
bero tante  diramazioni  dell'  interminabile  , .  ed  ine- 
sauribile scienza  della  natura  . 

Ma  i  Filosofi  sorpresi ,  e  spesso  smarriti  nella 
immensità  di  sì  vasto  e  profondo  pelago ,  non  tro- 
vandone mai  sponde ,  e  mai  fine  ,  per  ajutare  la 
loro  intelligenza ,  e  la  memoria  distribuirono ,  e 
classificarono  acconciamente  tutte  le  parti  di  sì  ric- 
ca scienza  ,  diedero  ad  ognuna  il  suo  nome ,  e  con- 
sacrandosi a  coltivarne  qualche  ramo  isolato  ,  giun- 
sero a  misurare  ,  almeno  per  approssimazione  ,  e  da 
lontano  il  campo ,    che    loro    veniva  dalle    limitate 


(    VII!    ) 

forze  delt  intendimento  umano  concesso  di  percor-' 
rere . 

./  pili  arditi  ed  immaginosi  tra  savj  vollero  sartia 
tinare  la  difficile  scienza  della  Cosmogonia  :  altri  ri- 
volsero gli  occhi ,  e  la  mente  a  contemplare  i  feno- 
meni della  sublime  Urania  :  altri  percorsero  la  su  - 
perfide  de'  mari  ,  e  della  terra  ,  e  la  sottoposero 
ai  loro  calcoli ,  e  alle  loro  teorie  :  altri  finalmente 
meno  audaci ,  e  piìi  riflessivi  si  contentarono  di  sa- 
per poco  ^  e  con  accuratezza  ^  piuttosto  che  molto, 
ed  indigesfamente  . 

Ma  qual  fine  si  proposero  essi  nelle  loro  medi- 
tazioni ,  e  nelle  loro  giudiziose  indagini  ?  Qiello  di 
ammirare  nelle  cose  piccole  ,  e  nelle  pai  grandi  l'o- 
pera del  Supremo  Fattore  del  tutto ,  di  conoscer 
meglio  se  stessi,  di  scegliere  neW  immensa  suppel- 
lettile delle  cose  create  tutto  ciò  che  possa  vieppiìi 
far  ammirare  V  onnipotenza  di  Dio  ,  e  la  nobiltà 
della  natura  dell'  uomo  ,  e  tutto  ciò  che  meglio  po- 
tesse condurre  alla  maggior  coltura  ,  e  vantaggio 
de*  suoi  simili  • 

JSella  infinita  catena  ,  che  tutti  lega  ,  ed  uni- 
sce gii  esseri  creati  si  rinvenne  ,  e  si  elesse  parti- 
colarmente ciò  che  pili  condur  potea  alt  ntiliià  ,  e 
perfettibilità  delle  società  intere,  e  de^^V  individui , 
che  le  compongono  .  A  questi  oggetti  dunque  pUt 
precisamente  si  rivolsero  le  cure  ,  e  le  vigilie  defi- 
losofi naturalisti  . 

E  per  procedere  con  piìi  sicuro  passo    nell'in- 


(  »x  ) 

cominciata  carriera,  stabilirono,  per  quanto  fu  lo- 
ro possibile  ,  i  punti  di  contatto  ,  e  quelli  di  sepa- 
razione fra  gli  anelli  di  continuità ,  e  di  connes- 
sione di  sijffatta  catena  ,  che  dall'  alto  de^  cieli  per 
infino  agli  impenetrabili  abissi  della  terra  si  diffon- 
de,  e  si  protende  j  come  il  fossile  si  avvicina,  e 
giugne  a  confondersi  col  vegetabile ,  e  come  il  ve- 
getabile coir  animale  ,  e  come  poi  con  ordine  inver- 
so si  rlistinguono ,  si  separano ,  e  si  allontanano 
tra  loro  . 

Ottennero  così  il  vantaggio  di  fissare  V  idea  ge- 
nerica della  scienza  ,  di  contemplarla  nella  totalità, 
e  di  considerarla  nelle  sue  grandi  diramazioni  . 

Dalle  grandi  diramazioni  si  venne  allo  f^ìù  par- 
ticolari, e  si  st^hilJ^ono  ì  ffoaorl,  SI  divIscro  in  Ispt- 
cie  ,  si  suddivisero  in  individui  .  La  mineralogia  , 
la  Zoologia  ,  la  Botanica  egualmente  subirono  que- 
ste divisioni ,  e  suddivisioni  ,  che  vieppiii  servirono 
all'esatta  classificazione  delle  create  cose,  ed  a  cono- 
scer l'uso  ,  cui  destinate  tavea  il  Creatore  Supremo. 

jdccio  niente  mancasse  all'  uomo  iniziato  in  sì 
utili  studj  ,  si  volle  ajutare  il  suo  intendimento  ,  ap- 
plicandovi il  rigore  delle  matematiche ,  le  ricerche 
delle  fisiche,  l'analisi  delle  chimiche,  e  gli  utili 
precetti  della  tecnologia.  In  tal  guisa  ,  e  per  gV  im- 
mortali travagli  de'  Porta  ,  de'  Colonna  ,  de'  Ca- 
pua  ,  degV  Imperati  ,  degli  Aldovrandi ,  de'  Redi  , 
de'  P'ollisnieri  ,  de'  Malpighi  ,  de'  Buffon  ,  de'  Lìn^ 
nei ,  de'  Bonnet ,  degli  Haller ,  dei  Fallas  ,  la  scien' 

h 


(O 

za  della  natura  crebbe  ^  ed  elevassi  a  quelV  altezza , 
e  a  ff'iello  splendore ,  cui  la  veggiaino  giunta  oggi 
giorno  . 

Con  tali  principi  ,  e  calcando  le  orme  di  sì  gran 
maestri  ,  /'  membri  di  questo  Reale  Istituto  haii  cer- 
cato ,  per  quanto  il  comportavano  le  laro  f>rze  ,  e 
i  loro  talenti  ,  rendersi  utili  alla  Società  ,  ed  al  Ge- 
neroso non  men  che  Savio  Governo  die  li  proteg- 
ge. Piivatas  qiioeriimis  opes  :  fu  ,  e  sarà  sempre  la  piìi 
particolare ,  e  prediletta  loro  divisa.  Investicare  C'à , 
chi!  fjof'ia  vieppiii  migliorare  la  nostra  agricolturaj 
la  past'»/ izia  ,  le  arti  meccaniche  ,  fu  il  primario  , 
e  piti  caro  oggetto  delle  loro  ricerche  .  Vastissimo 
campo  ulte  tnro  scoperte  ,  alle  utili  teorie  ,  alle  ap- 
plicazioni ,  ai  proggeiit  .ict-.s.st ,  offerì  tot  u  la  varia^ 
e  vagita  superficie  did  pili  bel  regno  di  Europa  ^  e 
quanto  cont^ensi  nelle  memorie  del  primo  volume 
detr  Istituto  ,  non  men  che  di  (ptesto  ,  d  qu  ile  or 
vede  la  luce ,  n'e  un  sicuro  ,  irrefragabile  documento. 

I membri  dtlt  Istituto  ,  che  tanfo  interesse  pren- 
dono ai  progressi  delle  scienze  naturali ,  che  sì  fer- 
ventemeiUe  le  coltivano  ,  onde  rendersi  utili  ad  una 
patria  adorata  ,  han  veduta  con  dolore  e  con  la- 
grime distrutta  una  parte  della  sperata  messe ,  e 
recise  finanche  non  poche  delle  loro  speranze,  per 
la  perdita  di  alcuni  da'  loro  Socj  ,  e  cooperatori  esi' 
mj  ,  che  morte  di  recente  ne  tolse  .  Non  può  richia- 
marsi senza  una  dolorosa  emozione  la  memoria  de' 
Galanti  ,  de'Dunieli  ,  de'Forges  Davanzali  ,  de'Sati- 


(XT    ) 

soni,  de"  Bianchi ,  da'  S  emeni  ini ,  de'  Vnlletia,  de- 
gli ^ndria  ,  che  formavano  il  pia  belP ornamento  di 
questa  Società ,  e  che  ora  non  san  piìi  .  3Jn  la  lor 
perdita  i stessa  ,  per  noi  tanto  deplorabile  ,  sarà  for- 
se incentivo  ai  cuori  generosi  de'  piii  giovani  nostri 
Socj  ,  e  corrispondenti  ,  onde  imitarne  i  dolci  urbani 
costumi  i)  la  prudenza  ,  il  sapere^  e  riparare  a  poco 
a  poco,  o  renderne  meno  sensibile  una  calamitasi 
grande  .  , 

A  fronte  pero  di  s\  dolorose  rimembranze  ,  e 
della  frequente  interruzione  dé'nostri  travagli  ,  pos- 
siamo mostrarci  con  qualche  specie  di  orgoglio  al 
cospetto  del  pubblico  ,  giacche  all'  util  suo  ,  al  suo 
vantaggio  sono  state  dirette  le  nostre  fatiy^he  ,  e  le 
ricerche ,  di  cui  imu  puico  limane  inedita,  ed  un' 
altra  e  consegnata  nelle  memorie  dé'nostri  atti  ac- 
cademici . 

Si  presenta  a  fronte  di  questo  secondo  volume 
de'  nostri  aiti  la  memoria  del  P.  .Nicola  Onorati  , 
nostro  Socio  ordinario  ,  sul  coltivamento  ,  e  sull'in- 
dustria della  bambagia  nel  Regno  di  Napoli ,  ov  e 
raccolto  quanto  seppero  gli  antichi ,  e  quanto  han- 
no dappoi  aggiunto  i  moderni  sulla  coltura  di  que- 
sta pianta  preziosa .  In  essa  campeggia  una  solida 
eruiizione  ,  e  le  teorie  non  son  mai  disconipagnate 
dalle  osservazioni  pratiche;  sicché  in  poche  pagine 
ognuno  pub  leggere  ,  ed  istruirsi  di  quanto  riguarda 
quesi'  util  ramo  d'  industria  ,  che  ha  considerevol- 
mente uutrunlato  il  valor  di  non  poche  delle  nostre 

b  2 


(xn  ) 

terre.,  ed  offerto  immenso  materiale  alle  nostre  ma- 
nifatture ,  non  che  un  nuovo  ramo  delle  nostre  espor- 
tazioni aHo  straniero. 

Segue  V  altra  non  men  dotta  che  interessante 
memo'ia  sulla  coltivazione  dell' ^ grò  Brindisino  di 
Monsignor  Annibale  di  Leo  ,  Arcivescovo  di  Brin- 
disi ^  e  nostro  Socio  corrispondente.  Si  parìa  in  essa 
della  coltura  di  quella  classica  terra,  non  solo  del- 
la pili  alta  antichità  ,  ma  de'  mezzani  tempi  ^  e  di 
quelli  a  noi  pili  vicini  .  Si  fauno  conoscere  Cuii 
esquisita  erudizione  ,  ed  intelligenzi  delVarte  le  ca- 
gioni della  sua  prosperità  ,  e  del  suo  decadimento, 
si  propongono  facili ,  e  salutari  mezzi  per  ricon- 
durla alti  prioitna  sua  feracità  . 

La  terza  memoria  è  opera  anche  di  uno  de'hene- 
meriti  nostri  S>cj  corrispondenti  Sig.  Felice  Fi we  di 
Mo  fetta  ,  ed  e  intitolata  :  Saggio  sulle  cagioni  della 
decadenza  delT Agricoltura  presso  gli  amichi  Romani. 
Le  ricerche  d  II'  autore  s<>n  varie  ,  ed  interessanti , 
e  t li  Ite  fondate  sulla  storia  ,  e  suW  esperienza  de* 
georgici  nn/ii  hi  .  Quel  eh'  ei  dice  sulla  stnisumta 
estensione  dt'  poderi  de' Patrizj  ,  e  Senatori  Boniani  , 
motivo  principale  da  farli  rimaner  sterili  e  deserti  ^ 
quel  che  aggiunge  sulla  deficienza  delle  braccia  ,  on- 
de metter  a  coltura  le  abbandonate  terre  ,  e  una  le- 
zione importante  per  tutte  le  nazioni  agricole ,  e  per 
tutti  i  proprietarj  ,  che  perdon  di  vista  la  massima 
V^irgiliana  :   Laudato    ingentia   rura  ,  exiguum    colilo  » 

/  leggitori  delle  tre  prime   memorie    di   questa 


(  XIII  ) 

volume  vedranno  con  piacere ,  come  i  loro  beneme- 
riti Olii  ori  han  saputo  accoppiare  V erudizione  ,  e  le 
pratiche  antiche  a  c/uelle  dc^  moderni ,  e  con  quanto 
studio  ,  ed  impegno  abbiano  cercato  di  richiamare 
in  uso  le  (secchie  regole ,  che  portano  con  esso  loro 
V  impronta  dell"  esperienza  di  piìi  secoli  ,  e  che  per 
disavventura  troppo  sovente  sono  state  ,  non  solo  tra- 
sandate ,  ma  screditate  mid  a  proposito  da  recenti 
Scrittori,  che  senza  darsi  la  pena  di  approfondir 
le  dottrine  di  Cafone,  di  Virgilio,  di  Columella , 
han  creduto  propria  invenzione,  e  novità,  ciò  ch'era 
antico  quanto  lo  erano  quei  vecchi  padri  del  geor- 
gico  sapere  . 

P^erte  la  quarta  memoria  delV  egire^'-^  chimico 
Sig.  Michele  rerrara ,  ^uvìu  ordinario  delf  Istitu- 
to ,  sulla  depurazione  della  Canfora  greggia  :  ella 
tende  ad  introdurre ,  come  si  e  introdotto  fra  noi 
con  successo  ,  un  nuovo  ramo  d' industria ,  di  cui 
fecero  per  lungo  tempo  un  mistero  g'i  Olandesi,  e 
che  produsse  infiniti  vantaggi  al  loro  commercio  . 
I  procedimenti  del  Sig.  Ferrara  per  la  depurazione 
della  Canfora  greggia  sono  altrettanto  semplici  che 
poco  dispendiosi  ;  e  tulli  gli  amici  dell'  industria 
patria  dovranno  sapergli  buon  grado  de'  suoi  lode- 
Voli  sforzi  . 

La  quinta  memoria  sugli  usi  medicinali  della  di- 
gitale ^ial'a  appartiene  al  Socio  ordinario  ,  e  Segreta- 
rio dt'W  Istituto  Sig.  Vincenzo  Stelliti .  La  digitale 
gialla  j    già  cotnutumcnte  nota  ai  botanici  j   e  sta- 


(  X'v  ) 
ta  sperimentata  dal  Sìg.  Stellati  specialmente  utile 
nella  cura  dell'  idropisia  .  Avvalorato  il  dotto  Au' 
iore  da  numerose  esperienze  ,  e  da  non  equivoci  suc- 
cessi ,  è  giunto  a  presentare  aW  umanità  sofferente 
un  nuovo  antidoto  contro  i  mali  che  VaJJìiggono  , 
ed  in  particolare  contro  V  idropisia  ,  refrattaria  so- 
vente ai  rimedj  piìi  eroici  dell'  arte  saiutare  ,  e  fi- 
nanche creduta  inesanabile  . 

Appartiene  al  dotto  geologo ,  e  mineralogista 
Sig.  Giuseppe  Melograni  ,  nostro  Socio  ordinario  , 
la  memoria  sesta  sulla  Grafite  di  Olivari  nella  Pro- 
vincia di  Calabria  Ulteriore ,  o  ve  campeggia  vasto 
sapere  geologico  ,  riflessioni  iipportanti  sali  utilità  , 
ed  usi  di  <juesto  minerale,  ed  uno  stile  facile  ^  pre- 
ciso ,  elegante ,  conveniente  alta  materia  di  cui  si 
tratta  . 

//  chiarissimo  Sìg-  Dot.  Antonio  Savarese  ,  noto 
per  dotte  ^  e  varie  produzioni  medichete  di  Storia 
naturale  ,  nostro  Socio  ordinario  ,  ha  scritto  la  set- 
tima memoria  sulla  digitale  lutea,  e  purpurea,  di 
cui  con  varia ,  e  vasta  erudizione ,  sopratutto  degli 
Scrittori  Chimici  ,  Farmaceutici  ,  e  Botanici  Oltra- 
montani ,  non  men  che  con  solide  osservazioni ,  e 
reiterate  esperienze ,  ne  ha  dimostrato  gli  usi  salu- 
tari neir  idropisia  atonica  ,  nella  nefritide  calcolo- 
sa ,  rìeil'  epilessia  ,  e  nella  disuria  . 

Il  Socio  corrispondente  Dot.  Francesco  Amhruosi 
e  V  autore  dell  ottava  memoria  sulla  coltivazione 
de'  papaveri ,  e  sulla  maniera  di  cavarne    V  oppio  . 


(XV) 

Già  r  esperienza  ha  pienamente  corrisposto  alle  teo- 
rie del  Sig.  Anibraosi ,  e  noi  possiamo  far  di  meno 
dell'  oppio  straniero  ,  essendo  il  nostrale  egualmente 
perfetto  ^  che  il  piìi  vantato  delle  Indie  .  Questa  me- 
moria  contiene  inoltre  savissime  riflessioni  sull'uso  , 
e  sulla  maniera  di  applicare  questa  droga  a  diver- 
se malitttie  ,  per  le  quali  diviene  potentissimo  anti- 
doto . 

La  nona  memoria  del  Socio  corrispondente  Sig. 
Giuseppe  M orina  è  divisa  in  due  parli:  tratta  la 
prima  della  coltivazione  del  Guado  ,  e  del  modo  di 
esfrarne  la  fecola  colorante  :  la  seconda  si  aggira 
sulla  coltivazione  deliJnil ,  ossia  vero  indago  del- 
l'fndostan.  Se  il  Guado  già  coltivavasì  <:^n  succes- 
so in  diverse  Provincie  ili  questo  Regno,  se  t  Anil 
neppure  era  ignoto ,  le  memorie  del  Sig.  Morina 
hiin  contribuito  almeno  a  promuovere  sempreppiìc 
il  genio,  ed  il  vantaggio  insieme  di  questa  coltiva- 
zione  ,•  a  fissarne  il  modo  ,  e  facilitare  con  la  sem- 
plirità  c/c  processi  da  esso  Ini  indicati  ,  /'  estrazione 
della  fecola ,  ed  a  liberare  il  nostro  commercio  di  una 
gran  par/e  di  quel  tributo  ,  che  paga  agli  stranieri, 
onde  procurarci  (piesto  genere  di  materie  coloranti. 

Pili  a  lutilo  la  classe  di  scienze  chimiche  del 
nostro  Istituto  nel  suo  rapporto  analogo ,  e  che  leg- 
gesi  dopo  la  prelodata  memoria  del  Sig.  Marina  , 
ne  ha  rilevali  i  pregi ,  e  fatto  conoscere  il  valore  , 
e  /'  utilità  . 

La  decima  memoria ,  sull'agricoltura  di  Sessa 


(  -^vi  ) 
è  una  nuova  ,  ed  utile  produzione  '  del  Socio  ordì  • 
Ilario  Sig.  Giovanbattista  Gagliardo.  Egli  con  sa- 
gacità ,  e  brevità  ha  saputo  indicarne  i  difetti ,  ha 
raccomandate  nuove  pratiche  per  rilevarla  dallo  sta- 
to di  decadenza  ,  in  cui  rattrovasi ,  ed  ha  cercato 
cogP  eserìipj  ,  e  colla  insinuazioni  di  far  ,vì  ,  che  la 
buona  coltura  risorgesse  in  una  delle  più  belle  re- 
gioni della  campagna  felice  . 

Diverse  memorie ,  e  lettere  di  Socj  ordinar]  e 
corrispondenti  su  div'^rse  importanti  materie  son& 
state  lette  nel  decorso  del  passato ,  e  de'  primi  sei 
mesi  del  corrente  anno  nelle  adunanze  di  questa  Isti- 
tuto .  Ma  esse  non  possono  trovar  luogo  nel  presen- 
te volume  ,  perchè  non  ancora  sono  sfati  pronuncia- 
ti ,  e  si  attendono  con  impazienz  i  i  i;iiidizj  delle  di- 
verse classi  sul  merito  ,  e  valore  dtiie  medesime  . 
Quanto  si  è  detto ,  e  scritto  sul  Fuinolo ,  ossia  Hy- 
pericum  Crispum ,  e  dei  danni ,  che  arreca  alle  pe- 
core nelle  Puglie ,  e  di  grande  importanza  ,  e  seb- 
bene siasene  fatto  qualche  cenno  in  fine  di  questo 
secondo  volume  de"  nostri  atti  ,  pure  questa  materia 
e  degna  di  ulterior  discussione ,  e  che  si  riunisca 
in  una  sola  memoria  quanto  i  nostri  Socj  corrispon- 
denti particolarmente  hanno  a  noi  con  diverse  let- 
tere ,  e  memorie  tramandato  .  Sarebbe  mia  nuova, 
ed  importante  scoperta  nella  Storia  naturale ,  da- 
rebbe luogo  ad  importanti  ricerche  botaniche ,  e 
zoologiche  ,  se  si  potesse  giugnere  a  verificare  con 
esattezza,  se  l'influenza  venefica  de  Fumo  lo.  si  ma- 


(  =tvii  ) 
nifesti  effettivamente  su  di  una  pili    che    su    d' un 
altra  razza  ,  e  colore  del  bestiame  pecorino  ,    e  se 
si  potesse  rinvenire  efficace  rimedio    onde    liberarlo 
dalle  malefiche  influenze  di  questa  pianta  velenosa. 
Interessantissime ,    e    di   lunga   disamina    sono 
state  altresì  le  memorie  lette  in  questo  Istituto  sul- 
l'aneurisma ,  tanto    del    Dot.    Angelo    Boccanera  , 
quanto  del  Dot.  Grillo  ,  e  del  Dot.  del  Sole  ,  e  di 
altri  benemeriti  Professori  deWarte  chirurgica  ,  e  par- 
ticolarmente del  Dot.  Nannulla  ,  il  quale  avendo  aC' 
quistato  e  preparato  ben  anche    colle    injezioni    di- 
versi preziosi  pezzi  aneurismatici  sì  interni ,  ch^ester- 
ni ,  ha  fatto  rimarcare  molti  punti  interessanti ,  che 
gettuiio  ohiafìesimi  lumi  su  quesict parte  della  Chi- 
rurgia .  Questa   malattia    terribile ,    e    creduta  per 
lungo  tempo  refrattaria  ad  ogni  soccorso  deWarte, 
ha  fatto  escogitare  da'  prelodati  Professori    diversi 
metodi  per  curarla.  Soventi  fiate  i  loro    sfijrzi  ge- 
nerosi sono  stati  coronati  dal  piii  felice    successo  , 
ma  spesso  fian  deluso  le  loro  piìi  belle  speranze.  Con 
tutto  ciò  riunendo  insieme  le  loro  memorie ,  e  le  lo- 
ro sperienze  ,  se  ne  potrebbe  raccogliere    una    serie 
di  teorie ,  e  di  fatti  da  poter  essere  utilissimi  nella 
pratica  ,    ed  approssimarsi    a  poco  a  poco    a    quel 
grado  di  certezza    curativa,    di    cui  e    suscettibile 
V  arte  salutare  .   Quindi  non    bisogna    abbandonare 
la  generosa  intrapresa  ,    bisogna    aggiunger  fatti  a 
fitti.,  esperienze  ad  esperienze  ,  finche  si  possa  sta- 
bilire solidamente  il  metodo  di  guarigione  deirancu- 


(    XVIII    ) 

risma  ,  non  ondeggiare  piti  nelV  incertezza  ,    ofjrìre 
alla  gioventÌL  studiosa  un  vasto  campo  di  nuove  ri- 
cerche ,   un   sollievo  alV  umanità ,    e   nuovi    esempj 
agli  stranieri  del  valore    de"  nostri  concittadini  nel 
percorrere  i  vasti  campi  della  scienza  d"  Ippocrate. 
Rare  volte  s'  incontra  e  per  fortuna  ,  più.    che 
per  sagacità  ed  arte ,  il  vero  nella  carriera  del  sa- 
pere .  La  verità  talvolta  si  travede  da  lontano ,  tal 
altra  si  crede  averla  rinvenuta    nelV  atto    che    si  e 
molto  lungi  dalla  sua  sorgente  ,  e  soltanto  a  forza 
di  ostinate  ricerche,   di  continue  esperienze,  e  so- 
pratutto di  una  paziente  ed  assidua  osservazione  si 
giugne  a  cumulare  i  dati  particolari ,  onde  grada- 
tamente  generaltM,aa?-lt  ,  o  Jhrmarno  yirtctlniciUC   ì   ai- 

Stemi  inconcussi ,  e  le  utili  teorie  . 

Una  moltitudine  di  progetti  di  particolari  bc" 
nemeriti  cittadini  sono  stati  rimessi  dal  Ministero 
dell  Interno  a  questo  Istituto  per  disaminarli ,  e  cal- 
colarne il  valore  ,  distinguere  ciò  che  era  una  vera 
scoperta  da  ciò  cK  era  antecedentemente  noto  e 
divulgato ,  conoscere  se  quel  che  si  proponeva  era  di 
vera  utilità ,  di  sicura  applicazione  nelle  arti ,  e 
nelle  scienze  ,  onde  trarne  profitto ,  e  distinguere  la 
serie  delle  verità  ben  stabilite ,  daW  altra  dei  prò-- 
babili ,  e  delle  ipotisi . 

L' Istituto  ha  consagrato  il  tempo  ,  e  le  cure 
necessarie  nel  valutare  con  rigore,  ed  imparzialità 
tutti  questi  scritti ,  e  memorie  ,  ha  soddisfatto  scru- 
polosamente all'  incarico  ricevuto ,  ed  ha  distinto  il 


(   XIX   ) 

merito  degli  autori ,  ed  inventori  ,  mentre  ha  eli- 
minato tutto  ciò  che  gli  è  sembrato  incerto ,  az- 
zardato ,  e  chimerico  .  Questa  non  è  stata  ne  V  ul" 
lima  ,  ne  la  minor  parte  de^  suoi  travagli  ;  e  se  non 
sono  state  soddisfatte  appieno  le  speranze  de'  par- 
ticolari ,  si  è  pero  utilmente  servito  al  Governo ,  ed 
alla  Patria  . 

Le  notizie  necrologiche ,  le  quali  leggonsi  alla 
Jine  del  presente  volume  ne  fanno  rilevare  quali  per- 
dite abhiam  fatte ,  e  di  quali  illustri  Socj  ne  ha 
privato  V  Ordine  della  Provvidenza  :  ma  se  noi  pro- 
fitteremo delle  lezioni  che  ci  han  lasciato  quei  gran- 
di uomini ,  se  sapremo  seguirne  le  trnccc  ,  ed  imi- 
tarli ,  sarà  minore  il  nuacro  danno ,  e  nel  richiamar 
spesso  fra  noi  la  memoria  del  loro  sapere  ,  e  delle 
loro  virtìi ,  giungeremo  a  poco  a  poco  a  riparar 
tanta  perdita ,  o  a  renderla  meno  sensibile  alla  re- 
pubblica delle  lettere  . 

Ecco  presentati  al  giudizio  del  pubblico  ì  no- 
stri travagli ,  e  il  frutto  delle  nostre  vigilie  ■  Nel  vo- 
lume seguente ,  che  sarà  il  terzo  di  questi  atti  ,  ci 
proponiamo  d'inserire  quanto  non  ha  potuto  trovar 
luogo  nel  presente  per  le  ragioni  di  sopra  indicate, 
ed  in  olire  tutte  le  notizie  statistiche  del  Regno  ,  che 
abbiamo  raccolte ,  e  che  ci  sarà  possibile  di  racco- 
gliere .  A  tale  effetto  invitiamo ,  particolarmente  i 
nostri  Socj  corrispondenti  delle  Provincie  ,  di  rad- 
doppiare di  zelo  nel  somministrarci  tutto  il  mate- 
riale ,  che  potranno  insieme  riunire  .   Sarà    nostra 

e  a 


(XX) 

cura  di  classificarlo  nelle  debite  Jorme  ,  e  il  ren- 
dere ai  benemeriti  nostri  Cotisocj  quel  tributo  di  ri- 
conoscenza ,  e  di  encomj ,  che'  si  debbe  alle  loro 
onorevoli  fatiche . 

/  nostri  voti  si  estenderebbero  in  particolare  a 
raccoglier  notizie  esatte ,  e  precise  della  nostra  Geo' 
logia  ,  della  nostra  Fauna  ,  e  della  nostra  Flora  . 
Forman  questi  oggetti  il  punto  principale  de'  nostri 
studj ,  come  formano  la  massa  de'prodotli  della  na^ 
tura  ,  e  dell'  industria  di  tutti  i  popoli . 

Trarre  il  maggior  profitta  dalle  produzioni  del 
nostro  suolo  non  si  pub    altrimenti  ,    che  conoscen- 
done la  vai-ictà  infinita  ;    e    dirigere  V  uomo    indu- 
strioso per  la  via  più  Dreve  a  rendersi    viemaggior- 
mente  utile  a  se  stesso ,  e  alla  patria ,  nemmeno  è 
possibile,  se  non  si  conoscono  in  tutto ,  o  nella  maS' 
sima  parte  i  materiali  ,  su  di  cui   debba    egli    con 
piÌL  sicuro  profitto  rivolgere  V  acume  del  suo   inge- 
gno ,  e  la  forza  della  sua  mano  .  Così  praticando  ^ 
i  nostri  atti  diverranno  ,  come  hanno   incominciato 
ad  esserlo  ,'un  deposito  universale  di  cognizioni  teo" 
rico'pratiche ,  relative  alla    nostra  Storia    naturale 
in  generale ,  ed  alla  nostra  agricoltura ,  alla  nostra 
pastorizia  ,  ed  alle  nostre  arti    e    manifatture    spe- 
cialmente, ed  allora  avremo  pagato  il   giusto    tri- 
buto di  rispetto ,  e  di  riconoscenza    all'  ottimo  So- 
vrano che  ne  protegge ,  e  sostenta ,  ed  al  pubblico, 
che  ha  dritto  di  pesare ,    e    di  valersi  delle  cogni- 
zioni ,  e  degli    utili   procedimenti  che    saremo  per 
o/ferirgli  periodicamente  .  CA- 


(  "I  ) 
CATALOGO 

De'  Signori  ascritti  al  Real  Istituto 


Sodi  ovdinarii. 

X_ioffredo  D.  Lodovico  Principe  di  Cardilo  ,  Cavaliere 
del  R.  Ordine  di  S.  Gennaro,  primo  Regente  di  Ca- 
mera del  supremo  Consiglio  di  Cancelleria,  Presiden- 
te della  Commissione  della  Pubblica  Istruzione  ^  ed 
attuai  Presidente  di  questo  R.  Istituto. 

Barba  D.  Amuuiw  P.  <i;  Flcloa  ,  Vice-Presidente. 

Stellati  D.  Vincenzio  P.  di  Medicina  ,  e  di  Botani- 
ca, Segretario  perpetuo. 

Vulpes  D.  Benedetto  P.  di  Patologia  nel  R.  Collegio 
Medico-cerusico  ,  Vice-Segretario  perpetuo. 

Amanlea  Cavaliere  D.  Bruno  P.P.  di  Anatomia  pra- 
tica nella  Reg.  Università    degli  Studi).  T 

Boccanera  D.  Angelo  P.  P.  di  Glinica-cerusica  nella 
R.  Università  degli  Studii. 

Briganti  D.  Vincenzio  P.  P.  aggiunto  alla  cattedra  di 
Botanica  nella  R.   Università   degli  Studii. 

Cagnazzi  Cavalier  D.  Luca  P.  P.  di  Statistica  nel- 
la  R.   Università  degli   Studii. 

Carelli  Cavaliere  D.  Francesco  Capo  di  Dipartimento 
nel  Ministero  digli  affari  interni. 

Cotugno  Cavaliere  D.  Domenico  P.  P.  di  Anatomia-' 
teoretica   nella  R.  Università  degli  Studii. 


(  XXÌl    ) 

Concillis   de    D.  Gennaro    P.  P.    di  Fisica    nella  R. 

Università  degli  Studii. 
Cotrau  Cavaliere  D.  Guglielmo  membro  della  Accade- 
mia delle  Scienze. 
Flauti  D.  Vincenzio  P.  P.  di  Analisi  sublime  nella  R. 

Università  degli  Studii. 
Folinea    D.   Francesco    P.   P.    sostituto    di    Anatomia 

nella  R.  Università  degli  Studii. 
Gagliardo     D.    Gio:   Battista   Ispettor    generale     delle 

Acque  ,  e  Foreste.  ij 

Galdi  Cavaliere  D.  Matteo  membro  della  Commissio- 
ne della  Pubblica  Istruzione. 
Gargallo  Cavaliere   D.  Tommaso    Marchese  di  Castel- 

lentiui ,  Consiglleic  Xlcgcui^    di  Camera    del  bupre« 

mo  Consiglio  di  Cancelleria. 
Grillo   D.  Antonio   P.  di    Anatomia    nel  R.  Collegio 

Medico-cerusico. 
Guidi  D.  Leandro  P.  di  Economia  civile ,  e  rurale. 
Klain  D.  Michele  P.  di  Farmacia. 
Longo  D.  Gabriello  P.  di  Meccanica. 
Lancellotti  D.  Francesco  P.  di  Chimica. 
Macrì  D.   Saverio  P.  P.  di  materia  Medica    nella  R. 

Università  degli  Studii. 
Marroncelli  D.  Giustino  P.  di  Medicina. 
Melograni  D.  Giuseppe  Ispettor  generale  delle  Acque  f 

e  Foreste. 
Miglietta  D.Antonio  P.  P.  di  Storia  medica  nella  R. 

Università  degli  Studii. 
Nanula  D.  Antonio  P.  di  Anatomia. 
Onorati    P.   Niccola    P.    P.    di   Agricoltura    nella    R. 

Università  degli  Studii. 


(    XXI  II    ) 

Petagna  D.  Luigi  P.  P.  di  Zoologia  nella  R.  Universi- 
tà degli  Sttidii. 

Poli  Cavaliere  D.  Giuseppe  Tenente  Colonello  de' 
RR.  Eserciti  di  S.  M.  e  già  Precettore  di  S.  A.  R. 
il  Duca  delle  Calabrie. 

Prisco  D.  Carmelo  P.  di  Medicina  ,  e  di  Chimica  ap- 
plicata alle  arti. 

Ronchi  D.  Salvatore  P.  P.  di  Medicina  pratica  nel- 
la R.  Università  degli  Studii. 

Rossi  Canonico  Cavaliere  D.  Francesco  P.  P.  dì  Sa- 
cra Scrittura  nella  R.  Università  degli  Studii. 

Ruggieri  D.  Luigi  P.  P.  di  Meccanica  nella  R.  Uni- 
versità degli  Studii. 

Ruggiero  D.  Fietro  F.  P.  di  Nosologia,  e  Patologia 
nella  R.  Università  degli  Studii. 

Sangiovanni  D.  Giosuè  P.  di  Storia  naturale. 

Bavaresi  D.  Antonio  P.  di  Medicina. 

Sementini  Cavaliere  D.  Luigi  P.  P.  di  Chitnìca  nel- 
la R.  Università  degli  Studii. 

Semola  D.  Mariano  P.  P.  di  Ideologia  nella  R.  Uni- 
versità degli  Studii. 
[Sonni    D.  Domenico    P.   di  Matematica ,    ed  Ispettor 

generale  della  Pubblica  Istruzione. 
[Santoro  D.  Leonardo  P.  P.   di  Chirurgia  teoretica  nel- 
la R.   Università   degli   Studii. 

Tenore    Cavaliere    D.  Michele    P.  P.  di  Filologia  ,  e 

Direttore  del  R.   Orto  botanico. 
rondi  D.  Matteo  P.  P.  di  Oritlopnosia  nella    R.  Uni- 
versità degli  Studii  ,  Diruttore  del  Rea!  Museo  oritto- 
logico ,  ed  Ispettor  generale  delle  Acque  ,  e  Foreste. 


(    XXIV   ) 

Socii  Onorarli,  e  Corrispondenti  ascritti  dopo 
la  pubblicazione  del  I.  Volume 


Onorarii  Esteri. 

Alibert  P.  di  Medicina  in  Parigi. 

Andriel  Cavalier  D.  Pietro. 

Assalini  P.  di  Chirurgia  in  Milano. 

Beugnot  Ministro  ,  e  Direttore  Generale  delle  Poste  in 

Parigi. 
Brocchi  G.   R.  p,  di  Mineralogia  in  Milano. 
Dandolo  Conte  in  Milano. 
Gottardi  D.  Geronimo  P.  di  Botanica ,  e  di  Chimica 

in  Parma. 
Grossi  D.  Luigi  P.  di  Chirurgia  in  Milano. 
HoUand  P.   di  Medicina  in  Londra. 
Matteucci  Abate  in  Firenze. 
Meckel  D.  Federico    P.   di  Anatomia,    e    di    Zoologia 

nella  Università  di  Halle  in  Westfalia. 
Merrem  D.  Daniele  in  Brema. 

Millin  D M.  dell'Istituto  in  Parigi. 

Pictet  Cavaliere  D.  Agostino  in  Ginevra. 

Pieri  D.  Michele  in  Corfù. 

Rafinesque  Schmaltz  C.  S.  P.  di  Storia  naturale  nella 

Nuova  Yorck. 
Rasis  D.  Nlccola  P.  di  Medicina  in  Corfù. 
Rdembach  Cavaliere  in  Monaco  di  Baviera. 


(   XXV    ) 

Rubini  D  -  -  -  P.  di  Chimica  in  Parma. 

Schmitt  Cavaliere  in  Londra. 

Sommar  D Medico  di  S.  M.    l' Imperatore    delle 

Russie. 

5anctis  de  D.  -  -  -  P.  P.  di  Matematica  nell'  Archig. 
di  Roma. 

Tommasini  D.  Giacomo  P.  di  Fisiologia  in  Parma. 

Tonnelli  D.  Pietro  P.  di  Fisica  in  Reggio  di  Modena. 

Zacch  Barone  Direttore  dell'  Osservatorio  Astronomi- 
co in  Gotha. 

Onorarli  Nazionali. 

Andria  D.  Geuuaiu  r.  a:  Mcdiviua. 

Belvedere  Principe  di 

Canosa  Principe  di 

Capecelatro  Monslg.  Arcivescovo  di  Taranto. 

Cappelli  Marchese  D.  Orazio  Segretario  di  Stato  ,  Mi- 
nistro della  Casa  Reale. 

Cernili  D.  Giuseppe  P.  P.  di  Fisiologia  nella  R.  Uni- 
versità degli  Studii. 

Chiavarini   D.  Luigi  P.  di  Medicina. 

Colecchi  D.  Ottaviano  P.  di  Matematica  nella  Scuo- 
la Politecnica  Militare. 

Cotogno  D.   Pietro. 

D'  Avanzo  Abate  D.  Mattia. 

Delfico  Cavaliere  D.  Merchiorre. 

Fergola  D.  Niccola  P.  di  Matematica. 

Callotti  Barone  D.  Salvatore  Proc.  Regio  del  Tribuna- 
le Civile.  d 


(  ^^^^  ) 
Glannuzzi  D.  Luigi  de'  Principi  di  Cirenzla. 

Giardini  D.  Mario  P.  di  Medicina. 

Guidi  D.  Filippo  P.  P.  di  Matematica  nella  R.  Uni- 
versità degli  Studii. 

Larucci  D.  Luigi  P.  P.  aggiunto  alla  Cattedra  di  Zoo- 
logia nella  R.  Università  degli  Studii. 

Mancini  D.  Niccola  P.  di  Chirurgia. 

Medici  Cavaliere  D.  Luigi  Segretario  di  Stato  Ministro 
delle  Finanze. 

Milano  Conte  D.  Michele. 

Mirabelli  D.  Domenico  P.  di  Medicina  in  Calvizzano- 

Minutolo    Cavaliere  D.  Fabrizio. 

JNazzari  D.  Ovidio  P.  P.  di  Medicina. 

Oliva  D.  Domenico  Slmoooo  i*.  u;  d.  ij. 

Pensa  D.  Gaspare  P.  di  Chirurgia. 

Piazzi  P.  D.  Giuseppe  Direttore   dell'Osservatorio  A- 
stronomico  di  Napoli  ,  e  di  Palermo. 

Hocco   D.  Giulio  Capo  di  Dipartimento    nel  Ministe- 
ro della  Marina. 

Rosa  D.  Alessandro. 

Sole  del  D.  Gaetano  P.  di  Chirurgia. 

Somma    de    D.    Tommaso    Marchese    dì    Clrcello  Se- 
gretario di  Stato  Ministro  degli  affari  esteri. 

Spinelli    D.    Domenico    Principe    di  S.    Giorgio  della 
Montagna. 

Suppa  D.  Pasquale  P.  di  Medicina. 

Tommasi  Marchese  D.  Donato  Segretario  di  Stalo  Mi- 
nistro di  Giustizia  ,   e  del  Culto. 
Zocchi  D.  Giuseppe  P.   di  Medicina. 


(  XXVII    ) 

Corrispondenti  esteri. 

Cardone   D.  Carlo   P.  di  Fisica   nel  Liceo    di  Bene- 
vento. 
Cassola  D.  Filippo  di  Benevento, 
Dottor  Borda, 
Dottor  Spedalieri, 
Dottor  Volpi. 

Dottor  Harrison  in  Londra. 
Dottor  Bergonzi, 

Dottor  Darest  Direttore  della  Fabbrica  de'Tabacchi. 
Dottor  Graeff  D.  Carlo  Ferdinando  di  Berlino, 
Dottor  Scarpa. 
Dottor  Liupacchliii, 

Dottor  Anlonmarchi. 

Dottor  Soldani. 

Dottor  Moreschi. 

Dottor  Santi  Fattori, 

Dottor  Prelà. 

Dottor  Morigi. 

Dottor  Flajani, 

Dottor  Vacca  Berlingbieri, 

Dottor  Lupi. 

Garulli  D.  AUessandro  di  Macerata, 

Scamberg  Cavaliere  P.  di  Medicina. 

5eristori  Cavaliere  D.  Luigi  di  Firenze. 


d  a 


(   XXVIII    ) 

Corrispondenti  nazionali. 

Aloisi  D.  Francesco  di  Avezzano. 

Ambruosi  D.  Francesco  di  Bitonto.  J 

Barone  D.  Vincenzio  di  Foggia.  " 

Bianco  del  Barone  di  Fiumefrcddo- 

Bombini  Can.  D.  Michele  Segretario  dell' Istituto  Co-  ( 

semino. 

Bonchi  D.  Onofrio  di  Lucerà. 

Corbi  D.  Diodato)  j-    »    •  i- 

l  di  Avigliano. 

Corbi  D.   Giulio    j 

Carelli  D.  Saverio  di  Picerno. 

Colapietro  D.  Erasmo  Dottor  Fisico  in  Castiglione  di 

Chieti. 
Davino  D.  Vincenzio  Dottor  Fisico   di  Marano. 
Diana   D.  Francesco  Regio  Tavolario. 
Durante  D.  Tommaso  Dottor  Fisico  di  Fratta. 
'  Finamore    D.    Silvestro    Presidente    del    Comitato    di 

Vaccinazione  ,    e    membro  della  società    economica 

di  Apruzzo  Ultra. 
Giusti    D.  Giovanni    Segretario    generale  della  Intea- 

denza  di  Cosenza. 
Lombardi  D.  Andrea  di  Potenza. 
Levante  D.  Giuseppe  di  Larino. 
Liberatore  D.   Pasquale. 
Maggiopalma  D.  Pasquale  di  Larino. 
Marinosci  D.   Martino   di  Martina, 
Marone   D.  Gio:  Battista  di  Laurenzana. 
Miele  D.  Giuseppe  di  Andretta. 


(   XXIX   ) 

Pasca  D.  Gio:  Battista  Dottor  Fisico  in  Vibonati. 

Petroni  D.  Saverio  Intendente  di  Potenza. 

Pielracatella  Marchese  di,  Intentente  di  Lecce. 

Pittare  D.  Antonio  P.  di  Medicina. 

Rosica  D.  Giuseppe  Dottor  Fisico  in  Rocca  S.  Felice. 

Santangelo  D.  Niccola  Intendente  di  Reggio. 

Santoli  D.  Giuseppe  di  Rocca  S.  Felice. 

Sarlo  D,  Giuseppe  Giudice  del  Tribunale  Civile  di 
Salerno. 

Silvagni  D.  Gabriele  Segretario  della  Società  economi- 
ca di  Calabria  Ultra. 

Sotis  D.  Biagio  Dottor  Fisico  di  Fondi.  '^ 

Tabassi  Alanna  D.  Michele  di  Teramo. 

Toppuii  JL».  iMctaiUu  ouwuivu  lu  Bisceglia. 

Tarsia  D.  Ottavio  P.  di  Matematica. 


e  «X  ) 

CATALOGO 

Delle  Opere  date  alle  stampe  da^socii  ordinarli 
dopo  la  pubblicazione-  del  I.  volume. 


BARBA  D.  ANTONIO. 
Descrizione  dì  una  Macchina  per    la    comraunicazion» 
del  moto  in  8.  con  fig.  Napoli  j8i2. 
.,     Cagnazzi  x>.  luca. 
Elementi  dell'  Arte  statistica  T.  2  in  8.  Napoli  1809, 
Elementi  di  Economia  politica  in  8.  Napoli  i8i3. 

GAGLIARDI  D.  GIO:  BATTISTA. 
Vocabolario  agronomico  in  8.  Napoli  i8i3. 
Del  Vino  ,  modo  di  fabbricarlo  ,  e  conservarlo    in  8. 

Napoli  1814. 
Lettera  al  Professore  Filippo  Re  sulla  coltivazione  del- 
le canne  a  zucchero  nelle  Calabrie  in  8.  Napoli  i8i4» 
GRILLO  D.  ANTONIO. 
Ragionamento  istorico  filosofico    esposto    in  occasione 

di  un  acranio  in  8.  Napoli   i8i3. 
Istoria  .della  fabbrica  del  corpo    umano    in   8.  Napoli 

1814. 
Elogio  storico  del  q.  Cavai.  D.  Antonio  Sementini  in 
4.  Napoli  1816. 


(    XXXI    ) 

LANCELLOTTI  D.  FRANCESCO. 

Istituzioni  di  Farmacia  Galenica  in  8,  Napoli  i8i3. 

Piano  di  un  corso  teorico-pratico  di  Chimica  applica- 
ta alle  arti  in  4-  Napoli  1818. 

MIGLIETTA  D.  ANTONIO. 

Rapporti  sull'  uso  medicinale  delle  acque  minerali  del 
tempio  di  Serapide  in  Pozzuoli    in  4-  Napoli  1818. 
MONTICELLI  D.  TEODORO. 

Vita  Philipp!  Caulini  in  8.  Napoli   1812. 
ONORATI  P.  NICCOLA. 

Della  educazione  de' Bachi  da  seta  per  animarne  l'in- 
dustria nel  Regno  di  Napoli ,  e  Sicilia  in  8.  Napoli 
1817. 

Memorie  sull' iLconomia  campestre,  e  domestica,  che 
possono  servire  di  supplimento  all'  opera  delle  cose 
rustiche.  Parte  I.  e  II.  in  8.  Napoli   1818. 

Prefazione  ,  e  note  al  Saggio  di  una     difesa    della  DI- 

Ivina  Rivelazione   di  Lionardo  Eulero  in    8.   Napoli 
i8i5. 
SEMENTINI  D.  LUIGI. 
Trattato  Elementare  di  Chimica  con  un  atlante    sepa- 
rato in  8.  Napoli  18 15. 
STELLATI  D.  VINCENZIO. 
Istituzione  botanica   con     alcune     nozioni    di  fisiologia 
vegetabile  in  8.   Napoli   1818  seconda  edizione. 
Catalogus   plantarum  ,  quae  iu   horto  botanico  in  usum 
Collegii  Medico-chirurgici  nupcr  consito  colunlur  in 


(  xTxir  ) 
TONDI  D.  MATTEO. 

Istruzione  sulla  seminagione    artificiale  ,  e  piantagione 
de'  boschi  ad  uso  forestale  in  8.  Napoli   l8i8. 

La  Caccia  considerata  come    prodotto  selvano  ad  uso 
forestale  in  8.  Napoji   1816. 

Elementi  di  Orittoguosia.  T.  2  in  8.  Il  terzo    di  sole 
figure  sotto  al  torchio.  Napoli  1818. 

Discorso  per    1'  apertura    della  Cattedra    di  Geognosia 
in  4-  Napoli   18 16. 

VULPES  D.  BENEDETTO. 

Prospetto  di  un  corso  di  sperienze  chimiche  in  4»  Na- 
poli 1813. 

Elogio  istorico  del  q.    Cavai.    D.  Niccola  Andria    in 
8.  Napoli  18 15. 

Istituzioni  di  Patologia  T.  2  in  8.  Napoli  181 7. 

Oratio     prò    solemni    studiorum    istauratione    CoUegil 
Medico-chirurgici  in  8.  Napoli  1818. 


Sul 


(  I  ) 

Sul  coltivamento  ,  e  su  V  industria  della  bambagia 
nel  Regno  di  Napoli .  Memoria  del  Socio  ordi- 
nario P.  NiccotA  CoLVMELLA  OffORJTi  Minor 
Osservante  ,  P.  P.  emerito  di  Economia  rurale 
nella  R.  Univei-sità  di  Napoli  ,  Corrispondente 
della  Società  d y1  gricoltura  di  Parigi  ec.  Letta 
nelV  adunanza  tenuta  dal  R.  Istituto  nel  dì  9  Di^ 
cemhre  i8io. 


Nullum  lini  geniis  huic  candore  ,  et  mollitie  prae- 
fertur.  G.  B.  Portae.  Villae  L.  XI.  C.  64. 

OcoRSi  son  già  anni  sedici,  dacché  manifestai  al  Pub-- 
blico  (1)  un   onesto  mio  voto  ,   cioè  ,    che    la  coltivà- 
zion  della  bambagia,  che  da  secoli  si  fa  allignare  nella 
nostra  Puglia  (2)  •,  si  propagasse  altresì  nella  pianura 
di  Eboli  ,   in  tutto  il  Cilento  ,  ne'  campi  marittimi 
di  Terralavoro ,  e  in  altri  molti  della  Puglia^  e  della 
Terra  di  Bari .   Il  mio    desiderio   è    stato    in  qualche 
parte  adempito,  veggendosi  ora  una  tal  pianta  prospe- 
ramente vegetare ,  e  in  gran  copia  fruttare  e  nella  Torre 
della  Nunziata  (3)  migliji  IX    lungi    da  Napoli  ,    e    in 
moltissimi  altri  luoghi,  non  discosti  dalla  regione  me- 
desima .    Il  profitto  ,  che  si  è  cavato  ,    e  che  tuttavia 
dagli  Agricoltori  si  trae,  per  coltivamento  silfatto^  ven- 
dendosi oggi  nella  Torre  un  cantajo  di  bambagia  sepa- 
rata dal  seme ,  fino  a  ducati  dugento  ^  non  che  l' otti- 
ma qualità  della  stessa ,  da  stare  a  fronte  a  tutte  quelle 

I 


di  oltremare  ;  ha  indotto  voglia  a  non  pochi  Agricoli 
-  di  volerla,  cioè,  coltivare  nelle  altre  provinole  del  Re- 
gno. E  poiché  nella  Torre  ,  dove  io  soglio  andar  so- 
vente a  rusticare,  molti  errori  ho  notato  su  la  coltura 
di  questa  pianta  ;  e  perchè  altri  operar  possa  con  i 
principj  dell'  arte  ^  così  ho  stimato  di  far  cosa  grata 
agli-  uomini  industriosi,  scrivendo  la  presente  Memoria, 
la  quale  potrà  servire  per  avventura  non  solo  ad  emen- 
dare i  difetti  ,  che  oggi  comunemente  si  commettono 
da'  nostri  Villici  su  tal  obbietto  ,  ma  bensì  di  norma 
a  tutti  coloro  ,  che  vorranno  coltivarla  nel  paese  pro- 
pio.  L'economia  di  questa  Memoria  si  legge  nell' indice 
de' capitoli.  Molti  Scrittori  mi  hanno  preceduto ,  anche 
negli  ultimi  tempi ,  nella  materia  presente ,  ma  io  spero 
che  ia  mia  Operetta  non  debba  riuscire  alle  altre  secon- 
da^ e  che  sia  per  incontrare  l' approvazion  di  tutti  co- 
loro ,  che  a  siffatti  ameni  utilissimi  studj  sono  applicati. 

_ 

(0  N^l  V^ol.  II,  pag.  5  deìle  mie  Cose  Rustiche , 
Ediz.  prima  ,  Nap.  1793  ,  presso  Flauto  8. 

(2)  Satus  rationem  apud  Appulos  observavimus  , 
ubi  copiosissime  seritur  etc.  Così  il  nostro  celebre 
Gio'.  Battista  della  Porta,  che  fiorì  nel  secolo  XVI. 
Villae  L.  XI.  e.  54. 

(3)  /  primi  ad  introdurne  quivi  nel  1788  la  col- 
tura fiirono  i  Sacerdoti  jD.  Vincenzio  Gargano,  e'I 
P.  Pacifico  da  Ceppaloni  minor  Osservante',  il  pri- 
mo nel  suo  podere  irrigatorio  ,  detto  Mezza-torre  , 
«7  secondo  nel  giardino  del  Convento  di  S.Gennaro. 
Questo  buon  Religioso  portò  seco  la  sementa  da  Ca- 
stello dell'Abate  nel  Cilento. 


(3) 
CAPITOLO   I. 

Del  cielo,  e  del  terreno  più  atto  alla  coltura  della 
bambagia.  Si  premettono  le  notizie  della  pianta, 
e  delle  diverse  sue  specie  ,  secondo  i  Botanici. 

I.  Si  crede  comunemente  da'dotti,  che  i  Saraceni, 
che  dall'  Affrica   vennero   in   Italia   verso  l' anno  85o  , 
conquistando  i  paesi  de'Cristiani  ,    introducessero  nelle 
soggiogate  Nazioni    diversi  generi    di  piante  nuove  ,    o 
esotiche  ,  e  fra  di  esse  ancor  il  Cotone .    E  noto  per 
la  Storia  ,    che    nel  Secolo  XI ,   tanto    nella     Spagna, 
che  nella  Sicilia  la  bambagia  occupava  campagne  molto 
estese I,  e  che  la  carta  bambagina  fosse  in  USO  e  in  Italia, 
e  nelle  Spagne  sino  alla  metà  del  Secolo  XIII.  Io  pos- 
seggo un    Codice   ms.  di  tal  carta,  che  si  giudica  essere 
del  Secolo  XI.  Il  Signor  Tappati  mi  assicura,  che  in 
Bisceglia,  sua  patria,  sonvi  degl'Istromenti  antichi,  e 
propiamente  del  io5o  ,  o  là  intorno  ,  co' quali  i  Preti 
di  S.Adueno  davano  a  fitto   le  terre    della  lor  Chiesa 
ad  colendam  gossypium.  Ciò  posto,  possiam  dire  con 
ragione  ,    che  nella  Terra   di  Bari  il  cotone    si  coltiva 
da  anni  800  in  circa . 

II.  La  bambagia  ,  detta  dal  greco  Teofrasto  Xy- 
lon ,  o  sia  lana  nata  in  un  frutice  ^  e  da  Snida  bam^ 
bax  ,  e  pampax  j  dagli  Arabi  cotum  ;  da'Latini  gos- 
sipyum  j  e  da'  nostri  volgarmente  cotone  ,  e  bamba- 
gia j  appartiene  ,  giusta  il  linguaggio  botanico  ,  alla 
classe  XVI  Monodelphia  Polyandria.  Secondo  il  Lin~ 


(4) 

rieoj  che  ne  forma  un  genere  particolare  ^  essa  ha  un 
calice  doppio  ,  essendo  l' esterno  trifido  y  la  corolla 
campanulata  ,  distinta  in  petali  cinque  ,  a  base  co- 
mune-, la  capsula  cfuadriloculare '^  e  i  semi  vestiti  di 
lana.  Lin.  gen.  845. 

Le  sue  foglie  poi  sono  frastagliate  in  cinque  lobij 
sostenute  da  lunghi  gambi  :^  e  la  sua  radice  è  a  perno , 
e  ramosa.  Il  frutto  detto  volgarmente  noce,  e  cardo, 
è  acuto  in  punta  ,  e  si  apre  da  se  stesso  nella  parte 
superioie  ,  e  ne' lati.  Lo  stelo  in  fine  è  erbaceo,  cilin- 
drico, e  ramoso:  il  fiore  nasce  dalle  ascelle,  e  le  fo- 
glie sono  situate  sopra  gli  steli. 

in.  Non  convengono  i  Botanici  in  quanto  alle  va- 
rie specie  della  bambagia.  TI  d^^.  Linneo  ne  conta  5  5 
il  Signor  Laniark  8;,  il  Signor  Rohr ,  Naturalista  Da- 
nese ,  34  i  e  altri  circa  ^o.  Nelle  nostre  Provincie  di 
Lecce  ,  e  di  Bari  ,  nelle  Calabrie  ,  e  nella  Basilicata 
si  coltiva  in  grande  il  cotone  erbaceo  (  gossypium 
herbaceum  )  j  e  in  piccola  porzione  il  così  detto 
turchesco  bianco  (  gossypium  Siamense  )  ;  e  il  mal- 
tese ,  come  vien  chiamato  ,  a  color  di  camoscio,  ov- 
vero isabella  (^gossypium  hirsutum).  Nella  Torre  poi, 
e  in  altri  luoghi  della  Provincia  di  Napoli  si  coltiva 
soltanto  il  cotone  turchesco  bianco.  M.  de  Lasteyrie , 
mio  Amico  ,  nel  suo  libro  ,  impresso  a  Parigi  nel 
1808  (i)  pag.  85,  dice  ,  che  il  cotone  annuale  ìmpro- 
piamente  si  appella  da'Botanici  ^o.^.^j'/^/wm  herbaceum; 
e  che  meglio  si  direbbe  gossypium-  fruticosum..  Inol- 
tre  il   nostro   Signor   Canouico  Giovene  afferma  (2)  , 


(5) 
che  il  cotone  a  color  isabella  ,  sia  il  gossypium  hir- 
sutuììiy  e  altri  pi'etendono ,  che  sia  il  religiosiim.  Noi 
lasciamo  siffatte  quistioni  a'Botanici  ,  de'  quali  moltis- 
simi ,  per  estendere  il  loro  regno  ,  mohiplicano  senza 
necessità  gì'  individui  ^  e  da  alcune  modificazioni  acci- 
dentali passano  a  formare  specie  novelle. 

IV.  La  bambagia  in  genere  ama  un  cielo    caldo  , 
secco,  e  sereno^  siccome  anchela  primavera  anticipa- 
ta ,  l'estate  fervida ,  con  qualche  pioggia  ,  e  1'  autunno 
lungo  .  Fra  lutti  i  venti  ,  il  borea    nuoce  assai  al  co- 
tone j  e  fa  lo  stesso  la  nebbia  ,  la  gelata  ,  non  che  la 
pioggia  dopo  la  seminazione  ,  e  in  tempo    della  matu- 
rità delle  noci  .  L'  aria  solamente  umida    non  fa  male 
a  questa  pianta  ^  e  il  coniraiìu    si  dica    dell'  aria  umi- 
da insieme  ,  e  fredda  .  Secondo    le  mie    osservazioni  , 
la  bambagia    può    vegetare  ,  e  fruttificare    nelle    nostre 
Provincie  dal    grado  57  .  di  latitudine    boreale  fino  al 
grado  42  •  In  oltre  ho  osservato  ne'  diversi    miei  viag- 
gi inter  patriam ,  che  questa  pianta  prospera  bene  fi- 
no a  miglia  3o  lungi  dal  mare,   dal  grado  ^o  in  giù, 
quante  volte  le  condizioni  indicate  sopra  non  manchi- 
no .  Basta  che  la  temperatura  non  sia  troppo    elevata , 
essa  può  jirosperare  anche  ne'  luoghi  i  più  mediterranei , 
lungi  dalla  spiaggia  del  mare .  Dal  che  possiamo  infe- 
rire ,    che  la  coltura  di  tal  vegetabile  si  può  estendere 
quasi  in  tutte  le  Provincie  del  nostro    Regno  ,  il  qua- 
le forma  una  penisola  . 

Ora  passo  a  descrivere  ,  ad  istruzione  de'  nazio- 
nali ,  e  degli  estranei  ,  V  anno  mctereologico  da  me 
notato  nella  Torre,  luogo  mafiltiino  di  questa  Provia- 


(6)        . 

eia  di  Napoli ,  che  ha  il  mare  a  mezzo  giorno  .  Pei 
lo  spazio  di  mesi  8  ,  comiaciando  da  Aprile  sino  a 
tutto  Novembre ,  il  cotone  abita  nel  terreno  .  I  mesi 
più  freddi  sono  il  Dicembre  ,  il  Gennajo ,  il  Febbra- 
jo  ,  e  il  Marzo  j  e  i  mesi  più  caldi  sono  il  Giugno  , 
il  Luglio  ,  r  Agosto  ,  e  il  Settembre  .  I  gradi  del  cal- 
do neir  estate  arrivano  ordinariamente  a'  25  in  2.6  del 
Reaumur  5  e  que'  del  freddo  nell'  inverno  a'  gradi  i 
in  2  sotto  il  zero  .  I  venti,  che  dominano  nell'inver- 
no sono  lo  scirocco  ,  o  sia  austro  ,  lo  scirocco  a  li- 
beccio ,  e  il  borea  ,  e  alle  volte  il  greco  a  levante  . 
Dal  Maggio  in  Giugno  ,  comincia  a  soffiare  dalla  mat- 
tina fino  al  mezzo  giorno  il  levante  j  e  nelle  ore  po- 
meridiane il  ponente,  che    domina  per  tutta  l'estate'. 

1  mesi  più  piovosi  sono  d'  ordinario  il  Novembre  ,  e  '1 
Dicembre  nell'  autunno  ^  e  il  Marzo  ,  e  l'  Aprile  in 
primavera  ^  e  i  mesi  più  secchi  sono  il  Giugno ,  il 
Luglio  ,  e  r  Agosto  .  In  quest'  ultimo  mese  cade  qual- 
che pioggia  ,  siccome  anche  ne' due  appresso  ,  di  Set- 
tembre cioè,  e  di  Ottobre.  Per  l'ordinario  la  primavera 
comincia  a'  principi  ^^  Febbrajo  ,  correndo  fra'  nostri 
contadini  il  proverbio  seguente  :  La    cannelora  (  alli 

2  del  mese  indicato  )  5  V  inverno  e  fora  :  1'  estate  è 
caldissima  -^  e  l'  autunno  ,  o  sia  il  tempo  caldo  ,  e 
temperato  ,  arriva  fino  a  i  25  di  Novembre  .  Nel  pros- 
simo passato  anno  1809  nel  giorno  poco  anzi  notato  , 
il  termometro  ha  segnato  in  Napoli  il  grado  i^  in  i5. 
Ordinariamente  i  Napolitani  si  ritirano  dalla  Villa  nel 
giorno  medesimo  .  Nella  Provincia  di  Napoli  si  gode 
ogni  anno  per  lo  spazio  di  giorni  8  ,  e  ancor   più  ,  la 


(7) 

così  detta  estate  di  S.  Martino ,  che  o  precede ,  o  sus- 
segue il  giorno  del  detto  Santo  ,  che  cade  agli  1 1  del 
mese  accennato.  A  mezzo  Aprile  le  nebbie,  e  le  gela- 
te sono  per  lo  più  finite.  E  questo  corso  metereologico 
si  osserva  per  la  più  parte  in  tutto  il  lato  meridionale 
di  Terralavoro ,  e  delle  due  altre  Provincie  limitrofe  , 
di  Napoli  cioè  ,  e  di  Salerno  . 

V.  Dal  cielo  passiamo   al  suolo  .  Perchè  il    coto- 
ne ha  radice  pernale  ,  e   ramosa  ,  che   nell'  erbaceo  si 
distende  fino  a  mezzo  palmo  ,  e  nel  turchesco  fino  a 
un  palmo  ^  e  perchè  ama  il   caldo  ^  perciò  esso  si  vuol 
coltivare  in  terreno  profondo  ,  grasso  naturalmente  ,  e 
poroso  ,  e  in  campo   aperto  ,  detto    da'  nostri    volgar- 
mente scampia .  Ho  detto ,  che  il  campo  sia  natural- 
mente grasso  j  perciocché  il  Sole  riscaldando    il  leta- 
me ,  specialmente    immaturo  ,  e  indigesto ,    sparso    su 
di  esso  ,  e  con  la  terra  incorporato  ,  fa  morire  per  lo 
comune  le  piante  .   Quindi  la  bambagia    mal  vegeta  in 
terreni  argillosi ,  o  cretosi ,  o  sassosi ,  che   sono    fred- 
di,  e  connessi,  e  forti  j  e  su  i  colli,  e  ne' luoghi  pen- 
denti ,  e  molto  inclinati  :  il  contrario  si  dica  delle  ter- 
re   vegetabili  a  base  arenosa  ,     o    pur  calcarla  ,    o   pur 
vulcanica  (  che  serbano  il  calorico  ,  facendo  anche  pe- 
netrar le    radici  )  ^  non    che     delle    pianure  ,  e  delle 
vallate  .  Ecco  1'  analisi  ,  che  io    ho    fatto    nel    terreno 
aperto  ,  e  piano  della  Torre  ,  che  produce  ottimo    co- 
tone ed  eccellente  . 

Terra  vegetabile  parti  a 

Calcaria  parte  i 

Cenere  del  Vesuvio  parte  i 


(8) 
Nella   Basilicata   poi    all'  Ionio   io   ho    osservato  •, 
che  le  terre  bambagifere  di  Tursi  ,  di  Craco ,  di  Pi- 
sticci  ,  di  Rotondella   ec.    erano    composte    come    ap- 
presso : 

Terra  vegetabile  parte  i 

Argilla  parte  i 

Arena  parti  2 

I  miei  Lucani  seminano  il  cotone  e  ne'  campi  som- 
mersi dalle  piene  de'  fiumi,  e  delle  altre  acque  del  Cie- 
lo ,  e  nelle  terre  porose  .  Nelle  due  Provincie  di  Bari , 
e  di  Lecce  la  terra  addetta  a  simil  coltura  ,  è  a  base 
calcarla  j  e  nelle  Calabrie  a  base  arenosa  ,  o  pur  cal- 
carla. E  debbo  notare  in  questo  luogo  ,  che  i  Torres! 
seminano  anche  la  bambagia  nelle  terre  arbustate  : 
essi  però  non  hanno  sempre  il  contento  di  torre  tutto 
il  cotone  maturo  ,  e  perfetto .  Neil'  anno  scorso  ,  nel- 
la contrada  di  Capodimoiite  ,  sopra  Napoli ,  le  noci 
del  cotone,  piantato  in  terra  con  viti  sposate  co' pioppi 
e  con  bronconi  ,  si  sono  marcite  nel  maggior  numero 
ancor  verdi ,  a  cagione  e  delle  piogge  autunnali ,  e  più 
dell'  ombramento. 


(i)  Du  Cotonnier  ,  et  de  sa  culture  8.  Questo 
Libro  e  stato  tradotto  in  Italiano  dal  Signor  Luigj 
Targioni  ,  con  le  notizie  in  fine  sulla  industria  del 
cotone  nel  Regno  di  Napoli  ivi  1809.  8. 

(2)  Istruzione  su  la  coltura  del  cotone  a  color 
di  camoscio  ,  mandata  alla  Società  Patriottica  di 
Milano.  Opusc.  scelti,  tom.   i5  ,  an  1792. 


(9) 
CAPITOLO    II. 

Metodo  di  coltura  nella   Provincia  di  Napoli  . 
Suoi   difetti ,  e  correzioni    necessarie  . 

VI.    Nella    Torre,  e  negli  altri    paesi    di     questa 
Provincia  ,  come  in    Scafati  ,  in    Castello  a  mare  ,   in 
Gragnano  ec.  ,  ne'  quali  s'  ignora  affatto  il  riposo  del- 
le terre  ,  prodncendo  esse  in  tutti  gli  anni  j  una  sem- 
plice zappatura  basta  a  preparare  il  campo    per  lo  co- 
tone .  Le  gramigne  ,  e  le  altre  erbe   spontanee    invano 
si  cercano  in  dette  campagne  fortunate  .  Dopo  di  aver 
in  Marzo  fatto  lo  scioverso  (volgarmente  zarrima^  delle 
fave  cavaliJue  ,   nouiìnate    volgarmente   favole  j   o  de' 
lupini ,  o  delle  erbe  da  prato    ec.  j  dalla  metà    di  A- 
prile  sino  alla  fine  di    Maggio  si  solca    il  terreno    con 
zappa  all'  intervallo  di  palmi  due  ,    e    nelle  porche    si 
mette  il  seme  pollicando  ,  con  coprirlo  con    la    stessa 
zappa  air  altezza    di  un     pollice  .  Altri    contadini     più 
industriosi  piantano  le  fave  in  Novembre  alla  distanza 
di  palmi  3  in  larghezza  fra   solco  e  solco  :     colgono  il 
fratto  in  Maggio  ,  e  intanto    piantano  la    bambagia  in 
mezzo  alle  fave  nel  tempo  debito  ^  cavando  dallo  stes- 
so suolo  due  raccolte  .  Prima    di  piantare    le  fave ,   il 
terreno  s'  ingrassa  con  letame  stagionato  .  La    semenza 
prima    di  essere^  consegnata  alla  terra  ,    si    bagna    con 
acqua  in  sul  pavimento,  e  si  stropiccia  con    le  mani, 
acciocché  la  lana  si  ristringa  intorno    alla    medesima  . 
S'  intende  per  poUicare  il  fare  cadere  fra  1'  indice  e  'i 

2 


(IO) 

pollice  della  mano  il  seme  nelle  porche  .  Per  un 
moggio  di  terra  ,  vi  bisogna  un  tomolo  di  seme  ,  Il 
cotone  nasce  dopo  giorni  8,  o  12  ,  o  i5,  secondo  il 
calorico  atmosferico  .  Le  piantoline  si  diradano  dopo 
che  hanno  meòso  foglie  4  j  con  isvellere  le  più  debo- 
li ^  e  con  lasciare  le  più  robuste  ,  all'  intervallo  di  un 
palmo  e  un  quarto  fra  di  esse  .  Ne'  principj  di  Giu- 
gno si  sarchia  il  campo,  e  nel  tempo  stesso  si  rincal- 
zano le  piante.  Una  seconda  sarchiatura  si  fa  nella  line 
del  mese  accennato.  Le  piante  si  cimano  con  la  mano, 
perchè  non  lussureggino  ,  alli  26  di  Luglio  ,  giorno 
di  S.  Anna  ,  o  circa  quel  tempo  ;  i  rami  laterali  si 
estendono  e  si  fortificano  :  il  cotone  turchesco  non 
cimato,  giugerebbe  airalrezza  di  palmi  ^.,  e  V erbaceo 
a  quella  di  palmi  2  e  un  quarto  ,  con  tal  operazione 
il  primo  s' innalza  a  palmi  3 ,  e  il  secondo  a  un  palmo 
«  mezzo  (3). 

I  fiori  compariscono  su  le  piante  nella  fine  di  Lu- 
glio o  ne'  principj  di  Agosto  :  essi  escono  bianchi ,  e  ca- 
dono rosseggianti  ,  o  sia  a  color  di  rosa  secca  .  Pri- 
ma della  fioritura  il  campo  a  cotone  s' irriga  due  vol- 
te ,  in  Giugno  cioè  ,  e  in  Luglio  .  Se  non  piove  in 
Agosto  ,  le  piante  s' irrigano  per  la  terza  volta  .  La 
raccolta  della  bambagia  comincia  ne'  principj  ,  o  pur 
verso  la  fine  di  Settembre  secondo  il  caldo  della  sta- 
gione ,  e  dura  fino  a  tutto  Novembre  .  Per  accelerare 
la  maturità  del  frutto  ,  molti  contadini  levan  via  la 
frodi  inutili  5  sponendo  quello  ali'  azione  del  Sole  ,  e 
della  luce  .  Le   noci  ^  che    rimangono    ancor    verdi  e 


-i 


ì 


(  "  ) 

immature ,  si  mettono  al  coperto ,  e  si  aspetta  la  ma- 
turità di  esse.  IN  eli'  anno  scorso  in  molti  paesi  di  que- 
sta Provincia  si  sono  formate  le  stufe  a  tale  obbictto. 
L'  esilo  è  riuscito  felice  .  le  frondi  del  cotone  al- 
quanto avvizzite  si  danno  per  cibo  agli  animali  ,  cioè 
ai  buoi ,  ai  cavalli ,  agli  asini ,  e  alle  pecore  .  Le  pian- 
te secche  o  si  mettono  al  fuoco  ,  o  pur  servono  per 
formare  capanne .  Del  seme  superfluo  o  si  fa  uso  per 
lo  forno  ,  o  jH;r  lo  braciere  .  Un  tomolo  di  semenza 
si  vendè  da  carlini  6  lino  a  io  . 

VII.  I  difetti  da  me  notati  nella  Torre  sono  i  se- 
guenti :  1.  Nel  seminare  il  cotone,  anziché  pollicai lo ^ 
ottima  cosa  sarebbe  il  formare  con   la  mano    ne'  fian- 
chi de'  solchi  verso  oriente  ,  delle    fossette .  superficiali 
alla  distanza  di  palmi  3  ,  e  di  mettere  in  ogni  fosset- 
ta semi  3  ,  o  4-  Se  piove  dopo  la  seminazione  ,  l' ac- 
qua ,  che  vien  accolta  dalle  porche  ,  non  impedisce  la 
germinazion  del  seme,  che  la  riceve  di  passaggio.  Neil' 
Aprile  dello  scorso  anno   1809  il  cotone  si  è  risemina- 
to nella  Torre  a  cagion  delle    piogge  ,  le  quali    hanno 
impedito  il  primo  suo  nascimento.  La  pioggia ,  secon- 
do il  linguaggio    de'  Villici  ,  acceca  la    semenza    della 
bambagia  ,  e  non  la    fa  nascere  .  Delle  piante   nate  se 
ne  serberà  una  sola,  e  la  più  robusta.  Ecco  1'  origine 
di  questa  mia  dottrina  ,    di  piatare  cioè  il  cotone  nel- 
le fossette,  e  a  giusto  intervallo^  essa  è  nata  dal  fatto 
che  ora  racconto  .  Il  Sacerdote  D.  Michelangelo  Mov- 
licchio  di  Scafati   seminò  anni   indietro  un    suo    cam- 
picello  pollicando  :  i  sorci ,  le  formiche    ec.    si    man- 


(  lO 

glarono  la  maggior  parte  della  semenza  :  le  piante  nac- 
quero   air  intervallo    di  palmi  5  ,  6  ,  e  8  fta  di  esse . 
Il  contadino  voleva  fare  altro  uso  di  quel  terreno  :  il 
buon  Sacerdote  vi  si  oppose  .  Nel  mese 'di    Settembre 
sì  contarono  sopra  molte  di  quelle   piante    rade  radis- 
sime ,  fino  a  noci   i2o  .  Anche  la  maturità  di  esse  an- 
licijò  per  giorni   i5  in  20  .  Non  v'ha  dubbio  alcuno, 
che  le  piante  rade ,  essendo  dominate  dal    Sole  ,  ma- 
turano più    presto  il  loro  frutto  :   il  che  giova    moltis- 
simo al  cotone  in    particolare  ,   che  non    cessa    mai   di 
fiorire  ,  e  di  fruttificare  ,  sino  a  tanto    che   non  venga 
frenato    dall'asprezza   dell'inverno  .    Ad    accelerare  la 
maturità  del   cotone  ,  non  che  a  fare    che    il    seme   di 
esso  più  felicemente  ,  e  in  maggior  copia  nascesse  ,  si 
legge   presso  il  nostro   Porta    la  dottrina  seguente  :   ,, 
5,  Si   vuole  ,   che  gli  Ortolani  dell'  Isola  di  Candia    fac- 
,,  ciano  macerare  la  semenza  della  bambagia  nel  fimo 
5,  porcino  ,  e  nel  vaccino  :  in  tal  guisa    le  piante  na- 
5,  scono  presto  ,    danno  più  fruito  ,    e  prevengono    il 
„  rigore  del  freddo  (4).    Io  ho    tenuto  per  giorni  2  a 
macerare  10  semi    di    cotone    delle    materie    predette  : 
essi  sono  nati    nel    tempo     stesso    che    gli    altri  ^   e  le 
piante  hanno  maturato  il  loro  frutto  nella  stagione  me- 
desima .  La  sola  differenza  è  stata  ,  che    tali  piante  si 
mostravano    più    robuste    delle    altre  .  Il   frutto     nella 
quantità  è  stato  simigliante.  E  ciò  potrà  servire  anche 
di    risposta    al    Signor     Tuppiiti ,   il  quale    alla   pag.   9 
della  sue  Memorie  ec.  scrive,  chela  colombina,  con 
le  altre  materie  fecali  ,  e  spezialmente  il  fimo  di  mon- 


(  i3) 
tone,  misto  con  data  quantità  di  calce  ,  e  il  tutto  unito 
alla  terra  ,  acceleri  la  vcgetazion  della   bambagia  . 

L'altro  difetto  della  coltivazion  Torrese  si  è  quel- 
lo ,  di  corre  cioè  la  bambagia  dalle  noci  mezzo  aper- 
te ,  e  non  ancora  mature .  Il  cotone  dee  maturare  nel 
suo  involucro  ,  e  quando  quest'  ultimo  è  secco ,  allora 
si  dee  fare  la  raccolta  .  I  Torresi  ,  che  sono  ol^bligati 
a  svellere  le  noci  per  farle  aprire  interamente  al  Sole  j 
perdono  quasi  la  terza  parte  del  frutto  j  hanno  cotone 
imperfetto  ,  e  semenza  quasi  lattiginosa  .  Né  vale  il 
dire  ,  che  i  ladri  la  rubano  nottetempo  :  perciocché 
minimo  divien  il  furto  in  una  contrada  ,  nella  quale 
(  siccome  oggi  nella  Torre  della  Nunziata  )  moggia 
2000  di  terreno  in  circa  si  trovano  addetti  a  coltiva- 
zione siffatta  .  )  ti,  :i 

Il  terzo  difetto  sì  è  quello  d' irrigare  la  bambagia 
sino  a  tre  volte .  Una  sola  irrigazione  ne'  principi  di 
Luglio  è  sufficiente  al  bisogno  .  Le  piante  del  cotone , 
specialmente  ne'  luoghi  bassi ,  e  vicini  ai  monti  ,  resi- 
stono al  secco  dell'  estate  ,  più  del  frumentone  .  Neil' 
anno  prossimo  passalo  in  Angri ,  e  in  S.  Pietro  di 
Scafati  la  raccolta  è  stata  scarsissima  ,  o  nulla  ,  a  ca- 
gion  de'  replicati  irrigamenti .  Le  j)rime  noci  hanno 
ritardata  la  loro  maturità ,  e  le  seconde ,  ancor  im- 
perfette ,  sono  state  sorprese  dalla  gelata  ,  e  si  sono 
tutte  perdute  .  Oltre  a  che  si  è  sperimentato  ,  che  il 
cotone  raccolto  da  un  campo  troppo  inaffiato ,  non 
giugne  a  un  alto  grado  di  finezza  .  La  bambagia  colta 
neir  anno  scorso  in  Ottajano  ,  con  un  solo  irrigameli- 
io  5  ha  superata  tutte  le  altre  nella  qualità  . 


(  i4  ) 

Il  quarto  difetto  si  è  quello  di  '  separare  il  cotone 
col  mezzo  della  macchina  dal  proprio  seme  subito  do- 
po la  raccolta  .  La  bambagia  dee  esser  ben  secca  ,  e 
asciutta  ,  prima  di  farla  passare  fra  i  cilindri  .  Io  ho 
veduto  nella  Torre ,  che  molti  semi  insiem  col  cotone 
passavano  schiacciati  in  mezzo  a'  cilindri  .  Egli  è  vero , 
che  il  cotone  ammassato ,  e  compresso  ne'  magazzini 
per  lungo  tempo  ,  come  si  pratica  nella  Basilicata  ,  e 
altrove ,  peggiora  di  qualità  ,  perchè  V  olio  de'  semi 
s' infiltra  ne'  fiocchi  j  e  fa  perdere  la  lucente  sua  bian- 
chezza .  Ma  io  intendo  di  evitare  gli  estremi.  Se  il  co- 
tone è  ben  asciutto ,  si  separi  pure  subito  dopo  la  rac- 
colta^ e  se  qualche  circostanza  vi  si  oppone,  che  si 
differisca  il  minor  tempo  possibile  . 

L'  ultimo  difetto  si  è  di  coltivare  la  bambagia  per 
molti  anni  nel  campo  medesimo  .  Io  conosco  nella 
Torre  il  bravo  Agricoltore  ,  e  1'  ottimo  uomo  Pietro 
Jlardo  ,  il  quale  da  anni  i^  semina  nel  suolo  stesso . 
La  pianta  s' indebolisce  ,  il  prodotto  si  fa  minore ,  il 
seme  degenera  j  e  gì'  insetti  nimici  di  essa  ,  si  molti- 
plicano all'  infinito  j  siccome  è  avvenuto  nell'anno  scor- 
so 1809,  con  le  così  nominate  campe  y  delle  quali 
ragioneremo  appresso  .  È  vero  ,  che  fra  tutti  i  generi 
coltivabili  ,  il  cotone  rende  moltissimo  ,  ma  bisogna 
alternare  la  coltura ,  a  beneficio  delle  piante  medesime  . 
Ecco  la  ruota  campestre  ,  eh'  io  suggerisco  a'  Torresi  : 

Nel  primo    anno  ,  grano  ,  o  pure    orzo ,  o  vena  . 

Nel  secondo  ,  rape  ,  o  lupini  . 

Nel  terzo  ,  frumentone  . 


(i5) 

Nel  quarto  bambagia  ,  che  si  può  anche  seminare 
neir  anno  quinto . 

E  così  appresso  :  il  grano  riesce  bene  dopo  il  coto- 
ne .  Ch'  il  crederebbe  ?  i  contadini  delle  due  Provin- 
cie ,  di  Napoli  cioè,  e  di  Terralavoro  ,  che  sono  av. 
vezzi  dall'infanzia  a  mangiare  il  pane  di  grano  d'India, 
pagano  oggi  lai  genere  ,  per  la  scarsezza  dello  stesso  , 
carlini  20  il  tomolo  .  I  Cinesi  hanno  sperimentato ,  the 
dopo  la  coltura  della  bambagia  erbacea  non  bisogna 
seminare  nel  campo  né  piselli  ,  né  fave  .  Si  può  fare 
da'  nostri  questo  sperimento  .  Essi  o  fanno  succedere 
al  cotone  1'  orzo  ,  e  il  miglio  ^  o  pure  per  due  anni 
seminano  il  cotone  ,  e  per  gli  altri  due  appresso  il  riso. 


(3)  //  nostro  Signor  Tupputi  a  ragione  riprova 
nella  sua  Memoria  sur  la  colture  du  cotonnier  ,  Pa- 
ris 1807  ,'  la  dottrina  di  M.  de  Goufller  ,  il  quale 
dice ,  che  il  cotone  alle  volte  s' innalza  fino  a  piedi 
5.  Forse  Egli  avrà  avuto  in  mira  il  cotone  arboreo  , 
che  vegeta  ne' luoghi  arenosi  dell  India. 

f4)  ^4junt ,  Candiotae  olitores  semen  suillo  ster- 
core ,  et  vaccino  macerari  ;  sic  uheribus ,  et  fieli cius 
enasci  ,  ìievipe  celerius  einergit  ,  et  uherius  fiert  , 
antevcrtitque  firìgoris  fyrannidem,  et  scevitiarn.  Vii' 
lae  Lib.  XI  ,  e.  54. 


(  i6  ) 

CAPITOLO    IH. 

Si  espone  il  metodo  di  coltivazione  nelle  altre 

Provincie  del  Regno  j   e  si  notano 

i  difetti  ,  con  i  rimedj 

opportuni  . 

Vin.  Passiamo  ora  alle  altre  Provincie  del  Regno, 
con  notare  la  coltura  della  bambagia  ,  e  i  difetti ,  che 
si  osservano  nella  stessa  .  Noi  ci  avvaleremo  inquanto 
alla  prima  parte  delle  notizie  dateci  negli  ultimi  tempi 
dal  Signor  Cantore  p^ito  Biseglia  nella  sua  Lettera 
scritta  a  S.  E.  il  Sig.  Duca  di  Ganzano  ,  Intenden- 
te della  Provincia  di  Bari  ec.  ,  e  inserita  nel  Gior- 
nale Enciclopedico  di  Napoli  ,  num.  3  ,  pag.  285  ,  e 
seguenti  .  Tanto  nella  Terra  di  Bari  (  così  il  Sig.  Bi- 
seglia scrive  a  un  di  presso  )  ,  che  in  quella  di  Otran- 
to ,  la  bambagia  si  coltiva  nelle  maggesi ,  cioè  in  quel- 
le terre  ,  che  nell'  anno  appresso  si  debbono  coltivare 
a  frumento  .  Quindi  il  terreno  si  prepara  con  le  ara- 
ture ordinarie  alla  coltivazion  delle  piante  cereali.  Ol- 
tre delle  maggesi  ,  non  pochi  di  que'  contadini  scas- 
sano ,  o  divelgono  nel  primo  anno  profondamente  il 
terreno  ,  con  torre  le  radici  di  tutte  le  erbe  sponta- 
nee ,  e  in  particolare  della  gramigna  (  triticum  repens^. 
Preparato  il  campo  ,  e  ridotto  quasi  in  cenere  ,  si  se- 
mina il  cotone  nel  declinare  di  Marzo  ,  o  ne'  priucipj 
di  Aprile  ,  in  giornate  serene  ,  e  asciutte  .  Prima  che 
il  seme  si  consegni  alla  terra  ,  si  bagna  con  acqua  nel 


(  ^7  ) 
giorno  precedente  ,  e  si  mischia  con  sabbia  ,  per  se- 
pararne i  grani  :  si  semina  poi  o  a  getto  ,  con^e  il  fn.- 
niento  j  o  a  pizzico  ,  come  volgarmente  si  dice  ^  con 
mettere  semi  5  o  6  in  un  buco  ,  che  si  apre  con  le 
dita  alla  profondità  di  pollici  2  ,  coprendoli  con  ter- 
ra ,  e  all'  intervallo  di  un  piede  in  circa  fra  di  essi  . 
Appresso  con  un  fascio  di  rami  di  un  albero  qualun- 
que ,  o  di  virgulti  spinosi ,  nominati  scorve  ,  ligato  con 
fune  ,  e  aggravato  con  grossa  pietra  ,  e  tirato  da  un. 
villico  ,  il  campo  si  uguaglia  a  superficie  quasi  levi- 
gata :  il  che  si  appella  in  quell'  idioma  rustico  traglia- 
re  ,  o  scorveggiare  . 

Dopo  che  le  piante  nate  han  messo  foglie  2 ,  o  3, 
il  terreno  si  sarchia  ,  e  nel  tempo  stesso  si  sbarbicano 
le  più  gracili  ,  restando  le  sole  vigorose  .  Il  cotone  e/'-  . 
haceo  s'  innalza  in  quelle  contrade  un  piede   in  circa, 
e  il  turchesco ,  o  Siamese  ,    palmi  2.  Le  piante  do- 
po che  sono  giunte  a  tal  elevazione ,  si  cimano  ,  altri- 
menti s'  innalzerebbero  di  vantaggio  :    esse  si  caricano 
di  gemme  fiorifere  ,  e  non  lussureggiano  .    Secondo  le 
osservazioni  del  Canonico  Giovene  ,  la  bambagia  a  co- 
lor isabella  non  dee  essere  cimala    negli  anni    medio- 
cremente asciutti  j  ma  tal  operazione  giova  moltissimo 
i»«gli  anni  piovosi  .  Sino  al  tempo  della  fruttificazione 
si  fauno  nel  campo  due ,  o  tre  altre  sarchiature  ,    ])ev 
estirpare    l'erbe  nocive  .    Per  la  prosperità   delle  pian- 
te si  richieggono  delle  piogge  verso  la  fine  di  Giugno, 
o  ne'  principi  di  Luglio  :  qualora  mancassero  ,    il  co- 
tone andrebbe  in  deperimento  .  La  fioritura  comincia 

3 


(i8) 

nel  mese  di  Luglio  ,  e  continua  lino  a  Settembre  ,  e 
alle  volte  fino  a  Novembre  .  La  raccolta  ha  principio 
nella  metà  di  Agosto  ,  e  dura  per  tutto  il  mese  di 
Ottobre  .  Per  avere  cotone  ottimo  ,  si  dee  corre  subi- 
to che  le  noci  sono  aperte  ,  e  nelle  ore  prime  del  mat- 
tino .  Se  si  coglie  più  tardi  ,  e  nelle  ore  pomeridiane, 
le  foglie  calicine  ,  che  facilmente  si  frangono  ,  si  mi- 
schierebbono  ,  come  realmente  si  mischiano  ,  per  di- 
fetto di  avvertenza  ,  con  la  lana  ,  dalla  quale  con  dif- 
ficoltà si  distaccano  .  Le  capsule  ,  o  noci  residue  ,  che 
son  quelle  della  fine  di  Ottobre  ,  o  si  mettono  al  sole  , 
o  pur  si  fanno  aprire  in  un  forno  leggiermente  riscal- 
dato ^.i  semi  però  di  tal  cotone  sono  imperfetti,  e  la 
lana  serve  soltanto  per  imbottire  .  Fin  qui  il  Sig.  Bi- 
segUa ,  il  quale  giudica  buone  le  regole  per  la  coltura 
del  cotone  ne'  luoghi  da  lui  conosciuti  della  sua  Pro- 
vincia di  Bari.  Il  Sig.  Tupputi ,  nativo  della  Provincia 
medesima,  ha  sostituito  al  metodo  antico  il  seguente, 
come  si  legge  nella  lodata  sua  Memoria.  Nel  mese  di 
Luglio  egli  ha  fatto  zappare  la  terra  alla  profondità 
di  pollici  i5.  Appresso  con  due  altre  zappature  ha  fatto 
estirpare  tutte  V  erbe  cattive  .  Verso  la  fine  di  IMarzo 
ha  fatto  zappare  per  la  quarta  volta  il  campo  ,  e  alla 
profondità  ,  come  prima  .  Dopo  ha  letamato  la  terra 
con  fimo  animale  ,  come  si  è  detto  sopra  ,  (  Nani. 
J^II.  )  misto  con  data  quantità  di  calce  .  In  ultimo 
ha  fatto  interrare  il  letame  mezzo  putrefatto  ,  ed  ha 
•seminato  ,  con  aver  prima  tenuto  immorsi  i  grani  per 
ore   5  iu  6  iu   un   liquore    alcalino  ,   di  cui   appresso 


(  ^9) 
tratteremo  .  Ed  avendo  fatto  sarchiare  tre ,  o  (niattro 
volle  il  fampo  •>  *  stato  ricoinpeusato  nella  ratcolia 
del  cotone  e  delle  sne  cure,  e  delle  spese  sue.  11  me- 
todo poi  di  coltivazione  ,  che  sì  osserva  nella  Basili- 
cata ,  e  nelle  Calabrie  ,  conviene  nella  maggior  parte 
con  quello  ,■  che  ahljiam  descrillo  col  Sig.  Bi.<eglia.  In 
tutte  le  Provincie  mentovate  il  seme  del  cotone  ,  che 
si  vende  carlini  8,  e  ancor  io  il  tomolo^  nell'inverno 
si  dà  in  cibo  a'  buoi. 

IX.  In  quanto  ai  difetti  ,  che  si  possono  notare 
nella  coUivazion  della  bambagia  nelle  indicate  Provin- 
cie ,  e  sp(!ciainiente  in  quelle  di  Bari  ,  e  di  Lecce  ^  io 
mi  ristringo  ai  seguenti  .  E  primo  ,  le  arature  ,  e  le 
zappature  debbono  essere  regolate  secondo  la  massima 
penetrazione  ,  o  esj^ansione  "  delle  radici  di  quelle  pian- 
te ,  che  si  vogliono  coltivare  .  La  radice  del  cotone 
ei'hacco  penetra  nel  suolo  mezzo  palmo  :  dunque  a 
questa  profondità,  e  non  già  a  quella  di  pollici  i5,  che 
oltrepassa  il  palmo  napoletano  ,  si  dee  zappare  ,  o  pure 
arare  il  terreno. 

Secondo  ,  i  letami  animali  se  non  sono  convertiti 
in  terrìccio  ,  o  pure  se  non  sono  stati  ridotti  in  cenere 
dall'azione  del  fuoco  ,  recano  sempre  danno  alla  bam- 
bagia ,  e  con  la  lor  intestina  fermentazione  ,  e  con  gli 
inselli  ,  che  nudriscono  ,  i  quali  ,  come  ognun  sa  , 
corrono  sempre  al  putrido  .  Né  picciola  quantità  di 
calce  basta  a  decomporre  ,  e  a  ridurre  in  terra  vegeta- 
;bile  il  letame  degli  animali.  I  Baresi  in  ispecie  potreb- 
beFO  valersi   delle  ceneri   delle  alghe    marine  ,   che  in 


(20) 

-quelle  spiagge  ablinnrlano  ,  per  ingrassare  i  loro  campi 
a  cotone  ,  siccome  si  pratica  ulitmeiiv>.  ;.,  p;,\  lngcihi 
di  quella  Provincia  con  gli  olivi  .  In  oltre  tutti  i  col- 
tivatori della  bambagia  potrebbero  imitare  l' esempio 
di  alcune  nazioni ,  cbe  ingrassano  i  campi  con  le  ce- 
neri degli  escrementi  umani  bruciati.  E  al  caso  nostro, 
noi  potremmo  anche  far  uso  delle  ceneri  delle  piante 
secche  del  cotone  ,  sottoponendole  al  fuoco. 

Terzo  ,  in  quanto  alla  macerazione  de'  semi  delia 
bambagia  nel  liquore  alcalino  ,    composto  ,    secondo  il 
Sig.   Tnpputi  ,  (  pagg.  27  ,  e  seg.  )  di  acqua  di  leta- 
me ,  di  vino  (  o  pur    di  sidro  ,    o    di   birra  5    o  della 
stessa  acquavite  )  5  di  nitro  comune  ,   (  o  di    una   forte 
lisciva  di  cenere  ,  o  di  soda  )  ^  e  di  sale  raai'ino  ^  e  su 
le  coste  di  acqua  di  mare  5    nelle   debite  proporzioni  . 
Noi  avvertiamo  come  segue  .   Le  immersioni   delle  se- 
menze   ne'  varj    fluidi   tanto   semplici  ,    che   composti  , 
non    ignote   agli    antichi  ,    possono    avere   due  obbietti 
differenti  j    cioè    il  preservare   i  semi  da'  vermi  ,    e  da 
altri  accidenti  ^  e  l' accrescere  la  virtù  moltiplicativa  dei 
medesimi.  In  quanto  al  primo  ,  i  vermi   non  possono 
vivere  che  in  una    terra  viziata  ,   e  malsana  ,    amando 
essi  il  putrido  5    e  che  i  vermini  attaccano   soltanto  le 
semenze    guaste  ,   e  quelle  ,    che    hanno    già   contratto 
qualche  principio  di  corruzione.  Il  rimedio  per  le  terre 
viziate  è  quello    di  spargere  su  le  medesime   la  calce  , 
o  la  fuliggine  ,    che  fanno   morire    i  vermi  ,    o  pur  di 
appiccarvi    il   fuoco    a    tempo    debito  5    e   per    i    semi 
guasti  ,    e  vecchi  ,  e  corrotti  j    sarà  quello  di  scegliere 


(    21    ) 

1  sani  ,  e  i  giovani  .  Ottimo  è  quel  seme  ,  che  si  è 
estratto  ililk-  noci  della  prima  raccolta  ,  e  che  resiste 
alla  pressione  dell'  indice  ,  e  del  pollice  ,  restando  in- 
tero .    In   quanto    al  secondo  ,    benché    la  macerazione 


Uk.   . 


70  fluidi    alcalini  ,    acceleri    alle  volte    lo  svi- 
luppo ciel  eeiiiic  ,  ^  ,,  ,    .    „    .  ,, 
....        ,  ,        ...    Z^'o.  influisce  nella  virtù  mol- 
tiplicativa de  medesimi.  Anzi  aaiut  lui.uc.:,!., 

nascono  molti  incomodi  j  e  sono  i  ,  che  i  semi 
molliti  necessariamente  si  diseccano,  languiscono  ^  ■" 
fine  muojono  ,  se  dopo  di  essere  stati  s,.j.i'eiiili  nel 
suolo  ,  sopravvenga  un  caldo  soverchio,  che  faccia  esa- 
lare le  particelle  acquose  tanto  dcll^  terre,  che  de'  se- 
mi stessi  :  2  ,  che  sopraggiiignendo  molto  freddo  ,  l'ac- 
qua rinchiusa  in  tali  semi  ,  si  gela  ,  ed  bassi  rottura 
de' vasi:  3,  che  correndo  l'aria  troppo  umida,  i  vasi 
delle  semenze  si  distendono  per  1'  umidità  ,  e  si  cor- 
rompono :  4  '^  fi"'-'  5  <^be  non  procedendosi  con  tutta 
la  possibile  accuratezza  in  tale  mollificazione  ,  l'acqua 
può  togliere  a'  semi  tanto  di  virtù  ,  quanto  può  essa 
comunicarne  a  quelli.  Si  vegga,  se  piace,  quel  tanto, 
ch'io  ho  scritto  su  della  presente  materia',  cioè  se 
r  arte  possa  accrescere  la  virtù  moltiplicativa  delle  se- 
menze nel  Voi.  II ,  cap.  IX  della  mia  Opera  j  Delle 
Cose  rustiche,  Edizione  2.»  Napoli  i8o3.  E  conchiu- 
do ,  con  dire  ,  che  il  vero  segreto  di  raccorre  molto 
cotone  si  è  quello  di  aver  seme  perfetto  ,  e  di  metterlo 
al  debito  intervallo  in  terra  atta  a  simil  coltura  ,  e 
ben  apparecchiata  come  abbiam  notato  sopra  .  Se  mai 
il  seme  degenerasse  ,   siccome   dopo  anni  io  degenera 


(22) 

sensibilmente,  si  può  imitare  l'esempio  de' Maltesi  , 
che  se  ne  provvedono  dalla  Sicilia  ^  con  praticare  lo 
stesso  anche  i  Siciliani,  che  Io  fanno  venire  da^ilta. 
]Voi  potremmo  fare  il  cambio    con   le  Rrovincie  finiti^ 

me.  Dunque  il  licpiore  del  Sig.  ^"/V'f  ^4;:f;4"k  ve- 

accelerare  Io  sviluppo  del  ep'"""     ,.    ,.  j     j. 

acceieiaic         _^_i  ^       al ,  com'egli  dice,  essendo  di- 


^^^^A\?^^n  e  non  conservandosi  più  di  giorni  due  , 
•^  me  egli  stesso  afferma  j  non  può  avere  qued  et- 
fe«o  ,  che  dall'autor  suo  si  asserisce. 

Quarto ,  fa  al  certo  meraviglia  ,  come  gli  Sciittori 
Baresi  non  abbi.^"'^  finora  corretto  il  metodo  di  tra- 
gliare  ,  o  sia  di  appianare  il  campo  ,  dopo  la  seinina- 
zione  della  bambagia.  Ecco  i  motivi ,  che  m' inducono 
a  riprovarlo.  Se  piove  dopo  la  seminatura  ,  il  terreno 
disposto  a  superficie  piana ,  divien  un  loto  ,  e  la  bam- 
bagia non  nasce  ,  e  si  dee  riseminare  .  Se  succedono 
giornate  calde  ,  quel  suolo  ,  eh'  è  a  base  calcarla  ,  e 
per  conseguenza  amico  del  calorico  ,  investito  da'  raggi 
solari  ,  evapora  1'  umidità  ,  che  contiene  ,  a  danno 
delle  piante  ,  che  debbono  nascere  ,  o  che  sono  già 
paté,  I  contadini  della  Torre  della  Nunziata  nel  decli- 
nare del  mese  di  Maggio  ,  o  ne'  principi  di  Giugno  , 
hanno  il  costume  di  disporre  con  la  zappa  la  superficie 
de' campi  con  gli  arbusti  di  viti ,  situate  alle  falde  del 
Vesuvio  ,  rimpetto  al  mezzo  giorno  ,  o  a  solchi  ,  o  a 
monticelli.  Ed  avendo  richiesto  a'medesimi  la  ragione  di 
tal  novità  ,  mi  hanno  con  molto  senno  risposto  :  per 
spezzare  la  for:ia  del  sole  ,    e  per  non  fare  seccare 


(23) 

le  vili  .  Ed  in  vero  i  raggi  solari  quanto  più  sono  ri- 
flessi su  duna  superficie  scabra  di  un  campo  ,  tanto 
minore  succede  l'evaporazione  dell' umidi  là  delle  terre. 
Quindi  si  semini,  o  meglio  si  pianti  il  cotone  a  solchi 
aperti ,  e  a  giusta  distanza^  come  abbiam  notalo  sopra: 
in  tal  modo  V  evaporazione  sarà  minore  ,  e  le  piogge 
accolte  nelle  porche ,  non  impediranno  la  germinazione 
della  semenza  .  E  que'  nostri  proprietarj  delle  lodate 
Provincie  si  ricordino,  clie  avendo  essi  il  mare  ad  orien- 
te, i  solchi  si  vogliono  tirare  da  borea  a  mezzo  giorno  j 
giacché  in  quelle  contrade  ,  il  borea  è  favorevole  alla 
vegetazione  di  tutte  le  piante. 

Quinto  in  fine  ,  io  non  saprei  approvare  Intera- 
mente il  costume  di  dare  a'  buoi  nell'  inverno  in  cibo 
i  semi  del  cotone.  Essi  contengono  dell'olio  ,  che  da- 
gl'Inglesi si  estrae  nelle  loro  Colonie.  Anche  i  Siciliani 
li  fanno  mangiare  ai  buoi  ,  alle  vacche  ,  ai  cavalli  , 
agli  asini,  ed  ai  muli ,  dopo  di  averli  tenuti  nell'acqua 
per  più  giorni  .  ]Non  v'  ha  alcun  dubbio ,  die  que'  go- 
mitoli di  pelo  ,  che  i  buoi  inghiotono  nel  leccarsi  , 
detti  da'Greci  egagropiles  ,  tormentano  ,  e  fanno  di- 
magrare le  bestie  cornute.  Io  ho  vedute  delle  egagro- 
piles y  estratte  dagli  stomachi  de'  buoi ,  e  datemi  dai 
macellai  nspoletani,  del  peso  di  una  libbra.  Anche  gli 
agnelli  muojono  bene  spesso  per  lo  così  detto  ;  mal  dì 
pallotta  ,  Di  agnelli  36  morti  ,  il  Dauhenton  scrive  , 
che  undici  eran  morti  di  questo  morbo  ,  perchè  certe 
egagropile,  o  pallotte  di  filamenti  di  lana  ,  inghiottite 
du'  uiedesimi ,  aveano  chiuso  il  passo  dal  venlricino  alle 


(24) 

budella.  Ora  essendo  i  semi  del  cotone  vestiti  di  lana, 
ancorché  nella  minima  quantità,  io  non  debbo  affermare 
assolutamente,  eli' essi  possano  servire  di  cibo  innocente 
allo  stomaco  de' buoi  ,  e  degli  altri  animali.  Io  invito 
i  Medici  Baresi,  non  che  que'  delle  altre  Provincie,  ad 
osservare  se  ne' quattro  stomachi,  spezialmente  de' buoi 
ammazzati  da' macellai,  e  nutriti  con  seme  di  bambagia 
nell'inverno ,  e  con  altri  cibi ,  si  trovino  delle  egugro- 
piles .  In  quanto  al  seme  superfluo  ,  se  ne  potrebbe 
cavare  olio  per  le  lucerne  ,  sotto  allo  strettoio.  E  per- 
chè spira  cattivo  odore  ,  potrebbe  servire  per  le  arti . 
Di  più  si  potrebbe  imitare  l'  esempio  degli  Spagnuoli, 
che  lo  impiegano  per  ingrasso  de'  campi  ,  dopo  che  si 
è  convertito  in  concime. 

CAPITOLO   IV. 

De'  danni  ,  e  delle  malattie  del  Cotone  in  erba  . 
Riinedj.  Se  le  piante  del  nostro  Cotone  tanto  e/'- 
baceo  ,  che  tarchesco  si  possano  rendere  biennali  , 
o  triennali  ? 

X.  Secondo  le  replicate  mie  ossei'vazioni  ,  fatte 
nfeUa, Torre  della  Nunziata,  a  sei  si  possono  ridurre  i 
dfnni  del  Cotone  cagionati  dagl'insetti^  e  a  quattro  i 
mali  prodotti  dall'  atmosfera  .  Cominceremo  da'  primi  : 

I.  I  sorci  ,  le  formiche  ,  i  porcellini  terrestri, 
alcuni  piccoli  scarabei  ec.  si  mangiano  la  semenza 
posta  liCl  campo.  Contenendo  essa  dell'olio,  è  uq  cibo 


(25) 

gradito  a*  sorci,  e  ad  altri  insetti.  Ne' Magazzini  biso- 
gna serbarla  o  dcnUo  alle  vecchie  botti ,  o  dentro  alle 
casse,  o  in  altri  vasi  grossi,  e  sempre  in  luoglii  asciutti j 
perciocché  V  umidità  la  spinge  al  corrompimento  ^  e 
gl'infetti  corrono  al  putrido.  Il  miglior  seme  è  quello, 
che  si  ottiene  dalle  noci  ,  che  maturano  naturalmente 
prima  delle  altre  ,  che  si  separa  subito  dalla  lana  , 
dopo  la  raccolta  ,  e  che  non  abbia  passato  gli  anni 
due  ,  con  essersi  serbato  in  istanze  asciutte  ,  e  tempe- 
rate .  E  giova  avvertire  in  questo  luogo  ,  che  i  semi 
del  cotone  di  ogni  specie  divengono  sterili ,  e  inutili , 
se  per  ([ualche  spazio  di  tempo  sono  stati  invasi  dal 
i'ummo  di  alcun  cammino.  Alcuni  suggeriscono  a  met- 
tere il  seme  in  un  vaso  di  acqua ,  e  di  scegliere  per  la 
semenza  quelli,  che  dopo  alcune  ore,  dall'immersione, 
non  galleggiano  sul  fluido,  o  sia,  che  vanno  al  fondo "^ 
del  vaso.  I  nostri  contadini  mescolando  le  semenze  di 
tutte  le  varie  raccolte  ,  e  mal  custodendole  j  o  pur 
chiudendole  non  ben  secche,  debbono  soffrire  il  danno, 
di  cui  si  è  ragionato  . 

2.  /  gojfoli  (  acheta  giyllo  -  talpa  .  Linn.  )  . 
Quest'  insetti ,  che  alloggiano  ne'  terreni  bassi  ,  acqui- 
trinosi ,  e  umidi  ,  e  che  mancano  nelle  terre  elevate  , 
ed  asciutte  ^  rodendo  ,  e  cibandosi  delle  prime  radi- 
cette  ,  fanno  morire  le  piante  nella  loro  infanzia  ,  e 
appena  nate  .  Quindi  bisogna  riseminare  la  bambagia. 
Il  rimedio  consiste  nella  scelta  del  campo  aperto ,  po- 
roso ,  e  rasciutto  .  Alcuni  giudiziosi  ortolani  distrug- 
gono i  goffoli  ,    che   pur  danneggiano   le  loro  piante  , 

4 


(26) 

non  che  il  frumentone ,  con  rartificlo  seguente  :  pren- 
dono una  foglia  di  vite ,  o  sia  pampano ,  e  ne  formano 
una  specie  d^  imbuto  ,  che  col  suo  collo  viene  intro- 
dotto nel  nido  :  indi  vi  versano  gocce  3  o  4  di  olio , 
e  appresso  altrettante  di  acqua  :  l'animaluccio  esce  su- 
bito fuori  come  stordito  ,  e  si  ammazza  .  Altri  conta- 
dini mettono  nel  campo  a  cotone  molti  e  spessi  fascetti 
di  erbe  tenerelle  e  umide  :  i  goffoli  vanno  a  nascon- 
dersi sotto  que'  fascetti  ;  e  così  in  sul  nascere  del  sole 
sì  uccidono  da'  rustici  .  Questo  metodo  vien  praticato 
spezialmente  nella  Provincia  di  Bari ,  per  testimonianza 
del  Sig.  Biseglia.  E  si  potrebbe  usare  anche  contro  ai 
goffoli  3  che  devastano  le  piante  tenerelle  del  frumen- 
tone .  Io  però  preferisco  la  scelta  del  terreno  idoneo 
al  cotone  aiizi  che  1'  uso  delle  medicine  .  Sero  medi- 
cina paratur  (5).  Ed  avvertiamo  qui  col  Signor  Fe~ 
hurier ,  che  la  femmina  del  grillo-talpa  in  ogni  covata 
produce  fino  ad  uovicini  220  j  che  probabilmente  fa 
due  covate  nell'  anno  j  e  che  per  distruggerla  ,  in  vece 
dell'  olio ,  che  non  sempre  produce  1'  effetto  desidera- 
to ,  benché  sia  1'  unico  mezzo  per  farle  perire  j  giova 
operare  nel  modo  seguente  j  notando  le  stesse  parole 
dello  Scrittore  lodato  :  »  Appena  io  scopro  la  meno- 
»  ma  traccia  di  un  qualche  nido  ,  ficco  il  dito  nel  bu- 
»  co  verticale  :  prendo  allora  uno  strumento  ,  in  for- 
»  ma  di  cucchiaio  ,  e  cavo  intorno  al  buco  ,  dove  ten- 
>>  go  fermo  costantemente  il  dito,  sino  a  che  sento  l'a- 
»  nimaluccio  j  altrimenti  scavo  sino  al  fondo  del  bu- 
»  co  .  Allora  con   un  sol  colpo    dello  strumento ,  che 


ft 


(27) 
»  calco  nel  buco ,  mi  riesce  facile  di  prendere  l' inset- 
»  to  .  Se  la  prima  operazione  non  ha  il  suo  effetto  , 
»  batto  allora  la  terra  col  piede ,  con  appianarla  ,  e  so- 
»  spendo  la  ricerca.  Nel  di  seguente  l'animale  risale, 
»  e  forma  un  monticello  di  terreno  ,  che  indica  il  luo- 
»  go  del  suo  ritiro  .  In  questo  caso  la  caccia  è  fatta  . 
Finalmente  il  N.  A. ,  cha  paga  soldi  2  per  ogni  gril- 
lo-trappa  ,  e  soldi  12  per  ogni  covata,  assicura,  che 
in  pochi  giorni  gli  sia  riuscito  di  distruggere  co'  suoi 
contadini  nel  proprio  giardino  i6,ooo  e  più  insetti  , 
tanto  in  uovicini ,  che  nati  (6)  . 

5.  La  morsicatura  de'  goffoli  ,  o  di  altro  gril- 
lo .  Tra  i  due  mesi  di  Luglio  ,  e  di  Agosto  si  veggo- 
no alcune  piante  di  bambagia  inclinate  verso  terra  ,  i 
contadini  appellano  ciò  podagra  .  Io  ho  visitato  nel 
terren  basso  di  Scafati  simili  piante  ,  e  ho  trovato  una 
morsicatura  profonda  alcune  bnee  verso  la  base  del  fu- 
sto del  cotone  .  L'  epidormide  nel  luogo  del  morbo  era 
tutta  corrosa  per  la  lunghezza  di  un  pollice  .  L' incli- 
nazione della  pianta  era  più  della  metà  dell'  arco  ver- 
so terra  tra  la  verticale,  e  l'orizzontale.  Volli  visitare 
le  radici ,  e  trovai ,  che  la  pernale  verso  il  lato  dell' 
inclinazione  della  pianta  ,  era  corrosa  per  la  lunghez- 
za di  due  pollici ,  e  nella  profondità  di  linee  4-  in  5. 
Forse  il  grillo-talpa  ,  o  altro  grillo  non  avendo  potu- 
to dar  morte  alla  pianta  adulta ,  era  corso  ad  attacca- 
re il  fusto  verso  la  base  .  Le  noci  di  simili  piante 
podagrose ,  maturono  la  lor  lana  nel  tempo  debito  : 
esse  però  in  tale  stalo  morboso  cessano  di  fiorire ,  e 
se  hanno  fiori ,  tutti  seccano  ,  e  cadono . 


(28) 

4-  I  tordoni ,  o  sieno  vermini  rossi ,  e  lunglii  li- 
nee 12  in  circa,  che  rodendo  lo  stelo  del  cotone  an- 
cor tenero  ,  fanno  perire  le  picciole  piante  .  Questi 
vermini  ,  che  sono  in  picciol  numero  ,  si  cavano  eoa 
la  zappa ,  e  si  schiacciano  co'  piedi . 

5.  /  pidocchi  ,  o  afidi  ,  o  pulci  ,  che  succhiano 
1'  umore  delle  frondi  ;  essi  però  non  recano  danno  né 
a'  fiori  ,  né  alle  noci  della  bamhagia.  Contro  agli  afi- 
di delle  altre  piante  giova  moltissimo  1'  aspersione  di 
acqua  ,  in  cui  sieno  state  infuse  le  frondi  del  tabacco. 

6.  Le  campe  (  larvce  noctuce  peltìgeris  .  Hu- 
bner  )  .  Ecco  la  storia  in  breve  di  queste  larve  .  Dal 
seme  d'una  farfalla,  detta  dall'autore  citato  noctua 
peltigera  (  Tav.  63-  fìg.  3io.  )  si  schiudono  le  cam- 
pe nel  mese  di  Agosto  ,  e  corrono  ad  annidarsi  den- 
tro ai  calici  de'  fiori  della  bambagia  .  Esse  divorano  i 
teneri  germi  ,  e  le  parti  de'  fiori  cadono  .  Dopo  un  tal 
guasto  ,  e  dopo  di  essersi  ben  ingrossate ,  corrono  alle 
noci ,  già  formate  da'  primi  fiori  tanto  grosse  che  pic- 
cole ,  bucano  in  tondo  le  capsule  ,  e  si  cibano  della 
sostanza  lattiginosa  de'  semi  .  In  fine  terminato  il  pe- 
riodo di  lor  vita  ,  escono  nel  declinar  di  Settembre  , 
o  pur  di  Ottobre  ,  dalle  noci  già  distrutte  nella  mag- 
gior parte ,  e  vanno  a  seppellirsi  nel  terreno  .  Dopo 
giorni  28  in  32  ,  non  essendovi  ostacoli  nell'  atmosfe- 
ra ,  come  il  freddo  ec. ,  s' incrisalidano  ,  come  tutte  le 
altre  nottue  .  Esse  restano  nello  stato  di  pupe  ,  duran- 
te r  inverno  ,  e  in  primavera  passano  a  quello  di  far- 
falle .  Queste  larve  abitano  ancora  su  V  aster  chinen- 


(29) 
sìs ,  e  su  di  altre  sortì  di  asteri  ;  su  le  ceiosie ,  det- 
te volgarmente  fiocchi  di  Cardinale  j  su  gli  amaranti 
ec.  Ora  qual  rimedio  proporremo  contro  siffatti  deva- 
statori di  campi  interi  di  bambagia  ?  Alcuni  nostri  or- 
tolani nelle  vicinanze  di  Napoli  ,  per  distruggere  le 
cainpe  ,  che  si  mangiano  tutti  i  broccoli  ,  e  gli  altri 
cavoli  ,  e  le  rape  ec.  mettono  dentro  una  mezza  bot- 
te piena  di  acqua  1'  erba  jusquiamo  (  hyoscyamus  , 
L.  )  ,  eh'  essi  appellano  erba  cannocchiale ,  dalla  fi- 
gura del  fiore  ,  e  con  detta  acqua  aspergendo  le  pian- 
te suddette  ,  le  campe  sen  mujono,  essendo  quell' erba 
narcotica  .  Altri  si  servono  dell'  infusione  di  assenzio 
{  absynthiiim  officinale .  L.  )  j  o  pure  di  quella  del- 
le cipolle  .  Ma  possono  giovare  simili  infusioni  contro 
alle  campe  della  bambagia  ?  Si  tenti  un  tale  sperimen- 
to -,  e  trattandosi  di  un  rimedio  utile  ,  io  propongo  an- 
che una  forte  infusione  delle  frondi  di  sambuco  nano 
(  samhiicus  ehulus  )  j  non  che  delle  foglie  di  ontano, 
e  anche  di  quelle  del  noce  ,  che  non  sono  mai  tocche 
dagl'  insetti  .  In  Scafati  i  contadini  si  rallegrano  quan- 
do veggono  molti  passeri  ne'  loro  poderi  di  cotone ,  as- 
saliti dalle  campe:  que'volaiili  se  ne  cibano  con  avi- 
dità. Un  gran  proprietario  mi  dimandò  1' anno  scorso , 
se  i  gallinacci  potevano  introdursi  con  vantaggio  ne' 
campi  bambagiferi  ,  infestati  da  tali  insetti?  La  rispo- 
sta si  fu  affermativa  ,  essendo  lecito  di  tentare  ogni 
mezzo  per  distruggere  gì'  insetti  nimici  .  Io  però  ho 
avvertito  nella  Torre  ,  che  o  poche  ,  o  nulle  campe  si 
veggono  oe' terreni  asciutti ,  e  che  alternativamente  ser- 


/ 


(3o) 

«vono  a' prodotti  differenti  j  e  per  lo  contrarlo  mo  Iti  di 
tali  insetti  si  scorgono  sovente  nelle  terre  acquitrinose, 
e  grasse  ,  e  che  da  più  anni  si  trovano  destinate  alla 
coltura  del  cotone  .  Quindi  s' introduca  la  ruota  cam- 
pestre ^  non  si  faccia  uso  per  l' ingrasso  delle  terre  a 
bambagia ,  che  di  scioverso ,  o  pur  di  letame  passato 
in  terriccio ,  e  che  si  badi  alla  scelta  del  seme  ,  pren- 
dendolo ,  se  abbisogna  ^  dalle  contrade  vicine  5  con 
isbarbicare  dal  campo  tutte  l'erbe  spontanee  ,  che  so- 
gliono alimentare  gì'  insetti  . 

XI.  Passiamo  ora  ai  danni  dell'  atmosfera  : 

1 .  La  brusca  del  mare  ,  che  nel  mese  di  Mag- 
gio fa  seccare  le  piante  del  cotone  nella  loro  infanzia,- 
onde  si  dee  riseminare  .  Ma  non  solo  1'  acido  muriati- 
co del  mare  può  produrre  nelle  teneri  piante  della  bam- 
bagia simil  danno  j  perciocché  esso  può  anche  nascere 
da  un'  inconstante  alternativa  del  caldo  ,  e  del  freddo. 
In  fatti  io  ho  veduto  in  un  luogo  mediterraneo  secca- 
to nel  mese  di  Maggio  un  campicello  di  cotone  j  ed 
avendone  interrogato  i  contadini  ,  mi  hanno  risposto  , 
che  a  due  notti  fredde  erano  succedute  due  giornate 
calde ,  e  serene  .  Quindi  il  rimedio  sarà  di  aspettare 
fino  a  tanto  che  la  stagione  si  sarà   messa  in    regola  , 

/  per  la  seminazione  di  tal  pianta  .  E  che  forse  in  Smir- 

ne ,  e  in  Messina  ,  per  questa  ,  e  per  altre  cagioni ,  non 
si  semina  la  bambagia  ne'  principi  di  Giugno  ? 

2.  La  sinopica  y  o  sia  la  nebbia  ,  che  venendo  nel 
mese  di  Maggio ,  fa  seccare  le  frondi ,  e  i  ramoscellij 
le  piante  però  rimettono  i  novelli  rami  dalle  ascelle  j 


(3i  ) 

che  danno  il  loro  frutto  .  Ma  se  la  nebbia  viene  in 
Giugno  ,  o  in  Luglio  ,  allora  benché  la  pianta  o  con 
la  pioggia  ,  o  con  1'  irrigazione  ,  sbucci  nuovamente  , 
essa  non  dà  frutto ,  sopravvegnendo  i  freddi  .  Talvol- 
ta la  sinopica  fa  seccare  interamente  le  piante  fino  al- 
le radice  ,  ed  esse  sono  perdute  .  Il  rimedio  preserva- 
tivo consiste  nel  seminare  la  bambagia  a  giusto  inter- 
vallo ^  acciocché  1'  aria  non  vi  muoja  dentro  ;  e  in  ter- 
reni bas  si  non  già ,  o  nelle  vallate ,  nelle  quali  la  nebbia 
esercita  tutta  la  sua  forza  j  ma  in  suolo  aperto,  e  do- 
minato dal   sole . 

3.  //  secco  eccessivo ,  le  piogge  forti ,  e  i  ven- 
it  Jì'eddi  sono  nocivi  al  cotone  in  fiore  .  Contro  al  sec- 
co ,  che  fa  dimagrare  le  piante ,  il  rimedio  consiste  nel- 
l' irrigazione ,  essendovi  il  comodo  delle  acque  vicine. 
Niun  rimedio  possiamo  prescrivere  contro  ai  due  altri 
danni . 

j,  4-  l'I  fine,  La  gelata,  che  venendo  in  Novem- 
bre ,  fa  cadere  le  frondi ,  e  attacca  le  noci  imperfette, 
le  quali  non  si  aprono  mai ,  cadendo  marcite  nel  suo- 
lo :  non  così  avviene  alle  noci  perfette ,  che  raccolte , 
e  messe  al  coperto ,  si  aprono  nell'  inverno  ,  e  danno 
della  lana  di  qualità  inferiore  .  In  quanto  poi  ai  mor- 
bi del  cotone  nelle  altre  nostre  Provincie  ,  il  lodato 
Sig.  Biseglia  nella  citata  sua  Lettera  ,  ha  descritti  , 
benché  in  linguaggio  del  volgo  ,  quei  della  Terra  di 
Bari  :  i  quali  poi  corrispondono  in  buona  parte  con  i 
nostri  .  Il  Sig.  Targioni  ,  per  far  cosa  grata  al  nostro 
Pubblico  nel  Foglio  volante ,  n.  XLIII ,  della  Corri- 


(53) 

sporidcnza  generale  dì  Letteratura ,  Scienze ,  ed  Ar- 
ti ,  ha  inserito  un  articolo  ,  col  titolo  :  Nimici  del  co- 
tone ,  estratto  dall'  Enciclopedie  MetJwdique  ,  v.  Co- 
tonnier  .  IMa  que'  morbi  riguardano  il  cotone  arboreo 
di  America  ,  non  già  le  specie  ,  che  si  coltivano  da* 
nostri  . 

XII.  Nel  Volume  II.  delle  Memorie  concernenti 
i  Cinesi ,  dateci  da'Missionarj  Europei  ^  e  propriamente 
in  quella  ,  che  ha  per  obbietto  la  coltura  del  cotone 
in  queir  Impero  j  si  legge  ,  che  quantunque  nella  Cina 
insiem  con  1'  arboreo  si  coltivi  pure  1'  erbaceo  ^  questo 
secondo  però  ,  benché  annuale  ,  come  presso  di  noi  , 
getta  di  nuovo  sopra  la  sua  radice  ne'  paesi  ,  ove  1'  in- 
verno non  è  molto  rigido  .  Esso  si  lascia  durare  anni 
tre  ,  e  nel  quarto  si  svelle  dal  terreno  ,  e  in  quel  cam- 
po si  semina  o  il  miglio  ,  o  1'  uno  . 

In  Molril ,  città  di  Spagna,  nel  Regno  di  Granata, 
le  piante  del  cotone  durano  per  anni  5,  6,  e  tal  .4 
IO.  Que' coltivatori  assicurano,  che  le  prime  semenze 
sieno  venute  dall'  Isola  di  Malta. 

Il  Sig.  Galanti  nelle  Aggiunzioni  fatte  al  Dizio- 
nario di  Agricoltura  dell'  Ab.  Rozier.,  tradotto  in  'ta- 
liano  ,  e  stampato  in  Napoli  nel  1794»  8.  Tom.  Vili, 
pag.  333  parlando  del  cotone  ,  dice  :  »  La  pianta  è 
»  biennale  nella  Calabria ,  e  nel  secondo  anno  dà  mag- 
»  gior  prodotto  . 

Il  Sig.  Ab.  Melograni  ,  della  Calabria  ulteriore  , 
i^  accerta  ,  che  nel  Capo  Vaticano  ,  cominciando  da 
oriente  fino  a  Briatico  ,  e  propriamente   ne'  paesi  Spi- 


(33) 

Unga,  Carciadi ,  Bratterà,  Drapìa,  Zaccanopoli,  Filili, 
Dafinà ,  Brivadi ,  Parghelìa  ,  Tropea,  Zainbroni  ec.  la 
pianta  del  cotone  è  biennale  ,  e  ancora  triennale  ,  ri- 
producendo dalla  radice.  Il  suolo  è  sabbioso  ,  prove- 
niente dalla  decomposizione  de' graniti ,  e  asperso  nella 
superficie  di  una  terra  calcarla  ,  nata  dalle  conchiglie 
marine  decomposte  ,  e  spezialmente  dal!a  sj)ecie  degli 
echini  ec.  La  Città  di  Tropea  è  sotto  al  grado  Sg  iti 
circa  di  latitudine  (7). 

Nella   Torre    però    due   proprietarj  ,    cioè    Pietro 
Il  ardo  ,  e  D.Saverio  Battista  avendo  lasciate  alcune 
piante  di  bambagia  nel  campo  ,  esse  in  primavera  non 
hanno  caccialo  verun  germoglio.  Io  nel  Dicembre  del- 
l' anno  scorso  ho  fatto  tagliare  il  fusto  ,   alcuni  pollici 
dentro  terra  ,   a  molte  piante  di  cotone  ,  e  mi  rimane 
a  vedere    se  nella    stagione    novella  germoglino  ,    o  no 
dalle  radici  .  La  mia  opinione  si  è  ,  che  non  sia  im- 
probabile un  tale  germogliamento  ne'terreni  o  sabbiosi , 
o    calcarei  ,    esposti    a   mezzo    giorno  ,    e    riparati    dal 
borea  ,  e  dalle  gelate.  Invito  i  nostri  nazionali  a  farne 
le  pruove  replicate.  Se  la  desiderata  riproduzione  dalle 
radici  fosse  costante  nella  bambagia  ,  oltre  al  risparmio 
della    coltura    per  alcuni  anni  ,   le  noci  maturerebbero 
più  presto,  e  le  piante  sarebbero  soggette  a' danni  mi- 
nori .    Il  Sig.  Canonico   Giovcne    dice    nella  ciiata  sua 
Istruzione f  che  nel  clima  proprio  la  pianta  del  cotone 
a    color    di    camoscio    è  biennale  ,    e  t  he    nella  Puglia 
conserva  talora  per  tutto  l'inverno  radice,  e  stelo  vi- 

5 


(  ^  ) 

vente  ,  per  rigermogliare  in  primavera.  E  giova  avver- 
tire in  questo  luogo  ,  che  alcuni  de'  nostri  ,  fra'  quali 
il  Sig.  p^incenzio  Briganti  ,  inutilmente  si  sono  stu- 
diati di  fare  vegetare  ne' paesi  nostri  il  cotone  arboreo: 
esso  è  nato  ,  è  cresciuto  ,  ed  ha  avuto  vita  per  qual- 
che anno  ,  ma  in  fine  è  morto  prima  di  fruttificare. 


(5)  //  cel.  Signor  Scopoli  scrisse  al  nostro  pro- 
posito :  fimo  equino  allicitur  ,  porcino  pellitur  .  Dun- 
que contro  al  grillo-talpa  ingrassa  il  terreno  a  co- 
tone col  letame  di  porci  ,  e  in  tal  modo  allontane- 
rai i  goffoli  ^  ovvero  metti  vicino  ,  o  in  mezzo  al 
campo  4  o  5  secchie  piene  piìi  della  metà  di  le- 
tame cavallino  :  i  goffoli  nella  notte  vi  si  anni- 
deranno :  prima  di  spuntar  il  sole  inaffia  con  mor- 
chia ,  o  sia  feccia  di  olio  quel  letame  ,  colmando- 
lo in  ultimo  di  acqua  :  i  goffoli  verranno  su  ,  e  man- 
cando loro  V  aria  esterna  per  respirare  ,  a  cagion 
della  morchia  ,  restano  soffogati  . 

(6)  Quest'  articolo  si  trova  inserito  nel  Voi. 
VII )  pag.  i86  della  Biblioteca  di  Campagna  del  ce- 
lebre nostro  Signor  Gio:  Battisa  Gagliardi . 

(7)  Nelle  vicinanze  dell'  antica  Velia  nel  Ci- 
lento ,  e  propriamente  nel  podere  del  Sig.  Gervasio 
Passero  ,  vicino  alVAscha  ,  il  cotone  ha  riprodotto 
dalle  radici  ;  essendo  quella  contrada  tiepida  ,  e 
riparata  dal  borea  ,  non  altrimenti  che  i  luoghi 
vicino  Tropea  nella  Calabria  ultra. 


(  35  ) 
CAPITOLO   V. 

Prodotto  dal  Cotone  nelle  Provincie  diverse.  Osser- 
vazioni su  le  (jualità  del  medesimo .  Manifatture 
JSazionali .  Commercio  .  Perfezione  della  mac- 
china per  separare  la  bambagia  dal  seme.  Come 
si  conservi  il  cotone  netto  . 

XIII.  Comincerò  a  notare  il  prodotto  della  bam- 
bagia nelln  Pro\incia  di  Napoli  ,  prendendo  la  norma 
da  cpiello  della  Torre  •  e  quindi  farò  passaggio  a  quello 
delle  altre  Provincie  .  E  a  procedere  con  l'  ordine 
dovuto  ,  segnerò  prima  le  spese  di  coltura  ,  e  di  go- 
verno ,  con  indicare  il  prodotto,  e'I  suo  valore^  e  ap- 
presso sottraendo  le  prime  dal  secondo  ,  avremo  la 
rendita  netta  di  un  dato  spazio  di  terra. 

Conto  delle  spese  per  un  moggio  di  terreno  irriga- 
torio nella  Torre  della  Nuziata. 

per  affitto 35  co 

per  apparecchio  del  campo 06  oo 

per  semina 00  60 

per  diradare   le  piante 00  3o 

per  due  sarchiature  ,    e  per  cimarla      ...  01  4^ 

per  tre  irrigazioni 06  60 

per    sfrondarla 01  20 

per  corre  la  bambagia    .         06  00 

67      IO 


-  (36) 

Si  raccoglie  tra  annata  fertile  e  infertile 
un  cantajo  e  mezzo  di  cotone  netto  ,  che 
venduto  nell'anno  scorso  1809  ducati  180  il 

cantajo ,  sono 270     00 

Dalla  qual  somma  tolte  le  spese .  67      io 
Più  le  altre  spese  per  separarla  dal 

seme i5     00—72     io 

restano  di  guadagno 197     90 

Si  avverta  in  questo  luogo  ,  che  non  so  a  qual 
relazione  il  Signor  Targioni  appoggiato ,  abbia  nelle 
sue  Notizie  scritto  ,  che  la  rendita  netta  di  un  mog- 
gio di  terra  irrigatoria  nella  Torre  della  Nunziata  sia 
di  ducati   100  all'  anno. 

Conto  delle  spese  per  un  moggio  di  terreno 

arhustato  ,  e  non  irrigatorio  nella  Torre 

della  Nunziata. 

per  affitto ,  e  per  le  spese  di  apparecchio  del 

campo 25     00 

per  semina  ,  per  diradamento  ,    per   due  sar- 
chiature ,    per    cimare    le    piante  ,     e    per 
corre  le  noci  mature ,  e  immature    ...     08     00 
Si  raccolgono    tra  stagion    fertile,    e  in- 
fertile   rotola     5o    di    bambagia    netta   ,     che 
venduta    nell'anno    scorso  ducati  i8o  il  can- 
tajo ,    sono 90     00 

Dalla  qual  somma  tolte  le  spese  25     00 

più 08     00 

più   per  separarla    dal  seme     ...     04     00—37     ^'^ 
restano    di  guadagno 53     00 


V 


(  37  ) 
Ed  avveniamo ,  che  se  cade  qualche  pioggia  nella 
fine  di  Giugno  ,  o  ne'  principi  di  Luglio  ,  la  raccolta 
si  fa  jnaggiore  .  Di  più  avvertiamo  ,  che  nella  Torre 
da  un  rotolo  di  cotone  lordo  si  hanno  once  8  in  g 
di  cotone  netto  .  Similmente  notiamo  ,  che  lo  stesso 
guadagno  si  ricava  a  un  di  presso  da  un  moggio  di 
terra  a  cotone  in  Ottajano  ,  in  Sarno  ,  in  Nocera  ,  in 
Angri  ,  in  Gragnano  ,  in  Castello  a  mare  ,  in  Scafati 
ec.  che  sono  paesi,  che  spettano  alla  Provincia  di  Sa- 
lerno per  la  maggior  parie  .  Di  lutto  il  cotone  poi  , 
che  si  raccoglie  ^  il  più  forte  ,  il  più  bianco  ,  il  più 
netto  ,  o  sia  quello  delle  noci  aperte  naturalmente  su 
le  piante  ^  si  è  venduto  ducati  i8o  il  canta jo  ,  e  fin 
a  ducali  200  ^  il  mediocre  ,  quello  cioè  delle  noci 
aperte  o  al  sole  ,  o  con  altro  mezzo  ,  ducati  80  ,  90  , 
e  ancor  100  ^  e  V  infimo  ,  o  sia  quello  delle  ultime 
noci  mezzo  guaste  \  e  imperfette  ,  che  serve  per  im- 
bottire ,  o  per  lavori  grossolani  ,  ducati  ^o  in  5o  il 
cantajo  .  In  oltre  si  avverta  ,  che  dalla  sola  Torre  si 
sono  estratti  nel  1809  cantaja  2,000  e  più  di  cotone 
netto  ;,  e  che  dagli  altri  Paesi  ricordati  sopra  ,  se  ne 
sono  estratti  cantaja  10,000,  e  ancor  più.  Nulla  dico 
della  quantità  ,  che  si  è  raccolta  e  nella  Cava  ,  e  nella 
pianura  di  Salerno  ,  e  in  Nola  ,  e  in  altri  luoghi  delle 
;  due  Provincie  ,  di  Napoli  cioè  ,  e  di  Terralavoro  .  la 
ultimo  giova  sapere ,  che  nella  Torre  i  |>rezzi  del  co- 
tone ,  da  anni  io  in  qua  ,  sono  stati  due.  60  ,  70  , 
80  ,  e  90  il  cantajo  5  e  solo  da  anni  3  fino  al  1809  , 
per  lo  concorso  de' comjjralori  francesi,  sono  arrivati 
a  ducati  i5o  ,  180  ,  e  fino  a  200  il  cantajo. 


(38) 

XIV.  E  alle  altre  Provincie  del  Eegno  facendo 
passaggio  ,  noteremo  ,  secondo  le  notizie  ,  che  abbiamo 
ricevute ,   le  spese  ,    e  il  guadagno  per   la  coltivazione 


della  bambagia. 


Nella  Basilicata  ali  Ionio. 

per  affitto  di  un  tomolo  di  terra     ....  02  oo 

per    4    arature 02  ^o 

per  isvellere  la  gramigna 00  60 

per    due  sarchiature  ,    e  per  cimare    la  pian- 
te    00  80 

per  corre  la  bambagia 01  20 

7  00 
Sì   hanno    tra    stagion    fertile    e    infertile 

rot.    25  di  cotone    netto  ,    che   venduto  cari. 

10  il  rotolo ,  sono 25     00 

Dalla  qual  somma  tolte  le  spese     7     00 

più    per    separarlo    dal  seme     ...     i     00  —  8     00 

restano  di  guadagno 17     00 

Si  noti ,  clie  nella  Basilicata  il  fitto  di  un  tomolo 
di  terra ,  non  irrigatoria  ,  secondo  i  luoghi ,  varia  di 
prezzo,  come  da  carlini  12.  fino  a  25. 

Ne'  paesi  poi ,  che  godono  del  beneficio  dell'  irri- 
gazione de' due  fiumi  Aciri ,  e  Siri  come  in  Tursi,  in 
Rotondella  ,  in  Montalbano  ,  in  S.  Arcangelo  ec.  le  spe- 
se per  un  tomolo  di  terra  ascendono  fino  a  ducati  20  ; 


(39) 
e '1  guadagno  netto  arriva  fino  a  ducati  5o  in  60,  giac- 
ché da  un  tomolo  di  terreno  irrigatorio  ,  che  si  dà  a 
fitto  due.  4  •>  si  hanno  fino  a  rot,  80  di  cotone  net- 
to .  E  diciamo  lo  stesso  delle  due  Provincie  di  Cala- 
bria ,  o  sia  di  que'  paesi ,  ne'  quali  evvi  coltivaraento 
siffatto ,  cioè  del  cotone  erbaceo  .  Non  posso  assicura- 
re con  certezza  la  quantità  di  bambagia  ,  che  si  rac- 
coglie ogni  anno  nelle  due  Calabrie,  e  nella  Basilica- 
ta. Solo  dico  con  qualche  verisimilitudine ,  che  in  2^ 
e  più  paesi  bambagiferi  della  Calabria  ultra  ,  si  raccol- 
gono canta ja  3, eoo  in  circa  di  cotone  :  in  quella  di 
Cosenza  ,  ove  ristretta  n'  è  la  coltura  ,  più  di  cantaja 
000  ,  e  nella  Basilicata  cantaja  12,000  in  circa  ,  che 
si  ricava  da'  Comuni  20 ,  e  ancor  più  . 

Nella  Provincia  di  Bari. 

Per  affitto  di  un  tomolo  di  terra  non  ir- 
rigatorio       5.   00 

Per  4-  arature  ,  e  per  tutte  le  altre  ope- 
razioni,  indicate  nel  n.  YIII 8.    20 

Si  raccolgono  tra  'I  più  ,  e  '1  meno  roto- 
la 3o  di  cotone  netto  ,   che  venduto  car.    io 

il    rot.  sono 3o.    00 

Dilla  qual  somma  tolti     .      .      .     5.    20 

Più  tolti 8.    20 

Più  per  separazione  dal  seme     .     2.   ^o-i5.    60 
Restano  di  guadagno     ......      14.   4° 


(4o) 

Questo  calcolo  si  dee  intendere  per  Io  cotone  er- 
baceo j  poiché  il  cotone  turchesco  ,  spezialmente  quel- 
lo a  color  isabella  ,  si  suole  vendere  un  carlino  ,  e 
ancora  due  più  il  rotolo . 

Dalle  Notizie  raccolte  dal  Sig.  Targioni  si  rileva, 
secondo  il  rapporto  di  quell'  Intendente  ,  che  nella  Pro- 
vincia di  Bari  si  raccolgono  cantaja  766  di  cotone  , 
proveniente  da  Comuni  ^1  ,  fra  i  quali  si  distinguono 
per  tal  coltivamento  que'  di  Canosa  ,  di  Rutigliano ,  di 
Corato  ,  di  Noja  ,  di  Barletta,  e  di  Bari.  Questo  cal- 
colo però  si  vuo'e  rettificare  .  Il  Prelato  di  Canosa  Mon- 
signor Forges  Davanzali  mi  assicurò,  che  anni  indie- 
tro entrarono  in  quel  Comune  circa  ducati  24,000  per 
cotone  venduto  .  Quindi  la  raccolta  della  bambagia  nel- 
la Terra  di  Bari  si  può  valutare  per  cantaja  12,000. 
Confesso  ,  che  oggi  per  lo  poco  commercio  di  mare  in 
tutte  le  Provincie  del  Regno  una  tal  coltivazione  sia 
diminuita  j  ma  per  lo  consumo  nazionale  ,  il  prodotto 
non  è  si  scarso  come  da  taluni  si  crede.  E  giova  sape- 
re ,  che  nella  Provincia  ,  di  cui  parliamo  ,  da  libre  6 
di  cotone  ordinario  lordo  ,  se  ne  cava  una  libbra  net- 
ta j  e  per  lo  contrario  bastano  per  ottenere  la  stessa 
quantità  d'  una  libbra  ,  libbre  3  di  cotone  a  color  isa- 
bella .  In  genere  il  colon  turchesco  sì  bianco  ,  che  co- 
lorato ha  più  lana  ,  e  meno  semenza  in  paragone  del- 
l' erbaceo  . 

La  coltura  della  bambagia  è  molto  estesa  nella 
Provincia  di  Le^^ce  .  Il  metodo  ,  secondo  il  Signor  Bi~ 
seglia.  ,  non  difllrijce  da  quello  della  Terra  di  Bari  . 


(40 

Non  essendovi  acqua  da  irrigare  ,  possiam  dire ,  eie  il 
prodotto  ,  o  sia  il  guadagno  è  lo  slesso  nelle  due  Pro- 
vincie lodate  .  La  quantità  però  della  raccolta  si  vuo- 
le dire  maggiore  nella  Terra  di  Otranto ,  e  che  si  può 
fere  ascendere  a  cantaja  1 6,000  ^  perciocché  in  essa  le 
manifatture  di  cotone  sono  moltissime,  e  varie,  come 
si  dirà  appresso  .  Sicché  unendo  insieme  tutte  le  som- 
me predette ,  che  noi  diciamo  di  approssimazione  , 
avremo . 

Dalla  Provincia  di  Napoli ,  e  dagli  altri 

luoghi  vicini  (8)  cantaja 12,000 

Dalla  Calabria  ultra    ........      8,000 

Dalla  Calabria  citra 3oo 

Dalla  Basilicata       .     , 12,000 

Dalla  Terra  di  Bari 12,000 

Dalla  Terra  di  Otranto 16,000 

In  tutto 6o,3oo 

XV.  E  venendo  alle  qualità  del  nostro  cotone,  io 
ho  osservato  i . ,  che  la  bambagia  de'  terreni  non  irri- 
gato rj  è  più  forte  di  quella  delle  terre  irrigue;  2.,  che 
una  tal  fortezza  si  scorge  anche  nel  cotone  erbaceo 
(  che  pur  meglio  riesce  ne'  lavori  )  in  confronto  del 
turchesco  sì  bianco ,  che  a  color  isabella  :  3.  ,  che  i 
terreni  a  base  arenosa  ,  come  nella  Calabria  ultra ,  dan- 
no cotone  debole  ,  e  non  molto  bianco  :  4-  >  che  ove 
domina  V  argilla  bianca ,  la  bambagia  prende  un  color 
cenericcio^  e  un  color  flavo,  ove  domina  l'argilla  ros- 
sa ,  come  avviene  nella  Basilicata ,  nella  Calabria  citra , 

6 


(40 

e  In  Salerno  :  5.,  clic  nelle  terre  a  base  calcarea,  co- 
me in  Bari ,  e  in  Lecce ,  il    coione  riesce    aspretto  al 
tatto  ,   e  '1  suo  colore  inclina  al  piombino  :   6.  finalmen- 
te ,  che    ne'  terreni ,  ove  la  cenere  vulcanica  .^  unita    a 
molto  terriccio  ,  non  manca ,  come    intorno  al    Vesu* 
vio ,  e  a  qualche  intervallo  da  esso  j  il    cotone  riesce 
bianco ,  leggiere ,  morbido  ,  e  di  giusta   consistenza  : 
esso  conservato  senza  il  seme  in  luogo  asciutto,  e  di- 
feso dalla  polvere  ,  acquista  dopo  un  anno  disposizio- 
ni tali  ,  ad  essere  impiegato  ne'  lavori  più  fini ,  e  gen- 
tili .  Ed    avvertiamo  in    questo  luogo ,   che  alla    poca 
bianchezza  della  bambagia  delle  nostre  Provincie  con- 
corre moltissimo  il  sistema  di  separarla  dal  seme  dopo 
molti  mesi ,  e  talora  dopo  qualche  anno  j  con  tenerla 
anche  ammonticchiata,  e  calcata  in  magazzini  alle  volte 
umidi ,  e  ben  spesso  sorditi. 

XVI.  In  quanto  alle  manifatture  nazionali  di  co- 
tone ,  nella  Terra  di  Otranto  si  nominano  con  lode  le 
felpe  ,    o  vellutini  di  Taranto  ,  le  calzette  di   Franca- 
villa  ,  le  coperte  da  letto  di  Nardo  ,  le  tele  ,  la  bian- 
cheria di  tavola  all'  uso  di  Fiandra ,  e  le  mossoìine  e 
larghe,  e  strette  di  Gallipoli,  di  Calatone,  di  Casarano, 
di  Parabita  ec.  E  se  quelle  mossoìine  >  che  pur  si  ven- 
dono carlini  3  il  palmo  ,  non  divenissero  crespe  (forse 
per  la  filatura  del  cotone  a  fuso  ) ,  sarebbero  di  pregio 
maggiore.  E  si  ricordano  anche  con  lode  le  ventinel- 
le  f  o  sia  il  filo  finissimo  di  Monopoli  ,    di   Taranto , 
e  di  molti  altri  paesi  ,    un    rotolo    del  quale  si  vende 
circa  ducati  io j  non  che  lo  scottino,  o  sìdi  Jiannina ^ 


(43) 

composta  di  bambagia ,  che  serve  dì  stame ,  e  di  lana 
gentile,  che  serve  di  trama,  di  Tricase ,  di  Galatina, 
di  Nardo ,  di  Galatone  ec.  In  detti    paesi    lodatissimi 
sono  altresì  i  guanti ,  le  calzette ,    e  le  tele ,    da    fare 
giubljoni  ,  che  si  lavorano  con  bambagia    unita    a'  peli 
di  lepre,  o  di  coniglio.  Nella  Terra  di  Bari  all' infuori 
del  filo  finissimo,  e  bianco  per  ricamo ,  che  viene  an- 
che in  Napoli,  con   vendersi    carlini    cinque    l'oncia  j 
non  abbiamo  lavori  di  bambagia  ,    che  sieno    ricercati 
almeno  dagli  altri  nazionali.  Le  varie  manifatture,  non 
escluse  le  stoffe  di  color  isabella  ,  servono  per  uso  dei 
provinciali  .    Un    tal  colore  poi ,    siccome  il  Canonico 
Giovene  ne  assicura  ^    non  solo  resiste  alla  lesciva  di 
cenere,  e  al  sapore j  ma  bensì  gli  alcali  lo  rendono  più 
forte  j  e  gli  acidi ,  benché  lo  dilavino  ,  pure  lo  fanna 
di  aspetto  migliore .  La  tinta  in  nero  regge  su  di  que- 
sta specie  di  cotone  meglio  assai  che  sopra  tutte  le  al- 
tre di  color  bianco .  In  Basilicata  si  reputa  la  Jiannina 
o  sia  scottino   (  eh'  è    composto  di  lana    gentile  ,  e  di 
cotone  ,    come  sopra  )  di  Ferrandina  ,    paese  in  cui  è 
nata  siniil  manifattura  ,  e  dal  quale  negli  anni   passati 
ne  sono  uscite  in  ciascun  anno  fino  a  canne    12,000  : 
la  tela  di  Pisticci,  e  di  S.  Arcangelo;  e'I  filo  sottile, 
come   la    ventinella ,  di  Tursi ,    di    Rotondella ,  e  di 
Colobraro  .    Le    matasse    colà   si  appellano    morselle . 
In  Tursi  si  lavorano  anche  delle  coperte  da  letto  ,  che 
possono  stare  a  fronte  a  quelle  di  Nardo.    Nella    Pro- 
vincia di  Cosenza   si    ricordano    con    qualche    lode  le 
fasce  pe'  bambini  ,   e  la  biancheria  da  tavola  ,   eh'  è 


(44) 

tutta  di  coloìie ,  della  Città  di  Cassano  ;  come  pure  k 
«ajetta  di  Castrovillari  ,    eh'  è  composta  di  lana  ,    e  di 
cotone  •,  e  in  quella  'dfella  Calabria  ulteriore  si  lodano  le 
coperte  da  letto  -di'  Paf^hèh'a  ,  di  Briatico  ,  e  di    Tro- 
pea .  Quindi  a  torto  il  Signor  Targioni ,  non  ben  in- 
terpetrando  l' articolo  dell'  Enciclopedia  Metodica  ,  at- 
tribuisce nelle  sue  Notizie  le  manifatture    delle    Cala- 
brie   alle    due  Provincie  di  Bari    cioè ,  e  di    Otranto . 
Egli  però  riferisce  una    lettera    de'  i6  di  Marzo    1808 
del  Signor  Mario  Amato  ,    con  la  quale  fa  sapere  di 
aver  egli  promosso    in  Catanzaro  la  fabbrica  delle  tele 
di  cotone  all'  uso  di  Malta  ,    con    diversi   concerti ,  e 
con  colori  differenti  .  Finalmente    sono  degne  di  tutta 
la  lode  le  manifatture  della  Città  della  Cava  ,    che  da 
tempo  antico  col  cotone  e  netto  ,  e  filato    di    tutte  le 
Provincie  bambagifere  del  Regno ,    ha    lavorato  ,  e  la- 
vora non    solo  biancheria  da  tavola ,    all'  uso  di  Fian- 
dra ,  che  si  comprava  fin  anche  dagl'  Inglesi  5    ma  an- 
cor tovaglie  da  asciugar  le  mani ,  e  la  faccia ,  doblet- 
ti ,  frustagni ,  nankini ,  nankinetti  ,  a  color  isabella  ri- 
gatini ,  trapunti  ,  e  cose  simili  .    In  molte  di  tali  ma- 
nifatture ha  luogo  anche  il  lino  .  Negli  anni  passati  si 
lavoravano  in  detta  Città  fino  a  cantaja  25,ooo  di  co- 
tone. Finalmente  per  opera  del  Sig.  Capano  si  è  intro- 
dotto in  Napoli  da  alcuni  anni  in  qua  un  filo  finissimo 
di  cotone ,  ottimo  e  per  ricamo ,  e  per  farne  calzette  a 
telajo  ,  le  quali  riescono  bellissime  •  Nella  Capitale  poi 
da  tempo  antico    si  fabbricano    le  tele  bambagine    for-» 
tissime  per  le  vele  tanto  ad  uso  delle  barche  piccole, 
che  delle  navi. 


(  45  ) 

to  confessò  che  tutte  le  nostre  manifatture  di  co- 
tone sono  ancora  nella  loro  infanzia  .  Presso  di  noi 
mancano  le  macchine  per  cardare,  e  per  filare.  L'arte 
del  tintore  non  ancora  si  è  perfezionata.  E  noi  speria- 
mo ,  che  distendendosi  nelle  Provincie  i  lumi  delle 
Scienze  naturali  ,  dirette  al  miglioramento  delle  arti  , 
e  de' mestieri  ,  possano  col  volgere  del  tempo  vedersi 
fra  noi  condotti  a  perfezione  le  mossoline  ,  che  si  av- 
vicinino a  quelle  di  Bengala,  e  i  inaìcali  e  i  malca- 
tini  ,  uguali  ,  ai  hasen  d'Inghilterra  ,  e  di  Francia  j  e 
i  vellutini  ,  non  dissimili  da  que'  di  Roven  ,  e  di  A- 
miens  ,  e  tutti  gli  altri  lavori  nostri  .  Le  nostre  tele 
bambagine  avrebbero  maggiore  spaccio  nella  Nazione  , 
se  coloro  ,  che  oggi  fanno  uso  di  camiciolette  di  lana 
a  corpo  nudo  ,  sì  nell'inverno,  che  nell'estate,  si  de- 
terminassero a  sostituire  quelle  di  cotone,  il  quale  as- 
sorbisce il  sudore  più  del  lino ,  e  della  canapa ,  e  tiene 
aperti  i  pori  della  pelle ,  che  pur  si  conserva,  asciutta  j 
con  frenare  le  calde  esalazioni,  che  noi  spiriamo.  I  più 
dilicati ,  potrebbero  avvalersi  delle  tele  bambagine  tessute 
a  metà  col  lino.  Tutti  gli  Orientali,  ed  ancora  gli  Euro- 
pei ,  stabiliti  nelle  Colonie  ,  per  biancheria  da  corpo  , 
non  adoperano  altro,  che  manifatture  di  cotone,  come 
i  nostri  provinciali  in  que'  luoghi  ,  ne' quali  una  tal 
pianta  si  coltiva.  Dagli  stracci  poi  di  bambagia  si  po- 
trebbe fabbricare  la  carta  ;  imitando  l' esempio  de'  po- 
poli dell'  Asia  ,  buona  per  scrivere  ,  jier  lo  disejiuo  , 
per  la  pittura,  per  la  stampa,  per  la  decorazione  de- 
gli appartamenti  ,   e  per  sostituirsi   ai  vetri  delle  fine- 


(  46  ) 

stre .  In  somma  Noi  abbiam  un  genere ,  che  difficilis- 
simamente si  può  coltivare  e  nel  restante  deli'  Italia  , 
e  ancor  nella  Francia ,  e  che  può  formare  buona  parte 
della  ricchezza  nazionale. 

XVII.  Ora  veniamo  al  commercio  del  cotone.  In 
tempo  che  la  navigazione  non  incontrava  ostacoli , 
quasi  tutta  la  bambagia  di  nove  paesi  della  Calabria 
ulteriore  (9)  verso  il  Mar  Ionio  ^  e  buona  parte  di 
quella  delle  due  Provincie  di  Bari,  e  di  Lecce,  si  tra- 
sportava in  Trieste .  Quella  poi  di  Basilicata  5  e  dei 
paesi  al  mare  opposto  della  stessa  Calabria ,  con  altra 
porzione  delle  due  Terre  di  Bari  ,  e  di  Otranto  veni- 
va in  Napoli,  e  nella  vicina  Città  della  Cava^  donde 
e  grezza ,  e  lavorata  si  distendeva  nelle  altre  Provincie 
del  Regno ,  e  per  tutta  l'Italia.  I  nostri  Scillitani ,  e  i 
Tropeani  commerciavano  con  Genova ,  con  Marsiglia , 
e  con  Livorno  ,  vendendo  da  per  tutto ,  e  filo,  e  cal- 
zette ,  e  berrettini ,  e  coperte  di  cotone  .  Quasi  tutta 
la  bambagia  poi  della  Provincia  di  Napoli ,  e  quella 
de' luoghi  vicini ,  da  alcuni  anni  in  qua,  vie n  traspor- 
tata per  terra  nella  Francia .  Il  prezzo  di  simìl  genere , 
superiore  a  quello  di  tutti  gli  altri  prodotti  del  campo, 
ha  determinato  moltissimi  a  una  tal  coltura .  Tutte  le 
nostre  terre  lungo  i  tre  mari  cioè  il  Ionio  ,  l'  Adriati- 
co,  e  il  Tirreno ,  fino  a  certa  distanza  da  essi ,  si  ve- 
dranno ben  presto  coverti  della  pianta  del  cotone  j  e 
noi  oltre  al  proprio  comodo  e  consumo  ,  e  a  quello 
di  tutta  l'Italia ,  saremo  nella  felice  circostanza  di  som- 
ministrare abbondantemente  cotone  e  bianco ,  e  a  color 


(47) 
isabella  alle  fatbrìclie  francesi  di  Roven  ,  di  Amìens  , 
di  Rubaix,  di  Caux,  di  Parigi  con  i  suoi  contorni,  di 
Coen ,  di  Alenzon  ,  di  Maine  ,  e  di  Bearu  .  Da'  quali 
paesi  poi  vengono  a  noi  le  inossoUIne,  e  calicut,  e  mol- 
lettoni ,  e  frustagni ,  e  fazzoletti  ,  e  l»asen  ,  e  piques  , 
e  trapunti  ,  e  crespogni  ,  e  nankin  ,  e  velluti  ec 

XVIII.  Per  separare  il  cotone  dal  seme  in  tutte 
le  nostre  Provincie  si  fa  uso  di  una  macchinetta  ,  o 
sia  molino  ,  chiamato  manganello  .  Essa  è  composta 
di  due  cilindri  ,  o  meglio  di  due  coni  troncati ,  posti 
orlz/ontalraente  Tuno  sopra  l'altro  in  mezzo  a  due 
pilastri  ,  e  ristretti  col  mez;4o  di  cunei  j  con  avere  in 
una  dell'estremità  a  destra  delle  viti  a  lumaca  ,  che 
si  addentano ,  e  che  son  messe  in  molo  da  un  manu- 
brio. Il  lavoratore  con  la  diritta  muove  in  giro  il  ma- 
nubrio ,  e  con  la  sinistra  mette  innanzi  a'  cilindri  il 
cotone  :  esso  passa  alla  parte  di  dietro  ,  e  in  quella 
di  avanti  restano  i  semi .  In  una  giornata  non  si  net- 
tano da  una  donna  o  da  un  giovanetto  ,  che  libbre 
«ette  in  otto  di  cotone .  Il  prezzo  della  fatica  consiste 
in  grani  3  a  libbra  ,  e  alle  volle  in  grani  3  e  mezzo . 
E  la  stessa  macchinetta  si  trova  in  tutto  il  Levante  . 
Niuno  finora  tra  di  noi  si  è  applicato  al  miglioramento 
^  di  strumento  siffatto. 

Nelle  Indie  occidentali  ,  e  nella  Spagna  questo 
molino  si  è  renduto  più  spedito ,  e  più  facile  j  pcrcioc~ 
che  esso  è  posto  in  moto  j<er  mezzo  di  una  calcola,  e 
il  lavorante  avendo  le  mani  libere ,  può  nettare  più 
cotone,  somministrandolo  meglio  in  l'accia  a'cihj.dii. 


(48) 

M.  de  Lasteyrie  nel  lodato  suo  libro  parla  di 
una  macchina  ,  di  cui  dà  la  figura ,  che  si  vuole  la 
più  pertetta  ,  giunta  finora  alla  nostra  conoscenza  :  col 
mezzo  di  essa  si  hanno  libb.  3o  in  5o  di  cotone  netto 
al  giorno.  Egli  ne  ha  tradotto  la  descrizione  dal  Te- 
desco ,  trovandosi  inserita  nel  Tomo  II.  delle  Nuove 
Memorie  dnlt Accademia  Reale  di  Svezia.  In  lireve, 
la  macchina  consiste  in  due  cilindri  del  diametro  di 
circa  un  pollice  ,  con  delle  scanalature  longitudinali  di 
linee  due  ,  situati  orizzontalmente  in  mezzo  a  un  qua- 
dro di  legno  ,  e  sostenuti  nella  lor  lunghezza  da  cin- 
que montanti  ,  con  le  biette ,  per  ravvicinarli  a  pia- 
cere :  nelle  loro  estremità  hanno  due  ruote  ,  del  dia- 
metro di  piedi  due  e  mezzo  ,  e  grosse  circa  un  polli- 
ce :  una  ruota  porta  al  suo  centro  1'  estremità  del  ci- 
lindro superiore ,  e  l' altra  quella  del  cilindro  inferiore  : 
all'  esterno  di  ciascuna  ruota  si  fissa  una  caviglia  ec- 
centrica ,  alla  quale  è  attaccata  una  corda  ,  che  va  a 
corrispondere  con  la  calcola.  Il  lavorante  seduto  innan- 
zi alla  macchina  ,  che  ha  tavola  ,  e  traverse  ,  mette 
in  azione  la  medesima  ,  con  dar  moto  contrario  alle 
ruote  con  le  due  mani ,  e  poi  continua ,  alzando  ,  e 
abbassando  il  piede ,  che  poggia  sulla  calcola ,  con  cui 
comunicano  le  traverse ,  all'  estremità  delle  quali  sono 
attaccate  le  due  corde  ,  che  discendono  dalle  ruote  . 
Se  il  cotone  è  ben  asciutto  ,  e  se  conserva  un  certo 
grado  di  calore  ,  si  ha  in  un  giorno  la  quantità  accen- 
nata di  bambagia  netta.  L'uomo  che  lavora,  mette  su 
la  tavola  il  cotone  ,  e  lo  somministra  ai  cilindri  :  i  se- 


(49  ) 
mi  cadono  fra  1*  apertura ,  eh'  è  all'  estremità  della  ta- 
vola ,  e  il  cotone  netto  cade  dal  Iato  opposto  in  un 
sacco  ,  o  in  una  cassa  ,  situata  orizzontalmente.  Alcu- 
ne volte  due  persone  sedute  insieme  lavorano  alla  mac- 
china medesima. 

Ora  nella  descritta  macchina  io  ho  ravvisato  i  di- 
fetti seguenti  : 

1.  Le  scanalature  ne' due  cilindri  moltiplicando  le 
superficie  ,  accrescono  anche  l'attrito  ,  e  la  resistenza. 
Oltre  a  che  ricevendo  esse  insiem  col  vello  de'  semi 
piccioli,  guasti,  e  imperfetti^  la  resistenza  divien  mag- 
giore. Nulla  dico  della  figura  cilindrica,  alla  quale  io 
preferisco  quella  de'  coni  troncati  ,  come  meglio  mo- 
strerò appresso  . 

2.  I  cinque  montanti  ,  che  servono  per  tenere  i 
cilindri  ravvicinati,  si  possono  empire  da'loro  lati  e  di 
cotone  ,  e  di  semi  schiacciati ,  e  in  tal  guisa  o  si  ri- 
tarda ,  o  si  estingue  il  moto  della  macchina . 

3.  Il  moto  opposto,  e  contrario  delle  due  ruote, 
e  le  ruote  stesse,  accrescendo  la  resistenza,  come  ognun 
può  di  leggieri  conoscere  ,  V  uomo  ,  che  siede  al  lavo- 
ro ,  non  può  per  lungo  tempo  proseguire  l'  opera  sua. 

4-  In  fine  ,  le  corde ,  che  da'  due  perni  eccentrici 
delle  ruote  discendono  fino  alla  calcola,  con  l'umidità 
si  contraggono  ,  e  con  il  secco  si  rallentano  :  il  che 
senza  dubbio  alcuno  dee  fare  perdere  molto  tempo  al 
lavorante. 

Io  mi  sono  studiato  di  fare  qualche  aggiunta  all' 
antico  nostro  manganello ,  con  ridurlo  in  modo ,  che  si 

7 


(5o) 

evitassero    tutti  i  difetti   accennati ,   e   che    nel   tempo 
stesso  con  una    giusta    potenza  si  nettasse    quantità  di 
cotone,  maggiore  dell'ordinario  .  E  primieramente  non 
mi  sono  opposto  all'  uso  de'  nostri  macchinisti ,  o  sieno 
falegnami  ,    tutto    che  ignoranti  e  rozzi  ,    i  quali  nella 
costruzione  di  tal  ordigno ,  hanno  sempre  formato  due 
cilindri  non  già ,  ma  due  coni  troncati ,  detti  da  essi  : 
fusi  a  coda  di  sorce.    La    sperienza,    sostenuta    dalla 
dimostrazione ,    fa  vedere ,    che  ì  secondi    nettano    nel 
tempo  dato  più  cotone  de'  primi  .    In  fatti  i  due    coni 
troncati  mangiano ,  per  dir  così ,  non  solo  di  fronte  , 
o  sia  per  linea  orizzontale  ,    ma   ancor  di  lato  ,    o  sia 
per  linea  obbliqua  .   Ognun  sa  in  meccanica ,  che  mol- 
tiplicandosi le  leve ,  si  rimuovono  più  presto  gli  osta- 
coli • 

In  oltre  nel  sito  del  manubrio  ho  messo  una  ruo- 
ta di  giusto  diametro  ,  con  fissare  a  qualche  distanza, 
dal  centro  di  essa  un  perno.  Nel  piano  poi  della  mac- 
china ho  adattato  la  calcola  sopra  di  un  cilindro,  so- 
stenuto da  due  montanti  nelle  sue  estremità  •  Final- 
mente col  mezzo  di  un'  assicella  mobile  ,  ho  unito  il 
perno  eccentrico  alla  calcola ,  con  aprire  un  occliio  nel- 
la parte  superiore  dell'  assicella  ,  da  ricevere  il  perno  • 
e  nell'  inferiore  alcuni  piccioli  buchi  ,  attaccandola  alla 
calcola  per  mezzo  di  una  funicella  .  Essendo  1'  assicel- 
la ben  secca,  non  si  altera  sensibilmente  con  i  cam- 
biamenti dell' atmosfera  5  ed  essendo  mobile,  la  poten- 
za ,  giusta  i  principi  meccanici ,  si  accresce  .  Ora  il 
lavorante  seduto  innanzi  al  manganello ^  preme  la  cai- 


I 


(5i) 

cola  ,  e  con  la  destra  dirige  nel  principio  11  moto  del- 
la ruota  :  le  sue  mani  sono  libere ,  e  può  con  esse 
somministrare  il  cotone  grezzo  a'  coni  troncati  :  la  ruo- 
ta muovendosi  con  moto  equabile  ^  l' uomo  può  in 
una  giornata  nettare  fino  a  libbre  28  ,  e  ancor  più  , 
di  bambagia  . 

Ecco  le  proporzioni  del  mio  manganello  perfe- 
zionato ,  siccome  si  può  osservare  nella  figura  • 

AA  sono  i  due  pilastri  di  legno  di  quercia  (  quer- 
cus  robur  )  ,  alti  palmi  3  e  mezzo  . 

BB  i  due  coni  troncati  di  legno  di  cerro  (  qiier- 
cus  cerris  ) ,  lunghi  palmi  2 ,  e  once  2  ;  e  di  diametro 
verso  alla  base  un'oncia,  e  minuti  3;  e  verso  all'al- 
tra estremità  un'  oncia  ,  e  un  minuto  . 

C  II  ponte  ,  che  sostiene  i  due  coni  troncati  . 

DD  sono  i  due  buchi ,  che  ricevendo  i  due  cu- 
nei ,  (  volg.  zeppe  )  ,  tengono  uniti  i  due    coni  . 

E  la  traversa  ,  che  tiene  ristretti  i  due  pilastri  . 

F  la  pianta  di  legno ,  su  di  cui  la  macchina  si  so- 
stiene. 

G  la  ruota  di  legno  di  noce  ,  il  cui  diametro  è 
di  palmi  2 ,  e  un'  oncia  j  e  la  grossezza  è  di  un'  oncia 
e  mezzo. 

H  il  terzo  pilastro  ,  che  serve  di  appoggio  all'  e- 
stremità  del  cono  inferiore  ,  acciocché  la  ruota  ,  per 
lo  cui  centro  il  medesimo  passa  ,  non  gravitasse  sopra 
lo  stesso  . 

I  l'assicella  di  legno  di  noce,  che  unisce,  restan- 
do  essa  mobile  j  il  perno  alla  calcola  • 


(52) 

RR  i  due  montanti ,  che  ricevono  il  fuso  immo- 
bile L ,  al  quale  è  unito  per  mezzo  di  ganglierelli 
(  volg.  scibhie  )  j  per  motiplicar  le  leve  ^  la  calcola 
mobile  M. 

Si  avverta ,  che  i  due  coni  troncati  si  possono 
costruire  anche  di  bosso  ,  eh'  è  un  legno  più  duro  di 
quanti  alberi  mai  crescano  in  Europa  .  Il  mio  mac- 
chinista mi  loda  il  legno  santo  :  esso  però  mal  sostiene 
r  azione  del  tornio  .  In  alcuni  luoghi  si  fa  uso  di  ci- 
lindri di  acciajo  ,  che  non  sono  soggetti  a  scheggiarsi, 
essendo  i  più  solidi  di  tutti  .  Neil'  Indie  Occidentali 
però,  a  cagion  dell'umido  eccessivo,  i  detti  cilindri, 
sovente  si  arruginiscono  . 

XIX.  Non  v'ha  produzione  del  regno  vegetabile, 
che  attragga  1'  umidità  più  prontamente  ,  e  in  maggior 
copia",  e  che  la  conservi  per  tempo  più  lungo,  quanto 
il  cotone.  Si  è  sperimentato ,  che  una  libbra  di  bamba- 
gia, asciutta  al  sole,  e  poi  messa  in  una  stanza  vicino 
a  qualche  vaso  di  acqua  j  essa  in  una  sola  notte  ha  ti- 
rato a  se  once  4  ^  mezzo  di  umidità ,  che  al  semplice 
tatto  né  pur  si  può  conoscere.  Di  più  io  ho  posto  in 
mezzo  a  una  botte  piena  di  quasi  libbre  loo  di  cotone 
netto  ,  un  vaso  di  creta ,  non  inverniciato  ,  che  con- 
teneva libbre  io  in  circa  di  acqua  :  e  dopo  ore  12  ho 
cavato  il  vaso  dal  seno  del  cotone ,  e  non  ho  trovato 
in  esso  né  pur  una  goccia  di  acqua.  Dalle  quali  sjpe- 
rienze  dobbiamo  inferire 

I.    Che  prima  di  sottoporre  il  cotone  al  manga- 
nello ,  bisogna  farlo  ben  seccare  o  al  sole  ,    o  vicino 


I 


(53) 

a'  carboni  ben  accesi ,  con  rivoltarlo  spesso.  Quanto 
più  il  cotone  sarà  caldo  ,  tanto  minor  fatica  soffrirà 
r  uomo  ,  che  siede  alla  macchina  ,  e  tanto  maggiore 
la  quantità  ,  che  avrassi  in  un  tempo  dato. 

2.  Che  il  cotone  netto  si  vuoi  serbare  o  entro  a 
casse  grandi  di  legno;"  o  entro  a  botti  inutili,  ma  ben 
monde;  o  entro  a  sacchi  di  tela  grossa ,  calcandolo  bea 
bene  j  e  sempre  in  magazzini  asciutti ,  e  con  le  finestre 
a  oriente  ,  o  pure  a  mezzogiorno.  Sarà  ancor  bene  che 
i  sacchi  ,  o  altri  vasi  sien  situati  sopra  le  tavole  ,  o 
almeno  sopra  la  paglia. 

3.  Finalmente  ,  che  comprando  cotone  netto  per 
non  incorrere  nelle  frodi  de'  vi^nditori  ,  ottima  cosa 
sarà  di  prenderne  una  libbra  a  pruova,  pesarla,  e  do- 
po metterla  o  al  sole  ,  o  vicino  al  fuoco  .  Se  dopo 
qualche  ora  di  rasciugamento  ,  il  peso  sarà  lo  stesso 
si  potrà  conchiudere  il  negozio:  altrimenti  la  cosa  es- 
sendo, il  compratore  regolerà  meglio  i  fatti  suoi. 


(8)  Siccome  si  rileva  dal  registro  delV  Ispezion 
^generale  de"  Coloni  del  Regno  dì  Napoli ,  dal  mese 
Idi  Ottobre  iHìi.  fino  a  tutto  Settembre  del  1812  , 
Vsono  usciti  fuori  di  Regno  cantaja  21,000  in  circa 
\di  bambagia  netta  di  seme ,  proveniente  dalla  Tor- 
re della  Nunziata  ,  e  da  altri  paesi  situati  intorno 

\al  Vesuvio. 

(9)  Tali  sono  S.  Severìna  ,  Montauro  ,  Monte- 
\  avene  ,  Satriano ,  Davoli ,  S.  Oste  ,  Isca  ,  Bado- 

\lato ,  e  Ceraci. 


(54) 

Sulla  cultura  dell  Agro  Brindisino  .  Memoria  ài 
Monsignor  Annibale  ve  Leo  ,  Arcivescovo  di 
•Brindisi,  Socio  Corrispondente  .  Presentata  nel- 
r  adunanza  del  dì  25  Aprile  i8ii. 


I.  Ir 


Imprendendo  io  a  ragionare  della  coltura  dell'Agro 
Brindisino  ,  cosi  de'  tempi  antichi ,  come  della  mezza- 
na,  e  dell'ultima  età  ,  prima  di  ogni  altra  cosa  vengo 
a  ricordare  un  principio  adottato  generalmente  da  tut- 
ti i  saggi  Politici  ,  ed  Economisti,  eh'  essendo  la  cul- 
tura della  terra  la  prima  sorgente  della     prosperità    di 
una  nazione  ,    a  misura  che  la  coltivazione  fa  de'pro- 
gressi  ,  crescono  colla  moltiplicità  de'  prodotti  della  ter- 
ra le  ricchezze  ,  ed  i  comodi  .  Ma  la  coltivazione  non 
può  eseguirsi  senza  le  braccia  j  ed  in  conseguenza  cre- 
scendo la  popolazione ,  con  reciproca  proporzione  cre- 
sce il  coltivaraento  ^  e  mancando    le    braccia  ,    manca 
ancor  la  coltura.  Se  io  dunque  ritrovo  una  Città  po- 
polata e  ricca  ,  che  alza  la  fronte  su  gli  altri  luoghi  a 
lei  adjacenti  ,  e  ne  diviene  per  così  dire  la    Capitale  : 
prescindendo  dalle  straordinarie  cagioni ,  io  posso    in- 
ferire ,  eh'  ella  è  abitata  da  un  popolo  coltivatore,  in- 
dustrioso ,  e    commerciante  :     dacché    altriraente    non 
potrebbe  somministrare  le  sussistenze  ai  suoi  numerosi 
abitanti  .  Il  commercio    non  può    sostenersi    senza    la 
coltivazione,  e  senza  dare  ali' estero  i  generi  superflui, 
e  riceverne  i  mancanti  . 


(55) 

II.  Or  se  la  Città  di  Brindisi  ne' tempi  antichissi- 
mi fu  popolata,  e  ricca-,  il  suo  territorio  dovea  essere 
ben  coltivato  .  Tal  opulenza  sin  dalla  sua  prima  età  la 
fece  mettere  nello  stato  di  aver  delle  forze  di  terra ,  e 
di  mare  ,  e  di  far  la  guerra  non  solo  a'  Popoli  limi- 
trofi ^  ma  ancora  di  difendersi  dalle  vicine  Potenze 
marittime  5  e  questa  a  parer  mio  è  la  più  chiara  pro- 
va dell'  antica  coltivazione  del  territorio  di  Brindisi. 

III.  Eraclide  Pontico  Scrittore  rammentato  da 
Laerzio  (i)  coetaneo  di  Platone  ,  e  di  Aristotele  (2) 
ha  lasciato  un  Trattato  de  Politiis  pubblicato  da  molti , 
ed  inserito  dal  Gronovio  nel  suo  Tesoro  delle  Anti- 
chità Greche  (3)  .  Costui  sotto  il  titolo  de'  Corciresi 
dice ,  che  questi  collegati  cogli  Appuli  facevan  la  guer- 
ra a'  Brindisini ,  ed  a'  Messapi ,  e  perchè  forse  andavan 
male  le  loro  faccende ,  chiamaron  l'ajuto  di  Diomede. 
Ecco  le  di  lui  parole  :  Corcyraei  Diomedis  opein 
implorarunt  .  .  .  Illis  praeterea  auxilio  venit  non 
exigua  classe  appellans  in  Japygiam  cantra  Briin- 
dusinoshelhmi  gerentem.  Parla  di  questa  guerra  x\n- 
tonino  Liberale  altro  Scrittor  Greco  nelle  sue  Meta- 
morfosi (4)  ,  ove  dice  ,  che  Diomede  dopo  la  guerra 
di  Troja  approdò  nella  Dannia  ,    e  fu  pregato    dal  Re 


(1)  Laert.  Lih.V.  infine. 

(2)  Fabr.  Bibl.Graec.  TJX.  Lib.F.  Gap. XXXI. 

(3)  Gronov.  Antii].  Graec.  T.  VI. 

(4)  Aaton.  Liber.  M^t.  cap.  37. 


(56) 
de'  Daunì  dì  ajutarlo  nella  guerra ,  che  avea  co'  Messa- 
pi  ,  offerendogli  in  matrimonio  la  figlia  con  una  parte 
del  suo  territorio  ^  ed  essendogli  riuscito  di  dare  ai 
nemici  una  disfatta,  ottenne  i  promessi  campi  ,  che 
divise  ai  Dorj  ,  che  avea  seco  condotti  . 

IV.  Io  non  cerco  testimonianze  tratte  dalle  favo- 
le, nelle  quali  il  grande  Omero  inviluppò  l'eccidio  di 
Troja .  Che  Diomede  sia  stato  in  questi  luoghi  ,  vi  è 
la  prova  incontrastabile  del  nome  da  lui  lasciato  alle 
Isole  Diomedee  celebrate  da  tutti  gli  antichi  Scrittori, 
e  che  oggi  son  dette  di  Tremiti  .  Anzi  io  porto  opi- 
nione ,  che  tutte  le  Greche  Colonie  stabilite  nella  Dau- 
nia ,  e  nella  Peucezia  avessero  avuto  l'origine  da'  com- 
pagni di  questo  Greco  Capitano  . 

V.  Passiamo  a'  tempi  posteriori  .  L'  agro  Brindisi- 
no era  ne'  primi  tempi  estesissimo  .  Ci  assicura  Stra- 
bene ,  eh'  essendo  la  Città  dominata  dai  Re  ,  perde 
molto  del  suo  territorio  toltole  dagli  Spartani  ,  che  vi 
vennero  con  Falanto  ,  e  eh'  essendo  stato  questo  Duce 
discacciato  da  Taranto  ,  fu  accolto  dai  Brindisini  ,  e 
dopo  morte  decorato  di  splendida  sepoltura  :  Postea 
temporis ,  Brundusium  ciim  Regem  haheret  ,  sono 
le  parole  di  Straboiie  (i)  ,  mulhi.m  ngri  ciniisit ,  aderri- 
ptiim  a  Spartanis ,  qui  eo  cum  Phalanto  venerante 
qiiem  tamen  pulsuin  Taranto  Brundusini  recepenint, 
mortiLwnque  splendida  sunt  dìgnati  sepultura  .  Non 


(i)  Strab.  Lib.  FI. 


(  5;  ) 
parla  qui  Strabene  delle  campagne  del  circondario  di 
Brindisi ,  ma  di  que'  campi  al  dominio  soggetti  della 
Repubblica  ,  e  de' Re  Brindisini,  che  aveano  moltis- 
sima estensione  j  dimodoché  l'illustre  Geografo  Cluve- 
rio  (i)  inferisce  dalle  citate  parole  di  Strabene  ,  che 
quando  giunse  Falanto  con  i  suoi  Spartani  in  questi 
siti ,  Brindisi  era  la  Capitale  di  tutta  la  Penisola  ;  Sed 
ex  Strabonis  praescriptis  verbis  colligitur ,  totius 
Messapiae  peninsulae  caput  fuisse  ,  et  Regiam  6'e- 
dem  Brundusium ,  quo  tempore  Phalantus  cum  suis 
Lacaedemoniis  eie. 

VI.  La  Città  di  Taranto  colla  Colonia  Partenia 
divenne  ancor  essa  opulente  e  ricca  ,  e  per  dilatare  i 
suoi  confini ,  continuò  con  varia  sorte  le  guerre  coi 
Messapi  ,  e  Brindisini  .  Sono  queste  rammentate  da 
Erodoto  (2)  ,  Aristotile  (5)  ,  e  Diodoro  di  Sicilia  . 
Ha  lasciato  scritto  quest'  ultimo  ,  che  governando  Me- 
none  la  Repubblica  Ateniese ,  sotto  i  Consoli  Emilio 
Man>erco,  e  C.  Cornelio  Lentulo  ,  i  Tarentini  confe- 
derati co'  Reggini  ebbero  una  rotta  da  un  Esercito  di 
ventimila  Messapi  (4)  ■  E  Plutarco  (5)  ,  Ateneo  (S)  e 


V  (i)  Ital.  Ani.  T.  II.  Lib.  IV.  cap.  i3. 

(2)  Herodot.  "Vii. 

(3)  De  Repub.  Lib.  V.  cap.  VI. 

(4)  Diod.  Sicul.  lib.  IV. 

(5)  Plutarch.  in,  Aegid.  et  Camil. 

(6)  Alhen.  Uh.  XII.  cap.  XVII. 

8 


(58) 

Pansania  (i)  rendono  testimonianza  di  un'altra  batta- 
glia de'  Messapi ,  e  Tarenlini  presso  Manduria  ,  nella 
quale  restò  ucciso  Archidamo  Duce  de'  Tarentini  . 
Ma  l'islesso  Pausania  poi  attesta,  che  i  Tarentini  di- 
votissimi  di  Apolline  più  volte  spedirono  de' magnifici 
doni  ,  eh'  egli  va  numerando  ,  al  Tempio  di  Delfo  per 
le    vittorie  riportate  sopra  de'  Messapi . 

VII.  Cosi  queste  due  Città  si  disputaron  tra  loro 
il  dominio  della  Penisola  .  Ma  i  Tarentini  da  Japigì 
divenuti  Greci  per  la  Colonia  Spartana  furon  rispettati 
dai  Greci  :  i  Brindisini  all'  incontro  coi  Messapi  rima- 
seso  sempre  esposti  alle  incursioni  de' Greci  .  Attesta 
r  Isterico  Giustino  abbreviatore  di  Trogo  (2)  ,  che 
Alessandro  Re  dell'  Epiro  venne  in  Italia  a  far  la  guer- 
ra a' Messapi  5  ma  avendo  conosciuto,  non  saprei  dir 
come ,  il  destino  della  Città  di  Brindisi ,  tece  la  pace, 
ed  amicizia  col  loro  Re  :  Alexander  cum  in  Italiani 
venisset  ,  primum  ibi  helliim  cum  Appulis  Jecit , 
quorum  cognito  Urbis  fato  ,  brevi  post  tempore  pa- 
cein ,  et  amicitiam  cum  Rege  eorum  fecit  .  Erat 
namque  tunc  temporis  Urbs  Appulis  Brundusium . 
Qui  sotto  il  nome  di  Appuli  credo  bene  ,  che  voglia- 
no intendersi  i  Messapi ,  non  avendo  mai  Brindisi  este- 
so il  suo  dominio  fuori  della  Penisola  . 


Ci)  Pausan.  in  Lacan. 
(2)  Justin.  Uh.  XIL 


(59) 

Vili.  Queste  furono  le  vicende  di  Brindisi  sia 
che  cadde  in  poter  de'  Romani  .  Dopo  che  questi  eb- 
bero soggiogati  i  Tarentini ,  per  divenir  padroni  di  tut- 
ta r  Italia  ,  altro  lor  non  restava  che  di  occupare  l'in- 
tiera Regione  de' Salentini  ,  e  de'Messapi  .  Fu  portata 
loro  la  guerra  nell'anno  486  di  Roma  dai  Consoli  At- 
tilio Regolo  ,  e  L.  Libo  ne  ,  che  nella  prima  campa- 
gna ottennero  1'  onor  del  trionfo  .  E  nel  seguente  an- 
no 487  fu  conquistato  tutto  il  Paese  dai  Consoli  Fa- 
bio Pittore  ,  e  Giunio  Pera  ,  che  parimente  trionfaro- 
no, come  le  Tavole  Capitoline  pul^blicate  dal  Sigo- 
nio  (i)  ,  dal  Panvinio  (2)  e  dal  Gruteio  ci  assicura- 
no (3) . 

IX.  Se  non  fossero  periti  i  Libri  di  Livio  ,  ove 
una  tal  guerra  era  descritta  ,  potremmo  saperne  i  più 
minuti  dettagli ,  come  ci  sono  stati  tramandati  di  tutti 
gli  avvenimenti  della  guerra  de'  Tarentini ,  e  di  Pirro. 
Ma  noi  altro  non  sappiamo  ,  se  non  ciò  ,  che  ha  la- 
sciato scritto  r  abbreviatore  di  Livio  ,  e  L.  Floro  . 
Sappiam  da  quest'  ultimo ,  che  la  Capitale  de'  Salenti- 
ni era  Brindisi  (4)  :  Salentini  Picentibus  additi ,  ca- 
piitque    Regionis   Brundiisium   cum    inclito  Porta  . 

(i)  Sigon.  in  Fast.pag-.iiJ^.  et  de  Jiire  Ital.lib.I. 
Cap.  XII. 

(2)  Panvin.  in  append.  ad  Fast.  p.  26. 

(3)  Grut.  p.  CCXCFI. 

(4)  Fior.  lib.  XX.  Liv.  Epitom.  lib.  XIX. 


(  6o  ) 
'Sulle  qxiali  parole  ecco  ciò  ,  che  ha  scrìtto  Paolo  Me- 
rola  nella  sua  Cosmografia  (i)  :  Bnmdusium  ,  scri- 
hente  Floi'o ,  tantis  opibiis ,  tantaque  potentia  .  .  . 
ut  Salentinorinn  hahita  fiierit  caput ,  et  frequenta- 
ta ab  Asiaticis ,  Graecisque  populis  .  Né  da  que- 
sti discordano  Eutropio  (2),  e  Giornande  (5),  Scrit- 
tori del  V.  e  VI.  Secolo  :  Salentinis  in  Apu Ha,  scrìs- 
se Eutropio  ,  heìlum  inditum  est ,  captique  sunt  cuin 
Civitate  simul  Brundusini  ,  atque  de  fiis  iterum 
trhiinphatum  est  . 

X.  Non  poteva  Brindisi  né  esser  Capo  di  una 
Regione ,  né  sostener  guerre  con  potenti  vicini  ,  né 
obbligare  i  Romani  a  due  campagne  ,  se  non  era  una 
Città  popolata  e  ricca  ,  e  '1  territorio  nello  stato  di 
una  florida  coltivazione  .  I  Romani  fecer  la  guerra  ai 
Salentini ,  dice  Dione  ,  col  pretesto  ,  che  avessero  ri- 
cevuto Pirro  ne'  loro  Porti  ,  ed  infestato  i  loro  Socj, 
ma  in  realtà  per  occupare  Brindisi  a  cagione  della  co«- 
modità  del  suo  Porto,  ond'era  facile  il  passaggio  nel- 
r  Illirico  ,  e  nella  Grecia  :  Arma  Calahriae  intule- 
rnnt  praetcxtu  qiiidem  quod  recepissent  Pyrrhum  -y 
et  socios  infestassent  ,  revei'a  tamen  ,  quod  Brun- 
dusium  propter  commoditatem  ,  facilemque  in  Ilfy- 
ricum  ,    et    Jlelladem   trajectum   snbigere  intende^ 


(i)  Merul.   Cosmograp.  p.iì.  Uh .IJ^.cap .XXXII- 
(2)  Eutrop.  lib.  IL 
(-3)  Lib.I. 


(6i  ) 

ì>ant  (i)  :  e  Zonara  ancora  scrisse  (2):  Romani,  riti 
Bnindusio  potirentur  propter  portuum  ' commodi la- 
tem  ,  facilemque  in  Illjricum  ,  et  Graeciam  trnj'e- 
Ctum  5  codem  enim  vento  spirante  ,  et  solvere  ex 
portu ,  et  in  eundcin  appellere  licet  . 

XI.  Ma  si  deve  perdonare,  la  noja  ,  ch'io  reco 
con  produrre  le  proprie  parole  degli  antichi  per*  non 
lasciar  dubbio  ,  eh'  io  voglia  imporre  ,  tratto  dall'  im- 
pegno d' ingrandire  le  cose  proprie  .  Ma  la  grandezza 
di  Brindisi  antica  deve  ripetersi  dall'  epoca  ,  in  cui 
cadde  in  poter  de'  Romani  .  Città  non  ci  è  stata  iu 
tutta  r  Italia  più  celebre  di  essa  nella  Storia  Romana. 
Vi  fu  dedotta  ,  come  assicura  Patercolo  (3),  nell'an- 
no 5og  una  floridissima  Colonia  ,  il  di  cui  ingresso 
accadde  nel  quinto  giorno  del  mese  Sestile  ,  che  fu 
celebrato  in  ogni  anno  con  istraordinaria  allegrezza  y 
come  attesta  Cicerone  in  una  Lettera  ad  Attico  (4)  j 
e  neir  Orazione  prò  Piando  ,  perchè  egli  vi  si  trovò 
presente  ,  e  ricolmò  di  magnifiche  lodi  i  Cittadini  di 
Brindisi  .  Agli  antichi  abitanti  fu  ancora  accordato 
r  onore  del  Municipio  ,  e  fu  permesso  di  vivere  se- 
condo le  proprie  leggi  ,  e  di  continuare  a  battere  le 
proprie  monete  .  E  di  qui  è  ,  che  le  antiche  Iscrizio- 


(i)  Dio.  lib.Xf. 

(2)  Zonar.  lib.  XI. 

(3)  Patere.  Uh.  I. 

C4)  Ep.  I.  lib.  IF.adAttic.  et  in  Orat.pro  Piane, 


(62) 

ni  Brindisine  ci  offrono  il  nome  del  Senato  e  della 
Repubblica  Brindisina  ,  de'  Municipi  ,  de'  Decurioni  , 
dell'  Ordine  Equestre  ,  e  Popolare  ,  de'  Censori ,  degli 
Auguri,  e  degli  Edili  ,  e  di  tanti  altri  titoli  ,  che  il 
dritto  Municipale  assicurano . 

XII.  La  Colonia 'Brindisina  con  i  Messapi,  e  Ja- 
pigi  tenne  apparecchiati  60,000  fanti  ,  e  iS.ooo  ca- 
valli per  difesa  della  Repubblica  contro  i  Galii  Seno- 
ni  ,  come  assicura  il  grave  Storico  Polibio  (i);  e  nel- 
la seconda  Guerra  Punica  ,  allorché  Roma  vi.de  im- 
minente la  sua  rovina,  Brindisi  non  solo  si  mantenne 
nella  sua  fede  ,  e  fece  restar  deluse  le  speranze  di  An- 
nibale di  occuparla  per  tradimento  ,  ma  poderosi  soc- 
corsi prestò  a'  Romani  contro  di  lui  ,  onde  cantò  Si-. 
lio  Italico  (2)  : 

Additar  his  Calaher  S olenti naeqiie  Cohortes  , 
Necnon  JBrundusiuin  ,  quo  desinit  Itala  tellus  ^ 
Parehat  Legio  ,  audaci  praemissa  Cethego  , 
E  fu  ella  una  delle  diciotto  Colonie ,  delle  quali  Li- 
vio (3)  ha  registrato  il  glorioso  nome ,  che  pronte  si 
offerirono  in  quella  guerra  di  sostener  la  Repubblica  , 
ed  alle  quali  dal  Senato  ,  e  dal  Popolo  Romano  fu-, 
ron  decretati  pubblici  ringraziamenti . 


(i)  Lib.  II.  cap.  XVI. 

(2)  Sii.  Ital.  Uh.  mi. 

(3)  Liv.  Uh.  XXII.  cap.  io. 


f 


(63) 

XIII.  Stal)ilita  in  Brindisi  la  Colonia  ,  che  fu  la 
prima  spedita  in  questa  nostra  Regione  ,  cominciarono 
a  pensare  i  Romani  alle  conquiste  d'oltre  mare,  pro- 
fittando dell'opportunità  del  Porto  ^  e  per  rendere  più 
facile  il  tragitto  da  Roma  a  Brindisi  ,  fu  formata  la 
celebre  Via  Appia  chiamata  da  Stazio  la  Regina  di 
tutte  le  strade  : 

Appia  longnrnm  terìtiir  Regina  viariim  . 
Allora  fu  che  cominciarono  a  venire  in  Brindisi  i  Ro- 
mani Eserciti  ,  e  divenne  questa  Città  la  scala  ,  e  l'em- 
porio di  Roma  .  Sarebbe  cosa  lunga  il  narrare  distin- 
tamente tutte  le  spedizioni  fatte  da  questo  Porto  del- 
le truppe  Romane  ,  ed  il  loro  ritorno  dopo  i  gloriosi 
fatti  d'arme,  del  che  può  vedersi  Livio  in  più  luo- 
ghi (i)  .  In  questa  Città  erano  i  quartieri  de' Soldati, 
qui  r  Arsenale  per  la  costruzione  delle  triremi  ,  qui  le 
armerie,  qui  i  magazzini  de' viveri  .  L'Iscrizione  di 
L.  Aurelio  Epafrodito  pubblicata  dal  Pratillo  nella  sua 
Via  Appia  (2)  r  appella  Custos  alimoniae  ,  et  di- 
Strihutor  armorum  exercitus  asiatici  .  Qui  la  fre- 
quenza di  tanti  Uomini  illustri  ,  tra'  quali  basta  no- 
minare il  Padre  della  Latina  Eloquenza  ,  ed  i  due 
Principi  pur  de'  Poeti  Latini  Orazio  ,  e  Virgilio  .  Qui 


(i)  Lib.   XXXT.  XXXII.   XXXVI.  XXXFIL 
XXXXLI.  XXXXHII. 

(2)  Prat.  FiaApp.Ub.JJJ.   cap.  FU. 


(H) 

tanti  Consoli,  Imperatori  ,  e  Generali  di  Armate,  tra 
quali  il  Dittatore  Siila  dopo  la  Guerra  Mitridatica  , 
che  approdò  in  questo  Pòrto  con  milleseicento  navi 
al  dir  di  Appiano  Alessandrino  (i)  ,  ed  ai  Brindisini 
accordò  l'immunità  da  ogni  tributo  ,  che  per  lungo 
tempo  mantennero  .  Di  qui  ebber  principio  tutte  le 
conquiste  dell'  Oriente  ,  e  questa  Città  fu  il  primo  tea- 
tro delle  guerre  Civili  (2)  ,  ove  Pompeo  fu  assediato 
da  Cesare  ,  la  Città  dovea  essere  ben  fortificata  ,  co- 
me oltre  Plutarco   (5)  avvisa  il  Poeta  Lucano  (4)  : 

Brundusii  tutas  canscendit  magiius  in  arcete  ^ 
altrimenti  come  poteva  nelle  stesse  guerre  Civili  ,  se- 
guendo il  partito  di  Ottavio  ,  chiuder  le  porte  al 
Triumviro  M.  Antonio  ,  che  vi  mise  l' assedio  ,  ed 
obbligò  a  venire  in  di  lei  soccorso  da  Roma  l' istesso 
Ottavio  con  numeroso  Esercito?  Ma  fu  composta  ogni 
briga  colla  pace  detta  da  Tacito  (5)  Brindisina  ,  pro- 
curata da  Mecenate  ,  e  da  Coccejo  Nerva  ,  co'  quali 
si  accompagnò  il  Poeta  Orazio  ,  che  ne  descrisse  il 
viaggio  nella  Satira  quinta  del  primo  Libro  ,  Insorti 
poi  nuovi  disturbi  tra'  medesimi  ,    questa  Città  ricusò 


(i)  App.  de  B.  C.  lib.  I. 

(2)  Caes.  de  B.  C.  Uh.  I.  C25. 

(3;  Plut.  inPomp. 

(4)  Lib.  II. 

(5)  A  linai,  lib.  I. 


(65) 

per  la  seconda   volta    di   ricevere   lo    stesso  Antonio  , 
che  dovè  ritirarsi  in  Taranto  . 

XIV.    Io  ho  dato    un  prospetto  benché   prolisso, 
ma  nondimeno  ìm{)rrfetto  di  Brindisi  antica    per    for- 
marne   un    argomeniu    d'induzione    sulla    coltivazione 
del  suo  territorio  .  Se    questa  Città  era  popolata  ,  e  ric- 
ca le  sue    campagne  non  doveano  restare  incolle  .     U 
suo  recinto,  io  son  d' opnione,  che  dovea  raccogliere 
più  di  cento  mila  abitanti  ,   Non  è  credibile  ,    che  uà 
gran  Popolo  potesse  sostentisi  ,    senza    la    coltura  dei 
campi  ,  o  che  dovesse    ricevere   la    sussistenza    unica-» 
mente  dall'  estero  ,    o  che  dovessero  essere  così  stupi-. 
di  i  Brindisini ,  ed  i  Romani  ,    che    trascurassero    di 
mettere  a  profitto  e  le  loro  braccia ,    ed  un  territorio 
per  se  stesso  fertilissimo.  i    ou  i.^i  i.ui 

.  XV.  JNon  si  creda  di  grazia  ,  che  io  parli  in  aria: 
eccomi  pronto  a  produrre  le  testimonianze  di  gravi 
Scrittori  antichi  riguardo  alla  nostra  coltivazione  ,  ed 
a'  nostri  prodotti  .  Incomincio  da  Strabone  ,  quell'esat- 
to e  giudizioso  geografo  ,  che  fiorì  a' tempi  ■  di  Tibe- 
rio .  Egli  assicura ,  che  l' Agro  Brindisino  era  migliore 
del  Tarentino  ,  perchè  era  meno  gleboso  ,  e  produce- 
va degli  eccellenti  frutti  5  ma  che  sopra  tutto  si  loda- 
va il  suo  mele ,  e  la  sua  lana  (i)  .  Ager  Brundusi- 
norum  est  qùam  Tarehtinorum  melior ,  ut  enim  mi- 
nus  glebosus  est ,  ita  fructus  cantra  bonos  proferì  . 


(1)  Strab.  Uh.  FI. 


a  66) 

Mei  quidem  et  lana  ejtis  cinn  primis  laudantur  . 
Or  può  dubitarsi  della  coltura  dell'Agro  Brindisino  al 
tempi  di  Strabene  ?  Queste  campagne  non  solo  erano 
coltivate  per  ritrarne  i  frutti  della  terra  ,  ma  vi  resta- 
va ancor  luogo  per  i  pascoli  ,  dacché  Strabene  com- 
menda le  sue  lane ,  e  per  aver  delle  lane  doveano  es- 
serci delle  greggie  di  pecore  ,  le  quali  sono  ancor  utili 
a  fertilizzare  i  campi  col  loro  concime  .  E  quindi  è  , 
che  dopo  di  avere  i  Romani  soggiogata  Brindisi  coi 
Salentini ,  al  dir  di  Floro  (i)  fu  innalzato  in  Roma 
un  Tempio  a  Pale  Dea  de'  pastori  5  chiaro  indizio  , 
che  in  questi  luoghi  fioriva  ancora  la  Pastorizia  . 

XVL  Ma  passiamo  innanzi  .  Assicura  Frontino 
nel  suo  bel  Libro  de  Coloniis  (2)  ,  che  il  territorio 
Brindisino  non  era  tutto  eguale  nella  fertilità  ,  lo  che 
si  osserva  a  colpo  d' occhio  anche  oggidì ,  e  che  quan- 
do per  ordine  dell'  Imperador  Vespasiano  furon  fatte 
le  misure ,  e  raccolta  la  somma  de'  jugeri  ,  le  campa- 
gne di  Brindisi  furon  divise  giusta  la  perizia  fatta  sul- 
la loro  ubertà  :  Quando  terminavimus  Provinciant 
Apuliam ,  et  Calabriam  secundum  constitutionem  , 
et  legem  Divi  J^espasiani ,  variis  in  locis  mensurae 
actae  sunt  ,    et  jugerationis   modus   collectus  est , 


(i)  Fior.  lib.  XX.  In  hoc  certamine  victoriae 
pretium  Templum  sibi  Victoria  Pales  ultro  popò- 
sci  t  . 

(2)  Front,  tii.de  Civ.  Prov.  Calahr. 


(67  ) 
Brundusinus  ager  prò  aestimio  uhertatis  est  dwisiis, 
caetera  in  saltibus  sunt  assìgnata  . 

XVII.  Eran  dunque  coltivate   le  nostre    campa- 
gne ,  e  non  solo  producevano  del  frumento  ,    ma  an- 
cora del  vino ,  e  dell'  olio ,  e  questi    generi  servivano 
per  la  propria  sussistenza  ,  e  per  darne  fuori  ,  ed  im- 
barcarsi .  Il  dotto  Varrone  nella  sua  beli'  Opera  de  Re 
Rustica  (i)    parla  degli  asini  da  soma  ,  eh'  egli  chia- 
ma dossuarii  ,  che  trasportavano    al    mare    dall'  Agro 
Brindisino  e  dalla  Puglia  il  grano  ,  l'  olio  ,    il    vino  , 
ed  altri  generi  :   Grcges  Jiunt  fere  Mercatorum  ,    ut 
eorum ,  qui  a  Brundusino  agro  ,   aut  Apulia  asel- 
lis  dossuariis  comportarli  ad  mare  oleum. ,    aut  vi- 
tium  ,  itemque  fruinentum-  ,  aut  quid  aliud  . 

XVIII.  Varrone  istesso  parla  delle  viti  dell'Agro 
Brindisino,  che  al  sno  tempo  si  sosteneano  colle  funi- 
celle .  Plinio  ancora  attesta  ,  che  in  questo  territorio 
le  viti  si  univan  tra  loro  o  con  le  pertiche  ,  o  con 
funicelle,  o  con  crini  al  pari  di  quelle  di  Spagna (2): 
Juguni  jit  pertica  ,  crine  ,  funiculoque  ,  ut  in  Hi- 
spania ,  Brundusioque  •  Questo  sostegno  delle  viti  si 
eseguiva  con  molta  accortezza ,  poiché  essendo  il  ter- 
ritorio palustre  j  i  tralci  specialmente  delle  viti  giova- 
ni difficilmente  si  sostenevano  senza  toccar  la  terra  di 
sua  natura  uraidu  ,  e  che  percossa  dal   sole  rovinava  i 


(i)  Varr.  de  R.  R.  lib.  I.  cap.  FUI. 
(2)  Plin.  H.N.lib.XFILc,  io3. 


(68) 
gdajipoli  ,  che  sii  di  essa  posavano  .    Il    Rendella    (i) 
ripoila    un    Distico    del  celelirè    Giureconsulto    Giulio 
Claro  sulle  viti  ,  e  vini  di  Brindisi  : 
-f-   Molle  caput  Cervi  mndidis  tibi  mittit  ah  agì'is 

Quale  jugata  olim  vitihus  uva  dahat  . 
De'  vini ,  che  si  estraevano  da  Brindisi  vi  è  un  bel 
pez;zo  del  Giureconsulto  Pomponio  nella  Legge  Ratio  3 
•  de  act.  empi,  et  vend.  nella  quale  risponde ,  che  nel- 
la vendita  di  t]iTesto  genere  non  deve  riguardarsi  il 
luogo  del  contratto  ,  ma  il  luogo  ,  ove  si  fa  la  conse- 
gna :  Item  non  oportet  ,  ejus  loci  prcetia  spectare 
in  quo  agatur  ,  sed  ejus  ,  in  quo  vina  tradi  opor- 
tet.  Nam  quod  a  Brundusio  vinum  venit  ^  etsi  ven- 
ditio  alibi  facta  sit  ,  Brundusii  tradi  oportet . 

XIX.  La  coltivazione  adunque  di  questi  territorj 
produceva  de'  frutti  in  tanta  abbondanza  ,    che    servi- 
vano a  sostenere  un  commercio   coli'  estero  ,  rammen- 
tato in  varie  Leggi  Romane  .  Ma  a  me  piace    di  pro- 
durre   un    bel    passo  del  Giureconsulto    Scevola    nella 
Legge  qui  Romce   121.  de  verhor.  obligat.   ove  si  par- 
la della  pecunia  nautica  coli'  ipoteca  delle  merci  ,  che 
da  Berito  si  doveano  portare  a  Brindisi  ,     e  di  quelle 
che  da  Brindisi  si  doveano  trasportare  a  Berito:  Cai- 
liinachus    mutuam    pecuniam    nauticam    accepit  a 
Sticho   servo    Seii   in    Provincif^    Syrice    usque    ad 
Brentesiuin  j  idque  creditum  esse  in  omnes   navigii 


(1)  Rendella  de  Kend. 


i 


(  69  ) 

dies  ducentos  sub  pignoribus  et  hypothecis ,  merci- 
bus  a  Berito  comparads  ,  et  Brentesium  perjeren- 
dis  ,  et  quas  Brentesio  empturus  csset  ,  et  per  na- 
verri  Berito  invecturus  . 

XX,  Lunga  cosa  sarebbe  il  divagarmi  sul  com- 
mercio di  Brindisi  antica  ,  la  quale  benché  occupata 
da'  Padroni  del  Mondo ,  non  avea  un  commercio  sem- 
plicemente passivo  ,  ma  dava  fuori  i  proprj  prodotti , 
come  abbiam  veduto  dall'accennata  Legge  di  Scevola, 
e  riceveva  dall'  estero  il  bisognevole  .  Io  ho  presso  di 
me  una  bell'urna  Cineraria  di  un  tal  Negoziante  del- 
la  Bitinla  ,  che  mi  piace  di  riportare  : 

C  .  HOSTILIVS 

HYPATVS 

BITHYNVS 

NEGOTIATOR 

V  .  A  .  XXX  mi 

XXI.  Aveano  ancora  gli  antichi  Brindisini  le  loro 
Case  di  campagna  ,  che  servir  potevano  non  solo  di 
sollievo  ,  ma  ben  anche  per  vegliare  alla  coltura  dei 
loro  terreni  .  Tal  era  la  Casa  di  M.  Lenio  Fiacco 
brindisino  dottissimo  situata  ne'  suoi  Orti  non  molto 
distanti  dalla  Città  ,  e  nella  quale  fu  da  lui,  e  dal  vec- 
chio suo  padre ,  e  dagli  ottimi  figli  a  fronte  di  qua- 
lunque pericolo  cordialmente  accolto  il  gran  Tullio 
profugo  dair  Italia  per  la  Legge  Clodia  ,  ed  interdetto 
dell'  acqua  ,  e  del  fuoco  .  E  da'  medesimi  fu  ancor  ri- 
cevuto nel  suo  glorioso  ritorno  ,  come    con  sentimenti 


-  (70) 

della  riconoscenza  più  viva  egli  medesimo  assicura  nel- 
le sue  Orazioni  (i)  ,  e  nelle  sue  Lettere  (2)  . 

XXII.  Ma  basti  quanto  ho  detto  sullo  stato  flo- 
rido della  Città  di  Brindisi  ,  e  della  sua  coltivazione  , 
e  del  suo  commercio  .  Tempo  è  oramai  ,  che  io  di- 
scenda alla  mezzana  età  ,  e  che  io  sviluppi  com'  ella 
andò  decadendo  dal  suo  antico  lustro  e  splendore  ,  e 
le  sue  campagne  rimasero  desolate  ed  incolte.  Due  po- 
tentissime cagioni  io  ritrovo  della  nostra  desolazione  e 
rovina.  La  prima  fu  la  divisione  dell'Imperio  di  Orien- 
te da  quello  di  Occidente  .  La  seconda  le  incursioni , 
le  devastazioni,  e  gì' incendj  de' Barbari. 

XXIII.  Dappoiché  fu  diviso  1'  Imperio  ,  e  Roma 
cessò  di  esserne  1'  unica  Capitale  ed  il  centro  ,  cessò 
quel  gran  commercio  ,  che  quivi  era  stato  per  Tiunan- 
zi  dell'Italia  coli'  Oriente  .  Non  più  qui  si  radunaron 
le  truppe  per  le  spedizioni  ,  non  più  in  questo  porto 
si  uniron  le  armate  di  mare  ,  non  più  qui  rimasero  i 
quartieri  de'  Soldati ,  gli  Arsenali ,  ed  i  Magazzini  dei 
viveri  j  e  Brindisi ,  che  sin'  allora  era  stata  come  l'em- 
porio e  la  scala  dell'  Imperio  di  Roma  per  1'  Oriente  , 
si  ridusse  ad  esserne  un  confine  senza  comunicazione. 
Con  tutto  ciò  si  mantenne  qualche  tempo  in  uno  sta- 
to di  floridezza.  Gli  Atti  del  Martire  S-  Pelino,    che 


(i)  Pro  Piane,  n.  40.  et  ^i.  Pro  Sext.  n.  63. 
(2)  AdAuic.  III.  3.  Fami/iar.  XI J^.  4- 


(7^  ) 
fu  Vescovo  di  questa  Chiesa  a'  tempi  di  Giuliano  Apo- 
stata ,  assicurano  che  alla  njetà  del  IV.  Secolo  era  mol- 
to ampia,  fortificata,  e  ricca  (i)  .  Ma  a'tempi  di  Giu- 
stiniano, vale  a  dire  poco  dopo  un  secolo  ,  Procopio 
ce  la  descrive  mezza  distrutta  ,  e  priva  di  muraglie(2). 
XXIV.  Per  ben  sei  volte  ella  sostenne  le  deva- 
stazioni de'  Goti ,  e  de'  Greci  ,  che  a  vicenda  se  ne 
rendettero  padroni  .  Cadde  in  poter  de'  Goti  sotto  il 
Regno  di  Teodorico  j  ma  Bellisario  la  prima  volta  che 
venne  in  Italia  ,  la  restituì  all'  Imperio  senza  contrasto 
alcuno  .  Dopo  otto  anni  ritornò  di  bel  nuovo  sotto  il 
dominio  de'  Goti ,  ed  è  credibile  ,  che  allora  fossero 
state  diroccate  le  sue  fortificazioni .  Giustiniano  la  ri- 
cuperò per  opera  di  Giovanni  suo  Generale  j  ma  Te- 
lila avendo  conquistato  molte  Provincie  ,  fece  entrar* 
in  Brindisi  per  la  terza  volta  i  Goti  ,  che  vi  si  man- 
tennero contro  le  irruzioni  degli  Eruli  mandati  da  Giu- 
stiniano .  Ed  in  questa  occasione  ci  fa  sapere  Proco- 
pio ,  che  1'  agro  brindisino  era  divenuto  incolto  ,  per- 
chè gli  Eruli  inseguiti  dai  Goti  furono  spinti  entro  una 
folta  selva  di  questo  territorio  .  Finalmente  essendo 
stato  spedito  in  Italia  Narsete ,  Brindisi  ritornò  all'ub- 
bidienza de'  Greci  ,  finché  non  cadde  in  potere  de'Lon- 
gobardi  . 


(i)  Ap.  Ughell.  T.  IX.  in  Brundusinis. 
(2)  Procop.  Lib.  III. 


(  70 

XXV.  Romualdo  Duca  di  Benevento ,  come  assi- 
cura Paolo  Diacono  (i)  ,  espugnò  questa  Città  circa 
Tanno  668.  Guidone  di  Ravenna  Scrittore  del  IX.  Se- 
colo attesta  ,  che  allora  fu  diroccata  insieme  con  Ta- 
ranto 5  perchè  nelle  incursioni  de'  Longobardi  si  eran 
mantenute  fedeli  a'  Greci ,  ai  quali  non  restarono  che 
le  sole  Città  di  Otranto  ,  e  di  Gallipoli  (2) . 

XXVI.  Ma  l'ultimo  esterminio  della  Città  fu  ca- 
gionato da'Saraceni ,  gente  nemica  del  travaglio ,  e  del- 
l' agricoltura  ,  ed  avvezza  a  vivere  colle  rapine  e  colle 
stragi  .  Costoro  nell'  anno  836.  partiti  dalla  Sicilia  con 
grande  armata  vennero  ad  occuparla  .  Sicardo  Duca 
di  Benevento  spedì  subito  un  grand'  esercito  per  ricu- 
perarla .  Ma  i  Saraceni  gli  diedero  una  rotta  .  Niente 
atterrito  dall'  infelice  successo  della  prima  spedizione  , 
si  preparava  a  condurre  in  questa  Città  una  seconda 
armata  .  I  Saraceni  ,  avuta  notizia  delle  misure  riso- 
lute di  Sicardo  ,  attaccarono  il  fuoco  alla  Città  ,  e  se 
ne  fuggirono  per  la  via  del  mare  in  Sicilia  ,  come  at- 
testa l'Anonimo  Salernitano  (3)  . 

XXVII.  Il  Ducato  Beneventano  fu  lacerato  da  Si-' 
conolfo  Principe  di  Salerno  ,  e  da  Landolfo  Conte  di 
Capua ,  che  fecero  sorgere  sulle  sue  rovine  due  potenti 


(i)  De  Gest.  Longohard.  Lib.  VI.  Cap.  I. 
(2)  Porphirog.  cleadm.  Iinp.  cap.  27. 
'  '  (5)  Cap.  57.  ap.  Mur.  R.J.S.  T.  II.  pag.  2. 


(73) 
Signorie  .  Radelchi  succcssor  di  Sicardo  cliiamò    i  Sa- 
raceni in  suo  ajuto  ,  che  si  annidarono  in  queste    no- 
stre Provincie  •,  scorrendo  da  pertutto   ,    e    caijionando 
infiniti  danni  agi'  istessi  Beneventani  ,    che  gli  aveano 
invitati  .  Non  si  conobbe  allora  altro  rimedio,  se  non 
quello  d' implorare  il  soccorso  degli  Augusti    di  Occi- 
dente ,  e  perciò  si  ricorse  all'  Imperatore  Lotario  ,    ed 
al  di  lui  figlio  Lodovico  .    Quest'  ultimo    venuto    con 
poderoso    esercito    nel    Ducalo  Beneventano    ,    die    la 
caccia  ai  Saraceni  ,     e    nell'  anno    867.     fece  anch' egli 
una  disgustosa  visita  alla  Città  di  Brindisi,  perchè  nuo- 
vamente l'incendiò,  e  distrusse,  come  attesta   lo  Sto- 
rico del  Monistero  di  S.  Clemente  di  Pescara    pubbli- 
cato dall'  Ughelli  (1)  5     e  dal  Muratori  (2)  ,    ed  è  da 
credersi ,  che  i  Saraceni  vi  si  fossero  nuovamente    sta- 
biliti . 

XXVin.  Tal  era  la  condizione  di  tutte  queste 
contrade ,  ma  specialmente  di  Brindisi ,  di  dover  sof- 
frire cioè  le  incursioni ,  or  de'  Saraceni  ,  or  de'  Lon- 
gobardi ,  ed  or  de'  Franchi  5  e  se  nuovamente  vi  si 
univano  pochi  abitanti ,  eran  di  nuovo  visitati  da  quel- 
le genti  feroci  .  Neil'  anno  924  e  25  i  Saraceni  fecero 
nuove  irruzioni  nella  Puglia  ,  e  finiron  di  distruggere 
Brindisi,  come  rilevasi  da  antichi  Cronisti  ,  ma  spe- 
cialmente dalla  Cronica  Saracenico-Araba    del  Monaco 


(i)  Tom.  IX.  pag.  699 .  Ed.  Ven. 
(2)  R.j.S.  T.  II.  Péli.  col.  778. 


(74) 

Arnolfo  pubblicata  dal  Pratilli,  e  dal  Muratori  ,    ove 
cosi  si  legge  :  Saraceni  ìntravcrunt  in  Apuliam  ,   et 
fecerunt  magnani  stragcm  ,    et  coeperunt  Leciian  , 
Nai'deum ,  Uriam ,  et  Brundiisiuin  ,    et  alia  loca  , 
multos  captivos  duxerunt  in  Calavriam  ,  et  alios  in 
Africani  miserunt  .  La  Cattedra  Vescovile  disparve  di 
qui ,  e  fu  collocata  in  altro  sito  ^  qui  non  si  vide  più 
Clero ,  e  fu  abbandonata  la  Chiesa ,    ove  riposavan  le 
Oisa    del    primo  Vescovo    ed    Apostolo    de'   Brindisini 
S.  Leucio .    L' Anonimo  Tranese    Scrittore    della  tras- 
lazione del  corpo  di  questo  Santo  pubblicata  dal  Bol- 
lando (i)  dice  ,    che    in    quegl'  infelici  tempi    la  Città 
era  tutta  distrutta  ,  e  che  alcuni  pietosi  Tranesi  ne  in- 
volarono il  Corpo  ,  e  che  tal  desolazione  durava    sino 
al  suo  tempo,  vale  a  dire  sino  alla  metà  del  Secolo  XI. 
Bisogna  sentire  le  di  lui  proprie  parole  :   Contigit ,  ut 
■praefrita  Urhs  hostili  marni  frinditus  everteretur  ,  et 
(juae  quondam  fiiit  divitiis  suhlimis  et  gloria  ,  par- 
vissimi sub  specie  oppidi  nunc  usque   incolitur  ,    et 
videtur  ,  cujus  quidem  ruina  intueri  eam  voleutium. 
ociilis  patet  . 

XXIX.  Or  ridotta  Brindisi  ad  uno  stato  cosi  de- 
plorabile e  per  le  devastazioni  sofferte  abitata  parvis- 
simi sub  specie  oppidi ,  ove  poteano  esser  le  braccia 
per  coltivar  le  campagne  ,  esposte  sempre  alle  incur- 
sioni Saraceniche  ,  e  co.me  poteva  fiorirvi  1'  Agricoltu- 


(i)  T.L  ad  diem  XL  Ja^. 


(75) 
ra  ?  Doveva  il  suo  territorio  divenire  per  necessità  tut- 
to incolto  ,  e  macchioso  5  tanto  più  che  i  Saraceni  oc- 
cuparono un  sito  otto  miglia  da  Brindisi  distante  po- 
co rinioto  dal  lido  Adriatico  didla  parte  Settentrionale, 
che  ritiene  tuttavia  il  nome  di  Saracenopoli  ,  ov'è  cre- 
dibile ,  che  si  fossero  fortificati  per  scorrere  di  là  ,  e 
saccheggiare  ,  e  depredare  le  vicine  campagne  ,  e  po- 
ter quindi  ,  incalzati  da  forze  superiori  ,  fuggir  per 
mare  . 

XXX.  L'Agro  brindisino  adunque  nel  mezzo  tem- 
po restar  dovea  per  tante  disgrazie  macchioso  ,  bosco- 
so ,  e  senza  coltivazione  .  Bisogna  ora  vedere  come  co- 
minciò a  risorgere  questa  Città ,  e  come  il  suo  territo- 
rio cominciò  nuovamente  a  coltivarsi  .  GÌ'  Imperadori 
Greci ,  che  occupati  per  molti  Secoli  in  dispute  Teo- 
logiche avean  lasciato  invadere  le  loro  Provincie  dai 
Goti ,  da'  Longobardi ,  e  da'  Saraceni ,  risvegliati  final- 
mente come  da  un  letargo  cominciarono  a  pensare  di 
ricuperare  questi  luoghi  .  Fu  il  primo  Basilio  il  Mace- 
done ,  che  alla  fine  del  IX.  Secolo  spedi  delle  arma- 
te in  Otranto  Città  con  Gallipoli  rimase  sotto  il  gre- 
co Dominio  .  Ricuperarono  ancora  la  desolata  Città  di 
Brindisi ,  che  ritrovaron  tutta  distrutta  ,  e  che  dovero- 
no rifabbricare  dì  pianta  ,  come  rilevasi  dall'Iscrizione 
mutila  fatta  scolpire  dal  Protospata  Lupo  nella  base 
dell'  antica  Colonna  situata  in  fronte  alla  bocca  del 
Porto ,  ove  leggesi  questo  verso  : 

Protospata  Lupus  Urhem  hanc  struxit  ab  imo. 


(7^) 
XXXI.    I  Greci   perciò    cominciarono  a  coltivare 
1'  Agro  brindisino  ,  e  si  sparsero  per  tutto    il    suo  ter- 
ritorio ,    come    ne    fan    testimonianza   le    tante  Chiese 
Greclie  in  parte  esistenti ,  e  in  parte  dirute  ,  clie  s'in- 
contrano in  varj  luoghi  .    Vi    formarono    ancora    delle 
Popolazioni  ,  che  oggidì  son  distrutte  ,    ed    esiste  sol- 
tanto il  Casale  di  Tuturano  popolato  di    greche  fami- 
glie sino    a    due    secoli    addietro  .    Eressero    anche  in 
queste    campagne  de'  Monisteri    di  Monaci   ,    come    fu 
quello  di  S.  Maria  de  Ferulellis  oggi  Badia  del  Semi- 
nario in    un    sito    ferace  di  picciole    ferule    non  molto 
lontano  dal  mare    a .  quattro    miglia    di    distanza  dalla 
Città  dalla  parte  meridionale  .    Perciò  1'  agricoltura  co- 
minciò qui  a  ■  rifiorire  nel    tempo    de'  Greci  \    e    come 
neir  istessa  epoca    i  Greci  della  guarnigione  di  Otran- 
to si  sparsero  nelle    campagne  adiacenti  ,    e  formarono 
tanti  luoghi ,  che  ritengono  tuttavia    il  greco    idioma  , 
e  li  ridussero  in  florido  stato  di  coltura  ,  così  i  Greci 
di  Brindisi  si  sparsero  eziandio  nel  suo  territorio  . 

XXXII.  Ma  venuti  qui  dopo  la  metà  del  secolo 
XI.  i  Normanni  chiamati  dai  Pugliesi ,  conquistarono 
queste  Provincie  ,  e  ne  formarono  tante  piccole  Signo- 
rie ,  che  furon  divise  tra  i  loro  Capi  con  piena  Sovra- 
nità ^  e  questa  Città  cadde  sotto  il  dominio  del  Conte 
Goffredo  di  Conversano  nipote  di  Roberto  Guiscardo. 
Io  non  ho  dubbio  ,  che  si  avessero  appropriato  i  più 
speciosi  campi  ,  com'  è  solito  de'  conquistatori  .  Ma 
conoscendo  il  profitto  ,  che  ritraevano    da"  greci    agri- 


(77  ) 
coltori  ,  11  lasciarono  in  questi  luoglii  .  Abbiamo  bel- 
lissimi monumenti  del  Clero  Greco  ,  e  del  Clero  La- 
tino di  questa  Città  non  solo  de' tempi  Normanni,  ma 
anche  sotto  le  susseguenti  Dinastie  .  Ed  esistevano  i 
Preti  greci  sino  al  i565  ,  come  rilevasi  dagli  atti  del- 
la Visita  dell'  Arcivescovo  Bovio  del  detto  anno  ,  per 
amministrare  i  Sagramenti  alle  greche  famiglie  .  Nei 
tempi  più  antichi  i  Preti  greci  aveano  il  loro  Arcipre- 
te ,  giacché  il  Sommo  Pontefice  Innocenzio  ITI. ,  co- 
in'  è  scritto  nella  di  lui  vita  pubblicata  dal  Baluzio  , 
spedì  suo  Nunzio  all'  Imperatore  de'  Bulgari  Domenico 
Arciprete  de'  Greci  di  Brindisi  uomo  dottissimo  ,  che 
unì  quella  nazione  alla  Cliiesa  Romana.  Oggi  vi  è  an- 
cora un  vestigio  dell'  antico  Clero  greco  ,  cioè  una 
funzione  ,  che  si  supplisce  dal  Clero  latino  ,  di  can- 
tarsi r  Epistola  ,  e  r  Evangelio  greco  nella  Domenica 
delle  Palme  . 

XXXIII.  Ridotto  a  Monarchia  il  dominio  de'Nor- 
manni  ,  per  quanti  sforzi  avesse  fatto  la  Corte  Bizan- 
tina per  ricuperare  queste  Provincie  ,  tutti  i  tentativi 
furono  inutili  .  GÌ'  incostanti  Pugliesi  ,  che  avevano 
chiamato  i  Normanni  contro  de'  Greci  ,  invitarono  poi 
i  Greti  contro  i  ISormanni  .  Ma  i  poveri  Greci,  ch'e- 
rano qui  stabiliti  ne  pianser  la  pena  ,  specialmente  sot- 
to il  Re  Guglielmo  il  Malo,  che  fece  di  essi  una  stra- 
ge ,  clu!  li  ridusse  all'  ultimo  eccidio  :  e  quindi  avvili- 
ti,  fuggitivi  ,  ed  oppressi  andarono  mano  mano  ad 
estinguersi  ,  e  1'  agro  brindisino  ne  soffrì  sopra  ogni 
altro  il  detrimento  nella  sua  coltura.  Ne' tempi  poste- 


(78) 
riori  a'  Normanni  io  son  persuaso ,  che  questo  territo- 
rio sia  stato  egualmente  trascurato  ,  e  per  conseguenza 
imboschito  per  difetto  di  agricoltori  .  I  grandi  proprie- 
tarj  non  avendo  mezzi  di  mettere  a  profitto  i  loro  ter- 
reni ,  cominciarono  a  concederli  in  enfiteusi  a  varj 
coloni  col  peso  di  ridurne  a  coltura  una  data  quantità 
in  ogni  anno  ,  e  di  prestar  la  decima  di  tutti  i  frutti, 
che  sarebbero  per  nascervi  .  Esistono  moltissimi  istru- 
menti  di  tali  concessioni  di  cinque  e  sei  secoli  a  que- 
sta parte  j  e  di  qui  è  avvenuto  ,  che  una  buona  metà 
del  territorio  di  Brindisi  è  soggetto  al  peso  della  de- 
cima a  varj  particolari  .  Ma  la  penuria  degli  agricol- 
tori ha  fatto  ritornare  ancor  questi  fondi  enfiteutici  al- 
lo stato  macchioso  . 

XXXIV.  I  Principi  ,  che  vennero  dopo  i  Nor- 
manni ,  gli  Svevi ,  gli  Angioini  ,  gli  Aragonesi  non  eb- 
bero altro  impegno  che  di  rendere  popolata  e  florida 
questa  Città  .  Avvertirono  bene  V  importanza  di  questo 
sito  ,  e  la  comodità  di  questo  porto  ,  e  che  novanta 
miglia  di  littorale  da  Monopoli  ad  Otranto  sarebbe  ri- 
masto deserto  ,  se  fosse  andata  in  rovina  la  Città  dì 
Brindisi  .  Perciò  cercarono  di  ripopolarla  ed  arricchirla 
di  privilegi  .  Lunga  cosa  sarebbe  se  io  volessi  minuta- 
mente esporre  le  loro  beneficenze  ,  che  si  trovano  re- 
gistrate ne'  nostri  Archivj  .  Ma  gli  abitanti ,  la  maggior 
parte  de'  quali  dovea  esser  gente  collettizia ,  vi  corri- 
sposero male  colle  loro  intestine  discordie  ,  colle  quali 
si  sterminavano  fra  di  loro  ,  formando    de'  partiti    con 


(79) 
gente  armata ,  che  fu  d'  uopo  più  volte    di    reprimere 
con  forze  maggiori  . 

XXXV.  Leandro  Alberti  ,  che  fece  la  sua  descri- 
zione dell'  Italia  nel  i52o  così  scrisse  di  Brindisi  :  Era 
Capo  de'  Salentini  j  ora  è  molto  male  abitata  ,  e  peg- 
gio edificata  .  E  ciò  dice  Razzano  esserle  intervenuto 
per  le  sue  maledette  fazioni  j  imperocché  tra  se  si  so- 
no rovinati  i  cittadini ,  guastando  ed  abbruciando  gli 
edifizj  ,  e  peggio  facendo  che  non  avrebbero  fatto  i 
nemici  .  Così  V  Alberti  .  Ora  da  cotesta  gente  era  mai 
sperabile ,  che  si  badasse  al  bene  pubblico  ,  ed  alla 
coltivazione  de'  campi  ?  Ci  è  rimasa  ancora  una  brut- 
ta descrizione  degli  abitanti  di  Brindisi ,  di  Taranto ,  e 
diSquillace  lasciataci  dal  Poeia  Fiorentino  Facio  degli" 
Uberti  ,  che  scrisse  il  suo  Poema  nel  i322  ,  giusta 
r  avviso  del  Salviati  ne'  suoi  Avvertimenti  ,  e  che  ci 
fa  quest'  onore  : 

Ma  non  cercamo  senza  molti  affanni 
I  Sqnilaci  ,   Taranto  ,  e  Brundizio  , 
Perché  p'  è  Malandrin  di  tutti  inganni  . 
Con  tutto  ciò  il  medesimo  Alberti ,  che  fu  testimonio 
oculare  ,  assicura ,  che  il  territorio    al    suo   tempo    era 
pieno  di  ulivi,  che  producevano  un'immensa    quantità 
di  olio ,  e  tanta  ,  che  sembrava  incredibile    a    chi  non 
aveva  veduto  le  grandi  selve  di  ulivi  ,     che  vi  erano  . 
Io  porto  opinione  ,  che  queste  immense  selve  di  ulivi 
vi  fossero  state  piantate  dagli  agricoltori  greci ,     e  non 
già  da  posteriori  coloni  ,  a'  quali  non  era  molto  a  cuo- 
re la  fatica  .  Ma  come  disparvero  i  tanti  oliveti  ,    e  i 


(  8o  ) 
tanti  fraatoj  ,  de' quali  nelle  campagne  ,    e  nelle  Città 
si  veggono  i  vestigj  ,  e  le  grosse  macine  sparse   per   le 
strade  ?  Ecco  la  loro  sorte  . 

XXXVI.  I  Veneziani  sostennero  ben  sovente  del- 
le guerre  contro  de' Turchi  .  Si  cominciò  dall'  invasio- 
ne ,  che  questi  fecero  di  Cipro,  di  Candia  ,  della  Mo- 
rea  .  Le  navi  venete  avean  bisogno  di  vino  e  di  ace- 
to .  Perciò  nel  passaggio  da  questo  porto  si  provvede- 
vano di  questi  generi  ,  che  salirono  a'  prezzi  altissimi  . 
I  Brindisini  osservando  ,  che  una  soma  di  vino  ,  ed 
anche  di  aceto  valeva  più  di  una  soma  di  olio  ,  si 
diedero  a  piantar  vigne  ;  ed  esistono  i  vecchi  palmenti 
in  molte  miglia  di  distanza  dalla  Città  .  E  come  le 
viti  prosperavano  poco  in  mezzo  agli  ulivi  ,  comincia- 
rono a  spiantar  questi  alberi  ,  e  ne  spiantarono  tanti  , 
che  non  ne  rimasero  da  poter  produrre  tant'oiio  ,  quan- 
to bastasse  a  condir  l' insalata  .  Finiron  le  guerre  col 
Turco  ,  e  le  spedizioni  de'  Veneziani ,  e  per  conseguen- 
za i  vini  cadder  di  prezzo  ,  furono  abbandonate  le  vi- 
gne ,  e  questo  territorio  restò  con  poche  viti  ,  e  senza 
ulivi  .  Ma  i  nostri  vini  doveano  essere  di  un'  esquisita 
qualità  ,  specialmente  navigati  j  ed  è  certo  ,  che  '  tra  le 
poche  vigne  rimase  la  natura  piuttotto  che  l'arte  con- 
ferisce asì  eccellenti  liquori,  che  si  conservano  per  mol- 
ti anni  :  e  ciò  sembra  di  aver  dato  luogo  al  dilterio  di 
far  de'  Brindisi  ne'  saluti,  che  si  fan  nelle  tavole  ,  e 
come  per  avventura  lia  creduto  il  Redi  ,  appellando  il 
vino  Brindisevol  merce  ,  e  facendo  invitare  Arianna  da 
Bacco  a  navigare  fino  a  Brindisi  nel  suo  Ditirambo  . 


(8i  ) 

XXXVII.  Diamo  ora  uno  sguardo  allo  stato  pre- 
Sente  dell'  agro  brindisino .  Questo  occupa  diciotto  mi- 
glia di  littorale  a  diritta  ed  a  sinistra  della  Città  .  Io' 
calcolo  la  sua  estensione  per  lo  meno  a  i5o  miglia 
(juadrate  -,  ed  assegnaudo  ad  ogni  miglio  quadrato  ^oo 
tomoli  della  nostra  misura  ,  noi  avremo  60  mila  tomoli 
di  terre  .  Ma  di  queste  appena  è  coltivato  un  terzo,  e 
due  terzi  restano  macchiosi  ed  incolti  . 

XXXVIII.  Prima  di  passar  oltre  facciamo  un'  os- 
servazione .     Tutta  la  Provincia  di  Lecce  è  per  lo  più 
incolta  nel  suo  littorale  ,  e  per  molte  miglia  addentro, 
ed  è  soltanto  coltivala  la  sua  schiena  ,     o  sia  la  parte 
mediterranea  .  La  Provincia  di  Bari  all'  incontro ,    che 
appena  ha  il  terzo  del  littorale  ,  e  la  metà  di  estensio- 
ne di  territorio  è  tutta  coltivata  ,  ed  ha  quasi  la  stessa 
Popolazione  della  Provincia  di  Lecpe  .  Neil'  estensione 
di  sessanta  miglia  da  Monopoli  a  Barletta  ha  nove  Cit- 
tà ben  popolate  e  piene  di  agricoltori  .    Questa  all'  in- 
contro in  un  littorale  di  i5o  miglia  e  forse  più  ,    non 
ha  che  quattro  Città  .  Ciò  è  derivato ,  se  io  non  m'in- 
ganno ,  da  due  ragioni  .    La  prima  si  è,    che  il  litto- 
rale della  Provincia  di  Bari  non  ha  territorj    palustri  , 
né  acque  stagnanti  ,    ed    in  conseguenza    vi    si  respira 
aria  più  sana  ,  e  i  lavoratori  delle  campagne    sono  più 
robusti  ,  più  attivi  ,  più  industriosi  .    Il  littorale  della 
Provincia  di  Lecce  è  paludoso  ,  pieno  di  ristagni  ,    e 
gli  agricoltori  vi  contraggono  delle  infermità,  e  si  ren- 
dono poco  atti  alla  fatica  .    Di  più  il  littorale  di  Bari 
ha  nove  Baloardi    eoa   nove    Città  ,    che    atterriscono 

II 


(80 

gì'  Invasori .  AH'  incontro  quello  di  Lecce  è  più  espo- 
sto ,  e  le  invasioni  de'  Pirati ,  e  de'  Turchi  sono  state 
frequentissime ,  che  han  portata  la  desolazione  ed  il 
terrore  a  tutta  la  nostra  marina  ,  ed  anche  alle  Città 
Episcopali ,  come  avvenne  a  Castro  . 

XXXIX.  Ma  ritornando  al  nostro  territorio  ,  chi 
può  dubitare  ,  che  il  suo  cielo  sia  mal  sano  ?  Cicero- 
ne ,  eh'  ebbe  a  dimorar  qui  per  molti  mesi ,  scrisse  ad 
Attico  ,  che  non  potea  sostenerne  la  gravezza  (i)  .  E 
Cesare  ancora  lasciò  scritto  (2)  ,  che  le  sue  Legion 
avvezze  a  respirare  1'  aere  salubre  delle  Gallie  ,  e  delle 
Spagne  ,  venivano  a  perire  nel  clima  della  Puglia  ,  e 
intorno  a  Brindisi  j  e  pure  allora  non  vi  era  quell'  in- 
fezione di  aria  ,  che  ci  è  oggidì  .  Coli' andar  de'  se- 
coli essendo  cresciute  le  paludi ,  e  le  acque  stagnanti  y 
si  è  avanzata. ancor  l'infezione  ,  non  solo  nelle  adia- 
cenze della  Città  ,  e  nell'  estremità  de'  seni  del  porto 
interiore  ,  ma  ancora  nelle  campagne  -,  e  questo  è  il 
primo  ostacolo  per  la  coltivazione  dell'agro  brindisino. 
Se  noi  potessimo  purificare  quest'  aria ,  potrebbe  dive- 
nir subito  coltivatissimo  .  La  Campagna  Felice  ne'  pri- 
mi tempi  ubertosa  e  fertile  ,  ne'  mezzi  tempi  divenne 
infelice  ,  perchè  tutta  palustre  ,  ed  in  un  clima  mici- 
diale .  L'  esercito  de'  Francesi  comandato  da  Lautrech 
ebbe  a  perir  di  contagio  sotto  le  mura  di  N^apoli  circa 


{\)  Qìc.adAttic.XI.iQ.  \ 

(2)  Caes.  deB.  C.  Uh.  III.  cap.  II.  ì 


l 


(83) 
tre  secoli  addietro.  Ma  il  saggio  Conte  di  Lemos  Vi- 
ceré ,  uomo  di  talento  e  di  genio  colla  direzione  del 
Cavalier  Fontana  fece  formare  de' gran  tagli,  die  rac- 
coglievano lo  scolo  di  tutte  le  acque  ,  e  le  conduceva- 
no al  mare  ,  e  così  tolse  1'  infezione  dell'  aria  ^  e  la 
Campagna  infelice  divenne  Terra  di  Lavoro  ,  come 
tuttavia  si  appella.  Lo  stesso  potrebbe  farsi  nell'  agro 
brindisino  ,  e  ne'  suoi  siti  palustri  .  Ma  questa  opera- 
zione non  è  della  forza  de' privati.  Sarebbe  parte  di 
un  benefico  So.vrano  ,  che  pur  dovrebbe  calcolare  gì'  im- 
mensi vantaggi  ,  che  potrebbero  derivare  al  Regio  Era- 
rio dalla  coltivazione  di  questo  Territorio.  Questo  re- 
sterà sempre  incolto  e  deserto  senza  un  tale  soccorso, 
essendosi  sperimentato  ,  che  gli  agricoltori  de'  luoghi 
ccnvicini  qui  trasferiti  per  coltivare  le  nostre  terre  pa- 
lustri vi  han  lasciata  la  vita  j  onde  hanno  in  orrore 
iV  inoltrarsi  ne'  nostri  siti  non  sicuri  :  Ed  è  ancor  no- 
tabile ,  che  in  una  raassaria  di  grandissima  estensione 
vicina  al  lido  adriatico  ,  ed  alla  Torre  detta  delle  Te- 
ste vi  sono  due  pozzi  ,  uno  detto  della  Comunione  ,  e 
r  altro  della  Estrema  Unzione  ,  per  significare  ,  che  chi 
va  a  coltivar  que'  terreni  ,  o  vi  lascia  la  vita  ,  o  deve 
soffrire  gravi  e  pericolose  infermità. 

XL.  Questa  infezione  di  aria  non  fa  crescere  la 
popolazione  ,  la  quale  da  mezzo  secolo  a  questa  par- 
te si  mantiene  traile  sei  e  sette  mila  anime  .  E  come 
■può  coltivarsi  un  territorio  immenso,  ove  mancan  le 
braccia  ?  Non  vi  sono  in  Città  che  circa  ^oo  agricol- 
tori ,  che  appena  lavorano  due  o  tre    mila    tomoli    di 


(84) 

terre  le  più  vicine  per  lo  più  piantate  a  vlgoe,  abban- 
donando i  siti  più  rimoli  ,  Felici  qtie'  possessori  ,  che 
han  de'  terreni  alle  frontiere  di  Carovigno  ,  di  San  Vi- 
to ,  di  Latiano  ,  e  di  Mesagno  ,  luoghi  pieni  di  agri- 
coltori,  che  penetrano  ne' confini  di  questo  territorio, 
e  ne  hanno  perfezionata  ancor  1'  aria  colla  coltura  . 
Queste  terre  oggidì  colle  braccia  de'  cqnvicini  son  ren- 
dale fenili  e  di  molto  prezzo^  ed  il  resto  è  abbando- 
nato. Vi  sono  delle  massarie  ,  che  hanno  molle  miglia 
di  estensione  ,  ma  per  lo  più  si  affittano  per  uso  di 
pascoli  ,  e  talora  rimangono  inaffittate  . 

XLI.  È  verissimo  ,  che  non  tutto  il  territorio  di 
Brindisi  è  della  stessa  qualità  ,  Fu  avvertita  da  Fron- 
tino l'ineguaglianza  della  sua  ubertà-  Vi  sono  de'pez- 
zi  fertilissimi  adattabili  ad  ogni  sorta  di  coltivazione  . 
Ve  ne  sono  degli  sterilissimi  a  guisa  di  arene  lavate,  qhe 
non  producono  veruna  sorta  di  vegetabili  .  Ma  se  ci 
fosse  la  popolazione  ,  le  terre  di  loro  natura  sterili  di- 
verrebbero feconde  .  Niente  può  idearsi  di  più  sterile 
delle  spumose  lave  del  Vesuvio  ,  ma  appena  raffredda- 
te ,  io  ho  veduto  gli  agricoltori  di  Terra  di  Lavoro 
raccoglier  per  le  strade  la  terra  e  lo  stabbio  ,  e  andarlo 
a  gittar  su  la  lava  ,  ed  in  seguito  piantarci  de'  foglia- 
mi ,  delle  viti  ,  e  degli  arbusti.  Se  noi  avessimo  brac- 
cia ,  sarebbe  senza  meno  coltivato  il  nostro  territorio. 
L'  augusto  Carlo  III.  fece  venire  una  Colonia  di  Greci 
da  Paiga  ,  e, da  Prevesa  ,  credendo  di  potere  per  mez- 
zo di  essi  ridurre  alla  debita  coltura  1'  agro  brindisi- 
no. Ottima  fu  r  idea ,  ma  gli  effetti  non   corrisposero 


(  85) 

alle  speranze  ,  che  se  n'  erano  concepite  .  I  Greci  eran 
fuorusciti  de'  loro  Paesi  non  molto  amici  della  fatica  , 
e  dopo  che  si  ebbero  consumati  i  grossi  sussidj  ,  che 
loro  furono  somministrati,  1' un  dopo  l' altro  sloggiaro- 
no di  qui  .  Ad  un  saggio  Governo  non  mancano  dei 
mezzi  per  richiamare  qui  delle  braccia  ,  ma  di  gente 
onesta ,  non  di  bricconi  e  di  scelerati  . 

XLII.  Purificata  1'  aria  ,  ed  asciugate  cogli  scoli 
le  paludi ,  sarebbe  desiderabile  ,  che  in  cinque  o  sei 
de'  migliori  siti  dell'  agro  brindisino  si  piantassero  del- 
le abitazioni  per  forniarvisi  delle  popolazioni  agricole  , 
assegnando  loro  delle  terre  incolte  per  ridurle  alla  con- 
veniente coltura  .  Ma  bisognerebbe  accarezzare  tali  co- 
loni ,  con  far  loro  sperimentare  de'  vantaggi .  L'  uomo 
corre  ove  trova  il  suo  interesse  .  Bisogna  animarli,  al- 
lettarli, e  non  opprimerli  .  Essi  sono  la  gente  più  be- 
nemerita dell'umanità,  e  dello  Stato,  Que' ,  che  nien- 
te possedono ,  e  vivono  co'  loro  sudori  ,  e  che  sono 
nella  classe  de'  miserabili  ,  quando  sieno  veri  agricol- 
tori ,  debbono  essere  esenti  da  ogni  contribuzione  . 

Questo  è  quanto  ho  potuto  raccogliere  riguardo 
allo  stato  antico  ,  della  mezza  età ,  e  moderno  dell'  a- 
gro  brindisino  ,  ed  a'  mezzi  ,  che  ho  potuto  escogitare 
per  farlo  riliorire  .  Volentieri  rimetto  il  tutto  al  giudi- 
zio de'  Saggi  ,  che  potrebbero  spargere  su  questo  og- 
getto lumi  migliori  .  ^ 


(  86  )       - 

Saggio  sulle  cagioni  della  decadenza  deltagricoltuìa 
presso  gli  antichi  Romani,  del  Sig.  Felice  Fiore 
di  MolJ'etta  ,  Socio  corrispondente  .  Presentato 
nelV  adunanza  del  dì  ii  Febhrajo  i8i3. 


Frangitur  ipsa  suis  Monta   superba  bonis 
Propert.  Lib.  III.  Eleg.  XI. 


JLi  ottenere  dalla  campagna  la  maggior  quantità  possì- 
bile di  derrate  ,  onde  poter  alimentare  il  maggior  nu- 
mero ,  che  si  può  di  uomini ,  formò  presso  le  antiche 
nazioni  uno  de'  precetti  essenziali  di  politica  ,  le  cui 
leggi  sono  sempre  rivolte  ad  assicurarne  il  potere . 
L'  agricoltura  ,  che  nacque  collo  stabilimento  della 
umana  società  ,  e  che  si  avvicina  per  conseguenza  al- 
l' epoca  la  più  felice  ,  è  la  base  ,  ed  il  sostegno  del 
genere  umano  j  e  senza  di  cui  né  il  commercio  ,  né  le 
manifatture  avrebbono  di  che  alimentarsi  ,  perchè  pri- 
ve delle  materie  ,  sulle  quali  debbono  esercitare  la  lo- 
ro azione  .  Per  tal  via  giunse  Roma  a  quella  tanta  for- 
za j  che  suggettò  una  gran  parte  della  terra  al  suo  im- 
perio • 

Tuttoché  però  di  tal  verità  piena  fede  ne  facciano 
le  Storie  ,  pur  nondimeno  le  moderne  nazioni  non  an- 
no avuto  dell'  agricoltura  quell'  alto  concetto ,  che  n'eb- 


1^ 


(  8;  ) 
bero  le  antiche  j  e  dove  prima  si  vedeano  de'  Sovrani, 
e  de'  gentiluomini  occuparsi  di  quest'  arte ,  e  su  di  essa 
comporsi  de'  libri ,  dettarsi  de'  precetti  ,  poco  ,  o  nul- 
la in  tal  proposito  trovasi  scritto  fino  a'  tempi  a  noi 
vicini ,  come  poi  di  esempj  così  lodevoli  ninna  imita- 
zione rinviensi  uegli  annali  d'oggigiorno. 

L'  epoca  ,  in  cui  1'  aratro  restò  negletto  nelle  ma- 
ni de'  gentiluomini  ,  e  la  coltura  della  terra  fu  riputa- 
ta mestiere  di  schiavi  ,  fu  quella  ancora  della  decaden- 
za dell'  Impero  romano  ^  come  al  contrario  il  primo 
scalino  della  potenza  dell'  Inghilterra  ,  che  al  tempo  di 
Cesare  non  si  brigava  neppure  di  seminare  il  frumen- 
to (i)  ,  fu  r  epoca  ,  in  cui  i  signori  cominciarono  a 
riputare  la  nobiltà  non  disgiunta  dalla  proprietà  terri- 
toriale . 

I  primi  re  di  Roma  ,  dopo  il  culto  degli  Dei  ,  e 
il  rispetto  alla  religione  ,  raccomandavano  la  coltura 
della  terra  .  È  ben  certo  argomento  dell'  interesse ,  che 
prendeva  all'  agricoltura  ne  diede  ne'  tempi  appresso  il 
Senato  romano ,  quando  de'  28  volumi  composti  su 
quest'  arte  da  Magone  cartaginese ,  ne  commise  la  tra- 
duzione in  latino  ad  uno  de'  primi  suoi  magistrati  . 
jSuma  ,  il  re  più  saggio  dell'  antichità  seppe  associare 
le  leggi  agrarie  alle  leggi  politiche  ,  e  stabilì  la  garan- 
zia della  loro  unione  nelle  istituzioni,  e  nelle    cirimo- 


(i)  Interiores  ple.rique  frumenta  non  serunt 
Gaes.  de  Bel.  Gal.lib.  V. 


(88) 

nie  religiose .  Tra  i  popoli  antichi  ,  che  In  sommo  pre- 
gio tennero  V  agricoltura  ,  sembra  ,  che  gli  Egizj  deb- 
bano occupare  un  rango  distinto  .  Essa  formava  il  pri- 
m' oggetto  di  quel  governo,  e  uno  de' priuii  fonda- 
menti della  sua  politica  j  e  quanto  quel  paese  sia  stato 
potente  ,  ricco ,  e  popolato  ,  non  v'  è  chi  noi  sappia  , 
Era  tanta  la  riverenza  ,  che  aveano  gli  antichi  all'agri- 
coltura  ,  che  si  giunse  fino  al  punto  di  effigiare  lo  scet- 
tro reale  nella  forma  di  un  aratro  .  In  Roma  le  leggi, 
e  il  culto  istesso  contriliuirono  a  renderla  onorevole  : 
i  tempj  dedicati  a  Cerere  ,  a  Pane  ,  a  Flora  ,  a  Po- 
mona  ,  a  Bacco  ,  e  ad  altre  divinità  fan  testimonianza 
dell'  alto  concetto  ,  in  che  si  tenne  da  quel  popolo 
1'  agricoltura  :  le  virtù  campestri  erano  assai  valutate  j 
e  si  vedeano  chiamati  dall'  aratro  ad  occupare  i  primi 
posti  della  repubblica  i  Serani ,  e  i  Cincinnati ,  al  mo- 
do stesso  ,  che  altra  volta  in  Persia  vedeasi  sedere  tra 
grandi  del  regno  colui ,  che  avea  la  cura  di  distribui- 
re le  acque  alle  terre  . 

Quale  spettacolo  non  dovette  esser  mai  quello  , 
quando  a  Cincinnato  mezzo  ignudo  ,  e  ingombro  il 
volto  di  polvere  j  intento  ad  arare  un  suo  podere , 
venne  dall'  araldo  annunciata  la  Dittatura ,  decretatagli 
dal  Senato  !  Qual  differenza  di  elogio  da  questi  ,  a 
que'  tempi  ,  quando  il  nome  di  buon  coltivatore  me- 
ritava le  laudi  ,  e  il  rispetto  degli  uomini    (i)   !    Così 

(i)  Cum  viriim  boninn  coloni/m  dixissent ,  am- 
plissime laudasse  existimabont .  Pliu.  Hist.  nat.  Uh. 

xvin.  e.  IH. 


(89) 
vennero  onorali  in  Roma  ,  mercè  la  polizia  dì  quel 
governo  ,  1'  agricoltura  ^  e  1'  agricoltore  ^  e  così  que- 
st'  arte  nodrice  degli  uomini  crebbe  ad  altissimo  pre- 
gio all'  ombra  del  favore  della  opinione  pubblica  ,  ch'è 
sempre  più  imperiosa  della  legge  . 

Lungo  sarebbe,  e  fuori  del  mio  scopo,  se  io  vo- 
lessi delineare  un  quadro  de'  rapporti  ,  che  legano  l'a- 
gricoltma  a  tutte  le  parti  di  uno  stato  ,  e  dimostrare 
come  la  popolazione  ,  le  arti  ,  il  commercio  ,  la  navi- 
gazione ,  la  milizia  debbano  a  lei  la  lor  origine,  il  lo- 
ro progresso,  la  loro  perfezione  .  Una  infinità  di  filo- 
sofi agricoltori  comparsi  in  questi  ultimi  tempi ,  le  ac- 
cademie di  agricoltura  stabilite  in  ogni  angolo  di  Eu- 
ropa ,  i  premj  accordati  alle  utili  invenzioni  geor- 
giche dimostrano  abbastanza  ,  che  questa  verità  è  ora- 
mai universalmente  conosciuta  ,  benché  i  difetti  di  una 
legislazione  malintesa  ,  o  di  una  maliziosa  esecuzione 
ne  ritardino  lo  sviluppo  . 

In  un  tempo  ,  in  cui  le  primizie  de' campi  si  of- 
ferivano agli  Dei  Arvali  ,  in  un  tempo  ,  in  cui  il  pri- 
m' ordine  de'  cittadini  era  tratto  dalle  tribù  rustiche  , 
in  un  tempo  ,  in  cui  la  legge  della  censura  condanna- 
va la  negligenza  del  coltivatore  ,  in  un  tempo  final- 
mente, in  cui  la  legislazione,  ed  il  costume  onoravano 
r  arte  primitiva  degli  uomini  ,  non  dee  recar  meravi- 
glia lo  stato  di  potenza  ,  a  cui  giunse  Roma ,  che  mer- 
cè r  agricoltura  ,  moltiplicando  i  mezzi  di  sussistenza 
moltiplicò  la  popolazione  ,  che  forma  il  nerbo  ,  e  la 
floridezza  degli  stati  .  Questa  verità  ,  eh'  è  così  sempli- 

12 


(90) 
ce  à  il  pregio  tìi  farsi  conoscere  senza  il  treno  di  una 
verbosa  dimostrazione  .  Ma  se  Roma  colle  leggi ,  e  co- 
gli esempli  promosse ,  e   incoraggiò    T  agricoltura  ,    se 
essa  considerò  quest'  arte  necessaria  a  rien^pire    il  voto 
della  popolazione  ,  cLe  produceva  il  sistema    di  conti- 
nua guerra ,  se  alle  sue   risorse    fu    debitrice    dell'  im-. 
mense  confine  ,  a  cui  estese  il  suo  dominio  •     d'  onde 
mai  fu  ,  cbe  sotto  i  Cesari  dimentica  de'  suoi  interessi, 
o  stanca  quasi  di  tanta  fortuna  avesse  tollerato  l'abban- 
dona mento  della  coltura  della  terra  ,  ed  ape  ito  il  var- 
co alla  decadenza  dell'  agricoltura  fino  al  segno  di  aver 
bisogno  di  una  sussistenza  straniera,  ed  incerta  ?  Quali 
furono  le  cagioni  ,  che  jirodussem   un  sì  ruinoso    can- 
giamento ?  In  qual  modo  queste  cagioni    operarono    la 
rivoluzione  dell'  economia  politica?    Ecco  il  subbietto 
delle  mie  ricerche ,  che  io  m'ingegnerò  di  esporre   col- 
la maggior  brevità  possibile  ,  e  alle  quali   sarà  di  norma 
fedele  la  Storia  di  Roma  .  Mio  proposito  non  è  di  ram- 
mentare le  piaghe  ,  che  recarono  all'  agricoltura  roma- 
na le  guerre  civili  :   niuno  ignora  la  desolazione    delle 
campagne  sotto  quell'  epoca  infausta    .    Che  se  dovessi 
rintracciarne  la  prima  origine  ,  mi  converrebbe    rincu- 
lare fino  alla  seconda  guerra  punica  ,    la    quale  lasciò 
impresse  profondamente  suU'  agricoltura  le  prime  orme 
della  devastazione  ,  e  della  mina  .    Io  limito  al  tempo 
de' Cesari  le  mie  indagini  soltanto,  e  le  mie  riflessioni. 
Tutto  ciò  che  conduce  ad  aumentare  la  fecondità 
della  terra  ,  la  somma  delle  fatiche  ,  e  quindi    la   po- 
polazione 5  aumenta  ancora  la  ricchezza ,  e  la  potenza 


(90 

di  una  nazione  .  Rivolgo  ora  l'argomento.  Tutto  quan- 
to tende  a  scemare  la  fecondità  della  terra  ,  la  somma 
delle  fatiche  ,  e  quindi  la  popolazione  ,    sccuia  ancora 
la  ricchezza,  e  la  potenza  di  uno  stato  .  Io  vol^o  uq' 
occhiata  allo  stato  dell'  Italia  nell'  epoca  de'  Cesari  ^    e 
nella  desolazione  delle  sue  campagne  ,  io  veggo    il  fu- 
nesto ritratto  della  miseria  de'  suoi  abitatori .  Veggo  in 
Roma  un  immenso  popolaccio  sfaccendato  assistere  ,  e 
godere  degli  spettacoli ,  e  de'  giuochi  j  io  lo  veggo    sa- 
ziarsi alle  sontuose  cene  ,  che  gli  prepara  1' ambizione, 
e  l'interesse  degl' impeiadori  :  io  veggo  i  signori  posse- 
dere de'  vasti  poderi ,  ed  affidarne  la  coltura  alla  ma- 
no  degli  schiavi  ;    veggo  finalmente    sparsi    In    tutti    gli 
ordini  de'  cittadini  la  crapula  ,  la  gozzoviglia  ,  la  mol- 
lezza ,  e  la  suntnosità  ,  ed  il  lusso    nel    mangiare   ,    e 
nel  vestire  .  Dagli  effetti  risalgo  alle  cagioni  ,     e  con- 
chiudo ,  che  le  cagioni  produttrici  della  decadenza  del- 
l' agricoltura  ,  debbono  attribuirsi  all'  ozio  ,     a  una  ec- 
cessiva dissuguaglianza  di  fortune,  e  ad  un  lusso  smo- 
deralo .  La  storia  di  Roma  ,    sotto  il  governo  de'  Ce- 
sari ,  contiene  la  lunga  serie  de'  tristi  effetti  ,   che  pro- 
dussero le  indicate  cagioni  su  la  sorte  di  quello  Impe- 
rio .  L' incou.paral)ile  liberalità  de' principi  recò  il  pri- 
mo colpo  fatale   all'  agricoltura  .  Questa  liberalità   pro- 
dusse r  ozio  ,  1'  inerzia  ,  la    scioperatezza   ^    e    mentre 
Roma  si  satollava  nella    inazione  ,    l' Imperio    languiva 
nello  stento  .  La  noja  ,    che    sogliono    recare  i  minuti 
rasiZTiagli  non    ini    distrae    dal    proposito  di    abbozzare 
almeno  un  picciol  quadro  della  profusione  de'  Cesari  , 


(92) 
e  die  pnò  condurre  più  l'acilmeute  a  dimostrare  la  ve- 
rità di  questo  primo  argomento  . 

Se  la  Storia  non  (osse  fornita  de'  caratteri  di  au- 
tenticità ,  si  sarebbe  stentato  più  di  una  volta  a  pre- 
star fede  ad  alcuni  racconti  ,  che  sembrano  dettali  so- 
lamente da  una  vivace  immaginazione  .  Le  largizioni 
degl'  imperadori  romani  sano  di  tal  natura  .  Io  comin- 
cio da  Cesare  il  doraator  de'  Britanni ,  e  il  vincitor  di 
Pompeo  .  Io  non  parlo  de'  donativi  fatti  al  popolo  in 
tempo  della  sua  edilità  :  rammento  solo  le  ingenti  lar- 
gizioni da  lui  fatte  all'  immenso  popolo  di  Roma  do- 
do i  suoi  quattro  raagniflcentissimi  trionfi  .  Egli  distri- 
buì dieci  moggia  di  grano  ,  ed  altrettante  libbre  di  olio 
a  testa  :  vi  aggiunse  3oo  sesterzj  ,  oltre  altri  cento  di 
mora  per  ogni  individuo  .  Non  contento  di  tanta  ge- 
nerosità apprestò  al  popolo  un  sontuoso  convito  ,  in 
cui  la  copia  gareggiava  colla  squisitezza  delle  vivan- 
de (i)  .  Fu  in  questa  cena  trionfale  ,  che  si  videro 
apparecchiate  per  la  prima  volta  sei  rada  murene  ,  e 
dove  fu  consumata  una  gran  quantità  di  Falerno  ,  e 
di  Chio  ,  specie  di  vino  prezioso  ,    e    di  molto  valo- 


(i)  Populo  pi-aeter  frumenti  denos  modios  ,  ac 
totìdem  olei  libras  trecenos  quoque  nummos  quos 
pollicitus  olim  erat  ,  viritim  divisi t  :  et  hoc  ampli us 

centenos  pi'o  mora adjecit  epulum  ac  visce- 

rationem  .  Svet.  in  Caes.  e.  XKXVlll  -,  et  Idìon.His. 
lib.  XLJIL 


(93) 
re  (i)  .  Ove  si  volesse  fare  xin  calcolo  delle  somme 
spese  in  questa  occasione  ,  si  irovercLbe  ascendere  a 
jnolti  milioni  una  simile  profusione  ,  Taccio  i  pranzi, 
che  diede  dopo  la  guerra  di  Spagna  :  taccio  il  convito 
fatto  nel  suo  terzo  consolalo  ,  ove  pose  il  colmo  alla 
liberalità  sua  nella  profusa  distribuzione  de'  pregiatissi- 
mi vini  Falerno  ,  Chio  ,  Lesbio  ,  e  Mamerlino  (2)  . 

Augusto  tentò  di  moderare  le  distribuzioni  fru- 
mentarie  ,  che  racnsualmente  si  faceano  al  popolo  . 
Egli  dispose  ,  che  tre  volte  nell'  anno  ,  e  in  ogni  qua- 
trimestre  foss'  eseguita  tale  distribuzione.  Conobbe  quel 
savio  principe  ,  che  allettata  la  plebe  da  così  frequenti 
largizioni  ,  avrebbe  potuto  distrarsi  dalle  arti  ,  e  dai 
mestieri  .  Ma  egli  non  seppe  resistere  a'  clamori  della 
moltitudine  ,  ed  accordò  di  nuovo  le  antiche  usan- 
ze (3)  .  I  Cesari  temevano  di  disgustare  la  plebe  di 
Roma  :  il  loro  interesse  ,  la  loro  ambizione ,  i  loro  ca- 
pricci non  eran  compatibili  con  una  saggia  legislazione- 
L' olio ,  il  pane  ,  le  cene  ,  i  giuochi  ,  gli  spettacoli  era- 


fi)  Plin.  His.  nat.  lib.  XIV.  e.  XV. ,  et  Uh.  IX. 
e.  LV. 

(2)  Id.  lib.  XI r.  e.  XV. 

(3)  ISe  plebs  fruìnentationum  causa  freqiientius 
a  negotiis  avocaretur  ,  ter  in  annum  ,  qiiaternum 
mensinm  tesseras  dare  destinavit  :  sed  desideranti 
cónsitetudinem  veterem  concessit  rursus ,  ut  sui  cu- 
jusque  mensis  acci  per  et  .  Svet.  in  Oct.  e.  XIV. 


(  94  )       _ 
no  presso  il  popolo  ,  gli  agenti  efficaci  del  dispotismo, 

e  de'  deliij  degl'  imperadori  :  essi  erano  come  il  teschio 
di  Medusa  ,  d'  innanzi  a  cui  la  giustizia  impallidiva  , 
s'  impietrivano  le  leggi  .  Con  questi  mezzi  si  acchetava 
il  popolo  :  con  questa  moneta  si  comperavano  gli  ono- 
ri ,  le  cariche  ,  le  acclamazioni ,  il  trono  ,  le  apoteo- 
si (i)  .  Quindi  fu,  che  il  popolo  romano  quando  scen- 
deva a'  comizj  adoperava  invece  de'  suffragi  le  spade  , 
i  coltelli ,  le  frombe  per  sostenere  le  domande  del  ge- 
neroso suo  donatore  (2)  .  Augusto  dunque  non  potè 
dispensarsi  dalle  solite  distribuzioni  frumentarie  :  egli 
auzi  con  frequenza  donò  al  popolo  varie  somme  di  da- 
naro (3)  . 

Tiberio  ad  onta  della  sua  avarizia  ,  e  tenacità  non 
risparmiossi  da  siffatte  largizioni  :  egli  dopo  il  trionfo 
Illirico  fece  su  di  mille  mense  apprestare  un  pranzo  al 
popolo ,  a  cui  distribuì  anche  trecento  sesterzj  a  te- 
sta (4)  • 


(1)  Qui  honores  principatiisque  petehant ,  ovini 
abjecta  prorsns  verecundia  epiiliiin  publice  largitio- 
nesque  distribuehant  in  popidwn  .  Plnt.  in  Caes. 

(2)  Corruptum  mercede  populuin  ad  coniitia 
descendentem  cerneres  non  siifjragiis  ,  sed  arcu  , 
gladio  ,  fundaque  prò  largitore  decertantem  .  Id.ib. 

(3)  Svet.  in  oct.  e.  XLI. 

(4)  Prandiam  populo  mille  mensis ,  et  congia- 
riiim  trecenos  nummos  viritim  dedit  .  Svet.  in  Tib. 
e.  XX. 


(95) 

Caligola  fu  assai  più  liberale  del  suo  antecessore  . 
Egli  diede  più  d' una  volta  de'  lautissimi  conviti  j  di- 
spensò danaro  ,  e  non  soddisfatto  di  tanta  sua  gene- 
^ rosila  ,  distribuì  alle  donne,  ed  a' fanciulli  delle  fasce 
di  porpora  ,  e  di  ostro  (i) . 

Venne  Nerone  per  dare  degli  esempj  funesti  di 
una  insensata  dissipazione  .  Io  mi  sdegno  a  leggere  le 
profusioni  ,  le  prodigalità  ,  gli  scialacqui  di  questo  mo- 
stro assiso  sul  trono  de'  Cesari .  Lungo  sarebbe  ,  se  io 
volessi  ad  una  ad  una  numerare  le  di  lui  follìe  nelle 
profusioni  fatte  al  popolo  .  Il  famoso  convito  da  lui 
dato  nel  lago  di  Agrippa,  e  disposto  da  Tigellino  ba- 
sti per  una  pruova  di  suo  scialacquare  .  Fu  quivi  fab- 
bricato un  tavolato  mobile ,  ove  fu  imbandita  la  men- 
sa sovrapposta  a  galee  tutte  commesse  d'  oro  ,  e  d'avo* 
rio  ^  d' intorno  giravan  taverne  fornite  di  cibi  dilicati 
per  ogn'  uno  j  immensa  era  la  quantità  delle  vivande  j 
uccellami  ,  e  salvaggiumi  di  varie  parti  del  mondo , 
pesci  insin  dell'oceano,  tutto  era  squisito  ,  e  sontuo- 
so (2)  .  Nerone  non  sapea  contenersi  di  profonder  te- 
sori :  egli  all'  occasione  di  finire  le  Terme  dispensò  del- 
l' olio  (3)  ^  esempio  del  tutto  nuovo  di  prodigalità, 
poiché  i  suoi  predecessori  erano  soliti  di  fare  simili 
largizioni  ,  ma  sol  per  caso  di  pubblica  letizia  .  Tacito 


(i)  Id.inCalig.  c.XVII. 

(2)  Tacit.  An.lih.XV.c.XXXVII. 

(3)  Id.  An.  lib.  XI'F.  e.  XLVII. 


(96) 
fa  montare  a  55  milioni  d'  oro  l' eccedenti  dissipazioni 
di  questo  parricida  (i)  •  E  giunse  a  segno  la  di  lui 
prodigalità  ,  che  prestando  fede  a  un  tal  Cesellio  Basso 
uomo  visionario  ,  che  gli  fece  credere  di  trovarsi  ripo- 
sta una  massa  immensa  d'oro  in  una  spelonca  nel  ter- 
ritorio dì  Cartagine  ,  si  animò  a  profondare  ,  e  a  dis- 
sipare con  maggior  eccesso  ,  e  inconsiderazione . 

Commodo ,  fra  i  tiranni  di  Roma  ,  occupa  anche 
egli  un  luogo  distinto  ne'  fasti  della  prodigalità.  I  con- 
giarj  da  lui  dati  al  popolo  furono  frequenti  ,  e  Dione 
rapporta  ,  che  spesso  distribuì  cinque  scudi  d' oro  ,  e 
x5  danari  a  testa  (2)  . 

Settimio  Sfivero  il  quale»  ,  se  assi  a  Credere  a  Spar- 
ziano  ^  lasciò  morendo  ne'  pubblici  magazzini  di  Roma 
una  provvista  di  grano  per  sette  anni  ,  e  di  olio  per 
cinque,  non  solo  per  Roma,  ma  per  T  Italia  ancora(5), 
non  fu  meno  liberale  de'  suoi  predecessori  .  Egli  toc- 
cato eh'  ebbe  il  decimo  anno  del  principato  ,  dato  il 
solito  congiario  al  popolo,  distribuì  anche  dieci  scudi 
d'  oro  a  testa  5  della  qual  largizione  egli  si  gloriava  , 
perchè  niuno  prima  di  lui  avea  donato  in  una  volta 
una  egual  somma  (4)  . 

(i)  Id.  Hist.  lib.  J.  e.  XX. 

(2)  Populo  saepe  aureos  V.  denariosque  XV.  , 
viritim  dedit  .  Dion.  Hist.  in  Epit. 

(5)  Ael.  Spari,  in  Sev. 

(4)  Quam  oh  caiisam  sibi  mirum  in  viodum 
placebat  f  cimi  re  i'era  neìno' iinquam  si mul  tantun- 
dem eis  dedisset  .  Dion.  in  Epit. 


I 


(97) 
Aureliano  alle  distribuzioni  del  frumento,  dell'o- 
lio-, delle  carni  volle  aggiungere  anche  quella  del  vi- 
no (i)  .  Egli  a  qiiesl'  oggetto  avea  stabilito  di  compe- 
rare de'ternni  incolti  ,  dove  assegnare  degli  schiavi 
per  piantiire  delle  vili  ,  onde  saziare  di  quel  vino  il 
popolo  roiuano  (2)  .  Fgli  donò  anccra  delle  tonache 
di  varii  paesi  ,  e  fu  il  primo  ,  che  regalò  al  popolo 
degli  scingaioi  (3)  .  In  somma  non  vi  fu  imperadore 
buono  o  cattivo,  saggio^  o  demente,  prodigo  o  avaro, 
che  non  iiicesse  delle  largizioni  di  grano,  di  olio,  di 
carni  ,  di  danaro  ,  e  d'  altro  .  Queste  distribuzioni  do- 
▼eano  assorbire  una  somma  immensa  di  danaro ,  se  si 
consideri,  che  immenso  eia  il  popolo  di  Koma^  né  si 
facean  già  di  rado  ^questi  donativi  :  nulla  è  più  ovvio 
quanto  di  trovare  nelle  monete  marcata  la  sesta  ,  la 
settima  ,  1'  ottava  liberalità  di  un  principe  ,  che  indica 
il  numero  de' congiarj  dati  al  popolo  .  Ecco  come  la 
liberalità  politica  affrettò  la  ruina  della  economia  pub- 
blica :  ecco  come  la  munificenza  del  principe  istupidì 
l'attività  del  cittadino  .  Qual  molla  potea  spingere  la 
plebe  a  procurarsi  il  vitto  ,    quando  la  legge  Serapro- 


(i)  Statuerat  ,  et  vinnin  gratuituin  populo   ro- 
mano dare  .  Flav.  ^'^opis.  in  Aurei. 

(2)  Id.  ihid. 

(3)  Sciendinn  donasse  populo  i-omano  tunicas 
QÌhas  maiiicatas  ex  divcrsis  provìnciis  .  .  .  ìpsum- 
que  primum  donasse  oraria  populo  romano,  Id.ibids 

IO 


(98) 

nia  ,  la  legge  Terenzia  ,  la  legge  Clotlia  avean  provve- 
duto alla  sua  sussistenza  ?  il  mangiare  ,  e  bere  a  sa- 
zietà a  spese  degl'  imperadoii  ,  era  egli  ben  diverso  dal 
rompere  le  dure  zolle  de'  campi  .  Angusto  fu  tentato 
di  abolire  per  sempre  le  distribuzioni  frumentaric  ,  poi- 
ché vedeva,  che  con  questa  fiducia  andava  a  cessare 
la  coltura  delle  campagne  (i)  ,  Ma  il  vizio  era  radi- 
cato ,  e  per  isbarbicavsi  ci  volea  tempo  ,  e  saggezza  di 
legislazione  . 

Più  dannosa  però  della  liberalità  de'  principi  fu 
air  agricoltura  la  eccessiva  dilatazione  de' poderi.  Que- 
sto male  riconosceva  la  sua  origine  nell'  antichità  ,  esso 
fu  ,  che  diede  campo  alle,  tante  gare  tribunizie  ,  e  ai 
frequenti  tumulti  della  plebe  ,  la  quale  malgrado  il  so- 
stegno di  una  pubblica  autorità  restò  sempre  la  vitti- 
ma della  potenza  ,  e  del  raggiro  de'  grandi  .  Questi 
ampliarono  le  loro  possessioni  ,  or  coli'  inganno  ,  or 
colla  forza  ,  or  col  danaro  (2)  .  Siila ,  Cesare  ,  ed  Au- 
gusto ripartirono  le  terre  a'  loro  soldati  vittoriosi  ,  i 
quali  non  contenti  delle  assegnate  porzioni  si  faceaa 
lecito  di  occupare    i   campi   confinanti    discacciandone 


(1)  Impetiim  se  cepisse  scribit ,  frumentationes 
piihlìcas  in  perpetuiim  aholendi  ,  quod  eariun  fidu~ 
eia  cultura  ngronnn  cessarci.  Svet.  in  Oct.  c.XLlL 

(2)  Divites  vicinoì'um  pauperum  portiones  modo 
vi  ndjtmgentes  j  modo  praetio  .  App.  Alex.  In  Bel. 
Civ.  L.J. 


I 


ì 


(99) 
gli  nntkhi  possessori  (i)  .  Cesare  nella  clistribuzione, 
che  fece  a'  suoi  veterani ,  volle  prevenire  questo  male, 
assognaodo  loro  le  terre  ,  ma  non  contigue  ,  onde  non 
vi  l'asse  luogo  a  un  abuso  così  ruinoso  (2)  .  Poteva 
mai  prosperare  1'  agricoltura,  quando  la  proprietà  non 
era  rispettata  ?  Il  possesso  de'  fondi  mal  sicuro  dall'ag- 
gressione era  mal  difeso  contro  la  violenza  .  Vi  è  dip- 
più  .  Guerrieri  avvezzi  lunga  stagione  al  brio  delle  vit- 
torie ,  assuefatti  a  un  sollecito  mezzo  di  arricchirsi  , 
mercè  le  spoglie,  e  il  bottino,  mal  potevano  sofferire 
i  disagi  di  una  vita  laboriosa ,  e  assoggettarsi  tutto  a 
un  tratto  ad  incallir  sulla  vanga,  e  sull'aratro  .  Egli 
è  pur  vero,  che  in  Roma  la  classe  coltlvauice  forniva 
il  miglior  nerbo  delle  armate ,  ma  egli  è  vero  altresì  , 
che  se  di  un  colono  sì  può  formare  un  soldato  ,  di 
un  soldato  non  è  facile  di  formarne  un  colono  .  Que- 
sta gente  dunque  di  costume  diversa  ,  e  di  nazione, 
priva  del  nobile  amore  della  patria  ,  senza  legame  di 
famiglia ,  e  di  parentela  ,  stanca  dalle  cure  ,  che  ri- 
chiede la  coltura  delle  terre ,  le  cede  a'  ricchi  per  po- 


(1)  Jinenes  pari  ter,  ac  seniores,  inulieresque  cum 
parvis  liberis  coiujiierentes  nullo  suo  peccato  se  ho- 
mines  italici  nominis  pelli  agris  focisque ,  tamquam 
iure  belli  captns  .  Id.ilnd.lib.  V. 

(2)  yJssignai'it  ,  et  ngros  ,  sed  non  continuos , 
ne  quis  possessorum  expelleretur .  Svet.  in  Caes.  C. 
XXXFIIJ. 


(    100  ) 

co  prezzo  ,  e  invitata  dal  fonte  inesauribile  delle  lar- 
gizioni ,  che  offerivano  i  Cesari  in  Roma  ,  abbandona- 
va i  paesi  ,  e  le  campagne^  e  a  torme  andava  verso  la 
Capitale ,  ove  fornita  di  pane  ,  di  olio  ,  e  di  danaro 
cresceva  ben  pasciuta  ,  come  greggia  di  Epicuro.  Qual 
diminuzione  di  popolazione  non  dovè  seco  trarsi  que- 
sto abbandonamento  delle  campagne?  Quanto  non  do- 
vè scemare  l'  annua  riproduzione  ?  Si  è  detto  ,  che  la 
popolazione  cresce  a  misura  ,  che  crescono  i  mezzi  di 
sussistenza  -^  i  mezzi  di  sussistenza  crescono  in  ragione 
della  somma  delle  fatiche  .  La  terra  divenuta  sterile  , 
colpa  dell'  inerzia  dell'  uomo  ,  scema  la  massa  degli 
alimenti  .  Questa  mancanza  di  alimenti  quante  famiglie 
non  toglie  ad  uno  stato  ?  Ecco  il  casa  di  Roma  .  Ti- 
to Livio  si  meraviglia  come  ne'  primi  tempi  della  re- 
pubblica gli  Equi ,  ed  i  Volsci  abbiano  potuto  soste- 
nere tante  guerre  ,  e  va  investigando  delle  lagioni  ,  on- 
de determinare  il  modo  tenuto  da  quei  popoli  per  ri- 
trovare tanta  gente  ,  con  cui  supplire  a  quella  ,  che 
soccombeva  a'  casi  della  guerra  (i)  .  Se  una  delle  ca- 
"gioni  della  popolazione  di  un  paese  ,  è  la  fertilità  del 
terreno  ,  e  la  diligenza  della  coltura  ,  il  territorio  dei 
Volsci  non  mancava  certamente  di  questi  requisiti  . 
Strabone  lo  chiama  insigne  (p)  .  Sebbene  sotto  Augu- 


(ì)  Tìt.hìy.  ffist.lib.  FI. 

(2)  Volscorum  ager  pracclamsfuit.  Strah. Geog^. 

lib.  F.  \ 


I 


(    10^    ) 

sto  P  Italia  non  somministrava  ,  die  pochi  soldati  ,  e 
Io  stesso  Livio  n'  è  il  testimonio  (i)  .  E  i  Biuzj  ,  i 
Lucani,  gli  Appuli,  i  Sanniti  dove  sono?  dove  i  Ta- 
rantini ,  che  osarono  di  provocar  Roma  ?  essi  più  non 
esistono  :  quelle  regioni  ,  eh'  erano  un  semenzajo  di 
uomini  ,  sono  divenute  ora  un  deserto. 

La  vastità  dunque  de'  poderj  appartenenti  a  un 
solo  individuo  reca  un  sommo  pregiudizio  a'  progressi 
dell'agricoltura.  Ed  in  vero  l'eccesso  di  proprietà  in 
un  solo  suppone  il  difetto  di  proprietà  in  molti  .  Mi 
ricordo  di  un  hel  motto  di  un  antico  Imperadorc  Cinese, 
il  quale  diceva  ,  che  se  vi  era  in  un  angolo  del  suo 
imperio  un  uomo  oizìoso  »  doveva  cocorvì  altrove  un  al- 
tro ,  che  mancava  del  necessario.  Nel  caso  proposto  si 
verifica  questa  lezione  :  il  possesso  stravagante  è  adat- 
tabile alla  circostanza  indicata.  Questa  gran  parte  di 
non  proprietarj  non  ha  il  modo  da  impiegare  le  sue 
braccia^  e  quando  anche  l'avesse,  non  può  certamente 
coltivare  i  fondi  altrui  con  quella  diligenza  ,  e  con 
quella  cura  con  cui  coltiverebbe  i  suoi  :  questa  verità 
non  abbisogna  di  argomenti  per  essere  dimostrata.  Ol- 
tracciò i  poderi  quando  sieno  troppo  estesi  ,  e  soggetti 


(i)  Simile  veri  est  .  .  .  innumerabilem  mnlti- 
tndiiiem  libcrorum  capitimi  in  eis  Jtiisse  locis ,  quae 
mine  vix  seminario  exigno  milìtum  relieto,  servi fia 
romana  ab  solitudine  vindicant .  Tit.hìy.  I/ist.l.f'I. 


(   102  ) 

a  un  proprietario   solo  ,  sono  ordinariaraenle  negligen- 
tati.  Virgilio 

Quello  savio  gentil ,  die  tatto  seppe. 
e  che  sapea  ,  sopratulto  di  agricoltura  ,  ne  fece  un 
canone  agrario  (ì)  .  Non  si  replica  mai  abbastanza 
dal  dire ,  che  la  terra  quanto  è  più  divisa  ,  altrettanto 
è  più  cortese  ,  e  feconda  .  Sì  ^.  né  si  dovrebbe  cessar 
mai  dal  pr>,dicare  questa  verità.  Quel  Cajo  Furio  Cre- 
sino  ,  che  raccogliendo  nel  picciolo  suo  campo  di  frutti 
copiosi ,  mentre  scarseggiavano  altri  ampj  poderi  con- 
finanti ,  accusato  ne'  comizj  d'  incantesimo  ,  come  si 
sbrigò  dall'  imputazione  fattagli  ?  Egli  portò  nel  foro 
gì'  istrumcnti  rurali  ,  condusse  sepo  una  sua  figliuola 
robusta ,  e  ben  adorna  ,  de'  ferri  ben  fatti ,  delle  zappe 
pesanti,  de'vomeri  gravi,  e  de' buoi  grassi,  e  nudriti. 
Ecco,  disse,  o  Romani,  i  miei  incantesimi,  né  posso 
mostrarvi  ,  o  portare  nel  foro  i  miei  travagli ,  le  mie 
vigilie ,  i  miei  sudori  (2)  . 

Non  men  grave  danno  reca  all'  agricoltura  1'  abu- 
so ,  che  fanno  de'terreni  cotesti  grandi  proprietarj .  Essi 
ne  sacrificano  al  piacere  una  gran  parte  ,  che  bagnata 
dal  sudore  del  villico  laborioso  ,  darebbe  abbondanti 
ricolte  ,  e  presterebbe  la  sussistenza  a  molte  famiglie. 
I  boschi  dedicati  alla  caccia  ,    le  ville  spaziose  ,  e  su- 


(i)  Exiquiim.  colito.  Virg.  Georg.  Lih.  II. 
(2)  Plin.  Hist.  nat.  Lib.  XFIIL  C.  FI, 


(  io3  ) 
perbe ,  i  lunghi  ,  e  tortuosi  viali  destinati  colla  loro 
ombra  infeconda  a  difendere  1'  ozioso  ,  e  ricco  possessore 
dagli  ardori  del  sole  ,  quanti  alimenti ,  quanti  mezzi  di 
sussistenza  ,  quanta  popolazione  in  conseguenza  non 
tolgono  ad  uno  Stato  ?  Ecco  come  considerevoli  som- 
me ,  che  dovrebbono  consecrarsi  alla  conservazione  , 
ed  all'  aumento  dell'  annua  riproduzione  ,  sono  irrepa- 
rabilmente dissipate  da  folli  capricci  di  un  lusso  rui- 
noso  ,  e  da' bisogni  dell'opinione,  cui  sa  mal  resistere 
la  legge  . 

Onde  convincersi  della  vastità  de'poderi  all'  qioca 
de'  Cesari  basterà  leggere  la  lettera  scritta  da  Tiberio 
al  Senato.  Egli  chiama  infiiiiie  1'  estensioni  delle  ville 
de'  suoi  tempi  (i)  .  L' Italia  ,  la  Sicilia  ,  e  altre  pro- 
vincie  dell'imperio  romano  furono  il  vasto  patrimonio  di 
poche  famiglie.  Plinio  attesta ,  che  una  metà  dell'Affrica 
era  divisa  fra  sei  soli  proprietarj  (2).  Taccio  i  giardini 
di  Lucullo ,  che  venivan  riputati  i  primi  fra  i  più  son- 
tuc^i  de' Sovrani  (5)  j  taccio  le  possessioni  di  Crasso, 
che  non  giudicava  ricco  colui ,  che  non  potea  assoldare 
a  sue  spese  un  esercito  (4).  Quale  immensità  di  fortune 


(1)  Villanim  injinita  spatia  Tacìt.  on.Lih.  III. 
C.  LI  IL 

(2)  Sex  domini    semisseni  Africae  possidehant. 
Pliii.  Ili^t.  nat.  Lib.  XVIII,  C.  FI. 

(3)  Plut.  in  Lue. 
C4)  Id.  in  trass. 


(  'o4  ) 

qual  vastità  di  beni  !  Qnal  differenza  da'  primi  tempi 
della  repubblica  ,  quando  Curio  considerava  pernicioso 
quel  cittadino  ,  che  non  era  contento  di  sette  jugeri 
di  terra  ? 

Io  non  voglio  già  farmi   difensore  della  uguale  di- 
visione de' beni.  Lungi  un'idea,  clie  ricorda  ^odio^a  le- 
gislazione de' Gracchi;   lungi  un  progetto  assolutamente 
chimerico ,  o  pericoloso  almeno  alla  pubblica  tranquil- 
lità. So  che  le  terre  troppo  divise  si  oppongono  anche 
al  miglioramento  dell'agricoltura, poiché  escludono  quel- 
le grandi  spese  in  anticipazione,  da  cui  essa  riconosce 
La  sua  perfeziono.  INIa  quei  colossi  mostruosi  ,    che  as- 
sorbiscono tanti  piccioli  patrimonj ,  quelle  vaste  posses- 
sioni ,  il  di  cui  confine  è  segnato  dall'  orizzonte  j  quei 
proprietarj  enormi  ,  che  visitano  cosi  spesso  quella  parte 
di   terreni    dedicati    alle  dehzie  ,    e  non    degnano    mai 
d'un  guardo  quell'altra  parte  consecrata  alla  fruttifica- 
zione ,    non  possono  certamente    fiivorire  1'  agricoltura. 
E  furono  appunto  questi  colossi,  furon  queste  stermi- 
nate possessioni  ,    furon  questi    stragrandi    proprietarj  , 
che  minarono  sotto  i  Cesari  l'agricoltura,  e  l'Italia  (^i). 
Ma    se    vi    furon    in    Roma    di    cosi  vasti  proprietarj , 
non    potendo    essi    da    se    soli    promuovere    la  fertilità 
de'  loro  fondi  ,   dovettero  cercare  nelle  moni  lavoratrici 
gli  strumenti  uecessarj  a  fender  le  zolle  degli  smisurati 


(i)    Lnt/fiindia  perdìdere   Italiarn.   Plin.    Hist. 
fiat.  Lih.  XP  III.  C.  FI, 


I 


(  'o5  ) 
loro  campi .  Fosse  pur  piaciuto  al  cielo ,  che  la  coltura 
di  così  ampli  terreni  fosse  stata  affidata  a  gente  libera, 
a  contadini  esperti,  ad  uomini  laboriosi.  Una  turba  di 
schiavi  atterrita  dalla  sferza  di  un  padrone  crudele,  eJ 
ingrato,  era  la  coltivatrice  di  quelle  vaste  possessioni. 
Cosa  poteva    mai  sperarsi  da  questa    classe  scioperata  , 
che  ministra  in  gioventù  della  mollezza  de'potenli,  di- 
venutane il  rifiuto  in  vecchiaja  ,  veniva  cacciata  ne'cam- 
pi  ,    ove  èra  forzala    a  divenire    tutto    ad   un  tratto   la 
maestra  di  un'  arte  ,  che  richiede  esperienza  ,    e  robu- 
stezza (i)  ?  Le  gocce  di  sudore  ,  che  grondano  dalla  fron- 
tjB  dell'  operajp  ,  quando  non  sono  riscaldate  dall'azione 
di  un  travaglio  volontario,  ma  sono  figb'e  del  tenore, 
isteriliscono  ,  e  non  fecondano  la  terra.  Misera  Italia  ! 
Questa  bella  regione  ,    che  nella  conquista  del  mondo 
somministrò  dal  suo  seno  tutti  gli  eserciti  ,    e  che  dal 
prodotto    delle  sue  campagne    alimentò    provincie  stra- 
niere, sotto  i  Cesari  vota  di  popolazione,  straziata  dalle 
guerre  intestine  ,  smunta  dall'ingorda  avarizia  de'pub- 
blicani  ebbe  di  bisogno  delle  messi  dell'Africa,  e  dell' 


(i)  Si  fundiim  locuples  mercatus  est ,  e  turba 
pedisseqnorum  ,  lecticarioriimque  defedi ssimum  an~ 
nis  ,  et  viribus  in  agnini  relegai  .  .  .  ignarum  rei 
cui  praejuturus  est ,  magistrum  Jieri  jubet .  Colum. 
in  Praef. 

'4 


(  io6  ) 

Egitto  ,  fidando  così  alle  navi  ,   e  alla  fortuna  la  sus- 
sistenza de'  suoi  abitatori  (i). 

Non  si  può  non  rattristarsi ,  quando  si  legge  sotto 
il  governo  de'Cesari  così  spesso  affamata  l'Italia.  Sotto 
Augusto  Roma  provò  il  flagello  della  penuria .  Questo 
principe  ,  che  fondò ,  e  resse  il  suo  imperio  sulle  basi 
di  una  raffinata  politica,  conobbe  T importanza  di  man- 
tenere in  Roma  un*  annona  sempre  abbondante  :  perciò 
egli  dopo  conquistato  l'Egitto  si  diede  cura  di  facili- 
tare lo  scolo  a  que'  tanti  canali  destinati  a  raccogliere 
le  acque  del  Nilo,  che  lunghezza  di  tempo  aveva  op- 
pilati  (2)  :  perciò  egli  vietò  a'  Senatori  ,  e  a'  Cavalieri 
distinti  di  entrare  in  Egitto  ,  perchè  temeva  ,  che  un 
cittadino  riguardevole  potesse  impedire  1'  estrazioni   di 


(1)  Olìm  ex  Italiae  j^egìonihus  longìnqiias  in 
provincias  commeatiis  portabant  ;  nec  mine  ìnfecun- 
ditate  laboratiir  ^  sed  AJricam  potìus ,  et  yEgyptum 
exercemus  ,  navibusqiie  ,  et  casibus  vita  populi  Ro- 
mani permissa  est.  Tacit.  an.  Lib.  XII.  C.  XLIII. 

(2)  ^gyptum  in  provinciae  formam  redactam , 
ut  jeraciorem  habilioremque  annonce   urbicae    red- 
deret  fossas  omnes  ,  in  quas  Nilus  exoestuat  ,  obli- 
matas  longa  vetustate ,  militari  opere  detersit.  Svet. 
in  Oct.  C.  XVIII. 


1 


(  io^  ) 

grano  per  la  sede  dell'impero  (i).  In  falli  sotto  Cesare 
Roma  fu  afllitla  dalla  faine  ,  perei  è  Pompeo  ,  che  te- 
neva occupata  la  Sicilia  ,  la  /Sardegna  ,  e  la  Corsica 
impedì  le  regolari  spedizioni  frumentaric'.  né  l'Italia 
poteva  allora  riparare  a  questo  bisogno  per  l'estrema 
decadenza  dell'  agricoltura  (2) .  Una  fame  a  Roma  ec- 
citava degli  ammutinamenti  ^  quella  plebe  avvezza  nell' 
ozio  ad  esser  nudrila  dalla  mano  degl'  Imperadorì  di-^ 
veniva  insolente,  quando  non  sentiva  il  ventre  pieno, 
e  in  quel  caso  la  vita  del  Piincipe  era  mal  sicura  . 
Qual  fu  il  fine ,  che  spinse  Werone  ad  esentare  i  mer- 
catanti di  grano  da  ogni  sorta  di  gabelle  (5)  ?  fu  la 
fame  a  cui  Roma  andava   così  spesso   soggetta  ,    fu   il 


(i)  Aiigustus  Inter  alia  domina/iones  arcana 
vetitis  ,  ni.si  permissu  ,  iiigredi  Senatoribus  ,  aut 
eqiiitihus  Ronianis  iìlustrihus  ,  seposuit  y^grptnrn  , 
ne  fame  iirgeret  ftaliam ,  quisqitis  eam  provinciam 
....  ingredisset.  Tacit.  an.  Lib.  II.  C.  XLIX. 

(2)  Urhs  fame  lahorabat ,  ifnf)editis  per  Pom- 
penm  frnmentatio?iibìis  maritimis  :  in  Italia  vero 
prce  continuis  hellis  agricultura  neglecta  propemo- 
dnm^  et  siquid  agri  ferrent ,  absiimentemilite.  App. 
in  Bel.  Civ.  Lib.  V. 

(3)  Imperata  apud  transmarinas  provincias  fru- 
menti suhvectio  '.  et  ne  censibus  negotiatorum  naves 
ascriberentiir ,  tributumque  prò  illis  pender ent,  con- 
stitutum.  Tacit.  an.  Lib.  XIII.  Q.^i. 


> 


(  io8  ) 

timor  della  vita  ,  da  cui  gì'  Imporadori  eran  sempre 
minacciati  all'epoca  di  una  carestia  .  Tiberio  ,  questo 
principe  sempre  sospettoso  ,  sempre  timido  diede  un 
aria  più  misteriosa  allo  statuto  del  suo  predecessore  . 
Egli  riserbò  1'  amministrazione  dell'  Egitto  ad  uno  dei 
suoi  liberti,  e  sgridò  acremente  Germanico,  che  senza 
suo  ordine ,  e  contro  il  divieto  di  Augusto  avesse  messo 
piede  in  Alessandria  (i)  :  tanta  era  la  premura  ,  che 
aveano  i  Cesari  di  fornir  Roma  di  copioso  frumento  . 
Ciò  però  non  tolse  ,  che  sotto  il  suo  governo  non  vi 
fosse  carestia.  Tacito  afferma  ,  che  una  volta  fu  per 
tumultuare  il  popolo  ,  il  quale  in  teatro  spiegò  una 
licenza  non  mai  usata  agi'  Imperadori  (2)  .  Claudio  , 
l'imbecille  Claudio,  invigilò  più  d'ogni  altro  Impera- 
dore  all'  annona.  Egli  a  quest'  oggetto  fece  restaurare  il 
porto  di  Ostia  (3)  ,  e  costituì  molti  privilegi  a'  costrut- 
tori di  bastimenti  :  propose  a'  negozianti  di  grano  dei 
guadagni  certi  ^  e  giùnse  fino  al  punto  di  assumere  in 
se  que'  danni  che  avessero  potuto  cagionar  le  tempe- 
ste (4).  Ad  onta  però  di  tutt'i  suoi  provvedimenti,  la 
fame  non  cessò  di  mostrare  1'  orribile  suo  ceffo  .  Essa 


(1)  acerrime  increpuit  ,  quod  cantra  instituta 
Augusti ,  non  sponte  principis ,  Alexandriam,  introis- 
set.  Id.  ib. 

(2)  Id.  an.  Lib.  VI.  C.  XIII. 

(3)  Dion.  Hist.  Lib.  IX. 

(4)  Svet.  in  Claud.  C.  XVIII- 


(  '09  ) 
andò  tanl'  oltre  ,  che  Claudio  fu  irailcnuto  nei  loro 
dalla  plebe,  e  fu  così  malmenalo,  e  coperto  d'ingiu- 
rie, che  a  stento  potè  sottrarvisi,  cercando  un  asilo 
nel  suo  palagio  (i)  .  Finalmente  fame  sotto  Antonino 
Pio  ,  fame  sotto  M.  Aurelio  ,  fame  sotto  Cominodo  , 
e  fame  generalmente  sotto  tutti  gì'  imperadori  Romani 
Eppure  il  primo  pensiero  de'Cesari  era  quello  di  prov- 
vedere all'annona  di  Roma.  Infatti  Vespasiano,  chia- 
mato dall'Oriente  a  prender  possesso  dello  imperio, 
si  avvisò  di  occupare  Alessandria  ,  che  veniva  riguar- 
data come  la  chiave  dell'Egitto.  Severo  di  ritorno  dal- 
la spedizione  de'Parti,  volle  passare  per  l'Egitto, 
prendendo  esatto,  e  minuto  conto  della  situazione,  e 
dello  stato  di  quella  provincia.  Aureliano  si  gloriava 
di  avere  accresciuta  1'  annona  ,  e  di  avere  stabiliti  dei 
nuovi  barca]  uoli  nel  Nilo  ,  altri  destinati  nel  Tevere 
per  lo  pili  facile  trasporto  de'  grani  ;  a  qual'  oggetto 
egli  scriveva  a  Flavio  Arabiano  Prefetto  dell'  annona  , 
perchè  proccurasse ,  onde  non'  andassero  a  voto  queste 
sue  disposizioni ,  poiché  sapea  ,  che  nulla  poteva  esser 
più  importante  che  la  sazietà  al  popolo  Romano  (2) . 
Tutti  gli  sforzi  però  ,  e  tutte  le  provvidenze  de'  Cesa- 


(i)  Id.  ibid. 

(2)  Tuum  est  officium.  Ambiane  iuciindissime ^ 
elaborare ,  ne  mece  dispositiones  in  irritum  veniant. 
Neque  eniin  populo  Romano  saturo  quicquam  po- 
test  esse  Icetius.  f^opisc.  in  Aurei. 


(no) 

ri  ,  non  fiiroii  bastanti  a  guarantire  l'Italia  dal  flagel- 
lo della  fame  .  Né  potea  diversamente  avvenire  .  Una 
nazione,  dice  l'Ab.  Genovese,  che  può  avere  in  sua 
casa  grano ,  ed  altre  derrate ,  ed  arti  di  prima  neces- 
sità, se  in  ciò  dipende  dalle  straniere,  è  stolta,  e  schia- 
va .  Se  per  accidente  fosse  venuto  a  interrompersi  il 
regolare  trasporto  de' grani ,  Roma,  e  l'Italia  sarebbe- 
ro perite  sicuramente  di  fame  .  Alla  mancanza  dell'  E- 
gltto ,  e  dell'Affrica  potea  forse  supplire  l' Italia  ?  Vana 
lusinga .  Il  giardino  dell'  Esperidi  non  presentava  allo- 
ra che  l'orrido  spettacolo  di  vastissime  solitudini  (i). 
Ecco  lo  stato  lagrimevole  dell'  Italia  sotto  il  regime  dei 
Cesari  ;  ecco  i  tristi  effetti  dell'  abbandonamento  dei 
campi  :  ecco  le  conseguenze  funeste  della  vastità  di  quei 
poderi ,  che  al  dir  di  Columella  non  eran  in  caso  nep- 
pure di  essere  trascorsi  a  cavallo  da'  loro  proprietarj , 
o  che  si  lasciavan  devastare  dagli  animali ,  o  la  di  cui 
coltura  si  affidava  agli  schiavi,  e  a' mercenarj  (2). 

Ne'  primi  tempi  di  Roma ,  quando  si  cacciavan  di 
Senato  personaggi    distinti  ,    perchè    faceansi  servire    a 


(i)  Solitudines  ,  quce  tum  erant  per  Italiani  , 
plurimce  freqiientahantur.  Dion.  Hist.  KKXVIII. 

(2)  More  preepotentìum  ,  qui  possident  Jìnes 
gentiuin ,  qiios  ne  circiimire  equis  quidem  valerti , 
sed  proculcandos  pecudibus ,  et  vastando.s ,  ac  po- 
pulandos  feris  derelbiquunt ,  aut  occupatos  nexu 
civium ,  et  ergastidis  tenent.  Colum.  Lib,  I.  C.  Ili' 


ì 


(in) 

mensa  in  vasi  di  argento  ,  il  possesso  territoriale  era 
circoscrittto  ne' confini  della  mediocrità  :  qual'era  dun- 
que la  cagione  della  tanta  ubertà  d'allora,  e  di  cui  ne 
fanno  fede  le  Storie  ?  Plinio  risponde  j  perchè  la  terra 
coltivata  dalle  mani  de'Generali,  andava  superba  di  un 
aratro  ornato  di  alloro,  e  di  un  aratore  trionfante*,  o 
perchè  essi  coU'istessa  diligenza  trattavano  le  sementi, 
che  le  cose  della  guerra ,  impiegando  nella  coltura  del- 
la terra  l' istessa  attenzione ,  che  usavano  nel  disporre 
gli  alloggiamenti  ,  o  finalmente  perchè  le  cose  fatte  da 
jnani  onorate  riescono  più  felicemente,  perchè  fatte 
con  più  diligenza  (i).  Questo  era  lo  stato  dell'agricol- 
tura de' primi  tpmpi  j  ma  i  Romani  del  settimo  secolo 
e  de'  susseguenti  anzicchè  nelle  messi  ,  e  ne'  vigneti 
amarono  meglio  di  esercitare  le  loro  mani  ne  circhi , 
e  ne'  teatri   (2)  . 

Si  è  veduto  fin'  ora  il  grave  pregiudizio ,  che  la 
liberalilà  degl'  imperadori  recò  all'  agricoltura  ^  si  è  ve- 
duto il  più  grave  danno,  che  portò  a  quest'arte  la  so- 
verchia dilatazione  de' poderi  resta  ora  a  vedersi  qual 
inlluenza  ebbe  alla  distruzion  dell'agricoltura  il  lusso, 
e  dimostrare  come  la  precipitosa  decadenza  della  pri- 
ma rispose  alla  precipitosa  irruzione  del  secondo  :  che 


(i)  Pìin.  Hist.  nat.  lib.  XFIII.  C.  III. 

(2)  Manus  movere  mahierimt  in  Theatro ,  ac 
Circo  ^  quam  in  segetibus  ac  vinetis.  Varr.  de  R.R. 
Lib.  II. 


(    "2    ) 
a  guisa  di  contagio  attaccò  tutti  gli  ordini ,  e  tutte  le 
classi  de'  cittadini  romani. 

Il  lusso  è  il  segno  indubitato  della  opulenza  di 
una  nazione  .  Quando  questa  opulenza  sia  il  frutto 
del  travaglio  ,  quando  il  lusso  sia  figlio  dell'  uso  ,  che 
si  fa  delle  ricchezze  per  proccurarsi  una  esistenza  pia- 
cevole ,  egli  è  un  bene',  perchè  promuove  l'industria, 
incoraggia  il  commercio,  impedisce  il  ristagno  del  nu- 
merario ,  e  favorisce  1'  agricoltura  .  Esso  anzi  la  mi- 
gliora ,  poiché  un  proprietario  ,  che  sacrifica  al  lusso 
il  superfluo  delle  sue  rendite ,  si  affatica  a  coltivare 
la  terra  con  più  diligenza  ,  onde  poter  cambiare  una 
maggior  quantità  di  produzioni,  con  una  maggior  quan- 
tità di  comodi  .  Ma  questo  non  fu  il  lusso  di  Roma  , 
perchè  1'  opulenza  di  Roma  non  fu  il  lento  frullo  del 
travaglio ,  e  della  industria ,  ma  fu  il  rapido  effetto 
di  una  più  rapida  conquista  .  Quei  pretesi  pronipoti 
di  Marte  passarono  in  poco  tempo  dalla  povertà  alle 
ricchezze  ,  dalla  sobrietà  al  lusso ,  dalla  fatica  all'ozio, 
dalla  vigilanza  all'  inerzia  .  L'  ardor  del  bottino ,  e  la 
cupidigia  dell'  oro  non  conobbero  gradi  ne'  loro  petti  . 
Essi  restarono  ammaliati  in  faccia  allo  splendore ,  e 
alla  magnificenza  asiatica  j  irritati  dalla  fame  delle  ric- 
chezze soggiogarono  tutt'  i  popoli ,  desolarono  luti'  i 
regni  .  Avea  ragione  quell'  aulico  poeta  di  dire  ,  che 
Giove  guardando  la  terra  non  vi  potea  veder  nulla  , 
-che  non  fosse  trofeo  delle  armi  romane  .  Roma  diven- 
ne in  un  istante  il  tempio  di  Saturno  ,  ove  andavano 
a    depositarsi  l'  oro  ,  1'  argento  e  gli  oggetti  preziosi  di 


(  "3) 
tutte  le  nazioni  .  Qual  differenza  tra  il  popolo  roma- 
no, die  rende  ad  Aitalo  l'Asia  conquistata  collo  armi, 
e  il  popolo  romano ,  che  avido  de'tesori  di  Tolommeo ,. 
Re  di  Cipro,  lo  condanna  a  perdere  il  regno,  e  le  fa- 
coltà (i)  !  Tito  Quinzio  Flaminio  ,  che  ridona  la  li- 
bertà alle  ricche  città  Greche  conquistate  ,  è  un  esem- 
pio ben  diverso  da  Crasso  ,  che  per  V  ingordigia  del- 
l'oro malgrado  le  imprecazioni  del  tribuno  Atejo,  in- 
tima la  guerra  ai  Parti  (2)  . 

Questa  veemente  irruzione  delle  ricchezze  ,  e  del 
lusso  in  Roma  portò  l'  ultimo  colpo  distruttore  all'  a- 
gricoltura .  La  storia  di  Spagna  al  tempo  della  scoper- 
ta di  America  ,  la  ColcKido  moderna  ,  può  fornire  un 
esempio  luminoso  della  situazione  de' Romani  nell'epo- 
ca di  cui  parlo  . 

Si  è  avuto  luogo  di  osservare  di  quanto  danno  ca- 
gione fu  all'  agricoltura  romana  l'uso  degli  schiavi.  Ma 
se  il  forzoso  ,  e  stentato  travaglio  degli  schiavi,  anzi- 
ché fecondare,  isteriliva  la  terra ,  il  niun  travaglio  do- 
veva inorridirla .  Non  è  possibile  di  esprimere  la  pro- 
fusione ,  che  faceano  i  Romani  nella  compera  degli 
schiavi  destinati  a  formare  il  corteggio  de'  ricchi  .  Quel 
Cajo  Cecilio  Isidoro  ,  che  malgrado  i  mali  sofferti  nel- 
la guerra  civile  ,  lasciò  morendo  4000  servi  era  a  mio 


(0  Hor.  Lib.  IH.  C.  IX. 
(2)  Phit.  in  Flam. 
Valer. Max.  lib. IF.  CXIIL  e  Fior.  Lib. II.  C.  FU. 

i5 


("4) 

giudizio  un  nemico  dichiarato  dell'agricoltura  (i).  La 
famiglia  servile  di  Cesare    era    composta  de'  più  belli , 
e  speciosi  soggetti  ;  egli  li  comperava  a  carissimo  prez- 
zo ,  e  nascondeva    sempre    ai    suoi    computisti  il  loro 
costo  per  risparmiarsi  il  rossore    di    pubblicare   la  sua 
profusione  in  questa  specie  di  lusso  (2).    Non    vi    era 
ricco  ,  che  camminando  per  la  città  non  si  traesse  die- 
tro un  esercito  di  seivi  (3).  Le  matrone  istesse  quan- 
do uscivano  erano  accompagnate  da  questo  lungo  cor- 
teggio (4).   Tiberio  dunque  non  esagerò,  quando  nella 
sua  lettera  al  Senato  li  chiamò  popoli,  e  nazioni  (5). 
Tante  braccia  tolte  all'  aratro  toglievano  altrettanti  ali- 
menti alla  popolazione  .    Questi)  è  un    lusso  di  fasto  ^ 
è  un    lusso  di  ostentazione ,    che    ferisce    direttamente 
l'agricoltura,  attacca  nel  suo  principio  la  riproduzione, 
e  prepara  insensibilmente  la  ruina  delle  nazioni  . 


(1)  Plin.  HisU  nat.  Lib.XXXIIL  C.  X. 

(2)  Servitìa  recentiora ,  politioraque  immenso 
pretio ,  et  ciijus  ipsiim  etiani  puderet,  sic  ut  ratio- 
nibus  vetaret  inferri.  Svet.  in  Caes.  C.  XLVIL 

(3)  Familiarum  agmina  post  terga  traentes. 
Amm.  Marcel.  Lib.  XIV. 

(4)  Quo  comitatu  matronce  complures  opertis 
capitibus  ,  et  basternis  per  Intera  civitatis  cuncta 
discurrnnt.  Id.  ibi. 

(5)  Familiarum  numerum  et  nationes  .  Tacit. 
an.  Lib.  «I.  C.  LIIL 


(  1^5) 
I  Romani  degenerati  in  un  subito  si  abbandona- 
rono ad  ogni  sorta  di  corruzione  :  la  corruzione  li  gettò 
in  una  sentina  di  vizj ,  che  per  alimentarli  si  spende- 
vano immensi  tesori  .  Uno  de'  vizj  più  prediletti  fu 
l' intemperanza  ,  e  la  ghiottoneria.  Ortensio  il  facondo 
oratore  fu  il  primo ,  che  nella  sua  cena  sacerdotale 
introdusse  i  pavoni  ^  e  Marco  Aufidio  Lurco  ebbe  l'o- 
nore di  trovare  il  nìodo  d' ingrassarli .  Roma  fu  debi- 
trice a  Fulvio  Irpino  della  istituzione  de' viva)  di  lu- 
niaclie ,  e  della  maniera  d'ingrassarle  con  vin  cotto,  e 
farro  .  Sergio  Orata  comunicò  il  primo  alle  ostriche 
un  sapore  squisito,  e  Cajo  Irrio  fece  gustare  le  mure- 
ne (i).  Macrobio  rapporta,  che  la  villa  di  costui, 
benché  di  mediocre  grandezza ,  pure  pel  pregio  dei 
vivai  fu  venduta  quattro  milioni  di  sisterzi ,  che  di 
nostra  moneta  oltrepassano  i  100,000  ducati  (2)  .  La 
storia  ci  ha  conservato  il  nome  di  Clodio  Esopo  ric- 
chissimo istrione  ,  il  quale  volle  sperimentare  qual'  ef- 
fetto avrebbe  prodotto  al  palato  il  sapore  delle  perle 
disciolte  in  aceto  (3).  È  celebre  in  questo  genere  di 
lusso  il  convito  dato  da  Cleopatra  a  M.  Antonio  .  La 
cena  di  Metello  pontefice  massimo    era    imbandita   dei 


(i)  Plin.  Hist.  nat.  Lib.  IX. 

(2)  Htijus  Hirrii  villani  quamvis  non  amplam , 
aut  latam  constai  propter  vicaria  quce  hahuit,  qua- 
4ragies  sestertium  venundatain.  Macrob.  Sat.  Lib.IIL 
C.  XV. 

(3)  Plin.  Hist.  nat.  Lib.  IX.  C.  XXXV. 


(ii6) 

cibi  i  più  ricercati ,  e  i  più  squisiti  (i).  Le  mense  dì 
Vitellio  ,  e  fli  Lucio  Vero  oltrepassano  qualunque  im- 
maginazione .  Il  fasto  della  gola  de' Romani  era  insul- 
tante ,  essi  facean  costare  una  vivanda  100,000  se- 
sterzi ,  non  altramente ,  che*  praticarono  alcuni  di  que- 
gli Spagnuoli  ,  che  arricchiti  in  pochi  giorni  dall'  oro 
del  Messico ,  e  del  Perù  facean  riscaldare  de'  ragù  con 
dei  biglietti  di  Banco  .  Giovenale  avea  ragione  di  dire 
che  nn  solo  convito  divorava  il  patrimonio  di  una  fa- 
miglia (2).  Ammiano  chiama  voragini  le  mense  dei 
Romani  (3).  Ma  quando  i  Principi ,  quando  i  Pontefi- 
ci ,  i  quali  erano  non  meno  i  presidenti  del  culto  reli- 
gioso c]ie  i  luaesiri  d*»!!»  cucina  davau  degli  esempi 
contagiosi  di  lautezza^  cosa  poteva  mai  sperarsi  dal  resto 
de'  cittadini  ?  Vespasiano  fu  frugale  nel  vitto  ,  modera- 
to nel  vestire  :  i  Romani  ad  imitazione  del  principe 
riformarono  in  parte  le  loro  abitudini  ,  i  loro  costu- 
mi .  Così  r  esempio  ottenne  quello ,  che  non  avrebbo- 
no  potuto  ottenere  la  pena,  e  il  timor  della  legge  (4). 
Tanto  è  vero    quell'aureo    dettato    di    Cicerone,    che 


(1)  Macroh.  Sat.  II.  C.  XK 

(2) una  comedunt  patrimonia  mensa  . 

Juv.  Sat.  L 

(3)  Mensarum  voragine^.  Amm.  Lib.  XIV- 

(4)  Oh.sec/iiium  in  principem  ,  et  cemuìandi  ajnor  - 
vaìidior  qiutm  pcena   ex  legibus  ,    et  metus  .    Tacit. 
An.  Lib.  III.  Cap.  LV.  ^ 


tali  sogliono  essere  in  uno  slato  i  ciltadini,  quali  so- 
no i  principi  (i).  Io  lascio  indietro  una  infinità  di 
esempi  della  profusione  ,  e  dello  scialac(|uamento  dei 
Romani  .  Io  non  debbo  tessere  i  fasti  della  gola ,  o 
della  intemperanza  di  quella  nazione.  Orazio  ci  ha  la- 
sciato nelle  sue  Satire  un  monumento  eterno  della  in- 
gegnosa ghiottoneria  di  quei  tempi.  Un  lusso  di  questa 
natura  è  un  lusso  di  consumazione  ,  cui  non  vi  è  la 
via  di  riparare .  Quando  poche  bocche  divorano  il 
frutto  dal  travaglio  di  molte  braccia,  allora  una  parte 
di  queste  dee  languire  di  stento  :  Quando  un  uomo 
solo  consuma  quello  ,  che  potrebbe  bastare  a  molti  , 
allora  egli  fura  agli  oltrl  la  euesistenza,  e  tende  a  sce- 
mare la  popolazione  ,  scemando  così  1'  agricoltura  . 

Che  dirò  io  della  corruzione  del  lusso  donnesco, 
e  di  tanti  ministri  della  dissolutezza  romana  ?  Le  pse- 
cadi ,  le  veslìpUci ,  le  imtatrici  ,  le  tessitrici  ,  le 
cosmetc  da  una  parte  ^  gli  unguentar]  ,  i  bagnaiuoli, 
i  cuochi,  che  doveano  avere  lo  stesso  raffinamento  di 
gola  de'  loro  padroni  (2) ,  e  il  resto  degli  artefici  del- 
la voluttà  dall'  altra  .  Questo  lusso  aumentò  ,  e  nudrì 
in  Roma  un  infinito    numero    di   mestieri  ,    e    di    arti 


(i)  Quales  in  repuhlica  principes  siint ,  tales 
reli'pios^olere  esse  cives  .  Cic. 

(2)  Non  satis  est  drs  sola  coquo  servire  palato 
Naim/ite  cnquns  domini  debet  habere  gulam .  Mar- 
tial.  Lib.  XIV.  Epig.  218. 


(ii8) 
non  produttrici  di  alcuna  ricchezza  j  e  diminuendo  in 
conseguenza  il  numero  della  classe  coltivatrice  ,  dimi- 
nuì ,  e  spossò  l'arte  dell'agricoltura  eh' è  la  sola  pro- 
duttrice delle  rendite  vere  ,  e  reali .  Che  se  si  voglia 
riguardar  il  lusso  sotto  un  altro  punto  di  veduta  ,  qual'è 
il  lusso  di  generi  stranieri  ,  si  troverà  ,  che  V  agricol- 
tura in  Italia  dovea  diseccarsi  fin  nel  suo  fonte .  L'  I- 
talia  in  ogni  tempo  rinomata  pe'  suoi  vini ,  benché 
non  dispregiasse  i  proprj  ,  fece  uso  sotto  i  Cesari  di 
vini  forestieri  (i)  .  I  più  pregiati  erano  quei  della  Gre- 
cia, e  dell'Asia.  Il  Chio  ,  il  Sarao  ,  il  Cipro,  il  Lesbo 
accupavano  sempre  il  primo  posto  sulle  mense  do' ric- 
chi .  11  pili  lodalo  ,  e  il  ju'ù  iioLilo  era  il  primo  .  Or- 
tensio ne  lasciò  al  suo  erede  più  di  10,000  caratel- 
li (2)  .  In  tal  modo  le  provincie  dell'  impero  si  arric- 
chivano a  spese  del  folle  lusso  de'  Romani  .  L'  Egitto 
forniva  il  frumento,  e  Roma  mandava  danaro.  L'AtlVi- 
ca  provvedea  le  frutta  ,  e  Roma  spediva  danaro  .  La 
Gullia  r  Olio  ,  e  Roma  danaro  ;  la  Spagna  la  cera  , 
il  mele,  e  Roma  danaro  ;  la  Grecia  i  >iiii,  e  Roma 
danaro.  Potea  mai  l'agricoltura  prosperare  ,  quando  il 
consumo  cadea  tutto  sopra  generi  stranieri ,  non  esclusi 
quelli  di  prima  necessità?  L'agricoltore,  che  non  può 
smerciare  le  sue  derrate  si  disanima ,  e  non  coltiva  più 


(i)  yai'ibiu<  vindeviianicondimus  ex  insìila  Coa, 
et  Ghia.  Varr.  de  R.  R.  lib.  II. 

(2)  Plin.  JJùt.  nat.  lib.XIF.  cap.  XIF. 


(  "9) 
quei  campi  ,  le  di  cui  |>ro<Ju/,ioni  non  coriHannaic  «I;il- 
la  moda  :>  inurcìn:  .  ()ui:hi<)  spirilo  (al^li;  di  noviù  è 
connine  anelili  alla  moderna  Jl.dia  .  Non  vcngon  inTha 
oggi  hulh;  nostre  menHc  ,  a  firer«;r';n/,a  d«'  nostri  i)\\  , 
e  de'  noslii  vini  ,  gli  Olj  ili  l'roven/.a  ,  e  i  vini  di 
Sciam|)agna  ,  «;  di  iJoigogtiii  ? 

lo  non  rammento  «jnì  la  propensione,  o  pinttosto 
il  furore  deMloinani  jx.-r  gli  ungii<;iiti  ,  per  gli  aromi, 
per  le  gemme,  le  [xrrle  ,  l'avorio,  1' ehano  ,  Tauilira  ,  e 
per  mille  alde  merci  di  fasto,  e  di  voluttuosa  delizia. 
Questi  generi  venivan  somministrali  dalli;  Indie  ,  dali' 
Araliia  ,  «lall.i  l'ersia ,  dall'Egitto,  dall'Etiopia,  e  da 
altri  remotissimi  paesi  ^  e  Koiiu  tranne  un  poco  di  olio, 
e  di  vino  li  c-onliiava  con  argentai,  ed  oro  effettivo  . 
Io  lio  voluto  WilarnenU;  fare  un  cenno  di  questo  lusfco 
sempre  ((assiso  po'  H  orna  ni  ,  [M;rche  si  possa  facilmente 
conquendere  ,  come  1' industija  <lell' Oriente  seppe  in 
poco  Ur;mpo  smungere  l'oro  ilelT infingardo  Occidente. 

l'inalniente  La  religione  istessa  ehhe  il  suo  lusso. 
Io  non  jjarlo  né  «legli  ornamenti  de'  U^nipli  ,  né  «Iella 
pompa  de' funerali,  né  (k-lla  magnififenza  delle  tumu- 
Ut/A'jtt'i  .  Io  int/.-ndo  di  dire  MjlanicnU;  dell'  ahus'j ,  che 
si  iact;  /le'  buoi  ne'  »acrifizj  .  Il  i>ue  ,  qiiest'  utile  com- 
pagno dell'uomo  nelle  faceude  lusticlie,  e  ministro  di 
Cerere  (i),  il  bue,  la  cui  uccisione  riell' anticliiià  rne- 


(i)'///c  aociius   hominum   in    rustico    opere  ^    et 
Cerei  in  rniuuter  .  Var.  de  R.  K.  lih.  II. 


e    120    ) 

rito  la  pena  della  morte,  e  dell'esilio  (i)  ,  II  bue  fu 
riputato  la  vittima  la  più  gradita  ai  bugiardi  numi  di 
Roma  (2)  .  Quelli  eh'  erano  destinati  a  sacrificarsi  da' 
trionfatori  si  facean  venire  dall'  Umbria  ,  che  avea  fa- 
ma di  produrne  de'  bellissimi  .  Merania  ne  forniva  de- 
gli speciosi  ,  e  prima  di  essere  tratti  al  sacrificio  fa- 
ceansi  lavare  nel  fiume  Clitumno  ,  perchè  si  credeva  , 
che  quelle  acque  li  rendessero  bianchi  (3)  .  Giuliano 
r  acerrimo  persecutor  de'  Cristiani  fu  furente  in  questa 
specie  di  sacrifizio  .  Egli  alcune  volte  giunse  ad  im- 
molare cento  tori ,  e  innumerabili  gregge  di  varii  be- 
stiami (4)  •  Il  togliere  questi  animali  alla  coltura ,  e 
toglierli  nella  loro  gioventù  ,  non  era  egli  lo  smembra- 
re dal  corpo  le  braccia  ?  Se  Costantino  in  tale  deca- 
cenza  dell'  agricoltura  sforzandosi  di  riparare  in  parte 
al  suo  ultimo  fato  ,  esentò  i  buoi  aratori  dal  servizio 
delle  pubbliche  vetture  ,  con  quanta  maggior  ragione 
non  si  sarebbe  dovuto  proibirne  il   macellamento   ?  In 


(i)  Ab  hoc  antiqui  manus  ita  ahstineri  l'oltie- 
runt ,  ut  capite  sanxerint  ,  si  qiiis  occidisset.  Id. 
Uh.  IL  cap.  V.  Plin.  Hist.  nat.  Uh-  J^III.  C.  XLV. 

(2)  Vittima  opima  ,  ci  laudatissima  deorum 
placai  io  Id.  ibid. 

(3)  Fedi  Virgilio  .  Georg,  lib.  II.  v.   146. 

(4)  Tauros  aliquoties  immolando  centenos ,  et 
inmimeros  varii  pecoris  greges .  Amm.  Marcel,  lib. 
XXII. 


I 


(    121    ) 

un  paese  ove  il  lusso  superstizioso  immolava  a  centi- 
naja  sugli  altari  questi  utili  animali  ,  sarebbe  stato  ne- 
cessario ,  che  la  legislazione  li  avesse  protetti  .  La 
cervice  ,  eh'  è  atta  al  giogo  non  dev'  essere  esposta  a' 
colpi  della  scure  ^  il  bue  si  dee  lasciare  in  vita  perchè 
è  quello  ,  che  insieme  coli'  uomo  travaglia  alla  sussi- 
stenza dell'  uomo  (i)  .  Esiodo  facea  consistere  il  so- 
stegno di  una  famiglia  nel  padre  ,  nella  madre ,  e  nel 
bue  aratore. 

In  tal  modo  decadde  1'  agricoltura  presso  un  po- 
polo ,  che  fu  signor  di  ogni  cosa  ,  finché  allo  spirito 
guerriero  seppe  associare  i  germi  dell'  attività ,  e  del 
travaglio  .  In  tal  modo  ruinò  una  nazione  ,  che  su 
queste  basi  fondò  il  più  vasto  ,  e  il  più  potente  domi- 
nio dell'  Universo  .  D' onde  si  conosce  chiaramente 
quanto  vadano  errati  coloro ,  che  allo  imperio  della 
forza  pospongono  quello  della  industria  . 


(i)  Apta  jiigo  cervix   non    est  ferienda    securi 
Fivat  y  et  in  dura  serpe  laboret  humo. 
Ovid.  Fast.  Lib.  IV. 
i6 


(    122    ) 

Memoria  sulla  depurazione  della  Canfora  greggia 
del  Socio  ordinario  Signor  Michele  Ferrara  , 
Letta  neir  adunanza  del  dì  16  di  aprile  1812. 


JT  ra  i  generi  coloniali  pervenuti  in  questa  Capitale 
nell'anno  1810,  vi  fu  quello  di  circa  libbre  4oniila  di 
Canfora  greggia  . 

E  noto  che  questa  sostanza  vegetabile  si  raccoglie 
abbondantemete  nel  Giappone  da  una  specie  di  Lau- 
ro ,  Laurus  Camphora  . 

Il  metodo  di  estrarla  consiste  nel  tagliare  minuta- 
mente i  rami ,  e  le  radici  di  quest'  albero ,  e  di  get- 
tarli così  picpaiitti  in  un  lambicco  ove  trovasi  ripo- 
sta dell'  acqua  .  Nel  capitello  di  questo  vase  si  adatta- 
no i  fascetti  di  paglia  di  riso  ,  ed  applicato  il  recipien- 
te al  suo  becco  si  procede  in  seguito  alla  distillazione. 

Con  tale  mezzo  la  Canfora  si  separa  dal  tessuto 
legnoso,  elevandosi  una  porzione  col  vapore  acquoso, 
altra  aderente  alla  paglia  del  riso  ,  il  resto  finalmente 
sotto  forma  di  una  massa  galleggiante  sull'  acqua  nel 
lambicco  . 

Raffreddato  1'  apparecchio  si  raccoglie  la  sostanza 
indicata  che  nel  tutto  insieme  rappresenta  un  colore  bian- 
co-fosco ,  lucido  ,  granoso  ,  facile  a  rappigliarsi  in  gru- 
mi ,  ne'  quali  va  sempre  fiammischiata  qualche  parti- 
cella legnosa  .   Questi  grumi   strofinati    colla   mano    si 


<    123   ) 

dipartiscono  in  tanti  minuti  granelli  di  figura  confu- 
sa .  La  massa  nell'  insieme  spande  1'  odore  acuto  della 
droga  •  imprime  sulla  lingua  un  sapore  prima  amaret- 
to ,  quindi  di  un  aroma  piccante  fresco  ,  ed  espansi- 
vo in  modo  ,  che  promuove  la  lagrimazione  . 

I  paesani  dopo  d' averla  raccolta ,  1'  immettono 
nelle  casse  formate  da  lamine  sottili  di  piombo  ,  sug- 
gellando le  commessure  collo  stagno  ,  ed  in  tal  mo- 
do condizionata  la  passano  in  commercio  col*  nome  di 
canfora  greggia  . 

Gli  Olandesi ,  e  gì'  Inglesi  sono  i  soli  che  ne  fan- 
no r  acquisto  .  Eseguono  con  riserva  il  metodo  ,  che 
praticano  nel  raffinarla  ,  ed  è  diversa  la  forma  ,  che 
le  conciliano  . 

I  primi  la  trasmettono  nelle  piazze  d'Europa  a 
piccioli  pani  di  figura  sferica  ,  ed  ognuno  di  questi 
non  eccede  il  peso  di  once  26. 

I  secondi  la  riducono  alla  forma  medesima ,  ma 
ogni  pane  sormonta  ordinariamente  le  libbre   12. 

Queste  masse  sono  compatte  ,  consistenti ,  dure  , 
di  colore  bianco  trasparente  ,  e  tramandano  1'  odore 
grazioso  canforico  . 

Parlando  della  storia  dì  questa  sostanza  vegetabi- 
le ,  credo  opportuno  l'aggiungere  ,  che  la  medesima  non 
si  sapeva  estrarre  dai  nostri  antichi ,  se  non  da  un  al- 
bero ,  che  cresce  nelle  isole  Molucche  .  Venne  in  se- 
guito trovata  abbondantemente  nel  Laiirus  Campho- 
ra  ,  e  quindi  scoperta  negli  olj  volatili  della  cannella, 
del  timo ,  del  rosmarino ,  del  sassafrasso ,  e  più  dovi- 


(  1^4) 

ziosamente  nella  lavendola  :  tanto  cìie  un  fannacrsta 
di  Marcia,  provincia  meridionale  della  Spagna,  la  ri- 
traeva da  quest'  ultima  con  un  processo  semplice ,  co- 
me r  assicura  il  Signor  Agerula  . 

E  noto  finalmente  d'  essere  stata  discordante  1'  o- 
pinione  de'  chimici  sulla  natura  di  questa  sostanza  . 
Taluni  la  credevano  una  resina  ,  altri  un  olio  essen- 
ziale concreto .  Finalmente  riconosciute  oggidì  le  pro- 
prietà così  fisiche,  che  chimiche  ,  le  quali  l'apparten- 
gono ,  è  stata  perciò  considerata  come  uno  de'  princì- 
pi immediati  della  vegetazione  ,  e  come  tale  ha  meri- 
tato dalla  Scienza  1'  articolo  rispettivo  nella  classe  de' 
medesimi  . 

Per  uno  incidente  politico  intanto  trovandosi  una 
massa  rispettabile  di  questo  genere  greggio  in  doga- 
na, venne,  comò  gH  altri,  esposto  alla  vendita^  ma 
perchè  non  era  alla  conoscenza  degli  speculatori  ,  e 
non  indicando  altro  segno  di  essere  canfora  ^  che  il  solo 
odore  ,  così  ognuno  credè  un  azzardo  di  farne  1'  ac- 
quisto j  e  come  inutile  rimase  ne'  vasti  magazzini  do- 
ganali . 

Scorso  qualche  tempo  il  Sig.  Ferrier  Direttore  delle 
dogane  mi  fece  pervenire  una  libbra  di  questa  droga  , 
incaricandomi  di  saggiarla ,  e  se  dal  risultamento  era 
assicurato  d'essere  canfora,  ne  avessi  stabilito,  così  il 
metodo  di  raffinazione ,  che  di  ridurla  alla  fattura  dell' 
estero  . 

Neil'  osservare  il  genere  non  credei  istituire  alcun 
saggio  ajaalittico  per  conoscerlo ,  giacché  le  sue  proprie- 


(    »25    ) 

tà  fisiche  1'  appalesavano  bastantemente ,  ini  rivolsi  per- 
ciò a  rallliiarlo  .  A  tal  eiìetto  io  mescolai  esattamente 
la  libbra  della  canfora  greggia  col  quinto  del  suo  peso 
di  calce  .  Esposi  in  seguito  la  mescolanza  alla  subli- 
mazione colla  temperatura  corrispondente  .  Essa  dopo 
d'  essersi  perfettamente  riscaldata  prese  lo  stato  di  fu- 
sione .  Allora  venne  diminuita  la  temperatura  medesi- 
ma ,  e  l'  operazione  fu  portata  al  suo  termine  .  Raf- 
freddato il  vaso  trovai  la  canfora  sublimata  ne' lati ,  di 
colore  bianco  diafano  ,  consistente  ,  gratissima  nell' 
odore  .  Era  in  somma  la  canfora  railìnata  di  com- 
mercio . 

Assicurato  quel  Direttore  della  natura  del  gene- 
re ,  ed  informato  col  fatto  ,  che  poteva  depurarsi  ,  e 
conciliarglisi  la  fattura  estera ,  lo  propose  a  mercatan- 
ti,  e  questi  dopo  d'  averne  fatto  1'  atcjuishn  ,  mi  die- 
dero l' incarico  di  raffinarlo  .  Io  cominciai  a  procede- 
re air  operazione  col  metodo  tenuto  nel  saggio  .  L'  e- 
sito  non  corrispose  .  La  canfora  al  grado  5o  del  ter- 
mometro si  elevava  sotto  forma  di  tanti  aghi  bianchis- 
simi ,  e  coir  aumento  della  temperatura  invece  di  pren- 
dere lo  stato  solido  nella  sublimazione  si  fondeva  di 
nuovo  ,   ritornando  sulla  massa ,   d'  onde  era  partita  . 

Ripetei  r  operazione  ben  due  volte  ,  ed  ottenni 
lo  stesso  risultamento  . 

Allora  mi  proposi  di  sostituire  alla  calce  il  suo 
carbonato  .  La  canfora  in  tale  mescolanza  rimase  dei 
proprio  colore  senza  punto  imbianchirsi .  Esposta  alla 
temperatura,  si  fuse,  elevandosi  nello  stato  concreto. 


(    126    ) 

Raffreddato  1'  apparecchio ,  il  colorito  della  droga  era 
giallognolo  con  qnalche  tinta  rossastra ,  aveva  lo  stato 
trasparente ,  e  tramandava  un  odore  empireumatico 
cosi  disgustoso  ,  che  faceva  nausea  . 

Finalmente  mi  rivolsi  a  trattarla  colla  calce  resa 
sotto-carbonata  all'  aria  .  La  canfora  greggia  con  que- 
sta terra  divenne  bianca  all'  istante  .  Coli'  applicazione 
della  temperatura  prese  la  mescolanza  lo  stato  di  fu- 
sione ,  e  s'  elevò  regolarmente  sotto  forma  diafana  e 
consistente  .  La  sublimazione  però  veniva  accompagna- 
ta da  uno  strepito ,  e  da  un  fragore ,  che  faceva  te- 
mere la  rottura  del  vaso  .  Se  per  poco  veniva  dimi- 
nuita la  temperatura  corrispondente  alla  fusione  ,  al- 
lora la  massa  passava  prontamente  allo  stato  d'  adden- 
samento ,  si  rimaneva  dal  sublimarsi,  e  conveniva 
con  avvedutezza  riprendere  lo  stato  primiero  . 

Ad  onta  di  tale  molesta  ,  e  pericolosa  progressione 
fu  portata  al  suo  termine  . 

Dagli  antecedenti  fatti  venni  alla  conseguenza  . 

1 .  Che  la  calce  viva  era  capace  di  denudare  la 
canfora  greggia  del  suo  materiale  colorante  ,  ma  non 
atta  a  farla  sublimare  nello  stato  concreto  ,  quasi  che 
la  decarbonizzava  in  parte  . 

2.  Che  il  carbonato  calcareo  non  era  meritevole 
di  applicazione  ,  perchè  incapace  di  spogliare  la  droga 
del  materiale  colorante  ,  d'  onde  dipendeva  l' elevazio- 
ne di  quest'  ultimo  nella  sublimazione  .  Che  questo 
materiale  sublimandosi  confusamente  le  conciliava  il 
colorito  giallorossigno ,  ed  acquistava  la  droga  un  gra- 


(    »27    ) 

do  d' adustione  ,  donde  lo  stato  empireuraatico  . 

3.  Che  il  sotto-carbonato  calcareo  conferiva  ol- 
tre modo  alla  raffinazione  ,  perchè  la  imbiancava  all' 
istante  ^  conseguentemente  il  materiale  colorante  veni- 
va trattenuto  fra  le  particelle  terrose  senza  punto  po- 
tersi elevare  ,  e  quasi  sopraccarbonizzandola  conduce- 
va allo  stato  di  concrezione  e  depurallssimo  della  dro- 
ga .  Bisognava  però  proccurare  un  intermedio  ,  che  va- 
lesse a  reprimere  lo  strepito  ,  il  fragore  ,  e  talvolta  la 
forte  ebull izione  ,  che  soleva  adombrare  la  nettezza  del 
genere  sublimato  . 

Io  debbo  qui  con  ingenuità  confessare  di  non  aver 
mai  provato  un'  angustia  tanto  penosa  ,  né  una  con- 
fusione più  molesta  per  tutto  quel  tempo  ,  che  s' in- 
terpose sino  alla  sicurezza  del  processo ,  perchè  i  mer- 
catanti curiosi  di  vedere  un  saggio  del  loro  genere  raf- 
finato ,  mi  facevano  le  più  incessanti-  premure  ,  all' 
opposto  io  non  sapeva  che  dir  loro  ,  né  che  rispon- 
dere . 

Istruito  intanto  dalle  osservazioni  indicate  io  pro- 
cedei air  applicazione  del  metodo  ,  ed  impiegai  colla 
droga  r  ottavo  del  suo  peso  di  calce  estinta  ,  e  circa 
il  sesto  di  carbonato  calcareo  .  Adoperai  quest'  ultimo 
coir  oggetto,  che  come  più  greve  venisse  ad  intrattene- 
re fra  le  sue  parti  la  calce  estinta  ,  e  non  avesse  luo- 
go lo  strepito  ed  il  fragore ,  che  la  medesima  produce- 
va impiegandosi  isolata  col  pericolo  della  rottura  del 
vaso  ,  della  combustione  violenta  ec.  ec.  Il  fatto  cor- 
rispose prosperevolmente  . 


(    128   ) 

Esposta  la  mescolanza  in  un  sargiuolo  sepolto  nell* 
arena ,  applicai  alla  sua  estremità  un  tubo  ricurvo  , 
che  s'  immetteva  in  un  ampolla.  Suggellate  le  giunture 
la  trattai  colla  corrispondente  temperatura  .  Essa  placi- 
damente prese  lo  stato  di  fuzione  .  Allora  minorai  la 
temperatura  istessa  ,  sostenendola  a  far  bollire  legger- 
mente la  massa  ,  e  discoprendo  il  vaso  dall'  arena  ^ 
che  occupava  i  lati  superiori  del  medesimo . 

Con  tal  sistema  la  canfora  si  sublimò  colla  più 
precisa  regolarità  .  Lo  strepito  ,  ed  il  fragore  non  eb- 
bero luogo  ,  e  1'  operazione  placidamente  pervenne  al 
suo  termine  . 

Raffreddati  i  vasi  raccolsi  la  droga  sublimata  .  Es- 
sa era  compatta  ,  trasparente  ,  bianchissima  ,  tutta  si- 
mile a  quella  del  commercio  . 

Neil'  ampolla  di  rincontro  trovai  dell'  acqua  ,  eh' 
era  circa  9  per  ogni  cento  ,  con  una  poca  quantità  di 
canfora  ,  che  seco  aveva  innalzata  ,  e  nel  fondo  del  sar- 
giuolo rinvenni  poca  quantità  di  canfora  inviluppata 
tra  le  parti  terrose  ,  e  la  massa  nell'  insieme  presenta- 
va un  colore  bigio  . 

Assicurato  il  metodo  ,  io  procedei  a  portar  il  raf- 
finamento all'  ìngraude  ,  ed  in  tale  proseguimento  os- 
servai ,  che  quando  si  adoperava  la  calce  spenta  per 
lungo  tempo  all'  aria  ,  questa  contribuiva  altrettanto 
all'  esito  felice  dell'  operazione  :  che  quando  si  poteva 
far  uso  isolatamente  di  questa  terra  estinta  per  lungo 
tempo ,  conveniva  applicare  una  temperatura  sempre 
eguale  ,  dopo  la  fusione  avvenuta  j  che    questo    grado 


i 


(  »29  ) 

costante  non  poteva  sperarsi  impiegando  il  nostro  car- 
bone senza  una  vigilanza  penosissima,  che  per  tale  cir- 
costanza gl'Inglesi  ,  e  gli  Olandesi  dovevano  riconosce- 
re un  vantaggio  niarcalissinio  coli' uso  del  carbon  fos- 
sile, potendo  questo  conciliare  alla  massa  fusa  la  tera- 
peralnra  eguale  per  la  lunga  durata  di  tal  combustibi- 
le ,  e  finalmente  con  tale  mezzo  si  poteva  Hire  a  me- 
ro di  adoperare  il  carbonato  calcareo  a  condizione  del- 
la calce,  che  fosse  stala  esposta  all'aria  per  lungo  lenipo. 

Osservai  inoltre  ,  che  il  caio  sul  raflinamento  non 
succedeva  sempre  Io  stesso  ,  e  ciò  proveniva  dall'acqua, 
che  non  si  trovava  costantemente  nella  proporziona 
intesa  in  unione  alla  canfora  greggia  j  anzi  quando  que- 
sto Iluido  v'  era  in  abbondanza  ,  esso  produceva  del 
gonfiamento  iH;lla  massa  ,  prolungava  la  fusione  del- 
la droga  ,  e  dopo  che  questa  era  fusa  ,  se  n'  elevava 
una  picciola  porzione  coli'  acqua  medesima  ,  che  veni- 
va ad  addeusiusi   nel   vaso  di   rincontro. 

Finaluieuie  iile\ai,  «he  la  canfora  greggia  con^'er- 
vata  per  lungo  tempo  soffriva  un  calo  jnaggiore  nella 
sublimazione  ,  e  ciò  proveniva  dalla  dissipazione  del 
principio  canforico  ,  che  come  volatile  ,  oltremodo  si 
dispeiideva  ad  onta  che  trova\asi  ben  condizionato 
Utile  lan)ine  di   piombo. 

lo  conciliai  la  fwrnia  «li  figura  sferica  ai  miei  pa- 
ni di  canfora.  Ogni  j>anc  però  era  diverso  nel  ptso  da 
quello  d'Oiand,!  ,  e  d'  lughilurra.  Esso  ordinar'amen- 
te  eccedeva  le  lilibie  tre  ,  e  con  ciò  veniva  a  di&tiji- 
luei'bi  d'essere  falluia  JN'apoleluua. 

J7 


(  j3o) 
Su  gli   usi    medici  della  Digitale    Gialla.  Memoria 
del  Socio  ordinario ,  e  Segretario  perpetuo  Signor 
Vincenzo  Stellati.  Letta  ncW  adunanza  de' 12 

Dicembre  181 1. 


Plantce ,  qiicv  genere  conveniunt  ,   iisdem  facullali- 
bus  pr  cedi  Ice  sani. 

Linn.  Pliilosopli.  Boi.  pag.  278.  n.  ù3]. 


A. 


.MANDO  quella  parte  della  Storia  Naturale  ,  che  pre- 
cisamente ha  per  oggetto  la  conoscenza  ilelie  piante,  e 
coltivandola  per  quanto  me  lo  concedono  le  mie  po- 
che forze  ,  preferisco  sempre  che  posso  quel  ramo  di 
essa  ,  che  ci  riguarda  ,  cioè  la  cognizione  di  quelle 
piante  ,  le  quali  son  proprie  del  nostro  suolo  patrio, 
e  proccuro  tanto  maggiormente  di  perfezionarla  al  mio 
possibile ,  quanto  me  ne  occorre  alcuna  ,  che  posso 
"per  giuste  ragioni ,  o  anche  lo  debbo  ,  annoverarla  tra 
le  sostanze  medicamentose  ,  credendola  non  a  caso  op- 
porttina  ad  importanti  oggetti  della  Medicina.  È  stato 
questo  l'incontro  de' motivi  ,  che  mi  hanno  spinto  a 
raccogliere  le  notizie  riguardanti  la  Digitale  IjUtea  di 
Linneo,  che  io  chiamerò  Gialla,  alla  di  cui  consi- 
derazione mi  ha,  per  così  dire,  attaccato  quello,  che 
della  Digitale  Purparea  si  è  affermato  da  accreditati 
Autori.  La  quasi  totale  mancanza  di  quest'ultima  ,  es-» 


t 


(  i3i  ) 
sentlosi  oppposla  presso  noi  al  generale  di  lei  »iso  ,  e 
perciò  al  generale  conoscimento  delle  sue  eroiche  fa- 
coltà mediche  ^  sarà  sempre  ben  impiegato  il  travaglio 
di  porre  a  giorno  quanto  può  sapersi  della  pianta ,  che 
r  è  affatto  analoga  ^  sicché  può  dirsi  dotata  delle  virtù 
medesime,  se  non  che  sia  di  qualche  grado  più  debole 
la  sua  attività  :  circostanza  che  invece  di  costituire  uno 
svantaggio  della  nostra  Digitale ,  potrebbe  anzi  parere 
che  la  renda  più  accomodata  agli  usi  nostri ,  e  più 
opportuna  alle  nostre  fisiche  costituzioni. 

Sembrami  intanto  non  inutile  il  confessare  ,  che 
fin  oggi  non  è  se  non  accennata  la  digitale  gialla  dal 
Sig.  Viteto  ,  il  quale  per  testimonianza  del  dottor  Bet- 
toli avrebbe  voluto  sostituirla  alla  purpurea  ,  come  ri- 
levo dal  terzo  volume  dol  Giornale  della  Società  Me- 
dico-Chirurgica di  Parma  pag.  265  ,  quantunque  io  non 
sappia  ,  né  è  stato  possibile  rinvenire  alcun  tentativo 
già  fatto  su  tal  proposito  dallo  stesso  autore  ,  o  da 
altri. 

Né  infine  debbo  passar  sotto  silenzio  ,  che  II  no- 
stro chiarissimo  Signor  Domenico  Cirillo  nel  secondo 
volume  de'  Fondamenti  Botanici  pag.  271  parlando 
della  Digitale  Ferruginea  accenna  di  passaggio  esser  la 
Digitale  gialla  fortemente  emetica ,  ed  anche  drastica , 
e  come  tale  da  doversene  temere  1'  uso  .  Ecco  le  sue 
parole  :   Postremo  loco  de  Digitalis  Fermginece  exi- 

mia  qualitate  diuretica  dispu  indimi A^os 

ab  speciei  flore  ferrugineo  rari  taf  em  ,    Digitalis  lu- 
teoB  decoctum.  asciticis  ,   et  hucoplhegmaticis  prò- 


(  i32  ) 

pìnavìmus.  P'evum  veliementissimn  emetica  ,   atqnc 
drastica  facultate  perterriti  ,    post  breve  tempiis  ab 
hoc  efficacissimo  quamvis  diuretico  cd>stiiiuimus.  Io 
rispetto  assai  i  detti  di  uu  uomo  sì  illustre  ,    ma  non 
debbo  celare  uon  aver  giammai  ossorvato    né  il  vomi- 
to ,  né  accrescimento  di  evacuazioni  ventrali  dietro  la 
giusta  e  moderata  amministrazione  della  digitale  gialla , 
che  da  molti  anni  continuamente  pratico  non  meno  in 
decotto  ,    che    in    polvere  .    Solo  fa  ella  nel  momento 
della  introduzione  sentire  un  certo  malessere  dello  sto- 
maco ,    che    dura    pochi    momenti  :    fenomeno  da  me 
posto  a  calcolo  ,    come  potrà  rilevarsi  dalle  rapportate 
osservazioni .  Sarebbe  stato  desiderabile  ,    che  il  citato 
dotto  Scrittore  avesse  fatto  menzione    della  dose  ,    se- 
condo la  quale  ha  egli  dato  il  luentovato  decotto  ^  co- 
me pure    delle    particolari    circostanze  di  tali  infermi , 
e  del  numero  delle  sue  osservazioni  .    Ogni    giorno  in 
fatti  r  esercizio  della  professione  ci  fa  marcare  varj  ef- 
fetti ne'  rimedj  secondo  la  lor  dose  ,   e  secondo  i   varj 
gradi  di  sensibilità  delle  differenti  costituzioni .   Tutt'  i 
medici  riconoscono  nel  Chermes  minerale  il  potere  di 
promuovere  1'  espettorazione  ,   ed  intanto  si  sa  da  tut- 
ti ,  che  non  di  rado  tal  rimedio    dato    in    dose  avan- 
zata ,  o  pure  amministrato  in  una  macchina  molto  ec- 
citabile ,  suscita  il  vomito  ,    ed  accelera  le  separazioni 
ventrali.  Lo  stesso  accade  spesso  nell'  amministrazione 
della  così  detta  polvere  di  James,  nel  mentre  che  vien 
sempre  prescritta  come  un  esimio  diaforetico.  Né  sono 
pochi  altri  simili  esempj  tratti  dal  regno  vegetabile.  La 


(  i33  ) 
somma  delle  attuali  cognizioni  relativa  al  generale  modo 
di  agile  de' rimedj  rende  completa  spiegazione  di  tutto 
ciò  .  Ma  poi  se  la  Digitale  purpurea  è  molto  lontana 
dal  far  vomitare  ,  e  dal  purgare  ,  non  vi  è  ragione  da 
credere  ,  che  possa  produrre  tali  effetti  la  Gialla  ,  la 
quale  gode  delle  istesse  virtù.  Pare  dunque  non  dover 
esser  proscritta  la  Digitale  gialla  dal  catalogo  delle  so- 
stanze medicamentose  ,  dacché  ha  forse  qualche  volta 
suscitato  il  vomito,  ed  aumentate  1'  escrezioni  ventrali  j 
che  anzi  debba  guardarsi  come  uno  de'  più  efficaci  ri- 
medj adatti  a  fugare  le  più  terribili  malattie. 

Non.  poclii  sono  gli  Scrittori  di  opere  mediche  , 
i  quali  han  fatto  parola  del  valore  della  Digitale  Pur- 
purea di  Linneo  in  molte  malattie.  II  dottor  Wilhering 
è  stato  forse  il  primo  ,  il  qnale  in  un  trattato  partico- 
lare con  molta  precisione  ha  parlato  delle  qualità  me- 
diche di  questa  pianta  nelle  idropisie  .  Lentin  pose  a 
giorno  r  attività  della  medesima  nel  disciorre  le  scro- 
fole. Haller  nella  storia  delle  piante  Elvetiche  anche 
la  propone  contro  le  medesime  allorché  in  particolare 
sono  ereditarie.  A  questi  due  ultimi  illustri  Scrittori 
fa  eco  il  dottor  Merz  ,  il  quale  in  una  sua  disserta- 
zione ha  fatto  vedere  quanto  sia  questa  pianta  efficace 
nella  cura  delle  scrofole  istesse  .  Cullen  non  ha  man- 
cato di  far  rilevare  la  sua  forza  diuretica  .  Swediaur 
oltre  al  raccomandarla  nelle  idropisie  ,  e  nelle  scrofole  , 
la  propone  nella  nefritide  calcolosa  ,  nella  epilessia  ,  e 
e  nella  disuria.  Darwin  nel  terzo  volume  della  Transa- 
zioni mediche    fa    lodevole    menzione    non    solo    della 


(  iM  ) 

polvere ,  ma  benanche  del  decotto  della  digitale  pur- 
purea nel  trattamento  delle  ulceri  scrofolose  .  Scliie- 
mann  ,  Murray  finalmente  ,  ed  altri  molti  convengono 
tutti  relativamente  alla  virtù  risolvente  di  questa  spe- 
cie di  digitale  .  Né  vi  sono  mancati  di  quelli ,  i  quali 
temendo  la  sua  soverchia  facoltà  acre  ,  ed  irritante  si 
son  limitati  a  raccomandarla  come  nn  egregio  risolven- 
te solo  per  l'uso  esterno  .  Parkinsono  infatti  vuole , 
che  posta  la  digitale  purpurea  acciaccata  sulle  scrofole 
in  breve  tempo  le  dissipi  5  che  anzi  lo  stesso  effetto 
produca  un  linimento  fatto  coi  suoi  fiori .  Il  dottor 
Hulse  poi  ha  dato  un  passo  più  oltre  ,  giusta  la  rela- 
zione di  Rajo  nel  tomo  i  della  storia  ,  facendo  vedere 
che  r  applicazione  esterna  della  Digitale  purpurea  rie- 
sce utile  nelle  scrofole  secce  ,  e  non  già  nelle  umide  . 
Finalmente  anche  ne'  tempi  più  reconditi  piacque  ad 
Elmonzio  ,  come  riporta  Quarin  ,  dare  non  solo  la 
polvere  della  medesima  internamente  ,  ma  di  unirla 
alla  gomm'  ammoniaco  ,  ed  allo  bdellio  in  forma  di 
empiastro  per  applicarsi  sulle  scrofole-  A  quest'  oggetto 
tutte  le  farmacopee  riportano  l'  unguento  della  digi- 
tale ,  ed  il  suo  empiastro  da  servire  per  la  cura  di 
esse  . 

Nel  mentre  però  che  molti  han  parlato  delle  fa- 
coltà mediche  della  digitale  purpurea  introdotta  sì  in- 
ternamente ,  che  applicata  esternamente  ,  bisogna  con- 
fessare il  vero  ,  che  non  poco  han  contribuito  al  co- 
noscimento del  valore  di  questa  pianta  ,  e  delle  ma- 
lattie ,  nelle  quali  spiega  tutta  la  sua  attività ,  le  dotte 


(  135  ) 

Tnemorìe  del  dottor  Tommasini ,    e    del  dottor  Bettoli 
inserite  nel  terzo  volume  del  giornale  della  Società  Medi- 
co-Chirurgica di  Parma.  Da  esse  si  rileva  di  qual'  ener- 
gia sia  ella  fornita  nel  debellare  le  più  ostinate  ,    e   le 
più  contumaci  malattie.  L' ascite  ,  l' idrotorace  ,  l' ana- 
sarca  ,  non  meno  che  le  affezioni  pituitose  del  petto  , 
e  le  siippressioni  della  mestruazione  ,  restie  a  tutti  gU 
ajuti  dell'  arte  sono  state  fugate  dall'  uso  della  digitale 
purpurea .  Con  ragione  perciò  da  mollo  tempo    ha   in- 
cominciato questa  pianta  a  fare  una  luminosa  comparsa 
nel  catalogo  delle  sostanze  medicamentose.  Con  ragio- 
ne corre  impegno  presso  tutt'  i  Medici  di  osservarne  da 
vicino  gli  effetti  .    Con    ragione  infine  si  è  ormai  resa 
presso  noi  generale  la  lagnanza   di  non    poterne    avere 
quella  quantità  ,  che  corrispoadpsse  al  bisogno.  La  di- 
gitale purpurea  in  effetti    non    è    indigena    del    nostro 
Regno  ,  o  almeno  finora  non  è  stata  incontrata  né  da 
me  5  né  dagli  altri  nostri  amatori   della  Botanica  .    Di 
essa  non  si  è  istituito  ancora  alcun  commercio  .    Non 
vi  è  stato  dunque  altro  mezzo  ,  onde  poterla  praticare  , 
ed  osservarne  i  suoi  effetti ,    che    quello  di  strapparne 
qualche  individuo  ,    come  io  ho  fatto  ,    che    trovavasi 
coltivato  ne'  giardini  .    Ma  come  ognuno  può  scorgere 
di  leggieri  è  questo  un  mezzo  molto  debole    da  speri- 
mentare le  grandi  virtù  della  digitale  purpurea  ,   come 
quella  ,  che  convenendo  in  molte  malattie  ne  abbisogna 
continuamente  una  non  indifferente  quantità  .    Quindi 
n'  è  avvenuto  ,  che  non  solo  il  di  lei  uso  non  si  è  reso 
generale  presso  noi  j    ma  pure  vi  sono    de'  medici  ,    i 


(  i36  ) 
quali  neanche  conoscono  il  valore  di  una  cotanto  im- 
portante pianta.  Ecco  la  circostanza,  che  m'indusse  a 
pensare  ad  altro  ,  ed  ecco  quello  che  forma  l'  oggetto 
della  presente  memoria  ,  che  credo  non  esser  stalo  fi- 
nora di  proposito  trattato  da  altri. 

Son  varj  anni  dacché  dolente  per  la  mancanza 
della  digitale  purpurea  rivolsi  le  mie  mire  sulla  Gial- 
la (  Dìgitalis  Lutea.  Linn.  )  ,  ritrovandosi  questa 
molto  abbondantemente  disseminata  nelle  nostre  cam- 
pagne ,  ed  in  particolare  nelle  colline  che  circon- 
dano la  Valle  di  S.  Rocco  a  Capodimonte ,  come  pure 
nella  valle  istessa  j  in  quelle  de'  Gamaldoli ,  ed  infine 
lungo  la  strada  de'  Ponti  Rossi.  Le  prime  mie  ricerche 
caddero  sulle  sue  qualità  fisiche  ,  le  quali  se  non  pro- 
cedono del  pari  con  qjiellft  della  purpurea  ,  sono  sola- 
mente di  qualche  grado  iiiferiori.  Eccole .  Masticandosi 
le  foglie  recenti  della  Gialla  si  avverte  subito  un  amaro 
forte  unito  ad  un  chiaro  senso  di  astringente.  Tutte  le 
parti  interne  della  bocca  risentono  l' impressione  di  un 
acre ,  che  si  determina  in  particolare  sull'  ugola ,  onde 
ne  siegue  dell'  asprezza  nel  fondo  delle  fauci ,  e  grande 
esito  di  saliva.  Continuandosene  la  masticazione,  si  au- 
menta sempre  più  lo  sgorgo  della  saliva  ,  e  quella  che 
sul  principio  è  semplice  asprezza  ,  passa  ad  un  dichia- 
rato ardore.  Questo  stesso  si  avverte  masticandosi  le 
foglie  secche.  Bisogna  solamente  impiegar  maggior  tem- 
po ,  onde  possano  svolgersi  tali  principj  esistenti  nelle 
medesime.  Questi  però  ravvisansi  più  fievoli  nel  fusto 
della  pianta  ,  e  molto  più  nella  sua  radice.  I  fiori  fi- 


(  i37  ) 
nalmcnte    non  sono    mancanti    delle   indicate   qualità . 
Per  1'  uso  medico  intanto   sono  da  eleggersi  le  foglie  j 
perchè  ricolme,  come  si  è  detto  ,  in  preferenza  di  tutte 
le  altre  parti  ,  de'  mentovati  principi . 

Debbo  dire  il  vero  :  subito  che  ravvisai  nelle  fo- 
glie della  digitale  gialla  le  qualità  riportate  ,  pensai 
di  già  all'applicazione  delle  medesime  in  quelle  stesse 
malattie  ,  nelle  quali  sarebbe  indicata  la  purpurea.  Ma 
prima  di  far  ciò  volli  saggiarla  con  ambedue  i  mestrui  , 
coll'acquoso,  cioè,  e  collo  spiritoso,  ad  oggetto  di  os- 
servare quali  risultati  avess'  ella  somministrati.  Avendo 
dunque  posta  egual  qnantiià  delle  foglie  della  digitale 
in  quistioiie  non  meno  nell'  acqua  ,  che  nello  spirito  di 
vino  ,  dopo  poche  ore  amendue  i  liquidi  acquistarono 
un  color  giallognolo  tendente  al  verde  ^  il  di  loro  sa- 
pore divenne  dichiaratamente  amaro  ,  e  siccome  più 
intenso  scorgevasi  l'amaro  del  mestruo  acquoso,  così 
più  acre  di  questo  divenne  lo  spiritoso  .  Cimentai  in- 
fine r  infuso  acquoso  ,  ed  il  decotto  colla  soluzione  del 
solfato  di  ferro  ,  ed  immediatamente  si  produsse  un  co- 
lor nerognolo.  Or  tuttociò  senz'alcun  equivoco  mi  fé  com- 
prendere ,  che  in  tale  pianta  ,  oltre  all'acido  gallico ,  debt- 
bono  esservi  delle  parli  sì  gommose  che  resinose^  che 
r  amaro  risiede  nelle  gommose  ^  e  che  le  resinose  ven- 
gono a  sostenere  quell'acre,  di  cui  ho  fatto  menzione. 
Né  si  andrebbe  lontano  dal  vero  se  si  dicesse  esser 
talmente  unite  tra  loro  le  parli  gommose  ,  e  le  resi- 
nose ,  che  il  mestruo  acquoso  discioglie  anche  porzio- 
ne delle  resinose  ;    e  cosi  per  lo  contrario  lo  spiritoso 

i8 


(  i38) 
ne  discioglle  parte  delle  gommose.  Finalmente  gli  estratti 
manifestarono  presso  a  poco  le  medesime  proprietà. 

Dopo  aver  ciò  osservato ,  e  per  conseguenza  dopo 
essermi  assicurato  ,  che  la  natura  della  digitale  gialla  è 
molto  prossima  a  quella  della  purpurea  ,  e  che  som- 
ministra presso  a  poco  i  medesimi  risultati  ^  mi  animai 
a  praticarla  nelle  malattie  ,  in  cui  vien  quella  racco- 
mandata. I  primi  saggi  furono  da  me  fatti  nello  Spe- 
dale di  S.  Francesco  alla  presenza  di  molti  giovani ,  i 
quali  sono  altrettanti  testimonj  de'  portentosi  effetti  del- 
la nostra  digitale.  I  felici  successi  di  questi  primi  saggi 
mi  hanno  in  seguito  sempre  più  animato  a  praticarla 
pure  nelle  case  de'  privati.  Il  mio  esempio  è  stato  ben 
tosto  seguito  da  molti  altri  professori ,  e  sempre  col 
medesimo  felice  risultato.  Io  intanto  non  farò  che  ri- 
portare la  storia  di  pochi  casi  ,  perchè  altrimenti  an- 
drei troppo  alla  lunga  ,  ed  eccederei  sicuramente  i  li- 
miti di  una  memoria.  Questi  però  saran  sufficienti  a 
dare  giusta  idea  del  valore  della  pianta  in  quistiofie. 

Venne  nella  mia  sala  una  donna  di  circa  anni  So  , 
e  di  buona  costituzione  attaccata  da  febbre  quotidiana  , 
di  cui  ciascun  parosismo  era  preceduto  da  leggieri  bri- 
vidi ,  e  seguito  da  generali  sudori.  Avea  la  lingua  molto 
vestita  ,  un  continuo  incitamento  al  vomito  ,  ed  ema- 
nava un  alito  puzzolente.  In  buono  stato  poi  erano  le 
funzioni  del  capo  e  del  petto.  La  prima  indicazione  , 
che  credei  di  riempire,  fu  quella  di  togliere  la  grande 
località  esistente  nello  stomaco .  La  feci  quindi  vomi- 
tare con  una  lunga  soluzione  di  tartaro  slibiato  ,  die* 


(  »39) 
irò  la  di  cui  azione  diede  fuora  un  gomitolo  di  vermini 
con  de'  succhi  gastrici  guasti  .    Keplicai  nel  giorno  se- 
guente r  istesso  emetico,  ed  anche  un  materiale  pravo 
si  vide  sortir  fuora  con  gran  sollievo  della  inferma.  In- 
tanto la  febbre  continuando  a  ricorrere  temei  ,  che  non 
avesse  a  cambiar  aspetto  la  malattia  ,  come  accade  spes- 
so negli  ospedali  ,    col    crollare  il  sistema    nervoso    in 
roagj^iore  avvilimento.  I  polsi  essendo  molli ,  la  lingua 
umida  ,  la  cute  giustamente  temperata  ,  mi  determinai 
all'  uso  d^lla  cbiu-china  ,  la  quale  produsse  i  soliti  suoi 
lodevoli  effetti  j    giacché  di  giorno    in    giorno  il  paro- 
sismo  si  mitigò  ,  i  pulsi  divennero    meno    tempestosi  j 
infine   nel  decimotpiarto  gìinuo  ia  febbre  si  estinse  af- 
fatto ,  comparvero  ddle  separazioni  abbondanti  per  se- 
cesso ,  ed  anche  de'  sudori  ,   e  la  Rngua    perfettamente 
si  nettò  .    Avrebbe  dovuto    1'  infeima  in  tale  stato  ser- 
bare un  esatto  regimine  di  vita  j  ma  dopo  pochi  giorni 
dando  luogo  a  qualche  eccesso  di  cibo ,    ed    anche    a 
qualche  disordine  di  traspirazione  ,  mentre  spesso  girava 
nuda  per  la  sala  ,  ricadde  nel  male.  La  febbre  si  riaccese 
con  gagliardia.    Di  bel  nuovo  si  vide  in  campo  il  ga- 
stricismo.   Vi  si  Unirono    finalmente    anche    de'  dolori 
nella  muscolatura  ,  i  quali  venivano    accompagnati  da 
un  notabile  innalzamento  di  temperatura  della  cute.  II 
bagno  ,  la  china  ,  e  le  preparazioni  antimoniali    fecero 
al  termine  del  primo  settenario  il  tutto  svanire.  L' in- 
ferma   si    rimise    nel    pristino    stato  .    In    grazia    della 
brevità  tralascio  di  riferire    minutamente    tutto  quello 
che  in  seguito  accadde.  Solo  fo  riflettere  che  non  pas- 


(  i4o  ) 

sarono  molti  giorni  ,  e  di  bel  nuovo  ricadde  con  una 
più  distinta  comparsa  di  tutti    quei    sintomi ,    i    quali 
accompagnarono    la  prima  recidiva  .  In  luogo  però  de' 
dolori  reumatici  avvertiva  l' inferma  in  ogni  accessione 
febbrile  de'  forti  dolori  nella  regione  ombilicale ,  i  quali 
duravano  sino  al  cader  del  parosismo.   Ecco  l'origine 
di  una  seconda,  e  più    terribile    malattia.  Immediata- 
mente diedi  di  piglio  ,  premesso  un  emetico  ,    all'  uso 
della  china  animata  da  qualche  granello  di  oppio  ,  ed 
a  quello  del  bagno.  Né  mancai  cogli  opportuni   mezzi 
di  sostenere  le  forze  della  vita.  Un  tal  sistema  intanto 
nel  mentre  che  produceva  i  più  chiari  vantaggi  riguar- 
do alla  febbre ,    niun  beneficio  arrecava    relativamente 
a'  dolori  ombilicali  5    che  anzi  siccome  i  medesimi  nel 
principio  di  quesia'  ultima    recidiva    affliggevano    l' in- 
ferma, solo  nelle  accessioni  feijbrili ,  divennero  da  gior- 
no in  giorno  più  frequenti  sino  al  punto  di  tormentar- 
la pei-  tutto  il  corso  del  giorno  e  della    notte  .    Final- 
mente cede  dopo  altri  due  settenarj  compiutamente  la 
febbre ,  si  videro    copiose  evacuazioni ,    la  lingua    per 
la  terza  volta  si  nettò  j  ma  i  dolori  continuavano  "sem- 
pre colla  medesima  intensità  .  Non  avendo  né  i  repli- 
cati bagni  ,    né    la    china ,    né  le  preparazioni    oppiate 
date  in    dosi    superiori    alle    ordinarie    prodotto    alcun 
sollievo  ,    mi  determinai  di  assoggettare    1'  inferma  alla 
dieta  lattea  ,    acciocché  facendosi  una  sottrazione  degli 
stimoli  naturali ,  si  potesse  veder  minorato  lo  squisito 
senso  morboso  ,  acquistalo  dalle  viscere  del  basso  ven- 
tre ,  ed  in  particolare  dalle  budella  tenui ,  coutinuaa- 


('4t  ) 

do  altresì  1'  uso  del  bagno  ,  ma  più  tosto  fresco  ,  e  di 
piccola  durata.  Anche  inutile  un  tal  espediente  riuscì . 
Dopo  una  decina   di  giorni  all'asprezza  de' dolori  om- 
biiicali  si  accoppiò  una  sensible    tumefazione    dfcU'  ad- 
dome ,  ed  una  diminuzione  nella  separazione  delle  ori- 
ne.  Ecco  di  già  manifestato  il  carattere  di  quella  ma- 
lattia secondaria  ,  cioè  di  quell'  ascile  ,  cbe  veniva  fin 
dai  primi  giorni  indicalo  da' mentovati  dolori.  La  tu- 
mefazione intanto  della  pancia  si  avanzava  a  gran  passi , 
essendosi  resa  chiarissima  la  fluttuazione ,  e  le  orine  per 
conseguenza  anche  a  gran  passi  scarseggiavano.  Le  notti 
erano  inquiete  e  vigili ,  e  la  nutrizione  sofferiva  un  gior- 
naliero detrimento  .  A  proporzione  però  che  si  aumen- 
tava   il    volume  dell'addome,  i  dolori    si    mitigavano 
sino  a  scomparire  perfettamente  .  A  farla    breve    inco- 
minciai a  trattar  subito  V  inferma  coi  diuretici  .  Prima 
praticai  1'  uva  orsina  ,  ed  il  solano  spinoso  .  Indi   posi 
mano  agli  aselli,  cremor  di  tartaro,  e  scilla.  Sul  prin- 
cipio questi  rimedj  produssero  qualche  sollievo  ,  accre- 
scendo la  quantità  delle  orine  ^  ma  da  lì  a  pochi  gior- 
ni di  bel  nuovo  crebbe  la  tumefazione  del  basso  ven- 
tre ,  le  orine  si  resero    scarsissime  ,  e  le  notti    sempre 
più  inquiete  .   Costretto    dunque  dalla  necessità  mi  ri- 
solvetti di  darle  le  foglie  della  digitale  gialla  in  sostan- 
za ,  cioè  in  polvere  ,    di    cui  da  quest'  epoca    giammai 
me  ne  ho  fallo    mancare  una  sufficiente    quantità  .  La 
ripartii    in    piccole    dosi    di    quattro  acini  l'una,  e  di 
queste  ne  facevo  introdurre  tre  il  giorno.  Sotto  le  pri- 
me dosi  avvertì  l' inferma  uel  momento  della  introdu- 


(    I42    ) 

zìoue  un  disturbo  significante  nello  stomaco  :  disturbo 
ftiolto  simile  a  quella  nausea  ,  che  precede  il  vomito  : 
disturbo  che  generalmente  avvertesi  usandosi  la  polve- 
re deVÈÈ  nostra  digitale  ,  come  si  avverte  pure  allorché 
usasi  quella  della  purpurea .  Furono  intanto  continua- 
te le  solite  tre  dosi  per  due  giorni ,  e  nel  terzo  se  ne 
aggiunse  una  quarta  .  Al  principiare  del  quinto  giorno 
sì  videro  chiaramente  divenir  le  orine  più  abbondanti, 
cacciandone  più  libbre  nel  decorso  di  2^  ore  col  mas- 
simo sollievo  della  inferma.  Allora  fu  che  con  maggior 
coraggio  feci  continuare  l'uso  delle  polveri  ,  le  quali 
nel  decorso  di  circa  dodici  giorni  dissiparono  l' agcite  , 
rimisero  l'addome  nel  primiero  stato  ,  ed  innalzarono 
le  forze  della  inferma  in  modo  da  passeggiare  per  la 
sala  .  Contro  il  mio  sentimento  intanto  vedendosi  in 
questo  stato  non  volle  ulteriormente  continuare  l' uso 
delle  polveri-,  ma  fu  dopo  pochi  giorni  nel  bisogno  di 
riprenderle  ,  giacché  di  bel  nuovo  T  addome  s'  ingran- 
dì, e  le  orine  si  minorarono.  Infatti  appena  ne  riprese 
l'uso,  si  vide  migliorare  sollecitamente,  essendosi  su- 
bito aumentata  la  separazione  delle  orine  medesime  . 
Malgrado  di  questi  vantaggi  feci  continuare  il  rimedio  per 
altri  pochi  giorni  ,  accrescendone  la  quantità  gradata- 
mente sino  a  granelli  sei  per  ciascuna  dose,  finché  ri- 
acquistò perfettamente  1'  appetito  ,  e  le  forze  j  sicché  si 
pose  nello  stato  di  sortire  dallo  spedale. 

Un'altra  donna  di  anni  circa  44»  ®  ^^  costituzio- 
ne non  molto  valida,  venne  nella  mia  sala  afflitta  da 
forti  dolori  di  carattere  gallico  ,  e  da  esostosi  dolentis- 


(  ^3  ) 
sime  in  ambedue  le  tibie .  A  questi  non  lievi  incomo- 
di si  accoppiava    lo  stato    malsano  del  fegato  ,  e  degli 
organi  vicini.  Appetiva  molto  poco  ,  ed  a  stento  dige- 
riva quello  ,  che  introduceva.  In  tale  stato  credetti  espe- 
diente attaccar  subito  la  causa  prima  di  tutti  questi  di- 
sordini. L'assoggettai   perciò  all'unto  del  comune   un- 
guento mercuriale  ,  accompagnando  la  cura    con    tutto 
quello  ,    eli'  è  solito  l'arsi  in  tali  casi  .    Né    mancai    di 
conciliare  all'inferma  un  poco  di  pace  ,  mercè  gli  epi- 
spastici  afqiHcati  ,    com'  è  mio  costume  ,  sull'  esostosi , 
ed  anclie  con  qualche  dose  di  oppio  .    La    cura    andò 
avanti  felicemente  sino  al  consumo  di  tre  once  di  un- 
guento ,  giacché  i  dolori  eransi  resi  fievolissimi ,  1'  eso- 
stosi abbassate  ,  appetiva  meglio ,  e  meglio    anche    di- 
geriva .  Nel    mentre    però  ,  che    tutto  prometteva  una 
prossima  guarigione,  comparve  della  tosse,  in  partico- 
lare nelle  ore  della  notte  .  Sul  principio  fu  ella  giudi- 
cata per  catarrale  j    ma  dopo  altri  pochi    giorni    dive- 
nendo sempre  già  imjiortuna  anche  nel  corso  del  gior- 
no si  manifestò  un  Jeggiero  edema  ne'  piedi  ^  i  polsi  sì 
resero  alquanto  tesi^  ed  infine  una  certa  anzietà  di' re- 
spiro venne  ad  inquietare  la  povera  inferma    nelle  ore 
dt'lla  notte  .  Or  T  apparizione  di  questa  nuova  serie  di 
malanni  fece  sospettare  già  qualche  minaccia  di  separa- 
zione sierosa  nel  petto.  Non  volendo  perder  mai  di  vista 
la  diatesi  sifilitica  ,  aggiunsi  all'  unto  mercuriale  I'  uso  di 
un  risolvente  esimio ,  e  gran  diuretico  insieme ,  qual'  è 
la  miscela  del  nitro ,  e  del  tartaro  stibiato.  Prese  l' infer- 
ma di  tal  miscela  tre  o  quattro  piccole  dosi  in  ciascun 


(  '44  ) 

giorno  ,  ma  con  poco  sollievo  j  che  anzi  non  passò 
molto  ,  perchè  l' edema  de'  piedi  occupasse  anche  le 
gambe ,  manifestandosi  eziandio  qualche  gonfiore  nella 
cellulare  delle  gote.  Tutto  a  buon  conto  indicava  un 
idrotorace  ,  che  andava  a  stabilirsi.  Non  volendo  quindi 
perder  più  tempo  posi  mano  all'  amministrazione  della 
polvere  della  digitale  gialla  nel  modo  anzidetto  ,  ren- 
dendo le  dosi  più  prossime  tra  esse.  Feci  però  sospende- 
re le  frizioni  mercuriali  per  il  giusto  timore  di  non  ur- 
tare soverchiamente  il  sistema  nervoso  con  i  stimoli 
differenti.  Seguitò  l'inferma  a  prendere  nelle  ore  del- 
la sera  qualche  granello  di  oppio  .  Posso  assicurare 
i  miei  lettori ,  che  dopo  il  consumo  di  circa  una  dram- 
ma di  tale  polvere ,  si  aprirono  profusamente  le  orine  j 
si  abbassarono  le  gote  ;  a  poco  a  poco  si  minorò  1'  e- 
dema  j  i  polsi  si  resero  muUi  j  la  tosse  divenne  soffri- 
bile  .  Continuò  per  altri  quindici  giorni  1'  uso  della 
digitale ,  allontanandone  gradatamente  le  dosi  sino  alla 
introduzione  di  due  solamente  per  ciascun  giorno  ,  e 
così  svanì  la  minaccia  dell'  idrotorace  colla  massima 
sorpresa  di  tutti.  Feci  in  seguito  riprendere  i'  unto  mer- 
curiale finché  l'esostosi  furono  completamente  distrutte  5 
ed  essendo  ciò  accaduto  dietro  il  consumo  di  circa 
tre  altre  once  di  unguento  ,  trovossi  l' inferma  perfet- 
tamente rimessa  in  salute  ,  e  nelle  circostanze  di  sor- 
-   tire  dallo  spedale  . 

Tra  le  cure  fatte  colla  digitale  vi  è  quella  di  un  fab- 
bro ferrajo  avanzato  più.  tosto  in  età,  il  quale  si  portò 
in  mia  casa  per  provvedere  al  suoi  guai  di  salute.  Dal 


(  i45  ) 

suo  racconto  rilevai ,  che  da  molti  anni  era  divenuto 
asmatico  ^  che  il  bisogno  di  vivere  lo  avea  obbligato  a 
fàtigare  stando  continuamente  avanti  al  fuoco  j  che  dal 
principio  della  sua  malattia  nelle  ore  matutine  espetto- 
rava una  quantità  di  bava  ,  e  così  andava  l'  affanno  a 
minorarsi  ^  e  che  da  qualche  settimana  non  avendo  il 
giornaliero  beneficio  di  dar  fiiora  tanto  materiale  dal 
petto  ,  vedevasi  assai  maltrattato  .  Era  intanto  compas- 
sionevole il  suo  stato,  mentre  per  causa  dell'eccessivo 
affanno  sembrava  strangolarsi.  La  respirazione  osserva- 
vasi  superiore  e  celere  ^  uno  stridente  scroscio  si  sen- 
tiva neir  atto  della  inspirazione  \  ma  quello  che  atter- 
riva ,  si  era  la  impetuosa  e  continua  tosse  ,  la  quale 
enormemente  lo  arrossiva  ,  e  sembrava  togliergli  il  re- 
spiro .  Avea  di  più  la  faccia  ,  il  collo  ,  ed  i  piedi  gon- 
fii  .  I  polsi  linalmente  si  mostravano  vibranti ,  e  tesi  . 
Osservando  questo  povero  uomo  in  tale  stato  dubitai 
molto  della  sua  vita ,  ed  oso  dire  che  ne  avrebbe 
chiunque  dubitato  ,  trattandosi  di  un  chiaro  idrotorace 
sopraggiunto  ad  un  annosa  affezione  asmatica  .  E  tan- 
to più  vidi  in  grave  pericolo  la  sua  vita,  dacché  si  ri- 
trovava in  uno  stato  sì  misero  da  non  poter  profittare 
di  niun  ajuto  dell'arte,  né  di  poter  usare  un  buon 
regimine  dietetico.  Ciò  non  ostante  proccurai  d'incorag- 
giarlo. Gli  diedi  dodici  dose  di  cinque  acini  T  una  della 
polvere  della  digitale,  delle  quali  ne  dovesse  prender  tre 
in  ciascun  giorno  con  soprabbere  su  \  ultima  della  sera 
un  poco  di  latte,  e  lo  esortai  a  ritornare  dopo  il  quarto 
giorno  .  Attentamente    infatti    eseguì    il    povero    uomo 

19 


(  i46) 
tutto  il  prescritto  da  me,  ed  essendo  ritornato  mi  ri- 
feri, che  quando  prendeva  la  polvere  sentivasi  una  mos- 
sa ,  diceva  egli,  nello  stomaco,  dopo  la  quale  vedevasi 
r  espettorazione  di  quella  bava  accresciuta  j  e  che  1'  af- 
fanno non  era  tanto  forte  come  ne'  giorni  antecedenti. 
Avendo  io  ciò  inteso  ,  gli  diedi  buon  numero  di  altre 
simili  dose  da  prenderne    quattro    nel   decorso  di  cia- 
scun giorno  .    Gli    feci    continuare    altresì  il  latte   per 
cena ,  e  gì'  imposi  di  ritornare  dopo  altri  cinque  o  sei 
giorni  .    In    questa    occasione    debbo    assicurare  i  miei 
rispettabili  lettori,  che  non  vie  stato  per  me  momen- 
to più  lieto  di  quello    allorché    venne    per  la  seconda 
volta  il  ferrajo  ,  Il  suo  aspetto  indicava  già  i  vantaggi 
della  medicina  ,  che  praticava  .    Egli  dunque  mi  riferì 
che  la  mossa  di  stomaco   facevasi  costantemente   senti- 
re nella  introduzione    della    polvere  j    che    per    mezzo 
della  tosse  cacciava  dal  petto  grande  quantità  di  bava 
spumosa,  in  particolare    nelle  ore  della    mattina  5    che 
l' affanno    erasi    reso    soffribile  \  e  che    continuamente 
(  furono  sue  parole  )  veniva  chiamato  ad  orinare.  Per 
non  diffondermi  di  più  soggiungo  solamente  ,  che  con- 
tinuò costui  a  prendere  la  digitale  per  un'altra    venti- 
na di  giorni ,  ma  minorandone  a  poco  a  poco  le  dosi  . 
Avendolo  per  1'  ultima  volta  veduto  ,  lo  trovai  rimesso 
quasi  perfettamente  in  salute  ,  giacché  non  altro  soffri- 
va che  una  discreta  tosse  nelle    ore    della    mattina,  la 
quale  veniva  seguita  da  piccolo  esito  di  materiale  lin- 
fatico. Da  quel  tempo  non  essendo  più  da  me  venuto, 
xfA  fa  credere  che  continui  a  star  bene. 


(»47) 
Non  debbo  ommettere  di  riportare  il  gaso  di  Un 
ragazzo  di  otto  anni  figliuolo  di  un  galantuomo,  il 
quale  noi  mentre  godeva  un  lodevole  stato  di  salute  , 
fu  sorpreso  da  un  pessimo  morviglione.  Essendo  stato 
però  questo  trattato  co'  più  efficaci  ajuti  delf  arte  ,  si 
ottenne  una  mediocre  eruzione,  ed  il  nior\iglione  sem- 
brò ("are  un  corso  regolare  sino  al  suo  termine.  Benché 
intanfo  si  fosse  imposto  ai  parenti  di  tenerlo  custodito 
per  molti  giorni  ,  non  passò  guari  perchè  il  ragazzo 
volle  uscire  dal  letto  ,  ed  arbitrandosi  semprepiù  die 
luogo  ad  una  infreddatura.  Si  riaccese  subito  la  febbre  , 
un  generale  abbandonamento  si  manifestò,  ed  alla  ter- 
za accessione  divenne  anasarcatico.  Molti  ajuti  furono 
allora  praticati  ,  ma  infruttuosamente  .  Le  istesse  pol- 
veri di  James,  ed  il  bagno  niim  vantaggio  apportando  si 
disperava  con  molta  ragione  della  sua  vita .  Non  aven- 
dolo io  voluto  abbandonare,  indussi  i  parenti  a  dargli 
la  decozione  della  digitale  gialla  .  Feci  quindi  prepa- 
rare un  carico  decotto  colle  foglie  della  medesima , 
impiegandone  due  dramme  per  i  primi  giorni ,  ed  indi 
tre  per  ogni  libbra  di  acqua  ,  e  di  quello  ne  facevo 
introdurre  due  once  ogui  tre  ore  ,  non  lasciando  di 
farlo  addolcire  per  sottrarre  le  fauci  alla  solita  asprez- 
za .  Ubbcdiente  il  ragazzo  a  quanto  gì'  imposi  inco- 
minciò a  ])rcndere  il  mentovalo  decotto  .  Per  il  pri- 
mo e  secondo  giorno  questo  niente  fé  veder  di  buono  ^ 
ma  al  termine  del  terzo  giorno  si  videro  fluire  le  ori- 
ne in  maggior  quantità  .  Un  notabile  cambiamento  pe- 
rò si  osservò  nel  colore    delle  medesime  ,   mentre    os- 


(  i48  ) 

servavansi  più  cariche  ,  che  negli  anlecedenti  giorni . 
Pel  decorso  del  quarto  giorno  si  inanlcnnero  esse  nello 
stesso  stato  .  Al  cominciare  però  del  quinto  giorno  si- 
no al  finire  del  sesto  si  resero  tanto  abbondanti  ,  che 
furono  di  generale  sorpresa.  Intanto  cede  perfettamente 
la  universale  tumefazione  della  cellulare.  Si  videro  ri- 
sorte le  forze ,  e  tranquillazzat'  i  polsi .  Per  una  mia 
scrupulosità  feci  continuare  per  altri  pochi,  giorni  qual- 
che altra  dose  del  detto  decotto  ,  e  così  il  ragazzo 
trovossi  perfettamente  ristabilito. 

I  succennati  fatti  ,  ed  altri  simili  che  per  brevità 
tralascio  ,  i  quali  non  restano  dubbio  alcuno  riguardo 
alla  grande  facoltà  risolvente ,  e  diuretica  della  digitale 
gialla  ,  mi  animarono  a  sperimentarla  anche  in  qualche 
altra  malattia  ,  ove  non  vi  fosse  ristagno  sieroso  ,  ed 
ove  d'  altronde  si  avesse  pure  bisogno  di  ricorrere 
ai  risolventi  irritanti  ,  come  accade  tutte  le  volte 
che  occorre  promuovere  la  mestruazione  ,  ed  an- 
che la  locchiazione  attrassata ,  ma  non  per  malattia 
organica.  Ebbi  in  fatti  la  fortunata  occasione  di  ciò 
osservare  per  la  prima  volta  in  una  giovane  di  circa 
anni  18,  la  quale  trovandosi  mestruante  fu  soggetta  ad 
una  fortissima  passione  d'  animo  ,  di  cui  1'  effetto  im- 
mediato fu  quello  di  chiuderle  l' utero .  Disprezzò  ella 
per  più  mesi  un  tal  inconveniente  accaduto ,  adope- 
rando solamente  quelle  piccole  cose  ,  che  le  donne  in 
simili  casi  son  solite  fare  ,  e  spesso  infruttuosamente  . 
Ma  vedendosi  deteriorare  l' appetito  ,  e  perdere  il  suo 
solito    colorito  5  si  risolvè  di  consigliar  me  per  potersi 


(  »49  ) 
sottrarre  a  tale  indisposizione  .  Questa  mi  parve  la  più 
lavorcvole  circostanza  di  sperimentare  la  digitale  .  Glie 
ne  diedi  dunque  un  buon  numero  delle  solite  dose  di 
quattro  acini  l'una,  e  la  esorlai  a  prenderne  due  pel 
primo,  e  secondo  giorno,  e  tre  nel  proseguimento. 
Fu  in  vero  cosa  meravigliosa  dacché  nel  sesto ,  o 
settimo  giorno  quella  mestruazione,  clie  non  avea  vo- 
luto ubbidire  a  molti  ajuti  antecedentemente  appresta- 
ti ,  comparve  in  modo  ,  che  arrecò  spavento  j  sicché 
il  bisogno  portò  di  dover  sospendere  il  rimedio  .  Da 
questo  momento  la  giovane  riacquistò  1'  appetito  ,  e  do- 
po pochi  giorni  il  suo  volto  mostrò  gli  elletti  delle 
buone  digestioni  .  Questa  giovane  è  rimasa  così  affe- 
zionata alla  digitale  ,  che  appena  osserva  una  tardanza 
nella  ricorrenza  del  suo  tributo  mestruo  ,  ricorre  im- 
mediatamente all'  impero  di  quella  . 

Merita  finalmente  tutta  l' attenzione  il  segue  nte 
caso  di  un'  altra  donna  di  bassa  condizione  ,  la  quale 
dopo  aver  sofferto  un  felicissimo  parto  si  ritrovava 
nel  terzo  giorno  del  più  regolare  puerperio  ,  quando 
vide  il  neonato  assalito  di  botto  da  forti  convulsioni. 
Ciò  produsse,  com'è  solito  accadere,  una  tale  altera- 
zione nella  sua  costituzione ,  che  immediatamente  l'ute- 
ro si  chiuse,  interrompendosi  perfettamente  la  locchia- 
zione  .  L' addome  si  gonfiò  ^  i  polsi  osservavansi  feb- 
brili ,  ed  una  sj)ecie  di  smania  di  già  si  appalesava  . 
Essendovi  stato  io  chiamato,  fui  animato  dall'antece- 
dente osservazione  ad  amministrare  la  polvere  della 
digitale  gialla .   Mi  servii  quindi  delle  solite  dose  ,  da 


(i5o) 
doverne  prendere  quattro  in  ciascun  giorno  ,  non  es- 
sendovi tempo  da  perdere.  Or  queste  produssero  tanto 
sollecitamente  il  di  loro  effetto  ,  che  fa  al  di  sopra 
della  mia  aspettativa.  Dopo  la  introduzione  della  quinta, 
dose  di  già  si  videro  delle  macchie  sanguigne  sortir 
dall'  utero  .  Queste  crebbero  dopo  aver  introdotta  la 
sesta  ,  ed  in  tale  stato  si  mantenne  lo  scolo  per  tutta 
la  notte  seguente.  Con  maggior  fiducia  incominciò  l'in- 
ferma a  riprenderne  l'uso  nella  mattina  seguente  j  ma 
non  ne  potè  introdurre  che  tre  altre,  giacché  si  avan- 
zò tanto  lo  scolo ,  che  bisognò  sospenderne  la  ulteriore 
introduzione.  I  polsi  intanto  si  tranquillizzarono  5  l'ad- 
dome riacquistò  il  primiero  volume  j  cede  la  smania  •, 
e  si  rimise  perfettamente  nello  stato  primiero  di  sanità. 
Non  la  terminarri  per  ora  se  volessi  porre  a  ras- 
segna ,  e  qui  riportare  tutte  le  malattie  osservate  non 
men  da  me  ,  che  da  molti  miei  giovani  ,  ed  amici  , 
nelle  quali  la  digitale  gialla  ha  spiegata  la  più  grande 
attività  .  Basta  dire  ,  che  malgrado  nello  spedale  di 
S.  Maria  della  Fede  ,  dal  di  cui  degnissimo  Direttore 
Signor  Canonico  Ricciardi  niente  si  tralascia  pel  buon 
trattamento  delle  inferme  ,  io  mi  trovassi  a  medicare 
i  corpi  li  più  astenizzati  e  maltrattati  dai  moltiplici  e 
variati  effetti  della  sifilide ,  la  digitale  ciò  non  ostante 
fa  prodigi  ri^^l^  idropisie ,  specialmente  nelle  asciti  ed 
idrotoraci ,  e  nelle  anche  annose  suppressioni  delia  me- 
struazione. Tutti  coloro  quindi,  che  assistono  alla  mia 
visita  vanno  ogni  giorno  in  campagna  a  provvedersi 
di  tale  pianta  ,   ed  animati   dalle  continue  felici  osser- 


(i5,  ) 

vazlonl  r  amministrano  ben  anche  nelle  case  de' privati. 
Niente  poi  dico  di  molti  farmacisti ,  i  quali  di  già  ne 
han  preparata  la  polvere  ,  di  cui  fanno  uno  spaccio 
significante. 

Spinto  cjuindi  da  tali  decisive  osservazioni  mi  è 
sembrato  buono  non  dilungarne  ulteriormente  la  pub- 
blicazione. Deesi  iu  verità  la  digitale  gialla  stimare  come 
uno  de'  più  grandi  risolventi  da  farne  conto  per  con- 
seguenza tutte  le  volte  che  questi  sono  indicati  .  Con 
ogni  fiducia  quindi  sì  può  essa  impiegare  nell'  ascile , 
nell'  idrotorace  ,  nell'  anasarca  ,  ed  in  tutte  le  malattie 
idropiche  .  Vale  altresì  nell'  asma  umido  e  nella  sop- 
pressione della  mestruazione  ,  e  locchiazione  .  Deesi 
infine  tener  presente  questa  eroica  pianta  nell'emottisi, 
che  spesso  mostrasi  contumace  a  tult'  i  più  valenti  ri- 
medj  ,  come  ho  dedotto  da  altre  mie  posteriori  osser- 
vazioni ,  tlelle  quali  mi  risèrbo  parlarne  in  un'  altra 
memoria. 

Dalle  moltiplicate  mie  osservazioni  ho  rilevato , 
che  per  poter  fare  decisivo  colpo  nelle  mentovate  due 
indisposizioni  delle  donne ,  fa  d'  uopo  che  non  sieno 
esse  conseguenza  di  qualche  febbre  ,  la  quale  pone  a 
so([quadro  tutto  il  sistema  ,  e  spesso  lo  gitta  nel  più 
considerevole  avvilimento.  In  questo  caso  all'  uso  del- 
la digitale  bisogna  unire  quel  metodo  curativo  ,  che 
vien  indicato  dalla  particolar  natura  della  febbre  .  Né 
sarà  inutile  similmente  il  far  riflettere  ,  che  quando 
alle  indicate  malattie  ,  nelle  quali  conviene  la  digita- 
le ,  si  accoppii  V  impegno    di  qualche  organo  ,    come 


(  i52  ) 

spesso  accade  nell'  ascile  ^  come  pure  vi  siano  chiarì 
indizj  della  diatesi  sifilitica ,  non  bisogna  fidare  sola- 
mente nella  medesima  ^  ma  sarà  prudenza  unirvi  nel 
primo  caso  i  così  detti  deostruenti ,  come  per  esempio  , 
r  estratto  di  cicuta,  quello  dello  giusquiamo,  la  gomm' 
ammonìaco  ec.  j  e  nel  secondo  le  frizioni  mercuriali  . 
Potranno  i  medici  istituire  delle  altre  sperienze  ,  che 
io  non  sarò  alieno  dal  farle  ,  onde  osservare  l'attiij'ità 
di  questa  nostra  pianta  in  altre  malattie  ,  ed  in  par- 
ticolare nelle  affezioni  nervose  ,  e  scrofolose  .  Son  si- 
curo che  non  anderà  guari  perchè  farà  la  medesima 
una  luminosa  comparsa  nelle  materie  mediche  . 

Ecco  intanto  1'  opportuno  luogo ,  in  cui  mi  dovrei 
occupare  del  modo  di  agire  della  digitale  gialla  sulla 
umana  costituzione  .  Partecipando  questa  dalla  mede- 
sima natura  della  purpurea  j  spiegando  la  sua  attività 
nelle  medesime  malattie  ,  e  per  conseguenza  potendosi 
a  quella  surrogare ,  dovrei  entrar  anche  io  nella  tanto 
agitata  controversia  ,  se  ,  cioè  ,  la  digitale  gialla  agisca 
stimolando,  o  pure  controstimolando.  Come  però  non 
è  a  me  ignoto  tutto  ciò  ,  che  riguardo  al  modo  di 
agire  della  purpurea  si  è  detto  da  valenti  Scrittori ,  in 
particolare  da'  Dottori  Bettoli  ,  e  Tommaslni  ^  così 
sembrami  inutile  riandare  le  istesse  cose  ,  ed  impe- 
gnarmi o  pel  sentimento  del  primo  ,  il  quale  protegge 
la  forza  stimolante  della  digitale  purpurea  ^  o  del  se- 
condo ,  che  ne  sostiene  la  facoltà  controstimolante  . 
Il  mio  unico  scopo  in  questa  occasione  è  di  render 
nota  1'  attività    della  digitale  gialla    nelle  indicate  ma- 


J 


(  ^53) 
lattle ,    pubblicando    le    mie    particolari    osservazioni  . 
Altri  forniti  di  maggiori  lumi  discuteranno  meglio  ta- 
le qiiistione  .  Solo  fo   riflettere  ai  miei  rispettabili  Col- 
leglli ,  che  restando  tutta  via  gì'  istessi  miei  dubbj  re- 
lativi alla  dottrina     del  controstimolo  :    dubbj    esposti 
in  un'  altra  memoria  inserita    nel  primo  volume    degli 
Atti  del  nostro  Reale  Istituto  d'Incoraggiamento  ,  non 
posso  accordare  ,    che   la  forza  stimolante  alla  digitale 
medesima  .  Il  suo  forte  amaro  ,    l'  acre    e  l'  astringen- 
te ,  che  contiene ,    l'  aura  graveolente  ,     che    tramanda 
allorché    riducasi   in    polvere  j    e  molto    più    l' energia 
che  sviluppa  in  quelle  malattie  ,  ove  chiaramente  cam- 
peggiano languore  ed  abbattimento-,  sono  per  me  tanti 
argomenti  decisivi  ,  onde  giudicare    del  suo  modo    di 
j<gire  analogo  a  quello  di  tutte  le  altre  sostanze  amare. 
Benché  nelle  varie  sperienze  istituite  io  mi  sia  ser- 
vito sempre  delle  foglie  della  digitale  gialla  ,  si  potrebbe 
ciò'  non  ostante  far  uso  del  rimanente  della  pianta.  Al 
di    sopra    ho    fatto    vedere  ,    che  la  radice  ,    il  fusto  , 
ed    i    fiori    contengono    i    medesimi  principi  ,    ma    in 
minore  grado.  Volendosi  perciò  far  uso  di  tali  parti  , 
è  necessario  accrescerne  solo  la  dose.  Riesce  puranche 
utile  la  digitale  non  solo   in  polvere  ,    ma  eziandio  in 
decozione.  Né  sono  da  trascurarsi  in  qualche  occasione 
gì'  infusi  ,    e  gli  estratti  .  Sarà  sempre  meglio  però  per 
riuscire  più  presto  nell'  intento  servirsi  delle  foglie  sec- 
cate all'ombra,  e  poscia  ridotte  in  polvere  sottilissima. 
Tvè    deesi  trascurare    il  tempo  della    loro  ricolta  ,    che 
sarà    eseguita  o  prima    della   fioritura    della  pianta  ,    o 

ao 


(i54) 
dopo  il  seccarne nto  del  suo  fusto.  Riguardo  poi  alla 
dose  bisogna  esser  nella  prevenzione  ,  che  volendosi  pre- 
scrivere la  digitale  in  polvere  ,  si  può  cominciare  da 
quattro  granelli  ,  e  lentamente  si  può  accrescere  fino 
ad  otto  ne'  casi  di  massima  urgenza.  Questa  dose  a  se- 
conda del  bisogno  si  replicherà  anche  più  volte  nel  corso 
del  giorno.  Sarà  sempre  meglio  però  introdurre  più  dosi 
pìccole  ,  che  una  grande.  Nel  caso  si  volesse  usare  la 
decozione  ,  la  quale  anche  riesce  attiva ,  si  faranno  bol- 
lire due  o  tre  dramme  delle  foglie  in  una  libbra  di  ac- 
qua ,  che  si  ripartirà  in  più  prese.  Per  1'  infusione  si 
può  impiegare  la  medesima  quantità  di  acqua  e  di  fo- 
glie ,  ma  debbonsi  queste  far  soggiornare  in  essa  alme- 
no per  dodici  ore  .  L' infusione  poi  si  può  dare  eoa 
maggior  libertà.  Finalmente  occorrendo  dare  l'estratto, 
deesi  sempre  anteporre  P  acquoso  allo  spiritoso  ,  e  si 
comincerà  ben  anche  da  pochi  granelli. 

Intanto  uno  de' titoli ,  che  rende  pregevole  la  digi- 
tale gialla  ,  si  è  quello  di  potersi  avere  le  sue  foglie 
recenti  in  tutto  l'anno.  Essendo  ella  fornita  di  radice 
perenne  riesce  grazioso  1'  osservarsi ,  che  appena  è  ac- 
caduta la  fruttificazione,  dalla  parte  superiore,  e  late- 
rale della  radice  istessa  si  sviluppa  un  gentil  germoglio, 
il  quale  trovasi]  di  già  abbastanza  ingrandito  allorché 
perisce  il  fusto  dietro  la  perfezione  de'  semi  .  Questo 
poi  è  quel  gerraogho ,  che  figura  da  caule  nella  nuova 
stagione  -,  ed  è  quello  ,  che  reggendo  ai  massimi  rigori 
dell'inverno  somministra  eccellentissime  foglie  verdi  in 
tutt'  i  tempi  . 


(  i55) 
Finalmente  non  ignoro,  che  per  compiere  la  storia 
di  questa  importante  pianta  ,  dovrei  dar  termine  alla 
presente  memoria  col  riportare  la  descrizione  botani- 
ca della  medesima  ,  e  la  sua  figura  .  In  questo  modo 
però  non  farei  altro  che  ripetere  le  istesse  cose  dette 
da  altri  ,  essendo  essa  nota  a  tutt'  i  botanici  .  Credo 
perciò  molto  meglio  rimettere  per  tale  oggetto  i  miei 
lettori  alle  opere  di  Linneo  spec.  pi.  807  ,  di  Wildnov 
pag.  283  ,  di  Persoon  Synopsis  plantarum  par.  2.  pag. 
162  ^  di  Vitman  Suinma  plantarum  tom.  3  pag.  5o4  « 
di  Haller  Fior.  Helvet.  num.  332  ,  di  Gio:  Bauhino 
Hist.  2.  [).  814  5  dì  Gaspare  Bauhino  pin.  224,  di  Mori- 
sono  Hist.  3.  f.  5.  tav.  8  ,  di  Giacquino  Hort.2.tav.  2o5, 
ed  infine  dell'  Orto  Romano  /.  2.  tav.  88. ,  ove  trove- 
ranno non  meno  la  descrizione  botanica  della  Digitale 
Gialla,  che  la  sua  bella  figura  (1). 

(i)  Dietro  la  lettura  di  questa  Memoria  furono  dal 
Reale  Istituto  invitati  vnrj  Socj ,  Professori  di  Me- 
dicina ,  a  sperimentare  il  valore  della  indicata  di' 
gitale  j  ed  a  riportarne  i  risultati.  Tra  gli  altri  vi 
fu  il  Sig.  Cavaliere  S'acaresi  ,  //  quale  non  solo  si 
uniformò  al  parere  degli  altri  Cotlcghi  ,  ma  per 
convalidare  sempreppiìi  V  attività  di  questa  specie 
di  digitale  ,  si  die  la  lodevole  pena  di  raccogliere y 
e  registrare  molte  delle  sue  osservazioni ,  la  di  cui 
importanza  spinse  V  Istituto  medesimo  ad  ordinarne 
ben  anche  la  pubblicazione  in  questo  secondo  volume 
degli  Atti. 

Nota  del  Compii. 


(  i56  ) 
Sulla  miniera  di  Grafite  di  Olivadi  nella  Provincia 
di  Calabria  Ulteriore.  Memoria  del  Socio  Ordi- 
nario Sig.  Giuseppe  Melograni.  Letta  nell'adu- 
nanza de'  7  Gennajo  i8i3. 


■.■<<^  «<»>»»».. 


JUa  Grafite  di  Ollvadi  va  tirando  a  se  l' attenzione 
del  Governo ,  come  quella  che  ,  supplendo  il  voto 
che  lasciò  colla  guerra  la  grafite  inglese  ,  potrà  un 
giorno  o  r  altro  prestare  i  medesimi  uffizj  ,  e  ser- 
vire ai  medesimi  bisogni ,  ed  usi ,  cui  serviva  prima 
questa  ultima  .  Era  di  fatti  giusto ,  che  un  minerale 
cosi  prezioso ,  che  la  Provvidenza  pare  avere  quasi  esclu- 
sivamente conceduto  alla  provincia  di  Cumberland  , 
ed  alla  Calabria  ulteriore  ,  fosse  valutato  egualmente  , 
ed  utilizzato  sul  piede  medesimo  nell'  una  e  nell'  altra 
contrada.  GÌ'  Inglesi  aprono  le  miniere  di  grafite  di 
Barrowdale  nel  distretto  di  Kesvig  una  volta  in  ogni 
otto  anni ,  e  ne  cavano  tanto  quanto  basta  per  tutto 
quel  tempo  al  commercio.  Questo  metodo  di  versare 
a  bocconi  una  merce  siffatta  ,  mantiene  una  rarità  ar- 
tifiziosa  ,  e  proccura  un  traffico  ,  che  porta  loro  più 
migliaja  di  lire  sterline  all'  anno  di  lucro  .  I  nostri  al 
contrario  ignari  del  valore  di  questa  merce  ,  lasciarono 
ai  baroni  ,  entro  i  cui  feudi  esisteva  ,  la  piena  facoltà 
di  usare,  ed  abusare  di  un  minerale  tenuto  generalmente 
a  vile  ,  e  negletto  .    I  baroni ,    anch'  essi    meno  istruiti 


(i57) 
del  popoli,  e  del  Governo,  non  sapendo  trarre  parlilo 
migliore  ,  vendevano  la  grafite  nostra  a'  Messinesi  a  prez- 
zo tenue  e  basso,  i  quali  spiegando  in  questo  affare  un 
personaggio  tutto  passivo,  la  rimettevano  ai  loro  com- 
mittenti in  Venezia  ,  e  in  Trieste  ,  e  pochissima  ne 
mandavano  in  Napoli  a  solo  uso  del  disegno  ,  dico  a 
solo  uso  del  disegno  ,  perciocché  i  nostri  orefici  non 
sapendo  allora  costruire  con  essa  1  crogiuoli  apiri  ,  fa- 
cevano venire  questi  da  Passau  ,  e  da  altri  luoghi  di 
Germania  ,  pagando  forse  al  ritorno  la  nostra  materia 
lavorala  a  danaro  contante  . 

Sarebbe  quindi  interesse  del  nostro  benefico  Go- 
•verno  di  spingere  avanti  la  coltivazione  di  un  mine- 
rale ch'è  tutto  nostro  ,  che  le  montagne  danno  a  dovi- 
zia ,  che  può  riempiere  i  nostri  bisogni  ,  e  quei  dei 
popoli  confinanti  ,  e  che  con  promuovere  ,  ed  animare 
questo  ramo  d' industria ,  verrebbe  a  sottrarci  da  quel 
tributo  ,  che  per  siffatto  genere  paghiamo  tuttodì  agli 
stranieri.  Sembra  che  ciò  consigli  la  politica,  che  ciò 
lichicgga  r  utilità  .  ^,/, 

Queste  vedute  hanno  già  determinato  II   Governo 
a  fare  de'  passi  che  menano  a  questo  scopo  ;  siccome  lo 
[  "scavamento  dalle  miniere  consuma  una  quantità  di  le- 
•    gname  per  la  fortificazione  interna,  ed  un'altra    niag- 
■^  giore  ne  consumano  i  minerali  per  loro  trattamento  ,  e 
i.  questa  non  si  può  ottenere  che  dai  boschi  bene  ammi- 
«^nislrati  ,  era  perciò  necessario  lar  precedere  una  legge. 
;.forestalo  ,  che  servisse  come  di  preparazione  al  ramo  mi- 
•^neralogico.   Ciò  fa  fallo  colla  promulgazione  della  leg- 
ge organica  delle  foreste  ,  data  fuori  ai  20  gennajo  del- 
Tanuo  1811. 


(158) 

In  questo  medesimo  tempo  conoscendo  la  Direzio- 
ne della  Reale  Artiglieria  di  Napoli  la  necessità  che  avea 
l'Arsenale  di  questo  minerale,  domandò  a  S.  M.  per 
mezzo  di  S.  E.  il  Ministro  dalla  Guerra,  il  permesso 
di  proseguire  avanti  a  conto  suo  la  coltivazione  della 
miniera  di  Olivadi  ^  onde  trarre  di  là  un  articolo  tanto 
bisognevole  agli  usi  moltiplici  di  quella  officina.  Il  Re 
si  compiacque  approvare  la  domanda  ,  ed  oggi  il  la- 
voro della  miniera  è  riguardato  come  un'appendice  di 
quello  della  Mongiana  . 

La  prosecuzione  di  questo  scavamento  non  reca 
detrimento  alcuno  ai  boschi  ,  perciocché  non  avendo 
bisogno  la  grafite  di  processi  metallurgici ,  ma  venendo 
fuori  tutta  pura  e  perfetta  dalle  mani  della  natura  ,  le 
foreste  quindi  poco  o  nulla  ne  soffrono  . 

Questa  stessa  ragione  dovrebbe  animare  il  Governo 
a  fare  coltivare  le  altre  miniere  di  grafite  sparse  nella 
Calabria  Ulteriore ,  onde  stendere  questo  ramo  di  fi- 
nanze di  una  maniera  più  celere  ,  e  vantaggiosa  5  e  '1 
mezzo  j>i^  conducevole  sarebbe  quelio  ,  di  concedere 
dette  miniere  alle  società  particolari  de'  cittadini  sotto 
alcune  date  condizioni  ,  che  esprimano  la  natura  di 
queste  concessioni  secondo  T  uso  degli  stabilimenti  me- 
tallici . 

Mentre  io  mi  trovava  in  commissione  alla    Mon- 
giana nel  i3ii  ,  incaricato  per  l'ingrandimento    delle 
miniere,  e  fonderia  di  ferro,  ebbi  ordine  diportarmi' 
ad  osservare  la  miniera  di  Olivadi  ,  e  fare    delle     mie 
osservazioni  un  minuto  rapporto.  Io  che  amava  di  «ve- 


(  i59  ) 
dere  una  miniera   che  non  avea  veduto  ancora  ,    colsi 
volentieri  1'  occasione  ,    e    movendo    dal  luogo  di  mia 
dimora  ,  dopo  un  viaggio  di  3o  miglia ,  pervenni  final- 
mente ad  Olivadi. 

Descrizione  topografica   della   miniera  di  Olivadi , 
e  delle  montagne  adjacenti. 

Giace  la  miniera  di  grafite    sovra    una    montagna 
posta  nel  lenimento  di  Olivadi  ,  compreso  nel  circon- 
dario  di  Gasparina  ,  distretto  di   Catanzaro  nella  Cala- 
bria oiienlale  ,  quattro  miglia  distante  da  Olivadi ,  otto 
dal  mare  ,  allreltanli  da  Squillace  ,   diciotto  da  Catan- 
zaro ,  e  270  da  Napoli.  Avanti  di  entrare  nella  miniera, 
divisai  conoscere  preventivamente  la  posizione  topogra- 
fica ,  e  geologica  delle  montagne  limitrofe ,  onde  tirare 
da  questa  conoscenza  un  risultato  più  o  meno  proba- 
bile degli  andamenti  di  tutta  la  paile  montuosa  ,    che 
cinge  la  miniera.  Apersi  questo  mio  pensiero  al  Capi- 
tano di  Artiglieria  De  Vouge  preposto  ai  lavori  di  que- 
sto scavamento  ,  e  mio  compagno  di  viaggio  in  questa 
visita  ,  il  quale  mi  condusse  sovra  la  cima  di  una  mon^ 
lagna  più  elevata,  denominata  Serra  alta ,  sulla  costa 
della  Rivisa  ,  la  quale  ,  mentre  serve  di  frontiera  ,    ai 
lenimenti  di  Maida,  di  Laconia  ,  di  Girifalco,  di  Fila- 
delfia ,  Polia  ec.  domina  una  vasta  estensione  di  paese. 
Arrivato  lassù  ,  quale  spettacolo    imponente    si    aperse 
alla  vista  !  mirava  ai  miei  fianchi  due  mari  opposti ,  il 
mare  di  mezzogiorno ,  ed  il  mare  di  settentrione  ,  scoi- 


(  i6o  ) 
geva  a  manca  un  buon  tratto  del  Tirreno  colla  mae- 
stosa prospettiva  di  Strongoli  ,  e  di  tutte  le  isole  Eo- 
lie ,  a  destra  il  mare  di  Squillace  quasi  sino  al  ca- 
po delle  Colonne  j,  mi  trovava  sul  dorso  di  una  mon- 
tagna ,  che  costituisce  il  punto  intermedio  tra  1'  uno  e 
l' altro  mare ,  dì  una  montagna  impiantata  nella  parte 
più  esile  ed  angusta  del  regno,  mi  trovava  là,  ove  la 
gamba  ,  e  lo  stivale  dell'  Italia  si  accorcia  e  stringe  al 
maggior  grado  possibile  ,  ove  il  passaggio  di  un  mare 
air  altro  non.  occupa  che  il  tempo  di  mezza  giornata  , 
ove  pare  volesse  la  natura  un  giorno  o  1'  altro  riunire 
i  due  mari ,  tante  e  tali  sono  le  tracce  terribili  impresse 
in  questo  breve  punto  del  nostro  continente  .  Esso  è 
chiuso  dalla  parte  del  nord  tra  i  due  fiumi  Angitola , 
e  Lamato  ,  da  quella  del  sud  tra  il  fiume  AUi ,  e  la 
punta  di  Stallatti .  Questo  spazio  comprende  i  circon- 
dar) di  Maida ,  e  di  Monterosso  appartenenti  al  di- 
stretto di  Monteleone  ,  e  dall'  altro  lato  i  circondar] 
di  Chiaravalle  ,  di  Davoli  ,  di  Gasparina  ,  di  Squillace, 
e  di  Borgia  ,  attinenti  al  distretto  di  Catanzaro. 

Descrizione  geologica  delle  inontagne ,  che  formano 
listmo  del  nostro  continente. 

Le  montagne,  che  radono  l'Angitola,  e  Lamato  , 
formano  dei  poggi  ,  che  si  vanno  mano  "mano  elevando 
a  guisa  di  gradini  sino  alla  montagna  ove  io  mi  era  , 
e  delle  scarpe  formano  le  montagne  opposte  contenute 
tra  AUi ,  e  la  punta  di  Stallatti ,  colla  differenza  ,  che 


(  i6i  ) 

sono  queste  meno  distinte,  meno  decise  delle  prime, 
più  confusamente  conglobate,  ma  le  une,  e  le  altre  si 
accordano  perfettamente  insieme  nell'  interrompere  in 
<juesto  luogo  il  corso,  e  la  continuazione  delle  montagne 
primitive,  e  torreggianti  della  Sila  con  quelle  della  Ser- 
ra ,  e  di  Aspromonte  ,  e  nel  formare  1'  anello  più  de- 
clive ,  e  depresso  della  gran  catena  degli  appennini  . 
Questa  specie  di  gradinata  si  osserva  assai  più  distin- 
tamente nel  rimanente  della  Calabria  Ulteriore ,  comin- 
ciando dal  Pizzo  sino  a  Reggio. 

La  roccia  di  ambe  le  coste  sovraindicate  consiste 
nel  gneis  di  una  tessitura  scistosa  più  o  meno  grosso- 
lana ,  colla  differenza  che  il  gneis  di  Maida  più  netto, 
e  più  puro  nei  suoi  componenti  ,  per  la  preponderanza 
del  feldspato  sulla  mica  ,  e  sul  quarzo  ,  sembra  vo- 
lersi ravvicinare  al  granito  ^  1'  altro  dell'AngitoIa  è  più 
ferrigno  ,  e  come  si  va  elevando  verso  Filadefia  ,  o 
Polla ,  comparisce  penetrato  di  ocra  di  ferro  ,  e  la  copia 
di  essa  è  tale  e  tanta  ,  che  sembra  formare  su  queste 
alture  il  cappello  ,  e  '1  tetto  delle  montagne.  Lo  stesso 
si  osserva  nelle  coste  opposte  che*  guardano  il  mare  di 
Sovarado  e  di  Squillace  ,  e  posso  francamente  asserire 
che  il  gneis  del  mezzogiorno  presenta  la  sembianza 
medesima  ,  la  medesima  struttura  ,  serba  lo  stesso  con- 
tegno ,  offre  i  medesimi  caratteri ,  porta  i  medesimi  fos- 
sili stranieri  o  subordinati ,  che  porta  ed  offre  il  gneis 
del  settentrione. 

In  questo  spazio  appunto  ,  compreso  nelP  istmo  , 
sembra  aver  la  natura  concentrato  la  grafite  ,  come  si 

21 


(  i62  ) 
rileva  da  quella  di  Lamato,  da  quella  di  Monterosso, 
non  lungi  da  Monteleone  ,  e  dall' altra  di  Olivadi.  Nel 
giro  da  me  fatto  lungo  i  gioghi,  e  le  curvature  di  que- 
ste montagne  ,  osservai  ,  dai  segni  geologici ,  forieri  dei 
minerali  ,  che  tutta  1'  aja  montuosa  circonscritta  dal- 
l' istmo  ,  dovea  essere  più  o  meno  carica  di  grafite  , 
ciò  indicando  l' acqua  tinta  dei  ruscelli  che  si  gittano 
neir  uno ,  e  nell'  altro  mare  ,  V  ocra  di  ferro  ,  e  l' indole 
della  roccia.  Avendo  palesata  questa  mia  conghiettura  a 
molti  dei  circonstanti ,  avvenne  ,  dopo  un  mese  che  io 
mi  era  già  ritirato  alla  Mongiana  ,  che  ,  facendo  alcuni 
dei  tentativi  ,  trovarono  verso  Polìa  una  traccia  non 
indifferente  di  grafite ,  di  cui  mi  si  presentò  una  mo- 
stra simigliante  affatto  a  quella  della  miniera  di  Oliva- 
di  5  ed  altri ,  cavando  verso  Filadelfia  dei  pozzi ,  e  delle 
fosse  ,  si  abbatterono  ben  anche  in  diverse  strisce  di 
grafite  ,  ciocché  accadde  parimente  nelle  vicinanze  della 
miniera.  Tutto  ciò  ,  confermando  il  mio  giudizio,  fa  cre- 
dere aver  la  natura  largamente  profuso  questo  minerale 
nel  tratto  montuoso  ,  chiuso  da  qui  da  Lamato ,  e  dal- 
l'Angitola  ,  di  là  da  Alli  ,  e  da  Stallatti  ,  e  che  non 
aspetta  che  la  mano  dell'  uomo  per  darlo  fuori  ,  e 
darlo  generosamente.  Fatte  queste  poche  osservazioni, 
mi  condussi  colla  stessa  compagnia  a  visitare  la  miniera 
di  grafite  ,  che  passo  brevemente  a  discrivere. 


(  i63  ) 

Descrizione   della  miniera  di  Olivadi . 

I.  Natura,  e  caratteri  della  roccia. 

Lo  scavamento  di  questa  mioiera  è  spinto  in  una 
specie  di  gneis  ,  che  presenta  in  tutta  la  sua  mole  una 
varietà  prodigiosa  di  contrasti ,  e  di  modificazioni  :  ora 
la  roccia  si  manifesta  pura  come  quella  di  Maida  ,  ora 
ferrigna  come  l'altra  dall'Angilola,  spesso  spesso  compa- 
risce carica  di  granati  ignobili  di  un  rosso  cupo  ,  parte 
freschi  ,  parte  caduti  e  scomposti  ,  ora  aspersa  di  horni- 
blenda  ,  ora  di  solfuro  di  ferro  ^  qualche  volta  vi  pre- 
domina il  quarzo  ,  e  la  mica  ,  e  la  sua  tessitura  scistosa 
e  sottile  affetta  l'aria  di  scistomica  •  in  somma  il  gneis 
di  questa  miniera  si  diletta  di  riunire  in  se  ,  nello 
stesso  luogo  ,  nello  stesso  spazio  ,  nel  tempo  stesso  , 
tutte  insieme  le  metamorfosi,  e  i  passaggi  ,  che  sogliono 
altrove  accompagnare  le  rocce  ne'  tempi ,  negli  stati  ^ 
e  nelle  circonstanze  diverse. 

2.  andamento  degli  strati. 

» 

Gli  strati  di  questa  montagna  vanno  da  Mezzo*- 
giorno  a  Settentrione  con  una  inclinazione  verso  il  nord 
cosi  brusca  ,  e  rapida  che  sembrano  volersi  ravvicinape 
alla  perpendicolare  j  altri  strati  all' opposto  -solitarj  i, 
spiccandosi  da  Occidente  verso  Oriente  ,• 'fagliano  i 
primi   in  senso   contrario.    In  somma    la  stratificazion« 


(  i64  ) 

plesenta  qui  le  stesse  mosse ,  la  vaghezza  stessa  ,  che 
offrono  altrove  i  con}ponenti  della  roccia .  Tra  questi 
strati  trovai  iazeppato  un  sasso  solitario  ,  che  rintuzzava 
gli  acciai  più  squisiti ,  che  mi  parve  a  tutt'  i  caratteri, 
esterni  il  vero  grunstein  dei  Tedeschi  ,  chiamato  da 
Vallerlo  Saxiim  Feireiim.  Esso  è  composto  d'  horni- 
Jjlenda  ,  feldspato,  e  mica,  in  modo  che  l'horniblenda 
di  color  verde  cupa  constituisce  la  massa  dominante 
del  composto  ,  il  feldspato  la  parte  minore  ,  la  mica 
solitaria  la  parte  menoma.  Questo  sasso  ,  siccome  ap- 
partiene alla  famiglia  dei  trappi,  o  alle  rocce  di  transito, 
avrebbe  dovuto  occupare  l'apice,  o  la  parte  superficiale 
della  montagna  ^  e  non  già  trovarsi  inzeppato  negli 
strati  profondi  del  gneis.  Credo  che  tale  fenomeno  venga 
da  cagione  straordinaria  ,  da  tremuoto  ,  o  altro  ,  che 
vivesse  dimosso  ,  e  precipitato  là  quel  sasso. 

3.  Descrizione  del  filone ,  e  suoi  caratteri. 

La  grafite  di  Olivadi  pare  ,  dal  poco  che  si  vede 
scoverta  ,  volere  constituire  un  filone  regolare  ,  e  per- 
manente ,  che  si  prolunghi  e  sfili  ben  lungi  assai  nella 
roccia ,  la  cui  direzione ,  ed  inclinazione  non  sono  an- 
cora perfettamente  determinabili ,  perciocché ,  non  essen- 
do i  lavori  molto  estesi,  s'ignorano  conseguentemente 
le  vere  mosse  de'  suoi  andamenti.  Nello  stato  attuale  , 
siccome  affetta  esso  tutta  l'  aria  di  filone  ,  io  passo  a 
descriverlo  come  tale ,  aspettando  ,  che  la  prosecuzio- 


(  i65) 
ne  ulteriore  degli   scavamenti    inetta  a  giorno    il   vero 
Éuo  carattere  ,  se  debba  ascriversi  tra  il  numero  de'  fi- 
loni,  o  degli  strati  minerali. 

Presenta  questo  filone  nello  stato  attuale  la  forma 
di  una  forca  bidentata  ,  il  cui  manico  ha  tre  palmi  di 
potenza  ,  e  i  due  denti  presi  insieme  pareggiano  il  vo- 
lume stesso  del  tronco  .  Costituiscono  essi  un'  ellissi 
aperta  verso  settentrione  ,  la  cui  lunghezza  ,  presa 
dal  primo  punto  dell'  apertura  sino  all'  estremità  ,  è 
di  quattro  palmi  .  Ma  questa  lunghezza  non  procede 
molto  lungi ,  poiché  le  due  vene  ,  o  ramificazioni  in- 
dicano volersi  riunire  di  nuovo  un  poco  più  giù  ,  é 
ricomporre  il  primo  tronco.  Al  lato  sinistro  del  filone 
verso  Oriente  ,  alla  distanza  di  sette  piedi ,  si  osserva 
un'  altra  venetta  di  grafite  paralella  alla  forca  ,  che  sem»- 
bra  sfioccarsi  anch'essa  dallo  stesso  tronco  principale j 
ma  nel  punto  ov'  esso  sta  sepolto  ,  ed  ascoso  .  Batte 
questa  vena  la  stessa  via  ,  e  serba  1'  ordine  stesso  ,  che 
serba  il  filone.  La  direzione  di  queste  vene  è  da  Mez- 
zogiorno a  Settentrione ,  e  pare  che  abbioscino ,  e  pen- 
dano verso  Occidente. 

4>  Natura  della  matrice. 

La  matrice,  o  gangue,  che  accompagna  il  filone, 
e  le  sue  ramificazioni  ,  tanto  dalla  parte  pendente , 
quanto  dalla  parte  giacente  di  esso  ,  consiste  in  una 
specie  di  argilla  friabile,  untuosa  al  tatto,  che  affetta 


(  '66) 
l'aspetto  di  steatite,  proveniente  dalla  fatiscenza  del 
feldspato ,  e  della  mica  ,  la  quale  ,  asciugata ,  e  indu- 
rita alquanto  ,  si  manifesta  per  una  vera  litomarga  di 
colore  gialliccio.  Qualche  volta  succede  ,  ma  di  raro  , 
che  il  gneis  si  trova  in  alcuni  punti  poco  o  nulla  scom- 
posto ,  o  alterato  ,  e  in  questo  caso  ,  stando  a  contatto 
immediato  col  minerale ,  si  veste  superficialmente  di 
un  intonaco  di  grafite  ,  che  gli  è  tenacemente  aderen- 
te ,  siccome  mostrano  alcuni  pezzi  da  me  scelti  a  que- 
sti caratteri. 

5.   Qrafite  di  Olivadi  ,    e   sua  differenza  da  quella 
di  Lamato ,  e  Monterosso. 

La  grafite  di  Olivadi  comparisce  diversamente  mo- 
dificata secondo  le  circostanze  locali  ,  e  le  sostanze 
concomitanti  -.  generalmente  è  dessa  di  una  tessitura 
scistosa  sottile  ,  a  grani  fini  ,  fornita  raramente  di  la- 
minette  flessibili,  che  ubbidiscono  alla  pressione  ,  sino 
ad  un  certo  dato  segno  senza  rompersi ,  come  attestano 
alcuni  pezzi  da  me  scelti  a  queste  note .  Il  suo  colore 
va  al  grigio  violetto  ,  più  «o  meno  chiaro^  le  varietà  di 
un  grigio  lucido  si  trovano  meno  inquinate  ,  ed  ubbi- 
discono più  facilmente  alla  zona  .  Ordinariamente  si 
trova  essa  aspersa  di  grani  quarzosi  solitarj  ,  prove- 
nienti dalla  scomposizione  del  gneis  j  spesso  spesso 
porta  fra  mischiati  de' granati  ignobili ,  spezialmente  là, 
ove  il  filone  rade  quella  varietà  di  gneis  che  porta  seco 


I 


(  i67  ) 
questo  (ossile  accidentale  ,  ed  ove  la  risoluzione  della 
roccia ,  abbandonando  i  granati  a  se  stessi  ,  vanno  que- 
sti cadendo  ,  ad  impiantarsi  nella  massa  del  mine- 
rale. È  accompagnata  ben  anco  da  picciole  tracce  di 
solfuro  di  ferro  ,  per  lo  più  impercettibili. 

Le  grafiti  poi  di  Lamato  ,  e  Monterosso  si  pre- 
sentano a  strati  decisi  ,  di  una  tessitura  scistosa  più 
compatta  ,  di  un  grigio  violetto  sporco  e  scuro ,  e  pie- 
ne zeppe  di  solfuri  di  ferro  in  massa. 

Differenza  tra  la  grafite  della  Calabria    Ulteriore, 
e  quella  d  Inghilterpi. 

La  grafite  di  Barrowdale  nel  distretto  di  Kes* 
vig  nella  provincia  di  Cttmberland  esiste  in  una  mon- 
tagna di  scistargilla  di  color  grigio  verdognolo ,  mi- 
schiato di  steatite  ,  di  piccioli  grani  di  spatocalce , 
e  di  sottilissime  strisce  di  quarzo  di  un  colore  bianco 
verdognolo.  Si  manifesta  essa  diversamente  conformata  , 
ora  dispersa  nella  roccia  in  pezzi  grandi  e  piccioli  di 
forma  globosa  o  ovale  ^  ora  in  pezzi  scistosi  compatti  , 
dì  una  superficie  specchiante ,  peiielrati  internamente 
di  grani  di  steatite  di  color  grigio  verdognolo  ,  di  li- 
te marga  di  un  bianco  sporco  ,  e  di  picciole  macchie 
di  ocra  di  ferro,  ora  in  pezzi  solitarj,  aspersi  soltanto 
di  ocra  di  ferro  ,  e  qualche  volta  comparisce  ingrom- 
mata nella  stessa  roccia  ,  accompagnata  da  solfuri  di 
ferro.  Da  questa  posizione  risulta  che  la  grafite  inglese 
ha  dei  caratteri  particolari,  che  la  distinguono  da  quel* 


(  i68  ) 
h\  di  Calabria ,  perciocché  ove  questa  si  trova  nel  gneis , 
la  cui  risoluzione  ,  proveniente  principalmente  dal  feld- 
spato ,  versa  nel  minerale  una  quantità  non  indiffe- 
rente di  particelle  quarzose  ,  1'  altra  al  contrario  si  tro- 
va nello  scistargilla  ,  accompagnata  dalla  steatite  ,  so- 
stanza anch'  essa  untuosa  ,  molle  ,  e  tenera  ,  che  nulla 
deroga  alla  qualità  della  grafite  ^  e  se  vi  si  trovano  in 
questa  roccia  delle  strisce  di  quarzo  ,  queste  sono  rare 
ed  impercettibili  ,  e  non  così  facili  a  scomporsi  .  La 
grafite  inglese  ha  di  più  una  grana  fina  ,  sottile  ,  coe- 
rente ,   che  si  presta  a  qualunque  trattamento. 

Ciocché  succjgde  alla  grafite  ,  si  avvera  parimente 
nel  regno  minerale  di  molti  altri  individui  della  stessa 
specie  ,  ove  le  differenze  accidentali ,  e  parziali  vanno 
a  costituire  la  gradazione  delle  varietà  .  E  se  noi  vo- 
gliamo consultare  la  mineralogia  geografica  ,  porge  essa 
molti  attestati  di  tali  discordanze  ;  i  cristalli  per  esem- 
pio della  calce  fluata,  del  quarzo,  dello  spatocalce  ec. 
di  Boemia  ,  Sassonia  ,  Ungheria  non  sono  perfettamente 
di  accordo  coi  cristalli  della  stessa  specie  esistenti  in 
Inghilterra  :  e  se  mai  succeda ,  che  si  presentassero 
confusi  tutti  insieme  in  un  armadio  ,  un  occhio  pra- 
tico ,  e  ben  esercitato  distingue  gì'  inglesi  dai  tedeschi 
al  lustro  ,  alla  vivacità ,  al  brio  ,  e  a  cetti  tratti  ignoti 
più  facili  a  discernersi,  che  ad  esprimersi.  Queste  mo- 
dificazioni ,  vengono  principalmente  dal  clima  ,  dal 
suolo  ,  e  dalle  sostanze  concomitanti  ,  le  quali  impri- 
mono a  ciascun  individuo  la  divisa  della  patria  ,ì  e  la 
propria  costituzione  fisica.    Tuttavia  non  alterano  esse 


(  ^^9) 
il  carattere  distintivo    della    specie  ,    come    si   ravvisa 
nell'  esempio  delle  tre  varietà  di  grafite  sovraindicate  , 
le  quali  convengono  insieme  nel    carattere    fondamen- 
tale, e  costitutivo  della  specie. 

In  quale  ordine  di  montagne  '■ 

esiste  la  grafite. 

• 

Da  ciò  che  si  è  detto  poco  sovra  risulta  ,  che  la 
grafite  si  trova  ordinariamente  nelle  montagne  primi- 
tive :  di  fatti  non  solo  quella  di  Calabria  s'  incontra 
nel  gneis",  e  quella  d'  Inghilterra  nello  scistargilla  ,  ma 
ben  anche  V  altra  di  Schonpikel  sotto  Ens ,  tra  Glo- 
cknitz  e  Schattwien  nell'  Austria  si  trova  ,  sebbene  in 
picciolo  partite  ,  nello  Scistomica.  Quella  poi  d' Invier- 
tel ,  vicino  Passali  ,  comparisce  a  picciole  dosi  ,  ora 
disseminata  ,  ora  impiantata  ,  o  sovrapposta  ad  una 
massa  granitosa ,  o  incrostata  qua ,  e  là  a  modo  dì 
macchie  sulla  superficie  del  quarzo. 

Or  la  difficoltà  consiste  a  spiegare  come  mai  la 
grafite  si  rinvenga  in  questa  specie  di  montagne,  quan- 
do gì'  infiammabili  ,  al  parere  dei  mineralogisti ,  alber- 
gano generalmente  nelle  montagne  secondarie ,  o  stratose 
contemporanee  ai  regni  organici  ?  Tuttociò  è  vero  ,  ma 
è  anche  vero  ,  che  la  natura  non  si  lascia  circonscri- 
vere da  legge  alcuna  nei  suoi  andamenti.  Dalle  osser- 
vazioni geologiche  da  me  fatte  sulla  faccia  de'  luoghi  , 
quando  fui  a  visitare  la  grafite  d'Inghilterra,  e  quella 
di  Calabria  ,  mi  accorsi ,  che  Jo  scistargilla  di  quella  , 

22 


(  I70  ) 

e  'I  gtiels  di  questa  non  aveano  di  primitivo  che  il  solo- 
embrione  :  il  primo  affettava  tutta  V  aria  di  roccia  di 
passaggio  ,  ed  imitava  perfettamente  i  caratteri  degli 
scistargilla  di  Colbrookdale ,  e  di  Marty  che  sono  in- 
dubitatamente secondar]  ,  distinti  dai  primitivi  al  colore 
smorto  ,  alle  picciole  scaglie  di  mica  disperse  coafusa- 
mente  qua  e  là  ,  alla  vicinanza  degli  scisti  a  base  di 
pietrarena  e  di  grauwacke  ,  e  qualche  volta  alla  pre- 
senza dei  petrificati  che  portano  addosso. 

Le  montagne  di  gneis  comprese  nell'  istmo  della 
Calabria  ulteriore  si  mostrano  egualmente  svisate,  scom- 
pigliate ,  ed  alterate  in  modo  che  non  si  ravvisa  più 
in  esse  ,  che  qualche  misera  traccia  della  loro  prima 
origine  :  le  adiacenze  di  Borgia  ,  le  quali  costituiscono 
una  parte  dell'  istmo  ,  offrono  una  pietrarena  zeppa  di 
petrificati,  che  forma  il  cappello  al  sottostante  gneis 5  e 
le  vicinanze  di  Filadelfia,  Girifalco,  e  Polìa,  e  tutte 
le  coste  lungo  il  mare  di  mezzogiorno  presentano  segni 
di  rivoluzioni  ,  e  di  sconcerti  assai  più  decisi .  I  tre- 
muoti  del  1783  cagionarono  quivi  de' danni  terribili, 
giusto  perchè  trovarono  le  montagne  disposte  allo  svi- 
luppo delle  cagioni  produttrici  di  questo  flagello.  Por- 
tando quindi  tali  rocce  la  sembianza  di  rocce  di  pas- 
saggio ,  poteva  benissimo  succedere  ,  che  avesse  la  na- 
tura accumulato  in  esse  la  grafite  ,  ed  altre  sostanze 
infiammabili  j  ed  i  mineralogisti  stessi  assicurano  po- 
tersi trovare  in  questa  sorta  di  rocce  dei  bitumi ,  e  dei 
petrificati. 


'   (  '71  ) 

Natura  della  gi'ajite ,  e  come  si  produce  ne^  forni , 
ove  si  fonde  il  minerale  di  ferro. 

La  grafite  ,  detta  volgarmente  piombaglne  ,  fu  lun- 
gamente confusa  col  moliddeno  ,  e  noi  non  sappiamo 
ia  sua  vera  natura  ,  che  dopo  i  saggi  fatti  da  Scheele , 
Monges  ,  Bertholet,  e  da  altri  valenti  chimici.  Da  que- 
sti siamo  assicurati  non  essere  altro  la  grafite  che  un 
vero  carburo  di  ferro  ,  vale  a  dire  ,  un  composto  di 
carbone  ,  e  ferro  ,  combinati  in  modo  ,  che  il  primo 
forma  la  massa  maggiore  ,6  1'  altro  la  parte  minore  . 
Ha  esso  tutta  la  natura  di  corpo  infiammabile,  brucia 
lentamente ,  e  per  bruciare  ha  bisogno  di  essere  espo- 
sto alla  grande  aria ,  e  di  essere  spesso  dimosso ,  e  vol- 
tolato. Ignoriamo  poi  quale  sia  la  sostanza  che  impri- 
me al  carburo  di  ferro  l' indole  sua  untuosa  ,  e  scri- 
bente  ,  se  sia  il  ferro ,  o  il  carbone  ,  ovvero  tutti  e  due 
insieme  ,  o  qualche  acido  esistente  in  uno  stato  ancora 
ignoto  come  pensa  Flahnenmanns t  Ciocché  sappiamo 
di  certo  è ,  che  si  forma  esso  frequentemente  nelle  for- 
naci ,  ove  si  fonde  il  minerale  di  ferro  ,  come  ebbi 
occasione  di  osservare  più  volte  nella  fonderia  della 
Mongiana. 

Ciò  succede  quando  il  minerale  del  ferro ,  conce- 
pendo nella  fornace  una  temperatura  di  calore  assai 
alta  ,  e  continuata  ,  si  riduce  in  parte  ,  e  in  parte  si 
ossida.  Questa  qualità  di  ferro  dipende  principalmente 
dalla  sproporzione  della  carica  ,  o  mescuglio  ,  perchè 
ove  il  carbone  prepondera  di  molto  sul  minerale ,   al- 


(    172    ) 

loia  si  ottiene  un  l'erro  ,  che  i  fonditori  chiamano  bru- 
ciato ,  di  un  colore  nerognolo  ,  e  di  una  rraltiua  sca- 
gliosa. In  questo  caso  appunto  avviene  ,  che  una  por- 
zione di  ferro  si  evapora ,  e  si  volatilizza  ,  e  con  essa 
ancora  si  volatilizza  una  porzione  di  carbone ,  che  fram- 
mischiandosi insieme  ,  e  spandendosi  nella  fonderia  in 
forma  di  pioggia  ,    questa    si    attacca ,    cadendo  ,    alla 
superficie  de'  corpi  che  incontra  .    Avviene    ancora    in 
tempo  dell'  operazione  ,  che  trovandosi  il  ferro  troppo 
assottigliato  ,  e  vaporoso  ,  una  porzione  di  esso  viene 
assorbita  dal  carbone  3  assorbimento ,  che  il  tramuta  ia 
vero  carburo  di  ferro  ,    il    quale  scappa,  via  dal  forno 
confuso  colle  scorie.  Queste  sono  appunto  le  due  va- 
rietà di  carburo  di  ferro ,    che  si  osservano  alla  Mon- 
giana ,  quando  il  processo  metallurgico    si    risente    del 
vizio  sovraindicato.  La  prima  varietà  di  questo  carburo 
di  ferro ,  come  più  pura ,  si  raccoglie  con  diligenza  ,  si 
impasta  coll'argilla ,  o  colla  polvere  di  carbone ,  e  serve , 
battuta  ,  a  formare  la  base  de'  fornelli  a  riverbero.  L'al- 
tra poi  si  vede  diversamente  modificata  3    perchè  ,  o  i 
pezzi  di  carbone    si  trovano    interamente    cambiati    in 
parte  ,  o  incrostati  superficialmente  di  grafite  ,  modifi- 
cazioni ,  che  si  ravvisano  tutte  nei  gran  cumoli    delle 
scorie  gittate    sulle  sponde   dell' alaro    sottoposto    alla 
fonderia. 


(  ^73) 
De'  lavori  interni  della  miniera  d'  Olivadi. 

Ora  tornando  ai  lavori  della  miniera  ,  posso  fran- 
camente asserire  ,  che  il  metodo  tenuto  finora  a  spin- 
gere avanti  questi  scavamenti  ,  sia  il  più  assurdo  ,  il 
più  imbarazzante  del  mondo  ,  sia  quello  stesso  che  u-. 
savano  i  popoli  antidiluviani  ,  o  che  userebbero  i  sel- 
vaggi di  tutt'  i  tempi.  Basta  dire  che  la  maniera  tenuta 
ad  aprirli  ,  e  spingerli  avanti  ,  sia  stata  quella  di  a- 
prirli  e  spingerli  alla  scoverta  ,  per  dire  tuttociò  che 
di  vizioso  ,  e  di  sconsigliato  può  dirsi  in  questa  ma- 
teria. Ecco  un  breve  quadro  della  miniera  di  Olivadi  . 
Figurate  una  voragine  fatta  a  modo  di  cono  rovescio, 
o  di  una  campana  capovolta  ,  che  abbia  un  altezza  di 
194  palmi  napolitani  ,  un  diametro  nella  sua  massima 
apertura  di  200  palmi ,  ed  un  fondo  di  3o  palmi ,  tutta 
intagliata  nel  gneis  ,  tutta  grondante  acqua  ,  non  già 
a  gocce ,  ma  a  rivoli  ,  e  in  tempo  di  pioggia  a  torrenti , 
che  va  tutta  ad  imboccare  nel  fondo  del  cono  ,  e  a  for- 
mare un  lago.  Questa  appunto  è  la  miniera  di  Olivadi. 

Una  posizione  così  minaccevole ,  non  manca  di  ca- 
gionare tuttogiorno  effetti  funesti  alla  vita  de'  minato- 
ri ,  e  frapporre  ostacoli  insuperabili  al  proseguimento 
de' lavori.  Infatti  succede  spesso ,  che  le  acque  operan- 
do tempestosamente  contro  le  pareti  del  cono  ,  vi  pro- 
ducano smottamenti  enormi ,  che  fanno  de'  grandissimi 
guasti  j  e  se  mai  avviene  ,  che  corrano  placide  e  tran- 
quille ,  non  lasciano  ,  nello  stato  di  calma  ,  di  rodere 
pian  piano  quel  glutine ,  che  serve  di  coesione  a'  ma- 


(  174  ) 

cigni  f  di  scantonarli  ,  e  precipitarli  già .  Succede  an- 
cora ,  spezialmente  in  tempo  d' inverno  ,  che  i  geli  , 
frapposti  tra  strato  e  strato ,  o  tra  le  cavità  della  roc- 
cia ,  facendo  1'  uffizio  di  cunei ,  staccano  grandissimi 
massi  5  e  più  frequentemente  accade  ,  che  la  terra  ve- 
getabile,  che  circonda  le  margini  della  voragine,  dimos- 
sa la  base  sottostante  ,  dirupi  anch'  essa  ,  e  precipiti  ab- 
basso ,  e  che  la  superficie  interna  del  cono ,  esposta 
all'  azione  libera  del  sole ,  e  dell'  aria  ,  si  scomponga 
è  risolva  ,  cagionando  continui  e  successivi  scoscendi- 
menti. 

Piano  di  una  galleria  di  scolamento. 

Queste  circostanze  doveàno  naturalmente  sommer- 
gere la  miniera  ,  riempirla  di  rottami  di  ogni  genere  , 
e  bepellire  lo  strato  o  filone  della  grafite.  L'antico  pa- 
drone della  miniera,  volendo  proseguire  avanti  la 
coltivazione  della  grafite  ,  divisò  aprire  una  galleria 
di  scolamento  ad  oggetto  di  votare  l' acqua  dal  co- 
no ,  sbarazzarlo  dalla  congerie  inutile ,  e  scovrire  di 
nuovo  il  filone.  Il  piano  o  progetto  di  questa  galleria  è 
bizzarro  è  rivoltante  ,  e  'l  peggio  si  è  ,  che  fa  eseguito 
tale  quale  fu  proposto ,  ed  ecco  come .  Immaginate 
di  avere  sotto  gli  occhi  la  gran  voragine  ,  chiusa  in- 
torno intorno  da  mura  torreggiami  j  immaginate  ,  che 
una  porzione  di  esse  guardi  verso  mezzogiorno  un 
vallone  sottoposto ,  che  abbia  questo  spazio  un  pen- 
dio ,  ed  una  distanza   di   5oo    palmi  sino    al    vallone  ; 


(  175  ) 
in  questa  linea  appunto  fu  fatto  il  taglio  della  galle- 
ria ,  e  fatto  iu  tutta  la  sua  lunghezza  dall'  apice  del 
mu Taglione  sino  alla  sponda  del  vallone  ,  e  fatto  ia 
tutta  r  altezza  dalla  sommità  della  montagna  sino  al 
fondo  del  cono ,  taglio  due  palmi  largo ,  taglio  che  ha 
per  letto  il  suolo  della  galleria  ,  e  per  tetto  il  cielo. 
Questa  è  appunto  la  galleria  fatta,  cavare  dal  possessore 
del  luogo. 

Bettificazione  di  questa  galleria. 

Passata  in  questo  tempo  la  miniera  nelle  mani  del- 
l'Artiglieria ,  il  capitano  Devouge  accorgendosi,  che 
un  opera  siffatta  andava  esposta  a  gravissimi  incomodi, 
divisò  dare  a  questo  cuniculo  una  forma  migliore  , 
onde  trarre  l'utile,  che  si  attendea  da  esso,  qual  era 
appunto  r  evacuazione  dell'  acqua ,  e  la  scoverta  del  fi- 
ione.  Fece  perciò  intravare  arabi  i  lati  di  questo  gran 
solco ,  o  taglio  con  pilastri  di  faggio  robusti ,  alti  sette 
palmi ,  impiantati  verticalmente  nel  suolo  della  galleria, 
sulla  testa  dei  quali  fece  sovrapporre  le  cornici  in  mo- 
do ,  che  formassero  tanti  angoli  retti  coi  pilastri ,  e  fa- 
cessero tutti  insieme  una  tettoja  continuata  sino  alla  boc-« 
ca  (iella  galleria.  Dal  tetto  in  su  fece  disporre  di  tratto  in 
tratto  delle  travi  traversali  inzeppate  in  ambi  i  lati  della 
roccia,  onde  sostenessero,  e  dividessero  col  tetto  la  fu- 
tura carica.  Oggi  si  va  mano  mano  riempiendo  il  vo- 
to ,  che  resta  in  tutta  la  larghezza,  e  profondità  delle 
due  montagne  laterali.  JVello  stato  attuale  (  risecato  lo 


e  176  ) 
spazio  occupato  dalla  fortificazione  )  la  larghezza  della 
galleria  si  riduce  ad  un  palmo  e  quarto  ,  la  sua  pro- 
fondità perpendicolare  ,  presa  dal  fondo  del  cono  sino 
alla  sponda  del  vallone  a  5o  palmi ,  e  la  sua  lunghez- 
za a  3oo.  Un  lavoro  così  rattoppato  secondò  in  parte 
l'oggetto  ,  1'  acqua  fu  evacuata  ,  e  '1  filone  scoverto.  Ma 
siccome  gli  scavamenti  furono  da  quel  momento  spinti 
più  giù  ,  la  galleria  si  trovò  inutilizzata  ,  e  le  acque  ,  se- 
guendo a  percolare  dalle  pareti  del  cono  ,  si  adunava- 
no nella  parte  più  ima  ,  attraversando  sempre  le  ope- 
razioni j  e  non  ostante  ,  che  si  fossero  praticate  su  i 
lembi  superiori  della  voragine  delle  sezioni  ben  intese 
per  deviarle  ,  ed  imboccarle  in  un  canale  comune ,  che 
le  scaricasse  nel  vicino  vallone,  tuttavia  la  copia,  che 
si  accumula  tutto  giorno  nel  fondo  ,  è  tale  ,  che  due 
barili  attaccati  all'  argano  non  bastano  ad  esaurirla.  Ol- 
tracciò non  ammettendo  questa  galleria  per  la  sua  an- 
gustia r  accesso  libero  al  minatore  per  risarcirla  ,  suc- 
cede naturalmsnte ,  che  le  cornici ,  e  i  pilastri ,  che  si 
vanno  via  via  corrompendo ,  non  venendo  rimpiazzati 
dà  altri  più  freschi ,  si  tireranno  inevitabilmente  dietro 
u»  croUamento  generale.  - 


(  177  ) 

Mezzi  praticati  ad  assicurare  le  persone 
degli  operai  ,  e  la  continuazione 
dei  lavori. 


Appena  terminata  la  galleria  di  scolamento  ,  la 
seconda  operazione  fu  quella  di  assicurare  le  persone  dei 
minatori  da'  pericoli  che  doveano  temere  dal  lato  della 
roccia.  A  questo  fine  il  citato  capitano  di  artiglieria  fece 
piantare  intorno  intorno  al  fondo  del  cono  delle  travi 
robuste  commesse  insieme  eoa  altre  travi  poste  in  traverso 
egualmente  forti  nhe  le  prime ,  e  poi  un  altro  incrocia- 
mento di  legname  legato  ed  uaito  di  una  maniera  stabile , 
e  sovra  quest'  ultimo  un  intavolato  bpn  inchiodato  col 
tetto.  Questo  doppio  ordine  d' intravamento  sarebbe 
stato  sufficiente  a  mettere  gli  operai  a  coverto  di  qua- 
lunque insulto  ,  se  le  circostanze  locali  non  portassero 
la  necessità  di  sturbare  ,  e  di  muovere  spesso  spesso  dal 
sito  loro  le  travi  fondamentali  j  perciocché  calando  giù 
i  lavori  a  gradini  discendenti  ,  il  lineamento  deve  na- 
turalmente cangiar  sito  come  cangia  di  base  ,  e  que- 
st' alternativa  di  cambiare  i  pilastri  ,  e  portarli  da  un 
luogo  all'altro  è  quella  che  rende  l'architettura  labile 
e  minacciosa. 


23 


(  178  ) 

Piano  di  mi  lavoro  mineralogico  da  seguirsi 
nella  miniera  di  Olivadi. 


Siccome  i  tentativi  fatti ,  e  i  mezzi  praticati  finora 
poco  o  nulla  risposero  al  fine  proposto  ,  bisognava  con- 
seguentemente introdurre  un  sistema  di  coltivazione 
più  diritto  ,  meno  dispendioso  ,  e  fondato  sulle  regole 
dell'  arte.  E  siccome  le  operazioni  antecedenti  si  risen- 
tivano di  una  tale  quale  imperfezione,  e  la  galleria,  e 
l'architettura  avevano  inerenti  de'  vizj  umanamente  in- 
corregibili ,  proposi  doversi  assolutamente  abbandonare 
le  opere  fatte  nella  voragine ,  e  ricominciare  un  lavoro 
più  regolavp  ,  e  in  un  sito  più  Convenevole  :  progettai 
quindi  1'  apertura  di  una  nuova  galleria  dal  lato  del 
vallone  ,  che  si  trova  ad  Occidente  della  miniera  ,  e 
propriamente  nel  luogo  da  me  segnato.  Questa  galleria 
andrà  dopo  un  pajo  di  centinaja  di  palmi  a  raggiun- 
gere la  grafite ,  e  servirà  nel  tempo  stesso  di  scolamento 
alle  acque  ,  e  di  trasporto  al  minerale ,  e  alle  materie 
inutili.  E  quando  mai  la  necessità  portasse  doversi  a- 
prire  un'  altra  buca  per  mantenei'e  la  circolazione  del- 
l' aria  ,  dovrà  ciò  farsi  sul  dorso  della  collina  in  un 
punto ,  che  andasse  a  scendere  a  piombo  sul  suolo  della 
galleria  ,  ciocché  sarà  determinato  dalle  operazioni  tri- 
gonometriche. Accompagnai'  questo  mio  piano  di  tutto 
ciò,  che  poteva  illustrare,  o  interessare  i  futuri  lavori, 
dando  nel  tempo  stesso  le  misure  ,  e  le  regole  da  ser- 


(  179  ) 
barsi  nell'  esecuzione.  Di  questa  maniera  si  eviteranno 
tutti  gl'intoppi,  e  pericoli,  che  presenta  la  voragine, 
e  con  essi  le  spese  ingenti  che  si  tira   dietro   la  forti- 
ficazione interna  del  luogo . 

Uso  della  grafite. 

La  grafite  serve  a  diversi  usi  :  mischiata  ad  una 
proporzionata  quantità  di  argilla  ,  è  ottima  per  i  cro- 
giuoli api  ri  ^  serve  a  fare  i  mattoni  refrattarj  per  la  co- 
struzione de'  forni  a  riverbero  -,  serve  a  pulire  i  vasi  di 
ferro ,  a'  quali  comunica  un  bel  lustro  ,  ed  imprime  in 
essi  una  specie  di  vernice  ,  che  gli  preserva  per  qual- 
che tempo  dalla  ruggine  j  serve  anche ,  stropicciata  tra 
gli  orecchioni,  o  cardini  delle  ruote  ,  n  diminuirne  l'at- 
trito 5  serve  pure  a  raddolcire  le  palle  di  piombo  ad 
uso  di  caccia ,  rotolandole  nella  polvere  di  grafite  j 
serve  a  far  parte  di  quella  composizione  ,  che  si  ap- 
plica al  cuojo,  ove  si  fanno  passare  e  ripassare  i  rasoi  j 
serve  ad  uso  del  disegno  ,  e  principalmente  alla  ma- 
nifattura de'  lapis  . 

Manifiittura  de"  nostri  lapis. 

Volendo  tentare  se  la  grafite  di  Olivadi  desse  dei 
lapis  cosi  buoni  come  quelli  d'  Inghilterra  ,  mi  presi 
la  cura  di  farne  le  pruove  ,  assistito  dal  Sig.  Dome- 
nico Barilaro  primo  ebanista  della  Mongiana .  I  risul- 
tati de'  primi  saggi  doveano  naturalmente   risentirsi  di 


(  i8o  ) 

una  tale  quale  rozzezza  ,  che  suole  sempre  accompa- 
guare  i  cominciamenti  delle  novelle  manifatture  ,  e  que- 
sta imperfezione  nel  caso  nostro  era  tanto  più  certa  , 
quantochè  nulla  vi  era  ,  che  potesse  farci  sperare  una 
mediocre  riuscita  .  Mancavano  le  zone  atte  a  tal  uo- 
po ,  mancavano  le  trafile  ,  mancavano  gli  utensili  op- 
portuni ,  ed  io  era  altronde  persuaso  ,  che  la  squisi- 
tezza de'  lavori  dipende  principalmente  dalla  bontà  del- 
la materia  ,  dalla  mano  esercitata  ,  e  dall'  apparecchio 
convenevole.  A  fronte  di  questi  ostacoli  feci  segare  un 
masso  di  grafite  pesante  67  rotoli  ,  che  trovai  inqui- 
nato di  particelle  quarzose  ,  che  rintuzzavano  forte- 
mente la  zona  ,  ed  impedivano  ,  che  le  tavolette  ,  o 
sbarrelle  dì  grafite  venissero  fuori  cosi  condizionate 
come  esige  il  lapis  ^  e  di  quella  misura  e  lunghezza  , 
che  richiede  la  bacchetta  :  vi  bisognavano  tre  e  quattro 
pezzetti  di  grafite  per  riempiere  1'  astuccio  ,  e  questi 
aveano  poca  ,  o  nessuna  coerenza  ,  aveano  una  grana 
grossa  ,  e  stritolabile  al  menomo  urto.  Feci  quindi  se- 
gare un  altro  masso  di  rotola  26  ,  che  manifestò  gli 
stessi  difetti  del  primo  j  ma  tasteggiando  via  via  di- 
versi punti  di  ambi  i  massi ,  trovai  de'  frammenti ,  che 
mi  parvero  meno  ingombri  di  selce ,  i  quali  soggettati 
alla  zona  diedero  fuori  tavolette  di  grafite  più  tollera- 
bili delle  prime ,  e  sebbene  non  avessero  esse  la  lun- 
ghezza ricercata ,  né  la  grana  la  più  lodevole  ,  tuttavia 
provate  sulla  carta  palesavano  un  tratto  mediocre  per 
la  formazione  de'  contorni. 


(  »8i  ) 

Mi  accorsi  ,  facendo  questi  saggi  ,  che  la  grafite 
fresca  ,  uscita  allora  allora  dalla  miniera  ,  era  poco  atta 
alla  costruzione  de'  lapis  ,  ma  esposta  all'  aria  ,  e  sta- 
gionata per  qualche  tem])o  ,  si  rendeva  più  agglutinata , 
più  asciutta  ,  e  più  unita  ^  mi  accorsi  ancora ,  che  per 
avere  de'  lapis  fini  bisognava  scegliere  la  grafite  più 
pura  ,  di  una  grana  picciola  ,  eguale  e  compatta  ,  e  che 
le  varietà  di  un  grigio  chiaro  erano  quelle,  che  si  ac- 
costavano più  a  questi  caratteri. 

Io  non  dubito  punto ,  che  ,  proseguendo  avanti 
la  coltivazione  della  grafite  ,  non  saremo  per  abbatterci 
un  giorno  in  una  qualità  di  grafite  ,  che  abbia  gli  stessi 
attributi  di  quella  d'Inghilterra,  tanto  maggiormente, 
che  le  montagne  dell'  istmo  (fall'  uno  all'  altro  mare  pa- 
jono  tutte  piene  zeppe  di  questo  minerale.  E  facile  an- 
che trovarla  negli  strati  più  profondi  di  Olivadi  ,  di 
IVIonterosso  ,  o  di  Lamato.  Noi  per  ora  ri  serviamo  pei 
nostri  bisogni  della  grafite  più  scelta  che  abbiamo  per 
le  mani ,  aspettando  ,  che  la  Provvidenza  coroni  meglio 
in  appresso  le  nostre  fatiche  .  I  primi  saggi  de'  nostri 
lapis  furono  da  S.E.  il  Ministro  della  Guerra  presen- 
tati a  S.  M.  che  gradi  con  piacere  questo  primo  frutto 
dell'  industria  nazionale.  Oggi  si  cerca  a  fare  un  appa- 
recchio più  convenevole  alla  manifattura  j  intanto  la 
polvere ,  che  si  ottiene  dalla  segatura  della  grafite  ,  si 
conserva  da  parte ,  per  fonderla  col  solfo  e  con  un 
poco  di  gomma  ,  e  fare  di  questa  pasta  de'  lapis  ordi- 
nar] ad  uso  de'  falegnami ,  ed  altri  artefici. 


(  i82  ) 
L' altra  difficoltà  fu  quella  di  trovare  un  legno 
proprio  a  fare  gli  astucci ,  un  legno  arrendevole  e  mor- 
bido ,  un  legno  che  stringesse ,  ed  abbracciasse  egual- 
mente la  sbarrella  della  grafite  ,  un  legno  che  ubbidisse 
al  temperatojo  come  il  cipresso  americano  ,  che  usano 
gì'  Inglesi  j  si  provarono  a  questo  riguardo  diversi  le- 
gni ,  il  €Ìriegio,  il  pero  ,  il  tasso  ,  il  sorbo  ec,  ma  riu- 
scirono duri  e  resistenti  ^  finalmente  si  provò  la  fusa- 
ria  (  evonymus  europceus  )  ,  che  rispose  in  parte  al 
voto  ,  di  cui  attualmente  ci  serviamo  ,  finché  non  ci 
si  presenta  un  altro  legno  più  cedevole  ,  ed  ubbidiente. 


(183) 

Osservazioni  Mediche ,  e  Notizie  Storiche  intorno 
alle  Digitali  lutea,  e  purpurea  ^  del  Socio  ordinario 
Cav.  Sig.  ANTONIO  Savaresi  .  Lette  nelV  adu- 
nanza de'  2  Aprile  1812. 


Nostrce  vero  cetati  reservatum  Jldt ,  eum  excogitare 
administrationis  modum,  quo  exosum  veneni  no- 
jnen  ainitteret ,  et  numero  ,  Jideque  experimen- 
torum ,  morhos  exacte  determinare  y  quibus  sa~ 
nandis  par  est  . 

Murray,  Appar.  Medie,  de  dig.  purp. 


JLiA  digitale  purpurea  (i) ,  che  taluni  credono  un 
rimedio  moderno  ,  o  de'  nostri  giorni ,  è  stata  impie- 
gata in  medicina  sin  dal  principio  del  penultimo  se- 
colo ,    sono  ormai  dugento  anni ,    e    si  trova  descritta 


(i^  Digitalis purpurea  di  Linné,  Wildenow,  La- 
marck ,  e  Persoou  .  Digitella  o  Digitale  rossa ,  o  pur- 
purea  degl'Italiani.  Gantelée ,  gants  de  notreDame, 
digitale  ponrprée,  grande  digitale  de' Francesi  .  FiU'. 
gerhuthhime  ,  Fingerhut ,  Fingerkraut  de'  Tedeschi . 
Fox-giove,  purple  fox  giove  degl'Inglesi.  Dedalera 
purpurea  p  qualda  perra  degli  Spagauoli. 


(  i84) 

da  Leonardo  Fuchs  (i),  medico  che  viveva  prima  del- 
l' epoca  testé  indicata .  Giovanni  Ray ,  celebre  botanico 
inglese  di  quel  tempo,  e  avanti  di  lui,  secondo  Qua- 
rin  (2)  ,  il  famoso  alchimico  Vanhelmont,  ne  fanno 
menzione  nelle  loro  opere  (3) ,  e  parlano  della  sua 
forza  antiscrofolosa  .  Dopo  di  questi  il  regio  farmaci- 
sta di  Londra  Giovanni  Parkinson  (4)  l' ha  resa  fami- 
gerata, ed  usoUa  nella  cura  di  varie  malattie,  segna- 
tamente nelle  scrofole ,  nell'  asma  pituitoso ,  e  nelP  epi- 
lessia .  Le  antiche  farmacopee  di  Londra  ,  e  di  Edim- 
burgo (5),  e  quelle  di  Parigi  e  di  Vittemberga  porta- 


(i)  Leonardo  Fuchs,  medico  e  botanico  Aleman- 
no del  XVI  Secolo,  nella  sua  historia  stirpium ,  cap.88. 
descrive  abbreviatamente  le  digitali  purpurea ,  e  lu^ 
tea  y  ed  attribuisce  ad  ambedue  le  proprietà  delle 
piante  amare  . 

(2)  Quarin  ,  Animadversiones  practiccB  ^etc.  Vin- 
dobonae  1781. 

(3)  Ray  ,  Historia  plantarum  ,  tom.  r ,  Londini 
1686  in  fol. 

(4)  Parkinson  ,  Theatrum  hotanicum  ,  Londini 
1640  infoi. 

(5)  La  Farmacopea  di  Londra  del  1721  V inserì 
nel  suo  catalogo  :  l  espulse  dall'  edizione  del  1746  , 
e  la  riportò  in  quella  del  1788,  di' è  l'ultima.  La 
Farmacopea  di  Edimburgo  la  riceve  nel  suo  indice 
nel  1744»  l'escluse  dalle  edizioni  del  1765  e  1774» 


(  i85) 
no  la  digitale  purpurea  nell'  indice  de'  loro  rimedj  ve- 
getabili ,  e  danno  diverse  formole  per  la  sua  prepara- 
zione .  Co'  fiori  di  questa  pianta  ,  e  col  grasso  porci- 
no si  faceva  un  unguento  mollo  usato  nelle  scrofole  , 
il  quale  è  infinitamente  lodato  in  questa  malattia  da- 
gli Scrittori  moderni  (i),  ed  io  stesso  ne  ho  sperimen- 
tato r  efficacia  in  alcuni  casi  .  Plenk  nella  sua  tossi- 
cologia (2),  parlando  della  medesima  pianta,  cita  la  fa- 
coltà antiscrofolosa  de'  fiori ,  manifestata  coli'  applica- 
zione del  soprallodalo  unguento,  o  col  prescrivere  il 
decotto  delle  foglie  .  Le  qualità  deleterie  della  digitale 
purpurea ,  e  gli  effetti  del  suo  veleno  estremamente 
acre  ed  irritante  ,  in  particolare  applicato  all'  esterno  , 
son  note  a' Medici  ed  a' Fisici  dietro  le  osservazioni  e 
gli  sperimenti  di  Boerhaave  ,  di  Pennant ,  di  Lenti  n  , 
di  Lettsora ,  di  Schiemann,  e  di  Merz  (5).  Il  Dottor 
Withering  ,    di  Anglezark  in  Inghilterra ,  nella  Contea 


e  V  accetto  di  nuovo  nel  1783.  Queste  vicende  sul- 
V  ammissione  ,  o  esclusione  della  digitale  purpurea 
ebbero  luogo  dalla  poca  certezza  ^  che  si  aveva  sul- 
la sua  azione  .  Veggasi  Murray,  app.  med.  voi.  i.  Goet- 
tingae,  J793. 

(i)  Tra  gli  a///7  Haller  (  histor.  stirp.  helvetic.  ), 
Merz  (  Dissertatio  de  Dig.  purp.  ejusque  usu  in  scrofo- 
lis  .   Jenae  1790.  )  . 

(2)  Plenk,  Toxicologia ,  p.  il^b.  Viennae  1785. 

(3)  V;.  Murray  op.  cit. 

.      24 


(  i86) 
di  Lancaster,  il  medesimo  che  ci  ha  latto  conoscere 
la  viterite  ,  ossia  carbonato  di  barite  ,  è  stato  il  pri- 
mo a  servirsi  della  digitale  purpurea  nella  cura  dell'idro- 
torace verso  il  1775  (i)-  e  poscia  è  stata  applicata  dal- 
lo stesso ,  e  da'  suoi  colleghi  corrispondenti ,  alia  gua- 
rigione dell'  idropisia  atonica ,  della  nefritide  calcolosa , 
dell'  epilessia  ,  e  della  disuria  ;  da  Darwin  nella  ma- 
nia (2)  ,  da  Baker  nella  tisi  pulmonare  (3)  ,  da  Jones 
neir  emottisi  (4)  ,  e  da  altri  nell'  itterizia  ,  nella  pal- 
pitazione ,  e  nell'  aneurisma  dell'  aorta  ,  ne'  quali  mor- 
bi è  stata  amministrata  ,  a  dosi  picciolissime  ,  in  pol- 
vere ,  in  infusione  ,  in  decotto,  in  sugo  ,  in  estrat*- 
to  ,  in  tintura  ,  ed  in  forma  di  sciroppo  (5) .  Gli  au- 
tori delle  materie  mediche  le  più  recenti ,  e  dei  trattati 
delle  facoltà  delle  piante ,  come  CuUen  (6) ,  Murray  (7)  , 


(i)  Withering.  ,    an  account  of  the  fox-glove  . 
Birmingham  1785.  in  8. 

(2)  Darwin,   V.  Medicai  transactions •,  3  voi. 

(3)  Baker  ,  la  sua  memoria  nel  sopraccitato  voi. 
delle  Medie,  tr ansaci. 

(4)  Jones  ,  V.  Medicai  commentar,  etc.  voi.  1. 
London   1786. 

(5)  V.  Magennis  ,  London  Medicai  and  physi- 
cai  Journal  v.  5.  p.  201. 

(6)  Cullen ,  Matiére  Medicale  ytiàd.  par  Bosquil- 
lon . 

(7)  Murray,  op,  cit. 


(  ^87  ) 
Petagna  (i)  ,  Swediaur  (2),  Schwilgué  (3),  Savi  (4), 
Tenore  (5)  ,  Duncan  (6)  ec.  ,  ammettono  la  digitale 
purpurea  tra' buoni  diuretici,  e  tra' rimcdj  efficaci  nelle 
diverse  idropisie  ,  raccomandando  alcuni  di  essi  di 
ordinarla  eoa  infinite  circonspezionl  .  Han  pure  rico- 
nosciuto la  sua  forza  diuretica  l'illustre  Darwin,  Frank 
il  figlio  ,  Rasori  ,  e  Borda  ;  ma  le  loro  opinioni  son 
contrarie    sul    modo   di    agire   di    questo    rimedio  (7)  j 


(i)  Petagna  ,    Delle  facoltà  delle  piante  .    Nap. 

1796. 

(2)  ^yfeàiAìiT  ^  Materia  Medica.  Mediolani   1801. 

(5)  Schwilgué  ,  Traité  de  Matiére  Medicale  . 
Paris  i8o5. 

(4)  Savi ,  Materia  Medica  vegeiubile  Toscana. 
Firenze  i8o5. 

(5)  Tenore ,  Saggio  sulle  qualità  medicinali  delle 
piante  della  Flora  Napolitana.  Nap.  1808. 

(6)  Andrew  Duncan  ,  The  Edinburgh  new  di- 
spensatory  ,  with  the  materia  medica  ,  etc.  Edin- 
burgh i8o5 ,  p.  218. 

(7)  //  Dottor  Jones  ,  nelV  opera  citata  ,  ed  il 
Dot,  Hosack  di  Filadefia ,  nella  sua  materia  medi- 
ca ,  sono  a  mia  conoscenza  gli  autori ,  che  han  ri- 
conosciuto la  forza  o  la  qualità  sedativa  della  di- 
gitale purpurea  molto  prima  di  Rasori  e  di  Borda  . 
TI  secondo  consiglia  siffatto  rimedio  nella  tisi  inci- 
piente,  preceduta  da  emorrogia  de' polmoni,  ed  as- 


(  i88  ) 
poiché  i  primi  1'  han  caratterizzato  come  eccitante  ,  ed 
i  secondi  accorgendosi  ,  che  durante  la  sua  azione  il 
calor  generale  ,  e  la  frequenza  del  polso  diminuiva- 
no (i)  ,  fenomeni  già  osservati  da  Jones  ,  da  Vithe- 
ring  ,  e  da  Baker,  l'han  creduto  coiitrostimolante  (2). 
Questa  utilissima  pianta  ,  eh'  è  comune  in  Inghilterra , 
nella  Scozia  ,  nella  Danimarca ,  nella  Svezia  ,  in  Ger- 
mania ,  e  nella  Francia  settentrionale ,  non  è  indigena 
de'  nostri  luoghi ,  benché  alcuni  botanici  asseriscono 
esser  nativa  delle  regioni    le  più  australi  dell'  Europa: 


gerisce  che  opera  maravigliosamente  :  ecco  le  sue  pa- 
role :  In  one  case  of  incipient  phthisis  ,  preceded  by 
haemorrhage  from  the  lungs ,  it  operated  like  a  charm  in 
relieving  the  patient  from  some  of  the  most  formida- 
ble  symptoms    of  the  inflammatory  stage    of   that    di- 

sease I  remark  of  digitalis  that  is  only  useful 

where  blood-letting  and  other  depleting  remedies  are 
indicated  .  p^.  V  interessante  operetta  del  mio  com- 
pagno d' Egitto  ^fisico  botanico^  e  Dot.  di  Medicina 
Alire  Raffeueau  Delille ,  An  inaugurai  dissertation 
on  puhnonary  consumption  .  New-Jork  ,  1807  ,  p-  4'^' 
(i)  Anzalone  ,  dell'Oppio,  pag.  3i.  Nap.  i8o4- 
(2)  Leltsom  ha  avvertito  però  che  ,  continuan- 
dosi r  uso  della  digitale  purpurea  per  piìi  di  un 
giorno  ,  i  polsi  riprendevano  la  loro  velocità  ordi- 
naria .  V.  Memoirs  of  the  medicai  Society  of  London  , 
voi.  2. 


(  ^89  0 
Dumont-Courset  (i)  è  uno  di  quei  che  nota  che  sia 
settentrionale  .  Fin  ora  non  si  è  trovata  spontanea  nel 
Regno  di  Napoli  ,  malgrado  le  ricerche  de'  giovani  bo- 
tanici corrispondenti  del  Sig.  Tenore ,  e  secondo  le  no- 
tizie che  questo  dotto  Collega  mi  ha  comunicate  .  In 
contraccambio  noi  possediamo  abbondantemente  la  digi- 
tale lutea  (2)  ,  che  vegeta  fastosamente  ne'  valloni  at- 
torno Napoli  j  e  dippiù  abbiamo  la  digitale  ferrugìnea 
e  r  ambigua  ,  eh'  è  la  grandiflora  della  Flora  Francese  . 
Ma  le  specie  che  s'  impiegano  da'  medici  sono  tre  ,  la 
purpurea ,  la  lutea  ,  e  la  ferruginea ,  di  cui  Michele 
Ettmuller  ci  ha  dato  conoscenza  è  circa  un  secolo  ,  e 
mezzo  (3)  :    la    prima    coltivandosi    al  solo    orto  bota- 


(i)  Duinont-Gourset  ,  Le  Botaaistc-cultivateur , 
tom.  2.  Paris  1801 . 

(2)  DigitaRs  lutea  di  Fuchs ,  di  Linnè  ,  di  Jac- 
quin ,  e  di  Persoon  ^  Digìtalis  parvifLora  di  Lamarck  j 
Digitale  à  petites  Jleurs  de'  Francesi  j  digitale  gialla , 
capo  di  cane  ,  erba  aralda  ,fior  gentile  degl'  Italiani  . 

(3)  Ettmuller,  nella  prima  classe  della  sua  Fi- 
lologia ,  dopo  aver  citato  la  digitale  flore  purpureo  , 
luteo ,  et  albo ,  che  a'  suoi  tempi  non  era  ancora  am- 
messa nelle  Officine,  dice:  habetur  et  Digitalis  major 
ferruginea,  ita  dieta  a  floribus  ejus  dbsoletis,  et  quasi 
ferrugineis.  Rara  est  et  exotica  (^  forse  non  vi  e  in  Ger- 
mania )  ,  pariter  ad  symphita ,  sive  verbasca  referenda  . 
V-  Ettmul.  Op.  omnia  ,  Venet.  1700  ,  voi.  3  p.  48. 
GV  Italiani  la  chiamano  Digitale  maggiore . 


(  190  ) 
uico ,  e  non  essendo  troppo  usuale  presso  di  noi ,  i 
nostri  medici  si  son  rivolti  verso  la  seconda  specie ,  e 
1'  hanno  adoperata  con  successo  .  Se  mal  non  mi  ap- 
pongo ,  gì'  Italiani  sono  stati  i  primi  ad  introdurre  nel- 
la medicina  la  digitale  lutea  ,  non  men  che  la  ferru- 
ginea^ e  per  quante  ricerche  io  abbia  fatte,  son  incli- 
nato a  credere  ,  che  il  Dottor  Savi  sia  stato  il  primo 
a  promulgarne  1'  uso  ,  a  cui  eran  destinate  da'  pratici  j 
ed  a  stimarle  come  potenti  diuretici,  pressappoco  quan- 
to la  purpurea .  Il  soprannominato  professor  di  fisica 
ci  fa  saper  parimenti ,  che  nella  Toscana  non  vi  cre- 
sce questa  ultima  specie  (i)  . 

L'anno  scorso,  i8io,  lessi  nel  giornale  Enciclope- 
dico di  Napoli  (2)  ,  compilato  dal  Sig.  Tenore  ,  una 
memoria  curiosa  sulla  tisi  pulmonare ,  scritta  da  un 
anonimo  ,  forse  giovine  medico  ,  che  vantasi  di  esser 
discepolo  dell'  illustre  Rasorl  ,  e  la  quale  ha  per  ti- 
tolo :  Cenni  sulla  tisi  .  In  questa  operetta  1'  autore 
parla  con  enfasi  il  linguaggio  della  Scuola  Rasoriana  , 
cioè  quello  della  nuova  dottrina  del  controstimolo  ,  e 
ad  alcuni  buoni  principj  accoppia  errori  madornali  ,  e 
stravaganze  senza  pari  :  tra  queste  è  notabile  quella  che 
generalizza  tutte  le  tisi  di  una  sola  forma,  vale  a  dire 


(i)  Savi ,  op.  cit. 

(2)  Giornale  Enciclopedico  di  Napoli ,  quarto  anno 
di  associazione,  toni.  3.  Napoli  1809.  pag.  64- 


(  igx  ) 

di  diatesi  stenica  ,  senza  badare  alle  innumerevoli  ca- 
gioni ,  ed  a'  diversi  stati  di  siffatta  malattia  j  adattan- 
dovi in  conseguenza  un  solo  trattamento ,  eh'  è  il  cou- 
trostimolante  ,  ovvero  antiflogistico .  Allorché  questo 
saccentello,  che  osa  spacciar  sentenze,  e  paradossi  con 
un  tuono  affermativo  di  poliatro  ,  avrà  venti  o  trenta 
anni  di  pratica,  ed  avrà  curati  in  varie  zone  del  glo- 
bo più  di  mille  casi  di  tisi,  negli  ospedali  civili,  o  mi- 
litari ,  riconoscerà  il  suo  inganno ,  ed  apprenderà  a  di- 
stinguere cou  Dumas  (i)  ,  e  con  me  ,  dietro  le  vesti- 
gia di  Sydenham  (2)  ,  di  Morton  (3)  ,  di  Leigh  (4)  , 
e  di  altri  Padri  della  Medicina  (5) ,  le  numerose  specie 
di  tisi  pulmonare  idiopatica ,  e  sintomatica  ,  stenica  ed 
astenica  o  nervosa  ,  la  quale  può  ancora  dividersi  in 
locale  e  generale  ,  ereditaria  ed  accidentale ,  trattandosi 


(^1)  Vedete  le  note  di  Dumas  all' opera  di  Reid 
de  la  phthisie  piilnionaire  . 

(2)  Sydenham  ,  Phthisis  seu  tabis  descrip.  et 
cura  in  process.  integr.  in  morbis  omnibus  curandis. 
Oper.  omnia  .  Ven.    1762. 

(3)  Morton  ,   Phthisiologia  .  Genevae  1696. 
(4J  Car.  Leigh,  Phthisiologia  Lancastriensis  . 

Lendini   1694- 

(5)  Sauvages  ,  Nosol.  Method.  Venet.  1764. 
Borsieri,  Insiit.  Med.  Pract.  Voi.  vii.  Venet.  1789. 
V.  de  phthisi  pulm.  §.  tv. 
CuUen,  Sinops,  JSosol.  Method.  Ticini  1790. 


(  192  ) 

di  caratterizzarla  rigorosamente,  e  che  richiede  diversi 
metodi  curativi ,  a  norma  della  diatesi ,  e  secondo  lo 
stato,  ovvero  la  condizione  generale,  e  locale  del  mor- 
bo .  Siccome  questo  medico  anonimo  ,  dietro  1'  esem- 
pio de'  suoi  Maestri  (i),  loda  l'uso  delle  digitali  pur- 
purea ,  e  lutea  nella  tisi  sia  ereditaria  o  acciden- 
tale ,  non  conoscendo  io  l'azione  delle  predette  pian- 
te sulla  tabe  di  petto,  ed  avendola  per  lo  passato  im- 
piegate soltanto  nelle  affezioni  scrofolose  ,  ed  idropi- 
che, ho  voluto  sperimentarle  sopra  alcuni  tisici  di  pri- 
mo e  secondo  grado ,  ne'  quali  esistendo  i  -vizj  di  strut- 
tura, la  malattia  era  generale,  sviluppatasi  in  seguito 
di  catarri  negletti  ,    e  delle  raffreddature  sofferte    nelle 


(1)  Q^^esti  rispettabili  Maestri  non  sono  stati 
cèrtamente  i  primi  ad  immaginarsi ,  che  la  digita- 
le purpurea  sarebbe  un  buon  rimedio  coiitra  la  tisi 
pulmonare  ,  ed  a  prescriverla  coli  intenzione  di  gua- 
rir tal  malattia j  io  trovo  che  sin  dal  1710  //  Dot. 
Guglielmo  Salmon,  Inglese  ■)  ha  indicato  la  digitale 
rossa  come  un  rimedio  da  tenerne  conto  nella  con- 
sunzione del  petto  (  London  medicai  revieW  ,  and 
raagazine ,  vol.v.  p.  3o3  ).  Dopar  di  questo  autore, 
i  suoi  compatriotti  Beddoes ,  e  Baker ,  medici  di  ri" 
putazione  in  Inghilterra.,  hanno  pubblicato  verso  il 
ì  780  alcune  ossej'vazioni  sulV  uso  di  questo  medica- 
mento nella  tisi  3  e  parlano  con  gran  lode  della  sua 
azione  . 


r, 


(  ^95) 
fatiche  della  guerra ,    ed  accompagnata    con  tosse   vic- 
Jenta  ,  con  doloretli  vaghi  al  torace,  con  is])uti  un  pò 
marciosi  o  striati  di  sangue  ,  con  principio  di  cmacia- 
zione  universale  ,   con  febbre  etica  in  (juakheduno  ,    e 
con  sudore  ed  escreato  abbondante  mattutino  ,  ma  ho- 
labilmente  con  irritazione  particolare  ,    e  con  senso  di 
calore,  e  di  brulichio    al  di  sotto  dello  sterno  :   questi 
soggetti  scelti  al  numero  di  dieci ,  già  sottoposti  ad    un 
trattamento  antielico,    erano  soldati  di  Cavalleria  e  di 
Fanteria  ,    tutti  giovani  e  passabilmente  robusti    prima 
di  cader  onimalati  ,    ad    onta   della  loro  difettosa  con- 
formazione .    Presso  tre    di  questi  il  male  poteva  con- 
siderarsi come  ereditario,  i  loro  genitori  essendone  stali 
afflitti,    e  presso    gli  altri   sette    era  onninamente  acci- 
dentale .     L' eretismo  particolare ,    che    si  osservava   in 
questi   ammalati  ,    parte  de'  quali   era  alla  fine  del  pri- 
mo stadio  delia  malattia,  e  parte  nel  corso  del  secon- 
do stadio  ,     mi  fece  stimare  che  fosse  il  vero  caso  per 
provare  con  utilità  gli  effetti  della  digitale  gialla  ,  am- 
ministrata con  intenzione  di  abbattere  il  resto  della  dia- 
tesi infiammatoria,  o  di  quello  stato  irritativo,  che  do- 
mina tanto  negli  etici  al  primo  grado  .  Prescrissi  dun- 
que ad  ognun  di  questi    sei  grani    di  digitale  lutea    la 
mattina,    ed  altrettanti  la  sera,  e  lasciai  loro  parte  dei 
medicamenti  usuali  ,  cioè  una  decozione  leggiera  di  fiori 
pettorali  con  ossimele  semplice  per  bevanda    nel  corso 
della  giornata,  ed  un  locco  addolcito  con  picciola  dose 
di  ossido  di  antimonio    solforato    rosso    per    la  notte  . 
Dopo  sci  giorni    di  questa  cura  in  alcuni    la  tosse  di- 

25 


(  »94) 
minuì ,  e  l'espettorazione  diventò  più  lodevole,  e  nei 
rimanenti  1'  uno  e  1'  altro  sintoma  svanirono  quasi  del 
tutto  ,  e  gli  ammalati  migliorarono  di  mollo  .  A  buon 
conto  ,  ottenni  gli  stessi  effetti  che  si  hanno  praticando 
nella  tisi  il  metodo  di  Reid  (i)  ,  che  consiste  a  pre- 
scrivere ogni  due  o  tre  giorni  una  lieve  dose  d' ipeca- 
cuana^ ovvero,  come  ognua  sa  ,  lo  stesso  benefizio  che 
proccura  1'  estratto  di  oppio  gommoso ,  il  lichene  pissi- 
dato ,  la  gomma  ammoniaco ,  ed  il  latte  di  asina  .  Con- 
tinuai in  tutti  e  dieci  la  cura  per  un  mese  accrescen- 
do gradatamente  la  polvere  della  digitale  lutea  sin  a 
ventiquattro  grani  al  giorno,  cioè  dodici  la  mattina, 
ed  altrettanti  la  sera,  ed  osservai  che  la  quantità  del- 
le orine  aumentò  in  tutti ,  la  febbre  passò  a  quei  che 
n'  erano  travagliati ,  e  dormivano  naturalmente  ,  vale 
a  dire  il  loro  sonno  non  era  stentato  come  prima .  Que- 
sti progressi  sensibili  promettevano  la  guarigione  radi- 
cale, ed  io  la  credeva  vicina  ^  ma  disgraziatamente  non 
si  ebbe  ,  malgrado  che  si  prolungasse  l' istesso  metodo 
ancora  per  quindici  giorni  .  Accorgendomi  che  il  calo- 
re eccessivo  del  maggio  del  i8ii  fece  peggiorare  quat- 
tro ammalati  ,  che  si  avanzavano  rapidamente  verso  il 
marasmo  ,  sospesi  la  digitale  ,  e  consegnai  questi  indi- 
vidui ad  altri  medici  col  giornale  della  loro    cura  :  fui 


(i)  Reid  ,  Essai  sur  la  nature  ,  et  le  traite- 
ment  de  la  phthisie  pulmonaire ,  traduit  par  Dumas,, 
et  Petit  Darsson  .  Lyon  1792. 


(  195) 
Informato  qualche  leinpo  dopo  ,  cioè  in  giugno  ,  clie 
perirono  tutti  quattro  con  sintomi  più  presto  di  i'ebbrc 
nervosa  marasmatica  che  di  tisi .  Gli  altri  sei  rimasero 
sotto  r  uso  de'  surriferiti  rimedj ,  a'  quali  ,  scorgendo 
che  la  loro  efficacia  si  era  molto  rallentata,  stimai  be- 
ne di  aggiungere  1'  ossimele  scillitico ,  una  maggior  do- 
se di  ossido  antimoniale  solforato  rosso ,  il  latte  di  asi- 
na, o  di  capra  la  sera,  con  vitto  un  pò  più  nutritivo 
del  solito,  con  frutta  cottele  con  picciola  quantità  di 
■vino  innacquato  e  tepidetto  .  Con  questa  aumentazione 
di  mezzi  curativi  1  sei  infermi  migliorarono  di  giorno 
in  gioi'no  col  riacquistar  le  forze  ,  e  le  carni  ,  furono 
n  teramente  guariti  alla  fine  di  giugno  ,  e  raggiunsero 
i  loro  reggimenti  con  agevolezza,  e  senza  pena  nel  cam- 
minare .  Si  deve  inferire  da  tutto  ciò  ,  che  la  digitale 
lutea  non  è  bastata  essa  sola  per  guarire  questi  indivi- 
dui ^  ma  li  à  ben  disposti  alla  guarigione  . 

Lasciamo  da  parte  la  futilità  della  dottrina  dei 
conlrostimolo  ,  ed  i  vantaggi  che  se  ne  possono  rica- 
vare ,  i  quali  fin  ora  non  son  ben  noti ,  né  ben  de- 
terminati ,  e  ragioniamo  dietro  il  lume  della  sperienza 
e  della  osservazione  ,  vere  sorgenti  della  scienza  della 
vita ,  e  guide  sicure  della  pratica  medica  ,  le  sole  alle 
quali  ci  dobbiamo  appoggiare  per  decidere  in  materia 
di  nuovi  rimedj  .  La  digitale  gialla  ,  secondo  quel  che 
ho  osservalo  attentamente ,  ha  un'  azione  particolare  su 
i  mali  del  petto  ^  essa  calma  la  tosse  ed  i  dolori  ,  dis- 
sipa l'emottisi,  attenua  e  scarica  i  muchi,  che  si  de- 
pongono su'  polmoni ,  e  fa  trascinare  del  materiale  per 


(  19^  ) 
le  orine ,  che  provoca  grandemente .  Essendo  stala  utile 
da  principio  in  quelle  tabi  sopravvenute  a' catarri  vio- 
Itnli  ,    in  cui  si  è  osservato  irritazione  eccessiva  ,    do- 
glia ,  e  calore  al  petto ,  io  la  credo  maggiormente  gio- 
vevole  nella  tisi  polmonare  stenica  ,  soprattutto  nel  pri- 
mo periodo  ^  e  dippiù  penso  ,  che  riuscirebbe  di  mag- 
gior efficacia  adoperata  nel  principio  della  malattia,  che 
nel    secondo  e  terzo  stadio    di  essa  .    In    una  cura    di 
emottisi ,    che  tormentava  una  fanciulla   di  quattordici 
in  quindici  anni  ,    già  mestruata  ,  piena  di  brio    e    di 
mobilità  ,    ed  avendo  una  struttura  di  petto  difettosa  , 
ho  ordinato  la  digitale  lutea  combinata  colla  purpurea  , 
nella  propoi    one  di  due  terzi  della  prima  con  un  ter- 
zo della  seconda ,  alla  dose  di  quindici  in  diciotto  gra- 
ni  nelle  ventiquattro  ore  ,    presa    in    tre  volte  ,  ed  ho 
avuto  la  soddisfazione    di  veder  totalmente  cessato    lo 
sputo  sanguigno    alla  fine    del  terzo  giorno  .    Il  mede- 
simo successo  ho  ottenuto  ,   impiegando  l' istesso  rime- 
dio, in  un  uomo  emottoico  con  febbre  infiammatoria, 
accidente  che  sopraggiunse  ,  in  seguito  di  una  terribile 
caduta  da  sopra  una  carrozza  :  poche  prese  di  digitale 
rossa  e  gialla  .   la  neve  acidulata ,  l'  amministrazione  di 
un  eccoprotico  ,  il  riposo  ,  la  dieta  lo  sanarono  perfet- 
tanlente  .    In  somma   questo  nuovo  rimedio    in    alcuni 
mali  del  petto  ,  nati  da  infiammazione  ,    da  rottura  di 
vasi ,    da  esulcerazioni  ,    e   da  sommo  irritamento  ,    si 
deve  valutare  per  buono  ,  come  lo  dimostrano  le  spe- 
rienze  accuratamente  fatte  .     Ma    la  medicina    nel    suo 
stato  attuale  mancava  di  rimedj  equivalenti  ?  No ,  poi- 


(  '97  ) 
che  ne' divisati  morbi,  e  principalmente  nell'emottisi, 
l'amministrazione  della  polignla  virginiana,  del  lichene 
islandico  ,  della  Scilla  e  dell'  ossimele  scillitico ,  del 
sugo  di  ortica  ,  semplice  o  combinato  coli'  oppio  ,  e 
colla  tintura  marziale  ,  della  gomma  arabica  ,  del  de- 
cotto del  legno  Campecliiano,  degli  acidi  solfoi'ico,  ni- 
trico, e  benzoico  allungati,  dell'oppio  torrefatto  o  etio- 
pe vegetabile ,  del  ghiaccio  tritato  ed  acidulato ,  ec. 
ce.  (i),  produce  gli  stessi  effetti  ,  ed  opera  bellissime 


(i)  Tralascio  di  annoverare  tra  questi  rimedj  , 
spezialmente  utili  nella  emottisi^  e  nelle  tabi  che  le 
sopravvengono  ,  V  acetato  di  piombo  liquido  ,  poi- 
che  non  ignoro  che  la  maggior  parte  de"  Medici  han 
ribrezzo  di  ordinare  siffatta  preparazione  chimica 
per  uso  interno  .  E  un  vero  pregiudizio  questo  ti- 
mor mal  fondato  ,  o  quella  eccessiva  precauzione , 
che  e'  impedisce  di  estendere  le  nostre  conoscenze 
nella  medicina  pratica ,  e  di  ben  calcolare  V  azione 
de'  medicamenti  .  Dietro  V  esempio  de'  medici  Te- 
deschi, ho  prescritto  neW  emottisi  accidentale,  ed  in 
varie  emorragie  interne ,  tre  o  quattro  gocce  di  ace- 
tato di  piombo  liquido  ,  sciolte  in  mi  bicchiere  or- 
dinario di  acqua  aromatica  distillata  ,  o  d'  infu- 
sion  di  camomilla ,  o  di  acqua  semplice ,  con  dodici 
o  quindici  gocce  di  laudano  liquido ,  il  tutto  due 
volte  al  giorno,  e  ne  ho  avuto  bonissimi  effetti.  Fo 
avvertire  ,  che  ho  ordinato   itu  altre  malattie  ,  delle 


.  (  "98  ) 
guarigioni  .  Essendo  però  utile  di  arricchir  sempre  la 
materia  medica  di  sostanze  medicamentose  attive  ,  le 
digitali  lutea  e  purpurea  vi  trovano  naturalmente  il 
loro  posto  ,  per  le  moltiplici  facoltà  eh'  esse  posseggo- 
no,  e  di  cui  bisogna  far  conto  in  varie  circostanze  del- 
le malattie  . 

Avendo  fatto  appena  cenno  della  dottrina  del  con- 
trostimolo ,  applicata  alla  cura  della  tisi  pulmonare , 
non  reputo  fuor  di  proposilo  di  fare  nn'  obbiezione  ai 
medici  che  la  professano  ,  e  che  cercano  di  propagar- 
la .  Quantunque  fin  al  presente  i  Rasorlani  non  abbia- 
no ben  definito  il  controstimolo ,  di  maniera  a  farci 
capir  chiaramente  la  loro  idea  ,  pur  tuttavolta  pare  che 
i  medici  ragionevoli  debbano  intendere  per  questa  pa- 
rola uno  stato  negativo ,  uno  stato  contrario ,  e  nemico 
dello  stimolo,  cioè  un  abbassamento,  o  una  sottrazio- 
ne dell'  eccitamento  ,  e  quindi  la  diminuzione  delle 
forze  e  delle  potenze  eccitanti  .  Sembra  dunque  che 
la  debolezza ,  1'  astenia ,  l'atonia  ,  l' adinamia ,  la  prostra- 
zione di  forze  ,    ed  il  controstimolo  siano  cose  identi- 


quali  tratterò ,  fin  a  una  dramma  e  mezza  di  ace- 
tato di  piombo  liquido ,  senza  che  ne  sia  risultato 
il  menomo  danno ,  come  suole  accadere  con  altre 
sostanze  medicamentose  deleterie  .  Debbo  aggiunge- 
re che  questo  rimedio  agisce  debilitando,  per  cui  i 
Rasoriani  non  mancheranno  di  dire  ,  ch^  e  contro- 
stimolante ,  e  di  classificarlo  per  tale . 


i 


(^99  ) 
che  ,  vale  a  dire  fenomeni  che  si  arleguano ,  effctli 
uguali.  In  fatti  riflettendo  sodamente  su  questo  assun- 
to ,  il  controstimolo  non  può  esser  altrimenti  interpe- 
trato  che  come  io  asserisco  .  Ciò  posto  ,  il  salasso  es- 
sendo uno  de'  primi  controstimolanti  ,  è  fuor  di  dub- 
bio ,  che  il  freddo  e  V  acqua  ghiacciata  siano  ancora 
tali,  e  che  nel!'  ordine  della  classificazione  vengano  im- 
mediatamente appresso  all'  emission  del  sangue  ,  in  con- 
seguenza ,  se  il  salasso  ,  come  afferma  il  nostro  anoni- 
mo giova  a'  tisici  del  secondo  e  terzo  grado ,  deve  an- 
che a  questi  esser  di  giovamento  1'  esposizione  rego- 
lata all'aria  fredda,  e  T  amministrazione  dell'acqua 
nevata  .  E  di  grazia ,  prescrivete  questi  rimedj  nella 
tisichezza ,  e  vedete  quel  che  ne  risulta  ?  Chi  non  sa 
che  il  freddo  uccide  i  tabidi  ,  e  che  ne'  tempi  vernali 
i  catarri  cronici  degenerano  in  tisi?  Chi  ignora  che  le 
bevande  ghiacciate  fanno  aumentare  d'  intensità  tutti  i 
sintomi  della  tisi  pulmonare ,  specialmente  la  tosse,  ed 
i  dolori  di  petto  ?  Quale  è  il  Medico  che  non  abbia 
osservato  ancora  che  i  freddi  rigorosi  son  micidiali  per 
gli  etici  di  ogni  grado ,  e  che  questi  son  soggetti  a 
perir  tutti  dcdla  fine  dell'  autunno  al  principio  della 
primavera?  Ne' nostri  spedali  militari  stabiliti  nel  Re- 
gno di  Napoli  ,  si  è  osservato  costantemente ,  che  i 
tisici  han  subito  la  loro  luttuosa  catastrofe  dal  mese  di 
Dicembre  a  quello  'di  Marzo  ,  soprattutto  quando  sof- 
fiavano i  venti  boreali .  Le  stessissime  osservazioni  ho 
fatte  anni  addietro  più  particolarmente  ne'  climi  freddi 
e  temperati  dell'  Europa ,  e  dell'  America  ,  che  negli 
altri  luoghi  . 


(    200    ) 

Memoria  sulla  coltivazione  de'  papaveri ,  e  sulla 
maniera  di  cavarne  V  Oppio  ^  del  socio  corrispon- 
dente Z)/  Francesco  Ambrvosi  .  Letta  neW  adu- 


nanza de' iS.  Giugno  1811. 


Oe  uno  degli  oggetti  più  interessanti  delle  colte  ,  ed 
avvedute  Nozioni  egli  è  stato  mai  sempre  quello  di 
conoscere  distintamente  ,  e  di  migliorare  la  coudiz,ione 
de'  proprii  prodotti ,  onde  soddisfare  nel  miglior  modo 
possibile  a'  bisogni  indispensabili  della  natura ,  non 
meno  che  ,  con  menare  a  perfezione  le  arti ,  e  le  ma- 
nifatture ,  a'  comodi  ,  ed  agi  della  vita  umana  ,  ogni 
cittadino  amante  della  patria,  e  de' suoi  simili  non  dee 
lasciar  mezzo  intentato  ,  e  cooperare  all'  eseguimento 
di  tal  lodevol  fine  :  e  facendo  saggi  ,  ed  esplorando 
spezialmente  la  natura  ,  e  1'  indole  delle  produzioni , 
e  de'  vegetant'  indigeni ,  che  abbiano  gli  stessi  gradi  di 
efficacia  ,  per  poteri'  indi  surrogare  in  luogo  degli  eso- 
lici ,  soprattiitto  nelle  presenti  circostanze  di  penuria 
di  generi  stranieri.  Non  hanno  a  tal  effetto  trascurato 
i  Duhamel ,  i  Buffon  ,  i  Bonnet ,  ed  altri  esimii  con- 
templatori delle  fisiche  produzioni  di  soggerire,  e  pro- 
muovere con  fervore  cotal  salutevol  ed  economica  mas- 
sima .  Dietro  a  ciò  i  saggi  professori  dell'  arte  salutare 
non  cessan  di  valersi  con  profitto ,  e  sostituire  di  tem- 
po in  tempo  a'  semplici  esotici    gli  equivalenti   nostrali 


(    201    ) 

vegelanti ,  che  la  Suprema  Provvidenza  ,  dispensatrice 
imparziale  de'  suoi  doni  ,  ha  fatto  aUignarc  ,  relativa- 
mente a'  climi  ,  per  ogni  dove  della  terra  in  sostenta- 
mento degli  esseri  viventi  ,  non  che  in  presentaneo 
farmaco  alle  loro  endemiche  morbose  indisposizioni  . 
Di  fatti  quanti  nostri  semplici  ,  che  pareggiano  ,  e  so- 
vente vincono  anzi  che  no  gli  stranieri  in  virtù  ,  ed 
energia  ci  posson  somministrare  delle  medicine  utili  , 
ovvie  ,  e  poco  dispendiose  ? 

Possibile  ,  che  la  sola  idea  di  raro  ,  inusitato  ,  e 
peregrino  ,  debba  suonar  tanto  bene  all'  orecchio  de- 
gV  imperiti  ,  che  imponga  stima  ,  e  rispetto  ?  Possibile 
ancora  ,  che  le  sole  Indie  ,  l'  Arabia  ,  1'  America  ,  deb- 
bano godere  la  privativa  di  produrre  delle  droghe  ,  e 
de'  generi  si  maravigliosi  ?  Non  si  può  senza  sorpresa 
osservare  il  trasporto  ,  che  induce  gli  abitatori  d'  Eu- 
ropa a  trarre  a  di  loro  uso  le  produzioni  sole  di  quelle 
regioni  .  Un  tale  pregiudizio  ,  al  dire  di  un  dotto 
scrittore  sembra  ingiurioso  alla  Provvidenza  ,  contrario 
alle  salute  umana  . 

S'ignora  forse ,  che  vegetano  presso  di  noi  tanti  por- 
tentosi vegetabili ,  da'quali  si  trae  profitto  con  riputarsi 
a  ragione  succedanei  alle  droghe ,  ed  erbe  oltramontane? 
La  Camamilla  ,  la  Genziana  minore ,  la  Valeriana , 
la  Verbena  ,  ed  altrettante  piante  nostrali  ,  non  ci  pre- 
stano le  veci  della  corteccia  del  Perù?  La  Salsa  vol- 
.  gare  (i)  ,  la  Dulcamara,     la  Bardana,  la   Fumaria,  e 


(i)  Smiìax  aspera. 

16 


(    202    ) 

diverse    piante  aquatiche ,    non    ci    valgono  come    la 
Salsaparilla  ?    La    Poligala    nostrale    (i)  ,    e    1'  Iride 
Fiorentina  ,    non  profittano  al  pari   della  Poligala  del- 
la Virginia  .    Il  Calamo    aromatico  volgare  ,    e  le   ra- 
dici   della  Cario-fillata  (2)  o  della  Primulaveris  ,  nort 
possono    sostituirsi     alla    Canfora  ,     ed    alla    Serpenta- 
ria  ?  L'  Assenzio  ,  il  Camedrio  ,    la  Salvia  j    ed  il  Ga- 
mepizio  y    non  possono  equivalere   alla  Cascarilla ,     ed 
al  Quassio  ?    La  radice    della  Genziana    (3)  non    può 
masticarsi    romft    il  Rabarbaro  ?    La  Centaui'ea  polve- 
rata  (4)  5    o  r  istessa  Genziana   minore  (5)  ,     non  po- 
trebbero supplire  all'Angustura  ?  Non  è  l'olio  di  Pino, 
che  con  ugual  successo  viene  usato  ,  che  il  balsamo  di 
Copaive ,    o  quello  del  Perù  ?    Le  radici  della  Conso- 
lida (6)  ,  e  la  Conserva  delle  Rose  secche  ,  come -quella 
de'  Balausti ,  ed  altri  leggieri  stittici ,  non  presterebbero 
l' istessa    efficacia    della  Simaruba  ?    La    conserva    dei 
fiori    di  Persico  ,     o  dei  Prugni  ortensi ,    come  quella 
preparata    dai  Selvaggi ,     e  l' olio  estratto  dai  semi  del 
Ricino  (7)  ,  non  sarebbero  i   succedanei  i  più  analoghi 
alla  Cassia  fislula  ,  ed  alla  Tamarindi  ? 

(i)  Polygala  vulgaris. 

(2)  Geum  Urbanuin. 

(3)  Gentiana  lutea. 

(4)  Chironia  Centaui'ium. 

(5)  Gentiana  Acauli s. 

(6)  SymphYtum  Officinale. 

(7)  Ricinus  comunis. 


(  2o3  ) 

Ciò  basti  per  non  fare  una  lunga  serie  di  tanti  al- 
tri prodotti  stranieri ,  che  una  male  intesa  prevenzione 
a  favore  ,  per  la  maggior  parte  di  essi  ,  per  non  dire 
una  interessata  impostura  ,  va  coonestando  col  titolo 
misterioso  di  Specifiche  Medicine . 

La  breve  esposizione  delle  sopracennate  medicine 
ci  guida  senza  dubbio  a  ritrovare  puranche  nell'  oppio 
nostrale  una  efficacia  così  bene  marcata  ,  che  quando 
si  cerchi  di  sottoporlo  alla  pruova  ,  si  avrà  più  attivo 
di  quello  d'  Asia  ,  di  Tebe  ,  e  di  tutte  le  altre  Regio- 
ni ,  dove  si  manifattura  .  Né  ciò  deve  credersi  un  tratto 
d'  entusiasmo  per  l'are  gli  elogj  della  proposta  medicina, 
giacché  se  è  vero,  che  i  fatti  siano  superiori  a  qualun- 
que raziocinio  ,  sarei  nel  caso  di  esporre  in  dettaglio 
una  lunghissima  serie  di  fatti  evidenti  ,  dai  quali  po- 
trebbe ciascheduno  rimaner  convinto  .  Ma  il  mio  og- 
getto non  è  quello  di  comporre  un  mero  Giornale  di 
osservazioni  ,  perchè  imponga  ,  ed  accrediti  con  un'aria 
d'  empirismo  la  cennata  medicina  .  Basta  dire  ,  che  da 
più  tempo  si  sta  propinando  da  molti  Professori  ,  ed 
è  stata  il  soggetto  delle  di  loro  accurate  osservazioni , 
come  delle  mie  ancora,  in  tutte  le  malattie,  ove  con- 
venga, con  essersene  sempre  ritratto  il  desiderato  fine. 
Dall'analisi  poi  potrà  ognuno  restar' anche  con\into 
circa  1'  efficace  modo  d'  operare  di  questa  droga . 

Da  una  continuata  ,  ed  uniforme  relazione  di  pa- 
recchi viaggiatori ,  sappiamo  ,  che  in  due  differenti  mo- 
di manovrano  la  raccolta  dell'  oppio  gli  Orientali .  Pri- 
mo ,  coir  incisione  sulle  capsole  de'  verdeggianti  papa- 


(    204) 

veri,  adoperando  un  ferro  a  cinque  punte,  che  in  una 
lanciata  produce  cinque  ferite  ,  ronie  ci  avvisa  preci- 
samente il  dotto  Geoffroy  nella  sua  Materia  Medica  . 
O  con  altro  a  due  sole  lamine  una  a  ridosso  dell'  al- 
tra ,  a  norma  delie  relazioni  del  viaggiatore  Rerr  .  Sco- 
la dalle  incisioni  un  umor  lattiginoso ,  che  quindi  con- 
densasi sul  dorso  delle  stesse  capsole;  e  distaccandolo  , 
lo  ripongono  in  un  vase  d'  argilla  ,  che  a  tale  oggetto 
portano  pendente  dal  collo  sull'  addome  .  Secondo  con 
forzare  sotto  del  torchio  le  capsole,  e  foglie  verdi  j  pri- 
ma acciaccate,  dalle  quali  cavandosi  il  snrrn  espresso, 
lo  rendono  compatto  coli'  evaporazione  .  Il  primo  è 
r  oppio  puro  in  lagrime  .  Il  secondo  è  il  Meconio  . 
Gli  antichi  Scrittori  ,  tra'  quali  Plinio  (i)  ,  Dioscori- 
de  (2)  ,  e  Galeno  (3)  ,  conoscevano  pure  due  specie 
d'  oppio  ,  e  vi  davano  le  istesse  denominazioni . 

Sappiamo  ancora  ,  che  trovansi  occupate  estesissi- 
me campagne  neir  Asia  minore  ,  nella  Natòlia  ,  nel- 
r  Egitto  ,  nella  Persia  ,  e  nell'  Arabia  ,  per  la  coltiva- 
zione de'  papaveri ,  seminandosi  come  noi  sementiamo 
il  frumento  :  E  che  molta  gente  sfacendata  ne  trae  pro- 
fitto ,  occupandosi  in  quella  manovra.  Perciò  non  deve 
recar  maraviglia  ,  se  tanto  della  prima  ,  quanto  della 
seconda  sorta,  se  ne  traggono  quantità  tali  da  portarsi 


(i)  Lih.  XX.  Cap.  XriII.  S.  N. 

(2)  Lib.  IV.  Cap.  LXV. 

(3)  Né  libri  spuiii  :  De  simplicibus  pag.  93. 


(  2o5  ) 
in  commercio  tra  tante  nazioni  .  Malgrado  però  le  sì 
ubertose  raccolte  non  dobbiamo  lusingarci ,  che  perven- 
ga in  Europa  ad  uso  di  tutti  l'oppio  in  lagrime,  poi- 
ché prima  deve  servire  per  le  persone  di  distinzione  di 
tutti  i  luoghi  ,  dove  quello  si  raccoglie  ,  e  quindi  per 
tutti  i  nazionali ,  che  quando  anche  si  vogliano  sup- 
porre sobrii,  ve  ne  bisognano  per  lo  meno  due  dram- 
me al  giorno  a  ciascheduno  tra  il  masticare  ,  e  farne 
uso  per  condimenti ,  supplendo  così  al  divieto  del  vi- 
no .  Ma  ciò  non  basta  .  Vedremo  anche  coi  fatti ,  che 
quello  puro  in  lagrime  non  ci  perviene  j  o  assai  di  ra- 
do .  Ed  è  questo  il  giudizio  ,  che  vien  dato  concor- 
demente da  tutti  i  più  imparziali  Scrittori  ,  che  possa 
vantare  la  Storia  Medica  dall'  epoca  di  media  età  sino 
ai  dì  nostri .  Che  se  alcuni  granelli  di  perfetta  qualità 
si  sieno  talvolta  presso  di  noi  rinvenuti ,  bisogna  pur 
credere ,  che  si  abbian  dovuto  appartenere  a  quella  clas- 
se ,  in  cui  vi  era  miscela  di  quello  in  lagrime  . 

Il  Meconio  ridotto  in  pezzi  appianati  a  forme  di 
focaccia  è  quello  ,  che  capita  presso  di  noi  europei  : 
e  tuttavia  ne  bisogna  quantità  eccessiva  per  esserne  prov- 
veduti tanti  popoli  .  Intanto  ogni  più  triviale  Farma- 
cista presume  di  conservare  1'  oppio  genuino  ^  come  sup- 
pone di  avere  il  Balsamo  della  Mecca  ,  quello  vero  del 
Perù  ,  ed  altri  prodotti  stranieri  ben  rari ,  e  difficili  , 
anche  ad  aversi  nelle  regigni  stesse ,  ove  si  manifattu- 
rano  . 

Circa  la  specie  della  pianta ,  che  in  que'  luoghi  si 
coltiva  ,   si  conviene    da  tutti  i  viaggiatori ,    che  sia  il 


(   206   ) 

Papaver  somnìfernm  di  Linneo  (i)  tanto  a  semi  neri, 
che  a  semi  bianchi  5  i  quali  si  trovano  variare  non  per 
intrinseco  carattere  ,  ma  per  la  figura,  e  grandezza  del- 
le capsole  ,  e  pel  colorito  delle  corolle ,  e  dei  semi  j 
essendo  ambedue  della  stessa  specie ,  cioè  la  settima  in- 
dicata dal  nostro  dotto  Petagna ,  coi  caratteri  :  Foliis 
amplexicaulibus  inclsis  .  Calycibus  ,  capsulisque  gla- 
hris  .  Semine  nigro ,  ve/  albo  .  Plinio  però  asserisce  (2) , 
che  dal  papavero  di  seconda  specie  ,  tra  quei  ,  che  si 
trovavano  di  sua  conoscenza  ,  cioè  da  quello  a  semi 
neri ,  si  traeva  1'  oppio  a  tempi  euol  .  Ed  io  di  que- 
sto mi  avvalsi  nella  semina  de'  primi  anni ,  poiché  ve- 
geta con  più  facilità  presso  di  noi .  Non  lascio  però  di 
consigliare  d'  introdursi  più  estesamente  quello  a  semi 
bianchì  ,  come  ho  eseguito  nella  semina  di  questo  an- 
no ,  perchè  le  piante  sono  più  grandiose  ,  e  conseguen- 
temente anche  le  capsole,  che  sono  il  triplo  di  quelle 
de'  papaveri  neri .  Ma  con  ciò  non  intendo ,  che  si  deb- 
bano questi  affatto  escludere,  mentre  che  se  per  ragio- 
ne di  commodo  ,  e  per  le  semine  estese ,  giova  meglio 
maneggiare  quelle  grandi  ,  ed  alte  ,  che  vanno  anche 
più  isolate^  per  prodotto  poi  ,  ccBteris  paribus ,  pare 
che  ne  porgan  più  le  capsole  piccole  ,  cioè  quelle  dei 
semi  neri . 

Nella  considerazione  de'  fatti  tanto  rilevanti  ,  e  nel- 
la conoscenza  cjel  processo,,  che  adoperano  gli  Orien- 

(i)  Classe  Polyandria. 
'  (2)  Lib,  XIX.  Cap.  FUI.  S.  N. 


(  207  •) 
tali  per  ottenere  questa  droga,  avend' osservato  jioco 
profitto  essersi  ritratto  nelle  urgenze  delle  malattie  dal- 
l' oppio  in  commercio  ,  attesa  la  penuria  delle  medici- 
ne esotiche,  ed  altronde  avendo  sperimentata  la  decisa 
efficacia  de'  nostri  papaveri  nelle  differenri  loro  prepa- 
razioni ,  ho  creduto  giovare  a'  miei  simili ,  con  aver  fat- 
to de'  saggi  ,  e  varj  piccoli  travagli  su  di  questo  inte- 
ressante obbietto  . 

Dietro  di  tali  cognizioni  più  mi  sentivo  a  ciò  in- 
vogliato, sovvenendomi  ,  che  alcuni  Scrittori  di  Mate- 
ria Medica  avevano  da  alcun  tempo  adombrata  una  tal 
verità ,  e  che  tra  i  benemeriti  della  cognizione  delle 
piante ,  e  tra  i  valenti  professori  di  Medicina  ,  vi  sie- 
no  stali  i  Signori,  Ball  in  Inghilterra^  Palmieri  in  Ita- 
lia ^  ed  i  nostri  rispettabili  nazionali  Ripoli ,  Gagliardi , 
Tenore,  ed  altri,  i  quali  avendo  travagliato  sullo  sles- 
s'  oggetto  ,  abbiano  intraprese  delle  piccole  raccolte  . 
Coir  idea  dunque  di  bandire  quella  inerzia  ,  anzi  le- 
targo ,  da  cui  siamo  oppressi  ,  in  non  voler  valutare 
quanto  deesi  le  produzioni  indigene ,  di  cui  siamo  for- 
niti,  proseguendo  le  lodevoli  tracce  di  quei  professori, 
ho  voluto  con  dettaglio  porre  in  sistema  un  tal  punto 
di  pubblica  economia  ,  con  aver  fatto  replicate  semine 
in  varj  anni  ,  ed  in  epoche  diverse  ,  per  trarne  quel 
miglior  partito,  che  si  poteva  .  Dopo  d'avere  atteso-, 
che  sian  nate,  e  venute  a  fiorire  le  piante,  e  dopo  ca- 
duti i  petali ,  quando  le  capsole  si  trovavano  ingrandi- 
te ,  e  succose ,  andava  io  innanzi  nelle  operazioni  ,  i 
di  cui  risxdtati  descriverò  mano  mano  senza  occupa'rmi 


<  2o8  ) 

dell' intiera  esposizione  de' variali  metodi  da  me  tenuti . 
Quindi  dopo  varj  saggi  istituiti ,  e  dopo  d'  aver  rac- 
colto più  libbre  d'  oppio  di  prima  sorta  ,  cioè  quello 
in  lagrime  ,  indicando  i  prodotti  dell'  analisi  compara- 
tiva ,  a  quello  in  commercio,  mi  sarà  agevole  additare 
quale  metodo  meglio  convenga  per  la  raccolta ,  e  sua 
particolar  maniera ,  pel  tempo  della  semina  ^  prepa- 
razione da  farsi  al  terreno  ^  e  tutto  altro  ,  che  possa 
essere  analogo  a  tal  oggetto  . 

Si  snfilga  dunque  un  sito  a  solatio  ,  che  partecipi 
dell'oriente,  e  del  mezzogiorno  .  Si  fitccia  il  possibile, 
che  non  vi  sieno  alberi  all'intorno,  né  per  lo  mezzo, 
acciocché  si  pongano  bene  in  ordine  le  ajuole  ,  e  non 
resti  per  nulla  intercettata  1'  influenza  benefica  de'  raggi 
solari . 

Sia  il  terreno  profondo  ,  ed  argilloso ,  con  sufficien- 
te ingrasso  di  letame  ben  macero  ,  e  che  goda  de'  prin- 
cipii  di  molte  parti  vegetali  .  Se  trovasi  oltremodo  ste- 
rile ,  e  sabbionoso  senza  parti  affatto  di  terriccio  ,  non 
sarà  mai   atto  all'  uopo  indicato  . 

Si  coltivi  ne'  principii  di  Settembre  ,  mischiando- 
vi una  significante  dose  di  concime  j  e  per  far  meglio 
si  combini  con  altra  dose  di  cenere  .  Si  rompano  le 
zolle  ,  e  coir  erpice  si  vada  appianando  il  terreno  . 
Quindi  nell'  Ottobre  ,  dopoché  si  sarà  nuovamente  col- 
tivato ,  sarà  allora  il  tempo  opportuno  della  semina- 
gione . 

Eseguita  che  si  sarà  la  preparazione  a  quel  pezzo 
di  terra  ,  si  disponga  in  tante  ajuole  ,    o  prose  ,  così 


e  209  ) 

dette ,  della  larghezza  di  circa  quattro  palmi ,  coi  cor- 
rispondenti sentieri  tra  l'  una  ,  e  l' altra  prosa  .  Si  ap- 
piani bene  il  terreno ,  e  quindi  a  mano  aperta ,  e  bea 
raro  ,  si  sparga  il  seme  ,  facendolo  rimanere  coperto 
con  passarci  per  la  seconda  volta  1'  erpice ,  o  un  fascet- 
to  di  spine  .  Ciò  si  faccia  in  ogni  prosa  ,  rimanendo  i 
sentieri  pel  solo  commodo  di  passar  per  dentro  ne* 
lavori  consecutivi  da  farsi  . 

II  seme  per  i  terreni  estesi  sia  de'  papaveri  bian- 
chi per  le  ragioni  di  sopra  esposte  .  B  perchè  non  si 
erri  circa  la  qualità  di  esso,  se  si  trovi  alquanto  oscmo 
di  colore  ,  le  capsole ,  che  lo  prestano  ,  oltre  di  essere 
notabilmente  grandi  ,  non  debbono  avere  le  piccole 
aperture  sotto  la  corona  stellata  ,  e  sono  alquanto  al- 
lungate a  differenza  di  quelle  a  semi  neri  ,  che  sono 
più  globose  , 

Verso  la  fine  di  Novembre  ,  e  principio  dell'  altro 
mese  saranno  fuori  le  piccole  piante  ,  le  quali  trovan- 
dosi di  soverchio  folte  ,  si  dovranno  diradare  j  sarchian- 
dole quindi  con  attenzione  per  non  ismuovere  ,  o  re- 
car lesione  alle  tenui  radici ,  e  cosi  purgarle  dalle 
erbe  nocive ,  e  parasite  . 

Ne'  principii  di  Febbrajo  ,  o  prima ,  conviene  di- 
radarle un' altra  volta  ,  e  sarchiarle  ancora  ,  coli' avver- 
timento di  lasciare  circa  un  piede  ,  di  distanza  tra  pian- 
ta ,  e  pianta  .  Chi  non  voglia  però  assoggettarsi  alla 
fastidiosa  operazione  di  render  rare  ,  ed  a  giusta  distan- 
za i  papaveri  ,  potrebbe  nel  tempo  disegnato  fare  la 
fiemina  a  pizzico  ,  come  suol  dirsi   ,  in  quei  siti  pro- 

27 


(   2IO   ) 

prlamente  ,  dove  dovrebbero  rimanere  a  dimora  ;  di- 
staccandone però  i  superflui  ,  perchè  rimanga  isolata 
ciascheduna  pianta  .  In  tal  modo  il  terreno  interme- 
dio verrebbe  sin  dalle  prime  meglio  coltivato  . 

Dalla  metà  di  Aprile  in  avanti  ,  qualora  sono  vi- 
cine a  cacciar  fuori  lo  stelo  ,  si  sarchino  per  la  terza 
volta  ,  togliendo  sempre  l' erba ,  e  rincalzando  il  terre- 
no .  E  saremo  già  vicini  alla  fioritura  . 

Prima  di  terminare  il  Maggio  ,  come  andranno 
a  cadere  i  petali  di  ciascun  fiore  ,  attendendosi  al- 
tri sei  ,  o  più  giorni  ,  onde  siano  bene  ingrandite 
le  capsole  ,  si  praticheranno  mano  mano  le  incisioni  . 
Ma  prima  di  passar  oltre  ad  indicare  il  modo  da  ese- 
guirle ,  si  avverta  ,  che  volendosi  ritardare  la  semina  , 
si  potrà  fare  puranche  nel  Gennajo  ,  come  fu  da  me 
eseguita  nell'  anno  scorso  ,  avendo  anticipatamente  pre- 
parato il  terreno  coli'  ingrasso ,  e  con  replicate  coltiva- 
zioni .  Ma ,  a  dire  il  vero  ,  bisogna  dare  tutta  la  pre- 
ferenza a  quella  dell'  Ottobre  .  In  fatti  a  pari  circo- 
stanze 5  e  nello  stesso  sito  ,  dóve  fo  tali  saggi  ,  le  pian- 
te nate  spontanee  nel  Novembre  del  i8og.  ,  e  quelle 
prodotte  dalla  semina  del  Gennajo  seguente  ,  vegetaro- 
no sempreppiù  rigogliose  le  prime  ,  e  con  più  pronto 
sviluppo  5  essendo  state  superiori  a  qualunque  nociva 
influenza  di  meteore  .  la  simil  modo  avendo  in  que- 
sto anno  fatto  la  semina  dell'  Ottobre  su.  di  molte  pro- 
se ,  e  su  di  una  sola  quella  del-.Gennajo  ,  le  piante 
di  questa  vanno  innanzi  con  piccola  statura,  e  le  pri- 
me   grandiose    con  molti  estesi  rami    promettono    una 


(    211    ) 

raccolta  d'  oppio    ubertosa  ,    e  soddisfacente  del  pari , 
che  ne  diedero  le  spontanee  degli  anni  antecedenti  . 

Se  si  crederà  da  taluni  ,  che  giovi  di  traspiantare 
i  papaveri  per  migliorare  la  lor  condizione ,  o  per  for- 
nire   delle   altre  prose  ,  potrà  benissimo   disingannarsi  j 
poiché  avendone    in  due  anni  fatto  la  pruova  ,    tanto 
se  sieno  di  tenuissima  statura  le  piante  ,  che  più  adul- 
te .  Nel  mese  di  Gennajo  ,  o  più  tardi  ,    coli'  inaflia- 
mento  ,  o  senza  di  esso  ,  ho  osservato  costantemente  , 
che  la  maggior  parte  è  andata  a  perire  :  Altra  porzio- 
ne  con   una   vita    lenta    La   prodotto   un   piccol   gambo, 
e  pochissime  capsole    ,    di  grandezza  niente  regolare  . 
Ma  è  già  questo  un  punto  d'  osservazione  ,  che  gene- 
ralmente si  avvera  in  un  gran  numero  di  piante  .  Per 
i  papaveri  poi  ,  che  sono  forniti  di  radici  perpendico- 
lari,  e  fusiformi,   con  pochissime  laterali  fibrose,. su- 
bitocchè  sieno  distolte    dalla  di  loro  primitiva  direzio- 
ne ,  ed  aderenza  col  terreno  ,  perdendo  ivasellini  quel- 
la vitalità.,  ed  energìa   ,    onde  si  sosteneva  la  circola- 
zione ,  o  marciscono  interamente  ,  oppure  vanno  quel- 
le radici  a  rimanere  inerti  ,  e  conseguentemente  anche 
le  piante ,  sino  a  che  qualche  dilicatissirao  fdo  radica- 
le ,  e  quindi  qualche  altro   ,  vada  a  sortire  ,   che  ripi- 
gli   il  cammino  del    fluido  circolante  ,  sostenendo  una 
benché  stentata  vegetazione  .    E  dunque  fuori  di  dub- 
bio ,  che  il  seme  a  dimora  per  le  piante  piccole  ,    va 
a  sviluppare  una  vita  assai  più  energica  ,  essendo  quelle 
sostenute  sulla  base  di  radici  seminali  ,  le  quali  vanno 
a  macerarsi  nella  maggior  parte  col  trapiantarle  . 


(    212    ) 

Non  occorre  d' loaffiare  i  papaveri  qualora  le  sta- 
gioni procederanno  con  certa  regolarità  ,  dovendosi  at- 
tendere Il  solo  benefico  umettamento  della  pioggia  .  Ed 
è  ciò  analogo  al  sentimento  di  tutti  gli  Scrittori  di 
materia  medica  ,  quali  In  consigliando  la  plantagglone 
dell'erbe,  e  de' frutici  ,  che  debbano  produrre  resine, 
o  gomme-resine  ,  prescrivono  ,  che  I  terreni  siano  piut- 
tosto asciutti  ,  che  Irrigati  .  E  Plinio  nel  sopracitato 
luogo  ,  parlando  dell'  oppio  ,  dice  :  Optimum  in  sic- 
cis  ,  et  ubi  raro  pluit  . 

Guidate  dunque  le  tenere  plauie  cuu  ijucgli  ajuti 
di  sopra  esposti  ,  essendo  fuori  gli  steli  ,  i  fiori  ,  e 
quindi  le  capsole  ,  si  sarà  al  tempo  delle  incisioni  ,  e 
propriamente  dalla  metà  di  Maggio  sino  a  tutto  Giu- 
gno ,  qualora  il  Termometro  nella  scala  di  Reaumur 
si  trovi  segnare  da  18  sino  ai  22  gradi  .  La  differenza 
de'  climi  potrà  fissare  un'  epoca  alquanto  varia  ,  sem- 
pre però  approssimativa  alla  già  enunciata  . 

Giunto  II  tempo  da  praticare  le  incisioni  ,  cioè 
dopo  caduti  i  fiori  ,  e  rese  progressivamente  grandi  le 
capsole  sino  all'  intiero  sviluppo  ,  nel  termine  di  sei 
giorni  più  ,  o  meno  ,  quando  1'  umore  è  denso  a  suf- 
ficienza ,  e  non  sieroso  j  si  prenda  una  piccola  lancet- 
ta a  punta  non  molto  acuta  ,  ma  tagliente  ,  e"  sostenen- 
do la  capsola  colla  mano  sinistra  si  facciano  le  inci- 
sioni verticali ,  eseguendole  da  sotto  in  sopra  ,  cioè  da 
vicino  al  caule  della  pianta  per  tutta  la  convessità  di 
essa  capsola  ,  e  con  ferire  la  sola  epidermide  .  Se  ne 
potranno  praticare  quattro  in  quelle  di  mediocre  gran- 


(  2i3  ) 
dezza ,  e  sei  nelle  altre  più  grandi  j  come  precisamen- 
te nei  papaveri  bianchi  .  Saranno  eseguite  neli'  istesso 
tempo  ,  e  serbando  una  certa  uguale  distanza  .  Intanto 
si  osserverà  con  maraviglia  ,  che  il  ferro  andrà  avanti , 
ed  un  umor  lattiginoso  gli  correrà  dietro  prendendo  la 
figura  di  una  lagrima  ,  che  sarà  pendente  nella  parte 
inferiore  della  capsola  :  un  tal  latte  sarà  di  sapore  no- 
tabilmente amaro  ,  e  di  odore  nauseoso  di  muffa  . 

Devono  sempre  farsi  le  incisioni  nelle  giornate  a- 
sciutte  ,  e  calde  ,  e  due  ore  circa  dopo  lo  spuntar  del 
sole  in  avanti  ,  acciocché  si  renda  meno  scorrevole 
1'  umore ,  e  non  si  gitti  sulle  foglie  .  E  servendomi  del- 
l' espressioni  dello  stesso  Plinio  ,  dirò  :  Ciim.  ros  exa- 
ruerit  ,  hoc  est  hora  diei  sereni  .  Giova  ancora  ,  che 
r  atmosfera  non  sia  agitata  da  vento  .  In  tal  modo 
coli'  attività  di  una  temperatura  calda  sì  formerà  in  cia- 
scheduna lagrima  una  pellicola  esterna  j  ed  a  capo  di 
dieci  in  dodici  ore  quella  gocciolina  acquisterà  una 
consistenza  viscosa  con  colorito  che  tira  al  giallo  .  Nel- 
la giornata  appresso  sarà  più  consistente  con  colore 
rosso-bruno  prendendo  1'  aspetto  della  mirra  lucida  j  e 
r  oppio  sarà  maturo  . 

Questa  dunque  è  1'  epoca  da  raccogliere  quelle  la- 
grime ,  e  ciò  si  verrà  a  fare  nel  cadere  della  seconda 
giornata  .  Il  ferro  ,  che  bisognerà  per  tale  operazione  , 
potrà  essere  quello  stesso  delle  incisioni ,  o  altro  simi- 
le ,  ma  più  largo  ,  oppure  a  dirittura  un  temperino  . 
Si  porterà  nella  mano  dritta  con  distaccare  ciaschedu- 
no pezzo  dalle  rispettive  ferite  ,  alle  quali  si  trova  ade-^ 


(  2i4  ; 

rente ,  mentre  la  mano  sinistra  ferma  '-,  capsola  dall'  al- 
tra parte  .  Adattati  quei  pezzetti  uno  a  iMosso  dell'al- 
tro, formeranno  quei  più  rimarchevoli,  che  andranno 
bene  riposti  ia  un  bicchiere  di  cristallo  ,  ovvero  -^i  ar« 
gilla  . 

Se  le  sopraddette  lagrime  si  facciano  rimanere  al 
di  là  dei  due  giorni  sul  dorso  delle  capsole  ,  sarà  no- 
tabilmente diminuita  la  lor  forza  ,  rendendosi  carbo- 
nizzate dall'  attività  del  sole  ,  portata  troppo  innanzi , 
e  già  il  colorito  negrognolo  ne  addita  il  carattere  ,  « 
la  poca  forza ,  come  ho  osservato  nelle  occorrenze  del- 
le malattie  ,  in  cui  ne  ho  fatto  uso  .  Il  solo  caso  di 
una  pioggia ,  o  di  altro  incidente  ,  che  impedirà  la  rac- 
colta ,  farà  un  eccezione  alla  regola  proposta. 

Altronde  se  si  sia  a  tempo  di  prevenire  una  im- 
minente pioggia ,  che  possa  sciogliere ,  o  porta  via  una 
buona  porzione  di  lagrime  ,  converrà  sollecitamente 
andarle  a  distaccare  senza  prender  conto  se  siano  al 
punto  della  perfezione ,  mentre  quei  piccoli  ammassi 
potranno  rendersi  consistenti  con  esporli  al  sole  per 
una  ,  o  due  giornate  finché  acquistino  i  caratteri  so- 
praindicati .  Un  tal  caso  mi  è  accaduto  talvolta ,  e  vi 
ho  prestato  riparo  ,  perchè  si  è  trattato  di  piccole  rac- 
colte. Una  seminazione  estesa  non  potendo  ammettere 
simile  ajuto  ,  si  compenserà  con  andarle  a  raccogliere 
consecutivamente,,  td  a  proporzione  della  consistenza 
acquistata  . 

Dopo  le  replicate  osservazioni,  e  metodi  praticati 
^  relativi   al  numero   delle   incisioni ,  convengo  semprep- 


(  2i5  ) 
più ,  che  nei  nostri  papaveri  quattro ,  o  al  più  sei 
fatte  nel  medesimo  tempo  ,  bastino  a  portar  fuori  tutta 
la  dose  dell'  umore  già  preparato  ,  che  serbato  tra  1'  e- 
pidermide  ,  e  gli  altri  integumenti  delle  capsole ,  poiché 
facendosene  in  maggior  numero ,  come  più  volte  ho  pra- 
ticato ,  non  è  che  scaturisca  più  umore  ,  ma  si  viene 
a  ripartire  per  tutte  quel  fluido  ,  che  doveva  scorrere 
dalle  sole  quattro  ferite.  Nel  caso  dunque  di  volerne 
istituire  dippiù,  altro  che  una  piccola  squama  non  si 
rinverrà  su  di  ciascheduna  ferita  .  Perciò  ci  dovrà  im- 
piegare più  tempo  per  la  raccolta  3  si  verrà  a  distac- 
care l' epidermide  fresca  dai  papaveri  3  e  l'oppio,  non 
essendo  puro  ,  presenterà  sempre  il  senso ,  e  1'  odore 
erbóso . 

È  inutile  di  fare  incisioni  su  di  altre  parti  della 
pianta  ,  perchè  nessuno  umore  andrà  a  fluire  ,  o  sarà 
puramente  aqueo .  Così ,  nella  generalità ,  nemmeno 
giova  fìune  altre  nello  spazio  intermedio  alle  prime , 
poiché  sortirà  un  puro  siero  di  latte  oppiato  .  Questa 
pratica  ammette  tuttavia  qualche  eccezione  per  alcune 
capsole ,  le  quali  esplorate  nuovamente  col  ferro  pre- 
stano latte  di  buoùa  condizione ,  e  come  il  primo  . 
Sicché  in  quelle ,  che  sembrano  succose  ancora ,  si 
potranno  benissimo  reiterare  ,  e  si  avrà  l' intento  . 

Il  metodo ,  che  riferisce  Dioscoride  ,  di  fare  le 
incisioni  circolarmente  sotto  la  corona  stellata  dei  pa- 
paveri ,  e  quindi  inclinarli  per  riceversi  il  succo  gron- 
dante in  un  vasellino  ,  che  si  esporrà  al  sole ,  non  mi 
sembra  plausibile  per  varie  circostanze ,  che  ho  ravvi- 


(  2i6  ) 
sato  col  fatto.  E  basta  dire,  che  avendone  taluni  fatto 
il  saggio  ,    tra'  quali  il  diligentissimo    lames ,    non    ne 
sono  rimasi  soddisfatti. 

Giova  qui  puranche  rimarcare  1'  uso ,  che  si  tiene 
dagli  Orientali ,  cioè  a  far  rimanere  aderenti  alle  cap- 
sole  le  lagrime  per  il  solo  corso  di  una  notte  .  Non 
deve  tale  sistema  da  noi  adottarsi ,  sì  perchè  la  tem- 
peratura del  clima  sia  ivi  notabilmente  avvanzata  rela- 
tivamente al  nostro  ,  e  quello  di  tutta  1'  Italia  j  come 
perrhè  nemmeno  colà  si  trae  maturo  ,  ed  a  giusta  con- 
sistenza qualora  si  raccoglie  .  Tanto  ciò  è  vero  che  gli 
stessi  viaggiatori  ci  riferiscono  ,  che  dopo  raccolte  le 
lagrime  ,  espongono  al  sole  i  vasi  semipieni  per  farle 
acquistare  una  competente  spessezza  .  Per  lo  contrario 
distaccandosi  già  maturo  l'  oppio  gode  di  altre  emi- 
nenti prerogative  .  E  tale  circostanza  non  può  dirsi , 
che  sfugga  I'  attenzione  di  quei  popoli ,  che  sono  ora^ 
mai  assai  bene  istruiti  in  quella  pratica  dalla  lunga 
serie  delle  osservazioni  .  Deve  supporsi  piuttosto  ,  che 
ragioni  d'  industria  li  determinino  a  trattarlo  in  quel 
modo  .  Forse  per  ridurlo  più  agevolmente  nelle  forme 
in  cui  ce  lo  recano  :  o  per  combinarci  delle  altre  so- 
stanze, come  precisamente  il  meconico ,  essendo  più 
facile  ciò  far.n  qualora  sia  maneggevole  ,  ed  umidiccio. 

Ma  non  bisogna  andar  tant'  oltre  in  vane  discetta- 
zioni .  Vediamo  quali  prodotti  ci  presenti  l'  analisi  di 
questa  droga  tanto  necessaria  ,  ed  essenziale  in  medi- 
cina ,  che ,  senza  di  essa ,  asseriva  il  dottissimo  Syden- 
ham  ,  non  avrebbe  avuto  il  coraggio  di  fare  il  medico  , 


(  217  ) 

Avendo  sciolto  una  dramma  dell'  oppio  nostrale , 
ridotto  prima  in  fina  polvere  ,  nello  spirito  di  vino 
ben  rettificato,  e  datoci  un  sufficiente  grado  di  calo- 
re ,  dopo  circa  un'  ora  è  rimasa  una  gran  parte  per- 
fettamente in  soluzione  ,  Raccolto  quindi  il  sedimento 
insolubile  ,  si  è  rinvenuto  quasi  tutto  gommoso ,  e  del 
peso  di  circa  venti  granelli  . 

Ho  reiterato  un  tale  processo  ;  ed  avendo  acceso 
lo  spirito  di  vino  ,  che  serbava  in  soluzione  1'  oppio  , 
dopo  d'  essersi  consumato  tutto  l' alkool ,  e  con  esso 
la  parte  resinosa ,  è  ugualmente  rimasa  a  fondo  una 
materia  gommosa ,  però  carbonizzata  dall'  azione  della 
Gamma  . 

Messone  un  pezzo  ad  una  punta  di  ferro  ,  ed  ap- 
prossimato alla  fiamma  si  è  veduto  sul  momento  an- 
dare in  violenta  combustione  ,  avendo  presentata  una 
fiammetta  rosso-sulfurea  ,  e  vaga  all'  aspetto  ,  che  ha 
dato  fuori  un  fumo  bianchiccio  di  odore  nauseoso  di 
muffa ,  che  muoveva  a  starnutare  .  Si  vede  bene  in 
questo  incontro ,  che  andando  avanti  la  combustione 
si  consuma  gran  parte  della  massa  dell'  oppio  ,  il  qua- 
le terminato  di  bruciare  ,  presenta  a  guisa  di  carbone 
la  sostanza  gommosa  residuale  delle  due  sopradette 
operazioni  . 

Dunque,  prima  di  terminare  l'analisi,  si  può  as- 
sicurare ,  che  di  una  dramma  il  terzo  pressappoco  è  una 
materia  gommosa  ,  insolubile  nello  spirito  di  vino  ^  e 
tutto  il  rimanente  è  quasi  per  intiero  sostanza  resino- 
sa   friabile  ,  e  lucida  ,    che    separata    coli'  evaporazione 

38 


(2l8) 

dell'acquavite,  che  la  conteneva,  ed  adattata  alla  lin- 
gua ,  vellica  sensibilmente  le  papille  nervee  conciliando 
un  senso  acre  -  caldo  ,  che  dà  molto  dell'  aromatico  . 
Per  meglio  riuscire  in  questo  saggio ,  ho  voluto 
servirmi  pure  dell'  acqua  ,  con  aver  versato  l' istessa 
quantità  d'oppio  attivato  da  calda  temperatura,  ho  os- 
servato che  a  gradi,  e  con  qualche  stento,  si  è  andata 
a  sciogliere  la  porzione  della  gomma  ,  essendo  rimaso 
pressocchè  insolubile  tutto  il  restante  di  sostanza  resi- 
nosa leggìermenie  salina ,  che  ne  costituiva  la  parte 
maggione  . 

Col  divisato  esperimento  si  è  veduta  andare  a  galla 
una  materia  oleosa  fissa  ,  eh'  è  quella  ,  che  presta  un 
insensibile  untume  ,  stropicciandosi  tra  le  dita  un  pez- 
zetto d'  oppio  . 

Merita  pure  d'  essere  rimarcato  un  principio  vo- 
latile graveolente  ,  eh'  è  quello  appunto  ,  che  produce 
la  sensazione  odorifera  di  quella  sostanza  ,  ed  in  gra- 
do assai  eminente  ,  di  maniera  che  in  aprirsi  una  bot- 
tiglia ,  che  conserva  la  nostra  droga  ,  non  si  può  tol- 
lerare r  impressione  ,  che  ne  ricevono  i  nervi  olfatto- 
ri 5  circostanza  ,  che  non  accade  tanto  sensibilmente 
nell'oppio  in  commercio.  Ciò  però  dipende  da  un  olio 
essenziale  penetrantissimo.  E  questa  è  quella  sostanza, 
che  gli  concilia  tanta  forza  ,  ed  opera  nei  primi  istanti, 
che  sia  propinato  ,  anche  prima  di  sciogliersi  dai  suc- 
chi gastrici  la  gomma  ,  e  la  parte  resinosa. 

Questa  stessa  sì  potente  esalazione  odorosa  rende 
incommoda ,  e  fastidiosa  la  raccolta ,  ed  è  perciò  che 


(    219    ) 

disperdendosi  una  parie  aliluosa  dalle  lagrime  aderenti 
alle  capsole  si  forma  una  piccola  atmosfera  ,  che  va 
ad  aftéttare  la  sclaliva  del  raccoglitore  con  miscliiarvisi, 
ed  eccita  una  molesta  nausea  ,  anzi  talvolta  il  vomi- 
to ,  oltre  di  una  certa  temulenza  ,  che  produce  al  ca- 
po. Queste  affezioni  furono  da  me  sperimentate  a  se- 
gno ,  che  nel  meglio  de'  saggi  mi  decidevo  sin  dall'an- 
no scorso  a  svellere  tutte  le  piante  de'  papaveri  ,  e 
porre  in  oblio  una  utile  intrapresa  .  Il  minore  incom- 
modo  ,  che  mi  è  accaduto  è  stato  quello  di  sputac- 
chiare peicnueuienie  per  il  tratto  della  lunga  e  nojosa 
.  raccolta  ,  che  negli  anni  di  siffatto  travaglio  ho  dovu- 
to per  ben  due  mesi  portare  innanzi  in  tutti  i  giorui 
dalla  metà  di  Maggio  sino  al  principj  di  Luglio.  Ma 
ciò  sarà  ben  lungi  di  accadere  a  quegf  individui ,  che 
dotati  di  minor  sensibilità  di  fibra  ,  e  meglio  condi- 
zionati nella  di  loro  costituzione  ,  prendendosi  dalla 
classe  de'  contadini  ,  possano  benissimo  adattarsi  alla 
facile  manovra  di  trattare  quelle  piante  per  ritrarne  la 
desiderata  medicina.  Taniopiù  sarà  necessario  di  ren- 
dere istruita  quella  gente  ,  per  quanto  convenga  non 
per  solo  diletto  ,  o  per  fare  de'  saggi  ,  ma  per  indu- 
stria ,  ed  occupare  qualche  considerevole  pezzo  di 
terreno  ad  una  si  vantaggiosa  speculazione. 

Esposta  la  sopradetta  analisi  ottenuta  da  un  pro- 
cesso semplicissimo  ,  ma  veridico ,  se  però  non  si  giun- 
gerà colla  stessa  esattezza  a  rimarcare  quella  propor- 
zione di  principj  tutte  le  volte  ,  che  si  voglia  reitera- 
re ,  come  a  me  è  puranche  accaduto  ,    ciò   dipende  a 


(    220    ) 

buou  senso  da  varj  accidenti  ,  che  possono  avere  del- 
l' influenza  ,  e  specialmente  dalle  differenti  qualità  del- 
l' oppio  ,  in  ordine  anche  alla  sua  maturazione  \  e  dal- 
l' affinità  grande  ,  con  cui  la  resina  ,  e  la  gomma  so- 
no aderentemente  unite  ,  formando  l'impasto  di  quella 
sostanza  con  altra  poca  porzione  di  parti  terrose ,  e 
saline  j  per  cui  non  sempre  tutta  la  parte  resinosa  si 
scioglie  neir  alkool  ,  né  tutta  la  gomma  nell'  acqua. 

Circa  i  caratteri  esterni  di  un  tale  oppio  ,  posso 
con  ingenuità  assicurare  ,  che  si  trovano  non  che  cor- 
rispondenti a  quello  d'  ottima  qualità  ,  eh'  è  andato 
sempre  in  commercio,  m' anzi  in  gradi  più  eminenti: 
essendo  di  spiacevolissimo  odore  ^  alquanto  tenace  , 
con  essere  un  ammasso  di  tante  lagrime ,  è  molto  ama- 
ro al  gusto  5  uniforme  ,  e  senza  parti  eterogejiee  j  di 
colore  di  succino  ,  o  di  mirra  ,  sembrando  in  tutto  una 
pura  resina  ,  prontissimo  ad  andare  in  combustio- 
ne ,  con  produrre  una  fiamma  assai  più  chiara  ,  e  sfa- 
villante ^  è  friabile  ,  per  cui  si  può  più  agevolmente 
polverizzare  \  e  non  rimane  alcuna  feccia  allorché  si 
scioglie. 

Le  preggevoli  qualità  rappresentate ,  non  sono  certa- 
mente  ipotetiche,  o  fallaci,  dacché  han  potuto  ravvi- 
sarsi senza  equivoco  in  quello  esposto  con  tutti  i  ge- 
neri nazionali  nella  Fiera  di  Agosto  in  Napoli  .  Altro 
simile  è  stato  ,  ed  è  ,  presso  la  considerazione  di  molti 
professori  dell'  arte  sanatrice  ,  cui  1'  ho  fatto  pervenire. 
Ed  è  ancora  esposto  in  alcune  Farmacie  per  oggetto 
venale, 


(   221    ) 

Ma  perchè  sieno  sino  all'  evidenza  dichiarate  le 
sublimi  prerogative  di  qnesta  patria  medicina  ,  e  ad 
oggetto  di  avere  un'  analisi  di  comparazione  ,  ho  sotto- 
posto ad  esame  il  più  squisito ,  che  si  trovava  anni 
indietro^  ed  il  prodotto  del  breve  processo  istituito  si 
trova  essere  di  una  metà  tutta  gommosa  ^  meno  di  un 
terzo  di  resina  ,  ed  il  restante  una  materia  terrosa  mi- 
sta a  poco  olio  fisso. 

Il  desiderio  di  rimanere  sempreppiù  convinto  nel- 
la serie  delle  mie  osservazioni  ,  mi  ha  spinto  a  fare 
delle  altre  ispezioni  sulle  masse  dell'  oppio  asiatico  . 
Perciò  ho  costantemente  osservato  ,  che  di  due  sorti 
sogliono  essere  quei  pezzi  .  Alcuni  di  massa  alquanto 
uniforme  ,  ed  a  guisa  di  un  verace  estratto  ,  di  colo- 
rito fosco  con  delle  impurità  per  dentro  ,  e  riducibile 
in  altra  forma  a  picciol  grado  di  calore.  Altri  sono  di 
massa  varia  ,  poiché  in  aprendoli  si  ravvisano  per  mez- 
zo dei  pezzetti  più  lucidi  di  colore  ,  e  più  compatti , 
ma  sempre  colle  stesse  impurità.  Ho  conchiuso  da  ciò , 
che  i  primi  siano  il  semplice  nieconio  fatto  da  succo 
espresso.  Kd  i  secondi  ,  anche  questo  ,  ma  con  esservi 
in  miscela  le  lagrime  dell'  oppio  puro  .  Intanto  ciò  si 
trova  appuntino  analogo  alle  relazioni ,  che  ne  abbia- 
mo ^  usando  gli  orientali  di  rotolare  le  lagrime  col  me- 
conio  non  ancora  giunto  a  consistenza  ,  ed  in  modo 
che  risulti  una  massa  apparentemente  uniforme  .  Que- 
sto in  fatti  presso  di  noi  si  è  stimato  sempre  migliore. 
Di  pezzi  poi ,  che  potevano  dirsi  ammasso  di  sole  la- 
grime ,  non  è  stato  facile  vederne  ^    perchè  oppio    co- 


(    222    ) 

siffatto  di  rado ,  o  non  mai ,  si  sono  compiacimi  di 
recarci.  Gli  antichi  però  ,  tra'  quali  Galeno  ,  sotto  la 
denominazione  di  oppio  ,  includevano  le  sole  lagrime. 
Di  fatti  nella  Classe  5.  pag.  114.  così  si  esprime:  Qui 
autein  Opinin  ,  idest  Papaveris  lacrymam  biberint , 
iis  statini  etc. 

Alla  giusta  considerazione  di  tali  fatti  bisogna  pur 
soggiungere  ,  che  varie  e  multiplici  adulterazioni  sieno 
soliti  di  manovrare  gli  Asiatici  ,  anche  a  seconda  dei 
di  luro  pixTati  bisogni.  Per  avere  piacevolissimi  sogni , 
ed  immaginazioni ,  che  allettino  ,  mischiano  il  Giu- 
squiamo nero,  e  lo  Strammonio.  Come  alessifarmaco  ,  e 
per  suscitar  loro  allegria  ,  precisamente  ne'combattimenti 
marziali  ,  combinano  il  Succino ,  lo  Zafferano  ,  la  Mir- 
ra ,  la  Noce  Moscada  ,  ed  il  Cardamomo  5  e  ciò  fan- 
no più  di  tutto  ncJla  Persia  dando  a  questa  composi- 
zione il  nome  di  Pholonia. 

Ma  se  queste  adulterazioni  si  limitassero  alle  pre- 
parazioni di  loro  semplice  Uso  non  se  ne  incaricherebbe 
alcuno  certamente.  Subitochè  però  lo  recano  così  alte- 
rato in  commercio  ,  e  gli  stessi  nostri  nazionali  si  fan- 
no lecito  di  replicare  le  miscele  in  passandolo  nelle 
officine ,  reclama  ognuno  ,  ed  a  ragione  ,  come  dal 
tempo  de'  Greci  sino  ai  dì  nostri  ,  non  mancano  di 
farsi  le  più  alte  querele  Dioscoride  ,  Remfero ,  e  Geof- 
froy  coi  più  recenti  Scrittori ,  perchè  vi  adoprino  tante 
miscele ,  che  sien  giunti  a  combinarci  la  liquirizia  , 
r  assafetida  ,  lo  sterco  bovino  ,  ed  ancora  il  sevo ,  con 
molte  altre  sostanze  eterogenee. 


(    223  ) 

È  fuor  di  dubbio  ,  che  il  Glaucio  ,  composizione 
celebre  nell'  antichità  ,  che  a  buon  conto  era  il  succo 
estratto  del  Rumex  Lapathum  ;  o  conciliando  1'  opi- 
nione di  altri ,  il  succo  condensato  del  Chelidonium  , 
o  del  Papavev  curniculatum  ,  pianta  ,  che  presso  di 
noi  trovasi  a  dovizia  per  la  spiaggia  dell'Adriatico ,  go- 
dendo di  un  succo  giallo-amaro  ,  faccia  parte  dell'oppio 
officinale  .  E  ciò  rapporto  al  Glaucio  non  tanto  deve 
supporsi  vero ,  perchè  si  rileva  da  autori  degni  di  fede  j 
quantochè  volendosi  distaccare  le  foglie  secche  ,  e  se- 
mi ,  che  spesso  vengono  aderenti  ai  pezzi  dell'  oppio , 
quei  semi  sono  effettivamente  del  Rumex  surriferito , 
come  replicate  volte  mi  è  riuscito  averne  la  conoscen- 
za. L'  erudito  James  è  fermo  a  credere  ,  che  il  succo 
solito  a  mischiarsi  coli' oppio  puro,  nelle  regioni,  ove 
si  manifattura ,  sia  quello  della  lattuga  selvaggia  ,  op- 
pure dell'  ortense.  Né  ciò  deve  sembrare  lontano  dal 
vero,  poiché  le  lattughe  godono  della  forza  oppiata, 
serbando  un  succo  latteo  amaro  mollo  analogo  a  quel- 
lo de'  papaveri ,  tantoché  Galeno  ,  e  varj  au  tori  ,  le 
danno  le  istesse  attribuzioni  ,  e  quei  che  se  ne  ciba- 
no ,  si  attendono  un  sonno  tranquillo. 

Ognuno  dunque  vede  bene  quale  notabile  diffe- 
renza vi  possa  essere  tra  l'  esotico  ,  ed  il  nostrale  •  e 
per  quanti  secoli  siamo  rimasi  illusi  su  di  un  ogget- 
to di  tanta  importanza  ,  che  ha  obbligato  le  nazioni 
tutte  d'  Europa  ad  acquistare  dagli  esteri  quella  dro- 
ga ,  di  cui  ciascheduno  può  presentemente  fornirsi 
nel  proprio  paese  in  qualità,  e  dosi  tali  da  formare  il 


(224) 

lustro  ,  ed  il  decoroso  ornamento  delle  officine  farma- 
ceutiche. 

Preparazione  ,  o  processo  alcuno  ,  non  bisogna  per 
migliorare  la  sua  condizione ,  e  renderlo  depurato  , 
nello  stato  di  lagrime  ,  poiché  geme  come  se  fosse  di- 
stillato in  dorso  delle  capsole ,  e  l' attività  del  sole 
dissipa,  e  corregge  qualunque  piccola  impurità  ,  che  vi 
si  possa  trovare  ,  rimanendovi  per  due  giorni  ,  o  sino 
alla  perfetta  asciuttezza  .  E  di  bene  però  di  attendere 
circa  un  mcso  di  tempn  per  incominciare  a  farne  uso  j 
mentre  in  quel!'  epoca  avrà  acquistato  1'  odore  puro  , 
ed  i  caratteri  veraci  dell'oppio,  trovandosi  dissipato 
ogni  qualunque  senso  erboso. 

Per  essere  ora  a  giorno  dei  fatti  favorevoli ,  e  della 
decisa  efficacia  di  questa  medicina  ne'  varj  casi  di  ma- 
lattie ,  ove  possa  convenire  ,  dopo  di  aver  s  aputo  col- 
r  analisi  di  essere  la  resina  assai  predominante  alla 
g'omma  j  e  d'  essere  più  odoroso  ,  friabile  ,  e  lucido  j 
più  accensibile  ,  e  puro  ,  che  con  difficoltà  si  scioglie 
neir  acqua  ,  bensì  nell'  alkool  ,  o  vino  spiritoso  ,  qua- 
lità tutte  ,  che  non  si  ravvisano  in  tal  grado  in  quello 
d'  Oriente  ,  ma  che  ne  costituiscono  l' ottima  condizio- 
ne :  si  deve  sapere  ,  che  opera  con  sicurezza  in  tutti 
i  casi ,  in  cui  quell'  altro  suole  giovare  ^  colla  diffe- 
renza ,  che  debba  propinarsi  in  dose  più  discreta  ,  al- 
trimenti si  corre  rischio  di  far  incontrare  tristi  effet- 
ti a  quegl'  infelici  ,  per  i  quali  si  sia  adoperato  .  In 
conferma  di  ciò  si  vuole  avvertire  ,  che  per  una  mera 
affezione  catarrale ,    che    portava  una  tosse  di  stimolo 


(   225  ) 

assai  fastidiosa  ,  essendosene  usato  un  granello  da  un 
infermo  ,  che  aveva  tutta  la  diffidenza  ,  che  mezzo  gra- 
nello fusse  stato  sufficiente  a  tranquillarlo  ,  fu  tormen- 
talo in  tutta  la  notte  da  continuo  vaniloquio ,  da  gran 
mossa  di  vomito  ,  e  da  calore  estuante.  A  tale  oggetto 
per  determinare  con  certo  metodo  la  dose  ,  conviene 
stahilire  ,  che  nei  cuiirplessi  di  dilicuiu  cosili  uziuue ,  e 
laddove  il  bisogno  di  urgente  malattia  non  Io  richie- 
da ,  si  può  prescrivere  da  mezzo  sino  ad  un  granello, 
o  sciolto ,  o  in  forma  pillolare.  Qualora  poi  i  sintomi, 
o  r  indole  del  male  ,  esigano  un  prontissimo  ajuto  , 
se  ne  appresti  subito  un  granello.  E  se  sembra  espe- 
diente ,  come  nelle  violpntl  emorragie  ,  nelle  ostinate 
convulsioni  ,  r  nelle  doglie  acute  ,  si  può  replicare  la 
dose  dopo  dissipata  la  forza  della  prima. 

Essendosi  dunque  da  molti  giudiziosi  medici  ,  e 
da  me  istesso  ,  adoperato  nelle  malattie  spasmodiche  ^ 
e  dove  si  tratti  di  affezioni  dolorose  in  generale  ,  ed 
in  quelle  ancora  ,  in  cui  la  gran  sensibilità  è  un  pro- 
dotto della  debolezza  ,  si  è  osservato  ,  che  non  sola- 
mente produce  narcosi  ,  calmando  lo  spasmo  ,  ma  ec- 
cita in  rerto  mrxln  ,  coiiciliantìo  iiuuva  energia  al  si- 
Stema  nervoso.  Così  nelle  cardialgie  ,  e  coliche  ,  piut- 
tosto convulsive ,  che  materiali  ,  si  è  osservata  una 
calma  nella  circolazione  ,  notabile  diminuzione  di  sin- 
tomi ,  e  quindi  un  sonno  placido  .  Tra  gli  altrettanti 
casi  un  giovine  di  delicata  complessione  ,  che  per  una 
cardialgia  spasmodica  era  violentemente  molestato  da 
vomito  inane,  essendosi  ridotto    con  sudori  fieddi  la 

29 


(   226   ) 

una  mortale  asfissia  per  non  aver  ritratto  alcun  solile' 
vo  dalle  replicate  dosi  del  laudano  ,  e  con  avere  re- 
stituito tre  granelli  d'  oppio  ,  se  gli  sciolse  uno  del- 
l' indigeno  nel  vino ,  e  fattolo  a  slenti  ingojare  ,  di  11 
a  mezz'  ora  cessò  il  vomito  ,  e  fu  restituita  la  calma 
all'  infelice  giovane. 

Neir  ibteiisino  ,  asma  ,  e  tossi  prellamenle  convul- 
sive ,  dove  un'  atonia  del  sistema  generale  favoriva 
quelle  affezioni ,  ha  operato  da  narcotico ,  avendo  ec- 
citata altra  forza  viva  agli  organi  vitali .  Ed  in  questi 
casi  ha  giovato  tanto  meglio  ,  per  quanto  se  n'  è  rei- 
terato r  uso  colla  miscela  de' leggieri  tonici. 

Nelle  emottisi ,  e  nelle  emorragie  in  generale  ,  pre- 
cisamente in  quelle  accoppiate  da  mal  abito  di  corpo  , 
ha  recato  un  utile  decisivo.  Si  può  assicurare  ,  che  tra 
gli  altri ,  una  donna  ,  che  sofferiva  una  emorragìa  na- 
sale violenta  ,  e  protratta  per  più  giorni ,  essendosele 
propinato  ,  misto  alla  china  ,  profittò  portentosamente. 
Un'  altra  affetta  da  ostinata  menon-agla  sino  al  punto 
d'essersi  avvanzato  un  buono  edema,  resa  già  cachet- 
tica dopo  le  grandi  perdite  di  sangue  ,  ne  ha  rilevato 
gran  vantaggio  avendolo  preso  unito  a'  marziali.  Ad  un 
emottoico  di  età  non  tanto  avvanzata  ,  allorché  il  san- 
gue a  sbocchi  affettava  un  oscuro  periodo ,  dopo  le 
molte  dosi  dell'  oppio  ,  e  dell'  etiope  vegetabile  ,  è 
riuscito  con  due  granelli  in  due  giornate  ,  d'impedirlo 
a  gradi ,  e  con  regolarità  tale  da  non  seguirne  peggior 
male. 


(   227    ) 

Debbo  però  con    ingenuità   asserire  di  non  averlo 
voluto  mai ,  senza  urgentissimo  bisogno  ,  somministrare 
ai  giovani  assai  pletorici  ,    e    dotati    di    troppo   valida 
costituzione ,  predominando   la  diatesi    stenica  -,    come 
non  debba  convenire  nell'  isterìa  delle  donne  robuste  j 
e  laddove ,  servendomi  dell'  espressione  degli  Antichi  , 
si  trovi  l' utero  in  una  temperie    calda  ,    nel    caso    di 
sofferire  emorragie  uterine  ,  convellimenti  ,    ed    altro  , 
per  la  ragione  ,  che  composto  quest'  oppio    di  resina  , 
eccitando  troppo  qualora  non  sia  opportuno   ,  si  pone 
la  circolazione    in  maggiore  orgasmo  ,    e   ne  sieguono 
più  triste  conseguenze.  In  tali  casi  io   consiglierei  piut- 
tosto ,  che  si  faccia  uso  dell'  istess'  oppio  sì  ,    ma  pre- 
parato a  guisa  dell'  estratto  aquoso  del  Pecquet  ,  o  un 
tantino  bruciato  ,  come  l'  etiope  vegetabile  . 

Ne'  delirii  malincolici  soliti  ad  effettare  i  corpi 
ippocondriaci ,  ed  accompagnati  talvolta  da  qualche 
grado  di  cachessìa  ,  ha  giovato  senza  dubbio  .  Una 
giovane  che  dopo  le  replicate ,  e  non  indifferenti  per- 
dite di  sangue  dall'utero,  era  caduta  in  una  grave  de- 
bolezza del  sistema  vascolare  ,  e  quindi  in  un  delirio 
malinconico  ,  che  si  rendeva  in  alcuni  giorni  anche 
furioso  \  in  quelle  sere  ,  in  cui  prendeva  un  gra- 
nello deir  oppio  indigeno  ,  dormiva  tranquillamente  , 
e  rimaneva  per  più  ore  in  pace.  Tutte  le  altre  volte  , 
che  per  istituire  un  saggio  ,  se  le  prestavano  due  ,  o 
tre  granelli  dell'  estero ,  non  ne  ritraeva  sollievo  ,  ed 
era   sempre  agitata  ,  e  delirante  . 


(   228   ) 

Nelle  diarree  abituali  prodotte  da  poca  concezio- 
ne de'  cibi  ,  e  da  un'  astenìa  viscerale  ben  marcata , 
iiggiunto  a  qualche  estratto  amaro  ,  ha  prodotto  pur- 
anche  effetti  sicuri  .  In  tutte  le  altre  affezioni  lente  in- 
testinali ,  per  le  quali  si  fa  facile  passaggio  alla  disen- 
terìa  ,  ed  in  questa  istessa  ,  purché  non.  vi  sia  princi- 
pio di  riscaldamento  ,  combinato  con  poca  ipecacuana 
o  con  una  terra  assorbente  ,  come  la  magnesia  ,  ha 
operato  a  guisa  d'  antidoto  ,  Molti  fanciulli  ,  che  sono 
andati  soggetti  nello  scorso  autunno  all'  affezione  di- 
senterica ,  dopo  d'  essersi  adoperati  in  vano  altri  ajuti, 
si  sono  riavuti  quas'  istantaneamente  con  tenue  dose 
di  questa  medicina  sciolta  nell'emulsione  dei  semi  cu- 
curbitacei  . 

Quegl'  infermi ,  ai  quali  1'  uso  frequente  dell'  op- 
pio r  aveva  loro  reso  pressocchè  infruttuoso  ,  ed  erano 
obbligati  a  prenderne  tre  ,  o  quattro  granelli  ,  con  un 
granello  solo  del  nostrale  ,  hanno  ottenuto  1'  intento  . 
Tra  questi  uno  piucchè  mai ,  eh'  erasi  abituato  per  un 
asma  convulsivo  ,  nell'  ingojare  delle  dosi  generose  del 
laudano  ,  oppio  ,  e  massa  di  stirace  ,  quando  1'  asma 
istesso  si  era  fatto  umorale  con  notabile  infarcimento 
ne'  pulmoni ,  avendo  fatto  sospendere  qualunque  altro 
narcotico  ,  ne  feci  uso  alla  dose  di  un  granello  senza 
averlo  potuto  replicare ,  se  non  a  capo  di  quattro 
giorni ,  perchè  la  narcosi  prodotta  sopprimeva  V  espet- 
lorazione.  Ed  intaìito  perchè  l'asma  continuava  tutta- 
via ad  affettare  qualche  periodo  ,  e  bisognava  ad  ogni 
modo    un    oppiato ,     gli  dava  quello  venale    alla  dose 


(    229    ) 

di  Ire  granelli  in  tntte  le  altre  scie  ,  però  senza  vciun 
profitto.  Una  Signora  poi ,  che  per  una  spasmodia  ute- 
rina di  più  giorni  era  tutta  convulsa  ,  mentre  da  più 
tempo  sembrava  perennemente  isterica  ,  ed  era  giunta 
in  quel  parosismo  ad  introdurre  con  istento  quattro 
granelli  d' oppio  nel  corso  di  una  giornata ,  con  un 
granello  dell'  indigeno  ,  e  quindi  con  un  altro  fu  per- 
fettamente ristabilita  da  quell'  acuzie  . 

Non  manco  ancora  di  avvertire ,  che  nei  gravi 
dolori  in  generale  giova ,  e  molto  meglio  ,  che  quello 
d'Asia  ,  benché  in  minor  dose.  Perciò  nelle  nefralgie  , 
nei  reumatismi  acuti ,  e  nelle  doglie  intestinali  è  decisa 
la  sua  efficacia  ,  come  da  replicati  fatti  viene  piena- 
mente dimostrato  .  Così  per  dare  una  calma  al  tutto 
nelle  malattie  locali  si  è  più  volte  adoperato.  Una  gio- 
vane ,  che  per  un  profondo  carcinoma  all'utero  spasi- 
mava continuamente  ,  e  non  ritraeva  sollievo  da  tre  , 
e  quattro  granelli  d'  oppio  ,  con  uno  del  nostrale  fu- 
rono mitigati  i  dolori  lancinanti ,  che  sofferiva  ,  per 
cui  se  ne  ripetè  1'  uso  sempre  con  profitto. 

In  una  costituzione  di  febbri  intermittenti ,  che 
precorse  nella  passata  stagione  estiva  ,  e  nell'  incomin- 
ciar deir  Autunno  ,  e  che  produsse  dei  sudori  profu- 
sissimi  ,  onde  gì'  infermi  rimanevano  oltremodo  sner- 
vati di  forze  ,  comecché  conveniva  un  oppialo  coli'  an- 
tifebbrile (  giaccliè  è  deciso  ,  che  1'  oppio  trattiene  le 
avvanzate  secrezioni  ,  ed  escrezioni  tutte  )  1'  usai 
prima  del  parosismo  ^  ed  avendo  contribuito  a  rinvi- 
gorire i  nervi  ,  e  calmare  lo  spasmo   de'  vasi  cutanei , 


(    200   ) 

servì  d'  ostacolo  ai  tanti  sudori  ,  e  fece  migliorare  su- 
bito l' infelice  stato  degl'  infermi  . 

In  fine  senza  entrare  in  erudite  discettazioni  sulla 
maniera  d'  agire  dell'  oppio  in  generale  ,  se  rarefacendo 
il  sangue ,  e  con  ciò  facendosi  pressione  maggiore  al 
cervello  ;  e  se  sciogliendo ,  o  rappigliandolo  :  se  asso- 
pendo y  o  risvegliando  V  irritabilità  musculare  degli 
Stalleriani  ^  o  1'  eccitabilità  de'  nervi  di  Brown  :  O  che 
in  qualunque  altra  maniera  operi  ,  per  noi  basta  d' es- 
sere convinti  coli' analisi ,  e  coi  molti  fatti  di  pruova, 
quali  si  sono  enunciati  appena  ,  ed  in  brevissimo  nu- 
mero ,  per  non  eccedere  i  limsti  di  una  Memoria  ,  e 
non  far  da  Empirico  ;  che  l' indigeno  non  solo  equi- 
valga air  esotico  ,  ma  sia  anzi  preferibile. 

Non  occorre  ugualmente ,  che  io  stia  additando 
tutti  gli  altri  casi  di  malattie ,  ove  possa  ,  e  debba  es- 
sere opportuno  V  oppio  nostrale  al  pari  dell'  estero  • 
Tutto  ciò  è  abbastanza  noto  ad  og  li  Piofessore  dell'arte 
salutare.  Chi  voglia  notizie  più  estese,  e  soddisfacenti , 
oltre  di  poter  riscontrare  qualunque  Autore  di  materia 
medica  ,  potrebbe  in  preferenza  consultare  chi  si  sia 
con  precisione  occupato  in  un'  epoca  non  molto  lungj 
da  noi  ,  cioè  il  Sig.  Tralles.  E  circa  la  maniera  d'agire 
di  questa  droga  diffusamente  ,  e  da  profondo  fisiologo 
negli  ul'imi  tempi  il  Sig.  Giovacchino  Carradori  in  una 
Memoria  inserita  negli  Opuscoli  scelti   di  Milano. 

Ed  affinchè  si  promuova  evidentemente  l' utile 
pubblico,  ed  il  particolare  interesse  de' cittadini  ,  men- 
tre r  uomo  neghittoso  spesso  trascura  i  doni  della  Prov- 


(23l    ) 

videnza,  giova  scuoterci,  ponendoci  in  una  ceila  atti- 
vità, ed  impegno,  onde  faccia  scorgere  la  Nazione 
d' essere  animata  da  lodevole  entusiasmo  ,  e  da  vorace 
spirito  di  filantropìa  in  occuparsi  d' intraprese  tanto 
prcggevoli  .  Perchè  dunque  si  attacchi  quell'  idea  di 
conflderiya  propria  da  andar  oltre  in  simili  speculazio- 
ni,  è  di  bene  far  osservare  col  fatto ,  che  si  può  be- 
nissimo combinare  in  tale  incontro  1'  utile  dulci.  Vengo 
perciò  a  dettagliare  quel  tanto,  che  ho  enunciato  in 
astratto  ,  determinando  per  punto  di  approssimazione 
qnal  profitto  possa  ritrarsi  da  un  pezzo  di  terreno  ad- 
detto a  questa  semina.  Conviene  dunque  stabilire. 

1 .  Ghe  si  divida  il  dato  terreno  in  tante  varie 
prose  coi  rispettivi  sentieri ,  assegnando  a  ciascheduna 
ia  larghezza  di  palmi  quattro  ,  e  con  situarvi  quattro 
piante  alla  distanza  di  un  palmo  per  ciascheduna  :  si 
abbia  1'  attenzione  di  rimanere  la  prima  mezzo  palmo 
dentro  dell'  orlo  della  prosa  ,  ed  in  modo  che  la  quarta 
pianta  venga  pure  situata  mezzo  palmo  dentro  della 
medesima  dall'altra  parte.  Ciò  si  vuol  fare  ad  oggetto , 
che  i  rami ,  e  foglie  dei  papaveri  non  vadano  ad  in- 
clinarsi nello  spazio  di  terra  occupato  dai  sentieri.  Alle 
prose  poi  non  occorre  di  dare  ampiezza  maggiore  dei 
quattro  palmi ,  altrimenti  le  braccia  dell'  operajo  sa- 
ranno incapaci  di  giungere  sulle  piante  dai  sentieri  li- 
mitrofi . 

2.  Che  ogni  sentiero  abbia  la  larghezza  di  due 
palmi  per  potersi  con  tutto  commodo  eseguire  i  lavori , 
e  le  operazioni  dovute  all'  una  ,    e  1'  altra  prosa  conti- 


(    232    ) 

glia  ,  tanto  nell'  epoca  ,  in  cui  si  trovano  le  piante  , 
che  per  i  nuovi  ingrassi ,  e  preparazioni ,  che  converrà 
fare  sino  al  tempo  dell'altra  semina.  Giova  pure,  che 
i  sentieri  sieno  in  tal  modo  larghi  per  aversi  un  facile 
passaggio  ,  e  non  accada  ciocché  avverte  Dioscoride  , 
che  in  passando  per  le  piante  già  sanciate  ,  il  raccogli- 
tore tragga  seco  cogli  abiti  il  latte  grondante. 

5.  Che  se  sia  data  una  superficie  di  terra ,  che 
abbia  per  ciaschedun  lato  la  lunghezza  di  palmi  cento , 
si  avrà  tutta  la  superficie  quadrata  di  palmi  diecemila. 
Perciò  si  avranno  diciassette  prose  con  altrittanti  sen- 
tieri della  lunghezza  di  palmi  cento  ,  e  la  larghezza  co- 
me sopra  denotata.  Ma  questa  estensione  si  è  prefissa  per 
una  mera  norma .  Volendosi  ampliare  ,  per  aversi  un 
calcolo  comparativo  sul  prodotto  ,  si  vuol  sapere ,  che 
corrisponde  a  poco  men  di  un  quinto  del  moggio 
napoletano. 

Ogni  prosa  darà  piante  400  •  E  tutta  1'  estensione 
del  terreno  ne  presenterà  6800. 

Tutte  queste  a  quattro  capsole  per  ciascheduna 
per  lo  meno  ,  e  segnando  le  sole  più  grandi ,  senza 
porre  a  calcolo  le  molte  altre  piccole  de'  rami  inferiori, 
che  offrono  pure  11  di  loro  latte  ,  ne  daranno  27200. 
Ciò  vale  in  rapporto  ai  papaveri  neri  ,  perchè  i  bian- 
chi ne  producono  tre  ,  o  al  più  quattro  tra'  grandi  , 
e  piccole  . 

Ciascheduna  capsola  avendomi  dato  agevolmente, 
e  nella  più  scarsa  dose  ,  due  granelli  d'  oppio  adden- 
sato ,    da  quattro  incisioni  j    con  supporsi  di  mediocre 


I 


(  233  ) 
grandezza  ,  come  quelle  delle  nostre  piante ,  rlducen- 
dosi  il  prodotto  da'  granelli  a  libbre ,  si  otterranno  set- 
te libbre  ,  once  sei  ,  e  -3  ,  le  quali  calcolate  al  -valore 
discreto  di  ducati  sei  la  libbra^  daranno  la  somma  di 
ducati  quarantacinque,  e  grana  trentacinque.  Sembra 
intanto,  che  questo  solo  compenso  possa  essere  suffi- 
ciente a  render  paghe  le  premure  ,  e  V  aspettativa  di 
chi  se  ne  sia  occupato  .  Trattandosi  però  ,  che  questo 
sia  il  profitto  del  solo  oppio  puro  ,  non  si  limita  qui 
r  industria  dell'  accorto  proprietario  . 

Distaccate  che  sieno    le  lagrime  progressivamente  , 
e  fatta  anche  la  secónda  raccolta  a  quelle  capsole,  ove 
saranno  state  necessarie  le  nuove  incisioni ,  sarà  egli  at- 
tento ad  osservare ,  se  altre  ve  ne  sieno  non  ancora  in- 
cise .  Quindi  non   si  tardi  a  svellere  le  piante  tuttavia 
verdi  ,  e  succose  ,  che  si  recheranno  sotto  al  torchio  do- 
po d'  averle  ben  bene  acciaccate  ^  e  serviranno  propria- 
mente a  tal'  uopo  le  capsole,  e  le  piccole  foglie  vicine, 
poiché  gli  steli  prestano  pochissimo,  o  nessuno  umore. 
Il  succo  espresso  si  evapori  a  fuoco  lento  sino  a  dura 
consistenza  5  e  si  avrà  il  Meconio  ,   il  quale  adoperato 
in  doppia  dose  compete  in  tutti  quelli  casi ,  in   cui  gio- 
va r  oppio  puro  .    Debbo    in  tale    incontro  avvertire   i 
Farmacisti ,  che  per  la  composizione  del  laudano  di  Si- 
denhamio  ,  per  la  massa  di  Stirace  ,    e  di  Cinoglossa  , 
ed  altre  preparazioni,  qualora  avranno  il  meconio  estrat- 
to giusta  le  regole  dell'  arte,  senza  renderlo  in  menoma 
parte  carbonizzato,  è  in  loro  libertà  di  servirsene,  poi- 
ché avendo  fatto  istituire  più  saggi ,   ci  è  stata  sempre 

3o 


(234) 

una  favorevole  riuscita  .  Però  la  dose  dovrà  essere  al 
doppio  . 

Facendosi  un  calcolo  d'  approssimazione ,  che  dal- 
le capsole  ,  e  da  poche  foglie  premute  d'  ogai  pianta  , 
si  estragga  circa  mezza  dramma  di  mecooio  (  attenendo- 
mi sempra  al  meno  )  si  avranno  di  questa  seconda  sor- 
ta libbre  ventotto,  ed  once  quattro  ,  le  quali  valuta- 
te ,  a  prezzo  medio  ,  alla  ragione  di  ducati  tre  la 
libbra  ,  daranno  1'  altro"  prodotto  di  ducati  ottanta- 
cinque. 

Rimanendo  in  fine  altre  piante  già  rese  aride,  po- 
tranno le  capsole  servire  per  lo  sciroppo  così  detto  dei 
papaveri,  pel  Diacodio;  per  la  conserva,  che  si  pre- 
para come  blando  sonnifero  ai  ragazzi ,  e  per  le  altre 
preparazioni  ,  che  si  vogliono  ,  coli'  attenzione  però  di 
essere  un  poco  esuberante  la  dose  ,  per  la  sicurezza  , 
che  abbiano  perduto  alquanta  forza  colle  incisioni  pra- 
ticate .  Ma  quanto  si  è  finora  esposto  vale  per  gli  usi 
della  sola  Farmacia .  Vi  è  dippiù  ancora . 

Cosa  ben  rimarchevole  è  quella  di  porre  a  guada- 
gno i  semi  ,  che  dalle  quantità  immense  delle  capsole 
(  allorché  si  facciano  seminagioni  molto  estese  )  si  ver- 
ranno ad  estrarre  .  E  qui  cade  in  acconcio  di  ricor- 
dare ,  che  r  olio  puro  ,  e  limpido  ,  che  prestano  quei 
semi  ,  godendo  di  un  sapore  dolce ,  e  senza  vernn  di- 
fetto ,  ha  formato  ,  e  forma  tuttogiòrno  parte  del  so- 
stentamento ,  ed  industria  di  molti  popoli ,  dove  per 
condizione  di  clima,  o  per  iltri  ostacoli  ,  che  vi  si  op- 
pongono ,  non  si  trovino  introdotti  gli  ulivi ,  servendo 


(  235  ) 

non  solo  per  le  arti ,    e  manifatture  ,    che  per  condi- 
menti nelle  vivande  ,  e  per  uso  de'  lumi  . 

I  Popoli  antichi  ,    come  si  esprime  Plinio  (i)  fa- 
cevano usu  di  quei  semi  al  terminare  del  pasto  mischiati 
con  del  mele^  e  che  i  contadini  precisamente  poneva- 
no quella  miscela  sulle  croste  del  pane ,  bagnato  prima 
coi  tuorli  d'  uova  .  Ma  Ippocrate  assai  prima  di  lui  li 
annovera  tra  le  sostanze  alimentose  (2).  Quindi  a  tem- 
po di  Galeno ,  e  nelle  epoche  posteriori ,  si  sono  in  va- 
rie guise  usati  per  nutrimento  tanto  presso  i  Persiani , 
e  gli  Egizj ,  che  nella  Polonia,  Ungheria,  ed  anche  in 
Italia ,  avvalendosi  della  pasta ,  come  quella  delle  man- 
dorle ,    componendone  alcune  gustosissime  confetture  . 
Ed  intanto  ,  riflette  il  Mattioli  (3),  che  tali  popoli  non 
perciò  dormono  più  del  dovere  .  Gli  Alemanni  ,    ed  i 
Fiauiniiiighi,  che  si  avvalgono  quasi  esclusivamente  del- 
l' olio  di  tai  semi,  non  ne  perdono  la  pasta,  che  ser- 
ve più  d'  ogn'  altro  per  ingrasso  de'  porci ,  e  delle  vac- 
che .  Sappiamo  ugualmente  ,    che  in  diverse  provincie 
della  Francia  si  è  generalizzato  l' uso  di  quest'  olio  con 
notabile  profitto  della  nazione ,    chiamandolo  Olivette  . 
Ora  essendo  questi  tanti  fatti  evidenti,  non  occor- 
re maravigliarsi  in  considerare ,  come  nell' istessa  pian- 
ta, anzi  nella  stessa  parte  di  essa,  qual' è  la  capsola  , 


(0  Lib.  XIX.  Cap.  Fin.  S.  N. 

(2)  Lib.  II.  de  Diceta  . 

(3)  Lib.  IF.  Cap.  LXFJI. 


(  236  ) 

si  trovi  preparato  un  succo  efficacemente  narcotico ,  e 
perciò  un  potente  veleno  ,  a  canto  di  un  seme  oleoso 
dolce  ,  e  nutrimentoso^  poiché  contemplando  un  poco 
davvicino  le  bizzarre  produzioni,  che  fa  la  Natura,  e 
gì'  intrighi  portentosi ,  che  servendo  come  tanti  anelli 
di  concatenazione  tra  gli  esseri  organizzati  dell'  Uni- 
verso ,  nel  mentre  ,  che  fanno  sorpresa ,  ci  fanno  però 
conoscere ,  che  sia  tutta  una  maravigliosa  armonìa ,  e 
tutto  disposto  dall'  Ente  Supremo  con  ordine  preciso  » 
che  costantemente  risponde  ad  un  fine  . 

Dopo  di  aver  calcolato  alla  meglio  possibile  ,  ed 
in  una  maniera  la  più  equa  ,  nel  segnare  il  guadagno, 
che  possa  rendere  un  pezzo  di  terra  addetto  a  questa 
speculazione  ,  dietro  ad  una  esperienza  non  equivoca, 
posso  con  sicurezza  stabilire  ,  che  di  mano  d'opera  più 
di  ducati  dodici  non  potranno  erogarsi  nel  corso  di  tutti 
i  lavori ,  e  necessarie  operazioni  per  1'  estensione  di  so- 
pra fissata  ,  trovandosi  però  di  lodevole  condizione . 

Ma  già  una  dolce  lusinga  mi  fa  sperare,  che  il  te- 
nue travaglio,  e  l'occupazione  da  me  tenuta,  sia  fa- 
vorevolmente accolta,  a  solo  fine  di  utilizzare,  e  pro- 
muovere i  prodotti  nazionali  .  I  Professori  dell'  arte 
sanatrice ,  i  zelanti  Farmacisti  j  ed  i  Filantropi  d'ogni 
classe  ,  che  amino  prender  parte  in  un  oggetto  tanto 
interessante  ,  non  potrebbero  occupar  meglio  i  di  loro 
talenti ,  ed  il  desiderio  di  giovare ,  che  in  opere  di  si- 
mil  fatta  .  Il  clima  d' Italia  ^  tutto  il  nostro  Regno  j  e 
questa  costa  dell'  Adriatico  precisamente  ,  favoriscono 
assai  bene  la  vegetazione  di  queste  piante  per  tempera- 


(237) 
tura,  e  per  qualità  di  suolo  (i).  Però  non  devo  mancare 
di  esprimere  il  mio  gran  compiacimento  ,  mentre  assi- 


(i)  La  coltivazione,  de^ papaveri ^  la  ricolta  del- 
l' oppio  f  e  l' espressione  del  meconio  si  e  sempre 
mai  nell'età  le  pia  remote  industriosamenf  eseguita 
nella  nostra  ^pulia  :  e  per  avventura  fin  da  que' for- 
tunati tempi ,  in  cui  le  abbronzate  Apuliesi  si  eser- 
citavano co'  laboriosi ,  e  diligenti  lor  mariti  'nsieme 
nelle  piìi  malagevoli  operazioni  della  campagna  ; 
ed  accrescendo  in  cotal  guisa  le  braccia ,  ed  il  tra- 
vaglio ne  multipUcavano  le  produzioni  .  Il  nostro 
venosino  Poeta  così  cel  ricorda  nelV  Epodo  Ode  II. 

Sabina  qiialis  ,  aut  perusta  solibus 
Pernicis  uxor  Appuli . 

Bai'tolommeo  Maranta ,  ei  pur  di  Venosa  ,  che 
scrisse  verso  la  metà  del  secolo  decimosesto  ,  par- 
lando dell'  oppio ,  onde  altri  ne  rimanga  convinto  , 
chiaro  il  dimostra  .  IL  che  viene  altresì  lealmente 
rapportato  dal  Barone  Haller  nella  sua  Biblioteca 
Botanica,  in  cui  leggesi:  Bariholomaeus  Maranta  ve- 
nusinus  testalur  boniim  opium  in  Regi)o  Neapolitano 
ex  albo  papavero  colligi  ec.  E  prima  di  tal  epoca  gli 
Autori  della  Censura  delV  Antidotario  di  Giovanni 
fi-^Ho  di  Mesue  così  ancor  attentarono  nel  capo  i66.  §. 
De  omni  papavere  :   linde  opium  Thebaicum  praefertur 


(  238  ) 

curato  dai  replicali  fatti  favorevoli ,  e  dopo  la  raccolta 
del  1810,  allorché  feci  vagare  per  più  luoghi,  un  det- 
tagliato rapporto  circa  il  modo  da  preparare  il  terreno 


caeteris  ,  secnndnm  ipsos.  Verumtamen  scimus ,  quod 
in  partibus  Apuliae ,  et  aliis  locis  ,  non  ex  nigris ,  sed 
ex  albis  faciunt ,  non  tamen  per  contusionem  capitum , 
sed  per  ipsorum  scarificationem  lac  assumunt.  //  Don- 
zelli 5  ed  altri  coerentemente  .  Ma  perche  cagione 
fosse  quinci  dismessa  la  seminazione  de"  papaveri  , 
ed  abbandonata  l'antica  industria ,  egli  non  e  age- 
vole il  determinarlo  .  Cambiamenti  politici  ,  rifles- 
sioni economiche  ,  lunghi  periodi  d'  ignoranza  ,  e 
di  disordine ,  vicende ,  e  diversità  di  reggimento  , 
guerre  sterminatrici ,  incursioni ,  e  devastamento  di 
barbari ,  o  che  che  altro ,  ne  an  forse  alienato  gli 
animi,  e  cagionata  la  totale  derelizione  di  questa y 
non  che  di  altri  laiidevoli  usi ,  e  procaccianti  pra- 
tiche di  agricoltura. 

Ma  succeduta  la  calma  de'  tempi  ,  e  sparsi 
nuovi  lumi  su  i  diritti,  e  gV  interessi  delle  nazioni , 
si  scossero  i  sagaci  appuli  dal  lor  lungo  letargo  ; 
e  fin  dal  cominciamento  del  secolo  passato ,  ne  ri- 
presero i  saggi  .  Ed  egli  à  degli  anni  ben  trenta  , 
che  il  Sig.  Giovanni  Ripoli  della  Città  di  S.  Severo , 
incidendo  con  prevedimento  alcune  capsole  di  papa- 
vero, e  ricoltone  oppio  eccellente,  ne  diede  al  pub- 
blico esatto  ragguaglio. 


(239  ) 
sino  alle  ultime  necessarie  operazioni ,  con  avere  ani- 
mato, e  posto  in  emulazione  le  persone  di  buon  sen- 
so,  e  nella  stessa  epoca  presentai  al  Governo  una  buo- 
na porzione  del  prodotto,  abbia  veduto,  che  taluni  han- 
no eseguita  la  semina  col  metodo  da  me  proposto,  es- 
sendo già  prossimi  a  ritrarre  il  compenso  del  di  loro 
onoralo  travaglio  . 


//  nostro  Autore  con  più  felici  successi  si  occupo 
indi  di  questo  non  indifferente  ohhietto ,  e  dietro  a 
un  competente  ricolto  di  lagrime  di  puro  oppio,  ol- 
tre al  meconio ,  à  egli  acquistato  un  diritto  alla 
pubblica  riconoscenza.  È  a  sperare  j  che  altri 'neo- 
raggiati  dal  di  lui  esemplo ,  ed  animati  pel  bene 
de'  nostri  popoli  ,  con  estendere  la  coltura  de' papa- 
veri ,  si  addestrino  a  fare  un  esuberante  ammassa- 
m^ento  di  oppio ,  eh'  e'  fosse  valevole  non  solamente 
à  sottrarre  la  nostra  nazione  dal  tributo  ,  che  per 
siffatto  farmaco  paga  agli  orientali ,  ma  a  formarne 
altresì  un  ramo  di  commercio  attico. 

Non  è  e^li  questo  il  solo  genere ,  di  che  possano 
utilmente  industriarsi  gli  abitatori  di  quella  calda 
regione ,  dacché ,  siccome  dagli  orni  ricavano  la 
manna ,  da'  pinastri  la  pece  ,  potrebbero  non  altri- 
menti trarre  con  picciola  fatica  dagli  aceri  la  ma- 
teria zuccherosa  ,  dal  lentisco  ,  di  piìi  dell'  olio  ,  il 
mastice  ,  dalla  ft-rula  V  ossa  fetida  j  e  da  tanti  al- 
tri esseri  vegetanti ,  di  che  ridondano  quelle  campa- 


(    240    ) 

E  quando  anche  1'  amore  dell'  interesse  ,  e  di  una 
industria  tanto  sicura ,  non  basta  a  svegliare  le  anime 
inerti ,  e  pigre ,  sarà  certamente  1'  avidità  per  la  gloria , 
l' istinto  sublime  ,  che  ecciti  V  entusiasmo  nazionale  ad 
intraprendere  non  solo  il  miglioramento  delle  arti  ,  e 
delle  manifatture  ,  ma  1'  uso  ancora  dei  succedanei  al- 
le droghe  ;  e  prodotti  Oltramontani . 


gne ,  altre  sustanze ,  o  manipolazioni  vantaggiose 
alla  sanità  ,  o  agli  agi  della  vita  umana  .  Nella 
econom.ia  rurale  non  ci  à  cosa  ,  che  delibasi  negli- 
gentare  .  Ogni  saggio ,  e  diligente  agricoltore  dee 
mettere  a  profitto  tutto  ciò ,  che  la  natura  gli  pre- 
senta 5  e  qualch'  e'  si  sia  V  obhietto  ,  avvegnacche 
di  piccai  momento ,  dee  mai  sempre  occuparlo  ,  e 
divenir  Vargomento  delle  sue  incessanti  speculazioni 
N.  del  C. 


(  24^  ) 

Sul  Guado  ,  sua  coltivazione  ,  e  modo  di  estrame 
V  indaco ^  Memorie  del  Socio' Corrispondente  Sig. 
Giuseppe  Mori n a  lette  nell'adunanza  de' iS.  Feb- 
hrajo  1811. 


MEMORIA    PRIMA. 


Di 


'ipendendo  1*  estrazione  dell'  indaco  dal  Guado  ,  o  da 
qualunque  altra  pianta  che  somministrar  possa  una  tinta 
da  sostituirla  all'  indaco  di  America  ,  dal  modo  come 
debhonsi  preparare  le  foglie^  ed  essendo  assolutamente 
necessario  aver  pronti  tutti  gli  strumenti  ,  e  vasi  atti 
all'  uopo ,  così  prima  di  parlare  dei  modi  di  piepararle 
la  di  mestieri  descrivere  il  laboratorio ,  ove  praticar 
debbonsi  tutte  le  operazioni. 

C  A  P.     I. 

Del  Laboratorio. 

Questo  laboratorio ,  senza  del  quale  ,  per  ragion 
del  nostro  clima  ,  ben  diveVso  da  quello  di  America , 
ci  vedremmo  inabilitati  a  poter  operare  in  ciascun  gior- 
no ,  che  ci  sia  del  Guado  maturo  ,  per  attendere  sola- 
mente a' giorni  più  caldi  dell'estate,  non  può  altii- 
raenti  costruirsi  ,    che   con    dei  commodi ,  i  quali  per 

3i 


(242) 

maggior  vantaggio,  ci  mettano  nello  stato  di  poter  an- 
cora operare  in  ciascun  giorno  di  primavera,  e  di  au- 
tunno ,  malgrado  i  tempi  freschi ,  e  piovosi ,  che  in 
queste  stagioni  sogliono  correre  ,  giacché  il  guado  più 
oltre  dell'estate  ancor  esiste,  e  ricresce.  Egli  è  perciò 
necessario  ,  che  lo  collochiamo  dentro  un  edifìcio  ,  il 
quale  abbia  la  maggiore  vicinanza  al  guado,  ed  all'ac- 
qua perenne  ed  abbondante. 

Questo  edificio  avrà  tre  stanze  superiori  prossime 
una  all'altra  ,  colla  differenza  però,  che  una  di  dette 
stanze  avrà  una  elevazione  maggiore  delle  altre  due  di 
cinque  in  sei  palmi.  Due  di  dette  stanze  ,  cioè  la  più 
elevata ,  e  quella  di  mezzo  devono  essere  sostenute  da 
volte,  o  archi  ben  solidi,  perchè  la  prima,  ossia  la  più 
alta  portar  deve  il  peso  di  un  recipiente  destinato  a 
conservar  1'  acqua  ,  e  la  seconda  il  peso  di  altro  reci- 
piente per  la  fermentazione  del  guado.  La  terza  stanza 
poi  ,  che  non  porta  un  tal  peso  ,  e  serve  solo  per 
asciugar  la  fecola  ,  e  tenervi  una  stufa  ,  che  non  meno 
a  se  ,  che  alle  altre  due  stanze  comunichi  il  calore  , 
potrà  essere  sopra  travi.  Sotto  le  dette  tre  stanze  su- 
periori ve  ne  saranno  altre  tre  inferiori  ,  le  quali 
abbiano  1'  altezza  non  minore  di  25  palmi  per  potervi 
in  esse  collocare  tre  altri  recipienti  in  varie  altezze ,  ol- 
tre di  altri  quattro ,  che  appresso  diremo  (i) . 


(i)  Abbiamo  detto  ,  che  sotto  alle  tre  stanze 
superiori  ve  ne  siano  altre  tre  inferiori  .  Queste  tre 
stanze  inferiori  meglio  sarebbe  ,    che   non  avessero 


(  243  ) 
Vicino  alle  tre  stanze  inferiori  a  pian  terreno 
Bono  altresì  necessarie  altre  quattro ,  o  cinque  j  cioè 
due  per  i  filtri,  altra  per  uso  di  magazzino,  e  registro 
delia  scrittura,  e  una  o  due  per  comodo  de' lavoranti, 
ed  altre  occorrenze  . 

GAP.     II. 

Passando  ora  alia  costruzione  de'  recipienti ,  ossia 
de'  membri  servibili ,  e  necessarj  alle  operazioni  ,  ne 
dimostraremo  colla  maggiore  chiarezza  ,  e  brevità  pos- 
sibile il  loro  uso  ,  situazione  ,  e  proporzione  di  cia- 
scuno ,  affinchè  col  concorso  dello  sviluppo  ,  che  fac- 
ciamo di  tutto  il  meccanismo  delle  operazioni  atte  a 
trarre  la  fecola  azzurra  dal  guado  ,  o  da  qualunque 
altra  pianta  indigofera  ,  si  venga  nel  bramato  intento 
di  averla  con  economia  ,  e  di  bontà  uguale  all'  indaco , 
del  quale  ,  aumentandosene  le  fabbriche  ,  se  ne  potrà 
avere  a  sufficienza  per  tutto  lo  smercio ,  che  si  crederà 
potersene  fare  non  solo  dentro  ,  ma  anche  fuori  dello 
Stato.  I  recipienti ,  ossia  vasche  ,    si  devono  costruire 


mura  all'  intorno  ,  ma  soltanto  archi,  e  volte  per  so- 
stenere le  stanne  superiori ,  ajjinche  tutti  quei  reci- 
pienti,  che  sono  sul  pian  terreno  ,  abbiano  maggio- 
re spazio  ,  tanto  pili ,  che  le  operazioni ,  che  in  que- 
ste stanze  inferiori  si  dovranno  fare  ,  non  sono  sog- 
gette all'  inclemenza  j  e  varietà  del  clima  . 


e  244  ) 

più  o  meno  grandi  secondo  la  maggiore  ,  o  minore 
ampiezza  dell'edifìcio,  che  si  vorrà  formare,  giusta  la 
quantità  della  fecola ,  che  si  desidera  giornalmente 
estrarre  ,  e  debbono  essere  al  numero  di  nove  ,  cioè 
cinque  situate  una  sotto  l'altra ,  e  le  altre  quattro  au- 
siliarie situate  a  differenti  piani  per  maggior  comodo  , 
ed  economia  delle  operazioni. 

Nome  ,  ed  uso  dei  recipienti. 

I  cinque  principali  recipienti  sono  i  seguenti; 

1.  La  conserva  alta. 

2.  La  vasca  grande.  ;-'. 

3.  La  vasca   mezzana.  ;,ir 
4-  La  vasca  della  ruota. 

5.  La  vasca  piccola. 

I.  La  conserva  alta  serve  per  riporre  un  giorno 
per  r  altro  una  quantità  di  acqua  naturale  ,  acciò  ab- 
bia tempo  di  acquistare  una  temperatura  di  i5  gradi 
di  calore  prima  di  farla  passare  nella  vasca  grande.  2. 
La  vasca  grande  è  destinata  alla  fermentazione  del 
guado.  3.  La  vasca  mezzana  serve  per  lasciarvi  depo- 
sitare nel  fondo  le  impurità  del  liquore  fermentato 
nella  vasca  grande.  Questa  vasca  mezzana  avrà  in  una 
delle  sue  parti  laterali  altri  due  piccoli  recipienti , 
come  si  dirà  appresso.  4-  La  vasca  della  ruota  è  de- 
stinata alla  formazione,   e  precipitazione   della  fecola. 


(  245  ) 
5.    La  vasca  piccola  serve   a   lavar  detta  fecola  (i) . 

Gli  altri  quattro  recipienti  sono  li  seguenti  : 

1.  La  vasca  del  precipitante. 

2.  La  conserva  bassa. 

3.  ì    I  due  piccoli  recipienti  situati  lateralmente 

4.  j        alla  vasca  mezzana. 

Uso  dei  medesimi . 

I.  La  vasca  del  precipitante  serve  a  conservare 
questo  liquore  un  giorno  per  l'altro  preparato  in  dose 
sufficiente.  2.  La  conserva  bassa  serve  a  contenere  ac- 
qua naturale  a  sufilcienza  per  tutti  gli  usi  ,  che  a  suo 
luogo  verranno  indicati.  3.  e  4-  Gli  ultimi  due  reci- 
pienti ,  o  vasche  piccole ,  i  quali  in  una  piccola  fab- 
brica possono  anche  di  legno  essere  costruiti  ,  servono 
a  trar  profitto  del  restante  liquore  fermentato  rimasto 
col  sedimento  in  fondo  della  vasca  mezzana. 


(1)  Questi  piccoli  recipienti  sembrano  a  prima 
vista  superflui  ,  ma  si  vedrà  colf  esperienza  ,  che 
sono  di  grand'  economia  ,  poiché  altrimenti  ci  tro- 
veremmo nella  necessità  di  buttar  via  insieme  col 
sedimento  della  vasca  mezzana  una  gran  quantità 
di  liquore ,  che  non  si  può  raccogliere  in  altro  mo- 
do ,  che  col  restringerlo  in  un  recipiente  piccolo . 


(246) 

GAP.  m. 

Situazione  di  tutt'  i  recipienti. 

I  primi  due  recipienti  ,  cioè  la  conserva  alta ,  e 
la  vasca  grande  si  collocheranno  nella  parte  superiore 
dell'edificio,  e  verranno  chiuse  in  due  differenti  stanze^ 
cioè  la  conserva  alta  nella  stanza  più.  elevata ,  e  la 
vasca  grande  nella  stanza  di  mezzo  ,  a  fine  di  mante- 
nere sì  all'  una ,  che  all'  altra  il  calore ,  che  si  richiede 
alla  fermentazione  . 

Nel  pian  terreno  sotto  alle  dette  stanze  si  situe- 
ranno le  altre  tre  vasche  ,  cioè  la  mezzana  ,  quella 
della  ruota,  e  la  piccola,  una  soprapposta  air  altra  per 
tutta  la  loro  altezza  .  Superiore  a  queste  tre  vasche 
sarà  la  mezzana ,  la  quale  si  collocherà  sotto  la  volta 
della  stanza  ,  ove  sta  posta  la  vasca  grande .  Al  piano 
di  mezzo  sarà  la  vasca  della  ruota  ,  la  quale  avrà  un 
ripiano  alle  due  parti  laterali  per  commodo  delle  per- 
sone ,  che  devono  girar  la  ruota  .  E  al  pian  terreno 
sarà  la  vasca  piccola  ,  la  quale  però  starà  due  palmi 
più  alta  del  pian  terreno .  Si  deve  avvertire  ,  che  nel 
costruire  la  volta ,  sopra  la  quale  poserà  la  vasca  grande 
si  lascerà  un  buco,  pel  quale  passandovi  un  tubo  di 
rame ,  l'  acqua  fermentata  possa  calare  con  facilità  dal- 
la detta  vasca  grande  nella  vasca  mezzana . 

I  due  recipienti,  cioè  la  vasca  del  precipitante, 
e  la  conserva  bassa  ,  si  possono  situare  in  qualunque 
altra  parte  laterale  del  laboratorio,  purché  però  le  loro 


(247) 
acque  si  possano  per  mezzo  di  tubi  ,  o  canali  condurre 
con   facilità  nella  vasca  della  ruota ,  o  nella  vasca  pic- 
cola . 

Finalmente  gli  ultimi  due  piccoli  recipienti  si  de- 
vono situare  uno  superiore  all'  altro  in  maniera  che  la 
sommità  del  primo  stia  sotto  il  fondo  della  vasca  mez- 
zana ,  e  la  sommità  del  secondo  sotto  il  robinetto 
superiore  del  primo. 

GAP.     IV. 

Grandezze ,  e  proporzioni  di  detti  recipienti. 

Siccome  dalla  quantità  del  guado  ,  che  si  può 
jaccogliere  ,  o  si  vuole  impiegare  all'  estrazione  della 
fecola  regolar  si  deve  la  capacità  della  vasca  grande  , 
dove  si  mettono  a  fermentar  le  foglie ,  così  la  capacità 
di'  questa  deve  dare  la  norma  della  maggiore  ,  o  mi- 
Hore  ampiezza  delle  altre  vasche  ,  o  recipienti ,  e  per- 
ciò dobbiamo  parlare  in  primo  luogo  di  detta  vasca 
grande ,  benché  vada  ella  situata  più  bassa  della  con- 
serva alta. 

La   vasca    grande  (i)  sarà    di  una  capacità    tale , 


(i)  Una  vasca  per  la  fermentazione  ,  che  con-- 
tenga  il  guado  necessario  per  estrarre  ^o  libbre  d'in- 
daco in  una  sola  operazione  avrà  di  capacità  1200 
palmi  cubici ,  cioè  palmi  24  di  lunghezza  ,  palmi  io 
di  larghezza  ,  e  palmi  5  di  profondità .  Da  queste 


(  MS  ) 

che  possa  contenere  nelle  due  terze  parti  della  sua  pro- 
fondità, quella  quantità  di  guado,  che  in  ciascun  giorno 
Yorrà  porsi  a  fermentare.  La  sua  larghezza  dovrà  essere 
commoda  per  quei  che  portano  le  foglie,  onde  poterle 
situare  nella  vasca  coli'  ajuto  delle  mani  senza  bisogno 
di  entrarvi  dentro,  e  calpestarle.  La  sua  lunghezza  sarà 
regolata  dalla  capacità  ,  che  si  desidera. 

La  conserva  alta  sarà  di  sufficiente  grandezza  ,  se 
sarà  minore  di  una  quinta  parte  ,  ed  anche  un  jioco 
meno  della  vasca  grande. 

La  vasca  mezzana ,  costruendosi  anche  minore  della 
vasca  grande  di  una  quarta  parte  ,  sarà  sufficiente. 

La  vasca  della  ruota ,  come  quella  ,  che  oltre  del 
liquor  fermentato,  deve  contenere  una  data  quantità  di 
precipitante  ,  e  per  le  acque  ,  che  sbalzano  fuori  della 
vasca  neir  azione  della  ruota  ,  dovrà  essere  maggiore 
della  vasca  grande  di  una  quarta  parte. 

La  vasca  piccola ,  dove  si  lava  la  fecola  ,  sarà 
bastantemente  grande  ,  se  la  sua  capacità  non  oltrepas- 
seià  la  quarta  parte  della  vasca  grande. 

La  conserva  ,  o  vasca  del  precipitante  sarà  della 
grandezza  della  vasca  mezzana. 

La  cojiserva  bassa  ,  come  serve  per  avere  un 
commodo  pronto,  e  vicino  di  prender  l'acqua  per  lavar 
la  fecola ,  ed  anche  per  fare  il  precipitante ,  come  altresì 


dimensioni  potrà  ciascuno  calcolare ,  e  dare  la  do- 
vuta proporzione  ai  recipienti  secondo  la  grandez- 
za del  suo  laboratorio  . 


(249) 

per  farla  passare  alla  conserva  alta  In  mancanza  di  al- 
ti' acqua  ,  così  dovrà  questa  conserva  bassa  essere  di 
una  grandezza  proporzionata  per  contenere  una  quan- 
tità sutliciente  a'  detti  usi. 

Le  ultime  due  vasche  finalmente,  o  recipienti  pic- 
coli ,  si  costruiranno  di  una  capacità  bastante  a  conte- 
nere tutto  il  restante  liquore  unito  al  Redimento  ,  che 
rimana  tra  i  robinetti  superiori  della  vasca  mezzana  , 
e  del  suo  fondo. 

Dimostrata  così  la  proporzione    di    tutt'  i  suddetti 
H  recipienti ,  ci  resta  ancora  ad  avvertire  ,  che  le  di  loro 

profondità  ,  particolarniente  de' cinque  primi  non  deb- 
bano oltrepassare  i  cinque  palmi ,  poiché  riuscirebbero 
troppo  incomodi  a'  lavoranti  ,  o  bisognerebbe  alzar  di 
troppo  tutto  r  edificio. 

t:  A  p.   V. 

Dei  robinetti ,  e  loro  situazioni  in  ciascuno 
di  detti  recipienti. 

Essendo  necessario ,  che  per  la  pronta  esecuzione 
delle  operazioni  abbiano  i  recipienti  uno,  o  più  robi- 
netti ,  che  dall'  uno  all'  altro  diano  pronto  passaggio 
alle  acque  ,  o  liquore  ,  abbiamo  perciò  trovato  espe- 
diente dare  ai  medesimi  la  seguente  situazione. 

La  conserva  alta  dall'  acqua  avrà  uno ,  o  più  robi- 
netti collocati  due  o  tre  dita  più  sopra  del  suo  fpndo 
per  non  far  passare  nella   vasca  inferiore   qualche  im- 

02 


(  25o  ) 

purità  5  o  sedimento  solito  a  deporsi  nelle  acque. 

La  vasca  grande  avrà  parimenti  uno  o  più  robì- 
netti  a  livello  del  suo  fondo  ,  acciò ,  finita  la  fermen- 
tazione ,  lutto  il  suo  liquore  passi  per  mezzo  di  essi 
in  breve  tempo  alla  sottoposta  vasca  mezzana .  Avver- 
tendo ,  che  la  detta  vasca  grande  avrà  inoltre  un  robi- 
netto  (i)  verso  la  metà  della  sua  altezza,  che  servirà 
soltanto  per  tirare  di  quando  in  quando  in  un  bic- 
chiere un  poco  del  detto  liquore  ,  per  ossei'vare  se  la 
fermentazione  sia  giunta  al  suo  punto. 

La  vasca  mezzana  avrà  i  robinetti  situati  a  due 
differenti  altezze.  Ne  avrà  uno ,  o  più  situati  di  fronte 
circa  un  mezzo  palmo  più  alto  del  fondo  ^  ne  avrà 
poi  un  altro  di  lato  ,  e  nel  piano  dello  stesso  fondo  , 
acciò  tutto  il  sedimento  possa  colare  nel  piccolo  reci- 
piente superiore  ,  che  le  sta  lateralmente  sottoposto. 

La  vasca  della  ruota  avrà  un  robinetto  situato  nel 
fondo  per  far  passare  tutta  la  fecola  nella  vasca  pic- 
cola ,    ne  avrà  poi  in  una  delle  sue  parti  laterali  altri 


(i)  Abbiamo  stimato  collocare  un  piccolo  robi- 
netto verso  la  metà  dell'altezza  della  vasca  grande, 
atteso  V  esperimento  fatto  del  liquore  cavato  a  va- 
rie altezze  della  vasca  ,  avendo  trovato  meno  fer- 
mentato quello  preso  nella  parte  superiore  ,  che  quel- 
lo tirato  nella  parte  inferiore  ,  cosicché  con  detta 
chiave  di  mezzo  si  avrà  piìt  accertato  il  saggio  per 
intraprendere  V  operazione  , 


(  25i  ) 

Ire,  cioè  uno  all'altezza  di  un  palmo,  e  gli  altri  due 
situati  quattro  dita  più  sopra  T  uno  dall'  altro  per  far 
uscire  gradatamente  l'acqua  soprastante  di  color  giallo, 
ed  inutile  ,  dopocchè  la  fecola  sarà  precipitata  nel  fondo 
della  vasca  . 

La  vasca  piccola  avrà  ugualmente  un  robinetlo 
nel  suo  fondo  di  mediocre  diametro  per  far  calare ,  e 
raccogliere  ne'  vasi  tutta  la  fecola  dopo  lavata  j  e  ne 
avrà  poi  a  diverse  altezze  altri  tre,  anche  uno  superiore 
air  altro  di  quattro  dita  ,  che  servono  pure  per  far 
uscire  colla  stess'  attenzione  1'  acqua  so])rastante  a  mi- 
sura che  la  fecola  lavata  si  precipiterà   nel  fondo. 

La  conserva  del  precipitante  avrà  un  rohinetto  si- 
tuato un  buon  palmo  più  alto  del  suo  fondo,  affinchè 
r  acqua  esca  limpida  e  chiara  senza  portar  seco  me- 
noma  parte  di  calre. 

La  conserva  bassa  dovrà  anche  avere  il  suo  robi- 
uetto  un  pò  più  alto  del  fondo  ,  affinchè  l'  acqua  na- 
turale che  contiene ,  possa  aver  luogo  di  depositare  in 
essa  qualche  impurità  di  terra ,  o  altro  ,  ed  esca  pura 
per  non  imbrattar  la  fecola. 

I  piccoli  recipienti  avranno  ciascuno  due  robi- 
netti.  Il  più  alto  ne  avrà  uno  di  lato  situato  a  livello 
del  fondo  ,  e  ne  avrà  poi  un  altro  situato  un  palmo 
più  alto  del  fondo,  acciò  il  colore  passi  ben  limpido, 
e  chiaro  dopo  il  sedimento  nuovamente  fatto  in  questo 
primo  recipiente.  Il  secondo  recipiente  avrà  anche  due 
robinetti ,  uno  nel  fondo  per  ricevere  la  fecola,  e  l'al- 
tro   più  sopra   di  un  mezzo   palmo    per    farvi   uscire 


(   252   ) 

.l' acqua  inutile  ,    come    si  è   detto    di  fare    alla  vasca 
della  ruota. 

Tutt'  i  robinetti  della  conserva  alta  ,  della  vasca 
grande  ,  e  della  vasca  mezzana  ,  come  altresì  quella 
del  precipitante  devono  avere  un  diametro  tale  ,  che 
in  mezz'  ora  si  possano  mandar  fuori  tutte  le  loro 
acque  ,  o  liquore  rispettivamente  nelle  vasche  sotto- 
poste , 

C  A  P.    VI. 

De'  filtri ,  ed  altri  utensili  necessari . 

I  filtri  saranno  formati  in  figura  conica  ,  in  mo- 
do che  la  base  venga  situata  verso  sopra  ,  la  di  lo- 
ro sezione  deve  avere  il  diametro  di  un  palmo  nella 
base  ,  e  r  asse  del  cono  la  lunghezza  di  due  palmi  . 
I  suddetti  filtri  devono  essere  di  forte  tela  di  cotone  , 
ed  in  numero  sufficiente  alla  quantità  di  fecola  ,  che 
giornalmente  si  estrae,  ed  in  numero  anche  triplicato, 
acciò  mentre  gli  uni  sono  ripieni  di  fecola  de'  giorni 
antecedenti  ,  vi  sieno  gli  altri  vuoti  per  ricevere  la 
fecola  del  giorno  corrente.  Detti  filtri  si  attaccheranno 
a  due  listoni  ,  uno  vicino  al  muro,  e  l'altro  un  palmo 
e  mezzo  distante  in  linea  parallela  al  primo,  che  sieno 
tramezzati  di  due  in  due  palmi  in  circa  ,  che  formino 
tanti  quadretti  ,  nel  mezzo  de'  quali  verranno  situati  ^ 
legati  ai  detti  listoni . 

RichiedesI  una  quantità  sufficiente  di  scatole  di 
legno  poroso  di  forma  bislunga  con  un  bordo  alto  un 


(  253  ) 

buon  dito  di  traverso  per  farvi  asciugar  la  fecola. 

Sono  necessarj  altresì  molti  cesti  grandi  per  averne 
una  quantità  proporzionata  al  guado  che  giornalmente 
6Ì  ha  da  raccogliere  ,  e  portare  nella  vasca  grande. 

E  finalmente  varj  tubi  ,  o  canali  di  latta  ,  o  le- 
gno ,  ma  meglio  se  fossero  di  rame,  per  condurre  dal- 
l' una  air  altra  vasca  le  acque  ,  secondo  richiederà  il 
■bisogno . 

GAP.    VII. 

Della  Ruota. 

La  ruota',  dì  cui  noi  ci  serviamo  con  buonissimo 
effetto  per  agitar  il  liquore ,  e  formata  di  dodici  palette 
a  forma  di  remi  ,  situate  in  modo  ,  che  nel  giro  di 
detta  ruota  fendano  1'  acqua  senza  incontrare  molta 
resistenza  .  JNel  centro  di  detta  ruota  vi  sarà  un  asse 
di  ferro  avente  un  manubrio  alle  due  estremità  per 
poterla  far  girare  da  due  o  più  persone.  Detto  asse  di 
ferro  starà  appoggiato  sopra  i  due  orli  laterali  di  detta 
vasca  dentro  i  loro  cardini  disposti  in  maniera  da  po- 
tersi levar  la  ruota  quando  occorra  .  Le  suddette  pa- 
lette sono  lunghe  tre  soli  palmi  ,  e  con  tutto  ciò  agi- 
tano molto  bene  V  acque  ,  ancorché  sia  questa  alla 
profondità  di  cinque  palmi. 


(  254  ) 

GAP.    Vili. 

Del  modo  di  estrarre  la  fecola  in  pìccola  quantità 

per  isperimentare  ,    se  il  guado  sia  giunto 

alla  sua  maturità  . 

Dopoché  sarà  construito  nella  maniera  da  noi  de- 
scritta un  esatto  laboratorio  ,  prima  di  porre  mano 
alle  operazioni  in  grande  ,  conviene  fare  un  saggio  in 
piccola  quantità  per  assicurarsi  se  sia  giunta  la  stagione 
propria  della  maturità  delle  foglie  del  guado. 

Si  farà  dunque  un  tal  saggio,  prendendo  una  por- 
zione delle  sue  foglie  ,  che  sieno  di  un  color  verde 
carico  ,  e  di  nessuna  maniera  ingiallilo  (  segno  di 
troppa  maturità  )  si  pongano  in  un  vaso  di  creta  ,  le- 
gno ,  o  vetro  dopo  lavate  5  si  coprano  di  acqna  ,  ob- 
bligandole star  sotto  di  quella  col  peso  di  alcuni 
pezzi  di  legno  ,  indi  si  lasci  detto  vaso  in  una  stan- 
za ,  ove  il  termometro  graduato  secondo  M/  Rea- 
mur  noti  li  20  gradi  di  calore  .  Fra  lo  spazio  di  20 
ore  circa  si  troverà  1"  acqua  tinta  di  un  color  giallo 
di  limone  carico  con  un  iride  verde  bellissima  ,  ag- 
gradevole alla  vista ,  che  vieppiù  comparirà  tale  nel 
versare  il  liquore  da  un  vaso  in  un  altro.  Se  1'  acqua 
ancora  non  sarà  giunta  a  tal  segno ,  si  lasci  stare  altro 
poco  di  tempo  in  fermentazione ,  quindi  si  gettino  via 
le  foglie.  Si  decanti  l'acqua  in  un  bacile  ,  o  altro  vaso, 
con  passarla  anche  per  istaccio ,  o  tela .  Quindi  si  agiti 
con  un  legno  ,  o  spatola    per    pochi  minuti  ,   e   se  le 


(  255) 

versi  sopra  contemporaneamente  uno,  due,  o  più  bic- 
chieri di  acqua  di  calce  ben  chiara  ,  e  trasparente  , 
fintantoché  il  liquore  da  giallo  si  cambi  in  un  bellis- 
simo color  verde  smeraldo  carico.  Allora  si  cessi  l'agi- 
tazione,  e  l'aggiunzione  del  precipitante,  e  si  lasci  ri- 
posare ,  che  quindi  in  meno  di  un'  ora  si  vedrà  la  fe- 
cola precipitata  ,  ed  ammassata  in  fondo  del  vaso.  Tosto 
si  decanti  1'  acqua  gialla  soprannotante  ,  rimettendovi 
sopra  della  nuova  acqua  chiara  naturale  per  lavarla  , 
il  che  si  ripeterà  per  due  altre  volte  .  Dopo  queste 
abluzioni ,  se  la  fecola  ccmparlrà  di  un  bel  colore  az- 
zurro violaceo  ,  è  segno  che  si  possono  cominciare  le 
operazioni  in  grande  nel  laboratorio. 

Visto  dunque  per  i  saggi  fatti  ,  che  il  guado  sia 
giunto  a  maturirà  da  potersi  cominciare  le  operazioni  j 
e  disposto  11  laboratorio  nel  modo  di  sopra  descritto  , 
si  empieranno  di  acqua  le  due  conserve ,  e  si  preparerà 
il  precipitante  pel  giorno  seguente,  e  così  un  giorno 
per  i'  altro  si  faranno  sempre  anticipatamente  dette  fun- 
zioni per  tutto  il  tempo  che  si  avrà  il  guado  maturo, 
e  che  se  ne  vorrà  estrarre  la  fecola. 


(  256  ) 

GAP.    IX. 

Del  ìnodo  di  fare  il  precipitante  (i)'. 

Si  prepara  il  precipitante  ,  gettando  prima  nel 
fondo  della  sua  vasca  un  quantità  di  calce  spenta , 
che  resti  almeno  due  dita  sotto  il  robinetto ,  acciocché 
quando  si  debba  far  uso  di  questo  liquore,  e  condurlo 


(i)  Tra'  precipitanti  è  preferibile  V  acqua  di 
calce  per  essere  piìi  facile ,  e  piìt  economica  .  Que- 
sto precipitante  però  ha  un  inconveniente  ,  che  al- 
l' aria  libera  subito  si  repristina  la  sua  crema  ,  del- 
la quale  passando7ie  Colt  acqua  qualche  piccola  quan- 
tità si  unisce  alla  fecola,  che  poi  dopo  asciutta  com- 
parisce tutta  seminata  di  puntine  bianche  ,  le  quali 
colle  lavande  non  si  distruggono  ,  per  essere  indisso- 
lubili nelV  acqua  naturale  .  Nei  piccoli  saggi  si  ri- 
inedia con  tener  V  acqua  di  calce  chiusa  dopo  fil- 
trata j  ma  nelle  operazioni  in  grande  come  filtrare 
per  carta  tanta  quantità  di  acqua ,  e  come  conser- 
varla esattamente  chiusa ,  senz''  aggravarsi  di  spesa 
oltre  r  imbarazzo  ,  e  perdita  di  tempo  ?  A  questo 
inconveniente  si  ripara  mediante  la  vasca  del  pre- 
cipitante a  suo  luogo  nominata  ,  che  nelle  fabbriche 
in  grande  sarà  meglio  suddividerla  in  tre  ,  o  quat- 
tro separazioni  anche  di  pietre  ,  e  con  un  robinetto 
ad  ogni  separazione  .  Quando  si  tira  V  acqua  con 
qualche  lentezza ,  non  vi  e  timore ,  né  che  la  calce 


(  257  ) 

per  mezzo  di  un  luLo  nella  vasca  della  ruota ,  la  calce 
non  possa  intromettersi  dentro  nel  buco ,  e  scorrere 
insieme  col  liquore .  Posta  la  calce  sino  all'altezza  in- 
dicala ,  si  empierà  la  vasca  di  acqua,  naturale  ,  rimo- 
vendo ben  bene  la  calce,  sinlanlochè  se  le  versa  l'ac- 
qua ,  con  una  paletta  di  legno  ,  acciò ,  disciogliendo- 
si ,  diventi  questa  come  un  latte.  Ciò  fatto ,  si  lascerà 


rassettata  in  fondo  si  muova  ,  ne  che  la  crema  si 
unisca  con  V  acqua,  la  quale  lentamente  scendendo 
come  un  panno  ,  impedisce  che  V  aria  abbia  accesso 
colV  acqua  ,  e  formi  nuova  crema  •,  in  tal  modo  si 
ottiene  un  precipitante  limpido  ,  e  chiaro  ,  senza  di- 
fetti ,  e  di  quasi  niuTia  spesa  ,  tanto  piìi  che  la  cal- 
ce posta  in  fondo  puh  servire  almeno  per  i5  o  20 
operazioni ,  essendocene  noi  serviti  sino  a  3o  volte; 
e  per  t'innovarla  si  toglie  una  terza,  o  quarta  par^ 
te  di  calce  dal  fondo  di  delta  vasca  ,  e  se  ne  rimet^ 
te  altrettanta  dose  uguale. 

Ai'endo  ottenuto  per  mezzo  della  calce  un  pre- 
cipitante pili  facile  ,  ed  economico  ho  tralasciato  di . 
pili  servirmi  dell  acali  caustico  fatto  con  soda  ,  o 
con  potassa  ,  e  calce ,  di  cui  prima  io  faceva  uso  . 
E  ben  vero,  che  il  suddetto,  ed  ogni  altro  precipi- 
tante si  pub  risparmiare  ,  facendo  agitare  il  liquo- 
re fermentato  per  molte  ore  •■,  ma  questa  faticosa 
funzione,  oltre  del  ritardo  che  darebbe  alla  forma- 
zione della  fecola  ,  ci  obbligherebbe  a  tener  più, 
lavoranti  pel  solo  giro  della  ruota.  53 


(  258  ) 
Ìq  riposo  fino  al  giorno  seguente,  in  cui  dovrà  servire. 
Con  un  giorno  sempre  anticipato  di  riposo  ,  la  calce 
avrà  tutto  il  tempo  di  rassettarsi  tutta  nel  fondo  della 
vasc«  ,  e  di  restar  l'acqua  chiara  e  limpida  senza  biso- 
gno di  filtrarla  ,  che  nelle  grandi  operazioni  recherebbe 
imbarazzo  ,  spesa  ,  e  perdita  di  tempo. 

Fatti  questi  preparativi  si  è  in  grado  di  dar  prin- 
cipio al  lavoro  ,  il  quale  consiste  iu  quattro  principali 
distinte  operazioni  ,  che  sono  le  seguenti  : 

1.  La  fermentazione  del  guado  . 

2.  La  formazione  della  fecola  . 

3.  Il  modo  di  lavarla ,  e  filtrarla  . 
4'  II  suo  diseccamento  . 

Prima  però  di  passare  alla  descrizione  di  queste 
quattro  principali  operazioni  dovremmo  in  primo  luogo 
trattare  del  guado  ,  e  sua  coltivazione  ^  ma  perchè  que- 
sta pianta  è  troppo  conosciuta  nel  Piemonte  da  tempo 
antichissimo  (i) ,  perciò  ci  asterremo  per  maggior  bre- 
vità di  parlarne  ,  e  solo  daremo  il  metodo  di  racco- 
glier le  foglie  per  migliore  accertamento  della  buona 
qualità   della  fecola  . 

Il  tempo  di  tagliare  il  guado  è  lo  stesso  che  per 
la  solita  raccolta  di  esso  si  osserva  per  formare  il  pa- 
stello ,  ma  badar  si  deve  nel  caso  nostro  ,  che  le  fo- 
glie non  abbiano  affatto  cominciato  ad  ingiallire  .  Ab- 


(i)  Chi  non  sa  che  il  guado  coltivasi  negli  d- 
briizzi  da  tempo  immcinorabile'ì  Io  non  ho  fatto  ab- 
tro  che  coltivarlo  in  jS^apoli  • 


(    25/)    ) 

hìiTTìo  »«npr*  amln  una  fecola  rMtivmtm»  ^  fpiiri'ì'ì 
ahfnamo  oper;rto  cfm  ìd^ói:  in^litt';:  *^i\  ^H'o^iprAto  d 
è  rìuMrito  un  indoro  più  barilo,  e  j>i».«  fino,  qu;)ri'io 
abbiamo  of*erai/i  ton  f'^lii:  tut.rjAu;  \n  uno  %t^»o  'li  on 
bel  \t:tiìt:  firìcOf  fKrrao  »iA>r-iuif)  f^ttjt  vrgnif»;  l;i  rac- 
colta da  20  m  25  giórni  da  una  ali*  altra ,  areri'i/i  ha» 
dato  di  far  tz^tut  le  fo)rfi«  ^km^a  danu/'^iifr*:  b  j»i;»n- 
ta  .  Bfoi  da'  3  di  rna^^io  fino  a  tutto  il  rri*ry:  di  ot- 
tobre abbiamo  £uto  nore  tagli  da  an  iftCMO  campo  , 
rìcresceodo  tempre  le  (tti^  Az  noi  tvdte  al  prado  di 
nuova  raccolta  prima  die  paaaaMefo  «letti  fpomì,  dopo 
i  qoaiì  coanaciaTa  a  ctagionarM  di  tropp^j . 

Da  questo  rlx;  abbia  ?»o  rbHlto,  potrà  ^ia4>c«Mo  re- 
golarci per  a**T»;  «n  emo^fy  di  fftt»do ,  fìm  in  </g^i  ^i'>f- 
«o  po*M  dargli  quamitii  £  foglie  a  mtikàetn»  per  le  m^ 
opera^ìoDÌ ,  altemaodo  ora  in  nn  ìaoffì  f  on  ìtr  oa  al^ 
tro  il  ta^io  tempre  colf  intermetlimeato  di  20  a  25 
pomi  ¥  uno  dall'  Atro  . 

Resta  però  da  aTrerttrH  ,  die  le  penose  adilrfte 
alla  racr::olta  d«l  gnado  deMMmo  zvere  V  arrrrteaTA  d' 
iitnare  le  li.gUe  eoa  ddtcatezza  ntf  c«ui  coMa  premer- 
le troppo ,  poìdiè  ▼erfdibero  ad  a/fieroiini ,  e  co- 
mincerelibef»  a  fementare  prima  di  porle  oeHa  raset 
delb  IcrmeBianoiie. 

fiìemfiuA  i  omci  £  dette  fef^y  ai  porteremo 
Milito  sei  ìahontorìo  ,  t^tonendisfi  fnteirnameDte  in 
patte  ombroia,  ùmo  a  taaio'de  «  di«ociciip«ra  la  ir»- 
«ca  gmde,  pvereaesdo  aoeon  di  ISvae  eoflundare  fl 
t»C^  dopo  «Mito  3  fole,  e  iolo  tetuuuw  a  tn^ 


(   260   ) 

proprio    per  poter  mettere    le  foglie  dentro  ■  la   vasca , 
acciò  non  restino  lungo  tempo  nei  cesti  ammassate . 

G  A  P.    X. 

Del  modo  di  estrarre  la  Jecola  in  grande  diviso 
nelle  suddette  quattro  operazioni . 

Articolo    I. 

...  Della  fermentazione  (i)  . 

Questa  prima  operazione  ,  da  cui  principalmente 
dipende  la  buona  ,  o  cattiva  qualità  della  fecola ,  do- 
vrà eseguirsi  con  ogni  esattezza  possibile  ,  e  compiersi 


(i)  Per  non  interrompere  la  descrizione  dell'  ope- 
razione in  grande  ,  ci  siamo  qui  estesi  nel  trattare 
sulla  fermentazione  del  guado  .  Per  base  noi  fissia- 
mo circa  ore  i8  per  questa  fermentazione  ,  avver- 
tendo però  con  premura  somma  di  non  variare  que- 
sto termine  piucche  sicuro  pel  vantaggio  ,  e  certa 
riuscita  dell'  operazione  .  Conveniamo  ,  che  si  po- 
trebbe abbreviare  il  prefisso  tempo  ,  ma  si  verreb- 
bero ad  incontrare  piìi  difficoltà  ,  e  spese  .  Non  si 
potrebbe  evitar  quella  maggiore  spesa  nella  materia 
combustibile  ■)  e  V  altra  per  i scaldar  di piìi  le  acque^ 
anch''  estendendosi  a  quella  del  maggior  corpo  del- 
l' edificio  ,   dovendosi  perciò  costruire   i   membri   al 


(  26i  ) 

fra  lo  spazio  di  óre  i8,  mercè  le  cautele  da  noi  indi- 
cate per  difendere  la  vasca  grande  dai  venti,  e  freddi, 
che  si  sogliono  provare  nei  mesi    di  primavera  ,    e    di 


piano  uguale  della  conserva  alta  ,  come  abbiamo 
detto ,  per  rinchiudervi  i  Jórnelli  colle  loro  caldaje  , 
dalle  quali  dovrebbero  co"  tubi  opportuni  colare  le 
acque  nella  vasca  grande  . 

Abbreviando  la  fermentazione  ,  anche  con  ridur- 
la ad  ore  12  per  potersi  eseguire  due  operazioni  in 
ogni  24  ore  ,  cadremmo  infallibilmente  nelV  incon- 
veniente di  doversi  fare  gli  esperimenti  in  ore  not- 
turne,  le  quali  a  lume  di  candela  giammai  bene  pos- 
sono eseguirsi  ,  per  non  potersi  osservare  accurata- 
mente i  fenomeni  ,  ed  i  cangiamenti  nella  fermenta- 
zione  f  che  sono  piucche  necessari  di  doversi  vedei-e. 

Nasce  un  altro  positivo  inconveniente  ,  e  danno 
ad  un  tal  fine  con  V  acqua  così  calda  .  Con  questa, 
e  vero  che  si  estraggono  sollecitamente  le  particelle 
coloranti  del  guado ,  ma  e  altresì  vero,  che  si  scio- 
glie molta  maggior  quantità  di  materia  estrattiva  , 
che  deturpa  la  vivacità,  e  bellezza  del  colore,  do- 
vendo poi  di  necessità  ricorrere  ad  altro  rimedio 
dispendioso  per  purgare  il  colore  con  degli  acidi  , 
oltreché  rendonsi  necessarie  maggiori  quantità  di 
lavande  ,  che  occorrono  farsi  e  prima ,  e  dopo  dato 
i  acido  qualunque  sia  . 

La  fermentazione  è  bene  che  si  Jaccia  ne  con 
precipizio  ^  ne  con  troppa  lunghezza  di  tempo  ,  ma 


(   262  ) 

autunno,  e  tal  volta  anche  in  alcuni  giorni  dell'estate 
in  seguito  di  qualche  pioggia,  che  suole  rinfrescar  l'aria  j 
al  quale  oggetto  devesi  anche  colle  stesse  cautele  tener 
custodita  la  conserva  alta  situata  al  di  sopra  della  va- 


nel  termine  da  noi  fissato  di  ore  i8  :  e  supponendo 
che  avvenga  verso  il  mezzogiorno ,  ella  e  quella  l'ora 
che  reca  tutV  i  vantaggi  ,  e  comodi  da  noi  desi- 
derati .  Supponiamo  che  la  fermentazione  giunga  al 
suo  termine  verso  le  ore  14  ,  o  al  piìi  16  d' Italia  ^ 
noi  così  saremo  in  grado  di  seguitare  sino  a  sera 
tutte  le  altre  operazioni  con  ogni  nostro  comodo  , 
poiché  dalle  ore  1^,0  16  fino  alle  20,  o  22  si  avrà 
sufficiente  tempo  per  fare  uscir  il  liquor  fermenta- 
to ,  levare  il  guado  inutile  ,  e  ripcrvi  il  nuovo  ,  ac- 
ciocché questo  sia  in  grado  di  cominciare  alla  stess* 
ora  del  giorno  antecedente  la  sua  fermentazione  , 
per  finirla  all'  istess^  ora  il  giorno  vegnente  . 

Per  ottenere  un^  esatta  fermentazione  fra  il  det- 
to termine  noi  abbiamo  fissata  la  temperatura  della 
stanza  della  vasca  grande  a  gradi  20 ,  e  che  V  ac- 
qua da  passare  sopra  il  guado  sia  temperata  non 
meno  dì  gradi  i5  .  Questo  regolamento  sebbene  si 
osservi  esattamente  ,  con  tutto  ciò  è  soggetto  ad  al^ 
cune  variazioni  secondo  le  stagioni  j  e  perciò  vi 
si  richiede  una  persona  di  qualche  cognizione  per 
dirigere  la  suddetta  fermentazione  ,  che  preveda  ne' 
casi  gV  inconvenienti  ,  e  ne  regoli  a  forza  di  espe- 
rienze la  temperatura!,    dell'acqua  ,    e  della  stanza 


(  2B3  ) 
sca  suddetta  ,  acciò  1'  ambiente  delle  due  stanze  si  tro- 
vi a  quel  grado  di  calore  ,  che  si  richiede  a  facilitare 
la  fermentazione  nel  termine  prefisso  ,  perchè  se  fra  il 


suddetta  ,    affinchè  non  si  preterisca    di  un  quarto 
rf  ora  la  Jermentazione  . 

Nelle  giornate  già  troppo  fresche  ,  massime  se 
si  saranno  spesse  fiate  aperte  le  porte  delle  suddet- 
te stanze  ,  vicn  di  conseguenza  il  ritardo  di  qual- 
che tempo  della  Jermentazione  ,  perciò  la  necessità 
della  persona  di  conoscenza  e  ,  che  possa  fare  le 
necessarie  osservazioni  }  tanto  piìi ,  che  a  noi  alcu- 
ne volte  V  istesso  guado  ci  ha  sollecitata  ,  o  ritar- 
data la  fermentazione  y  cioè  ,  avendolo  posto  nella 
vasca  venuto  feddo  dal  campo  ,  coli'  istessa  tempe- 
ratura ha  ritardata  la  fermentazione  di  alcune  ore, 
ed  altre  volte  colto  in  giornata  caldissima  ,  o  essen- 
dosi alquanto  riscaldato  ne'  cesti  ,  ha  fatto  il  con- 
trario ^  onde  coir  esperienze  ,  ed  osservazioni  si  po- 
trà rimediare  a  siffatti  inconvenienti  ,  tralasciando 
infinite  altre  riflessioni ,  che  crediamo  inutili  ,  e  di 
tedio  . 

Qui  ci  occorre  di  avvertire  però  ,  che  se  alcu- 
ne ore  prima  delle  ore  14»  o  16  si  sperimenterà ,  che 
V  acqua  della  conserva  alta  non  sia  giunta  al  gra- 
do solito  ,  per  essere  stata  introdotta  troppo  fedda 
la  sera  antecedente ,  come  accaderà  spesso  ne*  gior- 
ni feschi ,  si  può  rimediare ,  con  porvi  subito  uno 
a  due  cilindri  di  rame,  con  entro  un  poco  di  fio- 


(  264  ) 
detto  termine  non  si  troverà  al  suo  punto    la  fermen- 
tazione ,  non  avremmo  più  tempo  a  far  le  altre  opera- 
zioni   successive    nelle    altre    sei  ore  ,    che    compiono 


co  per  riscaldar  V  aerila ,  come,  sì  fa  per  quella  de' 
bagni  . 

Ma  torniamo  ai  gradi  della  fermentazione ,  la 
quale  ci  darà  un  indaco  chiaro  ,  e  poco  servibile  , 
se  il  guado  non  ha  fermentato  tatto-  il  tempo  neces- 
sario ,  e  perciò  e  massimo  errore  ciocche  dice  nel- 
la Biblioteca  del  Nord  fautore  sull'articolo  dell'in- 
daco del  guado  ,  in  cui  si  esprime  ,  che  tirando  1'  ac- 
qua da  sotto  le  foglie  di  guado  troppo  presto  si  ha 
dell'  indaco  ,  ma  poco  .  Doveva  egli  dire  ,  che  si  ha 
bensì  dell'  indaco  ,  m.a  con  poco  colore ,  -  come  sem- 
pre succederà  ,  quando  le  foglie  sono  poco  jermen- 
tate  .  Il  colore  adunque  si  perfeziona  secondo  i  gra- 
di della  fermentazione  ,  e  si  otterrà  secondo  la  bon- 
tà delle  foglie  del  guado  piìi  o  meno  perfetto  inda- 
co :  perciò  il  guado  dovrà  essere  a  giusta  maturità 
raccolto  ,  perche  anche  cooperi  al  giusto  punto  del- 
la fermentazione  ,  e  della  miglior  bontà  dell'  indaco . 

abbiamo  estratto  per  saggio  dal  liquore  fermen- 
tato solamente  ore  io  ,  e  fattane  la' solita  precipi- 
tazione ci  ha  dato  una  fecola  più  bianca  che  cele- 
ste ;  replicando  poi  gii  stessi  saggi  ,  il  colore  si  fa- 
ceva pili  carico  ,  e  piìi  bello  a  misura  che  si  acco- 
stava al  punto  preciso  della  fermentazione ,  e  in  ul- 
timo si  fece  così  carico  di  colore  ,   che  pareva  ne-^ 


(  265  ) 
l' intiera  giornata  ,  anzi  quella  quantità  di  fecola  ,  che 
dovrassi  in  ciacun  giorno  ricavare,  si  avrebbe  soltanto 
in  due  giorni. 

ro  j  motivo  per  cui  siamo  di  parere  ,  che  non  dico- 
no bene  gli  Americani  ,  i  quali  credono ,  che  il  lo- 
ro indaco  abbruciato  ,  o  nero  provenga  da  essere 
stato  troppo  battuto  il  liquore  ,  ma  bensì  ,  dorreb- 
bero dire  ,  dall'  avere  troppo  fatto  fermentare  Z'anil, 
poiché,  quando  non  è  ben  seguita  la  fermentazione, 
V  indaco  dii'ien  chiaro  ,  e  di  niun  uso  ,  e  non  nero. 
Ben  vero  che  quando  V  indaco  riesce  solo  alquanto 
nero  ,  e  non  bianco  ,  tanto  resta  pregevole  . 

Qui  anche  ci  pare  a  proposito  di  far  osservare 
il  perchè  abbiamo  avvertito  di  far  riposare  il  liquo- 
re uscito  dalla  vasca  grande  solo  i5.  o  20  ore  .  Pri- 
mo ;  perchè  un  tal  tempo  è  sufficiente  per  deporre 
ogni  sedimento  ;  secondo  ,  perchè  il  liquore  fermen- 
tato uscito  da  sotto  le  foglie  passerebbe  con  maggior 
tempo  alla  fermentazione  putrida  ,•  e  terzo  ,  perchè 
si  deve  cercare  guadagnar  tempo  ,  essendo  troppo 
necessario  il  non  perderne  ,  neppure  in  un  quarto 
d"  ora  ,  acciò  possa  sollecitamente  seguire  la  preci- 
pitazione della  fecola  ,  lasciarla  riposare  ,  e  far 
uscire  /'  acqua  gialla  dopo  riposata  ,  con  mandar 
la  fecola  nella  vasca  piccola  ,  dove  deve  nuovamen- 
te riposare  per  farvi  uscire  V  acqua  gialla  ,  e  rimet- 
tervi V  acqua  nuova  ,  per  così  aver  tempo  ,  come 
si  è  detto  f  di  far  avanti  notte  la  prima  lavanda  . 

34 


(  266) 

Poste  le  foglie  del  guado  nella  vasca  grande  sino 
all'  altezza  di  due  terze  parti  in  circa  ,  o  tre  quarti 
della  sua  capacità  (i)  j  si  metteranno  sopra  di  esse  tanti 
pezzi  di  legno  di  quercia  (2)  ,  quanti  bastano  a  man- 
tener sott'  acqua  le  foglie  ,  quindi,  aprendo  i  robinetti 
della  conserva  alta ,  si  farà  subito  discendere  l' acqua  , 
che  a  quel  punto  dovrà  trovarsi  temperata  a  1 5  gradi, 
secondo  lo  dimostrerà  il  termometro  posto  dentro  l'ac- 
qua della  conserva  ,  acciò  non  cali  troppo  fresca  nella 
vasca  grande ,  e  ne  ritardi  la  fermentazione  .  Finita  di 
scorrere  l' acqua  così  temperata  ,  si  userà  uguale  atten- 
zione alla  stanza  della  vasca  grande  ,  ove  si  terrà  il 
termometro  appeso  al  muro  ,  dandovi  un  calore  di  cir- 
ca 20  gradi  .  Per  fredda  che  sia  la  stagione  ,  usando 
queste  cautele  ,  non  mancherà  la  fermentazione  di  per« 
Sezionarsi  fra  il  divisato  termine,  troppo  necessario  per 


(i)  N eìl  e  giornate  ,  in  cui  il  guado  .ù  trova  fre- 
sco ,  e  vegeto  ,  siccome  abbonda  di  umido  ,  e  che 
non  gonfia  tanto  neW  acqua  ,  così  si  potrà  mettere 
fino  a  tre  quarte  parti  di  altezza  nella  vasca.  Nelle 
giornate  poi  aride  ,  ventose ,  e  troppo  calde  ,  per- 
che le  foglie  si  trovano  affievolite  ,  e  senza  umido, 
si  situeranno  fino  alle  due  terze  parti  della  vasca , 
acciocché  ripigliando  neW  acqua  la  lor  freschezza 
non  salgano  gonfiando  sopra  gli  orli. 

(p)  È  preferibile  il  legno  di  quercia  ad  ogni 
altro  legno  ,  perche  non  comunica  colore  . 


(267) 
Bon  prolungare  a  due  giorni  le  operazioni  tutte  ,    che 
si  possono  far  in  un  giorno   solo. 

Essendo  quasi  prossimo  il  termine  della  fermenta- 
zione si  faranno  de'  replicati  saggi  di  tempo  in  tempo 
per  assicurarsene  ,  tirando  un  poco  di  liquore  per  mez- 
zo del  piccolo  robinetto  dentro  un  bicchiere  ,  e  tro- 
vandolo di  un  color  giallo  di  limone  con  un  iride  ver- 
de ,  si  apriranno  i  robinetti  della  vasca  grande  ,  e  si 
farà  subito  passare  il  liquore  nella  vasca  mezzana  ,  sot" 
toponendo  ai  robinetii  un  setaccio  di  crine  ,  e  meglio 
sarebbe  un  canestro  foderato  di  grossa  tela  ,  acciò  uscen- 
do foglie  ,  o  altra  materia  non  passi  nella  detta  vasca 
mezzana  ^  e  questo  passaggio  dovrà  succedere  anche  la 
mezz'  ora  circa ,  acciò  il  tempo ,  che  resta  per  compie- 
re le  altre  successive  operazioni  non.  sia  occupato  di 
soverchio  dallo  scolo  delle  acque  ,  motivo  per  cui  si 
deve  badare  alla  grossezza  ,  e  numero  dei  robinetti  ,  e 
Jbuttare  via  subito  le  foglie  fermentate  (i)  . 


(i)  Oggetto  di  economia  sarà  il  far  servire  le 
foglie  alV  ingrasso  de'  campi  del  guado  ,   i  coltiva- 
tori del  quale ,  senz'  aggravio  di  spesa  del  proprieta- 
rio della  fabbrica ,  possono  essi  stessi  levarle  dalla 
vasca ,  e  portarle  via  . 


(  268  ) 

Articolo   II. 

Della  formazione  della  fecola. 

Questa  seconda  operazione  ,  che  principia  dopo- 
ché nella  vasca  mezzana  il  liquore  avrà  avuto  un  suf- 
ficiente riposo  di  circa  i3  a  20  minuti  ,  quanto  basta 
per  depositare  ogni  impurità  ,  dovrà  farsi  anche  con 
sollecitudine ,  acciò  i  recipienti  restino  disoccupati  pel 
giorno  seguente .  Perciò  subito  schiarito  il  liquore  , 
si  apriranno  i  robinetti  di  detta  vascha  mezzana  ,  e  si 
farà  passare  nella  vasca  della  ruota  ,  ove  fintanto  che 
cala  il  detto  liquore  ,  per  nou  perder  tempo  ,  si  co- 
mincerà a  far  girar  la  ruota  appena ,  che  le  punte  de' 
suoi  raggi  cominciano  a  toccarne  la  superficie  ,  e  si 
continuerà  il  suo  giro  fintantoché  sia  tutto  il  liquore 
calato  dentro  di  essa  .  Finito  di  calare  ,  si  farà  tutto 
discendere  nel  primo  recipiente  piccolo ,  ove ,  dopo  un 
secondo  sedimento  ,  si  trarrà  profitto  dal  liquore  ,  che 
andrà  nuovamente  a  chiarirsi  • 

Dopoché  r  agitazione  della  ruota  sarà  durata  an- 
cora circa  20  minuti ,  oltre  quel  tratto  di  tempo ,  che 
ha  agitato  il  liquore  in  quell'  atto  ,  che  scorreva  dalla 
vasca  grande  ,  si  farà  passare  in  questa  vasca  il  preci- 
pitante ben  chiaro  e  limpido,  seguitando  sempre  a  gi- 
rar la  detta  ruota ,  ma  con  quella  lentezza ,  che  basta 
per  far  che  il  precipitante  si  mescoli  bene  col  liquore  . 
Durante  quest'azione,  si  andrà  prendendo  un  poco  di 
detto  liquore ,  che  comparendo  tutto  cambiato  io  un  bel 


> 


(  269  ) 
color  verde  smeraldo  carico  ,  si  cesserà  tosto  di  far  ca- 
lare più  precipitante ,  né  più  si  muoverà  la  ruota  ,  la- 
sciando il  liquore  in  riposo  ,  acciò  le  particelle  colo- 
ranti si  precipitino  al  fondo  ,  ciocché  succederà  fra  il 
termine  di  tre  in  quattro  ore  .  Intanto  che  questo  li- 
quore riposa ,  s' impiegherà  il  tempo  a  far  la  stessa  ope- 
razione nel  primo  recipiente  piccolo  situato  lateralmen- 
te alla  vasca  mezzana  j  ove  il  liquore  depurato  si  farà 
passare  pel  suo  robinetto  superiore  nel  secondo  re- 
cipiente a  lui  sottoposto  ,  nel  quale  agitandolo  con  un 
bastone  o  pala  ,  e  postovi  sufficiente  dose  di  precipi- 
tante, si  lascerà  anch'esso  in  riposo.  Finalmente  si  farà 
dal  primo  recipiente  piccolo  uscire  tutto  il  sedimento, 
e  lordure  ,  che  si  butteranno  via. 

Articolo   III. 
Del  modo  di  lavare  ,  e  di  filtrare  la  fecola. 

Per  riconoscere  se  sia  precipitata  al  fondo  della 
vasca  della  ruota  la  fecola  ,  si  sperimenterà  con  cavare 
un  bicchiere  del  liquore  ,  e  riconoscendolo  giallo  ,  nien- 
te tinto  di  color  verde  ,  sarà  sicuramente  precipitata  j 
perciò  si  farà  uscir  fuori  tutto  il  liquore  inutile  con 
aprire  gradatamente  i  robinetti,  affinchè  non  s' intorbidi 
la  fecola  già  rassettata  in  fondo  . 

Finito  che  avrà  di  uscir  fuori  tutto  il  suddetto  li- 
quore ,  quanto  più  si  potrà  ,  si  aprirà  il  robinetto  del 
fondo ,  e  si  darà  esito  a  tutta  la  fecola  ,  facendola  scor- 


(   270   ) 

rere  dentro  la  \asca  piccola  .  Lo  stesso  si  farà  al  se- 
condo piccolo  recipiente  ,  da  cui  si  farà  uscire  pel 
robinetto  superiore  il  liquore  inutile  ,  e  la  fecola  che 
starà  nel  fondo  ,  si  farà  scorrere ,  o  si  trasporterà  me- 
desimamente in  detta  vasca  piccola  . 

Dopoché  questa  vasca  piccola  avrà  tenuto  per  jil- 
cun  tempo  in  riposo  la  fecola ,  e  vi  comparirà  su  di 
essa  ancora  del  liquore  giallo  ,  si  farà  questo  uscire 
per  quel  robinetto  ,  che  si  trova  più  vicino  alla  super- 
ficie della  fecola  . 

Quindi  facendovi  entrare  dalla  conserva  bassa  per 
mezzo  di  un  tubo  ,  o  canale  1'  acqua  chiara  ,  e  natu- 
rale sopra  la  detta  fecola  in  una  mediocre  quantità  ,  si 
darà  principio  alla  prima  lavanda  ,  operandosi  ,  che 
mentre  1'  acqua  scorre  sopra  la  fecola  ,  vpnga  agitata 
questa  ben  bene  con  una  paletta  di  legno  ,  acciocché 
venga  esattamente  penetrata  in  tutte  le  sue  parti  ;  cosa 
che  non  si  potrebbe  così  bene  ottenere  ,  se  si  lavasse 
sopra  il  filtro ,  come  alcuni  hanno  proposto  . 

Questa  prima  lavanda  è  troppo  necessario  che  si 
faccia  la  stessa  sera  ,  benché  fosse  1'  ora  tarda  ,  affin- 
chè nel  giorno  seguente  di  buon  mattino  si  possa  fare 
la  seconda  ,  e  dopo  tre  o  quattro  altre  ore  si  faccia  la 
terza  ,  «seguitando  sempre  il  metodo  suddetto  . 

Dòpo  finalmente  altre  tre  ore  circa  di  riposo  ,  che 
la  fecola  di  nuovo  sia  ben  ricalata  in  fondo  ,  si  farà 
uscire  tutta  1'  acqua  della  terza  lavanda  ,  con  indi  a- 
prirsi  il  robinetto  del  fondo  della  vasca  per  far  passa- 
re in  un  tinello  ,    o  vaso  di  creta  la  fecola  ,    la  quale 


(  27'  ) 

si  porterà  nella  stanza  de' filtri  ,  in  cui  si  verserà  in 
tini  situati  vicino  a'  medesimi  :  cosi  seguitando  ,  finché 
tutta  la  fecola  sia  finita  di  uscire  dalla  vasca  piccola  . 
Finita  questa  operazione  ,  si  porrà  ripartitamente 
la  fecola  dentro  i  filtri  ,  prendendola  con  qualche  vaso 
conveniente  di  creta,  rame,  o  cristallo. 

Al  primo  scorrere  ,  che  faranno  i  filtri  ,  uscirà 
l'acqua  ancora  carica  di  colore  :  per  questo  non  si  do- 
vraniiO  togliere  i  vasi  posti  al  di  sotto  per  raccoglier- 
la ,  ma  vedendola  poi  passar  chiara  ,  come  succederà 
ben  presto  ,  allora  si  leveranno  detti  vasi  per  lasciarla 
scorrere  nel  suo  declivio  .  L'  acqua  poi  scolorita  pas- 
sata nei  vasi  posti  al  di  sotto  de'  filtri  ,  si  rimetterà 
nuovamente  sopra  di  questi  . 

I  suddetti  filtri  si  lasceranno  stare  nella  loro  si- 
tuazione per  una  intera  giornata,  e  finché  abbiano  in- 
teramente finito  di  gocciolare  .  Indi  si  distaccheranno, 
e  si  situeranno  in  altra  parte  ,  lasciandoli  stare  altre 
24  ore  appesi  ,  acciò  la  fecola  prima  di  mettersi  nelle 
scatole,  sia,  quanto  più  si  può,  priva  di  umidità. 

Levata  poi  la  fecola  dal  filtri ,  si  laveranno  questi 
in  acqua  pura  ,  e  questa  si  gitterà  nella  vasca  piccola 
per  profittare  del  colore ,  che  ai  medesimi  stava  attac- 
cato . 


(   272   ) 
ARTICOtO      IV. 

Del  diseccamento  della  fecola. 

La  fecola  dopo  essere  stata  ne'  filtri  per  due  intere 
giornate,  si  passerà  nelle  scatole  ,  nelle  quali  dopo  appia- 
nata, e  lisciata  entro  le  medesime  con  una  stecca,  o  col- 
tello di  legno  ,  o  di  ferro  si  esporrà  al  sole  ,  ed  in  difetto 
si  collocherà  dentro  la  stanza  della  stufa  sopra  varj  piani 
espressamente  in  essa  formati  ,  mentre  richiedesi  di 
essa  il  suo  pronto  diseccamento  per  impedirne  la  pu- 
trefazione j  a  qual*  oggetto  la  temperatura  di  detta 
stanza  dovrà  avere  un  grado  di  calore  maggiore  delle 
altre  due ,  facendolo  arrivare  fino  ai  gradi  26  in  circa , 
e  si  avrà  la  cura  di  metter  le  scatole  più  umide  nella 
parte  più  calda  di  detta  stanza ,  non  solo  di  giorno  , 
quando  manca  il  sole,  ma  soprattutto  durante  la  notte. 

A  misura  che  la  fecola  si  andrà  asciugando  ,  con 
un  coltello  di  osso  ,  o  di  ferro,  purché  non  sia  attaccato 
dalla  ruggine  ,  si  taglierà  in  quadri  ,  che  poi  si  ritaglie- 
ranno  in  quadretti  più  piccoli  per  agevolare  il  totale 
diseccamento  ,  il  quale  non  succede  ,  per  quanto  si 
voglia  affrettare,  prima  di  otto  giorni. 

Diseccate  poi  a  sufficienza  tutte  le  fecole  separate 
in  varie  scatole  ,  si  andrà  riunendo  in  poche  il  loro 
volume,  a  misura,  che  si  van  restringendo,  per  passarle 
in  seguito  nel  magazzino  dell'  indaco  ,  ove  si  porranno 
nel  barile  a  questo  fine  preparato  ,  avvertendo  a  non 
mescolare  in  esso  varie  qualità  di  fecola. 

Si  deve  in  fine  poi  badare,  che  per  quanta  cautela 
si  usi  nel  tener  lontana  la  fecola  dalla  polvere,  quando 


(  275  ) 
si  tiene  esposta  a  diseccare ,  non  si  può  giammai  im- 
pedire ,  che  alla  sua  superfìcie  non  se  ne  attacchi  -,  per- 
ciò prima  di  portarla  nel  magazzino,  si  metterà  dentro 
un  sacco  di  pelle ,  nel  quale  vi  sia  dell'  indaco  già 
spolverezzato,  e  scuotendola  dentro  il  sacco  riprenderà 
alla  sua  superficie  il  colore  uguale  al  suo  interno. 

GAP.     XI.  j 

Della  Schiuma. 

La  schiuma ,  che  coli'  agitazione  del  liquore  nella 
vasca  della  ruota  si  forma  in  una  quantità  densissima, 
e' s'innalza  a  segno  di  stravasare  sopra  gli  orli  della 
medesima  ,  rendendo  alcune  volte  faticosa  1'  azione 
della  ruota,  comincia  a  vedersi  a  poco  a  poco  bianca  j 
poi  diviene  più  o  meno  azzurra.  Questa  schiuma  si  fa 
ribassare  con  alcune  poche  gocce  d'  olio  asperse  dal 
fiocco  di  una  penna.  Ma  siccome  ve  ne  rimane  sempre 
una  buona  quantità  sopra  il  fiquore,  così  si  raccoglierà 
con  diligenza  con  una  scumaruola  quadrata  di  rame 
sottile  ,  ed  a  misura  ,  che  si  raccogHie  ,  si  porrà  entro 
un  filtro  ,  o  più  filtri  di  grossa  tela  ,  distesi  sopra  un 
telaro  quadrato  ,  affinchè  ne  scoli  1'  umido  ,  ed  a  mi- 
sura ,  che  si  deve  restringere ,  premendola  in  ogni  mez- 
z'ora  con  una  stecca  liscia  di  ferro  ,  o  di  legno  ,  che 
così  alla  fine  di  un  giorno  ,  o  due  si  troverà  ridotta 
da  una  gran  massa  ad  una  ben  piccola  ,  la  quale  poi 
seccata  al  sole  ,yO-  stufa  ,  si  troverà  essere  il  più  bel- 
r  indaco  fiore,  che  mai  si  possa  vedere.  35 


(    274   ) 

MEMORIA  SECONDA. 


J_JA  mia  memoria  sull'estrazione  dalla  fecola  mandata 
air  Accademia  di  Torino  nel  dicembre  1792,  com'era 
unicamente  responsiva  al  programma  di  quell'  Accade- 
mia ,  che  prescriveva  soltanto  5  d'  indicare  il  più  fa- 
cile ,  ed  economico  mezzo  per  trarre  dal  Guado , 
o  da  qualsivoglia  pianta  nostrale  una  Jècola  azzur- 
ra ,  così  eh'  essa  si  possa  con  vantaggio  sostituire 
all'  indaco  negli  usi  tintorj  •  cosi  altro  non  feci  ,  né 
dovea  fate  ,  che  descrivere  in  quella  memoria  il  me- 
todo delle  operazioni  ,  ed  il  piano  d'  un  laboratorio  , 
che  1'  esperienza  mi  aveva  fatto  conoscere  essere  neces- 
sariissimo  ,  ond'  estrarre  con  vantaggio  ,  ed  economia 
la  fecola  da  qualunque  pianta  indigofera  .  Oggi  però 
che  mi  son  ben  note  le  savie  premure  del  Reale  Isti- 
tuto d' Incoraggiamento  di  promuovere  in  questo  Regno 
la  fabbricazione  dell'indaco,  per  quindi  esimere  la  no- 
stra nazione  da  un  tributo  ,  che  annualmente  paga  agli 
esteri  per  1'  acquisto  di  siffatto  prezioso  articolo  tanto 
necessario  per  le  tinte  azzurre  ^  mi  fo  un  dovere  di 
aggiungere  tutte  quelle  altre  notizie  ,  e  cognizioni ,  che 
ho  io  acquistate  pel  corso  di  tanti  anni  di  pratica  . 
Descriverò  dunque  : 

1 .  L'  esperienze  sulla  coltura  dell'  y4nil  . 

2.  L'esperienze  sulla  pianta  del  Guado. 


(  275  )^ 

3.  Per  qual  ragione  sia  da  preferirsi  il  laboratorio 
che  ho  prescritto  . 

4.  Se  la  fecola  del  Guado  sia  d'  uguale ,  o  minore 
bontà  di  quella  dell'  AniL  . 

5.  Quali  sieno  gli  unici  mezzi  da  adottarsi  per  in- 
trodurre con  felice  successo  nel  nostro  Regno  la  ma- 
nifattura dell'  indaco . 

Articolo  I. 

Esperienze  sulla  coltivazione  dell'  Anil . 

Le  mie  prime  esperienze  furtin  fatte  sulla  pianta 
dell'  Anil ,  che  fu  da  me  coltivata  in  un  giardino  alla 
spiaggia  di  Chiaja  ,  dalla  quale  al  suo  maturo  ottenni 
un  vero  indaco  americano  di  ottima  qualità  ,  che  a 
decisione  de'  periti  fu  trovato ,  che  se  non  avea  la  per- 
fezione deir  indaco  Guatimalo  ,  era  però  superiore  di 
molto  a  quello  della  Carolina  .  Ma  con  tutto  ciò ,  do- 
po tre  anni  di  assidua  applicazione  ,  non  avendo  ri- 
sparmiato ogni  possibile  diligenza,  e  nella  coltura  ,  'e 
neir  estrazione  della  fecola  ,  fui  convinto  ,  che  giam- 
mai sarei  riuscito  a  trarne  almeno  le  spese ,  con  istabilire 
una  manifattura  in  grande  ^  e  ciò  perchè  il  nostro  cli- 
ma ha  delle  alternative  di  caldo  ,  e  di  freddo  così  spes- 
se ,  e  facili ,  che  rendendolo  incostantissimo  ,  non  per- 
mettono la  riuscita  di  una  pianta  ,  che  ama  un  clima 
sempre  uguale,  ed  ugualmente  temperato  ,  cora'  è  quello 
di  America  dove  si  coltiva  . 


(276) 

Articolo    II. 

Esperienze  sulla  coltivazione  del  Guado . 

Convinto  ,  che  avrei  inutilmente  impiegato  il  tem- 
po coltivando  1'  ^nil  mi  decisi  a  coltivar  il  guado  ^ 
il  perchè ,  avendomi  proccurati ,  non  senza  difficoltà  , 
de' semi  dal  Piemonte  ,  e  da  Rieti  nella  Romagna  , 
ignorando  allora  ,  che  in  Abruzzo  si  coltivava  questa 
pianta  da  tempo  immemorabile  ,  ne'  principi  di  febbra- 
jo  1784  seminai  il  guado  nel  cennato  giardino  di  Chiaja, 
dov'  era  solito  a  seminare  1'  Anil  ^  e  sebbene  la  stagio- 
ne fosse  rigorosa ,  pute  il  seme  germinò  dopo  di  dieci 
giorni  tutto  ugualmente  ;  e  prosperò  in  modo  ,  che  do- 
po la  metà  di  maggio  ne  feci  il  primo  taglio  ,  quando- 
ché r  Anil  non  era  ancor  nato  .  Avendo  operato  nello 
stesso  modo  ,  come  negli  anni  antpcerlenti  coli'  u4nil , 
ottenni  da  un  quadro  di  terreno  di  simile  dimensione 
una  bella  fecola  uguale  a  quella  dell'  Anil  ,  ma  molto 
più  abbondante  :  e  siccome  i  tagli  del  guado  in  un  cli- 
saa  uguale  a  quello  de'  contorni  di  questa  Capitale  se 
ne  possono  fare  da  otto  sino  a  nove  ^  così  il  frutto  di 
questa  nostrale  pianta  è  infinitamente  maggiore  deìVAnilj 
oltre  che  la  sua  coltivazione  anche  è  molto  più  facile, 
e  sicura  .  Or  dunque  animato  da  questo  vantaggio  ,  mi 
occupai  totalmente  a  lavorare  sul  guado  ,  per  recare  a 
perfezione  la  manifattura  della  sua  fecola  ^  ed  ho  il 
piacere  di  assicurare,  che  questo  non  cede  di  merito  ad 
ogni  più  perfetto  indaco , 


(  277  ) 
Articolo   III. 

Per   guai  ragione   sia    da  preferirsi 
il  mio  laboratorio. 

Seguitando  le  mie  esperienze,  conosceva  semprep- 
più  quante  difficoltà  restavano  a  superare  j  poiché  se 
per  la  diversità  del  clima  l'  Anil  dava  un  si  meschino 
prodotto  da  non  poter  pareggiare  le  spese  della  colti- 
vazione,  e  della  manifattura  ,  anche  col  guado  vi  era 
molto  che  fare  .  Per  ottenere  la  fecola  colorante  dalle 
piante  che  avea  coltivate  j  e  per  averla  di  buona  qua- 
lità ,  e  con  economia  in  ciascuuo  degli  otto  ,  o  nove 
tagli ,  "che  poteva  fare  in  ogni  stagione  ,  sempre  nuovi 
ostacoli  mi  si  presentavano  ,  nascenti  dall'  inconstanza 
del  nostro  clima  con  l'  uguaglianza  di  temperatura  ,  che 
richiede  la  l'ermentazione  del  guado  ,  o  Anil  che  sia  . 

Inoltre  è  da  sapersi ,  prima  di  tutto  ,  che  per  avere 
tutto  il  prodotto  della  semina  del  guado,  è  necessario 
ripartire  il  campo  in  venti  quadri  circa  ,  seminandone 
uno  per  giorno  ^  acciocché  venendo  il  maturo  del  pri- 
mo taglio  del  proporzionato  a  dare  la  quantità  delle 
foglie  necessarie  pei-  riempiere  la  vasca  grande  ^  racco- 
gliendole poi  di  mano  in  mano  per  venti  giorni  circa, 
si  può  fare  un'  operazione  giornaliera  successivamente 
con  molta  facilità  ,  e  comodo  degli  operar]  ,  e  racco- 
gliere sempre  il  guado  al  suo  punto  di  maturità  .  Do- 
po terminato  il  taglio  de'  suddetti  venti  quadri  ,  s' in- 
comincia da  capo  a  recidere  le  foglie  di  guado  crescia- 


(  =^78  ) 

te,  e  mature  dal  quadro  tagliato  prima,  e  così  per  tut- 
to il  tempo  ,  che  la  buona  stagione  continuerà  permet- 
terlo ;  giacché  questa  pianta  ripullula  sempre  ,  purché 
venga  inaffiata  subito  d^po  tagliata  j  sapendo  dunque 
regolare  le  operazioni  con  questo  metodo  ,  si  avrà  un 
abbondantissima  raccolta  d'  indaco  con  molto  vantag- 
gio .  Ma  per  ottenere  tutto  l' intento  ,  vi  occorre  an- 
cora ,  che  la  fermentazione  compiuta,  succeda  al  più  lun- 
go fra  le  sedici  alle  diciott'  ore  ,  altrimenti  s'  inciampa 
in  grandi  inconvenienti ,  e  sono  che  vi  vuole  due  gior- 
ni per  fare  quel  che  necessita  ,  e  può  farsi  in  un  sol 
giorno  ,  evitando  così  la  spesa  di  due  laboratori  ,  e  di 
due  stabilimenti  in  luogo  di  uno  ,  in  conseguenza  du- 
plicata spesa  vi  occorre  ^  oppure  si  avrà  il  dispiacere , 
ed  il  danno  di  perdere  molto  guado  ,  perchè  ,  oltre- 
passando nella  stagione  calda  di  molto  i  venti  giorni  a 
raccogliere  il  guado ,  questo  essendo  troppo  maturo  dà 
una  pessima  fecola  ,  per  cui  in  questo  caso  conviene 
meglio  di  reciderlo  ,  e  buttarlo  ,  e  dar  luogo  ad  una 
nuova  vegetazione  :  altro  grave  inconveniente  sarà  ,  se 
la  fermentazione  passa  detto  termine  di  tempo  ,  poiché 
giungendo  verso  sera  ,  si  corre  rischio  di  sbagliar  l'ope- 
razione j  essendo  il  giusto  punto  della  fermentazione 
anche  molto  importante  pel  buon  esito  ,  il  quale  si  de- 
cide più  a  colpo  d'  occhio  ,  che  ad  ogni  altro  segno  ^ 
perciò  per  distinguerlo  con  certezza  si  deve  evitare  di 
lavorare  a  lume  di  candela  5  e  lo  stesso  per  la  sepa- 
razione della  fecola  ,  eh'  è  ben  vedere  di  giorno  chia- 
ro tutta  la  precipitazione    della  medesima  ,    per  cono- 


(  279  ) 
scere  s'è  ben  riuscita.  Per  le  operazioni  successive  poi 
non  vi  è  più  da  temere  ,  se  si  fanno  dopo  tramontato 
U  sole  . 

Durant'  i  calorosi  giorni  della  state ,  è  facil  cosa 
che  la  fermentazione  si  compisca  nel  termine  stabilito^ 
ma  non  sarà  così  negli  altri  mesi  senza  uno  stabilimen- 
to fornito  d' un  regolato  laboratorio  .  Mi  è  accaduto 
di  passare  le  ventlquatt'  ore ,  e  anche  più  assai ,  prima 
che  la  fermentazione  giungesse  al  suo  giusto  grado  -, 
altre  volte  il  guado  è  passato  insensibilmente  alla  pu- 
trefazione ,  per  cui  si  ha  dovuto  buttar  il  lutto  con 
grave  perdita  di  spesa  ,  e  di  tempo . 

A  tanti  inconvenienti  si  può  riparare  per  mezzo 
del  suddetto  laboratorio,  col*quale  resta  appianato  ogni 
ostacolo  del  clima  ,  e  delle  varie  stagioni  ora  più  cal- 
de ,  ora  più  fredde  5  e  nel  tempo  stesso  si  facilitano 
moltissimo  le  operazioni ,  né  se  ne  sbaglierà  alcuna , 
ed  il  tutto  si  farà  col  massimo  risparmio ,  e  semplicità  . 

Da  ciò  ognuno  ben  comprende,  che  per  fare  uno 
stabilimento  in  grande  ,  è  necessario  fornirlo  d'  un  la- 
boratorio nel  modo  da  me  prescritto ,  affine  di  ottenere 
con  sicurezza  tutto  quel  vantaggio  maggiore  ,  che  si 
potrà  j  quantunque  per  la  prima  volta  vi  occorra  qual- 
che spesa  per  la  formazione  del  medesimo  ,  questa  ben 
presto  sarà  compensata  da  una  grand'  economia  nella 
manovra ,  con  la  sicurezza  di  non  isbagliare  alcuna 
operazione.  Si  dee  considerare  alla  fine,  che  tutta  l'o- 
perazione si  riduce  quasi  ad  un  giuoco  di  chiavi ,  tal- 
mentechè  un  intelligente  direttore ,  due  operar]  di  qua- 


(  28o  ) 

lunque  sesso,  con  pochi  ragazzi  di  varie  età  sono  suf- 
ficienti per  una  grandissima  fabbrica  .  Ben  inteso  però 
che  io  calcolo  le  fatiche,  e  le  spese  dal  momento  che 
r  erba  entra  nel  laboratorio  per  porla  alla  fermentazio- 
ne nella  vasca  grande  (  vedi -la  prima  memoria  ),  at- 
tesoché sino  ad  un  tal  punto  le  spese ,  e  Le  fatiche 
sono  le  stesse  che  vi  occorrono  ,  come  se  1'  erba  do- 
vesse andare  al  molino  per  farne  i  pastelli  al  modo 
solito  -,  an^i  con  una  differenza  ben  grande  di  spesato , 
il  quale  è  assai  maggiore  se  si  lavora  un  campo  di 
guado  a  pastelli,  che  lavorarlo  per  l'indaco.  Per  per- 
suadersene basta  riflettere  che  questo  è  la  pura  parte 
colorante  della  pianta  ,  il  cui  volume  è  quasi  un  nul- 
la a  paragone  dell'  immelmo  volume  de'  pastelli ,  do- 
vendosi questi  travagliare  lungamente  ,  maneggiarli ,  e 
trasportarli  a  forza  di  un  gran  numero  di  persone ,  di 
animali ,  ec. 

Articolo    IV. 

Se  la  fecola  del  Guado  sia  d' eguale  ,  o  minore 
bontà  di  quella  dell'  Anil ,  ossia  indaco . 

Quando  si  considera  la  solidità ,  e  la  bellezza  del 
colore  azzurro  delle  lane  ,  e  de' vestiti  de' nostri  Abruz- 
zesi tinte  di  solo  guado,  e  che  non  mai  vedesi  scolo- 
rilo ,  l'unico  abito  di  quei  campagnuoli  ,  sebbene  lo 
portino  addosso  per  molti  anni  ,  né  alterato  il  colore 
dalla  forza  del  sole  nella  state ,  né  per  effetto  delle  piog- 


(  28i  ) 
gè ,  e  nevi  dell'  inverno ,  deve  cessare  in  tutti  ogni 
dubbio  ,  che  la  fecola  del  guado  sia  d'  inferiore'  ,  o  di 
diversa  qualità  di  quella  dell'  Anil.  Ma  dippiù  è  da 
sapersi  ,  che  col  guado  si  è  sempre  tinto  il  color  bleu, 
ed  eccellente  ,  prima  della  scoverta  dell'  America  j  ed 
era  l'  unica  droga  conosciuta  allora  per  tingere  azzur- 
ro ,  sebbene  preparato  coli'  antico  rozzo  metodo.  Gli 
Abruzzesi  (i),    e    tra  gli  altri  quei  del  circondario  di 


(i)  Nelle  nostre  Provincie  degli  Apruzzi ,  regioni 
abitate  un  tempo  da'  Marsi ,  Sabini ,  Frentani ,  Peli- 
gni  ,  Vestini  ec.  popoli,  quanto  prodi  nelle  armi, 
altrettanto  industriosi  ,  e  sagaci  nelle  arti  ,  fin 
dall'  età  primordiali ,  ed  innanzi  che  il  Guado  in 
Italia  ad  altri  fosse  noto  ^  si  conobbe  tal  pianta 
tintoria,  si  coltivò ,  e  se  n' estrasse  comunque  il  co- 
lore  azzurro.  La  multiplicità  de"  lanificii ,  che  quivi 
medesimo  eran  rizzati  ,  e  de'  Collegi  de  lanajuoli , 
sparsi  per  ogn'  intorno ,  come  ne  fitn  testimonianza 
le  antiche  iscrizioni  lapidarie  tuttavia  esistenti  j  Jra 
quali  quella  di  Teramo ,  con  che  descrivesi  li  Col- 
legio de'  Centonarii  Praetutiani  Interamniti ,  ne  prò- 
Tìiosse  di  assai  la  coltura  ,  e  ne  reco  /'  estrazione  del 
succo  colorante  presso  che  al  suo  intero  raffinamento. 
E  si  diffuse  tant' oltre  tra  di  costoro  V  arte  lanifica , 
e  tintoria ,  che  non  d'  altronde  i  Romani  traevano 
quanto  era  lor  di  mestieri  di  saie ,  e  di  panni  lani 
pel  vestimento  delle  numerose  loro  milizie ,    che  da 

36 


(    282   ) 

CatnpoH,  poche  miglia  distante  da  Teramo,  e  partico- 
larmente nel  luogo  detto  Campovalano  ,  coltivano  eccel- 
lentemente il  guado,  dove  espressamente  mi  sono  por- 
talo nel  i8o3  a  verificarlo,  dippiù  si  coltiva  in  Penna 


cotaìi  peligne  officine  :  sicché  il  Sago  ,  la  Lacerna 
de'  militi  ,  non  meno  che  le  Clamidi  o  Paludamenti 
de' .sommi  Duci  erano  Imponi  di  cotesti  popoli.  Colla 
decadenza  dell'Impero  Romano^  che  cagionò  all'I- 
talia soprattutto  tante  sciagure ,  decadde  ogni  scien- 
za ,  ogni  arte ,  ogni  manifattura  \  ed  in  cotal  vor- 
tice desolatore  fu  eziandio  assorbita  V  arte  della 
lana  ,  la  coltivazion  del  guado  ,  e  V  opera  della 
tintura  ;  e  benché  isfuggisse  il  suo  totale  distruggi- 
mento, si  rimase  non  per  tanto  in  guisa  trascurata, 
e  negletta ,  che  rifuggita  in  alcuni  remoti  angoli  di 
quelle  regioni  ,  quivi  serbassi  pel  decorso  di  molti 
secoli ,  ma  sempre  mai  in  uno  stato  di  abiezione ,  e 
di  languore  :  mentre  che  altrove  appena  n'  era  rimasa 
la  memoria  ,  perche  suggerita  da' rottami  degli  edi- 
fizii  delle  vetuste  tintorie. 

Allenata  la  general  catastrofe,  il  seminamento 
del  guado ,  e  /'  estrazione  della  materia  colorata  ebbe 
qualche  incremento  ,  senza  però  uscire  da  quegli 
angusti  limiti  ,  in  cui  era  stata  per  lo  addietro  con- 
finata ;  e  merce  della  cura  ,  e  sedulità  delle  labo- 
riose apruzzesi ,  che  assai  sovente  ne  fan  uso  in. 
colorire  i  loro  graziosi  vestimenti,  si  conservò  sue- 


(  283  ) 

S.  Andrea,  e  in  Montegualtieri  nel  circondario  di  B!- 
senti^  in  Terra  di  Lavoro,  benanche  i  naturali  di  S.  Do- 
nato ,  circondario  d' Alvito ,  e  di  altri  luoj^lu  vicini 
coltivano  moltissimo  il  guado  ^  e  fanno  gran  conimer- 


cesshamente  in  tal  condizione  sino  al  di  d' ozsi . 
La  foggia  quanto  elegante ,  agiaV  altrettanto  del  ve- 
stir sabino ,  che  anno  in  usanza  le  ingegnose  don- 
ne di  Scanno  ,  e  di  altri  luoghi  di  quelle  contrade  j 
egli  e  oltremodo  commendabile  ^  non  tanto  solamen- 
te per  la  lucidezza ,  e  per  la  varietà  de  colori ,  tutti 
estratti  con  indicibil  maestrìa  da  piante  indigene , 
quanto  per  la  loro  immutabilità,  poiché  ei  veruna, 
avvegnaché  minima  ,  alterazione ,  o  iscambiamento 
di  colore  risentono  ne  dalla  impression  delV  aria , 
ne  dall'  attività  dalla  luce,  ne  dall'  azion  degli  aci- 
di ,  sien  dessi  citrici ,  od  urici. 

Questa  singoiar  proprietà  dell'  estratto  del  gua- 
do ,  o  vogliam  dire  dell'  Indaco  nostrale  di  lucci- 
care sulle  pannine  ,  e  sulle  stoffe  anzi  che  no  ,  e 
di  rintuzzare  ,  in  virtù  forse  ancora  del  loro  ap- 
parecchiamento ,  la  forza  di  sì  efficaci  agenti,  non 
lascia  certamente  dubbio  alcuno  di  dover  essere 
tal  pianta  collocata  in  primo  luogo  nella  classe 
delle  indigofere,  (  ben  cinque  ne  descrive  la  Sy- 
nopsis  piantarum  Horti  Botanici  Accademiae  Regiae 
Panorraitanae  anni  1 799  :  oltre  a  quella ,  non  à  guari 
discoperta  in  Bengala  dal  Sig.  Roxburgh  ,    e  pub- 


(    284   ) 

ciò  di  pastelli  .  Nella  Romagna ,  nella  Lombardia  ,  nel 
Piemonte,  nella  Turingia,  ed  in  tanti  altri  luoghi  del- 
la Germania  ,  e  nella  Francia  ,  e  particolarmente  i  pa- 
stelli d'Albynella  in  Linguadoca  sono  i  più  rinomati^  e 


blicata  sotto  il  nome  di  Nerium  tinctorium  ")  e  di 
accordare  all'  Indaco  nazionale  quel  preferimento 
sopra  V  asiatico  ,  e  V  americano  ,  che  per  diritto  si 
a  guadagnato  ,  come  i  repetiti  saggi  il  conferma^ 
no  ,  mediante  V  ottima  preparazione  ,  che  con  tra- 
vaglio assiduo  ,  ed  indefesso  dal  N.  A.  tutto  7  dì 
gli  si  appresta:  e  che  verrà  successivamente  porta- 
ta  dal  non  interrotto  magistero  alla  sua  compiuta 
perfezione  .  A  tal  fine  potrehh'  essere  di  non  poco 
agevolamento  V  eccellente ,  e  ben  raro  libro ,  intito- 
lato, Grolucchius  (  Henr.  )  De  cultura  herbae  ,  isatidis, 
ejusque  praeparatione  ad  lanas  tjngendas .  Tiguri  i555 
in  8 ,  qualora  de  sciente  penna  venisse  volgarizzato. 
Un  abbietto  adunque  di  cotanta  importanza  do- 
vrebbe destar  V  attenzione ,  ed  eccitar  il  proprio  in- 
teresse ,  massime  de'  nostri  provinciali  ,  (  intormen- 
titi 3  dirò  cosi ,  in  mezzo  a  tanti  be  ni ,  che  la  ter- 
ra incessantemente  lor  offerisce  )  di  promuovere ,  e 
di  estendere  il  seminamento  di  questa  preziosa  pian- 
ta^ e  la  manipolazione  delP  Indaco  ,  e  cosi  non  al- 
trimenti di  aggrandire  ,  e  di  perfezionare  la  colti- 
vazione ,  e  7  preparamento  della  Robbia ,  del  Car- 
tamo ,   del  Croco ,    e   di  altrettali  piante  tintorie  . 


(  285  ) 

così  in  tante  altre  parti  di  Europa  ,  dove  i  migliori 
tintori  ancora  oggidì  pongono  molto  guado  nel  loro 
tino  d'indaco  -,  essendo  sicuri,  che  il  colore  viene  più 
solido  ,  che  se  fatto  fosse  col  solo  indaco  . 

Se  i  tintori  più  celebri  si  sono  appigliati  all'  inda- 
co ,  ed  hanno  trascurato  di  tingere  co'  pastelli  del 
guado  ,  non  è  già  per  effetto  ,  che  il  color  dell'  inda- 
co fosse  migliore  ,  anzi  II  contrarlo  •  ma  non  curano 
ì  pastelli  per  cagion  dell'  Incomodo ,  ed  imbarazzo  che 
recano  ,  essendo  questi  formati  d'  una  picciollssima  dose 
di  parte  colorante,  framischiata  col  gran  volume  della 
parte  inutile  della  pianta  diseccata,  e  prima  pestata,  e 


che  o  spontaneamente  nascono  .  o  appena  in  qual- 
che stremila  delle  loro  possessioni  senz'  arte ,  e  scia^ 
auratamente  ora  si  coltivano  .  Il  che ,  mentre  accre- 
scerebbe la  somma  delle  nostre  ricchezze  ,  ci  tor- 
rebbe,  non  che  altro,  per  questi  generi  da  quella  vo- 
lontaria dipendenza  dalle  nazioni  straniere  ,  che  non 
per  precisilo  bisogno ,  ma  per  rea  nostra  indolenza 
il  bene,  ci  tiene  tuttora  soggettati .  Avverrà  ciò  mai? 
Sì  ;  qualunque  volta ,  deposto  quel  nostro  infermo  , 
ed  eteroclito  vensare  ,  e  dispogliati  da  queW  assur- 
do fanatismo ,  che  ci  mena  a  travedere  per  le  cose 
forestiere,  imprenderemo  con  più  sano  consiglio  a 
valutare  ,  com'  e'  si  dee  ,  le  produzioni  fisiche  del 
nostro  suolo,  non  meno  che  le  scientifiche  della  no- 
stra mente.    INotaz.  del  Comp: 


(  286  ) 
putrefatta ,  framichiata  di  tante  altre  impurità  ,  come 
insetti ,  terra,  e  corpi  estranei,  che  infettano  conseguen- 
temente il  bagno  del  tintore.  Tutto  il  merito  dunque 
dell'  indaco  non  è  già  nell'  intrinseca  qualità  del  colo- 
re ^  ma  per  la  ragione  ,  che  avendo  avuto  una  prepa- 
razione molto  più  perfetta  ,  si  rende  comodissimo  al 
tintore  in  qualunque  operazione  ,  che  lo  destini  ,  sia 
trattato  cogli  alcali  caustici  per  le  tinte  di  forte  azzur- 
ro su  qualunque  stoffa  di  seta ,  lana ,  lino  ,  o  cotone  , 
sia  cogli  acidi  minerali  ,  tra  gli  altri  coli'  acido  solfo- 
rico ,  nel  quale  si  fa  sciogliere  ,  quando  si  vuole  tinge- 
re in  azzurro  ,  o  in  verde  di  Sassonia  . 

Se  le  colonie  Americane  ci  avessero  mandato  il 
loro  anil  preparato  in  pastelli  ,  come  lo  è  il  nostro 
guado  ,  non  mai  gli  Europei  avrebbero  comperato  un 
pastello  indiano  .  L' indolenza  dì  costoro  merita  ogni 
critica  j  poiché  fra  il  decorso  di  varj  secoli ,  da  che  si 
è  commerciato  colle  colonie  suddette  finoggi  ,  non  si 
sono  giammai  occupati  di  dare  al  guado  ,  a  questa 
preziosa  pianta  nostrale  ,  quella  stessa  preparazione , 
che  in  quelle  ,  e  ben  anche  nell'  indie  orientali  danno 
alle  loro  indigofere  ,  sebbene  sieno  di  varie  specie  . 

In  fine  chi  mai  ne  può  dubitare  ancora,  dopo  le 
rigorose  esperienze  fatte  eseguire  dalla  Reale  Accade- 
mia delle  Scienze  di  Torino  nel  1785  e  1786,  in  pre- 
senza di  una  deputazione  di  scelti  soggetti  ,  dai  migliori 
tintori  di  quel  paese  in  seta  ,  lana  ,  cotone  ,  e  lino  , 
su  queir  istessa  fecola  di  guado  da  me  consi^gnata  al 
Marchese  di  Brerae ,  allorché  era  Ministro  di  quella  Cor- 


.(  2C7  ) 
•te  a  questa  di  Napoli ,  che  poi  per  essere  stato  deciso, 
che  per  la  sua  eccellente  qualità  era  uguale  all'  indaco 
americano,  si  determinò  quell'Accademia,  dopo  alcuni 
anni  ,  a  pubblicare  il  programma  del  1791  '.  nella  quale 
occasione,  separatamente  diede  alle  stampe  tutte  quelle 
altre  notizie,  che  si  aveva  procurate  circa  le  qualità  del 
guado  ,  che  si  coltiva  in  Piemonte  da  tempo  antichis- 
simo ,  e  che  lavorato  in  pastelli  se  ne  fanno  delle  spe- 
dizioni pel  Pò. 

Articolo    V.  ' 

Quali  sono  i  mezzi  di  adottarsi  per  introdurre 
con  facile  successo  nel  nostro  Regno  la 
fabbricazione  dell'  indaco . 


Sono  ben  pochi  i  mezzi ,  che  io  propongo  per  po- 
ters'  introdurre  fra  noi  la  fabbricazione  dell'  indaco  . 
Io  li  sottometto  al  savio  discernimento  de' miei  Colk- 
ghi  .  Il  Reale  Istituto  perciò  procurerà. 

1.  Che  la  coltivazione  del  guado  si  estenda  in  pre- 
ferenza nelle  Provincie  degli  Abruzzi  ,  e  nel  Contado 
di  Molise  ,  dove  fortunatamente  si  coltiva  da  tempo 
immemorabile  . 

2.  Farà  pubblicare  non  solo  una  istruzione  prati- 
ca djl  modo  di  coltivar  il  guado  ,  ma  bensì  la  prima 
mia  memoria,  acciò  ognuno  potesse  disporre  un  labo- 
ratorio nella  maniera  che  ho  prescritta  .  • 


(  288  ) 

3.  Proporrà  a  S.  E.  il  sig.  Ministro  dell'Interno 
che  possa  ottenere  dalla  munificenza  del  Sovrano  un 
premio  da  distribuirsi  a  coloro  che  saranno  i  prinri 
ad  introdurre  la  fabbricazione  dell'  indaco  ,  construen- 
do  un  laboratorio . 

Quando  ciò  si  voglia  fare  ardisco  proporre  il  sig. 
Michele  Tabassi  Alanno  ,  che  fortunatamente  trovasi 
in  Teramo  ,  essendo  degnamente  giudice  di  quel  Tri- 
bunale ,  per  render  facile  agli  Abruzzesi  non  solo  la 
coltivazione  del  guado  ,  rùa  altresì  la  fabbricazione  del- 
l' indaco  . 

Il  sig.  Tabassi  è  il  soggetto  11  più  opportuno  per 
avere  infinite  volte  assistito  a  tutte  le  operazioni ,  che 
da  me  si  praticavano  ,  allorché  il  mio  laboratorio  era 
in  attività ,  e  sempre  aperto  al  pubblico  . 

Premiati ,  e  protetti  dal  Governo  coloro  ,  che  si 
occuperanno  di  questa  interessante  industria  ,  e  sicuri 
che  ne  otterranno  un  guadagno  grande ,  chi  potrà  du- 
bitare che  le  fabbricazioni  dell'  indaco  non  saranno  au- 
mentate ? 

Così  il  Reale  Istituto  avrà  la  gloria  di  aver  pro- 
mossa prima  di  ogn'  altra  parte  di  Europa  un  indu- 
stria quanto  interessante  alla  Nazione ,  altrettanto  uti- 
le ai  proprietarj  . 


(289) 

RAPPORTO 

DELLA  CLASSE  DI  CHIMICA 

Sulle  memorie  riguardanti  V  indaco 
estratto  dal  guado. 


SIGNORI    COLLECHI 


X.ÌSSENDOSI  la  nostra  Classe  riunita  per  esaminare 
giusta  gli  ordini  vostri,  le  quattro  memorie  presentate 
a  questo  nostro  Reale  Istituto  ,  risguardanti  l' indaco 
che  si  può  estrarle  dal  guado  (^isatis  tinctorìa'):  una 
del  socio  corrispondente  Signor  Gennaro  del  Giudice, 
r  altra  del  Signor  Michele  Tabasei  Alan  no  ,  e  la  ter- 
za ,  e  la  quarta  dell'  altro  socio  corrispondente  Signor 
Giuseppe  Morina  ,  ed  avendole  attentamente  conside- 
rate,  ci  facciamo  un  dovere  ,  prima  di  esporvi  il  pa- 
rere della  classe  ,  di  farvi  conoscere  il  contenuto  del- 
le medesime  . 

Il  socio  Signor  del  Giudice  espone  il  metodo  di 
tinger  la  lana  in  bleu  col  guado  ridotto  ia  pastello  . 
A  tal'  effetto  descrive  il  modo  di  coltivar  la  pianta  , 
accennando  qual  terreno  più  le  convenga  ,  il  tempo 
della  semina,  l'applicazione  dell' inaffiamento  ,   la  sar- 

37 


(   290  ) 

chiatura ,  e  finalinf^nte  il  tempo  della  raccolta  delle  fo- 
glie ia  luglio  ,  o  agosto  ,  e  novembre  . 

Propone  inoltre  la  norma  di  formare  il  pastello  , 
ridiicendo  le  foglie  in  massa  ,  soppestandole  ,  ed  ag- 
giungendo una  piccola  dose  di  argilla  ,  e  prescrive  il 
tempo  eh'  esige  di  macerazione  . 

Passa  in  seguito  all'  esposizione  del  processo  della 
tinta,  il  quale  consiste  nel  trattare  il  pastello  con  una 
lisciva  di  sotto-carboaato  di  potassa  ,  segnando  la  pro- 
porzione così  de' pastelli  ,  che  della  lana  da  tingersi. 
Quindi  do[)o  d' aver -fitta  bollire  la  mescolanza  con  la 
corrispondente  quantità  di  acqua  ,  debbesi  aggiungere 
il  sopr'atrattato  di  potassa  ,  ed  il  sopra  solfato  di  allu- 
mina ,  e  di  potassa.  Allora  la  lana  tolta  dal  bagno,  e 
divenuta  asciutta  ,  si  espone  alla  nuova  ebollizione  nel- 
l'  acqua  con  la  noce  di  galla ,  e  solfato  di  ferro  ,  ed  in 
fine  si  sottopone  alla  lavanda  . 

Questo  è  il  metodo  che  tengono  gli  Abruzzesi  nel 
tingere  le  loro  lane  ,  e  le  loro  stoffe  ,  che  così  tinte 
resistono  all'  azione  dell'  aria  ,  e  della  luce  ,  e  sono 
poco  alterabili  ai  contatti  degli  acidi  nitroso  ,  e  nitri- 
co diluiti  ,  e  trattate  in  fine  coli'  acido  citrico  riesco- 
no solide  ,  ed  indelebili  . 

Questa  memoria  non  contenendo  altro,  se  non  se 
r  esposizione  del  metodo  di  tingere  in  hleii  col  pastel- 
lo del  guado  ,  conosciuto  non  solamente  negli  Abruz- 
zi,  ma  in  tutta  l'Europa  ,  così  stimiamo  ,  che  non 
possa  meritare  la  vostra  attenzione ,  eh'  è  quella  di  a- 
Ter  si  un  metodo  facile ,  e  sicurg  di  ottenere  dal  guado 


(    290 

un  indaco  da  sostituirlo  all'  iudaco  Americano  . 

Il  Signor  Michele  Tabassi  Alanno  nella  sua  me- 
moria espone,  che  nel  Ì796  ijnmaginò  d'introdurre  la 
coltura  della  pianta  esotica  denominata  anil  ,  e  che 
non  ebbe  il  piacere  di  vederla  fecondare  per  alcune 
circostanze,  che  non  accenna.  Ciò  gli  fu  di  sprone  di 
rivolgere  le  sue  mire  al  guado  ,  ed  esprime  la  sua  soil- 
disfazione  per  avere  estratto  da  questa  pianta  la  fecola 
tutta  simile  all'  indaco  Americano  ;  ma  che  non  aven- 
do fondi  sufficienti  per  una  fabbrica  in  grande  ,  ab- 
bandonò r  impresa  . 

Avendo  però  letto  in  giugno  dello  scorso  anno  nel 
Giornale  Letterario  di  PSapoli  l' Imperiai  Decreto  ,  con 
cui  si  propone  un  premio  a  favore  di  chi  esporrà  il 
metodo  sicuro  di  estrarre  l' indaco  da  una  pianta  in- 
digena ,  disegnò  di  scrivere  una  memoria  ,  e  rimetter- 
tcrla  a  questo  R.  Istituto,  unitamente  a  due  pezzettini 
di  tela  tinti  in  hleii ,  e  co'  corrispondenti  saggi  d' in- 
daco j  prevenendo,  che  le  indicate  mostre  sono  state 
eseguite  senza  laboratorio  ,  senza  strumenti  ,  e  fuori 
stagione  .  Dopo  ciò  passa  a  descrivere  la  coltura  del 
guado  ,  dando  un  dettaglio  più  circostanziato  di  quel- 
lo rapportato  dal  Signor  del  Giudice  . 

S'  inoltra  in  seguito  a  disegnare  il  modello  per  la 
costruzione  di  un  laboratorio  ,  ed  in  questo  commen- 
da tre  vasche  1'  una  sottoposta  .  all'  altra  ,  assegnando 
alle  medesime  le  denominazioni  rispettive  ,  I'  uso  ,  e 
la  situazione  ,  nell'  ultima  delle  quali ,  eli'  egli  chiama 
vasca  di  sbatlimento  ^  vi  applica  l'agitatore  raggiante, 


(^292  ) 
dinotandone    la  struttura  ,    e  prescrìve     la  preparazio- 
ne dell'  acqua  di  calce   ,  con  la  rispettiva  proporzione 
della  terra  ,  e  dei  fluido  , 

Avverte  finalmente  d'  essere  necessaria  una  stanza 
ventilata  ,  per  mctterNÌ  nei  lati  delle  njura  interne  i 
telai  per  appoi;gio  dei  cappucci  di  tela  ,  solto  de'  quali 
dovranno  essere  collocati  dei  recipienti,  che  possano 
ricevere  le  acque j  e  giudica  importante  cosa,  che  il  la- 
boratorio sia  provveduto  di  una  stufa  per  asciugare  la 
fecola  . 

Terminata  la  descrizione  del  laboratorio  ,  procede 
ad  esporre  il  processo  per  estrarre  la  fecola  .  A  tal  ef- 
fetto prescrive ,  che  le  foglie  del  guado  ,  separate  dalle 
corrotte  e  cattive  ,  debbano  riporsi  nella  seconda  va- 
sca detta  d'  infusione  ,  sopra  cui  va  a  cadere  V  acqua 
contenuta  nella  vasca  superiore  per  mezzo  de'robinetti, 
ed  aftinché  le  foglie  rimanessero  sommerse  ,  prescrive 
di  soprapporvi  de'  pezzi  di  legno  a  traverso  .  Cosi  pre- 
parate le  foglie  ,  egli  dice  ,  la  fermentazione  va  a  suc- 
cedere dopo  l'  intervallo  di  circa  ore  20  ,  e  sarà  più 
spedita  ,  se  la   temperatura   dell'  atmosfera  sarà  calda  . 

Asserisce,  che  la  conoscenza  della  matura  fermen- 
tazione derivi  dall'  abitudine  ,  non  essendovi  norma 
precisa  ,  e  che  il  solo  calore  dell'  infuso  divenuto  si- 
mile al  vino  bianco  alquanto  carico  ,  ed  azzurognolo 
neir  agitarsi  ,  potrà  verificarne  la  sicurezza  della  ma- 
turità . 

Quando  l'  infuso  mostrerà  un  tal  colore  ,  allora 
per  mezzo  dei  robinetti  si  farà  passare  nella  vasca  sot- 


(  293  ) 
toposla  detta  di  sbattimento  ,  adattandovi  nel  passag- 
gio del  fluido  de' canestri  foderati    di  tela  per  separar- 
lo da  qualunque  materiale  estraneo  ^  e  quindi  bisogna 
muoverlo  coli'  at^ilare  . 

Quando  il  liquore  è  divenuto  schiumoso   ,  debbe 
affondersi   1'  acqua  di  calce  ,   proseguendo   l'  agitazione, 
e  la  schiuma,  qnando  comparirà  azzurra,  darà  l'indizio 
della  sospensione  del  travaglio  . 

Allora  si  lascia  il  tutto  in  riposo  per  dar  luogo 
alla  fecola  ,  che  possa  precipitare  nel  fondo  ,  ma  si 
raccoglie  la  schiuma  ,  riponendola  nei  canestri  foderati 
di  tela  ,  per  ottenersi  un  sedimento  che  ha  il  viva- 
ce colore  d' azzurro  ,  conosciuto  col  nome  d' indaco 
fiore  . 

Seguita  la  precipitazione  feculacea  ,  si  fa  passare 
l'acqua  sopranuotante  della  vasca,  per  mezzo  dei  ro- 
binetti ,  nei  cajìpucci,  per  ivi  ricevere  quella  porzione 
d' indaco  ,  che  potrà  seco  trascinare  ;  e  raccolto  il  re- 
siduale sedimentoso ,  si  pone  all'  ombra ,  e  non  al  sole 
per  asciugarsi  ,  ma  prima  di  divenire  asciutto  perfetta- 
mente ,  fa  di  mestieri  tagliarlo  in  forma  di  tanti  piccoli 
quadrati  per  metterlo  in  commercio  .  Questo  è  l' in- 
daco . 

La  memoria  termina  con  alcune  osservazioni  per 
aversi  presenti  tanto  sul  campo,  che  si  destina  alla  col- 
tivazione del  guado  ,  quanto  sul  laboratorio  . 

Ci  duole  ,  Signori  ,  che  le  mostre  di  tela  tinte  in 
bleu  ,  che  il  Sig.  Tabassi  ha  rimesse  ,  non  sieno  plau- 
sibili ,  e  the  Ira  i  saggi  dell'  indaco ,  che  ha  egli  estrat- 


.   294  ') 

lo  dal  guado  j"  quidl  solo  eh©  poteva  €sser  f;oddisfacen- 
te  per  farne  gli  assaggi  ^ftoti^^ba  potato  fornire  alla 
Classe  le  bella  occasione' di' sperimentarlo  ,  non  essen- 
do stata  la  dose  che  di  soli  (jnatft^o  granelli  :  ma  ciò 
non  ostante  contenendo  la  di 'tuì  memoria  un'esatta 
descrizione  su  la  coltura  d^'l  guado  ,  sulla  costruzione 
del  laboratorio  ,  e  sul  ppoctfsso  <Jel  modo  come  del>- 
basi  estrarre  la  fecola  ,  proponiamo  che  il  R.  Istituto 
nel  rendergli  con  una  lettera  i  suoi  ringraziamenti  lo 
aggreghi  a  suo  socio  corrispondente . 

Le  due  memorie  successive  sono  del  socio  Signor 
Morina .  Nella  prima  egli  espone  il  metodo  pratico  per 
estrarre  la  fecola  azzurra  dal  guado ,  descrive  l'  econo^ 
mìa  nell'  estrarla ,  dettagliando  precisamente  tutte  le  cir- 
costanze, che  accompagnano  il  suo  processo^  e  com- 
promette il  suo  indaco  risultante  dotato  di  tutte  le  pro- 
prietà, riguardandolo  tutto  simile  a  quello  di  America. 

Asserisce  di  più,  che  questa  memoria  sia  una  co- 
pia di  quella,  che  diresse  all' Accademia  di  Torino  in 
dicembre  dell'anno  1792,  ed  è  responsiva  al  program- 
ma della  medesima  ,  con  cui  si  prescriveva  d' indicare 
soltanto  il  mezzo  facile,  ed  economico  per  èstrarre  dal 
guado,  o  da  qualunque  altra  pianta  indigena  una  fe- 
cola azzurra  da  potersi  sostituire  all'  indaco  America- 
no 5  e  che  l' indicata  memoria  venne  coronata  col  pre- 
mio di  mille  lire . 

Il  Signor  Morina  In  essa  descrive  il  piano  esteso 
delle  operazioni  jier  potersi  es trarre  sicuramente  la  fe- 
cola dal  guado ,  previene  con  solide  precauzioni  1'  ia- 


(295) 
costanza  della  nostra  temperatura  atmosferica  ,  disegna 
mimitamente  la  costruzione  del  laboratorio  con  le  ri- 
spettive dimensioni,  le  forme  degl'utensili,  la  loro  de- 
nominazione, e  la  situazione,  l'agitatore,  e  la  sua  strut- 
tura, la  stufa,  e  la  corrispondente  temperatura,  e  det- 
taglia l'uso  di  lutto  l'apparato  con  una  precisione  cosi 
chiara ,  che  ne  fa  comprendere  con  evidenza  il  mecca- 
nismo ,  e  r  esecuzione  . 

Propone  in  seguito  il  modo  di  saggiare  le  foglie 
del  guado ,  se  sieno  al  punto  da  somministrare  la  fe- 
cola ,  e  con  tal  mezzo  assicura  1'  esito  prosperevole  del 
processo  dal  piccolo  al  grande  . 

Espone  inoltre  la  preparazione  dell'  acqua  di  calce, 
eh'  egli  denomina  precipitante  ,  assegna  la  situazione 
de' vasi,  che  la  contengono,  e  ne  marca  l'uso. 

Il  Morina  non  crede  doversi  trattenere  su  la  col- 
tura del  guado  jier  essere  la  medesima  comunissima  ne- 
gli Abruzzi  . 

Procede  poi  a  dettagliare  II  suo  processo  In  gran- 
de,  e  lo  divide  in  quattro  articoli .  Il  primo  riguarda 
la  fermentazione  delle  foglie  ;  il  secondo  l'  estrazione 
della  fecola^  il  terzo  il  metodo  per  lavarla;,  ed  II  quar- 
to il  di  lei  diseccamento  al  sole,   o  alla  stufa  . 

Avverte  di  trar  parlilo  dalla  schiuma ,  che  deriva 
dall'agitatore  per  ottenere  l'indaco  fiore,  ed  In  ultimo 
esamina  tutto  ciò,  che  crede  di  schiarimento  per  potersi 
eseguire  il  processo,  che;  ha  })roposto  . 

La  seconda  memoria  è  dl\isa  In  cinque  articoli  . 
Nel  primo  espoue  tulli  gli  sperijiicnii  fatti  sulla  colta- 


(296) 
la  dell' yinìl  j  assicura  d'  averne  ricavato  l' indaco  nel 
1784,  ma  ad  onta  di  tutta  la  sua  sofferenza  praticata 
per  rendere  fecondante  questa  pianta  esotica  ,  confessa , 
che  l'inconstanza  del  nostro  clima  si  oppone  diametral- 
mente alla  di  lei  vegetazione  .  Nel  secondo  articolo  an- 
nunzia ,  che  convinto  di  ciò,  si  determinò  a  coltivare 
il  guado j  ed  in  quest'occasione  volle  osservare  il  gra- 
do della  vegetazione  così  dell'  Anil ,  che  del  guado  . 
Questa  osservazione  gli  dimostrò,  che  V  Anil  nel  mese 
di  maggio  di  quell'anno  non  era  ancora  nato,  quan- 
doché dal  guado  n'  aveva  ricavato  il  primo  taglio  nel- 
r  epoca  istessa  ,  e  dopo  di  avere  estratta  la  fecola  da 
quest'  ultimo  ,  trovò  eh'  era  tutta  simile  a  quella  del 
primo  . 

Nel  terzo  articolo  descrive  tutti  i  saggi  ,  e  le  sue 
penose  fatiche  per  assicurare  il  processo  dell'  estrazione 
dell'indaco  dal  guado,  ed  indica  tutti  gli  ostacoli,  che 
ha  dovu^o  sormontare  per  rendere  prosperevole  questo 
stabilimento. 

Nel  quarto  articolo  fa  rilevare,  che  in  Europa  non 
si  dava  il  colore  hleiL  su  la  lana  ,  se  non  se  col  pa- 
stello del  guado,  che  questo  metodo  sia  antico,  e  che 
là  sospensione  dell'  uso  venne  prodotta  dalla  introdu- 
zione dell'  indaco  Americano  ,  non  per  la  solidità  dei 
colore  ,  ma  per  essere  scevro  da  materiali  stranieri ,  e 
più  alla  portata  della  tinta,  che  non  è  il  pastello  j  tal- 
mente che  se  gli  Americani  avessero  spedito  in  Euro- 
pa il  loro  Anil  in  pastello ,  la  loro  speculazione  noa 
avrebbe  avuto  luogo , 


(  297  ) 

Nel  quinto  articolo  fiiialnienfc  propone  tutl'  i  mez- 
zi,  e  tutte  le  dilucidazioni,  onde  agevolare  la  mani- 
fattura di  questo  genere  importante  ,  e  V  assicura  con 
uri  dettaglio  così  preciso  ,  che  esclude  ogni  diflicollà  sul 
felice  successo . 

Neir  esaminare  le  accennate  memorie  del  Signor 
Morina,  la  Classe  ha  provato  non  solo  il  soddisfacente 
piacere  d'  avere  un  travaglio  tanto  completo  su  la  isti- 
tuzione di  questo  ramo  d' industria  ,  ma  vi  ha  rilevato 
la  nettezza  nelT  espressioni  ,  la  semplicità  ne'  mezzi  , 
r  accorgimento  in  tutte  le  circostanze  ,  che  1'  accompa- 
gnano ,  la  lealtà  m gli  sperimenti ,  ed  infine  l'assicura- 
zione del  fatto  . 

La  Classe  perciò ,  dopo  d'  avere  attentamente  con- 
siderato ,  quanto  il  Signor  Morina  ha  partecipato  a  que- 
sto Reale  Istituto  con  queste  due  memorie  ,  ha  cre- 
duto per  confermare  il  ilitto  trattare  P  indaco  ,  eh'  egli 
ha  estratto  dal  guado  con  varj  modi  ^  ed  in  presenza 
dello  stesso  ne  ha  istituito  il  saggio  ,  avendo  in  con- 
torno quello  d'  America  . 

A  tal'  effetto  si  è  gettato  dell'  acido  acetico  in  due 
picciole  ampolle  di  cristallo  ,  ove  in  una  v'  era  riposto 
r  indaco  americano  ridotto  in  polvere  ,  e  nell'  altra 
r  indaco  estratto  dal  ^uado  ,  parimente  in  polvere  e 
nella  medesima  proporzione  •  Quindi  si  è  agitala  la  me- 
scolanza ,  e  si  è  lasciata  in  riposo  .  In  questo  frattem- 
po non  è  comparsa  né  bolla  ,  né  movimento  ,  anzi  la 
fecola  si  é  depositata  nel  fondo  ,  mostrando  il  suo  co- 
lorito naturale,  e  l'acido  vi  soprassedeva  limpido  ,  e 
clii^iro  .  Si  è  impiegata  inoltre  l'  uguale  do^e    d' indaco 

38 


(  298  ) 
d'  America  ,  e  di  quello  del  guado  ,    dell'  Infima  qua- 
lità ,  fra  le  mostre  esibiteci  dal  Signor  Morina  ,  con  la 
potassa  caustica  ,  e  la  miscela  è  stata  esposta  contem- 
poraneamente all'  azione    della  corrispondente  tempera- 
tura .    La  dissoluzione  è  succeduta  parimente  j  allora 
dopo  d'  avere  allontanati    i  vasi  dal  fuoco    vi  si  è  ag- 
giunta la  quantità  corrispondente  di  solfato  di  ferro   di- 
luito ,  agitando  1'  unione  .  In  questa  ,     divenuta  quasi 
fredda,  si  è  immerso  il  filo  di  canape  affatto  bianco, 
e  dietro  le  ripetite  immersioni    è  sortito  tinto    in  hleu 
senza  una  marcata  differenza  .    Lavato  il  filo  d'  ambe- 
due i  bagni  ,    e  reso  asciutto  ,  è  stato  trattato  col  sa- 
pone diluito  ,  la  tinta  è  rimasta  illesa  ,  e  saggiato  col- 
r  acido    del  limone    non  ha    dimostrato    niun  cambia- 
mento . 

Si  è  in  seguito  formata  una  nuova  dissoluzione 
nella  potassa  caustica  con  la  stessa  diversità  di  genere, 
e  vi  si  è  unita  la  medesima  quantità  di  solfato  di  ferrq. 
diluito  .  Allora  vi  si  è  impiegata  la  lana  ,  questa  è  di- 
venuta quasi  ugualmente  colorita  in  bleu  ,  e  resistente 
ai  reagenti  medesimi  . 

Non  si  è  creduto  praticare  lo  stesso  con  la  seta  , 
perchè  quella  ,  che  ci  era  stata  esibila  ,  si  è  ritrovata 
biancheggiata  col  vapore  dell'  acido  dello  zolfo  . 

Si  è  gettata  in  fine  l'eguale  dose  d'indaco  ame- 
ricano ,  e  dell'  indigeno  separatamente  in  due  vasi  ,  e 
\i  si  è  sopraffuso  il  sesto  del  loro  peso  rispedivo  di 
acido  solforico  di  gradi  66.  La  mescolanza  agitata  con 
una  spatola  di  vetro  si  è  ugualmente  oltremodo  riscal- 
data ,  e  dopo  ore  quattro  di  macerazioue  ,  la  dissolu- 


(  299  ) 
zione  è  perfettamente  riuscita  così  dell'  uno  ,  che  del- 
l' altro  . 

Poche  gocce  di  queste  rispettive  dissoluzioni  sono 
state  gettate  nell'  acqua  .  Questa  si  è  tìnta  del  mede- 
simo colorito  ,  senza  che  vi  Casse  comparso  il  minimo 
indizio  di  sedimento  . 

Si  è  diluita  poi  una  loro  porzione  separatamente, 
e  fatta  bollire,  vi  si  è  aggiunto  il  soprasoUato  d'allu- 
mina, e  di  potassa,  e  quindi  vi  si  è  immersa  la  lana, 
la  quale  è  sortita  tinta  in  bleu  chiaro  . 

La  Classe  dòpo  tanti  decisivi  sperimenti ,  avendo 
interrogato  il  Signor  Morina  su  la  ragione  di  non  ave- 
re egli  profittato -di  sì  preziosa  scoperta  dopo  il  dispen- 
dio ,  e  la  fatica  ,  che  per  tale  scopo  era  stato  obbli- 
gato d'  erogare  ,  il  medesimo  rispose  ,  che  un  guasto 
rovinoso  avvenuto  nel  suo  fabbricato  ,  l' interessante 
premura  di  doverlo  rimettere  nello  slitto  primitivo  ,  e 
gli  avvenimenti  politici  quindi  succeduti  ,  ne  soppres- 
sero l'incominciato  avviameclo  ,  per  cui  decadde,  ed 
andò  quasi  in  oblio  . 

La  Classe  avendogli  domandato  inoltre  ,  se  pote- 
va suggerirle  ,  almeno  per  approssimazione  ,  qual  quan- 
lità  d' indaco  può  produrre  un  moggio  di  terra  atto 
alla  coltura  del  guado  ,  egli  rispose  ,  che  un  moggio 
di  terreno  può  dare  libbre  200  e  più  d'  indaco  asciut- 
to ,  e  commerciabile  . 

Noi  pertanto  nel  presentare  a  questo  R.  Istituto  le 
mostre  di  lana ,  e  di  filo  tinte  in  bleu  coli'  indaco  del 
guado  ,  e  le  mqstre  d' indaco ,  e  d' indaco  fiore  esibi- 
te dal  Signor  Morina  ,  proponiamp  : 


(  3oo  ) 

1.  Che  questo  R.  Istituto  si  compiaccia  dì  scrive- 
re una  lettera  al  Signor  Morina  ,  attestandogli  i  senti- 
menti di  sincera  congratulazione  per  avergli  partecipa- 
ta la  preparazione  dell'  indaco  dal  guado  con  una  pre- 
cisione, e  con  un  dettaglio  così  completo  ,  che  nulla 
lascia  a  desiderare  . 

^.     2.  Che  le  due  sue  memorie  sieno  registrate,  ed  in- 
serite negli  Atti. 

3.  Che  con  la  massima  sollecitudina  si  manifesti 
ne' Giornali  politici,  e  letterarj  questa  preziosa  scoperta, 
eseguita  fin  da  27  anni  indietro  ^  ed  a  tal  effetto  il 
Segretario  di  questo  R.  Istituto  ne  formi  un  estratto 
completo  ,  affinchè  1'  Europa  conosca  che  la  fabbrica- 
zione di  questo  genere  è  originaria  della  nostra  Na- 
zione . 

4-  Finalmente  ,  che  il  Reale  Istituto  formi  una 
Commissione  ,  coli'  incarico  di  presentare  a  S.  E.  il 
Sig.  Ministro  dell'  Interno  così  le  mostre  d' indaco  ,  e 
d' indaco  fiore  del  Signor  Morina  ,  che  i  saggi  di  tinta 
praticati  dalla  Classe  ,  per  verilicarne  le  proprietà  ,  af- 
finchè si  compiaccia  di  umiliarle  a  S.  M. 

Napoli  18  Aprile  181 1* 


Luigi  Sementivi  Presidente, 
Michele  Tenore. 
Antonio  Barba. 
Gabriele  Longo. 
Michele  FfiR&Aiu  Segretario . 


(3oi  ) 

Memoria  suWAgricoltura  di  Sessa  del  Socio  ordi- 
nario Sig^.  Gto:  Battista  Gagliardo  ,  Letta  nel' 
l'adunanza  del  dì  i5  Marzo  1814. 


Ì^ESSA  giace  sulla  medesima  deliziosa  collina  dov'  era 
l'antica  ,  otto  miglia  al  di  qua  del  Liri  ,  oggi  Gari- 
gliano.  Fu  essa  conosciuta  nell'  antichità  sotto  il  nome 
di  Sessa  Aiu'unca  ,  non  solo  per  distinguerla  Asl  Sessa 
Pomczict ,  capitale  de'  Volsci  ,  nel  Lazio  ,  presso  le 
Paludi  Pontine,  ma  più  perchè  in  essa  si  rifuggirono, 
e  stabilironsi  i  cittadini  di  Auriinca  ,  quando  minac- 
ciati dai  Sidicini  abbandonarono  la  loro  Città  ,  e  for- 
marono coi  Sessani  un  popolo  solo  .  Ma  non  comin- 
ciò Sessa  a  figurare  nella  storia  ,  se  non  quando  di- 
venne Colonia  de'  Romani  ,  epoca  in  cui  ebbe  il  por- 
tico ,  il  foro  ,  il  teatro  ,  1'  anfiteatro  ,  le  terme  ,  e  tutti 
quegli  altri  pubblici  edilicii  ,  che  i  Romani  avevano  in 
uso  . 

Di  tutti  questi  non  si  veggono  ora  che  le  rovine  5 
le  quali  però  sono  sufficienti  per  dimostrarne  la  magni- 
ficenza .  Solo  alcune  colonne  di  granito  sono  rimaste 
in  piedi  ,  e  sostengono  il  volto  ,  ed  il  portico  della 
Cattedrale  ,  edificala  sulle  rovine  dell'  antico  Tempio 
dedicato  a  Mercurio  :  ed  incontransi  per  la  Città  va- 
rie lapidi ,  ed  iscrizioni  . 


(   302   ) 

Ciò  che  esiste  in  piedi ,  tale  e  quale  ,  è  un  ma% 
gnifico  Ponte ,  detto  ora  Ponte  Ronaco  ,  il  quale  è 
lungo  palmi  55o ,  e  largo  palmi  ventuno  .  I  suoi  archi, 
al  numero  di  ventuno  ,  sono  sostenuti  da  pilastri,  lun- 
ghi otto  palmi  ,  costruiti  di  opera  reticolata  ,  e  vestiti 
di  mattoni  lunghi  palmi  due  .  Gli  antichi  Io  inalzaro- 
no per  rendere  piana  la  strada  di  una  valle  ,  detta  ora 
di  Sansevile  ,  la  quale  menava  all'antica  Via  Appia  , 
e  vi  si  giunge  per  uno  de'  rami  della  medesima  ,  dei 
quali  in  Sessa ,  come  nella  vicina  Teano  ,  incontransi 
varii  spezzoni  benissimo  conservati  .  E  tali  sarebbero 
tutti,  se  si  avesse  avuta  cura  di  conservarli,  e  non  già 
di  distruggei'li ,  come  si  è  fatto  .  Con  non  picciolo  di- 
spiacere ho  A^eduto  i  grossi  pezzi  di  selce  ,  di  cui  erari 
costruiti  ,  far  ora  parte  de'  muri  delle  case ,  e  de'  con- 
venti ,  e  destinali  a  selciare  le  strade  della  Città  ^  quan- 
do che  i  Sessani  ricavar  potevano  le  medesime  pietre 
dalla  stessa  cava  ,  donde  tratte  le  avevano  i  loro  ante- 
nati ,  non  lungi  da  Sessa  che  un  miglio  e  mezzo  . 

All'intuito  simile,  e  forse  anche  assai  più  magni- 
fico dell'antico  ,  perchè  al  doppio  più.  allo  ,.  è  il  no- 
vello ponte  innalzato  nella  medesima  valle  da  quella 
parte  che  separa  Sessa  dalla  via  consolare  ,  detta  J^ia 
Nuova  ,  che  fu  cominciato  nel  lygS  ,  e  terminato  nel 
1808  .  Questo  ponte  è  costruito  di  mattoni  ,  e  d'  una 
qualità  di  pietra  bianca  dura  ,  eh'  è  una  specie  di  tra? 
vertino  ,  colà  detto  piperno  .  I  mattoni  si  fabbricano 
nel  vicino  villaggio  di  Cascano  ,  dove  sono  stabilite 
varie     fabbriche  di  stoviglie  ,    le  quali  conservano  tut- 


(  3o3  ) 

tavìa  la  forma  delle  amiche:  ed  è  da  siipporsi ,  che  an- 
che in  Cascano  esistessero  le  antiche  fabbriche  di  sto- 
viglie ,  sì  per  r  alumina  che  si  trova  nelle  sue  vicinan- 
ze ,  sì  perchè  scavandosi  s'  incontrano  lun  ghi  tratti  di 
rimasugli  di  vasi  ordinarli  ,  di  anfore  ,  e  simili  .  La 
lunghezza  di  questo  ponte  è  di  palmi  546  ,  è  largo 
palmi  trenta,  ed  alto  I25  .  Gli  archi  al  numero  di  do- 
dici poggiano  sopra  pilastri  ,  de'  quali  quelli  di  mezzo 
sono  sostenuti  da  due  altri  archi  sottoposti ,  che  occu- 
pano la  parte  profonda  della  valle  ,  eh' è  la  più  stretta. 
Mi  renderei  nojoso  se  volessi  intrattenervi  dinotan- 
dovi tutto  ciò  che  Sessa  offerisce  relativamente  ai  suoi 
edifìzii  ,  ed  alle  sue  antichità  .  Ciascuno  potrà  riscon- 
trarle neir  opera  del  suo  cittadino  Signor  Masi  del 
Pezzo  ,  che  nel  1762  pubblicò  le  memorie  della  sua 
patria  ,  ove  non  mancò  di  parlare  anche  delle  mone- 
te e  medaglie  Sessane  ,  che  avevano  un  conio  eccel- 
lente .  Io  mi  limito  a  descrivere  lo  stato  attuale  della 
sua  agricoltura  5  e  per  ciò  fare  divido  la  presente  me- 
moria in  tanti  articoli . 

Te  IT  il  or  io  , 

Il  territorio  di  Sessa  ha  1'  estensione  di  70  in  80 
mila  moggia  quadrate  .  Confina  all'  Est  con  quello  di 
Teano  ^  all'  Ovest  col  Garigliano  ,  il  quale  lo  divide 
da  quello  di  Traetto  5  al  Sud  Est  con  quello  di  Cari- 
nola ,  da  cui  vien  diviso  dalla  cresta  del  Monte  Clas- 
sico ,  celebre  pe'  vini  di  Falerno  ricordati  da  Orazio  ^ 


(  3o4  ) 
al  Sud  Ovest  col  mar  Tirreno  j  ed  al  Nord  con  quel-» 
lo  di  Rocca  Monfina  ^  e  contiene  ventiquattio  villaggi, 
dei  quali  il  più  lontano,  detto  Sctìicar'o  ,  è  distante 
da  Sessa  miglia  sei  (i)  .  Tulli  gli  altri  le  son  vicinis- 
simi ,  e  formano  con  essa  insieme  una  popolazione  tutta 
industriosa  di  tredici  in  quattordicimila  abitanti.  I  suoi 
prodotti  principali  sono  olio,  vino,  cereali,  e  civaje.  Si 
divido  in  tre  parli  ;  una  è  in  piano  ,  l'altra  incolline, 
e  la  terza  è  montuosa  .  La  prima  ,  il  cui  terreno  è  piut- 
tosto alumii^oso  ,  è  destinala  alla  semina  ,  ed  alla  pa- 
stura .  La  seconda  ,  che  ha  un  terreno  sihceo  ,  dove 
cretoso  ,  e  dove  tufaceo  ,  di  color  cenerognolo  ,  si  col- 
tiva ad  ulivi ,  e  vigne .  E  la  terza  ,  il  cui  terreno  è  un 
poco  più  cattivo  delle  colline  ,  è  incolta ,  e  non  ha  che 
delle  piccole  piantagioni  di  castagni  (2)  .  Il  miglior  ter- 
reno è  quello  accanto  al  Garigliano  ,    Il  clima  è  tem- 


(i)  Questi  villaggi  sono  Cascano  ,  Gusti  ,  Va- 
lagno  ,  Cai  boi  a  ,  Marzulo  ,  Svezzano  ,  Sorbe! lo  , 
Piedimonte  ,  Cavano  ,  Cellole  ,  Fasoni  ,  Cupa  , 
Sancastrese  ,  Lauro  ,  AuruncoUsi  ,  Corigliano  ,  Ce- 
schelo  ,  Sanimartino  ,  Sancarlo  ,  Santamaria  a  Va-r 
lo^no  ,  Fontana  Radina  ,  Ponte  3  Tauro  ,  Anlpi  . 
Ed  è  da  notarsi ,  che  in  ciaschedun  villaggio  e  l'a- 
ria la  vestitura  delle  donne  ,  le  (f itali  portano  in 
testa  una  tovaglia  differentemente  piegata  ,  ed  or- 
nata di  merletti  pili  o  meno  ricclji  secondo  la  VU' 
ria  condizione  e  fortuna  . 

(2)    Castanea  vesca  = 


(  3o5  ) 
iierato  ,  e  poco  soggetto  ali*-  dcLI'Ìp.  II  mcgplo  è  com- 
posto di  trenta  passi  quadrati  :  ed  ogni  p;',st.i)  è  lungo 
sette  )ialini  e  mezzo  .  All'  infuori  del  Liri  ,  che  lo  ba- 
gna dalla  parte  di  Ponente  non  ha  altri  fiumi  .  Vi  so- 
no però  de'  ruscelli  ,  dd'  quali  quello  ,  che  corre  per  la 
valle  di  Sansevile  ,  e  che  parte  dal  Monte  Gaiiro  , 
alle  cui  pendici  giare  Rocca  Monfina  ,  è  il  più  ahLon- 
dante.  Dopo  aver  questo  ruscello  animati  varii  niolini, 
va  a  perdersi  nel  Liri. 

Tutta  la  campagna  non  è  che  pochissimo  abitata. 
Ciò  sarà  forse  avvenuto    dall'  essere    i  suoi  villaggi  tra 
'oro  molto  vicini  :    ma  oltre  ciò  io  penso  ,   che  nasca 
dalla  poca  sicurezza,  che  prima  vi  era  abitandosi  lon- 
tano dalla  Città,  e  da'  villaggi-   e  dall'  aere  ,  che  nella 
state  è  pessima  nella  parte  piana  pe' piccoli  stagni,  che, 
come  in  tutto  il  littorale  del  Regno,  esistono  anche  colà, 
e  pel  lago  detto  Pantano  ,    che  anticamente  fu  cono- 
sciuto sotto  il  nome  di  Paludi    Mmturnesi  ,    celebri 
*ina  volta  ,  perchè  ivi  si  nascose  Mario  allorché  fuggiva 
le  crudi  Uà  di  Siila.  Quell'aria  non  solamente  pregiu- 
dica  la  pianura  ,  ma  anche  le  colline,  allorché  i  venti 
di   mare  strascinan  seco  loro  qtiei  miasmi  .  E  non  solo 
mancano    le  abitazioni  campestri  ,     i  poderi    non  han 
chiusure  affjtto  ,    all' infuori    di  taluni    posti    a  canto 
della  via  consolare  ,    che  hanno  delle  siepi  di  sambu- 
co (i)  e  di  rovo  (2)  . 
39 

(i)  Sambncus  nì^ra. 
(2)  Ruhiis  fruticosiis  . 


(  3o6  ) 

Gli  alberi  sparsi  per  la  campagna  sono  castagni,  e 
guercie  (i)  .  Nelle  vallate  incontransi  de'  pioppi  (2)  , 
e  degli  olmi  (5)  ,  dai  quali  i  Sessani  non  raccolgono 
le  foglia  per  nutrirne  il  bestiame,  se  non  nel  solo  caso, 
che  mancasse  loro  qualunque  altro  foraggio  j  ma  non 
sanno  conservarle  nell'  inverno  . 

II  cibo  ordinario  de' contadini  ,  e  delle  contadine, 
le  quali ,  all'  infuori  dell'  arare,  e  del  potare  ,  sono  im- 
piegate in  tutte  le  altre  faccende  campestri  ,  consiste 
in  minestre  di  ortaglie  ,  d'  erbe  selvatiche  ,  e  di  civaje. 
Il  pane  che  loro  si  dà  è  di  bolu  formentone  ,  e  quello 
di  frumento  è  cattivo,  né  si  dà  vino,  se  non  nel  solo 
tempo  della  messe  ,  epoca  in  cui  il  prezzo  della  gior- 
nata dai  due  ai  tre  carlini  ,  che  è  1'  ordinario  ,  aumen- 
ta sino  a'  cinque  .  La  polenta  ,  eh' è  il  cibo  il  più  sa- 
no per  la  gente  di  campagna  ,  non  si  conosce  affatto . 
Gli  strumenti  rurali  son  molti,  e  ben  lavorati  ,  e 
si  fabbricano  in  Sessa  ,  ove  se  ne  fa  Io  spaccio  in  ogni 
giovedì  ,  giorno  di  mercato  (4)   ?  al  quale  concorrono 


(1)  Qiiercus  racemosa  . 

(2)  Populiis  tremula  ,  alba  ,  ecc. 

(3)  L'imus  campestris  . 

(4)  Tra  gii  .strumenti  rurali,  che  Jin  dalla  più 
remota  antichità  si  usano  in  Terra  di  Lavoro ,  ed 
in  oltre  Provincie  del  nostro  Regno  ,  merita  di  es- 
ser ricordato  lo  stranio,  ossìa  la  tragula  menzionata 
da  Fanone  ,  ddla  quale  ha  parlato  il  Sig.  Abbate 


(3o7) 
Ijoìl  solo  gli  abitanti  dei  villaggi  del  Circondarlo  y  ma 
i  Cittadini  di  Carinola  ,  Teano  ,  e  Roccamonfìna  ,  ed 
anche  quei  di  Mola  ,  e  di  Gaeta  ,  che  vanno  a  provve- 
dersi di  vaccine  .  Ma  ,  oltre  del  mercato  ,  la  piazza 
abbonda  di  carne  eccellente  ,  e  di  ogni  sorta  di  com- 
mestibili ,  e  si  lia  il  piacere  di  avere  dell'  olUmo  pe- 
6ce  ,  il  qnale  per  la  vicinanza  del  mare  ordinariamente 
arriva  due  ore  dopo  pescato . 

Coltivazione . 

I  terreni  per  lo  più  si  coltivano  a  conto  proprio. 
Si  risano  per  le  mezzadrie,  volgarmente  colonie,  e  gli 
affitti ,  che  ordinariamente  si  stabiliscono  in  generi ,  e 
rinnovansi  in  ogni  biennio  .  La  coltivazione  è  alterna- 
iiva  .  Ogni  podere ,  sia  grande  o  piccolo  ,  vien  diviso 


Romanelli  nella  ^iin  memoria  ,  inserifa  nel  voi.  V. 
delle  Notizie  interessanti  V  agricoltura  ,  sulle  due 
macchine  usate  dagli  antichi  per  trebbiare  il  grano  . 
Egli  e  questo  ,  come  sapete  ,  un  carro  senza  ruote, 
che  serve  per  trasportare  le  gregne  dal  campo  al- 
l' aja ,  ed  i  fasci  del  fieno  dal  prato  al  fenile  .  E 
Ja  meraviglia  ,  che  potendolo  egli  vedere  alV  uscir 
da  Napoli ,  non  essendovi  podere  ,  ove  non  se  ne  fac- 
cia uso  ,  ci  mandi  sino  al  Danubio  per  farcelo  co- 
noscere . 


(  3o8) 
in  due  partì  .  Nell'atto  che  una  parte  vien  coltivata  a 
frumento,  o  a  biada  ,  l'altra  si  suddivid..-  in  due  mela, 
delle  quali  una  si  ara  ,  e  rimane  a  maggese  sino  alla 
novella  semina  ,  e  1'  altra  si  coltiva  a  ci^aje  ,  a  for- 
mentone (i)  ,  a  lupini  (2)  ,  ed  a  prato  ,  sotto  il  qnal 
nome  s'intende  la  coltivazione  del  trifolitim  sativiim(J>) 
di  Cirillo  ,  oppure  a  pascane  ,  la  qnal  coltivazione 
consiste  nel  seminare  rape  (4)  ,  lupini  ,  e  sorgo  (S) 
che  si  dà  a  pascere  al  bestiame  jjer  tutto  il  mese  di 
febbrajo  ,  e  quindi  si  zappa  o  si  vanga  ,  seppellendo 
r  erbe  rimaste  .  Passato  1'  anno  ,  la  metà  coltivata  a 
frumento,  o  a  biada  vien  destinata  alle  civaje,  al  for- 
mentone ,  ed  a  prato  ,  e  quella  che  ha  dato  il  formen- 
tone ecc.  riceve  il  frumento  ,  o  la  biada  .  Sono  stato 
assicurato ,  che  la  parte  che  più  rende  è  sempre  quella 
che  restò  a  maggese  *,  e  con  ragione  ,  poiché  riceve 
cinque  arature,  ed  una  proporzionata  quantità  di  leta- 
me ,  e  perchè  ordinariamente  viene  stabbiata  :  le  quali 


(i)   Zea  mays. 

(2)  Liipinus  albns . 

(3)  Di  questo  trifoglio  ve  ne  sono  due  varietà . 
Uno  vien  detto  tempestivo  ,  che  si  falcia  a  tutt''  apri- 
le ,  et  altro  chiamasi  verdosco  che  dura  per  tutto 
giugno  . 

(4)  Brassica  rapa. 

(5)  Holeus  sorguin. 


(  3o9  ) 
cose  non  si  pralicano  all'  alua  metà  ,  a  cui  non  si  pre- 
mettono che  due,  o  al  più  tre  araluie  ,  e  non  se  le  dà 
«litro  ingrasso  clie  il  soverscio  . 

Il  grano  seminalo  si  copre  con  un  erpice  chiamato 
Abhatiello,  eh' è  assai  più  piccolo  dell'ordinario,  che 
chiamasi  Mangano  ,  il  quale  si  usa  dalla  parte  dove 
non  vi  si  son  denti  per  rompere  le  zolle  delle  arature, 
e  dalla  parte  opposta  per  appianare  1'  nltimo  lavoro. 

Campo. 

Sotto  questo  nome  non  solamente  s' intende  dai 
Sessani  un  pezzo  di  terreno  privo  di  alberi ,  ma  qua- 
lunque altro  ,  che  si  destina  a  cereali  ,  ed  a  civaje  , 
benché  arborato. 

Il  frumento  si  semina  a  getto  in  settembre  senza 
dar  veruna  preparazione  alle  semenze.  Si  ha  però  cura 
di  scegliere  i  grani  migliori  •  e  se  ne  sparge  un  tomo- 
lo ,  cioè  circa  cinquanta  rotola  per  ogni  moggio  di 
terreno  ,  qualunque  sia  la  specie  ,  o  duro,  o  gentile  : 
ma  non  si  coltiva  mai  una  specie  sola  .  La  semina  si 
fa  in  confuso  ,  sulla  falsa  credenza,  che  se  una  venisse 
a  patire,  rimaner  possa  illesa  l'altra.  Per  questa  mede- 
sima ragione  mischiasi  ai  formenli  anche  la  segale(])5 
che  non  si  coltiva  mai  a  solo. 

Nato  il  frumento,  in  gennapb  non  si  sarchia  ,  ma 


(i)  Secale  cereale  . 


(  3io  ) 
si  ara  ,   il  che  dicesi  solcare  :  in  marzo   si  zappetta  ^ 
ed  in  maggio  il  campo  si  monda  da  tutte  l'erbe  spon- 
tanee,    come    papaveri  (i)  ,    felici  (2),    ed  altre  erbe 
parassite ,  ciò  che  si  pratica  svellendole  colle  mani. 

Oltre  del  frumento  ,  si  coltiva  anche  V  orzo  (5)  , 
e  la  vena  (4)  nel  modo  istesso.  Le  fave  (5)  poi  si  se- 
minano in  ottobre  .  Nate  le  piante  ,  il  terreno  non  si 
zappa ,  ma  si  ara  ,  il  che  fatto  lasciansi  in  loro  baha  , 
ed  esposte  alla  voracità  dell'erbe  parassite  sino  alla 
raccolta.  La  specie,  che  si  coltiva  in  preferenza,  è  la 
fava  piccola  ,  detta  Java  da  cavalli  .  La  specie  delle 
grandi  si  coltiva  soltanto  negli  orti ,  come  i  jùselli  (6), 
poicliè  usasi  di  mangiarle  fresche  ,  e  non  secche  .  I 
fagiuoli  (7)  ,  de'  quali  vi  è  una  specie  bianca  piccolis- 
sima ,  ed  eccellente  al  gusto  ,  detta  risiilo  (8) ,  si  col- 
tivano unitamente  al  formentone  j  non  così  le  lenti  (9), 
e  le  cicerchie  (io)  .    Queste  due  specie  si  seminano  a 


(i)  Papaver  Jìeas. 

(2)  Pteris  Aquiliiia. 

(3)  Hordeum  vulgare, 

(4)  Avena  saliva. 

(5)  Vida  f ab  a. 

(6)  Pisimi  sativiiin. 

(7)  Phaseolus  ^ulgaì'is. 

(8)  Phaseolus  vulgaris  albuS' 

(9)  Erviun  lens. 
(io)  Lathirus  sativus. 


(5ii) 

solo  j  e  della  prima  ve  a'  è  una  varietà  di  forma  pic- 
colissima,  e  quasi  sferica,  eccellentissima  al  gusto,  che 
lingcsi  di  olio ,  onde  preservarla  dai  gorgoglioni.  Tanto 
i  fagiuoli  ,  quanto  le  lenti ,  e  le  cicerchie  ,  si  seminano 
in  primavera,  e  raccolgonsi  in  estate. 

Una  delle  parti  del  campo  viene  occupata  dal  for- 
mentone ,  a  cui  si  destina  quella  porzione ,  che  restò  a 
maggese  ,  e  si  prepara  ,  o  col  soverscio  ,  o  col  pasca- 
ne .  Il  lino  (i)  anch'  esso  occupa  costantemente  una 
parte  del  campo  .  La  specie  che  si  coltiva  è  l' inver- 
nengo ,  e  si  fa  macerare  nelle  acque  stagnanti ,  ove  si 
fa  macerare  anche  la  canapa  (2)  j  la  cui  coltivazione 
per  altro  non  si  estende  ,  che  pel  solo  bisogno  delle 
famiglie  . 

La  trebbiatura  si  esegue  facendo  camminar  i 
bovi  ,  e  le  giumente  sopra  le  gregne  .  Pochi  usano  il 
coreggiato .  È  ben  pochi  sono  i  poderi  ,  che  hanno  le 
aje  lastricate  . 

Caderebbe  qui  in  acconcio ,  che  dicessi  qualche 
cosa  delle  macchine  colle  quali  si  dovrebbe  far  eseguire 
la  trebbiatura  j  oggetto  tanto  importante,  che  ha  meri- 
tato mai  sempre  1'  attenzione  di  tutti  gli  agronomi  ed 
agricoltori,  e  di  tutte  le  Società  di  Agricoltura  dell'Eu- 
ropa :  ma  io  mi  riserbo  di  farvcne  parola  un'  altra 
volta  .    Intanto   avendo   lo    stesso    Sig.  Abbate  Roma- 


(i)  Linum  usitatìssìmum, 
(2)  Canabis  saliva. 


<  5i2  ) 
nelli  ,  nella  prelodata  memoria  sulle  due  macchln©  • 
usate  dagli  antichi  per  trebbiare  il  grano  ecc.  ,  voluto 
investigare  quale  poteva  essere  //  tribolo ,  e  quale  il 
jifostello  punico,  di  cui  parla  Varrone,  dandone  anche  i 
disegni,  non  posso  far  a  meno  di  ricordarvi,  che  nelle 
nostre  proviucie  di  Bari,  e  di  Lecce  si  usa  un  tribolo 
assai  preferibile  a  quello  descritto  da  questo  Patriarca 
dell'Agricoltura  Romana,  poiché  non  consiste  in  un 
pezzo  di  legno  ornato  di  ferri  ,  o  di  pietre  ,  ma  in  un 
pezzo  di  travertino  ,  chiamato  pesara  ,  o  di  altra  pie- 
tra calcarea  ,  lungo  palmi  tre  ,  e  largo  da  uno  a  due 
palmi  ,  il  quale  vien  tirato  da  un  pajo  di  bovi  guidati 
da  un  uomo  ,  che  molte  volte  si  tiene  in  piedi  sul 
sasso  ,  onde  renderlo  più  pesante  .  Se  in  vece  di  un 
sasso  solo ,  se  ne  usassero  due  ,  come  io  aveva  proposto 
nelle  mie  Istituzioni  Agrarie  ,  stampate  in  Roma  nel 
1791  ,.  e  poi  in  Milano  nel  180T  ,  oppure  se  questo 
sasso  si  facesse  strascinare  da  un  carro  le  cui  ruote 
fossero  dentate ,  voi  vedete  bene  ,  che  si  avrebbe  una 
macchina  assai  migliore  del  plostello  punico  imma- 
ginato dal  signor  Abbate  Romanelli. 

Concimazione  ,  ed  Ingrassi. 

La  concimazione  non  si  conosce  affatto,  e  neanche 
la  marnazione.  Degl'  ingrassi  ,  oltre  del  soverscio  ,  di 
cui  ho  già  parlato  ,  si  usa  il  letame  ,  e  lo  stabbio  .  Il 
letame  formasi  di  qualunque  materia  ,  non  escluso  il 
fimo  de'  majali  :    ma  si  fa  maturare  a  cielo  aperto  ,    e 


(3i3) 

si  adopera  non  bene  scusso  .  Il  suo  prezzo  ordinario 
è  di  due  carlini  al  carro .  Le  fecce  umane  all'  incotro 
si  pagano  di  più  ;  si  fanno  bene  stagionare ,  e  si  ado- 
perano soltanto  negli  orti. 

Prati . 

Se  non  si  usasse  il  così  detto  Pascane  ,  eh'  è  un 
prato  annuale  ,  non  si  conoscerebbero  i  prati  artificiali 
il  quale ,  come  dissi  ,  fa  parte  della  rotazione  j  non  vi 
è  perciò  proporzione  veruna  tra  i  prati  ed  i  seminati , 
pon  destinandosi  i  pasconi  ,  ch$  al  solo  nutrimento  de- 
gli animali  addetti  al  lavoro.  Le  mandre  si  nutriscono 
ne'  boschi ,  e  ne'  pascoli  naturali  ,  ove  abbondano  varie 
specie  di  trifogli  ,  e  particolarmente  il  rosso  (i)  ,  ed 
\\  bianco  (2)  . 

Orti ,  e  Giardini. 

Gli  orti  fan  parte  de'  giardini  j  son  tutti  all'  in- 
torno della  Città  ;  e  sono  cosi  abbondanti  in  ogni  sorta 
4^  eccellenti  ortaglie,  che  da  Sessa  vengono  provveduti 
tutt'  i  villaggi  vicini .  Eccellenti  sono  anche  i  frutti  . 
Gli  strumenti  degli  ortolani  consistono  in  due  zappe 
4ella  medesima  forma ,  una  grande  ed  una  piccola  ,  e 
di  un  piantatore. 

_± 

(i)  Trifolium  incarnatum. 
(3)  Trifolium  repens. 


(  3i4  ) 
Ulivi . 

Gli  ulivi  (i)  si  moltiplicano  piantando  in  aprile  , 
e  maggio  le  talee  ,  colà  dette  piantoni  ,  che  sono  i 
rami  giovani  del  diametro  di  un  quarto  di  palmo,  ed 
alti  da  otto  in  dieci  palmi.  Prima  di  piantarli  non  si 
scorzano  ,  ma  si  denudano  dell'  epidermide  ,  per  uà 
palmo  e  più  dalla  parte  che  andar  deve  sotterra  ,  e 
pongonsi  ciascuno  in  una  fossa  ,  preparata  due  mesi 
prima  ,  profonda  palmi  cinque  ,  e  larga  quattro  ,  op- 
pure si  fa  un  fossato  lungo  quanto  il  podere ,  ove  di- 
spongonsi  alla  distanza  di  24  sino  a  28  palmi.  I  pian- 
tati nelle  fosse  non  hanno  verua  ordine. 

Benché  gli  uliveti  occupino  per  Ja  maggior  parte 
le  colline  ,  pur  non  di  manco  vi  si  praticano  tutte  le 
coltivazioni  ,  come  n^i  campi  in  piano  ^  cosicché  le 
arature  ,  e  gl'ingrassi  servono  più  pe' cereali,  e  per  le 
civaje  ,  che  per  gli  ulivi ,  ai  quali  non  si  usa  veruna 
attenzione.  Evvi  però  qualcheduno  che  ingrassa  i  suoi 
ulivi,  scalzando  gli  alberi,  e  ponendo  il  letame  intorno 
al  pedale .  E  non  ostante  che  dalla  metà  de.llo  scorso 
secolo  si  sia  introdotta  la  potatura  ,  che  prima  noa 
conoscevasi  affatto ,  questa  é  così  mal  regolata ,  e  mal 
diretta  ,  che  lasciansi  andar  in  alto  gli  alberi  a  lora 
voglia  . 


(1)  Olea  Europaea . 


(5.5) 
"Le  varietà  che    si  coltivano    sono  quattro  ,    dette 
Gaetana  ,    Cicinella ,    Olivella  ed  Olivastra  .    Evvi 
anche  qualche  albero  di  ulivo  di  Spagna  .    Quella  che 
dà  il  miglior  olio,  ed  in  maggior  quantità,  è  \a.  Cici- 
nella.   L'  olio  è  eccellente  ^  ma  lo  sarebbe  in  superior 
grado  ,    poiché  non  è  grasso  ,  se  le  olive  si  raccoglies- 
sero  a  tutto  dicembre  ,    e  non  si  aspettasse  che  cades- 
sero da  loro  stesse,  e  se  non  si  bacchiassero  gli  alberi, 
allora  quando  non  cadano  ,  come  succede  nelle  inver- 
nate fredtle  ;    se  si  usasse    la    nettezza    negli    utensili  , 
lavandoli  con  ranni  e  liscive  ^  e  se  prima  ili  macinarle 
non  si  tenessero    per  quaranta  giorni  in  serbo  in  tante 
vasche  ,    dette  Rine  ,    per    riscaldarle  .    Ogni  vasca  ne 
contiene    da'  quaranta  ai  cinquanta    tomoli.    Macinate 
le  olive  ,    pongousi  nelle  gabbie  ,    che  si  sottopongono 
non  già  al  torchio  ,    ma  ai  pendoloni  (i).  Gli  olii  per 
altro    si   conservano   bene  ,    poiché  ripongonsi    in  vasi 
,di  terra  cotta  verniciata  . 

J^iti ,  e  Vino  . 

La  vigna  si  porta,  attaccando  ogni  vite  ad  un  olmo, 
e  legandole  una  all'  altra  in  modo  che  formino  tanti 
festoni  ,  lo  che  dicesi  Arbusto  ,  colla  qual  voce  espri- 


(i)  Evvi  però  quahheduno  che  usa  il  torchio  . 
Ne  vidi  uno  assai  ben  fatto  nella  Masseria  del 
Signor  Paolo  de  Ruosi  di  Casale. 


mevansi    anche    gli  antichi  ;    ed  occupano    le  colline , 
Havvene  anche    nelle   pianure  ,    ma  in  poca  quantità  . 
La  loro  moltiplicazione   si  ottiene  per  mezzo    dei  ma- 
gliuoli ,  e  delle  barbatelle ,  mettendo  i  primi  in  genna- 
jo  ,    e  le  seconde   in  aprile  j    o  in  fossi  lunghi  quanto 
il  podere ,  profondi  quattro  palmi  ,  e  larghi  due ,   op- 
pure in  tante  fossatelle  preparate  due  mesi  prima  ,  lar- 
ghe, e  profonde  quattro  palmi.  Così  piantate ,  si  fanno 
crescere  da  dieci  in  dodici  palmi  ^  e  giunte  a  quest'al- 
tezza non  si  ha  veruna  cura  per  la  coltivazione  annuale 
successiva ,  all'  infuori  della  potatura  ,  che  ha  luogo  in 
gennajo ,  e  della  mondatura,  che  si  pratica  in  giugno. 
Le  arature  ,    e  gli  altri  lavori  servono  più  pe'  cereali  , 
e  per  le  civaje ,  che  vi  si  seminano  ,  che  per  le  viti. 

I  vitigni,  che  si  coltivano  sono  al  numero  di  tren- 
ta ,  venti  di  specie  bianca ,  e  dieci  di  specie  nera  ,  e 
ciascuno  ha  de'  nomi  arbitrarli  .  Le  migliori  uve  pel 
vino  sono  le  nere  ;  ma  per  la  maggior  quantità  delle 
bianche ,  i  vini  son  quasi  tutti  scolorili ,  ed  ordinaria- 
mente non  buoni  ,  sì  perchè  non  si  ha  l' uso  dello 
spampanare  ,  per  lo  che  le  uve  non  sempre  arrivano 
alla  perfetta  maturità  ,  come  anche  perchè  non  si  usa 
veruna  attenzione  nella  loro  fabbricazione .  Ecco  il 
modo  che  si  pratica  ; 

Vendemmiate  le  uve  sul  finir  di  settembre  ^  nulla 
badandosi  se  sieno ,  o  no  interamente  mature ,  si  por- 
tano nelle  vasche  ,  o  nei  tini  ,  che  preparansi  nella 
vigna  medesima  ,  ove  pigiansi  .  Il  mosto  che  ne  cola 
si  pone  negli  otri ,  e  trasportasi  in  Città ,  ove  si  passa 


(3i7) 
im  mediatamente  nelle  botti ,  che  chlamansl  fusti  .  Le 
cantine  sono  per  lo  più  umide  ,  e  poco  ventilate  .  La 
grassa  si  stringe  per  mezzo  dei  pendoloni,  ed  il  mosto 
che  ne  cola  si  mischia  col  primo  ,  che  colò  dopo  la 
pigiatura.  Evvi  però  qualcheduno  ,  tra  i  quali  il  Signor 
Struftì  ,  che  usa  lo  strettojo  ,  e  che  fa  fermentare  il 
mosto  unitamente  alla  grassa  (i)  :  ma  per  adattarsi 
al  gusto  del  paese  ,  che  preferisce  i  vini  bianchi  e 
dolci  ai  rossi  ed  asciutti ,  non  fa  egli  terminare  la  fer- 
mentazione ^  per  ciò  la  parte  zuccherosa  non  tutta  si 
decompone  ,  ed  il  vino  uun  acquista  tutto  il  colore  . 
Durante  la  fermentazione ,  e  per  lutto  gcnnajo ,  epoca 
della  tramuta  ,  si  ha  cura  di  tener  sempre  piene  le 
botti.  Fatta  la  tramuta  nulla  importa  il  sopraempirle  , 
poiché  il  vino  non  ne  soffre  ,  e  si  può  impunemente 
tener  le  botti  semipieue  y  purché  se  ne  tiri  vino  ogni 
giorno.  Le  botti  son  di  castagno  cerchiate  di  ferro,  ed 
hanno  ciascuna  il  suo  portello  corrispondente.  E  chiaro 
che  vini  in  tal  guisa  fabbricati  ,  e  tenuti  in  cantine 
umide,  e  poco  ventilate,  non  possono  aver  lunga  du- 
rala 5  cosicché  i  Sessani  sono  obbligati  di  vendere  i 
loro  vini  in  primavera  ,  e  provvedersi  di  vini  straniar 
per  la  state,  e  per  l'autunno. 


(i)  La  cantina  del  Signor  Stniffi.  occupa  una 
parte  delle  antiche  Terme ,  in  cui  tuttavia  vengonsi 
i  residui  delle  vasche  e  de'  condotti  per  dove  cor- 
reva /'  acqua. 


(3i8) 
Boschi. 

I  boschi  occupano  una  porzione  della  pianura 
dalla  parte  del  mare,  e  del  Pantano  ,  e  tutta  la  falda 
del  Monte  Massico  da  Cascano  sino  al  mare.  Gli  alberi 
dominanti  sono  le  querce  (i)  colle  cui  ghiande  ingras- 
sansi  i  majali.  Il  terreno  de'  boschi  è  destinato  ,  come 
tutti  gli  altri  del  Regno  ,  al  pascolo  delle  vacche. 

Vi  sono  anche  delle  selve  cedue  castagnai!  ,  che 
tagliansi  regolarmente  ogni  s4  auui , 

Risaje  . 

Fortunatamente  non  esistono  risaje  ,  che  In  po- 
ca quantità  nei  villaggi  di  Corigliano  ,  e  Bancario  :  le 
quali  si  coltivano  nel  modo  stesso  ,  che  praticavasi  in 
Salerno  ,  vale  a  dire  ,  che  essendo  artificiali  ,  e  noa 
naturali  ,  1'  acqua  non  si  dà  ,  né  si  può  togliere  se?» 
condo  il  bisogno ,  come  si  fa  in  Lombardia. 

Animali  . 

Tanto  i  bovi ,  quanto  le  vacche  hanno  quel  pela- 
me bianco  detto  marino  .  I  bovi  allevansi  pe'  lavori , 
e  nutrisconsi  a  stalla  con  fieno  o  paglia,  né  si  dà  loro 


(i)  Quercus  racemosa ,  et  robur. 


biada.  Le  vacche  poi  allevansi  per  averne  la  prole,  e'I 
latto  ,  da  cui  fabbricasi  il  caciocavallo  ,  e  nutrisconsi 
ftei  boschi  ,  ove  vivono  all'  aperto  tanto  di  giorno  quan- 
to di  notte.  Lo  stesso  si  fa  per  le  bufale  ,  col  cui  latte 
si  fabbricano  le  provature ,  o  siano  le  provole ,  e  mo:i- 
sarelle. 

Vi  sono  anche  delle  razze  di  cavalli ,  ma  ben  po- 
che ,  e  di  qualità  mediocre  .  Pochi  sono  anche  i  muli . 
Non  cosi  gli  asini ,  che  sono  abbondantissimi.  In  man- 
canza di  questi  nnimali  i  Sessani  Hou  potrebbero  senza 
grandissima  spesa  far  la  vendemmia  ,  e  la  raccolta  delle 
olive  ,  essendo  gli  asini  gli  animali  i  più  opportuni  al 
trasporto  del  mosto ,  e  delle  olive  dalla  campagna  alla 
Città  ,  ove ,  come  dissi ,  esistono  i  trappeti ,  e  le  can- 
tine . 

I  majall  sono  della  specie  di  quelli  senza  peli  . 
Nutrisconsi  in  campagna  sino  all'epoca  dell'ingrasso, 
a  quale  oggetto  si  dà  loro  ghiande ,  oppure  castagne ,  e 
formentone  .  Oltre  1'  uso  della  carne  ,  che  si  mangia 
fresca  da  ottobre  a  tutto  il  Carnevale  ,  si  fabbricano 
degli  eccellenti  prcsciuttl  ,  ed  altri  salami. 

Le  pecore  sono  di  razza  gentile  ,  e  la  lana  sareb- 
be ottima,  se  nell'inverno  si  facessero  pernottare  negli 
ovili  ,  invece  di  tenerle  a  stabbiare  chiuse  ntU'  agghiac- 
cio. Fatta  la  tosatura  in  maosio  si  mandano  alla  mon- 


'bb' 


lagna . 


Le  capre  sono  anch'  esse  di  buona  razza  ,  e  cosi 
feconde  che  ordinariamente  danno  due  figli  ad  un  par- 
lo .    Tengonsi  la  notte  nelle   stalle  ,    mandauJole  nel 


(  520  ) 

giorno  alla  campagna  ,  ove  arrecano  de'  non  pic- 
cioli guasti  .  Il  latte  tanto  delle  pecore  ,  quanto  delle 
capre  serve  per  farne  cacio  ,  il  quale  sarebbe  eccellen- 
te se  fosse  meno  salato  (i)  . 

Filugelli  non  se  ne  allevano  affatto  .  Non  così  le 
api  che  custodisconsi  in  arnie  di  pietre  ,  o  in  tronchi 
di  alberi  .  Ho  visto  però  qualche  arnia  di  tavole  .  Il 
miele  sarebbe  ottimo ,  se  le  arnie  si  smelassero  :  ma  per 
disgrazia  della  buona  economìa  in  Sessa  le  api  si  am-i 
mazzano  per  ricavarne  il  miele  . 

Conchiusione . 

Da  tutto  ciò  che  ho  avuto  1'  onore  di  rappresentar-i 
vi,  illustri  Colleghi,  è  facilissimo  lo  scorgere,  che  non 
vi  ha  parte  della  rurale  economìa ,  che  in  Sessa  ,  e  nel 
suo  Circondario  (  e  potrei  dir  lo  stesso  de'  Circondarli 
di  Teano  ,  Carinola  ,  Traetto  ,  ed  altri  di  Terra  di  La- 
voro )  ,  non  abbia  difetti ,  e  che  ,  questi  corretti  ,  ot- 
terrebbesi    in  quei  luoghi  un  vantaggio    notabilissimo  ; 


(i)  Se  questo  formaggio  fosse  ben  fabbricato  ^ 
potrebbe  riavere  quel  posto  ^  che  ottenne  nelV  antichi- 
tà y  per  cui  fu  ricordato  da  Plinio  nel  cap.  42  del 
lib.  XI.  sotto  il  nome  di  Cacio  cedizio  ,  poiché  fabbri- 
catasi ,  al  riferir  del  Signor  Dacier  ,  nel  campa 
Cedizio  nelle  vicinanze  di  Sinuessa ,  oggi  Mondra^ 
gone. 


(321    ) 

vantaggio  che  sarebbe  poi  di  gran  lunga  maggiore  ,  se 
vi  si  accoppiasse  la  premura  di  trar  profitto  da  tanti 
oggetti  ,  che  ora  si  trascurano  ,  e  se  s' introducessero 
e  nuove  pratiche  ,  e  novelle  coltivazioni.  Io  non  man- 
cai nella  mia  dimora  colà  di  far  toccar  con  mano  a 
coloro ,  che  ebbi  occasione  di  conoscere ,  qual  bene  ri- 
caverebbero ,  se  si  applicassero  a  migliorare  la  loro  agri- 
coltura .  Diedi  anche  loro  i  miei  libri  .  Ma  cosa  può 
far  la  voce  di  nn  ^n\o  ?  Il  hene  generale  agronomico 
della  nostra  Nazione  non  si  può  ottenere  che  da  que- 
sto lieal  Istituto  ,  come  quello  da  cui  diramar  debbonsi 
i  lumi  necessari!  in  tutto  il  Regno  ,  e  da  cui  dipen- 
dono le  Società  Economiche  ,  che  il  Governo  con  tan- 
ta saviezza  ha  già  stabilite  in  ogni  Provincia  . 

Rivolgete  perciò  ,  illustri  Colleghi  ,  le  vostre  cure 
su  ciò:  ma  prima  di  tutto  vi  sia  a  cuore  l'introduzio- 
ne dei  prati  artificiali  irrigui  •  Favoriteli  ,  per  quanto 
è  a  voi.  Sollecitatene  lo  stabilimento  :  poiché  solamen- 
te da  questi  si  potrà  ottenere  1'  aumento  del  bestiame 
bovino  ,  che  già  comincia  a  mancare  j  e  si  potranno 
rendere  utili  quelle  acque,  che  in  Terra  di  Lavoro  pro- 
ducono r  aria  lual^aiia  ^  cosicché  inutili  e  sterili  ,  o 
semplicemente  destinate  alla  pastorizia  errante  ,  giac- 
ciono migliaja  di  moggia  di  terreni  ,  che  potrebbero 
restituirsi  all'  agricoltura  . 


4» 


(  322   ) 

Estratto  di  alcune  notizie  de'  velenosi  effetti , 

che  sulle  pecore  bianche  produce  la  pianta 

del  Fumalo  (  Hypericum  Grispum  L.  ) 


D> 


'a  molto  tempo  è  noto  ai  pastori  dì  pecore  della 
Provincia  di  Lecce  nel  Regno  di  Napoli  ,  che  le  pe- 
core bianche  ,  a  causa  del  fumolo ,  andavano  a  peri- 
re .  Anche  il  Professor  D.  Domenico  Cirillo  fin  dal 
1787  avea  annunziata  questa  verità,  allorché  nel  II.  Vo- 
lume della  sua  Opera  che  ha  per  titolo  :  Fundamenta 
Botanicce  pag-  i35  ci  lasciò  scritto  qnaniu  siegue  — 
Hypericnni  Crispum  :  Frcesentaneuin  ovium  albarum 
venenum  j  ideo  omnes  quce  modo  in  agro  Tarentino 
aluntur  nigrcB  sunt  :  nec  lana  inter  reliquas  emi- 
net ,  uti  tempore  Romanorum  .  Portasse  tunc  pianta 
hcec  rarior  .  Boves  contra  Hypericum  crispum  co~ 
medunt  sine  ulla  nota  :  verum  si  dum  hoec  herba 
vescentur  ,  lingua  partem  aliquam  proprii  corporis 
lambendo  humectant  cutis  statim  depilatur  .  p^ulgo 
ab  incolis  appellatur  Fumulo  .  Crescit  quoque  in 
SicilicB  campis  . 

Il  Sig.  Manni  di  Lecce ,  Socio  corrispondente  di 
questo  Real  Istituto  ,  ci  ha  dato  un  qualche  dettaglio 
degli  effetti  del  fumolo.  Il  nostro  fumolo,  egli  dice, 
»  (  Hjpericuni  Crispum  L.  )  verso  la  line  di  Aprile 


(  323  ) 
M  incomincia  a  danneggiare  le  pecore  bianche.  La  ra  at- 
7)  tina,  menate  che  sono  al  pascolo  ,  mentre  si  cibano  , 
M  delle  aUre  erbe  ,  toccando  con  le  labbra  e  colla  iac- 
j>  eia  la  pianta  del  futnolo  aspersa  di  brina,  all'istan- 
w  te  il  mento  e  le    labbra  si    trovano    investite  di  un 
3>  certo    umore  .    Esse    probabilmente    incominciano   a 
ì)  soffrire  una  sensazione  molesta,  cercano  a  tutta  pos- 
w  sa  di    liberarsene  ,     stropicciandosi  le    labbra    ed  il 
w  mento  per  varitì  parti  del  corpo  .  In  tal  modo  spar- 
j>  gono  il  veleno  in  diversi  luoghi  della    macchina  j  e 
»  con  maggior  prontezza  ,  se  pochi  giorni  prima  loro 
»  si  fosse  tosata  la  lana  .    Incominciasi  a    tumefare  la 
3)  faccia  ,    si    dipela  ,    addiviene    ancor    erpetica    ogni 
j>  parte  del  corpo,  ove  colle  labbra  si  è  portato  il  ve- 
»  leno .  Si  manifesta  un  mal  essere  generale  .  Alle  vol- 
M  te  perdono  la  facoltà  di  vedere  :  non  pascolano  ■«   La 
jj  maggior  parte-  in  mezzo  a  delle  convulsioni  ne  muo- 
j>  re  tra  lo  spazio  di  due  settimane  j  altre  poi ,  me  nan- 
»  do  una    vita  meschina  ,  seguitano  a    vivere   per  più 
j>  mesi ,    precipitando    sempre   in    salute   e    finalmente 
3>  ne  muojono  . 

jj  E  costante  l'osservazione,  che  il  veleno  del  fu- 
«  mulo  offenda  espressamente  le  pecore  bianche  men- 
ji  tre  le  nere  non  ne  soffrono  alcun  danno  . 

Anche  il  Socio  corrispondente  ,  Sig.  Marinosci  di 
Martina ,  ci  ha  forniti  di  alcune  notizie  sulP  argomen-. 
te  in  quistione  .  Egli  ben'  anche  riguarda  /'  hyperi- 
5j  cuTn  crispum  come  un  veleno  particolare  alle  peco- 
>»  re  bianche  senza  alcuna  macchia    di  nero    sulla    la- 


(   224  ) 

V  na  j  e  che  gli  effetti  di  questo  veleno  si  estendono 
»  ancora  alle  carfagne  ,  ed  alle  ruvide  e  bastarde  :  Inasta 
j:)  che  bianche  del  tutto  sieuo  ,  e  senza  la  più  piccola 
ìi  orma  di  nerezza.  Bisogna  avvertire  però  che  queste 
ij  ultime  ne  sono  meno  affette  delle  altre  .  Del  resto 
>j  non  è  più  da  cFedersi  ciò  che  il  Cirillo  ,  V  Onora- 
li ti ,  ed  altri  hanno  scritto  essere  l'  ipperico  nocivo 
3j  alle  sole  pecore  gentili  .  In  fatti  benché  queste  sie- 
w  no  affette  molto  più  delle  altre ,  e  quasi  sempre  mor- 
3J  talmente  ,  alle  bianche  in  generale  è  pregiudizievole 
jj  questo  veleno  .  Nella  sezione  delle  pecore  morte  per 
w  gli  effetti  dell' ipperico  altro  non  si  trova  di  preter- 
w  naturale  ,  al  dir  de'  pastori  ,  che  un  diseccamento 
}3  nelle  viscere  del  basso  ventre  ,  un  dissesto  nel  cer- 
3ì  vello  per  la  consistenza  ,  e  nel  fegato  uu  impetri- 
tì  mento  ,  o  sia  un  indurimento  notabile  . 

I  fiori  dell'  ipperico  danno  un  tanfo  di  teribinto 
ed  un'  odore  insoffribile  .  Pare  che  la  materia  venefica 
contenuta  ne'  fiori  di  questa  pianta  abbia  bisogno  di 
essere  sciolta  dalla  brina  per  potersi  insinuare  nella 
superficie  esterna  del  mento,  e  delle  labbra. 

II  veleno  del  fumolo  manifesta  la  sua  attività  im- 
mediata ne'  siti  che  trova  più  umidi  ,  come  sono  cer- 
tamente le  labbra  ,  e  la  bocca  ,  ma  poi  rimanendo  as- 
sorbito nel  resto  della  costituzione  animale  ,  per  invi- 
luppare quegli  altri  sintomi ,  che  nascono  dalla  di  lui 
azione  mediata  ,  al  riferir  del  Sig.  Manni  . 

Se  gli  accorti  possidenti  delle  mandre  arrivano  a 
conoscere  che  le    pecore    sono    colpite   dalla    velenosa 


(  325  ) 

azione  del    fumolo  ,    immccliatamcntc    lavano    loro    la 
faccia  ,  perchè  più  olire  non  passi  il  veleno  . 

L'  hypericuin  crispimi  non  è  funesto  in  tulli  i 
luoghi  ,  ina  lo  è  solo  ne'  campi  bassi  ed  umidi  .  Ed 
in  vero  i  campi  di  tal  indole  danno  quasi  sempre  pa- 
scoli pericolosi  . 

Non  sarà  discaro  di  riportare  l'  opinione  del  Sig. 
Manni  riguardo  all'  attività  di  questo  veleno  soltanto 
per  le  pecore  hianrhe  «  Pare  corso  ordinario  della  na- 
w  tura  imporre  un  carettere  di  robustezza  in  quegli 
>j  animali  il  di  cui  pelo  ,  o  abito  lanifero  possiede 
■>:>  tinte  oscure  o  nere  .  In  ogni  trailo  si  possono  rile- 
vi vare  argomenti  distinti  per  illustrare  questa  verità , 
w  Gittando  l' occhio  sulle  pecore  e  bianche ,  e  nere 
M  abbiamo  nel  confronto  la  differenza  effettiva  della 
3j  robustezza  delle  nere  ,  la  copia  maggiore  di  latte  ^ 
51  che  rendono  ,  e  lo  andare  meno  soggette  a  delle 
5j  malattie  ^  e  si  parli  solo  della  natura  della  di  lor 
«  lana  .  La  finezza  della  lana  ,  che  le  nere  hanno  è 
jj  di  gran  lunga  superiore  a  quelle  delle  bianche  .  Non 
55  dipende  questa  proprietà  della  maggiore ,  o  minore 
>}  doppiezza  del  vello  ^  giacché  tante  volte  i  velli  sot- 
w  tili  sono  pili  rigidi  de' grossi  .  Io  fo  derivare  la  sua 
»}  pieghevole  morbidezza  dalla  robustezza  della  vita 
w  dell'  animale  .  Tutto  è  perfezione  dove  la  vita  è  sa- 
»  na  ,  e  se  in  concorso  le  pecore  di  color  diverso  go- 
«  dono  ugual  salute  ,  le  nere  hanno  prodotti  migliori 
M  per  intrinseca  posizione  .  Siami  permesso  registrare 
»  un  pensiere    suU'  antica    bontà  ,    e    perfezione    delle 


(  326  ) 

»  nostre  lane  Tarantine  cotanto  rinomate  .  I  pascoli 
ì)  abbondanti ,  clie  le  natura  lor  prestava  ,  e  che  oggi 
»  r  industria  ,  coltivando  ,  ha  tolti ,  è  il  primo  passo, 
»  che  si  oppone  alla  natura  della  buona  lana  delle 
w  attuali  nostre  mandre  .  Passo  sotto  silenzio  le  altre 
»  cure  che  ne  prendeano  nel  difenderle  dalla  intem- 
»  perle  dell'  aria  ,  coprendole  il  corpo  ^  ancora  pre- 
>j  parandoli  ottimi  ovili  ec.  I  cavalli  bianchi  sono 
w  molto  deboli  a  confronto  de'  morelli  ,  e  dei  baj  ec. 
j>  Il  toro  dal  momento  che  resta  mutilato  ,  perde  di 
M  forza  e  di  ferocia  ,  ed  il  suo  manto  dal  nero  passa 
»  al  bianco.  L'uomo  medesimo  col  passare  l'infanzia, 
»  e  la  pubertà  perde  il  bianco  del  crine  ed  acquista 
»  nella  sua  verilità  le  graduazioni  delle  tinte  oscure  , 
»  giacché  nella  vecchiezza  passa  alla  ranizit;  assoluta  . 
3j  Questi  fatti  mi  portano  a  stabilire  nelle  pecore  bian- 
»  che  uno  stato  di  certa  debolezza  in  confronto  delle 
»  nere  :  stato  che  le  dispone  alla  suscettibilità  della 
»  malattia  mortale ,  che  vanno  a  soffrire  dall'  azione 
»  venefica  dell'  Hypericum  Crispum  .  Tutti  gli  esseri 
»  deboli  sono  di  fatti  soggetti  a  risentire  gli  urti  delle 
»  potenze  nocive  più  prontamente  de' robusti  e  validi. 
Ecco  un  fatto  ,  alla  di  cui  illustrazione  sarebbe 
necessario,  che  a  bella  posta  alcune  pecore  bianche  in 
diversi  tempi  si  facessero  pascolare  ne'  diversi  siti  do- 
ve r  ipperico  rincontrasi  .  In  tal  modo  si  potrebbero 
meglio  stabilire  i  seguenti  articoli  . 

I.  Se  la  pianta  sia  nociva  in  tutte  le  ore  del  gior- 
no ,  ed  in  quali  stagioni  . 


(327) 

II.  Se  realmente  i  fiori  contengano  la  materia  ve- 
lenosa. 

III.  Se  lo  sia  in  tutte  le  contrade. 

IV.  Esaminare  con  attenzione  l'indole  dell' e/yjcf e  , 
da  cui  sorge  1'  alopecia  . 

L' esame  di  tali  articoli  ci  menerà  a  conoscere 
con  maggior  precisione  la  natura ,  e  gli  effetti  di  sif- 
fatto veleno.  E  benché  dalle  nostre  Società  agrarie 
provinciali  se  ne  attendano  più  sperimentali  cognizio- 
ni ,  si  è  creduto  non  ostante  di  renderne  pubblica  la 
notizia  ,  acciocché  ognuno  possa  intanto  a  sua  posta 
occuparsene  per  darne  quindi  un  più  determinato  rag- 
guaglio . 


(328) 
Descrizione ,    f^  uso   di  un  naoco  apparecchio  per 
le  dislillazioni  composte  .  Memoria  dA  Signor  D. 
Benedetto   Fulpes  FiceSegret  mio  perpetuo  .  Lietta 
naif  Adunanza  de'  zS  JSuvembre  iBi5. 


I.Uno 


degli  appareccìii ,  mercè  di  cui  l' indusire 
Chimico  viene  a  raccogliere  esatiainente  i  risnUali  dell'a- 
nalisi eseguita  colla  forza  ripulsiva  del  calorico  ,  egli  è 
appunto  1'  apparecchio  di  Wonlf .  E'  troppo  noto  ai 
cultori  della  scienza  ,  perchè  io  ne  faccia  qui  una  mi- 
nuta descrizione  j  eri  è  continuamente  adoperato  per 
avere  diverse  preparazioni  necessarie  alla  medicina  ed 
in  varie  arti  ,  perchè  io  ne  dimostri  i  comodi  ed  i 
vantaggi.  Infatti  nelle  distillazioni  composte,  e  pneu- 
mato-chimiche ,  oltre  a' risultali  solidi  e  liquidi,  si  ot- 
tengono anche  i  fluidi  ,  e  di  questi  tanto  i  gas  misci- 
bili coir  acqua  ,  co'  liquori  acidi  ,  od  alcalini  j  quanto 
gli  altri  gas,  che  non  possono  mescolarsi  co'  mentovati 
liquidi  ,  e  quindi  raccolgonsi  nell'  apparito  pneumato- 
chimico  . 

II.  ITales  ,  Rouelle  ,  Woulf,  Lavoisier,  Hassen- 
fratz  ,  ed  altri  celebri  Chimici  si  sono  impegnati  suc- 
cessivamente a  rettificare  ,  ed  a  perfezionar  siffatta  in- 
venzione .  Bisogna  confessare  però  ,  che  la  mohlplici- 
tà  delle  giunture  de'  vasi ,  obbligando  il  Chimico  spe-? 


(329) 
rìmentatore   a    lutarle    tnlte  esaltamente  ,  ed  oblilifjaii- 
dolo  altresì  ad  aspettare  che  i   luti   sieno  asciulli  ,  vita 
a    formare    nn'  iml)arazzo ,    e    rende    l' operazione   non 
molto  facile  e  pronta  ad  eseguirsi  . 

III.  Queste  riflessioni  non  isfnggirono  all'  accorto 
penetrante  genio  dell'  immortale  Lavoisier  .  Di  fat- 
ti parlando  de'  luti  così  egli  scrisse  :  Si  farebbe  un 
gran  vantaggio  ai  Chimici ,  e  soprattutto  ai  Chi- 
mici /iiieiimatici,  di  metterli  in  istato  di  potersi  di- 
spensare (lei  luti ,  o  almeno  di  diminuirne  cunsidc- 
rubiìmente  il  ninnerò  .  A  tal  fine  nelle  distillazioni 
composte  propose  una  bottiglia  a  due  colli  in  modo 
che  tra  loro  si  formasse  nelV  interno  un  profondo 
canaletto  destinato  a  ricevere  il  mercurio  ,  e  in  que- 
sto canaletto  si  accomadasse  un  coperchio  di  vetro. 
L'  avveduto  Chimico  però  in  ultimo  conchiuse  :  Un, 
apparato  d\  rpiesta  specie  sarà  comodissimo  in  un 
gran  numero  d'  esperienze  j  ma  non  si  potrà  mette- 
re in  uso  ,  che  nelle  distillazioni  di  materie^  le  quali 
non  hanno   azione  sopra  il  mercurio  (i)  . 

IV.  Mentre  questo  primo  progetio  dell' illustre  La- 
voisier meritava  di  essere  portato  innanzi  col  rendere 
queir  apparecchio  più  perfetto,  e  coli' estendere  l'uso, 
egli  stesso  seguitò  a  servirsi  dell'  apparato  di  Woulf  . 
Rè  i  Chimici  ,    che    in  tutto  il  resto  hanno  seguite  le 

42 

(1)  Lavoisier ,  Elementi  di  Chimica  ,  Parte  IH. 
Cap.   TI,  §.  /. 


(33o) 

orme  luminose  di  questo  giaiide  sperìmfntaìore  ,  Ino- 
lio poi  pensalo  a  perfe/iiuiiare  ,  ed  a  uietture  iii  o^jara 
quel!' appaialo   tla    lui   pioposlo. 

V.  Il  Sii^nor  Welter  volend)  di;ninuire  il  nir.ne- 
ro  delle  giunture  de'  vasi  ,  elio  luta:'  si  d!-;iii»j(ir>  rveli'''ip- 
piuocchio  di  WoulC,  iiU  nuj-i  io  i  suoi  tubi  dt  coia«- 
nicazione  ,  e  nel  teni,)  )  sie->so  di  sicur'iz.i  ,  delti  co- 
inunemente  tnln  alla  fVclicr  .  Questi  però,  rne.iire 
Hon  sono  tanto  facili  a  coslruiisi  ,  diininuiscono  ,  ma 
Bon  tolgono  iuleramente  il  bisogno  di  dover  lutare  tutte 
le  giunture   de'  vasi  ^ 

VI.  Penetrato  io  dalle  difficoltà,  e  dSlla  perdila 
di  lenijio  ,  nel  servirmi  et  nlinnamente  dell'  usato  ap- 
parecchio di  VVoulf  ne'  miei  cor-^i  di  Chimica  speri- 
njeulaie,  destinati  all'  istruzione  della  giovenlù,  che  fre- 
quenta il  mio  studio  j)rivalo  di  Medicina  ,  andava 
escogitando  un  apparecchio  j)iù  semplice  ,  p  ù  ficile  e 
più  ^p^■dito  .  Aveva  sempre  presente  al  mio  spirito  quel- 
la lìottiglia  a  due  colli  proposta  d  I  sagace  Lavoisier- 
Ma  ij  doversi  necessariamente  adoperare  il  mercurio j 
la  dillìcile  costruzione  di  s. (falla  boltiulia  nelle  nostre 
velraje  ,  quel  profondo  cariale  ,  che  per  quanto  si 
fos-e  profondo  ,  non  lo  era  giammai  aiibastanz.i  j  in  fi- 
re  l'esser  mollo  rislretto  1' uso  dell' appai  ecohio  di  cui 
parlo;,  tulle  queste  riflessioni  m'impegnarono  a  com- 
binar diversamente  le  cose  .  Comunicai  un  mio  primo 
pensiero  all'  intimo  mio  amico  D.  Raff;iele  Polizzy  » 
Commissario  delle  polveri  e  de'  Salnitri  ,  giovane  che 
alle  cognizioni  di  Chieiica  accoppia  una  pronta  e  dot- 


(33.) 

ta    mrccanica  .    Ci    uniiiitiio    a  far  continue  sperienze 
nel  mio  laboratorio  di  Chimica  ,  e  siamo  j^imai   fiiial- 
inente  a  costruire  un  apparecchio  per  le  di.\lillaz/o- 
ni    pneumnto-ch'lniche  ,    il  ({iialc  può  sostituirsi  con 
vantagr^io    all'apparalo    di     WoulCj    e  di   cui   vengo  a 
presentarvi  ,     dottissimi    Colleglli  ,    la    descrizione   noa 
solo  ,   ma  il   vero  tipo  .   In   tal   modo  avrò  il   vantaggio 
di  ricevere  dai  vostri  suolimi  talenti  molti  lumi  riguar- 
do ad  un  apparato  tanto  utile  nella  Cl-.imlca  analitica. 
VII.   L' apparecchio  ,  (  Ajjparecchio  I.  )  oltre  alla 
storta    col     recipiente    tubolato  ,  o  pure  al  matraccio  , 
secondo  le  diverse  sostanze  poste  a  distillare ,  cor)siste 
in   varie  combinazioni   di   una  bottiglia  semplice  dentro 
due  bicchieri  di  diverso  diametro.  Questi  poi  hanno  i 
corrispondenti    tubi   di  comunicazione  e  di   sicurezza  ; 
in   modo  che  ciascuna  di  esse  così  combinata   coi   due 
bicchieri     corrisponde  ad   una  bottiglia  di    VVouir(i)  . 
Vili.   La     diversità    de'  diametri    della  bottiglia  e 
de'due  bicchieri  di  ciascuna  combinazione  è  tale,  che, 
posto  r  uno  dentro  agli  altri  ,   tra  essi  rimane  uno  spa- 
zio libero  al  passaggio  de'  tubi  di  comunicazione  e  di 
sicurezza  . 

IX.   11  bicchiere  esterno  ,    a  cui  daremo    il  nome 
di   vasca  (2)  contiene  nel  suo  mezzo  una  bottiglia  sem- 


(1)  In    vece  della  bottiglia  potrebbe  adoperarsi 
benanche  un  bicchiere  . 

(2)  Questa  vasca  nella  parte    inferiort  tiene  un 


(532) 

plirp  (Fig  T.)  clie  chlaineremo  recìpii^nte ,  perchè  (ìc- 
stiu.tla  a  ricevere  quell'acqua  che  si  vuol  s;itiirnre  del- 
la base  di  un  dato  gas  .  INeilo  spazio  ,  che  lasciano 
tra  loro  la  bottiglia  e  la  vasca,  si  ver^a  una  deie:  mi- 
nata quantità  dì  acqua  per  separare  V  i.'itcrna  capacità 
della  bottglia  dell'  aria  atmosferica  esteriore  ,  mercè  l'al- 
tro bitchiere ,  che  vi  s'immerge  capovolto.  Questo  bic- 
chiere (Figi.  HI.)  che  sarà  detto  il  separatore,  col  suo 
margine  appcgolasi  sul  l'ondo  della  vasca  .  Ed  è  perciò, 
che  siffatto  margine  deve  avcie  tre  incavi  ben  grandi 
B,  M  ,  E,  per  dar  passaggio  alle  cnrva'ure  de' due 
tubi  di  comunicazione,  e  di  quello  di  sicurezza.  Es- 
so deve  sovrastare  almeno  per  due  dita  traverse  alla 
gola  del  recipiente,  per  lasciare  un  libero  spazio  a' tu- 
bi che  si  appoggiano  su  di  essa  (S)  . 

X.  I  tubi  di  comunicazione  (Fig.  II.)  sono  di- 
sposti in  varie  corvature  a  zigzag  .  Ognuno  di  essi  , 
con  un'  estremità  A  partendo  dalla  gola  del  recipien- 
te ,  discende  per  1'  acqua  contenuta  tra  il  recipiente 
e  la  vasca  .  Quindi  si  curva  in  b  ,  passa  sotto  il  par- 
ticolar    incavo    dell'  orlo    del  separatore  capovolto  ,-  e 


foro  ed  un  tubo,  il  r/itnle  si  chiude  e  si  apre  a  pia- 
cere per  dar  uscita  all'  ac(pia  in  essa  contenuta  , 
quando  la  bisogna  il  richiede  . 

(3)  //  separatore  ,  e  V  acqua  in  quest'  apparec- 
chio fanno  ciò  che  si  debbe  al  luto  nell'  apparato 
di  TFoulf. 


(  333  ) 
risalendo  al  di  sopra  del  mnrgine  superiore  della  va- 
sca in  e  va  sino  a  quella  dell'altra  succ(;sslva  in  e^ia 
seguilo  giunge  sino  al  di  lei  fondo  ,  e  curvandosi  ine, 
passa  sotto  all'  incavo  del  margine  del  separatore  ca- 
povolto .  t  inalmènle  risale  all'  orlo  del  reci|)iente  in 
ft;,  e  s'immerge  coli' altra  estremità  h  sino  al  fondo 
dell*  acqua  contenuta  nel  recipiente  medesimo  . 

XI.  Dai!'  ultimo  recipiente  parte  un  t.d)o  conve- 
nevolmente curvalo  [ler  aiulire  ad  immerg'rsi  nell' ap- 
parato pneumatico-chimico. 

XII.  Dai  recipienti  s'innalzano  benanche  i  tubi 
di  sicurezza.  Onesti  sono  diversi  da  quei  dell' ap]);i- 
recchio  di  Woulf.  Ciascuno  (  Fig.  IV.  )  è  formalo  da 
un  tubo  a  due  rami  aperti  ne' loro  estremi  a,  f.  Il 
ramo  più  lungo  AM  trovasi  esposto  all'atmosfera,  di 
fianco  alla  faccia  esterna  del  separatore ,  mentre  il 
ramo  più  corto  CDEF  alquanto  curvo  nella  sua  e- 
stremit.à  va  ad  appoggiarsi  su  la  gola  del  recipiente  . 
Una  piccola  goccia  di  acqua  ,  che  discenda  vertical- 
mente sino  alla  curvatura  B  C  ,  impedisce  che  il  gas 
del  recipiente  vada  a  disperdersi  nell'  atmosfera  .  Nel 
caso  poi  dì  assorbimento  ,  la  preponderante  pressione 
dell'atnjosfera  meilesima,  facendo  entrare  nel  recipiente  la 
piccola  goccia  di  acqua,  va  a  ripianare  il  voto.  Allora 
è  ,  che  lo  sperimentatore  vi  ripone  un'  altra  goccia  di 
acqua  ,  per  impedire  in  seguito  1'  uscita  del  gas  . 

Questi  tubi  di  sicurezza  ,  così  da  me  inventati  , 
si  possono  in  qualche  modo  sostituire  ai  dispendiosi  e 
complicati    tubi    di    Welter  .  La  curvatura  de'  njiei  fa 


(334) 
le    veri     iloHa    pallina     de' Uibi     del     Signor    Weller. 
XIII.   Neil' adoperare    qnt'St' apparecchio  ,   se  fa^si 
uso  dui   malracclo  ,   si   può   risparmiare  benanche  di  lu- 
tar   la    Locca  del   medesimo  j    purché    intorno  al  collo 

dui    nintiaccio    (  Apjjart-ccliio    I.)    si    adatti    un  largo  tu- 

Lo  A  B  G  D,  (i)  il   quale  sia  !unt;o  in  modo  da  poter 
contener  una  ben  alta  colonna    di   acqua  (a).  Nel  col- 


(i)  Si  scelga  un  tubo  aperto  nelle  sue  estremi^ 
tà  5  una  di  queste  dalla  parie  esterna ,  con  luto  di 
albumine  d.'  uovo  e  di  calce  si  attacchi  alla  base 
del  collo  del  matraccio  j  e  poi  questa  giuntura  si 
copra  col  luto  di  argilla  ,  con  cui  si  è  loricato  lo 
stesso  matraccio  nella  parte  esterna  •,  finalmente  si 
ponga  un  poco  di  luto  grasso  circolarmente  alla 
giuntura  medesima  . 

(2)  Questa  colonna  deve  accrescersi  di  altez- 
za ,  allorché  nel  tubo  ,  che  apre  la  comunicazione 
tra  il  matraccio  ,  ed  il  primo  recipiente ,  i  vapori 
provvenienti  da  quello  si  convertono  in  gocce  d'ac- 
qua .  Queste  gocce  appunto  fanno  tale  resistenza  al 
gas ,  eh'  esso  potrebbe  vincere  la  pressione  della  co- 
lonna di  acqua  contenuta  nel  largo  tubo,  e  quindi 
disperdersi  nelV  atmosjera  .  ColV  accrescer  dunque 
la  colonna  di  acqua  si  aumenta  la  pressione  j  ed 
in  conseguenza  il  gas ,  non  potendo  scappare  per 
questa  strada,  vince  la  resistenza  delle  gocce,  e 
V  a  finalmente  a  gorgogliare  nel  recipiente  . 


(  33'!  ) 
Io  del  matraccio  sieno  due  incavi  •  uno  per  contpnnre 
la  curvaliiia  d<'l  luho  A  destinato  a  versar  qnaiclie  li- 
quido :,  ed  un  alno  per  abbracciare  la  curvatura  del 
tubo,  che  fa  comunicare  il  matraccio  col  resto  dell'ap- 
parecchio. Si  prenda  un  altro  tubo  cilindrico  (KMON) 
chiuso  in  un  estremo  E  \I  ,  ed  aperto  nelTiiltro  N  O, 
il  cui  diametro  trasversale  sia  medio  tra  quello  del  col- 
lo del  matraccio  ed  il  Uiho  grande.  Un  tale  tubo  ci- 
lindrico si  dovrà  porre  capo\olto  ,  appoggiandolo  col 
suo  fondo  E  M  sulla  bocca  del  matraccio,  senza  pre- 
mere le  corvature  de'  tubi  .  Col  suo  margine  aperto 
arriverà  sino  alla  parte  inferiore  del  collo  del  matrac- 
cio, laiciando  libero  il  passaggio  alle  corvature  de' tu- 
bi, le  quali  debbono  trovarsi  al  più  basso  che  sia  pos- 
sibile .  E  così  viene  a  risparmiarsi  di  lutar  la  bocca 
del   matraccio,   come  si  è  detto  . 

XIV.  Se  poi  si  fa  uso  della  storta  col  recipiente 
tubolato  ,  allora  non  può  farsi  a  meno  di  lutare  le 
giunture  del  collo  della  storta  con  quella  del  recipien- 
te .  Ma  nella  tubolatura  di  questo  si  adopera  lo  stesso 
meccanismo  ,  the  si  è  fatto  per  la  bocca  del  matraccio  . 

XV.  Descritte  così  isolatain>Mite  le  parti  dell'  ap- 
parecchio ,  andiamo  ora  ad  indicarne  l'  uso  .  S'  inco- 
mincia dal  situare  a  fianco  del  matraccio  le  vasche  , 
successivamente  le  une  dopo  le  altre  in  fila  .  Al  di 
dentro  di  ciascuna  vasca  si  pongdno  i  ree  pienti  ,  in 
modo  che  sieno  equidistanti  d.tlle  pareti  interne  di 
quelle  .  In  questi  recipienti  ,  per  mela  della  loro  capa- 
cità ,    si  pone    quel  liquido  che  si  vuol  saturare  della 


(336) 
base  de' gas  provvenicnli  dal  matraccio.  TI  solo  primo 
recipiente  resta  \  oto .  Quindi  si  situano  i  tubi  di  co- 
inunicazione  ,  e  quei  di  sicurezza.  Fatto  ciò,  si  pone 
dell'acqua  nel  tubo  grande  che  circonda  il  matraccio. 
L'altezza  di  questa  colonna  di  acqua  dev' essere  ugua- 
le alla  somma  delle  immersioni  de'  tubi  succesivi  en- 
tro i  liquori  de'  recipienti  .  Si  mette  benanche  dell'  ac- 
qua nelle  vasche  ,  fino  a  quell'altezza  che  giunga  a  co- 
prire gì'  incavi  fatti  nei  margini  de' recipienti  capovolti  . 
Allora  sul  collo  del  mairaccio  sì  pone  quel  tubo  me- 
dio capovolto  ,  di  cui  si  è  parlato  nel  §.  IX.  Dopo- 
ché è  terminalo  il  gorgoglio  dell'  aria  nel  recipiente 
della  prima  combinazione  ,  si  pone  anche  su  di  que- 
sto il  separatore  capovolto  j  e  così  successivamente 
gli  altri  . 

XVI.  Quando  non  si  vogliano  adoperare  tante  va- 
sche quanto  sono  le  bottiglie  ,  si  i)uò  far  uso  di  una 
sola  vasca  grande  quadrangolare  A  B  C  D  .  (  Apparec- 
chio II.),  capace  di  contenere  un  dato  numero  di 
bottiglie  ,  o  bicchieri  ,  coi  corrispondenti  separatori  . 
Questa  vasca  potrebbe  avere  il  suo  fondo  di  legno  ben 
inverniciato  ,  e  gli  altri  quattro  piani  laterali  potreb- 
bero essere  di  cristallo  sostenuti  negli  angoli  da  quat- 
tro colonnette  anche  di   legno  . 

Nei  vani  A,B,  C,  D,  (  Pianta  dell'  apparecchio  li.) 
che  restano  tra  i  separatori  e  le  pareti  della  vasca  ,  si 
pongono  i  tubi  di  comunicazione  e  quei  di  sicurezza^ 
per  cui  i  piani  inferiori  di  detti  vani  debbono  essere 
alquanto  più  incavati  di  quel  sito  del  fondo  della  va- 


(337) 
sca  su  cui  appoggiansi  le  bottiglie ,  ed  i  separatori  . 

XVII.  Eseguendosi  un'operazione  con  questi  ap- 
parecchi ^  se  mai  si  vede,  che  l'elasticità  del  gas  in- 
.ualzi    il    separatore    capovojto ,    subito    sul  fondo   di 

cjueslo  si  mette  un  peso  .  Se  per  la  stessa  elasticità 
del  gas  si  ai)bassi  di  molto  l' acqua  contenuta  tra  il 
recipiente  e  il  separatore  ,  si  pone  altr'  acqua  nella 
vasca  ,  per  accrescere  la  pressione  e  così  impedire  l'u- 
scita del  gas  . 

XVIII.  Quest'acqua  contenuta  nella  vasca  ,  o  tro- 
vandosi a  contatto  del  gas  che  si  ottiene  dalla  distil- 
lazione ,  ne  riceve  una  porzione.  Per  non  perdersi  po- 
trebbe servire  per  le  successive  operazioni  ,  rimetten- 
dosi nei  recipienti,  onde  renderla  perfettamente  satura- 
ta. Potrebbe  benanche  contenere  qualche  acido  ,  o  al- 
cali ,  poiché  si  combinasse  subilo  alla  base  del  gas  . 
Cosi  a  modo  d'esempio,  prejìarandusi  l'acido  muria- 
tico ,  1'  acqua  della  vasca  potrebbe  contener  la  calce 
per  formare  ni)  muriato  di  calce  .  Per  l'acido  niu- 
rialico  ossiggenato  ,  l'acqua  potrebbe  consistere  in  una 
soluzione  di  potassa  .  Se  si  prepara  T  acido  nitrico  , 
potrebbe  esservi  una  soluzione  di  potassa  ,  ovvero  di 
ammoniaca  liquida,  onde  fermare  un  nitrato  di  potassa,  o 
nitrato  di  ammoniaca.  So  l'apparecchio  s  impiega  per  l'am- 
moniaca, I-acqua  potrel)l)e  contenere  o  dell'acido  acetico, 
o  dell'  acido  nmrialico  ,  per  formare  un  acetato  ,  o 
im  muriato  di  ammoniaca  .  In  una  parola  :  spetta  al 
Chiniico  operatore  di  trarne  qu^-l  partito  che  meglio 
gli  conviene  .  In  ogni  modo  trattandosi  di  prcparazio- 

45 


(33G) 

DÌ  cliimichc,  basta  che  l'acqua  dePrecipìenle  restì 
perfeltaineiiLe  saturala  3  giacché  quella  della  vasca  ,  in 
cui  la  base  del  gas  trovasi  dilnila  ,  servirà  per  altri 
usi  .  Sempre  però  si  avrà  il  vantaggio  di  aver^ econo- 
mizzato tempo,  e  di  aver  assicurate  le  preparazioni  (1)- 

XrX.  Vi  ha  più.  Quando  dall'aumento  di  volu- 
me dell'acqua  contenuta  nel  primo  recipiente,  il  chi- 
mico operatore  potrà  decidere  ch'essa  siasi  perl'eta men- 
te saturata  della  base  del  gas  ,  allora  invece  di  far 
passare  il  gas  dal  primo  nel  secondo  recipiente,  po- 
trebbe togliersi  il  reci])iente  della  prima  vasca  ,  e  so- 
stituirvi il  secondo  .  Questo  può  eseguirsi  con  tanta 
maggior  facilità  ,  in  quanto  che  non  si  sono  adopera- 
ti"! luti  5  e  le  parti  dell'apparecchio  si  possono  solle- 
citamente separare  e  riunire. 

XX.  In  questo  apparecchio  si  ha  benanche  il  van- 
taggio ,  che  se  r  assorbimento  della  base  del  gas  ne* 
recipienti  innalzasse  di  molto  la  temperatura  ;,  in  fune- 
sto caso  l'acqua  delia  vasca  farebbe  1' uf^^io  di  rcfri- 
gcratorio  .  Riscaldata  essa  si  farebbe  uscire  pel  foro 
praticato  nella  parte  inferiore  delle  vasche,  mentre 
dalla  parte  superiore  si  ri  affonderebbe  nuova  acqua 
fresca,  ovvero  (  quando  e' fosse  di  mestieri)  la  stes- 
sa neve  ^ 


(i)  Adopcrnndosi  V  apparecchio  di  fVoiilf,  chi 
non  sa  quanto  tempo  si  perde  per  lutare,  e  per  aspet-^ 
lare  che  i  luti  sic.no  riseccati  ?  Quante  volte  i  luti 
inaspettatamente  si  fendono  ? 


'^MS^':^ 


l"'  H.c^c'': 


0 

k 


Ed  ecco  giù  descritto  l'  apparecchio  ,  e  '1  metodo 
pnrticolarc  che  si  può  adoperare  per  le  distillazioni  com- 
poste ,  come  mi  era  proposto  .  Finalmente  ornatissimi 
Accademici  ,  andrò  ad  eseguire  la  preparazione  dell'a- 
cido muriatico,  nell'apparecchio,  che  ho  avuto  1' ono- 
re di  presenlaivi  . 


(340) 

NECROLOGIA.      ..«o^ 

VINCENZO  PETAGNA. 


N 


acque  Vincenzo  Potagna  in  Napoli  il  di    17    Gen- 
najo  del   1734-    da    Antonino    Petagna ,    e    da    Orsola 
Cuouio  onesti  genitori.    La    sua    tenera    età    la    passò 
nelle  scuole  de'PP.  Gesuiti  ,  presso  de'quali  prese  gu- 
sto per  la  belle  lettere,  e  per  la  lingua  latina:^   quiinli 
attese  agli  studj  di  filosofia,  e  poscia  di  medicina  5  E. 
nel  dì  22.  Luglio   1704  contando  il  ventesimo  anao  so- 
pra i  sei  mesi  di  sua  età,  si  lanreò  in   medicina.   Coa 
un  corredo  di  buoni  principi  intraprese  il  corso  di  me- 
dicina-pratica presso  il  famoso  Clinico  D.  Luigi  Viso- 
ne. Ed  essendosi  egli    acquistata    fama    non    equivoca 
nella  sua  professione,   nel   1770  intraprese  il  viaggio  di 
Vienna  ,    seguendo    il    Principe    di    Raunitz    Ministro 
Plenipotenziario  della  Corte  Imperiale    in  Napoli  ^    ed 
in  tale  occasione  ebbe  la  opportunità  di    visitare    gran 
parte  della  Germania  ,  tutta  la  Stiria  ,  la  Gainiola  ,  e 


(34i  ) 
l'Italia.  Ritornalo  in  questa  sua    patria  ricco    di    non 
volgali  cognizioni  ,  proseguì  indufessameate    lo    studio 
della  Storia  naturale  in  lutti  i  suoi    rami  ,     a    cui    fu, 
seiiipic  mai  portato  da    particolar    inclinazione.    Chia- 
mato iud'  in  Palermo  a  consultare  sulla  sanità  del  Mar- 
chesc  Presidente  Airoldi,  che  andava  di  giorno  in  gior- 
no declinando ,  si  prevals'egli  di  tal    congiuntura    per 
^irar  gran  parte  delia  Sicila,  e  |)er  osservare  con  occhia 
di  naturalista    lilosolb    molte    produzioni  ,    e  depositi , 
che  la  natura  cou  larga  mano  ha  sj)arsi  in  quell'  Isola. 
Fupalrialosi  j)cr  la  seconda  volta   fu    ben     tosto    eletto 
lettore  iuierino  nella    cattebra    di    Botanica    in    questa 
R.  Unisersilà  degli  Sludj  ,  e  non  istette  guari  che  die- 
tro a  varj  concorsi  condegnamente  ne  meritò    la    pro- 
prietà.   Fu    annoverato    tra    gli  accademici   pensionar] 
della  Real  Accademia  di  S.  e  B.   L.  di  allora.  Fu  di- 
rettore dell'  Orlo  botanico  dimostrativo  nell'  abolito  Mo- 
nastero di  Monleoliveto  ,  che  in  breve  tempo  menò  al 
suo  compimento.  Fu  medico  ordinario  della  real  De- 
putazione   di  Salute  .    Fu  socio    di  questo  R.  Istituto 
d'Incoraggiamento  ,  fu  membro  della  nuova  R.  Socie- 
tà delle  Scienze  ,  ed  Accademico  della  Società  R,    di 
Londra  ,  di  Firenze,  e  di  altre  Italiane.   La  sua    sta- 
tura piuttosto  alta  che  no  ,    il  suo  aspetto  affabile  ,  e 
sempre  mai  tranquillo  ,  l' illibatezza  de' costumi,    I' os- 
servanza ,  e  '1  fervore  per  la  Pveligione  gli  aveva  conci- 
liata r  amicizia  ,  e  la  benevolenza  di  tutti  i    cittadiui. 
Questo  esemplare  di  virtù  ,  e  di  morale  dietro  a    pc- 
nora  e  lunga  malattia  ci  fu  rapito  da  morlcj  e '1  per- 


(  342  ) 
demmo  il  dì  6  di  Ottobre  del  1810  lasciandoci  a  sua 
onorevole  ricordanza  le  seguenti  opere. 

Institutiones  Rei  Botanicae,  4- voi.  8.  Neap.   1785. 

Specimen  Insectorum  Calabriae  Ulterioris  ,  4*  fi§' 
iFeap.  1786. 

Institutiones  Entomologicae,  2.  voi  8.  Neap.  1792. 

Delle  facoltà  delle   piante,  3.  voi  8.  Nap.    1796. 


(  343  ) 
ANDREA    SAVARESI. 


A 


ndrea  Biaggio  Pasquale  Ignazio  Maria  Savaresi  nac- 
que   in    Napoli  ,     nel  quartiere    di  Cbiaja     il  dì   i   di 
Febbrajo  del   1762  da'  coujugi  Francesco    Savaresi  ed 
Elena  Cecere.  Appresi  i  primi    rudimenti    dell'  umano 
sapere  nella    propria    casa,  passò    in    età    di    anni   12 
nelle  scuole  pie  di  Caravaggio  di  questa    città  ,    ed  ia 
quelle    si    perfezionò    nella    lingua    latina  ,    compì    un 
corso  di  filosofia  ,  e  studiò  le  Matematiche  Elementa- 
ri. Ma  trovandosi  allora  in  famiglia    due  suoi  zii  me- 
dici ,  ed  avendo  ancora  due   suoi    cugini    addetti    all' 
arte  salutare ,    fu  da'  suoi    genitori    destinato    a  quella 
professione  ,  anche    perchè    fin  da'  tempi    di  Carlo  V. 
soH  fioriti  de'  medici  fra'  suoi   antenati  ,    come  appare 
da'  documenti  di  sua  famiglia  j  quindi  fu  che  mandato 
alla  R.  Università  degli  Studj  di  Napoli  seguì  le  lezioni 
de'  celebri  professori  ,    Dolce  ,    Serao  ,  Giannelli ,  Ci- 
rillo ,  Cotugno  ,  Petagna ,   Vairo  ,  eFasano,  ed  intan- 
to non  tralasciava  de'  corsi  privali  di   Anatomia  ,  e  di 
Chirurgia  nel  grande  Ospedale    degl'  Incurabili  .    Qua- 
lunque   l'orse    stata    però    la  sua    attenzione    per    una 
professione    da  Ini  scelta  ,    egli  si  applicò     con   ardore 
alle  Matematiche  sublimi  ,    ed  all'  Astronomia  sotto  la 
disciplina  di  Marzucco  ,  e  di  Sabalelli  ,  ed  alle  lingue 


e  344  ) 

orientali  sotto  de'  Martorelli  ,  de'  Morelli  ,  e  de'  Santo- 
ro ^  né  tralasciò  lo  studio  della  Metafisica  col  profes- 
sore Vico  ultimo  figlio  del  rinomato  Gio:  Battista. 
Tutto  ciò  eseguì  egli  dall'anno  1774,  ^"0  al  17805 
epoca  in  cui  ,  riconopcinti  i  suol  progressi  ,  principiò 
la  sua  clinica  col  professore  Tiberio  Gambajoli ,  che 
lo  amò  come  figlio,  e  gli  rese  degl'importanti  ser- 
vigi- 
Neil' anno  diciannovesimo  di  sua  età,  cioè  nel 
1781  per  mezzo  del  signor  Marchese  di  Cesa  fece  la 
conoscenza  del  suo  mecenate  D.  Michele  Vecchioni 
allora  Giudice  della  G.  G.  della  Vicaria,  e  poi  pre- 
sidente del  Tribunale  di  Foggia,  il  quale  fece  il  gio- 
vane Savaresi  dispotico  della  sua  magnifica  biblioteca, 
e  medico  di  casa  ,  cohie  Io  elessero  ancora  II  principe 
di  S.  Angelo  Imperiale  ,  il  Marchese  di  Cesa ,  e  molte 
Comunità  religiose. 

Verso  r  anno  1783  contava  egli  nel  numero  de' 
fiuoi  amici  ,  e  professori  I  primi  medici  della  capitale, 
fra'  quali  Giuseppe  Vairo  ,  che  lo  fece  nominare  sosti- 
tuto alla  sua  cattedra  di  chimica  ^  e  già  egli  comin- 
ciò a  godere  delle  ricerche  de'  forestieri  come  di  Do- 
lomieu  ,  Fortis  ,  Spallanzani,  ed  altri.  Dal  1784,  al 
1789  perfezionandosi  nella  medicina  ,  e  nella  chimica 
scrisse  delle  memorie  interessanti  su'  nuovi  oggetti  di 
queste  scienze  ,  che  dirette  al  signor  Vairo  rimasero 
inedite  j  e  cinque  altre  operette  furono  stampate  come 
si  vedrà  nel  catalogo  generale  che  qui  dappresso  si  da- 
rà j  ed  intanto    dava    a' giovani     de' corsi    di    chimic? 


(345) 

spmmentale  in  compagTiia  di  Salvatore  Ronchi  ,  e  di 
Carmelo  Prisco  ,  ciò  che  suscitò  conlra  loro  della  ge- 
losia ,  e  contribuì  ad  introdurre  la  nuova  nomencla- 
t-ura  con  molto  accanimento  contrastata  da  alcuni  scien- 
ziati seguaci  tenacissimi  della  chimica  Italiana;  ed  al- 
lora fu  «he  aggiunse  delle  note  alla  Medicina  dome- 
stica di  Buchan  ,  che  si  stampava  dal  Gabinetto  Let- 
terario ,  e  fece  ancora  delle  annotazioni  al  Dizionario 
di  chimica  del  Macquer  ,  che  uscivano  alla  luce 
sotto  il  nome  di  Vairo  per  le  stampe  del  Porcelli  ;  e 
fece  la  conoscenza  del  cavalier  Planelli  di  cui  divienne 
medico  ordinario  ,  e  dell'  illustre  professore  Scopoli  col 
quale  ebbe  un  carteggio  scientifico. 

Intanto  allettato  estremamente  dallo  studio  della 
chimica  ,  della  Mineralogia  ,  e  di  tutta  la  Storia  Natu- 
rale ,  il  Ministro  Acton  su  la  proposta  del  Colonnello 
Parise  ,  ■che  ne  avea  conosciuto  il  merito  ,  lo  fece  no- 
minare dal  Governo  il  dì  21  Aprile  1789,  direttore 
della  Società  Mineralogica  ,  destinata  a  recarsi  in  Ger- 
mania per  apprendere  tutto  quello  che  ha  rapporto  con 
io  scavo  delie  miniere  ;  e  partì  da  Napoli  ]ier  1'  Ale- 
magna  nt;l  Maggio  del  1789  co' suoi  compagni  Malico 
Tondi  ,  Vincenzio  Ramondini  ,  Giuseppe  Melograni  , 
e  Giovanni  Faicchio  ,  a'  qnali  si  accoppiò  Carminanto- 
nio  Lippi  nell'alta  Italia,  e  nell'Austria.  Rimase  di- 
rettore di  questa  riguardevole  società  fino  alla  fin 
dell'anno  1791  •  Quindi  si  divisero  in  tre  cop]iie  , 
ognuna  delle  quali  viaggiava  separatamente  per  la  pro- 
pria istruzione,  visitando  Je  principali  miniere  di  Eu- 

44 


(  ^G  ) 

ropa  ,  e  studiando  la  Mineralogia  ,  la  Mettallurgia  ,    e 
la  Fisica  sotterranea    sotto    i  primi  professori    di   Ger- 
mania ,  e  singolarmente  sotto  il  fumoso  Werner  a  Frey- 
berg  in  Sassonia  .  Nel    dì  5o  Agosto  del    iByo.,  dopo 
sette  anni  e  tre  mesi  ,  ritornò  nella  sua  pai  ria  ,  avendo 
trascorsa  1'  Italia  ,  1'  Austria  ,   la  Sassonia  ,    1'  Ungheria 
la  Boemia  ,   la  Galizia  ,   la  Polonia  ,   la  Prussia  ,  le  Cit- 
tà Anseatiche,  l'Inghilterra,   e  la  Scozia,    n^lle  quali 
regioni  coltivò   1'  amicizia  di  lutti  i  Fisici  ,    Medici  ,   e 
INaturidisti  i  più   famosi.  Allora   fu  ,  che  le  occupazioni 
mineralogiche  ,  che  assorbivano  tutto  il  suo  tempo  ,  e 
la  speranza  di  un   nuovo  impiego  onorevole    che  gli  si 
prometteva    gli  fecero  totalmente  abbandonare    la  pro- 
fessione   di  Medicina  ,    nella  quale  prometteva    la  più 
gran    riuscita  .    INel   1797     fu    chiamato    a    riconoscere 
co'  suoi  compagni  la   Cava   di   Carbon   fossile   di   Giffo- 
ni  ,  e  ad  esaminare  i   forni   di   Morino,    e  di   Canneto. 
Fu  indi  spedito  cogli   stessi   nelle  Calabrie  ,  con  Ict  in- 
combenza di  portare  a  jìcrfezione   le  ferriere  di  quelle 
Provincie  ,  di   v  sitarne   le  mine  che  s'indicavano,    di 
trovarne  delle   nuove,  e  di   stabiliie  delle  altre  ferriere 
ne' luoghi   dove   si   conibinavano  la   opportunità    de' bo- 
schi e  delle  acque.   Ma   una  inopinata  catastrofe  lo  ri- 
menò  in   Napoli  ,   ed  in   seno  della  sua  famiglia  ,   dove 
godendo    ])er  qualche  tempo    la   tranquillità    dello   spi- 
rito, tutto  si   diede  con  intenso  studio  ad  accrescere, 
e  raffinar  la   massa   delle  sue  cognizioni.    I   suoi   meriti 
letterari  però  ,  ed  i  saggi  non  equivoci  ,  che  dati  ave- 
'va  d' ialender  molto  avanti  ,    massime  nella  chimiua  , 


(347  ) 
e  nella  minerologia  ,  non  gli  permisero  che  lungamen- 
te e' si  rimanesse  qui  teorico  inoperoso,  poiché  fu  di 
nuovo  spedito  con  l'ottimo  amico  Vincenzio  Kimon- 
dini  nelle  Calabrie  con  un  geografo  ,  ed  un  disegna- 
tore cogli  ordini  di  rilevare  una  carta  fìsica  ,  geogra- 
fica ,  ed  orittognoslica  di  quelle  Provincie,  e  con  le 
mire  di  attivare  q-.ielle  miniere  ,  e  di  far  eseguire  de- 
gli altri  progetti  .  Partirono  si  bravi  compagni  nel 
1801  e  si  recarono  al  loro  destino  ,  dove  faticarono 
moltissimo,  e  fecero  delle  operazioni  non  meno  utili , 
che  interessanti  ,  ad  onta  di  alcune  traversie  ,  a  cui  ben 
sovente  van  soggetti  gli  uomini  di  merito  ^  il  Ramon- 
dini  ritornò  in  Napoli ,  ed  egli  rimase  alla  Mongiana 
come  Direttore  delle  ferriere  ,  che  vi  erano  stabilite , 
donde  uscì  nel  mese  di  Ottobre  del  1807  e  si  ricon- 
dusse in  questa  sua  patria. 

Mentre  qui  dimorava  per  ristabilire  il  suo  fisico 
notabilmente  alterato  dalle  fatiche  ,  e  dalle  pene  dura- 
le in  regioni  aspre  e  solitarie  ,  questo  Regale  Istituto 
lo  ammise  fra'  suoi  Socj  ordinar]  nella  sessione  de'  28 
Dicembre  1806,  e  già  quest'Accademia  aspettava  sue 
preziose  produzioni  .  Ma  la  nuova  carica  eh'  egli  ebbe 
di  Commissario  dell'  Amministrazione  alla  Polveriera 
della  Torre  dell'Annunziata,  da  lui  disimpegnata  con 
ardente  zelo,  ma  cdn  deteriorazione  irreparabile  della 
sua  snlnte,  ci  fece  pedere  Andrea  Bavaresi,  che  pie- 
no di  pregi  letterarii  ,  e  di  cristiana  virtù  cessò  di  vi- 
vere il  giorno  2  di  M.trzo  del  1810  ,  contando  l'anno 
quarantanovesimo  dell'  età  sua. 


(348) 
NIGCOLA    AND  RIA 


Nacqu' egli  nel  1748.  in  Massafra  piccola  Città  nella 
regione  de'  Salentini  dal  Dot.  Fisico  Gennaro  An- 
dria  ,  e  Giacomina  Resta.  Da  giovanetto,  avvegnaché 
foss'  egli  unico  ,  e  la  di  lui  casa  a  sufficienza  fornita  di 
beni  di  fortuna  ,  fu  da  suo  padre  tosto  avviato  allo 
studio  delle  belle  lettere;  in  che,  avendo  ei  fatti  non 
ordinari!  avanzamenti ,  diessi  a  quello  della  filosofia  , 
e  con  singolar  propensione  alle  matematiche  :  per  la 
qual  cosa  poco  men  che  di  contintio  scemava  le  ore 
del  sonno  .  Ed  avendone  quivi  dati  pubblici  applau- 
diti saggi  ,  que'  illuminati  suoi  concittadini  ne  preco- 
nizzarono da  quel  dì  il  futuro  di  lui  gran  metito  nel- 
la letteratura. 

Nella  sua  adolescenza  fu  dal  genitore  mandato  in 
Napoli  ad  apprendere  le  scienze  legali  :  nelle  quali  e' 
fece  non  men  rapidi  progressi  ,  che  fatti  aveva  nelle 
antecedenti  ,  e  diede  altresì  prove  luminose  del  suo 
felice  ingegno  .  Divisando  quindi  ,  che  colali  scienze 
non  del  tutto  appagavano  il  suo  vasto  intendimento  ; 
ed  anelando  altrpnde  di  dare  sempre  mai  la  maggior 
possibil  estensione  alle  sue  cognizioni  ,  ripigliò  il  suo 
prediletto  stadio  delle  matematiche  ;  a  cui  unì  le  scien- 
ze fisiche  nell'  ampia  loro  sfera  ;  ma  determinossi  al- 
lora per  quella  della  medicina  ,  scienza  quamo  utile  ,, 
altreltaQto  difficile  j  ad  un  felice  talento  però  con  uno 


(  349  ) 
studio  indefesso  non  riuscì  malagevole  cotanto  l' Ini- 
ziarsi ne'  più  recondili  arcani  della  natura  .  E  portan- 
dosi incessantemente  ad  ascoltare  le  lezioni  di  un  Se- 
rao  ,  di  un  Vairo,  di  un  Colugno,  rinomali  professori 
in  questa  Regia  Università  .degli  studj  ,  fece  progressi 
tali  in  tuli'  i  rami  di  questa  scienza,  che  ne  divenne 
hen  tosto  ancor  egli  professore.  Di  fatti  nella  fresca  età 
di  anni  23.  aprì  scuola  medica  nella  sua  casa  ,  ove 
essendo  egli  stato  uno  de' primi  ,  che  tra  di  noi  sep- 
pe associare  alle  scienze  mediche  la  Chimica  sperimen- 
tale ,  ebbe  un  gran  concorso  di  giovani  studiosi  ,  ed 
acquistossi  nel  pubblico  sommo  credito  ,  e  gloriosa  ri- 
putazione. Ques'a  di  lì  a  poco  lo  fé  chiamare  per  su- 
slituto  nella  Cattedra  di  Medicina  pratica  ,  che  occu- 
pavasi  dal  Dott.  de  Robertis  .  Fu  indi  promosso  alla 
Cattedra  di  Agricoltura  j  che  ,  quale  scienza  ,  ed  arte, 
fu  da  lui  ,  non  meno  nella  teorìa  ,  che  nella  pratica  , 
con  cln'aro  metodo  e  dottrina  dissimpegnata  ,  ed  esal- 
tata ,  onde  siccome  salì  in  maggior  pregio  il  suo  no- 
me ,  desiò  così  nella  nostra  gioventù  un  nobil  genio 
per  questa  parte  di  scienza  naturale  ,  che  forma  la  ba- 
se della  prosperila  delle  nazioni.  Sos*"'  ne  quindi  suc- 
cedevolmenle  ,  e  sempremai  con  cìiiarissima  fama  la 
Cattedra  di  Fmoloi^ìa ,  di  Patologìa,  e  d'i  Nosologia. 
Eia  sua  miniera  d'insegnare,  la  solidità,  e  la  dottrina 
dell  ■  sue  opere  ,  ed  i  (elici  successi  della  sua  pratica 
renderanno  a  perpelualilà  indelebile,  non  che  imuiorlaltt 
il  di  lui  nome  ne'  fasti  della  scienza  salutare. 


e  35o  ) 
Al  suo  merito  letterario  accoppiò  egli  con  ugual 
zelo,  ed  onore  le  virtù  tutte  morali,  e  civili:  ottimo 
padre  di  famiglia,  vero  cristiano,  egregio  cittadino  5 
piacevole  ,  e  nobile  nella  sua  conversazione  j  liberale 
con  tutti;  profuso  co'  poveri  j  zelante  ,  e  premuroso 
pel  bene  dell'  umanità  j  onesto  ,  grave ,  temperato  per 
rispetto  a  se ,  e  signore  di  tutti  i  suoi  affetti.  Doti  , 
cbe  da  giovanetto  lo  accompagnarono  inseparabilmente 
sino  alla  tomba  ,  iu  che  fu  menato  da  un  tifo  nervo- 
so nella  fine  del  iRi^.  ,  e  nella  sua  età  di  anni  67. 
Amante  di  tutti  ,  d>  tutti  amato  5  ed  ora  in  perpetuo 
desiderio  di  tutti  i  buoni ,  e  virtuosi  cittadiai. 

Opere  da  lui  pubblicate. 

Trattato  delle  acque  minerali. 
Istituzioni  di  Chimica  filosofica. 
Elementi  di  Fisiologia. 
Dissertazione  sulla  Teoiìa  della  vita. 
Elementi  di  Medicina  teoretica. 
Istituzioni   di   Materia   medica. 
Istituzioni  di  Medicina  pratica. 
Istituzioni  di  Agricoltura.   Inedite. 


(35r  ) 
GIUSEPPE    CASELLA 


Nalo  in  (ausino  in  Terra  di  Lavoro  nel  1755.  ,  e 
morto  ili  Napoli  nel  1808.  Gli  ollimi  di  lui  geni- 
tori avvedutisi  con  anticipazione  de' talenti  del  fanciul- 
lo ,  che  toito  ei  fé  conoscere  nel  precoce  compimento 
degli  studi!  elementari  ,  come  lor  parve  tempo  l'  in- 
viarono al  Seminario  Diocesano  in  Cerreto  ,  dove  istrui- 
to da'  valenti  precettori  nelle  belle  lettere  ,  di  che  tras- 
se ei  gran  profitto,  si  die  quindi  tatto  allo  studio  del- 
le scienze  sublimi  ,  e  con  trasporto  alla  matematica  ; 
e  terminatone  con  somma  lode,  e  vantaggio  ,  felice- 
mente il  corso  ,  ritirossi  in  patria^  e  per  un  anno  in- 
tiero che  dimorovvi ,  non  fé,  che,  di  per  se  con  as- 
sidua a|)plica(^ione ,  a^giugnere  maiserapre  novelle  co- 
gnizioni scientifiche  alle  già  acquistate.  Ma  la  sua  men- 
te irrequieta  dal  fervente  desiderio  di  far  continuamen- 
te maggiori  avanzamenti  nell'  ampia  sfera  dello  scibile, 
recossi  a  noja  di  quivi  più  a  lungo  trattenersi  ;  il  per- 
chè si  condusse  in  questa  Metropoli  .  Q  il  ,  apertosi 
dinanzi  a  lui  un  più  lucido,  e  vast' orizzonte  scienti- 
fico, provò  un  più  vivo  incitani 'nto  ,  ed  elettrizzossì 
in  maniera  il  felice  inj^egno  d'I  nostro  giovanetto  Ca- 
sella ,  che  momento  di  tempo  non  andava  ,  in,  cui  di 
smgoìar  erudizione,  e  «lottrina  noi  arricchisse  il  suo 
animo  .  Divenuto  per  essolui  lo  studio  una  passion 
imponente  ,    vegliava  le  notti  su'  lib;i    ,    e  consuuiava 


(  352  ) 

la  giornata  in  ascoltare  le  lezioni  de'  pubblici  professori 
della  R.  Università  ,  ed  in  frequentare  le  più  rinomate 
biblioteche  .  E  benché  ,  per  non  contradiare  il  volere 
<ile'  genitori ,  avess'  ei  dovuto  attendere  allo  studio  delle 
Leggi  civili  ,  e  canoniche  ,  ciò  non  ostante  quel  ge- 
nio insuperabile  ,  che  dalla  sua  fanciullezza  avevalo 
menato  ad  applicarsi  alle  matematiche  ,  ve  lo  ricon- 
dusse ben  tosto  ;  e  quindi  speEÌalmente  all'  Astro- 
nomia. Questa  col  fermare  il  di  lui  animo  divenne  la 
■sua  scienza  prediletta  ,  in  cui  sotto  gP  insegn.nrìenti  , 
e  le  osservazioni  del  celebre  nostro  professore  di  Astro- 
nomia Felice  Sabatelli  ,  si  avanzò  di  tanto  ,  che  avve- 
gnaché in  fresca  età  ,  venne  ìq  fama  di  valente  astro- 
nomo . 

Non  contento  però  egli  ancora  del  suo  sapere  ,  e 
per  estenderlo  il  più  ,  che  per  esso  si  poteva  •,  non  si 
tosto  gli  cadde  ìa  pensiero  di  traghettare  il  mare  ,  e 
condursi  per  tale  oggetto  a  Londra  ,  che  il  pose  in 
esecuzione:  ma  volendo  innanzi  le  principali  Città  ila- 
liane  visitare  ,  andò  da  prima  a  Vetiazia  ,  passò  indi 
a  Padova,  dove  la  sua  dottrina  ,  e '1  suo  diportamen- 
to gli  conciliò  a  un  tratto  la  conoscenza  non  meno  , 
che  r  affetto  ,  e  la  considerazione  di  que'  letterali  ,  e 
nominatamente  tra  gli  altri  del  Signor  Toaldo  ,  e  del 
Signor  Nicolai ,  che  incontanente  lo  ammisero,  nonché 
alla  loro  benevol' amicizia  ,  ma  il  vollero  altresì  socio 
de' loro  astronomici,  e  matematici  lavori.  Il  dilui  me- 
rito, che  star  non  poteva  fra  brevi  limiti  ristretto,  to- 
sto come  pervenne  agli  orecchi  de'  Riformatori  di  quel- 


(  353  ) 
lo  studio,  fatlegli  da' medesimi  graie  accoglienze,  gra- 
ziosamenle  per  ritenerlo  fra  loro  ,  gli  esibirono  la'Cal- 
tedra  di  iiiatemalica  in  quel  Seminario  ,  dandogli  si- 
curezza di  trasferirlo  poscia  nella  Università.  Esita  sul 
momeiuo  il  nostro  Luon  Collega  ^  non  sa  de]ioire  la 
deliberazione  di  proseguir  il  suo  viaggio  verso  Inghilter- 
ra ,  non  sa  altronde  ricusar  1'  esibizione  urbanamente 
fattagli  j  vinto  però  dalla  gratitudine  ,  accetta  a  grado 
r  onorevol  proferta.  Intanto  giunti  a  notizia  del  nostro 
Governo  i  di  lui  talenti  uranologici  ,  non  indugiò  con 
cortese  generoso  invito  di  richiamarlo  in  j)alria  .  So- 
prnppreso  egli  da  sì  fatto  annunzio  ,  prova  il  più  fiero 
contristamento ,  o  di  lasciar  affatto  i  suo'  grati  ,  e  be- 
nevoli amici ,  o  di  rifiutar  scortesemente  la  sovrana  be- 
nigna chiamata  .  Ma  la  preponderanza  di  questa,  eia 
forza  del  connaturale  amore  di  renders'  iu  seno  della 
patria  ,  e  de'  suoi  ,  prevalse  finalmente  suU'  agitato  di 
lui  animo  :  Determina  ,  e  senza  più  riviene  in  Napoli: 
L'  accolsero  qui  festosamente  i  suoi  ,  e  lo  gratificò  con 
piacimento  il  Governo  j  in  prima  con  la  cattedra  di 
Astronomia  nel  R.  Collegio  della  xMarina  ,  indi  con 
quella  di  Meccanica  nel  11.  Collegio  di  Artiglieria  ,  e 
seguentemente  con  elegerlo  a  pubblico  professore  di 
Astronomia  nella  Regia  Università  degli  Sludii  ;  ed  in 
ciascuna  died'  egli  ben  a  conoscere  il  suo  profondo 
sapere  .  Fu  egli  il  pronjotore  ,  e  1'  eseculor  destinato 
alla  erezione  della  Specola  astronomica  ,  ed  allo  assor- 
timento delle  differenti  macchine  ,  ed  istromenfi  per 
le  moltiplici  osservazioni  ,  e  contemplazioni  degli  astri. 

45 


(354) 
Fu  egli  l'autore  per  sovrano  ordinameiuo  della  costru- 
zione della  Meridiana  nella  R.  Biblioteca  ,  e 'I  reiiifl- 
catore  di  altre  o  deviate,  o  non  huti  di-terminale.  Fa 
egli  in  somma,  che  provvedeva  alle  bisogne  della  vita 
sociale  per  quanto  à  correlazione  col  corso  degli  astri. 
e  colle  varianti  meteore  .  Se  le  non  mai  interrotte  oc- 
cipazioni  sui  fenomeni  celesti  avevano  in  qualche  parte 
già  debilitata  la  sua  sanità  ,  (  ancorch'  e'  fosse  di 
forte  complessione)  le  notti  però  insonne  ,  vernali  ,  e 
sub  dio  coQsuma'e  nell'assidua  inspezione  ,  |)er  tutto  quel 
tempo,  che  la  Cometa  corn[)arsa  sul  finir  del  i8  7-  ,  si 
rese  a  noi  visibile  ,  Io  giitarono  in  una  grave  idropi- 
sìa di  petto  ,  cui  non  va  se  alcun  umano  ajulo  ,  anzi 
a  giorno  per  giorno  sempre  più  inferocendo  ,  nella  sua 
età  di  anni  5r.  ,  da  tutti  dolorosan'enle  compianto  agli 
8.  di  Febbraio ,  dopo  aver  dati  ipiùlumino^i  attestati 
della  sua  Religione  ,  lo  mise  a  morte  :  lasciando  però 
di  se  inKuortal  memoria  ne' suoi  magisteri  ,  e  ne' suoi 
scritti  .   Tra  quali 

Un  opuscolo  anallttico  pubblicato  nel  1788.  ,  in  cui 
studiossi  con  nuovi  metodi  di  ridurre  1'  Equazioni  di 
più  alto   grado  a  semplici   formole. 

Memoria  nel  iBo^.  ,  inserita  nel  Volume  XI.  del- 
la Società  Italiana  ,  con  che  presenta  )1  miglior  meto- 
do per  trovare  le  radici  uumeriche  di  ogni  equazione  . 

Memoria  inviata  nel  1807.  *"^  Società  Italiana 
pel  concorso  del  premio  proposto  sul  problema  di  tro- 
varsi un  metodo  sicuro  ,  onde  determinare  le  lon- 
gitudini in  mare.  E  benché  tal  memoria  fosse  giunta 


e  355  ) 
dopo  del  tempo  prefisso  ,    fu  non  ostante  pubblicata  , 
ed  inserita  nel  XIV.   Volume. 

Efcmeridi  astronomiche  calcolate  al  meridiano  di 
Napoli  dal  1788.  in  avanti. 

Inediti . 

Molti  Opuscoli  astronomici ,  e  fisici  . 

Alcune  riflessioni  ,  e  nuove  aggiunte  al  suo  Opu- 
scolo Analiitico  . 

Storia  de'  fenomeni  prodotti  dal  terremoto  de'  26. 
Luglio  i8o5.  nella  Provincia  di  Molise. 


(  355  ) 
GIOVANNI  BIANCHI 


Iji 


riovanni  Bianchi  figliuolo  dì  Vitaliano  ,  e  di  Gio- 
vanna Gonidi  ,  possidenti  ,  nacque  In  Catanzaro 
nell'anno  1740-  Poich'ebbe  appresi  i  linoni  precetti 
della  lingua  latina  ,  da'  suoi  genitori  fix  mandato  iu 
Napoli  ad  oggetto  di  perfeziouars' in  essa,  e  di  appren- 
der la  greca  ,  la  filosofia  ,  le  matematiche»  ,  e  quindi 
r  arte  salutare.  Secondò  egli  talmente  il  desiderio  de' 
suoi  genitori  ,  che  ben  presto  si  distinse  tra'  giovani 
studiosi  .  Manifestò  particolarmente  un  massimo  tra- 
sporto per  le  scienze  esatte  ,  ed  avvegnaclìè  si  foss'  e' 
determinato  di  occuparsi  nella  medicina  per  professio- 
ne ,  ciò  non  pertanto  continuò  egli  a  coltivarle  con 
entusiasmo.  Diede  in  fatti  una  gran  pruova  del  suo 
valore  in  queste  facoltà  ,  allorché  ,  essendo  di  già  ac- 
clamato medico  ,  si  espose  a  un  pubblico  concorso  , 
pel  cui  effett'ottenne  nella  patria  la  Cattedra  di  matema- 
tica nel  Collegio,  ch'era  de'PP.  Gesuiti.  Allora  fu,  che 
il  Bianchi  ,  ritornato  in  Catanzaro  ,  benché  giovanetto  , 
cominciò  a  disseminare  i  germi  delle  scienze  utili  ,  e 
ad  eccitare  tutta  la  gioventù  di  quella  Provincia  allo 
stndio  delle  matematiche.  Continuò  egli  per  molti  anni 
a  fare  ivi  lodevolmente  il  medico  ,  e  ad  insegnar  dalla 
Cattedra  con  la  massima  felicità  ,  e  con  pubblico  ap- 
plauso. Ma  nell'epoca  micidiale  de'  rubesti  terremoti., 
che  soqquadrarono    quelle    fertili    Calabre    Provincie  , 


(  357  ) 
essendo  stato  quivi    invialo    dal  Governo     il  Generale 
Pigd.itelli  per  recar  sollievo    a   quelle  disolale    popola- 
zioni ,    e  por  ordino  alla  naeglio    al    fisico  ,     e  morale 
sconvolgimLiilo  ;    al    che    il  nostro  Bianchi    aggiu 


a  se 


quanto  per  luì  si  poteva  ,  la  sua  cooperazione  ^  e  da 
indi  in  poi  divenne  l'  amico  ben  veduto  del  G'^neralej 
il  quale  ,  dissiinpegnalo  nel  miglior  modo  possibile  l'alto 
incarico  ,  volle  secolui  condurlo  iu  Napoli.  Qui  ,  mer- 
cè dell'assiduo  esercizio  della  salutifera  medicina  ,  e 
de'  suoi  costumi  pieni  di  modestia  ,  e  di  cristiana  pie- 
tà ,  trasse  tosto  alla  sua  amicizia  i  più  dislinli ,  e  let- 
terali suggelli  di  questa  Metropoli  ,  Ira'  quali  il  Gene- 
rale Pomerueil  ,  che  incoruanenle  nominollo  medico 
primario  del  R.  Corpo  dell'Artiglieria  ,  di  cui  era  egli 
allora  Direttore.  Passalo  in  Francia  il  nostro  Collega, 
non  andò  guari  ,  che  la  sua  dottrina  ,  ed  il  suo  meri- 
to letterario  fosse  colà  riconosciuto  ,  e  guiderdonato 
colla  carica  di  medico  nello  Spedale  di  Tours  .  Ma 
non  contento  egli  di  quel  soggiorno  ,  e  preso  dal  de- 
siderio di  viaggiare  ,  persuaso  ,  che  non  altrimenti  si 
coltiva  lo  spirito  che  coli'  acquisizione  di  novelle  pe- 
regrine cognizioni  ,  poicliè  vi  à  assai  di  differenza  tra 
il  sentir  dire  ,  e  'l  vedere  ,  tra  il  leggere ,  e  l'operare , 
imprese  a  visitar  l'  Olanda  ,  le  Fiandre  ,  e  ben  tutta 
r  Italia  ,  osservando  con  sagace  criterio  ,  e  facendo  ru- 
brica di  tutto  ciò  ,  che  mena  al  conoscimento  del  mi- 
gliore ,  o  del  vero.  Ritornato  in  Napoli  nel  1807.  for- 
nito di- una  profonda  teoria  ,  e  di  una  pratica  Sfcon- 
dalrice    della  natura  ,  ebbe  la  direzione  dello  Spedale 


(  358  ) 

della  Real  Marina ,  ove  diportossi  ,  non  solamente  da 
medico  perito  e  premuroso  ia  sollecitare  la  sanità  de- 
gl'  infermi  ,  ma  eziandio  da  amico  amoroso ,  e  conso- 
latore delle  umanità  afflitta  ,  e  paziente  ^  ond'  è  ,  che 
quest'  uomo  ricolmo  di  sommo  merito  di  Religione  , 
di  morale  ,  e  di  beneficenza  verso  de'  suoi  simili  fa. 
da  tutti  dolorosamente  compianto  ,  allorachè  nel  mese 
di  Luglio  del  i8i4-  ,  e  di  anivi  74-  di  età  sua  da  una 
febre  nervosa  intra  pochi  dì  fa  messo  a  morte. 


« 


H  comhì /lamento  dì  varie  circostanze  à  ritarda' 
ta  di  assai  la  pubblicazione  di  questo  secondo  VO" 
lume.  In  questa  interposision  di  tempo  abbiamo  noi, 
da  morte  rapiti ,  perduti  non  pochi  altri  d£  nostri 
degni  colleghi  ,  d^'  quali  ne  terrem  la  dovuta  me- 
moria nel  seguente  III.   Volume. 


Fine  del  1I>  Volum&f 


(559) 

INDICE  OEiNERALE 


PnEFAZJONE  p3g.  ^,, 

Cataldo;  de'  Sig.  ascritti  al  R.  Istituto . 
Sodi  ordinurii. 


XXI 

ivi 


Socii  onorari i  esteri  xxiv] 

Ouorarii  nazionali  xxv  |   ammessi  dopo  la 

Sodi  corrispondenti  esteri  xxvi  i  (  P'^bhlicazione  del 
Corrispondenti  nazionali  xxv  in)  ^"   f^olume. 
Opere  ditte  alle  stampe  da' sodi  ordinari  dopo 
pubblicalo  il  £.  Volume.  xxx 


INDICE 

DELLE  MEMORIE  CONTENUTE  IN  QUESTO 
II.  VOLUME. 


Sul  coltivamento ,  e  .mila  industria  della  Bam- 
bagia nel  Regno  di  Napoli  .  Memoria  del 
Sodo  ordinario  P.  JV/ccola  Cnlumethi  Onorati 
Minor  osservante  P.P.  <li  Economia  rurale 
nella  H.  Un/versifci  di  Napoli.  Letta  neW  a- 
dunanza  del  J{.  Istituto  del  dì  9,  Dicembre 
1810.  jjag. 


(  36o  ) 

Sulìa    coltura   dell  Agro  Brindisino.    Memoria 
di  Monsignor   Annibale    de  Leo  Arcivescovo        , 
di  Brindisi  Socio   corrispondente.  Presentata 
JielV  adunanza  de' 9.5.  Aprile  1811.  5^ 

Memoria  sulla  depurazione  della  Canfora  greg- 
gia del  Socio    ordinario   D.  Michele    Ferra- 
ra. Letta  nell'adunanza  del  dì  16.  di  Apri- 
le 1812.  122 
Su  gli  usi  medici  della  Digitale  gialla.  Memoria 
del  Socio    ordinario ,    e    segretario   perpetuo 
D.  Vincenzio    Stellati  :    Letta    nelV  adunan- 
za de'  12.  Dicembre   181 1.                                         i5o 
Sulla  miniera  ili  Grafite  di  Olivadi  nella  Pro- 
vincia   di  Calabria    Ulteriore.  Memoria    del 
Socio  ordinario  D.  Giuseppe  Melograni.  Let- 
ta nell'adunanza  de'"].  Gennajo  i8i3.  i56 
Osservazioni   mediche  ,    e   notizie    storiche    in- 
torno alle  Digitali  lutea  ,  e  purpurea  del  Socio 
ordinario  D.  Antonio  Savarese.  Lette  nell'a- 
dunanza de''2..  Aprile  1812.                                    i83 
Memoria  sulla  coltivazione  de' Papaveri ,  e  sulla 
maniera  di  cavarne   V  Oppio    del   socio  cor- 
rispondente Dottor  D.  Francesco  Ambruosi. 
Letta  nelV  adunanza  de'  i5.   Giugno  181 1.        200 
Sul  Guado  ,  sua  coltivazione  ,  e  modo  di  estrar- 
ne  V  indaco  .  Memorie   del   socio    corrispon- 
dente D.  Giuseppe  Morina.  Lette    nell'  adu- 
nanza de'  i3.  Febbraio  181 1.                              241 


(36i  ) 
Memoria  prima  idem 

Memoria  seconda  274 

Bapporto  della  Classe  di  Chimica  sulle  memo- 
rie riguardanti  V Indaco  estratto   dal  Guado  289 

Memoria  sulV Agricoltura  di  Sessa  del  socio 
ordinario  D.  Gio:  Battista  Gagliardo.  Letta 
nell'adunanza  del  dì  i5.  Marzo  1814.  3oi 

Estratto  di  alcune  notizie  de'  velenosi  effetti  , 
che  sulle  pecore  bianche  produce  la  pianta 
del  Funiolo  (  Ttypericura  Crispum  L.  )  322 

Descrizione  ,  ed  uso  di  un  nuovo  apparecchio 
per  le  distillazioni  composte .  Memoria  di 
D.  Benedetto  Vulpes  vice-segretario  perpe- 
tuo .  Letta  nelV  adunanza  de'  25.  Novembre 
i8i5.  328 

NECROLOGIA. 

Vincenzio  Petagna  5^o 

Andrea  Savaresi  343 

JNiccola  Andria  348 

Giuseppe  Casella  35 1 

Giovanni  Bianchi.  356 


(  362  ) 


ERRORI. 


CORREZIONI. 


PREFAZIONE. 


Pag.  X.     lin. 

IO.  Investicare 

Investigare 

XIV. 

8.  inesaoabile 

insanabile 

26.  disuria 

dissuria 

XVII. 

10.  Nannulla 

Naaula 

XVUI. 

25.  ipotisi 

MEMORIE. 

ipotesi 

Pag.  10.  lin. 

i4'  giugerebbe 

giungerebbe 

li. 

25.  piai are 

piantare 

12. 

21.  delle 

nelle 

l3. 

3o.  superata 

superato 

l5. 

25.  uberibus 

uberius 

27. 

8.  grillo-trappa 

Grillo-talpa 

3o. 

l5.  teneri 

tenere 

42. 

16.  sorditi 

sordidi 

43. 

i3.  lasciva 

lisciva 

14.  sapore 

sapone 

46. 

26.  coverti 

coverte 

47. 

3.  Bearu 

Bearn 

5.  piques 

piquès 

117. 

IO.  dal 

del 

118. 

12.    accupavano 

occupavano 

120. 

i5.  decacenza 

decadenza 

129. 

i3.  intesa 

i  stessa 

(  363  ) 

l3l.  1ÌD 

.29. 

leucoplheg- 
maticis 

leucophlegmaticis 

i5B. 

4- 

dalla 

della 

160. 

2. 

Strongoli 

Stromboli 

162. 

25. 

discrivere 

descrivere 

170. 

21. 

Marty 

Marlyr 

172. 

24. 

alaro 

Alaro 

195. 

i3. 

meramente 

interamente 

18. 

del 

del 

197- 

26. 

bonissimi 

buonissimi 

aoo. 

21. 

soggerire 

suggerire 

202. 

5. 

Cario-fillata 

Cariofillata 

Primulaveris 

Primula  veris 

.21. 

alla 

a' 

211. 

6.  poicchè  aven- 

avendone 

dona 

212. 

5. 

quali 

i  quali 

216. 

23. 

meconico 

meconio 

218. 

II. 

maggione 

maggiore 

223. 

5. 

curniculatum 

corniculatura 

23o. 

8. 

Stalleriani 

Halleriani 

249. 

24. 

dall'  acqua 

dell'  acqua 

252. 

4- 

altresì  quella 

altresì  di  quella 

268. 

7- 

vascha 

vasca 

281. 

20. 

li 

il 

284. 

J7- 

de 

da 

285. 

27. 

Notaz. 

Nota 

286. 

I. 

framichiata 

frammischiata 

21. 

indie 

Indie 

^ 


(364) 

Pag.  304. 

lin.18. 

Carbora 

Corba  ra 

3o6. 

2. 

querele 

querce 

307. 

II. 

per 

però 

3io. 

3. 

felici 

felci 

3i3. 

2. 

incotro 

incontro  , 

325. 

10. 

carettere 

carattere 

27. 

hanno 

danno 

326. 

14. 

verilità 

virilità 

332. 

6. 

bottglia 

bottiglia 

335. 

i3. 

corvature 

curvature 

336. 

6. 

succesivi 

successivi 

341. 

27. 

penora 

penosa 

345. 

II. 

divienne 

divenne 

352. 

3. 

coatradiare 

contraddire 

A.  S.  E.  n  Segretario  di  Stato  Ministro 

Cancelliere . 

ECCELLERZA 

JLo  Stampatore  Angelo  Tranl  volendo  pubblicare  per 
le  slam])e  il  secondo  volume  degli  Atti  del  Real  Isti- 
tuto d'  Incoraggiamento  ,  prega  1'  E.  V.  volersi  beni- 
gnare  di  accordargli  uq  Revisore  ,  e  1'  avrà  a  grazia  ec. 

Jicrmafo  —  Angelo  Tran!. 

Per  disposizione  dell'Eccellentissimo  Ministro  Can- 
celliere Presidente  se  ne  conìiuelte  l'esame  al  Signor 
Marchese  di  Castelleutini  Reggente  della  seconda  Ca- 
mera . 

Jl  Segretario  Generale    del    Supremo  Consiglio    di 

Cancelleria  —  firmato  —  Morelli  . 

Commesso 

//  regio  Revisore  Signor  Arcidiacono  Cagnazzi  . 

Jiriiiato  z::  Castellentini  . 

ECCELLENZA 

An  esecuzione  dell'  incarico  ricevuto  ho  letto  il 
secondo  Volume  dogli  atti  del  Reale  Istituto  d'  Inco- 
raggiamento ,  e  nulla  ho  in  esso  ritrovato  ,  che  sia 
contrario  alla  S.  Religione  ,  al  buon  costume  ,  ed  allo 
Stalo ,   son  dunrjue  di  parere ,   che   permetter   se  ne 


possa  la  pubblicazione  :  tanfo  più  che    contiene    delle 
dotte  Memorie  tendenti  alla  prosperità  nazionale. 
//  Regio  Revisore  delle  Opere  che  si  stampano   } 
fìrmalozii  Luca  de  Samuele  Cagnazzi  . 
S.  E.  il   Segretario   dì  Stato  Ministro  Cancelliere. 


^o- 


Napoli  li  24  Ot taire  1818. 

La   Seconda   Camera   del   Sapremo   Consiglio    di 
Cancelleria  • 

Veduta  la  domanda  di  Angelo  Traui  ])er  dare  al-" 
le  stampe  il  secondo  Volume  degli  Atti  del  Reale  Isti- 
tuto d'  Incoraggiamento  .  -. 

Veduto  il  parere  del  regio  Revisore  D.  Luca  de 
Samuele  Cagnazzi^  permette  che  la  indicata  Opera  si 
stampi  :  ma  ordina  ,  che  hon  si  fìubblichi ,  se  prima 
lo  stesso  Regio  Revisore  non  attesti  di  aver  nel  con- 
fronto riconosciuta  la  impressione  uniforme  all'  origi- 
nale approvato. 

Il  Reggente  della  Seconda  Camera 
Marchese  di  CASTELLENTINI  . 
Duca  di  CAMPOCmARO  . 


//  Segretario  Generale 
Morelli. 


L'  Eccellentissimo  Ministro  CaocelHere  Presidente  , 
e  gli  altri  Signori  Consiglieri  nel  tempo  della  soscri- 
iione  impediti  .