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DELLA
SOCIETÀ' PONTAKIANA
DI NAPOLI.
VOLUME PRIMO.
NELLA STAMPERIA REALE,
1810,
INTRODUZIONE
DI
VINCENZIO DE MURO
SEGRETARIO PERPETUO.
JLL riforgiraettto felice delle lettere e del gufto in Ita-
lia a quella bella ornatiffima patria è in gran parte do-
Yuto . Appena in volgar favella fi fchiccheravano frot-
tole, flrambotti, ed altre baje : appena cominciavafi a
leggere e a guftare v vezzi dell' eloquenza e dello rtile
de' fommi uomini del fecol beato di Augufto : appena
avea l'Alighieri colla divina Commedia data una forma
fissa e permanente alia lingua , ed imprellb alla nafcente
poesìa l'impronta del fuo carattere afpro, fiero, e Ai-
blime ; allorché due rari ingegni , nello fludio degli an-
tichi nutriti, e nella Corte del buon Roberto accolti ,
accarezzati, onorati, tolfero ad arricchire la materna lin-
gua l'un di tutte le grazie dell' eloquenza , 1' altro di
tutte le dolcezze della poesìa. E sì il fecero così beue,
che r uno fu con indicibile avidità afcoltato nella regal
corte, e l'altro riportò dal re un diploma, con cui gli
fu decretala la corona d' alloro (i) . Le loro maniere
al per
(i) Confervafi il pipiotua uei regio AtaUirio detto della Zecca .
lù
IV
per volger di /ècoll non" fono mica invecchiate : fecero-
la delizia della corte di Roberto; e furono in ogni tem-
po e faranno la delizia delle colte e gentili perfone .
Jl favore , e la munificenza del re , 1' efempio e la
gloria, del Petrarca, e del Boccaccio deflarono i fervidi
ingegni del paefe , e crebbero rigogliofe le lettere , e
per tal modo fiorirono, che frutti fpontanei parvero di
lui fuolo naturalmente ubertofo e felice . Ma, quel nu-
golo di mali , che alla morte di Roberto qu.efio cielo
ingombrò, fpenfe ogni ardore negli animi , e minacciò
d' introdurvi le tenebre antiche . In mezz,o alle tempe-
flofe vicende del regno di Giovanna , e di Carlo della
Pace; in mezzo alle perpetue coutefe per la fucceffione
al trono ; in mezzo alle turbolenz-e fufcitate dal genio
bellicofo e feroce di Ladislao, dall'ambizione e prepo-
tenza de' Papi, dalla debolezza di Giovannella , e dagl'
intrighi di fua corte, ebbero il bando le fcienze , e quafl
temeflèro T afpetto del pubblico, fi chiufero fparute , e
inonorate ne' chioftri , o tra le domeftiche mura di qual-
che amatore .
Alla fine però un genio tutelare fece montare sul
trono il magixanimo Alfonfo , e pofegli affianco un uom
d' alto affare , riguarde-^'ole e chiaro di fangue , di co-
flumi, di dottrina, e di fenno, Antonio Beccadelli; co-
nofciuto viemeglio fotto il nome di Panormita . Seppe
quefti ispirare al re il gufto de' buoni fìudj , /ìcchè coi
fuoi ammactìramenti non fu malagevole Jid Alfonfo pe-
aetrar ne' fegreti de\U fi,lofolÌuUt « teologiche difcipline;;
e-
y
e' della bella letteratura s'invaghì sì forte, che tenendo
fenipre in mano gli antichi , e lor dando tutte quelle
ore, che gli lafciavano libere i grandi affari ^el regno,
ebbe in gran pregio tutti coloro , che folTero flati in
grado di conofcerne , e di ritrarne negli fcritti lor le
bellezze, o di trasfonderle nel patrio idioma, ed arric-
chirne la profa e la poesìa italiana .
Kon è da dire, qual acuto fprone aggiungefle il fa-
vore del re alla naturale vtvacità de' napolitani ingegni,
e quanti uomini illulki richiamafTe in quefta metropoli
da tutte le parti d'Italia, e d'oltramare ancora. Napoli
e Firenze erano allora V asilo delle lettere , e di colo-
ro, che le coltivavano : e fi. divifero quefla gloria Co-
fimo" il vecchio, che con munificenza fuperiore ad ogni
privata fortuna i favj e letterati uomini in Tua cafa ac-
coglieva, ed Alfonfo, che indegni non gli flimò di avere
albergo tra le dovizie , le magnificenze , e lo fplendor
della reggia .
Infi-a i molti però , che qui vennero a godere del fa-
vore del re, e ad acquiiìar fama di letterati, merita il
primo luogo Giovanni, o, come giulìa l'ufo di qut-I tem-
po amò meglio di efler chiamato , Gioviano Fontano ,
uomo ftraniero d'origine, noflro per privilegio, per af-
fezione , e per fortuna . Dalle domeniche difawenture"
irritato, il fuol natio abbandona delf Umbria il gio^3-
netto Fontano, e va a prefentarfi ad Alfonfo in Tofca-
na. Il re, che di fino difcernìmento era. »" l"i ^<^"0"
pre- nott ordinar j calcini , e gì' impone di feguirlo nel
VI
regno. Amato <Ial re, non potea non cattivare la Ai-
ma e r affetto dell'ottimo Beccadelli , q in lui dettare
il defiderio e 1" impegno di fvilupparne T indole generO"
fa, e le forze dell' anima non ancora da falfe illituzio-
ni inceppate, o infievolite, e di condurlo a quel pun-
to di vera e folida fcienza , al quale poteafi giungere
a que'dì, e a quel gufto dilicato e squifito, che è di
ogni fapere la perfezione, e il piìi preziofo ornamento.
Il re di egregj precettori il provvide , e d' ogni altro
mezzo il fornì , onde poter liberamente il fuo tempo
nella lettura e nello iludio impiegare : ma il Beccadelli
v.oUe egli fteflb effere il fuo iflitutore, il fuo Mentore.
Circondato mai fempre da dotti , confiderò il valentuo-
mo , doverfi preftar loro qpportunità da poter la fapien-
za da i loro petti , e la dottrina , e l'eloquenza diffon-
dere, e così recar gloria a iè, altrui giovamento, ono-
re alU patria ; e perchè foffe più agevole , più rapida ,
e più fruttifera la comunicazione de' lumi , e fi accen»-
defle nobil gara , e gli sforzi riuniti di moki confe-
guiflero quel fine, al quale i lumi, le oflervazioni , la
Critica di ciafcuno feparatamente , o non mai, o troppo
di rado pervengono ; vennegli in mente di porre a ci-
mento, ed in contatto gl'ingegni, radunando in un por-
tico di fua pertinenza il fior degli uomini di quella ecà.
In quefta dotta affemblea or fi fpiegavano , e fi l'otto-
meitevano a rigido efame le dottrine degli apii'chi sulla
natura delle cofe, sulle leggi, che regolano il fisico del
mondo , ed il modale degli uomhii , «a ogni altr^ filo»
fo
fofia, e coni nobile libertà non quello, cbe gli antichi
avean detto , adottavafi , ma quel che aveano con ragion
chiara e luminofa provato; or mettevanfì in comunanza
le riflelfioni, le oflèrvazioni, e i ritrovati di ciafcuno ;
or fi comentavano que' tratti di antichi fcrittori , che o
per difetto di fedeltà ed efattezza nelle copie , o per
cagion d'inufitate forme, o d'intralciata teflura fembra-
vano più difficili ad intenderfl ; or prefentava alcun le
foe idee rilevando le più rare ed afcofe bellezze , che
ingegni avvezzi al fentimento del bello fcuoprivano nei
gran modelli dell'antichità; or fi fpiegavano le arti re-
condite dell' eloquenza , e il fegrcto incantelìmo delk
poesìa , la proprietà delle frafi , la convenienza dello
ilile , r armonìa , la fceltezza , e la leggiadria della lo-
cuzione : e faceanfi intanto cuore a vicenda d'imitare ed
emulare gli antichi, e qual nella profa, qual nella poe--
sìa, faceva opera ciafcuno, o di far fue le vaghezze e i
fiori della più pura latinità , e di metterfi a paro di quei
beati del fecol d'oro; o di acquillare , fpecchiandofi co-
ftantemente in quelli, fama di foknni fcrittori nella ma-
terna lingtfa . Quello difegno concepito la prima volta
dal Panormita, pria che nulla di fomigliante s immagi-
Bafle in Firenze, in Roma, o' in altra Città d Italia ,
tìoa ha efempio nell'antichità, e forma nuovo vanto e
fìngo^qr lode di quella patria .
Brillala fotto gli occhi del Panormita , in mezzo a
^anti erano in quella llagione uomini per lettere inli-
gni , il giovane Pontanr. , • delie do^'^ie altrui teforo
-vili
in fuo cuore facendo, corfe sì grande fpazio in picciol'
ora , che dell' illuLlre brigata .diventò tra poco V orna-
mento maggiore, e in età di 24 anni fu giudicato, che
tutti quelli il lafciafle di lunga mano indietro, che era-
no già vecchi, o nelle lettere invecchiati (i) . Né fo-
lamente tutti i moderni fi lafciò dietro, ma, a giudizio
de' più grandi uomini, nella purità della lingua, nel dir
terfo ed elegante, in quel fapore di latina proprietà rag-
giunfe gli antichi. Imperciocché, che che dicand il Boi-
leau , e l'Alembert , e tutti quelli, che vogliono eoa
fofismi combatter fatti , e dar fentenza anche di ciò , che
non fanno, a lungo fludio, a meditata lettura, a continuo
efercizio, a vivo naturai fentimento dell' ottimo, e ad ita-
liani foprattutto ciò non è ne'impoffibile, ne malagevole.
Ferdinando, che avea ricevuto in retaggio da Alfoa-
fo r amor delle lettere , e la llima di quelli , che le
profefrano , ebbe in tanta confiderazione il Fontano , che
non folo del poflo di fuo Segretario l' onorò , ma l' o-
pera usò del valentuomo, e l'accorgimento, e l'eloquen-
za nel maneggio di altiffimi affari , e in orrevolilTime
ambafcerìe. Ma io taccio la vita pubblica del Fontano,
benché gloriofa per lui , e di troppo alta fperanza nutrice
per r ambizione de' dotti , e torno all' Accademia .
Fra ornai fianco il Panormita dalle lunghe, gravis-
finie, e non ingloriofe fatiche , e fopracciò di età ca-
dente, e cagionevole di falute. 11 Fontano, ber^hè dalle
ri-
(,1) Veggafi lo ft^o Fontano iraa. ^. P'^^nùa,
I-X
rilevanti cure delle f»? carìcbe diciatto, non comportò,
che r opera si ben comiuciata dal venerando vecchio
andafle a itiale, e fodero gli accademici efcrciz.), o ab-
bandonati , o interrotti . Anzi tclfe fopra fé di fìrin-
gcre in un corpo regolare e ben cofìituito coloro, che
r onorata compagnia frequentavano; e per dargli dure-
vole vita, gli diede fìatuti e leggi, con le quali a gui-
fa di ben ordinata repubblica fi reggefle in nobil gara
d' onore , ma fenza fìizza , fenza baffe gelofie , fenza o-
diofe contefe . In guifa che quella , che per 1 ifìituzio-
ne del Panormita non era, fé non femplice adunanza di
virtuoll amici , prefe con gli ftabilimenti del Fontano
vera forma di accademica focietà . Per la qual cofa era
ben giullo, che e' ne foife vero fondator riputato, co-
me il fu fempre , e' , che ne fu il legislatore ed il pa-
dre . Nel mezzo di un ameno giardino di fua ragione
aveva egli innalzato un tempietto : volle , che queito
fofle il tempio delle mufe, e la fede dell' accademia .
Ivi egli raccolfe parecchi giovani , che aveano comune
il defìdcrio di apprendere, e l'inclinazione a' buoni fì^adj:
ivi efponeva ciafcuno alla fevera critica de' colieghi i
parti del proprio ingegno : ivi egli prefedeva da mae-
llro e da padre , e con ragionamenti pieni di grazia e
di venufta , con impareggiabile giocondità , e con elo-
quenza incantatrice verfava i tefori del fuo profondo fa-
pere , e teneva le intere giornate pendente «^^'^a fua
bocca la fcelia e vlnuoiu brigata (t). Que-
(0 Son parole di Aleffandro d' Aleflandro Gii, Din. lib. iv. Egli era
della compagaia .
Quefta è 1' accademia , (Ji cui fu padre e fondatore
il Fontano . Ella fu di tanta utilità ai progreflì delle
fcienze e delle belle arti , che dal fuo feno , quali , co-
me fi suol dire, dal cavallo trojano una fchiera ufcì di
grandi uomini , de' quali farebbe per avventura badato
un folo ad illuiìrare il fuo fecolo (i). Non 11 può ne
ammirare abbaftanza il numero, ne pronunziar fenza ri-
fpetto il nome degl'illuflri filofofi, degli eloquenti ora-
tori, de'giudiziofi illorici, degli eleganti poeti, di let-
terati di varia e profonda erudizione, di fcrittori d'ogni
genere pient di venurtà e di eleganza , che furono al-
lievi di quefìa fcuola. Perfone della più alta nobiltà non
isdegnarono di cingerfi il capo dell'accademico alloro ,
di venire ad afcoltare le lezioni della fapienza del nuo-
To Platone, e a coltivare lo fpirito co'letterarj efercizj.
E riufcirono di fatti affai più per dottrina , per eloquen-
za, per erudizione chiari e famofi, che per natali non
erano , per dignità , per ricchezze i due Acquaviva , un
Davalos , un Sangro , un Marchefe , un Poderico , un
S^ripando^ un Gravina, un d" Alejfandra , un Caraccio-
lo ^ un Cavaniglia, un Carbone. Ma che diremo di tutti
gli altri? Che di un Altilio , chs accoppiò così bene al-
la linda femplicità di Catullo V eleganza di Orazio, e
la feconda facilità di Ovidio? Che d'un Galateo, le cui
opere fono ancor ricercate dagli fludiofi , e tenute in
gran c«.nto dai dotri? Che d'un Cotta Veronefe, d'un
(i) Cosi il Varchi neirZrcoL
iti
Zanchi <3a Lucca ] d' un Ecìdio da Viterbo ] d'un Mon-
talto da Siracufa , d' un Albino , e d' un Michiclì Ve-
neziani ? Che d' un Caleii'^LO , d' un Sadoleto , di cui
niuno efpreflè meglio lo fpirito di Cicerone nelle lette-
re ? Che d' un Iacopo Sannazaro , di quel si degno ri-
vai di Virgilio , che cercò di pareggiarlo nell' epica gran-
deiia non meno , che nella pailorale femplicità , e un
«uovo genere tentando, ignoto ai Greci e ai latini , i
codumi dipinfe, e le maniere de'pefcatori con tanta ve-
rità e leggiadria , che le fue Pefcatorie fono fìate 1 am-
mirazione , e lo fpavento di tutti quelli , che han voluto
imitarlo? Che finalmente di un Angiolo di Cofian\o ,
grave ed elegante iftorico , e chiariffimo poeta, che fde-
giiando il'leziofo e svenevole fìile de' Petrarchilli del
fuo fecolo , e nuovo flile foggiando pieno di foftanza e
di nerbo , ottenne sì diftinto luogo tra i più rinomati
poeti ? Tanti uomini illuftri , e di tanto polfo , fi fpar-
fero per l' Italia , ed oltremonte , e portarono dapertutto
lo fplendore e la gloria dell' Accademia del Fontano ;
Da quelli chiariflìmi lumi di dottrina e di eloquenza
fi rideftò r antico brio degl' ingegni italiani , e le belle
arti, e le fcienze comparvero di bel nuovo de' lor na-
tivi ornamenti veflite, e quafi certe di non dover effe-
re un' altra volta dal feno d' Italia difcacciate . Uno fia-
bilimento sì faggio e sì facile parea garante ^tlla loro
flabile fortuna . Le più rinomate d'tci d' Italia vollero
avere un' Accademia sul modello di quella di Napoli :
ebbe fubito la fua Firenze, ebbe Roma la fua. Ma im-
b » proV;
jttt
provvifa tempera a daano loro fcoppiò, e mancò poco,
e non le affogò nella culla . Avea per un cotal ghiri-
bizzo fatto legge il Fontano , che i nuovi Accademici
al primo loro ingreflo doveflèro cambiar nome. Quello
ufo , che è flato in tutte le Accademie quafi fino a dì
notiti feguito, fece venir in Roma Paolo IL in fofpet-
to y non intendeflèro così gli Accademici dì sbattezzarli,
e di rinegare il criflianelìmo, o nafcondelfero fotto quel-
la finzione difegni di fedizione e dì rivolta . Tutti i mezzi
furono meilì in opera , che la barbarie inventò per e-
llorquere dagli Accademici la confeffione del fuppofto
misfatto ; e fé non veniva in buon punto la morte a
tor di mezzo il fofpettofo Papa , farebbero e il Valla ,
e il Leto, e gli altri fra i più atroci tormenti raifera-
mente periti «
Da queir epoca in poi fi fparle per ogni angolo d'Ita-
lia , e per T Europa altresì sfavillante luce di fcienza ,
fi appigliò per ogni dove V amor delle lettere , fi risve-
gliò in tutti la curiofità di conofcere davvicino gli an-
tichi , che sì gran nome aveano lafciato : V invenzion
della fìampa , che avea cominciato a rendere più gene-
rale e pia facile 1' illruzione, il siftema politico d' Eu-
ropa, e il libero commercio delle nazioni fra loro , e
foprattutto la moltitudine degl'ingegni, che folo per na-
turai vagW>z,za alle lettere ìi conlàcrano , render dove-
va impoffibile 11 ritorno della barbarie , e indipenden-
te dalle vicende de"" tempi la loro forte . E in quello
regno principalmente, che è flato più d^ogni altro paefe
tea-
XIII
teatro di luttuofi e flrani rivolgimenti , non vi è fiata
Città , che non abbia avuta un Accademia , dove una
folla d'uomini ftudioll coltivavano a gara i loro talenti.
Egli è vero bensì , che han dovuto lottar lungo tem-
po le fcienze colla fuperllizione , T ignoranza , e l' orgo-
glio di quelli , che han pretefo di tener la ragione tra
ferri, ed eflèr padroni dell'opinione. Ma non mancaro-
no mai tra noi nomini di tefta e di coraggio , che le-
vandofi di lunga mano sul volgo , ofarono entrare ia
lizza , ed intraprendere or a purgare del fudiciume fco-
laftico le filofofie, e a fottomettere alla ragione l'auto-
rità di gran nomi ; or ad alzare il manto ad Ifide , e
forprendere i fuoi fegreti , e prevenire le più folenni
fcoperte del Galileo , e del Newton ; e mentre nel fon-
do delle Calabrie , pria che fofle al mondo il Bacone ,
sbalzava dal trono Ariflotile, e nuovi fìftemi fabbricava
il Telefìo y in Napoli cantava i principj delle cofe il
Capece in verfi degni di Lucrezio , il Colonna e Tira-
parato (pianavano la ftrada al Tournefort, e al Linneo,
deferi ve va i telescop) il Fontana , e fpiegava 1' origine
de' colori il Porta , fcoperte , delle quali ci han per fom-
roa ingiuria involata la gloria gli ftranieri .
Era egli giufto, che la coltura tra noi feguiflè ne'fuoì
progreflì l'andamento naturai delle cofe . Per conofcere
e giudicare gli antichi', uopo p»-» «»ver contesa-» degli ufi,
de' governi, delle opinioni, del fapcie, e de' pregiudizj
loro: e le fatiche degli eruditi da Aleflandro d' Alelfan-
dro fino al Mazzocchi niuna cofa han lalciata indietro,
che
XIV
che avefle potuto giovare all'intelligenza delle opere de-
gli antichi, fino a perderfi tal fiata in ricerche quanto
laboriofe , altrettanto frivole e vane . Hanno elfi cosi
dato luogo alla critica, e ci han pofto ìq illato di {In-
diar con difcern-imento , e d' imitar le bellezze de' gran
modelli lafciati dalla Grecia , e dal Lazio . E noi in
quella parte , dall' Accademia Pontaiiiana partendo , ab-
biamo avuto in ogni genere fcrittori eccellenti , e fiam
giunti mano mano ad un punto , il quale niuna forfè
delle antiche nazioni, niuna certo delle moderne ha mai
tocco, e di la dal quale non è per avventura poflìbile
sudare più innanzi, fiara giunti, io dico,' fino al gran
Torquato, che chiude la bocca all' invidia, ed aflecura
a quella patria il vanto, che fi difputarono le più fa-
mofe città della Grecia, il vanto di aver dato al mon-
do il principe de' poeti .
Difperando di afferrare lo flefìò punto di perfezione,
ne potendoli impunemente okrepaffare , ne rimanere al
sì fotto con gloria , il rivolfero gì' ingegni alla contem-
plazione della natura per trovare nelle di lei opere nuo-
ve bellezze a delcrivere , e nuovi argomenti a creare .
Da quello fìudio nacque lo fpirito filofofico, e lo fpi-
rito di analifi , quello fpirito di lume , che sa scomporre
i più complicati oggetti , penetrare fino ai primi loro
elementi , q giungere fino ai principj generali , che la
loro forza ed uiflu^nza a tutti i rami difendono dell'u-
xrano fapere .
Fornito di quello fpirito l'ingegno, fé non fi e tro-
vato
xt
vato più atto a concepire ed efeguire grandi opere d'im-
maginazione ; fé ha veduto come da micidial vento diC-
feccato e ifterilito il campo della fantasia, fé non può
lufingarfi di uguagliare la gloria del Sincero e del Taflb,
e refta tanto da quefli lontano, quanto dall' eftro imma-
ginofo e ardente è la fottile e fredda analifi lontana';
ha in contraccambio però il vantaggio di viemeglio co-
nofcere , e di giudicare a ragion veduta de' loro pregi ,
come quello, che sa fcovrire fin nella loro forgente le
cagioni di quelle foavi , e deliziofe fenfazionì , che in
noi defilano le belle opere dell' immaginazione .
Oltrecchè non può egli novella carriera aprirfi , e con
non minor lode percorrerla? Egli non reputa inutile pefo
della memoria la più vafla e ricercata filologia ; non difprez-
2a come vano lo fìudio della proprietà e dell'eleganza,
non isdegna come fuperftuo il ricco e pompofo abbiglia-
mento dell' eloquenza . Se colpifcono 1' immaginazione la
grandezza di Roma, e il deflino del primo popolo della
terra, e' ravvifa fotto la penna del non men eloquen-
te , che profondo Gravina i fondamenti politici , su cui
poggia ciafcuna forma di Governo, e lo fpirito-^che guidò'
quello di Roma per giungere all'auge della fortuna, e
i materiali apparecchia allo Spirito delle leggi , e alle
Cagioni della grande\\a dei Romani . E' coli' ajuto della
più vera e folida erudizione ha faputo fra le tenebre
della più rimota antichità rintrancWe Torigin» delle So-
cietà, delle lingue, delle religioni, de' governi, de' co-
fiumi , delle leggi , degli ufi delle nazioni , ed ha dato
alla
XVI
alla luce la Scienza nuova opera immortale del noflro
Vico, che non farà mai ne fìudiata , ne ammirata ab'
baldanza. L'erudizione con giudizio fcelta giova ad inaf-
iìare l'aridità delle materie afìratte, e ad ingentilire la
ruvida afprezza delle fìlofofiche dottrine. Lo fpirito fi-
lofofico, che fé ne para, la fa fervire utilmente a'fuoi
difegni : è il condimento , col quale adatta ad ogni pa-
lato quel , che prefentato nella fua natia femplicità fa-
rebbe per avventura da flomachi troppo deboli rigetta-
to. Adorno delle più belle cognizioni della lloria, della
filologia , della critica , ovunque ponga le mani , lo fpi-
rito filofofico -vi porta l'ordine, e tutto fparge di luce.
Se faffi a confiderare il iìilema delle leggi dallo flato
di natura allo flato di focietà, produce T Efame anali-
tico del iìflema legale; e contemplando i progreflì del
fifleraa civile dall' efillenza perfettibile fino alla perfetta
confìflenza , dà fuori V Efame economico del fiftema ci'
yile, opere entrambe del noflro Briganti^ che lo pon-
gono in un de' primi polli allato ai Montesquieu , ai
Mably , ai Smith , quando dietro a pericolofe novità
non delirano. Se gli vien dato d'occhio all'orrendo caos
delle leggi, che han governato, e governano i popoli,
egli , che fcorge di lancio le più lontane € impercetti-
bili relazioni delle <:ore , e fempre ai principj rimonta ,
che il germe contengono d' ogni utile verità , da una
immenlu indigena mole , per fé iìefTa , e vieppiù pe'di-
fpareri rltiui intrigata, difTonante , e confufa , fa forge-
xe un iillema maravigliofo , in tutte le parti ordinato e
bea
xvu
ben commeflo, fa nafcere la Scienza della Legislazione,
e colloca il fenfibile ed eloquente Filangieri tra i primi
luminari del fecolo. Se tutte finalmente abbraccia le parti
della filorofia , gli antichi e i moderni fiftemi chiama
con nobile libertà, e con fevero giudizio ad efarae, gli
svolge da tutti i lati , fcevera ciò che v' ha di vero da
ciò che havvi di falfo e d'aflurdo, ne fabbrica egli uno,
in cui l'energìa della verità sfolgoreggia , difcendendo
dai primi e più univerfali principj alle leggi fisiche , che
reggono il mondo , e alle morali , che reggono gli uo-
mini e le focietà , alla religione , che ne indirizza a più
fublime fine le opere, ai dritti e doveri , che ad enti
forniti di ragione competono, a tutto ciò, che il viver
ipcievole può rendere agli uomini caro , e a quel che
può degli Stati lìabilir la grandezza , la profperità , la
■potenza, verfando su di ciafcuna parte viviffimo lume,
che fenza abbacinare rifchiara , e fpargendo dapertutto
fiori di bella e squifita erudizione, che l'animo, fenza
opprimerlo , e dilettando tien defto . Tal è lo fpirito
deli' illuftre Genovefi, di quel filofofo sì benemerito del-
la patria , e che più di tutti ha contribuito alla vera
coltura della nazione . Nella fcuola di lui fi formò quella
folla di giovani-filofofi , che verfo il dechinar del feColo
XVIII portarono in tutte le profeffioni lo fpirito d'indagine,
di critica, e di verità, e fparfero per le provincie il
gudo del vero e folido fapere. Taccio un' altra molti-
tudine di grandi uomini, che h^"no il caduta ^colo u-
lulìrato in ogu» genere di fapere j, e che meritano fenza
e con'»
xvin
contrago di federe tra ì primi: taccio i nomi fimolì de-
gli Aloisj , de' Majelli , de' Sangro , de' Martino , de'Gen-
naro, de' Cavallari , de'Matteì^ de* Cirillo, de' Conforti,
de' Pagano, e di tanti, e tanti altri, che lungo fareb-
be il rammentare, e de' quali vivrà eterna ne' farti della,
noiba letteratura la rimembranza ..
In quello flato erano le cofe, in tanta ricchezza era-
vamo di letteratura e di fcienza , non avevamo che in*
vidiare agli flranieri , allorché 1' orrenda e per fempre
metrioranfla cataftrofe , che chiufe il fecolo. xvni. , met-
tendo tutto a foqquadro. , avvolfe come in un turbine
devaflatore e lettere e fcienze e virtù , e da tanta ca-
lamità rimafero sbalorditi gì' ingegni e come intronati .
Cominciammo però a rideftarci, e a refpirare fotto l'alt
dell'aquila vittoriofa. un'aria fereni e tranquilla di civile:
libertà : ma non potemmo rimirar fenza lagrime l'orribile:
gualìo, che vandaliche mani avean fatto-
Allora fu , che per rifare in qualche modo la patria
delle gravi e dolorofe perdite, e per rianimare i talenti
a fare ogni sforzo per confervarle T antico onore, furfe
in mente al benemerito noftro e coltitlìmo Signor j-Vice-
prefidente un penfiero, fc lì poteffero unire e legare iti
focietà uomini noa volgari , ma fcelti , non con altro
legame , che con quello fortiflìmo e foaviffimo dell' af-
fezione a' comuni fìudj , pe' quali mantenere ed accrefce-
re ciafcuno giulh fui pofla fi afFaticafle ; poter quello
le frefcht piaghe rammarginare , e le fcienze e le belle
arti nel priftino fplendore rimettere con fomma lor lo-
de»
de , e con fomma riputaz,ion2 della patria . Comunicò egli
a pochi amici il difegno; piacque, ed abbracciatolo con
calore dicron principio a quello nobile liìituto. Si pro-
pofero in eflb di ricercar materie da trar fuori , e por-
re in bella e laboriofa carriera le forze delf anima; di
lludiar la natura nelle più elevate ed utili contemplazio-»
ni ; di fchierarfi dinanzi tutte l' età , e da quelle racco-
gliere il migliore; d' intrattenerfi affiduamente con gli an-
tichi fapienti , che nelle -venerande lor carte fpirano an-
cora; di ammirarli, ma fenza cieca e fuperftiziofa defe-
renza ; d' imitarne il gufto , ma fenza copiarne i difetti;
di mettere a profitto le antiche invenzioni , e di arric-
chire, fé fia polTibile, il general patrimonio dell'umano
fapere di nuove , e fode , e pellegrine creazioni d'ingegno.
Appena corfe la fama del virtuofo progetto, e videfì
concorrere a gara in queda lega la gente, ne quella già
da dozzina, ma uomini nutriti ne' buoni fìudj, e pronti
tutti a contribuire colle loro vigilie al ben effere e all'
ornamento delle lettere . Si entrò allora nella giuda fpe-
ranza , che , ficcome dopo le turbolenze e le fciagure
de' tempi fcorfi da Roberto fino ad Alfonfo avea l'Ac-
cademia del Fontano non folo riftabilito 1' onore e la
riputazione delle lettere e delle fcienze in Napoli , ma
àveale portate benanche al più elevato punto di perfe-
zione, e di gloria, che in quell'età fi potea; così una
Società formata su di cotanto illuflre domelìico efempro
avrebbe, fp non f^tto Jiuicntìcare , almen renduto meno
fenfibili le paflàte perdite, avrebbe mantenuto e fparfo
e z il
il gufto delle utili cognizioni, ed avrebbe alla barbane,
che ci fovraflava, raofla fiera e irreconciliabile guerra .
Si cominciarono adunque le letterarie adunanze . Ma
per andar dritto al noftro fcopo , e perchè qualunque
itìituzione è vana , ove fopra faggi e fiffi regolamenti
non poggi , ed ogni compagnia tumultuariamente compo-
fla , e che proprie leggi non abbia , o valli a fciorre
da fé, o in confufìone e difcordanza degenera ; uopo
era, che fi ftabiliflero le leggi, le quali regolar doves-
fero di ciafcuno i carichi , i vicendevoli doveri , e le
fatiche. Furono quefte propofte, difcufle, e di comune
confentimento adottate . Uno però de' principali regola-
menti è fiato; che a ninna legge foflero i noflri fìudj
fottopofii , e ninno foflè a determinata occupazione ob-
bligato. Le più felici produzioni dell'ingegno fono fem-
pre figlie della liberta , fon opera di quello fpirito , che
fpira ove gli aggrada , fon parto di quel genio , che
crea ciò che vuole , e quando , e come il vuole ; e i
lavori forzati , e contra filomaco fi abbracciano , e a di-
fpetto di Minerva fi efeguono , e benché regolarmente
condotti , ben si pajono alla maniera ilentata , e rotta ,
e non di vena. Vogliamo, che piena facultà abbia cia-
fcuno di fpaziarfi nel vafio campo dell' umano fapere ,
e di fermarfi a quel punto, ove il fuo genio , le fue
abitudini , e gli fìudj fuoi prediletti lo chiamano . Su'
quello mediti , di quello favelli , prenda il momento dell'
ifpiraiione, o feriva : e i lanvpi ael genio sfavilleranno
ia mezio alle fue trea7Ìoni .
Al.
Allora fi pofe mano air opera. Ma ficcome efler dee
la nortra cortituzione tutta di carità , di benovoleuza , e
di falda e leale amicizia comporta , e sulla bafe fonda-
ta del coraggio nell' intraprendere , della coftanza in prò-
fcguire le opere incominciate, ed aver per compagne e
per guida la pace , T amorevolezza , e la decenza ; così
conveniva innanzi ad ogni altra cofa premunirli contro
a quelle peftilenze d'ogni bene diflruggitrici , l'invidia,
la gelosìa, la falfa modeflia , e la critica fcortefe ed a-
mara . Lungi da noi , dicemmo Y uno alf altro , lungi da
noi cotelta nemica d'ogni virtù, l'invidia, che con cento
arti maligne cerca di nuocere , e chiunque tocca , avve-
lena . Lafciara , che roda fé fteffa ; troverem fempre i
più , che generofi e benevoli daranno mano alla virtù
lodandola e confortandola . Lungi da noi le baffe gelo-
sìe, che con occhio trillo e dolente la nafcente riputa-
zion risguardando fi fìudiano di foppiatto di ferirla , o
di affogarla . Comuni fon tra noi le fatiche , comuni gli
fìudj , comune, fé ve n'abbia, la gloria. Lungi la falfa
modeflia, che all'ozio ne invita, ed una infinità di ta-
lenti invola alla fama . Evvi mai da fperar gloria nelle
cofe facili e piane ? Ma fé le belle cofe fono difficili ,
come per maniera di proverbio dicevano i Greci, in que-
lle è fempre degno di lode un generofo ardimento^ men-
tre la foverchia timidezza col manto di virtù in vitupe-
revole infingarderìa riefce. Difprezziamo con magnanir^o
filenzio le tronche voci e i iufurri , che j^ fanno da
tjuella rea gente e malvaggia , la quale tutte le belle
XXlì
ed onorate imprefe , e tutto ciò , che non le va a ta-
lento, per maniera fconcia e villana difonefla e beffeg-
gia. Non curiamo la vana alterigia di coloro, che pre-
tendono di governare da dittatori la repubblica delle let-
tere, e tiranneggiare T opinione del pubblico; che tutto
credono al di fotto di fé , e tutto guardano con aria
di disdegno e di fcherno. Non ci fgoinenti ne la futile
garrulità degli uni , ne la grave e profuntuofa albagìa
degli altri . Ma alle difcrete e corted cenfure prefìiam
facile orecchio , € docil cuore , ed , anzicchè dolercene ,
mettiamo a profitto gli avvertimenti altrui , e a chi li
dà cortefemente , fnppiamne buon grado. Ponghiamci in
cuore di far tacere ogni altro riguardo , di tener fempre
fiso l'occhio suir eccellente modello, che ci abbiam pro-
poflo d'imitare, di farci degni del nome, che abbiamo
adottato , di meritare la ftima de' noftri concittadini , e
la protezione d'uà Governo faggio, illuminato , e ma-
gnanimo , -d' un Monarca , che allevato alla fcuola dell
ìmmortal Napoleone , ed emulator fedele della fua glo-
ria , è perfuafo , non contribuir meno alla felicità della
nazione, ed alla gloria del fuo Regno-le arti pacifiche
di Minerva, che gli lìudj rumorofi di Marte, e le une
e gli altri, meritevoli reputa egualmente del fuo favo-
re , e della fua munificenza »
Con quefto fpirito, e con tale proponimento s'intra-
p^efero gli accademici efercizj , e frutto delle noftre pri-
me fatiche o il faggio, che ni cniro pubblico in quefto
primo volume prelemìamo . Io non debbo prevenire il
Tuo
xxn
fuo giudizio . Egli ci giudicherà fovranamente ; ma fé
non potrà del notìro lavoro dichiararli pienamente con-
tento; iìam certi però, che non potrà non commendare
altamente i generoll sforzi d' uomini, i quali ritirati in
feno alle Mufe , vigilie , fudori , e talenti , qualunque
e lìanfi, confacrano volonterolì al bea delle lettere , e
alla gloria della patria ^
XXV
STATUTI
DELLA SOCIETÀ' PONTANIANA
■_.'»
Sanzionati nell'adunanza de' 21. Dicembre 1809.
jDt natura, magis magifque detegatur, et artes promoveaniur human»
generi utiles . Bacon de Verul.
ART. I. ,^a Società Pontaniana fi propone efclufiva-
«lente di coltivare i feguenti oggetti :
I. Le matematiche , e tutte le parti della fifica
prefe nella loro più grande eflenfìone .
1. Le fcienze morali , e le politiche .
3. La letteratura , e le belle arti .
Sarà perciò la Società divifa in tre claflì .
ART. a. E' compofla di un numero determinato d' in-
dividui dimoranti in Napoli , che hanno il nome di
Socj rejidenti ; e queflo numero è di ottanta . Avrà in-
oltre un numero indeterminato di aflbciati dimoranti nelle
Provincie del regno , e fuori . I primi faranno detti
non refidenti, ed i fecondi corrifpondetitì . Ed avrà al-
tresì un numero determinato di Socj onorar) .
I foli focj rendenti hanno il diritto del voto per
le cariche .
ART. 3. Gli Officiali che la diriggono fono:
1 . Un Prefìdente
1. Un Vice-Prefidente
3. Un Segretario
4- Un Vice-Segretario
5« Un Teforiere .
XXVI
ART. 4- Il Prefidente , fra le fue attribuzioni, ha quella
di accordar la parola a' focj , che la dimandano ; di confer-
var Tordine nelle adunanze ; di differire le queftioni , quan-
do lo ftimi a propofito ; e di annuziare il rifultato de' voti.
•'ART: 5. In affenza del Prefidente farà il Vice Prefi'
dente riverito dalla, fleffa autorità ^
ART. 6. In aflenza del Prefidente , e del Vice-Prefi-
dente diriggerà. Y adunanze il focio più anziano in età .
ART. 7. 11 Segretario è incaricata della compilazione del
proceflb verbale. Sarà obbligato ad annunziare con arti-
colo necrologico la morte de' focj di qualunque claffe ,
benché vi foflè chi volefTe fcrivcrne un più eftefo elogio.
Sottofcriverà. dopo del Prefidente gli atti della So-
cietà, le patenti, il procefTo verbale, e qualunque al-
tra carta , a cui apporrà il fuggello della Società , di cui
è efclufivamente confervatore .
Manterrà la corrifpondenza con i fòcj flranieri , ed
affenti , ed anche colle altre focietà , e ftabilimenti letterarj.'
Sarà rirponfabile de' regiiìri , de' titoli, e di tutte
le carte riguardanti la Società , e ne rimetterà, in ogni
iémeftre al Prefidente un hotaraento da lui fottofcritto ,
che verrà ccmunTt'ato all' intera afl^mblea .
Sarà incaricato della cuftodia della bibliotecai-, e-
dell* archivio .
E finalmente farà un' analifi ragionata , colP inter-
vento dell'autore, di quelle memorie" ^ che 11 ffimano
non poter fi tutte intere inferire nfé^lr àttr . ' ' ■
ART, 8. In affenza del Segì:etirio ' ne- ftrà*- le Veci il
Vice-Segretario. ■" .-
ART.
XXV II
ART. 9. Il Teforiere è incaricato di tutti gì' intereffi,
e di tutte le fpefe della Società .
ART, IO. La durata delle cariche di Prefidente, di Vi-'
ce-Prelìdente , di Teforiere , e di Vice-Segretario farà
di un anno . La nomina ne farà fatta dalla Società a
maggioranza di voti . Potranno effere confermati per una
fola volta col beneficio di due terzi di voti de' foci
intervenuti .
Il Segretario , eletto nelfiflefix) modo , farà perpetuo.
ART. 1 1. Vi fiirà un configlio di amminillrazione, com-
pofto di tre focj , il quale riceverà i conti dal Tefo-
riere , e ne darà parte alla Società in adunanza pubbli-
ca . L' elezione ne farà fatta a maggioranza di voti ,
come quella di tutti gli altri officiali , e la durata fa.
rà di un anno .
ART. 12. Il Teforiere non potrà fare alcuna fpefa
fìraordinaria fenza averne ottenuto il permefTo della Società.
ART. 13. Ogni clafle avrà un Prefidente, ed un Segre-
tario , eh' efTì eleggerà nel modo medefimo degli altri offi-
ciali . ElTa efaminerà le memorie , che i focj leggeranno,
o prefenteranno , e ne darà quindi Ìl parere in ifcritto !
ART. 14. I fccj refidenti, ed i non refidenti fon te-
nuti di dare una memoria almeno ia ogni biennio.
ART. 15. Tofto che una memoria farà llata letta , ver-
rà rimefi^a dal Segretario perpetuo al Segretario della
clafl'e , cui appartiene ; la quale intefo 1' autore della
memoria su' cambiamenti , e fulle modificazioni, che cre-
derà di proporgli , darà il fuo parere con un rapporto in
ifcntto , fé la memoria meriti , o nò di effere inferita negli
^ i atti.
XXVIII
atti . La Società riunita darà poi il fuo giudizio a voti fegretì.
ART. i6. Delle memorie approvate , che gli autori vo
lefTero flampare feparatamente , la Società noa garantifce,
che l'importanza, T utilità, e la novità, non tutte le
opinioni o dottrine particolari degli autori : ne efla fi ren-
de punto garante di quelle memorie , che fieno llate fem-
pliceraente lette , e non fottopofte alla fua approvaziones.
ART. I 7. Le deliberazioni della Società faranno fanziona-
te a maggioranza di voti fegreti per buflola . In cafo di
parità ne farà rimelTa la difciillìone ad un'altra adunanza.
In una feconda parità la propofizione farà rigettata . Per
le deliberazioni bailia un numero competente di fbcj .
ART. 1 8, L' elezione de' nuovi focj fi farà a voti fe-
greti per buffola . Sarà il candidato annunziato neir
adunanza , che precede quella dell' elezione , da uno de
focj refidenti . Non farà ricevuto fenza aver riportata
due terzi di voti inclufivi . Ed appena amraelTo dichiarerà
a qual clafle voglia appartenere .
ART. 19. La Società terrà le fue adunanze di obbli-
go ne' giorni io., ao., ed ultimo di ciafcun mefe. Se
un cafo particolare efiga un' adunanza ftraordinaria , o la
variazione de' giorni fifTati, il Prefidente ne farà palTas
r avvifo a' focj per mezzo del Segretario .
fei Prendente aflente
Il Vice-Prefidente
GIUSEPPE DE CESARE.
Il Segretario Perpetuo
Viatcn/.iy de Muro.
ELENCO
DF MEMBRI DELLA SOCIETÀ PONTANLVNA.
50CJ RESIDENTI.
De Angelìs Pietro , Profetare della fcuola militare .
Avellino Francesco Maria , IJlitutore di S. A. R. il Priaci/fe
Ereditario .
Berio Marchese Francesco .
Bianchi Giovanni , Dottore di medicina •
Boccanera Angelo , P/ofeJfore di chirurgia nella regia univerfiih
di Napoli , <■
Brunetti Lazzaro , Segretario della legatone de regno italico .'
Cagnazzi Luca de Samuele, Arcidiacono di Alcaniura, e pro-^
fejfore di economia politica nella regia uniyerjìtà di Napoli»
Carfora Agnello, Avvocato^
De Ccfare Giufeppe, Capo di divi/ione nel minijlero delle fi'
nan-{e , Vice-Prefidente attuale della Società ,
Ciampi Angelo , Profeffore di filofofia .
Coco Vincenzio , Qonfigliere di Stato .
De Coaciliis Gennaro , Profeffore di fijlca nella, regia univer-
fìtà di Napoli 5 e di matematiche nella fcuola militare ,
Coflanzo Francefco , Colonnello del corpo del Genio .
Diana Francesco .
Gagliardo Gio: Batrifta , Direttor generale de' beni della corona
di S. M. il RE delle due Sicilie .
Galanti Luigi, Profcffore di geografia.
Gervafio Agoftino, Vice-Segretario attuale della Società.
De Horatiis Cofimo , Dottore di medicina , e di chirurgia .
Lamparelli Michele , Chirurgo maggiore dell.i Guardia Munt.
cipale f e membro dei comitato di vaccinaiione di Napoli .
Lauria Francefco, Avvocato del Configli^ di Stato ; e Trofejfo-
re di dritto criminale nella regia univerjìià di Napoli .
Marinelli iìngelo , Vrojejjore di letteratura nella regia uni'
ver/ità di Nufoli^
Marruncelli Giuflirio ,. Dottore di medicina .
Micheroux Aleirandro, Uditore del Cò:ifiglio di Stato.
Miglietta Antonio , Segretario perpetuo del comitato di vacci-
tun^ione . |
Monticelli Teodoro , Segretario perpetuo delP Accademia delle
fetente, /iella focittà reale di Napoli.
Mosbourg Conte dì, Mini/lro delle Finanr^e .
De Muro Vincenzio , Direttore delk clajji di belle lettere , e
filojhfia nella fcuola militare , Segretario perpetuo della
Società .
Nanula Antonio , P. Profetare di notomia umana nello Spedale
di S. Francefco ,
Navarro Pafquale , Capitano , e Profejforc di artiglieria nella fcuo-
la militare.
Nicolini Nicola, Prefidentc della corte criminale di Napoli.
Pa-rrilli Felice , Giudice della G. Corte dt caffar^ione ..
Petiuccelii Francefco , Dottore di medicina ,
Petrucci Aleffandro, Giudice nella corte dC appello di Napoli.
Piccinni Domenico .
Puoti Marchefe Fafilio .
Puoti Gio: Maria Avvocato. . ^ . r h'3
Sanfoni Domenico, Giudice della G. Corte di ca([ay.0Tm ,' ^ ,_. .,
Santoro Leonardo, Dottore dì chirurgia. , .'
Savare/ì Antonio, Primo medico deWarmata francefe .
Sementini Luigi, Profejfore di chimica nella regia^ u^ver/ìtà^di^
Signoreili Pietro Napoli , Profeffore emerito di diplomatica »^
Bologna .
Sonni Domenico , Profeffore di matematiche .
Tafuri p^ichelc, Capo di divifìone nel rnimflcro del culto.
Taffoni G: Ctfare, Minijlro del regno £ Italia .
Tenore Michele, Direttore del re al giardino delle piante , Pro-
fcfj'ore di botanica nel primo collegio di Napoli .
Vargis Macciucca Marclief^. Tomniafo ,'. Giudice della coree
>■ 'i .d' appeUo ■ dr .NàfoU- .
Vulpes Gio: Battifta .
Winlpeare Davide, Relatore al Confidilo di Staio, So/linito"-ttÌ
Procuratore generale del UE prcjjo la G. Corre di cajj'à'^ione.
Zurlo Giufeppe , Minijiio dell' Irtrerno y P ri-/ident& attuale ' delkt
Società. •-'- -'^ '^ -^' :■}
SOCJ ONORARI. - ''
Andres Giovanni, Prefetto- della biblioteca reale.
Manli Tito, Segretario geàerale del Configlio^dl Stato\ -
Ricci Angelo Maria , Capo di divi/ione neda Segreteri:^ di Stato. _
■ De Rita Gic: BatriQa , Profefjore di filojoftji nètla fci:(é/C rtl'-':
liiare , JjlituiOre di- S. A. il Prirxife Luciano . ' :
Valletta Nicola . , " '
SOGJ NON. RESIDENTI.
D'Ambrofio Angelo, ColorMello dd terreo re^i/fi'è'htò di Ittica
Navol'tano .
Aracri Grc;gorio , a Catat:-^aro .
Bciiclli Michelangelo .
Bifccglia Vito, a Terli^-i .
Bi-undifìni G letano , a Cofe:2^a , Prefidetite del tribunale di
prima ijìant^a .
CafTitto Giovanni, a Bonito,
Caflltto Federigo, a Bonito.
Caftaldi Giufeppe, a Trani , Pre/ìdente della corte criminale.
Cianciulli Carlo , ad Avellino , Segretario generale di queil' In-
tcndem^a .
Cicala Berardino , a Lecce .
Colletta Pietro , a Monteleone , Intendente di Calabria ulteriore.
Domanico Rocco, a Cofen^a , Giudice del tribunale di prima
i(ìanr^a .
Caldi Matteo , a Cofen^a , Intendente di Calabria citeriore .
Galiano Bruno , a Salerno , Giudice della corte criminale .
Giovine Gìufeppe Maria ', a Lecce .
Lamannis Gabri-sle , a Salerno ^ Camme jfa.rio dille polveri -e del
falnitro .
Lapira <jaetano , a Foggia , Commejfurio delle polveri e del
falnitro .
Lupis Orazio, a Catam^aro .
Milano Conte Michele , a Lecce , Intendente di quella Provincia^
Montaigne Camillo , ufii^iale di fanità nelle Guardie reali .
Mofchettini Cosn:)o , a Martano, Profejfore di agricoltura.
Papadia BaldafTarre , a Galatina , Giudice di pace .
Pasquali Samuele, a Lecce, Dottore di medicina.
Pelufìo Domenico , a Teramo , Giudice del tribunale di primd
ijìan-^a .
Peffolano Marco , a Rionero .
Pignatelli Francesco, General di divi/ione ^ a Spagna,
Tempone Domenico , a Moliterno .
SOCJ CORJIISPONDENTI.
Monti, a Milano.
Muftoxidj , a Corfà .
Re , fl Bologna .
INVOCAZIONE A SOFIA
Recitata nella folenne apertura della Società
DAL SOCIO RESIDENTE
SIGNOR DUCA DI VENTIGNANO .
alle Celefii radianti sfere
Onde gemmato il Divin Trono splende ,
Onde virtute in multiforme affetto
Sulfuom rifulge^ e V alme^ e i cuor penetra^
Deh, tu, propizia il tuo tranquillo volo
Spiega ver noi , che 'rz fuppUchevol cenno
A te volgiam lo sguardo , alma Sofìa .
Mira de'' tuoi devoti eletta fchiera ,
Cui per molta Jlagioii Tartarea Erinni
Lungi fofpinfe dal tuo facro OJiello ,
Or , che più fauflo omai defiin le arride ,
lÀeta accerchiarf aW ara tua d'intorno:
Ara novella (i), cui non or, non gemme
Fan vano fregio, ma cui folo infiora
Santa amiftade , emula^ion fublime .
T' e facro il fuol : Fu la tua reggia un tempo :
Ed in tenèbre involta ancor^ gran parte
Giacca deW Univerfo , allorché in quejle
Ognor
(>) Si allude alla nuova Società Pontanima.
I
Ogfiof sì chiare i e celebrate sponde
Splendeva in pien meriggio il tuo bel Sole.
Volgi lo /guardo in cerchio , augufia Diva ,
JE VJppulo, e'/ Sannite, eH Bru'^io intorno
Mira fuperhi in le fuperbe fronti
Sculta recar de"" figli tuoi V imago.
Mirane i campi ancor cofperfi, adorni
Di cune illuftri^ e di famofe tombe.
Fìggi ver r Aufiro il ciglio in sulle rive
Ch or giaccion brune di fraterno fangue.
Ivi tua prima ftirpe avea ricetto : (i)
Cola £ AJlrea le prime voci udiva
V attonito mortai: {i) cola d'Orfeo (3)
Le dolci note rifuonar nelt alma
Città, cui refer poi sì chiara un giorno
Del gran Saggio di Samo i detti e V opre . (4)
Ed ivi alfin, poiché sul Mondo emerfe ,
Dopo lunga fiagion,. turbo di Marte,,
Alma fublime in folitaria cella
Suir Italo fplendea cieco Ori^onte
Come lucida fella in notte buja . (5)'
Inclina ad Euro il guardo , e ve' £ Alcide (6)
La
0) I primi Fi lofofi cìie ("tìrfero ìa Italia furono cfi Mapna Grecia.
(2) Zaleuco di Locri fu il primo a dar lepgi fcritte a' Cuoi Concittadini.
U) Orfeo Grotoniate, diverfo da quello diTracia, ed Autore del Poema de*
gfi Argonauti .
(4) Pitago ra flabilì la fua fcuola principalment'é in Crotone.
(5) Il Gran CsfTiodoro, cui dobbiamo eterna riconofcenza per aver ccn tanta
accutate27a confervato alla j-cflerilà gran copia di rranofcritti , accrefcendone an-
cora il Rumerò per nje22o de' luci infaticabili ccmraEni di travaglio j e di foli»
tucrine.
{,6) La diflrutta Città di Eraclea , o Erculea .
La già famofa^ ed or negletta fponday
Che la prirn alba , e poi V ultima fera
Del prifco Italo Apelle ( i ) accolje un tempo .
Quindi non lunge altera ancor torreggia
Citta divina (a) , di celejle ingegno
Madre ^ ed albergo. (^) Al magno augujlo nome
Applaude r Univerfo , e f noni fi tace .
Val mar deW Oriente (4) ancor tu afcolti
Gemer t Adriaco flutto in suW eftremo
Fato immaturo del Cantor di Enea.
Là £ Appennin sul declinante dorfo
Del triforme cantor la cuna antica (5)
Sfida il furor del tempo edace ancora .
Dal nevofo Aquilon (6) V altera fronte
Erger Sulmo tu miri, e t onor primo
Aie altra difputar , ne forfè invano;
Poiché 7 Vate d' Amor là vide il giorno .
Le luci or china, <s7 vaflo faol Campano
Guarda, e forridi. In quefle fiacre arene
Parte non havvi al Nume tuo firaniera .
L'ultimo quivi difenfior tonante
Della cadente libertà Latina
Libero nacque e libero fu fpento . (7)
1) Zeufi celebre pittore di Magna Creda.
2) Taranto edificata da Tare, o Taranto figlio di Nettuno.
•,) Archita.
4) Brindifi ijiace all'Oriente di Taranto.
0 Venofa Patria di Or,i7Ìo.
6) Sulmona è fita al lettentrione di Venofa.
7) Cicerone .
«
4
Vittima ^uì delt ignito Vefevo
Giacque il fuhlìme indagator de muti
Arcani di Natura ; e alla fua fpoglia
Ampio rogo appresto natura ifiejfa .
Gemina tomba in sulle falde apriche
Ofienta Mergellina , e chiude in quelle
Il cener facro di più facri ingegni .
Echeggia ancor la. vedovella fponda
De' lor [davi accenti: e 'ti fuoii conforme
V oppofia riva Orientai rifponde . ( i )
Qui delt ire fraterne il buon Cantore : (a)
Qui di dottrine ignote il fabbro audace : (3)
Qui di fcien-^a novella il Maflro ofcuro : (4)
E' quivi alfin quel multiforme ingegno (5)
Cui fin de'' Regi il disdegnofo orgoglio
Porgea d"" onor tributo , e 7 cui gran nome
Di nuova Gloria e a noi pegno fecuro ;
Videro un tempo , e i detti lor vivranno
Ter man di Fama in adamante fculti.
Ahi , che tanto faver , gloria cotanta :
Cadde qual fior dal vomere recifo !
Notte di fangue ad ofcurar qui venne
Tua dolce luce : atra bipenne fpenfe
Di
(0 La riva di Sorrenttr pofta all' oriente di quella di Mergellina.
Cj) Stazio Autore delia Tebaide .
(;)_ Giordano Bruno di Nola nelle di cui opere C riconofcono i germi delle
dottrine di Cartefio , di Gaflendo, di Leibnitz , e di Copernico.
(4) Gianibattifta Vico.
(5) Il celebre Fontano alle di cui cure T Accademia Letteraria Napoletan*
del XVL ftcolo dovè tutto il fuo fplendore .
Vi tua prole Divina i 'fardi avvatiii.'
Sdegno/a allor tua profanata Reggia
Fremendo abbandonajii ; e nel partirne
jy alta pietade a noi volgefli un guardo .
Quindi al Seggio Vivin tuo volo ergendo ,
Appiè del foglio e lagrimofa, e muta
Il tuo duol depone/li , e 7 tuo difpetto .
Sorrife il Nume : e V Univerfo in lui .
E 'n quejie a te sì care piagge allora
Alba tranquilla di fereno giorno
Surfe ridendo , e 7 cieco orror difparve .
Rieder dunque a te lice , e i già tuoi figli
Quafi tenera Madre al feno accorre :
Rieder dunque a te lice , ed alle sfere
Spinger con eflro animator gt ingegni :
Rieder dunque a te lice ; e qui fedendo ,
Qual neir Olimpo il Genitor de" Numi ,
Far che d"" alto Jlupor comprefo il Mondo/
In quejìo tuo novello Tempio ammiri
Di Partenope appien rifurto il vanto ^
[>IS CORSO
DEL CAVALIER SANSONI
SOCIO RESIDENTE
Sulla Storia dell'Umana Ragione
'Pronunciato- nella fiejfx folenne apertura-I
Tuit JovianM rsvhefcentis- natura? fpecimin-.
Pietro Summoiue»
SICMORI
l!L L titolo dìfiintìvo della voflra Società non e putito
ufurpato. Egli è di vofira competew^a . Uomini di let-
tere, i quali kanno' dalf amicìzia la prima occafione di
unirjl: che neW unione trattano le fcien^e e le belle arti
come abituale fuggetio di lor converf airone-, che, dallo
fperiniento' deW milita di fa' congreffl s' inducono a fijfarli
colle regole' d-una flabilefocieta: che nel darfì un re-
golamento fociale fervono alla neceffita deW ordine , non
air ollenta\ione <£ un pompofo i/ìituto : uomini tali , Ji
tardajfero effi ad ajfumere un titolo , V altrui difarnl'
mento farebbe foUecito ad additarli Poncaniani .
Né
Né t opera che intraprendete è meno degna del Ge-
nio di Fontano: an-(i fé fojfe mai vero^ che per ejfo
e per le fue iJiitay.oni fi foJfe già preffo noi la ragio-
ne elevata al più alto grado deW umana condizione , la
vcfira intraprefa farebbe onorata da difficolta maggiore.
' Colui che travaglia al progrejfo d'' una facoltà eccita-
ta , ha nel fuo travaglio compagna la natura , che per
fé tende allo fcopo ; ma e d' uopo qua/i colla natura
combattere , quando fi cerca eliminare o fofpendere il
fatale periodo della decadenza . Quefta farebbe allora
r opera vojtra; opera tanto più giovevole^ della prima,
quanto la corruzione della fcienza perniciofa e più delV
'ignoranza .
Tali cofe nelt animo rivolgendo , mi fi fono offerte
fpontanee offervazioni sul fiflema della Ragione: in pri-
ma suir indole fua primitiva ; dappoi sugli accidenti del
fuo fviluppo . Portando rapido lo fguardo sulla fioria
di tali accidenti , mi ha trattenuto in. una particolare
offervay.one il genio di Fontano ; ed in un altra tifii-
tu^ione delle focieta fcientifiche^, che riconofce Fontano
autore , e voi rifìoratori .
Quejle vedute compongono V argomento che mi ho
propofio; ma non vi afpettate, ch'io lo tratti in tutta
la fua efìenfione . Non può contenerlo la brevità d' un
di/corfo . Temo forte d'altronde che della brevità fi offenda
la degnila del fuggetto ; ma io non pretendo che dar ec-
cÌLamemo ad un opera nella quale ciafcuno di voi potrà
meglio occuparne V amputa , e foddisfarne la degnila.
CA-
CAPO I.
Primitiva Ragione Umana.
i
J(L Stile di molti oflervatori della natura diffinire il
genere colla limitata idea della fpecie , fenza incaricarfi
di ciò , per cui V uno dall' altra fi diftingue . Per
tal modo han confiderato il genere degli uomini nella
flefla condizione dell' uomo Angolare : in confeguenza
gli hanno aflegnato ne' diverfi periodi dell'età gradi di-
verfi di ragione ; e ficcome nell' uomo fano la ragione
non da paffi retrogradi , nel Genere Umano fi è figu-
rato altrettanto , e fiiblimi talenti 1' han foflenuto .
Lepida immagine è quella dell' infanzia dell' Uman
Genere durata fino al tempo di Pitagora . La più anti-
ca geometria degli Egizj , l' agronomia degli Affirj , la
nautica de' Fenicj fi fon dette fperimenti di fenfo , pri-
vo di ragionamento . Mercurio Trifmegifto , Ojfco , Zo-
roafiro , Vulcano diconfi nomi favolofi . L'opera di Trifmc-
gifio fi afferma già da' dotti difcoperta fiippofla . Per
le oflervazioni del P. Rapino gli uomini non han co-
minciato a ragionare, che nella fcuola di Pitagora e di
Talete . In confeguenza la divina Poefia di Omero,
e molto pili la lingua comune de' Greci di quel tem-
po , dalla quale prendiamo tuttora a preftito le parole,
per diftinguere con efattezza i penfieri , erano vngùi di
bambino in culla •, e meno che puerili uaftulli erano
» le
IO
le magnificenze di Tebe , e di Babilonia , gli argini
flupendi dell' Eufrate , i portentofi aquedotti fotterranei
della Media , e tante del pari antiche opere del genio ,
e dell' induftria , fegnalate da' ruderi a recenti viaggia-
tori. La marcia della Ragione procede nel genere degli
uomini altrimenti che neli' uomo fingolare . Oilèrviaraolo
da capo.
Fiffiamo Tidea della Ragione ; ma fi badi che non
il può con regolare diffinizione difegnare ciò che non
ha genere proffimo , nel quale fi comprenda , ne fpecie
compagne , colle quali fia comparato a notarne la dif-
ferenza . In quefto cafo debbo contentarmi di additare
quello che io fento . Se lo farò per modo che , come
me , altri fenta la diftinzione dell' oggetto , avrò fod-
disfatto il bifogno della diffinizione .
Quello metodo è flato riconofciuto giuflo da tutti
coloro che han tenuto difcorfo della Ragione . Così
r hanno additata nelle principali fue funzioni . Hanno
comunemente detto efler tefercì-yìo di quella facoltà, per
la quale conofciamo i rapporti delle cofe , e giudichia-
mo della loro convenieny^a . Ma fi è oppofto che i Bru-
ti fanno altrettanto , moftrandofi per forprendenti ope-
razioni eh' e fi 1 conofcono, e giudicano de* rapporti delle
cofe . Quindi è parfo feguire o che i Bruti abbiano
con noi comune la -facoltà di ragionare , o che altron-
de debba il concetto della ragione ripeterfi . Ecco il
fondo delle eterne quiftioni , che hanno tanto agitato
i talenti metafisici .
Una
II
Una novella filofofia, rlftorando, ó svolgendo alcu-
ne antiche idee , ha sgombrato tutti gV imbarazzi . Ha
affermato non effervi altra facoltà, che quella del fen-
fo , il quale col miniftero della fantafia conofce , col
foccorfo della memoria ragiona. Una miglior coftituzìo.
ne fa che il fenfo adempia nell'uomo, più efattamente
che ne' Bruti, le additate operazioni. Ultimamente fi è
avuta per dimoftrata la cofa con una fpecle di fperien-
za . Con ingegnofa fantafia fi è invertita di fenfo una
fìatua, e fi è felicemente educata fino all'alta filofofia.
A confolare la propria ignoranza , e dar termine alle
penofe meditazioni, colle quali tenta l'uomo di ufcirne,
abbraccia con facilità le idee che ne io poffono lufin-
gare. Da quella umana debolezza è derivato il traspor-
to, col quale fi è abbracciata la ftatua animata dall'Aba-
te di Condillac . Io riconofco il pregio di quell' ope-
ra . Lo riconofco in ciò , che vi fono con beli' ordine
difpoile le operazioni dello fpirito ; ma il neffo fra loro
parmi tutto fuppofio , fenza ragion fufficiente. Freniamo
la fantafia: moderiamo la metafisica: offerviamo la natura.
E' un fatto della natura la differenza di due modi,
ne' quali dal fenfo riceviamo l'impulfo ad operare. Senza
accorgimento in un modo: con accorgimento nell altro.
CU atti Angolari interrotti, ne' quali le noftre operazio-
ni mancano di accorgimento , fono di frequentiffimo fpe-
rimento . Se tutti li raccoglielfimo , ne comporremmo
la maggior parte della nollra vita. Ma ciò che la na-
tura opera in un atto, può ben continuarlo ia acti fuc-
■I»
cefllvi. Può bene dunque ftare nella natura una catena
di non avvertite fenfazioni : in confeguenza una ferie
d' impulfi di tal coadizione , donde rirtilti un iifccma di
operazioni fenz' accorgimento fentite. Quello fillema ab-
bonderebbe di tutti que' fenomeni , a' quali da luogo la
moltiplico combinazione delle fenfazioni e degl' impubi :
farebbe nella fua sfera confeguente , com'è nella fera-
plice natura la catena delle cagioni e degli effetti ; ma
farebbe limitato a certa sfera , perpetuamente uniforme
ed invariabile , come il fisico fiftema » Ecco V iftinto che
co' Bruti abbiamo comune .
Ma noi non diciamo conolcere, fé non che ciò che
con accorgimento fentiamo : e queft'accorgimento non può
provenire dalla fantafia , o dalla memoria , perchè fi con-
"viene co' fettarj medefimi del fenfo , che l' ofiìcio di tali
facoltà lìa femplicemente quello di ferbare, o rinnovare
le forme delle fenfazioni nel proprio loro flato fenz' al-
tro aggiungervi ; e dallo fperimento fappiarao , che ne-
gli atti operati fenz' accorgimento noi non manchiamo
aè di memoria , né di fantafia . E' dunque facoltà diver-
fa quella che fomminiflra 1' accorgimento . Intelletto e
la voce comunemente ufata a dillinguerla : Mente è chia-
mata nel principio attivo: Ragione nel progreflìvo efet-
cizio .
Ad indicare dunque l'indole della ragione baflerebbe
diffinirla /' eferciiio di quella facoltà per la quale ci
accorgiamo di fentire . Se alcuno di nuovo dimandafle
in the confifta l'accorgimento, io ricercherei che innanzi
mi fi fpiegafte in che conHl^a il moto: in ciré confida
il fenfo. Quelle cofe fingolari con-iunemcnte intefe ad uà
modo, fono jibbalìanza difEnite dal nome. Moto, fen-
fo accorgimento noi chiamra^mo alcuni fatti della natu-
ra , li quali , come fingolari , per loro lleffi da ogni al-
tro fi diiìinguono ; ciò che vuol dire fi diEnifcono.
Nel diffinirc la ragione per le fue funzioni io ho fo-
lo notato l'accorgimento . Le diftinte operazioni , che
altri notano , non fono che rifultati , li quali fervono a
defcrivere , non a diffinire .
In fatti è r accorgimento che cangia le fenfazioni e
le loro forme in conofcenze : e ficcome la natura pro-
cede dal femplice al comporto , dal facile al difficile
con perpetuo progreflb , così sulla più femplice fenfa-
zione, e fui più facile accorgimento ^\ erge tutto inte-
ro r alto edificio della ragione . La fenfazione del fi-
mile e del diverfo è riconofciuta per la più fem.phcc :
così r accorgimento di queda fenfazione e il più faci-
le . Or la conofcenza del firn ile e del diverfo contiene
^dirò megho) è la fìefla che la cognizione del genere
e della differenza ; nel fimile è il genere : la differenza
nel diverfo . Ciò vuol dire eh' effa contiene la diffini-
zione delle cofe fentite ; ed è noto come per la diffi-
nizione fi erga lo fpirito da un genere all' altro lino
a comprendervi tutta 1' efiUenza fentita ( pregio dell an-
tica Filofofia ) ; e come per lo fleffo mezzo difcenda
allji più femplice cognizione fpecifica o individuale ( pre-
gio della Filofofia moderna ) .
Sen-
t4
Sentirono quella verità gli antichi ; iìcchè la diftin-
zione del limile e del diverfo , avvertita coli' efattezza
de' numeri, fervi a Pitagora per fiflare le reg-ole dell' ar-
monia univerfale : a Platone per comporre la fabbrica
dell' Univerfo .
Come neir uomo 11 fviluppi : come dia paffl progref-
£vi : come li dia retrogradi , farà argomento del fe-
gucnte capitolo .
CAPO II.
Sviluppo della Ragione ."
La natura ha dotato gli efleri di facoltà corrlfpon-
denti agli officj, che ha loro desinato nell'ordine uni-
verfale; ma è notabile l'economia, colla quale fviluppa
ed efercita tali facoltà , fecondo V efigenza dello flato
attuale. Ha pollo nella coftituzione dell'uomo la facol-
tà di ragionare non meno che quella di fentire ; ma
nel felvaggio non riconofciamo che la feconda , cioè
1 illinto , perchè a foddisfare gli officj di tal genere di
\'ita balìa l' impulfo del fenfo .
Allora quando gli accidenti del primo flato avranno
dato luogo a novelle fenfazioni , e quindi a nuovi bi-
fogni : allora quando per tal modo il piano dell' efigen-
za lì troverà eflefo oltra i confini dell iflinto ; e quin-
di ad ordinarlo infufficienti o fallaci diverranno le re-
gole che r iflinto ha nel limitato , invariabile , fempre
uniforme fuo lìftemà : è allora che 11 fenfo ,- agitato dalla
neceffita d' una guida , fviluppa 1' attività della mente .
Si oflervi che ogni elTere tende perpetuamente ad
efercitare le fue facoltà : fpiega con quella tendenza il
fuo dedino nell'ordine . Avviene così , che la mente de-
fìinata a conofcere , tende perpetuamente a tal opera ,
ed è quella tendenza illimitata , che chiamiamo curiofità:
operazione che non porta ad alcuna: conofcenza, fé un
bifogno non ne determina T oggetto . Di quello feno-
meno abbiamo una viva immagine nella defcrizione che
fa Robertfon dell'indole di alcuni felvaggi dell' Ameri-
ca , li quali palTano una gran parte del giorno sdrajati
fulla ripa di un fiumicello in apparenza di profonda
meditazione sugiuochi dell'acqua corrente , fenz'apprendcre
alcuna cofa . E' quella fatua curiofità , che incontrandofi in
un'oggetto di bifogno , vi trattiene la mente , ed in tal
guifa fi cangia in attenzione . E' figlio dell'attenzione quell
accorgimento , che ponemmo nella bafe della ragione .
Da quella pofizione deriva , che il piano della ragio-
ne fia in perpetuo rapporto col piano de' bifogni , per
modo che ne fegua tutte le condizioni . I Greci fenti-
rono intimamente l'efficacia di quello rapporto , onde mife-
ro fomma cura alla regolarità del piano de' loro bifogni.
Alterarlo era attentato all' ordine pubblico ; e temettero
iìffitta alterazione fin nel fuono delle corde armoniche.
Alla regolarità , all' unità di fiftema pollo nel piano
de' bifogni fu corri fpondente la regolarità e l'unità del
fiUema nell' cfcrcizio della ragione , per la quale tanto
pre-
IO
prevalfero ad ogni popolo. Se nfànze elbtiche , fé di-
\erfi o difcrepanti principj di Legislazione , di Governo,
di Religione inducono nel piano elìgenze repugnanti ,
incompatibili , incapaci d' ordinato fiiìema j 1' attenzione
farà dagl' impulfi difcordi paralizata , 1' accorgimento farà
perpetuamente incerto , e la ragione incontrerà in ogni
confeguenza V aflurdo .
Ecco la degradazione della ragione . La floria la mo-
flra in Grecia proporzionata alla depravazione , che da
tempo in tempo mifero nel piano de' bifogni le addita-
te cagioni .
La Greca Filofofia fu nella decadenza richiamata da
Tolomeo nelF Egitto , quali efule alla patria ; ma fera-
brò ch'ella amaffe ftabilirfì nella Capitale del mondo .
Il ceto de' dotti 1' accolfe con trafporto : i più gravi ,
come i Giureconfulti , le rinnovarono i Portici di Ze-
none : i cultori del g-ufto dilicato i giardini di Epicu-
ro . Fu vana la cura . Pianta di Grecia non poteva al-
lignare in Roma . La filofofia Greca fu rifpettata per
riputazione , fu profetata per vanità , fu derifa per
r inopportuna applicazione al piano de' bifogni che {en-
tivano i Romani . Il più rifpettabile rtoico di Roma
nieriiò di efler chiamato fatuo : la virtuofa fetta di Epi-
curo fu detta in Roma gregge di porci . Scorrete co-
munque con rapido fguardo la feguente floria del Po-
polo Romano : voi quali cogli occhi vedrete marciare
a paflo eguale il difordine dell' efigenze del fuo flato
colla degradazione della comune ragione. Giunfe cotefla
mar-
ftiarcia a tal grado, che parve neceffario tutto diftrug-
gerll innanzi che fi poteflè l' ordine riftabilire . Soddis-
fecero i Barbari quefto bifogno della natura univerfale.
Tutto fu diltrutto nella loro invafione ; ma non fu il
ferro o il fuoco che diflruflè la ragione: ella fu fpen-
ta nel convivere i Barbari con noi .
Noi avevamo da gran tempo trafcorfo tutt' i periodi
della civilizzazione , quando i Barbari vennero ad in-
cominciarla in continuazione della no<lra . Strana unione
di difparate efigenze ! I Barbari medefimi ne fentirono
r aflurdo , e fu rifultato di quello naturai fentimento
r aver accordato licenza a<l ogni uomo dello fìato di
deftinarfi la legge , nazionale o flraniera , ibtto la quale
volefle vivere . Malgrado ciò , come potea fcanfarfi la
confufione delle altre infinite efigenze d'una vita comu-
ne F Gli ufi , i cofiumi : le pratiche civili , le urbane,
le religiofe: la favella , i concetti ? Infine caddero ia
confufione le fiefle leggi civili mal feparate da princi-
pio . I nofiri Re dettarono leggi comuni a tutt' i fud-
diti , e le pofero in fifiema col dritto Romano , e col
Longobardo, prout qualitas lìtìgantìum exigebat ; fifie-
ma di principj repugnanti . Con pm aperta contraddi-
zione di fentimento i Beneventani negli ftatuti , che fi
formarono nel principio del fecolo decimoterzo , mifero
in ordinata ferie le confuetudini locali , le leggi Lon-
gobarde , e il dritto Romano. Nell'adattarfi all' efigen-
ze di t:ii fifiemi poteva aver luogo l' officio della ra-
gione? Fu neceffità rinunciarvi. Noi fummo da Barbari
j de-
li
depravati ; ma pure tali oflèrvazioni fi fon fatte da gra-
vi fcrittori intorno all' eccellente indole natia de' Bar-
"bari , ed alla regolarità della corta loro ragione , che
fé ne vuol inferire d' efler noi flati loro corruttori .
Se nou fono fallaci le offervazioni da me fatte finora,
la quiflione a colpo d' occhio fi rifolve . Noi ci cor-
rompemmo a \icenda , quando a vicenda ci comuni-
cammo il piano de' bifogni , e ponemmo in confeguen-
za in ambi i fiftemi la contraddizione . Fu quefia con-
traddizione di bifogni , che fofibcò la nafcente ragione
de'Barbari , ed eftinfe la noflra già depravata . Ma nul-
la muore nella natura : la morte llefla ha virtù pro-
duttrice . Si rigenerò la noftra ragione .
Quando fi tratti dì eriggere la ragione full' ignoran-
za del primo flato di natura altro non fi ricerca , fé
non che eccitarla eoa ampliare il piano de' bifogni ,
e contenerli nell' unità del fiftema colla regolarità dell'
eccitamento . Nulla vi è che pofià far remora alle ope-
razioni di un Governo dirette a tal fine . Ma quando
e d uopo riprodurre la ragione dalla corruzione , l'ope-
ra del Governo dev' effere preceduta dall' iflruzione dei
filofofi, che difpongano gli animi pregiudicati da'fattizj
bifogni delle corrotte abitudini .
Ti;!' era il noflro flato . Non mancavamo già di fen-
fazloni eccitanti ; per contrario ne avevamo foprabbon-
danti , mu difordinate , contradittorie , incapaci di fom-
miniflrare all'ofiìcio dell' intelletto regola di accorgimen-
to, e fiftema di ragione. Avevamo bifogno d'iftruzione
a di-
19
a diftinguere gli oggetti, ed in cfTì le proprietà dì va-
ria natura ; occorreva che ci foflcro additati gli elementi
del giudizio per metterli in regola , e che folfe fezio-
nato il fiUogismo a poter diftinguere dove giacelTe la
fallacia . Avevamo bifogno d' una filolbfia di dettaglio
a manodurci .
PofTedevano gli Arabi queflo genere di filofofia , la
quale nieriterebbe d'eflcre avvertita alquanto pi^i efatta-
niente che non fi è fatto, per lo rapporto che ha con
efla,pii:i che colla Greco-latina , la filufofìa de'nolìri tem-
pi. La chimica, di cui tanto fi onora f età nollra , vicii
dall' Arabia ,
A foddisfar fefigenia dell'ordine univcrfale , gH Arabi
penetrarono nell' Europa , e vi fparfero la loro dottri-
na. Noi ne traemmo i primi rudimenti della ragione .
Quanta ingiuftizia , quanta ingratitudine è nel ridicolo
che i dotti recenti han verfato sulle forme delT argo-
mento fcolaftico, e sulT efprefiloni , che han chiamato mi-
ferabile gergo ! Fu V argomento in barbara che guidò
quali per mano lo fpirito degli uomini all'ufo della fmar-
rita ragione: fu il concetto contenuto nelfemità, quidduà,
e negli altri fimili gerghi, che fece ditlinguere nella con-
fufione gli oggetti del difcorfo, ed aificurò l'incerto accorgi-
mento. Fu la fcolaflica , che ci mife a portata della fu-
blime dialettica, e per efTa delle alte fcienze, e belle arti.
La natura fi accorfo , che era maturo il tempo di me-
narci allo lludio de'Greci, ed opportunamente ci prov-
vide di abili maeflri . L'ordine utiiverfale aveva pollo
* ia
in tei epoca la caduta dell'Imperio Greco, la fuccefllo-
ne dell' Imperio Turco ; ed in confeguenza l'efilio dei
dotti da Coftantinopoli . Quanta previdenza è nella na-
tura ! Ella aveva preparato l' albergo de' dotti nella cafa
de' Medici . Le lettere Greche rinalcono in Firenze , e
rapidamente fi fpandono per tutta l'Italia, nella quale
era in fremita il hìCogno di migliori cognizioni: abbrac-
ciate con cupidigia vi fecero portentofo progreflb . Le
parole, il ferraone fono pure iramagini delle cogni»joni:
polle quefVe a coltura , menano la coltura della favellar
I primi maeflri credettero di poter riftorare ad ufo co-
mune la natia lingua latina ; proteftano ne' loro fcritti ,
che in tal opera avevano porta la fperanza della loro
riputazione 5 ma la lingua comune è inalienabile regalia
, del popolo j e gli ufi del popolo italiano altra n' ed-
gevano. Bifogjib conformarfi alla legge; ma ciò facendo
la eulta gente col gufto della fua dottrina, alla lingua
del popolo diede belle forme latine, greca precifione ,
ed araba abbondanza e concento .
Eccoci nel fecolo deciraoquinto poflèflòri d' una lin-
gua nazionale , che farà eterno monumento della chia-
rezza del noftro accorgimento, della rettitudine della no-
■ftra ragione, e dell'eleganza del noflro fpirito ; eccoci
poflèflTori d' una poefia che caratterizz:a la delicatezza ,
1 energia , e 1' aggiulìatezza delle noftre fenfazioni . La
mufica e le altre belle arti, che pur fono efpreflìoni del
fenfo , furono corrette a feguir la condizione del loro prin-
cipio . Ma nelle fcienze la ragione non ardiva ancora
dar
ir
dar Uberi paffi. Si ftudìavaflo come oggetto dì lettera-
cura, faGendofi confiftere nel fapere ciò che intorno ad
effe avevan penfato gli antichi favj: . Ad emancipar la
ragione era neceffario un Genio, che ponendo fermo
piede suir ultimo grado della letteratura , s' inoltraffe a
proprie cognizioni fcientifiche, e ne appianaffe ad altri
il camino .
GIOVIANO FONTANO fu il Genio benefica eletta
dalla Natura^
CAPO IIL
Tornano l
Giovanni Fontano^ amò Ghiamarfi^ Gioviano : Joanni l
feu podus Joviano ( fic énim mavuh appellali ) fon pa-
role d' un raanofcmto rapportato da A portolo Zeno .
Se femplice Vaghezza lo mofle, o accademico iftituto ,
come pur fi prefume, altri lo cerchi. Egli nacque nel
1416 in una illulìre, e htvi agiata famiglia di Cereto
neir Umbria . Le lettere , la toga , e k armi onorano
la memoria di Giacomo fuo padre v Altri congiunti fo-
no a varj titoli celebrati ^ Tutto perde al tempo della
foa puerizia nelk civili difcordie. La famiglia diUrutta:
le fortune faccheggiate e' difperfe . Gli rimafe il mag-
gior bene: l'ottima madre per nome Crifliana.
La faggia matrona , ad afficurare la vita , e 1 educa-
zione del figliuolo, lo menò in Perugia, ed ivi gh die
inae«
jnaeflro il Grammatico Vido, o Vito Trafimeno. L' o-
fcuro nome di coflui , e le cognizioni che fpiegò Fon-
tano in efito degli lludj han fatto fupporre , ed invano
ricercare la notizia di altri maellri . Ma a dar raeiooe
deir evento ballano l'acre ingegno, la memoria del de-
coro paterno , V aiiidua prefenza del bifogno , e la ma-
terna direzione .
All'anno "vìgefimo della fua età aveva già fatto. acqui-
llo d'alta riputazione nella Tofcana . Ivi era permanente
foftenitore de' letterati Cofmo de' Medici ; ma egli nell'
urgenza del bifogno. amò ,piuttorìo prefentarti al pafTag-
giero Alfonfo I. noflro Re, emulatore del generofo cuo-
re di Colmo. Erano nell'ordine univerfale diilribuite le
Provincie agli apofloli della ragione. Al fcguito d' Al-
fonfo venne in Napoli Fontano. Quivi il Regio erario,
amminiflrato dal virtuofo Meflinefe Giulio Forte, lo fornì
d'agio a' fludj fublimi , e lo refe degno della llima e
dell'intima amicizia d'Antonio Beccadelli il Panormita ,
centro della letteratura Napolitana , ornamento e decoro
del trono di Alfonfo.
Già maturo all'anno vigcfimoquinto della fua età co-
minciò la luminofa carriera della pubblica vita . Servi
d inau2,iirazione la compagnia che tenne al Fanormita
nella legazione alla Pvepubblica di Venezia, e l'applau-
fo che rifcofle nelle Città del paflaggio. Cofmo de'Me-
dici ebbe verifimilmente a dolerfi di non averlo abba-
llanza conofciuto da prima . II fuo ritorno "lo mife in
più vantaggiofa conlìdcrazione prefTo il Re Alfonfo, dal
qUale
quale fu desinato Precettore al Principe Carlo- figliuolo
di' Giovanni di Navarra di lui fratello .
Ferdinando I. che ad Alfonfo fuo padre fuccefle nel
1458 tolfe Fontano al cugino, e lo die Precettore al
fuo figliuolo Duca di Calabria. Fu quello il primo a-
fcenfo all'alta e rapida fua fortuna. 11 Pe Ferdinando
ne fanzionò il progreflb donandogli la Cittadinanza Na-
politana , che proccurò fìabilire irrevocabilmente , legan-
dolo per nozze ad Adriana, o Arianna Saflbnia , gio-
vane Dama Napolitana , dillinta per nobile- e doviziofa
condizione , e per bellezza congiunta ad efimia virtù .
Non fu dappoi preflb il Re pari alcuno a Fontano
per meritare qualunque importante officio in ogni ramo
del Governo . L'afTunfe fuo Configliere e Commeflario
di Guerra nella fpedizione contra Giovanni d' Angiò .
Lo deLlinò Direttore al Duca di Calabria nelle guerre
eh' ebbero luogo coTiorentini , co' Veneziani , e col Papa.
Fontano fu Plenipotenziario del Re Ferdinando nel trat-
tato di concordia con Innocenzo Vili. Non altri che
Fontano potè meritare di fuccedere al Panormita trapaf-
fato nell'impiego di Frefidente della Regia Camera. Fa
dnppoi elevato alla carica di Luogotenente, e' per col-
mo di degnità , e di potere fuccefle al riromato Anto-
nello Petrucci nel fublime porto di primo Segretario ,
che valeva primo Miniftro di Stato. Frequenti e gene- .
rofe gratificazioni fi aggiunfero a' (oidi , per fervire ab-
bondevolmente all'agio, ed alla decenza del fuo flato.
Ma qui dove finifce la pubblica vita di Fontano ,
co-
*4^
<jorovncia un dirplacevole Sviluppo di caTattere morale .
A prefentar fenza macchie il ritratto d' un grand'^iomo,
converrebbe trafcorrere in Silenzio queflo capo . Come
giuftificheremo il fuo malcontento? Qual colore darema
alla fmania d'occupare la Contea di Carinola, o di Po-
licalìro? Il luttuofo retaggio dun fuo protettore, Anto-
nello Petrucci , crudelmente immolato : retaggio che i
figli di Antonello avevano perduto ancor éfli colla vita
sul palco ? Come gi unificheremo il fuo difpetto ? La
mordace faiira fcritta nel Dialogo , AJlnus , feu de in-
gratitudine contra il proprio alunno Duca di Calabria ,
ch'egli credette avverfo all'ardita pretenfione? Potremo
icufarlo coir idea dell' ingratitudine imputata a' Principi
fuoi Sovrani ? La ferie de' fervizj , eh' egli vantava , era
nel fondo la ferie de' ricevuti beneficj .
In quella nota io non pongo l'aver egli ridotto all'
ubbidienza i Baroni del Regno . Ne dalla ftoria , ne da
lui medefimo abbiamo idea precifa d' alcuna operazione
di queflo genere ; ed è fervire all' onor fuo contrailar-
gliene il vanto , perchè la floria ci raoftra i Baroni al-
lora ridotti alla pazienza del fupplizio , non all' ubbi-
dienza del fentiraento : cofe affai diverfe fra loro . Non
poifiamo neppure fupporre che dal Duca di Calabria egli
foflè flato con alcuna ingiuria provocato , perchè il ri-
fpetto di quello Principe verfo lui nella lloria giunge
alla fuperlìizione . Fece egli ritrarre in bronzo l' effigie
di Gioviano, e collocata nel recinto della Regia ch'egli
edificò sulla flrada Nolana, l'additava come la più cara
delle
delle delizie , e la più ammirabile delle magnificenze ,
che muovevano la pubblica curiofità .
Io non trovo fcufa che nella violenza del fuo natu-
rale temperamento. Di Fontano il Giovio avvi fa, ch'egli
fofle aujiero fupercilio , <5 toto oris habitu agreflis ....
mordax in cenfura. E' concorde il Capaccio in diffinirlo
acutijfimo vìr ingenio, fed amarulento, qui nemine lin-
gua parceret ..... optime dices , ji mordacem dixeris .
Queir acre talento , che io da principio notai come folle-
tico aTuoi progrefll , nocque alla moderazione che ab-
bifognava nello flato deirottenuta grandezza . Avviene or-
dinariamente così , che le cagioni deiracquiilo turbino il
poireflb .
Con quefto carattere è ragionevole fupporre eh' egli
avefle molti difguftato : in conièguenza che molti avef-
fero amato l'occafione di accufarlo. Ecco la forgente dell
immaginato a fuo carico maggior fallo . Ch'egli avefle
recato le chiavi della Citta Metropoli a Carlo Vili. Re
di Francia, e gli aveffe nel Duomo pronunciata un ora-
zione panegirica , fu neceflìtà del pollo eh' egli teneva
nel Regno, da Ferdinando II. abbandonato alla difcrezio-
ne del nemico. Al ritorno di Ferdinando fé gì' imputò
a fellonia , e per aggravarla fi efagerarono i tratti di
adulazione al novello Signore, e di difcredito agli an-
tichi Sovrani . Il P. Sarno , il Sig. Soria , ed altri , che
suil' avvifo del Guicciardino han lafciato fermo queilo
capo di accufa, non han calcolato gli effetti dell'invi-
dia provocata dal carattere, e dalla fortuna di Fontano;
4 ed
t6
ed il facile luogo che trovano le falfe voci , le mali-
gne interpretazioni fra le vicende delle Dinaftie. Quella
criminofa orazione non fu mai letta da alcuno ; e noi
fventuratamente fappiamo quanto vaglia il rapporto del-
la fama in iìmili circollanze .
Del redo Fontano , fuori le additate funzioni, non
ebbe nel Governo alcuna ingerenza fotto Carlo Vili.
Non la riebbe al ritorno di Ferdinando ( ciò è vero ) ;
ma alla rimozione ballava l'odio folo delle funzioni , co-
munque neceflàriamente efercitate. Se oltre a ciò avefle
avuto luogo ragionevole fofpetto di perfidia, non avreb-
be potuto rimanere in vita tranquilla fra le mufe e gli
amici . In tale foave vita durò fino all'anno 1503
dell' era , fettantefimo fettimo della fua età .
Da Adriana egli ebbe figliuoli dell'uno e dell'altro
feflò : n'ebbe pure alcuno da Stella , donna Ferrarefe
d ignota condizione . V è luogo a dubitare fé coflei , che
il vecchio Fontano amò , come de' vecchi è coflume ,
perdutamente , fìata fofle moglie o concubina ; ma non
ci occupiamo d' una rifoluzione che non ha rifultati . Le
mogli, e' figli furon tutti polli da Fontano al fepolcro,
fenza ulteriore fucceffione.
L' eterna fucceffione di Fontano è nell' opere fue , ed
in queir iltituzione , alla quale voi fiete con titolo par-
ticolare chiamati. Delle opere non può qui darfi detta-
glio. Nel quadro che ne prefenta il Signor Soria fono
2-3 trattati in profa, 1 3 in verfi ; ma in varie colle-
zioni 5 ed altrimenti sparfi s' incontrano altri componi-
menti
menti
17
„,cu.. . Le materie fono del talento , che a voìontà fi
fpazia sul vado campo dello fcibile . Ve n'ha filofofi^
che, morali, politiche, {loriche, critiche, aftronomiche ,
geni'aU. Sul valore degli argomenti, o sul metodo non
mancano cenfori , li quali rendono qualche volta dubbia
la ragion di Fontano ; ma intorno all' eleganza , allo
flile , alla forza oratoria , al gufto poetico , ed in ge-
nerale a' pregi della letteratura, e dell'erudizione non è
contradetto eh' egli abbia toccato 1' ultimo fegno della
perfezione. Il giudizio è de' fuoi avverfarj . Mariangelo
Accurfio nella fua Tefludo afferma effervi fìata fama ,
che Fontano abbia fatto fuoi alcuni fcritti di Cicerone
ritrovati in Montecafino ; ed il Moreto l'accufò d'aver
mefcolato in Catullo alcune fue fantafie: tanto Fontano
fomiglia a Catullo ed a Cicerone. Ch'egli abbia smal-
tite per antiche delle ifcrizioni da lui compone , è ordina-
ria imputazione; ma quello che maffimamente mi ha for-
prefo è, che il chiariffimo Barnaba BriiTonio abbia cre-
duto d' antico conio , ed abbia come tale inferita nella
fua grand' opera la formola di vendita immaginata da
Fontano nel principio del Dialogo Acìius . Quanto do-
vea queft'uomo valere in letteratura! Mal non mi ap-
pofi affermando, che Fontano fu dalla natura deftinato
a rinnovare la buona ragione. In quello fentimento fo-
no flato prevenuto dal Summonte nell'Epiftola ad Nea-
politanos. Fuit enim revera Jovìanus non horum tem-
porwn foetiis , fed tanquam revìrefcends jam naturae
fpecimen , <5 i/2 re litteraria quidam quafi heros .
il
CAPO IV.
Società Scientifiche '.
La Natura procede dal facile al difficile . Avviene
così che r umana ragione , innanzi di efcrcitarfì all' in-
venzione, vuole addeftrarfì all'imitazione •, ed in prin>a
fi procaccia i modelli da imitare. Ciò vuol dire, che il
primo paflb regolare della coltura della ragione è la let-
teratura , o r erudizione , la quale appreiìa i modelli :
il fecondo le belle , arti , nelle quali è T efercizio dell'
imitazione : il terzo le fcienze , ofTia la libera iìlofofìa
inventrice di novelle verità, fabra di nuovi modelli.
E' fiata quella la marcia della noftra riftorata cul-
tura . 11 metodo fcolaftico , menando quali per mano la
fmarrita ragione , l' aveva polla a portata di un confe-
guente efercizio , quando gli ultimi Greci ci recarono
gli antichi loro modelli, ed eccitarono in noi la ricer-
ca de'proprj noflri modelli latini . Eccoci occupati alla
letteratura, ed alla erudizione . Eccoci rapidamente tra-
fcorlì allo fìudio dell' imitazione , cioè alle belle arti .
Fu rapido in quelli periodi il nolìro progreffo, per-
chè le reliquie de' coflumi , degli ufi , delle leggi , e
tanti permanenti fcgnali del vetullo ingegno , e delle arti,
mantennero preifo noi nell'involucro della barbarie feni-
pre vive le faville dell'antica coltura, le quali al pri-
mo agitamento divamparono . Ma quello che maffima-
mente giovò a fpandere la chiarezza della ragione , ed
a per-
a perfezionarne le operazioni, fìi riflltuzione delle So-
cietà letterarie. Iflituzione tutta nuova , ignota agli anti-
chi , provvidamente fuggerita dalla natura nelF efigenza
delle circoftanze .
A raccogliere i modelli della ragione ebbero bifogno
gli antichi favj d'una lunga peregrinazione prefTo le più
rimote Nazioni flraniere. 1 viaggi tennero luogo di let-
teratura: le tradizioni e le ofTervazioni locali coftituiro-
no r erudizione. Voi conofcete i falli di queflo metodo;
ma vi è noto egualmente qua' vantaggi haii tratto dall
ufarne anche i favj recenti . Socrate il maggiore degdi
antichi favj potè aftenerfene ( ciò è Vero ) , ma fu perciò
che la fua filofofia fi tenne flretta ne' confini della fem-
plice morale , alla quale ballava nel fuo tempo la ri-
cerca de' modelli nella patria, e nel proprio cuore, che
non femiva bifogno di fapienza , fuori quella dell' one-
fta della vita .
La noftra ragione rinacque nel feno della barbane ,
che ricopriva tutta la fuperficie della terra per commer-
cio conofciuta , ogni acceffibile regione . Il metodo dei
viaggi non poteva aver luogo. D'altronde i modelh del
fapere erano nelle memorie di quegli antichi dotti , che
non avevano lafciato fuperfliti fucceflbri in alcuna parte
del mondo : eravamo noi poflelfori di cotefte memorie .
L'Ordine della natura aveva nella noftra Patria dellinato
il depofito del fapere . OfTervaile con quale induftria ,
or per invafione, or per afilo vi fece penetrare gli ap-
portatori de' modelli che mancavano . Conofcerli era pn-
mo pafTo della coltura; e l'acqulfto di quefta conofcen-?
za era faccenda della vita comune .
Egli è così che tutte le umane iftituzioni, egualmente
che le femplici idee , fon formate dalla natura prima
che fieno dall' uomo avvertite . Cofmo il magnanimo eb-
be preflb fé il confeflb platonico prima d' immaginare
r irtituzione d' un Accademia fotto la prelìdenza di Mar-
fìlio Ficino . Il Cardinal Beffarione non fece che dar
tuono di Accademia alla fua converfazione : e quella di
Antonio Bcccadelli il Panormita prefe così il nome di
Portico Antoniano .
Ad ogni modo non credo ingannarmi fofpettando , che
alle iftituzioni delle Società letterarie abbia fervilo di
efempio, o di fomento il circolo fcolaflico. Queflo fo-
fpetto il accomoda bene all'idea del Signor Tirabofchi,
il quale alle tre indicate Società fa precedere l'adunan-
za tenuta nel Convento di S. Spirito de' Frati Agoiìinia-
ni di Firenze; mentre altronde fappiamo , che quell'adu-
nanza verfava in difpute fcolafìiche , come tutte le al-
tre tempo innanzi iftituite in ogni convento di Religiofì.
DifFi tutto nuovo il gufto delle unioni letterarie ; ne
il titolo prefo dalle Greche iftituzioni deve con quelle
confonderle. Nell'Accademia, nel Portico, nel Liceo un
Savio fpiegava a difcepoli la dottrina ch'egli aveva An-
golarmente tratta dalle fue oflervazioni . In quelle fi a-
dunano gli oflervatori : fi comunicano le notizie delle
altrui dottrine ; e sul calcolo del loro valore fi fonda
la propria , rettificata dall' gmichevole cenfura de' Socj .
Un
Un colpo d' occhio difcopre 1' enorme differenza eh' è
tra l'antica e la nuova iftituzione. Difterenza che giu-
flifica la dilicatezza del voftro guflo nel rigettare il ti-
tolo di Accademici , ed ogni altra di antico colìu-
me , ritenendo quello di Socj , che nella femplicità dell'
efprefllone perpetuamente rimembra il bel principio che
5
E' poi pregevole foggetto di orazione ad encomiare,
non di difcorfo a dimofìrare, la prefìanza della nuova
iftituzione fopra 1' antica . Si prefenta allo fguardo di
ogn' uno il vafto campo , che per efla fi apre all' efer-
cizio della ragione , ed alla celerità della fua coltura . In
fatti letteratura , erudizione , belle arti unirono nelle
noftre Società quafì fenza intervallo all' intraprefà la per-
fezione . Ma è d' uopo confeflarlo , il gufto dell' erudi-
zione alimentato oltre il bifogno dal comodo della ftam-
pa ( bella produzione della ragione imitatrice ) portò qual-
che remora alla ragione inventrice, difFerì l'acquifto del-
la libera filofofia. Avvezzi a non difcernere, che coli'
altrui veduta, ci formammo all'affldua meditazione reftii.
E parve per verità prudenza efler tali . Ne' greci e
latini papiri noi trovammo uomini a noi fuperiori fen-
za mifura . Nel di/porci a ricercare dappoi per noi me-
defimi qualche verità, abbiamo trovato fempre nel tra-
vaglio d' un libro ftampato una migliore difpofizione
didee, che non fentivamo in noi nell'accoftarci alla let-
tura. Abbiamo preferito un libro ad un altro, ma fia-
mo flati aftretti a pofporre perpetuamente l'informe no-
flro
'31
ilro embrione. Se qualche volta con raro ardimento ci
lìamo riputati fuperiori all' autore del libro : come ciò
non è avvenuto che dal ripruovarlo , il corfo naturale
delle idee ha riftretto l'opera noflra a femplici modifi-
cazioni dell' altrui iìflema , ed ha rimoflb fempre V in-
^venzione •
Lo fpirito d'erudizione troppo innoltrato ha danneg-
giato pure le belle arti in quella parte , che richiede
modelli tolti direttamente dalla natura . Nel celebre trat-
tato dello Stile fublime 1' Oratore Iperide è comparato
a Demoflene. Iperide è il modello del perfetto Oratore:
egU ha improntato da Demoflene tutto il bello, depu-
rato dalle brutture : le regole dell' orazione fono cfT'r-
vate con efattezza , che non lafcia alcuna prcfa a mali-
gno cenfore. Demoflene ha molte cofe a riprenderli, e
Longino le nota . Malgrado ciò , Longino riconofce giu-
Ho il comune fentimento , che preferifce Demoflene ad
Iperide . Come può avvenire che fi pofponga il perfet-
to al difettofo , comunque pure {limabile ? Per me non
efito rifpondere , Demoflene cercò i modelli nella Na-
tura: Iperide li prcfe da Demoflene. Sia pur dotto quan-
to chiunque fi voglia nella cognizione del triplice ordi-
ne dell' architettura , colui che primo l' efibì nell' opera
fua , farà eternamente maeftro d' ogni fagace imitatore .
Nel principio del fecolo decimofeflo i talenti faziati
dalla perfetta imitazione fentirono il bifogno dell'inven-
zione . La provvida natura portava la marcia sull' ulti-
mo periodo della cultura della ragione. 11 Signor Tho-
mas
35
mas nel coronato elogio di Cartefio, ufando di queirelo-
qucnza che tanto lo diftingue nel!' inclita fua Nazione,
con vive immagini rileva il fermento dello fpirlto d'in-
venzione , che in quel tempo agitò l'Europa , e fviluppò
come cofpiraii i talenti di Vafco Gama , Colombo , e
Magellano : di Copernico , Ticone , Galileo, Bacone ,
Cartefio . Stia ferma la lode dovuta all' invenzione di
cotefti fublimi talenti del fecolo decimofeflo . Innanzi a
coftoro , nel fecolo decimoquinto marciava già T ardito
genio di Gioviano Fontano .
Io non so, ne ni'interella fa pere , con quanta giù-
flizia l'Accademia Romana, ed il Portico Napolitano con-
trarino r anteriorità dell' iftituzione all' Accademia Fio-
rentina . Certa cofa è , che cotefte Società non tentaro-
no paflare il confine dell' imitazione . Letteratura , erudi-
zione, belle arti, ed in ilpecie l'oratoria, e la poetica
furono gli oggetti , che fi propofero . Fontano , che nel
Portico aveva tenuto il luogo del veterano Panormita
ancor vivente , in morte fuccedendogli con pieno dritto,
cangiò il piano dell' iftituzione , ed in fegno del graa
cangiamento, abolito l'antico titolo, fu furrogato quel-
lo di Accademia Pontanìana; ex qua (piacerai di tra-
Icrivere il luogo di Giacinto di Cridofaro rapportato dal
P. de Sarno ) Ikterati viri , velut ex equo Trojano excun-
tes, undique honas artes propagarum ; adeo ut per eain
Poejìs^ Reihorica, Hijioria , Jur'fprudentia, Grammatica,
Critica , & deinceps Philofophia , Medicina , Geometria,
Ajìronomia , ceteraeque liberales difcipUnae perfecìiores,
5 6
34
& cuìtiores evaferint '. In quefto piano di facoltà non
riconofcete voi Signori il primo articolo de' voftri fta-
tuti ? Non è deffo il piano della libera Filofofia ?
Se non è incorante la regola di natura , che ogni
facoltà eccitata ama di efercitarfl con perpetuo progref-
fo; Fontano, il quale aveva in giovane età fcorfo fino
agli eflremi il Regno dell' imitazione , come mofìrano le
incomparabili opere fue d'erudizione, di eloquenza, e dì
poefia ; per forza di natura dovea tentare il paflaggio
al regno dell'invenzione. Nelle opere filofofiche è ma-
nifefto il conato (a): l'Accademia n'efièttuì la riufcita .
L'efercito che lo feguì quafi difcefo , fecondo la bella
immagine di Criflofaro, dal Cavalla Trojano , è porto
in ordinata raflègna e diflinto in corpi Acccademici dall'
egregio Signor Giufliniani nell' erudita operetta : breve
contei^ii deW Accademie ìftituite nel Regno di Napoli.
Inutile farebbe ripetere cofe già dette, ed al compimen-
to dell'opera mia bada fegnare, che Gioviano Fontano
aprì la breccia , e sull' alta rocca deir invenzione pofc
Io stendardo della vittoria , e vi annunciò l' ingreflo del
Genio Napolitano . Voi militate fotto quella bandiera ..
ME-
(a) Il Fontano nelle morali, e nelle fisiche fcienze introdulTe idee nuove , ed
anche oggi lieneralmente applaudite. Egli è flato il primo a proporre il (ìftemi,
che fa confiftere il piacere nella diftanza da due contrari eflremi; e nelle cofe fisi-
che, il primo tra moderni ha fatto parola della così celebre les^ije di continuità ,
parlandone come di'cofa già comunemente adottata. Veggafi il libro rie fortitudine
nel capo intitolato : Fortitudinsnt in mediocritate effe pofìtam . Vesjqafi anche il Dra-
£hettt nelle fue DifTertazioiu Pficolosicbe DifTetr. i. e'I Tirabofchi tom. VI. p. u
«ap. II.
ÌS
MEMORIA
SULLA. VITA DI DANTE
DEL SIGNOR GIUSEPPE DE CESARE
SOCIO RESIDENTE
letta nella Seduta del di 31 Luglio 1808
Cbt f anima di quel , cJ' oie ■, non pofa ,
Ni ferma feJe per exemplo eh'' haja
La fua radice incognita e nafcofji ,
Né per altro argomento che non paja
Daiit. Farad. Cant. XV II.
RISPETTABILI COLLEGHI .
V ella memoria che mi pregio di prefentarvi , la vita
contienfi del primo Poeta delV Italia no/Ira , del divino
Alighieri. Avvegnacchè Boccaccio^ Leonardo Aretino,
Crejcimbeni , Fabroni , ed altri ancora abbiano dijfufa-
mente fcritto su quejlo oggetto interejfante , pure un nuo-
36
vo lavoro sul medefìmo femhrarvi non deve una lette-
raria fdpcrfetaiione . Tutte le Vite di quel Poeta foin-
mo comparfe finora fon piene di lunghe e fuperflue
digrejjloni , e de'' pregiudiy de luoghi e tempi in
cui furono fcritte . Niuna e difpojìa e compilata sui
grandi modelli delt Antichità , poiché niuno degli au-
tori di quelle camminar ha voluto sulle immortali tracce
di Tacito , e di Plutarco . Ma avrò io feguìto degna-
mente quefle tracce onorate ? non ardifco al certo di
ciò lufingarmi : ho fol procurato di allontanarmene il
meno che le mie deboli for\e mi ahhian permejfo .
Gradite pertanto^ a miei Colleghi, in atteftato della
filma che nutro pei talenti , e per le virtù vofìre , e
del nodo fi aterno che a voi mi lega, gradite T omag-
gio che ora ho t onor di farvi di quejla mia quaìfiajl
memoria sulla VITA DI DANTE.
ÀUor.
37
^allorquando i degeneri difcendenti d' illuftri ante-
nati con turpi e vili opre la gloria di quelli ofcura-
no , e le onorevoli gefte , di gran lode degno al certo
è quegli tra effi , che , libero ancora dal comune con-
tagio, di allontanar tenta dall'erroneo fentiero i traviati
fuoi congiunti col prefentar loro alla naente quella glo-
ria pallata , e quelle nobili gefte . Così nell' attuai de-
cadenza dell'Italia nofira , è da commendarli lo zelo di
quel cittadino di ciTa , che a rammentar imprende la vi-
ta luminofa di qualche uomo infìgne , il quale con le
file opre , e col fuo ingegno onor grande arrecato abbia
all'Italico nome, ora foprattutto che quello nome Tonor
fuo primiero rivendicar fembra, e l'antica fua gloria.
Né folamente alla brillantiflìma epoca della romana
potenza ricorrer dobbiamo per rinvenire uomini forami
di ogni genere ; potendo noi volger anche lo fguardo
verfo quel medio evo tenebrofo tanto pel refto dell'Eu-
ropa , e chiaro fbl per l' Italia .
Nel mentre , infatti , che la fuperftizione , la feodali-
tà , la tirannia giorni d'ignoranza, e di fangue fcorrer
facevano per tutte le altre parti dello fquarciato roma-
no imperio , nel noftro felice fuolo foltanto con libera-
lifllme forme di governo riforgevano il patriotifmo ,
il valor militare, le fcienze , il commercio, e le arti.-
Bello era il vedervi piccioli repubblicani flati relìfter
non folo alla potenza politica de' più gran Sovrani dell'
Europa, ma benanche alla più ellefa e più temuta mo-
rale
3^
rale potenza de' romani pontefici , e gV ingiufii anate-
mi , che non pel ben della Chieia , ma per isfrenata
ambizion di potere, da taluni di cofìoro eran lanciati,
e che la corona flrappavan dal crine agi' imperadori
alemanni , ai monarchi franced , venir difprezzati e
fcherniti da Venezia , da Genova , da Fifa , da Firenze^
da Siena , e da altre indipendenti città del F Italia , ove
r amor della libertà , e della patria ben più alto par-
lava di qualunque umano affetto , e della flefla reli-
gione (i) . Bello era il vedervi, a cagion di efempio,^
in fulla fine del fecol decimoterzo , quando il rello delF
Europa altro uomo celebere prefentar non poteva all' a-
fpetto del mondo che Alberto Magno , S. Tominiafo
d' Aquino dar preffo noi un tanto lurtro alla metafili-
ca , e alla teologia colle dotte fae opere ; Cimabuc , e
Giotto far riforgere la fierduta pittura ,• Fra Guittor.e di
Arezzo inventar la fcala della mufica ; Guido Guinicclll
da Bologna , Guido Cavalcanti da Firenze , e Cjno da.
Piftoja non indegnamente verfeggiare in volgar poeda ;.
ed il creator del bello e foave noftro idioma, il fom-
mo Dante portarla a quel grado di fplendore , e di
altezza , d'ande ninno de' poeti fuoi fuGcelFori ha mai più
potuto rimuoverla , e lafciarci nella veramente divina.
fui Commedia un opra profondifTima di filofofia , di
floria , di teologia , e di morale , da formar per fempre
r ammirazione , e l' incanto de' meravigliati fuoi poderi.
Or di quefto grand' Uomo a narrar mi accingo li
vita , affiu di ergere un fecondo , benché rozzo monu-
mea*
39
mento (i) alla fua gloria ; e quello mio forfè ardito
tentativo fcufato elTcr dovrà certamente, fé noti laudato
per r amor della patria , e dell' Italica gloria , che me
ne ha dellata V idea .
Dante (3) Alighieri nacque in Firenze nel 1^65. da;
nobili genitori . Il fuo Padre Aldighierì , fé dobbiara
credere al Boccaccio , l' origin traeva da un Elifeo , del-
la nobiliflìma famiglia Frangipane, venuto da Roma (4)
in Firenze . Ma fia pur qual vuolfì una tale origin
della fua famiglia , certo è che Cacciaguida di lui tri-
tavolo perde la vita pugnando contro i Mufulmani fot-
to le infegne di Corrado di Svevia Alemanno Impera-
tore (5) . Di fua madre a noftra memoria altro non
giunfe che il nome : fappiamo che fu elTa chiamata Ma-
donna Bella .
Quantunque perduto egli aveflè il padre nella fua
puerizia , pur fu allevato nella coltura di tutt' i buoni
Hudj per V opra , e diligenza della faggia ed amorevo-
le madre. Brunetto Latini, gran filofofo e letterato , per
quanto il comportava quel tempo , fu fuo maeftro in
tali ffudj, infegnandogli , fecondochè dice Io fleffo Ali-
ghieri , con" dolci e paterni modi come t uom fi eter-
na colle fue opre onorate, e coi belli prodotti del fuo
ingegno . Leggefi benanche nel rinnomato commento di
Benvenuto da Imola , che non folamente in Firenze ,
ma eziandio in Bologna , ed in Padova attefe Dante
ad ammaeflrarfi nella naturale e moral filofofia . A
preferenza egli però applicoffi a guftar le bellezze dei
poe-
poeti claiKìci del Lazio, e principalmente di Virgilio ,
le quali pofcia trasfufe tutte nel Tuo Poema , perchè
con nuovo vi brillaffero , e con più vivo fplendore .
Dotato di un cuor fenfibile , e di un umor malin-
conico e lilenziofo doveva elìer egli neceflariamente av-
volto negli amorofi lacci , ove non cadon facilmente
gì' infenfibili , i loquaci , e gii allegri . Narraci in «-f-
fetto il Boccaccio che fin dalla fanciullefca età di anni
nove fu Dante prcfo da un caldo affetto per Beatrice figlia
di Folco Portinari, nobil fanciulla Fiorentina , e bella al
<li fopra di ogni altra j la qua! da lui vifta per la prima
volta, in un gran convito gli parve non figliuola di uomo
mortale., ma di Dio, come enfaticamente, e colle fer-
vide efpreffloni dell' amore egli fleflb ne dice in una
delle fue opere . Da quefla fua amorofa e fenfibile
tempra ripete aflolutamentc l' Alighieri il fuo genio poe-
tico , e r efl'erfi tanto elevato su quelli che a tempi
fuoi di afcender tentavano la fcofcefa e diflìciliffima
via del Parnafo. E, a dir vero, che di bello e di gran-
de potrà mai immaginare , o tentar colui che non ha
■mai amato? Gli uomini tutte le lor' azioni rivolgendo
a due oggetti , alcune a procuraifi V amore e la flima
de' loro firaili , altre ad incuter agli fìefli riverenza e
terrore, nafcon neceflariamente da quelle la pace, il ben
elTere , e la felicità della razza umana; da quefte la di-
fcordia , la miferia , le guerre , e tutt' i mali figli dell
odio , e dell'ambizione . Benediciam dunque altamente
l'amore, e rendiani grazie all'Autor della Natura , che
ha
41
ha impreflb nel cuore umano quefto iftinto focievole ,
forgente di tutt"" i beni , di tutte le virtù , e di ogni
grande e bella cofa ; il quale tanto contribuì a sviluppa-
re il genio fecondo e luminofo del noftro Alighieri.
Ma r animo di quefto grand' Uomo , formato per tutte
le nobili e fublimi padloni , non lafciò talmente vincerli
dair amore , che la voce della patria non fi facefle an-
che a lui fentire , e non lo menafle in campo contro i
nemici del fuo paefe alla famofa battaglia di Campaldi-
no, vinta da' Fiorentini su quei di Arezzo nel 12 85.
Ivi died' egli alte pruove di quel patriotismo , e di
quel valore , che formavan allora la caratteriftica degli
Italiani , e che avrebbero portata di nuovo V Italia a
queir alto punto di gloria , e di potenza , cui innalzata
r avevano i Romani , fé i cittadini di efla , in vece di
puntar le parricide lor armi contro di fé raedefimi , ri-
volte le aveflero piuttoflo contro lo flraniero , avido
fempre delle fue ricchezze, e del fuo fargue .
Nel I 290. grave e profonda ferita fofFrì il fuo cuo-
re , involata eflcndogli da immatura morte la fua vez-
zofa Beatrice. Amariffima, come fi dee credere, gli fu
quefìa perdita ; e qual' altra invero effervene può mag-
giore per un'anima afFettuofa e ben formata, che quel-
la del vago oggetto di un tenero amore? 11 tempo con-
folatore dei cuori volgari non fa che inafprir la di lei
piaga, né in altro può trovar efla un follievo che nel-
la ragione, e nella filofofìa ; la imponente di cui vece
di fottoHietterfi le ingiunge alle leggi eterne ed iaimu-
6 ta-
42
tabili dell' Autor della Natura , il quale a tutte le co-
fe, che hanno avuto un principio, ha importo un fine.
Quindi nella filofofia Dante cercò , e rinvenne il fuo
riftoro; ed ottenuto pienamente ei l'avrebbe, fé Tamor
della patria , che Tempre altamente in lui parlava , get-
tato non lo aveffe nell' amminiftrazione de'pubblici affa-
ri, forgente infaulla di tutt'i mali che precipitaron sul
fuo capo , e che lo afFUiTero coftan temente per tutto il
reito della fua vita.
Prima di parlar peraltro delle Tue fventure politiche,
fa d'uopo rammentar benanche le fue domelliche fven-
ture . I congiunti di lui , per follevarlo dalFangofcia in
che immerfo avealo la morte di Beatrice , il maritarono
a Madonna Gemma de'Donati , dalla quale ebbe più figliuo-
li . Tuttavolta fia per le fisiche , fia per le morali imper-
fezioni di coftei , r Alighieri non fu fpofo contento , e
appena che il potette , lì allontanò dalla moglie , ne
ào[K) il fuo efilio mai più la rivide . Il Boccaccio da
ciò conchiude che ai filofofi non fi convien punto la
accafarfi , e forfè non a torto il dice , ove con donne
effi noi facciano di temperamento faggio , di condotta
onefta, e di piacevole umore.
Nell'anno 1300 per di lui fatale fciagura fu egli
eletto un dei Priori della fua Repubblica j raagiftratura
preifo la quale propriamente rifedeva il governo del Fio-
rentino Stato (6). Ma per minutamente efpor le vicen-
de di quella funefta, febben intereffantiffima epoca del-
la vita di Dante , convien dir prima qualche cofa sulla
pò-
4J
politica fituazion di Firenze , allorquando fu eg li chia-
mato a governarla.
Dopo lunga tenzone fra'fuoì cittadini Guelfi, e Ghi-
bellini , quefta Repubblica reftata era in arbitrio de'Guelfi,
e già di qualche calma ella godeva, quando una nuo-
va pefìifera fciffione venne dalla vicina Piftoja a lace-
rarle il feno . Era quella Città divifa allora tra le
fazioni dei Neri, e dei Bianchi, forte in feguito di fan-
guinofe riffe tra i membri di una delle prime e più po-
tenti fue famiglie (7). EiTendo in quel tempo dominata
Pilìoja da'Fiorentini , ordinato fu da coftoro , che i capi
delle due fette in Firenze veniflero , onde torre ogni
cagion di fcandalo^ e di difordìne nella foggetta Città.
Ma. avendo quefti capi in Firenze amicizie, e parentele
grandiffime , fecer partecipare ai Fiorentini gli odj , ed
il rancor loro; e forger \i fecero Bianchi, e Neri più
furenti e più alìiofi di quelli fleffi eh' elidevano in Pi-
floja . Mentre V Alighieri dunque fedeva in governo , la
parte Nera tenne una clandellina adunanza , nella quale
macchinò di pregar Bonifacio Vili in allora regnante
a mandar in Firenze , aifin di pacificare i cittadini , Car-
lo di Valois della Cafa di Francia , chiamato in fegui-
to Carlo fenza terra per effer vani riufciti tutti li ten-
tativi fuùi onde procurarfi il dominio di un qualche
Stato . I Bianchi faputo avendo quelle tenebrofe macchi-
nazioni, fi armarono, e fortificaronfi foUecitamente nelle
lor cafe ; i Neri dal canto loro fecer lo {ìeCCo : e sì
gli uni, che gli altri affordavano delle lor lagnanze il
* Go-
44
Governo, e già già minacciavano dì venire alle mani;
allorché i Priori per configlio veramente faggio , e pa-
triotico di Dante armarono il Popolo , e , munitifì dell'
affiftenza di quefto , confinarono i capi delle due parti, s
T^eri in Caflel della Pieve verfo Perugia, ed in Serez-
zana i Bianchi, fra i quali fu il celebre Guido Caval-
canti, tanto tenero amico dell' Alighierr. Poco dopo fa
permeflo a quefti ultimi di ritornare in patria ; locchè
indifpettì tanto acremente il partito Nero , che lo ftefla
indufle Bonifacio a mandar Carlo in Firenze ; il quale
richiamar fece fubito i Neri , e cacciar in feguito i Bian-
chi , col pretefto che gli avefl^er coftoro promeflb il pof-
feflb di Prato, fé li reftava padroni del governo. Dante
che trovavafil in miffione a Roma, inviato ambafciator
(8) preflb il Papa per procurar la concordia de" citta-
dini , fu nel numero dei banditi . Confiscati furono i fuoi
beni, faccheggiate le fue cafe, e malmenata, e diftrutto
o»ni fuo avere . E così quell' ingrato Popolo maligno
ricompensò il patriotisrao , e le cure di un sì gran
Cittadino . Non io diffimulerò peraltro che lo aecufan
taluni di favor fegreto per la parte Bianca; ma ciò non
è ficuro affatto; e fé pur fofTe fiato, chi mai condan-
narlo potrebbe di elTerfi mofìrato avverfo a quei citta-
dini sleali , che metter volevano la libertà pubblica in
balìa dello ftraniero per foddisfare il cieco lor livore ,
e di aver per quegli altri inclinato nel numero dei quali
trovavafi il virtuofo e tenero amico del fuo cuore.' Se
■vorrà tuttavolta confiderarfi che il favore accordato ai
Bian-
4^5
Eiancbi ài ritornare in patria , a preferenza dei Neri ,
avvenne quando egli più non era in governo; che Gui-
do Cavalcanti era già morto nel luogo del fuo cfilio j
e che anzi la perdita di un uomo sì celebre cagionata
dair aria infetta di quel luogo , fervi di prctello al ri-
torno dei Bianchi , Dante refterà purgato ancora di que-
lla ingiufta taccia , e refterà del tutto cancellata que-
lla ben leggiera macchia alla immenfa fua gloria .
Ma di tante veflazioni non anche fazj i furibondi
fuoi nemici , pochi meli dopo contro lui emanar fecero
una nuova fentenza , nella quale il condannavano ad ef-
fer vivo abbruciato, fé in potere veniva de' Fiorentini,
e rimproveravangli grandiffime baratterie , eflorfioni , ed
illeciti guadagni (9) : accufe impudenti e mal fondate ,
che non imprenderò a dileguare, per non oltraggiar le
virtù di un sì grande Uomo (io) . Ma non allor la
prima volta un furente partito vincitore edefe la fua
rabbia fino a denigrar con calunnie , non so fé più pue-
rili che infami , il chiaro ed illibato nome delle inno-
centi fue vittime ; e dolorofa efperienza quafi 1' Europa
intera ne ha fatta in quelli infaufìi ultimi tempi , ' nei
quali la nobiltà , le rìcche^r^e , gli avuti , o rifiutati onori
eran delitti , e le virtù ruina certa , come Tacito con
tanta verità, ed eloquenza de'' fuoi tempi diceva (il)»
Saputo avendo in Roma la fua difgrazia , che in gran
parte dal Papa egli ripeteva , Dante ne part^ pieno di
quello fdegno , che fcoppiar poi fece , con tanto dan-
no del nome di Bonifacio, in uno dei più intereflanti
fquar-.
46
fquarci della Divina Commedia (la) . Fermatofi alquanto
in Siena , indi in Arezzo , un abboccamento in queiVul-
tima città egli ebbe coi capi dell' efpulfa parte , nel
quale rifolvetter coderò di tentar con la forza il loro
ritorno in patria . Redo ivi in compagnia di effi , tra le
fperanze , ed i varj configli , fino al 1304, epoca nelle
quale i Bianchi radunato avendo molta gente , e reca- 1
till ad attaccar Firenze , già fi erano impadroniti di una
delle fue porte , allorché ne furono da quei cittadini
erpulfi con gravifiimo lor danno . Puufcito vano un tal ten-
tativo , altri confeffi ebber luogo tra i capi della vinta
parte , e fingolarmente uno in Mugello ; donde niurx
vantaggio eflcndoiì ottenuto , FAlighieri fi ritirò preflb
Alboino della Scala , Signor di Verona , da lui chiamato
per riconofcenza il Gran Lombardo , che generofamente
il trattò , e foccorfe . Reflò egli pofcia per qualche tem-
po in Lunigiana prcffo il Marchefe Maroello , o Mar-
cello Malafpina , da cui fu anche accolto benignamente,
ed impiegato in rilevanti coramiffioni (13) • In ricom-
penfa de' quai beneficj mandò egli alla immortalità la
munificenza , ed il valore di quella illustre famiglia nell'
aureo paflaggio relativo alla medefima,che incontrafi nella
cantica II del fuo poema . Avvi luogo a credere ciò
non ottante , eh' egli provato avefle un qualche dirgufto
in quello fecondo ( 1 4) fuo ofpizio , poiché nel I 3 1 1
portofii di nuovo in Verona preflb Cangrande della Scala
fucceduto al fuo fratello Alboino nel dominio di quel-
la città , ed uno dei più valorofi e più munifici Si-
gio-
47
gnorotti dell'Italia . Fu Dante dallo fleflb pure con afTa-
bilita fomma ricevuto , non meno che foccorfo , protetto,
ed onorato; come ne fa fede Tentufiasmo col quale egli
efprimefi sulle virtù di quefto Principe nella terza Cantica
del fuo Poema , al medefimo dedicata . Diverfi viaggi egli
fece eziandio in Bologna , h\ Padova , ed in altre prin-
cipali Città Italiche, e fi recò per fino in Parigi, ove
principalmente la teologia , e la filofofia occupoiri a flu-
diare, e foftenne in quelle facoltà alcune folenni e dot-
te difpute. Da Verona procurò egli d'impietofir gli ani-
mi degP ingrati fuoi concittadini , con una lunga e pa-
tetica lettera , che cominciava con quelle affettucfe pa-
role del Nazareno Popule meus quid feci ubi ! Ma l'ani-
mo difdegnofo ed elevato di un tanto Uomo ricusò per
altro di fottoporfi ad una vii' ammenda di colpe non
commeIle,che da taluni fuoi amici , i quali intereflàvanfi
al fuo richiamo nella Patria , gli venne propolìa come
la principal condizione del richiamo medefimo ,
Del rollo Errico VII di Luxembourg efièndo ver-
fo quella epoca fcefo in Italia con olle numerofiflì-
nia , e già afl'ediando Brefcia , l'Alighieri fianco delPinu-
tilità delle fue preghiere , e del fuo viver ritirato , e
tranquillo fi unì di nuovo ai capi della parte Bianca ,
ed a tutt'i Ghibellini dell'Italia affin di fpinger l'Im-
peradore a domare i Guelfi , ed a render la pace a que-
lla bella e floridifiìma parte dell' Europa . Ma tanto
potette suir animo fuo la riverenza della patria , ed il
rimorfo di afioggettarla allo llraniero, che ilando Arri-
go
4*8
go accampato preflo le mura di Firenze , egli , benché
chiamato , non volle recarli nel fuo campo , quad arrof-
fendo di un trionfo che arrecar doveva Servitù , e ca-
tene alla fua patria.
11 cattivo efito della fpedizione di Arrigo feguito ef-
fendo dalla morte di effo avvenuta in Buonconven-
to, Dante perdette ogni fperanza di ritorno, per aver
colla fua condotta maggiormente aizzato contro lui i Fio-
rentini; e nel 13 19, in feguito di preffanti inviti fat-
tigli dal Conte Guido Novello di Polenta in allor re-
gnante a Ravenna uno de' più colti e più gentili Si-
gnori Italiani , e padre della bella ed infelice France-
fca d' Arimino (l 5) , fi recò egli alla corte di quel Prin-
cipe, e vi fu pregiato, foccorfo , ed incaricato di varie
importanti miffioni , fpecialmente di un' ambafciata prefTb
i Veneziani . Ma 1' efito di quella effendo flato infeli-
ciffimo (16), egli fé ne tornò oltremodo afflitto in Pl£-
■venna,ove ai 14 Settembre del 132,1 lafciò la mortale
fua fpoglia con dolore fbmmo di Guido , e di tutt' i
buoni, e dotti dell'Italia. Fece quel magnifico Signore
deporre il cadavere dell' Efule illuflre su di un feretro
decorato di poetici ornamenti , e portato sugli omeri dei
primarj cittadini chiuder lo fece in un'arca lapidea preflo
la Chiefa de' Frati minori ove fi elevò pofcia un più
pompofo e più degno monumento per 1' opra di un
dotto Signore Veneziano, e di due illuftri Porporati (17)
tanto delle lettere benemeriti e dell'Italia. Accompngnò
il Conte il funebre corteggio del Poeta fino al luogo
del
4^
del fuo fepolcro , e quindi tornato nella cafa ove quefti
abitato avca , vi recitò, fecondo il Ravegnano coftume ,
l'elogio de'fuoi talenti, e delle virtù fue , a gloria eterna
de' Grandi del fuo tempo, e a difonore dei nodri .
La fama di un tanto Uomo grandilFima nella fua vita,
ma fatta gigante dopo la fua morte, già riempiuta avca
ritalia tutta. Nel 1350 Giovanni Vifconti Arcivefco-
vo di Milano riunì fei dotti uomini per fpiegar , e
commentar 1' Alighieri , cioè due filofofi , due teologi ,
e due Fiorentini , con felice idea da apportar non lieve
onore a quel colto Prelato . Boldgna , Fifa , Venezia , e
Piacenza ebbero eziandio pubblici efpofitori del fommo
Poeta ; e Firenze flelFa , piena di rolTore , e di rimorfl
per le ingiufte perfecuzioni fatte a un sì grande fuo Cit-
tadino, nel 1373. falariò un pubblico lettore per illu-
llrare , e commentar le di lui opere ; onor Angolare
che toccò per la prima volta all' illuflre Boccaccio . Efla
decretògli inoltre nel 1396 un cenotafio nella Cattedra-
le , e più volte in appreffo ne reclamò da Ravennati
le ceneri. Ma ne fu efeguito il fuo decreto , ne efau-
dita la fua domanda; ed a vergogna indelebile di quella
Città, e di coloro che per cinque fecoli 1' han gover-
nata (18) altra memoria ella non conferva di un così
illuftre fuo figlio , che un vecchio e polverofo di lui
ritratto in una delle pareti interne del Duomo.
Ebbe Dante la flatura mezzana, il volto lungo, gli
occhi piuttoflo groflì, il nafo aquilino, le gote grandi,
il labbro fuperiore rilevato, il color bruno, la barba.
50
ed i capelli neri folti e crefpi , V afpetto grave infìe-
tne e piacevole. Parlava rado, ma bene, ed anche elo-
quentemente ove n'avea l'occalione. 11 fuo tratto benché
fcrio , era cortefe . ModeratUrimo egli era ael cibo ; nel
veflire pulito in uno e modefto . La mufica, che tanto
alletta le belle anime , amò egli eziandio con trafpor-
to , e r ebbe tra le più foavi delizie della fua vi-
ta (19) ' Vero è per altro che tante pregevoli e
brillanti qualità , per la imperfezione intrinfeca alle mon-
dane colè , da talune leggiere macchie furono ofTufcate.
Vien egli quindi tacciato di foverchia pendenza per li
amorolì piaceri, di ecceflìva fete di gloria , e di efler
Hato ambiziofo e fuperbo oltre il dovere. Ma fé Dante
necetTariamente dovette avere alcuni di quei difetti , da
quali niun de' mortali può intera:mente trovarli libero ,
quelli però egli ebbe delle anime fenfibili, e dei carat-
teri nobili e dignitofi,- e fé molto fé fletro llimava, ben
ragione ei n' aveva , poicchè tanto grande e tanto fu-
periore ai contemporanei fuoi egli fentivafi . Altri anco-
ra chiamato V hanno mordace troppo , ed aftiofo contro
i fuoi nemici, ne a dir vero ciò può del tutto negarlL
Ma fé pur fi riflette ch'ei fu barbaramente fpogliato di
ogni fuo avere, che fu ridotto non folamente a mendi-
care un pane onde protrarre la penofa fua efiitenza j
Hia a provar benanche, come egregiamente dice egli ael
canto primo del Paradifo , a provar
...... siccome sa di fate
Lo pane altrui , e come è duro calle
Lo fcender, e falir per altrui fcale, ^
fi troverà che il carattere di quefto Uomo fornaio , ben-
ché moderato e piacevole di fua natura , pure dovette
neceflariamente alterarli , e prendere quell' intolleranza ,
e queir impeto , che dalle perfecuzioni , e dalle difgra-
2Ìe fopratutto immeritate vengon per l'ordinario prodotti .
Molte e varie opere egli compofe in profa , ed ia
v€rfi . Contanfì tra le prime la Vita, nuova ^ il Convito^
il trattato de Monarchia , quello de vulgari eloquentiay
e quattro epilìole . Contien la Vita nuova un ingenui
iftoria de'giovanili fuoi amori con Beatrice , frammifchia-
ta puranche di non pochi verfi . Il Convito fi è un mi-
nuto ed ellefo commento, ch'egli ideato avea di fare a
quattordici delle fue canzoni, ma che non fece effettiva-
mente fé non a tre delle medcfime,fia che la morte ne lo
aveffe impedito , fia che rifoluto egli aveile di non ter-
minarlo . Quello commento pien di dottrina , e d' inge-
gno dà grandi lumi per l'intelligenza della Divina Comme-
dia , e meritò di eilcre illudrato da Torquato Taffo . Nel
trattato de Monarchia fi fcaglia contro le ufurpazioni
d^lla fpirituale sulla temporale potenza , con quello flef-
fo fpirito di regalismo che fcorgefi in tutto il corfo del
fuo Poema, e che animato ha fempre tutt'i grandi Uo-
mini dell'Italia (2,0); e difende da irritato Ghibellino l'au-
torità imperiale : ma fotto quefto ultimo afpctto più
dal fuo fdegno, e dalle circollanze in cui trovoffi , che
dall'interno penfier del fuo cuore fu certamente qucll'
opera occafionata . Nel trattato de vulgari eloqueriiia{i\),
che la morte gV impedì di terminare, parla Dante dcl-
* la
5*
la lingua comune dell' Italia , de' diverfi dialetti della
medefima , e della forma e natura de' verll e compo-
nimenti volgari . Finalmente quanto alle quattro fue epi-
fìole fappiam che la prima fu quella da lui fcritta al
Popolo, ed al Governo di Firenze, della quale abbiam
parlato di fopra ; che la feconda ei direfle ai Princi-
pi Italiani, ed ai Senatori di Roma per invitarli a fe-
condar la fpedizione di Arrigo; che la terza fu da elio
inviata a quello Imperadore medefimo per muoverlo alla
conquifta dell'Italia, ed al foccorfo del Ghibellino par-
tito; e che colla quarta infine dedicò egli a Cangran-
de della Scala la fua cantica del Paradifo . Son quelle
profe di maggiore o minor merito , di maggiore o mi-
nor bellezza , ma tutte non indegne di efler tramanda-
te alla pofterità .
Fra le poetiche compofizloni di Dante annoverar deg-
gionfi trenta e più fonetti , e circa altrettante canzoni , le
rime facre , e finalmente la Divina Commedia . I fonetti,
le canzoni , e le rime fono fparfe di grandi e variate
bellezze , e ben vi fi fcorge il creator della lingua , e
poefia dell'Italia; ma il genio profondo di quello Uo-
mo flraordinario moftrafi veramente in tutta la fua pom-
pa , e nel fuo pieno fplendore in quell' ingegnofo Poema.
Ei par che Dante anche prima del fuo efilio con-
cepita aveffe l'idea di lafciar ai poderi un opra , che
fotto le attrattive del patetico, e del meravigliofo poe-
tico contenefle lezioni fublimi sulle fcienze filofofiche
teologiche e morali ; ma certo è che quella dolor ofa
vi-
n
vicenda della Tua vita occafion gli diede di fervird del
fuo Poema, come di un arma contro i fuoi nemici , e
di un nobil guiderdone peTuoi genero(ì benefattori, non
meno che di un mezzo da rammentar molti rilevanti fatti
pubblici e privati, e molti perfonaggi famod del fuo tempo;
laonde una interelTantilIìma memoria iftorica può anche
la Divina Commedia reputare . Del refio ho io abbaflan-
za fatto conofcere altrove quanto grande lia quello mo-
numenta del fapere, e dello ingegno Italico, ne ciò può
efler giammai ignoto a chi è a cuore la maeftà, ed il
luftro del nome Italiano. Giovami foltanto pria di por
fine alla mia opra di riferir una bella , e fagace cflerva-
zione di un colto Tofcano , che potrà farci conofcer piena-
mente qual Ik flato l'Autore altiffimo di queflo immortale
Poema. Dante al fuo tempo era in poefia quel che Giot-
to era in pittura; Leonardo da Vinci, e Raffaello han
fatto obliare Giotto ; il Taflb , e 1' Arioflo non hanno
fatto obliar Dante, ne han potuto nella menoma gui-
fa rimuoverlo da quell' alto feggio di onore , ov' egli
trionfa , e trionferà fempre alla tefla di tutti gli Epici
Italiani; imperocché il bello delle circoflanze,e dei tem-
pi fparifce coi tempi , e colle circoflanze ; il bello aflb-
luto refifle al rapido corfo de'fecoli, per effer fondato
sulla Natura , ed indipendente affatto dalle umane opi-
nioni . Opinionum commenta delet dìes , con ragione
efclama il gran Tullio, opinionum commenta delet dies,
naturae judicia confirmat .
PolTa
Pofla intanto quefta mia debol narrazione della vita ,
e delie opre onorate di un sì grande Uomo eflèr di
fprone a belle e dotte intraprefe dei figli dell' Italia ,
e pofla r Ombra di quel divo Ingegno bandire T igno-
ranza, e romper lo vile letargo, in cui a giorni noflri
la più gran parte di eflì fi giace vergognofamente , im-
memore della gloria dei maggiori j e non curante della
pofterità .
AN-
fi
ANNOTAZIONI
(i) Nella guerra che i Fiorentini fotlenner contro fJregorio XI >
e i-he cominciò P anno 131V ? crejrono efTì una iMagiftratura di ot-
to cittadini ptrchc quella amminiflrafle con ampli poteri . Or ebbe-
ne quefti delegati del l'opolo aveffero fpogliate le chiefe de' loro be»
ni , dilprezzate le cenfure Pontificie , e sforzato il clero alla celebra-
zione de' Divini Offìcj ad onta deli' interdetto del Papa , pure furono
circondati Tempre dalla confidenza nazionale , ed ottennero perfino il
foprannome di Santi: tanto, al dir di Macchiavelli, quelli cittadini li-
mavano allora più la patria, che l'anima.
(i) Nell'i/a/ne della Divina Commedia da me ptibblicato il 1807. ho
trattato del piano e della condotta, dello ftile, e della filofofia profon-
da di queir impareggiabil Poema . Qucfto opufcolo pili utile che bril-
lante ha meritata l'indulgenza di tutti i buoni Italiani , e fpecialmente
dell' illurtre Monti , il quale onoromrai della fua approvazione in ter-
mini oltremodo affcttuofi e lufinghieri .
• (3) 11 nome proprio del Poeta era quello di Durante » del qualff
Dante è uno di quelli accorciativi , e vezzeggiativi tanto ufati in Fi-
renze . Il nome di Aldighieri prefelo fuo padre per parte materna da
una f:imiglia di Ferrara ,
(4) Coloro che foflengono quefta antica origine della cafa di Dante,,
principalmente (ì appoggiano a ciò che nel canto XII. dell' Inferno
Brunetto Latini maeftro del Poeta , predicendogli gli eccedi ai quali
i Fiorentini contro lui portati iarebbonfi, gli dice ne' fegusnti verii :;
Faccian le bejtie Fief alane (ìrame
Di lor mede/me , e non t'occKin la pianta ,
S'' alcuna /urge ancor nel lor letame,,
la cui riviva la Jemertta [anta
Di quei Roman , che vi rimaftr quando
Fa fatto il nidto di malizia tanta .
(0 Nel canto XV de! Paradifo finge il Poeta che dallo fteflb di
Itii tritavolo narrata gli venga quella gloriofa fua morte, io credo pre-
f;io dell' opra di qui riportar quefto bello fquarcio , il quale interef-
lar deve eziandio pel frizzo che contiene contro le ufurpazioni dei Pa-
pi , e per le morali oflervazioni che vi s' incontrano . Dice dunque
Cacciaguidà al fuo nipote :
Fot feguitai lo Jmperjtor Currado,-
Fd ei mi cinfe della /uà milizia y
Tanto per bene oprar gli venni in grado ,
Dietro gli andai incontro alla nequi^u.
Di quella legge, il cui popolo ufurpa ,
Per colpa del Paftor y vofira giujìi^ia. Quivi
i6
Quivi fu^ io da. quella genie tarpa
Difviluppato dal mondo fallace ,
li cui amor molte anime deturpa ,
E venni dal martirio a quefta pace ,
(6) La magiftratura de' Priori cominciò in Firenze alla metà di
giugno del 1282. Da prima fu di tre, quindi di fei, prefi indiftinta-
nieate tra i popolani , ed i grandi ; e la fua durata era di mefi due .
Dovevano i componenti Tuoi eflere afcritti ad un arte , giacché il go-
verno di Firenze eflcndo meramente democratico, la ibvranità rifedeva
nelle corporazioni degli artigiani ; e Dante , benché di nobil famiglia ,
pure per entrar nel governo afcriver fi dovette nella fella arte della
Città , quella cioè degli fpeziali, e dei medici. Pare tuttavolta che
anche prima dell' indicata epoca i capi delle arti in Firenze il chiamaf-
fer Priori , e che allorquando la democrazia trionfò del tutto in quella
Città i fuoi governanti prendeffero una tal denominazione per fare la
coite al Popolo . Comunque ciò fìa , certo è che quefta magiftratura
ben prefto pervenne a fchiacciare i grandi , e con elfo loro il partito
Ghibellino ( vedi il Villani lib.VlI cayj.Si., Melchiorre di Coppo Stefani
Uh. 111. cap. ló/, e /38. , l'Ammirato il (Giovine lib. I. pag. (>y.\ il
Dottor Targioni nei fuoi viaggi ediyone II. tom, I. pag. 60. , il Ca-
valiere dal Borgo dijfert. VII. tom. II. pag. /j. in not.., ed il Bor-
ghini nel difcorfo fé Firenze ricomprò la liberta., tom, II. pag.^i^^. ).
(7) 11 racconto del crudele attentato , che diede origine alle fette
de' Bianchi , e dei Neri può vederfi nel lih. II. delle Iftorie Fiorenti-
ne di Nicolò Macchiavelli , edizione Romana di Antonio di Biade pa.
gin a ì8.
(8) Se meritale fede Francefco Filelfo in quel che fcrilTe di Dan-
te, dovremmo dir che, in nome de'Fiorentini , fol^lenne quefti fino a
quattordici ambafciate, a Sanefi , a Perugini, a Veneziani, a Genove-
fi , al Marchefe di Ferrara , al Re di Francia , due al Re di Napoli ,
altrettante al Re di Ungheria , e quattro al Papa ; ma di tre fole ,
cioè di quelle al Re di Napoli , e di una a Bonifazio Vili fi poffo-
ro addurre o probabili congetture , o' certe teftimonianze . Ciocché
leggefi nel canto ottavo del Paradifo relativamente alla grande amicizia
che Carlo Martello Re di Ungheria ebbe per l' Alighieri potrebbe por-
tarci anche a credere ad una fua legazione preOTo quel Principe , am-
nienocchè non l' aveffe egli conofciuto alla Corte di Napoli , effendo
Carlo Martello figlio di Carlo il Zoppo, e fratello del Re Roberto di
Angiò .
(9) L' autentico documento di quefta feconda condanna di Dante
è ftato per la prima volta pubblicato dal Tirabofchi, e leggefi nella fua
Storia della Letteratura Italiana tom. V. pag. ^8S,
Come
S7
(io) Come mai potrebbe crederfi reo di tante ribalderie T autore
di quella immortale terzina :
Se non che cofcien^ia rri' affé cura,
La buona compagnia che V uom francheggia
Sotto r ufbergo del fentirfi pura ?
E' vero che fi può anche predicar virtù col cuore corrotto , e né fono
una prova Salluftio , e Seneca ; ma è vero altresì che fonovi certe ef-
preflìoni le quali vengono affolutamente dall' interno dell' animo , C
ne dimoftrano i più fegreti fentimenti . Tale fi è appunto la citata ter-
zina del nortro Dante; ed io fon del tutto convinto che fé non avef-
fimo altre irrefragabili pruove della probità fua , baderebbe fol quefta
a non farcene punto dubitare , ed a diftrugger tutte le calunniofe in-
venzioni de' fuoi nemici .
(li) Nel magnifico proemio delle Storie di Tacito trovafì un int2-
TefTantiffimo fquarcio che ci rammenta gli orrori , cui la Francia , e
r Italia furono in preda in fui finir del fecol decimottavo . Chi non
crederà infatti di udirne il racconto da quell'egregio Storico allorché fclama
egli: plenum exiliis mare, infecli cxdihus /copuli: atrocius in urbe fx-
vitum , NohiUtas , opa , ornici gefÌLque honorem prò crimine , & oh vìr-
tutes certljjimum exitium , Nec minus premia delatorun invifa quam [ce-
lerà , cum aia facerdotia & confulatus ut fpolia adepti , procuratìones
ahi & interiorem potentiam , agcrent ftrreiit ctincta . Odio , & terróre
corrupti in dominos fervi , in patronos liberti , & qiiibits deerat inimicus
per c.micos oppreffi . l\Ia come a confolar l'Uman Genere di tante fcel-
leratezze , anche nei tempi più trilli la Provvidenza fa forger anime pure
intrepide e virtuofe , perchè colle onorate lor opre arroflìr facciano,
e tremar fin nella fua potenza T iniquità trionfante , così nel meh fu-
nefto anzi ridente quadro delio fleffo immortale Scrittore , che fegtie
appena dopo, delineate trovanfi quelle medefime belle e coraggiofe a-
zioni di cui fummo noi pur fpectatori nella fuddetta funeftiflìma epoca.
Non tamen , foggiunge egli , non Carnea adeo virtutis jìerile feculun ,
ut non & bona exempla prodiderit . Comitatce profugos liberos matres ,
fecutx maritos in exilia conjuges , propinqui audentes , conftantss gene-
ri , contumax ctiam adverfus tormenta fervorum fides ; fupremx clarorum
virorum neceffttates , ipfa neceffitas foriiter tollerata , & liudatis anti-
quorum monibus pares exitus . Tutti i tempi dunque fi fomigiiano ,
ed i popoli cadon fempre lìei medefimi ecceflì ogni volta che i Gover-
ni abbandonando il retto fentier della giuilizia lafcianfi foltanto trafpor-
tare dagli sfrenati impeti dell'ambizione, e della vendetta . Ma in turtì
i tempi eziandio la virtù riceve l'omaggio, che l'è dovuto, acciò gli
'uomini non mai poffan perder di mira quella unica via delia lor feli-
cità , fuor della quale non havvi che rimorfi , pianto, tniferie , e de-
'olazione . S Nel
58
(i2) Nel canto XIX dell' Infimo fìnge il Poets, che il Papa Ni-
colò IH, da lui trovato in una di quelle foffe , fentendolo a fé avvici-
nare lo prenda per Bonifazio Vili , e prorompa in atroci invettive coa-
ira quello Pontefice . Si è in quefìo rteffo canto che 1' Alighieri fca-
glicifi con tanta eloquenza, e con tanta forza contro il dominio tempo-
rale de'fucceffori di Pietro»
(13X Nell'ottobre del 1306, fu Dante mandato dai fratelli FraHce>.
fchino, Maroello , e Corradino Malafpina ambafciatore preffo Antonio
Vcfcovo di Luni per ottenere una pace , che lunghi odj , e crudeli
delitti avevano da quelle contrade infelicemente allontanata.
(14) Io non comprendo, perchè Monlìgnor Fabroni foftener voglia
nel fuo elogio di Dante che i primi Signori prelTo i quali fi rifugiò
queft'Uomo celebre , dopo il fuo efilio , furono i M.ilafpina . Come mai
ha potuto CIÒ combinar egli con quello fquarcio del canto XVII. del
Paradifo, ove finge il Poeta che deito g'i venga dal fuo antenato Cac-
ciaguidaj alludendo alla generofa accoglienza fattagli dal Signor di Veronas
Lo primo tuo rifugio , e il primo o/lello
Sarà la cortef.a del gran Lombardo ,
Che porta, in. Julia fenici, il fanto uccello?
E come mai afferir ha potuto il dotto Biografo che per quel Gran
Lombardo intender dovevafi Cangrande y e non già Alboiiio della Scala,
quando poco dopo foggiunge il Poeta fteffo :
Con lui vedrai colui che impreco fue ^
Nafcendo , s\ da q-uefla flellu forte ,
Ch€ notabili fien l' opere fue ;
facendo allufione al valor militare , ed alle belliche imprefe di Can-
grande , alla cui naftita , fecondo il fifiema allrologico dominante in
quei tempi, influir dovette il pianeta di Marte, ove Cacciaguìda , co-
me buon guerriero, e morto in battaglia, godeva la celefle beatitudine?
Se dunque dopo aver parlato del Gran Lombardo^ lo ftelfo Cacciaguida
dice al Poeta con lui vedrai colui... è chiaro, eh' eifendo quelli Can-
grande, quel Gran Lombardo non può efl'er che Alboino di lui t'ratello.
Ecco gli errori , e le contradizioni in cui cadono i più grandi eruditi-
per una mal' intefa fmania di novità . Gredad quindi che vai meglio-
dir bene, che dir nuovo, e che ^\ può anche ottener quell'ultimo fco^
pò con olTervazioni fagge e non da altri prefentate fui fatti che nar-
rai) fi , fenza punto alterarne la natura. Ho voluto confutar un pò lun-
gamente quefla pretefa filologica fcoperta, perchè quella di un dotto uo-
mo, e perchè annunciata ancora con una ficurezza tale da far effettO'
sull'animo di chiunque, come fatto aveane fui mio.
(i^) Taluni han prefo motivo di tacciar d'ingrato 1' Alighieri per
aver egli collocata uell' inferno quelb intereilanie fi-^ha del fao prin-
J9
■cipal benefattore . To però credo di foftener con ragione , che , per la
jrrefirtibile forza delle idee del fuo tempo. Dante non poteva altrimenti
■trovar Francefca nel purgatorio, o ntl paradifo , ma nell'inferno foU
•tanto, a motivo del p;enere di morte violenta di cui era perita. Pote-
va egli bensì non mentovarla ; ma forfè queflo ofcuro filenzio pii
fpiaciuto farebbe al padre di effa, che il modo patetico rifpettofo ed
•intereffante nel qual fa parola il Poeta di quella Bella infelice, allor-
ché ne racconta il crudele infortunio. Ed una prova ficura di querto^
mio penfiero fi è , che il Conte Guido non ne prefe alcun rancore
contro Dante, anzi continuò ad ainfterlo, e ad onorarlo fino alla fua
morte, e perfiii dopo quefla refe alla memoria fua tutti quelli omaj^--
si , dei quali ho io parlato nel corfo dell' opera . In generale pref-
io i popoli o barbari primitivi , o ricaduti nella barbarie la mancanza
di fama, e l'oblio è più dolorofo e fpiacente che una fteffa sfavore-
vole rimembranza ; come far ne poffono un' ampia fede le poefie di OC-
■fian , le quali, fiano o no di queflo Bardo famofo , fono pure una vi-
vace dipintura dei cortami , e delle idee di tali popoli . A tempi dell'
Alighieri poi l'aver ottenuto una commemorazione nel fuo celebrato Poe-
ma riputavafi a così grande onore da far dire a Vincenzo Acciajuoli , che
•avrebbe egli pagata una grofla fomma di danaro, fé Dante avelTe fatta
menzione di alcuno della fua cafa, ancorché cacciato l'aveffe nella più
cupa bolgia dell'inferno.
(i6) Franccfco Doni tra le profe dell' Alighieri da lui pubblicate
riporta una lettera dello fteflb al Signor di Ravenna, la quale prove-
rebbe che quefta ambafciata ai Veneziani ebbe luogo nel 1313* ^"*
tal lettera piena di farcafmi , e di amarezza contro quella Repubblica
vien però generalmente riputata apocrifa , ed una folenne impoftura
del Doni.
(17) Bernardo Bembo padre dell'illuftre Cardinale di tal nome,feo-
-do governator di Ravenna, erger fece quel monumento sì accetto alle
Italiane Mufe che ora fi venera in quella Città . 11 Cardinal Corfi nel
1691., ed il Cardinal Valenti nel 1780, Legati nella Romagna, ripararon
poi le ingiurie cagionate dal tempo n quel fagro depofito ; e queft' ul-
■tiino eziandio incider fece in rame il difegno dello flefib . Ecco le
opre che tramandano alla tarda poflerità , e benedir fanno il nome
de' grvernatori dei popoli.
(18) Nel 1804., effendo io in Firenze , nna di quelle letterarie So-
cietà detta del/a Stona Patria , cui ho !' onor di appartenere , ideò
di elevare un cenot.ifio all'Alighieri a fpefe de'Socj, e di tutti gì' Ita-
liani che concorrer voleflero alla beli' opra . EiTa non chiefe al Go-
verno che alcuni pezzi di marmo giacenti inutili in un de' publici ma-
gazzini. E pur, chi '1 crederebbe , difprezzò quello la difcreta domanda,
* C
6o
e rife su coloro che fatta 1' aveano ! ! ! Un efemplare del difegno del
monumento reflò in mio potere, ed è quello che ho prefentato all'Ac-
cademia : il giovane Signor Digny verfatiffirao nell' architettura ne fu
r autore . L' epigrafe :
Onorate V altijfimo Posta ,
Z' Ombra fua torna eh'' era dipartita ',
che fi legge in fuUa bafe , venne da me prefcelta tra i verfi deH'iftefTo
Dante , ed opportunamente efprimea , che la fua grand' Ombra finallor
giuftamente fdegnata contro la patria pei ricevuti'torti , veniva di bel
nuovo ad aggirarfi nel di lei feno placata per l'onore , ancorché tardi ,.
ma pur una volta refo alla fua memoria.
('19) La prova della paffione che 1' Alighieri ebbe per la mufica
trovali nel canto II. del Purgatorio , allorquando rivolto egli ad un
tal Cafella, celebre cantore del fuo tempo, e molto a lui caro,, dices-,
<. , , se nuova legge non ti toglie
Memoria , 0 ujo all' amorofo canto
Che mi folea qustar tutte mie voglie ;
Di ciò ti piaccia confolar alquanto
L' anima mia , cha con la fua perfona 2
Venendo qua , è affannata tanto .
Quindi foggiunge , che moffo effendo quel fuo amico dall'invito grazìofoj
Amor che nella mente mi ragiona
Comincio egli allor sì dolcemente ,
Che la dolce Xx'^ ancor dentro mi fv.ona%
cioè che cantò quella amorofa canzone di Dante, la qual comin-
cia col primo verfo della citata terzina , e la qual forfè Ca'fella , men-
tre era in vita , fpeffo cantar foleva all' amico fuo, come quello, che
più di ogni altra lo dilettafle .
/20) Figuran pompofamente tra coloro , oltre Dante , anche Pe-
trarca, Fra Paolo Sarpi , Giannone , ed a giorni noflri Conforti , So=
lari , e Ricci .
(il) Qualcuno pretende che il trattato de vulgati eloquentia non
iìa del Poeta noflro ; e potrebbe ciò effer vero : ma come la gran mag-
gioranza dei dotti glie Io ha pure attribuito , così ho creduto di fé-
guir su quefla credenza la comune opinione.
6-r
DELLE
F A V OLE ATELLANE
E DE' LORO ESODI
DEL SIGNOR VINCENZIO DE MURO
SEGRETARIO PERPETUO
letta iielt adunanza del dì io Agojìo 18^08'
4 tutti i moderni critici, che E antico teatro fi fo-
no fludiati d' illuflrare , niuno è, che io fappia , che
abbia di propofito tolto fopra se di fpiegarci la natura,
le leggi , ed il carattere di quel genere di antichiffima
poefia drammatica , che è conofciuto fotto il nome di
Favola Atellana . Eglino non han fatto altro , che ri-
petere quel poco , che a primo incontro han trovato
detto dagli antichi , ed han creduto , che ballafTe fape-
re, che fu un genere giocofo, e fcherzevole. Io penfo
però , che facendo più diligenti ricerche tra le fparfe
memorie dell' antichità , raccor potremo di che appagare
su di ciò la noflra curiofità . Io ho abbracciata l' im»
prefa , e tanto più di buon cuore V ho fatto , che que-
iìa fpecie di dramma è nata fra noi , e porta ancora il
nome della mia patria. Efaminerò dunque in primo luo-
go , qual ila flato il carattere dell'Atellana , quali i lo-
i-o efodj , e donde finalmente traeflero quel ridìcolo ,
onde divennero così rinomate , ed ai Teveri Romani sì
■care .
Gli antichi Gramatici , Diomede, e Mario Vittorino
fono i foli , che ce ne abbiano data qualche idea . Dio-
niede afferma , elfervi una terza fpecie di favole latine,
da Atella citta degli Ofchi , ove nacquero , dette Atella-
ne , le quali nell' argomento , e nel burlefco delle fen-
tenze fomigliano le favole fatiriche de' Greci (i) . Ma
in quello folo differiva , foggiunge Diomede , l' Atella-
iia dalla Satirica Greca , che in querta gl'interlocutori
d'ordinario fono fatiri , o altri perfonaggi ridicoli a' fa-
tili fomiglianti , come Autolieo , Bufiride , ed altri ;
in quella erano perfonaggi Ofchi (a) . Ma vi ha po-
ca efattezza in quefìo gitidizio, e mi pare, che egli non
conofceffe a fondo ne l' una , né 1' altra , tanto più ,
che e' conchiude , che la Satirica Greca è un genere
dello 'ntutto ignoto ai latini . Non fu ignoto ai lati-
ni lo fpettacolo de' Satiri ; e Vittorino al contrario ci
afficura, dopo aver favellato della Satirica Greca , che
lian quello genere, cioè le Satiriche, i latini nelle K-
tellane (3) . Or 1' autorità di quello dotto ed accurato
Gra-
(O Tertia fpecies eft fabularum latinarum , quae a civitare Ofcorum
Atelia , in qua primum caeptae , Atellanae diftae lunt, argumeiitis diftis-
que jocularibus fimiles fatyricis fabulis graecis . Lib. III.
(2) Latinìs jitelLma a Gtaeca fatynca cliffert , quod in fatyùca fere SatytO'
rum perfonae inducutitur , ai'.t fi quae fv.nt r'iàuidae fim'des Satyris ^ Autolicm •,
Biifiris, in AtellanaOfcae (così dee leggerfi, in vece A' obfcenae ., cht è nel-
le ftimpe, ficcome olferva il Salmafio in Exerc. Pliniar,. p. jf. ) peffome ^
■ut Maccus .
<3) (iuod genus ^oftri in Atellaais habeat . ViUor. lib. IL
«3
Gramatico ha nelf animo mio tanto pe(b , perchè non è
difficile dimoflrare col latto, che la comparfa de' Sa tiri
sulle fcene in Roma non fu negli antichiirimi tempi co-
fa lìrana , che Satiriche furono talvolta anche dette le
Atellane , e che quelle furono interamente lo ftcflb ,
che le Satiriche de' Greci.
Non furono di fatti fìranieri al Lazio i giuochi, gli
fpcttacoh , e le cicalate de' Satiri . Nella pompa , che
accompagnava il trionfo de' Generali Romani , fa fe-
de Dionifio d' Alicarnallb che dopo i cori de' faltatorì
armati feguivano i cori de' Satirifti , o piuttofto Satìrìfci,
o lìaa Satìretti^ che ballavano la greca ficìnni , fpecie
di danza fatirica concitatiffima (i). Quelli, foggi unge ,
imitavano ferie danze con gelìiculazioni ridìcole , gua-
ilandole per ludibrio , e per far ridere gli fj>cttatori .
Or gli accompagnamenti de' trionfi dimoflrano , fegue a
dire Dionifio , che quelìi giucchi burlefchi , e fatirici
erano da antichiffimi tempi in ufo preflb i Romani (2).
Ma Dionifio , uom greco , è così certo , che una tal
ifiituzione abbiano i Romani apprefa dai Greci, che te-
me di recar noja ai lettori, fé imprenda a dimolìrarlo.
Quella vanità, ordinaria ne' Greci, è fomma in Dioni-
iìo . Appiano Alelfandrino al contrario , defcrivendo il
trionfo di Scipione , fa precedere i cori de' citarilli , e
de'Sa-
(1) MiT« rxf e'j'airXxf Jt"/"*' "'' ''"'''"' '^«TupKay t-jrojj.'ìrwìy X'poi , Tvy fXXiii'iKii'
tiS'ofopus'Ta iny.ivvni/ . Aritìqu. lib. VII. in fin.
(2) Ai^Bffi (Te al TU'V ^pMfjL^av tiaoS'oi iraKotuiv xxi fTi;)fi>ipiay i^ctv Fai/.ctiSI(
VHP KipTonKn Kui SaTupiKHf vaiìiiccp . Dm. ib.
-64
de' Satiri , vefliti all' etrufca maniera , che marciavano or-
dinati cantando e danzando , ed aggiunge , che quelli
erano ludii appellati , perchè a fuo credere gli etrufchi
erano colonia de'Lidj inventori di siffatti giuochi (i) •
La qual originazione vien confermata da Erodoto , e da
Tertulliano (2) . I Lidj erano Fenicj : quefti li portaro-
no in Grecia , quelli li portarono colle loro colonie
nella Tirrenia , o iìa nell' Etruria . Atella fu colonia,
etrufca, come -ho altrove dimollrato , e da Atella paf-
farono a Roma le favole , e i giuochi Atellani , e ciò
in tempi antjchillìmi , cioè nei principj del IV fecolo
^i Roma in occafione di contagio , come Livio dilte-
famente racconta (3). Ebbero dunque comune origine e
le favole Atellane , e le fatiriche de' Greci, e la fatirica
de' Greci non fu , come pretendeva Diomede , ignota
a' latini , e fu lo fìeflb , che 1' Atellana .
Maggior forza però acquilleranno quefte rifleffioni, le
vogliam la cofa nella fua vera origine confiderare . 11
regno animale non ha fatiri: quelli non furono mai ne
mezz' uomini , né bellie felvagge . Satiri non furono , che
mafchcre, colle quali fi cuoprivano coloro, che celebra-
vano fpecialmente in tempo di vendemmia le felle di
Bac-
co Ipfum Imperatorem praecedunt liàores paludati , & chorus cithan-
■ftarum & fatyrorum etrufco more cinfìorum , ornatorumque coroive aureis,
qui pariter incedunt ordine cum canru & tripudio . ^pP. in Pioitcìs p. 'ì<..
(2) Lydii ipfi ajunt fé ludos inveriifle , qui eriamnum apud Gr.iecos cum
illis communes fuiit : fimul autem haet inveii i(Te , & in Tyrreniam colo-
«OS deduxiffe . Her. lib. IL v. Tertidl, de Speiìac. e, V.
(3) Liv. lib. VII.
«5
Bacco . Come queft' ufo venne d* oriente , cosi di la ven-
ne ancor nella Grecia il loro nome (i). Lordi il vifo
di feccia, rabuftati i capelli, fi cuoprivano di pelle di
capra : ubbriachi divenivano loquaci , licenzio'fi , e con
quelle fconce gefticulazioni , che negli uomini avvinaz-
zati fi veggono , moveano a rifo . I poeti ne fecero femi-
iiomini e femicaproni . Or V ufo di quefte mafchere fu
dagli Etrufchi portato tra gli Ofchi , e dagli Ofchi in Ro-
ma . Ed oflervilì , che gli Atellani , cioè gli Ofchi foli eb-
bero il dritto di portar fempre la mafchera , e di non to-
glierfela mai, perchè eflènziale al loro carattere era la ma-
fchera , vale a dire , che le loro rapprefentazioni erano
Satiriche. Si cambiò la mafchera col tempo, ma non fi
abbandonò giammai dal mimo Atellano ; perchè nuovi
caratteri s' introdufTero sulle fcene , ai quali non conve-
niva Tabito degli ubbriachi feguaci di Bacco . Se dunque
i Latini ebbero le mafchere Atellane, fegue, che -ebbe-
ro le Satiriche Greche.
E per verità che vuol dire Ateneo , quando raccon-
ta , che L. Siila fcrifTe commedie fatiriche nella patria
lingua? (i) ed io non intendo, perchè fi dovefièro, co-
me il pretende il Cafaubon (3) , le commedie di Siila
creder chiamate metaforicamente Satiriche, e che avefle
9 vo-
ci) Difcende quefta voce da Satar^ latititi e abfcondit .
(2) ^ukKav ifKcrt 'Niy.^Xxo; rav VaiJtaMir ^pccTiiyoy «Voi ^«ipfi^ fii(À,iis , xiti
;f\(ciT3 ■3-5/5IS ifih.oyt'Kay ytvoinivoi' y «j x«/ noWa yiti (itiit a'j'rois )(^upi(^(àai Tilt
éitfiojixi ' ([/.^xii^aa ir ^a'jru rn nrtpi T»VTtt iKapit «'( vif «W« ypitipti7eit SaTC-"
fiXKi xa'/ji.wìiai TU rrar pitia (pdiVft . jith. Hi. VI.
(.3) De Sasy'r. Craercr. Poefi III: II. e. 4.
66
voluto dir foltanto Ateneo, che Silìa abbia fcritto cotn-
niedie piene d'ilarità, e poco onede, e non già favole
fatiriche compolle sul modello de' Greci . Perchè mai
avrebbe notato artitamente Plutarco la circoilaiiza , che
le fcrillè nella patria lingua ? Era f<jrre una novità , o
una fingolarità , che in Roma da un Romano fi fcrive{^
fero commedie latine? Ma dovea fembrar ben coQ ra-
ra , che Siila avelie fcritto in' latino quella fpjcie di
commedia , che fi chiamava fatirica dai Greci , e chi ia
Ofca favella erano ilate in Roma introdotte . E poiché
non troviamo in tutta la ftoria d>il!a pocfia e del tea-
tro latino quella fona di fàvole , che abbiano portato-
la Roma il nome di Satiriche; perchè non diremo, che
furono conofciute in Roma fotto il nome di Atcllane ,
dacché gli Atellani ve le introdaflero ; e che , come
efprimevafi poco fa Vittorino , nelle Atellane ebbero i
latini le fatiriche de' Greci?
Orazio finalmente , allorché indirizzava la fua arte
poetica ai Fifoni , non avea certamente difegno di dar
precetti intorno ai generi di poelra , che foffero Ila ti
ignoti ai latini . E' parlava a' fuoi coiicittadini , par-
lava di ciò , che era in ufo prelfo di loro , e cerca-
va di fpjrgere in Roma il buon gullo , di cui era
eccellente maeftro. Or perchè mai far^bbefi egli avvifa-
to di favellare a pirte delle fatiriche, diadicaib a un
di preffo con quello nome, di raccoatarne l'origine, e
di efporne le regole, fé la poefia fatirica era un genere
proprio de' Greci , Uraniero affatìo al Lazio , e non co-
no-
nofcluto in nefTun modo? (i) Il Dacier, e il Sanadon,
fomentatori di Orazio , ban molto bene oflervato , che
Orario dando precetti della Satirica , intendeva darli dell*
Atellana , che a quella fpecie di greca drammatica poe-
fia era fomigliante . Doveano dire , che era la fìefla
Pocfia fatirica de' Greci, e che preffo i latini prefe da'
fuui attori il nome di Atellana .
K da qnelìo fìeffo luogo di Orazio apprendiamo , che
nelle Atcllane comparvero, come nelle fatiriche greche»
i Satiri ; giacche comanda , che quelli fiano sì motteg-
gevoli e ciarlieri , che l' eroe della tragedia , poc' anzi
veffito d'oro e di porpora, non paflì a parlare un lin-
guaggio convenevole alle più vili commedie (a,) . Ma
s'intenderà meglio quello luogo d'Orazio, quando par-
leremo degl'interlocutori, e dello llile delle Atellane ,
ed avremo nuovo argomento per diraoflrare , che Dio-
mede non conobbe l' indole ne della Satirica , ne dell
Atellana. Da una di quelle favole trafle Mario Vitto-
rino quel verfo, che nel iv. libro riporta:
Jgite, fugite ^ quatìte^ Satyri.
Forfè vi fu tempo , in cui furono banditi dalla fce-
iia i Satiri , e furono ad eflì foftituiti altri perfonaggi
ridicoli. Ma fembra indubitato, che vi furono un tem-
po, e che in confeguenza in nulla differivano le Atel-
* la-
(0 Carmine <qui tragico vilem certavit ob liircum
Mox etiam agreftes Satyros nudavit , & afper
Incolumi gravitate jocum tentavit &c. de Art. 220. O" /«/•
(2) Verum ita rifores, ita commeadare dicaces
Conveniat Satyros &c.
^
68
lane dalle Satiriche , fuorché nel nome . Quando affer-
mo però, che la Satirica , e TAtellana furono la me-
defima cofa , non credafi già, che io vogha dire, che
abbiano gli Ofchi copiata nella natia favella la Satirica
de' Greci. Qual comunicazione aver poteano con i Greci
in sì rimota età popoli antichiffimi d'Italia? Ma egre-,
ci, e italiani da un fonte comune le traflero: dall'oriente,
come ho già accennato le portarono le colonie fericie in
Grecia, dall'oriente le portò in Italia la colonia fenicia,
che fu chiamata tirrenica, ed etrufca: e i Tirreni flabi-
liti nella Campania , e divenuti uno fteflo popolo con
gli Ofchi , diedero nafcimento a queile favole .
Noi non abbiamo alcuna delle favole Atellane , da
cui ravvifar poteffimo la vera loro natura . Ma poiché
abbiam dimofìrato, che le Atellane furono lo fìefTo che
le Satiriche , non ci rimane a far altro , che determina-
re sull'efempio di quelle il carattere delle Atellane per
ifcuoprire la fpecie di ridicolo , che contenevano .
La primitiva ancor informe tragedia ebbe 1' accompa-
gnanjento di un coro di Satiri, i quali colla loro l1:ra-
na figura, e colla sfrontata e proterva loquacità ricrea-
vano gli animi abbattuti dalla fierezza delle tragiche a-
zioni . Ma quando fu portata alla fua perfezione la tra-
gedia , e fu di tutta la convenevole feverita riveflita ,
fu chiufo l'adito ai Satiri, e bandita la primitiva lafci-
"via . Gli fpettatori però non furono contenti appieno
di tal cangiamento. Cercarono qualche follievo dalla tra-
gica afprezza, ed una diveriìone alle lagrime, che loro
ftrap-
69
fìrappavano le tragiche difavvcntiire : fi lagnarono , che non
vi era nulla per Bacco, le cui lodi avean dato nafcimcnto
alla tragedia ( i ) . I Poeti allora ritornarono a' Satiri ,
non per dare ad effi luogo nella tragedia , ma per for-
mare con cffi un dramma feparato, e produrli a fcher-
zare e mot;teggiar sulla fcena , dopo che foffe terminata
la tragedia , per dileguar la mellizia , che quefta lafcia-
va ne' cuori . Quella fu la cagione , che fece nafcere
preflb i Greci la Satirica, come atteftano Orazio, Dio-
mede, e Vittorino (a). Rapprefentavafi d'ordinario do-
po la tragedia , ovvero dopo le trilogie , o tetralogie .
Intendevanfi. con quefli nomi le tre , o quattro trage-
die, che i Poeti erano coiìretti a dare ne'folenni agoni
nelle fede di Bacco. Uno fleflb Eroe doveva effer l'og-
getto di tutte e tre , o di tutte e quattro , come fu
Pandione l'eroe della Pandìonide, o fia della tetralogia,
comporta da Filocle , e Orette 1' eroe dell' Oreftiade , o
fìa delle quattro tragedie di Efchilo , che fi aggiravano
sulle fventure di Orette. Ma non furono fempre aflretti
a quetta legge i poeti , e fi citano come tetralogie di
Efchilo tteffo , e di Euripide , le quattro tragedie del
primo intitolate, i Finei, i Pcrfiani, il Glauco, il Pro-
(1) v^tv T/lOi TOH AlOI>U(TOf .
(2) Carmine qui tragico vilem certavit ob Iiircum ,
Mox etiam agreftes Satyros nudavit, & afpsr
Incolumi gravitate jocum tentnvit , eo quod
Inlecebris erat , & grata novftate morandus
Spectator. Hcrat. de Jyt. v. 220. veggafi Diomede ìiL II. e Mar.
Viftorin. de Metris 2.
ineteò', e del fecondo la Medea ^ il Fiìottete , il T>ìm^
■e i Mietitori . L'ultima delle quattro tragedie era una
Satirica .
Vogliono alcuni , clie Tefpi inventore della tragedia,
il foffe della Satirica altresì . Ma Orazio afferma , che
il primo ad introdurre sulle fcene i Satiri fu colui , che
il primo difputò ne' folenni agoni della Grecia il premio
della tragedia (i). Or quefti pubblici giuochi della Gre-
cia , in cui il popolo dava in premio un caprone al tra-
gico , al quale aggiudicava la vittoria , non erano an-
cora in ufo a' tempi di Tefpi, teftimone Plutarco (a) ,
Sembra dunque, che Orazio intenderli debba di Fratina,
che fiorì verfo la fettantefima Olimpiade, e fu fucceila-
re di Tefpi . Di coftui afferma nettamente Suida , che
fu il primo inventore della Satirica, e che fino a tren-
tadue ne compofe (3) .
Compagna dunque indivifibile della tragedia partecipò
la fatirica della di lei natura , giacche i perfonaggi in
effa introdotti erano quegli lleffi , che comparivano nel-
la tragedia-, e talvolta più flraordinarj , e raaravigliofi
ancora , come i Centauri , i Ciclopi , e qualche Dio ben-
anche. E per quefla ragione vuol Orazio, che lo dio,
o r eroe , che moiìrafi sulla fcena nella fatirica , confer-
vi una certa dignità nel fuo linguaggio, effendo quello
fìeffo, che fu poc'anzi veduto ricuoperto d'oro , e di
por-
co Horat. ib.
(2) «Va yap ùs eèfiiKXttp ìfaydinov i]v i%iiy'.(iivòv ro 'irpoiyfut. Pht.wS clone.
(3) Shìd. V, vpsCTiyecs .
porpora , vale a dire , quello flefìo , che fi è veduto
nella tragedia (i). Ma ogni materia di rifo era profcrit-
ta dalla tragedia , e i peiTonaggi della fatirica non avea-
no a fare, fé non colla famiglia de'Satiri, irrifori e mot-
teggiatori perpetui . E,ficcorae oflerva Ifacco Tzeze {i)y,
mentre la tragedia ron avea che lagrime e lamenti; la
fatirica accoppiava alle ferie azioni la lepidezza , e l'ila-
rità, e p:iirava in un iflante dalle lagrime all' allegrez-
za . Perciò Demetrio Falereo la chiama fcher'^evole tra-
gedia (3). Avea ciò di comune colla commedia , che do-
vca Tuna e l'altra efTer follazzevole , dar diletto , e far^
ridere. Ma gli argomenti, e i perfonaggi della comme-
dia dalle private fortune prendevanfi , e dal viver co-
mune , e dagli andamenti ordinar] della focietà ; e i per-
fonaggi , e le azioni della fatirica erano ben lontani dal
comico focco , e i cori erano fempre di Satiri .
Sembra dunque , che non fenza ragione poffiarao af-
fermare , che la Satirica era un genere di drammatica
poeiìa mezzo tra la tragedia ^e la commedia . Ma paiTiam
la cofa per lo minuto . La favola , o fia 1' argomento
della Satirica femplice e breve procedeva fenza invilup-
po, e fenza intrigo, animato foltanto , e continuamente
dalla dicacità de'Satiri: laddove la tragedia avea meftieri
(i) Ne, quicunque deus, quicumque adhibebitur heros
Regali codfpeftus in .nuro nuper & oftro ,
Migret in obicur.is huimli (ermone tabernas. Hor. de Art.
(2) Aii/{5e,'»J( nrfii a\Ki>\ii' ;/' Tf^aytk'ìix , xat a ^vrupii , òri (liv Tptiya^iàt
X«i «710 S'ax'uay tu xataf xaTavray (l'uS'e .
(ìì vu^vaar ifayaiictv . Demetr. -min ìpinr.
di grandezza e d' inviluppo , da cui sbucciar poteffero
quegli accidenti inafpettati , quelle iinprovvife agnizioni,
e peripezie, che ne formano il maravigliofo e il bello.
L'efito della favola nella fatirica è Tempre lieto, come
nella tragedia è fempre compaffionevole e funvcllo . II
fine di qiiefla è generare la pietà e il terrore; T ogget-
to di quella è aprire all' allegria il cuore ferrata dalle
tragiche atrocità .
Lo fìile della tragedia grave e fublime,- lo lìile del-
la commedia umile , difadorno , e volgare ; quel della
fatirica men fublime del tragico , più fcelto ed ornato
del comico . Quella è la differenza , che mette Orazio
nel carattere di ciafcuna ( i ) . La commedia non sa di-
fcoflarll da un parlar triviale, e fcevro d'ogni ornamen-
to . La Satirica è più corretta , ama lo fìil figurato , e
nella favella de'fuoi perfonaggi non dimentica affatto la
lor dignità . Ella cader non dee nella baflèzza delle com-
medie tabernarie, in cui, a dir di Feflo, fi adunavano,
come far fogliono nelle bettole, fervi, accattoni, e pal-
tonieri , ladri , ruffiani , e tavernieri (a) . E fèbbene lo
flile della Satirica debba effer men grave e fublime di
quello della tragedia; vuole Orazio però, che non deb-
ba allontanarfene tanto , che non fi ravvifi divario tra
la favella di Davo, fervo in una commedia di Menan-
dro,
(i) Non ego inornata & dominantia ■nomina folum,
Verbaque , Pifones, Satyrorum fcriptor amabo . Hor. li-
(2) Migret iti obfcuras humili fermone tabernas . Horar. ib. V. Feftum
y. tabernariae .
7ì
^ro , o di Pizia , fervetta , che pelava il vecchio Simone
in una commedia di Lucilio, e la favella di Sileno cu-
fìode e familiare di Bacco . Ella dee avvicinarfi alla tra-
gedia più, che dalla commedia non fi difcolìa (i).
Il metro finalmente della fatirica non era sì regolare
ed efatto , come quello della tragedia , ne così libero
e liceiiz.iofo , come quello della commedia ; e proprio
della fatirica , è fpezialmente de' cori fu il piede detto
dagli antichi Gramatici Trocaico tetrametro, e proceleus'
matico dimetro catalettico, come il meglio adattato al-
la concitata allegra danza de' Satiri (a) ; laddove la tra-
gedia non poteva ufcire dal giambico , e sì libero era
il verfo della commedia , che non fé ne potè mai de-
terminar fida e collante la mi fura .
Cone diffcrifcono nella natura quefle tre fpecie di
drammatica poefia , così differivano ancora nelT efterno
appurato , e negli ornamenti della fcena . Nelle fcene
tragiche, dice Vitruvio (3) , fi vedevano colonne, fafligi,
IO e fta-
0) Nec fic eni^tar tragico differre colori.
Ut nihii interfit , Davusne loquatur, an audax
Pyrias, prnun£>o lucrata Simone talentuin,
An cuftos famulusque Dei Silenus alumni.
(z) Exemplum prnceleusmatici dimetri cataie£^ici , ut a^'ite juvenes .
Hoc metro vefres fatyricos choros modulabautur , quod Graece e'/crjj^»^ ab
inerclfu chori fatyrici adpellabant, metrumque iprum nao^tt, dixeruut . Mar.
yiticr. d' Mftrif in fin.
(V Genera funt fcenarum tria , unum quod dicifur traE;icum , alterutn
comicum, tertium faryricum . Horum autem ornatus funt inter fé diflimi-
Jes, dispsriqiie ratione ; quod tragicae d<-formantur columTis , f-lligiis, &
lianis, rel.quisque rrgalibus rebus . Comicae autem aedificiorum priv,.to-
rum, & msenianorum liabent fpeciem . S^fyricae vero ornanfur arbonbus,
ipciunris , m. nnbus, reliquisque agre(hbus rebus , in topiaru opcris fpe-
ciem detormatis. l^iiruv. tiù. v. <•. viii.
f4
e fìatue, ed altre infegne regali . te comiche hanno 1*
afpetto di privati edifizj , e il prolpetto delle fìnellre
difpoflo a modo delle comuni fabbriche. Le fatiriche poi
vengono adornate di alberi, di fpelonche , di monti, e
d'aftri camperecci oggetti.
Ogni poelìa drammatica finalmente, che avea cori, ave-
va altresì la fua danza particolare . E però tre fpecie
di danze vi fono , dice Ateneo , di fcenica poefìa , fic-
corae tre ve ne fono di poefia lirica , la pirrica , la
gimnopedica, e V iporchematica (i). La danza propria
però della fatirica dicevafì ficinne , o ficinni , che era
pur quella de'fatiri nel trionfo romano, come da Dio-
nifio Alicarnaflèo abbiamo intefo ; e v' ha chi crede ,
Ibggiunge Ateneo , che fu Jìcinne chiamata dal movi-
mento concitatiffimo della danza de' fatiri ; perchè quella
danza , die' egli , è fenza affetto , e però noa ammette
lentezza veruna (a) . Ma io qui non intendo , perchè
Ateneo affermi , eflèr così celere e concitata la ficinni ,
dacché non ha affetto, e però non può foffrire lentez-
za alcuna. Credeva egli dunque, che qualfivoglia aflèt-
to efiga lentezza nell' efpreffione ? Non fono anzi ne-
miche della lentezza le focofe e violente paffioni F La
danza de' fatiri era il ballo dell' allegria , della briachez-
za, e dell' amore: or non fono quelli fentimenti , che
pon-
(i) jithen. lìb. XIV.
(2) E(i7i S'i Ticic o't xai ^aft ITU» eiKiH'iv còvo/iccatti ùir» Kiyi/<ria< y fif oi ^ct-
^fu^-jftty figcome qui legge il Cafaubon, e non già «««■T'"'»'» <*>« ^ 'i^^^*
pampe .
pongono in fiamme il fangue , e comunicano al corpo
la violenza e la celerità de' movimenti , che refprimono
così bene ? Chi sa , fé la tarantella de' nodri contadini,
danza certamente tra noi antichiOima , e nazionale , e pie-
na di fuoco e di efprefllone , non è la fidane dei fa*
tiri nelle Atellane . Ella al certo ha nome dalla celerità
delle mofTe , come la ficìnne .
Di tutte le favole fatiriche de' Greci, di cui appena
ci han confervato i titoli gli antichi, folo il Ciclope di
Euripide è campato dal generale naufragio. Euripide ne
prefe l'argomento da Omero. UliiTe sbattuto dalla tem^
pefta approda ai lidi della Sicilia, e falvo dai pericoli
del mare, l'altro peggiore incontra di eifere divorato da
Polifemo. Già alcuni de'fuoi compagni gli danno delle
lor carni faporofo fìravizzo. Ulifle cerca di trarre al fuo
partito i fatiri , che fono nel medelimo rikhio , e che
il Cicli pe ha deteinati per ora a guardar le fue pecore.
Concerta con efll la maniera di abbattere quel moUro .
Ma i fatiri han paura, promettono aflai , e nulla fan-
no . Alla fine riefce alla fua prudenza ed avvedutezza
di ficcare una trave infuocata nell'occhio di Polifemo ,
e lieto della fua vittoria ritorna alla nave . E con ciò
reftano liberi da ogni pericolo ì fatiri ancora .
La favola non può efler più femplice. Elh, come la
tragica , contiene perfonaggi , ed azioni conofciute , men-
tre la comica le finge a talento . Difavventure a prin-
cipio, che han lieto fine. I caratteri fono la prudenza
e la virtù forama di Ulifle, l'empietà e la crudeltà or-
y6
ribile del Ciclope . I Satiri ferbano un carattere mezzo
tra i due eftremi , non hanno ne la virtù di Ulifle , ne
la fceileratezza di Polifemo . Per effl ancora ha buon
fuccefTo l'azione , ma per opera altrui , non per virtù
loro . La fcena è il lido del mar di Sicilia , da una
banda V antro di Polifemo , dall' altra colline e pafcoli
con gregge, e fatiri, che le guardano. Il fuolo è tut-
to ricuoperto di verzura .
Tutto poi il corfo dell' azione è rallegrato dalla vi-
vacità , e dalla fempre feftevole loquacità de' fatiri , che
nella lor fervitù non dimenticano V indole proterva , e
le lor libere baje . Graziofa è la maniera di menare al
pafcolo il gregge di Polifemo . Non men graziofo è l'in-
contro, e il mercato di Sileno con UlifTe , e lo fcuo-
primento de' novelli ofpiti fatto da Sileno al Ciclope ,
e lepidiffima è la mentita, che i fatiri gli danno. Ri-
dicolo è foprammodo il coraggio , che dimoflrano i
fatiri in voler concorrere con Ulifle all' acciecamento di
Polifemo ; mentre poi , quando fono al fatto , gli uni
non vogliono entrare uell' antro, e reflano all'ufcio , al-
tri diventano zoppi dalla paura, altri non veggono più,
altri confefl^ano il timore e l'ignavia loro , e alla fine
promettono di cantare una nenia incantevole , onde il
tizzone entri da fé nell'occhio di Polifemo. Fefliviflìmo
è in fine il modo, onde all'ottenebrato Ciclope infulta-
no . Niun tratto però difonefto e fconcio ne' fatiri fi of-
ferva , ninna frafe , che pofla far fremere il pudore . So-
lo a Sileno fcappa un motto, che farebbe arrolfire, fé
non
non folTe la cofa fotto il velo delle metafore afcofa , e
non fi dovefle condonare ad un briaco. Ma fé vi è lai-
dezza , o empietà fpiattellata , è del Ciclope .
Quarto è il carattere, e l'andamento, e la teflura è
quefta del Ciclope di Euripide . Di qui dunque argo-
mentar poffiamo , qual fofle il carattere delle Atellane e '
per gli argomenti , e per lo ftile , e per lo burlefco e
il ridicolo . I fatiri , che diedero il loro nome alla fa-
tirica greca , furono anche attori nell' Atellana , e l' una
dall' altra non differì , che nel nome , come abbiam di-
moftrato . Che fé ne furono pofcia banditi , vi fotten-
trarono gl'iflrioni e i mimi, perfonaggi ugualmente ri-
dicoli . L' argomento delle favole era tragico piuttofto ,
che comico , ed eroici i principali perfonaggi dell' azio-
ne. Per queflo lato le Atellane, come le Satiriche, fi
avvicinavano più alla tragedia , che alla commedia . Così
1 Atellana, di cui fa menzione Giovenale , intitolata T
Autonoe , rapprefentava le avventure di quella princi-
pefTa figlia di Cadmo re di Tebe, e madre di Atteone,
che fu da Diana trasformato in cervo , e da' fuoi cani
divorato (i) . E un' Atellana fu Paride ed Enone, di
cui fa parola Suetonio nella vita di Domiziano, il qua-
le mandò a morte Elvidio il figlio , autore di quefta fa-
vola, come fé nella feparazione di Enone da Paride a-
vefTe voluto defcrivere il fuo divorzio dalla moglie (2).
Gli
(0 Urbicus exodio rifum mov.t Atellanae
Geftibus Autonoes. i'jfyr. /f/.
(i) y. Suet. in Domttian. e. io.
T8
Gli avvenimenti funefti rifvegliavano il terrore e le la-
grime; e il mimo Atellano , il quale con quella ma-
fchera , che avea Tempre qualche cofa di ilrano , di ter-
ribile, di ridicolo , come quella , che facea fpiritare t
fanciulli, come attefta Giovenale (i), col fuo abbiglia-
mento, che non era molto diflomigliante da quello del
noflro Pulcinella , e foprattutto co' fuoi geiti , e co' fuoi
movimenti , col metro adattato alle giocofe fue mofTe ,
e ai fuoi gefti (2) , col fale finalmente , e col frizzo
de' fuoi motti, con allufioni ingegnofe, e col far inten-
der co'gefti a chi fi voleano applicar le parole , che
fi pronunziavano , dileguavano dagli animi il terrore ,
e tutte le maninconofe impreflìoni , che la tragedia vi
lafciava. E ferbava in tutto ciò l'antica eleganza, co-
me attefta Donato (3) , vale a dire femplicità e natu-
ralezza fenza lifci, e fenza belletti.
Ecco dunque la vera natura delle Favole Atellane ,
di quefla terza fpecie di drammatica poefia . Veggiamo
adelTo, che fiano mai flati gli efodj . L'anno di Roma
309. nel confolato di Gajo Sulpizio Petico, e di Gajo
Licinio Stolone, la pelle, che 1' anno antecedente avea
cominciato a fare fìrage del popolo, non celTava d'in-
crudelire orribilmente. Nella general collernazione la ti-
mida
(0 . : . tandemque redit ad palpita notum
Exodium , cum perfoiiae pallentis hiatum
In gremio matris formidat rufticus infans . Jiiv. Sat. VI.
(2) Salibus & jocis erat compofita , & in fé noa habebat,aifi vetuftara
elegantiam .
(3) Denat. di TtagceL & Cmctd. p, m. a.
79
mida fuperfìizione del popolo inventò nuove maniere di
placare lo fdegno degli Dei. Ma non ifceniando ne per
umano provvedimento, ne per divin foccorfo la violen-
za del male , è fama , che tra l' altre cofe furono an-
che i giuochi fcenici ifìituiii , cofa affatto nuova per uà
popolo bcllicofo , che fino allora erafi dello fpettacolo
circenfe appagato. Si fecero venir dall' Etruria gli attori,
dice Livio lib. VII. e. 1. i quali fenza verfi , fenza
gefti, che imitaffero l'efpreffione de' verfi , al fuono di
una tromba fallando facevano alla maniera tofcana non
difpiacevoli movimenti . Era dunque una fpecie di pan-
tomimica il ballo e il geflir degli etrufchi . Cominciarono
i giovanetti romani ad imitarli , lanciandofi però a vi-
cenda fcherzevoli frizzi in verfi difadornì e tefluti alla
fciamannata; ne difcordì dalla voce erano i gefti. Piac-
que la cofa , e agli attori del paefe fu dato il nome
d'iflrioni , poiché hìfler in etrufca fivella il giocoliere
dinota. Ma quelli non più, come per l' addietro avea-
no fatto , rozzi ed incolti verfi , fimili ai fefcennini , re-
citavano alla rinfufa alternamente; ma fatire ben piene
di cofè, col canto adattato al fuon delle trombe, e colla
convenevole gefticulazione . Andronico , uom greco , il
quale affrancato da M. Livio Salinatore, i cui figli ave-
va ammaeilrati , prefe il nome di Livio Andronico , fu
il primo, che dalle fatire ^ le quali così, o faturae era-
no dette , perchè erano un mifcugliò di varie dicerie
fenza ordine, e fenza legamento accozzate, ebbe il co-
laggio di paffare a compor favole di regolare argomen-
to.
80
to. Egli fìi, come tutti allora, attor de'fuoi verfi . Ma
richiamato più volte alla fcena , perde la voce . Per lo
che chiedane licenza, pofe un giovinetto fervo a canta-
re preflb al tibicine , mentre egli faceva i gelH confa-
centi al canto, con movimenti tanto più vigorofi e snel-
li , qu.into che non erano dall' ufo della voce impediti.
Quella è la minuta narrazione di Livio , dalla quale
rileviamo, che tre allora erano le perfone , le quali ad
una medehma cofa concorrevano. Uno cantava; cioè pro-
nunziava con una certa modulazione i verfi : vicino al
cantore era il tibicine, col cui fuono era il canto d'ac-
cordo; ed un altro finahnente co' movimenti delle mani
e de piedi quello efprimeva , che col fuono e colla
voce efprimevano gli altri . 11 primo era quello , che
da Suetonio (i) è detto tragcdo , il fecondo il d-
hicìne , il terzo 1' ifirione , che da Suetonio lieilb (2)
ipocrita %ien chiamato. Allora s' introdufle l'ufo, fe-
gaie a dir Livio , che un cantafTe , mentre 1' iflrione
gelliva ; e quello appunto vuol dire il cantare ad
manus , che è la frafe qui adoperata da Livio : in
de ad manum cantari hiflrionibns coeptum : frafe non
ben capita dal Salmafio nelle note a FI. Vopifco in
Carino, ove pretende, che nel teflo di Livio legger lì
debba /altari , in vece di cantari ; ne dal Turuebo , il
quale fpiega il cantare ad manus per cantare in prefen-
za d'altri. La lloria di Livio Andronico ci fa vedere,
che
(0 If Cali^. e. 54. . , ,
irì in Nemie e. 24.
8r
che il giovane fervo che cantava, era ben dìftìnto dal
tibicinc, e dall' iftrione , che faltando facea geili corrt-
fpondenti al canto . Quel fervo adunque cantabat ad
manus ^ cantava, mentre affianco a lui T iflrionc imita-
va col geflo r cfprellìone della di lui voce . Leggafl il
Gronovio su quello luogo di Livio .
Così a poco a poco diventò arte lo fcherzo . Allora,
foggiunge Livio, i giovani romani abbandonando agl'i-
fìrioni la rapprefentazione delle favole , tolfero fecondo
l'antico coftume a pronunziare a vicenda verfì , che con-
tenevano motti fpiritofi e ridicoli , verfi , che pofcia fi
chiamarono Efodj ., e furono particolarmente alle Favole
Atellane inframmezzati. Il qual genere di giuochi , fegue
a dire lo llorico di Roma , ricevuto dagli Ofchi la gio-
ventù per fé ritenne, ne comportò più , che foffe da-
gV iftrioni contaminato . Dal che avvenne poi , che gli
attori delle Atellane non furono mai dalla tribù rimoilì,
e militar poteano fotto le bandiere romane , come fé
giocolieri non fofTero flati . Fin qui Livio .
Or da quanto colle fleffe parole dello llorico latino
abbiam raccontato finora, apparifce, che gl'iflrioni ve-
nuti dalla Tofcana non erano altro che pantomimi . I
giovani romani vi aggiunfero in verfi , che non aveano
regolar mifura, de' motti licenziofi e fcherzevoli. Ma di-
rozzandofi a poco a poco il guflo, prefero miglior for-
ma i verfi , e furono ripieni di concetti , di giuochi dì
fpirito d'ogni forta, e di motteggevole vivacità.
Di qui ebbe origine la Satira, genere di Poefia pro-
1 1 prio
prio de' latini , e non mai conofcluto dai Greci . Eli»
di origine, e di nome è latina, detta Satura da priit-
cipio dall'abbondanza e varietà de' concetti. Livio An-
dronica abbandonò la fatira ,. e cominciò a comporre ,
e rapprefentac delle favole . Ma i giovani romani non
Tollero abbandonare l'ufo di quelle facete e folkzzevoli
cicalate , che furono pofcia chiamate EfodJ , ed inferite
particolarmente nelle favole Atellane, vale a dire , ri-
pigliarono Tufo delle fatire, le quali poi fi. chiamarono
Efodj-, quando alle favole Atellane furono aggiunte-
si vogliono dunque diftinguere le favole Atellane da-
gli efodj , che ad efie , e forfè ad effe fole fi aggiun-
gevano : e dal racconto di Livio fi può ben intendere^,
che mai fi foffero gli efodj. Erano ridicula intexta ver-
fibuSy che fi cantavano in fi-ne d'ogni atto , o in fine
della favola intera . Imperciocché era propriamente Te/ò-
dio, o V efoda, una fuonata , che dava avvifo ai cort
di ritirarfi , ed ai fuonatori di far filenzio . Così lo de-
finifcono Snida, ed Efichio (i). Al ritirarfi delle per-
fons , che erano in ifcena, cantavafi quella, che canzo-^
ne Atellanica chiama Suetonio (a) , e che dal ritirarfi
degli attori della favola prefe il nome di efodio. Ben-
€hè creda il Sigonio (3), che gli efod^ fìano lo fieffo,
«he
(i) In Neron.
^) In N.er. ad Lìxu.
cìie gli epifoclj di Annotile , e che fiano fìati det>
ti epifodj , perchè erano fuori dell' argomento della
favola , ed efodj , qaafi siaoSix , perchè nella favola in-
neftati .
Nacquero eHl fenza dubbio dalla fatira primitiva d^ei
latini, quantunque abbiano pofcia cangiato nome . Ma
fìccome la fatira dall' eflere un teflìito informe di motti
fcherzevoU e frizzanti , in verfi rozzi , e di niuna , o
di capricciofa e difugual mifura , diventò poi una fpecie
di poefia regolare, che fi propofe d' infegnare agli utj^
mini la verità , e la moral filofofia ridendo , e fcher-
zando , e di combattere or colla derìfione , or col rim-
provero il mal coftume e i vizj della focietà ; così non
poflo indurmi a credere, che gli efodj in tutte l'epo-
che de' progredì e della perfezione della fatira latina
fiano flati a qnella fomiglianti nella forma , e nella ma-
niera di poefia . Almeno da quelle poche reliquie di
motti tolti dagli efodj delle Atcllane , che fparfamente
troviam negli antichi, fi fa chiaro, che quelli non eb-
bero mai quel metro regolare e coftante , che fu dato
alla fatira, ne abbiamo argomento da credere , che la
flefla forma, lo fleffo andamento, e lo fleflb fine con-
fèrvaffero . Saranno flati per avventura fimili alla fati-
la di Pacuvio , di L. Pomponio , di Ennio , p^effo i
quali fa un mifcuglio di verfi di ogni genere; e forfè
ancora alla fatira Varroniana, nella quale anche la pro-
fa fu co' verfi mifchiata , il burlefco col ferio , e fino
il latino col greco, come da' frammenti apparifcc, e fu
* da
jr4
da Quintiliano oflervato (i). Ma non è credibile, che
abbiano avuto mai nulla di comune con quella poeda
maledica, comporta per riprendere i vizj degli uomini,
col carattere delF antica commedia , col carattere cioè li-
cenziofo e mordace, e pieno di liberta, giutla la defi-
nizione di Diomede (2), nella quale ebbero il piimato
per l'invenzione Lucilio, per l' eleganza , per la mode-
razione, e per la iìnezza della critica Orazio.
Gli efodj adunque erano farfe, o piuttollo canzoni,
elle fi cantavano come intermezzi tra gli atti delle Atei-
lane, o in fine di effe; non altrimenti che le Atellane
niedefime dopo la tragedia fi rapprefentavano .
Ma qual era la forgente di quel ridicolo , per cui
e le Atellane, e i fiaoi efodj furono tanto commendati
dagli antichi ? Ecco 1' ultima parte del foggetto , che
mi ho propoflo . Io non comprendo , su qual fonda-
mento han fatto alcuni difcendere il ridicolo delle Atel-
lane o dalla lingua , o da certo contorcimento di boc-
ca proprio degli Ofcbi, o dalla impudenza, ed ofcenr-
tà delle loro gefticulazioni , e delle loro frafi . E mi
duole, che, non che altri, lo Ileflo diligenti ili ino Pel-
legrini (3) fia in quello errore inciampato. Infatti dir,
che la lingua Ofca rendeva ridicole le favole Atellane
e parlare fenza intendere quel che fi dice . Come mai
«na favella, che può efprimere i penfieri della mente,
e
(1) ì'ìSìh. Or. Vtb. X. e. I.
(2) Uh. 2.
(3) Appar. alle Aat. Camp. Dìjf. iv. r. r.
8y
e ì movimenti del cuore , una favella , e fuppongafi
pure , quanto fi vuole barbara e rozza , come mai può,
come tale, eflcr ridicola? La lingua Ofca non era af-
folutamcnte fVraniera in Rona , era 1' antica lingua dei
più antichi italiani; e nel fecolo, in cui furono quelle
favole ili Poma introdotte, non era la lingua de' Ro-
mani affli più linda , ed elegante dell' Ofca . Qual ra-
gione adunque aver poteano di ridere , e di cotanto ri-
dere in afcoltare per cagion d' cfempio , Mceflus , in
vece di Majus , famul per famulus , pitpìt , per quid-
quid , ed altre limili voci degli antichiffimi italiani ?
La lingua , qualunque ella fia , come femplice idruniento
da appilefare i fecreti fentimenti delf animo , non può
mai clTcr ridicola , fé i penfieri , che efprime , non con-
tengono una ragione , ed un eccitamento al rifo . 01-
trecchè non è vero , che feti'pre in dialetto Ofco iìano
Hate le Atellane rapprefentate , ficcome dimoftrano quei
pochi motti Atellanici, che ci han confervato gli anti-
chi , e che fono della più pura lingua del Lazio . E
fé è vero, che alcune ne fcrifle Siila nella patria lin-
gua , come racconta Ateneo da noi di fopra allegato ,
non nel r Ofca certamente, ma nella romana lingua le
foriflè . Or dove poteva eflere allora il ridicolo della
lingua .
Molto meno intendo poi , qual torcer di bocca , o
di labbra fofle d' uopo , per pronunziare le parole Of-
che , e come abbia potuto fognare Giufeppe Scaligero ,
eifer quello iìato il coiìume , o il difetto naturale di
S6
quel popolo in profferir le parole di fua favella (i) .
Aprire più o meno la bocca , lìringere più o meno le
labbra , come è di meflieri nel diflinguere il Tuono dellV,
o del dittongo ce dal fuono dell' a , chiamaiì ridicolo
contorcimento della bocca ? Noi viviamo su lo lleflo
fuolo, e fotto lo flefìb cielo, che gli antichiflìmi Ofchi;
uè in tanto trafandare di fecoli alcun cangiamento fi è
fatto nella bruttura dell' organo della voce . Or qual
torcer di bocca fi oflerva tra noi , anche prelR) T infi-
ma plebe e la più incolta , o credefi naturale e necef-
fario a pronunziare le voci del noftro dialetto. Dunque
uè la lingua Ofca , ne la maniera diflorta e guada di
pronunziar le parole, pofTono effere Hate la forgente di
quel ridicolo , che andava si bene incontro al genio dei
Romani. Ma che giova in un affare di sì alta antichi-
tà combattere i fogni de' moderni , quando chiaramente
gli antichi , que' che ne furono telìimoni , fecero confi-
flere il ridicolo delle favole Atellane negli argomenti ,
ne' motti fcherzevoli e fpiritofi , nella maniera di dan-
zare, e di geflire, come atteftano Livio, Orazio, Va-
lerio Maffimo, Diomede, e Donato (2)?
Ma forfè la laidezza degli argomenti, l'ofcenità delle
frafi , la fconcezza de'gefti faranno ftate la fonte di quel
ridicolo , che tanto divertiva i Romani ? So bene , che
pa-
co Maefnis maìorem fignificat Ofca lingua , diftorfione oris , ut mos
«jus gentis erat , quafi Majus : qaare Majus meofis apud^eos Maefius di-
cebatur. Scali ^. ad Varron. da L. L. liù. vi.
(^) Liv. lib. VII. e. ^ Horat. di Art. V. Zio. Val. Max. Uè. VI. e. i.
Dim. t. (. DQrì0iiis Ae Trag. & Cm,
»?
parecchi han così penfato , perchè laida oTtremodo ed
ofcena ci dipingono l' indole degli Olchi , in guifa che
non ha avuto ritegno Ginfeppe Scaligero colla folita ma-
giftrale franchezza di affermare , che fìccome Cimbro fi-
gnilìca un ladro, come Ifàuro un pirata, come Ambro-
ne un dilToluto , e un ghiottone , così Opico , o fia
Ofco un ofceno, giacché, foggiunge, talf furono quelle
nazioni , e noi col loro nome appelliam quelli , che fo-
no tali (i) . Ed evvi ancora chi crede , che la flefla
voce ofceno dagli Ofchl derivò . Ma quefto è far in-
fulto alle nazioni, alla critica, e al buon feafo. In qual
de' latini fcrittori trovò la Scaligero, opico eflèr finoni-
mo di ofceno? E' chiaro, che ei dipinge a capriccio ,
e non dietro la natura e la verità. Gli Opici, che fon
pur lo flelfo, che gli Ofchi , ci vengono- dagli antichi
defcritti come barbari, falvatichi, rullici, fudici ancora,
e privi di quel ritegno e di quella dilicatezza , che fi
of&rva nella perfezione della focietà, come era natura-
le , che foflero uomini , i quali non- erano ancora al vi-
ver focievoTe avvezzi, ne dalla pratica di ciò, che chia-
mali mondo, e focieta, ingentiliti. Ma che il loro ca-
rattere Ila flato una brutale e sfrenata ofcenità ne' co-
ftumi, nelle parole , ne' gefli , ninno è degli antichi , che
io fappia-, che il dica. Né e pollibile intendere, quan-
do
(i) Non ma^isCimber làtronem flgnifìcat, quam Tfaurus r'Mtam , Am-
bro diffolutum & voracem, Opicus obfcenum . Sed quii tales fuerunt eae
nationes, de eoxum nomine vocamus qui tales lunt. Seal, in Not. ad Fé--
Jfum .9
88
do così fofle flato , come cofl:oro pretendono , come avel^
fero potuto ottener le Atellane sì coftante e sì grande
applaufo in Roma . Le laide cofe laidamente fpicgate ,
anzicchè deflar rifo, agli uomini più corrotti fanno nau-
fea , ed orrore agli onefli , e fanno ridere folamente , fé
non apparifcono , quali fono in loro fleflè , laide e fchi-
fofe, ma col velo di onefle, o almeno ambigue parole
vengono ricoperte . Ma non fono le cofe allora , che
fanno ridere : è sibbene la maniera ingegnofa di efpri-
merle , o piuttoflo il ripiego ufato per cuoprirne la fcon-
cezza e la difbneftà .
Oltrecchè nel fecolo , in cui furono le Atellane in Ro-
ma introdotte , la gravità de' coflumi era tale , tale lo
fpirito pubblico, tale la pubblica oneflà, che non avreb-
bero mai patito orecchi romani di afcoltare ofcenità sì
fpacciate, come quelle , che fi fuppongono nelle Atel-
lane . Ma i Romani all' incontro non folo le riceverono
con piacere e le applaudirono , ma ne onorarono a tal
fegno gli attori, che non permifero , che gli Atellani
foflèro con gì' iitrioni , e con altri giocolieri confufi , e
trattati del pari. Vollero, che gli attori delle Atellane
confervaflero il privilegiò di cittadini romani , non fof-
fero dalla tribù rimoffi, alla quale erano afcritti, e mi-
litar poteiTero nelle legioni, ficcome Livio , e Valerio
Maffimo atteflano (i). Anzi crebbe cotanto la flima e
la pafflone loro per le Atellane , che non ebbero a fde-
(0 Liv. m. VII. Val. Ma%, Vib. V. ^
gno , mentre erano sì fchlfiltoil e reflii per tutto ciò ,
che r onore e la dignità di cittadini romani avelTe po-
tuto in menoma parte adombrare ; e mentre in tanto
difprezzo aveano quelli, che fi davano in ifpettacolo sul
teatro; non ebbero a fdegno, io dico, di montarvi elfi
fltffi per rapprcfentarc le Atellane, riputanflolo un efcr-
cizio oncfto , liberale , ed ingenuo . Or come mai avreb-
bero que' vecchi romani fofferto , che la gioventù , la
fperaiiza della puciia , deftìnata a proteggere e a dila-
tare coir armi, e col fenno T imperio della repubblica,
fi fbfle per tal modo involta in quel lezzo, che ayelTe
fi:elto di rapprefentare ella fiefla quelle laidezze , che
vituperevole e fconcio era intendere dalla bocca altrui ?
Come mai avrebbe chiufi gli occhi su qucfto fcandalo
pubblico , su quella nefanda fcuola di corruzione , fé
tal era la favola Atellana, quel Senato, che proibì con
tanta feverità i baccanali , che pur nafcondevano nelle
tenebre il libertinaggio , la licenza , il difordine ? Avreb-
be egli mai tollerato , che in un infame bordello tea-
trale fi fofTe snervato ed infranto quel vigore di fpf-
rito e di corpo , che con sì faggia educazione , e con
sì frequenti efercizj fi fludiava di mantenere , e di ac-
crefcer ne'giovani? Ma io mi affanno indarno a cercare
argomenti di una verità , che dai più folenni Storici
di Roma ci e contéflata . Valerio Malfimo , dopo aver
raccontato colle fìefle circoftanze di 'Livio T introduzio-
ne de' giuochi fcenici in Roma , foggiunge , che fi fece-
ro venir d'Atclla gli attori, e che il divertimento da
12 elfi
90
eflì dato a'Homani era coli' italica feverità temperato , e
perciò efente da ogni macchia ed infamia (i). Piacque-
ro dunque, e furono onorate in Roma le Atellane, non
perchè foiTero fcuola d' imraoderata lafcivia , e di ftoma-
chevok ofcenità ,, ma perchè accoppiavano felicemente
il dilettevole ■cuirantica aufterità degl' italiani coflumi .
JJou debbo dilfimulare però, che ficcome col cadere
della repubblica cadde ancora il rigore dell'antica difci-
plina , e la più generale e la più grande depravazione
fuccedette alla feverità de' coftumi repubblicani ; così il
libertHiaggio , che trionfava in tutti gli ordini delle per-
sone, in una città dai vizj di tutte le nazioni corrotta,
del teatro benanche s'impadronì. I vizj lleilì degl' Im-
peradori, gli efempj d'ogni lafcivia, che davano al po-
polo , la diiTolutezza , e la vigliaccheria de' grandi , die-
dero incitamento alla profìituzione de' teatri ; e la per-
dita della libertà , e le crudeltà , e le oppreffioni del
governo furono uno fprone alla licenza del dileggio, e
della fatira . Si videro applaudite le ofcene buffonerie ,
perchè Itìfingavano il gufto generale, e i pungenti frizzi
degli Atellani , che ferivano anche i padroni del mon-
do, perchè almen colle beffe credevafi vendicare il po-
polo della vergognofa fervitìi, in cui gemeva. Tale fu
quel verfo Atellanico, che pafsò in proverbio preffo il
popolo, col quale fu fotto il velo d'una metafora , e
d' una voce a doppio fenfo 'rinfacciata al vecchio Tibe-
rio
(t) Atellani autem ab Ofcis acciti funt , quod §enus deleftationis ita-
lica feveritate temperatimi , ideoque vacuum nota eft . Vel. Max, Ub.U. cj,,.
9ì
fb la più fozza é flomachevole libidine: Hlrcuin vetu-
lutn capreis naturam ligurìre , alludendod alla dimora
dell' Impcradore in Capri, dove avea ftabilito l'albergo
di tutte le ofcenità , e alla coftanza della generofa Mal-
Ionia , la quale amò meglio piantarli in petto un pu-
gnale , cbe piegarfl alla fchifofa , e fìrana lulfutia del
vecchio Tiberio (i) . Così Dato , attore dell' Atellane
nelTcfodio, che Suctunlu chiama cantico, il quale in-
cominciava uyixivs TTXjsp , Cyixiys [xTìTsp, osb rapprefentare
co'geUi Claudio, che tracannava il veleno, ed Aarip-
pina , che falvavafì a nuoto dalla morte orditagli dal
figlio ; e all'ultime parole della canzone , orcus vobis
ducet pedes , accennò col gcdo il Senato, volendo dir,
che Nerone , dopo aver uccifo Claudio , e tentata la
morte della madre, avrebbe mandato in malora l'ordi-
ne intero de' Senatori . Per la quale audacia 1' Impcra-
dore fi contentò di bandirlo dall'Italia, o perchè, co-
me oflerva Suetonio (2), difprezzaflc oramai qualunque
infamia , o perchè con moflrarne rifentimento non ve-
nifle ad aizzare viemaggiormente gi' ingegni . Non fu
tale però la pazienza , o la politica di Caligola , il
quale fece bruciar vivo il poeta di un'Atellana per uà
fol motto ambiguo, che potevafi contro di lui interpe-
trare (3). Molte novelle della crudeltà, e dell'avarizia
di Galba aveano preceduto il di lui arrivo in Roma .
* Quin-
(0 Sueton. in Tiùer. e, 45.
(i) Siictcn. in Nero», e. ^g.
(.3) Sutton, in Caḷ. e. 27.
Quindi avendo gli Atellani incominciata la nota canzo-
ne : venit io funus e villa, gli fpettatori ne cantarono
ad alta voce il reflo , e 1' accompagnarono con gefti ,
che additavano Galba fotta il nome di Simo, come fé
aveffero volato dire , V uom dal nafo fchiacciato , e lo
fpilorcio , poiché quefto carattere ha Simo nelF antica
commedia (i) .
Da quelli piccioli faggi , ^^Iic delle Atellane ci ha
confervati Suetonio , fi può ben comprendere , che avea-
no degenerato dalla primiera innocente giovialità . E li
può comprendere ancora , che non tanto le ofcenità ,
quanto V audacia nel motteggiare e ferire anche quelli ,
che difponevano della vita e della morte , obbligarono
il Senato a porvi freno , e a difcacciare gl'iftrioni d'Ita-
lia . Tacito fembra parlarne con difprezzo , allorché
racconta la loro efptilfione (a) . Ma le fue fteflè parole
dimoi1:rano , che fé delle Atellane favella , nominando
uno fpettacolo Ofco di leggerifllmo divertimento della
plebe, favella delle Atellane de' tempi fuoi, di quel che
erano divenute allora, non di quelle , che erano Hate
tin genere burlefco sì , ma temperato dall' Italica feverì-
tà , che avea per più fecoli , e con tanto applaufo eil-
larati gli animi de' fieri e rigidi repubblicani .
(0 Sueton. in Galba r. 25.
(2) Ofcum quoddam ludicrum leviflìmse apud vulgus obisflrationis , eo
flagitiorum & vitium venifle , ut auftoritate patrum coercendum fit : pulfi
tum hiftricnes Italia. Tac, Annal. Ut. IV.
9S
C A O I O N I
DE' PROGRESSI STRAORDINARI DE' GRECI
NELLA LETTERATURA E NELLE BELLE ARTI,
Ze(ta ai 20. Dicembre iS^g^
'^ DAL SOCIO RESIDENTE
ANGELO MARINELLI
Profcjjore di Letteratura antica c moderna nelV Univer-
Jlta de Regj Studj di Napoli .
JL Greci che hanno fidata l'epoca la più brillante della
letteratura, e che, in materia di buon guflo, han mai
fempre fornito i modelli più perfetti alle nazioni civi-
lizzate , sul principio furono felvaggi , a fegno che non
avevano d'uomo che la fola figura. Le loro prime fco-
verte, al dir di Paufania , confiltettero nelP apprendere
ad alimentarfi di ghiande , a covrirli di pelli , ed a co-
Ilruire delle capanne. In una parola, ignorando fin'an-
che i dolci vincoli dell' imeneo , vivevano ed erravano
pe'bofchi, a guifa di beftie feroci. Un sì fiuto fpetta-
colo è certamente umiliante pel genere umano; ma eflb
per altro ci dimoftra ad evidenza di quanto tenuti fia-
mo alle lettere , fenza le quali faremmo ancora nello
flato di falvatichezza .
Fama è che Cecrope, Danao, entrambi Egizi, ed il
Fenicio Cadmo, trafportando delle colonie nella Grecia,
vi abbiano introdotta la civilizzazione .
Cecrope fondò la città di Atene , e fece , per la prl-
ma volta , fentire ai Greci il nome deir altitonante Gio-
ve. Cadmo innalzò delle are in Tebe ; ed Orfeo pre-
ferire in tutta la Grecia i riti, onde tributar fi dovef-
fero gli omaggi alle divinità . La Religione fu dunque
il primo fentir"cnto cbe fu loro infpirato . All' idea di
un D'o terribile fi fecero fuccedere le inipreffioni pia-
cevoli ; e finalmente 1" incantefimo nafcente dalle belle
arti, fu chiamato in foccorfo della politica, per addol-
cire i coflumi , e difporre infenfibilmente gli animi a
ricevere il giogo delle leggi.
Ma la Religione non penetra in una contrada , fenza
condurre dietro di fé un lungo corteggio di cognizioni.
Appena che efla Ci moftra , gli organi desinati ad in-
vocare gli Dei, fi fciolgono ; la lingua (ì perfeziona ;
i primi accenti della poefia e della mufica fanno rim-
bombare r aere d' ogni intorno , e la morale fi forma .
Ciò che, per altro, contribuì moltiflìmo alla pronta
civilizzazione della Grecia , fi fu che que' fuoi legislatori,
illuminandola , non le propofero dapprinìa dottrine aftrat-
te ed intralciate . Poiché chi non vede che quegli fpi-
riti inculti trovandole fuperiori alla loro intelligenza ,
le avrebbero rigettate ? Pel contrario , ficuri che la virtù
s' infpirerebbe meglio per via del fentimento che dei
precetti , fi diedero a parlare all' immaginazione ; e le
verità che annunziarono , furono mai fempre abbellite dalle
grazie della poefia e della mufica . Tali mezzi cattiva-
rono gli fpiriti di quegli uomini agrefii , e , mercè il
canto e le danze traendoli dall' alto delle montagne e
dal
9-5
dal fondo delle fpelonche, li trattennero nelle pianure,
palcendoli di favole, di fefle e di fpettacoli.
Per tal modo i Greci cominciarono a ripulirli , ed a
diftendere la sfera delle loro idee. Ma il maggior nu-
mero delle cognizioni , di cui andarono in appreflb gra-
datamente corredandoli , loro venne dal commercio coi
popoli culti, non meno che dalle guerre di leW e di
Troja. Quella ultima particolarmente ch'era fiata fecon-
da di giaudi avvenimenti, efaltò in modo la loro im-
maginazione , che , volendo trafraetterne ai pofteri la
memoria , non fi contentarono di teflere una floria fe-
dele, ma, adornandola di racconti romanzeschi, compo-
fero altrettanti poemi. In tale occafione furfe una gran-
de folla di vati , i quali celebrando in verfi le vicende
di Troja , formarono Omero , il primo raaeflro del ge-
nere umano ; il primo , da che il tempo edace a noi
forfè rapì le produzioni di altri più antichi , e valenti
fcrittori .
Per riguardo poi alle nazioni eulte che in quella Ca-
gione per mezzo del commercio fparfero la luce fcien-
tifica nella Grecia , chi non sa che i Perfiani erano ver-
fati nella politica , i Caldei nell' afìronomia , gli Egizj
neir ailronomia , del pari che nelle fcienze fublimi , i
Fenicj nella navigazione, e tutti generalmente nella teo-
logia , nella guerra , nell' agricoltura , nella metallurgia ,
e nelle arti meccaniche/' Quelli popoli adunque che la
Grecia in apprelfo appellò barbari , furono quelli che
gettarono nel fuo fuolo il primo fé me delle fcienze .
E
9<5
E' vero per altro ch'effe cader non poteva in un ter-
reno più fecondo : poiché fi vide totlo germogliare, e
mettere fuori un arbore immenfo , i cui rami ftenden-
dofi a poco a poco , coprirono tutta la fuperficie della
terra .
Vaglia pp'-ò l'onor del vero : le cognizioni che gli
altri popoli vi trafportarono , non erano che un germe
grolTolano , il quale cambiò di natura e di forma in
quel terreno feliciffimo . Minerva ftc/Ti , al dir degli
antichi, fcelfe quella contrada pel foggiorno de' Greci,
poiché la temperatura del clima riguardar a lei la fece
come il fuolo il più acconcio a produrre grandi inge-
gni. Quell'elogio , come ognun vede, non è che una
finzion poetica ; ma pure efla dimoltra perfettamente Tin-
fluenza grandlfnma che il clima efercitava su i talenti
di quella nazione. Si confideri in fatti il gufto fquifito
che regna nelle opere Greche, e trovcraflì ch'eflb non
aveva folamente il fuo carattere diftintivo , ma che tra-
fportar non potevafì altrove, fenza foffrir un'alterazione
fenfibiliflima . Un argomento irrefragabile ne fiano le
llatue che nella Grecia , e quelle che in Roma dagli
artifti medelinii furono lavorate . Qual differenza nota-
bile tra loro! Di quanto lungo tratto quelle ultime fo-
no al difotto dei primi modelli !
Quel cielo ridente e puro contribuiva altresì , in una
maniera prodigiofa , alla perfetta organizzazione de' loro
corpi, ed immaginar non puoffi in quante guife , per
aver fanciulli ben fatti , effi ajutaffero l' influenza naturale.
Su-
Subito che a Sparfa una donna fcovrìvafi incinta , in^
troducevaniì nel fuo appartamento le immagini ài Ebe,
xJi Caftorc, di Polluce e di Apollo, affinchè la di lei
fantafia fcofla da quegli oggetti vaghi e leggiadri , ne
trafraetteiTe al fuo feto i lineamenti. Nato il fanciullo
qual cura non prendevafì dello fviluppo ^1 fuo cor-
picciuolo , della fua fisica e morale educazione !
Quindi i Greci vivendo fotto un ciel fèreno ed all'
ombra di un governo temperato , foccorfi , d' altronde
dall' iftituzione, fi formarono al fuono della lira di Li-
no e di Orfeo una lingua sì bella -che con efla dipìn-
gevano tutto ciò che loro cadeva nell' animo . Ma don-
de mai quello vantaggio ? I loro fenfi operando per
mezzo de' nervi agili e fottili su di un cervello dilica-
tamente teffiito , e perciò concependo di leggieri ed ali*
iftante le differenti qualità degli oggetti , le rendevano
nella maniera la più nobile e pittorefca . Qual dolcezza
infarti ! Qual abbondanza ! Qual armonia in quel lin-
guaggio divino ! Fedele interprete dello fpirito e del
cuore, nel tempo fìeflò che per la dovizia e per l'ar-
ditezza delle fue efpreffioni, manifellava chiaramente tut-
te le idee, e fapeva adornarle, al bifogno, di vivi co
lori, la fua melodìa rapiva altresì e foggiogava l'altrui
volontà. Tale era la lingua del popolo il più fenfibile
;he fia giammai efiftito. EfTo lafciava di leggieri impu-
lita Toffefa che gli oratori potevangli fare , opponen-
lofi ai fuoi voleri, ma era però con eflo loro inefora-
^ile, fé permettevanfi d'infultare il fuo orecchio. L'at-
i| te»
98
tefti Pericle ,, quel domina tor di Atene . Coflui , tutte le
volte che montar doveva sulla tribuna , faceva a Giove
la feguente preghiera : Io non ti domando , o padre de-
gli Dei e degli uomini, lumi e faggeta , ma bensì un
linguaggio puro ed fì^g^te ; fa dunque ,■ ten prego ,
che dalla ^•-ca mia non efca parola alcuna che ferir
pojja gli orecchi delicatijjimi degli Atenìefl .
Or fé i Greci erano tanto fenfibili per la fempUce
melodìa della parola , e fé i fìlofofi fteflì , ove giun-
geflèro a cattivarli l'orecchio, erano lìcuri di efpugnare
il cuore, qual effetto su di loro produr doveva la poe-
iìa fecondata dalla raufìca e da una voce armoniofa ?
Sembra certamente che gli fcrittori vogliano indurci in
errore , allorché narrano che quel governo con ferieta
difcuteva , fé una corda aggiunger dovevafi alla lira , e
le un'aria rauficale era da araraetterfl o da rigettarli ,
poiché, per sì fatte innovazioni, paventava , che, co-
niunicandofi al popolo emozioni molto violente , fi fa-
rebbe rifchiato di fpinger troppo lungi i fuoi vizj e le
fue virtii; e pure niente è più vero , ne più naturale
di ciò preffo di un popolo ch'era dominato dai fenfi .
Chi non sa che allorquando sul teatro di Atene rap-
prefentoffi la tragedia delle Eumenidi di Efchilo , il po-
polo fu prefo da tale terrore , che più di una donna
incinta abortì , ed alcuni fanciulli vi perirono ?
Quefta loro fenfibilità naturale era eziandio maggior-
mente eccitata dalla mufica. Imperciocché eifa, fempli-
ce nella fua origine , ed infeparabile dalla poefia , ne
99
accattava le grazie, o pluttoflo le predava le Aie; men-
tre tutta l'ambizione eh' effa nutriva, altro fcopo jion
aveva che di abbellir la fua compagna . Qual impreflio-
ne dunque non doveva fare fopra di un uditore fenfi-
bile una poefia eccellente, ed in tal modo efpreffa ? Se
la femplice declamazione ci flrappa le lagrime , quale
forza non debbe aggiungervi tutto l'incantefimo delfar-
monia , quando effix V adorna fenza foffogarla ? Perchè la
vecchia niuiìca di Lulli ci va sì bene al cuore ? Perchè
tutti i fuoi emuli fono rimalli sì al di fotto di lui ?
La ragione fi è che nelTua tra loro ha intefo , al par
di effo, l'arte di accoppiare la mufica alle parole , e
perchè il fuo recitativo fi avvicina maggiormente al tuo-
no della natura ed alla buona declamazione. Non giù.
dichiamo dunque degli effetti della mufica Greca da
quelli che produce la noftra , poiché efla nulla ci ofìre
di fomigliante a tempi noflri .
Prefib gli antichi Romani Orazio , e tra noi ancora
Chiabrera e Malherbe fingevano di cantare sulla lira .
Ma Orfeo ed Anfione, per ammanfare i popoli feroci,
per riunirli in fociet'a , per determinarli a vivere ali-om-
bra delle leggi ; ma Terprandro , per diffipare le difcor-
die che laceravano la Repubblica Spartana ; Tirteo , per
animarla ai combattimenti ; Alceo infine , per fufcitare
la guerra alla tirannia , e riaccendere negli animi de'Les-
biani r amor della hbertà , non fingevano , ma cantava-
no realmente al concento di sì portentofa mufica .
Se credito prefiar vogliamo ad Omero , la lira , nel-
* la
roo
la corte de' Greci Monarchi , faceva la delizra de' batti-
chetti . Il cantore eravi riguardato come V amico delle
mufe , ed il favorito di Apollo . Quindi 1' entufiasmo
de' popoli e. dei Re accendeva quello dei poeti , ed il
genio che aaima-** Ja Grecia tutta , dovevafi in parte
a queft' arte prodigiofa.
Ma ciò che contribuì a rendere la poeiìa lirica, vie
più grave ed importante , si fu 1' ufo che ne fece la
politica, chiamandola in fxio ajuto per formare i colìu-
nii e la morale.
Non dobbiamo quindi efìère forprefi , che il poeta
©norato nella corte de' Sovrani , ne' tempj degli Dei ,
nelle folennità della Grecia infiem raccolta , fia fiato
afcoltato ben' anche ne' configli ed alla t^efla degli efer-
eiti , allora particolarmente eh' egli lleflb elettrizzato dal
fuono della lira , paflar faceva nelle anime altrui , ai
dolci nomi di libertà , di gloria e di patria , i fenti-
Hienti profondi di cui era penetrato-.
Oltracciò il carattere diftintivo de' Greci , fonte di
gran prodigj nelle belle arti e nella letteratura , fu l'im-
portanza ch'effi attaccavano ai loro piaceri . Tutto ciò
che aveva il dono di lufingare i fenfi di quel popolo
idolatra della bellezza e della voluttà , era da elio di-
vinizzato . Uno fcultore , un pittore , un poeta lo riem-
piva di ammirazione . Una cortegiana celebre per le va-
ghe fattezze del fuo corpo , è incinta : ecco un modello
di beltà perduto: Atene è immerfa nel duolo e nel lut-
to: fin da Coo fafFi venire Ippocrate , per procurarne
l'abcr-
i.0<
r aborto: quefli la lafcia cadere: la leggiadra donna a-
bortifce: il modello di Venere è falvato: la città fi ve-
de al colmo deir allegrezza . La vezzofa Frine è acca-
fata d' empietà avanti il tribunale degli Eliafd : l'oratore
Iperide , vedendola convinta, le Urappa 11 velo che la
copriva, e rivolto a quei vecchioni efclama : Efi bene
avrete voi il coraggio di far perire una beltà sì rara ?
I Giudici ne fono tocchi, e Frine è a pieni voti aflbluta.
Non fia dunque meraviglia, fé, al dir di Teofrafto^
furono a Tenedo ed a Lesbo flabiliti i tribunali , per
decidere della venuflà delle donne ; e , fé in una città
del Peloponnefo , tutti gli anni effe efponevanfi al eon-
corfo, e colei che le fue rivali forpaffava ia beltà, ric-
chi prefenti otteneva in ricompenfa. Molto fìrano fera-
brami però che gli uomini ancora fi abbiano queflo pre-
mio difputato; e pure, fecondo il rapporto dello fteflo
Scrittore , ciò pratica vafi ad Elea . Alcibiade nel fior
della fua età apprefe a fuonar il flauto ; ma cffendofi
avveduto che gU sforzi i quali faceva per trarne i fuo-
ni , sfiguravano le regolarità del fuo fembiante , mife
r iftrumento in pezzi , ed a fua imitazione tutta la wio
ventù Ateniefe riguardò fpregevole quel divertimento che
alterava le leggiadre forme della loro figura .
Malgrado però V entufiasmo e la fenfibilità eftrema
dei Greci, il carattere del loro gufto esa fempliciffimo.
Nella fcultura , nella pittura , nel!' architettura , nella poe-
Ca, nella roufica, le loro compofizioni , le loro forme,
i loro ornamenti raedefinii erano femplici : non vi fi ve-
de-
tot
deva niente di complicato, niente di confufo, niente dì
fìentamente compofto , foprattutto niente che non fofTe
ben legato, e che ne' rapporti della caufa all' effetto ,
ridotto non foffe all'nnità:
Deniq'-''^ fit quodvis fimplex dumtaxat & unum.
Ecco la divi fa , la regola, e la magìa delle loro arti.
Ma quello carattere di femplicità tanto vantata , non
fu fé non effetto dei coftumi, poiché 1 colìumi dei Gre-
ci , fé in paragone lì mettano coi nofìri , erano fem-
plicifllmi, per la ragione ch'effendo repubblicani, effer
dovevano più liberi e generalmente popolari .
Sì, quella libertà ch'eleva l'anima dei cittadini, fu
la prima cagione che contribuì allo sviluppo di quel po-
polo claffico , poiché la forma del governo influifce ef-
fenzialraente sulle arti e sulle fcienze di tutte le nazio-
ni . I Sovrani che , rifpettando il codice eterno della
natura , lafciano ai fudditi la porzione della libertà ch'è
loro neceffaria per illuminarfi , bifogno non hanno di
minacce e di catene per tenerli a freno , ne innalzar
debbono baluardi sulle frontiere, per garantire lo flato
dagl'infuki fìranievi. Il genio, il valore, i lumi e la
virtù fono i figli della libertà .
Ma confidiriamo di grazia più da vicino la città di
Atene, e troveremo che ivi tutto è moto, tutto è at-
tività , tutto confpira alla propagazione de' lumi .
Vedete da nna parte que' giovanetti , che abbando-
nati alla fuperftizione ed al piacere fi slacciano di buon
mattino dalle braccia delle più avvenenti cortiggiane , e
riem_
103
flempiono i licei, i teatri ed i templi. Dall'altro can-
to mirate i capi della repubblica , che quantunque efpo-
m al pericolo di effere immolati alla gelofìa di un po-
polaccio inquieto , pure fono rutti intenti al maneggio
degli affari pubblici , e meditano delle grandi imprefe ,
egualmente che de' gran delitti . Più in là guardate i
Retori ed i poeti , che immerfi in una meditazione
profondiffima , paflano il loro tempo a comporre trage-
die,, commedie, difcorfi eloquenti e canzoni immortali .
Quindi in un angolo appartato fi oflèrvino quegli ucK
mini trilli e queruli, che fcreditano gli Dei, rampogna-
no i coftumi della nazione , mettono- in veduta le fcioc-
chezze de' grandi e fi lacerano tra loro : coftoro , fé
noi fapete, fono i filofofi che di tratto in tratto il fa-
natifmo dei preti e la fuperchierìa de' magidrati perfe-
guita e caccia di città. Paffiamo alla piazza pubblica ,
ed entriamo in quelle botteghe che la circondano . In
una fi difcutono gli affari della Repubblica , gli aned-
doti delle famiglie, ed i difetti dei particolari. Più a-
vanti fi parl-d di notizie e di fpedizioni militari.
Da qualunque lato adunque fi gettino gli fguardi ,
vi fi vede f impronta del genio , il movimento , 1' atti-
viù dello fpirito, ed il vizio a fianco della virtù..
A quelli vantaggi fé n'aggiunga un'altro non meno
effenzialc e rimarchevole . Preffo i Greci , lo fiudio delle
lettere abbelliva quello delle fcienze , e lo fìudio delle
fcienze dava alle lettere maggior lufìro , e splendore .
Poiché avendo eflì comprefo che tutte le facoltà hanno
tra
tra loro i legami ed i rapporti i più intimi e jdrettì ,
le fecero mai Tempre marciare di conferva , in modo che
fervir fi doveffero fcambievolmente di appoggio . In fatti,
quantunque le raufe prefedeffero le une alla poefia ed
alla ftoria . !<: altre alla dialettica , alla geometria ed
air aflronomia , nondimeno efiè erano nella Grecia riguar-
date come forelle infeparabili . Omero ed Efiodo le in-
vocano tutte ne' loro poemi , e Pittagora ad effe indi-
Aintamente facrificò un' acatombe filofofica quando ebbe
fatta li fcoperta che il quadrato dell' Ippotenufa nel trian-
golo rettangolo è eg-uale ai quadrati degli altri lati .
Quindi Empedocle, Epicarmo, Parmenide, Archelao fu-
rono egualmente celebri tra i poeti che tra i filofofi .
Socrate coltivava nel tempo fleflb la filofofia , l' eloquen-
za e la poefia . Senofonte fuo difcepolo fu oratore , flo-
rico , uomo di flato , guerriere e politico . Platone ed
Ariflotele gran rifalto dettero alle fcienze, il primo per
uno flile fiorito, l'altro con precetti pieni di un guilo
raffinato . A dirla in uno , fé i Greci unirono al me-
rito il più folido la più brillante riputazione , effi lo
dovettero a quella felice affociazione delle belle lettere
colle fcienze efatte.
Ma di tutti i loro ritrovati fpiritofi , un luogo di-
ilintiffimo occupa certamente quello del fiftema filofofi-
co e religiofo . Oh quanto è effo ingegnofo ! Oh quanto
riefce acconcio alle belle arti, non meno che alla poe-
sìa ! I vati Greci eh' erano nel tempo fleffo i filofofi ed
i teologi della nazione, ignorando le leggi della natu-
ra,
Ì05
■n , ed eflendo dall' altro canto dotati di una Curiofità
grande sì , ma incapace di penetrarne i fenomeni , ri-
duiTero la filofofia all' invenzione del maravigliofo . Tut-
te le caufe feconde divennero per elTi , come fuccede a
tutti i popoli fanciulli ed immaginoiì , altrettante intel-
ligenze attive. Gli elementi furono quindi popolati . La
luce, il fuoco, l'aria, l'acqua, i venti, le procelle ,
tutte le meteore , i bofchi , i fiumi , le campagne , i fiori,
e le frutta ebbero le loro divinità particolari. In cam-
bio d'indagare , come mai il fulmine lì accenda nella
nube , donde procedano i tremuoti e que' venti furiofl
il di cui urto fconvolge le onde del mar'e, differo che
la folgore è fcagliata da Giove; che il gigante Encela-
do fottopofto air Etna , agitandofi , fcuote la terra , e
vomita torrenti di fiamme ; che Eolo fcatcna i venti ,
e che Nettano mette folTopra i mari col fuo tridente .
Una fisica di tal natura , quantunque poco foddisfacefle
la ragione, pure lufingando l'immaginazione di quel po-
polo eftremamente vago de' prodigj , entrò nel fiftcma
teologico , e dopo aver efTa perduta la fua autorità ,
conferva tuttavoka a giorni nollri le fue grazie e le
fue bellezze.
La morale , come la fisica , è infiorata di finzioni
maravigliofe . Agli Dei , alle anime virtuofe ed ai mal-
vaggi, differenti luoghi fi aflegnarono nell'altro mondo.
L' Olimpo era il foggiorno degli Dei . Là , in mezzo
all'allegrezza, agli amori, ad una pace imperturbabile
ed a lauti noa interrotti conviti , la veziofa Ebe diflri-
14 bui*
buiva il nettare e l'ambrofia, ed Apollo circondatx) dalle
mufe cantava inni divini al fuono della fua lira armoniofa.
Gli Elisj erano la dimora degli uomini giudi . Co-
floro afilli sulle zolle fiorite ivi paflavano: dolcemente i
loro giorni fereni all'ombra degli alberi fronzuti. Mille
rufcelietti ferpeggiavano in mezzo a quelle campagne ri-
denti , ed innumerevoli rufcelli le facevano ecbeooiare
del loro canto . Da per tutto regnava la pace e la
tranquillità .
Il Tartaro era la fede del pianto e della defolazio-
ne ; i ribaldi vi fi vedevano abbandonati ai fupplicj i
più fquiiìti. Là , Sififo rotolava continuamente uno srai-
furato faifo dal pie alia vetta di una montagna fcofce-
fa , donde alf iftante ricadeva . Ivi , il fitibondo Tanta-
lo , immerfo in un lago , bere non ne poteva 1' acqua
che, alfavvicinarfi del fuo labbro, fi ritirava , ed un
ramo carico di frutta , flando curvato davanti la fua
bocca famelica , raddrizzavafi tofto eh' ei voleva raan-
gian\e. Il Tartaro fu in fomma per loro il terrore dei
malvaggi, {ìccom.e gli Elisj furono la fperanza dei virtuofi.
La metafisica, al pari della fisica e della morale, fi
getto nel maravigliofo . Da ciò la filofofia trafTe un van-
taggio egualmente rimarchevole, e fi fu quello di ren-
dere fenfibili le idee aftratte , elevandole al rango di
divinità. I vlz), le virtù, le paffioni umane non furono
pui, fecondo il loro fiftema, nozioni vane e chimeriche.
Tutto acquifiò vita e movimento . La faggezza , la giuflizia,
la verità, l'amicizia, la pace, la concordia, la beltà ,
le
107
le grazie, il tempo fìefTo, in una parola, tutte le idee
fattizie e compolle , furono perlonificate .
Qual cofa puollì efcogitare più di quella , favorevole
alle belle arti e fegnatamente alla poefia ? La mitologìa,
confiderata fctto quello punto di veduta , è la produ-
zione la più ingegnofa e bella dello fpirito umano; ed
anche oggidì ad efla abbiam ricorfo, tutte le volte che
infiorar vogliamo di vaghe immagini i poetici compo^
cimenti .
La iloria nazionale non era men fingolare del filìe-
ma religiofo e filofofico.
La Grecia era Hata popolata da una folla di colo-
nie , a ciafcuna delle quali toccato era per duce un ven-
turiere coraggiofo . La rivalità di quelli fondatori , nei
tempi di barbarie , produfle difcordie ed effufione di
fangue . Quindi la gelofia e V ambizione dei popoli , efa-
gerando i delitti dei vicini , ed efaltando gli eroismi dei
loro proprj antenati , alterarono la Iloria patria . Da ciò
venne quel mefcuglio di fcelleraggini e di virtù ne'mc-
defimi eroi . Ciafcuna famiglia era imbrattata t^i misfatti
ereditar] . Il ratto , l' adulterio , V incerto , il parricidio
formavano gli annali di que' primi briganti. Le Danai-
di, gli Atridi , le favole di Meleagro e di Minoffe ,
quella Medea che Giafone menò dalla Colchide , la guer-
ra di Tebe e di Troja, fono il terrore dell'umanità ed
il teforo delia poefia .
Che diremo di quell'ebbrezza di gloria che riportata
avevano da Maratona , da Salamina , da Platea e da
'^ Mi-
FO'8'
Micak ? Quefle profpentà , del pnri che il' loro orge*-
glio continuamente irritato dalle rainaccie della monar-
chia Perfiana , e dal pericolo di cadere fotto il di lei di-
fpotismo, diedero una fcofla sì rapida e gagliarda al gG-
nio loro, che, nello fpazio di un mezzo fecolo, effi fecero
nella poefia drammatica progreffi incredibili e prodigiofi.
Ma donde mai derivò quel patetico forte e terribile,
il' quale nelle tragedie Greche fìrappa a forza le lagri-
me dagli occhi ? I Greci erano fatalifti . Secondo il lo-
ro filìema , gli Dei dirigevano le azioni degli uomini
e gli fpingevano al delitto . Venere liefla accende nel
cuore di Paride quel fuoco criminofo che produce tan-
ta ftrage e defolazione . Gli Dei nemici feminano l'odio
e la difcordia tra Achille ed Agamennone. Minerva, di
concerto con Giunone , regola la freccia disleale di Pan--
daro , per rompere una tregua {biennemente giurata . Ore-
ile, per ubbidire ad un Dio , aflaflìna fua madre Cli-
temneflra , e, per quefto delitto inevitabile, è abban-
donato alle flirie vendicatrici . Qual cola dunque aver
può forza di eccitar negli fpiriti maggior compaflìone e
terrore, che il veder l'uomo, fchiavo di un potere in-
giuflo, capricciofo, ineforabile, sforzare invano di fchi-
"vare il delitto che l'attende, e la disgrazia che Io pcr-
feguita? L'antro di Polifemo , in cui Ulifle ed i fuoi
compagni vedevano da quel moftro tutti i giorni divo-
rarli qualcheduno de' loro amici, e fremendo afpettava-
no la loro forte fatale, è 1' immagia vera della trage-
dia Ateniefe.
ro9
Per rapporto alla commedia , ì coftumi Greci aveva-
no anche alcuni vantaggi incalcolabili e che facilmente
non fi rinvengono predo le altre nazioni . Si confideri
sulle prime un popolo repubblicano , fpiritofo , attivo ,
allegro, naturalmente fatirico, e portato per le facezie.
S'immagini quindi un teatro in cui fi trattavano gli af-
fari di flato , la pace , la guerra ; un teatro in cui i
comici ed i tragici erano in emulazione , e continuamente
alle prefe ; un teatro in cui era permeflb di abbando-
nare alle rifate della Grecia intera , non folamente uà
cittadino ridicolo o viziofo , ma altresì un giudice ingiufto
o venale; un a uminilìratore dell'azienda pubblica , ofci-
tante, rapace , ingordo ; un magiftrato fciocco o imo-
rale ; un general di armata fenza talenti e vigliacco- .
S'immaginino quelli perfonaggi primieramente efpofti sul-
le fcene e difcgnati pel loro nome;^ pofcia ( quando fu
proibito il nominarli ) così ben caratterizzati e rallbmi-
glianti, che, al vederli comparire , erano incontanente
riconofciuti , e da ciò fi giudichi qual vafliflimo campo
era aperio al genio comico di Eupoli e di A"rtofane .
In una parola , la necellkà portava che Atene favorilfe
la commedia , perche un popolo nemico di ogni domih
nazione, paventar doveva la fuperiorità del merito. La
iàtira dunque la più fanguinofa e cauftica , era ficura
di piacere ad un popolo fofpettofo , foprattutto quando
efla cadeva sull'oggetto della Tua gelofia .
L'arte oratoria, al pari della pocfia drammatica, fu
promoffa e favoreggiata in Atene ..
Le
no
Le leggi , avendo Segregati gli oratori .dalla minuta
plebe , formato ne avevano un corpo rifpettabile , che
fcnza interruzione vegliafTe alla cuftodia della libertà ,
ed alla floridezza dello flato . Nelle deliberazioni impor-
tanti, un araldo, a nome della patria, invitavali a di-
re il loro fentimento , ed a rifpondere agli ambafciadori
dell' efiere nazioni . Sovente ad effi principalmente affi-
davafi il piano degli affari fcabroiì , con ampio potere
di efeguirli a feconda de' loro lumi. In fomma, gli ora-
tori , quali fovrani , fignoreggiavano gli fpiriti con im-
pero affoluto-sì , ma fondato sulla loro vafìa capacità
e rettitudine .
Tal fu durante il governo di quaranta anni quel fa-
mofo Pericle che , mercè la Tua facondia , il foftenne
contra tutti gli sforzi di una turba di rivali , la mag-
gior parte di un merito e di un rango diftinto . Egli
feppe guadagnarli V inltabile moltitudine , e rendere il
fuo nome formidabile agli flranieri . Fu Re , fenz' aver-
Ile il titolo . Finanze , piazze , alleati , ifole , truppe ,
flotta , tutto obbediva agli ordini fuoi . Tal potere im-
menfo fu il frutto di quella mafchia eloquenza , che dar
gli fece il cognome di Olimpico .
Xe ricompenfe che agli oratori compartivanfi , erano
anche di un forte incentivo per animarli a calcare co-
raggiofam.ente quell'onorevol carriera. E, per vero di-
re , il bifogno continuo die avevaii de' loro talenti , pic-
car doveva la riconofcenza de' particolari , ed impegnare
lo fiato a rimunerarli largamente .
Gli
ut
Gli onori che ad efTì profondevan(ì in vita e dopo
la morte ancora , dovevano , più che remolumeuto, fol-
leticare la loro ambizione . Allorché eglino pronunciato
aveffcro degli oracoli alla patria falutari , venivano , nell'
aflomblea del popolo o sul teatro, pubblicamente coro-
nati . Demoitene a cui tal alta ricompenfa fu più volte
compartita , ci afficura nella fua aringa a prò di Tcfl-
fonte, che sì fatto onore non accordavafì che ai fovra-
ni potentiffimi . Quindi Atene , mettendo gli oratori al
livello dei Re , e donando delle corone di oro ai cit-
tadini eloquenti , mentre rifiuta vane una di olivo al
gran Milziade , dava chiaramente a conofcere ch'ella,
fopra ogn' altra cofa , avevali in eftimazione.
Vi ha di più; vecchi, erano alimentati nel Pritaneo,
e trapaflati, per eternarne la memoria , loro ergevanfl
monumenti magnifici sulle pubbliche piazze .
Di una grande emulazione furono altresì per la gen-
te di lettere , i certami di poefia che fi dettero nelle
folennità Dionifiache e Panatenaiche .
In quelle ftfte i poeti fi difputavano il primato tra-
gico , e ciafcun di loro al fuo competitore- opponeva
una tetralogìa .
Il premio non era aggiudicato dal capriccio di un'af-
femblea tumultuofa . L' Arconte che prefedeva ai con-
corfi , tirava a forte i giudici che con giuramento ob-
bligavanfi a decidere fenza parzialità » In quelle afiem-
blee ( e chi noi sa ? ) Pindaro entrò in lizza letteraria
con la bella Corinna da Tanagra che ben cinque volte
Io
li»
lo Tuperò. In efle Erodoto lefTe la fua Horia fa quale
fu sì ben accolta che li nove libri in cui efla era di-
vifa, riportarono i nomi delle nove Mufe ; ed il gio-
vinetto Tucidide ne fu talmente commoflb che fparfe
lagrime di tenerezza , lagrime le quali forfè quel mo-
dello compiutiffimo ci produlTero della floria del Pelo-
ponnefo .
E vero , noi nego , che le corone le quali in quei
concorfl letterarj fi diftribuivano , teflute non erano che
di foglie di albero . Ma qual altra ricompenfa potevafi
ai vincitori proporre , fé fi confìderi la qualità de'con-
correnti che alle fiate erano Sovrani , Generali di ar-
mata , o i primi magiftrati delle Repubbliche? Ne'giuo-
chi Ginnici che comprendevano tutti gli efercizj del cor-
po , la corfa a piedi , a cavallo , su i carri , la lotta ,
il falto , il difco , il pugilato ; in que' giuochi che fi ce-
. lebravano con tanta magnificenza , e che attiravano da
tutte le parti del mondo una sì prodigiofa moltitudine
di fpettatori e di combattenti ; in que' giuochi , io dico,
ai quali dobbiamo le odi immortali di Pindaro , non iì
dava per guiderdone che una corona di frondi di albe-
ro o d'erba. La Grecia volle in quella maniera ai fuoi
figli infegnare che 1' onore efler doveva 1' unico fcopo
delle loro azioni.
Riufcì ella , infatti , nel fuo intento . Poiché eglino at-
taccarono fomnia importanza a sì fatte ricompenfe , e
1 avCTle ottenute , loro cagionò talora sì gran piacere
che alcuni di efll vi lafciarono la vita . Chilone che fu
URO
11}
uno dei fette favj della Grecia, fpirò di gioja nell'ab-
bracciare il fuo figliuolo che aveva riportata la palma
ne' giuochi Olimpici . Diagora da Rodi avendo a quei
combattimenti efpolli due fuoi figli , efli meritarono la
corona . Appena che Y ebbero ricevuta , ne fregiarono
la teda del padre , e prendendolo sulle loro fpalle , lo
menarono in trionfo nel mezzo dell' aflemblea che , co-
vrendolo di fiori, feco lui congratulavafi . Quel vene-
rabil vecchio , non potendo reggere alla piena di una
sì grande felicità, efalò gli ultimi aneliti fotto gli oc-
chi della Grecia fpettatrice , afpcrfo delle Ugrime dei
fuoi figli che teneramente lo fìringevano al loro feno .
Quindi leggiamo che , durante la guerra di Perfia ,
Tigrane fentendo parlare de' tenui guiderdoni che davanfi
dai Greci, e dell'importanza grandiffima che elfi vi at-
taccavano , fi volfe a Mardonio , e , prefo da maravi-
glia, efclamò: Dei, con quali uomini ci fate voi guer^
reggiare! Ivfenfibili altinterejfe , effi. non combattono che
per la gloria •
Sì , la gloria era la paffione dominante dei Greci ;
e non fembrerà affatto fìrano che i più faggi di quella
nazione 1' abbiano confiderata come la più bella e no-
bile mercede delle loro azioni , ciuando fi porrà mente
che il più gran numero di eOTi , la minima, idea non
avevafi formata di alcun' altra ricompenfa . Se ve n'era-
no di quelli che gufavano la fperanza di una felicita
futura , eglino fé la figuravano come una cofa defide-
revolc , piuttofto che come un dogma ben fondato .
Quindi fludiavanfi di confeguir la loro immortalità dai
i; fuf-
414
fufTragj dei pofteri , e per un infingimento aggradevole
ravvifavano quella rinomanza onorata , come una pro-
pagazione delk vita ed un prolungamento della loro
efifìenza. A fìringere in uno , efll confìderavano le loro
azioni come: tinti femi fparfi, ne' campi immend dell*
univerfo, che loro produrrebbero il frutto dell'immor-
talità attraverfo U fucceffione de'fecoli.
Le belle arti preflo i Greci» ebbero un'intima rela-
zione con la letteratura . Il medefimo genio , k mede-
fima forma di governo che forger fecero un sì gran nu-
mero di oratori e di poeti, produflero una moltitudine
prodiglofa di artifti inimitabili. Pericle portò al più alto
grado di perfezione le beile arti in Atene , elevando
tempi •> ^ teatri , proteggendo gli llatuarj ed i pittori .
A chi noti non fono i prodigj operati dagli fcalpelli
di Fidia ,^ di Mirone, di Alcamene, di Agoracrito, di
Ctefilao, di Praffitele, e da' pennelli di Zeufi , di Par-
rafio, di Timante, di Apollodoro?
Il Regno di Aleflàndro il Grande fu , egualmente che
la ugnoria di Pericle, favorevole alle belle arti. Quefto
eroe ^ divorato dalla paffione della gloria , e vago di
moltiplicare le immagini delle fue imprefe, ebbe de'Li-
fippi, de' Protogeni , degli Apelli ; ma fu delufo nella
Speranza di veder rinafcere un' altro Omero .
Stabilita per univerfal confenfo la preminenza che la
Grecia, in fatto di buon gufto, vanta su tutti gli al-
tri popoli , vediamo per quali vie i fuoi artifli fiano
pervenuti all'apice della perfezione.
I Greci 5 dotati di un genio felice , non (blamente
•eLbero il talento di ritrarre al vivo la natura, ma com-
prefero altresì , che volendo imitare le cofe , far fé ne
doveva una fcelta efatta e giudiziofa . Prima di quefta
epoca fortunata , le loro produzioni non lì diftinfero che
per r enormità della mafla e per l'audacia delFintrapre-
fa . Effe erano le opere <le' rozzi figli della terra . Ma
dappoi meglio rifchiarati fi avvidero, ch'egli farebbe
flato più bello appagar lo fpirito , che forprendere ed
abbagliar lo fguardo . Allora dunque convennero che la
femplicità , l'unità, la varietà , la proporzione foflèro
la bafe delle arti ; e su quedo fondo sì bello , sì giu-
fto , e sì conforme alle leggi del buon fenfo , fi vide
la tela prendere i colori della natura , ed il marmo ani-
niarfi fotto lo fcalpello. Ond' è che nulla di più per-
fetto, per riguardo fpecialmente all'architettura ed alla
fcultura , eflendofi immaginato dopo il fecolo di Pericle,
tutti fi accordano nel dire che coloro i quali fi fcofta-
no da quegli originali divini , non fanno che alterare
le bellezze della natura . Quindi non rechi forprefa che
effi fi propongano nelle belle arti per modelli a tutte
le nazioni incivilite, e che il dare regole di buon gu-
iìo , altro non fia che ridurre il loro metodo in pre-
cetti , e generalizzare i loro efemp] .
Ma come mai , eflendofi i Greci dati ad imitare la
bella natura , egualmente che gli altri popoli dopo di
loro han tentato di fare , efll "vi fono meglio di colo-
ro e più felicemente TÌa(citi ?
Primieramente gli uomini e le donne che fpcfllssime
tìate fono l'oggetto dell'imitazione, in maggior numero
* e
ii6
e nel più vago afpetto prefentandofi agli fguadì dei
Greci nelle folennità pubbliche, ne' giuochi, ne' bagni ,
nelle danze, ne'ginnasj , ne' teatri , td avendo effi da
per tutto l'occafione di vedere a fcoperto quegli origi-
nali incomparabili, non e maraviglia che gli abbiano si
perfettamente efpreiTi ed imitati .
Predo i Greci i vantaggi della llruttura fisica erano
più rimarchevoli e fuperiori ai noftri . La bellezza era
il loro retaggio particolare. Chi non sa che il bel fan-
gue degli abitanti di alcune città Greche , quantunque
mifchiato dopo tanti fecoli a quello di altri popoli , fi
diftiugua anche a giorni noftri ? Valgano per tutte le
donne di Scio e di Pafo.
Gli efercizj gìnnaftici ai quali eflì avvezzavano fin
dalla fanciullezza , davano alle loro perfone una forma
nobile ed elegante . S' immagini uno Spartano nato da
genitori robufti, il di cui corpo non ha IbfFerto giam-
mai la tortura delle fafce ; che fino al fettimo anno fi
e coricato sul nudo fuolo , e che, dopo quefta età in-
fantile , efercitato fi è ora alla lotta , ora alla corfa .
ed ora al nuoto ; fi metta colìui a fianco di un Siba-
rita de giorni noftri, e fi giudichi pofcia quale de' due
1 artifla fcerrebbe per proporfelo come modello di un
Achille o di un Tefeo .
I Greci erano altresì veftiti in guìfa che la natura
non era punto ritardala nel fuo {"viluppo. Impacci no-
jofi non iftringevano ad effi , ficcome a noi , il collo ,
i fianchi e le cofcie. Il bel feflo medefimo non affog-
gettavafi a faftidiofi imbarazzi negli ornamenti. In una
pa-
117
parola , gli sfx)rzi della natura e dell' arte tendevano
prcflò quel popolo a favoreggiare ed a garantire in tutte
le maniere la vegetazione dell' uomo fisico . Quindi , ef-
fendo più apparilcente, meglio lì predava airimitaxione.
Mille altre cagioni concorfero a promuovere le belle
arti in quel paefe fortunato . Ma tra le altre , i premj
decretati ai cittadini morti per la patria , i monumenti
deftinati a confervare la memoria delle grandi azioni ,
le continue folcnnità religiofe che celebravanfì con tan-
ta magnificenza , in fine gli fpettacoli drammatici che
colavano ai magiftrati cure e fpefe fìraordinarie , erano
un vallo campo aperto al genio degli artifti .
I Greci non contenti di far tutti i loro sforzi per
fomentare T emulazione nel grande , penfarono ancora di
eccitarla univerfahnente. Effi dunque flabilirono ogn an-
no de' concorfi di belle arti . Folla immenfa vi accorre-
va da ogni intorno , e colui che riportava la pluralità
de' voti , era in mezzo agli evviva ed in prefenza di
tutta la nazione coronato , e l'opera fua a prezzo ec-
ceffivo comperavafi dalla Repubblica .
Si defiderano forfè altri atteftati di fìima in favore
degli artifti ? E bene , davanfi agli edificj pubblici i
«orni degli architetti che gli avevano codruìti ; onde una
piazza di Atene portava il nome di Metico , ed un por-
tico di Elea, al dir di Paufania, fu cognominato Aga-
pto . La lloria richiama alla noilra memoria un' altri
forta di riconofcenza , che per quanto fia llrana e biz-
zarra , pure moftra ad evidenza il gran conto che i Greci
facevano delle belle arti . Gli Agrigentini , bramofi di
avec
Ìi8
aver un bel quadro di Elena , fecero a grandi fpefe
venire in Sicilia il celebre Zeufi . Coftui loro chiefe un
certo numero di giovanette le meglio organizzate che in
tal lavoro fervir gli <loveirero di modelli . Il popolo
di Agrigento gliele dette , e pregollo di accettare in
dono le cinque, ch'eflò, per la loro leggiadria^ aveva
alle altre preferite.
Sì grande era poi il pregio in cui gli artifli fi ave-
vano nella Grecia, che gli oratori, gli fiorici, i filo-
fofi ed i poeti, lungi dall' elTerne gelofi , penetrati anzi
del loro merito , a tutto potere li celebravano . Quali
quadri , quali ftatue di eccellenti maeftri non furono
rendute chiare con le lodi della poefia ? Ognun sa che
la fola vacca di Mirone luogo diede ad una quantità
grande di componimenti ingegnofi . L'antologia n' è pie-
na . Cinque ne furono lavorati sul quadro di Apelle
rapprefontaute Venere nell' atto che ufciva dalle onde
del mare ; e ventidue epigrammi fecero gli elogj del
Cupido di Prallìtele . Tanto zelo per levare le belle arti
ad un grado fublime , tanta gloria , tant' onore , tante
ricchezze e dillinzioni impiegate per la loro felice riu- ■
fcita in un paefe ove i talenti erano sì comuni , pro-
duffero una fquifitezza di cui noi non polliamo oggi com-
pletamente giudicare, poiché i monumenti che han me-
ritato tanti encomj , ci fono flati rapiti dal tempo eda-
ce, e quelli che rifvegliano oggidì il noflro entufiasmo,
non erano da tanto che Plinio e Paufania ne faceffero
S:ommemorazionè .
Eppure que' gran maeflri dell' arte dopo aver termi-
nati .
nati i capi d' opera di fcultura , che noi non poffiamo
faziarci di ammirare, e che formano oggidì la difpera-
zione degli artiUi moderni , altr' ifcrizione non vi appo-
nevano fé non k feguente: Apelle e Praffitele ciò fa-
cevano . Per tal modo quegli uomini modeftiffimi , pro-
ponendo le loro opere come imperfette , e , per così
dire , abbozzate , il rifervavano il dritto di ritoccare e
di correggere ciò che trovar vi ii poteva di difettofo.
Più : in tal guifa mettevanfi al coperto d* ogni critica ,
perche fé non giungevano a dar loro V ultima mano ,
incolpar fol se ne poteva la Parca crudele , come quel-
la che troncando lo Ilame vitale dell' attilla , impedito
avefle di efeguirlo .
Quindi fi raccoglie che i Greci s' avevano formata
delle belle arti un' idea giuda e vantaggiofa . Effi le
riguardavano come mezzi acconciffimi a formare i co-
llumi , e ad appoggiare le maffime della filofofia e della
Religione . Ond' è che nulla trafcuravano per incorag-
giare gli artifti: onori, clogj , guiderdoni, nulla fi ri-
fparmiava . In Atene gli oratori occupavano le prime
dignità dello fìato. Gli attori erano in tanta riputazion
venuti , che Arilìodemo fu fpedito ambafciatore a Fi-
lippo il Macedone . Licurgo raccoglieva nell' Ifola di
Creta le rapsodie di Omero, ed impegnava Talete a fe-
guirlo a Sparta , per facilitarvi , cantando dei verfi , la
fua legislazione. Archelao, Re di Macedonia, chiama-
va nella fua corte tutti coloro che diflinguevanfi nelle
lettere e nelle arti. Euripide, Zeufi e Timoteo erano i
fuoi amici e configlieri . La poefia tenevafi nella piìi
gran.
420
grande eflimazione . Effa fin dall' infanzia moflrava il
cammin di una vita regolata , e per via di lezioni ag-
gradevoli infpirava 1' amore delle grandi imprefe . La
niufica raddolciva i coftumi , e formava il cuore alla
virtù. Il teatro era la fcuola della libertà e della mo-
rale . In fomma , tutto nella Grecia cofpirava a promuo-
vere le arti e 1' amena letteratura. Non faccia dunque
forprefa che per tali mezzi efficaciflìmi il più idiota dei
popoli fia divenuto il più illuminato, e dalTellrema fal-
vatichezza fia paffato alla più fquilìta urbanità . I fuoi
primi legislatori, quei che la nazione mife nel numero
degli Dei, e le di cui flatue decoravano le piazze pub-
bliche , avrebbero al certo incontrato difficoltà a rico-
nofcere nei bei tempi di Pericle , i difcendenti di quei
felvaggi fpaventevoli eh' effi avevano per 1' innanzi ti-
Jati dal fondo delle forefte e delle taverne .
Ma oh trillo effetto delle vicende umane ! I barbari
•oggidì calpeflano fenza rifpetto quella terra beata . Quei
xnaeftri del buon guflo fono di bel nuovo caduti nella
lattarie . La loro imbecillità fembra finanche impoverire dì
frutta e di fiori quel fuolo un tempo sì ricco di produzioni.
Voglia il gran Genio che riempie del fuo nome l'Eu-
ropa tutta , porgere la mano amica a quella nazione sven-
turata, fpezzare i ceppi che l'opprimono, e reflituirle
i bei fecoli di Omero , di Tucidide , di Demoflene , €
^i Epaminonda.
12^
S A O ۥ 1 O
SULLA CORRUZIONE DE' POPOLI.
Letta nella feduta de"" io. Ottobre
DAL SOCIO RESIDENTE
rRANCESCO LAURIA.
Uefla mafla di onefli, e d'immorali , di virtuofi -,
e di malvagi , che popolo fi chiama , quefta mafla ha
i fuoi beni , ed i fuoi mali . Chi negherebbe elogi , e
plaufi alle arti , alle fcienze , ed ai trionfi di Atene
fotto gli Arconti ? Chi non torcerebbe il guardo indi-
gnato da efia tanto corrotta fotto Falarco ? L' epoche
però de' mali politici de' popoli fono più lunghe , e di
funeiìi effetti più feconde. Le iilorie di tutte le nazioni
luttuofamente il ripetono . Perchè intanto non occupar/ì
di effi ed efcogitarne i ripari ? Mille valentuomini o
tracciarono legislazioni per le quali nel popolo , ordine,
e tranquillità fi ferbafle , o dettarono ai Principi non
fempre bene augtirati precetti per tenerlo mifero, e bailo.
Pochi gettarono ne' loro fcritti qualche avvertenza del
come reggere il popolo ne'fuoi mali politici , e riordinarlo.
Primo fra quelli mali ( io credo ) è la corruzione dei
cofìumi, e de' fentimenti . Quale n'è l'origine, quale il
progreflb , quale il rimedio , ecco l'oggetto del mio faggio.
ló Nel
122
Nel cominciare le mie oflervazioni io fentii il mio
poco; ma fcrivendo per una Società di bell'ingegni mi
venne fubito alla mente , eh' io avrei almeno indicata
una traccia , che poi molti de' miei Socj avrebbero
colla robuftezza de' loro talenti coverta di fiori , e di
gloria . In isviluppando adunque le mie idee , io fon,
l'imitato a quefla fola intraprefa .
Non è qui il popolo il ceto folo degli artieri , o de-
gli opera] ; è mio intendimento, che quello nome fi e-
fìenda fopra tutta una Nazione , efolufo il Governo :
tuttocciò che ubbidifoe è popolo ; è Governo tuttocciò
che comanda . Or con quella demarcazione vediamo quale
in un regolare corfo politico è il primo male di un po-
polo dopo la fua civilizazione ; inveftighiamone tutte le
vicende , e 1' eftenfione ; e cerchiamone , per quanta è
forza in noi , i rimedj . Mal cerca il dittamo , chi pria
non conofoe la piaga .
Comunque mai folTe avvenuto che un condottiere di
popolo , o un capo di colonia fermaffe Aia dimora , e
piantafle i principj di una Città , o d' una Nazione , co-
me Mosè , Tefeo , ed i figli di Rea , certo è che la
virtù guidò i primi paffi , il valore atterrì i vicini in-
toleranti , alfociò i limitrofi generofi , ed una legislazio-
ne di collumi , piucchè di fanzioni fondò V impero .
Scorrafi d'un rapido ricordo l'ara della miforicordia che
Tefeo alzò in mezzo alle mura, della fua rinafcente Ate-
ne , il facro legame di benevoglienza fra clienti , e pa-
troni , donde B,omolo cinfe ed afforzò il fuo popolo ;
il
Ili
il trono (li un Dio parlante, che alzò Mosè, non che
le loro prime atletiche battaglie , e fi vedrà che le bafì
di quefli popoli nafcenti furon Tempre virtù , religione,
codume, e gagliardia . E per verità un popolo di Fi-
libuflieri male aflortito fra efli , odiofo all' interno , e
vivente di delitti , non palfa alla feconda età . Può una
borgata viver fenza legge , purché viva di cofìumi ; le
torme dcTelvaggi ne fono una prova . Ma fé i coflumi
mancano, la legge inutilmente efecra , e punifce ; il po-
polo fi deprava, e dispare.
Ora i coftumi puri , che formano fempre le belle ifli-
tuzioni de' popoli nuovi , producono quel mondo di a-
zioni eroiche , che propagandone V ammirazione ne rin-
novellano gli efempj . 11 figlio teftimonio della gloria
del padre teme degenerarne, fé non il forpaflì. Il fra-
tello è il rivale del germano. Il Maglfìrato conta frai
fuoi doveri efempj di virtù ; e mentre il Generale fi
affanna pel trionfo , il foldato va intrepido pel difficil
cammino ch'il conduce al comando. In fomma la virtù
produce emulazione : entrambi accendono 1' entufiasmo :
quello efegue grandiofe operazioni , e 1' onore quindi
applaude al cittadino nel foro , la gloria il corona sul
campo .
Le due Nazioni , i di cui falli abbia meglio a noi
tramandato l' iftoria , fono la Greca e la Romana . Que-
fìe offrono amendue il medefimo eorfo , e 1' età delle
loro grandezze fegue quella delle loro virtù . I Greci
furon più che uomini ne' loro faggi flabilimenti j furon
'■^ più
114
più eh' eroi nelle Toro intraprefe , e ne' felici fuccessi ►
Il potente braccio alzato in barriera all' inondazione Per-^
£ana ; i trofei di tutti , e F onor concelTo al migliore ;
i gran giochi , di cui le Nazioni non feppero mai piìi
imitare la feftofa allegria , non che il nobile oggetto :
le luminofe colonie , di cui popolarono il Bosforo Tra-
cio, e '1 lato orientale d'Italia; le pacifiche , e le guer-
riere arti efaltate quanto ovunque giammai ; in fine Tedu-
cazione avea riempiuto i cuori di virtù . Quefla germo-
gliò come in fuo terreno , e la Grecia tanto fi alzò sa
tutt'i barbari, che anche a dì noflri la fua voce è fo-
nerà , le fue azioni modelli. , i fuoi detti precetti , t
fuoi ruderi facri .
Roma corfe più ampia carriera . I Greci difcefero a
Maratona , a Salàmina , ed a Platea per neceffità : bifo-
gnò difendere i tetti , e le are . I Romani corfero alla
guerra per iftituiro . Uniti da Romolo al fuono delf ar-
mi; condotti ad ogni momento a fronte d' un nemico ,
e nutriti dal Senato nella guerra , effi fi arricchirono
delle fpogiie de' vinti , ìì ornarono di trionfi , e porta-
rono i confini del loro impero ai Parti, all'Oceano ,
ed ali Etiopia . In mezzo a questa grandezza i vasti Re-
gni eran fue Provincie, i Re venivano ad implorar sulf
la porta del Senato grazia, o pietà. Quanto natura, o
ingegno avea fparfo fra le Nazioni , i trionfatori mena-
rono a Roma ; ed il circo , gli archi , i tempj mostrano
fino a noi qual grandezza di cuore, di virtù, di gesta,
di ricchezze fi ebbero quegli uomini non già , ma giganti.
IL
II tempo intanto rode , e guasta non folo le opere ,
che un popolo alza alla fua fuperba immoralità , ma
jt altera , e cangia ancora i costumi . Come infenfibil-
mente curva , e svolge fuo cammino uom che va peu
largo viale , così , fenza che fé n' avvegga , il figlio
parte dall' ufanze paterne , ed i nipoti ne f^on per duo
gradi allontanati , mentre che pure ciafcun di loro terrà
fermo ch'egli fiegue le pratiche avite. Chi de' Romani
non credea profefTare la religione di Numa ? E puro
re'fecoli fuccessivi rinvenuto uno fcritto liturgico di quel
Ke , fu per Senatoconfulto nafcosto al popolo , acciò non
conofcefTe che il corfo degli anni tanto l' avea da quella
allontanato, che ormai la rehgione ed il culto era tutt'
altro .
Per questa infenfibile alterazione de' costumi il poli-
tico d' Italia raccomanda così fpeflb il ripristinare gli an>-
tichi ordini, che come cerchi di vafo per tempo si slar-
gano . Se beir ingegno voIelTe indagare quando le armi,
la difciplina, i comizj , i magistrati, lo Stato di Roma
al finir del fettimo fecolo folTero tanto cangiati da quel-
Io che i primi Confolati vi stabilirono, dovrebbe a col-
po ficuro unir molte, lente, fuccessive , e quafi inav-
vertite caufe che Iene Iene il cangiamento produflero .
Chi e che fappia fissare un'epoca, nella quale gli Ate-
niefi vincitori dell' Afia, maestri delle belle arti, istan-
cabili ricercatori del vero nelle fcienze, fuperbi del lor
libero stato , operatori di tante illustri cofc, che appo
fecoli ne vive ancora fra noi la memoria , e la mera-
vi-
126
viglia; chi è che valga a preeifare il momento, quan-
do vani folo delle cofe andate, vendevan per tre obo-
li i loro dritti che gli fcappavano dalle mani , co-
me già gli erano ufciti dal cuore ? Ninno il potrà :
ne basterà fermarfì a Pericle, e ad Afpafia: già il tem-
po avea rallentata la legislazione : i padri avean rilafcia-
ta r educazione degli avi; fortuna avea annighittite quelle
virtù, che la fventura avea fatto brillare, ed alla età
di Temistocle, ed Aristide era fuccefla quella di Peri-
cle, ed a questa l'età di Alcibiade, e de' Trenta; ed a
ciafcuna di queste la degradazione era crefciuta ; il tem-
po , e le fuccessive combinazioni avean depravati quei
cuori. II tempo tutto corrompe, ed i più belli stabili-
menti fisici e morali ne fon rofi e sfigurati .
E per verità il tempo apportando nuove fortune ,
nuovi rapporti , bifogni nuovi , non che nuove idee -,
trafcina infenfibil mente i cuori a nuovi ufi , ad altri
■fentimenti.
E vero , che i tanti che le Greche , e le Romane
cofe fcriffero , ed oflervarono , portaron parere che le
ricchezze ne corruppero i costumi; ma cosa è un muc-
chio d'oro, e di gemme , fé non fi lafcia al tempo ,
che per l'ufo di eflè introduca nuovi defiderj, alimenti
r infingardagine , ifpiri il luflb e la turba de'vizj com-
pagni? Chi più ricchi degli abitatori delle coste di Ame-
rica in metalli, e pietre preziofe -^ Eppure il poco \^Co
.che ne facevano , non aveva alterati i loro costumi .
Quando Poflumio portò le fpoglie di Grecia, Marcello
quelle
12 7-
quclle di Sicilia, Roma ne fu ornata, ma non corrotta.
Quando Milziade, Temiftocle , Cinione arrecarono le ric-
che fpoglie dell'armate Perfiane, Atene fu gloriofa , ma
noa depravata . A poco , a poco , quando i Cittadini
vollero un vafellame d'argento per gii ufi privati, una
vcfte di lana pellita, una fervitù numerofa, lauti pran-
zi, cibi ricercati; e per un feguito neceffario i più ric-
chi vollero in preferenza gli onori, le cariche , i co-
mandi , allora furfe, infenfibilmente il fafto degli avi ,
l'orgoglio delle ricchezze, la boria del luflb ; allora fo-
pratutto l'invidia, l'odio, la gara, l'oppreflìone, le di-
fcordie civili fopravvennero . Ecco il primo male politico
di un popolo ; vediamone il corfo .
La corruiione di un popolo ha i fuoi gradi. Il pri-
mo è r egoismo ; il fecondo è la depravazione de' coftu-
mi ; il terzo la degradazione de' fentimenti . Si comincia
dal ritrarre fopra di fé tutte le cure , che pria fi da-
vano al pubblico bene , ifolandofi gli affetti , e le fa-
miglie; fi difcende quindi al traffico di tutte le nequi-
zie per gara di luffo, di onore , e di preponderanza .
Infin confufi i limiti del giufto, e dell' onefto, mal co-
nofciute le velli del vizio, e delle virtù, e cangiate fin
l'idee delle cofe, tal fucchia e porta via il patrimonio
altrui , e dicefi induftriofo : tal su i figli fcannati falò
in grandezza, e chiamafi uom di carattere; tale infine
impudentemente vende facri doveri , compra dritti fcel-
lerati, immola i timidi onelìi, palpeggia gli audaci mal-
vagi , e di tanta sfacciata baldanza le fue infamie ri-
COr-
1 28
copre, ed ammanta , che fin plaufo e rifpetto sul pa-
vido corrotto popolo ufurpa , e ritiene . E' allora la cor-
ruzione nel fuo colmo : il Governo incoraggia , e da
Tefempio del vizio fra '1 popolo: il popolo alimenta,
e dà l'opportunità del vizio al Governo, e nella uui-
verfal corruzione entrambi fon perduti . Scorriamo leg-
giermente quefti tre gradi .
Egoismo è il primo grado della corruzione : tiene que-
llo fua origine nella natura : ognuno in nafcendo porta
feco il fentimento del fuo meglio . Quella è la focietà,
che cangia con efTo parte de'fuei dritti colla garanzia
che gli offre degli altri. Or così uniti i popoli pianta-
no in mezzo a loro alta colonna, a cui tirano le linee
d' ogni cuore . E' quello il pubblico bene : per cfTo uniti
corrono fopra nemici che tentano attaccare le loro mu-
ra : per efiò congregati confultano le migliori leggi :
per eflb accettano le pubbliche cariche: e poiché il ben
privato dal pubblico emerge e dipende , così ognuno
concorrendo colle fue cure alla comune tranquillità, la
-fua parimente forma, e fofliene. Se crolla la pubblica,
la privata fortuna è in ruina . Ma quello concentrico
amore, queflo cofpirare airifleflb oggetto va per gradi
freddando . Subitochè fi fproporzionano i patrìmonj , fi
-accumulano in un fol ordine gli onori , ne gli avvan-
'taggi fono uguali , allora ciafcuno comincia a ritrarre
quelle cure , che avea dirette al pubblico bene . Se i
Patrizi ( diceva la plebe sul monte facro ) dividono fra
■loro i .campi de' vinti, fé effi efcrcitano i Confukti , e
le
129
le Preture : fé effi comandaflo in Città , e n^l campo ,
che vadano efll pure all'inimico, che minaccia. Quefto
pubblico bene refo parola per tutti , slaccia infenfibil-
mente i nodi de' popoli . Quel che non giova non in-
terefla , e fatalmente 1' uomo è indolente sugV inutili
rapporti .
Fu quefto il cominciamento della corruzione di Roma,
e di Atene . Sparve a poco a poco agli occhi di tutti
queir alta colonna centrale , che amor di patria nomoffi,
e furfe nel cuore d' ognuno l' egoismo . Atene confcriveva
galee per la guerra del Peloponnefo , ed i mercatanti
trafugavano, e nafcondevano le loro.
11 popolo inorgoglito sulle gefta degli avi , quafi for-
tuna fofle catenata al Pireo , Sciagurata mente fìcuro , fan-
zionava pena di morte a chi proponefle altro ufo sul
teforo de'fpettacoli : fi annojava delle pubbliche adunanze,
ove il pubblico bene efaminavafl , e bifognò che Peri-
cle facefle pagare tre oboli ad ogni cittadino, che vo-
leile darfi la pena di andare a rifolvere , fé doveflè
fard la pace, o la guerra, formarfi , o fpezzarlì le le-
ghe: dovea Demollene ricorrere all'ombra delfafino non
affittata per richiamare l'attenzione d'uomini che con Fi-
lippo alle fpalle , anziché metter mente ai pericoli che
r accerchiavano , amavan , sdrajati sulle panche della loro
cara commedia, rider de'frizzi arrotati su de' loro capi ,
e su de' loro filofofi .
L'egoifmo intanto che allontanava il popolo dai pub-
blici affari, facilitava gli ambiziofi a prenderne il tiroo-
17 ne,-
ne; ed a quefto piuccliè ad altre ragioni devefi la lun-
ga dominazione di Pericle , la balorda amminiftrazione
di Cleone . II Governo era una pena , una diftrazione
alle private cure: volentieri il popolo ne lafciava il pe-
fo a colui che gli faceva la grazia di comandarlo.
Che più ? L' egoismo , e V abbandono delle pubbliche
cofe arrivò al fogno , che eflendoil radunato il popolo
per difcutere una faccenda sulle propofìe di Cleone ,
coflui fi lafciò afpettare lungo tempo , ed arrivato in
fine pregò di posporfi Y adunanza air indimani , giacche
eflendo arrivati preflb lui degli ofpiti , dovea curare ,
che s' inibandilTe loro buon pranzo . Il popolo l'applaudì,
e la cura di un brodo fu preferita a quella delio Stato.
Qual fu l'effetto di quefto egoismo F Le affemblee in-
frequenti , od inconclufe ; le rifoluzioni deboli , o allun-
gate : i Magiflrati vili , o perfidi : le leggi impotenti ,
o ingiuile : il timone pubblico abbandonato a mani in-
fedeli , o inefperte ; ed aperto così largo il cammino al
fecondo periodo della corruzione , cioè alla depravazio-
sie dc'coflumi .
Subitochè una famiglia ritira dalla focieta, ove vive,
i fuoi doveri , e circofcrive i fuoi travagli e le fue cu-
re intorno a fé fìefla , allora l' idea di migliorazione refa
individuale fpingee trafcina a tutte le azioni che a que-
lle han rapporto . Lucullo depreda Y Afia , e fé ne ap-
propria le fpoglie: Craflb va ad attaccare i Parti a fue
fpefe , perchè fuo foffe il faccheggio . Siila e Mario
immolano mezza Roma per gara di lor principato. Ce-
fa-
ni
fare ripudia , ed impalma fpofe , per far partito . An-
tonio cabala fra i congiurati , e '1 popolo per elevarli
alla tefta di tutti . Tutti in fomma , ellinta ogni idea di
tltrui, non che di pubblico bene, facrificano al privato
interefle. Altri è povero, e vuol ricchezza ? Briga una
carica , e va a fpogliare una Provincia come Verre :
mefce alla fua mercatura qualunque fraude ; infidia gli
altrui patrimonj o con calunnie applaudite, o con varj
ravvolgimenti; fparge ufure; macchina, ed efeguc tutte
le peffime infami arti . Altri avvampa di ambizione ?
Egli difcende all'adulazione de' grandi , mentifce fenti-
menti , inviluppa intrighi , diflrugge rivali , ogni vii arte
per lui è in opera ed in pregio . L' ambizione infpira
la manìa di grandeggiare ; quefta fi nutre di luiTo . Il
fallo, che figlio della nobiltà, fi pafce di grandiofità ,
ed informa gli ambiziofi , genera il dispregio per gli
altri , e la infulfa vanità per fé (leflb : ciafcuno mette
fua forte nel deprimere, e nell' offufcare l'altrui merto.
Quindi fvanita ogn' idea di fcambievole benevoglienza ;
refo nojofo , e ridevole ogni precetto dì giufto ed one-
fio j la gioventù leggiera fi alimenta , e bea di vane
opere, e cofe: l'età virile debacca nelle fue intraprefe,
e ne'vizj 4 e la vecchiaja langue infipida fotto il pefo
d' ignobili anni . La morale è fpenta : i doveri pel co-
niun bene fono refi ignoti : la verecondia che abbelliva
tutti gli atti , la moderazione che ornava la virtù , tutte
cedono il luogo all' impudenza , ed all' audacia , che met-
tono il colmo alle corruzioni de' coftumi . Roma fu in
* que-
IJ2
quello flato quando il Mondo muliebre ingofava ì tri-
buti di una Provincia , quando k famiglia Claudia co-
vriva i fuoi immenfi latifundj di cinquantamila fervi, e
quando non gloria ed onore , ma fallo e tracotanza fpie-
gava in pompa i tefort di un trionfo, la profulìone di
un pranzo popolare, e la prodigalità di un rogo inau-
rato • Quando le applaudite comedie rapprefentarono le
giovanili lufliirie ; i poeti efecrarono gì' inventori delle
armi, e cantarono amori, amanti, ed arte di amare :
le matrone profanarono i facri miflcri , e fin la Reli-
gione fervi all'ingegno di Mundo per corrompere il pu-
dor di Paolina . Santa oneflà tu folli allora virtù sol
perchè rara ! Quando il Confolato non più meta delle
Magillrature, premio d<;ll-e virtù , difefa , e governo del-
lo Stato, addivenne o compra de' ricchi, o trionfo delle
fazioni , o violenza del forte . Quando i Cavalieri fé-
deano a proferire la venduta fentenza , il Senato incer-
to , o vile innanzi ai potenti bilanciava idee , e prov-
vedimenti mezzaiii, ed i Tribuni male eletti e tacendo,
ed arringando moveano gli ondeggiamenti , e le fedizioni
della plebe , per pattuirvi o la protezione de' Grandi ,
o il loro potere , Quando in fine fa la Pieligione degli
avi inculta , o derifa , gli onefli modi irrifi o cangiati ,
i doveri ed i dritti fprezzati , o negletti , e '1 popolo
intiero , zeppo di liberti , e vivendo delle carni delle
are, di tumulti, e di fuffragj , trovava infoffribile Ca-
tone , Clodio ammirabile .
Ma è queflo l' ellremo della corruzione del popolo f
Che
Che nò . I coftumi poflbno ancora depravarfi dippiù :
può mancare il fentimento : è corrotto quel popolo che
-vive ne' vizj , abbenchè ne conofca il danno ; ma è cor-
rottiifimo quello che ne perde anche quella conofcenza.
I Sibariti non folo amavan V inerzia , ma la crede-
van nobile virtù ; non folo eliininavano le arti laboriofe,
ma premiavano gì' inventori di' ben condite vivande -
Atene demoralizzata per non efferne corretta, d'una ma-
no toglieva air Areopago la poteftà d' invigilare su t
coltumi,. coir altra facrificava ad Anito, e Melito il mo-
dello , e il propagatore della morale Socrate ; e quegli
Ateniesi che rigettarono dopo la battaglia di Salamina
il progetto di Temiftocle , perchè ingiufto , abbenchè
utile; quelli Ileffi approvarono la domanda de' Samj di
•violarli un articolo della generale, alleanza, perchè uti-
le , febbene ingiuftiffimo ^
Roma dichiarò facri i Tribuni, e nell' cfhremo della'
'corruzione fu creduta onefla cofa il farli a pezzi . Un-
Confole era intangibile , e '1 popolo applaudì a Cefare,
che fece battere, e cacciare dalla bigoncia Bibulo. Per
le leggi Valeria, , e Porcia era reo di morte il Magi-
ilrato che facefle battere , o uccidere, dai littori im Ro-
mano, e fi vide accordato il trionfo' a chi ne avea fat*
to Ilrage in una battaglia civile ; l' adulterio era in or-
rore , e Clodio fu afloluto , e quafi in premio creato
Edile. Allora fu che niente vi era di peflimo, cui noa
fi cftendcffe V impudenza , niente delle antiche virtù ,
cui non fi dafle spregio , o nome di antica rozzezza :
fi»
«34
fu tale in fomma il rovefciameato delle idee , e de* prìn-
cipj , che le parole più comuni cangiarono di fignifica-
to . Fu chiamata femplicità la buona fede , deprezza la
callidità , debolezza , pufìllanimità la prudenza , e la mo-
derazione; mentre che i tratti di audacia, e di violen-
za pafTarono per colpi di un'anima forte. In altri tempi
fi danno colpi alle virtù , ma fé ne riconofce ancora
l'autorità ; ma quando fi va fino a fpogliarla del fuo
nome , ella non ha più dritto al Trono , il vizio fé ne
impadronifce , e vi fi tiene tranquillamente ; allora la
corruzione è giunta al terzo ed eftremo fuo grado .
Quali intanto darà provvedimenti , quali precetti fe-
guirà il Governo in così deplorabile flato del fuo po-
polo ? Ecco quello che io vado ad accennare .
La corruzione di un popolo può attaccarfi o diretta-
«lente ed a vifiera calata , o indirettamente . Licurgo
tenne il primo modo . Egli mercè T influenza dell' Ora-
colo Delfico sugli Spartani , la fua qualità regale , non
che il lungo efercizio delle fue virtù , era già a tutti
cofpìcuo e venerando . Si aggiunfe che i poveri eran
molti, i ricchi pochi, e tutti fianchi delle loro ruinofè
divifioni, ed egli fi tenne dal canto de' primi . Forma
il piano della fua riforma , il mofira a pochi amici , che
ne fpargono le bellezze fra'l popolo: il manda alla Pi-
zia: quefìa in nome di Apollo l'elogia. Licurgo allora
Io pubblica , e Sparta l'abbraccia . Ma quale fu quefia
riforma ? Tale , che nel profieguo de' fecoli non fuvvi
wn fecondo efempio. Licurgo dillruflè le antiche leggi,
I
i vecchi codurai , è non fu limitato a rimpiazzarli eoa
nuove ordinanze . Egli volle che gli Spartani fi aveflero
fin nuove idee delle cofe. La loro virtù era diverfa da
quella degli altri Greci , come n' era diverfa V educazio-
ne. I bifogni ben altri, come ben altre le cure. Que-
lla riforma ebbe un fuccelTo feliciifimo . Sparta riforfe
dalla fua corruzione : fiorì fopra tutta la Grecia , e vive
ancora ammirabile preflb di noi .
Colui però che volefle correre su i pafli di Licurgo;
dovrebbe unire infieme autorità di natali, e di virtù ,
tutta la forza della religione , un momento di general
disgufio per le antiche forme , ed un gran feguito nel
popolo . Un folo di quefti accidenti che mancafle , l'in-
traprefa fora inutile. Il vizio è un moftro , e tante of-
fre refiflenze , ed offe fé a chi l' attacca , eh' è più facile
efferne la vittima , che il vincitore .
Quefta riforma violenta può bene efeguirfi da un va-
lente uomo , quando il popolo corrotto fi avvegga eflerc
a due dita dalla fua perdita . L' ingegno dell' uno che
richiama ogni fiducia in se, la cofternazione dell'altro,
che il rende docile , e pronto , pofibn combinare un»
depurazione di coftumi . Fu tale lo flato di Crotona do-
po la fcoraggiante disfatta ricevuta da Sibari , e tale
apparve Pitagora, cui diede attente le orecchie. Quefto
uòmo divino riportò in mezzo a loro la morale, e tutte
le virtù che producono il valore. Avvenne 1' ifleflx> ai
Tebani, ed agli Achei, quando oppreffi da mali, Epa-
Biinonda iflruì gli uni , Arato prefe a guidare gli altri-
Il popolo vedeva la riforma come un 'bene: un uom
di genio la diede , e la corruzione fu vinta . Quefìe ri-
forme però , opera dell' uomo , e delle angaflie del mo-
mento più che delle iftituzioni , fono pafTaggiere come
i grandi uomini. Caddero Epaminonda ed Arato; ed i
Tebani e gli Achei ripiombarono nel lor lezzo .
Può un popolo eflèr migliorato da un conquiilatore .
E ben fovvente , che il vincitore importa coli' armi
nuovi coftumi : il vinto atterrito teme violarli , e l' efe-
gue ; e tratto tratto vi fi accofluraa , e fcorda gli anti-
chi . La Perlìa , la Siria viliffime fotto Dario , addiven-
nero guerriere fotto i fucceflbri d' Aleflandro ,• Italia mi-
gliorò moltiffimo fotto i Goti .
In fine opera un immediata correzione de' coftumi po-
polari un qualche grande avvenimento che ne cangia la
collituzione : allora tutti gli fpiriti eccitati dalla novità , ed
ardentemente attaccati al nuovo ordine di cofe , forma-
no, e feguono \olontarj, novelli e più fenfati fiilemi .
La corte di Servio Tullio corrotta refe incapaci i Ro-
mani delle liberali riforme, che quel gran Principe pro-
poneva. La corte de'Tarquinj intrattenendo gli fpiriti o
nelle elevazioni di grandi edificj , o nelle guerre , appe-
fantiva lo fcettro fopra uomini che non ancora conofce-
•yano fé fìeffi, quando 1' improvifo attentato su di Lu-
crezia , la fimulata follìa di Bruto , 1' opportuna aflènza
della famiglia regnante , e le rumorofe querele di Col-
latino produffero 1' inopinata vicenda . I Romani fcofll
dal coraggio de' capi, dall' efaltate virtù di Coclite, Mu-
zio,
1J7
zio, e Clelia, dalla neceffità della dìfefa, quafì volon-
tari e nel momento fi rigenerarono .
11 Confolato richiamò al fuo fianco 1' amor della Pa-
tria , il Senato prepofe alle fue deliberazioni la pruden-
za , e il popolo amò e feguì le virtù che vide brillar
ne' Grandi .
Or queile Aibite riforme de' popoli corrotti tengono
più alla fortuna , che all' umana prudenza . Eflè abbifo-
gnano di grandi avvenimenti improvifi , de' quali l'uomo
d' ingegno può ben profittare , ma non mai procurarne ,
o prevederne 1' arrivo .
Le riforme intanto indirette, o che vanno più lent:*-
mente al loro fine , fon quelle che figlie delle rifleffio. i
fono regolate dalla coflanza dell'uomo faggio , e con-
dottiere del popolo. E' effo, che fcandaglia, ed analizza
il male : è eflo che efcogita , e prepara i farmaci : è efib
che li prefcrive , e ne foftiene la forza : è eflb in fine,
che ne regola, e dirige gli effetti.
I coflumi non s' impongono , s' introducono . I fenti-»
menti non fi comandano, s' ispirano ; quindi la prima
bafe di quello diffìcile edificio è l' efempio , e Tefempio
delle virtù . I ricchi di Sparta fi alzarono in tumulto
ad una delle fevere leggi di Licurgo : un giovine fra
efll ardì ferirlo suU' occhio : il popolo furiofo pel ten-
tato parricidio prende il reo , e '1 confegna a Licur-
go . Coftui gli ordina di feguirlo a cafa : ivi fi fa
medicare da effo fìeffo : niun rimproccio , niuna do-
glianza : per ogni pena vuol che lo fegua dovunque ;
i8 il
138
il giovine ubbldifce in iìlenzio , e tefìinionio a cia-
fcuno iftante della benignità, della paxienza, delle virtù
di Licurgo, arrossì del fuo delitto, e vicino ad un cosi
bel modello egli reprefle la violenza del fuo carattere,
e addis'enne faggio. Socrate, Confucio, fparfero la mo-
rale più coir efempio delle loro intemerate vite , che
colla purità de' loro precetti . I gran Capitani riportaro-
no la vittoria nelle più dubbie imprefe , più col met-
terfi innanzi alle linee delle loro armate , che col co-
mando, e coir ingegno . Ha noi così formati natura ,
che o fofle beli' emulazione , o moto fpontaneo , noi fe-
guiamo l'altrui efempio, come altri in notte bruna ile-
gue una face. Spinge, anima, accende la voce eloquen-
te di un'uomo, ma come fragorofo tuono, che ci fcuo-
te , pafla , e non dura : l' efempio intanto è permanente:
ci è fotto gli occhi : ci è sul cuore : ci è sulla lingua:
r efempio vai più che il collume (a) . Voi vanamente
ricorderete al giovine infingardo , che alla fua età fi con-
•\'iene il travaglio/: indarno raccomanderete il pubblico
coftume al viziofo : entrambi correranno alle loro lor-
dure ; ma fa Palemone coronato di fiori , ed olezzante
profumi entrerà fra gli allievi di Socrate, il di cofloro
efempio il farà prender vergogna di fé ftefTo , e lo svol-
gerà dalla difcefd. de' vizj .
La forza di (juello efempio però è raddoppiata, quan-
do.
00 Dlutlus durant exempla ? quain mores ■,. Tacit. IK biftor, . i • ••
'39
do legislazione il fofliene , e l'applaude . L'eroismo degli
Spartani premiato dalla legge allettava, ed obbligava k
gioventù. Il Sannio era virtuofo per iftituzioni , e pet
cortami; bifogna però che quefte fieguauo, o coadjnvino:
fole fono inefficaci . Inutilmente fi proclaman leggi , e
fanzioni fra uu popolo corrotto: efiè fono male efegul-
tc da' Giudici , derife da' potenti , ed illufe da tutti .
Siavi legge, ma fianvi efempj : fon querte inutili quan-
do fole , come tronchi in arida terreno : ma fono que-
lle giovevoli , quando efirtono i cortunii , come piova sul
prato. Era legge di Roma, che il Senato, i Coraizj non.
vedeffero armi. Ne' tumulti di Coriolano i giovani Pa-
trizj cacciarono a pugni dal Foro un popolo , che a
pugni fi difefe: non fuvvi una fola daga: ma nella cor-
ruzzione , Gracco fu uccifo dalle Tribù , il Foro fu co-
verto di cadaveri , ed in ogni lato delia Città balena-
rono daghe , e fpade . Spettacolo , che fra le vicende
di Siila , e Mario , Cefare , e Pompeo fu fovventi fiate
rinnovellato . Si tacquero le leggi , perchè eran mancati
i cofiumi .
Chi intanto darà querti efempj di virtù per la riforma
de coftumi ? Evvi chi crede , che debba farlo il capò del
Governo; è vero, perchè è tal la condizione de'Principi,
che fembrano comandare ad altri ciò che efll fanno (a);
e tale è de'fudditi il carattere, che la voglia di aggra-
* dirli ;
(") Hsc conditio principum , ut quldquid faciant, praectpere vidMtitur . Quin*
'II. Ueclam, 4,
140
dirli , e di emularli gli trafcina più che la pena della
]egge (a) , e tali in fine efler fogliono gli abitanti di
■un regno , quali i Re fono (b) . Ma per quanto un capo
cofpicuo s' ingegni , ed addeflri a farlo , egli non balìa.
Né Antonino , ne Marco Aurelio correlTero Roma , e
pure fcritti , leggi , ed efempj a larga mano difFufero .
Devono cofpirar col Governo i Miniftri della Religio-
ne, ed i primati del popolo . Un cittadino corrotto ,
che dovefle arroffire innanzi a tutti quefti , farebbe co-
me catenato alla -virtù ; e fé la di coftei bellezza non
gii va fino al core , egli almeno ne dovrà fimular Ta-
more , ammantando il più che fappia la fua corruzzione^
«d intanto è già sul cammino delle virtù chi fente ver-
gogna del vizio»
La Religione figlia del Cielo, alimento degli uomini,
freno del popolo, e bafe de' Governi , la Religione è
indispenfabilmente la prima molla della riforma . Minos
in Creta, Mosè ne' deferti d'Arabia, Numa in Kcma ,
Maomet nell' Afia alzarono lo ilendardo della Religione,
ed a nome di un Dio alto buccinarono premj , e pene,
tartaro , ed elisj : il popolo die lor credenza , e li feguì.
Ciò che ci fpa venta ottien fempre fede appo noi : mai
riforma fenza il nome di un Dio. I Sacerdoti adunque
debbono concorrere col Governo , ed ambi cominciar
dal-
_(«) Obfequium in principem, & zmulandi amor validiora , quam poena ex le-
gibus . Tucit. J. /Irina/.
(i) Qi-iales de republica principes funt , tales reliquos lolere effe cives- Cicir. ia
MI
dallo flrakiare la religione da tutte quelle pratiche fu-
perlliziofe , o vane , che ne avean bruttata la purità ,
e refe fprezzevole il culto. Devou d'avanzo imporla al
popolo coU'eferclzio di tutte le virtù di quella religio-
ne che profeflano .
Ma non balla ancora . Bifogna che ai Miniflri del
Tempio corrifpondano eziandio i Primati , la voce dei
quali è Tempre la norma della plebe •
Se mai un Governo unirà la cooperazione di quefle
due elafll ; allora fia che il giovine corrotto rattenuto
da facro tremore innanzi Tara dalla veneranda autorità
di un minill.ro del culto , frenato nella Città dall' impo-
nente efempio de' Grandi , contenuto dalla legge , che ne
minaccia i vizj , e guardato dal Governo , che gli ac-
cenna col fuo efempio l'efercizio delle virtù, allora que-
Ao giovine quafl llretto fra tanti, deve o mondar fua
fcoria, o a colpo lìcuro migliorare ne' figli.
Quefta rigenerazione però non e l'opera di un gior-
no : abbifognano anni , e coilanza . Se la legge perdo-
na talvolta , fé il Governo permette qualche ecceflò r
fé i facerdoti rallentano la loro influenza , e danno
i capi qualche efempio di vizj , la corruzione riprende-
forza , e rinafce . Così erba infelice non sbarbata
fino all' ultimo flerpo rigogliofa ripullula , e rinver-
difce .
Finalmente può il Governo folo , mettendo in una
linea Grandi, Sacerdoti, e Popolo , corrigger tutti, fé
tenendo con una mano ferma le redini della Nazione ,
ir-
142
irrimiTibilmente fa piovere le pene , ed il ridicolo sul
vizio , i premj e la lode sulla virtù .
L' Areopago per frenare il luflb delle donne foleva
•di volta in volta ordinare , che quei pezzi ruinofi , dì
cui avean prefo ad ornarfi , foifero il distintivo delle
cortigiane ; sul momento quel ludo era svilito dal ri-
dicolo , e dall'infamia. L'Areopago steflb, penetrando
neir interno delle cafe , condannava i Cittadini oziofi , o
diOoluti , nel momento che faceva fpargere delle ricom-
penfe fin su i Cittadini , che nel fegreto delle loro pa-
reti efercitavano la virtù (a) . Dippiù , distribuendo dei
premj al valore nelle statue che decretava , e metten-
do nella pubblicità delle corone , una viva gara fra
i giovani , eccitava , e nutriva la virtù ; ma tuttocciò
era con tal fevera mano efeguito , che vizio non is-
fuggiva air infamia , non virtù alla lode . L' infleffibi-
lità di questi Giudici era un talismano della virtù , e
questo fu alla riforma di tal Magistrato, che cominciò
per Pericle la corruzione . Oh ! fé un Governo fi met-
teffe alla testa di un Areopago ! Quali felici rifultati per
i costumi ! Il Governo può tutto preffo il fuo popolo,
quando decifamente vuol formarne la felicità . Ch' Egli
■costante cerchi il virtuofo , e V innalzi ; rintracci il ri-
baldo, e Tabbaffi: che amando l'uno, odiando l'altro,
istancabilmente divida prenij, e pene. Che fenza rallen-
tar/!
(«) Meeurs, Areop. f, 5;
145
tarfi giammai fiegua per anni tal defiderato iìstema , e
fia allora corretto il popolo , felice la Nazione , forte
ed amato il Governo , la pubblica, vita dignitofa , la
privata tranquilla .
Ille Keipuhlicae status optdbìlìs & firmvs efl^ in quo
& privatìm fancìe ^ ìnnoxìeque vivìtur , & publice jujll^
tia , ù clementìa vì^ent . Polyb. lib. IX.
NO^
NOTIZIE
DEI PREZZI DI ALCUNE DERRATE DI ALIMENTO
PER PIÙ' DI DUE SECOLI
Raccoltele lette nella Società ai ^o. Gennaro 1809.
DALL' ARCIDIACONO
LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI .
Facilius per partes in cogiiitiOnem totius adduci tnt«
Scaec. Ep-f. LXXXIX.
^^Lttacca ciafcuno alle cofe quel valore , che il fuo bì-
fogno fuggerifce , ma fìccotne variano all' infinito i bi-
fogni predo degli uomini nella fpccie e nel vigore , che
da tante circolìanze dipendono , così uniformità alcuna
e collanza ne' valori aflblutamente non può eflervi . Il
prezzo poi delle cofe, che è il compenfo che dailì co-
munemenre per ottenerle , nafcendo dal mutuo bifogno
nel cambio, molto meno fervir può di fedele norma ad
indicare i valori. Per rimediare a ciò fi è dagli Econo-
milti creduto poterfi prendere in pratica , come campio-
ne de' valori , il puro bifognevole alla fuflìflenza del
baflo operajo , e per campione de' prezzi il falario con-
veniente .
i^ Suo
14<5
Suole alle volte però il prezzo del giornaliero trava-
glio di un operajo non eflere corrifpondente alla fua
ruffiftenza, e ciò facilmente fuccede ne' tempi di fcarfez-
za , in cui ciafcun poffldente rellringe le fue fpefe , ed
ove abbondano oltre mifura i non poffidenti , e con ciò
quelli che offrono travaglio ; ed al contrario , elìèndo po-
chi i poffidenti , può con facilta avvenire il monopolio
contro quella mefchina clafle . Per rendere più collante
quefto calcolo lì è dagli Economici foftituito al predet-
to falario il prc/.zo delle derrate di alimento , che pro-
porzionale è ìli confegjiienza a quello di fuffiflenza . Anzi
ove il pane , che è il cibo il più analogo al nofìro fìo-
maco, forma il principale e comune alimento, suol pren-
derli il prezzo del grano come unica bafe ; ma più ac-
curato riefce il travaglio accoppiandovi i prezzi di altri
neceffarj prodotti commeilibili .
11 valor monetario poi è foggetto a molte variazioni,
non folo pe '1 pefo , che per la qualità di ellraneo me-
tallo che fi allega con quello preziofo , ma per l' incre-
mento o decremento che aver pofibno i preziofi metalli
preffo la nazione . Per femplificare quefto ..ragguaglio ri-
conofcer conviene il preziofo metallo contenuto nelle mo-
nete, che è il loro valor reale y a differenza di quello
nominale che loro può darli , e ridurre i detti prezzi
delle derrate di alimento prefi per campione, a pefo dì
puro metallo contenuto nelle monete corrispondenti. In
quello cafo vienfl a rilevare altresì la proporzione dei
preziofì metalli riguardo allo ftabile campione de'valori.
«47
e ciò molto giova efeguirlo pe'l progreflb di più tem-
po fino a noi in ciafcuiia nazione .
Inoltre ha ciafcun prodotto due prezzi, uno naturale^
che è quello rifultante dalle fpefe opportune alla fua
produzione , e V altro corrente o cangiabile , che è quel-
lo che daffi. o ricevefi in compenfo di eflb prodotto .
Quando il prezzo corrente di un prodotto è maggiore
del naturale, la produzione vien attivata; come al con-
trario ^\ paralizza fubito che faffi minore : ma ficcome
il prezzo naturale varia a norma del campione predetto,
per cui avvenir fogliono delle alterazioni fcambievoli tra
quelli duplici prezzi progrefTivamente , quindi il ramo di
lor produzione fpeciale vien a foffrire delle vicende ,
che nella Storia Economica di ciafcun paefe meritar dee
il primo luogo .
L' Arte Statidica intenta a fissare lo flato attuale ia
tutt' i rami, e con ifpecialità l'economico , rivangandone
però fempre le caufe che han contribuito , comincia il
fijo travaglio dallo flabilire il progredivo campione lo-
cale de' valori reali , da quel tempo che opportuno fem-
Lri ad aprire la traccia nell'importante analifi della pro-
duzione, confumazione delle rendite e foldi , e dei pub-
blici tributi (a) . Prima che quefta fcienza ottenuto avelTe
quella regolarità e fiftema che oggidì veggiamo , già il
Vefcovo Fletwood in Inghilterra occupato fi era a rac-
cogliere i prezzi per qualche fecolo delle derrate le più
* ne-
(«) Si veggano i miei Elimtmi dtW Arte Swijiica Part. II.
14-8
necenàrie all' alimento da molte memorie di comunità ;
ed il Signor Duprè de Saint-Maur in Parigi fece lo fìei^»
In feguito i due inilgni Economilìi Arturo Young , e
Smith profeguirono quelle ricerche, e furon loro di gran-
de lume neir indagine di molte difficili teorìe di pub-
blica Economia . Quello intereflante travaglio intentato
tra noi , come preiTo molte nazioni , ho voluto efeguire,
ed ho creduto doverlo deportare in quella nollra So-
cietà Pontaniana , intenta con ispirilo di pura filantropìa
al nazionale vantaggio .
Per rendere più efatta la determinazione de' predetti
prezzi , sulle tracce dei menzionati autori , ho creduto
doverli ragguagliare folamente a pefo di puro argento ,
per elTere il fuo llilema monetario piìi collante , e me-
no foggetto a vicende , fpecialmente tra noi , mentre
quello dell' oro , oltre di trovarli in balTa proporzione
di valore con l' argento , per cui è Hata la moneta di
oro foggetta ad elTere portata fuori del Regno , tante
alterazioni ha fofterte colla lega , che rendono oltremo-
do irregolare il fuo fillema (a) .
Per proceder poi con regolarità mi conviene efporre
^na fuccinta iloria di tutte le operazioni efeguite sulla
no-
(3) Colla Pramniatica del 1744 fi flabill tra noi la bafTa proporzione di valore
tla l'arqenro e l'oro nel monetarti, come i a 14 e mezzo. Dopo qualche anno fi
conobbe l'errore commeffb , siacche eflendo preiTn le altre nazioni , come 1 a 15
e mezzo circa, pran profitto fi faceva da fpecuhtori coninrando la noflra moneta
d'oro nel Regna, e vendendola fuori. Per rifarcirfi in parte a quello male fi vol-
le aumenrare la leua prudenzialmente, ma fenza formile dichiarazione. L' irretjo-
lantà della noftra Zecca, e molto piti della Zecca di Palermo , diede quindi luoq»
a molte frodi , per cui ora fi trovano delle monete in oro di m.i^qi'ir valore (^
quello che ioro ii affissa, altre preflb a paco di eguale, ed ai:r« di minore ,
noAra moneta di argento fin dall'' origine del fiflema at-
tuale, quale è un riafluiito di ciocche fcrifle Giandona-
to Turbolo nel 1629 (a) , dei regolamenti progreffìvi
di Zecca , e di ciocche dall' efame delle monete iftelTe
mi è riufcito rilevare .
Neiranno 1442, fi cominciarono a coniare nella Zec-
ca di qucdo Regno delle monete di argento colla: pro-
gredlone decimale di ducati, carlini, e grana, chiaman-
dofi tari i carlini due, denominazione che molto prima
efilleva , come ci attefta il Summonte (b) . Al carlino
fi diede allora il pefo di acini 81 e mezzo, col titolo
di undeci danari di fino , ed uno di lega (e) , ofTia coti
916 millefimi di fina, ed il reflo lega , fecondo il nuo-
vo fillema Francefe , onde ciafcun carlino conteneva di
puro argento 74 acini e-^,ed il ducato in confeguen-
za un oncia , fette trappefi , e fette acini . Con ogni
libbra (d) di lega dunque , contenente oncie undici di
puro argento , ed uno di rame , fi venivano a coniare
ducati otto, e grana 83 e mezzo, ma non è che tanto
coftafle allora una libbra di argento non lavorato del
titolo di undeci danari, ma bensì, come dalle memorie
che
(a) Difcorfo fotra la monetit del R'!;ko di Njpoli .
{i) l^ol. ìli. /a. 5. C.1». j. Trovafi anche menzionato il tari fin dal loop, in
moire fcritturc. liid. i>..r't. i. G.!/j. (3.
U) Secondo i resolanienti della Zecca Najwletana, per valutarfi il titolo di eia*
fcuiia mafTa di arseino intendefi divifa in dodici parti , chiamate oiae , ed altro-
ve danari, e ciafcr.n oncia in venri flerlini. Col nnovo Clìema Francefe fi confide-»
ra tutta la in'Oa divil'i in mille parti.
id) La libbra Napoletana, che equivale a gramme 520. 760. , fidivide i" '2-
WKie , l'onciii in ^o. trafpefi , ed il trappefi)'in i». acini-, laiche la libbrae di
7100. acini'.
IJO
che abbiamo, ducati 8. 65. e mezzo, giacche il dippiù
era per dritto di conio e iìgnoria •
• Nel 1510 fi fece a ciafcun carlino la diminuzione
di un acino di pefo, recando di ottanta acini e mezzo,
e permanendo lo Iteflò titolo di undeci danari, venne a
contenere acini 7 3 -^ di puro argento . La libbra di ar-
gento non monetato del predetto titolo montò allora a
ducati 8. 73. e mezzo,
Neir anno 1533 fi diminuì il pefo del carlino di
acini 4. e un quarto, facendofi di acini 76. 2., onde
ciafcun carlino venne a contenere di puro argento aci-
ni 6g. 8., e l'argento ad undeci danari di titolo moa-
tò a ducati g. 23. e mezzo la libbra .
Neir anno 1542, fi diminuì il pefo del carlino di
acini 5. 7. , e divenne di acini jo. 5. , contenendo
acini 64. 6. di puro argento , onde quello col titolo
predetto venne a coflare ducati dieci la libbra .
Nell'anno 1552 fi coniò nuova moneta colla dimi-
nuzione al carlino di acini 2. 5. , riducendolo collo fleflo
titolo ad acini 68. ad oggetto di far elevare tutta la
moneta del cinque per cento, ed il prezzo delfargento
dello fìelfo titolo di undeci danari, che fi vendeva du-
cati dieci la libbra , fu taifato ducati dieci e mezzo,- ma
tale fpeculazione poggiata fopra inefatti calcoli non pro-
duce il ragguaglio che fi delìderava colf edere monete.
Il carlino venne a contenere allora di fino argento aci-
ni Gì. 3.
Nelfanno 1554, per ripararfi all'errore, fi volle ri-
foa-
fondere detta moneta, diminuendo il carlino di un mez-
zo acino, facendolo di acini 6j. 5., e contenea di pu-
ro argento 6 I . 9.
Nell'anno 1572 la critica pofizione delle finanze di
quello Regno fotto il governo del Cardinale Granuele
fuggerl la formazione di una moneta plateale di ballò
titolo , e propriamente di danari due e flerlini tre di
fino argento , e danari nove e llerlini 1 7. di rame ,
olììa di 177 roillefimi di argento. Vedendofi immedia-
tamente r inconveniente inevitabile da una moneta priva
di giuiìo valore , riparar fi volle ritirandola per rifon-
derla con altro titolo . Facendo reflare lo fteflb pefo dar
fi volle alla nuova moneta il titolo di danari dieci e
fìerlini dieci, vale a dire di 879. millefimi, fenza pe-
rò abolir la prima coniata con undeci danari di titolo.
Ciafcun carlino venne a contenere in quella nuova mo-
neta acini 59. 6. di puro argento. Cominciò allora ad
introdurfi V aggio tra quelle due monete di argento ,
giacche ogni qualvolta un Governo in vece di ricono-
fcere i valori vuol fiflarli arbitrariamente, il commercio
ne rifente diilèflo .
Negli anni 1582 ed 83 fi batterono monete di gra-
na due e mezzo, dette cinquine , e di grana cinque ,
col titolo antico , diminuendofi però ciafcun pezzo a rag-
guaglio di acini 5. e mezzo per ciafcun carlino , e fu
ridotto ad acini 6a., che-perciò contenevano quelle mo-
nete per ciafcan carlino acini 56. 8. di puro argento.
Ne furono coniate in feguito da tempo in tempo, fino
al
15»
al 1 6 1 7 , di cinquine e mezzi carlini J con titolo alle
Tolte inferiore .
Sotto il governo del Viceré Cardinal Zapata dal pre-
detto anno 1617 fino al 1625 varie monete furono
battute, ma eoa titolo incerto e variabile , perfilìendo
nel tempo fleflb l'antecedente moneta, e fi alterò allora
il dritto di conio e fignoria al cinque per cento .
Quello produfTe grandiffimo ditlurbo al commercio ,
giacche ogni venditore contrattar volea colla moneta mi-
gliore , che fi eflraeva dal Regno , tanto più che era
alquanto piìi fina di quella del vicino Stato Pontificio.
Altri inconvenienti a ciò fi aggiunfero, come vedremo,
per cui fi pensò nel 1683 dal Viceré Marchefe del
Carpio rifonderla tutta , e ragguagliarla con quella del-
le altre nazioni . Si diede a detta moneta il titolo co-
lante di danari II. , offìa di gì 6. millefimi di fino
argento, ed il pefo del ducato fu di acini 635. , per
cui contener dovea , a ragion di titolo legale , di fino
argento acini 582-., e così corrifpondentemente le altre
monete .
Quefla operazione fi vide poco valevole ad impedire
i difordini , e fi fuppofe che trovandofi la nuova mo-
neta per poca accortezza di maggior valore di quella
delle altre nazioni, e fpecialmente del vicino Stato Pon-
tificio , veniflè eftratta , onde penuria di efla in quefio
Regno fi vedeflè . Dal Viceré Conte di S. Stefano nel
1689 ^ credè poterfi a ciò riparare, elevando detta mo-
neta del dieci per cento fenza rifonderla . Il ducato fin
^ al-
allora coniato divenne di carlini undeci , il mezzo du-
cato di grana 55-, il tari di grana 0,2,., ed il carlino
di grana 1 1 . Nuova moneta intanto comincioffi a bat-
tere di ducati, mezzi ducati, tari, e carlini a raggua-
glio della precedente , già alterata nel pefo , ferbando lo
fìeflò titolo . Il ducato venne a pefare acini 570. , e
ne dovea contenere 52,2. 5. di puro argento, ma qual-
che cofa di meno vi fu, come da faggi fatti fé ne av-
vide il Signor Newton, e così in feguito li è praticato.
Il carlino fi fece in confeguenza del pefo di acini
57., contener dovendo, come fopa,per titolo legale di
puro argento acini 52. a.
Siccome poi il valor reale della moneta nafce dalla
quantità del metallo preziofo che contiene , e 1' elevare
il prezzo nominale non è che una cofa illuforia da fer-
vire al momento per favorire i debitori , minorare i fol-
di, e le impofte, cofa in quel tempo necefTaria , come
vedremo, così con l'alterazione predetta non fi venne
ad ottenere alcun profitto , e riparo all' eftrazione della
moneta , nafcente da altre caufc , che in feguito efpor-
remo , giacche gli efteri non curano nella moneta altro
che il valor reale . Non abbaflanza illuminato il Gover-
no di quel tempo a comprendere tal verità , credè per
lo contrario che a confegulre l'intento dlppiù convenif-
fe elevarfi il valor nominale . Fu ordinato dunque con
Prammatica nel 1691 di confiderarfi elevata tutta la
moneta fin allora coniata del venti per cento , onde il
ducato coniato prima del 1689 divenne carlini 13., e
20 gra-
154
grana due , il mezzo ducato grana 66. ^ il tari grana
a6., ed il carlino grana 13., come ora vediamo. Il
ducato poi coniato dopo il 1689 divenne carlini dodi-
ci, il mezzo ducato carlini fei, il tari grana 24., ed
il carlino grana 12. , come anche vediamo . Si battè
intanto altra moneta collo flefTo titolo ed in pefo cor-
rifpondente , e furono il ducato del pefo di acini 475.,
che per legge avrebbe dovuto contenere acini 435. 5.
di puro argento, e così proporzionalmente il mezzo du-
cato, il tari ed il carlino. Quello è il firtema moneta-
rio di argento che tuttavia fufTifte , a riferba di qual-
che piccola diminuzione fuccefla in feguito sul titolo per
quelle folite frodi degli appaldatori , che per imperizia
dei faggiatori fi è tollerata .
Da tale epoca fino all' ingreffo del Governo Borbo-
aoico, che fu nel 1734 , ninna variazione fuvvi circa
la moneta di argento , come ci afficura il Galiani nel-
la fua dotta opera sulla moneta . Il nuovo titolo poi
che prefe la moneta fotto il Re Carlo fu di dieci da-
nari e 18 llerlini, o fia di 908. millefimi di fino ar-
gento , con aumentarfi proporzionalmente il pefo , in mo-
do che ferapre venne a contenere la flefla quantità di
puro argento. Similmente nel 1784, ed in feguito, fi è
fatta la moneta col titolo di danari io. e fterlini I. e
mezzo, vale a dire con 839. millefimi di fino argento,
e con la fleifa proporzione fi è aumentato il pefo, talché
fempre viene a trovarfi in effe la fleffa quantità di pu-
ro argento .
Gio-
Giova qui oflcrvare che nel darfl prezzo alla lega
dell'argento , di cui lì conofce il titolo , porto il già
detto fiftema dì noftra monetazione , fi valuta alla ra-
gione del contenuto di puro argento , dando il prezzo
di ducati 16. 32,. a ciafcuna libbra di qucfto ; ma fa
alcuno voglia avere una libbra di puro argento libero
da altro metallo , detto tra noi di coppella , pagar U
dee un altro ducato circa di più , e ciò per la fpefa
che vi occorre di raffinazione. Efièndo l'argento un pre-
zìofo metallo di molto ufo per le fue qualità , e fpe-
cialmente in ragion della Aaa purezza , fa che venga
pregiato in quefta fleffa proporzione : perchè è ben fa-
cile allegarlo con altri metalli , ma difpendiofo a fepa-
rarlo . Da ciò avviene che non oflante la ftefla quan-
tità dì argento che pofTa contenerfi nelle monete di di-
verfi titoli , pure fono più pregiate quelle di fuperior
titolo nelle piazze elìere di quelle d'inferiore, e trova-
no maggior corfo , confiderandoll la moneta come fempli-
ce metallo pronto ad efTere convertito ad altro ufo .
Eflendo poi tutt' altra la condizione della moneta nel
proprio paefe , ove niuno la fonde per non perderci il
valor di fignoria e conio , non molto fi confiderà que-
flo pregio relativo, e fuol valutarfi la fola quantità di
preziofo metallo contenuto fenza curar la lega .
Vengo ora ai prezzi delle principali derrate di ali-
mento. La tavola qui anneflà contiene in fei principali
colonne il prezzo di ciafcuna in moneta noftra , ed a
cauto il puro argento contenuto in efla in pefo napo-
* ^ le-
I j6
letano , e fecondo il nuovo fidema Francefe , affinctè fè»
die fi renda diftinguere a colpo d'occhio le varie pro-
porzioni di elli prezzi intrinfeci . In fine di qucfte fei
colonne ve n'è un' altra, la quale indica i libri o re-
giflri di contabilità de'Religiofi , da cui fono fiate de-
funte Is notizie de' prezzi predetti , quali fi confervano
ora nel generale Archivio .
PofTono le vicende delle ftagionl , e quelle dell' in-
duflria, e del commercio rendere meno abbondante u.i
genere di fufTiflenza da farne alterare fenfibilmente , o
nbafTare il prezzo , ma fé ciò avvenga , per efempio , sul
grano , che è il noftro principale alimento , le notizie
degli altri prezii non proporzionalmente elevati , o ribas-
sati nello fleflb anno indicar, pofibno 1' accidentale cau-
fa , per cui ho creduto utile nel fifTare il campione dei
valori di prendere in confiderazione più di efTì generi,
oltre delle altre ofièrvazioni che ne rifultano .
I libri o regifìri già detti non contenendo le minu-
te fpefe giornali da cucina, ma bensì il loro totale, e
2e provifle , non han potuto fomminiflrarmi i prezzi del-
la carne frefca , uno de'principali noflri alimenti , ma cre<-
do aver rifarcito rapportando quelli del lardo, che co^
xne è ben noto corrifpondono alla, carne frefca proflàma-
mente come 3. a i-
Veio è poi che i carboni non fono un oggetto di
prima necelfità , ma i loro prezzi fucceflìvi indicar po-
tendo lo flato progreflìvo di. aumento , o diminuzione
1^' bofchi 5, che ora richiamano 1' attenzione di tutti, gli
Eco?
Economifti , meritano perciò non effere trafcurati'. Vedefì
in fatti che eflTi prezzi fi van aumentando nel decorno
dell'ultimo fccolo in maggior ragione di quegli degli al-
tri generi , che perciò è chiaro che lo fiato de' bofchi
ya deteriorando .
Benché fufficienti' foflèro alle noftre vifle flatifìiche
le notizie dei prezzi delle derrate di alimento da due
fecoli circa , nondimeno ho creduto non trafcurare i prez-
zi dell'anno 1509, che fi rilevano da una antica affi-
la {a) , tempo in cui , benché conofciuta fi foflè l'Ame-
rica , non ancora ci avea dato tanti preziofi metalli , ed
anteriore anche al governo di Carlo V. , i di cui fafìi
molto intereflano la floria economica di quello Regno ,
oltre alla permanenza che per qualche tempo vi fece ,
quale dovè accrefcere la maffa del numerario . Con gran-
de meraviglia in fatti oflervafi da detta tavola che i
prezzi del vino e dell'olio , giacche manca quella del
grano, nell'anno 1600 fi trovano importare il feftuplc
del pefo dell'argento puro, da quelli dell'anno 1509.
L'infigne Economifta Serra, che fcrifle nel 161 3 sul-
la moneta {b) , ci aflìcura , che pe '1 grande traffico cha
quefto Regno avea in tale tempo, eflraendo molti pro-
dotti più di quelli che ritraeva annualmente dagli efie-
ri , oflìa che k bilancia del commercio era favorevole ,'
la moneta veniva ad aumentarfi in quelli luoghi. Di più
dal'
(«) Vien rapportata dal Diodat! nella fua memoria sulla monet» di queno Re^
Sno Voi. l. Atti dfllg R. Ac. d, Napoli.
VY Reccolt» degli Evorfomifii Ittlitmi . Milana;.
Ij8
dalle grandi rendite che avea qui il Re di Spagna , allori
dominante di quefto Regno , venivano qui fpefe tutte ,
oltre più milioni che ritraeva dal nuovo mondo , per cui
molto folca immettere in quefìo Regno per le fpefe del-
le truppe . Per avere i dati politivi ed efatti su di quan-
do rapporta il citato Serra del fuo tempo , ho creduto
interefTante rapportare nella tavola i prezzi del 1614,
che può averli come il raaflìmo della floridezza in quel
fecole .
La quantità de' preziolì metalli potendo crefcere , al
dire del Sig. Smith (a) , per l' abbondanza delle minie-
re preflb lo ftefTo Sovrano , o per l' aumento delle ric-
chezze preflb del popolo per la fua induflria , pare che
in quefto Regno ambi fienfi combinate nel principio del
decimofettimo fecolo , e crefciuta oltremodo farebbe la
quantità delf argento fé le circoftanze così favorevoli non
a fofTero air intutto cambiate . Diamo dunque uno sguar-
do sulla fìoria noftra di quel tempo, per quanto Taf-
funto richiede .
Benché quefle Provincie dopo l'epoca predetta godu-
ta aveffero nel loro feno la pace , e chete foflèro Ha-
te da ogni invafione , la loro floridezza nondimeno a
gran paflì fi diminuì e diftrufle . Le continue leve mi-
litari che fi facevano, non per la cuftodia e buon or-
dine del Regno , che molto poco farebbero fiate , ma
per fupplire alle guerre di Lombardia , di Fiandra , di
Ca-
0») Rì»Ttbi Sull* »«tm t h tashfi itlìi BJHbczze, W. I. Cap. Xl.
159
Catalogna , ove grande era il bifogno per fedare i po-
poli tumultuofì , ed opporli a' nemici eflerni , non pochi,
quelle noftre popolazioni venivano a fcemare in modo che
mancavan le braccia all'agricoltura ed alle arti , onde
la miferia ne rifultava. Più di tutto defolava le noftre
Provincie un arbitrario e peflìmo fillema di governo dei
Viceré di quel tempo, e l'enormità delle impofizioni ,
che fotto nome di donativi fi efìgevano con tutta la
fierezza , a fegno che molti per isfuggire queflo flato
defolante , andavano a rifugiarli ne'paeli Turchi . Nel go*
Terno folaniente dei due Viceré Monterei, e Medina de
las Torres, che durarono anni tredici , cioè dal 1631
fino al 1644, fi conta efTerfl eflratta dal Regno di Na-
poli fopra cento milioni di ducati (a) . Di tali donativi
ed ordinarie impofle non più del quinto pafTava nel re-
gio erario , rellando il dippiù nelle mani degli efattori,
de' miniflri , dei grandi, e dei favoriti della Corte fotto
varj pretefti . Per maggior rovina di effe Provincie il
pefo delle gabelle e di altre gravezze piombava con fo-
verchiofì fìftemi folamente sul baflb popolo , che è la
claflè operativa ed indufìriofa , e propriamente quella
che produce la vera ricchezza nazionale. I baroni e gli
ecclefiaflici refìavano per lo più immuni all'intuito per
raggiri e prepotenze , anzi i primi affumendo a loro ca-
rico r efazione dai loro vafTalli ne abufavano in modo
d'attirare molto più della taffa da quelli.
Dai
(«) Brufonì Hi. 15.
Ii66
Dai Miniflri in Madrid fi reputavano i nortri luoghi
come forgenti inefauribili di monete , onde fenza com-
paffione s'imponevano tributi. Dopo il governo del Vi-
ceré Medina venuto ellèndo D. Alfonfo Enriquez Am-
miraglio di Cartiglia nell'anno 1644 vide lo flato de-
plorabile di quefto Regno , e 1' impofllbilita di venirli
a nuove gravezze, non potendoli foftenere quelle che vi
erano ; ma le fue rimoftranze furono fchernite e derifè
da' cortigiani in Madrid , onde a fua petizione ne fu
fubito richiamato, ed -in fuo luogo venne il Duca d'Ar-
cos . Quello uomo crudele fi pofe a tiranneggiare il Re-
gno con gabelle le più gravofe , e fpecialmente con quella
sulle frutta in quella Capitale , che fu caufa della fa-
mofa rivoluzione , in cui fu capo Tommafo Aniello , vol-
garmente detto Mafaniello . E' ben noto il feguito che
portò quella popolare moffa , e le vicende fempre più
lagrimevoli del Regno fino alla venuta del Viceré Mar-
chefe del Carpio nell'anno 1683 . Que^o faggio Mi-
niftro il accinfe a rimettere V ordine , e la tranquillità
fra i popoli , ed a far rifiorire la pubblica induilria ,
onde pria di tutto rifufe come fi è detto la moneta ,
die in feguito fu elevata dal Conte di S. Stefano fuo
fùcceffore fin al 30. per cento in due volte , e fé ciò
poco opportuno fu per impedire l' eilrazione della mo-
neta , come ho moftrato , fervi opportunamente a mino-
rare i dazj del 30. per cento , da cui non poco van-
taggio ai popoli rifultonne.
E' ben noto poi che nello fcoprimento del nuovo
i6i
■mondo, gran quantità di preziofi metalli eflendovifì tro-
vata, fu mano mano in Europa trafportata , e le loro
miniere fotto la direzione degli Spagnuoli, e Portoglieli
diedero sulle prime un profitto conGderabile ; ma in fe-
guito i ricchi filoni eflendofi efauriti cominciò a mino-
rarfi l'annua quantità di effi metalli, che veniva immefla
nel noftro continente . D''altronde eflendofi l'argento , e
r oro impiegati in Europa a molti ufi , e fpecialmente
alle filature , alle indorature ed inargentature , che gran-
de confiamo fiarmano , e fommamente da un fecolo in
qua che quello luflb in tutte le claffì fi è difFufo, quin-
di r iramifllone, che quafi privativa degli Spagnuoli era
divenuta, e per circollanze belligeranti diminuita oltre-
modo , non è fiata fufficiente a rifarcire annualmente ,
onde le mafie di preziofi metalli a calcolo fatto , pare
che fienfi diminuite sul noflro continente da un mezzo
fecolo, e la proporzione tra efll metalli fi è in confe-
guenza alterata nel valore .
Su di ciò avvertir bifogna , che non equabilmente Ei-
nerte mafia de' preziofi metalli fi diffonde sul continente
come un fluido , ma a mifura della pubblica indullrii
che Eanima ed attira co'fuoi prodotti; quindi le nazio-
ni ne contengono in proporzione del vantaggio che la
loro bilancia commerciale ha sulle altre. Da ciò conclu-
desi che E aumento o diminuzione de'preziofi metalli pres-
so una nazione, dipende da quelle già dette circoflanze
generali , e dalle fue particolari .
Con quella prevenzione diamo uno fguardo alla no-
ti Ars
ì6'2
lira tavola , e ritroveremo che ad onta delle turborenze
e veflazioni fofFerte da quefto Regno nel fecolo decimofet-
timo , r incremento dell' argento in generale durò fino
al principio del paflato fecolo deeioiottavo , e fu quin-
di ^azionario fino al 1740, per la poc' attività indu»-
fìriale,e per le politiche circoflanze ; ma in feguito eflèn-
do divenata queda Capitale fede di un Regnante , ed il
filo governo avendo prefa miglior forma , la fua indù-
Uria , propriamente rurale , cominciò a fiorire , ed i fuoi
prodotti con un libero commercio andiedero acquiltando
maggior prezzo . E' qui da notarfi però che quefìa na-
zione fé ha goduto un commercio vantag'giofo circa ai
prodotti grezzi , è lì:ato però fommamente fvantaggiofo
circa le manifatture-, quindi è avvenuto che i prezzi di
q.uefte fonofl elevati adai di più in proporzione di queiH
de' uollri prodotti , come ciafcuno partitamente può n^-
levare (a) *
Altre intereflanti ofTervazioni offrir può quefla nollria
tavola fpecialmentc su particolari rami di produzione dei
rapportati generi, oltre quelle già menzionate innanzi .
PREZ-
(a) Stimo fiiperfTuo far qliì notare il ben noto effetto d-;'!.-! bilancia commercia-
h fvanta^i^Tufe , quale efaurifce la moneta, e ti nel tempo fteflo elevare i pre2;-a
de' generi che fi ricevono, potendofi vedere ciocche ho detto nella mia Arti. St'iti-
Am P *;. IL 5.»,3. III. C-if. IX.
ì
pag. i5)
PREZZI ©I ALCUNE DERRATE Bl ALIMENTO
BA PiU' DI BUE SECOLI.
Anni
1 Grano
Tomolo
Ettolitri 0. 505
Vino
Barile
Litri 45. 660
Olio
Sraro di tot. 10 -,
Decagramme 920. 7
Formaggio
Rotolo
Gramme 891.
Lardo
Rotolo
Gramme 891.
Carboni
Can t ajo
Ettagramme 891.
Ducati
Argento puro
contenuto
Peso
Ducati
Argento puro
contenuto
Peso
Ducati
Argento puro
contenuto
Peso
\
Ducati
Argento puro
contenuto
Peso
Ducati
Argeito puro
cottenuto
Peso
Ducati
Argento puro
contenuto
Peso
Di Nap.
Acini
Di Frane.
Gramme
Di Nap. Di Frane.
Acini Gramme
Di Nap.
Acini
Di Frane.
Gramme
Di Nap.
Acini
Di Frane.
Gramme
Di Nap.
Acini
Di Frane.
Gramme
Di Nip
Acini
Di Frane.
Gomme
Documenti
1509
0. 167
124- 2
J- 531
0. 21
156. 8
7. 028
0. 047
34-4
I- 535
0. 04
29. 6
I. 317
Atti della Real AcciHemia Napoletana
Voi. 1. Mm. drl DiaJ^n .
1600
I. 50
8)2
37- 9<56 I. 30
738. 4
32.894
I. 80
1022. 4
45- 547
0. 15
85.2
3- 794
0. 14
79. 6
3- 544
Regiflro de'PP. Domenicani di S. Spirito.
1614
■• 35
766. 8
34. i6d
1. 00
568.
25. 303
1. 25
710.
31.630
0. IO
56. 8
2. J29
0. 11 -j
65.2
2.903
I. IO
624. 8
27- 833
"'-"•
1650
I. jo
85»
37.966
I. 00
568.
25. 303
1. 25
7 1 0.
31. 630
0. 1 1
62. 4
2-779
0. lo
56. 8
2. 529
Rei-inro detto y^tibitta di S. Benedetto
a Chi.lja .
1700
0. 9J
413- 3
18. 430
I. IO
479-
21. 341
1. :o
522.6
23. 341
0. 14
60. 9
2. 716
0. I 2
52. 2
2. 334
0. 70
304. 6
13. 580
Reginro dc'PP. di S. Nicola di Toledo.
1710
■• 55
674-8
30. 071
0. 83
361. I
i6. 102
I. 25
544' 3
24. 251
0. 14
60. 9
2. 716
0. ij
65.2
2. 910
UiJrm .
1720
I. so
652.6
29. lOI
I. 00
435- 5
19.401
I. 00
435' 5
19. 401
0. IO
43- 5
I. 940
0. I3i
58.6
1. 619
Vacchetta di S. Benedetto a Ghiaia.
I7JO
1740
1750
0. 9j
404. 6
iS. 041
0. 90
391. 6
17. 460
0. 94
409. 0
18. 236
0. 14
60. 9
2. 716
0. 13
56.6
2. 522
0. 72Ì
315- 4
14- 063
RceìAro de'PP. di S. Nicola di Toledo.
I. 17
553- 0
24. 639
0. 98
426. 4
19. 012
I. 17
509-4
22. 699 0. 15
65.2
2. 910
0. 14
60. 9
2. 716
IbAem .
..65
7i8. 3
3 2. 01 1
1.05
457- 2
20. 371
1. 3D
566. I
25. 221 0. 14
60. 9
2. 716
0. 14
60. 9
2. 716
0. 76
3 3°- 7
14- 744
UiJfm .
1760
2. IO
914. i
40- 74 3
I. 10
479- 0
21. 341
"• 35
587-8
26. 191 0. 16
69.6
3. 104
0. 16
69.6
3- 104
Vacchetta de' PP. Benedettini di S.Sevetim j
1770
1780
•• 55
I. 90
674. 8
827. 1
30. 071
36. 861
I. 30
"• 35
)66. I
587.8
25. 221
26. 191
1.50
1. 66
652.6
722. 7
29. 101
0. 15
62. 2
1. 910
0. I7i
73.9
3- 298
Regidro de'PP. di S.Nicola di Toledo.
32. 205
0. 20
87. I
3. 880
0. 20
87.1
3. 880
lt:itm .
1790
2. 12
923. 2
41. 131
I. 20
522. 6
23. 341
1-70
740. I
32. 981
0. 20t
89. 2
3-977
0. 26
113. 2
5. 044
ItiJem .
iSoo
3. 07
■336.9
59.562 1.45 631. 3 1
28. :3i 2. 18
949- 3
42. 295
0. 24
104. 5
4.650
0. 28
121.9
5- 432
Uidim .
■=
1859
2. 50
08S. 6
48. 503 1 I. 80 783. 6 j
34.9:1
2. 5:
1097. 3
A'i. 891 0. 36
156. 7
6.984
0. 30
130. 6 5. 820
I. 60
696. 6
31. 041
*6j
RELAZIONE
DELLA PIOGGIA DI CENERE
Avvenuta in Calabria ulteriore nel dì 2,7 Marzo 1809
DI
BERNARDO DE RISO
Prefentata dal Socio
SIGNOR ALESSANDRO PETRUCCI ;
on farà difcaro a codefìa Società Poiitaniana un bre-
ve racconto dei fenomeni , che accompagnarono la piog-
gia di cenere vulcanica avvenuta in quella Provincia po-
chi dì fono , avendo prefente che T improvifo avveni-
mento, e la folla delle occupazioni della mia carica di
Giudice non permifero un più attento efame.
La caduta di detta cenere Ci refe vifibile dalle otto
ore di Francia della mattina fino alle ore dieci del dì
2,7. del p. p. marzo ; ma ho ragione di credere che
dovette incominciare molto prima, perchè d'alcune don-
ne de' contadi , che foglionfi portare qui in Catanzaro
* sul
j:64
sul. far del giorno, intefi le doglianze che ftrada facen-
do, la cenere avea recato loro molto faftidio negli oc-
chi, fpecialmente nel luogo chiamato Falco ^ che è ap-
punto nello flrettifllnio Iltmo tra i due golfi, di Squil-
lace, e S. Eufemia .
Nella, notte precedente , il tempo fu vario tra il ven-
to di. mezzogiorno , ed il libeccio : però quefl:' ultimo
fu dominante.
Nella mattina poi vi fu una calmeria di venti , ed
il caldo era flraordinario .
La parte dell' orizzonte frappofta tra il detto mezzo-
giorno e libeccio, era ingombra di una denfa caligine,
che rapiva il mare- alla noftra veduta , e fi avvicinava
fino al littorale. Le notizie ricevute da Reggio e Scil-
la , fono che in tale tempo tutta la Sicilia fi vide ia-
volta tra un denfo velo di caligine.
L' arena poi , che cadde nella riviera di Reggio , e
Scilla, fti forfè fette volte più voluminofa. ne'fuoi gra-
nelli di. quella che cadde nelle ncftre contrade .. Da ciò
fi vede che la forza' di projezione del vulcani nulla con-
tribuifce in fimili pioggie- , ma nella medefima foltanto
operano V aria ed i venti , giacche in contrario la più
minuta e leggiera dovrebbe cader prima della più pefante.
Nelle ore dopo il mezzo giorno incominciò; ad inga-
gliardire il libeccio ed a foffiare anche il ponente, per
cui da quel gruppo di denfa caligine fi fchiufe una or-
ribile tempefta a guifv di un turbine con acqua,, tuoni.
*• venti isnpetuofi .
Vi.
i65
Il termometro nella mattina, dorante la pioggia dell'
arena vulcanica , fegnava il grado 1 4 di Reaumur , ed il
barometro montò fino ai pollici 27, e 6 linee.
E' da notarfi ancora che le arene cadute , almeno nei
primi giorni che fi raccolfero , venivano attratte dalla ca-
lamita , benché a granelli folitar j e non in fi^rma di fili.
Quello conferma ciocche da naturalifti fi è ofTervato ,
che tali ceneri vulcaniche, oltre delle varie terre, con-
tengono anche del ferro che le colora .
Finalmente fi ofièrvò che le teneri foglie, ed i fiori
di quegli alberi già fchiufi, come gli albicocchi ec, che
fi trovarono airafpetto ed azione maggiore del libeccio,
e con ciò furono invefìite da molta arena ,, divennero-
appaffiti , e fecchi .,
AL'
ALTRA RELAZIONE
DELLA PIOGGIA DI CENERE
>
Avvenuta ia Calabria ulteriore nel detto giorno
DEL CANONICO
SIGNOR GREGORIO ARACRI
Prefentata parimenti dallo ftejfo
SIGNOR ALESSANDRO PETRUCCI,-
uT^bbeuche le ben note peripezìe di quefti luoghi mi
abbiano fatto perdere tutti i libri ed ordigni fisici , e
ritirato mi fia dalle oflervazioni naturali, nondimeno la-
fciar ora non voglio di rapportare a codefta dotta So-
cietà Pontariiana ciocche mi riufcì oiTervare della detta'
cenere vulcanica in quelli luoghi .
11 dì a 6 marzo che precedette al fenomeno, di cui
parliamo, il tempo fu vario, nuvolofo, fecco e freddo^
anzi che nò . Nella notte feguente il vento fu vano ,
ma fempre occidentale , che poi verfo le fette in otto
dopo mezza rotte fpirò tra Sud-Ovefl: , e Sud , che fu
durante la pioggia, e Paria divenne caliginofa.
ì6i
YerCo le ore 9 e mezza della mattina del giorno 47
cominciò a cadere in quella Cittì, di Catanzaro , e nei
fuoi contorni della cenere vulcanica , ed in un quarto
d' ora già fi dillingueva molto bene sulle tegole delle
cafe, sulle foglie delle piante, sulle flrade ec. Era ella
di un colore nericcio , e fimile all' arena che noi ufia-
mo sulle carte fcritte, vale a dire fottile , non molto
dura, fecca , ruvida al tatto, e di colore inclinante a
quello di piombo non levigato: colore che in feguito il
refe quafi nero . La pioggia era ben rara , ficchè per
lo fpazio di circa due ore che durò , non giunfe a co-
prire intieramente , o con qualche fpefièzza la fuperficie
de' corpi, su quali cadde , fé non ove venia radunata
dall' azione del vento . L' aria come ho detto era ingom-
bra da denfa caligine fopra di noi , e per tutto l' oriz-
zonte verfo il Sud, e Sud-Oveiì, e nel redo era cali-
ginofa bensì , ma non molto , e verfo il Nord vi era
una tale rarità di nuvole che lafciava di tratto in trat-
to vedere il ciel fereno. Verfo l'Ovelì 1' aria era nu-
"volofa anche , e poco caliginofa , e fi aumentava la ca-
ligine a norma che fi avvicinava al Sud-Oveft . Il ven-
to fpirava non molto forte tra il Sud , e Sud-OveO: .
L'aria era fccca e molto temperata , anzi inclinante ad
un caldo tra noi fuori ftagione , giacche il termometro
fi manteneva tra i gradi la e 13 di Reaumur,e quin-
di fi elevò anche di poco , in modo che già fentivafi
incomodo da quelli che paffeggiavano , a fegno che co-
minciofll a promuover loro del fudore . Tale durò la
tem-
169
temperatura dell'aria, e tali furono le fuc affezioni già
descritte per lo fpazio di circa due ore , per quanto du-
rò la caduta del polverìo .
Ceffata verfo le 1 1 e mezza della mattina la caduta
della cenere , efTendo già poco tratto di tempo prima
cominciato a foftlare il vento Sud-Oveft, ed Ovefl, Tana
sMrrigidì a fegno, che il termometro fegnò i gradi no-
ve di Reaumur , e fopravvenne una pioggia di acqua
ben forte, con vento gagliardo , che a diverfe riprefe
durò fino a fera . La pioggia continuò durante la notte
con qualche intermiffione , ed il vento feguitò ad efle-
re impetuofo , e freddo .
La detta cenere vulcanica nel principio del fuo ca-
dere era in certo modo friabile tra le dita , reftando
quelle imbrattate , come fé aveflero fregato piombo . Do-
po qualche tempo, e fpecialmente col contatto dell'aria
è divenuta più dura e ruvida al tatto . I fuoi granelli
immediatamente dopo la caduta fentivano , benché debol-
mente, r azione della calamita , ma in feguito poco o
nulla venivano attratti .
Codefti dotti Naturalifti dicano ora ciocche su di es-
sa cenere penfano , giacche io folamente ho potuto ad-
^ditare i fenomeni che immediatamente precedettero , ac-
compagnarono , e feguirono la fua caduta .
Oltre a queflo da me oflcrvato , unir voglio ciocche
da veridiche relazioni di miei amici ho rilevato .
In Reggio e nelle fue riviere la steffa mattina dei
27 cominciò la caduta della cenere un poco più presto
a z che
170
che qui in Catanzaro , accompagnata però dallo fleflb'
vento Sud, e Sud-Oveft , e dalla fìefTa caligine fecca ,
e calda , e durò più tempo , eflendo ceffata all'ora di mez-
zogiorno . La quantità di cenere ivi caduta fu maggior
della noftra; la qualità la fteffa , ma i granelli un po-
co più grolìì. Seguì la fleffa mutazione di vento nella
prima ora pomeridiana , e quindi la pioggia di acqua .
La temperatura atmosferica fa anche più calda dell' or-
dinario , ma non mi fi dice fino a. quale grado .
Lo ftellò preffo a poco mi fcrivono effer avvenuto nella
regione che da Reggio va pe'l Capo delle Armi, e per
quello di Spartivento , e nei paefi mediterranei , che guar-
dano il littorale dal Ionio fino a Cotrone j e nelle ri-
viere e paefi mediterranei della Calabria Occidentale , che
guardano il Tirreno fino quafi al fiume Angitola, e ne-
gli altri paefi , che fono al Nord di quella Città fino
a Gimigliano foltanto. In Nicaflro , e nei paefi fiti al
fuo Nord , ed al Nord-Est , non vi fu pioggia di pol-
vere , ma folo di acqua alla fì;effa ora pomeridiana .
In generale fi offervò poi che quanto più il paefe fi allon-
tanava da Reggio in qua , vale a dire verfo la parte del Nord
e Nord Est, la polvere era più rara, più fini erano i fuoi
granelli , e la caduta cominciò più tardi , e finì più predo.
Quando anche non vi fo fiero pofi:eriori notizie delle
contemporanee eruzioni dell' Etna , quelle offervazioni ba-
flerehbero a mollrare , che detta cenere appartenga a que-
llo Vulcano , e fia fiata trafportata in aria nel modo
lleflb , che altre volte ci è venuta dal Vefuvio .
DI-
171
DISCORSO
SULLE CAUSE DELLA SOSPENSIONE DELLE TERRE
NELL' ATMOSFERA .
DELU ARCIDIACONO
LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI
SOCIO RESIDENTE
Letta nella fediita del iz 30. Aprile 1809
Qii^fo , ne noflra ìe^cntes ( quoniam ex bis fpermntur multa ) ttiarn
relata falìidio Jumnent-, mm in contenipìatione natura mhil pojjit vi-
4eri fupcrvitcuu/n .
Plin. Hift. lib. XL Cap. II.
.SLlìc oflèrvazioiii sulla caduta della cenere vulcanica nel-
la Calabria ulteriore , cortefeniente comunicate a quella
Società Pontaniana dai Signori Giudice de Rifo, e chia-
rifllmo Ab. Aracri , mi dan motivo ad efporre ciocche
mi trovo aver riconofciuto nelle mie annofe oflervazioni
meteorologiche efeguite nella mia patria , e ciocche io
penfo sulla caufa della durevole fofpenflone delle polve-
rofe terre nell' atmosfera .
Nel difcorfo meteorologico dell' anno 1794' da
me pubblicato , come periodicamente far folea , trovo
* aver
37*
aver detto „ Merita qualche efame la pioggia di polve-
„ re vulcanica , che fi ebbe nelle ore di mezzogiorno nel
„ dì IO Giugno. L'antecedente efplofione del Vefuvio,
5, dittante da Altamura circa cento miglia direttamente ,
5, avvenuta nella fera del dì 17, avendo fatto elevare
5, tale polverìo , fi vide approifiniare dalla fua parte ,
), che è rOveft, nei due giorni precedenti alla fua ca-
„ duta in forma di sfumata nube temporalefca . Subito
„ che mi avvidi della precipitazione di tale polverìo
3, efpofi de' puliti piani fui mio terrazzo , e mi riufcì
„ raccoglierne un pochette femplice . La piccioli quan-
„ tità non mi permifc un efatta e precifa analifì , come
„ defiderava , ma folo potei fcorgere eflère a bafe di
,, terra argillofa , con poca iìlice, tinta dal ferro di un
5, colore medio tra quello di terra ed il cinericcio ; ru-
„ vìda al tatto per la fofFerta azione del fuoco . Con
,, gli acidi non fermentò. Coli' acqua tramandò Y odor
„ terrofo, proprio dell'argilla , e la palìa che rifultou-
„ ne fu friabile umida ^ e friabililfuna fecca . Non agi-
3, va in modo alcuno sull'ago magnetico , ma tinfe di
„ turchino verfata nel pruffiato di potaffa . All' azione
5, della lucerna animata col tubo ferruminatorio fi con-
,, vertì coli' unione del muriato di ammoniaca in uno
„ smalto bruno . La caduta di tale polverìo produce
„ fenfibilmente un certo ammortimento alle piante , dal
j, quale ne rifultò anche del danno al beftiame . "
Altra volta in feguito , dir non faprei fé nel 1797
° 9^ ? giacché le mie olTervazioni di quelli due anni
re=
1
17$
reftarono inedite e diftrutte nella funeda catafìrofe della
mia patria , mentre un polverofo nembo trafportato dal
Sud-Oveft , incerto fé dallo lleflb Vefuvio perveniente ,
o da vulcani delle Eolie ifole , su di noi fi precipita-
va, oflervai che il mio delicato elettrofcopio atmosferi-
co di Volta dava fegni non equivoci di elettricismo po-
iìtivo in gradi avanzati nell' atmosfera . Al vedere che
r igrometro di SaufTure mi fegnava un fecco inoltrato
nella baffa atmosfera-, fofpettai che T elettricifmo vagan-
te pofitivo r effetto non era delia converfione del va-
pore fottihflìmo ed elaftico in vefcicolare o concreto , ma
aderente folFe al polverìo cadente . Immaginai sul mo-
mento fofpendere un piatto metallico con quattro fili di
feta da rellare in poiìzione orizzontale ed elettricamente
ifolato, facendolo comunicare con altro elettrofcopio , per
vedere fé redava elettrizzato dalla cenere cadente . Con
foddisfazioue trovai verificato il mio fofpetto .
Quefìa bella fcoperta dovuta al cafo , che vale più
di ogni profondo genio, largo campo di riflefììoni ven-
ne ad aprirmi sul forprendente fenomeno della cenere
predetta, che fuol foflenerfi nell'atmosfera, attribuendolo
all'elettricismo. Chi non conofce le tante anomalie, chs
le meteore' ci prefèntano , dovute tutte alla fua attività!
Quanti fenomeni inefplicabili colle teorìe iìatiche , e cre-
duti dipendenti da altre forze meccaniche, fi fono quindi
ravvifati effetti dell'elettrico fluido, che qual Proteo in
mille modi fi trasforma nella vafla regione che ci fo-
vrafta , e grandi illufioni ci produce !
Sta.^
174
Stabilito però che il polverìo cadente contenga dell'*
elettricismo, indagar ci conviene fé così lanciato venga
dal vulcano, o pure fé ne imbeva fcorrendo a feconda
del vento nell' atmosfera . E' ben noto che nelle vefu-
■viane eruzioni di ceneri , dei baleni ferpeggiar fi veggo-
no nell'atro nembo che sul cratere fi eleva. Chi sa fé
i fluidi aeriformi , che nell' interno del vulcano fi fvi-
luppano, quali è da crederfi che contengono elettricismo
a dovizia , urtando alle pareti del cratere , e facendo
faitare in aria quel polverìo diflaccato, non lo elettrtz-
zino benanche/' Nell'eruzione di cenere fatta nel dì 7.
Giugno del 1806 dal noftro Vefuvio , trovandomi in
quella Capitale mi accinfi ad oflervare il fuo elettricismo
nella caduta , ma l' improvifa pioggia che prima di que-
lla Tenne , mi tolfe un tal piacere (a) , giacche folle-
citò la precipitazione di efla cenere , togliendo lo squili-
brio elettrico . Molto lume arrecato mi avrebbero tali
oflervazioni , perchè fé più elettricismo contenuta aveflè
nel cadere qui che in Puglia , con fondamento creduto
avrei , che tutte lo ricevono nell' efière eruttate , e nel
cafo oppofìo d' imbeverfene nella regione atmosferica fcor-
rendo a feconda del vento .
Perchè poffa con precifione efporre le mie idee suU
aflunto , fiami permeffo richiamare i ben noti principj
suir elettricismo atmosferico . Nella formazione delle va-
rie
(.a) Si vegga la mia Letttra suìP elettricismo della ceneve lanciata dal Vefuvio , diret''
ìa al P. Taddei, Ciornale Encicl, di Napoli Giugno 1806,
175
rie qualità de' vapori oltre l'acqua ed il calore vi con-
corre il fluido elettrico, quale nel modo ifteflb faffx la-
tente, e ferba anche la lìefTa gradazione di quantità nei
pafTaggi, vale a dire che dei vapori quello invifibile ne
contiene la maffinia quantità , come ne contiene di calo-
re, e pallàndo a farli apparente, offia vefcicolare lo svi-
luppa e rende libero , e quindi di vefcicolare paflando
ad elll-re concreto , che colla caduta coftituifce la piog-
gia , anche di più ne sviluppa . Il contrario fuccede nei
paffaggi inveri!. Se dunque l'elettrico fluido sviluppato
venga in tale fatta nell'alta regione dell'atmosfera, re-
fta quefta elettrizzata pofitivatnente , e cerca eflb fluido
fottiliflìmo per la fua indole fcorrere verfo del fuolo ,
per riftabilire l'equilibrio. Similmente fé quantità di va-
pore dallo flato vefcicolare palla a quello elaftico , ren-
dendo latente con se l' elettrico fluido , in meno elettriz-
za la fuperiore regione dell'atmosfera, quindi dal fuolo
all' atmosfera cerca darli paffaggio 1' elettricismo . Soii
quefle le circoflanze e caufe, che tanti variati fenomeni
meteorologici producono .
Qualunque foftanza capace d'impregnarli d'elettricismo
per comunicazione , almeno in parte , trovandoli in qual-
che ambiente por lì dee nello flato ifteflò , e renderfl
giuoco di queflo agente il più poderofo. Non faccia ma-
raviglia dunque fé il polverofo nembo, che da vulcanica
eruzione fi elevi , fofpefo rimanga per quella elettrica
azione , che dall' effetto repulfione fi appella , come per
i vapori concreti e per la grandine iflefla fuccede. Non
't7^
è certamente come altri han fognato , l' azion dell' aria
( parole vuote di precifìone ) , che mantenga durevolmea-
te fofpefe nell'atmosfera foftanze di maggior gravità fpe-
cifica , e fpecialmeate poi in altezza tale ove 1' aria è
tre o quattro volte più rara .
Oflervai nel 1806 (a) la cenere lanciata dal Vefuvio
s guifa di denfa nube , non a molta altezza , che orizzon-
talmente ftendevafi verfo Caflellamare feguendo la cor-
re'rite del vento , ma ad un tratto rarefacendofì fi ele-
vava molto al difopra . La forza di projezione anche di
un vulcano, l'azione meccanica qualunque fìa dell'atmo-
sfera non potevano produrre quedo cambiamento tutto
contrario alla direzione che confervava , ed alle leggi
pneumo ftatiche , e ci conviene ricorrere alla fola azione
elettrica per darne la fpiegazione. Mi avvidi inoltre che
una picciola nube vagante, proffima al nembo che fi ele-
vava , fi tracciava e prolungava per raetterfi a contatto
di elfo, come appunto fa il cotone fofpefo nell'efler vi-
cino ad altro corpo elettrizzato in più o meno .
Che i turbini elevar pofTano del polverìo fott' occhio
lo veggiamo, ma terminato il vorticofo moto va cadendo.
Non così fé un gran turbine ecciti la corrente elettri-
ca colla immediata precipitazione de' vapori fofpefi nell'
atmosfera, che fa l'un sull'altro urtare , o rarefacendo
l'aria, inatta la rende a foftenere effi vapori , o final-
mente lo fteflò elettricismo atmosferico squilibrato fia cau-
fa
(«) Si vegga la citata mia Itttera.'
^77
la degriftefli uragani, come altri penfano , allora non
folo il polverìo , ma corpi i più pefanti vengono dall'aere
trafportati , ed a lunghe dillanze gittati . Lungo farei fé
maravigliofì fatti rapportar vokfli, che giornalmente avven-
gono in altre regioni, ove quefte meteore fono frequenti.
Non altrimenti fpicgafi h. caduta di alcuni corpi dall'atmo-
sfera, e fpccialmente delle pietre, ma ciò non elTer dee una
regola generale, ripetendo alcune di quefte la loro iftanta-
nca formazione nell' atmosfera , che dalle circoftanze concor-
renti e loro analid ben fi diftinguono, come farò rimarcare.
Lo squilibrio elettrico tra l' alta regione dell' atmos-
fera ed il fùolo regna, finche la bafla regione atmosfe-
rica fia inefiìcace a fare fcorrere quello fluido. Il va-
pore nello ftato di perfetta diifoluzione nell', aria , olila
nello flato di maffima fottigliezza , e trafparenza , talché
niuna fenfazionc arreca all' igrometro , è una foftanza quafi
coibente dell' elettricismo , quindi la bafla atmosfera de-
ve coftantemente moftrare un fecco igrometrico allorché
regna squilibrio elettrico tra 1' alta regione atmosferica
ed il fuolo . E' ben noto poi che V elettricismo niuna
malìa fa a traverfo le follanze coibenti, ed a traverlb
di quelle deferenti fi propaga e riftabilifce nel fuo equi-
librio fenza fosforiti e rumore .^ Non così avviene a tra^
verfo delle foftanze femicoibenti , al paflar le quali , ftre-
pito, fosforiti ed altre apparenze in variati modi pro-
duce. A mifura dunque che il vapore nella bafià atmo-
sfera rendefi fenfibile , odia igrometrico , iì moftrano
1 elettriche meteore , finche giugne 1' umido ad ellère
2 3 foni-
17^
fomraamente fenfibile , e molto più fé convertefi in piog-
gia , giacche le gocce fucceffivamente cadendo ilabilifco-
no in ogni fenfo una catena deferente ..
Suole alle volte aggiugnerll la combuftione del gas
idrogeno nell' alta atmosfera , ove per la fua minor gra-
vità fpecifica va a prender fede' , ed allora i fenomeni
elettrici rendonfi. più complicati .
Per quello che ho detto non farà meraviglia il Cea~
tire coftantemente , che mentre il nembo- di cenere sul!'
atmosfera percorre in forza dell' elettrico fluido squili-
brato , un fecco il più inoltrato fi moftri nella bafla. at-
mosfera . In fecondo luogo che terminar fogliono le ca-
dute di quefto polverìo che ingombra V atmosfera , o
con le piogge fpeiTo temporalesche , o con tremuoti
elettrici , per cui il volgo fpaventar fi fuole nel vedere
r atmosfera caliginofa e fecca .
PafTo ora a delle confiderazionl sull' arena vulcanica
caduta in Calabria .
Il Signor de Rifo dice , che nella notte precedente al-
la caduta „ il vento fu vario tra 'l mezzogiorno ed il
„ libeccio , però qued"' ultimo fu il vento dominante .
,, Nella mattina poi vi fu una calmerìa di venti , ma
„ r atmosfera era urente, ed il caldo eftraordinario . "
Anche il Signor Aracri attefla che fpirava lo fieflo vento
„ e Taria era fecca e molto temperata, anzi inclinata
„ ad un caldo fu ori flagione " . Quefto vento ho al-
trove dimollrato ( a) che nel pervenire all' Italia percor-
■" re
(a) D.'/h valutaz'oie li; Ile ismperatu/e loca/i .. Saggi lii Scienze nuturali delU Reil
Soderà d" IncDtjg. di N-ipoH Fu/,, IL.
179
re un grande fpazio delle adufte terre dell'Africa, on-
de non folo porta feco la temperatura la più calda dell'
Atlantico, ma deponendo qualunque umido, che sulle
acque abbia contratto, ferobra più caldo sulla nolìra pel-
le del fuo grado termometrico . E' oflervabile che a quali
tutti i fenomeni elettrici atmosferici di molta ccmfidera-
zione preceda quefto vento , giacche è il più atto a ren-
dere fecca la baffa atmosfera , e con ciò coibente .
Caduta 1' arena in Catanzaro nella mattina del 27.
marzo, foggiugne il Sig. de Oifo, che „ nel dopo pran-
„ zo incominciò ad ingagliardire il libeccio ed a fpira-
„ re anche il ponente , per cui da quel gruppo di den-
„ fa caligine fi fchiufe una orribile tempclTia a guifa di
„ turbine con acqua, baleni, e venti impetuofi . " II
Sig. Aracri racconta la flefla pioggia temporalefca avve-
nuta per tutto il tratto di Calabria ulteriore , in cui
cadde la detta cenere , e ciò maggiormente conferma l'uni-
formità della caufa di efTo fenomeno .
Dice inoltre il Sig. de Rifo . „ V arena che cadde
„ nella riviera di Reggio , e Scilla è forfè fette volte
,, più voluminofa ne' fuoi granelli di quella che cadde
„ nelle noflre contrade, come dalla picciola moftra che
,, fi rimette. Da ciò fi conofce che la forza di proje-
„ zione de' vulcani nulla contribuifce in fimili piogge ,
„ ma nella medefima foltanto opera 1' aria ed i venti ,
„ giacche in contrario la più minuta e leggiera dovreb-
„ he cader prima della più voluminofa e pefante . " Se
egli non giunfe a conofcere la caufa pofitiva del feno-
* me-
1^0
meno per mancanza di altre oflèrvazioni , è degno di
lode di averne rimarcata 1' impoffibilità dalla fempliee
proiezione .
Giova notar poi ciocche quefìi degni uomini ci rife-
rifcono circa V effetto della cenere predetta su' vegetabili,
uniforme a quello da me oflervato in Puglia , vale a
dire che le tenere foglie e fiori rellarono diseccate . Se
il contatto della polvere vulcanica faceiTe da per fé que^
fìo male a' vegetabili , certamente che poco o nulla pro-
fperar dovrebbero le piante nei fuoli profllmi ai vulca-
ni , ove il vento di continuo elevando quefìo polverìo
lo fa ricadere sa di e& . Ben poi mi ricordo , che of-
fervato avendo in Puglia un tale funefìo effetto sulle
tenere cime delle piante , fofpettai sulle prime che la
cenere caduta pregna foffe di qualche acido o alcali ,
capace a produrre su delle fibre o su gli umori qual-
che impreflione, ma ponendola sulla lingua ne relìai dr-
fingannato non provandone alcuna difgaftofa fenfazione.
Per non effere precipitofo a concludere , fparger volli
delicatamente la detta cenere raccolta su di alcune te-
nere piantoline di bafilico, e su di altre che erano ai-
lev ate in un vafe , ma nulla ne soffrirono , e ciò può
da chiunque replicarfi con della cenere del nofìro Ve-
fuvio . Come dunque nafce il danno alle tene re foglie ,
e fiori dalla pioggia di cenere ?
E' di ricordarfi che volendo r fisici fpiegare il dan-
no delle caligini , nebbie e brinate su' vegetabili , haniK)
immaginato formarle artifizialraente , ma dò pò averle all'
in-
infutfo imitate lioti hanno prodotti gli fteffi effetti di
quelle cadenti dall' atmosfera , per cui fi è creduto do*
verfì tutto attribuire al paflaggio elettrico promoflò ec-
ceffivamentc , o impedito con tali meteore dalle loro te-
nere cime , che fono i veicoli più opportuni a quello
attiviffimo fluido. Lungo ed eftraneo farebbe al mio af-
funto rapportare quanto su di ciò fi è detto, e quanto
fi è immaginato per impedire quelli dannofi effetti , ma
ommetter non devo che lo fìimolo replicato prodotto
sulle tenere fibre vegetabili caufando loro del male , cer_
taraente che la cenere elettrizzata cadendo sulle tenere
cime e fiori , produr deve lo lleflo , per cui ne avvie-
ne il patimento già detto, eflendo per ogni altro innocente.
Dicono inoltre i Signori de Rifo ed Aracri , che elfa
cenere ne' primi glurni Uopo la caduta veniva attirata
dalla calamita , e quindi mano mano perde quefla facoltà.
E' déffa la malTima prova che tale cenere o arena , con-
tenente del ferro ofiìdato , ha dovuto fubire una forte
azione elettrica . Chi non sa che il feiTo toccato dal ful-
mine, o da lunga azione elettrica, acquifla la magnetica
attività , e che alcuni offldi ferruginofi col mezzo illeifo
fogliono renderli in qualche modo attirabili dalla cala-
mita , quali che un principio di riduzione o decombu-
fiione rifentano, quale coli' azione dell' offigeno van di
nuovo perdendo .'*
Conofciuto , che la lunga fofpenfione del polverìo
vulcanico nell'atmosfera, non fia che un fenomeno elet-
trico-atmosferico , ci fi apre la traccia a delle congetture
sul-^
sulla formazione degli aeroliti ] o meteoroUd , di cui
tanto se n'è parlato (a).
Fin da remoti tempi vi fono flati de' racconti di pie-
tre cadute dal cielo , come fopranaturali prodigi , a cui
molti non predarono credenza . Che da' vulcani fieno (late
lanciate delle pietre , che da'turbini fieno fiate altre fol-
levate e gittate altrove, e così altri pefanti corpi, concor-
rendovi anche l'elettricismo, non vi è chi rignora. Ma
che fi pctefTero generare nell'atmosfera iftefla ninno lo
fofpcttò prima del chiariffinio Ab. Soldani noflro Italia-
no (b) , richiamando per altro V opinione gittata fenza
prove dal Cartefio (e) . Gran contrago su di ciò tra fi-
sici fuccefi"e , e lo fleffo illuftre Spallanzani la maffima
difficoltà incontrò nell' ammettere delle fofìanze minerali,
anche polverofe nell'atmosfera, eccetto che per qualche
turbine, e per breve tempo, da dar luogo a tali con-
crezioni {d). Il fofpetto del P. Soldani pare ora confer-
mato dalle mie ofTervazioni , tanto più che egli ad elettrica
accenfione credè doverfi attribuire la loro generazione .
La pioggia di fafll <:aduta nell' agro Senefe nella fera
de'
{a) Si vegga una mìa lettera diretta a, S. E. Reverend. Monfiqnor Capecelatro
Arcivefcovo di Taranto &c. dor/i/ìle Encidop. di Napoli, Ceanaio 1S07.
(i) Si vegga il Traiilunto della difTerrazione del P. D. Ambrogio Soldani Ab.
CamalJolcfe. Opuf. di Milano, voi. XVIII , an. 1795.
(e) Qu(,n'urni vatdt varia ejì & multiplex exhalattonum natura ) mihi facile perfiia-
dea fieri pojje in!srdu»7, ut a nubihus compreff.r materiam quamdam comportam , quie co-
fare ac fpecie cxterna iac , cameni aut Jangmnem aliquo modo referant ^ vel qute fuhitò
eccenfa 6" combufla fiat talis, ut prò ferro aut lapìdibus fumi poffìt & i>iter
frodigia fiepe tegimus ferro, Jangiune , aut aliis fimilibus pluiffe. Cap. ". de Meteor.
{d) Si vessa la lettera del detto Spallanzani . Opuf. di Milano voi. XVIII. an.
i?3
de' 1 6 Giugno 1794, che da queflo dotto fisico , e da
tanti accreditati ed iftruiti uomini fu oflervata , accom-
pagnata {i vide da notabili Tcopp] ed accenfioni elettri-
che, che tra aride nubi fi facevano, e le pietre cadde-
ro infocate , e fi profondarono nella terra , fenomeni che
codantemente fi^ oflervano in tutte le cadute degli aero-
liti. Ecco poi ciocché lo Itcfix) Soldani (a) ne dice di
quelle pietre „ Efteriormente quefte pietre fon tutte co-
„ porte di una patina nera , che fi riconofce efTere una
,, vetrina a fuoco . Interiormente fon tutte di una pa-
„ fta uniforme di materia neraflra in forma di criilal-
„ letti di figura diverfa , ma fpecialmente cubica , e di
„ varia mole fecondo la maggiore , o minor grandezza
„ della pietra. Di tre foiìianze fon efle tutte compofle,
„ una fempre lucida e rifplendente , forfè metallica , o
„ femimetallica , la feconda nera forfè fulfurea minera-
„ lizzata, o anche ferreo-bituminofa , e la terza una ce-
„ nere quafi impalpabile fottiliflìma, conglutinata firet-
„ tamente con quelle due fofìanze, la quale dal cine-
„ reo fi muta in color ofcuro , quando la pietra viea
„ pulita e luftrata " .
Fu in feguito offèrvato che coli' andar del tempo notr
perdevano tali pietre la loro coefione , e così con' for-
prefa ofTervai in pochi raefi nella fuperficie di un pez-
zetto quanto una fava , che potei averne ,^ fiaccato da
al-
e-i) UiJ,m :
184
altro più grande, a rlferba però della crofla vetrificata
che reflò intatta .
Quefte pietre fconofciute a' Litologi cominciarono ad
eccitare la curiofità de' chimici. Il Sig. Howard Inglefe,
dall' analili di alcuni aeroliti caduti in varj luoghi , e
tempi riconobbe per loro collanti componenti la filice,
il ferro, la magnefia , lo zolfo, il nikel ed accidental-
mente qualche poco di calce ed allumina . Il Sig. ProuQ:
vide in feguito effervi del manganefe , e ciò confermato
venne da altri chimici . Il Sig. Langier incaricato per
Tanalifì del mufco di ftoria natiurale in Parigi, in una
fua memoria , letta nell' Ijlituto nazionale nel dì i o.
marzo 1806, annunziò eflervi anche del cromio . Final-
mente nel dì 15 marzo del 1806 caduto efTendo nel
territorio di Valenza , dopo gran fragore elettrico un
aerolito infocato , che fu trovato del pefo di quattro
libbre francefi circa , quale profondoffi per la caduta
mezzo piede nel terreno , fu in feguito completamente
analizzato da tre infigni chimici Monge , Fourcroy , e
Berthollet . Ritrovaron effi che contenea di ferro oflida-
to al minimum 38 centefimi, di filice 30, di magne-
fia 1 4 , di nikel 1 , di cromio 1 , di carbone 14,2
di zolfo quantità inapprezzabile (a) .
L'uni-
{a) Devo qui richiamare, che le pietre cadute nel Coatado di Molife nell'anno
fcorso , alcune delle quali furono a quefta Società Pontaniana prefentate dal fu»
Chiariflìmo Socio Sig. Giampaolo Gonlìgliere di Stato , furono riconofciute a bafe
di allumina, di teflìtura, e componenti differenti, dalle predette, e fimiliffìme per
r oppofto ad altre di quel fuolo, che perciò fi crederono follevate in aria da qual-
che turbine, e non già nell'atmosfera generate, tanto più che la loro caduta non
f» accempagnata da fragore ed accenfione elettrica , n^ caddero infocate .
18,-
L'uniformità de' componenti , e teflìtura riconofciuta
ne<>li aeroliti , e nelle altre circofìanzc che concorrono
alla loro caduta, mollrano T uniformiti di loro genera-
zione . A ben intenderla però due eflenziali confidera-
zioni aver fi devono . La prima riguarda la forza , ri-
peto, che foftener pofTa nell' atmosfera foperiore contro
le leggi pneumo-ilatiche le foftanze minerali componenti ,
da cfl'cre richiamate al momento della concrezione , e la
feconda , come venga querta efeguita .
L'elettrico fluido, mantenendo in illato di rarefazio-
ne , olfia di repulilone , le folknze minerali a fegno
di vincere la loro gravità, fé per qualche accidente, non
raro a fuccedere nell' atmosfera , un volume di quella
da uno lìato elettrico all'altro oppoflo vada a palfare,
allora la repuliiune in attrazione fi converte , come è
ben noto, e richiama ad un tratto tutte le di^perfe fo-
fìanze in un sol punto . Aggiunta a ciò 1' infiammazio-
ne elettrica , che vi concorre , un principio di fufione
fubifcono, con;e alla fuperficie patentemente moftrano .
E' d'avvcrtirfi che all'attrazione elettrica par che vi fi
combini anche la chimica affinità de' componenti fopra
veduti, da prevalere anche per la prefenza del calore,
per cui la coflanza nella proporzione di eiTi componen-
ti , e nella teffitura rifulta .
E' anche rimarchevole la perdita di coefione che col
tempo suol avvenire agli aeroliti, fpecialmente fé efpo-
fli fieno all'azione della pioggia , ed alle altre atmosfe-
riche intemperie , per la quale non fé ne trovano di
24 que?
15C)
quefte pietre confufe con altre nella fuper ficie della ter-
ra da poter eflère foUevate da turbini come le altre, e
quefto t'orma la maffima, prova della, loro- precipitofi for-
mazione ueir atmosfera .
DE'
187
DE' PRIMI ABITATORI DELLA CAMPANIA.
E
DELLA OPICIA PROPRIAMENTE DETTA
MEMORIA
DI
VINCENZIO DE MURO
SEGRETARIO GENERALE E PERPETUO DELLA SOCIETÀ'
Letta neWadunam^a de' io. di Maggio 1809
J]^" on vi ha cofa nella floria delle nazioni sì ofcura ,
come le origini, le antiche emigraziooi, e i primi loro
flalilimenti. Siccome siffatti avvenimenti rifalgono a tempi,
de' quali non giunfero fino a noi memorie coeve, ficure,
e parlanti; così grandi sforzi d'ingegno fan di melHeri
a camminar tentone in mezzo al bujo delle favole , e
delle volgari tradizioni dalla vanità de' Greci maraviglio-
faraente guade , e {travolte , per ifcoprire qualche pic-
ciol tratto di luce, che condur ne pofla al ritrovamen-
to del vero , o di quello almeno , che più avvicina/i al
vero . Di qui è addivenuto , che tante fono e sì varie,
e fpeiTe fiate sì oppofle fra loro le opinioni degli an-
* ti-
i88
tichi , e de' moderni altresì^ sulle primitive popolazioni
d' Italia , che fcbbene abbiano la più parte per appog-
gio gran nomi, e grandi autorità , non è tuttavia ma-
lagevole ravvifar V incertezza di ciafcuna , e forza è re-
fìare in bilico, per non poterne abbracciare alcuna fca-
za timor d'ingannarli.
Poco di fatti, o nulla giova l'autorità degli antichi,
quando dell' origine fi tratta di popolazioni , che furon
le prime a metter piede in un paefe , ed a gettar ivi
le fcHida menta delle grandi focieta . Pbteano, per cagioa
d'eferapio, Erodoto, Diodoro Siciliano, Dionifio d'A.li-
carii.dìo, Paufania, A pollodoro , venuti più iecoli dopoj
poteano , io dico , raccontar altro , che fole , quando non
aveano alla niano documenti autentici per favellarne con.
ficurezza ? Poteano far altro , che ripetere le vecchie ba-
loccherie popolari? Ferecide fu il primo , che tolfe di
proponto^ a teflere genealogie di principi, e di nazioni.
Ed ei feppe lufingar così bene la lìolta ambizione dei
Greci , che fi millantavano di aver colle loi'o colonie
popolata la terra , e di eflere i padri e progenitori di
tutte le nazioni' , che meritò per quelita piaccenteria il
danQ della cittadinanza di Atene . Gli altri o animati
dallo ileffo fpirito lo copiarono , o arroffirono di quel-
le baje , e li tacquero .
Per la qual cofa io fon d' avvifo , che a troppo fot-
tìi filo fi attennero quei tra' moderni , i quali ripofando
ai-la cieca sulT autorità degli antichi ripeterono le loro
follìe,, e lafciaron la cofa nella flefia ofcurità ed incer-
te z-
189
tezza. Quefte tracce féguì il volgo degli eruditi', mentre
altri per altre ftrade s' incaminavaiio. Alcuni su qualche
leggici- cenno, su qualche notizia monca ed ifolata, fpef-
fo sulla raflbmiglianza di un -vocabolo levandoli a volo
fabbricarono in aria lìlliemi maravigliofi , e videro nella
lor fantafia nafcere i popoli , e moltiplicarfi , e cambiar
cielo, e nome, e confonderfi con altri, e fparire. Al-
tri più ardimentolj.., per una certa boria di diftinguerfl
dalla folla , ii sforzarono di torre all'oriente il vanto
di aver popolata la terra, e fecero sboccare dal Setten-
trione gli fciami d'uomini, che a poco a poco riempie-
rono il globo. Altri, nulla intendendo di quefto erudi-
to cicaleccio , fi diedero a credere , che tutti i popoli
iiano indigeni , sbucciati cioè dal fuolo , che calcano ,
non altramente che forgono nelle paludi le rane, e sul-
la terra i fonghr.
In quanto a me , pare , che la difperfione delie gen-
ti , e r emigrazioni de' popoli , la fpedizione di colonie
in paefi difabitati , o dagli antichi abitatori abbandonati,
e le afpre guerre a que' popoli fatte , che non voleano
Jafciare il lor nido, fieno avvenimenti , di cui è piena
k floria^ , e di cui relìano ancora negli antichi monu-
menti, e foprattutto nelle loro lingue le tracce. Sicché
a mio giudizio non minore iìolti^ia farebbe a porre in
dubbio siffatte cofe, che a predar fede alle minute cir-
coftanze, di cui le ha riveftitc la fantafia de' Greci, o
alle favole , onde le hanno , non faprei dire , fé illeg-
giadrite , o contraffatte i poeti .
Le
I9Ó'
Le idee fingolari poi del 'Rudbeck, e del Bailly,clié
han pollo nel None la culla degli uomini, benché non
disgiunte dalla lode di raro ingegno , fono sì contrarie
a quanto v'ha di più collante , e di meglio avverato
nelle tradizioni e negli annali del genere u.nano , che
le poffiam fenza fcrupolo flringere in un fafcio colle
più flrane produzioni dell' umano ingegno .
Voi già prevedete quel che io vado a penfare dei
primi abitatori della Campania , e della Italia tutta .
Cerchiam dunque di fcuoprire , chi furono i primi ad
occuparle, o almeno i più antichi, di cui il abbia me-
moria, e donde vennero, ed ingegniamci di fcorgere in
mezzo agli errori, ed alle favole il vero.
I. Dioniiìo d' Alicarnaflò , inveiligator diligentiflìmo
delle romane antichità , ammirando lo fpirito fecondo di
Ferecide , le frottole da lui elegantemente ordite fenza
efame,, e fenza ribrezzo adottò (i). Secondo lui dun-
que una colonia di Pelasgi fotto la condotta di Enotro,
figliuolo di Licaone re di Arcadia, nipote di Pelasgo II ,
valicato l'Ionio, diede fondo in Italia. Pria di quefta
fpedizione, foggiunge Dionifio,non vi è memoria, che
l'Italia fia ilata da altri abitata. Ma chi furono cotefti
Pelasgi venuti in Italia con Enotro? dopo queflo efame
ci faremo a rintracciar memorie di fpediziioni più antiche.
La genealogia di Pel.isgo , def^:ritta con eflrema pre-
cifione da Ferecide, appartienfi a tempi , in cui giufta
l'efpreiHone di Macrobio (2), la floria è muta. Non
aven*
(l) Ant'iqu. Uè, i. (z) S^fi^f' li^' !•
i9r
avendo <3unq;ue fondamento- in inorici monumenti, è da
dire, che pretta ioìmaginazione fia di queflo ftorico adu-
latore . La denominazione di Pelasgi non viene già da
un re, che l'ignoranza e la fantafia de' Greci lor diede.
Quando quelli non intendevano V origine del nome di
un popolo, erano ufi di trarli d' impaccio con mettere
in campo un condottiero, o un re, che avelTe lor dato
il fuo nome. S'inventò un re Pelasgo , come un re Ita-
lo , un re Siculo , perchè s' ignorava l' origine delle na-
zioni, che un tal nome portarono . Oggi è noto fra gli
eruditi, che quefta voce difcende dalla radice ebraica l'jQ
phaleg , che difperfione e fper pera mento dinota . Dee
riputarli adunque come appellazione comune a tutte le
nazioni infìabili, erranti, e apparecchiate Tempre a mu-
tar cielo, come appunto defcrive i Pelasgi Strabone ( i ).
l Pe-
(l) TloWirXxyop ì'i xoci Ttf,^u lo iSyo< rrpit iirxVaT-xtriti . Strab. lib. XUI
Ma i Greci medefimi , che ignoravano la vera origine di quefto nome,
ed avea'io dei buon fenfo, né lo ftemma di Pelasgo credevano, né la ge-
nealogia de' Pelasgi , e quefto nome ai più popoli attribuirono. Mirfiio
preflb Dionifio fteflb voleva , che foffero flati così chiamati dai Greci ,
quafi iTiXapyoi , o fìano cicogne , perchè a guifa di quefti uccelli andavano
a dormi vagando. Dal qual fentimento fembra non elfere ftito alieno
l'accuratiflìmo Strabone Itb.V. A-rii^a aurypapai/Tn i^opisii ':Tipi tuv Tr«.«5-
yav , Sia S'f To irKaiiinm nfat , xai S'tx.ìiv opiniDH tir t<fOiTay ìip ns ''"■'X* TOinti ,
Più ridicola forfè è 1" etimolonia , che ne dà l'Autore del Grand' Eti-
mologico : TliKaiiyix.011 ro Cito Tuppiivav x«t«JX«9£;' tei^s; ' m xcti Sata/jitrot
Ttvii ■jiXapyiis ùvofiacxv S'ta auvìoms às ìipopuv , vale a dire, che in vederli
alcuni li chiamarono pelargi, o fia cicogne, per le vefti a due colori, che
port.iTano, cioè bianco e nero, colori della cicogna. Si offervi però , che
quefto autore chiama Pelasgi i Tirreni: tanto è vero, che Pelasgi anche
«ella mente de' Greci erano tutti j popoli facili a cambiar cielo : e Dio-
nifio ha il torto di crederlo un errore . Era quefta 1' opinione comune de-
gli antichi. Hyghmi dixit , Pelasgos effe fui Tyrrhenì flint . Hoc tùam Varrà
evmmemorat . Serv. in II. Xneid. 8.
19*
I Pelasgi dunque di Enotro fono fenza dubbio i Fé-
nicj , conofciuti dagli antichi per famolì naviganti , e come
gente avvezza ed inclinata a cambiar cielo, e a fpedire
colonie in lontane regioni . E non farà per avventura
lontano dal vero , che in parte que' Cananei fiano flati,
che fuggendo dall' afpetto del figlio di Nave abbando-
narono agi' Israeliti la terra di Canaan . Poiché sbigot-
titi dair arrivo di quefti , e dalla fama di Giosuè loro
capo , fi fparpagliarono in modo , che alcuni nella Gre-
cia fi fermarono; altri paflarono in Africa , diedero il
loro nome alla nazione punica , e pofero nella Numidia
Tingitana la famofa ifcrizione in caratteri fenicj ; Noi
fiamo quelli che fuggimmo dalla preferita di Giofue la-
drone , figliuolo di Nave , rome vien riportata nella ilo-
ria delle cofe Vandaliche da Procopio ( i ) ; altri prefe-
ro la volta d'Italia, e di quelli alcuni, che portavano
il nome di Tirreni, o Tirfcni , approdarono nel paefe ,
che da effi fu chiamato Tirrenia-, e pofcia Etruria; al-
tri , e propriamente i Filiftei andarono ad appiattarfi
nelle lagune del paefe, che fu poi detto Venezia ^ ove
divennero celebri gli fcavamenti , e le folle Fililline ,
rammeniate da Plinio (2). Altti, detti del culto di Sa-
turno, o fia di Chiun Coni, o fiano Saturnini, fi get-
tarono nella prima terraferma , che incontrarono , nel
pae-
(1) HjU£/« ìafiiv 0/ ifuyoi'Tti diro 'irpaiau'ìri liias tu >.iìtìì Oiis r» Navi/
Proc. in Vandalic.
(2) H. N. tiÙ. IL <:. 12.
paefe de' Bruzj , e ài là fi ftefera verfo le maremme
orientali d' Italia .
La venuta de' Pelasgi Enotrj in Italia fecondo il com-
puto dell' Alicarnafleo medefimo appartiene al fecolo 14,
del mondo gialla la cronologia UlTcriana. Imperciocché
venne, a dir di Dionilìo, al mondo Enotro nella diciaf-
fcttefima età prima della guerra di Treja. Quindici età
computate alla maniera di Erodoto (i) vagliono cinque
fccoli ; ma fecondo il calcolo di Efichio (2,) , e di altri
Greci computandoiì l'età per 2,0, 2-5, o 30 anni , le
diciaffctte età fcorfe dalla nafcita dei favolofo Enotro
(fino alla guerra di Troja giungono a quattro fecoli , o
a quel torno . Ma la guerra di Troja cade nel dodice-
iìmo fecolo prima di Augufto, vale a dire nel ig del
mondo . Dunque la fpedizionc di Enotro in que^e re-
gioni nou è anteriore agli anni 2500 del mondo. Qucflo
calcolo è fondato sulle favnlofc genealogie inventate dai
Greci. Intanto combaciali perfettamente con quello, che
de'Cananei abbiam detto. Cade la loro fuo-a verfo la metà
del fecolo XV. prima di Grido circa gli anni 2,500 del
n>ondo , otto fecoli e più dopo il diluvio . Nuovo argo-
mento , che i Pelasgi Enotrj , e Coni non furono altri ,
che i Pelasgi Fenicj , o fiano i Cananei commercianti ,
o i Cananei fuggitivi , e difperfi .
Or neir ipotefì Dionilìana , che gli Enotrj fiano flati
45 i pri-
(0 Herod. lìb. IL n. 4^
Ct) Hefych, V. ytytcc. Vedi Ryckii D>ff- Jc primis Italia cokniis^
r94
i primi a por piede in Italia, farà egli mai credibile,
che nello fpazio di otto fecoli dopo il diluvio fia ri-
mafo queflo bel paefe un deferto.^ Sarà egli credibile,
che le popolazioni erranti , e T una dall' altra incalzate
e fofpinte abbiano tanto tempo perduto- pria di trovare
la. ilrada da penetrare in Italia , paefe sì vicino alTorien-
te? Abhiam forfè meflieri de' calcoli del Petavio per cre-
dere in otto fecoli sì popolata T Alia, che abbia a\u-
to bifogno in quello intervallo di sgravarli più volte
del pefo d' una fenipre crefccnte popolazione ? Tutto dun-
que par che porti a credere, che colonie molto più an-
tiche fi fiano da più fecoli flabilite in- Italia ; che in
eonfeguenza febben fia vero , che in tutte le città ma-
rittime del mezzogiorno d' Europa , e sulle coftiere Afri-
cane, bagnate dal mediterraneo, s'incontrino velb'gie di
flabilimenti Fenicj , penfar tuttavia , che i Fenicj fiano
fiati i primi abitatori d' Italia , e della Campania parti-
colarmente, è fogno d'infermi,, che confonde, e tempi,
e, nazioni .
Una tradizione antlchiffima, confervataci dà quafi tutti
gli Storici latini , e da Dionifio. fieflb , nomina Abori-
gini i primi popoli , che abbiano pofTeduto il Lazio ,
ed Opici qudli, che i primi tennero la Campania. A
quefìi fon compagni i Sicoli , i- quali venuti poi a guer-
ra con gli Opici e gli Aborigini, furon da quefli cac-
ciati d' Italia , e coilretti a fuggire nella vicina Ifola ,
che da elfi prefe il noQie di Sicilia . Quefli tre popoli
erano neli' antico linguaggio del Lazio chiamati Cafci ,
vale
19)
•vale a dire , i vecchi , gli antichi . Si pofTono leggere
su di ciò Dionifio Alicarnafleo, DioJoro Sicolo, Livio,
Giullino, Aurelio Vittore (i). Ma meglio di tutti, e
con maggior diftinzione ne fa parola Arillotile nelT vm
libro delle Cofe Politiche . Mentre quefll ( i Coni e gli
Enotri ) e' dice, nella Japigia , e lungo il mare Ionio
abitavano il paefe, che fi appella Siriti; quella parte,
che J porge sul mar Tirreno , occupavano gli Opici , i
quali anche Aufoni fon chiamati (a).
Abongini dunque furono i primi popoli, che abita-
rono il paefe, che in tempi polleriori fu Lazio appel-
lato; e gli Opici furono quelli, che abitavano intorno
al cratere , e nel paefe , che più fecoli apprefTo dalla
bontà delle fue terre chiamofh Campania . Ed erano di
tanta antichità in Italia , che fmarritad og"i memoria
della loro venuta , le popolazioni , che vi vennero do-
po , ignorando , donde fofler partiti , e come qui avef-
fero approdato , li crederono indigeni , e fi perfuafero ,
* che
(i) Tìionyf. Jntìqu'it. Uè. I. Dìod. Bibl. ì'tb. IV. Liv. l'tb. I. in pr. jujììn.
Hi/i or. iib. 45.
(2) llr/.oìsv S'è riiv (nv ct/ws riiv ruppiivivn Oirir.Ot , x«i irponpv km v'Jv x.a-
Knfiiyoi r»v tvayui^iay Autroyis ' Tuy St irpot my lcti:ijyiav , Kxt roy l'ayioy x'a-
pxy Tiiv KaKuixsyi/y 'S.vpnv : MOav «Te 01 )^ai'ts aivaipiot To yeyis . yfri/t. Polie.
ttb. Vili. e. 10. Sul qual luogo coafessò nel Tuo cemento il dittiffi'nr) Pier
Vettori di non fapere , e di non aver niii letto , quii foffe il paefe chia-
mato Sirti da Anftotile , ed abitato ài Coni . Ma offervò bene il Cafau-
bnn , e pofcia il Mazzocchi eflervi error di copiib , i quali in vce di
1vf.(iTiy v'intrufero 'Supn-uy . Poiché Siritide era il p.iefe bagnato d<l Siri,
fiume celebre in quella contrada . Non altrimenti è sbaglio di amanuenfi
ì\'2npiivi'T,Sos, che fi legge in Strabene, allorché dice, che il nome d'Ita-
li», » di Enotria fi ftefe /u£^pi t»< M£rr«n-5,T.x«i kui tih '^upiiytriS'oi , Stri'.
ho lib. in. Vedi H'acco Caiaubon su qucfto luogo .
ì^6
che follerò generazione di uomini , che non traevano
origine da altri popoli , ma che erano nati da loro fteffi.
Non altrimenti la colonia di Cadmo giudicò e chiamò
autocLoni i Lelegi , e gli Aoni , che trovò fparlì per
1 Attica , e di cui non conofceva V origine . Secondo
quella idea li defcrive Dionifio. , come indigeni d' Ita-
lia, e generazione nata da. fé medefìma (i) . Effi fleffi
per avventura , la propria difcendenza ignorando , ven-
nero in quella opinione di (e , ed avendo già formata
una lingua lor propria , che fu la culla della latina , li
chiamarono Aborigini., q-uall non aventi origine da altri,
ma fol da fé ileffi . Imperciocché non è da cercar l'ori-
gine di quella voce in v^eruna lingua flraniera ; e il
credere , come preflb Dionilìo fecero alcuni , che poffa
derivarfi oal Greco , e dinotare abitatori de monti , o
Jìgli delle montagne , è sforzare l' analogia , la quale efi-
gerebbe che foflèro chiamati Aborigeni ■, e non già Abo-
rigini (a) , e farebbe difcendere quella voce da quell'
alta antichità , che fembra avere , fupponendola inven^-
tata dai Greci. Ripeterla poi da aberrare^ quali aber-
TÌgini , come fognarono altri prefTo lo fleflb Dionifio- ,
e un' afTurdità fenza pari : refifte all' analogia infieme ,
ed al fatto . Ne vi è come giuHificare il cambiamento
dell e in o, il troncamento di un r, e la giunta del-
la definenza in ìgine . Ne è vero, , che foffero popola-
zio-
(1) lei oiutop^^oiixi Irahiuc , ycos «uro ro KxSi' ìaUTH y^youn'ov , Antiquii'-
V.b. I. / . :/
(2) A',ro TJ( (tp òfidiv ytti^ai „.
;^97
zionì erranti, fé avevano fegglo fiffo sulle montagne del
Lazio . Egli è vifibile , che il verbo ahoriri diede na-
flimento a quefto vocabolo; poiché è noto, che la pre-
pofizione ab in congiunzione dà fpefTo al verbo una 11-
gniiìcazione contraria a quella del fcmplice , come av-
viene in abrogare, abdicare, abortus ; in guifa che la
vera lignificazione di Aborigini, è d'uomini , che non
traggono origine da altri . Aborigini dunque non fon
quelli, che ab origine tennero il Lazio, come T inten-
de il dotto Marchefe de Attellis , ma quelli , che da
altri non traevano origine . Infatti fecondo l'antico Sto-
rico Saufeo preflb Servio , i primi abitatori del Lazio
furono chiamati Cafchi ; ma poi fu quello nome fcam-
biato in quello di Aborigini , e di latini dalle poftenori
genti , le quali da altri genitori erano difcefl - Quell ul-
tima circoftanza dimoftra , che fecondo il fentimento di
Saufeo le genti , che arcano contezza della propria di-
fcendenza chiamarono Aborigini quelli , di cui ignora-
vano l'origine, e che fupponevano non averla da altri,
ma eflcr gente, come fi efprime T Alicarnafleo , nata da
fe niedefima .
Gli Opici furono gli fìefiì , che gli Aborigini , abi-
tavano la Campania finitima al Lazio , e il loro nome
non fu altro, che una feraplice verfione dell' altro . Gli
antichi filologi, che non fentivano molto innanzi nella
fcienza etimologica, cercarono nella favella de' Greci la
radice della voce Opici, e come niun' altra ne trovaro-
no, che meglio le fi avvicinuITe nel fuono , che oC^iq, la
198
Jerpe , finfero ^ che grati moltitudine aveflero qui ritro-
vato gli Opici di quelli rettili velenofi, e tiratone au-
gurio ne aveflèro prefo il nome . Così Servio ( i ) , così
Stefano Bizantino (2.) , e quel che è più , così il Maz-
zocchi , il quale crede di dar pefo a quella opinione
con oflervare , che ancor oggi nelle anni di Capua ,
Città opica , lì veggono cinque bifce ritte su di un ba-
cino (3). Ma come non ifcorgere, che quefte fono chi-
mere nate più fecoli dopo V origine di <|uel popolo nel-
la mente de'gramatici? Donde mai trar poterono la no-
vella delle ferpi colà trovate ? Ed è poffibile , che i più
antichi popoli d' Italia abbiano prefo il nome da uiu
lingua , che non potè eflere , fé non col volger de' fe-
coli qui conofciuta ? Creder poi col Martorelli (4) , che
gli Opicl lìano gli Etiopici di Omero fuppolli in Poz-
zuoli, e non si sa perchè dimezzati, è un vero delirio.
Mal non fi appofe però il Marchefe de Attellis .,
quando giudicò dietro le orme del Voffio , che da Ope
aveffero prefo nome gli Opici . Ma egli fedele al lùo
fìftema di veder fempre nel nome delle Città , e dei
popoli antichi una deità Fenicia, fuppone, che alla vi-
fla di quelle belle campagne le abbiano polle fotto la
tutela di Ope, dea delT abbondanza , e V abbiano chia-
mata Opìcia . Sarebbe ciò verifiroile , fé gli Opici fof-
fero
(l) Sfrv, in W. JEmid.
(1) Steph. -mpi ToXiaf V. omxoi .
(?) Mazoch. in _Mm:1. C^m:,. Amt>h. tìtiil.
{4) Fenicj primi abitatori di Napoli.
199
ftro Fenicj, e non precedeflero di più fecoH la venuta
de' Fenicj in Italia .
Io dunque fuppongo, che quelli popoli abbiano avu- ■
ta una lingua : chi oferebbe negarlo ? che quella lingua
fu quella, che (ì parlò in tutta l'Italia dalle nazioni,
che vedremo difcender dagli Opici; e che fi confervò,
anche quando \inta la nazione opica fi mifchiò, fi con-
fufe, e formò un fol popolo con gli Etrufchi , e che
quella lingua fu la madre della latina. In quella lingua
antichiflìma d'Italia, e compofla la più parte di toono-
fillabi , come tutte le lingue di popoli barbari , e rozzi,
ops fignificò la terra , come dimollra il noflro profon-
difilìmo Vico (i) . Vennero dunque Opici chiamati
quelli noUri antichiflìmi progenitori , quafi figli della
terra, che abitavano, per quella llefia ragione, io fJ'Co,
per cui gli abitatori delle montagne del l^do furono
detti Aborigini . Furono letteralmente gli autoctoni dei
Greci , gente nata da fé , e non da altri .
Conferma quello mio penfiero quel che racconta Dio-
doro Sicolo degli abitanti delle vicinanze di Cuma , i
quali per la grandilTima riputazione di fortezza e di ga-
gliardia, e per l'eccelli va grandezza della loro corpora-
tura furono chiamati giganti , e giudicati terrigeni , o
fiano figli della terra (2) . Di ciò avremo più innanzi
occufi ne di favellare .
Ma
(i) Sciama N'wva .
(z) ^vb:)\nyiir'r<ti ì' oi yiyai"Tti yHytyUi ytyoyai «Tia T»» ùirtpffo>^«<- "^^ x"''"'*
•»H« fivyi^v!. Dud. Sic. B'ibl. lib.lV. p.zój.m. apitd iV^rJhnks . E' qui de-
Ma chi dunque furono cotefli Opid , cotefti Atori-
gini , che precedettero di più di quattro fecoli le colonie
de' Pelasgi Fenicj ? Variano all' infinito le opinioni dei
dotti . Alcuni diranno , che in una interminabile fuccef-
fione di nazioni gli Opici fono una delle prime popo-
lazioni , di cui abbiano fatto motto gli fiorici a noi
pervenuti . Ma in quelli giucca più T audacia , che la
ragione. Altri diranno, che fono di que"" primi, che di-
fcefero dalle montagne , dacché fi cominciarono a ritirare le
acque , che aveano ricuoperta V Italia , come degli Umbri
affermano alcuni per render ragione del nome . Ma quefla
ofcura tradizione di diluvio italico proverebbe al più, che
vi fiano flati popoli più antichi ancora , ma del tutto ignoti;
e mio difegno è di provare foltanto , che gli Opici fono
in Italia più antichi de'Fenicj , e di tutte le colonie Gre-
che, e i j>r;mi, che ci faccia conofcere f ifloria . Altri
forprefi della ralToniiglianza , che fcorgefi tra alcune voci
latine , ed alcune della favella teutonica , o celtica , fi
fanno a credere, che i primi itaUani fiano flati figli di
p0.
gna di rifo l' oflfervaiione del Weffelingio su quefto luogo di Diodoro .
Egli li vuole chiamati yitytnn , o fia terrigeni per l'ofcurità de' loro nat.i"
li., in quel modo che inteade il Poliziano Mi/celi. e. i8. il (mterculum gì-_
gantìs di Giovenale Sat. IV. , come fé tra i rozzi antichilfimi Opici vi
aveffe potuto efler quiftione di nobiltà di natali. Se altri poi voleffe , che
un tal nome portato abbiano dall' Oriente , o piuttofto 1' abbiano lor dato
le popolazioni venute qualche fecolo dopo in quefte contrade per la lle(Ta
ragione della opinione , che aveaf: della lor robnftezza , io non mi op-
pongo. Veggo bene , che potrebbefi ripetere il nome di Òpir/ dalla radice
DQK <i/>ac- , roboravìt , da cui difcende D»3'3>{ apicìm , robufli . Forfè per
quella riputazione furono chiamati giganti , che figli della terra erano detti
dai Greci .
20I
popolo fettentrionale , fenza tiflettere , che quando alcu-
na cofa provar potcfTc sifFatta raflbmiglianza , proverebbe
con egual forza , che i fettentrionali popoli fiano fìati
colonie venute d' Italia . Pretenderanno altri , che i pri-
mitivi italiani abbiano dall' ultimo oriente emigrato ; poi-
ché fi racconta , che il poco fa trapaflato Sig. Hageman
avefle contato nel linguaggio fanscreto fino a 60 co.
voci , che fi trovano tali quali nella favella del Lazio.
Ma fé non errò nel fuo conto l'erudito Tedefco , di che
poffiam dubitare , non elTendo a ftampa i fuoi MSS. ;
egli non avrà intefo al certo di additar con quello no-
me la lingua , in cui fono fcritti i Bedas , lingua in-
ventata dai bramini per avvolgere in un midero impe-
netrabile i dogmi della loro religione, e della loro fi-
lofofia. I fuoi flud) adunque, e i fuoi calcoli faraunofi
aggirati sulla lingua volgare antica dei Gentous , o fia
degl' Indi : e che fi può inferii-ne allora ? Nò , non è
neccflario di far venire dall' Indoflan gì' italiani , e
rifparmiando loro un sì lungo viaggio , non potreb-
befi dire , che tanta raflomiglianza dimoftra in ogni
lingua gli avanzi di una favella primitiva e comune
del genere umano , modificata pofcia e cambiata dal-
le variazioni portate nella maniera di fentire , nella
maniera di penfare , e nella leggerezza , o rigidezza
dell' organo dalla differenza de' climi ? Rifponderanno
finalmente i Greci , e i Latini , che furono audax la-
pethi genus: e verrà loro in appoggio il primo ùorko
del mondo , fecondo il quale furono le prime colonie
26 ita-
tot
italiane de' difcendenti di laphet . Imperciocché lavan ,
il quale fecondo la proprietà ebraica può pronunziarli
anche laon, e lon^ diede il fuo nome all'Ionia, e al
mar , che la bagna . Tra i fuoi figli vi fu Ceth , i cui
difcendenti detti Cetthim occuparono le maremme della
Cilicia , o fìa la Cilicia montuofa , detta perciò Ceti da
Tolommeo, la Macedonia, Cipri, e l'Italia. E' naturale,
che quelli aveifero adorato come dei i capi della nazione,
e Giano , che fenza dubbio è il lavan dello florico ebreo,
fu ne' verfì faliari chiamato padre degli uomini , e degli
dei , dio degl' iddj ; e a lui fecondo Dracene Corei-
reo preffo Ateneo (i) fi attribuiva 1' invenzione delle
corone, de' foderi, o fiano zattere, e de'navili; e per-
ciò, foggiunge, molte Città e in Grecia, e in Italia ,
e in Sicilia nell' impronto delle monete effigiarono un
perfonaggio a due facce, e dall'altra parte una zattera,
o una nave, o una corona (2.) . E ciò non fenza ra-
gione : lavan , o fia Giano dovea confiderarfi come uà
de' primi navigatori, che abbia ofato tragittare il mare,
e flabilirfi nelle ifole, o in altro continente, e il pri-
mo condottiero e capo di numerofa colonia, che appro-
dò in quedi lidi .
Giova fenza dubbio a conciliare autorità alla narrazio-
ne Mofaica queft' analogia colle tradizioni mitologiche
de'
(l) ^th. Deìpnofoph. lib. 15. p.6<)2. Tupavoi/ eupiiir , xat ^e<r/«j , xat "irKoia ,
{'2-J Aio Kai THìy xara ruv iì^aS'x iroWaf iraXiis , x«/ tu» xxtx tk" It«-
■Aia;*, xai S/xtKiar i-a-i tb l'oSiaf^iuTos iy^f^apxTTHv nrpocariov SixitfaKoy , x«i fx-
de' poeti greci, e latini. Ma cìie diremo, se le memo-
rie boriche della nazione fi combaciano col racconto del-
lo fìorico ebreo? Suida , Cedreno , ed Eufebio ci haa
confcrvato la notizia importantiflìma , che quelli , che
furono chiamati Latini, portarono da principio il nome
di Cetano Cet'n{i). Or quefti non fono i Cetthim di
Moisè? Ne lafcio il giudizio a' critici di buon fenfo .
Si poflono leggere su queflo punto il Bochart , ed il
Mazzocchi (2.) . Torno dunque ai miei Opici .
Si divifero quefti in varj rami , i quali , come diverfi
luoghi occuparono , così prefero divertì nomi , benché
avelfero comune l' origine . Tutti però ugualmente ci ven-
gono come giganti defcritti , e come gente falvatica , e
feroce. Quelli , che le maremme abitarono tra Cuma e
le foci del Volturno, furono chiamati Leuternj , ed era
fama, dice Strabone, che furono giganti da Ercole ab-
battuti , e cacciati fotterra , e che dal loro nome Leu-
ternia fi chiamò quella fpiaggia (3). E chi potrà dire,
* che
(0 Suid. V. haritm , ove racconta , che Telefo , il quale aveva il fo-
prannome di Latino , fjLtravoiJt.xa i rm irxKai Kitriin Kiys^ims , l'Uv A«T(;'ss ,
chiamò Latini quelli, che anticamente chiamavanfi Cetii . Lo fteflb ripete
Cedreno , ed Eufebio in Chron. afferma , che da quefti difcefero i Latini >
e dai Latini i Romani : Kinoi «g » AuTim , oi xxi Poi/ukio) .
(2) Mazoch. Spie. Bibl. Au^. de Cetthim t. \. p. 25 ^ & feq.
(5) ATiz-SeiKT! <r' ori rm 'ìTipi'Kitip^trras Tav ytyavruv ey tu K*r« YLafiTavict)
p^-iypa As^Tepyini y.aXxfnyiii ' HpaKKns ì^iXairiv xxTctipivyoi'-Tx! ìft^po , utto yit!
iTtpi^a\ini> tK (Te t)(^af,av ròinTai' i^oi piu/jia , ;;' ti/;;» . A/« tuto i'i y.cei ritr
•7rccpaKixi> TauTHv iXivripvicty "^Tpoaayofin^iy . Strab. lib.VI. E' difficile decidere,
fé la Leucemia epica di Strabone fia la ftefla della Leiitarnia del tenebrofo
Licofrone , che fembra unirla col Siri :
TìoKKoi cTf 2ipiv «i/fi XXI Aivrxpyix!/
AfKfoey oiKiixitaiy , v. 978.
204
che non ebi)e di qui nome Literno, Citta in quel me-
delìmo luogo edificata ?
Un altro ramo degli Opici furono i Leflrigoni che
abitavano di là dal Liri, dove fu Formia, i quali Ome-
ro defcrive iìmili non ad uomini, ma a giganti (i). La
moglie di Antifate lor capo parve ai compagni di Ulif-
fe, come il vertice d'un monte (a) . Effi non pianta-
vano , non aravano ^ ma viveano su gli alti monti den-
tro le caverne vita anzi ferina , che umana .
Gli Aurunci, che tennero quella parte della Campa-
nia, che flendevafi dal Volturno al Liri, furono un'al-
tra generazione di Opici , de' noftri antichiffimi giganti .
Da efli SueJJa prefe il nome di Aurunca . Dioniiìo di
Alicarnaflb li dipinge come uomini d' indole bellicofa ,
1 quali tra per la grandezza e la robuftezza delle mem-
bra , e per cotal ceffo barbaro e fiero un afpetto pre-
fentavano crudele oltremodo e terribile (3) .
Altra razza di Opici furono i Sidicini , ì quali abi-
tarono là , dove è Teano , detto perciò Sidìcino . Que-
lli furono gli ultimi , che fopravvifTero all' efìinzione
della lor nazione , la quale non ebbe più nome , quan^
do furfe quello di Campani (4) .
Gli
(i) • . . . i(x av^Hffaiv hi>:0Te< , ccWet yf^acri . Honi. Ocìyff. ìtb, X. v. I2Q.
'^/ .... Tiiv «Te yji'xfjiix.
'E.ueot òattii T opioi >iopU(p:iy . Ib. 1». 112.
(J-)' ViXiTTOKifji.ji' ytifi Sii to toij Apvv/MV iSi'Oi i! y.at Tii [/.eyeSii ti xcei /n>-
f-ri i xai o^-fO! SiivoTuri "ìtoXu xm SiipiuS'i; ey^ntri (polSipoTxrov . D'tonyf. Uè. PI.
(4) Ovm offKoi ( parla de' Sidicini Strabene ) K-awìia^uy lòyn ixxixomos .
StraL l.V.
105
Gli Aufonì finalmente, che poflèdettero gran terre di
là dal Volturno , e fopra entrambe le fponde del Liri,
non furono nazione diverfa dagli Opici. Abitavano , di-
ce Arilìotile, quella parte che fporge sul mar tirreno,
gli Opici e pria ed al prefente Aufoni cognominati (i).
Parla allo iìefTo modo preflb Strabone 1' accuratìffimo
Antioco (a) . Che fé Polibio preflo lo flelTo Geogra-
fo (3) fenibra averli giudicati due nazioni diiìinte, eb-
be riguardo alla dillinzione delle terre , che abitarono
feparatamente quelli , cui reflò il nome di Opici , e quelli,
che prefero il cognome di Aufoni , diflinzione , che dur
rò fino alla loro diftruzione .
Della medefima flirpe furono i Sanniti , i Lucani , i
Bruzj , i quali fecondo che varj luoghi occuparono , quan-
do fi fparfero per Y interno d' Italia , diverfi nomi an-
cora adottarono'. Imperciocché la ilefìà favella parlava-
no sì gli Opici della Campania , come i vicini Sanniti-,
e i Lucani , che difcendevano da' Sanniti , e i Bruzj , che
dai Lucani erano nati. Di qui avvenne , che il confolo
L. Volunnio prellb Livio per indagare , quali foflèro i
difcgni de' nemici, mandò nel loro campo fpie, che in-
tendevano la lingua Ofca , vale a dire, la lingua, che
L San-
ti) lìxtii' J'e TO i^tv rrpos TVppiiVMii Oviy.ct ^ xat rrpuTiptiv ^ xm r^f x.ttXni/.H'Cl
fiutoni . Arìfl. Polh. lib. Vili. e. io.
(2) Aprio)^ii f/,111 HI, ^^a-i rni: X'^i"-" Tawr»;' O-ar/.m oixno-m , tktik S'i xxi
Aj3oya< x«\i$ai. Strab. l'ib.V.
(?) TloWjffai J-e (jj,i^,vi, Im iii'it !'Ou:(ù>y Taura . Otikus yp pi" 3 '-«' ^'^'"
ro,ui oiKiiy ri/y x'^P"' TavTìie iripi Toy xpccmpce , Strab. ib.
to6
ì Sanniti parlavano (i). Ed Ennio, il quale dì fé fo-
lca dire , che avea tre cuori , perchè tre lingue parla-
va, la latina, la greca, che era la favella della Magna
Grecia , e V Ofca , che era la lingua di Rudia , vale a
dire de' Pugliefì (2), chiamava bilingui i Bruzj^ perchè
parlar foleano or ofca, or greca favella (3).
Cade qui in acconcio ofTervare , che quelli, i quali
nella più alta antichità furono Opici appellati , vennero
in tempi pofleriori ad avere il nome di Ofci . I Latini
additar volendo i difcendenti degli Opici, lor diflero al-
la maniera del paefe Opiscl dapprima , ed accorciando
poi in due fillabe quello nome, Opsci li chiamarono ,
e finalmente Osci . Poiché per teftimonianza di Fello
Opsci leggevafl in tutti gli antichi libri, ed ei lo pruo-
va coir autorità di Titinnio , e d' Ennio (4) . E Servio
comentando un luogo di Virgilio , ove degli Ofci fi
parla , facendo falfamente difcendere quello nome dalla
greca voce , che dinota la ferpe , motlra di ellèr per-
fuafo, elfere Opici, ed Ofci una niedefiraa cofa , giac-
che r oji de' Greci può ben avere qualche relazione con
Opici , ma con Ofci non già , fé Ofci non è un accor-
cia-
ci) Gnarosgue Ofcs l'inguic exploratum quid agatut , mìtili. Liv. ìib. X.
(2) Quod loqu't grxce & ofee & Ialine farei .
(?) BUingues Brutates Ennius dìx'tt , quod Brutil & o/ce & grxce loqui fo-
litì fmt. Feft. V. Ofci.
(4) In omnibus fere antiqui! commentariis fcribitur Opfcum prò Ofco , ut in
Titìnnii fabula Qiùnto : Qui Opfce , & Voìfce fabulantur , nani latine nefciunt.
E poco dopo : Ofcos quos dicimus , ait Verrius Opfcos antea dicìos , tejìe En-
nio , quum dicat : de muro rem gerit Opfcv.s . Leggaafi le aaaotazioui dello
Scaligero su quefto luogo di Fefto.
207
ciamento di Opìci (i) • Infatti Stefano Bizantino dall'
Ofi racconta, che alcuni il nome di Ofci traevano (a).
Keftringendonii intanto agli Opici foli della Campa-
nia , confinando quefti col paefe de' Volsci di là dal
Liri , ebber tutte le terre , che fono di qua , e di là
dal Volturno , inoltrandofi lungo la riviera fino alla
fpiaggia, ove furono edificate Cuma, Partenope , Erco-
lano, e Pompei. Infatti Cuma è negli Opici, o fia nell
Opicia pofla da Tucidide (3) , da Dionifio Alicarnas-
seo (4), e da Paufania (5), e negli Opici ripofe il va-
go e profondo porto di Mifeno lo fleffo Dionifio (6) ;
e di Ercolano , e di Pompei afferma Strabene , che i pri-
(0 Capuenfes d'tcit , qui ante Ofc't adpellatì funt , gitod illìc plurimi aHuri'
davere ferpentes . Serv. in VII. iEaeid.
Ci) Steph. ■jnpi 'TToXiUf V. Ocry.oi : ì^vi; Itx\i«ì ' yK^sat/! a'JVi}j.ii,K9' oìS'i.,
ori optMi , cmo tav opfuv . Il Cluverio vide qui una laguaa . Alcuni volle-
ro riempierla così: oì y.ey , ori yKcirous auyeyA'^xy , ot ìe ec. Ma donde dun-
que dilcenderà la voce Ofci , fé la ragione del nome è il mefcolamento
delle lingue? II Betchelio vide la difficoltà , e cercò di dileguarla leg-
gendo: 0/ //£!', ori yXaaoa.; a-Jt'ifjii'^x/ y octto m oiro; ' oì S'i e. Ma derivandofi
quefto nome wjo tv o'jof , o fia dalla voce, dov'è l'idea del mefcolamen-
to, che Ci fuppone la cagione del nome? E bifognava oltracciò far inten-
dere, in che modo fi fuppone, che gli Opici mifchiaflero le lingue . Mi-
fchiarono la lingua loro con quella degli Aufoni , e degli Aurunci , ri-
fponde il Berchelio. Ciance : erano tutti e tre la fteffa nazione, e parla-
vano la medefima lingua .
(0 Z«j'x\)/ S'i rit/ (/Alt apolli' «Va Kufun Tvr fv omxia ^/^a^x.iS'txiii •^oKtas
Mi-ay eèifiKO[iiyuy axiòai . Thucyd. lìb. VI.
(4) i^>Jf/.mi <r;;j' ìv Ottixois Ewiii'ii'x woKiy , iiv 'Efirpuii ti xxI ^«Xi<(<res
'xriaar . Dionyf. lìb. VII.
(5) Tfirixf S'i ol-KiTiiv oì (iiv KiK/Siìay fttfiZxt yiyaaiy , à<piy.o(iivov «Ts e»
Ki/^»j T»f fV o'!Tix.ois . Pau.fan. liò.VII.Jn ^chaicis^.
(ó) ExeiSs/ S'i y-xiaùccnei m hifin'u xuKoy x.cti /SaSuy ìy Otixji.- , rsKfJTi-
<r«yro< x«/ auToit Mianyit TtfJ ìwKcayay Tivos , «tt' (Httyii tov My.(iK (>!vvj.xcuy •
Dionj/f. HO. VII,
2 08
mi ad occupare que' luoghi furono gli Ofci (i). Il qua-
le accuratiffimo geografo le iinprefe narrando , che dei
Rodiotti fi fpacciavano , riferifce fra le altre di aver
fondato Partenope negli Opici , ed Elpis nel paefe dei
Daunj, coll'ajuto de' Coi (2). Il che fu da Stefano Bi-
zantino qua fi colle fteffe parole ripetuto (3) .
Ma poiché le popolazioni , che diramate dagli Opici
fi erano in varj luoghi flabilite , aveano prefo diverfì
nomi : quindi a parlare con proprietà venne a reilrin-
gerlì rOpicia di qua dal paefe, ov' erano i Leflrigoni,
gli A«fonj, gli Aurunci^ e i Sidicini. Imperciocché ri-
tenendo il nome , che era flato generico da principio ,
gli Opici foli , che dal ponte campano sul fiume Sao-
ne fino al mare ftendevafi , tranne folo la fpiaggia di
Leuternìa , il nome di Opicia diventò proprio di que-
fla fola regione .
Non goderono però gli Opici lungo tempo in pace
le terre al mar più vicine. La colonia Calcidefe , che
venne a piantar fede sulla noftra maremma , non potè al
certo fenza contratto , difcacciarne , ma ne difcacciò finalmen-
te gli antichi abitanti , e fondò Cuma , che è a giudizio
di Strabene la più antica delle colonie Greche venute in
Si-
(l) OiTKOf Si tìycl' TaVTiiV {Hctcuìantum') xxt thv ìfi^iK TOiiirccmV ^ vV 'ira*
f-appti 0 '2v.pi/os -TTOTafiO! . Strab. lìb. V. pag. ^78.
foy mceas-xKiaTeti y.uTi^^oy ' in Si toh O'ùikois .tiiv Ylaprivoinit , ir Si Aauyioi'
(iiraxrooy Exir/«< . Srrab. Uè. XI(^.
(3) Steph, V. Tlcep^iyoiri! : itoKa sr Qwmoti rm lT«\<«f, XT/uft» foSiayt
209
Sicilia, e in Italia (i). Crebbe poi quefta Citta in ricchez-
za e potenza col commercio del mare , e cercò di llen-
dcre dentro terra il fuo imperio , e di difcacciare gli
Opici dal poffeilb delle più belle e fertili terre dcirOpi-
cia . Non poterono però fenza verfar molto langue i
Cumani forzare quegli uomini famofì per la lor gagliar-
dìa ad abbandonare in balla de' novelli ofpiti il natio
fuolo: ma vinfero alla fine uomini, che non àveano ne
arte , ne difciplina , ne fortificate Città , ma viveano fparu,
come ne afllcura Dionifio di Alicarnaflo (2) qua. e là
in piccioli villaggi , ed altro oppor non fapeano all'arte
bellica de'Fenicj , o Greci , fé non i petti loro , ed un indo-
mabile coraggio. Da quefta guerra, che non dovette ef-
fere né leggiera , ne breve , e dovette anzi più volte ,
e fenipre con maggior rabbia rinafcefe, fiirfe nella fan-
tafia de' Greci la favola de' giganti domati da Ercole , i
quali fcuotono di continuo la fovrappofta terra , e col
loro fiato le vicine campagne abbronzano (3) .
I poeti confufero gli avvenimenti della guerra , che
vollero rendere maravigliofi, con i fenomeni delle vul-
caniche eruzioni, che in quc' contorni offervarono . Ma
27 la
(t) T[x7CùV yxp fri 'rpiclìvraTit Tav re ^r/.=Kiy.(x:y , /.ut tiiv iTay.nnri^xy ,
Strjb. liù. V.
(2) Koui/^oy XXI ciripxS't-- . Dìonyf. Hi. I,
(?) Abbiam veduro di fopra quefto racconto di DioJoro Sicolo . Si pub
leggere ancora ApoUodoro liù.]., Ovidio nelle Metamorfofi Hi. I. , eClau-
diano neUi Gigantomachia , Silio Italico reca in quefli tetiiiini l'antica tra-
dizione :
Tradi'.nt Herctilea proflratos mole j;i^^aiìtes
Tellarem injfSam quatere , & (piram'in; anhelo
Torreri late campos . . . Lib. XII.
210
la verità è, come oilècvò faggiamente anche Strabene (iL
che la favola degli ard campi , e della fconfitta. de'oi-
ganti non ad altro fi vuol riportare , che alle lunghe
contefe eli confinanti popoli , che il pofleflb fi contra,-
flarona a vicenda di un Aiolo sì ubertofo. , e felice . I
contrafiati campi fi difiero flegrei dai Greci , o fiano ar^
denti a cagione de' fotterranci fuochi , che nelle vicinaa-
ze ancora fi fcorgono : ma furon pofcia in man de' Cu-
mani conofciuti fotto il nome di agro, o campo cuma-
no . I Latini lo chiamarono Lahorie , e campi Labori-
nf , o Leborinì (2) .
Or eiTendo il campo flcgreo^ e il campo cwnano una
mcdefima cofa , che le Laborie , non è diflicile indovi-
nare, qual fofle il territorio in quella parte dall'Opicia
fl:acca$o, ed occupato dai Cumani. Imperciocché le ia-
borìe ^ ficcoire Fhnio, (3) attefla , erano terminate da lui
lato dalla via confclare, che da Pozzuoli a Capua coa-
duceva ., e dall' altro da quella , che alla fl:eflà Capua
conduceva da Cuma . La qual confinazione aflegnata alle
Laborie da Plinio, e in confeguenza al campo flegreo ,
è fiata ben a torto di poca accuratezza accagionata dil
Clu-
(1) K«/ TO tpKeyfa:ov xaKtutuor "ritùtov , ty a tu ':npi Tt« yiyavTus f^i/iiiiatr >■
àx. à\>.!>iiv , US tixos , hK\' ìx. tu ■:Tepiux,vi:To:' TUf jJ-iv iivxi ìi apiiay . Strab-
Ijb. V. pag. 378.
(i) Quantum autem e ampia circum campanai un'tverfas tenas aniectà'it , tan-
tum ipfum pars eji'.s , qux Labona vocantnt , quem Phlegrxu.m Gr.xci adpellanr.
Plin. Hift. Nat. lib. XVIIL
(3) Finìnntur Labattcc via ab utroqae ìatere con/alari , ^nx a Puleclir, &"
qus a Cum'ts Capuam ductt, Plin. ib.
tir
Cluverio (i)," e clal fagaciffimo indagatore delle antichità
Campane Cammillo Pellegrini (a) pienamente illuftrata,
e difefa . Riftretto così tra le due flrade confolari il
territorio Cumano , da quel lato , che il mare risguarda,
rOpicia tutto il refto abbracciò fino al ponte Campano,
toltane la picciola fpiaggia de' Leuternj , e quella ove
fu dagli fleffi Calcidefi di Curaa edificata Parteoope (3).
(i) Gecgf. Ant. lìb. ÌV. e. 2.
(2) jipparat. Diff. IL e. 19.
(5) Quefto era precifameate il (ito de" Campi Flegrei , e delle Laborie,
come lo ha Plinio circofcritto. Ma una tal denomiaazione fi ftefe a poco
a poco a tutte le terre vulcaniche , e di Angolare fertilità . Così Pulibio
chiama Campi Flegrei le terre , che fono intorno a Capua , e a Nola :
<r« (f,\iyf>aix Tori Kv.K>:[/.iyx Tct mfi K«-yj;i' , -/.ai NsK»// TreS'ia . Hilì. tiù.IJ.c.17.
E campo flegreo è chiamato 1' agro vefuviano da Diodoro Siciliano lib.lV.
e. 21., e per lo vulcano, che vi è , e per la fertilità, di cui gli è cjgio-
ne . Non altrimenti il nome di Laborie, e di campo Laborìno fu trafporta-
to a tutte le terre, che fono di qua dal Clanio, e che da Acerra fi ften-
dono fino al mare > chiamate pofcia coftantemenre Liburia , di cui fa co-
me capo Atella , e che il foggetto fu di tante , e sì oliinate contele ne'
fecoli balTi.
215
ORIGINE E PROGRESSI
DELLA LETTERATURA E DELLE BELLE ARTI
PRESSO I ROMANI.
MEMORIA
DI
ANGELO MARINELLI
Profcflòre di Letteratura antica e moderna nell' Univerfita.
degli Studj di Napoli .
Letta nella Seduta de' 30.. Maggio 1809
y^ppcna che i Greci tratti dalle fpelonche , furono ri-
dotti in Società ed iftruiti nella Religione , il videro
fenfibilmente fiorire tra loro le Eelle Arti , e da un luo-
go air altro di quella terra beata, fpanderfi. i lumi in
modo prodigiofo . I Romani, al contrario, quantunque
profittar poteflero,per incivilirfi , della coltura dell' Etru-
ria , delle Colonie Italo-Greche, e della Sicilia, pure,
occupati delle conquifte , ed intenti a portare il ferro ,
il fuoco , il terrore , e lo fterminio tra le popolazioni
circonvicine, recarono, per lo fpuzio di cinque fecoli,
involti nelle tenebre dell' ignoranza .
Ad
214
Ad onta tuttavolta di tal verità irrefragabile, il Si-
gnor Abate ]e Moine d'Orgival in un fuo opufcolo fi
sforza di perfuaderci clie i Romani, fin dalla fondazio-
ne della loro monarchia , fi difìinfero per le fcienze e
per l'atfe oratoria. Se evvi chimera, o paradofTo , V è
queflo certamente . Poiché Cicerone che ci ha ìafciato
una floria compiuta di coloro che fino al quinto fecole
montarono sulla tribuna tlelle arringhe , non trova in eflì
alcun vefligio di quel!' eloquenza , che , regolata dall'arte,
domina su i cuori, e coflituifce il perfetto oratore. la
fatti, un popolo ch'era foldato per neceffità , per edu-
cazione, per fiQema di governo , per pofìzione di fla-
to , per efempio dei vicini ; un popolo cui più grato
riufciva lo squillo fragorofb della tromba guerriera , che
il dolce fuono della lira di Apollo ; un popolo prefTo
il quale la nobiltà, gli onori, le magiftrature , i titoli,
le flatue , i trionfi , le ricchezze non accordavanfi che
all'arte militare; un popolo finalmente nel cui petto fa
sx bollente V amor della rapina , che per afferzione di
Servio, il commentator di Virgilio, un tempio innalzò a
Giove Predatore, come mai coltivar poteva una facoltà
che e ftudio, e tempo, e molti lumi ricercar' In oltre
affinchè la vera eloquenza fiorifca , evvi bifogno di una
lingua già formata, ricca, fleffibib, e mclodiofa . Or
chi non sa che a Roma fino alla feconda guerra Puni-
ca , non parlavafi ne Greco , ne Latino , e che vi fi
cinquettava folamente l'antico dialetto italo, o fia ofco,
dialetto barbaro, tronco, e difìulatto all'armonia dell' e-
lo-
Zlf
locuzione? Quindi Polibio ci h fovvcnire, che nel tem-
po in cui cfib era occupato a tcffère la Storia Romana,
molta diftlcultà incontrò a trovare in quella capitale un^
o due pcrfone, le qu.^li , quantunque verfatininie negli
annali del loro piclè , foflero in iftato di fpiegare al-
cuni trattati che i Romani avevano conchiufi con Car-
tagine , e che erano {lati per confeguenza da loro fcrittt
nel patrio linguaggio . Ed in conferma del mio aminto^
giova ricordare che avendo clll bifogno di leggi , non
folamente furono corretti ad inviare Deputati nella Gre-
cia per farne raccolta (i), ma, aflìn d' interpretarle ,
fu loro meflieri di aver ricorfo ad un certo Er modero
uom Greco , al quale in ricompenfa una llatua innal-
zoflì nel foro . Fuic , dice Plinio , et Herinodori Ephe/ìi
( Jiatua ) legum , quas Decemviri fcribcbivit , interprcds
puhLice dicala . Ma per rapporto alla loro rozzezza ,
qual argomento addur puoftl maggiore di quei chiodi
che per fare la numerazione degli anni, o per fegnare
gli avvenimenti più flrepitofi dell? Repubblica , fi con-
ficcavano folennemente d;il Pontefice o dal Dittatore ,
nelle pareti del tempio di Giove Ottimo Maffimo.' Che
diremo di quell'uomo zotico, e grofTolano del Confole
Mummio , il quale dovendo far trafportare da Corinto
, a Ro-
(i) Non s' ignon» che Giimbatrifta Vico lulli fai ScL-ìiza nuova inumo
a'.ì.r ìi.iturj d:l!c cefi lia mcfTo in forfè quello fatto ; ma il dotto Avvocato
Antonio Terraffon in una delle fue memorie inferita negli atti dell'Acca-
demia delle Ifcrizioni Tcr,i. XII. l' lia dj'sfo v.i modo, che fembra non pa-
MrfsQc più dubitare .
Ì1& >
a Roma i capi d'opera di Ariflide, di Zeufi, di Par-
rafio, di Timante, di Fidia, di Mirone, e di Prafllte-
le, minacciò i noleggiatori, che fé alcune di quelle fla-
tue e pitture fi foflero difperfe o guadate, obbligati gli
avrebbe a farne lavorare un numero eguale a loro fpefe ?
Che diraffi dell'ignoranza afibluta in cui effi furono in-
torno alla divilìone delle ore del giorno e della notte,
e della mancanza ancora d' ogni iiìrumento per la mi-
fura del tempo? Giacche, fìccome ognun sa, l'orologio
folare e la cleflldra , non furono che dopo la conquida
della Sicilia e della Grecia , T uno da Valerio Meifala ,
e r altra da Scipion Nafica , in Roma introdotti . In
fomma, egli e fuor di dubbio, che per 500 anni,e{ri
ron conobbero ne grammatica , ne poefia , ne floria , ne
eloquenza, ne filofofia , he divilìone di tempo. Alcune
canzoni ruflicane, i libri fibillini opera dell' impollura ,
gli annali dei Pontefici fcritti in uno ftile fcabro e di-
giuno, la fcienza militare , finalmente 1' arte di prefa-
gire il futuro dal volo degli uccelli , e dalle interiora
delle vittime, arte ch'apparata avevano dagli Etruschi,
formarono tutta l'Enciclopedia de' primi Romani . Non
fia dunque maraviglia , {<i attefa la loro idiotaggine , e
la mnncanza degli fcrittori , la floria dei primi cinque
fecolì di Roma fia incerta, romanzesca, e favolofa . In
effetto, il ratto delle Sabine, il prodigio operato dall
augure Nevio , 1' eroismo di Clelia , 1' afTedio tolto a
Roma da Porfenna per 1' audace intrepidezza di Muzio
Scevola , i trecento Fabj , che trucidati nello fteflb gior-
no
217
no a Cremerà^ non avevano tlclla loro numerofa fimi-
glia lafciato in Citta che un fole fanciullo, il fatto di
Attilio Regolo chiufo dai Cartagine^ in una gabbia guar-
nita di ferri acuti, fono forfè tratti di lloria abbaftan-
7.a iìcuri ?
Vaglia però V onor del vero : dopo efièrfi da loro
domata T Etruria , la Magna Grecia , e la Sicilia , molti
uomini culti di quelle regioni, abbandonati i loro vinti
focolari , eflendofl trasferiti in Roma , incominciarono a
deftare negli animi dei vincitori il defiderio delle lettere.
Quefta fa l'epoca nella quale i Romani prefero in qual-
che modo a dirozzarli . Poiché que' fieri conquiflatori ve-
dendo che i popoli foggiogati , erano da più di loro
nelle fcienze e nelle arti , fé lo recarono a fcoriio , e
per quella ragione fi dettero a favoreggiarle . A quel
tempo adunque fu che la Poefia , la quale figlia dell'
immaginazione , fi vide fempre fiorire la prima innanzi
nd ogni altra coltura, ammirar fece su i teatri di Ro-
ma le favole di Livio Andronico, di Nevio, di Ennio,
di Cecilio , di Pacuvio , e di Accio . Ma quefli Poeti
erano tutti flranieri, Infubri, cioè , Calabri , o Siciliani.
Quindi fi rileva ad evidenza che i Quiriti non furono
dei loro primi lumi ad altre genti debitori , che all' Ita-
lia debellata »
Maggior corredo di cognizioni penetrò tutta volta in
Roma, dopo la conquifta della Macetlonia . Poiché, da-
tiCi per tale vittoria l'indipendenza ai Greci, molti di
ooftoro, premurofi di corteggiare da vicino i loro pre-
28 refi
tefi liberatori , a Roma fi trasferirono . E già i belli-
cofi figli di Quirino, eccitati da quefti ofpiti novelli ,
fi accingevano ad emularli nella coltura dello fpirito ,
quando ecco che alla fine del quinto fecolo, il Senato
un decreto emanò in forza del quale i filofofi , ed i
Jletori furono cacciati dalla Citta . Poiché temevan forte
quei Padri Cofcritti , che lo fìudio delle lettere dillor-
naffe la gioventù dall'amor delle armi, e delle conqui-
de . Ma quefta nafcente paffione delle fcienze , lungi
dall' intiepidire per tale feverità, quindi a poco crebbe
maggiormente all' arrivo di Cameade , di Diogene , e di
Critolao. Quefìi tre Filofofi venuti a Roma per implo-
rare dal Senato la diminuzione della multa alla quale
Atene era fiata condannata pel faccheggio da lei dato
alla Città di Oropo , produffero una fpecie di rivolu-
zione negl'animi dei Romani. Si corfe da tutte le parti
per afcokarli. Si diitinfero nella folla Lelio, Furio, e
Scipione, quello fìeflb che fa in appreflb cognominato
1 Africano . La luce fcientifica già sfolgoreggiava agli
occhi di tutti , allorché M. Porcio Catone il Cenfore ,
temendo per la patria , raccolfe il Senato , e così a un
di prefTo gli parlò:
„ Padri Cofcritti, i Deputati che Atene ha qui fpe-
„ diti , minacciano grave danno alla noflra Repubblica .
,, Poiché nel tempo che fono in quella Città rimafi ,
„ hanno con i loro sofismi, e con un parlar prefìigio-
„ fo fìravolta la mente della gioventù Romana . La mo-
,., rale , e la coflituzione dei noilri antenati fono in
zip
,, pericolo . Io fìeflb ho intefo Cameade far gli elogj
„ della giuftizia , e quindi a poco vituperarla come
„ perniciofa alla Società . Da per tutto Ci eleva agli
„ aftri l'eloquenza di Cameade. I Greci filofofi, inlx-
„ nuandofi artificiofamente nei cuori de' giovani, gli ac-
„ cendono all'amor delle lettere ; e coftoro , preiì da
„ entufiasmo , fono già per abbandonare le cure mili-
„ tari , e volgerli allo Audio della filofofia . Ditemi di
,, grazia , o Padri Cofcritti , i noQri maggiori s' impa-
„ dronirono forfè dell'Italia, apprendendo le fcieuze ,
„ o battendoli colle armi alla mano? Hanno elTi trion-
„ fato degli Equi , dei Volsci , degli Etrufchi , dei Marll ,
,, dei Sanniti , dei Lucani , e dei Siculi , coli' infievolirli
„ su i papiri , o col combattere e coli' efercitare i mu-
„ fcoli i foli garanti della libertà ? La guerra ci fece
„ potenti. Quella ha renduto il noftro nome formida-
„ bile a tutti i popoli . Quella è la profeflìone degna
„ dei Romani . Per legge del noftro Padre Quirino le
„ arti liberali fi lafciarono agli fchiavi , perchè furono
„ da eflb riguardate come indegne di uu popolo libero
„ e foldato . Qual vergogna dunque è mai quella , che
„ i difcendenti de' Camilli , de' Cincinnati, de'Curj, e
„ de' Fabrizj che fi videro dall' aratro pafiare al coman-
„ do delle legioni , fi ammollifcano collo iludio delle
„ fcienze ? Cacciate dunque dalla Città , o Padri Coscritti ,
„ i filoCbfi che cercano d'introdurre tra di noi le loro
„ fette, e per confcguenza la divifione , e la debolez-
„ za . Cacciate via i Retori che diftraggono i giovani
* „ daU'e-
220
,, datr efercizfo delle armi , e deprìmono i fentimentì
„ fublimi e feroci , che formano il carattere della na-
„ zione . Imitiamo i nolìri antenati che colle armi ci
„ rendettero Sovrani, piuttofìro che quei popoli che col-
t^5 le lettere divennero nollri fchiaAi. Bandita con Ìcqoq
DO-
„ i filofofi ed i Retori , e quelìa legge figlia della vo-
„ lira faggia politica, deciderà per feiiipre della gran-
„ dezza del nome Romano .
Il difcorfo di Catone produfTe negli animi dell' As-
semblea un' impreflìone sì forte, che disbrigato in fretta
1 affare di Oropo , furono gli Ambafciadori congedati .
Quindi ordinoffi al Pretore Pomponio di vegliare che
Jie fllafbfì , ne Retori in Roma efifteflèro , e contro di
loro fi emanò quel famofo decreto confervatoci da Aulo
Gelilo ad eterna memoria della cofa .
Coloro che fottofcrilTero quel Senatusconfulto , erano
Bea lungi dal fofpettare che on giorno le opere di Ci-
cerone , il poema di Lucrezio Caro , le poefie di Ora-
zia e di Virgilio , le elegie di Tibullo , le metamorfofì
di Ovidio, gli epigrammi di Catullo, le illorie di Tito.
JLivio, di Salluftio, e di Tacito, avrebbero, più chg
le ampie conquide, fatto onore al nojiie Romano. Che
anzi la pofterith non avrebbe potuto dillaccare gli oc-
chi attoniti dalle opere immortali degli autori fuoi , e
gli avrebbe con raccapriccio rivolti altrove al leggere
tante carnificine, tanti faccheggi , tante rapine , tante
defolazioni da quel popolo ambiziofo cagionate al ge-
aere umano ..
Ma
212
Ma donde mai derivò un sì grande accanimento del
Senato contro le lettere? L' eloquenza poteva tutto in
Atene . I Patrizj che comandavano in Roma , temero-
no che efla vi efercitafle , con loro discapito , la me-
defima influenza. Loro dunque parve più facile lo fcac-
ciare i Retori ed i Filofofi , che il divenirlo . Ma la
prima imprefl'ione era già fatta , ed ali' indarno iì rin-
novellò il decreto di profcrizione contro i letterati. Lo
fliidio delle fcienze, perchè proibito , fu con maggiore
ardore coltivato dalla gioventù . Il tempo moftrò che
Catone ed i Padri Cofcritti aveflero mancato di previa
denza . Elfi trapaiTarono , ed i giovani che fi erano fo-
gretamente illniiti, loro fuccedendo nelle pr.in:ie cariche ,
fi dichiararono a prò delle lettere...
Ma fopratutto, allorché al principio del feilo fccolo
Cartagine cadde; allorché, al cader di quella orgog^ioia
dominatrice det mari, tutte le altre potenze furono co-
rrette a piegare il collo al giogo Romano ; allorché fi
fece la conquifla di tutta la Grecia; allorché fi depofe
ogni timore di pericolo eflerno , i Quiriti fi videro bril-
lare nel mondo letterario coirilìcfTa pompa che brillato
aveano nel mondo politico. Allora la grammatica, la poc-
fia , le fcieJize, la fìlofoiìa, la rettorica , tutto corrifpo-
fe alla grandezza dell' impero di Roma . Allora tra la
fpoglie delle Provincie conquillate , fi videro con for-
prefa i retori e gli artiflì entrare trionfanti nella Città
di Marte, affisi, per così dire, sul medeflmo carro del
vincitore . Allora nuove fcuole il aprirono ; la lingua fi
for-
formò ; fi svilupparono le finezze della Rettorica ; fi po-
fero in luniinofa veduta le bellezze di Omero, e fi ri-
accefero gli eftinti fulmini di Demoftene , quei fulmini ,
che aveano fatto tante volte impallidire sul trono Fi-
lippo di Macedonia . In forama i Romani fcofll dal le-
targo dell'ignoranza in cui giacquero per lunga pezza di
tempo , divennero difcepoli dei Greci , ed entrarono con
loro in gara fcientifica , dopo efferfene renduti padroni
colla forza delle armi . AlefTandro il Grande metteva fol-
to il fuo origliere i poemi di Omero; Scipione vi mile
le opere di Senofonte .
Graecia capta fcruni vìciorem cepk
et artes
Intulit agrefti Latio .
Non bifogna però darfi a credere che le lettere fia-
no Hate in Roma , egualmente che nella Grecia , garan-
tite e protette dal Governo . Colà il principal favore
che compartir fi potè alle mufe , fi fu quello di loro
accordare un asilo pacifico in mezzo al fragor delle ar-
mi . Ma , per quel che riguarda la loro coltura , efla
fu totalmente abbandonata alla difpofizione , ed alla li-
bertà dei Cittadini.
A molti fcmbra nulladimeno che Ottaviano , raoflb
da idee liberali avefle immaginato di fare entrare le
lettere nel fuo piano di governo . Ma , a parer mio ,
bifogna affatto ignorare la furba politica , e V egoismo
di queir uomo fanguinario , per crederlo capace di si
fatta generofità . In efi^etto , come mai afpettar poievafi
2Ì j
tal dono preziofo dalla tirannica mano di Augudo , che
fumante ancora del fangue di tante migliaja di Cittadi-
ni, fegnato avea la morte di Cicerone, che coi fuoi ta-
lenti eguagliato avea la grandezza dell' impero Romano,
di quel Cicerone che poco fa tratto Tavea dalla polvere
delle fcuole Ateniefi, ed avealo collocato alla teda delle
falangi repubblicane ? Come mai tal eroismo fperar po-
tevafi da colui, che, mettendo nei ceppi la patria fua ,
rapito le avea la libertà , alma nutrice delle produzioni
di genio ? E poi come mai in generale la mafia de' Cit-
tadini occupar fi potea delle lettere, fé ia quel tempo
cffa era tutta rivolta ad altri oggetti? In fatti il parti-
to Ccfareo ogni cura metteva nel far rifp'^ttare Tufur-
pata Signoria , per via della forza aperta , e dello mi-
nacce . I ben intenzionati, fopportando impazientemente
il giogo, erano tutti intenti a dar crollo, di fcppiatto, A
potere che gli opprimeva. Dall' altro canto, il partito
neutro , fpettatore di quella lotta pericolofa , cercava in
mezzo ai torbidi , il modo di procacciarli , per quanto
le circoflanze permetter lo poteffero, ripofo e fìcurezza.
Tra le mani di queflo partito il genio divenne arte, e
fi vendè a prezzo d'oro. Mecenate, il gran favorito di
Ottaviano , pafcendo , ed onorilìcando gli fcrittori mer-
cenarj che fi erano già formati ai tempi della repubbli-
ca, impiegò le opere loro, per accreditare la nuova do-
minazione , e renderla amabile agli occhi dei Cittadini .
Per tal modo fi procurò che la parte del popolo la quale
foffriva il fcrvaggio , occupata delle lettere e delle lodi
di
224
di Ottaviano , perdefle di vifta ogni idea di liberta .
Quindi impropriamente e per adulazione fecolo di Au-
guro fi appellò il fecolo d' oro di quegli fcrittori che
air ultima epoca brilhntiflìma della repubblica Romana
fi appartenevano . Onde puoffi francamente conchiudere
che Augufto, in luogo di giovare, nocque piuttoflo al-
le lettere; poiché efle non eflèndo alimentate e foftenute
dalla libertà , mancarono di quella parte divina che ha
per bafe la verit'i , e la robulìezza del penfare , e del
fentire . Sccrriamo rapidamente la letteratura latina ; ed
il quadro che ne faremo , e' indicherà il grado di per-
fezione a cui ella pervenne; più, ci moftrerà chiaramen-
te in quali rami letterarj i bellicofi Quiriti forpaflàrono
la Grecia , in quali l' eguagliarono , ed in quali final-
mente a lei rimafero di gran lunga inferiori .
Korna -modellò , è vero , la fua profodia fopra quella
dei Greci . Ma i fiioi poeti non eflendo mufici , e per
confepuenza non cantando, ne componendo al fuono del-
la lira; inoltre, non eflendo tenuti , come nella Grecia
in confiderazione di minifiri pubblici , religiofi , politici ,
o morali, la pocfia lirica non fu colà che una Aerile,
e fredda imitazione.
D'altronde , la gravità dei fuoi cofiuroi marziali ef-
fendofi comunicata anche alla Religione, una maeftà fe-
riofa fi vide regnare nelle fue fefte . I giuochi pubblici
non erano in quell'impero che efercizj militari, o fpet-
tacoli fanguinofi . Dove mai fi ammirarono in Roma
quelle folennità pompofe in cui venti popoli venivano
in
22 J
in folla a veder difputare la corona Olimpica ? Un poe-
ta, che colla cetra al collo , li foflè, come Pindaro ,
prefentato nel Circo per lodare il pugile , 1' atleta , il
gladiatore , avrebbe fatto fcrosciar dalle rifa quei fuperbi
dominatori dell' Univerfo . Roma troppo <x:cupata dei
grandi affari , non attaccò giammai dell' importanza ai
divertimenti frivoli, o dilicati .
Il vate che colà celebrava le lodi di qualche perfo-
naggio,o le vittorie riportate, non fi riputava giammai
nomo infpirato dagli Dei, o a ciò dalla patria deftina-
to ; ma , al più , nel conto fi teneva di un foggetto ,
che, adulando , procacciar lì volea la benevolenza , o
la protezione di qualche magnata ■.
Quindi fi vede che quantunque Roma foflè fiata fe-
conda di grand' ingegni lirici; pure, mancaiado le caufe
morali , non fi poterono eflì fviluppare a perfezione , e
farvi progrcfll gigantefchi .
La poefia epica trovò nell'Italia una parte dei van-
taggi che ebbe tra Greci. Nulladimeno la mitologia di
quefio paefe eflèndo men brillante di quella della Gre-
cia , e la fua fioria non trovandofi coperta , al pari che
i tempi eroici di quella nazione , di un velo tenebrofo ,
i poeti epici del Lazio mancarono e di ricchi abbelli-
menti per le defcrizioni, e di menfogne, per amplifica-
re maravigliofamente i racconti. I fatti i quali entrano
nella compofizione dell'Epopea, abbifognano, per eficre
inaggranditi agli occhi dell'immaginazione, non folamente
di una difianza enormiffima di tempo , ma altresì di un.
29 cer-
220
certo vapore caliginofo che debbe di tratto in tratta co-
prire gli avvenimenti principali . Come mai può il poe-
ta, fingendo, efagerare, fé il tutto è pienamente cono-
fciutor* Or, quantunque per cinquecento anni la ftoria
Romana non fufle fiata che un tefluto di favole; pure
U tradizione avendo loro dato un'aria di verità, e quel
che fucceife polleriorraente , effendo flato confegnato al-
la fedeltà della floria, non rellava più in balìa del poe-
ta il mentire, o T efagerare. Ond' è che Lucano, mal-
grado il fuoco del fuo genio, ed avvegnaché aveflè pre-
fo per foggetto del fuo poema, un avveniniento da per
fé lleflò grandiofo , e tale che la fua importanza fèm-
brava giuftificare l' intervento degli Dei , tuttavia le par-
ticolarità di quel fatto eflendo da tutti conofciute, non
potè arricchirle di finzioni maravigliofe; e gli Dei, lungi
dall entrare nella contefa dei fuoi eroi , non furono da
lui raoflrati che in lontananza . Ciò poflo , qual mara-
viglia è fé la Farfalia di Lucano in conto Ìì tenga di
floria, piuttoflo che di poema r* Il folo foggetto vera-
mente epico , perchè uno degli ultimi rami della floria
fàvolofa dei Greci , è quello che Virgilio ha giudizio-
famente tratto dalFofcurità degli annali del Lazio.
Neffuno ignora le fpefe ecceffive che i Romani face-
vano per innalzare de' teatri . Alcuni di quegli edificj
che fuflìllono ancora in parte a tempi noftri , fono i
monumenti i più preziofi dell'architettura antica. Si am-
mirano pur anche le mine di quelli che fono già crol-
lati. Che dirò degli emolumenti degli attori ? Efopo ,
con-
227
contemporaneo di Cicerone, lafciò, morendo, al Tuo fi-
gliuolo un' eredità di due milioni e mezzo di feudi ,
fomma ch'egli ammafTata aveva, rapprefentando sul tea-
tro. Rofcio il comedo, quello ùeffo che infognò la de-
clamazione al principe degli oratori latini , percepiva ,
per teilimonianza di Macrobio , trecento feudi al gior-
no dal pubblico teforo . Tito Livio ci afficura che il
divertimento drammatico , i di cui cominciamenti fu-
rono affai mcfchini , era degenerato in ispettacoli sì son-
tuofi , che i regni i più opulenti avrebbero potuto a
pena foflenerne la fpefa .
Per rapporto alle belle arti che contribuifcono a pre-
parare le fcene, i Romani erano profusiffimi . I luoghi
dopo eflere fiati formati dall'architettura, venivano ele-
gantemente abbelliti coi foccorfi della pittura , e della
fcultura . E febbene le Nazioni Europee vadano molto
fuperbe de' moderni fpettacoli , pure bifogna ingenuamen-
te confcifare che le nolìre decorazioni, a fronte di quel-
le dei Romani , fiano molto tapine , e che le fale dei
noftri teatri , i di cui ingreffi ralTomigliano a quelli de-
gli ergaftoli , offrano un' ignobile profpettiva .
Malgrado però quelle profufìoni sì grandi, la trage-
dia e la comedia furono flraniere in Roma . Orazio che
accorda alla fua nazione molto talento per la poefia
drammatica, lagnali tuttavolta amaramente, che i giovani
romani non foffero fcniìbili , che al vano piacere della
decorazione teatrale, fegno ììcuro e-coftante della poca
coltura delle nazioni. Per quanto grandi folTero gli sfor-
^ zi
zzi
zi che fàceanfì per dare alla pompa dello fpettacolo tut-
ta la magnificenza poffibile , non fi riufd giammai a
givadagnarfi T attenzione del pubblico. Le cabale del po-
polo e de' cavalieri, che prendevano partito in favore,
o contra il dramma, l'interrompevano ad ogni iftante.
Gli attori potevano pure alzar la voce , e fcongiurare
gli fpettatori a- predar loro benigno 1' orecchio, tut-
to riufciva inutile; efll non erano afcoltati. Alle fiate,
nel mezzo delle fcene le più patetiche, dòmandavafi il
combattimento delle beftie feroci , o degli atleti . Chi
non sa che la rapprefcntazione della Suocera di Tereri-
zio fu abbandonata per andar a vedere i ballerini da
corda , ed i gladiatori ? In fine fi videro i pantomimi
cacciar di Città i commedianti : tanto è vero che preffo
i Romani il gùfto della poefia drammatica non fu che
un gufto di vanita , di oftentazione , un gufto leggiero ,
capricciofo , di qual fatta Cono tutti i gufti fattizj . Ma
donde ciò derivò? I Latini non ebbero giammai ne tra-
gedie," nà commedie che dir fi poteflero- veramente pro-
duzioni del loro paefe . Efu non fecero che tradurre o
imitare i Greci. Quindi ed argomenti, e fcene, ed at-
tori non eccitavano in loro che le idee di Atene; an-
zi, della lingua in fuori, eglino immaginar fi doveva-
no di affiltère alle rapprefentazioni di Sofocle , di Eu-
ripide , di Gratino , o di Monandro . Non oftèrendofi-
dunque ai loro sguardi che oggetti flranieri , qual ma-
raviglia è che in Roma non iì potè giammai avere per
la poefia drammatica un gufto fi-ncero , e naturale? Ma-
fe
229
fé cTiieggafi, perchè, affili di vantaggiare il teatro, non
traHero cfTì dal fondo della fìoria , e dei coftumi loro-
i fòggctti per la tragedia , e per la commedia ; il ri-
fponde che noi poterono, ed eccone le ragioni .'
Per rapporto alla tragedia , gli efempj di coftanza ,
di generofità , e d'eroismo che noi tanto ammiriamo nei
Komani , eflendo fpontanei , deftar non potevano ne il
terrore,, ne la compaflìone. Più: le due forgenti di di-
sgrazie, il fatalismo, e l'impero delle paffioai, non tro-
vando luogo alcuno nei fatti fanguiuoll di cui è ricca
la Storia Pv.omana; anzi quegli uomini intrepidi, e co-
raggiofi, gli Scevola, i Coriolani, i Regoli , i Decj ,.
ed i Catoni Uticenfi opponendo alle loro calamità una
freddezza ftoica, lungi dal prefentare nelle loro perfono
un oggetto compaflìone vole , o terribile , elevavano al
contrario , V anima dei loro concittadini , e gli accen-
devano al patriotisir.o .
In Poma la fola epoca favorevole alla tragedia fu
quella della tirannia , della fchiavitù , e della profcri-
zione . Allora un quadro al: naturale erpreflò di tante
vittime innocenti , che rifuggiatefi nelle tombe de' loro
antenati, erano da colà tratte a forza , per eflere ab-
bandonate alla fcure de' littori , o ridotte al miferabile
vantaggio della fcelta del fupplicio; quell' abbattimento
inconcepibile di un popolo che avea tante volte disprez-
zata la morte , che la difprezzava tutt' ora , e tremava ,
ciò non odante, avanti agli fcellerati ; quella vifta fpa-
v^ntevole di Roma, non ha guari libera e padrona del
Mon-
Mondo, caduta allora vituparofamente fotte il giogo di
uomini codardi, indegni di vivere, e di regnare, di qual
fatta erano un Tiberio , un Caligola , un Claudio , un
Nerone, un Domiziano; tutto ciò avrebbe fenza dubbio
prodotto sul teatro gli effetti i più terribili . Ma quei
molìri coronati temendo che un'efpofizione sì lugubre ,
strappando le lagrime dagl' occhi dell'avvilito popolo ,
e facendolo fremere alla vifta dei fuoi mali , aveflè ri-
animato il di lui coraggio, furono fempre guardinghi ,
che i poeti non gli prefentaflero sulle fcene tal quadro
truce, ed orribile. Ond'è, che regnando Tiberio, Emi-
lio Scauro , per aver fatto dire , forfè innocentemente ,
rella tragedia di Atrco, quelle parole di Euripide, fop-
portar conviene la Jlolte':{j^a di chi comanda , fu con-
dannato a darli la morte . Ma quel che eccita maggior
forprefa in un foggetto di tal natura fi è , che quan-
tunque Nerva , Trajano , e gli Antonini permeflb avef-
fero ai filofoiì , ed agli dorici di efporre in ifcritto li-
beramente i loro peniìeri , e di pennelleggiare al vivo
le ribalderie de' loro predeceflori ; pure non eflendo fino
a noi pervenuto alcun componimento tragico fcritto con
franchezza filorcfica , e portante l'impronta nazionale ,
bifogna confelTare , che o neflun poeta di genio fia a
qiie' tempi cfiftito , o che fempre e fotto tutti i Prin-
cipi la libertà teatrale fiafi dai Quiriti all' indarno de-
fi derata .
Quindi fi deduce evidentemente , che durante la Re-
pubblica i Romani non ebbero niente di tragico , e fot-
to
231
to grimperadori , efll furono men che liberi uell' arte
del comporre .
I coflumi della bellicofa Roma non fomminiflrarono
tampoco materia al ridicolo della commedia. Poiché, nei
primi tempi , elfi furono troppo rigidi ed aufteri ; e ,
quando la corruzione s'introduUè nello fiato, i medefi-
mi divennero sì deformi e viziofi, che in luogo di ef-
fere rneffi in caricatura , meritarono anzi la fatira piìi
cauflica, ed amara. Ecco perchè Plauto, e Terenzio co-
fìretti furono ad attingere il ridicolo comico dai fonti
Greci, e ad imitare fervilmente Epicarmo , Gratino, e
Menandro , autori della commedia nuova . Ecco perchè
sul teatro latino con una riftucchevole monotonìa non
fi vedevano che caratteri Greci , vai quanto dire, fervi
fcaltriti, giovani creduli, fcialacquatori, libertini, vecchi
fofpettofi , avari, queruli; in fine cortigiane artificiofe ,
lenoni sfrontati , e parafiti pronti a preftariì a qualun-
que cenno di chi gli sfamava .
L'impudenza di Arifiofane, ed i dardi da lui vibrati
centra gli amminiftratori del pubblico teforo , contra i
Generali di armata , coatra Cleone , Lamaco , Demofte-
ne, Euripide, in una parola, la fatira politica che sfer-
za i vizj del governo , non trovarono imitatori in Ro-
ma . Il popolo Ateniefe è il folo che abbia adottata
quella fotta di dramma , utiliflimo agli fiati democratici.
Eflo non folamente pcrmife alla commedia di cenfurare
i cofiumi pubblici in generale, ma di efporre altresì in
pieno teatro i fatti vituperevoli, e di nominare, anzi di
met-
.232
mettere in iscena coloro che n' erano bruttati . In Roma,
al contrario, tal facoltà non fu giammai accordata agli
fcrittori comici. 11 poeta che colà avefle offefo l'orgo-
glio di quei boriofi ed accigliati patrie] , e che ofato
avefle di dire al popolo ch'eiTo era il traflullo , e la
•vittima dei Senatori; che cofloro impinguati del fuo fan-
•gue, e flraricchiti per le fiie conquilìe, nuotavano nell'
•opulenza, mentre che a lui tutto iricufa vano; che lo te-
nevano a bada con delle vane promeffe ; che le guerre
perpetue nelle quali fi cercava di occuparlo al di fuo-
ri, non erano che un mezzo di diilrarlo dai fuoi mali
<3ometlici; che, chiamandolo il padrone dell' univerfo ,
aion gli lafciavano nulla poflcdere nel mondo da lui fog-
giogato: un poeta in fine che ofato avefl"e di parlare il
linguaggio de' Gracchi, avrebbe, come coftoro , incontra-
ta ficuramente la morte . Anzi tanto non fi richiedeva
per cadere in disgrazia del Senato ; il folo delitto di ef-
fer popolare , perdeva per fempre un confole ; quefli o
prefto , o tardi pagava colla perdita della fua vita un
atto di compaffione manifeftato a prò di quel popolo ,
che fi voleva oppreflò , ed avvilito . Ecco perchè neflùn
poeta latino ebbe coraggio d'imitare Arilìofane . Il folo
Nevio , avendo voluto farne la pruova , fervi agli altri
di funefio efempio . Per aver detto in fatti nell' una
■delle fue commedie, che il Confolato di Metello fareb-
be la Sciagura di "Roma
Fato Romce fiunt Metellì Confuìes
fu raefTo nei ferri , e quindi venne efiliato , per aver
la
*J3
la feconda volta incorfo l'indignazione de' nòbili .
Le matematiche e le fcienze in generale non furono
rincora in molto pregio preflb quel popolo guerriero , e
conquiflatore . Quindi venne eh' eflb non fece fcoperta
alcuna in filofofia, e limitoffi folamente ad apprendere
quel che i Greci avevano fin allora escogitato. Le dot-
trine di Epicuro, di Platone, di Pitagora, di Ariftote-
le , le fette Cinica , Stoica , ed Accademica ebbero dei
feguaci tra i grandi, egualmente che tra i cittadini, gli
fchiavi, ed i liberti di Roma. In filofofia , i padroni
del Mondo non furono che difcepoli de' Greci . E che
che dica Cicerone della fcienza, e del talento di Archi-
mede, la fua opinione in queflo genere non è che una
pruova di più della di lui imperizia in fatto di mate-
matiche . In fomma i Quiriti furono sì addietro colle
fcienze efatte, che da efiì davafi generalmente il titolo
di matematici , come veder puoffi ia Tacito , e nelle
leggi Romane , a tutti coloro che fi piccavano di pre-
sagire il futuro, quantunque dai ghiribizzi della divina-
zione e dell' aerologia giudiziaria alle matematiche, mag-
gior diftanza vi fia, che dalla pietra filofofale alla chi-
mica de' Lavoifier, de'Chaptal, e de' Fourcroy .
Nulla dirò del disprezzo in cui effi avevano la me-
dicina , ed i fuoi profeflbri . Coftoro , eflendo flati mai
fempre tenuti per inutili, o perniciofi, furono alla fine
del fello fecolo , in forza di un decreto del Senato ,
cacciati di Città .
Finalmente i Romani , in confronto de' Greci , poco
30 fi
234
fi compiacquero delle belle arti , e ad éfle folamente per
fafto, rivolfero la loro paflaggicra attenzione. Anzi, a
dir il vero, sì poco conto ne fecero , che la cura ne
abbandonarono agli Ichiavi, ed agli ilranieri. In fatti,
tutto ciò che per rapporto all' architettura , ritrovavafi
di beilo e di grandiofo in Roma , dovevaiì alf Etruria .
Le cloache di Tarquinio Prisco , il Tempia di Giove
Capitolino, la via Appia , la Flamminia , V aquidotto
Claudiano furono opera degli architetti Tofcani . Un cer-
to Fabio, cognominato // Pittore, fu il primo che alla
metà del quinto fecolo , pinfe grolfolanamente le mura del
tempio della Salute . Codui e Pacuvió fono i foli che
abbiano rozziffimamente efercitata la pittura preflo quella
nazione. Donde ciò? Perchè quefta facoltà , al dir di
Cicerone', fu fempre confiderata come -un raefìiere pro-
prio di un popolo molle, ed effeminato. In una paro-
la, non il vide prcflx) i Promani ne quella nobile emu-
lazione che animava i Greci , ne 11 ammirarono le pro-
duzioni fublimi di quei gran maeftri dell'arte, tanto ap-
prezzate dalla pofterità , e che fervono , e ferviranno
mai fjmpre di modelli alle nazioni incivilite. Malgrado
però la negligenza da quei fieri conquillatori manifella-
ta per la cultura delle arti, eiìl al pari de' Brittanni ,
e de' moderni popoli del Nord , nulla omifero per pro-
cacciarli i pezzi più rari , e pregevoli . Chi non sa che
Mummio riempiè Roma' ddle opere le più diilinte della
fola Acaj a depredata, e che, per teftimonianza di Plu-
tarco, Paolo Emilio tre giorni impiegò alla pompa del
tnon-
235
trionfo della Macedonia, de' quali il primo appena ba-
ilo per far molìra dei quadri , e delle flatue prefc ai
nemici , e portate fopra dugento cinquanta carri ? L' in-
gordigia de Romani per le belle opere dell'arte, giun-
fe a tanto , che per confeffione di Vitruvio , gli Edili
Murena , e Varrone , avendo ammirate sulle mura di
Sparta alcune leggiadre pitture , impofero che le pareti
le quali aerano fregiate, fi tagliaflero d' ogn' interno ,
e pofle in calle di legno, a Roma lì tra fpor tallero ..
D'altronde, la mohitudinc delle Ilatue che lì lavo-
ravano continuamente nella Citta dai Greci artifli , era
sì grande che alla fine del quinto fecolo, i Cenfori P.
-Cornelio Scipione, e M. Popilio nell' obbligo H videro
di sbarazzare le piazze pubbliche delle fìatue de' parti-
colari , e de' magifìrati ordinar) che le ingombravano .
Eppure , lafciando folamente quelle dei Cittadini che n' ave-
vano ottenuto il privilegio in forza dei decreti del po-
polo , e del Senato , affai ne refiarono per abbellire do-
vizioKimente la Capitale .
Dal fin qui detto qual induzione dobbiam trarre ?
Che i Piomani i quali , dopo l'abbattimento delle Re-
pubbliche Greche , dominarono lungamente sul mondo
conofciuto, avevano un genio ruvido, ed afpro per man-
tenere le arti nel loro fplendore , benché nel mezzo del
loro impero trapiantati iì foffero gli artifti Greci, ed i
capi d' opera di quel popolo claffico : Che i Romani ,
all' infuori di una Aerile oflentazione per le belle pro-
duzioni , non polTederono giammai , nel medefimo grado
* che
2^6
che i Greci e gli Etrufchi , quella libertà di fpirito che
lafcia agire la ragione : Che finalmente la cupidigia di
iìgnoreggiare fu mai fempre il termometro del loro ca-
rattere nazionale , e tra(ci»ati da quella paifione , la col-
tura delle arti loro parve un occupazione eterogenea al
piano che fi- avevano prefcritto .
I foli rami letterarj che nafcere , e fiorir poterono in
Roma , come analoghi al fuo genio , furono l' arte ora-
toria , la fatira , la floria , la poefia erotica , la dida-
scalica , e la paflrorale .
Le fedizioni e le gelofie reciproche de' due corpi , che
agitarono fpeffe volte lo flato, produlTerOjè vero, fin
dai primi tempi della Repubblica alcune arringhe tribù-*
nizie piene di forza , e di vigore . Poiché chi non sa ,
che in mezzo alle gare , ed alle fazioni popolari , l' ani-
mo de' cittadini s'irrita^ fi elettrizza, s'infiamma? Ma i
Romani non arvendo ancora ripulita la loro- lingui ; di
più, non conofcendo l'arte di collocare le parole , e di
telTere periodi armoniofi , mezzi tutti necefTarj per catti-
varfi l'orecchio , onde giungere al cuore , 1' eloquenza
non potè fare preflb di loro progreflì rapidi , e ftraor-
dinarj . L'affare però non andò così nel fettimo fecoloj
poiché allora perfezionata effendofi la lingua , e Roma
trovandofi al colmo della fua grandezza, l'eloquenza che
fiegue fempre la forte degl' imperi , fpiegò tutta la fua
magnificenza , onde fi videro pompofamente brillare gli
Anton], i Crafìì , i Sulpizj , i Callid] , i Cotta, gli Or-
tensj, i Tulljv i Cefiri, i Salluitj . E, a dir il vero ,
(lua-
lirr
qivali fentimenti non dovea infpirare ad un oratore , in
quei tempi potcntillìmi della Repubblica , la vifta di
DO popolo intero, che diftribuiva le grazie e gli onori;
di un Senato , che decideva , in modo inappellabile , del
deflino di tutte le nazioni ; di una folla di perfone con-
folari coperte d' innumerabili allori; di una turba di clien-
ti che lo corteggiavano da per tutto; di un feguito nu-
merofo di Ambafciatori, di Sovrani, di foreftieri , che
imploravano il fuo patrocinio? Come mai era poflibile,
che r anima la più fredda non fi rifcaldafle alla, veduta
di uno fpettacolo così imponente?
D'altronde in un governo misto, di q^ial fatta era.
quello di Roma, Tarte della parola era importantiffima ,.
Poiché tutti i Cittadini avendo dritto agi' impieghi , per
mezzo di efla più facilmente vi pervenivano . Ecco dun-
que la ragione per la quale i militari plebei che la na-
fcita , e la povertà condannava a languire nei gradi o-
fcuri di una legione , moitravanfi fpeflò su i roftri al
popolo , ed arringavano . Dall' altra parte i Patrizj , ge-
lo(ì del loro potere , fi sforzavano di confervare nel lo-
ro ordine quella facoltà ch'era fiata la molla la più ef-
ficace della loro influenza politica . Onde non contenti
di foggiogare coli' arte militare l'eftere nazioni, voleva-
no ancora, mercè l'eloquenza , fottomettere quei cuori,
repubblicani , e feroci . La. floridezza dunque dello Sta-
to, l'ambizione dei due ordini, e l'attrito delle, palfio-
ni , dovevano neceflariamente produrre , come produflcro
in fatti ^ neir ultimo fecolo della Repubblica , una follx
di
23S
di Oratori, i quali, se non pel numero, pel valore pe-
rò, gareggiarono con quei di Atene.
La fatira fu una poefia puramente Romana , ed af-
fatto fconofciuta ai Greci . Lucilio che ne fu V invento-
re , prefentolla , febben rozza , ai Quiriti , in quella for-
ma che ce T hanno trafmefla Orazio , Perfio , e Giove-
nale , e qual noi la conofcìamo a' giorni noftri . Ella ,
altro non fìgnificando da principio che un bacino in cui
alla rinfufa il offrivano agli Dei tutte forte di frutta ,
tal nome affunfe , perchè ella è realmente un araraaflo
indiftinto d' invettive contra gli uomini , centra i loro
defiderj , i loro timori, i loro fdegni , le loro efimere
allegrezze , ed i loro intrighi :
Qindquid agiint homìnes , votum^ timor ^ ira ^ voluptas ^
Gaudia , difcurfiis , noflri eft farrago libelli .
Juvenalis Sat. L
_ Or un componimento di tal natura differiva di gran
lunga dai poemi (atirici de' Greci , poiché quello non
era, al par di quelli, drammatico, ne accompagnato dai
fatiri , e dalle loro danze. In oltre, lo fcopo della poe-
fia fatirica de' Greci era quello di mettere in ridicolo le
azioni feriofe , di traveflire perciò i loro Dei , o i loro
Eroi , di cambiare al bifogno il carattere , affin di ri-
dere, e di cianciare. All' oppofto le fatire Romane , co-
me tefìimonianza ce ne fanno quelle che fono a noi
pervenute, erano dirette ad eccitare l'odio, l'indigna-
zione , o il difprezzo ; in una parola , effe tendendo più
a riprendere , ed a mordere , che a far ridere ed a tra-
ftul-
2J9
lìullare ; punto non raflomigliavano alle fatire Greche ,
e per confeguenza un patrimonio furono puramente efclu-
fivo della letteratura latina .
Finalmente mettendo a fronte del poema di Lucrezio
Caro, e delle Georgiche di Virgilio, le opere di lilìo-
do , e di Arato , chi non vede che nella poeiia dida-
scalica i Greci ceder debbano la palma ai latini ?
Per rapporto poi allo fìile epiftolare, chi mai, con-
frontando le lettere, familiari dell'una, e dell' altra na-
zione, quelle lettere, io dico, che campate all'univerfal
naufragio, fono fino, a noi pervenute, non mette i Ro-
mani molto al di fopra dei Greci ?
Nella fìoria, Salluftio , Tito Livio, Tacito a fianco
flar podono certamente di Erodoto , di Tucidide , di
Senofonte .
Chi non ammira le ricchezze infinite , le quali in ma-
teria di poefia. paftorale , e di elegia amorofa , introdus-
fero nella Repubblica letteraria del Lazio un Virgilio ,
un Catullo, un Tibullo, un Properzio, un Ovidio?
Quindi fi raccoglie ad evidenza, che, quantunque mer-
cè i lumi venuti dalla Grecia , i Romani ufciti folfero
dall' ignoranza nella quale erano giaciuti per lo fpu.io
di 500 anni, e quantunque, della lingua in fuori, gre-
ca totalmente fofle la loro letteratura , pure alle volte
emulando ardimentofamente i loro maeitri , marciarono
di egual paflb con loro , o in alcuni rami letterari ,
ficcome vedemmo, dietro ad efiì certamente non rimafero,
nel percorrere il dilficile arringo dell'arte di ben comporre.
ME-
241
MEMORIA
Sopra una nuova fpecie di SQUADR.0 pefcato nelle
acque della riviera di Chiaja del littorale
di Napoli.
DEL DOTTOR
MICHELE TENORE
Letta alla Società nella Sejjlone de* io A^ojlo 1809.
I " riiHi'i I ~ I
INTRODUZIONE
'Uando fi riflette allo fìato di mafllmo fplendore
cui preflo le colte nazioni fono flati portati tutt' i ra-
mi delle fcienze naturali , e quando fi gitta una rapi-
da occhiata sulla fìoria delle ardue fatiche con sì gran
fuccefro foftenute dai dotti per conofcere ed illuflrare
le produzioni naturali delle più ingrate ed inacceflibili
regioni della terra , non fi può non efler prefo da una
giutìa indignazione oflervando in quale profondo obblìo
giaccia fepolta la fcienza fisica di quella bella parte
deiritalia . Strano certamente ed inefcufabile dovrà fera-
brare sulle prime , il vederfi meno conofciute le pro-
duzioni naturali di un paefe ove fi riunifcono le più
favorevoli circoftanze per renderne le ricerche propizie
oltremodo e fruttuofe . Una pofizione geografica che fa-
cendoci pofledere tutt' i climi , ci mette in una im-
31 me-
i4t
mediata corrlfpondenza coll'Afia e coli' Africa che quafi
tocchiamo. Una prodigiofa diverfita di fuoli ove, men-
tre da una parte fi elevano delle montagne primitive
di un' afpetto sì vario , fi diramano dall' altro de' ra-
mi cofpicui degli Appennini di feconda e terza forma-
zione, tra quali fi fìende una regione dominata da vul-
cani eftinti , femieftinti e tuttavia brucianti . Una ric-
chezza di piante di tutte le regioni ; una quantità di
animali di ogni genere ; un littorale di 1500 miglia ,
popolato dalle più rare marine produzioni ; tutto in real-
tà concorre a flabilire tra noi il più nobile foggiorno
delle fcienze naturali; ma intanto fiamo cofiretti a con-
felTare nofiro malgrado che tutti quefli tefori fono fco-
nofciuti a noi flefll che ci viviamo in mezzo. In fatti
fé ne eccettuino i pochi tratti di luce , che taluni no-
fìri benemeriti concittadini han cercato fpargere su i pro-
dotti foflìli di qualche nofira provincia, da chi mai s'i-
gnora che tutta la iìoria geologica ed orittologica del
nollro regno, di cui pochi fuperficiali faggi han ballato
ad annunziare la ricchezza , è un lavoro ancora intatto
|>er noi? Tutta la bella ferie delle piante che nafcono
tra le nevi perpetue delle nodre più alpine montagne ,
di quelle che vegetano tra le aride fabbie del nortro
littorale, che adornano e livefìono i uofiri campi e le
noftre colline, o che lulTLii-eggiano nel fondo de' nofiri
bofchi , manca tuttavia di una completa defcrizione .
Oltre alla doviziofa peregrinazione iilituita nelle noflre
contrade dal Tofcano Pietro Antonio Micheli, noi non
ci
243
ci fianchiamo di ammirare le belle raccolte fatte dai noftri
celebri concittadini Fabio Colonna e Ferrante Imperato . I
Botanici fono forprefi di riconofcervi la maggior parte
delle piante Europee, oltre ad una ricca ferie di piante
affatto proprie del noflro fuolo, ed a quelle che divi-
diamo colle cofle dell' Afia e delF Africa . Ma intanto
non poflìamo negare che la noflra fìoria botanica non
vanta che quella fola coppia di nomi infigni, e che la
ileffa fuperiorità de' loro progreffi accrefce la forza dei
rimproveri che fi lanciano contro di noi. GÌ' intereffanti
lavori del roflro celebre Cirillo , rimafli in gran parte
inediti per le vicende de' tempi , e le nuove piante de-
fcritte dall' illuftre Petagna ballano appena ad inteffere un
ferto induilriofo sul negletto capo della Flora Partenopea.
Che diremo della Zoologia ? Dopo le poche imper-
fette offervazioni che ce ne fono fiate trasmeilè dagli
flcflì noftri Colonna ed Imperato , il più profondo fi-
lenzio regna su quella parte della floria naturale. I la-
vori sugl'infetti degli flefll Signori Cirillo, e Petagna,
quelli sulle conchiglie del Signor Poli, e le curiofe of-
fervazioni del Signor Cavolini fopra alcuni altri prodotti
marini , non fanno che gittare una macchia ^ul maeflofo
quadro zoologico che potrebbe vantare la noflra Fauna.
Pefci , Uccelli , Quadrupedi , Vermi ; tutto giace fepolto
nella più compiuta dimenticanza .
Se ci fermiamo intanto per poco a fcorrere la floria
de noflri falli letterari noi troviamo abbornlantemente di
che giuflificare la noftra negligenza per lo Audio delle
* fcien-
M4
fcienze naturali. Noi ci convinceremo allora che per più
di due fecoli i genj partenopei , dallo fpirito della edu-
cazione predominante diretti verfo altre dotte applicazio-
ni, mentre hanno debolmente coltivate le fcienze fisiche,
fi fono refi celebri nella filofofia , nella legislazione , nella
fìoria , nella numismatica , nell'antiquaria e nelle fcienze
politiche e morali . Quindi avviene che fé fiamo collrctti
a cedere il primato alle altre nazioni quando ci fanno
pompa de' loro copiofi fcrittori di fcienze fisiche , noi
fiamo fuperbi di opporre loro i nomi veramente immor-
tali de' Vigo, de' Filangieri, de'Giannoni, de' Mazzocchi,
de'Genovefi, de' Pagani, de' Conforti , e di altri moltis-
fimi che lungo di troppo farebbe il voler qui tutti men-
tovare . D' altronde fé ci fermiamo a dare un rapido col-
po d'occhio ai più antichi tempi della ftoria delle fcien-
ze , noi ofl!èrvererao con foddisfazione , che quando il
gufto delle fcienze naturali fi dettava appena in Europa,
noi già potevamo vantare nella fine del XVI fecolo
Fabio Colonna, Ferrante Imperato, Giovanni Maranta,
Giambatifta della Porta che fiorirono quafi contempora-
neamente , e fi rivolfero i primi a ricercare i naturali
prodotti del noflro fuolo , interpetrando gli ofcuri tedi
fino allora negletti di Plinio, di Teofrafio, di Diofco-
ride, di Averroe, e formando 1' ammirazione di tutt' i
dotti di quell'epoca. Ma quefìi propizj raggi di un aflro
rigeneratore del noftro genio fcientifìco , non fecero che
balenare appena sul noflro orizzonte , per disperderfi ben
prefto nel vortice delle filofofiche difcuflìoni , e delle
let-
letterarie ricerche che ne inviluppavano tutte le monti;
cosicché malgrado refempio di quefti dotti naturalilìi ,
e le feduccnti attrattive delle fcienze che li refero ce-
lebri , effi non ebbero feguaci . E' da fperarlì che per-
fualì una volta delle fruttuofe applicazioni che di que-
lle fcienze può farli ai bifogni della vita , e fpronati
dalla forza delle pubbliche idituzioni attualmente in vi-
gore, i fervidi talenti partenopei non tarderanno a rac-
cogHere nuove palme in quella carriera sì gloriofamente
calcata da quei primi noilri benemeriti concittadini , riem-
piendo r umiliante lacuna che folFriarao in quella parte
di fa pere .
Al prefente che a rideftare tra noi il guflo delle fcien-
ze naturali, concorrono ugualmente i nobili sforzi della
dotta adunanza a cui ho l' onore di appartenere , pub-
blicando le offervazioni che il mio bravo collega Signor
Sementini ( Luigi ) ed io , abbiamo avuto occaflone di fa-
re su di una nuova fpecie di pefce pefcato prellb il
nollro lido, io prenderò argomento di dimollrare ai no-
flri concittadini da quanto profitto potrebbero effer co-
ronate le ricerche intraprcfe su quello ramo di zoolo-
gia. Io debbo prevenire i mici lettori che quella confi-
derazione ha influito maggiormente a farmi render pub-
blica una defcrizione in gran parte imperfetta , perchè
compilata quando già il pefce di cui fi tratta era llato
ridotto in pezzi , e fgravato di tutti i fuoi vifccri dai
marinari che lo avevano pefcato , nel momento fteiro
che lo avevano tirato sul lido .
Rac
J46
Racconto della pefca del pefce .
JLL di a 5 Luglio alle 6 pomeridiane taluni pefcato-
ri foliti a gittare le reti nelle vicinanze della riviera
di Chiaja , furono forprefì al tempo fleflb , e ralle-
grati dello flraordinario pefo che mofìravano le reti
gittate da effi in quel giorno . La loro forprefa fi ac-
crebbe oltremodo, ma la loro gioja fi cangiò in lutto,
quando eflendo riufciti a tirare le reti sul lido, fi av-
videro che invece della gran quantità di pefce che vi
credevano raccolta , le reti erano riempiute da un folo
pefce di una fmifurata mole , che prefentava tutt' i ca-
ratteri di una fiera marina . Dopo averlo ammazzato ,
offervandolo più agiatamente , lo credettero sulle prime
una canefca , ma vi fu tra loro chi fi dichiarò altamen-
te contro quella opinione , ed aflìcura che quel pefce
non era il primo a vederfi ne' noftri mari , additandolo
col nome di capochiatta, o capopiatto. Così tra il vol-
go de' marinari medefimi già fembrava efi"erfi definito che
mentre quql pefce non era una canefca, fi meritava egli
una particolare attenzione per parte de' naturaliili . Efll
fi occuparono ben tofio a vuotarlo de' vifceri , e dopo
averlo fatto in pezzi lo trovarono pefare due cantaja ,
e fettanta rotoli .
Incaricati dalla prefettura di Polizia , il Signor Semen-
tini ed io , di recarci ad ofTervare quello pefce per de-
cidere fé potefle permetterfi lo fpaccio della fua carne ,
noi ci fermammo a rintracciarne diligentemente tutt i
247
caratteri zoologici . Noi avvalorammo allora il giudizio
de'pefcatori che non lo avevano creduto una canesca ,
ma non tardammo a riconofcervi tutt' i caratteri dello
fleflb genere Squadro ( Squalus ) . Dopo varj faggi efe-
guiti sulla carne di eflb per afficurarci deUe fue quali-
tà , determinammo non poter ella nuocere alla falute , e
ne permettemmo lo fpaccio. Quindi m'incaricai particolar-
mente d' intraprendere un lavoro sulla determinazione del-
la fua ipecie .
Defcriiione del pefce »
Qucfto Squadro è lungo otto piedi e due pollici , ed
ha fei piedi e fei pollici di maffima larghezza in giro,
offia un maffimo diametro di due piedi in circa , egli è
perciò molto più lungo che largo, onde prende la for-
ma di un cono allungato . La fua pelle e di color gri-
gio fofco al di fopra , ruvida al tatto , fpecialmente por-
tandoli la mano dalla coda verfo la teda , il di fotto
del corpo e di color bianco fporco . Tagliato trasverfal-
mente il prefenta la fua carne fibrofa , mediocremente
compatta , di color bianco rofeo ; la fua fpina del dia-
metro di tre pollici , formata di grofTe vertebre carci-
laglnofe , facili a tagliarli in fette col coltello ; ed il fuo
cuojo della groflezza di due terzi di pollici, di un color
bianco latteo , e di una confidenza quafi cartllaginofa .
La tcfta di qucfta nuova fpecie di Squadro ne oflre
i caratteri più rimarchevoli. Ella è una volta più larga
di tutto il rcflo del corpo , e fchiacciata , di figura rom-
boi-
248
boidale, terminata anteriormente da un gran mufo coni-
co, che sul piano intero della teda obbliquamente s'in-
nalza per circa due terzi di piede, ed inferiormente da
una larghiflxma apertura femicircolare di due piedi e mez-
zo che ne forma la bocca ; a dritta e finiftra del mufo
fi oflèrvano gli occhi che ferbano tra loro la diftanza
di circa un piede e mezzo mifurata fecondo la linea del-
la maffima elevazione del mufo ; effi fono rotondi del
diametro di un pollice e mezzo ; la parte inferiore del
mufo ifleflb è lateralmente traforata dalle fue narici con-
tigue tra loro , che in quella razza di pefci fono la fede
di un odorato finiffimo e molto dilicato . Dietro agli occhi,
ed alquanto più fotto fono difpofte le orecchie fornite
di fette aperture per ogni lato , e formate di membra-
ne coriacee addoffate le une alle altre , la diftanza tra
eflc mifurata dalla parte fuperiore della teda è di due
piedi e dieci pollici . Aprendoli la bocca dell' animale
fé ne poflono a beli' agio confiderare le malcelle , nelle
quali merita di efière particolarmente rimarcata la brut-
tura de' denti che fomminiftrano i caratteri più impor-
tanti di quello genere di pefce . La mafcella inferiore
del noflro squadro prefenta nel fuo bordo una ferie di
denti fchiacciati , duriffimi e più bianchi del più fino
avorio; ognuno di elfi è di figura triangolare non dis-
fimile da una falce piatta , della quale il lato inferiore
iiicallrato nel bordo cartilaginofb della mafcella è lun-
go circa 1 5 linee , il lato più corto difpoflo ad angolo
di 45 gradi col primo rapprefenta la maffima larghezza del
dente
2 49
dente, ed è lungo circa 5 linee; il terzo lato che va
obbliquamente a terminare nell'altra ellremità della ba-
fe, lungo circa un pollice, prcfenta una ferie di punte
aguzze al numero di 1 1 che decrefcono infenlibilmentc,
finche l'ultima fi confonde coli' angolo alla bafe del den-
te medefimo. Di quelli denti l'animale ne ha al nume-
ro di 14. In mezzo ai due primi oiTervafi un picciol
dente femplice di forma conica molto aguzzo e di fo-
flanza affatto cartilaginofa . I denti della mafcella fupe-
riore hanno una llruttura ben divcrfa da quelli della
mafcella inferiore . Di elfi in una prominenza lìtuata in
mezzo al fornice della bocca fé ne oflervano dieci che
hanno la forma de' denti delle fiere, effi fono femplici,
uncinati, dilaniatori; quefti fono fituati in tre ferie, due
anteriormente, quattro dopo di quefti, e quattro in una
terza ferie pofleriore . Dai due lati della prima ferie
traggono origine le due ferie dei denti feghettati , piatti
di quella mafcella, de' quali i più vicini ad eflì prefen-
tano appena una o due punte, e quindi negli altri fé
ne accrefcc il numero di mano in mano, finche diven-
tano fimili a quelli della mafcella inferiore , io ne ho
contati fette per ciafcun lato della bocca .
Nel fondo della bocca giace la lingua maflìccia , lar-
ga , cartilaginofa , bianca e coverta di fcabrofità come
quella del gatto .
Le pinne fono poco confiderevoli relativamente alla
mole dell'animale. A fomiglianza degli altri fquadri efiè
fono di forma triangolare , rigide e cartilaginofe con del-
le oflature raggiate. Di quelle ve n'è una dorfale, due
3 i pet-
2 JO
pettorali , due ventrali , ed una della coda . La mancanza
di una pinna dorfale e della pinna dell'ano nel noflro
squadro ne forma uno deTuoi principali caratteri . L'unica
pinna dorfale , ch'egli ha , è fituata immediatamente pres-
so la coda . Le pinne pettorali e ventrali non offrono
alcuna particolarità . Il lato fuperiore della coda lunga
circa tre piedi prefenta una pinna continuata duriffima ,
e molto robufta , a cui bifogna rifondere tutte la forza
che fi comunica all' animale agitandofi nell' acqua . Que-
lla pinna termina dividendoli in due lobi ineguali trian-
golari , de' quali il fuperiore è più lungo dell' inferiore.
Il noilro squadro manca affatto della linea laterale ,
offia di quella linea longitudinale elevata , più o meno fen-
lìbile riguardata da Lacépéde come un indizio dei princi-
pali vafl desinati a fpandere sulla fuperficie del corpo
de' pefci un' umore vifchiofo neceffario ai movimenti , e
alla confervazione di effi .
Il noflro squalo manca tuttavìa de' due fpiragli che
i fuoi congeneri fogliono avere nella vicinanza degli oc-
chi , e che fono deftinati a fpinger fuori con forza
r acqua che effi ingozzano ; delle due appendici peni-
formi , offia di quelle produzioni lunghe circa il dodi-
cefimo della lunghezza totale del corpo, che i squali ma-
fchi hanno preffo la coda, e di cui fi fervono per avvitic-
chiarfi al corpo della femmina nell'atto dell'accoppiamento,
ciò fa conchiudere che egli appartenga al fefio femmineo.
Clajffificaiione degli Squadri .
Defiderando afficurarmi della metodica claflìficazione
del
del pefce da me efaminato, io ebbi sulle prime ricorfo
a quella immaginata dal Cavalier Linneo , che diftribuen-
do i pefci in quattro ordini, non vi comprende i pefci
cartilaginofi , ma li riporta nell' ultimo ordine de' fuoi
amfibj, caratterizzati dalla prefenza delle pinne, e delle
branchie laterali. In realta non mancò di eccitare in me
una \iva forprefa il vedere claflìficati tra gli amfibj in-
sieme col pefce da me oflervato , un' altra lunga ferie
di veri pefci diftinti in circa 14 generi . Come mai il
celebre Plinio della Svezia potette indurfi a riportare tra
gli amfibj animali che al primo afpetto di già annun-
ziano tutt' i caratteri de' veri pefci , fra quali quelli fpe-
cialmente ben Angolari delle pinne , delle branchie , e
della impofiìbilità di poter vivere fuori dell' acqua ? Ma
non è quello il folo errore che nella claflìficazione de-
gli animali fu obbligato a commettere quefto fommo uo-
mo , perchè Y immenfità degli oggetti comprefi nel fuo
gran h^•oro del Siftema della natura non gli permifero
di profondare le fue ricerche sulla fìoria particolare di
eflì . Del reflo bifogna confeflare che la confiderazione
di taluni caratteri poco ben conofciuti poterono indurre
quel gran naturalifta a far claflìficare quelli animali fra
gli amfibj . Tali fono , per efempio , la prefenza delle
appendici peniformi di fopra defcritte , che da eflb fu-
rono prefi per veri membri genitali , e la forma di ac-
coppiamento propria di quelli pefci , che fi difcofta dal
meccanismo della generazione di tutti gli altri che non
fi accoppiano affatto, ma foltanto il mafchio di elTi ncU'
infeguire la femmina che fi fcarica delle fue uova, non
* fa
fa che afpergerle del fuo umore femlnale. ConorcendoH
perciò che in quelli creduti amfìbj il mafchio il corica
sul ventre della femmina che giace fupina , fu creduto
che quelle appendici peniformi faceflero T ufficio di veri
organi fefluali ; ma iu feguito delle più diligenti ofTer-
vazioni de' moderni naturalisti è flato dìmoflrato che quel-
le appendici non fervono che ad abbracciare il corpo
della femmina , mentre effa fcaricandoll delie uova , il
mafchio le afperge del fuo liquor feminale . Linneo cre-
dette altresì che , oltre alle branchie , quefti pefci fof-
fero forniti di veri pulmoni , ficcome ferabrava apparire
dalla dilezione di qualche fpecie di quella clafTe, e fpe-
cialmente del facco aereo che hanno i tetrodonti che si
può vuotare e riempire a volontà dell' animale ; ma que-
lli creduti pulmoni fono fimilmente fcomparfì fotto le
diligenti indagini de' moderni fctiologi , non potendofi ac-
cordare un tal nome a qualche prolungamento delle bran-
chie flefle che fuol riconofcerfì in alcuni di quelli pe-
fcir. Meritamente il Signor Gmelin nella fua ultima com-
pilazione del Siflema della natura di Linneo, feguendo
le tracce de' moderni naturalifli ha portato via dagli a m-
lìbj X ordine dei nuotanti di Linneo , e ne ha aggiunto
due altri fotto dei pefci , coi nomi di brdnchiopterygii ,
e ckondropterygii ^ dei quali i primi fono caratterizzati
dalle branchie olTee e le offe cartilaginofe , ed i fecon-
di dall' efTer cartilaginofi in tutte le parti che fono offee
negli altri pefci .
Il Signor la Cépéde nel ' fuo efìmio lavoro fopra i
pefci fomminiflra tutti gli opportuni dettagli per claffi-
fica=
453
ficare il pefce defcritto. Nella fua claflìficazione , i pe-
fci condropterigj formano la prima fotto-clafle che com-
prende i pefci cartilaginofi , odiano quelli che hanno le
parti folide dell'interno del loro corpo tenere quanto le
cartilagini degli altri animali . In quefta fotto-cIafTe il
IV ordine comprende i pefci addominali, offiano quelli
che hanno delle pinne fituate fotto l'addome. I Squa-
dri coftituifcono il terzo genere di queft' ordine caratteriz-
zati dal numero delle aperture branchiali di ciafcun la-
to del corpo. Tutti quelli caratteri trovando^ conveni-
re al pefce che ho defcritto , non efitai a confermarmi
nel giudizio che ne avea portato nel principio, creden-
dolo una fpecie di fquadro. Il genere degli Squadri dal
Signor la Cépéde è fuddivifo in tre fotto-generi; il pri-
mo comprende quelli che hanno una pinna all' ano , e
fono privi di fpiragli; quelli che hanno la pinna all'ano
ed i fpiragli fi riportano nel fecondo ; e quelli che
hanno i fpiragli e mancano della pinna all' ano fi ri-
ducono al terzo . Oflervando quefta divifione io conobbi
ben predo, che il nollro squadro, eflendo privo ugual-
mente di Ipiragli e della pinna all'ano, non poteva ripor-
tarfi fotto alcuna di quelli tre fotto-generi . Malgrado ciò io
mi applicai ad efaminare fé mai avelie potuto avvicinarli
ad alcuna delle fpecie defcritte fotto quelle tre fuddivifioni .
Differen'^a tra il nuovo Squadro , e gli altri
a cui più fi fomiglia .
Confultando attentamente tutte h defcrizioni partico-
lari riportate dal Signor Lacépéde fotto la Itoria degli
SqUH-
aj4
squadri , io mi fono fermato a quelle (bltanto che per la
forma del corpo ed i caratteri zoologici offrivano una mag-
giore analogia col noftro . Quefte fono : il vero pefce cane^
lo [quadro majjlmo , lo /quadro cinerino ed il milandro.
Il pefce cane ( Squalus carcharias ; Lin. , réquin de'Fran-
cefi ) conviene col nuovo squadro nella mole del cor-
po, nel colore, nella qualità della fua pelle e nelfef-
fer privo degli fpiragli preflb gli occhi ; ne difconviene
poi perchè mentre egli ha il mufo rotondo e fchi accia-
io nella medefima direzione del dorfb, due pinne dorfali,
una pinna all'ano e cinque branchie; il noilro ha il mu-
fo conico e rilevato sul piano del dorfo, una fola pin-
na dorfale , e privo della pinna all' ano , ed ha fette
branchie , Oltre a ciò la più rimarchevole differenza tra
quelli due fquadri viene flabillta dalla diverfa flruttura
de' loro denti . Il pefce cane ha fino a fei ferie di denti
triangolari quafi equilateri e tutti uniformi ; il noftro
non ha che una fola ferie di denti falciformi, ed oltre
a quelli ne ha dieci altri conici , uncinati , e ben di-
verfi da quefli , fituati nella mafcella fuperiore . Intorno
la mancanza delle moltiplici ferie di denti , potrebbefi
intanto fofpettare che nel nolìro squadro esse non erano
del tutto fviluppate a cagione della fua giovanile età ,
mentre fi sa che anche nelle canesche molto giovani non
fé ne oflerva che una fola ferie. Ma a diflìpare quello
fofpetto balta far riflettere alla forma de' denti medefi-
mi , abbaflanza diverfa anche nella più giovanile età di
quelle due fpecie di squadri . Il Signor Lacépéde , de-
fcrivendo la forma de' denti di uno squadro lungo fei
piedi
251
piedi, ed in confeguenza molto più giovine del nofìro,
ne dà le particolari dimenfioni che non lafciano verun
luogo a dubitare della loro diverfa bruttura. Quefti den-
ti , fecondo lui , hanno la bafe lunga fei linee , ed i lati
lunghi fei linee , e tre quarti , cosicché rapprefentano
quali de' triangoli equilateri . Nel noiìro squadro al con-
trario effi hanno 15 linee di bafe, e de' due lati, uno
è privo di punte , ed è lungo appena 5 linee , e l'al-
tro armato di 1 1 punte aguzze è lungo un pollice , e
qualche linea , prendendo così la forma di una falce ,
offia la figura di un triangolo fcaleno baffissimo .
Lo Squadro mafjimo ( Squalus maxiraus ; Lin. , Squale
trés-grand ; Lacépéde ) conviene col noftro nella grandez-
za del corpo, e nella mancanza degli fpiragli predò gli
occhi i fé ne allontana poi moltìflìmo perchè ha cinque
branchie, due pinne dorfali, ed una all'ano, mentre il
nodro ha fette branchie, una fola pinna dorfale , e man-
ca affitto della pinna all'ano. Dippiù la forma de'denti
di quefle due fpccie di squadri è notabilmente diverfa,
cflendo nel niaffiino non già fchiacciati , falciformi e fc-
ghettati , ma conici, uncinati e femplici, fìmili quafì ai
dieci denti femplici che il nofìro squadro prefenta nella
protuberanza della mafcella fuperiore .
Lo Squadro cinerino ( Squalus cinereus ; Lin. , Squale
feriali-^ Lacépcde ) conviene col noftro perchè ha fette
branchie , manca degli fpiragh ed è il folo tra gii squa-
dri finora deferirti che manca di una pinna dorfale; ma
fé ne difcofta moltiflìmo perchè non è più grande di tre
piedi in circa , perchè è fornito della pinna alfano, e di
una
ij6
una linea laterale molto sviluppata , che mancano nel no-
Itro . Egli è dippiìi di color cinerino , e non grigio fofco , ed
i fuoi denti fono fchiacciati , feraplici ed alquanto uncinati.
Lo Squadro milandro ( Squalus galeus ; Lin. , Squale
mìlandre ; Lacépéde ) è armato di denti triangolari , fchiac-
ciati fimili a quelli del pefce cane, ma effi hanno dip-
piìi in uno de' lati un grande angolo rientrante , guer-
nito di punte aguzze , la qual cofa non fi oflerva nel
nofiro squadro. EfTo ha fimilmente due pinne dorfali ,
una pinna air ano , e due fpiragli, caratteri che man-
cano in quell'ultimo. Del refto quelìi due squadri con-
vengono nella grandezza , e nella forma del mufo allun-
gato e fchiacciato.
Non fono fìate più felici le ricerche che ho ifìituite
sugli antichi fcrittori , sul dubbio che nelle classificazio-
ni fatte dai moderni fofle sfuggita qualche fpecie che
potefle convenire allo squadro da me efaminato . Arifto-
tile, Plinio, Rondelct, Jonfìon , Gesner, Altrovando fo-
no fìati da me confultati in vano. Tra le figure ripor-
tate da quest' ultimo , io ne ho rimarcata una col no-
me di squalus carcharias alius che nella forma del mu-
fo e nell'efler privo della pinna all'ano conviene efat-
t:imente col noftro, ma egli mentre manca di una pin-
na al dorfo ha in vece di efTa una fega cartilaginofa fi-
mile a quella di cui è armato il mufo dello squalus
trìftis , ed oltre a ciò ha cinque branchie , e denti ben
diverfi dallo squadro che deferivo . Un' altra figura
che per la forma del mufo raffomiglia paranco al no-
ilro squadro, ed e indicata collo Ikflb nome di squalus
car-
2J7
carcharlas alìus , appartiene ficuraniente allo squadro mi-
landro già mentovato di fopra .
Forma\ione della nuova specie di Squadro :
Dimoflrata in quefto modo la fìngolarità dello squa-
dro che ho defcfitto , fembra non eflèrvi più luogo a
dubitare che egli non fia una nuova fpecie finora non
oflèrvata da verun naturalifta . Il noflro squadro cofli-
tuifce anzi un nuovo fottogencre, oltre ai tre già rico-
nofciuti dal Signor Lacépéde . Quefti eflendo caratteriz-
zati dalla diverfa combinazione dell'alternativa prefenza,
o mancanza della pinna all' ano , e degli fpiragli preflb
agli occhi , ed il nuovo dalla totale mancanza dell' una
e degli altri. Il genere degli squadri farà allora divifo
we' feguenti quattro fotto generi .
I . Pinna anali , foraminibus ad oculos nullis .
a. Pinna anali ^ foraminibus ad oculos.
3. Pinna anali nulla ^ foraminibus ad oculos.
4. Pinna anali nulla ^ foraminibus ad oculos nullis.
Delle quattro fpecie di squadri mentovate di fopra,
il carcharias , il maximus , ed il cinereus appartengono
al primo fotto genere , il galeus al fecondo , ed il no-
flro al quarto .
Dovendo dare un nome a quefla nuova fpecie di
squadro , ho penfato defumerlo da uno de' fuoi caratteri
più apparenti , e propriamente dalla forma fchiacciata e
grande della fua tefla , l'ho chiamato perciò Squalus platy-
cephalus dal greco nMrug latus ^ aniplus, e Kf^aZ)? caput.
33
Re-
258
Recandone il nome in italiano amerei ritenere in par-
te quello che gli fi dà dai noflri pefcatori , e perciò
lo direi Squadro tefta piatta , o capo piatta .
Ecco la Aia frafe caratteriftica fpecifìca :
Sqimlus platycephalus ^ capite maximo deprejfo , rojlro
conico obtufo , obhlique porrigenti , pinna dorfali unica,
branchiis feptem , dentibus variis , aliis falciformibus
ferratis y aliis conicìs uncinatis .
Eccone la defcrizione naturale fillematica :
Squalus platycephalus . Corpus longe conicum , lon-
gitudine octo pedurn & duorum pollicum , amplitudine
maxima fex pedum , feu diameter maxhnus bipedalis .
Color corporis fupra grifeo-fujcus , fubtus defedato ai-
bus . Cutis fcabritie infignis , compacia , femipollicaris craf-
fitieì . OJfa cartilaginofa teretiufcula . Caput maximum
deprejfum , rhomboidale , roftro conico obtufo , oblique
porrigenti^ antice munitum. Os fub roftrwn femicircula-
re duos pedes (5 dimidium latwn . Oculi duo ad roftri
latera , Jubrotundi . Nares fub roJIro approximatce cri-
briformes. Branchie^ feptem pone oculos , cartìlagineo-
membrana<:cie^ imbricatcc.. Mandibula inferior , dentibus
qudtuordecim compreffis fesquipotlicis tatis ^ falciformibus,
lateri unico verticali ferrato, in medio dente unico re-
cio cartilagìneo , annata . Superior prominentia interme-
dia dentibus decem triplici ferie di/pojìtis, necnon late-
ribus dentibus ferratis magnitudine variis, fenjlmque cre-
fceniibus . horrida . Pinnce pecl:)rales bince , triangulares,
radiis cartilagineis ; pinna dorfalis unica prope caudam.
Pinna caudalis tertii corporis longitudine, biloba, lobi s
259
incequalihus , fuperiore majore ; pinna analìs nulla . Li-
nea lateralìs nulla . Nulla foramina temporum . Nullce.
appendìces peniformes .
Notizie relative alla floria naturale degli Squadri .
Quefta famiglia di fiere marine e fpecialmente le fpc-
cie più coloflali di efla fono fiate note agli antichi fi-
no dai più rimoti tempi della fìoria . Teofrafto ne fa
diftinta menzione defcrivendo particolarmente il pefce ca-
ne che egli difegnò il primo col nome di carcharias
dall'acutezza de'fuoi denti (i). Egli aflerifce dippiù vc-
derfi queiìo pefce frequentemente nel mare roflb. Stra-
bone lo defcrive anch' egli come abitatore de'maridelli
Sicilia . Eliano ed Ariftotile nelle loro ftorie degli ani-
mali trattano di parecchie fpecie di squadri . Queft' ul-
timo fcrittore che deve ai fuoi libri di zoologia , 1' a-
versi confervato un dritto all' immortalità , facendo
la ftoria del carcharias , lo difegna fempre col folo no-
me di canis . Ne manca tra i moderni chi è di avvifo
che di quefta fpecie di squadro abbiano iutefo parlare
Omero quando fa dimorare il fuo Ercole per tre notti
nel ventre di un pefce ; e le fagre carte che e' infegna-
no efler accaduto lo fteflb al Profeta Giona .
Le più grandi fpecie di squadri s'incontrano ordina-
riamente nel più alto oceano , e ne' mari della zona
torrida . Effi fono voraclffimi , e cercano col più grande
.* ar-
co Dal GrtCO A«/>x«;:Jr, acutl'.s , afper .
a6o
ardore di pafcerfi de' corpi de' grandi animali. In confe-
guenza della perfezione del loro odorato e della prefe-
renza che efla gli dà per le foftanze il di cui odore e
più efaltato, elfi fi danno gran premura di correre da-
pertutto ove li richiamano i corpi morti de' pefci o dei
quadrupedi e de' cadaveri umani . Effi fi rendono così
capaci d'intraprendere de' lunghi viaggi feguitando le fpe-
dizioni marittime colla fperanza di divorare i cadaveri ,
che ne fono gittati. E' rimarchevole ciò che hanno of-
fervato i viaggiatori circa la coftanza colla quale le
canelche fcortano le imbarcazioni de' negri delle code dell'
Africa che accompagnano fino alle colonie Americane ,
mollrandofi di continuo intorno ai baftimenti , agitandofi
alla fuperficie dell' acqua , ed avendo per così dire l'im-
menfa voragine della loro gola fempre aperta per in-
ghiottire i cadaveri di quelle infelici vittime di un traf-
fico il più umiliante per 1' umanità , che fuccombono
fotto il pefo della fchiavitù e delle fatiche di una du-
ra navigazione. Commerfon riferifce che efTendo uno di
quefti cadaveri fofpefo ad una trave elevata di venti
piedi fuori dell' acqua, fi e vifto lo squadro slanciarfi
a molte riprefe fuori dell' acqua fopra di queda fpoglia,
raggiungerla finalmente e farla a brani . Quefla immen-
fa forza che fa slanciare come un dardo ad una sì gran-
de altezza un pefce di mole così smifurata è dovuta ai
mufcoli della fua coda , efTendofi ofTervato che un' ani-
male di quella fpecie , quantunque molto giovine è lun-
go appena fei piedi , con un fol colpo della fua coda
ha fpezzato la gamba ad un' uomo molto robuflo . Que-
fto
26l
fio traffico ha contribuito talmente a popolare di quefli
pefci il mare delle colonie, che ficcome attedano tutt'i
viaggiatori , tra i quali il noflro dotto collega Sig. Sava-
re(l,è diventato colà pericolofo anche l'andare in piccole
barche di diporto nelle vicinanze del lido; cosicché quei
marinari avvertono i foralìieri di "non tener né anche
le mani fofpefe fuori della barca per timore che il pe-
fce cane non fi slanci a divorarle , eflèndo colà molto
frequente il vederfì delle perfone che fono fiate così mu-
tilate di una mano o di un braccio . Quello pericolo ,
fìccome fa oflèrvare il Signor Lacépéde, e fempre mag-
giore per i negri , che per i bianchi , attefo il più for-
te odore che effi efalano dal loro corpo . Speflb i ne-
gri ed i bianchi bagnandofi infieme , i negri fono immo-
lati i primi alla ferocia di quelli animali , e danno così
ai bianchi il tempo di falvarfi colla fuga. I viaggiatori
riferifcono, a fcorno dell'umanità, che talvolta i bian-
chi hanno portato la loro snaturalezza fino al punto di
obbligare quelli fventurati a formarli una barriera im-
penetrabile agli attacchi di quelli animali , circondandoli
nelle acque mentre fi bagnavano .
A quefl' iilinto di tener dietro alle fpedizioni marit-
time noi dobbiamo intanto rifondere la cagione della
comparfa ne' nollri mari del pefce , che ha formato il
foggetto di quefla memoria. Dalle vicine code dell'Afri-
ca irafportati dalle correnti s imboccano frequentemente
nello ilretto di Meflìna varie fpccie di squadri, tra qua-
li , il cane e la ■:i^igena fi fono refi noti ai noflri ma-
rinari. In un nortro foglio politico del mefe di Luglio
deb
i6i
tlello fcorfo anno, noi deplorammo il trillo avvenimento
che ebbe luogo nelle acque delle Calabrie , ove bagnan-
doli due foldati francefì , fi avventò ad uno di effi la
canefca , che divorandogli una gamba lo avrebbe mife-
ramente ingojato fé alla coraggiofa deflrezza del fuo ca-
merata non fofle riufcito di tirarlo a viva forza sul li-
do . Da quei mari avendo fatto vela la flotta anglo-
sicula per portarfi all'attacco delle noftre Ifole, è pre-
fumibile che fia flata feguita dal noftro squadro , che
ilabilendofi nel noilro golfo fu fpinto ad avvicinarfi al
lido dalla fperanza di potervi predare qualche infelice
nuotatore . Forfè l'ecceffivo calore che provammo in quell'
epoca potè fìmilmente contribuire a farlo avvicinare al
lido . Ne può fervire di conferma il feguente paflb di
Eliano. Canìculae & alta maris alumna ammalia, qui-
hiis audaciam naturae infevk , cum fummus per aeflatem
calor viget ad litora fé recìpiunt, & verjus praecìpìtìa
natant & expo/ita fluciibus promontorìa fubeunt , & an-
guflis profundisque fretìs fefe infinuant (i). In fatti gli
ultimi giorni di Luglio fono flati per noi quelli del maffimo
calore eftivo di queQ'anno; in quelli giorni il mio ter-
mometro fituato allombra e rivolto al nord , alle quattro po-
meridiane ha fegnato fino a a6 gradi della fcala di Reaumur.
La carne degli squadri è dura coriacea , e di fapore
non buono; e(Ki però è del tutto innocua alla falute .
Gli abitatori della Guinea , della coda d' oro , e delle
code del Mediterraneo , la mangiano impunemente , e ne
ri-
l'i) Lib. 4. cap. 24.
i6i
ricercano a preferenza la ventrefca . Se il fegato di qual-
che fpecie di squadro fia fornito di qualità perniziofe ,
come hanno avanzato taluni naturalifti io non poffo af-
ferirlo . Quello del te/ia piatta non lo era certamente,
perchè prima che noi ci foffimo portati ad efaminarlo
già il fuo fegato era flato nraogiato da moltiffime per-
fone di que' contorni, ne alcuna di effe potè dolerli di
averne provato qualche finiftro effetto.
Delle fpoglie di squadri petrificati s' incontrano fre-
quentemente nelle montagne di feconda formazione . Il
monte Bolca preffo Verona lì è refo celebre per ciò .
I denti petrificati dello squalus carcharias fi offervano
in tutte le collezioni di prodotti follili. I mineralogilli
gli hanno impropriamente chiamati gloffopetri , giacche
la loro forma triangolare li fa raffomigliare piuttorto a
lingue di uccelli; del reflo fono in effi tuttavia ricono-
fcibili i margini fcghettati che ne formano il principale
carattere . Gli antichi di quefti denti fpeffo li fono fer-
viti per amuleti; nelfifola di Malta efii fono più fre-
quenti che altrove .
Io chiudo quella mia memoria riportando per intero
uno squarcio della Storia degli squadri del Sig. Lacé-
pcde che riguarda la loro maniera di accoppiarli .
„ Il tempo in cui il mafchio e la femmina fi ricercaìio,
dice quello celebre naturalifta , varia fecondo i climi ; ma
egli e fempre quando la llagione calda "dell' anno ha
incominciato a farfi fentire che elìì provano il bi fogno
imperiofo di sbarazzarfi , 1' una delle uova che porta ,
r altro del liquore dellinato a f:condarle. Efli fi avvan-
zar.o
264
zano allora v'erfo il lido , e Ci ravvicinano ,' e fpeflò
quando il mafchio ha foftenuto contro un rivale un
combattimento pericolofo e fanguinolento , efll fi appli-
cano l'uno contro l'altro in modo da far toccare i lo-
ro ani. Soilenuti in quefla pofizione dalle appendici un-
cinate del mafchio con i loro sforzi fcambievoli , e con
una fotta d' incrociamento di molte pinne e dell' eftre-
mità della loro coda , effi vogano in quefta sforzata fi-
tuazione, ma che dev'eflere piena di godimento per effi
finche il liquore vivificante del mafchio abbia animato
gli uovi giunti di già al grado di sviluppo atto a farli
ricevere la vita, ed è tale la potenza di quella fiamma
sì attiva che fi accende anche in mezzo delle acque ,
ed il di cui calore penetra fino nel più profondo degli
abifll del mare , che quefio mafchio e quella femmina
che in altre llagioni farebbero sì terribili 1' uno per l'al-
tro, e non cercherebbero che a divorarfi fcambievolmen-
te, fé fulTero ftimolati da una fame violenta , raddol-
citi al contrario e cedendo ad affezioni molto diverfe da
un fentimento disruttore, mifchiano fenza tema le loro
armi micidiali , ravvicinano le loro gole enormi , e le
loro terribili code , e ben lungi dal darfi la morte ,
piuttofio fi efporrebbero a riceverla che a fepararfi , e
non celTerebbero di difendere con furore 1' oggetto dei
loro vivi godimenti . Spellb le uova di cui la femmina
fi fcarica fchiudono i figliuolini vivi poco tempo dopo
che effa l'ha refi; di quell'uova fé ne fono contati fino
a quaranta in uno squadro femmina di 10. piedi."
t6f
SAGGIO
Sullo stato imperfetto, nel quale è ancora la Geografia
antica
DI
DOMENICO FORGES DAVANZATr
PRELATO DI CANOSA
Letto alla Società nella Sezione de"" io Settembre iSop*
S9ooee^eoeee«
^-i/E rivoluzioni fisiche avvenute al noflro pianeta nel-
la ferie lunghlffima de' fccoli , hanno fatto prendere di
tempo in tempo novelli afpetti alla fua fuperficie . le
rivoluzioni politiche fia per lo forgimento, o per la ca-
duta de' grandi imperi, o per l'emigrazioni de' popoli da
kiin luogo ad un altro , hanno parimente con efle can-
giato la geografia delle nazioni nell' epoche , nelle quali
fono accadute. L'impero Romano per le conquilT:e fatte
fà\ quafi tutti i luoghi della terra allora conofciuta , mutò
incora l' afpetto di quella , che l' avea preceduta ; ma per
§;li annali delle fue vittorie ne ferbò la memoria di effa.
Caduto queilo vado impero per 1' invafione di un
^popolo barbaro, il quale diftruggendo in gran parte le
|antiche popolazioni , e le città infieme , e fovra tutto
34 eflin-
i66
eftinguendo ogni lume di Tapere, immerfè in quella prò»
fonda ignoranza , che feco portava , V avanzo di que' po-
poli , che infelicemente veniva da domare , e la geogra-
fìa antica divenne in quel!' epoca di barbarie, un mon-
do del tutto fconofciuto da doverli difcovrire . I primi
che nel forgimento delle lettere tentarono di riconofcerlo,
privi di libri in parte diftrutti , o fepelliti ne' chiollri ,
fanciulli nella fìoria de' tempi antichi , non fecero ,
che cataloghi molto imperfetti delle città , e de po-
poli , che vi erano itati , e quelli fondati per lo più
fovra le noa Tempre ficure tradizioni .
Gli OrtelJ, i Cluerj , i Cellarj, i dell' Isle, i Dan-
ville , e tanti altri compilatori di dizionarj geografici ,
che fucceflero a quelli , hanno fatto de' nobili sforzi per
illuflrare, e rettificare la geografia antica, e nelle tene-
bre in cui fi trovava iramerfa , le apportarono una lu-
cida aurora , che in gran parte la veniva a rifchiarare.
Ma cofloro benché verfatifllmi nella ftoria, e nell'eru-
dizione antica , ma altronde ( mi fi permetta il dirlo-
eon lor pace ) poco filofofi , e per la maggior parte
chiufi ne' loro gabinetti letterarj , fenza aver giammai of-
fervato i luoghi , de' quali doveano parlare , non face-
vano che delle congetture molto lungi dal vero. E fé
alcuni viaggiarono a quello effetto, ti-afcorfero i luoghi
eon un guardo raoko rapido , per cui o poco , o
aulla fi è da effi giovato al loro fcopo. E come egli-
no hanno voluto imprendere ad illuflrare tutta la geo-
grafia antica del noflro globo , lavora a cui facea d'uo-
po
s<5r
pò di moltiflìme braccia per efeguirlo , fono flati quindi
obbligati di fervirfi delle relazioni altrui , o di quelle
de' viaggiatori per lo più romanzieri , e fon caduti sul
la fede di coiloro oltre a' proprj , in nuovi errori
i quali da quelli che fono loro fucceduti , fono (lati ab
bracciali fenza alcuno efame , e fi fono così perpetuati
infino a noi .
Non balta , io mi penfo , il volgere gli fiorici ,
geografi, e gfitinerarj antichi; fa meflieri di confrontar
li infieroe , e pefare ancora il grado della loro accura
tezza , e fovra tutto oflervare i locali di quelle città
delle quali fanno ricordanza . Poiché talvolta gli antich
fcrittori hanno fituato una flefTa città in diverfi luoghi
come è avvenuto alla noflra Metaponto , ad Eraclea
ed al tempio di Minerva della nofira Japigia . Gli er-
rori corfi ne' loro tedi per 1' ignoranza , o per la ne-
gligenza de'copifti , hanno alterato i nomi delle città ,
le fituazioni , e le diflanze , le une dalle altre , ed hanno
prodotto ne' moderni , per poco efame , un numero gran-
de di errori : quindi è fucceduto, che per lo fcambio
di una vocale in un'altra nel nome d'una fleiTa città,
efll ne hanno fatto due , ed hanno avanzato delle llra-
vaganze : al contrario di due città diverfe , ma poco
dilfcmiglianti nel nome , ne hanno formata una fola .
La mancanza dell' ifpezione de' luoghi ne' moderni, è
flata un altra forgcnte di errori . Il Buonacciuoli nella
fua traduzione di Strabene ha creduto Sora diftrutta , ed
hz detto che effa era dove è Poutecorvo, e Locri ove
* è ora
»68
è ora la Roccella , mentre le rovine di quefta fono al
di là di Ceraci. Gli. Enciclopediihi hanno avuto Paler-
mo per non efiftente, mentre è ancora in piedi. Le ro-
vine di Caulonia citta marittima fi oflervano al di là
del fiume Allaro; intanto alcuni hanno fcritto, che Zìa
la prefente Caftelvetere, la quale è mediterranea. Il Pe-
ripolio di Tucidide era nella noftra Locride preiTo il fiu-
me Alece. 11 Cluerio, il Cellario, ed il Mazzocchi ne
hanno fatto una città ; e chi l' ha fituata in Bova , chi
in Mandolia , ed altri in Pagìiopoli ; e quello che for-
prende piti è, che il Petavio la fìtua in Sicilia colla Lo-
eride . 11 Canonico Macrì ha provato , che il Peripolio
era una fortezza avanzata de' Locrefi , come fcrivono Tu-
cidide , e Diodoro di Sicilia , e non una città , che nef-
fbno geografo , o altro fcrittore antico abbia chiamata
col nome di Peripolio ; ed ei creù'e , che quello fofie
nel luogo detto Lainmana , àove fi veggono degli anti-
chi edificj al di qua dell' Alece.
Le rivoluzioni fisiche hanno cangiato di tempo in tem-
po la faccia del noflro pianeta . I geografi moderni han-
no creduto , che eflo fia fiato fempre tale quale ufcì
dalle mani <lcl fuo creatore ; e tutto ciò che trovano
fcritto preflb gli antichi , che non fia uniforme alfafpet-
to prefente del noflro globo , o da efll è tenuto per favo-
lofo, o credono che quelli fiano incorfi in errore. I più
moderati tra cofloro fi contentano , ma con un'aria di or-
gogliofa pedanteria , di correggere i tefli di quelli fecon-
do le loro opinioni , o pure cercano di dar loro delle
più
269
più fìrane interpretazioni. In fatti Polibio, e Livio ci
hanno lafciato fcritto, che Minturno , e Pompea erano
città marittime y Tolomeo all' incontro mette Minturno
tra le mediterranee . I geografi moderni , vedendo quelle
due città alcune miglia lontane dal mar Tirreno , hanno
tacciato quelli due grandi fiorici di poco diligenti. Ma
fé cflTi foflero flati fìlofofi un poco , avrebbero avuto
occhi da leggere i monumenti , che la natura ci lafcia
efpofti in que' luoghi , per difcernere il vero ; avrebbero
veduto , che il fuolo frappollo tra le rovine di Min-
turno , ed il mare , è un opera della belletta del Li-
ri , o lìa Garigliano; e che quello accrefcimento non- fi
è andato facendo, che dal tempo di Polibio, e di Li-
vio in poi , e che all' età di Tolomeo era quella cit-
tà divenuta mediterranea . Così che quelli fcrittori lungi
dall' efière in contradizione tra loro , dicono il vero cia-
fcuno neir epoca in cui è vivuto . Similmente Pompea
non è cominciata ad efiere mediterranea , fé non dopo
che il Vefuvio riaccefo fotto Tito , la fepellì con quella
fua prima eruzione , e colle fue lave n' è andato quindi di
giorno in giorno allontanando il mare dalle fue rovijie:
allontanamento per lo quale un tempo non potendo eflb
ricevere più pabolo per ardere dalle acque del mare, fi
ellinguerà , come è avvenuto a tutti i volcani , che brucia-
rono un tempo , ed ora fono fpenti . Nella medefima guifa
i moderni geografi non avrebbero tacciato di favolofi que-
gli autichi fcrittori , i quali ne raccontano , che Padova,
Spina ,
■S.J-0
Spina , ed Adria j furono un tempo marittime, e che
alle loro eù. erano undici miglia dall'Adriatico lon-
tane. Ma gli occhi ofièrvatori de' due grandi naturalifti
Dolomicu , e du Lue hanno riconofciuto , che quello ac-
crefclmento di fuolo all' Italia non è flato prodotto , che
dall'atterramento del Pò, e degli altri fiumi . Oflerva-
zicni che confermano ciò , che ci avea lafciato fcritto
Plinio, il quale dice, che quefìi medefimi fiumi aveano
formato a pie delle Alpi un delta di due mila fiadj
non diffimile a quello, che avea fatto il Nilo nell' E-
gitto . Un fimile accrefcimento di fuolo , era flato cagiona-
to dal fiume Piramo colla fua belletta alla Cataonia, ed
alla^Cilicia; di modo che fi dicea eflervi un oracolo,
che queflo fiume unirebbe un giorno a quefle Provincie
r Ifola di Cipro.
Queflo flefiò geografo parlando del mar Cafpio , nar-
ra , che queflo era un golfo , che dall' Oceano fetten-
trionale s' inoltrava verfo il mezzogiorno , che nel prin-
cipio era molto flretto, ma che andando innanzi fi gi-
va allargando , maffimaraente verfo l'ultimo del feno,per
Torfi cinquemila ftadj, o fieno feicento venticinque mi-
glia; ed egli ne parla in modo, che fembra effer flato
tale a fuo tempo. Ora non folo non ha nelfuna communi-
cazione coli' Oceano, ma la fua vafta eflenzione è gran-
demente diminuita. Lo flato prefente di quello mare non
potea efentare Strabone dalla critica di favolofo preflb al-
cuni fcrittoti moderni; ma i monumenti, che la natura
ci lafcia vedere , al riferire del Sig. dell' Isle nella fua
(lo.
171
/Iona del mondo primitivo , dimoflrano abballanza la ve-
racità di Strabene , e quanto quefli fcrlttori fi fieno ingan-
nati . Non è da ftupirfi del ritiro del mare da quel gol-
fo, la cui foce era ilretta, e nel quale molti gran fiu-
mi vanno a deporre le lor acque . Cirene , ed il tempia
di Giove Ammone erano sul mare , e queft' ultimo a' tem-
pi di Strabene era tremila fladj , cioè trecento fettanta-
cinque miglia da efTo lontano; ma i laghi di acque ma-
rine, le conchiglie, onde fono feminati que luoghi, di-
moflrano, che il mare gli ricoprì un giorno. Tutta l'an-
tichità aflìcura , che Ravenna era marittima , e che nel fuo
porto i Romani tenevano la lor flotta: quefla città ora è
mediterranea. I dotti difcepoli del Linnea su monumenti
certiflìmi han calcolato quanto il mar Baltico da due fe-
coli in qua fi fia ritirato . Io ho veduto , egli ha cin-
quanta anni , che T Adriatico bagnava le mura del Ca-
ftello di Barletta; nel 1794 che" il rividi, n'era 50
e più pafli lontano.
Gli antichi fcrittori e fovratutto Strabene geografo ,.
e filofofo infieme , per le fue oflervazioni , e per ciò^
che vedea accadere fotto i fiioi occhi , aveva fcritto , che
tutte k Ifole , che fono predo i continenti , faceano par-
te di effi, divelte da quelli , o per ifcofTe di terremo-
to , o per V urtare , e riurtare continuo del mare : e tra
le altre nomina la Sicilia , la Leucafia , Capri , ed altret
ma coloro tra moderni , che credono , che la faccia del
noftro globo non fia foggetta a quedi cangiamenti tac-
ciano per infuflOiìienti quefli racconti . Ma fé elfi avefiè-
r»
»
ro oflervati gli fìrati di breccia , e di granito nel lido
della Calabria che e sul Faro , corrifpondere a quegli
oppofìi nelle fponde di quell' Ifola ; fa avelTero pofto
niente agli ftrati della Lucania uniformi a quelli della
Leucafia , che le fiede incontro ; fé le fteffe oiTerva-
zioni aveifero fatto sugli fìrati calcarei del promontorio
Ateneo corrispondenti a quelli dell' Ifola di Capri; egli-
no non avrebbero tacciato Strabene, nu avrebbero <:o-
nofciuto da que' monumenti infallibili della natura , che
quell' Ifole fecero parte vin tempo de' continenti vicini :
fé pure T olìinatezza , che è propria di coloro , ai quali
lume alcuno di filofofia non riluce , permetterebbe loro
di conofcere il vero .
Coloro poi , <:he non fon perfuafi di quefti cangia-
menti fisici , ma che non ofano di dare una mentita agli
fcrittori , che 1' antichità ha fìimati degni di fede ^
e che raccontano tali cangiamenti , fi contentano , come
ho detto , di emendare i loro tefti . Plinio fcrive , che
1 Ifola di Capri avea quaranta miglia di giro , V Abate
Troylo non trovandola ora di quella eflenzions, ma di
quattordici miglia foltanto , vuole che fi corregga quello
luogo di Plinio , fecondo il numero prefente delle miglia.
Se coftui avelie oflervato quella Ifola da vicino, avrebbe
veduto, che elfa non forma lido, ma cade quafi da per
tutto a picco sul mare, e che in quella parte , la quale
e volta verfo Napoli , fi fcorgono nel fondo del mare
de' pavimenti di antiche cafe ; avrebbe riconofciuto le
perdite fatte da quella Ifola , e che non vi era d' uo-
po
»7J
pò di emendare il tcfto di Plinio. L'Ifola di Megaride
sulla quale fìcdc il caflello dell' Uovo , per le carte dei
tempi di mezzo fappiarao , che era d' una più grande e-
lìenfionc . In efTa era un villaggio detto Melai^-s^o , un
colle, de'vigneti , ed un monillero fotto il nome di fan
Salvatore: ora non è che uno fcoglio. Il Fontano, del
nome del quale va fuperba quella noftra Società , ne ha
lafciato fcritto, che nella terribile tempefta avvenuta in
Napoli a tempo della Reina Giovanna , l' orror della
quale ci vien defcritta in una lettera dal Petrarca , que-
lla Ifola rimafe tutta corrofa quale ora la veggiamo ,
e chi sa ancora quanto fuolo in quella occafione Capri
non avelie perduto/
Licofrone , e Dionigi Aleflandrino ci hanno detto ,'
che le Ifole Sirenufe , che fono preflb il noflro promon-
torio Ateneo, non erano che una fola. Apollonio fe-
guendo 1' antica tradizione, non folo dà un' Ifola per
dimora alle Sirene , ma ce la dipinge per ameniffima
ancora. Queflo ha fatto credere al Cluerio, vedendo que-
lla Ifula eflere ora tre fcogli , che queili fcrittori abbia-
no intcfo parlare del vicino promontorio Ateneo, sul qua-
le le Sirene aveano un tempio. Ma poteano quefti poeti,
e fovra tutto Licofrone , che avea tanta cognizione dei
luoghi d'Italia, chiamar Ifola un promontorio? Il Clue*=
rio ha confiderato lo ilato prefente di efle , fenza ri-
flettere a' cangiamenti fisici, a' quali potevano eflcre llate
foggctte . Ma la geografia prefente non è quella di Stra-
3 y bone
2 74'
bone , ne quella di quefto geografo era la flefTa di co-
loro , che lo aveano preceduto .
Egli farebbe dunque da delìderare , che le nazioni di
Europa almeno per quello , che loro appartiene , invias-
fero degli uomini dotti, e filofofi, i quali cogli Itori-
ci , co' geografi, e cogli itinerarj antichi alla mano, of-
fervafleio i luoghi, e verificafTero ciò, che fi è detto
da' moderni ; efaminaflero le rovine di quelle città , delle
quali s' ignora il nome , per poter fifTarvi quelle , che
gli antichi nominano fenza faperne il fito precifo . Efil
dovrebbero ricercare ancora , fé fi fieno difcoverte delle
antichità in quelle città , che fi credono di nuova da-
ta ; poiché molte di effe dillrutte per le rivoluzioni po-
litiche, fono forte fotto altro nome; come pare che fia
la nofìra Converfano, ove negli fcavi,che vi Ci prati-
cano, fi fono fcoverte delle antichità , e moltiffimi fe-
polcri pieni di vafi eccellenti . Eglino non dovrebbero
trafandare negli fcavi , che intraprenderebbero in co-
telli luoghi , di oflervare fotto quanti firati di terre-
no vegetale fi rincontrano antichi edificj , o fepol-
cri ; perciocché come fi sa , preflb a poco , quanti
anni il tempo impiega per le vie ordinarie a formare
ciafcuno di quegli fìrati , noi avremmo per mezzo di
efll de' dati da calcolare l'epoche delle loro fondazioni,
e delle loro diflruzioni ; e ficcome molte città fi
fanno dagli antichi fcrittori di origine Greca , Eno-
tra , o Aufona , ed alcuni moderni per via di vane
etimologie loro danno una fondazione Fenicia; così cal-
co-
27J
colando le quantità degli (Irati , fotto i quali giaccioao
fepolte, noi avremmo a poter cfTcr in chiaro^ fé la fom-
ma de' fccoli , che ci darebbero, corrifponde « quelle
antichità, che ciafcuno di effi loro afcrive ; ed avrem-
mo con ciò pili ragione di deridere gli etimologici . Egli-
no dovrebbero fare le medefime oflervazioni su que'luo-
ghi un tempo marittimi, e poi divenuti mediterranei pe'I
ritiro del mare; poiché cfaminando quanti flrati di ter-
reno fono preflb quelle Città un dì marittime, coli' ul-
timo furato, che ora vien bagnato dal mare , noi per
lo numero di efll avremmo de' dati da calcolare quando
quelle aveflèro cominciato ad efler mediterranee : ciocche
tra due fcrittori antichi uno , che rapporta una Città
eflèr mediterranea, e l'altro polla sul mare, ci potreb-
be far certi quale de' due non fi fia ingannato , o che
tutti e due , riguardo a' diverfi tempi , in cui viflero ,
hanno detto il vero : per quella via noi verremmo an-
cora ad afficurarci , fé quelle Citta , che ne' tipi delle
loro monete fanno i delfini , i pefci , il granchio , e che
gli antiquarj credono, per quelli fegni, eflere fiate ma-
rittime , fieno fiate veramente tali . Oflervazioni , che po-
trebbero altresì molto fervlre a' geologifti per la fioria
del nofiro globo .
Senza quefie mire ed operazioni la geografia antica
farà fempre incerta ed imperfetta , ed i geografi moder-
ni , che fi occupano d' illuflrarla , non faranno , che
copiaifi , per la mancanza dell' ifpezione de' luoghi ; per
cui fono difcordi tra loro nel fidare una città nel me-
* de-
J7^
defimo fito: onde è, che non fi faprebbe a quale delle
loro opinioni gir dietro, come è manifefto dalle opere
ultimamente pubblicate su quefto oggetto . Io andrò a
darvene un faggio fopra una piccola parte del noftro
Regno, che è la Puglia; perchè reggiate gli errori com-
meffi su tutti que' punti, che ho accennati , e fi com-
prenda quanti eglino ne avranno fatti su quelle parti
del nofìro globo meno conofciute , e vifitate , che
non è la noftra Italia . Io comincerò dalla Daunia ,
quindi fcorrerò la Peucezia , ed in fine la Japigia, che
fono le tre Provincie, ond' ella è comporta.
Il Padre Arduino, e V anonimo traduttore di Plinio
m francefe ,. nelle loro note su queflo autore , credono
che r antica città di Cliternia fia fiata là , dove è ora
Campomarìno : ma quefio luogo fu un tempo occupato
dal mare, il quale retrocedendo a poco a poco dal fuo
antico letto , e rcftato a fecco , fu quello nomato Campo-
marino, e k città, che vi iì fondò prefe lo fteflb no-
me. Io ho dimoilrato ciò nella mia opera su i cangia-
menti fisici arrivati al reame di Napoli fia nella fua
■fuperficie, fia nel fuo littorale, con monumenti che k
natura quivi ancora lafcia vedere . Per confeguenza que-
fli dotti fcrittori iì fono su quefio punto ingannati : er-
rore nato dall' ignoranza della qualità di quel fuolo .
Teano Apulo era fecondo Strabene una città medi-
terranea pofta preffo quel lago detto ora di Lefina,nel
. qual contorno egli dice , che la larghezza dell Ita-
lia fi riftringeva aflai bene verfo i luoghi vicino Poz-
zuoli f
i77
xuoli, rimanendo flretta in mille fladj , o fiano cento
venticinque miglia . Intanto il Buonacciuoli nella fua tra-
duzione di quel geografo ha creduto , che efla era polla
a Lacedonia , che è su di una delle forgenti dell'Aufido,
jnoltiffime miglia da quel lago lontana. Io debbo av-
vertire ancora qui, che ora l'Italia ne' fopracennati luo-
ghi , fi è di alquante miglia più riftretta .
Gerunnio , o Gerione Città ben nota nella feconda
guerra punica , è fiata fìflata da moderni fcrittori in dif-
ferenti luoghi. 11 Nardi nella fua traduzione di Livio,
erede che iìa la prefente Cafacalenda , il Cluerio Dra-
gonara , ed ultimamente il fu medico Kiriatti di Ciri-
gnola, ^\ è sforzato di provare nella fua operetta sulla
antichità di quefta fua patria , eh' efla iìa l' antica Gerione.
Ma un paflb del grande iftorico Polibio ci fa vedere
quanto effi fieno andati lungi dal vero ; e ci dà luogo
di fiflàrne il fito . Egli racconta, che Annibale aven-
do lafciata la Campania, per \o Sannio fi condufle
nella Puglia , e ^ì accampò fotto quefta Città , che era
venticinque migh'a difcoila da Lucerà . Come egli vi
giunfe intimolle la refa , ma moflratafi coftante a' Roma^
ni vi pofe l'afledio, e avendola prefa uccife i fuoi abi-
tatori , e da pochi edificj in fuori per ufo di magazzi-
ni, diftrufle la città, e fotto le mura di efia ftabilì gli
alloggiamenti ertivi. Il Dittatore Fabio Mafiimo, che lo
Seguiva fempre dappreflb , fa richiamato a Roma , e M.
Ininucio fuo maeflro di cavalleria gli andò dietro, e u
accampò fecondo Livio nel contado di Larina . Co-
me
278
me Annibale mandava parte del fiio efercito a forag-
giare, e far frumento , avendo faputo non efler mol-
to lungi le truppe Romane , per effer più a tiro di foc-
correre i fuoi , andò ad attcndarli due miglia lonta-
no da Gerione , più prelTo agii alloggiamenti de' nemici.
Da tutto ciò, che narra Polibio, e Livio appare mani-
fedo, che quella Citta era fituata tra Larino , e Luce-
la . Ora ellendo Gerione venticinque miglia da quella
difcolìa , cfTa non può edere ne Cafacalenda , ne Dra-
gonara,come ha pretefo il Cluerio, la quale è a quin-
dici miglia da Lucerà . Ma come la distanza di venti-
cinque miglia verfo Larino , viene a coincidere prelfo a
poco là dove è Montorio , io fono inclinato a fuppor-
re , che quivi era Gerione; tanto più che predo di effo
fi veggono quelle colline, che PoUbio ricorda eder sul
cammino che menava a Larino , per 1' occupazione di una
delle quali avvenne il fatto d'armi tra M. Minucio , ed
Annibale , nel quale quest' ultimo restò perditore . Egli
e vero , che in questo luogo non lì odervano ruderi di
antichi edificj , che poteflero avvalorare la mia conget-
tura , ma questo non è fempre un argomento valevole
a dimostrare l' inefiflenza di una città , quando fi ha la
certezza della distanza di una ad un' altra . Ma chi ofe-
rebbe pretendere di trovare de' vestigi di Gerione distrut-
ta da più di ventidue fecoli? Non troviamo noi tutto
dì delle reliquie delle antiche Città fepellite , a gran pro-
fondità nel feno della terra , di cui non fé ne vedca
vestigio alcuno ? Canne , che è ceflàta di efi^ere nel XVI
fé-
i79
fccolo appena ferba nel fuo Cuoio qualche piccolo fegno,
che ce l' additi . Io ho veduto in Canofa trovarfi alla
profondità di fcdici a diciotto palmi gli antichi pavimenti
delle cafe, e delle strade, e fotto a ventiquattro palmi
fi rinvenne il più bello ipocausto da me offervato . Da
tutto ciò che ho detto fi rileva ancora , che Cirignok ,
che è a trentatre miglia all'oriente di Lucerà , non può
elTere T antica Gerione , che era a venticinque miglia all'
occidente di quella fìefla città . Il delflsle, nella fua carta
dell'antica Italia, pone Gerione, alla finistra del fiume
Tiferno , e Larino alla dritta ; quando dovea fituare La-
tino, e Teano alla dritta di quel fiume, come £x ofler-
\a nelle tavole Peuttingerane »
Licofrone antico poeta greco ha lafciato fcritto , che
nella nostra Daunia fcorreva un fiumicello nomato Althe^
na , le acque del quale guarivano gli animali da' loro
morbi . Strabene dice , eh' elio forgeva a pie di un colle
detto Drio , che era nel promontorio Gargano cento
stadj lungi dal mare . II Bario , che non volea che la
fua Calabria foflè priva di un rufcello sì falutare , ha
pretefo che con quel nome di Althena eflì abbiano chia-
mato il fuo fiume Grati. Ma Licofrone, e Strabone di-
cono chiaramente , eh' eflò fcorreva nella Daunia , e non
nella Calabria; che era un rufcello, e non già un fiume.
Egli è vero, che il P. Manicone nella fua fisica Appula ha
fatto ogni sforzo per ritrovare questo fiumicello; ma fé i
fuoi sforzi fono stati vani , non per questo si dee dare una
mentita a Licofrone , ed a Strabone , come fogliono fare al-
cuni
Clini de' geografi moderni , quando liotl trovatiò esìstenti
alcuni luoghi , fecondo gli antichi ce gli hanno de-
ferirti. Chi non sa che molti rufcelli, molte fonti fo-
no cedati di fcorrere per molte cagioni fisiche . Lucre-
zio , e Columella, fanno menzione di alcune fonti di
acqua calda preflb Pompea , le quali fon mancate . Nel
Falerno ne forgea una detta (S'cfi.'2:^za , dalle cui acque,
fecondo racconta Plinio, ufciva della fiamma, che noa
avea forza sulle materie per le quali pafTava , ne vi fi
attaccava ; e che fi vedea sulla fponda di questa forgen-
te un fraffino fempre verde , malgrado la proprietà di
quelle acque . Questa fonte effendo mancata , Plinio paf-
fava per un bugiardo; ma il celebre Caffini ristabilì la
riputazione di questo grande naturalista : egli afficura ,
che nel Bolognefe vi è una fonte di fimile proprietà : e
fé ne fono difcoverte altre a nostri tempi in Francia .
Ma torniamo al nostro oggetto.
Il Chierio sul paflb di Plinio , ove fcrive Salapia. ^
Slpontum , Uria , Amnìs Cerbalus , fi fcaglia contro que-
sto fcrittore per avere stranamente turbato tutto l'ordi-
ne di quel lido , perchè dovea far precedere il Cerbalo
a Siponto, a cui è congiunto. Ma fé avefle egli avu-
to avanti gli occhi quel!' altro paffo di Plinio dove è
fcritto Pedicolorum. Rudia, et Egnada^ Barion, Amnìs
Paetiuf , Aufidus , avrebbe veduto , che quello fcrittore
prima nomina le città , che appartenevano a qualche
regione , e poi i fiumi , che vi fcorrevano . Parlando
poi il Cluerìo di Uria ove efla era , porta opinione ,
che
iti
eh' era posta tra '1 Monte Gargano ^ e Siponto : ma
Strabene dice , che innanzi al golfo Sipontino è pojlo
il promontorio Gargano , il quale per trecento ftadj fi
caccia nel mare verfo levante ; verfo il promontorio
e Uria picciolo caflelletto ^' innany. a lui le ìfole Dio-
medec . Da questo paflb appare , eh' era questa citta
alla volta del promontorio, e non già tra '1 monte Gar-
gano , e Siponto , come pretende il Cluerio , ^he con tal
iltuazione ne ha fatta una città mediterranea , quando
Dionigi di Alicarnaflb, e T AlelFandrino le danno rag-
giunto di marittima .
Io credo, che a questa Uria marittima appartengano
quelle medaglie , che portano il fuo nome , e che fan-
no per tipo il delfino; fegno certo preflo gli antiquari
di città marittima . 11 Signor Avellino nostro focio , nel
fuo giornale numismatico, fecondo femeftre n. IV. ^ ove
porta le medaglie di Uria, riferifce , che il Caffìtti, an-
che nostro focio , in una lettera a lui indirizzata , gli
avea fcritto , che in un piccolo villaggio prelTo Larino
chiamato Ururi , fi trovavano in gran copia meduglie di
Uria; onde egli crede, che in quel luogo fofle stata la
città di Uria : ma a quefta fua opinione è contrario
il pafTo rapportato di Strabone , che la mette alla vol-
ta del promontorio Gargano, e l'autorità de' due Dio-
nigi , che la fanno marittima .
Ma vcggiamo fé il fiume Cerbalo , di cui Plinio fa
meuMone, fia il fiume Cervaro , o pure il Candclaro .
Strabone ricorda dopo TAufido un altro fiume navigabile,
36 che
che fcorreva in tutta quella parte della Puglia , eh' è
porta tra Salpi e Siponto , ed un gran lago , per le
bocche de' quali da Siponto fi portavano- le merci ,
e fpecialniente il grano, altrove. Plinio fa ricordanza di
un fol fiume in quefia fìefla parte , a cui dà il no-
me di Cerhalo , e pone queflo per confine della Dau-
nia , dicendo nel libro III. amnis Cerbalus Dauniorunt
finis ; così che pare , che il fiume navigabile di Stra-
bene fia il Ccrbalo di Plinio. Da Pomponio Mela Tap-
piamo, che i Dauni tenevano il folo monte Gargano,
e che il feno era circondato dal lido Appulo . Ora
benché gli antichi fiicciano menzione di un fol fiume ,
al prefente vi fcorrono e il Candelaro , e '1 Cervaro , e
la Carapella , che è più torto un torrente , che un fiu-
me . Nel lago falfo , fecondo il P. Manicone , va a met-
ter foce tanto il Candelaro, che il Ccrvaro^. Quindi i
D'oderni geografi , ingannati dalla fomiglianza del nome
Cerbalo, han creduto che il Cervaro fia il fiume navi-
gabile , di cui parla Strabene : ma effi non han ben
riflettuto a quello, che ci ha lafciato fcritto Pomponio
Mela cioè , che il monte Gargano era abitato da Dau^
ni , e che Siponto era fuori del Gargano ; ne tampoco
a ciò che ne dice Plinio , che il Cerbalo era il confine
de' popoli Dauni . Ora abitando i Dauni quel monte , il
giufto confine di erti è il Candelaro, il quale nafcendo fca
le ahure di Civitate, di San Paolo , e di Torre Mag-
giore, per l'intero fuo corfo, rade le falde del Gar-
gano , e va a metter foce nel lago falfo . AH' incontro il
Cer-
283
Cervaro ha la fua origine negl' Irpìni , alle alture di
Campo Reale , ed accrefciuto di altre acque , pafTa
fotto il ponte di Bovino , rade la Caftelluccia delli
Sauri , va fotto il ponte dell' Incoronata , e come
perviene alle vicinanze di Siponto , Ci parte in due ra-
mi , uno de' quali sbocca nel lago falfo , e T altro
nel fiume Rivoli . Or non eflendo il Cerbalo il con-
fine de' Dauni , che abitarono nel Gargano , perchè
fcorreva per un terreno allora appartenente alla Pu-
glia , il Cervaro non può eflere 1' antico Cerba-
lo , ne può eflere quel fiume navigabile per cui ,
fecondo Strabene , le derrate , e particolarmente il
grano , fi portavano al mare ; ma dev' eflere il Can-
<lelaro , che fcorre quafi radente Siponto . Si fono in-
gannati i geografi moderni nella fomiglianza del nome
di Cerbalo , e Cervaro , e per non aver fatto troppa
riflefllone a ciò , che ne hanno lafciato fcritto di Cerba-
lo gli antichi .
Livio ricorda una citta nella Daunia nomata Ac-
cua. Nefluno de' geografi moderni, per quel che io fappia,
ha tentato d' invefligarne la fituazione . Io vado a pro-
porre le mie congetture . Quefto fl:orico racconta , che
Q. Fabio Pretore , il quale avea fotto la fua giurisdizione
Lucerà , prefe per forza Accua , ed indi andò a prende-
re gli alloggiamenti eftivi pel fuo efercito preflx) Ar-
donia . Or fembra , che quella città dovea eflere tri
Lucerà ed Ardonia , e che per jion lafciarfi dietro aHe
fpalle una citta nemica , pensò di prenderla per aflal-»
to
284
to . Per quante ricerche io abbia fatto in qua' luoghi,
non ho potuto trovare veftigio alcuno di antichi editì-
cj : folamente da tre in quattro miglia lungi dalie ro-
vine di Argirippa , o fia Arpi , su quella via che me-
na verfo Troja , s' incontrano molti fepolcri antichi .
Quelli ci dimoflrano , che quivi fu un tempo qualche
popolazione , e perciò non farebbe irragionevole il ri-
porre Accua in quello luogo, eh' è dodici migha lun-
gi da Lucerà , e tredici da Ardonia .
Arpi , o Argirippa li vuole fondata da Diomede:
fette miglia difcorto da Foggia 11 veggono ancora le
fue rovine , dove tutto dì lì dilcovrono delle antichi-
tà , e de' fepolcri pieni di va!ì eccellenti . Or il Euo-
nacciuolì nella fua traduzione di Strabone , ha creduto
che Ila Afcoli : ma la prefente Afcoli è quella fìelfa ,
dove tanti fatti fono avvenuti a tempo degli antichi
iloniani . Il Nardi all' incontro nelle note marginali
polle alla fua traduzione di Tito Livio , vuole che
Arpi fia Manfredonia : ma ognun sa , che quella fu
edificata dal nollro buon re Manfredi ; e '1 Buonac-
ciuoli pretende , che quivi era l' antica città di Meta-
ponto , le cui rovine lì veggono ancora pref/b Torre di
mare nel golfo Tarantino .
Troja è una città della Daunia edificata da Bugia-
no Catapano di Michele Ltiperatore di Oriente in Puglia;
o pure , come altri pretendono , innalzata fulle rovi-
ne dell' antica Eca da lui riftaurata , e chiamata in fe-
guito col nome di Troja , che l' impofe . Quella città
è circa
28y
è circa quaranta miglia lungi dal mare Adriatico . Intanto
il prete di Ravenna , e il Biondo vogliono che fìa V an-
tico Cajìrum Annìbalìs col fuo porto , non oflante che |.i-
vio feriva , che quefto era podo nel promontorio Lacinio .
Le tavole , che vanno sotto il nome del Peutin-
gcro che le pubblicò , ma il cui autore fi vuole viva-
lo fotto Tcodofio il grande, notano òuq Anxanum^ uno
negli Abruzzi , eh' è la prefente Lanciano , e V altro tra
Siponto , e le faline che ora portano il nome di Bar-
letta . Nefluno fcrittore moderno fi è dato a ricercare ,
dove quelV ultimo fi fofle . Io credo eh' eflò era
pollo là , dov' è la torre di guardia detta di Rivoli :
I. perchè quivi preflo a poco coincide la didanza , che
fegnano quelle tavole da Siponto alle faline ; i. per-
chè quivi nel lido , e nel fondo del mare , fi
oflèrvano avanzi di fabbriche antiche ; 3. perchè qui-
vi il rinvengono delle monete , ed altre antichità . Tra
quelle Ci trovò una bella tavoletta di bronzo di quat-
tro pollici quadra , da me più volte veduta a Parigi
predo il General Carra Saint Cyr , il quale 1' ebbe nella
lunga dimora , che anni fono fece in Puglia , donde
riportò un gran numero di vafi , di monete , e di
gemme incife . Queda tavoletta rapprefenta in bado
rilievo un carro a due cavalli , ma fermo , perchè
tino di cffi lambifce con la lingua il ginocchio Ci-
nidro . Dentro il carro fiede a man dritta un giovi-
ne , cKe ha le redini in mano : al fuo fianco fi vede
una giovine .donna , che col braccio finidro cinge
il
■.i86
>jl collo di una femmina dolente ^.che fb in piedi
preflb il carro , e che tiene per mano un fanciulletto .
La memoria non mi foraminiftra al prefente alcun fatto
iitorico , o fàvolofo , che potefle riferire a quefto baf-
fo rilievo , e quando anche 1' avelli il trafanderei , per-
chè farebbe fuori del mio fcopo . Lafciamo dunque agli
antiquarj lo fcrivervi fopra un volume , e torniamo noi -
al noftro oggetto .
In Tito Livio fi trova mentovata una città col no-
me di Herdonia , ed un'altra con quello di Ardonia , e
piuttoflo che fupporfi un error di copilla , e che fi
parlaiTe d' una fteffa città , fi è creduto dal Cellario ,
eh' effe foffero due ben diverfe tra loro ; cioè la Herdonia
ne confini degl' Irpini , e propriamente dov' è Lacedo-
nia , e la Ardonia nella Daunia preflb il fiume Cer^
baio . Ma fé per sì lieve cangiamento nel nome di
quefla città , egli aveffe dovuto moltiplicarla , in vece
di due dovea farne quattro , cioè una in Herdonia -,
r altra in Ardonia , la terza in Cerdonia , come la chia-
ma Strabone , e la quarta in Serdonis , come vien no-
mata neir itinerario Gerofolimitano . Ma quello geogra- TI
fo moderno fi è ingannato . Egli fitua la Herdonia
ne' confini degli Irpini , e propriamente in Lacedonia j
e collo fìeflb nome Tolomeo chiama quella , che da lui
è pofta nella Daunia . Se avefle ben riflettuto a
due paffi di Livio , dove iì parla di Herdonia , e*-
gli avrebbe veduto chiaramente che queila era nella
Daunia . Il primo è nella deca III. libro V. , in cui
a
287
fi legge , clie Annibale eflèndo flato avvifato da alcuni
ambafciatori Pugliefi , che il Pretore Gneo Fulvio ,
per le cofc favorevoli a lui fuccedute , e per le prede
fatte-, era incorfo colle fue truppe in tanta licenza , e
trafcuraggiue , che non vi era più alcuna difciplina , fi
inoffe colle fue genti , fono le formali parole di Livio,
alla volta della Puglia. Le romane legioni, e 'l Pre-
tore Fulvio erano intorno alla citta di Herdonia , ove
battè le legioni romane . Da ciò fi vede , che Herdo-
nia era nella Puglia . V altro paflb di Livio è nella me-
defima deca lib. VIL , dove fi fa anche menzione di Her-
donia . Egli narra , che il Proconfolo Gneo Fulvio fi era
portato fotto quella città per riprenderla , per eflèrfi
ribellata da' Romani dopo la battaglia di Canne • An-
nibale , per meflaggi ricevuti da Herdonia , fi affrettò
col fuo efercito a foccorrerla . Al fuo arrivo il Pro-
confolo fchierò le fue truppe in battaglia , ed attaccò
la zuffa , ovei refiò perditore . Quefto ftorico dice ,
che Annibale il motteggiò per la fomiglianza del no-
me , avendo vinto già due anni innanzi Gneo Ful-
vio Pretore in quefti medefimi luoghi : dal che appare ,'
che quefta Herdonia era quella fìeflà. , dove il Pre-
tore Fulvio fu vinto , la quale per 1' antecedente
paffo di queflo fìorico , {{ è veduto cffer nella Pu-
glia , e non già negP Irpini , ove erroneamente la fi-
tua il Cellario . Di più la Herdonia dell' itinerario di
Antonino è ventifei miglia lungi da Canofa , la qua-
le , per cffer e il miglio romano minore del prefente
jni-
2^8
miglio italiano ( perchè il grado preffo i Ptomanì era di
fettanta miglia , ed il noftro è di fefTanta ) ver-
rebbe 'ad eflerne preflb a poco ventiquattro miglia diico-
fto , e Lacedonia n' è più di trentadue miglia lonta-
no . Vede ognun bene , che 1' tlerdonia non pub
jituarfi , ov' è Lacedonia . Or in quefta fìefla icittà
l' Olftenio ha fiflato V antica Aquilonia , ma ha travia-
to dal vero ; poiché V itinerario Gero foli mitano nove-
rando i paefi , eh' erano sulla fìrada , che ^a Otran-
to menava a Roma , mette Herdonia dopo Canofa ,
quindi Eca , ed indi Aquilonia . Da quella numerazio-
ne di luoghi è manifefto che Lacedonia , la quale e
poda preflo una delle forgenti dell' Aufido , e che
viene ad el'iere tra gì' Irpini , e alla iiniilra di Ca-
nofa , non può effere Y antica Aquilonia <, eh' era fi-
tuata dopo Eca , la quale , fecondo V OUìenio , era
ov' è Troja , che come ognun sa , è nella Daunia . Da
tutto ciò che abbiamo detto appare , che tanto Herdo-
nia , che Ardonia fono una fola , e fìeflà citta . Il
Cellario erra ancora quando pone Ardonia vicino al
Ccrbalo : eiTa è lungo la Carapella , e propriamente
prelTo il pubblico albergo , che dal fuo nome è detto
di Ardona , ove fi veggono ancora molti avanzi di
antichi edificj .
Afcoli , che dagli antichi fcrittori , è annoverata
tra le città della Daunia , vien fituata nella Peucezia
dal Signor Romano Joly nella fua geografia antica , e
moderna non guari pubblicata a Parigi . Un fimìle sba-
i89
glio prende ancora allorché mette Metaponto nella Ja-
pigia , mentre , come ognun sa , apparteneva alla Lu-
cania . Ma fé voleflì rapportar qui tutti gli errori com-
meffi da quello geografo francefe nella fua opera , ol-
trepaiferei di molto i limiti proprj d' un faggio .
Le rovine della città di Salapia , tanto di quella
che fi vuole fondata da Diomede fui mare Adriatico ,
quanto dell' altra , che i Romani a cagione dell' aere ma-
ligno fabbricarono cinque miglia lungi dalla prima ,
preflb il lago , che porta lo fleflb nome , fi ofTervano
ancora in ambedue quelli luoghi . Intanto il Ferrari
nel fuo dizionario geografico , ed il Boutrand fuo an-
notatore hanno fituata quella città alla foce dell' Aufi-
do , dieci miglia da elle difcollo . Quell' antica città ,
una delle autonome della nollra Puglia , celebre , fecon-
do Plinio , per gli amori di Annibale , e pe' fatti di
quello gran duce quivi accaduti , forte per le fue mu-
ra , polla vantaggiofaraente fui lago che , per la foce'
apertavi da' Romani, divenne ancora un porto degli Ar-
giropani , non meritava di elTer chiamata dal nollro
dotto Mazzocchi, non so su quale appoggio , Salapia
obfcuri nominis oppidum.
Licofrone nella fua Caflàndra , facendo parlare
profeticamente collei del culto divino , che le farebbe
fiato renduto nella Puglia , dice :
à,xv'Ji(iìva^i
ÌSramai Thyìvyiì tX'-y/.ilS^ '/jOveg 710TUV
37 cioè
3C)0
cioè a dire , che i princìpi della Daunia Le fabbriche-
rebbero de" tempi falle fponde di Salpe , ed anche gli
abitanti di Dardano vicino alle acque palu/iri .
L' Ollìeiiio , nelle fue note all' Ortelio , dice fera-'
plicemente che quefta città era nel promontorio Gar-
gano, fenza fpecificarne il fito . Io vado a proporvi le
mie congetture fulla fituazionc di effa . Nel 1790 an-
dando io da Cirignola alle rovine della Salapia fonda-
ta da' Romani , un miglio prima di arrivarvi , ed al-
trettanto dal fuo lago , mi abbattei in una grande
aja tutta feminata di frantumi di mattoni di antichi
vali di un colorito nero brillante , e di avanzi di an-
tichi edificj . Quella villa mi forprefe- , ed io vi ten-
tai uno fcavo . Alla profondita di fette palmi vi di-
fcovrii un fepolcro di figura paralellogramma , formato da
fei pezzi di tufo podi a calce . Dentro vi fi rinvenne
uno fcheletro di non ordinaria flatura , il quale avea la
faccia volta all' oriente , come ho oflervato trovarfi fem-
pre ne' fepolcri delle noftre città italogreche , ed intorno
a lui erano fituati molti vafi . Quella fcoverta mi fpin-
fé a tentare un altro fcavo , trenta pafll dal primo lon-
tano . Dopo uno flrato di terreno vegetale di poca
fpefièzza , ne trovai uno di calcinaccio mifto a' fran-
tumi di tubi di terra cotta appartenenti ad antico acqui-
dotto : in un rottame di quelli fi leggeva in greco
quella parola dimezzata àapScc Da tutto ciò , che
ho detto è evidente , che quivi ha dovuto eflervi
in tempi antichi una popolazione . Or ciò pollo , e
flaado
291
fìando alla defcrizione di Licofrone , che fìtua quelk
citta preflb alle acque paluflri , è più che ragionevole
il pretendere , che quivi debba collocarli la città di Dar-
dano . E' vero , che quello lago non è palufìre,ma tale
era prima che i Romani vi avellerò aperta una foce per
farlo comunicare col mare . Per confermare quella mia fup-
pofizione , io ho portato le raie oflervazioni fogli altri
laghi della Daunia , cioè su quello detto Lago Salfo ,
fui Brifentino , e su quelli di Lefìna , e di Vara-
no , ma non vi ho oflèrvato fegno alcuno di an-
tico edificio per poter fofpettare , che preflb uno di
elfi fi potefle riporre la città di Dardano . Da tutto
ciò che ho detto , mi fembra , che in quell' aja di
cui ho parlato , fia Hata Dardano ; e la parola dimez-
zata Aa^Jit ^ die fi leggeva full' avanzo di quel tubo
da me trovato , iniziale al certo di Dardano , il con-
ferma ancora abballanza . L'Ollìenio dunque fi è ingan-
nato nel riporlo nel promontorio Gargano .
Paflìamo ora alla Peucezia . Molti fcrittori hanno
confufo Canne con Canofa , e di due città ne hanno
fatto una : ma quello errore groflblano è un prodot-
to dell' ignoranza de' luoghi . Canofa , una delle più
grandi città italogreche della Puglia , efifte ancora , e
non è diftrutta , come fcrivono il Nardi , ed il Buo-
none nelle note full' introduzione alla geografia del
Cluerio .
Sette miglia lungi da Canofa, e non già venticin-
que (ladj , come fcrive Procopio , fi ollèrvano le rovi-
* ne
ne di Canne , che portano ancora il fuo nome . Quivi
negli fcavi clic fi praticano , il trovano de' fepolcri ,
de' vafi , e delle monete antiche . In quelli da me fat-
ti ho difcoverte alcune ifcrizioni , di cui mi fi permetta
che qui ne rapporti una , che può fervire ad illuftra-
re la fìoria letteraria . Il Volfio in quella de' poe-
ti latini ha fcritto , che fotto V Impera tor Domiziano
folfe fiorito uà tal Voconio Vittore poeta , fenza faperfi
di quale nazione fi foiTe , ne qual patria avelie . 0.v
neir ifcrizione da me fcoverta a Canne fi legge
D. M
P. VOCONIO . VICTORI
P. VOCONIVS . RVFVS
PATRI . B. MERENTI
Il nome di P, Voconio Vittore dell' ifcrizione
cannenfe , come è del tutto fimile a quello del poeta,
ci può fare a giuda ragione fupporre , che fia la fief-
fa perfona , ed allora noi fapreramo , che Canne abbia
dato a quel poeta il natale .
Ai mezzodì di Canofa , e più di venti miglia da effa
difcoflo , fi efiolle a grande altezza il monte Vulture ce-
lebrato dal noftro Pindaro latina . Quefto monte , ben-
ché gli annali degli uomini ci tacciano, che foflè fia-
to un volcàno , quelli della natura però ci fanno ve-
dere , che ha arfo in epoca remotiffima , e benché e-
flinto da gran tempo , come dimoflrano le lave in par-
te
293
te decompone , pure conferva del fuoco nel fuo fono ,
e di tempo in tempo fa fentire de' cupi boati , e delle
brevi ofcillazioni di terremoto , le quali per lo fpazio
di molti anni , che ho dimorato a Canofa in qualità
di prelato di quella real chiefa , ho fpciTe volte ikn~
tito . Or il Cluerio ha fcritto , che il monte Vulture
s' innalza tra Venofa , Forenza , e Banzi , quando effo
e pollo tra Venofa , Atella , e Melfi .
Il Nardi ha creduto che Barletta fia 1' antica
Canne ; ma noi abbiam veduto ov' erano le fue rovi-
ne , e quella città era diftrutta nel XVI. fecolo , men-
tre Barletta cfifteva più fecoli prima . Alcuni fcrit-
tori delle cofe del noflro regno hanno detto , eh' ella
non fia cominciata ad elfere , fé non alla metà del XI.
fecolo , e che dov' è ora quella città vi era un olleria,
che facea per infogna una bariletta , da cui quella trai-
fc il fuo nome . Fole ! Guglielmo il Puglicfe nella
fua floria metrica delle gelle fatte in Puglia da' Nor-
manni , racconta che Petrone I. Conte di Trani avelie
edificata Barletta più prellb al mare dell' antico fuo
fito ; onde pare che quefra città non folo era polla più
dentro terra , ma che efifteva di già prima del XI.
fecolo . Ed infatti in una carta notarcfea del IX. feco-
lo efillente nell' archivio della metropolitana chiefa di
Trani , parlandofi di un villaggio nominato Giugiaricllo,
io ho letto : & Jujanellum in finibus BaruLetanorum - 11
fu medico Fiauccfco Paolo Lione nella fua opera fui
monte di futa di Barletta fua patria ha fcritto , che
eira
£94
efTa era 1' antico porto di Canofa , di cui StraLone fa
ricordanza , e che trae il fuo nome dal greco Bacpsa'/j^r/i,
che lignifica porto nel mare . Ma Strabone dice che
il porto de' Canolìni eia nella foce delf Aufido , tre
miglia lungi da Barletta . Barletta è il Barduli delle
tavole del Peutingero , come fi vede chiaro dalla di-
fìanza , che mettono tra l' Aufido , e Barduli , diflanza,
che coincidendo a quella che vi lia tra quefio fiume , e la
prefente Barletta , dimoftra chiaramente eh' elfa fia 1' an-
tico Barduli . EiTo non perde dell' antico fuo nome ne' tem-
pi di mezzo , che il fole D , ed in luogo di Barduli
il difiè Barulum . Io non poiTo tralafciare di avverti-
re , che il Signor Romano Joly nella fiia geografia an-
tica e moderna , dice che Plinio fa menzione di Bar-
duli , e di Turenum , mentre le fole tavole Peutinge-
rane fon quelle , che ne parlano .
Trani è l' antico Turenum di quefte tavole , e le
ifcrizioni , i fepolcri , le monete , ed altre antichità ,
che vi fi difcovrono , lo dimofirano ahbaftanza . AH' o-
riente di efTa fi trova fatta menzione nelle pubbliche
carte del IX. , e X. fecolo di un' ifoletta nomata Colon-
na . Il fu Filippo Fefta avvocato de' poveri nel tribuna-
le provinciale di Trani , nello fcrivere le memorie di que-
lla città , non avendola trovata ne' fuoi mari , ha credu-
to che fofle fiata difirutta da' flutti , o ingojata da qual-
che terremoto . Ma fé quefio fcrittore avefle fatto of-
fervazione a quella penifola , che porta anche il nome
di Colonna , avrebbe veduto che quefta ifoletta era
»95
reftata congiunta all' appulo continente per mezzo di un
breve iftmo di arena ricoperto da uno llrato di ter-
reno vegetale . Quefta è una pruova , o che il mare
fi fia ritirato , o che vi abbia accumulato della fabbia
nel fuo piccolo euripo . Moltiffimi efempj conlìmili .ne
fomminiftrano gli fcrittori . Demetrio di Scepfi , fecondo
riferifce Strabene , avea rapportato nelle fue opere , che
Artemia, una dell' ifole Echinadi,fi era unita al conti-
nente nel tempo eh' egli fcriveva . Plinio ci fa fapere che
il mare , per mezzo della fabbia , avea congiunta Antifla a
Lesbo , Zeffiro ad AlicarnaiTo , Ecufa a Minto , Drani-
fcone , e Perna a Mileto , Nertecufa al promontorio
Partenio , Dorofide , e Sofonia a Magnefia , e T ifola
di Siro ad Efefo . La penifola di Leucade famofa per efler-
fì Saffo precipitata dalla fua fommità , per rifanarfì dall
amore del fuo Faone , tagliata un tempo dagli abitanti , fi
era unita di nuovo al continente . Ma lafciamo gli efempj
fìranieri . L' ifoletta di Terìna , di cui fauno ricordanza
Licofrone , e Plinio , facea parte della Calabria fin
da* tempi del Bario . L' ifoletta di S. Vincenzo detta
ne'tempi di mezzo Ifola minore , per diftinguerla ali i-
fcla maggiore, o iìa Megaride , ov'è poflo ora il ca-
fiello deir Uovo , è unita a Napoli , e fa parte della
Darfena . Queft' ifoletta è quella , che Stazio chiama
Limon, e che il Cluerio, ignaro del fuo flato attuale,
ha fituata preffo Nifida .
Alcuni fcrittori hanno opinato che Bifceglia fia
fiata fondata da Diomede . Il Signor Pviedefel nel fuo
viaggio
t9^
viaggio in Sicilia ] è nella Magna-grecia ftima che fia
opera de' Romani , e che fi nomava Vigilice ; e su que-
fìa fuppofizione ha creduto di vedere le mura di Bi-
fceglia efler di mattoni , mentre fono di pietra calca- .
rea , i palmenti dove fi pigiano le uve li ha prefi per
antichi bagni , e tante altre fole , per le quali quel fuo
viaggio fi può dire un vero romanzo . Ma quello che
abbatte queft' opinione, è ciò, die narra Guglielmo il
Pugliefe , il quale ha lafciato fcritto , che Patrone I,
Conte di Trani , avendo radunato gli abitatori di alcuni
villaggi nomati Boxilìce , andò a fondare con effi una
città preflo il mare , che dall' antico fuo nome chiamò
Bifceglia . Il Signor dell' Isle , nella fua carta delF Ita-
lia antica , ha fituato i popoli Vefcellani di Plinio nello
fìeflb luogo , ov' è ora Bifceglia , e l' ha chiamata Ve'
fcellae . Il Signor Danville lo ha feguito non fenza qual-
che dubbio . Ma Plinio non folo ha pollo i popoli
Vefcellani tra' popoli mediterranei , ma dalla nume-
razione , che fa de' luoghi dentro terra della feconda
regione d' Italia formata dagl' Irpini , dagli Appuli ,
da' Calabri , e da' Salentini , fembra che li abbia fi-
tuati tra gì' Irpini . Il Signor dell' Isle fi è dunque
ingannato in collocare Vefulle fui mare tra TurC'
num e Uefpa , mentre i Vefcellani erano popoli me-
diterranei .
Il Cluerio ha creduto che Giovinazzo fia l'anti-
co "Natiolum , fenza darne alcuna pruova : altri V hanno
feguito , ma piuttofìo perchè dell' Isle ha fituato Ture-
197
num dopo Refpa , ecì Indi Natìolum: ma V opinione di
colloro e del tutto oppofta alle tavole dei Pe utingc-
lo, dove Nacioimn vieii portato fei miglia dilbmte da
Turemim , e nove da Bari . Benché fia evidente 1' erro-
re corfo nella numerazione delle fuddctté tavulc , per
ecfore Turenum , cioè Trani , ventiquattro miglia lon-
tano ài Bari, e non già quindeci quante effe ne fegna-
no , nuUadimeno volendo confervare a Naiiulo Li di-
Jlanza di fei miglia da Trani , e quella di nove di Ba-
ri, non mai Giovenazzo , dodici miglia ditlante da cia-
feiina di queiìe due città , pub efler prefa por V anti-
co Naziolo . E' chiaro dunque che Naziolo era fei mi-
glia lontano da Trani , e che dopo di eflb fia corfo
errore in quelle tavole . Ed ecco le ragioni , che m' in-
ducono a crederlo.
Ninno ignora che il nome , e la diftanza delle
città , fono in quelle tavole indicate fopra picciole liuee
gradatamente tkate le une dopo le altre . Or la linea
che fuccede a quella, falla quale è icritto Naziolo , non
ha veruna indicazione né di paefe , ne di miglia , e
dopo quefla viene la terza , fulla quale fi L'gge Bari .
Quella linea fenza nome è unico efempio in tutte
quelle tavole ; ed a me pare , che quarta mancanza 11
debba attribuire, o a negligenza del empiita che hi tra-
lafciato il nome della città , che vi era fcritto , o pure
al teiDpo , che colle fue ingiurie l'ha fenduto impercetti-
bile air acume clsirocchio . Ora attefo la ditlanza di ven-
tiquattro miglia , che pafla tra Tureno , o Ha Trani ,
38 e Bari ,
e Bari, e quella di quattcrdeci che 1" itinerario di An-
tonino pone da Refpa a quella flefla città , io fono in-
clinato a credere , che il nome fegnato su quella li-
neetta vuota fofle flato quello di Refpa : coficchè su di
efla dovrebbero^" notarfi quattro miglia da Naziolo a que»-
fta eittà . Fgli è vero che il Signor dell' Isle nella fua
carta dell' Italia antica pare che fi opponga a quel eh' io
ho detto , coir aver ri pedo Refpa tra Tureno , e Na*-
ziolo ; ma debbo dir con fua pace, ch'egli fi è ingan-
nato : imperciocché fé avefFe pollo mente a quella linea
vuota , che nelle ta^'ole del Peutingero vi è tra Naz.iolo,
e Bari , avrebbe fofpettato che tra quelle due città ve
ne folTe dovuto eflere uà altra . Egli dovea inoltre ri-
flettere , che benché la diilanza in linea retta dall' Au^
fido a Bari fia di trenta miglia ^ e paja in apparen-
za uguale a quella , che per cammin tortuofo fegnano
le tavole tra quelli due luoghi, pure ficcome il prefen-
te miglio è più lungo dell' antico miglio romano , per
le ragioni dette di fopra , la diilanza fegnata dalle
tavole pcutingerane , è fificamente mancante di cin-
que miglia. E poiché oggi la diilanza, che vi è dall
Aufido a Bari per la ilrada regia , è di trentaquat-
tro miglia , per quanto diritta voglia fupporfene l' an^
tica via , non fi piK» fare a meno di credere , che
per le circo ila nze locali folTe Hata in qualche parte
tortuofa , e per confeguenza di un' ellenzione mag-
giore delle trenta miglia , che fegnano quelle tavo-
le tra quelli due luoghi . Ed infatti conferma quan-
299
to io dico r itinerario di Antonino , il quale fe-
condo alcuni tclli pone ventitre , e fecondo altri ven-
tiquattro miglia tra 1' Aufido e Refpa , e tredici da
Refpa a Bari ; le quali diftanze unite infieme fanno
la fomma di trentafei in trentafette miglia : ciò che
fa vedere non folo , che la diftanza di trenta mi-
glia , che quelle tavole mettono tra l' Aufido e Ba-
ri, fia mancante, ma viene ancora a confermare la mia
fuppofizione , che fulla lineetta vuota , che fi offer-
va dopo Naziolo , vi era il nome di un' altra città
e che quefia non poteva efi"ere , che Refpa . E ficcome
fi è provato poco innanzi , che Trani fia 1' antico Ture-
man , ed efiendo quefia città per la flrada regia venti-
quattro miglia lungi da Bari , da quefii due dati , cioè
che Naziolo era fei miglia difcofto da Trani , e Refpa
tredici da Bari , ne viene in confcguenza che Refpa
non poteva effcre prima di Naziolo , come ha creduto il
deir isle , ma bensì tre miglia dopo : e fi potrebbe
da ciò inferire , che la dilìanza fiflata dalle tavole pcu-
tingerane tra T Aufido e Bari fia di trentafette migha,
come fegna V itinerario di Antonino . Da queHo efame
appare manifefto 1' errore di alcuni teili di Strabone ,
-che mettono tra Bari e T Aufido la dilìanza di quat-
trocento fiadj , cioè di cinquanta miglia ; dilìanza fifica-
iriente impofiibile, e che per le antecedenti ragioni par
che debba ridurfi a trecento fiadj , vale a dire a trenta-
fette miglia e increto , le quali corri fpondono alla di-
fìanza fifliìita dall' itinerario di Antonino.
* Or
300
Oc fé Hiai fi vuol fupporre Giovinazzo forta Jaf-
le rovine di una città antica , fi dee credere piuttofto.
forta da Refpa , che da Naziolo . Primo , perchè,
1 attuale dilìanza di dodici migUa fra Giovinazzo
e Bari, coincide a quella , che vi era tra Refpa e
Bari , avuto riguardo alla minore eiìenzione dell'an-
tico miglio romano relativamente al nolìro . Secondo ,.
perche ìa Giovinazzo fi difcovrono molte ifcrizionl
fcp Icrali , una delle quali fu pubblicata dal Mura^
tcri . Giovinazzo efill:eva di già nel 993. col nome di
CaJIrum Juvena^ip^amim , come fi rileva dal diploma gre>^
co di Gregorio Tarcagnota Catapano di Puglia a fave-
re di Rodortamo vefcovo di Irani , il cui originale
cfille neir archivio arcivefcovile di quefla città , che
il mio prozio Monfignor Davanzali arcivefcovo di Tra-?
ni y e patriarca d' Alexandria niandò a far tradurre al
fuo aniico il dotto Monfignor AlTemanni , che pubbli-r
collo nelle fue opere .
U dotto canonico Mazzocchi ne' fuoi commentar]
fulle tavole di Eraclea fpinto dalla fua paffione predo-»
n.inante per T etimologie non fempreficure, parlando di
Bitento dice , che il nome di quella città trae la fua ori*
gine dalla voce ebraica heten., che dinota ventre , proe-
niinenza : e ficcome le fue monete fanno anche per ti-»
pò il delfino fegno non equivoco di città marittima ;. co-
sì ha fuppofto , che Bitonto era pofta fopra un pror
monto! io in riva al miare Adriatico , e che poi nel
foudarfi in gÌ^-4. la fede vefcovile fu trafportata , ove ora
giace
giace quattro , o cinque miglia lungi dal lido . Ma que-
ito dotto antiquario lì è lafciato trafportare dalla fua
palFione . Nella marina di Bitonto non vi e f^gno di
promontorio , ne veftigio alcuno che vi lìa flato , per
«Otero ammettere la fua etimologia riguardo al nome ,
e la fua ipotcil fuUa fituazione marittima . L' ifpezions
fola di quella riva gli avrebbe fatto vedere quanto era
vana la fua etimologia . Quanto poi alla fua affortiva,
cbe Bitonto colla fondazione della fede vefcovile fofl'e
fiata traslatata dentro terra , non eflèndovi fcrittore alcu-
no che '1 dica , la fua autorità non può imporre a chi che
iìa . Anzi è da riflettere , che Plinio fin da' fuoi tem-
pi ripone Bitonto tra le città mediterranee dell' antica
Calabria , dicendo : Calabrorurn mediterranei Mgctini ,
Àpameflini , Argentini , Eutuntinenfes , Deciani , Rube-
jìini , Narbonenfes , Falionenfcs , Sturnini , Tutini :
tempi , in cui non vi è memoria di flabilimento al-
cuno di fede vefcovile in quelle parti. Si aggiunga di
più , che il luogo ove ora lìede Bitonto è appunto
quello, in cui fi trovano le antiche fue monete coli' epi-
grafe greca 'BoLTomva-j : ciò che prova , che quella cit-
tà non abbia affatto cangiato il fuo fiìo. Egli- è vero,
che il tipo del delfino fìa per gli antiquari argo-
Hiento certo di città marittima : ma per non affollare
tante fuppofizioni , quante il Mazzocchi ne ha immagi-
nate per la fpieguzione di quello tipa , creando uà
promoT\torio , su di cui era Birontu da prima, e aven-
dola in lèguko trafportata dove ora e , avrebbe potato
eoa
30J
con un poco di fìlorofia dire , che il mare col volgere
de' fecoli fi è ritirato da Bitonto . Un infinito numero di
efempj a lui certamente non ignoti avrebbe garantita que-
lla opinione . Noi ne abbiamo addotti poc'anzi alcuni , «
ve ne farebbero ancora nioltilfimi da addurre , che io
■tralafcio per non defaticare i miei lettori .
Alcuni fcrittori poco accurati hanno confufo la
città di Ka/7i/a , che Strabone fitua nella Peucezia ,
col Ccelium , che Plinio pone nella Japigia . Tra que-
fti è il Cluverio , e del fuo avvifo è il Mazzoc-
chi ne' fuoi commentar] fui le tavole di Eraclea . Nifi,
quod.) dice egli, prope Egnatìani haud longì{fime a ma-
ri Codia ^ feu potius Ccelium fuit . Egli rapporta per ap-
poggio di ciò una medaglia coli' epigrafe greca K.cci?i.i!/&}V,
col dittongo ai ; e perchè ha creduto , che la termi-
nazione in inus derivi fempre dal fingolare in um , non
ha dubitato di avanzare , che la fua medaglia appar-
tenga al Coclium di Plinio , benché fcritto col ditton-
go cs . Ed avendo trovato che Frontino faceva menzio-
ne dell' agro Celino nella Calabria antica tra Butrintì-
nus , Cailinus , Genufinus , Lupienfis , ha ancora fijppo-
fto , che Frontino in querto paflo abbia parlato del
Cttliwn di Plinio : e ficcome il dittongo che leggefi nel-
la fila medaglia è formato da «/ , e così trovafi anche in
Frontino, ha pretefo ancora che in Plinio invece di Cxlium.
col dittongo ce , {{ doveffè leggere Cailium col dittongo
at' Ma fembra che querto dptto uomo fia andato lungi
dal vero . Primo , perchè ha obliata la medaglia pubbli-
cata
303
cata dall'Arduino, in cai fi legge AEL. MUNIC. C(EL.
A NT. cioè a dire JElium municìpìum , Ccelìwn , Antoni-
nìanum . Secondo , perchè Frontino notando fempre topo-
gratìcaniente i luoghi , de' quali parla, fé avefle voluto
defignare Tagro Celino appartenente al Ctzliuin di Plinio,
r avrebbe poflo tra T agro di Egnazia , e di I upia ,
e non già tra '1 Bitontino , e il Genofino , come li
legge nel fuo teOo. Frontino dunque ha intefo di par-
lare in quel luogo della Celia di Strabone fituata tra
Bitonto , e Bari , dove viene ancor collocata dalle ta-
vole peutingerane . E' chiaro da ciò che la medaglia
del Mazzocchi non appartiene al Ccelium di Plinio ,
ma alla Cailia di Strabone , in cui il dittongo è ^' ,
e non oe . La Celia di Strabone è differente dal Ca^
lium di Plinio , il quale era fituato tra Brindili , e
Balelìo , come appare dal- feguente paffo di Plinio,
che dice ah Ilydronte . . . Lupìoe , Baleflum , Coe~
lium , Brundufmm : da cui fi rileva , che il Mazzocchi
fi è ingannato collocando il Celio vicino ad Egnazia
quando quello autore lo ripone tra Brindili , e Valefìo.
La Celia , che Strabone mette nella Peucezia , è quel
villaggio al prefente chiamato Ceglia cinque miglia dilìan-
te da Bari, dove ogni dì fi trovano vali eccellenti, e gran
numero di monete colTepigrafe greca ^xiT^tvcov , col dit-
tongo ai limile a quclU del Mazzocchi . L'origine di
quefla citta fi perde nella più alta antichità . 1 (cpolcri,
che VI Ti cliTcovrono Cy.'^<:> nlUi profondità di trenta pal-
»i , Tetto una gran quantità di ilrati , ccl dimollrano ab-
ba-
504
baldanza . Quefba città ha dovuto efTere molto florida,
e potente . Il gran numero di vail egregiamente di-
pinti , e con epigrafi greche , che tuttodì fi difcovrono
ne' fuoi fcpolcri , le gemme fuperbamente incife , il
gran numero di medaglie , che ha coniate , e di cui
fon pieni i gabinetti di Europa , i loro difierenti
tipi rapprefentanti da -una. parte la teda di Minerva,
e dair altra i fulmini , V aquila , la clava di Ercole ,
e talora un trofeo foften^ito da una vittoria alata , ci
dimoftrano chiaramente che effa fu una repubblica della
nollra Puglia , ricca , guerriera , e vittoriofa . Ma ia-
felicemente noi non fappiamo delle nortre repubbl'che
italogreche , fé non quel poco che hanno avuto che fare
co' Greci , e co' Romani ; tutto il reflo e fcpolto nell'
oblio .
L' itinerario gerofolimitano mette la Torre Giulia-
na undeci miglia lungi da Bari : i geografi moderni
hanno tralafciato , come luogo di poco momento , d' in-
velìigarne il iìto . Io non temo di avanzare che eiTa fia
Hata là, dov'è oggi la torre di guardia militare detta la
Pellafa . Non nego che quefta fia nove miglia dinan-
te da Bari , mentre 1' itinerario gerofolimitano la iìtua
ad «ndeci ; ma avuto mira all' antico miglio romano
eh' era più corto del noilro , è chiaro che quel1:a di-
fìanxa corrifpondc benifilmo coli' attuale . Ma ciò che
toglie ogni dubbio , e che conferma la mia conget-
tura , e che lungo quel lido, fecnrirlo rìfcnTce 1 eru-
dito Signor Emmanuele Mola , il oflervano avanzi di
antichi edificj , ed antri artefatti con fedili intorno , che
vengono bagnati dal mare, e che forfè han fervilo per
ufo di bagni marini : e vi fi fcovrono ancora fcpolcri pie-
ni di vafi eccellenti . Anni fono nel farfi quivi uno fca-
vo , fotto un mucchio di pietre ben alto , che i Puglie-
fi chiamano [pecchia , e che dagli antichi erano detti
tumuli , fi rinvenne una quantità di vafi di belle for-
me con egregie dipinture . E qual maggiore argomento
per credere , che quivi fia fiata la Torre Giuliana ?
Le tavole del Peutingero mettono la Turrìs CX'
faris venti miglia lungi da Bari ; i geografi moder-
ni , come luogo di poco rilievo , non han curato di ri-
cercarne la fituaziwie . Io vado ad eiporvi le mie con-
getture , che potrebbero forfè indicarcela . Nella badia
di S. Vito di Polignano un miglio e più prima di ar-
rivare a quefìa città , fi oflervano fegni manifefti di un
antico porto , dal quale effendo retroceduto il mare ,
fuir antico fuo letto fi vede ora fiorire un ameno giar-
dino . Quivi preflb fi fcorgono avanzi di antichi edin-
cj , e tra gli oliveti , che lo circondano , fi difcovrono
He fepolcri , che in vece di coperchi di tufo , o di
pietra , fono chiufi da mattoni polii a fchiena d' afino ,
firaili a quelli , che s' incontrano a gran profondità
a Nola . Quefte antichità dimofirano che queflo luogo fu
un tempo abitato : e ficcome quefìa badia è quafi venti
«biglia difìante da Bari , quante appunto le tavole del
Peutingero ne fegnann , così fi può con qualche fondamen-
to avanzare , che quivi foflè fiata la torre di Cefare .
39 ' L''"*
3o6
L' itinerario di Antonino pone Arnefto Yentidue
miglia lungi da Bari : alcuni moderni geografi , coma
luogo appena noto , hanno tralafciato di ricercarne il
iìto . Il Cluerio folo aflerifce effcre la prefente Poli-
gnano . Io nell' unirmi, alla fua opinione , la fortifico
eoa dire; i. che quivi coincide predo a poco la di-
fcanza , che 1' itinerario di Antonino mette fra. Arnefto
e Bari ; 2. che anni fono in quefto luogo fi fcovrì
un antico fepolcreto , ed in efTo un fepolcro fuperbo ,
dentro al quale iì trovarono de' vafi eccellentiflìmi , di
cui monfignor Santoro vefcovo di Polignano fece dono
al Re dell' ultima dinaftia . Ma quando anche non i\
volefle ammettere ■> che quivi sia flato Arnefto , quefto
fepolcro pieno di vafi , ufo delle noftre città italogre-
che , ci fa chiaramente vedere , o che Polignano fia una
citta antica, o pure che fia forta dalle rovine, di qual-
che altra ..
Jl Signor- dell' Isle nella fua carta dell'Italia an-
tica ha. pofto Decia tra Amelio ed Egnazia fai mare-
Adriatico . Io non so , come quello dotto uomo non.
abbia riflettuto, che Plinio ha annoverato i popoli De- ,
ciani tra' mediterranei dell' antica Calabria. . Egli dice
Calabrorum mediterranei JEgedni , Apameflini , Argenti-
ni^ Butunìneiifes y Deciani , Rubefiini^ Narbonenfes , Pa-
lìones , Sturnini , Tutiiii . Io fofpetto inoltre che nel lud-
detto paflb di PU«io fia corfo errore , e che in vece
de' popoli Tutini , fi deliba leggere Turi ni , cioè po-
;polL di Ture piccolo, villaggio ancora, efiftente.- ... Ciò
che
307
che mei fa fofpcttare fi è , che di tempo in tempo Vi il
trovano delle medaglie imperiali , tra cui merita di effere
rapportata una piccola jnoneta della deificazione di Colìan-
tino,chc io ebbi nel 1793; la quale da una parte rap-
prefcnta la teil;a di quello imperatore coirefergo: DV.
COxNSTANTINVS. PT. AYGVSTVS : nel rovefcio di
cfla fi Tede la figura di Coftantino elevarfi al cielo fopra
un carro tirato da quattro cavalli colla mano dritta al-
zata : fotto il carro fi leggono le feguenti lettere S.M.A.R.
vale a dire : fìgnata moneta apud Romam . Quella mo-
neta è notabile per efler tutta differente dalle altre co-
niate in occafione delle deificazioni di altri imperatori
romani : poiché qui è il carro , e non già 1' aquila-,
che porta al cielo Coftantino . Ma i fuoi figli criftia-
ni come lui , potevano feguire 1' antica deificazione de-
gl' imperatori pagani? Efli prefero forfè T idea del carro
da qucìlo di Elia , fui quale quelli fall al ciclo .
Alcuni fcrittori ( e tra quelli il Wolart nel fuo
leffico geografico di tutti que' paefi , di cui fa menzio-
ne Orazio nelle fue poefie , e che va ad effe appoflo )
parlando di Egnazia , della quale quel poeta fa ricor-
danza , dicono che queila città era mediterranea , e re-
flava tra Bari , e Brindifi , e propriamente nel luogo ,
ov'è ora un piccolo villaggio chiamato Gna:(:[i : ma efli
fi fono ingannati; poiché Strabone la mette tra le citta
marittime della Peucezia : e quando anche l'opera di quello
geografo ci fofie mancata , le fuc jovine preflò al mare , tra
le quali se ne veggono alcune attualmente da cffo ba-
* gnate-.
'30 8
gnate , cel dimoftrerebbefo abbaftanza per marittima .
Tra quelle rovine fi offerva ancora il lato di un tem-
pio , che alcuni antiquarj hanno creduto appartenere
a quello , in cai era T ara rairacolofa , la quale fenza
fuoco ardeva l' incenfo , e di cui Orazio , e Plinio fan-
no menzione . Il Bayle ha podo a tortura il fuo ta-
lento , per ifpiegare quelto prodigio . Intanto Ari-
Itotele ci ha lalciato fcritto , che nella Tracia fi trova-
va una pietra nomata fmarille , che bagnata colf acqua
s infiammava ; e parla ancora di un' altra pietra , che
fi rinveniva nelle vicinanze di Atilanea , la quale ftrofi-
nata coli' olio bruciava. Della fìefla natura era quella,
che fecondo Plinio , s' incontrava nel territorio della Sa-
bina , ed in quello di Sedicino . Se mai folTe vero tut-
to ciò , che quefii autori ci dicono della natura di quefte
pietre , farebbe del tutto fpiegato il miracolo dell' ara
di Egnazia : effa era formata da una di queue pie-
tre . 1 Sacerdoti antichi hanno faputo in tutti i tempi
mettere a profitto i regni della natura , ed i Tuoi fe-
nomeni per ingannare , ed imporre a popoli ignoranti,
e mantenere in effì la fuperiìizione . Ma ripigliamo il
filo delle noftre ricerche .
La Peucezia , benché oggi bagnata dal folo Au-
fidor, il quale la divide dalla Daunia , pur tuttavia
avea QQ altro fiume , che l' irrigava . Le tavole pèu-
tingerane pongono tra Barduli , e Turenuni un fiume
nomato Aveldium . Neffuno Je'geogm fi n-vodcnii fi ha
prefa la pena d' invefligare il luogo per dove fcor-
reva .
309
reva . Io vado ad interrogare la natura in que' luoghi,
per ritrovare il fuo letto . Prefìo il moniftero della ba-
dia cafinefe di Andria vi ha un torrente , il cui letto
fembra affatto un alveo di fiume . Quello torrente
dopo eiTere fcorfo tortuofamente per più miglia va a fi-
nire nel mare Adriatico , e propriamente nelle paludi che
fono tra Barletta , e Trani , dove fi vede un rufcelletto
nomato Arafciano . Non fi può dubitare , che quello
torrente fia llato un letto di fiume ; fopra tutto dopo che
su di elTo fi è gettato un ponte per farvi palTare la
flrada regia di Puglia ; poiché eflendofi dovuto fare i
pilaftri per il ponte , alla profondità di circa tre palmi di
terreno, ù trovò della fabbia fluviale miila a ciottoli ro-
tondaflri . Si aggiunga a ciò che iu una carta notarefca,
che fi conferva nelP archivio del monillero di Monteca-
fino colla data del ioai., fi- trova farfi menzione di
un rufcelletto , che fcorreva per una vigna deferta ap-
partenente a quei monillero nel territorio d'Andria; for-
fè un avanzo dell' antico Aveldio . Le fcofie di terre-
moto , o qualche altra cagion fifica hantfo probabilmen-
[te deviate le acque di quel fiume , ed han fatto rima'-
tnere a fecco il fuo letto, o pure divife percorrono per
[canali fotterranei , e vanno ora ad ufcire poco lungi
[dal mare in due rufcelli , V uno , come ho detto , di
^Arafciano , e 1' altro di Boccadoro , che poco difendo
lai primo va a metter foce nel mare . Noa è quello
kil folo cC-mpio di fiumi , lf> «"» acque fieno diminuite ;
(o che prima fcorrevano per la fuperficie della terra ,
e poi
310
e poi per fotterranei meati vanno a sboccare nel ma-
re . Lo Scamandro era un fiume ben grande a tempi
di Omero , il quale racconta che avea -due forgen-
ti l'una di acque calde, e l'altra di acque fredde . La
prima , al dir di Strabene , non efilleva più fin dal tem-
po di Demetrio di Scepfi . Il Grellet fcrittore degno
di fede , nel fuo viaggio di Coftautinopoli ci ailìcura ,
che al prefente lo Scamandro non è che un piccioliffi-
mo rufcelio , che fi perde nel mare a poca diftanza
dalla fij3 forgente . Sono diminuite le acque al Cerba-
lo , air Aufido , ed a tanti altri fiumi del noilro regno,
the Strabone , e Plinio rapportano come fiumi navigabi-
li , e che ora più noi fono .
Chiudlaiuo le noftre ricerche col dare uno fguar-
do paflaggiero fulla Japigia . Plinio il naturalifta , fecon-
do quafi tutte le edizioni della fua opera , fa non fo-
lamente menzione dell' Aufido , ma anche di un fiume
chiamato Pazzie , dicendo : Pcdiculoriim oppida , Rudia,
Egnatla , Barìon , ante Japìx a Dedali filio , a quo
Yapìgìa ; Amnes PaBius , Aufidus . Ma il dotto ano-
nimo traduttore di Plinio in francefe legge quello paflb
nella feguente guifa : F edicidorum Oppida , Riidia ,,
Egnatia , Barìon , Amnes Yapix a Dedali filio , a quo
.Yapigia , Faclius , Aufidus , e non già Barìon an-
le Yapix , che dice eflère lezione falfiffima adottata
da quali tutti gli editori, liiente conforme a quella
de' migliori manorcriui <la lui offervati . S© ciò folle
vero , bifognerebbe dire che nella Puglia fcorrevano
■quattro
3U
quattro fiumi , cioè il Japige , il Pazzie , l'Aveldio , e
TAufido, de' quali non relìa-, che l'ultimo. Ma dove
fcorreva il Pazzie ? Noi ora anderenio a vederlo .
Lo fìeflb traduttore in una fua nota su quello paf-
fo del naturalità latino, avendo olTervato che l'Aulido
formava due rami nella fua forgente , percui forfè Ora-
zio diede con più ragione a cjuefto fiume 1' aggiunto di
tauriforme , ha fuppofto che il Pazzio fia quel ramo
deir Aufido , che Icorrendo preflb Lioni , e paflando
davanti Calitri , fi iinifce quindi a quello fiume . Ma
egli il e ingannato, poiché Polibio fcrive , che T Aufi-
do è il (blo fiume , che nafce al di là degli. A penni-
ni , e va a fcaricarfi nell'Adriatico : e ficcoms q>^el ra-
mo , il quale palla per Calitri è quello appunto , che
ha r origine al di là degli Appennini , così è chiaro
che quefto non può cflerc il Pazzio , eflendo il fondo
principale dell' Auiìdo .
Le tavole peutingerane tra Bnindufium , e Bale-
fium mettono un fiume col nome di Pajiium . 11 Cella-
rio ha creduto , che fofie il Pacììus di Plinio . Ma
10 non so unirmi alla fua opinione , eflendo del tutto
contraria alla ragione , ed all' autorità degli antichi fcrit-
tori . Ne vale l'ofl'ervazione , che i\ potrebbe fare d' al-
cuni , che Plinio nel noverare le città comprefe tra i
Pedicoli , nomini immediatamente il fiume Pazzio , e f-'^ li-
fido V poiché da ciò fi dovrebbe piuttorto ro«chiudere che
il Pazzio frorreva neir agro Fedicolano , e non già
tra: Brindifi , e Balefio , che erano nelf antica Calabria.
Mi.
Jlt
jMa fi rifletta che Plinio dopo aver detto in particola-
re , che Rudia , Egnazia , e Bari erano nella regione
de'Pedicoli , nomina in generale i fiumi , che fcorrevano
nella Puglia. Ed in fatti nefluno degli antichi fcrittori
ha eftefa la regione de' Pedicoli fino all' Aufido , che
tutti mettono nella Peucezia .
Ma mi .fi domanderà ancora dove fcorreva il fiu-
me Japige , di cui i migliori manofcritti fanno menzio-
ne ? Eccovi ciò che io ne penfo . Le tavole peutin-
gerane fegnano tra Lupia , ed Otranto un fiume, di
cui non è notato nome . Io credo che quello fiume ano-
J^imo Ca appunto il Japige, sì perchè bagnava la Japi-
gia , SI perchè è uniforme al paflb di Plinio amnes Yapix
a Dedali filio , a ^uo Yapìgia , Paciius , Aufidus .
Quefti due fiumi or più non elìltono; \i ha però
qualcheduno , che poco verfato nella fìoria delle rivo-
luzioni fifiche avvenute nei noftro pianeta , avendo
veduto in alcune carte geografiche del XVI. fecolo
fegnarfi preflo Brindifi un piccolo rufcello, e non po-
tendo indurfi a credere , che il Pazzio per una di
quefte rivoluzioni fifiche fofìè ceflato di fcorrere, ha cre-
duto in quel rufcello veder quefto fiume ; andando con-
tra le tavole del Peutingero, che '1 pongono nove mi-
lia da Brindifi lontano . Ne quefii è il folo che fi fia
lii tal guifa ingannato. A tal propofito mi fi permetta
che io , fcnra allontanarvi dalle patrie cofe , rilevi ac-
cora gli erroii di quakVic altrn fcrittore .
Il fiume Veferis , che fecondo Livio era prefib il
Ve-
Vefuvioi ha fatto dire all' erudito Cafnillo Pellegrini ,
che noi vedeva più fcorrere , eflère il Sebeto , il qut<^
le paflando p^r la città di Veferis ne prendeva il no(i.e,
che lafciava poi preflb Napoli cv' era detto Sebeto : in
conferma di che porta l'efempio del fiume Liri , che fi chit*
mava Minturno fcorrendo per quella città ; e del Voltur-
no che prendeva il nome di Cafilino quando paflava qui-
vi d' appreflb . Ma il Sebeto non è il Veferis , perchè
quello fcorreva a canto il Vefuvio, dove avea la fua for-
gente , mentre il Stbeto ha la fua a poca disianza da
Napoli . Un paflo ài Sifenna rapportato da Nonio Mar-
cello dice , che la città di Ercolano era polla fopra una
eminenza a pie del Vefiavio in mezzo a due fiumi ; ed il
Pellegrini ha fuppofto , che quelli due fiumi foflèro «
uno il Veferis , e 1' altro il Sarno . Io fon d' accordo col
Pellegrini fui primo , ma non poflci mJufmi a crede-
re , che r altro folle il Sarno : poiché fcorrendo que—
fto fiume al di là di Pompei , e ben lungi da Ercolano,
Sifenna non avrebbe defcritta topograficamente , come fi
conveniva, la fituazìone di quella città, dicendo ch'era
in me7.zo a due fiumi. Bifogna dunque fupporre, che fcor-
reva un'altro fiume tra Ercolano, e Pompea. E qual era
onai quefto fiume? Io fon portato a credere che foflè il
Dragone , la cui forgente , fecondo Procopio, era a pie del
Vefuvio . Il Cluerio ha creduto , che quefto fiume andava
ad unirfi al S.uno fotto Nocerai ciò che farebbe contra-
rio alla mia foppofizione: ma quello geografo non fi e
avveduto, che il Dragone per paifare dal Vefuvio, ♦'^^
40 *r5»
àvea la fua fonte, ed andare a Nocerà , dóvèa prim»
attrayerfare il Sarno . Io non ignoro che V abate Troy-
jp neU4\_^fua florià del regno di Napoli, non trovando
più il Dragone ; ha opin-ito che fofle lo ftefTo Sarno,
ma egli fi. e ingannato: i. perchè il fiume Sarno noa
ha la forgente a pie del Vefiivio , come fcrive Procopio
del Dragone; a. perchè quello florico dice, che quefto
fiume benché «oa aveile molta acqua , pure avea le
fponde molto alte , e non guadabili : nel mentre fin da'
tempi di Strabene il Sarno era navigabile, e lo è tut-
tayia .
»( E'pcp, in quante erronee fuppofizioni vanno a ca-
dere colorp ,. i quali credendo che la fiiperficie del no-
ti''^ globo, npn fia foggetta a verun cangiamento, vo-
gliono rp'icg'ire r inefilìenza di que' fiumi , di que' monti ,
e. di quelle ifole , di cui gli *niaoh; fanno men7Ìone . Ma
;!pl^re alle cagioni generali , .la Horia de'yolcanji , e de' teV'
xemoti ci fomminiftra infiniti efempj .de' cangiamenti che
cffi producono. Potevano efi<iere pia il Veferis , ed il
Dragone , dopo eiTerfi riaccefo fotto Tito il nofìro Véfii-
.yip ? Così del pari i terremoti, o altre cagioni naturali
.iianno fatto .forfè mancare nella Japigia il Pazzip , ed il
^'^P'g^ , jdlj cui- ^abbiamo parlato. Or. le tavole dèi Peu^
tingerò fognando quattro fiumi nella Puglia , due nelfa
Peucezia , cioè V Aufido e l' Aveldio , e due nella Ja-
pigia , cioè il Pazzio , che fcorreva tra Brindifi , e
Balefio ,, e r altro anonimo tra Lupia , ed Otranto ;
pare che la v«ca lezione del paifo di Plinio fi»
(^uelU
quella, che.il traduttor fran<;efe dice trQvarfi xi e' mi-
gliori manofcritti , cioè Radia , Egnada , Barìon .
Amncs Japìx a Dedali filio , a quo Yapigia , Paciììlfn
Aufidus , e non già Barion ante Yapìx : lezione , la
quale ci fa vedere , che il nome , che manca al quar-
to fiume riportato nelle tavole , fia quello di Japige:
ma che toglie però alla città di Bari la gloria di un'
antichità ben remota, che le dava per fondatore Japige
^glio ,di Dedalo .
Nove miglia lungi da Brindifi alla foce del
Pazzie le tavole del Peutingero fegnano una città no-
mata Balenfiwn , che nell' itinerario gerofolimitano è fcrit-
ta Valentia . Pomponio Mela le dà il nome dì Vale-
tium^ e Plinio quello di Bale/ìum , dicendo a Hy^run-
te . . . LupiiX , Balefmm , Cxliuin , riponendola tra le cit-
tà marittime . Ifacco Tollio pretende che il Valetium
dì Mela fia I'APdjt/ov di Tolomeo : ma egli è andato lun-
gi dal vero. 11 Valetium era pofto fui mare, eVAxyjrio;'
è fituato da Tolomeo ne luoghi mediterranei , trà^ quali
inette anche Plinio i popoli Aletini . Si è ingaiinato
egualmente il Cluerio in fìtuare quella città alla fponda
finiftra del Pazzlo , mentre le tavole peutingcrane la
collocano alla delira . Io credo che quefta città era in
quel luogo oggi chiamato Valejìo , ove Ci veggono
avanzi di antichi edificj , e dove fi difcovrono fepolcri
pieni di vafi eccellenti. Il nome di Yalefio , che con-
ferva quello luogo , conferma ancora quefta ipotefi » e
* fa'
fa vedere che il vero fuo nome era quello di Bale^
fum , con cui Plinio la chiama .
Gli antichi fcrittori fanno menzione della citta di
Bafìa nella Japigia . I geografi moderni difcordano fra
loro intorno alla fua fìtuazione: altri la pongono al dì
qua di Caftro , altri al di là . Plinio , che ne parla , ci
fa fapere che tanto Otranto , che Bafta erano diecino-
ve miglia lontane dal promontorio Japigio , e per con-
feguenza al di qua di Cadrò: e ciò viene confermato dal
picciolo villaggio detto Vajie , che è al certo Balla , sì
perchè è diecinove miglia dilìante dal promontorio Japi-
gio , sì perchè in efiò fi rinvengono delle antichità , e
dc'fepolcri con vafi eccellenti.
Incontro il porto di Taranto vi fono alcune ifolette,
e fon quelle , che Tucidide chiama Coerades , vale a dire
fcogli . II Cafaubono al lib. V. di Strabone le ha pre-
te per li tria Japygum promontoria . Ma può mai cre-
derli che l'efatto , e giudiziofo Tucidide abbia dato il no-
me di ifole a quelli promontorj F Dalla narrazione ifteflEi
di quello ftorico ù vede chiaramente che non ha intefo
affatto parlare di quelli promontorj . Egli rapporta
che la flotta Ateniefe diretta per la Sicilia , fcioglienda
da Corfù , approdò al promontorio Japigio; e di qn»
mettendofi di bel nuovo alla vela , pervenne alle Coe-
radi , dove prefi alcuni arcieri Meflapi , pafsò a Me-
taponto , indi a Turio , finalmente a Cotronj? , dove
frano i tre promontoc] Japigi . Le Coeradi duaque noD
VJ7;
pievano eflère, che le iCoìe dì cui parliamo. Il Clue*
no ha creduto , che foflèro ftate uà tempo incontro
al porto di Taranto , ma ha dubitato fé efifìelTero •
(Quello che è più forprendente è , che il nofìro dotto
canonico Mazzocchi ne' fuoi commentar] fulle tavoi? di
Traclea , fi molìra ancora incerto della loro efifìenza Ari
vero , dice egli , ibi hodìe fint incolae nobis edìdermt .
IVla prima di formar queflo dubbio avrebbe dovuto in-
teri ogare i Tarantini, fé eflè erano ancora innanzi al lor
porto .
Servio nelle fue note a Virgilio ci fa fapere ,
che nel golfo di Taranto eravi un' ifola nomata Febra ^
o Eletride . 11 Boutrand crede che efla fia il Monte
Sardo da molti geografi moderni fegnato «die loro
carte in mezzf» a <juo{ìo golfo ; e foggiunge eh' è pic-
cola , e raontuofa , e che fi vede in efla una torre con
alquante cafe . Il Signor dell' Isle ha creduto queflo
geografo . Intanto V ifola di Monte Sardo non efìfleva
a' tempi di quefti fcrittori . Ed ecco come i geografi ì piiì
■dotti fi copiano V un l*a!tro , lenza efaminare le fonti,
la cui attingono le loro notizie ! ed è in tal modo che
ifi perpetuano gli errori ; fopratutto quando fono adottati
[da' fcrittori noti pe '1 loro fapere . Se mai l' ifola di Fe-
llra è fiata veramente in quel feno , bifogna dire o che
Ifia fiata rofa dal mare , o che i terremoti 1' abbiano in-
Ighiottita . Molte ifole foiio difparite per sì fatte cagio-
Itii . Tale è fiata la forte dell' ifol» ^i Calipfo celebre
\f^t hjtIì amori di HìiiSi wu ^uefia Dea , di Diofcuro ,
ài
5lf
ài Tiris, di Eranufle , e di Meloefla ; ifole tutte che
erano incontro al promontorio Lacinio famofo pe 1 gran
tempio di Giunone , in cui fi ammirava il quadro di
quella dea dipinto da Zeufi , e 1' arco innalzatovi da
Annibale , ove lafciò fcritto in caratteri punici la fìo-
lia delle fue gefìe fatte in Italia centra ì Romani .
Ed ecco in quanti errori fono caduti i geografi
moderni circa i luoghi antichi cornprefi nell' anguftiffi-
mo fpazio della noftra Puglia . Pofla queflo piccolo fag-
gio eflèr di fprone a' noflri concittadini ad intrapren-
dere 1' utile fatica di rettificare la geografia antica del
noflro regno, e render con ciò più chiara l'intelligenza
di quella parte dell' ifioria , che appartiene a' nofiri po-
poli , to' quali per molti fecoli combatterono i Romani
per farli lor cittadini.
^•9^«*
OSSER;
?»9
OSSERVAZIONI
Sul tipo del bue a volto umano , ovvio nelle Medaglie
della Italia , e della Sicilia
D I
KM. AVELLINO
Lette alla Società nella SeJJlone de' ^o Settembre 1809.
m} ralle moltiplici opinioni degli eruditi falla fpiega-
zione del bue a volto umano , tipo ovvio nelle me-
daglie della Italia, e della Sicilia , l'ultima del eh.
fignor Eckhel , il quale ha creduto riconofcer con eflb
'indicato Bacco, ha giutlamente riuniri i fuffragj di mol-
ti de' pia illultri antiquarj moderni (0. Quella opinio-
ne, che nel tondo è la ftelFa di quella , che molti let-
"terati napoletani portarono fin dal lecolo XVI C^) , ha
indi ricevuto, grazie precifamente alla diligenza dell' il-
luftre Lanzi (-'), T appoggio di monumenti indubitabili,
'e lìcuri . Trovanfx inoltre ne' Dionilìaci di Nònno ta-
"luni verfi , i quali mi fon fembrati ancora atti a fo-
ftenerla , ed appoggiarla di pruove novelle , ed a po-
terci in confeguenza far aderire , con maggior fiducia
an-
(i) Veagafi U dKTertazione inTfrita nel primo volume dell* Df.
Brina Niimmnrum Veterum pag. 129. feqq.
(2) V. Capaccio hijìur^ NeapoL lib. I. C^p- 14.
(i) Diffefiawni tre sufa/i-etr fdg. 172. 173.
Ito'
ancora di quel che fece V Fcthel , che il bue a vol-
to umano ila ud iìmbolo dionìiìaco .
Per quel , che riguarda i monumenti , che il fi-
gnor Lanzi ha felicemente riconofciuti , e pubblicati ;
noi ci rimettiamo a quel eh' egli ftelTo ne ha detto ;
aggiungendo follanto , che due di effi furono conofciuti
dairtckhel llt-fTo, il quale però non feppe tirarne tut-
to r avvantaggio , che potea per la fua caul'a .11 primo è
una gemma, pubblicata dal GoriCO, in cui fui bue a vol-
to umano mirafi in atteggiamento capricciofo una donna,
che nella fua deftra pare che abbia un' afta . L' Eckhel
fuUe tracce del Gori la prefe per un'Europa rapita da
Giove ; il che le fi ammetta , perchè non riconofcer
Giove piuttofto che Bacco , nelle medaglie col bue a
■voho umano? E Giove infatti volea riconofcervi il con-
te di Caylus (i). Ma quel che pare un'afta nel dife-
gno del Gori , è un tirlò nell' originale , come il Lan-
zi lo attefta fu! la fede dtl eh. fignor cavai ier Pucci-
ni > che ha fotto gli occhi la gemma . lo aggiungo ,
che il Gori aveva già detto , che la figura di donna
avea un tirfo nella fua mano , quantunque 1' avefle poi
fpiegata per Europa . In quanto all' altro monumento ,
r Fckhel lo avea prefo dalla raccolta del Gravelle 0).
•fc. ancor eflo una gemma fiinile per l' argomento alla
prima ; ma invece di tirfo la donna ha in effa nella
finiftra qualche altra cofa , su cui 1' Eckhel non ha fat-
ta
(i) Muf. EtruT. Tom. T. taB. "^f. num. j.
(i) I^«. ^ Anti^. tniTj. IV. pag. 164.
(i> t\f(Htil dt firn. grav. \. li", n. 45.
ta alcuna attenzione '. Si guardi il difegno , e non fi
tarderà a riconofcere , che queila non altro fia che
un grappolo di uva , fimbolo , che come il tirfo può
convenir folamente ad una Baccante , ed a Bacco , e
non già ad Europa , ne a Giove .
Quefti monumenti , che fono indubitatamente per
Bacco , fono appoggiati da Nonno , de' cui Dionilia-
ci non veggo , che fiafi fatto nella queftion prefente
tutto V ufo , che fi potea . Si sa , che queflo accurato,
e diligente fcrittore , che ha riunite nella fua opera
tante notizie fulla teologia bacchica , è fiato finora im-
meritevolmente in certo modo negletto dagli eruditi ,
ed il eh. fìgnor Show fé ne lagna con ragione in
una difTertazione particolare , in cui ha moflrato di
qual vantaggio efTer pofla per gli fludj archeologici
un'' attenta lettura del di lui poema (0. Noi fappiamo
adefTo con piacere dagli annunzj letterarj , che il fi-
gnor Creuzer in Alemagna ne tira infiniti lumi per le in-
tereffanti fue ricerche s^ Bacco , delle quali il primo
volume pubblicato in Heidelberga nel 1809 non è fi-
no a noi ancor pervenuto (0.
Noi fcegliamo due luoghi de' Dionifiaci , i quali
meritano a noflro credere tutta 1' attenzione nell' efa-
me prefente . Il primo è prefo dal libro XXI. v. ali.
41 feqq.
(0 Nella di{rertazione intitolata : Mo>i/ìrata ìndole carm'm'is Nomii Dio-
BaccrirarKm urpnicartimque cri^inibiis et cc'JJ'i ■ foii.men t. netai-'urrg
Veggafi il Magafm Encj/clopftii'jue An. ibi09. tom. 2. fag. 199. ieqq.
Ili ^
feqq. ^'). Erafi creduto finora , che di un bue a. vol-
to umano alcuna menzione non efifleflè preflb gli anti-
chi fcrittori . Cui non mirum videatur , avea detto
r Eckhel (^) , hujus helluae , quam in his civitatibus
ìlliijlrem fuijfe tot praeconiis numorum tenemus , nul-
latn a veteribus , Jlve hìfioricis , jive mythologis , five
poetis fieri mentionem ? E vero , che 1' Ignarra (3)
avea creduto riconofcer nella defcrizione fatta da Sofo-
cle (4) della metamorfofì di Acheloo , efprefTo un bue
a volto umano colle efpreffioni Booxp^vc^ avSpsiu tvnq;
e eh Empedocle in un frammento , confervato da Elia-
nò CO, e citato dall' Eckhel, ha , parlando di taluni
moftri , fatta menzione di uomini a volto di bue , e di
buoi ad umano . Ma il primo di quefti luoghi è per
lo meno incertiffimo , e '1 fecondo di un fifico fenome-
no ci ragiona , che non può aver alcuna relazione col
moftro delle medaglie . All' incontro le parole di Non-
no , che foggiungeremo , non folamente ci parlano col-
la maffima chiarezza di buoi ' volto umano , ma ci
moftrano ancora , che quello fia un (imbolo dionifiaco .
Infatti quando a Deriade fovrano delle Indie , e figliuol
dell' Idafpc fi prefentano per combatterlo i compagni
di Bacco , il poeta ce li rapprefenta precifamente na-
fcofìi fotto quella forma . Ecco le parole che al loro
afpetto fa egli pronunziare a Deriade ;
(1) Pag. 444. 'in colleSl. I. Lecl'iì .
(2) Doilr'in. Tom. [. Pag. 129. 1 50.
(3) D^ Palxft. N^apol. pag, 240.
(4) T/-«;);il/. in'll.
(5) Dt Ne tur. Animai. lil>. XFL cap. 15.
3Ì3
Oioug Ayj^icc^Y] SiSuixoypooig avSpccg ix7J\.si
Taupotfvrig àioi/vaog , aSupixocTa Sn'ioTYjTog t
A'À7io(f:usig , ou ifcoTScg ÒAyiv ^pOTOsiS&x (j.op-^y]9 ,
eY;pi3<^ siSog sx^^'^'^i'^'^^i AIATMAONI MOP$H/
E121 NO0OI TATPOITE KAl ANEPES . AM<50TEPON TAF
KAI B002 EIA02 EX0T2L, KAI ANAPOMEOIO nPOS-
fìnOT.
I quali verfi vengono così tradotti dal Lubino :
Quales Dcrìadi bìcolores viros mìttit
Taurifonnis Bacchus , lufus belli !
Àkcrìus naturae ; noJi homines qiioad totani humanam
formam. ,
Ferarum ìmagìnem habentes; cum gemina forma
Sunt adulterini taurique et viri ; utrumque enim
Et bovis formam habent , et humanae faciei .
Leggendo queftx verfi con attenzione , farà facile
1' oflervare , eh' effi cor^tengono colla maggior precifione,
che defiderar fi pofTa , il ritratto del moftro delle me-
daglie . Tutte le circoflanze della defcrizion di Deriade
gli convengono infatti meravigliofamente , e 1' ultimo
Verfo , in cui fi dice che Boof siSog syQi>(7i,v.xi x'jSpoyiSoia
- irpoauTTOU ( bovis formam habent , et humanae faciei ) ,
è tale , che bafia a dileguar ogni dubbio , anche de'
più difficili . Abbiam dunque di ficuro , che a' compa-
•gni di Bacco cambiati in toro fi accordava , come
|una diftinzione ed un fegno non equivoco di una
più nobile natura , un \olto umano ; e quella cer-
* tezz a
324
tezza e' invita a farci riconofcer nel bue a volto uma-
no delle medaglie un fìmbolo dionifiaco , per non dir
Bacco itefTo , al quale non è credibile , che iìefì ne-
gata una diftinzione , che veniva accordata ancora a' fuoi
feguaci .
L' altro luogo di Nonno non folo appoggia il no-
ftro fentimento , ma dilegua ancora una obbjezione gra-
viffima , che fuol farfegli comunemente , ed alla quale
veggo che 1' Eckhel non abbia data rifpofta . Suol
efTa tirarfi dalle medaglie di Alonzio , in molte delle
quali , pubblicate da varj autori , ed in ultimo luogo
dal Torremuzza CO , rimir?»a per fervirmi delle efpref-
fioni dell' Eckhel Bos cura facìe hwnana , ìs in non-
nullìs cruciare aquam yidetur (^) . Si è creduto quello
un argomento indubitabile in favor di coloro , che ne'
buoi a volto umano hanno voluto riconofcere il fimbo-
lo di un fiume . ì^wn clarius , dicea il fignor Neu-
mann (3) , defìderari potejl fluminis ìndicìuml Vel fo-
li hi numi dirimere videntur diu agitatam inter eruditos-
litem &c. L' Eckhel , che non ha parlato per niente di
quefte medaglie nella fua difTertazione , ha detto però
con modella ingenuità nel parlar delle medaglie ficule:
typum bovis aquam vomentis explicare non tento C4).
Farmi che Nonno dia la foluzione di quella dif-
ficoltà nel libro XI. de' fuoi Dionifiaci CO , ov' ei
rar
(1) Sicil. veter'is Numi/m.
(2) DaEìr. Tom. I. pag. igj.
{■() Num. popul. tom. 11. pa^. 117,
(4) DoBr. 1. e.
; Cs) ^- 15Ó. /«^^. pag. 379. in Colisa. Le^iì.
3M
ragiona della favola di Ampelo . Queflo giovine amico
di Bacco , die' egli , che venne poi trasformato nella
vigna , cui diede il nome , avea intefo ripeterfi dagli
oracoli di guardarli da' tori . La malefica Are , fecondo
il poeta , fé gli prefentò un giorno per rinfacciarli l'ozio
in cui lì giacca , e per ifpronarlo a mollrar qualche
pruova del fuo valore , eccitandolo cogli efempj di al-
tre divinità , e di Diana in particolare , domatrice de'
tori . Il giovine Ampelo fente allora nafcere nel fuo
cuore un vivo defiderio di fegnalarfi , quando vede ia
un fubito prefentarfegli un toro . Parca quello manfue-
■to fui principio, e riguardava, come dice Nonno , quel
giovinetto, come fé flato fofle il fuo paftore. Or qui-
vi è che il poeta aggiunge , parlando di quefto toro ,
una particolarità , che fpiega , a creder mio , mirabil-
mente le medaglie di Alonzio ; giacche il redo della
favola , eh' egli continua a narrar diftefamente , non dee
per ora intereflarci . Qucfto toro fitibondo , dice dun-
que Nonno , eifendoll accodato ad una fontana , dopo
efferviil largamente abbeverato , cominciò a verfar co-
piofo umor dalla fua bocca , che vale a dire a far
quello, che fa il toro nelle medaglie di Alonzio; quafi,
aggiunge il poeta , profeta di quel , che farebbero un
giorno i tori mortali , aprendo co' loro folchi il cammino
alle acque per inaffiare , e fecondar le vigne . Ecco
i fuoi verfi medeliini :
Ka/ T/f ano ayioniMio yctTS^pecfis tm^oq ocTì-^tyi^
Anpoi3y]gj Kdi y?MCicciìf irji eniuciùTvpot, Si^/jg
3»^
XsiTiSGiìf ciyofisvoiot apoì(iyot)/sì> ai/Ss^sòms ,
Kxi nisv . aix(j!i Ss Koupoi/ oCnsp Tixpsonx vo[x'/^x
IsTccro yivijay.ont TtoLVSixsT^OQ , ovSs fj.innou
ho'^ov sov xs^ccg eiysì^ . a^oct/xonisroio Ss ravpou
Ylvuvov spsvyojxsmo noTOV TtoXiy^OLvSs'i TiOci^of
W^'OV/ìv eSiYì'js xecTtxp^bTOQ sxfxag sspayjg.
BaaoiJ.smi> ars [j.ccvT(g, òri yi^ovicg jiosg é?\.m
Afxi^i iJAVj jxoysonsg ocTspfjiOvi xvxÀccSt Kioaou
tòccaiv annsÀosaaw snap^svovaiv 07rcop'/]v.
che vengono così tradotti nella verfione del Lublno :
Et aliquìs ex [copulo decurrehat taiirus vagus
Iniprovifus , et lìnguam fuae tefiem fitis
Labris apertis proiendebat ex ore ;
Et hìh'w.cìrca puerum vero tanquam prefentem pajlorem
Stahat intelligenti fnnilis , neque in fronte
Curviim fuum cornu habebat ; indomabilis vero tauri
Crebro eruclanti potum capaci gutture
Juvenein madefaciebat defuens humor roris ;
Futurorwn tanquam vates , quod terrefiri boves tracìu
Circa unum lahorantes interminum circulum hederae
Aquis vileum irrigant frucìum .
Or dopo aver letti quelti verlì , parci di riconofcec
qual fia il vero fenfo del copiofo umore , che fortir fi
vede dalla bocca del bue a volto umano delle medaglie
di Alonzio. Non è forfè ancora in effe Bacco taurifor-;
me , che indica come il toro di- Ampelo , i vantaggi ,
che rifente la cultura delle vigne dal travaglio di quell'
ani-
3*7
animale appunto , dì cui egli vede le fpoglie ? Giacche
quantunque qui rintracciar non voglia qual (ìa precifa-
mente il miiìico fenfo celato in quefta fua metamorfofì ,
io non dubito , che T Eckhel (0 non abbia con mol-
ta ragiono riconofciuto anche nel Bacco tauriforme un
fimbolo dell' agricoltura . E' tanto dunque a mio crede-
re lungi dal vero , che le medaglie di Alonzio nuoccia-
no al fentimento di quefto autore , che debbono anzi ,
rifchiarate dalle parole di Nonno , fervìre a maggior-
mente confermarlo .
Il folo efempio di quefle medaglie può provarci
quanto iìa vero ciocche T Eckhel lleflb diflè altra vol-
ta , con ragione (^) , che fpello quelle cofe, che ci fem-
braflo le più certe , e le meno foggette a difficoltà ,
trovanfi poi lontaniffime dal vero . Una fola parola di
un antico autore , o un fol monumento nuovamente
fcoverto , fconvolge un intero fiftema . Sul qual propo-
sto , giacche abbiamo confermato Bacco nelle medaglie
di Alonzio contra il par t-s. comune , ci fia permeflb di
efìliarlo da quelle di Nocera , in cui parrai che con
poco fondamento fé gli faccia occupare una fede . Mi-
rafl in effe una tefia giovanile ornata di corna arieti-
ne , e dair altra parte un eroe nudo alP impiedi accan-
to al fuo cavallo . Fra coloro , che le pubblicarono ,
fuvvi alcuno , che credette riconofcervi la telìa di Alef-
fandro Magno . V Eckhel , non contento a ragione
di
(i) DrSIr. Toni.I. pag. 139. Veggafi 11 luogo di Diodoro , ch'eglicit».
(z) Silloge 1, pa3- to.
ài tale fpiegazione ^ profufe molta erudizione a pro-
var , che quella tefta dovefle crederli di Bacco (O .
Io ne feguii il fentimento , quando nella prima edizio-
ne del mio catalogo delle medaglie Italiche parlai di
tali medaglie di Nocera (0 . Ma un luogo di Sueto-
nio , in cui mi fon poi imbattuto , mi ha mollrata la
vera lignificazione di quella teda . Parlando nelle vite
de' retori (3) di un certo Epidio , che fu fecondo lui,
maeflro di Marco Antonio, e di Augnilo, dice che fi
credea quelli difcefo ab Epidio Nunciono , quem , fog-
giunge , ferunt olini praecipitatum in fontem fluminis
Sarni, paulo pojì cum cornibus exfiitijfe , ac flatim non
comparuijfe , in numeroque deorum habitum . Bada per
poco ricordarci , che Nuceria era bagnata per 1' appun-
to dal fiume Sarno , che diede a' fuoi popoli il nome
di Sarrafles , che trovafi preflb Virgilio C4) , o di
S amine r , come leggiamo nelle medaglie ofche di quel-
la città (0, per non tardare a riconofcer quell'eroe indi-
geno efprellb nel dritto ; il quale forfè dee anche nel
rovefcio crederfi rapprefentato invece di uno de' Diofcu-
ri , o di Marte , come erroneamente altri , ed un tem-
po fulle lor tracce io fleflb avevamo creduto altra volta.
Ne avrà Bacco, a vero dire, molta ragion di do-
lerfi fé fui teflimonio di Suetonio fi vede efiliato dalle
me-.
(1) Nt'.m. vetef. Anecd. pag. 22. 25.
(2) Pag. 46. Ciornal. 'Num'ifm, num. HI.
(3) De Rhetor. Cap. 14. .
(4) JEnejd. Uè. C/'H. v. 7^8. ed ivi Servio. _ |l
(5) Seftini defcri'2.. pag. 13. Lanzi Saggio di lingua Ettufctt tom. II. J
pag- 399- Il
329
medaglie di Nocera , quando in tanti altri indubitabili
monumenti le parole di Nonno ce lo han fatto ricono-
fcere . Nel che mi riputerò precifamente futtunato , fé
farò giunto a dimoftrare , che i miei dotti nazionali ,
a' lavori de' quali non veggo fempre renderli la merita-
ta lode , aveano i primi riconofciuta felicemente la ve-
rità . Quando elfi in fatti fpicgarono per Cbone il bue
a volto umano delle medaglie , quello lleflb diflero ,
che molto tempo dopo follenne l' lickhel ; giacche Ebo-
ne, co ne Microbio 0) chiaramente lo afferma , noa
fu che un cognome di Bacco . Ne pare che dalla de-
fcri/jon di Macrobio fi rilevi , come lo ha creduto
r Eckhel (') , che T Ebone, non come un bue a teda
umana , ma come un uomo in forma fenile fia flato
TappraCentìto : fenili fpecie in Campania ÌS eapolitani cele-
hrant Hehona cognominantes : giacche le parole fenili /'pe-
eie non vanno intefe a mio credere che del volto o al
più della teda , come in quel luogo di Fedro , in cui egli
fa dire ad una volpe, ragionando di una mafchera (3) :
O quanta fpecies ., inquit, cerehrwn non habet ! 11 bue
dunque a volto umano è certamente , come Macrobio
dicea parlando dell' Ebone , fenili specie , quantunque
non abbia il corpo umano . Del refto bifogna confef-
fare altresì , che qualche volta Ebóne fenza alcuna for-
ma di toro , ma femplicemente , come quel Bacco ,
che fogliam chiamare Indiano , venne effigiato . Tale al-
. 42 meno
(0 Saturnali, lib. I. Cap. 18.
(2) Inc. cit. pag. 159-
(J) Lìb. J. faù. 7.
330
meno lo fapprefentano due Ermi , che nell' anno i S07
oflervai in Roma in un illuflre Mufeo , e su i quali
attendiamo con impazienza le dotte iilullrazioni del eh»
lìgnor Filippo Vifconti . A poter più facilmente tavvi-
fare il nume in effi rapprefentato , Io Tenitore ne ha
fcritto il nome in greci caratteri : BAKX02 HBr2ì^ .
Nefluna differenza lì offerva fra efll per quei che ri-
guarda la forma del nume ornato di lunga barba , va-
riando foltanto un poco V acconciatura de' capelli , ed
altre circollanze di minor confeguenza . Ma tanto in elll
quanto nel bue a volto umano , e barbato delle me-
daglie , fi ravvifa ugualmente V Ebone , fenili fpecie ^
da JVIacrobio defcritto .
Per finir di ragionare di tutt' i monumenti di Ebo-
ne , non ci refterebbe che a dir qualche cofa delle
ifcriiioni a quello nume indirizzate . Una ne fu pub-
blicata dal Capaccio CO , che la dice efilìente già il
Napoli , in aedibus Sanctìnor'm , ma aggiunge che già
al fuo tempo avea rofiferto il fato comune a tanti altri
belli monumenti . E effa dedicata al nume da Giulio
aquila il più giovane. Un'altra ifcrizione diretta allo
fleflo dio in nome del fenato , e del popolo di Ca-
lazia , è pubblicata dall'Egizio C^) , dall' Ignarra (3) ,
e ripetuta dall' Eckhel C4.J. A quelle potrei aggiunger-
ne una terza , preffo me efilìente , che porta il nome
di
(i) Wftor. Neapol. lib. I. Cap. i^,
(2) ^J S. C. de Bacch. pag. 33.
(5) De paìaeftr. pag.l^"^.
(4) /oc. cit. pag. 11^,
331
di P. Plozio Gllcero , e che mi riufcì per (ingoiar for-
tuna , negli anni fcorfi , di falvar dalle mani di un la-
picida , fé non teme dì , che le molte ofrervazìonì , del-
le quali bifognerebbe accompagnarla , non mi dilungaf-
fero molto più di quel che mi fon propoflo . Ma for-
fè in una particolar diflèrtazione procureremo un gior-
no d' illuftrare , il meglio che per noi fi potrà , que-
llo iuterelTante monumento d' iftoria patria .
FINE.
TAVOLA
DELLE MEMORIE
Contenute nel prefente volume .
Introduzione di Vincenzio de Muro Segretario
perpetuo . pag. ni
Statuti della Società . xxv
Elenco de' membri della Società . xxjX
Invocazione a Sofia , del Duca di Ventignano
Socio refidente . I
Difcorfo fulla iToria dell'umana ragione, del Cav.
Sanfoni Socio refidente . 7
Vita di Dante , di Giujcppe de Cefare Vice pre-
fidente . 3 5
Delle favole Atcllane, e de' loro cfùdj , di Vin-
cen\io de Muro Segretario perpetuo . 6 I
Cagioni de' progredì liiaordinarj de' Greci nella
letteratura , e "elle belle arti , di Angelo
Marinelli Socio refidente . 93
Saggio fulla corruzione de' popoli , di Francefco
Lauria Socio rcfidente . i 2. 1
Notizie de' prezzi di alcune derrate per più di due
fecoli , di Luca de Samuele Cugna\yj. So-
cio refidente. 145
Difcorfo fuUc caufe della forpenfìone delle terre
neir atmosfera , di Luca de Samuele Ca-
gnaiy. Socio refidente . i 7 1
334
De' primi abitatori della Campania, e dell' Opicia
propriamente detta , di VinceriT^o de Mu-
ro Segretario perpetuo . 187
Origine « progreffi della letteratura, e delle belle
arti preflò i Romani , di Angelo Mari-
nelli Socio refidente . 2. 1 3
Sopra una nuova fpecie <ii fquadro pefcato nel lit-
torale di Napoli, di Michele Tenore So-
cio refidente. 2,41
Sullo flato imperfetto nel quale è ancora la Geo-
grafia antica , di Domenico Forges Da-
van's^ati Socio refidente . ci 6 5
Oflèrvazioni fui tipo del bue a volto umano , di
Francefco Maria Avellino Socio refidente. 3^^
ERRORI.
CORREZIONI.
Introd. pag. 21
cheunque
cliiunque
lo
aquedotti
acquidotii
18
eriggere
erigere
3i
Reihorica
Rketorica
46 Coxnedia
Commedia
102
confidiriamo
confideriamo
ivi cortiggiane
cortigiane
104
acatombe
ecatombe
128
confulati
confolati
ivi annighittito
anneghittito
I48
in parte a quefto
in parte di quefto male
male
iP
Granuelé
GranveJa
154
appaldatori
appaltatori
158
V. I. quando
quanto
ivi ambi
ambe
161
teneri
tenere
^7i
perveniente
proveniente
j8o
incaminavano
incamminavano
193
fuggitivi
fugitivi
197
Sanfeo
Saufeo
199
antoctoni
autoctoni
208
ftendevas.
flendevanli
218
negl' anirn
negli animi
Ì2J
menfogne
menzogne
ajo
dagl' occhi
dagli occhi
i34
r aquidotto
r acquidottO
244
Vigo
Vico
258
capo piatta
Capo piatto
262
naturae injevit
natura injevit
277
Larina
Latino
292
il Volfio
il VolTio
303
ab Hydronte
ab Hydrume
308 cel dimoftrerebberc
ce la dimoftrerebbero
312
nove milia
nove miglia
\ //uoT^
li
% ■ '
ATTI
DELLA ^
SOCIETÀ' PONTANIANA
DI NAPOLI
dell' anno 1811^
VOLUMESECONDO.
$.IISD.K
nella'stamperia^
01 VINCENZO OllSINQ
«8 12,
I
ELENCO
DEGLI ACCADEMICI
OEU.A società' fontani ANa NEI l8l2«
tmmu^mmu^
PRESIDENTE ATTUALE
5^ urlo Conte Giuseppe Ministro deW Interno
VICE PRESIDENTE ATTUALE
Sansoni Caf. Domenico Giudice della G.C. di Cas&aziont
SEGRETARIO GENERALE PERPETUO
I^fapoli Sìgnorelli Pietro Professore ^merito della i?.
Univei'sità di Bologna
ì^mmmm
SOCII RESIDENTI
Agar CoTigfc di 3'Ioshourg Ministro delle Finanze
Avellino Cav. Francesco Maria Istruttore di S. A. /?.
// Principe Achille
Avena Giovanni Battista Uditore al Consiglio di Stato
Berio Marchese Francesco Maria
Bianchi Giovanni
Boccanera Angelo P. Professore di Chirurgia
« 2 Bru-
1*
Brunetti Lazaro Segretario di LfigaÙQm del Regno
Italico
Buonsanto Yito
Caracciolo Arena Francesco
Carf'ora Aaiello Maria Giudice di prima istanza
Castaldi Giuseppe Giudice nella Corte di Appello in
Napoli
Cagnazzi Luca di Samuele Professore di economia pubblica
de Cesare Giuseppe Ispettofe generale de^ diritti risentati
Ciampi Angelo
Colccrlii Ottavio Professore di Ccdcolo sublime nella
Scuola Politecnica
<le Conciliis Gennaro Professore di Fisica nelV Univer-
sità di Napoli
Còco Vincenzo Consigliere di Stato^
f/ostanzo Francesco M. Direttore della Scuola. Politecnica)
Colonna Antonio Professore di Fisica
Diana Francesco Ispettore delle contribuzioni dirette
Farina Giacomo Giudice della G. C. di Cassa-^ione
Filioli Giacomo Uditore del Consiglio di Stato
Fi ani Onofrio
Filomarino Duca della Torre Direttore genera*
le de' B. Demanii
Folinea Francesco Professore di Chirurgia
Gagliardo Gio. Ballista Ispettore generale delle acque
e foreste
Galanti Luigi Professore di Geografa nelle Scuole Po-
litecniche
Galdi Cav. Matteo Direttore generale della pubblica
istruzione
Gcrvasio Agostino Vice-Segretario attuale della Società
Gùij\-jJdi Raimondo
de
r
de Horatils Cosimo Ifìedìco in capo dell' Ospedale mi.
litare della Trinità
LampaioUi Micliele Chirurgo in capo del VI' Megi-^
mento di linea
Lancellotti Francesco Professore di Farmacia
Lamia Fiaucesco Professore di Dritto Criminale nell*
Uni versila di Napoli
Lilietta Nicola Presidente della C. di appello
Liiigiiili Giovanni
(le Liso Tommaso Giudice della C. di appello in ^apolli
Marinelli Angelo Professore di Cronologi^:!,
Marnili Conte Trojano-
Marrnncelli Ginstino Professore di Medicina
Mtlfllo Vito. Ispettore generale delle Poste
Micheronx: Alessandro Uditore nel Consiglio di Stato
Miglieita Antoiiio Segretario perpetuo del Protomcdica^
to e della T'accinazione
Mon/icelli della Valle Cesare Duca di Ventignarto
Moniicelli Teodoro Professore di filosofia morale
Montagne Camillo Chirurgo maggiore de' Granatieri
della Guardia Reale
T^Ioriioue Domejjico Commissario di Polizia' '
iVanula Antonio Professore di chirurgia
Navarro Pasqnale Professore di matematica
Nicolini Nicola Procuratore R. nella G. C.di Cassazione
Oliva Giacomo Uditore del Consiglio di Stato
]^irilìi Felice Giudice della G. C. di Cassazione
X^ctrucci Alessandro Giudice della C. di Appellò
J'ttrn cecili Francesco Professore di medicina
Tiguitlli Francesco Principe di Strongoli Generale di
divisione
Postiglione Prospero Professore di medicina
Può
VI
Puoti Marchese Basilio
Piloti Giovanni Maria
Puoti Luca Uditore nel Consiglio di Stati»
Quattromani Luigi
Regnier Consigliere di Stato
de Ritis Vincenao
Rogondini Domenico
Santoro Leonardo P. Professore di Chirurgia
Savaresi Antonio Ispettore degli Ospedali militari
Scatigna Vito Professore di medicina
Sementini Luigi Professore di chimica nelV Università
Sonni Domenico Professore di matematica nella R. Ac-
cademia di marina
di Stefano Vincenzo Sostituto del Procuratore della C
di appello
Tafuri Michele Capo di Divisione nel ministero del culto
Tartaglia Domenico Avvocato
Tenore Michele Direttore del giardino hotanic&
Tucci Francesco Paolo
Vulpes Gio: Battista
Vulpes Benedetto Professore di chimica
Wispeare Davide Relatore nel Consigtio di Staio
Zuccari Federico Professore di astronomia jielV università
SOCJ NON RESIDENTI
Betti Benedetto del Vas^to
Cassitto Federico Segretario perpetuo della Società Agra-
ria in Avellino
Cassitto Gio: Antonio in Bonito
Cicala Bamne Francesc(^ Bernardino in Lecce
Cha^■roll Giuseppe Intendente in Capitanata
Bomanico Rocco Giudice di prima istanza in Cosenzc^
.Ferrara Pasquale Avvocato in Trani
Galiani Bruno Giudice criminale in Salerno
Gatti Serafino Segretario pei-petuo della Società Agra-^
ria in Foggia
Gioveue Monsignore Giuseppe M. Vicario generale Apo^
stolico in Lecce
Liberatore Giuseppe Professore di medicina nel Colle-
gio dell' Aquila
^jiberatore Pasquale Procuratore R. nel tribunale cri-^
minale dell' Aquila .
de Leouafdis Sante Professoi'e nel Collegio dell' Aquila
La Pira Gaetano Commissario delle polveri e salnitri
in Foggia
Marugj Gior Leonardo Professore di medicina in Mail-
duri a
Micheletti GIo: Battista Segretario perpetuo della Socie-^
tà Agraria nelV Aquila
Moschettini Cosimo Professore di medicina e Segreta,-.
rio della Società ytgraria in Lecce
Pessolano Marco in Rionero
Tempone Domeiaico in Moliterno
Montejasi Duca Intendente in Chiett
SOCJ GORRISPONDENTI
Monti Vincenzo Cav. della Corona di Ferro in 3Iìlan<i
Wuxstoxidi Andiea in Corfii
Paroisse Medico di S. M. Cattolica in Madrid
Millin A. L. Presidente del Gabinetto delle medaglie
neUa Biblioteca Imperiale in Parigi
.. ' ONORARI
0-
Andres Giovanni Prefetto della Biblioteca Reale
Boudus .Commendatore Sotta-Governatore di S. A. R.
il Principe Achille
Delfico Melchiorre Consigliere di Stato
Manzi Tito Segretario generale del Consiglio di Stato
Ricci Angelo M. Professore di eloquenza neìV Univer-'
rità di Napoli
de Rita Gio: Battista Istruttore di S, A. il Principe
Luciano Segretario emerito della Società.
Valletta Nicola Professore di dritto romano e Decano
neir università di Napoli
SULLA SCRITTURA
PENSIERO
DI PIETRO NAPOLI SIG^JORELLI
Segretario perpetuo dslla società'
PoNTANIANA (i;.
V^Ualora col penfiero m'Innolfro entro I lavori dell' 'nge-
gno umano, non polTo non ammirare tante e si varie ed
acute ricerche degli eruditi , i quali di avvifij difcordi o Ja
Greca nazione per maeltra riconolcono delle altre, o all'Etra»
fca 02 attribuiscono il bel vanto , o trag':;ono dalla Fenicia
i rulim-nti deli" uinaoitk, o dalla Caldea vollero che la lì e f-
ù Fenicia con l' Ebr.-a apprendo'e ; per nulla dire di chi
a?li Etiopi , ac;li Egizii , agli Sciti , ai Cinefi e fin anco al
fetttnt'ione Europeo tuao rapporta il fapere e gli umani ri-
trov.'.ti . Non pertanto le di tali imirenfe famiglie io laicio
di o cuparmi e p ù indeiro rifalgo ali' Uomo Hello poco me-
no che ilol to, per quanto divtrli fienfi i punti di villa on-
de prt-ndo a coiliderario , in rutt'ahra fp-cie di (lupore tro-
vomi allòrto , e dimentico di Greci , di Fetii.i , di Caldei,
di Lindi , di Etru'thi,e di tutu gli aliri,nH umilio e pro-
firo al colpetto delia D;vin ta Creatr'ce increata che gitid
l'Uomo nelle d^.izie di Eden , e crimpofe (.ii pop'Jar la'
terra, di con-emplar l'aitificio d 11' univerfo , n'invelHgar la
mano onnipjflente che dal nulla lui traJe e da infiniti pof-
fibili univerli J'eliUenje prekclie .
Tom./!. I Per
(i) Si IffTe nei:'adunan7a éi' 21 di Inolio i8ti , ma li Società concorde
Je.linò ci piemetterfi al il volun.e de' tuoi Atti.
z
Per qual via , dico a me d'afro , intraprefe V uomo a for-
niar(i un mondo civile e ad indagare 1' arcano m.igiftero dei
materiale? Per qua! via neile contrade dell' AfUjO dovunque
fi tiene ch'egli incominciaffe ad efiltere , prefe a riflertere
che li fito dove dimorava , era conficcato fu di un punto
nella rnnù di uno de' piccioliflimi globi che nuotano nello
fpazio , e che un'altra metta, quanJo che fofle, a lui rima-
neva a fcqpriine e percorrere? Per qual via imbattè a rro-
vare, refpediente ficuto di congiungere quefte due grandi por-
zioni divife dd un Oceano interminabilj ? Per quale fi affi-
curò che quel g'-an corpo luminofo cut fi di.'de il nome di
■ Sole né unico riluce e divampa nelT attuab uiiverfo , né
forfè il maggior (ìefi de'compofU della fteffa materia che per
fé fplende? Ond' è-ch' egli co ii prefe che tanti aiìri e' viiìbili
ed impercettibili che popo'ano i cieli , libranfi cofìanti e gi-
rano con c-rte leggi nell' immenfita dello fpazio, mal grado
delle apparenti aberraz'oni di que' gran corpi fiiri rifplenJen-
ti? Per quali gradi pervenne a calcolarne il corfo , dividerli
in luc-nti ed opachi , in erranti e permanenti , in foli e
lu;;e , in primarii e. fatelliti ; a fcoprir macchie nel noflro
Sole ed in Mai te , un anello in Saturno, fafce in Giove e
Venere, fafi ed ecclilTi ia Urano, in Ve ila , in Pallade , iti
Cerere ; a prevedere di tante comete il ritorno e valutarne
le i'Vimenfe elliflì o parabole, le quali diftruffjro il pieno e
i dilettofi vortici di Giordano Bruno aJottati dal maggior
geometra del fec lo XVII? Per qual paziente induriria , e
per quanti efperiinenti fi aggirò per ifcorgere dapertutto
queir effetto univerfale onde i corpi fi attirano e manifelìa-
no le proprie forze? Onde fu fpinto a rilevare le diverle di-
reiioai che a noi fcendcndo prende li luce fecondo la varia-
ta de' me^ii ? Come appreie ad ingrandir gli ogg tti le mi-
gliaja di volte prà di' loro, diametri, aJ approiìiuar i lonta-
ni^
i
DÌ, à veder chiari i corpi fofchi , a mirurare > a pefare , a
calcolare , ad analizzare filile tracce or d;;gli antichi or de*
moderni geometri? a varcar mercè di un ago nell'ofcurita
delle notti e de' nembi un abilfo d'acque ignote? a forpaflar
per l'attivitli di un fluido aeriforme il volo delle aquile e
a navigar per le vie de' venti ? Mirabili lavori cha nierita'
niente acclamanfi come protiigioll , che hamrb riempiute le
biblioteche di prezioli volumi , le univerf-ta di profeflbri elì-
niii , le accademie più chiare di genii fublimi,il mondo tut-
to di ammiratori!
Nonpertanto a riguardar le cofe create con occhio attento,
fi troverà che tanti predigli precedette una operazione pri-
mitiva che gli fopravvanza , e che fervi di bafe infierae e
di fcala per gir rant'aito , fulla quale però o poco o di ra-
do o non mai fogliono altieri arreftarfi i moderni penfatori.
E qual fu mai quella primitiva operazione che noi repu-
tiamo COSI attiva e teconìa da tutto produrre il teforo delle
fcientifiche cognizioni nella valla fua eltenfionej
Ciò che fé didiriguere l'uomo di mille e mille elTeri che
riempiono l'aria, la terra e le acque, fu la felice articolazio-
ne dsi'fuoni, che in forza della propria org\nizz.ìz oae dove
l'uon-.o mandar fuori dalla bocca fin da' primi momenti de^la
Tua efiflt-nza , la qual cofi fi nominò p/irol^ . Fu verame ne
quefla parola un gran paff'i deciiìvo dell' umnira che col
tempo ridotta a metodo artificioio fervi à difvilupjare i peo-
iìeri. Ma la parola che cominciò co' primi paffi dati alla vi-
ta dall'uomo ufcito dal nulla, mn fu una fua invenzione ma
s\ bene ui attributo diftintivo della fua organizzazione na-
turale , pel cui m zzo il Creatore volle mo.^rargli , che a
diffrenza di ogni altro elfere animato era egli d-ftinato alla
focialifà . Imperocché la parola non abbifogna all'oomo per
indirizzare i luoi voti all'eterno Amor del tutto , non per
* racr
4
racco manc^arfi alle foftanze incorporee di lui miniflre , noti
per coir.andire agli efferi non ragionevoli a lui l'oggetti, non
per cont.ibaIar con fé fteflb. Finché egli fi vide nella prima
fua deliziofa dimora tutto folo fra' quadrupedi a' Tuoi piedi
fottopoiH e fra' canori volatili che gli fefteggiavano fui Capo,
dovette con niecivig'ia e diletto fé ibflb e gli altri contem-
plare e notar .che alcjna/cofa particolarmente da quelli lo
dilt'ngu'va, giacché non fi udì corrifpofto allorché verfo di
loru qualche fuono profferiva . Ma come ad un cenno del
fupremo Ente vi-leli dappreffo un nuovo oggetto che lo raf-
fomigliava nella fjrma e lo fuperava in delicatezza , è da
erederfi che attonito miroUo e con voce di lieta meraviglia
mofle ad incontrarlo, voce che altra fimile per avventura m
traile dalla vaga fi;^m'a che gli fi po^e accanto, ed aprila un
diilogo di fuini articolati che disvilupparono le novità de-'
moti interni e de' primi penlieri di s'i mirabil coppia.
N 'n a-T ftaroafi certamenre a que' olloquii della prima
coppia de'noltri progenitori i prjgiJIl Jella parola, e fi tras-
fufe ai figliuoli e r' nipoti f} j' fanuli foprawenuti nella
forraizion; delle, famiglie patriarcali antidiluviane . E non
può dubitarli eh va feconla de'bifoj^ni della vita la parola
fi arri^thì di vy, o di nomi che dir fi vog'iano , che gli
oggetti efprelTéro , neceflarie a fuffiftere e a confìftere CJti
agio , e fucceffivamente a disviluppar regole , ronfigli , pre-
cetti e doveri , che form-irono li (jpienza volpare nafceate.
Co-'i nacquero di mano in mano i vocaboli che dinotarono
le^cofe, I movimenti di rincref.imento o di gi'.)ja , d'ira o
di affezione , e quinto pjtè occorrere ai primi ragionevoli
abitatori della terra ; e la parola con acconce inflelììoni di-
venne fentenza , r^iziocinio , giudizio, dif.orfo ; e colle etni-
grazioni d-lle famiglie che li fparfero p.-r la gran felvadeJ.'a
terra prefe andamenti a ciaf».uaa peculiari negli abituri , al-
ber-
bergoli , recinti ò\ qualunque fl:nomlnaz'one ne' quali filTaro-
no la prop ia dimora .
Occorfe inranto all'uomo dì fovvenirfi de'paflati nomi dati
alle cofe , e tanto ne feppe quanto la memoria ne ritenne,
e rparvero come quefta venne meno. Occorfe a'tres'i di con-
ferire alcjiia cofa con qulli f'ella propria fpecie eh.' in lori-,
tane ri-gijtii eraifi ftabiliti,nè potè in alrri foggia fupplirvi
che con m.'fl'iggi che per la voce parte;ipairjro e Is duman»
d- e le tifpvlte , Tempre col dubbio o che mal fi rifeiilfe o
che fi traJiife l'arcano. Oltreacc ò ben potevano gli a tidt-«
luviani longevi non aver b fogno che della propria v ce col-
le generazioni alle quali furono coevi- Ma comi l'età dell''
uomo divenne di più corta durata , almeno dopo l'univerfdl
diluvio , mancata h viva voce e ilorie e fc )perte e leugi e
m^norie , tutto giva a' perire, né altro ne rmaoeva che una
poco particolare.'giata tradizione che con gli anoi di giorno
in giorno s'indeboH ed al fine totalmeire difparvt? .
Tutte quelle orcorrenze fugerirono all' uomo ia necefiltk
alToluta di foccorrer la memoria, di conimunicar co'kntan,
di premunirli contro b rapine d'Ila morte e del 'empo. Ed
ecco donde a lui provennero gl'impulfi ad aguzzare l'inge-
gno per Mniracciar la guifa di fiflar fu mute inerti materie,
lu pietre e metr.lli e fo9lie e pelli di cgni fpecie, la mira-
bile proprietà umana delia parola.
Nato quello pr'mo penfiero fe^^uir ne dovette un altro ,
quello di «lare a' Tuoni della nropr a voce una nota, un fegno
che gli dift'nguefie e n' confai vafle alle occorrenze e ne ram-
ment-ifle i'u'o. Or cunii e quali sforzi coltar non dovete?
all'uomo il Tublim?? d fegno di convertre in note non lo-
quaci e i p'nfi-iri e i fjoni delli propria voce, e fare in fe-
^u to che queite note o fegni acconciamente aianodati /crif'
tuta divenifiero?
s
E' quefta, pregiatiffimi Colleghi , la primitiva prodiglofa
operazione dell' umano ingegno che non ha guari enunciai e
che confiderò qjal primo Itabile fondamento di ogni Icienza
e di ogni arte. Una idea che all'uomo fopravvenga ma che
non fi cotifervi , può averli in conto di non disviluppata to-
fìo che la memoria Te ne in lebolifca e fi dilegui . Ren luta
ftabile col fottoporfi alla villa p.T la fcrittura, può effer le-
condata e f^gu'ta e divenire f.-rtile fcaturigme di pen!ìeri ul-
tciiori, di de-iuzioni vìe più importanti, di nuove fcoperte,
di quanto in fomma racchiule il teforo delle fcienze e del-
le arti. Mnemofine madre delle mufe, fenza il foccorfo del-
la fcrittura , farebbe obbligata a non ceflar mai dal far mi-
racoli ; ma la natura ( voi vel fapete ) quanto è difpolta a
produrre opere mirabili , altrettanto è lontana da' miracoli .
Adunque fenza quefto gran mez^o della fcrittura , ritrov:Uo
rutto umano ( poicchè il Creatore non l'ha rivelato ) l'uo-
mo da lui creato a fua iinmagine fi elevò ad arricchir la
terra di prodigi! . Per quedo mezzo da agricoltore, cacciato-
re, pallore, artifta , raarin.ija s'innalzò alla contemplazione,
tenendo conto di tutti i paTi che dava, e fé de' peniieri fuoì
conferva e gli fottopofe alla villa , per ripeterli a fé (leflb
ad ogni occorrenza con una occhiata.
Io mi figuro io Crotone fiorente, e non già folinga e fpa-
ruta quale ora fi ravvifa , Pitagora circondato da (ìlenzofo
duolo di afcoltatori Italogreci di entrambi i feffi , il quale
apparecchiatane con- la mulìca V attenzione e la pacatezza
dello fpirito e del cuore, profonde in copia le ricchezze del-
le fue meditazioni , mentre che i piii chiari Pitagorici Te-
lauge , Filolao , Timeo , Archita , Epicarmo, e le crebri
•Pita^orine Alia, Eri<jone e Damo Crotonefi , e la Tarenti-
na Biforronda, e la Lucana Biodace , e la Sibarita Tirlene,
in atto di raccorle aviuamente pendono dalla fua bocca , e
ne
7
ne fanno conferva nella fcrittura per foccorrere lì memoria.
Che fé Telauge fuo figliuolo, non. U trafcriveva nel fuo libro
de Tctrade : fé Bifc.Ua tua. n.ipote non paifava quell'opera al
marito Filolao , e qaelti non la yen leva per quaranta mine
a Piatone , che già in Atene nella fteifa guifa. avea fcriven-
cbia afficurata alla pollen'ta la dottrina di Socrate , non fa-
rebbero i placiti filufofici che Plutarco e Diogene Laerzio
ci confervarono , foggiaci uti dopo la morte degli autori ad
una dolorofa obblivione :" E come i matemat ci fi farebbero
innoltrati fino agli Archirn'.'di , agli Architi, agli Apollonii
(eoza aver prefenti i lavori de' primi geometri fin àx che Pi-
tagora dimoiirò il qua Irato d^ll' ipotenufa d.4 triangolo ret-
laigolo uguale a quelli degli altri due lati prefi inlieme ?
Coine farebbe Archimede tornato in vita a converfare coi
Galilei e i Viviani fenza foccorfo della fcrittura ? E fé que-
lla non confervava i problemi di Apollonio Pergeo almeno
nell'araba verfìone della Laurenziana, avrebbe il fagace Gio-
vanni Alonfo Borelli dalle figure geonietriche indovinata la
•materia del libro e fatto rivivere. 1' originale del Greco geo-
metra i Senza la fcrittura che di tanti prefidii fornillo , fi^
farebbe 1' uoino elevato alla geometria degl' indivi libili del
Cavalieri per cui fi fpianò il fentiero al calcolo differcnziab
o delle fluffioni;? Come le tìfiche avrebbero progredito, e da
Empedocle, da Parmenide, da Zenone, da Epicuro, da Ari-
.ftoti e , da Ocello e Dicearco farebbero pallate e difcefe a
Lucrezio, al Porta, al Sarpi, al Telefio , a Bacone, al Ca-
(fìeili , al Keiil , al Jaquier, al Boscowich , al Xinienes , e
aiU Ardinghelli, alle Agneiì ? Si farebbero lenza la fcrittura
Q'jnlervate le offervazioni allronomiche di Pitagora Hello , di
Timeo da Locri y di Mjtope , di Anafiiman.lro mae'tro di
Anaffini'ne e di Anallas^ora? Si farebbe pervenuto a I icune,
al K.'pierj, al Bjrelli , al Newton, all' Oisberg , all' Or. a.a?
Se,
6
Se cos^ neceflacio ritrovato nftti veniva in foccorro c?e' Rapfo*
di foli confervatori dcile Omeriche invenzioni, farebbero vjfls
pervenute ad mfia^nmar di bella invidia il gra.i Maioiie , e
dilceie pocia ad ammaelirar la gioventù per opera del Pope,
del Marrorelii , dil Salvjni , delh Tambroni edeli'efimio Pa-
gnini ? O iKro ftellb , Jj Itelfj Marone farebbero paflati ad
eccitare l'e.uuiainij del ioiniii'j poeta Aligliieri , la ledu-
cente le 'giadria del Petrarca, il v-iilo genio di
GMiel g'-ande che canto l'arme e gli amori ^
là maei.i, l'eleganza, la fubHmità dell' imirurtala Torquato
Tafla? E fé le im >refe di Fing..il,fe i canti di Selma rinialfa
fniìVio confinate ne' monti Scozz-fi e abbandonate ad una foh-
taria trdizione, fenza paflare per opera di Macferfon , in-
vei'f^re o tr^iduttor che fi folTe , al continente dell'Europa,
fi f r be cunjf.iuto il Bardo OlTian nella nobile verfioce
dei GeLntti ì Se la mufica fi rimaneva ai primi fooni for-
mati da' colpi di martelli fabrili lafciati cadete ia cena ca-
denza fuUe iacudini: (e non paflava dal Pitagorico Aridofle-
no all' ini'enzior.e della mano di Guido Aretino per mezzo
.della fcrittura , quando quell'arte divina che partecipa dell'
armonia delle sfere, avrebbe coln^ato Napoli di gloria e l'Eu-
ropa di dolcezza per le note immortali palTite dal cembali
alla fcrittura del Pergolefe, del Jommelli , del Pai fielloi' Cef-
fo dall' efemplificare in un confedo di tanto fenno , che la-
P'à veder da fé quel che io balbettando aggiugner potrei ,
e palfo ad un'altra ricerca.
Jl gran pafla-:gio dal lavoro delle braccia agli slanci dello
fpirito , dalla parola alla fcrittura che gii conferva , gli fu-
gerifce ad ogni incontro e gli tramanda alla pdler'tà, fecefi
per gradi ovvero ad un tratto ? La natura che no.i ama i
miracoli , fapete che abborrifce uG;ualmente i falti . Per evi-
tarli e per feguir l'uomo alla pefta ne' fuoi ritrovati , bilo
ne»
p
gnerebbe ce«ven!r prima ful^e mìgliaja di fecoli di cfiftenza
di quello pianeta che abitiamo , ed in tan'a notte cercar le
prir»!e v»ftigia della fcrittura . Se afcoltiamo gii Egizii , i
Frigi» , i Caldei, i Ginefi , gli Sciti , luui cootano a cen-
tinaia di migliaja , non che a decine , i (ecoli , e coiitef;ro
accaijitamente per l'antichità. Nund.nieno le riduzioni allro-
I) m che della voce anno chs da pruiu li^iifi:^ rivoluzione^
la cietinaroHO infine ad indicare il giro lolars di tijdci tnetì,
e le ceinioaja di migltaja di fecoii difparvero , e nelle co-
nolog'e iperboliche s' intefe ragione , -jd i computi fi approi»
Cmarono all'ebrea. Cosi la Conaca Egi^fiaia diede all'era
volgare óiiZ anni, Diogene f^aerzio 6158, Diodoro di Si-
cilia ^081, la cronologia babilonica 6x58, 1' Indiana 6204,
Je tradizioni Gin fi dico o poco pù . A quelle moderate
riduzioni attenendoci ancora, privi pur ci vediamo di ioccor-
fo, e non ci rimangono ù non congetture per rifalire all'e-
poca dell'invenzione della fcrittura , Avventuriamo qualche
conato .
Quali furono le prime note Indicanti i Tuoni della voce
umana deftinate a confervare le m.'morie paifate ? Stranezza
farebbe affermare che primi folTero i caratteri che oggi no-
miniamo Fenici, Caldei, Siriaci, Etrufchi, Grr-ci e Luinij
e pure quelta fìranezza fi è avanzata da un gran numero di
fcrittori. A me pare che paiTar dal fiato che rompendo l'a-
ria produca un fuono, che di fé non laici imprelTione alcuna
vifibile , all' invenzione artificiofa di caratteri dalla mano trat-
teggiati , farebbe la cofa ftefla che di un falto volar da un
remore non apparente ad un fegno che fi tocchi o fi veda .
In qualunque epoca dell' efiftenza dell'umano genere av-
venifle, convien pcnfare, che come l'uomo ebbe affcgnati i
nomi alle cofe che vedeva, per richiamarne a fé o agli al-
tri le idee, dovè mollrare le cc^fe ftelfe. Come efprime il
Toni.ll. 2 Un-
IO
fa.iciullo. un pomo, che defi^eri ? lo. cerca con gli ocelli e f
ad lira; come uà animale fhe lo (paventi ? 1' accenna , e (ì
aTiira . Come manifella il mutolo il fuo concetto fé non
pei: atti o corpi ciie fpiegliino i rapporti naturali che elTi
hanno alla idee? E dove fé non in queflo è fondato il prin-
cipio dd naturai parlare primitivo riconofciuto da Platone
nel Cratilo e da Giamblico, ne Mtfterl degli Egizii (i ? Qaz-
fti furono indubitatamente i primi caratteri ^ de^qualL l'uomo^
fi. valfe a rapprefentare i fuoi penfieri, qjefla la prima fcrit-
tura nella fua fanciullezza , le Co/^- .. La ftoria na fornifce
efempli . Lo Scita Idantura volle- rirpondere al Perfiano Da-
rio che gì' intimava la puerra , eff^re i (uoi popoli non ric-
chi ma che fapevano coltivando la terra fufliitere, e mane^-
gianda le anni difenJerfi . Ciò ia:licò con^ cinque parole jW/,
inviandogli una ranocchia un tono un uccella- un dente di un
arairo un arco da faetrare , che da'coafiglieri del Perfiano
male s'interpretarono. Tarquìnio coir una bacchetta troncan-
do i capi de' papaveri efpri.ne per cofe il fuo penfiero al li»
gliuolo che era in Gabii»Una folia. di peJao.ti trapaflaii con
erudizione fenza modo e con niuna filofofia folleiinero che
le lingua cominciarono prima delle lettere. Il gran Vico il
maggiore de'noftri filofo^ con merafifica eJ erudizione uguil-
tnente folide e ftringenti che gli mette in rotta ^ prova che
le lin=?u3 e le lettere nacquero gemelle ; paradolTa apparen-
te chi è una verità eh? fi palpa. Oflervare una cofa > è di-
notarla e dillinguerla dalle altre; indicarla con un motto, è
defcriverla. Come fepayare la parola da quella prima fcrittu-
ra d?lle cofe,'
Pollo Tuomo in via per l'efirenìone vifibile de' fuor pen^
fieri, pafsò dalla fcrictura reale, alla feconda che è la gerjgli'
JÌCA
(i) Offervifi Di^Principa di una- Scienza Nuovi del Vico la degniti 53.
n
fca, vide egli il bifogno di j-appeìlaffi le cofe allcrchè noti
le avea prefenti, e ritenendone nell' jmniaginazionè le forme
«d i fegni diHintivi, <;hi fa che da priaia non ne tratteggiò
col dito nelU polvere i contorni e \à grandezza? Chi fa che
, non cominciò da l'abbozzar f^cch; figure di una pianta, dì
un uccello, di un infetto^ di un psfce per richiimire alla
memoria fimili produzioni naturali? Chi fa che per elle non
pafsò come per muta comparazione ad efprìniere in akri og-
getti qualità rafllirtiiglianti , e colla figua'di un tigre o di
altro animale non volle indicare la fiarezza? Hj ardto addi-
tarvi come confettura ciò che elTer •dovette ft'^ria . I popoli
remoti che mag-^iormente ambirono di eiHjr tniuti come i
più antichi d-Ua t^-rra , altra manica da prima non elibero
di fcrivere i penfìeri che per geroglifici . Gli Egìzi! o' ebbera
nelle loro due prime età dette degli Dei z de^li £>-o/ , che
fecondo il loro avvifo precèdettero qujMa degli uomini (i)»
Fede ne 'f.moo le loro pìramdi ed obeiirrh' ; e n'ebbero di
diverfe fpe.ie. Geroglifici naturali e parla ni fi dilf ro quelli
che ind'cawnio pianie, fiori, animali; altri erprélT.'rL» per la
forma fei'nalata l'oggetto, cime un circj'o il S Az rappella»
va imitandone la roionJiià; ebbero altri un rapo jitj di con-
venienza, e per l'ippotaino additirotio l' impa ie izi , p 1 coc-
codrillo l'infidia o la crooiltà , delle qmli eoe ii occupò
Porfirio 2 .Prr Herogiitìci voglio.io gli fiorici naz onali che
fcrivell'ero anticamenie gli Scozz'fi remiti abitatori dcUuhi-
ma Tuie. G roglifica fu la fvrittura Meflicàfia i' é qu i che
reggevano le popolazioni, facevani all' imperaJore le loro re»
lazioni dipingendone le pariicolautà più figoifi^anti (jj.Di-
* Ititi'.
(') Legpafì i1 Canone Cronico 'Egiziano del civ. Ciov^.nni Marfam .
(2) V?d<irene !a fiu di filatera.
(?) Si vep-jno le Memorie dj'Bétnal iJliz idei Òriiilo , e V Iftcrìa dtl
Jkfj'ifij di ^litonio ò«hs. '""-• '•'''■' "" ■ * ■■ '
12
ftinfero ancora gli Americani le famiojìe con tefte di drago-
ni, di quadrupedi, con piante, fiori ecc. (i).
La fcrittura geroglifici de'Ginefi è ancor più nota. Efla
formava e forma una lin^^ua che parla agli occhi, e non s'
intende né per la voce né per l'udito, ma fi comprende ge-
neralmente da diverfi popoli Orientali varii di lingue , coms
Tunkinefi, Cochinchinefi, Siam^fi , Coreani, Giappoiefi. Una
linea recta, una curva , un punto o solo o ripetuto in di-
verfe direzioni , compongono quella muta lingua generale de'
Cinefi , e forma dugentoquattordici caratteri radicali che
iniìeme combinandofi giungono ad ottantamila fecondo le te*
fìimonianzc addotte dal Du Halde o a centoventimila fe-
condo il Vico. Ma qujfti geroglifici Cinefi fono fegni arbi-
trarli che né rapporto hanno alle cofe fignificate né raffomi-
gliano alle lettere alfab tiche . Da quarta differenza che fi
offerva tra' geroglifici de'Ginefi e degli Egizii , come pure
tra le lettere portsriori , Shuckf rd vuol dedurre che la fcrit-
tura Cìncfe rifaie ai primi feculi del Mondo ( 2 j . Quefta fpe-
cie di fcrittura generale famigliare a tanti popoli Orientali
chi hanno lingue particolari , indica che col crefcer la cop a
de' geroglifici fi diffonderebbe ognora più tra que' popoli, e
paflsrebbe anche agli altri che co' Cinefi commerciano. E ciò
rooflra ( dicafi di paflaggio ) certa probabiliik di realizzarli
i' idea di una lingua generale qual fi defiderò da i dotti , e
s'immaginò dal vefcovo di Cheller Wilkins e ài\ fommo
matematico e letterato Leiboitz (3) . Può offervarfi col fig.
Fre-
(1) Giovanni ài Laet nella De/crh'ione della Nuova India, e Gaftìiaflb de
la Vega Hìjìoria de loJ Incas del Perii ,
(j> Hijìoire du Monde fiurìe & profane tom. i. iiv. 4.
(J) Potrebbe intorno a ciò o/Tervarii il tomo U pag. 6j delia noflra Cri"
tua Diplomaitta pubblicala in Milano l'aano iSj5-
'3
Frcret che effa provenne da una invei^zione precedente che
n\h fcrittura flefla equivaleva, c'oè dal T ufo di alcune cordel-
line legate infìeme come leganfi le parole ferii te che forma-
vatio una fpecie di 1 bro che difviluppava i peofieri (i). Ne
inverifimile parrìj ne'Cinefi l'ufo di fmili cord; atTerito dai
Freret, trovandoQ ia gjia parte oppofta del globo tra' Perù-
viatii fiffaJta fcrittura ne' loro ^<ipU , Quefli , fecondochè il
bifogna richiedeva , fi annodavano per manifeftare le idee,
e formavano oltreacciò una fpecie di aritmetica , nella qua.
le i colori fegnaUvanp )e unit^ , Jc decine , le centina;»
ecc. (2).
Ma dalla fcritturi geroglifica, per cui l'uomo trovò la
maniera naturale di esprimere con fegni i penfteri ^ àovè paf-
fare a rinvenire altri fegni arbitrarii onda i fuoni s'indica-
rono. Andar dalla fv.ritrura geroglifica all' fp/Z^o/o^^^-^^f? che di-
cefi, fu pur r inoegnofo ar.ìuo paffaggio che potremmo raflb-
migliare alla difficoltà di formontare il Capo delle Tempefìe
prima di Vafco di Gama. Indicar per una figura un oggetto
ed efternar per elTa il proprio penficro , fu ben mirabii e fa
ma alla fin fine naturale. PafTare ad analizzar la parola e con-
tarne gli elementi che la compongono, aflegnare a ciafcuno
di eflì pel fuono un fogno per renderla vifibile fenza artico*
larla, ha del prodigiofo; e tanto che piià di un dotto ha ri-
ferito al Creatore fleflb l'averne all'uomo comunicata la
guifa fjì. Ma fé il Creatore l'aveffj rivelata ( né iralafciai
di notarlo negli Elementi di Dirlomatira ) aA^ebbero tante
nazioni abbandonate lettere $\ comode e dal ciel provenute,
per
(1) Memeires de f ^taàetùt det ìfcr'tpùons fora. III.
(2) CarcilafTb de la Ve?a nel libro II, e. 8.
(?) Veggafi quin'o ne aTerma Bernardo de Melinckror T>e ^rte Typagrif
fhìta ^ td anche logevoaldo Elingio De Hijitria Lin^utt Grtuét.
per applicarfi p. e. alla fcrittura Cinefe ed a' geroglifici delle
altre, the hanno apparenza più di enigmi che di caratteri?
E fa l'uoTio le s'inveaiò,ed in tantvi guife i fuui difceà*
denti le alterarono, rimane ad offeTvare eJ indicare, fé pof-
fibil fia, I per qual via egli poiè rinvenire- i caratteri de' jTuO'
ni ; 2 quali popoli ci la/ciaro'io i piti antf^bi monunfinti di si
mirabile op -razione; 3 qui^l nazione Europea fé ne approfitta
prima di ogni altra. Ad ogni paffo anJreoio incontro ad un
pericolo; ma in un campo inceflantemfiate fmolfo e lavora-
to e non ancora diflbdato appieno;, farà permcflb aprir qual-
che folco .
Neil' inveftigare in qual maniera potè l'uomo con pochi
caratteri induftriarfi di elprimt:re tutti i fuoni da eftrinfecar
per le parole i penfieri , confifte furfs la p.ù fcabrofa delle
ricerche che intraprendiamo. Ne fatò come po'To alcun cen-
no; e fé riefcirò ad intravedere la poffibilità fola delli guifa
OH' e vi fi giuiife, 4ni riconcilìerò coli' ardaitk che mi lgo«
menta.
l'ore ( ofo dire) la natura fv?gliare 'neli' uomo collo ftrì-
fciar della folgore l'idea di un Giove fulminante, e fu^erir
per ronn,nat>pea la voce Z yr per indicarlo; e prefeutargli
f»oi l'altra idea d'imitarne par geroglifico la poffanza fegna-
ando una rapida fiamrna che rerpeg^i(i). Quelle idee poteva-
no deter.ninario a cerca.e i f^goi da in.^icar gli elementi di
^ueiU parola. In tal ca'o il ferp^ogiar d-Ua fiamma nell'at-
n>osfera col faono eh? forctia fcoppiando fimile a quello che
fi fa nel prifF-ririi Z.;r,pjtè foTi.n aiilrare il primu elemen-
to di qu,'lla parola, ed ine na-" alla mano ad im car la li-
nea che corre la fiam.na ferpendo ed andar dalia finiiira alla
delira i.rizoufalinenie \z) , indi dal punto che termina quella
(•) T.;vrtfàT'R?u'-a T , lettera a
(») Tav. I fi^. » ) leiiera 5
*5
fetta alta clanra, fcencf.'re obliquamente alla dm (ira formando un
an3olo acuto fi), e tornar dal punto eftremo di queft' altra linea
alla d-'Rra alla maniera bufìrofedonn grcca ed etrufca tirandola
parallela alla retta, fuperioie fcos'i (i) . Niuna cofa parmi che
ripugni a tener probabili quefte ide^ e ad influire a trovare
i fegni, 7n;j.xTx^ de' fuoni . Con fimile indullria potrebbero
rinvenirfi, altri fegni.ll verbo <!■<?<' che indica lo ftridere del
ferro rovente- nell'elìinguerfi in qualche liq^uido ,. ufato da
Omero riQÌYOdìJfca per efprimere lo ftridore dell' umore dell'
occhio di Polifemo perforato dall'aguzzo palo adafto , potè
fugerire T imitazione del fuono che manda il ferro arroven-
tato ed il bollor dell' umore colla nota o lettera o. elemento
che dir fi voglia ^ ,. La voce 2»;4< nome di ferpente potè fve-
gliare a un tempo la parola che dinota un femovente che
ftrifcia pel fuolo, e la figura o il primo dementa di efla 2.
L' onomatopea che appreflò la voce Bojx pel rimbombo del
tuona, potè fornire l'elemento B coli' imitazione del fuono,
e forfè fugerire quel tratto dal congiungerfi le labbra nell*
ufcir dalla bocca ^
Se non temefifi di fiancarvi , efemplifi^cheret ancor più , ed
anche in qualche altra lingua. Solo a^giung,-) che l'uomo ha
potuto ricavai e fegni de* fuoni dal notare le maggiori o mi-
nori aperture di bocca che fa nel proferire le vocali a, e,
j, o, u , e desinar loro, tal figura arbitraria, e che col
foccorfo dell; libbra, de i denti , della lineai ne ha formato
que' fegii che chiamò confonanti, e che furono fempre nella
poxeilà del popolo che le fi eleife,e che né da principi né da
61 fofì fi conandano ; e bene lo fperimentò. Claudio impara-
dorè fra' Romani, et Giorgio Trifìiuo fra moderni Italiani,
i qua-
(.;) T»v^ I fig^ I , lettera e
(i) Tav. I fig. I f. lettera 4
i quali ottener no» poterono die le nuove loro lettere fi am-
mcttcFcro benché utili e neceflarie.
Il Vico nel pa lar dell' invenzioie de' fegni de' Tuoni ac-
cennò che le Iutiere da prima efl^r dovettero caraLteri mate-
m tivi o figure geometàche dj' Caldei, e fervire ad ufo di
nuireri;ca Jggiunfe chi i Greci le trafportaiono alle forme
de'luoni artic lari , ed i Latini da effi l'acprefero, e ad ea-
ttambi querti popoli le lettere majufcole rimalero ad indica-
re i nuneri. Ma l'uomo efimio, la cui ioarrivabi'e m.'tafifì-
ca mi larà ad ogni incontro di fcorta , non ra'imp*dirà fui
puno che eraminiamo, ch'io non domandi: Di grazia i ca-
ratteri rrafematici , che pu- vuole che firviiT.*ro di aumeri ,
non prefentano la llella d fficohk a4 volerfi rintracciar la
guifa onde fi pervenne ad inventarli ? Quelto farcibbe portar
pù fu la difficolta ed accrefcerla in vece di dileguarla. Ag-
giungerò che cos'i fé ne fa nafcere va altra , ciuè , fé nella
Caldea trovate fienfi prima le figure matematiche e i nume-
li, che le lettere alfabetiche, e fé i Caldei apprefero prima
ad effer matematici, cakolatori ed agronomi , che a faper
formar le lettere. Intanto che voi, GoUeghi illudri, penfere-
te fra voi , fé abbia io latto o no un paflb di più coli' indi-
care cjme fi potè fvegliar nell'uomo il penfiero di efpnm?-
re per <ni^9.rx \ fuoni, fingolarmente per l' onomatopea , paf-
fcrò all'altra ricerca .
Quali fono i più antichi monumenti a noi pervenuti della
feriti ura epilìolografica?
Fra tutte le antiche nazioni la fola Egizia usò ne! tempo
fteflb, cioè neir ultimo (u3 periodo detto degli, uomini , la
fcrittura i^eroglifica che efpretfe i penGeri , e la piftolare che
che indicò i fuoni. Shuckford appoggiandoli ad un gran numero
ài autori foUiene che fra gli EgiziI bea di buon'eira s' in tro-
duf-
i7
caflero le lettere Ti), e Tciit o Thnyt ("u il pr-mo che agli
altri le communkò . Volle indi il Kivker lulingarfi di poter
determinare la figura delle lettere di 'l hoyt e ricooofceile
nell'alfabeto de'Cofti '2' ; rra Renaudat gli fi oppo'e con
vigori. Noi intanto fuUa fede di molti ciurliti afficuriamo
che nelle ifcriziooi Egizi» pìi antiche recate t\t\V Auttcbìtà
/piegata del Montfaucoii , e nelle due addotte dal Calmst fi
oflervano caratteri ben diffcrenri da' geroglifici non meno che
dalle lettere Fenicie e deche, ad eccezione di alcun».
La fola nazione che può contendere con 1' Egiza per l'in-
venzione delle lettere è 1' Adirla, benché non ifcarfeggi diri*
vali nella Fenicia, nella Siriaca e n ll'Ebtea , ciafcu la delle
qu.ili vanta i proprii fautori . Nondimeno a mirarle per la
loro pofizione e per certa promiRuita che provenne da' loro
intereflì che anticamente le avvicinarono , ed in a'cune cofe
ne produffcfro una fpecie di attìniià : in tanta lontananza po-
tremo alla groffa fui punto delle lettere confiJerarle come
una fola nazione. Imperocché gl'Israeliti conficcati nella Pa-
lellina fi hanno come limitrofi della Fenicia, ed Erovioto gli
tjene come Fenici circoncifi, e da quefti non fi riguardano
gran fatto diigiunti per alcune ufanze i Siriani ed in feguiio
gli Aflirii.
La Caldea dunque riconofciura traile prime nazioni , che
ben per tempo fi rivolfero a leggere ne' cieli, e s'ingegnaro-
no di verfar fu i fogli le proprie contemplazioni accompa-
gnate di figure geometriche , o fu la prima o contemporanea
con qualche altra nazione nell' ufare la fcrittuva piltul^re .
Quando Callifteae a' tempi di Aleflandro vide B-ib'lonia , vi
trovò olTervazioni aftronomiche di 1^04 anni , le quali egli
Tom II. 3 in-
1) H ifìche du Mondi /aeree & profane liv. I.
(i) Neil' Edipo Egiziano,
j8
inviò ad Ariftotile Tuo, fuocero , ficcome riferifce Simplicia
commentatore del filofofo di Stagira (j) . Ed in quale fcrit-
tura dovettero trovarfi reg ftrare quelle oflervazioni s"! che-
agevol folle allo firaniere Giliiftene il trafcriverle fé noti
nell'alfabetica ? Plinio in fatti , dopo avere efitato full' anti-
chii'a d<;lle lettere , fi dichiara a favore degli Alììrii , o Ba*
bilonefi . Ne lieve indizio di ciò fi rileva dal fatto indubi-v
tabile che gli Ebrei nella loro cattività babilonica coinincia-
rono a negligentare la loro antica fcrittura ed a valerfi ne
libri facri della caldaica de' vincitori,.
Ebbero però gli Ebrei prima della cattività altri caratteri
proprii che non Jafciarono del tutto di ufare. Ed in tali an-
tichi caratteri ebraici rimafe fcritto il Pentateuco Samarita-
ro libro anteriore a Cadmo Fenicio; ed è opinione de' dotti
che quefto libro, fi confervi da duemila anni , e che fia il
più. antico di quanti libri Ci conofcano . I Guteni lo ricevet-
tero prima della cattività degP Israeliti e de' Giudei. Quelli
però non lafciarono di ufare i caratteri del Pentateuco di Sa-
maria tanto nelle lettere che compongono il nome di Dio
( Jehovah ) quanto nelle monete^ . Nelle dodici gqmme dell'
Ephod del Gran Sacerdote- erano fcojpiti in que' primi carat-
teri ebraici i nomi delle Tribù d' Israele , ed in altre due
più grandi erano replicati i medefimi nomi fei per ciafcuna
di effe (2) ., Anche le medaglie coniate fotto Simone Maca-
beo convincono cl^e l'ufj degli antichi caratteri ebraici (i
mantenne lungo tempo dopo il; ritorno degli Ebrei dalla cat«s
i;ività .
OfTrrvano intanto i dotti che quali tutti i ca'atteri del
Pentateuco. Samaritano raffomigliano alle lettere grechi,, ci<.è
all^
(i) Nel' eomnvenro. 46 fui di lui FF libro De Crefo ,
(ij S,. Epifanio, nel trattato. De Xll Gcinmìt iib.. Il ^
.IP
all« Fenicie Cadmee adottate in Grecia . La figura ed il va-
lore de* più vecchi monumenti e delle antiche memorie de*.
Samaritani fono manitellamente uniformi ; la qual cofa pale-
fa la loro origine commune • Renaudot crede una tempriti,
negare che i caratteri famaritani fieno le vere lettere Feni-
cie, giacché per confenfo di tutti gli autori eli.; hanno gran-
diflima uniformità colle antiche Jooiche e colle Latine che
fu quelle fi formarono , e 1' Ecrufche ancora eh? tanta rela-
zione hanno colle nuflre , mollranfi parimente uniformi alle
Greche e alle Samaritane. Tutta duique l'antichità conviene.
in alTicurarci che gli Erru'chi , gli ÀrcaJi , i Pelasgi ed i
Greci tirano le loro lettere da' Fenici , tra' quali , ripeto ,
Erudjto conta i Giuiei da lui chiamati Fenici ci rconci fi i)..
Per ved.-re la conform'th de'caritteri d.-lle quattro nominate
razioni con quelli de' Samaritani, fono da confultarfi gli Al'
fahett generalt de' Samaritani e degli altri che trovanfi uniti
nella Tavola X colonna 1 del N"uveau Trahè de Dipt-onai'
que de' Maurini . A favore dunque de' Samaritani fi mifcono
le tefìinonianz'? degli antichi ed i rapporii di conformità
della fcrittura Ebra.ca quadrata e Fenicia . Egli è vero che
Stefano Morin , lo Spanheim , il Meier , il Buxtorf ed il
Conrmgio fono di avvifo che le Greche lettere prendono
l'erigine da'caratteri ebraici o caldaici. Mala maggior parte
de'dotti (oltiene che vengono dalle Fmicie e fingolarmenta
da' Samaritani (2). Né può crederfi effetto del cafo la mani-
fefta conformità ne'nami ^ nella difpoiizione , nella figura e
n-^l valore de' caratteri Samaritani, Pelasgi > Arcadi, Greci,
Etruschi e Latini . Non vo' lafciare di ricordarvi in fine la
* pre-
ci) Mei libro V delle fue Storie .
(i) Nl> additiamo una parte, Cknebrardo , Bellarmino, Arias Mintano,
H'jet, Ca mer , ivlontlaucon . Renaudot, Giufeppe Scaligero Giozi', H >t-
tinger, Catjiibon, Druiio , Wa;er, Cspella , Walton , Bothard , Voffio , Pri«
éiì\ì\ , òhuckford , £eiaard ecc. ecc.
40
pr^tenzione dì alcuni dotti boreali, a' quali è piaciuto di afle»
lire che non altr mda che n^' loro paefi fiefi trovata la ferir»
tura alfabetica- Ma Giovanni ed Olao Masni cIt; foftennero
che i Goti fin dal principio del mondo coofervarono le ler-
tere travate divinamente da Adiino: Goropio Bacano che fi
venire la fua lingua Cimbrica dal Paradifo Terrjfire : Olao
Budb-ciiio che v iole che le lettere Greche fieno figliuole
<Jeile Rune trova e dal Goto M-iJrcuruman nel quale ricano-
fce il M< rcuno de^li K':;'zii ; tutti quefti fcrittori vengono
àsTÌfì dal Camerario^ dal Brecman , da Martino Schoockio ,
da Giufeppe Scaligero e da Giambattifta Vico.
Oli-'Otale è per noi l'origine dell' immemorabile ritrovato
delle lettere, e dn'^ola'' mente F-n^cia o Sam.iritana. Ma qual
nazione Europea fu b prima ad approfìttarfene , la Greca,
l' ttruVa , Q la Latina ? La tradizione avval irata da fuccef-
fivi ducu'Tienti iftorici porta Dan lO Egizio e Cecrope e
Ca.!ma F-nicio eJ i P;la-;;:;i a co-n rjunicare i caratteri da'
fuoni da t-fli rinvenuti alle t rre che indi prefero il nome di
Grecia . C'ò ne fomninift^a le quattro forgenti della lingua
grci-a, che furono l'Egizia, la Punica o la Tiriaja Caldea,
e b Fenicia o Samirita a . Stefano Morin , e Chifull pre-
tendono che Cadmo r-cato avefle ai Greci ventidue lettere
fenicie, ma che pjiteri )r nente recarono a feJici, delle quali
in feguito fei fi aloperjrono qjafi unicamente a rapprefenta-
re i nuniri. Coloro che ravvifano identità nelle lettere gre-
che ed egizie ;i), ci ranmentano un racconto di Plutarco,
Egli narra (2) che a tempo di Agefilao in Tebe nella tom-
ba di Alcmena fi trovò una tavola di bronzo con caratteri
che parv-ro fimili agli Egizii , e che effendofi inviata in
Ejj tto per u.'irne l'avvilo di un antiquario di quella nazio-
ne
b) Si lepoa il CaÌT.tt D-Tirt. LI.
m Oi\ Qtni» o Demone di Socrate I. II,
21
ne, quefti afficurò che di fìmUi fa ne ufarono in Egitto al
tempo del re Proteo Jugento anni dopo di Mese . Lafcio a
voi, preclari Colleghi, il giudicare, (e a ciò aflerire fi mofle
r Ei^izio per propria credulità, p-T parzialità nazionale, o per
jmpoltura di profellione . Ceno è che Erodoto rapporta una
ir rizione più «ntica in caratteri Calmei fimili agli Jonici
incifa in un tripode donato da Amfitricne al tempio di A poi-
lo Ismfnio della 1 eozia , e quefta ifcrizione , che non era
Egizia, fu più antica .li Alcineia che allo fpofo fopravvilV?.
L'ilteffo f^rittore attefta (i) di aver vedute tre altre iT-r/zio*
ni nel tempio della flelfa diviniti , delle quali le lettera
r.iflbmigliavdno alle Jonìche tx voAKx oj^iTa ìoyra reisr' lonxÌKrt,
in foli gao del paiire della ftor'a vengono Diodoro di Sici-
lia che afferma '.2) che le greche lettere chiamanfi fenicie
perchè dalla Fenicia recaronfi in Grecia , e Plutarco che
narra Io (iefTo (3Ì.
Ma r Etruria eJ il Lazio che hanno lettere fomiglianti
alle fenicie Cadmee, l'ebbero da' Gr-^ci o direttamente dagli
Orientali ? E' una curiofitk tanto poco imporrante quanto
difficile ad appagare; per quanto mohip'ichinfi i libri l'un
l'altro copiandofi i detti eruditi fino a' r.odri ultimi tempi,
i quali portano per mano un popolo a un altro acomn u i-
car 1' umaniiH all'Italia , all'Europa , ali univerfo , non fa*
pendo efeguirlo in altra guifa,e non avvifAndofi di cooofcer
mai auiottoni in luogo veruno che non ibbiano ut fondato-
re nraiiero . E quindi avviene che tutre le loro ricerche,
fpecialmene le ultime, oltre di elfere copie di rancidi cica-
J'^cci , riduconfi a pure nugae più o meno nule fcrirte. Noi
falla domanda propofta noa faremo che pochi moiti.
5t
(i) Nel Uhro V .
(j) N-'i libro nr .
(3) Sjimpo/. lib, IV, probi *,
22
Se terremo dietro a Virgilio Marone acclamato come dot.
tiflTimo nelle antichità Italiane , troveremo nelle italiche con-
trade flabiliti reami de'Tofcani e de' Latini prima della guer-
ra di Troja , tielle qU;Ui gli Orientali poteronij anche in;li.
pendentemente da' Greci aver recate le lettere fenìcie. Pli-
DÌO (i) alTicura che i Pelasgi portarono nel Lazio le loro
lettere prima che vi fi fiabiliflero gli Arcadi con Evanir»
che ci venne feflanta anni prima della guerra Trojana , Ciò
come (crive anche Dionigi d'Alicarnaflb (2). Tacito (3 di-
vide la gloria di avere iftruiti gli Aborigini e gli Etrufchi
tra Evandro e Demarato. Plinio adduce parimente una tavo-
la di bronzo della prima et^ trafportata da Delfo a Roma .
Comunque poffi effere avvenuto il paflaggio , gì' io eli genti
convengono della uniformità de' caratteri orientali Fenici ,
Samaritani , Pelasgi , e Greci con gli Etrufchi e co' Latini
primitivi , la quale fingjlarmente appare dalle fette Tavole
Eugub'ne che contengono , come oramai tutti fanno , ifcri-
zioni etrufche (4). In due di qu'^fte trovanfi caratteri diverfi
dagli etrufchi , cioè latini benché di lingua ignota ; ed io
una di effe fi vede un atto errufco mi (ottofcritto da quattro
perfone diverfamente , e può col marchefe Scipioiie Maffei
affermarfi che fia un contratto palTato tra' Etrufchi con qual-
che aliro popolo ''5),
In fniil gLiifa la meravigliofa invenzione della fcrittura
reale , grrnglìfjca ed epi/ì l&gmfica furfe per tutto e percorfe
ia t'rra dall'oriente all'occidente, conferve le gella , i con-
trae-
(j-) M»t vrr libro.
Ci) N.'' libro I e. 14 .
(^1 l or tue liieì-is ifuae veterrlmh Graeciìfum , Hb. XI , n. 4 degli annali,
(if) '^i veggano le oD?re del Dempliero e del Gori .
(5) l^twa Diploma-.ica p. 1 1 .
*5"
tratti, le nj?more, e le pafsò alla pofleiìth ,, e di mano in
mano coniribu'i al. narcimenio di tutto il mondo civile , far-'
tura dell' uomo . In funil gu fi nacqiero e progredirono age-
volmente Je arti, le leggi , le fcienze tutte da che comincia-
rono intorno al Nilo le gecmetriche diraenfioni e ver'ol'Eu»
frate le oflervazioni agronomiche , e nella Magna-Grecia i
generofi conati de' Pitagorici , fino a che fi fublimarono ai
Galilei, ai Leibnitz , ai Newton.
Jn fimil guifa i Latini alle glorie della fcrittura che eb«
bero commune colle altre nazioni, fi elevarono ad un vanto
che tutto all'Italia fi appartiene, cioè che la fcrittura latina
divenne il fondamento della fcienza infieme ed arte Diplo-
malica critica e politica , la quale non conferva folo la pro-
prietà, e i diritti de' particolari fidati agli archivi faettando
inevitabilmente i falfarii di rutti i tempi , ma ofa frapporft
tra' fulmini del cannone, obbligandolo a tacere colle negozia-
zioni e i trattati. Non abbifogna di prov^ un fai roche parla
dapertutto. Chi ignora che la lingua e l'alfabeto latino, nel
bel mezzo della barbarie ritornata e nel gloriofo riforgimen*
to della cultura , fia paflato ad eflere feriti ura generale de
Francefi , degli Alemanni, de' Polacchi , de' Boemi, de' Dan?*
fi, degli Svedefi, della Graa Brettagna , delle Sp.;gne ? Que-
fìa \critk manifefta non fi nega dagli fieflì Oltramontani . I
celebri Bened^tti-ni del 'a Congr-gazione ili s.-.n Mauro di
Francia, cui (dopo di Giovanni Mabillon che ne fa .1 crea-
tore } t'nto dee la (toria e la legislaz'one e la diplomatica
de' mezz.ini tempi, rendono giuflizia asl* Italiani j e .:ch'.ira-
no il g-ni amT-nte che le f.riiture comtnuui nizioiaii ricuno-
fcono dalla fc ittura latina l'origine, la f rma e iahguii i).
E.'
(i) Vee-'afì il tomo II del Nuova Tirattai<^ /)ì Pìplcmitìr/ pr-ziofo mon«:<-
^HLiKo fingo, armente. delie, vaile cognuioni di. Touftaitj e Tilùa .
E' poca gloria per l' Italia ? Ciò non aumehta femprtf pift
la nolìra ammirazione cagionata da' vantaggi sii paiefi del pro-
digiufo ritrovato della fcnttura?
Ma , preftanti Aocademici Pontaniani , ci arrederemo ié
un'arida amiriraziooe fulle glorie che ridondano alla mente
liniana per 1' invenzione della (crittura ? Piacciavi in grazia
che prima di conchiudere un corollario aggiunga al mio pen-
fi' ro , e che v'inviti a pallar me^o dà sì gioconde idee ad
un'altra non cus'i grata die mi prefenta l'abufo della fcrìt-
tura in detrimento della virtìj, della Capienza, della patria.
L' ingegno- umano che tanto fi follevò , con qual ribrezzo
con quanta indignazione mirar non dee la fcriitura produt-
trice di tanti b:ni non folo convertita ad ufi indegni e vili,
tna p:ull!tu;ta a r:icrir con eleganza le fchifofe laidezze da
non nominarfi neppure fenza impudenza or de' Tiberii e
de' Neroni ed Eliogabali , of d^Ua Celejìina cafh'gliana , or
de' Kabi-'lais e eie' Marini? No; la fcrittura fcala primaria alla
fapienza e fua perenne ccnfervatrice dee confacrarli alla be*
n fica filufofid, alla lanta giuilizia , a loftenere non a depri-
mere 1 virtuoii meritevoli. Malvagità e fapere albergano di-
fagiatamente fono di un medefirao tetto . Pera il perverfb
mal cittadino, l'uomo che ha vinti i rimorfi , l'egoilìa rag-
giratore infidiofo, l'ingordo Euclione che telaurizza da tanti
luftri co' mis'atti , il Satiro brutale idolatra impudente di
Coniche e Frini di compre refe si maleolenti impia(fricciate.
Volgano per lunga ferie gli anni , corrano i fecoli fempre
ad ouore della fapienza alia probità congiunta , e confervino
i nomi iliuliri di Marco Tuilio che dedica il fuo Tufcolo
alle utili invefiigazioni accademiche : di Attico che le fo-
menta e promuove in Atene: di Alfredo che fa amar la fcien-
za e la coltura nell'Ifole Britanniche mentre altrove fpazia
la barbarie : del X Alfonfo che ncll' ultima Efperia fi eleva
alla
ai
alla contftpplazione degli aflrl : bell'altro Alfonfo di Arago-
na che apre a' fubliroi cultori delle fcienze la Reegia Napo-
letana., chiudendola alla perverfiih dc'Sejani e de Majoni ,
pefte di tutti i regni che hanno la disgrazia di produrne.
Eterno viva il noioe di Antonio Panormiia che Iten'le la
mano al merito negletto , e folleva un l-'ontano , e (ecolui
dà vita alla famofa Accademia Napolitana . Viva quel Fon-
tano figlio verace di Apollo che ad ella tutto fi confacra ,
che tutta la riempie , che fa rivivere Marone in Jacopo San-
jnaz^aro , Lucrezio in Scipione Cap-.ce , SalluiHo in Giovan-
ni Albino , e tanti Varroni in Giuliano Magio , in Elio
Marchefe, nel Carbone, n-^gli Acquaviva , in Egidio Viter-
biefe , in Girolamo Seripando . Vivano con quelli gli altri
Pontaniani , ne' qua'i rinacqu-ro a mio avvifo gli antichiflì.
Oli utili congiefli Ptagorici^e donde prefero norma ed e fé ni»
pio i Secreti col Porta, i Platonici col Ficino , i G:)rentini
ci Tilefio, i Roflanefi col Gimma , il Cimento di Firenze
col Galilei, col Bercili e col Viviani , 1' Illituto di Bjiogn»
col Manfredi, coi Zanetti, col Salatiini , cui Canterzani , la
Società di Londra col Newton , col Gre?,ori,col Maclaurirr^
la Società Regia di Parigi col Cartefio , col Fontanelle, con
Feimat , con la Place, e con la Grange , l'Accademia di
B rlino col Leibnitz e col V/l1 ,o, e di Pietroburgo co' Ber-
oulli e con gli Fuieri.
A voi, ornatifliaii Colleghi , chi può negare il vanto di
aver penfato a far Tihrf.tre in Napoli l'onorato immortale
jìUoro Pontanttmo ? Un faggio del voliro ardore pel fapere e
per la gloria nella Patria delle nrl!^ fcorfo anno 1811 nel I
volume d-'noitri A'tl arcademci. Gii altri du-: volumi che
vi vedo accinti a dar fuori man:feltano la continuazione del
nobile patriotjsmo che vi anima, e l' uf j lìelf!) che far Tape-
te della fcriitura e dell'eleganza che vi prelìgste ne' voftri
Tom.ll. A vir«
viru'fì e geniali lavori'. Secondata pure- queflo. fecondo ac".
dorè che ferve- Tempre ne' petti de' veri non degeneri Vefu=
viani . Voi avete conno di voi la ma.ccli.natrica malignità
■che vorrebbe di|{ruj;g,. rvi ; non è per voi ouelo un novello,
trionfo, l'eflervi renduti formida.bili agli Egoifti onta perpe-
tua, de' noltri tempi ?■ Avete anche intorno, degli emoli mol-
ti ; tanro meglio; eHì colle loro g'orie vi ferviranno di co-
te. Vedere la gloriosi Triplice Società Reale di Napoli , che
non Tono, paflati ancora, anni- fei e già m'ete, per dir così,
una. felva. di pilme , già aduaa p^r o^ni lato invi liabili tro-
fei , già co' mpltipl'ci lavori per numero e per fulidità prò»
digiofi. fianca i lettori dapertutto . Vedetela , feguitela. alme-
no da lontano ,, e adoratene le. veftigia. erculee ; ma. non ve-
ne atterrite..
Pofla quedo mio Penfiero. fulla Scrittura confeguir da voi
un guardo amichevole, ed impetrar dalla Buona Fortuna tan-
to favore che ferbi al voflro annofo Segretario agio, e vita
almeno per qualche nuovo conato ad onore della noftra adu.
nanza-, onde fi convincano i poderi che dove il Vefuvio fol--
•goreggia e tuona ,. ancor fralìo flrepito marziale galleggiano.
fuU'obbliviofo Lete e volano, fublimi e liberi, i Genii. cha
trio Q fano. deli' i n v id la o.
I1?0
EPOCA
DELL'ARRIVO DELLE COLONIE TIRRENICHE,
O SIANO ETRUSCHE NELL' OPICIA.
M n M 0 K I ji
LETTA ALLA SOCIETÀ' Ì'OMTANIANA NELL' ADUNANZA
de' 31 iUGLIO l8iO (1),
N<
On aveatro giammai penfato gli abitatori ^ell'Opicfa,'
come dietro Ja teltimonianza di Dionifio d' Alicarnaffb ho
altrove accennato (2), a formare grandi aflbciazioni ,a riunirfi
in que'corpi politici, che chiamiamo r/V//), ed a rinchiudere
deniro mura fortificate. In uno fìato quafi filvaggio , si po-
co favorevole ai progrefli della popolazione e della coltura,
doveano preflo o tardi divenir preda di nazioni, che aveano
e leggi, ed arti, e governo. In fatti non poterono far fronte,
€ refpingere le nuove colonie, che qu^ vennero dall' Etruria,
ed è coftante tradizione tra gli antichi, che dai Tirreni, o
fiano Etrufchi fu invafa ed occupata l'Opicia , e de' vinti
Opicj , o fiano Ofclii , e de' vincitori Etrufchi fi formò ufi
popolo.
* ba-
(i) Si dimofira che non vennero dalie vicinanze del Po, da qu-^IIe terre dif-
tacciati dai Galli, cnme foona il Chiverio , ma molto innanzi dilla Tofcana:
Quali furono le dodici città da lor fondate nell' Opicia : Si confuta T opinione
del Capaccio, e del fìg. de Attellis: Si dileoiiam i dubSii del Pell?gria.) : Si
rilponde in fine ad una quiliione crelura info'ubile dal fi,:nnr Din'c'?"-
(2) Vedi la Memoria full' Opicia fiammata ùel i- voi. dille Memorie <iel-
la^Società Pontaniana .
2S
I Tirreni , che in Italia ebbero il nome di Eti-ufciù , e
di To/cani y di origine ofcua, ma orientale al certo, e pro-
babilmente Ftnicj , occuparono prima d'ogni altro il paefe ,
che dal-TiTàre interiore è bagnato , il quale dal nome loro
Tirreno , e Tcyfcano appellah , e dalla Liguria , e dal fiume
Macra fino al Tevere fi Rendeva. La loro emigrazione dall'
oriente è al certo di tanta antichità, che alcuni li crederono
indigeni dell'Italia (:). Tìrrcnia fu il primo noins del pae.
.<i) Fu di quefìo fentimento il Cluverio Geogr. Ant. lib. 12.0.4. I' Maz-
7occhi nelle annotazioni a Cammillo Pellegrino li confonde con gli Ofchi .
Ciò è vero , dopo che i Tolcani vennero con gli. Opici ad unirli, ed a for-
mare un fol popolo; ma è falfo, quando fi ponga mente a' tempi anteriori,
allorché viveano in quefle contrade gli antichiflimi Opici , figli di quello fuo-
lo , e i Tirreni nella Tofcana approdavano. L' erudito fig. Fabbroni in una
memoria letta nella Società degli amatori della Storia patria , fulla derivi'
zio'je e coltura degli amichi abitatori d' Italia , confonde i Tufci con gli
O/chi, i e vuole che fiano notni di uno fiefifo popolo , del quale parte ri-
tennero il femplice nome aggettivo C/c , che viaggi^toreàìaoiì in favella cel-
tica , ed altri vi prepofero l'articolo , e fi didero r' O/c : così reftò agli uni
il nome di O/ci , agli altri quello di Tu/ci , o To/cani . La novella però
dell' articolo non é , che nella fantafia dell'autore. Or non è defTa la bella
maniera di rattoppar ciabatte? Che farem noi degli antichi , che fcrivevano
Cp/ci per Ofci ? Con Op/ci fparifce la celtica derivazione . E poi perché gì»
uni prefero P artico'o , lo rigettarono gli altri? come C O/c prendendo l arti-
colo cambioffi in T' ufc ? E che rifponderemo a Strabene, a Dionifio d A-
licarnafro,a Livio, che fan degli Ofchi gli antichi abitatori della Campani»}
e fan venire dall' Etruria 1 Tufci a dillruggerli ? Gli antichi chiamano i con-
quirtatori della Campania Tirreni, Etrufci , e Tufci. Donde ha potuto rile-
vare il Tg. Fabbroni , che i Tirreni della Campania fi chiamarono Tu/ci ■,*
i Tirreni deli' Etruria Etrofei? Egli ha trovato nella lingua celtica , che «#-
ter fignifica padre, e gli i parfo, che la voce Etru/ci fia lo fteflb cheAittt'^
O/c , padri degli O/ci , e come i Tufci fono lo liedo che gli Ofci , ecco i
Tufci della Campania fgli degli Etrufci della Tofcana. Ma fé a forza di
etimologie e di rafTomiglianze di vocaboli vogliamo flabilire la ftoiia , con-
verrà fconvolgerne da capo a fondo i fatti meglio avverati . Lo fpirito di Ci-'
flema , che fi fludia di riportare ogni cofa , che per via s' incontra , all'idea
favorita, ntn ha ritegno di travolger l'ordine de' tempi , di confonder cole,
che fono di pei fé ben diilince . e di ribattere T autorità deeli antichi t che
tto.
25»
fé, che occuparorio , Il quale poi cambloffi in Etrurìa,
I Tirreni panarono in Italia l'induftria e lo fpirito di
commejcio , che animava ed arricchiva i Fenic; . Pria che
na-
ftud'ati con fevera e non capricciofa critica fon per l'unica guida per non
incelpare ad ogni pafTo nel buio di sì rimota antichità.
II (ìt^. Fabbrooi, come il Hg. Bardeiti , ci vuol tutti Celti . Se crediamo
al (ìg. Martorelli, e al fisj. de Attellis , fiarro Fenici. Gii uni trovano nella
lingua de' Celti Porit;ine di irolte vnci italiane, gli altri in quella de' Fenic;.
Io non duh'to , che i Celti Gallile i Celti Germani fìano penetrati fpezial-
irente nell'alia Italia, e vi abbiano Iridato tracce della loro fai'ella . Ma
come perluaderfi , che fpiccatifi dall' ellremo Oriente abbiano prefa la volta
del fettentrione di Europa . E dopo averlo in tutte le fue parti ripieno dt
popolo, dopo un giro sì tortuofo e sì luneo fiano giunti in Italia , e vi ab-
biano trovato un deferto ? I Fenici fcorfero le maremme del Mediterraneo,
e flahilirono dapertutto le loro Colonie . Ma vi trovarono popolazioni piti
antiche , vi trovarono felvacp.i al credere del fp. de Attellis : vi trovarono
al certo , fpeziaimente nel me^zo giorno d' Italia uomini indigeni , figli ài
quello funlo, detti nel l^ro italico linguaegio Opici figli della terra , e ^'iO'
rìginì , che è l'equivalente dell' altro nome.
Sembra perJ> , che il (ìg. Fabbroni creda efere uno ftenb popolo i Celti e
e i Pelafgi. Se per Pelafgi intende popokiioni erranti, come li defcrive Stra-
bone , i Celti furono fen7a dubbio Pelafei • Ma fiano flati pure una ite'fa
gente in origine, abbiano molTo doncfe che (ìa , egli t) certo, che gli antichi
h:n dato il nome di Cel'i e di Galli a quelli , che per la Scilia entrarono
in Germania, popolarono tutto il Notte . occuparono le G^'lie , e le itole
vicine ; e han dato quel di Pelafi^i a quelli che sboccati dai.' Af's fi liabili-
Tono nella Grecia , fi fparfero rer le if.-le dell' Arcipelago , e del Jod'o , C
afferrarono terra nella parte piCi meridionale dt'l' Italia . Ma anche quelli
( quando non Cì:> nome comune delle più antiche popolazioni erranti ) co-
me trovarono i Lelegi , e gli Aoni nella Grecia , così trovarcno gli Opici
e gli Aborigini in Italia , a que'li fecero da orincipio la guerra , e alta fine
eon cfTì fi mifchiarono e coniufero . Così può efTer vero , che nell'alta Ita-
lia, e appiè delie Alpi s'incontrino veftiqie della celtica lingua ; e i Fenici
nelle maremme orientali e meridionali , e in quella, che fu pr pr amente Ita-
lia , introduHero vocaboli e forme della materna lor lingua . Del redo la fo-
migliania de' termini nelle lingue non fa maraviglia a chi riflette alla lorco-
roune origine; e quanto piti alto fi fale nell'antichità, quanto piìi all' origi-
ne loro ci appreffiamo, tanto maggiori argomenti di affinità , e di raflomi-
glianza vi fcnrgercmo . Noi abbiamo in altra Memoria determinato ad uà
dipreflo il tempo, in cui penetrarono in Italia i Fenicj,e traquefli i Tureoi»
3© ,. . , ...
nafceffe l'imperio di Roma, dice Livio (i), fìendevafi grati-
demente , e (ul mare , e in terraferma la potenza de' Fo-
fcani . tffi avcano dodici città nell' ^truria . Ma crefciu-
ti oltremodo di ricchezza , di popolazione , e di forza , fpe-
direno dodici colonie di là dagli Appennini , le quali di
tutti que'luoghi s'impadronirono, che erano di Ih dal Po,
tranne queil' angolo ov' erano i Veneti, che intorno al golfo
abitavano. Ivi altre dodici città a\eano iabbricate ^ che fui
modello reggevano delle dodici dell' Etruna . Le ricchezze
però, e gli agi, che le accompagnano, fecero dimenticare i
mezzi, onde aveano quelle fertili contrade acquiflace , e li
riduffero a doverle cedere ad un nemico più povero -, e pifi
bellicofo. I Galli sboccati con impeto dalle ftrette dell'Alpi,
entrarono in gran numeio nel paele , che giace tra gli Ap-
pennini , e le Alpi , e dopo varie e fanguinofe battaglie ,
finalmente dalle terre circumpadane difcacciarono i Tirreni .
Pretende il Cluverio C2}, che i Tirreni difcacciati dal Po
vennero a fermarli neli' Opicia , o iìa nella primitiva Cam*
pania . Vediamo fé regga a martello la fencenza di quello-
erudito Geografo . Diodoro Siciliano (3; riporta la fuga de'
Tirreni dal J'o al tempo , che DioniOo tiranno di Siracufa
cingeva di Rretto aifledio Regio .■ Or 1' afledio di Regio ac*
cadde verfo la fine del IV fecolo di Roma, e intorno atre
fecoli e mezzo prima di Crifto ; gi-ìcchè Dionifio dopo uà
rtgno di 38 anni mori l'anno dell'Olimpiade 105, 358 an-
ni
(1) Tufcorum 'ante Romanum ìrrtperìitm terra marìque cpes patuefe- E po-
co appreflo : Si in utrumijue mare 'oergeates inccluere urbibia d:wHe>ì's terras
p'-us eis ^penniium ad infentm mìve ( quefta è 1' Etruria ) ; poflea trans
^ipinnintim totidem , fjuot capita originis erant coloniis mijjis ^ qii.e trais
F'idinn ornila Joca , excepto Ve^ietorum an^ulo -y ^ui fin:tm circunicolunt nti-
ris , ufque ad Alpes teiuere . Liv. Lib. V. 33. SiSt, tranfalp.
(2) Strab. Geogr. Anr. lib. 1. e, zz.
<3j Biblioth. lib. XVI.
3''
BJ prima di, Cnf^o , l'anno di Roma 395 (i) . Ma i Galli
prelero Roma dulia di ki fonJazione 353 , e non è da cre-
dere , che ufciti dal patrio nido fi fiano portati dirittamente
a Roma,, fenza impadronirlì prima di' luoghi , per li qjali
doveano paflare . Dunque e l'ingrelVo de' Galli- in Italia , e
la caccia data ai Tirreni dai contorni del Po , dee riferirli
ad un' epoca, anteriore di molto a quella , che le ha. Diodo-
ro affegnata . E però fembra , che confervata. ci abb'a- Livio
la vera, data di quello avvenimento. 1 Galli , die' egli (2),
entrarono in Italia dugento anni prima che efpugnafTerQ
•Chiufi , e prendeflero Roma ,. e molto innanzi che a lare
aveffero con coiefti Tofcani ( parla di que' di Chiufi ) che
erano nell' Etruria ,, ebbero a combattere più fiate con quel-
li che abitarono tra l'Appennino, e le Alpi.. Or la prefa di
Roma accadde 1' anno 363 dalla Tua fondazione , come ho
poc'anzi accennato . Uopo è dunque di dire , che fiano iti
Italia entrati i Galli l'anno 163 di Roma , e non gaari
dopo abbiano forzato i Tirreni a ripafìare gli Appennini.
I Tirreni , fe^ue a dire il Cluverio , difcacciati dal Po
paiTarono nell'Opicia, e- fatta lega con gli Umbri e i Dau-
nj la più fiera ed oftinata guerra fecero ai Cumani , e ciò
folo per glofu d.'Ua di coltoro m,'rav!g'iofa fortuna . la
foftegio di quefla fujpoGzions- reca, ut luigo di Dicn fn d'
Alic'.rnalTo , nel, qual fi racconta la gJerra fatta a' C ma-
ni dagli Etru'chi collegati con gì' U.nbri e i Diunj '3Ì .
Viene quindi a. conchiudere , eh? l'arrivo de' Tirreni n.-ll'
Opi"
(1) D'ai. SIcu'. !ib. XV. Cic. Tufc. §; Veggafi il Petavi», nel Rjiìo'?,,
Temp. P. r. lib. nr..c. I. IO.
(2) Diirenih tfu'tppe ann's ■, avlequam Clufii/nt oppugiareit , nrbsmque fif.
raa'n caperint i »</ Iialiam Galli tfanfcrviìeram , ntc ciim h:s pihiium E ru-
fcnrum , fai mul'o ante fim iis , rjui i>ìter ylpsnnìnum AìpiJ'jut ''""'l'^ant t
fiipe ex'fciiut G iHici r>ri^n''tre t Liv. lib. V.
(^; Djonyf. Halic. lib.. VII..
5» .
Opic'a ca^e treil'olKnpiade 64 y regnanc^o in Roma Tar.
quinia Pni'co » che è i'epjca della loro tugi dal Po , co-
me le dedur fi pjteffe dalle pirole di Diomlìo , che fof-
fero venuti dal l'o gli EtruLbi alleati degli Umbri , e de'
Daunj . lo fon perfua 0 al contrario , che fé è vero qu^I
che delia guerra concia i Romaiii racconta Dionifij, il Clu-
verio favella in aria , e , come uom dice , e' non annoda;
perciocché anzi dal racconto di Dionifio il fa chi.fro , che
a-in 1u queJa la prima volta che entrarono nell' Opicia i
Tirreni, e da graa tempo dominavano quelle contrade. Ve.
dremo pjco appreffj , cjms l'autorità dell' AlicanuiVeo , di
cui G fj. fchermo il Gluverio , ie di lui prerenfiooi aperta-
mente dillrugge. Bafta ricordarfi per ora , che i Tirreni , giù-
fla la narrazione di Livio, molto innanzi che Roma forgef-
fe, aveano diihfo l'imperio loro dall'uno all'altro mare , e
tutta i'iialji av-eano della fama del loro nome riempiuta . Ed
io non fo il tendere , come abbia potuto reftar Caramillo Pel-
legrino in bilico tra l'opinione del Cluverio a troppo leg-
ger foniiamenio appoggiata , e la fpecchiata autorità di Li«
vio , e molto più di PoLbio . Quefii ?.vea prima di Livio
chiaiamente detto , che quando poflcdtfvano gli Etrufchi le.
pianure intorno al Po , pofledevano ancora i campi Flegrei
all'interno di Capua e di Nola; e perchè faceano fronte a
tutte le altrui inalvagge intraprefe , erano venuti preflb gli
fìranieri in grandilTjma riourazion di valore . Ed e' vuole al-
tres'i , che quando delle imprefe fi p^rla^e delle fìgnorie de*
Tirreni , non fi debbano intendere del paefe , che a tempi
fuoi abitavano , ma di tutti i luoghi da lui accennati , che
da i Tirreni nella Campania principalmente fi erano pofiedu-
ti (i). Or non combatte egli di fronte l'opinione Cluveria-.
na ,
(i) Tlvn/ fKJTo. y% ijairsT'i* ta TaXniav IvvMVTt) Tuppiivii xar n; y_p;/os x-xt Ter,
fMypf.M TTirt x«^sf/.i>•« Ttt irifi YLairuiiii x«j No^v* mìia, E poco appreiio ,»
na, quando afferma , che i Tirreni eranrj gi^ nelPOpìcia,
quando pofledevano lungo il Po quelle terre, dalle quali fu-
rono poicia difcacciati dai Galli? E' dunque fuor di dubbio,
che la venuta de Tirreni ncll'Opicia fia anteriore ancora all'
ingreflb de' Galli in Italia; e però quelli , che vi vennero,
non furono gik i Tirreni del Po, ma dall' Etruria immedia-
tamente fpiccaronfi. Debbo condurvi tra quelli gineprai, va-
lorofi colleghi, per potere colla face della critica alla mano,
in mezzo a contrarie autorità , e tutte di gran pefo , deter-
minar quello , che fi convenga credere fenza temenza di er-
rare. Quella ricerca vi porterìi a ravvifar ne' Tirreni i fon-
datori delle più antiche citta della Campania, e a fcuoprire
l'epoca del lor nafcimento.
Convengono tutti, ed è cofa oramai pofia fuor di eontra-
Ho, che Capua fu opera de' Tirreni. Livio, Strabone, Pom-
ponio Mela (i) la chiamano citta de'Tofcani. Servio (2) di-
chiara,eflere fiata fenza dubbio da'Tofcani edificata. Lo con-
feflava Catone nelle Origini delle citta Italiche (3), e lo con-
tesa Velico Patercolo, antico ftorico Capuano, ed altri ancora
preffo di lui (/^). Ma non fono tutti d'accordo fui tempo della
di lei fondazione. Catone, il quale a giudizio di Dionifio d'A-
licarnafib (5) avea con fomma diligenza raccolto le Origini
delle Italiche citta, pretendeva, che ella era ftata dai Tofcanì
edificata circa 260 anni prima che foife prefadai Romani . Ma
Tom. II. 5 fu
ilo xiti T»f Ì!-ipiPTcti Tuppnvu» S'irafUtif nX!"' Tisiu^ui tok ayaptpicy tiri TX.i> yi/u
xaTtyoiitviiii wr etvnur \Kptii , aK\ tiri tu nrpitipiifiita ■rrtS'itt x«( Tas ix tutui'
Tk<t roTor afopuat . Polyb. Hift. L. II. e. 17.
CO LW. lib. IV. Sirab. l. V. Mela lib. 11. e 4.
(2) Serv. in X. ^neid.
ti) Caro in Orig. apud Velie;. Patere. I. i.
U) Veli. Par. I. 5.
(5"! Ec o'if eri rij.cxis/ re Karat , e t«,- ytttit\eyitt< ruv tv IraXix fioMm
iViftiKcrxTtc cvvaya-juv, Dionys. Lib. I. cap. p.
fu prefa nel confotato dr Gn. Fulvio Centamato , e dì Pi»^
blio Sulpizio Galba l'anno di Roma 542 . Se dunque ne
torremo 260 , (eguira, , cjie fu. edificata a parer di Catone
l'anno di Roma 282. E in quella ipotjfi potrebbe ben eff.;r
vero , che i Tirreni non abbiano molto pria di quel rempo
occupata l'Opicia. Ma noi giudicar non polTiamo, della dili-
genza di Catone neh' inriagare le ofcure oiigini delle città
d'Italia, fé non dall'elogio, che ne fa Dionifio. Qualunque
però iia Hata la fua difgioza , non fark al certo gran fallo,
dubitar del buon efìto di una imprefa tentata in tempo , ia
cui la coltura de' Romani era ben lontana dal punto, al qua-
le giunfe un fecolo, appreflb , e s'i radi , e sY poco accu-
rati erano gli fiorici monumenti ^ che la ftefla ftoria de""
primi cinque fecoli di Roma è a griviffimi dubbj foggetta ^
Or che farà (lata per un Romano , affai p ù per repubblica-
no orgoglio , che per lett.'ratura fainofo, per Un Romano ne-
mico di ogni letteratura flraniera , per un Romano del VU
fecolo. di Roma , che farà fiata , io dico , la (toria ofcurilfi-
ma di tutte l'altre città Italiane?
Ben polTiamo airincont-^o giudicare da noi flefU della di-
ligenza ed efattezza di Dioniiìo d' Alicarnaflo, il quale, ben-
ché greco, merita a giudizio di tutti i dotti dilHnto luogo
tra i più infgni fiorici di Roma, lo dunque oppongo a Ca-
tone l'autor del 'uo elogio.. Quello, che quefli racconta di
Capua, diiìrug::;e ad un tempo l'opinione Catoniana, e l'ipo-
tefi del Cluverio . Aveano j- Cumani riportata fegnalata vit-
tòria degli Etrufchi ^ degli Umbri, e de' Daunj collegati con-
tro di loro nell'Olimpìade 6^. Vept'anni apprefTo Ariflo-
demo s'impadronì della S'gnoria di Cuma , e rJteoevaU an-
cora ni coniolato di T». Geganio Macerino , e^ di Publio Mi«
nuzioyche c.ide nell'anno 261 di Roma. Le indicibili cru-
deltà di Axiilodimo fecero fuggite di Cuma i figli de' pria-
c.ir
35
cìpali perfonaogì del pae^e , che li tiranno aveva facrihcaio
alla Tua ficurezza . Gli eluli trovarono in Capua un afih) , e
tratti nel loro partito nulti d.-gli abitanti , prafero l'armi ,
e col fuccorfo de' Capuani rientrarono in Cuma, dove in un^
notte fdtra granìifTiiia (trage de' partegiani dil tiraino , e lui
meJelìi-no con tutta la fua famiglia trucidato , fciolfero da'
ferri la patria . Or da qu-fta narrazione polFiamo intendere
di leggieri due cofi . La priaia è, che gli Etrufciii, i qaali
avcano fatta alleanza con gli U nbri , e i Daunj conrra i
Cumani , non furono quelli, che venivano allora dal Po di-
fcacciati dai Galli , il che Di-»nirio non fi è avvifato di di-
re, ma libbene gli Etrufchi di Capua , i quali come ricchi
e potenti aveano potuto concepir g^lofia della fortuna di Cu-
ma, e come nemici di lei, e del fuo tiranno, ed accolfero
gli e'"uli Cumani , e di>'dero loro ajuto per fottrarre all' odia-
to giogo la patria . Cade dunque la fu^ipofizione del Cluve
rio, il quale da quello racconto di Dionifio vuol dedurre,
che gli P.trufchi congiurati con gli Umbri e con i Paunj
furono quelli del Po , e che quelli fiano (lati i fondaiori di
Capua. L'altra è, che Capua eTifteva prima dall'anno lói
di Koma , quan lo accolfe i banditi Cumani : or come fup*
pone, che fu edificata l'anno 282, come pretendeva Cato-
ne? E dove trovar ragione di dubitare del racconto di uw*
ftorico di tanto pefo , come Dioni.'ìo d' AlicarnaflTo ? Forza è
dunque di conff::ir;re, che la fondazione di Capua è di qual-
che fecolo più antica, che non creJea Caton.? , e che non fu
digli Errufchi del Po eretta, ma da colonie venute di propo-
sto dall' Etruria .
Non farà dunque fuor dì ragione abbracciare il fentimento,
chea tempo di Velleo Patercolo era comune, ed altra oppofi-
zion non a^ èva, che l' autorità di Catone. Velleo medefimo,
che come Ilorico e Capuano doveva efler nelle patrie anti-
* chi-
^6 ., , .
chitk verfato più d ogni altro ftraniero, confuta l'opinion di
Catone con un argomento bens'ijche al Pellegrino non fem-
bra efficace , e a quella adcrifce , che era de' più degli fcrit-
tori (i). La fentenza de' più era, che Capua fu da'Tofcani
edificata ottocentotrent' anni prima del tempo , in cui Vel-
ico quelle fue memorie itioricha diftendeva . Or egli le in-
dirizza al Confolo M. Vicinio , il cui confolato cade nelT
anno di Rome 782 . Non v'ha dubbio adunque , che intor-
no a quell'anno egli fcrivefle. Se dunque Capua fu edificata
ottocentotrent' anni prima , fegue , che l'epoca della di lei
fondazione va di 48 anni innanzi a quella della fondazione
di Roma fecondo la comune cronologia . In quefta guifa tro-
var poffiamo fi'jridiflimo l'imperio de' Tofcani in quafi tutta
l'Italia, anche pria che Roma nafcefle , come Livio il de-
fcrive, e pjffiam credere con Polibio, che le grandi impre-
fe, che in s'i rimota antichità fi raccontano de' Tofcani , nos
fi debbono intender folo di quelli , eh: fignoreggiavano 1' E-
truria, ma di quelli altres'i,che erano nell'Opicia trapianta-
ti ; e poffiamo giudicar finalmente, che non dal Po , ma dall'
Etiuria molto prima fiano qui vetiute colonie tirreuiche a
fìabilirfi .
Ma
(0 Dopo aver favetlato Velleo tib. i. dell'età di Efìodo , foggiunge ;
Dwn in e^teriis moro-y incidi in rem dome'ì'icam , mjximijue errori^ ,& mul~
tun difc-eoiniem da'orum opìnìonbiis . Num ^aida/ii hujus temporis traan
ajuyit a fu^ci! C::>'iayn , Nolamtj'ie conditam ante an'ios fere DCCCXXX ,
guibiis e^'iiien adfen/erim . ^ed M. Cato fuoniam dìffert , gui dicat Ca-
puani ab eifie'n Tiifcis conditam, ac fubindt Nolam : Jìetilfe aittem Capuam,
anteqtiam ì Roman'ts capire'uf enn'is circiter CCXX . Qj(od fi ita efl , quum
fi-it a C.ipud CCXL ^ut cnndha efì , anni funt fere D. Ego (pace diligenti^
Ca'oriit diterim ) vix crediderim tam miture tantam urbem crevi[fe , floruiffey
concidiljfe , re/iirrexijfe. U Pellegrino trova debole qiierto ragionarnento di Velr
leo, il quale non poteva indurii a credere, che aveffe potuto una città in sì po-
co tempo fin cinquecento anni) innalzarfi ad un grrindezza , che la rendeva
cmola di Roma, ed una delle -tre più poffenti città dsì mando, e cader poi
e for^
37
Ma non fu Capua fola traile coloiiie etrufche , come
• qui giunfero , edificata . Doccici citta aveano nel!' Etruria ì
Tirreni , dodici ne fondarono vicino al Po , tefiimone Li-
vio (i),ff dodici ne piantarono nclfOpicia ^ dice Strabene (2),
delle (j»di quella^ cbc n era come il cnpo ^Cnpua nppdlarofio.
Nel fe«?ro, fjogiung« (j)» ^ Capu.i toro Metropoli ^ capo vera-
mente dell'altre feconda l'origine del nome ; poi, he l' altre po-
trebbonfi in confronto riputare piccioli ca/ì:lli , anzi (he no ,
tranne Teano Sidicim . Al qual luogo del greco Geografo al-
lude Euftazio nel cemento fopra Dionifio Pc-riegera, ripeten-
do a un diprefTo le Relìe parole . Dodici, à^ t^W ^ejfenda le
cittJ de' Campani , nel centro giace Capua , capo 'veramente
dell' altre giujìa l'orìgine del nome nella lingua latina (4^*.
Qua-
e forger di nuovo , e giugnfre a qusl grado di riccfiez7a e di fplendnre , in
cui la defcrive Cicerou» in più luoghi . Certamente il corfo ordinario delle
eofe umane non foffre quelìe quali fufaitanse efìremità ; e Roma crefcend»
fempre e Tempre favorita dalla fortuna, di quanti fecoli di vittorie ebbe me-
ftieri per pareggiare la grandezza di Capua? A me fembra , e il dirò con buo-
na pace di quello egregio Critico , molto più frivola la confutazione, che
egli ne fa , dedotta dai luogo comune della illabilità della fortuna . Non è
già , che io creda valevole la ragion di Velleo a rtabilire la verità dell' opi-
nione contraria a quella di Catone ; ma pub ben edere un motivo di cam-
minar per la poita , di co-.fi.-ntire piuttollo ali^autorità de' più, che a quella
di un folo , il tener dietro -ai progrelTi ordinar) delle cofe umane •
(i) Incoluere uràihui d.-io-lenis priiis cis .^p^nninuna ad iaftrum mareifo-
Jìe.7 irai' -^peinintm toti.lem. Liv. V. e. ^7.
(:) Ajtixa l'i rroxit! tyxxToixia avru ( cos"; legge il Calaubon ) rit» oioy x«-
ipt'Kjif iìyitix<n Yianryiii/ . Strab. lib. V. p. ^7".
(}) E» (Ts ^ì-iyairt KaTuy f/.ty «ri» C jjitrpoTiK'J! , XipxKn ra o/ti x«t« tkS"
ìt'j [t'ir ■ITU T» oyofiaiTOs . Tot yupaWu Toyi^yia yiii^ìiT «»• ««Ta TiiyJVii(,pi<n> y
ir\ny T%oevs Eii^iXJim . Strab. Lib. V. p. milli ?7-;.
(4) Asftxx <ri Toif Y^uiAiràìVoif v^ay voXiiiry , (y (/.(iroytia i7iy 'n Koiryi; xtfochi»
T») oyn , af p>t<ny ò ytoffK^os xxTa m fi-j/xcriiTa oyoiAXTos yXoTTn AaTivuy •
Io non fo quanto vaglia quella etimologia, t' mai polTibile, che i Tirreni
abbiano prefo dalla lingua latina il nome di una città da loro fondata ? So
bene guanto han detto gli antichi ed han ripetuto i moderni fnlla origine
dì quella voce . Vogliono gli uni , che le disde il Tuo nooie Capi , che fi
fup-
3^
Quali dunque furono le <!o(3ici citt^ tlrr?nnlche , tlelk
quali era capo e metropoli Capua? Niuno degli antichi le ha
eiprelfamente nominate , o piuttollo moltiQinie citth della
Campania han detto avere gli Etrufchi abitato , in guifa che
trop-
Tuppone condottiere della colonia etruOia . A'tri pretendono , che Capi fu
un degli antenati del condotriere , un Capi Tro/ino, e Re dì Troja , e chi
«luerti in o.ior di fuo avolo l' abbia cjsl nomimta . A'fri dicono , che Cipi
fu il condottiere de' Sanniti, i quali di venati padroni di Cipua le diedi^ro U
nome del lor generale, e credono, che pria fi eh a in 'fé Volturno. A que-
lla opinione diede pefo la voce fparfa in Roma da Cornelio Balbo , che fi
folTe travato il fepolcro di Capi fondatore di Cipja , come narra Suetonio
in Celare, con una ilcritione in lettere greche, la quale portava, rhi quan-
do fi fodero fcoverte le ofTa di Capi, farebbe ikto uccilo un dir:?nienre di
•Giulo, e r Italia farebbe (lata afflitta da grandi calamiti. La fcoverta fi dif-
fe fatta nc?lla deduzione della colonia ivi mandata da Giilio Cjlare , e la
pretefa ifcnzione fu interp?trata della morte di Giulia C-.'fire , e della guer-
ra civile , che la fe^uì . Noi pofTHmo fenia fcnipolo rinundar turra q'ie.la
narrazione tra le tante fole, che ne'' grandi e ihepitoiì avvenimanti fi fpac-
ciano . Altri la derivano dall'aii'^urio de"' falconi, chia.-niti ceffi m linguag-
gio etrufco ; altri dalle torte gambe del primo condottiere deila colonia. Il
certo è ,xhe ficcorae rrovaniì monete antichilTime col m:n? Capta icritto iti
car^itreri etrufchi , ed alla miniera orientale dilla dritta alla finiitra -, cioè
3nn3 Kapb, o Kipba come le{ige il Mazzocchi , o Kapu , come legge P Oli-
vieri (, poiché il Kanp , o Kamp, che vi fcopre il Muchele de Attellis po-
trebbe ben aver dato origine ai Campani, ma a Capua non già J; co5Ì non
v"* ha dubbio , che quello fia llato il nome , che gli E"-ufchi le impofero .
Ma per falvare in qualche modo il rifpetto dovuto alT autorità graviffimi
dì Strabone, fareSbe mii ver'.limile , che avendo intefo pronunziare dagli Upi-
ci , cìjc dagli aitxhiirmi Italiani, alla vi la di quella cut.i, la voce cup. che
fu certamente della orim'ti'^a l'n:^ua ita'iana , e capo dimt?) , abbiano gli
Etrufchi così chiamato il luo^o , che doveva e(Te-e metropoli d«!r altre co-
lerne i" io lafcio al giudizio de-"-'! ei-:iditi q leh ^iT^ettura N.ii fenza dub-
bio per tal modo chiamiamo M.td {alani , e B.'folafi , o Birolal , e volgar-
mente l^irlafcì col nome , che i no ìri miggiori inr-fero oroninz are di Sa-
ra-.-n; a.'la vita dell» torre , o rocca , che a MadJiloni fopra tii ancora, e
de famofì ruderi delT Anfi-eatro Capuano , conlervando le l'abiche deiio.ni-
na/ÌTn- . Perciocché r./'^ia', e '■ti arabica defineiza mì^Jliln'i , torre , O
rncc.i dinota , com' orferva il Mwzocchi nelle fue annotazioni all'* apparato
de! Pellegrino; e Berolafti dal Sariceiiico B'rr ^ n B;r.i difcenle, che dino-
ta cofa rotonda , recinto , anfiteatro , ed alhas forte , fijcome infegna i"* Af-
fé-
troppo cliffi.:il? (il ri:Kl-)v*nir? , quali fimo le dodici , di
c.i parlano S'rabjne e.l Eu'Uiin ,mMtre d.'lle altre converrìi,
dire, eli' in tempi pf)llrri.)ri , quan i.> cercarono gli Etru-
fchi d'ingrandirli, furino da loro o conqjiltate , o edificate.
Aff';rma con f>verthia fraache^.za il Capaccio (i) effire
ftate le prime do.iici ,. o p'uttolto le fola dodici città, degli
Etrufchi n.'lla Campania : Capua, Cuma , Pozzuoli ^ Erco*
Jano, Pompei, Atella, Ca'azia , Caferra ,. Cafilino^ Voltur-
no, e SJdicino. Kel che es)'\ fi è manifvllai-Hente, e in va-
rie guile allontanato dai vero. E' parla, delle città, che abi-
tarono gli Etrufchi y fenza vcuna dilHnzjone di. tempo , e
^uefie furono fenza dubbio aflai più' delle accennate da lui:
poiché fé furono città etrufche un tempo Ercolano,P mpei,
Pozzuoli, e Cuma, lo furono lenza dubbio ancora e Teaoa,
e Nola, e Velila, e Marcina , e Stabia, e Sorrento, e No-
eera. Ma noi andiamo in traccia delle piime , che entrardo
EcU'Opicia fonc'a'ono. Oltracchè non fono poi dodici le cit-
tà che nomina; e Caferta,che tra le aniich'fliine città etru-
fche annovera , non può vantare si ahi fiatali , effendo fiata
aella mezza età edificata..
Il Ma'chefe de Ar ellis,il quale non ha voluto feguire il
filo cronologico degli avvenimeiJti , né riflettere, quali Etru-
fCG-
femani Irai. H'/fcr. Script-, tcm..r. cap-. XIL. p. ?4?. , eiacchè queflo nome
S^ intele la prima vclra , allorché il fianiofo anfiteatro convertito dsi Princi-
pi di Cspua in CrlVilo fii dai Saraceni occupate e 'eriuo per lei anni in-
fi(-m colle tiuppe Napolir^ne di Atranafo , cio»^ da')' arno Ìs82 fino ali óHS.
Non parlo dell' oricine celtica datale dal Sii.. Bsrdert' . Egl la F'e' de dalia
voce ccl'ica h:ppv , o hnpDy ^ eie din( ta profperc yfelhe : frn'bbe Oato UB
nome di buon augurio, (e po-enTi perfuadermi , cHe i noOri pmicniti'ti , gli
O^'ici , o gli Etrufclii fiano (lati Galli , o Tedel'chi . Quello fìiiema rit\i?rdo-
a;ia Campania , ed ali* Etrur.a fa a calci con tutte le memorie inconiraiiabj.--
U: dell* ant-chitì .
(^i) H'tjlon. Neaj>, lib. i^ e. 2..
40 ....
fco-Fefiicj , e doa:{e fiano venuti nelT Opìcia , creda , che
fiano itace Vefcia, Volturno, che egli tien per fermo, che
poi fu detta Gapua , Guma, Pozzuoli, Falera, detta poi Par-
tenope e Napoli , Acerra, Ercolano, Nola, Pompei , Noce-
ra , Stabia, Sorrento. Mi ve ne ha tant' altre, ugualmente
dagli Etrufchi fondate in quelle contrada : perchè danq ui fce-
glier quelle per crederle L- più antiche, e le prime? Se Ja
ragione, che induffe il Marchefe a qjefta fcelta , fu perchè
creuè naturale, che i Fenicj mercatanti, o corfari dovelTero
ftabilirfi fulle maremme, perchè nominarvi Acerra, Nola , e
jNocera, che fono medherranee? Perchè avrebbero piantata
la loro metropoli entro terra, beo dieci miglia lontana dal
mare?
In mezzo a tante difficolta, il Pellegrino difparò di rag.
gìugn:;re il vero . Io però fenza attaccarmi ad alcun filte-
ma, lenza dar libero corfo ad ingegnofe, ma deboli conget-
ture, ed in cofe di si rimota antichità rifpettando più l'auto-
lira degli antichi, che i lìitemi fabbricati da noi medeiìmi,
cfpo rò il mio fentimento colla lufinga , che fé non avrò
colpito nel vero , mi vi farò almeno più dappreflb avvicina-
to. Vedian^o dunque, fé gli antichi ci poflbno fu di ciò por-
gere qualche lume. Strabene, ed Euftazio affermano, come
abbiam poc'anzi offer\ato, che Capua giaceva nel centro, nel
bel mezzo del paefe da' Tirreni occupato, in modo che fi poffa
dire, che le undici altre le facean corona dintorno , e forma-
vano tutte inr;eme l' agr» che fu detto pofcia Campano, o fia il
primitivo tertiiorio Capuano . Quefla è la forza dtlla voce
jAiToycnx , di cui fa ufo Strabene , e ixuoyxiov , che adopera
Euftazio. Dunque pare, che dobbiamo andare in trrccia dell'
altre undici in un fito non molto lontano da Capua , e rav-
vifarle nel di lei contorno, e non ifcorrere fino a Stabia, e
S&rrento, per ritrovarvi citta tirreniche. Or di quelle che
foiìo
41
fono intorno a Capua, Cuma fu opera de'Calcidffi , che da
«ju.lla fpiaggia di cacciarono gli Op ci , ed è la pili antica
delle colonie greche venute in Italia, teftimone Strabune (i).
Pozzuoli, o lia la Dicearchia, come tu da princpo chiama-
ta, riconofce per fondatori i Greci di bamo.e non oltrepafia
nella fua antichità l'annj 232 ai Roma (2) . Falero , b fia
Parienope » citt^ greca, nou fu mai n.l territorio Capuano.
Stabia, Sorrento, Nocera , e Marcina fono troppo lontane
dal centro, ove era Capua, e convien dire , che fi ftefero
fin Ik gli Etrufchi , quando crefciuti di popolazione e di for-
za giudicarono troppo riltretta per loro la Caupania Capua-
na. Ercolino f e Pompei furono un t^-mpo abitazione degli
Ofchi , indi tolte Lr dagli Etrufc'ii . Ma neppur è da cre-
dere , ch« ciò fia nella prima fpedizione -avvenuto ; e i loro
nomi fopracciò dimollrano origine gr<;ca piuttofio,che etruTca.
Ma (e vogliamo volger lo fguardo all' antica topografi*
del contado Capuano, fé vogliamo attenerci all'idea, che ci
foniminiRrano Strabona ed Euftazio , fé non vogliamo ufcir
dai confini deli'Opicia propriamente detta , o fia della Campa-
nia Capuana , farem non lenza ragione portati a credere , che
le undici cittìl , che cingevano Capua, furono Cafilino, Larif-
fa, Volturno, Literno, Atella, Acerra , Trebola , Sueflo'a ,
Saiicola, Combultsria, Calazia. Qucfte furono fuor di dubbio
po(!e tutte nella Campania Capuana; fono le fole, che nell'
antica geografia in quel contorno fi veggono ; formano un
fcmìcerchio intorno a Capua , che é nel centro ; e fono di
Ton.il. 6 tan-
(i) Strab. L. V. Ki/a» yk\v.i^(i)v , Xrfi Yiufi:tia9 iruyutUTctroi' nrirfict: ira-
ut/ >«/> eri Tfne (SuTiem <mr 'n Sdif^ixac x«i niay liecKiùiTiìùip . Di qui conchiu-
de il Salmafio che lìaanteruTe aila t;uerra di Troja la lua fondazione . Crff.
ti: St.l'in. n. 77. Ma chi gli ha indicato il tempo della navigazione de' Cal-
cidefi e de"' Cornei ?
(2) Htifeb. in Chron. ad ann. Abraham! 259(5. Veggafi Jo Scaligero fu
quetlo luogo, e Stefano Bizanrtino v. HcnroKji.
4».
tanra antichità, che poche n'erano in piedi, a'^tcmpi di DJo*.
nifio d' Alicarnaflb, ed og^i una fola n' elifte , che abbia i'
antico nome ritenuto , ei è Acerta ..
Lari(Ta,che Dionilio Alicarnaffco chiama citta Pelaf^'ca (i),
è fenza dubbio Fenicio— Etrufca . Efla era non raot-.j lun-
gi dal Ponte Capuano fui fiume, Savone , donde coniiaciava
il territorio Capuano., A' tempi di Dionifio, non, van era più
memoria , ed appena era noto, a pochi dotti il fuo nome ,
come egli medeiimo atrefta . Non molto lontano, era il Fo-
rum Popilii, 0. Poptii: ma qu'fta denominazione mi fa fofpec-
tare , che non fia di tanta antichità , ne fia opera primitiva,
degli Etrufchio
La ftoria. d-ella- feconda guerra punica ci fa veder chiaro,
che AteJia, Sueffjla, e Calazia. feguivano d'ordinario l'impul-
fo della metropoli, e ne decreti del Senato, con i quali fu-
rono puniti; della loro, rivolta , vengono fempre citta cam-
pane appellate (2).. E Fello le, città noverando , che in pen3;
di aver abbracciato il partito cartaginefe, furono ridotte alla
condizione di Prefetture, nomina tra quelle, che erano nel-
la Campania Capuana , Capua , Cafilino, Volturno,, Literno,
Acerra , Sueffola , Atella, e C.alazia. E' vero, , che vi nomi-
na anche Cuma, e Pozzuoli, ma. quelle non. appartenevano
alla Campania primitiva , ma le appartenevano , quando gli
JE^trufchi Campani, ebbero, d'ogni parte dilatato il loro, domi-
nio, e la Campania fi ftefe da i confini, de' Volfci fino, al Selo.
Ho porto con Atella, Acerta, Sueffbla, e Saticola anche
Trebola , e Combulteria di qu^ dal Volturno,. Il Pellegrino
sj ingegna di far nafcer de.'dubbj lulla pofizione geografica di,
que-
(0 Antiq. Lib. V.
{^l Veggaf» iiv. !.. XXVI.. C, 34..
+5
•tjuefte Jue. Le crede di Ik dal Volturno fuori -delia Campania
Capuana, ed attacca perciò lunghifTima briga coi Sanfelice,e
col Ciuver o.In quanto a Treboia non ad altro fondamento s'
appoggia ciie ad una troppo debole fuppori2Ìone,fli efler guafto
un celio di Polibio, il quale medicandofi a modo Tuo verreb-
be a darci Treboia di Va, dal Volturno in un luogo detto
le Treglie, che egli crede una corruzione di Treboia. Irn>
perciocché favellando lo dorico greco della marcia di Anni-
bale, le tre vie defcrive difallrofe ed anguRe , per le quali
cotidur poteva l'armata dalle vicinanze di Roma nella Gara-
pania Capuana, e l'una dice venire dal Sannio, la feconda
dall' £»;^<7Ko , e dal paefe des-li Irpini la terza (i). Il noa
trovarfi motto di coteflo Eribano in alcun altro autore antì-
co fece venire in penfiero al Pellegrino, che Polibio avefle
fcritto Trebiano, ove legGefi Eribano (2). L'Olftcnio appro-
vò la correzione del Pellegrino , e Merico Cafaubon cadde
fer.z' altro efame nello Iteflo folpetto- Ma quando fupp^r (i
debba quefta magagna nel tefto di Polibio , e vog'iafi (ofti-
tuire Trebiano ad Eribano, non è egli evidente, chi fiam»
ancor lontani dal trovar Treboia^ dove abbiam porto Treb'ta'
noi Qual fomiglianza tra Treboia, e Trebia per fupporre,
che follerò lo Iti (fo luogo ? Ne potrà f.-guir lola^nente , cha
vi fu un luogo chiamato Trtbia per cui poteva palfare An-
nibale: ma Trebia non è Tribola.
Su quella fuppofizione pertanto e' viene a guerra finita
con Livio, e lo accagiona nientemeno che d'ignjranza, di
ccxjfufione , di gelolia , e d'ingratitudine , per aver pollo di
* qui
(0 M;tf (Hf tiro riis "Saunn^if , S'ivrira ìt V aira w ^ruPam '* ^t x«-
r«XmM5 oiVj tu» /.etri ih < 'Ifirivaf-rairav . Pi yb. Hlltor. Llb> 3« J.
(2j «Tra Td "TfifSictyTu , la vece di ^piiScty» •
44
qua dal Volturno Trebo^a in Jefcrivendo il cammfn tenuto
da Marcello, e da Fabio. Di Marcello, dice Liuo fi), che
tragittato il Volturno, per lo contido di Saticola,e di Tri-
bola fopra Sueflòla, giunfe pe' monti a Nola. Di Fabio poi
racconta , che paflato il Volturno entrambi i confuli erano
in fazione. Fabio prefe d'affalio Combulterla , Trebola , ed
AufTicola , o fia Saticola , città , die avean feguito te parti
di Annibale . Or ri.9:ettare !a fpe:chiaM autorità di ù grave
* ?^bg-'2'''^'^''0^2 Iffoiico,coma Livio è, perchè fi fuppone un
errore r.el tello di Pdihio , e per;hè queflo fi vuol correg-
gere, come ha potuto venirci in mente, o come meglio fi
confa al rofiio proi-onimento , quefio è, lo dirò con buona
pac^ di Pellegrino, un volerfi far beffe della buona fede di
chi le^ge, e far abufo troppo ftrano della critica.
Né vai punto il dire, che la ftraJa , che Livio fa tenere
a M r:ello a traverfo de' monti, non potea condurlo a Na-
ia, che egli anjla^a a foccorrere. Imperciocché effen.^o NoU
afleciiata da Annibale, il quale ritornando dalla corfa fatta
a Fai poli avea piantato il carneo al mezzogiorno di Nola;
Marcello, che avea tragittato il Volturno, dovea paffare per
Su'ffola , S'aticola , e Trebola, e pe tnonti di S. Mariano e
Rocca Rainola diQ;endere al fettentrione di Noia per far pe-
retrare agevolmente il foccorfo nella piazza . Ecco la llrada ,
che Livio defcrive , e che il Pellegrino non ha veduta . E*
vorrebbe f.ir nafc -re il nodo nel giunco per indebolire in
qu (la parte l'auioFità del padre della lloria ronaana.
Ma
(i) Voltirryjn amie trnnfacìo per agrurA Sar'etilanum Tre&ulanumqtte fuper
Suefìolum pur moie! NJim perven'it. Li", lii). XXIH e. 17.
Tra'it;relfo l''ùliuriiim Fitb'io poft erpìma ta-id.-m protìtqia , ambo confutes
rem ^ercòint . Combiiheria'n & Tnbul.fn , & A'ijicolam ( fi vuo! leg°;re
Saticalan } urbes , qitod ad Foenun defccerant , Faiins vi cep'it . Lu>. ib.
,45
Ma Io voglio efTer pur liberale . Sia quanto e' vuole di-
fordinato e confufo il racconto di Livio : che direme della
Si cliiara ed orportLuia telHmonianza di Plinio , il quale an-
noveraiido i vini d Ila Campania, nomina particolarmente i
viai Tribolani nel teritoro Capuano (i) ? Tutte le foli-
llerie del Pellegrino non f. ranno mai , che i vini Trebo-
la li , e però Trebula Ifelfa , non fumo ftari a fentimento di
Plinio nella Campania Capuana , n'- che le parole in fm agroy
nel contado di C^pua non omotino , che i vini Trcbolani
nafcevano nel territorio Capuano . Or non è egli ragione-
vole atitnerfi , trattai^lofi di cf'fe antiche , alla chiara lelli-
monianza di qualcha antico e non ignobile Ccrittore, che al-
le fonili o fhtiche interpretazioni, o immi^tnazioni de' mo-
derni? Ma io voglio pur impattarla col Pellegrino ; ^-Oichè
m'increfce oltremodo di dare fpiattellat.nnenre il torto ad
uti' uomo SI giullamente rifpettato , e delie patrie anti^-hirk
benemerito aliai. Sia sbaglio di ananuenfi \ Er'ibana d; Poli-
bio , e ripongane in vece Tr^bìaììo , o fé (ì vuole ancora ,
Trebbiano. Ma non facciam neppur onta, o violenta ai due
«grandi Storici della Natura, e di Roma. Direm">, che furo-
no due Trebole , una di là dal Volturno, per la <jiiale paf-
far poteva Annibale venendo a Capua , l'altra di qua , pef
la quale pjfsò Marcello andando a Nola . Q_'iella non farà
mai una ereHa : non vi furono due Calazie ? I: Mazzocchi
non è da quello penfiero alieno (2 . Cos'i metterem fine ad
un tal piato; poiché di Gorabulieria non pofl'o dir altro, fé
non
(1) Campania nnptr excìiavit tiavh ttomin'rSur ùti^oritatem frue cura > /»■"
f«/« . JÌd quartum a Neapolì lapidem Trebelliàs , juxta dipuam Cauli'iis &
hi fiio e^ro TreóiiUiit , alìoqui femper imer plelnìu > & Trifelims ^Iettata »
Piin. Hi!l. Nat. lib. XIV e» f> .
U) Neiie ADBot. a Caaimillo Pellegrioo.
4<S
non che II Pellegrino la vuole «di là dal Voltarno fuori della
Campania Capuana, e Livio l' uriifce con Sueffola di qua lial
Volturno . -Laìcio adii mi afcolta i' arbitrio di giudicare, a
qual de'due debbafi prelìar fede , e lenza tenervi più a difa-
gio, torno al mio aigomento.
Un nuovo dubbio qui inforger potrebbe , meglio in appa*
ronza fondato, riguardo a Teano, e a Nola, che dal nume»
ro delle prime dodici città etrufco— campane ho efclufe , mea-
tre ipar che Strabene vi abbia efpreHamente inclufa Teano,,
e Velico Patercolo accoppia apertamente Nola con Gapua .
Ed io fon pur certo, che che fi dica il Pellegrino, che Tea-
no, benché portap abbia l'aggiunto di Sidicino , di origine
«trufca fia, e dai Tirreni ftabiliri nell' Opicia fia ftata edifi-
«ata nel luogo, ove i Sidicini, popolazione opica, dimorava-
no . Efla fu detta Stdicìno ., come Capua Ofca . Ne fegui-
r'a , che Capua fu fondata dagli Opici ? Ma egli è incon-
traftabile , che Teano non fu nell'Opicia propriamente det-
ta , vaie a dire , non fu nella Campania Capuana . Il di-
Hiofìrano le parole degli ambafciadori Capuani al Sena-
to di Roma . Tu poco , dicevano , che le nollre legioni
furono una volta nel contado Sidicino , un'altra nella Cam-
pania ftefia fconfirte (i). La diflinzione del luogo delle due
rotte fa veder chiaro la feparazione dell' agro Sidicino dalla
primitiva Campania . E poiché i Sidicmi furono f unico ra-
mo degli Opici , che fopravviffe al diftruggi mento della na-
zione, come attefta Strabone (2) ; forza è di penfare -, che
Teano furfe lunga Itagione dopo che i Tirreni fi furono
dell' Opicia impadroniti . E quando lo fleflb Geografo affer-
ma ,
(i) Parum fuìt , quod femel in Sld'rcìno a£ro , Iterum in Campania ipja le-
giones lojìrae cecidere . Liv. Ilb. V\l.
(i) Lib. Ve. I n. 7. 'sTSj (Te Osku Kainramr «•Se»; ii<.Xt\oi'!ros .
4T
m^ì. che Capua è realmente: capo dell'altre , perchè quefte
fono, anzi che no, picei li, callelli in confronto di efla, fal-
Yo Teano, Sidicino ; ciò fi vuol, inr^indere del rein^jo, in cui
Capua lu la prima cir:h tiella. Gampjm'a in lignificazione più
larga, nel qual tempo erano l'altre a fronte di. ki picciole
affai;, e T(.'ano Sidicino era citià di gran nome (i).
Di Nola è molto vario il parlar degli antichi: chi la dà ai
Sanniti, chi ai Campani. Ma fé fi ponga occhio alla diffe-
renza de' tempi , fi potrebbero di leggieri conciliare le oppo-
fìe opinioni . Ella, è di origine etrufca , ma fuori della pri._.
witiva Campania ; è nella Campania, allorché quella fi di-~
Iato da tutti i lati. Agli Etrufchi fu tolta dai Sanniti. Del
refto Velleo medefimo dimpflra, che non fu da' Tirreni fon-
data nel medefimo tempo che Capua, almeno fecondo il dir
•di Catone ; Capua fu da Tofcani edificata , e qualche temp»
dopo anche Nola (2).,
Spero , che a temerità non mi fi aferiva di aver voluto
entrare in lizza col Capaccio , e col Sig. de Attcllis ; e dì
aver ofato far quello , che non osò il celebre Pellegri-
no . Egli dopo aver rifiutata l'opinione del Capaccio , non
volle in mezzo a tanta ofcurità tor fopra fé di decidere, quali
fiano ftate veramente le prime dodici colonie Tofcane . Io
però nel proporre le mie congetture non mi fono di lunga
«ano dalle lue idee appartato fulla confinazione dell' Opicia,
o fia della Campania Capuana. Era inutile in confeguenza,
che ivi cercaffi , e non. altrove , le undici città , di cui Ca-
pua.
(0 Efia è veramente capo dell' altre , dice ii Geografo nel luogo citatodi:
fopra, fecondo l'or gine del nome, poiché l'altre riputar fi potrebbero pic-
cioli callelli, anzi che no . in confronto di lei , tranne, Teano Sidicino , è
è;vidente che favella di ciò che erano a' tempi fuoi .
C.^), CppuarH: ab eisdem. conditam > ac fubinde Nolam ,
4«
pua eia capo. Or in qael contorno non altre clttk fi ritto.
vano nominate dagli antichi , e antichiffime riputate , fuori
di quelle, che vi ho poite. Se la confinazìone dell'Opicia è
qua! altrove hu diivoikaro eff,;re (lata , Te la Campania Capua-
tu era in origine tra tjui' confini rinchiufa , che io le ho
dati , lenza aver gli oc^hi di lince, fi potemo in qu^-Iie ter-
re ra^'vifirs ie prima Citta piantate dajli Etrufchi , fenza
wa portarli di primo lancio fino a Nocera e Sorrento, come
ha. t-itto il Sig. eie Attellis , e fenza ri^nanerfene fenza ra-
g'one in furi»;, cum? ha creduto dover tare il Pellegrino.
Furono l'.unqne dodici le prime Coionie Etrufchc cui fta-
bi ite, perchè il d.jd ci era preflb i Tofcani nuinero facro ed
augurale . Ciafcuna di effe vivea da fé con proprie leggi , e
da proprj magiiìrati governata in quanto all'interna ammì-
nilirazioae. Ma erano fra loro unite da i legami di una con-
fedeiazione ù llreita, che formavano un popolo folo, la cui
falvezza era nella falvezza di ciafcuna ri polla, e la caufa e T
interelVe di ciafcuna era caufa ed intereffe di tutti . Quindi a
tutta la nazione prefeJeva un Supremo Maiiilfrato col nome di
Meddidutico, il qu.de eleggevafi a voti comuni niella dieta ge-
neiaiii della nazione, la quale co<Tventu$ Can-pAnorum vien ap-
pallata da Ci erone , e da Cefare . Poteva il Meddiltutico
ekggrn, tra personaggi pù illuilri di cadauna delle dodici
ciità , e teneva fua fede in Capua , metropoli della nazione
ctrufcc — campana. Gli affari politici e militari, che rifguar-
davano i! ben eflere e la falute di tutta la nazione , e le
fue relaz oni colle nazioni vicine, erano nella generale affem-
blea dilculTi e riroluti,e l'efecuzione ne apparteneva al Med-
diflut'co, e in Capui rifcdeva , allorché fu da' Romani pollo
l'alfed o a Cafi'.ino.
Pofliamo di qui render ragione della differenza, che fi of-
ferva tra le antiche monete delie città Campane , che fono
di
49
dì Hi dal Volturno , e quella delle citt^ campane che foi.o
di qu^ . Oflerva il Sig. Daniele (il, che nelle monete ami-
che delie città campane irasvolturnine , come di Calvi , di
Teano, di SclTa non (1 vede uniformith di fnnbali colle mo-
nete di Capua ; laddove nelle monete delle cifth trasvoltur-
nine , come di Acerra , e di Galazia , e for'e a^ cera di
Suell'ola , di Atella , e dell'altre , le monete di qu'lte efi-
fteflero tuttavia . Ed e' confeffa ing^nuimeite dj non pote-
re all'ignar la rag'on- di qu.-fto divario . Ma non è difficile
a paier trio d' intenderla, fé fi rifl'tte all'origine ed alla pò-
litica cond.zione delle città cisvolturnine. L:; prime dod'ci cit-
tà etruf^he della Campania formavano, com ; abb'an detto,
un fol popolo, eJ ubbidivano ad un capo , che a tu'ta la
razione lopraflava. Era dunque naturale, che i medefimifiin-
boli adoperaflfero nelle monete. Or abbiani dimollrato , cha
Acerra , Cjlaz-a , Su^ffola , ed Atell.i, citta trasvolturnioe ,
furono delle prime dodici colonie eiru^ch^ , ubbidivano al
Meddiftutico , e riconofcevano per metropoli <'apua . All'op-
pollo Sefla , Calvi , Teano, pofte di là dil Volturno, erano
fuori della Campania Cipuana,non era io del'e prime dodici,
e furono o conquilie, o fondazioni poH^riori degli Erru^clii,
come furono tante altre città di qua dal VoUu'no . Quelle
dunque non formavano un fol p' polo con gli Eirufco— Cm-
pani; e non entrav.mo n;l ffte.na federativo di Capua. Ec-
co per.hè u'arono fimboli p.irticolari e pr'p'j ndle monete.
Ben è p.»rtanto , che queOa d fF?renza cflrer\ata d.J big. Da-
niele è U'i novello argomento a prò delli fentenza , che ho
efpofla , intorno alle prime dodici colonie tirraiichi nell'
Opjcia.
Tonj.Il. 7 SULL'
0) Numi/m. Camp.
♦■^
SULL' INVENZIONE
DELLA BUSSOLA NAUTICA
RAGIONAMENTO
DI PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI
Segretario perpetuo della soc.
PONTANINANA (i)^
Dal cuor dell' una delle Itili nuove
St mojje v'ce chs /' ago alla fts Ila
Tarer mi fece in vol.:ier>ni al fuo dove ^
Dante" Farad. Xil.
Sic!)Ovpnti fiate, Colleghi illufori, di lafciar mi occorfefdl
buon grado più voice e non volendo talora ) qjelta patria
diletta e di ri ed -ria pofcia Tempre mai con nuova gioja e
con nuu.o trafporro di filial tenerezza. Vidi in fimili oc-
correnze a più r prefe ]? primarie cit'h d-U'Ital'a e dell'
liitima EipC'ia e ce la Francia, e mi toccò fovente d'in-
rarcar le ciglia rngol..rmente in Roma, in Milano, in Fi-
renze, in Venezia, in Madrid e nel grjn Parigi . Né po-
tei nel perconerne le parti più imperlanti n^n illupire di
tanti predigli d-Ue arti che rinferr.in'j, d' innu n ^rabli ef(»-
ticha e dom'vì.'tich? dovizie, di che fa;r.-.o i 1 )ro Mu'-i tef)-
ro , (li cento in 'egnole m.icciiine e il'-imenti fifìci ed aftro-
nomici , onde abbondano tar-te Biblioteche, Gabiu^nti , Tea-
tri
(0 Letto nella feduta de' jo fettembre 1810,
52
tri anatomici, Tflìtutì nazionali ed Oflervatorii . Mifìo al du
letto che me ne ridondava, mi fi prefentò talora ala man-
te, quafi noa volendo, la nuditk e la raiferia d-ella vita Tel -
valigia fofpirata ed elaltata per filofofica oltentazione dal ce»
lebre Ginevrino , e la comparai di volo colle meraviglie ,
co' ritrovati e colle dolcezze della fjc:al3 . E. di p^nfiere in
penfiere quindi elevandomi, avvennemi fpeflb di rifiutere tut-
to folo full' Uomo, e di efclam.ir con islancio non volon-
tario, l'Uomo! . . . Quanti prodigi! quella voce in fé non
raccoglie! . . . Grande, Tublìme, ammirando fpsttacplo Tem-
pre agli offervatori 'Helle meraviglie che ne circon 'ano! Pro-
duzione di poco fango di uno de' più piccioli globi vagami
ài[ noftro (clare (li'ema : nato nuio, debole,, inerme nella
claOTe degli animali,, alleìiato da moli'plici bif'^ni, iniidia-
to da ceato e cento poderofe razze ferine ; 1' Uomo vince
ogM oftacolo che gli rjfilte, e Io refpinge , p'ovvede alla fua
fudi'lenza, dima i^li avver'ani , O-cupa campi, edifica, po-
pila., reg-a, e corti uifce la ftupen-la mole del mondo civile
delle nazioni , che forma i' eteno fuo elogio e l' ellafi de'fe-
c li ammiratori ► Alza queft'eff^re prodigiofo lo sguardo fa-
gce verfo i cielr, e vi contempla e adora una fapienza e
una po'enza infinita e una provvidenza incomprenfibile, e
v' incravvede !e perenni leggi che contengono nelle orbite le
5ram,enfe moli che rotano nelio fpazio , e vi fcorge le co-
fianti rivoluzio.ni delle Ragioni e deg'i anni , e le ofcura-
zioni per o.nche e le prodigi fé de' grandi e de' piccioli lu-
minaci,, e gli apparenti errori di altri corpi per lonian ffime
cllilfi o paiabole da noi divifi , antivendendone il ritorno
dooo p ù centinaia di anni, attendendolo con fcurezza fulla
fede di cilcolo , rived>'ndoli lenza ftupirne e con di'etto .
Sc-nde colla corten^plazione entro T ombrofo gren~bo della
terra che io ioitiene , e ne divifa fcortamente gli ftrati di
tex-
terfnì, ^\ arjj'lle, di f-'dfpati, di pietre calcaree, cìi grani-
ti , di felci ciie ne cornpo.T?&no la mafla , e vi ravvila in-
tepido folfi , fall, piriri, nitri, nafte che vi fi accendono,
e metal! e balanite e cnitalli e gemme che vi luccicano ,
e me aicora voluaii immcii!: di inaeftolì fiuni che ihcL-ffan-
te ente .ip-p-jrtano, può dirli, anzi che tributo, guerra all'
O .ano. Jn vano la natura rinferia i fuoi mill'.riofi arcani
n'=:ile vifcere djlli terra , quafi involar gli volefle all'umatia
f.i.a ith, ovvero fluzzicarna 1' induliria p-rchè più cari gli
rjnda la fatica di rintracciarli. Invano afiCoia la natura con»
gegna i corpi di parti eterogenee, e di tenebrofi involucri
gli ricopre. Franco e coraggiofo l'Uomo gli affronta, gli
efamina per ogni banda, vi s'interna, gli decompone , ne
rileva le bafi e gli elementi, ne diftingue le particelle, ne
deduce le proprietà , e ne manifefla il veleno che uccide e
l'antidoto che rifana e conferva la vita. Gli Stahal alcua
tempo e i Boeraavi e i Prieifley , finché durò il flogifto ,
indi i Morveau, i Lavoifìer, i Fourcroy, i Ghaptal ,i Bru-
gnarelli, inclita progenie dell'uomo invefi'gatore indefelTo ,
fottopongono ai loro chimici Javoratoni i tre gran corpi, e
{cernano ad ogni palfo che danno il numero de mille i na»
turali, ed aumentano i vantaggi che procacciano alla propria
ra'zi le loro feliLiffup.e fccpirte. Armoto pqfcia l'uomo di
fé Delfo e delle a.quiflate cognizioni foddisfarto benché non
faz'o e ricco d'ingjunofi ritrovati corre prima con lo sguar-
do fin dove giugne fui mare , indi con pini audici apre in
ogni fenfo dovunque fpaz;a tjuelto inieiminabile elemento
che la terra circonda e loveote imperiofo dis'?iunge e fre-
mente ad ogni iftante minaccia. Ed in fitti allorché cre'ciu'
ta l'ard ta razza umana fi divile in tante ord; v.4g>nti , e
col nome or di Peiasgi . or di Tirri?ni , or di Fenici e di
Tufci ed Etrufd e Greiefi, corfe per le colte bagnate dal Me-
di'
1*
diterraneo , quale effer non dovette la Tua baldanza o ca-"
raggio che dir fi voglia? Qual petto cinto e ncitito d' ac-
Ciajo non palesarono quegli argonauti che valicarono l'En-
fino diligendoli alla ColchiJe in traccia di lontani tefori che
favoleggiando comprefero fotto l'immagine di un vello d*
oro? Le Cicladi ft-mpre fonanti, gli Ar£"pelig'ii procellofi ,
i vortici del Siculo mare , non isbigottirono gli Anten ri ,
gli Evandri , gli Uliffi. E qual coftanza,o fortezza nan ma-
;nifeflcirono ìi fchiatte Fenicie della Giudea e di Tiro che gi-
rono in traccia dille m ni^re di Ofir e di Tan'o ? Che feb-
berte ulteriori meno lontane cognizioni abbiano diftrutta l'an-
tica credenza, che tali contrade collocate folfero verfo l'eftre-
mita dell'Indie Orientali; pur non dovette il ricercarle co-
flare a que' naviganti fatica leggiera, an orche lituate, come or
a reputaoo,nel reame di Sofala in Africa oggi ancora iici,adi
abbondanti miniere, giacché impiegavanfi in tal viaggio ben tre
anni (i). Ma qual. meraviglia recar mai dee che si gran tempo
e tali 'perimenti e diligenze et Zafferò fimiii viaggi, se Iacea
m<JÌtiere pt-rcoirerfi tutti i feni, tutti gii pngoli entranti e fa-
llenti d'Ile maritime pendici,? Qual meraviglia che tanti fe-
coli di ricerche e di vifite occorr.flero per conofcerfi il vec-
Ciiu n>oado , mentre cominciava a pre entirfi l'ehftenza di
un nuovo continente? Si fprfero anni ed anni a ceniinaja a
irisliaja nelle Tuccs-irue inveiriga.'zioni ; ed ora apparve una
punta , ora un (eno nel m.onte chve s' incurva, ora ifolato (1
icoperfe un grande fcoglio , quando gittofTì l'anc'jra in una
radi, quando fi afferrò un bei porto, una colonia Oabilitìi in
•unj contrada atta a nudrirla , altr.^ (e ne fpedirono in bu-
fca di nuove terre , di rifugio e di ricchezze in altro cielo.
Ed
(i) Legger vito!(l la navigazione di Salomone pteCfa Huet vefcovo d'Avran-
ches cap. vjjj , n, j .
55
J.Ì allora che Abila e Calpe coftrìnfero gli antichi nocchie-
ri ad arr.miirar le vele, ad attaccar le gomene a quelle ter-
re , efitar dovettero per anni molti prima di tentar la fco*
pena dell'Atlantide che per vaghe notizie e dubbie conget-
ture prefentavafi all'avida loro fantafia (i).Ofarono p^r av-
%entura taluni falpar con mal fjfidato arliinento e fidarli ali*'
intentato mare, e perir vi dovettero; mentre si tri meno audaci
o meno ingordi arreltaronfi fulle (pende bagnate dallo ftret-
to Gaditano e fondarono Tartefo o Ca-teia (2); e quindi
colla (coperta non pericolofa delle ubeiiofe miniere d'i' Pire-
nei corfero altrove a dare i propri! nomi ed a confonderli
in altre regioni con coloro che fé ne credettero gl'indigeni-
A forza di tentativi iniruttuofi ben dovette l'antichicà av-
vederfi dell' infifficienza de' prcprii -Jegni per ifparg.rfi in
mezzo all' Oceano : ben fentir dovette la mancanza de' mez.
2i per gire oltre fenza smarrì rH . Affirurato talvolta qualche
nocchiero da' venti etefii che fpiravano coffantemente da al-
cune fpiagge fenza cangiarfi , ardi abbandonar le cofle e cor-
rer pel golfo Arabico, ceno, per la lunga efperienza, della
collanza di que' venti. Mentre gareggiavano naviganti Egi-
zi! e Siriani per difendere nell'Indi-; il loro commercio ,
Ippalo che comandava un legno dell' Egitto , fu il primo
( dice Ariano di Nicomedia ) che efaminato il fito degli
tmporii e la figura di qu:lle acque, fi fpinfe in alto mare
fpirando dall'occidente il vento periodico eh? vi domina «
pervenne a Mufiri oggi detta Coda del Malabar ''3); e fu
talmente notabile e quafi fing. ìlare qucrto felice trafitto che
il nome del nocchiero pafsò all'ifleilb vento, che da allora
Jppalo appelloflTi (4j . Ma qualunque altro forfè nien deftr©
cui
(0 Ne fecero motto Pla'one ed Eliano.
(2) Strabene. Pomponio Mela, Plinio.
(5) Robertlon ''ùfrjuts. Hifì. (nucemìrms the ancìeiis India, not. Il-
{4) il citato Ariano nel ttriplo del Mar RojJ'o ,_
cui ùlh tal foccorfo,non ardi avvanzarfì veì-fo eli una meta,
di cui ignorava la diftaoza, allorché folcili nembi involavan-
gli ogni Itella e correva manifefto rilchio di torcere dal cam-
jnin dritto o di girar deviando da' lati o di tornar indietro
in vece di gir oltre.
L'uomo adunque benclrè al fommo iotraprendenre circai
ferine la fua navigazione ad una parte ^ né multo eftefa,per
lo più littorale, del noflro emisfero, rifoluto di non paflTare
all'altro, Te di Icona fida e di più confifìeoti navi^ij non fi
foraifle. E pur di quello al fine venne l'uomo a capo! E
lo fulcò al fine fenza ribrezzo e con tuira fidanza queft' in-
domabile Oceano; e più volte girò intorno all' intero glo-
bo ; ed ora e va e riede a fua polla, e dorme fonni tran-
quilli non vedendo che cielo ed acqua , e traffica e cambia
i prodotti de' iuoi talenti e delle terre che conobbe prima,
con quegli antipodi che Agoftino fuppofa immaginarli .
Ma chi tanto fece? ed in qual guila? e quando? Non
venne a noi verun Mogollo, Indiano, Arabo, Cinefe, Caf-
fro, P.-ruano o llafcalteia, ad iftruirci del redo del nollro
globo. L'anima baldanzosa che intravide un altro mondo
che tentò dlfcoprirlo, che impavido pa'sò la linea, nacque
in Europa, in ItaUa, tra' Liguri ; ed attoniti co' proprii oc-
chi lei videro i Tifi d.lla Gran Brettagna, del Portogallo ,
delle Spagne, della Francia. E qual degli aTtichi e de' mo-
derni navigatori i^ra dimenticare il nome di Crilloforo Co-
lomSo, fpirito raro incomparabile che lottando con un ma-
re che aitri g!an^«idi non corfe e coli' ignoranza e coil' in-
vid'a, dopo aver previfta 1 efillenza di un nuovo m ndo ,
avventurò fé ftv-ffo all' aib'trio di un abifìo di acque e per
mezzo di effe guidò l'audacìffimo vafcello colla ferenita del
fa?g'o, colli coliànza del torte, colla iuhìimir'a del gen.o .
Né a lui dobbiamo meno, fé dietro alla fua fcorta correndo
la
S7
la ftefla via girono ancor più innanzi i Cabottr, i Verazza-
ni, i Vefpucci Italiani anch' effi , e quindi i Magellani, i
Cook, i La — Peroufe, e tanti altri Portugheli , Francefi , Ba-
ravi, Ingleli , ai quali famigliare divenne il nujvo emisfero,
ed innoitrandoli nel Mar Pacifico difliparono mille «rrori , e
colla fcoperta della nuova Olanda che trovarono effir divifa
in due gran parti , rendettero evidente la continuazione del
mare dove fuppooevafi uaa nuova terra , e la continuazione
poi della terra rinvennero dove credevafi che un nuovo ma-
re efifleffe.
Quella ferie di fatti lumìnolì faguiti, può dirli, io poco pii
di circa tre fecoli , non im^'icciolifce i tenutivi dell'antica
navigazione agli occhi, non che de' volgari, del filofofo im-
parziale, ad onta di chi tutto rifonder vorrebbe agli antichi?
Non mortra che un mezzo ignoto all' antichitìi predò i van-
ni agli abeti Europei per efeguire in un periodo non eftefo
di anni quel che in più ceiitinaja di fecoli non feppe effet-
tuire l'antichità remota?
E come fi pervenne a difcoprire quel gran m^z^o oide (i
menò a capo il memorabile pairiggio ? Ln rivelazione non
r inlegnò , perchè l'Autore d.li' univerfo co' fu .i oracoli fu-
' premi foccorfe l'umanità , pir>;hè nulla le mancafle per tro-
vare il cammino dell'eterna falute ; ma lafciò all'attivitìi
dell'uomo lo fcoprimento degli arcani naturali.
Adunque appellan.Io l'uomo a ("e flMlo e alle forze onde
l'Bnte fupremo lo forni, provvide a' Tuoi bifogni e ai como-
di ed ai piaceri eziandio . E quanto alla navigazione ( mi
fi permetta di far qualche momento da indovino ) parmi ch2
r uomo trafficante dovette avvifarfi d'interpellar l' uomo filo-
fofo , in prima full'efìftenza di un mondo ulteriore al di là
delle Colonne dette di Alcide ; e 1' uomo filofofo rifalendo
a' primi paffi dell' aflronomia fatti nell'Egitto e nella Caldea,
Tom. II. 8 affi.
1^
afficurato della sféricitti della terra , affermò che efirter certa--
mente dovea un continente forfè molto più eftefo di quello-
che conobbero i Fenici , i Pelasgi y. ed i Tirreni . Il traffi-
cante paffando innanzi faper volle ancora , fé modo efTer vi
poteife di condurre un legno per mezzo d-jli* aperto Oceano^
fino a,, fcoprire il rimanente del globo con probabilità di ri-
torno; e l'uomo filofofo dovè indicargli la neceflita di propor-
zionare: innanzi altro la folida confidenza del legno all'im-
petuòlha, delle acque che givanfi ad affrontare ; ed indagar
poi qualche via da tragittar quello, mare , e gir diritto allo.
Ìqo pò ancor quando le ftelle fi occultano, e tutto è notte ed
acqua.. Ardua, imprefa! . .• Ardua pur troppo, ma neceffa-
ria ,. . . . Ma poffibile? . . .. Chi fa !. Tante fono le occul-
te proprie:a delle materie componen.i. il nolfro globo , cha
potrebbe accadere di rinvenirfL qua'che analogia tra alcuna
produz un- terrena, già nota e le celefU ignote.. Da che fi
disviluppò l'antica confufione d-lle cofe ( diceva un poeta
che fìlolofava ) la. terra ritiene cognati femina codi : accol-
gonfi in tonta diftanza. i raggi della, luce folare che in fette-
foli minuti a noi difcende, fino a produrre un incendio : la
luna ed il fole infljifcono potentemente full' eflo del mare : non
è ornai dubbia l'analogia dell' elettricità col fulmine che iix
aria, fi accende, e col. tremuoto che fcuote le città e le mi-
naccia dal feno. de'monti e dil fondo de' mari (i): non fo-
]p vegeta, negli orti un'erba che par che fenta e che rifug-
ge djl contatto, della, mano che al fine non l'è lontana , ma
un fi^re volgefi al fole dovunque- la terra rotando- fel condu-
ca: qu Ila nera piatta chi da molti tienfi per una fpecie di
diamante , con. meravigliofa affezione tira a fé il ferro, ej ad
elfo.
Ci) Uri eccelletite defcrizione fé n?. ha nella quedione IH' dell' Ottica,
C ilacco. Newton ».
'eflb comunica la propria forza attraente. E chi fa che il tem-
po ed un'aflldua oflervazione non difcopra un giorno in s\
attivo produtio dell'India o di altro paefe ancora , qualche
proprietà novella onde il marinajo poffa giovarfi ? . . . .
SiiTiili cenni che il navigante potè trarre dalla naturai fi-
lolofia , Huzzicarne vie più dovettero la curiofuàj.e nel cor-
fo di tanti fecoli a forza di fpiare e fperimentare dovè con-
durfi a icopr re nella IlelTa calamita la proprietà collante di
voigerfi al Polo ignota al certo fino a' baffi tempi, che l'affi-
curò di un punto del cielo da regolare il fuo corfo anche
ncir ofcurita . Gli antichi naturaliiti Ariftotile , Teofralto ,
Eliano , Plinio, nulla ne feppero; niuna traccia ne conferva-
XiO i libri che ce ne rimangono ; la qua! cofa obbligò gli
antichi naviganti a lim tare i loro viaggi dentro del Medi-
terraneo fenza abbandonar le code . Il desino del Trojano
condottiero de'inileri avanzi dell'ira di Achille , fu quello
degli antichi nocchieri che trovavanfi fmarriti toflo che gli
iitìri loro lì occultarono :
Jpfe (Item >2.ìHtmque negat dìfcernere coelo ,
Nec memitiijjfc viae media PaHuurus in u'ida .
Torto dunque non ebbe l'erudito Abate Trombelli nel.'a fui
d;liertazione in cu-i fi oppofe al dottiffimo camalJoL'fe Anto-
nio Collina, il quale folteneva che la bullola nautica non fu
ignota agli antichi (i).
Pr ma però che dall'ignoranza dell' antichità intorno alla
polarità della calamita fi palla Ile a faperla applicare alla na-
vigazione, e che fi maiuralVe, ed accertafle per l' efperienza
il grande eifetio, corfervi fuor di dubbio di mola anni .- Ne
volò <ii voce in voce la notizia come un arcano , e dovun-
'^-^ * <3"e
(ij Lcaeonfi le due diffcrtazicni ne' Commentirii dell' .'Iccaiìmia dell'-ifti-
luto di Bologna voi. JI pan. Ili ,
6o
<|U2 fi udì fvigliò la boria dì appropriarfene la fcoperta ,
Ma quando ? Dopo che qualche abile nocchiero fi avvisò dì
valerlene navigando col porre fu di una feliuca o di un fu-
gherò l'ago calamitato e farlo nuotare in un vafo di acqua,
per cui fé ne accertò la collante direzione indicata dal Dan-
te. In mezzo a varii efperirnenti infrutcuofi alcuno potè ri u-
fcire , e fu quello abbozzo un uomo di genio giunfe a de-
terminar la forma di una vera bu'JoIa agevole al trafporro
fìtuando 1' ago fu di ur» perno , e fofpendcndo la caffetca in
cui lo chiule. E' quelta la vera buflbla venuta infrno a noi
che ba cangiata la faccia della terra congiungendo all' antico
il I3U0V0 continente.
Ma qudl popolo orodufTe queft'ooino di g?nIo cui può con
foni^amento e gìultizia attribuirfi il vanto dell'invenzione,
giacché gli antichi non po{fono prerentfervi ? Lo cercheremo
per avventura traile nazioni che i:i que' tempi bdlTi giacevan-
n tuttavia n;lla barbarie inefpei-te n^il' arte di commerciare,
di Cuftruir legni e di navigare? Fa medieri trovare un po-
polo che a que' d'i m-glo nwigò , che maglio coftruì , che
ellele pel motido conofciuco il (no tnfììco , che dal IX al
XlII ecolo inclufivamente feppe procurarfi (ìabi.'i menti lon-
tani, e farli legislatori de'n^viganti ; e fi avrà la foluzioie
del problema, fé non con iielunabile eviienza ^ almein colla
probnbilttà w-ig^tore di qualunque altro. E poiché la più fi-
na Europa è convenuta in efcludere gli antichi da fìmil glo-
ria, vedia no in prima fé la China o 1' Arab'a abbianvi giù-
fto diriao , e pafleremo ouindi a cercare qual degli Europei
pr tendavi con maggior fondamento.
La China certamente che oftenta un' antichità fuperiore ai
Caldei, agli Afiìri , agli Egizii,agli Sciti, e trentamila anni di
oflervazio'ii .t(lrononiiche,e fi arro'i^a la fcoperta di taiti ritro-
vati, e 1' efercizio di cento arti prima di ogni altro popolo; la
Chi-
6t
China avrebbe potu'o conofcere tutte le proprietà della calami-
ta, e vaKrfene per abbreviare i fuoi vidggi maritimi . Con-
tuttociò niuno mette in dubbio che abbia coftantemente na-
vigato fer)za per'er mai di villa le corte al pari degli anti-
chi . Vaglia per tutti il celebra Robertfon . „ EHì non han-
„ no ( er dice ) n!>tizie fjperìori a quelle de' Greci e de'
,, Romani , o degli Arabi . Nel viaggio che erano avvezzi
jy a fare da Canton a Siras , feguivano la corta per arrivare
j, a Ceilan ; prenlevao) pofcia il Capo Gom ?rin , e profe-
„ guivano lungo la cofla occidenra'e fino all' imboccatura
,, dell'Indo, e di Ih fi dirigevano Tempre corteggiando " (i)»
Contutrociò una folla di autori ci lì fi incontra dichTaran-
dofi pe'Cinefi. Martino Marini ( tralafcio Menagìo , Huer,
Le Gendre, Vcrtìo, Fournier ) facenJo l'ertratro dilla rela-
zione di Maiila (2) , allerifce che tremila anni prima degli
Europei i Cinefi trovarono la buffola nautica Cj) . Domaa-
diamo però quale sì remotamente fu coderta loro bufloìa nau*
tica ? Certo curro ( aggiugne ) eflì ebbero che additava il
meriggia da qualunque parte fi volgeffe ''4'. Kmi K' i.npe-
radore cinefe del XVljI fecole favellando della butlbla con
Ismiiloff ambafciadore di Pietro il grande d flegli chi 1*
direzione dell'ago calamitato conofcevafi pella Choi da ben
duemila anni. LuJovico Le Ccmte affarmi eh; da gran tem-
po (ì conofcuno nella China la polvere da carinone^ la /iaitì'
p/j e l' ^go calamitato y arti novi Ile in Europn ''g'.
Ma che mai rifpondono i patrocinatori de' Cinefi alle opno-
fizio-
(I) Dl/juìx. Hi/}, toncernigs the Krnnoesdge w'uh the ancitnt hjve of IndÌHf
tiot. 57.
il) Hìlhìr. pìnìral de la Chine Paris ^777, lib. IV.
(j) Mani-.ius Hiiior. Sinic. lib. IV.
{4) L' iileflb nel luogo citato.
(J) Mimoires fur l' itat prifent de U Chin* Paris Ì696.
6z
Jìzionl del cel'-bre Buffon ?" Se i Clnefifegn dice ì conobbe*
5, ro la bufloia, perchè non 1' ufarono?. Perchè ne' loro viaggi
„ alla Cochinchina prendevano una Itrada piìì lunga ". ? E
quando ancor 11 conceda che conofcefTero 1' ago calamitato ,
diremo perciò che ne comprefero il vero pri.nario vantaggio,
quello che apporta alla navigazione ? Cièi non fanno prefu-
mere le notizie più accurate venuteci de' Cinefi . EfTì lafcia-
rono fempre imperfette le arti che inventarono, o che forfè
tla altri ricevettero da tempo immemorabile. Dipinfero pri-
ma di noi , e la pittura è nell'infanzia e goffa p^'r lo più:
Itamparooo prima di noi, ed i loro libri fono ben male im-
prcffi : amavano in tutti i tempi con predilezione la mufica
che a fronte dell' Europea dicefi che fembri un fr^ftuonj :
vantano dramaii da tanti fecoli , e fono i più inond.ti e
Jrregulati delia terra : offervano gli aflri ( fecondochè oflen-
lano ) da decine di migliaja di anni , e fon tuiravia deboli
aOronomi (x). Altronde convengono forfè tutti in credere che i
Cinefi adoperino l'ago calamitato? L'infigne Girolamo Ti-
rabo'chi adduce contro di ciò la teftimonianza del mi.fllanario
Entrecolles citato dagli autori Inglefi della Storia UnivsrfnL'^
il quale afferma che i Cinefi in vece dell' ago calamitato
ufano per la loro buflbla il ferro unto di certo empiallro do-
tato della fteffa pola'rità della calamita . Or come poteva o
Marco Polo o altro viaggiatore di Venezia recarci , come
avventurò taluio , l'invenzione di un agi calamitato dalla
China .che non l'adoperava? Altronde è provato , né il Ti-
rabofchi lafciò di dirlo , che Marco no» venne in Europa
prima del 1295 , ed allóra già vi fi conofceva e fi ufa^a
quafi dapertutto .
Ciò ballerebbe per efcludere i Cinefi dal pretendere al
pri-
0) Barrovv Pieflo ilirna pochi OTioio le cognizioni -afìronoiniclie ii Cinefi ■•
Brimato dell'invenzione' della baflbla , ancor quando noa
ij volelle tener conto deli'aiferzio i; del rniflionario Enire-
coUes che avrebbe bifogno di nuove prove . Ma un nuovo
campione è apparfo nella lizza a foflenerli , cioè il pro-
feffore di lingue orientali nell' univerfivà di Pavia Giul'ep-
pe Hager . Egli aflerifce che la buflola nautica è di ori-
gine orientale ed ufata anteriormente n^lla, China .. Da più
di duemila, anni ( egli ripete ) i Cinefi hanno un carro che
addita il meriggio da qualunque parte fi rivolga, e 1' qfano
viaggiando pe' deferti della Scizia . Ma fé è un carro , noti
è la noRra buflola ; hanno forfè gli Europei trasfoimaro
in buffala il carro cinefe ? E fé quello carro fi ufa da' Ci-
nefi per terra , end' è che gli Europei 1' ufarono per ma-
re ? Ha inoltre quello carro fimiglian:?a veruna colla buf-
fola europea ? E qual fondamento poi fi adduce per foftene-
re quefto carro che pure i Cinefi in tante migliaja di anni
non hanno faputo adattare alla navigazione ? Il profeffore
Hager fi appoggia fu gli Annali Cinefi nell' atto fìeffo eh»
non ofa negare ciò che dinioftrano ed il miflTionario Cibot
e l'accademico Des Guignes,cioè che quegli ^/;;W; abbonda-
no di racconti fnvoloft ^Q perciò fono pochiflimo accredit.iti . Di
elfi il mero" foipetto di ciarle , favole e menzogne è quel-
lo che chiamafi Scìng King , come egli nello attefla ,
ed in quefto punto non fi fa motto di ago calamitato o di
buflola , e folo vi fi accenna che i Cinefi hanno due carri
'Velli al mezzogiorno . Ofl'irva di piìi il fign. Hager , che
la buffola europea fi volge al fettentrione , ed il carro cine-
fe al mezzogiorno ,, dal che conchiude che i Cinefi non
hanno dagli Europei ricevuta la buflola- . Ma come non
fi avvide che con tale offe; vazione egli fuggerifce agli huro-
pei la maniera di diftruggerla contro di lui , e di conchiudere
ger, la fua ragione che gli Europei non hanno ricevuta la lo-
ro
ro bufìola c'a Cinedi ? Una buflbla, dice un moderno viag*
giarore ,• haano oggi i Cinefi ( che non è gih l' antico Joro
c.rro, e perciò cofa moderna ) ed in affa fi trova congiun-
ta la loro mitologia antica , il cielo , le codellazioni , gli
elementi, uo, eihatto della loro fcienza adronomica ed aflro-
logica e magica ancora , giacché il (ìg. Hager (leflTo prova
che r ufauo pe' loro fortilegii (i) . Or tutto ciò che altro
pruova le non che i Ciaeu non conofcono il vero utile di
si preziofo ritrovato ? Se il conolceirero 1' empirebbero di fa-
vole, di fogni, d'inezie divinatorie? Il fìg. Hager fi ferifce
con le proprie armi . La buffola cinefe ( egli dice ancora )
rfljjom'i^ita all' Europea , e quelta che oggi in oriente fi ufa,
nun è l'an'ico cairo cinefe che egli ha detto non raflbmi»
gliarfi alla noflra ; di piti egli no:i negi che ad eflà preda.
DO i Cinefi un culto firn le a quello che i Greci e i Roma-
ni preltarono ai loro Genii Tutelari (2) . Ora chi da ciò
non r.ivvifa che elfi la confiderano coma miracolafa , e n )a
per la fua importanza ( giacché non fanno l'.Tvirfene p^r la
navigazione j ma bensj perchè 1' acquillarono per cafj , e
non per raziocinio? Avvedendofi l'erudito profeffbr di Pavia
di mal poter reggere , fé fi limitafle a proteggere i foli Ci-
nefi , pe' quali non poteva addurre che i loro Annali accre-
ditati come favolofi , e trovandofi sfornito di ogni prova nel
difteniere a' baili tempi, prefe il partito nella fua memoria di
d'iend^ri la bulfola coitiì orie^ittile ingenerale; e cos^ fi vale
della teft'monianza di Bailak Al Kiptehaki , il qu,ile nel fuo
Tejoro de Mdrcatanti inedito dice che i padroni di vaicela ne'
ma-
(0 -^cH magnat'ica etiam ìi/lruilur PJx'is Sìnenfìun fortUtga ubi fcrtto tfeu
titciio facieid'i ejufmodì acii iadicatur . Hyde de Relìg. vet. Per farmi .
(2) Egli allef^a non folo il volume ! di Barrow ma l'opera di Srauton
jìicohat of an Embaff)/ to Chìaa, London 1797.
mari dell' India „ in vece den'ano calamitato ac3oper?.no nn
„ piccìol pefce di ferro vuoto al di dentro che fi fa nuotare
„ nell'acqua in un vaio,,. Ma che può giovae queft' autore
iiied to del Xlfl fecolo , giacché ninno diforda che verfo
que' tempi {i>\ in diverfi luo'^hi fi parlava della poIititH del-
la calimi ra , e f'gnatamenti da Brune to Latini , e da! car-
dinal di Vitri, e da Boivais, quando g'a facevanfi varie efpe-^
rienze dell'ago piantato in una lelluca o in un pezz-tto dt
fugherò ? Ognun vede che ciò qiova pur meno di quel che
rillclfo Ha^er dice nella pagina 7 di Vafco di Garna il qua-
le fi valfc nel 1498 di un piloto Indiano che fi abbandonò
alla Vidi eneofjone dell'Oceano, fatto fegato poco meno
di dug-nro anni dopo dell' invenzione della buffola amalfita-
na (i) . E che giova il filenzio che l'itteffo H.iger all-^ga
di Ebn Junis agronomo arabo del fecok) Xf , il quale noa
fa menzione dell'ago calami iato nelle fue Tabla Haf^emites?,
Quefio argomento negativo al più non ferve che ad efclu-
dere gli Arabi di lui patrioiti ; ma alla fin fine feirpre è li»
argomento negativo inconcludente. Inconcludente argomento
negativo è pur quello dell gnoranza di Polidoto Virgilio
full' autore dell'invenzione della buflola . Forfè Polidoro tut-
ti feppe gì* inventori delle cofe (ino a' fuoi giorni ritrovate?
Hager dice ancora che Polidoro eia vicino ai tempi della
flnpitofa fcoperta . La Cadetta nautica s'inventò fecondo un
centinaio di croniche e di fcrittrri noa volgari il fecondo
anno del feculo XIV; Polidoro fior'i tra il XV e XVl,c'oè
un pajo di fecoli diliante dalla fcoperta ; fi chiama quefta
.vicinanza} Allega ancora il fi;;nor Hager il filenzio di Ma-
[rino Sanuto intorno all'invenzione del Gioja. Dalla f:op?r-
Ita di lui all'epoca del libro del Sasuto ( AB rum Dà per
Tom.II. p' Fran'
(i) Farla y Scjm a Lisboa .4Jì* Pcrtaguef. \è6i
66
Franco! ) fcrìtto nel i^o6 pafTano tre o quattro anni ; or
farebbe, meraviglia che egli in si pochi anni ignorale in Ve-
nezia il ritrovato di un nocchiero amalfitano attivo che for-
fè navigava in Oriente mentre Sanuto componev^a nel Tuo
fcrittojo?Di fimili argomenti è piena la memoria del fignoc
Hager, il quale ( mi fi, permetta il dirlo ) fecondochè il
vento fpira or fi dichiara pe' Cinefi fidando ne' loro Aitnual}^
or per gl'Indiani fu i fatti di Vafco di Gama , 'or per gli
■Arabi per far che da. efli venga la fcoperta di Amalfi , ora
fcredita. gli Arabi col loro patriotta. Ebn. lunis, or torna a
Cinefi, coi quali cenchiude.
Ed in iatti per conchiudere ficcome ha cominciato l'eru-
dito profeffore va incontro all'oppofizione di chi non crede
;.all3 bbAbla cinefe, perchè que' popoli non. fanno col foccor-
fo di. efla difcodarfi dalle code navigando . La ragione di
ciò ( egli dice ) è perchè le- loro navi atte non fa o a re-
filiere in alto mare, efli;ndo troppo alte e troppo m^.l co-
ftruite, ond'è che noa poflbno. follenere L'impeto degli ura-
cani colà chiamati tifoni che rendono pericolofiffimi i m.iri
delli China ; e ne allega la. teftirnonianza di Birrow . Ma.
ciò. dimollra ad. evidenza, quanto noi abbiamo detto, cioè che
i Cinefi o hanno formata a cafo o copiata fetiza ogg.^tco una
bi;liola (traniera nelle loro mani divenuta infruttuosi .. Stra-
na co fa ! Temendo i Cinefi di smarrirfi ne' deferti fa' brica-
lono un carro eoa onori di buflbla. per non perdere di vida.
il meriggio, intanto, che. o, inventano o adottano una. vera
bufl'ola lenza fervirfene a migliorare la propria navigazione;
la qu,il c.ofa fubito loro avrebbe fugerita una corruzione più
folida , meno alta e conveniente pe' loro pericoloiìlfimi ma-
ri. Se l'oggetto, priiridrjo della navigazione e. tra elfi e da
perrutto è il commercfo,fe il raddoppiar il profitto dtl traf-
fico difende lìngolarmente dall' abbre-.iar la aavigaz.one ,ond'
è che.
... . . . -^7
'é che ì CìneiEi manufatturien ed agricoltori e trafficanti tion
1) curano, conofcendo la bulTola, di abbreviare i loro viag-
gi, e navigando fiequentemente alla Cochinchina, a Giava,
al Giappone, non comprendono il guadagno del tempo che
]^a bufìola luro preferita r Ond' è che benché vedelTero che per
elfa pon'ano intiohrarfi con fiducia in que' mari, trafcuiano la
cura che dovea la bufìola fugerir foro di ccflruire navigli
più perfetti? Se quelfa non curanza de' Cinefi per l'ufo del-
la buffbla che potrebbe ctntiibuire al vantaggio de' loro af-
fari maritimi , ridondi ad onere di una n.izione che un tem-
po volle averli in conto della più coita della terra, il pen-
li, non che altri, l' iffeffo erudito H-ger. E fé le offi.rva-
zioni di lui poflano valere a difìruogere la convizione cha
rifulia contro la biffola oiicnnle^ ):er rimuovere i Cinefi dal
pretenderne il piimato, ne giudichi chi legg^; ed ama l'ar-
te di penfare .
Ma l'Arabia che coltivò lungamenre le fcienz:;, a ^ ri mag-
gior difitto ad arrogaifi 1' in\ elisione d Ila bullola ? Mi veg^
go incontro due Commi critici filn'otì, due riputati '.Si^ofuiii,
il cnvalicr Girolair.o TiraboLhi ]ta'iaiio,e l'a'^ate Giovanni
Andres Valenziano . Soifenitori invitti dell' .uabd letteratura
danno elh agii Arabi l'ulto onore dJla ionorceoza de. 1' ago
calamit-ito e dell' invenziui)e della butìola.
Il Tirabochi tutti aftale e fcoiifig^e gli avvrrfarii, e pre-
ferifce g4 Arabi . Desume il primo arguiiento a lor favore
da un paflb di un libro artyibuito ad jìnfìoiile citato da Al-
berto magno mi trattato de M'tnerM , Che il greco fi'ofofo
fcritto aveffe un libro intitolato irepi t;;^ ^iS^y ^ de In'-'-de )
fi afferma da D;og.^iie Laerzio (r). No't v' ha però quefl''
opera né in greco n-^ in htiaj; b;*ns"t il p. Labb^ cita ufj
* co»
(l) Nelle File d,' Filo/ufi al libro V.
tf8 ^
codice ms di un' opera de gemnùs tradotta in li'ngua ara-
ba (ij. Se quetV opera è la Uelià de lapide^ forfè gli Arabi
Ja trafportarono alla loro lingua, ficcome fecero delle altre
opere di Ariihuile. E perchè nel XIII fecolo frequenti fu-
rono fi.nili traduzioni che dall'arabo recaronfi r)el latino idio-
ma, è probabile ( dice il dotriffimo idoneo della LetteratU'
ra Italiana ) die 1' opera di Ariliotile citata da Alberto ,
ovvero da chi ne prefe il nome , lofle venuta dagli Arabi .
Non è ft.uo folo il Tirabolthi a penfare che un tradutto-
re arabo polTa avere iafcnta nel libro attribuito ad Arifloti-
le la notizia dfU'ago cala'iiitato , mentre il Cabeo 1' avea
già prop Ito nel l'bro de Magnete. Ma di grazia riflettia:Tio
fu di co. Ariliotile noi ditf;, e l'Arabo che ne traduce I'
opera, gliel fé dire; dunque ( da ciò fi conch'ude ) la co-
Dorienza della polaiità della calamita e la buflbla viene dall'
Arabia . E perchè mai ( domandiamo ) quel buon traduttore
fdliificò il tello a proprio svantaggio e degli Arabi , e ne
diede l'onore ad un Greco almeno dodici o tredici fecoli di
lui p ij antico? Qu'l ne avrebbe potuto eflere l'oggetto? Un
eroismo letterario ovvero un iitinto falfario? il penfiero del
Cabeo adottato dal Tirabofchi fcarfeggia di verifimiglianza .
Può aggiug.ierfi che il Tirabofchi Dell'adottarlo o dovia ne-
gare che tal libro veniffe da un originale greco di Ariiioii-
le o combattere contro fé (telfo che avu'a negata agli anti-
chi ogni cunofcen^a dibufTola e della polarità della calami-
ta . Ma avrebbe potuto difenderfi con affermare che non il
diffe in <ffetto A.riftotile , ma l'Arabo volte col di lui no-
me dar pefo alla raod-irna invenzione de' fiK>i paefani . Era
dunque per lui una f^-mplice opinione che abbifognava accre-
ditarli con un gran nome, mentre altronde li ricava che af-
fai
(0 Biblkmb. MSS p. 25J.
_^9
fai prima «li quel fecolo più di uti popolo ne avea noiizia
e lungi dal dubitarne, ciafcuno fi ne appropriava la fcoper-
ta . Ma infine che altro potrebbe ri'illtare dall' artificio
dell'Arabo tradu ture fé non che ei;li come altri nel XIII
fecolo ebbe njtiza de\U pulariia della cal.<mta? Ma il li-
bro di cui parla il Labbs quan.io fi fcritto?E' credibile che
l'autore non per altro att ibu^ tal conofcenza ad Ariflotile ,
fé non per toglic-rne la gloria ai veri fcoorifori . Seo?a ciò
perchè darla a credere come una cono.'croza aatichiffima ?
Che poi l'Arabo non fu molto antico, lo d'modrano le T/t-
vale Hackemite àA citato Ebn— Junis aurore dell' XI fecola,
Infatti il mentovato Baildk Al • Riptehaki che pai la del pe-
fce di ferro che per la direzione drlla teda e della coda in-
dica il fetrentrione ed il mezzogiorno , è autore aiabo del
XIII fecolo , né fé l'arroga come inven/^ione araba . Paf-
fa poi il Tirabofchi ad un altro argomenio.
Potremmo noi credere (di e) eie gli j^rabi fojjero flati i pri-
mi a /coprire la polarità della C/iìnmitay perchè efsi coltivarono
gli Pudii di ogni maniera , Quello argomento tratto dalla dottri-
na poffeduta dcigli Arati è tanto venerale zhc prova troppo^ e
perciò nulla per la fcoperia della builoln . Le Biblioteche Orien-
tali ( fingolarmeme l' Arabo- Matritcufe dell' Efcoriale ) nulla
ci prefentano che diaci indizio neppor remoro ed efclufivo in
prò degli Arabi per tale fcoperta. ÀW X fecciose nell' XI (afle-
rifce in oltre il prelcdaro infigne fciiitore ) la fìofufia fra
noi cpper/i fi (oncjciva di ntv.c ^e jra gli Arabi al centrano
era affai echi-tata . Quell'altra generalità potth far conchiu-
dere che gli Aiabi inventarono la bufibla? In prima fi può
opporre che non cgrii fcoperta debba erclufivamente aitti-
buirfi agli fcienziati di prima fila. Sarebbe quefto l'argometl-
o di Pinrda in prò di Salomone per attribuirgli T inveti-
zione del'a buffuU. ^uefto dorti/simo Ebreo ( diceva il Pi-
neta
70
reda ) fnpeva tutto ^fapeva la forza attraente della caf:tmìra'
dunque Japeva ancora la converfivd perchè vanno .inftcme . Ma
r iltelTo iirabofchi aon efclude gli anrichi dalla conofcenza
della polarità della calamita fenza che loro g'ovafie la dot-
trina die p'jfleJevano ? Or perchè a favor degli Arabi egli
fteflb vuol far valere l'argometiCo della dottrina che ha ri-
gettato efcludetido gli atitichi?
Nel paflo citato dall'autore del trattato de Minerali fi di-
ce : /Ingiilus ni agile tis cujnfdam ejì cujus virtus ejì converten-
ti ferrum ad Zoron ( /epremtrionem ) & hoc utuntur nautae^
ungulus vero alitis trahit ad aphron { polutn nurìdionale'n) . Se
però non fi crede che ciò Ariiiotile fcrivefle , ma che uà
traduttore Arabo l'avefie nel di lui libro inferito, può altro
al pili dedurfene fé non che gli Arabi non ignorarono la
polarità delia calamita già nota ancora ad altri popoli? Per
giugnere però all'invenzione Jella buifula dovea prucederfi a
novelle dedu-jioni , e ciò non apoare che abbiano fatto gli
Arabi. Le voci Zoron ed aphron^ dice il Tiiabofchi , noa
fono r;è greche né latine, fono dunque arabe, o almeno da-
gli Arab: ufate. Noi tanto più volontieri ciò gli conc'd a-
mo , quanto che l'ab. Andres le riconofce ancora per arabi-
che, dicendo che gli Arabi hanno gmrum che figiifica ven-
to caldo^ ed aurtim fettenirione ; benché il preludato profef-
for di Pavia neghi che gtarum adoprifi in lingua araba per
meriggio. Sienfi però termini arabici inco itraftati , di gra-
zia z\\t aitrj può conchiud.;rfene fé non che gli Arabi nel
XIlJ fecolo fpiigavano il mezzudj ed il fettentiione con
quelle voci parlando deli'a^^o calamitato?
I-injlmetue il cav. Tirabofchi , perdendo terreno ad ogni
paflb , non la'cia di aggiu:;nere che forfè potè avvenire eòe
la bvj]^lt: fi fcotìy.fje dcgji /Irabi ni rei^m di Napoli , e
the i primi ad vjarne nella ìiavi^ai:.'ioae f"JJS''o gli A'nalfi-
tam ,
7t
tfini , i qual'i perciò ne foffero creduti vitrov/itori . Tre ri-
fl^-H'ioui rifpettofj proponilo fu queft' ultimo afilo del cele-
bre noflro iftorico . I rifledione . Non v' è maggior prò-
babilitk nel dir col Tirabofchi che gli Arabi nel noflro
regno ("coprirono la buflbla e gli Amaliìtani l'ufarono i pri-
mi, che nel dire che gli Amalfitani fcoprlrono e gli Arabi
da effi l'appref.-ro . II rifljflìoiie. Ufando ancora noi quefta
volta una formola dubitativa, proporremo che poteva la buf-
fola trovarfi ancora dagli Arabi , ma da quegli Arabi già
nel Principato naturalizzati foccord dagli fperimenti degli
Amalfitani ; ed in tal pofizione il ritrovato della buflbla pu-
re rimarrebbe nella Cofta di Amalfi e nel recinto dell'Ita-
lia . Ili ultima rifleflìone fulla quale invito ad arreHarfi uà
momento con noi anche il fignor Hag.'r. Se gli Arabi pri-
ma di venir fra noi aveflero inventata la bufllbla, e quindi
a' nofiri communicata l' aveflero , ogni ragion perfua e che
prima che fra gli Amalfitani fé ne dovrebbe rinvenir pefta
in Sicilia, 0 nelle Spagne, o nel!' Affatica , di che niuno m-
dizio pur minimo ci fi prcfenta.
Del refio l'opinione agli Arabi favorevole non è nuova.
Nel Compendio della Storta de' Sarr.cini di Bergeron fi rap-
porta che gli Arabi aveano inventata labjflbla,e fé ne fer*
vivano molto prima di noi nel mar delle Indie e nelle co-
fle Cìnefi . Ma ecco ciò che a tale affrzione oppone il Pli-
nio Fran.efe Buflfbn : „ Q_uefla opinione ( dice ) mi è pa-
„ ruta fempre inverifimile. affatto ,. non trovmdofi neppure
„ nell'arabo , nel turco , e nel perfiano linguaggio parola
„ a'.cuna equivalente al fif^nificato di buflbla: el ora quelle
„ na7Ìuni adoprano la ftefla. voce ital'ana buffo' a. " RenaJ-
dot verfato nella letteratura degli Arabi affv-'ri-na pofitiva-
m.nte di non aver trovato nelle loro op^^re indizio veruno
^ deli:
7i
d^il'u'b della buffata fra di efli (i) . Il pììi volte Iodato
Robenfon non ne favella altrimenti . EgU afferma nella
preciiata difquifizione full' India antica che „ le lin^^ue de'
„ Turchi, degli Arabi , de'Perfiani non hanno oiigiiiaria-
„ mente alcun termine proprio che dinoti il coiipailb di
„ mare, end' è che quelli popoli fervonll del vocabolo ira-
„ liano bujfola ; e ciò convince che ad elh è la cofa ftra-
,, riiera come la parola '' .
Ha bene il Signore Azmi in queRi ultimi anni adottato an-
cora taleavvifojma gli li è oppoflo il precitato profelTo'-e di
Pavia. Egli adduce I4 teRimonianza di Meninski autore del
Lejjico Turcico , Arabo e Perftano , nel quale trovafi che la
bulìola ora fi nomina Kiblh namè ora Kufub-numà . Ma ciò
che cofa può provare co.uro di uomini del valore di Buf-
fon , Kenaudot e Robertfon ? Non altro fé non che l' au-
tor di quel Lefsìco ha creduto trovare in quella lingua le
due riferite voci native per equivalenti della noRra italiana
da prima adottata colla cofa . Ma quelle voci orientali quan-
do fono falcate in mezzo , prima 0 dopo deli' invenzione
della biiflblaf Se fono poReriori , l'oppofizione dell' Hager è
affatto inutile . Se vennero prima che la buRbla s' inventaf-
fe, perchè non la nominarono Kiblè 0 Kutub in vece di
ch'amarla bijjolaì Egli avrebbe dovuto provare che gli Ara-
bi e gli altri urit^nrali non fervironfi mai della voce italia-
na, bensì delle riferite voci native. Ma fé viaggiatori , m il-
fionarii e ftonci , fé Buffjn , Renaudot , Robertion hanno
trovtito fra gli Arabi la v 'ce italiana bujfola^e non le orien-
tali K'tub ■ fìHwà e Kiblè - namè ^ che il fignor Hager è
itu col fufiellino pefcando nel Lifsico allegato, è maaileRo
jnJiz'o che gli Arabi ricevendo dall' Italia la buffula ne
adottarono la voce. Do*
(j) Dijj'ertatìfiì fnr les S.ìencts lies Chìwìt .
73
Dovrei ora alcuna cofa accennare full' avviTo dèi riputa-
to autore deli' Origine di ogni Letteratura decifo patroci-
natore degli Arabi in ogni incoutro ; ma arredato dal rif-
petto dovuto ad un celebre focio onorario Pontaniano ap-
pena ne avvetuurerò alcun motto . Softiene il lìgnor An-
dres la Tua opinione ( dicati colle parole dell'.egrt-gio fìgnor
Flaminio Venanfon ) „ rijnenJo tutti gli argDmsn;i che una
„ protonda eruviiz:one gli furnilce, ed accennando una fpedi-
„ zione mariti ma antica degl: A.abi che potrebbe far Juppor-
„ re la cono cenza della budoia " i i). Se non all^fga veru-
na prova pofitiva, veruna prubabilith almeno, che né fu ca-
fo, né qualche vento periodico che fecondò fortuitamente 1'
indicata fpedizione, ma che fu fcienza nautica ed ufo di una
budola da quegli Aiabi poffwduta e fconolcijta a tutti gli
altri; che cofa mai puh farci Jupporre in quagli Arabi la co»
nofcenza della buflbla ? Forfè l'aver gli Arabi fovente in-
traprefe di grandi fped.ziuni maritime? Ma forfè navigarona
meno Fenici, Cartaginefì, Tirreni e Greci? L'aver gli Ara-
bi polfedute tante cognizioni Icientifiche? Mri ne polfeJ;'rono
meno Egizii, Cald.-i, indiani, Greci e Labini ì SWomona
poc'anzi allegato che tutto fcr'pe non p né col ritrovato del-
la bulfola abbreviare il viagg o di tre an li ch>; ficevaio la
fu; navi ad Ofir. Del rimanente fé volelfi anch'io far val-f-
re di fiinili generalità, trattanduli di (coperta sì rileva.ne ,
potrei citare contro la dottrina degli Arabi non pxlie pue-
rili o ftravaganti produzioni arabiche, quando anchi volefli
fcltanto ricorrere a qu'lle che ci fornifce la Bibliot..ca Ara-
bo-iMatritenfe , che minorano il credito delle cognizioni
vantate degli Arabi ed in confeguenza la prefunzione a loc
favore che ne deduce l'abate Andres . Solo aggiug.ieiò che
Tom. II. jo non
(i) Venanfoa Invcntlon di la BouJJ'uh Njmìgue pa 5,. 49.
74 .
non tutti e Tempra ebtero degli Afa'ol s'i vantaggiofa opì-
nione , E, ricorderò a! miei leggitori ciò che degli Arabi
fcri0e nelle Senili V immortale Francefco Petrarca, nel feco-
lo XIV appunto quando la bulTola s' inventò . Eccone uno
squarcio colla traduzione deli! infigne Tirabofchi . ,, Io fo-
„ ( diceva, il noflro principe de' Lirici al medico Giovanni
5, Dondi ) „ che fono fiati tr.^'Gieci duttiflìmi ed eloquen-
jj. tilTimi uomini, molti filofofi ... ma quali (iano i medi-
„. ci Arabi, tu bene il fai . Io fo qiali fono i poeti . . .
„ Appena poflb perfuadermi che dagl'Arabia ci pofla venire
j, alcuna- cofa. di buono '* - OlT-Tvifi anche ciò che dice lo
Spagnuolo illuRre Ludovico Vives: Avenois docìiifia^Ù' me-
t/ipèyfira Avice>>nae , omnia rleviqtte illa A,nbica mihi "viden-
tur refip-re cìtlirtimenta Alcorani ; nihd fieri potejì illis in'
fulfius , fngidiufque {ly,
E. ciuf] gii antichi, i Cinefi e gli Arabi , pafTiamo a cer-
car tra gli Europe i Ja nazione che per la buffola meriia.
gli ettrni encomi!' della polleriià.
Gli Spagnuoli dotti ed acuii , a' quali tante fcoperte pur
debbonfi nell'antico e nel nuovo mondo, e fegnatamente nel
Mar del Sud, non parmi che abbiano mai afpirato ad arro-
gare l'invenzione della, buflbla . Ed il fignor Gapmany in
una memoria pubblicata in Madrid col titolo , ^aefìiones
criticns fobre varios punios de Hi/ìoria^ entra a parlarne uni-
ca ; ente per ricettar l'avvifo dell' Azuni che fi era a favor
de' Francefi dichiarato. Rimangono gl'Iaglefi e gli Aleman-
ni ed altri uomini boreali rifpettab'li per tutt' altro oggetto,
i quali nel voler comparire in lizza credettero poterli lode-
nere L'nza traballare full' arenofo. fondamento deli' etimolo-
gie , ficcome può vederti da ciò che ne affermò il cdebra.-
illQ^
(0. Vedafi il libro V de Cauf. corrupu ^Irtium ,
. . . "^s
ìnorico delle Matematiche fi). Se nt disbriga parimente ia
•poche linee il preiodato profefTore Hager , oifervando folo
-che la voce alemanna , bikhfe ed il diminuitivo bmhjele
raeolio convengono all'italiana buffala.
Non r-Ra nell'arena che T erudito Azuni , il quale milita pé'
Francefi.), Sin dalla metta del Xll fecole (dice nella Tua dif-
j, fertazione ) trovafi l'ago calaiiiitato mentovato da Guyot de
„ Provins col nome ài tnarhihre ; dunque affai prima che
,, Flavio Gioja inventalTe la buffola '' . E cita i verfi di
quel poeta tratti ( dice ) da un codice ms della biblioteca impe-
riale di Parigi. Senza andare a frugar si tardi ne' manofcrit-
ti dell'imperiai biblioteca parigina , io fin dalla mia giova,
nezza Kfli tali verfi in Madrid nella biblioteca r.'ale belli e
flampati nel 1 bro del prefidente Claudio Fauchet (2) , nel
qual libro ben xio'o alla cala-Tiita (ì dà il nome di iniihef-
te, Vujlfi che Guyot vivefle circa la metta del lecolo XII,
{giacché r.inno 1181 egli trovavafi in Magonza in corte di
Federico 1. Qualche altro francefe però attribjifce que' verft
al monaco Ugo di Bercy contemporaneo del re fan Lugi
circa la metta del fei-oh) XIII . Gli Enciclopedilli vogliono
che fi leggono nel romanzo della Rofa , e pur ne ciedjno
autore Guyot. Ma un Ginevino anonimo in uia lertera pub-
blicata dal Formey (3) riprende gli Encicloped fti p.r tale
aflerzione , negando che gi' indicati verfi legg^ifi in quel ro-
manzo, ed afl'^rma che appartengino ad un altro componi-
mento più antico dove la calamita è drtta farinette . Le
Geodre poi relìituifce que' verfi al monaco di Bercy , ma cre-
de che quello monaco lia la perfona Ileffa di Guyot, il qua-
* ie
(i) Monfucla Part. ». p. 4?(5,
(2) De la Laipue C Pefie Franp'tff .
(3) Nei.veUe Biblìoth. (Strm. corti. XV.
7<J .
ie vivea , non verfo la meth del XH , ma nel XIII fotto
Filippo Auguro. Che più ? Le Grand non vuole che qua'
verfi legganfi nel romanzo della R-^fa ^ ma si b^ne in una
fatira chiamata Bihle Guyot . Sfido i più fcorti critici a de-
cidere in tanti difpareri dell' anteriorità del ritrovato della
buffola pe' Fraucefi cos'i fra loro difcordi full' autore di que'
verfi , full' epoca in cui vifle , e fui coraponimeoto dove (i
leggono. Noi dunque fulle tracce del Tirabofchi artendere-
mo che elTi prima li accordino intorno a tutto ciò che con-
cerne i verfi o^lenrati . Ma quando fi faraino accordati , ter-
minerà la lite? iVon fi tratta di verificare fé i Francefi verfo
il XII e XIII fecolo abbia.no prima di ogni altro mentova-
ta la mai'fiette o mannierc ; ma si bene di trovare il prin^o
Joventore della buflijja nautica . E per tale ricerca poflbnii)
nulla ipfljire i verfi giu'efi di Gjyot di Provins o di Uii^a
di Bercy o del ro;nanzo della Rifa o della fatira Bibli
La diflertazione del fi^g. Azunì imprefia due volte in ita-
iiano e la terza in francefe , ancorché il tre multiplicaflfe
il trena , acquifera maggior forza di quella che ebbe da
prima ? Fara mai fparire la difcordanza degli autori francefi
rilevata dal Tirabofchi? Varrà di monumento imoortant; da
prep'jnd-rare fui vero flato della qjiftione ? Il prelodato lìg»
Flaminio Venanfon nel iSoS con un l.bro bene fcritto ha
modrato in Napoli l'iiifurtlftenza de'la cKfertazione de! Niz-
zardo Azuni . Ne percorrerò qualche tratto per affrettarmi
tollo allo fcopo prillarlo del mio ragionamento. Voi , pre-
giati Colleghi , goierete anticipatamente di una contefa let-
teraria, in cui un Nizzardo ^iolìra con brio pe' Francefi , ed
un altro in foflegno degl' Italaai vittariofainente l'incalza.
Eccovi i colpi vibrati d-tU'Azuiiì e nbittutì dal Venanhn .
1 Azuui Itima decifivi per lui gi'iudxati verfi gaulefi .
Ve.
77
Venanfoi rende vano quefto primo avii:;»-) con fare offsrvàre
co^ Tirabofchi le incene, ze onde fono efii ravvolti.
II Azuni alK'ga il prillo del fioreniino Brunetto Latini
imnìaginando che flivorlfca i Fr.incefi , perchè nel di lui Te-
foro che fcrlfle in fraocefe fra loro prima del 1294 ì parlò
delli proprietà d,;!!' ago calamitato di volgerf) al polo. Ve*
nanfon gli fa riflettere che il Latini italiano produfle quel
libro giunto appena in Francia , libro perciò piìi atto a mo-
iirare ciò che allora fapevafi in Italia donde egli veniva ,
che le cognizioni della Francia , la cui aria cominciava a
refpirare. Aggiugne altres'i che Brunetto nel parlar dell'ago
calamitato è ben lontano dah' attribuirne la conofcenza efcla-
fìva a'Franceiì.
HI Azuni fuppone a fé vantagglofo che il cardinal òi
Vitry che vivea nel 1200 faccia menzione dell'ago calami-
tato e dica efler neceflario a' naviganti . E perchè ( dice il
Venanfon ) cita egli il Vitry a fuo fivore ? Un altro fcrii-
tore l'adduce appunto in prò degl' Italiani (i). Reca in ol-
tre le medefime pa'ole del Vitry, e mettendole fotto gli
occhi di c!)i le,:ge dimoflra che nulla egli dica che fecondi
il difegno dell'erudito fautor de'Francefì.
iV Azuni feguendo gli autori della Storia Letteraria di
Francia , tira un argomento p^Tuoi favoriti dal g'g^'o che
ii dipinge nella rofa della bulfola dalla parte borea e come
arma dell'antica cafa di Francia. Venanfjn offerva ( dopo la
Storia ijelh L-'tieratura lialinna e le Vtcenàc àdla Colturit
delle due Sicilie ) che ap.iunto il giglio che fulla buffola in-
«iica la direzione della calamita , è ai teftimone di più a
favore di Flavio Gioja che fioriva fotto il regnato della Ca-
fa francefe di Angiò. Azuni contro quel debole argomento
del
(1) Guberg Aniali dì Gi"gr,:fii e di Staiijììca.
78
del giglio trova un nuovo oppofìtora oel fig. Hager che a^Ja-
ce varii efempli dell' ufo de' gigli di altre regioni , onde ci
reude vie p^ù inrufficiónte i' argomento tratto dal giglio del-
la bulTola (i).
V Azuni volendo dì ogni maniera rimuovere dal giudi-
zio gl'Italiani, produce i diritti de' naviganti Portogli:!! at-
tribu.'ndu loro la buffola perfezionata. Alla quale aflai (Ira-
na alTerzione Venanfon reRa ben meravigliato che Azuni do-
po di aver pretefo elevar l'invenzione della buflola due fe-
coli prima del Gioja , di botto , perchè a codui fi tolga,
precipiti giù. e l'approffimi a noi un altro fecolo dopo di
quello in cui fioriva l'Amalfitano.
Vuolfi oltteacciò riflettere al colpo pienamente decifivo con-
tro l'avvifo dell'Azuiii. Proviene quefto colpo dal co.nparar-
fi Iodato della marina e della collruzione francefe diil'XIal
XIII fecolo con quella degl' Iraliani notata fingobrmence
dall' infigne Roberifun. I foli Italiani (dice il celebre SvOf.
2efe ) ccmmerciavano ed abbondavano di basimenti, e traf-
portavino i crocefignati in Afia - Approfittandofi effi allura
della loiO perizia nel navigare, e della copia de' legni , pre-
fero tale afcendente fuperiore alle altre nazioni, che dupo di
aver per fé confervati li fiabilimenti migliori , preTentarono
ali Europa attonita lo ipettacolo mirabile de'navigli armati
de' Veneziani , Genovefi e Napolitani, i quali difpofero del
deftino dell'Impero Occidentale . Sovvenghiamoci altres'i d.'l
contratto dipolato tra la repubblica di Venezia e San Luigi
re
(0 In prima ( dice Hfger ) lo flemma francefe enfi/leva h tre gi^lì , e
non in uno ; cflerva poi che più gigli lìaiifi trovati nella croce de" Criiìiani di
Oriente: ctie in India )a croce dei Sei'olcro di San Tommalo teirrinava ia
gii;li .' che s'g'i fi rinvennero nel monumento Nelloriano dell' VIH kcolo
nella China : che in Euio.a la croce dell'ordine di Portoga.Io termina in
^19
«e- di Francia . Eda gli forn'i quinJici vaf^elli da tragittare
in A(ia quattromila cavaUi, e dieciitiii.i faldati, ciò chs pa-
lefa la c.ipacna di quei legni , de'qu.ili alcuno av^-'a di lun-
ghezza centodiciotto piedi veneziani. E quali erano allora i
legni frunceli ? Fin fot'o Filippo Augufto ne fcarfeggia-
rono foinrnamsnte , ed i loro bailimenri da gu-rra fregiati
erano nella poppa e nella prora di torri con merli alla gui-
fa d.-Ue mura delle citti (i)„.
Ciiaro dunque dall' efpofto apparifce i che l'antichitìi iafciò-
a'fuoi Joniani pofteri, a un Italiano, la gloria di aprir 1' O-
cea:io ai vafcelli Europei : 2 che i Cinefi vani di una fo-
gnata antichità òX molte decine di migliaja di anni di efi-
ftenza non ebbero una buìToIa qualunque nativa ma al pù
un covro da valicar deferti finché non ne prefero un modello
dagli Arabi quando trafficarono nelle corte cinefi: 3 che gli
Arabi non nelle Arabie, non nelle Spagne, non nelle Sici-
lie traccia veruna, lafciarono di qualunque bulTola finché da
noi non l' ebbero : 4 che i Francefi appena verfo il XIII fe-
colo ebbero da' Trovatori una magra notizia di una m.ninie-
re 0 mnr'niette ^ e ricorfero agl'Italiani per valicare il mare.
A chi dunque atrribuiremo l'onore dell'invenzione della buf-
foia nautica fé non agi' Iialiani attivi cos'i di buon'ora, ar-
diti , fagaci , commercianti , coflrutcori di legni grandi e na-
vigatori? Mi affretto al porto,.
Amalfi la cui non favolofa fondazione fi fifa al riforgere
del Greco donoinio in Italia per opera di Belifario e Narfe-
tB ed altti generali ,. avea gih fotto San Gregorio magne
un vefcovo chiamato Pigmenio nell'anno 5p4 , ficcome no-
te
(0 Cu art ne!!' Moria di San Luigi preflo il Venanfon:
Or de gente mtrreìUeufe joule
Strreement amonceìer-
£1 d'ivits zeiJJ'cau» a ìnìtez ^
So
ta la Cronaca Amalfitana (i); e l'Anonimo Salernifanonoa
inverifiaiilmente la crede fonJara dì alcune famiglie fuggite
da Roma , e del fu3 racconto tra gli altri fi valfo Scipione
Ammirato. Ben per tempo queRa citta florida, e trafficante
divenne, e quando con Napoli e Gaeta cadde fotto it g^oga
de' Greci , formò con effe ì'u.idecimo d'i Temi polfc.iuti in
Europa dagl' Imperadori d' Oriente ne' baffi rem jì . Soggiacque
alcun tratto al Ducato Napoletano; ma al declinar dit tiono
fecolo veggiamo che Amalfi fpiegando i proprii veffiili muo-
ve coatro Sergio du;a di Napoli in difefa del vefco.'o Atta-
nafio, ed acquiila l'ifole di Capri e de' Galli adonta de' Na-
poletani e dell' imperador B-ifilio . Ne crebbe ia potenza iti
ragione dell' indultria e della navigazione, e ben prelio acqui-
fìò celebrità in OrieHte e nella Sicilia dove fpeJiva i propri!
legni ben coflruiti e di merci ben foniti. Lab^niiera Amal-
fitana fi rendette tanto chiara ne' tempi balTi quanto ne' re-
moti la Fenicia . Le ufanze fue maritime parvero talmente
equa e fagge che convertironfi in leggi, e la Tavola Amai-
fiiana in occidente fé porre in obblio le leg'^i Rodie . Il Tuo
valore e la marina armata gareggiarono colla fua ioduftria
e io' legni mercantili che ne trafficarono i prodotti. La cit-
ta di Roma invafa da' Saracini dovette la libertà e la fal-
vezza all' arra-ua combinata de' noilri tre du ati di Amalfi-,
di Napoli e di Gaeta, la qujle raggiunta la nemica preflo la
bocca del Tevere la ruppe, e ritolle all' Arabo predatore la
preda; vittoria encomiata concordemente, non che da'nollri,
dal Sigonio ed altri accreditari inorici 2 . Cefario prode fi-
gliuolo di Sergio comandava le forze combinate e vinfe
neli'
(') Si vegga l'epiflo'a 2:j del lihro TV di San Gregorio.
(0 Vix rierno memorali po-efl res vel eve/ìtu vel extmplo hi toì.i antjjutta-
ts nubi t tir. Di Rf^'io Ica Une.
8t
lieir84p quando la barbarie fpaziava oltramonti. EgH è pur
dolce c>U a chi ama l'Italia e li verità iltoiica il trovar
flìridj CQmiti'rcio , artnate navali, vittorie Itrcpitofe, ri-
nomati comandanti di mare in quell' ofcuro periodo, in cjÌ
un gran Ltterato esgefuita di Mantova non fèppe rinvenire
f§ non che un campo di jlfa^i e d' ignoranza ^ te nn pnlude ,un
d-cferto ^ fenza indù fina ^ Jenz.' arti^ fe-izn popolo^ faza l-:g],e
e fenza rnoione (i) . Ma qual era Amalti alla venuti de' tMor-
Qianai può vederli dallo dorico ooeca Gu<^lielmo Pugliefe (2):
Urb'i hac dives opum ^ populique referta 'vtdetur ^
Nulla mngis locuples argento ^ vejltbus^ auro ^
Peirfibus innumcris oc plurinius Orh^ moratur
Nanfa marii cxlique viat numerare perieus ,
Hic & yJlexaniiri diverfa feruntur ab urbe
Rcgts & Antiochi , hisc freta plurima tranfìf » " '
Hic Arabes^ Indi ^ Stcuh nofcunrur (y Afri;
Hjc eens ejì totum pr'^pe nobilitata per orbem
Et mercanda ferens^ & anians mercata re f erre .
Or r iltorica. dipintura che ci tornifce Guglielmo fcrlttore
del fecole XI ch;^ vedeva co'propni occhi quel die narrava,
non è più confolante per gì' Italiani della fopraccennata fattane
nel decimottavo da una immagina/Jone po-;tica che fenza leg-
gere o leggendo male volle mixhiarfi a narrare iftorie? E pur
fenza rilalire fino all' XI secolo poteva giuftizia e verità iftorica
imparare dal Muratori noftro contemporan'o, il qjale gli a-
vea infegnato che Amalfi qjando' li diede a Roberto Guifcar-
ao era città mercantile al fommo , piena d' oro , piena di popol»
e di ntvì (3). Poteva imparar le Itorie di que' tempi dall' ar-
TomJl II el-
eo Saverio Bettinelli nel R'iforgimento èP Italia prima di Mille.
(z) Nella raccolta de! Mutitnri Rer. Italie, Script, tona. V. pajj. 2,6^
Vi) -Annali d' Italia ann. 1077
f?2:
civefcovo Gu5;!iei'mo il Tiro il quale- difle degli Amalfitanu-
Hifjms regionts habifaPores.. (^ dlBi Amalfitani^ primi mercei- pS'-
regrinas quas. Onens non noverai , ad fupradiBas parta irt'
ferre tentaverunr fi). Adunque gli Amalfitani prima del sa--
colo XI, erano già. celebri naviganti, coltruttori eOerti , dc-
ftri ofll-rvatorl del mare e degli aftri; e lungi dali' ar enda-
re lozioni di n,)vigare e di trafficare dagli Arabi , come altri
fognò, correvano initancab.lmente dalle vicinanze di Laodicea
in- Siria .fino ad. x^leffandria, e. co.T3-Tiercia.vano. con, -Arabi,
Indiani,, ed' Africani ..
Un popob COSI, cofpicuo che tanto lungi trafcurfe n-' ma-
ri orie Itali, ed occidentali, chj ricco d'oro, non meno che
benefico e fagace fondò in. Gerufalemme un famofo or iinc.
militare con un ofp3d.ile e- due conventi , che pili che altri
f". ammirare in. Alia i prolotti dell' induRria amalfitana e la.
perizia nel navigare: (ìfFatto popolo non raccoglie in fé tut-
te, le probabilità, che ad altri mancacio, di eiìere flato nella
nautica anzi maellro che fcolare de' barbari? di aver prima
e meglio di ogni a'tro, comp efo ciò che facea meflieri al
nocchiero per abbreviare il tragitto, correndo una retta iri
vece- di uia, curva ben. tortuora? Se non fu allora da meno,
di veruno degl' Italiani , fé più degli altri operò e fi difìinfe,.
fé- gli oltramontani fuperò. fenza contrafto negli affari mariti-
mi-;, elfer non dovè' de^li ultimi ad approfittarfi della noti-
zia che dal fcecolo; XI al XIII corfe per l'Europa della pò-
larità della, calamita . Che Te forfè non fu folo a. fperimen-
rame la co'danza. lìtuando. 1' ago calamitato fu di una fejìuca
o di un pezzetto di fugherò e tacendolo- nuotare in un vafo
di acqua; do\è alnieiio pù felicemente riufcirvi e coticepirne-
più; pielto e più: fondatamente migliori iperanze. Ed in fatti,
fpun=^
0) Se ne vegga la ftoria della Guerra di G:f:<fa'e,rìme ^
.83
fpuntà appena 11 fecolo XIV che la tradizione getiTile at-
tribuì unicamente ad un Amalfitano 1' invenzione delia -vera
bujfola nautica^ ed Amalfi gongolandone di g'ojd coli' intera
colla nel corfo di Quel fecolo in memoria del fatto ne prefe
giuda l'ufinza lo ftem'na che la fegnala. Q-nnJi è che An-
tonio Beccadelli Bologna nato in Palermo nel 13P4. , cioè
nel fecolo fèelfo della fcoperta, cantò,
Pi'tma dedtt naut'tì u[um nìngnet'is Amalphn ,
Onci' è che Arrigo Bacco diire : Provincia qux Prinripatus
cttra dicitur ..... prò ìnfigni babct pixìrj Natt'tcam . Hoc
infigni gnudet , quft'iinm in hac p^'ovnicia oit-m fuie anno
dvinini 1300 nobilijjtinum hoc tnve'uttm per Flavtwn doja
civem Amalphitavurn . Con pari aflt>veranza rpioj^ànfì lui!' in-
ventor della bufl'ula e fullo ftemma di Ama'fi è del Prinr
cipaio Flavio Bii/ndj , Tommalo Pofi-j- , Fili-po Bn'ezio ^
Ortelio , Filandro , Purcb/io , Gilberto e cento altri ferino-
ri deli' ifteflb XV fecolo , de' quali le teftirndnianze lì rap-
portano colle proprie loro parole dall' er dito napoletano
Grcfiorio Grimaldi , che pofsouo rfcontrarfi nUa diflertjzio-
ne regi (irata ne' i'tfi^^/ deli' /Icc'ademin di Cr.rto^a -l)-
Cont.fla r iniigne Girolamo Tiraboi'chi la concorrenza
di m liifTimi autori che acclamano il Git^ia e me inven-
tore della bufsola ed attelfano che Amalfi ne pr-fe \'i flem-
ma ; e^ afferma che provata l'cfinenza 'dello f'emma prefo
da Amalfi, l'invenzioae della bufTbla ad elfi è sflÌDrara.
Se un tal valentuomo non fi full' arrogato furo 1 araba
bandiera -, avrebbe quefto c-jncor'^o di tanti in un folo av-
vifo riconofciuto come un conf-n'b un'v rfile dell' Enr^^pa .
Ma per bilanciar \à forza di s'i folta fchicra oppone che tut-
* ti
(r) Molte altre fé ne leggano nell'opera del Brenckman àt Repui.'ka À-
fnalphìiaria .
^4
ti quefti poffano confìcìerariì ref:ts «n autor foto eff^ndafì T
un l'altro copiati fen^a produrne documsnto veruno. In pri-
ma fi può replicare chi e:;ii non d moltrò che effi fi copiarono;
ed egli eccellente accurata fcrittore fapea per prova cha notv
femore che d ripete ma Ibria nota vuol dire die fi copi! ;
p.Tchè gli feritori obbìi^ati adir lo ftjifo, le non TjaG doz-
zina'}, ma abili e zelanti del proprio onore , fempre al ri-
petere il fatto aggi jogonj uri nuovo efame, e perciò nwlti-
plicandulì gli ferii tori concordi v.'ngJtic» a molti plicarfene gli
cfa ni o All'exfzioie cbe alie-»a eh* tali (crittori non han-
no di ciò che iffetuiario recato docttme'ito veruno, Ci può do-
manJare , fi il celebre o^p «fitore Ikflo nel patrocinar gli
Arabi abbia della fua opinione recato a!cu>t documf.nto ? fé
nel parrocioare i Francefi Azuni , ed i Cin.'G Hager dcint
docmne'ìto proJuflera? EiTi tutti altro non adducono che re-
mote concettare, annali icreditafi , fcrittori incerti ed ofcuri.
Ma chi ftà p^r gli Amalfit.'iii Ichiera un valido drappello di
vicini fcrittori i <j.iali per lo /lenona parlano di ciò che ve-
dcvanoy e per l'iaveizion' d.'il.i buifila poffbno dirfi quali
co'tanei. Ed a colerti tertiiTunii , quale altro autore fi oppo-
fé ? chi gli fnient'i in quel medefimo secolo XV sV vicino
al XiV ì Crramjute niuio. E piacciivi odar^ar fu di ciò
che non pochi anni p:ffar dovettero dal punto della manifeiìa
inve .zioti^; di punto in cui fi pensò a llabilirfene lo ftjmma»
ìic /ffino i:?02 ( difle Filippo Briezio ) inventa ejl Piais
Nau ira a Flivio cfuodam A^nalphltano (i). Ma prima che
Flavio ne ripetede le fperienze oe'varii fuoi viaggi mariti-
mi , e che gl'I-aliini e gli elK-ri ne udiffero e rrovaffero i
benefki effeitt,e che Amalfi lii^ta della gloria clic gliene ri-
dondava, pensafle ad afTumerne lo ftemma per confervarne la
me-
Ifi) jlmaUi Mundi i Chtanieon miver/alt ad ann. 1302, tom. VI
«1
memoria, prima, dico, di tutto ciò dovettero correre alcune
decine di anni lei no:n nato lecoio, e forfè avvicinarfcoc il
termine, e lo ftemma non dovè efifere da gran tcmoo vilìbile
quan lo il X(V terminò e cominciarono a contarfj gli anni
del XV. Adinque gli aut )ri Hi «juefìj videro lo ftemma, «
fé dirfi non p.^Àbno rigorofam^nte contemporanei all'inven-
zione di Flavio, ben potrà la giufta cricica allegarli (con pa-
ce del Tirabofchije ejme vkuiì al fauo memotabil: e quali
coetanei, e come oculari tel'limoni dello Itemma di Amilfi e
del Principato . Or quii altro monumenta fi pretende da
quegli autori di avere Amalfi ufato ai cofpetto dell' Euro-
pa uno (te lima in memoria dell'invenzione tutta fua delU
buflMa nautica ?
E chi può dirci in qua! periodo de'tre fecoli fe^uentl fpari-
ta f jfle e rofa dal tempo queli' imprefa che fi de'crilTe dal
nobile uomo e giureconfulto Francefco Panf.* che efiilevi
nel fuppor-ico della poita piccola deiU marina di Amalfi?
Eravi ( egli dice ) u la figura di donna con u;! pomo al-
la delira, un l.'one fono il finillro briccio appog^-'ato al
fianco, un moaJo ed un coiipalTo ed un libro a* piedi, ed
allato una croce di Malta e uni Bulfola . La Iteffi fig ra co'
dc'critti emblemi afìTicura il Panfa che ancor fi vedeva a' fu»»
à\ ricamtita iu un vecchia parato di Chìefa\Q perchè egli non
a torto temette che tal parato djvcffe confurarfi . volle con-
fervarne la memoria. Tutto difp.ir'e in effetto, e la cittk per
ravvivar la memoria dello ft mmajdifpofe che nel coflitjirli
nella piazza la fantasia marmorea ( forfè feffanta o fettanta
anni fa ; colla flatua dell' apoftoio S. Andrea, nel mezzo fi
fcolpifle fjl piediiftallo l'antica infegna di Amalfi con quefto
motto (i) :
lo.
(l) Figura 4.
^6
Invfntr'm fraclara futt magneti! ^tìaìpb'n (i)."
li Pria ipato Citeriore nella gaila erte ^li aJdotti autori
fcriflero, ritenne 1 iofegna delia bjlTola colle otto partizioni
per indicare i venti principali delcritti dal Bren:k.nan (e ,e
fi fé iacideri dal Pacicchelli nella (tifTa maniera , ci oè divifa
in una parte fuperior; bia-ira e nell' ìnferiofé »?'■<« ad ogg't-
to di dinioftrare l'ufo delia bolTola nel giorno e nella notte
(q). OJtreac>.iò l'attuai governo neli'imprifa decretata per le
Scili* L'anno 1807 '^-^ P^it anco dinotara qa;lla provincia
«oU'infegna della buflbia naut.ca.
Avverfo di tale ftemma forgono due potenti avve'-farii,.
An.^res ed Hager , partigiano degli Arabi il primo, d;' Cinefi.
il fecondo. Elli fi lufingano poterlo ricettare in due manie-
re, fcreditando il Pan fa , e raoftrando di non trovarli nel fu-
gello del comune di Aruallì gli otto venti indicati dal Breick-
man . Il profelTof di Pavia fé richiedere refgrfuita pre-
fetto della Biblioteca di Napoli del fao avvifo fu tali affare,
e ne ricevè in rifpofta clie l'opinione favorevole ad Amalfi
è priva di ogni f'^nàa'mnto ed uno ie rùcc-^nti f.'.-jolift c'js ab-
bondano nella /ìorij di Fr.i?jcsfco Pan/a 0 Lanfa compilcfìrè
in-
(i) Anche og^i !a Città conferra nna barca astica i\ fm proprietà , in cui
vedeC dipinta io oao scjìo la croce di Malta e la BjiToia.
(j) Std -mI atfer:e i-ìeiì c-^mpr^bit ( ciaf C3e! che Aqss!o del.'a Nocj t
Camillo Borreilo affermano ) : Iijl^ne Crvhjth jinta'.phitinx , torìufjits, ni fjl-
Itr , dricì-.ui qucA fymly.licim p'ix'tàis njuritjt diliifttioiem exhrbet . Di R:-
ftiè. ^ta.'prÌ!. C. XXri. Benché però a;cenoi le otto ale deii' infegna dice
nella nota ó, Plerìcue vetires oSo vi-.tcs Jijìiixerunt meAh wia ima quaintr
cjrdtnj!!! SittrJfHj , ciranjo Csliario Ge;^. vet.
(?) Il Pacicch?i;i nelia carta che aidtice de! Principato ne! ruo Regf
ài Njpcii in pr:'pis:rji . Si regga in q-jelo Ragio-am.e"fo la Figii'-a ?, do-
rè è da avvertirti che bea orto punti vi fi notano, cioè q;3ttro a!e nei pri-
mo cerchio eiìeriore e quattro punti segnalati fui cerchio inscritto così ^
Oj^^o che equivalgono ad altri qcattro venti e compiono il njmero ieWt
«tto alette defcricte ca! Breackman.
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v'felke . Aq°iinfe che nel ru?g2llo ricavato .V.la comune di
JÌmaih trovanft dui ali,e»v; g'à 0//0, come fcriir^ il -Brenk-
mai. In prima njci avvertiDtio co-i^fti due fili oppoGto-
ri eh." qjella freon fa oppoQzioa; diilrug^e la prima. Nel^a
prima dice o Andres o Hd^-r eh? in Amalfi }n>t fi trova
tno>iur,7et:t3 nlcuao di B'iJJola ^ & Q^lla fcccti.la fi affarraa cha
TJil fugelh fi.veggì'io due alt. par due veriti. Grazie al Cielo
già comincia dunq le a- fpun'ar qualche traccia di bafTaia .
Ma eUminiamo L'importanza di entrambe. E poiché i' abate
Andres le ha imboccate al prjfeiTbr di Pavia , ofo in prima
a lui domandare, fé Ga la fteiTa cofa effere ^;<^/;7//o,eJ elTire
fcrtttore i'.felia ? fé vale lo lìeffo rmntire , e narrare infi-
l'tamsnte ? Per me .fono quefle due imputazioni ben dicia-
te , e credo che fi polla, elfcre ftorico acche m;.'c'i:no ed
intanto non nemico della verità, con r'frrir ciò che fi ve«
de . Accorderò di buon grado a chi il prete.ida che do-
ve fi tratta d-i erudizione, di fcienze, o di buona cr'tica non
fia (lato il Panfi r uomo, più illruito della terra. Ma nel ri-
ferire fé una infegna eiiiìeva nella propria Città, non fi trat-
tava di decidere fj qualche telio arabico, cin?fe, ebra'co o
greco, o di arcani di ftoria natufa'e, o del calcolo delle fljf
Coni . Si trattava di aver occhi per -jedere óò che i fuoi con
temporanei pur vedevano con lui . In fnccia a quelli avr^b
be egli ofato defcrivere come efiUente uno lìemma immagi
njrio? Altronde gli oppofitori hanno forfè alli. mano docu
meati che quel nobile amalfitano, quel giure:orifulto. onora
to , ancor dopo morto tenuto in pregio , folfe flato a tal
fegno impud^ate e menfognero per figgere quello llemma
delli pirta della città e del parato? Ed i compatriocti tali
anch' efll Itati larebbero '^3. concorrer tutti con un co'pevole.
filenzio alla di lui iiipoHura? E la città eoa pari impuden-
3iiL cciminoU ratin:aca avrebb; la favjla dello fte.nma colla.
but-
buflbla innalzando la fontana marmorea nella fua pìaiza? Stra-
na, colpevole maniera di ragionate è ceno qutlia che ufano
i due brivi oppafitori .
Conrinuj a damanJare alla coppia rifpetrabile che ho a
fronte, fi dorati come entrambi fono di tanra dottrina e di
s« fine- Ciifcernimenro, polla 10 etìcr fu-uri chi p.r diitruggere
ciò eh? tanti fcrittori afi riruno , e forfè non pjchi per a*
verlo villo, chi il Paufa induiiiatinieoie vide mi parato,e
che avea fotto gli occhi i tratti ro!ì deli' effigie coMa buffala
e la croce di !Ma!ra della porta della marina; fo,dicj, adi-
firuggcre tutto co b.^fìercbbe il fugello attuile dato che nul-
la in qucRo fievi eh-- l'antico rteinma conreaL'fle ? Se gli op-
polltori non fi foio p^r altra via accurati delLi falfìta alfe,
rita ftira-tico flemma ( mi permettano che il dica) e{fi fab-
bricano fu di un bel fofisma . Imperocché potrebbe il fugeU
lo pr-feute n dia contenere dell' antico fìeiTima, ed intanto
n( n eif.r p.i-.-'namentc diRiutta 1' aiferzione di tanti feri i tori ,
de' qujli b ona parte po'terono aver veduto 1' antico .flemma.
Md ie qualche difcendente del Panfa rapprifentafife loro chs
A nalfi ha ben potuto penfare a riparar le ingiurie del .tem-
po e fuppliie alia p^Tdira dello flemma che vedevafi nella
porta indicata coU'a'tUil fusello di minor grandezza e per-
ciò riflretto a fegrialar niù pochi emblemi ma i più necefla-
rii a rapprefentar l'antico H-emma,a c:ò (di buona fede) che
replichercfbbero s'i infgiii oopoiìrori ?
L' infegna defcritta dal Brenckiran ( fi oppone in fecondo
luogo } cuiitiene otto aletta per ind care otto venti, e nel fu-
gello del cummune di Amiilfi ve ne fono due; dunque que-
tìo fiig Ilo fa fparire la defcrizione del Brenckmao ed in
C' niesuenza ogni monunento di buffola in Amalfi . Temo
per gli oppofirnri che ancor quefti potranno fembr.ir lonsmi
a chi bcc ragiona. Tutto quello che col fugello alla mano
fi pò-
fi pitteffe Opporre al Brenckman (quindo pur dritfnmcnfe fi
ragiotialTe ) non nocer<bbe alla caua d.llo !iemm,i antico,
pon dipendendo da quell'autore de. XVi II fec;>l) tutto ciò che
può adJurfi dell' antico fteinma di Amalfi, Ma ciò lalciando
ancora vediamo che cofa intrÌDlecimente nuoce ailo llemma
l'elfi-T due le alette indicanti i venti. Per buona ventura il
/ugello attuale che Andres fé pervenire ad Hager è quella
lìelTo die io lo fcorfo anno 1810 ho fatto rimettermi dal co-
mune di Am.ilfi. Il lettor cuiofo può vederne l'identità
ticlLi merKorìa dell'Hager ed in quefto no^-lro ragionamento fi).
In tal fugello fi vede uno fcuuo di forma ovale centinata
intorno alla quale fi \z^it ^^dAijJtma c'fu'ttas jimnlpèh ^ fut
quale feudo è una corona ; tutto è divifo dà una linea in due
parti , in quella eh' è alla (ìniltra di chi lo guarda è un»
zona, ed alia delira fi vede la croce di Malta di fopra , ed
una BulTola legnata in <]t;atrro punti , cioè da due dette da
lati oppofli e ^i. due altre accennate foltanto àà lu in giù .
Se quella non è una buflbla come le altre che altros/e li ve-
dono, che cofa fembra che fia agli eruditi oppositori? Con-
feflano cffi che qu^ fi veggono quattro punti tra quali due
alette mirate ancor fenza occhiali? offervano che etìe accom-
pagnano la Croce di Malta che fi vede nelle altre? Or per-
chè non vogliono rav'figurjxvi gli emblemi drillo flemma amaU
fitano? Ma perchè (ripeteranno) non fono otto le alette co-
me nell'altre del Brenckmanno? Rifpondo: perchè non li
trova filfato nell' arte del Blasone un canone che vieti di ri-
conofcerfi per buflola una ijnprefa che non abbia una rofa
con otto venti, pi grazia donde ellì deJicono che non po*^»
fono eflere né più né meno? E fé taluno s' intalentalfe di f.«
gnarne feJici ? ventiquattro? trexitadu.:? trentafei ? fé sole qua^-
Ji tfCì?
♦i) Tavola I Figura 2
5°'
iror fé due come i'n'queft''ultima dì Amalfi 'Saranno tali caflTefte
o impiefe rimolfe dall'onore d' intitoiarii bulFole ? Md lurfa
pure diranno elìrando, psrcKè quegli altri du^ pjnti ft?g iati
di fopra in giù non fi fono pur anco convertiti in ale te ?•
Potrebbe replicarli che il diiegnatorì non cavillofo le avefle (ti-
mate fuperflue ad indicare di vantaggio i. quattro venti car-
dinali bafiando accennarle.. Pure dicaft qualche cofa di più.
Lo feudo del (ugello è centinaio e fi ftringe alquanto verfo
la. parte inferiore per dar luo^o alle lettere dell'accennata i-
fcrizione che °irano per tutta la periferia del fugello; e iorfe
appunto perciò non vi hanno luogo fé non due ioli lati che
formano uno degli angoli del rettangolo che accenn^po.
Aggimgo qualche efmpip. di fimili arbitrii ( lafcianda
per ora da. parte i pittori che ne prefentano per ogni ban-
da ) ben conti a coloro che svolgono i libri delle imprefe.
la famiglia del noftro poeta Bernardino Kota ha per infe-
gna una rota d'oro con otto raggi ; fr:a nel!' efecuzione non
ie ne contano, vifibili che fei; diremo perciò che quefia im-
preca non appartenefle al Rota : Il celebre Antonio Epicuro.
p'T alludere al nome Feigilia di certadama invernò una im-
prefa fulle fette itelle Vtrgilie , ma. neli' efecuzjone fé n'ef-
preflero fèi foltanto, e voi e fare intendere che la dama fof-
fe la fettima Feigilia; or perciò non fi riconobbero ne'ie fei
manifelte le llflle Vergilie lette di cutne^o? Una figura con
alcuni occhi chiufi, ed altri aperti in una imprefa fpa^nuola
aijimaia col motto
Los Jerrndos por no mirar y,
Los avterto'! por llorar,
ben manifefla nella fii^ura di molti occhi l'Argo della m'tc-
lo;iia greca, benché il burino o il pennello non pocè efpri-
mervi tutti i fuoi cento occhi . Infinite bande , zone , o ia-
fce d'cfcritte come eguali di lungli?zz.i vegjjonfi negli feudi
-^ uri-
ineguali eflendo alcune o più lunghe o più ampie delle -altre
a cagif^ne delle forme e delle centinature di effi feudi . Si
cffcrvino in prova di ciò le armi delle famiglie Loria, Toc-
co, Aragona. Una teda chiufa in un elmo che pur non ap-
pare, fuole indicare un guerriero tutto intero, come quella
della famiglia Gallucci. Un braccio che tiene una daga che
efce fuori di una torre nell'imprefa di Medina-Sid' nia, potrk
ridurrli in mente all' iipano Andres la grandezza d' animo di
Gu'^man el Bueno governadore di Tariffa che getta al Moro
aflalitore qu^'l ferro perchè ferva a fvenare il proprio figlio
pripioni>.^ro, anziché violar egli ofaffe la fede rendendo la piaz-
za. Ma in sì chiaro argomento ho foverchio efemplificato. La-
fcio ancora di ricercar più oltre dietro ad ogni altra fofilH-
cheria che potrebbe opporfi , difpolto per altro ad un bifo-
gno di ritornar full'alfunto. Non vo però Lifciar di fare of-
fervare che Andres in Napoli ed Ha^^er in Pavia non videro
o veder non vollero nel ("ugello di Amalfi per cui credeva-
no di trionfare , la buffola nelle due ahtte ^ e nt due punti
accennati, e nzWdL croce di Malta che ad effa fempre fi con-
giunge, nell'atto poi che elfi beono sV groflb , e formano pu-
ri atti di fede ad ogni (tante* in prò deg'i Arabi e de'Cin;fi.
Rirulta,s'io m'appongo, da quanto s' è detto , che gì' Italia-
ni , e fingolarmente quegli di Amalfi , ne' baffi tempi navi-
garono, cofiruirono , trafficarono , e tra(rero a fé lo ((upore
e le. ricchezze delle nazioni: che alla loro fagacith p^r tem-
po fi manifedò la p-'Iarità della calamita e l'utile che appor-
tar poteva alia navigazione: che quella fcoperca maturò lull'
aprir del fecolo XIV l'invenzione della bu(rola nautica mer-
cè degli fperimenti diU'induftre nocchiero amalfitano Flavio
Gioja o Goya o Geri che voglia dirli: che Amalfi ne prefe
lo (lemma: che una folla di non volgari fcrittori del XV
fc colo proffimi al gran ritrovato e coetan-à allo Itabdimento
* dello
9'
dello flemma, l'aneftano: che appofizìonì di poco momento
A quefta gloria italiana al noRro regno peculiare fi fono fi»
nora addotte da'patrociadtori degli Arabi , degli Orientali e
de' Francefi .
Termino eoa indicare per epilogo i primarii contradittori
e j difeofori degli Amalfitani , perchè il leggitore imparzia-
le tragga qualunque confeguenza gli piaccia dal numero e
dalla qualità degli uni e degli altri ►
Stauiio coatra Amalfi i leguenti ; il fig. Glufeppe Hngar
coprendo del proprio fcjdo gli Orientali tjtti , e trionfando^
ia i Catri da fortilegii folìenuti dagli accreditati Annali Ci-
neft ; il cav. Girolamo Tirabufchi che lì dichiarò per gli
Arabi fu mere congetture e Tulle voci Zomn ed Aphton pe>
fcate ia uà libro che non efifts o che non efiftè mai; il (ìg^
Giovanni Andres che cangia %o;-Dyi ed aphroft in giarun , e
auran^e che accula come falio un teltimone- oculare de' fatti
di Amalfi che fl veggoiio neiriiteflo fugelio ch'egli prefen-
ta in g'udizio; il Ggnor Domenico Azuni dichiarato fautore
de' Francefi fulla fece di pochi verfi gaulefi che- non fi fa
ar-cora quando (i compofero,e che, purché efcluda gli Amal-
fitani,, ora fd r'falire la fcov-rtJ della buiflbla due (ecoli p ù'
fu,, ora la fa piombar giù quafi due fecali fino ai Portoghe»
fi. La cauTa degli Amalfitani meglio foiienuta che oppugna-
ta conta i leguenii p^irtigiaoì . In prima vien difefa da una
sradizione generale e criucorde che riconofìze Flavio Gioja per
inventore , e lo flemma della, buffola in Amalfi » Appreflb
è per l'invenzione e per lo fiemiiaa fi fono dichiarati quali
iu;ti gli au-Lori del XV e XVì fecolo . In feguito il geogra-
iij Guthrie nelle Tavle Cictiologichti riconolce Flavio per
verO' inventore della buflbla. Il Kirker rigetta ogni alrra opi-
nione, e (i uuifce a chi lalliet:e Flavio (ij. L' iilglefe De?.
htam
(i) jlrt. Maga, lib. I par. r.
9i
ham allottò ravvlfo del Gilbert ^i), e fi ilicbiarè anch' egli
per Gioja (2). Il Kicciuli conviene con Filippo Briet fopral-
legato circa l'aver poruto ceno Giovanni Goya pure amal-
fitano incominciar la f operta e fnirla Flavio , e diftribuire
nella bullula fedci e p>i treiualei veuri , e adattarne cnlybi
magfierico la rufa in una carta rotonda (3) . Nell'opera tur-
chefca ftampata in Coltantinopoli io cui fi tratta della cala-
mita e d'Ila baflr>>la , fé ne attribuilce l'invenzioni alla
citt'a di Amal'i , ed il Tolerini amore non ignoto all'Hager,
la cita nella Letteratura Tmcbefca ft.impata in Venez'a nel
Ì787. Il furano illorico Robercfon dimollra vit'oriofamente
l'infulfiltenza d;lle pretenfioni alla bulTola e degli Arabi , e
de'Cinefi, e le probabilità che concorrono a favore degi Ita-
liani , e foftieoe al fine con fermezza che al folo Flavio
Gioja fi appartiene l'onore della grande fcrperra (4". Per
finirla l'eruditilTimo Flaminio Venanfon, tutto difculfo (5),
conchiude i che la fur^a direttrice della calamita e l'a^'pl'ca*
zione di effa alla marina appartiene agl'Italiani , z che tra
quelli gli Amaltìtani poffono in preferenza rclan.rne la
gloria, 3 che Flavio Gioja è il folo inventore dtlla vera
buffola .
li Napoli Sij'^norelli raccoglie le v°Ie e ravvifa reglì A-
inalfitani gl'inventori della bulTola nautica ed i pofleflari deif
antico flemma che la dinota al pari ézW attuale fugdla.
J.ertor nlorofo tocca a te a giudicarne;
MeJ[o i ha imianù or tu per te ti ab».
SUL
CO Vie Ma^n,
(Z) Ffl'ent, &■ JllrìB De! Uè. V.
(jl Geo-r. & Hydro^T. lib X C. ? ,
(4) Nelle ricerche fu 1' i"oria dell' Indie, e nelfa ftoria à\ America.
(3) De flnveniim de /« Bouffolt Nauti 'j ne , in Mapoii od iSo8.
lav I.
'^al letterd a ^^ LctLera l) — , UUcra. C /^ letL.d Z_
SUL GERUNDIO FRANCESE
M E M 0 R I J:
DEL SOCIO
ALESSANDRO PETRUCCI
GiUDiCE qj;lla c. di appello
LETTA nell'adunanza TìNUTA IN ACOSTO l8ir.
9%
I
_L mio onorato efilio in Francia mi fics- una. piacevole
necenTità , per poter ivi parlar e feri vere correttam^nra , di
applicarmi con mo'to ftudio a conofcer , quella Jingua d ffici-
le a maneggìa'Ti d.igli itninieri , perchè ha minor numero
di regole generali che di «tezioni particolari , perchè poco
pieghevole alle circonlocuz;oni , ed alle inverfioni , e perche
mai Lffre, che per analogia 11 tragga argomento alcuno ne
modi del d're ..
Or nella lettura degli fcritiori , e nell'ufo, coftantc di par.
lare mi avvidi di una cena confufiune rifpetto all' impie-
go de' participi dei piefente e de'gerundj. Anzi- fuHa difini-
zione di quarti ultimi trovanfi fcifù i pareri de' grammatici,,
ne parvemi /oddisfacente l'articolo c'el Dizionario dell'Ac-
cademia che ne tratta» Infinita peiò iu la mia f. rprefa , al»
lurcbè ra" imbattei in una nota al cap 2J. della parte 2.
de'piincipi generali di grammatica del f'g. di Condiilac , il
quale fnfHene „ che Ja lua lingua non ha gerundj , e che
„ per eflerfi voluto in ella rinvenir verbi foftanti.vi, ag°et!Ìvi,
>, aitivi , paflivi , participj , ge-un'j, era'ene complicafa la,
jj, grammatica come quella che li era tcmpilaia lui fiftertra
,. d:l.
„ della grammatica latina. Noi la reideremo tanto più fem-
„ plxe ( egli foggiunge ) quanto più ne richiaaijrejio le
5, efpreffioni agli elementi del dilcorfo . E ficco.n.- non mi
fembrò che fiftarta fua opinione reggede a marcellu , t-^mei
forte , che poteff; indurre in errore l'autoruà di un illuftre
e fublime irutafilico ; foprai tutto in quel momanro , in cui
era fama , che 1 Iftituto Lriperiale li occupafle di riprodurre
miglicrato ed accrefciato il Vocabolario della liiigua . Vo:li
quindi meditare fopra fifF^tco puucj grammaticale non bene
ancor fiflato preflo quelia nazione. £ dei fietto delle mie
meditazioni fattone il logge to di una riizcnoru fcritta io
Francia , ma letta in un confeflo jetterarjo , al quale ave-
va, ed ho l'onore di appartener come Socio , i m'ei «ol-
leg!ii non trovarono prive di fonJamenco le mie oflervazio-
ni , ed io mi animai a pubblicarle p:r le llarnp^ , anche
per un certo orgoglio nazionale, e per imitar It bifce , che
iafciano la lor traccia io tutt' i luog'hi dove p:iffano.
Ora voi, ornuiffimi Accademici, nel concadermi il per-
mefl'o di pTefentarvele recate in Italiano mi date on nuovo
pegno di benevolenza; e Te potranno efie nel vcfìro impar-
ziale e fopraflino giudizio non fembrare indegne di attenzio-
ne, io avrà riportato il pai bel premio dei mio arido lavoro-
Il Dizionario dell' Accademia Francefe ecco come fi efpri-
me nell'art. Gerundio. „ Gérondif: terme de Grammaire .
„ En notre lan2ue , e' eft une efpèce de f^articipe indeclina-
„ ble , a-uquei on join-r fouvent la prépofition f«,par exenv
„ pie, en allant , en faifant , il allait courant „ . Voi già
vedete che n una idea aHeguara vi C fa prefente cen una co-
tal rronca ed inefjrtta definizione^
Egli è vero , che avendo in francefe il gerundio -4a fìeffa
terminazione del participio del prefente , tie è derivato che
foffio icno l'ati .confufi e fcani'biaii l' un per l'altro , come
ti cocfondono , e fcambjano nella giornaliera abitudine di
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parlare e di fcrivcre . Nondimeno il fenfo della frafe dovreb-
be naturalmente farne diftinguere l'ufo e la fignificazione.
Intanto 1' Abate di Condillac credendo di richiamar l' e-
fpreirioni agli elementi del difcorfo, mentrcciiè conviene con
gli altri grammatici, die i participi fien veri aggettivi, af-
ferma che i gerundi fieno per 1' oppoRo foiìantivi , dopo di
aver aflunto ciie la lingua francefe non abbia gerundi (i) .
Io dunque mi propongo di dimofirarvi, che, (e I articolo
del Dizionario è infufficiente,!! fig. di Condiilac non fi è ne-
anche apporto al vero.; e che tutt' altra effer debba la difi-
nizione de'Gerundj, de'quali non può negarfi l'efiftenza nel-
la lingua francefe. Egli (ieflb me ne fomminifira le pruove
che mi fembrano evidenti , e che io fottometto al voflro
difcerniraento . I foftantivi in fatti , fecondo i fuoi princi-
pi (z) che fon comunemente ricevuti fra i dotti^ efprimona
( per fervirmi delle fue flefle parole ) „ touta-la fois cef-
.„ taines qualités,& le foutien fur le quel nous les reuniflbns,
„ ks adjeftifs au contraire n'expriment que certaines qua-
„ lités , 8c nous aurons befoin de les joindre h des fubffan-
„ tifi pour trouver le foutien, que ces qualités doivent mo-
„ difier .,^ _ ... 1
Intanto i participj fono fenza contraflo asgettìvi , poiché
«ffi non fanno altro ufficio che quello di modificar i foflan-
livi efprein o fotiointeri , defignandone le qualità . Se non
che diffetifcono dagli altri nomi aggettivi in quanto che
confervano lo fteffo reggimento affoluto o relativo de' verbi,
ai quali efii appartengono.
Or fé i participj dei prefente a fentlmento del Condiilac
fono aggettivi , non altrimenti che quelli del paifato , non
Tom.If. J3 veg-
(0 Loc. cit.
W) Princjpes generaus de gramnialre chap. i, deuxe panie.
veggo poi il perchè egli neghi generalmente i generi ed t
numeri al primi , allorché gli concede ai fecondi . L'auro in-
tanto della lingua francefe ammette indiftintamente la de-
clinazione digli uni e degli altri ..
Une ìiante y perforine^ obl'tgeantes y ftxe frèvsnnnT ^ hommes
vaili am ^ jeunes /imanfs ^(oao frafi ricevute per buone preflo
i Francefi, e fi veggono compofte di un foftantìvo e di uà
participio del prefente accordati infieme nel genere, nel nu-
mero , e nel cafo . Ed i Signori di Porto Reale avvertono,
che anticamente quefto. participio era Tempre , e non folo
nel nominativo, ma anche ne'cafì obliqui fufcettibile di ge-
^oeri e di numeri, citandone gli efempj feguenti .,vLes g?ns
tenants notre cjur de parleiient, h renJante compte (ij„-
Ma pofleriormentc. è in.valfo. l' u'b che bene fpeflb il par-
ticipio del prefente fi. riguardi come indeclinabile , e s'im-.
pieghi avverbialmente qualunque fofle il genere , il nume-
ro ,. e'L cafo del foftanrivo efprefib. o foitointefo , a cui fi.
jiferifce . Quindi eflTi dicono: „ les jeunes gens bien elèvés.
„ font tous piévenans. „ . E, per contrario dee dirli : „ La.
„ Claufe partant que les epoux fé marient fans comunautéy
5, ne donne poinr à la f^mme le droit d'adminiftrer . Le.
,, gouvernement a pris. une mefure, oppure des mefures con.
^ycernnnt les émigrés „. E. non folo farebbe ridere, ma^ mo-
nterebbe d'ignorar affitto la lingua chi fi avvifatfe di dire,
j,. le gouvernement a pris une mefure fo»rer.??««ri? les etriigrès,.
ovvero des mefures concernantes. les ém'tgrés . Eppure chi noa
vede che in, quella frate la. parola concernane altro non fia.
che il participio, del prefente del: verbo concerner il quala
come aggettivo, che modifica mefure ^ dovrebbe egualment-e-
che ogni altro aggettivo accoppiarfi al fuo- foftantivo. in ge-
nere
(0 Grammaire generale & raifontie'g chap. 21. { remar^ues )
nere, numero e cafo. In fatti le in vece elei participio con-
<ceinant fi foftiruiffe l'aggettivo f^/rrAi/, npn potrebbe altrimenti
utiirfi a mejure ie non col feminmo rélncive nux émigri's.
Or quefta bizzarra varietà o che Ha nata per l'immaturo
paffaggio della lingua francefe dalla barbarie alle Icienze
più luitili (i), o clie fiafi in effa introdotta a poco a poco
e confegrata Jall'ufo, fenza che fé ne pofla render ragione,
non meno che la uiuforme definenza in- «"/■, han lingolar.
mente imbarazzati e nì.fli a tortura i Grammatici e gli Ac-
cademici Francefi fuUa differenza che palTa tra i pjrt'cipj d.'l
prefentc ed i gerundj . Certamente però una grati pane d>.'I-
]e dirp..te ceflerebbe ove l' liiituto Imperiale e gli fcritturi
di qucILi ndzione rìconuiceriJo nil participio del .prelente
un vero aggettivo, fi unlfero a dich".irar co' precetti , e ad
u fare col fatto , eh' n^n polfa altrimenti adopj arfi nel di-
fworfo lia n^l nominativo, fia negli altri cafi , ii noi accor-
dandu'o in g:nere e numero col (olLintivo e'pre(fj o fottin-
tefo di cui deve indicare lo Rato e !:• qui'ira . fn lomma
far SI che il paiiicipio del prefcnte fofle tome qu-llo del
paflato declinao le lempre ed in tutti i cali , prclcrivendo
l'ufo contrario e me un grave ciror granmatirale .
Kè poi dovr.bj'efllr dilhcile per la fcrittor-- di fcorgere,
fé è un participio d-;! prefen'e il nome verbale di cu vuoi
fervirfi, ficcome fan'bbe molto fac'le p;r chi legge il ricn-
nofcere, che un participio appunto d<el prafente fi trova nel-.
la frafe che ha fotto gli occhi . In fatti fé la parola che
finifce in anf efprime uno llary abituaK* di core,e 'e è pof-
fibilc di fcomporre la frafe lenza alt.^ra'^iie il fenf>, tra-ìfor-
mandola col relativo ejtii , e col prefeniC del verbo da cui
quel nome deriva , è indubitato allora che la parola flelfi
* al-
ci) Vedi la Scienza Nuova del Vico , affioma XIX pag. 140 éell'eilr.o-
ne Napoletana .
lOO
altro non fìa che un partrcipio dt-I prefente . Cos'i allorché
effi dicono ^cnnne obligetint , fcmme prévcntiute , les hu-
dìitm en droit ^ ognuno ravvifa chiaramente che vuol parlarli-
di un uomo che ha l'abitudine- di obligare , oITia di effer
cortefe , di una donna che ama di prevenire, di giovani ap-
plicati allo ftudio del diritto, ed' è altronde ficuro di poteri!
dire egualmente bene , bmrime qui oblige , femme qui pré-
•vient- , èlévts qui è:u(iicnt en d)oip , fetrza nuocere né alta
chì<irezza, né al fenfo deila frafe. Or perchè non vorranno
efll ahresi convenire, che concemant è un participio del pre-
fen-e quando fi- dice, „ le gouvernerHent a pris telle mefure
concemant lev éinigrés \ Conccmnnt regga 1' accufativo émi-
grés^ perche- il verbo da cui deriva è MÙVQ'^crsicerna^t può
letiza caaibi.ir l'idea che- fi è voluta erprimere fcomporfi eoa
le parole qi4Ì concerna-; coyicernnnt finalmente nìodifica il fo-
ll^niivo mefure ^ che altrimenti remerebbe vano ed indefinito,
né li rapporterebbe ad alcun oggetto. Quella parola dunqua
che termina in ant riunifce tutte le condizioni neceflarie a
cofiituire un p^irticipio del prefente, offla un aggettivo , né
CH'ndi è divepfa da ohligeant^, préijenanps , etudinns . Per la.
qual cofa fìccome quelli ultimi fi veggono accordati in gè--
nere e numero co'loro roflantivi tacit-i o efpreflj , cosi do-
vi ebbe anch' effa acccrdarfi nel genere feminino con mefure y
t farebbe in effetti più naturale e più analogo all' ufo gene-
ralinen'e acbttato nella lingua fl-efla per tutti gli aggettivi ,
che fi dicefie mefure coneernante . Par nondimeno tal' è la.
forza dell'abitudine , che le orecchie de'francefi mal foffri-
Ti bbe'O Quefta frafe , la quale intanto non può negarfi di
ciTere nelle firette regole grammaticali, ed a cui dovrebbero
i buoni fcrittcri andarle ornai affuefacenclo.
Ma fé per l'oppofto una parola , che ha benanche la Tua
iefinenza io aat d^OQti fempre ( p^i; fervirmi della efpreflìo-
ne
ne rteffa de' Signori d'i Po-rtO-Reale (ri ), denoti un'azione
paffiiggiera , la maniera, il mezzo , il tempo d'un' azione-
fubordinata ad un'altra, fé non potrebbe de..omporfi, meno-
che con gli avverbj lorfque^ camme ^ p/irceqae ^ non Ci direb-
be a giulio titolo che fia un pa-rticipio , n;a dovrebbe affo-
lue.imetite cai'atteriz^arfi per un geiundio.
Ed io mi avvalgo tantoppui volentieri delle definizioni
de'Sig.di Porto-Reale, <^uantochè l'Abate di Conviillac nella
prefazione alla Tua grammatica ingenuametie confefla eflfere
ftati que' valentuomini i primi a portar chiarezza, e metodo
Ite' libri elementari.
Malgrado ciò fembra ch'egli itiifo rimproveri loro , po-
fkichè ne accufa indiitintamente ture' i grammatici , di aver'
complicata la grammatica francefe , compcneodola Tulle trac-
ce-di quella formata già per la lingua latina. Quanto a me-
io non gli credo meritt-voii di un tal rimprovero, i a lingua'
fr.mcefe , come molte altre viventi, airro non fono, che urr
rnefcuglio dell' idioma del paefe , e della lingua che i Roma-
ni vi inrrodufiero, e di quelle, che nelle loro invali jni i'
barbari vi apportarono . Gli fcrittori che dopo il rinafcimen-
to delle lettere le han mano mano perfezionate, hanno attin-
to negli autori latini foprattutro le conju<^azioni de' verbi , le
iorrae , le fra fi , i modi , la fintalTi . Or dopo qucfti due fat-
ti inconrrafìabili farebbe mai poffibiie di non ricorrere alle
grammatiche latine, allorché fi dee trattare creila origine ,
dell'impiego, del valore , della denominazione rnedefima del-
le voci, che altronde fono fpeflb una traduzione letterale del:
latino? Eccone un efempio fra le migliaja , che potrebberof
produrfene in mezzo . Auder.do /ìgenàcqite refpublìca aefc'tt »
In quefta frafc latina le. due prime parole fono fenza dubbiii^
ge-
co Loc. cit.
^02
gerund) . Ch2 fs io trovi iti 'fraticefe ì loro equlvalenii nel-
le voci ofaììt ^ "è'JF^^f y come dir non dovrò ch'efle fieno,
egualmente gerund)'? E perchè non dovrò io deiermioar il
loro impiego con gli ftefTì principj già nlTari nelle gramma-
tiche latine, poiché l'ufo non ne h\ in menoma pdrci can-
giato il valore? Ciò che ho decco de'g.^run.lj è applicabile a'
participi altresì, ed io non credo di dovermi p'ù lungamen-
te eftendere a provare eh' è impoPùbile di non ricono:cere la
perfetta raflomiglianza fra la riù gran parte de't^mpi, de'
modi, delie infì'efrioni, delle forme, e dJh fra'i d.-ila iin-
gua latina , e quelli che l'ufo ha fatto adottare in Francia.
Or trovando noi già determinato il loro impiego da'^^ram-
inatici latini , non veggo qual inconveniente vi fia a feguirne
i precettinelie grammatiche delle lingue moderne, Non vo-
glio dir già che 1 abufo , il quale tutto corrompe, non ab»
bia foventl fiate indotti i Grammatici Francefi a cercar trop-
po fervilmente nella lingua latina un num2ro infinito di di-
fiinzioni , divifioni, fuJdivifiorii, definizioni ed or'gini eh; il
buon fenfo no^n per-mette al certo di adattare alla ior Jmgui.
Ma chi impedifce mai di efìirpare tut'.o ciò eh è abulo,
confervando folo quel che non può dubitai fi di efler comune
alle due lingue ?
In fatti il medefirno fi;7n. di Con;Iìnac non ha potuto fa-
re a meno di ammettere 1' antica differenza tra '1 verbo fu-
flanrivo ed i verbi aggertivi.I verbi aggettivi , egli dice(i',
5, fono e'"prefrioni abbreviate che equivalgono a due elemen-
„ ti del difcorfo., ad un nome aggettivo cioè, ed al verbo
„ e(rere,un'co e folo verbo io^Anùvo-, Amare è per efempio
„ l'equivalente dì ejjer amante d<.c Se dunque i verbi ag-
gettivi fono ^ flati con tal nome defignati da Gondillac, fol
per-
(O Cap. 21. 2. parte.
perchè comporti del verbo softantivo ejfere ., e dì un agget-
tivo, che altra cofa non è, com'egli ItefiTo afferma , fé non
il participio djl prefente; queRo aggettivo non dovrb, effer
poi come tutti gli altri d.icIioabile, ed accordarfi mai Tem-
pre in genere, e numero col foftantivo efpreflb o fottointefo
a cui indispenfabilmente fi rapporta? Io dunque pcrfilìo a pen-
fare, che Condillac conformandofi alla ragione ed all'ufo ha.
ben clanTificati i participi del prefente che terminano in ant
tra i. veri nomi aggettivi. Ma per gli fleffi fuoi principi, e
per la definizione da lui data del participio , io noii poffo
concedergli che. fiffarti aggettivi non debb.ino eflere , coni'
egli pretende, ne' generi ne' numeri , poiché io veggo chia-
ramente che in ciò l'ufo volgare dipartendofi dalla filofofi'
dilla lingua ne ha depravata l'abitudine, e gli fcrittori 1' han
legi^ermente- fegulco. Diciam dunqu:: piuttofto , che il gerundio
di cui Condillac non vuol riconofcere la efiflenza,il gerundio
è quello, che non foffre variazione alcuna nella fua de.finenza.
eh' è a.i un tratto del genere mafcolino e feminino,, fingola-
re plurale,, eh' è in. fomma indeclinabile, e tal' è appunto,
perchè non è né una fpecie di participio indeclinabile coinè
lo ha definito il Dizionario con una manifi;fla e chiara con-
tradi-iione- ne' termini , né un follanti vo, fecondochè. afferma,
il Hgn.. di Condillac.
E pria di tutt' altro volendo, noi attenerci alia definizione
che quefto inrig.ne mitafifico ha dato del foflantivo, ci farà
molto, difficile, di ravvifarne la bi'nchè menoma traccia nel
gerundio. Il fuflantivo prefenta ognora un fog^etto qualun-
que più o meno determinato da se fleflo;è inoltr," capace di
ricevere taiune modificazioni, ma non può modificarne uà
altro, né efprimeie di per le folo un atto o uii giudi zio su?
bordinati fenza. l'^juio di una prepofuione..
CoA nel dirfi Uomo, libro, pietra, albero, pera, Fraa-
ce.-
cefco, fi pronunzia -una voce xhe (^efigna a fQfficIenza un et
Tere, il quale moralmente o fificamence efifte, e .non è ne-
jceffario di agginnger altro . Ma le parole jugeant ^ lìfant ^ fai-
fam^ayant parie ^ et ant alltr ^chs efprimon elle mai di per loro
lìeflb nelle feguenti frafi? Les hommes ne jugent ^ue d' aprés
le! ^pparsficeSy fofìf fujcts a je t romper. Vai he ce tnathi ten-
drement èmu ^ en lifant une è.égte à' Ovide . En faifant ce que
U lo't pre/erlt on s ac quitte des devoirs de bon cttoyen . C'tce-
vm (lynnt pluf.curs fois parie de Joi-mème ^ne l' a pas toujoMS
fait avec la mode/iie convenable , Etant alle dernìérement à
Rome , j ai apprts que les trovaua des marais Fontins étaìent
fufper.dus .
Or le indicate parole fuppongono di necelTità una parte del
difcorfb, che dee precederle o feguirle, la quale ne è fern-
pre la principale., non potendo le idee efprelTe da quelle vo-
ci eflere fé non accelìbrie e di pendenti, atte fo'o a modificar
la propofizione principale. Quelle parole meddìme allorché
fi trovano nel cenna^o modo adoperate, non poflbno mai ef-
fera moJiScate dall'arricolo, che Gondillac ha con molta ra-
gione confiderato cora» un aggettivo, il che forma, fé non m'
inganno, un'altra d.ffjrenza cararteriftica fra i participi del
prefente ed i gerundii . Or fiffitti participi egualmente che
^li altri aggettivi fono adoperati (uflantivamente quante volte
il foftantivo è fottintefo, ed iti tal cafo fi unifce loro l'arti-
colo per deternrinargli , Cos'i nell'efenipio recato da'Sign. ài
Porto-Reale voi avete veJuto che ben può dirfi in francefe
ìa Tendame compie^ cosi dicefi frequentemente les allans^ &
venam ., dovendofi in cotai frafi fupplire i follantivi donna ,
iiomini.
Altronde efaminate quanto vi piace tutti gli efempli che
potete richiamare alla voftra memoria, o che potete voi ftef-
fi formare colia immaginazione, e vi convincerete meco fi-
cu-
103
curainelite che fé le voci terminate in ant vi fono impiega^
te non come participj, ma come gemndj , non potran mai
portar fecoloro l'articolo. Abuferei del volìro tempo e del-
la vuftra conpiacenza , fé volefll citarcene alcuno.
Se dunqie all' infuori dc'nomi proprj tutti gli altri loRan-
tivi , e gli aggettivi ancora , allorché fon prefi foltantivamen-
le,, amcnettono l'articolo che gli modifichi, e gli determini,
ed io vi ho fatto vedere che i participi del prefente^i qua-
li fnifcono in ant ^ poflibno ricevere iiffatta modificazione ;
credo di avervi al tempo fleflb dimoRrato evideiTtem'nte,che
diew-o i principj del medefimo fig. di Condillac, efiilono nel-
la li-ngua francefe altre parole terminate in ant ^ che non ef-
fendo capaci di efl'er modificate e determinate dall'articolo ,
non poffono elTer né foflantivi, né aggettivi, e fono appun-
to quelle che ordinariamente fi chiamano gerundi), de' quali
jrii rimane ora a determinar la natura. Ho gih premeffo,che
ì Signori di Porto Reale, non che altri grammatici, han pen-
fato, che i gerundj fervano a fignificare un'azione iubordina-
ta ad uu' altra. Or vediamo, fé la definizione data da Con-
dillac delle propofizioni fubordinate , e V \x\o aUres'i ch'egli
lia fatto de' gerundj, poflbno autorizzarci a conchiudere, che
a torto gli abbia eliminati dalla grammatica francefe , ci if-
lìficandogli indifiintamerne tra' foOamivi . Imperciocché allo-
ra io potiòcon fondamento ftjbilire,che i gerun ij fono mo.
di de' verbi, deflinati nella lingua francefe, come nella lati-
na , a car.itterizzare piìì brevemente e fenza circonljcuzions
le propofizioni fubordinate del difcorfo.
L'Abate di Condillac nel voler infegnare al Tuo difcepo-
lo in qual modo fi dovefle analizzar il pen(ìere,gli moRra,
che un difcorfo contiene una fola propofizione , o una iene
di propofizioni , vai quanto dire, un giudizio o una ferie di
Ti^rn IL 14 giù-
m6-
giiuìizj. (i). O^uindl fcegli'e un efeniplo. nella Orazione prcjv^
nunziata da Racine, allorché Tomafo Cornelio che fuccede-.
va a Pietro fuo germano , fu. ricevuto nell.' Accademia Fran».
cefe (2);. ma poiché non era pienamente ada.tto al fuo. fco^.
pò , lo riduffa in quella, forma ch'era, neceflaria: nella, circo--
ftanza, in cui volea fervirfene..
Or nell' andarne (componendo le parti , vi ravvifa, a ra?
gione il fignor di Condillac propofiaioni principali-,, fubor--
dinate , incidenti &c.
Ricordatevi che le- propofizioni fubordinate fono a fuo pa--
rere '3) quella, il fenfo delle quali non è completo , ma.
rimane fofpsfo , perchè non. può intenderli fenza la propofi--
zion principile che pr.^:cede o fuffegue.
Ecco, il tratto di. Rari ne. . Daf2s cett.e enfance ^ ou pour
mieuK: (ine dnns ce cahos du poeme dramtnatique , parmt
nous ,. votre ìll'uftre: fière , aprés azeir quelque tems cber-
ché le chem'tn &€. ìnfpirè d' un genie extraordinaire (7c..
ff voir fur la /céne la raifon , mais la rnifon accompagnée,\
de tonte l.a pompe ,, de tous. les orne.mens do7ìt notre lan-.
gue e fi capablé^ aecordant hemeufement la vaifemblance ^ &'
le mer'veìUetix. ,, & IniJJatit: bien. loin derriere lui.- tous ce-.
qu il. avait de rivau». ., Condillsc trova, una. propofizione.'.
fubordinara: in q:uefte parole , aprés avoir quelque tems cher-
che' le boti chemin , perchè; voi non potete arreflarvici ,.
dovendo neceffariaraente attendere qualche altra cofa ;, ed in.
fatti dovete continuare- a leggere fino, a. Ut voir fur. la fcéne
la raifon , frafe che termina la propofizion principale, co-
minciata dal nominativo iwtre ilhjìre frere fenza della qua-
le rcflerebbe incompleto ed ininielligibile il fenfo dell'anzi-
det.-
(1) Cap. X. r. parte ..
(2) Cap. IX ibid.
(j) Cap^ X, i^ parte ,.
^etta propofizlone fubordlnatàl In tanto lo fìeflb fcrittore op-
portunamente aggiunge, che le propofizioni fubordinate allor-
ché s'incontrano mi principio del difcorfo, fanao afpettare
la propofizion principale, ma la fuppongono ove fìan polle
in ultimo luogo. Racine poteva terminare con quilte paro-
le fif voir fur la fcè^e ìa raìfon ; ma per ifviluppar cutte
le idee che U offrivano alla fua mente, continuò a diri :
tna'ti la vai fon ■accompag}iée de tonte la ponile &::. accorda'it
ia vta'.fmblance^ (fT le inerveilU'ua , & la'tjjant denièt'e -lui
fout ce qu il avait de rivaux .
Quin.Ii il fignor Condillac richiama l'attenzione del fuo
alunno ad ofl'ervare , che forfè nella fine di quello periodo
non avr.bb: egli facilmente fcorto le due propolizioai fubjr-
dinate, che pur vi elidevano, delle quali la prima comiuia
da accora ant ^ la feconda da la'tjjant ^ perciocché quelle due
frafi corrifponiono prelTo a poco alle feguenti par ce cju il
flccordait &c. & par ce moyen il laiffait &c. nelle quali lì
veggono apertamente due propofizioni fubordinate che fi rap-
portano alla, principale iileila -uotre illufìre fière fit voir fur
te [céne la raìfon . E' duique indub'tato che il lìgnor Con-
'dilhc riconofce due propofizioni fubordmate ne* due fenfi , <»c-
•tordant & lajfant.
Per la qual cofa mi è lecito di affermare fenza efirazìone;
■ xhe quelle due voci derivate evidentemente dai verbi accor-
'àer (y laiffer non fon punto follantivi, molto n-eno prepo-
-lìzioni , tome la prepofizione aprhi adoperata nell'altra fpe-
• eie di prepofiz'one fubordinaia , di cui poco innalzi abbiarn
|:"fatto cenno. E poiché effe denatan.) li anioni med.'fime de'
"verbi accorder & laijf.r^ ai quali appart 'ngono , non poffo-
[^o efltr quindi fuorché modi de' verbi lìeffi. Or io trovan-
10 che i Signori di Porto Reale, ed i più accurati , e nìigliori
•rammatici gli hanno chiamati gerundj , e gli hanno deh-
* niti
icrS
fliti come atti 'ni efprimere un oiudìzio fubordlnato • e fr-
nalmente non vedendo alcune diiferenze per lo di ioro i[r.>
p'ego nelle due lingue francefe e latina , aon vi farà chi
non dehba convenir meco , che la lingua francefe abbia t
fuoi gerundj , e propriamente quelli che ccrrifpondono int«--
ramente ai gerundj in do de' Latini.
Ma quel che darà maggior pefo fenza dubbio ai miei ar-
gomenti, farà l'avvertirvi , chi le parole /ictord^mt e laìf-
jitnt che il fignor dì Condillac indica al fuo difcepolo , cò-
me foRantivi di due propofizicni fubordioate ^ non fi legga-
no nel dircorfo di Racine,e' fono quelle appunto da lui IleP
fo a bella pofla foflituire ad altre , del che egli ne rende
informati' colla feguente nota (i). „. '^2,z\x\t. d'i t. accorda <& lai/-
fa^ mais j'ai cru pouvoir me permettre ce changemenr,
pour trouver dans cet exemple un tour donr J'avais befoin „«
Or fé per formare delle propofizioni fubordinate Condillac
ha dovuto fervirfi di accordant C /«/^^«f j', perchè mai .ci
vuol dare ad intendere, che per femplificar la 'grammatica
francefe convenga cancellarne la deno minazior.e- di gerundio,
e chiamarlo foftantivo ? Certamente un foftantivo non pb-
irebbe efiere impiegato per efprimere un giudizio fubordina-
to , o incidente , fenza che foffe preceduto da una proposi-
zione . Intanto i gerundj non debbono di neceffità eflerne-
accompagnati. E Condillac nell'efempio che abbiamo efami-
rato non ha voluto né anche aggiungere- ad accorda-n , &
laìjjant la prepofi?ione e;j, la> fola che non indifp.'nfabilmefl-
te , ma per vezzo o per maggior armonia 1' ufo permette
a' Franceiì di congiungere alle voci che hanno fimigliante;
natura.
Che fé poi mi fi voglia opporre aver gli ftefll Signor! di
Por-
co Note (i) ai) cliap., X.
L.
Porbo-Reale J ci alcuni altri Grammatici riguartlati i gerua-
<ìj cotie foftaiitivi, io lifponderò che coftoro ne iianno alme-
no ammefla la efiftenza nella loro lijpgua , ladJove Gondil-
lac l'ha del tutto negata ; ch'efll fono flati trafcinaii in in-
ganno dalla uniformiti della defìn^nza de' gerundj e de'
participi , e che ficcome era evidente che quelli follerò
ag:^ettivi , fi fon dati per contrario a credere che fof-
fer quelli foRantivi ; e che la incertezza che regna tutta-
via in quefto punto grammaticale della lingua francefe mi
ha fpinto a diflendere la prefente memoria nella quale mi
fembra , fé mal non mi appongo , di aver provato centra
l'opinione di un s'i grande Metafilico , che vi fono in quel-
la lingua i gerundj , di averne fidata la differenza che gli
diftingue da' participi in anf , e di aver dimollrato , che non
fono foftantivi .
Finalmente contraporrò all'autorità l'autorità. Il trattato
della Grammatica Francefe di Regni er des Marais è certa-
mente una delle opere le pìià riputate che abbia la Franci.:.
in quello genere .
Or ecco come vi fi definifce il gerundio (i) . Le geron-
drf efì parmì nous une pnrt'te invnr'ttible du verbe qui a le
vnème regime que fon 'uerbc , mais qui n a d' elle mème ìit
tems , ni nombve , vi pevfonne . ... La principale niar^ue à
quoi on pitiJJ.e connoìtre un gèi ondif fnv? rais efì tirée de fa
nature mèmc qui efì de ne fcrvir jnmais qu a defigner ou une
/i6iio>i p^/l^gère ,' & fubordofinée à une nutre cxpriniée p^>' le
verbe , qui le ròsbif , ou wte circojìance , & une ìnanière de
t a&ion principa'e m^vq-ié" par le mème verbe ^ ou enfi» un
moyen tendant à ce qui efì fìgnifié par ce verbe .
Quella deBaizione mi fembra efatca , fi.:ofcnca , e chiara ,
non
^1.) .'\rr.. des gèrondifs.
non che conforme all'ufo ed al genio delle lingue , dj ma,
niera che farebbe a defiderarfi -, che fofle in preferenza di
ogni altra adottata nel- novello Dizionario Francefe, che do-
vrà certamenie pubblicarli corretto ed aumentato per le cu-
re dell' Iftituto Imperiale , onde veder principalmente emen.
'dato quell' articolo dell'antico Vocabolario deli' Accademia-.
ÌAE-
ELOGIO
ALLA MEMORIA >V
DEL SACERDOTE
VINCENZIO DE MURO
DAL SEGRETARIO PERPETUO
PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI
Letto nel i8ll. (a)
JL Er onorarmi, ornatiflìmi CoIIeghI , coti uà pefo glorio
lo voi mi chiamale ad occupare una fede che mi obbliga a
ravvivarvi Ja memoria dell' Uomo degno che non ha guari
perdemmo . Quefto incarico efigerebbe che alimentaffi con
irifti modi il voftro cordoglio par la perdita di chi con taa-
IO plaafo corfe la carriera della filofofia e delle amene let-
tere . Nondimeno ( e permettetemi che vel manifefli ) o fia
che trovifi talora 1' uomo meno atto a rattriftarfi che a me-
ditare; o fia che un oggetto Oefib fecondo il punto profpi-
tico , che fi prefceglie , prefenti diverfi afpetti ; o fia che
r uomo goda più di buon grado di trattenerfi fu ciò che ci
rimane del foggetto perduto che fu ciò che ne perdemmo,
a guifa di chi efce da un naufrjgio o da un incendio ; fia-
ne, dico, qualunque la forgente, io in quello punto non
Tem.ll. 15 rai
(a) Fu qiieflo accompagnato da varie felici rime a lui tributare da di»
vkG r«oi Colleghi .
"4
mi trovo tanto difpoflo a fentire e^ efprlmere l'amarezza
della per ita, (guanto a rifl:ttere fi;!.' imporranza del merito
che la cas^iona ; e ciò tanto poi che mi accordo che in fif-
fatta lizzrt corfa da. tanti filol'-fi ed orarori di prima nota ,
uUimo mi ritnarrei . Ed in fatti come ron ifcoraggrfi in
raiiiment:r gli elogii tributati agli uomini illultri ed a' tìfici
e matemuci dal Gimma , dal Gioviu , dal F ntenelle, dal
Capaccio, dal Thomas, ovvero le inimitabili f inebri arin-
ghe di un Boffnet , cU un Fieary , di un Giicchi , di un
Vanaliiii , di aa Gh.ra'do de Ang.'lis , onde tommoffero e
trafportarono gli afcolta'ori profondendo melliflui fiumi d'in-
finuante animata elacjuenza che refe immortali i lodatori e
i lodati'? Io non fo vincertni , Pootaniani , in-ntre alla me»
ftizia fon preflb ad abbandonarmi , fento rapirmi ali' ammi-
rare, fento fui ciglio inaridir le lagrime vicine a Igorgare ,
fofpendeifi entro il cuore il dolorofo fentimento , e riem-
pierfi la mente del fulgore de' lami fcieniifici del nofìro Se-
greario, dili'aur^o ftiie onde la dottrina illeggiadriva, della
ripofta univeifale erudizionj onde condiva l'eloquenza e la
filofofia .. 11 dolore è fovente un affetto che in gentil cuore
e fenfibile ratto fi appiglia , ma generalmente è una fpecie
di debolj?zi che male alligna o fi disdice in animi mafchi-
li come i voflri fono, ed è piìi di una volta mezzo anzi
di difacerbir la pana che di rappelLirfi le glorie dell' eftinto,
ed i vantaggi che ne traemmo. S'incitenano, è vero, van-
no infieme qu.fti fentimenti diverfi ; rè può ammirarfi il
perduto fenza fofpirarC per la mancanza . Ma fé da prima il
dolor preponderi all'ammira-zione , potrà quella arriva;' fuor
^i tempo dopo che ci faremo fpoffati in lamenti , dopo di
aver tutte fpiegate le vele ai fofpiri ed agli omei . Comun^
-^ue fia , accordatemi in grazia alcuni iflanti onde vi addita
Te ihi che ora mi occupano nel ftlar il pen.lero luli' efiraia
no--
"5
ìBoftro Segretario, e fulle opere che ce ne rimangono;
Volgendo lo sguardo alle andate cofe da che 1' Autor del
Tutto diede l' efifteoza a quefto LJniveifo fra gì' innumera-
bili poffibili prefcelto ; alerò fatto più univerfale non ifcor-
'giamo fe non che una guerra perenne mofla dal Tempo di-
voratore alle cofe create, le qu<ili abbattere ed ingojirc fti-
ma egli di proprio diritto . Avverfo di sì edace nemico la
fpecie umana tutta di gen^rofo or^oalio infiainmata feco dal
nafcere alti fpiriti portando intenti ognora a protrarre co' fat-
ti il momento delU propria efiltenza , cerca in diverfe gui-
Je di fcanfarne i colpi niortali . E l'ofa e io tenta e l'ottie-
ne fovente , e contro 1' invafoie univerfale mille e mille di-
fefe innalza , mentre il nemico rig do e duro ferva cofiante
un fol tenore; urtare, fcuot^re, annientar quanto incontra.
Quan 'o l'Uomo eleva fui Nilo malte immenfe di piramidi;
quando full' Eufrate mando a pcdefi ir^Ue nubi i penfili
giardini e le valide fublimi muiagiie di Babilonia ; quando
erge a Diana s'i v..iio e foniuoTo i?mpìo che ne riceve ri-
nomanza di una àAìì più magnifiche maraviglie del noflro
glob ) : il Tempo volando iricparabilm-ote contro di effe e
fecoli a fenoli e fcuotimenti a fcuot;menti accumulando, le
affronta tu'te, le crolla, le fnvverte,e di si (terminate mo-
li ora non fi additano ah' attonito vidg^^iators che fcarfi in-
formi avanzi in Efefo , in Bagdat ed io Memfi.
NobiMiiene crucciofo l'Uomo a tali ruine non defifte dal-
la rragnanima ''mpefa , e novelle armi impugnando) muove
in danno di lui Ichiera folti di eroi da non perir giamiiìai,
fé poffono i grandi fatti vincerla fu gli anni. Ciro educa alla
gloria nella Media , e Sefoftri ed Ofin dal Nilo mena ai trionfi
verfo l'Aurora, ed una ferie di Faraoni e di Tolom^i fortie-
re fui irono dell' Egitto, e fa in Afia rifplendere i Seleuci e
gli Eumeni e ì Mitridati,e Maometto tra gli Arabi la che
* ifpiri
liS /
ifpiti fanatismo e valore , e che Gengiskaa porri la fede fu! tro^
noCinefe,e foggetti ai Tamerlani ed aiiri feroci guerrieri le
più bellicofe nazioni dell'Oriente. Formano s'i prodi conqui-
liatori di mille citià e provinole valtiffiine monarchie , e
grand' imperi di cento e cento regni , a fronte de' quali non
apparendo, allorché fion ciafcuno di elfi, potenza veruna equi-
valente a contr.idarne la faperioritu , ne fecero prefumere la
perpetuità ed una eterna catena di fucceflbri . Lufinga vana
di Itarniinata ambizione! Il finito cominciò per finire. Ira-
pcrverfa a iìffitti nuovi attentati il Tempo , e non folo a
<]ue' grandi che appellaronfi immortali 1' un dopo l'altro to-
glie per man di morte fua micidiale alleata la vita, ma ri-
duce ad un mucchio di macerie le loro conquide , ed in
minor tempo che non tolgora , le diffipa , le fovverte , e ne
confonde fio anco la polvere che fu già campo di tante ge-
fla marziali, e di vittorie ilrepitofe; talché né orma veruna
rel'ti dell'antico afpetto che le faccia indovinare, né i nomi
flefli cangiati dagli anni , e dalle vicenda guidar poìfano a
rinnovarne la memoria. Ed in farti chi più fi fovviene delle
gravi difcuflioni politiche che agitaronfi nelle ftraniere inva-
ilcnì entro i gabinetti degli A (Ti ri , de' Medi, de' Perfiani ^
de'Parti? Chi detrattati e delle negoziazioni e de'congrefiì
di' capitani e de' configlieri di Rato del gran Macedone , or
co' primori ed ottimati di Sidone e di Tiro, or co' generali
di Poro LI Gdnge e di Talellri full'Oroote? Tutto fpar-
ve al pari dell' efitnero fplendore delle loro g.-mme , delio
:iioggio delle porpore , delle clamidi , delle piume de' loro
cimieri, de' veli e de' biffi attorti ne' loro turbanti e de' lau-
ri e de' trofei alla loro memoria innalzati ! Ben fi avvide
1' Uomo che i propri! sforzi non fervono che a moltiplicare
i trionfi del fuo gran nemico. Pure il magnanimo non cef-
ia di ì'.aJiar fé fleflb , d'iaveiligar nuo/i modi di refillere ,
e fi
11-;
e fi eccita e fi fcuote e sferzar tenta, qual generofo leone ^
l'acutezza e la polla della parte divina che forti dal cielo
fra gli attributi del proprio ingegno . No ( dir Jovette per
avventura in fé (ìelVo ) a pugnar col Tijmpo con uguaglian-
za maggiore , più che alle opere della m.iDO fidar coiiviend
a quelle che fono più proprie della mente . E b:a ne fpe-
ri mento la poflanza iin da che cominciò la fua profapia a
raccorli in tribù famigliari^, a conofcer connubii certi, ed uà
pio riguardo pur verfo gli elHnti con feppellirli , ed un cul-
to religiofo. Gli oggetti che fi vedeva intorno efpreffbro da'
fuoi labbri de fuotiì per indicarli a feconda dell' afpetto che
ne contemplava ; e quelli (uoni ripetuti con altri della prò
fili fpecie adoprarcnfi a rappelJar quegli oggetti . Quind
naccuj una copia di voci articolate che regolate dalle inflif-
fioni che e^figeva 1' interno movimento che ciafcuno di tal"
cg'^etti lisvcgliava, prcdufiero una ferie di parole che chia
fi a ronfi lììigua ^ e 1' ufo. coftante la cangia in arte in ogni
famiglia o tribù; e fu quefto il primo dono diviso della no-
ftra mente da non teaier gli aflalti del Tempo. E che può
egli contro quella umana invenzione che ha tanto del fo-
vrumatio? Diltrug^era egli ( fi dirà ) la favella col far pe-
rire folto della fua falce il popolo che la parla. Si ; ma
tante ne rimarranno quanti foi30 i popoli che ricoprono la
terra. E fé vorrà che tutte fi tacciano, converrà che l'u-
mano genere cac^a atterrato ^3^ fuoi colpi infieme coU' intero
mondo. Ma moren.lo le cofe create , il Tempo che n'è la
mifura, diftruj?gerà fé fleflb e finirà col tutto. Ecco la pri-
ma ficura vittoria dell' Uonio.
Progredi l'Uomo vittorioso oltre dell' iiìeJo fuo ritrovato
delle lingue provato iivulnerabile ; e que'fuoni fiefii divenu-
ti lingue con articalarfi ed infletrerfi a feconda delle azioni,
cercò di tendere permanenti aucov^ fei7za l'ufo dd la voce ed
atti
ii8
atti a trafmetterfi a' lontani ed a'pof!eri, *d inventa l'arte
di efp imeni con muti fegii fenfibili fa pietiFe, offa, pelli,
Iquame Hi pcfci , cortecce d'alberi, membrane, papiri, ftrac-
ci, gemme, marmi, bronzi, oro ed argento. Il primo gra-
do di quella riuova invenzione fu certamente de^no di ant-
mirarli, perchè cominciò dall' aflegoare un lignificato mut»
alla freccia ed al pugno di terra mandato al fuo nemico dal-
lo Scita 4dantura, ed alle immagini fcolpite celle piramidi
Egi^ie, e ne'geroglifiy Cinefi. Ma perchè la copia de' segni
equivalenti alle cole opprimeva , pafsò l'Uomo ad un nuovo
ritrovato affai più prodigiofo , ed inventò tra' Fenici venti-
quattro foli carai.eri di tutte le parole neceflarie alle genti
Caldee, Ebraiche, Samaritane, Arabe, Turche , Perfiane, Si-
riache , Illiriche, Etrufche, Celtiche, Runiche, Greche , La-
tine primitive, ed Italiane ed Oltramonrane d' ultima darà.
Ed ecco un'altra divina fcoperta dell' ing.-gno umano, qu>illa
della Scrittura , che rintuzza 1' SCuio taglio all' adunco ferro
dell'alato veglio fenza rifcatro.
E fermoffi qui l'Uomo immagine mirabile di Chi diegli
l'effere? Divenuto vie p ù coragsiofo nelle vittorie e nel ve-
der la rabbia che divorava il fi^nore delle ftagioni,corfe più
oltre ancora .
Il parlare e lo scrìvere ( egli diffe alla Tua audace proge-
nie ) finifce con chi fé ne vale. Se ciò ch^ lo fcrirto e la
favella erfvrime,non fuperi l' inteUigen?» de' volgari , non fac-
cia inarcar le ciglia , non meriti che fi ripeta tra' noftri li-
mili , che fi confervi , che palfi di lingua in lingua p'r tut-
ti i terricoli, avremo in vano inventata la favella e la fcrit-
tura.
Meditare al certo folidamenre importa ; ma ciò non bafla.
La meditazione che non pafTì di mano in mano, muore col
peofatore . Bìfogna che alla meditazione giuHa e profonda -
con
congiuoga la v.ioherza nel disvilupparla che fiffi 1 attenzione
di chi ai'colta , la delicatezza che mujva le anime feafibili ,
la grirJa che la innamori, e non di rado la tnaerta , la gran-
dezza , la fubliaiitk che incanti e forprenda .. Bilbgna che
quanto patte dall'intimo del cuore e dalla mente più efer-
cirata,^ e per l'organo della parola (catta o profferita altrui,
fi cornmunichi , fpoglio n' eica di ogni terrea fcoria e fra-
lez^a,. ch'è ia nodo indiir^lubile a'ie animi umana accom.
pagnata.: che fenta quanto dir fi polla della divinità che il
Creator del ru ro in efl"-' deg.ò tra.';fo:i lere : bilogna chj fem-
bri da un nu'ne talmente accefo e commoff^ che rapifca chi>^
lo circonda e rafcolta,e rapprefenti i'eftro, il fuoco, l'eti-^
tufiasmo d'un ifpirato ^
Per quanto debolmente è a me conceflb d' immaginare', in
fimil gui fa ( benché- con intenfuh infinitamente maggiore ) mi
èguro che in Grecia favellafle il buon fenno ed il gudo nel
irrido petto di Omero, di Pindaro, di Piantone, di Demoftene,
di Teofraflo, ed in Arguito di qu;lla immortale fchiera che gì'
ingegni Greci emu'ò nel Lazio, delle opere de'quali , voi,erimii
l'ontaniani, vi padelle e nuirifte convertendola in, fucco. ed in
fangue. Con. fi mi li efpedien'i que" fonimi ingegni incantarono
i contemporanei ne' giuochi fingolarmente di Olimpia e di
Atene e ne' Capitolini di Roma e- ne'Sebafli di Napoli , ed in
~-~fèguito i pofteri di tante eulte nazioni ; ed oggi fono per
fc noi l'organa per cui i ncftri petti conccpifcono il nume che
ci rifcalJa . Le loro opere vivono tuttavia, quafi pur cnò ver*
[ gite e profferite. Morda pur dunque il Tempo l'impotente
(ila falce; feco frema digiignando i denti fcarni ed ambe le
mani per furor fi morda la pallida fua compagna che osò
troncare vite sì care e preziofe.. E che traflero dalla loro a-
trocità l'uno e l'ahra ? I lavori dall'ingegno efenti fono da.
Ogni ofTisa, fonj perenni oraameoti del tempio dell' Iraaior-
X2Ò
talita; effi sfidano U rabbia llvorofa de' divoratori de'bronzi
e degli eroi ; effi non moriranno finché il genere umano fuf-
fifta, finché Libitina infetti la terra, finché il Tempo noa
precipiti neir abiflb dell' eternità .
Per cordoglio del Tempo che già minaccia e medita col-
tro di me le vicine fue vendette, aggiugnerò che i trionfi
dell'Uomo non fi fono limitati agl'ingegni Greci e Latini,
e le perdite del suo nemico fi foao fuccedute nella moderna
Europa. Ne trionfarono in Italia i lavori immortali del Por-
ta, del Borelli , del Galilei, del Tilefio, dell'Arioso e di
Torquato; in Francia quelli di DesCartes , di Buffon, di
La Grange e di Racine e di Voltaire.; ìù Alemagna di Ke-
plero, di Ticone , d;;gli Euleri , e di Leibnirz e di Klops-
to:h; nelle SpagTe di Jorga Juan, di Antonio Ulloa , di
Uflariz e di Camoens; fui Tamigi del gran Newron, ài
Locke, e di Milton e di Pope.
L'Uomo continua a vincere per quefia gloriofa infallibil
via, ed il Tempo nulla potendo falle produzioni dell'ingegno
continua a vendicarfene fui frale de'grandi uomini che rendo-
no il terreno foggiorno vie più vago e dilettevole . E che'
ahro potè egli full' antica adunanza Pontaniana ? Voi fvolge-
te ancor come oggi nate e con iftupore e piacere ognor piiì
vivo le opere eterne di Gloriano Pontano , di Az2Ìo Since-
ro, di Scipione Cipeci,di Girolamo Seripando , degli Acqua-
riva. Voi di bella invidia infiammati avete intraprefo a con-'
tinuare le vittorie dell'ingegno calcanda le loro veftigia; ne'
avete dato un faggio nel volune che pubblicaRe lo fcorf»
anno; ed in quello che vi accingete a produrre . Il tempo'
fremendone in vano ed altro non potendo ha vibrato un col-
po per noi mortale fu colui che ebbe cura di raccorre in quel-
le cane le voftre ingegnofe ricchezze e di farne unite allefae
al pubblica un dono preziofo. Egli giace, è vero, preda di'
mor-
morte; tra egli vive pe'veri filofofì, pe' filologi di prima no-
ta, per gli aratori egrcgii.
Vincenzio de Muro Arpinate nato nel 1758 non viffe af-
fai lunga vita, m?>" l'allungò colle op re . Li meno di tre
luftri nel fei«iniTÌo della Città fjndata da' vi uoriofi Norman-
ni diede opera ad imernarfi ne' mifteri d 11^ ebraiche , greche
e latine lettere in guifa che perv^jnne tutta a guftaroe 1' ulù-
ma b.llezza , la proprietà e l'eleganza. Furono i progress
lapidi a fegno che dove fiudiato avea divenne precettore di
froria e delle lingue dotte che pofledeva e maneggiava eoa
perfezione e nitore. In Napoli per buona ventura dell'Ac-
ca lemia Militare egli infegnòalla g'oveniù gli elementi gra-
rnaticali d,'ile lingue latina, italiana e fraucefe , imprfifa ma-
Jagevole per gli fcrittori non filofofì e non eccellenti; perchè
in elfi fvolgendo la piìi profonda filofofia Teppe proporli in fa-
cile afpetto alla prima gioventù per avvezzaria , non avve-
dendofene, a meditar drittamente intorno al veicolo delle
idee, vale a dire alle parole. Il Muro con tale arte fulle
Tracce del CondilJac pubblicò le tre ben ragionate gramatiche^
Letina^ Italiana e Francefe .
Con pari profonditli di penfare e con metafifica più folida e
iuminofa coprendo fcorramente 1' a'tificio con un titolo fcm-
piice di j^rte di jcrivere -pe giovavctti fpiegò gli arcani at-
irattivi dello flile e dell' eloquenza, che trafcende la medio-
crità. Tuita l'educazione indifpenfabile neli' ingreflb al mon-
ÒQ difviluppata dal prelodat» Condillacwf/ Cor/o dì /ìndio ^n-
p:irato per Ferdinando Borbone di Parma epilogò con origi-
Kàl maeftria tuua fua il Muro neW Jntroduzione che vi pre-
mife traducendofi in Napoli nel 1788. Splende in effa la più
fana e la piìj utile filofofia fenza nebbie fenza fottigliezze
diretta a rifchiarar l'ingegno ed a rettificar il cuore, condita
di tutta l'energia dell' elotjuenza , di tutta la purezza della
Tom. 11. 16 lin-
Ì2%
lingua-, dì tutta la dottrina, l'erudizione e ring?gno del Mu-
ro. Q_u;ft' ingegno , queft<i eru.lizione, quell-i dottrina , c^us Ila;
nitidezza di itile, qj^ila mariiia eloquenza, che voi ben, lapete
che regnano in tutti i Tuoi lavori, fi. ammi a nelle 0»*(Jzìomì >,he-
ne conoscale jfingolanncnre in quelia che compofe pel ritcno
della palTatd corre in Napoli nel I7pi , e nelì'uhiiua. fune»
bre pei Vefccva Agoftino Golino di cui pochi giorni prima
del fa'al colpo che a noi il loKe , egli ci fé parte. Voi ri-
conofcete le medefìme indicate pr^roguive eminenti in tante
altre Tue fatiche- leiterarie, per le quali l'Accademia Jonica.
lo prefcelfe tra' fu ai ornatifllmi individui ► Voi le ravvifate
dapertutto, e vi determinaft? ad eleggerlo per vcllro Segreta-
rio perpetuo; e b'n vedefte con quan;a ufura egli corrifpofa
alle voitre ben fondat; fperanze sì ns\[' htfoduz'to-ic ch'i prepo-
fe al voftro volume come nelle due eruditiffime Memorie fulle
Favol'g Ateila7je e {aW Opicin che ne fanno 11 degna parte...
Voi forp.'rate? Vi fovvenite eh' egli non è piìivoftro ? E' vero!:
Vincen'io de M.jro non è più nofìro, è vero; ma della glo-
ria e della ben. meritata immortalità ! Non è più noiiro, è vero;
ma noftre. fono le fudate- opere che come- teloro ne ferbiamo,
che faettano con tanso fuccefla it Tempo .. Q_uefto- tiranno-
non fi confolirk mai dell'oltraggio che ne riceve mal grado^
della vittoria riportala fulla mutria- chi in fé chiuJeva ani-
ma fi degna- Egli freme al vederlo coHocafo in un fegg^o
rifplendeoce in m^zzo a un Vico , a un Genoved, ai Mar-
tini, al Maz-tocchi , al Sabatelli , ai Ci ri Ili , al Serao , aL
Filangieri , al Palmieri , tutti abbigliati della divifa di Pirte-
nope , i quali fiedono ridenti accanto ai grand' ingegni chs
refero eterne Roma ed Atene. Non i'^figgi all' acuta vidi
dell' livido nemico delle cofe creite confelìb fi gloriofo , e-
f) difpv-ra vedendofi debelhto a fjrza unicamente di puole
ch-e fono non pertaata cjntro di lui aliai piià. di acuta fol«
. gore.
' : 1
^are penerranii, e raddjpplando il volo precipitofo fi rplnge
tra" barbari ed incolti popoli d' entrambi gli emisferi , e fu
elU e delli cofe che gli circondano fi vendica de' fuoi ran-
cori, (ì vendica fu di coloro che non danno fegni d-lla pro-
pria e(ilìen?a fé non per le vefti ricamale e pt diamanti di
Golconda lavorati in Olanda e in Inghilterra.
S'i, è chiaro, muoiono le Cittb , mjojono i regni , ma nott
é vanità di cupida e fuperba mente che coprendo i falli e
le pompe arena ed e;,ba , per nobil desio di cofa nun mor-
tale cerchi l'Uomo uu glonofo compenfo di ciò che p^rdc
ne' lavori dell'ingegno che du'-ariJ col mondo. In Atene ab-
bacata dagli anni al borgo negUtto di Setine piega il ti-
ranno vorace a fuo dtfperto la fronte a' carmi eterni di
Omero € alle divine meditazioni di Platone . In Palmira
cangiata in ruine fi onora e (i onorerai Tempre il Sublims del
Miniftro di Zenobia . Pet^ l'antica Siracufa , ma non mai
p.'rirono i libri di Archimede e di Teocrito. Il Tempo per
mezzo del Vefuvio fotterrò Ercoluno , e gli adufti papiri di
Epicuro forgono di fotterra a firfi ammirare' ancora . Peri
• Roma antica , e Giulio Cefare , ma i fuoi Commeniarii do-
po quafi venti fecoli ce ne rammentano le gelta e la fcien-
za. Peri tutto il Romana Impero, ma non i poemi eterni
di Marone , di Orazio , di Ovid o , e le ftorie immarcefci-
bili di Salluflio , di Livio , di Taciro . Trionfino pure gì:
anni di tutto che deg i anni trionferanno eternam.nte le let-
tere. Vincenzio de Muro che trasfufe nelle fue opere tutto
il bello e tutto il fapere greco, latino , italiano , fi leggerà
fempre, e fi dirh con gioja ed ammirazione : /w t]uefìi i' in-
fig*is Segret/irio perpetuo de Pontaiiiam del primo decennio del
\Jecolo XIX ; t la ferie de' vollri fuccelTori fulle di lui tra:ce,
e fulle voftre fermi camminando continueranno a iricnfar
Wel Tempo. E voi fofpirate? Ho detto.
"* MEMORIAE
NVNQVAM PERITVRAE
VINCENTII A MVRO PRESBITERI
PII PROBI SCIENTISSIMI
PRAEMATVRO FATO
GRAECIS LATINISQVE LITTERIS AC
SEVERIORIBVS DISCIPLINIS
ABREPTI
OPTIME DVM PONTANIANAE SOCIETATIS
MVNERE PERPETVO A SEGRETIS
PERFVNGERETVR
STYLIQVE AMABILITER VENERES
PHILOSOPHIAE LAVDABILITER PLACITA
VNDIQ.VE SCITISSIME DIFFVNDERET
HOC
MAERENTES GRATIQVE
ATRATI
CONTRA VOTVM
PONTANIANI
P
MDCGCXI.
DISCORSO
RECITATO X» MORTE DEL SOCIO PONTAJilANQ
VINCENZO GAETANI
D A L S O e I O I
OTTAVIO COLECCHI nel iSii. '
V Iticenzo Gaetani, nato ^at dottor Fifico Gefualdo Gat-
lani di Civita Situangelo, provitjcia del primo Abruzzo ul-
teriore, Profeffore di geografìa s itoria nelU Rea] Paggeri»,
ornamento della Pontaniana Società , lume e fplendor delle
lettere , nel più bel fiore degli anni fuoi è ft.ito il dV4 Giugno
di immatura morte colpito. La fua perdita, miei ornatiffimi
Colleghi , merita ben che fi compianga t)on folo da ogni fpi-
rlto penetrante e rublìme,ma da ogni cuore altresì b^n fjr-
mato-e virtuofo. CoDciofiachè e l'elevatezza ile' Tuoi 1 uniti , e
la purità di fua morale il rendeano tanio più pregevole e ca-
ro all'uom di lettere, all' uom faciale, quantoppiù ardua e
difficil colà parmi che fia oggidì il poter rinvenire chi q e-
Q'i due pregi aSìcm riuniti in un grado s\ eminente, come
il noRro Gaetani, in fé fteffb accoli^a . Voi che '1 conofcefle,
e Sigaori , ed una ben degna e giulia idea di lui concepire;
Voi che ài alto fiupor comprefi avete meco più volte fa-
vellato della fublimità dalie fue idee , e della rettitudine
delle lue azioni, fateini giuflizia e garentite i detti miei ora
che '1 dover dell'amicizia a rimembrar m'ingiunge qual fi
folle ftato lo fpirito che faceva si ben penfire , e'I cuore
che induceva a si ben agire il mio Gaetani : fpirito e cuo-
re
US
re da cui traeva origine il noSife treno sdente fpecolative t
pratiche virtù che l'adornavano. Ed è ben giufto che fi
tramandin q-iefte alla fucata memoria de'pofteri , acciò ne
godano i buoni, i malvagi ne frettano , e gl'invìdi ne at-
trillino e addolorino. Santa verità, tu che profanata fovente
dal labbro reo di vii adulatore, anzi elierlo in qu.-fto dì dal
labbro mio, l'omaggio accogli del mio favellar fincero che
più nitida e bella fpiccar ti far'a nei fulgido tuo lume. Co-
minciam dapprima .delle quaiii'a del luo fpiriio.
I. E chi mai potrebbe i pregi conten'ergli di una men-
te perfpicace e fublime ? Pareva egli fatto dalla natura per
la meditaziotie .e per produrre i pemieri più vaili ed elevati.
La ragion eragli Tempre compagna, e la vivacità e la gra-
zia, il vigor, la chiarezza, rendeaa si brillanti ed ingegnofe
le letterarie Lue produzioni che non fenza un' ellrema mera-
viglia., non fenza un vivo interno convincimento fi poffoa
.leggergli fcritti fuoi. Anche nell'eileriore fui forma efpref-
fi vedeanfi i caratteri dell'interna fua difpofizione . L'aria
fua penfante e mfilancolica-, Jl volto macilente e pieno di
fpirito, gli occhi Tuoi penetranti e vivaci-, la dolce ed ar-
rendevole fifonomia , raollravano ad evidenza la profondità
e folidezza del fuo intelletto, la fecondità e fottigliez^a del
fuo ingegno, Ja forza e '1 brio del fuo immaginare. E per
darvi più dilUnta idea e particolar notizia di fua non ordi-
naria letteratura: era egli dotato di ut talento, a cos'i dir,
univerfaie, di una perfpicacia non comune, di un genio il-
limitato, penetrante , attivo , si e p;r tal modo che Ipaziar
potè., fenza f;iiarrirfi , nel vafto campo dello fcibile , fegre-
gando però fempre con avveduto difcernimento , ciò che può
lo fpirito umano conofcere da ciò che tenta indarno di fa-
pere . Il perchè non fi udiva mai foftenere o promulgar dot-
trine che xion potellero^ alle umane ricerche convenire , ed
in
h querto faceva rirpl?ncler Tempre un ingegno màravigUófo,
un giudizio fevero , un gullo alfai fquifito e dilicato . Coti
quelta moderazione-, con quefte ragionevoli vedute s'avviò
egli nella nobìl carriera delie fcienze e maeftro ne divenne;
che anzi non volle folo de'lunghi ftuJii e delle fagge.fue
fpecolazioiii pifcce ed allettare il p?netr<in;e fuo intelletto,
ma volle puranche farne copia altrui , quando- in fervizio
del; fuo ordine ,. detto della Madre di Dio , Tponendo coti
lomma fua lode e gran vantaggio de' (uoi all'evi l'ccclefia-
fiiche dottrine: nelle più- cofpicue Citta di Abruzzo, e in fe-
gyito anche nella. Capitale, vennegli l' iftruzion de'giovani
da' Tuoi Superiori affidata- Ma lafcinfì ornai in difparte gli
fludii di teologia e di ecclefiaftica erudizione, a quali egli
( cosi convenendo al facerdotale Tuo (lato ) principalmente
e con particolar cura impiegofTì , e veggiam qual (i fofle la
fcienza eh- egli aveva delle cofe umane. Era il nofiro Gae-
lani un Filofofo , ma un faggio e ben avveduto Fiiofofo ,.
conciofiachè non dallo fpirito di partito-, non dal pelo dell'
autorità , ma c'alia fua fola ragion guidato , tutto di tutti
leggi ndo , tutto di tutti meditando,- feppe di tutti fccglier
'il vero, e '1 falfo. di tutti feppe- avvedutamente fchivare . Si
con che lo fìudio di tanti Filofcfi s) antichi che moderni ,.
1' e^ame di tante si fvariate ed. rppffte opinioni, la cono,
fcenza di un gran numero di (ìftemi , anzicchè una vile con-
«iifcendenza apli altrui pendmenti , non altro effetro in lui
produflero che un pieno convincimenti dei troppo angufli e
ricreiti limiti dello fpirito umano . Meco fpeffo dir foleva
che malgrado i lumi òA fecolo , uopo (-ra che nelle fcien-
ze lì L-lilfe ancora unar riforma ^ Ah, rifpettabili Colleghi,
non potrei farvi meglio il merito conofcere del degna focio
che morte crud le ha- voluto a noi rapire, fé non coli' efpor-
vi qual fi toffs la fui maniera di penfare inlorno alto Itato
at.«
12» , , ' "
attuale (3©ll« timahe conofcenze, giacché egli meco più vof*
i« difcorrendo , compiacevafi di mettermi a parte de' fooi
concepimenti .
Ridurrei , diceva, la logica al foto Audio dello Spirito uma-
no, non per ifcovrirne Ja natura, ma per conoicerne le ope-
razioni . li neffo delle idviC tra loro e coi fegni che le cipri-
mono, dev' efler il fondamento di quefta fcienza. E' di me-
ftieri cominciar dalla percezione, e veder in quii modo e con
qual ordine fa effa oafcere tutte le altre idee che acquilliam
coll'efercizio. Bifogna pallar poi al linguaggio dell'adone e
vedere cctne quefto ha trutte Je arti prodotte, che fon prò-
prie ad eCprimere le noftre cogitazioni ; l'arte di'gefti , la
parola, la declamazione, la mufica, la d-infa , la poefia , 1'
eloquenza, la fcriitura £Ò i caratteri diff.renti delle lingue.
Ecco la fua logica. Vorrei, feguiva, che la metafiiìca fof-
fe non altro che l'ontologia. La metafifica è Ja fcienza del-
la ragion delle cofe. Interrogate un pittore , un poeta , un
mufico, e l'obbligarete a darvi conto di ciò che (&: ecco la
metafifica dell'arte fua . Q_uando l'oggetto della metafifica fi
limita alle vuote ed firtratte ronfi derazioni del tempo, dello
fpazio, della materia, dello fpirito,effa diventa una fcienza di
parole, e percò una fcienza vana e difpregt^evole ; ma quando
Il confiderà folto il vero (uo punto di veduta, è bei altra co'»
la metafifica. Solo chi ha poca penetrazione, potrà allora dirne
male. La Filofofia politica , diceva , dovrebbe rrartarfi un'altra
volta, come fu trattala da Arifiotile. Quello Filofcfo allevato
alla Corte di Filippo e teftimon oculare dei gran colpi di poli-
tica che refero così celebre quel Monarca gloriofo, feppe af-
fai ben profittare dell' occafion favorevole di penetrar i fecre-
ti di quella fcienza, utile e pericolofa nell' ift^flb tempo; raa
non fi trattenne già , ad efempio di Platone ru3 maeftro a
fr«ar una Repubblica immaginaria, ed a far leggi per uomi-
ni
1^9
ni che non efilìonoi volle al contrarlo v»lerfi de* lumi che
feppe tirar dal commercio familiare ch'ebbe con Aleflàndro
il granJe, con Antipatro ed Antioco, per prefcriver leggi
conformi allo (lato degli uomini ed alla natura di ogni go-
verno. Pure febben pregevoli foffero i precetti che ne' prc-
ziofi fcritti fi trovano di queflo gran Filofofo , la maggiar
parte di efli farebbero poco proprj a governar gli flati che di-
vidon ora la terra. Il coftume è cao2Ìato , e ciocché er»
piucché ottimo, quando Ariflotile fcriveva , non farebbe si fa.
cile a metterfi in pratica oggidu Or mi diceva: che conto
fate voi de'Politici a fiflema ? Ma almen le matematiche
gli drfs' io . . , Amico , riprefe fubito , troncandomi la pa-
rola, l'odierno fpirito analitico che ha introdotto in quefte
fcienze un luflTo s\ grande , temo che un giorno non debba
efler loro di nocumento. In qaanto a me, dopo di avermi
ferbata la meccanica analitica e la celefte , vorrei che tutti
gli altri libri , che dopo T epoca di Eulero trattan di que-
lle fcienze, foffero adunati in una fola Biblioteca , e che la
forre di quella foffe quella fleffa della gran Biblioteca di Ale-
fandria . Come ? difs' io .... Come? ci riprefe ;€ non fai che
Tiift utile e/ì quod jr.cimus^pulta efl gloria? D' Alembert , profe-'
guì, integrò l'equazioni a differenze parziali delle corde vi-
branti. V^enne Eulero e ne diffe quan-o poteva badare . Do-
po di Eulero fi è voluto andar più oltre, fi è fcrirta un'in-
finità di memorie, fi è comporto un gran nutnero di tratta-
ri. Gafpare Monge per l'iftefs' oggetto ha immortalato il fuo
nome. Ma, domando, la fua analifi applicata alla geotnetria,
opera veramente coloffale e che caratterizza il fuo genio , è
deffa forfè per gli ufi pratici e per l'utile della focietk piii
pregevole della fua geometria defcrittiva ? Inoltre l' inte^ra-
zion dell'equazioni a differenze parziali fuppone che fi fap-
pian integrar tutte quelle a differenze ordinarie, perchè fu p-
(»30
pone Tempre che fappiafì. trovar uà fattore che le renda» fife
iegrabili . E chi ha mai rifoiuto. ia tutta la fua eftenfion&
quefto problema ?
Ecco, ornaci lìl.ni Galleghi, ecco qual' era if carattere fi lofo-
fico del noltro Ga^tani. Che favieiza ! chs penetrazion ! che
difcernimento.' Eppure, chi. 1 crederebbe? non era egli di m^a
valore e;men pronto negli ftudii ameni, che dlconfi belle lette-
re dai Tolcani, e che infe°nano a ben dip ogere e colorir il
penfiere,. V'ha chi crewis inutili ftadii fìffaiti, perchè fprov-
vifto- di un ben armonizzato intelletto ., .privò di quel cele-
fte fuoco che rifcalda ed accende l'anima y scevro affatto di
quell'ingegno di cui naPce l' invenzìioe , fi limita (olo alle
fterili ed allratte cognizioni che e duramente concepifce ed
enimmatica'.nente fuole altrui: communi care . N'n cosV il no-
flro Gaetani. Conolcendo bjn egli le arti che perfezionano
l'intelletto,^ voile coltivar .quelle ancoraché i' inimaginazioii
diriggono -a bea rapprefentare le idee tutte che a noi vengo-
no dagli cbjetti elterni , oppur (i formano dentro di noi»
Non (i ritenne dunque^ febben dedicato a pia ferie occupa--
atipni, di conceder alcuna parte dtl preziofo fuo tempo all'
eloquenza ed alla poefia .. Era tgli vergato neil' eloquenza
della cattedra e del pulpito ^ né folo Ci dilettava di leggere
1 piij rinomali poeti delle lingue p:ìi colte , ma era anch''
egli un poeta. Acroppiava alla precifione e fublimità filofo-
fÌQa la qraziofa , la geotil maniera di efprimere i fuoi eie?'
vati penfier) , ed io che ho letto alcuni fuoi poetici compo-
nimenti , tra quali un'elegante traduzione di alcune odi di:
Orazio , poffo far fede che anche in poef'a aveva egli uà
godo affui ' rquifìto edilicato. Ed oh fir.golar merito del mio
Gaetain , e- perchè non pofs.' io con più vivi colori di maichia
vittoripra eloquenza innalzarti ? Ma tu fei da per te si gran-
de ciie'i tuo nome da per ogni dove , da per le flefla alta
n»
»3t
rifuona. Or ditemi, degniffimi CoUeghì , s'el vi par mera-
viglia che ad un'intelletto fublime cotanto ed illuminato,
fi fofler poi accoppiati coltami s\ amabili e lòciali, che ren-
devano il carattere morale del nolìro Gaetani la delizia di
tutti quei che l'avvicinavano?
II. Ho me o più volta p;.'nfato che (ìccome noi per uti
interno lentimenio ci aliettiam del bello , toflocchè queflo
per la via de' fenlì a noi prefentali , fenza fapere per qua! ra-
gione fia efla l'objetto dal noltro piacere, così nnlce in noi
uà certo improvvifo diletto alla vilia del buono che a pre-
f.'tir ne impone h belle azioni ali-; turpi , ed a fceglier quel-
Je ed amarle, a fusgir quefie ed abborrirle .
La viriù n f'.tti non può alrri,nenti conofcerfi che per
feniimcntti , Se* fofl'evi iìaco un milero fulla terra, per cui
ncn fi fofle mai intenerico a'cnn uomo, e niun provato avef-
fe il dolce pi.icerc di far il bene, tutt' i nolM iazi"cinj fu
tal ri^'uardo, farebbero così inutili, coinè intrtrl fa ebb; l'
iinpegnufi di iar rilevare ad un ciefo le bellezze di un qua-
dro, o le va^he apparifcenze di una incantante p rfpertiva .
Il fentimenti' noti fi con-jlce che p:l fentiniento. Piacevi di
fapeie che cofa lìa umanità? Chiudete i libri e p-^rtaievi co-
gli occhi Toora i miferi. Chi ha provato le dolci attrattive
della vi"'i!i, rientri in fé iieffo e traverà la definizione del-
la virtù nel Tuo cuore .
Or io non credo che pofs' avervi tra gli uomini un folo
che ofi rivucar in dubbio quelta verjià , ma fé mai fofì'evi
chi ne dubirafle, m'impegiTcì a dinioftrarj^iiela col latto.
Sovvengali del carattere mora'e di Vincenzo Gaetani , e mi
neghi poi, fé può che queft uom non con^^fc^'ffe per fenti-
mento la b^Uez^-.a della vi^tù e per fentim^nto non h i'eguif-
fé . Oh qui sì vo^zlio che Gaetani comp a da p.^r fé lloffo il
fuo elogio. Qui piuccheraai è duopo lapere qual fi foife la
* fua
fua maniera df penrare,in confeguenza della quale anche- chi
noi conobbe potrà agevolmente rilevare la fua maniera dì a-
gire. La virtù, rni diceva, ha un non fo. che di grande e degno
dell' uoitiQ che fi fa tanto meglio feptire , quanroppiu profon-
damente fé ne medita il fubjitto . Il do.vece e l'utile fono
due idee alfii diitinte per chiuaque vuol riOettere , ma il
.sentimento naturale bJla anche folo. a ta! riguardo. Quanjo
TeariiJocU a:mua2'ò a' Tuoi concittadini che '1 progetta eh' e-
gii iormato av>.'va era per rijndir in un iftante ferva di Ate-
ne la Grecia intera» fappian l'ordine che gli fa dato di co-
municarla ad Ariitide ,. a quell' Aridiie la cui favie22a e vir»
tìi eran fi conte e riaomate. Q_iefti avendo dichiarato al po-
polo che 'l progetto in quiftione era veramente uiile, ma e.
flremamenta iagiufto , all' ilfante gli Ateoiefi ,, per bocca d-j'
quali fpiegavalì allora l'umanità, proibirono a Temiftocle di
andar più oltre. Ecca, aaiico, l'impero della virtù. Tutto
un popolo rigetta fenz,' altro efame un vantaggio io finito , per
la fjla ragione che non può ottenerfi fetiza ingiuiliiia . Oi.e
mi Danno duaque adire alcuni de'raoderni Fiiofofi che la vir-
tù, non è per fé amabile,, fé non quaaJo concorre al prefente
noftro intereffe ? E noa è forfè vero ch'ella fovente nel mon-
da fj oppone al nofiro bene, e mentre il vizio coli' arte fua
snaiigna fionfce e profpera ,.la feraplice virtù foccorabe e geme?
ma che perciò diventa effa allora men amabile, raen bella? e
.non femb-a anzi che ne' rovefci e ne'giand' infortunii fi fa
la virtù, più. cara ed interelfante ? anzicchè nulla perdere di
fua gloria effa brilla di un più nitido fplendore fotto gli ora-
gani e le tempefle . Ah chi può refiftere a°li afcendenti del-
la virtù, quando è perfeguitaia e profcritta! Qual cer feroce
non s'inteosrifce ai fofpici di un uom dabbene:* Ma il vizio
coronato, può far tanta impre/Gon fopra di noi ? Io ti fcon-
giurp ( dicea.aii ) o amico: dim.Qi «eli' iii.ie^riti del. tuo
cuo-
^uorc, fé con maggior entuGaimo tu vedi Regolo di ritorno
.A Cartagine, o Siila che profcrive la Tua patria? Catone cha
piange fopra i fuoi concittadini, o Gufare che trionfante dk
a Roma la catene? Ariftide che prega i Numi per gl'ingrati
Ateniefi, o '1 fuperbo Gonolano iufenllbile ai gemiti de' fuoi
concittadini? Nella venerazion the Sociale moribondo m' i("pi-
ra , qual'interefle prender pofs ìj, fé non l' interefle della
virtù? Qual'è il ben che mi vieiie dall' eroifmo di Catont- o
dalla bonik di Tito? Che timore aver pois' io degli attenta-
ti di un Catilina o delia barbarie di un Nerune? Eppure io
detefto gli uni, e mentre amo ed ammiro gli altri , (ento chfi
l'anima mi s' infiamma, s'ingraridifce e con effilor fi edolie.
Amico, io ne appello a te fteflb, quando aprendo i fifti del-
ia ftoria tu vedi paffart' innanzi gii uomini dabbene ed i mal-
vagi, hai tu invidiato mai l'apparente f.-licita de' colpevoli,
o non piuttoflo il loro trionfo ha eccitata la tua indignazio-
ne? Nei diverfi perfonaggi cbe la nostra fantafia ci ta rap-
prefentar talvolta, hai tu defiderato un fol iftante di effer
Tiberio con tutta, la fua gloria, o non avredi mille voice
voluto fpirar come Germanico, coaipianto da. tutto l'impero,
aozicchè regnare, come il fuo uccifori fopra tutto l'univerfo?
Eccovi,, rifpettabili miei Colleghi, eccovi i fentimeoti di
morale, e '1 carattere fpecoiativo di vittii- che adornava il
mio Gaetani. Veggiam adeflò qual fofie la fua maniera di
agire io confegucnza della fua luatiieia di penrare'. Sfbben
ira'pi^eti regolari della Madre di Dio kUcù egli riiiraio dal
mondo, pure non feppa mai dimcnticafu di elTer nato uomo
e cittadino, ed in confeguenza. tenuto a que'doveri fociali che
fendon più dolce il viver nofìro e meno i'jcomado il noftro
flato. Ed oh potefs'io, fenza temer di troppo fiancar la fof-
ferenza voftra, qui dipingervi in tutta la fua eftenfione il fuo
carattere fociale . Animato egli diì l'tiotimeiiii della più. dolce
filau'
»34.
fiiaatropia era bsti pjrsuif"-) della perfetta eguaglianza di lut-
ti gli uomini-, e chi i diritti di fupjriorith , di preminenza
aver noa poffaao il lor f)i1amjaco falla coitituzioa natura-
le, mi dipenloa folo da un certo artifiziala inflituto , invea-
tato dall'uomo, e con difegno forfè apporto al difegoo gene-
rale della natura . Quindi non mai di fa o del fuj (lato vi-
des'infuperbire , ma fempre docile, sempre affibile , fempre
umano , con tutti urbinimenre fi tratt-neva, tutti con pia -
cevoi volto careggiava, tutti umanamente foftViva ; che anzi
era talmente di' doveri di umanità e di comp.iHij>a convinto
che ne' loro attentati i malvagi ftelfi compativa. Voi, mi
diceva , avete pietà Hi un cieco, e che altro è un malvagio,
fé non un uom di corta viita che non vede al di la del mo-
mento in cui agifce ■. Gh;i fentiminti! Chi nobiltà di pen-
fare j Diceva che la focietà deve alla biaefìcenza i legami
p'.ù dolci e pili forti, e chi'l mezzo principale di cui er^ifi
fervilo l'autor della natura pjr iftabilirU e confervarla quel-
lo era flato di render comuni tra gli uomini ì beni eJ i
mali. Che fé v'ha tra quarti chi par anbiiion, p?r interef-
fé è incapace di provar nel cuore i teneri fentim^oti di be-
neficenza, non può effervi però alcuno che non ne porti i
ferai nell'animo, vicini a fchiadeifi in favo'e dell'umanità
e della virtù, purché un fentinento fuperiore non v^-nga a
mettervi ortacolo . Che fé mai qualche uom fi trovafle che
non aveflTe ricevuto dalla natura quc-fti prezioi; germi, ciò fa-
rebbe ut) difetto di conformazione, fimile a quello che rende
gli orecchi di alcuni infenfibili al grato e dolce piacere di
Mti armoniofo canto. Or che ne dite , Signori, poteva darfi di
quefto, animo meglio formato e più ben fatto? Che fé verfo
tutti gli uomini eran quefti i fentimenti d'I mio Gaerani ,
s' egli era con tutti fi virtuofo , penfate qual' effer poi dove-
va coi fuoi amici? Qui dovrei allegarvi l'efperienza che n'
ebbi
ebbi Copra me ftefTo; ma come contener le lagrime nel fov-
venirmi della lincerità dell'amicizia di colui ch'era al mia
male aifai pili lenlibiie che al fuo ? Che cuore amabile! Che
anima benfurmat)! Ma oimè cha queft' uom fingolare, quefl'
uom s'i retto di Ipirito e di cuore y nel più bel fiore degli
anni fuoi, nel maggior colmo di fua gloria, mtntr'era di
tanto ornamento e vantaggio alla Società, è egli inafpettata-
mente già morto .. Ed oiniè eh' io non poflb rammentarlo
fenza verfar dagli occhi un amaro dirotifTimo pianto. Io ch3
feco comunicava tuit' i miei penfieri , io che si avidamente
de'ìuoi confioli e delle fue cognizioni la mia mente pafceva,
io che prendeva tanto diletto di converfir con lui , perchè
eratnt .1 caro, io che s'I mi pregiava della fua amicizia, io..
ahi di mer Io l'ho miferamente perduto ! Morte, ineforabil
morte, e perchè non ufare maggior riguardo coli' uom dab-
bene ? perchè vibrar cosi indidintamente il dardo fatale e
contro il vizio che dovrebbe pteRo morire, e contro la vir-
tù che dovrebbe fempre vivere e trionfare? Ma poiché for-
da è la morte alle mie giufte querele, a voi mi rivolgo,
viftuori colleghi, che si degnamente afpirate a far il bene,
e pretendete con ragione di aver diritto alla virtù. Ram-
mentatevi rpeffo dell' uonr rilpettabile che ha camminato in*
nanzi a voi in quella brillante carriera, e ficcome aH'afper-
fo de' capi d'opera de' Michelang.* li e de'Raffaelli i giovani
pittori s'infiammano e fiupifcono di ammirazione, cos'i voi
fenza mai ceffare di contemplare edamnirar il modello eh"
vi ho prefentato, vi l'entirite bruciar il cuore del vivo de-
fiderio d'imitarlo. Diceva.
tDSSIERVAZlONl
S13L1.X MEDAGLIE, CHE SOGLIONO ATTRIBUIRSI A
TERONE SOVRANO DI AG&IGENTO,
E SU TALUNE MEDAGLIE DELLA CITTA* DI TERINA^
DEL
Cay. F. M. AVELLINO
t.etft nella feduta de i$ dicembre 18 XI-.
N.
El terzo numero d;l mio Giornale Namìsmatico {1%
ragionando di un medaglione di argent'j appartenente a Ge-
Tonc r re di Siracufa , efpofi di paflaggio il mio fentimen-
to fulle medaglie , nelle quali fi è pritefo leggere il nome
di Terone fovrano di Agrigento. Come intanto s'incontra
quefto principe in tutti i cataloghi , ed in tutte le opere
di numismatica -regiftrato fra quelli, di cai efitVono realmen-
te medaglie, e come qu ile, che fé gli artribuifcono , fono
f^ate, e poflono effere ancora cagione di gravi dubbj, o di
falfe confeguenze nella ftoria delle belle arti , e della pa-
leografia , COSI ho creduto ora non inutil cofa confermare
f\h a lungo in ^uefte ^flervazìeni il ^e^t^meoto, che allora
propofi ,
Terone figliuolo di Enefidamo fi diftinfe fra gli Agrigen-
tini ugualmente pe '1 porto eminente , cfhe occupò preffo di
loro per lo fpazio di fedicì anni > che per ie qualità illufiri^
che ne lo refero degno (2). H fuo governo fu avveniurofo,
e fegna'ato dalla cooquifta d'lmera,da cui egli difcacciòTe-
tìHo fuocero di Anaffilao ('3) , dandole Tralideo fuo figlio
per fovrano (4) , dalla parentela contratu col celebre Gero-
Tom.II, ly DC
ne re di Slracufa y a cui dieJe in moglie fua fìgl/a Dama^
reta , dalh infigne vitro-ia riportata da quelli due principi
cnlleg.iti prefl'o ad Imera lui Carta 'inefi, ed altri popoli al
numero di trecentomila. coinbaiteiin (5) , nel giorno ftcflb ,
in cui i Greci vinfero i Pe;fi in Salamina (6) , e da due
vittorie Olimpiche, che Pindaro h» ceLb are (7) . Appren-
diani da Diodoro, che. Terone mor'i l'anno I lell' Olimpia-
de 77 folto l'Artontato di Carete [^) ; per cui avenJo ei
regnato, come ii è già. detto , l'editi aini^ bifogoerk fiflare il
principio del fuo impero circa l'anno I delTOlimpiade 73.
Gli Agrig:intini refero onori divini al loro Principe ; e gli
erfero un magnifico, fepolcro che venne in feguito diftrutta
da up fulmine (9) : ma Traddeo fjo figlio erede del di lui
(lato noA lo fu delle di lui q;ial:ta , e perdette ia breve
il dominio (ic)..
Filippo Paruta è, per quanta fi fappia , il primo, che-
alibia pubblicate medaglie col nome di Terone .^. Se ne ia.-
contrano due nelle [w- tavole (11), e quelle fi raffomigliano.
preflo die interamente fra loro, avendo ambedue dalia parte
del dritto una tefia , che nella prima di effe fi riconofce
chiaramente per muliebre,, e par covrta nell'altra da una
fpecie di pileo , e nel rovefcio uà grancbio fralle cui bran-
che faperiori fi mira una luaa crefcente coli' epigrafe GEPO..
QueSe medaglie fono di bronzo,, e di terza grandezza..
Dall' op>.'ra del Pa'Uta hanno copiate neUe loro le meda-
glie di Terone, o la defcrizione dimeno di elle,, il Qsflner (iz'>,
r Arduino (13» , il Froe'icli (14), il Principe di Torre-
muzza (15), il Rafcha (ló.), 1' Eckhel (i8) , il Sefiini (18V
ed il i\jinnnet (19). E' intano da oflcrvarfi , che niuno di
^U'^fti auiori ha vift.i oriainalmente alcuna medjglia , che
a qislle del Paru'a famialiaffe , aia che tuli le citano fui
h fola di lui fede . la aelfua laafso inoltre , di cui fia fia-
to
10 puMlicato il catalogo , ìncontfafi citata cowe efftente
alcuna medaglia di Terone. E' vero, come ha oflervato
rEckhel,che il Pellerin notò di averne ben quattro nella di
lui collezione {io); ma lo fteflb diligente antiquario ci av-
verte che a Tua premura il (ìg. Abate le Blond pregatons
<Jal eh. Neumann volle farne ricerca , e non avendol* rin-
venute in neflun conro, lo adìcurò horum ( numorum ) nul-
lum in Pcller'wii thcfnuro contweri^ & Tbervnem quocumque
àcmtim errore in catdcgum irrepftjfe {il), infatti nel Mu-
feo Imperiale di Parigi , in cui palsò , come è noto, la col-
■lezione del Pellerin , iielTuria medaglia di Terone ha linvc-
tinto il /ìg. Mionnet, per poterne dare , come ha fatto del-
le altre , un' impronta in foUo ; per cui fi è contentato di
citarne folo fulla fede degli altri fcrittori . Nefiuna inoltre
fé ne incontra ne' mufei più celebri , quali fono quello di
Vienna, del Conte di Pembrock, dell' Arigoni, del Tiepo-
ì\ , ed aliri , come ciafcuno può afficurariene coniultando i
cataloghi pubblicatine .
Il Principe di T orremuzza ch2 ha impiegati tanti anni a
.Tacc^'gliere in Sicilia le medaglie di queH'i!Ò!a iliuRre, fen-
■za rifparmiar cura né Ipefa , non ha mai potuto acquinarne
xina di Terone. E' vero ch'egli a'tc-fta di efl'e g'iene palla-
te talune per le mani, ma nuellj certezza , com^ vedremo
anche nel feguito, non potrebbe. a'ToKprc da ogni fofp-tro le
medaglie del Paruta, fé non q lando l'erudito Principe aveffe
afiicurato nel tempo fleflb, che le medaglie ch'ei v'de, fof-
fero di peifetta conferva ione, e che l'epigrafe OEPO vi li
Jeggeffe con tutta la chiarezza (22).
Si veJe dunque chiaramente che la fele tutta delle me-
daglie di Terone poggia fulii teftimon-anzi fola <SA Paruta,
cujus , per fervirnii dell' efprellioni del cel. Eckhjl , nofìra
htic 4(Tate auiioritas , & fides patii' atim einori tur , ftve if»'"t
* Golf'
Coltzimos hobet admiatos , ftve majorem numorar» fariim "m^
fio/e depifìam &c. (»3). E quefta fola farebbe a mìo giudi*^
2Ìo una poieoie ragione per farci fofpettar con fondamemo,,
che tali medaglie, viRe (ioora dal folo: Parata, (ìano dacoo)-
prenderfi nel non ifcarfo numero di «juelle che o viziate o
falfe s' iacoQtrano così foveate nelle di lui tavole .
Ma oltre di un tal fofpetto^altre confiderazioni ancora- deb-
bono risvegliare, i noflri dubbj fulle medaglie in quiftione. L!
£ckhel., e prima diluì \o Spanhemio, hanno già oifervato eoo.
lagione, e dimoftrato con argomenti tratti dalla più fana cri-
tica e conafcenza delle belle arti, della paleografia, e della fio-
jia,che le medaglie attribuite aTeronc, come anche quelle che.-
fi danno a Cerone primo ed a Gelone, r.on pofiano in vs-
lun conto, tiputarfi fincrooe a tai principi (24). Il fentimen-
to di qusfti eccellenti antiqujrj è fufienuto dall' aflenfo di;
due eCmj eruditi , giudamente ammirati e pel loro fapere,
« per la gtande perizia, che hanno de' monumenti dell'aaiì-
chità; che vale a dire dell'abate Luigi Lanzi (25), e delr
J.' immortale , ed inarrivabile Ennio Quirino Vifcontì {76),.
Rimettendoci interamente a quanto quelli fcrittori e T Eck-
hel in particolare , hanno fcritto diftefamente fu tale alTul-
to, per convincere maggiormente i coftri lettori della veri-
tà di eflb , gì' inviteremo per poco ad un confronto cui
pare che le medaglie attribuite a Terone diano opporttina-
mente luogo . Abbiamo offervato che queflo Principe fu coe-
taneo di Anaflllao. fovrano di Reggio (27). Sotto quello ul-
timo, come fi raccoglie da Giulio Polluce (28),furon battUr
te le medaglie Rei^ine co'tlpi di un lepre e di un cocchio»
Tali medaglie eilfìono ancora, ed una di efle fu pubblicata
per la prima volta dell' Eckhel che la trafle djl celebre mu-
feo dal Conte di W tzay (29). Effa efifte pure nella colle-
zione del eh. fjs. Micali di Livorno cui n«, dobbiamo il
di-
133
diftgBp (^o) . Un' altra pìccola fullo ftefTo gufto fi confer-
va odia mìa piccola collezione , e noi ne abbiamo pure il
difagno nell'opera del fig. Mionnet (n) . Si' paragonino dì
grafia tali medaglie con quelle dal Parma attribuite a Te-
lone, e fi foftenga poi, fé è poflibilcche debbano ripatarfi
coetanee. Le arti erano forfè gik adulte in Agrigento, quan-
do in Reggio ufcivano appena dall'infanzia? L'ortografia
variava forfè tanto in due città cos'i vicine >che mentre l'una
feivivafi ancora de' più antichi caraiteri Greci , e della pù
vetuOa ntanicra di fìtuarli , l'altra aveva gih adottate le
nuove forme e la nuova maniera di fcrivere (32)?
Le ftefle confiderazioni forgono ancora a convalidare il
noftro aflunto , quando fi paragonino le fiefle medaglie di
Terone con quelle incufe di Buflento Cittadella Lucania, in
cui mirafi ne'piìi vetufti caratteri il n'irne di quella titti
niSOIZ dall'una parte coli' epigrafe MIPINOM dall'altra.
I tipi di quefla medaglia che (ono un bue clT una parte,
e dall'altra , appartengono allo fti!e più antico e più rozzo^
Efia efifleva altra volta n?! nofìro Regal Mufeo di Capodi-
monte, dove la vide il Winckelmann (33), ed ha corfa fin da
piuaani la fventurata forte di tante altre ricchszze ^34!. Lo
fleffo o altro efemplare fé ne ha ora nel Mufeo Imp riale
di Parigi ; e il benemerito mio smico fig. Miornet ne ha^
data ultimamerite un' improntai in folfo. eJ un difegno '35).
Tal medaglia fenza contradire a' diti fiorici^ più ficuri y
■on puè riputarfi anteriore a quelle di Terone e di Anaffi.
lao', effindo fiata, come fi fa, fabbricata BulTenco d;)po la
morte di quell'ultimo principe dal tutor de- di lui figli Mi-
tilo nell'Olimpiade 76 (36). Qiidl differenza intanto non-
pafla fra eCa e quella coM' epigrafe ©EPfl e p?r ragion del-
lo Itile, e per ragion dell'ortografìa; e come potrebbero ere-
ilcrfi ambedue opere di uq' epoca médeliuui ì.
Bi-
Bifognerk duhque in ogni conto, flippOBendo che le epi.
grafi delle medaglie del Paruta fiano fedeli, riputarle, come
ha fatto r Eckhel , pofteriori ali'etk di Terone : ma in que-
fto calo, come offcrva lo fteflb erutito, niente obbliga a cre-
dere che il nome di Terone in effe impreffo fia quello del
fignor di Agrigento piuttodo che di qualunque altra perfo.
na . Si aggiunga a ciò una oflervazione sfuggita alla fagaci-
tà di queir antiquario . L'epigrafe delle medaglie del Paru-
ta è 0EPÌ2 . Or fé in vece di quella epigrafe per riputar
la, medaglia coeva a Terone egli avrebbe con ragiófi« defi-
derato vedervi ferino all'antica maniera THERO , fecondo
le leggi della paleografia , e l'analogia delle altre meiaglie
di quell'età , ne' tempi più' recenti avrebbe dovuto fenza
alcun dubbio fcriverfi ©HPfìN coU'H, come il nome del
fovrano d' Agrigento s' incontra collantemente fcritto preffo
tutti gli fcrittori greci, Pindaro, Erodoto, Diadoro &c. l'au-
torità de' quali vieo confermata pure da Virgilio che allun-
ga la prima (illaba dello fieflb nome , dandolo ad uno de'
feguaci di Turno : /iravìrijue Latinos,, Occifo Tberone (37),
e da Ovidio che l'al'unga pure dandolo ad uno de'cani di
Atteone.* Nebrop&onofcjue v/iUns O* trt^x cum Laelnpe Theron.
Ma nella medaglia, in cui per altro s' incontra, per non par-
lar del 0 , la nuova lettera fì, l'È mirafi occupar tuttavia
il luogo dell'H; chiaro indizio, a mio credere, che fpuria
ne fia 1' epigrafe.
Se a tante ragioni di dubitar della lezione delle medaglie
in quiftione, fi aggiunga ancora la confiderazione , che me-
daglie affatto fimili e fenza dubbio antiche elìftano in molti
mufei, l'epigrafe delle quali leggermente alterata ha potuto
facilmente far nafcere quella che il Paruta credette rinvenir
neile fue , parmi che non pofla più riguardarli come poco
fondato il fofpcti^ che quelle uliime fiano viziate . Infatti
me-
meJagHe in bronza di terzo modulo col tipo dì un prckh»»
(ralle cui branche rimirali una luta cre'centii, e con quello
di una t Ila di donna nel dritto ^efiflono fenza alcun dubbio;
ed oltre agli originali che in Italia, e nel Regno di Napoli
in particolare, non è difficile incontrarne in gran copia, tro-
vanfi o incife o defcritte nelle opere del Magnan (39),del>
1' Arigoni (40) , del Geffner (41) , dell' Hunrer (42) , del
Rafche f-fj), del Mionnec (44) , e di altri . L' epig'afe di
tali niedaol e TEPI , ha ficilm?nte potuto alterarli in quel-
la delle medaglie del Parma GEPfl ; dd che tanto nxeno è da
maravigliufi , quanto più è ormai noto, con quanta faciltà nella
età di collui il celtbra Golzio, e taluni altri antiqnuj ancora,
che calcarono le Tue orme-, fi permettevano di alterar le
legge ide ed i tipi delle medaglie che avevano per le mani,
lìa perchè veramente per la loro poca coniervazione s' in-
gannafl'ero efTì (ìefli nel difcifrarle , fia perchè volelfero im-
porre alla credula pofterità . Vegganiì fu tal particolare le
giufle r fleflloni dell' Eckhel, dettate dalla più Tana critica e
perizia numismatica , e dopo i tanti en?mpj prodotti da lui
non parrà punto temerario il dubbio che noi pro-puniamo fuir
epigrafe del'e medaglie date dal Paruta a. Terone (45)..
Q_ueRo dubbio fi è in me maggiormente confermato quan«
do neli'oflervar taluni dilegni di medaglie rimeflTi anni fono
di Sicilia da un ben conofciuto erudito di quell" ifula ad un
fta corri ponJente che trovavafi in Napoli, incontrai fra elfi
la prerefa medaglia di Terone , l' epigrafe della quale era
per altro non già GEPfìl, qual è in quella del Paruta , ma
be.')sV TEPI, come in qaelia di Terina,fe non cha l'ultimo
l veniva confideraw da', podeflbre come una delle afiedell'fì,
di CUI l'altra metà p?r-nag'i fvanita,di mo:!o che l'epigrafe
intera lecondo lui elìerd-jvea TEPn.Noi the abbiamo lotta
g;U o^du og.ii giorno medaglie firaili , poffiama aflicurare ,
che.
^;he gl'ultima lettera in effe fia fempre un I, e non mal un
il.; per cui di Terina ragionevoiraente , e non già di Tera-
«e -^debbono riputarlL ClTerviamo intcìmo che tali medaglie,
in particolare quando fono poco conlervate, a chi fi lafcia
prevenir foverchio dall'autorità dei Paruta , fembrano appar-
tenere a Terone , ed ellsr le rtefle dì quell« che pubblicò
quell'autore. Così fi capi fce come il Principe di Torremuzza
potè afferir di averne oflervate talune : lurono fecondo ogni
probabilità delle me.^aglie mal co.'.fervate di Terina quelle
che egli prefe per medaglie di Tero.ne , fulla fede del Para-
ta.; e c'invita a ciò credere 1' oflervar pure eh' egli non ha
già ^afo alcun nuovo difegno ditali medaglie, contentandofi
di copiarle dall'opera del Paruta ; il che non avrebbe ficu-
rameote fatto, fé le medaglie da lui ville foffero (fate di ot-
tima confervazione , e tali in confeguenza che poteff;ro fer-
vire a confermar la dubbia o mal fondata lezione delle altre
due . Simili medaglie ancora per un fimile fallo dovette il
Pellerin credere di Terone; e la cagione per cui l'abate Le-
blcnd non le rinvenne mai nel di lui Mufeo , e per cui
non fi trovano oggi nell' Imperiai Gabinetto di Parigi , che
conferva tutte le medaglie del Pellerin , farà flato appunto,
perchè efaminandole fenza prevenzione, vi fi farà letta 1' epi-
grafe TEPI invece di 0EPn , e tolte cosi a Terone fi fa-
ranno claflificate fotto Terina , cui realmente -appartengono.
F>no a che dunque non vi fia alcuno il quale citi come
efiflente una medaglia fimile a quella del Paruta , di fede
fuperiore ad ogni eccezione, ed in cui l'epigrafe GEPfi ÌB>
contraflabilmente fi legga , parmi che 'quelie non fenza ra-
gton« debbano riputarfi fefpette.
.Noi non diremo certamente lo fteflb delle altre medaglie
che fi fono ancora volute attribuir da taluni a Terone. Ef-
fe fono veranunte antiche, e di ottima fed« , quantunque
mal-
'37
molto (^ubbìofo Ha ecl Incsrto, {jcr non dir falfo, che appar.
tengano a Terone. L'una di quefte , pubblicata dal Principe
di Tonemuzzd (45) , ha nel Tuo dritto uria teiìa giovanile
laureata , ed un'aqu'la nel rovefcio coli' epìgrafe AKPAFAN-
TINfiN- L' editore ha leggermente fofpettato che la teda
. del dritto pofla appartenere a Terone, fondato fulla figla ©E,
che gli parve ofiervarvi nel campo del rovefcio; fé non che
invece di 0E il Neumann (47), e l' Eckhel (48;, che han-
no fotto gli occhi la medaglia originale, attedano che in ef-
fa fi legge ©K ; per cui il fentiniento dell' erudito Principe,
che venne pur legLi'to dall' illuflre fig. Sellini ('49), qui tan-
to dee la numismatica, quanto è ben noto a ciafcuno^, vie-
fi'e a mancar dell'appoggio fuo più confiderevole .
Un' altra medaglia a Terone ancora ha voluto riferir
l'egregio Spanhemio (50); ma anciie quella come sfornita di
■epigrafe o di effigie che difegni un tal principe , non può
elier conlìderata come fua fcnza alcun dubbio.
Oltre delle medaglie rammentate al di fopra non trovo
che fé ne fiatio altre pure a Terone attribuite , e come mi
hufingo aver dimoftrato quanto poca fede meritino quelle
del Paruta , ed è ben chiaro d'altra parte quanto dubb'o fia
che a Terone appartengano quelle dal Torremuzza , e dallo
Spanhemio attriba!te<ili , cos'i pacmi che poffa dirli non ù za
fund:imento di un tal principe quello fielVo che dille 1' Eck-
hel r.igionando delle medaglie attribuite a'due D)oni<^i : Er-
go hailenus certnm ( ejus ) monetam ?ion hnbemus . Si qnnni
ìqui cupiant^ illi aut jn.niif fufpiitis dubiifque ejuos modo de-
fcripfi ouRor'ìtate fua fidem conditene ^ auf novcs^ qu'tbus pdem
hr.be-.-e pojjimus^ rtpcriant ,51).
Prima di lafciare interamente di parlar delle m.edaglie di
Terone, ci (ìa permeflb di ritornar per p'^co a d-r qualche
CfSh intorno al tipo di quelle che il Paruta attribuì a qt'e-
TcmJl. 18 fio
i3S
fto principe, e che fecondo la noflra; opinione , appartenga»
no realmente alla città di Terina . Ho già detto che effe
rapprefenta.no nel rovefcio un granchio ,, fui quale fi mira,
una luna crefcente,. Non trovo iliuitrato un tal tipo , quan-
tunque f< irfe pofld farfi facilmente col. rammentar quello che
hanno pai volte ripetuto gli antichi., full' influenza che efer-
cita la luna fulle produzioni marine , le quali nel periodo
del di lei incremento molto, più guitofe e piene riefcono di
quel che fono poi nel drcrefcimento . Orazio gran maefiro.
in tutto quello che rigjarja la bjyna tavola , non ignorava,
una tal particolarità;.
Lubrica nnfcente% tmplent conchyl'ia luncs ^52);
ed oltre di Orazio l'atteltano, per tacer di altri, pure Ate-
Oeo (5]), Plinio. r54,),ed Oppiano (55). Eliano ha anzi confa-
Crato un intero capitolo della, {ni. Natura degli anim,4i ì q\ì fta.
oflervazione , ed ivi fralle produzioni , che rifeiuon gl'inflaffi
della luna, vengono con ifpecialità rammentati i granchi x.a.p-
^Kii'ot '55.J . D-1 refto il tipo, del granchio non è folamente
pariicolare a'Terinei. Le medaglie di Crotone (57), e quil«
ie de' Bruzzj (58) lo. prefentano fimilmente ; in quelle ulti-
me anzi fi mira pure nel dritto una tefta di donna, probabil-
mente di Amfitrite', capricciofamente ornata del gufcio di uà
granchio, Similmenie n?lle medjg'ie di Adria fi oiTerva una.
tella pur muliebre coverta, dà una conchiglia (59)> Pare che
con tai tipi (ìafi voluto dinotar la poiizion maricima. delle.
Città che ne fecero ufo (60).
L'occafione che abbiamo avuta di ragionar del fignificato
di quello tipo, delle meda:?lie in bronzo di Terina, c'invita,
ad aggiunger talune ffl-ffioni fulie altre in argento di que.-
lìa (lelTa città, i tipi de' quali non ci fembrano ancor piena,-
mente fpiegati,
Que.
139
1C>ueRa rcbll citt^ della Bruzzia pofta nel lato occidentale
■di eHa, :ul mar Tirreno, venne fondata da'Crotoniani (di).
Licoirone e' infegna eh' efìa era funata preflb il fiume Ocena-
ro , e die vi lì mirava il Sepolcro della Sirena Ligea trafpor-
taravi dopo la lua morte dalle onde del mare {62).
La maggior parte delli di lei medaglie d'argento , fralle
quali fé ne contano talune molto antiche , ptelentano una
teita di donna nel dritto, affai limile a quella che fi offerva
nelle medaglie di Napoli; ed una figura di donni alata nel
rovefcio in vatj atteggiamenti , or fedente , or all' erta , or
con un caduceo m mano, or con un globo, or con un au-
gello, or con una corona ec. L' Eckhel (6^) ha creduto con
ragione che la telta del drr.to doveffe riputarli quella ddìà Sire-
ra Ligea, come la teOa (ìmile deih /medaglie di Napoli fecon-
do Io HeTIo autore , e, non g:a quella di Diana , come han-
■no lu'igo tempo creduto colori> che fi facevano ingannar dal
"Golzio (54j,ma qu'tlia Dens'i dell'altra Sirena Parteaope, ivi
fepolta nel modo iìeffo che Lig:a lo era a Terina ^ Prima
dell' Eckh-'l il Maj-ro (55) aveva pur riconofciuta n ^11 j me-
daglie di qu-ib ciaa la tei'la di Lig-'a , né meritava di «f-
ferne rip'-efo dal Liebe 66: ^ che con minor ragiona volle
vedervi invece la teftì di Giunone Lacinia molto altriinenci
effigiata, coms è noto, lollt: medaglie di Crotone.
In quanto alla fi^^ura di donni a'ata , che fi mira nel ro-
vefcio , non è a mia notizia eh; efli fia fiata fpiegin fod-
disfacentem.^nte da a'cuno de'numologi . il Conibe (Ó7) , e
primi di lui lo fteflb Liebe (ó8), l' hanno pre^a per una Vic-
toria ; mi il lor feutim nto non e po'^giato fupa altro fon-
damento che fulle ali, le quali non ijlo, come è noto , a
moltiffjme altre divinità convengono , mi anc ra non fempre
accordaronfi alle immagini delia Vittoria '69) . Per effetto
della Aelfa prevenzione fu creduta pure fulle medaglie di Ca-
* ma-
I4a
marina una Vittoria quei'a donna afata che 1' EckheF p'ù felt-
cernente ha riconolciuta pjì per una Nemefi (70 . S'imiimen*
te parmi che n 11 meda^li^ di Terina Ja (teffa Li^ea fìa
iìata con p ca ragione tia>fjrmara in una , Vinoria . E' vero
che ordin<iri.imenre vengon rapprefcniate le Sirene non folo
eolle ali, ma co' pi^di ez'andjo di ucceUo , come Ovidio Je
defcrifle 'yc): vobis /Ichdoides ^ nude Piuma pcdc^'que avium
^uum •virginis ora geracis ? -e quelìa è a vero dire Ttrtiigie
che ad elle Tuoi darli piìi fovente . Non man. ano peto Icrii-
ton fra gli antichi, che ad efle le fole aJi afttibaicon) , e
il reflo di corpo di donzella .-. Il vecchio, fcolidda diii'Od f-
fea iji) ne pula cume di verj^ini alate , le quali avendo
prefcelo di viv-r calte ,. incori ero nello sdegno di Venere,
e fi rifug-iarjno per.iò nel 1' i o'a chiamata AnThemo'éjJa ,
Decifivo è pu:e un luugo di Euripide , io cui vengono efle-
invocate col nome di inTiftoxopoi via^/t'èis {aUte Dofize^le)(yz\
Gli altri molti auruM 1 quali le chiamano or dee udeUi-
eiM:.'ou? Bixs '74', or vergini ed uccelli nel tempo fie(rj(75),
non debbono crederà poi tutti favore/oli al f^ntimento più^
generalmente ricevuto che dh loro i piedi pure di uccello .
Anche l'Amo'-e rappre entat-o , cone fanciullo alato , vieti
detto Dio ucc Uo , opui? btos da Oppiano (76), ed ales Deus
dà'Larini- fu- detto M^rcuno a cagion di quel fiiO petafo , e
calzari alati .
Degna di paif'colar confi Jerazione frallé medaglie di Terina
ne è una reilara inexiita finché per la prima volta il eh. fig.
I-.'lionnet non l'avelfe defcritta nA fuo copiofo catalogo (27)'
Ella efiUe pure nella mia picciola collezione, ed hi da una
parte la teda muliebre in mezzo ad una cori^na di alloro,
e djll'altra la donna alata /èJefK^, che Tjftiene Tulle fue gi-
nocchia un vnfo , n^l quale riceve l'acqua che sgorga dalla
btìcca aperta della. lelhi di un leoae attaccata al m.ura. di. UA
edi-
/4I
ecl'lìzio , di cui fi ©{fervano difììita'Tietne erpreffe le pietre
la' ghi 0 quadrate ; a pieJi della danna mirali un cigno .
Mo 1 vi è dubbio c'ie non fiafi voluto erpr'mere con tal ti-
po, un fonte , eh* dove.i eliiter prelfo le mura delia Città-,
e i.lie noi fuU'ajioiità de verlì di Li-olro'ie citati al di lo-
pra alT-Tir poiliama con franchezza elfcr quello dell' Ocenaro.
La faccia di leone, CJIU' è ben noto in nuaiismarica , è
fovente deiiiuata ad indicare ut fonte Dille m-ddglie d 1 ne-
ra, di Cor ino, di Fera, di Lirilfa, e di Metaponto; e :?a
un epigramma d.'H' Antologia (78) ii appren le pur^ , cht:
la figura di cjuelj' animale era lealmente fpc^flb inapiegara
3irorn.)tn.into del.'e fontana. Anche la telta- di un bue f.'rvi,
qualche volta, a queff' ufo , come riniica il nonve di B^ry''-
na ^ che fu perciò da o ad un fjntc dell'Italia rammentato
da Teocrito, e da Euftazio (7^) . L'atto poi di attinger
l'acqua dal fonte nel: vafo, ch'era ufficio proprio delle don-
ne,ome fembiano indicar taluni verfi di Callimaco (8o,',de«
fign ficar l'ufo che facea di tal fintela Città di Terina fin:-
bol^sijfa dall.i Sirena. Anche in una bella medaglia di La*
riiia fi ((ferva, una donna con un vafo rii'nile,che fembra ri-
tirarG dop'j averlo riempito al fonte indicato parimenti da
una tefìa di leone . L' Eckhel fSj) crede che fianlì avuti
in mira nel battere una tal medaglia taluni verfi di Ome-
ro (Vi), in cui fi dice di Andromaca, ch'ella un giorno di-
venuta prigioniera de' Greci andrà ad attingere l'acqua rei
fonte d'Iperea che efifer dee quello efprefio. nella medagliao
Traile mediche in bronzo di Terina ne trovo due de-
gne di panie larmente raramentarfi . La prima di elTe ,
di cui diamo qui il dif gno y fig. 2 y è inedita , e por-
ta una teda di donna iia una parte , ed ui lepre corren-
te dall'altra coU'epg'-afe TEPI . Quefli tipi fono nuovi
inxciamente o^^ile lueuaghe di Terinà . Frulis C.ttà vicine
la
14^
la fola Reggio è quulla che usò il lepre nelle antiche mo-
nete di argento .5 delle quali abbiam parlato -al di fopra .
Forfè i Terinei copiarono da effe un tal tipo . Quella con-
gettura può acquiftare un maggior grado di probabilità dal
confronto dell'altra medaglia dj bronzi pubblicata già nelle
tavole àA Magnan (83) , ma fenza indicazione di modulo,
e ch'efille nella mia piccola Collezione. La fola epigrafe
TEPINAjnN forma la differenza fra qnefìa , e 1' altre fimi-
li di Reggio, che prefentano, come effa , una teila di Apol-
lo nel dritto ed il volto di U) kone dirimpetto nel ro-
vefcio. I tipi di' Regini furono adunque imitati da' Teri-
X5ei, quantunque quefti per altro non foff ro lor colonia, ma
bensì de'Crotoniat' . In quanto al tipo della tefla di leone,
e da rimarcarfi che anche i Leontini della Sicilia 1' ufaro-
no nelle loro medaglie , e che quelli furono come i Re-
gini , colonia de'Calcidefi (84) , e confederati cogli ffe/U
Jlegini (85J.
I3R
AN.
«45
ANNOTAZIONI.
40 Tomo I. pag. 57.
(i) Dìtdur. Bibl. I. XI. p. 4c. Sylòurg,. Egli Io chiamsi, ìvyetcnii ( ib. p..
17. ) ed altrove Tufaryof { p. 37. )
(5) Herod. lib. VII. e. lóz-
(4) Diodor. ib. p. 37.
(5) He, od. ibid.,
\ ) D'odor. 1. e.
(7) Oì^uiiitta uS: /?'. & v'- Veggafì to fcoliafla. di queflo, lirico .
(8) Diodor. I. e. p. 3C. 40.
(9) Diodor. ibid. llb.'XIir. p.. 20<J.
(io) Diodor. ib. p. 39. 4C.
(il) Sicil. T<ib. 91. fig. ;. 6. 7.
(12; Num. Regum tab. 1. fig. 28. 29. 3O0
(i?) Op. lei, pag. 154.
(14; Nùtit- Elem. psg. 152. tab. J. f. 5.
(15) Sicil. Numism. tab. IC7. fig. i. 2.
(lój Lexic. numar. voce Thero.
(17) Dnftrina Num. veter. toni. i. pag. 266.
(i8J Glaffes ^ener. geogr. numism. p. ij.
(19) Dsfcriptioa d'une CoUeftion &.C. tara. i. p. 339.
(.20) i'tl/erin tom, i. p. 210.
(21) Doiftrina num. ver. I. e. p. ^66.
(22) L' noto come l'impegno, lodevole per altro , die avea queHo bene-
B-,erito ed illuflre foRgeito , di arricchir la Serie Sicula del maggior numero
<ii medaglie che folle po/Tibile, lo illufe a fei;no alira volta che eli fere pub-
blicare il dilegno di una medaglia Punica, coli' ep'e.r^t'e intera AIONISIOT ,
di cui, come ccnfefsb poi egli fìeflo al ^ eumann , appena le tre.lettere lOT
tCilivano neir orÌ£Ìrale . /'. Eckhel.. PoBr. tom. i. pag. 251.
(2?) Fr<:/W Dc^r. 1 e. pag. CLIV.
(24Ì VcKgafi la diflertazicne inferita nel primo Volume, della DoSrina nu-
^orum veterum pag. i%i, feqq.
(2«-) Dilfertazioni tre fui vafi &c.. Ivi egli confefTa che niente di foddf-
facente oppor fi pofTa aeli argomenti prodotti dall'' Eckhel ..
(26) Icorogr. Grecq. pap. [04.& feqq. Nop debbo però tacere fu tal partico-
bre,che il fent mento contrario a quello dell' Eckhcl ha trovato u'timamente
*on ii^iiace nel r. io dottiflimo ed eg'eeio amico fg. abate Sanclerr.erti , il qua'e
O.'l ptiruo tomo della fua ultima opera : Rlu/ei SuncUmcitìa-ii numìsmaia
fj-j. 285. /?'/. fi attiene p'uttolìo ah' opiricn di coloro, che (limano le me-
dab",!ie di Gelone, e di Cerone ad clTi conten^poranee . Per Ciuan'o erande
Oa il rilpeito che io ho per le opinioni di quello illulìre ttudito , non pof-
fo
1-44. . ,
io diflìmulare che gli afgomentl dell Eckhel , anche 6opO quanto egli ne Ti»
fcritto , parmi che reftino in tutto il loro vigore .
(27) Diodoro tib. XI. p. 57. fiffa la morte di AnaflTiIao , e'I principio .del
■governo di Mcito tutor de' di lui figli neiPanno r. dell' Oli rnp. 76. i anno
it» cui Polfzelo fratello di C-erone fi rifugò in Agrigento prelìo T«rone , e
TrafìJeo tìglio di coftui opprimendo gì' Imerefi , quelli ebbero ricorfo ,
quantunque invano, a Terone.
(28) Lib, V. cap. 12. §. 75.
(29) Doftr. tom. i. p. 177.
{50) V Italia &.C. tav. 59. fig. 12.. II Si'?. Mionnet ne ha pubblicate tre
crgli Ueffi tipi, alquanto varianti fra loro, Defcript. tom. r. p. 200. rab. JJ.
f, 60., e prima di lui pure il Barthéiemy ne avea dato il difegno nel fecoti-
do faCi;io di Paleografia numismatica, inlerito nel LVIL tomo delle Memo-
rie dell' Accademia d' Ifcrizioni e Belle Lettere.
(5;) Ta-/. ^2. fig. 58.
(52) Non ripetiamo qui i difegni di quefìe medaglie di Reggio , giacché
pub ogmino confultarli nelle opere citate . Crediamo però non inutile dare
almeno la dsfcrizione di una fra effe colle parole dell' Eckhel : RECINON
{retrograde) Upin ciirreisXVir vecliii in rheda lenta junHo unico equo; in
imo foliuKt . yir. i. V tckhel la comprende fotto il titolo di Numi anti~
quijfimi .
(53) Storia delie arti &c. totn. l. pag. i'(54. _ _
(54) Veggafi r Illurtrazione di un Vafo di Locri &c. del mio chiariffimo
amico fig. CUV. Arditi pag. 64.
(35) Tom. I. pag. i^r. rab. 32. f. 19. 20. Anche il Barthéiemy ne ha
dato il difegno nel citato Saggio .
(56) Dìodor. Bibl. lib. XI. p. 45. V. pure Strabone Geogr. lib. VF.
Ò7) Mneid. lib. X. v. :!i2., ove Servio : Hoc nomen tantum in t'induro
leEìum eli . EfFo però fi trova pure in più epigrammi di Meleagro , inleriti
negli jlnaleRa del Brunck tom. i. pag. 4. 12. is- &c. e fempre colla pri-
ma lunoa Qiifa>v . Anche Silio Italico allunga quefta fteffa fillaba nel nome
df Ter;n che s'incontra nel fecondo libro De bello Punico v. 149. e feqq.
(jSÌ Metam. lib. 3. v. 211.
(39) Bnittia numis. tab. 81. fig. 2. & tab. 82. fig. 6.
(40) Muf. Arigop. num. urb. tab. 21. fig. 209. ;
(41) Num. urb. p. 539.
(42) Pag. r-^-
(4?) Lexicon Rei NumarÌE V. Terina .
(44) Defcription &c. tom. i. p?a. 'n/^.
(4^) Ccà veeeijfT, reri'^^fe OBOA02 fcAmbi''ta in 0EOAO2 nel'e me-
dael'P ^i Met-ipr nto vreft'^ !' Hunter : *LIPENSE per ILIPENSK , AKTIfiN
-per ATTTmN , ASTAIÌN per AESILLAS incontranfi' pieffo il Golzio .
V. Eck/el tom. I. p.CXLVIir.
(4<5j -Sicil. num. tab. 107. fig. 3.
(47)
145
(^y) Num, popul. tom. i. p. 40."
(48) Doti. lom. I. p. 26Ó. ... . •
(49) Leit. Numìfm. lom. II. p. 4. Il fig. Seftinì è moìfo lungi del reflo
•dair accordar fede alle medaglie di Terone pubblicate dal Paruta . Ecco co-
me quello infigne numografo mi ha fatto l' onore di fcrivermi riguardo a
•quefte, in data de' 29. Noirembre 181 1.: La medaglia dtfcr'itta dal Paruta
e i'Golziana , 0 fu malamente letta dal medefimo . Pelìerin fcamhio nel fu»
fommario nelP accennare che ne aveva tre : tutte guelle che ho vedute nel M,
Imp. d'i Parigi hanno TEPI ptr Terina . lì (ìg. Mionnet mi ha pure afTicu-
rato gentilmente in una fua lettera che la medaglia csll' epigrafe ©EPIinoH
ha mai efiftito nel M. Imp. Hi Parigi .
(50) De ufu Ù" prie!]ant;a ver. numi/m- tom. I. p'»^»55>*
(51) D08. tom. I. pag. 2C;oo
Avea già dillefe le prefcnti offervaiioni quando nelT ultima applauditiflfimìi
opera del celebre erudito /ìg. Abate Ennio Quirino Vifconti intitolata Ico-
nographie Grecque & Romaine pirt. II, pag. 187 feqrj. ho incontrato una
medaglia anepigrafa , che l'autore crede appartenente ad Agrigento, e pre-
l'entar nel dritto la teda di Terone. Effa ha in fatti dalP un desiati una te-
da diadt-m.ua , e dall'" altro un granchio, tipo che fecondo il fit^- Vifconti ci
forza a richiamar U medaglia indub'tatamente ad Agrigento . Paragonandola
poi con quelle dal Paruta date a Terone, fulPautenticiti ddle quali par
che il dotto A. non abbia concepito alcun dubbio, e^li fofpetfa che la fella
Jfia polla nella fua medaglia invece delP epigrafe ©EPfl che s'' incontra in
quelle. Una tal congettura appoggiata da fcelta erudizione , e da molti efem-
pi analoghi ovvj in numismatica , farebbe cetamente di mallimo pefo fé per
tutte quelle ragioni che abbiamo erpolle nelle noftre elfervazioni -, non foffe
permeilo il dubitare d;lla verità delle medaglie del Paruta , fulP analogia deile
quali fi fonda intanto , come abbiam detto, la congettura del fìp. Vifconti.
Del rello fé a Terone nei^arfi dovrà forfè una fede neìP Iconologia Greca, una
cerramen'? Oimo che accordar vi fi debba a Leucippo Acheo , il cui nome
AETKinnOS li legge intorno ad una teda barbata e gaieata , eh"' è fenza
dubbio il luo ritratto, in molte medaglie Metapontine ( V. i nollri Italia
Veteris ìitimifmata tom. ^. paq. 14. feqq. Viiim. 50. ad S» 70- ad 7;. %é.
92. , ove per errore ieggefi Martis , io?. J'.i. ) L' Eckhe! non P avrebbe
prefo per un femplice nome di Migilnto , fé fi folTc ricordato de'le fegienti
parole di StraSrm? ( f7»/)(ii-. /.-i. /■//. ) h-, S'i tu -K-ei Ti>nuT:>! Myo; 'à; ò 1nl^pill!
Ciro Tov auviiy.iffii.iv '^ryj MeTraTs/riay ^ AET'C 10(102 eii; x^,:'<Tit f/.iv^! ^i trxfin
Tfflf T« a-jTiwv TOf rmov m ii(itpìti> '/^ vuìltx f/.ii aT S'oli/. fjLif iifitpxv ft.f' t^iyar
Trpof Toi/f ccraiTo.'yras , òri ugu (ts T»v t<pi\iii rjx,Tx curiiirctiTO !^3« \«/?i)( , fuKraf
S' in ufft irpi irnr (^ns ii(iipav . S^j dice p.ir che Leucippo Jìa fiato l i'iviatn
dagli (lei per lo Jìaéili'nento ( ài Meta'potti ) ; e (he cojìui rich'efìo da
Tarantini di ceder lors il locale fra un dì ed una notte , noi fece , dicendt
nel giorno a chi gliel domandava , che nt^ 'ichiedelfe la notte fegiiente fé iiir~
tea riceverlo , e nella notte che il richiedejfe il domani .
Torridi, ip (50
24,(5
Uz) Salir. 77. lìb. n. V. ?o.
(5-7) Deìprios.lìb. III. p.SS, C. Vahch. ìtXhv vtov t^'ony rvn itutifitay. wrn
it ij.a\i-a i^n iv rauTius rati cipais ati Tt kx^oucì vigi^To irKa^ ly irayaiKnvais
H^ Ttui ahiiifais nuifutf .
(54) H'jior-^ naiur.-,', liB. II. Cip. 102. tom. r. pag. 195. Biponf. Qs<9
vera con/eÈlatìo exì/lìt,, hiud frtiflra fpiritus fìdus Imam «xiflimari . , Idto
cum Incremento e/us auqeri covchjilia .
(55) Orpiap. A'\ifvr. lib. V. v. ■i8(?. féqq.
TlapTa ipar'i fin'^m [mp ai'^oi/.uns xxrtc xjx.\(ìi/ ,
^apxi ■jrt'iv\itSitif , i(3« TrKiioyTt «cutfj.iv ontav .
H'Sivoucntf <r sJouTif efpa'jfOTipoLs fjtiKHaai
r ixi/o: affxi , tsi» ti; ih a(tita\y ìtiv aeayxn.
(^6) Lib. IX. cap. 6, T»y S'è OTpa-Mt/uTav T£ v^gz orptmiìS'tpiJ.aìh lya rrJTfl
iSton . )^tPaTipttiru< TxVT» ^gi KiupoTipcC' ùiriWyiuTus itit tnKrrynf 9i\u yin7$tti abà-
Tay fity orpaxoyroTay iKurp^jim" 0 \e)'« ir^op'jptu v^gt xjipuxn , >[cftT« toio'jtìis
eiioia. qr-ip Si ÌTtpup rrayoupit Ti ■ASixapx.ffiìi , /^ «Tctxoi. , )(j(4- Ji xa/JXiwt , njK
fi. Tt rjyiouToy crvyyivn x. r. A..
(57) t Terinci. preleto forl'e. uà tal tipo dalle medaglie dslla lor metro-
poli Crotone .
i^'y àl^ghar. Brutf. numifm. tab. 19. 20. 8cc.
(59) Pembrock. par. ?. tab. j 17. Zelada de numis aer. unciar. tab. i. fig.
J. p. 25. Fajferi Paralig.. tab. 5. f. 5, p. 178. V. haìi.e veterìs mmismate
tom. 1. p. 15.
fi^o; Il m;o ciiliiffìmo amico e collega S's.. G. de Cefsre, noro pev vari?
opere meritamente applaudite, ha avuta la bcni.'i di farmi o.Tervare ciie non-
avrei dovuto omettere di ragionare in quefto luogo di un altro fenfo clic
potrebns ricevere il ripo del granchia e della luna crefceiTie , che fi olTerva
nelle medseiic , delle quali favelliamo . E' noto the gli antichi affegn-ì-rono
a cialcun dt'pianeti il fuo domicilio in uno de' fegni del zodiaco , ch'era
quello, in cui fecondo I.t loro credenza fi ritrovava quel pianeta ne' ft'ncip.)
del mondo. Or fra queiii la luna fecondo il più comun fetitimento ,.occtipiva
il fegno de! Ci7Wi-o , come può leggerli preffb Macrobio de Somn.Scip. i.:f.
Sejlo Er»pn-icn aàv. ^ftra!. p.- 11^. Por^r/o de Antr. Nymph. F/rw.Vo Maieno l
3.prxf. &.C. eà ahri autori , che trovanfì più pienamente indiati in una diHer-
tazione del eh. Barthe'Iemy inferita nelle memorie dell'Accademia d" Ifcrizio-
ni e B» L. voi. XZ7. p.^oi e citati pure dal Zoegì Nun,i Mgyptii pag. 181..
e 182. e dai;'Ec'?hel DoR.tom. 4. p.ig.yc.y i. Il fo'o Manilio (l'b.n.v.^^g.)
attribuilce la fede del Cancro a Mercurio : ira le monete Ei^izie deli''anno
8. di Antonino Pio, che pofToro confultarfi preflfo i lodati Scrittori, fono per
t& pritna opinione, riunendo Tempre la luna al Cancro ; tipo che IT trova pure
in altre medaglie preffo il /'fZ/fr/'/jC tav. 77. f. 27. e ta\,79. f.5^ &c.) ^-^r'^o-
vi ( tom. ;,. tav. 15. fig. 187. ) &c. L'analogia di quelli monumenti dia cer-
tamente non poco pefo alla fpiegazione , che il: fig. d? Csfare lia preferita .
Mi
Hi
Mi fi permetta poi d! nptare in tal» occalìone un luogo di CsnrorÌDb, if
^uale panni che dia la fpiegaziooe di talune medaglie pur Egizie di Antonia»
Pio, e che è non oftante, sfuggito alla diligenia de'' fonimi eruditi Zoega eà
Eckhel . Eidicev, De die Njtali cap. it.pag. i^S. Haverkamp. )clie nel fecondo
Coofolato di AnfOfitffo Pio, in cui ebbe per Collega Biuti'io Prefente, che
vale a dire neli''anno 892. di Roma ijiJ. dopo G. C , la Canicola forfè ia
Egitto y^'tte diem XII. (o come più correttameme leggerli dee XIII.) Ka-
It'idas Augujìi , E" noto che quella particolarità coilituiva 1' anno canicolare,
olfia il periodo di 1461. anni, che Cenforino mn diitingue dalP al rro perio-
do, cui davano gli antichi il nom^ di anno grand: ^ di anno di Dio &c. In
/atti egli foggiugne ; Quare fcire etìam licit , anni illius magni , gui ut fu-
fra àiìium eft , & fohris & caniculari! , & Dei annui vocatur , nune^cioi
nell' anno di Roma 992. dopo G- C. ijS. fotto il confolato di Ulpio e di
Ponziano, come fi apprende dallo llelTo autore un poco avanti p. 1 1 j. ) agi
vertentem anmtm centefimum . Or che al ritorno di quello qrand'' anno (ì at-
taccane pure l'idea dell' appariiion dell.i fenice, e <!he fi fofle pur creduta in
confeguenza comparfa le fenice in Egitto nell'' anno indicato da Cenforino,
io mi allerrò dal provarlo, potendofi didefamente tali 'notiìie ripeter dall'" ec-
cellente memoria del cel. Larcher intitolata : Mémoire fur le Phoenix ou Re-
cherches fur les Periodes aflronomir/ues & chronologiques des Xgypiiens , in-
ferita fra quelle d'' Iiloria e di letteratura deli' Iilituto francefe pag. 157.
e feqq. Veggafi precilamente quel che quello illulìre Neflore della erudi-
zione in Francia ha Icritto pag. 251. & feqq. ^ p. 28&. Co pollo , ci
farà or facile di offervare a quale avvenimento abbia relaziotre a feguente
medaglia Aleffandrina , che il Zoega cita dal Mufeo di Ennery . LB. ÀKÌN
Phoenix avii jìans caput nimbo radiato cÌYcurnfufus . .^r. ( Num. JEgypt. p.
\66. ) Io non dubito che fé quello efimio erudito, tolto troppo prematura-
mente alle lettere ed agli amici, fra^ quali egli per qualche tempo mi ha par
fatto P onore di annoverarmi , fi foffe ricordato del racconto di Cenforino,
ed aveffe inoltre confiderato che la medaglia non folo è battuta nell' Egitto.
ma è battuta pure nell'' anno 2. di Antonino, che vale a dire in quello (leffo
di cui ha parlato quello Scrittore, non avrebbe fcrttto che typus ideo monetar
videiur ìnfertiis , qtiod accitis in imperatoriam familìam ylnloninis Tito , Mar^»
co, & Lucio , /ucceljio firmata elfet , & imperium flabilitum ( I. e. p. 178. )
Anchj P Eckhel ha fpiegate fulle ftenfe idee fimili medaglie.
((5t) Scymn. Chius Perle», v. 905. r<o6. Ptin. lib. [II. cap. y. Stilin.
Polyhifl. cap. 2. Stephan. V. Tipivtt. Non bifo^na prestar fede a quello gra-
matico quando full' autorità di ApoUonidedi Nicea dà alla Città fola di Te-
tina il nome di Magna Grecia , che conveniva ad un intero tratto di paefe.
(62) Alexandre v. 726. & feqn.
^.Xx/S'ava ^iWuaaoufce ^ Tiiy fi yavecTu
KfOKtum Ttefi^virou(ny ly irufaxTiai
ilxvtitpou ìii^ny ityx'TtpyLuyti.
(>, »'i.!Vi;i,ut>. u^liM fji/}.,>^MV Virili
Ilo traCciiid iiiicMincmc t|iiolli vfili \>et(M mi fpiiiHr» , che i iliie ultimi. H..
Iiiilriiio ii)ir.iliiliiiciiii; laimil^t^lia di arijpiito Hi Terin.i , di cui l<nm piT fii-
vrlliiir <r I poco , e iiclU t\\\n\e fi mnt nnpnnto rappK'K'niaio un fonte-
( / <),t>i,nii ) predo u\ un rdil'cio ( nftAwM^n «r/u» ) , il Sepolcro della Si-
tcnu , tol uiiul nome »ori'e il poeta iiiicndc 1« ciiià iiiedeCm.i .
(cij) lUiU». tPfii. I p, iHj.
{6^) V. /.'«(•*. /. /. ^. li;, iij. ed 1 nollri iMlìatFutilt I\,Mmì/m«t» voK.
1. /». 41.
(ft.^j (. ..
(f^7) Vrdi l« dlllcTt«»!one di F. Ci. DojrlnR Df ahrt Tìftim-n Imt^ìiìhtit
(l.iiiip.uti III Cr^ih.» uri ,.,H,r Aiilnotonte pittor di T.ifo . o iVcondo :iltri il
|>..lic- di Uo,.rtlo di ( h;„ f„ il p,i,„o »A :l,•^ìol;^<<r le «li allj Vittoiia » fenr
tliiicuti. dfllo Scolirtile di Aiiilot'ane ( t.i Jvtt v. 574. )
(fol /Vl7r. (O'M. I, B,,^., J(M).
(7<) Vy^M..«. /-,'. V. f. 55J. jsi'.
(7») M /»/. A/. V. jy.
(7»') //*/#■*. »'. Irto.
('•♦J hi«f>l>t\<>t, Jtfìt. n "ji, (^r. e*>'r.
(7S) .iVrt'. «,V ,?:»«;,<. IH, y, .,, Rrf^. p rf» vUrìna futtuit , p<»rre t>(ift*r
tfft.,^Pi>tUH. Kk'J, .^rM... /;a rr. ,.. 808. /r^;
Llcofronr nel In,»;,! clfjtn chiama l.ii>ra (./'r.?»»«Mr* .rrtlU-ihvKeth . Po»,
prini» pjildndij di l'utenopc chIì I.1 .h!;<on n.i.»!- /,/hì x//^ V e pochi ver-
(1 dopo le dA il (olilo rpitrto di »,vr'f ?»nr * ffJ \.<fll« ^ Dei ^f'l> v f !j-
|{»li lolle Niiriie (jiiel che dott«meiue lu lenito lo S^v^nhemio . I^f t-fn f'r
Jt^!Ì4Hi>ii C».. ioti,. I. p<B. 15,. (Vqo. Vi <^ pure iin'npe'» di G. Biiberg
'# .iity»-.»» ^i^u-Y(|« U,\ìm, irS?., tìts io non ne fo oltra il titolo.,
[jt AXm'*. Iih. iv/. V, ;•». V, i"<'e Mofoo Id. t v. i<<.
IT») l\l,„nts W%i,r C,<//W. Je A/^/.7.'. M'.n i. )»?f. i.:.^. \l fi-., Mion-
Wi dvreMje dovii'o not«r p».e t'ie U fé ?.« del dntto è cintj da vi in» coi^^ns,
« che \a fìmir» dW rovefcio h« nell.1 fini Ir*, uo c»(^il«^>. Vepij.iK il diiegne
the noi iir di.imo fif, i,
e 'SO l.if.. I, ciiv 4«. ,«t^, -. T' MxItn dv*l If ne Indie;» pure iin frntc nel
M( vaio dì hi«mrt d,«l NtDfe*^ K V-funo, che «pprefent» U fpeditione de-
gli Ar^on,•^^ln, V. /if^ ; ^;,f ,\, . ; .?>^ ...^, ,,
Col /v».//. ;•/). ;v,;,,;^,, v/,,»^|, ,• v Ro'»hAt. -.d DìonvP. ^eriei;. ) U
t>>n.) del le«iim»-nti» de I.' H 'mv'o' , !' qiMle caom» l*.-iT,>'i.on dello iV.^'ìa !s
«be vi»o| jiiii, u ,'„„j j, ^m,i^ idillitì' R^Un'*!»lK 41v9j?? \, fo|Kea,e ch'e-r»
d»l>,'
4«Wha fituarfì nrtricalia. Oltra, il nome di qurfla fontana ,ch EuAazio ehm-
ni.i folle iteli Irali.i , il fiinTie^ Alfnie , dì cui vi Ci ragiona , é certamente
c|U(?llo lidio tìiimc della Lucania, il cui nomi.' s'incontra puri- in altri idilli
delio Hello puc(.\ ( Id. V. V. 11^) A qiieili indi'] locali io ne aggiungo un
•Uro elle ravvilo nel v. i ;o. di qm.-ll'' idillio . Il poeta vi parla di un luoga
che chiama Tìu^^t nome che mette a tortura il povero l'eolia. la , il quale per
elTcr fedele al Ino (iilenia , non manca di darne intanto varie l'piega^ioni tut-
te cnntradidorie , e che tulle in cnnlcmienia vicendfi olmente (i dilìru£;gono.
A me pare che il poeta abbia voluto indicar con tal nome la citti di Buf-
fenio pur nella Liicuvi non lungi dal fiume Alcnie , cosi denom nata dalia
quantiii\ dc'^bolli ( Uu^oi . h* vero che gli al'ri fcrittori greci la chiama-
no rii/^au» r noi) t-u riu'i» come Tcciciiio , ma é noto pure che i poeti preo-
dcvand ipelliliimo la libi'rtà d'inflettere altrimenti le dcfinen7e de' nomi pro-
prj delle Cina per Icrvire al verlo . .S'irabunc lidio infctjna che molti di lai
nomi promircuamtnte .-idopravanli al lìni;o!.UL' ed al plurale , e al mafcolino
come al fiiuinino ed al neutro ( Geogr. Iib. IX. p. m 554. ). Qiieflo fleC-
fp Reof^rafo ci dA «lirove ( lih.. Vllf. p. m. ;v"^. ) molti altri efempj di
nomi proprj abbreviati da' poeti , fia'tiuali cwer.'ino Mtjfj per Alefj't'ie puf-
fo Omero, .'llcimo invece di ^■lliime.h'iie , 5^/-«xiv per Syracii/ji prelTo Epi-
carmo , e ^aiS'u per Du,j'o''* predo Simmia . Cosi pure una llelfa Cittù ven-^
ne detto l'hryos e l'h-yorlft da Omero ( S'trab. ih. p. 955. )
(So) Nel bell'inno lii'^la\'»cri di Pallade v. 4^. e feqq.
SajUi-o» CffOftftì fin ffit^Ttri , ertfttpy Afyoi
riinr' «Ita Xfttraur (jii^^ ats iny rr^n/iAny ,
Sarjui.^:>i> ai >r«A«i t«v xt(\wiS'as t< ^iaafiieif
H II Afnfit'H'y 013ITI Ttty Acttxi».,
E*" niato inoltre il collume de' tempi painafcali , di cui la S. Scrittura ci of-
fre molti efempi Gon. rap. 24. Exod. cap. 2. i!tc. Vegganfene altri ne' libr\.
X, e XX. dei' O.lilfea «Stc,
(81) Niim. vef; Pag. Xfi, feqq. faK ^. fi". 1?.
(81' Ktti xty ùfvp <f>pfi' Mi<ro»i5»t »< Tt«,-ii»> , II. 2. V. 458.,
(8,0 M.i.n.ui Bruii. Numi'sm. lab. 8;. tìn. 4.
(K4) Tbnry,). liS. VI. e. ?. Scymn. v. ?><?.
(85) Thucydi, de Bello Pclopoaa. p. i}ì,.Sii^hu
ME-
MEMORIA
DEL SOCIO
FRANCESCO LAN'CELLOTTI
sull' analisi e sintesi dell'acclua solfurea
DI NAPuLI
Letta TuUa feduta de j di dicembre l8i l
F.
Ra i raedicamentr, che la natura- fporitaneamente d of-
fre , devono fenza dubbio deftare la noflra aiTimirazione la
acque minerali. La di loro, portenro/i efficacia n-jlle m.ilat-
tie ; l'energii con la quale fono dnJla provviJa natjra for-
cate; la. di loro compo(\':)ne ; e fi i anche la foluzio.ie ia
effe di quei principi, che per mez?o dell'arte farebbe diffi-
ciliflìiTio il difciogliete ; devp interellàre la curiofita. non fola
de' chimici, ma di tutti gli uomini eruditi.
Gli abitanti preflb le fotgenti delle acque mintrali , con-
viene , che fieno appieno informati de' principi cornponenti
di elfe , e della rlfpeitiva quantità de' medefimi . La cogni-
zione efatta di ciò , chj in un'acqui mlDer..il-e fi contiene ,
è neceffaria non folo per calcolare con maggiore eftenfione
gli effetti della medefima , ma anche per formarla artificiale
mtniQ ne'bifogni in mancanza della naturale ► Ma fé l'aoa-
liGl delle acque minerali è tanto utile ed rncereffante , bifo-
gna convenire , che effa non folo richiede una fopraffina at-
tenzione , ma precifamence reiterari faggi fui fuo conto »
Donde fegue , che frbbene di una tale acqua,, per efempio ,
fi fiano occupati uomini di fenno , e di alte vedute , non fa-
rà nwi difatile , o raincante di gloria , che altri inEllano
fu
^5^ ... . .•
iu Io fteflo cammino, replichino , modifichino , diverfifichin*
gli fperim^nti, ed i lentativi analitici.
La neceffua di reiterare in virie epoche i faggj fu le
;Kque minerali non folo è appor;giita alla ragione , ma è
bensì foflenuta dal fatto, che inalterabilmente è rimaflo coa-
teiiato. Per ciò che riguirda la ragione, conviene aver pre-
fente , che una p.cciola deviazione di cmmino di quelle
acque ne' vifceri dr-ila te fra , folita ad avt/erarfi , venendo
ad offrire diverfi ftrati di materiale alia foluzione in effì , va-
ria la loro mineralizzazione. Oppure , fupponendo benanche,
che r acqua trafcorra inalterabilmente per lo (teffb cammino,
può accadere, che variino i fuoi principj mineralizzanti, \a
quanto che dopo efferfi difciolti in e((a i primi ffrati di ma.
teria folubile , fuccìedano a quelli ultimi degli altri Itrati ,
varianti o di natura,© di proporzione rimpetto a quei , che
fi fono già confumati . Per ciò cks riguarda il fatto , mi'
giova riportarmi a quanto hanno offsrvato gì' iiluflri chimi-
ci Bergman , e Scopoli , il primo de' quali nettamente con-
fefla nella fua diflenazione fuUe acquR minerali , che 1' ana-
lifi di quelle è foggetta a mille fa fi ; ed il fecondo commen-
tando il primo, foggiunge , che le analìft delle acque mine-
rali , fatte da qu/ilche tempo ^ fono quaft f empì e in contrad'
dizione delle analìft moderne.
La celebrità delle noftre acque minerali, eruditiflìmi foc;;
le ragioni di fopra addotte in ordine a i loro cangiamenti ;
e molto più il vedere ne'paefi ftranieri fìfTati degli Habili-
menti per farle ad arte, mi han fatto credere non eflere un
travaglio del tutto svantaggiófo ripetere la loro analifi,e la
fintefi . Ciò avendo efeguito per una di effe , che noi rico-
nofciamo meritamente col nome di folfurea , ofo prefen-
tarmi alla voftra adunanza per intrattenervi de' miei rifu Itati,
ANA-
L
A N A L I S r
Diir Acqua Solfare a à\ Napoli. *
3 Acqua folfurea, che sgorga con molriplìce , e vàrio
.j, ^ zampillo relia tiolha riviera , in ifhada S. Lucia a
mare appiè del noto promonTor:o di Ectia detto Pizzofalco-
ne,ha occupato lamie indagini nel^ di 15 del mefe di sgo-
Ho dd i8ii , iftifuendone i 'àggi fullo ftelfó zampillo
ad ore 17 e minuti 35. Il [(.'rmoaietro di Rè.ìumur fo-
gnava O 4- I5r ) effeodo U T^-fnpcratura dal luogo , dove
l'acqua sorgeva, a O + 23 del medelimo t<-rmomstro.
Jl barometro indicava la prelfione deTaria a pollici zj-.
Il pefo fpecifico di quedacqoa, cooofciuco col aerometro
di Beatiinè ( pefo fpecifico comparato all' acqua dilMla-
ta ) f.gnò O -f- I •
Efla mi cff^ un fapore piccante ed ac'dulo , ed m
odore di urva f adice , ciocché corri fponde propriamente al
fapore dell'acido carbonico, ed al fapore ed o.lore del gas
idrogeno ftlfurato.
Al faggio della tintura di tornafjle qucRa fu a^rofTita ,
Ta'e fenomeno mi parve dovuto aJa fola acidiih del gas
carbonico libero, in quanto che quel colore col tratto del:
tempo da mano in mano fi dffipavaje adoperando allo fteOTo
faggio Lin' acqua folfurea evaporata per meta , ella più non
fi arioffiva . Quella rifl-flione è analoga a ciò che han detto
vilenti chimici per alTegnare un carattere diftintiso della
prefenza di quell'acido libero (i).
Tratirta con l'acque di calce , queft' ultima s'intofb'Jà
Tom.ìl, 20 liti-
ci) Thcmfon. Syftem: de XThitn. lem. V. pag. 377. Lagraoge. Efl'ai fur
Ics eai'x mineial. pag. 60. ""
»54 ,. .
imbianchendofi , Un. pezzo, d argentOv vi reflò- annento ; e
ineicolaadovi, la foluzione di nitrato; di qudlo: mtta'Io , fr
ebbe un precipitato, che diven ne lubito neroj^nolo. L an-
nerimento dell'argento , ed il. fuo; odore particolare non
lafcUno dubbio, alcuno fuila prefen^a del gas idrrgeno sol-
forato .
L'acqua, che io. fagliava , non. rcfiò. alterata, dall'acido
gallico; bensì itnbianch^ con T ammonaca, e con l'acido os-
salico, reattivi: idonei a far. conoTcere. la. prcfenza. della, cal-
ce: e de' Tali calcarei (i)..
Avend.i. evaporata, di tal acqua la q uantiia di due libbre
ufando l'apparecchio pneumar.o-chim co , armato con la ftefs'
acqua. ( atrefo chs, mi rioLiva, impjfiGbile trafporcare l'appa-
recchio a mercurio fui Ijog) djv.: l'acqja fgorgava j ha
dato di. fofta;iza. gi'Tof; per quattro volte,, e. tre quarti circa,
il volume (iell'acqua impi;rgata ;. ciò che corrifponde. a circa:
153 P'jllici cubici di fluidi elaliici . Da quello volume detratti-
5)6 poli, cubici di a:ii efiftente nella, librila , rimane afficurato^.
che efilte. in ogni due libo, dell'acqua, folfurea , di cui è.
queftiooe ,. circa, 57 poli. cub. di gas.
Mi fono impegnato in feguito di mifurare fpecialraente
la quantità rifpJttiva. de'principj galfoG, eCftentl nell'acqua-
soliurea „.
prima di ogni altro ho. cercato 3i' metiere in conratto il
mefcuglio de' r cavati 03$ coi 1 acqua, di- calce , p.r. co.sì. mi-
furare; dall' dflorbiniento. la. quanuta. di g.is acido carboni:©'
in elfa. rfìdente ; ma ho trovato- fjiu; ifica'o col- fatto- ciò
che Fou'cruy t-fiìcbra nel fuo Sijìema. dille corìofrenze ch'f
nuche ^ cioè che quello metodo conduce, a riiultatt ben: po-
co
(i) Ber-irtian Analifi delle acque miner., Biu§nat£lii Elémeati dj Chif
mka (um. /. pa^. 112,.
co efattl . Quindi mi fono fervito del metoclo di Gioann<jt-
ti per calcolare la quantitìi dell* aedo carbonico .
A tale effetto ho unito due libbre di acqua (òlfurea , aì-
Iota /"gorgata dalla fo'g.?otc , con nove libbre di acqua di
calce: ho chiufo efrttamente il vaTe , e da tempo in tem-
po non. ho tralafciato di agitarlo . Ho raccolto quindi il
precipitato, che fi è formato, e dopo averlo ben afciu^ato,
pefandolo con diligenzi ho trovato edere di gr. 8p. Ha
prefo da un'alrra part^ dui lib. della ftefs' acqua, l'hj priva-
ta de'piincipj gaifofi mediante 1' ebuUizione, e l'ho un'te
con nove altre libbre di acqja di calce , efegiaendo J'iltelfa
pratica, ed il precipitato b?ne afciutto ho trovato effjre gr:
20 .Ho iTottratto quella quantità dagli 89 acini del primo
precipitato , ed ho veduto con ciò, che n-1 primo faggio fi
erano formati <Jp gr. di carbonato di calce, cb'e giultaTafia-
Jifi di Kirwan contiene circa gr. ^i e ^^ di acido carboni-
co; ciò che corrifpoade a circa 35 poli. cub. di gas acido
carbonico per ogni due libbre.
Conofciuta la quantità del gas aci.^o carbonico fono paf.
fato a determin ire quella del gas i irogeno iulfjrato neh'
acqua , che fi analiza .
A qu-:(lo propoli to poflb afficurare ci .ivr melTi a partito
varj metodi, de'quali ho avuto fé npre motivo di elLrpico
■conte no. Quindi mi fono attaccato a qu Ilo di W.^dromb.
Propone quelt' abUe chimico li determinale la quancità del
gas idiog'no folgorato, efidenrj nelle a:qai per mezio d^ll*
acetato di piombo . 'E?li a tal uopo introduce una quantità
determinata di acqua mineralein un mitracelo; vi adatta i'
apparechio piieumatochimico , e fa paHare il gas , che ft
fviluppa a traverlb la'foluzioni di acerato di piombo : fi.
forma allora un precipitato, che è un folfuro di piombo, il
■quAi bene afciutto e pefato, per ogni ip. acini fa conofcc-
* re
15^
re nella acque la prefenza di io poli cab. di gas ìdrogeno-
fol forato.
Priini&ramente ho voluto accertanxii, che il gas, acido car-
bonico Ubero non deconvponsva i'.acetato di piombo col far-
lo paflare a traverfo della di lui foluzlone ; affinchè foflì (ta-
to fic.uro ,. che tutto il precipitato, che fi aveva dalia de-
con:ipofizione dell'acetato di piombo mercè i gas efiflenti
liell'acq,ua folfurea, noji folle che folfuro di piombo.. Il fat-
to mi ha aHicuraro di quanto fofpettava.
Ho prefo di poi due libbre della fopraddert' acqua, l'ho in-
trodotta in un matraccio lutato-, vi ho a lattato l'apparec-
chio pneumato chimico , ed ho fatto paliate taui i gai, che
fi '^ono fviluppati fuffecutivamente , per dae bottiglie piene
di acetato di piombo liquido. Ho raccolto tutto il precipi-
tato formato, t'ho bene afciugata,, ed indi pelatolo efatta-
mente, ho trovato efferé di gr. 40 circa. In ogni due llb:
di acqua folfurea dunque efiftono circa 21 poli oub. di . gas
idrogeno fclforato.
Queft' analifi in dettaglio della quantirà de'principj gaffo-
fi di quell'acqua i«i è fea)brati, anche più veridica, p:rche:
lì trova, che corrifponde con la quantità de'principj galTofì
da me ricavati da prima in coofufo dalla fiefla quantità di acqui,
poiché, come ho efpoftOidue libbre della dett' acqua mi han-
no dato circa 57 poi. cub. di principi aer formi ; e li rap-
portati efpiriraenti mi hanno dato 26 poi. cub. di gas aci-
do carbonico ,^ e 31 di gas idrogeno fu [forato , die formano
anche il volume di 37 poi. cub. in tutto .
Mi fono in. feguito r volto a fcovrire i principj fiflTi con.--
ìenuti in Queft' acqua, e dererminarne le proporzioni.
Ho evaporato perciò a fecche^/a due libbre di acqua fol-
furea^ e pefato eiattameate il celidw,o , l' ho trovato efere
gr: 2d|-. •
Ho
n
.157
H) trattato quefto relìduo con l'alcool e , ed ho fciolto
tutto ciò, eh' è in elfo folubiIe,e che afcende a circa gr. ^~.
Ciò che è rimado infolubile nello fpirito di vino , l'ho
boilit,o in una quantità fufficiente di acqua diftillata, e ne
ho. formato la foluzione acquofa , mìh quale fi fono fciolti
la fine ciò che è rimado iiifolubile nell'acqua, e nel al-
coole, che è afcefo a gr. jy, l'ho trattato con l'acido ace»
fico, e fi è con efFervefcen^a quafi intieramente in eflb di-
tciolto.
Ho cjuindi incominciato ad efaminarè la foluzione alcoolica
con tirarla afecchezza. La medefima (giufia B^rgmanjLagran-.
gè, ed altri ) non può concenere che muriati di calce , di
magnefia, o di barite , oppure nitrati di mjgneGa , o di
calce. Ma la foluzione, che io ho analizzata-, era fuori de'
cafi avvertiti da mentovati illuftri chimici pji fatti che' fe«
guono.
1.° ElT!i non conterreva de' nitrati, perchè- evaporata a fec-
chezza , e fasgiata fopra i carboni accefi, non ha deflagrate^.
come avrebbe dovuto avvenire nill'affirmativa.
2." Non conteneva de'n>uriati terrofi- , e partico!arn:ente
calcarei, e di magnefia, poiché verfando l'acido folforico
diluto fu la Ilefla foluzione difl\'ccata , non ha formato rè
folfito di calce, né folfato dì magnefia; fali , le di cui ca-
ratteriftiche fi diftinguono beniffni o fra i redenti.
Pit coBvaliiiare la mia affertiva fu 1' inefiftenza de' muriati,
e nitrati nell'acqua faggiati , giovami far oflervare , che
verfando dell'acido folforico fui fale ricavato dalla foluzione
alccolira lion fi è fviluppato alcun vapore di acido nirrico,
muriatico, o nitro muriatco . Efciufi i fali fummentovati
daf'a fuluziono alcoolica fui refiduo fiflb dell' acqua foifurea,
non dovremo ommettere, chi avuto riguardo alle affinith, e
quia-
^5» .
quindi alla folubilita de' materiali nell'alcoole^ (ìffatta folu*
zione poteva contenere beniffimo due alcali, la ; foda , e la
potafl'a. Or queft'ultima, e non la prima fi contìen- di lat-
to nella noftra folu^ione. Ciò fi prova in quanto che trai*,
tato il rifukato "dell' anzidetta evaporata folu ione ton l'aci-
do folforico, non fomminirtra per criltalliza-iune 'oifato lii
foda , bensì folfato di potafla, fali laciliffiu.i a CiUmquerfi
per la varieth della figura , pel fapore , per effere il tojfaio
di potafia inalterabile all'aria atmosferica , ed il fulfaro di
(oda efflortfcepte &c.
In feguito all' aver cimentato il reTiduo fiiTo, chi ci occu'
pa , col folvente alcoolico, fono piffato a scioglierò nell'ac-
qua. Ciò facendo, 'mi fono alficurato , che quella foluzione
evaporata a fecchezza
1° Non contiene de' folfati , poiché trattata col mariato
di barite non dk alcun fegno di precipitato.
2.°. Ella non contiene de' nitrati , poiché non deflagra .
3.° Non ha muriati di calce, e di magnefia , poich." fé ne
foffe f .rnita, quefti farebbero rimafti anticipatamente fciolti
dall' alcoole.
4.° E' iniiiile di far offe r vare , che carbonati terrei non
ne può avere, attefo che quefti fono infolubili nell'acqua.
Debbo conchiudere da ciò, che in effa non poffono ritro-
varfi difciolte , che muriati , e carbonati alcalini. Per giu-
dicare fondatamente della loro efiftenza ho evaporato a fec-
chezza uia me,tà 'della foluzione indicata, e 1' ho trattato
con l'acido dell'aceto, che mi ha prodotto una viva eff;r-
vefcenza , .propria de' carbonati .Salutando ad evaporare a
fecchezza h fìelfa foluzione acetica mi ha "prodotto un ace-
tato alcalino, che dall' eirerfi interamente liqu fatto , fi <3i-
fl'ngue beniffimo eflere l' acetato di potafla. L'aitila metà
i' ho ricornata a fciogliere eoa 1' acqua dillillata , e vi ho
ver-
i5i?
verfatojla.folùzione.di nitrato d'argento, che dall' abbondan-
te preeipirato bianco mi ha fatto chiaramente olTervare h
prefenza di un muriate di poiaffa .
XelUva, dopo ciò, a determinare la quantità di muriate,
e carbonato, di pota{ra,.che nella foluzione acqujfa efil^cnc.
Ho.prefo una egual quantità di fali avuti dalla foluzione
acquofa evaporata a ftcchezza , ed ho faturato il carbonat»
di po'aflk per Tacido nitrico perfettanTiCnte puro ; indi vi ho
verfato a gocciai a goccia la foluzione di nitiato d'argento
fino a quando non fi è formato più precipitato. Ho fepara'
to diligentemente qu-Qo precipitato , eh* ho trovato effire
del muriato di argento, e bene aTciurto l'ho pefaro per gr. 5.
Da ciò fono venuto in cognizioni immediatamente dslia
quantità di muriato di potaffa , e di carbonuo della medelì-
ma efiftenti nell'acqua, la di cui analifi ora vi pre'^ento .
SeconJo le piiì recenti analifi rapportate da Thomfon nel
toni. 4. del fuo Sìjì-ina di chimica ^ il muriato d' a gento è
compolto di 75. parti di quello m'itane, e 25 d'acido mu-
riatico: in confegu^nza in cinque-acini di murato d'argenta
efiite un acino ed un quarto, d'acido muriatico..
Lo iK'lfo Autore rapporta, che il muriato di piulT* è com-
poi!o di :55 farti di acido muriatico, e 65 di j oca'Ja ; quindi
un acino e un quar'o di acido muriatico efìge circa dje aci-
ni e ui> cua tu A\ potatra;e perciò n Ila fclujioneacqujfa, che
fi elamina , vi foio circa tre scini e mezzo di mutiato di
potalla ,, e or. ij. %\ di carbonato, dallo lleiTo. alcrili ..
Ho finlmente- trattata, la (olu^ione- aceti a p?r- l'acido fol-
forico allung to, il' q: ale in formar.dj il (olfato di calce mi
ha farro apertame.n e difcetnere- la preltnza di «r 53- circa
di cabotato di cakc in.ciò. che era; rimafto iufolab le allo,
fpuitu di vino rettificato , ed all'ac^^ua.
Se?
ì6o
Secondo dunque la efpofta analifi 'm ogni due lib. dell'-acT
qua folfurea di Napoli vi fono difciolti
i' Gas acido carbonico ^5 pjl. cub. ,cioè circa 4 poi. cub.
di più del volume dell'acqua impiegata.
2° G35 idrogeno folforato 21. poi. cub. , cioè circa 4 poi,
c-ub. meno i | del volume dell'acqua impiegata.
3° Pot.flk gr. 5I
4° Muriato di potaffa gr. .^~;
5. Carbon.Tio di potafla gr. li. 8-j
6. Carboiicito di calce gr. 5^
Mi (i permetta di far qui oflervare che la prefenza della
potafli^; pura nell'acqua analizzata , è dovuta alli decompoli.
z-ion-e di una parte del carbonato di potafla avvenuta duran-
te -l'evaporazione ; non potendo effa eiilìervi nello fiato di
libertà per eflere avidifTima di gais acido carbonico , che
tanto sbbDflda nell'acqua minerale fottopofte alle noRre li-
cere he.
Un'altra oflervazione . Io ho ripetuto per più volte i
miei faggi analitici fu i 'principj filli : la loro prelenza non
e Hata mai alterata, ma la proporzione de' loro componenti
io è fiata fibbene per qualche acino di differenza . Quarta
varieià non forprende gli avveduti : effi conofcono , che ciò
può dipendere direttamente dal diverfo ^rado di attrazione.,
che il mertruo eferciia con quei principi in grazia della tcm*
peratura, con la quale gì' invefte ; dalla diverfa attività im-
piegata nella evaporazione, e quindi dall' efferfi diffipata al-
cuna parte degli ftefiì principj fiffi, &c.
-Accurati dell' analifi dell'acqua folfurea paffiamo alla fintefi.
SIN-
SINTESI }
t)clt arijua SOLFÙREA di N/ip-)H efeguìta in prefeniut '
(iella clnffe delle faenze fjvbe e mediche delta
Joóctà Pomonima in •'» congr.jfo •
tenuto a tal uòpo.
P£r cfcgulre ficilmenfe, eJ efattam^nte li fintefr (bell'ani
ziddetta acqua fulfurea ho prefo ilieci libbre di acqua di-
fiiliata, e vi 'ho Icio'to ì fopr.icdecii p'iticipj hlfi nslf iodica*-
ta proporzione, al di fuori del carbonaro di calce, che lot
tiliflìmaniente polverato bo ben bene unirò ali accjua ; dops
ciò ho filtrato la détta foluzione, che non hi laici jio alcun
refiduo fui filtro. Ho pien-i una bottiglia di cri U-llo di que-
(ìa foluzione ac^uofa , nella quale ha fegnto diftintam;iite
la mifura di una libbra di acqua, eflendo la bottiglia capo-
volta, ed anche quella di 28 ^ poH cub. al di fopra dell
acqua , ed il dippiù della foluzione l'ho meffa in un bacile
per lervirmi di apparecchio pneumato-chimico .
Ciò fatto, ho introdorto in una bottiglia tubolata tre once
■e fei dramme di carbonato di calce, e due once, ed una dram-
ma di folfuro di ferro ben polverizzati , e mcfudaii infieme:
io-li vi ho unito i>n poco di acqua, e pi vi ho verfito al de
fopra dell'acido folforico ; fubito fi è incominciato a fvilup*
pare il mefcuglio di gas acido carbonico , e gas idrogeno fol-
gorato nella debita proporzione , che ho fatto paflare nella
bottiglia capovolta all'accennato apparecchio fino a circa il
doppio della fopraindicata mifura di 28 7 poli. cub. per ogni
libbra, ho ben bene agitato quefto mifcuglio , ed ho in tal
maniera ottenuta l'acqua folfurea artefatta, fimile alla vera
appena fgorgata dalla forgente.
Erudiiiflìmi Socj, il mio travaglio (che altro non è che
Tom, li. n i'efpo-
iefpofizìone de fatti ) è timafto efaurita per quanta le mie-
deboli forze: potevano, permetterlo . Io, non ho ofato fpaziar-
mi in veruna ipotefijQ, foggiar teorie > si per-hè. cooofco ab-
baftanza> quanto poco valgino i miei omeri , s'i perchè la
materia non ne farà fufci;itibile . Lad love ft tratta di cono-
fcere 11. fatto , niente p ù congruo quanto il folo linguaggio
del fatto, medefimo. Pel bene delle noftr'. contrade, e pe' pro-
grefli dtlla, fcienza , io, mi auguro , eh; altri calchi più glo-
riofamente- quefte pedate. In quanto a me farò contento ab-
baftanza fé; in. uà articolo di cotanta utiliik fmgar vice cotisc..
A chi
^ eh Ugge:
I ^A Società l'ontanlana che nel secondo lustro de)
secolo XIX ha preso il nome dell'Accademia Napo-
letana del XV già norma ed esempio alle posteriori
adunanze letterarie Oltramontane ed Italiane ; non
contenta d.'gli esercizi! particolari di ciascuno *, ha
proposto per ogni anno quattro pubblici certami al-
ia concorrenza de' suoi più zelanti indivìdui . Il pri-
mo di essi per l' anno i8ri si è consacrato all' in-
teresse eccnomico dello stato, li premio che i con-
correnti sì prefissero fu di manifestare unicamente
lo zelo che gli anima ^ lasciando agli ambiziosi qua-
lunque altro vantaggio fisico o morale . Sette Socii
se ne sono occupati , e le loro Memorie sono state
esaminate da una Commissione zelante e chiaroveg-
gente , ed approvate dalla Società , come appare da-
gli originali Processi Verbali firmati ed approvati .
La Corona si è conceduta alla memoria che porta
per epigrafe il detto di Orazio,
Jilter'tui sic
^ìteira poicìt 'opem res ^ & conjurat amìcì .
Si è in seguito reputata pregevole quella contrast-
gnata col motto di Tacito, Non modo caius eveiuus'
que rerum , seà ratio etiam cauf^cque noscantur . Meri-
tò in terzo luogo la pubblica considerazione quella
•• ìa-
indicata dalla legge di Solone tov api^ov cvTà Tisi
fauTou aiv rsxvav at rn&iv tv ljpurcii,vu:^ Xot/ut/Soo'Ws^
I biglietti sugellati che se ne aprirono il dì del
Concorso 5 di gennaro 181 2, sQ^prirono gK aut<^ri
(Qhe si premettono alle tre Memorie se^uenti^
1. LE-
'^5
LEZIONE ECONOMICA
CORONATA
DI P. NAPOLI SIGNORELLI
- . S U'L P R O G R. A M M A.
PROPOSTO PEL. PRIMO CONCORSO ECONOMICa
PONTANIANO
CHE PORTA l' EEIGJIAFC
Aheriys Jtc
Altera pofcif openi rtfy & conjurat amnì,
I Orto che la Società Pontaniana Invitò i fuoi vaIbroS
Accademici ad efercitar la propria attività e fapere fui prò*
pollo programma , " Sino a qual punto debbana proteggerli
le manifatture in un paefe agricola '* , commendando il bel.
difigno di rendere le cure letterarie del noftro Confeffo uti-
li allo Stato, ed aliene dalla rancida fenlpre Aerile pedante-
ria ; vennemi in mente che a bene incammiaarfi alla folu-
2Ìone di queflo problema farebbe innanzi altro da penfàre a.
disviluppar l'intento della Società nel dèfiderarla.
Domandare fino a qual fegno convenga proteggere le ma-
nifatture in un paefe agricola , dir non vuol certamente che
il peofator che fé ne occupi , debba unicamente riempierli
de'iolidi pregi dell'agricoltura in pregiudizio delle manifat-
ture, o degli oftentati vantai^gj di quefte a> danni di quelle..
No; chi s' iateonafle nell'ana o lisli' altra, difcufiione efclufi-
va-
\amente , perderebbe di vìfta l'oggetto della Società . E fé
prendeflè ad afferire che un paefe agricola poffa fufliliere per-
petuamente feti /a attendere io verun modo alle "manifatture,
ficcome efageraado taluni foventi date fuppofero, o che pof*
fd fiorire per le fole arti ieaza gran fatto impacciarli dell'
agricoltura , come da altri entudaHi fì pretefe in Francia
fotto Colbert, anderebbe ugualmetite fuor di ftrada.
Quando la Sccieth domanda , fino a qua) puntj il paefe
agricola debba occuparfi delle manifacture,credj cha Suppon-
ga, an^i che a chiare note maoifelli^ 'ch; uà popolo agrico-
la, per ricco che lì dica in prodotti rurali, non può d 1 tut-
to dirpenfarlì dal promuovere in alcun mo 'o le manifatture,
le quali utilmente fi trafficano, quando non altro-, al pari
almeno de' frutti villefchi , per comprar oro ed argento fe-
gaì delle cofe,e per non efl&r foggetto a venderne per acqui-
ftaile.
Antivede nonpertanto la Società , die per effere una "ve-
rità luminofa facile a fallare agli occhi, che l'indadria ma-
nifattrice innalza l'utile ^elle materie prime affai pù fu del
loro valor naturale, potrebbe la popolazione talmente inna»
morarfene^che minor cura poneflfe di qu'^l che h uopo alla
coltivazione bafe del traffico (i) , che caratterizza le terre
agricole. 'Ora per evitar -quello non lieve perniciofo errore
la Società avvertita e zelante domanda che diffinifcanfi i li-
miti , oltre de^ quali non debbono proteggerli le arti , per-
chè non ne rrdondi detrimento alla coltivazione . E qu-ft»
lignifica che fi vuol Colrivazione ed ^rW , ma con certa fog-
gia proporzione fugerita dalla natura delle terre. Adunque la-
fcioglimento tende a rintracciar quella faggia proporzione.
Su
(i) V agrìcoìture tjì la laft du commerce^ Cette maxime «/? iT une telle
ìmpnrtance < qi^ il ne faut jamais crainàre de la ripeter. Vedanfi s'i •£/*'"*'»-
ti del Commertio nel libro 1 e. j. Per altro queftc fono verità che non ab-
bifugnaoG di citazioni .
i<J7
Su quefto fondamento io mi acclnlì ^ ad onta della mia
debolezza, allo fchglimento del problema iatefo nella ma«
riera che ho ftimato diciferare . E non s'i toflo da buon
fenno il volli , che mi fi affollarono in mente diverfe civi-
li focietk d'indole, di pofizioni , di climi diftinti ,, e ne per-
corfi le vicende nelle memorie che fé ne incontrano , noa
per rinunziare alla facoltà di penfare e trafcrivere le altrui pa-
role y_ ficcarne gli. uomini nuovi fanno , ma per confrontar le
altrui colle proprie meditazioni ..
Vidi dunque che tutte le focieta Ci occuparono a fuffiftere
eoa agio , e potendo ,. con luftro e con indipendenza a fe-
conda della fifica cofticuzione delle terre, dell'energia, de' fo-
ci! che le compofero ,, delle circoftanze de' popoli limitroti
e delle fperanze lontane.. Un interelTe rutte le pofe in mo-
to, e in fermento: fuji fiere ^ fiorire^ difìinguerft ^ fovraftare ;
ma quello interefle cominciò fempre da uà bifogno in. ognu-
na delle loro fafi .
Nell'infanzia delle focietà vagarono, gì* individui in traccia
rfi alimento, e divennero cacciatori ; con un paflb di pii!» ad-
dinieQicarono gli animali deboli , e fursero i partorì ; e col
poffeflb di un territorio fiflb cui arrife il cielo , e che le ac-
que pingue refero e lieto e verdeggiante, nacquero gli agri-
coltori.
La caccia e la paflorizia provvidero ben per tempo al quo-
tidiano nutrimento ; l'agricoltura affai più, pienamente con-
corfe a prevenire i bifogni futuri , e giunfe infino a confe^
guir beotofto un fuperfljo che fvegliò l' idea di perrautarld
con altre cofe o neceffarie o commode o sfo^giole che la
propria terra non dava. Surfe in altro clima altra focieta ìi)
più ingrato fuolo , per cui fenti più foni e più urgenti bi-
fogni che l'agricola; ond'è che ricorfe alla permuta di po-
chi frutti peculiari del fuo clima «della propria indufl ria ma-
ni-
i58
nifattrice . lo paéfe ancor meli felice arido e nu:?o conven-
ne che un'altra locicth ricorrefle per non perire a conver-
riffi in agente e faccendiera , ed approfittandoli ócì mare non
lontano locafle 1' opera ed i navjgii proprii per trafportar da
una contrada all'altra e mamtarrure ^e derrate, e trarne per
fé 'flefla il bifognevòle per iuffidere. Que(te tr2 focieià rìàu'.
conci a mente l'idea ipoisrica deirifoiedel f;gnor Melon (i ì.
Ora mi (ì permeitera che iuile tracce di Cratilo preflb
Platone inccminci dal diviiare le giuHe idee de' vocaboli che
converrà ufare di nazione agricola ^ manijatty'tce ^ navigatrice .
Chiama'fi //gricci.} la nazione che alberga in terreno ferace
per naturai pofizione e circonanze vantaggiofe alla coltiva-
zione, nazione che non può non obbedire alla natura che le
impone di inetterio al pofllbile a profirto, feoza foggiacere
alla pena minacciatale dalla lìefia natura di languire nella
miferia ; ^uale m'immagino che farebbe il desino delle ter-
re delle due Sicilie , le gli abitanti illufi o av.elenati dalla
mollezza o dalla vanità o da una matta abiezione di animo
D'eli' opprefTione o vera o immaginaria ( che fono le cagio-
ni primarie che convertirono in mine le magnificenze di
Menfi , di Ninive , di Palmira ) divenlifero neghittofi ed
inerti ài pari de'Groenlandi e degli Otentotti.
Chiamafi popolazione dedicata all' indudria manifattrice quel-
la che avendo fortiro un fuolo arido o montuofo ó pantanofo
avverfo all'aratro benefico, è ricorfa ad ingrandire il vaf re
de' Tuoi fcarfi prodotti o naturali o comprati coli' indullrià
delle fue m<jni per uguagliare il pefo della propria fuffiften-
23 ; di qual popolazione poflbno fervir di efempio Ginevra,
Lucca , Francfort che non hanno territorio , o Genova , 'f
Olanda, la Bifcaglia che poco ne hanno e poco grato.
fo-
co Edai politique fur le'Comraerce.
Popò la-zione navigatrice nomafi quella che porta in paefe
alpeftre o arenofo ancor meno atto a produrre , approfittan-.
«lofi del mare che ne bagna le colle, «e tira il Luegoo e ,
per mancanza di generi da permutare, traffica l'op-'ra delle
proprie braccia e de' legni che s' ingegnò di collruire, indu-
ftria che altrove appeliafi cabotaggio^ e che può da aoi dirfi
vetturare o vettureggiare , che rendè ricchi nelle Crociate
Veneziani, Genoveli , Napoletani , Amalfitani . Or quaL di
quelle tre fpecie di popolazioni pofliedc ciò che fi acclama col
<ito!o di ricchezza? Per faperlì bifogna conveniTe nell'idea
che rilvegliar vuoili con dire ricche%-z.a delle ni:-x.\ont.
f forfè ricchezza l'oro e l'argento dietro di cui correfi a
for?» d' induflria , di €0le , di lavori , e di ridicole impudenze
e di misfatti? Dimandifi a Bernal Diaz del Laltiilo, a Gar-
cilaflb de la Vega , a Gomara,a Solis, agli florici tutri delle
cofe delle Americhe , le quali pofledcndone copione miniere
pofpofero que' metalli al ferro che trovarono più uule e confa-
centc ai bilogoi della vita. L'oro e l'argento altroi'e, ma in
diverfe epoche , variò di valore. Negletti nel Mcffico e nel
Perù come inutili lufingarono pofcia la rapaci'à e 1' ingordi-
gia degli Europei , fra' quali da gran tempo erano in predio
e come merce e come rapprefentanti più {limabili perchè
più confiftenii del fale, dei caffè , del cacao, del pepe, delle
conchiglie, che prima di que' metalli adspraroniì per fegni ,
o pegni che dirfi vogliano, delle cofe, e più uaiverfalmen»
le fi rifcattarono . Indi tanto fé ne traffe dalle vifcere del
Chili, del Potcsi-^da Sonora, da Cinaloa , ed in tanta copia
fi trafportarono in Europa, che fenza lo fcolo , che riceve-
rono inceffantemente neir Indie Orientali , e fenza il luflb che
s'ingegnò di convertirli infili e ricoprirne la fera e ne telbè
e ricamò clamidi, paludamenti, manti, vedi, tapezz rie,, e
ne diftefe mirabilmente le duttili luperficie perchè ne fplen-
TomM, 22 dcf-
170,
deflero fuppellettill , fcraiine ,. foft, armadi! , gabinetti, car-
rozze, portantine, farebbero caduti in Europa nell'avvilimen-
to, del tempo dilla, fcoperta dell' America, ed obbligati avreb-
bero i pofleflbri di quel gran continente novello a chiuderne
le vene , come fegui prima colle miniere de' Pirenei che,
diiTetarono l'avidità de'Cretefi, de' Fenici, de' Cartaginefi .
Non eflendo ricchezza perenne l'oro e l'argento, interro-
ghiamo le nazioni ftefl'e per fapere che cofa intendano per.
ricchezza . Ricchezza ( rifponderanno ) è pofledere ciò che
forma, la (labile fufliflenza e confiftenza della nazione, e può-
appagare le richiell9_ di chi ne fcarfeggia col proprio, fuper-
iluo. Specificate di. grazia ( dico io ) qual Ila codefto fup r-
ftuo che reputate ricchezza... Significa ( dice la focietà ngri-
cola. ) abbondar di prv dotti naturali per fé e per altri. Sono,
io dunque la. ricca che di tante fpecie ne produco . Ric-
chezza ( dice la manifattrice ) è l'abbo^Tdanza. de' miei la-
vori, pc' quali m'impoffcflb de' prodotti degli agricoli ad onta,
dell' ing-^ato mio terreno. A. me ( ripiglia l'audace nazione
navigante ) che né produco né lavoro , nulla manca , parche
altre abbìaofi derrate e manifatture da fmaltire . I miei uo-
mini i miei legni fono le mie ricchezze , e per eflì , fenza
altro f >ndo da avventurare , col trafportar ciò che 'le altre
prifleg^ono , le pongo a contribuzione , e mie diventano, Is.
loro ricchezze ..
Qual di effe vanta ragione meglio fondata? Per rilevarlo,,
neir iporefi che ognuna fcarleggi di alcuna co^a ed abbondi
di un'altra, pongh.iamo un.i fiepe intorno a ciafcuna . Q_ual
di loro fuflìfterà da fé? Non fi dirh che la manifattrice pof-
fa fuffillere fé la chiu/lete , perché e{!C:i non ha fondo onde
attinga i mezzi di alimentarfi . Uti moderno ottimo ragio-
natore, il fig^. Mengotti, aggiungerà in vece mia che un pò-
t'io privo di territorio e di darrar^- , e compoflo di foli mani-
fitt-i
. '7t
f attor) , i coflretto a dipendere d/iglt flranìert , da quali fico-
nofce 1(1 fuJplìeriTia (i). Un'ifola di altro non fornita che di
uomini e di iegni^ farh tanto più povera, fé Ja guerra, uti
blocco, o un contagio la chiuJa, o la renda nemica di alrri
popoli , quanto far^ più di navi ' e di uomini provveduta;
tjuedi p;r mancanza di nutrimento , quelli di mezzi da raf-
fettarfi o corredarfi, p2riranno. Adunque la fola popolazione
agrico'a che per alimentarli non abbifogna che di fé (ìefla,
fcnza d pendere da veruno, è pofledirrice della vera ricchez-
za . Chiudete p. e. le Calabrie o la Sicilia per qualunque
ragioni con recinto infuperabile, ìa. Sicilia e le Calabrie ric-
che di frumento , dì vino, di olio, di cottone, di canape,
di lino, di feta , di lana, di ogni fpezie di prodotti , e di
alveari e di pafcoli , fulFifteranno e riprodurrà ino felicemen-
te. Pur troppo è vero. La nazione agricola non manca ài
foflenramento , e ad ogii altra per quelto capo fo v ralla .
Pure arrediamoci di grazia un momento , e foffrite una
domanda. Sarà perciò tanto ricca da procacciarfi compiuta-
mente e fjmpre quanto riihiede uà' agiata fuflìllen za ? Voi
la fupponete priva delle arri, e taluno, fé alcune glene ac-
corda , app-'na quelle fole arti le permette che fon di prefi-
dio alla coltivazione perchè fiorifca . Voi non le darete né
anche commercio , o almeno non gliene date uno attivo .
Suflifterà , vivrà, è v?ro , in preferenza delle altre . Ma a
qual patto ? ma fino a quando ?
Udite fé vi par giufto . Suffifterk r purché mi afficuriate
che la riproduzione lia fempre felice e coftante , e non g k
che ad una, a dui , a tre tertili annate, ne fuccedano altre
in pari o in maggior numero infelici . Suflifterà 2 purché
* mi
(O Francefco Menijotti nel tomo II pag. 90 del Colbertifmo dell'edizio-
ne Milanefe del i8o8j
'7*
mi aflìcuriate che non foggiacela a guerre , blocchi o ad al-
tri flagelli che le divietino di tirare a fé i metalli Qra-
nieri rapprefetitami delie cofe che le mancano . Sulfiflerà 3
purché il bifogno di derrate continui fra vicini o lontani
per difonerarf» del fuperfluo . 4 Purché non crefcano eforbi-
tantemente di prezzo le altrui manifatture , e le altre cofe
che le bifogaino , e non venga aftretta ad un eccedente dif-
borfo di prodotti che oltrepaffi il proprio fuperfluo peracqui-
ilarle . 5 Purché abbia fempre alla mano legni o proprii Q
locati ( che talvolta può avvenire che manchino ) per tra-
fportare a tempo i fuoi prodotti a chi ne fcarfeggia. 6 Pur-
ché non fia prevenuta nell'efitargli da altra nazione agrico-
la più diligente e più accinta a foflenere fenza fvantaggiy
la concorrenza ; perchè niuno ignora che non fono pochi i
paefi agricoli nel noftro emisfero. 7 Purché le cavallette non
invadano e non divorino con l' erbe e le piante le fue fpe- <
ranze. 8 Purché conio fmaltimento del fuperfluo poflàugua-^^4
gliare fé non forpafl'are la pro{)ria neceffita di armarfi , di
cingerfi di rocche , di alzar argini , di aprire ed appianare
ftrade ai trafporti, di gittar ponti fu' fiumi, di coprir la nu-
diti de' coloni e de foidati , di foddisfare a tutti i peQ dello
flato . p Purché , per finirla , inondazioni , ficcita , eruzioni
vulcaniche, diluvii, tremuoti non interrompano il corfo na-
turale delle produzioni.
Ma fé tali condizioni non Ci verifichino almeno in gran
parte, fé la coltivazione o diminuifca o fi tenda inutile per
uaa abbonianza fovente micidiale nella penuria delle fpccie
e di fmercio: che cofà addiverrà della nazione puramente a«
gricola? Oirbè .' come faprete indicarmi di quanto l'abbon-
danza precederne infruttuofa e la mancanza delle fpecie abbia
intepidito 1' arder fucceflìvo per la coltivazione, o di quanto
i prodotti faranno riefciti infsrioti alla copia de' bifogni_, io
vi
.'73
vi dirò fubito fra quanti anni, ne'quali verr^ da narrati di-
faftri percofla » d<:clinerà e quindi fallirà perfettamente la
nazione agricola la più feconda produttrice di frutti rinafcea-
ti (i). Abbiamo qui bifogno di accurauLir citazbni? Diaft
un'occhiata alla (ioria.
Concediamo però che le derrate fieno vera ricchezza delle
nazioni > e ricchezza permanente, immancabile, più che fuf-
ficiente a'bifogni, e che vi gettino innanzi un teforo incal-
colabile per me-jza del loro fuperfluo . Degnatevi però in-
fegnarmi che cofa dir fi voglia fuperfluo di una nazio-
ne . S' io mi appongo , fuperfluo fi^nifica quella maffa di
prodotti che non può confumarfi in cafa. E perchè ciò? Per-
chè la popolazione far^ minore di quel che potrebbe nudri-
re r eftcjnlione del territorio e l'abbondanza de' prodotti . Ma
fé la popolazione , fecon^io i voti e lo fcopo de' fag^i gover-
ni, fi aumenterà, forza è che il fuperfluo diminuifca. Nò,
mi fi dira; perchè colla popoJazione crelceranno anche i pro-
dotti , diffodanJori le terre che rimanevano tuttavia in.oue.
Ortiniamenie; anzi quella faià la più gloriofa onorata cjd-
quilfa che far pofla un popolo fenza ingiuOizia, fe.iza fpar-
gimento di fangue, fenza fufcitar gelofia ne' vicini. Ma com-
piuta la beila operazione di aver ridotto tutto il territorio
a coltura, crefcerh a proporzione la popolazione, ed allora,
ed in appreflb, g.li refteranno terre da diflbdare per ottenere
un fuperfluo? Se crefcera la popolazione a fe^no che- tutta
giung.a a confumare la domeftica ricchezza , e più non riman-
ga fpanna di terra da coltivare per aumentare i prodotti ,
converrete meco che non fi avrà più fuperfluo di forra veru-
na . Allora come foddisferà a'bifogni ulteriori, come compre-
rà le maniiauuce che gH mancano, come fupplirà a i pefi
COG-
(0 Per fimili confidera^ioni ftrfe Feri^iaando Gnliani chiama il paefe agri-
ola H pia infilici (iti mondo. Vedi i fuoi pregiad piah^iitt dts iledr .
174
continui e contingenti ^deIIo fiato? S' indebiterà . Ecco un nua-
vo motivo d'impoverire. Il danaro che avrà accumulato , cor-
rerà dietro alle cofe, puiìerà agli efteri , lo (bto li fpjlfetà,
e forgerà una nuova malattia, il debito nazionale. Tutto in
feguitofi compreià a crediro. Le nazioni iaduUriofe fi ap-
profitteranno delle circoftanze dolorofe del paefe puramente
agricola; e mentre lo nudrifcono, l'abb-gliano , lo tornifcono
di quanto abbifogna (co. ne ix-ro per gran tempo gl'Jnglefi
liei Portogallo malgrado degli sforzi di Pombal ) gli coni-
municheranno nuovi blfogni, nuovi deiiderii, i coftumi pria
ma d' ingentilirfi fi corromperanno : il lufl'o vi penetrerai pri-
ma delle arti ; gli agiati faranno nelle vendite defraudati , i
bifognofi oppredi dalle ufure . Sparito il danaro languirà la
coltivazione, le impofizioni aumenteranno , la popolazione
numeroia diventerà pefo e non follievo, come nella Nigri-
zia e nella China, e comincerà paflb palTo a divenir minore
o fuccombendo al'a miferia o difertandu; la rendita 'naziona-
le diminuirà di giorno in giorno, e lo fiato oppreffo dal pro-
prio pefo cadetk ad alienare il demanio tanto di terre quanto
di diritti, e ne proverranno anarchie e difpotifmi . In tal po-
fizione quale fcampo avrà l'agricoltore addetto alle glebe , at-
taccato come Prometeo al Caucafo? Potrebbe trafporiar feco
alfove i fuoi campi , come farebbe il manifattore degli ftro-
menti della fua arte ? Egli fi -rimai rà inchiodato allo flato a
rodere le fue catene. La Turchia, Ja Polonia prima degli
ulteriori ftrepitofi eventi, e qualche altro paefe anche pura-
mente agrario, in fimili difaiirofe congiunture poflbno addi-
tarci l'immagine de'paefi che altro non fanno che coltivare.
Simifi paefi fi troveranno abbandonati alla ferviiù , all'indì-
g-nza, agli orrori non infrequenti delle carelHe, ridotti a'Ie
fole produzioni delle terre, le quali in tal fortuiolb fiato (1
coltiveranno ancor male. Dipingetevi, Tulle tracce dei preci-
tato
, '75
tato Mengotti, o de'feguaci di Quefnay, quanto volete in
bello il paele agrario allorché fiorifce, chi lo folleverà, ca-
duto che fia una volta in tanta. opprefTione, in tale avvili-
naento? Quella ferie di confeguenze manifefte a chi medita,
con principii , 5/à^^tf deplorabilmente a chi è condannato a cO'.
piare ..
Allontaniamo da noi sV trifìe idee. Rimangafi il paefe a--
•ricola nella fua floridezza maggiore, rinafcano ognor più
copiofi per lunga ferie di anni i moltiplici fuoi prodotti, il
fuo fuperfluo fupplifca. pienamente ai bifogni della popolazio-
ne e dello flato. Per qual via, ditemi, efl'o tira a fé le ric-
chezze firaniere? Pel traffico, mi fi. rifpondera. Compariamo
dunque per un momento ii, commercio, de' frutti della colti-
vazione e delle manifatture . Qualche- noftro illufìre fcrittore
gli ha pur comparati (i), volgiamoci ancor noi uno fguardo.
Vuolfi in prima offervare che il maggior vantaggio di ua^
genere deftinaio al commercio confifte nel!' ottenere il mag-
gior prezzo fotto il minor volume. I frutti del campo in
natura, fpecialmente il frumento, che n'èil vello d'oro del-
la greca, mitologia e l'aurea mefle della poefia latina, varrà
meno di, ogni altra cofa in proporzione del pefo e del luogo
che occupa. L preziofi metalli del Nuovo Mondo , le pene
dell'Eritreo, le gemme di Gomorin, di Golconda,. del Bra-
ille, le mofelline di Bengala, occu'.iano affai minor luogo de
frumenti, della Sicilia, delle lane: della Puglia ,, degli, olii delle
Calabrie e di Maffa. e. di Valenza, de' vini di Somma, di Gra-
gnano, di Siracufa, e di Malaga, di Chianti &c.. e tirano in
feno di chi gli. poffiede copia mirabilmente maggiore de' pro-
dotti della coltivazione di gran pefo e di gran volume. Pre-
zi ofo., è un carico di fera delle Calabrie, d'Ila Sicilia, di Va-
lenza, ma tutta occuperà una gran pjlacca,ra dove fé fi la-
vo,.
(^1) Dii'.o^uts dti bleds..
17^
vorerà ne' telai di Firenze , di Genova , di San-Leucio , di
Francia, di Olanda in velluti, rafi , zendadi, fanpareglie ,
baiavie., levantine, ne occupeik là (dh parte, e produnk il
decuplo di guadagno. La lana di Spigna, d' Inghilterra, delle
pecora gentili della Pugiia, riampia un groflb naviglio di Ra-
jju^a che la trafparti a' miriifittoa , e produca al proprietaria
p. e. feimila piatire; fé tal carico fi convertirà in panni di
Segovia e di San-Fernando, in ca'^tori di Olanda, d'Inghilter-
ra, di Sedan , di Abeviile, arricchirà i raanifattori di venti-
mila almeno, ed occupe.à fjrfe la quarta parte de-1 naviglio.
Una libbra di lino che (i merca con tjn nolho tari, divenu-
ta merletto in Fiandra, in Val-ncieone, in Alanfon ,acqui(la
il valore di cento piaftre (l). -Un rotolo di ferro al più ca-
ro .prezzo fi venderà mezza pialtra , lavorato in uaa ferratu-
ra da mano Jnglefe , può cangiarli in una produzione d* ia-
duRria di fgi zecchini, temperato l'itletTo pefo di ferro per
formarfene una canna da schioppo in Napoli o in Barcellona
varrà poco più di uno zecchino , crefcendo di pregio in Bi-
fcaglia fi venderà dieci , perfezionata all'eccellenza in Ma-
drid frutterà all'armiere felTanta dobble.Qual difproporzione
fralle materie prime e le manifatture che ne rifultano?
Ma qui ( malgrado di una folla di etìmii ragionatori di-
chiarati p'r le manifatture , quando trattafi di guadagno à
fronte de'femplici prodotti campeftri ) ci attraverfa il cam-
mino il [-relodato valorofo fcrirtore Mengotti. E vool dimo-
flrarci che la d fferenza di prezzo e di guadagno tra mani-
fatture e materie prime fia una pura ìllufione^ e che non è
vero che le arti moltiplichino il valore delle materie prime,
co-
(i)" Le materie prime, dice Mélon, aumentano proJi^iofamente paffando
in potere del manifattore ". t/»je livre de Un divenne denteile faìt plus ^ue cen-
jupler . Così avea già detto Bernardo Ulloa , Tommafo Uiìarit, loht» Cary,
H «a feguito Antonio Genovefi &c. &c.
'77
come vero non è ( notate lllufirl afcoltatorì ) che una im-
magine sola veduta in uno fpeccbio a cento facce ft mohiplicbi
in realtà come appare (i). Ciò vuol d're, s'io m'appongo,
che fc una libbra di lino che vale un ducato, divenuta mer-
letto ne vale cento, sarà una illufione , ai fuo dire, e quell'
««0 è moltiplicato folo in apparenza in cento , e noti in
realth? Ma quali prove ne adduce? Eccole. " Perchè ( dice
il fignor Mengotti ) il manifattore noi è folo a lucrare
que'cento feudi, lavorando iecoiui chi fila, chi fcardaffa , chi
teflè ": di più perchè n.'ila maniattura li contien; il prezzo
delia materia prima, ed il tonlumo dell'artefice per foltenerli ".
Analizziamo fiffatte prove . Non potrà egli negare in prima
cflere inutile contare il prezzo della materia prima perchè
fé ne ha ragione nell'ipoteli, ed è liquidato, e fi conta p.-r
uno, e fi contuplica nelle mani del manifattore. Vuol to-
glierfi in oltr« il confumo di eflo manifattore, il cjuale an-
cr,r non manifatrurando consumerebbe, e la It.'lTa cofa dicali
di quei che conLorrono al lavoro, e la focietk dee contare
il confumo per ifpefa e non per rendita , e quando pure vo-
leffe toglierfi alcuna cofa pel confumo, farebbe una fpecie di
frazione a petto di cento scudi di prezzo e guadagno. Final-
mente dee toqlierfj dal conto dfll'oppofitore l'opera di chi
fila, di chi fcardaffa e di chi tefls , perchè qucfle msni non
fanno parte della coltivazione, ma fono fezioni della mani-
fattura . Or che cofa rimane da compars rfi fé non il valor
proprio della materia prima, e quello della manifattura ? Di
grazia diremo lanamente illufione che cento fieno piij di u:o?
Trovate voI,illullri colleghi e aftoltatcri, raffomiglianza ra-
gionata di quella evidente realità con una inirnagitte fola re-
plicata in apparenza in \ì\\o fpecchio a cento facceì
Tonj.ll. 2 3 or-
co Mengotti nel capo V dtllt Manifétture nella fua differiaxione ielC*!-
bercifmo .
178
O^rerv'o poi con pena eh'? fifFitta pretefa illurione pofla ìa
ca npo venga accom.agnau Ha altri noo dkffunili raiiocinii
del va'oruto avv^erlariu Jel Colber tifino. Suppone che il me-
r'to eh? dinj «li artUÌi alle maiititrure .non in altro con-
futa ciie ntW alto lori pr;; zzi ^ ed argoraema dall' afl'urdo che
ne rifalta p r ne^aroè ■! prezzj e.\ il gu.idagoo . Vi pire
chj fiborichi fopra fjliJo tonJameoto ? Al centrarlo egli do-
vei poitare la propria acu'e^za ad avvertire che non il me-
rito del lavoro cou^ilta nell'alta prezzo, ma sj bene che l'
alto prezo neceinriamente di'^c^nla dal merito , Il valore
della mioif ttura non ri ulta punto dal farla coftar più che
fi polfa, ma beisi dalla necelTita che fé ne ha, dall' importan-
za di eda, dalla dilicatezzi ed eccellenza e dalla preltezza
di lavorarla cosi perfetta che non pofifa cadere di pregio ve-
nendo al paragone di un'altra fatta con ugual maeiiria nia
in più lungo tempo. In tale ipot-'fi, a tutt'altra cosa ugui-
li , chi fatica pù lentamente d.;rk luogo al manifa'tore p ìi
follfcito di condurne a capi due, e nella concorrenza il ;;; ii
attivo venderà a mii^lior mercato del più lento, pT;hè rif-
parmia tempo e fpefa nel Tuo confurao, fenza Icemar punto
il merito del fuo lavoro (i^\
Vi
(i) Né anche femSrami giuda la di lui afTeriione generale che ^Vi /chiavi
ahborrìfca'io ogni indu/iria . Veri) è che chi nai'ceva in fervitù , ed era con-
tato in Roma traile cole più che tra gli uomini, non poteva non abborrire
il pidrino , ed i lavori rurali a"" quali erano i fervi condannati. Ma i padro-
ni, pe' quali gli Ichiavi acquillavano , molti ne educarono con maggior cura
desinandoli ad ufficii non vili, ed alle arti ed alla letteratura ; e quedi vi
fi didinlero non rare volte, e divennero utili e cari ai padroni , e ne otte-
nevano la libertà, end' è che tra effi conraronfi letterati, filofofi , uomini di
fiato afcefi alle prime dignità della repubblica, non che mariitattori pregevo-
li. GP ingenui coltivavano le arti e le fcienze dimolati dalia gloria ( honot
elU artes , diceva Cicerone ); gli fchiavi in Roma, quando non mancavano
d'ingegno , le coltivavano eccitati da doppio rtimolo, amor di gloria e deflo
di libeità . . ,
AI-
*7P
Vi Mancherei foverchlo , fé infifteffi ancora fu altri firn. li
ragionai' del ciotto Mengotti . PalTo dutiijue a continuare la
compdrazione delle matilature co'pr^>dotti campeliri.
Chiude il maoifattore in cafa i fuoi lavori e ripofa tran-
quillo: il coltivatore laf.ia i prodotti all' ap-rto efpolti aio-
culle, a Torci campagnuoli, ad uccelli, a bufere, a rempefìe,
ad uomini rapaci . Il manifattore lavora ugualmente in fac-
eia al fole ed al lume della lucerna , e raddoppia il valore
dei fuo profitto giornaliere: l'agricoltore al cader fui campo
alte li ombre del monte fofpende l'aratro. Il manifattore an-
* cor
Altro paralogismo par che contenga ciò che egli dice delle filatric'i di Coo,
e delle manfatrure di piz7.i . Le feirmine di Coo filavano con fufi di gun-
gn loitiliinmi, e con q-iel filo teirei'aiill ll^'fF.- voluttuofe , legoe-iruTie e tra-
Iparenri che valevano moltiflTimo , come Plinio racconta ( lib. VI, e. 17. );
ma quefte filatrici non erano piìi ricche di quelle di Samo , di Delfo , di
Lesbo. E da ciò che vuol conchìudfre ? Che il lavoro di quelle ftofTe di
Coo valeva poco? Egli smentirebbe le meJefi:Ti? fue citazioni Hi Ovidio; i/e-
yìrie ani. ) e di Properzio . Delle merlettaie dice : le una danna con un
.paolo di lino ta un lavoro di mille feudi , perch' la della donna non è ric-
ch'llìmj ? Altri può domandare a lui : perchè chi lavora nelle ricche miniere
e ne Iciva tanti telbri , lucra appena il Tuo fcarfo vitto? Se rifpondelTe che
chi laverà nelle miniere, Ilenia pier altri e non per fé, a lui fi replichereb-
be ancora fuUe merlettaie che effe locano la loro giornata al minifirtore ,
e non lavorano per fé, e f opera loro non è che una parte di un finimento
di pÌ7?' .
AnC'ir più Urano mi fembra ciN che apsiiigne intorno a' merletti feriamen-
te . Se l'arte di lavorarli t^ si ricca, perchè gli uomini compatriotti delie
inani'attrici di pizzi non fi applicano a lavorarne, eà e'eg^o>io il mr'ìiere di
cariotain^ e di purqator di foq'ie ' E che ne coTchiiideremo ? Che i aite di
far merletti non è ricca ? Che il carbonaio ed 1 purgator di fo^ne fceglie
sì Vili immondi meftieri come più lucroli? G'i fcel^ono anzi come pi'i faci-
Ji per efl'i dotati di forza di corpo , e difficili a piegarfi ad altro lavoro pili
dlhcato che moftra in lontananza il guadagno, e dapineffo lomma fatica , ed
efii^e pazienza, induilria , e certo sforzo d'ingegno che mn conofcmo , In-
tarro il Mengotti da tali premeffe tira quella confeguenu , che le cencnTt
gamie delle merlettaie fanno chiara fede , che la loro arte nsn vale a moluplt'
ccT U ricchez.ze ,
i8o
cor mancante di un pleds zoppicancJo come Vulcano o Fì-
Jottete, o dall'etri affievolito, incapace di vagare, non cef-
fa di giovare a fé ed alla nazione, e lavora ledendo; il cul-
tore infermiccio gemendo fotto il pefo degli anni,
Che il curva e preme sì che porgli un monte y
incapace di levar la zappa, di menar la falce, di trattar la
fcure e la ronca, di guidar l'aratro, di fa'chiars, inneRare,
potare, rimane a vegtar preffo al focolare ioutil pefo della
gioventù fana e vigorofa. il manifattore ripone il lavoro
in un armadio o in un gabinetto , ed attende i compratoci
fenza temer che marciTca o fcemi di quantità o di frefchez-
za: il cultore fempre incerto per li fuoi prodotti gli confer-
va a forza di una cura continuata. Il manifattore lavora e
vende in ogni tempo : l'agricoltore non può lavorare che a
feconda d-lle liagioni , e tutte gli fono neceflarie fino alla
vendita; il frumento p. e. richiede che la terra fi diflodi e
il folchi nel ffeddoifi femini quando il tempo lo pprmetta,
fi raccolga nella ftjts, fi batta e fi ftritoli nell'aja , fi ri-
ponga ne' granai, fi fmjova, fi cangi di fito, fi faccia ven-
tilare, attendendo l'equinozio di autunno , e che fi ponga
in <Lommercio nell'equinozio di primavera, vale a dire nel-
la Cagione meno acconcia a traffijirs per le tempere nel
mare e pe' ghiacci ne' fiumi. Ne di minor cura abbifogna ia
formazione, la confervazione e lo fmaltimento de' vini , de-
gli olii, dilla canape, del lino e della seta. Il manifattore
fa correre fenza temer di fcapito il fao lavoro dal vecchio
al nuovo continente : il coltivatore non ardifce avventurare
il fuo grano o la farina all'ecceffivo calore che fotto la li-
nea imputridirebbe. Il manifattore fé trova competitori in
un paefe, aguzza l'ingegno, e fi ftudia di far pendere nel-
la concorrenza a Tuo prò la bilancia con la fcelta delle mate-
/ie prime, eoa maeftria e delicatezza affinando l'opera, con
re-
i8t
recarla con preftezza a perfezione : Ik dove il cultore erpor-
tanJo il fuo prodotto teme ferapre che un trafficante più
cìilig-'nte lo foppianti col prevenirlo ; ed allora il prezzo,
che fpeffo dipen'e più dalle circolhoze che dalla boota del
prodotto, minoreik, dovendofi vendere a miglior mercato e
forfè con ilvantaggio per non accrsfcero le fpele del traffi-
co riportandolo in cafa .
Rifulta da quando fi è detto che la nazione anche pura-
mente agraria porta in circonanze difaftrofe fufTifteta , è ve-
ro , per le fae produiloni , mentre la manifattrice e la na-
vigante forza è eh; peran<> , fé non poflano efll'r provvedu-
te del fuperfl jo delle agricole . Per fupplire però l'agricola
a ciò che le manca ed a' p-^fi dello llato, abb fogna delle ar-
ti. Ed in fatti la Società Pootaniana nel fuo progranfima
prefuppone che debba p^flederne, e l'iiìeffo prelodato autore
del Colbettisnio non pref^rifce l'a-^rico'a alla mnifattrice fa
non oujndo nel tempo (lefTo e mamfarturi e rmjfi^hi . S^ pe-
rò l'ag'icola s' intalentalTe per qualunque motivo in detri-
«unto de* proprj doni naturali, di convertirfi in manifatiri-
ce o navigante , perderebbe la propria ricchezza ^ che da
^uel puntu gli tugi^irebbe davanti come Itaca ad Ulifle , o
per meglio dire a foraiglian-'.a del cane femplicione fi Lfce-
lebbe fcappar di bocca il pane per tener dietro ali' ombra più
grande.
Goardifi dunque il paefe agricola dal disnaturare i fuoi
terreni! Confervi il coltivatore ni nativo carattere tutta la
parte capace di coltivazione perchè annualmente riproduca .
Vegga fenza intermiffijne ridere i prati, biondeggiar l'ajo
di grano, verdeggiar di vici e di ulivi le colline, i granili,
i magazzini, le cifteroe , i ferbatoi elevati o fottcrranei ri-
dondar colmi di frumenti , di olii , di vini , e di tutti gli
altri [efori naturali. Ma perchè, come fi è olJsrv4io,in con-
gion»
l82
giunture mcn fel'ci potrebbero quèfti teTori naturali frovar-
fi inferiori ai bi fogni , s'ingegni di minorar Cjueiii b'fogni
provvedenJofi neiJa propria regione anche ài n-ianifatture
mij;lioratrici .
A tale oggetto protegganfi le inanifattu:e fecondo eire
nel programma fi efpone. Ma che fignifica proteggere ? Det-
tar leggi forfè da cagionare itjvidia re" ccliivatori pt;r ec-
citare il guiio delti arti r Spiegar per cjuefte una deferenza
eftlufiva?d ftinare i foli man. fattori ?gU opori ? Nulla di que-
llo. Proteggere le arti nel pregiaiv.ma vujI dire approvarne
i conati, fecondarne benignamet,te le indufine, lafciarle fa-
re mettendofi da' lati ad olTervarne il cor'o , fchivar di ag-
gravarle, accenderne l'emulazione perchè tendano alla per.
lezione, ufarfi da' migliori del popolo domeiiici lavori per-
chè tutti gli altri ne ufino ancora, facilitane 1' efportazio-
ne per agevolarne lo fmercio nella concorrenza , non avvilir
la coltivazione in grazia d.^Ue manifatture, ma applaudir le
inanifatture come prodotti indultiioli della mano e dell' in-
gegno.
Ma quali arti in un paefe agrario vogliono proteggerli ?
Taluno ha creduto che le fole arti neceflarie alla coltiva-
zione debbano ammetterfi e fomentarli , p.rchè ha fuppolto
che la coltivazione fenza altro prefidio bafli fempre alla pro-
fperita della nazione. Nò; quello farebbe lo fteflb che lanciar-
la puramente agricola. Tutte le arti, a mio avvilo, poflb-
no contribuire a fcemarne i pefi ed i bifo.ni ; tutte le arti
che, indipendentemente da' prodotti rurali, attirino nel pae-
fe o i generi che vi fi defiderino o i metalli che gli rap-
prefentino, tutte meritano il favore indiretto de' governi .
Nonpertanto alcuna ve ne avrà che trovi nel paefe ag'-ario
facilità dì fornirli di materie prime colla perfezione che l*
arte richiede, di br4ccia cooperatrici eferciiate , di maefìri
in-
iooegoofì e idonei al lavoro al paefe confacente. Or quelt
ane conviene che fi pref^rif-a; vale a dire l'orologeria in
Ginevra, la fab-rica di freccili e crift^lH in Venezia, in
Bjemid , in fan iKiefonfu , in fonderie nella Svezia ed in
Binniiga.n, g'i a^lii e le fpille in Germania , le telerie
njlle Siìen.;, i piizi nelle Fiandre, i lavori di tartaruga in
Napoli, le porcelane nella China , in Dresda, in Napoli,
ed :n Madrid , i lavori di ventioelie , di feta vegetabile,
di lana-peltc in Terra d'Otranto.
Tutti coav:*nPono che nel temoo fteflb che l'agricoltura
fi confiderà come la bafe d.'lia ricchezza nazionale, fia pi-
rimente la genitrice delle ani (i) . Ma fi avverta che ab-
bonda'i.lo in un paefe le materie prime ugualmente che i
panegirici en'ufiafti de' lavori dell' iodafìria può faciliflTima-
m^nte awenre ciie la voglia di manifatrurare fecondata dai
fucceffb prendelTe foverchia voga : che cohivandofi le arti
prima per foriegn) d -U' a'^ricolrura , indi per commodo del
reftj della (lato, in file perchè celli li ,rrib,^ta che fi paga
per ignoranza agli efteri , le arti tutte fi efercitaflero di ma-
no in mano con pericoloso eccenfivo trarporio : che l'agricol-
tore s' inna-noralfe di un m.'lliere mno laboriofo e di mag-
gi'jr guadagno, e palTafle tra gli artieri che lucrano feden-
do, e coir efempio creafle d^'profditi , ed involale troppe
braccia alla coltivazione. Ora quelli è appunro il cafo io
cui le ani foverchio protette nocerebbero al paefe agrario;
quello è il calo in cui il legislatore dietro i fu^erimenti
della fazgezza interporrebbe lo fvjettro , non del rigore e
della forza raa della oen fica infinuizione , perchè le arti
Don trafcenddoo i limiti che elìge la natura delle terre agri-
cole j
(0 mio», Urtarii, M lon, Genovelì, Du Tor , Vèrri &c. . Mi quaa-
do pure niuao l' avelie detto , non farebbe ciò vero i
2^4
cole; quefto è il cafo che rìcliiecle che s'Indaghi quanta
parte delle terre e delle braccia potrà toglierfi alla coltiva-
zione per confagrarfi alle manifatture .
Iti urrà vada regione agraria che avefl*e ( fingafi ) fei mi-
lioni di abitanti, ne'quali fi concenefle una decima pafte di
più della mena di donne rreno atte alla zappa che alle arti,
dovrbbe drditarlì la meith almeno di tutta ia popoiazioas
air?gricoliura eoo tutte le fue parti , comprefì i paf.oli ,
gli alveari e le b'>lcai;lie. Il rimanente potrebbe tolerarft
che fi rj,pan;ffe tra' manifattori e naviganti, fecondochè il
paefe ( è da notarli ) conterrà più o meno porti , rade, ifole
e fiumi fpecialmente navigabili. Che Idreraj in prima di
tante danne? Le impiegheremo tutte alle campagne a tra-
fpo:tar uve nelle vendemmie, biade nella fiate, fardelli in
ogni tempo? Ci contenteremo -che tutte le più abjette la-
vino al fi 'me, attendano alle pentole, preparino il defco ,
xaccoliano farmenti ed erbe pe' campi , fpii;olino dopo la
raiGolta , fervano In citti o vendano ceci , fave , e frumen-
tone abbraltolito,^ Ecco utia folla di braccia da togliere alla
Hiiferia fcemandone la calca e popolasdone i telai di ftofie
e di panni, e convertendole in ricamatrici, in merletta)?,
in filatrici dil'care, in manifanrici di naftri , in farte , in
crrfiaje, in modifte. Che faremo ancora de" noftri fanciulli
che cammin^iao verfo l'adolefc^nzi, non atti ai duri lavori
campefiri?Le ani poflflino iti molti di effi educare i miglio-
ri tironi , i quali mentre lucrano in ragione dell' eih e del-
le fo'ze , progredifcono nelle arti apprendendole foodatamea-
te. L'agricoltura nulla perderà fé co' fuoi prodotti e colle
materie prime occuperà e natrirà tanta parte della popolazio-
ne, che farà il femenzajo de' manifattori confumati . Quan-
to agli adulti e maturi , la fteffa natura aflegna loro le ri-
spettive applicazioni a feconda de' talenti più o meno difvi-
Jup-
lappati e della loro (5(icft eoftitnzione. Gli organi interiori
di uaa graa parte di codeiti eflari telTjtì di fibtjre, di mufco-
li e di nervi vigorofi, pefanti , di afpetto truce o fatirefco,
«e formano tanti Ercoli roroli e membruti atti ad improbe
fatiche materiali; or perchè togliere quefle robufte macchine
ai campo che le attende? perchè fperarne artieri che abbi-
fognano d'ingegno, di agilità, di acutezza di vifla e di delica-
tezza di tatto? Ecco la parte chi fenza p.-rdira dell'agricol-
tura può l'erbarfi alle arti . Io ora non ofa dire , fi quella
parte prefceita debba comprendere la decima o dodicefima o
vigefima degli adulti e matuii ; perchè una fina organizza-
zione, un talento fleifìbile ed una m *nte acuta , fono prero-
gative che non fi accoppiano fpefliffimo ed in molti , olire
di trovaifcne più in alcuni popoii che in altri . Ma fé per
o^ni migliujo che fi dedichi alle arti , la nazione potrà for-
nire un c;;ntinajo di maeftri primarii , può elevare le (uè
fperanze .
. Qi'anto al territorio da efentarfi dagli efe-rcizii rurali ,
convien parimente confuhar la natura . Che farà il paefe
'agricola delle fue alpelìri montagne ? Che d^'lle terre crcto-
fe ? Che delle rade arenofe ? Clie de'fiti paluihi ? Che de'
porti che la natura gli -oncefle fponfaneamenre? Rimarranno
tali parti del fuo territorio infrutiuofe per fervir di ombra e
di chiarofcuro al verde quadro delle ridenti campagne? Q^uefte
ineguaglianze eh? pur le abhellano colla varietà che ne dilirug-
ge la monotonia, fé vengono per neceffiià abbandonate da' col-
tivatori, non poffbno ricettar fabbriche proficue e manifat-
tori indù 'riofi e c:)ncorrere anch'effe alla floridezza del pae-
fe? Q.ue' porti, quelle code fcofcefe in faccia al mar- rion
poffono . . . che dico ? non debbono anzi eccirar i'uiilfi
brama di navigare ed invitar con moli, torri, fanali e ma-
gazzini i naviganti ad approdarvi? Que'bolchi anaofi , le
Tom. IL 24 fel-
lS5
felve qual fu un tèmpo 1' £1*01011, o ^^^^ ^ 1* Sila -del/*
Cdlabra , non invitaoj iiicaffaDte.nenre i n).iritìcni coPruito
ri? Pcr.hè liflatta terri refilt mo alla b^n^fi.a agricoltura,
le lafceremo «.o'ioro pantani, colle macchie, co' canneti ia
preda agl'infetti, a'ierpenti, ad upupe, a gufi, a lupi, a
mafoaJieri cha vi fi appiattano , in vece di conlacrarle alle
manifatture e alla navigazione ? P-^rchè le fponde petro*
fc e le pendici battute dal mare G abbandonano in potere di
alc^uanti Glauci e Tritoni fcalzi , difcinti e mal nutriti che
fienrano a folientarlì per mezzo di un amo , di un tridente,
di un fardello di reti e di una filza di nalTe ? E perché non
ifcuoterne la detid a che dal meJefimo lor melHere pefJie-
rc^cio d riva , convertendoli in tanti fucceflbri corasgiolì ed
attivi de'Tirii, de' Pelafgi, degli Eìleni? Le colte Afiti-
cane non pra.^utfero Annibale terrore dei Campidoglio, Gin.
ba i!'orico filofufo, Magone agronomo ed Amilcari ed Afdru-
bali rocchieri audci che insalerò e fvitcerarono le miniere
Ifpane pnma che la Buflola Nautica Amalfitana apriffe quel-
le dell' oppollo emisfero ? L'Inghilterra non è compolU di
agricoli, di manifattori , di commercianti e di guerrieri?
Le Spagne pofleditrici di ricche miniere e di fertili terreni
non diitelero ne* primi tempi u previdenza a chiu.lerne i
loro preziofi filoni, per approfirtariì della feracira rurale, ed
intanto videro in Siviglia molte migliaja di telai che te>fls-
vano u a q^antuà prodigiofa di Ùoffe pompofe , e corfero
il mare oltre la linea dietro la. fcorta del gran Lisu'-e ?
In fomma finché una vera (ìatilHca icalt.a , inJu;triora ,
chiaroveggente non ci additi con efattezza la qua.t:i delle
noftre terre che indocili refilbao al e provvide ferite del
vomere, e lì ri.uaia alla falce di'raettori , fon di avvi'o
che a chi doma idi qujnta parte del noiìro p-iefe cjnlacrar
fi potrebbe alle maoifacture , e 6n dovi fecjadarle, e ooa
p;ù
187
p'ìt in la ; potrebbe rirponderR che /jueUs t>aytf 'p5,Ta detrar-
fi alia cultivaz one che per natura raffomiglia alh rtrre ma'
ntfattrUi male atte a produzioni rurali^ q . quella parte
della popolazione che fovrabbìndì aW agricoltura ed abbonda,
d'ingegno e di tale'iti più che di forza, Efpri inaiò Ja ftefT^
foluzione del ploblema in termini differemi- Re/li agraria il,
paefe che lo è tenacemente fino al punto in cui il suo terri-
torio Jì cllontana del proprio carattere agrario; e diventi nid'
nifntturiere dove non può prevalere la coltivaxione , e navi'
gante zerso le cojie . E' li natura, che p^r noi oecide , e
Ifciuglie il problema: è la filo.oha che lafcia fcappar Jal iuo
fcno le facre icintilie del vero che ne fcorgouj v.rfo il
pubblico be;ie : è la previd.nzt le^'slatrice chi fega^nii-
ne il lume può prot^g^ere iodiretiam'nte le arti f^nza
pr-giuJizio del paefe agricola . Ma in qual maniera polF»
ciò pia acconciamente confeguirfi , potrebbe elTere argomen-
to di un nuovo programma . lo prendo da voi commiato
con un epilogo che mena feco un
COROLLARIO.
UN pa?fe puramente agrìcola efpofto a contìng-^nze infinU
te non è ficuro di piter fempre agiatam -nte fuTi fere,
ftgnipre fiorire, Tempra fupplire col fuo fupe.flji a'b^fjgni
ed ai pel dello ftato; ma intanto può da f; fuGllere ancor-
ché chiufj a tutti ; e per quefta parte f)vr^fta a i paefi che
manifatturaao . Alcuni franchi econom'lli p^rò decifi per l'
agricoltura veggono rutto in bello, e fchivan^ di ravvifars
che il mondo ci prefenta un continu") m rabil contrapofto Ji
lume, di ombre, e di riflelTi bizzarramente va'iati che por-
gano mueria inefauribile di offirvaziini al filofofj , e di ar-
tificiofe tele alla pittura loquace, ed alla muta poeTia, Se ia
* coni"
i88
competenza col manifatturiere vince il paefe agricola fiorer?-
te , il bifogno che pur cflb ha indubitatamenre àdk arti ,
afforbirk tutto il fuo fuperfluo ; e fé la Tua popolazione au-
menterh , gradatamente diminuirà il fuo fuperfluo , ed ove
altre terre norv rimangano da diffodarfi , mentre Ja popola-
zione non ceflà e pur crefce , fparira il fuperfluo . L' oro e
r argento corrono dietro alle cofe , si betie , ma cofe fono
tanto i prodotti campeftri quanto gli artificiali . Altronde
tali metalli correndo verfo le cofe non ne troveranno mai i
canali oftrutti? le cofe and:'ranno fempre incontro ai metalli
con ugual profitto fenza mancare ? Non nuoce al corfo dell'
oro e dell' argento il furor di Marte , di Nettuno , di Vul-
cano ? Penurie, careftie , tremuoti , inondazioni , lave di Mon-
gibelli e di Vefuvii nel noftro,e nell' oppofto einisfero, non
fanno di tempo in tempo riftagnare e fparir non di rado le
cofe? Le guerre non obbligano le arti a rimpiattarfi ed a
languir nell'ozio? Non defolano le campagne? Non ne fchiaa-
tano gli abitanti ? I flutti marini col loro impeto non uurpano
le terre, fé non vi s'internano e ne (laccano intere regioni,
e le convertono in ifole ? Contro fimili fconcerti niturali e
veniiicci, contro i fatali rirulrati delle umane pafTioni eccef-
^ve la prudenza non infegna a prevenirfi? Non ci rammen-
ta che a penfar dritto vere ricchezze non debbono aifoluta-
mence fupporfi né i metalli preziolì , né i prodotti della coltiva-
zione, né le m^nifittue, né il commercio (leflb , v lendoltf
fep^rare e ifolare , g'acchè tutte poflbno foggiacere a cireo-
ftaiiie variabili non fempre previde ? Non dee ogni focietk
apparecchiarli e premunirli contro i difaftri ? Ora ciò fi ot-
tiene col minorare i bifogni e i pefi del popolo agricola mer-
cè delle arti fenzi nuocere alla natura delle terre agricole.
Coltìvifi dunque e fi raanifatturi in ogni focietk , ma T
agricola più coltivi che manifatturi feguendo il pendio della
prò»
i8j>
propria natura con quella proporzione che fenza denaturar'
la la foftengi. Singolarmente abbia cura di non opporfi all',
aumento della Popolazione che è l'unica invariabile ricchez-
za degli ftati , fé ben s intenda la pubblica eco'jomiay fé ben
fi diriga e fi adopri con fenno, /t? no» fi opprima. Sia que-
lla vera ricchezza operofa relativamente alle proprie forze ;
fi confacri per la maggior parta alla coltivazione , e non
ometta di dividere ciò che rella alle arti , aILt navisazione
ed al commarcio . Cos'i non reOando in verun angolo del
paefe infruttuofa , fornirà di braccia le diverfe m.aaifdtture,
di remiganti i bgni mercantili e gli armati dello (lato >
di difeolori le fortezze , e di eforciti i confini . Tutto ciò
come potrebbe fperirfi, fé prevale(^^J la fingolare ftrav;iginte
infinuazione di non dover ft far nulla a fomlgliaaza degl'iner-
ti Groenlandi ?
Gli uomini adunque ricchezza fenza eccezione degli flati
fono le braccia robuHe del Moderatore della nazione , fono
quelli che nazione la codituifcono ; quelli che accorrono a
tutto; che coltivano, manifatturano , trafficano , navigano,
guerreggiano , coftruifcono in mare ed in terra ; che mercè
de' prodotti del campo e dell' inJulìria attirano in cafa l'oro
e l'argento, bandifcono i b fogni, efigono rifpetto dagli au-
daci, contengono gl'intraprend-nti , dilfipano gli aggreffori ,
« rendono cofpicuo lo flato e temuto ed augufto il Trono .
III.
II. MEMORIA
APPROVATA PEL CONCORSO
COLL' EPIGRAFE
Uort modo cafus evetitufque rtrum , fei ratto eaitjcfquf
pofcatìtur «
DELSOCIO
CESARE DELLA VALLE
DUCA DI VENTIGNANO.
»> XN Ogni paefe, dove più, dove meno, i Legislitori fo'
no Itati fedotti da uno fpirito mal penfato di ordine e firn-
metria,ed haa ricercato di compaffare e modellare quel mo-
to fpontaneo della Società, di cui le leggi poffono bensì co-
nofcerfi con un'attento efama fu de' fsnoraeai politici , non
mai anticipatamente prefcriverfi ",
( Meditazioni full'Econ. Pollt. )
IL quelito propofto dalla Società Pontanìana in Programma
di quello concorfo di Scienze Politiche e Morali riguarda
un'articolo di s'i grande impi^rtanza , che già venne dai più
gravi ed inligni fcrirtori di civile economia, ed ampiamente
difcuffo , e talor pienamente efaurito ; cosi che fcmbrar po-
trebbe a prima villa ^u^erflao il difcorrernc di vantaggio .
Ma può mai rag'onarfi abballanza intorno la pubblica felici-
tà? Ed i Governi fa orifGono efìTi forfè gl'intceffi tielle genti
con fiffaita avvedutezza e colìanza , che iuutilc riefca il ri.
por-
portarli eli tempo in tempo fotto k dì loro attenzione ? La-
fciando che ciafcuoo rifponda per fé Oelfo a quefte mie di-
mande , mi contenterò di ripeter foltatKo , che non furono
mai foverchi gli oratori del genere umsfio , e che degni fa-
raano pur fenipre della di lui riconofcenza coioro , i quali
avranno tentato almeno di renderne meno trifta la condizione.
Grazie foienni fi rendano intanto al noftio infigne Colle-
ga e Segretario perpetuo , il quale con fommo accorgimen-
to nii^i'iorando il progetto de' quattro annuali conLOrfi , e
proponendoci di addirne ciafcuno ad una fcienza diverfa, ab-
biaci bcliamente invitati ad otfrirne le pritnizie alla Umani-
tk, alla Patria. Grati doppiamente ce ne faranno al certo i
noltri concittadini afcoltatori ;e la gran Madre Italia, rivoU
gendo lo fguardo ai fuoi figli Partenopei > avrà campo di fcor-
gere con una dolce compiacenza , che pur fra quefli havvì
di qudli , i quali nell' ingegnarti di ferbar fra l'inondante
neologismo pura ed intatta la materna favella , non ad ina-
zie canore , ma alle più nobili ed importami difculTioni ne
confacrano reTercizio,
Sino a qual punto debbanfi dai Governi proteggere le Artj
preffo un popolo agricoltore: ecco il tema propolto, rilevan-
tiffimo per fi?.fte!ro,e doppiamente per noi, che fra i popoli
agricoltori dobbiamo principalmente annoverarci ,
E qui incomincio dal chiedere di quali arti ragionar ci
convenga, imperocché il noliro Genovefi nelle fue pregiata
Lezioni di Commercio le divide in tre clalTi , cotne quelle
chi da tre varie forgenti fcaturifcono ; dal bifogno cioè , dal
commodo , e dal diletto , chiamando le prime fondamentali
( e conta fra quelle anche l' agricoltura , la quale anzi può
dirli la prima fralle arti tutte ) , le feconde mirglioratrici ,
le terze di luflb. Sembrami quindi , che il quefito fi aggiri
fopra tutto intorno a quelle , che alla feconda claffe appar-
te-
tctieodo,contrlbuìfcono alla più facile efercitazion delle primi-
tive, e vengono meglio r^vvifate folto i! Bcme di manitanure.
Df-tnandandofi inoltre nel Programma * fino a qu^l fegno
le arti vadano protette; par che lì voglia Uxó credere, che
un ecceflb di prcitezione riufcir potrebbi parnictolo o alle
arti naedefime, o ad altro ramo di pubblica pro'iperitìi ,. Ma
poiché uti tal dubbio cader non potrebbe giammai fu tjueli.
uaiverfale, ed imparzial favore, ch^ ogni ben' ordinato Go'
verno conceder deve alle più utili e Lboriofe dalli della
Società . così conviene credere, che nel Programma intendali
parlare di quella diretta ed immed ara protezione, la quale
confilie in un cerco fpirito d'imp.crioio patrocinio tendente
non folo a promuoverne il progrclTo , ma a prefcriverne pur
anche il corfo, a regnlarne T economia . Tale infatti è la na-
tura delle cofe , che in quilfiafi forra di protezione va fem-
pre inclufa una maggiore o minor dofe di ferviiù p::i protet-
to, di dominio pel protettore . Per vie meglio dunqne farmi
flrada alla folozione del quelito, mi fi permetta per poco di
bipartirlo , e confiderar prima fé ed in qual modo i Gover-
ni debbano proteggere le arti , per difcendere dappoi ad inda-
gare quali modificazinni efiga un popolo cgricohore .
Neceffario a tal' oggetto parmi dapprima conofcere la natura
delle ani , le caule del di loro nafcimento e fviluppo , i di
loro rapporti colla focietà : teflerne infomma la lìoria , e ri-
montando alla di loro prima origine , e feguendone il corfo , rav-
vifarle in tutte le loro varie eth, guardarle in tutt' i loro va-
ri afpetti ; poiché le caufe ifieffe , che riconofceremo aver con-
tribuito alla loro nafcita ed incremento, potranno rawifarfi u.
tilt del pari a farle profperare . Chieggo intanto perdono a
quefta colta Aflemblea , fé rai veggo coftretto ad intrattener-
la per poco fu di un fi trito argomento , benché pur foglia
Tom.II. a 5 piìi
«94 ^
talvolta riurdrft ò\ non lieve diletta il raramentarfi dr venti
§ià lene e penfate.
L'uomo è circondato di biro^niy ed intento perennemente
a foJdi^fd li; e mohiplici effin 'o le di lui neceflità, varj fu»
rono d-'l pari i mezzi litrovari par appagarle . Sono quarti ap-
punto le ani.. Arte non v'hi di farti , chi non tragga la
fua ocigioe da qualche ununo biroono,e che diretta non fia
a foddisfarlo. E ilxoma quefti nacquero coli' uomo, e creb-
b«!ra a norma dello fvi lappo delle fue fìfiche e morali fa-
coltà ; così le arti lagirono ótì pari intorno la fua cuna j|
rnoltiplicaronli colle fue necefTHà, migliorarono coL'a fua ra-
gion;; mentre a norma della Jor varia importanza furono pi iì
o meno di buon'ora inventate, da maggiore o minor numero
à inJividui , e con minore o radggior cura coltivate.
E però fi(.come il cibarfì "può venir condlerato come il
primo aff.iluto umano bifogno : così le arti fnnilamentali cor-
rifpondenri , cioè la caccia e la pelea , in feguito la pafìoc
rizia e l'agricoltura vennero in ogni luogo , in cgni età ,
da qualunque barbara o colta nazione , e dalla maggior parte
di ogni popolo elercitatea
Le arti miglioratrici al contrario non nacquero, che quan-
do lo fviluppo della ragione ravvifar fece all'uomo nell'ufo
di alcuni prodotti del fuolo il mezzo di render più piacevo-
le la propria cfilfenza. Oltre che variando l'importanza del-
le umane commodità a norma degli ufi e coffumi , del cli-
lìia y del fuolo , e di altre circodanze particolari delle na-
zioni, le arti miglioratrici in confeguenza non furono né tur*
te, né nel modo iftePo , né per ogni dove , né con egual
cura coltivate» Ai popoli del fettentrione fu fempre ignota ,
perchè femore inutile, l'arte, per dir così, (*ì ferbar fotter-
la il ghiaccio per temperar gli ellivi ardori; come alle adulte
nazioni della calda Zona fconofciuca fmùlmente fu quella di
caa<
cangiare In cappa ^t pefanti e vellofe pelli degli orfi .
Le arti finalmente di lu(Tb, ficcome non a^li umani affo-,
luti bifogni , né alle commoditk della vita, ma foddisfana
foltanio alle noftre vanità e paffiooi , e qjcite cangiano foven-
te di oggetto, divenendo Tempre più diffÌMi ad eff re appa-
gate a miltira che f? accrefcono i mizzi di appagarle; cos'i,
replico, le arti di luffo non necellarie ad alcuna nazione ,
fconolciU'e ancora a molte , utili talvolta alle ricche , alle
povere fempre funelle, veg^ mii più o meno efercitate , più
o meno ratàiiate in ragion co-npolta della vauitk e delle ric-
chezze di chi ne ricerca i prodotti.
Nate duique le poche e rozze prime arti per Soddisfare
ì primi individuali bifogni , dovettero gli uomini da principio
■eiercitarle tu-te fimultaneamente , perchè tutti rifentivano i
bifogni medefimi. Quindi ognuno provvide al fuo vitto :ognuF
no prepara le lue vcili , la fua capanna, il fuo letto. E nel tem-
po Ueflb niuno eleicitò alcuna arie, fé non quando la necef-
firh ve Io coflripoeva , giacché la previdenza è un'efercizio
dell' inrelletto affano ignota all' uomo felvaggio. Quando pe-
rò collo fviluppo delle morali facoltà le arti crebbero di nu-
mero, e progredirono verfo la loro perfezione ; quando non
folo agli atiuali , ma anche ai futuri bifogni provveder Ci
volle; divenne allora più diffi.ile, e quindi inipoiTibile, che
un fol' uomo le elecitaffe tutte, e con quel grado di perfe-
zione, al quale ciaicuoa di ef'e era pervenuta. D altronde la
Provvidenza ordinatrice dell' univerfo , per avvicinar l'uomo
all'uomo, ed inlieme rannodarlo col vincolo indilTolubile del-
la reciproca utilità difpenfando gl'ingegni di varia altitudine
ed acutezza, fece s'i , che ciafcuno riufcilfe più idoneo all' efer-
cizio di un'arte, che di un'altra, ed a quella efclufivamente
fi app'icaffe. Onde avvenne , eh egli col proprio acume mi-
gliorandola, e rendendofi più deliro ad eiercitarla per mezzo
« di
1^6
di una annofa abitudine ed efperienza , otténefle T ammirazione
de'fuoì vicini , i quali incomiociaflero in confegenza a ri-
correre a lui per confegiur pronta e piena foddisfazione del
bifognoa quell'arte corrirpondente. Allora accadde quella uni-
verfal rivoluzione, per cui le arti cangiarono di natura, e
ceffando di effere in ogni individuo mezzo immediato- di fov-
venire ifjlatamente ai proprj bifogni , divennero quafi una
rete di tenaciffune fila, che moItipliGandofi ed intrecciandofi
fempre più fra loro, e ftringendo in mille guife l'uomo all'
uomo, coflimirono i più faldi vincoli delle fociet^ . Occupar»
allora ciafcuno ad un divsrfo meftiere , mentre appreftava di
che foddisfare agii altrui bifogni , vivsvi ficuro, che gli altri
accingevanfi ad appagare i Tuoi . Ricco del giornaliero prodot-
to della fua induitria , egli andava incontro a' fuoi vicini lì
curo di commutarlo con tutti que' varj oggetti , che à fuoi
varj bifogni confacevano. Quinvii quella perenne circolazione
di derrate e di merci, che iii d'allora in poi l'anima e U
vita delle nazioni .
Non tutte le arti però hanno un merito ifteflb, confide-
rate per la difficoltà del di loro efercizio e per l'importan*
23 deloro prodotti. E però il cambio delle merci, ch'efier
dovette verifiniilmente in principio regolato dalla fola necef-
lìià del raomenro , incominciò poi pian piano a calcolarli
fui vale re reale delle cofe , ed il prodotto di ogni arte a
fronte de' prodotti delle altre venne valutato in ragione del-
la maggiore o minor difficoltà di prepararlo, e della minore
o maggiore importanza di ( ttererlo . Quefte circolianze riu-
nite alla general proprietà delle arti tutte, cioè che quanto
maggiore fìa la receflìtà di confeguirne ì prodotti , tanto
minore (ìa la difficoltà di efercitaile, fecero si, che le arti
più oeceffarie , perchè più facili , vennero dal maggior nume-
ro eferciutCj ed i loro prodotti pagati a minor prezzo ;
Bien*
, , , , . . . ^97
mentre all'oppofto la nugìoi' difficolta di efercjzio , e la
minore importanza de' prodotti di un' altra arte faceva sì , che
minor numero di perfona a quella fi adJicefle, e ne crefcef-
fé nel tempo Ikflb il valore.
Or ficcome i bifogni affcluti rifentonfi egualmente da tut-
ti, cosi avvenir dovette, che il cambio de' prodotti delle arti
iì faceflTe indiltintamente per tutte o direttamente, o iodi-
rettamente con generi di prima neceffità , offia con i
comellibili ; la«nde è facile il comprendere, perchè le biade^
ed i belliami etTendo gli oggetti più avidamente ricercati da-
gli artigiani per prezzo dell' opera loro , finirono con dive-
nite a;po le p;imitive nazioni la merce raprefentativa del
valor delle altre . Prima di piti innoltr^rci , non parmi
qui inutile il tiflettere , che fino a quefia feconda epoca
Je arti inventate da principio per foddisfare immcdi.ita-
mente le necefiiià di ciafcun' individuo , divenute in fepui-
to mezzo indiietto di appagarle co! cambio de'prodotti dell*
■una con quelli dell'altre, non furono animate e fpinte in-
nanzi , che dal folo defiderio di procacciarfi il vitto di un
giorno, e qualche commodità della vita. Imperocché, non
confiflendo fin' allora le ricchezze , che ne' numercfi ar-
menti e nelle vaRe poflefiioni territoriali, la di cui con-
fervazione e coltura erano pur' effe delle arti , che richie-
devano un'aflidua applicazione; nafcer così non potea iti
mente di alcun' artigiano la fperanza di anichire per mezzo
de' prodotti del fuo meftiere : giacché niun d' efli aurebbe auv-
to e l'agio ed i mezzi neceffarj per coltivare un fondo, o
confervare un gregge ; né afpirar poteva alla fortuna di acqui-
ftare ad un tratto tanta terra, o tanto beliiame, quanto lof-
fe fiato fufficiente a fargli cangiar di meliiere , fvnza fargli
peggiorar di condizione. Quindi è, che. non promettendo le
ani , che un mediocre profitto , la mediocrità della fperanza
noi)
ip8
non comunicava agriogagnì, the Una "mediocre attiviti, né
permetteva ai meftieri , che un mediocre progreffo .
Era rifcrbato ai metalli il dare alle arti (juafi l'ultimo
mpulfo verfo la perfezione; e fé il ritrovamento, e 1' ufo
del ferro, che ne valle l'apoteofi all'invenrore , somminiHrò
s'i all' agricoltura , che allearti gli (Ircimenti neceffarj a
ben eferciiaile, gli altri metalli furiero a (olecitaroe in al-
tra guifa l'efercizio. Di fatti quando il cambio delle in>"rci
non lolo fra gì" individui, m<i pur fra le naz oni venne in-
trodotto ; quando alle biade , ed al beOiame loitituir fi vol-
le a'tra merce rapprefemativa di più facili trafpurfo; quan-
do i metalli furono ricoiiof^iuti per la pm immjiabile pro-
duzione della natura , e pi'rò clafiificati e Vdluuti fecondo
la di loro purità, rarità e bellezza; qu'^ndo l' artiere fcorfe
nella moneta un facile e fìcuro me^zo di confervare i valori
del fuo travaglio, onde poterli convenire un giorno in que'
'fondi, che colHtuifcotio l'elemento di ogni ricchezza; allora
l'aumento delle fperanze diede nuovo impulfo agl'ingegni, e
l'umana induflria, concitata dal rioppio ffimolo della necelTi-
tk prefente e delle futuie fperanze , tentò mille arditiirime
vie per appagar la prim.a e realizzar le feconde. Più: allor»
che il ccmmercio «bbe tatto tonofcere le une alle altre na.
zioni , ed a tal conofcenza venne aggiunta pur quella delle
produzioni particolari al fuolo, che ciafcuna occupava , e per
confeguenza delle arti, de' comodi e piaceri, che ognuna di
elTe efclufivamente conofceva ; allorché fu viffo, che quella
niedefìtna individuai varietà d'ingegno ed attitudine , che ,
come vedemmo, indotti aveva gli unmini a riunirfi in na-
z'oni , quella varietà medefima fra le nazioni egualmente
ref^nava , ed accoppiata a quella delle indigene produzioni
fpingeva i popoli dell' univerfo a ravvicinarfi , ed a formar
quafi una fola famiglia , onde gli uni fruic poteflero delle
ver-
tp9
merci» e manifatture degli altri; allort l'artifla fu doppia-
mente liicorai^giato al travaglio dalla ficurezia^ che non fo-
lo i fuoi cittadini, ma gli (tranieri pur' aneli,: farebboiio con-
Corfi d'allora innanzi a comperar l'opera della fua mano.
Fu qu-lta la terza eik delle arti : e nafcer videfi allora
quella utile e nobil gara fra gii artefici, per cui, ttntanlo
cia'cuDo di fupcrar gli altri in preltezza e raffiiamento , aJi-
va il tribunale d.'l pubblico, ove il compratore fece^'a giu-
dice imparziale ei incorrutibìle , perchè la giufti?ia ed il
proprio mtereffe erano in quel momento di accordo . Allora
fu, che il compratore col frequente paragone de' prodotti .dì
un'arte medefima incommciò ad acquiflar guflo e difccrni-
mento » ed a comunicarlo ai venditori coli' onnipotenre
fprone di una pronta mercede, o colla minaccia di un fuDS-
i\o abbandono»
Non reflò in quel punto alle arti , che da fare un fot
pafio per giugnere all'ultima loro meta, e vederfi riunite
alle lor maogiori forelle, alle fcienze : ne tardò guari ad
avvenire quella s'i importante riunione .Imperocché, polle io
contatto le nazioni dal comm.ercio delle derrate e mani-
fatture , dovette aver fimilmente principio quel cambio d'
idee e nozioni, quella fcambievole partecipazione di fcover-
te, per cui mefii a profitto le ilolate cfperienze , e riuniti
in ordinata ferie i travagli difleVninati pe'fecoii, il paragone
di' fatti particolari die nafcimenta a quelle univerfali teorie,
le quali nelle varie fcienze manoducono quafi 1' uomo pel
pili breve e ficuro cammino al difficile fcoprimento. del ve-
ro. Attonito, allora l'artiere fdcr videfi al fianco e la fi-
fica , che gli palesò i varj attribuii di que' corpi , cui egli
applicavafi a dar nuove fiirme ; e la chimica, chi nelU de-
comp'Mizione de' medefimi gliene additò i ptimi elementi ,
fonaminillrandogli di tratta ia tratto dglle follanzs utili al
pia
più facil€ efcrcìzìo del Tuo menìere ; e le matematiche, per
coi conebbe le quantitìi e le proporzioni ; e la meccanica ,
che gli (vdò il bei fegreto d'impiegar ne' Tuoi travagli il
minor tempo e la minor forza pofTibile, ed a compierli in*
fieme con maggiore efattezza e perfezione; mentr* quel ge-
rio irteflo,ohe par fi compiaccia delle fole ani, che diccnQ
belle, vifitò pur talvolta 1' aflumata cella del fabbro , e vi
lafciò la fua divina impronta'
Eccovi , o Sig.ìori , abboz?ata la fìoria delle arti, per quan-
to mi hanno permeflb i miei fcarfi talenti; e da quella breve
■dipintura della di loro nafcita, progrefìb , e perfezionamento,
pctra ciafcuno di leggieri dedurre , che (e quella fenza il con-
corfo della protezione dc'Governi nacquero d.l bifogno, pro-
gredirono per l'utile , ed ebbero il mafiìmo incremento per
la ccn-:ur»icazione di tutt'i popoli favorita da qualche felice
iflituzione univerfalmente riconofciuta , farà fempre bene adi-
curata frpra s\ folide bafi la loro durata e periezione , i gra-
di della quale faranno coflantemcnie proporzionali alla mifura
dell'utile, ed alla facilità e fpeditezza della fopraddetia co-
municazione .
Pofto ciò , poco 0 nulla rimane da fare ai Governi a prò
delle arti; e parmi poter fenza ritegno all'eri re , che fempre
inutile e talvolta perniciofa riefca ad effe l' influenza di quel.
la imperiofa protezione , che voglia regolarne il corfo, prefc '^
verne refercizio, e fottoporne il naturale andamento a qua-
lunque fìafi legge ed ordinanza. Inutile, fé concorrer voglia
al di loro perfezionamento, il quale, non eiTendo , che il ri-
luhato della diligenza, e dell'ingegno degli artefici ; ove 1'
uno rimanga inceppare per qualche vizio di cointuzione, ed
ove l'altra fìa difanimata dalla poca concerrenza de' compra.
tori, a nulla varranno e leggi e promelTe e minacce, per-
che
20 f
che gli artigiani o non fapranno far dì meglio , « crederan-
no il farlo perniciofo ai proprj ìnceredi . i
Inutile del pari fé fi rivolga a punir la froie o la ne-
gUj^enza degli artefici, i quali verranno Tempre pjiiii abba-
ihiìti nel giudizio imparziale del co iipruorc, sd-intre al con-
trario perniciofa riuscir potrebbe una lifTatra proiezione , ove
richiamar vol^lFe alle arti tut;e un numero di c.p;raj mog-
giore di quello, che la nazione ve ne impiega ; ainperocchè
fi correrebbe rifchio di rovinar l'agr'coliuia , e meiitar giu-
ftamente il rimpiovero, che già la Francia fece a Colbert .
E perniciofa non meno, ove favorir volefle f incamt-'mo di
una daia arte in particolare, la qiaie timaneffe più delle altre
imperfetta e tracurata. Conciofiaihè , fé come vedemmo, le
arti progredilcooo a mifura dell'utile, ed una di efle laogui-
fce, fegno è che l' u'ile iffeflo non permette che fia di
vantaggio efercitata , o perchè il guadagno non coirifponde
all'opera^ o perchè v'ha un altro meltiere , che fomminiflra
un profitto maggiore. Ed allora il Governo volcndj p omuo-
vere quafi per forza il prooreflb dell'arte negletta non fareb-
be che combattere la natura delie cofe, e nuocere all' inte-
refle della nazione.
Ciò, che folo potranno operare i Governi a favore d Ile
arti , farà dunque l'accordar loro quella indiretta e, dirò co-
s^, negativa protezione, la quale non confifte che nel reli^'O-
iamente rifpeitarle , e nel diltru°gere infieme qualunque oila-
colo al di loro progrelTo fi opponga. „In una nazione, (cosi
fi efprime il giudiziofo autore delle Meditazioni lulla Econo-
mia Politica ) in una nazione baderebbe che le leggi non
vi avellerò meflb oflacolo, perchè il numero de' venditori di
ogni merce farebbe il malfimo poffibile nelle fue clrcoflanze.
Imperocché dove l' induflria fia fvincolata ed abbia tutta la
fua naturale attività , concorre ad ogni profeflione tanto nu-
Tom.lL 26 me-
20t
mero di gente, quanta l'uti'e, ch(ì fé ne ricava, è capace di
manteasitie .
Potfoiio duaque i fjprarlditti odacoli di', iderfi in due cLffi,
in g--nerdli e particolari : i ptimì fgnefti ad ogni pubblica
prorperità, i fecondi pernicjofi a,1 una (ola parte di quefla .
Raoioniamp brevemente di ambiJue.
Una è li forgence della. p'-operitX delle nazioni , cioè il.
pieno (viluppo delle di loro filiche e morali facoltà: cur,fi!l'jno
le prime nel numero e nella forz;i , le feconde nella viriìi
e ntflla fcien<:a . Come un'uomo, che fia istero. e robuiìa
nelle meoabra, fornito ncH'intelletto di dottrina e fapienza ,
avià tutt'i ra^'zzi a divenir felice, anzi lo laià efletiivam-^n-
te per quanto è lecito di fperarlo, quaggù; così un popolo
allora afpirar potrà ad un certo (lato di floridezza , quando
fia. e numerofo e robufto e virtuofo ed illuminato. Ove
manchi alcuna di quefie cagioni, vedrà, mancarfene l'efF-tio.
in ogni parte di nazional profperiià , e quindi pur neile ar-
ti. Necedario faià dunque ed unico mezzo a fjrle rlcorire il
difhuggere gli olìacoli, che vi fi oppongoi.o; o nella fgarfez»
za della- popolazione , che cagionata e dajl' enormità de'tribu^
ti, e dall'ecdefiafiico e militar celibato, e quindi da la ra-
rità de'conubj, ta s\ che la nazione poco, ballando ali'ef-rci-
zio delle arti primitive , non. abbia, che pochifiìtne braccia
da fomminifirare alle miglioratrici : o nella debolezza, de' tem-
peramenti , che prodotta da' vizj ne' ricchi ,. dalla miferia ne'
poveri , e dalla infalubrità di molte- regioni , rende una gran
parte de' cittadini poco adatti ai guerrieri e paciliù travagli:
o nella generale corruzione de' coliumi ,. che cagionata dall' e-^
fempio dc'grandi ha renduto ai piccioli più caro, l'ozio nel»
la fperanza della impunità de'deliniro (ìnalmente nella igno-
ranza univc-rfale , che prodotta dalla debole protezione a^-cor-
data alle fcienze, avrà i.mpcdito al popolo di prchttar delle
utili
2°3
titìll fcoverté 3egli ailtri , iiientré le alpeftri o mal ficure
interno rtrade, allontanando vie più fra loro gli uomini, le
cittìi , l-e Provincie., avranno ritardato quel rapido commercio
d'idee, che tanto conduce allo fviluppo dell'umano ingegno.
Ciò pir gli oHaeoli generali. Ed in quanto ai particolari
ci cotiteiitercmo di ripetere brevemente quello, che gik ne scris-
sero altri iofigni autori , e fpecialmente il Palmieri, ed il
celebre fctittore della Scienza della Legislazione. Reputano es-
fi di fommo detrimento ìWì arti tutto ciò, che diminuisce
r einulaiione degli artigiani -, come sirebbe principalmetJte
quel che dicefi dritto di m.ieftranza o iì^no le matricole ,
e molto più di quefte i privilegj efcluiìvi, che njn folo U
diminuircelo, ma la d;l}ru:;goiio affittò. Altro oiiacolo repu-
ta il Filangi.Ti egli Torta di dazio, che awilifca 1' inJudria
fin dai luo na'ce'C. Ma fono quefle verità ornai sì trite e co-
nofciute , chi inutile anzi nojofo mi fembra il diTcorrerne
più a luiii^o.
Rimi /li i fopraddetti generali e particolari oRacoli , e da-
to in tal guila alle arti libero il campo di crefcere e fiori-
re per quanto l'intereffe della nazione il comporta, inutile
non farà del tutto il porre di accordo negli artigiani l'inte-
tefle e la van,i.à , prorrettenHo e 'dirtribundo d'n (cbiietk
■e pompa, e p'enr.j ed onori ai p'ìi meritevoli. Nulla di più
vano, eppur nulla di più invidiato die la nob'r^ ; q rindi
nulla di più caro a chi non può vantarne , the il vedervifi
ravvicinato dalla mano d<.*l Principe; e nulla infieme di p'ù
gi-ufto che il ravvicinarle coloio , che b'n mctitarono d! a
patria non col -nome degli avi, ma col proprio fudof . Co
riulctr dove di fommo vaotasgio princinalm^vite appo qu* po-
pnli , 1 he dotati di una fervida imm t;iaa£ooe riiemoiio pù
vivanieine gli (limoli dell' joibizione, quali fnn'i a.'piro p.e.
gl'Laliani: come lo reputo al contrario inutile affaito ptil--
* fo
204
fo quelle femibrute nazioni ^ ìì di cui ingegno," e le di cui
pafTioni medefime giacciono quafi fepolte nelle nevi (empiter-
ne del polo. Badifi però che fiffatti onori e ricompenfe non
abbiano a riufcire dannofi , anziché utili, per una ingiufta di-
ftribuzione. Né credo ciò facilmente evitabile a cagione degl'
intrighi e rapporti degli afpirant i , e della incapacità o ve-
nalità de'dillributori . Volendo fchivar queflo incoveniente il
Principe dovrebbe riferbare a ie fteflb un rale incarico , e re-
golar la diftribuzione col Tuo proprio e folo difcerniraento ,
anche a rifchio d'in^annarfi talvolta.
Sembrami necelTario, innanzi eh' io dia termine a quefìa prima
p.nte del mio ragionamenroyil fare una importaoie eccezioni
dalia fiinrenza fin qui loilenut.i, ed è la figuente.Uno de' prin-
cipali doveri de' Governi ft è qaellodi vegliare alla confervazione
della vita politica delle nazioni, offia alla di loro indipi.ndenza,
allontanando da effe ogni pericolo di fìraniera aggredii ne . Né
ciò fi oi tiene che preparando in pace gli oggetti neceitirj a
guerreggiar con fucceffo, ove una dura circoftanza io efiga .
Se dunque è vero che alle arti in generale non conviene
per parte de' Governi che la indiretta e negativa protezione,
è vero altresì che qualora decader vcgganfi le arti prepara-
trici de' mezzi opportuni ad una valida difefa, il Principe e
può e deve indirpenfabilmenie prefcriveme , promuoverne ,
e regolarne fin' anche l'efercizio. Di tal genere fono p. e. e
lo fcavo delle miniere, e la fabbricazione delle armi, e la
coftruzicDe delle navi, e fimili . Quelle ani poffono confide-
larfi di natura beo diverfa dalle altre, poiché non l'utile in-
dividuale, ma la pubblica univerfal ficurezza ne forma l'og-
getto.
Ma tempo è ormai, ch'io mi rivolga alla feconda delle
parti, in cui divKì fin da p loci j. io il mio ragionamento; ed
avendo già dimoflrato qual lotta di proiezione polfaao i Go-
verni
ac5
verni accordare alia inc^unria de*" popoli fenza pericolo d't nuo-
cerle, tentiamo di fciogliere il problemi propoltoci nel Pro-
gramma, ed ind.igare fino a qua! punto le ani miglioratrici
o fiano le manifatture vadano iacoiaggiate e promoffe prciTo
un popolo agricoltore.
Sarebbe al certo ingiurlofo all'accorto autore del Program-
ma il fupporre ch'egli abbia voluto neppur per poco met-
tere al paragone l'inoportanza dell'agricoltura con qjella d-il-
le manifatture: che anzi la fua frafe medefima fagi^i-nnenfe
include la iubordinaziooe d.-H' una all'altra . Infatti que' po-
poli, che furono dalla Provvidenza allogati fu di un faolo fe-
condo, che ben corrifponda alle di loro cure, t»oo potrebbero la
miglior modo impiegare il lor travaglio che nella coltura d:l-
le terre : travaglio, il di cui prodotto fi accrefce fempre in
ragione diretta della fua quantitìi e perfezione : travaglio ,
che afitcura non folo le di loro ruffifteoze , ma quella abb.oHati-
za eziandio, nel di cui feno fiorifcono per fé fieffe le manifat-
ture a mifura che fi raddoppia il numero e l'opulenza de*
compratori: travaglio finalmjnte, che in vece di amiBollire
con una vita fedentaria coloro , i quali vi fi applicano, gì
indurifce airintemperie delle Ragioni, e gli avvezza alla du-
rata ed alia inienfita delle fatif^he.
Ed è perciò che, rivolgetidofi lo fguardo alle più grandi e
floride nazioni, che figurarono un tempo al mondo, fi ve-
dranno collantemente da per tutto i primi Legislatori promuo-
vere, incoraggiare , onorar l'agricoltura quali primo mezzo
alla civilizzazione de' popoli : per ogni dove la religione me-
delìma confacrarne e divinizzarne i primi inihtutori : per o-
gni dove la politica iikfla ravvifar nella cl.»lTe degli agricol-
tori un femenzajo di ottiraì e formidabili guerrieri.
Ed è perciò che fovente furono veduti ne' remoti tempi il
vomere e io Icettro dì/putarfi una mano medefima: ed è per-
\o6
ciò, che furono gl*a vlfti i Cincinnati dividere il dì loro terapd
fra l'aratro ed i trionfi. Non è raro nella Gina 1' efempio
di un laboriofo agricoltore innalzato all'onorèVol poli-o di
Mandarino. Quivi fi l'corge il Principe ilteffo in una fella [q^
lenne folcar la terra, e dir quafi aj^li agricoltori in tal mo-
do: fono cultore anch'io. La Pei fia , quella regione,] di cui
popoli ferbano l'imprjna della più alta antichità, la Perfia,
dico, vanta tuttavia ne fuoi conta Jini una delle clafll p'ià a-
g'ate e ragguardevoli della nazione. Li Grecia febbene inara-
ta di fuolo, ed angufta di f perficie, mirò pur gran peezo i
fuoi popoli induUriofi cozzar colla natura illefla, trionfarne,
e coronar le petrofe vette de' fuoi colli di olivi e di allori;
mentre l'Egitto, il mifleriofo Egitto, ravvifava ne' proJota
del fuolo i l'uui Numi medefimi , colicchè l'agricoltore pote-
va colà dirfi a buon dritto feminaror di Dei. Dovunque in fom-
nia volger vi piaccia la voflra attenzione, o fignori , in ogni
eia, in ogni popolo ritroverete pur fernpre frequeiitì e ficu-
li indizj degli onori ed incoraggimenti all'agricoltura accor*
dati, e del pregio, in cui erano tenuti ^li agricoltori.
E qui mi fi permetta una breve digreflìone , e fiami lecito
di cflervare che con vergogna della moderna Europa è ben
diverfa oggidì la ione di quella laboriofa ed u'ile e (em-
prC' meno corrotta , e fempre più innocente clafle della focie-
tà. Que' popoli feroci, che vaganti dapprima per gl'immenfi
delerti della Scizia e della Tarraria , non vi conobbero che
Ja Caccia la Pallorizia è la Guerra , ed inca'zanJofi pofcia
a vicenda , e pioiniando 1' un dopi l'altro fulle fenili e ri-
dènti regioni del mezzogiorno , vi èrfero nuiwi troni fu le ro-
vine del Romano Coloflo, coflnro viJero con dilprezzo bear-
ti de' pop li vinti , e ne difdegnarono 1' efercizio . Q_uindi la
G )-rra e la Carca, effenJo le occupazioni favnnt> de' vin-
citori , incominciaiono a venir confidetate come uooili e U-
be-
'2*7'
berali menieri, mentre l'agricoltura vanne a villpcnJetiì ed
a reputiirfi qu.ifi un'arte fervile e dilonorante . Coiìcchè , feb-
b.-ne col rilorgimenio. di ogni filofofia , l'agricaitors abbia
cefiatQ di rifguardarfi come un vii fervo della gleba, ciò noii
oiiante egli òancca b.'n lun?i .dal riprendere quel polio di
onore , cha mcritameota conferito gli aveva la veneranda
antichità ; e le odiernii Cereri non hanno né tempj ne fa-
oerdòti ^
Ma ritornando all' intralafciato argomento , non poflo ade-
nermi dal ritl-ttere che mentre appo le pm celebri nuio-
nì del mondo [' agricoltura fu Ai. p:T tutto egualmente favo-
rita ed onorata, non rimane al contrario alcun vefligio , al-
cuna memona d'inlHruzioni tendenu a promuovere l' eferci^io
delle arci miglioratrici , le qujli , ove fi tolgano k cade deal'
Indiani e le trafminTio i crednarie negli Egi^j, fembra eh;
fieno fiate fempre abbandonate a fé ft-ffj ed all' interelTe ge-
nerale dille nazioni . Eppure a qual grado di perfezione
non gijnf;ro fra i popoli fopradderti ? Vel dica per me U
(ioria: vel dicano que' monumenti (amofi , a pie di'quqli il
tempo arreda ancora la fua falce, e le preziofe (l^ìffe di
I^'ffia, e le da voi pregiate cinefi porcellane, e qua' vafi e
qu.-'b'-onzi ,che trionfatori deTecoU e dell' ire vesuviane, riedo-
DO intatti alla, luic con meraviglia, dell' univerfa .
Ma tdlC' è la condizione delle, a.ti, che quando l'agricol-
tura ( fono quefte parole del preloduo Filangieri } ,, qu.indo
l'aorxoltura ha fatto i maggiori, pro^r.-lli in uaa naz one ;
quuido lotto, i fuoi aufpicj la, popo'az one è crefciuta ; quan-
do quella è fujeriore a q iella , che la ti.'rra richiede per la
fua coltura, e l.j focietà p-'l fj/i bu.)n'ordine ; quando l' ab-
hmdan^a illelT.v dA\i cofe neceifarie alla, vita mette l uomo,
nel dritto di ricercir quelle , <;h^ gliela rendono pù piice-
Vole ; quanJo finalm;uie molte braccia remerebbero oziole ,
fc.
fé non fi addeftraffero a dare una certa forma à p^rodotti del
fu&lo , allora una porzione degli abitami di quefto paefe di-
viene manifatturiera j allora fé quelto popolo non è immerfo
nella conquifta , non è oppreffo dai)a l.hiavirù, uiiifce i be-
nefizj dell'agricoltura a quelli deli' indullria , produce con uni
triàjjo , e perfeziona coll'aUra. Ecco ( egli aggiugne ) qual
fu là forts delle Indie e dsUa Cina d 11* Perfia e dell' E-
gitto, di guertì paeli , cli2 accoppnrono a tiitt'i tefori della
natura le più brillanti invenzioni dell' arte:ecc9 qual farebbe
ttata ancora la forte della nolìra Italia , (e avefiTe potuto
lafciar per un momento d' effe re schiava , o di combattere.,,
E fui propodto ricordarvi mi giova di quelle nazioni
Indiane, che difpenf.ite qusiì del tutto dalla coltura de' cam-
pi per la fomma feracità del iuolo , fofpinrero le manifa'ture
ad un tal grado di perfezione die oltrepaffa ogni umana
credenza. Felici, fé circondate da rupi inacceffibili , aveffero
potuto fchivare le invafioni di popoli robufti e bellicori , che
da fecolo in fecolo le hanno collantemente foggiogaie.'
Mettano dunque i Governi de' popoli agricoltori ogni loro
«ura in favorire ed incoraggiar l'agricoltura, in accref:er le
cognizioni utili alle diverfe parti di eflfa , in rimuovere fopra
rutto gli cffacoli , che ne impedifcono il progreffo ; fi ram-
mentino di quel buon Principe, il quale credeva che il fuo
popolo avrebbe dovuto dirfi felice, folo allor quando ciafcun
contadino aveffe potuto mettere ogni giorno la fua pentola
al fuoco; e ripofino poi fuli'accrefcimenio de bifogni cagio-
nato dall'aumento delle ricchezze, lafciando a queffì il pen-
fiero della dilatazione e perfezione delle arti miglioratrici , e
delle manifatture proporzionate alle circoftanze patticolari de'
popoli.
Q_uefta importante verità ci porta naturalmente a far del-
le altre non meno importanti offervazioni . E primieramente
fé
20p
fé Tagricoltura deve eflTefe II primo fcopò della vigilanza del
Principe ptelVo un popolo agricoltore , qualora alcuna parte
di eHa veggafi imperfetta e trafcurata, fi dovrk reputare di fom«
ma importanza il promuoverne e migliorarne l'efercizio. In
tale Itato p. e. mirafi appo di noi la coltura de' prati artificiali,
e quella de' bofihi . In lecondo luogo le manifatture inferviea*
li o direttamente o indirettamente all' efercizio dell'agri,
coltura medefima meritano per la Hefla ragione di effer più
di ogni altra incoraggiate. Vero è che quelle, per lo facile
fmercio de' lor prodotti, fono sì communi che l'agricoltore
non ne mancherà giammai: d'altronde la fabbricazione degli
firomenti rurali è così facile, ch'egli può formarfeli da fé
ftelToo col foccoMo del più imperito artigiano . Ma può Hare
talvolta, che ne vengano inventati de' nuovi e de' migliori
dai profeflori delle ani fublimi , ed in quel cafo è dovere del
Principe il follecitarne la propagazione.
PoHono finalmente effervi delle circoflanze, in cui la col-
tivazione delle piante cereali non poflfa occupare tutta la fu-
perfide di uno (tato , perchè limitata o dal numero de' con-
fumatori o dalla difficoltà della efportazione , e che fieno per-
ciò coftretti i poffellori ad cfiendere la coltura di altre piante,
che preflino maieiia a diverfe manifatture , come farebbero
la canapa, il lino, i gelfi, la foda , il cotone ed altre. Ed
in quei calo il Governo dovrà favorire più di ogni altra le
manifatture adatte a porre in opera i prodotti delle fopiad-
dette particolari coltivazioni, appunto perchè poffano quefte
profperare , e riufcendo profittevoli ai poffcflbri , concorrano
a rendere fempre più florida e vivace l'agricoltura in tutt'i
fuoi rami .
E'quefta, o Signori, la ferie delle idee fufcirate nell' animo
mio dal propollo argomento; e fembrami aver dìmoRrato a
fufficienza :
Tom.ll. 37 I,
210
I. Che la arti , figlie del bifogtio, fono intimamente' colle-
gate al generale interefle deali uomini ; e ficcome queflo può
venir confiderato come un fluido, proclive Tempre a livellarfi
ed a prendere la piti conveniente at ti tudine, purché non ven-
ga turbato da un'impulfo ftianiero, C( s'i (ara fempre inutile
e fpeflb pericoiofa alle arti quella protezione , ch'io chiamo
diretta, e che confifte in, volertie favorire il progreffo , mi-
furandone e prefcrivendone il moto per uno. fpìrìto mal pen-
Jato ds ordine e ftmmeiria ..
2.. Che l'unici fpecie di protezione,, la. quale ad effe ceni-
pére, è la indiretta : quella cioè, che contentandofi di rimuo*
ver gli ofìacoli , laTcia che la natura ifteffa delle cofe , vai
quanto dire le fifiche e morali circoiìanze della nazione af-
fegnino alle arti quel polio, che più ad effe conviene fra gli
altri oggetti della pubblica induflria. E quella maffima non.
folo alle arti , ma a qualunq^ue altro rama della induftria urna-,
na è applicabile..
3. E finalmente, che preflb un popolo agricoltore , la fo-
praddetta protezione all' agricoltura principalmente compete ,
ed a tutto ciò, che al di lei efercizio e miglioramento con-
corre . Ond'è , che viene in tal guifa rifoluto il problema
propoftoci ; ed al quefito : Fino a cjiial punto àebban proteg-
ger/i le /irti prejfo un popolo agricoltore ; va rifpoflo : Fifio a,
^uet punto , in cui effer pojjano utili ali agricoltura .
Lafcio ora libero il campo ad altro, di me più valente 0-
ratore , il quale con orme più ardite e ficure, fappia calcar
l'indicata difficile aringo o.
III.
III. MEMORIA
APPROVATA IN TERZO LUOGO PEL CONCORSO
GOLL' EPIiRAFE
Toi> aptfov ovrci rutv ikutou <ruv tixi'up <n r0ìi> iu.
TlpVTCCl!(l(i) KccildccVUi JCCCt TpOi^plAif
D E L S O C I O
V.INCENZO DE RITÌS.
Dilucida%.ìone dd Problema ,
\^ N griJo preffbchè generale fi è innalzato tra gli Eco-
nomici contro l'ammmiltrazione di Colbert :con pruteogera
troppo le arti, fi è detro, quello miniUro ha depielfa l'agri-
coltura, e rovinata la Francia (i). Ma i (e.^ua:i di una tal
fentenza fon forfè troppo attaccati alia ingegnofa teoria di
QuESNAY,il quale limitando la ricchezza n-Jzionale al folo
prodotto annuo della terra , non riconufce nelle manifatture
che un hmatto: l'artiere, fecondo quello autore , dà sì bene
una nuova forma a' prodotti dell'agricoltura , ma non ns
accrefce punto il valore; ei non fa che barattare di continuo
il prefente con l'avvenire , ed accumulare femplicem.?nte il
fuo falano (2). Or dietro quelli principi era ben confeguen-
te che i paefi favoriti dalla narura , qu Ili che poflesjgono
vafte, e f rtili campagne, e che abbon 'anri mt[{\ ti- ra col-
gono, doveffero rifentire altamente la diminuZ'One d Ile loro
ricchezze ppr qualunque operazione del governa che d.ltac-
caUe gli uomini dall'aratro; era b'n coufeguente che in un
* pie-
212
pae'e agricola fi pot^fTe 'anche (3el fufto fare a meno dì ut-
tigiani, giacché fé non fuflVro Je manifatture che un barat-
to, e di rulla accrefceflero la ricchezza nazionale, potrebbe
quefto indifferentemente efercitarfi con V eiìsro . non refiando^
per avvifo degli economici , dopo d commercio neJJ'uno ài
barattntori p.h ricco di quello f jjfe in tivanti (3, ; era ben
conffguente in fine, che fé artigiani pur dovelfeio fuffiftere
in un paefe agikola, quelli dovtflero avere un cero lioìite
e lungi dall' accrrdar loro una protezione , il govemo dovefle
occupirfi piuttofto a cercare i mezzi di minorarne il nume-
ro , quando foffe piunto a tale da dìmiruir cu«11'j necefiario
alla coltivazione ed inriero migtioram.'n'o de'ierreoi.
Dietro cuefte ve-'u'e per la (oluzione del problema fsm-
bra doverfi efamicare:
i.° Si^no i foli piorionì dell'agricoltura quelli che ferma-
no la ricchezza nazionale?
2° Quali fono i danni e ì vnntapgf che può recare in uti
pop» Io agrico'a Tintror'uzione deile «rantatrure ?
Z° Quale d< vrà efffre la cura del governo per accrefcere
la rIC(.hez^a nazionale in un f^opolo agricola?
Ma il problema fi pre'^en'a in altro afpetto di m g:5Ìore
imereHe relativamente ai ra porti de'coftumi,e della poteOf
23 nazionale. E' ftao o ini ne ài non pochi che le ^rti l'e*
prava ;n i coltunii , e pi-pparano la rovina delle n zioni . Se
Ciò tulle vero, le arti dovrebbero effere del rutto bandire iti
un paefe agr cola , r> almeno limi-ate alle meuo cuirumpi-
llici . Quindi for£''=' l'e'ame >^i altri qijefiti:
4." Qual'è l'influenra delle «rti fu i cona-ni,e fu la po»
terza ' azio; ale'
5." Vi fmo d Ile arti che meritino di eflere prof^r fte?
6." Q'jale do>^r''. eflore Ih cori del "ovemo relati v un nre
alle arri riguardate fui rapporto de'cortum:, e d.lla pjtn^a
Oa-iuuaie f Hi*
Dt/iiì^»KÌon(y e metodo ài quefla Memoria.
j Eraine ò<t\ problema propoflo =: fino a qual punto in
un pnp'lo agricola debbono protegger/i te manifatture ::= è
dunque dalla natuia Itefla del fogg.tto divifo ne'fopraindicsti
foi efami parziali . Ma percorreremo questo irnmenfo (iadio
in tutta la Tua e^.^nfione?
Per conr.'rvare i lioiiti prefcritri ad una memoria accade-
mica eviteremo per qjantu i polFibile le minute difcuflioni,
e le confutiZioni di moke opinioai di paco iruerefle j pro-
cureremo i.ti ailonun.rci dal regOJ delle aerazioni , e dille
ideali t orie ; e raggi uppaido m un (ol punto di veduta la
noria di tutt' i fecoii.c il corfo uniforme di tutte la nazio'
Ili, feguiriino il cammino neceflarìo dell'umana attività nel.
le varie ep >che della fua civilizzazione. Una fcienra che (ì
annuncia comi adente p^^r Tuo fcopo la profperitìi di ruttigli
uomini, diventa qua'ì ui oggetto di derifione, qua'ora fi li-
miti a vane teorìe, di cui giaiiiinai uon »' anrapreada l'ap-
plicazione.
§ I.
Sono i foli prodotti d If airrlc^ltura quelli che formar.»
la riccòezza nazionale?
i ^ Oro ,
e t'arq'nto f gnì di rune le riccheeze , mpzzì
di baratto (n tuiti gli uomini , prezzo di tutte le mer-
cuizie y non fur nano per effi (tiffi la ricchezza di una na-
zoic : e fé v'è (Ura u * epj.a, nella qu<ile il potere del
de uro forprendeva l' immani iia/io e di rutti i governi e di
tuli gli Icriiiuri Jj pabb'ca ewOi))mia; fé h parole denaro^
e rirrè.'zza Ij 'raij coitati in tute? le lingj.' ; fé lo fcopO
di latte le uiu.muiitraiioui era di attirare i metalli preziolì,
ed
^14
ed accrefcerne la malfa col commercio eHerno : i progreffi
della fcirnza amminilirativa mettono al prefente fuori di
coniroverfia , che altre perfone oltre a quella: thi lavorano
alte miniere poflono procuare ad un pooolo la vera Ofiulen-
-za ; che la caufa creatr'Ce delia ricchezza nazionale nun è
•il lucro che una nazione può fare a fpcfe di un' altra col
commercio ; che i ditetti dell' interna amminiftrazione , la dif-
folutezza de'coftumi, i progrefil dell' ingiultizia , e mille al-
tre caufe morali poifo.io rovinare una nazione anche in mez-
zo ad un'abbondanza di nuTierariu; che la fcarlezza di qje-
fìo è uno degli ciTotti della Tovint nazionale , e non la Tua
cau'a; che 03 i monopolio, ogni limitazione 0 rei;lu(ione è
pjìi nocivo a quelli che racchiude che a quelli che efclude ;
e che in fine l'altrui pro'^perita è un b?ne p;r noi , coras
l'avvcrlith un male , in economia politica egualmente che
in morale (4).
Ma fé il fiftema às Marcmùfìì tion ha p'ìi partigiatii',
quello degli Economi/ìi (5) fembra non del tutto abbnttufO,
e la teoria di Quesnay par fi foilenga ancora a fronte di
quella dell'autore della Ricerca fu la natura e la cnufa del-
ia r'iccbe%7ifi delle >ìaz'iorii (^6 j . L' efame delle opinioni di
quefli ultimi dee perciò richiamare la noftra attenzione.
Il lavoro delle inani libere,- dice l'autore inglefe , forma
la ricchezza delle nazioni •= La terra fenza dubbio è un
iftrumeBto produttivo: la terra refa fertile prodiga all'uo-
mo i Tuoi tefori ; ma la terra rimane infrurtuola, fé l'uo^
•mo non le confacra il fuo fudore -, Che f no in fatti le
forcfle^che k coprono , i prati che l'adornano, gli an ma-
li che vi errano , ove l'uomo è rimafto nelU inattivi-
tà ? Quelle apparenti ricchezze non hanno valore alcuno :
è quello un luffo della natura, non l'opulenza dell'uomo,.
Le prime ràelìi , la prima gregi,ia , le prime capanne i-i-r
nai.
21$
«alzate co* rami dì quercia, le prime pellicce, fpoglle delle
prime prede della caccia,, furono acquiftate par niizio del
lavoro creatore dell'uomo; ed al prefente l' abbondanza del-
ie noftre cam-pagne, i frutti de' noftri giardini , i grani de'
nodri maggefi , i vini delle nollre vigne fon pure il lavoro
dell' l'omo che fecondando la natura, e. dirigendo le di lei
forze verfo 1' utilità , ne ha fatta la fua. ricchezza .
Ma la ricchezza nazionale , che è milurata foltanto fui pro-
dotto annuo della terra , è ben poca cofa, fé il lavoro dell'
artigiano non accumula quella ricchezza e non la fa frut-
tare.. I velli delle noflre pecore han pochiffimo prezzo ia
faccia ai fontuofi panni di Sedan, e Louvier, o agli fcialli
di Cachemire : le foglie del gelfo non ne han d' avvantaggio
a fronte della ricca ftoffa di feta: le canape e. i lini appena
fvelti fon quafi un nulla a fronte della trina, e della batii-
fta • Fra quelle produzioni che il lavoro del coltivatore
Orappa alla natura,, e quelle che le arti prefenrano in tutto
il raffinan-ento al lulTo. de' ricchi , l'intermedio è il lavoro, il
lavoro variato di tutte le clafli delli focieta, il lavoro uni-
ca ferapre forgeote della ricchezza (7).,
Ma il lavoro degli artigiani , dicono gli economifti , non
è che un baratto: il frutto di quello lavoro non è che i'
equivalente del loro, falario. Una pezza di panno diftaccata
figgi dal telajo rapprefenta i velli delle pecore , che fono
flati impiegati per farla; rapprefenta il nutrimento , e il
mantenimento di chi ha lavata, p^^ttinata, filata, telfuta la
lana; r^ppref-nta in fine il mantenimento e il nutrimento
di chi ha diretta l'opera.. Sono l*ati lempre diflruni de' be-
ni prodotti dalla terra pria che altri beni fieno llatl imro^
dotti dagli l'omini (8).. Q. ale iark. il noOro avvilo traopi--
©ioni co'i. difc'jrdanti ?
Non ogni lavoro è. caufa della., ricchezza nazionale ; vi fo--
00
2l5
Bo de' lavori non protJuttìvI ; ve ne fono ancora de' disrut-
tori. Ma febbene ogni lavoro diretto alla utihtà e ai godi-
menti dell'uomo potefle confiderarfi come un lavoro prcdur-
tivo^ e forgente per confeguenza della ricchezza nazionale (j?),
pure riA^ibandoci lo fviluppo di una tal verità ad una me-
moria che avrà relazione con qnefta, ma che per ora fareb-
be eftranea al foggetto , limitiamoci al prefente a chiamar
Lvoro produttivo quello fol tanto che lafcia dopo di fé una
produzione nuova o migliorata , ed una merce baratrabile .
Or dietro quelle vedute , vivere fenza nulla diminuire col
proprio conlumo la mafia delle ricchezze nazionali, aver la-
ìciato alla focietà un completo indenoizzamento per ciò che
vi ha fomrainillrato , non è Tempre un'accumolazione di ca-
pitale, un accrefcimento di faiario?
Li terra lungi dal formare efciulivamente 1' opulenza na-
zionale, non dee conliderarh che comt una maturili prima ^z\
lavoro dell'uomo, e come un ijìmmento che collocato tra le
di lui mani ne rende più produttivo il lavoro . In efla
dee conijderarfi: 1.° il valore che poteva avere per fé fìefla ,
2." il \alore ricevuto dal travaglio accumul.ito dall'opera
delle pafl'ate generazioni , che ha refi i no(tri g'ardini e le
nofire vigne tanto fuperiori ai deferti della Nuova-Olanda •
Or quello fecondo valore è incalcolabile a fronte del primo.
Non è n-ceflario portarfi alla foce del Reno e della Mofa
per ammirare il miracolo della umana induflria, una terra
che forta dalle acque oppone colle fue dighe, informontabili
barriere all'impeto de'flutti ; che tagliata in tutt'i fenfi da
iiumerofi canali agevola la navigazione interna , anima mil-
le macchine idrauliche per ogni genere di manifattura, foPtie»
ne una immenfa popolazione, ed offre all'ouchio dello fpet-
tatore attonito i più urbertofi pafcoli,i campi più produttivi,
j giardini più varj e luflureggianti . Non è neceifario por-
tarfi
217
tafG fu le rive della Senna per oflfervare un terreno Tabbiofo
rcfo al più a'to grado ferrilo dall' indu'.Jria dell' uom> , e
che fenza il foccorfo dell' arce farebbe cundaonato alia Iterili-
tk finale come le f-.bbie dell'interno ddl' Africa, e i deu-rti
ove s'innalzava già la magnifica Palnira (iO) . Senza ufcire
dalla noflra patria, gli fcogli del Capo Iap)gio (ii), molte
montagne fecoadarie della noftra Campania (j2) ci prefentano
un egjal proJigio d'induftria: non farebbero che deleti li.li
e burroni inacceffibili , fenza la m.ino induftriofa che vi for-
ma ed accumula di continuo la terra vegetabile ; mentre, le
pianure dell'agro brindifino, i rotai di Pelto , le delizie di
B^ja non offrono piti che rterilita e fquallore , un fuolo in-
fecondo ed un aere peltilenziale .
A che dunque fi ridurrebbe la ricchezza nazionale, fé a fen-
tenza degli ecooomifii efla fi limitafle ai foli prodotti pri-
migeni della terra?
Ma le nazioni civilizzate oltre al prodotto incalcolabilmen-
te (13; aumentato de' loro campi hanno ben altri capitali
che accrefcono illimitatamente la loro ricchezza: // capitale
jijfo è il c/ipitnle in circolazione (14).
E' capitale fiffo il lavoro accinnulato degli uomini che ferve
ad aumentare le forze produttrici; ed appartengono a queila
claffe di ricchezza, i." tutte le fpecie di arnefi e di macchine
dal più complicato apparato deUe fabbliche fino al più femplice
iftromento di agricoltura, 2.' 1' abilità acquiftata da certi ope-
rai (15)- Quefto capitale ha lunga durata, ma non eterna:
gli arnefi deteriorano, gli operai mancano; ma per la focte-
là qu?fta perdita è più che compenfata dall'aumento del va-
lore delle cofe annualmente prodotte col loro mezzo . D'al-
tronde quefìo fato non è comune ugualmente alle terre ?
JLa loro fecondità è efla inefauribile?
]1 capitale in circolazione è quella parte della ricchezza
z8 na.-
ai3
nazionale cha non è confumata fé non per fervìre alla riprcv
duzione. Le ricchezze nazionali fono s'i bene deltinate al
confuTio e al godimento degli uomini ; ma quefti beni foa
meffi in parte tra le mani di operai produttivi che non li
confu.nano fen2a rimpiazzarli con nuovi beni di maggior va-
lore, opera delle loro mani; or tutto il capitale che una na-.
zione lafcia ogni anno come falario nelle mani de'fuoi prò»
prietarj produttivi, è ci^ che forma il capitale in cTColazio-
ne; capitale che pdffa per un movimento continuo, ma fot-
to d-fF:renti fjrme dall' aitig'ano al manifattore , da quefli
al mercante, dal mercante al confumatore^ per ritornare co-
me monetatane mani di queft'ultimo al mercante, al mani-
fattore, all'artigiano, e che mentre genera dapertutto la vi-
ta e il movimento , fembra diftruggerfi per effer di conti-
nuo prodotto; capitale che forma in ultima analifi il fondo
primitivo delle diverfe fpecie di vendita, e che fommitaifiran-
do il /filaria fuperjluo (i(5) dell' artiere, il profìtta di chi chia*
iKa qucfii al lavoro porgendogliene i mezzi , l' allegagione o
cffitto al proprietario de' fondi fu cui fi efercita il lavoro ,
fi accumula indefinitivamente in ogni anno , e fa partecipi
egualmente alla rendita nazionale tutt' i pvoprietarj de' terre-
ni, a titolo di entrate, tutt' i negozianti , manifattori , im-
prefarj di lavori, e c^pitalifli , a titolo di profitto , e tutti
gli operai ed individui che lavorano per un guadagno, a ti-
tolo di falario; capitale ia fine che dando la nozione preci-
fa della rendita annua della focieth , rende ragione del para-
doflb politico : come una nazione (17) pofla fomminiltrare
annualmente al Governo una contribuz'one fuperiore alla forn-
irla di tutt'i fuoi prodotti territoriali!
E' confeguenza del fifierra degli Econora'fli che l'unica
contribuzione debba effcre la fondiaria. Le contribuzioni In-
ai tette j dicono cffi ( e confeguentem^nts ai loro priocipj )
D0«
7lp
WQTi gravitano In ultima analifi che fu ì proprie far) eie' fon-
idi, ed è cofii più ficura , e piìi economica di domantiar loro
direttamente quefta impofizione piuttofto rhe farla p.gareatì-
ticipatairiente di altri i quali ne efioeranno in fegu to con
ufura il rimborfo. Ma qu;;fli erronei rifaltati moltrano ad
evidenza tutta l'erroneità de'principj del fiftema degli Eco-
romifìi. Non fono dunque i proprÌPtDrj de' fondi i Ioli ricchi
della nazione; e i foli prodotti dell'agricoltura non formano
tutta la rendita nazionale . La diftinzione delle impòfizioni
in dirette ed indirette è una mera iìlulione; giacché Te quel-
le fu i 'erreni fono in^pofizioni dirette (opra i proprietarj y
quelle fopra le con^uma^ioni fono imp( (izioni dirette fopra
i cmlun/atori , fopra tutti qu.jii cioè che hanno una fp eie
di rendita di qualutqne n.itura efl'a fia : la lotteria è una im-
pofizione dir-tta fopra ' ^^^ocatori ; il bollo e il regiflio fo-
no impòfizioni dirette fu i capitali; e fé vene fono di quel-
le che anticipate dal mercante vengono poi rimbofate dal
confumatore, come le dogane , e gli «f?ro;, h circolazione
tra chi fa l'anti.-ipazione echi la rimborfj, non è cosi lunga
e difpendio'a quanto qu^'U.i che Quediay aveva calcolata , e
non lo è forfè nemni'^no quanto l'aveva annu^iziata Smitli,
eflendo probabile che una parte di quarte impòfizioni venga
pagata cai Commercio.
E' tempo dunque di rinunziar finalmente al fiflema degli
economidi , filtrma elegante, ingegnofo , ma fofilìico : Olle-
ma che non pog-;ia fé non foora oflT'rvazioni incomplete -,
fopra di' òli erronei, fp^ra aif rzioni fp»;liare di prove: fi-
flena finalmente iche 1' efperienza è venuta a r vefciare , e
che tanti inconvenienti prefcnta nelle fue ap.-djc.zimi .
Ma f^ i prodotti dell' a^ricoliD':a non formano la iola ric-
ch?z/:a nazionale, non è per qu.Mio che elfi non n.^ fjr'viino
una parte eflenzialilTmia in un paefe favorito duU^natu-a.
* Una
2tO
Una nazione agricola non dee trafcurare ì vaa taggi che può
ritrarre dalla fua agricoltura per addirfi totalme me alle ani
e al com.Tiercio; non dee privarfi delia fuperiorità che a con-
<lizioni eguali Vi danno fu gli alrrì popoli i ricchi prociotti
territoriali. Or l'agricoltura è incoraggiata o avvilita con T
introduzione delle arti ?
§ II.
^ual't fono i danni « / vftntagqì cbt puh recare trr un
paefe agricola f introduzione (ielle manifatture ì
JO fuppongo un paefe agricola in tutta reftenfione del vo-
cabolo ; fuppongo che /i progreflì della civilizzazione , ed
un' amminiitra'.ione faggia,e liberali abbia rimofTì tutti gli
oitacoli , che la barbarle e l'inniuliiz'a oppongono all'inte-
ro (viluppo d-'lla umana attività in rapporto a quelfa pri-
mogenita delle fue arti. Quando nelle mani de' pochi non
fcno accumulate tutte le proprietà, tutti fondi dello ftato;
qu ndj le fullituzioni non fan palfire per una fegu^^la non
interrotta di fecoli interi continenti ne' mcdefimi rami di
una Oefla famiglia, quando il cL-ricato fecolare e regolare
non ingjja una porzione de' beai della nazione ; quando il
{ìftema feuddle è fradicato dalle fondamenra , e il colono
non pù fervo della gleba o mercenario , non più gravato
dal'e decime o dalla corvata , è accomp.ignato nJ fuo alTi-
duo lavoro dalla dolce fperanza di migliorare la fua condi-
zione; (Quando gli abufi introdotti daile nazioni nomac'e
conqu'datrici non p;ìi lacrificano alla flerilità i terreni piìl
nbertofi per ferbarli efclufivamente alla caccia e alla pafto-
rizia ; quando abolita la promifcuità demaniale il numero
de' rroprierar) de' terreni è accrefciuto , ed ogni fondo può
effiie m.glioraio; quando un vano palpito per evitar le ca-
re-
321
tenie non faccia rift3/?nare inutilmente le derrate, e ne fia
libera in qualunque modo e in cgni tempo la vendita ;
quando in una parola i facri diritti della proprietà fon li'
fpettati e gara.ititi da una lei^islazione figlia de' lami accu-
mulati di tutt' i fag^i , e d.'lU erpenenzd di tute' i fecoli :
rimojfo allora ogni tifìacolo allo sviluppo del'a amata Attività^
un popolo che fi fia (labilito fopra un terrno fertile , e
chi dal prodotto di efTo tragg-t tutta la Tua fufTiilenza , me-
rita il nome di n/izione agricola ,
Or per prima ipotefi lì fu ponga quella nazione priva af-
fatto di manifattori, « coinmercianti . La Lacinia ria g'i
antichi, la Polonia tra i moderni, ci offrono l'efempio di
un popolo di fimi! fatta (18) . Quale farh la condizione politica
eci economica di quella nazione ? Eifa farà divi a io due
claflfi, gli Spartani e gli Iloti ^ i Palatini e i f.Tvi della
gleba, gli ozioli e i travagliatori , in termini più feniplici
gli oppreflbri e gli opprelTi . Non è quello il luogo di fin-
dacare la collituzione di un popolo di fimil natura • mentre
degli entulìafti paradcflbmaniaci , ambiziofi di far parte d l-
la prima claffe e quella fola rimirando , innalzano alle (ielle
l'ozio libero degli Spartani e de' Palatini ; l'amico d -gli
uomini e della verità verferà lacrime di dolore fnl a condi-
zione della f.conda clalfe , e dcteRera le leggi di Licug) e
di Pothianowtfchy . Ma la parte economica del loro governo
dee richiamare a più minuto efama la njftra attenzione.
1 ricchi prodotti del fuolo daranno una facile fulTillenza
a quelfu popolo. Noi non direni > con MoNTEsa'JiEU (ip)
che i paefi non fono coltivati in ragione della loro fertilità,
ma in ragione della libertà di cii \\ fi gode, e che fé fi
divida tutio il globo col penfiere, refleremo forprefi io ve*
dere fpeffo de' deferti ne' luoghi più fertili ed ubertofi , e
grandi popujazioai JQ ^aelU ove il terreno fcmbra tutto ri-
fìii*
522
fiutare all'agricoltore. Q_ue(ìa ipotefi è incompaitfbile totiì^
condizioni éa, noi richiefte, onde otrenerfi un popolo agricola^
e la libertà dell' commercio impeiirà che il prezzo delle der-
rate Ha bailo a fegno da fcoraggire in un abbondante raccol-
ta la ccliura dell'anno fegu:nte. Supponiamo perciò che la
nazione ctefca di popolazione. Qual vantaggio potrà ritrar-
ne lo flato ? Non altro chi un' armata numerofa , felice
fé avrà un potente confinante a combattere, vahrofa nelle
prove -di coraggio , ma inutile nelk -lontane fpedizioni ,
inabile alle manovre indurtriofe di difafa e di attacco, ìu-
mu'tjaria e incapace di quiete in città , infoiente e indifci-
pli.ata nel campo , dlftrutir;ce e rapace nella vittoria, cor-
rotta ed annichilata nella conquida 1 20) . Ma dalla gran
maffa del popolo lo fiato non ritrarrà che un inutile luffo
di braccia pei travagli agricoli -, e pei fervigj domeftici .
Cr^fcerà il numero de' travagliaori, ma il prodotto del tra-
vaglio non potrà eff^re aumentato . Si avvera allora il ca-
fo di una popolazione onerofa ; fi temerà l'introduzione del-
le macchine per non accrefcere l'ozio de' travagliatori l'zi),
o ad infamia dell' umanità fi' adotteranno allora le barbaia
leggi d-'lla efpofizione de' fanciulli (22) e del comm rcio
degli fchiavi. Se poteffe averfi il coraggio di confiderar 1' uo-
mo come uua mercanzia, la vendita degli fchiavi loinmini.
Arerebbe preffb un ral popolo un aliquota della fua ricchez-
za. Ma chi non freme a quella idea? (23) Coi'i rutta la
ricchezza nazionale farà limitata a' foli prodotti bruti della
terra; e fupponendo ancora che la quantità di quefti prodot-
ti crefca annualmente con la perfezione de'l' agricoltura, un
tale aumento dovrà finalmente avere un limite, e la quan-
tità del prodotto diverrà fiazionaria fé non retrograda . Sarà
dunque allora anche limitato il (m fuperfluo , unica rendita
che gli economifti chiamano tietfa, e che fola può fjrmar
là
la mafla della ricchezza nazionale» Or queAo fupsifljo ven-
ga baratrato xo' prodotti dell'arte, e del commercio. Q_uali
faranno le condizioni di un tal baratto? quale ne farà il ri-
fultato ?
Quelta nazione non (i limiterà certamente agli oggetti di
prima neceffita . Come impedire che i primi bifo^ni fodis-
fdtti non ne producano de' fecondar) , e coj'i in feguito, quan-
do fi ha un fuperfijo a barattare? Non c'illudiamo alle de-
clamazioni de<^li antichi, e di alcuni moderni entufiaiti iu i
vantati provvedimenti di que' legislatori che vollero allonta-
nar le ricchezze dalle loro repubbliche. Le e of e fuori del
loro Jìato f!^ furale tiè vi ft adagiano né vi durano (2.4) . Aq-
ehe prima di Lifandro l'oro era penetrato in Lacedemone,
e le condizioni di quei cittadini divenute ineguali. Adonta
. delle impotenti leggi di Licu-go, le donne Spanane vivevS'
no nella intemperanza , e n-.lla lnjjuria , le proprietà erano
fprojorxionat amente ripartite , ji acquijìavano per prezzo le
magi[ìrotnre ^ e gli (IsJJì E fri vendevano pubblicamente le h»
ro derift'ini (25).. Il luiTo dovrà dunque indirpenfobilmente,
introdurr in una nazione agricola. . Ma il luffj non ha li-
nciti : una volta introdotto in un popolo y vi fignoreggia da,
tiranno , e non conofce più oftacoli . L' emulazione , afF;tto
indidaccabile dalla natura, umana , (pinge l'uomo Tuo mal-
grado ad innaharfi oltre il fu) livello . Le itefle derrate na-
zionili fi avranno a vile , e lì baratteranno con isvantaggio
co'cibi e con le bevande efìere. Tutte le ricchezze fi accu-
muleranno nelle mani degli ftranieri che vi efèrciteranno il
commercio ; e h nazione pagherà un tributo fi:mpre ere-
fcente a quegli Itati che le reliituiranno una porzione dell*
fue fiefle derrate , ma crefc'ute incalcolabilmente di prezzo
per opera de' manifattori : prezzo che oltre al valore del
prima e feconda iraf^orto, ha provveduto alla fulTiflenza ©
paga il falarlo accumulato dì altrettastl individui , per quan-
ti fono gli operai impiegati nell'eftere manifatture . Una
Dazione puramente agricola non potrebbe trovar compeofo
Ta tante ppfdite , che nell' incarimento de' Tuoi generi. Ma
ad eccezione di qualche accidente molto Itraordinnio, quefta
nazione potrebb' ella lufìngarfi di polTeder fola i prodotti ter-
ritoriali f II commercio non fa egli di tutti i porti della
terra un fol mercato? D'altronde dopo l'introduzione della
coltura delle patate ( riflette un auiore di (omma avvedu-
tezza ) non vi è popolo che pcfla mancar di fiifififtenza per
quanto ft-rile fìa il territorio che abira. Una nazione pura-
mente agrìcola non può dunque evit.ìre la fua perdita . Cos'i
Sparta fparì ceflando di effer guerriera , cos'i la Polonia pri-
va delle riforfe dell' induftria ha perduta la fua politica efi-
fìenza (26) .
Ma non é Tempre vero , fi opporrà , che una nazione pu-
ramente agricola fia indirpenfabilmente nelle condizioni del-
la Laconia , e della Polonia. Il Lazio ci offre un ben di-
verfo rpettacolo . I primi cittadini della repubblica coltivava-
no con le Loro mani la terra ; dall' aratro fi paflTava ordina-
riamente alle prime magiflrature ; le tribù ruflich: erano le
più onorate ; e le più cofpicue famiglie fi gloriavano fpeflb
di un cognome che ricordava l'occupazione favorita" de' loro
ftipiti nella coltura de' campi . Ecco dunque fparita quella
clafla umiliante per la fpecie umana d' Iloti e di fervi
della gleba: ecco mani 1 bere che impugnano alternativamen-
te la zappa e la fpada : ecco una nazione che forra dall' af-
fociazione di pochi rifugiati , ma che educata alle leggi Te-
vere della frugalità e dell'utile fatica, conta co' giorni i fuoi
trionfi, s'innalza al più alto grado di poteHza , ed eftcnde
illimitatamente la Tua dominazione fopra tutt' i popoli cono-
fciuti. — Ma una tale oppofizione è più eloquente che vera.
Do-
Dopo le fagaci ricerche del noftro ìmmorral Vico i ormai
fuori di jdifcettazione che la coQdizioae dell'antico Lazio fa
precifamente quella della Laconia , e della Polonia , e di
qualunque altro popolo poffibile alla terza epoca di civiliz-
zazione: epoca nella quale li orde erranti di cacciatori e di
pallori invadono le terre appena diffjdate da una rozza agri-
coltura , i più deboli fotto la clientela de' più forti fi rm-
nifcono in tribù, i foli armati lun l'alto impero, e foli
compongono la concezione\ e il Tuffragio in fine e nella voce
imponente del guerriero,
Che (ol fa fua ragion la fcim'uarra ,
Ed indice il giudizio nelh sharia .
Non dobbiamo illuderci alle declamazioni di chi fcrifle neli*
ultimo fecolo della repubblica romana. Quando le fpefl'e fe-
dizioni della plebe , e la di lei potenza rxonofcuta fé non
rifpettata obbligavano l'orgogliofo patri^io a popolarizzar fuo
mal grado ; quando tanti uomini nuovi ammcifi in città ga-
reggiavano con le famiglie di aurica origine^t ne diminuivano
alla giornata i privilegi ; quando un tribuno faceva impal-
lidire il fi.'nato, ed un plebeo dittatore faceva tremar l'uoi-
verfo : era pur confeguente che qualche ambiziofo aff^t-
laiTe di trar vanto dalla marra de'fuoi antenati, e che qual-
che adulatore, o fé fi voglia ammirator di buona fede della
femplicità de'coftumi degli aurei fecoli di Saturno, animafle
con un patetico colorito l'illuforio quadro de' Cincinnati , e
de'Fabj . Livio fleflb neJl'additarci un dittatore diftaccato
dall'aratro, non difllmula la fingolarità dell'avvenimento; e
il filofofismo che accompagna la Tua narrazione, mofira feu-
ilbilmente luti' i caratteri dell' affetratura . ,, Fu dato il ca-
j, mando, ei dice, al confole Nauzio ; ma ficcome una tal
„ riforfa fi credeva ancora infufficiente , e creare un ditta-
„ tore fembrava il folo rimedio conveniente a rama fcragu-
Tom.ll. %^ „ ra,
Ì26
„ ra , tutti glttarono gli occhi fopra Quin zio Cincinnato .
„ ylfcohino ciò con /ittenzìom tutti quelli che foto venlutano
„ qungg-.h le ricchezze , e penfam non dovcrft accordare le
,, gr.indt dignità y non p ter/i trovar forza di comando ^ fé non
„ dove li fortuna cumulò ampie p'>Jf Jfii'H : il filo uomo fui
„ quaL il popìlo roma fio pUva par far rifp.-ttare la fua pof-
„ faiiza^ fu L. ^{i'izio che nuVa pojfadsva olire a un cam-r
„ pò di quattro juge>t chi coltivava di fua mano ! . . Roma
obblig.ua ad uaa perpetua g lerra da circoftanze che ben dif-
ficilmente fi ripsteraicio nella ferie delle umane vicende;
Kom-i agitata da perp.tje diffinfioni , cui la fola difefa eter-
na dava t :egja,e U fola conquifta poteva far tacere ; Roma
on'eggiante di coninuo tra la tirauiiide aiftocratica e la li-
cenzi popolare , caduta finalmente folto il giogo del difpotisnio
militare neU' aurora appena della fua civilizzazione , e la
mezza alle fue (terminate conquifte: Roma non forma ecce-
zione alcu'ia alla condizione neceflaria delle nazioni che tra-
scurano le arti. La di lei potenza fu precaria , e le fue le-
gioni ma! reff^ro all'urto di pochi nomadi cha lor prefen-
tarono altra foggia di combattere. La di lei opulenza frutto
della fola conquida fu annientata per mancanza di riprodu-
zione (27) ; e fé l'impero di occidente prolungò ancora la
fua efiflenza traile rovine del gran coloflb rovefciato , que-
lla efilìenza non è dovuta che alle arti della Grecia, le quali
fumminiftravano giornalmente nuove riforfe alla fempre vacil-
Jante cofhtuzione romana. E' da quello afilo facro the fi diffon-
devano r opulenza e la coltura fu le ft.fle contrade rapite all'im-
pero da' popoli d*1 fettentrione : e fé dopo la prima conquida
cercò io vano la Grecia foggiogata d'introdurre le fue ar i pa-
cifi he nell'agrede fede del vincitore; la lenta ma perenne di
1-i itjflaenza addefirò a poco a poco le provincie romane
agl'iaduftriofi Itud) di Minerva; fioche un popolo conquilla-
tore
tote ed artifta (2^) occupando tutto il mezzogiorno di Eu-
ropa non accelerafli la felice rivoluzione che ranto ci diftac-
ca dagli antichi coftumi , e a cos'i alto grado e' ionalzò di
opulenza, e di civilizzazione (29).
Arreltiamoci pertanto a confiderar le fafi dì una nazione
agricola che accolga nel fuo feno il fuoco facro delle arti .
L' Attica preffo gli antichi , la Francia preflb i moderni ci
fomminiftrano i modelli di quella politica rivoluzione .
Tra la clalTe de'proprietarj e quella de' coltivatori forga una
clafle intermedia cha fi addica alle arti. Quello ceto medio
tra i gran proprierarj e ì non proprietarj è quello che fpezza il
giogo del difpoiifmo ari(locratico,e fcioglie h cat.ne della fervi-
tù popolare . Non è del noflro fubjetto feguir da vicino le minu-
te circoftanze di quefta crifi. I gonfaloni degli' artigiani in
Italia , le federazioni anfeatiche in Germania fjno efemp)
troppo noti di nuove coftituzionì libere che oppongono una
barriera infuperabile alle aggr.'ffioni dell' ariftocrazia feudale,
che ne minano a poco a poco le fondamenta, e ne rovefcia-
no io: fine il trono di ferro; e fenza allontanarci da^li an-
nali delia noflra- patria noi vergiamo le' corporazioni e le
maeitranze far forgerà le prime citta del demanio, e dare i
primi paffi verfo quiUa civile eguaglianra eh' effer dee l'uni-
CQ (copo, l'ultimo rifultato delle cure cofpiranti di un go-
verno liberale, e di una nazione civilizz-ita. Per dipìngere
con un fol tratto di pennello l' imponente quadro di forza
e di opulenza dì una nazione arnica^ éelle arri, efaminiamola
nella Tua più difficile pofizione . '" ' '. *''*'' '
Tutte le forze della Grecia fi rìubiTcotio fotte le mura di
Atene. Eccitata dalla rivaliti di Lacedemone, avida di ric-
co bottino, irritata ancora da -tìna refiflen^a che n^n mai^
avrebbe immagginata , la federazióne del Pelopomeio efau-'
rifce in vano tutt' i mezzi tii diflruzaionj per abbattere ije'
* mura
2lS
mura di Cecrope, e piantare Io fterfJardo dslla fervitii full*
rocca di Minerva. Invano nella illufione della loro ignoran-
za (i lufingano i coalizzati non avere a frante che un popo-
lo frivolo, una turba imbelle di pittori e ftatuarj, una mol-
titudine effiminata di unguentarj e ricamatori, uno Ruolo
corrotto e corruttore di mimi, di cantori, e di tibicini. La
di loro afpettativa è delufa : tutt'i loro sfarzi fono impotenti.
E fé morto Pericle le gare de' nuovi concorrenti all' ammi-
nirtra?Jone , una pefte defolatrice che porta J'eftermioio in
tutte le famiglie, fconvolgono l'ordine dello ftato , ed apro-
no per on momento le porte agli afledianti ; già dal Pireo
forge un picciol bninco di prodi artigiani che rovefcia fui
momento la fìgnoria de' trenta, riftabiiifce l'antica coflituzio-
»e , e ricotiduje gli Ateniefi fu la ftrada di quell'alta per-
fezione focìale, che prev'eduta dalle leggi di Solone efigeva
l'opera de' fecali per elfere confegulta . Cos'i Atene educata
alle arti trovò in effe la Tua ralvezza,ed è per effe ancora che
non ceflà di eflere la maeftra dell' univerfa , e l' ammira-
zione di tU't'i popoli civilizzati. Senza le invenzioni di A-
iene i popoli più opulenti non farebbero flati , e forfè ancor
no» farebbero che barbari (30).
I-a Francia fomminiftra ai nortri giorni un eferapio fimi-
le di vigore. Mentre tutta l'Europa congiurava alia fua per-
dita; mentre il fangue e la defolazione inondavano tutti gli
angoli del fuo vafto territorio; mentre fconvolti tutti gli or-
dini d.llo flato l'anarchia aveva inalberato lo ftendardo del
terrore fopra mille tefte recife : la Francia comprime tutte
le molle della umana induftria, e riforge onnipotente dalle
fue rovine. Fu amor di patria che operò un avvenimento
eosìi ftraordinario ? Ma tra le caufe concorrenti il
freddo filofofo calcolatore non trafcuri la parte economica di
^u^a nazione, e le forgeiiti iaefauribili delle fue ricchezze.
» ^
„ I roagazzini de'fuoi negozianti erano ripieni di ftoffe , ii
j, panni, >4i tele, di gioje, di mobili, di tutt'i prodotti del
„ fuolo portati al pììi alto grado di valore da fuoi manifat-
>, tori , di tutt'i prodotti del commercio acquiftati col mez-
» zo del lavoro, e per mezzo di quarto refi più prcziofi : un
„. immenfo magazzino di quefta mobilia, fé uni tale efpr^f-
yy (Ione può eflire applicata ad un popolo, formava la ric-
« che^za nazionale . Que'fa mobilia è (Uta i;i parte veni!u;a
yy per fovvenire alle foefe della guerra e della rivoluzione ;
,y ed allora appunto fi è potuto giudicare del di bi prodigio-
>, Co valore. Intanto in tutte le città, in tutt'i vilUggi ft
^ ritrovava una GlaflTe numerofa di uomini liberi e indullrio-
^ fi, intermedia tra il coltivatore e ti proprietario, la qua.
„ le fenza interruzione fi occupava ad aumentare il valore
„ delle materie prime, prodotte dall'agricoltura, e ad accu*
„ mularne i frutti. (31)
Dopo quefto quadro chiameremo più rovrnofa Tammini-
ftrazione di Colbert per avere accrefciuto nella Francia il' fa-
ero fuoco delle arti? Il lanyuore io cui era caduta Dell' u-lti-
mo periodo della dit>aftta di Capete non dee rifonderfi a tutt*
altro fuorché all' accrefcitnenio delle fue manifatture? Dimen-
ticheremo le defolanti guerre di Luigi XIV , il difordine
delle moltipJici e fempre opprimenti operaziooi di Finanze,
e la malaugurata rivoca dell'editto dì Nantes (32)?
Ma per non lafciare piij alcun dubbio all' efame, fé le ma-
nifatture poffono nuocere alla profperitk ^i una nazione agrt-
fo//j, fpin^iamo più oltre la noltra analifi,e vediamo fé que-
llo popolo pofla mai foffrire diminozione alcutia ne' fuoi pro-
dotti territoriali coli' incoraggimento delle manifatture. Or
chiamando a raflegna i popoli piò indurtriofi di Europa, noi
troveremo l'Inghilterra, l'Olanda, la Saflbnia,la Lombardia,
la Tofcana &c. migliorare l'agricoltura in ragione che fi
efteo-
eH^endoflo « perfezlonancr le manifatture ; e nelle provincìe
dello rteffo ftato, quelle poffedere più ben coltivati i territo-
jj che maggior numero di manifattori coiitengano. Ove è
maggiore il guadagno , la fi efercita un' arte con maggiore
attività. Quanto più crefcono i confjiTiatori , tanto piìj le
derrate cr^ilcono di prezzo, tanto piìi crcfce il falario del
coltivatore , tanto più è aitimato il proprietario a migliorare
i luoi fondi (33 . E fé voglia fupporfi per un momento che
la clafle degli artieri fi aumenti a f?gno da far mancare
le braccia alla intiera, coltivazione de' campi ; la fcarfezza
degli agricoltori, accrefcendo il loro falarìo e migliorando
la loro condizione , farà r fluire nelle cartvpagne un gran nu-
mero di operai dalla claffv; ftefla de' manifittori. Tutto tende
ad equilibrarfi in natura: gli ordini fociali fi bilandanj reci-
procamente in ragione della u'.ilità g*n?rale, e concorrano
a gara a quel fidema di perfezione politica che il filofofo
prevede colle fue meditazioni , che il corfo necefario delle
nazioni prepara, e che fi fviluppa per propria f:)rza dal g-r-
me dì ordine uniformemente diffuso in ogn' individuo. Se la
progreflìooe crefcente di quefta perfezione è qualche volra
interrotta, fé fa paflì retrogradi , quefto momento di abberra-
?ione è determinato da una ingiufta preferenza che il corpo
fociale accordafle ad una clafle più lodo che ad un'altra. Ma
fé un monopolio opprefFivo non facrlfica una parte della fòcie-
tk agrintereffi dell'altra; fé la molla dell'utile e dell'onore
è compreffa egualmente in tutti gli ordini dello ftato : le claf-
fi parafite della focieth fi dilegueranno per efle fìefle, e le
produttive innalzate al maggior grado di floridezza fi, reciproche-
ranno amichevolmente ì vantaggi , Cos'i un popolo agrico-
la non fi limiterà ai foli prodotti terrirorlali, ma accoppian-
do ai teforì della natura le più brillanti invenzioni dell'arte
4'rodurrà con una mano, e perfezionerà coW altra ^34)» Qu-'l»
•«3tt.' fi*
23t
faranno Intanto le ftrade da battere per giungere a quefto
§ III,
c.
^ale (hvr^ ejfere la cura dal governa per accrefcere
la ricchezza nazionali; in un popoh agricola ì
iHiamiamq ad efame gli apoftegmi di Quesnay (35)»
Ei nn mira •"che la proiezione dell'agricoltura. Sarebbe
ben forprend nte fé le ft fle indentiche mifure, che adottafle
il fiov mo per accre'cere i proJoai territoriali , formaffero il
migliore incorag^imento- per 1' introduzione ed intero miglio-
ramento dMle arti e d>'lle manifatrure i Sarebbe molto più
forprendente a vicenda , fé quegl' ingoraggimenti accordati
alle arti , che fi riconofcono gravofe per l'agricoltura , mol-
to più gravgfe foflero alle arti fìefle che fi aveauo in mira
di efclufivamente favorire!
Una nazione che ha un pjan territorio a coltivare , dice il
D.'QuESNAY (3<S),e la facilità di e fsrcitnre un gran commer-
cio hi derrate brute y non ejìcnda troppo l'impiego del denaro^
e degli uomini alle manifatture , ed al commercio di lufjo ,
td a ciò fi uniforma il precerto del noftro FiLAKGifRi dì
dover fubordina>e le arti e il corrr??eycic a' p>'t>gyej/i dell
agricoltura I ^y) ,=: Mn l'impiego del denaro e degli uomini
alle manifatture ed al commercio di luflb , può avere un'^-
fleuffone capace ad impedire la coltura de* campi ed il cera*
mercio delle derrate bru'e ?
La proprietà prediale ha utia fuperlori'^ cos\ deciTa fu la
proprietà mobiliare ^ eh' è impofno'H immaginare un cafj in
cui polla fupporfi preferenza d' impii^go di denaro nella fé»
«on.ia piuttofto che nella prima . Con le condizioni da noi
richiede in un popolo agricola , ogni poflelTore di numerario
23* .
sfarli tutti gli sforzi per impiegare il fuo Superfluo all'acqui-
no e miglioramento de' terreni, e non fi volgerà ad altro
impiego fé non dopo efauriti i mezzi onde ottenere il pri*
mo fcopo . Che fé l' impiego del denaro nelle manifatture
promettefle maggiori vantaggi , anche raeflà a calcolo la
fubordinazione della proprietà , farebbe ben tirannica la leg-
ge che voleffe limitare un tal impiego , ed obligare un citta-
dino ad acquifiare un capitale di minor valore e meno pro-
duttivo. D'altronde fé la ricchezza nazionale non è che la
fomma delle ^^cchezze iudivlduali, e queffe fi accrefcefTero con
le manifatture pmttoHo che con la coltura de' campi, fareb-
be una in-ejonomia del governo limitare <juefta forgente più
ubertofa della fua opulenza .
Le ftefle rifleffioni convengono egualmente all'impiego de-
gli uomini . Per quanto ricca voglia fupporfi una nazione ',
vi farà fempre una clafle d' indigenti, che altro capitale non
hanno oltre le proprie braccia . Imporremo loro una legge
che limiti la quantità- del falario a cui poflbno afpirare ?
Ma a condizioni eguali l'agricoltura, che eCge minore <»^/V//<S
di qualunque arte , maiichefà meno di operai a fronte anche
delle più femplici manifatture .
Di vantaggio perchè le arti e le manifatture acquiftino
utia grande ejìenfione di floridezza , è neceffario che reggano
alla concorrenza delle arti € manifatture foreftiere. Un po-
polo agricola barattando i fuoi prodotti territoriali con gli al-
tri osgetti neceflarj a'bifogni e comodi della vita, troverà
fempre un rifpannio nell' acquiftarli delle manifatture nazio-
nali, k quali oltre all'eguaglianza di perfezione ofi'rono un
valore diminuito della fpefa di trafpcrio e di commercio .
Così gli agricoltori miglioreranno le condizioni del baratto
in ragione che fé ne diminuiranno gl'intermedi , vantagge-
ranno il loro (lato in ragione che fi ejìcnderà la florid€zza
«leile manifatture nazionali. ^ "^"^
1 manifartori a vlcencJa trovano de' vantaggi nel confu-
mare le derrate nazionali, o fi confìderino come aiimenti ,
o fi riguardino coma materie prime de' loro lavori : la fpefa
di trafpjrto e di traffico vien Tempra ad eflere diminuita ,
Accrefcendo il numero delle ricliilie cefT^ra il bifogno di ven-
dere con ifvantigj;io le derrate , ceflerì il monopolio cegl'
incettatori, ed il pafièirjre de' prc/djtC! tv-rnconali l'a.à iico-
ra?g'ato ad eltendere, e perfez2ionare la coltura di que ge-
neri , che trovano uno fpa-.cii) cosi pronto e vaata:;oiofo .
Cos^ u^a nazione^ che ha un grun lerrrirorh a colnvare ,
ACCkESCE /" fomma de fuoi ricchi prodoni in ragio'm , che
fi efìende l' impiego del denaro s degli uomini alle r/ianifatturs,
Palfiamo al comniercio.
Una nazione agricola abbia la facilita di efercitare un gran
commercio in derrate b/ute : agirà contro i pro-rj interelli
fé troppo ft e/ìendn ni commercio di l'ijp ? P" Ì3 di entrare a
quefto efame gioverà rammentare altre mainane del D/ QuES-
NAY fullo ftelTo oggetto.
5"; matneng.t la libtrtk del commercio (38).
Li3 Nazione non /offra perdita nel fuo commercio reciproco
CoìV eftero (39), e non ft cada in inganno f opra un Vantaggio
apparente di effo ; fpejfo la perdita è per la nazione che ri-
ceve maggior denaro . { 40).
Non s" impedi fc a il commercio ejìerno delle derrate brute (/^i).
Quell'ultimo avvertimento n.m farebbe che una confeguen-
za della libertà d'accordarli al commercio; ma gli errori dì
varj governi fu qutft' oggetto meritavaiio un efam:e particolare.
La Francia proib'i l'eltrazione delle fete non manifattu:are ,
l'Inglrilterra quella delle lane in fiocchi . Si credeva , che co
fofle un incoraggimento alla claffe de' manifattoti . L'efitomo-
fìrò la decadenza dell'una e dell'altra manifattura. Tanto è
vero , che ogni monopolio è oppreflivo alla clafl's ftefla che
Tom.ll. 30 fi
*34 . , .
fi prende m mira di favQFtre! Tanto è vero, che 1 maggiori
danni che polla, ricevere la focieta, è il limite che fi voglia
itnp.'rre all'intero ivUupp-j dell' umana induUria!. Noi non ci
fermeremo di vauaggio (u qu-fto argomento efaurito dal nodra
Jiangieri (4.1), e ci volgeremo piuttoito a ricercare come una
nazione polfa foffrir perdita nei l«Q commercio reciproco con
lo (tran ero.
Si è parlato per qualche tempo dì una pretefa bilancia di
commercio ; fi è fatto l' inventario dells afportazioni , e del-
ie importizioni; fé n'è calcolato il valore; fé n'è notatala
ditF.^renza; e dietro quefle bafi fi è cercato di determinare 1*
opulenza relativa delle nazioni. Ma tali illufioni fon final-
rasnte fcomparfe (43), e la rifleflione di Quefnay, che fpef-
Jo la perdita è per quella nazione che riceve, maggior danaro^
noa ammette più discettazione.
Il vantaggio che una nazione può trarre dai commerci©
appartiene tutto alla clafle de' commercianti , e non è quefto
il luogo di efaminarlo. Le dalTi produttive della focieth non
riconofcono nel commercio che un mezzo più pronto di con-
fumazione,ed una m.iggior convenienza di baratto. Dopo che
r agricoltore ha raccolta la fua mefle , dopo chi i' artigiano
ha compita ii suo lavoro , ceffa V opera dell' agricoltore e
dell' artigiano, ed il prezzo della merce fi determina al pri-
mo mercato . E* indifferente al commercio fé le feconde,
le terze vendite fi raggirino fopra merci nazionali o foreRie-
re ; il comm^^rciante non calcola che il profitto de' fuoi ca-
pitali, e la bontà non la nazionalità della fua mercanzia; che
fé quarta ultima qualità rendefle \à me;c3 più preziofa, indi-
penJv-nteaiente dalle fpeculazioni e dai giri del commercio,
una tal condizione farebbe fia'a meffa a calcolo nel primo
mercato, a meno che qualche accidente ftraordinario (e per-
ciò da trafcurarfi ) non avelie difqVilibratoi momenti delle re-
ci-
235
vìprochc detsrminaxjom de' contraenti . L'Olanda giunta -al piìi
alto grado di opulenza col folo comniercio di economia e di
giro, fpande un'immenfa luce sii quefta veritk .
Ma faceiidofi aftrazione dalle operazioni di commercio, la
clafle degli agricoltori non fommimftra alla malTa delia ric-
chezza nazionale, fé non la Ibmma di tutti li fuoi prodotti
territoriali ; come la clafle degli artigiani fomminiltra foltanto
la fomma di tutt'i fuoi prodotti inJuifriali . Or il cominercio
faccia circolare quefti prodotti fino all'ultimo con'^umatore .
1° cafo . Se la circolazione non fi eliende oltre i limiti
làello flato, il commercio prendere il nome di tracco, e la
fomma della ricchezza nazionale noii farà né accrelciuta, né
diminuita (44)
2.° cafo . Se la circolazione fi emenda ne' paefi ffran^eri,!!
baratto con l'eflero farà l'ultimo limite dell' op -razione del
commercio (45). Allora una nazione può conliderarfi rifpet-
to all'altra nelle fiefle condizioni di un compratore e di uà
Venditore in qualunque mercato. Adottando la formola dell'
equa%ionc delle determiìiazioni de' due contraenti flabilita dal
ììgTior Canard (^6) fi ha P = S +■ ■'' T-icioè il prezzo del-
la merce eguale al falario naturale dell'agricoltore o manu-
fattoriere, piìj il bifogno del venditore moltiplicato nella fjl
concorrenza e nella latitudine del guadagno , divifo dalla
fomma óeprodotii del bifogno nella concorrenza, del vendi-
tore {\effo e del compratore .
Se il prezzo è pagato in moneta ( dicono gli economici )
il commercio è tuixo attivo pel venditore, e pojftvo pel com-
pratore; fé quefli paga con altra merce, il commercio è >?-
ctproro; fé il prezzo è parte in merce, parte in moneta, la
quantità del numerario determina il grado di attività o paj-
fìvifà reciproca de' contraenti. Ma quelle varie qualità di
* com-
2^6
«ommerclo importano Tempre un guadagno atW affìvit<ì e
viceoerfaì Importano fempre un' eguaglianza nella reciprocan-
za? QueRo è ciò che bifogna efaminare.
Nella formola di CanardS efprime il valore del travaglio
naturale, e la quantità— —— — efprime il valore del prodotto
delle forgsnti di rendite che gli fono fiate applicate. Per
dilucidar ciò con un efempio fupponiamo con lo fieffo auto-
re, che il proprietario coltivatore di una vigna venda il fu3
vino ad un confunatore : nel prezzo del vino efpreflb da
S + „ ., ,— r- la quantità S dinoterà tutto il fahrio naturale
del lavoro per la coltivazione delle vigne e per la formazio-
ne dJ vino; e la quantità -—r-; y efprimerà j." la rendita
' ^ 13 N + ti'j *■
della vigna , i." la rendita de capitali impiegati per la fua
coltura , 3.° finahijnte la rendita del tfavngito ti:)prefo che
quella fpecie di coltura e la fabbrica del vino richieggono .
(47) Or femplifican '0 !a formula faremo P =: S + R'+R"-fR"'
erprimendo S il falnrio naturale ed R,'R,"R,"' la prima, fe-
conda, e terza rendita. Suppjniam ) ora, che il vino fia ri-
dotto ai acrjUivita ; al prezzo dell'Jntero prodotto bifogne-
rà aggiungere allora il filarlo naturale dell' ultimo manifatto-
re pai le tre fopraindicate forgenti di rendita che fono (tate
impiegate n.'lla manifattura ; quindi farà
V- S + R'+ R"-j- R'"^ % ^ r'-\. r"-f /"
Cosi uaa nazione che vende vino , e comp^l acquaviti
fila in pura perdita pei fecondi valori, e non farà che ri-
condurre fullo fleflb fuolo la derrata nazionale diminuita, di
una quantità eguale al falario naturale del manifatt<^re d'
acquavita , p'ù la quota del valore del prodotto delle tre
forgenti di rend te applicate alla manifattura. Co':\ uno na-
»tom agricola , che abbia Li facilità di efercitare un gran com-
mercio in derrate brute ^ VANTAGGERÀ' I PROPr'J INTERESSI
ili iasione che ^iu fi ejì:?](li3 al CQ.noìercio di I0JJO. Po-
st
117
Potrà opporfi : non rlufcir^ cosi facile ad una nazione
agricola alportare le fue manjfarture , coT)e gli era facile
afportare le Tue derrare brute: la latitudine del guadagna
farà cos'i ridotta a zero , e la nazione travaglerà a pura
perdita . Ma fenza efaminare , fé una tale objezione polfa
reggere conlìderara nel fuo vero afpeito, giacché il falario
naturale del manifittore reità C'mpre falvo , e la naziona
guadagna la fuiriften^a alcneno di ahrertanti individui per
quanti ne fono flaii impi'jaati nella maiifattura, fi fuppon*
ga pure quello caso flraoidinarìo. Quindo ciafctin individue»
è libera di far ciò che vuole, turt* i raftii dell' indfiìria ri-
cevono Tapplicazione di quei capirali , e di quel trava^li'^,
che loro convengono. S^nza che il governo fi occupi al im-
m.iginar leggi proibitive , l'equilibrio fi riflabilifcc- pi^r le
ftelio: l'abbiamo fopra dimoftrato (48; . Que'''a oNj-'Zona
però dimoflra V inutilità di quel precetto del no'ìro Filam-
GiERI (45>), cb'e il lig'nhiore dee promuovere ph cit ogni al*
tra co fa quelle arti e quelle mani fa ture che ir.ìpicgn^o u"a
mago/or quantità di quelle malterie prime che fono i prodotti
del Juo fuolo . Un tale provvediiDenro fupponebbe, che le
derrate pottffero eflere pù facilmente af'portate , riducendoli
in manifutura; fupporrebbe che altrinieiKi potrebbe produr-
fi un rilìagno ne' prodotti territoriaU ; che il valore in con-
feguenza dimìnuifle; che loffe vanraggiofo impiegar q ufte
materi; prime per le manifatture . Or pofì-e quefte condizio-
ni l'attività umana svincolata dagli oftacoli non prendereb-
be naturai nenie nn tal pendio , lenza che una legge ve la
determinane? Sia ognun libero^ diceva QuESMAY (50%"^ f'-
tfvar mi fuo campo quelle produzioni , che il fuo int-rejjet
h ftie facoltà , la natura del terreno gli fuggerifcovo per
trarne viaggiar vantaggio . Perchè negare una libertà egua.e
a tutti gli altri rami dell* umaiu indultiia?
La
'38
La cura t^el governo per accrefcere )a i-icchezza nazionale,
dovrà dunque etìiie queJJa di rimuovere ogni ostaco-
lo all'intero sviluppo dell' umanta attività'.
Ma quefto principio generale, quelìa maffinìà egualmente
vera in ogni gove.no , in ogni clima, in ogni |)eriodo di
civilizzazion" , bafleni fola per determinare l'incovaggimento
dell'agricoltura e d.-lle artii? Non pana il governo accele*
vere il corlo della nazione a quella m ta di perfettibilità
verfo la quale naturalmente fi dirige , ma che tardi col
camrnino ordinario potrebbe cjnfeguire? Dovrebbe rinuncia-
re ad un tncoraggimenta pofiti-vo ? E qu^-fto incoraggimeato
rinvenuto, dovrebbe avere un imiee?
Le (inticipazionl^ dice il D.'Quesnay ■,fte»o /ufficienti per far
r'ifìafare annualmente con le Jpese JcUa ninno d' opera il mag-
gior prodotto pojpbile (51). Ma un tal precetto rientra nel-
Ta dalle degi'inccraggimenti indiretti, e può tradurfi in quell'
altro: le irnpnjizioni non attentino ai capitali .
La fatalità delle fomme di rendita rientri in circolazione , ?
la percorra in tutta f eflenfione i 52; , profegue lo (lelTo autore.
Ala ciò ancora importa foltanto un incoraggimento indiretto,
e fi traduce: h!on vi fieno leggi juntuarie; vi fa libertà di
commercio .
Non ft diminuifca il comodo deW ultima clujje de^ citfadi'
^' (53)1 ^ "'"' y* creda , ciie il buon mercato delle derivate
fia profittevole al bafso popolo (54.) . Scarfez-^a e careftia
è ini feria ; abbondanza e cnre/ìia è opulen7ia : non fi faccia
perciò iibb-ìffare il pre-ano dille derrate e delle mercan-^ie del'
lo flato (55). 5"/ facilitino i mezzi di tr af porto r-^ó) &r. &c.
Ma tutti quefti , ed altri fimili provvedimenti rientrano fem-
pre nella ciafle degl' incoraggimenti indiretti; e la fcuola del
, D.'Quesnay non fa fomminilìrarci un efempio iolo à' inco-
raggimento direno .
Da
*i9
Da Smith fina a Comber gli fcrlttorì Inglefi convengono
perfettamente coti gli economilli, ed efclamano ad una vo-
ce : ogn' incoraggimento è un monopolio , c&e /acrifica una parte
dilla razione agi' intevejji dell' altra .
Intanto l'introduzione di un nuova genere d' induftria ,
l'invenzione d'una macchina, la femplificazione d'un lavoro
è una proprietà efclufiva dell' induflriofo che l'ha procurata.
Egli è in dritto di confjrvarne il fegreto; ed intanto fareb-
be vantasgiofo all'intiero corpo fociale , che uà tal fegreto
noa fi ferbaffe . Il governo deve allora un incoraggi.mentc
pofttivo.. Si comprima la molla dell'onore, diceva il noftro
ri.LANGiERi:con qaefla moneta farà tutto pagato .Ma nella
perfezione della focietà, quando non vi fono altri limiti tra
le varie clafli de'cifadini, oltre a quelli che la natura ilef-
fa preferiva in rag'one del vario grado di energia che u
applica alla concorrenza della perfettibilità fociale ; quando
la ricchezza è un indizio, o almeno una prefunzione, dell in-
telligenza, dell'attività , dell'economia di chi l'ha acquifU-
la , e fuppone le medefime qualità trasmefle con l'indole
familiare in chi l'ha ereditata da funi maggiori; quando la
ricchezza fa prefumere in quefte ultime un'educazione^ pia
accurata ^ maggior difficoltà a commettere quelle azioni ob-
brobriofe che fon provocate dal bi fogno, e maggior attitudi-
ne a difllmpegnar quelle funzioni che richieggono confidea--
za e difinterefle ; quando in una parola l'opinion generale
desili uomini Ci accorda nel prr^c^'gare all'opulenza riguardi
e confiderazioni proporzionate alla fi:a eftnfione, il gover-
no ai dipintivi di onorificenza agi^iungerà un'equivabnte in-
dennizzamenio per chi facrifica alla fccietà il guadagno che
vrebbe p'Jtu'O: ritrarre da! fegreto della fua invenzione. Or
q^U3 i faranno ; limiti di un tale^ ìvdc'iniz-^nmenrol di qu-lto
incoraggimento, pofttivoy chi forma la potetiie molla per ^^'
leTjK
terminar ruomo ad un'utile Invenzione ? Baderà dire ch'eflb
fia ia ragione compoita dal v4ntag:5Ìo chi la foci -tà ne ri-
trae , e deil'ut'le.lie dali'invenziotis pjtea canfeguiru'f ? Ma
ciò farebbe dar3 al p ublinia una foluzione inditerrn;nata, e
«on aHegOire qael linj-rff che fi vuol rinvenire. Scorr amo
per:anto 1' enea "une dell'umana inJuiìria . Qu-h fono i
rap^wd che ie^ano i'induiTriofo al ben effere univerfale r
§. IV.
«
^uai' è r i'ifluenza dJh arti fu ì cojìumì ^
e la potsma nazionale f
OArsbbe un' inutile ridondanza di luflb erudito procurar
di combattere la feotenza di que' retori (57; , che calun*
nìando li natura umana han proJamato l'impero dell' igno*
ranza e dell'inattività, come l'apogeo della Tua perfezione.
Sarebbe forfè urtare nell'errore di coloro che fi difendono
inutilmente nel dimoftrare alcune verità nelle quali luut
convengono , fé dando un maggiore fviluppo a quanto (i è
cennato nel § II. ci fermaffimo ancora a feguir le minuta
circoilanze di una nazione, che dopo di aver accolto nel fuo
feno il facro fuoco delle arti, eftenda illimitatamente la faa
2nduflria,e porti all'ultimo grado quella divina er:srgia^che
forma il principio del coraggio nel militare, del genio nell'
artifla e nell'uom di lettere , della viriìi nel magiftrato , e
dell'attività nell'uomo induflriofo . Prima di noi vi è cbi
Ila dimoftrato fino all'evidenza , che non è tanto infelice
l'umanità per dover effere, o povera, o viziofa; che le ric-
chezze tanto neceffarie alla confervazione ed alla profpefità
degli (iati, non farno che la viriti re(H efclufa Jalle fotietìi
civili; che l'agricoltura, le arti, il commercio polTono bea
effe-
eflere efercìrate àa, mani vlrtuofe ; che il luflb ueflb , tanto
neccflario per la diffuGone delle ricchi^zze , non è in verua
modo incompatibile coi buoni codumi ; che lo fpirito fero-
ce di guerra degli antichi perchè unito alla fpirito di fru-
galità , non è più analogo alla virtù dello (pirico picilxa
e laboriofo de' moderni, p-^rch^ u lico allo fpirito di lutfo; e
che la fjla ignoranza delle diverfe lirade in apparen2a op-
pofte f.a lo'o, ma che in realtà derivano da un'illelib p;in«
cipio e conducono ad un' ifteflo fine, ha potuto dare origi-
ne ad un'errore cosi rattriliatate per l'umanità. Vi è chi
ha dimofirato prima di noi , come una f.iggia legislazione
fervendofi del gran mobile del cuore umano , dando una di-
rezione analoga alla progreffione Tempre crefcente di perfec-
tibilirà, cui 1' uinan g.nere è diretto, a quella paffione prin-
cipale dalla quale tutte le altre dipendono , a quella pafTio-
ne che è nel tempo fteflb il germe fecondo di tanti beni
e di tanti mali , di tante pafiionl utili e di tante paflionì
perniciofe , di tanti pericoli e di tanti ritnedj , polla intro-
durre la virtù fra le ricchezze de' moderni , come le antiche
legislazioni l' intrcduflero già tra le legioni degli antichi (5S).
E non manca finalmente chi abbia dimofirato prima di noi,
che la migliorazione de'cofiumi, la perfezione fociale, quel
iìfiema mirabile di politica che riunifce in una fola famiglia
lutt'i popoli dell' univerfo , e bilancia i reciproci intere/lì
di tutte le nazioni , non potrà ottenerfi , fc non quandi ri-
ìì^ojfo ogni oftiicclo r. ir umana attività ^^o^i. quella fvilupparfi
in tutta la fua energia , ed in tui;a la ferie delle fui mol-
tiplici diramazioni (55?). Sembra perciò, che le nofire ricer-
che debbano limitarfi (all' efame , fé tra tante direzioni che
può prendere l'umana attività , ve ne fieno di quelle che
iacclano dar paflTi retrogradi nel camino neceflario delle na-
zioni verfo quello fiato di perfettibilità cui afpirano • Or
Toin.II. 1 1 vi
vi fono, delle: atti , che ofFeadono 1 coftumi , e, fi. oppongono
alld. potenza, nazionale?, ed. in confeguenza
I
Vi fono (Aclle. (irti , che meritino di ejjsr profcritte ?
I.
Attlvitk dell'uomo,, che travagl'a , riflette il giudizio-
fo Ca.Nard , non è la fola ragione che accumula le ric-
chezze ; poicchè Te il defiderio del godimento attuale fofle:
fempre in equilibrio con quell'attività , 1q (laro delle cofe
Tederebbe tempre Io fteffo ; e fé l'uomo dopo l'origine del-
le cofe aveffe fpefo Tempre tanto di travaglio , quanto ne ave*
va prodotto, le ricchezze non fi farebbero mai accumulate..
Ma r economia con accumulare il travaglio fuperfluo efigi-
bilc ha luccelfivamente create , e quindi perfezionate le diverfe
forgenti di rendita. Quello procedimenti ha però un limite ,
Quanto piti le forgenii di rendita fon migliorate , tanto rae*
no (bo capaci di migliorazjoni. Decreke allora il defiderio o
il bifogno dell'economia , e fi aumenta l'emulazione della
fpefa ; fi diminuifce il numero di quelli che vogliono accre-
fcere la loro fortuna col travaglio, e crefce il numero di co-
loro che veglione far pompa delle loro riccchezze per o-
ffent azione . Qual è la cagione che àk un prezzo eforbitante
a quelle rare gioje,, delie quali ama ornarfi l'opulenza? Per-
chè un fine merletto orla la cuffia della femplice contadina ,.
ed hanno i fuoi abbigliamenti il colore e gli apparecchi eftra-
nei alla commoditk? Tutti gli ornamenti, che decorano gli
appartamenti del ricco, le dorature, le fcolture, che l'arte
fembra aver diflribuite con gullo per allegiare la nodra vi-
fìa j, fon. il tra forfè fuorché caratteri magici che prefeatano
que-
quefla ifcrìzione : ammirate come io fon ricco ^ mnnir/ite quel
che io pojjcggo e tioti mi è necàjjnrio {60)?
Ma qu..'lti) liijji di o/ìunfa^nione , confeguenza neceflaria
dello fjMrito di economia giunto al fuo limite , è la caufa
unica dell' equilibrio e della circolazione delle ricchezze ac-
cumulae dalle nazioni opuleru^; è il LoavenltnrQ /^bjjoy pet
adottar a frafe del ncllro Filangieri , alla pli-tcri^ , che mi-
naccia la loro politica cliitenza. Invano fi farebbe ricorfo al-
le Tempre grav-fe ed ini; ot;nti lei^gi funtuarie. Quanto piiì
gli oggetti hanno attineuza alla frivolezza, tanto meno fono
capaci di cffer pr^fi in veduta oal legislatore . Non avendo
alcuna aderenza C( i nolhi b'iogni, c(Ii sfuggono qualunque
viijilanza; e il genio fecondo, che giornalmente crea nuovi
mezzi di lufinga al gufto dell'opulenza, rende in'erniiaabi-
11 i lim'ti e le diramazioni de'diverfi capi del luffo . La
legge volteJigiando da oggetto in oggetto perfi-guiterebbe un
tantafma che gli fi dileguerebbe fempre davanti [61) .
Ma fé ogni liinitazione è inutik" per le arti frivole , è
ingiuRa ed opprelliva per q ielle che non prefentando una
utilith apparente fon claflificate per oz>ofe e /ìcrili . Ram-
mentiamoci, che l'uimano ingegno non è giunto ancora alla
fua maturila: che gli refla ancora a percorrere uà lungo fla-
dio pria di giungere a quella me:a di pt-rfettibiiìtà , che fol
rimila da lontano, e che tra C( ntinui sforzi potrà foltanto
conleguiie : che la llrada che dee battere prefenta ancora
ofiacoli invincibili : che fptffo la d fircohà del cammino
è ftaia fuperata da un tentativo che avea dappri.na tutt'i
caratteri dell" iucotifeguènza , e che poi il folo azzardo ha
giuflificato. Noi deridevamo non ha guati 1' alchimia e l'
aflrolcgia : i Romani bandirono dalla città i matematici.
Intanto da quefte arti chiamate /ìcrili , dal travaglio accu-
mulato di quefli pretefi ozitft , qual vantaggio non ha ri-
* trac
244
tratta la focleta ? Qual alto grado non n' è derivato dì col-
tura e di civilizzazione ? Deporto il carattere d'empirifmo
la chimica ha offerti all' umanità languente i più efficaci in-
fieme e femplici mezzi per l'efercizio dell'arte fa lu rare ,
uientre ha moflrato all'agricoltore la migliorazione delle
jerre , al minatore e al metallurgo i mifteri della fufione
e delle leghe, ed al manifattore i principi invariabili dell'
iiìibianchimento e della tintura . L'allronomia rivelava in-
tanto le conofcenze de' tempi ; determinava le latitudini, le
Jongitudini, la iorma della terra; additava al navigatore la
lirada dell'oceano, i lìmiti del mondo, e fottometteva al
Càlcolo le vicende capri<:ciofe delle maree . Una nuova ar-
chitettura preparava la coOruzione di quelle citta natanti
che relhingono le difìanze de' più lontani popoli, e le arma-
va di que'ftblimi oro!o2,j, ne' quali come in riflretio fpec-
chio fi dipingono le celelH rivoluzioni. Il genio dell'archi-
tettura idraulica rendeva tributati alTagricoliura gli fìeffi
torrv."nti che erano flati la rovina de csmpi , e col livello
alla mano diflribuiva le acque alle campagne , le imprigio-
nava neoli argini, afciugava le paludi, ed ornava con fiu-
mi artificiali le popolofe città ed i giardini del ricco . Pre-
fìdrono le fcienze chiamate flerili un fifìema economico di
forze alla moderna architettura ;, il corfo delle acque , il
foffio de' venti moltiplicarono in diverfi modi la loro impul-
fione ; il fuoco rtcflb fu trasformato in moto artificiale , e
con la forza efpanfiva de' vapori creò gigantefche trombe
che con un folo impeto di querto ftraorditjario motore fan
le veci di mille braccia , e che una reccntiiuma fcoperta
rende applicabile ancora a numerofi rami d' indudria . La
meccanica moltiplicò tutte le forze con 1' arte di rifparmiar-
ne l'ufo. Il genio militare flefib vidde ufcire dal feno del-
la geometria una tJuova tattica; foflituire fcientifiche formo-
Ic
1
]e per attaccare e difendere le fortezze, regolare il corag-
gio e dirigere il volo della morte . Q_uale (ar'a il Umitc
da imporfi all'umana induftria ? Oferemo comlannare i fuoi
sforzi generofi ? chiameremo più flerili i fuoi ingegnofi ten-
advi (6 ili
Tanto d lontano di doverfi prefcrlvere un limite all'lnco'
rag!^imento\ di qualunque utile invenzione , che i /e«^<?nu; Refli
meritsrebbe^-o di elfsre incoraggiti.. Ma un tale incoraggimen-
To efl'er dee\fcmpre proporzionato all' utile generale , ai vantag-
gi che la ficicrh può ritrarne. Alcuni fovrani dell' Afia pro-
mettevano Àelie ricompenfe agi.!inventori di nuovi piaceri»
Quelli re agivano allora da privati; efO profondevano i loro
tefori come qualunque altro proprietario che abbia una malfa,
foprabbondaiue di capitali, e dvz dalla, natura coordina'rice fii
d^termato a farle riduire nelle mani degli op?raj inluflriofì.
Noa mancheranno nelle focieia opulenre de' Luculli e de' Tri*
raalciooi difiTipatori, che reflituifcono l'equilibrio politico, co-
me le tempelie reflituifcoflo l'equilibrio nell'atmosfera. Uà
r; amniiniflrator prudente dil patrimonio focale non fi per-
roetterh certamen'.e una ingialla preferenza ; ed economizzando
le largizioni , dìffonderk le riconipenfe : come in una ferie di
rubidi vario diametro, roa reciprocamente communicantifi , uà
fluido all'ifteflo livello, ma inegualmente fi d'ffjnde . Non fie-
no oflrutte le comunicazioni reciproche tra le varie forgeiiti
della ricchezza fociale ;, gì' incoraggimenti allora non faranno
Eìai abbaftanza, e non vi è tema che l'equilibrio venga per
un momento perturbato.
E' dunque la confervazione della liberta di quelle recipro-
che communicazioni ciocché forma tutto il difficile della
Icienza economica; come confervare il libero efercizio, e la
perf-'tta reciprocanza dell'energia di tutti gli organi, forma
le llato falutare di qualunque corpo organizzato. Ma quali
fcao
ì^6
iuDo le condizioni indifpenfabill di una 'organhia^jone^ Unì'
foiiuitk di principj , concorran^a reciproca ad un'azione co-
f^''irante. Ecco la caufa e la ragiona nel tempo fieflb di ci5
che iì chiama cofìum; Ti.izio>iah'. -eco ciò che forma V indivi-
{luaitià di una nazione , e la caufa e la ragione nel tem-
po llelfo della di lei potenza . Quella Individualità che riu.
nifce oli uomini in famiglie , le famirjlie in nazioni, e le
nazioni in fine in un filtema di reciproca relazione e l'caiir-
bievole dipendenza , è Itabilita nelle leg^i iminurab'ii dell'
ordine , che menrre lega gli elferi più lontani , e compone
J'arrao'ica economia doli' univerfo , divide quello gran fi-
ftema in altrettanti fiflvimi parziali per quante fono le cor-
porazioni a cui poffono applicarfi le idee ontologiche à' in-
dividualiià . Altra volta le arti e le manifatture firmava-
BO quelle individunlità parziali^ e poteano conliderarfi "come al-
trettanti fiRemi ilolati , comprefi piuttolto nel gran fiftema
razionale , che formanti gli clementi di elfo . Gli fcrittorl
di pubblica economia fi fono sforzati a dimoltrare i djnni ,
che ne rifultano all' intero corpo fociale non folo , ma al
perferzionamenro ben anche delle arti e delle manifatture
che fi credeva cos'i potentemente incoraggiare . ESendiamo
qaede idee: qualunque incoraggimento abbia PRfNClPALMEMTE,
ed UMICAMENTE in -veduta i' ordine generate dell' intiera focie-
tà ; l' incoraggimento fpeciale prenderk cos'i il Tuo polfo coti-
veniente. Or come potrà effer confeguito queft© fcopo?
§ VI.
247-
§ VI..
^afe dovr^ efjere la cura del governo relativainenfe
alle arti , fui r/tpporto de cofìumi e della
potenza no-mionale ?
V^Ueft' ultima ricerca, comprende la foluzione del poMem.i-.
in tutta la fua eltenfione . Ma è cos'i grande la forza
della verità, eh' e(Ti fi palefa a primo afpetio nel fuo mag«
gior lume.. Tacito, fi è detto, parlava breve, perchè molto
ed, eftefamente comprendeva; e cjuefta invidiabile brevità,
quefta necelTaria. caratteriftica di quella, luce divina, che rt-
fcalda nel tempa fte(To tute' i cuori, e conquide imperiofa-
mente tutti gì' iinelletti , dovrebbe acconpagnar principalrniti-
te gli fcrittori di pubblica economia , il neceflario oggett» de
quali è di molto ed eftefamente vedere. Concentriamo per tar.-
to le no(trp idee •
La terra non form.* peretTa flelTa la Tergente della ricchez-
za nazionale; quefta non confifte , che nel lavoro accumola*
to deli' uomo, che fi ferve della terra come di una m.iteria pr'f
nì/t^ e come un prinàpnlc /ìrumento del fuo lavoro. I. priint
r.ifuliaii di quelto primo lavoro fono, i prodotti dell'agricoltu-
ra. Ma fé una nazione induftriofa fi limitafle a quefta pri-
mogenita delle fue arti, la di lei efiftenza farebbe precaria,
per quinto fertile fode il territorio, fui quale eferciia il fuo
lavoro. E' neceflario per l'ordine fociale che forpa una. clafle
intermeiia tra i proprietarj e gli agricolrori : è neceflario
che oltre ai mezzi di fufl'flenza una nazione trovi nel. foo
feno gli elementi di quella energia, che foUetichi il confu-
nvatore a diff'oodere tutio il fuo fupeifluo, che inviti l'iodu-
(biofo al lavoro, eoa U fpefània del maggior utile, e che
ali.->-
14^ . . . . '
alimentania nel tempo fteffo lo fpirito di economia e Io
fcirito di confumo, leghi tutte le claffi della focieta con re-
ciproci rappoiti di bifogno , e follei3ga a vicenda l'emulazio-
ne fociale e l'equilibrio politico. Una naziorie , che noa
trovi oracolo all'iniieto fviiojtpo delia fua energia, mentre
ipan-^e il maggior luRro nelle fcienze nelle arci e nel coca,
mtrcio, brilla eminentemente per lo fplendor delle armi quan-
do ad effe rivolge la fua direz'one. Si rimuovano perciò tue-
ti gli onacoli che impedifcono la totale efpanfioae dell'umana,
attività . Non fi creda pertanto poter confeguire un tal riful-
tato eoa privilegi , e diftinzioni accordate ad alcune clarfi.Ogii
iacora^gimenio parziale offende con l'intiero corpo fociale quel-
la dalie (leffi d'induflriori , che fi prende in veduta di fpecial.
mente favorire . GÌ' interiffi di tutte le claifi produttive fo.io
scambievoli : eff'e fi reciprocano ai-nichevolmente i vantaggi ,
Ma il proprietario di un' utile invenzione fé facrifica il fua
ìntorefie al vantaggio generale, fé pubblica generofan^nre il
fuo fegreto,è in diritto di afpirare alla pubblica vicjnofcea-
za , è in dritto di riclamare un compenfo , ed il governo
gli deve allora uu iricomgs^imemo pojnìvo. Ma quale farà il
ì'imitc di un tal incorasgimento ? Le arti frìvole non ne deb-
bono eff.Te efclufe: effe fuppongono un tale raffiumento dì
gufio, una tanta elevazione di genio, che moffrano lo sfor»
zo dell'umana induftria per riftabilire l'equilibrio di quelle
enormi malie di capitali, che il corfo neceffario dello fpiri-
to di economia ingorgherebbe altrimenti in poche mani: fo-
ro effe il faU^jJì conveniente alia pletoy'ta dell'opulenza, ed
il governo non dee privarfi di farne impiego. Le arti oz.'o-
is preparano fpeffo i più grandi vantaggi .• tutte le utili in-
venzioni fon fempre fiate precedute da tentativi infrhttnofi'.
quelle arti fleffe , che la pubblica autorità perfeguitava , e la
ptibblica opinione derider , haa moftrato ai giorni noflri tutta
l'in-
__ . 149
riagiuftìzia di un tale proed^iménto .' Sonò effe che hatiao
innalzato al più alto grado la nodra civilizza^iooe , e raa-
te riforfe han fomminiRrate all'opulenza, ed alla forza ifa-
zionale . L' innraggimento non avrà dunque limite alcuno in
rapporto alla fua direzione , Ma quale firk quello iocoraggì-
mento? Se la nuova invenzione prefenu una utilità calcola-
bile , il governo ftabilifca il grado deiU ricompenfa con la
legge ordinaria delle determinazioni de" varj valori ; ma fi
adotti generalmente la legge di SoI( ne (55) : eòi fa pro-
gredire un arte qualunque ver/o la fun perfezione , abbia una
pcJifinne che a/ftcuri la fua /uJJtfìi:nxo , e un diflintìvo di ono»
re che rammtnfi i fuoi fervtgj refi alla patria.
Tornii. j5 KO-
2SI
NOTE
(i) Filangieri, Scienza della lej^islawne , ec.
(a) Il lìlkma di quello autore è poito nel maggior lume fieli' ^iw/Vm Jo«"i
mes di Mirabeao , e nelf OrJre naturel <& eremiti des fmités polìtifjuts àt\7.
ab. de la Riviere. Gli Encidopedilli non han fatto che elporre la dottrina
di Quesnay neh'' articolo Agricole ( peuple ) deW Encyclopedie methodìgut ,
che gioverà nfcontraie .
(3; Ordre natirel & ejfentìel ec, r. 157. Si vegga perb la nota (<f4) .
(4) Si conl'ul'ino oltre gli autori citati nella nota (2) : An inquiry tnto
the nature a 'd caufe of the luealt of nation , ùy A. Smith L-^nns aux i^o^es
no male! , par le e. P'aridermsHde ; Traiti cT Economie politirjiie , par /. B.
i. ay ; De la rie beffe commerciale par J, C. i. Sismonde; Principes de T ec*'
ìivifiie politique , par Canard , er, ef.
(5) Con queflo nome in endo i feguaci della fcuola di Qiiesnay.
(6) L' Acc. imp. di Wiina ha propollo nel giugno del 1801 il problema:
,, Detetminare i punti su cui fi accordano le idee madn di A.Smith con quel-
„ le del D.' Qijesmy , e q-iili qjelii fu di cui d fF^rifcono quelle idee, o
,, anche lono interamente opporle „. Vedi la memoria del fit^. S'smondi fu.
queit'' oytjetto nel I. Vnl. degli yltti della Sacietà Italiana di Lizerno .
(7) Smi'h, Say , Sismandi , ec.
(8) Vedi t;!i autori citati alla nota (2).
((;) Vedi la nota in fine .
(10; Vedi r r.lfai far les periodes de la civilifarinn par M- Tourton^eon
negli i^tti deW Ijistuto di Francia y anro «809, feconda clafTe.
(11) Mentre la Provincia di Lecce è la più fpopolata djpo la Capitana-
ta, il piccolo di detto dei Capo-I ipig-o formato di foli villat;gi ha una po-
polazione di quafi 200 anime per pg-ii mitjlio qu?Hrato .
(iz) La nollra collina di S. Martino, Rocca di M.trigl'ano ec.
(ij) Loke (laLiHiva la p'opnrzjon'^' del valore tra le terre incolte, e le
coltivate come i a 100. '\r'uro Joupt: dimolìra rella fua Aritmetica poli-
tica , elle gli oggetti confuma'i v.T'gnno a un di prefTo il qnadruplo de pro-
dotti hit ti . Ognun vede quanto que'H calcoli fi.im arbitrar; .
(14) Smirh.'b. II, e. I, t. 1', ib'-ì. e. V , t II.
(15) L'' educazione lunga, e coflofa ds'giovani artieri Cerve a rendere p;u
proficui i lavori che intrapTendono , ed è un capitale in confeguenia che.
fi accrelce alla fccietà di cui fan parte .
(t6) Così è (tato nominato dai fig. Siimondi , Ri(hejfi commerciale 1. I.-
e. IV t. I.
(17) L'Inghilterra . Vedi la nota 17.
(tiJ) Tutte le condizioni da noi richiede per avcfì un pepalo agricola fup--
pongo P intiero fviluppo d?lla perfezione fociale. Qfieiìe condizioni mancano'
in gran parte ne"' popoli della Laconia e della Polonia da noi prefi perefeni-
* pie
•0
252
pio? Nulla di piti vero; Ma cib dlmoftta femprepplti che fa perfezione de&-
la coltura fociale è incompatibile con un p opolo erclufivamente agricola .
{19) L. XVIir e. III.
(zo) Si vegga in appog" o di quefti fatti, per la Laeoaia Arinotele Tlohi-^
fiTniif Ti B. K. 0., Tucidide ec^i per iìPoìoan Ruliere HìJìoÌKe de Panar-
thje de tolog'ìi .
(.21) Io non poflTo giuflificare che in quefio modo le ftrane idee di Mon-
tesquieu nel fecondo paragrafo dei C. 15 L. 2? dello Spirito dtlle Leggi .
(12) Gli entufiaiii di Sparta hanno il coraggio di lodare anche tanta ini-
quità . Z,/V«»-fO , dicono eflTi, ofd'tm i^ efpoft^ione de fuwiulli mal conformati:
tanto egli provvedeva alla roòi4,'{ezza , e perfezione dè^ cittadini della fua re~
fubbtica ! ! ! Ma come giultificar poi T orrenda caccia che facevano i gio-
vani Spartani degi' Iloti onde impedire la loro moltipJicazioae ?
(i^) L'abolizione della tratta de' negri fa l'elogio della coltura de' nortri
giorni. E pure fé la nazione ing'efe fi è purgata di quella macch'a , ciò è
dovuto alla magnanima filantropia d'un privato . Si vegga 'C Aòel:tio-i of the
slave trade di Ctarkson .
(14) Vico, Scienza Nuova.
(25) Ariilotele L. e.
fzó) Sapp'^an) di Ariljtete, che gli Spartani per foddisfare al tributo lo-
ro impoflo da'SiTi) onde ricupera'-e la libertà, non trovarono altro elpeàien-
te , che di digiuna-e pir un giorno elfi , le loro famiglie , i loro giumeiwi ,
ec. A chi non è njti lo Ihto ecinoraico della Polonia ? ,, Le Tue derrate
„ ùendevano pe'di lei fiumi per elfere trafportate in paefi llranieri fenza
,j che lor folle data alcuni preparazione ; i fnli doni della natura formavano
„ tutta la rendita delja nazione, ed efTa fi affrettava a disfarfene per dirluo-
,, go ai doni che la lì.-T;] nitrirà onmi-tiea per l'anno feguente . l'ra il
„ no'jile e lo fchiai/o altro intermedip non v' era che un popolo Ihaniero ,
3, Sili ESrer . U:!"" intiera razza che dee^Jprrnate la mera della nazione man-
„ cava alla nazione polacca ,> Sismond' .
(^7J 11 ^^Jantunque la mas>gl'ir parte deg'i fcrittori attribuTca la decai^en-
j» za dell'Impero Romano a cagioni yclie lembrano eftranee alle finanze , ru-
,, re non è men vero , che il loro disordine molto vi contribuì „ Roriffelct
^e ^u"gy , Difcours pfeluniNaire a la partie Finances de /' Encyclopedie Me-
thoSnue.
(3 ) Gli Arabi.
(29) Si fanno fpelTo di.-'' paragoni tra pipnii e popoli , tra antichi e modem?,
ec. ec. Q;ie.i? falfe analogie conducono ad errori. L' ahi 1 zone della fervitù
perfonale; lo (labilimento del clero, e perciò 1' iflrnzione gratuita e la diffu-
(ìone de' lumi , prnmolTa in feourn snche più dell'invenzione della carta,
dalla f1?mperia , Hp'^iorr.ili ; l'irfl'ienza della polvere da cannone , dell' u io
della buOola , del.' iiìitti7Ìone delle armate reeolari , delle ambifcerie ordinarie,
delle pode, de' tele.j|rafii ; la talTa regolare deiP intereUe del denaro, la rego-
tarità delie impofiiionj , l'idea del credi io pubblici; la voga e ia moda.
liforfe ÌDcakolabili per le petfone induOiiofe, ec, ec, ec. non « feparaco
per intervalli immenlurabili dall" economia politica degli antichi 2 5>i aggiur-
gaoo a ciò le nollre rifle/Koni del §. ■?, • , ^ l
(joj Levefque Rechinlje fur la ruheffe & la mat'ert. de vivrt dts A-ht-
nens. Solone avea divifo il popolo d'Atene in 4 claOi , e proporiionata la
contribuzione ai var; blfogni de' cittadini . Il b'ifogn^ fifuo non dui^ea eiTer
laffato: così rulrim:i elafte de' cittadini nulla contribuiva. L utile era talla-
to a vane proporzioni nella 2 e 5 dalle .• non era giuìo che il fuoerfiut
della 4 dafle log^atefTe ad una forte contribuzione . Cus) la grande^^a dei
Jiiperfluo,t[{{eue MTnteiqtìiej , «."H'V-r H Superfluo . Oltre alla taffa reale,
dalla lettera di PiMrato a Solone 11 rile^-a , che gii Aten.-fi loiponevin-. il
decimo iul valore delle mercanzie importate nel Pireo. Q.u'in ralla psro cu-
be ddle variazioni, e fu in le^uito rdotta al uisellmo c-d anche aj cenreli-
mo : il c!ie dimoerà ne'lo Hello ternno , e la floridezza de! corcTiercio ,_e a
favia amminilka-iione delle finanze ci' ^ rene . Un pop-lo che d'm nuUce le
fue impofizioni può egli mancar drifrrfe? Bifidi:: effe- rrtitic nniV) '■■^- '":1
ertfcime>ìto delti popolazione , che all'' ■■'Cfrefcimenio de! 'e rendile (e la aVVI
maffima di Quefaay , ed io cito quell'autore pe'ch gli --S^^' 0''," "''»
vorranno, certamente dilTentire dal fuo avvifo ) : vi. è fèmpre u;. arm ra ove
non manchino mezzi di fuflìflenza . Cosi gli Ateniefi accr-lcevAuj la. loro
«hiatnando anche i foreflieri a' loro flif eadj .
(51) Sismondi . s r r
Ui) Non percib 1" inCerae d.-ll' ammininrarione d' Co!b.'rt è Terza di-
fetti, o il modo d'incoraggimtnto da lui adatto per le ani è cnmmen '?vo-
lo. Ma conolciamo noi la ihntica della Francia a quell'epoca per^ decidere
fenza timore d'inganno d«ir a<it;iuilatczza de'fuoi procedimenti? D altronde
il grard'' uno dato dell'energia nazionale per rianimare la di lei m.h:llrra,
non baQa folo a formar 11 elogio del fuo minillto ? Infelici circodanze eligon»
pur troppo flraordinarr efpedienti . ir*
(??) Se n trafciirano le arti , riflette Trutore dello Spirito deUe Leggi
i.XXIIIc. 15, fé fi limita un popolo alla fola ? urcoltuia , il Tuo paele non
può tffer popolato . Quelli che colmano o fan coltivare, avendo un avan-
zo , non hanno impegno di lavorate per '.'anno feguente r i frutti non po-
trebbero elier confumati che da genti rz'ole , e eli oziofi non avrebbero
come comprarli. Blogna dunque "che le ani fi llab'lifcano , perchè i frutti
fieno confumali dai lavoratori e dagli artigiani . In una parola negli ftatl
agricoli è necelTario che fi coltivi al di là del neceflarin .• bifopna dunque dar.
loro un dePderio di avere un fuperfluo ; ma fono i foii artigiani quelli che
polfan dare un fuperflno •
(i4) Filangieri L. Il e. i(5. .
(^■ì) Si vegga l'Enciclopedia metodica , Economia politica , alla voce^fr/-
tole { pep'e ) . Noi non ne analizzeremo che z\c\.>at , eiTendo le altre di
ìina tale eiidenza che a primo tolpo dlocdya & manifellauo «oeieoii alle
aortre' idee .
{-•6) M.<frima IX". V
(56) MaOi^a XVif. "^ _ . - - ^57i
^54
(5?) 1" II tap- lo»*
(58) Mafl'ima XXV.
(j9) Maffima XXIIL
(40) Maffima XXIV.
(41) Miffima XV f: .
■(42) L. II e. 21 . Si vegga ancora .^o inqu'iry &C' Ricerche fu lo fiat»
atlla fujjljienza nazionale in rapporto ai progrejfi delle riechezze e della poi
poliizionet di W. T. Comber-London 1808.
(4,) Si confultino gli autori citati alle note (2)^4).
(44) Si faccia lemnre aftrazìone dall' aumento di valore della merce pro-
dotto dal travaglio de' commercianti . Una merce trafporcara in un luogo di
più facile confumo crefce indubitatamente di valore : ma un rale aumento
non è l'opera dell'agricoltore , o del manufatturiere . Traile et é commi e po-
lititene , liv. I. , eh.' JiXlU.
(45J Per le ifteOe ragioni delP antecedente nota é per noi indifferente , che
un tal baratto fi eferciti fui mercato nazionale o su quello dell' eflero.
{^6) Principj d'' economia politica , cap. III.
(47) Vedi la nota ■i')j- , . . . . . ■
(48) Si vegga lo (viluppo di queda verità ne' PW«f/f/ tt Econcmia di Ca-
nard cap. VII. ., . -■ ;} ;.■-).. ■
(49)1. il e. XVT. ■ • , i ■
(50) Madlma XflI.
(51) Maffirr.a VI. Quefìa , e le feguenti niafTme cbe il D., Q.ue?nay li-
imitava alP agricoltura , fono egualmente applicabili alle arti e nisaif<itture •
(52) Maffima VII.
(53) Maffiima XX.
(54) Maffima XIX.
(35) Maffima XVIIL
(57) Come mai l'autore del Contratto fociale poteva Dudrire idee così
firaordinarie? Come una focietà rifpettabile ha potuto coronarle? Cometar-
io il genere umano à potuto applaudirvi ? Ad onta del gran nome che Ci è
acqui iato Torator Ginevrino pe' funi eloquenti paradoffi , io non terrò die-
tro nel reflo di quella memoria alle vatie fue declamazioni.
(58) Filangieri, lib. IV.
(59) Cnndorcet .
(60) Pr ncipj di economia politica.
(61) Filangieri ,Iib. II e. 57 e ?8. "Vi è però qualche.rifleffiione a fare
4i 'e idee di queóo autore, e di altri che dividono il di lui avvifo fu la ne-'
ceffità del'lufTu p.ìffii'O in una nazione opulenta. L''ecceffiva abbondanza ai
numerario non fi avvira giammai quando regni libertà di commercio . Se il
valore de' metalli prezipfi è per poco avvilito nella nazione commerciante ,
r imporra7Ìone delia moneta diminuirà a. proporzione , e fi riflabilirà allora-
l'equilibrio col folo andamento naturale del commercio.
(62} La rapi-fitàdi 'quelle vedute potrà indurre qualche lettore in ingan-
no, e fargli credere che uno fpirito di novità ci abbia uafcinati oltre i li-
mi-
255
aliti d'un accurato efame. Siame l'a Jovere perciò di far riflettere^r
I. Che il dotto e profondo Vandermonde fonda per cardine dell'economi»
politica la mafTìma di dover dare ai BISOGNI FJTTIZ} la maggiofe tjltn-
/ione po(fib>le ( Lecfn% aux écoles normites ) , e non elìta di efclamare nel-
le augu te artemblee che riuniva i primi tjenj della Francia, che tille femme
de Paris <jiii ne s' ejì jamais occupée que de sa toilette , mais qui avait de
i'^éfprit & du goùt , a fait plus de bici <> la France par P exttnfton qu" elle
s do mie à >ios niodes , qiie /' hmme. gautlument aujìire qui déclame contre
la frlvoliiif ( ibid. to. 4. )
If. „ Che dopo 2ooa anni foltant» le fpeculazloni degli anticfei geome-
» tri iulle curve che genera la Celione della fuperficie d'un cono per un pia-
„ no , e eie avevano tutta l'' appare'iza d^ una futi!* ricerca, han fatto fco«
}, prire a Keplero le leggi generali del liftema planetario ( Ls Place mechs'
„ nique télejìe ) .
Che gli areojìoiicì , oggetto creduto, di mero divertimento , fecero guada-
gnare la battaglia di Mauèeuge , e che un areoftatico d"" elfervaz'ove è d'al-
lora in poi una delle maggiori fuperiorità che pofTa avere un Generale d"' ar-
mata fui nemico che n'è privo ( Monge nella fu» Geometria defcrittiva da
i metodi per proiettare le carte topografiche fu gli areortatici ) .
Che i fenomeni della calamita fono rtatj giuochi infantili fino al XTt fe-
nolo, della nodra era; quandi un noilro compotriotta mife a profitto la pi&
bella, la più importante delle proprietà di querto minerale (Si vtgga Haiiy
nelle fue Lezioni di fifìca ) .
Quefti efemni potrebbero molr'plicarfì all'infinito.
(6 ' 1 Tflir ttfiifny tiira rie» ittun-j ovb ff^^tvn n Tta\v w Ylpvfnftì^ >,»(ilScinn
jwt, venieMt. LtQQk ATTltHc. ."
ìi^
£3^
NOTA generale;
Amarao Smith ( B. II e IH ) Iia veduto che il lavoro àìrettòvetk Turf.
Ik.i , cioè verfo i godimenti che 1' uomo può procofare all'umana fpecie
può avere due differenti tifultati , Qualche volta quello lavoro laFcia dietrd
di fé una produzione nuova o migliorata , la quale per l' aumento del fuo
valore rapprefenta tutto il travaglio che gli ha data origine : così il vafo
che il vaiajo ha formato pagherà allorché farà melfo in vendita tutto il la-
voro che r artefice vi ha impiegato . Altre volte il lavoro , quantunque de-
fiinato al godimento ddl'uomo, allorché finiCce non lafcia di fé veruna trac-
cia , e non ha prodotto die un j)Ì3cere fuggitivo : così un mufico dopo dì
averci incantati coVuoni del fuo iltrmnento , allorché A /no lavoro 8 ce/Tato
Dflti lafcia veruna produzione che polla divenire una mercanzia , ed accumu-
lali'; per arricchire una nazione , barattarli con una nuova ricchezza , e ps-»
gare un nuovo lavoro • Dietro quelìa oJfervazione l'autore inglcfe divide i
lavori produttivi da i ìim-preduttivi , e riconofce ne' primi quelli che la-
fciano dietro di efll oggetti capaci di efler calcolati nella ricchezza nazionale,
e ne' fecondi quelli che jiuila aggiungono al capitale barattabile della tijzìo-
ne , ferthè il vantaggio che fé oe ritrae cella al momento in cui finifce il
lavoro,
I! (ìg. SisRsondi ( RichelTe commerciale L. II ) feguendo quella divjfione
comprende nella feconda clafle :
1. Qucl'i che affinano i loro fervigj alle dalli produttive;
2. Quelli che lor vendono de'godimenti'i
j. ■Quelli the ne flrappajio i ioro beni per mezzo della forz^~, òell'aftuzia
o della pietà .
Nella enumerazione poi di quelli che compoogoiro quelle tre fuddivifioni ,
51 /ìg. Sismondi colloca tra quelli che affittano i loro f»rvig; , j primari ma-
giflrati e i domellici ; fra quelli che vendono de^'godimetiti , i iìlofofì , e
le meretrici , ec. ec.
Se la prefepte Memoria aveffe potuta avere tutta la fua tPenfiont , l'efa-*
me della giiiiizia di quelle claflificazioni ne avrebbe dovuto formare una
parte eff:nz>^'i(]ìmi: . Ma una memoria accademica è limitata ad una lettura
pur troppo determinata, e fpeffo bifogna facrifìcare all'idolo della noja che
5 innalza dopo un'ora ad imporre fìlenzio co' faoi contorcimenti. Una me-
inor'a non è un trattato : pcrcib io fcrittore di quella riferba 1' e/ami del-
te clajjìfic/tzioni /odali ad altro tempo ; come ad altro tempo riferba la
sviluppo di molte iltre propofizioni che hanno l'apparenza del paradoffo ,
Tutte quelle memorie fecondarle faranno altrettante note giuflifìcative de' fat-
ti, o delle teorie che qui fi fuppongono. Ma p« ora chi poiri deterrainar-
re il numero }
SOLUZIONI ANALITICHE
DEL PROBLEMA DELLE QUATTRO SFERE
Condotto a fine col metodo delle Coordinate
DA F. P. TUCCi;
L'
Oggetto del problema delle quattro sfere è di eoflruir-
ne una, che ne tocchi altre quattro date di fito,e grandez-
za. L'infigne Geometra, Fermzt , fu il primo a rifolverlo
adoperandovi i foli princip) elementari di Sintefi ; e Carte-
ilo, che glie lo propofe, lo afficurò di averlo anch' eflb rì-
foluto, febbene non fi faprebbe addurre il motivo, onde una
tal foluzione non fi ritrovi nelle fue opere. Uii'ahra foiu-
zione (ìntetica del problema delle quattro sfere fi dee al Si-
gnor Hachette (*) : efla però richiede la conofeenza delle
curve coniche, delle quali l'autore fi ferve.
Il problema del quale fi tratta è, al dire di Montuclai
uio d; quelli a' quali 1' Analifi moderna fi applica con diffi-
colia. Eulero il primo s'impegnò a fuperaila; ma non f.>,
fé la fua difll-rtazione Analitica regidia'a njll' indice delle
altre inedite, fi fia finora data alla luce. L'unica foluzione
Analitica del problema dello quattro sfere, che pofla dirfi
con:>pIfta, mi fembra eifer quella del Signor Fran^ais {**) »
Tom. IL 33 il
(') Correfpondcnce de 1" Ecole Polytechnìque n. ii, FruSidor , an. Xlf.
(*"; Corre pondence de 1' Ecoie Polytechuique n.u, voi. 2 , Janvier i8ic.
*5^ .
Il rifultAtJ di effi dà tre equazioni a tre Iperboloidi a due
nappe ^ Mediante l'eliminazione fi riduca l'autore a ritrova-
re rinterfezione di tre fuperficie conidie, ed ingegnofamen-
te la determina fervendofi unicamente della regola , e d^
COiìlpaJfo .
Le foluzlonl , che io vengo a dare del problema di cui
mi occupo non fono dedotte, che da'primi principi del meto-
do delle- coordÌ7jate : poiché mi è fembrato , che quefti foli
fiano baflevoli per confiderarlo in tutta la Tua generalità , fenza
far ufo d'Iperboloidi di rivoluzione, di fuperficie coniche,
o cofe fimili . Prima di tutto ritrovo col fuddetto metodo
il fito del centro djlla sfera domandata, e mejiante lo ftef-
fo pervengo direttamente all'equazione che dona il fuo rag-
gio, fupponendo ignoto eflb folo . Enumero i cafi de' quali
il problema è capace, ed il mado onde dall'equazioni finali
fi pofìTono ottenere i corrifpondenti valori delle radici , ed ho
a queflo propofito l'opportunità di notare un cafo, che noa
fi pTiò rifolvere alla maniera degli altri jefTo fi verifica qua-
lora una delle sfere date in fé racchiuda le altre, come fi-
ì\ notato a fuo luogo. Q^ueflo efame completo del problema
delle quattro siete è applicato benanche al problema analogo
de' tre cerchi; ed in fine è abbozzato il modo, onde fipof-
fono collo fleflb metodo rifolvere gli altri problemi appar-
tenenti a'contatti sferici, e circolari ( che per altro fon fa-
cili ) , affinchè fé ne abbia una completa analitica efpofizìone.
§ I.
§ I. locomlncio dairaccennare In brave i e per quanto
balU al mio propofito il paflagglo di due coordinate rettan-
goli? da un' affé ad un'altro; poiché me ne fervo più volta
nel corfo della i* foluzione.
Debbafi dalle coordinate AP , PQ^ del punto Q, pre-Fig.i,
fb per affé A B , ritrovare 1' efprefiione di A R afciffa cor-
rirponc^ente al medefimo punto riguardo all'al.ro affé dato
AG. Dal punto P fi abb-ffino le perpendicolari Pp, Pr fulle
liffCttive AC, Q^R. Si avrà, fuppinendo il raggio = i ,
1 : cos A :: A? : Ap=: AP cos A
I : fen Q :: I : f n A ; : PQ. : Pr = PQ_fen A
e quindi
AR=Ap + pR = APcos A + PQ^feo A (i)
2. Varrà la pena di offervare, per maggior chiarezza di
quel che feguiià , che dalla ritrovata efpreffions di AR fé
ne deduca
PQ=:ARcorecA — AP cot A (2)
fé ne intendeik la ragione ricordandofi che
I r A cos A .
-. — - =r coiec A , -. — ~ rr cot A .
PRO-
25o
PRÒ BLEMA."
3. Date quattro sfere di fito e grandexxa ; coftrutrne unat-
tra y che tocchi le quattr» date. \
SOLUZIONE.
F'g-i. Siano A, B, C, Di centri delle sfere tìate , ed Aa i
Bb , Ce, Dd i rifpsttivi raggi di elTe . Suppongo fciolto
il problema,e dinoto col punto M il cctto d^jla sferi ca-
cata, e co' punti a» b, e, d, i contatti di q^a colh sf.-re
date. Le rette Aa, aM, Bb, bM ; Ce, cM; Dd, d M
giaceranno per diritto; e le altre MA, MB; M<\, MC;
MA, MD non cambiando differenza quilura fi d.mitiuifca.
nOi^o fi accrefcano di una fiefla qnantitH, differirannj qaaaìo
le rette date Aa , Bb; Aa , Ce; Aa, D d rifpetrivainentc .
Intendo abbafiate dal punto M le perpsndicoL.n M Q_, M T
fu i piani BAC, BAD;dinoto colle rette Q_P, TP l'in-
terfezioni di quefti col piano delle rette MQ, MT; e 4^
punti Q^ e T fuppongo abbaflate le perpendicolari QR , T.S
fulle rifpertive AC, AD. Sarà chiaro che le congiungen<ì
MP, MR, MS ( che non fi ve^'son marcate fulla figu'a
p?r non compiicarla ) fiano benanche perpindicuLri alle tii-
te AB, AG, AD (*;, e che l'angolo QP F fia l'inclina-
zione
( E' una verità affai conofciura negli Elementi, che fé da un punto nel-
lo fpazio fi cali utia perpendicolare fopra di un piano ) e dal piede di e(Ta fé
ne conduca un'altra fu di una retta efifìente nello (len'o piano; h c( nyiun-
gcr.te del punto ncl'o fpazio coli'' inconiro della feconda perpendicolare , e dv'l-
la retta eH.iente nel piano , (ìa beaanch: perpc-iidicclare a queti'' ultima .
zione 5e' plani BAC, BAD, è quindi dato. Ciò pofto fuppong»
AB=S j AC=rc, A D=d
MA — MB=:*', MA— MG— f', UA-^MD = tF
Sen BAC = <7', fenBAD = »-, fen QPTzrj
tos BAC=:/, cosBADrr/, cos QPT=t'
AP~x PQ.=/» Q^M=r«
e coll'ajuto d-.lla formola (i) del § i paflb dalle coordinate
p^ 1. air efprefiìooe di AR
P Q_
}
}
AS
A P
P T
e ritrovo
A R = qx + 9/, TP =i> + JK , A S = /« ■+ r f f)/ + r «)=
e quirdi
C R = <"— Y«-f-f/), BP=:*— *,DS=«/— ' > *+/(j'>+«;)
Sono poi
M A =r -v-^'^y^^'
MB=:MA-^'=v~7;77?-*'
M C .= M A - r'= V-;v/':jv - e
M D ^ M A -. / = V-.-^^'TT-./
e debbono eflere (*)
K'A*
(•j Si fa dagli Elementi, cTie la dif!érents d ' qvivira'i <)■■- (Ide l-tl d iia
trianEjo'o paret^iji la d'ff'renTa dt;*<juadrati d.lie pst'i, nelle guali vieu div'iio il
fimancuie iato dalla perpcadicoUre , du vi c&ui dàli" «"a'-»'" opposto*
^6i
MA — MB = P A — P]
M A — M C = R A — . R C
MA— Ml>=SA— SD
dunque foftituendo a quefti quadrati i corrifpon(ìenti valori
analitici , dopo i fulici liducimenti fi avranno le tre equa-
zioni
1 /^/"«'-j- ;''+«;'—/ '=: 2 d{rx+r ( 5/+J a )) — <^'
che al fupporre
b" — /»":= 2 b' b'\c^—-c '=■ 2 c'c",<^' — /' = 2 </'<^"
fi riducono alle feguenti
,-- ; i— * /." R
c
'■ViT^fT^+T' = -^r ( r'x+r ( //+J« ) ) — ^' D
4. Con queflo metodo fi pofTbno trovare l'equazioni bea.
anche al problema de' tre cerchi, nel quale \\ domanda di
descrivere un cerchio, che ne tocchi tre altri djti di fito, e
grandezza. QueRo problema fi riduce, come quello delle sfe-
re, a ritrovare un punto uel piano de' centri de* cerchi dati,
,che ferbi da elTi centri delle diflanze , che differifcano per
graa-
grandezze date. Per la qual cofa> dinotando efli centri co'
pqnti A, B, C , e fupponendo f'S'3-
AB = ^, AC = c
Q^ — Q_B=^', Q.A — QC^c
Sen BAG^9, cosBAG = ^'
"^ AP = ;c/ PQ=>'
l'erpreflìoni analitiche delle rette AR, BP, GR faranno le
flefle che quelle ottenute nel problema delle sfere. Sono poi
Q_A =''^x'+y
Q. B= QA— l,' =''^7Tf'—.l,'
QC = QA —e' =r'^^«'4>''— e'
e per la nota del §. 3 debbono eflere
QA '— Q~B ' =: pTa ' — ¥b"
QA '— QC' = RÀ' — Xc'
dunque avran luogo le due equazioni
2 l> -^P^'^ 1;"=: ib^-^b'
2<^'^ «*-f/' — c"=2 c (q'x-i-p') ~'<'j
che fupponendo
b' — b":=: 2 ^' ^" , e'— e" = 2 c'f'
divengono .
*
^^^'*'+^'=7^^'«+2^)-< ^' 3. Si
254
5- Si vede bene che la foluzions quafsà recata al proMe»
ma delle quattro sfere, e poi applicata a quello de' tre cei>
xhi , abbia per fondamento il palTaggio di due coordinate ret-
tangole da un' alfe ad un'altro: ma io vengo a darne un'al-
tra più femplice, e che n' è del turto indipendente. Il prin-
cipio fui quale efla è fo-ndata ( per aftro affai noto ) con-
iìfle in eHer data 1' erpreflione analirica della diftanza tra due
plinti , qualora fien date 1' efpreflìoni deile coordinate di elfi.
Fig. 4. Siano A, B, C, D i centri delle sfere dare; ed Aa,
Bb, Ce, Dd i raggi di efle. Jl punto M dinoti il centr©
della sfera cercata , ed i punti di contatto colle sfere date
fjano a, b, e, d. Si ridurrà, come fopra , il problema a
determinare in modo il punto iVI, che le fue diftanze MA,
MB ; MA, MG; MA, M D da' punti A , B , C , D dif-
feiifcano rifpcttivamente quanto le rette Aa,Bb; Aa,Cc;
Aa, Dd. Dai punto D fi abbaffi la perpendicolare DR fu'i
piano BAG ; da' punti R, C cadano le perpendicolari R S,
CT fulla retta AB; e fi pongano
AB=r^, AT = </, TG = e
Aa— Bb = ^', Aa— <Cc ~ e , A a— D d = d'
R D = ^
/, Q.M=^
MG=:
AS
= f.
SR
AP
= x,
PQ.
faranno
MA =z
■^^
V'+^'
M B = ''^{b^x)\y '+%\
«^s
Ma debbono effere
MA— ^'=MB, MA — e' = MG, MA-^ (T = MD
dunque faceadone i quadrati , e rlduccado fi avraa l' equa-
zioni
f";, / V — ■ — ; — 1 r
€ — 2c'^ «'+y'-f-z'=zd' — idx+e' — ze/
a'—'Zd' ""^ "'i-y:^» ' =/'— ^ft+g' — 2g/ -f ò '— .2/5i8
che fupponendo
d'-i-e' = AC = c\ f'-f.g'+/^' = AD''=:d'
b' — ' b" =1 zb' b" ^ e' — e" =. zc'c" , d' — d"=: zd'd"
dopo le riduzioni divengono
V--
« '+/ '+% ' =~x — b"^ B
"^^« V/ '+ ^'^ =-7 (/«+^/ +^^) ""■ ^" ^
Non Tara inutile l'ofiVrvare V identità di fiffatte equazioni
con quelb dei § 3 , rifl.'ttendo che a cagiona de' triangoli
rettan:?,oli ATC,ASD,SDRfi abbiano
cg =: d ^ rg = e ; dr = f ^ dr =: DS ; dis =: g^dis —è
e perciò la coitruzione che immediatamente vado a dare del-
l'equazioni A, B, G quafsù recate, appartiene benanche a
quelle del citato § 3 . 34 S*
si cofl;uif,a l'e'^uazfone
t> .» I ' j ^ «
che rifui a (^al rar ggìamento de'feconcìì membri d^'il' 'qu-3-
z'oni B, C: fi avrk u )a retta giacente nel piaoo B A C , .-d
il pulito M fi ritroverà nel piano condotto per cffa perpefl-
dic'jlarmente al puno BAG. Di nuovo fi cjftruifcà 1' elui-
zione
che rifulu dalle due B , D : efla darà un piano 'nel quil«
dovrà rrovarfi il punto M. Laon.ie il punto M ca:lrà nella
Gf^mune fezione de' detti p'a'iijche dinoto colla retta £MQ
Ora l'cc^iw^ioae B. , fuppooeudo
b _ /'
b- ~~ y
e liberata dal rotti diviene
e quindi
* +/ +'5 : « — h::b : &
cioè
( tagliandp A L = -è', e conducen.^o p-r L il piano L K I
perpendxcilare ad A B ) A M farà a P L , ovvero ai ML
perpendicolare fu 'I piano LKI,in data rag one . Mi d no.
taado eoa S i'mcomro della retta qu^f^ù dt^ienniiuca £G~
i6>7
col piano LKI, e fupponénJo unita la L'F, Ra pure ML'
ad MF in data ragione ; giacché nel triangolo L'MF fi co«»
nofcono tutti gli angoli : dunque lo fark benanchi; AM ad
MF. E perciò unita la retta AF, comecché nel triango-
lo A F IVI fien noti il lato AF, l'angolo A FM, e la ragion
^e'iaci AM, ME; fi detzrmiacia il punto M n^lla manie»
ra da tutti conofciuca^
6. V equazioni che fi otterrebbero applicando queflo me-
todo al problema de' tre cerchi fono le dus B,C dalle quali
fiafi oalTato il ^' che in quefto cafo non ha luogo ; ^e per
farne la coftruzione bifognerebbe prima ritrovar la retta che
ha per equazione
e dinotandola con EQG, converrebbe fervirfi della prima delle Fig.ji
due fu.ldettc equazioni B,C come fopra fi è fatto di B. la
tal modo fi ridurrebbe il problema a ritrovare nella retta E G
il punto QL i" guifa , che AQ_ fofie a Q^L' in data ragio-
ne, ed effenJo pure Q_L' a Q^ in ragion data; anche AQ
farebbe a QJB in data ragione , e quindi la determinazione
del punto Q dipenderebbe da un probletr.a elementare ca-
nofciutinìmo .
7. Vengo adeflb all' enumerazione <3e' ca(ì de' quali tanto
il problema delle sfere, che quello dj' cerchi è furcettibile .
L'equazioni finali recate al primo ( e lo ftefTo dicafi rap«
porto a quelle trovate per lo fecondo ) racchiudono i du»
* cafi ,
2(58
cjfi , ne' quali la sfera domandata può toccare le date colla
fua convefTuà. Ma fé il punto M fi foffs rintracciato i a mo-
do da fod^isf^re alle tre condizioni
M A+A a=M B-hB b ) CU B=iM A— (B b— -A a)
MA+A.a=VIG+CcJe quindi { MC=rM A— ^Gc— Aa)
M A+A .1— vi D f D d) ( M D=M A— Jd d— A a)
vai quinta dire, fé la lettere B', c\ d' H fafT.To poRe egua-
li rifp.'tt vinx::nte a B'j — Ai ; Ce — ^Aa; DJ — -Aa le ftefle
equazioni fin ili {ini\ punto alte-a-d nella forma ( poiché
VerpreATtoni di M5.,MB, M C , M D l'avrebb^To confervata
tal qu.le y r icchiadir'bb.TO ì: due foluzi^ni d.'l problema
relativo z\U sfra, chi tocca la date colla fui concavità.
A bu n conto , fuppunendo
i' L/A, Di \ V fiinotando con A, B. C, D l?f
/bt^'re roncare dilli e. in vedrà, e con j AqwO
f'rr+'Aa Ce l '*'» ^'' C, D' qu.^lle toccate dalla)
/concavità della richiel^a; i' equa- j
j' !_/. ^^J \ ^ioni finali avrebbero date due radi-/ A'B'G'D*
jci per ciafcunjdi cali r.l Itivi ad \
Un limile ragionaaiento applicato agli altri cali del proble-
ma , che in o-n rale afcendono a i6 ha datoluOjjo aila for-
Jnuiione della fiaueme tavola
Sop.
Supponendo
*' = + (Aa--Bb
e — +,( A.. — Ce
W'=: +_. A a — Od
*' = ±.(Aa-fRb
e' = +_ f A a— C e
/ = 1_ ( A a— O d
^' = :t(Aa-fBb
e =+ (Aa + Ce
d'=± ( Aa — Dd
''^■^(AafCc
«/' = ± (Aa 4- DJ
^'=r+ (Aa — Bb
c'=;2_( Aa -f Ce
/z:^j^( Aa + Dd
i' = +', A a — Bb
e = + ( Aa— Ce
«f^: j^i A a -f Dd
*' — + (Aa + Bb
<•' = + (Aa — G.
<'' = ±.( Aa + Dd
*' — +. r A a — B b
f— ^CAa+Cc
à — ^ Aa — Dd
requazlonl finali del pro-
blema delle sf'Te daranno
du^ radici per cialcuno
de' ca(i indicati da
■^69
{ABCD
A'B'Cd'
{
i
■1
A BCD
A'BC'D'
A B":'D
A'BCD*
A'B'CD
'J ABCD'
r[ Ab CD
J A R'CD
^ A'BC'DJ
■[
1 BC'D
^ B CD'
27«
8. Sinailmcate , fuppoftsndo nel problema de* tre cerchi
che le lettere A, B, G dinorinu quelli che fon toccati dal-
la convenite del cerchio domandato , ed A', B' , C qu?Ui
che lo fono dalla concavitJi; la fegueote tavoletta raoprefea-
terk i diverfi cafi , de' quali il problema è fufcettibile , che
afccndono in generale ad 8
Supponendo
*' = ±.(Aa — 'Bb) l'equazioni finali ritrovate TA B G
<■' = +.(Aa — Gc) per lo problema de' tre cer- '(_'\'B'G'
' chi , daranno due radici per
A'r=+_(Aa4-Bb) ciafcuno de'ufi dinotati da J ab'C
e = j^ ( A a — G e ) l A'BC
è'=:+(Aa + Bb)
c=+_(A a -f Ce)
*' = +_( A a— -Bb)
p* = i ( A a -}- C e )
J AB'D'
"lA'SO
p. Le sfere date poffono cfTere le une fuori dell* altre,
ed allora è neceflario che fìen toccate dalla richieda nella
loro conveffiih, e fi polTono avere i i6 cafi quafiù enumera-
ti . RifletienJo poi che due sfere che s'incontran;i non pof-
fono effèr toccate da una terza che amendue dalla concavità,
o amendue dalla coaveffita di effa; qualora avvenga che due
delle sfere date s'incontrino, per efempio quel'e che ha n per
centri A e B, diverranno iaipoOibiU otto de'fuddetti cafi; pol-
che
271
fVè convì-ne a"«r c^me tal' tutt' I teTnini della tavola
n/quli li ritrosa AB,',o pure A'B. E fé le sfere che s*io-
courano foio tre A » B^ C,d vendofi aver come impoffibili
i cafi r lati vi a'termioi della tavo a , ove fi trovano AB',
A'B , B ^', B' C , C A' , C'A ; i i6 cafr di efla dovrai
ridarli a quatto, e nor» faranno che due, qualora tutte le
qiattro sfere s'incontrano. Lo Iteflb dicafi del ptoblema de
tre cerchi : cioè the incootrandofi due de' CTchi dati ^ fi
l^n l'ano imponibili quattro cafije che incotitrandofi tutti tre,
non poflaoo aver luogo che due foli.
10 Q^uandj poi una delle sfere date, per e'emp'o quella Fi(
il cui rigalo è Aa comprenJa in fé L* altre ; il probi .ma
si riduce f«;Tipr2 a ritrovare un pu.ito M, che ferbi da' puti-
ti B, C, D tali diftunji, che uniti una p*r una alla di-
lìaaza che ferba dal pjnto A, coftitu'fcano fomme date. Si
potranno a 'op.'rare rs;qua2Ìotìi filali ritrovate per lo proble-
ma dille ifire ddnJo alle lettere l>\ e', d' i valori conve*
©lenti. Ecco una tavola eh; co tiene tutto quello per rap*
poito «1 pcoblciUa delle quattro sfere
Sap-'
Supponendo
^'r=Aa + Bb| l'equazioni del problema delle
c'= A& + Cc\ quattro sfere daranno due fo- ABCD
/i=Aa + Dd) lozioni per ciascua cafo indi»
cato da
h'=Aa -(-Bb)
c'^Aa+CcJ ABCD'
^';= A a — Dd I
^'=Aa + Bbì
c'=:Aa— Ce! ABC'D
h'=:Az — Bb',
c':=Aa — Cl> AB'C'D'
d—A a — D d
^=Aa — Bb]
f'zrAa — Ce! AB'C'D
(i'= A a + D d
^'=Aa— .Bb)
<r'=:Aa + Cc} A B'C D
/=rAa-fDdJ
Z-'mAa — Bbi
c'=Aa+Cc? AB'CD;
/=Aa — Dd)
^'=: Aa + Bbi
c'=rAa— Gei ABCD
/=rAa + Dd)
11. Go"
«7J
li. Coftruen^o in un modo analogo una tavoletta per lo
problema de' tre cerchi anche nell' ipotefi che quello il cui
ra^^'giu è Aa comprenda in fé gli altri due; efia dovrejbb'ef-
feie cc;me li vede qui fotto
Supponendo
h' == Ac -\-Bh^ r equazióni del probi, de' tre
«•'rrAa+Cc J cerchi daranno due radici pi.r
ciafcun calo indicato da
ABC
c-
= Aa
rAa-
+ Bb7
-Cci*.
y--
c z
= Aa-
= Aa-
-Bb r
-Ce r
b'z
c ■
=:Aa-
=:Aa
— Bb?
4-CcJ-
ABC'
AB'C
AB'G
12. Nella tavola del § io fi debbono avere come impelli-
bili i cafi relativi a'iermini che "contengono il B' qualora (i
fupponga che la sfira,che ha per raggio Bb s'incontri colla
sfera avente per raggio A a: e converrebbe aver come tali i
cafi indicati da' termini chi contendono B' , G* fé la sfera
che ha p.r ra^^gio A a incontrafle ameodua le sf^ire che hai
per raggi Bb, Ce: ma fé quelle s' incontmflero folameote
fra loro bifognercbb^ aver come imponìbili i cafi relativi
a' termini che contengono B'C, e BG'. Se mai s'incontraf
Tom. IL 35 fero
2 74-
fero fra loro le sfere che han per raggi Bb, Ce, Dd; l
cafi del prcb'ema fi ridurrebbero a due. Lo fteflb dicafi per
analogia del problema de' tre cerchi.
Tutt' altro cafo diverfo dagli enumerati è alfurdo. Poiché
le sfere date o cadono le une furi deile altre, o s'incon-
trano , 0 alcuna di effe cade in qualche a'tra ( ed in queft'
■ultimo ca'b è neceffario che vi cadano anche le rimanenti,
o almeno la incontrino , affinchè il problema fia poflibile) .
Ora ognun vede , che quefti tre cafi han formato 1' ogget-
to della enumerazione quafsù rapportata .
13. Credo adunque che per completare l'argomento nori
reiiì a d-^fiderarfi , che l'eciuazione al raggio della sfera cr-
ca'a , effendo effo l'ignota principale del problema, e quello
che fopratutto importa conofcere, qualora voglia farfene dil-
le applicazioni . Ognun vede che il detto raggio potrebbe
ritrovarfi , togliendo da MA (che fi fa nota dalle AP,PQ_,
Q_M ) la retta Aa. Ma quello metodo di per fé indiretto,
efigendo per neceffita la conofcenza delle coordinate AP,
P(^, Q_M,dee portar dell'imbarazzo ne' cafi particolari . Ec-
cone un' altro per efiinerfene , che fi può riguardare come
'una foluzione del problema de le quattro sfere adoperando
una fola ignota , e , per dir cosi , la più cl^flÌLa , eh' è il
raggio della sfera domandata.
Siano A, B, C, D i centri delle sfere datej ed A a ,
Bb, Ce, DJ, i rag^i di elle ; fupponganfi come nel § 3
AB
5^
AB=*; AC = f, ÀD=</
Aa=/, Bb=r, Gc=/", Dd=/':
Sen BAC = ^,renBAD=:»-,fenQPT=:f
Cos BAG=^',cosBAD=/,cosQ^PT=:j'
M a =: M b := M e = M d =: «
Si avranno
MA =f+x,ME-f +>i,MC=f" + x, MD =f"' + H
e dalle prjprieih d.-'triaigoU dirrullrate nella poj. i2,e ij
del I." d gli elem.iiti fi otterranno refpreflioni di APjAK»
AS, cioè
^^ — — Té ■+-& *»
A R ì:1^-^' 4- ^-:^'.,
iJ a
che fupp nenclo
^'+r -/"— r' +/'-/'-_ , r' + f -r '_, »
e come nel § 3
diverranno rìfpettivamente
Z." , e' „ ri-
g + ^^>5 + /*'^ + — *•
Si ritrovino coU'ajjto della formola (2) data Ilei §2dall,
cfpreiriuni anal.cithe di
%76
A
A
^T quelle di PQ
^^} QM
PT
fi avrk
P<i=7^5' + T "^ -7 C^+ T*)) ^-^ +T''>
(che per bre-j
[vith riduco a]
Q.M =i-( ^' -}, L.jt ) — , j(,$-f-y*)che io dinoto perfi^ + ^x)
tAà il quadrato di AM pareggia i quadrati di AP, PQ^,
QM pres'iofieme; dunque fi avrà l'equazione
14. Per ottenere l'eluizione al ra^^io del cerchio che toc-
ca tre carchi dati, i di cui ceneri fjoa A, B, G, baft-i
Supporre
AB=^, AC = (r
Aa=:/, Bb=:/', Cc=f'
sen B A C =: ^, cos B A C =; ^'
Qa=r Qb == Q^c =*;
poiché ritrovando 1' ebrcfFuii di AP, PQ^ che fono le ftef-
U recate qui òÙ p^r lo problema dsile sfire; e dovendo ef-
fere
277
fere il quadrato di A Q eguale alla fomraà de' quadrati di
AP, PQ., fi avtk
L'equazioni R ed R' danno ne' due valori dall'ignota ì
raggi delle sfere e de' cerchi che toccano colle loro convef-
fita tgtte le sfere, e i cerchi dati. 0§nuno è in grado <Ji
dare alle medefittie equazioni le modificazioni neceflari.*, per
ottenere i raggi relativi a'cafi che più fi vogliono, die'.ra
l'enuinerazione che fé n* è fatta iananaii •
15. Vengo finalmente a dir qualche cofa intorno agli al--
tri problemi appartenenti a' contatti sferici, e circolari.
I. Supponendo che qualora fon date quattro sfera , i rig,
gi di effe vengano dinotati da /, f\f\f" \ le lette-
re b\ c\ d' delle quali finora per brevità mi fono fervilo
corriff^'onderanno ad/ — /'•»/ — f'ìf — '/ • ^ quindi nel
caTo che la sfeia cercata r'cbba paffare per uno 0 più de' punr
ti dui A , B , C , D , altrettante delle lettere , /, /', /',
/" fi dovranno fiorrt;=r:o, fenza fare alrro cangiamento neN
le tre equazioni trovate per lo problema delle sfere.
II. Se n Ile condizioni della sfera cercata ve ne abbia alcuna,
che richieda dover elfa sfera toccare un piano dato, laddove
le tre rimanenti fianu comprefe in quelle dette finora ( che
fi riducono a toccar sfeie date , ed a pilfa: per punti dati);
le coorJinate a, y^^ del centro della sfera dotnandata fi
preqJerdutju in modo, che s fia perpendicolare ad un tal pia-
no,
57S
no , / Io fia alla cornane fezione dì effo piano con quel!»:
che gli è perpendicolare , e palTd per dm panù lo ai irli 11 ili ra-
ti dalle rimanenti condizioai , e !'« termini al piede della
p^rpendicoliré abbalfita da uno di quelli puini fui la detta
comune fezione. E poiché fon note le coordinate di* mede-
fimi punti prefe n'illo fteflb (nodo ( oiacciiè tali puiii foa
delti }, fi farai note le formole delle dilhoze ch'efti^inno
dal centro della sf^ra domandata ì e perciò parigjnaiido il
«, che n'efprime il ra.^gio a ciafcuna dj;'le dette forinole
colla condizione di efler fra loro uguali rirp;;ttó a qu:' punti,
pe'quili d^'e paffire la fuperficie d Ila sfera cere ita , e di
-differire per una data grandeiza riguardo a' punti che fon
centri di sf.'re date ; fi otterranno le tre equazioni ch^ deb-
bono rifolvere il prob'emà.
III. Se la sL'ra domandata debba toccare d je piani dati , e
le altre due condizirni fieno comprefe in quelle detta finora ;
il centro di effa caJ;à nel piano che paffa in mez4o a' dati ^
e qdindi dinotandone Cotì a , / , » le coordiute rettangolari
prefe come nel cafo antecedente, fi avranno le foraiole ch'e-
fprimono le didaoze tra effo , e gli altri du> punti diti ; e
paragonandole a z che dinoterà il raggio della sfera cercata,
colle fìeffe condizioni del cafo precedente, fi otterranno due
equazioni. La terza farà l'equazione al piano condotto per
ìnezzo a' piani dati .
iV. Inoltre fé li sfera cercata debba ioccire tre piani dafi,
€j)afrare per un punto o toccare una sfeia data; il centro di
efla cidrh in una retta data.(ch'è la comune fezione de'pia-
ni coadotti in mezzo a' dati prefi a due a due), ed il pro-
blema fi ridurrà a trovare in quefta retta un punto tale,
che congiunto col darò , e condotta la perpendicolare ad uno
de' piani da^i , fimo qu3iìe due rette eguali fra loro, o pu-
re abbiano una data differenza ; lo che G eleguirh facilmea-
te di^.tro h corruzione del problema delle quattro sfere.
V. Final m2nte fé la sfera rich:efla debba toccare quattro
piani dati ; il fuo centro cadrà nel punto dove s'incontrano
tre qualunque de' piani, che paflano per mezzo a' dati prefi
a due a due.
i5. Nel'o fteflo modo fi condurranno a fine le foluzioni
relative agli altri prob'emi appartenenti a' contatti circolari:
per cui (limo non dover mici trattener di vantaggio , tan-
toppiùche fra i contatti sf.'rici,e circolari i foli problemi del-
le quattro sfere, e de' tre cerchi fi reputano difficili; ed Iq
m lufingo di averli efaminati in tutta la loro eflenfione-.
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SAGGIO
suri A ESTENSIONE DEI LA M. GRECIA, E
SULLE CirrA' m ESSA COMPRESE.
DEL C A V.
F. M. A V E L L I N O
Inetto alla Società nt'lla Sejjione degli i r
di luglio 181 z.
Armi che pochi tra' filologi moderni abbi.mo dato alla
deooniinaziooe di Magna Gre>.ia quel giulto valor , che le
conviene; è certo almeno che molti tra Joio, cominci'ndo
dal Golzio (i) fino all'Heyne (2), hanno fotto di elfa com-
prefi fovente molti luoahijche ne erano fuori, per non aver
forfè poflo mente alla non ambigua defin:zione,che gli amichi
tecero de'confini di quella celebre regione. L'immortal Maz-
zocchi (3)lu il primo ad avere idee più precife fopra un fog-
getto riniado vago fin allora , e noi nella ricerca , che ci
proponiamo , non faremo , per cos'i dire , che feguir le trac-
ce già fegnate da quello illudre Icrittore.
Forfè molti de' moderni attaccano al nome di Magna Gre-
c'a I idea di tutto quel tratto, che i Greci un giorno occu-
parono nell'Italia, Quiflo tratto è malagevole a determinar-
li, e fé fi credeffe a taluni degli antichi, fi eflefe un d'i fi-
no a Faier'a , a Pifa , a" Liguri , a' Veneti fleflì (4). la
tempi più recenti eflo giunfe dalia parte del Mar Tirre*
fino a Cuma (5) e Sinope (d) , e da quella dell'Adriatico
no almeno fino ad Ancona {jj . Or fé a queflo intero
tratto venne dato il nome di M. Grecia , non foiamen-
te uopo è confelfjre che una gran parte di effa , e forfè la
maggiore , (ìa fiau abitata da popoli barbari, come i Sanniti,
Tom. IL 35 gli
3^2
gli OL\ , i Lucani , i B'uzz] , e molti altri , la feda ds'
quali è, come fj fa, in quella parte deli' Italia per l'appunto;
ria aticora che quel nome ad un^ non piccola porzioni dell'
Italia Conveniva. Ma di quelle due cofa fcnncia farebbe a
fuppurli U prima, e da Livio chidram;nre contraddetta (8),
e la feconda non potrebbe lolienerlì fenza negar fede alle fé-
guenti parole del vecchio Plinio : Ipft de en ( balia ) juàt-
cavire G>-aeci , gei:us in glor'tnm fuam effufìfffmum ^ quotnm
par lem ix ea appellando G'^'^eciam Magn^m (pj.
Luiigi dunque dall' a:cor.iarlo ad una eft;f<i porzion dett'
Italia , Plinio relliinge il nome di Ma^na Grecia ad una
piccola pane di elVa , quotnm panern , EJ una piccola par-
te infitti è quella , eh' ei poco dopo collante a fé iDedcfimo
dilcrive con tii.ta l'eOttezza, filfandone i termini precifi,
fQtto il noine di M. G'^ecia: A Locri , die' egli ('io), Itnliae
jrom incipit Magia Gtaeria appellala , in tres finus reeedens
^ufonii mari\ ^q,ioritnm Aufone^ te nuere primi .Patet LXXXVI^
M. p. ut ouRir eft Fayyo . PUr:que LXXXF. M. fé cere ,
La Magna Grecia di Plinio era adunque la fola fronte me»
ridif-nale dell'Italia divila in tre ^o!fi , di Locri cicè, di
S^ilacio, e di Taran'o , e che cominciando da Locri finifce
nel promontorio Salentino,
Qelia precifa d -finizione de' confini della Magna Grecia
è cO fo me pure aPe idee di Tolommeo. Ecco come que-
fìo 2'"u:;rafo h'i d;fcritta la fua Magna Grecia : Luoghi del-
la Miigna Grecia prejjo il mare /ldrtr.tico\ Zejirio ^ Locri ^
le Ì<jCI del filone Loc>:o, Nel golfo di ScillaCtOf la città di
Scillacio, l interno del golfo di Scili acio , // promontorio La'
cinto. Nel golfo Tarantino , le città di Crotone ^ Tur.io ^Meta-
ponto ^ e Taranto, — L"cgbi mediterranei della Mgna Grecia^
P-telia, jìbtjìro (n). Si fcorge da quelle parole, the la M.
Grjcu era per Tolummeo , coaie per Plinio, la fronte d^il'
Iti
Italia rìvflta al rrare Jonio, eh' polì chiama qu^ Adriatico,
t-nie Pi Ilio lu d Ile Aulonio , e bagnata di' tre goti «^ik
ramm n'ati. £^li \à fa cominciar ddl Promootoiio Z.firio,
Ci'me Plinio ralla proli ma e tu de" Locrelì Epizefirj .
A tjic li due luoghi claiiici di gii cua.i dal Mazzocchi (12)»
egli avrebbe potut', a noiìro awifo , a<?giungerne un ter^o
di u;jua1 forza , ove avtff- polto mente a' feguenti verfj di
Silio Italico j ne' quali cjuelto fcrittore , cui , com'è noto,
maggior Jotie come ad iliorico eUtto, ed accurato indaguor
di vetuUe memorie che come ad elegante po-'ta fuol darli,
Una tale deicrizion ci preienta della regione detta Mi-gHa^
e da' poeti Major Craecial
Ora v/tJoJt
Littorìs^ Argivos Mo'for tfu/t Gìnecia muros
Setvtìt ^ C'O* Ionio luifur curvata profundo^
Lieta! rei L-hyae ^ (y fortunam errate fequuta
Juravit povitans Tj/r'to /uà proelia Marti (13).
Da qua' ver fi , com3 ognun vede, fi fcorge , che loifo il no.
me di Ma?na,o,ch'è lo ffefl'o, di Major GraerM , Silio com-
prendea quella fpìaggia dell Italia , quae Jonio ìuitur curvata
pyofutcìo >! che vale a dire quel tratto di elfi che dal p'o-
rnomor'o Bruzzio fino al Salentino li eftr-nJe ; al qu4le ap.
punto, come abbiamo gih oflfjrvato , ancor venne da Plinio
e da Tolommeo dato il nome di Magna Gì aeri a .
A quella chiara definizione de' confini della M. Grecia fo»
gliono però opporfi come contrarj vaj luoghi di altri autori
antichi ,che il Mazzocchi ha gik qujfi tutti raccolti e citati (14).
Quito fcrirtore riconofce in cffi ben fei d.ff.renti opinioni.
A nie pare intanto che efaminandoH con attenzione podi.
no tutti dividerfi in due daflì . Taluni , lungi dall'opporfi,
debbono piutioHo fervire a confermar l'opinione di P inio
e di iuloniiiieo, altri o fono fovcrdiiameac^ vaghi , e non
iS4
pruovano perciò nulla in contrarlo ,~ o elTando di fcoliafll e
di altri feriitori di minora autorità , non meritano a m io
giudizio quella ftelTa credenza cha a Plinio ed a Tolommeo
rifiutar fenza temerità non fi potrebbe.
Fra' primi merita particoiarcaante confiderà zione il feguen-
te luogo di Polibio. Djpo di aver parlato della battaglia di
Canne, i Careagheft , die' egli, divennero in brsvs tsmpi per
tal fatto padroni di qunft tutto il rejìo della regione detta
M. Grecia anticrmenie ( ovvero , fecondo un'altra maniera
di leggere, della region marittimi detta M. Grecia ); gi^e-
the i Taranii'ii fubìto ft re fero, G'i Arpani poi ^ e taluni de'
Capuani chiamavano AinibJe , e tutti gli altri già rivolge^
Vanft a' Cartagineftji^). Si è creduco che con quelte parole
Polibio eitioda la fui Magna Grecia fino a Gapua e ad Ar-
pi . Ma qutfìi fuppofizione è priva di fondamento. Dalle fua
efprcffioni può bensì ritrarfi , ch'egli abbia fituata Taran«
te nella M. Grecia, non già Arpi e Gapua città Etrufca.
E ciò tanto maggiormente , fé fi ammetta la lezione che
luir autorità de' buoni colici ha reliituira a Polibio il fuo
dottiffimo recente editor Schw^ghaaTer (i<^) , in forza della
qutle le fue pirole fuonano tutto il re/io della re?Jon marit-
tima detta M. Grecia; giacché le region marittima era que-
fìa , potea ben Taranto in efla comprenderfi , Arpi e Gjpua,
città dal mare remote, non egualmente. A buon conto Po-
libio ha, a creder mio , detto quello (ìeflo , che Livio , e
Silio frififero nel parlar dell'avvenimento medefimo , l'uno
e r altro de' quali Gjpja ed Arpi con accuratezza dalla
M. Grecia , cioè a dire dalla fpia'jgia de'Greci divifero. Co-
s'i il primo: De f ecere autem ad Poenos hi pnpuli : Atellani ^
estatini ^ Hirpini , Apuloruni pan , ( che fono gli Arpani )
SamniteSy prieter Petelinos Bruttti omnes ^ Lucani : praeter bos
SaneiKtniy & Graecorum orniti s ferme ora ^ Tareniinij M^ta^
poi?'
2^5
p*ntìn!\ Cy-otonienfes ^ Lomcjuf (17)-, iopo del che paflTa lua-
gamenfe a ragionare di Capui . Silio poi , di cui abbiamo
in parte al di fopra riferi le Je parole , coiniocu appunto il
£uo libro XI. col parlar de popoli, che la bainglia di Cm-
tie- avea lep.irati dal partito Kjovino ;. e dopo aver nomi-
nati i Sanniti y i. È.uiij , gli Apuli, glirpini, , Caia-
zia, ed Atella, parla de' rar.uuini , de' Croio iLiri , e de-
Locrefi , ch'ei dice compreli tiilia M. Grecia; e palFi fiul-
inente a ragionar de'Capuaii, ctie non avrebbe fejariti da-
gli altri, fé nella itella regione gli avelli pure vjÌJa eoa»
prendere (18; .
A Polibio fuccedano due luoghi di Giufiitio, e di Ateneo^
da' quali per altro in brevi parole disbri^ir ci potr'iim, li
loro, retta intelligenza eQendo già (lata fiT.iia in rane dall'
immortai M.izzocchi (19). Il pdmodo.^o. aver fatto un lun-
go catalogo eli Città Iialiche, di cui ei cr^d^Vd Greca l'o-
rigine, lo chiude col parlar de'Tarantn-, de' Turini , e de
JMetapontini , e finifce dicendo: propter cjuod oi:ì>ìÌs illa pars
Italias Mngna Graecia appellata e/i \^zo]. N.-j:l può cad-;r dub-
bio che qoefte parole debbana iatenJerli fuUmente di (]mU
la parte ci'I(alia,òi cui aveva in ultimo Iiogj parlato Qiu-
fìino, cioè de'Taratitini , de'Turini, e de' M-iapon;ini , pcv
poli nella M. Grecia realmente fitoati. Se fi vjleflero c'ìca*
dere a tutto il tratto , di cui Giuititìo ha prima ragionato,
farebbero in contraddizione con qjjl ch'e;li fteffb dice po:o
avanti , chiamando quello medefimo tratto non partrm , feà
uiìiverfavi ferme Itoliam ; parole , che ci fanno comprendere
ch'ei;li non ha potuto defigoarlo poche righe dopo col no-
me di pars Jralhe ; tanto più che tutta l' Itali.» realmente,
e non già una parte di e(Ta , è quella che da' Bruz^j fi erteti-
de fino a' Liguri e da'Taraotini fino a' Veneti (21). Ed al
nollio feniimento favorevole è ancora Atea^o , quando dopo.
ave?
av-^r parlato deUa floMclezza e dell' of>uì?nzà Ji queHa parti!
d'I'àlia, eh' è fiiuaia u turno a T^rar/f» e Mr-apomo, kg.
giugne che quella region venne perciò cieiia Mdgna Gre-
cia; parole, che fenza rinuncidre ad ( j^ni princijpio di btior»
ienfo, non poflono intenderli che della re^jicn loia , di cui
a-veva egli poc'anzi ragionato ( 22) » come ha con molto
giudizio tflervaio il Maezocchi (23 .
Tra" luoghi poi che danno della M Grecia una idea aflaì
vaga, e the non tni fembra peto he lervir pollano a
fifla-ne i confi, i, meritano primieram nr- di efl'et qu'i ril.riti
taluni noti Velli di O idio,cifati j^ia dal Mazzocchi e da altri,
Be' quali qu'ito poeta per ap^o^^ure una etiiiv-lo^'à da lui
tratta dal Greco, ci mofìra l'Italia intera poiolaia di Gre-
che colonie ne' tempi p'ù remoti , co^nmciand.) co'due verfi
fegu-nti il catalogo, che ne ti ite:
X^ee tibi fu mirtim Già co rem ti'intìne dici ,
Itala nam rel'us Graei'ìa Major erti '2^).
Kon parmi th-^ da que'li dt'e vefi conchuder fi m^à ^ c\\t
lutti qUi' paefi , de'qoa'i Ovi.'io parla nel f^-^uito '25 liaùO
fiati un giorno comprefi in un.» re;^i'in? deua iVI G e-, sa,
E quando anch; v >g!ia conceJerfi , che Ò i IÌJ abb'J cffn'.i-
vamenre in quel Tuo verQi cos'i cbitmato un si Vado tratto
dell* Itilla^ in cui Faleia il Tevre e Pdtavio Itelfo co.n-
prende^nfi , è ch'aro dalle fteffe Tue pirole , eh' e^li ha voluio
rag'onar di que'tempi oTui, e fivolo', ne'quiii la Lcoi'k
gutdlibet audenrii è più che m li accor.latJ a' joeti , fat-oha
di cui fé fovente, o di rato (ìifi f^rvita O ■ -ho , non vi è
chi igno i . Qual conto dovrà dunque f-f>- f-'oa ia una i(lo-
lica di'culTiohe, e come mii col f-'lo fjnda nenio X\ quel
pentametro atterrar fi pork l'autofuk di fcittori quali [Pli-
nio, T'hmmeo, e Silior
Minor fede ancora , a mio credere, maritar debbono le pa-
iole
2S7
fole eli pochi altri fcrlttori pofterlori in eth e privi di
aut'^ritH y che noi fiaaio per citare , ranto più che la loro
mutilerà va^a di efprimerfi molira abbalian2a , che o noa
ebbero idei preJfs lulla eltenlion della M. Grecia, o erprimer-
le precifaminte non fepoero. E primieramente Seneca: Onne
Italiae lattis^ dit.e , cjuod Infero mari alluìtitr ^ Magna Grascia
fuit {26]. Qual fede, di «grazia , prelUr poffiamo a qu-lfe paro-
le, rtan o alle qiili i L.iguri ed i Torcanijper non parlando*.
Campani e de Liii.ii, faranno (taci conpreli nella M. Gre*
f ia , m'Htre i Metapontinì ed i Tarantini ne faranno lìati
cfciufi ? Né maggior credenza incontreranno certamen'e i dua
gra.ii.i'ici Ffto e Servio , quando il primo di elTi dice
eh.' Mìjnr G>ascia di8a efì It.nlia^ qttod eam Siculi quo>idam ob-
tinuerunt ^ vel qw-d. in e a mulfae mngrtaeque civitates fuerunt
ex Graecia profe^x (27); e l'altro: Ii/dia Mcy«A); EAAa?,
iddft M Graecia eli appjìlata^ quia a Tarento ufque ad Cu-
mas omnes civifates Graeci co'idiJerunt (28). Infelice troppo fa-
rebbe al certo il delfino dello ftudio dell'antica geografia ,
fé dtflle aircrzioni di fcoliafli e di gramatici maggior ifli-
rpa far fi volelle. Lo fl>.-fìro Servio per tacer di altri errori,
fjcuò Pel?Q nella Calabria (30'. Del refto è vero altrcs'i ,che
tanto egli quanto Fedo, dicendo che l'Italia fu detta altre
vo'te M. Grecia , non folo ncn hanno certa nri^nte voluto
accordar queOo nome a tutta la pjfiifola , raa ancora noa
hanno circofcritfo per niente i limiti d^Ha regione di efla ,
cui quel notpe convenne, Efi» dur;que, come nelfuno ugual-
mente deg i altri fcntiori da mi citati, parci atto a farci
recedere dal fentimento de' tre primi, che con tanta chia-
ezza e conformila fiifafooo i confini delU M. Gre/ia,
Vago ancora nel determinarli fj il geografo Sirabone ,
il quile cuntentandofi di dire , che i Greci tanto cr.bb?ro
ia Sraadez2a in Italia che diedero a qu;ftd il Dome di M.
Qr«.
e88
Giecia, aggiugne quel che in neffono altro <3eol! antichi
leggiamo, ch'eflì comprelero fotto il nome medelìmo pur la
Sicilia (31). Q_uefl:a geografo non avendo per nieote deter-
minato I confini , in cui nell'Italia fa la M. Grecia rntrec-
ta , la di lui aatorità non può eifirci di alcun ajuto nella
quiìtione p-efsnt,: . Se qualcuno intanto, malgrado quefta of-
lerva^rione, vo!e(Te firvirfen^ per accordare ana niagS'O''^ eden-
fione alla M. Grecia di quella, che noi abbiamo definita dal
p inc'pio, r olVervar f >io che Strabone ha fotto que io noine
6n.in:he la Sicilia comprefa, cofa die fuor di lui e di £ulta-
2Ìo (;52),che da lui lu ha certameate copiato,» nelìun altro
i^e^ii an.ichi, che (i fapp'a , è mai venuto in mente, ci dea
iar ragionevolmente conchiudere che al nome di M, Gre-
cia, qua'uoque ne fia la cagione^ un fenfo tutto particolare
egli abbia attaccato . E finché non fi pruovi con valide auto-
rità, che il fenfo, ctie Strabone pare aver dato a quel no-
me, fia flato quello generalmente ricevuto prelfo gli antichi,
ragion vuole che a quello piuttofto concorde de' due illuiiri
geografi Plinio e Tolonuneo, feguiti da Silio, ci attenghiamo.
Per confermar maggiormente il quale, due cofe priocipaifnen-
te fi oiì'ervino. Primo, che Pittagora fi dice da Cicerone, ra-
ta>n ilLim vetcrem Italìae Gmechm , {^uae quondam Miign/i
locitafa e/ìy ( expolivijfe ) (33), parole che convenir non pò f-
ifotio fé non ■che alla Tegione rivolta al mar Jt^nlo , che
fu la fede di quel -fìlofofo (34) , dove egli vifle e mor'i,
e che venne e da lui direttamente e da'fuoi difcepoli il-
Judrata. Se quefla adunque era l'intera M. Grecia ( foia ),
vano farà al certo il proccurare di eRenderla di vantaggio (35).
Secondo, che fé p'ìi eftefa re.ilmente foife fiata la M. Gre-
cia, i refianti'paefi in ella comprefi verrebbero qualche vol-
ta dagli amichi ad efia attribuiti , cofa che neppur di Reg-
•gio ùiù vicinifTima a Locri ed alla M. Grecia in conTe-
gucn-
gucnza fi è provato . Nel che niuno mi opponga talune
parole del vecdiio fcoliaite di Orazio, che pare avervi fi»
luato Canafio (3<5), né di MalTniio Tirio» il quale feinbra
che diftenJa fino alle vÌLÌtiaozì dsl lago Averno la fua M,
Grecia {37; ;8'«icch.è ai primo quella tede daremo, eh, meri»
ta un grauiatico di teinpi poitcriori a fronte di accuia»
tiflìmi fc'iitori di tempi migliuri ; ed il fecondo ha potuto
forle come liraniero e loiiiano da noi , dire che il la^o
Averro era vicino alla M. Grecia , p.-r difegnar fohanto la
più illuftie delle regioni polle non lungi da quel lago,
Niuno inoltre fi maraviglierà che Eullazio (j8) abbia com-
prefi nella M. Grecia i Lucani , che ne lono efclufi aperta-
nienie oa Livio {i9ìt(s vorrà rifli;tere,che una parte della
Lucania, quella cioè, in cui Metapjnro ed Eraclea erano
fiiuate , trovavafi effettivamente Ov-lia M. Grecia compreia.
Maravigliar piuttolto ci dobbiamo , che idee cn^i poco
giullj fulla M. Grecia abbia po'uro avere uo illuilre mod.T-
no fcri'.tore delle antichi cofe d' Lalla , che fia giunto ad
afferire che gli antichi non ne deierminarono mai 1' eiteo-
fione (40). Quelle tue parole mi tanno {orpeirare,th'ejli non.
lì Ha rjcordaro de' lunghi di Plinio e di Tolommeo riferiti
già da noi al di fopra , e che il Mazzocchi aveva da lungo
tempo citati, per non parlar delle parole di Silio che ab*
biam noi riportate per confermarli . E' vero che quello llefr
fo fcriitore cita poco dopo il luogo di Plinio , ma per ap«
poggiare una nuova fvifta , qual' è quella , the il nome di
M. Grecia era dìù partico!arm.;nte approprialo alle regioni
intorno la fpaziofa b-ija , che penetra s'i profondamente den-
tro all'Italia, con i due feni di Locri e di Stillace (41),
come fé Plinio di due Ioli feni, e non già di tre avelTe ra-
gionato; e lo cita di unita aci un luogo di Mela , prelTo del
quale il nome di M. Greci* neppure una volta s'incontra.
Tom.ll. 37 Svi-
̻po
Svilla è ancora il credere , che mai queflo nome fia (lato
riliretto alla loia penifoU de' Bruzzj , come pare che il dc.no
autore abbia rilevato d^ un bjooo inalinrefo di rc'IKio (42).
Non credo eh e iocrefca a qucilo iliuitrc: fuggettó la franchtz-
23, con cui noto nel Tuo (ii.nabile lavoro i nei, quo^ òuma-
va parmn coijìt natura, Egii può effer {icijn(rimo della mÌ4
ricoQulcenza quindo vonà add!ta''ini quelli ceriamente piìj
Bumeroli, che s inco'Ttreranon nelle mie carte,
lo non debbo teraiin.ir la piefente difculTionf fenza rammen-
Mr pure un luogo di Scimno di Chio , del quale olkrvo lOn
maraviglia che il Mazzocchi non abbia fatto alcun ufo, quan-
tunque irovili jn effo una aHai prec^fa definizion della M. Gre-
cia . Quel geo<;rafo dà il nome d'Italia particolarmente ad una
regione, che fa cominciar da Terina e giugnere fitio alla Ja-
pigia , che U chiude da una parte, come l'Enotria dall'altra.
Ildgionando di queiU regione, egli fi efprime ne'feguenti ter-
mini: L'Italia confina coli^ Enotria .^tà abttar a fui principio àct
harbar't fu denominala àa un antico Re detto Italo .'fu chiomata
■polìeriormenie Magna Grecia verjo l' ocàdente accogion delle colo'
tìte Greche in rjja fiabiltte — La prima ne è Ter ma &c. ('43) E
facile il rawifare da quelle etpiedioni che la M-Gteciadi Scjm»
DO è la (Uffa di quella di Plinio; fé pur fé ne eccettui, eh?
cuefti la fa coniinciar dalla punta meridionale del capo Bruzzio,
jnentre l'altro ne prende il principio un poco più avanti dal
lato occidentale delio fteffo capo . Quindi nell'opinione del
primo Locri farìi fiatala prima citta della M. Grecia , mentre
in quella del lecf ndo elfa farà Ihta preceduta da Terina,
Ippnnio , Medma, e Reggio, che giacciono fulla ccfta oi-ci-
geniale. Del retto è tanto meno da maravigliarfi di cesi lie»
ve diffenfo fra (crittori di tanta autorità , quanto più è nO'»
to a tutti i geografi che beo molto più gr<ivi dilparita di
epinjoui s'incontrano fovente fra elfi in mille altri punti.
C)«wno ftefifo diflenfo ci fommininra anzi una pruova noveU
U corina ccloro che vorrcbb.To dare alla M. Grecia uiu
eft<:nfi!jne molto più confiderevole »
E' forfè vero che anche il piccol tratto occiJentale , di
Cui Svimno hi pjrhto, fu per qualche tempo comprefo nel-
la M. Grecia; alcuni torfe ve lo ammettevano, mentre ne
veniva efciufj di altri . Sira intinto f.-inpre collante » che
tutti poi òoivenivaOo neìl' aciOrdare alla fronte meridional©
dell'Italia il nni i|lu(t e di M. Grecia; e qu-lta .defiiizio-^^
ne, che il M 2Z)Cchi ha con ragione adottata ^ è, com'e-^lf
giu.lizio'afn.'ote l'ofTerva (44.), co'iforme pure alia natura
ilefla del fuolo . I limili dvUa M. Grecia fono quali da per
tutto naturali; 11 mareJ)nio divifo ne' tre go'h di L'crì, di
Stillacio^ e di Taranto da uoa p\rr- , e 1' Afip.:nninn (eparandod
in due catene, l'uni delle q laii fi avanzi verfo i Bruizj, ìì
altra verfu i Salejtini , l'abbraccia e la circonda dall altra,
Reda ora ad ef-minar brevemente fé regger oolTa la di-
fìinziotie che il Mazzocchi (lefiTo fa di du-; diverfi periodi »
ne'quali diverfa fu, fecondo lui, l'eflenfione della M. Gre-
ci.1 . Ne'tempi anteriori alla pu-^i^a fociale fiima egli, che
più valli ne (ìano fiati i coi fini ; ma indi for;siunge , lum
ante rum pojì fociale hellum q-ti-n omnin aà vicinoruni linguam
atque i»/ìiiuta diffeàjjem {àe qno S^raho Uh. VI, conquerum ),
Cv'CÙa Magona i/S tantum fìnibu! porremo confìitìt , quo$ Pli-
tiius y lic Ptoleniaeuì dt^fcripferufit (4.'^). Quello ient'm nto noti
parci poterfi roflenere in alcun conto . Luogi dil pruovare
che la M. Grecia fia fiata , in qualunque periodo di tem.-'O,
p'ù eftefa, parci che i luoghi di antichi fcriitori che vengo*
pn comunemente citati , quelli almeno eh-; meritano la no-
{ì'-i fede. Confermino tu'ti il nollro fentimen'o. Inoltre fé
eflinta già era h M. Grecia prima della guerra Social.*, co-
me lo fìelfo Mazzocchi ha dotiamenie dimoflrato (4dj>come
* po»
Tipi
inai poteanfene ^opo dì efla reftringere 1 lìmiti ? Dippiìi fé
quelto infigne fcriuorenvefle pofio niente a' verfi di biiio ói
rti rif.tui ai di lopra, avrebbe fcorto chiaramente , che fin
da' tempi di Annibale, lunga Ifagione avanti la guerra focia.
le , l'elteffun della M. Grecia era quella fielìa per l' ap.
punto , che venne nel fe§uiio da Plinio e da Tulomnneo
definita .
Non farh più ora difficile l'indagare quali cittk debbano
credeifi rcalireot^ compiefi nella M. Grecia , ricerca che for-
ma la feconda pane del Saagio prefente. Fifl'ati i confini di
quella rcgune , non ci rcfta a far altro che rapidamente
percorrerli per cos"! indicare i celebri flabilimenti G^eci , on-
de elfi venne compolh , ed a'qoali dee il (uo nome.
Abbiamo già oUervato , che la M. Grecia rivolta al tna-
rc Jynio veniva bagnata da' tre golfi di Locri, di Scillacio,
e di Taranto . Il primo di quelli prendeva il fuo principio
dal Piomontoiio Z-fiiio, cost chiamato da un porto elpofto
a' venti di occidente, che in efl'o trovavafi (47). Quefto prò-
rrion'orio avea coftiunicito il fuo nome alla vicina cuti de*
Locrefi , dota quindi Epizefi j (48), ed incominciava la re-
gione abi'ata da elfi, che Scabone chiama Locride 149).
Il nome di Epizefirj difl ngu.'va i noftri Locrefi digli Ozoli,
e djgii Epicnemidj , che abitavano la Grecia propnamenta
det'a,e de'quali creJeronfi i primi -una co'onia. L'antico fi*
to della ciita era sul promontorio medefimo , a qu 1 che
re laTciè fcriito lo Iteflo Sirabone (50) . Ma dopo tre , o
quattro anni , fecondo quel'io geografo , i Locreii abbando-
narono la Io o primiera porzione per tra'portarfi un poco
più lontano, ove fonikirono la nuova città fopra un'altura,
chiamata Efepis, 600 ftadj lontano da Reggio. La pofizio-
ne di quefta ciua ne vien dcfcn'tta con accuratezza dallo
fcoliaiìe di Piodaro (^O* Tutta la region de' Locrefi veniva
poi
5^3
^nl feparata da quella «le' vicini Regìni da ima profonJa
valle , per cui correva il fiume Alece ; ma quefte due re-
gioni, quantunque vicine, avevano, fecondo Strabooe,un ter-
ritorio di moito diverla natura. Quello de'Locrefi era fecco
perchè efpodo al fole , unnido quello de* Redini ; dal chs
tialceva a leniiniento di quel gc grafo la preicfi dilf.renza
fralle cicale dell'un campo e dell'alf^o , delle quali mu^e
er.ino le Regine, ma loquaci le Locrcfi (5:), diff^ireaza , dì
cui i poeti ed i mitolo'>i rifilir finno fino al Erccle la
caufa (-^ji. In quanto alL» cif'a ft.'lTa di Locri , e(Ti avv*a mol-
te porte (5 + \ ed un porto ('55):Lina parte di elTi trovandod
cfpofta al mare, potea con navi oppugnarfi (5<5^, men-re ut
altra era fjg^etn ad effere attaccata per terra (<57 . Du^ r-jc-
che trovavanfi neirinterno di L'cri (58', d<;lie qaa i 1" uoa
almeno non d(wea effr molto ipaziofa (59). Mi 'a città 'lelfa
fembra eff.Te (tata vada , avendo ponilo accogliere nel temao
della fecondi «uerra punica tJtti «li abiranti di C'otone, nb-
blinati dal vincifoie ad abbandonare 1' antica loro dimori (^do).
Sul fi^me Alece trovavafi il picciolo caf'el'o o Pe- po-
lio , rammentato àà Tucidide (di) , il quale non fn^hra
cHere Uaro atro the una fortezza, e una dip^-ndenza d Lo»
CM (di). Oltre all' Alecè eravi pr.-ffi Loci ui (ÌDiije , che
Livio (63) chian\a Buihmtus^ ed il Cr^lebre fiume Sifi'a 6^\
tanto rinomato p'r la disfitta , che vi riceverono i Locreli
da' Crotoniati . Secondo il Mazzocihi (d5", qurfto fiume e
quello ft-flo che vien rammertaro da Tolommeo fo'to \\
nome di Locanus (66). Ma più probabilm.^nte qo'fto nome
»oo è eh: un corruz' ine di quello del fiume Caec.nm li-
tuato flnch« eflfo nel g'ifi di Locri preflo un luo^o dello
ftelTo nome {Sj) y poco lungi dalla Sagra , e di cui fanno
menzione Tucidide dS), Plinio dp), P-^ufanla ('70 ,ed E-
Uaqo (71}, come il Maz20vcfai ftello ha pur lofpeiuto ^^72'.
Al ài Ik della ^agra s incontrava Caofonia, che per eflfe.'
re (tata fondata fui principio preffo un vallone, aveVa portato
già il nome di Aulònia (73). Del redo una parte almeno di
quefta città doveva cflere molto elevata, giacché le rocche
di effa difcoprivaoG da lontano da' naviganti (74). Ella noti
giunfe mai a qu.-l grado di floridezza , che le fue vicine Lo-
cri e Grofona vantarono altra volta» Piìi sventurata di qua-
fie, fu adeguila al~"fuolo da Dionigi ^ ed i cittadini ne fu-
rono trasferiti in Siracufi^ accordandofi il lor campo a' Lo-
crefi (75). Elfa dovè riforgere qualche tempo dopo, trovan-
dofeae fatta meozioòi nel tempo delia guerra di Pirro, du-
rante la quale fu dillrutta da' Campani {y6). Anche dopo
quella nuova difgrazia eliti continuò ad aver qualche «li-
Itenza , fé è vero che nel tempo della guerra punica fecon-
da, avetido feguitò il partito de' Cartaginefi ,fu oppugnata da
Fabio '77;. Non ponTiatno disegnar con diftinzione di quili
delle due dillruzioni di Gaulonia abbia voluto ragiotìar Sera»
bofie, quando dice che i Cauloniatì diflruttì da'barbari tras-
feiironfi in Sicilia a fondarvi una cit a del nome (ìeffo{y3).
Il fiume Elepnro detto altrimenti Eloro, celebre per la dis-
fatta datavi da Dionigi all'elercito degli Italioti coVe^ati
dovea tròvarfi preffo Gaulonia (yp). Inoltre nel refto del gol-
fo prima del p'omóntorio CocintOjtrovavanfi Confilino (80},
e Myi^iae \8 1), città piìj ofcvire,e probabilmente non Greche.
Il golfo di Locri era finalmente terminato dal promOfitorio
Cocìniétim,i\ quale credeafi fecon;1o Pi.'nio (^2) il più lungo
di tuttA l'Italia, e che dava principio al fecondo golfo del-
la M.Grècia, cioè a quello di Scillacio . Il Gluverio 83) a
mìo credere non ìia diftin'to abbafìanza il nome di qus'lo
promontorio da quelli di Cairinus , ch'era il nome di un
fiume e di un luogo preflo alla Sagra , come abbiamo già
detto , e del fiutnc Carcinus , preffo a cui fuvvi uua città
dello
... 291
d'Ho flfìn n'irne, ambedue nel golfo di Scillacio , Aiii:h8
Pomponio M'I.i (84) ha errato n;l cliiadere il golfo di L'i-
cri Ira i prooionioij Bruzzio e Zfi'o, e far cominciar da
«Jur-ft' uitirno il golfo di Scillacio . Cagion di quello errore
è forfè (ta'a l'olcuriià i.\i\ promontDriq Cocinto , eh* non
giunle mai ad aver qu.-lla fama, che ottennero il Z'fìrio
ed il Lacinio . Fijvvi inoltre lui CocJQto una Gutìi del ao-
me mfde!ìmo {85) ,
Scy'.laaum era la fola citta di qualche confìJenzian? ,
che s' incont aff; nel golfo , cui died; il nome ^SfJi.Ed'a era
celebre per gli frequenti naufr^gj 87) ; ma fu fempre una
citta dipendente , elfen.fo ffato il fuo campo pofleJuto da'
C'ot'joiati inreramente , prima cha Dionigi non ne aveffe
accordata una porzione a' Locrefi (8B), Il reHo della fpiaggia
eli queffo golfo era occupare da luoghi piìi ofcuri , come da
quello detto Caftra Hatimbaln ^ prelfo cui eravi un porto del
Eome IlefTo !8p). Il fiume Crotalo, e quelli di Semiro, di
Aroca, e di C.arcincs pò), preflb al quale s'incontrava la
Gitta di Cnrcinus (pi), trova vanfì nel feguito. Da Tolom-
meo fpz; fappiamo che la citià , ch'egli chiama /Ihyfìrum,
e la quale , fecondo il Mazzocchi fp3) era detta ^/!i«y?»w /■p4,)
da'Latini, ed ap^^arteneva ancora al golfo di Sciilaco, veni-
va quantunque mediterranea attribuita alla M. Grecia.
Il golfo di Scillacio formava col golfo Ippcniate, che gli
è all'occidente fui mar Tirreno, quell'iflmo, che fecondo
Strabene Dionigi volle chiudere nella fua guerra contro a
Lucani. Il vero ogget'o di quello principe ambiziofo era
quello di tagliar così ogni coiTiunicazione fra i Greci confe-
derati per poter dominare nella penifola piìi facilmente; ma
egli coloriva il fuo dileguo col pretefli di metterla a coper-
to dalle irruzioni de barbari (P5). Plinio ha anche parlato
di
di qu'efto progettò, ed il fitó, in cui doveva fecondo lui finlf
la murai^lia nel lido orientale, era appunto il luogo detta
Calilo Hanniùalis predo il fiume Crotalo {^6) ,
La Croioniatide feguiva al golfo di Sciliacio,e dava prin-
crpio al terzo golfo della M. Grecia ^ il più vaflo ed il più
rinoiTiato di tutti. In quella regione incontravaniì prima di
ogni altro le tre punte dette de'J.^pigi, poiché quefti po-
poli, che fi credevano Cretefi di origine, vi fi erano al-
tra volta llabiliti' (py) . Il promoncorio Lacinro, chiude-
va c'a una pane il golfo di SciUacio , e quello di Tarai!»
to dall'altra (<;'8). Qjielfo pronioaiorio avanzandofi nel nna-
re veniva fcopcrto da' navig.inii , e riconofciuto al fuper-
bo tempio di Giunone, che' vi li ammirava (pp). Più no-
bile cel a llelfa ciith di Crotone , ne era lontano quello
tempo ki miglia (looj. Quale folli.' la venerazioneyche rurti
i p. po'i all'intorno avevano per elio, e quali le meraviglie
do'la natura e d<i!i'art« , che in elfo o intorno ad elfo fi.
ammiravano, come psr -efeinpio il magnifico e deliziofo bo-
fctierto , r altare prodigiofo in coi credevali che le cen^i4
refìaffero immote ad ogni violenza di vento, la colonna di
oro m;!fficciù,le fupeibe pitture di Zeufi fralle quali 1' Elena
tanto celebrata, può leggerli più a luogo preOb Livio (ioi\
Valerio MalTimo (102) , Cicerone (105) ,ed altri molti. Dirim-
pètto a quello promontorio vedevafi 1' iloletta di Calipfo (l04\
e quella detta de' Diolcuri (i05):anche lo fìelTo promoniori.'^
O una punta di edo almeno, par che venga detta Diofcur'ias
^a Diodoro (106)^
Le colonie Achee , l' una delle quali Caulonia trovavafi
peraltro nel golfo di SciUacio, feguivano al promontorio La-
cinio. La prima di eflT? Crorone era {ifuata prelTo i due fiumi
Efaro e NTeeto: ms il primo di qaeRi era propriamente il fiume
d«lla città, quello prelfo a cui gli Dei ingiunfero a Mifcel-
lo
io di fondar Crotone (107). Prima della guerra di Pirro elio
divideva Ciotone per meik,ma dopo Is devaltazioni di quella
guerra non paìsò pm che prcHo a muri difabicati (io8j. Secondo
Strabene (top; elFo aveva un porto del Tuo nomi medefimo,©
un lago fccood*) il Gluverio (no) che dovrebbe effere quello
fìelTo che venne chiamato s'oiJ.uhifj.i'oi', da Teocrito (ni). Ovi-
dio ha dato [' ag2,\noio di lapiiio/us all' Efaro (i 12), e quello di
graT^i'/o gii vien dato da Diouigi Periegete (i 1 3) . In quanto al
Netto, era elio al di là di Crotone verfo i Salentini, e Sa-
lentino venne detto da Ovidio (i 14). Il di lui nome fi ripe-
teva dall' incendio delle navi fattu preffo di eflo da taluna
donne Trojine approdatevi , per cos'i fottrarfi al tedio di una
più lunga navigazione (115). Ne'contini della Crotoniatide
trovava!! ancora il monte L^jz/wn/o, detto ombrofo da Teocri-
to (ii(5),e l'altro, che lo Iteilò poeta chiama P^/'/rnr 'i 17),
La citii di Crotone trovavafi polta , a quel che pare, in
una fituazicre elevata (i 18), e che era tanto vantaggiofa per
la falute, che divenne fecondo Strabone (tip), un proverbia
preffo i Greci il dire : più /ano dt Ciotone. A' vantaggi dì
qucfta eccellente pofizione deve in molta parte quella città
ì grandi atleti che produ(re,Gome Milone (1 2o),Egone (121),
Faillo (122), Filippo (i23J, ed altri molti (124). (Suefta
cittk mancava di porto , ed aveva iolo talune itazioni efti-
ve a cui potevano approdare i navigli (125). Qltrg alla grati
di:ifatta , eh' ebbero da' Locrefi i Grotoniaii prelTo al fiume
Sagra (i2(J/,la quale fecondo Strabone fu cagione della rapi,
da loro decadeosa , non avendo mai più potuto riforger do*
pò di cfla alla primiera potenza (127),! Grotoniati furono
attaccati pur da Dionigi, che s' impolfei'sò della lor rocca pafTa.i*
do a traverfo di talune rupi (128) , tormentati fpefib ed afle-
diati da'Bruzzj (iipjjprefi finalmente e polli a lacco da Aga»
tocle (130Ì, il quale iraditevolmente fingendo di andare la
Tom, il. 38 E pi-
ap8 '
Epiro, sbarcò all'Iraproviro a Crotone, e l'alTidiò circoo*
dandola c^i mura dal mare al mare. Nella guerra di Pirro
la Citta di Crotone, che aveva primi un muro di do ici
irìi^lia di circuito, fu tanto devalt<<ta che una metà ne reltò
dji.bitaia ('30' ^3 '^^ rocca, che fovraftava di una parte al
ma^e , e diii'ahra era rivolta alla campagna, <5uantunque
inun ta dilla natjra dtl fico e cinta da un muro , qon die-
de chi U'i debile ne 'vero agli ottimati , quaoJo quefti vi
fi rirra-'ono dop) U pr'fa deHa citta fatta da' Bruzzj nel
temno della f-conJa gu:rra punica (132). I Crotoniati in
quell'epica abbiidonroao la lor patria disgrjziata , e traf-
porta-^onfi ad abtare in Locri (133 i , Crotone venne ìndi ri»
dona ad cTer Colonia Rimana (134',
Incontiavafi anchs fui Httorale fecondo il Mazzocchi la
citta d?t'4 M.icalla (l3*)> , «n cui venivano refi , a quel che
pe dice Licofrone, onori divini a Fiioi rete fi 3<J), Il promon-
torio Cnmifa che immediatamente feguiva a quefta cittk,
era fiato abitato da quell'eroe, il quale vi aveva pur fondato,
a quel eh.' fi dice, una città detta Chone (137;. I,icofronc
dà alla Città fondata , o abitata da Filoitete, il nome di
Crimil'a (138), e di quella città rag'onano ancora altri (crit-
io i (139; . Fu^'vi ancora un fiume Crimifos (140), ed un
teYnpio di Apollo Aleo (ìtuato fui promontorio (14I).
Il Mazzocchi ha e mprefe fralle città della M. Grecia
Siberene e Petelia ambedue lontane dai mare. Ma in quanto
alla (rima, neiìuna autorità egli adduce per provare , che alla
M. Grecia elTa abbia appartenuto (J42), Petelia vien fituara
nella IVI. Grecia da Tolommeo (143*. L'^flfT- efla alquanto
remota dal mare ha fatto, che Punio la comprendelfe fralle
città appartenenti al golfo di Grotoo? (144), mentre Pnmpo-
nio M"la la defcrive fra quelle del Golfo di S^illicio (145'.
E' ad olleivarfi ancora che quefio geograto i' ha ficuata fra
Ì9
Ì99
te citik marittime; né ({fa doveva efTere molto lotitana dal
»iare , fé è vero quel che Valerio MafiTimo afTicura , che An-
nibale fciolfe da Pcreiia per trarportarfi in Sicilia (145). Pare
cIk Livio (147) rappretenti Petelia fituata fopra una altura
( luMulus ) . Quefta città peri nel teinpo della incurGone
di Annibale in Italia. Dopo la bactaglia di Cinne , elTa lo-
ia fra'BfU^zj lì mantenne fedele a' Romani (148). Imitan-
do l'efenipio de' Saguntini , i Pe-eiini privi della fperanzi
di po'er ricev'ere (occorll da' loro alleati , piuttoOo che aprir
le porte ai vincitore, fi riduflero a morir di fame, elTi , le
loro mogli , ed i loro figli ; di maniera che Annibale non
potè impolTeflarfi che del fepolcro di' quella città sventura*
la (i4p).
RitoroanJo alla fpiagola marittima vi troveremo il fiume
Hflias , rammentatoda Tucidide (150}, e l'altro detto Truen-
to, predo al quale, fecondo Diodoro (151), taluni de'Sibariti
fcacciati da' nuovi coloni di Turio portaronfi ad abitare , ma
re furon cacciati non molto dopo da' Bruzzj . Prelio queifo
fiume il Cluverio (152) ha ficuata la città detta Paiemum
rammentata nell' Itinerario di Antonino. Rofcia ^ che venne
ìndi detta Rofcianum (15^), navale de'Turj, era anche fi-
tuato nel littorale fra 'I Truento, ed il Grati.
Du^ento fiad) lungi da Crotone trovavali altra volta Sibiri
Colonia anccir efla depli Ach.i ( i 54) accompagnati da'Trocie-
nj (i 55), e (ituata fra'ilue fiumi Grati e Sibari (1 51^^. 11 primo
di quefli , a cui fi fupponeva Ja prop ieti di render biondi o
bianchi i capelli delie perfone, che vi fi bagnavano (I57i )3V2*
va preflo di fé un piccol campo detto Camere^ ove fuppone
Ovidio, che Anna (creila di Didone fia fiata gittata un glorntJ
da una tempefta (158) ;nel qual luogo egli dà al Grati gli epiteti
di Upidofus e di pifcofus . Preflo al Grati eravi ancora il tempia
di Minerva Cratia , a lei dedicato da Djrieo Spartano , il
* qui*
300
quile , coma pretsailavano i Si bariti » ca ft*to Jn afuto tJe*
Crotoniati, nella guerra che quelli ebbero con elfi (139). Il
nome del nolìro fiume era derivare fecondo Erodoto (i5o;, da
quella di un altro Qrarùh ^ chs efifteva nel Peloponnefo prof-
fo la Città di Aegae. Anche dell' altro fiume Syhar'n fi fa
derivare il nome da quello di un fiume dell' Acaja (i(5i) ,
come anche a lui fi attribuifce la proprietà fieffa di render
biondi i capelli (i5z). Strabene gli dà l'altra di nuocere
a* cavalli, per cui aggiugne che fé ne tenevano lontane le
razze (jdj) . Una fonte dett^ Sibaritica viene anche ram-
mentata da Teocrito (1^4).
In quanto a Sibari , la fua vantaggìofa pofizione , e la
feriiliià del Tuo campo, taluni fenomeni del quale vengono
rammentati da Varrone (K55), la refero in breve tanto ricca e
potente che primeggiar parve fovra tutte le città dell' Italia
(l5<5). Elfi dominò in fatti, fecondo Strabone (id/), fopra
quattro pop"li del fuo vicinato , e fopra venticinque città .
La fua efienfione , fecondo lo /le(To geografo, occupava cin-
quanta l'ìad^ lungo il Grati; e la fua popolazione giunfe a tal
fegno che ai dir di taluni autori effa potè formare un' efercì-
10 di 300,000 combattenti nella guerra contra i Crotoniati
(ii58). Non oftante un tale sforzo, Sibari cadde in potere de'
fuoi nemici , da'quali venne interamente diftrutta (idp) , aven-
dovi elfi condotte le acque del fiume , le «juali , come dice
Strabone, la fommeifero dell'intutto (170). QueRo fieflb fcrit-
tore olfcrva che (ettanta giorni ballarono a difìrug^er tutta
la potenza de' Sibariti. Furono allora obbligati quefii infeli-
ci a ritirarfi in due piccole vicine città Lao e Scidro , ove
abitarono per qualche tempo (171) ; ma cinquantotto atioi do-
po la dilìroziooe della lor patria , efiì tentarono fono la con-
illocta di taluni Te0ali ili rillabilirfi nell'aatica pofizione ,
vale
3or
vale a dire fra ilCrati , ed 11 Sibari (172). E(Tì non vi recarono
però che fei anoi , al termine de' qudli lurono difcacciatì d|
nuovo da' loro perpetui nemici i Crotoniati . Dille ceneri di
Sibari forfè poco dopo Turio fondata da uaa colonia di Ate-
niefi fotto la condotta di Lampone e di Xeciocrate nell'
Olimpiade 83 . Taluni Sibariti ancora fuperfliti alla rovina
della lor patria UDironfi a' novelli coloni; i quali per ubbi-
dire all'oracolo, abbandonando il primo locale, fondarono
Ja nuova citth preffo ad una forgente detta Turia , dalla
quale ebbe poi la ciftU Itefla il fuo nom?. Secondo D ©.lo-
ro la nuova citta venne divifa par lunghezza in quattro
piazze dette Eraclea, Afrodifiade, Olimpiade, e Diooifiade,
< per lunghezza in tr«, che furono chiamate Efoa , Turia,
e Tutina . Gì' intervalli fra quarte piazze effendo ftati riem-
piti di abitazioni, la citta divenne in breve popolata (173).
JMa gli antichi Sibariti venuti in difcordia cogli Arniefi fonda-
tori di Turio ne furono difcacciati poco dopo , e fi porta-
rono ad abitare preffo al fiume Truento , onde non guari
«lopo furono interamente cacciati da' Bruzzj (174) • La cittk
di Turio divenuta ancor elTa potente figurò lungo tempo
Della iloria , e nell' epoca della feconda guerra Punica rice-
vè in parte g'i abitanti di Erdonea , incendiata da Anniba-
Je,per timore che non fé ne irap( ffiffaffero i Romani (i75,'«
Wa Hoalmente «ffa divenne una colonia di quelli , e cam-
biò per la terza volta il fyo nome , affumecdo quello ài
Copia (175).
Preffo Turio trovavafi un poco dentro terra iì piccolo ca-
flello detto Lagaria (177), e da altri Langaria (178), celebre,
fecondo Strabone,non altrimenti che la fteffa Turio per l'ec-
collenza dal fuo vino. Sul lido dopo il fiume Giliftarno , ed il
fiume navigabile Siri (175^) , trovavafi l'antica città del nome
Diedciiaìo, detta prima Polieo, trecanto trenta ftadj lungi da
Ta-
Turio, e ventiquattro da Eraclea, di cui era l' emporio (ijo). La
Siritide pc'Ua in rr'ezzo a due potenti viridi, i Turmi ed ì
Tarantini, non mancò di fulcitaf la loro g'Io^ìa ; ma dopo
una gu^jira avuta fra loro , quei due popoli convennero di
abitari.i io comune, riputandola pur tuttavia coionia Taran-
tina. I nuovi coloni però preferirono alla pofizit.rie della vec-
chia Siri una nuova fituiziooe mediterranea prcifp al fiume
Aciri , navigabile ancor elio; e diedero alla br novella città
il nome di Eraclea (i8i ;. Fra'due fiumi Siri ed Aciri trova-
vafi anche una città detta Pan Jofn , mi divcrfa da q iella del-
lo ftelTo nóme, che viaa fnuata da S-imno di Ghio tra Grò.
tone e Turio (182), e preffo alla quale mori Aleflandro Ra
di Epiro (183). L'altra Pandofia vien ramiuentata da Plutar-
co (184), e nelle Tavole di Eraclea (185).
Centoquaranta ftidj lungi dall'emporio di Eraclea fi tro-
vava Metaponto, città antica, diflrutta prima da' Sanniti , ed
indi riedificata da taluni Achivi, nel- punto itefT:», che (epa-
rava , come dice Strabone,!" Italia dalla J^pigia {i8(?). I fiu'
mi Acalanio, e Cafuento trovàvanli fra Meta Don to ed Eraclea,
come il Bradano fralla città medefima.e Taranto. Alla fer-
tilità del lor territorio, ed alla cu'a , che p re: ero di co'tivar-
lo, dovettero un giorno i Metapontini quel grado di flarider-
za , di felicità , e di opulen7a , a cui giunfero , e di cui è
una pruoya la meffe di ero che dedicarono a Delfi 187 . Dopo
varie vicende , e dopo aver accolti taluni des'i abitanti di
Erdonia nel tempo delia guerra di Annibale (188 ,fina!fnenie
Quando qu'flo generale, artaccaro da ogni parte da'Rotnani,
voli? fortificarfi nell'ultimo angolo della Bruzzia , rbbfigò ì
Metapontini , come molti altri de' Lucani ^ ad abbai lonar le
proprie fedi , per ti^afponarfi con lui nel territorio B uz?io( i8p).
Quantunque i Japii'j fi foflero altra volta dilìefi fino a Gro-
tonc , cotne lo pruova il nome di pietre de'Japìgi dato da
effi
3*3
éfll a trs punte Jel promonforÌQ Laclnio (ipo), ? quantunque,
fecondo Efoio,la ÙnU citt4 di Crotone fu ftatJ da eiTi cri-
ginariamsote abitata ipi) , pure alla regone in cui trovawafi
Tar^firo reftò nel feguito parti>.olar name il nome di Japi-
gij , che i Greci , come ne avverte Strabone (ipz) ^ dilTero Mef-
fapia, e gl'indigeni in pine Salcntini,in parte cahbria .Ta-
ranto la più ricca , e la più dilfoluta delle citth Italiche vi
fu §•'3 (ul mare (ipj , a cui dava il nome di golfo Tarantino.
Q_ueiio mancava in graq parte di poni ; ma quello di Ta-
ra iio era bello e vafto , e ratch afo da un ponce: il fuo giro
era di cento (tidjjed a^^ea nall' interao una p-'Oifola , fu cui
flava Taranto , f.ibb'!cata nel piano, fé fé ne eccettui l.a rocca,
]a quale (hiva fopra una picciola altura fra'l foro ed jl porto,
Un muro cingeva quelta citti il'uHre ( 1 94.), preffo al quale mi-
ravàfi il f polcro di Giacinto; coine i l'epolcri de' p3;rticolari ve-
devaofi nejl' interno della città ove erano rtati (ì/uati per ordi^
ne Heli'oracolo (195), Vili trovava ancora on vaflo toro, uno
ftadio rrnitfTimo ^ipi5),e più porte , una delle quali portava
il nome di Temenide (197), Quale folfe Itato l'incanto della sua
fituazione, e l'ameoitH delle campagne, che la circondavano,
può rilevarli ficilm^oic da' fcaviffimi virfj di Virgilio (198) , e
di Orazio (199), che ne parla cos'i fpefl'o , per tacere di altri. J
prodotti dei ftio Cam '•o vjoo celebrati dà Catone (200), da Mar-
ziale (2oi), e da altri, e Varrone ci ha lafciata memoria di
Dna particolare fpecie di maceria , di cqi fervivanfi i Taran-
tini (202), La pe'ci fioriva ir» Taranto ugualmente che l'agri-
ColtU'a, di modj che neli.i t-i..h trovava^ iKibilna una grande
quantità di pefcatori (203 ) , Orazio (204^, G-'Hio (265), Apule-
jo (20(5) fanno menzione delle produzioni d'I di i -t mare . La
vicinanza do'Japioi produT-? de'le quilticni fra q lelli popoli,
ed iTaiaauni intorno a coufiai del lor campo, le quali cflendo
ter'.
è^^ . ...
iarmin4tc Soaliiìsnte m una gmtn^i Taf aotini, quantunque
ajutati da' Regi dì , vennero alla fine battuti neii' Arcontato di
Menone, vale a dire nell'Olimpiade 76 (207J. Dopo varia
vicende, quefta citta, la quale, come oflerva Strabene, fu co*
iiretta dalla propria debolezza, frutto della intemperanza, eoa
cui aveva latto ufo dalla primiera profperìta , ad implorar
continuamente forze (traniere, per ferv'ir fempre a vincitrice
ovin;a,\n ridotta i<\ coijnia Ro.nana (208), e cosi godè al-
meno di qusiia tranquillità , che nella lua grandezza non ave.
va fapuio proccurarli (2op;.
JEravì nella region Tarantina il luogo detto Saiyrion da'
Greci (2io)iche venne indicato dall'oracolo a Faianto dedut-
tore detla colonia Spartana, quando fé gl'iigiunfe di portarli a
Taranto (zi 1), e che vien chiamato S"/j/«n<^ da Virgilio (212).
Il fi urne Galelb tanto celebrato dagli antichi per la Tua ameni-
tk, e per la fertilità de' campi , che irrigava (213), come ancora
per le greggi, che vi pafcevano all'intorno (2 14), e che dava-
no 1» rinomata lana Tarantina (21 5), era, come fifa, non lun-
gi da Taranto verlo la Lucania. In memoria dell'antica loro
origine. Spartana, i Tarantini diedero al lor Galefo il noms
di Eurota (2i5). Altri nomi fimili ricordavano la loro difcen»
den/a dagli Spirtani, anche quando nulla più rimafe loro del*.
Ja fe.'erità da' coftumi di que'loro celebri progenitori (217).
11 redo della Japigia al di là di Taranto fino al promoa*
torio Salentioo , quantunque altra volta , fecondo Strabone,
foffe fiorito per la moltitudine degli abitatori , ed aveffe ava-
te tredici città ^ delle quali ignoriamo adeffo anche ì nomi,.
pure era pi talmente decaduto , che non raoflrava pi ij, fé non
■che pochi paefetti.Ua tempio di Minerva, e lo fcoglio detto
ultima Japigia , olrra le piccole citta di Veretum e di L:uca^ fono
k fole cole, di cui quel geografoabbia fatta menziona (218).
Jncontravanf» però fui lido ancora U Città Greca detta Calllpo-
ii5
3o"S
lls rammentata da Pomponio Mela (2Tp),e da Plinio (220.
Il Mazzocchi (211) inoltre pende ad allegnare ancora alla M.
Grecia gli altri luoghi mediterranei del promontorio Salenti*
DO, come Rudiae patria del Poeta Ennio (222) , Manduria , So*
Jetum, che fi crede eflfere la Valentia di Stefano, Neretum ,
Bavota, Valeotlum, Uxentum (223), Baris detto poi Vere-
tutxi,come anche la pìccola citià di Leuca,che fi rimirava prefla
al promontorio S^leniino, da cui chiudevafi il golfo Taren»
tino , ugualmente che la regione , alla quale come ci lufin-
ghìamo aver provato abbadaoza , diedero propriamente gli
antichi il nome di Magna Grecia.
Tom.ll. ^p AN;
/
Sòf
ANNOTAZIONI.
ti) Nell'opera intitolata.- Siàlia & M, Craecìa ex antìgu'it numismi'
ìibus .
(ì) N?l ir. volume degli opuscoli accademici di questo eh. letterato pa^:
5, iti/q. e spesso altrove.
(^) Veggall l'eccellente commentario sulle Tavole di "Exide^ tom. i. prodr,
Diair. ì. pag. 9. J'et/q.
(4) Ovili. Ftifln,: lib. IV. V. 67. seyi^. J astia, hioor. lib. XX.
(5} ierv. ad Virgil. j^eneid. lib. J. v. 57:;. Livio chiama oiram Grate»"
rum inferi rmris quel tratto che cominciando da Turio si estende fino «
Napoli, ed a Cuma^ H'sfor. lib. IX. cap. 19.
(6- Fumo nome della Città Greca che venne poi detta SinueJJa da' col o«
ni Romani V. Liv. h Jìor. lib. X. cap. zi.
(7 li solo nome di questa Citri Aj-xai» ( cubitus ) ne prova l' or igine
greca, confermata ancora dall' au'orita di Strabene Geo^r. lib. V. pig- 232.
idit. Bj/lltiie 1549» ch^'è quella che ho avuta alla mano'nello 'fcrivere il pre-
fente i'^^'^/o , e che >errà Tempre in elTo citata-.
(8) Hisror. lib. XXXI. c^p. 7.
(9) Histor. ìiatu.: lib. III. cap. '5.
(io) Riiior. ìiatut. lib. IH. cap. io. x
(il) Geogr. lib. IH. p. m. 146. Gr l6u
(ij) yld Tab. Heract. p.:g. id.
(jj) Di stcundo ìellu pitnico 'lib. XI. v. 20. & ftqq.
(14) .'ìd Tal: Heracl. 1. e.
(i";) ^ttp-xìi^oviti fiiv yttp ^ix tii^ Tp-t^tvt <r<tuTn< iraria'y^pitu.x rns (ity X«l»w^
T.i- • TapavTiVit yap lu^tas ivij^iipt'^oi' wjTW ' Apyupi'wn-efjoi i'i y.eet K.aTvatar
TivK txciKouv TOf AnilScif 0(3"eK3it«i ■wa.'Ttf «Ti/jMiro/ n^ii TiTt wpo; K«/>;n»-
S'oi'iyji . X. T. \. Hisiiit, Iti. III. Cip. 110.
1(5} n^paKiu! in lui)i:>o di •■?«>.«.«; . Q:ie''a lezione è confermata ancor*
di' luoghi di Lwio e di Silio che citeremo fra poco, de' quali il primo par-
la di ora Graecorum , e i» altro ram n^nta orj'W vado/ì litto^'s .7«« !oinJui-
tur curvata profnrilo . N )n olo d.'ci'i-.'r-' '"? in v?c^ di irapttKiit! o "TaXaius
non fia forfè più probabile leggere lT«\i«f in P.i'ibio ; allora quello ito-
rico non altro direbbe fé non che Annibale fi refe padrone di quafi tutti
il reflo deir fiaiia e de'.' a M. Grecia-.
(17) Hiflor. lib. XXII. cip. 61. in fine.
(lii) r)t fecundo bello ptriiio lib. XI. v. r. ad 24.
(19) Ad Tab. Heracl. p. « >. 14. vot, ij. I^
izo.i Hifìor. lib. XX. init. Q;jeiìo irtorico dopo aver ivi detto che ì Greci
7ion p/irtem ,fed univirfam ferme Italiani . . . nccnpaverani , foggiugne , namqiie
Tufciirum populi , qhÌ tram Inferi maris poji leu , a Lydia vtfterunt ; &
* Vf
Ìo8 .
Veneti, 'juos incoìas fnper't marìs v'idtmuf , capta & eìtpugnata Trefa, Ari'
tenore duce-, mifit : ^dria quoque , lltyrko mari proxima , guae & adria-
tico mari nomen dedita Graeca urbs e/1: ^rpos iJiomedes , exci/o Ilio, &
naufragio in ea loca delatus , condidit . Sed & Pifae in Liguribus Graecos
suBores habent : & in Tufcis Targitinii a Tiejfalis & Spinambris ; ' Fé-
rufini quoque originem ab Achaeis ducunt • Quid Caeren urbem dicam ? Quid
Latiios popnlo! qui ab -Aeaea conditi videntur . J am Falifci , Nola») , med-
iani, nome Cbalcidenfiumt coloni futtì Quid traBus omnis Campaniae^
Quid Bruttò Sabi'iique > Quid Samnites ? Qitid Tarentiniì qiios Lacedaemo-
ne profeBos , fpuriofque vacata accepimus ? T hurirjorum urbem condidijfe c'hi-
ioBntem ferunt , ibiqtie adhuc rno-iumentunt ejiis vifitur , & Herculis fagit-
tae In Apt)Hinis tenplo, quae fatum Trojae fiteri . Meiapontini quoque in
tempio Minervae ferramenta , qu'ibis Epeus , a quo conditi funt ,equttrnTra-
■janum fabricavit , oflemant . Fropttr quod omiis illa pars Italiat M. Gr^f
tia appellata efì ,
(21) Querta giulla olTervaiione sfuggita alP acume del Mazzocchi fi de-
ire al nolfto Cav. Rogadei nella Tua ]ialia -Cijliberina pag. 35";.
(22) Detpnrfuph. lih, XII, cip. 5. Otrx ùXiyov S'i irpo! Tiiv Tpvjiiiy xoK thv
*vS'(Uf/.ofiay ryj ^rujiwxvTas tùutou x^iftar»? ■j{rfi ro ir>^tihf lyinTO Tuv tti'Spioirteit ,
«(0 A31 NltyaAit E'>.\«s ix.\iiSii tramai 3-^iì'oi/ li xctTX Titv 1tx\icii> jcaroiXHin; .
Quelle paroìe di Ateneo ci danno pure a mio credere laverà ragione delP epi-
teto Magna accordato alla Grecia Italica . Molti alta fragli antichi ricono-
fcono pure con (ju^>(ìo nome indicata o la potenia o lo fplendor della re-
gione, cui venne dato; ma nell'uno, a mio credere , pub farci opinare eh' effo
abbia relazione alla eftenfione di ella. Farmi dunque che il Maziocchi ab-
bia torto di creare una Mi'?or o parva Gr.Tscia per opporla alla Miijor ed
alla Magna. Se qiie'ia Grecia mi'iore avefle mai avuta ehilenza , gli .antichi
ce ne avrebbero licuraraenre parlato qualche voha . In talune edizioni dì
Plaiito fi trova a vero dire rammentata una Graecia parva nel v. 5«. del-
la leena 6. dell'atto II. AA Truculentus y ma quella lezione è ÌDcerti(Ii-
ma , e probabi.'minte guaita, e d'altra parte nulla vi è che pruovi che il
Coinico abbia ivi ras^ionaro di una regione Itilica . Del rello é così lungi
«al vero che 1' enitetó di Magna debba necelTariamen te includere una idea di
C' mparazionejch'eflo venne accordato indilli ntamenje pure alla Grecia Orieo-
l>ie. Eurip. M>,1. V. 440.
Bt/Jzy.E» opvMt xapi< , ouS'i'r' tuS'ac
lEf.Kah T« MhFAAA/ /Kiftvs/ .
e Troad. V. 414. ,
A'Jiryauoi/ itia^i! i\af
Ea\«^ Tf MEr ìAAi.
Ifocrnre dicea parlafido dei^^li Aten'e'ì: itìWxì tnXiK tp'ìxxnpx tìi< vmipou
tjji (ttyxXxi fxTisav , /ffi t^u; fj.ir jlaplìa-o'j; ninTiiJxr atro Tm 6xX*oa)i! ^ tovs
«s b.>-\:!;ii; ti'iyx^my iy Tpowoy S'ijixrjyTH Txt auTar trarp'^xs /^ irpos oJ« TJ»
ytliiJVTts M-^r.iAHN 7>it EAAAAi-l vn'/tnw . {Fanathen. p. m. I2ó. 127. )
'50>
£' chiaro Rur da quello luogo che la voce Mij^x» iet ìitfiiderfi della fio-
lidez^a interna , e del valor militare •
(23 J yld Tao. Heracl. pag. 14. not, IJ.
(Z4) Fafior. ìib, JK v. tj. feqq.
(25) Vtnirat E.vandtr piena rum clajft fuornm ^
yenerat ^JlcidfS , (jrajus utettjue ginut .
fio/pes ^ventinis armfntum pavìt in herbit
Cìaviger , ('H' tan'o ift .■bibula pota dco.
Dmx quoque Narysiur , tt/les i-aelhì/gonef extant f
Et qiiod adhuc Circes nomina lirruT habet %
Et fi^m Telegoiì , fjm moe'iia T'iiuris udì
Stabant , ^^r^olicae quae pofuere manus .
Venerai ^trìAte fitis a^ìtiitus Haìffus y
A quo fé d'iBam terra Faìifca puta; %
^djice Trojanae (uaforem Ante'^ora pacis ,
Et generum OeiuUn , -Ipp'ile Oaune , tuum i
Seriis ab Ilinc'is , Ù" polì Ànrenara , fiammis
: .éitulit Aentas t>ì Inra vn/lra Oem ;
Hu}us e-at Solvmu! Phry^ia conft unur ab Idt ^
A quo Sulmonìs moenì» nomen hjbeTit .
(2Ó) Confoìar. ad Hehyam,
iz?) V. Jlhjor Graectit .
(28) yid l^irqil. y7e>ii;d. Hi. T. V. <:7?.
(2C/Ì Ad. GtoiP. Uh. Jt'. V. 118. E Tjranfo nella Puglia Ad Jeneid.
prcl. e Pete.'i.i in Calabria ^;/r/ Aene'td. ìib. ìli. v. 402. C^c.
(jo) I Gramatici do' bafTi remoi avevano una iJea così falfa della M.
Grecia, che Stefano ha accordato Q>eOo nome ad una foia città, la q lale
ne era anche fuori, ('ale a dire a Terina . Ex«\«it5 .Te.dic'e^l' p.irlmJ' di
ijuefla , <3U Mf)a\w ExA«f , «Se AtnWunS-ui ó Kiy.aVJ! n> tji mpi irapoifiia» •
De uth. V. Tj/.iya. Anche Ifidnro vuol farci credere che il nome di Mj^"*
Grecia fia llato anteriore a quello di Satiirnia , e di Lazio; ìtaiia olim a
Graecis populis occupata , Ma^na Graecia epoeìlaia ejì ; deinde a Re«n »♦•
inine Sa:ii'nia , mnx fÙT Lati m diRa rft . 0''p. ìib. X7 '". rn-, 4.
(?!• Ex( tiito-jt:» »y|wrr5 ' o'i Ewitra ) ùcrrt ti;»- Miyie\ifr EKXxta TavT»»
( TtxXix) ) ixjj.}» xdi TKy "S.iK.iKi»». Geogr. Ìib. V f. pan- 244. lana Jl _"<:•'
creb';e.o i Greci, de Magni Grecia nominaron quejta (T Italia ) e la Sicilia.
{,•2) ^d Dionyf. perìeP^. V. j/>2. d'ielìo luogo è sfui^gifo alla diligen-
za dei iVIazzocchi, quando nel fuo commentario a'Ie tavole di Eadea pag.
17 ba efaminato: art unquam Sicilia M. GrJfciae ambi tu contenta fue-
rit ? La maniera con cui quello dottiflTitio uomo fpiega ivi le parole di
Strabene , colle quali cu chiaramente fi afferma , merita piì) di effere ain-
mirata per la fua acutezza, che fepuira da uno fcrittnre imoarz'ale. Plaufi-
bile però parmi la fpietìazione , eh' ei d'i , di un lungo di Livio Hi/lcr. l'è'
VII. cap, 26. f in cui fctio il nora? di Craeda , ma leni» l'epiteto di Ma-
gna,
gna, vieti intefa la Sicilia ; II Marroechi àweSbe po<Bfo Iffuftràr L^W 3it«
qhe con un luogo di Euripide» che molto prima di lui chiamò pur Grecia
la Sicilia :
_ Cyclop. V. 796. Je/. l-»reno È'-jdoto h'fìor. lìk VI. e. 24. gli a-mbaTcia-
dori Greci dicono a Gelone • u'j S't ìum/^ios ri Kx-tn .^tyxWs , ìi^ i^oipa roi
TU! 'EhXaS'os ouK tKatx^^n fJ-irx tipxwTi yt 2/x«\i»f : Tu poi hai una grande
potenza , e ft;i>iofeg^i dna potzion non nftnoma della Grecia , effendo princi-
pe della Sicilia ,
C55) De Orai. lib. III. p. m. 155. Vegganfi ancora il lib. IL p-m. 122,
e le Tufcul. III;. I. cap. \6. lib. /". cap. I. lib. V. eap. a,, e 34.
(?4) Livio lo .ifTerma colla più difiderabile chiirezza .• qumi ( Pythaga-
ram ) Servio Tullio regnante y Romte C. ainftìns pojì ( Numam ) aitnos ^
n ultima Italiat ora circa Metapon'um , éieracltamtfue , & Croton em /uve-
num atmulantiiim Jludia cactus -habuiffe conja: . Hijìor. Uh l. cap, i8. Lu-
cano pure nella l'aa gietofa vendita delUy'f.s, così fa parlar Mercùrio del
comprator di P:tagora : IraX/MT««,'ia Zeu , J^^/tsi <ris eivui , Tm «upi "K/joTunt
Hi« "Tapxrrsi Ast 7HV Toevrti^WaS'a.
(55; Sono ancor degne di confìde'azione le parole del Confoìe Sulplzio
predo Livio hìjìor. lib. ^t.t.ip.j. Nec Tarentini modo ■, oraque iUa Italiae,
guam Majorem Graeciam vocant , ut lingua,» ut nnmen Jsqu-A'os crederes ;
fed Lucanus & Bruttius & Samnii a nobis deftcerunt . Lh M. Grecia era
adunque una fola fpiaggia dell'Italia {oh illa }, quella cioè in cui fi tro-
vava Taranto menzionata in compagnia di elfa .
(5Ó) Cam-fini more bilinguis - Canufi^i qmm ftnt latin.ie gentes , a Dio-
wede Gr.jecitatis parlem traxerunt, & per iftius yeqionis traBur/t Graeca
lingua in u/u fuit ; unde ea parf Itaìii: Gr.iecia Mi^'ia ditla fuir , Acron
ad Horat, Sat. X. lib. I. v. ?ò. Vedi pure un fim'le luogo dell' altro fco-
liaftePorfìrione tieile Tab. Head. nng. 6\. not. < F/ )
_(?7) H;» «Té Toy TiK ìruKix! xara ny M.ty!t\iiì/ 'EwxS'ct ^Tipt ^ijii'itv Aoprtsr^
ovra. y.aKwi^iyiip , (ictvraiv tevrpov k. t. x.
DiJTert. Xll/. cap. 2. tom. I. p. 250. Reisk. •
(;8) Jid Dioinvf, Perieg. V. j6l.
. (59) Hiflo-r. Uh. XXXI. cap.y. Vedi fopra la nota ?<• '
<4o) L^ Italia avanti il dominio de' Romani tomo i. pag. 241.
(41) liid. pag. 141.
_ (42) HiJIor. lib. II. cip. 39. Dalle parole di Polibio non potrebbe altro
ritrarfi fé n m che Crotone, Sibari , e Caulonia erano citrà firuate nel!a M.
Grecia. O- tutte qielle città tro vanii nel lato orientale della peni fola , e
nulla dice Polibio , che df-bbs portarci a credere che jur le altre città fitua-
le nel lato occidentale venilTero da lui nella M. Grecia comprefe.
Wì) Perieg. v. 299. fegq. '.
H 1* Tritelli VfiiiTt\it< ftt». i(rr Oimr^i^ j
Mi^aiTat Tt irporipoy tirif iux^ ff<tp0ctprjf ^
Atro rou SmxTiuaavTOi ItotKou to'jvi//.^
Aa/iiucu M-iyahn <r' VJTip v vpo< isTiftlU.
^\Kas <irp'icra-)0(tijhtax Tctn cnroixmis ,
^KKiinyut' ojv '7T«px}<x\ccmous t)(it
Tlp\ii! , Tfpiytw irpaToy k. v. \,
ed indi t\ ?6o. /*/./•
Mera Ti)» Ircthiitr si/Suf loiii9< <S3fac
KtiTai , xi^KKJiTSf St nrpos Tur tKrlSoKni^
OiMuaw IcCTTuyts x,. T. \.
(44) ^d Tab. Heracì. p. 17.
(45J '^j Tab. Heracl. l. e.
(46) Ibid, pag. 12.
(47) Str.-ìbo Geogr. liù.VI. p.i$o. Notv Credo inutile il prevenire, il lettoà
re che nella feconda parte del prefente Saggio nai fon contentato d'indica-
re le citfà che ficuramente fappiamo edere Hate greche, trafeurando taluni
men nobili luoghi, che probabilmente non furono nnai occupati da'" Greci»
Quelli , quantunque fituati nella fpiaggia della M. Qrecia,noD pofTono venir
confiderati a mio avvifo , come componenti quella illullre regione .. Io ho
inoltre evitato di entrare in alcuna difcufllon topografica. Simili ricerche di-
mandano un lavoro particolare , il cui foggetto elfer dovrebbe molto diver-
fo da quello che io mi ho per ora propollo.
(48) Schol. Pindari ad Olymp. Od. X. tit. & v. 17. & Od. XI. v. IJ,
Scymn. Chius Perieg. v. 312. & aliì pajjìm t,
(49) Geogr. I, e. p, 252.
(^o^ L. e. p. 250.
(51) Jd Olymp. Od. X. V. 17.
(52) Strabo Geogr. Ub. VL p. 2^1.
(55) V. Scìin, pclyhifl., tap. 8. &(. Seconda Diodoro Siculo h'iflor.rtb.IV^
f, 291. Sylb. a preghiera di Ercole le cicale del campo Regino furono in-
tenamenre e per fempre diftrutte. V. pure Paufania El'iac. poflir. cap.6. 0V5
dee intenderli del fiume Alece quel eh' ei fcrive del fiume Coecimif ,
(54) Lh: hiflor. lìb. XXW. tap. I.
(5^) Ih. ibidem .
(56/ Liv. l. e. lib. XXVII. cap. 25.
(57) liv. lib. XXni. cap. 26.
(38) Jiid.. Uh. XXIX. cap. 6,
(59). Ibid. cap. 7.
(60) Ibid, lib. XXIV. cap. j.
(60 Pe beilo Pelopann. lib. 111. p. I40« Vetheì.^
^ (6z) V. le Off'ervar.ioni /opra alcuni luoghi degli ./fonali Crìtico- dìpUmAi
Vti del Regno di Napoli , del aio dott» amico Cg» Cjn, Macrì pa^, i6^ 17,
(6jJ
(6j) H}fl„y. l!&. XXt:K. tap.j. " ■'
{64) Strabo Geogr. Hi. VI. p. ;JI.
(65) jid Tao. fleracl. pa^. jo.
{6b) Geo^r. HI) Ili. p. m, 149.
(67) Stephan. v. KtuKiirJir
{6S) Hljior. lib. 111. lap. ioj. p. 24I. Vtcltì,
(69) Hijìor. natur. lib. HI. cap. lo.
(70) Eliac. pojìer. cap. 6.
(7O Var. kijìor. lib. Vili. cap. 18.
(72J .^d Tab. Heracl. l. e.
(7j) Strabo l. e. p. 251. Scymn. Perìe^, v, 317. /Mf.
<74.) Virgil. Aewd. lib. 111. "U. 35.-. "
(75) Diodor. Sicul. Hi. XIV. p. m. 315. jtó.
(7Ó) Peufnn. Eliac. pofler. cap. ?.
(,77; ili', iib. XKVll. cap. li. £5- i<,
(78) Lib. VI. pag. 251.
{79) Diodor. Sicul. lib. XIV. pag. m, 315. 116. Palyb, hijìor. tìb. I. caf,
6. Polyaeii. Stratar. Uh. V. in yigathocìe n. 5.
(80) FompOì. Mela lib. II. cap. 4.
Cgi) Mela l. e Plin. lib. III. cap. io. Stephan. v.'ìAui-ta. Pomponio Me-
la litua quelle due città nel golfo di Scillacio , ma quello geografo , tome
Io vedremo fra poco, -ha confufi j due golfi.
(82) Plin. I. e.
(83) Itaiia antiqua Hi. IV.' cap, ij.
(84) De fitit orbis lib. 11, cap, 4.
(85) Antonini Itinerar. ap. Cluver. I. e,
(8(5) Pomp. Mela l e. Strabo lib. VI. pag, %<!.
(87^ Virgil. Aeneid. lib. III. i). 5 5 3.
(88) Strabo Le.
<89) Plin. hifl. nat. Uè, HI. cap. io. SoUn. tn, 8, eS^r,
(90) Plin, ihià. r» »
(91) Pomp, Mela l, e.
(92) Geogr. lib. III. p. m. 162.
<95) Ad Tab. Heracl. pag. 31. " '3
(94) Plin. hiftor. natur. lib. III. cap. 11,
(95) Strabo Geogr. lib. VI. p. 252.
(96) Pli„. hiftor. natur. lib. Ili, cap, lo,-i .... ..V'-V-X ■
(97) Strabo Geogr. lib. VI. p. 252. ft A^ .V^"^'
(P8) Strabo ib. Pompon, Meta l'tb. II. cap. 4. fUn. hìfl-, nat. lib. III.
cap. IO. Ptoìem. Geogr. Hb. III. p. m. 149. èfe.
{99) Virgil. Aeneid. lib. TU, v. 55^, Ovid. Metam, lib. XV, w 700. /ef.
(100) Ltv. hjìor. lib. XyilV, cap, ?. ' ^ 1
(loi) Hi/lor, l. e. .
(102) Lib. I. cap. 8.
(103) De invitte liù. IL csf. t. Servio ( ià Aen, lib. Ili «. 5 5 2.) par-
la
3n
la rmr di un altro miracolo : ut fi tjuìt ferra in ttgnla templi ipjìus nomen
ìncideret , tam din ìlla fcriptura maieret , guamdiu is homo viverti , gui il-
lud fcripfijfer .
(104) Flin. hi/ì. natur. Uè, III. cap, 10. Scylax Perip!. pag. io. Gronov,
(105) Flin. I. r.
lic.6) Bihl. hìjior. ìib. Xìll. p. m. 155.
(ro7J Ovid. Metti, iti). Xi'. V. 2z. feqq, Dionyf, perie^. v.-^6g.fegi/.l{
nome del fiume AI2AP02 s' inconiia nelle medaglie d: argc-nn e di brorto
di Crotone , una delle quali è Hata ultimamente pubblicata dai eh. numo-
grafo e mio illuilre amico fìg. abate Sinclemenri . /^. Muf. Sanrleì/tent. tom.
ì. pag. 2 5t. ub.S. fig. 5'^. Quella lìefla medaglia eflfte pure nella mia olle-
2Ìone , ed in quella del eh. letterato Danefe (Is. Federigo Munter Vefcovo
di Selandia , Cf^m'egli rteffo mi ha gentilmente avvertito.
(108) /i-j. hijh<yiib. XXIi^. p. 2 li.
(109) Ce^if. lib. yj. p. 1^1.
(11;) Ii^lij lib- t^l cap. 15.
(ili) IdtiU. ly. V. 17. y. ibi Scholiafìam,
(ili) Mt:. /. e. V. 7,2.
(11^) V. ?20.
{114) Metani. /• e. v. 51. Il cognome di Saleatino eq'iivale qui a muci-
di Japige , come (ì apprende da Strabene,
(115) i'traio Ceogr. lib. VI. p. i^l.
(116) hi, IL 7f. V. 19.
(l 17) i. r. V. 23,
(riS) Sii. hai. lib. XJ. V. 18.
(119.-' Ceogr. lib. VI. pag. 25?.
(iJc) Veaganfi intorno a ijue io famofo Crotoniata Strabo l. r. ^.257.
Paufan. Eliat. pojìer. cap. 14. yintkol. Hb. ili. cap, 2. & pag. 701. Z*f?.
Triodo:, liciti, lib. XII p. 77. Sylb'irg. Ae'.ian. Var, hift. lib- li. cap. 24.
& lib. XII. cap,2Z, Etiflatlì. ad Odyjf. lib. V. p. loC. ylthei. Deipnofnph,
lib. X. fjr. .'. Ovid. Metamnr. lib. XF. v.izg. fei^y. PhUo/lMr, vit.jlpoil.
Uh. F. V.l-r. Maxim, lib. IX. e. 11. ptrizon. ad Aelian.var. hijì. lib, XIV,
cap. j,j. ed altri moiri.
(121) 'ihiocri: Idyll, IV. v. 34. feqq. Tzetz. ChiU p. w. 299.
((2z) Tzetz. (-hiliad. p. m. 468.
(125; Htrcdo!. h'illor. lib. V. cap. 47.
(124 V. Afi'ian. var. hijl. lib. IX. e, 31. ed altri,
(12";) Polyb. Excerpta e lib. X-
iìl6) Juftin. Uh. XX.
ii-Lj Geo'-r. lib. VI. p. 2^J.
(128) l.iv. h'[t. lib. XXÌV. cap. 7.
(119) V. Diodor. lib. XIX. p. 653. Sylburg.
(150) Id. Eckg. p. m. S63.
(>iO Liviiis l, t.
40
(Ui)
3'4
(« ,0 TiwKS l. e. & ni,, xml. cap. 30,
(ij-;) Ibid. l'ih, XXVA caf. 3.
(IH Ibid. Ut, KKXiV. cap. 45,
(i>"i) JÌà Tùb. Hiracl. pae. J2.
(ijój Caffand^. v. 92'. /f?y.
(1^7 Srrabq Ireo^r. lìb, l^l. inìt. p, 245»
(lj8. Calfaiidf, V.' gii, fé jqt
(159) Strato l. e. p-^. 205. SiephiUf in Kpnlla^,
(140) Steph-in, in Kfiiiiatt.
(141) Lyto^b', Cajjarid, v. 920.
_ (14.) Non bifigna fondarli luU' autorità di Giovanni da Fiore autore fofpet-
tim-n v;r rii^i eh» riguarda le pretefe medaglie di Siberene coli' epigrafe
SEBHPHNrf2N che non fi veggono in alcun m'jfeo. Inoltra fé anche fof-
fe licuro (;!ie Sibsrene fia Hata cirta Greca , Q\h non batterebbe a pro^rare
che efTa fia tara comprefa nella M. Grecia. Rei^gio , Ipponio, Pofidonia,ed
altre citrà Greche fenza alcun dubbio, e molto più celebri jii Siberenej q'
erano fuori . ,
C14?) Geo^r. Ili. HI. pag. \6z. Par che I,ivio U comprenda fra Bruzi|
Hijl. lib. XXII. e. 6,.
(144) Hiflor. natur. lib. III. cap. io.
(145) De fitit orb'ts lib. II. cap. 4.
(146) lÀJi. IX. cap. 8. V. pure Servio ad Atn, lib. III. v. 411»
(147) HiflorVlìb. XX^II. cap. 26.
<i48) Liv hijìor. lib. XXII. cap. 6l.
(149) l^aler. Max. lib. VI, cap. 6.
(150) De bello Peloponn. lib. VII. p. 514. Vechel,
(151) Bib', lib. XII. p. 85. Svlb.
(152) Italia antiqua lib. IV. sap. 15.
(15?) -untori. Itine r, Procop. Gothic, lib. Uh epud Cluver. /t f.
(154Ì Strubo lib, VI. p, 254. Scymn, Ci, perie£. v, 3J9.
(iS5) ^rìflou, Polit, lib. V. cap. j. )
(156) Strabo Le. Diodor. Biblioth. lib.XU. p.76. Sc/tnn.'Cfi. perìeg. v.^2.
(157) Ovid. Metam. lib. XV. v. 514. /ej, Street U f. Eurìp. Tfoad. v>
324. /e^^.
Titr t' apiTtuoucotr J-af,
Ac ùi'pcdfei KxiAiTiuuy
O' ^ctrSten ijfaiT»!' -TTvpaiuaf
Kp«9i! ^ccSixi! irayceim rpupat
'E.'juvì'pov T • Kffi^ay far ,
(l-jS) Falìo^, lib. IH. V. 579. le.j,
(fyg) Herod. hiflor. lib. V. cap, 45.
(160) Hilìor. lib. I. cap. 145. Pau/an, Arcad, eap. 15»
(lói) SnabQ lib. Vili, pi^nz.
(162) Ovid, Mttam. Uè. XJ^. v. 714. /rj-. _ , -
(i6{J Geoor. Uh. FJ. I'. i%u. Veg§alj ancora intorno a quelìi due iiuni
l'Autore -Tipi iaJfietaiaii aK-r^criisiTu» , p, i8j. e4 Ateneo lìb>yi% cap,tg^
(164) hijilL 1/. er^J finoìi .
(161) /'e K. R. là. !. cap. 7. & 45.
(10(5) Oioiior, Siculi Ilo. XII. p. 76. Sylb..
(lóy) Cj'eo^r. Hi. l/l. p. 25^.
(1^8) ^traba 1, e. Diodor. l. 0 TzUz. Ch'il, p, »», 299« d'f. Ù'e..
( .6'.)) Oiodur. l, e. p, j6. 77.
(170) i'go^r. ììb, VI. p. 2"i4.
(17') Hcrod^ hijlor. Uè. H. p. 254.
{yy.y nifldor. iib. XII. p. Ò8. & 77. Syìb. • Veggafi la fplegazìone della
ftoria Sibaritica del Walckenaer pubblicata nell'edizione del trattato di Pili'»
tarco fie Sera Numinis Vindiila data dal Wyttenbach pag. 66>
(17O O'odor. lib^ XII. p, 7-, 78. 79. Sj/lb^
(l?4) Diodor. l. e. p. 81.
(17'i) Li:: hiflor. Hi: XX^Il. cap. I.
(176) liv. ib. lib. XXXW. tap. 55. & ilo. XXXV. tap. 9. Siraio Cft>£ri
fìb. VI. p. 254,
(177; Strabo l. e.
ti78) Lycoph. Cajf. v 950.
(179) Strabo l. e. pag, 254, FTw. hijì. ntttur, libi III. cap. ili
^ib'o) Strabo l. f,
(181, Sirabo ì. e. p. 255,
(182) Ptrieges. v. 525. Anche que''a Pandofia dovea edere fecondo il fen»
timento di Scimno cornprefa nella Magna Grecia. Un fol verfo di quel!»
poeta contiene il nome di efTa e quello Hi Crotone che n'era forfè la tne-
tropjli ( Met« iTt KpiTanat Ylxrìosiit t^i Qnpioi )e'quelH inconrranfi pur riuniti
in una fola medaglia rarllima pubbiicdta dal Pellerin , e che efilleva» quaa->
tunque fconfervata, nel Mui'eo Minervini in Napoli,
ti 8?) liv. hijtor. III. yill, cap. 24,
(184) In Pyrrho p 592.
(185) Mazoch. ad Tab. Heracl. pag. IC4.
(181^) Geogr. Hb. VI. pag. 255.
(IR7) Strabo l. f,
(188) Livius hijìor. lib. XXVII, cap. r,
(189) Liv, ib. C'p. 31.
(190) Vedi fopra nota 97,
(191) .4pud Strabon, Geogr, Hb, VI. p. 25 J,
(192) Z. e. p 2ft8,
(«95) Dionyf, perieg. v. ^76. 577.
(194) Strabo I. r.p, 268. La pofìzione di Taranto ^ paidefcrttu da Scim*
ao perieg. V. j?4. 7?S
(195) Polyb. Exc. Hi, Vm, tap. 23.
(196) Strabo Le.
'(197J PolyL l. e.
(198, Georg, lìb. IL 'V. 197. & fe^f. & Uè. IV. V. I I5.
(199) Odar.lib.II.od.ó.&lìb.lU.od.'S.EpiJi. libfl.ep.j. & l6.&c,&c,
(200) De R. R. cap. •J-Ù' l%i,
(201) L'ib. Xin. ep. 18.
(202) De R. R. lib. i. cap. 14.
(709) Jriflot. Fotit, lib. ly. cap. 4.
(204) ^otyr. lib. II. Sat. a-
(2o'ì; Noci. Jttìcar. lib. VII. cap. 16.
(20Ó) jlpalog. p- m. 5ÓJ.
■ (207) Diodor. Sic. lib. XI. p. m. 39.
tzcS) VelUj. Patere, lib. L
(209) Strabo Geogr. lib. VI. p. 27 r.
(210) Stephanus de tirbibus v. "Sarupm
(211) Strabo l. e. p. z6g.
(212) Georg, lib. II. v. 197. ibìt/. Servius, tnm ad Georg, lib. IV. v. 5J5'
Altrove quefk) fcoliafle cita ii fentim^nto di taluni che Credevano Satyrion
edere ilato 1"' antico nome di Taranto, così poi detto dal figlio di Nettuno
( ad Aen. lib. III. v. 53 I. ). Veggalì il eh. Mazzocchi Jci Tab. Heracl. p.
92. e 9> V. (4Ó), ,
(215) VifPitx (ìrorg, IV, laé. Propttt.' Eleg. Uh. II. el. 34.
(214) Horaf. Odar. lib. IL od. 6. Le pecore Tarantine Ibn fammentnte
da Plauto Tritati. aR.IlLfc. 1. u. 15. e da Varrone De R, R. lìé. II. cap.z.
(215) V. Serv. ad Georg, lìb. V. v. ^^f.
' (Uó'l Poìyb. Excerpt. lib. Vili. cap. 28.
(417) Livius hqìor. lib. XXXVlll. cap. 17.
(218) Lib. VI. p. 271. 272.
Viig) Defìtu orb'fs Uh. II. cap, 4.
(220) Hifl. nat. lib. Ili, cap. li.
(221) Ad Tab- Heracl. pag. 34.
(222) Strabene come avverte il Mazzocchi /. 'c. la chiama città Greca
( (?sj^.-. /.'i. VI.p.zji. ) il che per"?) non pruiva che fìa <fara comprefa nel-
la M. Grecia, fuori della quale eranvi in Italia moltifTime altre città quan-
tunque Greche.
(22-;; ^ueÌ3 città ha battuto in isffétti mólte medaglie Greche colla leg-
genda O mAN , quantunque talune abbiano la nota latina S nel campo. V.
la D'Ttra onera intitolata Italiae Veteris N:!misin<ita voi. i. p./?. 91-. 9'. La
rrjedsglia datn dal iVIa/.zccchi tìo'ffie di Manduria 1' ff^^ Tab Hemcl. pan. 5-;?. )
nr n e* che una medaglia Romana, in cui Tepierate RoMANo era svanita
in pirte pel tempo. Anche Lei'ca dev& a mio giudizio toglierfi dal cata-
logo delle • citta : 'die Ha fino medaglie, ^uantuoqnf> que(}é vengano ricono-
fciiite dal Combe ( Muf. Huiier. pa§, 172. ) dall'" Eckhet { Dti&rina num.
ver. tom. i. ^a'>.\j.a,.^ e dal Mionnet ' '^e'' r. ton. i.pa^.f^ 1 La lorpre-
tefa ^'?u^enJa AETK non é alr^o che AEVH cioè a dir VEAH retrogrado
ed invcrfo, ed indica la città di Velia nella Lucaaia.
INDICE
DELLE MEMORIE
Contenute nel presente volume.
317
Elenco degli Accademici del 1812. p. iii
SULLA SCRITTURA
Pensiero di Pietro Napoli-Signorelli t
Epoca dell'arrivo delle Colonie Tirreniche nel-
rOpicia 27.
Suir Invenzione della Bussola Nautica di P. Na^
poli-Signorelli 5*^
Sul Gerundio Francese di Alessandro Petrucci p$
Risoluzione Analitica del Problema proposto da
Pappo di Pasquale Navarro m
Sulle Medaglie attribuite aTerone,ed altre del-
la Città di Tc^rina di F. M. Avellino i2p
Analisi e Sintesi dell'Acqua Sulfurea di Napoli
di Francesco Lancellotti 15^
Lezione Economica coronata su di un Program-
ma pel Concorso Economico di P. Napoli-
Signorelli I <^3
40 H
gi8
II Memoria approvata per V istesso Concorso
del Duca Cesare della Valle di Ventignano ^pI
III Memoria approvata pel medesimo Concorso
di Vincenz;o de Ritis 2ii
Soluzioni Analitiche sul Problema delle Quattro
Sfere col metodo delle Coordinate di f.P,
Tucci 257
Saggio sull'Estensione della Magna Grecia, e
sulle Città in essa comprese dei Cav, F.
M, Avellino zH
INDICE
DELLE MEMORIE
Contenute nel prefente volume «
Eleùco degli Accademici del i!l(i. p<> Itt
SULLA SCRITTURA
Penfiero di Pietro Nipoli-Sigaorelli X
Epoca dell'arrivo delle Colonie Tirreniche nell'Opicia 17
Suir luvonzione della Bussola Nautica di P. Napoli -Sig-)0-
relli 51
Sul G.TunJi* Frjncese di Alessandro Petrucci ^5
Elogio detto da Pietro Napoli- Sìgoorelli pel defunto Segre-
tario de Muro lij
Discorso del Socio Ottavio Colecchi in morte ài Vincenzo
Gaetani 125
Sulle Medaglie attribjìte a Terone^ ed altre d^lla Città di
Terini di F. M. Avellino J2J>
Analisi e Sintesi dell'Acqua Sulfurei di Napoli dì Francesco
Lancellotti 151
Lezione Economica coronata su di un Programma pel Con-
corso Economico di Pietro NjpO'Ii-Signorelli 163
li Memoria approvata pir T istesso Concorso del Duca Ce-
sare della Vaile di Veotìgnano ipi
III Memoria approvata pel medesimo Concorso di Vincen-
zo de Ritis in
Soluzioni Analitiche sul Problema delle Quittró Sfere col
metodo delle Coordinate di F. P. Tucci 257
Saggio suir Estensione della M,igna Grecia, « sullfl Città m
essa comprese del Cw. F. M. Avellino 281
3 3 1 a 1/
a I H o is! I a a
.•C;,j!.7 il.,:", 7 ■.•O
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