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Full text of "Atti della Societtaliana di scienze naturali e del Museo civico di storia naturale di Milano"

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FOR  THE  PEOPLE 

FOR  EDVCATION 

FOR  SCIENCE 


LIBRARY 

OF 

THEAMERiaN  MUSEUM 

OF 

NATURAL  HISTORY 


ATTI 


DELLA 


SOCIETÀ  ITALIANA 

DI  SCIENZE  NATURALI 


E  DEL 


MUSEO  CIVICO 

DI  STORIA  NATURALE 

IN  MILANO 


VOL.  XXXIX. 


^?\.I«3VO      1&00. 


MILANO, 

TIPOGRAFIA  BERNARDONI  DI  C.  REBESCHINI  E   C. 
1900. 


'C.     1 1  "7(0  i  -  <i£e.cL.,^ 


DIREZIONE  PEL  1900. 


Presidente.  —  Senatore  Edoardo  Porro,  Via  Francesco  Sforza^  31. 
Vice-Presidente.  —  Ing.  Francesco  Salmojraghi,  Piazza  Castello^  17. 
j  Prof.  GiAGiiNTO  Martorelli,  Museo  Civico. 
^        ^  (  Prof.  Ferdinando  Sordelli,  Museo  Civico. 
(  Dott.  Carlo  Airaghi,  Mmeo  Civico. 
^        ^  \  Dott.  Giulio  De-Alessandri,  Museo  Civico. 
Conservatore.   —  Prof.   Pompeo  Castelfranco,   Via  Principe  Um- 
berto^ 5. 
Vice-Conservatore.  —  Dott.  Paolo  Magretti,   Via  Dante ^  7. 
Cassiere.  —  Vittorio  Villa,   Via  Sala,  6. 

'•  CONSIGLIO  D'AMMINISTRAZIONE 

Dott.  Cristoforo  Bellotti,   Via  Brera^,  10. 

Conte  Giberto  Borromeo  jimiore,  Plasm  Borromeo,  7. 

March.  Luigi  Crivelli,  Corso  Venezia,  32. 

Cav.  Giuseppe  Gargantini-Piatti,   Via  Passàrella,  10. 

Cav.  prof.  Tito  Vignoli,  Corso   Venezia,  89. 


SOCJ   EFFETTIVI 

jjer  I'aiDio  1900. 


Dott,  Carlo  Airaghi,  Museo  Civico. 

Sac.  Dott.  Michelangelo  Ambrosioni,  Collegio  di  Morate. 

Prof.  Angelo  Andres,  R.  Università  di  Parma. 

Conte  Aldo  Annoni,  Senatore  del  Regno  (Socio  perpetuo),  Milano. 

Conte  dott.  Prof.  Ettore  Arrigoni  degli  Oddi,  Padova. 

Rag.  F.  Augusto  Artaria,  Milano.  . 

Prof.  Ettore  Artini,  Direttore  della  sezione  di  Mineralogia  nel  Museo 
Civico  di  Milano. 

Sac.  Camillo  Barassi,  Milano. 

Conte  comm.  Emilio  Barbiano  di  Belgiojoso,  Milano. 

Conte  Ing.  Guido  Barbiano  di  Belgiojoso,  Milano. 

Herrn  Doctor  Barack,  Geheimer  Rogirungs  Rath.  Director  der  k.  Uni 
versitàts  und  Landes  Bibliothek,  Strassburg. 

Prof.  comm.  Giuseppe  Bardelli,  Milano. 

Prof.  Francesco  Bassani,   Direttore  del   Gabinetto  di  Geologia  e  Pa- 
leontologia della  R.  Università  di  Napoli. 

Dott.  Serafino  Belfanti,  Direttore  dell'Istituto  Sieroterapico  di  Milano. 

Dott.  Cristoforo  Bellotti  (Socio  Benemerito),  Milano. 

Sac.  Giuseppe  Bernasconi,  Parroco  di  Civiglio. 


ELENCO  DEI  SOCJ  EFFETTIVI.  5 

Prof.  cav.  Ambrogio  Bertarelli,  Milano. 

log.  Giuseppe  Besana,  Milano. 

Rag.  Costantino  Binaghi,  Milano. 

Dott.  Prof.  Michelangelo  Boglione,  Como. 

Sig.  Franco  Bordini  (Socio  perpetuo)^  Milano. 

Dott.  Prof.  Guido  Bordoni-Uffreduzzi,  Medico-capo  municipale ,  Mi- 
lano. 

Prof.  Ing.  Francesco  Borletti,  Milano. 

Conte  Gian  Carlo  Borromeo,  Milano. 

Conte  Giberto  Borromeo  juniore,  Milano. 

Prof.  comm.  Ulderico  Botti,  Reggio  Calabria. 

Sac.  Pietro  Buzzoni,  Milano. 

Sac.  Enrico  Caffi,  Dottore  in  scienze  naturali,  Bergamo. 

Prof.  sac.  Pietro  Calderini,  Direttore  dell'Istituto  Tecnico  di  Varallo 
Sesia. 

Prof.  Matteo  Calegari,  Milano. 

Prof.  Elvezio  Cantoni,  Milano. 

Conte  Gabrio  Casati,  Milano. 

Conte  ing.  Alberto  Castelbargo-Albani,  Milano. 

Prof.  cav.  Pompeo  Castelfranco,  Milano. 

Dott.  Giacomo  Catterina,  Padova. 

Prof.  comm.  Giovanni  Celoria,  II  Astronomo  dell'Osservatorio  di  Brera, 
Milano. 

Prof.  Italo  Chelussi,  Milano. 

Dott.  Giuseppe  Colombo,  Milano. 

Sac.  Gaetano  Coloni,  Profossore  di  scienze  naturali  a  Crema. 

Sac.  Dott.  Benedetto  Corti,  Professore  nel  R.  Collegio  Rotondi,  Gorla 
Minore. 

Prof.  Ernesto  Cottini,  Milano. 

March.  Luigi  Crivelli,  Milano. 

Conte  Giuseppe  Crivelli-Serbelloni,  Milano. 

March.  Luigi  Cuttica  di  Cassine,  Milano. 


6  ELENCO   DEI    SOGJ    EFFETTIVI. 

March.  Emanuele  D'Adda,  Senatore  del  Regno  (Socio  perpetuo), 
Milano. 

Dott.  Camillo  Dal  Fiume,  Badia  Polesine. 

Dott.  Giorgio  Dal  Piaz,  Padova. 

Sig.  Cesare  Eugenio  Da  vicini,  Milano, 

Dott,  Giulio  De  Alessandri,  Prof.  Aggiunto  alla  Sezione  di  Geologia 
e  Paleontologia  al  Museo  Civico  di  Milano. 

Sig.  Marco  De-Marghi,  Milano. 

Direzione  del  Museo  Civico  di  Storia  Naturale,  Genova. 

March.  Giacomo  Dorr,  Senatore  del  Regno,  Roma. 

Comm.  Luigi  Erba  (Socio  perpetuo),  Milano. 

Dott.  Prof.  cav.  Rinaldo  Ferrini,  Milano. 

Dott.  cav.  Angelo  Fiorentini,  Milano. 

Prof.  cav.  Felice  Frangesghini,  Direttore  del  Laboratorio  di  Entomo- 
logia Agraria,  Milano. 

Ing.  Enrico  Gabet,  Ingegnere  Capo  dell'Ufficio  delle  Miniere  a  Calta- 
nisetta. 

Prof.  Adriano  Garbini,  Verona. 

Ing.  cav.  Giuseppe  Gargantini-Piatti,  Milano. 

Dott.  cav.  Alfonso  Garovaglio,  Milano. 

Dott.  Prof.  cav.  Francesco  Gatti,  Milano. 

Prof.  Fabio  Gelmi,  Milano. 

Prof.  Pietro  Giacomelli,  Bergamo. 

Prof.  Giuseppe  Gianoli,  Milano. 

Prof.  cav.  Francesco  Grassi,  Milano. 

Prof.  cav.  Rocco  Gritti,  Milano. 

March.  Carlo  Raffaele  Gualterio,  Bagnorea  (Orvieto). 

Prof.  Guglielmo  Hamburger,  Milano. 

March.  Luigi  Isimbardi,  Milano. 

Prof.  cav.  Giuseppe  Jung,  Milano. 

Prof.  cav.  Guglielmo  Korneu,  Milano. 

Dottoressa  Zina  Leardi,  Milano. 


ELENCO  DEI  SOGJ  EFFETTIVI.  / 

Conte  Francesco  Lurani,  Milano, 

Prof.  Pietro  Maffi,  Canonico,  Seminai'io  di  Pavia. 

Prof.  cav.  Leopoldo  Maggi,  Direttore  del  Gabinetto  di  Anatomia  com- 
parata nella  R.  Università  di  Pavia. 

Dott.  Paolo  Magretti,  Milano. 

Prof.  Giovanni  Malfatti,  Milano. 

Prof.  Alessandro  Malladra,  Domodossola. 

Prof.  Ernesto  Mariani,  Direttore  della  Sezione  di  Geologia  e  Paleon- 
tologia nel  Museo  Civico  di  Milano. 

Prof.  Giacinto  Martorelli,  Direttore  della  Collezione  Ornitologica  Tu- 
rati nel  Museo  Civico  di  Milano. 

Prof.  Dott.  Felice  Mazza,  Cagliari. 

Conte  Carlo  Arborio  Mella,  Vercelli. 

Duchessa  Josephine  Melzi  d'ERiL,  nata  Barbò  (Socia  -peri^etua) , 
Milano. 

Prof.  Angelo  Menozzi,  Milano. 

Sac.  Prof.  Giuseppe  Mergalli,  Napoli. 

Dott.  Giovanni  Battista  Milesi,  Dovere. 

Prof.  Ing.  Francesco  Molinari,  Milano. 

Barone  Alessandro  Monti,  Brescia. 

Dott.  comm.  Gaetano  Negri,  Senatore  del  Regno,  Milano. 

Conte  Emilio  Ninni,  Monastier  di  Treviso. 

Dott.  Alberto  Noelli,  Milano. 

Dott.  cav.  Giovanni  Omboni,  Professore  di  Geologia  nella  R.  Univer- 
sità di  Padova. 

Ing.  Giov.  Batt.  Origoni,  Milano. 

Ing.  Prof.  Ettore  Paladini,  Milano. 

Ing.  Adolfo  Panza,  Milano. 

Dott.  cav.  Pietro  Panzeri,  Direttore  dell'Istituto  dei  Rachitici  di  Milano. 

Dott.  Giuseppe  Paravicini,  Milano. 

Dott.  Prof.  Corrado  Parona,  Direttore  del  Gabinetto  di  Zoologia  nella 
R.  Università  di  Genova. 


8  ELENCO   DEI   SOGJ    EFFETTIVI. 

Goute  Napoleone  Passerini,  Firenze. 

Marchesa  Marianna  Paulucci,  Firenze. 

Ing,  Edoardo  Pini,  Astronomo  Ass.  dell'Osservatorio  di  Brera,  Milano. 

Nob.  cav.  Napoleone  Pini,  Milano. 

Banchiere  Cesare  Ponti,  Milano. 

Goute  ing.  Dott.  Cesare  Porro,  Milano. 

Prof.  comm.  Edoardo  Porro,  Senatore  del  Regno,  Milano. 

Cav.  Cristiano  Rebesghini,  Milano. 

Conte  comm.  Ferdinando  Resta-Pallavicino,  Milano. 

Dott.  Giulio  Rezzonigo,  Milano. 

Dott.  Carlo  Riva,  Assistente  al  Museo  di  Mineralogia  dell'  Università 
di  Pavia. 

Dott.  Prof.  Giuseppe  Ronchetti-Monteviti,  Milano, 

Dott.  Vittorio  Ronchetti,  Milano. 

Ing.  Emilio  Rosetti,  Prof,  emerito  dell'Università  di  Buenos  Ayros, 
Milano. 

Ing.  Edoardo  Rossi,  Milano. 

Ing.  Prof.  Francesco  Salmojraghi,  Milano, 

Dott.  Guglielmo  Salomon,  Heidelberg.  ■ 

Prof,  comm,  Giovanni  Sciiiaparelli  ,  Senatore  del  Regno,  Direttore 
dell'  Osservatorio  Astronomico  di  Brera  (Socio  perpetuo),  Milano. 

Prof,  comm.  Enrico  Sertoli,  Milano. 

Prof.  Ferdinando  Sordelli,  Dirett.  della  Sezione  di  Zoologia  nel  Mu- 
seo Civico  di  Milano. 

Prof.  comm.  Torquato  Taiumelli,  Direttore  del  Gabinetto  di  Geologia 
e  Paleontologia  nella  R.  Università  di  Pavia. 

Comm.  Eugenio  Torelli-Viollier,  Milano. 

Nob,  Ernesto  Turati,  Milano. 

Nob,  Gianfranco  Turati,  Milano. 

Conte  coram.  Emilio  Turati,  Milano. 

Dott.  cav.  Arnoldo  Usigli,  Milano. 

Dott.  Piero  Vidari,  Vigevano. 


ELENCO    DEI   SOGJ    EFFETTIVI.  y 

Prof.  cav.  Tito  Vignoli,  Direttore  del  Museo  Civico  di  Storia  Natu- 
rale, Milano. 
Nob.  Giulio  ViGONi,  Senatore  del  Regno,  Milano. 
Nob.  comm.  ing.  Giuseppe  Vigoni,  Milano. 
Vittorio  Villa,  Milano. 

Duca  Guido  Visconti  di  Modrone  (Socio  'per'petuo}^  Milano. 
Ing.  Prof.  cav.  Luigi  Zunini,  Milano. 


ISTITUTI  SCIENTIFICI  CORRISPONDENTI 

al  principio  dell'  anno  1900. 


a:\[eriga  del  nord. 

1.  University  of  the  State  of  New  York  —  Albany  N.  Y. 

2.  American  Academy  of  Arts  and  Sciences  —  Boston. 

3.  Boston  Society  of  Natural  History  —  Boston. 

4.  Buffalo  Society  of  Natural  Sciences  —  Buffalo  N.  Y.  U.  S.  of  A. 

5.  Davenport  Academy  of  Natural  Sciences  —  Davenport  Jowa. 

6.  Indiana  Academy  of  Science  —  Indianopolis. 

7.  Jowa  Geological  Survey    —  Des  Moines  (Jowa). 

8.  Nova  Scotian  Institute  of  Science  —  Halifax. 

9.  Wisconsin  Academy   of  Sciences,   Arts   and   Letters  —  Madison 

(Wisconsin). 

10.  Minnesota  Academy  of  Natural  Sciences  —  Minneapolis. 

11.  Connecticut  Academy  of  Arts  and  Sciences  —  New-Haven. 

12.  Geological  and  Natural  History  Survey  of  Canada  —  Ottawa. 


10  ISTITUTI   SCIENTIFICI    CORRISPONDENTI. 

13.  Academy  of  Natural  Sciences  —  Philadelphia. 

14.  American  Philosophical  Society  —  Philadelphia. 

15.  Wagner  Free  Institute  of  Science  —  Philadelphia. 

16.  Geological  Society  of  America  —  Rochester  N.  Y.  U.  S.  A. 

17.  California  Academy  of  Sciences  —  San  Francisco. 

18.  California  State  Mining  Bm-eau  —  San  Francisco. 

19.  Academy  of  Science  of  St.  Louis  —  St.  Louis. 

20.  The  Missouri  Botanical  Garden  —  St.  Louis  Mo. 

21.  Kansas  Academy  of  Science  —  Topeka  Kansas. 

22.  Canadian  Institute  —  Toronto. 

23.  New  Jersey  Natural  History  Society  —  Trenton  N.  J. 

24.  Library  of  Tufts  College  —  Mass.  U.  S.  A. 

25.  Microscopical  Publishing  Company  —  Washington. 

26.  United  States  National  Museum  —  Washington. 

27.  United  States  Geological  Survey  —  Washington. 

28.  Smithsonian  Institution  —  Washington. 

MESSICO. 

29.  Instituto  geologico  de  Mexico  —  Mexico. 

AMERICA  DEL  SUD. 

30.  Academia  Nacional  de  Giencias  en  Cordoba. 

31.  Facultad  de  Agronomia  y  Veterinaria  —  La  Plata. 

32.  Revista  Argentina  do  Historia  Natural  —  La  Plata. 

33.  Museo  Nacional  de  Buenos  Aires  —  Buenos  Aires. 

34.  Museo  Nacional  de  Montevideo  —  Montevideo. 

35.  Museo  Nacional  de  Rio  Janeiro  —  Rio  Janeiro. 

36.  Universidad  central  del  Ecuador  —  Quito  Ecuador. 

37.  Commissao  geographica  do  Estado  de  San  Paulo. 

38.  Société  scieutifique  du  Chili  —  Santiago. 


ISTITUTI   SCIENTIFICI    CORRISPONDENTI.  11 

AUSTRALIA. 

39.  Royal  Society  of  South  Australia  —  Adelaide. 

40.  National  Museum  of  Natural  History  of  Victoria  —  Melbourne. 

41.  Royal  Society  of  New  South  AVales  —  Sydney. 

42.  Trustees  of  the  Australian  Museum  —  Sydney. 

AUSTRIA-UNGHERIA. 

43.  Aquila,  A  Magyar  Ornithologiai  Kozpont  Folyóirata  National  Mu- 

seum —  Budapest. 

44.  Kijnig.  Ungarisch.  geologische  Anstalt  —  Budapest. 

45.  Természetrajzi  Fiizetek  (Musée  National  Hougrois,  section  de  Zoo- 

logie) —  Budapest. 

46.  Acadómie  des  Sciences  de  Cracovie. 

47.  Vereins  der  Aerzte  im  Steierinark  —  Graz. 

48.  Siebenburgischer  Verein  fiir  Naturwissenschaften  —  Hermaunstadt. 

49.  Naturwissenschaftlich-medizinischer  Verein  —  Innsbruck. 

50.  Vereins  fur  Natur-  und  Heilkunde  —  Presljurg. 

51.  I.  R.  Accademia  degli  Agiati  in  Rovereto. 

52.  Bosnisch-Hercegovinischen  Landesmuseum  —  Sarajevo. 

53.  Tridentum, 'Rivista  bimestrale  di  studi  scientifici  —  Trento. 

54.  Società  agraria  —  Trieste. 

55.  Società  Alpina  delle  Giulie  —  Trieste. 

56.  Authropologische  Gesellschaft  —  Wien. 

57.  K.  K.  Geologische  Reichsanstalt  —  Wien. 

58.  K.  K.  Zoologisch-botanische  Gesellschaft  —  Wien. 

59.  K.  K.  Naturhistorisches  Hofmuseum  —  Wien. 

60.  Verein    zur    Verljreitung    naturwissenschaftlicher    Kenntuisse    — 

Wien. 


J  2  ISTITUTI   SCIENTIFICI    CORRISPONDENTI. 

BELGIO. 

61.  Acadéniie  Royale  de  Belgique  —  Bruxelles. 

62.  Musée  du  Congo  de  l'État  ludépendaiit  du  Congo  —  Bruxelles. 

63.  Revue  de  l'Uiiiversité  de  Bruxelles. 

64.  Société  entomologique  de  Belgique  —  Bruxelles. 

65.  Société  Royale  malacologique  —  Bruxelles. 

66.  Société  Belge  de   geologie,    de  paleontologie    et   d'iiydrologie   — 

Bruxelles. 

67.  Société  Royale  de  botanique  de  Belgique  —  Ixelles-les-Bruxelles. 

FRANGIA. 

iJS.  Société  Linnéeune  du  Nord  do  la  France  —  Amiens. 

69.  Société  Florimontane  —  Anuecy. 

70.  Société  des  sciences  physiques  et  naturelles  de  Bordeaux. 

71.  Société  Linnéenne  de  Bordeaux  —  Bordeaux. 

72.  Academic  des  sciences,  belles-lettres  et  arts  de  Savoie  —  Gham- 

béry. 

73.  Société   nationale   des   sciences   naiurclles    et    matliémaliques   de 

Cherbourg. 

74.  Université  de  Lyon. 

75.  Société  d'agriculture,  sciences  et  iiiduslries  —  Lyon. 

76.  Société  d'Anthropologie  de  Paris  —  Paris. 

77.  Museum  do  Paris  —  Paris. 

78.  Société  Géologique  de  France  —  Paris. 

79.  Société  nationale  d'Aedi matatiou  ilo  France  —  Paris. 
SO.  Academic  des  sciences,  arls  ci  lottros  —  Rouen. 

81.  Société  libre  d'émulation,    ilii   romiiiorce   et   de  l'industrie  de  la 

Seine  Inférionro  —  Rouou. 

82.  Sofiélé  d'Iiisidjiv  iiiiiinvilc  —  Tdiilnuse. 


ISTITUTI    SCIENTIFICI    CORRISPONDENTI.  13 

GERMANIA. 

83.  Naturliistorischei'  Vereiii  —  Augsburg. 

84.  Botanischer  Ver(?iiis  der  Proviuz  Brandenburg  —  Berlin. 

85.  Deutsche  geologische  Gesellscliaft  —  Berlin. 

86.  Konigl.  Museum  fiir  Naturkimde  Zoologische  Sammlung  —  Berlin. 

87.  K.  Preussisclien  geologischen  Landesaustalt  und  Bergakademie  — 

Berlin. 

88.  Sclilesisclie  Gesellscliaft  fiir  Vaterlaudische  Kultur  —  Breslau. 

89.  Verein  fiir  Naturkimde  —  Kassel. 

90.  Naturwissenschaftliche  Gesellscliaft  —  Chemnitz. 

91.  Naturforschende  Gesellschaft  —  Danzig. 

92.  Verein  fiir  Erdkunde  —  Darmstadt. 

93.  Naturwissenschaftliche  Gesellschaft  Isis  —  Dresden. 

94.  Physikalisch-medicinischeu  Societàt  zu  Erlaugeu. 

95.  Senkenbergische   naturforschende   Gesellschaft  —  Frankfurt  am 

Main. 

96.  Naturforschende  Gesellschaft  (Berichte)  —  Freiburg  ini  Baden. 

97.  Oberhessische  fiir  Gesellschaft  Natur-und-Heilkunde  —  Giesseu. 

98.  Naturforschende  Gesellschaft  —  Gurlitz. 

99.  Verein  der  Freunde  der  Naturgeschichte  ->-  Giistrow. 

100.  Medizinisch-naturwissenschaftliche  Gesellschaft  —  Jena. 

101.  Physikalisch-Oecouomische  Gesellschaft  —  Konigsberg. 

102.  Zoologischer  Anzeiger  —  Leipzig. 

103.  K.  Bayerische  Akademie  der  Wissenschaften  —  Miinchen. 

104.  Ornithologischer  Verein  —  Miinchen. 

105.  Olìenbacher  Verein  fiir  Naturkunde  —  Offenbach  am  Main. 

106.  Naturwisseiischaftlicher  Verein  —  Regensburg. 

107.  Nassauischer  Verein  fiir  Nalurkunde  —  AViesbadeu, 

108.  Physikalisch-mediciuische  Gesellschaft  —  Wiirzburg, 


14  ISTITUTI   SCIENTIFICI   CORRISPONDENTI. 

GIAPPONE. 

109.  Imperiai  University  of  Japan  —  Tokyo. 

110.  Zoological  Institute   College  of  Science,   Imperial  University  of 

Tòkyo. 

GRAN  BRETTAGNA. 

HI.  Royal  Irish  Academy  —  Dublin. 

112.  Royal  Dublin  Society  —  Dublin. 

113.  Royal  physical  Society  —  Edinburgh. 

114.  Geological  Society  of  Glasgow  —  Glasgow. 

115.  Royal  observatory  —  Greenwich. 

116.  Palaeontographical  Society  —  London. 

117.  Royal  Society  —  London. 

118.  Royal  microscopical  Society  —  London. 

119.  Zoological  Society  —  London. 

120.  British  Museum  of  Natural  History  —  Lundon. 

121.  Literary  and  philosophical  Society  —  Manchester. 

INDIA. 

122.  Geological  Survey  of  India  —  Calcutta. 

ITALIA. 

12.3.  Accademia  degli  Zelanti  e  P.  P.  dello  Studio  di  scienze,  lettere 
ed  ani  —  Acireale. 

124.  Ateneo  di  scienze,  lettere  ed  arti  —  Bergamo. 

125.  Accademia  delle  scienze  dell' Istituto  di  Bologna. 

126.  Ateneo  di  Brescia. 


ISTITUTI   SCIENTIFICI   GORRISPON'DENTI,  15 

127.  Accademia  Gioeuia  di  scienze  naturali  —  Catania. 

128.  R,  Accademia  dei  Georgofili  —  Firenze. 

129.  Società  botanica  italiana  —  Firenze. 

130.  Società  entomologica  italiana  —  Firenze. 

131.  R.  Accademia  medica  —  Genova, 

132.  Società  di  letture  e  conversazioni  scientifiche  —  Genova. 

133.  Società  Ligustica  di  Scienze  Naturali  e  Geografiche  —  Genova. 

134.  Comune  di  Milano.  (Dati  statistici  e  Bollettino  demografico)   — 

Milano. 

135.  R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere  —  Milano 

136.  R.  Società  italiana  d'igiene  —  Milano. 

137.  Società  dei  Naturalisti  —  Modena. 

138.  Società  di  Naturalisti  —  Napoli. 

139.  Società  africana  d'Italia  —  Napoli. 

140.  Società  Reale  di  Napoli.  (Accademia  delle  scienze  fisiche  e  ma- 

tematiche) —  Napoli. 

141.  R.  Istituto  d'Incoraggiamento  alle  scienze   naturali,    economiche 

e  tecnologiche  —  Napoli. 

142.  La  nuova  Notarisia  —  Padova. 

143.  Società  Veneto-Trentina  di  scienze  naturali  —  Padova. 

144.  R.  Accademia  palermitana  di  scienze,   lettere   ed  arti   —  Pa- 

lermo. 

145.  Società  di  scienze  naturali  ed  economiche  —  Palermo. 

146.  Società  dei  ■Naturalisti  Siciliani  —  Palermo. 

147.  Società  toscana  di  scienze  naturali  —  Pisa. 

148.  R.  Scuola  Superiore   di  Agricoltura   in   Portici,   Laboratorio  di 

Entomologia  agraria  (Rivista  di  Patologia  vegetale  e  Zimologia). 

149.  R.  Accademia  medica  —  Roma. 

150.  R.  Accademia  dei  Lincei  —  Roma. 

151.  R.  Comitato  geologico  d'Italia  —  Roma. 

152.  Società  italiana  delle  scienze  detta  dei  Quaranta  —  Roma. 

153.  R.  Società  Economica  e  Comizio  Agrario  —  Salerno. 


16  ISTITUTI   SCIENTIFICI   CORRISPONDENTI. 

154.  R.  Accademia  dei  Fisiocritici  —  Siena. 

155.  Rivista  italiana  di  scienze  naturali   e  Bollettino  del   Naturalista 

—  Siena. 

156.  R.  Accademia  di  agricoltura  —  Torino, 

157.  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino. 

158.  Musei  di  zoologia  ed  anatomia  comparata  della  R.  Università  di 

Torino. 

159.  Società  meteorologica  italiana  —  Torino. 
1()0.  Associazione  agraria  friulana  —  Udine. 
IGl.  Ateneo  Veneto  —  Venezia. 

162.  R.  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti  —  Venezia. 

163.  Accademia  di  agricoltura,  conunercio  ed  arti  —  Verona. 

164.  Accademia  Olimpica  —  Vicenza. 

PAESI  BASSI. 

165.  Musée  Teyler  —  Harlem. 

166.  Société  Hollandaise  des  sciences  à  TTarlem. 

RUSSIA  E  FINLANDIA. 

167.  Societas  pro  fauna  et  flora  fennica  —  llelsingfors. 

168.  Société  botanique  de  St.  Pétersbourg. 

169.  Academic  Imperiale  des  sciences  de  St.  Pétersbourg. 

170.  Gomité  géologique  —  St.  Pétersbourg. 

171.  Société  Imperiale  des  Naturalistes  de  Moscou. 

172.  Société   Imperialo   des   Naturalistes   do   St.  Pétersbourg   —  St. 

Pétersbourg. 

SPAGNA. 

173.  Sociedad  Espanola  de  historia  naturai  —  Madrid. 


ISTITUTI   SCIENTIFICI   CORRISPONDENTI.  il 

SVEZIA  E  NORVEGIA. 

174.  i)ibiiolliòque  de  l'Uiiiversité  Royale  de  Norvège  —   Glirisiiauia, 

175.  Société  des  sciences  de  Christiaiiia. 

176.  Stavanger  Museuin  —  Slavanger  Norvegia. 

177.  Universitas  Limdeusis  —  Limd. 

178.  Académie  Royale  suédoisè  des  sciences  —  Stockholm. 

179.  Kong].  Vitterhets  Historie  och  Antiquitets  Akademiens  —  Stock- 

holm. 

180.  Bibliothèque  de  l'Université  d'Upsala  {laslinitioii  géologiqiie)  — 

Upsala. 

SVIZZERA. 

181.  Naturforscheude  Gesellschaft  —  Basel. 

182.  Naturforscheude  Gesellschaft  —  Beni. 

183.  Société  helvétique  des  sciences  naturelles  —  Beni. 

184.  Naturforschende  Gesellschaft  —  Ghur. 

185.  lustitiit  national  Genèvois  —  Genève. 

186.  Société  de  physique  et  d'histoire  naturellcs  —  Genève. 

187.  Société  Vaiidoise  des  sciences  naturelles  —  Lausanne. 

188.  Société  des  sciences  naturelles  —  Neuchàtel. 

189.  Zùrcher  naturforschende  Gesellschaft  —  Zurich. 

190.  Commission  géologique   suisse    (Société   helvétique   des   sciences 

naturelles)  —  Ziìrich. 


Voi.  \xxix. 


CONTRIBUZIONE 
ALLO  STUDIO  DEI  GRINOIDI  TERZIARI  DEL  PIEMONTE. 

Nota  del  socio 

Dott.  Alberto  Noelli. 

(Con  una  tavola.) 


la  questi  ultimi  anni  il  Museo  Geologico  di  Torino  si  è  arricchito  di 
numerosi  resti  di  crinoidi  provenienti  dai  terreni  miocenici  dei  colli  tori- 
nesi e  raccolti  dal  sig.  E.  Forma,  ben  noto  ed  appassionato  raccoglitore 
di  fossili.  Così  vennero  successivamente  in  luce  parecchie  forme  diverse 
da  quelle  descritte  nei  lavori  di  Gastaldi,  di  Michelotti  e  di  Mene- 
ghini, e  nel  tempo  stesso  si  raccolsero  nuovi  e  numerosi  campioni  che 
si  prestavano  a  rendere  più  precise  le  nostre  cognizioni  sulle  forme 
già  conosciute.  Facendomi  notare  l'opportunità  di  un  nuovo  studio  sui 
crinoidi  terziari  del  Piemonte,  il  prof.  Parona  volle  aflìdarmi  il  pre- 
zioso materiale,  che  appunto  forma  oggetto  di  questa  nota. 

Questi  avanzi  di  crinoidi,  pochi  eccettuati,  proveugono  da  una  parti- 
colare zona  sabbiosa  che  nei  colli  torinesi  si  trova  nella  parte  più 
recente  della  serie  elveziana,  rimanendo  separata  dalle  assise  tortoniane 
sovrastanti  mediante  una  zona  di  marna  compatta  povera  di  fossili.  La 
zona  sabbiosa  d'  ordinario  ricca  di  elementi  serpentiuosi,  corrisponde  al 
sottopiano  serravalliam  di  Mayer  e  giustamente  puossi  distinguere 
come  zona  sabbiosa  a  Pentacnnus  GoMaldii,  i  cui  articoli  vi  sono 
qua  e  là  copiosissimi. 


20  A.    XOELLI. 

Ill  geueralc  è  povera  di  fossili  ben  conservati,  mentre  vi  abbondano 
i  delriti  di  ostriche,  di  pettini  e  di  balani  ;  ina  in"  certe  località  la 
zona  sabbiosa  si  presenta  ricca  specialmente  di  piccoli  coralli,  di  cida- 
riti,  fra  i  quali  particolarmente  notevoli  quelli  del  Cidaris  avenioaensis, 
articoli  di  stelleridi,  di  piccoli  brachiopodi  e  di  briozoi.  A  questi  fossili 
si  associano  gli  avanzi  di  criuoidi,  che  ora  mi  propongo  di  descrivere. 

Quindici  sono  le  forme  da  jue  riconosciute  appartenenti  ai  generi 
Peìitacrinus,  Conocrinits^  Antedon  e  Actinometra  come  dall'  elenco 
qui  esposto  : 

Pentacrinm  Gastaldi  Mich, 

P.  LorioU  n.  f.    —  Villa  liesozzi.    Valle   S.  Martino  (Colli  di 

Torino). 
Comcniius  Segueumi  Meneghini  —  S.  Antonio  presso  Sciolze, 

Pino  torinese  e  Monte  dei  Cappuccini  (Colli  di  Torino). 
Antedon  oblitiis  (Mich.)   —    Villa   Besozzi   (Valle    S.   Martino), 

l^ino  torinese,   S.  Antonio  presso   Sciolze,   Sotto  Resca 

(Sciolze),  (Colli  di  Torino). 
A.  Michelottii  n.  f.  —  S.  Antonio  presso  Sciolze  (Colli  di  Torino). 
A.  Fontamiesi  De  Loriol.  —  S.  Antonio  presso  Sciolze  (Colli  di 

Torino). 
A.  Bei^ereli  De  Loriol  —  Dintorni  di  Sciolze  (Colli  di  Torino). 
A.  taurinemis  n.  f.  —  Monte  dei  Cappuccini  (Torino). 
A.  minimus  n.  f.  —  Monte  dei  Cappuccini  (Torino). 
A.  Nicolasi  n.  f.  —  Pino  torinese  (Colli  di  Torino). 
A.  anglesensis  De  Loriol  —  Dintorni  di  Sciolze  (Colli  di  Torino). 
A.  Paronai  n.  f.  —  Sciolze  sotto  Resca  (Colli  di  Torino). 
A.  stellatus  n.  f.  —  Sciolze  sotto  Resca  (Colli  di  Torino). 
A.  Pellati  De  Loriol  —   S.  Antonio   presso   Sciolze,   Monte  dei 

Cappuccini  (Colli  di  Torino). 
Actinometra  Formae  n.  f.  —  S.  Antonio  presso  Sciolze   (Colli 

di  Torino). 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI    CRINOIDI,    ECC.  21 

Abbiamo  adunque  otto  formo,  che  mi  risultano  nuove  per  la  scienza, 
tre  già  note  per  il  Piemonte,  ma  ora  riscontrate  in  nuove  località  e 
quattro  già  conosciute,  ma  ora  per  la  prima  volta  citate  per  giacimenti 
italiani.  Sono  queste  le  forme  recentemente  descritte  da  Paul  De  Loriol 
e  scoperte  presso  Avignone  in  terreni  verosimilmente  coevi  a  quelli 
suaccennati  della  collina  di  Torino  e  del  pari  ricchi  di  reliquie  di  cri- 
noidi,  come  risulta  dai  lavori  della  sig.  B,  Sinard,  di  Pellai  e  del 
compianto  Nicolas. 

Opere  consultate. 

1.  —  1844.  Philippi,  Alecto  alticeps  n.  sp.,   eine  tertiàre  Comatula.   Art  von 

Palermo.  (Neues  Jarbuch  fiir  Miner.  Geog.,  etc.,  pag.  540,   Taf.  VI,  B. 
Stuttgart.) 

2.  —  1845.  Gastaldi  B.,  Pentacrinite  dans  les  terrains  miocen.  de  la  colline 

de  Turin.  (Bull.  Soc.  Géol.  Frang.,  Sèrie  II,  Tome  II,  pag.  53.) 

3.  —  1846.  Gastaldi  B.,  Lettre  pour  répondre  aux  doutes  soulevées  à  propos 

de  la  découverte  des   Pentucrinites  dans  la  colline  de   Turin.   (Bull. 
Soc.  Géol.  Frang  ,  Sèrie  II,  Tome  III,  Paris.) 

4.  —  1847.  MiCHELOTTi  G  ,   Déscript.   d.  foss.  mioc.   d.   l'it.  sept.  (Natuark. 

Verliandel.  von  de  Hollandsclie  Maatscliappij  der  Wetenschappen  te  Haar- 
lem. 3  D.,  2  S.) 

5.  —  1852.  Forbes  E.,  Monograph  of  the  EchinodermaUi  of  the  British  Ter- 

tiaires.  (Palaeontogr.  Society.  London.) 

6.  —  1861.  MiCHELOTTi  G.,  Etudes  sur  le  mioc.  inf.  d.  I'lt.  sept.  (Mém.  pubi. 

p.  la  Soc.  Holland,  d.  So.  à  Haarlem.) 

7.  —  1861.  MiCHELOTTi  G.,  Dcscrip.  d.  quelq.  nouv.  foss.  d.  terr.  mioc.  d.  la 

coll.  de  Turin.  (Revue  et  Magasin  de  Zoologie.  Aoùt.) 

8.  —  1872.  Des  Moulins  Ch.,  Un  crinoide  tert.  d.  la  Gironde.  (Act.  d.  Soc. 

Linn,  de  Bordeaux.  Tome  XXVIII,  livr.  4.'^-5.o.) 

9.  —  1874.  Manzoni  A.,  Rarità  paleozoologica.  (Bui!.  R.  Com.  Geol.   d'Italia, 

N.  5-6,  Roma.) 

10.  —  1874.  GuiscARDi  G.,  /  Crinoidi  del  periodo  terziario.  (Rend.  d.  R.  Accad. 

d.  sc.  fis.  e  mat.,  Anno  XIII,  fase.  11,  Napoli.) 

11.  —  1875.  Sequenza  S.,  Studi  stratigrafici  sulla  formazione  pliocenica  del- 

l'It.  mend.  (Bull.  R.  Com.  Geol.  d'Italia,  Voi.  VI,  Roma.) 


22  A.    NOELLI. 

12.  —  1875.  Meneghini  G.,  /  Crinoidi  terziari.  (Atti  d.  Soc.  Tose,  di  se.  nat., 

Vol.  II,  fase.  1,  Pisa.) 

13.  —  1871).  FoNTANNES  M.  F.,  Les  terr.  tert.  sup.  d.   Ilaut  Comptat  Venais- 

sin.  (Ann.  d,  Soc.  d'Agr.  d.  Lyon,  Sèrie  IV,  Tome  IX,  Paris.) 

14.  —  1876.  QuENSTEDT  A.  F.,  Petrefactenkunde  Deutschkmds.   (P.«  I,  V."   4 

«  Dio  Asteriden  und  Encriniden  » ,  Leipzig.) 

15.  ■ —  1877.  LocAKD  A,,  Déscript,  d.  la  faune  d.  terr.  tert.  moy.  de  la  Corse. 

(Ann.  d.  Soc.  d'Agr.  d.  Lyon,  Sèrie  IV,  Tome  IX.) 

16.  —  1878.  ScHLLiTER  C,    Ueber  einige  astylide  Crinoiden.   (Zeitsclir.  d.   D. 

Geologisch.  Gesell.,  XXX  Bd.,  Berlin.) 

17.  —  1879.  FoNTANNES  M.  F.,  Étud.  strat.  et  pai  s.  I.  tert.  d.  bassin  d.  Rhone. 

A'',  Déscript.  d.  quelq.  esp.  nouv.  ou  pen  conn.  (Ann.  d.  Soc.  d'Agr.  d. 
Lyon,  Sèrie  V,  Tome  I.) 

18.  —  1879.  FoNTANNES  M.  F.,  Note  s.  la  découv.  d.  deux  esp.  nouv.  d.  genr. 

Antedon  dans  le  terr.  tert.  sup.  d.  bassin  d.  Rhone.  (Bull.  Soc.  GéoL 
Franc;.,  Sèrie  III,  Tome  VII,  peg.  497.) 

19.  —  1879.  Meneghini  G.,  Processi  verbali,   adun.  7  luglio  187H.  (Atti  Soc. 

Toso.  d.  se.  nat.,  pag.  XXXI,  Pisa.) 

20.  —  1879.  Manzoni  A.,  Considera:-,  geolog.  a  propos.  del  P.  Gastaldi!  nella 

Molassa  di  Montese.  (Ann.  d.  Soc.  d.  Natural  in  Modena.) 

21.  —  1880.  Segue.nza  S.,  Le  formazioni  tert.  nella  prov.  d.  Reggio  Calabri'i. 

(Mem.  lì.  Accad.  Lincei,  Serie  III,  Vol  VI.) 

22.  —  1882-89.  De  Loriol  P.,  Paléo?itologie  Franraise.  «  Grinoides  »  Tome  XI, 

P..i^'  MI,  Paris. 

23.  —  1884-88.  Carpenter  II.,  Report  on  the  Crinoidea.   (Voyage  of  the  Chal- 

lenger. Vol.  XI-XXVI,  London.) 

24.  —  1886.  PoMEL,  Paleontologie  de  l'Algerie.  «  Echinodermes  »,  2.'^  livr. 

25.  —  1887.  PoMEL,  Paleontologie  de  r Algerie.  «  Zoophytes  »,  2. '^  fase,  2. Mi vr., 

Alger. 
2l).  —  1891.  M.'   Berthe  Sinarii,  Sur  la  presence  d.  Pentacrinus  dans  le  mioc. 
des  Angles  (Card).  (Ass.  franc;,  p.  I'avanc.  d.  sc.  Part.  II,  Marseille.) 

27.  —  1897.  Nicolas  M.  M.,  h'tud.  s.  le  terr.  tert.  d.  env.  d' Avignon.  Le  Mio- 

cène. (Ann.  do  I'Acad.  de  Vaucluse.) 

28.  —  1897.  Pellai  E.,   Fiud.  stratigr.  et  pal.  s.  I.  terr.  tert.  d.   quelq.  loc. 

d.  Vaucluse,  du  Gard  et  des  Bouches  du  Rhone.  N.  3  sur  I'assis.  term, 
d.  l'élag.  burdig.  ecc.  (Bull.  Soc.  Géol.  Frani;.,  Sèrie  III,  Tome  XXV, 
pag.  111.) 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI   GRINOIDI,    ECC.  23 

29.  —  1897.  De  Loriol  P.,   Béscript.  d.  quelq.  echinodermea.  App.  à  la  not. 

de  M.  E.  Pellai,  s.  le  hurdigalien  supérieur.  (Bull.  Soc.  Góol.  Franr., 
Sèrie  III,  Tome  XXV,  pag.  115,  Paris.) 

30.  —  1897.  Nicolas  M.  H.,  Elude  d.  terr.  Ieri.  d.  envir.  d'Avig.,  Miocenes. 

Noie  complém.  s.  la  faune  de  la  «  Femme  de  Loth  »  et  revis.  d.  An- 
tedons  de  ce  méme  horizon.  (Ass.  Franc,  pour  I'avanc.  d.  sc.  Gongrès 
d.  S.  Etienne.  Paris.) 

31.  —  1899.  Bather  F.  A.,   A  Record  of,  and  Index  to,   the  Literature  of 

Echinoderma,  ecc.,  published  during  the  year  1898,  ecc.,  pag.  39,  London. 


Geu.  PENTACRINUS  Mill.  1821. 

1847.  JPeutacrinus  Gastaldii  Michelotti. 
Tav.  I,  lig.  1-32. 

18  i5.  Pentacrinus  sp.  Gastaldii  B.,  Pentacrinites  d.  I.  terr.  d.  I.  coll.  d.  Tu- 
rin. (Bull.  Soc.  Géol.  Franc.,  Sèrie  II,  Tome  II,  pag.  53. 
—  Id.,  Lettre  p.  rep.  a.  dout.  soul,  à  prop.  d.  I.  découv. 
d.  Pentacrinites  d.  I.  coll.  d.  Turin.  (Ibid.,  Tome  III,  pa- 
gina 485,  1846.) 

1847.  Pentacrinus  Gastaldii  Michelotti  G.,  Descr.  d.  foss.  mioc.  d.  I'll.  sept. 
(Nat.  Verb.,  ecc.,  pag.  59,  Tav.  XVI,  fig.  2-2^  Haarlem.) 
Id.,  Etud.  s.  I.  mioc.  inf.  de  V  It.  sept.  (Ibid.,  1861, 
pag.  28.)  —  Manzoni  A.,  Rarità  paleosoologica.  (Boll. 
R.  Com.  Geol.  d'Italia,  1874,  pag.  152,  Roma.)  —  Id., 
Gonsid.  geolog.  a  'prop.  d.  P.  Gastaldii  nella  Melassa  di 
Montese.  (Ann.  d.  Soc.  Nat.  Modena,  1879,  pag.  1.)  — 
Meneghini  G.,  /  Criiioidi  terziari.  (Atti  d.  Soc.  Tose.  se. 
nat..  Vol.  II,  1875,  pag.  9,  Pisa.)  —  Des  Moulins  Gil, 
Un  crinoide  tert.  d.  la  Gironde.  (Act.  d.  Soc.  Linn., 
Tome  XX VIII,  1872,  pag.  55,  Bordeaux.)  —  Locard  A., 
Déscript.  d.  I.  faune  d.  terr.  tert.  may.  d.  la  Corse. 
(Annales  d.  la  Soc.  d'Agr.  Lyon,  Sèrie  IV,  Tome  IX,  1877, 
pag.  207.) 


24  A.    XOELLI. 

(?)  1897.  Pentacrinus  Berthei  Nicolas  M.  H.,  Btud.  d.  lerr.  tert.  d.  envir.  d'A- 
vignon,  ecc.  (Ass.  Frang.  p.  l'avanc.  d.  sc,  pag.  397,  Pa- 
ris.) —  Id.,  Ftud.  d.  terr.  tert.,  ecc.  (Ann,  d.  I'Ac.  d. 
Vaucluso,  1897,  pag.  79.) 

(';  1897.  Pentacrinus  miocenicus  De  Loriol  P.,  Déscr.  d.  quelq.  foss.,  ecc.  (Bull. 
Sec.  Geo).  Franc.,  Sèrie  III,  Tome  XXV,  pag.  127,  tav.  IV, 
fig.  15,  16,  17,  18.) 

Articoli  del  fusto  pentagonali,  lisci,  rugosi  in  qualche  esemplare  ; 
faccia  incavate,  talora  piane  con  angoli  più  o  meno  sporgenti  ed  arro- 
tondati all'estremità. 

Vari  articoli  invece  sono  completamente  circolari,  ovvero  hanno  una 
configurazione  pentagonale  appena  distinta.  Le  loro  altezze  sono  assai 
disuguali,  perchè  mentre  non  superano  i  mm.  1,5  negli  infranodali, 
raggiungono  sovente  i  2  mm.  nei  nodali;  ma  non  sono  però  propor- 
zionate alle  differenze  dei  diamelri,  poiché,  questi  variano  da  2  ad 
oltre   10  inni. 

•jli  articoli  sottili  sono  rinchiusi  [va  i  [àù  spessi,  e  talora  presen- 
tano un  solco  verticale  ;  suture  evidenti,  ina  non  crenulate.  Foglietto 
delle  faccie  articolari  per  lo  più  lunghe,  distinte,  archi  marginali  rotondi 
ovvero  lanceolati;  l'area  interna  è  per  lo  più  incavata  e  l'apertura 
basale,  rivolta  verso  il  forellino  centrale,  ò  chiusa  in  vari  articoli.  I 
margini  laterali  sono  formati  da  12  a  20  e  più  denti,  e  in  vari  esem- 
plari terminano  nella  parte  basale  in  una  linea  rilevata  separata  dalla 
adiacente  da  un  profondo  solco.  In  altri  articoli  poi  si  nota  un  piccolo 
orlo  liscio  il  quale  corre  lull"  atlonio  alla  faccetta  articolare.  In  un 
esemplare  poi  le  facette  sono  ellittiche,  rilevate,  curvale  e  terminano  a 
breve  distanza  dal  centro;  in  questo  non  si  scorge  il  foro.  Nella  parte 
posteriore  dello  stesso  esemplare  le  foglietto  sono  conformate  come 
negli  altri  arlicoli. 

Articoli  verlicillari  più  ahi  de.i^li  altri,  e  su  ciascuna  dello  loro  faccie 
laterali  piuttosto  incavate  si  inserisce  la  faccetta  articolare  di  un  cirro 
la  quale  ne  occupa  tutta  l'altezza  tanlo  da  produrre  talora  un' insona- 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI   CRIXOIDI,    ECC.  -•) 

tura  neir  articolo  successivo.  11  numero  delle  facette  articolari  è  di  T), 
incidentalmente  varia  solamente  da  2  a  3.  Malgrado  il  materiale  abbon- 
dante non  mi  fu  possibile  determinare  il  numero  degli  articoli  inter- 
liosti  tra  due  verticilli. 

Fra  i  vari  esemplari  raccolti  a  S.  Antonio  so  ne  notano  alcuni 
formati  dalla  riunione  di  due  articoli  di  cui  uno  più  piccolo  rotondo 
ed  un  secondo  di  forma  pentagonale  distinta  ;  altri  invece  presentano 
cinque  foglioline  rotonde  delimitate  tutt'  attorno  da  un  largo  orlo  liscio 
pentagonale. , 

Occorre  infine  notare  che  gli  esemplari  da  me  esaminati  sommano  a 
parecchie  centinaia. 

Rapporti  e  diU'erense.  —  Molto  probabilmente  i  primi  articoli  dei 
Petitacriìii  terziari  vennero  raccolti  dal  prof.  Catullo  nel  calcare 
di  Valle  Policella  nel  Veronese,  e  l'importante  scoperta  venne  da 
lui  stosso  notificata  nel  1823.  Più  tardi,  come  risulta  dalla  seduta  del 
17  giugno  1845  contenuta  nel  Bull.  Soc.  Géol.  Frane.,  Tomo  II  della 
2.'^  serio  pag.  573,  il  bar.  A.  De  Zigno  ritrovò  i  suddetti  Pentacrini 
nella  medesima  località.  In  seguilo  il  Gastaldi'  con  una  sua  lettera 
pubblicata  dalla  Società  Geologica  di  Francia  il  17  luglio  1844  dice 
d'aver  raccolto  degli  articoli  di  Pentacrini  nelle  sabbie  serpeutinose 
dei  terreni  miocenici  dei  colli  di  Torino  e  recentemente  poi,  nel  1880, 
il  Sequenza  ^  riferisce  con  dubbio  al  P.  Gastaldii  una  colonnetta  pro 
veniente  dal  Tongriano  dei  dintorni  di  Pioggio  Calabria.  Anche  il 
Pellat  ^  nota  come  nel  piccolo  afìioramento  di  melassa  burdigaliana 
di  Notre-Dame  de  Chateau  si  trovino  dei  bei  frammenti  di  P.  mio- 
cenicHS.  Per  ultimo  nei  terreni  miocenici  dei  dintorni  di  Avignone 
venne  raccolto  un  fusto  con  35  articoli,  un  secondo  con  12  articoli  di 


1  (JASTALDi  B.,  Opusc.  cit.,  1845,  pag.  53. 

2  Sequenza.  S.,  Le  formaz.  terz.  nella  proo.  di  Reggio  Calabria.  1880,  Se- 
rie III,  Voi.  VI,  pag.  44. 

3  Pellat  E.,  Ktud.  drat.  et  poi.  s.  l.  lerr.  lert.  d.  qiielq.  loc.  d.  Vaucluse,  ecc. 
1897,  pag.  111. 


26  A.    NOELLI. 

cui  imo  con  inserzioni  verticillari  ed  un  terzo  più  bi-eve  con  un  ani- 
colo  verticillare.  Tutti  e  tre  vennero  riferiti  al  P.  Beriìiel  dal  Nicolas. 

Il  P.  Gastaldi  venne  poi  specificato  nel  1847  dal  Miciielotti  nel 
suo  lavoro;  Description  des  fomles  des  terrains  miocènes;  '  però 
«lire  al  descriverlo  iu  modo  assai  incompleto,  ne  dà  i  disegui  di  al- 
cuni articoli  scelti  fra  i  più  regolari  ed  eguali  fra  di  loro.  Un'  altra 
descrizione,  ma  più  completa  e  rifereutesi  a  vari  articoli  di  forma 
differente  l'abbiamo  dal  Meneghini  nel  suo  lavoro:  1  Crinoidi  ter- 
ziarii^  Pisa,  1875,  pag.  9,  la  quale  viene  così  a  provare,  miita- 
nunite  alla  mia,  che  il  P.  Gastaldii  risulta  formato  di  articoli  i  quali 
variano  grandemente  tendendo  ad  assumere  forme  tanto  più  ineguali, 
quauto  più  si  avvicinano  alla  sommità  dèi  fusto. 

Ora  il  sig.  De  Loriol  nella  sua  recente  nota,  -  non  essendosi  pro- 
babilmente riferito  che  alle  tavole  del  Miciielotti  ed  alla  figura  del 
Manzoni  ^  colla  quale  viene  rappresentato  malamente  un  pezzo  di  fusto 
della  Mùlassa  di  Moutese,  afferma  che  nel  P.  Gastaldii  i  vari  articoli 
souo  eguali  fra  di  loro,  e  lo  separa  per  tale  carattere  dal  suo  P.  mio- 
ccnicus^  nel  quale  i  vari  articoli  oltre  all'essere  disuguali  fra  di  loro, 
lasciano  scorgere  in  quelli  più  sottili  un  solco  mediano  longitudinale. 
Ma  per  quanto  già  dissi  sopra  o  come  mi  risulta  dall'esame  dei  Pen- 
tacrini  contenuti  nella  celebre  opera  del  Carpenter,  ''  e  per  la  pre- 
senza in  alcuni  articoli  più  sottili  di  un  solco  mediano  longitudinale, 
così  ritengo  che  molto  probabilmente  si  dovrà  riferii'o  il  P.  mioceni- 
ciis  De  Loriol  al  P.  Gaslaldii  Miciielotti,  tanto  più  qualora  ulteriori 
ricerche  permettano  lo  studio  di  un  materiale  più  abbondante.  A  que- 
sto proposito    poi  il  l^ELLAT,  ■'  pag.    J12,  neir  enumerare   i    principali 


1  Miciielotti  G.,  Op.  cit.,  1847,  pag.  5'J. 

2  De  Loriol  P.,  Béscr.  d.  quelq.  foss.,  ecc.,  1897,  pag.  127. 
•■'  Manzoni  A.,  C'onsid.  geol.,  ecc.,  1879. 

'''  Carpenter  H.,  Ri^pod  on  the  Crinoidea.  Vovage  of  the  Challenger.  Voi.  XI, 
1884-88,  London. 

'"  Peli..\t  K.,  Op.  eli.,  pag.   I  VI. 


CONTRIBUZIONE    ALLO    STUDIO    DEI   CRINOIDI,    ECC.  27 

fossili  raccolti  nelle  cave  situate  a  nord-est  del  piano  des  Angles  nota 
comò  il  1'.  mioccìiicm  De  Lorioi  sia  identico  al  Pentacrino  della  me- 
lassa di  Beaucaire,  il  quale  figura  in  qualche  collezione  col  nome  di 
P.  Gastaldii. 

Anche  il  Nicolas  '  rileva  una  differenza  tra  i  due  suddetti  PciUa- 
ci'iiU  basata  uaicamente  sulla  maggiore  o  minore  eguaglianza  degli 
articoli  ;  anzi  vorrebbe  frapporre  il  P.  Allardi  tra  le  due  suddette 
specie  soltanto  per  avere  quest'ultimo  Pentacrino  gli  articoli  meno 
ineguali  di  quelli  del  P.  ìniocenicus.  Infine  dalla  figura  che  egli  dà  ^ 
a  pag.  397  del  suo  P.  Berihei,  si  rileva  come  i  disegni  delle  due  faccie 
articolari  dei  cirri  corrispondano  perfettamente  a  quelli  del  P.  Gastaldii 
tanto  che  si  può  ritenere  che  queste  due  specie  debbano  con  tutta  la 
verisimigliauza  identificarsi  fra  di  loro. 

Confrontando  poi  gli  articoli  da  me  esaminati  con  quelli  appartenenti 
a  forme  viventi,  ho  l'iscontrato  notevoli  analogie  con  alcuni  del  P. 
WyviUe-Thomsoui,  del  P.  alteraicirras,  del  P.  naredanm,  ecc.  slati 
raccolti  recentemente  nel  viaggio  del  Challenger. 

Infine  il  Bather,  nella  sua  accuratissima  rivista  bibliografica  per  gli 
Echinodermi,  ^  a  proposito  dei  pentacrini  miocenici  scrive  Pentacrinm 
(i.  e  Isocrinus).  Ora  questo  genere  venne  antecedentemente  creato  nel 
1837  dalMEYER  {Museum  Senkenljeroiannnì,  Frankfurt,  II,  pag.  2.j1), 
ma  come  giustamente  fa  osservare  il  Carpenter,  ''  mancano  ancora  gli 
elementi  necessari  per  poter  stabilire  sufficientemente  le  differenze  che 
esistono  tra  questi  due  generi  e  per  conseguenza  conviene  riferire  prov- 
visoriamente queste  forme  al  gen.  Pentacrinus  del  Miller. 

Località  :  Il  P.  Gastaldii,  da  quanto  mi  risulta,  venne  raccolto 
oltreché  sui  colli  di   Torino,  altresì  dal  prof.  E.  Suess  di  Vienna  nel 


1  Nicolas  M.  H.,  Et.  d.  terr.  tert.  d.  enr.  d'  Avignon.   Le  Miocene.  (Ann. 
(1.  l'Ac.  de  Vaucluse,  1897,  pag.  79.) 

2  Nicolas  M.  II.,  Etud.  d.  terr.  tert.  d.  env.  d' Avignon,  ecc.,  1897,  pag.  397. 

3  Bather  F.  A.,  A  Record,  ecc.,  1899,  pag.  39,  London. 
-5  C.4.RPEXTER  H.,  Op.  cit.,  pau.  271. 


28  A.    NOELLl. 

Leithakalk  di  Eisenstadt;  da  F.  Karrer  nel  miocene  di  Boskovilz  in 
Moravia  ;  da  F.  Artigue  nei  faluns  miocèaes  del  bordolese  ;  nei  ter- 
reni terziari  miocenici  dei  dintorni  di  Avignone  ;  dal  Manzoni  nella  mo- 
l;ìsi<a  ad  elementi  serpeuiinosi  della  collina  di  Montese  ;  dal  prof.  Bian- 
coni nella  melassa  miocenica  della  collina  di  Gaiato  sulla  sinistra  del 
Panaro  nella  provincia  di  Modena,  e  dal  Michelotti  nei  terreni  del 
miocene  superiore  di  Serravalle  Scrivia. 

in  questi  ultimi  tempi  vennero  raccolti  numerosi  esemplari  nelle 
seguenti  località  :  Resca  (presso  Sciolze),  S.  Antonio  presso  Sciolze, 
Baldissero  torinese,  Valle  dei  Ceppi,  Pino  torinese.  Monte  dei  Cappuc- 
cini (Torino)  e  Rosignano. 

V.   T^orloll  w.  f. 

Tav.  1,  lìg.  33-34. 

Colonna  di  17  mm.  di  altezza  formala  da  9  articoli  quasi  eguali 
fra  di  loro,  subpentagonali.  Articoli  larghi  mm.  G.  e  colle  l'accie  late- 
rali liscie  e  munite  di  suture  evidenti  e  leggermente  cronulate.  Super- 
fici  articolari  quasi  circolari,  con  foglioline  molto  aperte  verso  la  parte 
esterna,  ove  si  notano  da  7  a  iO  denti;  nella  parte  interna  terminano 
confusamente  in  due  linee  liscie;  la  cavila  rinchiusa  ò  relativamente 
poco  profonda;  nel  centro  si  nota  un  piccolo  forellino. 

Sul  margine  e  precisamente  nei  punti  occupati  da  due  dei  cinque 
angoli  ottusi  del  pentagono  partano  duo  infossa  turo  molto  distinte,  lon- 
gitudinali le  quali  degradano  di  mano  in  mano  e  scompaiono  verso  il 
sottimo  articolo.  Nelle  pareti  della  colonna  iiilorposle  ira  le  due  infossa- 
tnre  si  nota  in  ogni  sutura  una  leggiera  cavità,  alquanto  larga.  Queste 
cavità  sono  disposte  secondo  una  linea  longitudinale.  Lo  stesso  fatto, 
ma  più  debolmente  si  osserva  iiella  parte  opposta. 

In  u]i  secondo  esemplare  la  colonna  ò  alla  S  mm.  ed  è  formata  da 
4   artirnlj  quasi  eguali   fra  di  loro,    pochissimo  disiinli  e  con  un  dia- 


COXrUIBUZIOXE   ALLO    STUDIO    DEI    CFUNOIDI,    ECC.  29 

metro  puro  di  G  mm.  La  forma  come  nel  primo  esemplare  ù  subpeii- 
tagoiiale,  le  fogliette  mollo  grandi  si  distinguono  soltanto  debolmente 
nella  parto  esterna;  ad  una  estremila  e  nei  punti  occupati  da  due  dei 
cinque  angoli  del  pentagono  partono  i  due  solchi  longitudinali,  dei 
quali  uno  è  largo,  alquanto  profondo  e  termina  al  principio  del  secondo 
articolo,  l'altro  ]iiù  stretto  termina  confusamente  verso  il  terzo. 

Infine  un  in  terzo  esemplare  la  colonna  alta  mm.  12,5  e  larga  mm.  5, 
è  formata  di  7  articoli  subpentagonali  o  quasi  eguali  fra  di  loro.  Le  su- 
perfìci  articolari  hanno  i  lati  debolmente  incavati  nella  parte  mediana;  gli 
angoli  sono  proeminenti  od  ottusi.  Le  fogliette  alquanto  larghe  non  la- 
sciano scorgere  che  pochi  denti  verso  la  periferia.  Le  due  infossature 
molto  distinte  partono  dalla  metà  di  due  lati  opposti  della  faccia  su- 
periore e  vanno  a  terminare  facendosi  sempre  meno  distinti  verso  il 
settimo  articolo.  Dalla  metà  degli  altri  tre  lati  si  scorgono  tre  solchi 
longitudinali,  appena  seguati.  Unitamente  alla  colonna  vennero  trovati 
due  frammenti  di  articoli  larghi  mni.  6, .5  e  alti  mm.  2,  pentagonali 
e  debolmente  incavati  nella  parte  mediana.  Fogliette  articolari  appena 
distinte  verso  la  periferia,  profonde  e  separate  fra  di  loro  da  un  solco. 

5  esemplari. 

Rapi^orti  e  differenze.  —  Questo  Peìitacriao  differisce  dagli  altri 
aUlni  per  la  forma  quasi  circolaro  degli  articoli,  per  la  mancanza  di 
un  foro  ampio  nella  parte  centrale  e  per  là  presenza  dei  due  solchi 
laterali  longitudinali.  Però  la  colonna  si  può  confrontare  col  P.  Bronnii 
secondo  la  figura  156  della  tav.  99  contenuta  nell'opera  del  Quen- 

STEDT.   ' 

Località  :  Villa  Besozzi,  Valle  S.  Martino,  Colli  di  Torino. 


1  QuExsTEDT  A.  F.,  Petrefudenk.  detitsch.  P.  1,  \.  4.   Die  Asleriden  unci 
Encr'miden.  187G,  Leipzig. 


30  A.    XOELLI. 


Gen.  CONOCRINUS  d  Orbigny  1817. 

1875.   Conocriiius  Segiien^ai  Menefrhiiii. 
Tav.  I,  fig.  35-38. 

1875.  Bourgueticrinus  sp.  Segue.nza.  S.,  Studi  strut,  sulla  forma::,  plioc.  del- 
l'Jtal.  merid.  (Bull.  I{.  Com.  Geol.  d'lt.,  Vol.  VI,  pag.  84, 
Roma.) 

1875.  Conocrinua  Seguenzai  Mexeghini  G.,  /  C'rmoidi  terziari.  (Atti  Soc.  Tose. 
se.  nat.,  Vol.  II,  fase.  I,  pag.  17,  Pisa.) 

Calici  obcouici,  estremità  pentagonale,  circolare  in  qualche  esem- 
plare male  conservato,  i  lati  del  pentagono  sono  arcuati  e  presentano 
una  leggera  sporgenza  ad  angolo  nel  punto  mediano;  alle  estremità 
di  ogni  lato  si  notano  due  leggieri  rilievi  radiali  i  (juali  si  abbassano 
verso  il  centro  della  faccia  superiore  e  terminano  in  alcuni  esemplari 
ad  un  foro  centrale.  Lo  spazio  interposto  tra  due  rilievi  è  occupato  da 
una  fossetta  articolare,  quindi  ad  ogni  lato  del  pentagono  stanno  di 
fronte  due  fossette  articolari. 

Un  calice  è  alto  .">  mni.  ;  1' estremità  superiore  è  larga  '.)  mm.  mentre 
r  inferiore  è  di  mm.  1,;')  e  questa  presenta  un  foro  centrale;  un  secondo 
'■'  alto  Ci  mm.,  l'  estremità  superiore  alquanto  erosa  ò  larga  o  mm.  e 
l' inferiore  termina  con  un  bitorzolo  oblungo  di  oltre  1  mm.  di  dia- 
metro ed  è  munito  di  un  foro  nella  parte  centrale.  Due  altri  calici 
hanno  una  lunghezza  di  .')  min.  colla  faccia  supcriore  larga  mm.  2,.") 
e  l'inferiore  1  mm.;  di  due  altri  esemplari,  uno  ò  alto  4  e  l'altro 
o  mni.;  il  primo  però  ò  più  rigonfio  del  secondo,  la  loro  faccia  supe- 
riore è  larga  circa  ?>  mm.  e  la  faccia  inferiore  munita  ili  un  largo 
foro  lo  è  di  l  inm.;  1'  idliiuo  esemplare  è  poi  allo  1  mm.,  la  sua 
faccia  superiore  è  larga  1  mm.  e  l' inferiore  1  mm.  e  qin'sla  presenta 
un;i  cavità  circolaro  avente  nel  mozzo  un  furelliuo. 

7  esemplari. 


CONTRIBUZIONE   ALLO   STUDIO    DEI   CRINOIDI,    ECC.  '^  l 

Rapporti  e  differense.  —  I  vari  esemplari  da  me  esaminati  diffe- 
riscono dal  C.  pijriformÌ8  per  la  loro  forma  a  cono  e  per  la  con  for 
mazione  ad  angolo  dei  lati  del  pentagono;  differiscono  poi  dal  C.  Tho- 
renti  per  la  mancanza  dei  cinque  grossi  denti  inllessi  verso  il  centro. 

Località  :  Gli  esemplari  tipici  del  Meneghini  vennero  raccolti  nel 
terreno  miocenico  di  Serravalle  Scrivia  (Piemonte). 

Invece  gli  esemplari  da  me  esaminati  provengono  dai  Colli  torinesi, 
S.  Antonio  prèsso  Sciolze  (Colli  di  Torino),  Pino  torinese.  Monte  dei 
Cappuccini  (Torino). 

Gen.  ANTEDON  Freminville  ISil. 

18G1.  Antedon  ohlitiis  (Michelotti). 
Tav.  I,  fig.  30-4G. 

1861.  Allionia  Oblila  Michelotti  G.,  Descr.  ci.  quelq.  nouv.  foss.  d.  terr.  mioc. 
d.  l.  colline  de  Turin.  (Rev,  et  Mag.  d.  Zoologie,  pag.  1-2, 
Tav.  X,  fig.  l-l  a  1  ò.) 

Dimensioni  : 

Diametro  della  piastra  centrodorsale     .     .     iiim.  3,5 
Altezza ••      1,5—2 

Calice  pentagonale  relativamente  poco  elevato.  Piastra  centrodorsale 
snbpeutagonale,  alquanto  sottile.  Faccia  dorsale  convessa,  piana  in  duo 
esemplari,  ed  in  un  terzo  presenta  un  foro  grande  al  centro;  essa  ò 
priva  delle  faccette  articolari  dei  cirri.  Queste  sono  alquanto  numerose 
ai  lati  ed  appaiono  piccole,  profonde  e  disposte  in  due  o  tre  serie 
circolari  (non  mi  fu  possibile  determinarne  il  numero  esatto).  Faccia 
ventrale  debolmente  concava,  liscia  ;  in  due  esemplari  si  notano  cinque 
sol<:'hi  radiali  coi  margini  lineari  rialzati;  questo  carattere  appare  poi 


32  A.  mjelij. 

più  (iislialo  ill  nil  esemplare  raccolto  a  Sciolze.  Nel  centro  si  Dota  un 
foro  più  0  meno  largo  e  profondo;  le  cinque  depressioni  corrispondenti 
alle  piastre  basali  sono  poco  profonde. 

Piastre  radiali  trapezoidali,  oblique  rispetto  all'asse  verticale  e  visi- 
bili per  bene  soltanto  in  due  esemplari.  Esse  sono  poi  separate  fra 
di  loro  da  un  leggero  solco  molto  rialzato  sul  piano  delle  faccio  arti- 
colari. Impressioni  del  legamento  elastico  molto  incavate,  la  fossetta 
mediana  e  piccolissima  ;  bitorzolo  articolare  rilevato  e  distinto  ;  orificio 
del  canaio  grande  e  separato  dalla  fossetta  per  mezzo  di  un  rialzo  li- 
neare. Impressioni  del  legamento  interarlicolare  alquanto  incavate,  im- 
pressioni muscolari  poco  distinte. 

La  cavità  del  c:ilice  è  poco  profonda,  grande,  con  pareti  segnate  in 
mi  esemplare  da  cinque  solchi  distinti  od  in  un  secondo  da  otto  o 
nove  solchi  deboli. 

In  un  terzo  csempkirc  la  cavità  ù  più  graiidc  e  più  profonda  e  ter- 
mina con  un  foro  centrale.  In  un  altro  esemplare  poi  munito  del 
primo  anello  radiale  e  della  piastra  centrodorsale,  questa  si  presenta 
piana  nel  dorso,  ma  è  priva  di  cavità  centrale. 

10  esemplari,  di  cui  uno  molto  grande  (IO  mm.  di  lungh.  per  8 
di  largh.)  non  rappresenta  che  un  pezzo  di  piastra  centrodorsalo. 

lìapporll  e  (ìilfereiue.  —  I  primi  esemplari  vennero  raccolti  dal  ^Ii- 
ciiELOTTi  e  dal  cav.  Luigi  Di  Ro.\senda  nel  miocene  medio  della  collina 
di  Torino,  come  risulla  dalla  noia  dello  stesso  Migiielotti  stata  pubbli- 
cata nella  Revue  et  Magasin  d.  Zoologie  nell'agosto  del  1861.^  Nella 
stessa  nota  poi  il  Migiielotti  descrivo  una  piastra  centrodorsale  albi 
quale  unisce  una  figura  assai  imperfetta.  Dopo  il  Migiielotti  non  mi 
risulta  che  alni  abbia  descritta  tale  specie;  soltanto  jiiù  tardi  il 
Fontannes  nel  descrivere  la  sua  specie  A.  rhodamcus  1870,-  fa 
notare    come  questa   debba   essere   posta    nella   seconda  sezione  dello 


'  MiciiuLOTTi  G.,  Op.  cit.,  pag.  1,  2. 

-  Fontannes  M.  F.,  Kt.  drat.  et.  pai.  sur  le  tcrl.  ci.  bass,  da  Rhone.  V,  187U. 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI    CRINOIDI,    ECC.  33 

Sghlìiter  sezione  la  quale  comprende  qualche  specie  priva  di  fossette 
radiali  ed  alla  quale  il  Meneghini  propose  di  applicare  il  nome  gene- 
rico di  Allioiiia  che  il  Mighelotti  le  aveva  dato  nel  ISGl.  La  stess;i 
osservazione  il  Meneghini  la  ripete  in  ima  sua  nota  ^  pubblicata  nel 
1879  ed  in  seguito  quest'autore  in  una  adunanza  tenuta  dalla  Società 
Tose,  di  se.  nat.  il  7  luglio  1878  ^  a  proposito  di  questi  peutacrini 
osservò  come  lo  Sghlìiter  di  Bonn  nel  suo  lavoro  sui  Crinoidi  ciHl- 
lidi^  avesse  omessa  la  specie  Allionia  oblita.  Infine  espresse  dubbi 
se  il  gen.  Allionia  dovesse  mantenersi  ed  esaminando  alcuni  esem- 
plari che  il  Mighelotti  avova  raccolti  nel  miocene  medio  di  Baldis- 
sero,  osservò  come  per  il  loro  cattivo  stato  di  conservazione  essi  non 
permettevano  di  stabilire  con  certezza  il  loro  .riferimento  alla  specie. 
Senonchè,  come  giustamente  fa  osservare  De  Loriol  nel  suo  recente 
lavoro  ^  a  pag,  123,  il  genere  Allionia  non  solo  non  differisce  dal 
genere  Antedon,  ma  non  ne  è  che  un  semplice  sinonimo. 

Confrontando  poi  i  miei  esemplari  coìVA.  rhodanieus  Font,  ne  risulta 
che  essi  differiscono  notevolmente  per  essere  privi  del  margine  formato 
dalla  piastra  centrodorsale  il  quale  in  questa  sp.  sporge  all'esterno 
oltre  le  piastre  radiali.  Le  piastre  centrodorsali  si  possono  poi  soltanto 
paragonare  colle  figure  9-9  a  della  tavola  IV  del  De  Loriol/'  A  quanto 
però  questo  Autore  riferisce  nei  rapporti  e  differenze  circa  VA.  rhoda- 
nieus, gli  si  può  obbiettare  che  esaminando  bene  la  descrizione  e  le 
figure  date  dal  Fontannes  ^  non  risulta  in   esse   bene   distinto   l' orlo 


1  Fontannes  M.  F.,  Note  sur  la  décoiwerte  d.  2  esp.  nono.  d.  gerir.  Antedon 
dans  la  terr.  tert.  sup.  d.  bassin  du  Rhone,  1879,  pag.  499. 

2  Meneghini  G.,  Proc.   Verb.  adun.  7  luglio  1878.  (Atti  Soc.  Tose.  se.  nat., 
pag.  XXXI,  1879.) 

^  ScHLÙTER  C,  Ueber  einige  astilide  Crinoiden.  1878. 

^  De  Loriol  P.,  Déscript.  d.  quelq.  foss.,  ecc.  1897. 

^  De  Loriol  P.,  Op.  cit.,  pag.  123,  tav.  IV,  fig.  8,  8  a,  8  ^,  8  e,  9,  9  a,  10. 

e  Fontannes  M.  F.,  Op.  cit.,  1879. 

Vo!.  XXXIK,  3 


34  A.    XOELLI. 

formato  «lalla  piastra  centrodorsale  il  quale  dovrebbe  sporgere  oltre  la 
base  delle  piastre  radiali. 

Un'  analoga  differenza  esiste  pure  ti-a  gli  esemplari  dei  colli  di  Torino 
e  quelli  t^tudiali  dal  Nicolas  ^  pag.  403  e  -  pag.  74  ;  soltanto  che  in 
questi  la  piastra  centrodorsale  è  meno  sporgente  di  quanto  si  osserva 
uellM.  rhodaìiicm  ;  ma  la  descrizione  che  ne  dà  ò  cosi  insufficiente 
e  le  figure  risultano  così  imperfette  da  lasciare  vari  dubbi  su  quanto 
esso  asserisce.  Lo  stesso  può  pure  dirsi  pel  suo  A.  miocenicus  (pag.  404), 
anzi  tutto  può  lasciar  supporrò  che  VA.  miocenicus  altro  non  sia  che 
\'A.  rliodcuiicus. 

(jli  esemplari  poi  dei  colli  torinesi  differiscono  affatto  da  quelli 
descritti  dal  Pomel  ;  ^  tutt'  al  più  si  possono  paragonare  fra  loro  le 
faccie  dorsali  di  qualche  piastra  centrodorsale. 

Località:  Sotto  Resca  (Sciolze),  Colli  torinesi,  Pino  torinese,  S. 
Antonio  presso  Sciolze,  Valle  S.  Martino,  Villa  liesozzi. 

Antedmi  Michelottii  n.  f. 

Tav.  I.  fig.  47-49. 

Dimensioni  : 

Diametro mm.     7 

Altezza -^        o 

Calice  pentagonale  alquanto  schiacciato.  Piastra  centrodorsale  a  con- 
torno pentagonale,  coi  lati  incavati  verso  la  faccia  dorsale,  e  cogli 
anc^oli  acuii  e  rivolti  verso   il   basso.  Faccia   dorsale   convessa,  larga- 


^  Nicolas  M.  H.,  Et.  s.  le  terr.  tert.  d.  envir.  d'Avignon.  Miocì'ne.  1897. 

^  Nicolas  M.  11,  Et.  d.  terr.  tert.  d.  envir.  d'Avig.  Mioc.  Note  compi,  sur 
la  faune  de  la  n  Femme  de  Loth.  ",  ecc.  1897. 

3  Pomel,  Paleontologie  de  l'Algerie,  n  Zoophytes,  u  2.«  fase,  2."  iivr., 
1887,  Alger. 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI   GRINOIDI,    ECC.  35 

mente  piana  nella  parte  superiore  ove  si  presenta  corrosa  ed  irrego- 
lare. Faccette  articolari  dei  cirri  ampie,  rotonde,  poco  profonde,  visibili 
soltanto  verso  l' orlo  esterno  ed  in  numero  di  una,  due  per  serie. 
1/  orlo  della  piastra  centrodorsale  non  oltrepassa  le  piastre  radiali  ; 
queste  sono  poi  assai  inclinate  sull'  asse  verticale.  Faccie  articolari 
delle  piastre  radiali  trapezoidali,  colla  base  molto  larga  e  separate 
fra  di  loro  da  un  solco  lineare  poco  profondo  formato  da  due  forti 
rialzi.  Le  faccie  sono  assai  incavate,  rugose.  Impressioni  del  legamento 
elastico  assai  profonde,  incavate  ;  la  fossetta  mediana  ò  larga.  Orifìcio 
del  canale  ampio,  profondo,  cogli  orli  appena  rialzati  dal  fondo  della 
faccia  ed  ò  separato  dalla  fossetta  da  un  orlo  alto,  lineare  e  lungo. 
Impressioni  del  legamento  interarticolare  distinte,  ma  poco  profonde  ; 
impressioni  muscolari  confuse. 

Cavità  del  calice  pentagonale  cogli  orli  convessi  di  cui  uno  più 
sporgente  degli  altri  quattro  verso  l'interno,  essa  è  assai  profonda. 

1  esemplare. 

Rapporti  e  differeiise.  —  Un  notevole  carattere  il  quale  differenzia 
evidentemente  questo  Antedon  dagli  altri  affini,  si  è  la  disposizione  quasi 
orizzontale  delle  piastre  radiali  unita  alle  loro  grandi  dimensioni  ;  di 
più  la  piastra  centrodorsale  ha  forma  di  piramide  lai'gamente  troncata 
a  base  pentagonale.  La  base  superiore  è  confusamente  circolare  e 
debolmente  ed  irregolarmente  incavata. 

Località  :  S,  Antonio  presso  Sciolze  (Colli  di  Torino). 

1897.  Antedon  Fontannesi  De  Loriol. 
Tav.  I,  fig.  50-52. 

1897.  Antedon  Fontannesi  De  Loriol  P.,  Déscript.  d.  quelq.  foss.,  ecc.  (Bull. 
Soc.  Géol.  Fran?.,  Sèrie  III,  Tome  XXV,  pag.  126,  tav.  IV, 
fig.  13,  13  a,  13  b,  13  e.)  —  Nicolas  M.  H.,  Étud.  d. 
ter)',  tert.  d.  envir.  d.  Avignon.  Miocène.  Note  com- 
plém.,  ecc.  (Ass.  Fran?,  p.  l'avanc.  d.  se;  Congr.  d.  S. 
Etienne,  1897,  pag.  407,  Paris.) 


A.    NOELLI. 


Dimensioni 


Diametro  della  piastra  centrodorsale  mm.  4 — 5,5 
Altezza       r,  ^  ••  «     1 — 2 

Piastra  centrodorsale  irregolarmente  pentagonale;  il  diametro  della 
faccia  dorsale  è  di  poco  più  stretto  della  ventrale.  La  superficie  della 
faccia  dorsale  ò  assai  consumata,  in  qualche  esemplare  è  debolmente 
convessa,  in  altri  è  piana.  La  l'accia  ventrale  è  piana,  concava  in 
qualche  esemplare,  e  presenta  nn  foro  nel  mezzo  dal  quale  partono  in 
qualche  esemplare  cinque  fascie  liscie  le  quali  delimitano  le  faccette  ar- 
ticolari delle  piastre  basali.  Faccette  articolari  dei  cirri  distinte  solo  iu 
qualche  punto  e  sono  per  lo  più  in  numero  di  due  per  serie   verticale. 

7  esemplari. 

Rapporti  e  differenze.  —  Esaminando  attentamente  i  vari  esem- 
plari di  questa  specie,  mi  risulta  che  essi  differiscono  dal  tipo  del 
De  Loriol  per  avere  uu  contorno  pentagonale  appena  distinto,  per 
la  faccia  dorsale  piana  o  debolmente  convessa  la  quale  ò  priva  di  un 
foro  centrale,  per  avere  questo  un  diametro  di  poco  diverso  da  quello 
della  faccia  ventrale,  por  il  numero  e  la  disposizione  delle  facetto  arti- 
colari ed  infine  per  essere  le  faccio  laterali  quasi  verticali. 

Dalla  figura  poi  che  il  Nicolas  dà  di  questo  Aatedon  risulta  come 
in  queir  esemplare  gli  orli  laterali  siano  alquanto  inclinati. 

Località  :  S.  Antonio  presso  Sciolze  (Colli  torinesi). 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI   CRINOIDI,    ECC.  37 

1897.  Antedon  Depereti  De  Loriol. 
Tav.  I,  fig.  53-57. 

1897.  Antedon  Depereti  De  Loriol  P.,  Déscript.  d.  quelq.  fossil.,  ecc.  (Bull. 
Soc.  Góol.  Fran^.,  Sèrie  III,  Tome  XXV,  pag.  126,  tav.  IV, 
fig.  14,  14  a,  14  b,  14  e.)  —  Nicolas  M.  H.,  Et  d.  ter.: 
tert.  d.  envir.  d' Avignon.  Miocène.  Note  comptém.,  ecc. 
(Ass.  FranQ.  p.  l'avanc.  d.  se.  ;  Congr.  d.  S.  Etienne,  1897, 
pag.  409.) 

Dimensioni  : 

Diametro  della  piastra  centrodorsale        mm.  .5 
Altezza       n  n  •■  ^»     2,5 

Piastra  centrodorsale  in  forma  di  cono  troncato  e  coli'  orlo  debolmente 
pentagonale.  Faccia  ventrale  incavata  colle  pareti  obblique,  rugose.  Al 
centro  si  nota  un  foro  ampio  e  profondo.  Faccie  laterali  oblique  rispetto 
all'  asse  verticale,  più  inclinate  ed  alte  da  un  lato.  Faccette  artico- 
lari dei  cirri  larghe,  poco  profonde,  alternate  fra  di  loro,  ed  in  numero 
di  i-2  per  serie  verticale.  Faccia  dorsale  piana,  alquanto  inclinata  e 
rugosa. 

1  esemplare. 

Rapporti  e  differenze.  —  Rassomiglia  molto  all'  esemplare  stu- 
diato dal  De  Loriol  ;  ne  differisce  però  pel  numero  delle  faccette  e 
per  la  mancanza  nella  faccia  ventrale  di  impressioni  le  quali  segnano 
r  inserzione  delle  piastre  basali. 

Differisce  poi  dalla  figura  data  dal  Nicolas  (op.  cit.,  pag.  409),  per 
avere  questa  tre  faccette  articolari  dei  cirri  per  serie  verticale,  e  per 
essere  munite  le  facette  stesse  di  uq  foro  centrale. 

Località  :  Dintorni  di  Sciolze  (Colli  di  Torino). 


38  A.    NOELLI. 

Antedon  taurinensis  u.  f. 

Tav.  I,  fig.  58-60. 

Dimensioni  : 

Diametro mm.  2  —  2,4 

Altezza n     2 

Calice  pentagonale,  poco  elevato.  Piastra  centrodorsale  a  contorno 
debolmente  pentagonale,  convessa  nella  parte  dorsale  e  munita  di  un 
debole  foro  nel  centro.  Faccette  articolari  dei  cirri  poco  numerose,  in 
numero  di  due  o  tre  per  serie;  queste  sono  piccole  circolari,  legger- 
mente concave  e  munite  di  un  piccolo  l'oro  centrale.  Non  mi  fu  possi- 
bile determinare  il  numero  delle  serie. 

Faccette  articolari  delle  piastre  radiali  trapezoidali,  larghe  alla  base, 
disposte  obliquamente  rispetto  all'  asse  verticale  e  separate  fra  di  loro 
da  un  leggiero  solco.  L' apertura  del  canale,  piccola  e  profonda,  è 
circondata  da  un  rialzo  inclinato.  Impressioni  del  legamento  elastico 
profonde,  la  fossetta  mediana  è  piccolissima.  Impressioni  del  legamento 
interarticolare  assai  incavate,  impressioni  muscolari  poco  distinte. 

La  cavità  del  calice  piuttosto  ampia  e  profonda  ed  irregolare  pre- 
senta soltanto  qualche  solcatura. 

2  esemplari. 

Rajiporti  e  differerue.  —  Non  mi  risulta  che  siano  stali  linora  rac- 
colti degli  Antedoii  alfini  alla  l'orma  da  me  descritta.  Infatti  esso  si  di- 
slingue anzitutto  per  la  sua  forma  globulare,  per  la  piastra  centrodorsale 
assai  convessa,  e  per  essere  questa  priva  di  un  margine  sporgente 
oltre  le  piastre  radiali. 

Località  :  Monte  dei  Cappuccini  (Torino). 


CONTRIBUZIONE   ALLO   STUDIO    DEI   GRINOIDI,    ECC.  3!) 

Jntedon  mininitt^  n.  f. 

Tav.  I,  fig.  61-63. 

Dimensioni  : 

Diametro mm.  1,4 

Altezza ••      i 

Calice  distintamente  pentagonale  alquanto  schiacciato.  Piastra  cen- 
li'odorsale  convessa,  relativamente  grande  senza  oltrepassare  le  piastre 
radiali,  alquanto  alta  (mm.  OG)  e  termina  in  punta  largamente  ottus;i. 
Faccette  articolari  dei  cirri  distinto  e  relativamente  grandi  e  profondo. 
Esse  sono  disposte  alternativamente;  però  qua  e  là  mancano;  il  loro 
numero  pare  varii  da  2  a  3  per  serio.  Piastra  centrodorsale  coi  lati 
concavi  e  gli  angoli  sporgenti  ed  ottusi.  Faccette  articolari  delle  piastre 
radiali  trapezoidali,  allargate  alla  base,  molto  inclinate  rispetto  all'  asse 
verticale  e  separate  fra  di  loro  da  un  solco  evidente.  Impressióni  del 
legamento  elastico  assai  incavate;  fossetta  mediana  assai  piccola.  Il  rialzo 
traversale  è  breve  e  circonda  1'  orificio  del  canale  assai  ampio  e  pro- 
fondo il  quale  ò  separato  dalla  fossetta  da  un  sottile  rilievo.  Impres- 
sioni del  lagamento  interarticolare  assai  distinte,  profonde  e  rialzale 
e  sono  separate  all'interno  da  una  costa;  impressioni  muscolari  distinte. 

Cavità  del  calice  grande,  profonda  e  solcata  in  corrispondenza  ai 
cinque  angoli  del  pentagono. 

i  eseniplare. 

Rapporti  e  differenze.  —  Questo  Aniedon  differisce  dagli  altri  fi- 
nora conosciuti  per  le  sue  minime  dimensioni,  per  avere  le  piastre  ra- 
diali molto  inclinate  sull'asse  verticale,  e  per  la  piastra  centrodorsale 
la  quale  è  nettamente  pentagonale,  molto  convessa  e  terminata  in  punta 
ottusa  nella  parte  dorsale  ;  questa  è  poi,  relativamente  alle  altre,  un 
po'  più  alta. 


•iO  A.    NOELLI. 

Nei  dintorni  di  Sciolze  venne  raccolta  una  piastra  centrodorsale  larga 
mm.  3  ed  alta  mm.  2  col  contorno  evidentemente  pentagonale  e  cogli 
angoli  ottusi.  La  faccia  centrale  è  munita  di  un  ampio  e  profondo 
foro  centrale  ;  da  questo  partono  cinque  solchi  radiali  cogli  orli  grossi 
e  rialzati  i  quali  terminano  ai  cinque  angoli  del  pentagono.  La  faccia 
dorsale  ò  conica,  liscia  all'  estremità  e  con  due  serie  orizzontali  di 
facette  articolari  dei  cirri  alternate  fra  di  loro.  Queste  sono  ampie  e 
profonde.  Pare  si  possa  riferire  all'^.  minimus. 

Località:  Monte  dei  Cappuccini  (Torino). 

Antedon  JSHcolasi  u.  f. 

Tav.  I,  fig.  64-66. 


Dimensioni  : 

Diametro  della  piastra  centrodorsale 

mm.  5 

Altezza       ->          «              -i 

"      3,5 

Piastra  centrodorsale  conica,  più  larga  che  alta  e  termina  in  punta 
largamente  ottusa.  La  forma  pentagonale  ò  bene  visibile  dal  lato  ven- 
ti-ale. Le  cinque  faccie  laterali  sono  separate  da  cinque  costole  alquanto 
sporgenti  e  terminate  in  punta  ricurva  verso  il  basso.  Faccette  artico- 
lari dei  cirri  disposte  in  dieci  serie,  ogni  serie  ne  comprende  tre,  qual 
cuna  quattro,  ed  è  separata  dalla  adiacente  da  una  costola  più  debole 
('  più  brf3ve  formata  dagli  orli  esterni  delle  facette  stesse.  Queste 
t^ono  più  grandi  ed  ovali  verso  la  base. 

Faccia  ventrale  incavata  cogli  angoli  del  pentagono  rialzati  e  spor- 
genti; faccie  articolari  delie  piastre  basali  incavate  nel  centro  e  termi- 
nano all'esterno  in  una  debole  punta  acuta. 

Dal  foro  centrale  partono  cinque  solchi  radiali  cogli  orli  paralleli 
e  rialzati  i  quali  terminano  agli  angoli  del  pentagono. 

1  esemplare. 


CONTRIBUZIONE   ALLO   STUDIO   DEI   CRINOIDI,    ECC.  il 

Rapporti  e  differenze.  —  Per  quanto  rassomigli  all'J.  angle- 
sensis  De  Loriol,  ne  differisce  per  avere  le  faccie  laterali  separate 
da  costole  rilevate,  e  per  terminare  queste  in  punta  ricurva  verso  il 
jjasso.  Di  più  la  parte  superiore  non  termina  in  punta  acuta. 

Località  :  Pino  torinese  (Colli  di  Torino). 

1897.  Antedon  anglesensis  De  Loriol. 
Tav.  I,  fig.  67. 

1897.  Antedon  anglesensis  De  Loriol  P.,  Déscript.  d.  quelq.  foss.,  ecc.  (Bull. 
Soc.  Géol.  Frane,  Sèrie  III,  Tome  XXV,  pag.  121,  tav.  IV, 
fig.  7,  7  fl,  7  b.)  —  Nicolas  M.  H.,  Et.  d.  terr.  tert.  d. 
envir.  df  Avignon.  Miocène.  Note  complém.,  ecc.  (Ass. 
Frani;,  p.  l'avanc.  d.  se.  ;  Congr.  S.  Etienne,  1897,  pag.  408.) 

Dimensioni  : 
Diametro  della  piastra  centrodorsale  mm.  4 

Altezza  n  r,  r,  -fl  4,5 

Piastra  centrodorsale  di  poco  più  stretta  che  alta,  evidentemente 
conica,  a  superficie  debolmente  ricurva,  acuta  all'  estremità  e  alquanto 
rugosa  sul  dorso  ;  la  forma  pentagonale  del  contorno  è  quasi  scomparsa. 

Le  faccette  articolari  dei  cirri  formano  dieci  serie,  alcune  delle  quali 
pochissimo  distinte,  e  se  ne  scorgono  due,  al  più  tre,  soltanto  in  qual- 
che serie,  le  altre  vennero  evidentemente  corrose. 

La  faccia  ventrale  è  debolmente  concava,  assai  consumata  e  nel 
mezzo  si  nota  un  ampio  foro. 

1  esemplare. 

Rapporti  e  differenze.  —  L'  unico  esemplare  che  io  possiedo  di 
questa  forma  è  talmente  consumato  da  lasciar  distinguere  soltanto  pochi 
caratteri  i  quali  però  sono  tutti  riferibili  a  quelli  dateci  dal  De  Lo- 
riol. Per  la  maggiore  altezza  e  per  la  sua  forma  conica  potrebbe  forse 


42  A.    NOELLl. 

riferirsi  ^WAlecto  Alticeps  Philippi,  ^  ma  varia  per  il  numero  delle  fac- 
cette articolari  dei  cirri,  le  quali  in  questo  Antedon  sono  in  numero 
di  due  per  serie,  e  le  serie  sono  in  numero  di  quindici,  cioè  tre  per 
faccia  laterale. 

Il  Nicolas  figura  senza  descrivere  questo  Antedon  e  dal  suo  disegno 
risulta  come  esso  termini  in  punta  assai  ottusa. 

Località  :  Sciolze  (Colli  torinesi). 

Antedon  l?aronai  n.  f. 

Tav.  I,  lig.  68. 

Dimensioni  : 

Diametro  della  piastra  centrodorsale  nim.  3,5 

Altezza        -  f,  t.  :i      5 

Piastra  centrodorsale  conica,  ottusa  Jicll' apice  e  la  forma  pentago- 
nale ò  visibile  tanto  dal  lato  dorsale  come  dal  lato  ventrale;  faccie 
radiali  separate  da  cinque  costole  smussate  specialmente  verso  la 
base.  Faccie  laterali  quasi  piane  e  coi  lati  quasi  paralleli  per  due 
terzi  della  loro  lunghezza,  quindi  terminano  confusamente  in  punta. 
Ogni  faccia  comprende  due  serie  di  faccette  articolari  dei  cirri  alter- 
nate fra  di  loro;  queste  sono  grandi,  quasi  rotonde,  poco  profondo  e 
non  ne  sono  visibili  che  tre  ovvero  quattro  per  serie  ;  queste  sono  poi 
separate  fra  di  loro  dagli  orli  delle  singole  faccette. 

Faccia  ventrale  debolmente  incavata  ;  all'  orlo  esterno  si  notano 
cinque  deboli  proemiiienze  le  quali  segnano  gli  angoli  del  pentagono. 
Da  esse  partono  cinque  costole  poco  distinte  e  tondeggianti  lo  (|uali 
vanno  a  terminare  confusamente  al  centro  occupato  da  un  foro  appeiui 
.segnato  e  largo.  Faccie  basali  incavate. 


^  Philippi  R.  A.,  Alecto  alticeps  n.  sp.  Eine  lerliàre  Gomatula.  18-41,  pag.  2 12, 
tav.  VI,  fig.  a,  h. 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI    GRINOIDI,    ECC.  43 

I  esemplare. 

Rapporti  e  differense.  —  Questo  Antedoii  differisce  completamente 
^dWAntedoii  Anglesensis  De  Loriol,  per  la  sua  altezza,  per  la  strut- 
tura piana  delle  sue  faccie  laterali  e  per  la  forma  della  faccia  ventrale. 
Differisce  poi  dall'^.  Allardi  pure  del  De  Loriol  per  le  sue  minori 
dimensioni,  per  la  mancanza  delle  fascio  lineari  interposte  ognuna  tra 
due  solchi  evidenti  nella  faccia  ventrale  e  per  il  minore  numero  delle 
faccette  articolari. 

Rassomiglia  (almeno  per  quanto  riguarda  la  struttura  della  piastra 
centrodorsale)  aWAlecto  aliicejjs  Philipp],  ^  ma  ne  differisce  per  non 
avere  tre  serie  di  faccette  articolari  dei  cirri  per  ogni  faccia  laterale. 
Le  faccette  non  sono  poi  neWAlecto  alticeps  alternate  fra  di  loro,  e 
sono  poco  pronunciati  gli  angoli  del  pentagono. 

II  Meneghini  -  a  pag.  XXXI  nota  iufìue  come  il  Michelotti  rac- 
colse nella  collina  di  Torino  un  esemplare  Antedon  dalla  forma  conico- 
piramidata,  alto  mm.  5  e  con  un  diametro  di  mm.  4  ;  munito  di  due 
serie  di  fossette  articolari  dei  cirri  su  ciascuno  dei  cinque  lati  della 
piramide.  Nota  però  come  la  imperfetta  conservazione  non  consenta  ul- 
teriori particolari.  Da  quanto  si  può  dedurre  dall'esame  di  quei  carat- 
teri pare  che  quella  forma  di  Antedon  si  possa  riferire  all'^.  ParonaL 

Località  :  Sciolze  sotto  Resca  (Colli  torinesi). 


1  Philippi  It.  A.,  Alecto  alticeps  —  n.  sp.  Eine  ieri.  Cornai.  1844,  pag.  242, 
tav.  VI,  fig.  a,  b. 

2  Meneghini  G.,  Proc.   Veri.  adun.  7  luglio  1878.  (Att.  Soc.  Tose.  se.  nat., 
pag.  XXXI,  Pisa,  1879.) 


44  A.    NOELLI. 

Antedon  stellattis  ii.  1. 

Tav.  I,  fig.  69-71. 

Dimensioni  : 

Diametro  della  piastra  centrodorsale  inm.  5 

Altezza       «  ■'  «  «     2,5 

Piastra  centrodorsale  evidentemente  pentagonale  ;  la  faccia  dorsale, 
alquanto  consumata,  presenta  all'  esterno  cinque  rialzi  assai  ottusi  in 
corrispondenza  ai  cinque  angoli  del  pentagono  in  modo  da  assumere 
una  forma  stellata  ;  uno  di  essi  ó  però  poco  evidente.  Nel  centro  la 
superfìcie  è  convessa. 

La  faccia  ventrale,  alquanto  incavata,  è  munita  di  un  foro  ampio 
noi  centro,  e  presenta  agli  orli  cinque  spigoli  rialzati  ed  ottusi.  Faccia 
Litorali  oblunghe,  a  lati  quasi  paralleli  e  separate  fra  di  loro  da  cin- 
(jue  solchi  alquanto  larghi  e  distinti  ;  in  alto  terminano  in  un  grosso 
bitorzolo.  Ogni  faccia  comprende  due  serie  di  faccette  articolari  dei 
cirri  e  queste  sono  in  numero  di  due-tre  per  serie. 

1  esemplare. 

Rap2^orti  e  differente.  —  Questa  forma  differisce  dall'yl.  Pellaii 
De  I.oriol  per  la  conformazione  convessa  della  faccia  dorsale  della 
piastra  centrodorsale  e  per  essere  le  faccio  laterali  rialzate. 

Località:  Dintorni  di  Sciolze  presso  Resca  (Colli  torinesi). 


CONTRIBUZIONE   ALLO   STUDIO    DEI   CRINOIDI,    ECC.  45 

1897.  Antedon  Pellati  De  Loriol. 
Tav.  I,  fig.  72-76. 

1897.  Antedon  Pellati  De  Loriol  P.,  Déscript.  d.  quelq.  foss.,  ecc.  (Bull.  Soc. 
Géol.  Frane.,  Serie  III,  Tome  XXV,  pag.  124,  tav.  IV, 
fig.  11,  11  a,  11  b,  11  e.)  —  Nicolas  M.  H.,  Et.  d.  terr. 
tert.  d.  envir.  d' Avignon.  Miocène.  Note  complétn.,  ecc. 
(Ass.  FraiiQ.  p.  l'avanc.  d.  se;  Congr.  S.  Etienne,  1897, 
pag.  407.) 

Dimensioni: 
Diametro  della  piastra  cenlrodorsale     mm.  3 — 4,5 


Altezza 


9 


Piastra  centrodorsale  a  cono  tronco,  con  base  quasi  circolare  e  debol- 
mente ristretta  nella  parte  superiore.  Faccia  dorsale  troncata,  concava, 
con  un  foro  nel  mezzo  appena  distinto  in  due  esemplari.  In  un  esem- 
plare la  concavità  è  molto  grande,  colle  pareti  quasi  verticali  e  solcate 
profondamente  ed  irregolarmente.  Agli  angoli  del  pentagono  si  notano 
cinque  costole  debolmente  rialzate  ;  1'  altezza  è  minore  da  una  parte. 
In  un  esemplare  poi  1'  orlo  esterno  ò  ottuso  e  grosso. 

Faccia  ventrale  alquanto  concava,  foro  centrale  ampio  e  profondo. 
All'esterno  si  notano  cinque  spigoli  poco  distinti  i  quali  limitano  le 
faccio  del  pentagono.  Faccette  articolari  dei  cirri  grandi,  trasversal- 
mente ovali  e  profonde,  disposte  in  numero  di  due  o  tre  per  serie, 
ogni  serie  è  separata  dalla  adiacente  da  una  costa  distinta  ;  le  faccie 
laterali  sono  poi  separate  fra  di  loro  da  una  costa  più  rilevata  e 
comprendono  ciascuna  due  serie  di  faccette  articolari  dei  cirri. 

3  esemplari. 

Rapporti  e  differenze.  —  Questa  forma  non  differisce  da  quella 
descritta  dal  De  Loriol  che  per  qualche  carattere  come  ad  esempio  la 


■U)  A.    NOELI.r. 

iiiaiicaiiza  di  un  foro  nella  faccia  dorsale  in  un  esemplare,  e  per  avere 
la  stessa  faccia  una  concavità  molto  pronunciata  ed  a  pareti  quasi 
verticali  nei  due  altri  esemplari.  Differisce  poi  da  quella  figurata  dal 
Nicolas  anzitutto  per  le  sue  maggiori  dimensioni  e  per  essere  i  rilievi 
separanti  due  faccie  laterali  di  poco  arcuali. 

Località:  Due    esemplari    di  S.    Antonio   presso    Sciolze.  Uno  del 
Monte  dei  Capuccini  (Colli  di  Torino). 

Gen.  ACTINOMETRA  Miiller.  1841. 

Actinometra  Forrnae  n.  f. 

Tav.  I,  fig.  77-79. 

Dimensioni: 

Diametro mm.  5 

Altezza       «     2,5 

Piastra  centrodorsale  a  contornu  pentagonale,  debolmente  ristretta 
verso  la  faccia  dorsale;  questa  è  leggermente  incavata,  a  contorno  cir- 
colare ed  (3  munita  di  cinque  costole  poco  evidenti  le  quali  segnano 
gli  angoli  del  pentagono.  AH'  esterno  si  nota  una  sola  serie  di  faccette 
articolari  dei  cirri  ;  queste  sono  piccole  e  profonde.  Le  faccie  laterali 
alquanto  convesse  ed  alle  mnj.  0,."),  hanno  1'  orlo  ventrale  arcuato  e 
sono  separate  fra  loro  da  una  costola  l'ialzata  verso  la  parte  ventrale. 

Calice  pentagonale  piultusto  elevato  ;  piastre  radiali  a  forma  di  tra- 
peziu  allungato,  e  parallele  all'  asse  verticale.  Faccie  articolari  larga- 
mente incavate  ;  impressioni  del  legamento  clastico  alquanto  profonde, 
colla  fossetta  mediana  larga  e  profonda.  Il  l'ialzo  articolare  è  grosso  e 
nel  mezzo  si  apre  1'  orifìcio  del  canaL^  il  ({iiale  è  separato  dalla  fossetta 
da  un  sottile  orlo.  Impressioni  del  legamento  elastico  interarlicolare 
poro    distinte.    Nella  parte    superiore   si    noia  la  cavità  del  calice,  la 


CONTRIBUZIONE   ALLO   STUDIO    DEI   CRINOIDI,    ECC.  47 

quale  è  circolare,  colle  pareti  solcate,  ed  ai  cinque  angoli  si  notano 
cinque  solchi  più  ampi  e  distinti. 

1  esemplare. 

Rapporti  e  differenze.  —  Riferisco  questa  nuova  forma  al  genere 
Actinometra_,  poiché  i  suoi  caratteri  generici  concordano  con  quelli  con- 
tenuti nello  studio  del  De  Loriol  pubblicato  nella  Paleontologie  Fran- 
Qwize  (Voi.  W.,  part,  II,  pag.  443)  e  con  quelli  del  Carpenter  pubbli- 
cati nel  Report  on  the  Crinoiden  (  Voyage  of  the  Challenger.,  Vo- 
lume XXVI,  pag.  267-68,  1884-88). 

Questa  nuova  forma  differisce  poi  completamente  da  quelle  descritte 
dagli  stessi  autori. 

Località:  S.  Antonio  presso  Sciolze  (Colli  di  Torino), 


48  A.    NOELLI. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA. 


Fig.  1-32.  Pentacrinus  Gastaldi  Mich.,  fig.  1-23,  faccette  articolari  di  vari  ar- 
ticoli (1  a  9  e  16  a  18  ingrandite);  fig.  24-27,  articoli  visti  di 
fianco  (ingranditi)  dei  quali  due  colle  faccette  articolari  dei  cirri  ; 
fig.  28  a  30,  frammenti  di  colonna  in  grandezza  naturale  raccolti  al 
Monte  dei  Cappuccini  (Torino);  fig.  31-32,  due  frammenti  ingranditi 
raccolti  noi  colli  torinesi. 

T  33-34.  P.  Lorioli  n.  f.  Due  frammenti  di  colonna  (debolmente  ingranditi). 
Valle  S.  Martino. 

))  35-38.  Conocrmus  Seguenzai  Meneghini,  fig.  35-37,  tre  calici  visti  di  fianco 
(molto  ingranditi)  ;  fig.  38,  faccia  superiore  del  calice  (pure  ingrandita). 
Pino  torinese.  —  Colli  di  Torino. 

11  39-46.  Antedon  oblitus  (Mich.),  fig.  39,  faccia  ventrale  di  un  calice  raccolto 
presso  Resca  ;  fig.  40,  faccia  ventrale  di  una  piastra  centrodorsale 
del  Pino  torinese  ;  fig.  41-42,  faccio  dorsale  o  ventrale  di  un'  altra 
piastra  centrodorsale  raccolta  presso  la  Villa  Besozzi;  fig.  43-45, 
calice  visto  dallo  faccio  dorsale,  ventrale  e  di  fianco  (S.  Antonio)  ; 
flg.  46,  altro  calice  della  medesima  località  visto  dalla  faccia  dorsale 
(lo  figure  sono  tutte  ingrandite). 

)i  47-49.  A.  Michelotlii  n.  f.  Calice  visto  dalle  faccio  dorsale,  ventrale  e  di 
fianco  (ingrandite  3  volte).  S.  Antonio  (Sciolze). 

Il  50-52.  A.  Fonlannesi  De  Loriol,  fig.  50,  faccia  dorsale  di  una  piastra  centro- 
dorsale;  fig.  51-52,  faccia  ventrale  di  due  altro  piastre  (ingrandito). 
S.  Antonio  (Sciolze). 

H  53-57.  A.  Depereti  De  Loriol,  lig.  53-55,  faccia  dorsale  di  una  piastra  cen- 
trodorsale; fig.  56  e  57,  la  stessa  rappresentata  dal  lato  ventrale  e 
di  fianco  (ingrandite).  S.  Antonio  (Sciolze). 

Il  58-60.  A.  taurinemis  n.  f.  Calice  visto  dalle  faccio  dorsale,  ventrale  e  di 
fianco  (ingrandite  9  volte).  !Montc  dei  Cappuccini. 


A.   NOELLI  -  Contrib.  alio  studio  dei  Crinoidi,  eco. 


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Attid.Soo.ltal   di  So.  Nat.  Voi.  XXXIX.  Tav.  I. 


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78 


ELIOT.    CALZOLARI  «  FERRARIO.    MILANP 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEI    CRINOIDI,    ECC.  40 

Fig.  61-63.  A.  minimus  n.  f.  Calice  visto  dalle  faccio  dorsale,  ventrale  e  di  fianco 
(ingrandite  14  volte).  Monte  dei  Cappuccini. 

)i  64-66.  A.  Nicolasi  n.  f.  Piastra  centrodorsale  vista  dal  lato  dorsale,  ventrale 
e  di  fianco  (ingrandite).  Pino  torinese. 

1)  67.  A.  anglesensis  De  Loriol.  Piastra  centrodorsale  vista  lateralmente  (in-, 
grandita).  Dintorni  di  Sciolze. 

u  68.  A.  Paronai  n.  f.  Piastra  centrodorsale  vista  lateralmente  (ingrandita). 
Sotto  Resca  (Sciolze). 

»  69-71.  A.  slellatm  n.  f.  Piastra  centrodorsale  vista  dalle  faccio  superiore, 
inferiore  e  di  fianco  (ingrandite  4  volte).  Sotto  Resca  (Sciolze). 

I)  72-76.  A.  Pellati  De  Loriol,  fig.  72-73,  faccio  dorsale  e  ventrale  di  una  pia- 
stra centrodorsale  (Monte  dei  Cappuccini)  ;  fig.  74-76,  altra  piastra 
vista  dalle  faccio  dorsale,  ventrale  e  di  fianco  (S.  Antonio)  (ingran- 
dite 5  volte). 

»  77-79.  Actinometra  Formae  n.  f.  Calice  visto  dalie  faccio  dorsale,  ventrale 
e  di  fianco  (ingrandite  4  volte).  S.  Antonio  (Sciolze). 


Voi.  XXXEX. 


SULLA 
FAUNA  FOSSILE  DELLA  GROTTA  DI  S.  DONA  DI  LAMON. 

Nota  del  socio 
Dott.  G-iorgio  dal  Piaz. 

(Con  una  tavola.) 


Neil'  esplorazione  di  alcune  grotte  della  provincia  di  Belluno,  com- 
piuta a  varie  riprese  nelle  stagioni  autunnali  dal  1S94  al  1897,  non 
ho  dimenticato,  per  quanto  lo  permettevano  i  mezzi  dei  quali  potevo 
disporre,  di  raccogliere,  con  appositi  scavi,  i  resti  fossili  che  eventual- 
mente fossero  stati  sepolti  nel  terriccio,  che  tanto  frequentemente  ri- 
copre il  suolo  delle  caverne. 

Le  mie  ricerche,  nou  sono  state  però  molto  fortunate,  poiché  fatta 
astrazione  da  qualche  resto  affatto  inconcludente,  solo  la  grotta  di  S.  Dona 
di  Lamon  ha  offerto  alcuni  avanzi  discretamente  interessanti,  e  tali  che 
meritino  qualche  cenno  speciale. 

Che  la  grotta  di  S.  Dona  di  Lamon  contenesse  delle  ossa  fossili, 
fu  già  reso  noto  dal  dott,  J.  Facen  fino  dal  1877.  ^  Più  tardi  il  dot- 
tor F.  Fratini  -  ne  dava  la  descrizione  topografica  ed  illustrava  alcune 
ossa  di  Ursus  spelaeus^  mentre  quasi  contemporaneamente  il  prof.  E. 


1  J.  Facen,  Nel  giornale  la  Provincia  di  Belluno.  1877. 

2  F.  Fratini,  In  un  opuscolo:  Sugli  antichi  ghiacciai  del  Feltrino.  (Annua- 
rio degli  alpinisti  tridentini,  1881-85.) 


52  G.    DAL    PIAZ. 

De  Toni  ^  descriveva  un  cranio  pure  di  Ursus  spelaeus  scavato  in 
detta  grotta  dal  signor  Paolo  Maccaguan  e  regalato  quindi  al  Museo 
civico  di  Belluno. 

Queste  le  conoscenze  che  si  avevano  della  nostra  grolla  sino  al  giorno 
delle  mie  ricerche,  le  quali,  praticate  già  come  dissi  a  varie  riprese, 
mi  hanno  fornito  un  piccolo  materiale  composto  di  resti  più  o  meno 
numerosi  riferibili  alle  seguenti  specie  : 

Ursics  sitelaeus  Blumb. 
Ursus  arctos  Lin, 
Canis  vuljpes  Lin. 
Mustela  foina  Briss. 
Arctomys  marmotta  Schreb, 
Le2nis  timidus'ì  Lin. 
Bos  taurus  Lin. 
Capra  Mreus  Lin. 
Ovis  aries  Lin. 

Tutti  questi  avanzi,  non  sono  però  da  riferirsi  allo  stesso  scavo. 

Senza  dare  una  minuta  descrizione  della  grotta,  fatta  già  nella  ras- 
segna generale  di  alcuni  fenomeni  carsici  del  Bellunese,  mi  limiterò  a 
ricordare  soltanto,  come  essa  si  possa  considerare  una  successione  al- 
ternata di  due  corridoi  e  di  due  stanze  per  una  lunghezza  complessiva 
di  150  metri.  Dell'intero  suolo  della  grotta,  soltanto  quello  dell'ultima 
camera,  che  costituisce  naturalmente  la  parte  più  interna  è  ricoperto 
da  una  grossa  crosta  stalagmitica,  tutto  il  resto,  fatta  eccezione  di 
qualche  diramazione  secondaria,  non  presenta  alcuna  traccia  di  cròsta 
calcarea. 


1  E.  De  Toni,  Sopra  un  cranio  d'Orso  trovalo  nella  caverna  detta  il  Buco 
di  S.  Dona  in  Distretto  di  Fonza^o.  (Bull.  d.  Soc.  Veneto-Trentina  di  se.  nat., 
1884.) 


SULLA    FAUNA    FOSSILE    DELLA    GROTTA    DI    S.   DONA    DI    LAMON.       Oó 

Orbene  ;  dagli  scavi  praticati  nel  suolo  ricoperto  dalla  crosta  stalag- 
mitica  si  ebbero  numerosi  resti  di  Urstùs  spelaeus  e  di  Ursics  aretos, 
mentre  in  un  altro  scavo  eseguito  nella  prima  camera,  dove  è  affatto 
mancante  la  crosta  calcarea,  la  cui  presenza  sarebbe  stato  un  buon  cri- 
terio per  stabilire  quali  rapporti  esistono  fra  i  due  giacimenti,  si  eb- 
bero avanzi  di  Canis  vulpes,  Mustela  foina,  Arctomys  marmotta, 
Lejius  timidics,  Bos  taurus.  Capra  Mrcus,  e  di  Ovis  aries,  misti  à 
cocci  e  a  numerosi  carboni.  A  togliere  ogni  altro  particolare  che  forso 
avrebbe  potuto  fornire  qualche  criterio  per  giudicare  sui  rapporti  dei 
due  giacimenti  fossiliferi,  s'aggiunge  la  circostanza  che  dove  fu  rac- 
colto quest'ultimo  materiale  si  apre,  nella  roccia,  una  di  quelle  fessure 
per  le  quali  è  spesso  effettuata  la  circolazione  acquea  sotterranea  e  al 
cui  sbocco  è  accumulata  una  grande  quantità  di  argilla  quale  un  cono 
di  deiezione. 

Comunque  sia,  se  quest'ultima  circostanza  ha  per  così  dire  comple- 
tata la  confusione,  non  è  a  credersi  che  i  due  giacimenti  ossiferi  deb- 
bano appartenere  allo  stesso  periodo.  Nel  primo  deposito  che  si  stende 
nelle  parti  più  interne  della  grotta,  sotto  una  crosta  stalagmitica,  noi 
dobbiamo  vedere  la  solita  formazione  argillosa  delle  caverne  contenente 
spesso  numerosi  avanzi  di  Ursus,  ed  appartenente  al  diluvium  ;  nel 
secondo  dobbiamo  vedere  un  cumulo  disordinato  di  argilla,  di  molto 
posteriore,  a  quella  dell'ultima  camera  della  grotta,  che  ha  ricoperto 
alcuni  avanzi  di  pasti  e  di  industria  umana,  riferibili,  tutto  al  più,  al 
periodo  neolitico.  Là  trattasi  di  un  vero  giacimento  contenente  resti  fos- 
sili, qui  di  un  rifugio  umano,  attestato  oltre  che  dai  cocci,  dai  carboni 
e  dalle  ossa  spaccate  e  con  impressioni  di  tagli,  da  numerose  e  pic- 
cole cavità  fra  loro  corrispondenti  che  si  riscontrano  sulle  pareti  della 
citata  fessura,  scavate,  molto  probabilmente,  allo  scopo  di  porvi  dei 
travicelli  sostenenti  un  piano  alquanto  elevato  da  terra. 


54  G.    DAL   PIAZ. 


Descrizione  del  materiale  scavato  nell'ultima  camera  della  grotta^ 
negli  strati  d' argilla  che  si  stendono  sotto  la  crosta  stalag- 
mitica. 

Vrstis  sjyélaeus  Bliimb. 

Resti  di  questo  mammifero  vennero  raccolti  con  particolare  abbon- 
danza nell'ultima  parte  della  grotta  dove  il  terreno  presenta  dall'alto 
al  basso  la  seguente  sezione  : 

Crosta  stalagmitica,  spessore  assai  variabile,  in  media  circa  25  centim. 

Argilla  bianca  micacea  dello  spessore  di  circa  30-35  centim. 

Argilla  rosea,  finissima,  contenente  avanzi  ottimamente  conservati,  spessore  medio 
30-35  centim. 

Terriccio  rosso,  ricco  d'ossa  e  specialmente,  nello  parti  più  profondo,  di  denti  iso- 
lati, spessore  medio  10  a  40  centim. 

Strato  di  ciottoli  caduti  dalla  volta  e  più  o  meno  arrotondati. 

Roccia  in  posto. 

Da  un  calcolo  approssimativo,  mi  risulta  die  fino  ad  ora  sono  state 
estratte  le  ossa  di  non  meno  300  individui.  Però  i  crani  completi  e 
bene  conservati,  sono  in  numero  esiguo.  La  circolazione  sotterranea  delle 
acque,  oltre  al  portarvi  un  completo  disordine,  ha  cooperato  alla  cor- 
rosione e  alla  distruzione  di  quelle  parti  dello  scheletro  che  por  loro 
natura  presentano  una  minore  resistenza. 

Cranio.  Pochi,  coinè  già  dissi,  bene  conservati,  uno  soltanto  com- 
pleto, gli  altri  sette,  eh'  io  sono  riuscito  a  raccogliere,  più  o  meno  rotti. 

L'universale  abbondanza  degli  avanzi  di  questo  mammifero,  illusli'ati 
già  da  molteplici  lavori,  rendono  del  tutto  inutile  una  minuta  descri- 
zione delle  varie  parli. 


SULLA    FAUNA    FOSSILE    DELLA    GROTTA    DI   S.  DONA    DI    LAMON.       55 

Io  non  mi  limiterò  quindi,  che  a  qualche  osservazione  d'indole  ge- 
nerale e  a  qualche  conclusione  tratta  dai  raffronti  istituiti  con  esem- 
plari provenienti  da  altre  località.  Appunto  da  questi  raffronti,  eseguili 
specialmente  col  materiale  delle  grotte  di  Velo  ^  ho  potuto  concludere 
che  tutti  gli  esemplari  di  crani  scavati  nella  grotta  di  S.  Dona  di  La- 
mon,  si  staccano  alquanto  dalla  forma  tipica  MVUrsus  spelaeus  pre- 
sentando,  specialmente,  una  minore  espansione  degli  archi  zigomatici, 
la  cresta  sagittale  assai  più  sottile,  la  cassa  cranica  più  strozzata,  l'osso 
occipitale  più  inclinato,  la  fronte  meno  depressa,  i  condili  meno  spor- 
genti e  rivolti  in  alto  e  il  foro  occipitale  più  schiacciato  nel  senso  tra- 
sverso. Però  tutte  queste  piccole  differenze,  che  in  gran  parte  si  pos- 
sono rilevare  dal  seguente  specchietto  di  misure  comparative,  e  che 
ricordano  alquanto  la  forma  dell'  Ursus  ligiùsticus  -  non  costituiscono, 
d'altra  parte,  dei  caratteri  di  capitale  importanza,  tali  da  giustificare 
una  specie  nuova.  Molti  naturalisti,  hanno  già  da  vario  tempo  fatto 
notare  come  si  riscontrino  anche  forti  differenze  tra  individui  sicura- 
mente appartenenti  ad  una  stessa  specie,  variazioni  che  sono  princi- 
palmente dovute  alle  condizioni  geografiche,  agli  alimenti,  al  sesso, 
all'età,  ecc. 


1  G.  Omboni,  Di  alcuni  oggetti  preistorici  delle  caverne  di  Velo  nel  Vero- 
nese. (Atti  Soc.  It.  se.  nat.,  Voi.  XVIII,  fase.  1,  1875.) 

2  A.  IssEL,  Liguria  geologica  e  preistorica.  Voi.  II,  pag.  273. 

G.  Marchesetti,  Z' Ursus  ligusticus  Iss.  ìielle  Alpi   Giulie.  (Atti  d.  Museo 
Civico  di  stor.  nat.  di  Trieste,  Voi.  IX.) 


50 


G.  DAL  PIAZ. 


9 
10 

11 

12 

13 
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15 


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26 

27 


Indicazione  delle  misure  espresse  in  mm. 


Distanza  dal  margine  inferiore  del  foramen  ma- 
gnum al  margine  anter.  dell'  intermascell. .     . 

Distanza  massima  fra  il  punto  esterno  del  pettine 
occ.  e  il  margine  anter.  deirintermascoll.  .     . 

Lunghezza  del  muso,  dal  marg.  ant.  dell'interma- 
scell.  al  marg.  ant.  della  cavità  orbitale     .    . 

Distanza  fra  i  lori  infraorbitali 

Distanza  mass,  fra  i  margini  alv.  int.  d.  canini. 

Massima  larghezza  degli  archi  zigomatici  .     .     . 

Distanza  dal  vertice  esterno  dell'osso  occ.  al  punto 
medio  compreso  fra  le  bozze  frontali      .     .     . 

Massima  larghezza  delle  bozze  frontali  .... 

Maggior  diametro  trasverso  della  cassa  cranica  . 

Diametro  maggiore  del  foro  occipitale   .... 

Diametro  minore  del  foro  occipitale 

Distanza  dal  margine  ester,  dell' intermascell.  al 
marg.  est.  del  nasale 

Massima  larghezza  del  foro  nasale 

Lunghezza  della  cresta  sagittale 

Distanza  dal  marg.  infer,  del  foramen  magnum 
alla  metà  della  rotta  che  unisce  lo  corone  post, 
dei  duo  ultimi  molari 

Lunghezza  della  serie  dei  denti,  dall'ult.  mol.  al 
4.°  prem.      . 

Lunghezza  dell'  ultimo  molare 

Lunghezza  del  primo  molare 

Distanza  media  fra  i  marg.  interni  dei  premolari. 

Spazio  privo  di  denti  (fra  il  canino  e  l'ult.  prem.). 

Distanza  med.  fra  i  marg.  intern,  degli  ult.  molari. 

Distanza  dal  marg.  poster,  della  sutura  palat.  al 
marg.  anteriore  dell' intermascellare   .     .     .     . 

Valore  dell'angolo  di  depressione  frontale  ^     .     . 

Altezza  anteriore  del  cranio  ^ 

Altezza  massima  del  cranio  ^ 

Altezza  posteriore  del  cranio  ^ 

Distanza  dal  punto  anteriore  di  biforcazione  della 
cresta  sagittale  alla  metà  della  retta  che  unisce 
le  bozze  frontali 


Grotte 

di  Velo 

420 

417 

475 

475 

180 

180 

89 

97 

111 

117 

300 

308 

257 

273 

145 

148 

120 

132 

42 

40 

30 

1  1  0 

29 

... 

Grotta 
di  S.  Dona 


415 
458 


427 
480 


178    180 

881     96 

107i  116 

283  280? 


258 

126 

120 

39 

26 


118'  119'    105 


70 

65{ 

166 

138 

220 

223 

94 

95 

46 

47 

30 

30 

63 

74 

44 

42 

66 

76 

244 

246 

19 

18 

98 

101 

151 

155 

110 

102 

93 

129 

70 
160 


219 

95 
47 
28 
74 
48 
69 

249 
15 
103 
154 
103 


93 


260 

147 

117 

43 

27 

105 

74' 
160 


227 

97| 
49 

29 
78' 
46| 

751 

254 
14 
100 
160 
103 


103 


1  Questa  misura  è  data  dalla  maggior  perpendicolare  calata  sul  nasale  dalla 
retta  che  unisce  l'estremità  inferiore  delle  ossa  nasali,  col  punto  più  alto  della 
fronte. 

2  Altezza  anteriore  del  cranio,  misurata  dalla  perpendicolare  tirata  dal  punto 
medio  delle  estremità  anteriori  dei  frontali  al  corrispondente  punto  perpendicolare 
(rispetto  la  linea  basilare)  sullo  ossa  palatine. 

^  Altezza  massima  del  cranio,  misurata  dalla  verticale  tirata  dal  punto  più  alto 
della  metà  della  fronte  al  corrispondente  situato  sulla  linea  basilare. 

^  Altezza  posteriore  del  cranio  misurata  dalla  perpendicolare  calata  dal  punto 
più  alto  della  cresta  lanibdoidea  al  prolungamento  della  linea  basilare. 


SULLA    FAUNA    FOSSILE    DELLA    GROTTA    DI    S.   DONA    DI    LA.MON.       57 

Mandibola.  Complessivamente  ho  raccolto  20  mandibole,  delle  quali 
14  destre  e  6  sinistre.  Generalmente  sono  bene  conservate,  ed  in  parte 
fornite  dei  loro  denti.  Salvo  piccole  dillerenze,  dovute  evidentemente 
all'età,'  presentano,  nel  complesso,  una  forma  pressoché  identica. 

Le  misure  seguenti  sono  tolte  da  una  mandibola  completa  e  in  uno 
stato  di  conservazione  perfetto. 


9 

10 
11 
12 
13 
14 


Massima  lunghezza  della  mandibola,  dall'esterno  dell'artico- 
lazione glenoidea  al  margine  esterno  degli  incisivi      .     . 
Spazio  privo  di  denti,   compreso   fra  il  canino  e  il  quarto 

premolare 

Spazio  dentario  molare 

Altezza  della  mandibola,  alla  metà  dello  spazio  privo  di  denti. 

Altezza  massima,  misurata  dalla  perpendic.  tirata  dal  punto 

più  alto  della  branca  ascendente  al  prolungamento   della 

linea  basilare 

Altezza  media  misurata  dal  margine  alveolare  del  penuhimo 

molare,  alla  base 

Diametro  massimo  antere-posteriore  del  terzo  molare  .     .     . 
»  »  ))  »     secondo  ))      ... 

I)  »  ))  )i     primo     ))      ... 

))  »  )i  »     quarto  premolare    . 

Diametro  medio  trasverso  del  terzo  molare 

))  I)  ))         I)     secondo  »       

)i  ))  I)         )i     primo      ))       

»  I)  ))         ))     quarto  premolare 


323 

59 

104 

66 


200 

75 
28 
31 
30 
16 
21 
18 
11 
10 


Denti.  Abbondantissimi  tanto  quelli  superiori,  quanto  quelli  inferiori. 
La  formola  dentaria  è  la  solita  tipica  e  caratteristica  (^QÌVUrsus  spelaeus. 

L  3,     G.  1,     P.  1,    M.  2. 
I~3,     G.  1,     P.  1,     M.  3. 

Nei  crani  di  Ursus  spelaeus  provenienti  dalla  grotta  di  S.  Dona  di 
Lamon,  non  abbiamo  alcuna  traccia  del  primo,  secondo  e  terzo  premo- 
lare. Invece  in  due  crani  delle  grotte  di  Velo,  ottimamente  conservati 
e  appartenenti  ad  individui  vecchi,  accanto  al  quarto  premolare,  esi- 
stono le  fossette  genituiformi  che  attestano  l'esistenza  del  terzo.  Questo 


58  G.    DAL   PIAZ. 

fallo  è  stalo  dal  signor  Trulat,  '  nel  suo  lungo  e  minuzioso  esame, 
riscontrato  in  venti  mascelle  di  Ursus  spelaeiis,  su  cinquemila,  ch'egli 
ebbe  occasione  di  esaminare. 

In  seguito  a  ciò,  anziché  ritenerlo  un  carattere  d'importanza,  il  si- 
gnor Gaudry  ^  giustamente  lo  considera  un  fatto  puramente  eccezionale. 

Vertebre.  Anche  le  vertebre  sono  molto  abbondanti.  Lo  stato  di 
conservazione  iion  è  però  sempre  perfetto,  specialmente  per  lo  vertebre 
dorsali  e  lombari  le  cui  apofisi,  nel  maggior  numero  dei  casi,  sono  rotte. 

Cintura  toracica. 

Dalle  ossa  che  formano  la  cintura  toracica,  ho  raccolto  alcune  coste 
tulle  rotte,  e  due  scapole,  pure  corrose  ed  incomplete. 

Arti  anteriori. 

Òmero  Di  quest'osso  ho  raccolto  cinque  esemplari,  tre  destri  e  due 
sinistri,  piuttosto  male  conservali. 

Ecco  alcune  misure  dell'esemplare  meno  corroso: 

Lunghezza  massima  dell'osso     ....     mm.  446 
Diametro  massimo  dell' epifesi  superiore  .       "      102? 
■n  i>  «  inferiore  .      -^      108? 

Ulna.  Alcuni  esemplari,  in  cattivo  slato  di  conservazione. 
Radio.  Un  esemplare  discreto  e  diversi  frammenti. 


*  Trutat  e.,  Étude  sur  la  forme  generale  du  crdne  che::  l'ours  des  cavernes. 
Toulouse. 

2  Gaudry  A.,  Le  petit  Ursus  spolaeus  de  Gargas.  (Corap.  Rend.  d.  l'Ac.  d. 
Se.  de  France.  1887.) 


SULLA    FAUNA    FOSSILE   DELLA    GROTTA    DI    S.  DONA    DI    LAMON.       59 

Piede  anteriore. 

Cardio.  I  vari  ossicini  del  carpo,  scafoluiiare,  cuneiforme,  pisiforme, 
imciforme,  trapezio,  ecc.  furono  raccolti  in  discreta  abbondanza  e  abba- 
stanza bene  conservati. 

Metacarpo.  Le  ossa  del  metacarpo  sono  pure  discretamente  nume- 
rose e  bene  conservate. 

Falangi.  Anche  le  falangi  sono  assai  abbondanti  e  in  uno  stato  di 
conservazione  perfetto.  Non  mancano  i  fusti  delle  unghie,  o  falangi  un- 
gueali, pure  discretamente  conservate. 

Cintura  ]}elvica. 

Osso  illiaco.  Di  resti  riferibili  a  quest'osso  non  ho  potuto  raccogliere 
che  due  soli  frammenti. 

Arti  -posteriori. 

Femore.  Anche  di  quest'osso  furono  raccolti  parecchi  esemplari,  ma 
soli  tre  si  possono  dire  bene  conservati,  due  destri  ed  uno  sinistro. 
Tutti  corrispondono,  presso  a  poco,  alle  stesse  misure. 

Lunghezza  massima  dell'osso     ....     ram.  495 

Diametro  massimo  dell' epifesi  superiore  .       ^      136 

n  -n  «         inferiore    .       «      108 

Rotula.  Di  quest'osso  raccolti  vari  esemplari  di  dimensioni  pressoché 
uguali. 

Tibia.  Pochi  esemplari  e  molto  corrosi  alle  estremità. 
Perone.  Alcuni  frammenti. 


GO  G.    DAL   PIAZ. 

Piede  posteriore. 

<  Tarso.  Anche  delle  ossa  che  costituiscono  il  tarso,  calcagno,  astra- 
galo, cuboide,  scafoide,  ecc.  raccolsi  alcuni  esemplari,  che,  come  quelli 
del  carpo,  sono  bene  conservati. 

Metatarso.  Le  ossa  riferiJili  al  metatarso  sono  pure  state  raccolte 
in  discreto  numero. 

Falangi.  Molto  abbondanti  e  ottimamente  conservato. 

Vrsus  arctos  Lin. 

Assieme  ai  resti  sicuramente  appartenenti  all'  Ursus  spelaeus,  fu- 
rono raccolti  alcuni  altri  avanzi  (un  cranio,  vari  frammenti  di  cranio, 
ed  alcune  ossa)  di  Ursus  arctos. 

L'illustre  barone  Achille  De  Ziguo,  aveva  già  da  vari  anni  raccolto 
nelle  grotte  di  Velo  due  piccoli  crani  del  tutto  corrispondenti  ai  resti 
da  me  scavati  nella  grotta  di  S.  Dona  di  Lamon,  e  su  tali  avanzi  fon- 
dava la  nuova  specie  Ursus  veronensis^  tuttora  inedita. 

Nello  studio  del  materiale  da  me  raccolto,  data  la  perfetta  corrispon- 
denza con  quello  nel  quale  il  De  Zigno  parve  ravvisasse  una  specie 
nuova,  ho  dovuto,  naturalmente  riprendere  l'argomento. 

Riserbandomi,  in  un'altra  memoria,  di  trattare  estesamente  la  que- 
stione, per  ora  mi  limiterò  a  dii-e  soltanto  che  le  mie  ricerche  non  mi 
hanno  condotto  ad  ammettere  una  vera  e  propria  specie  nuova.  Io  pure, 
nelle  prime  indagini  aveva  condiviso  le  opinioni  del  compianto  De  Ziguo, 
ma  adesso,  dopo  una  discreta  serie  di  ricerche,  visto  il  grande  poli- 
morfismo di  questo  gruppo  di  animali,  e  in  generale  dei  vertebrati 
superiori,  sono  condotto  e  credere  che  i  resti  presi  in  esame  si  devono 
riferire  alla  specie  arctos. 


SULLA    FAUNA    FOSSILE   DELLA    GROTTA    DI    S.   DONA    DI    LAMON.       61 


Descrizione  del  materiale  scavato  nel  terriccio  che  costituisce  il 
suolo  della  'prima  camera  della  grotta. 

Canis  vulpes  Lin. 
(Tav.  I,  fig.  1.) 

Le  ossa  riferibili  a  questa  specie,  sono  state  raccolte  in  discreta  ab- 
bondanza. 

Do  la  figura  di  un  femore,  lungo  mm.  132  ottimamente  conservato. 
Alla  stessa  specie,  possiamo  riferire,  con  dubbio,  una  porzione  posteriore 
di  cranio,  troppo  male  conservato  per  poterlo  determinare  concertezza. 

Mustela  foina  Briss. 
(Tav.  I,  fig.  2,  3.) 

Di  resti  riferibili  a  questo  mammifero,  ho  raccolto  una  mandibola  si- 
nistra ottimamente  conservata,  e  un  femore,  pure  sinistro,  alquanto  cor- 
roso nella  parte  inferiore. 

Questo  materiale  che  corrisponde  perfettamente  alla  Mustela  foina  vi- 
vente, non  presenta  particolarità  tali  che  richiedano  una  minuta  descrizione. 

Arctoìnys  marmotta  Schrej). 
(Tav.  I,  fig.  4,  5,  G.) 

Di  questo  roditore,  ho  raccolto  molte  ossa^  generalmente  spaccate  o 
corrose  ;  soltanto  le  seguenti  parti,  meritano  un  breve  cenno  : 

Cranio.  Come  mostra  la  fig.  4,  trattasi  delia  parte  posteriore  di  un 
cranio  appartenente  ad  un  individuo  adulto;  è  privo  di  denti  e  presenta 
impressioni  d'addentature. 


62  G-    DAL    PIAZ. 

Mandibola  sinistra.  Alquanto  corrosa  nella  branchia  ascendente,  nel 
resto  è  ottimamente  conservata  e  corrisponde  perfettamente  dlVArcto- 
mys  marmotta  vivente.  Fu  raccolto  anche  un  frammento  di  mandibola 
destra,  manca  però  di  tutti  i  denti. 

Omero  destro.  Bene  conservato  meno  che  nella  parte  superiore  dove 
è  alquanto  corroso. 

Tutte  questo  parti  di  scheletro,  molto  probabilmente  appartengono  ad 
un  unico  individuo. 

Lepus  timicliis?  Lin. 

Riferisco  a  questa  specie  alcune  ossa  più  o  meno  rotte  e  tali  da 
non  permettermi  di  stabilire  con  certezza  se  si  tratta  del  Leims  timi- 
dus,  invece  che  del  variabilis.  . 

Bos  tauriis  Lin. 

Trattasi  di  un  metatarso  male  conservato,  e  di  alcuni  frammenti  di 
altre  ossa. 

Capra  hircus  Lin. 
(Tav.  I,  fig.  7.) 

Sono  riferibili  a  questa  specie,  varie  mandibole  e  numerose  altre 
ossa  spaccate.  La  fig.  7  rappresenta  un  molatarso  con  evidenti  impres- 
sioni di  tagli. 

Ovls  aries  Lin. 

Anche  le  ossa  di  pecora  fiu'ono  raccolte  in  vera  abbondanza,  sia  nello 
f.cavo  che  ci  ha  fornito  i  materiali  ultimamente  descritti,  che  alla  super- 
ficie del  suolo  in  varie  parti  dell'intera  caverna,  miste  ad  ossa  di  capra. 


SULLA    FAUNA   FOSSILE   DELLA    GROTTA    DI   S.  DONA   DI   LAMOX.       63 

In  un'altra  mia  piccola  memoria  ^  ho  già  fatto  notare,  come  sia  assai 
difficile  stabilire  a  quale  periodo  appartenga  questo  piccolo  giacimento. 
1  rapporti  stratigrafici  non  ci  forniscono  grandi  criteri  per  giudicare  in 
proposito;  nò  maggiori  particolari  possiamo  trarre  dallo  studio  dei  resti 
preistorici  o  dall'esame  analitico  delle  specie  descritte,  poiché  se  i  cocci 
raccolti  in  posto,  hanno  tutto  l'aspetto  di  un  tipo  piuttosto  antico,  le 
numerose  ossa  rinvenute  assieme  oltre  all'appartenere  a  specie  viventi 
e  discretamente  diffuse,  per  le  impressioni  di  tagli  da  esse  presentate, 
ci  attestano  invece  un  periodo  alquanto  più  recente.  Tutto  al  più,  se 
nella  grotta  di  S.  Dona  di  Lamon  devesi  ammettere  (come  ò  probabile) 
una  sola  epoca  di  abitazione  preistorica,  e  quindi  la  contemporaneità 
degli  avanzi  dell'industria  umana  raccolti  in  essa,  tenuto  conto  dei 
risultati  avuti  dallo  studio  dei  pochi  cocci  rinvenuti  in  una  vicina  di- 
ramazione laterale  della  stessa  grotta,  imici'  avanzi  che  ci  permettano 
di  trarre  qualche  sicura  conclusione,  anche  il  piccolo  giacimento  che  ci 
ha  fornito  i  resti  delle  specie  ultimamente  descritte,  deve  essere  rife- 
rito allo  stesso  periodo  di  tempo,  cioè  al  periodo  neolitico. 


1  G.  Dal  Piaz,   Contribuzioni  alla  Paletnologia  del  Bellunese.  (Bolleit.  di 
Palet.  Italiana,  Serie  III,  Voi.  V,  1899.) 


64  G.    DAL   PIAZ.    SULLA    FAUNA    FOSSILE,    ECC. 


SPIEGAZIONE  DELLA.  TAVOLA. 


Fig.  1.  Ganis  vulpes  Lin.  Femore  destro. 

Il  2.  Mustela  faina  Briss.  Mandibola  sinistra. 

«  3.        Il  II         I)       Femore  destro. 

Il  4.  Arctomys  marmotta  Schreb.  Cranio  visto  dal  di  sopra. 

Il  5.        Il  II  II        Mandibola  sinistra. 

)i  6.        Il  I)  )i         Omero  destro. 

Il  7.  Metatarso  di  capra  con  impressioni  di  tagli. 


G.  DAL  PIAZ  -  Fauna  fo;s.  ecc. 


Attid.Soo.ltal.  diSc.  Nat.  Vol.  XXXIX.  Tav.  II 


fig.  2 


Fia:.   ! 


Fig.   ^ 


Fig.  5 


Fig.  6 


Fig.  7 


FI  lOT.    CALZOLARI  Bl   FERRARIO.    MILANC 


Ir- 

EGIIINIDI  POSTPLIOGENICI  DI  MONTELEONE  CALABRO. 

Nota  del  socio 
Dott.  Carlo  Air  aghi. 


Molti  sono  i  geologi  che  si  sono  occupati  del  postpliocene  della  Ca- 
labria; e  mentre  gli  uni  si  dedicarono  specialmente  alla  stratigrafia  e 
gli  altri  illustrarono  le  faune  fossili  rinvenute,  molti  si  occuparono  e 
dell'una  e  delle  altre,  tutti  diretti  al  medesimo  intento:  illustrare  sempre 
più  quella  regione  tanto  importante  del  lato  geologico.  ^ 


*  Dei  molti  lavori  pubblicati  intorno  alla  Calabria  cito  solamente  i  più  impor- 
tanti e  più  recenti  : 

Cortese  E.,  Descrizione  geologica  della  Calabria.  Roma,  1884. 
Costa  G.,  Paleontologia  del  Regno  di  Napoli.  Napoli,  1850. 
De  Stefani  C,  Escur.  scient.  nella  Calabria  (Atti  R.  Acc.  Line  ),  Roma,  1883. 
De  Stefano  G.,  Gli  strati  a  Pin?ie  di  Morrocu  (Atti  Soc.  Geolog.  Ital.),  Roma, 
1899. 
—  Paleogeografia  posplioc.   di   Peggio  Calabria  (Atti  Soc.  Ita!, 

di  se.  nat.),  Milano,  1899. 
LovisATO  D.,  Studi  scientifici  sopra  Squillace.  Cosenza,  1882, 

—  Cenni  geognostici  e  geologici  sulla  Calabria  settentrionale  (Boll. 
R.  Com.  Geol.  Ital.),  Roma,  1878. 

Mantovani  P.,  Alcune  osservazioni  sui  terr.  terz.  di  Reggio  Calabria  (Boll. 

R.  Com.  Geol.  Ital.),  Roma,  1878. 
Neviani  a..  Sui  giacimenti  dei  cetacei  fossili  nel  Monteleonese   (Atti  Soc. 

Geol.  Ital.),  Roma,  1886. 

—  Contribuzione  alla  paleontologia  della  provincia  di  Reggio   (Atti 

Soc.  Gool.  Ital.),  Roma,  1887. 

Voi.  XXXIX.  5 


CG  e.    AlHAGIII. 

Anch'io  avrei  desiderato  grandemente  premettere  all'enumerazione 
degli  echinidi  postpliocenici  di  Monteleone  una  nota  che  riguardasse  la 
stratigrafia,  ma  volendolo  fare  avrei  dovuto  riassumere  quanto  già  dis- 
sero i  geologi  che  di  tale  territorio  si  occuparono,  senza  quelle  conside- 
razioni che  avrebbero  potato  essere  il  frutto  di  osservazioni  fatte  in  luogo. 

Nei  dintorni  di  Monteleone  si  trovano  qua  e  là  dei  tratti  alquanto 
limitati  di  sabbie  postplioceniche,  che  talora  si  riconoscono  con  facilità 
per  la  loro  incoerenza  e  pel  colore  un  poco  giallo  ;  ma  che  talora  riesce 
invoce  difficilissimo  distinguerle  in  quel  frastagliamento  di  terreni  allu- 
vionali, postpliocenici,  e  miocenici,  clie,  in  lembi  alquanto  piccoli,  giac- 
ciono nei  dintorni  di  Monteleone. 

Queste  sabbie  sono  ricche  di  fossili,  specialmente  di  molluschi,  e  un 
numero  alquanto  considerevole  tanto  da  permettere  di  stabilirne  con 
sicurezza  la  loro  età,  venne  trovato  e  a  S.  Costantino  di  Mileto  e  a 
Francica. 

Ma  tanto  il  Segiienza,  quanto  il  De  Stefani,  e  il  Neviani,  ^  che  in 
special  modo  si  occuparono  della  fauna  fossile  postpliocenica  di  Monte- 
leone  in  questi  ultimi  tempi,  accanto  ai  numerosi  molluschi,  annove- 
rano solamente  qualche  specie  appartenente  agli  echinidi,  e  precisa- 
jnente  il  Borocidarh  papillata,  Lesk,  Y Echinus  acutus  L.,  V Kchi- 
nocijamits  pusillus  Miill.,  opperò  credo  che,  questa  mia  nota,  non  vorrà 


Neviam  a..    Contribuzione  alla  yeologia  del  Catanzarese  (Atti   Soc.  Geol. 
Ita).),  Roma,  1887. 

—  La  formazione  terziaria  del  Jlfesima  (Atti  Soc.  Geol.  Ital.),  Roma, 

1888. 

—  Cenni  sulla  costituzione  geologica,  ecc.  (Atti  Soc.  Geol.  Ita!.),  Roma, 

1889. 
Salmojraghi  F.,  Terrazzi  quat.  nel   Ut.  tir.  della   Calabria  (Boll.  R.  Com. 

Geol.  d'Italia),  Roma,  1886. 
Sequenza  G,,  Le  formazioni  terziarie  nella  provincia  di  Reggio  Calabria 

(Atti  R.  Acc.  Lincei),  Roma,  1879. 
1  Vedi  in  special  modo  :  Sequenza,  Le  formaz.  terz.  nella  prov.  di  Reggio 
(loc.  cit.);  De  Stefani,  Escursione  geologica  nella  Calabria  (loc.  oil.);  Nevun:, 
ò'i«  giacimenti  dei  cetacei  fossili  nel  Monteleonese.  (loc.  cit.) 


ECHINIDI   POSTPLIOCENICI   DI   MONTELEONE  CALABRO.  G7 

considerata  come  inutile  riguardo  alla  ristretta  conoscenza  delle  forme 
postplioceniche  di  echinidi  dei  dintorni  di  Monteleone  non  solo,  ma 
anche  della  Calabria.  Io  ho  potuto  determinare  le  seguenti  10  forme; 

Rahdocìdaris  imperialism  Lam. 

•n  ditbia,  Brand. 

Echinus  melo,  Lam. 
Arbacina  monilis,  Desm. 
Sphaerechinus  granulans,  Agas. 
Echinocyamus  jmsilluSj  Miill. 
Fchimlampas  He  Ilei,  Voi. 
Brissus  oblonguSj  Wrigh. 
Brìssopsis  ly  ri  fera:,  Agas. 
Spatangus  picrpureus,  Miill. 

di  queste  finora  non  erano  conosciute  pel  postpliocene  della  Calabria 
le  seguenti: 

Rabdocidaris  imperialism  Lam. 

»  dubia.  Brand. 

Arbacina  monilis,  Desm. 
Lchinolampas  Hellei,  Val. 
Brissus  oblonguSj  Wrigh. 
Brissopsis  lyrifera,  Agas. 

Delle  dieci  forme  poi  determinate,  sette  con  certezza,  secondo  quanto 
ne  dicono  il  De  Loriol,  e  Al.  Agassiz,  sono  tuttora  viventi  nei  nostri 
mari  attuali,  ^  e  se  si  escludono   il  Rabdocidaris  imperialis,  Lam., 


1  Vedi  in  proposito  i  lavori  :  Al.  Agassiz,  Revision  of  the  echini  (lUus.  cat. 
mus.  oss.  compar.  zool.),  Cambridge,  1872  ;  Report  of  the  echinod.  (in  Report  on 
the  se.  resul.  of  the  Voyage  of  Chalenger),  1881.  —  P.  De  Loriol,  Cat.  rais, 
des  échin.  recueil.  de  L'ile  Maurice.  (Mém.  Soc.  de  Phys.),  Genève,  1884. 


68  e.    AIRAGHI, 

il  Rabdocidaris  dulia.  Brand,  e  1'  EchinolamiMS  Hellei,  Val.,  tutte 
le  altre  vennero  trovate  anche  in  depositi  più  antichi,  nel  pliocene,  e 
qualcuna  anche  nel  miocene  (Brtssus  oblongus,  Wright,  Spaiangus 
2m7yicreus,  Muli,  Arbacina  monilis^  Desm.)  ;  ma  avuto  riguardo  alla 
Calabria  solamente,  nessuna  si  trovò  finora  in  depositi  anteriori  al  post- 
pliocene. 

Se  però  ho  potuto  arrivare  a  questo  risultato  e  aumentare  di  tale 
numero  la  fauna  echinologica  dei  terreni  postpliocenici  della  Calabria,  lo 
debbo  alla  gentilezza  del  chiarissimo  prof.  Neviani  che  mi  ha  concesso 
in  istudio  la  raccolta  degli  echinidi  fatta  dal  prof.  Pignatari  e  che  at- 
tualmente si  conserva  nel  Museo  del  R.  Liceo  Visconti  di  Roma  ;  a  lui 
pertanto  la  mia  riconoscenza. 

Sento  poi  anche  il  dovere  di  ringraziare  vivamente  il  chiarissimo 
prof.  Mariani,  direttore  della  Sezione  di  Geologia  nel  Museo  civico  di 
Milano,  per  la  squisita  cortesia  con  cui  mise  a  mia  disposizione  tutti 
quei  libri  che  sono  necessari  per  classificare  degli  echini. 


Mabdocidarls  iniperialis,  Lam. 

1816.  Cidarites  imperialis,  Lamark,  Anim.  sans  verf..,  Tom.  Ili,  pag.  54. 

1884.  Rabdocidaris  n  De  Loriol,  Cat.  rais,  des  échm.  recueil.  à  l'ile  Mau- 

rice. (Móm.  Soc.  de  Phys,  Genève),  Tav.  I,  fig.  2, 
pag.  11,  con  sinonimia. 

1804.  »  H  Mazzetti,  Faima  echin.  del  mar  Rosso.  (Atti  Soc.  dei 

Xat.,  Modena),  pag.  243. 

Sono  solamente  dei  radioli  e  un  paio  di  placche  interambulacrali  tro- 
vati a  S.  Ruba.  11  prof.  De  Stefani  nel  suo  lavoro,  Escursione  scien- 
tifica nella  Calabria  a  pag.  238,  descrive  alcuni  frammenti  di  un 
echino  trovati  nel  postpliocene  a  Vena  e  li  riferisce  al  Doroeidaris 
j)apillata,  Lesk.,  facendone  una  vai-ielà,  (v.  Calabro),  che  secondo  lui 


ECHIXIDI    POSTPLIOCENICI    DI    MONTELEONE   CALABRO.  69 

potrebbe  audio  essere  una  specie  distiuta  ;  ma  benché  non  abbia  potuto 
avere  in  esame  i  frammenti  descritti  dal  prof.  De  Stefani,  credo  ch'essi, 
più  che  costituire  una  varietà  del  Dorocidaris  jpa^pillata,  Lesk.,  siano 
da  riferire  al  genere  Rabdocidaris,  genere  che  si  distingue  dal  Doro- 
cidaris per  avere  i  tubercoli  non  solo  perforati,  ma  anche  crenellati, 
come  appunto  sono  quelli  descritti  dal  De  Stefani. 

Questa  specie  è  tuttoria  vivente  nel  Mar  Rosso,  nell'Arcipelago  In- 
diano (De  Loriol,  1.  e). 

Habdocidaris  dubia,  Brand. 

1835.  Cidarites  dubia,  Brandt,  Prod,  des  animai.^  pag.  68. 
1884.  Rabdocidaris  dubia,  De  Loriol,  Cat.  rais,  des  échin.  recueil,  à  l'ile  Mau- 
rice. (Loc.  cit.),  pag.  12,  con  sinonimia. 

Anche  di  questa  specie  pochi  radioli  e  poche  placche  interambulacrali 
trovati  pure  a  S.  Ruba;  corrispondono  alle  descrizioni  che  l'Agassiz  * 
dà  e  per  gli  uni  e  per  le  altre. 

Questa  specie  è  tuttora  vivente  nei  mari  di  Zanzibar,  dell'Austrialia 
e  nel  Mar  Rosso  (De  Loriol,  Mazzetti,  1.  e). 

Echinus  melo,  Lam. 

1816.  Echinus  melo,  Lamark,  Anim.  sans  veri.,  pag.  45. 

1872.        »  ))       Agassiz,  Revision  of  the  Echini,  pag.  124,  con  sinonimia. 

Un  esemplare  solo  raccolto  a  S.  Costantino  di  Mileto. 

Questa  specie  è  tuttora  vivente  nel  Mediterraneo  e  lungo  le  coste  di 
Africa  e  delle  isole  Canarie;  fossile  venne  trovato  già  nel  postpliocene 
dei  dintorni  di   Reggio   Calabria,    (Seguenza),^  nella  panchina  quater- 


^  Revision  of  the  echini.  (Loc.  cit),  pag.  380. 
2  Vedi  lavoro  citato. 


70  e.    AIRAGHI. 

naria  di  Livorno  (Manzoni),  ^  nel  pliocene  superiore  di  Porto   d'Anzio 
(Meli),  2  di  Moute  Castello  in  Piemonte  (Airaghi).  ^ 

Arhacina  monilis,  Desm. 

1835.  Echinus  monilis,  Desmarest  in  Défr.  Diet.  se.  Nat.,  pag.  100. 

1897.  Psammechinus  monilis,  Vinassa  de  Regny,  Échin.  neog.  del  Museo  par- 
mense (Atti  Soc.  Tose  di  Se.  Nat.),  pag.  2, 
con  sinonimia. 

Alcuni  esemplari  raccolti  a  Filandari,  tanto  ben  conservati  da  non 
lasciare  alcun  dubbio  sulla  loro  determinazione. 

Questa  specie  venne  trovata  fossile  nel  pliocene  superiore  di  Porto 
Anzio  (Meli)  ;  nel  calcare  ad  Amphisfegùia  di  Parlascio  e  di  S.  Fe- 
driano  (Manzoni,  1.  e),  nelle  colline  di  Pisa  (Manzoni,  1.  e),  nel  plio- 
cene del  Parmense,  a  Castellarquato,  Lugagnano,  Riorzo  (Manzoni,  Vi- 
nassa, 1.  e),  nell'elveziano  dei  Colli  Torinesi  (Airaghi).  ^ 

S2*haer echinus  f/ranularis,  Lani. 

1816.  Echinus  yranularis.  Lamark,  Anim.  sans  veri.,  pag.  -44. 
1872.  Spìiaerechinus  granulans,  Agassiz,  Revision  of  the  Echini  (Loc.  cit.), 

Tav.  V,  VI,  pag.  159,  452,  con  sinonimia. 

A  S.  Costantino  di  Mileto  venne  trovato  anche  lo  Spìiaerechinus 
granulans.,  Lam.  lutlora  vivente  nel  Mediterraneo,  lungo  le  coste  di 
Africa,  del  Capo  Verde,  delle  isole  Canarie;  venne  citato  fossile  dal 
Seguenza  (1.  e.)  pel  quatornario  di  Reggio  Calabria,  e  pel  pliocene  su- 
pcriore di  Porto  d'Anzio  dal  Meli  (l.  e). 


1 


Echinodermi  foss.  pliocenici  (Atti  Soc.  Tose.   1880),  pag.  331. 
-  Echinodermi  e  altri  foss.  pliocenici  di  Anzio  (Boll.  R.  Com.  Geol.  1885), 
fase.  5,  6,  pag.  188. 

■*  Echiaidi  regolari  del  Piemonte  (in  eorso  di  stampa). 
*  Echinidi  regolari  del  Piemonte  (in  corso  di  stampa). 


ECHINIDI   POSTPLIOCENICI   DI   MONTELEONE   CALABRO.  /I 

Echinocyamus  pusillus,  Miill. 

1776.  Spatagus  pusillus,  Miill.,  Zool.  Dan.,  PI.  XGI,  fig.  5,  6. 
1875.  Echinocyamus  pusillus,  Agassiz,  Revision  of  the  Echini  (Loc.  cit.),  Ta- 
vola XI  e  XIII,  pag.  HI,  304,  505,  con  sinon. 

A  Filandari  oltre  VAì^bacina  monilis  si  rinvennero  anche  diversi 
esemplari  di  EcMii.  'pusillas^  Miill. 

Il  De  Stefani^  riferì  a  questa  specie  V  Echin.  siculus,  Agas.,  VFcJwh 
comjjlanatus^  Cost.,  VEchin.  granulosus,  Cost.,  Y Echin,  speciosm, 
Cost.,  VEchin.  jaortentosus.  Cost.,  e  il  Manzoni  (1.  e.)  V  Echin,  tran- 
sijlvanicus.  Labe;  -  ciò  credo  che  sia  stato  fatto  giustamente,  tanto 
più  che,  i  confronti  fatti  tra  esemplari  riferiti  alle  specie  distrutte,  e 
quelli  del  vero  Echin.  pusilluSj  Muli.,  hanno  dimostrato  non  essere  tra 
loro  differenza  alcuna. 

VEchin.  jpusillus,  Miill.  è  tuttora  vivente  nel  Mediterraneo  e  nei 
mari  del  nord,  allo  stato  fossile  venne  trovato  nel  quaternario  di  Reg- 
gio Calabria  (De  Stefani,  1.  e),  di  Garrubare  e  Ravagnese  (De  Ste- 
fano), 3  nel  pliocene  superiore  di  Porto  d'Anzio  presso  Roma  (Meli , 
1.  e),  di  Farnesina  pure  presso  Roma  (Airaghi),  ^  della  Sicilia  (Agassiz 
e  De  Stefani,  1.  e),  nelle  sabbie  gialle  di  Castellarquato  (Manzoni  e 
Vinassa,  1.  e),  nel  calcare  ad  Amphistegina  di  Parlaselo  e  S.  Fe- 
driano  (Manzoni,  1.  e),  nel  pliocene  dell'  isola  di  Pianosa  (Simonelli).  '' 


1  Escursione  scientifica  nella  Calabria  (Loc.  cit.),  pag.  237. 

-  Laube,  Die  Echinod.  der  oester.  ung.  aber  tertiàr.  1871,  Tav.  XVI,  fig.  4, 
pag.  61. 

3  Appondico  alla  Fauna  foss.  di  Morrocu  (Pùv.  Ital.  di  paleog.),  fascicolo  di 
dicembre,  1899. 

■^  Insieme  a  molti  esemplari  di  Echin.  pusillus  Muli,  il  prof.  Neviani  m' inviò 
anche  altri  echinidi  provenienti  dal  pliocene  di  Farnesina  :  Rabdocidaris  (radioli), 
Coptosoma  (radioli),  Psamìnechinus  cfr.  dubius,  Agas. 

^  Terreni  e  fossili  dell'isola  di  Pianosa  (Boll.  R.  Com.  Geol.  d'Italia,  N.  7 
1889),  pag.  228. 


72  e.   AIRAGHI. 

Echinolamxtcis  JECellei,  Val. 

1869.  Echinolarapis  Hellei,  Val.  Porier,  Pedic,  pag.  170. 
1875.  I)  »       Agassiz,  i?eymo/^  o/fAe  ^cAmi  (Loc.  cit.),  Tav.  XI, 

XIII,  pag.  115,  552,  con  sinonimia. 

Non  credo  sia  qui  necessario  dir  alcun  che  riguardo  alla  sinonimia 
alquanto  intrigata  di  questa  specie,  avendolo  già  fatto  in  un'  altra  mia 
nota.  1 

I  diversi  esemplari  che  riferisco  a  questa  specie,  trovati  alla  Cava 
di  Francica,  corrispondono  alla  descrizione  dell'Agassiz,  senonchù  sono 
di  dimensioni  minori  di  quello  figurato  dal  Des  Moulins  -  avvicinan- 
dosi invece  molto  di  più  a  quello  figurato  dall'Agassiz  nella  tav.  15.^ 

Questa  specie  venne  già  indicata  come  fossile  con  qualche  dubbio 
nella  panchina  quaternaria  di  Livorno  (Manzoni,  1.  e);  attualmente  vive 
nei  mari  del  Senegal. 

Urissopsis  lìjrifera,  Agas. 

18  i7.  Brissopsis  lyriphera,  Agassiz  e  Desor,  Catal.  rais.  (Ann.  Se.  ^'at.,  Vili), 

pag.  15. 
1872.         ))  I)  Agassiz  Al.,   Revision    of  the   Echini   (Loc.  cit.), 

Tav.  XIX,  XXI,  pag.  95,  594,  con  sinonimia. 
1897.         »  I)  Vinassa,  Échin.  neog.  del  Museo  parmense   (Loc. 

cit.),  pag.  16,  con  sinonimia. 

Un  esemplare  solo  raccolto  a   S.  Costantino  di  Milelo;  ò  piccolo  e 
subgloboso  tantoché  sarebbe  da  riferire  al  Brissopsis pulvinatm,  Pliil.,^ 


1  /)^W' Echinolampas  Laurillardi,  Agass.  Desor  (Rivista  Ital.  pai.,  fascicolo  di 
dicembre),  1899. 

2  Desmouhns,  Specif,  et  noms  leg.  de  sic   Echin.   (Act.   Soc.   Lin.  de  P<or- 
deaux),  1870. 

^  Vedi  in  proposito  De  Loriol,  Descript,  des  échin.  tert.  de  la  Suisse  (Móni. 
Soc,  de  phys.  de  la  Suisse,  1870),  Ttiv.  XXII,  pag.  98. 


EGHINIDI   POSTPLIOCENIGI   DI   MONTELEONE   CALABRO.  73 

se  non  sapessi  che  il  Brissopsis  pulvinatus  va  considerato  come  un 
nome  dato  per  doppio  impiego  agli  esemplari  giovani  e  subglobosi  del 
Brissopsis  lìjrifera^  Agas. 

Questa  specie  è  tuttora  vivente  nei  mari  del  nord  e  nel  Mediterra- 
neo ;  allo  stato  fossile  venne  trovata  nelle  sabbie  turchine  di  Castellar- 
quato,  a  Gastrocaro  (Manzoni  e  Vinassa,  1.  e),  nella  molassa  serpenli- 
nosa  della  collina  di  Bologna  (Manzoni),  ^  nella  molassa  marnosa  di  Salto 
presso  Montese  (Mazzetti).  ^ 

Brissiis  oblongus,  Wright. 

1855.  Brissus  oblongus,  Wright,  Foss.  Échinod.  Malta  (Ann.  Mag.  Nat.  Hist.), 

Tav.  V,  fig.  2,  pag.  184. 
1872.        ))  »  Gregory,  On  the  malt.  foss.  echinod.  (Trans,  of  the  R. 

Soc.  of  Edinburgh),  pag.  620,  con  sinonimia. 

Specie  comune  alle  Cave  di  Francica  e  a  S.  Costantino  di  Mileto. 
Ftii  dapprima  in  dubbio  se  i  miei  esemplari  si  dovessero  riferire  al 
Brissus  oblongus,  Wrigh.  o  al  Brissus  Nicaisei^  Peron  Gaut.,  ^  o  al 
Brissus  unicolor.,  Klein.,  specie  tutte  molto  affini  tra  loro;  ma  essi  si 
presentano  in  rapporto  al  Brissus  Nicaisei  d'una  forma  più  stretta, 
più  alta,  dall'apice  meno  spostato  all'avanti  ;  in  rapporto  al  Brissus 
miicolor  di  dimensioni  più  piccole  e  d'una  forma  molto  più  stretta  e 
liiuga. 

Fossile  venne  trovato  nel  miocene  di  Malta  (Wright.,  1.  e). 


^  Echinod.  della   Moli.  serf,  e  swppl.  agli  echin.  dello  Schlier  della  coli. 
di  Bologna  (Deuts.  des  k.  k.  Akad.  der  Wiessen.  Bd.  XXXXII,  1880),  pag.  6. 

2  Cat.  degli  echin.    della   coli.   Mazzetti   (Mera.  R.   Acc.  di  Modena,  1896), 
pag.  27. 

3  Vedi  GoTTEAU,  Échinides  foss.  de  l'Algerie,  Paris,  1891,   Tav.  II,  fig.  1, 
pag.  90. 


74  .   AIRAGHI.    CEGHINIDl    POSTPLIOCENIGI,    ECC. 

Spatangus  purpui*eus,  Miill. 

1776.  Spatangus  purpureus,  Miiller,  Zool.  Dan.,  PI,  VI. 
1889.        »  »  Simonelli,  Terr,  e  foss.  dell'isola  di  Pianosa  (Loc. 

cit.),  pag.  218,  con  sinonimia. 

A  S.  Gostantiuo  di  Mileto  è  pure  comune  lo  Spatangus  purpureus, 
Milli.,  specie  tuttora  vivente  nel  Mediterraneo,  e  trovata  allo  stato  fos- 
sile nel  pliocene  di  Usigliano  dei  Lari  sulle  Colline  di  Pisa  (Manzoni, 
1.  e),  nel  pliocene  dell'isola  di  Pianosa  (Simonelli,  1.  e),  nella  pan- 
china quaternaria  di  Livorno  (Manzoni,  1.  e),  di  Reggio  Calabria  (Se- 
quenza, 1.  e),  e  infine  secondo  Mazzetti  ^  anche  nel  miocene  di  Montese. 

Milano  (Museo  Civico),  febbraio  1900. 


1  Echinid.   foss.  di  Montese  (Atti  della  Soc.    dei  Nat.   di  Modena,  1881), 
Tav.  II,  fig.  4,  pag.  7. 


Seduta  del  17  dicembre  1899. 


ORDINE    DEL    GIORNO 


1.**  Nomina  del  Presidente. 

2."  Ammissione  di  nuovi  soci. 

S.**  Comunicazioni  della  Presidenza. 

4.°  Sop^a  una  specie  di  Ibis  che  avrebbe  abitato  l'Europa  nei  se- 
eoli  scorsi.  —  Comunicazione  del  socio  prof.  G.  Martorelli. 

5.°  Sul  Sorex  intermedins  di  Cornalia.  —  Comunicazione  del  socio 
prof.  F.  Sordelli. 

Letto  ed  approvato  il  verbale  della  seduta  antecedeiite,  vennero  ac- 
cettati ad  unanimità  i  nuovi  soci: 

Sig.  Marco  De  Marchi 
Dott.  Alberto  Noelli 

quindi  il  Vice  Presidente  invita  1'  assemblea  a  procedere  alla  elezione 
del  nuovo  Presidente  e  risulta  eletto  il  socio 

Sen.  Edoardo  Porro. 

Seguono  le  annunziate  comunicazioni  dei  soci  prof.  Sordelli  e  Marto- 
relli, terminate  le  quali,  l'ordine  del  giorno  rimane  esaurito. 
Letto  ed  approvato. 

Jl  Presidente 
EDOARDO  PORRO. 

Il  Segretario 
Giacinto  Martorelli. 


Seduta  del  28  gennaio  1900. 


ORDINE   DEL    GIORNO  I 

ì."  ComimicasÌQni  della  Presidenza. 

2.°  Nomina  di  nuovi  soei. 

3."  Bilancio  consuntivo  del  1899  e  Bilancio  preventivo  pel  1900 
(Art.  30  del  Regolamento). 

4."  Nomina  della  Commissione  amministrativa  e  del  Cassiere  (Ar- 
ticoli 46  e  49  del  Regolamento). 

ó.o  1  Crinoidi  del  Terziario  torinese.  —  Comunicazione  del  socio 
dott.  Alberto  Noelli. 

11  nuovo  Presidente,  sen.  Edoardo  Porro,  apre  la  seduta  rivolgendo 
brevi  parole  all'assemblea  che  nella  seduta  precedente  lo  ha  eletto,  as- 
sicurando che  si  adoprerà  con  ogni  suo  mezzo  onde  far  sempre  più 
prosperare  la  Società. 

Propone  quindi  la  nomina  a  socio  olfetiivo  del 

Sig.  Cesare  Eugenio  Davicino 

che  viene  accettato,  e  subito  dopo  si  dà  lettura  dei  bilanci:  Consuntivo 

dell'anno  1899  e  preventivo  per  l'anno  1000  che  vengono  approvati. 

Seguono  le  nomine  della  Commissiono  amministrativa  e  del  Cassiere, 


SEDUTA   DEL  28  GENNAIO    1900.  77 

a  termini  dell'art.  46  e  49  del  Regolamento,  e  risultano  nominati  :  per 
la  Commissione  amministrativa,  i  soci 

Conte  Giberto  Borromeo 

Ing.  cav.  Giuseppe  Gargantini-Piàtti 

Comm.  prof.  Tito  Vignoli 

March.  Luigi  Crivelli 

Dott.  Cristoforo  Bellotti 

come  cassiere  viene  nominato  il  socio 

Vittorio  Villa. 

Comunicato  tale  risultato  della  elezione,  il  Presidente  invita  il  socio 
dott.  Alberto  Noelli  a  svolgere  la  propria  comunicazione  intorno  ai 
Criìioidi  del  Terziario  Torinese,  dopodiché  viene  tolta  la  seduta. 

Letto  ed  approvato. 

Il  Presidente 
EDOARDO  PORRO. 

//  Segretario 
Giacinto  Martorelli. 


Seduta  del  18  marzo  1900. 


ORDINE   DEL   GIORNO 


1.»  Comunicazioni  della  Presidenza. 

2.*'  Proposta  di  nuovi  soci. 

3.°  Completamento  del  Bollettino  di  Paletnologia. 

4.<*  Sulla  Fauna  fossile  della  grotta  di  S.  Dona  di  Lamon.  — 
Comunicazione  del  dott.  Giorgio  Dal  Piaz. 

5."  Catalogo  della  Raccolta  dei  Protozoari,  Vermi  ed  Artropodi 
del  Museo  Civico  di  Venezia.  —  Comunicazione  del  socio 
Conte  Emilio  Ninni. 

6.°  Echinofauna  postpliocenica  di  Monteleone  Calabro.  —  Comu- 
nicazione del  dott.  C.  Airaglii. 

Apre  la  seduta  il  Vico-Presidente  prof.  F.  Salmojraghi  iu  nome  del 
Presidente  che  non  può  intervenire  essendo  chiamato  altrove. 

Si  legge  e  si  approva  il  Verbale  della  precedente  seduta  e  si  ac- 
coglie ad  unanimità  di  voti  la  proposta  di  nomina  a  nuovi  soci  effet- 
tivi dei  signori: 

Prof.  Alessandro  Malladra 
Dott.  Giorgio  Dal  Piaz. 

11  Vice-Presidente  propone,  su  domanda  del  socio  P.  Castelfranco,  il 
completamento  del  Bollettino  di  Paletnologia  eh'  era  rimasto  interrotto 
e  l'assemblea  approva  la  proposta;  quindi  aiiiiauzia  la  perdila  di  uno 
dei  jiiù  antichi  soci  nella  persona  del  march.  Norberto  del  Majno  testò 


SEDUTA    DEL    18    MARZO    1900.  79 

deceduto  e  di  cui  sono  noti  gli  studi  fatti  in  alcuni  rami  della  Storia 
Naturale  ed  uno  particolarmente  sui  Leiìldotteri  del  Pavere. 

Il  socio  prof.  Sordelli  presenta  un  breve  lavoro  del  dott.  Giorgio  Dal 
Piaz  Sulla  Fauna  fossile  della  grotta  di  S.  Bona  di  Lamon  pro- 
posto dal  socio  prof.  Giovanni  Omboni  e  che  viene  pubblicato  negli 
Atti. 

Segue  la  comunicazione  del  Conte  Emilio  Ninni  Sui  Vermi  e  gli 
Artropodi  del  Museo  Civico  di  Venezia  e  infine  il  socio  prof.  C.  Ai- 
raghi  svolge  la  sua  comunicazione  Sulla  Echinofauna  postpUocenica 
di  Monteleone  Calabro,  dopodiché  è  tolta  la  seduta. 

Letto  ed  approvato. 

Il  Presidente 
EDOARDO  PORRO. 

Il  Segretario 
Giacinto  Martorelli. 


SULLA 
COMPOSIZIONE  MINERALOGICA  DELLE  SABBIE  DEL  FIUME  SERIO. 

Nota  del  socio 
Prof.   Italo   Clielussi. 


Le  sabbie  di  questo  fiume  furono  da  me  raccolte  in  due  località 
lungo  il  suo  percorso  ;  cioè  a  monte  in  Val  Seriana,  tra  i  paesi  di 
Nembro  e  di  Alzano  ed  a  valle,  in  pianura  nelle  vicinanze  della  città 
di  Crema  e  tra  questa  e  il  bosco  Allocchio. 

Esse  furono  dapprima  sommariamente  esaminate,  previa  un'accurata 
lavatura,  in  preparazioni  fatte  coli' essenza  di  garofani;  quindi  per 
mezzo  della  soluzione  del  Thoulet  furono  separati  gli  elementi  di  di- 
versa densità. 

Sabbie  dì  Val  Seriana  tra  Alzano  e  Nembro. 

Hanno  colore  da  grigio  chiaro  a  grigio  rossiccio,  con  frequenti  pa- 
gliuzze di  mica. 

I  minerali  che  le  costituiscono  sono  i  seguenti: 

Calcite  e  dolomite.  —  Abbondantissima  in  granuli  ed  anche  in  so- 
lidi di  sfaldatura,  biancastri  o  giallastri  per  inquinazione  ;  costituiscono 
si  può  dire,  la  quasi  totalità  di  queste  sabbie. 

Magnetite  e  ilmenite.  —  Discretamente  abbondanti. 

Voi.  XXXIX.  6 


82        •  I-    CHELUSSI. 

Rutilo.  —  Abbastanza  raro  in  granuli;  si  trova  anche  come  inclu- 
sione in  qualche  altro  elemento,  specie  nel  granato. 

Quarzo.  —  Non  frequente. 

Feldspati.  —  Scarsi  e  quasi  sempre  alterati. 

Anfiholi.  —  a)  Orneblenda  verde  scura; 

b)  Orneblenda  verde  chiara,  con  pleocroismo  dal  verde  al  giallo 
chiaro  o  al  verde  azzurrastro; 

e)  Attinolite  con  pleocroismo  dal  verde  chiaro  al  verde  vivace. 

Questi  anfiboli  sono  abbastanza  frequenti. 

Granato.  —  Limpido,  rosso  chiaro  o  giallo  chiaro;  molto  scarso. 

Zircone.  —  Non  raro  e  sempre  in  nitidi  cristallini  fortemente  bi- 
rifrangenti. 

Epidoto.  —  Frequente  in  grandetti  pleocroici. 

Tormalina.  —  È  caratteristica  delle  sabbie  del  Serio  per  la  sua 
relativa  frequenza.  È  quasi  sempre  in  cristalli  pleocroici  in  generale 
dall'incolore  al  bruno  tabacco,  più  raramente  e  specialmente  alle  estre- 
mità del  cristallino  dall' incoloro  a  bleu  cupo. 

Staurolite.  —  Riconoscibile  al  pleocroismo  speciale,  è  scarsissima 
in  queste  sabbie. 

Miche.  —  Non  scarse. 

Glorile.  —  Scarsa. 

Serpentino.  —  Molto  raro. 

Apatite.  —  Non  rara  in  nitidi  cristallini. 

Pirite.  —  Rarissima. 

Da  questo  esame  microscopico  si  potrebbero  dedurre  per  le  sabbie 
del  Serio,  nella  prima  parto  del  suo  corso,  i  seguenti  caratteri: 
1."  Prevalenza  assoluta,  nella  loro  composizione,  dei  carbonati. 
2."  Grandissima  povertà  di  elementi  pesanti. 
3."  Relativa  frequenza  della  tormalina. 


SULLA    COMPOSIZIONE  MINERALOGICA  DELLE  SABBIE   DEL    FIUME   SERIO.   83 

f 

Sabbie  del  Serio  in  pianura  Crema 

(tra  Crema  e  il  bosco  AUocchio). 

I  caratteri  macroscopici  di  queste  sabbie  non  presentano  dilTerenze 
notevoli  da  quelle  di  Nembro  e  di  Alzano  ;  ma  nella  composizione  mi- 
neralogica offrono  maggior  varietà  e  quantità  di  elementi.  Infatti,  ad 
eccezione  forse  della  pirite,  vi  appariscono  tutti  i  minerali  delle  sabbie 
della  Val  Soriana;  però  mentre  alcuni  di  essi,  come  la  tormalina  e  l'e- 
pidoto, si  mantengono  in  quantità  presso  a  poco  costante,  altri  invece, 
come  il  granato  e  in  modo  speciale  la  staurolite,  crescono  in  quantità 
notevolissima;  inoltre  si  possono  osservare  i  minerali  seguenti,  non  tro- 
vati nelle  sabbie  raccolte  in  Val  Soriana  : 

Tremolite.  —  Non  è  troppo  scarsa;  però  sempre  molto  meno  ab- 
bondante degli  altri  anfiboli. 

Sillimanite.  —  Rara  in  aggregati  formati  di  fasci  di  fibre. 

Iper^tem.  —  Raro,  riconoscibile  per  il  pleocroismo  dal  giallo  ros- 
sastro al  verde. 

Andaludte.  —  Pure  rara  con  pleocroismo  evidente  dal  rosso  san- 
gue chiaro  quando  la  direzione  di  allungamento  del  granulo  è  paral- 
lela alla  sezione  principale  del  polarizzatore  ed  incoloro  in  direzione  a 
questa  normale. 

Zoisite.  —  Rarissima. 


Questi  in  complesso  sarebbero  i  resultati  dell'  analisi  delle  sabbie 
del  Serio  ;  le  conclusioni  che  se  ne  potrebbero  dedurre  sarebbero  a  pa- 
rer mio  le  seguenti; 

I.  Le  sabbie  del  Serio  conservano  in  tutto  il  loro  percorso  fino  a 
Crema  i  loro  caratteri  tipici,  cioè  ricchezza  di  carbonati,  abbondanza 
di  tormalina  e  povertà  di  elementi  pesanti. 


84  I.    GHELUSSI.   SULLA.   COMPOSIZIONE   MINERALOGICA,    ECC. 

II.  L'arricchimento  in  qualità  e  quantità  delle  sabbie  di  Crema 
induce  a  supporre  uu  rimaneggiamento  di  terreni  d'alluvione,  però  non 
tanto  forte  da  far  perdere  alle  sabbie  del  Serio  le  loro  caratteristiche. 

IH.  La  mancanza  assoluta  della  cianite  e  specialmente  del  glau- 
cofane  escluderebbero  almeno  fino  a  Crema  e  per  la  parte  superficiale, 
che  le  alluvioni  rimaneggiate  appartenessero  ad  alluvioni  di  Po;  non 
è  quindi  verosimile  che  le  pagliuzze  d'oro  che  in  vari  luoghi  si  estrag- 
gono con  la  lavatura  delle  sabbie  del  Serio  siano  dovute  a  rimaneg- 
giamento da  parte  di  questo  fiume,  di  antiche  alluvioni  padane. 

Milano,  Museo  Civico,  luglio  1899. 


ACQUA  DELLA  FONTANA  DELLA  REGLNA 
PRESSO  L'ALBERGO  PANORAMA,  SOPRA  STRESA. 

Nota  del  socio 
Prof.  Ing.  Molinari  Francesco. 


Generalità.  —  Acqua  potabile  eccellente,  limpidissima,  fresca,  a  cui 
si  attribuiscono  prodigiose  virtù  terapeutiche,  confermate  da  lunga  espe- 
rienza. Giova  specialmente  per  gastricismi  cronici  e  per  inappetenza. 
La  sua  temperatura  fu  trovata  di  10°  centigradi,  il  28  settembre  1897, 
giorno  in  cui  ne  presi  un  fiasco  e  poi  ne  eseguii  l'analisi  nel  gabi- 
netto di  chimica  del  R.  Istituto  Tecnico  superiore  di  Milano,  per  gentile 
concessione  dell'esimio  prof.  L.  Gabba. 


Analisi  qualitativa  e  quantitativa. 

1.''  Ricerca  dei  cloruri  e  dell'acido  cloridrico.  —  ce.  50  di 
acqua,  "•  trattata  con  qualche  goccia  di  acido  nitrico  e  nitrato  d'argento, 
non  dà  precipitato  e  quindi  si  escludono  i  cloruri  e  l'acido  cloridrico. 


2.'^  Ricerca  dei  solfati.  —  e.  e.  50  di  acqua,  coli' aggiunta  di 
acido  cloridrico  e  cloruro  di  bario,  dà  leggerissimo  precipitato  bianco, 
quasi  insignificante;  ciò  che  indica  la  presenza  di  tracce  di  solfati. 


1  e.  e.  indica  centimetri  cubici. 


86  F.    MOLINARI. 

3.°  Pdeerca  dei  nitrati.  —  A  e.  e.  30  di  acqua  furono  ag- 
giunti e.  e.  20  di  SO^H^  concentrato  e  poi  tintura  d' indaco  sciolta  in 
S0'''H2.  Il  liquido  rimase  colorato  azzurro  e  per  ciò  l'acqua  è  priva 
di  acido  nitrico  e  di  azotati. 


4.°  Ricerca  del  ferro.  —  e.  e.  100  di  acqua,  acidificata  e  bol- 
lita con  poche  goccio  di  acido  nitrico  ed  acido  solforico,  quindi  trat- 
tata con  solfocianuro  di  potassio,  dà  lievissima  colorazione  rossa;  ciò 
che  prova  la  presenza  di  Iraccie  di  ferro.  Si  vedrà  più  avanti  in  che 
proporzione  è  contenuto  il  ferro  ed  in  quale  presumibile  stato. 


5.°  Dosatura  delle  sostanze  organiche.  —  A  e.  e.  100  di  ac- 
qua aggiunsi  1  ce.  di  idrato  di  soda  e  poi  ce.  10  di  soluzione  ti- 
tolata di  permanganato  di  potassio  (gr.  0.3 IC  di  permanganato  di  po- 
tassio per  1  litro  di  H-0).  Previa  bollitura  per  10  minuti,  aggiunsi 
ce  5  di  S0''H2,  diluito  (p.  1  di  SO^H^  e  p.  3  di  H^O)  e  quindi 
ce  10  di  soluzione  titolata  di  acido  ossalico,  che  decolorò  la  massa 
liquida.  Aggiunsi  di  nuovo  soluzione  titolata  di  permanganato,  sino  a 
produrre  accenno  a  colorazione  rossa.  Di  questa  soluzione  ne  occorsero 
C.C.  2,1  e  cioè  occorse  gr.  0,000316  x  2,1  di  permanganato  di  po- 
tassio decomposto  per  ogni  litro  di  acqua,  ossia  gr.  0,006636. 

Richiamo  la  reazione  2  .  MnO''K  =  K2  0  -f  2  .  Mu  0  4-  0"'  ;  come  ri- 
chiamo i  seguenti  pesi  atomici  e  molecolari  : 

O'zrz'óX  16  =  80 

2.KMnO^  =  2x(39  +55  4-  4  x  16)  =  316. 

Golia  seguente  proporzione  calcolo  l'ossigeno  consumato  per  ossidare 
le  sostanze  organiche. 

316  di  permanganato  di  potassio  :  80  di  ossigeno  =  0.006636  :  .2; 

80  X  0.006636       ^^^^^.^ 

x=i — =0.00168. 

316 


ACQUA    DELLA    FONTANA    DELLA    REGINA,    ECC.  87 

Ogni  litro  d'acqua  contiene  tale  quantità  di  sostanze  organiche  che 
richiedono  gr.  0.00168  di  ossigeno  per  essere  ossidate.  Questa  quan- 
tità ò  nei  limiti  di  una  buonissima  acqua  potabile.  Si  considerano  an- 
cora come  potabili,  per  riguardo  alle  sostanze  organiche,  le  acque  che 
richiedono  sino  gr.  0.0025  di  ossigeno  per  litro  di  acqua. 

6.°  Ricerca  dell'ammoniaca.  —  A  e.  e.  50  di  acqua  aggiungo 
e.  e.  2  di  G03  Na2  al  10  Vo  ^d  1  e.  e.  di  idrato  di  soda  (p.  1  di 
soda  e  p.  2  di  acqua).  Dopo  24  ore  decanto  il  liquido  limpido  a  cui 
aggiungo  e.  e.  1  di  reattivo  di  Nessler,  il  quale  produsse  un  lieve  ac- 
cenno di  colorazione  gialliccia.  Questo  fatto  prova  la  presenza  di  trac- 
cia di  ammoniaca,  tuttavia  non  si  può  ammettere  la  presenza  dell'am- 
moniaca senza  ripetere  la  prova  su  acqua  appena  tolta  dalla  fonte. 
L'acqua  adoperata  per  la  suddetta  prova  è  rimasta  per  molti  giorni 
nel  laboratorio  di  chimica  scoperchiata  e  per  ciò  si  deve  presumere 
che  abbia  assorbito  ammoniaca  dall'ambiente.  Con  ulteriori  ricerche, 
fatte  sull'acqua  appena  presa  dalla  fonte,  ho  potuto  constatare  che 
l'ammoniaca  manca  completamente. 


Ricerca  generale  quantitativa. 

Opero  su  litri  1.90  di  acqua  e  con  una  capsula  di  platino  del  peso 
di  gr.  88.921. 

Determinazione  del  residuo.  —  Procedo  all'evaporazione  di  tutta 
la  suddetta  acqua  a  bagno  maria  e  capsula  di  platino;  essiccato  il  re- 
siduo in  stufa  a  105^  trovo  il  peso  della  capsula  col  residuo  di 
gr.  89.00,  per  cui  il  peso  del  residuo  è  di  gr.  0.079  per  litri  1.90 
di  acqua  e  gr.  0.04158  per  un  solo  litro  d'acqua.  Portato  questo  re- 
siduo in  stufa  a  180°  per  circa  2  ore,  verificai  una  perdita  di  peso 
di  gr.  0.002,  perdita  poco  sensibile,  dovuta  a  sostanze  volatili. 

Ciò  fatto  arroventai  la  capsula  di  platino  ed  il  residuo  sino  al 
bianco,  poi  aggiunsi  C0'(NH^)2,  arroventai  di  nuovo  per  qualche  mi- 


88  F-    MOLINARI. 

mito  0  pesai,  trovando  una  diminuzione  di  gr.  0.018  complessivamente, 
ossia  diminuzione  di  peso  di  gr.  0.009470  per  litro. 


Ricerca  della  silice.  —  Il  suddetto  residuo  fu  trattato  con  acido 
cloridrico  concentrato  e  poi  ridotto  a  secco,  in  stufa  a  120°.  Ripreso 
il  residuo  in  HGl  ed  acqua  calda,  filtrai,  raccogliendo  la  silice,  la  quale 
risultò  di  gr.  0.016  per  litri  1.90,  ossia  gr.  0.0084  per  ogni  litro 
d' acqua. 


Ricerca  del  ferro.  —  Il  liquido  filtrato,  addizionato  di  poche 
goccie  d'acido  nitrico  a  caldo  o  poi  bollito  con  ammoniaca,  diede  pre- 
cipitato di  ossido  di  ferro,  il  cui  peso  è  risultato  di  gr.  0.003  per 
litri  1.9  e  gr.  0.0016  per  litro. 

La  presenza  del  ferro  fu  messa  in  evidenza  anche  colla  reazione  del 
solfo  cianuro  potassico. 

Posto  che  il  ferro  si  trovi  allo  stato  di  SO-*  Fé,  si  può  dire  che 
gr.  0.0016  di  Fe^O^  corrispondono  a  gr.  0.0014  di  solfato  ferroso. 


Dosatura  della  calce.  —  Eliminato  il  ferro,  il  liquido  fu  addi- 
zionato di  ammoniaca  ed  ossalato  ammonico,  precipitando  l'ossalato  di 
calce,  che  raccolto,  lavato,  essiccato  secondo  le  regole,  fu  addizionato 
di  SO-^  IP  per  ridurre  la  calce  allo  stato  di  solfato,  il  cui  poso  risultò 
di  gr.  0.021  per  litri  1.90,  e  di  gr.  0.011  per  litro.  Grammi  0.011 
di  SO^Ca  corrispondono  a  gr.  0.008  di  GaCO^  per  ogni  litro  d'acqua. 


Ricerca  della  magnesia.  —  Il  liquido,  privato  della  calce,  fu 
ridotto  a  secco  a  bagno  maria  e  poi  in  stufa  sino  a  cominciare  lo  svi- 
luppo dei  fumi  ammoniacali,  infine  fu  calcinato  il  residuo,  il  quale  fu 
ripreso  con  acqua  calda  ed  II  CI  e  trattato  successivamente  con  acqua 
di  barite  sino  a  reazione  alcalina.  Tutto  il  precipitato,  che  comprende 
anche  la  magnesia,  fu  raccolto  in  filtro,  poi  lavato  sino  che  passa  liquido 


ACQUA  DELLA  FONTANA  DELLA  REGINA,  ECC.  89 

non  più  alcalino.  Questo  precipitato  fu  trattato  con  SO-^  H^  diluito  (p.  1 
di  SO'^H^  con  3  di  H-0);  così  si  scioglie  la  magnesia  e  rimane  sul 
filtro  la  barite.  Lavai  con  acqua  calda  sino  che  non  passò  più  liquido 
acido.  Questo  liquido  fu  addizionato  di  fosfato  sodico  e  di  ammoniaca 
per  precipitare  il  fosfato  ammonio  magnesiaco.  Riscaldai  e,  dopo  circa 
20  ore,  ho  raccolto  il  precipitato  cristallino  su  filtro,  lavandolo  poi  con 
acqua  ammoniacale  (p.  1  di  NH^  4-  p.  3  di  H^  0)  sino  che  il  filtrato, 
provato  con  H  CI  e  GÌ-  Ba,  non  dà  più  precipitato  di  SO-^  Ba. 

Il  precipitato,  essiccato,  bruciato  il  filtro,  fu  calcinato  per  ^/g  ora  e 
poi  pesato  allo  stato  di  pirofosfato  di  magnesio  (Mg^  PO^). 

Peso  del  pirofosfato  di  magnesio  gr.  0.018  per  litri  1.90,  ossia 
gr.  0.00947  di  pirofosfato  di  magnesio  per  litro  d'acqua.  Ma  la  ma- 
gnesia deve  trovarsi  nell'  acqua  allo  stato  di  Mg  CO^  ;  per  ciò  trovo  a 
quanto  carbonato  di  magnesia  corrispondono  gr.  0.00947  di  pirofosfato 
di  magnesio.    ■ 

Mg^W.2(MgC03_)_                             168x0.00947  _ 
-jgj-.-^^jg-- 0.00947.^    X- -^^ -0.0083, 

ossia  gr.  0.0083  di  CO^  Mg  per  ogni  litro  d'acqua. 


Ricerca  degli  alcali.  —  Il  liquido  spogliato  dolla  magnesia,  colle 
relative  acque  di  lavaggio,  fu  trattato  con  CO^  (NH-^)^  per  precipitare  la 
barite  allo  stato  di  GO^  Ba.  Raccolto  questo  precipitato  colla  filtrazione, 
concentrai  il  liquido  in  capsula  di  porcellana,  poi  fu  ridotto  a  secco  in 
capsula  di  platino  e  fatto  la  calcinazione  per  scacciare  i  sali  ammonia- 
cali. Ripreso  questo  residuo  con  HGl  ed  acqua,  evaporai  di  nuovo  a 
secco  in  stufa  a  150°. 

Procedendo  in  tale  modo  ho  pesato  poi  le  sostanze  alcaline  allo  stato 
di  cloruri  e  trovai:  peso  sostanze  alcaline,  cioè  cloruro  di  potassio  e  di 
sodio  gr.  0,033  per  litri  1.90  di  acqua,  ossia  gr.  0.0173  per  litro  di 
acqua.  La  presenza  del  cloruro  di  sodio  si  può  constatare  facilmente.  In- 


90  F.    MOLINARI. 

fatti  la  sostanza  alcalina,  introdotta  in  una  fiamma,  la  colora  in  giallo 
caratteristico  pel  sodio. 

Supponendo  dunque  trattarsi  di  cloruro   di  sodio,   trovo   il  corri- 
spondente CO^  Na2  nel  seguente  modo  : 

2  .  GÌ  Na  corrispondono  a  CO'  Na^  ; 


quindi  : 


da  cui: 


117:106  =  0.0173:^'; 
lOG  X  0.0173 


117 


r=  0.0156, 


ossia  gr.  0.0156  per  ogni  litro  d'acqua. 


Con  questo  supposto  si  trova  perfetta  corrispondenza  fra  la  somma 
delle  varie  sostanze  fìsse  ed  il  peso  del  residuo  di  un  litro  d'acqua,  ve- 
rificato in  gr.  0.04158  ;  ma  bisogna  verificare  se  la  soda  si  trova  nella 
suddetta  proporzione  ed  allo  stato  di  carbonato,  ciò  che  è  probabile  ;  ma 
non  ancora  verificato. 


Riassunto  della  precedente  analisi  per  un  litro  di  acqua.  —  Sostanze 
minerali: 


Carbonato  di  calcio 
Idem  di  magnesio    . 
Idem  di  sodio     .     . 
Silice  (Si -02)      .     . 
Solfato  di  ferro  .     . 

Totale 

Peso  del  residuo  trovato,  come  retro, 
per  litro 


gr.  0.0080 

r  0.0083 

«  0.0156 

«  0.0084 

'\  0.0014 

irr.  0.0417 


ar.  0.04158 


ACQUA  DELLA  FONTANA  DELLA  REGINA,  ECC.  91 

e  quindi  si  riscontra  perfetto  accordo,  essendo  affatto  trascurabile  la  dif- 
ferenza di  gr.  0.00012,  da  attribuirsi  a  perdite  ed  a  errori. 

Come  è  facile  rilevare  mancano  i  cloruri,  l' ammoniaca,  i  nitrati  ;  sono 
scarsissimi  i  solfati  ;  le  sostanze  organiche  sono  nei  limiti  di  una  buo- 
nissima acqua  potabile  purissima,  come  è  nei  limiti  di  una  buonissima 
acqua  potabile  il  complesso  delle  sostanze  minerali  residue  trovate  nella 
misura  di  gr.  0.04158  per  litro. 

Conclusione.  —  L'acqua  della  fontana  della  Regina  è  ferruginosa, 
alcalina,  magnesiaca,  ricca  di  anidride  carbonica,  e  quindi  in  buone  con- 
dizioni per  favorire  la  digestione.  La  presenza  del  ferro  la  rende  molto 
utile  anche  per  cure  ricostituenti.  Ciò  giustifica  i  prodigiosi  risultati  te- 
rapeutici che  si  ottengono  con  essa;  fatti  da  me  constatati  con  osserva- 
zioni continuate  per  molti  anni  e  che  mi  decisero  a  pubblicare  questo 
modesto  lavoro. 

L'acqua  della  Fontana  della  Regina  è  una  ricchezza,  rimasta  dimen- 
ticata, come  tante  altre,  in  una  delle  nostre  più  belle  località  per  cura 
climatica,  sul  fianco  del  Motterone  sopra  Stresa,  e  mi  pare  conveniente 
di  segnalarla  ai  medici,  perchè  venga  meglio  utilizzata. 

Milano,  20  maggio  1900. 


r  METODI  GRAFICI 
NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE  DEGLI  ANIMALI. 

Nota  della 
Dott.  Zina  Leardi  Air  aghi. 

(Con  due  tavole.) 


Lo  studio  della  distribuzione  geografica  degli  animali,  che  costituisce 
ormai  una  scienza  d'alta  importanza,  nulla  ha  di  comune  colle  divi- 
sioni continentali,  costituite  dai  geografi.  Le  divisioni  della  geografia 
fisica  sono  fondate  sulla  distribuzione  dei  mari  e  dei  continenti,  sulla 
distribuzione  delle  specie  umane,  sulle  relazioni  politiche  e  commer- 
ciali delle  singole  regioni  ;  sono  divisioni  fatte  essenzialmente  per  l'uomo, 
venuto  ultimo  sulla  superficie  terrestre.  Le  divisioni  zoogeografiche  che 
distinguono  le  singole  regioni,  in  cui  il  corologo  divide  la  superficie 
del  globo,  si  riferiscono  all'epoca  d'apparizione  degli  animali  sulla  fac- 
cia della  terra  ed  alla  distribuzione  diversa  dei  mari  e  dei  continenti 
dell'epoca  stessa.  Così  mentre  la  distribuzione  dei  Mammiferi  e  degli 
Uccelli  ricostituisce  in  una  certa  misura  e  secondo  linee  generali,  i 
continenti  dell'epoca  terziaria,  la  divisione  dei  Rettili,  Anfibi  e  Pesci 
ricorda  la  geografia  secondaria  ed  i  Molluschi  e  gli  Artropodi  accen- 
nano ai  limiti  generali  dell'epoca  primaria. 

Ma  se  nessuna  comunanza  esiste  tra  la  geografia  fisica  e  la  coro- 
logia nel  senso  della  distribuzione  dei  continenti,  regioni,  mari,  grande 
rassomiglianza  esiste  invece  nel  metodo  di  studio  dell'una  e  dell'altra 
scienza,  sopratutto  in  quella  parte  che  di  comune  chiamano  cartografia. 


94  ZINA    LEARDI    AIRAGHI. 

Per  rappresentare  le  Regioni  e  le  Sottoregioni  corologiche,  stabilite 
da  AVallace  e  da  Trouessart,  si  usa  il  planisfero  di  Mercatore  come 
il  più  comodo  di  tutti  i  planisferi. 

Ma  pur  tornando  piiì  d' ogni  altro  opportuno  esso  presenta  l' incon- 
veniente di  rappresentare  l'America  a  sinistra  dell'antico  continente,  di 
modo  che,  mentre  l'Oceano  Atlantico  è  rappresentato  per  intero,  l'Oceano 
Pacifico  è  diviso  in  due  porzioni. 

Questa  disposizione  ù  opportunissima  in  uua  carta  di  geografìa  po- 
litica e  commerciale;  le  relazioni  di  navigazione  attraverso  l'Atlantico 
sono  assai  maggiori  di  quelle  che  esistono  attraverso  il  Pacifico.  Per 
una  carta  di  geografia  zoologica  questa  disposizione  non  quadra. 

Infatti  osservando  nell'emisfero  Nord  il  quasi  congiungimento  del- 
l'America coll'Asia,  mediante  Kamciatca,  Alaska  e  le  isole  Aleutine 
e  tenendo  conto  delle  relazioni  corologiche  che  esistono  tra  i  due  con- 
tinenti, che  il  l'ianisfero  di  Mercatore  taglia  in  modo  indeterminato, 
si  comprende  come  sia  necessario  di  usare  nella  rappresentazione  gra- 
fica delle  PiGgioni  e  Sottoregioni  un  planisfero  il  cui  centro  sia  occu- 
pato dall'Oceano  Pacifico,  tanto  più  che  l'Atlantico  così  diviso,  i  cui 
limiti  estremi  passino  tra  la  Groenlandia  e  l'Islanda,  non  divido  nessuu 
continente   importante,  non  taglia  nessun  rapporto  naturale. 

Le  singole  regioni  si  distinguono  o  colorandole  con  tinte  diverse  o 
mediante  tratteggi  tirati  nel  senso  della  latitudine  o  della  longitudine 
od  obliqui  da  sinistra  a  destra  o  da  destra  a  sinistra.  Talvolta  si  ac- 
coppiano tratteggi  disposti  in  direzione  diversa  fino  a  tanto  che  chia- 
ramente si  possono  indicare  le  singole  regioni  e  le  sotto  regioni.  È  indi- 
spensabile in  questo  metodo  di  tratteggi  segnare  il  confine  delle  regioni 
e  sottoregioni  con  linee  di  confine  continuate  o  composte  di  serie  di 
punti,  di  lineo,  o  di  segni  secondo  che  riescono  opportuni. 

Tanto  le  carte  delle  regioni  come  quelle  delle  sottoregioni,  quanto 
quelle  di  località  speciali  devono  essere  mute,  portare  tutt'al  più  le  in- 
dicazioni della  geografia  fisica:  monti,  fiumi,  ecc. 


I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,   ECC.         95 

Nulla  importando  alla  zoogeografia  il  confine  politico  ed  amministra- 
tivo delle  nazioni,  il  prof.  Corrado  Parooa  *  rappresentando  grafica- 
mente la  distribuzione  degli  elminti  parassiti  dell'uomo,  nella  carta  che 
accompagna  l'opera  storico-bibliografica  sull'Elmintologia  italiana,  diede 
il  confine  naturale  della  penisola.  11  prof.  Pietro  Pavesi  -  pure  nel  rap- 
presentare la  distribuzione  dell'ittiofauna  lombarda  sulla  carta  che  ac- 
compagna la  sua  memoria  la  distribiuioae  del  lìesci  ia  Lombardia  ri- 
cercò i  limiti  dei  bacini  idrografici.  Il  Mortillet  in  un  lavoro  sui  mol- 
luschi di  Savoia  e  Nizza  si  attenne  pure  ai  limiti  naturali  delle  faune. 
La  distribuzione  delle  faune  ha  sempre  limiti  naturali,  gli  animali, 
come  si  esprime  il  prof.  Pavesi,  nell'opera  citata,  non  ubbidiscono  che 
alle  leggi  corologiche,  la  loro  distribuzione  non  è  determinata  che 
dalle  condizioni  di  esistenza,  nel  caso  specifico,  dell'ittiofauna,  da  quel- 
Voptimam  di  calore,  luce,  profondità,  ristagno,  rapidità  di  corso,  pu- 
rezza dell'acqua,  sufficiente  ed  opportuna  profenda. 

I  metodi  usati  per  rappresentare  o  su  planisferi  o  su  carte  parziali 
le  distribuzioni  geografiche  delle  singole  specie,  o  generi,  o  famiglie 
animali,  sono  vari  e  si  possono  modificare,  scambiare,  combinare  se- 
condo la  contingenza. 

Un  primo  metodo,  quello  di  circondare  con  linee  colorate  diversa- 
mente le  aree  ^.'habitat  delle  singole  specie,  riesce  inopportuno  allora 
che  si  hanno  tante  specie  da  rappresentare  su  una  medesima  carta. 

Un  esempio  di  questo  metodo  grafico  di  rappresentazione  ò  dato  nel- 
l'Atlante del  Berghaus  nella  distribuzione  dei  mammiferi  in  tutte  le 
regioni. 

La  carta  della  fauna  africana  che  accompagna  1'  opera  intitolata  ; 
Geografia  e  Geologia  dell'Africa  dei  proif.  Torquato  Taramelli  e  Vit- 


'  Corrado  Parona,  L'elmintologia  italiana  da'suoi  primi  tempi  all'aano  1890. 
(Atti  delia  R.  Università  di  Genova.  Voi.  XIII,  1894.) 

2  Pietro  Pavesi,  La  distribuzione  dei  pesci  in  Lombardia.  (Società  Lombarda 
per  la  pesca  e  l'acquicoltura,  1896.) 


96  ZIXA    LEARDI    AIHAGIII. 

tore  Bellio,  rappresenta  i  limiti  di  distribuzione  dell'elefante,  del  rino- 
ceronte, dell'orso,  del  tasso,  dell'ippopotamo,  del  porco  indiano,  del 
porco  e  del  camello  con  linee  di  colorazione  diversa  cosi  come  indica 
il  primo  metodo. 

Un  secondo  metodo  non  riesce  meglio  del  primo  a  soddisfare  il  pro- 
blema. Distinguere  le  aree  òUhahitat  delle  specie  colorando  con  colori 
diversi  le  diverse  aree. 

Questo  metodo  usato  dal  Maury  nella  distribuzione  geografica  dei 
mammiferi  ingenera  confusione  rappresentando  molte  specie  e  presenta 
difficoltà  per  la  variazione  dei  colori. 

Keceutemeute  Francesco  L.  Palle  ^  nella  memoria  e  nell'atlante  che 
l'accompagna  sul  Profilo  Antropologico  dell'Italia  ha  seguito  questo  se- 
condo metodo  sopratutto  nella  carta  dell'igiene.  L'autore  usa  due  colo- 
razioni, il  rosso  ed  il  verde,  il  verde  per  la  malaria  ed  il  rosso  per 
la  pellagra,  con  due  tinte  più  chiare  tanto  dell'uno  quanto  dell'altro 
colore  riesce  a  stabilire  i  pimti  dove  la  pellagra  e  la  malaria  sono 
gravi  e  dove  sono  leggere. 

Un  terzo  metodo  è  quello  da  preferirsi  ed  è  quello  adottato  da  Milne- 
Edwards  per  la  fauna  della  regione  australe. 

Un  segno  particolare,  che  dalla  forma  non  si  confonda  con  quelli 
che  già  figurano  sulla  carta,  è  posto  a  rappresentare  le  località  in  cui 
la  specie  fu  osservata. 

Un  esempio  si  osserva  pure  nell'Atlante  del  Berghaus  sulla  distri- 
buzione degli  uccelli.  L'opera  già  citata  del  Parona  presenta  sulla  carta 
d'Italia  che  l'accompagna  segni  speciali  nella  località  in  cui  la  specie 
fu  riscontrata. 

Il  prof.  Pavesi  sulla  carta  dell'ittiofauna  lombarda,  già  citata,  rap' 
presenta  le  specie  con  un  segno  particolare  facilmente  rilevabile.  Questo 
metodo  presenta  tra  gli  altri  il  vantaggio  di  permettere  l'aggiunta  di 


1  Francesco  L.  Pull?:,  Profilo  Antropologico  dell'Italia.  (Società  Italiana  di 
antropologia  ed  etnologia  in  l''irenze,  1898.) 


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^        t^'excCL     4  liivitxliuj' 

^^  U  t|t£>tllXltO      CCVbAO 

^^  C\->UlO      VltlVKXillo 

Q^       t'lvo.Tuiu.i     l<xevi.o 

(J       L  no  41^10  0  \  0  n  \^v  o'^^tvet. 

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I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,   ECC.  97 

segni  mano  mano  che  lo  singole  localilà  vengono  studiate  dal  punto 
di  vista  della  fauna  che  si  rappresenta.  (Vedi  tavola  IH.) 

I  metodi  si  possono  bellamente  accoppiare  fino  a  che  i  segni  rap- 
presentanti i  fenomeni  non  vengono  a  sovrammettersi  e  a  distrug- 
gersi, fino  a  tanto  che  non  perdono  di  evidenza. 

Si  moltiplicano  le  carte  per  evitare  confusione  e  dalla  molteplicità 
si  guadagna  in  evidenza  e  ciò  che  più  vale  dal  confronto  delle  sin- 
gole carte  risulta  più  spiccato  il  criterio  comparativo. 

Neil'  atlante  che  accompagna  l'opera  citata  di  Francesco  L,  Pullè  si 
ha  un  esempio  in  cui  si  vede  vinta  la  ditìlcoltà  di  rappresentare  su 
di  una  carta  sola  tutti  gli  elementi  presi  in  esame  dalla  preferenza 
data  a  più  cartine  rispondenti  ognuna  ad  un  ordine  di  fatti  e  ad  un 
criterio  fondamentale. 

Una  delle  cartine  dell'  atlante  è  certo  degna,  dal  punto  di  vista 
considerato,  di  essere  menzionata  comecché  essa  riunisce  i  vari  metodi 
proposti.  Intendo  parlare  della  carta  somatologica  che  rappresenta  le 
stature,  il  colorito,  i  nasi  arricciati,  le  fronti  alte  e  basse,  il  tipo  di 
colorazione:  biondo  e  chiaro,  nero  e  bruno  degli  abitanti  d'Italia.  (Vedi 
tavola  IV.) 

Le  stature  sono  rappresentate  mediante  colorazioni  e  corrispondono 
alle  singole  regioni  in  cui  si  hanno  le  medie  espresse  in  cifre  muo- 
vendo dai  fondi  dell'azzurro  pei  gradi  più  alti  settentrionali  e  del 
giallo  per  quelli  inferiori  meridionali. 

II  confine  di  ciascuna  regione  è  segnato  da  una  linea  nera  continua. 
Linee  nere  punteggiate  segnano  le  zone  in  cui  si  presentano  i  nasi 

arricciati  od  i  nasi  aquilini.  Linee  intere  indicano  il  limite  a  cui  ar- 
rivano gli  individui  a  fronte  alta  e  linee  spezzate  indicano  i  limiti  di 
distribuzione  degli  individui  a  fronte  bassa.  Linee  spezzate  e  punteg- 
giate alternativamente  indicano  il  limite  del  tipo  chiaro  e  del  tipo 
bruno.  Tipo  chiaro,  capelli  biondi  con  occhi  celesti;  tipo  bruno,  ca- 
pelli neri  con  occhi  neri  o  scuri. 

Voi.  XXXIX.  7 


98  ZINA    LEARDI    AIRAGHI. 

Stelle  radianti  bianche  per  il  tipo  biondo  e  nere  per  il  tipo  bruno, 
sono  poste  a  rappresentare  i  centri  o  fuochi  da  cui  irradiano  i  diversi 
tipi. 

La  maggiore  o  minore  lunghezza  del  raggio  d'irradiazione  indica  la 
maggiore  o  minore  diflusione  del  tipo. 

L'intensità  e  l'estensione  dei  raggi  partenti  dai  singoli  centri  sono 
scortati  da  cifre  le  quali  segnano  i  confini  dei  tipi  nelle  singole  re- 
gioni. 

I  segni  opportunamente  scélti  si  possono  anche  colorare  ed  allora  che 
la  forma  più  non  permette  di  distinguere  i  segni  numerosi  si  trova  un 
buon  sussidio  nella  colorazione. 

Secondo  le  istruzioni  ed  i  modelli  del  Fischerei  Verein  far  die  Pro- 
viìis  Ostpreussen  il  prof.  Pietro  Pavesi  ha  rilevate,  compilato  alcune 
carte  fisiche  dei  laghi  italiani  ad  uso  del  pescicultore.  La  carta,  per 
esempio,  dei  laghi  d'Orta,  d'Idro,  del  Piano  e  Delio.  Numerosi  segni  con- 
venzionali occorrevano  alla,  bisogna  perchè  allo  scopo  conveniva  determi- 
nare: gli  abitati,  le  chiese  e  le  cappelle,  i  mulini  ad  acqua,  le  sca- 
glionate (ronchi)  le  rive  scoscese,  il  pietrame,  le  sabbie  e  ghiaie,  il 
fango,  le  piante  resinifere,  i  boschi  fronzuti,  i  canneti,  i  posti  di  fre- 
gola di  pesci,  i  luoghi  di  sementa,  le  profondità. 

Ond'  è  che  dopo  d'aver  con  segni  diversi  rappresentato  buon  nu- 
mero delle  cose,  riserbo  il  colore  per  le  sabbie,  le  ghiaie  ed  il  fango. 
Opportunamente  poi  queste  colorazioni  rilevano  il  contorno  del  lago. 
Le  profondità  sono  espresse  in  cifre. 

Le  cifre  soccorrono  opportunamente,  esse  permettono  la  comparazione, 
sono  l'espressione  più  esatta  o  variano  per  loro  natura. 

Oltre  alle  carte  zoogeografiche,  allora  che  non  si  possono  moltipli- 
cai-e  0  che  non  riesce  rappresentare  sulle  medesime  le  accidentalità 
tutte  della  distribuzione  geografica  di  una  fauna  o  tutti  i  fatti  [iresi 
in  considerazione  si  formano  dei  prospetti. 

Wallace  ne  diede    esempio  nel  suo  secondo   volume   sulla  disiiibu- 


zioue  geografica  degli  animali. 


I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,  ECC.  99 

I  nomi  delle  regioni  sono  scritte  in  capo,  al  margine  sono  i  nomi 
delle  specie,  dei  generi  o  delle  famiglie  che  si  vogliano  rappresentare, 
con  linee,  numeri,  punti,  lettere  si  indica  la  presenza  o  la  mancanza 
l'estensione  occupata  dalla  specie  sulla  regione  o  sottoregione.  ^ 

II  dott.  Silvio  Galloni  nella  sua  memoria  :  La  fauna  nivale  infor- 
mandosi alla  maniera  che  0.  Heer  e  C.  G.  Ehrenberg,  adottarono  in 
parecchi  pregiatissimi  lavori,  concentrò  in  adatte  e  riassuntive  tabelle 
la  fauna  nivale  delle  Alpi. 


1  Silvio  Galloni,  La  fauna  nivale  con  particolare  riguardo  ai  viventi  delle 
alte  Alpi.  (R.  Istituto  Lombardo  di  scienze  e  lettere,  1889.) 


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ZINA    LEARDI    AIRAGHI. 


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I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,  ECC.       iOl 

Il  prospetto  su  cui  il  Prof.  Pavesi  indicò  la  distribuzione  delle  specie 
nei  singoli  bacini  lombardi  ò  un  esempio  dei  migliori  prospetti  che 
si  adottino. 

In  capo  alla  pagina  indica  i  bacini,  al  margine  i  nomi  delle  specie, 
con  linee  più  o  meno  estese  rappresenta  l'estensione  MVhaòifat  dalla 
foce  alla  sorgente.  Con  segni  convenientemente  scelli  indica  se  la  specie 
è  accidentale,  so  fu  importata  e  se  la  specie  non  ha  o  non  fu  accer- 
tato che  abbia  attecchito  ed  infine  con  un  segno  caratteristico  nota 
come  mancano  o  sono  malsicure  le  notizie  della  sua  presenza. 


102 


ZINA   LEARDI   AIRAGHI. 


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I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,    ECC.       103 

Nel  prospetto  si  vede  separato  dagli  altri  il  baciuo  del  Po;  questa 
separazione,  come  osserva  lo  stesso  Prof.  Pavesi,  l'ha  istituita  per  mo- 
strare i  rapporti  dell'ittiofauna  Lombarda  con  la  Veneta  e  la  Piemon- 
tese illustrando  la  legge  :  La  fauna  di  un  bacino  è  sensibilmente  la 
stessa  dalla  foce  alle  sorgenti. 

Uu  ultimo  metodo  grafico  è  quello  seguito  da  Alien: 

Mediante  diagrammi  schematici  si  indica  la  posiziono,  l'estensione  e 
le  relazioni  reciproche  delle  singole  regioni  e  sotto  regioni  zoologiche 
quasi  come  si  rappresentassero  su  uu  planisfero. 

I  metodi  si  possono  scambiare,  accoppiare,  modificare.  Se  ne  cono- 
scono molti,  ad  alcuni  dei  più  generalmente  usati  ho  accennato  per 
aggiungere  dell'importanza  loro  sullo  studio  della  distribuzione  geografica 
degli  animali. 

Sui  metodi  cartografici  o,  come  suol  dirsi,  sul  disegno  geografico, 
esistono  opere  colossali,  trattati  numerosi  e  numerosi  opuscoli,  note  e 
memorie  svariatissime  ;  epperù  io  ritengo  che  se  importantissimi  esse 
sono  per  lo  studio  della  geografia,  altrettanto  lo  sono  per  lo  studio 
della  Corologia  ed  aggiungo  che  per  quest'ultima  essi  sono  il  più  ef- 
ficace sussidio. 

Infatti  sono  la  descrizione  più  veritiera  delle  condizioni  ambienti 
che  promuovono  o  contrariano  lo  sviluppo  della  specie  animale  e  che 
ne  limitano  il  confine  d'espansione  dal  centro  d'origine.  Una  carta  geo- 
grafica è  la  riproduzione  esatta  della  regione  che  rappresenta,  in  essa 
sono  notate  tutte  le  condizioni  fisiche  e  biologiche,  tutte  le  accidenta- 
lità della  regione  stessa.  Condizioni  fisiche,  biologiche  ed  accidentalità 
che  determinano  quali  attivissimi  fattori,  le  condizioni  negative  o  posi- 
tive necessarie  alla  vita  della  specie  animale. 

Osservando  la  distribuzione  di  una  specie,  per  esempio,  della  Phi- 
lomela luscinia^  propria  della  regione  Paleartica,  si  vede  che  mentre 
in  tutta  l'Europa  meridionale  ed  in  parte  dell'australe  essa  è  coniu- 
uissima,  arrivata  alla  sponda  destra  del  Tamigi  si  arresta  e  non  rag- 
giunge la  sponda  sinistra.  Le  condizioni  ambienti  necessarie  alla  vita 


104  ZINA    LEARDI    AIRAGHI. 

di  questa  specie  alata  non  si  verificano  oltre  questo  limite  che  si  ri- 
leva prontamente  dalla  carta  su  cui  è  segnata  la  distribuzione  geogra- 
fica di  questa  specie,  cui  l'ostacolo  di  un  corso  d'acqua  pari  al  Tamigi 
potrebbe  essere  irrisorio. 

Ili  altro  caso,  molto  più  frequente,  si  osserva  che  una  catena  mon- 
tuosa è  una  barriera  insormontabile  per  alcune  specie  che  superano 
altre. catene  di  monti  più  elevati.  La  carta  zoogeografica  permette  di 
comprendere  a  colpo  d'occhio  la  causa  di  questo  arresto  che  a  priori 
potrebbe  sembrar  strano.  Per  esempio  alcune  specie  varcano  le  Alpi  e 
non  i  Pirenei  meno  elevati.  I  passi  della  catena  alpina  sono  molto 
meno  elevati  di  quelli  della  catena  pirenaica. 

Così  nella  fauna  marina  la  diversa  distribuzione  dipendendo  dalla 
profondità  e  dalle  correnti,  rappresentando  le  diverse  profondità  e  le 
correnti  in  un  con  i  punti  dove  si  è  osservata  la  specie  si  compren- 
dono le  cause  che  ne  determinano  l'espansione  o  che  la  limitano. 

I  metodi  grafici  sono  la  più  chiara  esposizione  dell'  intensità  nume- 
rica delle  specie  che  caratterizzano  le  regioni.  Si  sa  come,  scendendo 
dal  polo  all'equatore,  le  condizioni  necessarie  alla  vita  della  specie  ani- 
male vadano  facendosi  più  opportune  e  come  il  numero  delle  specie 
vada  moltiplicandosi  man  mano  che  dalla  zona  glaciale  si  giunge  alla 
temperata  ed  alla  torrida;  si  moltiplicano  le  specie  e  gli  individui  che 
rappresentano  la  specie  stessa.  Osservasi  una  carta  su  cui  ò  rappresen- 
tata la  distribuzione  dei  mammiferi,  un  planisfero  di  Mercatore  su  cui 
la  distribuzione  è  segnata  mediante  il  metodo  di  Milne-Ed wards.  Questa 
carta  così  formata  permette  di  rilevare  con  un  solo  sguardo  come  oltre 
r  82^  di  latitudine  i  mammiferi  non  sono  rappresentati  che  da  scarse 
specie  di  rosicanti  e  carnivori;  come  nella  regione  temperata  si  vada 
aumentando  considerevolmente  il  numero  delle  specie  e  dei  rappresen- 
tanti loro;  come  infine  nello  regioni  intertropicali  l'aumento  avvenga 
in  ragione  geometrica  tanto  per  le  specie,  quanto  per  l'intensità  nu- 
merica degli  individui  che  lo  rappresentano. 


I  METODI  GRAFICI  NELLO  STUDIO  DELLA  DISTRIBUZIONE,  ECC.       105 

Sono  i  metodi  grafici  il  prospetto  più  esatto  delle  lacune  che  riman- 
gono a  compiere  nelle  faune  delle  singole  regioni.  Prendendo  ad  osser- 
vare  una  carta  zoogeografica  sulla  quale  nel  luogo  in  cui  tu  osservata 
lina  specie  è  posto  un  segno  particolare,  si  vede  come,  tante  volte,  man- 
cano i  segni  perchè  non  si  sono  ancora  fatte  osservazioni  in  proposito, 
in  luoghi  che  presentano  condizioni  fisiche  e  biologiche  opportune.  Un 
esempio  e  offerto  dalla  carta  della  distribuzione  degli  elminti  parassiti 
dell'  uomo  del  prof.  Paroua.  Questa  carta  pone  in  chiaro  come  nei  cen- 
tri di  popolazione,  sede  di  studi  scientifici,  sono  notate  molte  specie 
mentre  in  località,  dove  forse  le  condizioni  necessarie  allo  sviluppo  degli 
elminti  parassiti  sarebbero  più  opportune,  che  altrove,  mancano  affatto 
0  sono  rarissime  le  segnature.  Il  maggior  numero  delle  segnature  si 
osserva  a  Pavia,  a  Milano,  a  Padova,  a  Bologna,  a  Firenze,  a  Pisa,  a 
Pioma,  a  Napoli,  a  Palermo.  La  Lombardia  appare  la  più  studiata  delle 
regióni  italiche,  le  tien  dietro  il  Veneto  e  la  Piomagna.  L' Italia  setten- 
trionale considerata  in  generale  è  nota  in  moltissima  parte,  ma  l'Italia 
centrale,  in  particolare  dal  versante  Adriatico,  e  l' Italia  meridionale, 
sono  affatto  sconosciute  dal  punto  di  vista  elmintologico. 

L'abbondanza  dei  segni  in  una  località  indica  non  già  la  maggior 
quantità  delle  specie,  ma  le  osservazioni  fatte,  lo  stato  della  scienza, 
non  che  le  lacune  che  rimangono  a  compiere  nello  studio  della  distri- 
buzione geografica  degli  animali. 

Da  ultimo  un  altro  importante  vantaggio  arrecano  i  metodi  grafici 
nello  studio  della  distribuzione  animale.  L' esperienza  insegna  che  lo 
studio  astratto  che  si  compie  sui  libri  descrittivi,  narrativi,  ecc.  riesce 
difficile  e  richiede  alquanto  tempo  prima  che  un'idea  chiara,  esatta  e 
completa  si  sia  formata  nella  mente.  Ma  rappresentando  la  realtà  della 
cosa  mediante  carte,  prospetti,  tavole,  la  comparazione  è  resa  facile  e 
si  coglie  a  colpo  d'occhio  quello  che  colla  lettura  difficilmente  rilevasi, 
ricordasi. 


CENNO  COMMEMORATIVO 

DEL  COMPIANTO  ED  ILLUSTRE 

ALFONSO   MILNE-EDWARDS 

detto  dal  socio 
Dott.    Tito    Vignoli 

Direttore  del  Museo  Civico. 


Se  prendo  oggi  la  parola,  illustri  Colleglli,  per  commemorare  bre- 
vemeiile  il  chiarissimo  scienziato  Alfonso  Milue-Edwards,  vi  fui  spinto 
e  dal  suo  non  comune  valore,  e  da  personale  riconoscenza  per  cortesie 
ricevute,  e  come  socio  di  questo  sodalizio  e  come  direttore  del  Museo 
di  Storia  Naturale  della  Città.  Altri,  ben  più  meritevoli  dell'onore  di 
commemorare  un  sì  grande  uomo,  meglio  e  più  splendidamente  avreb- 
bero soddisfatto  al  dovere  che  c'incombe  :  ma  compensi  il  grande  amore 
per  la  scienza,  che  io  sento,  la  modestia  dell'ingegno  e  del  sapere.  La 
nostra  Società  Italiana  di  Scienze  Naturali,  come  tutte  quelle  che  nel 
Paese,  e  per  tutto  il  mondo  civile  sono  diffuse,  non  possono  non  commo- 
versi, quando  sorge,  o  tramonta  un  astro  di  prima  grandezza  nel  loro 
vastissimo  Cielo. 

E  dico  vastissimo  perchè  oramai  non  v'ha  città,  regione,  continente, 
ove  non  si  agitino,  si  esercitino,  e  nascono  cultori,  e  centri  operosi 
delle  naturali  discipline,  largamente  intese,  dalle  Università,  dai  Musei, 
dalle  Scuole,  dalle  molteplici  e  varie  società  private  e  pubbliche,  dalle 
stazioni  sperimentali  marittime,  lacustri,  vaganti  e  mediterranee  ;  onde 
si  venne  spontaneamente  formando,  dirò  così,  una  nuova  associazione 
universale,  e  forse  nel  suo  genere,  la  più  ampia,  la  più  operosa,  la 
più  feconda,  in  modo   positivo,  pel  Vero  e  pel  Bene  sociale  di  tutte. 


108  T.    VIGNOLI.  # 

Questa  associazione  vive,  e  produce  assiduamente  al  di  sopra  di  tutte 
le  divisioni  di  parte,  di  opinioni,  di  preconcetti,  di  scopi  riposti  ;  poiché 
si  argomenta  solo  con  disinteresse  e  profondo  amore  di  attingere  la 
verità  ;  questa  poi  trasformando  con  utili  applicazioni  immediate  in 
stj'umento  di  bene  comune. 

E  gli  effetti  del  suo  immenso  lavoro,  e  delle  sue  giornaliere  sco- 
perte, sono  a  tutti  palesi.  Le  scienze  della  Natura  oramai,  divennero 
signore  del  Mondo  sia  nel  campo  proprio,  sia  in  quelli  intellettivi, 
morali  e  civili:  poiché  già  ai  loro  metodi,  alle  loro  necessità  logiche, 
alle  loro  rivelazioni  vennero  trasformate  e  piegate  le  discipline  etiche, 
filosofiche,  giuridiche,  sociologiche,  e  le  rispettive  origini  loro. 

Per  esse  si  comprese  finalmente  che  non  vi  sono  nelle  cose  sepa- 
razioni assolute,  ma  distinzioni  di  forme,  di  energie  e  di  leggi. 

Esse  dimettendo  il  costume  d'invadere  dominii  che  non  sono  loro, 
rimangono  estranee  alle  lotte  puramente  speculative ^  non  sacrificando 
come  talvolta  si  fa.  Dio  alla  scienza,  né  questa  a  Qtiello,  implicita- 
mente aft'ermando  l'esistenza  di  una  Energia  fondamentale,  eterna,  im- 
manente, ove  tutte  le  manifestazioni  cosmiche  e  viventi  si  rifondono, 
e  donde  sgorgano,  ed  erompono  in  consentimento  necessario,  e  distinte 
tutte  le  altre. 

E  l'illustre,  che  noi  vi  commemoriamo  dolenti  fu  uno  dei  più  chiari 
■  capitani  di  questo  esercito  magnanimo.  Egli  fu  degno  della  nuova  era 
del  sapere,  e  glorioso  campione  delle  sue  battaglie.  I  Milne-Edwards 
provengono  dall'Inghilterra:  sostarono  nel  Belgio,  e  indi  in  Francia, 
ove  il  Padre  di  Alfonso,  raccolse  gloria  ed  onori;  uno  dei  più  operosi 
naturalisti  dell'epoca  sua.  Successore  d'I.  Geolfroy-S.  Hilaire,  e  di  Cu- 
vier,  con  molta  indipendenza  scientifica,  pubblicò  scritti  pregevoli  su 
quasi  tutti  i  rami  delle  scienze  zoologiche,  piegando  forse  già  verso 
le  sue  nuove  dottrine.  Quindi  il  figlio  Alfonso  crebbe  in  una  casa, 
ove  tutto  sospingeva  il  suo  ingegno  precoce  ed  acuto  verso  le  ricerche 
zoologiche  e  biologiche.  Sin  da  fanciullo  si  segnalò  per  rare  e  copiose 
raccolte  naturali,  d'animali  fossili  e  viventi,  ed  una  assiduità  straordi- 
naria al  lavoro. 


CENNO   COMMEMORATIVO    DI    ALFONSO    MILNE-EDWARDS.  109 

Rapidamente  ottenne  poi  i  gradi  universitari,  e  il  dottorato  in  me- 
dicina, e  quello  di  scienze,  e  l'aggregazione  alla  Scuola  Superiore  di 
medicina:  e  vi  fu  subito  professore.  Le  sue  opere  versarono  intorno 
alla  zoologia  generale,  all'anatomia  dei  mammiferi,  e  alla  paleontologia. 
I  suoi  illustri  colleghi  lo  celebrarono  come  uno  dei  creatori  della  pa- 
leontologia ornitologica.  Una  delle  sue  memorie  magistrali  sulla  distri- 
buzione degli  animali  sulla  terra,  fu  coronata  nel  1893. 

Egli  affrontò  il  problema  allora  difficilissimo,  fino  a  quale  profondità 
acquatica  è  possibile  la  vita?  Egli  lo  sciolse  da  par  suo:  la  Società 
Geografica  ricompensò  l'ardito  esploratore  con  la  grande  medaglia  d'oro. 
Dal  1892  esercitò  con  immenso  onore,  ed  incremento  scientifico,  l'Uf- 
ficio di  Direttore  del  Museo  di  Storia  Naturale  di  Parigi:  e  vi  rifulse 
anche  come  sagacissimo  amministratore.  Collaborò  poi  nell'immenso  e 
celebre  lavoro  con  Grandidier  sulla  fauna  del  Madagascar.  E  si  può 
aggiungere  che  in  Francia  fu  il  primo  a  instaurare  un  acquario. 

Non  v'ha  parte  della  zoologia,  che  egli  non  abbia  studiato,  e  pro- 
mosso, come  sanno  tutti  coloro,  che  si  dedicano  a  questi  studi. 

Ma  in  lui  V Uomo  era  pari  per  valore  morale  allo  scienziato:  in 
lui  l'ideale  umano  si  compieva,  perchè  la  virtù  preclara  dell'intelletto, 
e  del  genio  corrispondeva  a  quella  del  cuore,  e  del  Cittadino.  Ideale 
a  cui  aspira  e  deve  aspirare  l'umanità  civile,  in  quanto  il  divorzio 
della  scienza  dalla  moralità  è  ben  triste  cosa,  e  funesta.  Egli  da  gio- 
vane perdette  una  donna  che  amava  teneramente,  e  da  cui  non  ebbe  la 
consolazione  di  figli.  Bisognoso  di  amare  ancho  nel  sacro  nido  della  fa- 
miglia, si  apprese  di  affetto  paterno  per  i  figli  delle  sue  sorelle.  Così 
provvide  alla  solitudine  dolorosa  dell'età  avanzata;  e  fu  centro  amo- 
roso e  felice  di  persone  care  che  lo  tennero  come  capo  diletto,  e  donde 
trasse  le  più  vive  e  dolci  consolazioni. 

Inchiniamoci  dinanzi  a  questa  tomba  illustre  non  solo  per  la  luce, 
che  riverbera  in  noi  per  la  scienza,  ma  per  l'onestà  della  vita,  e  lo 
splendore  del  galantuomo. 


SOPRA  UNA  RIMARCHEVOLE  SOMIGLIANZA 
DI  FORMA  CRISTALLINA  TRA  COMPOSTI  ORGANICI. 

Nota  di 
Griovanni  Boeris. 


In  questa  nota  sono  raccolti  i  risultati  di  uno  studio  cristallografico 
comparativo  del  dibenzile,  dello  stilbene,  del  tolano  e  dell'  azobenzolo. 

Mi  venne  anzitutto  porta  l'occasione  di  istituire  un  confrontò  tra  i 
valori  angolari  dello  stilbene  e  dell'azobeuzolo  da  alcune  ricerche  crio- 
scopiche fatte  da  G.  Bruni  e  F.  Gorni.  ^  Altre  ricerche,  della  stessa 
natura,  eseguite  da  F,  Garelli  e  F.  Calzolari,  ^  furono  in  seguito  mo- 
tivo di  un  confronto  dello  stilbeno  col  dibenzile. 

Scopo  di  così  fatte  indagini  era  di  vedere  se  esistesse  qualche  rela- 
zione tra  la  forma  cristallina  dello  stilbene  e  dell'azobenzolo  da  una 
parte,  e  dello  stilbene  e  del  dibenzile  dall'altra.  Risultò  da  esse  che  i 
cristalli  del  dibenzile,  dello  stilbene  e  dell'azobenzolo  hanno  angoli  omo- 
loghi del  tutto  vicini,  presentano  forme  comuni  e  abito  cristallino  molto 
somigliante,  specialmente  quelli  delle  ultime  due  sostanze  (i  quali  si  as- 
somigliano anche  parecchio  nei  caratteri  ottici),  sicché,  in  senso  geome- 
trico, possono  considerarsi  come  isomorfi. 


'  Soluzioni  solide  e  miscele  isomorfi  fra  composti,  a  catena  aperta  saturi  e 
non  saturi.  (Rend.  Acc.  Lincei,  Vili,  1.°  Sem.,  570.) 

-  Sul  comportamento  crioscopico  di  sostanze  aventi  costituzione  simile  a 
quella  del  solvente.  'v.Rend.  Acc.  Lincei,  Vili,  1.»  Sem.,  579.) 


112  G.    BOERIS. 

Era  poi  interessante  il  fare  gii  accennati  confronti,  perchè  il  contegno 
proprio  dello  miscele  isomorfe  presentato  dai  miscugli  di  azobenzolo  e 
stilbene  e  da  quelli  di  stilbene  e  dibenzilc,  faceva  sospettare  che  la  enun- 
ciata somiglianza  di  forma  cristallina  dovesse  sussistere.  L'averla  con- 
statata effettivamente  porterebbe  così  qualche  fatto  di  più  in  favore  del- 
l'opinione che  anche  tra  la  forma  cristallina  e  la  miscibilità  allo  slato 
solido  esistano  delle  relazioni.  Queste  però  sono  ancora  ben  lontane  dal- 
l'essere chiarite  e,  a  questo  proposito,  conviene  qui  notare  che,  per 
quanto  risulta  dalle  citate  ricerche  di  Garelli  e  Calzolari,  azobenzolo  e 
dibenzile,  insieme  mescolati,  nel  congelare  non  si  comportano  punto  come, 
stando  solo  alla  stretta  analogia  delle  loro  forme  cristalline,  si  potrebbe 
supporre.  Ma,  per  queste  considerazioni,  trattandosi  qui  di  una  ricerca 
d'indole  puramente  cristallografica,  rimando  alle  memorie  del  Bruni  e 
del  Garelli.  In  queste,  e  nelle  varie  altre  degli  stessi  autori  comparse 
prima,  sull'argomento  delle-  soluzioni  solide,  sono  riportate  e  discusse 
esperienze  che,  come  del  resto  altri  fatti  ed  altre  considerazioni,  aventi 
con  quello  attinenza,  cui  altri  osservatori  son  venuti  ultimamente  espo- 
nendo, meritano  tutta  l'attenzione  di  coloro  che  si  occupano  dello  studio 
dei  cristalli  e  non  possono  disinteressarsi  di  una  questione  che  si  collega 
con  quella  dell'isomorfismo  e  le  altre  con  questa  connesse. 

Dopo  avere  adunque  potuto  vedere  che  fra  dibenzile  e  stilbene  si  ha 
una  analogia  di  forma  cristallina  tanto  notevole,  la  quale  farebbe  ri- 
scontro a  quella  trovata  già  dal  Bodewig  ^  fra  anidride  succinica  e 
anidride  maleica,  mi  parve  conveniente  di  ricercare  se  si  mantenesse 
nel  tolano.  Avendo  avuto  dal  Prof.  G.  K(5rner  qualche  poco  di  questa 
sostanza  riuscii  a  cavarne  dei  buoui  cristalli.  Sottopostili  a  misure  giunsi 
ad  un  risultato  che  non  è  certo  privo  d'interesse,  poiché  i  loro  valori 
angolari  vanno  d'  accordo  con-  quelli  del  dibenzile  e  dello  stilbene  (e 
quindi  deH'azobenzolo),  ne  hanno  pure  le  forme  e  sono  anche  abbastanza 
somidianti  nell'abito. 


1  Zeitschr.  far  Krijsl.  und  Min.,  V,  573  (1880). 


SOPRA    UNA    RIMARCHEVOLE   SOMIGLIANZA,    ECC.  113 

Qualche  misura,  solo  approssimata,  e  qualche  osservazione  ottica  sul 
clibenzile  fece  per  primo  il  Sella.  ^  Lo  studiò  iii  seguito  il  vom  Rath.  - 
Dei  cristalli  di  questo  composto  furono  più  tardi  misurati  dal  von  La- 
saulx,  3  ma  solo  a  scopo  di  identificazione.  Questi  ne  ricercò  anche,  con 
una  certa  minutezza,  i  caratteri  ottici.  Il  vom  Rath,  ''  contemporanea- 
mente al  dibenzile,  misurò  anche  lo  stilbene  del  quale  però  era  già 
stato  dato  qualche  angolo  dal  Laurent.  ^  Dell'  azobenzolo  si  erano  occu- 
pati il  Marignac  ^^  ed  il  Galderou.  "'  Ma  poiché  tra  le  osservazioni  di 
questi  autori  sopra  tali  sostanze  si  nota  qualche  divario,  ho  creduto  con- 
veniente rifarne  lo  studio,  cercando,  per  quanto  mi  è  stato  possibile,  di 
completarlo,  anche  perchè  veduto,  tra  i  vari  solventi,  quale  fosse  il  più 
adatto,  ebbi  dei  cristalli  assai  ben  fatti.  Quelli  poi  dello  stilbene  e  quelli 
dell'azobenzolo  presentarono  una  forma  nuova  ed  una  legge  di  gemina- 
zione pure  nuova. 


1  Ann.  Chem.  Pharm.  121,  252;  Comp.  Rend.  LUI,  543  (1862). 

2  Benchte  V,  623  (1872). 

3  Liebig's  Annalen  235,  155  (1886). 
'i  Berichte  V,  624. 

5  Eev.  Scient.  XVI,  374  (1844). 

«  Mém.  Soc.  Phys.  de  Genève  XIV,  1.»  Part.,  285  (1855). 

'  Zeitschr.  fur  Kryst.  und  Min.  IV,  234  (1880;. 


Voi.  XXXIX. 


114 


G.    BOERIS. 


Dibenzile. 


CgH^  — CH.  — CHo  — CeHj. 

Sistema  cristallino  :  mouocliuo. 

a:b:c=2,0S(m:i  :  1,25217 

Forme  osservate  :  {  100  }  (  001  j  {  110  |  { 111  1  1  201 


Angoli 

Limiti 
delle  osservazioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

N 

(iiO) 

(110) 

— 

56^40' 

56"  14' 

1 

(100) 

(001) 

— 

63  50 

64    6 

1 

(001) 

(•201) 

— 

66  30 

66  21 

1 

(201) 

(100) 

49"  20'—  49"  44' 

49  32 

49  33 

2 

(001) 

(110) 

77  58—78    0 

77  59 

78     7 

2 

(001) 

(111) 

59  25  —  59  31 

59  28 

* 

3 

(111) 

(110) 

42  21  —  42  25 

42  23 

42  25 

2 

(201) 

(111) 

57     0-57     3 

57     l 

56  56 

3 

(111) 

(110) 

— 

50  55 

50  52 

1 

(110) 

(201) 

— 

71  54 

72  12 

1 

(111) 

(100) 

83  16  —  S3  53 

83  28 

* 

6 

(ill) 

1 

(HI) 

78    6  —  78  15 

78     9 

* 

4 

Dagli  angoli  di  partenza  dati  dal  vom  llath,  '    quando   si  tenga  la 
nostra  oriontazione  e  si  ponga  quindi: 

(201)  :  (111)  =  57"  10' 
(001):  (TU)  =  50  55 
(111)  :  (111)=  77  34 


1  Le  costanti  date  dal  vom  Kath 

a  :  ò  :  e  =1,27026  :  1  :  1,91583; 


^  =  78''27'; 


SOPRA    UNA    RIMARCHEVOLE    SOMIGLIANZA,    ECC.  115 

si  ricava  : 

a:è;c  =  2,07531  ;1  :  1,26844 
,5=r64M8'. 

I  migliori  cristalli  sono  forniti  dalle  soluzioni  in  etere  e  in  etere  ace- 
tico. La  combinazione  delle -formo  {  OOi  j  { 201  {  {111}  ò  quella  che 
si  osserva  in  pressoccliè  tutti.  La  base  suole  essere  alquanto  predomi- 
nante, ma  in  alcuni  casi  tutte  e  tre  le  dette  forme  compaiono  con  facce 
che  hanno  all' incirca  la  stessa  estensione.  Su  pochi  cristalli  si  vedono 
ristrette  faccettine  di  {  HO  ì  non  gran  fatto  nette  e  piane,  e  su  qualche 
altro  si  notano  facce  di  {  1 00  1  di  non  considerevole  ampiezza.  L'abito 
di  questi  cristalli,  che  è  ritratto  dalla  fìg.  1,  non  è  adunque  molto  va- 
rio. Dall'acetone  peraltro,  tra  molti  cristalli  fatti  nel  modo  che  ora  si 
è  detto,  ne  ebbi  alcuni  pochi,  uno  dei  quali  è  rappresentato  dalla  fìg.  2, 
con  facce  di  {110}   largamente  predominanti  su  quelle  di  (111  ). 


Fig.  1.  Fig.  2. 

Il  vom  Rath  descrisse  dei  cristalli  geminati.  In  questi  sarebbe  piano 
di  geminazione  una  faccia  della  nostra  {001 }. 
Sfaldatura  non  osservata. 


vanno  così  corrette  : 

a  :  b  :  e  =1,26844  :  1  :  1,90607;        /J=78»51', 

e  inoltre: 

(iOl)  :  (101)  calcolato  =  66'»  40'  va  corretto  in  66'i  54' 

(tot)  :  (001)  Il        =  48  37  »              48  48 

(101)  :  (001)  ))        =  64  43  "              64  18. 


liG 


G.    BOERIS. 


I  cristalli,  spesso  vuoti  nel  loro  ioteruu,  souo  biancastri  e  poco  tra- 
sparenti per  la  massima  parte;  solo  per  eccezione  qualcuno,  di  esigue 
dimensioni,  ò  completamente  trasparènte. 

Gli  assi  ottici  stanno  nel  piano  di  simmetria,  e  tanto  sulle  facce  { 001 } 
che  sulle  { 201 }  si  nota  1'  emergenza  di  uno  di  essi.  La  bisettrice  acuta 
è  approssimativamente  parallela  allo  spigolò  [101]. 

Stilbene. 

GgHs-GH^GH— GgHj. 

Sistema  cristallino  :  mouoclino. 

«:è:6?=2,17015:  1:1,40033 

^— G5°54'. 

Forme  osservate  ;  1 100  ì  }  001 1  11101  !  Ili  '  1  201 1  f  4'03  ì. 


Angoli 

Limiti 
delle  osservazioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

N 

(110) 

(110) 

530  28'—  530  38' 

53»  34' 

* 

9 

(HO) 

(100) 

63    2  —  63  25 

63  13 

63» 13' 

12 

(100) 

(001) 

05  43  —  66  20 

65  55 

65  54 

12 

(001) 

(403) 

50  12  -  50  31 

50  21 

50  26 

6 

(403) 

(201) 

17  25  —  17  52 

17  36 

17  41 

12 

(201) 

(100) 

45  50  —  46  16 

46     1 

45  59 

10 

(001) 

(HO) 

79  10  —  79  32 

79  24 

* 

15 

(OOt) 

(111) 

— 

62  24 

62  23 

1 

(111) 

(110) 

— 

38  17 

38  13 

1 

(201) 

(111) 

— 

58  55 

58  53 

1 

(111) 

(HO) 

— 

49  23 

49  22 

1 

(110) 

(201) 

71  40  —  71  52 

71  45 

.* 

12 

(111) 

(100) 

— 

81  20 

81  25 

1 

(111) 

(HI) 

— 

73    2 

72  50 

1 

(111) 

(403) 

54  18  —  54  33 

54  24 

54  28 

6 

(403) 

(HO) 

78  27  —  78  39 

78  32 

78  28 

9 

SOPRA    UNA    RIMARCHEVOLE   SOMIGLIANZA,    ECC.  117 

Dagli  angoli  tenuti  dal  vom  Ratli  ^  per  fondamentali,  orientando  nella 
nostra  maniera,  ossia  quando  si  portino  in  calcolo  i  valori: 

(HO):  (110)  =53°  40' 
(HO):  (001)  =  79  37 
(403)  :  (110)  =  78  12, 


si  trova.: 


a:è:^  =  2,15613:  1:1,39908 

^?=66«28'. 


Cristallizzando  a  caldo  da  diversi  solventi  si  deposero  sempre  larghe 
e  sottili  lamine  parallele  a  {001 1.  Grossi  cristalli  d' abito  affatto  diverso 
ebbi  sciogliendo  a  freddo  nel  cloro- 
formio e  lasciando  lentamente  sva- 
porare. Mostrano  nel  più  dei  casi 
la  combinazione  di  queste  tre  for- 
me: {001}{201){110j.  Le  facce 
della  (  201  j  quando  non  eguagliano 
in  ampiezza  quelle  della  base,  sono  yìq^.  3. 

poco  al  di  sotto  di  esse.  Anche  le 
facce  di  {  HO)  sono  piuttosto  sviluppate.  Una  forma  non  del  tutto  in- 


1  Le  costanti  date  da  questo  autore 
a  :  b  :  e  =  2,1561  :  1 
sono  inesatte  e  da  correggersi  così  : 

a  :  b  :  e  =  2,1561  :  1 


1,8549;        /?  =  66o38', 
1,8654;        s=66''28', 


di  più: 


(001)  :  (101)  calcolato  =  50"  14'  è  invece  =  505  28' 

(100)  :  (101)        ).        =  62  18  »         =  63    4 

(100)  :  (302)        »        =  45  49  »         =  45  35 

(HO)  :  (302)        H        =  71  40  «         =  71  35. 


118  G.    BOERIS. 

frequenle  e  con  facce  più  o  meno  larghe  è  il  pinacoiJe  ;  403 }.  Compa- 
iono ancora,  su  certi  cristalli,  facce  di  limitala  ampiezza  della  ;  100)  e 
su  altri  si  hanno  facce  del  prisma  {111  j,  che  ò  nuovo  per  la  sostanza, 
sempre  molto  subordinate  a  quelle  di  { 110  }.  Anche  sciogliendo  a  freddo 
nella  sufficiente  quantità  di  etere  acetico,  in  cui  per  altro  la  sostanza  va 
meno  facilmente  che  nel  cloroformio,  ed  abbandonando  la  soluzione  ad 
evaporamento  spontaneo,  si  hanno  cristalli  di  discreta  mole  e  assai  ben 
fatti.  Su  quelli  che  così  ottenni  non  riscontrai  la  (111  ].  In  essi  poi  la 
j  100  I  e  più  frequente  e  con  facce  più  larghe  che  nei  cristalli  da  clo- 
roformio. 

Trovai  diversi  cristalli  geminati  per  rotazione  intorno  ad  un  asse  nor- 
male a  (0011. 

Sfaldatura  non  osservata. 

Cristalli  incolori  e  trasparenti.  I  piani  degli  assi  ottici  sono  normali 
a  (  010  j;  le  bisettrici  acute,  positive,  stanno  in  questo  piano  nell'angolo 
acuto  /9  degli  assi  cristallografici  e  fanno  collo  spigolo  [001]  un  angolo 
di  circa  00° .  2  ^a'=  91"  33' (A"^).  Dispersione  degli  assi  ottici  assai 
forte,  e  ■<  t'- 

Telano. 


Ce  H3  -  C  =  C  -  Ce  li,. 

Sistema  cristallino  :  monoclino 

a;^/:c  =  2,21081;l:l,359'J0 

^=64°  59'. 

Forme  osservate:  (100}  jOOll  {110}  {021}  {ÌUl  |201}{201ì  {403 


Angoli 

(HO):  (110) 

(HO)  :  (100) 

(100)  :(201) 

,(201):  (001) 

Limiti 
dello  osservazioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

N 

6 
2 

1 
4 

520  57'—  530   8' 
63  15  -  63  37 

30     0  —  36  26 

530   3' 
63  26 
28  45 
36  16 

* 

63"  28' 
28  44 
36  15 

SOPRA    UNA    RIMARCHEVOLE   SOMIGLIANZA,    ECC. 


119 


Angoli 

Limiti 
delle  osser\  azioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

i     N 

(001)  : (403) 

480  42'  —  485  44' 

480  43' 

480  41' 

2 

(403)  :  (201) 

18    0-18  14 

18     8 

18     1 

'       3 

(201)  :  (100) 

— 

- 

48  18 

— 

(001):  (HO) 

78  50  —  79  20 

79    7 

* 

25 

(001)  : (111) 

61     8  —  GÌ  28 

61  16 

61  19 

3 

(111)  :  (110) 

39  18  —  39  28 

39  23 

39  34 

3 

(201):  (111) 

— 

58  20 

58  33 

(IH):  (021) 

— 

22  58 

22  54 

(021)  :  (110) 

— 

25  45 

25  50 

(110)  :  (201) 



72  37 

72  43 

(HI):  (100) 

— 

82  47 

82  50 

(IH):  (HI) 

— 

73  43 

73  52 

(HI)  :  (403) 

— 

54  12 

53  57 

(403)  :  (HO) 

— 

79  30 

79  40 

(201)  :  (021) 

72    7  —  72  35 

72  18 

72  21 

5 

(021)  :  (110) 

40  30  —  41     0 

40  47 

.    40  42 

5 

(HO):  (201) 

66  43  —  67  16 

66  57 

66  57 

8 

(021):  (HI) 

56     5  —  56  15 

56  10 

55  56 

2 

(021)  :  (100) 

— 

80  40 

80  51 

1 

(021)  :  (001) 

67  44  —  68     5 

67  55 

* 

22 

(021)  : (021) 

44     9  —  44  20 

44  16 

44  10 

4 

(021)  :  (403) 

— 

75  53 

75  38 

1 

(201)  :  (IH) 

79  55—80     5 

80    0         1 

80     0 

4 

Potei  esami 

Qare  solo  pochi  cristalli 

Ottenuti  coli' 

etere  acetico. 

Erano 

tutti  piuttosto 

scliiacciati  secondo  (  0( 

31  (  e  stirati 

alquanto  nel 

senso 

dell'asse  [010].  Come  forme  costan- 
temente presenti,  oltre  la  {  001  ', 
notai  i  201  }  I  201  1  con  facce  abba- 
stanza ampie,  (021!  e  ,'110)  pure 
a  facce  discretamente  estese.  La 
{111},  che  sopra  alcuni  soltanto 
non  compariva,  per  solito  mostrava  Fig. 


120  G.    BOERIS. 

facce  meno  larghe  di  quelle  di  {110}.  Rare  erano  le  facce  di  {403  )  ed 
anctie  più  rare  quelle  di  [  100  ì. 

Fra  i  cristalli  studiati  ne  trovai  uno  geminato  secondo  la  legge:  asse 
di  geminazione  la  normale  a  {  001  j. 

Sfaldatura  non  osservata. 

Alcuni  cristalli  erano  biancastri  e  torbidi,  altri  allatto  incolori  e  per- 
fettamente trasparenti.  Hanno  gli  assi  ottici  in  piani  normali  a  [  010  ì  : 
le  bisettrici  acute  sono  approssimativamente  parallele  allo  spigolo  [100]. 

La  dispersione  degli  assi  ottici  ò  molto  marcata,  q  <C  v. 

Azobenzolo. 


CgHs— N  =  N  — GgH-. 

Sistema  cristallino  :  monocliuo. 

a;  è:(?  =  2,1075G:  1:1,33123 

^=65^34'. 

Forme  osservate:  i  100  !  j  001  !  !  110  1  {  021  •   I  Hi  ì  1  201 


403 


Angoli 

Limiti 
delle  osservazioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

N 

(110):  (110) 

55°   0'—  55»   6' 

550   3' 

* 

10 

(HO):  (100) 

62  20  —  62  41 

62  31 

62'^  28' 

4 

(100):  (001) 

65  21  —  65  41 

65  35 

05  34 

4 

(001):  (403) 

49  28  —  49  49 

49  36 

49  38 

4 

(403)  :  (201) 

17  43  —  17  57 

17  50 

17  49 

8 

(201)  :  (100) 

46  43  —  46  53 

46  48 

46  59 

6 

(001)  :(110) 

78  52—79     5 

78  59 

* 

22 

(001)  :  (111) 

61     4  —  61  11 

61     7 

61   IO 

3 

(III):  (110) 

39  42  —  40  10 

39  52 

39  51 

4 

(201):  (IH) 

57  52  —  57  58 

57  56 

57  52 

4 

(111)  :  (021) 

23  36—24    4 

23  49 

23  43 

3 

(021):  (HO) 

26  46  —  26  50 

26  48 

26  47 

3 

SOPRA    U\A    RIMARCHEVOLE   SOMIGLIANZA,    ECC. 


121 


Angoli 

Limiti 
dello  osservazioni 

Osservazione 
media 

Calcolato 

N 

(HO) 

(201) 

7H30'—  71^37' 

71^)34' 

710  37' 

8 

(111) 

(HO) 

50  22  —  50  35 

50  29 

50  30 

3 

(HI) 

(100) 

— 

81  39 

81  49 

i 

(111) 

(HI) 

— 

75  24 

75  22 

1 

(HI) 

(403) 

53     8  —  53  14 

53  11 

53  14 

5 

(403) 

(HO) 

78  33  —  78  45 

78  41 

78  39 

7 

(021) 

(110) 

41  32  —  41  54 

41  40 

41  41 

4 

(021) 

(111) 

— 

56  50 

56  48 

1 

(021) 

(100) 

80  46  -  81  10 

80  53 

80  56 

3 

(021) 

(001) 

67  26  —  67  46 

67  35 

* 

16 

(021) 

(021) 

44  42  —  44  59 

44  48 

44  50 

3 

(021) 

(403) 

— 

75  54 

75  42 

1 

Partendo  dagli  angoli  fondamentali  dati  dal  Marignac  e  attenendosi 
alla  nostra  orientazione,  che  è  poi  quella  che  aveva  già  adottato  il  Gal- 
deron,  ossia  facendo: 

(110):(Ì10)  =  55M0' 
(110):  (001)  =  79     0 
(201)  :  (001)  =  67  19 

si  deducono  per  l'azobenzolo  le  seguenti  costanti: 

a:^^:^=r2,10084:l  :  1,32477 
/?  =  65«40'. 

Dei  valori  presi  dal  Calderou  come  fondamentali: 

(Ìi0):(il0)==r54«16' 
(110):  (001)  =  78  59 
(403)  :  (001)  =  49  31 


122  (j.    BOERIS. 

COSÌ  fece  rilevare  G.  B.  Negri,  '  si  calcoiauo  le  costaDti: 

a:b:c  =  2M')[  :  1  :  1,3499 

^=65M3'2/3. 


Per  lenta  evaporazione  di  soluzioni  in  etere  acetico,  sature  a  freddo, 
ottenni  cristalli  ben  conformati  e  di  grossezza  discreta.  Alcune  volte  si 
mostrarono  con  im  aspetto  assai  vario  essendo  certi  fatti  come  indica  la 
fìg.  5,  altri  invece  molto  allungati  secondo  l'asse  [010],  ed  altri  infine 
schiacciati  tanto  secondo  la  faccia  assunta  come  base,  da  parere  tavo- 
lette, e  di  questi  dà  una  idea  la  fig.  G.  Ma  più  frequentemente  ricavai 


Fifr.  5, 


Fi£r.  6. 


soltanto  cristalli  aventi  tutti  l' ultimo  d(3gli  accennati  abiti.  Si  può  anzi 
dire  essere  questo  il  preferito  dalla  sostanza,  giacché  facendo  cristalliz- 
zare e  per  raft'reddamento,  oltrecchè  dall'etere  acetico,  da  altri  dei  co- 
muni solventi  in  cui  essa  si  discioglie  meno,  e  per  svaporamento  spon- 
taneo, si  hanno  in  generale  cristalli  laminari  secondo  (001  1. 

Forme  costantemente  presenti  sono  {  001  }  { 201 }  11101.  Le  facce 
della  { 201 },  nei  cristalli  di  tipo  prismatico,  sono  sempre  piuttosto  am- 
pie, ed  altrettanto  può  dirsi  di  quello  della  [403  }  dalle  quali  sono  ta- 
lora superate  in  estensione.  Nei  cristalli  laminari  invece  questi  due  pi- 
uacoidi  hanno  facce  per  lo  più  adatto  subordinate.  Li  Hill  si  presenta 


1  Rivista  di  Mineralogia  occ.  IX,  30. 


SOPRA    UNA    RIMARCHEVOLE   SOMIGLIANZA,    ECC.  123 

COI!  facce  quasi  sempre  più  ristretto  di  quelle  di  {  HO  j.  La  forma  (0211, 
nuova  per  la  sostanza,  fu  osservata  sopra  cristalli  da  etere  acetico  con 
facce  solitamente  di  una  certa  ainpi(3zza.  Rara  ad  incontrarsi  e  la  {  100 1. 

Le  facce  delle  diverse  forme  splendono  bene  e  rillettono  d'ordinario 
belle  immagini,  in  particolar  modo  quelle  di  (  HO  j. 

Notai  anche  qualche  cristallo  geminato  ad  asse  normale  a  |  001 J. 

Sfaldatura  non  osservata. 

La  sostanza  ha  un  bellissimo  colore  rosso  arancio,  e  i  suoi  cristalli, 
quando  si  lascino  tramfuillamente  formare,  sono  ben  trasparenti,  f  piani 
degli  assi  ottici  sono  perpendicolari  a  {  010  j;  le  bisettrici  acute  situate 
in  questo  piano  e  positive,  fanno  un  angolo  approssimativamente  di  G2° 
collo  spigolo  [001],  nell'angolo  acuto  /S  degli  assi  cristallografici. 

2  Ea=^  59°  5'  {Na).  La  dispersione  degli  assi  ottici  è  mollo  spiccata, 

Per  quanto  adunque  riguarda  la  posizione  degli  assi  ottici  la  mia  os- 
servazione non  conferma  quella  del  Galderon,  secondo  il  quale  i  detti 
assi  sarebbero  nel  piano  {  010  ). 

Milano,  Museo  Civico,  fjiugno  1000. 


UN  GASO  DI  EGHINOGOGGO  MULTILOGULARE. 

Nota  dei  soci 
Dott.   A.   Fiorentini   ed  E.    G-arino. 

(Con  una  tavola.) 


L'echinococco  multiloculare  (E.  alveolaris)  è  considerato  come  una 
forma  speciale  che  qualche  volta  assume  l'echinococco  comune,  È  co- 
stituito da  un  ammasso  di  piccole  vescicole  della  grandezza  di  un 
grano  di  miglio  a  quella  di  un  cece,  tenute  insieme  da  uno  stroma 
congiuntivo  comuno,  risultante  dalla  fusione  delle  singole  capsule  av- 
ventizie. Questi  ammassi  possono  raggiungere  dimensioni  assai  notevoli, 
ed  hanno  una  forma  ed  un  aspetto  caratteristici;  a  ragione  vennero 
paragonati  al  cavolfiore  (Vedi  fig.  I),  Degno  di  nota  è  il  fatto  che  le 
cisti  sono  per  lo  più  sterili. 

Le  osservazioni  fino  ad  oggi  registrate  si  riferiscono  in  massima 
parte  all'uomo.  Gasi  negli  animali  furono  descritti  da  Bollinger  a  Mo- 
naco, Ostertag  a  Berlino,  Perroucito  in  Italia,  Guillebeau  in  Svizzera, 
Railliet  0  Morot  in  Francia. 

La  distribuzione  geografica  di  tale  forma  è  tutta  speciale:  nell'uomo 
non  fu  mai  osservato  in  Islanda,  né  in  Australia,  dove  le  cisti  ida- 
tiche  sono  endemiche;  frequente  invece  venne  notato  in  Svizzera  e 
nella  Baviera,  dove  le  cisti  comuni  da  echinococco  sono  relativamente 
rare.  ^ 


Neumann,  Traile  des  maladies  parasitaires  non  microhiennes. 


126  A.    FIORENTINI    ED    E.    GARINO. 

Negli  animali,  dalle  osservazioni  pubblicate,  risulta  che  l'organo  pre- 
valentemente infestato  è  il  fegato.  Solo  Railliet  e  Morot  ^  trovarono 
comunemente  colpito  il  polmone,  raramente  invece  il  fegato.  Nuove 
osservazioni  di  echinococco  multiloculare  negli  animali  vennero  recen- 
temente pubblicate,  ma  le  descrizioni  della  forma,  delle  dimensioni  e 
del  contenuto  delle  cisti  lasciano  dubitare  che  realmente  si  tratti  di 
questa  varietà. 

Il  caso  che  »^  oggetto  della  nostra  comunicazione  si  riferisce  ad  un 
bue,  dell'età  di  anni  9  circa,  della  campagna  romana,  abbattuto  al 
P.  Macello  di  Milano,  dove  non  venne  mai  osservato  alcun  caso  di 
echinococco  multiloculare,  mentre  frequentissime  si  trovano  le  cisti 
idatiche  nei  bovini,  ovini  e  suini.  Il  bue,  in  coudizioni  generali  di  nu- 
trizione appena  discrete,  non  presentò  lesioni  al  polmone,  cuore,  milza 
e  reni.  Il  fegato  invece,  di  volume  e  peso  quasi  doppio  del  normale, 
si  mostrò  cosparso  di  vegetazioni  tondeggianti,  di  color  bianco-giallic- 
cio, a  superfìcie  granulosa,  di  consistenza  piuttosto  dura,  sporgenti 
dalla  superfìcie  delle  due  faccio,  alcune  coniche,  altre  appiattite  (Vedi 
fig.  I).  Le  più  grandi  di  queste  neoplasie  (del  diametro  di  6  cm.), 
mostrarono  nella  parte  centrale  una  vescicola  di  dimensioni  molto 
maggiori  (1  era.  di  diametro)  delle  altre  vescicolette  periferiche  (1  mm. 
di  diametro). 

Sezionando  perpendicolarmente  all'organo  questi  tumori  si  vide  la 
superficie  del  taglio  costituita  da  alveoli  a  contorni  irregolari,  conte- 
nenti, alcuni  materiali  di  aspetto  colloide,  altri,  sostanza  caseosa;  si 
notò  inoltre  che  essi  si  affondano  profondamente  nel  tessuto  dell'or- 
gano, conservando  la  loro  struttura  macroscopica  caratteristica.  Fra  la 
sostanza  propria  del  fegato  e  la  periferia  del  tumore  non  esiste  una 
delimitazione  netta;  la  neoformazione  si  insinua  nel  tessuto  con  pro- 
luu^Timenti  che  rendono  la  linea  di  demarcazione  frastadiata. 


1  Raillet  e  ]\IoROT,  Bulletin  de  l'Acad.  de  médecine,  1898. 


UX   CASO    DI    ECPIIXOCOCCO    .MULTILOGULARE..  127 

11  nostro  caso  ci  fornì  materiale  per  osservazioni  a  fresco  e  in  pez- 
zetti fissati  in  liquidi  diversi,  inclusi  e  sezionati.  Nei  preparati  micro- 
scopici a  fresco,  allestiti  colla  sostanza  contenuta  nelle  vescicole,  uoii 
trovammo  mai  nò  uncini,  uè  scolici  :  il  contenuto  cistico  ci  apparve 
sempre  costituito  da  materiale  amorfo  e  da  membrane  elmintiche  ac- 
cartocciate 0  lacerate. 

Le  osservazioni  sulle  sezioni  colorate  con  vari  carmini  e  con  eraa- 
tossilina  ci  permisero  di  rilevare  la  interessante  struttura  istologica  di 
questa  neoplasia,  studiata  e  descritta  anatomicamente  per  la  prima 
volta,  con  molta  diligenza,  dal  Guillebeau.  ^ 

Ogni  vescicola  è  costituita  :  da  un  cordone  fibroso  rappresentante 
la  membrana  avventizia:  da  uno  strato  cellulare  medio:  dalla  mem- 
brana elmintica  e  dalla  cavità  cistica  (Vedi  tav.  fig.  2).  Il  cordone 
fibroso  limitante  la  vescicola  è  costituito  da  fibrille  connettive  o  da 
cellule  fusiformi  con  nuclei  molto  allungati.  In  esso  si  notano  numerosi 
e  grossi  vasi.  Le  vescicole  sono  riunite  l'uua  all'altra  colla  fusione  in 
un  punto  delle  rispettive  tonache  avventizie.  Noi  non  siamo  riusciti  a 
dimostrare  la  presenza  di  una  capsula  unica  avvolgente  tutto  il  tumore  ; 
non  raramente  invece  abbiamo  trovato,  nei  confini  fra  il  tumore  e  il 
tessuto  epatico,  zaffi  di  quest'ultimo  incuneati  fra  le  tonache  avven- 
tizie di  due  cisti  contigue  (Vedi  fig.  2). 

Lo  strato  cellulare  medio  viene  da  Guillebeau  paragonato  al  tuber- 
colo. Secondo  questo  Autore,  al  disótto  della  membrana  avventizia 
stanno  strati  di  cellule  linfoidi,  da  noi  pure  osservati,  cui  fanno  se- 
guito strati  di  cellule  epitelioidi,  ed  infine  una  vera  corona  di  cellule 
giganti  con  numerosi  nuclei  ammucchiati  alla  periferia,  verso  lo  strato 
epitelioide.  In  alcuni  punti  le  cellule  giganti  assumono  forma  fusata 
0  disposizione  raggiata,  come  a  ventaglio. 


'  Guillebeau,   Zar  Ilistologie  der    muliiloculàren   Eclwiococcus   (Vircliow's 
Arcliiv.  1890,  Voi.  119). 


128  A.    FIORENTINI    ED    E.    GARINO. 

Contro  la  porzione  proloplasraatica  di  queste  cellule  viene  ad  ada- 
giarsi la  membrana  elmintica,  sti'iata  longitudinalmente,  ialina  ;  qualche 
volta  questa  membrana  è  staccata  e  raggrinzata  nell'interno  della  ca- 
vità cistica  (Fig.  2). 

Noi  non  abbiamo  osservato  che  raramente,  entro  le  cisti,  vescicole 
figlie;  invece  spesso  la  cavità  cistica,  per  evidente  degenerazione  del 
contenuto,  si  mostrò  piena  di  materiale  amorfo. 

Le  nostre  osservazioni  ci  avrebbero  però  condotti  a  dare  un'  inter- 
pretazione alquanto  diversa  agli  elementi  dello  strato  cellulare  medio. 
Noi  inclineremmo  a  ritenere  le  cellule  giganti  e  lo  strato  epitelioide 
di  Guillebeau,  di  natura  connettivale,  così  che  le  cellule  giganti  non  sa- 
rebbero per  noi  che  il  risultato  della  fusione  di  cellule  connettivali. 

Questo  fatto  si  può  rilevare  dalla  figura  3  della  tavola,  tolta  da 
uno  dei  nostri  preparati  e  disegnata  colla  camera  lucida. 

Ci  riserviamo  di  ritornare  sopra  questo  importante  argomento  con 
un  altro  lavoro  in  corso. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA. 


La  figura  l  rappresenta  un  pezzo  di  fec^ato  a  grandezza  naturale,  sulla  superficie 
del  quale  si  osservano  in  e  due  prominenze  a  superficie  granulosa,  e  che  non  sono 
altro  che  due  tumori  d'echinococco  rnultiloculare. 

La  figura  2  ci  dà  l'aspetto  di  una  sezione  di  una  piccola  porzione  di  tumore 
preventivamente  fissata,  inclusa  e  colorata  (Koristka  oc.  3.  ob.  l).  In  detta  sezione 
sono  comprese  porzioni  di  tre  cisti  d'echinococco.  In  f  si  osserva  un  zaflb  di  cel- 
lule epatiche  compreso  fra  due  membrane  avventizie.  In  a  ò  disegnata  l'avventizio, 
in  cg  la  corona  di  cellule  giganti.  Fra  1"  avventizia  e  lo  strato  di  cellule  giganti  vi 


A.  Fiorentini  -  E.  Carino.  —  Echimoc.  Moltiloc. 


Attid.  8oc.  It.  d,  S.  N.,  Voi,  XXXIX. 


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A,  Fiorentini,  dis, 


UN   GASO    DI    ECHINOCOCCO    MULTI LOCULARE.  129 

lia  uno  strato  di  cellule  linfoidi  ci,  posto  subito  al  disotto  doli' avventizia,  ed  uno 
strato  di  cellule  connettivali  che  s'intrecciano,  formando  una  rete  a  larghe  maglie 
e  terminando  coi  loro  prolungamenti  protoplasmatici  alla  periferia  delle  cellule 
giganti.  In  ce  è  disegnato  la  cisti  d'echinococco  con  un  contenuto  amorfo,  in  m 
si  osserva  la  membrana  elmintica,  ed  in  v  un  vaso. 

La  figura  3  (Koristka  oo.  3.  oh.  8  camera  lucida,  altezza  tav.)  rappresenta  una 
porzione  dello  strato  cellulare  intermedio  partendo  dalla  membrana  elmintica  in  m 
verso  la  periferia,  comprendendo  una  porzione  della  corona  di  cellule  giganti  in  cg 
coi  loro  nuclei,  seguita  da  prolungamenti  di  cellule  connettivali,  che  si  intrecciano  a 
larghe  maglie  in  ce;  infine  si  osservano  le  cellule  linfoidi  in  e/ infrapposte  a  cel- 
lule connettivali  longitudinali  con  nuclei  fusati,  cellule  queste  che  appartengono  ai 
primi  fasci  interni  dell'avventizia. 


Voi.  xxxix. 


CONTRIBUZIONE  ALLO  STUDIO 
DEL  DIMORFISMO  DEL  RANUNCULUS  FIG  ARIA  L. 

Nota  del  socio 
Dott.  -AJberto  Noelli. 


Il  Prof.  Federico  Delpino  di  Napoli,  io  un  suo  recente  lavoro  sul 
BanuìiciUus  Ficaria  Z.,  ^  riuscì  a  provare ,  almeno  per  gli  esem- 
plari i  quali  crescono  nei  dintorni  di  quella  città,  che  contrariamente 
a  quanto  asserivano  vari  autori,  quali  il  Reichenbach,  il  Jordan,  ecc. 
la  Ficaria  altro  non  sarebbe  se  non  una  specie  ginodioica,  formata 
cioè  da  due  forme  diverse,  l'una  ermafrodita  fornita  di  stami  e  pistilli 
perfettamente  sviluppati,  e  l'altra  femminile  munita  invece  di  stami 
a  diversi  gradi  di  aborto  e  di  corolla  più  piccola,  ma  entrambe  frut- 
tificanti. Infine  per  essere  il  polline  della  forma  ermafrodita  scevro  di 
ogni  efficacia  fecondativa  sui  pistilli  sottostanti  sarebbe  altresì  una  forma 
con  fiori  ermafroditi  adinamandri.  - 

Ora  avendo  il  Delpino  rivolto  un  invito  ai  botanici  europei,  di  esa- 
minare cioè  il  progressivo  sviluppo  dei  fiori  del  R.  Ficaria  nei  terri- 
tori da  essi  rispettivamente  abitati,  co;;ì  rivolsi  la  mia  attenzione  a 
quelli  i  quali  crescono  nel  territorio  di  Torino.   Ed  avendone   ottenuti 


1  F.  Delfino,  Dimorfismo  del  Ranunculus  Ficaria  L.  (in  Memorie  d.  R.  Ac- 
cademia delle  Scienze  d.  Istituto  di  Bologna,  1897;  Tomo  IV,  pag.  685.) 
-  F.  Delfino,  op.  cit.,  pag.  G91. 


132  A.    NOELLI. 

dei  risultati  notevoli,  così  ritengo  di  fare  cosa  utile  col  riassumerli  bre- 
veniente  in  questa  nota. 

Già  nelle  mie  prime  gite  compiute  nella  primavera  del  1898  notai 
come  il  R.  Ficaria  ovunque  abbondante,  cresca  perù  in  determinate 
zone  0  con  forme  munite  di  fiori  estremamente  grandi  o  con  forme  più 
piccole,  esili  e  parviflore.  Per  la  qual  cosa  incominciai  a  dubitare  che 
anche  a  Torino,  come  già  a  Napoli,  questa  specie  dovesse  presentarsi 
col  solito  dimorfismo  fiorale.  Viceversa,  come  mi  risulta  dall'esame  di 
parecchie  centinaia  di  fiori  dell'una  e  dell'altra  forma,  notai  con  mia 
grande  meraviglia  come  essi,  oltre  all'avere  gli  ovari  normali,  sono 
muniti  di  stami  sempre  ricchi  di  polline  bene  conformato,  per  la  qual 
cosa  fui  costretto  ad  ammettere,  come  perù  già  immaginava  il  Dei- 
pino,  1  che  nei  dintorni  di  Torino  il  R.  Ficaria  fosse  rappresentato  da 
una  sola  forma,  cioè  dall'ermafrodita. 

Occorre  però  notare  per  debito  d'imparzialità,  come  soltanto  una 
volta,  raccolsi  in  un  prato  situato  nelle  vicinanze  di  Stupinigi,  alcuni 
fiori  piccolissimi,  le  cui  antere  mostravansi  assolutamente  prive  di  pol- 
line, frammisti  ad  altri  fiori  pure  piccoli,  ma  con  stami  forniti  di  pol- 
line abbondante  e  bone  conformato;  e  questo  fatto  anziché  ritenersi 
dovuto  alla  presenza  di  fiori  femminili  in  quella  località,  credo  debba 
attribuirsi  ad  un  fatto  eccezionale  dovuto  all'anormale  sviluppo  di 
poche  pianlicine,  probabilmente  prodotte  dal  tempo  continuamente  pio- 
voso. D'altra  parte  nella  stessa  località  raccolsi  negli  anni  seguenti  dei 
fiori  egregiamente  polliniferi  per  quanto  piccoli  e  gracili. 

Ritengo  ora  necessario,  come  già  fece  il  Delpino,  il  far  seguire  i 
prospetti  delle  dimensioni  dei  vari  organi  fiorali,  per  paragonare  i  miei 
risultati  con  quelli  da  lui  ottenuti  a  Napoli. 

Riguardo  ai  valori  dei  diamelri  corollini  espressi  in  millimetri,  scelsi 
10  fiori  grandi  e  10  piccoli  e  ne  ottenni  i  seguenti  risultati: 

Fiori  grandi:     23.  24.  25.  2G.  28.  30.  32.  34.  36.  39=297. 
Fiori  piccoli:     17.  19.  21.  22.  23.  24.  26.  27.  28.  29=i236. 


1  F.  Delfino,  op.  cit.,  pag.  701 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEL    DIMORFISMO,    ECC.  133 

Si  ha  quindi  ima  media  di  29,7  per  i  fiori  grandi  e  di  23,6  per 
quelli  piccoli,  le  quali,  paragonate  con  quelle  ottenute  a  Napoli,  pro- 
vano che  la  media  massima,  cioè  29,7,  è  appena  eguale  alla  media 
dei  fiori  femminili  ottenuta  dal  Delpino;  d'altra  parte  è  notevole  la 
poca  differenza  che  esiste  tra  le  due  medie  in  modo  che  riesce  diffi- 
cile il  distinguere  i  vari  fiori  delle  due  forme  specialmente  poi  per  la 
grande  abbondanza  di  quelli  con  dimensioni  intermedie. 

Nell'esame  poi  delle  varie  parti  fiorali,  non  riscontrai  che  lievi  dif- 
ferenze nei  sepali,  mentre  nei  petali  notai  alcune  variazioni  segnata- 
mente per  quanto  riguarda  il  numero.  Difatti  esso  non  si  mantiene  co- 
stante né  nei  fiori  piccoli  né  in  quelli  grandi,  anzi  in  questi  ultimi  le 
differenze  sono  più  frequenti  e  di  maggior  rilievo;  invero  mentre  nei 
primi  il  numero  dei  petali  varia  da  S  a  iO,  nei  secondi  varia  invece 
da  8  a  13  con  una  media  di  9. 

All'incontro  il  numero  degli  stami  varia  di  poco  come  rilevasi  dalle 
seguenti  cifre; 

Fiori  grandi:     20.  23.  20.  34.  36.  37=^176. 
Fiori  piccoli:    17.  19.  22.  24.  28.  29=139. 

Si  ha  quindi  una  media  di  29  stami  per  i  fiori  grandi  e  di  23  per 
quelli  piccoli,  risultati  i  quali  si  avvicinano  di  molto  a  quelli  ottenuti 
dal  Delpino,  avendo  egli  ottenuto  il  numero  di  28  per  la  forma  erma- 
frodita e  di  23  per  quella  femminea. 

Esaminando  poi  accuratamente  la  lunghezza  degli  stami,  compresa 
l'antera,  ebbi  una  media  la  quale  varia  da  5,5  a  6,5  nei  vari  fiori, 
scostandosi  così  da  quella  ottenuta  a  Napoli  la  quale  varia  da  5  a  10. 
Le  antere  poi  mostravansi  sviluppate  regolarmente  e  sempre  munite  di 
polline  bene  conformato. 

Riferisco  infine  il  numero  dei  carpidi  da  me  riscontrati  nelle  due 
forme  : 

Fiori  grandi:  16.  18.  22.  23.  24.  27.  32.  34.  36.  36=^268. 
Fiori  piccoli:  10.  11.  14.  18.  22.  24.  25.  25.  27.  35=211. 


134  A.    NOELLI. 

Si  lia  quindi  una  media  di  26  carpidi  per  i  fiori  grandi  e  di  21  per 
i  fiori  piccoli,  le  quali  provano  così  l'uniformità  esisterne  nelle  due 
forme,  mentre  a  Napoli  esse  sono  rappresentate  rispettivamente  da  18 
per  le  piante  ermafrodite  e  da  27  per  quelle  femminee. 

Riguardo  alla  struttura  i  carpidi  non  presentano  grandi  differenze  ; 
riesce  però  notevole  il  fatto  che,  mentre  in  qualche  fiore  piccolissimo 
essi  sommavano  a  45,  in  pochi  altri  molto  più  grandi  e  sviluppati  essi 
raggiungevano  appena  il  numero  di  11. 

Moltissimi  fiori  poi  presentavano  per  lo  più  da  1  a  3  ovari  grossificati 
(raramente  essi  erano  in  numero  di  8  ovvero  10),  colle  pareti  bene 
lignificate,  consistenti,  e,  fatta  eccezione  di  pochi  i  quali  o  erano  vuoti, 
0  contenevano  un  seme  abortito,  tutti  gli  altri  manifestavano  la  pre- 
senza di  un  abbondante  albume  munito  di  embrione.  Inoltre  non  mi 
fu  mai  dato  di  osservare  delle  nucule  divorate  da  insetti. 

Ho  già  detto  come  in  tutti  i  fiori  (salvo  una  sola  eccezione)  le  an- 
tere fossero  fornite  di  polline  abbondante  e  bene  confermato,  coi  nuclei 
bene  appariscenti  in  seguito  a  colorazioni  artificiali,  ma  non  mi  fa  mai 
possibile  il  farlo  germinare  malgrado  i  numerosi  tentativi.  Però  osser- 
vando gli  stimmi  mi  fu  dato  varie  volte  di  scorgervi  dei  tubi  polli- 
nici normali  uscire  dalle  fessure  di  deiscenza. 

Per  ultimo  esaminai  i  vari  esemplari  di  Raìiumulm  Ficaria  con- 
tenuti hqW Herbarium  'pedemontamim  del  R.  Orlo  Botanico  di  Torino 
e  ne  ebbi  i  seguenti  risultati  : 

Del  Piemonte  esistono  48  esemplari  raccolti  in  12  località  distinte, 
coi  fiori  bene  sviluppati,  tutti  forniti  di  polline,  ed  anzi  vari  presen- 
tano parecchie  nucule  grossificate,  lignificate  e  ricche  di  perisperma. 
Infine  salvo  pochissime  piante,  tutte  le  altre  mostrano  le  parti  vege- 
tative molto  sviluppate. 

Risulta  quindi,  da  tutto  quanto  si  è  detto,  che  la  Ficaria  si  sviluppa 
a  Torino  colla  sola  forma  ermafrodita  e  con  una  variabilità  di  forma 
molto  relativa  e  non  mai  eguale,  salvo  poche  eccezioni  limitate  ad  un 
numero  scarso  di  fiori,  a  quella  che  si  verifica  nel  territorio  di  Napoli 
tra  la  forma  ermafrodita  e  la  femminea. 


CONTRIBUZIONE   ALLO    STUDIO    DEL    DIMORFISMO,    ECC.  135 

Rimangono  però  alcune  questioni  circa  l' interpretazione  dello  sviluppo 
del  R.  Ficaria,  questioni  che  io  intendo  trattare  brevemente. 

Anzitutto  il  Delpino  riferisce  a  pag.  691-92  come  i  suoi  fiori  siano 
visitati  rarissimamente  dagli  insetti,  menti-e  l'opposto  accadrebbe  in 
Germania  ed  in  (Dlanda  secondo  le  osservazioni  di  vari  autori  quali  il 
Miiller,  Mac  Leod,  ecc.  Anzi  il  Keruer  ^  a  pag.  456  così  si  esprime;  ^  I 
fiori  di  Ranunculus  Ficaria  sono  visitati  nei  luoghi  esposti  al  sole 
da  piccoli  coleotteri  mangiatori  di  polline,  da  ditteri  e  da  imenotteri, 
ed  in  tali  luoghi  producono  qua  e  là  dei  frutti  maturi;  nei  luoghi  si- 
tuati all'ombra  dei  bassi  cespugli  e  nell'interno  oscuro  dei  boschi  le 
visite  degl'insetti  sono  per  contrario  assai  rare,  e  perciò  la  maggior 
parte  dei  primordi  dei  frutti  periscono  e  non  diventano  frutti  maturi. 
In  compenso  i  ceppi  del  favagello  cresciuti  nell'ombra  fitta  producono 
nell'ascella  delle  foglie  cauline  dei  tuberi  globosi  o  reniformi,  i  quali 
più  tardi  quando  il  fusto  e  le  foglie  si  disseccano,  cadono  e  danno  ori- 
gine a  nuovi  ceppi.  Invece  i  ceppi  che  maturano  frutti  non  producono 
alcuno  o  soltanto  pochi  corpi  riproduttori  organici  tuberiformi.  « 

Ora  se  è  vero  che  i  fiori  del  R.  Ficaria  sono  visitati  dagl'insetti  e 
specialmente  da  coleotteri  e  da  ditteri,  come  io  stesso  verificai  molte 
volte,  in  ispecie  nelle  giornate  di  sole,  non  è  però  vero  che  la  produ- 
zione di  bulbilli  avvenga  soltanto  nelle  piante  cresciute  all'ombra  e 
quindi  prive  della  visita  degl'  insetti,  poiché  io  osservai  che  producono 
bulbilli  e  le  piante  cresciute  all'ombra  e  quelle  esposte  al  sole.  Quindi 
la  produzione  bulbillifera  non  supplisce  la  mancanza  di  frutti,  ma  è 
invece  un  fatto  costante,  acquisito  e  destinato  alla  regolare  riproduzione 
del  R.  Ficaria. 

Anche  il  Yan  Tieghem  ^  asserisce  che  se  nel  R.  Ficaria  il  polline 
non  si  forma,  oppure  non  si  formano  gli  ovoli  per  lo  sviluppo  di  radici 
tubercolari  sotto  i  germogli  ascellari  caduchi  delle  foglie  caulinari,   si 


1  Kerner  di  Marilaun,   Vita  delle  Piante.  Voi.  II,  pag.  456.  Torino,  1892. 

2  Van  Tieghem,  Traile  de  Botanique.  Voi.  II,  pag.  1010.  Paris,  1891. 


136  A.    XOELLI.    CONTRIBUZ.,    ECC. 

ha  I'apogamia.  Perduta  la  sessualità  essa  viene  sostituita  da  formazioni 
apogamiche.  Anche  il  Darwin  ^  afferma  che  la  Ficaria  non  produce  mai, 
0  raramente  dei  semi,  e  che  la  forma  bulbillifera,  non  producendo  pol- 
line, non  forma  mai  dei  semi.  Ma  tutto  questo  cade  poiché  tanto  il 
Delpino  come  io  abbiamo  osservato  come  numerose  piante  producono  semi. 

Resta  per  ultimo  di  studiare  in  quale  modo  il  R.  Ficaria  si  è  svi- 
luppata nel  territorio  di  Torino.  Da  quanto  risulta  dalle  mie  osservazioni 
io  ritengo  che  la  pianta  in  questione  si  è  diffusa  dal  sud  al  nord 
mediante  bulbilli  appartenenti  alla  sola  forma  ermafrodita,  ma  però  pro- 
dotti da  piante  di  diversa  individualità  fisiologica  e  che  questa  diffusione 
ebbe  luogo  per  opera  dei  lavori  campestri,  e  della  naturale  trazione  la 
quale  si  opera  per  mezzo  delle  radici  laterali  sui  bulbilli  specialmente 
nei  terreni  compatti  ed  incolti.  Ma  siccome  le  vicende  atmosferiche  sono 
ben  diverse  nel  nord  d'Italia  e  quindi  meno  favorevoli  al  regolare  svi- 
luppo del  R.  Ficaria^  come  d'alti-a  parte  lo  provano  le  dimensioni  minori 
dei  vari  organi  fiorali,  così  era  necessario  che  le  varie  piante  produ- 
cessero delle  nucule  seminifere,  prodotte  da  fecondazione  incrociata  le 
quali  per  essere  pesanti,  liscie  e  situate  su  peduncoli  marcescenti  e  quindi 
adagiati  sul  terreno,  male  si  presterebbero  ad  essere  diffuse,  ma  ad  al- 
tro non  servirebbero  se  non  a  produrre  delle  piante  più  robuste  e  quindi 
maggiormente  atte  a  resistere  ai  cambiamenti  di  clima. 

1  bulliilli  invece,  più  leggieri  e  numerosi,  prestandosi  ottimamente, 
per  mezzo  dei  lavori  del  terreno,  ad  essere  diffusi,  coopererebbero  su 
larga  scala  ad  espandere  lentamente,  ma  continuamente,  il  R.  Ficaria 
dal  sud  al  nord  dell'Europa. 


1  C.  Darwin,  De  la  variation  des  animaux  et  des  plantes   sous   l'action  de 
la  domestication.  Vol.  II,  pag.  180.  Paris,  1868. 


SUL  PEUCEDANUM  AjSGUSTIFOLIUM  Rd\]x  fil.  ISG" 

Nota  del  Socio 
Dott.  Alberto  Noelli. 


Nell'erbario  del  R.  Orto  botanico  di  TorHiio  esistono  vari  esem- 
plari di  questa  pianta,  la  quale  meritava  uno  studio  accurato  prima  di 
ritenerla,  come  già  hanno  fatto  vari  autori,  sia  come  una  specie  di- 
stinta dall'  affine  P.  Ostruthimn  Koch,  sia  come  una  sua  varietà. 

Era  quindi  necessario  intraprendere  lo  studio  molto  interessante  di 
tale  pianta,  il  che  feci  nello  scorcio  di  questa  estate,  in  base  al  sud- 
detto materiale  dell'  Orto  di  Torino  gentilmente  posto  a  mia  disposi- 
zione dal  prof.  Belli,  ed  agli  esemplari  favoritimi  dal  signor  Burnat 
di  Vevey. 

E  dal  loro  esame  accurato  io  dedussi  la  seguente  diagnosi: 

PEUCEDANUM   OSTUTHIUM  Koch,  1824  (L.  1764). 

Caule  4-6  dm.,  erecto,  fistuloso,  tereto,  striato,  glabro,  saperne  ra- 
moso. Foliis  iuferioribus  grandibus,  longe  petiolatis,  ternatis,  biterna- 
tisve;  foliolis  integris  vel  2-3-partitis  aut  2-3-fidis,  lanceolatis,  hm- 
qualiter  sorrulatis,  cordatis,  vel  cuneatis,  vel  basi  atteuualis.  Foliis 
superioribus  minoribus,  sessilibus  super  latam  vaginam,  plus  minusve 
serrulatis;  foliolis  2-fìdis,  quandoque  multifidis.  Umbellis  magnis,  ra- 
diis  30-40  valde  inaìqualibus.  Involucro  nullo.  Fructibus  5-6  millim. 
longis,  pedicello  filiformi  brevioribus,  ovalibus,  basi  superneque  emar- 


138  A.    NOELLI. 

ginalis,  margine  latissimo.  Acheniis  valleculis  iinivitlalis,  commissuris 
vero  2-vittatis.  2p.  Jul.  Aug. 

§  angiistifoUum  Carnei  (1888). 

Foliis  ternatis  biternatisve;  foliolis  basi  atlejiiialis,  oblongis,  2-3  fi- 
dis,  iiiterdum  etiam  piiiualifidis,  laciiiiis  lauceolalis,  augustis,  iiisnqua- 
libus  et  irregulariter  profuiideque  serrulatis,  denliculis  angustioribus 
longioribusque  quarn  in  lypico.  Angulis,  delimitatis  a  nervis  seciuida- 
riis  simul  cum  nervo  mediano  foliorum,  multo  acutioribus;  nervis  la- 
teralibus  magis  approximatis.  Nervis  paginae  iiiferioris  foliorum  pilis 
multo  tonuioribus  densioribusqiie  instructis,  quam  in  lypico. 

Descrizione. 

Perenne. 

Radice  strisciante,  carnosa. 

Caule  lungo,  rotondo,  più  o  meno  striato  longitudinalmente,  fisto- 
loso, eretto,  glabro,  ramoso  in  allo. 

Foglie  radicali  grandi,  lungamente  picciuulate;  il  picciuolo  striato 
termina  in  basso  in  una  guaina  abbracciarne  il  fusto.  Esse  presentansi 
ternate  ovvero  biternate,  colle  foglioline  lunghe,  subrotoude,  grandi,  ta- 
lora però  sono  più  strette,  acuto  lanceolate,  intiere  ovvero  due-tre  par- 
tite, 0  due-tre  fide,  qualche  volta  m-ultifide,  con  lobi  ineguali  grandi, 
ovvero  stretti  ed  accuininati.  Il  margine  è  inegualmente  seghettato,  coi 
denti  larghi  ovvero  stretti  terminanti  m  punta  sottile.  Le  foglie  sono 
glabre  e  verdi  superiormente  e  più  ]»allide  nella  pagina  inferiore  ed 
in  questa  le  nervature  appaiono  leggermente  pelose  e  ruvide.  Foglie 
caulinari  più  piccole,  munite  di  picciuolo  più  breve,  il  quale  manca  poi 
uelle  foglie  superiori,  le  quali  invece  si  inseriscono  sopra  una  grande  e 
lunga  guaina.  I  segmenti  foliari  sono  più  stretti,  lanceolati,  e  tulora 
presentano  vari  lobi  acuminali  coll'urlo  profondamente  ed  inegualmente 
seghettato. 


SUL   PEUCEDANUM   ANGUSTIFOLIUM.  139 

Ombrelle  solitarie,  situalo  air  apice  del  fusto  o  dei  rami,  portato 
da  peduncoli  cilindrici  striati  e  glabri.  Involucro  nullo.  Raggi  dell'om- 
brella numerosi,  angolosi,  striati,  glabri,  leggermente  scabri  nel  lato 
interno;  involucrotti  formati  da  pòche  brattee  (talora  mancanti)  lineari, 
filiformi. 

Ombrellette  multillore,  coi  pedicelli  tenui,  filiformi;  gli  esterni  più 
lunghi,  leggermente  scabri  noUa  parte  interna. 

Calice  con  denti  pochissimo  evidenti. 

Corolla  bianca  coi  jietali  a  cuore  rovesciato. 

Stili  bianchi,  divergenti,  più  lunghi  dello  stilopodio,  il  quale  ò  se- 
miconico, quasi  piano  nella  parte  interna. 

Acheni  piccoli,  mollo  [liù  brevi  del  carpoforo,  il  quale  è  filiforme, 
ovale,  smarginato  superiormente  ed  inferiormente,  colle  costole  distinte, 
ravvicinate  e  con  un  margine  molto  largo  e  piano.  Una  villa  per  val- 
letta, e  due  nella  coinmissura,  alquanto  arcuate. 

Sinonimia. 

Peiicedaniim  Ostruthiiim  Koch  ,!,,  Geìi.  ir  ih.  fi.  umbell.  in  Nov. 
act.  uat.  cur.  Vol.  XII,  Part.  I,  pag.  95  (182i).  —  De  Notaris  J., 
Rcjoert.  ft.  ligiist.,  pag.  183,  n.  806  (1844).  —  Gren.  Gadr., 
Fior.  d.  Franc.  Vol.  I,  pag.  f.Ol  (1848).  -  Rclib.  II.  G.  fil, 
Umbell.  in  Fl.  germ.  ree.  Vol.  XXI,  pag.  02,  sp.  15  (1867). 
Ces.  V.  Pass.  G.  Gib.  G.,  Comp.  fi.  it.,  pag.  609  (1867).  — 
Bouvier  L.,  Fior.  d.  Alp.  d.  Sitiss.  et  d.  Savoie,  pag.  292 
(1878).  —  Jessen  W.,  Deuts.  excurs.  fl,  pag.  181  (1879).  — 
Arcang.  G.,  Comp.  fl.  it,  pag.  293,  sp.  1756  (1882).  —  Car- 
nei T.,  Fl.  it.  Vol.  VIII,  pag.  287  (1888).  —  Index  Kewen- 
sis.  Vol.  Ill,  pag.  481  (1894).  —  Arcang.  G.,  Comp.  fl.  it., 
pag.  611  (1894).  —  Fiori  A.,  Paolelti  G.,  Fl.  anal.  d'lt.  Vol.  II, 
pag.  182,  sp.  2347  (1899). 


140  A.    XOELLI. 

Imiwratoria  Ostruthium  L.,   Sp.  ]:>l.   Vol.  I,  pag.  371  (1764).  — 
Hall.  A.,  Hist.  stir]},  ind.  helv.  Vol.  I,  pag.  357,  n.  805  (1768). 

—  Murr.  A.,  Si/st.  veg.  Ed.  XIV,  pag.  289  (1784).  —  Vili.  M., 
Hist,  cl.2^1.  d.  BauphiM.  Vol.  I,  pag.  628  (1786).  —  Gaertii.  J., 
De  fruct.  et.  sem.  pi.  Vol  I,  pag.  90  (1788).  —  Willd.  G.  L., 
Sp.pl.  Vol.  I,  Part.  II,  pag.  1458  (1797).  —  Sm.  E.,  Fl.  brit. 
Vol.  I,  pag.  327  (1804).  —  Savi  G.,  Dm  cent.  d.  pi.  app. 
11  etr.,  pag.  69-70  (1804).  —  Re  F.,  Fl.  5^^..  pag.  27  (1805). 

—  Pers.  G.  H.,  Sijn.pl.  sur  enchir.  hot.  Vol.  I,  pag.  321  (1805). 

—  Lamk.  J.  et  D.  G.,  Sijn.  pL,   pag.    505,  sp.  3421  (1806). 

—  Biroli  J.,  Fior.  Ac.  Vol.  I,  pag.  102  (1808).  —  Picot  de 
Lapeyrouse,  Hist.  abr.  d.  pi.  d.  Pyr.  A^ol.  I,  pag.  162  (IS  13).  — 
R.  et  S.,  Sijst.  veg.  Vol.  VI,  pag.  608  (1820).  —  Pollinius  G., 
Fl  ver.  Vol.  I,  pag.  386  (1822).  —  Gomolli  J.,  Prodr.  fl. 
prov.  com.,  pag.  56,  sp.  372  (1824).  —  Spreug.  G.,  S)jst.  veg. 
Vol.  I,  pag.  916  (1825).  —  Mert.  G.  ct  Koch.  J.,  Deut.  //. 
Vol.  II,  pag.  387,  sp.  870  (1826).  —  Naccari  L.,  Fl.  ven.  Vol.  W, 
pag.  87  (1826).  —  Host  X.,  Fl.  austr.  Vol.  I,  pagina  392 
(1827).  —  Gaud.  I.,  Fl.  helv.  Vol.  II,  pag.  336  (1828).  — 
Duby.  E.,  Bot.  gall.  P.  I,  pag.  222  (1828).  —  D.  G.,  Prodr. 
Si/st.  nat.  Vol.  IV,  pag.  183  (1830).  —  Rchli.  L.,  /'/.  germ, 
ecce.  Vol.  II,  pag.  456,  sp.  2955  (1830-32).  —  Spreug.  G.,  Fl. 
Hal.  Ed.  II,  pag.  139  (1832).  —  Golia  A.,  Herb.  ped.  Vol.  Ill, 
pag.  56  (1834).  —  Mutel  A.,  Fl.  fr.   Vol.  I,  pag.  54  (1834). 

—  Richter  E.,  Cod.  hot.  linn.  Vol.  I,  pag.  275,  sp.  2073 
(1835).  —  Gaud.  J.,  Syn.  il  helv.,  pag.  230  (1836).  —  Ber- 
tol.  A.,  Fl.  it.  Vol.  Ill,  pag.  420  (1837).  —  Steudel  T.,  Nom. 
hot.,  pag.  805  (1840).  —  Doll.  Gh.,  PJiein.  fl,  pag.  721  (1843). 

—  Koch.  J.,  Syn.  fl.  Vol.  I,  pag.  336  (1843).  —  Jacques  et 
Heriiicq.,  Man.  g&n.  d.  pi.  Vol.  II,  pag.  112  (1845-62).  — 
Ziimaglini  M.,  Fl.  ped.  Vol.  I,  pag.  12  (1849).  —  Nymau  F., 
Sijll.  //.  eur.,  pag.  153,  sp.  151  (1854-55).  —  Aschurson,  /'/. 


SUL    PEUCEDAXUM    ANGUSTIFOLIUM.  14i 

Branche  pag.  254  (18G4).  —  Fiiss.  M.,  FI.  trciiis.  exc,  pag. 
271,  sp.  1307  (1800).  —  Zersi  E.,  Prosp.  d.  pi.  d.  prov. 
Brema,  pag.  99  (1871).  —  Gillet  M.  et  Magne  II.,  Nouv.  fi. 
fr.,  pag.  191  (1873).  —  Garcke  A.,  FI.  v.  deut.,  pag.  171, 
sp.  824  (1878).  —  Kocli  J.,  Taschh.  d.  Deict.  und  ScJuc.  fi., 
pag.  631,  sp.  2950  (1878).  —  Gaflisch.  F.,  Excurs.  jl,  pag.  134 
(1878).  —  Nymaii  F.,  Consp.  fi.  eur.,  pag.  285  (1878-1882).  — 
Bicknell  C,  FI.  of  Bordigìiera  and  S.  Remo,  pag.  114  (1896). 

7.  alpina  Bauhino  G.,  Hist.  pi.  un.  Voi.  Ili,  lib.  XXVII,  pag.  139- 
140  (1651). 

/S  triternata  D.  G„  Prodr.  sijst.  nat.  Voi.  IV,  pag.  183  (1830).  — 
Gillet  M.  et  Magne  H.,  Nouv.  fl.  fr.,  pag.  191  (1873). 

/.  major  C.  B.,  Toiirn.  P.,  Jnst.  rei  herb.  Vol.  I,  pag.  317  (1719). 
—  Lamk.,  Encijcl.  rneth.  Vol.  Ill,  pag.  242  (1789). 

Selinum  Imperatoria  Crantz  N.,  Stirp.  austr..  Fase.  III.  Ed.  II, 
pag.  174  (1769).  —  Ali.  C,  Fl.  p)ed.  Voi.  II,  pag.  7,  n.  1299 
(1785).  —  Link  F.,  En.  pi.  Voi.  I,  pag.  269  (1821). 


var.  /?  ancjusti folium  Carnei  T.,  Fl.  it.  Voi.  Vili,  pag.  287  (1888). 
—  Arcang.  G.,  Comp.  fl.  it.,  pag.  611  (1894).  —  Fiori  A.  e 
Paoletti  G.,  Fl.  anal.  d'It.  Voi.  II,  pag.  182  (1899). 

Peucedanum  angustifolium  RcIiId.  fìl,  Umb.  in  Fl.  germ.  ree.  Xo- 
lume  XXI,  pag.  62,  sp.  16  (1867).  -  Ges  V.,  Pass.  G.,  Gib.  G., 
Comp.  fl.  it.,  pag.  610  (1867),  —  Arcang.  G.,  Comp,  fl..  it., 
pag.  293-94,  sp.  1757  (1882).  ~  Indeoj  Kewensis.  Voi.  III, 
pag.  480  (1894). 

P.  imperatorioides  Koch  J.,  Gen.  trib.  pi.  umbell.  in  Nov.  act.  nat. 
cur.  Vol.  XII,  Part.  I,  pag.  95  (1824).  —  De  Notaris  J.,  Rep. 
fl.  tig.,  pag.  184,  u.  807  (1844). 

Selinurn  imperatorioides  Link  H.,  En.  pi.,  pag.  269  (1821). 

Imperatoria  angustifolia  Bell.  L.,  Stirp.  nov.  vel.  min.  not.  Ped. 
in  Mem.  Ac.  Tur.,  anno  X-XI,  pag.  449  (1801-2).  —  R.  et  S., 


142  A.    NOELLI. 

S/jst.  vegeL  Vol.  VI,  pag.  609  (1S20).  —  Pollinius  C,  Fl.  ver. 
Vol.  I,  pag.  386  (1822).  —  Spreug.  c'.,  Sijst.  veget.  Vol.  I, 
pag.  916  (1825).  —  Gaud.  J.,  Fl.  helv.  Vol.  II,  pag.  338 
(1828).  —  D.  C,  Prodr.  sijst.  nat  Vol.  IV,  pag.  183  (1830). 

—  Rchb.  L.,  Fl.  germ.  exo.  Vol.  If,  pag.  456,  sp.  2956  (1830- 
1832).  —  Colla  A.,  Herb.  feci.  Vol.  HI,  pag.  57  (1834).  — 
Mutel  A.,  Fl.  t>.  Vol.  1,  pag.  54  (1834).  —  Gaud.  J.,  Syn. 
fi.  helv..  pag.  230  (1836).  —  Bertol.  A.,  Fl.  it.  Vol.  Ill,  pag. 
422  (1837).  —  Steudel  E.,  Nom.  hot.,,  pag.  805  (1840).  — 
Koch  J.,  Syn.  ft.  germ.  Vol.  I,  pag.  337  (1843).  —  Zuma- 
gliui  A.,  Fl.  peel.  Vol.  I,  pag.  13  (1849).  —  Nyman  C,  Syll. 
fl.  eur.,  pag.  153,  sp.  153  (1854-55).  —  Fuss  M.,  Fl.  tram. 
exc,  pag.  271,  sp.  1308  (1866).  —  Koch  J.,  Tmch.  d.  Deut. 
uiid  Schw.  fi.,  pag.  632,  sp.  2951  (1878).  —  Nymaii  G., 
Comp.  fl.  eur.,  pag.  285  (1878-82). 

Imperatoria  alpina  angustifolia  Moris.  R.,  Plant,  hist.   univ.  ox. 
Vol.  Ill,  pag.  278  (1715). 

Icones. 

Peucedanum  Ostriithium  Koch  —  Lobelius,  Icon,  pi.,  pag.  700  (1591). 

—  Bauh.  G.,  Hist.  pi.  un.  Vol.  Ill,  pag.  140  (1651).  —  Mo- 
ris. R.,  Pi.  hist.  un.  Vol.  Ill,  tav.  IV,  sez.  IX  (1 71 5).  —  Ico- 
nografia taurinensis.  Vol.  XIV,  tav.  II  (1752).  —  Blackw.  E., 

.  Herb,  black.  Gent.  Ill,  tav.  CGLXXIX  (1757).  —  Gaertn.  J.,  De 
fruct.  etsem.pl.  Vol.  I,  tav.  XXI,  fig.  9  (1788).  —  Mutel  A., 
Fl.  fr.  Vol,  I,  tav.  XXIV,  fig.  190  (1834).  —  Rchb.  II.  G.  fil, 
Umbell.  in  Fl.  germ.  ree.  Vol.  XXI,  tav.  GXXIII  (1867).  — 
Gus.  M.,  Aiisb.  ]\I.,  Herb.  d.  I.  Fl.  fr.  Vol.  X,  tav.  Lll  (1869). 

/?  angustifolium  Garuel  —  Moris.  R.,  Pi.  hist.  un.  Vol.  HI,  tav.  IV, 
sez.  IX  (1715).  —  Jconogr.  taur.  Vol.  XXXV,  tav.  LIX  (1752). 

—  Bollard.  L.,  Stirp.  nov.  vet  min.  not.  Ped.  iu  Mom.  Ac.  Tur. 


SUL    PEUCEDANU-M   ANGUSTIFOLIUM.  143 

Anno  X-X[,  tav.  IH  (1801-2).  —  Rchb.  II.  fil,  Umb.  in  FI.  germ, 
ree.  Voi.  XXI,  tav.  GXXIV  (1867).  —  Gus.  M.,  Ansb.  M.,  Herb, 
d.  l.  FI.  fr.  Voi.  X,  tav.  LUI  (1869). 

Letteratura  e  critica. 

Questa  pianta  venne  raccolta  per  la  prima  volta  molto  probabilmente 
nel  1798  da  un  certo  Viale  nei  prati  a  Limone  in  provincia  di  Cu- 
neo. Pili  tardi  egli  la  comunicò  al  Bellardi,  il  quale  la  descrisse  come 
specie  autonoma  e  la  figurò  nelle  «  Stirpes  novae  vel  minus  notae 
Pedemontii  descriptae  et  iconibus  illustratele.  f>  ^  Quest'Autore  rife- 
risce poi  come,  secondo  A.  Haller  figlio,  essa  sia  stata  raccolta  anche 
nella  Sviscera  e  nella  sinonimia  oltre  al  riportare  la  tav.  IV  del  Mo- 
rison  {Plant,  hist,  univ..  Ili,  1715),  mette  come  sinonimo  /.  minor 
del  Bauhino,  mentre  in  questo  Autore  si  legge  /.  alpina.  ^ 

Il  Bertoloni  nella  sua  fiora  ^  a  pag.  422  asserisce  soltanto  di  avere 
ricevuta  la  pianta  dai  luoghi  subalpini  di  Limone  dal  prof.  Balbis  e 
da  Bertero,  ed  erroneamente  scrive  /.  angustifolia  Spreng.  in  R.  et  S. 
mentre  questi  Autori  scrivono  esattamente  L  angustifolia  Bell.  Nel 
De  Gandolle  ^  a  pag.  183  si  legge  quanto  segue:  ^  Post  Sellar  dium 
legi  in  Alpibus  Tendae  prope  Limone  Pedemontii.  "  E  questa  nota 
egli  la  ripete  unitamente  all'unico  esemplare  del  suo  erbario  coll'ag- 
giunta  della  data   u  Limone,  20  juill.  1805.  « 

Ma  nel  «  Journal  de  voìjage  (inedito)  di  A.  P.  De  Gandolle,  il 
quale  si  conserva  nella  biblioteca  De  Gandolle  a  Ginevra,  si  trova  alla 
data  26  luglio    1809    quanto   segue;    «  J' ai    vu    daus   le   jardin  de 


1  Bellardi  L.,  Stirpes  novae,  ecc.  in  Móni.  d.  l'Ac.  d.  Turin.  Anno  X-XI,  pa- 
gina 449,  tab.  HI,  1801-2. 

2  Bauhino  G.,  Histonae  piantar um  universalis.  Tomo  III,  lib.  XXVIl,  pag.  139- 
liO.  Ebroduni,  1651. 

3  Bertoloni  A.,  FI.  it.  Vol.  III.  Bononiae,  1837. 

^-  De  Gandolle  P.,  Prodr.  syst.  nat.  reg.  veg.  Vol.  IV.  Parigi,  1830. 


144  A.    NOELLI. 

M.  Viale  V Iinperatoria  angmtifolia  de  Bellardi  en  fruits,  elle  croit 
dans  ce  pays,  aussi  bien  que  la  Linnaea,  mais  rien  n'est  plus  difficile 
que  de  tirer  le  moindre  renseignemeut  de  M.  Viale  qui  veut  ctre  seni 
à  conuaìtre  les  plautes  de  son  canton  ...  «  Risulta  quindi  da  questa 
nota  come  egli  si  sia  ingannato  col  citare  e  nell'erbario  e  nel  Pro- 
dromus  di  avere  raccolta  dopo  Bellardi,  nelle  Alpi  di  Tenda,  1'/.  an- 
gustifoglia;  egli  invece  l'ha  solamente  vista  nel  giardino  di  Viale  a 
Limone.  Inoltre  a  pag.  183  nel  Prodromus  aggiunge  alla  sp.  Ostru- 
thium  una  varietà  /?  triternata  della  quale  dà  la  diagnosi  citando 
nella  sinonimia  «  Imperatoina  triternata  Viv.  I  in  liti.  " ,  varietà  la 
quale  venne  però  con  ragione  annullata  dal  De  Notaris  ^  consideran- 
dola come  sinonimo  del  P.  Ostruthium.  Tuttavia  Gillet  et  Magne  nella 
loro  flora  ^  continuano  a  mantenere  tale  varietà. 

Anche  il  Villars  ^  aggiunge  alla  sp.  Ostruthium  una  varietà  tenui- 
folia  alla  quale  segue  una  descrizione  talmente  vaga  da  dover  riferire 
senz'altro  la  varietà  alla  specie  tipica. 

Nyman,  •^  sulla  fede  del  Serres,  dice  che  il  P.  amjmtifolium  sarebbe 
pure  stato  trovato  nel  Delfmato  presso  Villardd'Arcme^  nella  Sviz- 
zera meridionale  (?)  e  nel  supplemento  secondo  alla  sua  flora,  ^  ag- 
giunge anche  «  In  Helvet.  Merid.  Canton  Ticino  in  monte  supra 
Lugano  et  Bironico  (Schl.  hb.  ex  Gremii),  n 

Infatti  neir  erbario  Schleicher  (conservato  a  Losanna)  si  legge  la  se- 
guente indicazione:  "  Pn  monte  supra  Lugano  et  Bironico  (cujus 
nomen  oblitus  sum)  specimen  legi.  »  E  questa  località  viene  pure 
riportata  dal  Koch  nella  sua  flora,  ^  dal  Reicheubach  figlio  nello  Um- 


1  De  Notaris  J.,  Repertor'mm  florae  Ugmticae,  pag.  183.  Torino,  184-i. 

2  Gillet  M.  et  Magne  J.  H.,  Nouvell.  fi.  frano.,  pag-  19  L  Paris,  1873. 

3  Villars  M.,  Histoire  d.  pi.  d.  Dauphinó.  Voi.  I,  pag.  628.  Grenoble?  1786. 
^  Nyman  G.  F.,  Conspectus  florae  europae,  pag.  285.  Oerebro  sueciae,  1878-82. 

5  Nyman  G.  F.,  Conspectus  florae  europae.  Suppl.  II,  pag.  137.   Oerebro  sue- 
ciae, 1889-90. 

6  Koch  J  ,  Syn.  fi.  germ,  et  helv.  VA.  III.  Voi.  I,  pag.  263.  Lipsiae,  1857. 


SUL    PEUCEDANUM   ANGUSTIFOLIUM.  145 

bellifei-e  ecc.  '  e  dal  Gaudiii  nella  sua  Flora  helvetica,  A^ol.  II  (1828) 
a  pag.  338  e  non  638  come  erroneamente  si  legge  nel  Reiclienbach. 
Nell'erbario  del  Biroli  un  esem.plare  porta  la  seguente  indicazione:  «  In 
Alpibus  Graiis  ",  località  ripetuta  poi  da  Roemer  et  Schultes  [Syst. 
mg.  Voi.  VI,  pag.  609,  1820).  11  Fuss  -  poi  non  segna  che  la  se- 
guente località  V.  in  Aljpibus  Kuhhorn  (Gz)  -^  alla  quale  aggiunge; 
"  Non  vidi  i> . 

È  da  notare  come  Cesati,  Passerini  e  Gibelli  ^  abbiano  messo  nella 
loro  flora  P.  angusti  folium  Nob.  mentre  la  sp.  va  attribuita  al  Rei- 
chenbach  figlio. 

L'Arcangeli  ^  riferisce  a  B.  et  H.  il  P.  angustifolium  e  fa  di  que- 
sta pianta  una  specie  distinta;  ma  nella  seconda  edizione  della  sua 
flora  (1894)  la  considera  come  varietà. 

Cusin  et  Ansberque,  ■'  Carnei  ^  e  per  ultimo  De  Notaris  ^  ripor- 
.tano  erroneamente  questa  piauta  col  nome  di  Peucedanum  impera- 
torioides  Link,  mentre  nel  Link  ^  essa  trovasi  citata  col  nome  di  Se- 
Unum  imperatorioides. 

Invece  Mertens  e  Koch  nella  Deutschlands  flora  Voi.  II  (1826) 
a  pag.  387  mettono  Selinmn  imperatoria  Link,  mentre  va  riferito 
al  Crantz.  » 

Parimenti  nella  flora  del  .lessen  ^"^  si  legge  P.  Ostruthimn  L.  an- 
ziché P.  Ostruthiicm  Koch. 


1  REICHENBA.CH  H.  G.  Fllio,  Umòell.  in  fi.  germ.  ree.  Voi.   XXI,  pag.   G2-3. 
Lipsiae,  1867. 

2  Fuss  M.,  Flora  transsilvaniae  excursoria,  pag.  271.  Gibinii,  18G6. 

'  Cesati  V.,  Passerini  G.,  Gibelli  G.,  Comp.  d.  fi.  it.,  pag.  610.  Milano,  1867, 
^  Arcangeli  G.,  Comp.  d.  fi.  it.,  pag.  2934.  Torino,  1882. 
5  Cusin  M.  L.  et  Aksberque  M.  E.,  Herbier  de  la  flore  frang.  Voi.  X,  Tav.  LIIL 
Lyon,  1869. 
^  Caruel  T.,  Flora  italiana.  Voi.  Vili,  pag.  287.  Firenze,  1888. 
"  De  Notaris  J.,  Repertorium  florae  ligmticae,  pag.  184.  Torino,  1844. 
^  Link  H,  F.,  En.pl.  Horti  reg.  hot.  berolin.  Voi.  I,  pag.  269.  Berolini,  182 L 
9  Crantz  N.,  Stirpium  austriacarum.  Fase.  Ili,  ed.  II,  pag.  174.  Wien,  1769. 
1"  Jessen  W.,  Deutsche  excursions  flora,  pag.  181.  Hannover,  1879. 

Voi,  XXXIX.  10 


14r6  A.    XOELLI. 

Per  ultimo  il  Bertoloni  ^  riferisce  allo  Sprengel  in  R.  et  S.  (1820) 
VI.  anguUifoUa,  mentre  essa  venue  creata  dal  Bellardi. 

Si  tratta  ora  di  vedere  quale  valore   abbia   nella  sistematica  il  P. 
.  angusiifoliicm  del  Rchb. 

Anzitutto  dall'esame  dei  numerosi  esemplari  esistenti  nell'erbario 
MVOrto  di  Torino  risulta  che  il  P.  Ostnithiicm  ammette  una 
grande  variabilità  nella  conformazione  delle  foglie.  Difatti  mentre  in 
vari  esemplari  le  foglie  presentano  la  struttura  normale  caratteristica 
di  quella  specie,  in  altri,  al  contrario,  le  foglie  hanno  segmenti  più 
stretti,  lanceolati,  bifidi  o  trifidi,  attenuati  in  basso,  e  colle  nervature 
laterali  formanti  un  angolo  sempre  più  acuto,  quanto  più  la  struttura 
della  foglia  si  avvicina  a  quella  della  var.  angusti  folia.  D'altra  parte 
malgrado  le  numerose  gite  compiute  nei  dintorni  di  Limone  (tra  le 
quali  occorre  citare  quelle  eseguite  dal  prof.  Belli,  dal  sig.  Buruat  e 
dal  sig.  Ferrari  ben  noto  ed  appassionato  raccoglitore  di  piante),  la 
forma  augustifolia  corrispondente  alla  tav.  del  Bellardi  ed  agli  esem- 
plari dell'erbario  Biroli  (il  quale  si  conserva  nell'Orto  di  Torino)  non 
fu  possibile  rintracciarla,  ma  viceversa  vennero  più  volte  raccolti  vari 
esemplari  le  cui  foglie  hanno  una  struttura  analoga  a  quelle  figurate 
dal  Cusin  MVTIerbier  de  la  flore  franr-aise.  -  Invero  esse  si  sco- 
stano dalla  var.  augustifolia  per  avere  i  segmenti  partiti  anziché  bifidi 
0  trifidi,  privi  di  lacinie  lineari,  acuti,  e  colle  nervature  laterali  for- 
manti un  angolo  meno  acuto  colla  nervatura  mediana. 

Però  il  sig.  Ferrari  raccolse  in  varie  località  (per  es.  :  presso  il  lago 
del  Moncenido,  nel  Vallone  della  Perla,  nel  Vallone  di  S.  Giovanni,  ecc.) 
vari  esemplari  dei  quali  uno  presenta  due  foglio  radicali;  l'una  af- 
fatto normale  e  quindi  corrispondente  perfettamente  nei  caratteri  al 
P.  Ostrulhiim,  l'altra  invece  risulta  identica  alle  fooiie  figurale  dal 


1  Bertoloxi  a..  Flora  italica.  Voi.  Il,  pag.  422.  Bononiae,  1837. 

2  GusiN  M.  L.  et  Ansberque  M.  E,  Ihrbier  de  la  /l.  frane.  Voi.  X,  tav.  LUI. 
Lyon,  1869. 


SUL    PEUGEDANUM   ANGUSTIFOLIUM.  147 

Giisiu.  In  im  secondo  esemplare  invece  notatisi  le  foglie  inferiori  eguali 
a  quelle  figurate  dal  Gusiu  e  la  superiore  munita  di  lacinie  lineari, 
acute  e  quindi  eguali  nella  struttura  alle  foglie  della  var.  angustifolia. 

Inoltre  il  Burnat  stesso  mi  aveva  già  fatto  notare  in  una  sua  lettera 
quanto  segue:  «  La  forme  des  feuilles  (seul  caractère  distincte  je  crois, 
je  fais  pourtant  quelques  reserves  a  ces  sujets)  présente  tous  les  pas- 
sages entre  la  forme  representee  par  ex.  par  les  éch.  des  herbiers  D.  C. 
et  Schleicher,  par  ceux  du  jardiu  de  Turin,  jusqu'aux  éch.  les  plus 
typiques  de  1'  I.  OstnUhium.  r>  Ed  in  una  sua  seconda  lettera  scrive  : 
K  Je  tieus  r  /.  angustifolia  comme  une  simple  variété  du  type  le  plus 
répandu,  var.  réliéè  par  des  formes  de  transition  à  celle  ordinaire  à 
division  en  partition  des  feuilles  plus  ou  nioins  entières  et  subellip- 
tiques.  « 

Dalle  considerazioni  sopra  esposte  risulta  che  il  P.  Ostriithium  am- 
mette una  graduale  variabilità  nella  struttura  delle  foglie  in  modo  da 
avvicinarsi  alla  var.  angustifolia.  D'altra  parte  nella  flora  del  Carnei  ^ 
a  pag.  287  del  Voi.  Vili  si  legge:  «  La  varietà  è  appena  tale  ben 
lungi  dall'essere  specie  distinta-^  e  il  Gaudin  ^  a  pag.  231  mette 
dopo  la  diagnosi  della  var.   «  suspecta  civis  ;•> . 

Occorre  aggiungere  come  oltre  il  Viale  ed  il  Biroli  non  mi  risulta 
che  altri  abbia  raccolta  tale  pianta,  e  che  gli  stessi  esemplari  dell'er- 
bario Biroli  (quattro  in  tutto)  non  hanno  che  insufficienti  indicazioni  di 
località,  anzi  uno  di  essi  ne  è  assolutamente  privo.  D'altra  parte  come 
risulta  dalle  note  comunicatemi  dal  sig.  Burnat,  gli  esemplari  degli  er- 
bari di  De  Gandolle,  di  Boissier  provengono  da  forme  coltivate,  come 
pure  lo  sono  quelli  dell'  erbario  Schleicher,  conservato  a  Losanna,  nel 
quale  si  legge  per  l'appunto:  <j-  In  monte  supra  Lugano  et  Bironico 
(cujus  nomen  oblitus  sum)  specimen  legi.  —  Haec  eulta.  « 


<  Caruel  T.,  fi.  it.  Firenze,  1888. 

2  Gal'din  J.,  Syn.  fi.  helv.  Turici,  183G. 


148  A.    NOELLI. 

Infine  dall'esame  accurato  delle  varie  tavole  e  schizzi  raffigurami  la 
var.  anrjuUifolia,  e  dei  vari  esemplari,  risulta  quanto  segue:  Che  gli 
esemplari  del  Biroli  e  quello  figurato  nella  Iconografia  taurinensis 
si  scostano  dall'esemplare  figurato  dal  Bellardi  per  avere  le  foglie  con 
lacinie  più  strette  ed  acuminate  ;  che  gli  schizzi  degli  esemplari  dell'er- 
bario De  Candolle,  Boissier  e  Schleicher  corrispondono  evidentemente 
alla  vera  angustifolia  del  Bellardi;  che  tra  questa  forma  e  la  specie 
tipica  Ostrutliium  si  possono  intercalare  gli  esemplari  coltivati  nel- 
l'Orto di  Torino,  poi  l' esemplare  figurato  dal  Reichenbach,  quindi  quello 
figurato  dal  Gusin  ed  infine  molti  altri  (alcuni  dei  quali  già  menzio- 
nati), sino  a  raggiungere  la  struttura  normale  deìV  Osù''uthmm ;  e  che 
infine  per  quanto  io  abbia  esaminati  accuratamente  i  frutti,  e  della  spe- 
cie e  della  var.  (3  esemplari  frutticati),  non  mi  fu  possibile  riscontrarvi 
alcuna  differenza  sensibile,  fatta  eccezione  per  pochissimi  esemplari  della 
sp.  ove  essi  apparivano  con  dimensioni  di  poco  maggiori. 

Concludendo  si  può  ritenere  che  il  valore  sistematico  del  P.  angu- 
siifolium  Reichenbach  sia  da  riferirsi  per  intanto  a  quello  di  una  va- 
rietà del  P.  Ostruthium  Koch,  ma  non  è  da  escludere  la  possilnlità 
molto  probabile  che  esso  non  sia  altro  che  una  semplice  forma  dello 
stesso  P.  Ostruthium^  tanto  più  qualora  fosse  dato  di  raccogliere  degli 
esemplari  corrispondenti  nei  caratteri  fogliari  a  quelli  della  forma  ti- 
pica del  Bellardi. 

Habitat  del  JP.  Ostruthium  Koch. 

Valle  di  S.  Giovanni  (Alpi  Marittime)  Ferrari 

Limone  (Alpi  Marittime)  _             Tabacco 

Limone  —  Colle  della  Perla  (Alpi  Marittime)  Belli  e  Ferrari 

Limone  (Alpi  Marittimo)  Donato  Man-o 

Valle  di  S.  Giovanni  (Alpi  Marittime)  Donalo  Marro 

Valle  di  S.  Giovanni  (Alpi  Marittime)  Burnat 


SUL   PEUGEDANUM   ANGUSTIFOLIUM. 

Vallone  della  Meris  sopra  il  lago  sottane  della  Sella 

(Alpi  Marittime) 
Vallone  della  Meris  sopra  il  lago  sottano  della  Sella 

(Alpi  Marittime) 
Vallone  delle  Ferriere  presso  il  colle  del  Colombard 

(Alpi  Marittime) 
S.  Dalmazzo  di  Tenda  —  Vallone  della  Miniera 

(Alpi  Marittime) 
Tenda  —  Fontanalba  (Alpi  Marittime) 
Gallieri  —  Viuadio  (Alpi  Marittime) 
Vinadio  (Alpi  Marittime) 

Pietraporzio  —  Praterie  della  Scaletta  (Alpi  Marittime) 
Valdieri  (Alpi  Marittime) 
Alma  —  Valle  Macra  (Alpi  Gozie) 
Dintorni  di  Gasteldelfino  (Alpi  Gozie) 
Monte  Tabor  —  Valle  Stretta  (Alpi  Gozie) 
Sopra  Giaveno  (Alpi  Gozio) 

Salbertraud  —  Rio  Secco  — '  Valle  di  Siisa  (Alpi  Gozie) 
Prati  del  Moncenisio  (Alpi  Gozie) 
Monti  di  Groscavallo  (Alpi  Graie) 
Castellamonte  (Alpi  Graie) 
Torrente  Dolo  (Appennino  reggiano) 
Valle  del  Sestajone  (Appennino  pistoiese) 
Monti  di  Fracle  (Presuraccia) 
Gol  de  la  Moutière  ou  du  Planton  (Alpi  Marittime 
Mont  d'  Or  (Alvernia) 

Mauvoisin  —  Val  des  Bagnes  (Valais-Suisse) 
Zermatt  (Svizzera) 
Trippach  —  St.  Johann  (Tirolo) 


149 

Burnat 

Belli  e  Ferrari 

Ferrari 

Ferrari 

Ungern  Sternberg 

Ferrari 

Ferrari 

Ferrari 

Balbis 

Ferrari 

Ferrari 

Berrino 

ex  Herb.  Delponte 

Ferrari 

Ferrari 

ex  Herb.  Malinverni 

ex  Herb.  Balbis 

Ferrari 

Beccari 

Longa 

Burnat 

Lecoq 

Morthier 

ex  Herb.  Belli 

Treffler 


Esistono  poi  sei  esemplari  senza  indicazione    alcuna  di  località  dei 
quali  due  appartengono  all'erbario  Malinverni  ed  uno  all'erbario  Biroli. 


150  A.    NOELLI. 

Località  della  var,  '^ 

Limone  Herb.  Colla  ex  Herb.  Biroli 

Limone  (1813)  ex  Herb.  Biroli 

Alpibus  Graiis  ex  Herb.  Biroli 

Senza  località  (1804)  Herb.  Balbis  ex  Herb.  Biroli 

Esistono  poi  vari  esemplari  coltivali  da  E.  Rostan  a  Pinerolo,  pro- 
venienti dall'Orto  di  Torino  i^entilmente  favoritimi  dal  sio;nor  Burnat. 


Indicazioni  bibliografìclieo 

—  LoBELius,  Icoìies  flantariim. 

—  Bauhino   G.  ,   Historiae  lÀmitarmn   universalis. 
Vol.  Ill,  lib.  XXVIl.  Ebroduni. 

—  MorisonR.,  Plantar  am  historiae  universalis  oa;o- 
niensis.  Vol.  III.  Oxonii. 

—  TouRNEFORT  J.  P.,    Instltutiones  rei  herhariae. 
Vol.  I.  Parigi, 

—  Iconografia  taurinensis.  Vol.  XIV  e  XXXV. 

—  Blackwell  E.,  Herbarium  black ivellianum.  Cen- 
turia III,  Norimbergae, 

—  Linneo  C,  Sjìcc.  pi.  ecc.  Vol.  1,  Viudobonae, 

—  Haller  a,,  Ilistoria  stirpium  incligenarum  hel- 

vetiae.  Vol.  I.  Bernae. 
0.  —  1769.  —  Crantz  N.,   Stirpimn  ausiriacarum.   Fase.    Ill, 

ed.  II.  Wienn. 
Murray  J.  A.,  Sijsl.  veg.  Ed.  XIV.  Gottingae. 
Allioni  C,  Ft.  pied.  Vol.  \[.  Torino. 
ViLLARS  M.,  Ilistoire  des  plantes  die  Daiiphiné. 

Vol.  L  Grenoble? 


1. 

2, 

—  1591, 

—  1651. 

3. 

—  1715. 

4. 

—  1719. 

5. 
6. 

—  1752. 

—  1757, 

•7. 
8. 

—  1764. 

—  1768. 

10. 

—  1784. 

11. 

—  1785. 

12. 

—  1786. 

17. 

—  1804, 

18. 

—  1804, 

19. 

—  1805, 

20. 

—  1805. 

SUL    PEUCEDANUM   ANGUSTIFOLIUM.  151 

13.  —  1788.  —  Gaertner  J.,  De  fructibics  et  semiaihus  lìlanta- 

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16.  —  1801-2.  —  Bellardi  L.,   Stirpes  novae   vel  minus  notae 

Pedewioutii  ecc.   in  Mém.   de   l'Ac.  de  Turin. 
Anno  X-XI. 

—  Smith  E.,  Flora  britannica.  Voi.  I.  Turici. 

—  Savi   G.,   Bm  centurie  di  inante   a-p-par tenenti 
alla  flora  etrusca,  Pisa. 

—  PiE  F.,  Flora  segusiensis.  Taurini. 

—  Persoon  G.  H.,  Sijnopsis  plantarum  seu  enchiri- 

dimn  hot.  ecc.  Voi.  I.  Parigi. 

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in  fi.  gali,  descrijìt.  Parigi. 

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23.  —  1813.  —  VicoT  DE  LxpEYROUHE,  Ilistoire  abrégéedes  2)lantes 

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Stuttgardtiao. 

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botanici  berolinensis.  Vol.  I.  Berolini. 
PoLLiNius  G.,  Flora  veronensis.  Vol.  I.  Verona. 
Koch  J.,  Gen.  trib.  pi.  umb.  nov.  disp.  in  Nova 

act.  nat.  cur.  Vol.  XII,  Part.  I,  pag.  95.  Bonuae. 
1824.  —  GoMOLLi  J.,  Prodr.  fi.  prov.  comens.  Novo-Comi. 
Sprexgel  C.,  Syst.  veg.  Ed.  XVI.  Vol.  I.  Gottinga. 
Mertens  G.,  Koch  J.,  Deutschlands  flora.  Vol.  II. 

Frankfurt. 


26. 

—  1822. 

27. 

—  1824. 

28. 

—  1824. 

29. 

—  1825. 

30. 

--  1826. 

152  A.    NOELLI. 

31.  —  182(3.  —  Xagcari  L.,  Flora  veneta.  Vol.  11.  Venezia. 

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33.  —  1828.  —  Gaudin  J.,  Flora  lielvetica  ecc.  Vol.  II.  Tarici. 

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Parigi, 

36.  —  1830-32.  —  PiEiGHENBAGH  L.,  Flora  germanica  e.xcursoria. 

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37.  —  1832.  —  Sprengel  G.,  Flora  Ilalensis.  Ed.  II.  Halae.   . 

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Lipsiae. 

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diae  et  Tiibiugae. 

44.  —  1843.  —  Doll  J.  Gil,  Rheinische  Flora.  Frankfurt. 

45.  —  1843.  —  Koch  J.,  Sj/nop.  ft.  germ,  ethelv.  Vol.  I.  Lipsiae. 

46.  —  1844.  —  De  Notaris  J.,   Repertorium  florae   ligusticae. 

Torino. 

47.  —   1845-62.  —  Jagques  et  Herincq,  Man.  génér.  d.  pi.  arbr. 

et  arbust.  ecc.  Vol.  II.  Paris. 

48.  —  1848.  —  Grenier  et  Godron,    Flore   de    France.   Vol.  I. 

Paris. 

49.  —  1849.  —  Zu.MAGLiNi  A.  M.,    Flora  pedemontana.    Vol.   L 

Torino. 

50.  —  1854-55.  —  Nymax  C.   F.,   Silloge  florae  europae.  Oere- 

Lroae. 

51.  —  1857.  —  Koch  J.,  Syn.  fl.  germ,  et  helo.  Ed.  III.  Vol.  I. 

Lipsiae. 


SUL    PEUCEDANUM    ANGUSTIFOLIUM.  153 

52.  —  18G4.  —  AsGHERSON,  Flora  v.  Braìidenhinuj.  Berlin. 

53.  —  18GG.  —  Fuss  M.,  Flora  transsilvaniae  excursoria.  Gibinii. 

54.  —  1867.  —  Reiciiexbach  H.   G.   Filio,    TJmhell.   in  fi.  germ. 

receiis.  Voi.  XXI,  Lipsiae. 

55.  —  1867.  —  Gesati  Y.,   Passerini   G.,   Gibelli  G.,   Camp.  ci. 

fi.  il.  Milano. 

56.  —  1869.  —  GusiN  M.  L.  et  Ansberque  M.  E.,  Ilerb.  d.  l.  fi. 

frang.  Voi.  X.  Lyon. 

57.  —  1871.  —  Zersi  e.,  Prosjìetto  delle  piante  vascolari  della 

provincia  di  Brescia.  Brescia. 

58.  —  1873.  —  GiLLET  M.  et  Magne  J.  H.,  Nouvelle  flore  fran- 

caise.  Paris. 

59.  —  1878.  —  Gargke  A.,  Flora  von  Deutschland.  Berlin. 

60.  —  1878.  —  KocH  J.,   Taschen.  d.  Deut.  u.  Schw.  fi.  Leipzig. 

61.  —  1878.  —  BouviER  L.,  Flore  des  Alpes  d.  l.  Suisse  et  d.  l. 

Savoie.  Genève. 

62.  —  1878.  —  Gaflisch  F.,  Excursions  flora  filr  das  Sàdòstliche 

Beittschland.  Augsburg. 

63.  —  1878-82.  — •    Nyman   G.    F.  ,    Conspectus   florae   europme. 

Oerebro  Sueciae. 

64.  —  1879.  —  Jessen  W.,  Beutsclie  excursion  flora.  Hannover. 

65.  —  1882.  —  Arcangeli  G.,  Comp.  d.  fi.  it.  Torino. 

^^i.  —  1888.  —  Garuel  T.,  Flora  italiana  di  F.  Parlatore.  Vo- 
lume Vin.  Firenze. 

67.  —  1889-90.  —  Nyman  G.  F.,  Conspectus  florae  europae.  Sup- 

plem.  IL  Oerebro  (Sueciae). 

68.  —  1894.  —  Index  Kewensis.  Voi.  III.  Oxonii. 

69.  —  1894.  —  Arcangeli  G.,  Comp.  d.  fi.,  it.  Torino, 

70.  —   1896.  —  Bigknell  G.,  FlGi'a  of  Bordigìiera  and  S.  Remo. 

Bordighera. 

71.  —   1899.  —  Fiori  A.  e  Paoletti  G.,  Flora  analitica  d'Italia. 

Voi.  IL  Padova. 


NOTE  ORNITOLOGICHE  PER  LA  PROVINOLA  DI  VENEZIA. 
(Grallae  et  Palmi^iedes.) 

Nota  del  socio 
JErnilio  TsTinni. 


Con  queste  brevi  note  ioteudo  soltanto  di  dare  qualclie  ragguaglio 
sulle  varie  specie  d'uccelli  che  possono  interessare  l'ornitologo  veneto, 
in  riguardo  alla  loro  rarità,  al  luogo  e  data  di  cattura.  A  ciascuna 
di  esse  aggiunsi  quelle  speciali  notizie  che  attinsi  in  parte  dagli  au- 
tori veneti  o  raccolte  io  personalmente.  Nella  mia  collezione  veneta, 
ricca  di  circa  GOO  esemplari,  conservo  soggetti  di  tutte  le  specie  che 
sono  per  citare. 

L'essere  spessissimo  a  contatto  con  cacciatori  di  professione  ed  il 
continuo  girar  eh'  io  faccio  con  essi  per  le  nostre  belle  lagune,  mi  rese 
possibile  il  conoscere  ben  presto  le  loro  nozioni  ornitiche  le  quali,  se 
in  parte  sono  così  esatte  e  ragionevoli  da  dimostrare  anco  in  ciò  l'in- 
tolligenza  del  nostro  popolo,  pure  talvolta  lasciano  scoprire  una  singo- 
lare costanza  di  falso  indizio,  sostenuto  con  pertinacia  e  con  lo  sprezzo 
di  far  fidanza  in  chi  pure  fìngono  di  apprezzare,  P.  e.  il  cj"  giovane 
e  l'adulto  di  Mareca  penelope  secondo  essi  sono  due  specie  del  tutto 
distinte  e  così  il  o"  e  la  V*  del  Mergellus  albelliis..  mentre  le  tre 
forme  italiane  di  Colymbus  vengono  invece  fuse  in  una  sola.  La  mar- 
cata rarità  del  Ilergus  merganser  nella  laguna  veneta  è  dovuta  an- 
che alle  insufficienti  osservazioni  dei   cacciatori   che  non  pongono  at- 


156 


E.    NINNI. 


tenzioiie  agii  individui  giovani  o  femmine,  perchè  non  rivestili  di  co- 
lori brillanti;  e  potei  procurarmi  il  Gelastes  Genei  ed  altri  uccelli 
rari,  mentre  appunto  mi  trovavo  coi  nostri  cacciatori  vaganti,  altrimenti, 
malgrado  le  mie  raccomandazioni,  tali  specie  sarebbero  andate  perdute  ; 
e,  se  vogliamo  ottenere  qualche  soggetto  interessante  è  giuocoforza  ri- 
volgersi a  chi  frequenta  il  mare  e  l'aperta  laguna  ove  molti  uccelli 
fanno  le  loro  apparizioni  a  preferenza  delle  valli  chiuse  nelle  quali  la 
profondità  è  minore  e  lo  specchio  d' acqua  meno  esteso. 

A  lato  del  nome  italiano  posi  anche  il  volgare,  scegliendo  quello 
che  è  più  in  uso  nella  provincia  di  Venezia.  Ma  anche  qui  debbo  os- 
servare che,  alcuni  nomi  come  :  Rondòn  marin,  Tringa  grossa^  Co- 
cai  da  la  eoa  loiiga^  Magasseto  foresto  o  bastardo^  Insolo,  dal 
ciufeto,  Arcam  verde,  Cherso  ecc.  ecc.  sono  oggidì  quasi  affatto  sco- 
nosciuti. Forse  una  volta,  quando  le  apparizioni  degli  uccelli  così  detti 
rari,  erano  meno  scarse  (e  sappiamo  che  talune  specie  infrequenti  cin- 
quanta anni  fa,  sono  oggi  rarissime)  detti  nomi  erano  ben  noti  sì  al 
cacciatore  che  allo  studioso,  mentre  oggidì  essi  avrebbero,  si  può  dire, 
più  ragione  da  esistere  o  pur  troppo  solo  in  omaggio  a  memoria 
storica. 

Le  catture  che  interessano  la  provincia  di  Padova  e  Verona  le  ebbi 
dal  signor  conte  prof.  E.  Arrigoni  degli  Oddi  e  quelle  della  provincia 
di  Belluno  dal  signor  Augusto  De  Boni;  per  la  Trevigiana  il  signor 
prof.  G.  Scarpa  mise  gentilmente  a  mia  disposizione  la  sua  raccolta. 
Pel  Vicentino  ebbi  interessanti  notizie  dall'ottimo  mio  zio  onor.  com- 
mendator  Paolo  Lioy,  mentre  di  nessun  aiuto  poteva  riuscirmi  il  ma- 
teriale ornitico  del  Museo  di  Vicenza,  mancando  date  e  località;  e 
tutti  sanno  come  la  più  scrupolosa  esattezza  deve  essere  fondamento 
principale  di  ogni  lavoro  scientifico. 

Alle  suUodate  persone  che,  con  tanta  cortesia  facilitarono  il  mio  la- 
voro, presento  anche  pubblicamente  i  più  vivi  ringraziamenti. 


NOTE   ORNITOLOGICHE    PER    LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  1 0  / 

Otis  tetrax  (Lin.),  Gallina  pratajola  —  Diiulieta  salvadega. 

Di  comparsa  accidentale,  raro.  Nella  provincia  di  Venezia  e  Padova 
sembra  più  frequente  in  autunno  che  iu  primavera  ((f  ad.  nozze, 
3  maggio  1808,  Mestre  (Gampalto)  Collez.  mia.  —  &  ad.  prim.  5 
aprile  1893,  Giarabassa,  Padovano,  Collez.  Arrigoni).  Nel  Veronese  si 
prende  di  solito  nell'inverno,  di  sei  esemplari  catturati  dal  1879  in 
poi,  uno  solo  fu  preso  in  primavera  (o"  ad.  nozze,  26  aprile  1879 
S.  Massimo).  Rarissimo  nel  Friuli,  due  sole  sono  le  catture  a  me  note. 

Grlareola  pratincola  (Leach.),  Pernice  di  mare  —  Rondòii  maiiu. 

Di  passaggio  accidentale,  rarissimo.  Secondo  Gontarini,  una  volta  si 
facea  vedere  ogni  anno.  Nel  1894  in  Valle  Figheri  (Laguna  media), 
comparve  una  compagnia  composta  di  16  individui  dei  quali  ne  furono 
uccisi  quattro.  Le  catture  fatte  nel  Veneto,  a  me  note,  sono  tutte  di 
primavera. 

Oedicnemus  scòlopax  (S.  G.  Gmel.),  Occhione  —  Oriicio. 

È  nidificante,  di  doppio  passaggio,  pure  va  facendosi  sempre  più 
scarso.  Nel  passo  autunnale  è  più  frequente,  ne  vidi  diverse  coppie 
lungo  il  Piave  (Belluno)  nell'agosto  1898.  Nella  provincia  di  Treviso 
fu  ucciso  in  novembre  (30  (1896)  Collez.  Scarpa),  in  quella  di  Ve- 
nezia anche  in  gennaio  1887  (Collez.  A.  P.  Ninni).  Nel  Veronese  è 
più  facile  a  vedersi  in  maggio,  nel  Bellunese  scarso,  nidifica  in  mag- 
gio, lo  stesso  per  il  Friuli  ove  però  è  comune. 

Cliaradrius  pluvialis  (Lin.),  Piviere  —  Coridór. 

Noto  quest'uccello  per  l'abito  completo  di  nozze  che  riveste,  nel 
quale  per  il  Veneto  è  rarissimo,  mentre  è  comune  e  di  doppio  passo. 


158  E.    NINNJ. 

(14  aprile  1898  Palude  Grisolera  S.  Dona  di  Piave.  Collezione  mia.) 
Una  volta  poi  era  abbondantissimo  e  sulle  praterie  nelle  vicinanze  di 
Treviso  si  potevano  vedere  compagnie  di  oltre  100  individui.  Prima 
di  pigliare  il  volo  si  radunano  tutti  in  un  branco  colle  teste  al  centro. 

Haematopus  ostralegus  (Lin.).  Beccaccia  di  mare  —  Caenapo. 

Quest'  uccello  arriva  in  aprile  e  parte  in  settembre.  È  poco  fre- 
quente e  quasi  sempre  lo  si  uccide  in  primavera.  Qualche  rara  cop- 
pia soltanto  nidifica  p.  e.  lungo  il  u  Littorale  del  Cavallino  -n  alle 
«  Cae  del  Lazareto  "  nelle  «  narene  di  Centrega  i  (Laguna  superiore.) 
In  quest'  ultima  località  specialmente  mi  si  assicurò  che  ogni  anno 
vanno  i  «  Gaenassi  «  a  nidificare,  e  avvicinandosi  al  loro  nido,  ven- 
gono a  svolazzare  irrequieti  sopra  la  testa,  allo  stesso  modo  del  Te- 
tanus Cgilidris  all'epoca  della  nidificazione.  Appunto  dalle  barene  di 
Centrega,  ebbi  un  o"  completamente  in  muta  ucciso  al  1.^  luglio  1900, 
Il  prof.  Scarpa  di  Treviso  ebbe  un  o*  giovane  in  luglio  di  quest'anno. 
Il  loro  grido  imita  assai  bene  il  "rumore  che  fa  un  catenaccio  nell'atto 
d'aprirlo,  da  questo  il  loro  nome  in  vernacolo. 

Strepsilas  interpres  (Lin.),  Voltapietre  —  Yoltasassi. 

È  specie  di  passo  irregolare,  poco  frequenti},  si  fa  vedere  più  so- 
vente in  autunno  che  in  primavera.  Xel  Veronese  è  assai  raro,  co.=;ì 
pure  nel  Trevigiano  (."3  aprile  188.3  Treviso,  Collez.  Arrigoni,  —  in 
abito  di  nozze,  senza  data,  o"  ad.,  —  Treviso,  Collez.  Scarpa.)  Io  non 
l'ebbi  che  in  autunno. 

Limosa  melanura  (Leisl.),  Pittima  —  Vitola. 

Si  fanno  vedere  soltanto  in  primavera,  sono  poco  comuni.  Nel  1897 
vi  fu  un  passaggio  grande  e  dalla  Vallo  Dogado  ne  ebbi  17  in  un 
sol  giorno.  Nel  Veronese  ne  fu  proso  uno  ai  o  di  agosto  189<),  Corea 


NOTE    ORNITOLOGICHE    PER    LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  151} 

(CoUez.  Cipolla).  Recentemeute  ebbi  da  mio  fratello  una  p  ad.  uccisa 
ai  9  di  luglio  1900  sulle  barene  di  Torson  di  Sotto,  un  altro  c^  fu 
ucciso  in  agosto  1900  in  Valle  Averto. 

Limosa  rufa  (Briss.),  Pittima  minore  —  Votola  piccia. 

Molto  più  rara  della  precedente.  Un  passaggio  enorme  avvenne  nel- 
r  autunno  del  1887.  Vive  assieme  ^\  Plavialis  squatarola.  Sono  as- 
sai rari  in  primavera,  nel  Veronese  ne  fu  ucciso  uno  ai  25  aprile  1896 
(Gollez.  Cipolla). 

Tringa  canutus  (Lin.). 
Piovanello  maggiore  —  Tringa  o  Biseghin  grosso. 

È  assai  raro  e  pochissimi  sono  gli  individui  colti  nella  provincia 
di  Venezia. 

Il  conte  A.  P.  Ninni  nel  1870  così  scriveva:  «  Comparisce  in  pri- 
mavera e  nell'autunno.  Io  non  l'ho  mai  potuto  vedere  nell'Estuario 
Veneto.  «  {Catal.  Uccell.  del  Veneto);  e  più  tardi  nel  1880-81:  «  ...molto 
raro:  {La  Provincia  di  Venezia,  conte  Sormani-Moretti)  « ,  non  cita 
perù  nessuna  cattura.  So  però  che  nel  1882  ebbe  due  esemplari.  Nella 
Collez.  Arrigoni  trovansi  quattro  esemplari  provenienti  dall'Estuario 
nostro,  dei  quali  una  P  ad.  uccisa  in  gennaio  1887  in  Valle  Zappa, 
cattura  rarissima  perchè  invernale.  Due  ne  ebbi  io,  uno  dalla  Valle 
Dogado  (maggio  1894)  e  l'altro  dalla  Valle  Riola  (Maggio  1896). 

Machetes  pugnax  (Lin.),  Gambetta  —  Totano  muto. 

Di  doppio  passaggio,  abbastanza  frequente,  in  alcuni  anni  se  ne  ve- 
dono moltissimi.  I  maschi  in  abito  di  nozze  sono  assai  rari,  io  ne  ebbi 
due  soli  esemplari  maschi,  però  incompleti  (12  aprile  1900,  Valle 
Dogado).  Una  femmina  potei  ucciderla  nella  stessa  località  ai  13  gen- 
naio 1898,  nella  quale  epoca  ò  dilTicile  aversi.  Quando    s'alzano  per 


160  E.  Ni.\.\r. 

volare  nou  emettono  nessun .  grido,  da  questo  il  loro  nome  volgare. 
Nella  Gollez.  Arrigoni  trovansi  esemplari  in  abito  di  nozze  uccisi  tanto 
sul  Veneziano  che  sul  Padovano. 

Totanus  fuscus  (liechst.),  Gambetta  fosca  —  Totaiiasso  Giubì. 

È  di  doppio  passo;  pure  se  ne  fermano  diversi  durante  l'inverno. 
Contarini  lo  ritiene  nidificante  assieme  il  Totanus  calidris.  È  piuttosto 
raro  quando  riveste  l'abito  di  nozze,  ne  ebbi  6  esemplari  in  questa 
livrea  ai  14  aprile  1900  (Durano).  Due  trovansi  nella  Collezione  del 
conte  P.  A.  Ninni  (alj.  nozze)  ed  uno  perù  non  completo  in  quella  del 
conte  Arrigoni  (19  maggio  1898).  Una  volta  era  molto   più  comune, 

Recurvirostra  avocetta  (Liu.),  Avocetta  —  Galcghér. 

È  uccello  divenuto  raro,  mentre  una  volta  era  comune  e  nidificava. 
Nello  spazio  di  cinque  anni  ne  ebbi  uno  solo  (o*  ad.  -23  maggio,  Bu- 
rauo),  recentemente  in  aprile  1900  no  furono  uccisi  altri  due  d"  ad., 
questi  trovansi  a  Burano.  L'avocetta  si  fa  vedere  solo  in  primavera. 
È  rara  pure  per  le  altre  provincie. 

Himantopus  candidus  (Comiat.). 
Cavaliere  d'Italia  —  Sgambirlo. 

Si  fa  vedere  in  primavera.  E  uccello  che  diventa  sempre  più  raro, 
sembra  nidifichi.  Ne  vidi  due  compagnie  di  oltre  venti  individui  ne- 
gli estesi  paludi  di  Cava  Zuccherina  nell'agosto  1898.  Sono  assai 
astuti  e  quando  volano  tengono  le  lunghe  gambe  diritto  al  livello  della 
coda.  Abita  di  preferenza  i  paludi  d'acqua  dolce  e  lo  vidi  io  stesso 
sempre  assieme  del  Totanus  ochropus,  Tem.  È  poco  frequente  nella 
provincia  di  Padova,  raro  in  quella  di  Venezia,  nel  Trevigiano  fu  preso 
una  sol  volta  in  questi  ultimi  anni  (10  aprile  1892,   Race.  Scarpa). 


NOTE   ORNITOLOGICHE    PER    LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  IGi 

Phalaropus  fulicarius  (Lia.),  Falaropo  a  becco  largo. 

Il  primo  esemplare  colto  nel  Veneto  trovasi  oj-a  nella  Raccolta  di 
P.  A.  Ninni  (Civico  Museo  di  Venezia).  ^  Il  primo  possessore  di  que- 
sto volatile  non  potè  fornire  notizie  precise  sul  fatto  occorso,  egli  ri- 
corda però  di  avere  ucciso  il  Falaropo  sul  greto  della  Piave  e  preci- 
samente alle  Cà  strette  (Treviso).  Il  secondo  esemplare  l'ebbi  verso 
la  metà  di  gennaio  1897  e  fu  ucciso  sulle  barene  di  Torson  di  Sotto. 
È  specie  avventizia  e  rara  in  Italia. 

G-rus  cinerea  (Bechst.),  Grìi  —  Grua. 

È  raro,  di  doppio  passo,  in  autunno  si  fa  vedere  raramente.  Nidi- 
fica negli  estesi  paludi  di  Gaorle  e  a  Torre  di  Mosto.  Da  quella  città 
mi  furono  offerte  per  L.  40  due  nidiacei  (22  luglio  1898).  Erano  del 
tutto  domesticati.  Nella  Collez.  A.  P.  Ninni  trovasi  pure  il  nido  di 
Gru  con  un  uovo  colto  ai  16  luglio  1875  a  S.  Giorgio  di  Livenza.  In 
novembre  1882  fu  ucciso  un  o"  ad.  in  Valle  Morosina  (Collez.  Arri- 
goni);  io  l'ebbi  in  primavera  (3  maggio  189G,  cj"  ad.,  Mestre). 

Egretta  alba  (Bp.),  Airone  bianco  —  Sgarzo  bianco. 

Una  volta  era  assai  comune,  ora  va  facendosi  sempre  più  raro  e 
secondo  le  mie  ricerche  specialmente  nella  Laguna  media  ed  inferiore. 
Le  località  ove  ogni  anno  con  sicurezza  si  può  averlo  sono  ;  Valle  Do- 
gado,  Grassabò  e  parte  di  Dragojesolo.  Fa  danni  rilevanti  alle  pe- 
schiere. I  cacciatori  appena  ne  uccidono  uno  levano  il  grasso  del  petto, 
pei'chè  questo  guarisce  il  racde  di  petto  specialmente  nelle  donne.  Ora  . 
è  assai  in  uso,  dalle  ossa  lunghe  del  radio  e  ulna,  di  trarre  eleganti 


•  A.  P.  Nlnxi,  Sopra  due  rarissime  specie  di  uccelli  possedute  dal  Civico 
Museo  di  Venezia.  1883. 

Voi.  xxx;x.  \{ 


102  E.    NINNI. 

porta-sigari.  È  specie  invernale,  e  raro  per  le  altre  proviiicie.  Dalle 
penne  lunghe  del  maschio,  cosi  pure  da  quelle  di  Egretta  garzelta  non 
si  fa  nessun  commercio,  perchè  i  cacciatori  non  conoscono  il  loro 
valore  e  scopo. 

Egretta  garzetta  (Bp.),  Garzetta  —  Sgarzeta. 

È  specie  di  doppio  passo,  in  quello  autunnale  molto  rara.  Una  volta 
era,  si  può  dire,  comunissima  e  andavano  vendute  a  tt  mazzo  n .  Ora 
s'è  fatta  molto  più  rara  della  precedente,  colla  quale  ha  in  comune 
lo  abitudini,  il  cibo  e  località.  Nel  1887  ne  furono  osservate  molte 
lungo  le  rive  dell'Adige  in  agosto  nelle  vicinanze  di  S.  Michele,  pro- 
vincia di  Verona,  ove  è  molto  rara.  Nel  Padovano  è  poco  frequente, 
così  pure  nel  Friuli;  rara  per  il  Bellunese.  Io  l'ebbi  di  primavera 
(o"  ad.  21  aprile  1899,  Dogado)  il  conte  Arrigoni  in  agosto  21,  1894 
(Riola  Vecchia). 

Buphus  comatus  (Boje),  Garzet  a  ciuffelto  —  Sgarzeta  rossa. 

Uccello  raro  e  come  i  precedenti  due,  una  volta  comune.  Si  fa  ve- 
dere in  primavera.  Ama  più  i  paludi  d'acqua  dolce  (21  maggio  1900, 
Porte  Grandi,  GoUez.  mia).  È  raro  pure  per  le  altre  provincie.  Nel 
Bosco  Canossa  al  Grezzan  fu  trovato  il  suo  nido  (Verona).  Nel  corso 
di  questi  ultimi  sei  anni  non  mi  fu  possibile  più  averne. 

Nycticorax  europaeus  (Steph.),  Niiticom  —  Sguà. 

Poco  frequente,  ebbi  però  ogni  anno  in  primavera  sempre  qualche 
esemplare.  Nella  provincia  di  Venezia  non  potei  constatare  la  sua  ni- 
dificazione, mentre  nel  Veronese,  ove  il  loro  numero  è  scarso,  ha  ni- 
dificato nel  bosco  del  marchese  di  Canossa.  Nella  Collezione  Doglioni 
(Museo  Civico  Belluno)  trovasi  un  esemplare  molto  giovane,  è  da  sup- 
porre che  la  specie  abbia  nidificato  nei  paludi  della  Secca. 


NOTE   ORNITOLOGICHE    PER    LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  163 

Ciconia  alba  (Willugh.),  Cicogna  —  Sigogna  bianca. 

Il  primo  esemplare  della  mia  collezione  fu  ucciso  ai  7  maggio  1895, 
d"  ad.,  in  una  barena  presso  Buraiio.  Questa  località  mi  sarebbe  parsa 
alquanto  dubbia,  amando  la  cicogna  bianca  piuttosto  i  paludi  montuosi 
«  però  capita,  sebben  di  rado,  anche  nelle  lagune  di  Venezia  n  (A.  P. 
Ninni).  Nell'Estuario  Veneto  è  molto  più  rara  della  nera.  Nella  pro- 
vincia di  Treviso  è  rara  assai,  si  fa  vedere  in  primavera  soltanto 
(e"  ad.,  16  maggio  1900,  Gendòn,  Collez.  mia).  Nel  Padovano  pure 
è  piuttosto  rara  (l.**  dicembre  1860,  Pozzonuovo),  cattura  assai  rara. 
Rara  per  il  Bellunese,  tre  esemplari  conservausi  nel  Museo  di  Belluno. 

Ciconia  nigra  (Gesn.),  Cicogna  nera.  —  Sigogua  nera. 

È  rara,  però  più  frequente  della  bianca.  Una  volta  erano  più  co- 
muni e  se  ne  uccidevano  spesso  tanto  in  primavera  che  in  autunno. 
Rara  per  il  Trevigiano  (11  agosto  1889,  9  giov.  Race.  Scarpa,  Tre- 
viso, 13  settembre  1897,  ^  giov.  Race,  mia,  Treviso).  Nel  Padovano 
assai  più  rara  della  bianca.  o«  giov.,  20  settembre  1884,  Monselice, 
Race.  Arrigoni.  A  quanto  sembra  gli  adulti  sono  molto  rari. 

Platalea  leucorodia  (Lin.),  Spatola  —  Spatola. 

È  di  comparsa  accidentale  per  tutto  il  Veneto.  Le  catture  a  me 
note  fatte  nella  provincia  di  Venezia  sono  le  tre  seguenti: 

e"  ad.,  22  marzo  1891,  Val  Nova  presso  Caorle  (A.  P.  Ninni).  — 
o"  giov.,  12  aprile  1897,  Sacca  Pomodoro)  Laguna  Veneta.  (Collez. 
mia).  —  c3"  giov.,  15  aprile  1898,  Ducaleto,  Laguna  Veneta.  (Col- 
lez. Arrigoni). 


164  .  E.    NINNI. 

Falcinellus  igneus  (G.  R.  Gray),  Mignattaio  —  Arcasa  verde. 

È  piuttosto  raro,  se  ne  uccidono  quasi  ogni  anno  nella  stagione 
primaverile.  Gli  esemplari  adulti  sono  più  frequenti.  La  sua  nidifica- 
zione nel  Veneto  ò  dubbia,  sembra  però  qualche  coppia  nidifichi  negli 
estesissimi  paludi  al  nord  della  provincia.  Fra  gli  esemplari  della  mia 
collezione  havvi  un  o*  giovanissimo  (semi-albino)  ucciso  vicino  a  Cava 
Zuccherina. 

Nella  Collezione  Arrigoni  vi  sono  esemplari  uccisi  in  settembre  e 
novembre  provenienti  dall'Estuario  Veneto.  È  raro  assai  per  il  Tre- 
vigiano (c^  ad.,  ottobre  1899,  Collez.  Scarpa,  Paludi  Sile).  Nel  Bel- 
lunese mi  consta  che  venne  preso  un  solo  esemplare  «  è  sorprendente 
come  sia  stato  spinto  fino  sul  piano  di  Tai,  nel  Cadore  dove  fu  uc- 
ciso nel  20  maggio  1863.  «  In  Valle  Millecampi  (Est.  Veneto)  ne  fu 
ucciso  uno  il  16  gennaio  1871  (A.  P.  Ninni).  Nel  Friuli  fu  ucciso 
un  o"  <Td.  il  28  aprile  1887  a  quanto  pare  il  primo  che  sia  capitato. 
Assai  raro  per  il  Veronese. 

Phalacrocorax  carbo  (Leach.),  Marangone  —  Corvo  maria. 

Giunge  da  noi  in  ottobre-novembre  e  si  ferma  tutto  l'inverno.  Più 
intenso  ó  il  freddo  maggiore  il  loro  numero;  ama  gli  specchi  d'acqua 
vasti  e  profondi.  Lo  si  uccide  quasi  sempre  collo  «  sehioppone.  i^  E 
assai  difficile  aversi  in  abito  di  nozze.  In  tale  livrea  n'ebbe  uno  il 
signor  dott.  Scarpa  di  Treviso,  il  conte  P.  A.  Ninni  (Museo  Venezia) 
ed  il  conte  Arrigoni,  però  esemplari  non  del  tutto  completi. 

Il  Phal.  graculm  comparve  nel  Veneto  Estuario  due  sole  volte  : 
d"  giov.,  29  dicembre  1887,  Tre  Porti  —  ^  ad.,  18  novembre  1898, 
Sette  Morti,  e  per  la  prima  volta  fu  preso  anche  il  Phal.  fygmacm 
(Dum.)  in  autunno  del  1899,  Valle  Millecampi  (Collez.  Arrigoni). 


NOTE   ORNITOLOGICHE    PER   LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  165 

Puflìnus  cinereus  (GM.),  Berta  maggiore. 

Nel  1870  il  conte  A.  P.  Ninni  citava  la  cattura  d'una  femmina 
colle  uova  quasi  mature  presso  le  Saline  (Laguna  superiore)  nel  giu- 
gno 1876.  Questa  era  1'  unica  data  che  ci  indicava  la  presenza  di  tale 
ticcello,  ma  nel  maggio  1897  ^  comparirono  nel  mare  e  laguna  di 
Venezia  un  numero  ragguardevole  di  esemplari  e  non  credo  sbagliarmi 
calcolando  gli  uccisi  a  più  di  sessanta.  Di  questi  il  conte  Arrigoni  ne 
ebbe  una  ventina,  due  il  prof.  Scarpa  di  Treviso  e  sei  ne  ebbi  io.  ^ 

Stercorarius  pomarinus  (VieilL),  Stercorario  mezzano. 

È  raro  ed  osservai  che  arriva  da  noi  dopo  forti  sconvolgimenti 
atmosferici,  tanto  in  primavera  quanto  nell'  inverno,  (o*  giovane,  dicem- 
bre 1898,  Valle  Perini,  Laguna  Superiore  (Gollez.  mia)).  Risale  anche 
i  corsi  d'acqua  dolce;  p.  e.  uno  fu  preso  il  6  ottobre  1870  sul  Sile, 
un  altro  nello  stesso  anno  e  mese  due  giorni  dopo  pure  sul  Sile  (Tre- 
viso, Collez.  Scarpa).  È  raro  assai  anche  nelle  altre  provincie  del 
Veneto. 

Stercorarius  cepplius  (Degl.),  Labbo. 

È  raro  e  di  comparsa  accidentale.  Anche  questo  risale  i  fiumi  come 
il  precedente.  È  difficile  aversi  in  perfetto  abito  di  adulto,  rarissimo 
in  primavera. 


1  Nel  1891  fu  ucciso  un  c^  ad.  in  Valle  Morosina  (18  novembre,  Estuario  Pa- 
dovano). 

2  Prof.  Arrigoni  degli  Oddi,  Le  recenti  comparse  del  Pufjinus  ICuhlii  (Boje) 
nel  Veneziano.  Milano,  1898. 


166  E.    NINNI. 

Larus  fuscus  (Lin.),  Zafferano  —  Magoga  foresta. 

È  raro  e  gli  esemplari  colti  nel  Veneto  a  me  noti  sono  tutti  adulti 
e  la  maggior  parte  maschi.  L' esemplare  della  mia  collezione  fu  ucciso 
iu  Valle  Dogado  li  17  aprile  1898  e  questa  data  è  interessante  per- 
chè il  L.  fuscus  si  fa  vedere  da  noi  quasi  sempre  in  estate.  Nel  Pa- 
dovano è  di  comparsa  molto  irregolare  e  nel  Veronese  il  solo  Perini 
cita  due  esemplari  presi  uno  sull'Adige  e  uno  in  Valle  Zerpa  (senza 
data). 

Larus  melano cephalus  (Natt.). 
Gabbiano  coralUno  —  Gocal  a  testa  negra, 

È  poco  frequente  e  difficile  assai  aversi  quando  riveste  il  cappuccio 
interamente  di  nero  (abito  di  nozze).  In  tale  livrea  io  non  ho  mai  po- 
tuto averlo,  mentre  ne  ebbi  in  abito  di  transazione,  tale  deficenza  di 
esemplari  credo  vada  attribuita  alla  poca  osservazione  dei  cacciatori. 
Nella  collezione  A.  P.  Ninni  (Museo  di  Venezia)  si  può  vedere  una 
magnifica  serie  di  questi  gabbiani  in  abito  d'inverno  e  d'estate. 

G-elastes  G-enei  (Brema),  Gabbiano  roseo. 

L'esemplare  della  mia  collezione  (27  febbraio  1897,  Burano)  è 
r  unico  colto  nel  Veneziano.  ^ 

Nella  provincia  di  Belluno  fu  preso  il  Larus  tridactylits,  Lin.  (7 
dicembre  1899),  esemplare  giovane  (sig.  Augusto  De-Boni  in  litt.). 

Larus  minutus  (Pali.),  Gabbianello  —  Gocal  picelo. 

È  piuttosto  raro,  quasi  sempre  lo  si  uccide  in  primavera,  raramente 
nell'inverno,  (cf  aprile  1896,  Canale  di  Fusina).  Nella  collezione  Ar- 


1  Emilio  Ninni,  Note  sopra  un  uccello  nuovo  per  l'avifauna  Veneta  (Avicula. 
Anno  II,  fase.  10,  1897.) 


NOTE    ORNITOLOGICHE   PER    LA"  PROVINCIA    DI    VENEZIA.  '167 

rigoui  havvi  un  esemplare  ucciso  in  agosto  (1897).  Nella  provincia  di 
Treviso  rarissimo  (novembre  1887,  Race.  Scarpa),  in  quella  di  Verona 
di  comparsa  irregolare,  raro  e  fu  colto  in  primavera  soltanto. 

Sterna  cantiaca  (Gmel.),  Beccapesci  —  Giagà  foresta. 

È  raro,  di  doppio  passo,  più  facile  ad  aversi  in  estate  che  in  in- 
verno. Nel  1894  in  agosto  il  beccapesci  comparve  copiosissimo  nelle 
lagune  di  Venezia,  specialmente  nella  località  detta  «  Scano  dei  Tre 
Porti.  »  Ne  furono  catturati  molti,  i  quali  andarono  ad  arricchire  le  col- 
lezioni del  conte  Arrigoni,  prof.  Scarpa  e  quella  mia.  Ne  ebbi  una  ai 
2  dicembre  1893,  Porto  di  Lido.  È  rara  per  tutto  il  Veneto. 

G-ygnus  ferus  (Ray),  Cigno  selvatico  —  Signo. 

È  raro,  di  comparsa  accidentale,  tempo  addietro  non  passava  inverno 
senza  contare  qualche  cattura.  Raramente  lo  si  vede  nell'estate.  Ecco 
le  ultime  apparizioni  di  cigni  nel  nostro  Estuario  ch'io  ho  potuto  rac- 
cogliere. 

1880,  luglio,  un  esemplare  in  Valle  Millecampi  —  1888,  22  no- 
vembre, due  esemplari  nei  «  Bottenighi  ■>•>  —  1889,  luglio,  veduti  otto 
cigni  sul  "  dosso  di  Canal  di  Piove  in  boca  ai  Tagi  «  —  1889,  2 
settembre,  altri  due  nella  stessa  località  —  1889,  dicembre,  due  nel 
lago  delle  Contese  —  1891,  18  gennaio,  un  esemplare  Riola  Averta 
(Gollez.  Arrigoni)  —  1893,  agosto,  sei  in  Val  Zappa  —  1897,  14 
dicembre,  sei  vicino  a  Barano,  dei  quali  una  p  ad.  fa  parte  della  mia 
collezione  —  1898,  dicembre,  uno  in  Valle  Grassabò. 

Anser  cine  reus  (Meyer.),  Oca  selvatica  —  Oca  salvadega. 

È  molto  più  rara  della  sijlvestris,  specialmente  nelle  provincie  di 
Venezia  e  Padova.  Io  ebbi  un  solo  esemplare  p  (26  novembre  1897, 
Valle  Dogado).  È  di  doppio  passo,  in  autunno  si  fa  vedere  raramente. 


1G8  E.    NINNI. 

VA/iser  s>/lvestris  (Briss.)  per  la  proviacia  di  Venezia  uon  si  può 
ammettere  come  uccello  raro,  perchè  ne  veugoiio  uccisi  ogni  anno  e 
vanno  venduti  a  mazzo  assieme  con  un  germano  (L.  2.50).  Amano  esse 
stare  in  compagnia  più  o  meno  numerosa,  così  l'anno  passato  se  ne 
fermò  una  di  queste  composta  d'oltre  50  individui  in  Valle  Averto, 
ed  un  cacciatore  in  Valle  Dogado  ebbe  la  fortuna  d'ucciderne  quattro 
in  una  doppietta;  erano  circa  una  ventina. 

Tadorna  Selonii  (Ray),  Volpoca  —  Cherso. 

È  specie  invernale,  poco  frequente,  non  andrà  guari  che  per  noi 
questo  bellissimo  uccello  diverrà  molto  raro.  Dal  1893  ad  oggi  notai 
diggià  una  sensibile  diminuzione  di  comparse.  Gli  esemplari  della  mia 
collezione  furono  colti  in  inverno,  il  conte  Arrigoni  ne  vide  di  uccisi 
in  agosto  ed  anche  agli  ultimi  di  luglio,  però  come  estivo  è  rarissimo. 
Una  bella  serie  d'individui  in  diverso  abito  trovasi  nella  collezione 
A.  P.  Ninni,  Venezia.  È  assai  raro  per  le  altre  proviucie. 

Branta  ruflna  (Boje),  Germano  turca  —  Quara  turca. 

È  piuttosto  raro  e  di  comparsa  irregolare.  Conservo  un  o*  giovane 
ucciso  sul  Piave  vicino  a  Fossalta,  Se  ne  stava  assieme  con  un  bran- 
chetto  d'anitre  domestiche  ai  16  ottobre  1895.  Dalle  lagune  di  Venezia 
ebbi  r"  e  $  adulti.  È  specie  invernale,  pure  fu  osservata  anche  in 
aprile.  Molto  rara  jjer  le  altre  provincia 

Fuligula  raarila  (Steph.),  Moretta  grigia  —  Magasse  bastardo. 

Poco  abbondante  e  rari  molti  sono  i  maschi  in  perfetto  abito  di 
adulto  (21  febbraio  1897,  Dogado,  CoUez.  mia).  La  Fuligula  crùtata, 
Steph.,  la  Fuligula  ferina,  Steph.,  sono  comuni  durante  l'inverno  ed  il 
loro  numero  varia  molto,  o  per  gli  inverni  poco  rigorosi  o  per  la  po- 


\ 


NOTE   ORNITOLOGICHE    PER    LA    PROVINCIA    DI    VENEZIA.  169 

sizione  e  condiziono  delle  Valli.  La  Faligida  mjroea  Steph.,  una  volta 
comune,  ora  va  facendosi  rara,  sta  quasi  sempre  nelle  fosse  dei  pa- 
ludi d'acqua  dolce,  specialmente  ove  può  trovare  posizioni  ombreggiate. 

Harelda  glacialis    (Lin.),  Moretta  codona  —  Magasseto  bastardo. 

È  uccello  non  molto  raro  per  l'Estuario,  mentre  rarissimo  per  le 
altre  provincie.  Quasi  tutti  gli  esemplari  che  si  prendono  durante 
l'inverno,  sono  giovani,  essi  variano  assai  nell'abito,  ne  vidi  diversi 
in  veste  giovanile  mentre  le  due  penne  lunghe  (timoniere)  erano  del 
tutto  sviluppate.  Gli  esemplari  adulti  sono  rarissimi,  uno  solo  potei 
averlo  in  tale  splendido  abito  (15  febbraio,  Tagio  dei  Foscari,  Laguna 
inedia).  Negli  anni  1887-88,  1891,  1896  comparve  VH.  glaciali^  in 
grande  abbondanza,  così  -che  nel  1896  dovetti  rifiutarle  dai  cacciatori 
perchè  in  un  sol  giorno  me  ne  portarono  13  esemplari. 

Oidemia  fusca  (Flem.),  Orco  marino  —  Orco  mariu. 

È  poco  frequente  nella  laguna,  però  ne  vengono  uccisi  ogni  inverno 
diversi  individui.  Ritengo  che  in  mare  sia  molto  più  comune.  Gli  esem- 
plari adulti  sono  rari,  due  conservansi  nella  civica  raccolta  di  Vene- 
zia, cinque  in  quella  del  conte  Arrigoni  ed  uno  in  quella  del  signor 
dottor  Scarpa  di  Treviso.  Io  non  lo  ebbi  che  semi-adulto.  Le  catture 
fatte  nella  Laguna  di  Venezia  avvengono  quasi  tutte  all'imboccatura 
dei  Porti,  amano  esse  le  acque  profonde. 

Mergus   merganser  (Lin.),  Smergo  maggiore  —  Serolòn  de  Po. 

È  raro  per  la  laguna,  amando  più  starsene  nei  fiumi  grandi  e  pro- 
fondi. È  specie  invernale.  Frequenta,  sebben  di  rado,  anche  i  laghi  e 
nel  Museo  Civico  di  Belluno  trovansi  un  e"  e  p  adulti  presi  nel  lago 
di  S.  Croce  (Race.  Doglioni).  Le  femmine,  a  quanto  sembra,  sono  nel 
veneto  Estuario  più  frequenti  dei  maschi,  pur  troppo  passano  inosser- 


170  E.   NINNI. 

vate  air  occhio  del  cacciatore  vagante,  perchè   non   rivestite  da  colori 
marcali,  È  raro  per  tutto  il  Veneto. 

Del  Mergus  zerrator^  che  è  comune,  osservo  una  continuata  dimi 
unzione  di  frequenza;  nel  1897  apparve  abbondante,  mentre  nel  1898 
e  1899  pochissimi  furono  gli  esemplari  catturati. 

Mergus  albellus  (Lin.),  Pesciajola  —  Anzoleto  (m.)  Pizagiì  (f.). 

È  specie  invernale,  poco  frequente,  una  volta  comune.  Ama  le 
acque  profonde  e  più  il  freddo  è  intenso  più  accresce  il  loro  numero. 
Dalla  laguna  superiore  io  ebbi  tutti  maschi  adulti,  mentre  le  femmine 
mi  pervennero  dalla  laguna  media.  11  conte  Arrigoni  così  scrive  per 
la  provincia  di  Padova  :  «  frequenti  i  giovani,  assai  meno  gli  adulti.  « 
Nel  1887  ne  comparvero  molti  nella  località  detta  a  Cona  ^  (Barene 
e  lago  al  nord  di  Durano). 

Fodiceps  nigricollis  (G.  L.  Brebn). 
Svasso  piccolo   -  -  Pisolo  de  mar. 

È  poco  abbondante  e  rari  molti  sono  gli  esemplari  adulti,  lo  ne 
ebbi  tre  presi  nei  fossi  di  paludi  d' acqua  dolce,  in  febbraio  g  aprile 
in  diverso  abito.  È  più  raro  del  Pod.  fjrisegena  (G.  R.  Gray).  Il  Co- 
lumbus arcticus  (Lin.)  ed  il  Colymbus  septentrionalis  (Lin.)  (questo 
meno  abbondante  del  primo)  vengono  da  noi  ogni  anno  in  numero  più 
0  meno  grande  ed  abitano  quasi  sempre  le  imboccature  dei  porti 
ove  l'acqua  è  profonda  e  lo  spazio  molto  vasto.  Rarissimi  sono  gli 
esemplari  in  abito  nuziale.  Del  Cohj.  arcticus  uno  trovasi  nella  col- 
lez.  Scarpa  di  Treviso  (senza  data,  ma  colto  in  Laguna  veneta),  uno 
nel  Museo  Civico,  novembre  1871,  Collez.  A.  P.  Ninni). 

Monaslier  di  Treviso,  20 1900. 


Seduta  del  20  maggio  1900. 


ORDINE   DEL    GIORNO  ! 


1."  Comuiiieazioni  della  Presidensa. 

2  0  Proposta  di  nuovi  soci. 

3."  Sulla  composìsione  mineralogica  delle  sabbie  del  fiume  Serio. 
—  Comunicazione  del  socio  prof.  I.  Chelussi. 

4."  Nota  geologica  e  paleontologica  sui  dintorni  di  Acqui.  —  Co- 
municazione del  socio  dott.  G.  De  Alessandri. 

5.°  Alfonso  Milne  Edwards.  —  Cenno  commemorativo  del  socio 
prof  T.   Vignoli. 

6."  Un  caso  di  Echinococco  multiloculare.  —  Comunicazione  del 
socio  dott.  Ang.  Fiorentini  e  del  dott.  E.  Carino. 

Presiede  la  seduta,  in  luogo  del  Presidente,  il  Vice-Presidente  pro- 
fessore iug.  Francesco  Salmojraghi,  il  quale  comincia  con  una  breve 
Commemorazione  del  Socio  testé  perduto,  Torelli-Viollier,  del  quale  ri- 
corda i  meliti. 

Quindi  dà  notizia  all'Assemblea  della  Comunicazione  fatta  alla  So- 
cietà dalla  dott.*^  Rina  Monti,  Segretaria  della  Unione  Nazionale  degli 
Zoologi,  ora  costituitasi,  circa  una  petizione  da  questa  inviata  a  S.  E. 
il  Ministro  della  Istruzione  Pubblica  per  ottenere  che  la  Nuova  legge 
sulla  Istruzione  secondaria  classica  non  riesca  dannosa  all' insegnamento 
della  Zoologia  e  della  Biologia  in  generale. 

Dopo  breve  discussione,  alla  quale  presero  parte  in  principal  modo 
i  soci  prof.  Celoria  e  Castelfranco,  viene  deliberato  di  inserire  nell'Or- 


172  SEDUTA    DEL    20    MAGGIO    1900. 

dine  del  gioruo  della  seguente  seduta  la  trattaziono  di  questo  argo- 
mento. 

Dopo  ciò  il  socio  prof.  E.  Artiui,  per  invito  del  Vice  Presidente, 
riferisce  con  brevi  parole  intorno  alla  Comunicazione  che  doveva  esser 
fatta  dal  socio  prof.  Ghelussi,  ora  assente,  intorno  alla  Composmone 
mineralogica  delle  sabbie  del  fiume  Serio. 

Essendo  assente  anche  il  socio  dott.  G.  De  Alessandri,  il  sottoscritto 
dà  lettura  di  un  breve  sunto  della  Comunicazione  che  questo  ha  pre- 
sentato ;  Nota  geologica  e  paleontologica  mi  dintorni  di  Acqui. 

Per  desiderio  del  socio  prof.  Tito  Vignoli,  che  non  può  intervenire, 
si  rimanda  alla  prossima  seduta  il  Cenno  commemorativo  di  Alfonso 
Milne-Edwards  e  si  chiude  la  seduta  colla  Comunicazione  del  profes- 
sore Angelo  Fiorentini  e  dott.  E.  Carino:  Sopra  un  caso  di  echino- 
cocco multiloculare. 

Letto  ed  approvato. 

Il  Vice  Presidente 
FRANCESCO  SALMOJRAGHI. 

Il  Segretario 
Giacinto  Martorelli. 


APPUNTI 
m  GEOLOGIA  E  DI  PALEONTOLOGIA  SUI  DINTORNI  DI  ACQUI. 

M<im.  del  socio 
Gr.  De  Alessandri. 

(Con  una  tavola.) 


Il  Naturalista,  che  lasciandosi  alle  spalle  la  riviera  Ligure  tra  Ge- 
nova e  Savona,  s'inerpica  per  le  ripide  balze  dell' Apenniuo  Ligure, 
«  raggiunta  la  cresta  volge  lo  sguardo  a  tramontana  scorge  nelle  sot- 
tostanti formazioni  geologiche  una  variata  serie  di  monti  e  di  costiere, 
che  abbassandosi  man  mano  vanno  a  raggiungere  la  pianura  alessan 
driua,  in  cui  spariscono. 

Dapprima  giogaie  aspre,  brulle  e  deserte,  con  valli  anguste  e  profon- 
damente erose  che  riproducono  l'orrido  del  paesaggio  alpino.  Seguono 
alture  meno  elevate,  alcune  delle  quali  dalle  cime  tondeggianti,  dai 
larghi  pianori,  dalle  falde  a  dolce  pendio,  ricchissime  di  acque  e  di 
vegetazione:  altre  ripide  e  selvaggie,  dalle  creste  frastagliate,  dai  fian- 
chi scoscesi  con  interclusi  profondi  burroni. 

Ad  accrescere  la  naturale  varietà  e  bellezza  di  questa  regione,  che 
la  magnificenza  romana  aveva  dotato  di  ampie  e  solide  strade,  di  ponti, 
di  acquedotti  e  di  grandiosi  edifizi,  avendo  i  suoi  antichi  abitatori,  per 
necessità   di  difesa,  stabilite  le  loro  sedi   sulle   più  ardue  vette,  sor- 

Vol.  XXXIX.  12 


174  G.    DE   ALESSANDRI. 

sero  durante  il  MeJio-Kvo  quei  pittoreschi  villaggi  e  quei  castelli  tur- 
riti, alcuni  dei  quali  conservano  tuttora  la  loro  maschia  fierezza;  altri 
rovinati  dal  tempo  o  smantellati  dalle  ire  popolari,  attestano  ancora  og- 
gidì coi  loro  ruderi  cadenti  le  antiche  fortunose  vicende  di  questo  paese. 

Quando  perù,  passata  l'epoca  nefasta  delle  lotte  intestine,  poterono  le 
genti  quietamente  attendere  ai  loro  lavori  campestri,  la  regione  come  per 
incauto  andò  tosto  popolandosi  ed  abbellendosi  di  spaziose  case  coloni- 
che, di  ville  biancheggianti  tra  il  verde  intenso  dei  vigneti,  di  eremi 
e  di  santuari  nelle  piìi  remote  solitudini  alpestri  ;  mentre  nelle  valli, 
lungo  le  linee  stradali  e  ferroviarie  sorsero  ben  presto  ampi  casolari 
0  popolose  borgate,  alle  quali  h'  facili  comunicazioni  apportarono  cogli 
scambi  gli  agi  e  tutte  lo  risorse  delle  più  lontane  industrie. 

È  questa  la  terra  dell'acquose  o  dell'alio  .Monferrato,  quella  che  il 
poeta  chiama: 

e  l'esultante  di  castella  e  vigne 
suol  d'Aleramo. 

La  quale  è  limitata  a  settentrione  dal  torrente  Belbo,  a  mezzodì  dalla 
cresta  dell'Apennino  ligure,  ed  è  solcata  in  tutta  la  sua  distesa  dalla 
Bormida,  che  avendone  coi  suoi  allluenti,  in  ispecie  quelli  della  sponda 
destra,  profondamente  incise  le  formazioni,  ne  ha  messo  in  rilievo  lo 
più  minute  accidentalità  di  struttura  e  di  sovrapposizione.  Per  tal 
modo  la  serie  ivi  si  presenta  in  tutta  la  sua  più  evidente  manifesta- 
zione, come  d'  altra  parte  i  numerosi  fossili,  che  in  varie  località  vi 
si  incontrano,  valgono  a  stabilire  con  sicurezza  la  posizione  cronologica 
delle  sue  stratificazioni. 

E  ciò  spiega  come  questa  regione  abbia  in  ogni  tempo  attirata  l'at- 
tenzione degli  studiosi,  e  come  i  più  arditi  pionieri  della  (ìeologia  e 
della  Paleontologia  no  abbiano  scrutato  con  pazienti  indagini  le  differenti 
fonnazioni,  asportandone  il  ricco  materiale  che  servì  a  stabilire  le 
prime  suddivisioni  della  serie  terziaria,  ed  ha  potentemente  contri- 
buito alla  conoscenza  della  vita   che  si  svolfro  durnnto  la  medesima. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  175 

Per  lacere  dei  viveiili,  io  mi  limiterò  a  qui  solo  ricordare  i  nomi  il- 
lustri di  Lorenzo  Pareto  e  di  Giovanni  Michelotti,  i  quali  nei  rispet- 
tivi campi  della  geologia  e  della  paleontologia,  con  tanto  amore  ed  in- 
telligenza illustrarono  queste  formazioni. 

Avendo  io  tratto  i  natali  in  questa  regione  e  continuando  pur  sem- 
pre a  farvi  lunga  dimora  durante  i  mesi  estivi,  fui  naturalmente  al- 
lettato a  studiarne  la  geologica  struttura  ed  a  raccoglierne  diligente- 
mente gli  avanzi  fossili.  E  per  tal  modo  io  ho  potuto  radunare  un  in- 
teressante materiale  paleontologico,  il  quale  assieme  alle  mie  ricerche 
stratigrafiche  e  litologiche,  mi  fu  di  guida  per  distinguere  e  stabilire 
i  differenti  piani  della  serie. 

Frattanto  l'adunanza  della  Società  Geologica  tenutasi  in  Acqui  nello 
scorso  settembre,  avendo  richiamata  l'attenzione  dei  più  illustri  geologi 
d'Italia  sulle  formazioni  della  valle  della  Bormida,  e  vivamente  riac- 
cese le  contrarie  interpretazioni  sui  dilTerenti  piani  della  serie  terziaria, 
mi  ha  spinto  a  rendere  pubbliche  le  osservazioni  da  me  raccolto  in  pro- 
posito. Le  i|uali,  se  non  hanno  il  merito  di  essere  del  tutto  nuove, 
perchè  il  campo  era  già  stato  in  gran  parte  sfruttato,  esse  avranno 
almeno  quello  di  essere  affatto  scevre  da  preconcetti  scolastici  e  da  ani- 
mosità personali. 

Note  bibliografiche. 

Prima  di  addentrarmi  nel  compito  assuntomi,  io  credo  anzitutto  op- 
portuno di  riportare  la  storia  degli  studi  geologici  già  istituiti  sullo 
stesso  argomento  ;  imperciocché,  come  dice  il  De  Stefani  :  «  è  segno  di 
rispetto  e  debito  di  gratitudine  ricordare  quelli  che  scrissero  prima  di 
noi  e  che  noi  avviarono  nelle  vie  della  scienza.  Gli  studi  degli  antichi 
sono  cagione  delle  cognizioni  odierne,  e  nello  stesso  tempo,  l'osserva- 
zione degli  errori  e  dell'imperfetta  scienza  di  coloro  che  ci  precedettero, 
serve  ad  abbassare  la  nostra  vanità,  ed  a  persuadere  chi  non  credesse 
che  pure  la  scienza  dei  nostri  tempi  è  soggetta  ad  altrettanti  errori  e 
ad  altrettanta  imperfezione.  » 


17G  G.    DE    ALESSANDRI. 

Numerosi  farouo  i  cultori  delle  scienze  che  dai  tempi  più  remoti  si 
occuparono  della  regione  attorno  ad  Acqui,  cercando  per  la  maggior 
parie  di  spiegare  l'origine  delle  sue  acque  termali  e  minerali,  eseguen- 
done analisi  cliimiche  e  studiandone  le  loro  più  importanti  applicazioni 
terapeutiche.  Collocandoli  per  ordine  cronologico  ne  trattarono: 

Plinio,  Stradone,  Seneca  e  Tacito  ed  in  tempi  più  recenti 
LuiTPRANDO,  Diacono,  Alberti,  Denina,  Savonarola,  Guarnerio, 
Viotto,  Navasotti,  Baccio,  Leveroni,  Scassi,  Blesi,  Buonafede, 
Malacarne,  Moriondo,  Lesne,  Majon,  Bolzone,  Lingeri,  Biorci,  Ber- 
TiNi,  Chabrol,  Barocchini,  Ratti,  Pozzi,  Granetti,  Davet  de  Beau- 
repaire,  Michelet,  Garelli,  Schivardi,  De  Alessandri  (Domenico) 
e  Biginelli. 

Importante  più  d'ogni  altro,  dal  lato  geologico  è  lo  studio  recente  sulle 
Fonti  Termali  dell'Acquose  del  mio  ottimo  amico  ing,  Aristide  Bian- 
chi, ^  il  quale  non  accettando  le  teorie  finora  emesse  sull'  origine 
delle  medesime,  ritiene  esistere  presso  Acqui  una  frattura  con  direzione 
Ovest-Est,  la  quale  interessa  oltreché  la  serie  terziaria  i  terreni  più 
antichi  sottostanti,  frattura  originatasi  per  flessione  alla  fine  del  Plio- 
cene od  in  principio  del  Quaternario.  Secondo  quest'autore  le  sorgenti 
sarebbero  alimentate  principalmente  dall'infiltrazione  che  deve  avve- 
rarsi sui  vicini  monti  liguri,  e  dovrebbero  il  loro  calore  al  solo  fatto 
dell'approfondirsi. 

Non  è  mio  intendimento  per  ora  di  occuparmi  di  .tali  questioni,  e 
quindi  lasciando  da  parte  ogni  ricerca  in  proposito,  io  accennerò  sólo 
agli  autori,  i  quali  hanno  studiato  la  regione,  dal  solo  punto  di  vista 
geologico  e  paleontologico,  cominciando  dalla  memoria  pubblicata  da 
Giacinto  Provana  di  Collegno  nel  1838.  ^ 

Egli  ammettendo  colla  maggioi'  parte  dei  geologi  italiani  e  francesi 


*  Bianchi  A.,  Nota  geologica  sulle  sorgenti  termali  dell' Acquese.  Gliieri,  180!', 
^  Provana  lii  Collegno  G.,   Sur  les   terrains   tertlaires  da  nord-ovest  de 
l'Italie.  (Gomp.  rond.  d.  l'Acad.  d.  Se.  d.  Paris.  Voi.  VI,  pag.  811»,  1838.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  177 

di  quei  tempi,  clie,  delle  tre  suddivisioni  della  serie  terziaria,  proposte 
dal  Lyell,  due  sole  esistessero  nel  Nord-Ovest  dell'Italia  e  nel  Sud- 
est della  Francia,  esaminò  in  questa  sua  nota  i  loro  caratteri  geologici 
0  meglio  stratigrafici,  e  quelli  paleontologici. 

Ne  conchiuse  essere  nel  Subapennino  rappresentato  il  Miocene,  ed 
il  Pliocene  del  Lyell.  Nel  Miocene,  comprese  le  formazioni  marnose  mi- 
cacee più  0  meno  sabbiose,  passanti  a  molasse  calcari,  od  a  sabbie  ser- 
pentinose  con  conglomerati.  Nel  Pliocene,  le  marne  bleaustre  che  supe- 
riormente passano  a  sabbie  gialle,  e  che  nei  loro  strati  inferiori  presen- 
tano lenti  gessifere. 

La  linea  di  separazione  fra  questi  due  piani  segue,  secondo  il  Gol- 
legno,  perfettamente  il  eorso  della  Bormida  fino  a  Bistagno,  ove  pro- 
segue per  il  ramo  di  Gortemiglia,  dimodoché  si  comprende  come  egli 
nel  piano  superiore,  colle  argille  piacensiam  abbia  compreso  anche 
quelle  tortoniane  e  quelle  langhiane. 

Fra  le  due  formazioni  ammette  esistere  una  discordanza,  che  giusta 
le  idee  di  quei  tempi  e  come  Elie  de  Beaumont  e  Guvier  avevano 
stabilito  :  à  sospeiidu  les  /lis  des  operations  et  à  change  en  grande 
partie  les  étres  organises  qui  viuaient  dans  les  eaux  de  ces  con- 
trées.  Questa  discordanza  secondo  il  Gollegno  è  evidente  nella  valle 
della  Bormida,  ove  la  melassa  è  fortemente  raddrizzata,  mentre  le  marne 
bleu,  le  quali  sono  evidenti  presso  Acqui,  sono  orizzontali. 

Nella  cartina  geologica  annessa  alla  memoria,  la  quale  segna  uno 
dei  pi'imi  tentativi  di  tali  lavori  eseguiti  in  Piemonte,  le  grandi  sud- 
divisioni fra  il  Terziario  ed  il  Quaternario,  come  pure  quelle  fra  il  Ter- 
ziario medio  e  l'inferiore,  che  egli  ritenne  Gretaceo,  vi  sono  tracciate 
con  raro  discernimento  e  con  buona  scorta  di  osservazioni. 

In  tempi  di  più  esatte  cognizioni  geologiche,  e  con  vasta  coltura  o 
maggiori  conoscenze  stratigrafiche  e  paleontologiche,  dopo  il  Gollegno, 
si  occupò  dei  terreni  terziari  del  Piemonte  e  del  Monferrato,  Angelo 
Sismonda. 


178  (i.    DE   ALESSANDRI, 

Egli,  ill  una  pregiala  memoria  pubblicata  nel  1842/  nella  (juale  emer- 
gono ancora  le  teorie  dei  grandi  cataclismi,  come  il  Collegno,  ritenne 
il  terziario  rappresentato  in  Piemonte  solamente  dai  suoi  due  piani 
superiori,  cioè  dal  Miocene  e  dal  Pliocene;  il  primo  costituito  da  conglo- 
merati, da  calcari  argillosi,  i  quali  alternano  con  ghiaia  e  sabbia  e  con 
argilla  sabbiosa  (Molassa)  ;  il  secondo,  superiormente  formato  da  sabbie 
ed  arenarie  di  vario  colore,  ed  inferiormente  da  argilla  bigio-scura. 

Egli  descrive  con  molta  accuratezza  queste  due  formazioni  attraverso 
le  colline  torinesi  e  iiell'Apennino  Settentrionale,  ove  osserva,  come  nella 
valle  della  Bormida,  le  colline  che  si  estendono  da  Spigno,  Cortemiglia, 
Monesiglio,  Camerano,  Ceva,  ecc.  siano  costituite  da  molasse  le  quali 
alternano,  con  calcari,  con  puddinghe,  con  breccie,  e  con  conglomerati. 
Il  calcare  congiunto  ad  una  parte  della  inolassa,  forma  la  massima  part»' 
della  collina  detta  M.  Stregone,  che  sovrasta  lo  stabilimento  dei  Bagni 
di  Acqui.  Ivi  la  molassa  è  caratterizzata  da  una  prodigiosa  quantità  di 
piccoli  granellini  serpertinosi,  che  conferiscono  una  tinta  verdiccia  alla 
roccia,  e  presenta  fossili  fra  i  quali  annovera  alcuni  molluschi,  e  bra- 
chiopodi. 

Egli  credette  rinvenire  una  faglia  nelle  colline,  lungo  il  torrente  che 
passa  a  lato  dello  stabilimento,  ove  gli  strati  sono  sinclinali,  senzachè 
l'uno  corrisponda  al  suo  identico  dell'opposta  banda,  e  detta  faglia  deve 
giungere  molto  profondamente  nella  corteccia  terrestre,  tenuto  conto  delle 
pollo  di  acqua  minerale,  ad  assai- elevata  temperatura  che  da  essa 
hanno  origine. 

Più  tardi  perù  il  fratello  Eugenio  (1855),  ammessa  la  presenza  in 
Piemonte  del  terziario  inferiore  (Focene),  osserva  -  non  essere  accetta- 
bile l'idea  dell' ITebert  e  del  Renevier  i  quali  avevano  diviso  il  num- 


1  SiSMONDA.  A.,  Osservazioni  geologiche  dei  terreni  delle  formazioni  terzia- 
ria e  cretacea  in  Piemonte.  (Mem.  d.  \\.  Accad.  d.  Se,  di  Torino.  Serio  II,  Vo- 
lume V,  18  i2.) 

^  Sismonija  e.,  Note  sur  le  terrain  nummulitique  supérieur  de  Dego  de 
Carcare,  ecc.  (Mem.  dell'Accad.  It.  d,  Scienz.  di  Torino,  Serie  II,  Voi,  XVI,  1855.) 


APPUNTI    DI    GEOLOiilA    E    PALEONTULOiilA,    ECC.  170 

mulilicu  in  (lue  sole  zone,  perdio  ueirApeiiDino  osso  ha  facie>>  di  gran 
lunga  più  reconte  della  zona  superiore.  Egli  propose  quindi  di  divi- 
dere le  formazioni  luiinniuliliche  in  tre  gruppi; 

Nel  gruppo  inferiore,  caratterizzato  da  specie  puramente  numniuliti- 
che,  eollocò  le  formazioni  della  Mortola  presso  Nizza-Marittima  ;  nel 
medio,  che  presenta  specie  nummulitiche  e  qualcuna  miocenica,  pose 
le  formazioni  del  Veneto  (Castelgomberto,  Ronca,  MonteccMo- Mag- 
giore) ;  nel  superiore  infine,  distinto  dalla  presenza  di  specie  num- 
mulitiche e  da  numerose  specie  mioceniche,  collocò  lo  formazioni  della 
valle  della  Bormida  (Acqm,  Lego,  Carcare).  Era  questo  un  gran  passo 
verso  la  conoscenza  della  serie  terziaria  piemontese,  quantunque  An- 
gelo SiSMONDA  pubblicando  alcuni  anni  più  tardi  la  sua  Carta  Geo- 
logica di  Savoia,  Piemonte  e  Liguria  (Torino,  18G2),  non  distin- 
guesse tutti  questi  piani,  seguitando  a  ritenere  il  nummnlitico  supe- 
riore, non  distinto  dal  Miocene. 

Nel  frattempo  l'abate  Antonio  Stoppani  avendo  avuto  occasione  nel 
18.jG,  ^  di  visitare  le  formazioni  attorno  allo  stabilimento  dei  Bagni  di 
Acqui,  colla  percezione  e  coli'  intuito  che  egli  aveva  in  fatto  di  geo- 
logia, paragonò  le  formazioni  arenacee  che  si  osservano  lungo  la  valle 
del  Ravanasco,  con  quelle  briantee,  costituenti  il  gruppo  superiore  o 
di  Vigano  dei  fratelli  Villa. 

Attesa  però  la  presenza,  nel  fianco  calcareo,  che  affiora  presso  le 
Terme  di  Acqui  di  nummuliti,  come  Eugenio  Sismonda  aveva  asserito 
egli  sincromizzò  questo  calcare  con  quelli  assai  più  antichi  (Parisiani), 
di  Montorfano  Comasco,  e  di  Gentemero. 

Dopo  lo  Stoppani,  un  distinto  paleontologo  con  pazienti  ed  accura- 
tissime ricerche,  durate  per  circa  quarant'anni,  illustrava  la  ricca  fauna 
tongriana  (Mioc.  inf.)  dei  giacimenti  snbapenniiii  e  l'opera  sua  arric- 
chita da  osservazioni  e  confronti,  coi  giacimenti  sincroni  del  Veneto  e 


1  Stoppani  A  ,  Sludi  geologici  e  paleontologici  sulla   Lombardia.   Milano, 
1857,  pag.  51. 


180  G.    DE   ALESSANDRI. 

della  Frauda,  è  commeDdevolissiina  e  costituisco  tuttora  una  delle  opero 
più  importanti  per  Io  studio  del  Tongriano  Piemontese. 

Questo  paleontologo,  che  la  scienza  ha  recentemente  perduto,  fu  Gio- 
vanni MicHELOTTi,  il  quale  nei  suoi  accuratissimi  studi  ^  considerò  la 
serie  terziaria  subapenninica  divisibile  in  quattro  gruppi: 

Miocene  inferiore  (Tongriaao). 
Miocene  medio. 
Miocene  superiore. 
Pliocene. 

Egli  osservò  ben  a  ragione  come  il  passaggio  fra  il  Miocene  inferiore  e 
quello  medio,  sia  ben  percettibile  lungo  l'Apennino,  nelle  valli  dell'Erro, 
del  Visone,  della  Staffora,  ecc.  e  come  il  Miocene  inferiore  consti  ivi 
di  argille  sabbiose,  talora  marnose  che  stanno  sopra  a  delle  arenarie, 
talora  fossilifere,  con  nummuliti,  le  quali  a  lor  volta  si  appoggiano  a 
serpentine  od  a  scisti  serpentinosi. 

Alcuni  anni  dopo  un  altro  insigne  cultore  della  geologia  si  occupava 
con  cura  indefessa  di  ricerche  stratigrafiche  e  paleontologiclie  nella  valle 
della  Bormida,  anzi  dallo  studio  di  queste  regioni  egli  assurse  alle  sud- 
divisioni di  tutta  la  serie  terziaria.  Questo  appassionato  e  profondo  geo- 
logo fu  il  Marchese  Lorenzo  di  Pareto,  il  quale  fra  le  gravi  cure  delle 
pubbliche  amministrazioni,  con  mente  sagace  e  sintetica,  in  numerose 
pubblicazioni,  gettava  i  capisaldi  delle  suddivisioni  stratigrafiche  delle 
formazioni  terziario  piemontesi. 

L'opera  però  che  maggiormente  riguarda  TApeunino  settentrionale 
è  r  ultima,  e  compendia  tutte  le  sue  ricerche.  -  In  essa  egli  riferì  i 
conglomerati,  fra  i  quali  si  intercalano  elementi  fini  e  sabbiosi  e  che 


'  ^IiciiEi.OTTi  G  ,  Elude  sur  le  Miocene  inférieur  de  L'Iialie  septentrionale. 
(Natuurk.  Verhand.  van  de  Holl.  Maat.  der  Weton.  Haarlem,  1861.) 

-  Pareto  L.,  Note  sur  une  suòdivis.  que  ion  pourrait  élabl.  dans  les  terr. 
tert.  de  l'Apenn.  septent.  (Bull.  Soc.  Géol.  il.  Franco.  Serio  II,  Tom.  XXII,  1805.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  INI 

e  che  preteiitaDO  le  note  faune  marine  di  Garcare,  Dego,  Sassello,  Cas- 
sinelle,  e  qaelli  lacustri  con  banchi  di  ligniti  di  Cairo,  Santa  Giustina, 
Cadiboua,  al  piano  Bormidiano  che  egli  stesso  riconobbe  corrispon- 
derò in  parte  al  Tongriano  del  Dumond.  Questo  piano  rappresenta  il 
Miocene  inferiore  ;  a  quello  medio  riferì  le  formazioni  marnose  di  maro 
profondo,  povere  di  fossili,  e  le  arenarie  sottostanti,  le  quali  sono  po- 
tentemente svilupjiate  nella  valle  della  Borinida  presso  Ponti,  Bislagno, 
Acqui,  a  Gassinelle,  a  Cremolino,  ed  in  vicinanza  di  Ovada,  come  pure 
nella  valle  del  Lemme  a  Gavi,  Ad  esso  egli  diede  il  nome  di  Lan- 
gìiiaiio,  dalla  regione  delle  Langhe  ove  maggiormente  sono  sviluppate. 

11  piano  successivo,  che  costituisce  l'ultimo  del  Miocene,  consta  se- 
condo il  Pareto  di  strati  sabbiosi,  giallastri,  agglutinali  e  di  molasse 
grigie,  le  quali  da  Serravalle,  per  Montaldo,  Castelletto  d'Orba,  Piocca- 
grimalda  si  dirigono  ad  Orsara,  passano  fra  Acqui  ed  Alice  e  si  spin- 
gono fino  a  Dogiiani  e  Murazzano.  Egli  lo  chiamò  Serravalliano,  nome 
che  non  può  sussistere,  avendo  già  qualche  anno  prima  il  Mayer  di- 
stinto col  nome  di  Elveziano,  le  stesse  formazioni. 

Divise  il  Pliocene  in  quattro  gruppi  :  1.°  Tortoniaiio  e  Piacentino 
comprendenti  la  zona  dei  gessi;  2.**  Astiano;  S.**  Villafranchiano ; 
4.°  ArenanianOj  e  quantunque  égli  non  si  sia  occupato,  partitamente  di 
essi,  tuttavia  i  loro  limiti,  la  loro  facies  litologica  e  paleontologica  ed 
i  motivi  stratigrafici  più  importanti  sono  osservati  colla  più  rigorosa  cura. 

Dopo  il  Pareto,  Carlo  Mayer-Eymar,  che  con  numerosi  studi 
paleontologici  sulle  formazioni  terziarie  europee  aveva  egli  pure  intra- 
preso il  grave  compito  di  stabilire  le  suddivisioni  della  serie  terziaria, 
occupandosi  per  incarico  del  Comitato  Geologico  d'Italia  delle  forma- 
zioni terziarie  comprese  fra  TApennino  ed  il  Belbo,  irrigate  dalla  Bor- 
mida  e  dalla  Scrivia  da  lui  impropriamente  dette  della  Liguria  centrale, 
compiva  la  prima  carta  geologica  in  piccola  scala  di  queste  regioni. 
Questa  carta,  depositata  all'  Ufficio  del  Comitato  Geologico,  per  le  con- 
tinue comunicazioni  fattene  agli  studiosi  ò  oramai  entrata  nel  dominio 
pubblico,  tantopiù   che   il  Mayer  stesso  l'aveva  accompagnata  da  mi- 


182  G.    DK    ALE.SSAM)RI, 

nule  ilkislrazioiii  e  comineiili,  dei  quali  i  più  completi  furono  quelli  pub- 
blicati nel  BoUettiuo  del  Comitato  Geologico  stesso,  nel  1877.  ^ 

III  essa  egli  suddivise  il  Tongriano  di  Paueto  in  ire  sottopiani; 
nel  primo  ascrisse  i  conglomerati  (puddiìigìie)  e  le  sabbie  serpentinose 
ricche  di  fossili  a  Garcare,  a  Dego,  a  Gassinelle,  ecc.  ;  nel  secondo  le 
marne  sovrastanti  scistose,  verde  grigie,  poverissimo  di  fossili;  nel  terzo 
le  rocce  a  grana  verde  marno-calcarea  o  più  raramente  silicea,  le  quali 
formano  un  grande  banco  sviluppato  da  Garbagna  ad  Arquata,  a  Lerma, 
a  Gremolino,  a  Visone,  ad  Acqui,  ecc.  e  che  talora  contengono  lenti 
calcaree  sincrone  a  quelle  di  Gassino  e  di  Schio.  Scisse  il  Laiighiano 
di  Pareto  in  due  piani  differenti,  cioè  naW  Aqmlamcuio,  ove  com- 
prese i  deposili  liloranei  arenacei-grigi,  alternanti  con  banchi  marnosi 
e  scistosi  che  si  osservano  a  Sud  di  Acqui,  coriispondenti,  secondo 
lui,  ai  deposili  dell' Aquilania  (bacino  della  Gironda)  ;  e  nel  Lan- 
ghiano  propriamente  detto,  comprendente  i  deposili  di  mare  profondo 
rappresentati  dalle  marne-calcaree  a  pteropodi,  di  color  azzurro  chiaro, 
che  formano  le  colline  più  basse  compreso  nolle  valli  della  Bormida  e 
do]  ]3elbo. 

Piiferì,  come  il  Pareto,  d\V Blveziano  la  molassa  sabbiosa  giallastra, 
che  superiormente  presenta  banchi  di  conglomerati  talora  a  nullipore, 
la  quale  si  estende  da  Carezzano  (Tortoiiese)  a  Canelli  ed  oltre,  od  in- 
feriormente consta  di  marne  scistose  dure,  che  passano  a  molasse  sab- 
biose con  Ijanchi  di  marne  azzurre,  che  si  osservano  a  Serravallo.'Mon- 
taldo.  Strevi,  Ristagno,  ecc. 

Distaccò  dal  Pliocene  di  Pareto  la  parto  inferiore  che  uni  al  Mio- 
cene, e  la  distinse  in  due  piani  differenti:  Torloniano  comprendente 
le  marne  azzurro  a  pleurotome,  e  Messiiiiaiio  costituito  da  tre  diversi 
sottopiani,  che  in  ordino  di  sovrapposizione  sono: 

1.°  Marne   sal»biose,  giallo,    rossastre  intorcahile  da  puddinghe  e 


'  MwER  C,  Studi  geologici   sulla    Liguria   centrale.  (Doli.  1'.  Comii.  Geo). 
d'Ita!.,  fase,  li  e  12,  1877.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  183 

manie  azzurre  con  foraminifere,  estese  da  Stazzano,  a   Caslelroccliero, 
a  S.  .Marzano  ecc.,  ecc.; 

2."  Zona  dei  gessi,   con  calcari    dolomitici   grigi,   marne  listale, 
ed  argille  sabbiose  ;  evidente  a  Stazzano  Alice,  ]\Ioasca,  ecc.  ; 

3.°  Ciottoli  rotolati  con   sabbie;  e  marne  giallastre  e  bianche,  le 
quali  contengono  banchi  di  Ligniti  (Ricaldone.  Ni::-a). 

lUunl  infine  lo  marne  azzurre  che  sovraslano  a  queste  formazioni, 
le  quali  affiorano  presso  Rivalta,  Cassine,  ecc.  e  che  si  osservano  al- 
tresì a  Nord  di  Nizza,  colle  sabbie  gialle  che  si  trovano  a  Vaglio, 
Vinci,  ecc.  e  ne  costituì  il  suo  Astiano  o  Pliocene. 

Nell'anno  istesso  Theodoro  Fuchs  ^  visitando  le  formazioni  dell'Italia 
supoi'iore,  riconfermò  la  corrispondenza  dei  depositi  di  Cadibona,  di  Dego. 
e  di  Carcare  con  quelle  del  Veneto  che  si  trovano  a  Castelgomberto  ed 
a  San  Gomini,  come  pure  la  serie  del  terziario  superiore  che  il  Mayer 
aveva  stabilito  nella  valle  della  Scrivia. 

Ma  a  proposito  degli  strati  a  facies  di  Scliio,  osservò  alquanto  av- 
ventatamente, come  egli  avesse  raccolto  nel  calcare  a  nullipore  di  Gas- 
sino sezioni  di  grandi  ostriche,  denti  di  squali,  un  piccolo  Ecìiiao- 
lanijpas,  ed  una  nuova  specie  di  Pecteu,  la  quale  rassomiglia  ad  un 
piccolo  e  squamoso  Pecten  latissimus.  La  stessa  specie  di  Pecten  egli 
credette  rivedere  nel  Museo  Geologico  di  Torino  proveniente  da  un  cal- 
care a  nullipore  affatto  simile  e  coevo  dei  dintorni  di  Acqui,  il  quale 
da  comunicazioni  fattegli,  doveva  giacerò  a  tei  lo  delle  locali  marne  fram- 
mentarie ed  a  muro  del  Miocene. 

Due  anni  dopo  però  (188())  il  Prof,  A,  Portis,  -  energicamente  stig- 
matizzando le  superficiali  osservazioni  del  Fucns,  dimostrò  con  accurate 
ricerche  stratigrafiche  e  paleontologiche  la  spettanza  del  calcare  di  Gas- 


1  Flchs  Tu.,  Siadien  ilùer  die   Gliederuncj   der  jangeren    Tertiàrbildiingen 
Ober-Italiens.  (Sitzung.  d.  K.  Akad.  der  ^Yiss0n.  Bd.  LXXVII,  pag.   ItO.) 

2  Portis  A.,  Sulla  vera  posizione  del  Calcare  di  Gassino  nella  collina  di 
Torino.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Ital.  Voi.  XVII,  fase.  5  e  0,  I88G.) 


184  G.    DE    ALESSANDRI. 

sino  al  piano  Bartoniano,  riferimento  che  più  tardi  gii  studi  del  Sacco, 
del  RovASEXDA,  del  Parona,  del  Bassani  confermarono,  e  dimostrò  er- 
roneo il  sincronismo  di  questo  calcare  con  quello  di  Acqui. 

Egli  avvedutamente  osservava  come  fra  le  due  formazioni,  esista  so- 
lamente la  somiglianza  di  natura  della  roccia,  dovuta  allo  sviluppo  di 
organismi  affini  fra  di  loro,  ma  che  agirono  ripetutamente  a  disparali 
intervalli  di  tempo. 

Nell'anno  appresso,  (1887)  per  opera  dell'IssEL,  Mazzuoli  e  Zacca- 
GNA,  fu  pubblicata  la  Carta  Geologica  delle  Riviere  Liguri  e  delle 
Alpi  marittime,  '  opera  pregievolissima  per  gli  studi  nuovi  sulle  for- 
mazioni carbonifere  dell'alta  valle  della  Bormida,  nella  quale  gli  autori 
ritenendo  le  suddivisioni  del  terziario  proposte  dal  Mayer  h  stabilite  in 
ordine  ai  fossili  ed  alla  stratigrafia  sopra  un  numero  di  capisaldi  insuf- 
ficienti e  tali  da  subire,  col  ritrovamento  di  nuovi  fossili  e  con  più  ac- 
curate indagini,  mutamenti  non  lievi  ",  ritornarono  alle  suddivisioni,  adot- 
tate dal  Pareto. 

Compresero  quindi  nel  Miocene  inferiore  il  Toiigriam  I  e  II  del 
Mayer  (arenarie  e  conglomerati)  ;  nel  Miocene  medio  il  Tongriano 
III,  V  Aquitaniano,  il  Langhiano,  VElveziano,  ed  il  Tortoaiano  del 
Mayer  (arenarie  e  ghiaie  serj^entinose,  calcari  a  aullipore,  are- 
narie gialle,  raarne  a  j^teropodi  e  marne  arenacee  bigie),  e  nel 
Miocene  superiore  le  marne  gessose  azzurre,  con  fillili  e  fossili  di  ac- 
que salmastre  e  dolci. 

Nell'anno  1888  il  Mazzuoli  ^  occupandosi  dei  conglomerati  dell'A- 
pennino  Ligure  e  della  loro  probabile  origine  descrisse  minutamente 
quelli  della  valle  dell'Erro  e  della  Bormida  riferendoli  come  tutti  gli 
altri  al  Miocene    inferiore;   di   questi  sludi  per«ì  ci  occuperemo  più   a 


IssEi.  A.,  Mazzuoli  L.,  Zaccagna  D.,  CarUi  geologica  delle  Riviere  liguri 
e  delle  Alpi  marittime  con  for/lio  esplic.  Genova,  t8S7. 

-  Mazzuoli  L.,  Sul  modo  di  formazione  dei  conglomerati  miocenici  dell' A- 
pennino  Ligure.  (iJoll.  It.  Comit.  Geol.  d'ital.  Voi.  XIX,  fase.  i-I',  1888.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  18.") 

luogo   altrove,  esaminando  il   modo    di   fonnazioue  di   qucsli   couglu- 
nierali. 

Dopo  il  Mazzuoli  il  prof.  F.  Sacco  nei  suoi  sludi  sul  bacino  ter- 
ziario del  Piemonte^  illustrò  partitameute  le  formazioni  subapenuiniclie 
e  quantunque  l'opera  sua  non  sia  stata  ultimata  che  nell'anno  1898, 
tuttavia  avendo  egli  pubblicato  le  Carte  geologiche  di  queste  regioni 
negli  anni  1886-87-88,  così  io  credo  che  questo  sia  il  posto,  che  a  lui 
compete  nella  serie  cronologica  degli  autori. 

Egli  fra  le  classificazioni  dei  terreni  terziari,  che  si  erano  fino  allora 
proposte,  adottò  quella  del  Mayer  alla  quale  introdusse  alcuni  cambia- 
menti, in  rapporto  all'estensione  dei  vari  piani  ed  all'interpretazione  di 
essi.  Non  ammise  potersi  suddividere  questi  piani  in  sottopiani,  come 
il  Mayer  aveva  fatto,  osservando  che  i  sottopiani  o  non  esistono  affatto 
in  natura,  oppure  corrispondono  a  fenomeni  talmente  locali  da  non  pa- 
rere nò  utile,  né  opportuno  considerarli  come  orizzonti  speciali. 

Suddivise  il  Tongriano  del  Mayer  in  tre  parti:  nella  prima  com- 
prese i  conglomerati  e  le  arenarie  serpentinose  (Tongriano  I  Mayer) 
e  la  chiamò  Tongriano;  nella  seconda  collocò  le  marne  scistose,  te- 
nere e  le  arenarie  (Tongriano  II  Mayer),  e  la  ritenue  rappresentare  lo 
Stampiano  ;  infine  unì  i  banchi  di  arenarie  grigie  serpentinose  costi- 
tuenti il  Tongriano  III  Mayer  alle  formazioni  arenacee  e  marnose,  so- 
vrastanti, e  chiamò  il  tutto  Aquitaniano. 

Considerò  per  ultimo  i  due  sottopiaui  costituenti  V Astiano  del  Mayer 
come  due  piani  differenti,  che  distinse  coi  nomi  di  Piacensiano  ed 
Astiano. 

Lo  studio  del  Sacco,  esteso  a  tutto  il  bacino  del  Piemonte,  completò 
così  l'opera  che  il  Mayer  aveva  iniziato  uell'Apenuino  settentrionale,  e 
le  sue  carte  geologiche  costituiscono  la  guida  più  accurata  per  lo  studio 
del  terziario  Piemontese. 


1  Sacco  F,,  //  Bacino  terziario  del  Piemonte.  Milano,  Torino,  Roma,  1889-9: 


180  G.    DE   ALESSANDRI. 

Al  Sacco,  seguì  il  prof.  C.  De  Stefani,  il  quale,  occupandosi  del- 
l'Apeuiiino  fra  il  Colle  dell'Altare  e  la  Polcevera,  ^  oltreché  de'  terreni 
terziari,  trattò  l'ardua  ijuestiono  delle  formazioni  cristalline  antiche, 
di  quelle  mezozoiche,  e  di  quelle  olìolitiche  recenti,  portando  un  potente 
contributo  alla  conoscenza  della  complicatissima  tectonica  dell'Apennino. 

Riguardo  alle  formazioni  cenozoiche  superiori,  egli  ritornò  alle  antiche 
suddivisioni  ripristinando  il  Miocene  inferiore  in  luogo  del  Bormidiano 
di  Pareto,  e  non  ammettendo  le  idee  del  Mayer  che  ritenne  paleontolo- 
gicamente errate,  chiamò  Miocene  medio  VAqiiitaidano,  il  Laìujìiiauo, 
e  YElvenano  del  Mayer,  osservando  come  i  fossili  delle  arenarie  aqui- 
taniane  siano  identici  a  quelli  delle  marne  langhiaae,  ed  a  quelli  delle 
arenarie  e  panchine  elveziaiie. 

Nel  Miocene  superiore  comprese  i  banchi  con  gessi  formati  da  ghiaie, 
sabbie  e  marne,  e  che  cmitengono  l'ossili  di  acque  salmastre. 

Nel  Pliocene  collocò  le  sabbie  gialle  litorali  che  formano  le  uUimo, 
più  basse  colline  di  Novi,  Basaluzzo,  Capriata  d'Orba,  Castelferro, 
s(jtto  le  ijuali  appaiono  sabbie  marnose  turchine  nell'Orba  sotto  Capriata, 
ed  argille  leggermente  marnose  turchine  presso  Castelnuovo-Borniida. 

Pochi  anni  dopo  (1801)  il  prof.  G.  Traducgo,  illustrando  alcuni  fossili 
del  calcare  di  Acqui  e  di  Visone,  -  vivamente  combatteva  le  suddivisioni 
della  serie  terziaria  proposte  dal  Mayer  e  dal  S.\cco,  cercando  con  ar- 
gomenti paleontologici  e  stratigrafici  di  dii]iostrare  erronei  i  loro  rife- 
rimenti. Egli  coiichiudeva  doversi  riftM'iro  questo  calcare  al  Larighiano, 
inteso  nel  suo  significato  primitivo,  quale  il  Pareto  gli  aveva  assegnato. 
Però  nell'anno  appresso  I'Issel,  pubblicando  una  sua  pregevolissima  me- 
moria sulla  Liguria  geologica  e  preistorica,  ^  alla  quale  unì  la  Caila 
geologica  della  Liguria  e  terroni  confinami  compilata  in  collab'jrazionc 


1  Du  Stei'am  C,  L'Apenniiw  fra  il  Colle  <hll' Aitare  e  la  Polcevera.  (lioll. 
Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  VI,  1SS2.) 

-  Trabucco  G.,  Sulla  vera  foaizione  del  Calcare  di  Acqui  {Allo  Monfer- 
rato). Firenze,  ISUl. 

3  IssEi,  A.,  Liguria  geologica  e  preistorica.  Genova,  1  Siili. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    K    PALEONTOLOGIA,    ECC.  187 

ilello  Squinabol  già  fin  dn!  1890,  accettò  pienamente  riguardo  al  ter- 
ziario lo  opinioni  del  Mayer  e  del  Sacco.  Descrisse  in  essa  assai  ininii- 
tamento  le  formazioni  conglomeratiche  di  Cairo-Montenotte,  di  Altare, 
di  Cadibona,  di  Sassello,  di  Mioglia,  di  Pareto,  ecc.  od  oltre  alle  for- 
mazioni terziarie  della  valle  padana  illustrò  i  lembi  del  Miocene  me- 
dio (PJveziano)  della  riviera  che  costituiscono  la  Pietra  di  Finale,  e 
quelli  del  Pliocene  che  formano  i  conglomerati  delle  valli  del  Varo,  del 
Paglione,  e  le  arenario  di  San  Remo,  di  Porto-Maurizio,  di  Albonga, 
nonché  le  argille  di  Savona  e  di  (lenova,  ecc. 

Successivamente  il  De  Stefani  ^  sviluppando  noi  suoi  studi  sul  Bacino 
del  Mediterraneo  pubblicati  nel  1893,  un'ipotesi  che  il  Tietze,  il  Bit- 
T\ER  e  lui  stesso  avevano  già  da  qualche  tempo  emesso,  secondo  cui 
i  piani  del  J\liocene  Laughiano,  Elvenano,  Tortoìiiano,  Memniam  I, 
non  rappresentano  formazioni  successive,  ma  depositi  di  differenti  zonis 
batimetriche  di  formazioni  sincrone,  si  occupò  ancora  della  regione  iVa 
il  Tanaro  e  la  Scrivio,  senza  però  approfondirsi  in  proposito. 

Due  anni  dopo  però,  esaminando  la  fauna  del  calcare  di  Acqui  detcr- 
minata dal  Trabucco,  osservava  come  i  Pecteii  siano  specie  ^MVElve- 
ziano  e  ne  conchiudeva  ritenendo  il  calcare  di  Acqui  Ehe.:iano.  - 

In  seguito  (1895)  il  Marchese  (ì.  Rovereto,  occupandosi  delle  for- 
mazioni geologiche  attraversate  dalla  nuova  linea  ferroviaria  lìenova- 
Ovada,  ■'  enumerò  con  diligenti  ricerche  la  successione  degli  strali 
che  si  rinvengono,  scisti  argillosi,  marne  e  ghiaie,  diabasi  e  serpentine 
terziarie,  calcari  dolomitici  triassici,  scisti  micacei  e  serpentine  arcaiche, 
fra  le  quali  ultime  una  breccia  miocenica  presso  l'Acquasanta.  Nell'estesi) 
bacino  mio-pliocenico  della  valle  del  Po,  presso  Ovada,  riscontrò  i  con- 


'  Di:;  Stefani  C,  Le-'<  torrai/is  tedlaires  supérieurs  du  bastia  de  la  Mèdi- 
Lerranre.  (Anna!,  d.  la  Soc.  géol.  d.  Bolg.  Tom.  XVIi!.  Mémoires,  181):).) 

-  De  Stefani  C,  Salta  posizione  del  Langhiano  nelle  Langhe.  (Atti  d.  Soc. 
Tose,  di  Scicnz.  Nat.  Processi  Verbali.  Voi.  IX,  1895.) 

'■'•  Rovereto  G.,  Osservazioni  geologiche  lungo  la  ?iuova  linea  ferrata  Gè- 
nova-Ovada.  (Boll.  d.  Soc.  Geo!.  Ita!.  Voi.  XIH,   l!^0  5.) 


188  G.    DE    ALESSAXnUl. 

glomerali  e  quiudi  le  manie  argillose  e  le  arenarie  riferite  al  Toa- 
griano  dal  S\cco,  ed  in  proposito  osserva  :  «  essere  nel  terreno  difficile 
se  non  impossibile  la  distinzione  dei  piani  Toiujriano  ed  Aquitaniano,  e 
siccome  da  monte  a  valle  si  ha  un  graduale  passaggio  dalle  formazioni 
di  spiaggia  a  quelli  di  mare  profondo,  ciò  che  dimostra  un'  evidente 
unità  di  tutto  questo  complesso  di  strali,  crede  conveniente,  come  prima 
il  Pareto  e  I'Issel,  tenere  l'iunito  queste  formazioni  sotto  il  nome 
di  Bormidiano.  « 

E  dello  stesso  parere  fu  anche  il  jirof.  T.  Taramelli,  il  quale  visi- 
tando queste  regioni,  per  alcuni  studi  sul  traforo  delle  gallerie  del  Tur- 
chino e  di  Cremolino,  ^  osservò  come  le  divisioni  di  Aquitaniano  e 
Tongriam  del  Mayer  e  del  Sacco,  siano  mal  definite,  non  scorgendo 
differenza  alcuna  fra  le  rocce  di  due  piani. 

Come  il  Rovereto,  egli  ritenne  doversi  riferire  i  conglomerati  che 
si  osservano  attorno  all' affioramento  di  roccie  ofìolitiche,  costituenti  il 
Marza'piede ,  al  Bormidiano^  mentre  le  marne  e  le  molasse  si  dovevano 
ascrivere  al  Miocene  medio  (Langhiaìio,  Elvesiano). 

Dopo  il  Taramelli,  il  Dott,  Franz  Sghaffer  di  Vienna,  ^  intraprese 
l'esame  delle  formazioni  subapenniniche.  Notò  anzitutto  nella  valle  del 
rio  Ravanasco  a  Sud  delle  Terme  di  Acqui  un  orizzonte  senza  fossili 
di  marne  verde  sudicio,  costituenti  banchi  conglomeratici  di  arenarie 
serpentinose  e  quarzifere,  con  piccoli  strati  di  marne,  le  quali  assai 
giustamente  ritenne  rappresentare  la  base  del  Miocene.  Presso  lo  Terme 
queste  arenarie  passano  ad  un  banco  calcareo  a  nuUipore  con  avanzi 
di  Briozoi,  Foraminifere  Pettini,  denti  di  Squalo,  ecc.  ed  accettando 
egli,  le  idee  del  Trabucco,  ritenne  queste  formazioni  Langliiane  facendo 


*  Taramelli  T.,  Ossjruuzioni  geologiche  in  occasione  del  traforo  delle  gal- 
lerie del  Turchino  e  di  Cremolino.  l{oma,  1898, 

2  ScHAFFER  F.,  Bellràge  zar  Parallelisirung  der  Miocànhildungen  des  pie- 
montesischen  Tertiàrs  mit  denen  des  Wiener  Beclcens.  II.  (Jahrb.  d.  k.  k.  geo!. 
Itcichs.  Band  XLIX,  licfi.  1.  M'icn,  18'J'J.) 


APPUNTI    DI    (ìEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  189 

notare  la  loro  piena  corrispondenza  col  I  Piano  medile r ramo  dei  ba- 
cino (ii  Vienna. 

Passando  in  rassci^'iia  i  diversi  piani  costitnenli  la  serie  terziaria, 
«gli  nota  le  marne  di  mare  profondo  con  Pteropodi,  Foramiuifere,  Co- 
ralli liberi,  sulle  quali  si  trova  la  città  di  Acqui,  e  ritiene  che  geolo- 
gicamente e  paleontologicamente  esse  siano  identiche  a  quelle  dello 
Schlier  della  valle  del  Borbore  e  di  quelle  dell'alta  Austria  e  della 
P>aviera. 

Egli  osserva  come  tali  marne  nella  loro  parte  superiore  diventino 
sempre  più  ricche  di  sabbia,  e  passino  a' banchi  arenacei  assai  sottili, 
i.  quali  si  riscontrano  dove  la  via  carrozzabile  di  Ricaldonc,  si  distacca 
dalla  strada  maestra.  Questi  strati  sono  potentemente  sviluppati  presso 
Stazzano  e  Serravalle,  e  costituiscono  X Elveiiam,  formazione  che  corri- 
sponde a  quella  di  Grumi  nel  bacino  di  Vienna. 

Ad  esse  seguono  le  marne  Tortonicme  e  quindi  la  zona  gessosa,  ed 
infine  le  formazioni  plioceniche  che  chiudono  la  serie  terziaria. 

Recentemente  infine  il  Prof.  G.  Trabucco,  pubblicando  una  Carta  geo- 
logica-geognostica-agronomica  dell'Alto  Monferrato  ^  suddivido  la  serie 
terziaria  che  ivi  si  riscontra  in  sette  piani  i  quali  in  ordine  di  sovra[- 
posizione  sono:  Tongriano,  Langhiano,  Elve.:iano,  Tortouiauo,  Mes- 
siìiiano,  Piacendano  ed  Astiano. 

il  Tongriano  di  quest'autore  consta  di  due  sottopiaui;  il  primo  com- 
prendente le  puddinghe  ed  i  conglomerati  e  ha  pressapoco  l'identica 
tìstensione  del  Tongriano  del  Sacco  :  il  secondo  costituito  dalle  marne 
scistose  tenere,  verde  grigie,  corrisponde  per  sviluppo  allo  Slampiano 
del  Sacco. 

Suddivise  il  LangMano  in  due  sottopiani:  in  quello  inferiore  pose 
gli  strati  marno-calcarei  e  talora   arenacei,   costituenti  VAqidtaniano 


1  Trabucco  G.,  Relazione  sui  mezzi  pia  adatti  a  trasforraare  la  viticultura 
per  la  difesa  contro  la  filossera,  con  carta  geologica-gengnostica-agronomica 
dell'Alto  Monferrato.  Firenze,  1899. 

Voi.  XNXIX.  13 


190  G.    DE    ALESSANDRI. 

del  Sacco  ;  in  quello  superiore,  gli  strati  mariio-arenacei  e  le  marno 
fissili  delle  quali  il  Sacco  ed  il  Mayer  avevano  costituito  il  loro 
Lcuigliiam  (sensu  strictu). 

Anche  \i^ Elvenam  distinse  due  zone ,  le  quali  corrispondono  a 
quelle  del  Mayer,  l'inferiore  costituita  da  banchi  sabbiosi  arenacei,  al- 
ternanti con  marne  sabbiose  grigiastre,  e  la  superiore  formata  da  banchi 
di  melassa  calcarea  e  banchi  brecciati  grossolani. 

Il  Tortoìiiaiio  del  Trabucco  rappresentato  dalle  marne  grigiastre,  in- 
terstratificate talora  con  banchi  sabljiusi  arenacei,  non  differenzia  punti» 
per  estensione  da  quello  del* Mayer  ;  mentre  il  Messiniano  coww^iVh- 
mente  a  quanto  il  valente  geologo  dell'Università  di  Zurigo  aveva  fatto, 
ù  diviso  in  sole  due  zone,  l'inferiore  della  quale  comprende  le  lenti 
gessose. 

Il  Piaceiuiaito  e  V  Astia ao  sono  compresi  pressapoco  negli  stessi 
limiti  die  il  Sacco  loro  aveva  assegnato. 


Ed  ora,  giunti  al  termino  di  (juosta  revisione   sugli  studi  dei  pro 
cursori,  vediamo  quale  di  lutto  le  classificazioni  proposte  sia  da  adot- 
tarsi. 

Lasciando  da  parte  le  più  antiche  le  quali  rillettono  ancora  un  pe- 
riodo prematuro  per  la  sintesi,  e  rappresentano  1'  epoca  di  laboriosa 
od  intensa  preparazione  dei  materiali  paleontologici  e  di  osservazioni 
stratigrafiche,  alla  quale  ha  dovuto  seguire  lo  studio  di  selezione,  coi 
lunghi  dibattiti,  colle  appassionate  controversie,  sia  sul  valore  cronolo- 
gico dei  piani,  sia  sulla  corrispondenza  delle  formazioni,  noi  vediamo 
come  tali  suddivisioni  si  possano  ril'orire  a  tre  gruppi  differenti. 

Nel  primo  abbiamo  il  Mayek  od  il  Sacco,  i  quali  ammisiM'd  una 
serie  suddivisa  in  numerosi  piani,  distinti  in  ordine  di  sovrapposizione 
stratigrafica  ed  unita  alTesamo  della  natura  litologica  e  di  quella  pa- 
leotitolodca. 


APPUNTI    DI    (ÌEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  191 

Xol  secondo  troviamo  il  De  Stefani,  il  Rovereto  ed  il  Tara- 
MELLi,  i  quali  11011  ritenendo  possibile,  nò  giustificata  una  più  minuta  sud- 
divisione di  quanto  giù  il  Pareto  aveva  stabilito,  ritornarono  alle  sue 
classificazioni  tipiche. 

Nel  terzo,  infine  abbiamo  I'Issel,  il  Trabucco  e  lo  Schaffer,  i 
quali  pur  accettando  le  suddivisioni  del  Miocene  e  del  Pliocene  pro- 
poste dal  Mayer  e  dal  Sacco,  ne  dissentono  riguardo  ai  limiti  ed  alle 
suddivisioni  dell'Oligocene. 

Io  pure  sarei  di  quest'avviso,  impercioccliè  ho  riscontrato  nell'Apen- 
nino  settentrionale  che  i  diversi  piani  nei  quali  il  Mayer  ed  il  Sacco 
hanno  diviso  il  Neogene,  corrispondono  in  tutta  la  più  rigorosa  esattezza 
a  formazioni  difl!erenti  e  successive  della  serie  terziaria,  nelle  quali  la 
costituzione  litologica  e  la  fauna  manifestano  un  alternarsi  di  facie^^ 
dovuto  a  periodi  di  maggiore  o  minore  intensità  di  corrugamento.  E 
l'accetto  con  maggiore  fidanza,  ora  che  gli  studi  di  tanti  illustri  geo- 
logi hanno  dimostrato  che  queste  suddivisioni  si  riscontrano  evidenti 
in  tutto  il  bacino  del  Mediterraneo,  dalla  Calabria  alla  Svizzera,  dalla 
valle  del  Rodano  a  quella  del  Danubio. 

Riguardo  all'Oligocene  pur  adottauto  le  distinzioni  proposte  dai  so- 
pracitati autori,  ritengo  che  esse  si  debbano  accettare  con  qualche 
lieve  modificazione,  per  le  ragioni  che  verrò  in  seguito  esponendo. 


La  località  che  meglio  si 'presta  a  studiare  la  successione  della 
serie  terziaria  media  e  superiore  del  bacino  della  Bormida,  è  certamente 
la  città  di  Acqui. 

Infatti  se  da  essa  si  rimonta  in  prima  a  mezzodì  la  valle  del  Ra- 
vauasco  fino  all'incontro  di  quella  della  Verazza,  superata  la  quale  si 
raggiunge  il  Eric  delle  Gardinelle  prezzo  Ponzone,  e  se  in  seguito  si 
risale  a  tramontana  la  valle  del  Medrio  e  si  passa  in  quella  del  Cer- 
vino spingendosi  fin  sotto  Monbaruzzo  e  Maranzana,  si  riscontrano  sue- 


192  G.    DE  ALESSANDRI. 

cessivanieiile   da  Nord    a   Sud,  tutte  le    forrnazioiii    dall'  Oligocene  al 
Quaternario,  cioè  la  serie  seguente: 

1."  Rocce  cristalline. 

i  facies  Tongriana  \ 

2."  Bormicliano       .    .      o.        •  \  Oligocene. 

(  facies  Stampiana  )       ° 

3."  Aqiùitaniano 

4."  Langhiano 

5."  Elvenano  ^  \  Miocene 

6."  Tortoniano  f 

7."  Messiniano  ^ 

8."  Piacenziano  (  facies  Astiana  (sensu  strictu 


9."  Astiano  \  facies  Villafranchiana  S 

lO.o  Quaternario. 

Rocce  cristalline. 

Nou  è  certamente  mia  intenzione  di  occuparmi  delle  rocce  cristal- 
line, affioranti  lungo  le  falde  settentrionali  dell'Apeunino  ligure,  perchè 
esse  furono  in  questi  ultimi  tempi,  oggetto  di  accurati  studi  del  Fran- 
chi, dell'  IssEL,  del  Rovereto  e  del  Riva.  Osserverò  solo  che  seguendo 
la  linea  del  mio  profilo,  dal  Bric  delle  Cardinellc,  alle  vicinanze  di 
Monbaruzzo,  s'incontrano  le  formazioni  cristalline  nell'ampia  plaga  che 
a  Sud  di  Ponzone,  si  estende  verso  Cartosio  e  Malvicino  e  lungo  tutta 
l'alta  valle  dell'Erro.  Predominano  in  essa  le  prasimiti  nelle  quali  la 
prevalenza  dell'aufibolo  sulla  clorito,  stabilisce  che  si  debbano  raggrup- 
pare fra  quelle  anllboliche  ;  esse  hanno  quasi  sempre  struttura  scistosa 
zonata,  ed  un'alterazione  superficiale  assai  potente,  che  le  rende  fragili 
e  di  colorazione  giallastra  dando  luogo  ad  un  abbondante  sfacelo  ocraceo. 

Nella  valle  Verazza  alquanto  ad  occidente  della  sezione  seguita,  si 
osservano  spuntoni  cristallini  ricoperti  però  da  conglomerati  assai  potenti 
lungo  il  torrente  in  faccia  alla  bor-gata  Poggio,  spuntoni  che  sono 
piccole  apofisi  spinte  a  Nord  del  grande  massiccio  di  Morbello,  Caldasio, 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  193 

Toledo  e  che  per  il  bacino  dell'Orbicella  si  collega  all'Ei'metta.  Di  essi 
raffioramento  della  valle  del  Ravanasco,  segna  il  ])iuUo  più  settentrionale. 

Ivi  nella  parte  superiore  s' incontra  una  zona  potente  di  una  fillade 
grigia  calcarea,  passante  a  calcescisto,  in  alcuni  punti  riccamente  cal- 
cifica con  lenti  di  porfiroide:  zona  a  cui  seguono  affioramenti  sviluppati, 
verso  Grognardo,  di  scisti  anfibolici  ad  actinolite,  che  passano  a  prasi- 
niti  anfiboliche  contenenti  abbondante  calcite  accessoria. 

L'affioramento  invece  lungo  il  torrente  Ravanasco  presso  C.  Ferri  è 
costituito  da  serpentina  scistosa  di  colorazione  verde-cupo,  pellucida,  un- 
tuosa al  tatto,  a  frattura  piano  lucente,  quasi  scagliosa,  con  superficie 
liscia,  e  lucentezza  grassa.  Inglobata  fra  queste  masse  laminate  e  con- 
torte di  serpentina,  si  trova  in  questa  località  una  piccola  lente  di 
uno  scisto  pirossenico-epidotico  con  anfibolo,  del  quale  gli  elementi  es- 
senziali sono  :  zoisite  ed  epidoto  concrescenti  assieme,  un  minerale  mo- 
noclino  della  serie  dei  pirossemi  e  d'aspetto  onfacitico  ed  un  aufibo]o 
verde  prismatico,  aghiforme,  mentre  quelli  accessori  sono  :  titanite,  apa- 
tite e  rutilo. 

Un  altro  importante  affioramento  di  rocce  cristalline  in  questa  regione 
ù  quello  che  costituisce  il  rilievo  montuoso  del  Màrza'piede,  fra  Prasco- 
Cremolino  e  Molare,  il  quale  ha  forma  irregolarmente  allungata  da  Nord- 
Ovest  a  Sud-Est  ed  è  strozzato  pressapoco  in  due  parti  uguali  da  una 
zona  conglomeratica  del  Tongriam,  messa  in  evidenza  dai  lavori  della 
galleria  per  la  linea  ferroviaria  Ovada-Acqui. 

La  roccia  predominante  in  queste  località  è  uno  scisto-verde  anfibo- 
lico  (actinoto),  passante  a  prasinite  anfìbolica  a  struttura  un  po'  lenti- 
colare,  in  cui  le  lenticelle  di  anfibolo,  alternano  con  straterelli  di 
elementi  chiari  (albite,  quarzo).  Verso  lo  sbocco  Nord  della  Galleria,  ho 
raccolto  invece  campioni  di  scisti  anfibolici-zoisitici,  con  calcite  acces- 
soria, in  cai  l'elemento  anfibolico  è  actinolite  in  fasci  di  sottili  prismetti. 

Nelle  vicinanze  di  Spigno  le  rocce  cristalline  affiorano  con  un  limitato 
spuntone,  presso  le  rive  della  Bormida  in  faccia  a  Monbaldone,  con  le 
solite  serpentine  scistose  verde-carico,  profondamente  alterate  ed  in  am- 


194  Ci.    DE   ALESSANDRI. 

massi  contorti;  però  più  a  Sud  oltrepassato  il  paese,  una  roccia  feld- 
spatica  (plagioclasio)  commista  ad  un  minerale  verde  micaceo,  con  epi- 
doto, costituisce  gli  importanti  affioramenti  di  ovardite,  già  segnalate  in 
tale  località  dallo  Stuì'ivhk. 

Oligocene. 

I  terreni  oligocenici  presentano  un  notevole  sviluppo  nelle  formazioni 
del  Belgio,  e  dal  Belgio  appunto  si  trassero  le  loro  suddivisioni. 

II  DuMOND  dapprima  (1839)  riferì  buona  parte  delle  formazioni  oli- 
goceniche del  Limbourg,  ad  un  suo  nuovo  piano  che  chiamò  Tongriaiio 
da  lui  posteriormente  (1849),  scisso  in  tre  sottopiani  differenti:  Ton- 
liriano,  propriamente  detto,  RitpeUiano  e  Bolderiano,  '  aventi  facies 
il  primo  e  l'ultimo  di  depositi  marini,  il  medio  di  depositi  lluvio-lacustri. 

Questa  sarebbe  stata  la  suddivisione  tipica  delle  formazioni  oligoce- 
niche, se  recentemente  il  Van  den  Broeck^  non  avesse  dimostrato  che 
il  Bolderiam  ha  caratteri  schiettamente  miocenici,  e  quindi  da  adot- 
tarsi per  l'oligocene  la  duplico  suddivisione  di  ToìUjHano  e  Rupel- 
liano. 

I  geologi  del  Belgio,  della  Germania  ed  anche  recentemente  il  Ki:- 
NEViER,  ^  accettarono  questa  suddivisione,  la  (piale  cerlaiiionte  per  le 
regole  della  priorità  dovrebbe  adottarsi.  Ma  secondo  il  concetto  di  Dl- 
MONT  che  propose  questo  piano,  e  del  Van  den  Broegk  che  lo  ha  ac- 
cettato, il  liui[}elliam  non  rappresenta  tutto  l'Oligocene  superiore,  ma 
solo  la  facies  marina  di  esso  ;  mentre  quella  fluvio-lacustre  superiore 
fu  distinta  dal  Van  den  Broegk  stesso  col  nome  di  Renaniano.  Di- 
modoché i  geologi  francesi   adottarono  generalmente  per  le  formazioni 


1 


DuMONT  R.,  Rapports  Carle  géol.  de  Belgique.  Yspa  (Uelgiquo),   l.S  il). 

2  Van  den  Broeck,  Coup  d'oeil  sijnthéliqm  sur   l'olujocvìie  belge.  (Bull,  do 
la  Soc.  Belge  de  Géolog.  de  Palóont.  et  d'IIydr.  Tom.  VII,  1S'.)1.) 

3  Uenkvmvr  e,  Chronographe  G('ologu/iie.  (Compi.  l\endii  du(;onr;ròs  Géolog. 
International.  Ziiiich,   iHOi.  Losanna,   1S!)7.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  ll)."i 

doii" Oligocollo  superioi'o  il  iioiiic  di  Stampiano  stabilito  dal  D'Orbignv 
noi  1850,  '  per  un  complesso  di  depositi  che  comprondevauo  il  Scut- 
noisiaìio,  lo  Stampiaiio  attuale,  e  V Aquitaniano^  ma  che  sujjito  dopo 
il  De  Rouville  (1853),  aveva  limitato  nei  suoi  precisi  confini.  - 

Kiguardo  all'  Oligocene  inferiore,  in  Francia  fu  generalmente  adottato 
il  termine  di  Sannoisiano  proposto  dal  Munier,  Ghalmas  e  dal  De 
I-APPAUENT  ^  per  le  marne  sovrastanti  ai  depositi  gessosi  a  Palaeo- 
iherium  di  Parigi  ;  nome,  che  perù  non  si  può  accettare  perchè  rap- 
presenta una  facies  allatto  locale,  e  non  comprendente  tutto  le  forma- 
zioni dell'  Oligocene  inferiore,  le  quali  furono  riferite  dai  detti  autori 
all'Eocene  superiore  e  distinte  in  due  piani,  Ludiano  e  Priahoniano. 

Tale  suddivisione  dell'Oligocene  in  Italia  fu  adottata  dall'OppENHEiM ^ 
per  le  formazioni  del  Veneto  presso  Priabona,  ove  distinse  sopra  gii 
scisti  di  Priabona,  il  Samioisiauo  con  conglomerati,  marne  e  colla  parte 
inferiore  dei  tufi  di  Guata  e  Saugomini,  o  lo  Stampimio  coi  tufi  supe- 
riori di  Sangomini. 

Nell'Apennino  settentrionale,  l'Oligocene  si  può  abbastanza  nettamente 
distinguere  in  due  formazioni,  la  prima  rappresentata  da  uno  sviluppo 
}iredominante  di  conglomerati  e  di  arenarie,  fra  le  quali  si  interpongono 
lenti  lignitifere,  e  la  seconda  prevalentemente  costituita  da  marne  scialbe 
arenacee  o  scistose,  con  qualche  banco  calcareo. 

La  prima  rappresenta  evidentemente  un  deposito  litorale  e  fluvio-la- 
custro,  la  seconda  un  deposito  pelagico. 

Esse  corrispondono  quindi  anche  per  la  natura  dei  sedimenti  a  quelle 
del  Belgio,  ove  nel  Tongriano  si  hanno  sabbie  glauconiose  e  depositi 


^  D'Orbignv  a.,  Cours  élémentaire  de  Paleontologie  et  de  Geologie  strati- 
grapìiique.  Tom.  11.  Paris,  1852. 

-  De  Rouville,    Description  géologiqae  des  environs  de  Montpellier.  l85o. 

■'  MuNiER-CnALMAS  ET  DE  Lapparent,  Notes  sur  la  nomenclature  des  terrains 
sédimentaire.^.  (Bull.  Soc.  Géol.  d.  France.  Serie  III,  Tom.  XXI,  180  i.) 

^  Oppenheim  P.,  Die  Priahonascìiicìden  und  ihre  Fauna.  Palaoontografica. 
XLVII.  Stuttgart,   1900,  pag.  l:'.. 


19G  G.    DE   ALESSANDRI. 

lacustri,  mentre  nel  Rupelliano  acquistano  predominanza  le  marne  e  le 
argille,  come  anche  a  quelle  del  bacino  di  Parigi,  ove  si  hanno  nelle  une 
gessi  e  marne  lacustre,  nelle  altre,  analogamente  ai  depositi  di  Étampes, 
marne  ed  argille. 

Esaminando  perù  acciiralamente  i  depositi  subapenninici  e  sovratutto  la 
regione  fra  la  valle  dell'  Erro  e  quella  della  Bormida  di  Spigno,  ove 
queste  formazioni  acquistano  grande  sviluppo,  si  scorge  assai  bene  come 
siano  numerose  le  iiiterpolazioui  di  strati  ]narnosi  grigiastri  (Stampiani) 
a  quelli  conglomeratici  (Toiigriani),  e  come  la  loro  disposizione  stra- 
tigrafica sia  concordante  anche  nei  più  minuti  disturbi  locali.  Anzi  ta- 
lora avviene  di  rinvenire  larghe  plaghe,  che  per  la  costituzione  litolo- 
gica devono  riferirsi  allo  Stampiano,  e  che  si  immergono  sotto  ai  de- 
positi schiettamente  tongriani. 

Anche  l'esame  della  fauna  di  questi  due  depositi,  manifesta  ovunque 
una  perfetta  comunanza  di  specie,  colla  sola  differenza  che  nell'uno  ab- 
bondano le  forme  litorali  e  nell'altro  le  pelagiche.  Da  ciò,  io  mi  sono 
convinto,  che  come  già  il  Rovereto  aveva  osservato,  ^  sia  da  ammet- 
tersi l'unità  di  formazione  di  tutto  questo  complesso  di  strati,  e  che  le 
differenze  litologiche,  siano  solo  dovute  a  diversità  dell'  ambiente  ove 
si  depositarono;  in  altri  termini,  rappresentare  essi  facies  diverse  di 
un'  unica  formazione. 

Con  tale  restrizione  e  per  non  raggruppare  depositi  che  d'altronde  in 
natura  si  possono  distinguere  e  limitare  abbastanza  agevolmente,  io  adotto 
iu  questo  mio  studio  i  nomi  di  Tongriano  e  di  Stamjnano,  e  proba- 
bilmente con  lo  stesso  significato,  dovrebbero  anche  adottarsi  per  le  for- 
mazioni del  Belgio  e  della  Francia. 

11  complesso  poi  di  questi  deposili  costituisce  quanto  già  il  Pareto, 
aveva  chiamato  lìonnidiaao,  piano  che  seuza  scendere  a  minuti  par- 
ticolari, non  compatibili  coll'Ind^lo  di  un  lavoro  di  massima,  qual  era 

*  Rovereto  G.,   Osservazioni  geologiche  fatte   lungo   la   linea  ferrata  Ge- 
nova-Ooada.  (Boll.  Soc.  Geo).  Ital.  Voi.  XIII,  l<S9i,  pag.  Oli.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  197 

il  SUO,  compreiKle  assai  bene  le  formazioni  fra  l'Eocene  superiore  {Mo- 
denese^  Pareto)  ed  il  Miocene  inferiore  o  Aqiàtaniam  [Langhiano  in- 
feriore^ Pareto), 

Egli  aveva  bensì  notato  clie  questi  depositi  comprendevano  le  for- 
mazioni che  il  DuMONT  aveva  chiamato  Tongriam^  ma  assai  giusta- 
mente non  adottò  tale  nome,  perchè  con  esso  si  specificava  solo  ima 
parte  di  quanto  egli  illustrava. 

Dimodoché  il  nome  di  Bormidiano,  per  le  giuste  regole  della  prio- 
rità deve  adottarsi  al  posto  di  Tongriano  nella  serie  cronologica  dei 
terreni,  mentre  i  nomi  di  Tongriano  e  Stampiano^  sono  da  usarsi 
per  distinguere  le  due  facies  di  esso,  che  come  già  dissi  si  debbono) 
ritenere  sincrone. 

Con  tale  concetto  appunto  io  ritengo  che  il  nome  di  Bormidiano 
sia  stato  adottato  dallo  Scarabelli,^  dal  Taramelli,  ^  dal  Trabucco,  ^ 
dall' IssEL"*  e  da  tanti  altri;  quantunque  però,  I'Issel  recentemente'' 
sembri  attribuire  ad  esso  limiti  alquanto  più  estesi,  comprendendo  forse 
parte  delle  formazioni  che  il  Pareto  riferiva  al  Langhiano,  e  che 
il  Sacco  ritenne  aquitaniaue. 

Il  Mayer  nei  suoi  studi  sulla  Liguria  "^  distinse  questi  deposili 
in  due  piani:  Tongriano  superiore  e  Tongriano  inferiore,  piani  che 
il  Sacco''  dipoi,  descrisse  sotto  i  nomi  di  Tongriano  e  di  Siam 
piano. 


1  SCARABELLi  G.,  Descrli^ione  della  Carla  geologica  del  versante  settentrio- 
nale dell'Appennino  fra  il  Montone  e  la  Foglia.  Monografia  statistica,  economica, 
amministrativa  della  Provincia  di  Forlì.  Forlì,  1880,  pag.  37. 

-  Taramelli  T.,  Spiega::ione  della  Carta  geologica  ilella  Lombardia,  vil- 
lano, 1800,  pag.  42. 

•*  Trabucco  G.,  Sulla  vera  posizione  del  calcare  di.  Acqui,  lurenze,  1891. 

'*  IsSEL  A.,  Liguria  geologica  e  preistorica.  Genova,  1892.  Voi.  1,  pag.  210. 

^  IssEL  A  ,  Osservazioni  sul  Tongriano  di  Santa  Giustina  e  Sassello.  (Atti 
della  R,  Università  di  Genova.  Tomo  XV.  1900,  pag.  8.) 

*  Mayer  C,  Studi  geologici  sull'i  Liguria  centrale.  Roma,  1877. 

"  Sacco  F.,  //  bacino  terziario  e  quaternario  del  Piemonte.  1889-90. 


198  G.    DE   ALESSANDRI. 

Alla  base  però  del  Toiigriattu,  il  Sacco  aveva  dapprima  dislinlo  una 
formazione  liluraiica  sal3biosa-arenacea,  col  nome  di  Sesiiaao^  ma  che 
più  lardi  ^  riunì  al  Tongriano^  ben  avvedendosi  che  si  trattava  di  una 
facies  puramente  locale  dei  sedimenti  tongriani. 

Tongriano. 

Il  Tongriano j  come  già  dissi  ha  facies  litoranea  o  lluvio-lacustrc, 
ed  ù  rappresentato  da  sedimenti  assai  vari,  nei  quali  predominano  le 
sabbie,  le  marne,  ed  i  conglomerati. 

Esso  costituisce  coi  suoi  affioramenti  una  regione  povera  di  acque,  coi 
rilievi  montuosi,  aspri  e  scoscesi,  a  pareti  ripidissime,  con  valli  strette 
e  profonde  e  con  una  vegetazione  scarsa,  subarborea.  Ha  una  ])oleuza 
talora  assai  grande,  che  in  alcune  località  oltrepassa  i  1500  metri  di 
spessore,  con  una  tectonica  quasi  sempre  regolare,  ma  con  forti  disturbi 
a  contatto  delle  formazioni  cristalline  e  dei  calcari  triassici. 

Forma  una  zona  continua  e  potente,  che  fascia  gli  affioramonli  di  roccie 
cristalline  ed  i  calcari  del  mezozoico,  nelle  valli  dell' Errò  e  della  Bor- 
mida,  mentre  nel  bacino  della  Scrivia,  ed  in  tutta  la  regione  ad  oriente, 
poggia  concordante  colle  formazioni  calcaree  a  facoidi  dell'  Eocene  su- 
periore. Esso  per  la  maggior  parte  è  rappresentato  da  conglomerati  po- 
ligenici,  costituiti  da  ciottoli  oviformi  di  piccola  mole,  fra  cui  alcuni 
profondamento  impressionati,  ed  altri  alquanto  alterati,  superficialmente 
commisti  a  ghiaie  ed  a  sabbie.  I  suoi  strati  sono  quasi  sempre  fa- 
cilmente disaggregabili,  in  alcnni  punii  però  sono  compattissimi  per 
cemento  siliceo  o  calcareo. 

Gommisti  a  ciottoli  ovoidali,  si  notano  in  questi  conglomerati,  massi 
talora  di  grandi  dimensioni  a  spigoli  acuii,  la  natura  litologica  dei 
quali  corrisponde  con  predominanza    alle    roccie   in   posto  sottostanti. 


1  Sacco  F.,  Sur  la  classification  des  I'iri'ains   Icrtiaires,   (Complos-ron  In  dii 
Gongrès  géologiquo  international.  Zurich,  1894.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    l'ALEOXTOLOGIA,    ECC.  199 

•{iuiiitiiiiqiie  alcuni  di  dilfereiite  cosliluzione  maiiifesliuo  uu  evideiilc 
trasporto. 

A  coiitatto  delle  roccie  cristalline  i  conglomerati  generalmente  assu- 
mono l'aspetto  di  vere  breccie  o  di  puddinghe. 

I  ciottoli  ed  i  massi  di  questi  ileposili  sono  quasi  sempre  avvolti  da 
sabbie  grossolane  verdi  o  grigie,  costituite  in  grande  maggioranza  da 
elementi  sei'pentinosi. 

Inferiormente  il  Tongriam  presenta,  oltre  alle  sabbie,  marne  ed  in- 
terpolate ad  esso  lenti  lignitiche,  talune  di  notevole  potenza  e  quindi 
di  grande  importanza  industriale.  Ovunque  poi  in  esso  si  notano  banchi 
calcarei  dovuti  a  formazioni  coralline  lungo  le  spiaggie. 

I  suoi  banchi  arenacei  sono  generalmente  ricchi  di  fossili  marini, 
mentre  i  depositi  marnosi  e  le  ligniti  abbondano  di  molluschi  lacustri, 
0  di  acque  salmastre.  Sonvi  pure  numerosi  avanzi  di  Vertebrati  ter- 
restri, 0  di  acque  dolci,  fra  i  quali  frequenti  sono  quelli  di  Anthra- 
cothenum  magnum  Guv. 

Lungo  il  profilo,  che  io  esamino,  s'incontrano  le  formazioni  tougriane, 
a  Sud  di  Ponzone,  ove  presso  il  Eric  delle  Cardinelle,  si  sviluppano  i 
banchi  conglomeratici,  gli  elementi  dei  quali,  sono  costituiti  da  serpentina, 
prasinite,  enfotide,  Iherzolite,  peridotite,  apenuinite,  talcoscisto,  mica- 
scito,  e  raramente  da  quarzo  e  calcare.  La  potenza  degli  strati  è  assai 
rilevante,  r inclinazione  di  essi  varia  da  30°  a  40"  Nord,  quantunque 
in  alcuni  punti,  forti  disturbi  locali  ne  alterino  il  regolare  andamento. 

Alla  base  di  essi,  marne  scistose  grigiastre,  con  banchi  di  ligniti, 
contengono  mal  conservati  avanzi  di  fossili  lacustri,  mentre  superior- 
mente ai  conglomerati,  vi  sono  abbondanti  banchi  (Ji  coralli,  e  di  ostriche, 
in  straterelli  marnosi  arenacei,  di  non  grande  potenza;  strati  che  per 
passaggi  insensibili  e  di  difficile  separazione  iniziano  la  serie  delle  marne 
scialbe  stampiane. 

Nella  zona  di  contatto  sono  frequenti  i  calcari  a  uullipore,  in  lenti  assai 
importanti  per  le  applicazioni  industriali,  e  che  si  riscontrano  presso  la 
strada  di  Giapino  di  Sotto,  calcari  i  quali,  come  ha  osservalo  in  questi 


200  G.    DE    ALESSANDRI. 

ultimi  tempi  il  prof.  Issel,  ^  sono  in  gran  parte  costituili  da  Litho- 
thamiimm  saganum  Rothp.  in  alcuni  banchi  arenacei  posti  superior- 
mente ad  essi,  lio  rinvenuto  altresì  numerosi  esemplari  di  Litìiotha- 
niuTii  aremdarium  Gapeder,  -  mentre  poco  oltre  in  vicinanza  di  Pon- 
zone,  in  alcuni  banchi  calcarei  di  lieve  potenza  e  di  limitato  sviluppo, 
oltre  ai  Lithotharami,  abbondano  le  spoglie  minute  di  quei  curiosi 
idroidi,  del  genere  Ellii^actiìiia^  dei  quali  si  è  da  poco  occupato  il 
dott.  G.  Gapeder.  3 

A  Nord  di  Ponzone  si  sviluppano  potentemente  le  arenarie  grigiastre 
grossolane,  in  banchi  quasi  sempre  disaggregati,  per  profonda  altera- 
zione degli  elementi  cementanti  ;  ivi  sono  frequenti  avanzi  di  molluschi, 
fra  i  quali  abbondanti  gli  esemplari  di  Natica  sp.,  Ticrritella  mcisa 
Drongo,  sp. ,  di  Loxeardmm  cf.  'pallasianum  Bast,  sp.,  di  Lucina 
miocenica  Micht.,  di  Pecteu  arcaatus  Bronn,  di  SpoìidijUts  bifroas 
Miinst.,  di  Pycnodonta  cochlear  Poli  sp.,  di  Nammulites  cf.  Fidi- 
teli Micht.,  e  frammenti  indeterminabili  di  Autozoi. 

Ad  oriente  della  strada  provinciale,  che  mette  ad  Acijui,  alle  are- 
narie tongriane  si  sostituiscono  le  marne  stampiane,  caratterizzate  da 
quell'impronta  uniforme  e  sterile  del  paesaggio;  marne  che  si  svilup- 
pano a  Nord,  raggiungendo  la  valle  Verazza,  ove  vengono  ricoperte 
dai  banchi  arenacei  MV Aquitariiano. 

Le  formazioni  conglomeratiche  però,  ricompaiono  nelle  colline  sulla 
destra  del  torrente  Verazza,  fra  Ponzone  e  Groguardo,  presentando  una 
potenza  da  100  a  150  metri,  ed  un'inclinazione  regolare  di  85"  verso 
Nord.  In  faccia  alla  borgata  Poggio,  esse  posano  con  lievi  disturbi  sui 
talcoscisti  e  sulle  prasiniti,  che  affiorano  lungo  il  torrente. 


1  IssEL  A.,  (Jsservazioni  sul  Tunyriano  ecc.,  pag.   Ili. 

2  Capeder  (f.,   Contribuzione  allo  dadio  dei    Lithothamni  terziari,.  Torino, 
1898,  pas-  7. 

^  C.M'EDER  (j.,  Sulla  probabile  presenza  delle  Ellipsactinie  nei  calcari  a  Li- 
thothamni terziari.  Torino,   IK'.i.S. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  201 

Uu  altro  piccolo  atrioramento  tougriauo,  si  riscontra  più  a  Nord  dol- 
l'area  esaminata,  lungo  la  valle  del  Ravauasco,  in  vicinanza  di  G.  Ferri, 
ove  un'abrasione  profonda  negli  strati  aqiiitaniani,  ha  messo  in  evidenza 
uii'apofisi  delle  formazioni  cristalline,  apofisi  che  naturalmente  è  rive- 
stita da  piccoli  banchi  conglomeratici. 

Gli  elementi  di  essa,  nella  parte  inferiore,  presentano  spigoli  vivi  e 
sono  quasi  tutti  costituiti  da  serpentina,  ma  nella  parte  superiore,  ab- 
bondano i  ciottoli  arrotondati  di  differente  costituzione  litologica.  Anche 
qui,  per  un  graduale  passaggio  nella  parte  superiore,  gli  elementi  si 
fanno  più  minuti  ed  i  conglomerati  cedono  il  posto  a  ghiaie,  queste  a 
sabbie,  ed  infine  ricompaiono  le  marne  arenacee  scistose  dello  Stam- 
inano. 

Ad  oriente  della  sezione  esaminata,  il  Toagriano  si  sviluppa  assai 
irregolarmente  ed  in  plaghe  limitate,  quasi  ovunque,  mascherate  dai  fle- 
positi  sovrastanti.  I  suoi  affioramenti  si  risconti-ano  per  lo  più  nelle 
regioni  valli  ve,  ove  l'abrasione  dei  corsi  d'acqua  ha  asportato  l'am- 
manto superiore.  Così  presso  Grognardo,  costituisce  una  ristretta  zona, 
di  pochi  metri  di  potenza,  la  quale  forma  la  spianata  ove  giace  il 
paese,  e  che  si  protende  nella  valle  della  Tiuna,  ove  ai  conglomerali 
si  sostituiscono  arenarie  verdi  compatte,  ricchissime  di  avanzi  fossili, 
anzi  talora  quasi  esclusivamente  costituite  da  nummuliti,  radioli  di 
echini,  antozoi,  commisti  a  granellini  serpentinosi.  Sono  pure  ottime  lo- 
calità fossilifere,  le  adiacenze  a  Sud  di  Grognardo,  massime  il  piccolo 
lembo  che  si  riscontra  presso  C.  il  Galletto,  e  che  rappresenta  un  li- 
mitato residuo  di  un'ampia  plaga  abrasa,  sviluppata  verso  Sud,  della 
quale  sono  evidenti  residui,  gli  avanzi  brecciosi  che  si  riscontrano  veiso 
Ciglione.  Presso  la  borgata  Foresto,  i  banchi  arenacei  profondamente 
alterati,  passano  nella  parte  superficiale  a  sabbie  agglutinate  e  sono 
ricchi  di  Molluschi,  Echini,  Coralli,  Briozoi,  Foraminiferi. 

Nelle  vicinanze  di  Prasco,  e  presso  Molare,  ove  la  zona  prende  un 
considerevole  sviluppo,  avvolgendo  l'affioramento  di  rocce  cristalline  del 
Marsapiecle,  si  osservano  negli  strati  superiori  del  Tongriano,  banchi 


202  d-    DE  ALESSANDRI. 

di  calcare  compatto  gialliccio,  talora  brecciato  ed  arenaceo,  che  pre- 
senta frattura  irregolare,  ed  ha  numerose  inclusioni  di  lamelle  di  mica, 
granellini  di  quarzo,  scheggie  di  prasinite  e  serpentina,  solidamente  ce- 
mentate con  Lithothamui  foraminiferi,  ellipsactinie,  briozoi  e  coralli. 

Nella  valle  dell'  Orba,  a  Sud  di  Molare,  la  zona  tongriana,  si  estende 
in  una  larga  plaga,  prevalentemente  arenacea,  la  quale  presso  la  Ban- 
dita, posa  sullo  formazioni  cristallino,  e  che  nella  valle  dell'Arnione, 
contiene  la  nota  località  fossilifera  di  Gassinelle,  ricca  di  tanti  avanzi 
di  Molluschi,  Echini,  Coralli,  Briozoi  e  Foraminiferi. 

Nella  valle  della  Stura,  i  conglomerati  si  sviluppano  potentemente 
e  conferiscono  alla  regione  un  carattere  spiccatamente  alpestre,  mentre 
invece  le  arenarie  sovrastanti,  per  maggiore  alterazione  e  per  maggiore 
produttività  agronomica,  costituiscono  la  parte  più  amena  e  più  popo- 
lata. Sono  buone  località  fossilifere  i  dintorni  di  Tagliole  e  di  Mor- 
nese,  coi  frequenti  banchi  di  coralli  costruttori  e  con  numerosi  lamelli- 
branchi  e  gasteropodi,  di  ottima  conservazione. 

Inferiormente  ai  banchi  arenacei,  si  osservano  in  alcuni  punti, 
marne  bianchiccie  o  azzurrine,  in  straterelli  regolari,  nelle  quali  sono 
frequenti  frustoli  vegetali,  di  aspetto  carbonioso  e  traccie  di  molluschi 
di  acque  salmastre  (Potamides). 

Più  ad  Est,  nella  valle  del  Lemme  e  della  Scrivia,  il  ToiKjriaiio  ac- 
quista grande  espansione  e  la  sua  maggiore  potenza,  con  rilievi  mon- 
tuosi erti  e  frastagliati,  e  con  pianori  erosi  e  profondamente  abrasi;  tal- 
ché soventi  esso  rimane  disgiunto  e  costituito  da  piccoli  lembi  sparsi 
sulle  alture,  mentre  nelle  valli  profonde  spuntano  gii  aftìoramenti  eocenici. 

Sono  ivi  assai  imjiortanti  e  caratteristici,  i  lembi  che  costituiscono  le 
;iUure  di  monto  l''iaccono,  monte 'Maggio,  monte  Reale,  e  Pietro  Bissara, 
iloi  (juali  si  sono  già  occupati  accui'atamentc  tanti  illustri  predecessori. 

Ad  Ovost,  del  profdo  esaminato,  il  Tougriaiio  ricompare  coi  tipici 
conglomerali  nella  valle  dell'  Erro,  con  banchi  inclinati  lievemente  a 
Nord,  sotto  il  paese  di  Cartosio  e  lungo  la  strada  provinciale  Sassello- 
Acqiii,  e  che  sopra  dcll'aiiilnlo,   poggia  con    breccie  a  grossi  elomenli 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  203 

sulle  formazioni  cristalline.  Presso  Miojola,  a  Pareto,  ed  a  Mioglia,  ri- 
compare ancora  in  zone  irregolari  e  poco  sviluppate,  quasi  sempre  a 
l'idosso  (lolla  zona  ivi  iiotente,  di  rocco  verdi,  e  coi  soliti  banchi  are- 
nacei, fra  i  quali  come  a  Mioglia,  vi  sono  lenti  calcaree  compatte,  co- 
stituite da  impasti  di  Litholhamni,  Briozoi  e  Foraminiferi,  entro  le  quali 
si  riscontrano  altresì  conservati  avanzi  di  Squali  e  di  Echini.  Anche 
qui,  come  altrove,  la  regolare  disposizione  degli  strati  soffre  eccezioni 
a  contatto  degli  spuntoni  di  roccie  cristalline,  verificandosi  in  alcuni 
punti,  (fuali  ad  esempio  a  Miojola,  gli  strati  inclinati  da  50'^  a  00°  Nord, 
in  vicinanza  ad  altri  immersi  di  15"  a  20"  a  Sud. 

Nella  valle  della  Bormida,  i  conglomerati  si  sviluppano  a  Sud  di 
Spigno,  mentre  in  vicinanza  del  paese  predominano  le  arenarie,  alcune 
delle  quali  grigiastre,  o  giallognole  assai  compatte,  sono  di  ottimo  im- 
piego come  pietra  da  costruzione  e  da  rivestimento. 

La  Bormida  in  queste  regioni  erodendo  profondamente  la  serie  sedi- 
mentare, ha  messo  lungo  il  suo  corso  sinuoso  in  evidenza  la  pila  delle 
formazioni  tongriane,  ed  a  Merana  o  meglio  ancora  a  Piana-Crixia,  i 
depositi  conglomeratici  raggiungono  una  potenza  di  400  e  più  metri. 
Le  arenarie,  in  alcune  località,  line,  compatte,  psammitiche,  interpo- 
late da  marne  azzurre,  sono  abbondantemente  fossilifere,  massime  presso 
Dego  a  Costa  Lupara,  ed  a  Carcare,  con  quella  larga  rappresentanza  di 
Vertebrati,  Molluschi,  Echini,  Coralli,  che  in  questi  ultimi  tempi  fu 
oggetto  di  tanti  importanti  studi  paleontologici. 

In  queste  località  sovratutto,  l'attenzione  dell'osservatore  resta  mera- 
vigliosamente impressionata  da  giganteschi  massi  a  spigoli  vivi,  che  si 
osservano  nei  conglomerati. 

Tali  massi  hanno  già  da  lungo  tempo  attirato  l'osservazione  dei  geologi. 
11  (jAStalui,  pel  primo,  descrisse  un  colossale  masso  di  gneiss,  che  si 
trova  presso  Mornese;  il  Mazzuoli  cita  un  masso  di  roccia  cristallina 
nel  monte  Fiaccone,  che  avrebbe  un  volume  di  GO  metri  cubi,  ed  un 
altro  di  quarzite  nel  torrente  Miojola  (valle  dell'Erro),  presso  la  bor- 
gata (ìarberino,  di  50  metri  cubi;  il  Sacco  riferisce  di  alcuni  gros- 


204  G.    DE    ALESSANDRI. 

sissimi  massi  lungo  la  Bormida,  a  Nord  di  Piana-Crixia,  ed  un  altro  di 
enormi  dimensioni  (240  m.  e,  circa)  costituito  da  serpentino,  clie  si  ri- 
scontra a  Sud  di  G.  Breno,  in  vai  Carbonasca  (valle  della  Scrivia). 
L'IssEL  parla  del  grosso  masso  di  serpentina  verdastra,  da  25  a. 30 
metri  cubi  di  volume,  che  si  osserva  presso  la  borgata  Bergiavelli,  in 
valle  dell'Erro. 

Io  ho  osservato  massi  pure  giganlcsclii  in  vai  del  Lemme,  presso  la 
Bocchetta  ed  uno  nel  torrente  Valla  a  Sud  di  Spigno,  che  misurava  una 
circonferenza  di  20  e  più  metri  e  4  metri  circa  di  spessore. 

Curioso  fra  tutti  gli  altri  è  il  masso  di  scisto-cristallino,  che  si  os- 
serva lungo  la  Bormida,  presso  Piana-Crixia,  il  quale  è  tondeggiante  ed 
isolato,  da  ogni  parte  tranne  in  quella  inferiore  ove  è  sostenuto  a  guisa 
di  gambo  dai  conglomerati.  Per  tale  sua  forma  caratteristica,  si  cono- 
sce localmente  col  nome  di  Fimgo  di  Piana.  Esso  fu  già  notato  dal 
Mazzuoli,  ed  illustrato  dall' Issel  nella  Ligitria  Geologica  e  Preisto- 
rica, Voi.  I,  pag.  116,  Tav.  7,  fìg.  D. 

Origine  dei  Conglomerati. 

L'origine  dei  conglomerali  tongriaui  caratteristici  sovratulto  per  la 
presenza  in  essi  dei  grandi  massi  a  spigoli  vivi,  è  intimamente  unita 
a  quella  dei  conglomerati  dei  Colli  Torinesi,  e  poiché  su  di  essa  sor- 
sero tante  e  disparato  ipotesi,  esaminiamone  brevemente  le  principali. 

Distinguendole  in  ordine  cronologico  e  dal  nome  dell'autore  che  le  ha 
emesse,  si  possono  enumerare  cosi:  1.-^  Ipotesi  del  Gastaldi;  2.'''  del 
Mazzuoli;  3.*  del  Portis;  4."  del  Virgilio. 

Il  Gastaldi  in  una  sua  prima  memoria,  fatta  in  collaborazione  cui 
Martins  ^  nell'anno  1850,  esaminando  i  conglomerali  dei  Colli  Tori- 


•  Gastaldi  B.  et  Martins  Ch.,  Ensai  sur  les  terrains  superficiels  de  la  vallèe 
da  Po,  aux  environs  de  Turin,  compares  à  ceux  de  la  plaine  Suisse.  (Hull. 
Soc.  Géol.  de  Franco.  Voi.  VII,  1S50,  pag.  55  i.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  205 

nesi,  rilevò  come  i  massi  dei  punti  culmiiiaiili  e  della  base,  in  entrambi 
i  versanti,  siano  blocchi  erratici  costituiti  da  roccie  alpine  (dioriti, 
anfiboliti,  serpentina,,  micascito)^  angolosi  ed  a  spigoli  vivi,  mentre 
i  ciottoli  usuali  del  conglomerato  sono  di  serpentina,  di  porfido  c|iiar- 
zifero,  di  diaspro,  di  granito,  e  di  calcare.  Egli  ne  dedusse,  provenire 
questi  massi  da  una  medesima  regione,  che  può  essere  circoscritta  dai 
monti  di  Biella,  di  Yarallo,  di  Arona,  ecc.  dalle  Alpi  Marittime  o 
dagli  Apennini  Liguri. 

Tali  massi,  i  quali,  per  entrambi  gli  autori,  hanno  grandi  analogie  con 
quelli  delle  morene  al  piede  delle  Alpi,  non  potendosi  assolutamente  ri- 
tenere dovuti  a  strati  conglomeratici  smantellati  e  distrutti,  dovevano 
essere  stati  abbandonati  da  un  ghiacciaio. 

Più  tardi  il  Gastaldi  stesso  (i8G3),  riprese  pariitamente  l'esame 
dei  conglomerati  della  Collina  Torinese  e  dell'Apennino  settentrionale  ;  ^ 
ed  in  base  alla  loro  natura  litologica  stabilì  che  gli  elementi  dei  con- 
glomerati torinesi  dovevano  essere  pervenuti  in  parte  dalle  Alpi  ed  in 
parte  dagli  Apennini. 

Alcuni  di  questi  elementi  avrebbero,  così  dovuto  percorrere  una  di- 
stanza da  50  a  100  chilometri,  ed  il  Gastaldi  rigettando  l'idea  del 
Brocchi  e  del  Brongniart  che  ammettevano  doversi  questo  trasporto  a 
correnti  acquee,  accettò  l'ipotesi,  che  il  Venturi  ^  aveva  manifestato  al- 
cuni anni  prima  per  spiegare  la  presenza  dei  massi  angolosi  nei  con- 
glomerati deirApennino  Reggiano,  secondo  la  quale  essi  dovevano  il 
loro  trasporto  a  zattere  di  ghiaccio.  Si  avrebbe  così  avuto  un  caso  identico 
a  quello  che  avviene  oggidì  sullo  coste  del  Labrador,  ove  i  massi  che 
scendono  sui  ghiacci  natanti  dalle  regioni  artiche,  e  che  continuamente  si 
accumulano  vanno  continuamente  ampliando  il  grande  banco  di  Terranova. 


1  Gastaldi  B.,  Sugli  elementi  che  compongono  i  conglomerali  miocenici  del 
Piemonte.  (Mem.  d.  R.  Accad.  d.  Scienz.  di  Tonno.  Serie  II,  Voi.  XX,  1863.) 

2  Venturi  V.,  Intorno  ad  alcuni  fenomeni  geologici.  (Giornale  di  Fisica,  ecc. 
Pavia,  1817.  Tom.  X.) 


VoL  xxxix:. 


20(;  G.    DE   ALESSANDRI, 

Molti  auiii  dopo  che  il  Gastaldi  si  era  occu})ato  di  lali  conglome- 
rati, il  Mazzuoli  prendendo  in  esame  la  regione  deirApeiinino  Ligure,  ' 
ne  riprendeva  lo  studio,  ma  non  accettava  l'ipotesi  del  predecessore 
sulla  loro  origine.  Egli  osservava  che  non  era  ammissibile  l'esistenza  di 
ghiacciai  apenninici  di  grande  sviluppo,  in  un' epoca  in  cui  l'Apennino 
Ligure  era  rappresentato  da  poche  isole  emergenti  di  (jualche  continaia 
di  metri  dallo  acque;  e  sovratutto  perchè  la  fauna  e  la  floi'a  durante 
la  deposizione  dei  conglomerati  aveva  facies  tropicale,  e  quindi  incon- 
ciliabile con  lo  svUuppo  dei  ghiacciai  fino  al  mare. 

Egli  cercò  di  spiegare  l'origine  dei  conglomerati,  ammellendo  che  essi 
si  originarono  dopo  l'Eocene,  da  balze  e  rupi  scoscese  verso  il  mare, 
per  opera  dell'isrosione  marina,  unita  alla  meteorica. 

Attribuì  la  grande  potenza  di  essi,  ad  un  lento  abbassamento  delle 
terre  emerse  e  del  fondo  del  mare,  susseguilo  a)  sollevamento  posteo- 
cenico,  abbassamento  che  determinava  un  continuato  succedersi  dello 
condizioni  atte  al  loro  sviluppo,  perchò  mentre  le  teri'e  continuavano  a 
somministrare  materiali  dotritici  al  mare,  il  deposito  litoraneo  mante- 
nendosi colla  superficie  a  lior  d'acqua,  accresceva  in  ispessore  per  fab- 
bassamento  del  fondo  marino. 

Il  prof.  IssEL  alcuni  anni  dopo  (1892),  esaminando  tale  ipotesi  -  ac- 
cettava in  parte  le  conclusioni  del  Mazzuoli,  ma  allineile  esse  riuscis- 
sero più  verosimili,  data  la  grande  potenza  dei  depositi,  egli  ammise 
che  non  solo  un  bradisismo  ne  avesse  causato  lo  sviluppo,  ma  elio 
avessero  altresì  contribuito  ripetuti  movimenti  dal  basso  all'alto  e  dal- 
l'alto al  basso,  colla  possibilità  di  una  sovrapposizione  di  materiali 
ciottolosi. 

Invece  il  prof.  Alessandro  Portis,  nell'anno  istesso  in  cui  il  Maz- 
zuoli aveva  pubblicato  la  sua  memoria,  in  una  nota  uscita  pochi  mesi 


^  Mazzuoli  L.,  Sui  modo  di  formazione  dei  co)i;/lomer//ti  miocenici,  del- 
l'A  pennino  Ligure.  (Boll.  R.  Gomit.  Geo!.  d'Italia.  Voi.  XV,  188 i.ì 

-  IssEL  A.,  Liguria  geologica  e  preistorica.  Genova.  1802.  Voi.  I,  pag.  2:ì0. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  207 

dopo,  '  ue  confutava  le  conclusioui  facendo  notare  ;  primo  la  preponde- 
ranza nei  conglomerati  di  materiale  serpentinoso,  materiale  che  non  si 
poteva  spiegare,  stante  la  quasi  completa  mancanza  di  ogni  traccia  di 
antiche  scogliere  serpentinose,  fra  le  Alpi  e  la  Collina  Torinese,  e  fra 
questa  e  gli  Apeunini  ;  secondo  la  distribuzione  regionale  degli  elementi 
in  rapporto  alla  catena  alpina,  nei  conglomerati  dei  Colli  torinesi; 
terzo  la  presenza  in  questi  ultimi  di  materiale  sicuramente  alpino  ;  in 
ultimo  la  forma  ciottolosa  del  maggior  numero  degli  elementi,  alcuni 
dei  quali  hanno  strie  e  rigature.  II  Portis  in  questo  suo  studio,  non 
esponeva  opinione  propria  riguardo  all'origine  dei  depositi,  ma  pochi 
anni  appresso  occupandosi  del  bacino  di  Roma,  e  specialmente  del  Plio- 
cene superiore,  -  riprendeva  incidentalmente  in  esame  la  questione,  am- 
mettendo l'idea  che  la  Collina  Torinese,  avesse  tratto  il  materiale  dei 
suoi  conglomerati  da  un  continente  emerso,  durante  V  Eocene  e  parte  del 
Neogene,  tra  il  piede  interno  delle  Alpi  occidentali  e  l'attuale  Collina. 
Questo  continente  poteva  essere  rappresentato  da  una  maggiore  estensione 
dell'area  alpina  verso  Sud  o  verso  Sud-Est,  e  scomparve  poi  per  rottura- 
distacco,  dovuto  a  sprofondamento  in  notevoli  proporzioni. 

Dopo  il  Bartoniano,  numerosi  ghiacciai  scendendo  dalle  vallate  al- 
pine, avrebbero  portato  al  mare  che  si  stendeva  al  piede  di  questo  con- 
tinente, i  ciottoli  da  loro  impressionati  ed  i  grossi  massi  serpentinosi, 
che  assieme  ai  conglomerati  che  si  formavano  lungo  il  litorale,  costi- 
tuirono i  depositi  miocenici. 

Verso  la  fine  del  Pliocene  questo  continente  per  uno  spostamento  pò 
sitivo  delle  linee  di  spiaggia  si  inabissa  nuovamente,  ed  il  mare  occu- 
pando la  regione   compresa  fra  l'attuale  piede  meridionale  delle  Alpi, 


<  Portis  A.,  Sul  modo  di  formazione  dei  conglomerati  miocenici  della  col- 
lina di  Torino:  osservazioni  a  proposito  della  nota  di  L.  Mazzuoli.  (Boll.  R. 
Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XIX.  Roma,  1888.) 

2  Portis  A.,  Contribuzione  alla  storia  fisica  del  bacino  di,  Roma  e  studi, 
sopra  l'estensione  da  darsi  al  Pliocene  superiore.  Roma,  1803. 


208  G.    DE   ALESSANDRI. 

e  eli  tutta  l'area  della  Collina,  vi  depositava  sopra  le  argille  del  Pia- 
censiaiio  e  le  sabbie  ([dV  Astiano,  mentre  allo  sbocco  delle  valli  ali- 
mentate da  ghiacciai,  si  formarono  nel  fondo  marino  morene  frontali,  ed 
in  quelle  prive  di  ghiacci,  conoidi  di  dejezioui  che  coi  loro  materiali  an- 
darono man  mano  ricoprendo  il  fondo  del  golfo  padano. 

Egli  considerava  così  i  due  piani  del  Pliocene  (Piacenziano  ed 
Astiano)  come  sincroni  fra  di  loro,  e  sincroni  altresì  collo  formazioni 
distinte  generalmente  col  nome  di  diluvium,  di  morenico  e  di  allu- 
vium ritenendo  il  tutto  depositato  sul  fondo  del  mare. 

Dopo  il  PoRTis,  il  dott.  F.  Virgilio  in  una  sua  pregiata  memoria 
pubblicata  nell'anno  1895,  ^  si  occupò  a  lungo  dell'origino  della  Collina 
di  Torino  e  conseguentemente  dei  conglomerati  oligocenici.  Egli  primie- 
ramente confutò  le  idee  dei  precursori,  dimostrandone  la  loro  poca  at- 
tendibiliià  e  soffermandosi  sull'ipotesi  del  Portis  osservò  anzitutto,  come 
l'ammettere  un  continente  emerso  durante  il  Bartoniano,  nell'area  del- 
l'attuale valle  padana,  era  inamessibile  colla  presenza  delle  formazioni 
eoceniche  delle  Prealpi  Lombarde,  dell' Apennino  settentrionale  e  di 
quelle  della  Collina  stessa  Torino- Valenza.  Notò  in  seguito  come  gli  ele- 
menti dovuti  ad  una  scogliera,  non  siano  tali  da  accumularsi  per  cen- 
tinaia di  metri  in  potenza  e  per  decine  e  decine  di  chilometri  in  esten- 
sione, ed  hanno  spigoli  vivi  contrariamente  a  quanto  si  osserva  per  i 
piccoli  massi  della  Collina,  mentre  il  mare  conferisce  loro  la  tipica  forma 
discoidale.  Ne  le  ristrette  condizioni  del  golfo  padano,  potevano  per- 
mettere che  le  correnti  marine  trasportassero  gli  elementi  di  sfacelo 
provenienti  dalla  scogliera. 

La  presenza  poi  dei  grossi  massi  a  spigoli  vivi  non  si  può  pel  Virgilio 
spiegare  coll'opera  dei  ghiacciai,  imperciocché  in  tal  caso  i  massi  do- 
vrebbero unicamente  trovarsi  nel  versante  settentrionale  della  Collina, 
mentre  in  realtà    essi  si  trovano  ovunque  in  essa,  e  lo   sviluppo  dei 


1  Virgilio  F.,  La  collina  di  Torino  in  rapporto  alle  Alpi,  all'Appennino, 
ed  alla  pianura  del  Po.  Torino,  18'J5. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  209 

ghiacciai  sarebbe  pare  in  aperta  contraddizione  colla  temperatura  di 
clima  torrido,  che  la  fauna  e  la  flora  dei  depositi  addimostrano.  Osserva 
egli  in  seguito  come  il  distacco  postpliocenico,  invocato  dal  Portis,  per 
spiegare  l'inabissamento  di  una  porzione  di  area  nella  valle  Padana, 
sia  in  contraddizione  coi  fatti  finora  ammessi  dai  geologi  e  non  potrebbe 
assolutamente  spiegare  la  presenza  dei  numerosi  lembi  pliocenici  al 
piede  della  catena  alpina. 

Infine,  egli  combatte  energicamente  l'idea  di  considerare  sincrone  le 
argille  piacenziane  e  le  sabbie  astiane,  come  pure  l'esumata  ipotesi  dello 
Stoppani,  secondo  la  quale  i  ghiacciai  costruirono  i  loro  anfiteatri  mo- 
renici in  seno  e  sul  fondo  del  mare  stesso,  durante  il  Miocene  ed  il 
Pliocene. 

Nessuna  delle  ipotesi  emesse  dai  precursori  non  potendo  pel  dottor 
Virgilio  spiegare  il  complesso  di  fatti,  che  si  osservano  sui  Colli  tori- 
nesi, egli  ne  propose  una  nuova,  la  quale  prende  le  mosse  dalla  teoria 
degli  scivolamenti,  che  il  Reyer  ^  aveva  adottato  e  convalidato  con  nu- 
merose deduzioni  sperimentali. 

Esaminiamola  brevemente  :  AH"  inizio  dell'epoca  tongriana,  cominciata 
la  terza  fase  di  corrugamento  Alpino-Apenninico  per  mezzo  del  quale 
l'Apennino  da  un  gruppo  di  isole,  emerse  di  poche  centinaia  di  metri 
dalla  superficie  marina,  potè  costituirsi  in  una  vera  catena  montuosa, 
i  torrenti  scendendo  dalle  regioni  elevate,  riversavano  al  mare  elementi 
rocciosi  sotto  forma  di  ciottoli,  mentre  nei  tratti  di  spiaggia  foggiate 
a  rupi  ripide  e  scoscese,  l'erosione  meteorica,  combinata  colla  marina, 
ilistaccava  piccoli  ed  enormi  massi  rocciosi,  i  quali  cadendo  nelle  sot- 
tostanti acque,  rimanevano  impigliali  tra  le  masse  incoerenti. 

Essi  costituivano  così,  in  prossimità  delle  spiaggie  banchi  di  ciot- 
tuli,  i  quali  si  alternavano,  nei  periodi  di  magra  torrenziale,  con  altri 
di  ghiaie,  di  sabbie  e  di  marne,  ricchi  tutti  di  numerosi  avanzi  fossili. 


^  Reyer  E.,  Esperimenti  di  Geologia  e  di  Geografia..  Trad.  Uafiana  del  dot- 
tor F.  Virgilio.  Voi.  tre.  Torino,  189  i. 


210  (i.    DE   ALESSANDRI. 

Crescendo  l'accumulo  dei  materiali  e  crescendo  la  peudeuza  del  fondo 
marino  per  il  progressivo  corrugamento  delle  catene  montuose,  dovette 
cominciare  un  lento  moto  di  scorriinenio  in  massa  di  limi  quei  mate- 
riali fini  e  grossi,  scorrimento  facilitato  dalla  potente  massa  poltigliosa 
di  argille  scagliose,  depositate  sotto  i  conglomerati,  e  che  si  comunicò 
altresì  ai  calcari  eocenici  deposti  anteriormente. 

L'arrivo  al  mare  di  ciottoli  continuò  nelle  successive  epoche  del- 
l''Aquitamano  e  delV Mvesiano,  e  pel  lento  progredire  dello  scorri- 
mento, dal  litorale  delle  Alpi  occidentali  e  dell' Apennino,  verso  il  centro 
del  bacino,  avvenne  durante  VAquitaniano  l'incontro  subacqueo  dei  con- 
glomerati ad  una  distanza  minoro  dal  litorale  alpino,  di  quella  che  si 
aveva  dalla  spiaggia  apenuinica. 

Le  masse  conglomeratiche  per  le  spinte  reciproche,  dovettero  pro- 
durre un'intima  compenetrazione  ed  una  miscela  di  elementi,  con  pre- 
ponderanza però  di  quelli  alpini;  ed  in  seguito  dovette  iniziarsi  un  cor- 
rugamento che  originò  ranliclinalc  costituente  in  massima  parte  la  Col- 
lina attuale.  Col  progredire  poi  di  questo  corrugamento  si  costituì  un'i- 
sola emersa  dallo  onde  marino.  In  quale  nella  seconda  metà  del  Mio- 
cene, raggiunse  pressapoco  il  suo  massimo  sviluppo.  L'ultima  fase  di 
deposizione  conglomeratica  sarebbe  avvenuta  durante  \  Elvenaìio. 

La  memoria  del  dott.  Virgilio,  corredata  da  minute  osservazioni 
sulla  tectonica  alpina  ed  apeuninica,  nonché  dalla  evidente  manifesta- 
zione di  un'intima  assimilazione  degli  studi  più  recenti  e  delle  teorie 
più  moderne  sulla  dinamica  terrestre,  costituisce  un  importante  lavoru 
di  sintesi,  in  tempi  in  cui  lo  studio  analitico,  ma  astratto  di  limitato 
aree,  costituisce  l'indirizzo  più  comune  dei  cultori  della  geologia;  tut- 
tavia io  sono  di  parere  non  essere  necessaria  un'ipotesi  così  compli- 
cala, per  spiegare  fatti  abbastanza  normali. 

Vero  .si  è,  che  la  teoria  degli  scivolamenti  ò  in  questi  ultimi  anni 
entrala  in  un  vero  periodo  di  voga,  e  certamente  non  si  può  negare 
ad  essa  molta  attendibilità,  sovratutto  allorché  si  cerca  di  spiegare  in- 
tricati motivi  tectonici    di  alcune  regioni,  ove   la   serie    rovesciata,    le 


Al'PLXTI    DI    GEOLOGIA    E    l'ALEOXTOLOGlA,    ECC.  l' i  I 

iainiiiazioiii  pulenti  degli  strali  laterali,  od  i  rilevanti  cambiaiiienti  di 
facies,  ne  rendono  più  facile  la  concezione. 

Così  come  il  Turnebgl.m  ha  spiegato  si  possono  ammettere  impor- 
tanti scivolamenti,  alcuni  dei  quali  quasi  orizzontali  nella  regione  cen- 
trale della  Scandinavia,  e  quelli  di  grandiosi  effetti  che  il  Bertrand  ^ 
annovera  nelle  montagne  della  Scozia;  come  pure  alcuni  più  limitati 
che  il  KiLiAx,  I'Haug  -  ed  il  Lugeon  ■'■  credono  avvenuti  nel  massiccio 
esotico  dell'  Ubaye,  ed  altri  nel  bacino  carbonifero  del  Nord  della  Fran- 
cia, nella  Bassa  Provenza,  nelle  Alpi  di  Glaris,  ecc. 

Hans  Schardt,  ricorse  pure  recentemente  a  quest'ipotesi  per  spie- 
gare la  complicata  disposizione  stratigrafica  delle  Prealpi  Romando,  ' 
e  con  mirabile  tenacia  di  propositi,  combatte  da  due  lustri  acca- 
idtamente  per  essa,  portando  in  suo  appoggio  nuove  e  continue  os- 
servazioni. 

Ma  boncho  in  questa  regione  gli  importanti  rovesciamenti  della  se- 
rie, la  presenza  di  numerosi  lembi  rimasti  in  posto,  che  potrebbero 
rappresentare  gli  avanzi  delle  masse  scivolanti,  e  i  numerosi  massi 
esotici  così  frequenti  nella  regione  del  jìysìi,  rendano  assai  verosi- 
mile quest'ipotesi  tuttavia   il  Lugeox  dapprima''  e  Giulio  Haug  più 


1  Bertrand  M  ,  Les  ììiontagnes  de  l' Ecosse,  (lievue  gón.  d.  Selene,  pures  et 
appliq.  N.  23.  Paris,  1892.) 

2  Haug  E.  et  Lugeox  M.,  Note  prélimmaire  sur  la  geologie  de  la  montagne 
de  Salens  et  de  son  soubassement.  (Bull.  Soc.  Hist.  Nat.  Savoie,  1897.) 

3  Lugeox  M  ,  La  region  de  la  brèche  du  Chablais.  (Bull.  Sorv.  Carte  géol. 
N.  49,  pag.  298.) 

^  Schardt  H.,  L'origine  des  Préalpes  romandes.  (C.  \{.  Acad.  d.  Sciences 
Paris,  20  nov.  et  Archiv.  scienc.  physic,  et  nat.  Genève.  Tom.  XXX,  die.  189o.) 
—  Sur  l'origine  des  Préalpes  romandes.  RépUque  aux  objections  de  M.  Lu- 
geon. (Bull,  de  la  Soc.  Vaudoise  des  Scienc.  Nat.  Tom.  XXXI,  1890.)  —  Les  re- 
gions exotiques  du,  versant  nord  des  Alpes  Suisses.  (Bull,  de  la  Soc.  Vaudoise 
(les  Selene.  Nat.  Tom.  XXXV,  1898.)  —  Les  Préalpes  romandes.  (Bull,  de  la 
Soc.  neuchàteloise  de  Géographie.  Tom.  XI,  1899.) 

^  Lugeox  M.,  L'origine  des  Préalpes  romandes.  (G.  lì.  d.  Soc.  A'audoise  des 
Scienc.  Nat.  Séance  du  15  mai  1895  a  Archives  »  Genève.  XXXIV,  juUL,  1895.) 


2\Z  G,    DE   ALESSANDRI. 

tardi  '  respinsero  tale  idea,  che  secondo  loro,  le  osservazioni  strati- 
grafiche contraddicevano,  e  che  i  fatti  d'ordine  tectonico  invocati  dallo 
Sguardi  non  dimostravano,  potendosi  il  tutto  spiegare  con  una  disposi- 
zione a  ventaglio  embricato.  Il  dibattito  è  tuttora  vivo  ed  animatissimo.  ^ 

In  Italia,  si  possono  facilmente  comprendere  e  spiegare  scorrimenti 
limitati,  che  il  De  Lorenzo  crede  avvenuti  nelle  montagne  a  pieghe 
della  Basilicata,  ^  ove  sono  frequenti  roccie  esotiche  nei  conglomerati 
terziari,  mentre  le  formazioni  mezozoiche  sono  raggrinzate  e  talora  em- 
bricate. Come  pure  quelli  che  il  Taramelli  ''  cita  nelle  masse  triassiche 
di  Dougo  ed  Olgiasca,  quelli  del  Veneto  nella  regione  pieghettata  del 
Posima,  e  probabilmente  quelli  che  originarono  l'intricata  disposizione 
della  Riviera  Bresciana  del  Lago  di  Garda. 

Alcuni  altri  fatti  però,  che  l'illustre  professore  dell'Ateneo  Paveso, 
vorrebbe  attribuire  a  scivolamenti,  quali  la  presenza  di  roccie  esotiche 
pseudo-giuresi  nell'istmo  di  Bardelle,  e  quella  di  rocce  con  fossili  lias- 
sici  e  giuresi  noi  conglomerati  eocenici  di  Calco,  a  mio  avviso  possono 
jnù  facilmente  spiegarsi  con  la  denudazione  di  ampie  plaghe  originarie, 
(!  coi  trasporti  dovuti  a  correnti  fluviatili. 


1  Haug  e.,  Les  regions  dite  exoliques  du  versant  nord  des  Alpes  Suisses. 
(Bull.  d.  la  Soc.  Vaudoise  des  Selene.  Nat.  Tom.  XXXV,  i80!i.) 

2  ScHARDT  H.,  Encore  les  regions  e.xotiqiiex.  (Bull,  de  la  Soc.  Vaudoise  des 
Sciene.  Nat.  Tom.  XXXVI,  1900.) 

3  Di  Lorenzo  G.,  Sulla  geologia  dei  dintorni  di  Lagoaegro.  (Atti  \\.  Aee. 
d.  Lincei.  Rend.  Vol.  IlL  fase.  7.  Roma,  189  i.)  —  Le  montagne  mezozoiche  di 
Lagonegro.  (Atti  R.  Accad.  d.  Scienz.  lis.  e  matem.  di  Napoli.  Voi.  VL  Napoli, 
1804.)  —  Ossercazioni  geologiche  ne  W  Ape /in  ino  della  Basilicata  meridio- 
nale. (Atti  R.  Accad.  d.  Scienz.  fis.  e  matem.  di  Napoli.  Voi.  VIL  Napoli,  1895.) 
—  Studi  sulla  geologia  nelV Apennino  meridionale.  (Atti  R.  Accad.  d.  Scienz. 
fis.  e  mat.  di  Napoli.  Voi.  Vili,  189ii.)  —  Guida  geologica  dei  dintorni  di  La- 
gonegro in  Basilicata.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVII.  Roma,  1898.) 

^  Taramfj.li  T.,  Considerazioni  a  proposilo  della  teoria  dello  Schardl  sulle 
regioni  esotiche  delle  Prealpi,  (lìend.  R.  Istit.  Lombard,  d.  Scienz.  e  Lett.  Serie  II. 
Voi.  XXXI,  1898.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  213 

Ma  in  tutto  queste  regioni  esaminate,  abbiamo  come  già  dissi,  un 
complesso  di  fatti  speciali  e  straordinari,  i  quali  non  si  possono  altri- 
menti intendere,  mentre  la  disposizione  regolare  degli  strati  della  Gol- 
lina  di  Torino,  la  tectonica  semplice  e  senza  disturbi  di  sorta  che  in 
essa  si  osserva,  i  numerosi  fossili  di  meravigliosa  conservazione  che  si 
riscontrano  dovunque  ed  in  tutti  i  piani  di  essa,  mi  sembrano  più  favo- 
revoli a  dimostrare,  come  la  sua  formazione  si  debba  ad  una  regolare 
sedimentazione  al  posto  ove  attualmente  essa  si  trova. 

Ed  anzitutto,  suU'  ipotesi  a  cui  ricorre  il  dott.  Virgilio,  vorrei,  ove 
mi  si  passi  la  frase,  sollevare  un  fatto  pregiudiziale. 

Il  dott.  Virgilio,  a  pagina  84  della  sua  memoria,  fra  gli  argomenti 
che  egli  crede  indubbiameìite  esatti  e  sui  quali  può  aver  fonda- 
mento qualsiasi  ipotesi,  relativa  alla  genesi  del  conglomerato  oligo- 
miocenico  della  Collina  di  Torino^,  dice  al  numero  G  :  «  I  ciottoli  ed 
i  massi  in  maggior  parte  provengono  da  rocce  in  posto  alpine  esistite 
od  esistenti,  e  specialmente  prealpine,  dalle  Alpi  marittime  alle  Lepon- 
tine,  in  minor  parte  da  rocce  apenniniche,  ed  in  minima  parte  da 
rocce  in  posto  nelle  collino  stesse.  « 

Ora  l'asserzione  che  una  parte  delle  rocco  couglomeratiche  dei  Colli 
Torinesi  provenga  dall' Aponnino,  è  allo  stato  attuale  delle  nostre  co- 
gnizioni petrografichc,  ancora  sostenibile?  Io  sarei  di  parere  contrario, 
fondandomi  sopratutto  su  due  fatti  che  le  recenti  osservazioni  petrogra- 
fiche  hanno  dimostrato: 

l.*»  Le  rocce  dei  conglomerati  oligo-miocenici  della  Collina  Torinese 
finora  studiate,  furono  riscontrate  tutte  di  natura  alpina. 

2.°  Le  rocce  affioranti  noli'  Apennino  settentrionale  e  che  si  tro- 
verebbero nei  conglomerati  torinesi,  non  sono  distinte  da  quelle  delle 
Alpi  occidentali  da  caratteri  tali  che  le  une  si  possano  con  sicurezza 
dalle  altro  discernere. 

Osservo  intanto,  cho  quasi  tutti  gli  studiosi,  i  quali  si  occuparono 
della  Collina,  non .  ammettono  l' esistenza  accertata  di  materiale  apen- 
ninico  nei  conglomerati.  Il  Gastaldi  stesso  che  primieramente  col  Mar- 


I'll  G.    DE    ALESSANDRI. 

TINS  (1850)  aveva  emesso  quest'idea,  ^  e  che  ricoiiferuiò  di  poi-  so- 
vratutto  per  la  presenza  dei  ciottoli  calcarei^  di  aleum  brecciole 
-porfiriche,  di  parecchi  graniti^  di  arenarie  con  "combustibili  fos- 
sili e  di  diaspri^  poco  appresso  avendo  osservato  calcare  albarese  e  ser- 
pentino in  posto  nella  Collina  di  Torino,  dubitò  fortemente  di  quanto 
aveva  asserito.  ^ 

Tutti  poi  gli  altri  geologi,  che  veuniTO  dopo  il  (ìastaldi,  quali  il 
Tardy,  ^  il  Mazzuoli  od  il  Sacco,  non  accennano  a  materiale  apeuni- 
nico  nella  Collina,  solo  il  Portis,  ■'  dopo  aver  osservato  che  molti  dei 
materiali  potevano  provenire  da  particolari  località  di  quel  tratto  delle 
Alpi  che  guardano  la  Collina  dal  lato  settentrionale,  ammette  clie  le 
rocce  carbonifere  provengano  dalle  Alpi  maritlinie,  o  dall'Apennino,  o 
dal  sommo  delle  attuali  valli  di  Susa  e  di  Aosta. 

Ed  il  Baratti,  '''  dopo  aver  notato  che  le  serpentine  dei  conglomerati 
sembrano  di  provenienza  alpina,  più  che  apeuniuica,  e  che  le  arenarie 
carbonifere  potrebbero  provenire  dalle  Alpi  Graie  e  Cozie,  mentre  i  por- 
fidi, le  lireccie,  le  bj'ecciole  porfiriche,  i  diaspri,  le  ftaniti  diasproidi,  i 
granili,  non  mancano  nelle  Alpi  tra  il  Piemonte  e  la  Lombardia,  coii- 
chiude  che  il  materiale  proviene  con  predomiuanza  dalle  Alpi,  senza 
escludere  quella  eventuale  dagli  Apennini,  o  da  rocce  precedentemente 
esistenti,  o  nei  sili  od  a  poca  distanza  dai  luoghi  ove  detti  conglomerati 
s'incontrano.  Uecontemente  poi,  gli  sludi  petrografìci  di  questi  elementi, 
studi,  i  quali  potranno  inappellabilmente  risolvei'e  la  questione,  allorché 
saranno  estesi  a  scala  maggiore,  hanno  stabilito  per  ora  solo  la  presenza 
di  materiale  alpino. 

*  Gastaldi  B.  e  Martins  Cìl,  Op.  cit.,  1850,  pag.  :M. 

2  Gastaldi  B.,  Op.  cit.,  18(11,  pag.  li  (estratto). 

3  Gastaldi  B.,  Sulla  esistenza  dei  serpentino  in  posto  nelle  colline  del  Mon- 
ferrato. (Atti  R.  Accad.  do'.le  Scienz.  di  Tonno.  Voi.  I,   isr.r..) 

^  Tardy,  Aperru  sur  les  collines  de  Turin.  (Bullet.  Soc.  Géol.  de  France. 
Sèrie  II,  torn.  XXIX,  pag    531,  1872.) 

■'  Poutis  a.,  Sul  modo  di  formazione  dei  conglomerati  ecc.,  188K,  pag.  ST. 
•"'  Baretti  M.,  Geologia  della  provincia  di  Torino.  Torino,   |S!):>,  pag.  2S'.). 


APPUNTI   DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  215 

Il  doti.  Colomba  ^  che  li  ha  iniziati,  esamiiiaiiilo  lo  sabbie  del  Mio- 
couc  superiore  di  Marentino,  osservò  come  esse  siano  costituito  iu  parte 
da  elementi  a  spigoli  vivi,  ed  in  parte  da  elementi  rotolati,  e  riscontrò 
che  sopra  venti  specie  di  minerali  rinvenute,  sette  di  esse  cioè  la  glau- 
cofane,  il  rutilo,  l'ottaedrite,  la  jnenaccanite,  la  baritina,  la  tormalina 
ed  in  parte  il  feldspato,  j;^;'  im  complesso  di  caratteri  morfologici  e 
strutturali,  corrispondono  perfettamente  a  quelli  in  joosto  che  si  rin- 
vengono nelle  valli  delle  Alp)i  occidentali,  in  modo  tale  da  poterne 
slabilire  con  sicurezza,  la  provenienza  di  queste  sabbie  da  detti 
giacimenti. 

Il  dott.  RocGATi  di  poi,  preudendo  in  un  suo  primo  studio  -  in  esame 
i  massi  rocciosi  della  zona  elveziana,  fra  San  Raffaele  e  Gasalborgone, 
rinvenne  le  seguenti  rocce  ;  aufibolite  granatifera  a  glaucofane,  anfibo- 
lite  granatifera  a  siderite,  gneiss  tormalinifero,  porfirite  anfìbolica,  dio- 
rite, anfibolite  a  epidoto,  talcoscisto  anfibolico  a  magnetite,  le  quali  tutte 
si  riscontrano  nella  regione  occidentale  delle  Alpi,  compresa  fra  le  valli 
della  Dora  Baltea  e  della  Riparia. 

Successivamente,  in  un  suo  secondò  studio  •'  occupandosi  dei  massi 
pressapoco  della  stessa  regione,  riscontrò:  granatite  ad  arfvedsonite, 
granitile,  prasinite  anfìbolica,  scisto  diasproide  a  radiolarie,  calcare  cri- 
stallino, porfirite  diabasica,  eufolide,  le  quali  rocce  si  rinvengono  tutte 
nella  regione  alpina  incisa  dalle  Valli  dell'Orco,  della  Stura  e  della 
Dora  Riparia. 


*  (Colomba  L.,  Ossei'vazloni  miiteralogiche  su  alcune  sabbie  della  Collina  di 
Torino.  (Alti  It.  Accademia  di  Scienze  di  Torino.  Voi.  XXXI,  i.SQii,  pag.  l:'>. 
(Estratto.) 

2  RoccATi  A.,  Rieercke  sulla  provenienza  del  materiale  roccioso  della  Col- 
lina di  Torino.  (Atti  ì\.  Accademia  di  Scienze  di  Torino.  Voi.  XXXIV.  Torino, 
1.S97.) 

^  RoccATi  A.,  Nuove  ricerche  sulla  provenienza  del  materiale  roccioso  della 
Collina  di  'Torino.  (Atti  R.  Accademia  di  Scienze  di  Torino.  Voi.  XXXI.  Torino, 
i89'j.) 


21<)  G.    DE   ALESSANDRI, 

Glie  poi  la  natura  litologica  delle  formazioni  cristalline  dell'Apen- 
nino  sia  tale  da  non  potere  con  sicurezza  stabilire  la  provenienza  del 
materiale  dei  conglomerati  torinesi  dai  suoi  affioramenti,  lo  dimostrano 
evidentemente  gli  studi  petrografici  recenti  compiuti  dal  Tognini,  ^  dal 
lìovERETO,  -  dal  Riva  3  néll'Apenniuo,  confrontati  con  quelli  che  lo  Zac- 

GAGNA,  ■'    il    MaTTIROLO,  ^    Ìl   NOVARESE,  '^    il    FRANCHI,  ^     lo    STELLA  ^    ed 

altri,  hanno  fatto  per  le  rocce  delle  Alpi  occidentali. 
Anzi  il  Franchi  stesso,  occupandosi  della  formazione  gneissica  e  delle 


-  ToGNiNi  F.,  Studio  ìnlcì  oscopico  di  alcune  rocce  della  Lìijwna.  (Giornale 
(li  Mineralog.,  Cristallog.  e  Petrog.  Pavia.  Voi.  1,  181)0.)  —  Ulteriori  osserva- 
ziord  sopra  alcune  rocce  della  Liguria.  (Giornale  di  Mineralog.,  Cristallog.  e  Pe- 
trog. Pavia.  Voi  III,  1898.) 

2  Rovereto  G.,  La  sene  degli  sciati  e  delle  serpentine  antiche  in  Liguria. 
(Atti  Soe.  Ligust.  d.  Se.  Nat.  Anno  II,  Voi.  Il,  1891;  anno  IV,  1893.)  —  Ori- 
gine delle  Anfibolili  della  serie  arcaica  ligure.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XIII, 
1891.)  —  Arcaico  e  Paleozoico  nel  Savonese.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  IV, 
1895.)  —  Osservazioni  geologiche  fatte  lungo  la  linea  ferrata  Genova-Ooada. 
(Atti  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XIlÌ,  1894.) 

^  PiiVA  G.,  Relazione  intorno  alle  rocce  raccolte  nelle  adiacenze  delle  gallerie 
di  CremolinO  e  del  Turchino  in  Taramelli  T.,  Osservazioìii  geologiche  in  oc- 
casione del  traforo  delle  gallerie  di  GremoUno  e  del  Turchina.  (Roma,  1898.') 

^  Zaccagna  D.,  Riassunto  di  osservazioni  geologiche  fatte  nel  versante  oc- 
cidentale delle  Alpi  Graie.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XXIII,  fase.  3  e 
4,  1892.) 

'•>  Mattirolo  e.,  Sui  'lavori  eseguiti  durante  la  campagna  geologica  del  1893 
nelle  Alpi  occidentali.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XXV,  fase.  8,  1894.) 

''  Novarese  V.,  Sul  rilevamento  geologico  eseguilo  nel  1894  in  Valle  Ger- 
manasca  (Alpi  Coziej.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XXVI,  fase.  3,  1895 
e  Nomenclatura  sistematica  delle  roccie  verdi  nelle  Alpi  occidentali.  (Boll.  R. 
Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XXVI,  fase.  :ì,  1895.) 

"  Franchi  S.,  N^otizie  sopra  alcune  ractamor fosi  di  eufotidi  e  diabasi  nelle 
Alpi  occidentali.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XXVI,  fase.  1,  1895  e 
Franchi  S.  e  Novarese  V.,  Appunti  geologici  e  petrografici  sui  dintorni  di 
Pmerolo.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  .l'Italia.  Voi.  XXVI,  fase.  4,  1895.) 

^  Stella  A.,  Sul  rilevamento  geologico  eseguilo  in  Valle  Po  (Alpi  Graie.) 
1895.  (lioll.  R.  Comit.  Geo!.  d'Italia.  Voi.  XXVII,  fase.  5,   180(1.) 


APPUNTI    DI   GEOLOGIA.    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  217 

rocce  granitiche  del  massiccio  cristalliuo  ligure,  ^  nota  che  il  granilo 
vero,  nettamente  eruttivo  del  massiccio  ligure,  ha  caratteri  abbastanza 
prossimi  al  protogiuo  del  Monte  Bianco,  e  come  i  micascisti,  i  calce- 
scisti, le  quarzite,  le  rocce  a  gastaldite,  le  anfiboliti,  le  eclogiti,  le 
eufotidi,  le  Iherzoliti,  le  serpentine,  colle  rocce  in  masse  meno  impor- 
tanti, come  attinoliti,  le  pietre  oUari,  le  granatili,  si  presentano  cogli 
stessi  ti'pi  litologici,  identici  soventi  anche  nei  mimiti  imrticolarl 
ìnicroscopici  e  si  hanno  le  stesse  associazioni  di  quelli  della  regione 
prealpina  posta  fra  il  Ghisone  e  la  Stura  di  Viù.  E  più  oltre  a  propo- 
sito delle  pietre  verdi  osserva;  «  si  potrebbe  notare  altre  particolarilà 
quali  lo  sviluppo  straordinario  delle  eclogiti  nell'alta  valle  dell' Olba, 
0  far  risultare  jpiio  importatiti  analogie  fra  la  distribuzione  delle 
pietre  verdi  della  Liguria  e  quelle  delle  Prealpi  torinesi,  ma  ciò 
ci  trarrebbe,  più  che  non  vorremmo,  fuori  di  argomento  n . 

Anche  riguardo  alle  rocce  sedimentari  spettanti  al  carbonifero  del- 
l'Apenuino  Ligure,  studiate  in  gran  parte  dall' ing.  Mazzuoli  ^  e  dal 
prof.  IssEL  ^  si  può  ritenere,  come  già  il  Baretti  ha  osservalo,  che 
tanto  litologicamente,  quanto  per  i  «fossili  che  contengono,  non  si  pos- 
sano con  sicurezza  distinguere  da  quelle  della  Valle  di  Aosta  e  di  Susa, 
delle  quali  si  sono  occupati  il  Baretti  stesso  ^  ed  il  Portis.  ■' 

Da  quanto  ho  finora  esposto,  ne  consegue  che  il  volere  ammettere  di 
provenienza  apenuinica  parte  degli  elementi  dei  conglomerati  della  Col- 


^  Franchi  S.,  Nota  preliminare  sulla  formazione  gneissica  e  sulle  roccie 
granitiche  del  massiccio  cristallino  ligure.  (Boll.  d.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia. 
Voi   XXIV,  1895.) 

-  Mazzuoli  L.,  Sul  carbonifero  nella  Liguria  occidentals.  (Boll.  d.  R.  Co- 
mit. Geol.  d'Italia.  Voi.  XVIII,  1887.) 

3  IssEL  A.,  Liguria  geologica  e  preistorica.  1892.  Voi.  I,  pao-,  40G. 

^  Baretti  M.,  Studi  geologici  sulle  Alpi  Graie  settentrionali.  (Mem.  R.  Ac- 
cad.  d.  Lincei.  Serio  III,  Voi.  Ili,  1879,  pag.  407.) 

5  Portis  A„  Sulle  piante  fossili  carbonifere  del  Piccolo  San  Bernardo. 
Relazione  in  Baretti,  op.  sopracit.  1878,  pag.  486  e  Nuove  località  fossilifere 
in  Val  di  Susa.  (Boll.  R.  Gumit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XX,  1889.) 


218  <>•    DE    ALESSANDRI. 

lina  di  Torino,  è  cosa  poco  naturale,  dacché  si  riscontrano  le  stesse 
rocce,  a  ben  più  breve  distanza,  in  aflloramenti  assai  sviluppati  nelle 
vicine  Alpi  occidentali. 

E  quest'asserzione  riesce  facilmente  dimostrata  se  noi  osserviamo  le 
cartine  annesse  allo  studio  del  Rocgati  ove  si  scorge,  quanto  già  il  pro- 
fessor PoRTis  aveva  notato,  cioè  che  gli  elementi  conglomeralici  dei  Colli 
Torinesi  si  trovano  abbastanza  localizzati,  ossia  per  ogni  gruppo,  nelle 
regioni  più  prossime  a  quelle  delle  rocce  in  posto. 

Di  più,  prescindendo  da  quanto  il  Sacco  ha  già  fatto  rilevare,^  ed 
a  cui  il  dott.  Virgilio  ha  contrapposto  nuove  osservazioni,  -  io  sono  di 
parere  che  con  V  ipotesi  del  Virgilio  non  si  possano  spiegare  i  segiionli 
fatti  : 

1."  L'autore  ammette  che  allorquando  durante  l'epoca  aquitaniana, 
avvenne  l'incontro  dei  conglomerati  alpini  con  quelli  apenninicl,  le 
masse  opponendosi  scambievolmente  al  loro  movimento,  abbiano  comin- 
ciato a  costituirsi  in  reciproci  ostacoli,  e  che  le  spinte,  per  il  conti- 
nuo cumulo  (li  niatoriali  lungo  le  spiagge  esercitandosi  pur  sempre, 
abbiano  prodotto  un'intima  compenetrazione  delle  masse  ciottolose, 
originando  un  vero  corrugamento  che  determinò  la  piega  anticlinale 
della  Collina. 

Ora  a  me  sembra  che  se  la  miscela  di  questo  materiale  fosse  avve- 
nuta con  un'intima  e  completa  compenetrazione  degli  elementi,  com- 
penetrazione la  quale  spiegherebbe  la  presenza  di  ciottoli  apenninici, 
commisti  a  quelli  alpini  nel  versante  nord  della  collina,  e  viceversa  di 
ijuelli  alpini  nel  versante  sud  di  essa,  allora  la  disposizione  del  conglo- 
merato e  dello  arenarie  interpolate  dovrebbe  avere  un  aspetto  del  tulio 
caotico,  ciò  che  in  realtà  non  risulla  punto. 


'  Sacci)  F.,  Les  rapporùs  géo-tectoniqnes  enlre  tea  Aìpes  et  Ics  Apennins. 
(Bull.  Soc.  Belge  de  Geologie.  Tome  IX,  189:).) 

-  ViRoiLto  F.,  Sulla  origine  della  Collina  di  'furino.  Risposta  ai  dott.  l'e- 
derico  Sacco.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XX,   IX'OG.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  21'.) 

Anzi,  si  osservano  in  alcuni  liioglii  i;li  strati  conglomeratici  della  po- 
tenza non  superiore  ad  un  metro,  i  quali  si  possono  seguire  per  tutta 
la  distesa  delle  formazioni,  e  nei  due  rami  dell'anticlinale.  Il  loro  modo 
di  presentarsi  non  potrelilit'  quindi  assolutamente  spiegare  la  disposiziono 
a  piega  degli  strati. 

Se  invece  la  compenetrazione  degli  elementi  non  avvenne  così  inti- 
mamente, e  le  due  correnti  conglomeratiche  urtandosi  rigidamente,  de- 
terminarono il  corrugamento  delle  masse  rispettive  e  di  conseguenza  la 
formazione  dell'anticlinale,  allora  non  si  spiega  il  fatto  della  miscela  del 
materiale  nei  due  opposti  versanti. 

2."  Dagli  studi  dello  Spreafico,  del  Taramelli  '  e  del  Sacco  - 
risulterebbe  come  i  Co iigloi aerati  Comeìisi,  alla  base  delle  Prealpi  Lom- 
barde, siano  costituiti  da  rocco  anfiboliche,  sienitiche,  dioritiche,  grani- 
tiche, porfiriche,  serpentinose,  e  da  calcari  nummulitici,  elementi  prove- 
nienti in  gran  parte,  secondo  questi  autori,  dalle  formazioni  della  Val 
Sesia  e  della  Valle  del  Toce,  i  quali  hanno  dovuto  percorrere  una  via 
quasi  da  ovest  ad  est.  Essi  si  costituirono,  secondo  l' ipotesi  del  Vir- 
gilio, nello  stesso  periodo  in  cui  gli  elementi  frammentizii  dei  dintorni 
del  Lago  Maggiore  (porfidi,  graniti,  calcari  liassici)  slittavano  con 
direzione  da  nord-est  a  sud-ovest.  L'  età  dei  Conglomerati  Comensi, 
come  recentemente  il  Portis  ■'  ha  confermato,  è  identica  a  quella  dei 
conglomerati  tongriaui  dei  Golii  torinesi  e  come  è  possibile  spiegarne 
la  formazione,  se  i  loro  elementi  venivano  da  ovest,  mentre  contem- 
poraneamente quelli  del  bacino  del  Verbano  slittavano  precisamente  in 
direzione  opposta?  Come  dunque  hanno  potuto  le  due  correnti  conglo- 
meratiche intersecandosi  dirigersi  in  direzioni  contrarie? 


^  Tarameli!  T.,  li  Canton  Tbcino  ìiieridioaale  ed  i  paesi  /inùimi.  Spiega- 
zione del  foglio  XXIV  Dufoiir,  colorato  geologicamente  da  Spreafico,  Negri  e  Stop- 
pani.  Treviglio-Berna,  1880. 

2  Sacco  F.,  Gli  anfiteatri  morenici  del  Lago  di  Como.  (Annali  d.  It.  Accad. 
d'Agric.  di  Torino.  Voi   XXXVI,  188:5.) 

•  3  Portis  A.,  Avanzi  di  Trugulidi  oligocenici  dell'Italia  settentrionale.  (Boll. 
Soc.  Geol.  Ita!.  Voi.  XVIIL  1809.) 


220  G.    DE    ALESSANDRI. 

3."  I  Goìiglomerati  Comemi,  i  quali  rappreseiitauo  il  prodolto  di 
sfacelo,  e  quello  di  trasporto  lluviatile,  accamiilato  kmgo  le  costo  di 
im  grande  rilievo  montuoso,  non  arrivano  nella  loro  massima  potenza, 
computando  le  arenarie  interpolate,  a  1000  metri,  mentre  i  conglome- 
rati e  le  arenarie  lungo  le  falde  dell' Apennino,  in  alcuni  punti  oltre- 
passano i  1500  metri  di  spessore,  e  ciò  mentre  l'Apenuino  aveva 
appena  appena  costituzione  di  catena  montuosa.  Ora  se  questa  cifra  ci 
rappresenta  già  per  se  stessa  un  fatto  meraviglioso,  come  ammettere 
l'ipotesi  degli  scivolamenti,  per  cui  il  materiale  lungo  le  falde  apen- 
niniclie  non  rappresenterebbe  che  la  minima  parte  di  quello  immenso, 
che  ha  dovuto  accumularsi  ed  estendersi  da  raggiungere  quello  alpino 
ad  una  distanza  di  circa  00  chilometri  dalla  spiaggia  apenuiuica  ? 

4."  Esaminando  le  sezioni  che  accompagnano  la  seconda  nota  del 
dott.  Virgilio  '  non  si  può  spiegare  il  modo  di  formazione  dei  deposili 
dei  singoli  piani,  tenuto  conto  delle  coudizioni  batimetriche  in  cui  essi  si 
costituirono.  Così  i  depositi  àeWAquitama/iOj  che  in  realtà  hanno  gene- 
ralmente facies  di  mare  litoraneo,  sarebbero  secondo  l'esame  della  Se- 
zione num.  II  dell'autore,  depositi  di  mari  assai  più  profondi  di  quelli 
del  Langhiano,  i  quali,  come  ben  si  sa,  rappresentano  la  zona  di  mas- 
sima profondità  delle  formazioni  terziarie.  Come  pure  sono  poco  verosimili 
le  sezioni  corrispondenti  alla  fase  di  deposizione  d(3lle  marne  tortouiane, 
in  rapporto  a  quella  delle  marne  piacenziane,  perchè  secondo  le  sezioni 
del  dott.  Virgilio  le  prime  rappresenterebbero  depositi  di  bassofondo 
in  rapporto  alle  seconde,  mentre  ovunque  si  osserva  come  le  prime  siano 
costituite  da  una  formazione  assai  più  pelagica  della  seconda. 

f),"  Lo  stato  di  conservazione  dei  fossili,  che  si  riscontrano  nei 
depositi  interpolati  ai  conglomerali,  è  tale  da  escludere  ogni  sorta  di 
pressione  e  di  slittamento  di  essi. 


1  A'iRGiLio  F.,  Arr/omenti  in  appoggio  della  nuova  ipotesi  sulla  origine  della 
Collina  di  "forino.  (Atii  R.  Accad.  d.  Scienz.  di  Torino.  Voi.  XXX,   1895.) 


APPUiNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  221 

Infatti,  lasciamo  pure  da  parte  la  fauna,  non  abbondante  certo,  dei 
depositi  aquitaniani  e  langhiani  della  Collina,  ove  si  riscontrano  spo- 
glie di  Molluschi,  di  Balani,  di  Antozoi,  e  di  Alghe  (Zoophicos),  che 
stabiliscono  senza  dubbio,  essere  avanzi  di  organismi  vissuti  in  posto. 
E  non  teniamo  neppure  conto  della  ricca  fauna  elveziana  delle  note 
località  di  Torino  {Termofouràj  Villa  Forzano,  Grangia  Torinese, 
Pian  dei  boschi.  Rio  Batteria,  Monte  Cajapuccini,  qq.q,.),  di  Baldis- 
sero,  di  Sciolze,  di  Montiglio,  di  Rosignano,  di  Vignale,  con  quella 
meravigliosa  conservazione,  nei  molluschi  di  ogni  più  minuto  ornamento 
della  conchiglia,  colle  numerose  colonie  couservatissime  di  Coralli,  e 
cogli  avanzi  intatti  di  Briozoi,  e  di  Foraminiferi.  Ma  la  fauna  dei  de- 
positi tongriani,  che  si  riscontra  presso  Gassino,  coi  numerosi  radl'oli 
■espansi  e  palmati  di  Echini,  colle  abbondanti  valve  esilissime  di  Cir- 
ripedi,  coi  gusci  sottili  di  Brachiopodi,  cogli  avanzi  gracili  di  Briozoi 
e  di  Coralli,  per  lo  stato  di  conservazione  di  ogni  più  piccola  promi- 
nenza e  di  tutta  l'ornamentazione  della  loro  superfìcie,  non  è  assoluta- 
mente couciìiabile  con  le  potenti  pressioni  che  determinarono  i  movi- 
menti della  massa  slittante.  E  tantomeno  con  quelle  sviluppate  dall'urto 
delle  due  correnti  alpina  ed  apenninica,  urto  che  avrebbe  determinato 
un  intima  comjìenetr azione  delle  masse  ciottolose  fra  di  loro,  non 
ancora  consolidate  iwr  cementazione. 

Riuscendo  così  inammessibile  per  la  formazione  della  Collina  di  To- 
rino, l'ipotesi  del  Virgilio,  io  sono  di  parere  come  già  dissi,  che  la 
sua  origine  debba  unicamente  attribuirsi  ad  una  graduale  formazione 
in  posto  per  sedimentazione. 

I  conglomerati  tongriani  si  possono  riguardare  come  provenienti  in 
parte  da  rocce  cristalline  in  posto,  delle  quali  gli  affioramenti  di  Pian- 
cerreto  (Castelletto  Merli)  e  di  Rio  Freddo  (Albiignano)  sono  i  ma- 
nifesti avanzi,  e  per  la  maggior  parte  da  elementi  alpini  accumulati 
lungo  le  spiaggie  del  mare  tongriano. 

Io  credo  che  i  fatti  fin  ad  ora  osservati  nella  tectouica  alpina, 
non  siano  contrari  ad  ammettere  durante  l'Oligocene,  la  presenza  di  un 

Voi.  XXXIX,  15 


222  G.    DE   ALESSANDRI. 

continente  emerso  fra  l'attuale  piede  delle  Alpi  e  la  Collina  stessa.  Con- 
tinente che  come  il  Virgilio  stesso  suggerisce  può  essere  scomparso  per 
una  fase  di  maggiore  compressione  che  colla  contrazione  produsse  un 
restringimento  nello  sviluppo  orizzontale  di  tutti  i  terreni   alpini. 

I  suoi  limiti  si  possono  ritenere  segnati  a  Sud  da  una  linea  di- 
stante appena  qualche  chilometro  dall'attuale  corso  del  Po.  Da  questa 
terra  provenivano  in  gran  parte  gli  elementi  cristallini  e  quelli  clastici, 
che  si  riscontrano  abbastanza  localizzati  nei  conglomerati  della  Collina 
di  Torino. 

La  sua  scomparsa  può  essere  avvenuta  o  al  chiudersi  dell'Oligocene 
stesso,  oppure  verso  la  metà  del  Miocene,  come  il  Diexer  ò  proclivo 
ad  ammettere. 

Nel  primo  caso,  i  conglomerati  coi  massi  a  spigoli  vivi  delle  forma- 
zioni mioceniche  (Aquitamano-Elvesiano)  si  potrebbero  benissimo  spie- 
gare, ammettendo  una  profonda  denudazione  di  ampie  plaghe  oligoce- 
niche preesistenti,  a  breve  distanza  dall'attuale  loro  posizione  ;  nel  secondo 
caso  essi  avrebbero  avuto  una  origine  diretta  dalle  roccie  alpine  come 
quelli  delle  formazioni  tongriane. 

II  materiale  proveniente  da  questo  continente,  doveva  necessariamente 
essere  in  parte  ciottoloso,  originato  da  azioni  fluviali  ed  in  parte  a  spi- 
goli vivi,  determinato  dall'erosione  marina  e  meteorica  delle  spiaggie. 

Per  spiegare  il  trasporto  dei  massi  a  spigoli  vivi  dalle  regioni  cen- 
trali della  catena  alpina,  al  punto  ove  attualmente  si  trovano,  come 
pure  la  presenza  di  ciottoli  stiiali  fra  gli  elementi  conglomeratici,  si 
può  ricorrere  all'  opera  di  ghiacciai  che  spingessero  le  loro  fronti  a 
non  grande  distanza  dal  mare.  La  dispersione  del  materiale  che  si  sa- 
rebbe accumulato  in  vicinanza  delle  spiaggie  marine  sarebbe  avvenuta 
nelle  fasi  di  ablazione  dei  ghiacci  e  del  conseguente  sfacelo  morenico. 
Essa  sarebbe  stata  facilitata  dai  torrenti  al[)ini  stessi,  i  quali  nelle 
loro  piene  impetuose  li  allontanavano  dalle  coste,  costituendone  am- 
pie conoidi  di  dejezioni  che  lateralmente  per  i  fianchi  si  congiungevano 
le  une  colle  altre. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  223 

Tale  trasporto  fu  naturalmente  anteriore  ai  niovimeuti  orogenetici 
che  determinarono  l'emersione  della  Collina  Torinese,  e  ciò  serve  a 
spiegare  come  i  massi  a  spigoli  vivi  si  riscontrino  in  entrambi  i  suoi 
versanti. 

La  presenza  dei  ghiacciai,  non  sarebbe  per  nulla  inesplicabile,  dac- 
ché oramai  presso  quasi  tutti  gli  studiosi  dei  fenomeni  glaciali,  quali  il 
Pengk,  il  Bruckner,  il  Du-Pasquier,  il  Taramelli,  il  Nigolis,  il  Goz- 
ZAGLio,  ecc.  ò  sfatata  l'idea  di  un'unica  fase  glaciale,  e  tutti  accettano 
l'opinione  dell'  Heer,  sulla  pluralità  delle  glaciazioni  durante  il  quater- 
nario antico,  come  d'altronde  gli  studi  del  Ghamberlin,  del  Salisbury 
e  dello  Smock  hanno  dimostrato  per  le  formazioni  quaternarie  dell'Ame- 
rica del  nord.  Anzi  il  De  Marchi  stesso,  profondo  cultore  di  tali  studi,  ^ 
ammette  non  solo  la  possibilità  di  parecchie  espansioni,  ma  altresì  la 
probabile  presenza  di  ghiacciai  durante  il  terziario  medio  e  superiore. 

E  d'altra  parte  non  è  oggidì  un  fatto  ritenuto  da  molti  geologi,  quello 
della  presenza  di  avanzi  glaciali  nelle  formazioni  Permo-Garbonifere  ? 
Il  Neumayr  2  cita  numerosi  esempi  di  tali  avanzi,  rintracciati  nei  de- 
positi dell'India,  dell'Afganistan,  dell'Africa  meridionale  e  dell'Australia, 
regioni  ove  durante  Io  sviluppo  della  flora  della  formazione  carbonifera 
produttiva  d'Europa,  appariva  una  vegetazione  affatto  diversa  dalle  altre, 
caratterizzata  dal  genere  Glossopterix ,  in  istrati  con  grandi  ciottoli 
striati,  i  quali  secondo  lui,  non  si  possono  altrimenti  spiegare  che  ri- 
correndo all'azione  del  ghiaccio. 

Recentemente  poi  il  David  '   con  osservazioni  personali  ha  portato 


1  De  Marchi  L,  Le  Cause  dell'  Era  glaciale.  Pavia,  1895. 

2  Neuìla.yr  M.,  Storia  della  Terra.  Traduzione  Moschen.  Torino,  1899,  di- 
spensa 136,  pag.  164. 

2  David  T.  W.  E.,  Evidence  of  glacial  action  in  the  Carboniferous  and 
Haivkesbury  Series  N.  S.  Wales  (Quat.  Journ.  of  Geol.  Soc.  Voi.  XLIII,  1897, 
pag.  190),  e  Discoverg  of  glaciated  boulders  at  base  of  Permc-Carboniferous 
system.  Lonciiinvar  Neio  South  Wales.  (Journ.  and  Proceed,  of  the  Pioy.  Soc.  of 
New  South  Wales.  Vol.  XXXIII,  Sydney,  1898,  pag.  154.) 


224  G.    DE  ALESSANDRI. 

altre  luminose  prove  sulla  presenza  dei  ghiacciai,  nei  depositi  Permo- 
Carboniferi  di  Lonchiwar,  nella  Nuova  Galles  del  sud  (Australia). 

È  bensì  vero  che  le  flore  in  genere  e  le  faune  dei  conglomerali  ton- 
griani  manifestano  un  clima  caldo,  non  però  tale  in  queste  regioni,  a 
mio  credere,  che  la  jninima  temperatura  annuale  fosse  superiore  a  23°, 
come  risSEL  ritiene  dall'esame  delle  formazioni  coralline  di  Sassello.'' 
Come  pure  ritengo  alquanto  esagerate  le  cifre  (20''  e  21°)  che  I'Heer^ 
crede,  in  base  allo  studio  delle  fiUiti,  segnassero  la  media  annuale  du- 
rante il  Miocene  inferiore,  nella  Svizzera  e  nell'Italia  ;  imperciocché  come 
il  NfiUMAYR  ha  già  osservato,  in  queste  valutazioni  I'Heer  non  ha  te- 
nuto conto  di  un  altro  fattore,  cioè  dell'acclimatazione.  Per  di  più,  il 
doti.  Peola  '  in  questi  ultimi  tempi,  studiando  la  flora  tongriana  del- 
l'estremo lembo  sud-est  della  Collina  Torinese,  e  che  affiora  presso  Pa- 
vone (Alessa?zdria),  trovò,  che  la  maggioranza  delle  specie  è  propria 
dei  climi  temperati,  con  un  grande  sviluppo  di  conifere,  di  cupulifere  e 
di  salicacec.  11  Peola  vorrebbe  spiegare  la  presenza  di  questa  flora, 
attribuendola  all'opera  di  correnti  marine  che  ne  avrebbero  determi- 
nato il  trasporto  dalle  regioni  elevate  delle  Alpi  occidentali;  cosa,  certo 
poco  attendibile  per  un  golfo  ristretto,  quale  era  il  golfo  padano  du- 
rante l'Oligocene,  tanto  più  che  anche  il  prof.  Bassani,  ^  con  quell'au- 
torità indiscutibile  che  egli  ha  in  fatto  di  ittioliti,  studiando  quelli  de- 
gli stessi  depositi,  osserva  come  gli  avanzi  fossili  di  Pavone  spettino 
a  specie  affini  a  quelli  abitanti  i  climi  temperati  del  sud  dell'Europa, 
dell'Asia  e  dell'America  del  nord. 


^  IssEL  A.,  Osservazioni  sul  Tongriano  di  Santa  Giustina  e  Sassella.  (Atti 
(1.  R.  Univers.  di  Genova.  Voi.  XV,  1900,  pag.  15.) 

2  Heer,  Weber  das  /{lima  und  die  Vegetations-verhaltnisse  des  7'ertiàrlan- 
des  (Recherchos  sur  lo  Climat  ot  la  Vegetation  du  pays  tertiarc.  Trad.  G.  Gaudin.) 
Winterthur,  18G1,  pag.  191. 

3  Peola.  P.,  Flora  tongriana  di  Pavone  d' Alessandria.  (Bull.  Soc.  Gool.  Ital. 
Voi.  XIX,  1900,  pag.  36.) 

''  Bassani  F.  in  Peola,  Op.  sopracit.,  pag.  58. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  225 

Anche  le  flore  oligoceniche  della  Provenza,  compresi  i  pochi  resti 
vegetali  studiati  recentemente  dal  Pliche,  ^  presentano  la  stessa  facies 
di  clima  temperato  di  quelli  della  Valle  Padana,  con  notevole  predo- 
minio di  conifere  e  di  ramacee. 

La  fauna  dei  depositi  tongriani  ci  appalesa  realmente  un  clima  caldo. 
Essa  per  la  parte  che  riguarda  gP  invertebrati  fu  oggetto  di  studi  im- 
portanti e  numerosi,  ma  per  non  spingermi  oltre  i  limiti  segnati  per 
questo  mio  studio,  basterà  esaminare  brevemente  la  pregio volissima 
monografia  che  il  Marchese  G.  Rovereto  ha  da  pòco  ultimato  su  quelli 
dell'Apennino  Ligure.  - 

Si  può  ritenere  frattanto  che  i  depositi  oligocenici  dell'Apennino  ma- 
nifestano senza  dubbio  un  ambiente  alquanto  più  caldo,  di  quelli  della 
Collina  Torinese,  e  ciò  si  spiega  colla  vicinanza  a  quest'ultima  di  un'alta 
catena  montuosa,  la  quale  riversando  abbondanti  correnti  fredde  mitigava 
la  temperatura  dei  mari.  Ma  ad  ogni  modo  P  esame  di  questa  fauna 
ci  addimostra  come  le  condizioni  geografiche  e  biologiche  del  litorale 
tongriano  fossero,  con  tutta  probabilità,  quali  noi  le  abbiamo  ritenute. 
Infatti  dalle  considerazioni  generali  che  il  Rovereto  premette  alla  de^ 
scrizione  dei  fossili,  si  deduce  come  la  zona  litorale  propriamente  detta, 
ossia  quella  compresa  fra  i  limili  delle  maree,  non  sia  riconoscibile  nel- 
PApennino,  per  la  mancanza  di  una  facies  speciale  litologica,  e  per 
essere  ivi  scarsamente  rappresentati  i  generi  che  nei  mari  caldi  vivono 
nella  zona  delle  maree.  Egli  ne  conchiuse  essere  presumibile  quindi 
che  in  tali  litorali  prevalessero  le  coste  rocciose.  Però  un  fatto  as- 
sai più  importante  risulta  dalle  conclusioni  del  Rovereto,  ed  è  come 
in  questa  fauna  manchino  quasi  completamente  i  generi  dei  nostri  mari 
europei,  mentre  la  maggior  parte  di  essi  si  riscontra  ancora  vivente 
nella  regione  Indo-Pacifica,  anzi:   a  i  generi  tongriani  cosi  abbondanti 


1  Pliche  P.,  Note  sur  quelques  végétaux  de  l'Oligocène  dans  les  Alpes 
franraises.  (Bull.  Soc.  Géol.  d.  France.  3.»  Serie.  Tom.  XXVII,  1899,  pag.  466.) 

-  PiOVERETO  G.,  Illustrasione  dei  molluscid  fossili  tongriani,  ecc.  (Atti  R. 
Università  di  Genova.  Voi.  XV.  Genova,  1900.) 


226  G.    DE    ALESSANDRI. 

Crassatella  e  Cardila  appartengono  specialmente  alla  regione  austro- 
zelandese,  ti 

Ciò  naturalmente  può  spiegarsi  col  fatto  che  nell'Oceano  indiano,  le 
grandi  fasi  modificatrici  della  fauna  tongriana,  dovute  ai  corrugamenti 
postoligocenici  e  postplioceuici,  non  si  sono  estrinsecate  così  intensa- 
mente come  nelle  regioni  mediterranee.  Ma  quello,  che,  a  noi  maggior- 
mente interessa  è  l' osservare  come  questa  fauna  sia  perfettamente 
compatibile  colle  condizioni  climatiche  quali  io  ritengo  fossero  quelle 
dell'epoca  oligocenica:  imperciocché  appunto  lungo  le  coste  dei  conti- 
nenti della  regione  Indo-Pacifica,  e  sovratutto  nell'America  del  Sud  e 
nella  Nuova  Zelanda,  si  riscontrano  ghiacciai  a  brevissima  distanza  dal 
mare,  in  un  clima  caldo,  presumibilmente  identico  a  quello  tongriano. 
E  già  lo  Stoppani  ^  si  è  intrattenuto  sopra  alcuni  ghiacciai  della 
Patagonia  'presso  Conception  e-  Valdivia  che  spingono  le  loro  fronti 
alla  spiaggia  marina  ad  una  latitudine  di  40"  (ivi  la  precipilazione 
atmosferica  è  di  metri  2. GO  all'anno)^  ed  il  Maury  di  altri,  che  in 
questa  regione  scendono  al  mare  presso  il  45"  di  latitudine  (dove  la 
iwecipitazione  di  aerina  annualmente  raggiunge  la  cifra  enorme 
di  metri  15,  37).  Nello  stretto  di  Penas  (ChiU,  46°  40  di  latitudine), 
come  già  Darwin  aveva  osservato,  e  come  di  poi  Sir  George  Eyres 
ha  confermato,  i  ghiacci  scendono  al  mare  e  sono  portati  lontani  sotto 
forma  di  montagne  natanti. 

Il  Desor  "  pure  si  è  occupato  di  alcuni  ghiacciai  della  Nuova  Zelanda 
(42"  di  latitudine),  i  quali  secondo  Hoghstetter,  scendono  a  qualche 
centinaia  di  metri  sopra  al  livello  del  mare,  fra  una  vegetazione  allatto 
tropicale. 

G(3rto  senza  spingersi  alle  arrischiate  conclusioni  del  Del  Pretto,^ 


^  Stoppani  A.,  L' Era  neozoica  hi  Italia.  Estratto  dell'opera  La  Geologia 
d' Italia  per  A.  Stoppani  e  G.  Negri.  Voi.  1,  1878,  pag.  ;U9. 

-  Desor  E.,  Le  paysage  morénique,  son  origine  et  ses  rapports  avec  les  for- 
mations pliocenes  d'Italie.  Neuchàtel,  1875,  pag.  45. 

^  Del  Pretto  0.,  La  degradazione  delle  Montagne  e  sua  influenza  sui 
ghiacciai.  (Boll.  Soc.  Geo!.  Ital.  Voi.  XIV,  1895.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  221 

si  può  ammettere  che  durante  l'Oligoceae  le  Alpi  fossero  erette  in  un'  alta 
catena  montuosa  che  le  susseguite  azioni  atmosferiche  degradatrici  hanno 
profondamente  denudato,  e  tali  da  ricettare  ampi  e  sviluppati  ghiacciai. 
E  siccome,  stando  agli  studi  recenti  del  De  Marchi,  ^  l'epoca  glaciale 
può  solo  spiegarsi  con  una  diminuzione  di  temperatura  sovratutto  estiva, 
diminuzione  che  egli  crede  poter  attribuire  ad  un  maggior  intorbidamento 
dell'atmosfera,  dovuto  a  copia  più  rilevante  di  vapor  acqueo,  le  grandi 
eruzioni  di  roccie  vulcaniche  {trachiti,  rioliti,  doloriti,  andesiti,  ba- 
salti, ecc.)  che  in  Italia  (Colli  Euganei),  in  Francia,  nella  Valle  del 
Reno,  in  Ungheria,  nella  Scozia,  nell'Irlanda,  nella  Serbia  ed  altrove, 
si  attribuiscono  a  quest'epoca  colla  conseguente  emissione  copiosa  di 
vapor  acqueo,  ^  ci  possono  indurre  a  ritenere  che  anche  le  condizioni 
meteorologiche  fossero  favorevoli  ad  uno  sviluppo  glaciale. 


Ritornando  ora,  dopo  questa  lunga  digressione,  ai  conglomerati  apen- 
ninici,  è  ovvio  l'ammettere  che  essi  siano  opera  di  due  agenti  diversi, 
cioè  dell'erosione  meteorica  e  marina  delle  spiaggie,  e  dell'accumulo  di 
depositi  fluviali,  che  sotto  forma  di  gigantesche  conoidi  di  dejezione,  si 
costituirono  alle  foci  dei  torrenti. 

La  corrispondenza  osservata  dal  Mazzuoli  fra  la  natura  litologica  degli 
elementi  che  costituiscono  i  conglomerati  e  quelle  delle  roccie  in  posto, 
sulle  quali,  o  in  vicinanza  delle  quali,  si  formarono  i  conglomerati  stessi 


1  De  Marchi,  op.  cit.,  pag.  205. 

2  Osservo  in  proposito,  che  tale  ipotesi  non  sarebbe  in  urto  coi  recenti  stud 
del  prof.  De  Stefani  sulle  Accpie  atmosferiche  nelle  fumarole  (Boll.  Soc.  Geol 
Ital.  Voi.  XIX,  1900),  perchè  se  da  essi  il  De  Stefani  crede  doversi  ritenere  ina 
raissibile  che  il  vapor  acqueo  dovuto  ad  eruzione  vulcanica,  sia  causa  diretta  del- 
l'aumento di  precipitazione  atmosferica,  e  quindi  di  espansione  glaciale,  questo  non 
è  il  caso  dell'ipotesi  del  De  Marchi,  perchè  in  essa  si  ammettono  le  eruzioni  vul- 
caniche, solo  come  causa  di  maggior  intorbidamento  dell'  atmosfera,  attribuendole 
un'  azione  affatto  secondaria  e  non  essenziale. 


228  G.    DE    ALESSANDRI. 

(corrispondenza  confermata  successivamente  dalle  ricerche  del  Sacco  e 
deirissEL),  conferma  pienamente  tale  ipolesi.  La  potenza  di  questi  depo- 
siti si  può  spiegare,  appunto  coli'  Issel,  ammettendo  spostamenti  positivi 
e  negativi  delle  linee  di  spiaggia  durati  fmo  al  principio  del  Miocene. 
Durante  la  fase  aquitaniana  e  langhiana  il  fenomeno  ha  cesiate  le 
sue  alternative  le  quali  furono  riprese  di  poi  con  minore  intensità  du- 
rante l'innalzamento  dei  fondi  marini  al  cominciare  òidVElve:^iaiio. 

Stampiano. 

Nella  regione  subapenniuica,  lo  Stampiano  è  costituito  uniformemontfr 
da  marne  scialbe,  arenacee,  talora  scistose,  le  quali  sovratutto  negli  strati 
inferiori  alternano  con  marne  azzurrine  straterellate,  e  che  in  alcuni 
punti  inglobano  lenti  calcaree.  La  facile  disaggregazione  degli  elementi 
litologici,  fa  sì  che  gli  aftioramenti  dei  depositi  stampiani,  costituiscano 
una  regione  caratteristica,  dalla  tinta  bianca  dei  colli,  colle  creste  smus- 
sate e  tondeggianti,  dai  fianchi  solcati  da  infiniti  rivoli  tortuosi  e  mean- 
driformi,  dalle  valli  larghe,  espanse,  a  declivio  dolcissimo,  dalla  scarsa 
vegetazione  e  quindi  con  limitate  risorse  agricole. 

Esso  è  tutto  un  paesaggio  in  rovina,  che  ricorda  quello  del  mezo- 
zoico  lombardo,  caratterizzato  dagli  affioramenti  delle  marne  fogliettate 
dell'  Infralias,  che  il  Taramelli  ha  recentemente  chiamato  :  imemQfjio 
da  Presepio. 

Lo  Stampiano  costituisce  una  zona  di  mediocre  estensione  orizzon- 
tale, la  quale  posa  quasi  sempre  a  ridosso  dei  conglomerati  tongriani, 
e  che  sovente  interpolata  alle  arenarie  ed  alle  marne  di  quest'ultimi 
depositi,  rende  assai  incerta  la  netta  distinzione  dei  due  piani.  La  sua 
tectonica,  trsnne  in  vicinanza  degli  spuntoni  di  rocce  cristalline,  ò  re- 
golare presentando  gli  strati  un.' inclinazione  quasi  costante,  da  30* 
a  35"  Nord  o  Nord-Ovest;  la  sua  massima  potenza  è  pressapoco  di  500 
metri.  Esso  è  scarso  generalmente  di  avanzi  fossili.  I  suoi  affioramenti 
si  riscontrano  lungo  il  profilo  che  io  seguo,  a  breve  distanza  da  Pon- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  220 

zone,  e  più  precisamente  a  Nord-Est  del  paese  presso  la  Capella  di 
Santa  Maddalena,  e  presso  la  borgata  Bistolfi,  ove  la  tectonica  degli 
strati  per  causa  dei  disturbi  nei  conglomerati  sottostanti  presenta  con- 
torcimenti e  pieghe  locali,  quantunque  prevalga  un'inclinazione  di  30'' 
Nord-Nord-Ovest.  I  banchi  arenacei  grigi  o  verdastri,  passano  nella 
loro  parte  inferiore  ad  argille  scure  ed  ivi  in  qualche  località  am- 
massi di  concrezioni  calcaree,  dovute  ad  impasti  di  alghe,  e  di  co- 
ralli, formano  banchi  attivamente  ricercati  per  gli  usi  industriali.  Fra 
queste  arenarie  ed  argille  che  costituiscono  ivi  la  zona  stampiana,  non 
sono  rare  le  lenti  ciottolose  cogli  elementi  assai  eterogenei,  le  quali  non 
raggiungono  quasi  mai  rilevante  potenza,  e  che  si  possono  considerare 
come  il  prodotto  dei  trasporti   torrenziali  in  periodi  di  piena. 

La  sponda  sinistra  della  valle  Verazza,  deve  la  dolcezza  dei  suoi  de- 
clivi, e  la  sua  maggiore  produttività  agronomica,  alla  predominanza 
delle  marne  e  delle  argille  sulle  arenarie,  e  contrasta  singolarmente  con 
quella  destra,  ripida  e  sterile,  costituita  dalle  formazioni  conglomeratiche. 

Dalla  valle  Verazza  la  zona  stampiana  attraversata  la  strada  provin- 
ciale Ponzone-Acqui,  si  estende  in  una  lunga  apofisi  a  Nord;  e  si 
spinge  fino  alle  vicinanze  del  Molino  della  Gariogna  formando  la 
parte  bassa  della  regione;  mentre  le  formazioni  aquitaniane,  che  su 
essa  si  posano  coi  loro  banchi  compatti  e  resistenti,  costituiscono  le  punte 
più  ardue  ed  elevate. 

Presso  il  Molino  Gariogna,  fra  le  marne  scialbe,  lievemente  arenacee, 
si  osserva  un  potente  banco  formato  quasi  intieramente  da  ostriche  e 
giacente  attorno  ad  una  scogliera  madreporica,  della  quale  lateralmente 
vi  sono  avanzi  evidenti.  Ivi  fra  i  numerosi  esemplari  di  0.  ((jigaii- 
tostrea)  gigantlca.  Sol.  sp.,  che  hanno  grandi  dimensioni,  sono  fre- 
quenti altre  specie  di  piccola  mole,  alcune  delle  quali  si  possono  rife- 
rire alla  0.  (Pijeìiodoida)  Qmteleti  Nyst.  sp. 

Interrotta  e  ricoperta  dai  banchi  arenacei  ^(iV^ Aquitaniano  che  si 
osservano  presso  il  Monte  Croce,  la  zona  stampiana  presso  G.  Gincin- 
noro,   presenta  arenarie  giallicce,   psammidche,   compatte,    a  frattura 


230  G.    DE   ALESSANDRI. 

scagliosa,  in  istrati  potenti  e  ricchissimi  di  Numinuliti;  queste  ultime 
talora  formano  agglutinamenti  numerosi,  commisti  a  colonie  di  Briozoi 
e  steli  di  Pentacriuo. 

Per  una  sottile  striscia,  dovuta  a  frattura  ed  abrasione  dei  banchi 
arenacei  superiori,  essa  penetra  nella  valle  del  torrente  Ravanasco,  fa- 
sciando l'afììoramento  di  serpentina  e  di  peridotiti,  sopra  il  quale  pog- 
gia il  banco  conglomeratico  tongriano,  che  si  riscontrano  presso  C.  Ferri. 
Al  contatto  fra  lo  Staminauo  ed  il  conglomerato,  si  trovano  arenarie 
verdastre,  con  qualche  avanzo  di  Ostrea  sp.  Pecten  arcuatus  Brocc. 
sp.  e  Actiìioholm  Laurae  Brongn.  sp.  Quest'  ultimo  fossile  è  uno  dei 
più  caratteristici  delle  formazioni  tongriane  di  Castelgomberto  (Veneto). 

Naturalmente,  in  queste  località,  la  tectonica  presenta  locali  disturbi, 
ed  in  alcuni  punti  gli  strati  assumono  un'inclinazione  di  50"  ed  anche 
W  Nord. 

Ad  oriente  della  sezione  che  ho  seguito,  lo  Stamjnam  prosegue  for- 
mando una  stretta  fascia  lungo  la  sponda  sinistra  del  torrente  Verazza. 
Sotto  alla  borgata  Poggio,  lungo  la  via  che  conduce  a  Grognardo,  mo- 
lasse azzurrine  e  banchi  potenti  di  marne  verdastre,  scistose,  inclinate 
da  2O0  a  25"  Nord  Nord-Est,  presentano  abbondanti  avanzi  fossili,  fra 
i  quali  ho  raccolto  e  determinato  le  seguenti  specie;  Carcarodon  au- 
riculatus  Blainv. ,  Odontasjds  Jlopei  Agass.,  Oxyrhitia  Desorii 
Agass.,  Natica  eburniformis  Oppenh.,  Entalis  simi^lex  Micht.  sp.. 
Teredo  sp.  Pholadomya  trigomUa  J\licht.,  Loxocardimn  cf.  falla- 
sianum  Bast,  sp.,  Lucina  sp.,  Crassatella  carcariensis  Micht.,  Nic- 
ciUa  ajienninica  Bell.,  Pecten.  arcuatus  Brocc.  sp.,  Ciùbitostrea 
frondosa  De  Serr.  sp.,  Schizaster  Staderi  Agass.,  Schizaster  cf.  ])e- 
sori  Wright.^  Montivaultia  cf.  bormidensls  E.  H.,  Stylojjìiora  annu- 
tata  Reuss.,  Nummulites  intermedia  Arch.,  N.  biaritzensis  Arch., 
N.  striata  D'Orb,,  Opercolina  complaìiata  Bast.  sp. 

Fra  questi  fossili  VO.  comjìlanata  è  così  abbondante  da  potersi  di- 
stinguere col  suo  nome  le  formazioni  marnose  che  le  contengono,  e  tali 
marne  a  Opercoliue  si  riscontrano  altresì  sopra  il  villaggio  di  Grognardo 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  23 i 

ed  a  Sud  di  Prasco.  Presso  Molare  perù,  le  marne  verdastre  assumono 
l'aspetto  sabbioso  ed  arenaceo,  e  come  già  ebbe  ad  osservare  il  prof. 
Taramelli  ^  oltre  alle  OjìercoUnej  esse  contengono  numerose  altre  spo- 
glie di  foraminiferi  spettanti  ai  generi  Nummulina,  Jiohulina^  Nodo- 
saria^  Ani^histegina,  ecc.  Attorno  airafliorameuto  cristallino  del  Mar- 
sapiede^,  ove  le  marne  passano  gradatamente  nella  loro  parte  superiore  a 
banchi  arenacei,  ho  raccolto  alcuni  esemplari  di  OUrea  cijathula  Lamk., 
forma  caratteristica  dei  depositi  stampiani  del  bacino  di  Parigi,  e  degli 
strati  di  Jeurre,  con  qualche  altro  avanzo  di  0.  Cosmani  (?)  Dollf. 

AQche  qui  la  regolare  disposizione  degli  strati  soffre  numerose  in- 
frazioni, dovute  naturalmente  ad  un  diverso  modo  di  comportarsi  fra 
le  rocce  clastiche  oligoceniche  e  quelle  cristalline  in  rapporto  ai  solle- 
vamenti dell'ultima  fase  del  terziario. 

In  vicinanza  di  Cassinelle,  presso  G.  Crenna,  la  zona  stampiana  ha 
facies  lacustre  e  salmastra,  ed  è  litologicamente  costituita  da  banchi  di 
marne  azzurre,  poco  compatte,  interpolate  da  ai'enarie  e  molasse  gri- 
giastre. In  tutte  queste  formazioni  si  osservano  numerosi  avanzi  inde- 
terminabili di  finiti,  e  frammenti  di  Potamides  e  Gijrena. 

Ad  oriente  di  Gremolino,  sopra  la  C.  Belletti,  le  arenarie  grigiastre 
alternate  da  banchi  di  marne  compatte,  passano  insensibilmente  ed  in 
piena  concordanza  ai  banchi  superiori  arenacei,  che  costituiscono  la 
base  iÌQWAquitaniano.  La  delimitazione  fra  i  due  piani  riesce  abba- 
stanza incerta;  si  può  solo  come  carattere  distintivo,  osservare  che  VAcjui- 
tanicuio  è  rappresentato  da  uu'  evidente  predominanza  di  banchi  are- 
nacei su  quelli  marnosi,  e  che  le  sue  arenarie  sono  più  compatte,  più 
psammitiche  e  quindi  di  migliore  applicazione  all'edilizia.  Anche  il  pae- 
saggio ove  esso  affiora  è  più  mosso,  con  burroni  profondi,  creste  ele- 
vate, e  talora  scoscese,  rivestite  sempre  da  rigogliosa  vegetazione. 

Nelle  marne  stampiane  non  sono  rari  gli  avanzi  fossili  ed  io  vi  ho 
raccolto  esemplari    dei  generi  Ostrea,  Pecteii,  Cardiam^  Tarritella^ 


Taramelli  T.,  Osservai,  geol.  in  occas.  del  traf.  ecc.,  pag.  9. 


232  G.    DE   ALESSANDRI. 

Xeriophora,  Comis,  ecc.  radl'oli  di  Echini  e  steli  di  Briozoi.  Altri  fos- 
sili di  questa  località  si  coaservano  nelle  raccolte  del  R.  Museo  Geo- 
logico di  Torino. 

Strozzato,  ed  in  parte  abraso,  dal  corso  impetuoso  dell'Orba,  lo 
Stamjjìano  ricompare  in  una  stretta  fascia  a  Sud  di  Tagliolo,  Lerma 
e  Mornese  colla  solita  facies  litologica  e  con  una  tectonica  regolare. 
Nel  territorio  di  Tagliolo  le  marne  grigiastre,  alterate,  che  affiorano  presso 
G,  Lavine,  e  le  arenarie  grossolane  di  G.  Guchera  inferiore,  presentano 
conservatissimi  avanzi  di  Cefalopodi,  Gasteropodi,  Echini,  Coralli,  Briozoi, 
dei  quali  una  buona  raccolta  mi  venne  recentemente  comunicata  dal 
sig.  A.  Colla  studente  del  R.  Istituto  Tecnico  Superiore  di  Milano.  Non 
sono  rare  in  queste  località,  lenti  ghiaiose  arenacee,  interpolate  alle  mo- 
lasse ;  queste  ultime  si  fanno  frequenti  in  vai  del  Lemme,  ove  presso 
G.  Riccoi,  sono  alterate,  presentando  una  colorazione  gialliccia,  dovuta 
ad  abbondanza  di  idrossidi  di  ferro.  Ivi  esse  contengono  abbastanza 
frequenti  avanzi  di  Foramiuiferi. 

Nella  valle  della  Scrivia,  presso  borgata  Chiapparola,  la  zona  stam- 
piana,  nei  suoi  strati  inferiori,  ha  facies  nuovamente  lacustre,  colle 
solite  marne  e  con  banchi  ghiaiosi  e  ciottolosi,  costituiti  da  elementi 
arrotondati  e  di  piccola  mole:  mentre  nella  sua  parte  superiore  conti- 
nuano le  molasse  cineree,  riccamente  micacee. 

In  questa  regione,  fra  la  zona  oligocenica  e  quella  miocenica,  si  os- 
serva talora  una  leggiera  discordanza,  dovuta  naturalmente  all'azione 
delle  spinte  sollevanti,  che  determinarono  colla  fine  dell'Oligocene,  un 
periodo  di  potente  emersione  delle  formazioni  subapeuniniche,  perioda 
che  si  protrasse  al  Miocene  inferiore,  e  durante  il  (piale  una  rapida  fase 
di  abrasione  costituì  la  pila  considerevole  dei  depositi  aquilaniani. 

Ad  occidente  della  sezione  esaminata,  la  zona  stampiana  si  estende 
in  una  striscia  assai  irregolare  e  di  limitato  isviluppo,  che  si  osserva 
a  Nord  del  paese  di  Gartosio,  e  che  lungo  il  rio  del  Senatore  sale  verso 
Montechiaro,  a  Sud  del  quale,  il  paesaggio  stampianu  ricompare  nella 
sua  forma  piii  tipica  e  più  sviluppala. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  233 

I  nomi  appuiilo  di  alcune  localitfi,  quali  Roccah lanca,  Montechiaro, 
Robianco,  traggono  senza  dubbio  la  loro  oi'igine  dallu  tinta  bianchiccia 
delle  formazioni  che  ivi  alììorano.  La  facile  alterazione  degli  strati  agli 
agenti  atmosferici,  ha  favorito  l'erosione  della  Bormida,  la  quale  ap- 
punto ivi  ha  potuto  espandersi  in  quella  bellissima  conca,  che  si  estende 
fra  le  alture  ove  giaciono  Montechiaro,  Denice  e  Monbaldone. 

I  banchi  arenacei  compatti  ùèWAquitaniano,  che  da  Montechiaro  si 
spingono  verso  borgata  Satragni,  hanno  coi  loro  affioramenti,  sbarrato  a 
Nord  la  vallata,  obbligando  la  Bormida  a  restringere  il  suo  alveo  nel- 
l'angusto andito  che  si  riscontra  a  breve  distanza  dal  paese  di  Ponti, 
A  Sud  gli  affioramenti  arenacei  dell'elevato  lembo  tongriano  di  Monte 
Castello,  in  faccia  a  Monbaldone,  hanno  limitato  verso  mezzodì  l'am- 
pio bacino,  il  quale  poi  nuovamente  ricompare  assai  esteso  attorno  a 
Spigno.  Lungo  la  strada  che  da  Malvicino  mette  a  Turpino,  sono  fre- 
quentissime le  intercalazioni  di  arenarie  verdastre,  alle  marne,  con  una 
infinita  serie  di  graduali  passaggi,  per  cui  la  delimitazione  dei  due  de- 
positi oligocenici  è  assai  arbitraria.  Le  plaghe  stampiane  sono  in  questa 
regione  talora  fossilifere  e  le  marne  ad  OpercoUiie  presentano  avanzi 
numerosi,  ma  di  pessima  conservazione,  spettanti  a  Molluschi,  ad  An- 
tozoi  ed  a  Foraminiferi.  Presso  G.  Grosso,  in  vicinanza  della  strada  pro- 
vinciale Acqui-Savona,  lungo  la  valle  della  Bormida,  le  molasse  gri- 
giastro contengono  numerosi  avanzi  di  Ostree,  riferibili  alcune  all'O. 
{Pijcmdonta)  cochlear.  Poli  var.  alala  For.,  ed  altre  probabilmente 
spettanti  all'O.  (Pìjcìiodo)ila)  Queleleti  Nyst.  sp. 

Nel  Bric  Albarella  sopra  Mombaldone,  e  più  oltre  presso  Rocchetta 
di  Spigno,  banchi  potenti  di  arenarie  compatte,  grigiastre,  ad  elementi 
serpentinosi  e  micacei,  le  quali  formano  un  elevato  gradino  sulle  forma- 
zioni stampiane  iniziando  la  serie  miocenica,  contrastano  spiccatamente 
coi  loro  banchi  eretti  in  creste  frastagliate  colle  dolci  elevazioni  ap- 
pena ondulate  dell'Oligocene.  La  plaga  stampiana  oltre  Monbaldone  piega 
bruscamente  a  Sud  e  costituisce  gran  parte  delle  colline  sul  .versante 
sinistro  del  bacino  della  Bormida  di  Spigno. 


23  1  G.    DE    ALESSANDRI. 

In  queste  località,  il  passaggio  da  una  formazione  all'altra  è  abba- 
stanza evidente,  oltreché  dall'aspetto  del  paesaggio  e  dalla  costituzione 
litologica,  anche  da  una  leggera  discordanza  stratigrafica.  Però,  quasi 
ovunque  la  stratigrafia  dei  depositi  stampiani  è  regolare,  con  uq  inclina- 
zione costante  da  12°  a  15*'  0.,  N.,  0.  A  mezzodì  verso  Cagna,  Santa 
Giulia  e  Garetto,  la  zona,  ridotta  a  piccola  striscia,  costituisce  la 
parte  bassa  della  regione,  nella  quale  VAquitaniano  segna  il  displuvio 
fra  le  due  Bormide.  Ivi,  la  quasi  completa  assenza  di  pascoli  e  di  ve- 
getazione arborea,  il  rapido  sfacelo  dei  depositi,  la  scarsità  di  acque  e 
la  mancanza  assoluta  di  ogni  risorsa  industriale,  fanno  sì,  che  la  plaga 
sia  eccezionalmente  povera,  di  diffìcile  viabilità,  e  quindi  con  scarsa 
popolazione. 

MIOCENE. 
A.quitaniano. 

Sopra  la  formazione  stampiana  posa  una  pila  di  depositi,  che  costi- 
tuisce la  formazione  più  sviluppata  per  estensione  e  per  potenza  del  Ter- 
ziario medio. 

Litologicamente,  nella  parte  inferiore,  essa  consta  di  banchi  assai  po- 
tenti di  arenarie  grigio- verdognole,  ad  elementi  tondeggianti,  di  natura 
serpeuiinosa  e  talora  quarzifera ,  cementati  da  un  calcare  scuro ,  poco 
compatto,  e  quindi  di  facile  alterazione.  Contiene  numerosi  fossili  in 
discreto  stato  di  conservazione,  e  di  facile  isolamento.  Nella  parte  su- 
periore è  costituita  da  marne  grigiastre,  assai  friabili,  le  quali  alter- 
nano con  strati  arenacei  di  non  grande  spessore  (da  10  a  15  centi- 
metri), compatti  e  talora  laminati,  quasi  sempre  privi  di  fossili.  Fra 
le  marne  e  le  arenarie  costituenti  la  zona  aquitaniana,  si  osservano  in 
alcune  località,  lenti  di  calcare  compatto  o  brecciato,  costituite  da  impa- 
sti di  Lithoihamni,  Foraminiferi  e  Briozoi,  le  quali  talora,  per  una  straor- 
dinaria abbondanza  di  Pettini,  passano  a  vere  lumachelle. 


APPUiNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  235 

La  maggiore  resistenza  alla  degradazione  aimosferica  dei  depositi 
aquitauiani  iu  rapporto  a  quelli  sovrastanti,  ed  a  quelli  sottostanti,  fa 
sì  che  il  paesaggio  ove  essi  affiorano,  sia  spiccatamente  distinto  per  un 
aspetto  più  irregolare,  anzi  talora  alpestre,  irto  di  punte  elevate  e  sco- 
scese, e  solcato  da  burroni  profondi  a  pareti  ripidissime,  che  la  folta 
vegetazione  arborea  rende  più  pittoresco. 

Le  sue  creste  erette  e  di  facile  difesa  servirono  di  sicura  dimora  nei 
tempi  passati,  sicché  sorsero  numerose  nella  plaga  aquitaiiiana  castelli, 
e  villaggi  medioevali  che  ne  incoronano  le  alture. 

Non  mancano  in  questa  zona  avanzi  di  frane  importanti  sovratutto 
lungo  le  valli  che  seguitano  così  ad  incassarsi  profondamente  presen- 
tando cascate  e  precipizi.  Le  valli  del  Ravanasco  presso  le  Termo  di 
Acqui,  la  valle  della  Ganaretta  presso  Montecrescente,  e  quella  di  San- 
t'Anna fra  Ponti  e  Castelletto  d'Erro  ne  contengono  numerosi  esempi 
dovuti  quasi  tutti  all'  erosione  ed  all'ablazione.  La  più  memorabile  di 
queste  frane  à  stata  quella  avvenuta  lungo  le  pendici  Nord-Ovest  del 
Monte  Stregone,  presso  lo  Stabilimento  Termale  di  Acqui  nell'anno  i(i79, 
la  quale  roviaò  e  seppellì  completamente  i  grandiosi  edifìci  eretti  at- 
torno alle  fonti  termali.  La  massa  franata  fu  straordinariamente  volu- 
minosa perchè  si  rileva  dallo  storico  acquese  Biorci,  come  una  villa  posta 
verso  la  metà  del  colle  sia  venuta  giù  intiera  sino  ai  piedi  dello  stesso 
monte,  senza  offesa  alcuna,  né  dei  coloni,  né  delle  bestie,  che  dentro 
si  trovavano,  e  che  nel  giorno   appresso  furono  estratte  sane  e  salve. 

La  zona  aquitauiana  rappresenta  in  complesso  un  deposito  litorale, 
con  sedimentazione  omogenea,  non  disturbato  da  forti  correnti.  I  banchi 
e  le  lenti  calcaree,  che  vi  si  trovano,  sono  dovuti  a  sedimenti  orga- 
nici di  scogliera,  a  facies  corallina  (Tipo  Recifal  Renevier)  formatisi 
a  breve  distanza  dalle  coste,  in  forma  di  barriere  madreporiche,  alla 
costituzione  delle  quali  concorsero  anche  abbondantemente  spoglie  di  Fo- 
raminiferi  e  Briozoi,  commiste  a  spicule  di  Sponziari,  frammenti  di 
Echini  e  di  Bivalvi,  mentre  il  calcare  incrostante  sembra  dovuto  per 
la  maggior  parte  ad  alghe. 


936  G.    DE   ALESSANDRI. 

Quesla  zona  ha  una  larga  estensione  orizzontale  ed  un*  inclinazione 
quasi  costante,  che  varia  dai  15"  ai  18°  Nord-Nord-Est;  la  sua  po- 
tenza è  iu  alcuni  punti  enorme,  cosa  che  non  deve  soverchiamente  me- 
ravi'diarci,  allorché  si  consideri,  che  essa  è  dovuta  ad  erosioni  intense 
delle  formazioni  apenniniche,  deposte  sopra  la  spiaggia  di  un  golfo  li- 
mitato, ove  la  dispersione  per  opera  delle  correnti  era  probabilmente 
nulla. 

Il  Mayer  calcolò  che  essa  nella  regione  compresa  fra  le  valli  delle 
due  Bormide  raggiungesse  i  3000  metri;  il  Sacco  la  ritenne  alquanto 
minore  cioè  da  2500  a  2G00,  non  escludendo  per  altro  la  possibilità 
■che  in  alcuni  posti,  tocchi  i  3000  metri;  il  De  Stefani  ed  il  Tra- 
bucco ritenendo  esagerate  queste  cifre,  le  attribuirono  uno  spessore 
di  500  metri,  osservando  il  De  Stefani  che  presso  Montecrescenle, 
luniTo  la  valle  della  Bormida,  si  ha  un'ondulazione  secondaria  che  co- 
stituisce  una  ripiegatura  negli  strati.  L'Issel,  recentemente  ritenne  che 
tanto  VAquitamaiio,  quanto  il  Bormicliano,  non  oltrepassino  i  1000 
metri  di  potenza:  cifra  ritenuta  anche  dallo  Sciiaffer,  come  rappresen- 
tante il  massimo  spessore  di  queste  formazioni. 

A  me  sembra  che  la  cifra  media,  esprimente  la  potenza  della  zona 
aquitauiana,  si  possa  valutare  pressapoco  a  2000  metri,  senza  esclu- 
dere che  in  alcuni  punti,  possa  giungere  a  2500.  ^ 


1  Se  noi  osserviamo  infatti  la  recente  carta  geologica  do!  prof.  Trabucco  nella 
quale  la  zona  aquitaniana,  corrisponde  perfettamente  a  quanto  egli  ritiene  Langhiano 
inferiore,  e  seguendo  l'inclinazione  degli  strati  N.  N.  0.,  noi  misuriamo  lo  svi- 
luppo orizzontale  della  zona  stessa,  dalla  valle  Verazza  fino  a  G.  Pignata  presso 
la  Bormida,  si  ha  una  lunghezza  di  millim.  01,5,  corrispondente  ad  un'estensione 
di  4512  metri.  L'inclinazione  degli  strati,  secondo  tale  autore  sarebbe  di  20»  circa 
dimodoché  applicando  la  nota  formola  trigonometrica  che  determina  in  un  triangolo 
rettangolo  la  lunghezza  di  un  cateto,  conoscendo  l'ipotenusa  e  l'angolo  compreso 

^  =  a  sen  «, 

si  avrebbe  che  h,  il  quale  nel  nostro  caso  rappresenta  la  potenza  degli  strati,  sa- 
rebbe uguale  a  15  i3  metri.  Naturalmente  questa  cifra  va  presa  come  cifra  appros- 


APPUNTI    DI    (ìEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  237 

I  depositi  aqiiitaiiiani  liaimo  una  discreta  importanza  economica,  mas- 
sime per  i  calcari  che  contengono,  i  quali  sono  scavati  in  grande  scala 
ed  utilizzati,  come  pietra  da  taglio,  come  pietra  da  costruzione  e  sopra- 
tutto come  pietra  da  calce. 

Le  arenarie  che  stanno  nella  parte  superiore  di  tali  depositi  si  presen- 
tano in  strati  compatti  e  sottili,  sono  conosciute  localmente  col  nome  di 
Pietra  di  Cavatore  e  di  Visone,  ed  hanno  buone  applicazioni  industriali, 
rappresentando  il  materiale  più  in  uso  e  più  apprezzato  nell'edilizia  ac- 
quese.  Quelle  dei  banchi  inferiori,  per  la  notevole  potenza  dei  loro  strati 
e  per  la  loro  omogenea  costituzione,  rappresenterebbero  un  buon  mate- 
riale da  rivestimento  ed  ornamentazione,  e  pel  passato  erano  largamente 
scavate  lungo  il  torrente  Ravanasco  ed  utilizzate  negli  usi  locali  per 
prepararne  vasche,  colonne,  stipiti,  mensole,  balaustre,  senonchè  la  loro 
facile  alterazione  le  rende  di  poca  solidità  e  durata. 

Tali  arenarie  vennero  pure  usate  in  larga  scala  come  materiale  da 
rivestimento  nella  costruzione  del  ponte  Carlo  Alberto  sulla  Bormida, 
dove  però  in  brevissimo  tempo  dovettero  in  parte  essere  sostituite, 
mentre  quelle  rimaste  per  causa  di  una  profonda  alterazione  dei  loro 
elementi  ed  uno  sfacelo  assai  avanzato  hanno  sciupato  tutti  i  motivi 
ornamentali  del  ponte  stesso. 

Percorrendo  la  linea  che  segue  il  mio  profilo  si  riscontra  la  zona 
aquitaniana,  salendo  il  fianco  settentrionale  della  valle  Verazza,  quasi 
verso  la  sommità  della  cresta  che  separa  questa   valle   da  quella  del 


simativa,  ma  certo  molto  prossima  al  vero,  impercioccliè  in  questa  regione,  per 
quante  minute  indagini  io  abbia  fatto,  non  ho  riscontrato  disturbi  stratigrafici  im- 
portanti, né  spuntoni  di  roccie  più  antiche.  Ma  V Aquitaniano  presenta  un  maggiore 
sviluppo  nella  regione  compresa  fra  le  valli  delle  due  Bormida,  da  Rocchetta  di  Spi- 
gno  a  Yesime,  e,  se  sulla  stessa  Carta  geologica  misuriamo  l'estensione  orizzontale, 
si  trova  che  essa  raggiunge  ivi  la  cifra  enorme  di  10720  metri  circa.  L'inclina- 
zione media  degli  strati  si  può  ammettere  prossima  a  i2«  quantunque  probabil- 
mente sia  maggiore,  sicché  si  avrebbe  quivi  una  potenza  di  2228  metri,  la  quale 
però  non  rappresenta  ancora  il  massimo  sviluppo  della  formazione  aquitaniana  per- 
chè esso  si  riscontra  un  po'  più  ad  Ovest  verso  Cortemiglia. 

Voi,  XXXIX.  n; 


238  G.    DE   ALESSANDRI. 

Ravanasco.  Presso  G.  Scuti  e  G.  Bologna,  un  grande  banco  arenaceo 
di  colorazione  grigiastra,  ad  elementi  serpentiuosi  e  quarziferi,  forma  un 
gradino  spiccato  ed  eretto  di  una  diecina  di  metri  sulle  formazioni  sot- 
tostanti, iniziando  i  depositi  aquitaniani.  Il  banco  in  queste  località  è 
ricchissimo  di  avanzi  fossili  fra  i  quali  comunissimo  è  V Echiiwlampas 
plagiosomus,  talché  si  può  distinguere  con  tale  nome  la  formazione 
stessa,  la  quale,  per  minore  compattezza  e  minore  cementazione  dei  suoi 
strati,  è  stata  nella  valle  del  Ravanasco  abrasa  profondamente,  lasciando 
afTiorare  così  le  marne  oligoceniche  sottostanti. 

Su  queste  marne  posa  la  G.  Ferri,  ma  poco  a  nord  di  ossa  il  banco 
laciniato  ricompare  coi  suoi  strati  potenti  e  riccamente  fossiliferi  ;  degli 
avanzi  ivi  raccolti  mi  occuperò  più  oltre,  descrivendo  quelli  dei  calcari 
di  Acqui  e  di  Visone.  Ivi  la  tectouica  degli  strati  è  regolarissima,  dimo- 
doché è  evidente  che  il  movimento,  il  quale  ha  disturbato  le  formazioni 
oligoceniche,  attorno  allo  spuntone  di  rocce  cristalline,  che  ivi  si  riscon- 
trano, ha  preceduto  il  depositarsi  delle  arenarie  aquitaniane. 

Superiormente  un'alternanza  regolare  di  strati  arenacei  compatti,  e 
di  marne  fi*iabili  gialliccie  od  azzurrastre,  per  insensibili  passaggi  con- 
duce alle  formazioni  langhiane,  le  quali  però  sono  sempre  evidentemente 
discernibili  per  una  maggiore  compattezza  e  scistosità  degli  strati  mar- 
nosi, i  quali  hanno  colorazione  più  intensamente  azzurra  e  fauna  a  tipo 
pelagico.  Di  più  nel  Langhiaao  le  marne  presentano  un  grande  pre- 
dominio sulle  arenarie,  mentre  neìVAquitamano  si  ha  il  caso  inverso. 

Nella  parte  superiore  della  zona  aquitauiana,  quasi  al  contatto  col 
LcDighiano,  si  riscontra  alle  falde  del  Monte  Stregone  la  lente  calcarea 
conósciuta  col  nome  di  Calcare  di  Acqui,  la  quale^  per  profonda  erosione 
del  torrente  Ravanasco,  el  anche  per  la  grande  quantità  di  materiale 
asportato,  è  ora  spezzata  in  due  parli,  che  si  osservano  sulle  opposte 
sponde  del  torrente.  La  massima  potenza  del  calcare  è  di  circa  20  metri, 
ed  ora  in  causa  dei  lavori  compiuti  per  l'estrazione  della  roccia,  esso  si 
presenta  come  un  gran  mui-o  verticale,  sormontato  da  arenarie  grigie, 
marnose  facilmente  disaggregabili,  che  in  alcuni  punti  si  alternano  con 
marne  inalliccie  a  frattura  concoide. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  230 

L'iuclioazione  di  tiiUi  questi  depositi,  è  di  18"  circa  Nord  Nord-Ovest, 
ed  è  manifesta  la  loro  immersione  sotto  alle  marne  langhiane,  che  sulla 
sinistra  dellu  Bormida  si  osservano  in  vicinanza  del  ponte  Carlo  Alberto, 
e  lungo  la  strada  clic  da  Acqui  conduce  alle  Terme. 

Il  calcare  ha  struttura  compatta,  generalmente  omogenea,  frattura 
irregolare,  superfìcie  scabrosa,  colorazione  bianco-gialliccia;  per  tali  ca- 
ratteri ricorda  all'aspetto  quello  di  Gassino  in  Piemonte,  mentre  quello 
della  parte  superiore  contiene  frequenti  inclusioni  serpentinose  in  forma 
di  ciottolini,  ed  allora  si  avvicina  maggiormente  ai  calcari  di  Gomabbio 
e  di  Montorfano  Comasco,  in  Lombardia. 

Ha  ottime  qualità  industriali,  sia  come  calce  da  costruzione,  la  quale 
per  la  silice  che  contiene  ha  leggera  tendenza  all'  idraulicità,  sia  per  gli 
usi  agricoli,  impiegato  sovratutto  nel  preparare  il  latte  di  calce  delle 
miscele  che  oggi  tanto  si  adoprano  per  combattere  la  Pernospora  vi- 
ticola. 

11  prof.  Campani  della  scuola  Industriale  di  Pisa  ha  recentemente 
analizzato  tale  calcare  e  vi  ha  riscontrato: 

Carbonato  di  calce parti  gr.     052 

Silice •'       1.054 

Ossido  di  ferro «       1.181 

Ossido  di  magnesio    ....  «       0.052     • 

Acqua «       O.OGl 

La  calce  si  prepara  sul  posto,  mediante  la  torrefazione  con  alti  forni, 
di  proprietà  del  cav.  F.  Toso. 

Il  calcare  massime  nella  sua  parte  superiore,  a  contatto  delle  arenarie, 
presenta  numerosi  avanzi  fossili  ben  conservati,  ma  di  difficile  estrazione, 
dei  quali  mi  occuperò  più  oltre,  nonché  ammassi  di  materiali  legnosi, 
neri,  lucenti  con  gusci  di  teredini.  Anche  le  arenarie  sovrastanti  sono 
ricche  di  petrefatti  e  la  loro  fauna  presenta  un  naturale  passaggio  a 
quella  laughiana. 


2-iO  G.    DE    ALESSANDRI. 

La  formazione  aquitaiiiaaa  ad  oriente  del  Ravanasco  si  restringe  bru- 
scamente, formando  l'altura  dirupata  di  monte  Stregone  e,  nelle  vici- 
nanze di  Visone,  ha  un  limitatissimo  sviluppo  in  estensione.  Quivi,  nella 
sua  parte  inferiore,  al  banco  arenaceo  se  ne  sostituisce  uno  calcareo, 
che  anch'esso  ha  una  potenza  da  10  a  15  metri,  e  si  erge  come  una 
ripida  parete  sulle  marne  arenacee  dello  Stam.piam.  Litologicamente 
questo  calcare  non  diversifica  molto  da  quello  di  Acqui,  ove  si  eccet- 
tuino una  colorazione  più  bigia,  taloi'a  lievemente  rossiccia,  e  numerose 
inclusioni,  che  gli  conferiscono  una  resistenza  maggiore  alle  alterazioni 
atmosferiche,  ed  im  aspetto  più  brecciato.  Esso  presenta  quindi  grandi 
analogie  coi  calcari  di  Centemero  e  monte  Gillo  in  Lombardia. 

Le  sue  applicazioni  industriali  sono  pure  ottime,  ma  più  che  una 
pietra  da  calce,  esso  è  un  materiale  da  taglio  assai  pregiato  nell'  edi- 
lizia, quantunque  le  frequenti  inclusioni  ferruginose,  che  contiene,  e 
di  facile  alterazione  ne  deturpino  la  sua  tinta  caratteristica.  Si  estrae 
abbastanza  agevolmente  in  grandi  lastre  che  vengono  lavorate  in  posto, 
la  maggior  quantità  però  viene  asportata  ed  è  torrefatta  presso  Visone 
ed  Acqui.  A  tetto  del  calcare  si  trovano  straterelli  di  arenaiie  e  di 
marne  gialliccie,  di  piccolo  spessore.  Tanto  il  calcare,  quanto  lo  marne 
e  le  arenarie  contengono  numerosi  fossili,  dei  quali  il  più  frequente  è 
V EcMnolampas  2')l<^gioso7mùs  ;  in  alcuni  punti  il  calcare,  per  straordi- 
naria quantità  di  Pettini  costituisce  una  lumachella  assai  compatta. 

La  sua  fauna  ò  naturalmente  sincrona  con  quella  di  C.  Ferri,  e 
quindi  alquanto  più  antica  di  quella  del  calcare  di  Acqui. 

Passo  ora  ad  enumerare  le  specie  fossili  che  ho  raccolto  in  questo 
piano,  e  siccome  per  la  loro  scarsità,  e  per  le  lunghe  divergenze  sorte 
noli'  interpretare  la  posizione  geologica  di  queste  formazioni,  esse  hanno 
maggior  importanza  delle  altre,  così  farò  seguire  al  nome  di  ciascuna 
specie  qualche  breve  considerazione  sui  loro  caratteri  più  spiccati,  e 
le  indicazioni  inerenti  alle  principali  località  ove  recentemente  furono 
raccolte. 

1  fossili  descritti  provengono  da  tre  località  dififereuti  che  come  ho 


APPCNTl    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  2-41 

già  osservato,  sono  ;  le  arenarie  del  Ravanasco  presso  G.  P'erri,  le  quali 
sono  anche  fossilifere  ad  occidente  verso  il  monte  Capriolo  (Cavatore); 
le  arenarie  ed  il  calcare  sottostante,  che  si  osservano  presso  le  Tenne 
che  per  brevità  chiamerò  calcari  ed  arenarie  di  Acqui,  od  infine  il 
calcare  e  le  marne  di  Visone.  Essi,  ove  si  eccettui  lo  Squalodon  Ga- 
staldii,  furono  tutti  raccolti  da  me  stesso  in  numerose  escursioni  conti- 
nuate per  parecchi  anni,  in  alcune  delle  quali  mi  furono  di  sommo  aiuto 
le  indagini  pazienti  del  noto  raccoglitore  sig.  E.  Forma  di  Torino.  Si 
deve  quindi  escludere  il  dubbio  che  tali  fossili  provengano  da  altre  lo- 
calità, e  quantunque  nel  R.  Museo  Geologico  di  Torino,  nel  Museo  Ci- 
vico di  Milano  e  nel  Museo  del  R.  Liceo  di  Como  si  conservino  avanzi 
più  0  meno  numerosi  dei  dintorni  di  Acqui,  tuttavia  io  non  ho  tenuto 
conto  di  questo  materiale,  non  conoscendone  la  precisa  provenienza. 

Gli  Echini  della  mia  raccolta  furono  oggetto  degli  studi  speciali  del 
dott.  C.  AiRAGHi,  ma  siccome  posteriormente  alla  pubblicazione  della 
sua  nota,  io  ho  rinvenuto  nuovi  esemplari  in  altre  località,  così  darò 
pure  di  essi  qualche  breve  cenno. 

Geu.  Squalodon  Grateloup. 

Squalodoii  Gastaldii  Brandt.  (Brandt  J.  F.,  Waters .  iiber  die  fossil, 
imd  subfossil.  Cetaceen  Europeas.  Memoir,  de  l'Acad.  Imp. 
des  Sciences  de  Saint-Pétersbourg.  Sèrie  VII,  Tom.  XX, 
pag.  396,  tav.  XXXII,  fig.  i-23). 

Fra  gli  avanzi  fossili  raccolti  nel  Miocene  inferiore  del  Piemonte, 
sono  certamente  di  gran  pregio  quelli  riferibili  ad  uno  scheletro  di 
Squalodonte^  che  il  prof.  Gastaldi  raccoglieva  verso  il  1855,  e  che 
ora  si  conservano  al  Museo  Geologico  della  R.  Università  di  Torino. 

Il  Gastaldi  dopo  avere  raccòlto  e  preparato  con  cura  i  vari  fram- 
menti di  questo  fossile,  ne  faceva  più  tardi  disegnare  i  pezzi  più  im- 
portanti (mascellari  inferiori,  denti,  vertebre   cervicali,  vertebre  poste- 


242  G.    DE   ALESSANDRI. 

rion,  vertebre  dorsali,  vertebre  lombari,  vertebre  caudali,  coste)  e  li 
mandava  in  istudio  al  prof.  Brandt  dell'Università  di  Pietroburgo,  il 
quale  nella  sua  classica  opera  sui  Cetacei  fossili  e  siih fossili  d'Europa, 
li  descrisse  come  appartenenti  ad  una  nuova  specie,  distinguendola  col 
nome  del  Gastaldi. 

Non  è  mio  intendimento,  e  neanche  l'indole  del  mio  studio  lo  com- 
porterebbe, riportare  la  minuta  descrizione  di  questi  avanzi  fatta  dal- 
l'illustre Getologó  russo;  tanto  più  che  essa  è  riferita  integralmente 
nel  Catalogo  descrittivo  dei  Talassoterii  rinvenuti  nei  Terr.  Terz. 
del  Piemonte  e  della  Liguria  (Memor.  d.  R.  Accad.  d.  Scienz.  di 
Torino.  Serie  II,  Tom.  XXXYII)  del  Portis  alla  quale  egli  aggiunse 
alcune  note  e  considerazioni  sulle  specie  vicine. 

Riguardo  alla  posizione  degli  Squalodon  nella  serie  stratigrafica  os- 
serverò collo  Zittel  {Traile  de  Paleont.  Tom.  IV,  Vertebrata,  T^a^g.  170) 
come  questo  genere  abbia  una  grande  diffusione  nel  Miocene  della  Francia 
dèi  sud,  della  Germania  e  dell'Italia.  Però  della  specie  ,S'.  Gastaldii 
dopo  il  Brandt,  solo  il  prof.  G.  Capellini  descrisse  dubitativamente  nel 
1882  alcuni  frammenti  {Avanzi  di  Squalodonte  nella  molass.  marn. 
miocenica  del  Bolognese.  Mem.  Accad.  d.  Scienz.  d.  Istit.  di  Bologna, 
Serie  IV,  Tom.  Ili,  1882)  fra  cui  un  frontale  destro,  un  apparato  udi- 
tivo, ed  una  falange  provenienti  dalla  melassa  marnosa,  miocenica  di 
Jano  nel  Bolognese. 

Aggiungerò  in  ultimo  che  il  barone  A.  De  Zigno  nel  i87G  (A.  De 
ZiGNO,  Sopra  i  resti  di  uno  Squalodonte  scoperti  nell'arenaria  mio- 
cenica del  Bellunese.  Mem.  d.  R.  Istit.  Venet.  di  Scienz.  Lett,  ed  Art., 
Voi.  XX)  illustrò  pure  importanti  avanzi  di  Squalodonte  {S.  Catulloi, 
De  Zig.),  i  quali  hanno  grandi  analogie  collo  S.  Gastaldii,  e  questi 
avanzi  furono  raccolti  nelle  arenario  aquitaniane  del  Bellunese. 

Lo  .S'.  Gastaldii  fu  rinvenuto  nel  calcare  di  Acqui. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  243 

Geli.  Carcharodon  MùUer  et  Heiile. 

Carcharodon  megalodon  Agass.  (Bassani  F.,  Contributo  alla  Pa- 
leontologia della  Sardegna.  Ittioliti  miocenici.  Atti  R.  Ac- 
cad.  delle  Scieuz.  fis.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  Voi.  IV, 
pag.  14,  tav.  I,  fig.  1-2),  cum.  syn. 

Denti  con  dimensioui  abbastanza  considerevoli  relativamente  agli  altri 
finora  raccolti  in  Piemonte  ;  nei  quali  la  corona  è  robusta,  rigonfia,  con 
una  spiccata  depressione  alla  base  della  superficie  interna.  L'apice  è  ge- 
neralmente dritto,  non  ricurvo  in  dentro,  i  denti  marginali  arrotondati, 
mancano  le  orecchiette  o  ripiegature  dello  smalto  alla  base  ed  ai  lati 
della  corona. 

Secondo  gli  autori  questa  specie  avrebbe  avuto  una  straordinaria  dif- 
fusione e  sviluppo  nella  serie  terziaria  ed  avrebbe  vissuto  nientemeno 
che  dall'iniziarsi  dell'Eocene  fino  al  termine  del  Pliocene.  Gli  studi  perù 
recenti,  fondati  sull'attenta  comparazione  degli  esemplari  raccolti  nelle  di- 
verse località,  va  man  mano  dimostrandoci  come  probabilmente  essa  sia 
comparsa  solo  in  principio  dell'  Oligocene  per  estinguersi  alla  fine  del 
Miocene. 

Così  i  denti  eocenici  di  C.  megalodon  descritti  dal  Gibbes  [Monog. 
Fossil.  Squalidae  El.  S.  Journ.  Acad.  Nat.  Se.  Phil.,  Vol.  I,  pag.  143, 
tav.  XVIII  e  XIX,  fig.  8  e  9)  provenienti  dall'Alabama  e  dalla  Carolina 
del  sud  vanno  considerati  come  di  provenienza  non  del  tutto  conosciuta 
e  non  ancora  per  bene  sincronizzata  colle  formazioni  europee;  quelli  ci- 
tati dal  Bassani  {Ittiol.  del  Veneto.  Att.  Soc.  Venet.  Trent.,  Vol.  V,  1877) 
e  dal  LioY  [Sopra  alcun.  Vert.  foss.  del  Vicentino.  Atti  Soc.  Ital.  Se. 
Nat.,  Voi.  Vili,  1866)  nell'Eocene  del  Veneto,  come  il  prof.  Bassani 
stesso  dubita,  provengono  con  tutta  probabilità,  da  terreni  oligocenici; 
mentre  quelli  di  Gassino  in  Piemonte  vanno  riferiti  a  C.  auriculatus 
Agass.  ed  a  C.  subserratus  Agass. 


244  G.    DE   ALESSANDRI. 

Gli  esemplari  ascritti  a  questa  specie  provenienti  dal  Pliocene  ita- 
liano vanno  al'  contrario  riferiti  a  C.  Rondoletii  MiìU.  et  Henle,  specie 
comunissima  nei  terreni  pliocenici  del  Piemonte,  dell'Emilia,  della  To- 
scona,  della  Calabria,  della  Sicilia,  ecc.  Il  Woodward  {Catalog,  of  fossil 
fishes  ill  the  Brit.  Mm.,  1889,  pag.  417)  riferisce  a  C.  megalodon 
alcuni  esemplari  provenienti  da  Woodbridge  e  Felixtowe  (Lighilterra), 
ed  altri  da  Anversa  (Belgio)  giacimenti  die  egli  ritiene  pliocenici  ;  os- 
servo perù  che  quest'ultima  località  è  costituita  dal  crag  aero  forma- 
zione che  i  geologi  del  Belgio  chiamano  Aìiversieii^  la  quale  sembra  la 
continuazione  di  quella  al  di  là  della  Manica  afliorante  sulla  riva  in- 
glese, e  che  giusta  le  attuali  vedute  dei  geologi  (Dépéret,  Rènevier, 
Sacco,  ecc.)  viene  riferita  al  Miocene  superiore,  o  Messitiiam. 

Il  C.  megalodoii  fu  riscontrato  nell'Oligocene  d'Italia  a  Sassello,  Pen- 
zone,  Morbello,  Pareto,  Mioglia,  '  Dego,  Castelgomberto,  Santa  Trinità  di 
Montecchio  Maggiore,  in  Val  di  Lente,  monte  Moscalli,  monte  Titano, 
Capo  delle  Armi,  ecc.  ed  in  quello  del  Belgio  e  della  Germania,  e 
nel  Miocene  inferiore  (Aquitaìiiano)  a  Schio,  a  Belluno,  a  Stilo,  a 
Palmi,  ecc. 

Nel  Miocene  medio  e  superiore  si  rinvenne  oltremodo  abbondante 
ovunque,  e  durante  quest'epoca  sembra  abbia  anche  raggiunto  il  mas- 
simo sviluppo  in  dimensioni. 

Il  C.  megalodoa  non  è  raro  nelle  arenarie  e  nel  calcare  di  Acqui, 
come  pure  nel  calcare  di  A''isone,  ed  io  ho  già  figurato  di  esso  un  bellis- 
simo esemplare  proveniente  dal  calcare  di  Acqui.  (De  Alessandri  G., 
Coiitrihm.  allo  studio  dei  Pesci  terziarii  del  Piemonte  e  della  Li- 
guria. Mem.  R.  Accad.  delle  Scienz.  di  Torino,  Serio  II,  Tom.  XLV, 
1895,  pag.  267,  tav.  1,  fig.  1-la.) 


1  Gli  esemplari  però  riferiti  a  questa  specie  dal  Miciielotti  (Etudes  sur  le 
Miocène  inférieur  de  l'Italie  septentrionale,  pag.  113)  vanno  in  gran  parte 
ascritti  a  C.  auriculatus  Agass. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  245 

Geo.  Odontaspis  Agassiz. 

Odontaspis  cuspidata  Agass.  (Bassani  F.,  Contributo  alla  Paleon- 
tologia della  Sardegna.  Ittioliti  miocenici.  Atti  R.  x\ccad. 
delle  Scienz.  fis.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  Voi.  IV,  1891, 
pag.  25,  tav.  I,  fig.  14;  tav.  II,  fig.  10-13-10  e  17)  cum. 
Sjjn.  tav.  I,  fig.  1. 

Raccolsi  di  questa  specie  numerosi  denti  dalla  corona  relativamente 
tozza,  dalla  radice  rigonfia  colle  branche  robuste  e  divaricate;  essi  spet- 
tano generalmente  alla  parte  laterale  ed  a  quella  posteriore  della  ma- 
scella inferiore. 

Qualche  esemplare  della  valle  del  Ravanasco  presenta  l'alterazione 
superficiale  dello  smalto  che  io  avevo  già  riscontrato  negli  odontoliti  doi 
Colli  Toriuesi  e  che  io  ritenevo  caratteristica  di  quella  località. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  VO.  cuspidata  è  specie  non  ancora 
per  bene  conosciuta,  ed  i  suoi  rapporti  di  affinità  coll'O.  Hoptei  Agass., 
coirò,  verticalis  Agass.,  coli' (9.  Rutoti  Winkler  non  perfettamente 
stabiliti  l'hanno  fatta  sovente  confondere  con  esse,  e  queste  specie  che 
rappresentano  le  forme  ataviche  dell' 0.  cuspidata  differiscono  da  que- 
st'ultima per  così  scarsi  caratteri,  da  dimostrarci  chiaramente  come  sia 
stato  lentissimo  il  processo  evolutivo  di  queste  forme,  giudicandone 
dagli  odontoliti.  È  quindi  assai  probabile  come  crede  il  prof.'  Bassani  ' 
che  XO.  cuspidata  non  si  riscontri  nell'Eocene  di  Francia,  di  Inghil- 
terra, di  Germania  e  di  America,  come  il  Woodward  -  ritiene,  ma  sia 
stata  confusa  con  altra  specie.   Nell'Oligocene  quantunque   rara  si  ri- 


1  Bassani  F.,  op.  cit.,  pag.  28  (nota  1). 

2  Woodward  A.  S.,  op.  cit.,  pag.  369  e  Notes  on  the  teeth  of  sharks  and 
skates  from  english  Eocene  formations.  (Proc.  of  the  Geolog.  Assoc.  Vol.  XI, 
1899,  pag.  7.) 


246  G.    DE    ALESSANDRI. 

scontra  realmente  iu  molte  località  d'Italia  [DegOj  Mloglia,  Sassello^ 
Monte  Moscalli^  Castelyomberto ,  Possuolo  sul  Cormor,  Monte  Ti- 
tano, ecc.)  di  Francia,  del  Belgio,  della  Svizzera  e  della  Russia  meri- 
dionale. Nel  Miocene  inferiore  (Aquitaniano)  si  ù  riscontrata  nel  Veneto 
a  Belluno  ;  ed  in  quello  medio  e  superiore  è  frequente  dovunque  in 
Italia,  in  Francia,  nella  Spagna,  nella  Svizzera,  nel  Belgio,  nella  Ger- 
mania e  nell'Austria.  Fu  pure  citata  da  me  ^  e  da  altri  nel  Pliocene 
inferiore  e  superiore,  ma  io  credo  che  probabilmente  questi  esemplari 
vanno  riferiti  all'O.  vorax  Le  Hon  che  vive  tuttora  nei  nostri  mari. 
Nella  valle  della  Bormida  YO.  cuspidata  fu  già  citata  dal  prof.  Tra- 
bucco e  da  me  a  Prasco,  Visone,  Acqui  (calcare)^  Denice,  Vesime  ; 
recentemente  ho  raccolto  altri  esemplari  nelle  arenarie  presso  G.  Ferri 
(4  denti)  ed  iu  quelle   sovrastanti  al  calcare  di  Acqui  (4  denti). 

Odontaspis  contortidens  Agass.  (Bassani  F.,  Contributo  alla  Pa- 
leontologia della  Sardegna.  Ittioliti  miocenici.  Atti  lì.  Ac- 
cad.  delle  Scienz.  fìs.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  Voi.  IV, 
1890,  pag.  28)  cum.  syn. 

È  abbastanza  frequente  nei  dintorni  di  Acqui,  ove  si  raccolgono  nti- 
merosi  denti  dalla  superfìcie  interna  rigonfia  colle  caratteristiche  strie, 
le  quali  arrivano  fino  ai  tre  quarti  della , lunghezza  del  cono  dentario, 
a  partire  dalla  radice.  Il  cono  dentario  manca  generalmente  delle  bran- 
che radiali  ed  ha  piccole  dimensioni. 

Questa  specie,  causa  i  suoi  caratteri  differenziali  pochissimo  spiccati 
{vedi  Bassani  F.,  Ittiolit.  Sardegna,  pag.  27  nota  3.»  ed  litio fatma 
Gassino,  pag.  14)  ò  stata  sovente  confusa  con  VO.  elegans  Agass., 
specie  propria  dell'Eocene  d'Europa  e  d'America,  la  quale  probabilmente 
rappresenta  la  sua  forma  ancestrale  ;  da  essa  può  solo  distinguersi  con 
un  accurato  esame  della  forma  e  della  striatura. 


1  De  Alessandri  G.,  Contribuz.  allo  Stadio  del  Pesci  terz.  del  Piem.  e  Lig., 
pag.  il. 


APPUNTI    IJI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  247 

VO.  coìitortidens  è  abbastanza  frequente  nell'Oligocene  d'Italia  {Dego^ 
Monteechio  Maggiore^  Pozzuolo  mi  Cormor^  Monte  Moscallij  Monte 
Titano^  ecc.)  in  quello  del  Belgio,  della  Germania,  della  Svizzera,  della 
Russia  meridionale,  come  pure  m\V Aqiiitaniano  di  Scliio  e  della  Francia. 
È  abbondante  nel  Miocene  medio  e  superiore  di  tutta  Kuropa,  e  sembra 
abbia  persistito  ancora  nel  Pliocene,  come  lo  dimostrano  gii  esemplari 
raccolti  a  Montpellier,  Savona,  Orciano  e  nel  Bolognese  (?) 

Questa  specie  fu  già  citata  nel  calcare  di  Acqui  e  di  Visone  e  di  essa 
recentemente  raccolsi  altri  denti  nelle  arenarie  di  C.  Ferri  (2  esempi.) 
ed  in  quelle  sovrastanti  al  calcare  di  Acqui  (2  esempi.). 

Gen.  Oxyrhina  Agassiz. 

Oxyrhina  hastalis  Agass.  (Eastman  Gh.,  Beitràge  sur  Kenntniss  der 
Gattung  Oxyrhina.  Palaeontographica,  XLI,  1895)  cum.  sgn. 

Di  questa  specie  io  ho  rinvenuto  nei  dintorni  di  Acqui  pochi  avanzi, 
quantunque  il  Trabucco  la  creda  abbondante  a  Prasco,  Visone,  Acqui 
<3  Ponzone.  1  denti  presentano  la  forma  tipica  ed  un  mediocre  sviluppo  ; 
mancano  quasi  sempre  della  radice. 

VO.  hastalis  si  riscontra  non  rara  nel  Pliocene  d'Italia,  d'Inghilterra, 
del  Belgio  e  della  Spagna;  è  invece  straordinariamente  abbondante  in 
tutto  il  Miocene  superiore  e  medio  del  Piemonte,  dell'Italia,  anzi  del- 
l'Europa intiera,  e  come  sembra  anche  dell'Austi-alia.  Si  riscontra  an- 
cora nel  Miocene  inferiore  (Aquitaniano)  presso  Mombasiglio  (Pie- 
raonte),  a  Belluno  (Veneto),  a  Palmi  (Calabria)  e  forse  nell'Ame- 
rica del  nord  (Maryland,  Virginia  e  Carolina  del  Sud)  e  nell'Oligocene 
di  Belforte,  Carcare,  Santa  Giustina  e  Ponzone  nel  Piemonte,  di  Bi- 
smantova  e  del  Monte  Titano  \ìa\^  A'pennino  settentrionale,  di  Monte 
Moscalli,  di  Monte  Grumi  e  di  Val  di  Lente  nel  Veneto,  di  Capo  delle 
Armi  nella  Calabria,  ed  in  quello  di  Boom  nel  Belgio  e  di  Tlonheim 
(Hessen-Darmstad)  in  Germania. 


248  G.    DE   ALESSANDRI. 

Infine,  il  Gidbes  (Monog.  Fossil.  Squalidae  U.  S.  (Jourual  Acad. 
Nat.  Se.  Philad.,  1849)  cita  questa  specie  nell'Eocene  dell'Alabama  e 
della  Carolina  del  Sud  ed  il  Bra  yard  [Terrenos  maritws  tercianos 
de  las  Cercanias  del  Parana,  1859),  in  quello  del  Parana,  e  dietro 
tali  riferimenti  la  specie  fu  ritenuta  dal  Woodward  o  dall' Eastman 
anche  come  eocenica.  Quantunque  nel  British  Museum  esistano  esemplari 
spettanti  senza  dubbio  ad  0.  hastalis,  i  quali  portano  l'indicazione 
u  Eocene  dell'America  del  nord  «  è  cosa  poco  probabile,  l'ammettere 
l'esistenza  di  questa  specie,  in  principio  del  Terziario;  probabilmente  la 
posizione  stratigrafica  dei  terreni  nei  quali  essi  furono  raccolti  non  fu 
ancora  perfettamente  sincronizzata  con  quella  delle  formazioni  europee. 

Gli  esemplari  che  io  ho  esaminato  provengono  dal  calcare  e  dalle 
•arenarie  sovrastanti  di  Acqui  e  dal  calcare  di  Visone. 

Oo^ijrhina  Desorii  Agass.  (Bassani  F.,  La  Itilo  fauna  del  calcare 
eocenico  di  Gassino  in  Piemonte.  Atti  della  R.  Accad.  delle 
Scienz.  fis.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  A'ol.  IX,  1899,  pag.  19, 
tav.  Il,  fig.  24-38)  cam.  syn.  —  Tav.  I,  fig.  2  a-h. 

È  specie  abbastanza  frequente  nei  dintorni  di  Acqui  con  numerosi 
denti  di  non  grande  sviluppo  e  privi  di  qualsiasi  rilievo  ai  lati  ed  alla 
base  della  corona. 

VO.  Desorii  presenta  una  grande  persistenza  nella  serie  stratigra- 
fica; comparsa  nell'Eocene  medio  e  superiore,  in  Italia,  Belgio,  Prus- 
sia» Egitto  ed  America  (?),  visse  rigogliosa  nell'Oligocene  d' Italia  {Pie- 
monte, Romagna,  Veneto,  Calabria,  ecc.),  della  Prussia  e  del  Bel- 
gio; ed  in  tutto  il  .Miocene  d'Italia,  della  Francia,  della  Svizzera,  della 
Germania  e  del  Belgio. 

Sembra  però  secondo  le  vedute  del  prof.  Bassani  che  essa  si  sia 
estinta  al  principio  del  Pliocene,  e  che  i  denti  pliocenici  riferiti  a  questa 
specie  spettino  forse  alla  vivente  0.  Spalansanii  Bonap.  colla  quale  in 
altro  studio  [Contribu:.  allo  studio  dei  Pesci  Ter:,  del  Piemont.  e 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  249 

Lig.  Mem.  Accad.  d.  Scienz.  di  Torino.  Serie  II,  YoL  XLV,  pag.  15) 
ho  già  fatto  rilevare  le  strette  affinità. 

Ho  riscontrato  questa  specie  nel  calcare  e  nelle  arenarie  sovrastanti 
presso  le  Terme  Acqui,  nelle  arenarie  presso  C.  Ferri  e  nel  calcare  di 
Visone. 

Oxyrhina  crassa  Agass.  (De  Alessandri  G.,  La  Pietra  da  Cantoni^ 
di  Rosignano  e  di  Vignale.  Memorie  Museo  Civico  di  Storia 
Natur.  di  Milano  e  Società  Italiana  di  Scienze  Natur.  Tom.  VI, 
fase.  I,  pag.  36,  1897)  cmn.  syn.  —  Tav.  I,  fìg.  3. 

Ho  raccolto  finora  di  questa  specie  un  solo  dente,  il  quale  sembra 
appartenere  alla  mascella  inferiore  di  un  individuo  adulto. 

VA.  crassa  è  quasi  ovunque  una  specie  assai  rara.  Nel  Pliocene 
fu  rinvenuta,  in  Toscana,  in  Piemonte  e  Liguria,  e  recentemente  nel 
Bolognese,  ^  fuori  d'Italia,  nel  Belgio  e  uell' Inghilterra.  La  sua  mag- 
gior diffusione  però  fu  raggiunta  con  tutta  probabilità  nel  Miocene  me- 
dio, ed  in  Piemonte  (Rosignano),  in  Sicilia  (Aidone)  e  nella  valle 
del  Reno  essa  è  abbastanza  frequente. 

Il  Sequenza  {Formas.  Terz.  Prov.  di  Reggio,  pag.  40)  cita  questa 
specie  fra  i  fossili  tougriani  di  Agnana  (Calabria),  ed  il  Gibbes,  fra 
quelli  dell'Eocene  d'Alabauco  e  della  Carolina  del  Sud,  ma  per  que- 
st'ultima località  valgano  le  osservazioni  che  ho  già  fatto  allorché  ho 
trattato  della  specie  assai  prossima  VO.  ìiastalis. 

L'esemplare  da  me  esaminato  proviene  dalle  arenarie  sovrastanti  al 
calcare  di  Acqui. 


1  ViNAssA  DE  Regny  P.,  Pesci  neogenici  del  Bolognese.  (Rivista  Italiana  di 
Paleontologia.  Anno  V,  fase.  3,  pag.  82,  fig.  9,  1899.) 


250  G.    DE   ALESSANDRI. 

Gen.  Sphyrna  Rafinesque. 

Sphyrna  prisca  Agass.  (Bassani  F.  ,  Contributo  alla  Paleontolo- 
gia della  Sardegna.  Ittioliti  miocenici.  Atti  R.  Accad.  delle 
Scienze  fis.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  Voi.  IV,  pag.  41,  tav.  II, 
fig.  19)  cum.  syn.  —  Tav.  I,  fìg.  4. 

Questa  specie  abbastanza  frequente  nel  Miocene  del  Piemonte,  è  rara 
nella  valle  della  Bormida,  ove  finora  furono  raccolti  pochissimi  odon- 
toliti. Per  la  forma  del  cono  dentario,  per  quella  dei  piccoli  denti 
alla  base  della  corona,  e  sovratutto  per  lo  sviluppo  dello  smalto  sulla 
superficie  esterna,  il  quale  scende  a  ricoprire  parte  della  radice,  i  denti 
di  questa  specie  facilmente  si  distinguono  da  quelli  delle  forme  vicine. 

La  ,S'.  prisca  fu  citata  come  le  altre  specie  già  descritte,  nell'Eo- 
cene (?)  dell'America  del  Nord  dal  Gibbes,  essa  fu  con  sicurezza  solo  ri- 
scontrata nell'Oligocene  di  Monte  Moscalli,  nel  calcare  dei  Grumi  di  San 
Giorgio  di  Poleo  di  Schio,  a  Pozzuolo  sul  Cormor,  ed  al  Monte  Titano  ecc. 

Nel  Miocene  inferiore  ( Ai [uita ulano)  fu  raccolta  a  Belluno;  in  quello 
medio  e  superiore  è  diffusissima  in  Italia,  in  Francia,  nella  Svizzera,  nel 
Belgio  e  nell'Austria. 

Fu  pure  dal  Lawley  (op.  eit.,  pag.  17),  dall' Issel  (Fossili  delle 
marne  di  Genova.  Ann.  Mus.  Giv.  di  Stor.  Nat.  Voi.  IX,  pag.  10) 
e  dal  De  Amicis  (Il  cale,  ad  AnjJÌiistegina  nella  Prov.  di  Pisa  ed 
i  suoi  fossili.  Atti  Soc.  Tose.  Se.  Nat.,  Voi.  VII,  pag.  21)  citata  nel 
Pliocene,  ^  ma  io  ritengo  che  probabilmente  si  tratti  di  altra  specie. 

I  miei  esemplari  provengono  tutti  dalle  arenarie  sovrastanti  al  cal- 
care di  Acqui. 


1  Anche  nel  British  Museum  (Londra)  esiste  un  dente  del  Pliocene  di  Antibo 
(Francia)  riferibile  a  Sphyrna,  ma  il  dott.  Woodward  assai  giustamente  ha  osser- 
vato, che  esso  spetta  ad  una  specie  assai  più  sviluppata  della  S.  prisca  Agass. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  <^òi 

Gen.  Hemipristis  Agassiz. 

Hemipristis  Serra  Agass.  (Bassani  F.,  Contributo  oMa  Paleontologia 
della  Sardegìia,  Ittioliti  miocenici.  Atti  R.  Accademia  delle 
Scienz.  fis.  e  màt,  di  Napoli.  Sorie  II,  Voi.  IV,  pag.  41,  ta- 
vola II,  fig.  19)  cum.  sijn. 

Questa  specie  è  rara  nella  valle  della  Bormida,  come  d'altronde  lo 
è  pure  in  tutto  il  Piemonte  ;  l'  unico  dente  che  io  ho  potuto  osser- 
vare presenta  mediocri   dimensioni  e  proviene  dal  calcare  di  Acqui. 

Come  le  altre  specie  già  citate,  essa  fu  annoverata  dal  Gibbes  fra  i 
fossili  dell' Eocene  (?)  dell'America  dol  Nord.  NeirOligocene  si  riavenne 
abbastanza  diffusa  (Mioglia,  Monte  Moscai,  Pozzuolo  sul  Connor, 
calcare  dei  Grumi  di  San  Giorgio  di  Poleo  di  Schio,  Monte  Ti- 
tano, ecc.).  Nel  Miocene  inferiore  (Aquitaniano)  fu  raccolta  a  Ceva  a 
Belluno,  e  nel  Maryland,  ecc.  Sembra  pure  assai  diffusa  ed  abbondante 
in  tutto  il  Miocene  medio  e  superiore  d'Italia,  di  Francia,  della  Sviz- 
zera, della  Germania  e  dell'Austria. 

Il  Laavley  (Nuovi  studi  sopra  ai  pesci  ed  altri  vertebrati  fos- 
sili delle  colline  toscane,  187G,  pag.  18)  cita  altresì  questa  specie 
nel  Pliocene  Toscano,  ma  con  tutta  probabilità  potrebbe  darsi  che  si 
tratti  della  specie  tuttora  viveute  //,  elongatus  Klz.  sp.,  ^  che  solo  da 
pochi  anni  fa  rinvenuta  e  studiata.  Infatti  nella  nota  dei  Pesci  fossili 
in  rapporto  con  i  viventi  che  si  trova  a  pag.  113  della  memoria  del 
Lawley,  accanto  alla  specie  fossile  H.  serra  kg.  non  si  trova  la  cor- 
rispondente specie  vivente,  che  egli  non  conosceva. 


1  Kluzinger  G.  B.,  Sijnopsis  der  Fische  der  Roihen  J/eeres.  (Verhandl.  d. 
K.  K,  Zoolog.-botan.  Geselh.  Bd.  XXI,  Wien,  1871,  pag.  ijiìò  {Dirzhizodon  elon- 
gatus Klz.)  Probst.) 


232  G.    DE   ALESSANDRI. 

Gen.  Scymnus  Guvier. 

Seumnus  trituratus  Wiukler.  sp.  (Woodward  A.  S.,  Belgian  Neo- 
zoic Fish-teeth.  Geolog.  Magaz.  March.  1891,  pag.  187)  cum. 
sijii.  —  Tav.  1,  fig.  5  a-b. 

Piccolo  dente  spellante  alla  parte  centrale  della  mascella  inferiore, 
dalla  corona  diritta,  triangolare,  lievemente  accuminata  all'apice,  la  quale 
nella  superficie  esterna  presenta  una  leggiera  costolina  mediana  assai 
rigonfia.  I  margini  laterali  sono  assottigliati  quasi  pellucidi,  con  una 
fine  crenatura  irregolare  ;  lo  smalto  dalla  parte  esterna  si  spinge  sulla 
radice  assai  più  in  basso  che  non  sulla  superficie  interna;  il  suo  orlo 
inferiore  è  incavato  nella  parte  mediana,  scende  lateralmente  per  breve 
tratto  e  quindi  risale  verso  i  margini  laterali.  Nella  superficie  interna 
lo  smallo  si  arresta  ad  una  distanza  dall'apice  uguale  a  più  della  metà 
dell'intera  lunghezza  del  dente,  e  presenta  l'orlo  inferiore  lievemente 
convesso  verso  la  parte  radicale. 

La  radice  è  larga,  quadrala,  presenta  nella  parte  centrale  un'ampia 
depressione  tondeggiante  ove  si  trova  il  foro  nutritivo,  ed  inferiormente 
ad  esso  la  sutura  perpendicolare  all'orlo  dello  smalto,  che  si  prolunga 
in  basso  fino  alla  baso  del  dente.  Il  Winkler  (Deuxième  mémoire 
sur  des  dents  des  poissons  fossiles  du  terrain  hruxelUen.  Archiv.  du 
Musée  Teyler,  Voi.  IV,  fase.  I,  pag.  28),  nella  descrizione  del  suo 
esemplare  aveva  dato  grande  importanza  a  questa  sutura;  cosa  che 
desta  meraviglia,  perchè  essa  è  caratteristica  nei  denti  di  tutto  il  ge- 
nere Scymnus. 


imension 

i:  lunghezza  del  dente 

millim.  5.6 

•ti 

«         della  coi'ona 

^       3. 

•n 

"         della  radice 

«       2.6 

Questa  specie  riferita  dapprima  al  gen.  Corax^  venne  più  lardi  assai 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  253 

<;i ustamente  dal  Prodst  '  asci-illa  al  geo.  Scumaus,  e  come  osservò  il 
Woodward  i  suoi  denti  hanno  grande  analogia  con  quelli  dell'attuale 
Scymmis  licchia  Bonap. 

Le  specie  finora  riscontrate  fossili  appartenenti  a  questo  genere, 
.S'.  majori  Lawely,  .S*.  acitlm  Davis  differiscono  dal  mio  esemplare 
per  le  lunghe  apofisi  della  radice;  il  frammento  di  dente  riferito  a 
({uesto  genere  dal  prof.  Bvssani  {litio f.  Eocen.  di  Gassino^  pag.  28, 
lav.  il,  fig.  21),  per  lo  sviluppo  dello  smalto  nella  superficie  esterna 
<)  assai  differente  da  questo  che  io  ho  descritto. 

Il  S.  triangulm  Probst,  (op.  cit.,  tav.  Ili,  fig.  35-3G)  è  assai  pros- 
simo a  questa  specie,  ma  ne  sembra  differire  per  i  margini  completa- 
mente lisci,  senza  crenatura. 

L'esemplare  tipico  del  Winkler  fu  raccolto  nel  Bnixelliano  (Eocene 
mediò)  di  AValuwe,  St.  Lambert  (Belgio);  il  mio  nel  calcare  di  Acqui. 

Gen.  Chrysophrys  Guvier. 

Chrjjsophrijs  cincta  Agass.  (Bassani  F.,  CoìiinbiUo  alla  Paleonto- 
logia della  Sardegna.  Ittioliti  miocenici.  Atti  R.  Accail.  delle 
Scieuz.  fis.  e  mat.  di  Napoli.  Serie  II,  Voi.  IV,  pag.  49,  ta- 
vola II,  fig.  2-9)  cmn.  syn. 

La  C.  cincta  è  assai  frequente  nella  valle  della  Borni ida,  con  odon- 
toliti quasi  sempre  di  piccole  dimensioni,  nei  quali  solamente  in  alcuni 
si  scorgono  le  pliche  verticali  caratteristiche  della  specie. 

L'esame  però  di  questi  avanzi  mi  va  sempre  più  convincendo  nell'idea 
che  la  C.  cincta  sia  una  specie  di  difficilissima  determinazione  e  che 
probabilmente  molti  denti  riferiti  ad  essa,  spettano  ad  altre  specie  e 
forse  anche  ad  altri  generi. 


i  Probst  J.,  Beitriìge  zur  Kenntniss  der  fossilen  Fische  aus  der  Molasse 
von  Baltringen.  (Jahres-Hefte  des  Vereins  far  Vaterlandisch.  Naturk.  in  Wiirlem- 
burg.  Voi.  XXXV,  pag.  175.  Stuttgart,  1874.) 

Voi.  XWIK.  17 


254  G.    DE    ALESSAXDItl. 

Comparsa  iiell'Oligocoiio  (Pomone,  Monte  MoscalU^  Bkmantova, 
Monte  Titano)  essa  visse  durante  il  Miocene  inferiore  (Aqiùitaniano) 
come  lo  attestano  gli  avanzi  rinvenuti  a  Belluno  ed  a  Stilo  (?),  ma  rag- 
giunse il  suo  maggior  sviluppo  e  la  sua  più  grande  diffusione  solo  nel 
Miocene  modio,  ed  in  quello  superiore  lasciando  traccie  numerose  nei 
depositi  d'Italia,  di  Francia,  della  Svizzera,  dell'Austria  e  della  Ger- 
mania. Probabilmente  essa  si  estinse  al  cominciare  del  Pliocene. 

È  ben  vero  che  il  Lawley  (op.  cit.,  pag.  60),  il  Sequenza  (Form, 
ters.  della  Prov.  di  Reggio  Calabria.  Atti  R.  Accad.  dei  Lincei. 
Serie  III,  Yol.  VI,  pag.  247),  il  dott.  Vinassa  (Pesci  neoz.  del  Bo- 
logn.  Riv.  Ital.  di  Paleout.  Anno  V,  pag.  84)  od  io  stesso  (Contrib. 
allo  studio  dei  Pesci  Ter:-,  del  Piemonte  e  Liguria.,  pag.  288)  ab- 
biamo annoverato  questa  specie  fra  quelle  dei  depositi  pliocenici,  ma 
per  le  ragioni  che  più  sopra  ho  esposte,  probabilmente  si  tratta  della 
C.  Agassisii  Sism,,  che  fu  abbondantissima  in  tutto  il  Pliocene.  Anzi, 
in  proposito,  mi  piace  ricordare  come  il  prof.  Bassani  (Contrib.  Pa- 
leont.  Sardeg.,  pag.  51)  abbia  già  osservalo  che  :  «  la  distinzione  fra  i 
denti  di  C.  cincia  e  quelli  della  C.  Agassim  riesce  eccessivamente 
dilìicile,  e  potendo  dar  luogo  ad  errori,  lichiede  la  maggiore  cautela,  -i 

Ilo  raccolto  numerosi  denti  di  C.  cincia  nel  calcare  e  nelle  arenarie 
di  Acqui,  nelle  arenarie  presso  C.  Ferri  e  numerosissimi  nel  calcare  eli 
Visone.  11  prof.  Trabucco  ne  rinvenne  altresì  al  Monte  Capriolo  (Cava- 
tore), od  a  Denice. 

Con.  Lepas  Linneo. 

LejMS  llillii  Leach.  sp.  (De  Alessandri  G.,  Conlrilu^ione  allo  studio 
dei  Cirripedi  fossili  d' Italia.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Vol.  Kill, 
1893,  pag.  24,  tav.  I,  lig.  1)  cum.  sijn. 

Nujuerose  piccole  valve  l'appresentaiiti  lo  scudo,  nelle  quali  ove  si 
eccettui  una  maggiore  fragilità  e  dimensioni  alquanto  minori,  non  si 
scorgono  differenze  notevoli  dagli  osemplai'i  vi^onli, 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEOxNTOLOGIA,    ECC.  255 

Questa  specie  finora  fu  solo  riscontrata  fossile  presso  Acqui,  nei  Colli 
di  Torino  (Elvedam)  e  presso  Scoppo  (Messina);  il  De  Angelis  ed 
il  Luzi  (1  foss.  dello  Schlier  di  San  Severino.  Boll.  Soc.  Geol.  Rai. 
Voi.  XVI,  1897,  pag.  65)  citano  una  forma  probabilmente  molto  pros- 
sima a  questa  nel  Miocene  medio  delle  Marche. 

Il  L.  Hillii  è  frequente  nelle  arenarie  sovrastanti  al  calcare  di  Acqui, 
ed  in  quelle  del  Ravanasco  presso  G.  Ferri. 

Gon.  Balanus  auctorum. 

Balaam  concavus  Broun.  (De  Alessandri  G.,  Contrihuzione  allo  stu- 
dio dei  Girripedi  fossili  ti' Italia,  pag.  51,  tav.  II,  fig.  10  a-d) 
cum.  syu. 

Alcune  conchiglie  dalla  forma  cilindracea,  lievemente  curva,  forte- 
mente incastrate  nella  roccia.  Riesce  quindi  di  buon  giovamento  alla  de- 
terminazione di  esse  lo  studio  della  sezione  traversale  dei  singoli  com- 
partimenti, sezione  la  quale  mostra  i  canali  larghi  ed  allungati,  con 
setti  sottili  e  rettilinei.  La  lamina  superiore  è  assai  meno  sviluppata 
in  ispessore  di  quella  inferiore  ed  ha  il  margine  esterno  irregolare, 
caratteristico  di  questa  specie. 

Non  ho  potuto  riscontrare  in  queste  conchiglie  traccie  delle  valve 
opercolari. 

Probabilmente  a  questa  specie  del  Bronn  va  riferito  il  B.  prodactus 
Michelotti,  che  il  Trabucco  dice  essere  abbastanza  frequente  a  Visone 
Acqui  e  nel  Rio  Ovrano  (Roecaverano). 

Il  B.  concavus  come  ho  già  osservato  nel  mio  studio  sui  GirHpedi 
fossili  d'Italia,  è  la  specie  più  polimorfa  e  più  persistente  nella  serie 
stratigrafica  fra  i  Cirripedi  italiani.  Infatti  dal  Tonrjriano  di  Castel- 
gomberto,  passa  kW Aquitaniano  dei  Colli  di  Torino,  e  delle  arenàrie 
di  Belluno,  è  frequentissimo  in  tutto  il  Miocene  medio  e  superiore  del- 
l'Italia  e  del  bacino  Mediterraneo  in  genere,  lo  si  riscontra  nel  Pliocene 


25')  G.    DE   ALESSANDRI. 

e  noi  PostpliocGiie,  ed  ù  tutlora  vivente  nell'Atlantico  e  nei  mari  interni 
d'Europa. 
Gli  esemplari  che  io  ho  esaminato  provengono  dal  calcare  di  Acqui. 


Gen.  Aturia  Bronn. 

Alicria  Aturi  Bast.  sp.  (Parona  C.  F.,  Note  sui  Cefalop.  Terz.  d. 
Piemonte.  Paleontog.  Ital.  Voi.  IV,  pag.  161,  tav.  XII,  fi- 
gura 2  a-cl,  3-6;  tav.  XIII,  fig.  3-6)  cum.  syn. 

Esemplare  assai  schiacciato,  di  medie  dimensioni,  ridotto  a  modello 
interno,  di  millim.  55  di  lunghezza  e  46  di  larghezza.  I  setti  sono 
ben  evidenti  e  mostrano  il  lobo  caratteristico,  che,  come  già  ha  osservato 
il  prof.  Parona  varia  di  profondità  col  crescere  dei  giri. 

Questa  specie  presenta  una  grande  diffusione  in  tutto  il  Miocene  medio 
(Langhiano  ed  Elveziano)  e  venne  già  dagli  autori  citata  in  Pie- 
monte (Colli  ài  Torino.,  Basso  ed  Alto  Monferrato^  ecc.)  nell'Emilia 
(Bologna,,  ecc.),  nella  Toscana  (Firenze),  nella  Calabria  (Stilo), 
nella  Sicilia  (calcari  compatti  nella  regione  Sud-Est),  a  Malta,  ecc., 
in  Francia  (faluns  du  Bordelais;  faluns  della  Tarrena,  bacino  del 
Rodano,  ecc.),  in  Austria  (Oltnang),  in  Svizzera,  ecc. 

Si  riscontra  pure  non  rara  neWAquitaniano  del  Sud-Ovest  della  Fran- 
cia (Basterot,  Description  geolog.  du  bass.  tert.  du  Sud-Ovest  de 
la  France;  Bendisi  E.  A.,  Coquill.  foss.  d.  ierr.  tert.  du  Sud-Ovest 
de  la  France.  Act.  Soc.  Liu.  de  Bord.  XXIX,  XL  e  XLII  e  Peyrot  A., 
Decouvert.  d'un  Céphalop.  dans  Ics  faluns  de  la  Touraine.  La  feuille 
des  jennes  Nat.  Ili  Ser.,  N.  349),  come  anche  a  Pantano  ove  fu  rin- 
venuta dal  Pantanelli  e  Mazzetti.  Il  Migiielotti  la  raccolse  nel  Ton- 
griano  di  Carcare,  Mioglia  e  Pareto  ed  infine  il  Foord  A.  K.  (Ca- 
talog, of.  foss.  Cepìi.  in  the  Brit.  Mus.  Part.  II  Nautiloidea,  pa- 
gina 349)  la  cita  ancora  nel T  Eocene  (London  Clan)  di  Londra. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEOXTOLOi}lA,    ECC.  257 

Il  SiSMONDA  ha  già  annoverato  sotto  il  nome  di  Nautilus  Pompilius  L. 
questa  specie  fra  i  fossili  del  calcare  di  Acqui;  il  mio  esemplare  fu 
raccolto  dal  signor  E.  Forma  nelle  arenarie,  marnose  sovrastanti  ad  esso  "^ 

Geo.  Fulg"uroficus  Sacco. 

Fulguro/lcus  burcUgaleiisis  Sow.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  ci.  terr.  ier:i. 
Piera,  e  Lig.  Tom.  Vili,  pag.  41,  tav.  I,  fig.  51-54)  cum. 
syn. 

Questa  specie  descritta  e  figurata  dal  Soverdy,  fin  dal  1824  (Tìie 
gea.  of  recent,  and  fossil,  shells.  Genus  Pijrula,  fig.  8),  veniva  più 
tardi  (1825)  dal  Basterot  distinta  col  nome  di  Pgrula  clava,  nome 
che  in  seguito  venne  accettato  dalla  maggior  parte  dei  paleontologi.  Al 
Mayer  spetta  il  merito  di  averle  ripristinata  l'antica  denominazione. 

11  F.  burcUgalensis  ha  ima  grande  persistenza  nella  serie  stratigra- 
fica; àd\V Aqiiitaniano  delle  Lande  e  di  Bordeaux,  passa  al  Langliiano 
deUa  Gironda  (Saucats),  delle  Lande  e  della  Turenna,  è  abbastanza  fre- 
quente wqW  Elve.:iano  dei  Colli  di  Torino,  del  Bacino  di  Vienna,  di 
Zurigo,  di  Lucerna  e  di  San  Gallo,  come  pure  in  quello  dell' Argo  via 
(Zofmgen,  Seusbourg,  Baden),  e  lo  si  riscontra  ancora  nel  Torto- 
niano  di  S.  Jean  de  Marsacq,  presso  Bayona. 

Io  ho  raccolto  di  questa  specie  solo  dei  frammenti  dei  quali  non  avrei 
tenuto  conto,  se  il  Mayer  non  l'avesse  già  annoverata  fra  i  fossili  del 


1  Recentemente  in  una  gita  che  ho  fatto  lungo  il  torrente  Ravanasco,  in  vici- 
nanza di  G.  Ferri,  ho  raccoho  un  incompleto  modello  interno  di  un  grande  cefalo- 
podo,  che  per  la  grande  apertura,  e  per  i  setti  a  larghi  intervaUi,  i  quali  sono  fles- 
suosi verso  la  parte  posteriore,  ove  terminano  in  una  punta  molto  acuta,  richiama 
perfettamente  quello  che  il  Rovereto  ha  recentemente  descritto  sotto  il  nome  di 
Aturia  Paroaai  (Rovereto  G.,  lUuslrazione  dei  molluschi  fossili  tongriani 
del  Museo  Geologico  della  R.  Università  di  Genova,  in  Atti  della  R.  Università 
di  Genova.  Voi.  XV,  1000,  pag.  18(i,  tav.  IX,  fig.  IG),  e  che  proviene  dal  Ton- 
grinno  di  Mioglia. 


258  G.    DE    ALESSANDIM. 

SUO  Toiigriano  III  di   Acqui,  il  quale    come  è  lieii  noto  corrisponde 
aWAqtdtatiiano  degli  amori  a  lui  posteriori. 

Questi  frammenti  provengono  dai  pressi  di  C.  Ferri,  ove  con  tutta 
probabilità  furono  raccolti  gli  esemplari   del  Mayek. 

Gen.  Eburna  Lamarck. 

Eburìia  cf.  caroiiis  Brongn.  sp.  (Rellardi  L.,  Moli.  d.  terr.  ter;i. 
Piem.  e  Lig.  Tom.  Ili,  pag.  10,   tav,   I,   fig.   10  a-b)   cum. 

Sìjll. 

Modelli  interni  di  grandi  dimensioni  cogli  anfratti  depressi  e  profon- 
damente canaliculati  presso  la  sutura;  hanno  forma  alquanto  rigonfia, 
forse  non  così  allungata  come  quella  degli  esemplari  figurati  dal  Bel- 

LARDI. 

Questa  specie  è  abbastanza  caratteristica  del  terziario  inferiore;  il 
Brongniart  la  cita  fra  i  fos-^ili  dell'Eocene  Veneto  (Ronca),  cosa  al- 
quanto dubbia  perchè  dopo  di  lui,  non  fu  più  rinvenuta  né  dal  dot- 
tor YiNASSA,  né  dairOpPENHEiM.  11  Bayan  ed  il  Tournoììer  la  riscon- 
trarono nel  Nummulitìco  di  Francia  (Basse  Alpi.,  ecc.)  ed  il  Fuciis 
(Beitrag.  zur  Kennt.  d.  Conckyliens.  des.  Vicent.  Tert.  Denks.  d. 
K.  Akad.  der  ^^"is3.  Bd.  XKX,  1870)  nel  Toìigriaiio  di  Castolgomberlo, 
mentri!  il  Bellardi  ed  il  Miciielotti  la  raccolsero  abbondante  in  quelb» 
di  Sassello,  Carcare,  e  Cassinelle.  11  prof.  Sacco,  infine  (Bac.  ters.  del 
Piem.,  pag.  241),  la  cita  dubitativamente  waW  Aquila  aia  no  delle  Col- 
line di  Chivasso  (Colomharoj. 

Sembra  però,  con  tulla  probabilità,  che  gli  cscnqilari  dui  Miocene  di 
Francia,  di  Vienna  e  dell'Apennino  settentrionale  dagli  autori  riferiti 
ad  E.  caroais  debbano,  come  il  15ollai-di  ha  notalo,  riferirsi  ad  altra 
specie. 

I  miei  esemplari  j/rovengono  dalle  arenarie  presso  G.  Ferri. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  250 

Gen.  Morio  Moiufort.  Sl)lto,L^  Galeodea  Link. 

Galeodea  laaroporaitm  Sacco  (Sacco  F.,  Muli.  d.  lerr.  ters.  Piera, 
e  Lifj.  Tom.  VII,  pag.  67,  tav.  II,  fig.  24  a-b)  cum.  s/jn. 

Modelli  interni  di  piccole  dimensioni,  ma  che  per  la  forma  espansa 
negli  anfratti  inferiori,  per  le  grosse  costole  subrotundate  e  numerose 
su  tutta  la  superficie,  corrispondono  alla  diagnosi  ed  alle  figure  clie  il 
prof.  Sacco  ha  dato  di  questa  specie.  Sembra  che  essa,  oltre  ad  essere 
frequente  in  lutto  VElvesiano  dei  Colli  Torinesi,  già  si  riscontri  nel 
Tongriaìio  di  Dego,  mentre  una  forma  che  proliabilmente  dovrà  a  questa 
riferirsi  la  G.  taiiropomicm  Sacco  var.  langarum  Sacco  è  abbondante 
nel  Langhiano  dei  dintorni  di  GJavesana  (Langìie). 

Recentemente  il  D^  Angelis  d'OssAT  ei  il  Luzi  (I  fossili  dello 
Seldier  di  San  Severino.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.,  voi.  XVI,  1897,  pa- 
gina 4)  citarono  questa  specie  nel  terziario  '  delle  Marche, 

I  miei  esemplari  provengono  dalle  arenarie  sovrastanti  al  calcare  di 
Acqui  ed  in  quelle  di  G.  Ferri. 

Galeodea  cf.  tauriaensis  Sacco  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  ter:.  Piem. 
e  Lig.  Tom.  VII,  pag.  6,  tav.  II,  (ig.   Ki)  cuni.  sijn. 

Riferimento  reso  alquanto  dubbio  dallo  stato  imperfetto  di  conser- 
vazione del  fossile  ;  più  che  alla  forma  tipica  si  avvicina  alla  var,  glo- 
hosotubercolata  Sacc. 


1  L'età  di  ([ueste  formazioni  sembra  tuttora  assai  incerta,  imperocché  mentre 
dagli  studi  paleontologici  dei  citati  autori,  esse  parevano  langhiane,  da  quelli  stra- 
tigrafici recentemente  compiuti  dal  prof.  Sacco,  Sull'età  di  alcuni  terreni  terziari 
dell' Apennino  (Atti  R.  Accad.  d.  Scienz.  di  Torino.  Voi.  XXXV,  1900,  pag.  Ti), 
sembrerebbero,  al  contrario,  eoceniche. 


200  G.    DE    ALESSANDRI. 

La  G.  taiirlìieiim  fu  solo  riuveuuta  \\(A\: FAoemtiio  dei  Colli  Tori- 
nesi, però  è  da  notarsi  che  gli  aiitovi,  secondo  il  Sacco,  hanno  sovente 
confuso  questa  specie  colla  tr.  echiìiopìiora  L.,  la  quale  venne  riscon- 
trata fra  i  fossili  del  Tongriaiio  (Sassello),  e  tuttora  si  rinviene  vi- 
vente nei  nostri  mari. 

Questa  specie  si  raccoglie  nelle  arenario  del  llavanasco  .  presso  C. 
Ferri. 

Gen.  Natica  Adanson.  —  Soliog.  Ampullina  Blainville. 

AmpiUliiia  cf.  parisieìisis  D'Orb.  sp.  (Oi'picnurim  P.,  Die  Kocàiie 
Fallila  des  Moate  Pulii  bei  Valdagno  im  Vicentino.  Zeitsch. 
d.  Deutsch.  geol.  Gosell.  XLVI,  Bd.  2,  heft.  1891,  pag.  363) 
ciim.  syii. 

Di  questa  specie  ho  raccolto  un  solo  esemplare  in  tale  stato  di  con- 
servazione da  non  essere  possibile  un  preciso  riferimento.  Le  sue  di- 
mensioni tuttavia,  la  sua  forma  e  lo  sviluppo  della  spira  corrispon- 
dono assai  bene  alle  figure  che  gli  autori  hanno  dato  dell' yi.  pari- 
siensis^  specie  così  caratteristica  del  terziario  inferiore. 

Sembra  infatti  che  essa  sia  comune  nel  calcare  grossolano  di  Parigi, 
ove  V  ha  rinvenuta  il  Deshayes  (N.  mutabilis)  ;  il  Bellardi  (Calai, 
rais,  des  foss.  umnmulit.  dii  comté  de  Nice.  Mom  de  la  Soc.  Géol, 
de  France.  Paris,  1851)  l'annovera  sotto  il  nome  di  X.  mutai ilis  ìy^ 
i  fossili  della  Pailarca,  mentre  il  Bassani,  1' Oppenheim,  il  Vinassa  la 
citano  fra  i  fossili  eocenici  del  Vicentino  (Ronca,  Monte  Pulii).  11  Fuciis 
infine,  sotto  il  nome  di  N.  Studeri  l'ascrive  fra  i  fossili  oligocenici  di 
Monte  Grumi,  presso  Castelgombcrto. 

L'esemplare  che  io  ho  esaminato  proviene  dalle  arenarie  presso  C. 
Ferri. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  261 

Geli.  Xenophora  Fischer  de  Wakllieim.  Sottog.  Tugurium  l-'isclier. 

Tagurmm  sp.  Modello  intorno,  incompleto  di  un  esemplare  con  di- 
mensioni ordinarie,  che  presenta  qualche  affinità  col  T.  eMensitm  Sow. 
sp.,  del  quale  con  tutta  verosimiglianza  il  T.  jioztexiemum  Sacco 
(Sacco,  op.  cit.,  Tom.  XX,  pag.  20)  costituisce  una  varietà. 

Esso  proviene  dalle  arenarie  presso  C.  Ferri. 

Gen.  Turritella  Lamarck.  —  Sottog.  Haustator  Moutfort. 

Haustator  cf.  straiigtdatus  Grat.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  ten', 
ter 2.  Piem.  e  Lirj.  Tom-.  XIX,  pag.  i(S,  tav.  Il,  fig.  1)  cum. 
syn. 

Modello  interno  alquanto  guasto,  il  quale  per  le  dimensioni,  per  lo 
sviluppo  della  spira  e  per  l'ornamentazione  della  superficie  esterna  cor- 
risponde assai  bene  ad  alcuni  esemplari  di  questa  specie,  che  ho  rac- 
colto a  Dego. 

L'//.  strangulatits  sembra  una  forma  variabilissima,  perchè  una 
sua  varietà  (var.  p^ntraiigiUata  Sacc),  ({q\V  Elvenaiio  dei  Colli  di 
Torino,  presenta  tali  dimensioni  e  gli  anfratti  così  ristretti  alia  regione 
basale  da  far  nascere  il  dubbio  si  tratti  invece  di  specie  differente. 
La  forma  tipica  si  raccoglie  abbondante  nel  Tongriano  della  valle 
della  Bormida  e  di  Sassello,  è  rara  al  contrario  woìV Elveziano  della 
Collina  Torinese. 

L' esemplare  che  ho  desc»'itto  proviene  daUe  arenarie  presso  G. 
Ferri. 


262  G.    DE   ALESSANDRI. 

Gen.  Scalarla  Lamarck.  —  Sottog.  Clrsostrema  Wnxh. 

Cirsosirema  crassicostatitm  Desìi,  sp.  var.  i:)edemoiitaìia  Sacco  (De 
Alessandri  G.,  La  Pietra  ila  Cantoni  di  lìosigaaiio  e  di 
Vignale.  L.  e,  pag.  150)  cicm.  syn.  —  Tav.  I,  fig.  0. 

Esemplare  di  medie  dimensioni,  con  grosse  costole  trasverse  e  con 
pliche  longitudinali  non  così  turgide  come  negli  esemplari  del  basso 
Monferrato  (lìosignano  e  Vignale).  Per  tali  caratteri  esso  sembra  ac- 
costarsi alla  var.  taurina  Sacco,  dei  Colli  Torinesi,  dalla  quale,  perù 
la  spira  meno  acuminata  la  differenzia. 

La  *S'.  Bellardii  illustrata  dal  Pantanelli  (Cenno  Monog.  intorno 
alla  fauna  fossile  di  Montese.  Atti  Soc.  Natur.  di  Modena.  Serie  II, 
voi.  VI,  1887,  pag.  71,  tav.  Il,  fìg.  2),  e  proveniente  dall'Apennino 
settentrionale  (l'antano),  ha  puro  grandi  aflinilà  coll'esemplaro  che  io 
ho  raccolto;  sembra  tuUavia  che  le  sue  costole  siano  meno  numerose  e 
quindi  più  divaricate  le  une  dalle  altre. 

Mentre  lo  stato  di  conservazione  degli  altri  fossili  aquitaniani  ò  quasi 
sempre  poco  buono,  questa  Scalarla  presenta  invece  la  sua  conchiglia 
perfettamente  conservata.  11  fatlo  non  sombra  nuovo,  perchè  fu  già  os- 
servato dal  prof.  Pantanelli  per  le  Scalarle  di  Pantano,  nell'Apen- 
uino  modenese.  Egli  lo  attribuì  alla  ]n'esenza  in  questo  genere  di  la- 
mine calcaree,  sottilissime,  parallele  alla  superficie  esterna  della  con- 
chiglia e  rialzantesi  presso  le  varici. 

Le  dimensioni  del  mio  esemplare  sono: 

Lunghezza  5  anfratli  mm.  ilO.    Larghezza  ullinio  anfratto  mm.   IO. 

Il  Cirsotrema  crassicostatum  sembi-a  caratteristico  del  Miocene  medio 
e  superiore  del  bacino  della  Gironda,  dei  Colli  di  Torino,  del  Basso 
Monferrato,  e  déir7\pennino  settentrionale;  però  come  ho  già  osservalo 
in  altro  mio  studio,  esso  venne  generalmente  dai  paleontologi  confuso 
con  il   C.  lamellosurn  Brocc,  sp.  il  quale   secondo  I'Hurnes,  il  Pan- 


APPUNTI    DI    GF/JLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  263 

TANELLi  ed  il  De  Bouruy  (Étiid.  crii,  des  Scalidae  mioc.  et  plioc. 
d'Italie.  Boll.  Soc.  Maine.  Ii;il.  1801,  pag.  lOD)  si  riscoiilra  altresì  nel 
miocene  inferiore. 

L'esemplare  che  io  ho  esaminalo  proviene  dalle  arenarie  presso  G. 
Ferri. 

Gen.  Astralium  Linck.  —  SoUog.  Ormastralium  Sacco. 

Ormasi ralium  carinatum  Bors.  sp.  (Sacco  1''.,  3Ioll.  d.  ierr.  ierz. 
Piem.  e  Lig.  Tom.  XXI,  pag.  17,  lav.  II,  fig.  15-22)  cum. 
sijìi.  —  Tav.  1,  fig.  7. 

Parecchi  esemplari  generalmente  deformati  e  privi  di  ornamentazione 
esterna,  alcuni  però  conservano  tuttavia  parte  della  conchiglia. 

Per  la  forma  generale,  per  lo  sviluppo  della  spira,  e  per  le  dimen- 
sioni relative  degli  anfratti  corrispondono  per  bene  agli  esemplari  del 
bacino  di  Vienna  figurali  dall'HuRNES  {Foss.  Moli.  ieri.  becL\  Wieii., 
pag.  1-43,  tav.  4i,  fìg.  (i),  a  quelli  dei  Colli  Torinesi  (Pian  dei  BoschiJ 
distinti  dal  Sacco,  come  var.  prohenica  Sacco,  ed  a  quelli  d'Aosta 
(Francia)  illustrati  dal  Douxami,  come  var.  delphinensis  {Etudes 
sur  les  Ierr.  ieri,  du  dauph.,  ecc.  Annal.  Univ.  de  Lyon,  189G, 
pag.  279,  tav.  712,  fìg.  15). 

Questa  specie,  riscontrata  dal  Manzoni  {Il  lori,  ed  i  suoi  fossil, 
nella  prov.  di  Bologna.  Bull.  E.  Com.  (leol.  Voi.  XI,  1880)  nel  Miocene 
superiore  dell'Apennino  Bolognese,  ù  frequentissima  in  tutto  il  Miocene 
medio  dei  Colli  di  Torino,  della  Sardegna  (S.  Michele),  e  del  bacino 
di  Vienna.  Il  Sequenza  l'annovera  fra  i  fossili  laiighiani  della  Sicilia, 
ed  il  Grateloup  {Atlas  conch,  foss.  du  Basin  de  VAdour.  Tom.  XIII, 
fìg.  510)  sotto  il  nome  di  Trochus  labiosus  fra  quelli  del  bacino  del- 
l'Aquitania. 

Il  prof.  Pantanelli  ed  il  Mazzetti,  la  raccolsero  abbondantissima  a 
Pantano  ed  aMontese;  11  Brongniart  {Mem.  terr.sed.  Yicent..,  pag.  5(), 


204  U.    DE   ALES:ìANDRI. 

tav.  IV,  fig.  5)  la  cita  fra  i  molluschi  oligoceDici  del  Vicentino,  ed  il 
prof.  Sacco  dubitativamente  fra  quelli  del  Tongriam  di  Dego. 

I  miei  esemplari  provengono  dalle  arenarie  presso  C.  Ferri,  uno  solo 
fu  raccolto  nel  calcare  di  Visone. 

Gen.  Pecchiolia  Meneghini. 

Pecchiolia  ali.  argentea  Mar.  (Parona  C.  F.,  Apjnmti  per  la  Pa- 
leontologia miocenica  della  Sardegna.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital. 
Voi.  VI,  fase.  3,  pag.  323)  cmn.  syn. 

Un  modello  interno  assai  conservato,  il  <jualo  riproduce  abbastanza 
per  bene  l'ornamentazione  esterna  costituita  da  costoline  radianti,  fitte 
e  spiccate  che  si  osservano  nella  forma  tipica. 

Questa  specie  si  riteneva,  quasi  da  tutti,  come  caratteristica  del  ter- 
ziario superiore,  od  infatti  fu  rinvenuta  abbondante  nel  Pliocene  d'Italia 
(Piemonte,  Toscana,  Calabria)  e  nel  Miocene  superiore  o  medio  dei 
Colli  Torinesi,  dell'Apennino  Bolognese  e  Marchigiano,  della  Sardegna, 
del  bacino  di  Vienna,  del  lìodano,  ecc.,  ecc. 

II  prof.  Paxtanelli  ed  il  Mazzetti,  tuttavia,  annoverano  la  P.  ar- 
gentea fra  i  fossili  di  Pautuno,  il  dutt.  Sciiaffer  (Die  fauna  des  glaiik. 
Mergels  vom  Monte  Jìrione.  Jahrb.  d.  k.  k.  geol.  lieich.,  1899.  Bd. 
49.  Heft.  4)  la  raccolse  recentemente  nel  Tongriam  di  Monte  Briono 
(Lago  di  Garda),  il  Simonelli  {Il  Monte  della  Verna  ed  i  suoi 
fossili.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.,  Voi.  II,  pag.  269),  la  cita  abbondante 
nelle  sabbie  di  Chiusi  (Monto  della  Verna),  eJ  il  cav.  Di  Rovasexda, 
infine,  la  rinvenne  mdle  marne  bartoniane  avvolgenti  il  calcare  di 
Gassino.  ^ 


*  Una  specie  puro  vicinissima  a  (juesta,  se  puro  non  dovrà  con  essa  identifi- 
carsi, la  Pecchiolia  tvemmetensis  Vine,  ò  stata  recentemente  raccolta  nelle  sabbie 
pure  bartoniane  di  Wemmel.  (E.  Vincent,  .Vote  préliminaire  sur  Pecchiolia, 
in  Bull.  d.  Séanc.  de  la  Soc,  Roy.  Malacol.  de  Delgiq.  Agosto,  1807,  pag.  29.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  265 

L'esemplare  che  io  ho  descritto  proviene  dalle  arenarie  di  C.  Ferri. 
Gen.  Teredo  Linneo. 

Teredo  norvegica  Spengler  (?)  (Parona  G.  F.,  Apimaii  '[ler  la  Pa- 
leontologia miocenica  della  Sardegna^  pag.  49)  cum.  sijn. 

Soliti  tubi  cilindrici  a  sezione  circolare  oì  elitlica  con  numerose  stroz- 
zature e  pieghe  trasversali.  Hanno  generalmente  grandi  dimensioni  e  si 
riscontrano  assai  frequenti  negli  ammassi  di  sostanza  nera  carboniosa, 
che  si  riscontrano  abbondanti  nelle  formazioni  aquitaniauc. 

Per  quanto  la  determinazione  di  questa  forma  abbia  un  valore  di 
poca  attendibilità,  tuttavia  gli  autori  la  citano  nel  Miocene  inferiore 
e  medio  (Aqmtanlano)  della  Sicilia,  (Langhiano)  della  Sardegna,  delle 
Marche,  ecc.,  nel  Miocene  superiore  (frequentissima  ovunque),  nel  Plio- 
cene, e  fra  le  specie  tuttora  viventi  nei  nostri  mai'i. 

La  T.  norvegica{ì)  è  frequentissima  nelle  arenarie  e  nel  calcare  di 
Acqui,  nel  calcare  di  Visone,  e  la  si  riscontra  pure,  quantunque  più 
rara,  presso  C.  Ferri. 

Gen.  Thracia  Leach. 

Thracia  Edwardù  Desìi.  (Desiiayes  G.  P.,  IX'Script.  des  animaux 
sans  vertèbres  découv.  dans  le  bassin  de  Paris.  Tom.  1, 
pag.  200,  tav.  V,  fig.  21-23). 

Parecchi  esemplari,  ridotti  quasi  sempre  a  modelli  interni.  Essi,  tut- 
tavia, per  le  dimensioni,  per  la  forma  oblunga-trausversa,  subequilaterale 
e  per  la  superficie  delle  valve,  colle  strie  di  accrescimento  assai  evidenti 
come  pure  per  la  depressione  fra  l'unbone  ed  il  margine  posteriore  larga, 
e  poco  profonda,  corrispondano  assai  alle  forme  tipiche.  Questa  specie 


26G  G.    DE    ALESSA-XDRI. 

come  ha  già  osservalo  il  Deshayés  richiama  graudemeute  la  T.  fa'pij- 
racea  Poli,  fossile  nel  Miocene  medio  di  Vienna,  nel  Pliocene  del  Pia- 
centino, nel  Grag.  rosso  d'Inghilterra,  nel  Postpliocene  di  Sicilia  e 
tuttora  vivente  nei  nostri  mari;  ed  ove  si  eccettuino  dimensioni  alquanto 
maggiori,  qualche  esemplare  si  avvicina  assai  alle  figure  dell' HGrnes 
(Foss.  Moli.,  toni.  II,  pag.  Il),  tav.  V,  fìg.  oci-bj,  quantunque  la  forma 
sia  più  allungata. 

Anche  la  7'.  j^haseolùia  Lk.  sp.  (non  Kiener,  Amjìhidesma  pha- 
seoliiia  Lk.),  che  probabilmente  ò  identica  alla  2\  'pafyracea  figurata 
dai  Phillippi,  ^  e  che  I'Aradas  ed  il  Calcara  -  chiamarono  T.  Mara- 
vignae,  presenta  grandi  affinità  con  questa,  ma  ha  il  margine  anteriore 
più  arrotondato  e  forma  più  suborbiculata.  La  T.  trigona  Aradas  ^  per 
rornamentazione  delle  valve,  e  per  lo  sviluppo  relativo  dei  margini  si 
accosta  a  qualche  esemplare  che  io  ho  raccolto,  ma  ne  digerisce  per  una 
maggior  larghezza  in  rapporto  alla  lunghezza. 

La  T.  heiiacensis  Schall,  '''  della  quale  al  Museu  Civico  di  Milano  si 
conservano  numerosissimi  campioni,  provenienti  dalla  tipica  località  di 
Monte  Brione  (Lago  di  Garda),  ed  alla  quale  il  mio  egregio  amico 
dott.  Franz  Sciiaffer,  crede  doversi  riferire  i  miei  esemplari,  a  me 
sembra  differente,  per  la  forma  più  ovato-obhmga,  pel  lato  posteriore  più 
breve  e  per  quello  aiilorioro  più  curvo  e  tondeggiante. 


1  PiULii'Pi  R.  A.,  Fauna  Molliiscoram  Regni  Gtriusque  Siciliae.  lìerlino, 
ISI'.G.  Voi.  1,  pag.  i'.). 

-  Aradas  A.  e  Calcara  P.,  Monografia  dei  generi  Thracia  e  Clavagella. 
(Atti  Accad.  Gioen.  Scienz.  Nat.  di  Catania.  Tom.  XIX,  18  i2,  pag.  211.) 

^  Aradas  A.,  Continuazione  della  descrizione  di  varie  specie  nuove  di  mol- 
luschi della  Sicilia.  (Atti  Accad.  Gioen.  Scienz.  Nat.  di  Catania.  Serie  II,  Tom.  HI, 
18  iG,  pag.  2i7,  tav.  :5,  fig.  Wa-b.) 

''  SCHAFFER  F.,  Die  Fauna  des  glaukoniliscìien  Mergels  vom  Monte  Brione 
bei  Riva  am  Gardasee.  (Jahrb.  d.  K.  K.  Goolog  Roichs.  Bd.  XLIX,  heft.  i,  18<)!K 
pag.  062,  tav.  17,  fig.  l,  5  a-b.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    li    PALEONTOLOGIA,    ECC.  267 

La  7'.  stenochora  Rovereto,  *  che  ha  strettissime  alìhiilà  cou  hi  7\  Mi- 
marsi, sembra  luttavia  distinta  j)er  hi  superfìcie  delle  valve  con  solclii 
più  spiccati  e  più  prominenti,  a  decorso  più  irregolare. 

La  T.  Crassei  Mayer  {Descript.  coquill.  foss.  terr.  lert.  inf.  Joiirn. 
de  Gonch.,  pag.  3G4,  tav.  VII,  fig.  3)  ha  la  forma  più  espansa,  mas- 
sime nella  regione  ventrale  e  dimensioni  alquanto  minori.  Il  Rovereto 
(op.  cit.,  pag.  124)  asserisce  che  il  Mayer  ha  riscontrato  questa  sua 
specie  nel  calcare  a  nuUipore  di  Acqui,  ma  ritengo  l' asserzione  del 
liovERETO  non  completamente  esatta,  imperocché  tanto  nell'opera  sopra- 
citata, quanto  in  quella  posteriore  pubblicata  nel  1893  (Bull.  Soc.  Góol. 
d,  France.  Serie  III,  Tom.  XX,  pag.  20),  il  Mayer  non  cita  tale  specie 
ad  Acqui,  ma  solo  a  Santa  Giustina. 

Infine  la  T.  imhescens  Pulteuey,  -  anch'essa  si  distingue  da  questa 
specie,  per  la  forma  meno  allungata  e  pel  margine  anteriore  più  .Irro- 
tondato. 


Dimensioni 

Gl'aude  esemplare 

Piccolo  esemplare 

Lunghezza 

mm.  44.5 

mm.  40 

Larghezza 

.     30 

«     22 

La  1.  Ediuarsi  fu  illustrata  dal  Deshayes  sopra  esemplari  prove- 
nienti dalle  sabbie  inferiori  di  Ghàlons-sur-Vesle  (Parisiano);  ed  io 
l'ho  raccolta  nelle  arenarie  presso  G.  Ferri. 


'  Rovereto  G.,  Illuslrasione  dei  J/oUuschi  Fossili  Tongriani  del  Museo 
Geologico  della  R.  Università  di  Genova.  (Loc.  cit.,  1000,  pag.  135,  tav.  7, 
fig-  21.) 

2  Fischer  P.,  Manuel  de  Conchgliologie  el  de  Paleontologie  conchy liologique. 
Paris,  18G7,  pag.   1171,  tav.  22,  fig.  9. 


268  G.    DE   ALliSSANDUI. 

Geli.  Cardium  Linneo.  —  Soitog.  Diseors  Deshayes. 

Discors  cf.  discrepans  Bast.  sp.  (Sacco  F,,  Moll.  d.  terr.  ter:-. 
Piem.  e  Lig.  Torn.  XXVII,  pag.  oi,  tavola  XII,  fig.  7-11) 
cum.  sijn. 

K  uii  riferimento  reso  dubbio  dal  pessimo  slatd  di  conservazione  dei 
fossili,  i  quali  constano  del  solo  modello  interno,  generalmente  assai 
scbiacciato. 

Per  la  forma  perù,  per  le  dimensioni,  e  per  le  fine  strie  concentricbe 
che  si  osservano  numerose  sullo  impronto  esterne  cori-ispondono  per  bene 
alle  figure  del  Basterot. 

Onesta  specie  è  frequente  nel  Miocene  medio  del  Piemoule,  della  Si- 
cilia, del  bacino  di  Vienna,  della  Svizzera,  della  Francia,  dell'Egitto. 

Si  J'isconlra  però,  anche,  nel  Miocene  inferiore  (Ariuilamaim)  della 
Sicilia,  e  nelle  arenarie  di  l^'ontanazzo  in  Sardegna,  arenarie  che  il  I'a- 
rona  dubita  debbano  riferirsi  ^WAquUaniano. 

Il  MiciiELOTTi  poi,  cita  questo  Cardium  nell'Oligocene  (Tongriano) 
di  Dego. 

Io  ho  raccolto  i  miei  esemphui  nelle  arenarie  di  G.  Ferri. 

Gen.  Cardila  Brugòre.  —  Sotlog.  Actinolobus  Klein. 

AcUnobolìis  cf.  Schivaleaaiù  HOrn.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  ter:-. 
Piem.  e  Lig.  Tom.  XXVII,  pag.  30,  tavola  V,  fig.  33,  34) 
cum.  sìjìi. 

Parecchi  esemplari  ridotti  a  modelli  interni,  i  quali  presentano  ab- 
b  istanza  evidenti  i  caratteri  degli  esemplari  tipici  del  bacino  di  Vienna 
(HoRXES,  Die  foss.  Moli.  Ieri.  Peck,  von  Wien.  Abhand.  d.  K.  K. 
Ceolog.  Peicli.  Kd.  IV.  1800,  pag.  278,  lav.  XXXVI,  fig.  i[a-hj\  tut- 


APPUNTI    DI    (ìEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  269 

la  via  il  riferimento  riesce  diibljio,  staiUc  la  grande  variabilità  di  forme 
die  il  genere  presenta,  e  per  la  mancanza  dei  caratteri  esterni  delb; 
valve. 

Sono  forme  assai  prossime  a  questa  la  C.  Iloernesiana  Vinassa  (I 
molliisehi  delle  (jlauconie  Bellunesi.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XX, 
pag.  200,  tav.  IV,  fìg.  ^a-c)  la  quale  sembra  però  distinta  per  un  nu- 
mero minore  di  costole  e  per  la  forma  più  espansa  nella  regione  ven- 
trale, e  la  C.  brioneiisis  Scliaffer  (Die  fauna  der  glaukon.  Merg.  vom 
Monte  Brione.  1.  e,  pag.  4,  tav.  I,  fìg.  6-7),- la  quale  pare  più  rigonfia 
agli  amboni  e  presenta  il  margine  ventrale  più  tondeggiante. 

VA.  Schiualenaui  è  specie  del  Miocene  medio  del  bacino  di  Vienna 
e  dei  Colli  Torinesi. 

Gli  esemplari  che  io  ho  esaminato  provengono  da  G.  Ferri  e  dalle 
arenario  presso  le  Terme  di  Acqui. 

Geli.  Nucula  Lamarck. 

Nacula  sulcata  Bronn.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  terz.  Piem.  e  Lig. 
Tom.  XXVI,  pag.  47,  tav.  XI,  fìg.  7-11)  cum.  syn. 

Riferisco  a  questa  specie  delle  numerose  impronte  e  dei  modelli  interni, 
i  quali  per  la  forma  transversa  ovato-cordata,  por  lo  spiccate  costoline 
concentriche  della  superficie  esterna  e  per  le  dimensioni,  corrispondono 
assai  bene  agli  esemplari  illustrati  dal  Sacco  e  dal  Bellardi  (NiicuUd. 
Piem.  e  Lig.,  187.5). 

,  Questa  specie  e  comune  nel  Pliocene  del  Piemonte,  della  Liguria, 
della  Sicilia  ed  anche  dell'Italia  centrale  (Roma),  come  pure  nel  Mio- 
cene dei  Colli  Torinesi  e  dell'Apeunino  settentrionale. 

Il  Bronn  (Hai.  Tert.  geb.,  pag.  109)  l'ha  citata  altresì  fra  i  fos- 
sili eocenici  di  Roma,  ma  il  prof.  Sacco  dubita  che  ciò  possa  dipen- 
dere probabilmente  da   qualche   errore   iniziale  di  provenienza,  quan- 

Vol.  XXXIX.  18 


270  G.    DE   ALESSANDRI. 

tuiiqiie  egli  ritenga  che  la  specie  rimonti  di  certo  fino  al  Miocene  in- 
feriore. 

È  frequente  nelle  arenarie  di  G.  Ferri. 

Gen.  Pectenculus  List.  —  Sottog.  Axinaea  Pelei. 

Axiìiaea  bormicUaiia  May.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  Urr.  terz.  Piem. 
e  Lig.,  Tom.  XXVI,  pag.  37,  tav.  IX,  fìg.  il-13)  cum.  syn. 

Qualche  esemplare  rappresentato  da  modelli  interni,  i  quali  per  la 
forma  rotouda-subquadrata,  per  le  finissime  strie  interne  di  accresci- 
mento, le  quali  sono  concentriche,  equidistanti  e  numerose,  per  il  mar- 
gine cardinale  retto,  e  per  le  dimensioni  corrispondono  alla  diagnosi  di 
questa  specie,  che  ha  dato  il  Mayer  (Moll.  Tert.  du  Mas.  Fédér.  di 
Zurig.  Ili  Gah.,  pag.  110),  ed  alle  figure  che  di  essa  ha  dato  il  pro- 
fessor Sacco. 

Il  Mayer  ha  già  raccolto  questa  specie  nel  suo  Tongriano  III 
(Aquitaniano)  di  Monte  Cavatore,  a  ])reve  distanza  ilalle  formazioni 
di  C.  Ferri,  ove  io  l'ho  recentemente  riscontrata. 

Essa  è  poi  frequentissima  nel  Tongriano  subapenuinico  di  Garcare, 
Dego,  Mioglia,  Squaneto,  Sassello,  Santa  Giustina,  Grognardo,  Cassi- 
nelle,  ecc. 

Gen.  Pecten  Plinius. 

Pecleu  revoMiis  Micht.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  ters,  Piem.  e  Lig, 
Tom.  XXIV,  pag.  63,  tav.  XX,  fig.  10-18)  eim.  s//n. 

Un  esemplare  di  valva  inferiore,  abbastanza  conservato  ma  incom- 
pleto, presenta  1-4  costole,  ma  più  sottili  e  più  spiccate  di  quelli  dei 
Golii  Torinesi  e  del  Basso  Monferrato,  che  si  conservano  nel  Museo 
Geologico  di  Torino. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  271 

Questa  specie  oltre  che  nel  bacino  terziario  Piemontese,  fu  anche 
riscontrata  dal  Parona  fra  i  fossili  di  S.  Michele  in  Sardegna  e  dal 
Seguenza  nelle  formazioni  Aquitaniane,  in  quelle  Langhiane,  ed  in 
quelle  Elvesiaue  della  prov.  di  Reggio  (Calabria). 

Il  Trabucco  la  ritiene  comune  nel  calcare  di  Acqui  ed  in  quello  di 
Visone;  io  ho  raccolto  l'unico  esemplare  di  essa  nel  calcare  di  Acqui. 

Sottog.  Amussiopecten  Sacco. 

Amussiopeten  bur  dig  ale  as  is  Lk.  (Ugolini  R.,  Monog.  d.  Peti.  mioc. 
deW Italia  centrale.  Boll.  Soc.  Mal.  Ital.  Voi.  XX,  1899, 
pag.  190)  cum.  s>ja.  ^  —  Tav.  I,  lig.  8. 

Parecchi  esemplari  in  ottimo  stato  di  conservazione,  di  forma  ed  or- 
namentazione tipica. 

Questa  specie  ha  una  grande  diffusione  in  tutto  il  Miocene  medio  del 
Piemonte,  dell'Italia  centrale,  e  di  quella  insulare,  del  Bacino  di  Vienna, 
della  Francia  e  dell'Egitto. 

Il  prof.  Parona  però  la  cita  nell'  arenaria  di  Fontanazzo  (Sarde- 
gna), arenaria  che  egli  dubita  possa  spettare  d\Y Aquila niano,  ed  in 
quella  di  Gastelsardo  che  il  prof.  Lovisato  dalle  coudizioni  stratigra- 
fiche ritiene  aquitaniana;  e  recentemente  il  Buckh  l'annovera  fra  i 
fossili  dell'Oligocene  superiore,  o  Miocene  inferiore  dei  dintorni  di  Nagy- 
Maros  (Ungheria). 

Il  SiSMONDA  (op.  cit.,  pag.  445)  dice  essere  questa  specie  fi'equeute 
nel  calcare  del  Monte  Stregone,  io  al  contrario  la  credo  assai  rara  ;  il 


1  II  dott.  Ugolini  ha  riscontrato  questa  specie  ed  il  P.  comeiim  nelle  forma- 
zioni arenacee  e  marnose  di  Monte  Corno  (Forca,  di  Valle)  presso  il  Gran  Sasso, 
formazioni  che  egli  ritiene  mioceniche;  però  come  ho  già  osservato  riguardo  alla 
Galeodea  cf.  tauropomum  il  prof.  Sacco  (Sull'età  di  alcuni  terr.  terz.  delVA- 
pennino,  pag.  79)  sarebbe  indotto  dagli  studi  stratigratìci  a  considerarlo  eoceniche. 


272  G.    DE   ALESSANDRI. 

Trabucco  la  rinvenne  a  Visone,  Ponzone,  Vesime;  io  l'ho  raccolta  al- 
tresì nelle  arenarie  sovrastanti  al  calcare  di  Acqui  ed  in  quelle  presso 
G.  Ferri. 

Sottog,  Pseudamussium  Klein. 

rseudamussium  corneum  Sow,  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  ter:. 
Piem.  e  Lig.  Tom.  XXIV,  pag.  51,  tav.  XIV,  fig.  20-39). 
—  Amussium  corneum  (Ugolini  R.,  Monog.  dei  Peti,  del- 
l' Italia  centrale,  pag.  187),  cum.  syn.  Tav.  I,  fig.  9  a-b. 

Numerosi  esemplari  conservatissimi,  nei  quali  la  forma  tipicamente 
orbicolare,  la  superficie  esterna  liscia  e  le  numerose  costoline  interne 
stabiliscono  la  loro  perfetta  corrispondenza  con  quelli  dei  Colli  Torinesi, 
del  Basso  Monferrato,  come  anche  con  quelli  del  bacino  di  Vienna  illu- 
strati dall' PIuRNES,  e  con  quelli  della  Galizia  figurati  dal  Reuss  (P.  dc- 
nudatus). 

Questa  specie  è  frequentissima  nel  Miocene  medio  e  superiore  del- 
l'Italia  (Piemonte.  Emilia,  Romagna,  Marche,  Abruzzo,  Sicilia, 
Sardegna,  Malta,  ecc.).  Il  Taramelli  però  (Geol.  delle  Provincie 
Venete.  Atti  d.  Real  xiccad.  d.  Lincei.  Serie  III,  Voi.  XIII,  pag.  469)  la 
cita  con  qualche  dubbio  negli  strati  di  Schio  (Aljmgo,  Ponte  di  Scìiin- 
caz.),  il  Vincent  (TÀUe  des  coquill.  du  long.  inf.  du  Limbourg  Belg. 
Annal.  d.  1.  Soc.  Roy.  Malac.  de  Belg.  Tom.  XXI,  1886)  la  rinvenne 
nel  Tongriano  del  Limburgo  (Belgio),  ed  il  Mariani  infine  [La  mo- 
lassa  mioc.  di  Varano.  Att.  Soc.  Ital.  Se.  Nat.  Voi.  XXV,  pag.  8) 
nella  molassa  bartoniana  di  Varano. 

Il  De  Stefani  raccolse  questo  Pettine  nelle  arenarie  in  vicinanza 
alla  Borraida  fra  Villa  Satragni  e  Ponti,  io  presso  G.  Ferri  e  più  oltre 
al  Monte  Gapriolo  (Cavatore),  ove  è  assai  abbondante. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  Zio 

Sottog.  Propeamussium  De-Gregorio. 

Fi'opeamussium  ancoìiitanum  For.  sp.  (Ugolini  R.,  Monog.  d.  Pett. 
mioc.  dell'  Ital.  ceiitr.  Boll.  Soc.  Mal.  Ital.  Voi.  XX,  1899, 
pag.  188)  cimi.  sijn. 

Di  questa  specie  dalle  valve  sottili,  tipicamente  solcate,  colle  grosse 
costole  interne,  le  quali  si  arrestano  a  due  terzi  circa  della  lunghezza 
fra  l'umbone  ed  il  margine  ventrale,  ho  raccolto  io  pure  un  piccolo 
esemplare,  il  quale  per  la  superficie  esterna  aderisce  fortemente  alla 
roccia,  ma  che  tuttavia  mi  permette  una  determinazione  abbastanza 
sicura. 

11  P.  anconitanmn  è  frequente  nel  Miocene  medio  del  Piemonte  e 
dell'Italia  centrale  come  pure  nella  regione  Sud-Est  della  Sicilia  (Ca- 
pici I.,  Sulla  determ.  cromi,  del  cale,  a  selce  piron.,  ecc.  nella 
regione  Sud-Est  della  Sicilia.  Boll,  R.  Comit.  Geol.  d'Ital.  Voi.  XI, 
1880,  pag.  402). 

11  prof.  Mariani  però  lo  rinvenne  nella  melassa  di  Varano  (Eocene). 

11  De  Stefani  raccolse  questa  specie  in  vicinanza  alla  Bormida 
fra  Villa  Satragni  e  Ponti,  io  nelle  arenarie  sovrastanti  al  calcare  di 
Acqui. 

Sottog.  Parvamussium  Sacco. 

Parvamitssium  duodecimlamellatum  Bronu.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d. 
terr.  ter::.  Pieni,  e  Lig.  Tom.  XXIV,  pag.  48,  tav.  XFV,  fi- 
gura 8-6)  Clini,  sijii.  —  Tav.  II,  fig.  10. 

Piccolo  esemplare  colla  superficie  alquanto  erosa,  nel  quale  sono  ben 
evidenti  le  caratteristiche  lamelle  interne  in  numero  di  10,  che  si  ar- 
restano in  prossimità  del  margine  ventrale. 


274  G.    DE   ALESSANDRI. 

Questa  specie  abl)ouclauto  nel  Pliocene  (Piemonte,  Emilia,  ecc.)  ò 
diffusa  in  tutto  il  Miocene  del  Piemonte  stesso  e  dell'Italia  centrale 
(Bologna^  Modena,  Parma,  ecc.),  della  Sardegna,  della  Sicilia,  del  ba- 
cino di  Vienna  e  della  Grecia. 

Il  prof.  Mariani  però  (La  molassa  mioc.  di  Varano,  pag.  8)  la 
cita  fra  quelle  della  molassa  bartoniana  di  Varano, 

Il  prof.  De  Stefani  raccolse  esemplari  di  essa  nelle  arenarie  in  vi- 
cinanza alla  Bormida,  fra  Villa  Satragni  e  Ponti,  io  V  ho  rinvenuta  nella 
valle  del  Ravanasco  (G.  Ferri). 

Sottog.  Macrochlamys  Sacco. 

Macrochlamys  Holgeri  Geintz.   sp.   (Sacco  F.,   Moli.  d.  terr.  ter:. 
Piem.  e  Lig.  Tom.  XXIV,  tav.  XI,  fig.  1-9)  cum.  s//n. 

Specie  di  grandi  dimensioni  dalla  forma  espausa,  colle  grosse  costole 
lievemente  appiattite,  colle  orecchiette  larghe,  solcate  da  fine  strie  tra- 
sversali; è  diffusa  "^in  tutto  X Elve:iiano  del  Piemonte,  quantunque  sia 
quasi  sempre  rappresentata  da  scarsi  esemplari. 

Anche  nel  bacino  di  Vienna,  nella  Svizzera,  ed  in  Francia  venne 
riscontrata  nel  Miocene  medio,  e  talora  in  quello  superiore. 

Il  Seguenza  tuttavia  (Forma:,  ter:.  Prov.  di  Reggio  Calabria, 
pag.  41)  sotto  il  nome  di  J*.  simple.c  Micht.  cita  questa  specie  nel 
Tongriano  di  Antouimina. 

Il  prof.  Trabucco  raccolse  vari  esemplari  di  M.  lIolg<yri  nel  calcare 
di  Acqui  ed  in  quello  di  Visone;  io  ho  rinvenulo  solo  un  grande  esem- 
plare di  buona  conservazione  nelle  arenarie  presso  C.  Ferri,  ed  uno  di 
pessima  conservazione  ne!  calcare  presso  Visone. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  Zi.) 

Soiiog.  Aequipeeten  Fischer. 

Aequipecte/i  scaìrrmsculas  Math.  sp.  (Sacco  F.,  3Ioll.  d.  terr.  ters. 
Piera,  e  Lig.  Tom.  XXV,  pag.  30,  tav.  IX,  fig.  1-4)  cum.  syn. 

Grandi  esemplari  di  biioua  conservazione,  i  quali  per  il  numero  delle 
costole  e  per  la  loro  forma  ed  ornamentazione  caratteristica  si  acco- 
stano più  che  alla  forma  tipica  alla  var.  dUnica  del  Coppi.  Le  orec- 
chiette sono  grandi  ed  hanno  la  superfìcie  solcata  da  una  fine  stria- 
tura  radiale,  la  quale  però  è  meno  pronunziata  di  quella  degli  esem- 
plari di  Francia  figurati  dal  Gaudry  (Moli.  foss.  chi  Moni.  Leberoìt, 
pag.  115,  tav.  XX,  fig.  G-9). 

Sembra  che  questa  specie  abbia  una  grande  variabilità  di  ornamen- 
tazione, tuttavia  sarei  io  pure  di  parere  coli' Ugolini  (Moiiog.  d.  Peti. 
Mioc.  dell' Ital.  Ceatr.,  pag.  169)  di  tenerla  distinta  dall'ai.  Camare- 
tensis  Font.,  che  ha  un  numero  di  costole  alquanto  maggiore  e  più  spic- 
cate, mentre  la  forma  della  conchiglia  sembra  più  tondeggiante  nel  mar- 
gine palleale,  e  più  rigonfia  nella  regione  ventrale. 

VA.  scabriusculus  si  raccoglie  abbondante  nel  ^Miocene  medio  del 
Piemonte  (Serralimga),  e  dell' Apennino  Pavese  (Varzi),  come  pure 
in  quello  della  Toscana  (Rosignano  Marittimo),  della  Francia  (Bou 
che-du-Rìióne)  e  dell'Andalusia. 

I  miei  esemplari  provengono  dal  calcare  di  Visone. 

Aequifecten  Baveri  Micht.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  ter.:.  Pieni, 
e  Lig.  Tom.  XXIV,  pag.  22,  tav.  VII,  fig.  1-10)  cura.  S)ja. 
—  Tav.  I,  fig.   11. 

Grande  valva  sinistra,  che  per  le  dimensioni,  per  la  forma,  e  per 
r  ornamentazione  corrisponde  appieno  agli  esemplari  tipici  dei  Colli 
Torinesi. 


276  ^-    DE    ALESSANDRI. 

Questa  specie  ha  grandi  analogie  coli'.4.  spinolosus  Miinst.,  col  quale 
venne  sovente  confusa,  è  perù  ben  distinta  dall' J.  XoJiem  Fuchs,  come 
recentemente  ha  dimostrato  il  dott.  R.  Ugolini. 

VA.  Baveri  è  frequente  in  tutto  il  Miocene  del  Piemonte;  il  Gum- 
BEL  però  (Ueber  die  Grfmerde  vom  Monte  Baldo.  Sitz.  d.  math, 
phis.  Glass,  d.  K.  bay.  Akad.  d.  AViss.  Miincheu,  1896)  lo  cita  nel 
Toìujriano  di  Monte  Brione  (Lago  di  Garda),  ed  il  Manzoni  (Il 
Monte  Titano,  i  suol  fossili,  la  sm  età  ed  il  suo  modo  d'origine. 
Boll.  Com.  Geol.  d'Ital.  A^ol.  IV,  pag.  13)  in  quello  di  Monte  Titano 
(E.  S.  Marino).  Secondo  il  prof.  Sacco  gli  esemplari  di  Acqui  e  di 
Visone,  riferiti  dal  prof.  Trabucco  a  questa  specie,  vanno  in  parte 
identificati  doWA.  Northamjptoni,  specie  frequentissima  di  queste  lo- 
calità. 

Ho  raccolto  quest'esemplare  nell'arenaria  presso  G.  Ferri. 

Aequipecten  Northamptoni  Micht.  sp.   e  Aequipecten  oblltaquensis, 

Sacco  (Sacco  F.,  Moli.   d.  lerr.  terz.   Piem.   e  Lig.   Tom. 

XXIV,  pag.  16  e  18,  tav.  IV,    fig.  1-6  e  tav.  V,  fig.   Mi) 
cmn.  sijn. 

Gli  esemplari  spettanti  a  questa  specie  presentano  l' ornamentazione 
elegantemente  costala  è  squamosa,  la  forma  suborbicolare  come  quelli 
dei  Golii  Torinesi.  Non  avendo  il  Michelotti  dato  la  figura,  né  una 
descrizione  particolareggiata  di  queste)  Pecten,  il  prof.  Parona  (App^ 
Paleont.  Mioc.  d.  Sardeg.,  pag.  311),  il  Siminonelli  (Terr,  e  foss. 
isola  di  Pianosa,  pag.  232)  ed  io  (La  pietra  da  Cant,  di  Rosig. 
e  Vign.,  pag.  58)  riferimmo  esemplari  spettanti  ad  esso  al  P.  Boni- 
faeiensis  Locard. 

Il  prof.  Sacco,  avendo  avuto  j'ecentemente  in  esame  gli  esemplari 
tipici  del  Michelotti,  potè  stabilire  l' identità  fra  questa  specie  e  quella 
del  Locard  e  quindi  per  le  regole  delia  priorità  accettò  il  nome,  che  il 
Michelotti  aveva  proposto. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  2  i  t 

Io  sono  di  parere  che  con  VA.  Northamptoni  debba  identificarsi  I'^l. 
oblitaquensis  Sacco,  perdio,  dall'esame  di  numerosissimi  esemplari,  io 
mi  sono  convinto  che  per  graduali  passaggi  di  sviluppo  e  di  ornamen- 
tazione dalla  specie  dei  Sacco  si  giunge  all'J..  Norihamjitoni  var. 
oblita  Micht.  e  da  essa  alla  forma  tipica,  la  quale  d'altronde  si  diffe- 
renzia solamente  per  le  squame  e  le  rugosità  delle  costole. 

VA.  Northamptoni  è  frequente  in  tutto  il  Miocene  medio  e  supe- 
riore d'Italia;  il  Parona  lo  annovera  però  anche  fra  i  fossili  delle  are- 
narie di  Fontanazzo  (Sardegna),  che  egli  crede  spettare  ^WAqicitaniano, 
il  dott.  ScHAFFER  (Beìtrcuj.  ^ur  Parali,  d.  Mìoc.  des  Piemont.  Tert. 
mit  denen  des  Wien.  Beck.  1898,  pag.  407)  lo  rinvenne  nei  conglo- 
merati tongriani  presso  Crea  (Casale). 

Io  ho  raccolto  numerosissimi  esemplari  di  questa  specie  nelle  are- 
narie e  nel  calcare  di  Acqui,  nel  calcare  di  Visone  e  nelle  arenarie 
presso  G.  Ferri. 

Aequipecteìi  Malvinae  Dub.  sp.  (Sacco  F.,  3Ioll.  d.  terr.  terz.  Piem. 
e  Lig.  Tom.  XXIV,  pag.  IG,  tav.  IH,  fig.  3()-40)  cmn.  sìju. 

Gli  esemplari  constano  generalmente  del  solo  modello  interno,  ma  la 
forma  caratteristica  e  le  numerose  costuline  della  superficie  interna  delle 
valve  permettono  tuttavia  una  sicura  determinazione. 

Onesta  specie  è  frequente  in  tutto  il  Miocene  medio  e  superiore  del- 
l'Europa, delle  Azzorre  e  dell'Egitto.  Receutemente.il  prof.  De  Stefani 
e  il  dott.  Fantappiè  l'hanno  citata  nel  calcare  del  Viterbese  (Podere 
Ravicmi),  ma  sembra  che  probabilmente   si   tratti  di  altra   specie  ;  '^ 


*  L' età  di  questo  calcare  ò  stata  alquanto  controversa  fra  i  sovracitati  autori 
{I  terreni  Itrz.  sup.  dei  dintorni  di  Viterbo,  in  Atti  R.  Acca  I.  d.  Lincei.  Voi.  Vili, 
fase.  ;'0,  i  quali  la  ritennero  elveziana  e  l'ing.  Clerici  (Appunti  per  la  geol.  del 
Viterò.,  in  Atti  R.  Accad.  d.  Lincei.  Voi  IV,  fase.  2),  il  quale  vorrebbe  conside- 
rarla pliocenica. 

Sembra  però  che  da  una  recento  nota  pubblicata  dal  dott.  G.  Di-Stefano  e  dal- 
l' ing.  Sabatini  (Sopra  un  calcare  pliocenico  dei  dintorni  di  Viterbo,  in  Atti  R. 


278  G.    DE    ALESSAXDUI. 

menlre  il  Bmui  (Die  geolog.  verh/d.  der  UiKjeb.  von  Nayij.  Mai-os. 
Mill,  aud  d.  Jarb.  cl.  Kgl.  Ungar.  Geolog.  Auslall.  Bel.  Xlll,  Heft.  I, 
1899)  la  riiiveime  abbondante  nel  Miocene  medio  dell'Ungheria  (Magij, 
Maros)  ed  il  De  Angelis  d'Ossat  (Contrib.  allo  studio  jìaleont.  del- 
l'alta valle  dell' Amie  ne.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital,  Voi.  XVI,  1898,  pag.  312) 
in  quello  di  Tagliacozzo.  VA.  Malvinae  tuttavia  sembra  clie  si  riscon- 
tri anche  nel  Terziario  inferiore  perchè  il  De  Angelis  ed  il  Luzi  (Op. 
cit.,  pag.  G4)  lo  citano  fra  i  fossili  di  San  Severino  Y3/<'/''<?/^^^  e  nelle 


Cumit.  Geol.  d'Ital.  Voi.  XXX,  n.  i,  1899)  sia  liiininosaraente  dimostralo  che  il 
Miocene  non  esiste  nei  ilinlorni  di  Viterbo,  come  già  prima  il  Mkli  ed  il  Sabatini 
stesso  avevano  asserhj. 

Nel  Museo  Civico  di  Milano  esiste  un'interessante  raccolta  di  fossili  di  questa 
località,  fatta  fin  dal  1885  dal  prof.  G.  Mergalli;  essa  proviene  dai  due  giaci- 
menti pliocenici  di  Bagnaia  e  della  Mattonaia,  l'età  dei  quali  non  fu  causa  di  di- 
vergenze fra  cotesti  studiosi.  Ilo  esaminato  tuttavia  questa  fauna,  perchè  oltre  alle 
specie  che  già  il  Di  Stefano  (Di  Stefano  in  Sabatini,  Relizione  sul  lavoro  ese- 
(judo  nel  triennio  1806'97-9H  sia  vulcani  dell'Italia  centrale  e  i  loro  prodotti. 
Boll.  i;.  Gomit.  (ieol.  d'Ital.  Voi.  XXX,  n.  l,  1899,  pag.  35)  aveva  annoverato 
in  dette  località,  no  scorsi  parecchie  non  ancora  ritate  e  che  ini  parvero  interes- 
santi a  conoscersi. 
Eccone  l'elenco  : 

l'mbriìiaT'ì  Un  bellissimo  dente  per  dimensioni  e  por  forma  perfettamente 
identico  a  quelli  descritti  sotto  il  nome  di  ombrina  Pccchioli  Lawlev,  del  Plio- 
cene di  Savona.  Mattonaia. 

Oxijrhiìia  hastalis  Agass.  Un  dente  che  per  le  grandi  dimensioni  ricorda 
quelli  del  Pliocene  Toscano  illustrati  dal  Lawlev  sotto  il  nome  di  0.  Agassizii. 
Mattonaia. 

Natica  ^plglottina  Lk.  Numerosi  esemplari.  Bagnaia. 

Soeltia  taurina  Bell.  sp.  Bagnaia. 

Surcula  Da  Stefanii  Beli.  Duo  esemplari.  Bagnala. 

Pleurotoma  monile  Brocc.  Due  esemplari.  Bagnaia. 

Brissopsis  Lyrifera  Agass.  Duo  esemplari  di  buona  conservazione  e  nume- 
rosi frammenti.  Mattonaia. 

Cidaris  Desmouliaii  Sism.  Bagnala. 

Dorocidaris  cf.  'jiapillata  Leske.  Bagnaia. 

Pinus  sp.  Duo  strobili.  Mattonaia. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  279 

arenarie  di  Molile  Corno  (Liraa  Sasso  d'Italia),  arenarie  che  il  Baldacci 
ed  il  Canavari  giù  fin  dai  1884  riferirono  all'Oligocene  superiore. 

Come  già  il  Trabucco  ha  osservato,  questa  specie  è  frequente  nel 
calcare  di  Ac([ui  ed  in  quello  di  Visone. 

(len.  Chlamys  Boi  ten. 

Chlamys  cf.  iauroper striata  Sacco   (Sacco  F.,   Moli.  d.  ierr.   ter 2. 
Piera,  e  Lig.  Tom.  .WIV,   pag.  S,  tav.  1,  lìg.  28-34)  cim. 

Sljil. 

Piccola  valva  destra  aderente  alla  roccia  per  là  sua  superfìcie  esterna; 
da  ciò  ne  consegue  l'incertezza  del  riferimento,  quantunque  la  forma, 
lo  sviluppo  delle  orecchiette  e  le  impressioni  di  numerose  costole  corri- 
spondano a  quelle  degli  esemplari  tipici. 

Questa  specie  è  frequente  waW Elve::iaiio  del  Piemonte  ;  il  dott.  Schaf- 
FER  la  cita  altresì  nel  Miocene  superiore  di  Bocca  d'Asino,  ove  non 
sembra  rara  ;  io  ho  raccolto  di  essa  un  unico  esemplare  nelle  arenarie 
sovrastanti  al  calcare  di  Acqui. 

(jen.  Radula  llumphius.  Sottog.  Acesta  Adams. 

Acesta  miocenica  Slsm.  sp.  (Sacco  F.,  Moli.  d.  terr.  terz.  Piem.  e 
Lig.  Tom.  XXV,  pag.  19,  tav.  V,  fig.  23-29)  cam.  s/jn. 

Numerosi  e  belli  esemplari  di  [lei'l'elta  conservazione,  alcuni  dei  quali 
con  grandi  dimensioni  {Lioigìi.  centm.  16,  Lctrg.  centm.  11,  Spesso/-e 
ceiitm.  3,5),  dalla  forma  tipicamente  espansa,  dalle  valve  esilissime,  sol- 
cale da  fitte  strie  concentriche  evidenti  su  tutta  la  superficie. 

Questa  specie  ha  una  grande  persistenza  nella  serie  stratigrafica;  il 
cav.  L.  Di  PiOvasenda  (/  fossili  di  Gassino.  Boll.  Soc.  Geol.  llal., 
Voi.  XI,  pag.   415)  la  raccolse  nelle  marne  e  sabbie   bartoniaue   av- 


280  0.    DE    A  LESSA  X  Din. 

volgenti  il  calcare  di  Gasyiuo,  il  Sacco  la  cila  nel  Toiigriam  della 
valle  della  Bormida,  presso  Spigno  ed  a  Reboaro,  il  Paxtaxelli  ed  il 
]\Iazzetti  la  raccolsero  a  Montese,  ed  infine  il  Sequenza  {Le  Formaz. 
ter:,  della  Prov.  di  Reggio  (Calabria).  Atti  R.  Accad.  d.  Lincei.  Se- 
rie III,  voi.  VI,  pag.  41)  la  rinvenne  nel  Toiigriaiio  di  Agnana  e  di 
Antouimiua  (Calabria).  L\l.  miocenica  non  è  rara  neW Aquitaniano 
delle  Langlie  e  nel  Langhiano  dei  Colli  Torinesi  e  delle  Lauglie  stesse  ; 
mentre  è  assai  frequente  wqVC Elveùano  del  Piemonte  e  del  bacino  di 
Vienna.  Recentemente  il  Gafigi  l'annoverò  altresì  fra  i  fossili  del  Mio- 
cene medio  del  Sud-Est  della  Sicilia. 

Il  SiSMONDA  ha  già  citata  questa  specie  fra  i  fossili  del  calcare  di 
Acqui;  essa  ò  ivi  infatti  frequentissima  negli  strati  arenacei  sovrastami 
al  calcare  stesso;  io  l'ho  pure  rinvenuta  presso  C.  Ferri. 

Gcn.  Gryphaea  Lamark.   Sottog.  Pycnodonta   Fischer  do  Waldh. 

Pijcnodoiiia  cochlear  Poli  var.  iiavicularis  (Br.)  (Sacco  F.,  Moli, 
d.  terr.  ter;:.  Piem.  e  Lig.  Tom.  XXIII,  pag.  22,  tav.  Vili, 
fig.  2-0)  cmn.  sìjii. 


Esemplari  di  mediocre  sviluppo  generalmente  accuminati  verso  l'um- 
bone.  Onesta  specie  è  abbondante  nel  terziario  medio  e  superiore  del 
Piemonte  e  dellTtalia  in  genere. 

Recentemente  fu  raccolta  nei  calcari  marnosi  di  San  Severino  (Marche) 
dal  De  Axcelis  e  dal  Luzi  ;  nel  Toiigriam  di  Serraluuga  dallo  Sghaf- 
FEii  (Beitr.  sur  Parali,  der  Miocàn.  des  Piemont.  Tert.  mit.  denen 
d.  Wiener  Beck.  Jahr.  d.  k.  L.  geol.  Reiclis.  \\A.  XL-Vlll,  lloft  Ili, 
1898,  pag.  406),  wdV Aquitaniano  di  Relluno  dal  doli.  Vi.xassa  (I 
molluschi  delle  glaucoma^  Bell.,  I.  r.,  pag.  201),  nello  Scìdier  dello 
Culline  Bolognesi  dal  Simonelu,  nel  Miocene  medio  della  Sicilia  dal 
Cafici,  ed  in  quello  del  gruppo  del  Gatria  dal  Morena  (Le  formai, 
eocenich.  e  miocenic.  fiancheg.  il  grufyo  del  Catria  jiell'Apj).  Centi'. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  281 

Boll.  Soc.   Geni.  Hai,  Voi.    XVIII,  1879,  pag.   479),  come  anche  nel 
Tortoniano  di  Sardegna  dal  Parona  e  dal  Marl\nl 
La  P.  cochlear  var.  navicular^  ò  frequente  nelle   arenarie  e  nel 

calcare  di  Acqui,  nel  calcare  di  Visone,  nello  arenarie  di  C.  Ferri  ed 

al  Monte  Capriolo  presso  Cavatore. 

(ìen.  Terebratula  Lhwyd. 
Terebratula  sp.  ind.  Tav.  I,  fig.   12  a-b. 

Ho  raccolto  di  essa  numerosi  esemplari,  dalla  forma  ovata-veutricosa, 
e  talora  romboidale,  dall'apice  assai  prominente  al  disopra  della  pic- 
cola valva,  dalla  fronte  troncata  colla  linea  commissurale  lievemente 
sinuosa.  Per  tali  caratteri  essi  si  avvicinano  grandemente  alla  T.  vi- 
trea Boru.  quantunque  tale  riferimento  sia  alquanto  dubbio. 

Qualche  esemplare  di  forma  tipica,  ristretto  nella  regione  umbonale, 
e  rigonfio  in  avanti  sembrerebbe  corrispondere  a  quelli  figurati  dal 
Fischer  sotto  il  nome  di  T.  manticula  (Fischer,  Descript,  d.  nouv. 
hracMop.  du  terr.  tert.  raoy.  du  Sud-Ovest  de  la  France.  Journ.  de 
Condivi,  Serie  III,  Tom.  IX,  pag.  81)  e  forse  rappresenta  forme  inter- 
medie fra  questa  nuova  specie  del  Fischer  e  quella  del  Born.  Le  di- 
mensioni degli  esemplari,  che  io  ho  esaminato,  corrispondono  quasi  esat- 
tamente a  quelle  di  alcune  forme  di  T.  vitrea  del  Miocene  di  Sicilia; 
sembra  però  che  con  tutta  probabilità  la  specie  abbia  subito  dal  Mio- 
cene in  poi  un  processo  evolutivo  retogrado  riguardo  allo  svolgimento 
delle  valve  ;  infatti  esse  decrescono  di  sviluppo  dal  Miocene  al  Plic- 
cene  e  dal  Pliocene  alle  forme  attuali.  È  stato  lungamente  discusso  e 
controverso  fra  i  paleontologi  se  alla  T.  vitrea  dovesse  riferirsi  la 
7.  minor  del  Philipp:. 

11  Davidson  tuttavia,  al  quale  si  deve  senza  dubbio  riconoscere  un 
autorità  grandissima  in  fatto  di  Brachiopodi,  dopo  essere  stato  lunga- 
mente incerto  su  tale  questione  {On  recent  Terebratulae.  Annal.  and 


:^82  G.    DE   ALESSANDRI. 

Magaz.  of  Nat.  Hist.,  1861,  pag.  12.  On  Italian  Tertiary  Brachio- 
poda.  Geol.  Magaz.  Vol.  Yll,  N.  8,  1870,  pag.  367)  nell'ultimo  suo 
studio  (Report,  on  the  Brachiopoda,  Report,  of  the  scient.  result,  of 
the  Voyage  of  IL  M.  S.  Challenger)  fuse  assieme  le  due  specie, 
consideraudo  la  seconda  come  semplice  varietà  della  prima. 

La  T.  uitrea  fu  riscontrata  fossile  nel  Postpliocene  o  nel  Pliocene 
di  Sicilia,  nel  Pliocene  della  Calabria  (Reggio)  e  dell'Emilia  (Mongar- 
dino),  nel  Miocene  pure  della  Sicilia  e  dell'Emilia.  (Bortolotti,  Contrib. 
alla  conoscen:.  dei  fos.'^.  del  Miocene  medio  del  Bolog.  Rivista  Ital. 
di  Paleontol  Anno  IV.  Voi.  11,  pag.  55),  mentre  la  var.  minor  fu  rac- 
colta \\<ò\V  Elvezia  no  della  Liguria  dall' Issel  {Catalog,  d.  fossil,  della 
Pietra  di  Finale.  P.otl.  R.  Com.  Geol.  d'Ital.  Voi.  XV-K,  pag.  40, 
lav.  Il,  fig.  16  0  17)  ed  in  quello  del  Monferrato  dal  Trabucco  {Sid 
C'.icmnifes  Carjoenetensis  delle  marne  Elveziane  di  Carpeneto.  Atti 
Soc.  Lig.  d.  Scieiiz.  Nat.  Voi.  Il,  pag.  1). 

Il  SiSMONDA  ha  già  citato  la  T.  vitrea  nelle  arenarie  di  Acqui,  tut- 
tavia io  non  sono  convinto  trattarsi  realmente  di  questa  specie.  Io  ho 
raccolto  numerosi  esemplari  di  questa  Terebratula  nelle  arenarie  presso 
le  Terme  di  Acqui,  come  pure  nelle  marne  sovrastanti  al  calcare  di 
Visone,  e  nelle  arenarie  della  valle  del  Ravanasco  (G.  Ferri). 

Gen.  Spatangus  Klein, 

Spatangus  corsicus  Agass.  e  Desor.  (Airagih  C,  Echinidi  del  ba- 
cino della  Bormida.  Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVIII,  1899, 
pag.  39)  cnm.  syn. 

Specie  piuttosto  rara,  con  esemplari  di  buona  conservazione  e  di 
forma  tipica. 

Finora  fu  raccolta  abbondante  nel  Miocene  medio  del  Piemonte,  della 
Sai'degna  e  della  Corsica;  il  De  Loriol  {fJchinid.  tert.  dii  Portugal. 
Direct,  des  trav.  géol.  du  Portug.,  pag.  47)  la  cita  altresì  fra  i  fossili 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    l'ALEOXTOLOGIA,    ECC.  Zòo 

del  bacino  del  Tago,  ma  senza  indicazione  precisa  del  piano  di  pro- 
venienza. 

Il  Mazzetti  però  la  rinvenne  ancho  nella  molassa  serpeniinosa  presso 
Salto  (Mo)itese). 

Gli  esemplari  elio  io  liu  raccolto  furono  studiati  dai  dott.  Airaghi  e 
provengono  dalle  arenarie  di  C.  Ferri. 

(ieu.  Pericosmus  Agassiz. 

Pericosmiùs  spatangoides  De  Loriol  (Aikagiii  C,  Echiaidi  del  bacino 
della  Bormida,  pag.  35,  tav.  VII,  lìg.  6  a-c-)  cani.  s/jn. 

Numerosi  esemplari,  alcuni  raccolti  recentemente  e  di  buona  conser- 
vazione. 

Questa  specie  è  propria  del  Terziario  inferiore;  il  dott.  Botto-Micga 
[Gontribiu.  allo  Slud.  degli  Ecìiinid.  terz.  del  Pieni.  Boll.  Soc.  Geolog. 
ital.  Voi.  XV,  pag.  25)  la  citò  pel  primo  in  Piemonte  nel  Tongriano 
di  Garcare,  successivamente  il  dott.  Airaghi  la  rinvenne  anche  fra  i 
fossili  di  Dego,  esistenti  nella  collezione  Mighelotti  (Roma);  il  Da- 
mes {Bie  Ecìiiii.  der  Vicent.  un  Veroti.  Tertiàr-Ablag .  Paleoutogra- 
phica,  1877,  pag.  64)  ed  il  Bittner  {Beitràg.  sur  Keanlniss.  Alttert. 
Echin.  Fauneii  der  Slidalpen^  1880,  pag.  66  e  100)  l'avevano  già 
annoverata  fra  i  fossili  eocenici  di  San  Giovanni  Ilararione  (Veneto),  ed 
il  De  Loriol  [Bescrip.  des  Ecliinid.  foss.  de  la  Suisse.  Mem.  d.  la 
.Soc.  Pai.  Suisse,  pag.  112)  fra  quelli  eocenici  di  Trittfluh  presso  Ein- 
sieldeln,  e  di  Stoeckweid  (cantone  di  Scìuvgt:). 

Il  dott.  Airaghi  ha  già  illustrato  parecchi  esemplari  di  questa 
specie  rinvenuti  presso  C.  Ferri,  recentemente  io  l'ho  riscontrata  anche 
nel  calcare  di  Acqui  ed  in  quello  di  Visone. 


28i  G.    DE    ALKSSAXUKI. 

Pericosmus  Marianii  Airag.  (Airaghi  C,  Echmidi  del  bacino  della 
Bormida,  pag.  37,  tav.  VII,  fig.  7  a-d). 

Specie  assai  rara  ;  apparlieue  secondo  I'Airaghi  al  gruppo  del  l\  moit- 
ievialensis  Dames  dell'Oligocene  del  Vicentino. 

Proviene  dalle  arenarie  del  Ravanasco  presso  G.  Ferri. 

Gen.  Echinolampas  Gray. 

Rehiaolampas  plagiosomus  Agass.  sp.  (Airaghi  C.,  Echinidi  del  ba- 
cino della  Bormida^  pag.  24)  cum.  sjjn. 

È  questa  la  specie  caratteristica  delle  formazioni  aquitaniaue  dei  din 
torni  di  Acqui.    Si  riscontra   frequente  ovunque  ;   nel   calcare   e  nella 
arenarie  di  Acqui,  nel  calcare  di  Visoue,  nelle  arenarie  del  Monte  Stre- 
gone (Lussito),  in  quelle  di  G.  Ferri,  al  Bricco  presso  Grognardo,  ed  al 
Monte  Gapriolo  presso  Cavatore. 

Questa  specie  dell'Agassiz  fu  per  lungo  tempo  ascritta  al  gen.  Cc- 
nocl>j2)eus.  Il  De  Loriol  pel  primo,  ^  successivamente  il  Gotteau^  di- 
mostrarono sovratutto  per  i  caratteri  del  peristoma  e  del  periproto  la 
sua  spettanza  al  gen.  Echinolampas;  recantemente  fu  riferita  al  nuovo 
gen.  Conolampas  dall' Agassis  (Alessandro),  ma  io  ritengo  tale  riferi- 
mento non  giustificato. 

Essa  è  comunissima  nel  Miocene  d'Italia  e  dell'  Europa  in  genere, 
il  Mazzetti  però  [Echinod.  foss.  di  Moni.,  pag.  16)  la  cita  nella  mo- 


1  De  Loriol.  Monog.  dés  Echinid.  coni,  dans  les  couches  nummulit.  de 
l'/'Jgypte.  (Móm.  d.  1.  Soc  Pliys.  et  Hist.  Nat.  do  Genove.  Tom.  XKVII,  1880, 
pag.  77.) 

2  GOTTEA.U  G.,  Paléont.  Frane.  Terr.  terz.  (Eocène).  Echinides.  Tom.  Il, 
pag.  194.  —  Déscript.  des  Échinldes  miocènes  de  la  Sardaigne.  (Móm.  de  la 
Soc.  Góol.  d.  France.  Tom.  V,   1805,  pag.  31.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  2S5 

lassa  di  Santa  Maria  Vigliana  e  di  Moiitese,  il  Manzoni  nelle  arenarie 
di  Monte  Titano  (Rep.  d.  San  Marino)  ed  il  De  Loriol  nell'Eocene 
d' Egitto. 

Geo.  Coptosoma  Desor. 

Coptosoma  Alexandra  Airag.  (Airagiii  C,  Echinidi  del  bacino  della 
Bormida,  pag.  1),  tav.  Vi,  fig.  1.) 

Specie  assai  rara  ;  l'unico  esemplare  è  quello  descritto  e  figurato 
dal  dott.  Airagiii  ;  proviene  dalle  arenarie  del  Ravanasco  presso  C.  Ferri, 
e  fu  ad  errore  dall'AiRAGHi  indicato  nelle  arenarie  di  Acqui. 

Gen.  Flabellum  Lesson. 

Flabellum  eMensum  Miclit.  ^  (Slmonelli  V.,  Antozoi  lìliocemci  del 
Ponticello  di  Savena  presso  Bologna.  Palaeoniographica  ita- 
lica. Voi.  I,  pag.  153)  cmn.  sijn.  —  Tav.  I,  fig.  13. 

Numerosi  esemplari,  i  piii  sviluppati  dei  quali  hanno  un'altezza 
di  36  millm.  circa,  mentre  il  diametro  maggiore  è  di  circa  49  millm.; 
il  margine  superiore  è  curvato  ad  arco,  lo  sviluppo  del  quale  varia 
da  100"  a  120°;  le  faccie  di  compressione  sono  quasi  piane  o  lieve- 
mente curve  verso  la  regione  centrale. 

Questa  specie,  tuttora  vivente,  ha  una  grande  diffusione  nel  Pliocene 
d'Italia  (Piemonte,  Piacentino,  Sicilia)  e  della  Catalogna  (De  Ange- 
Lis  G.,  Descript,  de  los  Antos.  foss.  Plioc.  de  Catalana,  pag.  21), 
come  pure  nel  Miocene  superiore  e  medio  dell'llalia  (Piemonte,  Sici- 
lia, ecc.)  della  Francia,  del  Belgio,  della  Spagna  e  dell'Australia. 


1  Colgo  l'occasione  per  ringraziare  vivamente   la   signorina   E.  Osasco    por    i 
preziosi  consigli  che  mi  ha  suggerito  nella  determinazione  di  questa  specie. 

Voi,  \x.xi.x.  19 


286  G.    DE   ALESSANDRI. 

Il  Sequenza  però  {Formai,  terz.  prov.  di  Reggio j  pag.  5G)  rac- 
colse questa  specie  anche  neWAquitaniano  di  Siilo. 

Io  l'ho  rinvenuta  frequente  nel  calcare  e  nelle  arenarie  di  Acqui  e 
nelle  arenarie  del  Ravauasco  presso  C.  Ferri, 

Gen.  Lithothamnium  Philippi. 

Lithothamnium  undulatum  Gaped.  (Gapeder  G-.,  Contribuzione  allo 
stitdio  dei  Litotamni  terziari  del  Piemonte^  pag.  10,  tav.  I, 
fig.  8-) 

Ho  riferito  a  questa  specie  del  dott.  Gapeder  uq  gran  numero  di 
esemplari  di  grandi  dimensioni,  ed  il  riferimento  mi  è  stato  altresì 
confermato  dal  dott.  Gapeder  stesso,  al  quale  spedii  parte  del  mate- 
riale. È  una  specie  facilmente  distinguibile,  sia  per  la  sua  forma  esterna, 
sia  per  le  dimensioni  dei  concettacoli  e  delle  celle,  le  quali  negli  esem- 
plari esaminati  sono  : 

(     lunghezza   inni.     0.300. 

Concettacoli.    -.li,  r,  kc- 

\     altezza  »       0.1  Go. 

j     lunghezza      «       0.0087. 

^^^^^ \    altezza         «       0.0326. 

Questi  Lithothamnium  sono  oltremodo  abbondanti  nel  calcare  di  Acqui 
è  nelle  arenarie  ad  essi  sovrastanti,  come  pure  nelle  arenarie  della 
valle  del  Ravanasco  presso  G.  Ferri. 

Probabilmente  deve  riferirsi  a  questa  specie  il  L.  racemus  Aresch., 
che  il  prof.  Trabucco  dice  riscontrarsi  abbondantissimo  attorno  ad 
Acqui. 


APPUMI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  287 

Geo.  Paleodictyon  Meneghini. 

Paleodlctìjoii  rahiconis  Scarab.  (Scarabelli  G.,  Descriz.  della  Carta 
geolog.  del  vermut,  settentr.  dell'Appennino  fra  il  Montone  e 
la  Foglia.  Monog.  statistic,  ecouom.  ammiuist.  della  Prov.  di 
Forlì.  1880,  pag.  47.) 

Fossile  frequente  in  tutta  la  regione  e  nei  diversi  piani  della  serie 
miocenica. 

Credo  io  pure  col  De  Stefani  che  a  P.  rubiconi^,  specie  descritta  già 
dal  1880  dal  Senatore  Scarabelli,  debba  riferirsi  il  P.  tectiforme 
Sacco  fondato  sopra  alcuni  esemplari  dQÌVMvezianó  delle  Langhe  nel- 
r  anno  ISSO.  (Sacco  F.,  Int.  ad  ale.  imp.  organ,  dei  terr.  terz. 
del  Piem.  Att.  R.  Acc.  Se.  di  Tor.  Vol.  XXXI.) 

Il  P.  rubiconi^  si  riscontra  abbastanza  frequente  nel  Tongriano  dei 
dintorni  di  Forlì  e  presso  Sogliano  (Capellini,  Giac.  petrol,  di  Valac- 
chia^ pag.  30-36j;  il  Trabucco  (//  Langìi.  della  Prov.  di  Firenze. 
Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XIV)  lo  cita  nel  Langìiiano  della  Prov.  di 
Firenze  e  in  quello  dell'alto  Monferrato;  esso  è  pure  frequente  udVElve- 
ziano  delle  Langhe  e  di  Moùtabone  (vai  Bogliona). 

Io  ho  raccolto  numerosi  esemplari  riferibili  a  questa  specie  lungo  il 
torrente  Piavanasco,  in  massi  arenacei,  ed  in  lastre  franate  dalle  sponde 
vicine;  l'ho  pure  riscontrato  presso  Ponti,  ove  lo  cita  anche  il  De  Ste- 
fani {Afjen.  fra  l'Alt,  e  la  Pole,  pag.  252). 

Del  genere  Paleodictyon  si  ò  recentemente  occupato  con  accurate 
ricerche  bibliograficho  il  prof.  Sacco  (Note  sur  r  origine  des  Paleo- 
dictyon. Bull  d.  l.  Soc.  Belge  de  Géol.  Tom.  XXIII,  1899)  il  quale 
conchiuse  doversi  considerare  questo  fossile  come  originato  dal  movi- 
mento ondoso  delle  acque.  '' 


1  Riguardo  a  tali  curiose  impronto,  ho  potuto  stabilirò  in  questi  ultimi  tempi 
alcune  osservazioni,   che  potrebbero  spiegarne  la  probabile  origine.   Già  da  alcuni 


288  G.    DE    ALESSANDRI. 


* 
*    * 


Dall'  esame  di  questa  fauna  si  scorge  facilmeiilo  come  essa  sia  co- 
sliluita  (la  un  predominio  di  forme  mioceniche,  anzi,  diciamolo  subito, 
da  numerosissime  specie  elveziane. 


anni  io  avevo  osservato  nei  mesi  di  Luglio  e  di  Agosto  lungo  i  torrenti  delle 
falde  apenniniche,  ove  l'acqua  più  stagnava,  zone  con  reticolazioni  esagonali,  le 
quali  per  la  loro  forma  e  le  loro  dimensioni  corrispondevano  assai  a  quelle  che  si 
distinguono  col  nomo  di  Paleodlcttjon,  e  tali  reticolazioni  si  distinguevano  solo,  ove 
più  numerosi  pullulavano  i  girini  dei  comune  Bufo  vulgaris. 

Lo  scorso  estate,  trovandomi  in  Acqui  verso  la  fine  di  Luglio,  rinvenni  nume- 
rose plaghe  reticolato  lungo  il  torrente  Ravanasco.  Le  celle  esagonali  avevano  una 
larghezza  pressapoco  di  3  centimetri  ed  una  profondità  di  2  centimetri  all'incirca. 
1  girini  vivevano  sul  fondo  melmoso,  in  parte  isolati  occupando  ciascuno  una  cella, 
ed  in  parte  verso  il  centro  dei  ristagni  addossati  in  ammassi  informi.  Essi  conti- 
nuamente spostandosi,  nel  distaccarsi  dal  fondo  agitavano  colla  coda  la  melma,  la 
quale  si  sollevava  intorbidando  l'acqua  e  veniva  in  parte  asportata  ed  in  parte 
ricadeva  nuovamente  in  basso,  accumulandosi  sempre  più  sui  setti  di  separazione 
fra  le  celle,  i  quali  ingrossavano  e  si  elevavano  rapidamente.  I  Latraci  passando 
così  senza  posa  da  una  cella  all'altra  producevano  continuatamente  lo  stesso  effetto 
e  quindi  progrediva  l' escavazione  dell'area  cellulare.  Lo  spazio  compreso  fra  due 
celle  attigue  corrispondeva  appunto  all' estensione  degli  sbalzi  successivi,  dimodoché 
ogni  cella  rappresentava  una  sosta  dell'animale  durante  il  suo  cammino  ordinario. 
Osservato  a  lungo  tali  impronte,  e  scolta  una  località  non  disturbata,  intrapresi 
su  di  esse  alcune  osservazioni,  cho  andai  man  mano  compiendo  nei  giorni  successivi. 

Disfeci  dapprima  colla  mano  un  buon  numero  di  tali  reticolazioni  e  scorsi  dopo 
pochissimo  tempo  come  osse  nuovamente  si  riproducevano,  ma  più  distintamente 
spiccavano,  e  più  rapido  ricomparivano  ove  maggiore  era  il  numero  dei  girini.  Iso- 
lai in  seguito  con  una  barriera  di  sassi  un  esteso  lombo  del  mio  campo  di  osser- 
vazione, dopo  averne  allontanalo  gli  abitanti  irrequieti,  e  ne  uguagliai  il  suolo,  ma, 
durante  tutto  il  periodo  trascorso  nelle  mie  investigazioni,  più  non  scorsi  traccia 
di  impronte  reticolate.  Invece  in  un  altro  recinto,  che  io  avevo  lasciato  libero  per 
una  limitata  apertura  alle  visite  dei  piccoli  balraci,  osservai  nei  giorni  successivi 
riprodursi  a  poco  a  poco  le  reticolazioni,  lo  quali  presentavano  una  leggera  conver- 
genza verso  il  punto  di  entrata. 

in.  tutti  questi  luoghi  il  movimenlo  ondoso  dell'acqua  pareva  nullo,  perchè  essa 
stagnava  tranquilla  nel  fondo  incassato  del  torrente,  il  quale  verso  la  metà  di 
Agosto  si  era  ossicato  lasciando  raro  pozze,  ovo  numerosi  si  raccoglievano  gli  an- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  289 

Il  Mayer,  ^  il  Sequenza,  -  il  Depéret,  ^  ed  il  Sacco  ''*  avevano  già 
riscontrato  tale  analogia  nelle  faune  aquitaniaue  della  Svizzera,  della 
Calabria,  del  bacino  del  Rodano  e  dei  Colli  di  Torino. 


fibi.  Cercai  di  stabilire  con  più  precisione  il  fatto  e  scelta  un'altra  area  sgombra  di 
girini,  la  circondai  con  una  piccola  reticella  di  filo,  la  quale  impediva  bensì  l'ac- 
cesso agli  animali,  ma  per  la  sua  tenue  consistenza  e  per  le  sue  larghe  maglie 
non  era  tale  da  arrestare  i  movimenti  dell'acqua,  e  neppure  in  questa  zona  si  ri- 
produssero le  reticolazioni.  Negli  ultimi  giorni  di  Agosto,  per  compiuta  metamor- 
fosi, i  batraci  man  mano  abbandonarono  le  acque,  e  da  quell'  epoca  in  avanti  più 
non  scorsi  traccia  di  nuove  impronte. 

Dietro  tali  osservazioni  a  me  sembri  che  il  gen.  Paleodlctyon  potrebbe  rite- 
nersi come  originato  dall'opera  di  animali  marini,  che  vivessero  a  guisa  dei  girini 
sui  fondi  dei  litorali.  Esse  confermano  pienamente  le  ricerche  in  proposito  del  Silliman 
e  del  Hitchcock.  11  Silliman  infatti,  avendo  già  fin  dal  1850  (Silliman  B.,  Mee- 
ting of  the  American  Association  for  the  advancement  of  Science.  New-Haven, 
1850)  osservato  cavità  sferoidali  in  banchi  siluriani  del  Niagara  Group  di  New- York, 
le  ritenne  come  prodotte  da  girini,  mentre  contemporaneamente  il  dott.  N.  S.  Manross 
osservava  che  cavità  identiche  erano  prodotte  dal  movimento  rotatorio  di  essi. 

11  prof.  E.  Hitchcock  nel  185G  (Hitchcock  E.,  Meeting  of  the  American 
Association  for  the  advancement  of  Science.  Albany,  1856),  senza  avere  cono- 
scenza dei  lavori  del  Silliman,  rinvenne  impronte  reticolate  simili  a  Paleodictyon  nel 
Red  Shales  di  South  Hadley  nel  Massachussetts  ed  avendo  egli  pure  scorto  le  stesse 
impronte  nelle  località  a  fondo  melmoso  del  South  Hadley,  impronte  che  egli  ritenne 
dovute  a  girini,  riconfermò  1"  ipotesi  del  predecessore  sopra  un'  identica  origine. 

E  l'anno  dopo  egli,  studiando  meglio  tali  reticolazioni  in  un  pantano  formato 
da  straripamento  del  fiume  Connecticut  si  convinse  vieppiù  che  esse  erano  prodotte 
da  batraci,  e  precisamente  dai  girini  della  Rana  fluviatilis  (?)  e  le  chiamò  città 
di  girini  o  meglio  nidi  di  girini. 

Successivamente  I'Hitchcock  stesso,  occupandosi  nel  1858  (Hitchcock  E.,  Ichno- 
logy  of  New-Engand.  Boston,  1858,  pag.  122,  tav.  XXI  e  L)  delle  arenarie  della 
valle  del  Connecticut,  chiamò  le  impronte  reticolale,  che  su  esse  si  presentavano, 
col  nome  di  Batracoides  dando  del  genere  la  diagnosi  seguente:  Animali  Latra- 
ciani,  analoghi  ad  alcune  specie  di  Rane,  e  ne  illustrò  due  specie. 

1  Mayer  C,  Catalogue  systémat.  et  déscript.  des  fossiles  des  terrains  ter- 
tiaires.  (Journ.  de  la  Soc.  de  Selene.  Nat.  de  Zurich.) 

-  Seguenza  G.,  Le  formazioni  terziarie  nella  Provincia  di  Reggio  Calabria. 
(Atti  R.  Accad,  dei  Lincei.  Serie  III.  Voi.  IV,  1880,  pag.  49  (estratto.)) 

^  Dépéret  M.,  Classification  et  parallélisme  du  systènie  Miocène.  (Bull.  Soc. 
Géol.  de  France.  Sèrie  III,  Tom.  XXI,  1899.) 

"*  Sacco  E.,  //  Bacino  terziario  del  Piemonte.  1889-90,  pag,  334, 


290  G.    DE    ALESSANDRI. 

A  differeuza  però  delle  faune  tipiche  elveziane  di  San  Gallo,  del  ba- 
cino di  Vienna,  dei  Colli  Torinesi,  in  essa  si  ricontrano  alcune  specie 
quali  il  Scymiius  trituratila  Wink,  sp.,  la  Thracia  Edward  Desh., 
VAxùiaea  bormicUana  May.  sp.,  il  Pericosmus  spatawjoides  De  Lor., 
proprie  dell'Oligocene  e  taluna  dell'Eocene  superiore  ;  ed  altre  alquanto 
dubbie,  quali  VAmpuUina  cf.  parmenm,  VHaustator  cf,  strangulatus 
Grat.  sp.,  il  Biscors  cf.  discrepans  Bast,  sp.,  le  quali  pure  raggiun- 
gono il  loro  maggiore  sviluppo  e  la  loro  più  ampia  dispersione  nel 
terziario  inferiore. 

Un  caso  anologo  si  verifica  anche  ueWAqiiitamano  del  bacino  di 
Vienna  (strati  di  Loibersdorf),  ove,  fra  un  complesso  di  specie  elve- 
ziane, il  SuESS  ed  il  FuGiis  rinvennero  alcune  specie  {Cardium  cìn- 
gulatum  Gold.,  Murex  capito  Pliil.,  Xenophora  cmnulans  Brongn.) 
schiettamente  oligoceniche. 

La  posizione  cronologica  di  questo  piano  è  pure  confermata  dal 
genere  Squalodon  (S.  Gastaldii  Brandt),  il  quale  anche  in  L'rancia, 
a  Bari  (valle  del  Rodano)^  compare  nello  stesso  orizzonte,  con  una 
specie  vicinissima,  lo  S.  harrieme  Jourdan,  specie  che  si  riscontra 
ancora  neWAqtiitaniano  dell'alta  Austria  (Linz)  e  nella  Bassa  Ba- 
viera (Bleichembach). 

Costituita  questa  fauna,  quasi  esclusivamente  dal  Benthos,  tanto  ses- 
sile, che  vaglie  (Lamellibr anelli ^  Cirripedi,  Echini,  Brachiopodi  e 
Coralli),  con  scarsi  rappresentanti  del  Nekton  (Cetacei,  Squali,  Ce- 
falopodi), essa  manifesta  nettamente  la  sua  formazione  in  un  mare 
basso  e  costiero,  ossia  nella  zona  a  laminarie,  come  d'altronde  la  sua 
costituzione  litologica  già  aveva  dimostrato. 

Tenendo  conto  separatamente  delle  specie  rinvenute  nelle  tre  località 
sopracitate,  si  scorge  la  conferma  di  quanto  la  stratigrafia  aveva  sta- 
bilito, cioè  come  la  fauna  delle  arenarie  di  C.  Ferri  sia  alquanto 
più  antica  di  quella  del  calcare  di  Acqui,  e  presenti  maggiori  alTinità 
con  quella  del  calcare  e  delle  iironario  di  Visone,  mentre  quella  di 
Acqui  stabilisce  un  evidente  passaggio  alle  faune  langhiano.  Dalle  ana- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  291 

logie  che  la  faima  di  quest'  ultime  località  ha  con  quella  laiighiaua, 
trassero  argomento  alcuni  geologi,  che  si  occuparono  di  queste  regioni, 
per  negare  la  presenza  ùeìVAquitamano,  facendo  risaltare  come  carat- 
tere di  grande  valore,  la  presenza  in  esse  MV  At  uria  Aturl  e  dei 
Pteropodi. 

Premetto  che,  per  quante  minuziose  indagini  io  abbia  fatto  nei  din- 
torni delle  Terme  di  Acqui  ed  a  Visone,  io  non  sono  riuscito  a  rinve- 
nirvi avanzi  di  Pteropodi,  ma  con  ciò  io  non  voglio  negare  la  loro  pre- 
senza in  altre  località  vicine  deìVAquitamano^  anzi  ritengo  fermamente 
che  essi  possano  trovarsi  abbastanza  numerosi  in  tale  formazione. 

Riguardo  zWAtwria  Atun_,  non  credo  sia  il  caso  di  soffermarsi  per 
discuterne  lo  scarso  valore  stratigrafico  e  cronologico,  perchè,  come  ho 
già  altrove  fatto  osservare,  la  specie  dall'Eocene  (Suessoniano)  di 
Londra  passa  all'  Oligocene  ed  è  ditliisa  in  tutto  il  Miocene,  ove  si 
estingue  nella  parte  superiore  (Tortoaiam). 

In  quanto  ai  Pteropodi,  osserverò  io  pure  coli'  amico  dott.  Bona- 
RELLi  1  come  essi  non  bastino  assolutamente  a  determinare  la  precisa 
età  di  un  terreno,  sia  perchè  si  presentano  ad  avere  specificamente  una 
distribuzione  assai  ampia,  sia  perchè  fanghi  a  Pteropodi  possono  es- 
sersi benissimo  depositati  in  tutti  i  periodi  del  terziario. 

Così  nel  bacino  eocenico  di  Parigi  le  ricerche  del  Lefèvre  e  del 
Vatelet,  2  quelle  del  Dollfuss  e  Ramond,  ^  e  recentemente  quelle  del 
Gossmann  ^  hanno  dimostrato  la  presenza  di  parecchie  specie  di  Pte- 


1  BoNARELLi  G,,  Alcune  formazioni  terziarie  fossilifere  dell'Umbria.  (Boll. 
Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVII,  1899,  pag.  486.) 

2  Lefèvre  et  Vatelet,  Note  sur  des  Pteropodes  du  genre  Spirialis  décou- 
verts  dans  le  bassin  de  Paris.  (Annales  de  la  Société  Malacolog.  de  Belgique. 
Tom.  XV,  1870.) 

2  Dollfuss  et  Ramond,  Liste  des  Pteropodes  du  Terrain  Tertiaire  Parisien. 
(Annales  de  la  Société  Malacolog.  de  Belgique.  Tom.  XX,  1885.) 

■*  GosMANN  M.,  Catalogue  illustre  des  coquilles  fossiles  de  l'Eocène  des  en- 
virons de  Paris.  (Annal.  de  la  Soc.  Roy.  Malacolog.  de  Belgique.  Tom,  XXVI, 
1891.) 


292  G.    DE   ALESSANDRI. 

ropodi,  ed  ia  Italia  il  Lotti  dapprima  nelle  formazioni  maruoso-are- 
nacee  (macigno)  dell'Apennino  settentrionale,  formazioni  che  egli  riferì 
all'Eocene,  1  riscontrò  numerosi  avanzi  di  essi,  e  più  tardi  il  Sacco - 
li  rinvenne  pure  abbondanti  in  marne  friabili  bartooiane  dell'Apen- 
nino romagnolo.  Nell'Oligocene  furono  riscontrati  dal  Rolle  '  nella  Ger- 
mania del  Nord,  e  dal  Ludwig  nel  Belgio,  -^  mentre  il  Fuchs  dapprima  ■' 
ed  il  SiMONELLi  dipoi  ^  illustrarono  parecchie  specie  deWAquitamano 
di  Malta. 

Gli  studi  poi  del  Bellardi,  ^  dell'  Hurnes,  ^"^    del  Mayer,  '  del   Se- 
GUEXZA,  1*^  del  Simonelli,  '^  dell' AuDENiNO,  ^-  del  Vixassa,  ^^  del  De 


1  Lotti  B.,  Sull'Eocene  dell'Appennino  selterdrionale  e  toscano.  (Boll.  R. 
Goinit.  Geol.  d'Ital.  Tom.  XXVI,  XXVII,  XXXI,  1895-96-99.) 

2  Sacco  F.,  L'Appennino  settentrionale.  Parte  IV.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital. 
Voi.  XVIII.  1899,  pag.  366.) 

3  RoLLE  F.,  Ueber  einige  neue  oder  wening  gekannte  Mollusken-Arten  aus 
tert.  ablag.  (Sitz.  d.  Kais.  Akad.  der  Wissensch.  Wien.  Bd.  XLIV,  1861.) 

-*  Recentemente  mi  fu  comunicato  dal  Sig.  A.  Colla  un'  esemplare  di  Balantium 
sp.  raccolto  nello  Stampiano  di  Taglioio. 

5  Fuchs  T.,  Das  alter  der  Tertmrschichten  von  Malta.  (Sitz.  der  Kais. 
Akad.  der  Wissensch.  Wien.  Bd.  LXX,  pag.  99,  1875.) 

'  SiMONELLi  V.,  Di  un  nuovo  Pteropode  del  Miocene  di  Malta.  (Boll.  Soc. 
Geo!.  Ita!.  Voi.  XIV,  1895.) 

"  Bellardi  L.,  /  Molluschi  dei  terreni  terziari  del  Piemonte  e  della  Li- 
guria. Parte  I,  1873,  pag.  23. 

^  HoRNES  M.,  Fossil.  Moli,  des  Tert.-Beckem  von  Wien.  Bd.  I,  1885. 

'■>  Mayer  G.,  Description  des  coquilles  des  terrains  tertiares,  ecc.  (Journal  de 
Gonchigl.  Voi.  XVI,  pag.  100  e  seg.,  1868.) 

1"  Sequenza  G.,  Paleontologia  malacologica  dei  terreni  terziari  di  Messina, 
Pteropodi  ed  Heteropodi.  (Mem.  Soc.  Ita!.  Scienz.  Nat.  Voi.  II.  Milano,  1867.) 

11  Simonelli  V.,  Sopra  due  nuovi  Pterdpodi  delle  argille  di  Siviszano  nel 
Parmense.  (Boli.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XV,  1896,  pag.  182)  ed  Appunti  sopra  la 
fauna  e  l'età  dei  terreni  di  Vigoleno.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XV,  1896, 
pag.  339.) 

12  Audenino  F.,  I  Pteropodi  Miocenici  del  Monte  dei  Cappuccini  in  Torino. 
(Boli,  della  Soc.  Malacoi.  Italiana.  Voi.  XX,   1897.) 

13  VixASSA  P.,  Sopra  un  nuovo  Pteropode  del  Miocene  del  Bolognese.  (Ri- 
vista Ital.  di  Paleont.  Anno  IV,  fase.  3,  1898,  pag.  83.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  293 

Angelis  ^  ecc.,  ci  dimostrauo  altresì  che,  olirò  ad  essere  i  Pteropodi 
frequenti  nel  i\lioc0ne  inferiore  e  medio,  essi  lo  sono  anche  in  quello 
superiore  e  nel  Pliocene. 

In  alcune  località  del  ]\Iiocene  medio  (Elveziano),  quali  ad  esempio 
al  Monte  dei  Cappuccini  presso  Torino,  essi  costituiscono  veri  fanghi 
caratteristici. 

E  che  i  Pteropodi  siano  di  scarso  sussidio  alla  cronologia  dei  ter- 
reni, lo  dimostra  facilmente  la  grande  persistenza,  che  essi  presentano 
nella  serie  stratigrafica.  Invero  dagli  studi  che  il  Kittl  ha  fatto  su 
quelli  del  Miocene  ungherese  -  risulta,  come  sopra  18  specie  illustrate 
9  siano  tuttora  viventi  nei  nostri  mari,  ed  è  pure  noto  come  la  Spina- 
lis liospes  Eolie,  comparsa  nell'  Oligocene  superiore  della  Germania, 
si  riscontri  ancora  vivente  nel  Mediterraneo. 

Anche  riguardo  alla  loro  dispersione  batimetrica  si  hanno  cifre  assai 
varie;  infatti,  mentre  dagli  scandagli  del  Travailleur  e  del  Challenger, 
resi  noti  per  la  parte  che  riguarda  i  Pteropodi  dal  Fischer  ^  e  dal 
Pelsener,  ^  si  sa  che  essi  vivono  abbondanti  nelle  profondità  marine, 
ove  formano  i  noti  fanghi  a  Pteropodi,  in  profondità  non  superiori  a 
1200  metri,  ossia  nella  zona  fra  i  depositi  litorali  e  quelli  a  globi- 
gerine,  da  quelli  del  Murray  ''  risulta  che  essi  si  riscontrano  anche  a 
profondità  assai  minori,  e  che  sono  pure  numerosissimi  in  depositi  poco 


1  De  Angelis  G.,  Contribuzione  allo  Studio  Paleontologico  dell'Alta  Valle 
dell'Amene.  (Boll.  Soc.  Geo).  Ital.  Voi.  XVI,  1897,  pag.  29G.) 

2  Kittl  E ,  Weber  die  mioc.  Pteropoden  van  Oesterreich  -  Ungarn,  ( Annal. 
d.  K.  K.  Naturh.  Hofmusoums.  Bd.  1.  Wien,  1886.) 

•^  Fischer  P.,  Diagnoses  des  espcces  nouvelles  des  mollusques  recueillies 
dans  le  cours  des  explorations  du  Travailleur.  (Journ.  de  Gonchigliol.  Tome 
XXX,  1881.) 

^  Pelsener,  Report  on  the  Pteropoda  collected  bg  II.  M.  S.  Cìiallenger. 
(Rep.  on  the  scene.  Res.  of  H.  M.  S.  Challenger  Zool.   Voi.  XXIII,  1888.) 

3  Murray,  Report  on  Deep.  Sea.-Deposit.  band  on  the  specimen  collected 
during  the  vogage  of  the  Challenger.  Trad.  A.  Daubrée.  (Bull.  Soc.  Belg.  do  Geo!. 
Tom.  VII.  1897.) 


29-4  G.    DE   ALESSANDRI. 

profondi  vicino  alle  terre  tropicali,  ed  eccezionalmente  presso  scogliere 
coralline  (alle  Antille  e  alle  Azzorre)  e  presso  isole  oceaniche. 

Tale  fatto  spiegherebbe  appunto  la  presenza  dei  Pteropodi,  nei  cal- 
cari e  nelle  arenarie  della  zona  aquitaniaua. 

Nel  Mediterraneo,  come  gli  studi  del  Gatraixe,  ^  del  Costa,  -  del 
Benoit,  ^  del  Philippi,  ^  del  Tiberi  ■'  e  di  tanti  altri  hanno  stabilito,  ri- 
sulta come  essi  siano  abbondanti  lungo  le  spiaggie  aperte,  ed  in  alto 
mare,  ove  vivono  raramente  isolali,  per  lo  più  in  istuoli  numerosi,  le 
spoglie  dei  quali  si  accumulano  sui  fondi  e  lungo  i  litorali. 

La  loro  area  zoologica  ò  pure  assai  sviluppata,  e  le  stesse  specie  si 
riscontrano  nelle  regioni  più  lontane  sia  nell'Atlantico  che  nel  Pacifico. 

E  dagli  studi  recenti  del  Tate  ^  risulta  pure,  che  nell'  Eocene  del- 
l'Australia si  riscontrano  generi  e  specie  di  grandissima  allìnità  con 
quelle  conosciute  nei  depositi  terziari  dell'Europa, 

La  faujia,  che  io  ho  illustrato,  presenta  strette  analogie  colle  faune 
aquilaniane  di  Saucats,  di  Leognan  e  di  Merignac,  nel  bacino  della  Dor- 
dogna,  con  quelle  dei  faluns  di  Sausset  nella  valle  del  Rodano,  e  con  quelle 
delle  molasse  e  coi  calcari  a  Pecten  Holgeri  di  Eggenburg,  Gauden- 
dorf  e  Loibersdorf  del  bacino  di  Vienna,  ciò  che  manifesta  una  proba- 
bile comunicazione  durante  l'epoca  aquitaniaua  di  tutte  queste  regioni, 
comunicazione  che  doveva  esistere  a  Sud  della  catena  pirenica,  pro- 
babilmente attraverso  il  bacino  del  Guadalquivir. 

Essa  dimostra  anche  come  V Aqmtaniauo  paleontologicamente  pre- 
senti grandi  affinità  col  Miocene  e  quindi  sia  cosa  naturale  il  disgiun- 


1  GA.TRAINE,  Malacologie  méditerannéenne.  Bruxelles,  i8i0. 

2  Costa  0.  G.,  Fauna  del  Regno  di  Napoli.  Animali  Molli.  Napoli,  18-il. 

3  Bénoit,  Ricerche  maiacologiche.  Messina,  1813. 

•*  PiiiLii'Pi  A.  11.,  Fauna  molluscoram  Regni  ulriusjue  SiciUae.  Voi.  II, 
1844. 

'•>  TtcERi,  Cefalopodi,  Pteropodi  ed  Ileteropodi  viventi  nei  Mediterraneo  e 
fossili  nei  terreni  terziari  italiani.  (Boll.  Soc.  Malac.  Voi.  VI,  1780.) 

fi  Tate  R.,  .4  Review  of  the  older  Ttrl.  Moll mca  of  .Australia.  (Transl.  of 
the  Roy.  Society  of  South  Australia.  Vol.  XXIII,  part.  2,  1809,  pag.  2C0.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  295 

gerlo  dall'  Oligocene,  come  recentemeiite  hanno  fatto  il  I.'enevier,  ^  il 
Sacco,  ^  ed  il  P'allot.  ^ 

L'avere  scisso  il  Langhiano  tipico  di  Pareto  in  due  piani  diilerenti 
Aquitaniano  e  Langhicuio  (strictu  sensu)  sembra  cosa  abbastanza 
naturale,  imperciocché  la  loro  costituzione  litologica  e  la  loro  fàuna 
sono  ben  distinte  e  caratteristicamente  diverse. 

Che  questi  due  piani  Aquitaniano  e  Langhiano  corrispondano  poi 
in  realtà  a  due  formazioni  depositate  successivamente  in  due  diversi  pe- 
riodi, non  vorrei  aliermare.  Anzi  a  me  sembra  cosa  probabile  l'ammet- 
tere, come  ammisi  riguardo  ai  due  piani  dell'Oligocene,  che  essi  rap- 
presentino due  facies  una  litoranea  e  l'altra  pelagica  di  un  deposito 
sincrono,  al  quale  nella  serie  cronologica  spetterebbe  naturalmente  l'an- 
tico nome  di  Langhiano. 

Con  ciò  io  sono  ben  lungi  dall'accettare  pel  rimanente  del  Miocene 
l'ipotesi  del  De  Stefani,  ^  la  quale,  come  già  dissi,  considera  i  differenti 
piani  del  Miocene  (Langhiano^  Elveziano,  Tortomano,  MessinianoJ^ 
corno  facies  differenti  di  una  formazione  sincrona  ;  ma  di  essa  mi  oc- 
cuperò partitamente  più  oltre. 

Ad  oriente  del  profilo  esaminato  V Aquitaniano  si  restringe  in  una 
stretta  zona,  che  da  Visone  si  dirige  verso  Gremolino,  comprendendo 
le  alture  a  Sud  di  Morsasco  e  di  Trissobbio.  Inferiormente  esso  pre- 
senta il  banco  calcareo,  che  man  mano  assottigliandosi,  cede  il  campo 
alle  arenarie,  mentre  nella  parte  superiore  ricompaiono  i  soliti  strati 
arenacei  compatti,  alternati  da  marne  azzurrine  o  gialliccie. 


1  Renevier  e.,    Chronographe    Géologique.  (Corapte-Rendu  du  Congrès  géo- 
logique  international.  Lausanne,  1897,  pag.  5G2.) 

2  Sacco  F.,  Sur  la  classification   des  terrains  tertiares.  (Gorapte-Rondu  du 
Congrès  géologique  international.  Lausanne,  1897,  pag.  317.) 

3  Fallot  C,  Sur  la  classification  du  néogène  inférieur.   (Extr.   d.  Compte- 
Rendu  de  la  séance  de  la  Soc.  Géol.  d.  France  du  19  juin  1893,  pag.  78.) 

^  De  Stefani  C,  Les  terrains  tertiaires  supérieurs  du   bassin  de  la  Medi- 
terranée. (Anna),  de  la  Soc.  Góol.  de  Belgique.  Tom.  XVIII,  1891.) 


296  Cr.    DE    ALESSANDRI. 

Lq  direzione  degli  strati  è  quasi  sempre  da  Ovest-Nord-Ovest  ad 
Est-Siid-Est,  la  loro  inclinazione  è  di  15"  circa  Nord-Nord-Uvest.  La 
tectonica  è  abbastanza  regolare.  L'ing.  Bianchi^  cita  piccoli  disturbi 
locali  presso  la  C.  Quartina,  in  vicinanza  di  Visone  ed  altri  io  ho  ri- 
scontrato sulle  rive  della  Bormida,  in  vicinanza  dei  Bagni  detti  di  Mon- 
tecatini ;  ma  veri  importanti  disturbi  stratigrafici  si  osservano  solo  nella 
regione  compresa  fra  Trissobbio  e  Roccagrimalda,  ove  il  Miocene  medio 
costituisce  un'ampia  anticlinale,  della  quale  fu  abrasa  la  cerniera.  La 
denudazione  di  questi  strati  fu  certamente  assai  profonda  giudicandone 
dalla  parte  asportata  in  questa  piega.  Nella  valle  della  Stura  la  zona 
aquitaniana  va  sempre  più  restringendosi,  presentando  ovunque  la  sua  ti- 
pica costituzione  litologica  e  la  quasi  completa  mancanza  di  ogni  avanzo 
fossile,  ove  si  eccettuino  impronte  di  Paleodictyon,  traccie  di  Zoo- 
jìhicos  e  gusci  di  Teredo^  sempre  però  di  pessima  conservazione. 

L' ameno  bacino,  ove  giace  la  città  di  Ovada,  fu  originato  da  una 
potente  abrasione  dell'Orba  e  della  Stura,  nelle  marme  scistose  dello 
Stampiano.  Esso  venne  limitato  a  Sud  da  una  ferace  distesa  di  colline, 
costituite  dalla  zona  aquitaniana,  che  coi  suoi  banchi  arenacei  compatti 
costituì  un  valido  argine  all'  azione  erosiva  delle  acque.  Nella  valle 
del  torrente  Piota,  ad  Est  di  G.  Bricco,  in  alcuni  strati  marmosi  pro- 
fondamente alterati,  ho  raccolto  valve  di  Lepadidi,  e  rari  frammenti 
di  Molluschi  ;  ivi  però,  ed  in  tutta  la  regione  ad  Est  della  valle  della 
Stura,  mancando  alla  base  deìVAc/iùitamauo  il  grande  banco  arenaceo, 
il  suo  limite  inferiore  è  sovente  alquanto  indeciso  e  talora  allatto 
arbitrario. 

A  Nord  di  Lerina  o  di  Mornesc  i  banchi  arenacei  scistosi  e  psammi- 
tici  presentano  una  notevole  compattezza  ed  omogeneità,  che  li  rendono 
pregiati  materiali  da  taglio  e  da  costruzione,  nei  quali  però  frequenti 
inclusioni  carboniose  diminuiscono  talora  il  pregio  industriale. 


'  Bianchi  A.,  Op.  cit.,  pag.  7. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  297 

Nella  valle  della  Scrivia  YAquitaiUano  ha  la  facies  tipica  ed  una 
tectoiiica  assai  regolare. 

Ad  Occidente  dcdla  valle  del  Ravanasco  la  zona  acjuitaniàna  costi- 
tuisce tutta  la  collina  di  Cavatore  e  di  Melazzo,  spingendosi  a  Sui 
verso  Pouzone,  fino  al  Monte  Capriolo,  del  quale  costituisce  la  parte 
superiore.  Presso  C.  Croce  presenta  evidentissimo  il  banco  basale,  il 
quale  si  erge  a  picco  sulle  formazioni  sottostanti. 

L' arenaria  ivi  ha  colorazione  verdiccia  e  costituzione  glauconiosa, 
poco  compatta  ;  presenta  numerosi  avanzi  di  Bivalvi,  di  ottima  conser- 
vazione fra  i  quali  abbondantissimo  il  Pecten  ( Pseudamussiiim)  cor- 
neum.  Sow. 

La  disposizione  stratigrafica  è  regolare  in  tutta  la  regione,  eccettuate 
le  vicinanze  di  Melazzo,  ove  lungo  la  Bormida,  presso  la  G.  Maddalena, 
e  lungo  l'Erro,  sotto  all'abitato,  si  hanno  pieghe  e  contorcimenti  assai 
pronunziati. 

Sulla  sinistra  dell'Erro  a  Castelletto,  a  Montecrescente  ed  a  Ponti  la 
plaga  aquitaniaua,  assai  mossa  ed  irregolare,  rivestita  da  folto  am- 
manto di  vegetazione,  acquista  uno  sviluppo  assai  rilevante,  raggiungendo 
in  alcuni  punti  l'elevazione  considerevole  di  538  metri  sul  livello  del 
mare,  cifra  però  che  non  rappresenta  ancora  il  massimo  di  elevazione 
aeWAquitaniano  perchè  più  ad  occidente,  nella  regione  compresa  fra 
le  due  Bormide,  al  Bric  Torrione  presso  Roccaverauo,  esso  raggiunge 
i  772  metri  di  altezza. 

Presso  borgata  Satragni,  come  già  il  De  Stefani  aveva  osservato,  sono 
frequenti  gii  avanzi  di  Molluschi  (Ostree  ^  Pecten,  Lucine  ^  Car- 
dium,,  ecc.),  di  Crostacei  e  di  Squali,  i  quali  sono  altresì  assai  abbon- 
danti" oltre  la  Bormida,  lungo  il  torrente  Orano  e  nel  rio  degli  Sponsi, 
sotto  San  Giorgio  Scarampi. 

La  regione  colJiuesca  posta  fra  le  valli  delle  due  Bormide  è  quasi 
completamente  costituita  da  depositi  aquitaniani,  i  quali  raggiungono 
ivi  il  loro  massimo  sviluppo  in  potenza  ed  estensione;  e  dai  dintorni 
di  Cortemiglia  piegando  a  Sud,  per  Peiiedo,  Serole,  Torre-Uzzoue,  Sca- 


293  Cr-    DE   ALESSANDRI. 

Ietta,  Geugio,  essi  si  spingono  nella  valle  del  Tauaro,  ove  nelle  vicinanze 
di  Cava  formano  un'ampia  plaga,  nella  quale  durante  i  lavori  per  la 
ferrovia  Savona-Torino,  furono  raccolti  abbondanti  avanzi  fossili,  però 
di  pessima  conservazione. 

Nella  parte  inferiore  di  questa  zona  i  banchi  arenacei,  grigiastri  e 
compatti,  sono  in  alcuni  punti,  come  a  Merana  e  sopra  Piana-Grixia, 
disturbati  da  locali  contorcimenti,  e  stabiliscono  una  precisa  delimita- 
zione coi  depositi  stampiaui  sottostanti;  ma  superiormente  le  marne  az- 
zurrine 0  gialliccie,  interstratificate  dalle  arenarie,  assumono  il  predo- 
minio sugli  altri  depositi  e  rendono  assai  incerta  la  linea  di  separa- 
zione col  Langhiano. 

Langhiano. 

Anzitutto  una  breve  digressione.  Si  è  cercato  in  questi  ultimi  tempi 
da  alcuni  distinti  geologi  di  sostituire  nella  nomenclatura  stratigrafica  dei 
terreni  terziari  il  termine  di  Bardigaliano  ^  a  quello  di  Langhiano. 
11  Depèret  dapprima,  il  Meunier-Ciialmas  ed  il  De  Lapparent  dipoi, 
in  seguito  il  Renevier  ed  il  Pellai  accettarono  questa  sostituzione, 
la  quale  fu  anche  recentemente  adottata  nella  colorazione  della  carta 
geologica  di  Francia. 

Ciò  è  evidentemente  in  urto  palese  con  tutto  le  regole  e  le  consue- 
tudini scientifiche. 

Infatti  ammettono  questi  autori,  come  il  Bitrdigaliano  corrisponda 
stratigraficamente  alla  serie  dei  terreni,  che  il  Suess  nel  bacino  di  Vienna 
ha  chiamato  /"  Piano  mediterraneo,  e  nel  quale  sono  compresi  supe- 
riormente lo  Schlier  (marne  ad  Atiiria  Aturi  e  Pteropodi)  ed  iufe- 
riormoute  gli  strati  di  Eggenburg,  Gaudeinlorf  o  Loibersdorf.  Per  essi  il 
Langhiano  non  può  rappresentare  tutte  le  formazioni  del  1°  Piano  me- 
diterraneo, poiché  corrispondendo  allo  Schlier  costituisce,  secondo  loro. 


Da  Burdigala  (Bordeaux). 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  299 

solo  un  orizzonte  iiitormedio  fra  i  duo  piani  del  bacino  di  Vienna,  ciò 
che  in  parto  è  verissimo  ;  senoiicliè  bisogna  ritenere  che  Io  Schlier 
non  rappresenta  un  orizzonte  intermedio  tra  i  due  piani  in  cui  il 
SuESS  ha  diviso  le  formazioni  terziarie  del  bacino  di  Vienna,  ma 
bensì  la  parte  superiore  del  1°  Piano  mediterraneo.  E  la  sua  fauna, 
come  gli  studi  del  Fuch.s,  ^  dell'  Hurnes,  -  del  Kittl,  ^  del  Manzoni,  ' 
dello  Sghaffer,  •'  e  di  altri  hanno  stabilito,  corrisponde  perfettamente 
a  quella  delle  nostre  marne  a  Pteropodi^,  le  quali  sovrastanno  alle  for- 
mazioni calcareo-areuacee  dQÌVAqmtaniano  (calcare  di  Acqui,  ecc.)  e 
sottostanno  alle  molasse  d^VC Ebjeùano  (Piano  di  Serravalle  o  di 
Siqwga,  ecc.). 

Ritenuta  così  la  piena  corrispondenza  dello  Scldier  colle  marne  a 
Pteropodi  delle  formazioni  subapenniuiche,  ne  consegue  che  i  depositi 
ad  esso  sottostanti  (Strati  di  Horn,  di  Eggenhurg,  ecc.),  i  quali  stra- 
tigrafìcameute  e  paleontologicamente  corrispondono  alle  formazioni  a  Sud 
di  Acqui  (calcari,  arenarie,  ecc.),  rappresentano  il  Miocene  inferiore, 
ossia  quanto  in  questi  ultimi  tempi  il  Fallot,  il  Renevier,  il  Mayer 
ed  il  Sacco  hanno  chiamato  Aquitaniano.  ^  Dimodoché  il  /"  Piano 
mediterraneo  rappresenterebbe  l'assieme  del  Langliiano  e  à.Q\V Aqui- 
taniano. 


1  FocHS  T.,  Petrefante  aus  dem  Schlier  von  Hall  und  Kremsmùnster  in. 
Oòeróslerreich.  (Verhandl.  d.  Goolog.  Reichsanst.,  1874,  N.  5.) 

2  HoRNES  M.,  Dì.e  Fauna  des  Schlier  von  Ottnang.  (Jahrb.  d.  Iv.  Iv.  Geolog. 
Reichsanst.  Bd.  XXV,  heft.  4,  1875.) 

3  Kittl  E.,  Ueber  die  miocenen  Pteropoden  von  Oe&lerreicìi-Uagarn,  (An- 
na!, d.  Iv.  Iv.  Naturhistor.  Hofmuseiims.  Bd.  I,  N.  2,  1886.) 

■*  Manzoni  A.,  Lo  Schlier  dell'alta  Austria  e  lo  Schlier  delle  Colline  di 
Bologna.  (Boll.  R.  Comit.  Geo!.  d'Italia.  Voi.  VII,  1876.) 

5  ScHAFFER  F.,  Der  marine  Tegel  twn  Thebea-Neudorf  in  Ungarn.  (JahrK. 
d.  K.  K.  Geolog.  Reichsanst.  Bd.  XLVII,  heft.  3,  1898.) 

'^  E  ciò  è  cosa  accettata  anche  dal  De  L.vpparent,  il  quale  nel  suo  Traile  de 
Geologie.  Tom.  II,  pag  1508,  riferisce  le  formazioni  di  Horn,  nelle  quali  la  base 
è  costituita  dall'orizzonte  di  Molt  ^W Aquitaniano. 


300  G.    DE  ALESSANDItl. 

Ora  l'ammettere,  come  in  generale  i  geologi  francesi  hanno  fatto,  che 
il  BurcUgaliano  sovrasti  ^\V Aquitaniano  nella  serie  stratigrafica,  è 
cosa  contradditoria,  imperciocché,  accettando  ciò,  si  stabilirebbe  una  serie, 
ove  una  formazione  sarebbe  riferita  a  due  piani  differenti.  In  caso  con- 
trario, 0  VAquitamano  di  questi  autori  corrisponde  al  nostro  Oligo- 
cene superiore,  cosa  che  la  fauna  dei  suoi  depositi  contraddice,  oppure 
bisognerà  accettare  la  suddivisione  del  Douxami,  '  che  pone  il  BurcU- 
galiano (==  I"  Pia/io  mediterraneo)  come  formazione  di  base  del 
Miocene,  e  ricollocare  VAquitaniano  nell'Oligocene,  ossia  ritenerlo  si- 
nonimo di  quanto  si  distingue  col  nome  di  Stampiano^  o  di  Tongriano 
superiore,  come  dir  si  voglia. 

Ed  in  quale  contraddizione  induca  il  voler  sostituire  il  termine  di 
Burdigaliano  nella  serie  stratigrafica,  dandogli  lo  sviluppo  dei  geologi 
francesi,  ce  lo  addimostra  il  Depèret  stesso,  il  quale  dapprima  osserva  :  - 
t;  Lo  Schlier  austriaco  è  compreso  fra  la  parte  elevata  del  1°  Piano  me- 
diterraneo ( Horner schitschen)  e  la  base  del  ir  Piano  mediterraneo 
(Strati  di  Grundy  od  a  Cardita  Jouanneti)  come  le  marne  a  Ptero- 
podi sono  sormontale  dall'orizzonte  di  Torino  a  Cardita  Jouanneti  e 
riposano  sopra  le  arenarie  e  le  molasse  del  /"  Piano  mediterraneo 
(strati  dì  Acqui)  n ,  ciò  che  vorrebbe  dire  essere  gli  strati  di  Acqui  bur- 
digaliani.  Ma  poco  dopo  nel  novembre  dell'anno  istesso  congedando  la 
sua  memoria  sul  Miocene  ^  ed  accettando  le  idee  del  Sacco  asserisce  che 
uell'Apeuniuo  :  «  sopra  ai  conglomerati  longriani,  riposa  una  serie  potente 
di  marne  grigie  alle  quali  succede  dopo  Arquata  Scrivia  una  nuova 
serie  più  arenacea,  che  incomincia  con  un  grosso  banco  elevato  di  are- 
narie, banco  già  osservato  dal  Mayer  e  dal  Sacco  j-    (ciò  che  dimostra 


1  Douxami  E ,  Etudes  sur  Us  terrain>i  terliaires  du  Daupìuné,  de   la  Sa- 
voie et  de  la  Suisse  occidentale.  (Anna!,  de  l'Univors.  do  Lyon,  1896,  pag.  l-iG.) 

2  Déi'éret  M.,  Ri'ponse  au.v  obseroatiom  critiques  de  M.  Fallot.  (Compte- 
Rendu  des  St'-ances  do  la  Soc.  Gèo!,  d.  France.  N.  13,   l'J  juin  1893.) 

3  Dkpkret  M.,  Sur  la  classification  et  U  parallélisme  du  si/stfme  Miocène. 
(Bull.  Soc.  Géol.  d.  France.  Serie  3.  Tom.  XXI,  1893.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  301 

trattarsi  senza  dubbio  delle  arenarie  e  dei  calcari  di  Acqui),  e  riferisce 
le  priuie  allo  Stampiano,  e  le  seconde  ossia  gli  strati  di  Acqui  al- 
VAquitaniano. 

Quindi  egli  a  brevissimo  intervallo  ha  ritenuto  burdigaliana  e  aqui- 
taniana  la  stessa  formazione  di  Acqui. 

I  geologi  summeutovati,  i  quali  vollero  adottare  il  termine  di  Bur- 
digaliana invece  di  Laiujìdam,  pur  ammettendo  la  priorità  di  que- 
st'ultimo, osservarono  erroneamente  come  le  colline  delle  Laughe,  rap- 
presentanti il  tipo  del  Langhiano,  siano  quasi  sprovviste  di  fossili,  e 
che  i  limiti  stratigrafici  e  paleontologici  di  questo  piano  sono  ancora  a 
stabilirsi. 

Ma  alla  prima  obbiezione  ha  risposto  opportunamente  l'egregio  pro- 
fessore Trabucco,  ^  citando  una  lunga  nota  di  fossili,  che  si  raccolgono 
nelle  formazioni  langhiane,  che  sono  ad  esse  peculiari  e  ne  attestano 
l'origine  in  un  ambiente  tipicamente  distinto  da  quello  sovrastante  e 
da  quello  sottostante. 

Alla  seconda  si  può  anche  facilmente  rispondere  che  il  voler  negare 
precisi  limiti  stratigrafici  al  Langhiano  delle  formazioni  terziarie  pie- 
montesi, è  cosa  affatto  infondata,  dopo  le  carte  così  minute  ed  accu- 
rate che  di  esso  hanno  pubblicato  il  Mayer  ed  il  Sacco. 

E  che  le  formazioni  di  Bordeaux  siano  stratigraficameule  più  distinte 
e  più  tipiche  di  quelle  delle  Langhe,  è  cosa  pure  assai  discutibile,  ri- 
scontrandosi generalmente  in  quella  regione  depositi  pianeggianti,  ove 
la  serie  si  può  solo  osservare  in  affioramenti  limitati  nelle  incisioni 
dei  fiumi  e  dei  torrenti. 

Io  ho  lasciato  da  parte  in  questa  mia  digressione  le  osservazioni 
adotte  dal  Fallot  ^  nel  dimostrare  erronea  la  sostituzione  dei  geologi 


1  Trabucco  G.,  Se  si  debba  sostituire  il  termine  Burdigaliano  a  quello  di 
Langhiano  nella  serie  Mioce-iica.  (Processi  Verbali  della  Soc.  Toscana  di  Scienz. 
Naturali.  13  gennaio  1895.) 

2  Fallot  E.,  Sur  la  classification  du  Néogène  inférieur.  (Gorapterendu  des 
sóances  de  la  Soc.  Géol.  d.  France.  19  juin  1894,  pag.  78.) 

Voi.  XXXIX.  20 


302  G.    DE   ALESSANDRI. 

francesi,  osservazioni  abbastanza  valide,  perchò  io  nou  possa  ammet- 
tere con  lui  che:  «  lo  Schlìer  si  debba  intendere  non  come  un  oriz- 
zonte  costante,  ma  una  facies,  che  si  presenta  a  diversi  livelli  -. 

La  zona  langhiana  subapeuninica  consta  di  una  potente  serie  di  marne 
azzurre,  poco  compatte,  interstratificate  con  sottili  banchi  di  arenarie 
grigio-plumbee,  marne  talora  scistose,  durissime,  a  frattura  tabulare, 
le  quali  contengono  numerosi  fossili,  generalmente  però  di  pessima 
conservazione,  dovuta  a  schiacciamento  e  deformazione. 

Fra  questi  avanzi,  che  pur  troppo  attendono  tuttora  un  paziente  rac- 
coglitore ed  uno  studioso  che  li  faccia  conoscere,  abbondano  Fornmi- 
niferi  di  mare  profondo,  Corollari  liberi.  Echini  pelagici.  Bivalvi  gra- 
cilissimo.  Pteropodi  svariati.  Cefalopodi  di  grandi  dimensioni,  Cirripedi 
peduncolati,  i  quali  tulli  attestano  essersi  questi  depositi  originati  lon- 
tano dalle  spiaggie,  in  un  ambiente  profondo  e  non  disturbato. 

L'alTioramento  di  queste  marne,  le  quali  hanno  un'estensione  oriz- 
zontale non  superiore  ai  cinque  chilometri,  per  la  facile  degradazione 
agli  agenti  atmosferici,  impartisce  al  paesaggio  un  aspetto  dolce  ed 
ameno  costituendo  una  regione  di  grande  feracità.  La  loro  zona  è  ca- 
ratteristica per  la  presenza  di  larghe  vallate,  colline  basse  e  tondeg- 
gianti, rotte  da  burroni  ripidi  e  creste  a  picco  in  quei  luoghi,  ove  le 
marne  scistose,  compatte  ed  i  banchi  arenacei  prevalgono  sulle  marne 
azzurrine,  friabili. 

La  formazione  langhiana  segna  un  orizzonte  abbastanza  impermea- 
bile, sovratutto  nella  sua  parte  superiore  a  contatto  delle  arenarie  e 
delle  molasse  elveziane,  ove  conseguentemente  abbondano  le  fonti  con 
acque  di  ottima  potabilità. 

La  Bormida  nelle  vicinanze  di  Acqui  ha  segnato  colla  sua  erosione 
il  limite  fra  il  Langhiano  e  VAquitaniaiio,  e  la  sua  ampia  valle  di 
interstratiiìcazione  attesta  il  lavorio  polente  delle  azioni  degradatrici 
durante  il  quatornaj'io,  e  resta  bruscamente  ristretta  là,  dove  presso 
Morzasco  la  zona  langhiana  è  nella  sua  minima  estensione,  mentre 
si  sviluppano  i  banchi  di  calcare  e  di  arenarie  elveziane,  che  formano 


APPUNTI    DI    G-EOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  oOÓ 

le  rupi  di  Orsara,  e  che  hanno  opposto  un  rigido  ostacolo  all'espan- 
dersi del  fiume. 

La  città  di  Acqui  giace  nel  bel  mezzo  di  questa  formazione,  la  quale 
però  ivi  è  in  parte  ricoperta  dalle  alluvioni  recenti  del  torrente  Medrio, 
e  si  è  appunto  nel  centro  della  città  stessa,  che  dalle  marne  langhiane 
scaturiscono  lo  rinomate  acque  termali  (conosciute  sotto  il  nome  di 
Acque  Bollenti),  le  quali  hanno  una  temperatura  di  75''  centigradi  e 
da  tempi  antichissimi  sono  apprezzate  per  le  lore  importanti  applica- 
zioni terapeutiche.  Esso  sono  probabilmente  originate  da  una  profonda 
frattura  degli  strati,  frattura  che  probabilmente  interessa  le  formazioni 
cristalline  sottostanti  e  che  non  ha  lasciato  traccie  notevoli  o  disturbi 
nella  serie  sedimentare  terziaria. 

Il  Langhiaìio  nei  dintorni  di  Acqui  è  dovunque  regolarmente  costi- 
tuito da  banchi  inclinati  di  20°  circa  Nord,  ed  il  Mayer  attribuisce  ad 
esso  una  potenza  di  1500  metri;  ma  io  credo  più  attendibile  la  cifra 
del  Sacco  che  la  riduce  a  soli  1000  metri,  cifra  d'altronde  sempre 
enorme,  ove    si  pensi  che  esso  è  formato  da  depositi  pelagici. 

Petrograficamente  è  una  zona  uniforme  e  di  nessuna  importanza 
industriale;  la  rapida  alterazione  delle  marne  dà  luogo  ad  un  abbon- 
dante materiale  di  sfacelo,  che  si  aduna  nelle  falde  dei  colli  rendendo 
più  dolce  e  regolare  l'orografìa  della  regione. 

Ad  oriente  di  Acqui,  la  plaga  langhiana  si  estende  nelle  colline 
apriche  di  Strevi  e  di  Morzasco,  e  ristretta  in  una  piccola  striscia  pro- 
segue per  Tissobbio,  fino  alle  vicinanze  di  Ovada  ove  costituisce  le 
alture  di  Montakleo  e  di  Parodi.  Nella  valle  della  Scrivia  e  del  Ber- 
bere essa  abbandona  la  sua  facies  marnosa-arenacea  per  assumerne 
una  più  sabbiosa  e  più  argillosa,  colla  quale  si  riscontra  ancora  in  tutta 
la  regione  ad  oriente  fino  alla  valle  della  Stafferà. 

Ad  occidente  di  Acqui,  il  Langhiaìio  é  evidente  sulle  colline  di  Moi- 
rano,  lungo  la  strada  della  Grenna;  però  la  zona  è  ivi  limitatissima, 
perchè  poco  sopra  la  C.  Brezzi  le  arenarie  già  si  presentano  in  grandi 
banchi  disaggregati  iniziando  le  formazioni  elveziane  le  quali,  colla  so- 


304  G.    DE   ALESSANDRI. 

lita  alternanza  di  arenarie  e  di  molasse,  si  estendono  fino  alle  vici- 
nanze della  Chiesa  Parrocchiale  di  Moirauo.  Nelle  Carle  geologiche  del 
Sacco  e  del  Trabucco  l'estensione  del  Langìiiano  in  questa  regione 
è  assai  esagerata  ;  essa  però  prende  sviluppo  fra  C.  Abergo  e  C.  Lan- 
zarotti  e  si  allarga  notevolmente  presso  Terzo,  ove  in  Val  Bogliona  è 
riccamente  fossilifera.  Nelle  vicinanze  della  borgata  Serra  sono  nume- 
rosissimi gli  avanzi  di  Atiiria  Aturi,  di  Solemmyaj  di  Balantium, 
di  Carinarie,  di  Nticule,  di  Lede,  di  OUree,  ecc. 

Fra  esse  ha  raccolto  altresì  esemplari  delle  seguenti  specie  : 

Oxyrhina  Desorii  Agass. 

Scalpellum  magnum  Darvi^. 

Galeodea  Bisioi,  n.  sp.  Tav.  I,  fig.  14  a-b.  Conchiglia  grande  ovato- 
subglobosa,  spira  depressa  conoidale,  anfratti  in  numero  di  cinque,  sol- 
cati da  grosse  costole  regolari  a  margine  arrotondato,  le  quali  sono  svi- 
luppate su  tutte  le  parti  della  conchiglia,  però  più  evidenti  e  più  di- 
stanti fra  loro,  negli  anfratti  inferiori. 

Fra  le  costole  primarie  si  notano  irregolarmente  costei  ine  secondarie, 
evidenti  sopratutto  nella  parte  superiore  dell'ultimo  anfratto.  L'apertura 
è  ovato-allungata,  il  labbro  esterno  è  incompleto,  lievemente  ricurvo; 
quello  colummellare  è  assai  espanso.  Neil'  ultimo  anfratto  si  scorge 
una  grossa  costola  irregolare,  che  solca  trasversalmente  tutta  la  con- 
chiglia, la  quale  sembra  altresì  riprodursi  meno  spiccatamente  nella 
parte  interna,  quasi  al  principio  del  secondo  anfratto.  L'esemplare  pro- 
venendo dalle  marne  è  conservalo  come  impronta,  e  quindi  manca  della 
parte  caudale. 

Dimensioni  Lung.   mm.  105  circa 
«  Largh.    f        89     ;i 

Questa  specie  per  le  dimensioni  relative  degli  anfratti  e  per  la  loro 
ornamentazione,  corrisponde  alla  G.  taurojìomum  Sacco  (op.  cit.  Voi.  N\l, 
pag.  67,  tav.  Il,  fig.  24  a-b),  da  essa  però  differisce  per  la  forma  e 
per  il  lab])ro  esterno,  il  quale  non  ò  mollo  revoluto. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  305 

Por  la  grossa  costola  nel!'  ultimo  anfratto  l'esemplare,  che  io  ho  de- 
scritto, si  avvicina  più  che  ad  ogni  altra  specie,  alla  G.  defornù  Sacco 
(op.  cit.  Voi.  VII,  pag.  60,  tav.  Il,  fig.  19),  ma  si  distingue  da  essa, 
oltrecchè  per  l'ornamentazione,  anche  per  la  forma  e  per  lo  sviluppo 
relativo  degli  anfratti. 

Sembrerebbe  una  forma  ancestrale,  con  dimensioni  gigantesche  della 
vivente  G.  tijrrhena  Chemn,  '^  quantunque  la  sua  spira  sia  meno  ac- 
cuminata  ed  i  primi  anfratti  siano  più  depressi  ;  per  questi  ultimi  ca- 
ratteri essa  si  avvicina  alla  G.  depressa  Phil,  sp.,  ^  la  quale  però  è  più 
ovata  ed  ha  ornamentazione  più  fine  e  più  regolare. 

Il  fatto  che  quest'esemplare  presiMita  non  solò  una  costola  trasversa, 
come  la  G.  deformis,  ma  altresì  una  seconda,  meno  spiccata,  ci  induce 
a  ritenere  tale  carattere  non  dipendente  da  deformazione  individuale,  e 
quindi  di  vero  valore  sistematico,  por  la  qual  cosa  io  credo  si  debba 
ritenere  tale  fossile  come  rappresentante  una  specie  non  ancora  cono- 
sciuta. 

Io  la  distinguo  col  nome  del  mio  amico  carissimo  Avv.  F.  Bisio  com- 
pagno delle  mie  escursioni  giovanili  attraverso  le  formazioni  langhiano 
della  valle  della  Bormida. 

Galeodea  sp. 

Spatangus  cf.  Deydieri  Cotteau  (in  Douxami  E..  Etudes  sur  les 
terrains  Tertiaires  du  BaupMné,  de  la  Savoie  et  de  la  Suisse 
Occidentale  Annal.  d.  I' Université  de  Lyon,  189G,  pag.  256,  tav.  I, 
fig.  12).  Riferisco  a  questa  specie  un  grande  esemplare,  di  imperfetta 
conservazione,  nel  quale  la  forma  e  la  disposizione  degli  ambulacri,  la 
posizione  del  peridoto,  il  numero  e  le  dimensioni  dei  pori  Io  avvicinano 
assai  alla  specie  del  Cotteau. 


1  Chemnitz,  Neues  Syst.  Conch.   Cab.  Bd.   X,   1878,  pag.    192,  tav.  CLIII, 
fig.  1461-1462. 

2  Philippi  R.  a.,  Fauna  Molluscorum  Regni  utriusque  Siciliae.  Halis  Sa- 
xorum.  1844.  Voi.  Il,  pag.  186,  tav.  XXVII,  fig.  2. 


306  G.    DE   ALESSANDRI. 

Le  (limeusioni  del  mio  esemplare  sono  però  alquanto  più  sviluppate 
di  quelle  della  forma  tipica,  quantunque  in  parte  ciò  si  debba  attribuire 
a  deformazione  dovuta  a  schiacciamento  del  fossile. 

Questa  specie  finora  fu  solo  raccolta  nella  melassa  marina,  a  Pecien 
2yrescabìnuscicliis,  di  Gresin  (Valle  del  Rodano). 

Toxopatagus  italieus  Mauz.  sp.  ^ 

Brissopsis  sp. 

Cidaris  sp. 

Trochatocyatus  cf.  mitratiis  Gold.  sp. 

Oltre  Terzo  la  zona  laiighiana  costituisce  le  colline  di  Ristagno,  e 
presso  l'abitato,  lungo  le  rive  della  Bormida,  le  marne  azzurro,  com- 
patte, presentano  traccio  di  Bivalvi  e  frustoli  vegetali.  L'inclinazione 
loro  è  costantemente  di  20"  N.  e- non  presentano  che  insensibili  disturbi 
in  alcune  regiuoi,  ove  frane  locali  talora  di  considerevole  estensione,  do- 
vute a  slittamenti  di  banchi  compatti  sopra  marne  ed  argille  friabili, 
hanno  portato  qualche  infrazione  alla  regolarità  di  esse. 

A  Monastero  Bormida,  a  Bubbio,  a  Cessole  la  formazione  è  intensa- 
mente azzurra,  e  presenta  spoglie  di  Foraminifere  (Globigerim),  con 
altri  avanzi  microscopici  di  mare  profondo  ai  quali  si  aggiungono  resti 
di  Molluschi,  Crostacei  e  Squali. 

Non  sempre  la  natura  litologica  di  queste  formazioni  può  fornire 
concetti  precisi  per  distinguere  il  Langhiano  d'àìV Aquila niano  e  dal- 
VElveziano^  ma  i  passaggi  alle  formazioni  sottostanti  ed  a  quelle  so- 
vrastanti sono  abbastanza  spiccati,  oltreché  da  un'aspetto  più  irregolare 
della  regione,  anche  da  manifesti  avanzi  organici  di  habitat  diverso. 

Da  Cessole  per  Castine  la  plaga  langhiana  entra  in  vai  del  Belbo, 
formando  l'allungalo   affioramento   di  Borgomale   e    Cerretlo,  inciso  in 


1  Trovo  assai  giusto  il  riferimento  che  il  Pomel  ha  fatto  di  questa  specie,  che 
dapprima  si  ascriveva  ad  Jlemijmeustes  (Manzoni  e  Mazzetti),  ad  un  nuovo  ge- 
nere Toxopatagus,  perchè  come  egli  osserva,  il  gen.  Ilemipneustes  Agassiz  è  pro- 
prio della  Creta  e  si  distinguo  per  avere  l'apice  assai  allungato. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  30/ 

tutta  la  sua  estensione  dal  Belbo  stesso;  affioramento  dovuto  ad  una 
più  intensa  erosione  del  fiume  nella  zona  elveziana,  costituita  ivi  da 
molasse  ed  areo-arie  assai  disaggregate. 

Nella  valle  della  Bormida  il  Langhiano  prosegue  per  Cortemiglia, 
Gorzegno  e  Monesiglio  entrando  presso  Sale  in  quella  del  Tanaro,  dove 
costituisce  le  colline  attorno  a  Ceva  e  quelle  che  separano  la  valle 
della  Gorsaglia  da  quella  del  Tanaro. 

Elveziano. 

V Elveziaiìo  è  essenzialmente  costituito  da  banchi  potenti  di  arena- 
rie grigiastre  profondamente  alterate,  nelle  quali  si  intercalano  marne 
grigiastre  friabili  e  molasse  azzurrine  o  gialliccie.  Tutti  questi  depo- 
siti manifestano  evidentemente  un  sedimento  litoraneo  assai  regolare, 
mancando  in  essi  i  conglomerati  ciottolosi  che  nella  Collina  di  Torino 
ed  aache  nel  basso  Monferrato  manifestano  una  sedimentazione  preci- 
pitosa. 

La  zona  elveziana  ha  generalmente  uno  sviluppo  assai  limitato  in 
estensione  sorpassando  di  rado  i  quattro  o  cinque  chilometri,  ma  ad 
occidente  di  Acqui,  fra  le  valli  della  Bormida  e  del  Belbo,  in  alcune 
località  raggiunge  la  cifra  di  dodici  e  più  chilometri.  La  tectonica  dei 
suoi  strati  è  regolarissima,  l'inclinazione  media  è  da  15°  a  18°  Nord 
Nord-Est,  la  sua  massima  potenza  è  pressapoco  di  1000  metri. 

Essa  costituisce  una  plaga  di  mediocre  elevazione  e  di  buona  pro- 
duttività agronomica;  in  alcuni  punti  causa  il  predominio  delle  arenarie 
il  paesaggio  ha  un  aspetto  brullo,  dirupato  e  pittoresco. 

Assai  incerta  riesce  in  alcune  località  la  netta  separazione  fra  il  Lan- 
ghiano  e  X Elveziano,  massime  dove  le  arenarie  sono  poco  sviluppate 
e  marne  verdiccie  o  bianco  giallognole,  alterate  ed  untuose  al  tatto 
costituiscono  la  base  <i^ Elveziano. 

Questa  faciez  speciale  dei  depositi  elveziani  prevale  nelle  vicinanze 
di  Acqui,  lungo  la  valle  del  Medrio  e  sulle  colline  di  Moirano,  mentre 


308  G,    DE   ALESSANDRI. 

ad  Oriente  verso  Strovi  la  distinzione  ò  nettissima,  causa  uno  sviluppo 
caratteristico  di  arenàrie. 

L'arenaria  che  ivi  si  osserva  è  fina,  omogenea,  costituita  da  elementi 
serpentinosi,  quarziferi,  calcarei,  e  da  lamelle  di  mica,  cementati  as- 
sieme da  un  calcare  concrezionato,  gialliccio,  di  non  grande  compattezza. 
Essa  dà  origine  a  banchi  potenti,  che  si  osservano  sotto  Strevi  ed  in 
viciuaiiza  della  Villa  Vescovile,  banchi  scarsi  quasi  ovunque  di  fossili 
macroscopici,  benché  talora  siano  abbastanza  ricchi  di  Foraminiferi  e 
di  piccoli  Briozoi. 

Oltre  Bormida  a  Sud  di  Rivalda,  la  formazione  elveziana  è  costi- 
tuita alla  sua  base  da  un  banco  potente  di  calcare  marnoso,  concre- 
zionato, di  colorazione  gialliccia,  banco  che  si  eleva  di  una  diecina  di 
metri  sulle  marne  langhiane,  e  che  ha  una  direzione  da  Nord-Ovest  a 
Sud-Est  con  un'inclinazione  di  15°  circa  Nord-Est. 

Esso  a  guisa  di  una  diga  potente  ha  sbarrato  ivi  il  corso  della  Bor- 
mida, la  quale  fu  costretta  a  ripiegare  bruscamente  verso  Nord.  Questo 
banco  ò  assai  ricco  di  avanzi  fossili,  quasi  tutti  perù  di  piccole  dimen- 
sioni, e  in  alcuni  punti  è  costituito  da  ammassi  incoerenti  dovuti  a  spo- 
glie di  piccoli  Spongiari,  e  da  colonie  delicatissime  di  Briozoi,  con  nu- 
merosi gusci  di  Foraminiferi. 

Le  specie  che  ho  potuto  distinguere  con  sicurezza  sono: 

Balanus  spoagicola  Brown.  ;  Cardita  cf.  calyculata  L.  sp.  ;  Car- 
dium  sp.  ;  Lucina  simiosa  Don.  ;  Nucula  sp.  ;  Pecten  sp.  ;  Ostrea 
neglecta  Micht.  ;  Euspamia  sp.  ;  Balanophillia  (?)  falcifera  Micht.  ; 
Carijophillia  sp.  ;  Cladocora  caespitosa  Reuss.  ;  Flabellum  extensum 
Micht. 

Più  oltre  nelle  vicinanze  di  Orsara  il  banco  calcareo  assumo  costi- 
tuzione arenacea,  raggiungendo  talora  una  potenza,  che  oltrepassa  i  30 
e  più  metri. 

L'arenaria  della  quale  è  costituito,  per  la  natura  omogenea  e  fina 
degli  elementi,  per  la  tinta  gialliccia  o  la  disposizione  stratigrafica  ohe 
ne  permette  l'estrazione  in  larghe  tavolo,  di  oli  imo  uso  industrialo,  ri- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  309 

corda  perfettamente  quella  sincrona  che  nel  Basso  Monferrato  (Rosi- 
giiale.  Vignale,  ecc.)  costituisco  la  inetra  da  Cantoni,  tanto  pregiata, 
negli  usi  industriali  per  le  sue  qualità  refrattarie. 

In  questa  località  i  banchi  di  calcare  concrezionato  e  marnoso  ven- 
gono lavorati  per  estrarne  le  calci,  le  quali  però  sono  grasse,  di  poca 
presa  e  quindi  di  uso  affatto  locale. 

Qui  la  plaga  elveziana,  clic  quasi  sempre  aderge  sulle  formazioni 
sottostanti  e  forma  rupi  a  picco,  mostra  i  segni  manifesti,  sovratutto 
nella  sua  parte  superiore,  a  contatto  collo  marne  e  coi  conglomerati 
tortouiani,  dì  un'intensa  abrasione  dei  suoi  strati,  abrasione  che  ne  spiega 
il  limitato  ed  irregolare  sviluppo. 

Verso  Est  V Elve:2Ìano,  rappresentato  da  un'alternanza  di  arenarie  e 
di  marne,  costituisce  una  zona  alquanto  disturbata  nelle  vicinanze  di 
Trissobbio,  ove  gli  strati  hanno  una  locale  inclinazione  a  Sud.  Ivi  è 
discretamente  fossilifero,  sovratutto  a  Garpeneto,  *  presentando  però 
quasi  sempre  avanzi  di  pessima  conservazione.  Più  ad  oriente  forma 
in  seguito  le  colline  di  Rocca grimalda,  e  quelle  di  Silvano  e  Castel- 
letto d' Orba,  ed  entra  infine  nella  valle  del  Lemme,  ove  acquista  fa- 
cies sabbiosa-arenacea  e  si  presenta  in  banchi  di  grande  potenza. 

Nella  valle  della  Scrivia,  sempre  con  la  stessa  costituzione  litologica, 
è  tipicamente  sviluppato  nell'ampio  bacino  di  Serravalle,  a  Sud  di  Staz- 
zano, ove  contiene  la  ricca  fauna  di  Squali,  Gasteropodi,  Lamellibran- 
chi,  Briozoi  e  Foraminiferi,  già  osservata  dal  Pareto,  ed  illustrata  dal 
Mayer,  la  quale  ha  servito  a  stabilirne  la  perfetta  corrispondenza  bio- 
logica colle  sabbie  serpentinose  della  Collina  di  Torino,  colle  molasse 
svizzere  e  colle  formazioni  del  bacino  di  Vienna  (Grund). 

Ad  occidente  della  sezione  esaminata,  V Elveziano  si  osserva  a  Nord 
di  Acqui,  nei  colli  presso  ^loirano,  ed  in  vai  Bogliona  presso  il  Fos- 


1  Trabucco  G.,  Sul  Cucumiles  Carpenetensis  delle  marne  elveziane  di  Car- 
peneto  (Alto  J/on ferrato) .  (Atti  della  Soc.  Ligustica  di  Scienz.  Nat.  Anno  li. 
Voi.  II,  1891.) 


310  G.    DE   ALESSANDRI. 

sello,  con  ima  prevalenza  di  grandi  banchi  arenacei  grigiastri,  poco 
compatti,  privi  di  fossili,  i  quali  sono  intercalati  da  molasse  grigiastro- 
niarnose. 

Ivi,  ed  in  tutta  la  zona,  massime  fra  le  molasse,  sono  frequenti  pic- 
cole concrezioni,  irregolarmente  tondeggianti  od  allungate,  bianche,  com- 
patte, a  frattura  concoide,  che  esaminate  al  microscopio,  si  presentano 
uniformemente  costituite  da  calcare  bianco,  faiinaceo,  il  quale  av- 
volge rare  scheggie  di  quarzo,  e  frammentiui  di  mica.  Non  presentano 
traccie  di  spoglie  organiche,  né  tantomeno  un  nucleo  centrale  eteroge- 
neo, che  ne  spieghi  l'origine,  dovuta  quindi  probabilmente  ad  accentra- 
menti od  a  riempimenti  di  cavità,  formatesi  nei  depositi  argillosi  od 
arenacei  che  le  inglobano. 

Oltre  Montaboue,  sempre  con  una  facm  arenaceo-sabbiosa,  che  in 
alcuni  punti  passa  a  banchi  di  arenarie  compatte  e  stratificate,  e  quindi 
di  ottimo  uso  edilizio,  V Elvesiano  costituisce  le  alture  di  S.  Vittore 
e  la  sottostante  valle  incassata  e  profondamente  erosa  del  Rio  della 
Morra,  la  quale  con  bellissime  sezioni  si  apre  a  Sud  verso  Bistagno. 
Seguitando  sempre  verso  Ovest  la  zona  elveziana  acquista  uno  straor- 
dinario sviluppo  nelle  colline  di  Galamandrana,  Rocchetta  Palafea  e 
Gascinasco,  costituendo  elevazioni  abbastanza  mosse  e  frastagliate,  nelle 
quali  perù  la  massima  altezza  non  oltrepassa  i  500  metri. 

Nella  sua  parte  inferiore,  ove  è  costituito  dai  soliti  banchi  arenacei, 
assai  potenti,  i  quali  presentano  nei  piani  di  frattura  sporgenze  mamel- 
lonari  assai  caratteristiche,  esso  si  distingue  con  facilità  dalle  forma- 
zioni marnose  del  Langìiiano,  ma  nella  sua  parte  superiore,  sopra- 
tutto nel  versante  del  Belbo,  le  molasse  grigio-cineree  passano  ad  ar- 
gille azzurrine,  ed  a  marne,  che  per  costituzione  e  colore  presentano 
grandi  affinità  con  quelle  del  Torioniam. 

I  fossili  in  questa  regione  sono  scarsi,  ove  si  eccettuino  rare  Bi- 
valvi, frammenti  deformati  di  Echino,  ed  impronte  di  Paleodiclìjon  e  di 
Zoophicos  che  ho  riscontrato,  percorrendo  il  Rio  di  San  Paulo,  ad  Ovest 
di  Ronco-Gennaro. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  3il 

La  parte  media  e  superiore  della  valle  del  Belbo,  quella  cioè  che 
da  Nizza,  Ganelli  e  Loazzolo  si  spinge  fino  quasi  alle  vicinanze  di  Mou- 
barcaro,  è  quasi  completamente  erosa  nelle  formazioni  elveziaue,  che, 
per  la  loro  costituzione  arenaceo-marnosa  e  per  il  notevole  sviluppo 
delle  molasse,  hanno  una  larga  estensione  trasversale,  e  sono  fiancheg- 
giate da  colline  a  dolce  declivio  e  tondeggianti,  dovute  ad  una  facile 
denudazione  degli  strati. 

Nella  valle  del  Tanaro  VElvesiam  si  riduce  ad  una  breve  striscia, 
che  dalle  alture  di  Murazzano,  Rocca-Cigiiè  si  inoltra  presso  Carrù 
in  quella  dell'Ellero,  fino  alle  vicinanze  di  Mondovì. 

Presso  Glavesana  e  lungo  il  tronco  ferroviario  Bastia-Mondo  vi,  come 
pure  nelle  vicinanze  di  Monastero  e  di  Yicoforte,  esso  presenta  abba- 
stanza numerosi  avanzi  fossili,  spettanti  a  Squali,  a  Balani,  a  Molluschi 
ed  a  Briozoi. 

Tortoniano. 

Consta  generalmente  il  Tortoniano  di  depositi  differenti  fra  i  quali 
prevalgono  le  argille  grigio-azzurre,  più  o  meno  sabbiose,  le  marne 
cineree,  le  sabbie  grossolane,  talora  cementate,  e  le  lenti  ciottolose. 

Esso  costituisce  una  zona  irregolare,  quasi  sempre  interrotta,  che  si 
osserva  a  ridosso  della  formazione  elveziana,  sulla  quale  posano  le 
marne  bianchiccie  e  listate,  che  contengono  le  lenti  gessifere  del  Mes- 
siniano. 

Segna  un  deposito  di  mare  profondo,  gli  strati  hanno  lieve  potenza 
ed  estensione,  e  sono  ricchi  generalmente  di  avanzi  fossili  in  ottimo 
stato  di  conservazione,  più  numerosi  però  nella  regione  orientale  del 
bacino  terziario  piemontese,  verso  la  valle  della  Scrivia. 

L'area,  ove  affiorano  i  depositi  tortoniani,  è  assai  regolare,  con 
larghi  dossi  arrotondati,  e  valli  a  dolci  declivi;  essa  è  di  mediocre  fer- 
tilità, e  petrograficamente  di  nessuna  risorsa  industriale. 


312  G.    DE    ALESSA.XDRI. 

La  tectonica  non  presenta  che  disturbi  locali,  gli  strati  hanno  dire- 
zione da  Ovest-Nord-Ovest  a  Est-Sud-Est  con  un'inclinazione  da  12'* 
a  lo*^  Nord  Nord-Est,  ma  sovente,  per  profonda  denudazione  seguita 
durante  il  Pliocene,  il  Tortoniam  ed  il  Messiiiìano  mancano  del  tutto 
e  sulle  molasse  elveziane  posano  i  conglomerati  pliocenici. 

La  sua  massima  potenza  non  oltrepassa  i  400  metri,  ma  quasi 
ovunque  la  pila  dei  suoi  strati  è  ridotta  ad  uno  spessore  non  superiore 
ai  150  metri. 

Si  riscontra  la  formazione  tortoniana,  risalendo  la  valle  del  Medrio, 
in  prossimità  della  stazione  di  Alice  Belcolle,  ove  le  marne  cineree, 
friabili  e  sabbiose  in  straterelli  disaggregati  presentano  frammenti  di 
Mitrex,  Ceritìiium,  Pleurotome,  Nasse^  Cancellane  e  qualche  valva 
di  Pecteii  (P.  conieum,  P.  cristatus,  P.  anconitanum,  ecc.). 

Ivi  la  zona  è  assai  limitata,  e  nella  sua  parto  supcriore  passa  in- 
sensibilmente alle  marne  a  facies  salmastra,  con  Plcniorbis  e  Pota- 
mides  del  Messùiiano  inferiore,  che  verso  Alice  contiene  lenti  gessi- 
fere  di  grande  potenza  e  sviluppo. 

Il  Tortoniam  ad  oriente  continua  uniforme  verso  S.  Andrea,  fino 
alle  vicinanze  della  Bormida,  ove  si  riduce  ad  una  striscia  sottilissima 
appena  percettibile  nel  rio  Caranzano,  presso  le  borgate  Masino  e 
Torrazza,  mentre  sulla  destra  della  Bormida  non  ricompare  cho  in  pic- 
cole lenti  sporadiche,  con  facies  marnoso-sabbiosa  e  di  difficile  separa- 
zione dalle  molasse  elveziane. 

Esso  si  riscontra  però  con  maggiore  sviluppo  nella  valle  del  Lemme, 
ove  in  alcuni  punti  ha  facies  sarmaliana,  con  argille  e  marne  giallastre, 
in  altri  facies  di  estuario  con  depositi  ghiaioso-ciottolosi  coslituenii 
conoidi  caotiche  allo  sbocco  delle  valli  subapenniniche.  Nella  valle  della 
Scrivia  assume  grande  sviluppo  e  potenza  e  rappresenta  ivi,  eolle  for- 
mazioni, che  si  estendono  nella  valle  della  Staflfora,  la  regione  più  ti- 
pica per  il  suo  studio,  sovratutto  per  l'abbondante  quantità  di  fossili 
che  contiene  ovunque. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  313 

Sono  ben  noie  le  località  di  Stazzano  e  di  Bocca  d'Asino  con  i  con- 
servatissimi  avanzi  di  Squali,  Cirripodi,  Molluschi,  Echini,  Coralli, 
Spongiari,  Foraminiferi,  ecc.,  i  quali  appalesano  un  deposito  di  mare 
abbastanza  profondo,  cioè  della  zona  dei  coralli  liberi  (Ti'po  batìnjal 
del  Renevier),  nella  quale  sono  pure  numerosi  resti  di  specie  di  mare 
profondo  fluitate. 

Predominano  in  questa  fauna  i  Gasteropodi,  i  quali  sono  rappre- 
sentati da  circa  200  specie,  che  in  gran  parte  si  riscontrano  anche 
negli  strati  dell'  Elveziam  superiore,  méntre  alcune  sono  proprie  del 
Pliocene  inferiore.  Esse  attestano  altresì  un  deposito  intermedio  fra  quelli 
assai  uniformi  dell'Europa  centrale  e  quelli  del  bacino  mediterraneo, 
con  specie  proprie  degli  uni  e  degli  altri. 

Ad  occidente  della  linea  seguita  dal  profilo,  che  io  ho  seguito  lungo  la 
valle  del  Medrio,  il  Tortomano  costituisce  una  stretta  zona  nelle  colline 
a  Nord  di  Gastelrocchero,  e  si  riscontra  ancora  in  vai  Bogliona  presso 
Castelboglione,  con  banchi  sabbioso  arenacei  e  marne  azzurre,  disag- 
gregate, nelle  quali  si  riscontrano  rari  avanzi  indeterminabili  di  Echini 
e  Briozoi.  Ivi  però  e  nella  valle  del  Btìlbo  presso  Seirole,  Piazzerò  e  Val 
di  Nizza,  ove  la  zona  ha  un  massimo  di  sviluppo,  la  costituzione  lito- 
logica molto  fina  dei  depositi  attesta  una  profondità  abbastanza  note- 
vole dell'ambiente  di  formazione,  profondità  anche  confermata  da  nu- 
merosi avanzi  di  foraminiferi  (AìijìMstegiiia,  Globigerina^  Margiìmlina, 
Quitiqueloculina^  ecc.) 

Con  questa  facies,  che  però  sulla  parte  superiore  diventa  più  sab- 
biosa, il  Tortomano  in  valle  del  Tanaro  forma  un'amplia  plaga,  che  da 
Castiglione  d'Asti  si  spinge  sino  alle  vicinanze  di  Alba,  geologicamente 
e  paleontologicamente  poco  interessante  ma  di  grande  feracità  agronomica 
e  vinicola. 


314  G.    DE   ALESSANDRI. 

Messiniano. 

Sotto  il  nome  di  Messiniano  è  compreso  nel  bacino  della  Bormida 
un  complesso  di  strati  a  facies  prevalentemente  marina  o  meglio  sal- 
mastra, superiormente  ai  quali  si  osservano  lenti  sviluppate,  ghiaiose 
0  ciottolose,  che  rappresentano  depositi  litoranei  fluviatili. 

Gli  autori  in  genere  diedero  a  queste  formazioni  nomi  assai  vari, 
desunti  o  da  facies  locali  o  dal  predominio  di  qualche  forma,  o  dalla 
loro  posizione  nella  serie  stratigrafica,  e  che  rappresentano  quasi  sempre 
solo  una  parte  della  formazione;  così  i  nomi  di  strati  di  Bellowits, 
strati  di  Inzerdorf,  strati  Pontici,  strati  Cassici,  strati  Sarmatiani, 
strati  Aralo-Caspiani,  Pannoniano,  Anver siano.  Piano  a  Congerie 
od  a  Dreissene,  strati  a  Ceritd,  Mio-Pliocene  Prepliocene,  sona 
sol fo-gessi fera,  ecc.  Io  preferisco  adottare  il  nome  di  Messiniano  giu- 
sta i  concetti  stratigrafici  e  paleontologici  che  il  Mayer  diede  ad  esso 
nel  1857  e  che  limitò  più  esattamente  nel  1878,^  perchè  con  questo 
nome  si  comprendono  diverse  formazioni  in  alcune  località  abbastanza 
distinte,  ma  che  per  affinità  o  comunanze  di  origine  è  conveniente  col- 
lefrare  assieme.  Naturalmente  il  nome  di  3Iessiniano  non  deve  ritenersi 
sinonimo  dello  Zancleano  del  Sequenza  (1868),  perchè  quest'ultimo, 
giusta  le  vedute  moderne  rappresenta  solo  la  parto  superiore  del  Mes- 
siniano stesso,  ed  anche  parte  del  Pliocene  inferiore. 

Il  nome  di  piano  Pontico  proposto  dal  Barbot  de  Marny  nel  1869, 
e  che  il  Renevier,  il  Meunier-Ciialmas,  il  De  Laparext,  il  Depéret 
e  tanti  altri  vorrebbero  ad  esso  sostituire,  secondo  I'Hociistetter  che 
lo  ha  ampiamente  illustrato  2  ed  il  Neumayr  che  pure  lo  ha  allottato 


1  Mayer-Eymar  C,  Zar  Geolog.  der  Mitllere  Ligurien.  (Vierteijahrss.  der 
Naturforsch.  Gesellsch.  in  Zurich.  Bd.  XXllI,  heft.  I,  1878.) 

-  IIocHSTETTER  F.,  Die  gool.  Verhà'.l.  d.  0.  Th.  d.  europ.  Tarkei.  (Jahr.  d. 
K.  K.  Geolog.  lieichsanst.  lid.  XX,  1870.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  315 

diffusamente,  rappresenta  solo  la  parte  superiore  della  formazione,  che 
il  Mayer  chiamò  messiniana,  ossia  i  soli  strati  a  Congerie,  ed  in  questo 
senso  lo  ha  pure  inteso  il  prof.  Pantanelli  nella  sua  monografìa  sugli 
strati  Pontici  dell'Italia  settentrionale  e  centrale,  ^ 

Così  pure  il  nome  di  Sarmatiano  rappresenta  solo  la  parte,  che  il 
Mayer  chiamò  Messiaiaìio  I,  ossia  gli  strati  a  Potamides  e  31ela- 
nojjsts,  che  costituiscono  la  formazione  di  base  del  Messùiiano  tipico. 

Il  Renevier,  nella  sua  Cronografia  geologica,  pur  ammettendo  che 
il  termine  di  Messùiiano  sarebbe  da  preferirsi  a  quello  di  Pontico, 
non  lo  accetta  asserendo  essere  dubbio  che  gli  strati  marini  della  Si- 
cilia corrispondano  a  quelli  Pontici. 

La  corrispondenza  degli  strati  di  Sicilia  a  questi  ultimi  a  me  invece 
sembra  facile  a  dimostrarsi,  perchè  confrontando  gli  studi  che  il  Mot- 
tura,  2  Io  Stòhr,  ^  il  Sequenza,  ^  il  Baldacgi,  il  Mazzetti,  ^  il  Capici,  ^ 
il  Travaglia  ^  ed  altri  hanno  compiuto  sul  terziario  superiore  della 
Sicilia  e  sovratutto  nella   parte  centrale   di  essa,   si  scorge   come   ivi 


1  Pantanelli  D  ,  Monografia  degli  strati  Pontici  del  Miocene  superiore 
nelV  Italia  settentrionale  e  centrale.  (Mem.  R.  Accad.  di  Scienz.,  Lettere  ed  Arti 
di  Modena.  Serie  2.  Tom.  IV,  1886.) 

-  MoTTURA,  Sulla  formazione  solfifera  di  Sicilia  (Mem.  R.  Accad.  di  Scienz. 
di  Torino.  Sene  2.  Tom.  CXV,  1873)  e  Appendice  alla  Memoria  sulla  forma- 
zione terziaria  della  zona  solfifera  di  Sicilia.  (Mem.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia. 
Tom.  II.  1874.) 

3  Stòhr,  //  terreno  pliocenico  dei  dintorni  di  Girgenti  (Boll.  R.  Comitato 
Geol,  d'Italia.  Tom.  VI,  1875)  e  Sulla  posizione  del  tufo  e  del  Tripoli  nella 
zona  solfifera  della  Sicilia.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Tom.  IX,  1878.) 

^  Sequenza  G.,  Brevissimi  cenni  incorno  alla  formazione  terziaria  della 
Provincia  di  Messina.  (Boli.  R.  Comit.  Geol.  d'Ital.  Voi.  VI,  1873.) 

5  Baldagci  e  ]\Iazzetti,  Nota  sulla  serie  dei  terreni  nella  regione  solfifera 
di  Sicilia.  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Ital.  Voi.  XI,  1880.) 

^  Capici  L,  La  formazione  gessosa  del  Vizzinese  e  del  Licodiano  (Pro- 
vincia di  Messina).  (Boll.  R.  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi,  XI,  1880.) 

'  Travaglia  R.,  Serie  dei  terreni  nella  regione  S.  E.  della  Sicilia.  (Boll. 
R,  Comit.  Geol.  d'Italia.  Voi.  XI,  1880.) 


31 G  G.    DE   ALESSANDRI. 

esista  una  zona  varialissima  nei  suoi  strati,  colle  poleiui  e  rinomate 
formazioni  zolfo-gessifere,  fra  le  quali  lenti  di  tripoli  e  marne  bitu- 
minose e  sovrastanti  ad  essa  marne  a  Congerie^  zona  che  nei  suoi 
strati  inferiori  poggia  sulle  marne  tortoniano  a  Gasteropodi. 

Qui  adunque  si  ha  la  serie  completa  quale  si  riscontra  nell'  Italia 
centrale,  e  dagli  studi  del  Capellini,  ^  dello  Scarabelli,  -  del  De  Ste- 
fani, 2  del  Pantanelli  ^  e  del  Fughs,  ^  sembra  dimostrata  la  sua  per- 
fetta corrispondenza  a  quella  della  Crimea,  della  Valacchia,  ossia  a 
quella  Pontica. 

È  oramai  vecchia  e  dibattuta  questione  a  quale  serie  debba  riferirsi 
il  Messimam,  se  a  quella  miocenica  oppure  alla  pliocenica.  La  maggior 
parte  dei  geologi  tedeschi  ed  inglesi  e  parecchi  italiani  quali  il  Pareto, 
il  Parona,  ^  il  Sacco  vorrebbero  collocarlo  nella  parte  inferiore  del 
Pliocene,  mentre  la  maggior  parte  dei  geologi  italiani  e  francesi  lo  ri- 
tengono ancora  miocenico. 

Se  noi  però  esaminiamo  la  sua  fauna  dei  vertebrali,  caratterizzata 
sovratutto  dal  grande  sviluppo  degli  erbivori,  noi  vediamo  come  gli 
avanzi  del  Monte  Leburon  (Vauchtse),  i  quali  furono  illustrati  in  gran 
parte  dal  Gaudry  e  che  corrispondono  appieno  a  quelli  di  Concud  in 


1  Capellini  G.,  Giacimenti  petroleiferi  della  Vallacchia  e  loro  rapporti  coi 
terreni  terziari  dell'  Italia  centrale.  (Memor.  R.  Accad.  Bologna.  Serio  2.  Tomo 
VI,  1868.) 

2  ScARABELLi  G.,  Sur  la  formation  miocene  da  versant  N.  E.  de  l'Apennin 
de  Bologne  à  SmigalUa  (i^oll.  Soc.  Góol.  d.  France.  Serie  3.  Tom.  VI,  1851.)  e 
Gessi  del   Versante  Nord-Est  dell' Apennino.  Imola,  1864. 

3  De  Stefani  G.,  La  montagnola  Senese.  (Boll.  H.  Gomitato  Gool.  d'Italia. 
Tom.  X  e  XI,  1879-80.) 

^  Pantanelli  D.,  Sugli  strati  miocenici  del  Casino  (Siena)  e  considerazioni 
sul  Miocene  superiore.  (Atti  R.  Accad.  d.  Lincei.  Serie  3.  Voi.  Ili,  1879.) 

^  Fuciis  T.,  Ueòer  die  Natur  der  sarmatischen  Stufe  und  deren  Analogen 
in  der  Jetztzeit.  (Sitzungsb.  d.  K.  Akad.  d.  Wiss.  Bd.  LXXV,  1877.) 

''  Parona  G.  F.,  //  J'iiocene  dell'Oltrepò  Pavese.  (Alti  Soc.  Ital.  d.  Scienze 
Nat.  Voi.  X.\I,  1878.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  317 

Ispagiia,  rosi  noti  dai  lavori  del  Gervais  ^  e  del  Villano  va,  -  pre- 
sentano secondo  questi  autori  caratteri  miocenici. 

Quella  di  Gasino  e  Montebamboli,  descritta  nelle  monografie  già  citate 
del  Pantanelli  e  del  De  Stefani,  presenta  bensì  un  gran  numero  di 
vjpecie  pi'oprie,  ina,  come  osserva  il  prof.  Pantanelli,  nessuna  di  esse 
passa  il  Pliocene. 

Anche  nel  bacino  di  Vienna,  ove  gli  strati  a  Congerie  sono  ricoperti 
dalla  nota  formazione  ciottolosa  (Belveder-Schotter) ,  la  fauna  dei  ver- 
tebrati, come  quella  di  Baltavar  (Ungheria),  secondo  il  Suess  ed  il 
Depéret,  ha  le  più  strette  airmità  con  quelle  del  IL"  Piano  medi- 
terraneo. 

Infine  la  fauna  della  nota  località  di  Pikermi  nell'Attica,  che  ha  su- 
scitato tante  controversie  sulla  sua  posizione  cronologica,  controversie 
riassunte  molto  succintamente  dal  De  Stefani,  ^  secondo  il  parere  dei 
più  valenti  conoscitori  dei  vertebrati  terrestri,  quali  il  Gaudry,  il  De- 
péret, il  Forsisth-Mayor,  ha  affinità  assai  maggiori  col  Miocene,  che 
non  col  Pliocene. 

La  fauna  degli  invertebrati  del  Messiniano  non  può  apportare  in 
sostegno  della  sua  miocenità  prove  molto  convincenti,  perchè  essendo 
costituita  generalmente  da  forme  extramarine,  essa  non  si  presta  a 
confronti  con  quelle  mioceniche  o  plioceniche  che  sono  quasi  sempre 
strettamente  di  acque  salse.  Tuttavia  il  De  Stefani,  che  si  è  occu- 
pato assai  diligentemente  dei  molluschi  messiniaui  dell'Italia  centrale, 
osserva  come  fra  quelli  terrestri  una  sola  specie  [Helix  senensis  Pant.) 


1  Gervais,  Déscript.  des  ossements  fossiles  rapportés  d' Espagne  par  MJf.  de 
Vermeuil,  Collomb  et  de  Lorrière.  (Bull.  Soc.  Géol.  d.  France.  Serie  2.  Tom.  !X, 
pag.  147,  1852.) 

2  ViLLANOVA  Y  PiERO,  Eiisaijo  de  descripcion  geognostica  de  la  provincia 
de  Teruel.  Madrid,  i8G3. 

3  De  Stefani  G..  Sull'epoca  degli  strati  di  Pikermi  (Boll.  R.  Gomit.  Geo!. 
d'Ital.  Tom.  IX,  1878),  e  Les  terrains  terliaires  supérieurs  du  bassin  de  la  Me- 
diterranée, pag.  282. 

Voi.  \X\IX.  21 


318  G.    DE   ALESSANDRI. 

passi  uel  Pliocene  e  quelle  di  acque  dolci  e  salmastro  ricliianiiiio  pre- 
feribilmente le  specie  mioceniche.  Qualche  genere  poi,  quali  il  genere 
Neumayria,  Fossarulus,  Prososthema,  Goniochihts,  Valencienne- 
■na^  ecc.  appartiene  esclusivamente  o  pressapoco  al  Miocene  supe- 
riore. Ed  anche  il  prof.  G.  Capellini,  che  più  di  ogni  altro  in  Italia 
si  è  occupato  degli  invertebrati  della  formazione  messiniana,  studian- 
done le  faune  della  Toscana  (Castellina^  Valle  del  Marmolaio, 
Siena,  ecc.),  dell'  Emilia  (Sarmnello)^  della  Romagna  (Ancona,  ecc.), 
si  è  sempre  decisamente  espresso  sopra  la  convenienza  di  ritenerla 
miocenica.  ^ 

Come  pure  il  Pantanelli,  che  pochi  anni  or  sono  rivedeva  la  fauna 
dei  soli  strati  superiori  messiniani,  aveva  conchiuso  che  pochissime 
specie  del  piano  Pontico  passano  al  Pliocene,  e  quelle  poche,  che  vi 
passano,  offrono  quasi  sempre  differenze  apprezzabili. 

Ed  il  Gafici,  che  illustrò  i  molluschi  fossili  degli  strati  a  Congerie 
di  San  Giorgio  (Catania),  pur  cercando  di  riferirli  ad  un  piano  inter- 
media fra  il  Miocene  ed  il  Pliocene,  nondimeno  osservo  come  essi  ab- 
biano maggior  afllnità  colle  specie  mioceniche.  - 

Anche  la  flora  messiniana  ha  maggiori  analogie  con  quella  del  Mio- 
cene; ed  invero  quella  dei  gessi  di  Senigallia,  illustrata  nell'impor- 
tante monografia  del  Massalongo,  ^  secondo  tale  valente  paleofitologo, 
presenta  le  più  grandi  affinità  colle  fiore  mioceniche  di  Oeningen  (Tor- 


1  G.\PELLixi  G.,  Notizie  geologiche  e  paleontologiche  sui  gessi  di. Castellina 
Marittima.  (Atti  Nuovo  Cimento.  Tom.  XII,  Pisa,  1800. ì  —  Sulla  formazione  ges- 
sosa di  Castellina  Marittima  ed  i  suoi  fossili.  (Mem.  dell' Accad.  delio  Scienze 
doiristit.  di  lìologna.  Serie  3.  Tom.  IV,  1874.)  —  //  calcare  di  Leitha,  il  Sar- 
matiano  e  gli  strati  a  Congerie  di  Livorno,  di  Castellina  Marittima,  di  Mieno 
e  di  Montecatini.  (Mem.  R.  Accad.  d.  Lincei.  Serie  3,  Voi.  II,  Roma,  1878.)  — 
Gli  strati  a  Congerie  e  le  marne  compatte  mioceniche  dei  dintorni  di  Ancona. 
(Atti  R.  Accad.  d.  Lincei.  Serie  3,  Voi.  Ili,  1879.) 

2  Capici  I.,  La  formazione  gessosa  del  Vizzinese  e  del  Licodiano,  1.  e.  pag.  52. 
^  Massalongo  A.,  Sinopsis  flora  fossile  Senegalliensis.  Voronae,  1858,  pa- 
gina 189. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  319 

tornano)  e  sopratiitto  con  quella  di  Parschlug,  e  quindi  con  quelle  oli- 
goceniche di  Radoboy,  Haering,  Sotzka,  Salcedo,  Ghiavon,  mentre  ha 
lontani  rapporti  colle  flore  plioceniche. 

Quella  vicina  dei  gessi  di  Ancona,  pure  importantissima  per  il  grande 
numero  di  specie  che  contiene,  secondo  il  Paolucci  che  recentemente 
r  ha  resa  nota,  ^  conferma  pienamente  la  spettanza  al  Miocene  supe- 
riore della  formazione  gessosa,  che  già  il  prof.  Capellini  aveva  fatto, 
studiandone  gli  strati  superiori  a  Congerie.  Ed  il  dolt.  Peola,  che  poco 
dopo  portava  il  contributo  di  qualche  nuova  specie  alla  sua  conoscenza,  -' 
concludeva  che  le  filliti  erano  tutte  eminentemente  mioceniche  e  del 
Miocene  superiore. 

Anche  le  llore  messiniaue  del  Piemonte,  illustrate  dapprima  dal  Si- 
SMONDA,  3  poi  dall' Heer'*  e  rivedute  recentemente  dal  dott.  Peola,'' 
manifestano  affinità  mioceniche.  La  flora  di  Guarene,  località  tipica  del 
Messlniano  piemontese,  secondo  le  osservazioni  del  dott.  Peola,  fra  le 
specie  comuni  ad  altri  depositi  ne  presenta  94  che  altrove  si  rinven 
nero  nell'Eocene,  64  nell'Oligocene,  ed  80  nel  Miocene,  e  solo  32  nel 
Pliocene,  Quella  del  Messiniano  di  Monte  Castello  presso  Alessandria, 
sempre  secondo  gli  studi  dell'  amico  Peola,  sarebbe  costituita  da  3 
specie  eoceniche,  da  18  mioceniche,  e  solo  da  6  plioceniche. 


Paolucci  L.,  Nuovi  materiali  e  ricerche  critiche  sulle  piante  fossili  ter- 
ziarie dei  gessi  di  Ancona.  Ancona,  189G. 

1  Peola  P.,  Aggiunte  alla  flora  fossile  dei  gessi  di  Ancona.  (Rivista  Ita- 
liana di  Paleontologia,  Anno  IV,  fase.  3,  1897.) 

-  SisMONDA  E.,  Prodrome  d'une  flore  tertiaire  die  Piémont.  (Mem,  Pi.  Acc. 
delle  Scienz,  di  Torino,  Serie  3,  Voi,  XVIII,  1859.) 

3  Heer  0.,  Ueber  das  Klima  und  die  Vegetations  Verhàltnisse  des  Ter- 
tiàrlandes.  1859. 

^'  Peola  P.,  Flora  fossile  Braidese.  Bra,  1895.  —  Flora  Messiniana  di 
Guarene  e  dintorni.  (Boll.  Soc.  Gool.  Ital.  Voi.  XVIII,  1899.)  —  Florula  Mes- 
siniana di  Monte  Castello  d' Alessandria.  (l5oll.  Soc,  Geol.  Ital,  Voi,  XVIII, 
1899.) 


320  G.    DE   ALESSANDRI. 

La  flora  dei  gessi  di  Montescano  e  di  Stradella,  testò  diligentemente 
riveduta  dal  Sordelli  ^  presenta  il  più  gran  numero  di  specie  comuni 
con  quella  dei  noti  giacimenti  miocenici  di  Oeningen.  Dai  confi'onti 
inoltre  che  il  Massalongo  fece  delle  specie  conosciute  ai  suoi  tempi 
con  quelle  del  Senigalliese,  risultò  altresì  un'esatta  corrispondenza  fra 
i  due  giacimenti. 

Comunissime  d'alti'oiide  in  tutte  le  formazioni  marno-gessose  a  fillili 
sono  le  larve  di  Libellula  doris,  specie  che  si  può  considerare  tipica 
nella  fauna  dei  depositi  miocenici  di  Oeningen. 

Un'  ultima  considerazione  infine  conferma  ancora  maggiormente  la 
iniocenità  del  piano  Messimam^  cioè  la  sua  disposizione  stratigrafica. 
Infatti  tutti  gli  autori  che  si  sono  occupati  di  essa,  dal  Pareto  al 
Mayer,  al  De  Stefani,  all'  Issel,  al  Pantanelli,  al  Fontannes,  al 
FuGHS,  al  Mariani,  al  Capellini,  al  Seguenza,  al  Taramelli,  al 
Sacco,  ecc.  hanno  sempre  riscontrato  che  questo  piano  posa  in  concor- 
danza col  Tortoniano ,  mentre  presenta  disturbi  talora  notevoli  col 
Piacenziano,  e  che  i  rapporti  stratigrafici  lo  legano  strettamente  alla 
serie  miocenica,  della  quale  chiude  il  lungo  periodo  di  emersioni  ini- 
ziato in  sulla  fine  di  essa. 

Questo  periodo  di  emersioni  dei  continenti,  che  in  alcuni  punti  fu 
intenso  ed  accentuatissimo,  avrebbe  conseguentemente  dato  luogo  ad  un 
maggior  sprofondamento  dei  bacini  marini,  iniziando  così  l'età  piaceuziana. 

Secondo  il  Forsytii-Mayor  ,  il  quale  studiò  la  fauna  dei  vertebrati 
della  Corsica,  daterebbe  appunto  dal  Messiniano  la  scomparsa  di  quella 
grande  regioueposta  fra  la  Sardegna,  la  Corsica  e  la  penisola  italiana 
(lyrrrenis)  ;  mentre,  secondo  il  Neumayr  ed  il  Suess,  il  grande  con- 
tinente che  univa  la  Dalmazia  al  sistema  Appulo-Garganico  (Adria), 
avrebbe  iniziato  nel  Messiniano  il  suo  periodo  di  immersione,  per 
scomparire  completamente  nel  quaternario. 


'  Bordelli  F.,  Flora  fossile  insubrica.  Studi  sulla  vegetazione  di  Lombar- 
dia durante  i  tempi  geologici.  Milano,  1898. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  321 

L'età  messiiiiaiia  segna  quindi  un  periodo  di  profondo  modilicazioni 
fisiografiche  e  biologiche,  ed  alla  sua  scomparsa  si  è  iniziato  una  nuova 
fase  di  sedimentazione  tranquilla  e  regolare  di  depositi  marini. 

Il  voler  poi  assegnare  al  Messiniano  un  posto  intermedio,  fra  il 
Miocene  ed  il  Pliocene  (Mio-'pliocene .  Prepliocene,  ecc.),  è  cosa  di 
nessun  giovamento  alla  sua  conoscenza,  aumentando  semprepiù  le  mol- 
teplici suddivisioni  della  serie  terziaria. 


* 
*  * 


Nella  regione  subapenninica  il  3Iessiniaiio  costituisce  una  stretta 
zona  che  si  riscontra  irregolarmente,  senza  interruzione  talora  a  con- 
tatto colla  formazione  tortoniana,  talora  appoggiata  direttamente  su 
quella  elveziana. 

La  sua  costituzione  litologica,  formata  quasi  completamente  da  rocce 
di  facile  disaggregazione,  fa  si  che  il  paesaggio  inessiuiauo  sia  rego- 
lare, uniforme,  e  di  grande  fertilità. 

Conseguentemente  tale  plaga  presenta  ricchi  centri  di  abitazione,  ai 
quali  sarebbe  riservato  rapido  sviluppo,  se  la  scarsità  di  acque  e  la 
natura  selenitica  di  quelle  poche  che  presenta,  non  rendessero  questa 
regione  poco  salubre. 

La  tectonica  degli  strati  è  abbastanza  regolare,  tranne  in  vicinanza 
delle  lenti  gessifere,  ove  si  osservano  pieghe  e  contorcimenti  dovuti  a 
diminuzione  delle  masse  gessose  per  facile  soluzione  e  spapolaniento, 
al  quale  susseguono  adattamenti  degli  strati  sovrapposti. 

La  sua  potenza  varia  da  pochi  metri  fino  a  150,  l'inclinazione  dei 
suoi  strati  e  di  5"  oppure  10°  Nord  Nord-Est. 

Lungo  il  profilo,  che  io  esamino,  la  zona  messiniana  si  riscontra  lungo 
la  valle  del  Medrio  presso  la  G.  Gattara  ( Alice- BelcoUe)  e  tutt'oltre 
salendo  l'altura  di  Gastelrocchero.  Nella  sua  parte  inferiore  essa  è  co- 
stituita da  marne  gialliccie  poco  coerenti,  untuose  al  tatto,  a  frattura 
irregolare,  nelle  quali  sono  interpolati  banchi  di  arenarie  e  sabbie  di- 


322  G.    DE   ALESSANDRI. 

saggregate  che  passano  a  lenti  ghiaiose,  mentre  ili  alciiui  punti  si  so- 
stituiscono straterelli  di  marne  nere,  bituminose.  Superiormente  si  svi- 
luppa una  zona  potente  di  gessi,  la  quale  verso  Alice  raggiunge  al- 
tresì considerevole  estensione.  Tali  gessi  si  presentano  generalmente 
con  struttura  cristallina  e  non  stratificati,  ma  in  grandi  ammassi  ir- 
regolari, costituiti  dall'associazione  di  numerosi  cristallini  aciculari  di- 
sposti in  vario  modo. 

La  frattura  mostra  lo  sfaccettamento  caratteristico  in  lamine;  la  co- 
lorazione è  bianco-grigiastra,  talora  però  per  inquinazioni  ò  azzurrina 
0  rossiccia.  Sono  frequenti  fra  i  gessi  cristalli  sviluppati  di  zolfo  che 
rivestono  a  guisa  di  geodi  le  cavità  della  roccia. 

In  numerose  cave  aperte  in  questa  regione  il  gesso  si  estrae,  viene 
torrefatto  con  vecchi  sistemi  e  macinato  mediante  rulli  in  pietra,  ali- 
mentando una  piccola  industria  locale  abbastanza  riinuneratrice. 

Sono  pure  abbondanti  fra  le  masse  gessose  lenti  di  calcare  concre- 
zionaio,  gialliccio,  poco  compatto,  che  si  riscontrano  presso  Castelroc- 
chero,  ed  a  Nord  di  Alice  verso  Ricaldone,  calcari  i  quali  si  presen- 
tano quasi  sempre  fra  le  marne  listate  azzurro  o  gialliccie,  in  limitati 
affioramenti. 

A  ridosso  della  zona  gessifera  si  osserva  lungo  là  strada  fra  Alice 
e  Ricaldone  un  potente  conglomerato  costituito  da  ciottoli  fluviatili,  di 
natura  litologica  assai  varia  {quarsiti^  apenninitij  calcescUi,  dioriti^ 
serpentine^  prasiniti,  calcari,  ecc.),  conglomerato  nel  quale  si  riscon- 
trano lenti  di  ghiaie,  e  strati  di  sabbie  limacciose,  le  quali  contengono 
avanzi  di  frustoli  vegetali,  e  tracce  di  molluschi  terrestri,  in  pessimo 
stato  di  conservazione. 

I  conglomerati  estratti  in  parecchie  località,  vengono  adibiti  all'  iii- 
ghiaiamento  delle  strade  e  sono  caratteristici  per  la  profonda  altera- 
zione di  alcuni  elementi  sovratutto  delle  dioriti  e  dei  micascili,  i  quali 
sono  ridotti  ad  uno  stato  quasi  polverulento  e  tali  da  farli  ricercare 
come  sostanze  coloranti. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  323 

La  formazione  messiiiiaiia  è  quindi,  come  si  vede  dalle  serie  dei  suoi 
depositi  completa  come  nella  Sicilia  e  nell'Italia  centrale,  nò  vi  man- 
cano del  tutto  i  fossili  caratteristici  massime  negli  strati  superiori  ove 
un  po'  ad  occidente  della  sezione  seguita,  cioè  nelle  vicinanze  di  Nizza 
Monferrato,  si  raccolgono  piccoli  Cardium  e  Congerie,  proprie  di  que- 
sto piano. 

Ad  Oriente  della  valle  del  Medrio  la  zona  messiniana  è  ridotta  ad 
una  sottile  striscia,  sovente  rappresentata  dai  soli  gessi,  zona  che  si 
riscontra  a  Ricaldone,  a  Sant'Andrea,  a  Garenzano  e  giunge  fino  alle 
sponde  della  Bormida.  Essa  manifesta  così  le  traccio  di  una  polente 
denudazione,  che  si  è  esplicata  alla  fine  del  Miocene  durante  la  fase 
di  emersione,  che  determinò  il  depositarsi  del  piacenziano. 

Da  queste  sponde  alla  valle  dell'Orba  il  Messiniano  è  rappresentato 
prevalentemente  dai  suoi  strati  superiori,  con  le  marne  lacustri  bigio- 
cenerognole  a  Dreissene  e  Melauopsis^  mentre  nel  bacino  della  Scrivia 
esso  ha  quasi  ovunque  facies  cougiomeratica  con  lenti  ghiaioso-ciotto- 
lose.  In  vicinanza  di  Tortona  costituisce  il  deposito  già  ben  noto  per 
gli  importanti  studi  del  Sismonda  (Angelo)  e  del  Pareto,  deposito  ric- 
chissimo di  Gasteropodi  marino-salmastri  nei  quali  sono  comuni  i  generi 
Neritodorita,  Udania,  Melanopsis^  Ilijdrohia. 

Ad  Ovest  della  sezione  per  la  valle  del  Medrio  e  del  Gervino  la 
zona  messiniana  prende  un  considerevole  sviluppo  nelle  colline  fra  Ga- 
stelrocchero,  Fontanile,  Bazzana,  con  marne  generalmente  gialliccie,  so- 
vrastanti a  lenti  gessose,  e  con  straterelli  di  arenario  grigiastre,  facil- 
mente disaggregabili,  le  quali  ultime  talora  per  profonda  alterazione 
sono  ricoperte  da  banchi  di  sabbie  fine,  ad  elementi  cristallini  ed 
amorfi,  arrotondati. 

Presso  Nizza  la  zona,  ridotta  ad  una  potenza  di  60  metri  all' incirca, 
presenta  marne  grigiastre,  untuose,  con  frequenti  avanzi  di  Gasteropodi 
e  Bivalvi  di  acque  salmastre,  marne  che  presso  S.  Marzano  assumono 
una  colorazione  nera,  bituminosa.  L'inclinazione  in  generale  è  ovunque 
regolarissima,  gli  strati  sono  immersi  da  5°  a  G"  Nord  Nord-Est. 


324  G.    DE   ALESSANDRI. 

Più  ad  occidente  il  Messiniano  acquista  di  nuovo  grande  sviluppo 
in  estensione  e  potenza  presso  Agliano  e  Castiglione  d'Asti.  Nella  valle 
del  Tanaro  costituisce  le  colline  di  Govone  e  di  Alba  ;  in  vicinanza  a 
quest'ultima  città  e  nel  territorio  compreso  fra  Piobesi,  Castagneto, 
Mouticello,  Santa  Vittoria,  La  Morra,  esso  forma  il  rinomato  deposito 
a  finiti  conosciuto  dalla  località  più  abbondantemente  fossilifera  col 
nome  di  Guarene,  e  quello  a  Lamellibranchi  e  Gasteropodi  di  acque 
dolci  e  salmastre  di  Narzole. 

PLIOCENE. 

La  formazione  pliocenica  è  rappresentata  nel  Subapcunino  Ligure 
dai  suoi  due  tipici  piani  marini,  paleontologicamente  e  litologicamente 
distintissimi  fra  di  loro,  ai  quali  perù  in  alcuni  punti  nella  parte  su- 
periore si  aggrega  un  deposito  lacustro-fluviatile  che  si  ritiene  sin- 
crono al  piano  più  elevato. 

Piacenziano. 

Il  piano  inferiore  o  Placenùam  ù  costituito  dalle  tipiche  marne  di 
colorazione  azzurro-intensa  quasi  sempre  molto  argillose  e  quindi  di 
facile  alterazione,  le  quali  per  la  commissione  di  materiali  più  o  meno 
fini  fanno  passaggio  ad  arenarie  od  a  banchi  sabbiosi. 

Le  marne  piacenziane,  sia  per  la  loro  natura  litologica,  sia  per  quella 
dei  fossili,  che  abbastanza  numerosi  contengono,  manifestano  una  for- 
mazione di  mare  discretamente  profondo,  con  un  continuato  succedersi 
dello  stesso  ambiente. 

La  precisa  separazione  fra  i  deposili  piacenziani  e  quelli  messiniani, 
a  facies  marina  o  marina-salmastra  riesce  talora  assai  incerta,  tanto 
più  che  il  Piacenziano  si  presenta  in  alcuni  punti  con  lembi  sporadici, 
residui  di  ampie  plage  denudate.  Giova  sovente  a  distinguerli   la  pre- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  325 

senza  di  quella  trasgressione  stratigrafica,  che  si  palesa  fra  gli  strati 
superiori  del  Messmiano  e  quelli  inferiori  del  Piacendano,  e  della  quale 
ho  già  parlato. 

La  zona  ove  afiiora  il  Piaceiiùano  è  assai  regolare,  con  colline  basse, 
tondeggianti  ed  allungate,  con  valli  quasi  sempre  di  interstratificazione 
ampie  ed  a  piccoli  dislivelli;  essa  è  generalmente  ricca  di  acque  e  ri- 
coperta da  folta  vegetazione.  La  tectonica  è  sempre  regolare;  l'inclina- 
zione degli  strati  varia  da  4"  a  5°  Nord  o  Nord-Nord-Est;  la  sua  mas- 
sima potenza  non  arriva  ad  un  centinaio  di  metri. 

La  formazione  piacenziana  è  evidente  lungo  il  profdo  che  io  esamino 
in  vai  Cervino  nelle  colline  di  Gasalotto  e  Bazzana,  colle  tipiche  marne 
azzurre  interstratificate  da  sottili  strati  arenacei,  grigio-plumbei.  Lungo 
il  tronco  ferroviario  tra  Fontanile  e  Bazzana  durante  alcuni  lavori  di 
rivestimento  praticati  nella  galleria  ivi  esistente  ho  potuto  raccogliere 
numerosi  avanzi  di  Gasteropodi  per  lo  più  guasti  ed  incompleti,  fra  i 
quali  predominavano  i  generi  Mitra,  Pleurotoma,  SurciUa,  Colum- 
bella.  Nassa,  Cassis,  Fiisus,  Cerithium. 

Fra  Quaranti  e  Maranzana  il  Piacensiano  acquista  un  massimo  di 
sviluppo,  litologicamente  costituito  nella  parte  inferiore  da  marne  az- 
zurre ed  in  quella  superiore  da  banchi  marnoso-sabbiosi,  che  per  in- 
sensibili passaggi  iniziano  la  pila  sovrastante  (MV Astiano. 

Più  ad  oriente  il  Piaceiuiano  forma  una  zona  poco  importante  per 
sviluppo  e  potenza,  quasi  sempre  ricoperta  dalle  sabbie  astiane,  zona 
che  tanto  nell'Alto  Monferrato  quanto  nell'  Astigiano  è  evidente  solo 
lungo  le  incisioni  dei  corsi  d'acqua,  ove  l'erosione  ha  esportato  l'assisa 
poco  compatta  delle  formazioni  sovrastanti.  Lungo  le  rive  della  Bormida 
esso  si  riscontra  abbastanza  percettibile  nelle  adiacenze  di  Gastelnuovo, 
ove  le  marne  grasse,  azzurre,  a  frattura  concoide  ed  a  superficie  irre- 
golare presentano  avanzi  di  Bivalvi  e  di  Grostacei  (Cirripedi  e  De- 
capocli). 

Abbondantemente  fossilifera  essa  si  riscontra  altresì  a  Garpeneto 
lungo  il    rio   Orsecco   ed  i  suoi   conscrvatissirai    avanzi   fossili   furono 


326  G.    DE    A  LESSA  N  DUI. 

Oggetto  di  ricerche  speciali  del  prof.  Tralìuggo.  *  Anche  m  luna  la 
valle  dell'Orba  le  marne  azzurre  piaconziane  sono  importanti  per  nu- 
merose località  fossilifere,  mentre  in  quella  della  Scrivia  sono  ben  noti 
i  giacimenti  di  Villavernia  e  Volpcdo,  dei  quali  si  sono  occupali  i  più 
distinti  paleontologi  piemontesi. 

Ad  Ovest  del  tracciato  da  noi  seguito,  nelle  vicinanze  d'Incisa-Belbo, 
di  Nizza,  di  Vaglio-Sifrra  e  di  Gasteluuovo-Galcea,  il  Place/mano  co- 
stituisce una  striscia  non  sempre  perfettamente  distinta  delle  forma- 
zioni sottostanti,  come  neppure  da  quelle  sovrastanti,  ove  i  caratteri 
litologici  sono  di  mediocre  aiuto,  (juelli  paleontologici  scarsi  e  poco  ca- 
ratteristici, mentre  il  paesaggio  uniforme  ed  appena  ondulato,  non  con- 
sente osservazioni  accurate  sulla  stratigrafia  dei  depositi. 

Nella  valle  del  Tanaro  al  contrario  esso  è  abbastanza  evidente  e  di- 
stinto, con  buone  località  fossilifere  presso  Asti,  Montafìa,  e  sovratutto 
nelle  vicinanze  di  Bra,  ove  forma  il  noto  giacimento  di  Monte  Capriolo. 

Astiano. 

Il  piano  senza  dubbio  più  caratlerislico  delle  formazioni  terziarie  ò 
V Astiano.  La  sua  costituzione  litologica,  quasi  sempre  identica  e  tipi- 
camente sabbiosa  e  giallastra,  i  numerosi  fossili  che  dovunque  presenta, 
la  sua  grande  estensione  superficiale,  la  conformazione  pianeggiante,  ed 
irregolare  delle  colline  che  esso  costituisce,  lo  fanno  assai  facilmente 
distinguere  fra  tutti  gli  altri.  Scarso  generalmente  di  acque  costituisco 
tuttavia  una  regione  di  grandi  risorse  agricole,  causa  la  vicinanza  e  la 
presenza  sopra  ai  suoi  depositi  di  numerosi  veli  villafranchiani  e  di 
Lehm,  che  coi  fini  elementi  argillosi,  dei  quali  constano,  mitigano  la 
sterilità  dei  suoi  affioramenti. 

Le  sue  sabbie  per  la  maggior  parte  quarzose,  con  lari  elementi  di 
serpentino,  contengono  una  quantità  assai  variabile  di  argilla  e  di  cal- 


*  Trabccco  G.,  Fossili  pliocenici  del  Rio  Orsecco  (Carpeneto).  Como,  188'.' 


APPUNTI   DI    GEOLOGIA.    E   PALEONTOLOGIA,    ECC.  327 

care;  ({uest'ultimo,  dovuto  sovratutto  agli  abbondanti  Molluschi  che  con- 
tiene, talora  consolida  gli  strati  costituendo  arenarie  o  meglio  liima- 
chelle  di  potente  sviluppo. 

Oltre  ai  fossili  macroscopici,  i  depositi  astiani  sono  importanti  per 
una  quantità  grandissima  di  gusci  di  Foraminiferi  associati  a  frammenti 
(li  Celenterati  e  Briozoi,  con  piccoli  Crostacei.  Questa  è  la  fauna  ap- 
punto caratteristica  dei  depositi  litoranei. 

Il  paesaggio  astiano  manifesta  ovunque  un'  abrasione  assai  conside- 
revole degli  strati,  con  incisioni  profonde  e  valli  a  ripidi  declivi,  le 
quali  sovente  sono  limitato  nella  loro  parte  più  bassa  dalle  formazioni 
marnose  che  sottostanno. 

La  sua  regolare  disposizione  stratigrafica  non  soffre  eccezione;  gli 
strati  sono  quasi  sempre  orizzontali  o  con  una  piccola  inclinazione  a 
Nord;  la  sua  potenza  oltrepassa  raramente  un  centinaio  di  metri. 

Compaiono  le  formazioni  astiane,  lungo  lo  spaccato  seguito,  in  vici- 
nanza di  Castelletto  Molina,  assai  evidenti  presso  le  trincee  praticate 
per  la  costruzione  della  ferrovia  Acqui-Nizza,  colle  solite  sabbie  gial- 
liccie, lievemente  agglutinate,  fra  le  quali  si  osservano  piccoli  fram- 
menti di  Bivalvi  [Ostree^  Pecten,  ecc.)  e  sopra  le  sabbie  ghiaie  gros- 
solane pure  a  tinta  giallastra,  fra  le  quali  straterelli  argilloso-arenacei, 
disaggregati. 

In  vicinanza  di  Mombaruzzo  verso  la  capellotta  del  Presepio,  le  sabbie 
astiane  ricoperte  da  una  potente  cotenna  argillosa,  ocracea  si  presen- 
tano in  banchi  sviluppati,  e  che  si  possono  scorgere  solamente  nelle 
incisioni  profonde  che  le  acque  hanno  scavato.  La  zona  uniformemente 
pianeggiante  e  priva  di  qualsiasi  motivo  stratigrafico,  che  ne  rompa  la 
monotonia,  si  prolunga  ad  Est  verso  Cassine,  ove  sotto  la  parte  ele- 
vata del  paese  presenta  nei  suoi  strati  superiori  pareti  a  picco  ed  una 
fauna  littoranea  tipica  assai  ricca  di  esemplari,  ma  povera  di  specie. 
Fra  esse  ho  potuto  distinguere  le  seguenti;  Balanus  jìerforatus  Brug., 
Balanus  concavus  Bronn.,  Pectuneulus  (Axinaea)  bimacidatus  Poli, 
Lutraria  ellijìtica  Lk.,    Veiius  plicata  Gmel.,   Pecten  (Aquipecten) 


328  G.    DE   ALESSANDRI. 

scabì^ellus  Lk.,  Pecten  (Flahellij^ecten)  Bosìiiasckii  De-Stef.  e  Pant., 
Anomia  ephipiHum  L,  var.,  squamula  L.,  OUrea  eclidis  L.,  Tere- 
hratula  amimlla  Brocc. 

Ad  oriente  della  Bormida,  V Astiano,  quasi  sempre  ricoperto  dalle 
formazioni  conglomeratiche  fluvio-lacustre,  e  da  depositi  potenti  di 
Lehm,  non  ricompare  che  in  piccoli  lembi  sporadici  fra  Castelletto 
d'Orba  e  Capriata,  scarso  di  fossili  macroscopici  e  costituito  da  sabbie 
azzurrine  e  da  marno  sabbiose,  con  avanzi  di  Foraminileri  e  Briozoi 
di  habitat  meno  litoraneo  dei  soliti  giacimenti. 

Ad  occidente  di  Mombaruzzo  la  zona  astiana  prende  grande  sviluppo 
e  costituisce  la  lunga  distesa  di  colline  che  rendono  così  amena  e  po- 
polata la  regione  fra  le  valli  della  Borbora,  del  Tiglione,  e  quella  del 
Tanaro  fino  allo  sbocco  di  quest'  ultimo  corso  nella  pianura  alessan- 
drina. 

La  città  di  Asti,  quantunque  in  parte  costruita  sui  depositi  piacen- 
ziani,  giace  nel  mezzo  di  quest'  interessante  plaga,  la  quale  per  i  nu- 
merosi fossili,  che  dovunque  in  essa  si  rinvengono,  per  la  buona  conse)*- 
vazione  di  essi,  per  il  loro  svariato  modo  di  presentarsi  e  per  la  ricchezza 
di  tipi  che  essi  rappresentano,  ha  dato  il  maggiore  contributo  alla  co- 
noscenza della  paleontologia  del  terziario  superiore. 

Questa  zona  costituisce  la  parte  mediana  della  sinclinale  che  si  os- 
serva nelle  formazioni  terziarie  fra  1'  Apennino  e  la  Collina  Torinese, 
la  quale  si  può  considerare  come  una  piega  secondaria  dell'ai  ira  incom- 
pleta, ma  di  maggior  sviluppo  fra  l'Apennino  e  le  falde  meridionali 
delle  Alpi,  e  che  si  conosce  comunemente  col  nome  di  sinclinale  padana. 

La  Collina  di  Torino  costituisce  in  essa  un'  aaticlinale,  con  un  ramo 
unico  nella  parte  occidentale,  ma  che  ad  oriente  si  sdoppia  in  due  se- 
condari, che  si  possono  distinguere  col  nomo  di  ramo  di  Mainiorito  e 
ramo  di  Bruzasco. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  329 

Villafr  anchiano . 

Sincroni  colle  formazioni  astiane  sono  in  queste  regioni  alcuni  depo- 
siti lacustri  e  lluviatili,  che  prendono  considerevole  sviluppo  nelle  col- 
line fra  la  valle  del  Tanaro  e  quella  del  Po,  ed  ai  quali  il  Pareto 
aveva  dato  il  nome  di  Villafrancìiiano.  La  costituzione  litologica  di 
questi  depositi  è  varia  assai,  quasi  sempre  con  rocce  disaggregate,  che 
in  alcune  regioni  sono  sabbie  grigiastre,  o  rossiccie,  in  altre  argille 
plastiche,  intensamente  rosse  od  azzurrine,  che  passano  a  marne,  ed 
ili  altre  infine,  ghiaie  e  conglomerati  con  strati  sabbiosi  e  limacciosi. 
La  loro  fauna  è  naturalmente  terrestre,  con  predominio  di  avanzi  spet- 
tanti a  grandi  vertebrati.  La  loro  potenza  massima  ò  in  queste  regioni 
di  30  metri  circa,  ma  generalmente  non  oltrepassa  i  10,  oppnre  12 
metri. 

Si  riscontrano  lembi  di  questa  formazione  nelle  piccole  elevazioni  a 
Nord  di  Mombaruzzo  presso  Bruno  e  tutt' oltre  a  Gasteluuovo  Bolbo  e 
Bergamasco,  con  strati  ocracei,  rossicci,  ricchi  di  idrossidi  di  ferro,  i 
quali  per  la  loro  plasticità  servono  assai  bene  a  confezionare  laterizi 
e  stoviglie. 

La  natura  compatta  e  poco  permeabile  degli  strati  fa  sì  che  a  con- 
tatto e  sopra  al  Villafrancìiiano  siano  abbastanza  frequenti  veli  ac- 
quiferi, che  rendono  abbastanza  riproduttiva  la  sua  area  di  affioramento 
quantunque  essa  sia  quasi  sempre  poco  elevata,  uniforme  e  di  scarsa 
popolazione. 

Lungo  la  valle  della  Bormida  si  osserva  il  Villafmneldano  presso 
Gamalero  e  Sezzè,  ed  in  quella  regolare  serie  di  elevazioni  appianate 
poste  fra  Castelnuovo,  Mantovana  e  Capriata  d'Orba,  ove  però  è  quasi 
sempre  ricoperto  da  depositi  quaternari,  i  quali  rendono  oltremodo 
difficile  la  sua  perfetta  distinzione. 

Non  è  raro  in  queste  regioni  di  riscontrare  plaghe,  ove  la  zona 
Villa francìiiana  abbia  facies  sabbioso-ghiaiosa  od  anche   conglome- 


.■{3(1  G.    ]ÌE   ALESSANDRI. 

J'alica,  ed  allora  ossa  i'ap|")ros(!iila  i  doposili  salinari  oil  alloi'iiaiili  di 
pione  0  magro  loi'ron/.iali  dappresso  lo  spia^^io  iiinrino,  o  noi  l'istagni 
lagunari,  assiiinoiulo  (|ii(drasp(!||(i  speciale  al  (piale  il  Sacco  aveva  dato 
nonio  di  Fossaniatio. 

Colla  stessa  faciei^  si  ritrova  pnro  in  vai  del  Tanaro  nelle  collino 
fra  l'VIi/.zaiio,  Masio,  Annone  e  IJocca  d'Ara/./.o,  licoperla  sempre  da 
uno  slralo  niiiforiiHì  di  Leìtni .  nienlre  talora  nella  sua  parte  iiil'erion; 
presenta  marni'  liiancn-i'iniM^u^  con  frnsioli  vegetali  e  conchiglie  lacustri. 

Quaternario. 

Analogamente  a  quanto  ha  proposto  l' Ing.  A.  Stella  nei  suoi  studi 
sul  quatoniario  della  vallo  del  Po,  '  io  ho  diviso  lo  foi'mazioni  quater- 
nario subaponniniche  in  due  gruppi;  il  jirimo  comprondonto  quelle  an- 
tichi!, il  secondo  ([iiollo  recenti.  Nelle  aiilicln!  ho  raggiaippato  lo  for- 
mazioni contiiumtali  diinviali,  nelle  recenti  i  depositi  degli  attuali  greti 
dei  filimi  e  doi  torrenti;  questi  ultimi  in  questo  regioni  scorrono  quasi 
sempre  in  solchi  scavati  nello  formazioni  cristalline  od  in  quelle  cla- 
stiche del  me/.ozoico  e  del  lerziario,  e  rarissimamente  in  terrazzi  erosi 
nel  (pialcrnario  antico,  lo  però  inlondo  sloo  di  occuparmi  brevemente; 
dello  forma/.ioni  antiche. 

J  tlepositi  preipiatornari  nello  falde  apenninicho  ultimata  la  deposi- 
zione do!  Pliocene,  emersi  completamente  dalle  ondo  maiine,  hanno  na- 
turalmente presentato  facih^  appiglio  all'  opra  degradalrice  dello  azioni 
meleoi'iche,  e  V,  loro  siìinmità  franale,  svelte,  disciolto,  ed  in  mille 
guise  asportale,  costiluiroiio  un  alihoiidanle  materiale  di  sfacelo  che 
dallo  regioni  apenninicho  scese  nella  valle  padana.  K  due  azioni  con- 
trarie si  dispularono  il  campo  e  concoi'sero  diversamento  a  foggiare 
l'attuale  sistema  collinosco.  Da  una  parte  1' erosione    lluviale,  potente 


'  SrELLiV  A.,  Sui  Urreni  nualernarì  della  valle  del  Po  in   rapporto  alla 
carta  geologica  d' ItalUi.  (Holl.  h'.  (lomit.  (icol.  il'ltalin.  Tom.  XXVI,  t8',)."t.) 


APPUNTI    DI    (;K0I/)';IA    K    PA[,EONTOLOr,IA,    ECC.  3ol 

per  abhondaiito  procipilazioiio  o  facililala  (|;illa  iinliira  poco  toiiaco  dcÀ 
depositi,  tendeva  ad  incidere  o  solcare  profondanieiile  la  regione,  diil- 
l'altra  gli  agenli  meteorici  collo  frane,  che  rovinando  Io  creste  dei  gio- 
ghi elevati  ricolmavano  di  detriti  lo  faM*;,  e  le  alluvioni  abbondanti 
dei  corsi  d'acqua,  che  cospargendo  di  materiale  frammenli/ao  i  jiiani  a 
dolce  declivio  tendevano  a  livellarne  i  depositi.  Entrambe  queste  cause 
ebbero  campo  di  esplicarsi  in  tutta  la  loro  più  energica  manifestazione, 
perchò  mentre  nella  catena  alpina  più  elevata  lo  abbondanti  precipita- 
zioni nevose  salvarono  dipoi  l;i  regione  dall'azione  dirolla  dolio  acque 
torrenziali,  sosliliiondo  quella  meno  inloiisa  dei  ghiacci,  qui  invece  per 
causa  della  limitala  elevazione  montuosa,  il  fenomeno  lia  continualo  in 
tutta  la  sua  intensità  durante  l' intera  fase  del  quaternario. 

Non  escludo  con  tutto  ciò  che  l'Apennino  non  abbia  risontilo  di  fe- 
nomeni glaciali,  anzi  le  osservazioni  di  questi  ultimi  anni  hanno  dimo- 
strato che  non  solo  le  Alpi  Apuane,  corno  generalmente  si  riteneva,  ' 
ma  anche  l'Apennino  pai'inonso,  -  quello  reggiano  e  modenese,  ■'  quello 
della  Basilicata"''  e  financo  quello  più  basso  d(dla  IJguria  '  hanno  prc- 


1  Stoppani  a.,  Sulla  esistenza  di  un  antico  ghiacciaio  nelle  Alpi  Apuane. 
(Rond.  li.  1st.  Lomb.  di  Scienz.  o  Lett.  Vol.  V,  pag.  7.3:5.)  —  Zaccagna  D.,  La 
Carta  geologica  delle  yllpi  Apuane  ed  i  terreni  che  le  costituiscono.  (BolleU. 
Soc.  Geol.  Ita!.  Voi.  XV,  I89(i,  pag.  2i5.)  —  De  Stefani  C,  Gli  antichi  ghiac- 
ciai delle  Alpi  Apuane.  (Boll.  Club  Alpino  Italiano.  N.  57,  1891.) 

2  Sacco  F.,  L'Apennino  dell'  Emilia  (Boli.  Soc.  Geo!.  Ital.  Voi.  XI,  1802.) 
0  L'Apennino  settentrionale.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVIII,  1899.) 

^  De  Stefani  C,  /  depositi  glaciali  dell'  A  pennino  di  Reggio  e  Modena 
(Proc.  verb.  Soc.  Tose.  Scienz.  Nat.,  1881.)  o  Brian  Alessandro,  Val  di  Cedra 
(Apennino  Parmense).  (Boll.  Club  Alpino  Italiano,  Voi.  XXXI.  Torino,  1898.) 

'*  Di  Lorenzo  G.,  Avanzi  morenici  di  un  antico  ghiacciaio  del  Monte  Si- 
rino. (Rend.  R.  Accad.  d.  Lincei.  Serie  V,  Voi.  II,  1892.)  —  Il  Pospliocene  mo- 
renico nel  gruppo  montuoso  del  Sirino.  (Rend,  R.  Accad.  d.  Lincei,  Serio  V, 
Voi,  III,  189.3.)  —  Sulla  probabile  esistenza  di  un  ciclo  glaciale  nel  gruppo 
del  Monte  Vulturino  (Boll.  Soc.  Gool,  Ital,  Voi,  XIV,  1895)  e  Guida  geologica 
dei  dintorni  di  Lagonegro  in  Basilicata.  (Boll.  Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVII,  1898.) 

à  IssEL  A.,  Liguria  geologica  e  preistorica.  Voi.  I,  pag.  152, 


332  G.    DE   ALESSANDRI. 

sentalo  ghiacciai  durante  il  quaternario  antico,  ma  gii  avanzi  morenici 
riscontrati  sono  di  così  poca  entità  ed  in  iscala  cosi  minima  da  con- 
vincerci trattarsi  di  masse  glaciali,  che  si  inoltrarono  pochissimo  nelle 
valli,  appena  discostandosi  dalle  sommità  montane,  ie  che  conseguente- 
mente portarono  piccolo  ostacolo  all'  azione  intensiva  dei  fenomeni  de- 
gradatori. 

Durante  il  quaternario  quindi,  ai'  piedi  delle  elevazioni  subapenui- 
niche,  i  depositi  detritici  in  alto  delle  valli  costituirono  talus;  ed  allo 
sbocco  delle  correnti  cariche  di  sovrabbondanti  materiali,  nella  pianura 
padana  si  formarono  larghe  conoidi  di  dejezione  che  unendosi  e  so- 
vrapponendosi in  parte,  a  guisa  di  piani  inclinati,  andavano  man  mano 
ricolmando  il  largo  ])acino  che  le  acque  marine  avevano  da  poco  ab- 
bandonato. 

La  potenza  di  questi  conglomerati  diluviali  è  certamente  assai  grande 
e  da  alcuni  dati  che  furono  desunti  da  campioni  estratti  nel  praticare 
un  pozzo  trivellato  nelle  adiacenze  di  Alessandiia  e  resi  noti  dal  pro- 
fessore S.\cco,  ''  fu  calcolalo  raggiungesse  la  cifra  di  40  od  anche  di 
50  metri. 

Dalle  prime  fasi  del  quaternario  ebbe  così  origine  il  regime  idro- 
grafico attuale. 

Dapprima  le  acque  meteoriche,  che  impetuose  scendevano  dalle  gio- 
gaie apenniniche,  scorsero  disalveate  attraverso  le  varie  formazioni,  e 
nei  loro  periodi  di  piena  depositarono  sugli  altipiani  che  attraversavano 
delle  potenti  alluvioni,  nelle  quali  soventi  erano  commisti  i  materiali 
di  parecchie  valli  e  che  servono  oggidì  ad  attestarci  le  molteplici  emi- 
grazioni di  queste  acque.  Ma  col  progredire  delle  precipitazioni  atmo- 
sferiche e  sovratutlo  per  la  debole  resistenza  dei  deposili,  i  fiumi  ed 
i  torrenti  cominciarono  ad  incidere  le  formazioni,  ed  a  seconda  della 
maggiore  o  minore  compatezza  e  tenacità,  si  incassarono  in  ripidi  borri, 
0  si  espansore  in  ampie  vallate,  lo  quali  ora  in  alcuni  punti  sono  li- 
nanco  di  200  metri  al  disotto  delle  loro  antiche  alluvioni. 


^  Sacco  F.,  //  pozzo  irivellato  di  Alessandria.  Tip.  (icrbone.  Torino,  1890. 


iaruzzo  a  quelle  di  Ronzone.  Scala  \/r, 


S. 


oooc 


V.  Medrio.  Villa  Cardini. 


\i\h  Papis. 
I 


Acqui. 
I 


Livello 
del  mare. 


CalcMoDboreto. 


Livello 
del  mare. 


Auct  dis. 


Gessi 
iani. 


Marne 
piacenziane. 


Brie  Cardinelle  (Ponzone). 


Sabbie 
astiane, 


Conglomerai! 
villafranchiani. 


Alluvioni 
recenti. 


Profilo  Schematico  attraverso  le  formazioni  terziarie,  dalle  vicinanze  di  Monbariizzo  a  quelle  di  Ronzone.  Scala  ^/j,o, 


Mombaruizo  (Presepio),       V.  Cervino, 


.  Medrio.  Villa  Cardini.  Villa  Papis.  Acjui. 


Calcare  delle  Terme. 


C,  Ferri.       C.  Scuti.  C.  Croce.  V,  Vcrazza.       C.  Monboroto. 


Brio  Cardinelle  (PonioDe). 


SEI2IE;     Z^EI     TEl^ieiSlVI. 


Marne  Molasse  Marne 


nipiane.  aqDilsnia 


EU   um 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  333 

Queste  formazioni  diluviali  sono  generalmente  costituite  da  ciotloli, 
ghiaie  e  da  banchi  sabbiosi  nei  quali  gli  elementi  presentano  una  i)ro- 
fonda  alterazione.  Sono  di  frequente  ad  essi  intercalati  straterelli  di 
argilla  fina,  omogenea,  plàstica,  di  colorazione  intensamente  rossiccia, 
iiella  quale  si  osservano  piccoli  strati  di  ciottoli  minuti  appiattiti  di 
Datura  marnosa,  dovuti  la  maggior  parte  a  sfacelo  di  depositi  lacustri 
villafranchiani. 

Esse  si  riscontrano  lungo  una  larga  e  continuata  zona,  che  da  Novi, 
Capriata,  Sezzò,  Oviglio  si  spinge  fino  a  Felizzauo  fasciando  le  forma- 
zioni terziarie  e  costituendo  il  passaggio  graduato  dalla  regione  colli- 
iiesca  alla  pianura  alessandrina.  Ma  numerosi  lembi  erosi  e  laciniati 
di  questo  diluvium  rimasero  a  monte  nelle  vallate  incise  dai  corsi  più 
abbondanti  di  acque,  i  lembi  che  rimasero  abbandonati  sui  fianchi  dei 
nuovi  alvei,  nei  seni  vallivi  al  riparo  delle  correnti,  o  nei  piani  col- 
lineschi  a  dolce  pendio. 

Nella  valle  della  Stura  sono  importanti  quelli  die  si  osservano  presso 
Ovada,  ghiaioso-ciottolosi  nella  loro  parte  inferiore,  ocracei,  fini,  com- 
pattissimi in  quella  superiore,  ove  costituiscono  quel  deposito  che  da 
parecchi  geologi  miei  precursori  fu  ritenuto  Loess. 

Ciò  non  mi  sembra  del  tutto  esatto,  perchè  se  noi  ammettiamo  che 
il  Loess  sia  quel  fango  sabbioso,  ricchissimo  di  calcare,  di  colorazione 
giallo-rossastra,  costituito  da  elementi  impalpabili,  e  caratteristico  so- 
vratutto  per  la  mancanza  di  stratificazione,  i  caratteri  di  questi  depo- 
siti subapenninici  sono  troppo  differenti,  perchè  si  possano  identificare 
le  due  formazioni. 

E  ben  diversa  è  anche  la  loro  origine,  perchè,  come  gli  studi  mo- 
derni del  Van  den  Broeck,  ^  del  Renevier,  -  del  Penck,  del  Bruckner, 


1  Vax  ben  Broeck  E.,  .1  propos  de  l'origine  éolienne  des  certains  limoas 
quateniaires.  (Bull.  d.  la  Soc.  Belg.  de  Geologie.  Tom.  II,  1880.  Proc.  verb., 
pag.  188.) 

-  Renevier  E.,  Chronographe  géologique,  pag.  537. 


Voi.  XXXIX. 


334  G.    DE   ALESSANDItl. 

del  Du-Pasquier,  ^  del  Viglino,  del  Gapeder,  -  del  Tuticouschi,  ^  eco. 
hanno  unanimemente  confermato,  sembra  ora  che  con  tutta  probabilità  i 
depositi  di  Loess,  i  quali  generalmente  si  riscontrano  sia  nello  regioni 
non  molto  elevate  in  vicinanza  ai  depositi  glaciali,  sia  intercalati  nelle 
morene  stesse,  debbano  ascriversi  ad  azione  eolica,  analogamente  a 
(fuanto  già  il  Richtiiofen  aveva  ammesso  per  spiegare  quelli  della 
China.  I  depositi  invece  delle  falde  Apenniuiche  hanno  un  origine  di- 
versa ed  essenzialmente  autoctona. 

E  la  fauna  stessa  dei  due  depositi  non  corrisponde,  imperciocché 
mentre  i  molluschi  rinvenuti  quasi  ovunque  nel  Loess  (Ilelix  arhu- 
storum,  Sitccinea  oblunga,  Piqm  muscorum,  ecc.)  sono  specie  viventi 
per  lo  più  in  regioni  fredde  od  elevate,  quelle  che  io  ho  raccolte  nei 
depositi  subapenninici  ( Limnaea  jjalustris,  Clausilia  alboguttidata, 
Helix  sp.,  Pujxi  triplicata,  ecc.)  sembrano  specie  tuttora  viventi  nelle 
stesse  regioni. 

Ma  il  carattere  essenziale  per  cui  le  formazioni  argilloso-ocracee  sub- 
apenniniche  si  differenziano  dal  L.oess  è  quello  di  essere  potentemente 
decalcificate,  e  di  presentare  traccio  evidenti  di  stratificazioni  con  sab- 
bie e  con  ghiaie  più  o  meno  grossolane. 

Per  le  ragioni  sopracilate  io  credo  conveniente  distiuguere  questi 
depositi  col  nome  di  Lehn,  considerandoli  come  dovuti  ad  alterazioni 
superficiali  di  conglomerati  diluviali,  i  quali  secondo  lo  Stella  rappre- 
sentano la  facies  fluviatile  della  fase  che  nelle  regioni  montuose  deter- 
minò i  fenomeni  glaciali.  Essi  costituiscono  così  una  formazione  sincrona 
ed  omotipica  a  quella  conosciuta  col  nomo  di  Terra  rossa  nel  Carso 
e  nelle  Murgie  baresi,  e  di  ferretto  in  Lombardia.  Come  le  osserva- 
zioni del  FouRMET  ''  a  proposito  del  Lehm  rosso  del  bacino  del  Rodano 


^  Penck  a.,  Bruckner  E.  e  Du-Pasouier  L,  Le  syslcme  glaciaire  des  Alpes. 
(Bull.  d.  la  Soc.  d.  Selene.  Natiir.  de  Neuchàtel.  Tom.  XXIII,  1893-94.) 

-  Viglino  A.  e  Cai-eder  G.,  Comunicazione  preliminare  sul  Loess  piemon- 
tese.  (Boll.   Soc.  Geol.  Ital.  Voi.  XVII,  1898.) 

"  TuTKOusciii,  Etudes  sur  la  formai,  des  Loess.  Scott.  Geox.  ^lagg.  1900. 

^  FouKMET,  Annal.de  la  Società d' Agriculture  de  Lijon.  Tom.  Vili,  p.  I,  iS-if). 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    K    PALEONTOLOGIA,    ECC.  335 

e  del  Van  den  Broegk  '  per  quello  di  Parigi  sembrano  dimostrare,  la 
sua  colorazione  sarebbe  unicamente  dovuta  ad  alterazione  di  acque  me- 
teoriche abbondantemente  cariclie  di  anidride  carbonica. 

Lungo  tutta  la  valle  della  Bormida  sono  numerosi  i  lembi  di  de- 
positi diluviali,  i  quali  sono  più  frequenti  nei  punti  di  confluenza  coi 
tributari  j\Iedrio,  Ravauasco  ed  Erro.  Presso  Acqui  sono  sviluppati 
nelle  colline  a  Nord  della  città,  a  Pian  Denice  e  Monterosso;  nelle 
colline  di  Moirano  si  riscontrano  presso  i  Botti,  in  quelle  di  Terzo 
alla  Borgata  Garrera,  su  tutta  la  spianata  ove  è  posto  il  paese,  ed  al 
monte  della  Croce  ;  infine  in  quelle  di  Bistagno  si  osservano  in  vici- 
nanza della  G.  Móttura. 

Tutti  questi  depositi  constano  nelle  loro  parti  inferiori  di  ciottoli 
tondeggianti  ed  impressionati,  di  natura  litologica  assai  varia  (serpen- 
tina, quarzite,  diaspro,  selce,  calcare,  ecc.),  sui  quali  posa  uno  strato 
potente,  talora  una  diecina  di  metri  di  Lehm  finissimo  e  di  ottima  pla- 
sticità, il  quale  costituisce  un  pregiato  materiale  per  la  fabbricazione 
di  stoviglie  e  laterizi. 

I  lembi  più  elevati  di  questi  depositi  diluviali  si  osservano  lungo  la 
strada  fra  Moirano  e  Gastelrocchero,  sovrastanti  alle  marne  messiniaue 
ed  a  quelle  tortoniaue,  e  sono  costituiti  da  conglomerati  pliocenici  con 
elementi  della  valle  della  Bormida  (apenniniti,  dioriti,  prasiniti,  cal- 
cari liassici,  ed  arenarie  permiane,  ecc.)  fra  i  quali  si  osservano  dia- 
spri sanguigni  e  ftaniti  a  radiolarie,  provenienti  con  tutta  probabilità 
dalle  formazioni  permiane  della  valle  d'  Erro  (Montenotte) . 

Anche  in  vicinanza  di  Piana-Crixia  e  di  Cairo  Montenotte  si  riscon- 
trano depositi  terrosi,  dovuti  principalmente  ad  alterazione  delle  roccie 
serpentinose,  che  danno  origine  a  masse  ocracee  di  ottime  applicazioni 
industriali. 


1  Van  den  Broeck  E.,  Note  sur  l'altération  des  roches  quaternaires  des  envi- 
rons de  Paris  par  les  agents  atmosphériques.  (Bull.  Soc.  Géol.  d.  France.  Serie  3. 
Tom.  V,  pag.  296.) 


336  G,    DE   ALESSANDRI. 


* 
*  * 


Esamiuaudo  così  successivamente  le  formazioni  che  si  incontrano  uel- 
l'Apennino  settentrionale  lungo  il  profilo  da  noi  seguilo  da  Sud  a  Ndi'd, 
si  sono  riscontrati  in  ordine  di  sovrapposizione  tutti  i  piani  della  serie 
terziaria  superiore,  giusta  le  più  recenti  suddivisioni  di  essa. 

È  ora  necessario  soffermarsi  brevemente  sul  valore  stratigrafico  e 
cronologico  di  questi  piani,  e  vederne  le  interpretazioni  differenti  che 
essi  hanno  avuto  in  questi  ultimi  tempi. 

Ed  in  proposito  facciamoci  una  domanda.  L' ipotesi  del  Tietze  ^  e 
del  BiTTNER,  2  secondo  la  quale  i  due  piani  in  cui  il  Suess  ha  diviso 
le  formazioni  terziarie  del  Bacino  di  A'ienna  non  rappresenterebbero 
che  facies  differenti  di  un'  unica  formazione,  dovrà  essa  accettarsi  ? 
Giova  anzitutto  notare  che  tale  ipotesi  venne  testé,  con  quella  larga 
genialità  di  studi  e  di  osservazioni  che  gli  è  propria,  ringiovanita  dal 
De  Stefani,  ^  il  quale  ritenne  che  le  suddivisioni  di  Langìiiano,  El- 
veziano^  Tortoniano^  Messiniano  Y  di  Mayer,  rappresentino  facies 
differenti  di  una  formazione  sincrona. 

Confesso  che,  a  tutta  prima,  allorché  incominciai  i  miei  studi  sulle 
formazioni  terziarie  del  Basso  Monferrato,  fui  anch'io  un  caldo  seguace 
di  quest'ipotesi,  ma  allorquando  con  numerose  escursioni  io  ho  per- 
corso ed  esaminato  minutamente  la  regione  costituita  dal  terziario  sub- 
apenninico,  ove  ho  riscontrato  in  tutta  la  sua  più  rigorosa  esattezza  e 
sovrapposizione  la  serie  che  il  Pareto,  il  Mayer,  ed  il  Sacco  avevano 


1  Tietze  E.,  Ueber  die  geognostischen  Verhàltnisse  der  Gegend  von  Jxinbcrg. 
(Jahr.  (1.  K.  K.  Geolog.  Reichsant.  Bd.  XXXII,  1882)  e  Vers,  eia  Glied.  il.  unt. 
Neog.  Zioeite  Folge.  (Zeitsch.  d.  deutsch.  Geolog.  Gosell.  Jahrg.  1886.) 

-  BrrTNER  A.,  Noch  em  JJeitràg.  zur  neuerea  Tertìàerliteratur.  (Jahrb.  d. 
IL  K.  Geolog.  Reichsanst.  Bd.  XXXVI,  188G.) 

>*  De  Stefani  A.,  Les  terrains  terliaires  supérieurs  da  bassin  de  la  Medi- 
terranee. (Annal.  de  la  Soc.  góolog.  de  iJelgique.  Tom.  XVIII,  Ì8'J1.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  337 

Stabilito,  io  mi  sono  dovuto  ricredere  su  quanto  avevo  dapprima  ac- 
cettato. 

E  d'  altronde  lutti  i  geologi  i  quali  hanno  visitato  questa  regione 
sono  concordi,  salvo  rarissime  eccezioni,  uell'ammettere  la  serie  rego- 
lare e  successiva. 

Il  De  Stefani  stesso  dapprima  scrisse  :  ^  «  in  questa  regione  si 
verifica  il  fatto  che  V Elveziano  del  Mayer  e  degli  autori,  sta  real- 
mente, come  hanno  stabilito,  sopra  al  Langhiano  «  ;  più  lardi  aggiun- 
geva :  -  «  nella  regione  fra  il  Tanaro  e  la  Scrivia  non  vi  è  dubbio 
che  la  suddivisione  del  Pareto  (Langhiano^  Serravalliano^  Tor- 
toniario)  rappresenta  ima  vera  distinzione  dei  terreni  ben  determi- 
nata. ;i  Solo  due  anni  dopo,  esaminando  in  una  breve  nota  ^  la  fauna 
dei  calcari  di  Acqui  (secondo  lui  sottostante  al  tipico  Langìiiano  del 
Pareto),  osservava  come  i  Pecten  determinati  dal  Trabucco  *  siano 
specie  elveziane,  e  quindi  ritenne  elveziani  tali  calcari,  credendo  aver 
rinvenuto  un'altra  prova  di  formazioni  elveziane  sottostanti  alle  lan- 
ghiane.  Ciò  in  realtà  non  si  verifica  punto,  perchè  come  ho  già  osser- 
vato e  come  la  fauna  dimostra,  il  calcare  di  Acqui  è  aquitaniano. 

E  sullo  stesso  argomento  il  Trabucco  ^^  aveva  già  notato  come:  «il 
Bittner,  Tietze  ed  anche  il  De  Stefani  hanno  emesso  l'opinione  che 
il  Langhiano,  Elvesiano  e  Tortoniano  siano  semplici  plaghe  di  di- 
versa profondità  di  un  medesimo  piano  del  Miocene.  A  parte  la  fauna 
peculiare  e  caratteristica  di  questi  piani  della  regione,  a  me  sembra 
che  la  sovrapposizione  costante   del    Tortomano  ^xAV Elvesiano,   e  di 


•f  De  Stefani  C,  L'  .[pennino  fra  il  Colle  dell'  Altare  e  la  Polcevera,  pa- 
gina 255. 

2  De  Stefani  G  ,  Les  terrains  tertiaires  supérieurs  du  bassin  de  la  Medi- 
terranée, pag.  219. 

3  De  Stefani  G  ,  Sulla  Posizione  del   Langhiano   nelle  Longhe.  (Processi 
Verbali  della  Soc.  Tose,  di  Scienz.  Nat.  Voi.  IX,  1895,  -pag.  256.) 

■^  Trabucco  G.,  Sulla  vera  posizione  del  calcare  di  Acqui.  Firenze,  1891. 
^  Trabucco  G.,  Op.  sopracit.,  pag.  25  (nota). 


338  G.    DE    ALESSANDRI. 

questo  sul  Langhiaao,  nou  che  la  natura  delle  roccie  di  cui  sono  co- 
stituiti, escludano  l'opinione  dei  chiarissimi  studiosi.  « 

E l'IssEL  poco  appresso  ^  aveva  asserito  :  «  Non  mancano  dubbi  avan- 
zati circa  la  legittimità  dei  piani  LaughianOj  Elveziam ,  Torto- 
niano,  ma  si  deve  però  riconoscere  che  se  veramente  si  scorge  qualche 
caso  di  compenetrazione  dei  succitati  piani  nel  bacino  di  Vienna  e 
forse  nella  regione  apenninica,  d'  altra  parte  la  successione  e  la  so- 
vrapposizione loro ,  lungo  la  valle  della  Scrivia,  risultano  così  patenti 
ed  i  caratteri  loro  distintivi  si  mostrano  cosi  spiccati ,  che  l' incer- 
tezza non  è  più  possiljile.  ^ 

Ultimo  infine  lo  Schaffer-  a  proposito  sempre  delle  formazioni  sub- 
apenniuiche  aveva  dichiarato:  «  io  non  accetto  le  ulteriori  deduzioni  se- 
condo cui  si  unisce  assieme  Aqititaaiaìio^  Laaghiaao  ed  Eloeziano, 
riguardo  al  profilo  di  Acqui,  perchè  mentre  le  formazioni  a  nullipore 
appartengono  al  /"  Piano  Mediterraneo^  dobbiamo  considerare  come 
spettanti  al  W  Piano  gli  orizzonti  di  arenarie  che  gli  sovrastanno,  i 
quali  sono  la  continuazione  diretta  degli  strati  del  Miocene  medio  che 
si  riscontrano  a  Serravalle.  « 

Che  la  serie  quindi,  a  parte  l'interpretazione  e  lo  sviluppo  differente 
di  alcuni  piani,  sia  quale  è  stata  da  tanti  distinti  geologi  segnata,  credo 
sia  cosa  indiscutibile  ;  ma  anche  altrove,  forse  non  così  tipicamente 
regolare,  essa  si  mostra  in  tutta  la  più  costante  successione  e  sovrap- 
posizione di  piani. 

Nel  quadro  qui  uuito  a  pag.  340,  341  ho  indicato  le  regioni  ove  essa 
è  più  evidente.  Jil,  se  noi  ne  prendiamo  in  esame  lo  differenti  plaghe, 
vediamo  come  nell'Italia  meridionale  (Calabria)  la  serie  corrisponda 
perfettamente  sia  per  i  concetti  paleontologici,  sia  per  quelli  stratigra- 
fici   a   quella  del  Piemonte.  Di  prezioso  aiuto  alla  paleontologia,   e  di 


*  IssEL  A.,  Liguria  (jeologica  e  preistorica,  pag.  190. 
2  ScHAFFER  F.,  BeìL.  z.  Parallelisirung  d.  Miocànhildung  d.  piemont.  Ter- 
tiiìrs.,  ecc.,  pag.  161. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  3'39 

grande  esattezza  stratigrafica,  furono  in  questa  regione  gli  studi  del 
Seguenza,  '  il  quale  aveva  già  notato  :  «  la  questione  dei  geologi  au- 
striaci, se  le  roccie  di  Leitha  (Mvesiauo)  formino  un  piano  distinto, 
inferiore  a  quello  di  Baden  (Tortoniano),  come  vuole  il  Mayek,  è  qui 
dimostrata,  perchè  Y Elvedano  sta  sotto  al  Torloniano.  ■» 

Nel  Veneto  la  serie  miocenica  non  è  così  perfettamente  conosciuta 
e  distinta  per  la  mancanza  tuttora  di  buoni  studi  sui  fossili  peculiari 
dei  diversi  piani,  tuttavia  è  indubitato  che,  nella  regione  ad  Est  del 
Brenta,  la  serie  del  terziario  medio  è  completa  e  con  numerosi  fos- 
sili caratteristici. 

Il  bacino  del  Rodano,  che  gli  studi  del  Fontannes,  -  del  Fischer,  ^ 
del  Gaudry  ■'  e  del  Dépéret  ed  altri,  hanno  con  tanta  cura  illustrato, 
si  presenta  regolarmente  costituito,  quanto  quello  del  Piemonte,  ed  il 
Dépéret  •'  a  proposito  dell'  ipotesi  del  Tietze  e  del  Bittner  aveva 
ivi  osservato  :  -  si  vede  d'  altronde  che  la  comparazione  degli  oriz- 
zonti di  A^ieuua  con  quelli  del  bacino  del  Rodano,  ove  la  successione 
stratùjrafica  iioii  imo  sollevare  dubbio  di  sorla,  conferma  completa- 
mente le  vedute  del  Suess  sopra  la  costituzione  del  Miocene  Viennese.  « 

Meno  caratteristica,  per  lo  studio  del  terziario  medio,  è  la  serie  che 
si  riscontra  nella  Svizzera,  ove  lo  sviluppo  delle  formazioni  di  acque  dolci 
e  salmastre  sovrastanti  e  sottostanti  al  Maschelsandsleiii  (LangìUano 


1  Sequenza.  G.,  Le  formazioni  terziarie  nella  Provi/acla  di  Reggio  (Cala- 
bria). 1880,  pag.  95. 

2  FoxTAxxES  F.,  Le  group  d'Aix  (Etudes  stratigraphiques,  fase.  Vili)  e  De- 
scription sommaire  de  la  faune  malacologique  du  group  d'Aix,  1884.  —  Les 
terrains  tertiaires  du  bassin  de  Visan.  (Anna),  d.  la  Soc.  d'Agricult.  de  Lyon. 
Serie  V,  Tom.  I,  1878,  eco.)  —  Les  terrains  tertiaires  supérieurs  du  Haut 
Comtat-Venaisin.  Paris,  1876  e  Le  plateau  de  Gucaron.  (Bull.  Soc.  Géol.  de 
France.  Serie  III,  Tom.  V,  1878.) 

^  Fischer  P.,  Noie  paléontologique  sur  la  molasse  de  Cucuron.  (Bull.  Soc. 
Géol.  de  France.  Serie  3.  Tom.  VII,  1880.) 

■i  Gaudry  A.,  Animaux  fossiles  du  Moni  Lebéron  (  Vaucluse).  1875. 

^  Dépéret  M.,  Classification  et  Paraìlélisme  du  sìjstème  Miocène,  pag.  215. 


340 


G,    DE    ALESSANDRI. 


P^arallelismo  degli  strati 


Piani 


SUBAPENNINO 


Astiano . 


^  !   Piacenzlano 


Messiniano . 


Tortoniano 


Elveziano 


Langìiiano 


Aquitaniano 


(q  (    Stampiano  . 
O 

o 

2  f   Tonqriano 
o 


Depositi  salibiosi,  ciottolosi 
con  argille  e  marno  /facies 
vi  Ha  frane  In  ana  j  (Makan- 
ZANA  -  Bruno). 

Sabbie  grigio-giallognole 
(Cassine). 


j       Marne    argillose,  azzurre 
(Rio  Orsecco). 


Sabbie  e  longlomerati. 

Marne  listate,  calcari  ca- 
riati.  —  Zona  dei  gessi. 

Marne  bianchiccie  o  nera- 
stre. 


Depositi  sabbiosi,  arenacei. 
Marne  azzurre  a  Pleuro- 
tomie (Stazzano,  S.  Agata). 


Conglomerati  e  marne  sci- 
stose. 

Molassa  sabbiosa,  giallastra 
e  marne  (Serravallk). 


Marno  azzurre  con  strati 
arenacei,  ad  Aturia  Aturi 
e  Pteropodi  ( Lanche). 


Arenarie  compatte  e  cal- 
cari a  Lithotkamìii  con 
Eckiìiolampas  ■plaijioso- 
min  (Valle  Ravanasco, 
Acqui), 


Marne  arenacee,  biancTiic- 
cie,  ligniti  con  Antracolhe- 
rium  wa//«!<M.  (Cassinellk)  . 


Prov.  di  Reggio  (Gal.) 


Calcari  compatti. 

Sabbie  serpentinose  a  Scu- 
tetla  xicbroli'ìida  (Dego). 

Conglomerati,  banchi  di 
ligniti  ad  Antracotherinm 
(Cauibona). 


Marne,  sabbie  quaizose  e 
calcari  (Reggio). 


Sabbie  e  marne  (Vigna  di 
Mare  Vj 


Conglomerati, 

Marne  e  calcari  concrezio- 
nali. —  Zona  dei  Gessi  (Ge- 
race). 


■Sabbie  grossolane  (Bene- 
stare), 

Argille  azzurre,  finissimo 
(Ambutii. 

Ligniti  di  Monteleone. 


Calcari  piil  o  meno  com- 
patti. 

Sabbie  a  Pecten  e  Cly- 
;;e«s^fr(MALOccniA. Falcò). 

Conglomerato  ad  elementi 
cristallini? 

Argille  grigio-bluastre  e 
strati  arenacei  ad  Aturia 
Attiri  e  Pteropodi  (Guar- 
da valle). 


Arenarie  grigio- verdastre. 
Calcari  a  Briosoi  e  Li- 

tkothamui  (Stilo). 


Arenarie  a  Scutella  sub- 
rotunda. 


Yeneto 


Banchi  conglomeratici  con 
strati  sabbioso-argillosi  (fa- 
cies  \'illafranchia)ia). 
(Valle  del  Piave  ecc.) 


Marno  grigiastre  o  giallo- 
gnole. 

Banchi  arenacei  ad  lle~ 
Hjc  (facies  Levantiniana). 
Nord  Conegliano. 

Banflii  sabbioso  -  arenacei, 
grigio-giallastri,  puddinghe 
e  conglomerali  (Asolo,  Vit- 
torio). 


JMarne  grigiastre  ad  An~ 
cillaria  glandi fonnis. 

Sabbie  e  ghiaie  (Valle 
DEL  I'iave), 


Marne  sabbiose  ed  arenarie. 
I  Belluno,  Marostica,  Cre- 
spano). 

Marne  grigio-biancastre. 


Marne  grigio-scistose  (Bel- 
luno, Serravalle). 


Marne  grigio-scistose. 
Banchi  arenacei  (Schio  -— 
pars  ?» 
Già  loonie  (Belluno). 


l.\f\\\\\!iAAntracotherìum 
mar/nrdìi  (Monte  Vialr,  7^0- 

vencedo). 

Scisti  a  Macropneusles 
Menegliinii, 

Scisti  di  San(;oxini  o 
Gnata. 

Scisti  a  Briosoi  di  Val 
DI  Lonte.  —  Scisti  di  PiiiA- 
uoNA,  Grancona,  eco. 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC. 

Terziari  medi  e  superiori. 


341 


Yali.e  del  Rodano 

Bacino  dell'Aquitania 

Svizzera 

Bacino  di  Vienna 

Breccia  ossifera  di  Perrier. 

Marne  a  Paludine  (Saòne). 

Marne,  sabbie   e  conglome- 
rati   a  ciottoli  impressionati. 
(Hauteuives,  Eresse). 

Sabbie  delle  Lande? 

Alluvioni  preglaciali. 
Loecherige-Nageliluli. 

Marne    d'  Hauterives    a 
IMi.r. 

Sabbie  ferruginose  e  marne 
(Gruppo  di  Saint-Auies). 

I        Strati  a  Congerie  di  Sol- 
lène, 
Argille  ad  Ilipparion, 

;        Conglomerati  dellaDuRA^•CE. 
Calcare  di  Cuguron. 

. 

Conglomerati  di  acqua  dol- 
co superiori  (Zurigo). 

Sabbie  e  conglomerati  di 
Belvedere 

Strati  a  Congeria  suhglo- 
bosa. 

Marne  e  sabbie.  (Baden, 
Gainfaiirn;. 

Marne  di  Gabrières. 
Melassa  di  Cucurox  a  Car- 
dita  Jouanneti. 

Marne    a    Pteurotome    di 
Saubrigues. 

Melassa  d'acqua  dolce,  su- 
periore, con   ligniti  (.Oenin- 
GEN,  Kapfnacii). 

Marne  di  Visan. 

Marne  e  calcari  della  Du- 
rance (Cuguron)  con  Ostree^ 
Pecten,  Nullt})ore. 

Sabbie  gialle,  silicee  e  mi- 
cacee (Safre). 

Molasse  e   sabbie  ferrugi- 
nose a    Cardila    Jouanneti 

(Salles  de  la  Sime.) 

Melassa  a  Cardila  Jouan- 
neti (S,  Gallo  e  Berna). 

Sabbie  ed  arenarie. 
(Grund). 

Argille  azzurre,  lino  di  Avi- 
gnone, 

Sabbie  ed  arenarie  ^AOstrea 
crassissima. 

Molasse    marno-calcaree    a 
Pecten  prescabriusciilus. 
(Dròme,  Vaugluse). 

Strati    marnoso-calcari    ad 
Ecliinolampas    hemispkae- 
ricics  (^Iartionas). 

. 

Arenarie  e  sabbie. 

Melassa  marina  (Museliel- 
sandstein). 

Arenarie  e  sabbie  glnuco- 
niose  (Losanna). 

Marne  ad   Aturia  Aturi 
e  Pteropodi  (Schlier). 

Sabbie  a  Sctitelta  pattlen- 
sis. 

Faluns  di  Sausset. 

Melassa    calcareo  -  silicea  , 
strati  salmastri,  marne  e  con- 
glomerati (Provenza!. 

Marne  e  calcari  ad  Helix 
Ramondi. 

Faluns  di  Saucats  e  LÉo- 

GNAN. 

Faluns  di  Mérignag  e  di 
Lariey. 

Molassa   di  acqua  dolce  a 
//.  Ramondi. 

Molassa  grigia,  inferiore. 

Molassa  rossa,  marne-are- 
nacea (Conversion). 

Marne  variegate. 

Molasse  e  calcari  a  Pec- 
ten Ilolgeri  e  Squali  (Eg  - 

GENBURG 1 . 

Sabbie  di  Gaudendorf   e 
Loibersdorf. 
Strati  salmastri  di  Molt. 

Arenarie  micacee  ;i  Nucule 
(Chiesa  ui  Déskrt  -  Anne- 

CY-LE-VlEUXj. 

Melassa    inferiore.    (Age- 

nais)  . 

Calcare  ad  Asterie  ed  An- 
tracotkeriiim  magnum. 

Argille  di  Gaas 

Calcari  di  Lesperon. 

Argille  ad  Oslree, 

Arenarie  grigie  di  PiAL- 

LINGEN. 

342  G.    DE   ALESSANDRI. 

medio)  rende   alquanto  incerto  il  loro  sincronismo  colle  formazioni    a 
tipo  marino,  che  costitaiscono  la  serie  nelle  altre  regioni. 

Ritengo  però  che  i  geologi  svizzeri  in  generale  abbiano  riferito  al- 
l' Aquitaniano  uiimerosi  depositi  a  facies  salmastra,  con  avanzi  di 
Antracotherium  magnum  e  Potamides,  i  quali  proliabilmcute  vanno 
riferiti  al  Tongriano  superiore. 

Nel  bacino  di  Vienna  la  serie  stabilita  dal  Suess  e  confermata 
successivamente  dal  Fuciis,  dall' Hurnes,  dal  Dépéret,  dallo  Sghaf- 
FER  e  da  altri,  è  tipicamente  regolare  e  presenta  le  più  strette  affinità 
con  quelle  del  bacino  del  Rodano  e  della  valle  della  Bormida. 

Nel  bacino  della  Dordogna  la  serie  non  è  così  tipica  come  in  quello 
del  Rodano  ed  in  quello  del  Danubio  presso  Vienna,  perchè,  come  il 
Fallot  ha  osservato,  nei  faluns  di  Saucats  e  Leoguan  si  riscontrano  i 
diversi  piani  Aquitaniano^  Langìdano ,  Elvesiaao  non  ancora  per 
bene  distinti  fra  di  loro.  Anzi  questa  regione  presenta  talune  località, 
nelle  quali  i  concetti  paleontologici  sono  in  poca  armonia  con  quelli 
stratigrafici  e  litologici. 

Così  nelle  formazioni  di  Pcloua,  formazioni  che  per  la  loro  posizione 
stratigrafica  furono  riferite  dal  Fallot  al  Langhiano  inferiore,  si  può 
osservare  come  già  ha  fatto  il  De  Stefani,  come  in  esse  la  fauna 
presenti  caratteri  talora  elveziani,  talora  tortoniani,  mentre  l' esame 
dei  Ceritzi  dimostra  come  eccettuandone  un  solo,  gli  altri  .siano 
tutti  specie  aquitaniane.  Da  ciò  il  Fallot  ne  conchiudeva  ;  «  mal- 
grado questo  io  non  seguirò  il  De  Stefani  allorché  considera  i  piani 
stabiliti  come  semplici  facies  di  una  stessa  età.  Se  ciò  fosse,  le  facies 
simili  dovrebbero  avoro  la  stessa  fauna  ovunque;  ora  ciò  non  succede 
punto.  ^ 

Quindi  il  riscontrare  in  diverse  località,  a  notevoli  distanze  fra  di 
loro,  una  corrispondenza  così  evidente  e  naturale  dei  singoli  piani,  noi 
quali  fu  diviso  il  Miocene  medio  e  superiore  fornisce  una  buona  prova 
che  questi  piani  c(»rrispondono  a  fasi  successive  di  disposizione  della  se- 
rie terziaria.   In  caso  contrario,  come  spiegarne  la  costante   sovrappo- 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  o4o 

sizioue  degli  uni  agli  allri,  iu  regioiii  ovo  Doii  vi  è  traccia  di  curve 
0  laiitomoiio  di  rovesciamenti  della  serie? 

Certo  ò  cosa  naturale  il  ritenere  che,  se  per  un  fatto  improvviso 
emergessero  i  fondi  marini,  si  avrebbe  un  succedersi  ed  un  alternarsi 
di  deposili  di  dillereiiti  zone  [;;o}ia  litorale,  zona  coralligem,  zona 
•pelagica,  ecc.),  le  quali  in  alcune  regioni  avrebbero  facies  paleonto- 
logica e  litologica  identica  ai  diversi  piani  della  serie  miocenica,  ma 
non  si  avrebbe  certo  la  sovrapposizióne  costante  degli  uni  agli  altri, 
come  si  osserva  nelle  formazioni  mioceniche  esaminate. 

È  bensì  vero  che  da  alcuni  sostenitori  dell'ipotesi  del  Tietze  e  del 
BiTTNER  0  del  De  Stefani,  come  dir  si  voglia,  furono  annoverati  nu- 
merosi esempi,  ove  si  avrebbe  la  serie  invertita,  cioè  depositi  elveziaui 
sottostami  a  quelli  langhiani,  o  depositi  tortoniani  sottostanti  a  quelli 
elveziani,  ma  io  ritengo  tali  asserti  dovuti  ad  osservazioni  non  del 
tutto  accertate  e  da  accogliersi  quindi  con  grande  cautela.  Si  citava 
ad  esempio  come  nell'Apennino  Parmense  presso  Sivizzano,  si  avessero 
alternanze  del  Messiniano  P  Mayer  col  Tortoniano,  ma  il  Simonelli 
in  un  suo  accurato  studio  sopra  alcuni  Pteropodi,  prendendo  in  esame 
tali  depositi,^  osservava  recentemente:  «  non  ho  saputo  riscontrare  a 
Sivizzano  vere  e  proprie  alternanze  di  sedimenti  marini  con  sedimenti 
a  fauna  salmastra,  e  tanto  meno  promiscuità  di  specie  marine  e  non 
marine  in  un  medesimo  strato  « . 

Ed  allorché  ulteriori  studi  avranno  fatto  conoscere  più  partitameli  le 
i  differenti  depositi  della  serie  terziaria,  io  credo  che  si  avranno  nu- 
merosi esempi  di  facies  diverse  in  uno  stesso  piano,  e  ciò  confermerà 
senza  dubbio  che  i  piani  stessi  Langhiano,  Elveziano,  Tortoniano,  ecc. 
non  rappresentano  facies  diverse,  ma  bensì  piani,  i  quali  possono  es- 
sere costituiti  da  depositi  di  diversa  profondità. 


1  Simonelli  V.,  Sopra  due  nuovi  Pieropodi  delle  argille  di  Sivizzano  nel 
Parmense.  (Boll.  Soc.  Geo).  Ita).  Voi.  XY,  189G,  pag.  193.) 


344  G.    DE   ALESSANDRI. 

11  Déperét  ha  già  receutemente  portato  imo  di  questi  esempi  stu- 
diando il  conglomerato  di  Pierre  Longue,  ^  ove  ha  trovato  e  descritto 
una  fauna  completamente  litorale  a  Gasteropodi  spettante  al  Langìiiano, 
il  quale  come  ben  si  sa  in  Italia  e  nel  bacino  di  Vienna  ha  facies 
pelagica.  Ed  anche  per  VElveàiano  io  credo  non  siano  rare  le  località, 
ove  esso  assume  facies  completamente  diversa  da  quella  solita  litora- 
nea, come  sembrerebbe  il  caso  del  Monte  dei  Cappuccini  di  Torino, 
ove  esso  è  rappresentato  da  veri  fanghi  pelagici  a  PleropocU. 

Inoltre  coli' ipotesi  sovraccennata  io  non  saprei  come  intendere  i  de- 
positi del  mare  miocenico  in  rapporto  alla  spiaggia  di  allora,  imper- 
ciocché andando  nell'Apenniuo  Ligure  da  Sud  a  Nord,  ossia  dalla  linea 
che  segnava  il  litorale  successivo  delle  formazioni  mioceniche  verso  il 
golfo  padano,  si  avrebbe  nella  serie  miocenica  in  vicinanza  alle  coste, 
a  contatto  MV Aquitaniano,  sedimenti  di  mare  profondo  (Langliiano), 
in  seguito  sedimenti  litorali  (Elveziam),  poi  sedimenti  della  zona  coral- 
ligeua  (Tortoìiiano)  ed  infine  sedimenti  salmastri  (Messiniano).  Come 
può  conciliarsi  la  presenza  contemporanea  di  un  deposilo  litoraneo  a 
maggiore  distanza  dalla  spiaggia  di  uno  a  tipo  pelagico,  il  quale  poi 
a  sua  volta  è  sostituito  da  un  altro  pure  di  mare  profondo?  Come  si 
sono  prodotti,  e  da  quale  terra  emersa  sono  stati  portati  gli  elementi 
dei  banchi  arenacei  e  di  quelli  conglomeratici  del  deposito  intermedia- 
rio a  facies  costiera? 

Si  è  osservato  dagli  oppositori  delle  classificazioni  del  Mayer,  come 
i  concetti  litologici  non  diano  criteri  sufficienti  per  la  distinzione  cro- 
nologica dei  terreni,  è  ciò  è  cosa  incontestabile,  potendo  questi  concetti 
solo  essere  forniti  dàlia  paleontologia  ;  essa  però,  a  mio  avviso,  in 
materia  di  formazioni  terziarie  non  deve  mai  disgiungersi  dalla  stra- 
tigrafia. 


1  Dkpkret  C,  Noie  sur  les  fossiles  raiocrnes  da  conglomerai  de  Pierre- 
Longue  prSs  Avignon.  (Bull.  Soc.  G(^ol.  d.  France.  Serie  3.  Tom.  XXIV,  Ì81)C, 
pag.  523.) 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  ola 

Invero  tutti  i  geologi  che  si  sono  occupati  del  terziario  sono  con- 
cordi nell'ammettere,  col  Neumayr,  uiia  grande  sproporzione  riguardo 
alla  durata  fra  i  piani  del  terziario  superiore,  comparati  con  quella 
dei  piani  del  secondario.  Ed  infatti,  se  la  somma  delle  variazioni  di 
singole  stirpi  di  organismi,  e  sovratutto  quelle  subite  dalle  forme  più 
frequenti  degli  invertebrati  marini,  costituisce  una  delle  misure  per 
stabilire  la  durata  di  un  periodo  della  storia  della  terra,  nel  terziario 
noi  non  riscontriamo  che  lievi  modificazioni,  mentre  nel  solo  Giura- 
Lias  si  possono  distinguere  ben  30  fasi  successive  di  sviluppo  delle 
forme  marine. 

n  Neumayr  credette  attribuire  ciò  al  fatto  che,  mentre  dei  terreni 
antichi  a  noi  sono  pervenuti  in  massima  parte  sedimenti  di  mare  pro- 
fondo estesi  ed  uniformi,  dei  moderni  invece  abbiamo  gran  numero  di 
depositi  di  mari  litoranei,  ristretti  e  variabilissimi,  e  ciò  perchè  mentre 
nei  primi  l'azione  concomitante  degli  spostamenti  negativi,  e  dell'ero- 
sione delle  onde  e  della  denudazione  atmosferica  contribuiva  ad  annul- 
lare i  sedimenti  litoranei  a  vantaggio  dei  profondi,  nei  secondi  al  con- 
trario essa  non  ha  ancora  avuto  tempo  sufficiente  per  estrinsecare  com- 
pletamente 0  quasi  la  sua  attività  trasformatrice. 

Le  ragioni  addotte  dal  Neumayr  sono  molto  discutibili,  perchè  se 
noi  diamo  uno  sguardo  alle  formazioni  sottostanti  a  quelle  secondarie, 
riscontriamo  nuovamente  in  alcuni  piani  del  Paleozoico  uno  sviluppo, 
altrettanto  potente  di  quello  della  serie  terziaria,  di  depositi  terrigeni 
litorali.  Su  di  essi  non  si  può  ammettere  che  l'  attività  trasformatrice 
non  abbia  avuto  campo  ad  esplicarsi  in  tutta  la  sua  più  intensa  ma- 
nifestazione e  ciò  dimostra  come  la  serie  sedimentare  sia  stata  divisa 
senza  concetti  assoluti  riguardo  alla  durata  dei  singoli  piani,  e  solo 
si  sia  ricorso  a  complessi  di  cause  le  quali  furono  assai  varie  e  che 
agirono  in  modo  affatto  accidentale.  Da  ciò  ne  consegue  evidentemente 
che  la  serie  cronologica  delle  formazioni  rappresenta  periodi  di  du- 
rata molto  varia  e  nel  terziario,  ove  si  hanno  avuto  depositi  consi- 
derevoli in  potenza,  in  periodi  relativamente  brevi,  i  concetti  paleon- 


346  G.    DE   ALESSANDRI. 

tologici  siano  eia  accogliersi  con  grande  cautela  e  considerando  solo 
complessi  di  faune. 

Ed  abbiamo  noi  forse  nel  terziario  specie  caratteristiche  di  qualche 
piano  uel  vero  senso  della  parola  ?  abbiamo  noi  forme  che  con  una 
grande  estensione  geografica,  e  con  una  breve  durata  nella  serie  stra- 
tigrafica possono  servire  seuz'  altro  a  determinare  la  posizione  di  uno 
strato?  II  volere  quindi  stabilire  le  suddivisioni  del  terziario  in  base 
unicamente  all'esame  dei  fossili  è  cosa  assai  difficile  e  forse  prematura. 

Ed  in  quali  erronee  conclusioni  possano  apportare  i  soli  studi  paleon- 
tologici, non  corredati  da  sufficienti  osservazioni  stratigrafiche,  nell'esame 
delle  formazioni  terziarie  ce  Io  dimostrano  alcuni  riferimenti  fatti  re- 
centemente, i  quali  dopo  ulteriori  studi  stratigrafici  subirono  sposta- 
menti considerevoli  nella  serie. 

Così,  ad  esempio,  in  Lombardia  lo  studio  dei  fossili  delle  argille  di 
Varano  aveva  stabilito  trattarsi  di  una  formazione  miocenica,  mentre 
invece  le  recenti  osservazioni  sulla  serie  terziaria  lombarda  concor- 
dano nel  dimostrare  che  queste  argille  sottostanno  ai  depositi  conglome- 
ratici del  Tonrjriaiw,  e  spettano  all'Eocene  superiore  o  Barioiiiano. 

Nell'Apennino  Umbro-Marchigiano  parecchie  formazioni  che,  in  base 
all'esame  paleontologico,  vennero  riferite  al  Tortoniano,  sembra  invece 
che  per  la  loro  posizione  stratigrafica,  debbansi  ritenere  tougriane,  ed 
altre  che  da  numerosissimi  studi  paleontologici  si  credevano  rappre- 
sentare in  Italia  lo  Schlier  viennese,  oppure  un  piano  più  o  meno  alto 
del  Miocene,  dalle  osservazioni  stratigrafiche  compiute  in  quelle  regioni 
dal  Taramelli,  dal  Lotti  e  dal  Sacco,  sembra  debbano  riferirsi  al- 
l'Eocene. 

Anche  nel  bacino  del  Rodano  lo  studio  puramente  paleontologico 
delle  formazioni  ha  ingenerato  talora  dubbi  ed  incertezze  riguardo  alla 
loro  posizione  nella  serie.  Dimodoché  il  Dépéret,  illustrando  i  conglo- 
merati di  Pierre-Longue,  che  egli  ritenne  spettare  al  Lanrjliiano  supe- 
riore, dopo  aver  fatto  risaltare  le  aDìniià  biologiche  fra  la  loro  fauna 
a  Gasteropodi  e  quella  del  Lanrjhiano  inferiore   e  MV A'i'dtaniano 


APPUNTI    DI    GEOLOGIA    E    PALEONTOLOGIA,    ECC.  347 

Stesso,  come  pure  con  qualche  fauna  omologa  del  //"  Piano  mediter- 
raneo (Tiirenna,  Grimd^  Swperga)  asseriva  :  «  non  bisogna  attribuire 
un  valore  stratigrafico  troppo  grande  alle  specie  del  Miocene,  perchè 
una  gran  parte  di  esso  hanno  un'estensione  verticale  che  abbraccia  e 
talora  sormonta  anche  l'assiemò  di  questi  terreni  « . 

Riassumendo  quanto  fino  ad  ora  ho  esposto  io  ne  conchiudo  ;  La 
serie  sedimentare  venne  divisa  in  piani  che  rappresentano,  riguardo 
alla  durata,  periodi  di  deposisioue  estremamente  differenti  gli  uni  da- 
gli altri.  I  piani  dell'era  Genozoica  in  rapporto  a  quelli  dell'era  Me- 
zozoica  0  della  Paleozoica  segnano  fasi  di  minima  durata.  Nel  terziario 
medio,  ove  si  eccettuino  casi  di  probabile  sincronismo  fra  due  depo- 
siti consecutivi,  come  fra  Tongriano  e  Stampiano  e  fra  Aquita- 
niano  e  Langliiano^  i  diversi  piani  rappresentano  fasi  distinte  e  suc- 
cessive di  sedimentazione.  La  loro  rapida  deposizione  ha  fatto  sì  che 
non  si  abbiano  per  essi  specie  strettamente  caratteristiche  e  che  di 
conseguenza  lo  studio  loro  debba  uniformarsi  non  solo  ai  responsi  pa- 
leontologici, ma  anche  a  quelli  stratigrafici. 

Dal  Museo  Civico  di  Milano,  ottobre  1900. 


348  G.    DE  'ALESSANDRI.     APPUNTI    DI    GEOLOGIA,    ECC. 


SPIEGAZIONE  DELLA  TAVOLA. 


Fig.     1.        Odontaspis  cuspidata  Agass.  —  Aquitaniano  —   C.  Ferri  —  Gran- 
dezza naturale. 
2  a-b.  Oxyrhina  Desorii  Agass.    —   Aquitaniano   —  Terme  di  Acqui  — 
Grandezza  naturale. 

,       3.        Oxyrhina  crassa  Agass.   —   Aquitaniano    —    Torme  di  Acqui    — 
Grandezza  naturale. 

,       4.        Sphjraa  prisca  Agass.  —  Aquitaniano  —  Terme  di  Acqui  —  Gran- 
dezza naturale. 

,       5  a-b.  Scymnus  trituralus  Wink.  sp.  —  Aquitaniano  —  Termo  di  Acqui 
—  Grandezza  Vi- 

,       6.         Cirsolrema  crassicoslatam  Desìi,  sp.  —  Aquitaniano  —  G.  Ferri  — 
Grandezza  naturale. 

^       7.        AsLraliiim  carinatum  Bors.  sp.  —  Aquitaniano  —  G.  Ferri  —  Gran- 
dezza naturale. 

,      8.        Amussiopecten,  burdigalensis  Lk.  sp.  —  Aquitaniano  —  Visone  — 
Grandezza  naturale, 

,       9  a-b.  Pseudamussium  corneum  Sow.  sp.  —  Aquitaniano  —   Monte  Ca- 
priolo —  Grandezza  naturale. 

,     10.        Parvamussium  duodecimlamellatum  Bronn.  sp.   —  Aquitaniano  — 
Termo  di  Acqui  —  Grandezza  naturale. 

„     11.        Aequipeclen  Ilaueri  Miclit.  sp.  —  Aquitaniano  —  G.  Ferri  —  Gran- 
dezza naturale. 

,     12  a-b.  Terebratnla  sp.  —  Aquitaniano   —  Terme  di   Acqui   —  Grandezza 
naturale. 

,     13.        F label lum  exlensam  Micht.  —  Aquitaniano  —  G.   Ferri  —  Gran- 
dezza naturale. 

,     14  a-b.  Galeodea  Bisioi  n.  sp.  —  Langliiano  —  Terzo  —  Grandezza  appros- 
simativa Vio- 


G.DE  ALESSANDRI  - "     //"/^  f/rr/^  /->  -^^/'v"/^/  ,//////////"////  ^z ,   //■yy//       Tm\I. 


AUCT.     PHOT. 


ci  III  0>oc.oHcxl'  at  ScUn^^c  Piai. Vol.  XXXIX.  Z^/: // 


«ss.  ■ 


G/i^/t-,     Trt./iu^4y  '■  r--  .^-l-t^-éf^-  ,/^U^'n^ 


NOTA  OliNITOLOGlGA 

SOPRA  VARDEOLA  IDAE,  (Harllaiib) 

E  CENNO  SUI-  DICROISMO  DI  VARII  ARDEIDI. 

del  socio 
Prof.  Griacinto  Martorelli. 

(Con  una  tavola.) 


Nel  riordinare  la  Collezione  Ornitologica  Turali  del  Museo  Civico  di 
Storia  Naturale  di  Milano  secondo  il  Catalogo  degli  Uccelli  del  Museo 
Britannico  (Voi.  XXVI,  pag.  20G),  mi  cadde  sott'occhio  un  esemplare 
adulto  di  Ardeola  idae  (Hartl.),  del  Madagascar  (N.  9571  cf,  da  Jules 
Verreaux),  nell'abito  btanco,  o  nuziale,  descritto  dal  Grandidier  a  p.  420 
della  lìevue  de  Zoologie  (2.'"®  serie,  t.  XIX,  1867)  e  più  tardi  nella 
grande  Opera  da  esso  scritta  in  collaborazione  con  Alfonso  Milue-Edwards 
sulla  Storia  Naturale  del  Madagascar  (Voi.  XII,  Ilistoire  Naturelle  des 
Oiseaux,  Tome  I,  Texte,  p.  556;  Atlas,  Tome  III,  pi.  226). 

I  caratteri  dell'esemplare  corrispondono  perfettamente  a  quelli  descritti 
dal  Grandidier,  sia  per  il  colorito,  che  è  interamente  bianco  (tranne  sul 
capo,  ov'  è  una  leggiera  tinta  di  fulvo),  sia  per  le  misure  che  son  quelle 
di  un  maschio  perfettamente  adulto  ;  '  quindi  nessun  dubbio  esiste  circa 


Misuro. 
^  Esempi,  di  Coilez.  Turati:  Misure  date  dai  Grandidier 

Ala 2i0  mill.  .     .     da  200  mill,  a  250  mill. 

Coda 100     )i 100     » 

Culmino  del  Lecco    .     .  0G5     u OGO     » 

Becco  dalla  commessura  077     « 075     )i 

Tarso 060     » 060     » 

Dito  medio     ....  050     »      .......  050     « 

Pollice 023     )) 023     I) 

Voi,  XXXIX.  23 


350  G.    MARTOREI.LI. 

i;i  determinazione  della  specie,  poiché  nessuna  delle  ire  altre  aflìni  asia- 
tiche :  Ardeola  graiji,  A.  hacchus,  A.  speciosa,  nelle  quali  si  divise 
dagli  Ornitologi  l'antica  specie  Ardeola  leucoptem^'^  ha  questa  fase 
bianca  che  vien  considerata  come  nuziale. 

Senonchò  lo  Sharpe  nel  Voi.  XXVI  del  detto  catalogo  (pag.  207), 
descrivendo  V Ardeola  idae,  osserva  che,  avendo  ricevuto  dal  sig.  Al- 
fredo Newton  alcuni  Aironi  del  Madagascar,  ha  potuto  accorgersi  che 
sotto  il  nomo  di  Ardeola  idae  sono  state  confuse  due  specie,  poiché  un 
Airone  bianco  in  abito  di  nozze  in  quella  colleziono  del  Newton  con'i- 
sponde  molto  bene  alla  tavola  ù.q\V Ardeola  idae  nella  nominata  Storia 
Naturale  del  Madagascar.  Esso  non  vede  per  quale  ragione  non  si 
abbia  a  riferire  quell'esemplare  alla  Gar  setta  garzella.,  mentre  la  vera 
Ardeola  idae  sembra  essere  estremamente  vicina  all'ordinaria  Ardeola 
ralloides  ed  d\Y Ardeola  grayi:  aggiunge  che  per  risolvere  la  questione 
bisognerebbe  esaminare  l'esemplare  del  Museo  di  Parigi. 

Ora  ò  evidente  che  lo  Sharpe  non  ha  potuto  confondere  una  Garzella 
nell'abito  nuziale  con  un  Ardeola  nell'abito  medesimo,  per  il  solo  fatto 
che  ambedue  sono  bianche,  mentre  appartengono  a  due  generi,  per  forme 
e  per  proporzioni,  affatto  diversi,  e  quindi  gli  esemplari  che  egli  ha 
considerati  come  appartenenti  al  gen.  Garzella  non  potevano  certo  es- 
sere Ardeolae.  Su  ciò  non  può  cader  dubbio  di  sorta. 

Ma  circa  la  rassouìiglianza  che  osso  vede  tra  l'esemplare  presenta- 
togli dal  Newton  e  la  figura  ì\q\V Ardeola  idae  nell'opera  sul  Mada- 
gascar, che  io  pure  ho  esaminalo  attentamente  e  confrontato  coll'csem- 
plaro  della  Collezione  Turati,  a  me  seinbra  che,  so  rassomiglianza  vi 
può  essere  tra  la  figura  stessa  ed  una  Garzetta.,  essa  non  può  deri- 
vare se  non  dalla  imperfezione  della  figura,  sebbene  eseguita  dal  va- 
lentissimo Keulemans. 

Questi  potrebbe  bensì,  per  un  errore  di  trasmissione  delle  pelli  clie 
dovea  disegnare,  aver   rappresentato  una   Garzella  invece  di  un  Ar- 


^  II.  ScHLECEr,,  Mmeum  des  Pays-Bas.  Tomo  V.  Ardear,  pag.  32-35, 


NOTA    ORNITOLOGICA    SOPRA    l'ARDEOLA    IDAE,    ECC.  351 

deola,  ma,  esaminando  bene  la  sua  figura,  riesce  evidente  che  questo 
non  è  il  caso  ;  poiché  la  Garzella  garzella  non  ha  la  chioma  di  lunghe 
piume  cadenti  snl  dorso  in  quantità,  come  nella  figura,  ma  sibbeue 
due  lunghe  e  sottilissime  piume  bianche  cadenti  dall'occipite  e  scorrenti 
sul  lunghissimo  ed  esile  collo  ;  laddove  nella  figura  questo  appare  piut- 
tosto largo  ed  accorciato,  come  è  nelle  Ardeolae  e  come,  per  conseguenza, 
lo  rappresento  nella  mia  figura,  tolta  dall'esemplare  Turati. 

Inoltre  in  quella  figura  le  gambe  dell'uccello  rappresentato  non  hanno 
la  lunghezza  che  dovrebbero  avere  in  una  Garzella,  ma  sono  tuttavia 
più  alto  e  più  sottili  che  nelle  Ardeolae  :  non  sono  gialle,  come  in  queste 
ultime,  e  non  sono  nere  coi  piedi  gialli,  come  nelle  prime,  ma  di  un 
color  brunaslro  uniformo. 

Infine  le  piume  ornamentali  delle  parti  superiori  si  prolungano,  nella 
figura,  smisuratamente  ed  hanno  una  foltezza  straordinaria:  così  pure 
dicasi  della  pioggia  di  piume  alla  base  del  collo  esageratamente  prolun- 
gata e  per  nulla  rassomigliante  a  quella  deìVArdeola  idae  del  Museo 
di  Milano  che,  nelle  formo  e  nello  sviluppo  delle  piume  ornamentali, 
corrisponde  pienamente  al  tipo  della  nostra  comune  Ardeola  ralloides. 

Da  quanto  ho  detto  intorno  alla  figura  più  volte  nominata,  mi  sembra 
poter  concludere  che  in  essa  non  può  vedersi  una  Garzella  di  qualsiasi 
specie,  ma  piuttosto  un  Ardeola  infelicemente  rappresentata  ;  nel  che 
anche  mi  conferma  quella  leggiera  tinta  giallognola  che  in  essa  domina, 
non  altrimenti  che  uell'esemplare  di  Milano  e,  ad  ogni  modo,  l'essere 
la  figura  mal  rispondente  al  vero,  non  toglie  valóre  alla  diagnosi  chiara 
ed  esplicita  del  Grandidier  che,  come  sopra  ho  detto,  si  adatta  perfet- 
tamente al  soggetto  da  me  figurato. 

Rimane  quindi  indubitabile  che  V Ardeola  idae  è  da  comprendersi 
fra  le  specie  di  Ardeidi  nelle  quali  si  verifica  il  dimorfismo,  possedendo 
una  fase  bianca  distinta  da  quella  a  colorito  ordinario  e  che  in  questo 
caso  il  dimorfismo,  verificandosi  nel  periodo  degli  amori,  la  fase  bianca 
deve  considerarsi  come  nuziale.  Il  lungo  isolamento  nel  Madagascar  po- 
trebbe spiegare  come  questa  specie  abbia  assunto  un  abito  nuziale  di- 


352  G.    MARTORELLI. 

Stinto,  mentre  nelle  sue  congeneri,  più  orientali,  tale  abito  bianco  non 
si  riscontra. 

E  poiché  mi  sembra  dimostrato  il  dimorfismo  per  questa  specie,  parmi 
non  fuori  di  luogo  accennare  ancora  a  varii  altri  ArJeidi  nei  quali  una 
simile  fase  bianca,  ossia  leucocroismo,  si  osserva  pure,  o  parziale,  o 
totale  ;  per  lo  più  così  indipendente  dall'età,  dal  sesso,  o  dalla  stagione, 
che  in  una  stessa  nidiata  si  possono  trovare  individui  coloriti  ed  altri 
bianchi,  ed  i  genitori  possono  essere  ambedue  bianchi,  od  ambedue  co- 
loriti, 0  uno  colorito  e  l'altro  bianco,  oppure  anche  di  colore  misto. 

Priina  di  far  seguire  l'enumerazione  di  questi  Ardeidi  nei  quali  si 
verifica  il  dimorfismo,  debbo  ancora  avvertire  che  quello  che  io  chiamo 
leucocroismo  non  ha  da  esser  confuso  coW albinismo,  che  pure  può  con- 
durre ad  un  piumaggio  interamente  candido;  perocché  questo  costituisce 
un'  anomalia  e  quasi  con  certezza  può  ormai  considerarsi  come  un  ef- 
fetto di  degenerazione  organica,  particolarmente  apparendo  come  un  im- 
poverimento di  tutti  i  tessuti  dell'  individuo  in  cui  si  verifica,  com'ebbi 
più  volte  occasione  di  constatare,  anatomizzando  individui  albini. 

Di  più  l'albinismo,  specialmente  quando  è  totale,  suole  essere  accom- 
pagnato da  alterazione  di  colore  anche  nelle  parti  sprovvisto  di  penne 
e  si  estende  persino  all'occhio  che  tende  a  divenir  rosso,  mentre  le 
zampe  ed  il  becco  volgono  al  roseo,  o  al  carnicino. 

Invece  nei  casi  di  leucocroismo,  dei  quali  sto  per  trattare,  sono 
solamente  le  piume  che  divengono  bianche,  mentre  le  zampe,  il  becco, 
la  pelle  nuda  attorno  agli  occhi,  e  questi  medesimi,  conservano  il  loro 
colore  normale,  o  anche  acquistano  tinta  più  intensa,  se  trattasi  di  fase 
nuziale,  com'  è  il  caso  àQÌVArdeola  idae. 

Le  specie  nelle  quali  risulterebbe  verificarsi  parzialmente,  o  total- 
mente, il  leucocroismo  appartengono  ai  seguenti  generi  : 

Mesophoyx,  Florida,  Bicromanassa,  Notojìhoyx^  Lepterodius^ 
IlerodiaSj  Garsetta,  Leucophoyx  e  Demiegreita. 

Nel  primo  genere,  cioè:  Mesophoyx^  vi  ò  la  M.  ialermedia  sempre 
bianca  e  così  pure  la  M.  plumifera. 


NOTA    ORNITOLOGICA    SOPRA    l'aRDEOLA    IDAE,   ECC.  353 

Nel  gm.  Herodias  la  //.  alba  costantemente  bianca;  sola  differenza 
l'esservi,  o  no,  piume  ornamentali,  cioè  quelle  lunghe  e  filamentose  piume 
bianclie  formanti  la  vaghissima  e  leggiera  pioggia  sulle  ali  e  sulla  coda, 
cui  si  è  dato  il  nomo  commerciale  di  Egrette. 

Nel  gen.  Florida  l'unica  specie,  F.  coerulea,  è  generalmente  bianca 
nella  veste  dei  nidiace!,  ma  i  giovani  si  fanno  gradatamente  grigi,  o 
per  muta  di  piume,  o  per  colorazione  progressiva  :  gli  adulti  sono  ge- 
neralmente di  color  grigio-azzurrognolo;  però  lo  Sharpe  fa  notare  che 
secondo  il  RidgAvay  f  Water  Birds,  North  Amer.,  Vol.  I,  pag.  43)  i 
vecchi  individui  possono  anch'essere  totalmente  bianchi. 

Nel  gen.  Dicì'omanassa  la  D.  rufa  ha  due  fasi  e  lo  Sharpe  (Cat. 
B.,  Voi.  XXVI,  pag.  105)  ricorda  come  l'Aiiduljon  considerasse  gl'in- 
dividui bianchi  quali  i  giovani  della  specie,  mentre  lo  studio  delle  serie 
ha  dimostrato  che  gli  individui  bianchi,  avendo  sviluppate  le  piume  or- 
namentali, non  altrimenti  che  quelli  coloriti,  debbonsi  considerare  come 
adulti  essi  pure  e  l'esemplare  bianco  della  Collezione  Turati  lo  conferma. 
È  strano  poi  che  l'Audubon  non  se  ne  fosse  accorto,  poiché  riconosce 
che  le  due  forme  si  possono  trovare  nella  medesima  nidiata  e  sono  al- 
levate da  genitori  di  uguale,  o  di  diverso  colore,  fra  di  loro  :  quindi 
lo  Sharpe  giustamente  ne  conclude  che  la  fase  bianca,  in  questo  caso, 
nulla  ha  che  fare  coll'età,  o  col  sesso,  o  colla  stagione.  Qualche  volta 
si  trovano  individui  a  piumaggio  misto. 

Nel  gen.  Notopìioy.jc  la  N.  Novae  Hollandiae  è  notevole  per  il 
vario  grado  in  cui  si  trova  in  essa  il  color  bianco  sul  capo,  occupando 
una  superficie  variabile  di  esso.  Tale  variazione  risulta  affatto  indivi- 
duale, cioè  indipendente  dal  sesso,  età  o  stagione. 

Nalla  Notophoìjx  pacifica  il  bianco  si  può  estendere  a  tutto  il  collo 
e  la  Collezione  Turati,  coi  suoi  tre  esemplari,  possiede  la  forma  a  co- 
lorito e  macchie  normali,  quella  col  capo  e  collo  interamente  bianchi, 
ed  una  intermedia  fra  le  due  prime,  confermando  pienamente  il  dimor- 
fismo supposto  dallo  Sharpe. 


Óoi  G.    MARTORELLI. 

La  Noto])hoijx  picata  ha  il  collo  bianco,  come  le  guaiicie  e  la  gola, 
ma  iu  modo  costauie,  onde  nasce  il  dubbio  che  sia  sparita  la  forma  a 
colorito  normale,  o  meglio  origiuEirio;  però,  disponendo  di  una  sufllciente 
serie,  non  sarebbe  forse  impossibile  il  trovare  qualche  individuo  in  quella 
coudizione  e  mi  pare  quindi  opportuno  richiamare  sopra  questa  specie 
di  Airone  l'attenzione  degli  Ornitologi, 

Nel  geu.  Lepterodius  si  verifica  il  leucocroismo  in  modo  completo, 
tanto  nel  L.  gularis  dell'Africa,  quanto  nel  L.  asha  che  lo  rappre- 
senta in  Asia.  Anzi  nella  prima  specie  ebbi  opportunità  di  osservare  il 
cambiamento  di  colore  iu  un  individuo  vivente  riportato  dall'Eritrea  da 
alcuni  soldati  e  che  tenni  per  qualche  tempo,  onde  seguirne  i  mula- 
menti  di  piumaggio. 

Vero  ò  che  spesso  gii  individui  a  colorito  inisto,  o  macchiato,  sono 
il  prodotto  di  mescolanza  delle  due  forme,  come  asserisce  lo  Sharpe, 
ma  è  altresì  certo  che  quello  da  me  osservato  vivo  era  del  tutto  bianco 
quando  lo  ricevetti  e  si  andò  oscurando  di  poi;  quindi  debbo  ritenere 
che  in  questa  specie  il  leucocroismo  può  essere  permanente,  o  tempo- 
rario.  I  giovani  sono  color  cenere,  epperciò  non  si  tratta  di  variazioni 
per  ragione  di  età. 

Nel  geu.  Garzella  vi  ha  la  Garzella  garzella  ^  il  cui  leucocroismo 
è  regolare  e  costante,  né  ho  trovato  in  alcun  autore  il  minimo  accenno 
ad  una  eccezione,  sia  pure  individuale.  Lo  stesso  dicasi  per  la  Gar- 
zella nigripes. 

Nel  geu.  Leucophoyx  vi  ò  la  sola  specie  Leucophoyx  candidis- 
sima e  non  ha  variazioni  di  colore. 


1  Ho  ilovulo  qui  seguire  il  nome  adoUato  nel  Catalogo  di  Garzella  garzella^ 
tuttavia  questo  sarebbe  uno  dei  casi  in  cui  si  dovrebbe  dare  il  nome  specifico  di 
typicf,  chiamando  quest'airone  Garzella  ti/pica,  piuttosto  die  ripetere  por  ia  specie 
il  medesimo  nome  cbe  per  il  genere,  cosa  che  suona  assai  malo:  e  così  mi  paro 
che  si  potrebbe  seguire,  nel  denominare  le  specie  come  questa,  una  recente  propo- 
sta che  leggo  mìVIòls  (ottobre  1800,  pag.  C<S2-fi:j.; 


NOTA    ORNITOLOGICA   SOPRA    l'aKDEOLA    IDAE,    ECC.  00  0 

Il  gen.  Demiegreiia,  che  comprende  la  sola  Demiegretta  sacra,  offre, 
esempio  notevole  di  dimorfismo,  anzi  non  solo  ha  una  fase  colorata 
ed  una  bianca,  ma  la  prima,  secondo  lo  Sharpe,  mostrerebbe  una  spic- 
cata tendenza  al  melanismo,  inquantochò  il  bianco  della  gola  spesso 
si  restringe  e  di  molto,  od  anche  sparisce  del  tutto.  Questa  specie  è 
del  resto  una  di  quelle  che  offrono  la  massima  incostanza  di  caratteri, 
perchè  anche  le  parti  scoperte  variano  in  essa  moltissimo  di  colore. 

Finalmente,  come  esempio  di  dicroismo,  non  va  dimenticato  il  Du- 
jìetor  melas  (Ardetta  melaena  in  Salvad.  Atti  lì.  Acc.  Se.  Torino, 
V.  XIII,  pag.  1186-87)  il  tipo  dei  quale,  posseduto  dalla  Collezione  Tu- 
rati, è  alquanto  diverso  dalla  figura  e  dalla  descrizione  del  Catalogo 
(V.  XXVI,  pag.  251,  tav.  Ili),  essendo  interamente  nero,  mentre  nella 
fase  a  colorito  normale  la  parte  anteriore  del  collo  è  fulva  con  macchie 
nere  e  strisce  bianche  ;  quindi  è  chiaro  esistere  anche  per  questa  specie 
un  vero  dimorfismo,  ed  il  Salvadori  ne  ha  descritto  non  solo  l'esem- 
plare adulto  della  Collezione  Turati,  che  è  nero  uniforme  su  tutto  il 
corpo,  ma  anche  il  giovane  nella  fase  corrispondente. 

Ora,  se  si  considera  che  tra  tutti  i  casi  contemplati  esiste  una  vera 
e  propria  gradazione,  che  va  da  quelli  in  cui  il  dicroismo  è  incipiente 
a  quelli  nei  quali  è  più  avanzato  ed  esteso  e  a  quelli  in  cui  raggiunge 
il  massimo,  cioè  la  formazione  di  due  coloriti  afl'atto  diversi  tra  loro  e 
indipendenti  da  differenze  di  età,  sesso,  o  stagione,  appare  evidente  che 
questo  fenomeno  ha  una  speciale  importanza  perchè  può  dimostrarci  con 
quali  processi  e  graduali  trasformazioni  possono  essersi  originati  i  leit- 
cocroismi,  od  i  melanocroismi,  totali  e  iter  manenti j,  cioè  caratteri- 
stici di  ben  distinte  specie  in  qualunque  abito  ed  età. 

Questo  è  il  caso  delle  specie  del  gen.  Eerodias,  del  gen.  Garzetta 
ed  altri  già  nominati,  i  quali  sembra  possano  esser  derivati  da  tipi  pri- 
mitivi a  piumaggio  colorito,  probabilmente  anche  macchiato. 

Riesce,  a  prima  vista,  assai  diffìcile  il  comprendere  come  per  la  se- 
lezione naturale  non  siano  stati  eliminati  gli  individui  nei  quali  il  leu- 
cocroismo  era  riuscito  totale,  e  come   sia  stato  possibile  alla  specie  il 


350  G.    MARTORELLI,    NOTA    ORNITOLOGICA,    ECC. 

sostituire  1'  abito  bianco  estremamojite  cospicuo  a  quello  procedente  eli 
natura  più  protettiva. 

Però  se  si  riflette  che  in  ogni  classe  di  animali  sono  numerosi  gii 
esempi  di  specie  a  colorito  assai  appariscen.te,  del  tutto  prive  di  mezzi 
diretti  per  difendersi  da  altre  specie  predatrici  e  che  ciò  nondimeno  rie- 
scono a  superare  la  lotta  per  l'esistenza  con  modi  svariatissimi,  è  fa- 
cile immaginare  che  anche  gli  Aironi  bianchi  sfuggono  con  mezzi  ana- 
loghi alle  innumerevoli  cause  di  distruzione,  pur  avendo  un  piumaggio 
che  li  rende  estremamente  vistosi. 

Anche  senza  considerare  come  una  terribile  arma  di  difesa  il  loro 
acutissimo  becco  fatto  a  pugnale,  la  cui  punta  nel  riposo  sta  consueta- 
mente rivolta  in  alto  e  può  venir  lanciata  dal  lunghissimo  collo  quasi 
a  scatto  di  molla  contro  gli  occhi  di  un  nemico,  basta  pensare  che 
questi  uccelli,  per  la  magrezza  e  pel  poco  gusto  delle  loro  carni,  non 
sono  molto  ricercati  dagli  uccelli  da  preda  e  quindi  si  coinprende  come 
sia  per  essi  indifferente  l'avere  uno,  od  altro  colorito,  mentre  non  lo 
sarebbe  affatto  per  altri  uccelli  ai  quali  il  color  bianco  serve  di  prote- 
zione durante  l'inverno,  come  le  specie  del  gen.  Lagoims  nelle  quali 
il  (iimorllsmo,  coincide  nelle  suo  alternanze,  coll'alterno  succedersi  della 
buona  e  della  cattiva  stagione. 

Neppure  può  paragonarsi  il  leucocroismo  permanente  degli  Aironi  a 
quello  di  alcune  specie  di  Astori  dell'Australia  (Astur  Novae  Ilollan- 
diae)  ai  quali  il  colorito  bianco  niveo  totale  può  servir  di  jnezzo  in- 
sidioso, permettendo  di  confonderli  coi  pappagalli  bianchi  del  gen.  Ka- 
kattca,  mentre  i  candidi  Aironi  dei  generi:  Ilerodias,  Garzeita,  Leit- 
cophoijx^  non  potrebbero  venir  confusi  con  altri  uccelli  nell'ambiente 
palustre  nel  quale  vivono. 

Mi  è  sembrato  opportuno  il  j'icliiamare  l'allenzione  degli  (h-nilologi 
su  quest'ordine  di  fàlti  che,  essendo  molto  importanti  dal  punto  di  vista 
dell'origine  delle  specie,  meriterebbero  ulterioià  osservazioni  ed  indagini. 


G.Martorelli.  Ardeola  idce,(ì[c.  Alii  Sodi,  di  Se  N;il.  Vol.  XXXIX,  Tav.  VII. 


^ 


*S. 


ARDEOLA  ID.K  (Ilartl.) 


Disegno  dell'Autore. 


ZrxGOTipiA  Alfieri  e  Lacroix. 


I  BUOI  MUSCHIATI  DEL  MUSEO  DI  MILANO 

del  S03Ì0 

Prof.  Ferd.   Sordelli. 

(Con  una  tavola.) 
(Seduta  25  novembre  1900.) 


In  lina  custodia,  provvisoriamente  collocata  al  piano  superiore  del- 
l'atrio di  questo  Museo,  i  visitatori  possono  ora  vedere  due  grossi  Ru- 
minanti di  una  specie  non  comune,  che  molli  Musei  non  possiedono, 
0  solo  da  poco  tempo  hanno  potuto  procurarsi.  —  Sono  un  maschio 
ed  una  femmina  di  Bue  muschiato,  ^  ed  il  teschio  del  primo,  conser- 
vato a  parte. 

Questa  specie  ancora  ignota,  a  quanto  pare,  ai  tempi  di  Linneo,  de- 
scritta primamente  nel  1780  da  Zimmermann,  che  la  pose  fra  i  Buoi, 
ha,  infatti,  la  statura,  le  forme  pesanti,  la  robustezza  delle  gambe  di 
questi;  e  più  <li  tutto  le  corna,  che  in  ambo  i  sessi  hanno  un  note- 
vole sviluppo,  ed  una  curva  che  ricorda  alquanto  quella  di  alcuni  Bu- 
fali, e  dello  Gnu,  dalle  forme  taurine.  —  Manca  tuttavia  della  gio- 
gaja  sotto  il  collo  e  lo  scheletro  presenta  maggiori  affinità  con  quello 
della  Pecora,  cosicché  Blainville  ne  fece,  a  buon  diritto,  il  tipo  di 
un  genere  a  sé,  intermediario  fra  quello  delle  Pecore  e  quello  dei  Buoi.  ^ 


1  Bos  moschatus  Zimm.,  1780.  —  Ovibos  moschaius  Blainv.,  1816. 

2  Trouessart  {Calai.  Mammalium,  1898)  pone  il  genere  Ovihos  per  ultimo 
nella  sottofamiglia  Caprinae,  che  comprende  le  Capre   e   le  Pecore,  e   prima  di 


3à8  F.    SOI'JJKLI.I. 

Singolare  non  mono  ò  la  patria  del  Bue  muschiato,  essendo  egli,  col 
Uenne  e  coirAlce,  uno  dei  pochi  mammiferi  terrestri  di  notevole  molo 
che  abili  esclusivamente  lo  regioni  circiinìpolai'i.  Ma  nieiilrc  il  Henne 
0  l'Alce  si  trovano,  con  leggere  modificazioni,  tanto  al  nord  dell'  Eu- 
ropa e  dell'Asia,  quanto  dell'America,  il  Bue  muschiato  si  riuvieiKi 
oggidì  soltanto  nell'America  settentrionale,  dove  occupa  un'  area  rela- 
tivamente ristretta,  sia  che  la  si  paragoni  con  quella  delle  due  specie 
di  KuniiiKiiiii  (ira  uieuzioiiati,  sia  con  quella  che  h  stesso  Bue  ]nu- 
schiato  occupava  ne'  tempi  nudati. 

Al  presento  non  lo  si  linviene  più  ad  occidente  del  cui'so  Inferiore 
del  fiume  Mackenzie'^  e  del  gran  Lago  degli  Orsi;  più  a  nord  il  punto 


qiioUa  dolio  Bavinae.  —  Matsciiie  (Dio  sijstematische  Stellunj  vo/i  Budorcas 
Llodgs;  in:  Silzungsb.  d.  Gosoll.  naturf.  Freunde,  Berlin  1898,  p.  30)  propone  di 
faro  un  gruppo  a  so  doi  generi  Oolbos  o  Budorcas.  Quest'ultimo  (B.  taxicolor 
Hodgs,  proprio  dell'Indocina  e  del  Thibet  orientale)  ha  infatti  grandi  allinità  col 
Buo  muschiato,  comprosa  la  forma  dello  corna.  —  Del  resto  le  dill'oronze  cosi  rag- 
guardevoli nel  portamento,  ((uali  si  osservano  fra  i  vari  generi  di  Jtuiainanli  a 
corna  persistenti,  ad  os.  fra  le  Gazzelle  ed  i  Buoi,  sono  assai  minori  in  (jiianto 
riguarda  l'interna  struttura;  il  che  giustifica  il  loro  ravvicinamento  in  un'unica 
famiglia  Jìovidae. 

^  Un  tempo  esisteva  più  all'ovest  fin  presso  la  baja  di  J:]schscliollz;  così  puro 
fu  veduto  in  paesi  posti  alquanto  jìiù  a  sud.  Jeremio,  viaggiatore  francese  e  cac- 
ciatore di  poUiocie,  li)  incontrò  la  ])rima  volta,  noi  1720,  sulla  sponda  occidentale 
delia  baja  d'Hudson,  a  soli  W,)"  di  latitudine,  li  sombra  che  lo  grossissimo  Pecore 
dai  lunghi  poli,  di  cui  parla  Gumara,  viaggiatoro  o  storico  spagnuolo,  viventi  nel 
regno  di  Quivira,  posto  a  quanto  paro  a  N.  del  Messico,  fossero  Buoi  muschiati. 
(Breiim,   Vita  decjli  Animali,  odiz.  ital.  HI,  \\.  271.) 

L'uomo  ha  senza  dubbio  contribuito  a  rostringoro  l'area  occupata  dalla  specie 
in  discorso,  ma  ancor  più  devono  avervi  contribuito  lo  vicissitudini  del  clima  o  le 
mutazioni  geologiche;  senza  di  cho  non  si  capisco  comò  non  abbia,  ad  esempio, 
sopravvussuto  in  Siberia,  dove  lo  (londizioni  di  clima  o  di  terreno  sono  identiche  a 
quelle  dell'attuale  sua  patria.  —  Un  fatto  significante  è  pur  questo,  che  noi  giar- 
dini zoologici,  dove  pure  si  conservano  o  talora  a  lungo,  molti  animali  di  paesi 
temperati  o  caldi,  il  Buo  inuschiato  non  si  trova  mai.  —  Attualnionte  un  tenta- 
tivo di  acclimazione  di  una  specie  sotto  ogni  rapporto  cosi  interossant(*  viene  fatto 
dalla  Gasa  ducale  di  liedford,  noi  suo  celebre  possedimento  di  Woburn  Abbey, 
contea  di  Bedford,  in  Inghilterra.  Ivi  l'attualo  duca,  degno  succossoro  di  quel  Gio- 


I    liUOI    MUSCHIATI    DEL    MUSEO    Iti    MILANO.  359 

più  occideiiLalo  ò  al  capo  lìailmrst  ;  di  la  il  limile  della  sua  dil'lìisioiie 
si  volge  verso  sud-est  senza  toccare  il  bacino  idrografico  del  gran  Lago 
degli  Schiavi,  per  proseguire  verso  la  baja  d'  Hudson,  dove  raggiungo 
il  GO"  grado  di  latitudine,  circa  all'  altezza  del  forte  Churchill,  sup- 
pergiù la  medesima  di  Cristiania  e  di  Pietroburgo.  —  Ad  oriente  della 
baja  d'Hudson,  nel  Labrador,  sembra  maucare;  esiste  invece  più  al 
nord  a  circa  70"  di  latitudine,  dal  golfo  di  Boothia  e  dallo  stretto  del 
Principe  reggente  fino  a  quello  di  Lankaster,  e  da  qui  allo  Sniiih 
Sound.  Attraversato  indi  quest'  ultimo  si  diffonde  lungo  la  costa  nord 
della  Groenlandia,  fin  laddove  si  scoprirono  terre  e  gira  poi  lungo  la 
costa  orientale,  tra  la  ghiaccia  continentale  ed  il  mare,  fino  allo  stretto 
di  Scoresby.  —  Alla  costa  occidentale  della  stessa  Groenlandia  manca 
all'atto,  mentre  lo  si  rinviene  nelle  grandi  isole  di  Melville,  Parry  e 
Grinnoll.  '^ 

In  tempi  storici  esisteva  anche  in  alcuni  paesi  più  meridionali,  ma 
non  mollo  più  al  sud.  —  Assai  notevole,  al  contrario,  fu  la  sua  di- 
mora durante  una  parte  almeno  dell'ora  quaternaria;  poiché  coi  rigori 
del  clima  e  forse  più  colle  speciali  condizioni  della  vegetazione  di  al- 
lora, esso  tenne  dietro  all'estendersi  dei  ghiacciai  quaternari,  col  Renne, 
colla  Volpe  polare,  col  Gufo  delle  nevi  e  con  molti  altri  animali  dei 
paesi  freddi;  sicchò  se  ne  trovano  gli  avanzi,  non  solo  in  America, 
dove  mite  è  il  clima  d'oggidì,  ma  lo  si  rinviene  fossile  anche  in  In- 
ghilterra, in  Francia,  in  Isvizzera,  in  Germania,  in  Russia,  in  Siberia, 
dalle  ([uali  contrade  scomparve  poi  all'atto.  '  —  In  Italia,  por  quanto 


vanni  Russell,  a  cui  tanlo  vanno  debitrici  la  Botanica  e  rOrlicoliura,  possioiie  duo 
giovani  maschi,  catturati  il  li  agosto  18!)!),  nell'isola  Clavering,  presso  il  Capo 
Mary,  nella  Groenlandia  orientale,  a  circa  71°  lat.  N.  —  Sarà  da  vedere  Un  (piando 
resisteranno  al  clima  hritannico. 

"5  KoBELT  ^V. ,  Dir  MuacliU^i-Ochse.  (Bericlito  d.  Sonkenb.  nalurli.  Gosell. 
l!lOO,  p.  GÌ.)  —  Trouessart,  loc.  cit.,  p.  'J8i. 

^  Bovi)  Dmvklns,  The  pleistocene  Mammalia,  Part  IV  (Ooibos  moschaius), 
in:  Palaoont.  Society,  1872.  —  Struckmann  C,  Noli:  àber  clas   Vorl;ommen  cles 


3G0  F.    SORDELLI. 

ue  so,  iiou  fu  mai  trovato,  come  non  vi  si  rinviene  il  Renne,  e  paro 
che  la  catena  alpina,  forse  più  alta  allora  che  non  adesso,  sia  stata, 
co'  suoi  estesi  ghiacciai,  un  ostacolo  insormontabile  ad  entrambi. 

Ammesso,  com'  ò  infatti,  che  le  coudizioni  esteriori  abbiano  influito 
e  tuttora  influiscano  nel  modificare  i  caratteri  degli  animali,  comin- 
ciando dai  più  esterni,  non  è  men  vero  per  altro  che  tali  modifica- 
zioni sono  di  necessità  lentissime,  almeno  nella  pluralità  dei  casi;  cosic- 
ché al  variare  di  (l(3tte  condizioni  non  sempre  teiigou  dietro  corrispon- 
denti variazioni  di  forma,  di  colore,  di  proporzioni.  Talora  la  specie 
col  mutare  delle  circostanze  di  ambiente  alle  quali  s'  era  adattata,  va 
man  mano  scomparendo  da  una  località,  per  prosperare  di  preferenza 
altrove;  emigra,  o  se  non  può  farlo  si  spegue.  Il  clima  o  la  natura 
del  suolo  sono  quiudi  i  fattori  principali  che  permettono  ad  una  spe- 
cie di  persistere  o  meno. 

Nel  caso  nostro  abbiamo  a  che  fare  con  un  tipo  che  non  è  molto 
recente,  come  lo  provano  i  resti  fossili  identici  alla  forma  vivente,  e 
più  ancora  quelli  di  altra  congenere,  scoperti  nell'America  del  Nord.  ^ 
Si  può  spiegare,  quindi,  come  avendo  attraversato  la  luuga  èra  inter- 
ceduta fra  la  terziaria  e  l'attuale,  la  specie  in  discorso  abbia  avuto 
tutto  il  tempo  di  adattarsi  ad  un  modo  di  vivere  che  per  noi  ha  ve- 
ramente dello  straordinario. 

Ed  invero  quando  si  pensa  che  i  paesi  dove  si  trova  il  Bue  mu- 
schiato sono  sotto  latitudini  comprese  fra  G0°  e  80",  anzi  la  più  parte 
son  posti  al  di  là  del  circolo  polare,  subito  ci  si  presentano  alla  mente 
quello  terre  dove  per  sei  mesi  continui  il  buio  della  notte  non  è  in- 
terrotto se  non  dal  scintillare  delle  stelle,  dal  ritorno  periodico  dei 
raggi  lunari  e,  di  tratto  in  tratto,  dalle  aurore  boreali;  mentre  negli 


J/oschus-Ochsoi  (Ovibos  moschatas)  im  diluvialen  Flmskies  von  Ilameln  an  dei- 
ìVeser.  (Con  indicazione  di  rinvenimonii  anteriori  fatti  in  Germania.)  In:  Zeitschr. 
d.  deutschen  geol.  Gesollsch.  1887,  p.  GOL  —  Zittel,  liandb.  d.  Palaeont..  IV, 
1891-03,  p.  124.  —  Trouess.vkt,  loc.  clt ,  p.  984. 
''  Ooiòos  bombi frons  Harlan  {=priscus  RiUim.). 


I    BUOI    MUSCHIATI    DHL    MUSEO    DI    MILANO.  361 

altri  sei  mesi  il  sole  è  cosi  presso  l'orizzoiile  che  il  suo  calore  viene 
per  la  maggior  parte  assorbito  dall'  atmosfera  prima  ancora  di  giun- 
gere alla  terra.  —  A  quelle  elevate  latitudini  la  temperatura  è  per 
conseguenza  assai  bassa  e  per  tre  quarti  dell'anno  scende  di  alcune 
decine  di  gradi  sotto  lo  zero,  più*  o  meno  secondo  le  località.  —  Solo 
nella  breve  estate  di  due  o  tre  mesi  si  eleva  di  pochi  gradi  sopra 
zero,  ma  gela  poi  di  frequento  nelle  oro  corrispondtinli  alla  nostra  notte 
quando  il  sole  é  più  basso. 

Ebbene,  in  tali  estreme  condizioni  di  clima  la  vegetazione  non  è 
spenta,  e  nemmeno  è  tanto  povera  quanto  si  potrebbe  supporre.  — 
Noi  Siam  tratti  ad  immaginare  quello  immense  distese  di  terre  solo 
coperte  per  la  più  gran  parte  dell'  anno  sotto  un  ampio  mantello  di 
neve  e  di  ghiaccio  che  tutto  nasconde,  senza  un  fdo  di  verde,  senz'al- 
tro indizio  di  vita,  fuorché  qualche  raro  animale  famelico  in  traccia 
di  meno  inospiti  contrade.  —  Che  se  in  alcune  regioni  le  cose  stanno 
veramente  così,  convien  d'altro  canto  rillettere  come  terre,  poste  alle 
stesse  latitudini,  offrono  differenze  spesso  notevolissime  rispetto  al  clima, 
influenzato  com'  è  questo  dalla  vicinanza  del  mare,  dalle  correnti,  dalla 
qualità  del  terreno,  dall'altitudine  e  dall'esposizione.  Sicché,  come  dissi, 
anche  a  latitudini  elevatissime,  abbiamo  località  dove  una  flora  abba- 
stanza numerosa  spiega  durante  il  risveglio  di  poche  settimane  una 
inaspettata  dovizia  di  verde  e  di  fiori.  Secóndo  Wettstein  170  spe- 
cie di  Fanerogame  abitano  la  costa  settentrionale  della  Siberia,  190 
la  Nuova  Zemlia,  circa  300  furono  raccolte  all'  estremo  meridionale 
della  Groenlandia,  mentre  le  Spitzberghe,  poste  a  20  gradi  più  al  nord, 
ne  hanno  ancora  125.  ^ 

Sono  forme  a  foglie  piccole,  coriacee,  a  radici  e  steli  duri,  perenni, 
ed  eminentemente  adatte  a  resistere,  con  apparente  sospensione  della 
vita,  agli  eccessivi  e  prolungati  rigori  di  quel  clima,  al  gelo  che  pe- 


"  Wettstein  Rud.  von,  Die  Pflanzenicelt  cler  Polargegenden.   (Schriften  d. 
Ver.  z.  Verbr.  naturwiss.  Kenntnisse,  1899-900,  p.  34.) 


362  F.  S0RiJi:[jj. 

iietra  per  parecchi  metri  sotterra,  mentre  d'estate  il  disgelo  non  ù  se 
non  superficiale,  di  poclii  ceiilimelri,  appena  quanto  basta  per  conceder 
loro  di  vegetare  e  di  fiorire.-'^  —  Se  nevica  ò  di  preferenza  d'estate 
e  nelle  stagioni  intcrmodio  ;  d' inverno  1'  aria  vi  ()  di  una  secchezza 
eccezionale. 

Questo  è  il  clima  che  i  Buoi  muschiati  sono  avvezzi  a  sopportare 
e  siccome,  al  postutto,  hanno  bisogno  di  molto  cibo,  si  comprende  come 
non  possano  vivere  doviuique  e  la  loro  area  di  distribuzione  debba 
essere  quindi  assai  irregolare.  —  Abitano  ossi,  infatti,  le  basse  terre 
note  col  nome  di  ^  Barren  grounds  »  ;  ^  desolate  lande  intersecate  da 
stagni  e  da  paludi,  che  nelle  parti  più  elevato  si  rivestono  su  vaste 
estensioni  di  un  rigoglioso  tappeto  di  licheni  biancastri,  inontro  nelle 
più  depresse  dominano  particolarmente  i  muschi,  od  hanno  loro  sode 
varie  specie  di  erbe  e  di  arbusti  nani;  qua  Betulle,  Salici,  Andromede, 
Carici,  Eriofori;  là  iìanuncoli,  Drabe,  Stellario,  Potentine,  Claytonie, 
Sassifraghe,  Pediculari,  Poligoni,  varie  Graminacee  e  molte  altro.  ^^ 
Ed  è  a  questi  vegetali  che  i  Buoi  muschiati  devono  chiedere  il  loro 
sostentaménto.  —  Secondo  le  osservazioni  del  prof.  Natiiorst,  che  lo 
scorso  anno  visitò  la  Groenlandia  orientale,  sarebbero  anzi  lo  foglio  od 
i  ramoscelli  di  una  specie  di  Salice,  Salix  arctica^  il  loro  nutrimento 
preferito,  salice  che  striscia  a  terra  e  non  si  alza  so  non  di  pochi 
f'ontimctri. 


^  1/ aziono  (lelhi  luco  solare,  co'  suoi  raggi  nttinici  (chimici),  iiiintorrolla  por 
tro  0  ([iiatlro  mesi,  componsa  entro  ceni  limiti  la  scarsità  (lolla  temperatura,  col 
favorire  in  modo  eccezionale  l'assimilazione  del  carbonio,  che  da  noi  ò  sospesa  al 
calar  dello  tenebro.  Cosicché  bastano  podio  settimane  di  disgelo  perchè  lo  piante 
delle  terre  polari  possano  compiere  rapidamente  ([uollo  funzioni  che  altrove  richie- 
dono pili  mesi.  Lo  dimensioni  rimangono  però  sempre  assai  minori  di  (piollo  che 
si  osservano  nelle  specie  congeneri,  viventi  sotto  cielo  [liù  mite. 

■'  l'arren  grounds,  letteralmente  ■sl.erill  terreni;  chiamansi  così  iioH' America 
settentrionale  esteso  regioni  senza  foresto  e  dove  ogni  coltivazione  ò  all'atto  impos- 
sibile; con  diverso  nomo,  ma  con  identici  caratteri  sono  lo  2\uidri  della  Siberia. 

1"  -MilLLEu  K.,  D US  Bach  der  Pllanzenicelt,  1857,  II.  (Die  Polarliinder,  p.  7-1!).) 


I    BUOI    MUSCHIATI    DEL    MUSF.O    DI    MILANO.  363 

Ciò  nonpertanto  ben  ardua  dov'  ossero  la  esistenza  di  questi  riiiiii- 
iiauti  ;  spesso  debbono  contentarsi  di  poclii  sterpi  stretti  dal  gelo,  o 
sopportare  la  fame,  od  esser  costretti  a  migrare,  mai  però  così  lon- 
tano corno  fanno  abitualmente  le  Renne.  —  Nei  mesi  estivi  appena 
godono  di  una  relativa  agiatezza. 

1  nostri  esemplari  furono  portati,  insieme  con  altri  da  una  baleniera 
norvegese,  e  provengono  da  un  punto  della  costa  orientale  della  Groen- 
landia, di  poco  più  al  nord  dello  Scoresby  Sound,  alla  latitudine  di 
circa  72". 

Como  si  vede,  fitti  e  lunghi  peli  che  scondono  fin  presso  terra  ri- 
vestono dovunijuo  il  corpo  o  lo  difendono  dal  freddo  e  tanto  meglio, 
in  quanto  che  durante  la  gelida  stagione  al  pelo  propriamente  detto 
è  frammista  un'  abbondante  lanuggino  color  cenere,  eccellente  difesa 
contro  il  disperdimento  di  calore.  I  nostri  esemplari,  uccisi  d'  estate, 
mancano  quasi  afiatlo  di  questo  particolare,  proprio  dell'abito  invernale. 
—  Veramente  bello  ò  il  maschio,  perfettamonto  adulto,  corno  si  scorgo 
dalle  corna  che  alla  base  sono  grossissime  e  quasi  si  toccano,  non  la- 
sciando fra  di  loro  se  non  un  intervallo  a  mala  pena  di  un  centime- 
tro.'^  L'animale,  come  del  resto  in  tutti  i  Ruminanti,  dapprima  non 
ha  corna  e  solo  al  termino  della  prima  estate  no  possiede  un  pajo 
ricurvo  all' infuori  od  all'insidi,  presso  a  poco  come  nei  nostri  giovani 
Buoi;  solo  più  tardi  vanno  crescendo  dalla  baso,  s'incurvano  anche 
in  basso,  finché  l'astuccio  corneo  sviluppandosi  enormemente  acquista 
la  forma  caratteristica  che  noi  conosciamo.  Il  nucleo  osseo,  prodotto 
da  una  sorta  di  esostosi  del  frontale,  subisce  invece  diversa  vicenda. 
Secondo  le  recenti  osservazioni  di  Lonncerg,  ^-  esso  va  crescendo  as- 
sai di  volume  fino  a  tanto  che  ranimalo  non  ha  raggiunto  all'incirca 


1*  Nel  maschio  posseduto  dal  museo  di  l''rancoforto  sul  Mono,  adulto  o  d'ugual 
provenienza,  ma  più  giovano  dol  nostro,  lo  corna  sono  più  sottili  alla  baso,  con  un 
intervallo  di  IL  centimetri  (Kobelt,  op.  cit.,  p.  fit,  con  t  tav.). 

1-  LoxXNBERG  E.,  Oil  the  struciurc  and  anatomìj  of  the  Mmk-Ox  (Ooibos 
moschatus).  (Proc.  zoo).  Soc.  Lond.  1000,  p.  670,  f.  .-I-C.) 


364  F.    SORDELLI.    I   BUOI   MUSCHIATI,    ECC. 

la  sua  normale  statura;  ma  poi  coli' invecchiare  viene  in  parte  come 
riassorbito  e  s' impiccolisce,  mentre  la  parte  cornea,  come  si  disse, 
aumenta  gradatamente  di  spessore.  —  La  femmina,  più  piccola,  ha 
corna  di  forma  identica,  ma  sempre  più  sottili. 

Entrambi  gli  esemplari  pervennero  al  nostro  Museo  da  quello  di 
Tromso,  il  cui  direttore  sig.  Sparre  Schneider,  cui  erano  stati  affi- 
dati, li  cedette  ad  onestissime  condizioni.  Neil'  istesso  modo  egli  potè 
fornirne  anche  altri  Musei,  mentre  prima  o  non  se  ne  avevano  in  com- 
mercio 0,  data  l'occasione,  se  ne  chiedevano  somme  considerevoli,  fnor 
di  misura. 

La  preparazione  è  opera  ben  riuscita  del  valente  nostro  Pietro  Gon- 
falonieri, al  quale  bastarono  le  poche  indicazioni  fornitegli,  per  dare 
a  quelle  morte  spoglie  forma  ed  apparenza  di  vita.  ^-^ 

Alle  nominate  persone,  del  pari  che  al  chiarissimo  direttore  del  Mu- 
seo, dott.  Tito  Vignoli,  il  quale  agevolò  in  tutti  i  modi  le  pratiche 
per  l'acquisto,  la  preparazione  e  la  conservazione  di  così  istruttivi  sog- 
getti, io  debbo  esser  grato,  se  potei  soddisfare  il  mio  vivo  desiderio 
di  vedere  in  questo  civico  Istituto  colmata  una  significante  lacuna. 


1^  Vedasi  l'unita  tav.  8,  desunta  da  una  prova  fotografica  favoritami  dalla  cor- 
tesia dell'egregio  collega  prof,  E.  Artini,  che  qui  ringrazio  cordialmente. 


V   ^l    "'ivv    "W-Y  »&"''' 


-M 


N 


Sedula  del  17  giugno  1900. 


ORDINE   DEL    GIORNO  : 


1."  Comunicazioni  della  Presidema  ed  evenutali  nomine  di  Segre- 
tari e  di  Conservatori. 

2.'^  SiùW  insegnamento  delle  Scienze  Naturali  nelle  Scuole  secon- 
darie. 

3."  Cenno  commemorativo  su  Alfonso  Milne-Edioards.  —  Comuni- 
cazione del  socio  frof.   T.    Vignoli. 

4."  Sul  dimorfismo  del  Ranunculus  ficaria  L.  —  Comunicazione  del 
socio  dott.  A.  Noelli. 

^.^  I  metodi  grafici  nello  studio  della  distribuzione  degli  animali. 
—  Comunicazione  della  Sig.  Leardi-Airaghi. 

Letto  ed  approvalo  il  verbale  della  seduta  precedente  il  socio  pro- 
fessore Tito  Vignoli  prende  la  parola  facendo  una  breve  commemora- 
zione dell'  illustre  Zoologo  Alfonso  Milne-Edwards,  accennando  alla  va- 
rietà ed  importanza  grande  delle  sue  opero  e  conclude  dicendo  delle 
sue  virtù  rare  come  cittadino. 

Segue  la  Comunicazione  del  socio  Xoelli  sul  Ranuncuhos  ficaria  e 
quella  della  dott.^  Leardi-Airaghi  1  metodi  grafici  nello  studio  della 
distribuzione  degli  animali  e  la  Comunicazione  del  dott.  Boeris  So- 
pra una  rimarchevole  somiglianza  di  forma  cristallina  fra  eom- 
'jìosti  organici. 

Dopo  le  comunicazioni,  il  Vice  Presidente,  ricordando  l'Art.  10  del 
Regolamento  riguardante  la  durata  delle  cariche  e  la  loro  scadenza  con 

Voi.  XXXIX.  2i 


366  SEDUTA    DEL    17    GIUGNO    1900. 

vece  alternata,  propone  che  si  faccia  un  sorteggio  degli  at  inali  Se- 
gretari e  Conservatori  onde  si  possa  far  tosto  una  nuova  nomina  ed 
evitare  che  tutti  scadano  al  tempo  stesso. 

L'Assemblea,  riconosciuta  l' opportunità  della  proposta  l' accetta,  ed 
effettuato  tosto  il  sorteggio  fra  i  due  Segretari,  risulta  scadente  il  so- 
cio prof.  Sordelli,  e  dei  due  Conservatori   scade  il  prof.  Castelfranco. 

Tanto  il  prof.  Sordelli  quanto  il  prof.  Castelfranco  vengono  tosto 
rieletti  dai  soci  presenti. 

Si  tratta  quindi  della  opportunità  di  interessare  la  Società  presso  il 
Governo  a  vantaggio  dell'  insegnamento  della  Storia  Naturale  nelle 
Scuole  secondarie  secondo  il  voto  emesso  durante  la  1.^  riunione  della 
Società  degli  Zoologi  Italiani,  ed  il  socio  prof.  Vignoli  prende  la  parola 
perchè  la  cosa  sia  presa  in  considerazione.  Il  socio  prof.  Geloria,  pure 
riconoscendo  il  merito  della  questione,  proporrebbe  che  la  Presidenza 
stessa  facesse  suo  l'Ordine  del  giorno  relativo,  e  si  interessasse  per 
farlo  pervenire  al  Ministero  della  Istruzione  Pubblica.  Il  Presidente 
dichiara  di  accettare  come  un  onore  tale  incarico  che  l'Assemblea  è 
imanime  nell'  afììdargli. 

Esaurito  l'ordine  del  giorno  viene  levata  la  seduta. 

Letto  ed  approvato. 

Il  Presidente 
EDOARDO  PORRO. 

Il  Segretario 
Giacinto  Martorelli. 


Seduta  del  25  novembre  1900. 


ORDINE   DEL   GIORNO." 


1."  Comunicazioni  della  Presidenza  e  'presentazione  di  nuovi  soci. 

2."  Sul  Peucedaniim  angustifolium  Rchb.  fil.  1867.  —  Comunica- 
zione del  socio  doti.  A.  Noelli. 

3."  Note  ornitologiche  sulla  provincia  di  Venezia.  —  Comunica- 
zione del  socio  E.  Ninni. 

4."  Nota  sopra  TArdeola  idae  e  cenno  sul  dicroismo  di  vari  Ar- 
deidi.  —  Comunicazione  del  socio  prof.  G.  Martorelli. 

ò."  I  Buoi  ìnuschiati  del  Civico  Museo.  —  Comunicazione  del  so- 
cio prof.  F.  Sordelli. 

Il  Vice  Presidente  iug,  Salmojraghi,  in  assenza  del  Presidente  che 
mediante  lettera  lo  lia  prevenuto  di  non  poter  intervenire,  apre  la  1.^ 
seduta  del  nuovo  Anno  Accademico,  rivolgendo  un  saluto  ai  soci  ;  quindi 
commemora  con  brevi,  ma  opportune  parole,  il  Socio  perpetuo  Conte 
Annoni  Senatore  del  Regno  e  il  Socio  marchese  R.  Gualterio  dece- 
duti durante  le  vacanze. 

Dopo  ciò  propone  la  nomina  a  socio  effettivo  del  sac.  Cozzi  Carlo, 
che  viene  accolta  ad  unanimità  di  voti,  e  presenta  poi  all'Assemblea 
il  libro  del  socio  dott.  Malladra,  donato  alla  Biblioteca  Sociale,  dal  ti- 
tolo :  Lezioni  di  Storia  Naturale  per  le  Scuole  secondarie  —  Mor- 
fologia e  Fisiologia   Vegetale. 

Si  fanno,  secondo  l'ordine  annunciato  nell'invito,  le  Comunicazioni 
diverse. 


368  SEDUTA   DEL  25    NOVEMBRE    1900. 

TermÌDate  ,le  Comunicazioni  scientifiche,  il  socio  prof.  Sordelli  do 
manda  la  parola,  desiderando  dar  lettura  di  una  proposta  scritta,  per- 
venutagli dal  prof.  Issel,  il  quale  vorrebbe  che  la  Società  Italiana  di 
Scienze  Naturali  si  facesse  iui/Jatrice  di  una  riunione  delle  varie  So- 
cietà consorelle  in  Milano  ed  in  epoca  da  stabilirsi,  preferibilmente  in 
autunno,  in  occasione  del  convegno  in  Milano  del  Congresso  geografico, 
per  trattare  argomenti  di  comune  e  generale  utilità,  pei  quali  enu- 
mera i  principali,  cioè  quegli  argomenti  che  maggiormente  interessano 
r insegnamento  della  Storia  Naturale,  i  Musei,  l'organizzazione  delle 
Società,  le  loro  pubblicazioni  e  relativi  scambi,  le  questioni  di  prio- 
rità scientifica,  la  Terminologia,  specialmente  quella  dei  colori,  ecc.  e 
tutto  ciò  lontano  da  ogni  solennità  accademica. 

Il  socio  prof.  Sordelli  fa  seguire  a  tale  lettura  alcune  sue  conside- 
razioni circa  r  opportunità  di  aderire  a  tale  proposta  ed  il  Vice  Pre- 
sidente propone  che  la  si  includa  nell'Ordine  del  giorno  della  seduta 
prossima. 

Il  socio  prof.  Coieria  consente,  in  linea  generale,  colle  idee  del  pro- 
fessore Issel  e  le  appoggia  con  alcune  considerazioni,  concludendo  pa- 
rergli opportuno  che  alla  Presidenza  si  deferisca  l' incarico  di  studiarne 
l'attuabilità  e  riferirne  all'Assemblea  nella  successiva  riunione. 

Il  Vice  Presidente,  premesso  che  si  dovrà  innanzi  tutto  subordinare 
ogni  conclusione  alle  condizioni  finanziarie  della  Società,  si  assume  di 
riferire  in  proposito  nella  prossima  riunione,  dopo  mature  riflessioni, 
e  dichiara  con  ciò  esaurito  l'Ordine  del  giorno. 

Il  Vice  Presidente 
FRANCESCO  SALMOJRAGHI. 

Il  Segretario 
Giacinto  Mautorelli. 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 

DELLE   PUBBLICAZIONI   RICEVUTE    IN    DONO    OD    IN   CAMBIO    DALLA    SOCIETÀ 

dal  1.^  geìinaio  al  31  dicembre  1000. 


Non  periodiclie.  ^ 

Ameghino  Florentino,  Preseucia  de  mamlferos  (liprotodout(3S  eu  los 
depósitos  terciario  del  Parana,  Buenos  Aires,  1900. 

Bargagli  Piero,  Cenni  biografici  di  Ferdinando  Piccioli.  Firenze,  1900. 

Beauverie  Jean,  Etudes  sur  le  polymorphisme  des  champignons  in- 
fluence du  milieu,  Annales  de  l'Universitc  de  Lyon.  Fase.  3,  1900. 
*Bordoni-Uffreduzzi  Guido,  Relazione  sui  servizi  d' igiene  e  sanità 

nel  Comune  di  Milano  nel  biennio  1896-97.  Milano,  1899. 
*BuzzoNi  Pietro,  Appendice  al  «  Centenario  in  casa  nostra  » .  Milano, 

1900. 
*Carruccio  Antonio,  Parole  pronunciate  il  giorno  22  marzo  1900  per 
l'inaugurazione  della  Società  zoologica  italiana  nella  Pi.  Università 
di  Roma, 

Festvortrag  des  Directors  Hofrath  Dr.  Guido  Slache.  Separatausgabe 
zur  Erinnerung  an  die  Jubilàums-Feier  des  9.  Juni  1900.  (Geolo- 
gische  Reichsanstalt.)  Wien,  1900. 


1  Quelle  segnate  con  asterisco  furono  clonate  dai  rispettivi  Autori  ;  le  altre 
si  ebbero  da  Società  e  Corpi  scientifici  corrispondenti. 


370  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

Flegher  Hugh,  Descriptive  note  on  the  Sydney  coal  field  Cape  Bre- 
ton, Nova  Scotia  to  accompany  a  revised  edition  of  the  geological 
map  of  the  coal  field.  Being  sheets  133,  13-4,  135  N.  S.,  in-8, 
Ottawa,  1900. 

Guidoni  Gerolamo,  Società  per  la  diffusione  e  l'incremento  degli 
studi  naturali.  Gerolamo  Guidoni  —  11  luglio  1870  —  11  lu- 
glio 1900.  Spezia. 

HiNGENAU  Otto,  Joseph  Ritter  vou  Hauer  (f  2.  Februar  1863). 
Biographische  Skizze.  Wien,  1863. 

KocH  Anton,  Die  Tertiàrbildungen  des  Beckens  der  siebenbiirgischen 
Landestlieile.  II  Neogene  Abtheilung  mit  3  Tafeln  und  15  Text- 
figuren.  Budapest,  1900. 

Lambe  Laurence  M.,  A  revision  of  the  genera  and  species  of  Ca- 
nadian palaeozoic  Corals,  the  Madreporaria  perforata  and  the  Al- 
cyonaria.  Contributions  to  Canadian  Palaeontology.  Vol.  lY,  part  I. 
Ottawa,  1899. 

Lorenzi  Arrigo,  'l'ermim  dialettali  di  fenomeni  carsici  raccolti  in 
Friuli.  Udine,  1900. 

Me.  Gonnell  R.  G.,  Preliminary  report  on  the  kloudike  gold  fields 

Yukon  district,  Canada.  Ottawa,  1900. 
*Malladra  Alessandro,  Lezioni  di  storia  naturale  per  le  scuole  se- 
condarie. Voi.  1.  Morfologia  e  Fisiologia  vegetale.   L.  F.  Cogliati. 
Milano,  1900. 

MiYAjiMA  M.,  On  a  specimen  of  a  gigantic  Hydroid,  Brauchiocerian 
thus  imperator,  Allman.  found  in  the  Sagami  Sea.  (Reprinted  from 
the  Journ.  Coll.  Sci.  Imp.  Univ.  Tòkyo.  Vol.  XIll,  part  II.  Tokyo, 
1900.) 

Nigolis  Enrico,  Marmi,  pietre  e  terre  coloranti  della  provincia  di 
Verona.  (Materiali  naturali  litoidi  da  costruzione  e  decorazione.) 
Verona,  1900. 

*NiNNi  Emilio,  Sopra  un  caso  di  albinismo  doUa  specie  Mareca  pe- 
nelope^  con  brevi  cenni  sulla  disliibu/.ioue  di  essa  anomalia  negli 
uccelli  del  Veneto.  Siena,  1900. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO,  371 

Ninni  Emilio,  Note  ornitologiche  por  la  provincia  di  Venezia.  (Gral- 

lae  et  Palmipedes.)  Milano,  1990. 
—  Notizen.  Franz  v.  Hauer's  siebzigster  Geburstag,   aus  Band  VII, 
Heft  1"  der  Annalen  des   K.  K.   naturhistorischen   Ilofmuseums. 
Wien,  1892. 
Orff  Karl  v.,  Ueber  die  Hiilfsmittel,   Methoden  iind  Resultate  der 
luteruationalen  Erdmessiing.  —  Festrede  gehalten  in  der  òffentli- 
chen  Sitzimg  der  K.  b.  Akademie  der  Wissenscliaften  zu  Miinchen 
am  15.  November  1899. 
■*Nehring  a.,  Ueber  das  Vorkommen  einer  Blindmaus-Art  in  der  Gy- 
renaica,  uebst  Bemerkuug  iiber  Spalax  aegyptiacus  imd  S'palax 
giganteus  Nhrg.    (Der   zoologische   Garten.)   XLI   Jalirg.   N.    11, 
1900. 
Perez  Gio.  Battista,  La  provincia  di  Verona  ed  i  suoi  vini,  cenni, 
informazioni  ed  analisi.  Verona,  1900. 
*PiNi  Edoardo,  Osservazioni  meteorologiche   eseguite   nell'anno  1899 

col  riassunto  composto  sulle  medesime.  Milano,  1900. 
Publications  of  the  earthquake  investigation  Committee  in  foreign  lan- 
guages. N.  3-4.  Tokyo,  1900. 
*Rendiconto  morale,  sanitario  ed  amministrativo  per  l'anno  1898.  Pio 

Istituto  Oftalmico  di  Milano.  Milano,  1900. 
*Salmojraghi  Francesco,  Esiste  la  Bauxite  in  Calabria?   dai  Rendi- 
conti del  R.  1st.  Lomb.  di  se.  e  lett.  Serie  2.  Voi.   XXXIII.  Mi- 
lano, 1900. 
Sharpe  R.  Bawdler,  A  Hand-List  of  the  genera  and  species  of  birds. 
(Nomenclator  avium  turn  fossilium  tum  viventium.)  Vol.  I-II.  Lon- 
don, 1899-1900. 
Stoppani  Antonio,  Corso  di  geologia.    3^   edizione  con  note  ed  ag- 
giunte per  cura  di  Alessandro  Malladra.    Voi.    I,  fase.  7-11.  Mi- 
lano, 1900. 
*Stossigh  Michele,  Contributo  allo  studio  degli  Elminti  con  2  tavole. 
Trieste,  1900. 


372  BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO. 

*TniEULLEN  A.,  Les  pierres  figures  à  retouches  iutentionnelles  à  l'e- 
poque du  creusement  dcs  vallees.  Paris,  1900. 
TiETZE  Emil  und  Matoscii  Anton,  Bericht   liber   die   Feier  des  50- 

jahrigen   Jnbilaums  dor    K.  K.  geologischeu  Reichsanstalt.   Wieii, 

1900. 
"TiETZE  E.,  Fraoz  y.  Hauer.  Seiu  Lebensgang  und  seine  wissenschaft- 

liche  Thàtigkeit.  Ein  Beitrag  zur   Gescliichte   der  usterreichischen 

Geologie.  Wieu,  1900. 
*WiLDE  Henry,  Correspondence.  In  the  matter  of  the  Society  of  Arts 

and  Henry  Wilde,  D.  Sc,  F.  R.  S.  on  the  award  to  him  of  the 

Albert  medal,  1900,  and  on  the  invention  of  the  dynamo-electric 

machine.  Manchester,  1900. 
ZiTTEL  Karl  A.  Yon,  Ruckblick  auf  die    Grliodung  und  die  Entwi- 

ckelung  der  K.  bayerischeu  Akademie  der  Wissenschaften  im  19. 

Jahrhundert.  —  Rede  in  der  uffeutlichen  Festsitzung  der  Akademie 

am  15.  November  1899. 


Pubblicazioni  periodiche 

DI   SOCIETÀ    ED   ACCADEMIE   SCIENTIFICHE   CORRISPONDENTI. 


Abhandluiigen  der  K.  K.  geologischen  Reichsanstalt.  Die  Fauna  der 
Trogkofelschichten  in  den  Karnischen  Alpeu  und  deu  Kara\Yauken 
von  E.  SchellwiD.  Band  XVI,  lleft  I.  Wien,  1900. 

Abhandiungen  der  inathematisch-physikalischen  Glasse  der  koniglich 
bayerischen  Akademie  der  Wissenschaften.  XX  Bandes,  2  AI)lhei- 
luiig;  XXI  Bandes,  1  Abtheilung.  Mllnchen,  1900. 

Abhandiungen  und  Bericht  XLV  des  Vereins  fiir  Naturkuude  zu  Kas- 
sel  llber  das   04.  Vcreinsjahr  1899-1900.  Kassel,  1900. 


BULLETTIXO    BIBLIOGRAFICO.  373 

Acquicoltura  (L')  Lombarda.  Bollettino  mensile  della  Società  Lombarda 

per  la  pesca  e  l'acquicoltura.   Anno  li,  N.  7-11.  Milano,  1900. 
Ada  Horti  Petropolitani.  Tomus  XVII,  fasciculus  1-2.  St.  Pétersbourg, 

1899. 
Acta  Societatis  pro  fauna  et  flora   fennica.    Voi.    XV,    1898-99;  Vo- 
lume XVII,  1898-1899.  Helsingforsiae. 
Acta    Universitatis    Lundeusis.    Luods    Universitets    àrsskrift,    Lund. 

Tom.   XXXV   (Andra  Afdelningen)   K.  Fysiografiska   Sàllskapets. 

Handlingar,  1899. 
Actas  de  la  Sociedad  espaùola  de  Historia  naturai.  Enero  y  Febrero, 

Marzo,  Abril,  Mayo,  Jnnio,  Septiembre,  Octubre.  Madrid,  1900. 
Actes  de  la  Société  Linnéenne  de    Bordeaux.   Serie    3^   Tom.   IX-X, 

1873-75;  Sèrie  4«.  Tom.  I-X,  1877-188G;   Sèrie   5«.  Tom.  I-X, 

1887-1896;  Serie  6«.  Tom.  I-IV,  1897-1899.  Bordeaux. 
Actes  de  la  Société  scieutifique  du  Chili.  Tome  IX,  1899,  4."-5.®  li- 

vraison;  Tome  X,  1900,  livraison  1.®.  Santiago,  1900. 
Alpi  Giulie.  Rassegna   bimestrale    della    Società   alpina   delle   Giulie. 

Anno  V,  N.  2-3,  5-6.  Trieste,  1900. 
Amico  dei  campi  (L'),  periodico  mensile  di  Agricoltura  ed  Orticoltura 

della  Società  Agraria  in  Trieste,  redatto    da   Ad.   Stossich.  Anno 

XXXVI,  N.  1-11.  Trieste,  1900. 
Anales  de  la  Sociedad  espanola  de  Historia  naturai.  (Serie  lì.)  Tomo  Vili 

(XXVIII),  cuaderno  2.''-3.°.  Madrid,  1899-1900. 
Anales  de  la  Universidad  centrai  de  la  Republica  del  Ecuador.  Serie 

XIII,  N.  92-93.  Quito,  1898. 
Anales  del  Museo  Nacional  de  Montevideo,  Tomo  III,  fascicule  13-16. 

Montevideo,  1900. 
Anuales  de  la   Société   entomologique  de  Belgique.  Tome  XLIII.  Bru- 
xelles, 1899. 
Anuales  de  la  Société  royale  malacologique  de  Belgique.  Tome  XXXI, 

fase.  2,  Aunée  1896,  1899;  Tome  XXXIII,  Anuée  1898,  1899. 

Bulletins  des  Séances  Société  royale  malacologique.  Tome  XXXIV, 

fogli  6,  7,  8.  Bruxelles,  1899. 


òli  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

Annali  della  R.  Accademia  d'Agricoltura  di  Torino,  Voi.  XLII,  1898.  To- 
rino, 1900. 

Anniiaire  du  Musée  zoologique  de  l'Académie  Imperiale  des  sciences 
de  St.  Pétersbourg.  Année  1899,  N.  4;  Année  1900  N.  1-3.  St. 
Pétersbourg,  1900. 

Annual  Report  Missouri  botanical  garden.  11  Reports  for  the  year 
1899.  St.  Louis  Mo.,  1900. 

Annual  Report  of  the  Board  of  Regents  of  the  Smithsonian  Institu- 
tion, showing  the  operations,  expenditures,  and  condition  of  the  In- 
stitution for  the  3^ear  ending  June,  30.  Report  of  the  U.  S.  Na- 
tional Museum.  Part.  1,  1897.  Washington,  1899. 

Annual  Report  of  the  United  States  Geological  Survey  to  the  Secretary 
of  the  Interior,  19"'«  Ann.  Rep.  1897-98.  Part  II,  Papers  chiefly 
of  a  theoretic  nature,  1898;  part  III,  Economic  Geology;  part  V, 
Forest  reserves  with  Atlas;  20"'«  Ann.  Rep.,  1898-99,  part  I, 
Director's  Report;  part  V  e  VI,  Mineral  resources  of  the  U.  S. 
1898.  Washington. 

Aquila,  a  magyar  madàrtan  kozpont  folyóirata.  (Journal  pour  I'Orni- 
thologie,  publié  par  le  Bureau  central  pour  les  observations  orni- 
thologiques.)  VI  Jahrgang,  N.  1-4.  Budapest,  1900. 

Archiv  for  Mathematik  og  Naturvidenskab  udgivet  af  Aniund  Holland, 
G.  0.  Sars  og  S.  Torup.  XX  Bind,  3-4  Hefte,  1897;  XXI,  Bind 
1-3,  1899.  Kristiania, 

Archives  du  Musée  Teyler.  Sèrie  II,  Vol.  VI,  4.«  Partie,  1899;  5.« 
partie.  Haarlem,  1900. 

Archives  des  Vereins  der  Freunde  der  Naturgeschichte  in  Mecklenburg. 
53  Jahrgang,  2  Abtheilung,  1899  ;  54  Jahrgang,  1  Ablheilung. 
Gustrow,  1900. 

Archives  néerlandaises  des  sciences  exactes  et  naturelles,  publiées  par 
la  Société  hollandaise  des  sciences  à  Ilarlern.  Sèrie  II,  Tom.  Ill, 
livr.  3-5;  Sèrie  II,  Tom.  IV,  livr.   1.  La  Ilaye.   1900. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO.  óiO 

Ateneo  Veneto  (L').  Rivista  bimestrale  di  scienze,  lettere  ed  arti. 
Anno  XXII,  Voi.  II,  fase.  3,  1899;  Anno  XXIII,  Voi.  I,  fase.  1-3; 
Voi.  II,  fase.  1-2.  Venezia,  1900. 

Atti  della  Accademia  Olimpica  di  Vicenza.  Voi.  XXX,  1."  e  2°  se- 
mestre 189G,  1997;  Voi.  XXXI,  Annate  1897-98.  Vicenza,  1898. 

Atti  della  R.  Accademia  dei  Fisiocritici  in  Siena.  (Serie  IV.)  Volume 
XI,  anno  accademico  208,  fase.  4-10,  1894-1899;  Voi.  XII,  anno 
accademico  209,  fase.  1-4.  Siena,  1900. 

Atti  della  Reale  Accademia  dei  Lincei.  (Serie  V.)  Rendiconti.  Glasso  di 
scienze  fisiche,  matematiche  e  naturali.  Voi.  IX,  fase.  1-12,  1." 
semestre  1900;  fascic.  1-11,  2."  semestre  1900;  Adunanza  so- 
lenne del  10  giugno  1900.  Roma,  1900. 

Atti  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Torino.  Voi.  XXXV,  di- 
spense 1-15  e  osservazioni  meteorologiche  fatte  nell'anno  1899 
all'Osservatorio  della  R.  Università  di  Torino.  Torino,  1900. 

Atti  della  Reale  Accademia  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di  Palermo. 
(Serie  III.)  Anno  1899.  Voi.  V.  Palermo,  1900. 

Atti  della  Reale  Accademia  economico -agraria  dei  Georgofili  di  Fi- 
renze. (Serie  IV.)  Voi.  XXII,  disp.  3-4,  1S99;  Voi.  XXIII,  dispense 
1-2.  Firenze,  1900. 

Atti  della  I.  R.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  degli  Agiati  in 
Rovereto.  (Serie  III.)  Voi.  V,  fase.  3-4,  Anno  1899;  Voi.  VI,  fa- 
scicolo 1-3.  Rovereto,  1900. 

Atti  della  Società  dei  Naturalisti  e  Matematici  di  Modena.  Serie  IV. 
Voi.  I,  Anno  32,  1889.  ^Modena,  1900. 

Atti  della  Società  ligustica  di  scienze  naturali  e  geografiche.  Voi.  X, 
N.  3-4,  Anno  X,  1899;  Voi.  XI,  N.  1-2,  Anno  XI,  1900.  — 
La  Società  ligustica  di  scienze  naturali  e  geografiche  nel  primo  de- 
cennio della  sua  fondazione  (1889-1899).  Genova,  1900. 

Atti  della  Società  toscana  di  Scienze  naturali,  residente  in  Pisa.  Me- 
morie e  processi  verbali.  Voi.  XI,  adunanza  del  2  luglio  1899, 
processi  verbali;  Voi.  XII,  adunanza  del  19  novembre  1899,  28 


376  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

gennaio,  4  marzo,  G  maggio  e  1.°  luglio  1900;  Voi.  XVII.  Me- 
morie. Pisa,  1900. 

Atti  dell'Ateneo  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Bergamo.  Voi.  XV 
(anni   1898-99).  Bergamo,  1900. 

Atti  del  R.  Istituto  Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Anno  accademico 
1899-900.  Tomo  LIX.  Serie  Vili,  Tomo  II,  disp.  2-10.  Venezia, 
1900. 

Atti  e  rendiconti.  Accademia  Dafnica  di  scienze,  lettere  ed  arti  in  Aci- 
reale. Voi.  VI,  Anno  1898.  Acireale,  1899. 

Beitràge  zur  geologischen  Karte  der  Schweiz,  etc.  N.  F.  IX  Lief.  des 
ganzen  Werkes  39  Lief.  1900.  Monographic  eiuiger  priihistorischer 
Bergstiirze  in  den  Glarneralpen  von  Jakob  Oberholzer.  —  N.  F. 
Lief.  X  des  ganzen  AVerkes  40  Lief.  1900.  Monographic  des  Fla- 
scherberges  von  Th.  Lorenz.  Notice  explicative  de  la  feuille  XI 
(2.»  Ed.)  par  Renevier  K.  et  Schardt  li.  Bern,  1900. 

Bericht  der  naturwissenschaftlichen  Gesellschaft  zu  Chemnitz.  14.  Be- 
richt.  Chemnitz,  1900. 

Bericht  der  Senkonbergischen  nalurforschendeu  Gesellschaft  in  Frank- 
furt a.  M.  Von  Juui  1899  bis  Juni  1900.  Frankfurt  am  Main, 
1900. 

Bericht  (34")  des  naturhistorischen  Vereins  fi'ir  Schwabeu  und  Neu- 
burg  a.  V.  friiher  naturhistorischen  Vereins  in  Augsburg.  Aug- 
sburg, 1900. 

Bericht  i'iber  das  Museum  fiir  Naturkunde  (Zoologische  Sammlung)  zu 
Berlin  im  Rechnuiigsjahr  1899.  Halle  a.  S.,  1900. 

Berichte  der  Naturforschenden  Gesellschaft  zu  Freiburg  i.  Br.  11.'  Band, 
2.^  Heft.  Freiburg  i.  Br.,  1900.       . 

Berichte  des  Naturwissenschaftlich-medizinischen  Vereines  in  Innsbruck. 
XXIII  Jahrg.,  189G-97,  1898;  XXV  Jahrgang,  1899-1900.  Inn- 
sbruck, 1900. 

Berichte  des  naturwissenschaftlichen  Vereines  zu  liegensburg.  VII  Ileft 
fiir  die  Jahre  1898-1899.  Hegensburg,  1900. 


P.ULLETT1N0    BIBLIOGRAFICO.  377 

Bihaug  till  Iv.  Svenska  Veteuskaps-Akademieiis  Handliiigar.  25  Bandet, 
Afdelning  I-IV.  Stockholm,  1900. 

Boletim  do  Museii  Paraense  de  Ilistoria  Natural  e  Ethnograpliia.  Vo- 
lume III,  N.  1.  Para-Brazil,  1900. 

Boletiii  del  Instituto  geologico  de  Mexico.  N.  12,  El  Real  del  MoQte, 
1899.  —  N.  13,  Geologia  de  los  alrededores  de  Orizaba.  Mexico, 
1899. 

Bollettino  dei  Musei  di  Zoologia  ed  Anatomia  comparata  della  R.  Uni- 
versità di  Torino.  Volume  XIV,  N.  354-36G,  1899.  Torino. 

Bollettino  della  R.  Accademia  medica  di  Genova.  Anno  XV,  N.  1-2. 
Genova,  1900. 

Bollettino  della  Società  africana  d'Italia.  Periodico  mensile.  Anno 
XVIII,  fase.  11-12,  1899;  Anno  XIX,  fase.  1-8.  Napoli. 

Bollettino  della  Società  di  Naturalisti  in  Napoli.  (Serie  I.)  A''ol.  XIII, 
Anno  XIII,  1899;  fascicolo  unico.  Napoli,  1900. 

Bollettino  della  Società  zoologica  italiana.  (Serie  11.)  Voi.  I.  Anno  IX, 
fase.  1-2.  Roma,  1900. 

Bollettino  delle  sedute  della  Accademia  Gioeuia  di  scienze  naturali  in 
Catania.  Fase.  61,  novembre  1899;  fase.  62-63,  marzo  1900;  fa- 
scicolo 64,  giugno  1900.  Catania,  1900. 

Bollettino  del  Naturalista,  Collettore,  Allevatore,  CoUivatore,  Acclima- 
tatore.  Anno  XX,  N.  7.  Siena,  1900. 

Bollettino  del  R.  Comitato  geologico  d'Italia.  Anno  1899,  N.  4,  Vo- 
lume XXX,  1899;  Anno  1900,  N.  1-2.  Voi.  XXXI;  3."  Supple- 
mento 1898-99.  Roma,  1900. 

Bollettino  statìstico  mensile  della  Città  di  Milano.  Anno  XVI,  N.  1-11. 
Milano,  1900.    . 

Bulletin  California  State  Miniiig  Bureau  Sacramento.  N.  16.  The  ge- 
nesis of  Petroleum  and  Asphaltum  in  California  by  A.  S.  Cooper. 
—  N.  17.  ShoAving  by  Counties  the  mineral  productions  of  Ca- 
lifornia for  the  year  1899  compiled  by  Charles  G.  Yale.  Sacra- 
mento, 1899. 


378  BULLETTINO    Bllil.IOGRAFICO. 

Bulletin  de  la  Société  belge  de  Geologie  et  Paleontologie  et  d'Hydro- 
logie.  XII  Année,  Tome  XII,  fase.  2,  1898;  XIII  Aunóe,  Tome 
XIII,  fase.  1,  1899;  XIV  Année,  Tome  XIV,  fase.  1.  Bruxelles, 
1900. 

Bulletin  de  la  Société  géologique  de  France.  (Ill  Sèrie.)  Tome  XXVI, 
N.  7,  1898;  Tome  XXVII,  N.  2-5.  Paris,   1899. 

Bulletin  de  la  Société  libre  d'émulation,  du  commerce  et  de  l'industrie 
de  la  Seine  iuférieure.  Exercice  1898-99.  Table  generale  du  Bul- 
letin publié  par  la  Société  de  1797  à  1899.  Rouen. 

Bulletin  de  la  Société  nationale  d'acclimata tion  de  France.  Année  XLVI, 
aoùt-septembre-octobre,  1899;  Année  XL  VII,  janvier-février-mars- 
avril-juin.  Paris,  1900. 

Bulletin  de  la  Société  royale  de  botanique  de  Belgique.  Tome  XXXVIIl, 
1899  Bruxelles. 

Bulletin  de  la  Société  vaudoise  des  sciences  naturelles.  Voi.  XXXV, 
N.  134,  1899;  Voi.  XXXVI,  X.  135-137.  Lausanne,  1900. 

Bulletin  de  ITnstitut  national  génevois.  Tome  XXXV.   Genève,  1900. 

Bulletin  du  Museum  d'Histoire  naturelle.  Année  1899,  N.  3-8;  Année 
1900,  N.  1.  Paris,  1900. 

Bulletin  international  de  l'Académie  des  sciences  de  Gracovie.  Gomptes 
rendus  des  séances  de  l'annéo  1899-900,  N.  10,  décembre,  1899; 
N.  1-8,  1900.  Gracovie,  1900. 

Bulletin  mensuel.  —  Société  Liunéenne  du  Nord  de  la  France.  XXVI 
Année,  Tome  XIII,  N.  293-302,  1897  ;  XXVII  Année,  Tome  XIV, 
N.  303-322,  1898-1899.  Araiens. 

Bulletin  of  the  Buffalo  Society  of  Natural  Sciences.  Vol.  VI,  N.  2-4, 
1899.  Buffalo  N.  Y. 

Bulletin  of  the  Geological  Institution  of  the  University  of  Upsala.  Vo- 
lume IV,  part  2,  N.  8,  1899.  Upsala,  1900. 

Bulletin  of  the  Geological  Society  of  America.  Vol.  X,  1899.  Rochester. 

Bulletin  of  the  Lloyd  Library  of  Botany,  Pharmacy  and  .Materia  :\Ic- 
dica.  J.  U.  ex  G.  G.  Lloyd.  Bull.  N.  1.  Ginciniiati,  Ohio,  1900. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO.  379 

Bulletin  of  the  United  States  Department  of  Agriculture  Division  of 
Biological  Survey.  N.  13.  Washington,  1900. 

Bulletin  of  the  United  States  Geological  Survey.  N.  150-162,  1898- 
1899.  Washington. 

Bulletin  trimestriel  de  la  Société  d'Histoire  Naturelle  de  Toulouse. 
XXVIII  Année,  avril  septembre,  1894;  XXIX  Année,  1895;  XXX 
Année,  1896;  XXXI  Année,  1897;  XXXII  Tome,  1898-1899, 
fase.  1-2.  Toulouse,  1899. 

Bulletin  of  the  Wisconsin  geological  and  natural  History  Survey.  Bul- 
letin N.  4,  Economic  Series,  N.  2.  On  the  building  and  ornamen- 
tal stones  of  Wisconsin  by  Ernest  Robertson  Buckley.  Madison 
Wis.  1898. 

Bullettino  della  Associazione  Agraria  Friulana.  (Serie  IV.)  Vol.  XVII, 
N.  1-16.  Udine,  1900. 

Bullettino  della  Reale  Accademia  di  scienze,  lettere  e  belle  arti  di 
Palermo.  Anni  1894-1898.  Palermo,  1899. 

Bullettino  della  Reale  Accademia  medica  di  Roma.  Anno  XXVI,  fasci- 
colo 1-6.  Roma,  1900. 

Bullettino  della  Società  botanica  italiana.  N.  7-10,  1899;  N.  1-6. 
Firenze,  1900. 

Bullettino  della  Società  entomologica  italiana.  Anno  XXXII,  trimestre 
1-3.  Firenze,  1900. 

Bullettino  di  Paletnologia  italiana.  (Serie  lì.)  Tomo  III-X,  Anno  XIII- 
XX,  1887-1894;  (Serie  III.)  Tomo  I-III,  Anno  XXI-XXIII,  1895- 
1897;  Tome  V,  Anno  XXV,  1899,  N.  10-12;  Tomo  VI,  Anno 
XXVI,  N.  1-12.  Parma,  1900. 

Bulletins  de  la  Société  d'Anthropologie  de  Paris.  (IV  Sèrie.)  Tome 
IX,  fase.  6,  1898  ;  Tome  X,  fase.  1-5,  1899.  Paris. 

Bulletins  du  Comité  Géologique  de  St.  Pétersbourg.  Tom.  XVII,  N.  6- 
10,  1898;  Tome  XVIII,  N.  1-2.  St.  Pétersbourg,  1899. 

Carte  géologique  de  la  Suisse.  N.  1.  Notice  explicative  de  la  feuille 
XVI  (2^«  Ed.)  au  1.100,000  par  E.  Reuevier  et  H.  Schardt.  Blatt. 
XVI  avec  text.  Berne. 


380  BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO. 

Gommeutari  dell'Ateneo  di  Brescia  per   l'anno  1899.  Brescia. 
Comunicaciones  del  Museo  Nacioual  de  Buenos  Aires.  Tonio  I,  X.  5-7, 

1899-1900.  Buenos  Aires. 
Dati  statistici  a  corredo  del  resoconto   dell'  amministrazione  comunale 

1899.  Municipio  di  Milano,  1900. 
Economie  Proceedings  (the)  of  ihc  Royal  Dublin  Society.  Vol.  I,  Part 

I.  Dublin,  1899. 
Foldtani  Kozluuy  (Geologische  Mittheilungen).   Zeitsclirift    der  Ungari- 

schen  Geologischen  Gesellscliaft   zugleich  amtliches   Organ  der  K. 

Uug.  geologischen  Aastalt.  XXIX  Kotet,  1,  5-12  Fiizet,  1899;  XXX 

Kotet,  1-7  Fiizet.  Budapest,  1900. 
Forhandliuger  i  Videnskabs-Selskabet  i  Christiauia.  Aar  1899,  N.  2, 

3,  4.  Oversigt  over  Videnskabs-Selskabets  M0der   i   1899.    Chri- 
stiauia,  1900. 
General  report  on  the  work  carried  on  by    the   Geological  Survey  of 

India  for  the  period  from  1st  aprii  1899  to  the  3'"*  march  1900. 

Calcutta,  1900. 
Giornale  della  Reale  Commissione   di  agricoltura   e   pastorizia  per  la 

Sicilia  e  per  la  scuola  d'orticoltura,   pomologia  e  botanica.  Anno 

XLII,  fase.  5-0.  Palermo,  1900. 
Giornale  della  Reale  Società  italiana  d'igiene.  Anno   XXll,   N.  1-11. 

Milano,  1900. 
•Jahrbuch  der  K.  K.  Geologischen  Roichsanstalt.  Jahrg.  1899-900,  XLIX 

Bd.,  3-4  Heft.;  L  Bd.,  1  TIeft.  Wien,  1900. 
Jahrbuch  der  Koniglich   Preussischen  geologischen   Landesanstalt  uiid 

Bergakademie  zu  Berliu.  Fiir  das  Jahr  1896,  XVII  Band,  1897; 

fiir  das  Jahr  1897,  XVIII  Band,  1898;  fiir  das  Jahr  1898,  XIX 

Band,  1899.  Berlin. 
Jahrbiicher    des    Nassauischen    Vereins   fiir  Naturkundo.  Jahrg.  LUI. 

Wiesbaden,  1900. 
Jahresbericht  der  Naturforschonden   Gesellschaft  Graubiindeus.   (Neue 

Folge.)  XLIII  Bd.,  Vereinsjalir  1899-00O.  Chur,  1900. 


liULLETTINO    DIBLIOGRAFICO.  381 

Jahresbericht  der  Schlesischea  Gesellschaft  fur  vaterlandische  Gultur. 
N.  7G-77.  Jahresbericht  enthalt  den  Generalbericht  iiber  die  Ar- 
beiten  und  Veriinderungen  der  Gesellschaft  von  Jahre  1898-1899. 
Erganzuugshefr.  zum  77.  Jahresbericht  etc.  Heft  7.  Breslau,  1900. 

Jahresbericht  (LVIII)  des  Museum  Francisco-Garolinum.  Nebst  der  52. 
Lieferung  der  Beitràge  zur  Landeskunde  von  Oesterreich  ol)  der 
Enns.  Linz,  1900. 

Jenaische  Zeitschrift  fiir  Naturwisseuschaft.  XXXIII  Bd.,  3-4  Heft; 
XXXIV  Bd.,  1-4  Heft.  Jena,  1900. 

Journal  and  Proceedings  of  the  Royal  Society  of  New  South  Wales. 
Vol.  XXXm,  for  1899.  Sydney,  1900. 

Journal  (the)  of  the  College  of  science,  Imp.  University  of  Tokyo.  Vo- 
lume XI,  part.  4,  1899;  Vol.  XH,  part.  4;  Vol.  XIII,  part.  1-2. 
Tokyo,  Japan,  1900. 

Iowa  Geological  Survey.  Des  Moines.  Annual  report,  1898,  with  ac- 
companyng  papers.  Vol.  IX.  1899. 

Kongliga  Svenska  Vetenskaps-Akademiens  Handlingar.  (Ny  Foljd.) 
Tretiondeandra  (32)  Bandet,  1899-900.  Stockholm. 

Maryland  weather  service.  Vol,  one.  Baltimore,  1899. 

Mémoires  de  la  Sociétó  des  sciences  physiques  et  naturelles  de  Bor- 
deaux. (V  Sèrie.)  Tome  III,  2.«  cahier  1899;  Tome  V,  1.'"  Cahier 
avec  un  appendice,  1899;  Procès  verbaux  des  séances  de  la  So- 
ciété  etc.  Anuée  1898-1899.  Paris,  1899. 

Mémoires  de  la  Société  entomologique  de  Belgique.  I.  Buprestides  de 
Sumatra.  II.  Buprestides  Indo-Malais.  Troisième  partie  par  Ch.  Kerr- 
mans;  III.  Indian  Phytophaga  by  Martin  Jacoby;  IV.  Melolonthiden. 
E.  Brenske.  Bruxelles. 

Mémoires  du  Comité  géologique  de  St.  Pétersboiirg.  Voi.  Vili,  N.  4  ; 
Voi.  XII,  N.  3.  St.  Pétersbourg. 

Memoirs  and  Proceedings  of  the  Manchester  literary  and  philosophi- 
cal Society.  Vol.  XLIII,  pt.  5,  1898-99;  Vol.  XLIV,  pt.  1-5,  1899- 
1900.  Manchester,  1900. 

Vol.  XX XIX.  25 


382  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

Memoirs  of  the  Geological  Survey  of  India.  Vol.  XXVIII,  part.  1,  1898  ; 
Vol,  XXIX,  1899;  Vol.  XXX,  part  1.  Calcutta,  1900. 

Memoirs  of  the  Geological  Survey  of  India.  Palaeontologia  Indica.  Se- 
ries XV.  Himalayan  fossils.  Vol.  I,  part  2,  Anthracolithic  fossils 
of  Kashmir  and  Spiti  by  Carl  Diener.  1899.  —  Himalayan,  etc. 
Vol.  ir,  title  page,  contens  and  appendix,  1897.  —  Vol.  Ill,  part  1, 
Upper  triassic  cephalopoda  faune  of  the  Himalaya  by  Edmund  Mo- 
jsisovics.  (New  Series.)  Vol.  I.  1.  The  Cambrian  fauna  of  the 
eastern  Salt-Range  by  K.  Redlich,  1899;  2.  Notes  on  the  mor- 
phology of  the  Palecypoda  by  Fritz  Noetling,  1899.  Calcutta. 

Memoirs  of  the  Royal  Society  of  South- Australia.  Vol.  I,  part  1.  De- 
scription of  the  manuel  and  pes  of  Diprotodon  australis,  Owen; 
Part  2,  1.°  Genyornis  Newtoui,  a  new  genus  and  species  of  fos- 
sil struthious  bird  by  Stirling  and  Zietz,  —  2.°  The  physical  fea- 
tures of  Lake  Callabouna  by  Stirling  E.  C.  Adelaide. 

Memorie  della  Accademia  di  Verona,  agricoltura,  scienze,  lettere,  arti 
e  commercio.  Voi.  LXXIV,  fase.  3,  1899;  Voi.  LXXV,  fase.  1-2. 
Verona,  1900. 

Memorie  della  R.  Accademia  delle  scienze  dell'Istituto  di  Bologna.  Se- 
rie V.  Tomo  Vili,  fase.  1-2.  Bologna,  1900. 

Memorie  del  R.  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  Classe  di  scienze 
matematiche  e  naturali.  A^ol.  XVIII,  IX  della  Serie  III,  fase.  9-10; 
Voi.  XIX,  X  della  Serie  111,  fase.  1-3.  Milano,  1900. 

Mittheilungen  aus  dem  Jahrbuche  der  K.  Uugarischen  geologischen  Au- 
stalt.  Xn  Band,  1-2  Heft,  1900;  Xlll  Band,  2-3  Heft,  1899- 
1900.  Orca  semseyi,  eine  neue  Orca-Art,  aus  dem  unteren  mio- 
caen  von  Salgo-Tarjau.  —  General- Register  der  Jahrgange  1882- 
1891  des  Jahresberichtes  der  Kgi.  ungarischen  geologischen  An- 
stalt  zusammengestellt  von  Dr.  Moriz  v.  Palfy.  —  Bockh  Johann, 
Die  Koniglich  ungarische  geologische  Anstalt.  Im  Auftrage  des  ko- 
niglich  uugarischen  Ackerbauministers.  Ignaz  Daninvi.  Budapest, 
1900. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO.  383 

Mittheilimgen  aiis  cler  zoologischen  Saminlung  des  Museums  fiir  Na- 
turkiinde  in  Berlin.  B^nd  I,  Heft  4.  Berlin,  1900. 

Mittheilungen  der  Anthropologisclien  Gesellscliaft  in  Wien.  XXIX  Bd., 
(der  neuen  Folge  XIX  Band),  6  Heft.,  1899;  XXX  Baud  (der 
neuen  Folge  XX  Band)  1-5  Heft.  Wien,  1900. 

Mittheilungen  des  Vereines  der  Aerzte  in  Steiermark.  XXXVI  Jahrg. 
Graz,  1899. 

Monographs  of  the  United  States  Geological  Survey.  Vol.  XXIX,  Geo- 
logy of  Old  Hampshire  and  Hampden  counties  with  Plates  XXXIV, 
XXXV,  Sheet  A,  B,  C,  D,  by  Emerson  Benjamin  Kendall,  1898. 
—  Vol.  XXXI.  Geology  of  the  Aspen  Mining  District,  Colorado, 
with  Atlas  by  Spurr  Josiah  Edward,  1898.  —  Vol.  XXXV.  The 
later  extinct  Floras  of  North  America  by  Newberry  John  Strong. 
A  posthumous  work  edited    by   Hollick   Arthur,    1898.   —  Vo- 

,  lume  XXXII,  part  II.  Geology  of  the  Yellowstone  National  Park, 
descriptive  geology,  petrography  and  paleontology.  —  Vol.  XXXIII. 
Geology  of  the  Narragansett  Basin  by  Shaler,  Woodworth  and  Foer- 
ste.  —  Vol.  XXXIV.  The  glacial  gravels  of  Maine  and  their  as- 
sociated deposits  by  Stone  George  H.  —  Vol.  XXXV.  The  crystal 
falls  iron  bearing  district  of  Michigan.  —  Vol.  XXXVI.  Fossil  flora 
of  the  Lower  coal  measures  of  Missouri  by  White  David.  —  Vo- 
lume XXXVIII.  The  Illinois  glacial  Lobe  by  Frank  Leverett.  Wa- 
shington. 

Naturae  Novitates.  Bibliographie  iieuer  Erscheinungen  aller  Lander  auf 
dem  Gebiete  der  Naturgeschichte  und  der  exacten  Wissenschaften. 
XXII  Jahrgang,  N.  1-23.  Bernburg,  1900. 

Neue  Deukschriften  der  allgemeinen  schweizerischen  Gesellschaft  fiir 
die  gesammten  Naturwissenschaften.  Band  XXXIII,  Abth.  11,  1898  ; 
Band  XXXVI,  Abth.  I-H,  1899-900;  Band  XXXVII,  1900.  Zu- 
rich. 

North  American  Fauna.  U.  S.  Department  of  Agricultura  Division  of 
Biological  Survey.  N.   18-19.  Washington. 


384  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

Notizblatt  des  Vereins  fiir  Ei'dkiiiide  und  der  grossherzogl.  geologi- 
schen  Landesanstalt  zii  Darmstadt.  (IV  Folge.)  20  Heft.  Darmstadt, 
1899. 

Nouvelles  Archives  dii  Museum  d'histoire  naturelle.  (IV  Si'rie.)  Tome 
I,  fase.  1,  2.  Paris,  1899. 

Nouveaux  mémoires  de  la  Société  Imperiale  des  naturalistes  de  Mo- 
scou.  Tome  XV,  livraison  N.  7,  1898;  Tome  XVI,  livraison  1-2, 
1899.  Moscoii. 

Nuova  Notarisia  (La).  Rassegna  consacrata  alio  studio  delle  Alghe. 
Serie  XI,  april.e,  luglio,  ottobre.  Padova,  1990. 

Nuove  relazioni  intorno  ai  lavori  della  R.  Stazione  di  entomologie 
agraria  di  Firenze  per  cura  della  Direzione.  Serie  I,  N.  2.  Fi- 
renze, 1900. 

Nuovo  Giornale  botanicoe  italiano.  (Nuova  Serie  ;  Memorie  della  Società 
botanica  italiana.)  Voi.  VI,  N.  4,  1899;  Voi.  VII,  N.  1-4,  1900. 
Firenze. 

Occasionai  Papers  of  the  California  Academy  of  Sciences.  New  Mallo- 
phaga.  III,  comprising  Mallophaga  from  birds  of  Panama,  Baja  Ca- 
lifornia and  Alaska  by  Vornon  L.  Kellogg.  —  Mallophaga  from 
birds  of  California  by  Vernon  L.  Kellogg  and  Bertha  Chapman.  — 
The  anatomy  of  the  Mallophaga  Ijy  Robert  E.  Snodgrass.  VI.  San 
Francisco,  1899. 

Oefversigt  af  Kongl.  Vetenskaps  Akademiens  Forhandllugar,  ar  1899. 
Femtiondesjette  (56)  Aergiingen.  Stockholm,  1900. 

Palaeontographical  Society.  Vol.  Lfll.  Loudon,  1899. 

Philosophical  Transactions  of  the  Royal  Society  of  London,  iii-4.  Se- 
ries B,  vol.  CXGI  for  the  year  1899;  series  A,  B,  Vol.  CXCII  for 
the  year  1899-900;  series  A,  Vol.  CXCHI;  series  A,  Vol.  GXCIV 
for  the  year  1900;  Listo  of  the  Members,  1899.  London. 

Piceutino  (II),  giornale  della  Real  Società  economica  ed  organo  del 
Comizio  agrario  di  Salerno.  Anno  XLII,  fase.  1-4,  11-12.  Salerno, 
1900. 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO.  385 

Precis  analytique  des  travaux  do  l'Académie  des  sciences,  belles-lettres 
et  arts  de  Rouen,  pendant  l'année  1897-98,  1899;  pendant  I'an- 
née  1896-97,  complement  etc.,  1898.  Rouen. 

Proceedings  and  Transactions  (the)  of  tlie  Nova  Scotian  Institute  of 
Science.  Session  1898-99.  Vol.  X,  part  1.  Halifax,  Nova  Scotia, 
1899. 

Proceedings  of  the  Academy  of  Natural  Sciences  of  Philadelphia. 
1899,  part.  2-3,  april-september.  Philadelphia. 

Proceedings  of  the  American  Academy  of  Arts  and  Sciences.  A^olume 
Vol.  XXXV,  N.  1-19,  1899.  Boston  (Mass.). 

Proceedings  of  the  American  Philosophical  Society.  Volume  XXXVIII, 
N.  159-160,  1899.  Philadelphia. 

Proceedings  of  the  Boston  Society  of  Natural  History.  Volume  XXIX, 
N.  1-8.  Boston,  1899. 

Proceedings  of  the  California  Academy  of  Sciences.  (Ill  Series.)  Zoo- 
logy. Vol.  I,  N.  11-12;  Botany.  Vol.  I,  N.  6-9;  Geology.  Vol.  I, 
N.  5-6,  1898-1899.  San  Francisco. 

Proceedings  of  the  Canadian  Institute.  (Noav  Series.)  A^ol.  II,  part.  3, 
N.  9.  Toronto,  1899. 

Proceedings  of  the  Davenport  Academy  Natural  Sciences.  Volume  VII, 
1897-99.  Davenport,  Jowa,  1900. 

Proceedings  of  the  general  Meetings  for  scientific  business  of  the  Zoo- 
logical Society  of  Loudon.  Proceedings  for  the  year  1899,  pt.  4 
Proceedings  for  the  year  1900,  pt.  1-3.  A  list  of  the  Fellows  and 
honorary,  foreign  and  corresponding  Members  and  Medallist  of  the 
Zoological  Society  of  London,  corrected  to  may  31''.  London,  1900. 

Proceedings  of  the  Royal  Irish  Academy.  (Third  Series.)  Volume  V, 
N.  4-5;  Vol.  VI,  N.  1.  Dublin,  1900. 

Proceedings  of  the  Royal  physical  Society.  Vol.  XIV,  session  CXXVIII, 
part  2,  1898-1899.  Edinburgh,  1900. 

Proceedings  of  the  Royal  Society.  Vol.  LXV,  N.  422-423  ;  Vol.  LXVI, 
N.  424-434;  Vol.  LXVII,  N.    435-438;    Reports   lo   the  malaria 


386  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO. 

committee  1899-900;  id.  1900;  id.  third  series,  1900.  London, 

1900. 
Proceedings  of  the  United  States  National  Museum.  Vol.  XXI,  1899. 

Washington. 
Records  of  the  Australian  Museum.  Vol.  Ill,  N.  7.  Sydney,  1900. 
Rendiconti  del  Reale  Istituto  lombardo  di  scienze  e  lettere.  (Serie  II.) 

Voi.  XXXII,  fase.  19-20;  Voi.  XXXIII,  fase.  1-19.  Milano,  1900. 
Rendiconti  dell'  Accademia  delle  Scienze  fìsiche  e  matematiche.  (Sezione 

della  Società  reale  di  Napoli.)  (Serie  III.)  Voi.  V,  anno  XXXVIIl, 

fase.  8-12,  1899;    Volume  VI,  Anno  XXXIX,   fase.    1-7.  Napoli, 

1900. 
Rendiconto  delle  Sessioni  della  R.  Accademia  delle  Scienze  dell'Istituto 

di  Bologna.  Nuova  Serie.  Voi.  IV,  fase.  1-2,  1899-1900.  Bologna, 

1900. 
Revista  do  Museo  Nacional  do  Rio    de  Janeiro.   (Seguimento  aos  Ar- 
chives do  Museu  Nacional.)  Voi.  I  (IX).  Archives  1896;  Vol.  (X). 

Archives  1899.  Rio  de  Janeiro. 
Revue  Savoisienne,  publication  périodique  de  la  Société  Florimontane 

d'Annecy.  XL  année,  2."-^."  trim.,  1899;  XLI   année,    l.«   trim. 

Annecy,  1900. 
Rivista  di  fisica,  matematica  e  scienze  naturali.  Anno  I,  X.  I.  Pavia, 

1900. 
Rivista  italiana  di  Scienze   naturali.   Anno  XX,  N.    1-1,  7-10.  Siena, 

1900. 
Rivista  ligure  di  scienze,  lettere  ed  arti.  Organo  della  Società  di  1(U- 

ture  e  conversazioni  scientifiche.  Anno   XXII,  fase.    1-5.   Genova, 

1900. 
Schriften  der  Naturforschendeii  Gesellschaft   in  Danzig.  (Xeue  Folge.) 

X  Bd.,  1.0  Heft.  Danzig,  1899. 
Schriften  der  physikalisch-okonomischen  Gesellschaft  zu  Kunigsberg  in 

Preussen.  XL  Jahrg,  Kònigsberg,  1899. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO.  387 

Schriften  des  Vereines  ziir  Verbreitung  natiirwissenschaftliclier  Kenut- 

iiisse  in  AVieu.  Band  II,  Jahrgang    1861-62,    1863;   Band   VII, 

1866-67,  1868;  Band  XIII,  1872-73,  1873;  Band  XL,  Jahrgang 

1899-1900.  Wien,  1900. 
Scientific   Proceedings  (Tlie)   of  the   royal  Dublin    Society.    Vol.  IX, 

N.  S.,  pt.  1.  Index  to  the  scientific  Proceedings  and  Transactions, 

of  the  Dublin  Society  from  1877  to  1898  inclusive;  Proceedings; 

Vol.  I-VIII.  Transactions,  Vol.  I-VI.  Dublin,  1899. 
Scientific  Transactions  (The)  of  the  royal  Dublin  Society.   (Series  II.) 

Vol.  VII,  pt.  2-7.  Dublin,  1898-1900. 
Sitzungsberichte  der  mathematisch-physikalischen  Glasse  der  K.  b.  Aka- 

demie  der  Wisseuschaften  zu  Miinchen.  Heft.  3,  1899  ;  Heft.  1,  2, 

1900.  Miinchen,  1900. 
Sitzungsberichte    der    physikalisch-medic.    Gesellschaft  zu  Wiirzburg. 

Jahrgang  1899,  N.  6-7;  Jahrgang  1900,  N.  1.  Wiirzburg,  1900. 
Sitzungsberichte  der  physikalisch-medizinischen   Societat  in  Erlangen. 

31  Heft,  1899.  Erlangen,  1900. 
Sitzungsberichte  und  Abhandluugen  der  naturwissenschaftlichen  Gesell- 
schaft Isis,  in  Dresden.  Jahrg.  1899,  Januar  bis  December  1899- 

1900;  Jahrgang  1900,  Juni.  Dresden,  1900. 
Természetrajzi  Fiizetek.  Zeitschrift  fiir  Zoologie,  Botanik,  Mineralogie 

und  Geologie.  Vol.  XXIII,  pt.  1-6,  1900.  Budapest,  1900. 
Tokyo  (The)  Imperial  University  Calendar  2559-60  (1899-1900),  1900. 
Transactions  of  the  Canadian  Institute.  Vol.  VI,  part.  1,  2,  N.  11-12, 

1849-1899.  Toronto,  1899. 
Transactions  of  the  Kansas  Academy  of  Science.  Thirtieth   and  Thir- 

tyfirst  Annual   Meetings  (1897-1898).   Vol.  XVI,    1899.   Topeka 

Kansas. 
Transactions  of  the  Royal  Society  of  South  Australia.  Vol.  XXllI,  pt.  1, 

2,  1899;  Vol.  XXIV,  part.  1.  Adelaide,  1900. 
Transactions  of  the  Wisconsin  Academy  of  Sciences,  Arts  and  letters. 

Vol.  XII,  part  1,  1898.  Madison,  Wise. 


388  BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO. 

Travaux  de  la  Société  Imperiale  des  Naturalistes  de  St.  Pétersbourg. 
Comptes  Reiidus  des  séances.  Voi.  XXX,  Livr,  1,  N.  5-8;  Vo- 
lume XXXI,  Livr.  1,  N.  1-3.  St.  Pétersbourg,  1900. 

Trideiitiim,  Rivista  mensile  di  Studi  scientifici.  Annata  II,  fase.  8-9, 
novembre-dicembre,  1899;  Annata  III,  fase.  1-8.  Trento,  1900. 

Universale  (L'),  organo  filosofico  della  dimostrazione  dell'Ente,  princi- 
pio creativo  ed  ordinatore  del  Mondo,  criterio  assoluto  ed  univer- 
sale. Anno  II,  N.  1-2  e  Supplemento  al  K  12.    Acireale,  1900. 

U.  S.  Department  of  Agriculture  Division  of  Biological  Survey.  Bul- 
letin N.  12.  Legislation  for  the  protection  of  birds  other  than  game 
birds  by  T.  S.  Palmer.  —  North  American  Fauna  N.  17.  Revi- 
sion of  American  Voles  of  the  genus  Microtus  by  A''ernon  Bailey. 
Washington,  1900. 

Verhaudlungen  der  K.  K.  geologischen  Rcichsanslalt.  N.  11-18.  Jahrg. 
1899;  N.  1-12,  Jahrg.  1900.  Wien,  1900. 

Verhandlungen  der  K.  K.  zoologisch-botanischen  Gesellschaft  in  Wien, 
herausgegeben  von  der  Gesellschaft,  redigirt  von  Dr.  Carl  Fritsch. 
XLIX  Band,  Jahrg.  1899.  Wien. 

Verhandlungen  der  naturforschenden  Gesellschaft  in  Basel.  Band  XII, 
Heft  2,  3.  —  Der  Basler  Chemiker  Christ.  Friedr,  Schonbein 
Hundert  Jahre  nach  seiner  Geburt  gefeiert  von  der  Universitat  uud 
der  Naturforschenden  Gesellschaft.  Anhang  zum  zwolften  Bando  der 
Verhaudlungen  etc.  Basel,  1900. 

Verhandlungen  der  physik.-medic.  Gesellschaft  zu  Wiirzburg.  (Neue 
Folge.)  XXXin  Bd.,  N.  2-4,  1899-1900  ;  XXXIV  Bd.,  N.  1.  Wiirz- 
burg, 1900. 

A^erhandluugen  des  botanischen  Vereins  der  Provinz  Brandenburg. 
XLI  Jahrg.,  1899.  Berlin,  1900. 

Verhaudlungen  des  Vereines  fiir  Natur-  und  Hoilkunde  zu  Pressburg. 
(Neue  Folge.)  XI  der  ganzen  Reihe,  XX  Band,  Jahrgaug  1899. 
Pressburg,  1900. 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO.  389 

Verhaudlungen  unci  Mittheilungen  des   Siebenbiirgischeu    Vereins  fur 

Naturwissenscliafteu  zu   Hermaniistadt.   XLIX  Band,  Jalirg,  1899. 

Hermannstadt,  1900. 
Vierteljalirssclirift  der  Naturforscheuden  Gesellschaft  in   Zurich.  XLIV 

Baud,  Jahrg.  1899,  Heft.  3-4;  XLV  Band,  Jahrg.  1900,  1  Heft. 

Zurich,  1900. 
Zeitschrift  der  deutschen  geologischen  Gesellschaft.  LI  Baud,  3-4  Heft., 

1899;  m  Band,  1-2  Heft.  Berlin,  1900. 
Zoologischer  Anzeiger,    herausgegeben    vou    Prof.  J.  Victor  Carus,  in 

Leipzig  zugleich  Organ   der   deutschen   Zoologischen  Gesellschaft. 

XXIII  Band,  N.  605-632.  Leipzig,  1900. 


INDICE 


Direzione  pel  1900 Pag.      3 

Socj  effettivi  per  l'anuo  1900 «         4 

Istituti  scientifici  corrispondenti  al  principio  dell'anno  1900     »         9 
A.  NoELLi,    Contribuzione  allo  studio  dei  Crinoidi  ter- 
ziari del  Piemonte.  (Con  una  tavola.) «       19 

G.  DAL  PiAZ,  Sulla  ìauna  fossile  della  grotta  di  S.  Dona 

di  Lamon.  (Con  una  tavola.) «       51 

C.  AiRAGHi,  Ecìiinidi 'post'pliocenici  di  Monteleone  Calabro     n       65 

Seduta  del  17  dicembre  1899 ^       75 

Seduta  del  28  gennaio  1900 «       76 

Seduta  del  18  marzo  1900 «       78 

I.  Ghelussi,  Sulla  comjposizione  mineralogica  delle  sabbie 

del  fiume  Serio v,       81 

F.  MoLiNARi,  Acqua  della  Fontana  della   Regina  j^^csso 

l'albergo  Panorama ^  sopra  Stresa ^i       85 

Z.  Leardi-Airaghi,  1  metodi  grafici  nello  studio  della  di- 
stribuzione degli  animali.  (Con  due  tavole.)     .     .     .     ■•       93 
T.  ViGNOLi,  Cenno  commemorativo  del  compianto  ed  il- 
lustre Alfonso  Milne- Edwards «     107 

G.  BoERis,  Sopra  una  rimarchevole  somiglianza  di  forma 

cristallina  tra  composti  organici «     111 

A.  Fiorentini  ed  E.  Garino,  Un  caso  di  ecìiinococco  mul- 

tiloculare.  (Con  una  tavola.)        -n     125 


392  INDICE. 

A.  NoELLi,  Coìitribudoìie  allo  studio  del  dimorfismo  del 

Raiiunculus  ficaria,  L Pag.  131 

A.  NoELLi,  Sul  Peucedaaum  augusti  folium  Rchb.  fil.  1867    ■»     137 

E.  Ninni,  Nòte  ornitologiche  'per  la  proviìicia  di  Venezia 

(Grallae  et  Palmipedes) ^     155 

Seduta  del  20  maggio  1900 «     171 

G.  De  Alessandri,  Appunti  di  geologia  e  di  paleontolo- 
gia sui  dintorni  di  Acqui.  (Con  una  tavola.)      .     .     -     173 
G.  M.\RTORELLi,   Nota  ornitologica  sopra  /'Ardeola   idao 
(Hartlaub.)  e  cenno  sul  dicroismo  di  varii  Ardeidi. 
(Gou  una  tavola.) n     349 

F.  SoRDELLi,  1  Buoi  muschiati  del  Museo  di  Milano.  (Con 

una  tavola.) »  357 

Seduta  del  17  giugno  1900 ^^  365 

Seduta  del  25  novembre  1900 «  367 

Bullettiiio  bibliografico ;•  369 


ATTI 


DELLA 


SOCIETÀ  ITALIANA 

DI  SCIENZE  NATURALI 


E   DEL 


MUSEO  CIVICO 

DI  STORIA  NATURALE 

IN  MILANO 


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YOLUME  XXXIX. 

Fascicolo  1.°  —  Fogli  1-5. 


(Con  due  tavole) 


MILANO 


TIP.    BEKNAEDONI  DI  C.   REBESCHINI  E   C. 
Via  Rovello,  14. 


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|^f  Giugno  1900. 


Direzione  pel  1900. 

Presidente,  Senatore  Edoardo  Porro,   Via  Francesco  Sforza,  31. 

Vice- Presidente,  Prof.  iog.  Francesco  Salmojraghi,  Piazza  Castello,  17. 

\    Prof.  Giacinto  Martohelli,  Museo  Civico. 
Ssoy£t(Zì*'i 

i    Prof.  Ferdinando  Bordelli,  Museo  Civico. 


Vice-Segretarj 


1    Dott.  Carlo  Airaghi,  Museo  Civico. 

[   Dott.  Giulio  De  Alessandri,  ^iseo  Civico. 
Conservatore,  Prof.  Pompeo  Castelfranco,   Via  Principe  Umberto,  5. 
Vice-Conservatore,  Dott.  Paolo  Magretti,   Via  Dante,  7. 
Cassiere,  Vittorio  Afilla,   Via  Sala,  6. 

Consiglieri  d'Amministrazione: 

Dott.  Cristoforo  Bellotti,   Via  Brera,  10. 

Conte  Giberto  Borromeo  juniore,  Piazza  Borromeo,  7. 

March.  Luigi  Crivelli,  Corso  Venezia,  32. 

Cav,  Giuseppe  Gargantini-Piatti,  Via  Passerella,  10. 

Cav.  prof.  Tito  Vignoli,  Corso  Venezia,  89. 


SUNTO  DEL  NUOVO  STATUTO-REGOLAMENTO  DELLA  SOCIETÀ  (1895) 

DATA   DI  FONDAZIONE,    15   GENNAIO    1856. 


Scopo  della  Società  è  di  promuovere  in  Italia  il  progresso  degli  studi 
relativi  alle  scienze  naturali. 

I  Socj  sono  in  numero  illimitato  (italiani  e  stranieri),  effettivi,  corri- 
spondenti, perpetui  e  benemeriti. 

I  Socj  effeitivi  pagano  it.  L.  20  all'anno,  in  una  sola  volta,  nel  primo 
bimestre  dell'  anno.  Sono  invitati  particolarmente  alle  sedute  (almeno 
quelli  dimoranti  nel  Regno  d'Italia),  vi  presentano  le  loro  Memorie  e 
Comunicazioni,  e  ricevono  gratuitamente  gli  Atti  della  Società.  Versando 
Lire  200  una  volta  tanto  vengono  dichiarati  Soci  effettivi  perpetui. 

A  Socj  corrispondenti  possono  eleggersi  eminenti  scienziati  che  pos- 
sano contribuire  al  lustro  della  Società. 

Si  dichiarano  Soci  benemeriti  coloro  che  mediante  cospicue  elargi- 
zioni avranno  contribuito  alla  costituzione  del  capitale  sociale. 

La  proposta  per  V ammissione  d'un  nuovo  socio,  di  qualsiasi  catego- 
ria, deve  essere  fatta  e  firmata  da  due  socj  effettivi  mediante  lettera  di- 
retta al  Consiglio  Direttivo  (secondo  l'Art.  20  del  nuovo  Statuto). 

Le  rinuncio  dei  Soci  debbono  essere  notificate  per  iscritto  al  Con- 
siglio Direttivo  almeno  tre  mesi  prima  della  fine  del  S.*'  anno  di  obbligo 
0  di  altri  successivi. 

La  cura  delle  pubblicazioni  spetta  alla  Direzione. 

Agli  Atti  ed  alle  Memorie  non  si  ponno  unire  tavole  se  non  sono  del 
formato  degli  Atti  e  delle  Memorie  stesse. 

Tutti  i  Socj  possono  approfittare  dei  libri  della  biblioteca  sociale  pur- 
ché li  domandino  a  qualcuno  dei  membri  della  Direzione,  rilasciandone 
regolare  ricevuta  e  colle  cautele  d'uso  volute  dal  regolamento. 


A  "V^  "V^  I  s  o 


Per  effetto  del  nuovo  contratto  del  IO  aprile  1900  tra  la  Società  e 
laT  ipografia  Rebescliini,  è  stabilita  la  seguente  tariffa  per  un  numero 
maggiore  di  copie  oltre  le  25  date  gratis  dalla  Società  : 


Fogli 

Per  25  copie 

Per 

ogni  5  copie  in  più 

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L.     1.40 

L.     0.15 

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„     0.40 

1 

.    2.85 

„     0.50 

nella  quale  tariffa  sono  comprese  pure  le  copertine  non  stampate. 

Per  le  intestazioni  a  stampa  delle  copertine  i  sigg.  Autori  paghe- 
ranno per  le  25  copie  date  dalla  Società  L.  4.50,  per  ogni  5  copie  in 
più  L.  0.15. 


INDICE  DEL  FASCICOLO  I. 


Direzione  pel  1900 Pag.  3 

Socj  effettivi  per  l'anno  1900 -  4 

Istituti  scientifici  corrispondenti  al  principio  dell'anno  1900  ••  !» 
A.   NoELLi,    Contribusione  allo  studio  dei  Crinoidi  ter- 
ziari del  Piemonte  (Con  una  tavola) «  19 

G.  DAL  PiAz,  Sulla  Fauna  fossile  della  grotta  di  S.  Botta 

di  Lamon  (Con  una  tavola) -  51 

G.  A  IR  AGHI,  Echinidi  postpliocenici  di  Monteleone  Calabro  r,  65 

Seduta  del  17  dicembre  1899 -  75 

Seduta  del  28  gennaio  1900 ••  70 

Seduta  del  18  marzo  1900 v  78 


ATTI 


DELLA 


SOCIETÀ  ITALIANA 

DI  SCIENZE  NATURALI 


E  DEL 


MUSEO  CIVICO 

DI  STORIA  NATURALE 

IN  MILANO 


VOLUME  XXXIX. 
Fascicolo  2.**  —  Fogli  6-11, 


(Con  tre  tavole) 


MILANO 


TIP.    BERNARDONI   DI  C.   REBESCHINI   E   C. 
Via  Rovello,  14. 


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Ottobre  1900. 


Direzione  pel  1900. 

Presidente,  Senatore  Edoardo  Porro,   Via  Francesco  Sforza,  31. 

Vice- Presidente,  Prof.  ing.  Francesco  Salmojraghi,  Piazza  Castello,  17. 

{    Prof.  Giacinto  Martorelli,  Museo  Civico. 
Segretarj     , 

(    Prof.  Ferdinando  Sordelli,  Museo  Civico. 

i  Dott.  Carlo  Airaghi,  Museo  Civico. 

[  Dott.  GfiULio  De  Alessandri,  Museo  Civico. 
Conservatore,  Prof.  Pompeo  Castelfranco,  Via  Principe  Umberto,  5. 
Vice- Conservatore,  Dott.  Paolo  Magretti,   Via  Dante,  7. 
Cassiere,  Vittorio  Yilla,   Via  Sala,  6. 

Consiglieri  d'Amministrazione  : 

Dott.  Cristoforo  Bellotti,   Via  Brera,  10. 

Conte  Giberto  Borromeo  juniore,  Piazza  Borromeo,  7. 

March.  Luigi  Crivelli,  Corso  Venezia,  32. 

Cav.  Giuseppe  Gargantini-Piatti,  Via  Passerella,  10. 

Cav.  prof.  Tito  Vignoli,  Corso  Venezia,  89. 


SUNTO  DEL  NUOVO  STATUTO-REGOLAMENTO  DELLA  SOCIETÀ  (1895) 

DATA  DI  FONDAZIONE,  15  GENNAIO  1856. 


Scopo  della  Società  è  di  promuovere  in  Italia  il  progresso  degli  studi 
relativi  alle  scienze  naturali. 

I  Socj  sono  in  numero  illimitato  (italiani  e  stranieri),  eifettivi,  corri- 
spondenti, perpetui  e  benemeriti. 

I  Socj  effettivi  pagano  it.  L.  20  all'anno,  in  una  sola  volta,  nel  primo 
bimestre  dell'  anno.  Sono  invitati  particolarmente  alle  sedute  (almeno 
quelli  dimoranti  nel  Regno  d'Italia),  vi  presentano  le  loro  Memorie  e 
Comunicazioni,  e  ricevono  gratuitamente  gli  Atti  della  Società.  Versando 
Lire  200  una  volta  tanto  vengono  dichiarati  Soci  effettivi  perpetui. 

A  Socj  corrispondenti  possono  eleggersi  eminenti  scienziati  che  pos- 
sano contribuire  al  lustro  della  Società. 

Si  dichiarano  Soci  benemeriti  coloro  che  mediante  cospicue  elargi- 
zioni avranno  contribuito  alla  costituzione  del  capitale  sociale. 

La  proposta  per  l' ammissione  d'un  nuovo  socio,  di  qualsiasi  catego- 
ria, deve  essere  fatta  e  firmata  da  due  socj  eifettivi  mediante  lettera  di- 
retta al  Consiglio  Direttivo  (secondo  l'Art.  20  del  nuovo  Statuto). 

Le  rinuncio  dei  Soci  debbouo  essere  notificate  per  iscritto  al  Con- 
siglio Direttivo  almeno  tre  mesi  prima  della  fine  del  3."  anno  di  obbligo 
0  di  altri  successivi.        '" 

La  cura  delle  pubblicazioni  spetta  alla  Direzione. 

Agli  Atti  ed  alle  Memorie  non  si  ponno  unire  tavole  se  non  sono  del 
formato  degli  Atti  e  delle  Memorie  stesse. 

Tutti  i  Socj  possono  approfittare  dei  libri  d'elici  biblioteca  sociale  pur- 
ché li  domandino  a  qualcuno  dei  membri  della  Direzione,  rilasciandone 
regolare  ricevuta  e  '  colle  calitele  d'uso  volute  dal  regolamento. 


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Per  effetto  del  nuovo  contratto  del  10  aprile  1900  tra  la  Società  e 
la  Tipografia  Rebeschiui,  è  stabilita  la  seguente  tariffa  per  un  numero 
maggiore  di  copie  oltre  le  25  date  gratis  dalla  Società: 


Fogli 

Per  25  copie 

Per 

ogni  5  copie  in  più 

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L.     1.40 

L.    0.15 

1 

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„    2.60 

.     0.40 

1 

„     2.85 

„     0.50 

nella  quale  tariffa  sono  comprese  pure  le  copertine  non  stampate. 

Per  le  intestazioni  a  stampa  delle  copertine  i  sigg.  Autori  paghe- 
ranno per  le  25  copie  date  dalla  Società  L.  4.50,  per  oi^rni  5  copie  in 
più  L.  0.15. 


INDICE  DEL  FASCICOLO  II. 


I.  Ghelussi,  Sulla  composizione  mineralogica  delle  sabbie 

del  fiume  Serio Pag.    81 

F.  MoLiNARi,  Acqua  della  Fontana  della  Regina  presso 

l'albergo  Panar amUj  sopra  Stresa •>       85 

Z.  Leardi-Airaghi,  1  metodi  grafici  nello  studio  della  di- 
stribuzione degli  animali.  (Con  due  tavole.)    .     .    .     ^       93 
T.  ViGNOLi,  Cenno  commemorativo  del  compianto  ed  il- 
lustre Alfonso  Milne-Edwards "     107 

G.  BoERis,  Sopra  una  rimarchevole  somiglianza  di  forma 

cristallina  tra  composti  organici "     111 

A.  Fiorentini  ed  E.  Garino,  Un  caso  di  echinococco  mulr 

inoculare.  (Con  una  tavola.)        «     125 

A.  NoELLi,  Contribuzione  allo  studio  del  dimorfismo  del 

Ranunculas  ficaria,  L •'     131 

A.  NoELLi,  Sul  Peucedanum  angustifolium  Rchb.  fil.  1867  »  137 
E.  Ninni,  Note  ornitologiche  per  la  proviificia  di  Venezia 

(Grallae  et  Palmipedes) «155 

Seduta  del  20  maggio  1900 -     171 


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DELLA 


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SOCIETÀ  ITALIANA 

DI  SCIENZE  NATURALI 


E   DEL 


MUSEO  CIVICO 

DI  STOEIA  NATURALE 

IN  MILANO 


VOLUME  XXXIX. 

Fascicolo  3.'^-4.o  —  Fogli  12-25. 


(Con  tre  tavole) 


MILANO 


TIP.    BEENARDONI  DI   C.   EEBESCHINI  E   C. 
Via  Rovello,  14. 


C^f  Febbeaio  1901. 


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Direzione  pel  1901. 

Consiglio  Direttivo: 

Presidente,  Senatore  Edoardo  Porro,   Via  Francesco  Sforza,  31. 
Vice- Presidente,  Prof.  ing.  Francesco  Salmojraghi,  Piazza  Castello,  17, 

(     Prof.  Giacinto  Martorelli,  Museo  Civico. 

(    Prof.  Ferdinando  Sordelli,  Museo  Civico. 
Conservatore,  Prof.  Pompeo  Castelfranco,  Via  Principe  Umberto,  5. 
Vice- Conservatore,  Dott.  Paolo  M agretti,  Foro  Bonaparte,  76. 

CoiiDiissiONE  Amiiinistrativa  : 

Dott.  Cristoforo  Bellotti,  Via  Brera,  10. 

Conte  Giberto  Borromeo  juniore,  Piazza  Borromeo,  7. 

Cav.  prof.  Tito  Yignoli,  Corso  Venezia,  89. 


(  Dott.  Carlo  Airaghi,  Museo  Civico. 
{  Dott.  Giulio  De  Alessandri,  Museo  Civico. 
Cassiere,  Vittorio  Villa,   Via  Sala,  6. 


SUNTO  DEL  NUOVO  STATUTO-REGOLAMENTO  DELLA  SOCIETÀ  (1895) 

DATA   di'  fondazione,     15    GJJNNAIO    1856. 


Scopo  della  Società  è  di  promuovere  in  Italia  il  progresso  degli  studi 
iLÌatÌTÌ  alle  scienze  naturali. 

I  Socj  sono  in  numero  illimitato  (italiani  e  stranieri),  effettivi,  corri- 
ipondenti,  perpetui  e  benemeriti. 

I  Socj  eif'ettivi  pagano  it.  L.  20  all'anno,  in  una  sola  volta,  nel  primo 
bimestre  dell'  annO'  Sono  invitati  particolarmente  alle  sedute  (almeno 
auelli  dimoranti  nel  Regno  d'Italia),  vi  presentano  le  loro  Memorie  e 
uomunicazioni,  e  ricevono  gratuitamente  gli  Atti  della  Società.  Versando 
Lire  200  una  volta  tanto  vengono  dichiarati  Soci  effettivi  perjjetiii. 

A  Socj  corrispondenti  possono  eleggersi  eminenti  scienziati  che  pos- 
sano contribuire  al  lustro  della  Società. 

Si  dichiarano  Soci  benemeriti  coloro  che  mediante  cospicue  elargi- 
ioni  avranno  contribuito  alla  costituzione  del  capitale  sociale. 

La  proposta  per  V ammissione  d'un  nuovo  socio,  di  qualsiasi  catego- 
l'ia,  deve  essere  fatta  e  firmata  da  due  socj  effettivi  mediante  lettera  di- 
retta al  Consiglio  Direttivo  (secondo  l'Art.  20  del  nuovo  Statuto). 

Le  rinuncie  dei  Soci  debbono  essere  notificate  per  iscritto  al  Con- 
siglio Direttivo  almeuo  tre  mesi  prima  della  fine  del  3.°  anno  di  obbligo 
di  altri  successivi.  ♦ 

La  cura  delle  pubblicazioni  spetta  alla  Direzione. 

Agli  Atti  ed  alle  Memorie  non  si  ponno  unire  tavole  se  non  sono  dei 
'ormato  degli  Atti  e  delle  Memorie  stesse. 

Tutti  i  Socj  possono  approfittare  dei  libri  della  biblioteca  sociale  pur- 
ihè  li  domandino  a  qualcuno  dei  membri  della  Direzione,  rilasciandone 
regolare  ricevuta  e  colle  cautele  d'uso  volute  dal  regolamento. 


.^  AT^  "^  I  s  o 


Per  effetto  del  nuovo  contratto  del  10  aprile  1900  tra  la  Società  e 
a  Tipografia  Rebeschini,  è  stabilita  la  seguente  tariffa  per  un  numero 
naggiore  di  copie  oltre  le  25  date  gratis  dalla  Società: 


Fogli  I  Per  25  copie 

'U  !  L.     1.40 

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1  „    2.85 


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Per  ogni  5  copie  in  più 

L.  0.15 

„  0.25 

.  0.40 

„  0.50 


iella  quale  tariffa  sono  comprese  pure  le  copertine  non  stampate. 

Per  le  intestazioni  a  stampa  delle  copertine  i  sigg.  Autori  paghe- 
■anno  per  le  25  copie  date  dalla  Società  L.  4.50,  per  ogni  5  copie  in 
3iù  L.  0.15. 


INDICE  DEI  FASCICOLI  III-IV. 


G.  De  Alessandri,  Appunti  di  geologia  e  di  paleontolo- 
gia sui  dintorni  di  Acqui.  (Con  una  tavola.)      .     .  Pag.  173 
G.  Martorelli,   Nota  ornitologica  sopra  Z'Ardeola   idae 
(Uartlauh)  e  cenno  sul  dicroismo  di  varii  Ardeidi. 

(Con  una  tavola.) -i     349 

F.  SoRDELLi,  1  Buoi  muschiati  del  Museo  di  Milaìio.  (Con 

una  tavola.) -i     357 

Seduta  del  17  giugno  1900 .365 

Seduta  del  25  novembre  1900 ^'367 

Bui  lettino  bibliografico -i     3G9 


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INDIANA 


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