FOR THE PEOPLE
FOR EDVCATION
FOR SCIENCE
LIBRARY
OF
THEAMERiaN MUSEUM
OF
NATURAL HISTORY
ATTI
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA
DI SCIENZE NATURALI
E DEL
MUSEO CIVICO
DI STORIA NATURALE
IN MILANO
VOL. XXXIX.
^?\.I«3VO 1&00.
MILANO,
TIPOGRAFIA BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C.
1900.
'C. 1 1 "7(0 i - <i£e.cL.,^
DIREZIONE PEL 1900.
Presidente. — Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza^ 31.
Vice-Presidente. — Ing. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello^ 17.
j Prof. GiAGiiNTO Martorelli, Museo Civico.
^ ^ ( Prof. Ferdinando Sordelli, Museo Civico.
( Dott. Carlo Airaghi, Mmeo Civico.
^ ^ \ Dott. Giulio De-Alessandri, Museo Civico.
Conservatore. — Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Um-
berto^ 5.
Vice-Conservatore. — Dott. Paolo Magretti, Via Dante ^ 7.
Cassiere. — Vittorio Villa, Via Sala, 6.
'• CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE
Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera^, 10.
Conte Giberto Borromeo jimiore, Plasm Borromeo, 7.
March. Luigi Crivelli, Corso Venezia, 32.
Cav. Giuseppe Gargantini-Piatti, Via Passàrella, 10.
Cav. prof. Tito Vignoli, Corso Venezia, 89.
SOCJ EFFETTIVI
jjer I'aiDio 1900.
Dott, Carlo Airaghi, Museo Civico.
Sac. Dott. Michelangelo Ambrosioni, Collegio di Morate.
Prof. Angelo Andres, R. Università di Parma.
Conte Aldo Annoni, Senatore del Regno (Socio perpetuo), Milano.
Conte dott. Prof. Ettore Arrigoni degli Oddi, Padova.
Rag. F. Augusto Artaria, Milano. .
Prof. Ettore Artini, Direttore della sezione di Mineralogia nel Museo
Civico di Milano.
Sac. Camillo Barassi, Milano.
Conte comm. Emilio Barbiano di Belgiojoso, Milano.
Conte Ing. Guido Barbiano di Belgiojoso, Milano.
Herrn Doctor Barack, Geheimer Rogirungs Rath. Director der k. Uni
versitàts und Landes Bibliothek, Strassburg.
Prof. comm. Giuseppe Bardelli, Milano.
Prof. Francesco Bassani, Direttore del Gabinetto di Geologia e Pa-
leontologia della R. Università di Napoli.
Dott. Serafino Belfanti, Direttore dell'Istituto Sieroterapico di Milano.
Dott. Cristoforo Bellotti (Socio Benemerito), Milano.
Sac. Giuseppe Bernasconi, Parroco di Civiglio.
ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI. 5
Prof. cav. Ambrogio Bertarelli, Milano.
log. Giuseppe Besana, Milano.
Rag. Costantino Binaghi, Milano.
Dott. Prof. Michelangelo Boglione, Como.
Sig. Franco Bordini (Socio perpetuo)^ Milano.
Dott. Prof. Guido Bordoni-Uffreduzzi, Medico-capo municipale , Mi-
lano.
Prof. Ing. Francesco Borletti, Milano.
Conte Gian Carlo Borromeo, Milano.
Conte Giberto Borromeo juniore, Milano.
Prof. comm. Ulderico Botti, Reggio Calabria.
Sac. Pietro Buzzoni, Milano.
Sac. Enrico Caffi, Dottore in scienze naturali, Bergamo.
Prof. sac. Pietro Calderini, Direttore dell'Istituto Tecnico di Varallo
Sesia.
Prof. Matteo Calegari, Milano.
Prof. Elvezio Cantoni, Milano.
Conte Gabrio Casati, Milano.
Conte ing. Alberto Castelbargo-Albani, Milano.
Prof. cav. Pompeo Castelfranco, Milano.
Dott. Giacomo Catterina, Padova.
Prof. comm. Giovanni Celoria, II Astronomo dell'Osservatorio di Brera,
Milano.
Prof. Italo Chelussi, Milano.
Dott. Giuseppe Colombo, Milano.
Sac. Gaetano Coloni, Profossore di scienze naturali a Crema.
Sac. Dott. Benedetto Corti, Professore nel R. Collegio Rotondi, Gorla
Minore.
Prof. Ernesto Cottini, Milano.
March. Luigi Crivelli, Milano.
Conte Giuseppe Crivelli-Serbelloni, Milano.
March. Luigi Cuttica di Cassine, Milano.
6 ELENCO DEI SOGJ EFFETTIVI.
March. Emanuele D'Adda, Senatore del Regno (Socio perpetuo),
Milano.
Dott. Camillo Dal Fiume, Badia Polesine.
Dott. Giorgio Dal Piaz, Padova.
Sig. Cesare Eugenio Da vicini, Milano,
Dott, Giulio De Alessandri, Prof. Aggiunto alla Sezione di Geologia
e Paleontologia al Museo Civico di Milano.
Sig. Marco De-Marghi, Milano.
Direzione del Museo Civico di Storia Naturale, Genova.
March. Giacomo Dorr, Senatore del Regno, Roma.
Comm. Luigi Erba (Socio perpetuo), Milano.
Dott. Prof. cav. Rinaldo Ferrini, Milano.
Dott. cav. Angelo Fiorentini, Milano.
Prof. cav. Felice Frangesghini, Direttore del Laboratorio di Entomo-
logia Agraria, Milano.
Ing. Enrico Gabet, Ingegnere Capo dell'Ufficio delle Miniere a Calta-
nisetta.
Prof. Adriano Garbini, Verona.
Ing. cav. Giuseppe Gargantini-Piatti, Milano.
Dott. cav. Alfonso Garovaglio, Milano.
Dott. Prof. cav. Francesco Gatti, Milano.
Prof. Fabio Gelmi, Milano.
Prof. Pietro Giacomelli, Bergamo.
Prof. Giuseppe Gianoli, Milano.
Prof. cav. Francesco Grassi, Milano.
Prof. cav. Rocco Gritti, Milano.
March. Carlo Raffaele Gualterio, Bagnorea (Orvieto).
Prof. Guglielmo Hamburger, Milano.
March. Luigi Isimbardi, Milano.
Prof. cav. Giuseppe Jung, Milano.
Prof. cav. Guglielmo Korneu, Milano.
Dottoressa Zina Leardi, Milano.
ELENCO DEI SOGJ EFFETTIVI. /
Conte Francesco Lurani, Milano,
Prof. Pietro Maffi, Canonico, Seminai'io di Pavia.
Prof. cav. Leopoldo Maggi, Direttore del Gabinetto di Anatomia com-
parata nella R. Università di Pavia.
Dott. Paolo Magretti, Milano.
Prof. Giovanni Malfatti, Milano.
Prof. Alessandro Malladra, Domodossola.
Prof. Ernesto Mariani, Direttore della Sezione di Geologia e Paleon-
tologia nel Museo Civico di Milano.
Prof. Giacinto Martorelli, Direttore della Collezione Ornitologica Tu-
rati nel Museo Civico di Milano.
Prof. Dott. Felice Mazza, Cagliari.
Conte Carlo Arborio Mella, Vercelli.
Duchessa Josephine Melzi d'ERiL, nata Barbò (Socia -peri^etua) ,
Milano.
Prof. Angelo Menozzi, Milano.
Sac. Prof. Giuseppe Mergalli, Napoli.
Dott. Giovanni Battista Milesi, Dovere.
Prof. Ing. Francesco Molinari, Milano.
Barone Alessandro Monti, Brescia.
Dott. comm. Gaetano Negri, Senatore del Regno, Milano.
Conte Emilio Ninni, Monastier di Treviso.
Dott. Alberto Noelli, Milano.
Dott. cav. Giovanni Omboni, Professore di Geologia nella R. Univer-
sità di Padova.
Ing. Giov. Batt. Origoni, Milano.
Ing. Prof. Ettore Paladini, Milano.
Ing. Adolfo Panza, Milano.
Dott. cav. Pietro Panzeri, Direttore dell'Istituto dei Rachitici di Milano.
Dott. Giuseppe Paravicini, Milano.
Dott. Prof. Corrado Parona, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella
R. Università di Genova.
8 ELENCO DEI SOGJ EFFETTIVI.
Goute Napoleone Passerini, Firenze.
Marchesa Marianna Paulucci, Firenze.
Ing, Edoardo Pini, Astronomo Ass. dell'Osservatorio di Brera, Milano.
Nob. cav. Napoleone Pini, Milano.
Banchiere Cesare Ponti, Milano.
Goute ing. Dott. Cesare Porro, Milano.
Prof. comm. Edoardo Porro, Senatore del Regno, Milano.
Cav. Cristiano Rebesghini, Milano.
Conte comm. Ferdinando Resta-Pallavicino, Milano.
Dott. Giulio Rezzonigo, Milano.
Dott. Carlo Riva, Assistente al Museo di Mineralogia dell' Università
di Pavia.
Dott. Prof. Giuseppe Ronchetti-Monteviti, Milano,
Dott. Vittorio Ronchetti, Milano.
Ing. Emilio Rosetti, Prof, emerito dell'Università di Buenos Ayros,
Milano.
Ing. Edoardo Rossi, Milano.
Ing. Prof. Francesco Salmojraghi, Milano,
Dott. Guglielmo Salomon, Heidelberg. ■
Prof, comm, Giovanni Sciiiaparelli , Senatore del Regno, Direttore
dell' Osservatorio Astronomico di Brera (Socio perpetuo), Milano.
Prof, comm. Enrico Sertoli, Milano.
Prof. Ferdinando Sordelli, Dirett. della Sezione di Zoologia nel Mu-
seo Civico di Milano.
Prof. comm. Torquato Taiumelli, Direttore del Gabinetto di Geologia
e Paleontologia nella R. Università di Pavia.
Comm. Eugenio Torelli-Viollier, Milano.
Nob, Ernesto Turati, Milano.
Nob, Gianfranco Turati, Milano.
Conte coram. Emilio Turati, Milano.
Dott. cav. Arnoldo Usigli, Milano.
Dott. Piero Vidari, Vigevano.
ELENCO DEI SOGJ EFFETTIVI. y
Prof. cav. Tito Vignoli, Direttore del Museo Civico di Storia Natu-
rale, Milano.
Nob. Giulio ViGONi, Senatore del Regno, Milano.
Nob. comm. ing. Giuseppe Vigoni, Milano.
Vittorio Villa, Milano.
Duca Guido Visconti di Modrone (Socio 'per'petuo}^ Milano.
Ing. Prof. cav. Luigi Zunini, Milano.
ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI
al principio dell' anno 1900.
a:\[eriga del nord.
1. University of the State of New York — Albany N. Y.
2. American Academy of Arts and Sciences — Boston.
3. Boston Society of Natural History — Boston.
4. Buffalo Society of Natural Sciences — Buffalo N. Y. U. S. of A.
5. Davenport Academy of Natural Sciences — Davenport Jowa.
6. Indiana Academy of Science — Indianopolis.
7. Jowa Geological Survey — Des Moines (Jowa).
8. Nova Scotian Institute of Science — Halifax.
9. Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Letters — Madison
(Wisconsin).
10. Minnesota Academy of Natural Sciences — Minneapolis.
11. Connecticut Academy of Arts and Sciences — New-Haven.
12. Geological and Natural History Survey of Canada — Ottawa.
10 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI.
13. Academy of Natural Sciences — Philadelphia.
14. American Philosophical Society — Philadelphia.
15. Wagner Free Institute of Science — Philadelphia.
16. Geological Society of America — Rochester N. Y. U. S. A.
17. California Academy of Sciences — San Francisco.
18. California State Mining Bm-eau — San Francisco.
19. Academy of Science of St. Louis — St. Louis.
20. The Missouri Botanical Garden — St. Louis Mo.
21. Kansas Academy of Science — Topeka Kansas.
22. Canadian Institute — Toronto.
23. New Jersey Natural History Society — Trenton N. J.
24. Library of Tufts College — Mass. U. S. A.
25. Microscopical Publishing Company — Washington.
26. United States National Museum — Washington.
27. United States Geological Survey — Washington.
28. Smithsonian Institution — Washington.
MESSICO.
29. Instituto geologico de Mexico — Mexico.
AMERICA DEL SUD.
30. Academia Nacional de Giencias en Cordoba.
31. Facultad de Agronomia y Veterinaria — La Plata.
32. Revista Argentina do Historia Natural — La Plata.
33. Museo Nacional de Buenos Aires — Buenos Aires.
34. Museo Nacional de Montevideo — Montevideo.
35. Museo Nacional de Rio Janeiro — Rio Janeiro.
36. Universidad central del Ecuador — Quito Ecuador.
37. Commissao geographica do Estado de San Paulo.
38. Société scieutifique du Chili — Santiago.
ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 11
AUSTRALIA.
39. Royal Society of South Australia — Adelaide.
40. National Museum of Natural History of Victoria — Melbourne.
41. Royal Society of New South AVales — Sydney.
42. Trustees of the Australian Museum — Sydney.
AUSTRIA-UNGHERIA.
43. Aquila, A Magyar Ornithologiai Kozpont Folyóirata National Mu-
seum — Budapest.
44. Kijnig. Ungarisch. geologische Anstalt — Budapest.
45. Természetrajzi Fiizetek (Musée National Hougrois, section de Zoo-
logie) — Budapest.
46. Acadómie des Sciences de Cracovie.
47. Vereins der Aerzte im Steierinark — Graz.
48. Siebenburgischer Verein fiir Naturwissenschaften — Hermaunstadt.
49. Naturwissenschaftlich-medizinischer Verein — Innsbruck.
50. Vereins fur Natur- und Heilkunde — Presljurg.
51. I. R. Accademia degli Agiati in Rovereto.
52. Bosnisch-Hercegovinischen Landesmuseum — Sarajevo.
53. Tridentum, 'Rivista bimestrale di studi scientifici — Trento.
54. Società agraria — Trieste.
55. Società Alpina delle Giulie — Trieste.
56. Authropologische Gesellschaft — Wien.
57. K. K. Geologische Reichsanstalt — Wien.
58. K. K. Zoologisch-botanische Gesellschaft — Wien.
59. K. K. Naturhistorisches Hofmuseum — Wien.
60. Verein zur Verljreitung naturwissenschaftlicher Kenntuisse —
Wien.
J 2 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI.
BELGIO.
61. Acadéniie Royale de Belgique — Bruxelles.
62. Musée du Congo de l'État ludépendaiit du Congo — Bruxelles.
63. Revue de l'Uiiiversité de Bruxelles.
64. Société entomologique de Belgique — Bruxelles.
65. Société Royale malacologique — Bruxelles.
66. Société Belge de geologie, de paleontologie et d'iiydrologie —
Bruxelles.
67. Société Royale de botanique de Belgique — Ixelles-les-Bruxelles.
FRANGIA.
iJS. Société Linnéeune du Nord do la France — Amiens.
69. Société Florimontane — Anuecy.
70. Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux.
71. Société Linnéenne de Bordeaux — Bordeaux.
72. Academic des sciences, belles-lettres et arts de Savoie — Gham-
béry.
73. Société nationale des sciences naiurclles et matliémaliques de
Cherbourg.
74. Université de Lyon.
75. Société d'agriculture, sciences et iiiduslries — Lyon.
76. Société d'Anthropologie de Paris — Paris.
77. Museum do Paris — Paris.
78. Société Géologique de France — Paris.
79. Société nationale d'Aedi matatiou ilo France — Paris.
SO. Academic des sciences, arls ci lottros — Rouen.
81. Société libre d'émulation, ilii romiiiorce et de l'industrie de la
Seine Inférionro — Rouou.
82. Sofiélé d'Iiisidjiv iiiiiinvilc — Tdiilnuse.
ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 13
GERMANIA.
83. Naturliistorischei' Vereiii — Augsburg.
84. Botanischer Ver(?iiis der Proviuz Brandenburg — Berlin.
85. Deutsche geologische Gesellscliaft — Berlin.
86. Konigl. Museum fiir Naturkimde Zoologische Sammlung — Berlin.
87. K. Preussisclien geologischen Landesaustalt und Bergakademie —
Berlin.
88. Sclilesisclie Gesellscliaft fiir Vaterlaudische Kultur — Breslau.
89. Verein fiir Naturkimde — Kassel.
90. Naturwissenschaftliche Gesellscliaft — Chemnitz.
91. Naturforschende Gesellschaft — Danzig.
92. Verein fiir Erdkunde — Darmstadt.
93. Naturwissenschaftliche Gesellschaft Isis — Dresden.
94. Physikalisch-medicinischeu Societàt zu Erlaugeu.
95. Senkenbergische naturforschende Gesellschaft — Frankfurt am
Main.
96. Naturforschende Gesellschaft (Berichte) — Freiburg ini Baden.
97. Oberhessische fiir Gesellschaft Natur-und-Heilkunde — Giesseu.
98. Naturforschende Gesellschaft — Gurlitz.
99. Verein der Freunde der Naturgeschichte ->- Giistrow.
100. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft — Jena.
101. Physikalisch-Oecouomische Gesellschaft — Konigsberg.
102. Zoologischer Anzeiger — Leipzig.
103. K. Bayerische Akademie der Wissenschaften — Miinchen.
104. Ornithologischer Verein — Miinchen.
105. Olìenbacher Verein fiir Naturkunde — Offenbach am Main.
106. Naturwisseiischaftlicher Verein — Regensburg.
107. Nassauischer Verein fiir Nalurkunde — AViesbadeu,
108. Physikalisch-mediciuische Gesellschaft — Wiirzburg,
14 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI.
GIAPPONE.
109. Imperiai University of Japan — Tokyo.
110. Zoological Institute College of Science, Imperial University of
Tòkyo.
GRAN BRETTAGNA.
HI. Royal Irish Academy — Dublin.
112. Royal Dublin Society — Dublin.
113. Royal physical Society — Edinburgh.
114. Geological Society of Glasgow — Glasgow.
115. Royal observatory — Greenwich.
116. Palaeontographical Society — London.
117. Royal Society — London.
118. Royal microscopical Society — London.
119. Zoological Society — London.
120. British Museum of Natural History — Lundon.
121. Literary and philosophical Society — Manchester.
INDIA.
122. Geological Survey of India — Calcutta.
ITALIA.
12.3. Accademia degli Zelanti e P. P. dello Studio di scienze, lettere
ed ani — Acireale.
124. Ateneo di scienze, lettere ed arti — Bergamo.
125. Accademia delle scienze dell' Istituto di Bologna.
126. Ateneo di Brescia.
ISTITUTI SCIENTIFICI GORRISPON'DENTI, 15
127. Accademia Gioeuia di scienze naturali — Catania.
128. R, Accademia dei Georgofili — Firenze.
129. Società botanica italiana — Firenze.
130. Società entomologica italiana — Firenze.
131. R. Accademia medica — Genova,
132. Società di letture e conversazioni scientifiche — Genova.
133. Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche — Genova.
134. Comune di Milano. (Dati statistici e Bollettino demografico) —
Milano.
135. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano
136. R. Società italiana d'igiene — Milano.
137. Società dei Naturalisti — Modena.
138. Società di Naturalisti — Napoli.
139. Società africana d'Italia — Napoli.
140. Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e ma-
tematiche) — Napoli.
141. R. Istituto d'Incoraggiamento alle scienze naturali, economiche
e tecnologiche — Napoli.
142. La nuova Notarisia — Padova.
143. Società Veneto-Trentina di scienze naturali — Padova.
144. R. Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti — Pa-
lermo.
145. Società di scienze naturali ed economiche — Palermo.
146. Società dei ■Naturalisti Siciliani — Palermo.
147. Società toscana di scienze naturali — Pisa.
148. R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici, Laboratorio di
Entomologia agraria (Rivista di Patologia vegetale e Zimologia).
149. R. Accademia medica — Roma.
150. R. Accademia dei Lincei — Roma.
151. R. Comitato geologico d'Italia — Roma.
152. Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma.
153. R. Società Economica e Comizio Agrario — Salerno.
16 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI.
154. R. Accademia dei Fisiocritici — Siena.
155. Rivista italiana di scienze naturali e Bollettino del Naturalista
— Siena.
156. R. Accademia di agricoltura — Torino,
157. R. Accademia delle scienze di Torino.
158. Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di
Torino.
159. Società meteorologica italiana — Torino.
1()0. Associazione agraria friulana — Udine.
IGl. Ateneo Veneto — Venezia.
162. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia.
163. Accademia di agricoltura, conunercio ed arti — Verona.
164. Accademia Olimpica — Vicenza.
PAESI BASSI.
165. Musée Teyler — Harlem.
166. Société Hollandaise des sciences à TTarlem.
RUSSIA E FINLANDIA.
167. Societas pro fauna et flora fennica — llelsingfors.
168. Société botanique de St. Pétersbourg.
169. Academic Imperiale des sciences de St. Pétersbourg.
170. Gomité géologique — St. Pétersbourg.
171. Société Imperiale des Naturalistes de Moscou.
172. Société Imperialo des Naturalistes do St. Pétersbourg — St.
Pétersbourg.
SPAGNA.
173. Sociedad Espanola de historia naturai — Madrid.
ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. il
SVEZIA E NORVEGIA.
174. i)ibiiolliòque de l'Uiiiversité Royale de Norvège — Glirisiiauia,
175. Société des sciences de Christiaiiia.
176. Stavanger Museuin — Slavanger Norvegia.
177. Universitas Limdeusis — Limd.
178. Académie Royale suédoisè des sciences — Stockholm.
179. Kong]. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens — Stock-
holm.
180. Bibliothèque de l'Université d'Upsala {laslinitioii géologiqiie) —
Upsala.
SVIZZERA.
181. Naturforscheude Gesellschaft — Basel.
182. Naturforscheude Gesellschaft — Beni.
183. Société helvétique des sciences naturelles — Beni.
184. Naturforschende Gesellschaft — Ghur.
185. lustitiit national Genèvois — Genève.
186. Société de physique et d'histoire naturellcs — Genève.
187. Société Vaiidoise des sciences naturelles — Lausanne.
188. Société des sciences naturelles — Neuchàtel.
189. Zùrcher naturforschende Gesellschaft — Zurich.
190. Commission géologique suisse (Société helvétique des sciences
naturelles) — Ziìrich.
Voi. \xxix.
CONTRIBUZIONE
ALLO STUDIO DEI GRINOIDI TERZIARI DEL PIEMONTE.
Nota del socio
Dott. Alberto Noelli.
(Con una tavola.)
la questi ultimi anni il Museo Geologico di Torino si è arricchito di
numerosi resti di crinoidi provenienti dai terreni miocenici dei colli tori-
nesi e raccolti dal sig. E. Forma, ben noto ed appassionato raccoglitore
di fossili. Così vennero successivamente in luce parecchie forme diverse
da quelle descritte nei lavori di Gastaldi, di Michelotti e di Mene-
ghini, e nel tempo stesso si raccolsero nuovi e numerosi campioni che
si prestavano a rendere più precise le nostre cognizioni sulle forme
già conosciute. Facendomi notare l'opportunità di un nuovo studio sui
crinoidi terziari del Piemonte, il prof. Parona volle aflìdarmi il pre-
zioso materiale, che appunto forma oggetto di questa nota.
Questi avanzi di crinoidi, pochi eccettuati, proveugono da una parti-
colare zona sabbiosa che nei colli torinesi si trova nella parte più
recente della serie elveziana, rimanendo separata dalle assise tortoniane
sovrastanti mediante una zona di marna compatta povera di fossili. La
zona sabbiosa d' ordinario ricca di elementi serpentiuosi, corrisponde al
sottopiano serravalliam di Mayer e giustamente puossi distinguere
come zona sabbiosa a Pentacnnus GoMaldii, i cui articoli vi sono
qua e là copiosissimi.
20 A. XOELLI.
Ill geueralc è povera di fossili ben conservati, mentre vi abbondano
i delriti di ostriche, di pettini e di balani ; ina in" certe località la
zona sabbiosa si presenta ricca specialmente di piccoli coralli, di cida-
riti, fra i quali particolarmente notevoli quelli del Cidaris avenioaensis,
articoli di stelleridi, di piccoli brachiopodi e di briozoi. A questi fossili
si associano gli avanzi di criuoidi, che ora mi propongo di descrivere.
Quindici sono le forme da jue riconosciute appartenenti ai generi
Peìitacrinus, Conocrinits^ Antedon e Actinometra come dall' elenco
qui esposto :
Pentacrinm Gastaldi Mich,
P. LorioU n. f. — Villa liesozzi. Valle S. Martino (Colli di
Torino).
Comcniius Segueumi Meneghini — S. Antonio presso Sciolze,
Pino torinese e Monte dei Cappuccini (Colli di Torino).
Antedon oblitiis (Mich.) — Villa Besozzi (Valle S. Martino),
l^ino torinese, S. Antonio presso Sciolze, Sotto Resca
(Sciolze), (Colli di Torino).
A. Michelottii n. f. — S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino).
A. Fontamiesi De Loriol. — S. Antonio presso Sciolze (Colli di
Torino).
A. Bei^ereli De Loriol — Dintorni di Sciolze (Colli di Torino).
A. taurinemis n. f. — Monte dei Cappuccini (Torino).
A. minimus n. f. — Monte dei Cappuccini (Torino).
A. Nicolasi n. f. — Pino torinese (Colli di Torino).
A. anglesensis De Loriol — Dintorni di Sciolze (Colli di Torino).
A. Paronai n. f. — Sciolze sotto Resca (Colli di Torino).
A. stellatus n. f. — Sciolze sotto Resca (Colli di Torino).
A. Pellati De Loriol — S. Antonio presso Sciolze, Monte dei
Cappuccini (Colli di Torino).
Actinometra Formae n. f. — S. Antonio presso Sciolze (Colli
di Torino).
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 21
Abbiamo adunque otto formo, che mi risultano nuove per la scienza,
tre già note per il Piemonte, ma ora riscontrate in nuove località e
quattro già conosciute, ma ora per la prima volta citate per giacimenti
italiani. Sono queste le forme recentemente descritte da Paul De Loriol
e scoperte presso Avignone in terreni verosimilmente coevi a quelli
suaccennati della collina di Torino e del pari ricchi di reliquie di cri-
noidi, come risulta dai lavori della sig. B, Sinard, di Pellai e del
compianto Nicolas.
Opere consultate.
1. — 1844. Philippi, Alecto alticeps n. sp., eine tertiàre Comatula. Art von
Palermo. (Neues Jarbuch fiir Miner. Geog., etc., pag. 540, Taf. VI, B.
Stuttgart.)
2. — 1845. Gastaldi B., Pentacrinite dans les terrains miocen. de la colline
de Turin. (Bull. Soc. Géol. Frang., Sèrie II, Tome II, pag. 53.)
3. — 1846. Gastaldi B., Lettre pour répondre aux doutes soulevées à propos
de la découverte des Pentucrinites dans la colline de Turin. (Bull.
Soc. Géol. Frang , Sèrie II, Tome III, Paris.)
4. — 1847. MiCHELOTTi G , Déscript. d. foss. mioc. d. l'it. sept. (Natuark.
Verliandel. von de Hollandsclie Maatscliappij der Wetenschappen te Haar-
lem. 3 D., 2 S.)
5. — 1852. Forbes E., Monograph of the EchinodermaUi of the British Ter-
tiaires. (Palaeontogr. Society. London.)
6. — 1861. MiCHELOTTi G., Etudes sur le mioc. inf. d. I'lt. sept. (Mém. pubi.
p. la Soc. Holland, d. So. à Haarlem.)
7. — 1861. MiCHELOTTi G., Dcscrip. d. quelq. nouv. foss. d. terr. mioc. d. la
coll. de Turin. (Revue et Magasin de Zoologie. Aoùt.)
8. — 1872. Des Moulins Ch., Un crinoide tert. d. la Gironde. (Act. d. Soc.
Linn, de Bordeaux. Tome XXVIII, livr. 4.'^-5.o.)
9. — 1874. Manzoni A., Rarità paleozoologica. (Bui!. R. Com. Geol. d'Italia,
N. 5-6, Roma.)
10. — 1874. GuiscARDi G., / Crinoidi del periodo terziario. (Rend. d. R. Accad.
d. sc. fis. e mat., Anno XIII, fase. 11, Napoli.)
11. — 1875. Sequenza S., Studi stratigrafici sulla formazione pliocenica del-
l'It. mend. (Bull. R. Com. Geol. d'Italia, Voi. VI, Roma.)
22 A. NOELLI.
12. — 1875. Meneghini G., / Crinoidi terziari. (Atti d. Soc. Tose, di se. nat.,
Vol. II, fase. 1, Pisa.)
13. — 1871). FoNTANNES M. F., Les terr. tert. sup. d. Ilaut Comptat Venais-
sin. (Ann. d, Soc. d'Agr. d. Lyon, Sèrie IV, Tome IX, Paris.)
14. — 1876. QuENSTEDT A. F., Petrefactenkunde Deutschkmds. (P.« I, V." 4
« Dio Asteriden und Encriniden » , Leipzig.)
15. ■ — 1877. LocAKD A,, Déscript, d. la faune d. terr. tert. moy. de la Corse.
(Ann. d. Soc. d'Agr. d. Lyon, Sèrie IV, Tome IX.)
16. — 1878. ScHLLiTER C, Ueber einige astylide Crinoiden. (Zeitsclir. d. D.
Geologisch. Gesell., XXX Bd., Berlin.)
17. — 1879. FoNTANNES M. F., Étud. strat. et pai s. I. tert. d. bassin d. Rhone.
A'', Déscript. d. quelq. esp. nouv. ou pen conn. (Ann. d. Soc. d'Agr. d.
Lyon, Sèrie V, Tome I.)
18. — 1879. FoNTANNES M. F., Note s. la découv. d. deux esp. nouv. d. genr.
Antedon dans le terr. tert. sup. d. bassin d. Rhone. (Bull. Soc. GéoL
Franc;., Sèrie III, Tome VII, peg. 497.)
19. — 1879. Meneghini G., Processi verbali, adun. 7 luglio 187H. (Atti Soc.
Toso. d. se. nat., pag. XXXI, Pisa.)
20. — 1879. Manzoni A., Considera:-, geolog. a propos. del P. Gastaldi! nella
Molassa di Montese. (Ann. d. Soc. d. Natural in Modena.)
21. — 1880. Segue.nza S., Le formazioni tert. nella prov. d. Reggio Calabri'i.
(Mem. lì. Accad. Lincei, Serie III, Vol VI.)
22. — 1882-89. De Loriol P., Paléo?itologie Franraise. « Grinoides » Tome XI,
P..i^' MI, Paris.
23. — 1884-88. Carpenter II., Report on the Crinoidea. (Voyage of the Chal-
lenger. Vol. XI-XXVI, London.)
24. — 1886. PoMEL, Paleontologie de l'Algerie. « Echinodermes », 2.'^ livr.
25. — 1887. PoMEL, Paleontologie de r Algerie. « Zoophytes », 2. '^ fase, 2. Mi vr.,
Alger.
2l). — 1891. M.' Berthe Sinarii, Sur la presence d. Pentacrinus dans le mioc.
des Angles (Card). (Ass. franc;, p. I'avanc. d. sc. Part. II, Marseille.)
27. — 1897. Nicolas M. M., h'tud. s. le terr. tert. d. env. d' Avignon. Le Mio-
cène. (Ann. do I'Acad. de Vaucluse.)
28. — 1897. Pellai E., Fiud. stratigr. et pal. s. I. terr. tert. d. quelq. loc.
d. Vaucluse, du Gard et des Bouches du Rhone. N. 3 sur I'assis. term,
d. l'élag. burdig. ecc. (Bull. Soc. Géol. Frani;., Sèrie III, Tome XXV,
pag. 111.)
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 23
29. — 1897. De Loriol P., Béscript. d. quelq. echinodermea. App. à la not.
de M. E. Pellai, s. le hurdigalien supérieur. (Bull. Soc. Góol. Franr.,
Sèrie III, Tome XXV, pag. 115, Paris.)
30. — 1897. Nicolas M. H., Elude d. terr. Ieri. d. envir. d'Avig., Miocenes.
Noie complém. s. la faune de la « Femme de Loth » et revis. d. An-
tedons de ce méme horizon. (Ass. Franc, pour I'avanc. d. sc. Gongrès
d. S. Etienne. Paris.)
31. — 1899. Bather F. A., A Record of, and Index to, the Literature of
Echinoderma, ecc., published during the year 1898, ecc., pag. 39, London.
Geu. PENTACRINUS Mill. 1821.
1847. JPeutacrinus Gastaldii Michelotti.
Tav. I, lig. 1-32.
18 i5. Pentacrinus sp. Gastaldii B., Pentacrinites d. I. terr. d. I. coll. d. Tu-
rin. (Bull. Soc. Géol. Franc., Sèrie II, Tome II, pag. 53.
— Id., Lettre p. rep. a. dout. soul, à prop. d. I. découv.
d. Pentacrinites d. I. coll. d. Turin. (Ibid., Tome III, pa-
gina 485, 1846.)
1847. Pentacrinus Gastaldii Michelotti G., Descr. d. foss. mioc. d. I'll. sept.
(Nat. Verb., ecc., pag. 59, Tav. XVI, fig. 2-2^ Haarlem.)
Id., Etud. s. I. mioc. inf. de V It. sept. (Ibid., 1861,
pag. 28.) — Manzoni A., Rarità paleosoologica. (Boll.
R. Com. Geol. d'Italia, 1874, pag. 152, Roma.) — Id.,
Gonsid. geolog. a 'prop. d. P. Gastaldii nella Melassa di
Montese. (Ann. d. Soc. Nat. Modena, 1879, pag. 1.) —
Meneghini G., / Criiioidi terziari. (Atti d. Soc. Tose. se.
nat.. Vol. II, 1875, pag. 9, Pisa.) — Des Moulins Gil,
Un crinoide tert. d. la Gironde. (Act. d. Soc. Linn.,
Tome XX VIII, 1872, pag. 55, Bordeaux.) — Locard A.,
Déscript. d. I. faune d. terr. tert. may. d. la Corse.
(Annales d. la Soc. d'Agr. Lyon, Sèrie IV, Tome IX, 1877,
pag. 207.)
24 A. XOELLI.
(?) 1897. Pentacrinus Berthei Nicolas M. H., Btud. d. lerr. tert. d. envir. d'A-
vignon, ecc. (Ass. Frang. p. l'avanc. d. sc, pag. 397, Pa-
ris.) — Id., Ftud. d. terr. tert., ecc. (Ann, d. I'Ac. d.
Vaucluso, 1897, pag. 79.)
('; 1897. Pentacrinus miocenicus De Loriol P., Déscr. d. quelq. foss., ecc. (Bull.
Sec. Geo). Franc., Sèrie III, Tome XXV, pag. 127, tav. IV,
fig. 15, 16, 17, 18.)
Articoli del fusto pentagonali, lisci, rugosi in qualche esemplare ;
faccia incavate, talora piane con angoli più o meno sporgenti ed arro-
tondati all'estremità.
Vari articoli invece sono completamente circolari, ovvero hanno una
configurazione pentagonale appena distinta. Le loro altezze sono assai
disuguali, perchè mentre non superano i mm. 1,5 negli infranodali,
raggiungono sovente i 2 mm. nei nodali; ma non sono però propor-
zionate alle differenze dei diamelri, poiché, questi variano da 2 ad
oltre 10 inni.
•jli articoli sottili sono rinchiusi [va i [àù spessi, e talora presen-
tano un solco verticale ; suture evidenti, ina non crenulate. Foglietto
delle faccie articolari per lo più lunghe, distinte, archi marginali rotondi
ovvero lanceolati; l'area interna è per lo più incavata e l'apertura
basale, rivolta verso il forellino centrale, ò chiusa in vari articoli. I
margini laterali sono formati da 12 a 20 e più denti, e in vari esem-
plari terminano nella parte basale in una linea rilevata separata dalla
adiacente da un profondo solco. In altri articoli poi si nota un piccolo
orlo liscio il quale corre lull" atlonio alla faccetta articolare. In un
esemplare poi le facette sono ellittiche, rilevate, curvale e terminano a
breve distanza dal centro; in questo non si scorge il foro. Nella parte
posteriore dello stesso esemplare le foglietto sono conformate come
negli altri arlicoli.
Articoli verlicillari più ahi de.i^li altri, e su ciascuna dello loro faccie
laterali piuttosto incavate si inserisce la faccetta articolare di un cirro
la quale ne occupa tutta l'altezza tanlo da produrre talora un' insona-
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRIXOIDI, ECC. -•)
tura neir articolo successivo. 11 numero delle facette articolari è di T),
incidentalmente varia solamente da 2 a 3. Malgrado il materiale abbon-
dante non mi fu possibile determinare il numero degli articoli inter-
liosti tra due verticilli.
Fra i vari esemplari raccolti a S. Antonio so ne notano alcuni
formati dalla riunione di due articoli di cui uno più piccolo rotondo
ed un secondo di forma pentagonale distinta ; altri invece presentano
cinque foglioline rotonde delimitate tutt' attorno da un largo orlo liscio
pentagonale. ,
Occorre infine notare che gli esemplari da me esaminati sommano a
parecchie centinaia.
Rapporti e diU'erense. — Molto probabilmente i primi articoli dei
Petitacriìii terziari vennero raccolti dal prof. Catullo nel calcare
di Valle Policella nel Veronese, e l'importante scoperta venne da
lui stosso notificata nel 1823. Più tardi, come risulta dalla seduta del
17 giugno 1845 contenuta nel Bull. Soc. Géol. Frane., Tomo II della
2.'^ serio pag. 573, il bar. A. De Zigno ritrovò i suddetti Pentacrini
nella medesima località. In seguilo il Gastaldi' con una sua lettera
pubblicata dalla Società Geologica di Francia il 17 luglio 1844 dice
d'aver raccolto degli articoli di Pentacrini nelle sabbie serpeutinose
dei terreni miocenici dei colli di Torino e recentemente poi, nel 1880,
il Sequenza ^ riferisce con dubbio al P. Gastaldii una colonnetta pro
veniente dal Tongriano dei dintorni di Pioggio Calabria. Anche il
Pellat ^ nota come nel piccolo afìioramento di melassa burdigaliana
di Notre-Dame de Chateau si trovino dei bei frammenti di P. mio-
cenicHS. Per ultimo nei terreni miocenici dei dintorni di Avignone
venne raccolto un fusto con 35 articoli, un secondo con 12 articoli di
1 (JASTALDi B., Opusc. cit., 1845, pag. 53.
2 Sequenza. S., Le formaz. terz. nella proo. di Reggio Calabria. 1880, Se-
rie III, Voi. VI, pag. 44.
3 Pellat E., Ktud. drat. et poi. s. l. lerr. lert. d. qiielq. loc. d. Vaucluse, ecc.
1897, pag. 111.
26 A. NOELLI.
cui imo con inserzioni verticillari ed un terzo più bi-eve con un ani-
colo verticillare. Tutti e tre vennero riferiti al P. Beriìiel dal Nicolas.
Il P. Gastaldi venne poi specificato nel 1847 dal Miciielotti nel
suo lavoro; Description des fomles des terrains miocènes; ' però
«lire al descriverlo iu modo assai incompleto, ne dà i disegui di al-
cuni articoli scelti fra i più regolari ed eguali fra di loro. Un' altra
descrizione, ma più completa e rifereutesi a vari articoli di forma
differente l'abbiamo dal Meneghini nel suo lavoro: 1 Crinoidi ter-
ziarii^ Pisa, 1875, pag. 9, la quale viene così a provare, miita-
nunite alla mia, che il P. Gastaldii risulta formato di articoli i quali
variano grandemente tendendo ad assumere forme tanto più ineguali,
quauto più si avvicinano alla sommità dèi fusto.
Ora il sig. De Loriol nella sua recente nota, - non essendosi pro-
babilmente riferito che alle tavole del Miciielotti ed alla figura del
Manzoni ^ colla quale viene rappresentato malamente un pezzo di fusto
della Mùlassa di Moutese, afferma che nel P. Gastaldii i vari articoli
souo eguali fra di loro, e lo separa per tale carattere dal suo P. mio-
ccnicus^ nel quale i vari articoli oltre all'essere disuguali fra di loro,
lasciano scorgere in quelli più sottili un solco mediano longitudinale.
Ma per quanto già dissi sopra o come mi risulta dall'esame dei Pen-
tacrini contenuti nella celebre opera del Carpenter, '' e per la pre-
senza in alcuni articoli più sottili di un solco mediano longitudinale,
così ritengo che molto probabilmente si dovrà riferii'o il P. mioceni-
ciis De Loriol al P. Gaslaldii Miciielotti, tanto più qualora ulteriori
ricerche permettano lo studio di un materiale più abbondante. A que-
sto proposito poi il l^ELLAT, ■' pag. J12, neir enumerare i principali
1 Miciielotti G., Op. cit., 1847, pag. 5'J.
2 De Loriol P., Béscr. d. quelq. foss., ecc., 1897, pag. 127.
•■' Manzoni A., C'onsid. geol., ecc., 1879.
''' Carpenter H., Ri^pod on the Crinoidea. Vovage of the Challenger. Voi. XI,
1884-88, London.
'" Peli..\t K., Op. eli., pag. I VI.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 27
fossili raccolti nelle cave situate a nord-est del piano des Angles nota
comò il 1'. mioccìiicm De Lorioi sia identico al Pentacrino della me-
lassa di Beaucaire, il quale figura in qualche collezione col nome di
P. Gastaldii.
Anche il Nicolas ' rileva una differenza tra i due suddetti PciUa-
ci'iiU basata uaicamente sulla maggiore o minore eguaglianza degli
articoli ; anzi vorrebbe frapporre il P. Allardi tra le due suddette
specie soltanto per avere quest'ultimo Pentacrino gli articoli meno
ineguali di quelli del P. ìniocenicus. Infine dalla figura che egli dà ^
a pag. 397 del suo P. Berihei, si rileva come i disegni delle due faccie
articolari dei cirri corrispondano perfettamente a quelli del P. Gastaldii
tanto che si può ritenere che queste due specie debbano con tutta la
verisimigliauza identificarsi fra di loro.
Confrontando poi gli articoli da me esaminati con quelli appartenenti
a forme viventi, ho l'iscontrato notevoli analogie con alcuni del P.
WyviUe-Thomsoui, del P. alteraicirras, del P. naredanm, ecc. slati
raccolti recentemente nel viaggio del Challenger.
Infine il Bather, nella sua accuratissima rivista bibliografica per gli
Echinodermi, ^ a proposito dei pentacrini miocenici scrive Pentacrinm
(i. e Isocrinus). Ora questo genere venne antecedentemente creato nel
1837 dalMEYER {Museum Senkenljeroiannnì, Frankfurt, II, pag. 2.j1),
ma come giustamente fa osservare il Carpenter, '' mancano ancora gli
elementi necessari per poter stabilire sufficientemente le differenze che
esistono tra questi due generi e per conseguenza conviene riferire prov-
visoriamente queste forme al gen. Pentacrinus del Miller.
Località : Il P. Gastaldii, da quanto mi risulta, venne raccolto
oltreché sui colli di Torino, altresì dal prof. E. Suess di Vienna nel
1 Nicolas M. H., Et. d. terr. tert. d. enr. d' Avignon. Le Miocene. (Ann.
(1. l'Ac. de Vaucluse, 1897, pag. 79.)
2 Nicolas M. II., Etud. d. terr. tert. d. env. d' Avignon, ecc., 1897, pag. 397.
3 Bather F. A., A Record, ecc., 1899, pag. 39, London.
-5 C.4.RPEXTER H., Op. cit., pau. 271.
28 A. NOELLl.
Leithakalk di Eisenstadt; da F. Karrer nel miocene di Boskovilz in
Moravia ; da F. Artigue nei faluns miocèaes del bordolese ; nei ter-
reni terziari miocenici dei dintorni di Avignone ; dal Manzoni nella mo-
l;ìsi<a ad elementi serpeuiinosi della collina di Montese ; dal prof. Bian-
coni nella melassa miocenica della collina di Gaiato sulla sinistra del
Panaro nella provincia di Modena, e dal Michelotti nei terreni del
miocene superiore di Serravalle Scrivia.
in questi ultimi tempi vennero raccolti numerosi esemplari nelle
seguenti località : Resca (presso Sciolze), S. Antonio presso Sciolze,
Baldissero torinese, Valle dei Ceppi, Pino torinese. Monte dei Cappuc-
cini (Torino) e Rosignano.
V. T^orloll w. f.
Tav. 1, lìg. 33-34.
Colonna di 17 mm. di altezza formala da 9 articoli quasi eguali
fra di loro, subpentagonali. Articoli larghi mm. G. e colle l'accie late-
rali liscie e munite di suture evidenti e leggermente cronulate. Super-
fici articolari quasi circolari, con foglioline molto aperte verso la parte
esterna, ove si notano da 7 a iO denti; nella parte interna terminano
confusamente in due linee liscie; la cavila rinchiusa ò relativamente
poco profonda; nel centro si nota un piccolo forellino.
Sul margine e precisamente nei punti occupati da due dei cinque
angoli ottusi del pentagono partano duo infossa turo molto distinte, lon-
gitudinali le quali degradano di mano in mano e scompaiono verso il
sottimo articolo. Nelle pareti della colonna iiilorposle ira le due infossa-
tnre si nota in ogni sutura una leggiera cavità, alquanto larga. Queste
cavità sono disposte secondo una linea longitudinale. Lo stesso fatto,
ma più debolmente si osserva iiella parte opposta.
In u]i secondo esemplare la colonna ò alla S mm. ed è formata da
4 artirnlj quasi eguali fra di loro, pochissimo disiinli e con un dia-
COXrUIBUZIOXE ALLO STUDIO DEI CFUNOIDI, ECC. 29
metro puro di G mm. La forma come nel primo esemplare ù subpeii-
tagoiiale, le fogliette mollo grandi si distinguono soltanto debolmente
nella parto esterna; ad una estremila e nei punti occupati da due dei
cinque angoli del pentagono partono i due solchi longitudinali, dei
quali uno è largo, alquanto profondo e termina al principio del secondo
articolo, l'altro ]iiù stretto termina confusamente verso il terzo.
Infine un in terzo esemplare la colonna alta mm. 12,5 e larga mm. 5,
è formata di 7 articoli subpentagonali o quasi eguali fra di loro. Le su-
perfìci articolari hanno i lati debolmente incavati nella parte mediana; gli
angoli sono proeminenti od ottusi. Le fogliette alquanto larghe non la-
sciano scorgere che pochi denti verso la periferia. Le due infossature
molto distinte partono dalla metà di due lati opposti della faccia su-
periore e vanno a terminare facendosi sempre meno distinti verso il
settimo articolo. Dalla metà degli altri tre lati si scorgono tre solchi
longitudinali, appena seguati. Unitamente alla colonna vennero trovati
due frammenti di articoli larghi mni. 6, .5 e alti mm. 2, pentagonali
e debolmente incavati nella parte mediana. Fogliette articolari appena
distinte verso la periferia, profonde e separate fra di loro da un solco.
5 esemplari.
Rapi^orti e differenze. — Questo Peìitacriao differisce dagli altri
aUlni per la forma quasi circolaro degli articoli, per la mancanza di
un foro ampio nella parte centrale e per là presenza dei due solchi
laterali longitudinali. Però la colonna si può confrontare col P. Bronnii
secondo la figura 156 della tav. 99 contenuta nell'opera del Quen-
STEDT. '
Località : Villa Besozzi, Valle S. Martino, Colli di Torino.
1 QuExsTEDT A. F., Petrefudenk. detitsch. P. 1, \. 4. Die Asleriden unci
Encr'miden. 187G, Leipzig.
30 A. XOELLI.
Gen. CONOCRINUS d Orbigny 1817.
1875. Conocriiius Segiien^ai Menefrhiiii.
Tav. I, fig. 35-38.
1875. Bourgueticrinus sp. Segue.nza. S., Studi strut, sulla forma::, plioc. del-
l'Jtal. merid. (Bull. I{. Com. Geol. d'lt., Vol. VI, pag. 84,
Roma.)
1875. Conocrinua Seguenzai Mexeghini G., / C'rmoidi terziari. (Atti Soc. Tose.
se. nat., Vol. II, fase. I, pag. 17, Pisa.)
Calici obcouici, estremità pentagonale, circolare in qualche esem-
plare male conservato, i lati del pentagono sono arcuati e presentano
una leggera sporgenza ad angolo nel punto mediano; alle estremità
di ogni lato si notano due leggieri rilievi radiali i (juali si abbassano
verso il centro della faccia superiore e terminano in alcuni esemplari
ad un foro centrale. Lo spazio interposto tra due rilievi è occupato da
una fossetta articolare, quindi ad ogni lato del pentagono stanno di
fronte due fossette articolari.
Un calice è alto ."> mni. ; 1' estremità superiore è larga '.) mm. mentre
r inferiore è di mm. 1,;') e questa presenta un foro centrale; un secondo
'■' alto Ci mm., l' estremità superiore alquanto erosa ò larga o mm. e
l' inferiore termina con un bitorzolo oblungo di oltre 1 mm. di dia-
metro ed è munito di un foro nella parte centrale. Due altri calici
hanno una lunghezza di .') min. colla faccia supcriore larga mm. 2,.")
e l'inferiore 1 mm.; di due altri esemplari, uno ò alto 4 e l'altro
o mni.; il primo però ò più rigonfio del secondo, la loro faccia supe-
riore è larga circa ?> mm. e la faccia inferiore munita ili un largo
foro lo è di l inm.; 1' idliiuo esemplare è poi allo 1 mm., la sua
faccia superiore è larga 1 mm. e l' inferiore 1 mm. e qin'sla presenta
un;i cavità circolaro avente nel mozzo un furelliuo.
7 esemplari.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. '^ l
Rapporti e differense. — I vari esemplari da me esaminati diffe-
riscono dal C. pijriformÌ8 per la loro forma a cono e per la con for
mazione ad angolo dei lati del pentagono; differiscono poi dal C. Tho-
renti per la mancanza dei cinque grossi denti inllessi verso il centro.
Località : Gli esemplari tipici del Meneghini vennero raccolti nel
terreno miocenico di Serravalle Scrivia (Piemonte).
Invece gli esemplari da me esaminati provengono dai Colli torinesi,
S. Antonio prèsso Sciolze (Colli di Torino), Pino torinese. Monte dei
Cappuccini (Torino).
Gen. ANTEDON Freminville ISil.
18G1. Antedon ohlitiis (Michelotti).
Tav. I, fig. 30-4G.
1861. Allionia Oblila Michelotti G., Descr. ci. quelq. nouv. foss. d. terr. mioc.
d. l. colline de Turin. (Rev, et Mag. d. Zoologie, pag. 1-2,
Tav. X, fig. l-l a 1 ò.)
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale . . iiim. 3,5
Altezza •• 1,5—2
Calice pentagonale relativamente poco elevato. Piastra centrodorsale
snbpeutagonale, alquanto sottile. Faccia dorsale convessa, piana in duo
esemplari, ed in un terzo presenta un foro grande al centro; essa ò
priva delle faccette articolari dei cirri. Queste sono alquanto numerose
ai lati ed appaiono piccole, profonde e disposte in due o tre serie
circolari (non mi fu possibile determinarne il numero esatto). Faccia
ventrale debolmente concava, liscia ; in due esemplari si notano cinque
sol<:'hi radiali coi margini lineari rialzati; questo carattere appare poi
32 A. mjelij.
più (iislialo ill nil esemplare raccolto a Sciolze. Nel centro si Dota un
foro più 0 meno largo e profondo; le cinque depressioni corrispondenti
alle piastre basali sono poco profonde.
Piastre radiali trapezoidali, oblique rispetto all'asse verticale e visi-
bili per bene soltanto in due esemplari. Esse sono poi separate fra
di loro da un leggero solco molto rialzato sul piano delle faccio arti-
colari. Impressioni del legamento elastico molto incavate, la fossetta
mediana e piccolissima ; bitorzolo articolare rilevato e distinto ; orificio
del canaio grande e separato dalla fossetta per mezzo di un rialzo li-
neare. Impressioni del legamento interarlicolare alquanto incavate, im-
pressioni muscolari poco distinte.
La cavità del c:ilice è poco profonda, grande, con pareti segnate in
mi esemplare da cinque solchi distinti od in un secondo da otto o
nove solchi deboli.
In un terzo csempkirc la cavità ù più graiidc e più profonda e ter-
mina con un foro centrale. In un altro esemplare poi munito del
primo anello radiale e della piastra centrodorsale, questa si presenta
piana nel dorso, ma è priva di cavità centrale.
10 esemplari, di cui uno molto grande (IO mm. di lungh. per 8
di largh.) non rappresenta che un pezzo di piastra centrodorsalo.
lìapporll e (ìilfereiue. — I primi esemplari vennero raccolti dal ^Ii-
ciiELOTTi e dal cav. Luigi Di Ro.\senda nel miocene medio della collina
di Torino, come risulla dalla noia dello stesso Migiielotti stata pubbli-
cata nella Revue et Magasin d. Zoologie nell'agosto del 1861.^ Nella
stessa nota poi il Migiielotti descrivo una piastra centrodorsale albi
quale unisce una figura assai imperfetta. Dopo il Migiielotti non mi
risulta che alni abbia descritta tale specie; soltanto jiiù tardi il
Fontannes nel descrivere la sua specie A. rhodamcus 1870,- fa
notare come questa debba essere posta nella seconda sezione dello
' MiciiuLOTTi G., Op. cit., pag. 1, 2.
- Fontannes M. F., Kt. drat. et. pai. sur le tcrl. ci. bass, da Rhone. V, 187U.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 33
Sghlìiter sezione la quale comprende qualche specie priva di fossette
radiali ed alla quale il Meneghini propose di applicare il nome gene-
rico di Allioiiia che il Mighelotti le aveva dato nel ISGl. La stess;i
osservazione il Meneghini la ripete in ima sua nota ^ pubblicata nel
1879 ed in seguito quest'autore in una adunanza tenuta dalla Società
Tose, di se. nat. il 7 luglio 1878 ^ a proposito di questi peutacrini
osservò come lo Sghlìiter di Bonn nel suo lavoro sui Crinoidi ciHl-
lidi^ avesse omessa la specie Allionia oblita. Infine espresse dubbi
se il gen. Allionia dovesse mantenersi ed esaminando alcuni esem-
plari che il Mighelotti avova raccolti nel miocene medio di Baldis-
sero, osservò come per il loro cattivo stato di conservazione essi non
permettevano di stabilire con certezza il loro .riferimento alla specie.
Senonchè, come giustamente fa osservare De Loriol nel suo recente
lavoro ^ a pag, 123, il genere Allionia non solo non differisce dal
genere Antedon, ma non ne è che un semplice sinonimo.
Confrontando poi i miei esemplari coìVA. rhodanieus Font, ne risulta
che essi differiscono notevolmente per essere privi del margine formato
dalla piastra centrodorsale il quale in questa sp. sporge all'esterno
oltre le piastre radiali. Le piastre centrodorsali si possono poi soltanto
paragonare colle figure 9-9 a della tavola IV del De Loriol/' A quanto
però questo Autore riferisce nei rapporti e differenze circa VA. rhoda-
nieus, gli si può obbiettare che esaminando bene la descrizione e le
figure date dal Fontannes ^ non risulta in esse bene distinto l' orlo
1 Fontannes M. F., Note sur la décoiwerte d. 2 esp. nono. d. gerir. Antedon
dans la terr. tert. sup. d. bassin du Rhone, 1879, pag. 499.
2 Meneghini G., Proc. Verb. adun. 7 luglio 1878. (Atti Soc. Tose. se. nat.,
pag. XXXI, 1879.)
^ ScHLÙTER C, Ueber einige astilide Crinoiden. 1878.
^ De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. 1897.
^ De Loriol P., Op. cit., pag. 123, tav. IV, fig. 8, 8 a, 8 ^, 8 e, 9, 9 a, 10.
e Fontannes M. F., Op. cit., 1879.
Vo!. XXXIK, 3
34 A. XOELLI.
formato «lalla piastra centrodorsale il quale dovrebbe sporgere oltre la
base delle piastre radiali.
Un' analoga differenza esiste pure ti-a gli esemplari dei colli di Torino
e quelli t^tudiali dal Nicolas ^ pag. 403 e - pag. 74 ; soltanto che in
questi la piastra centrodorsale è meno sporgente di quanto si osserva
uellM. rhodaìiicm ; ma la descrizione che ne dà ò cosi insufficiente
e le figure risultano così imperfette da lasciare vari dubbi su quanto
esso asserisce. Lo stesso può pure dirsi pel suo A. miocenicus (pag. 404),
anzi tutto può lasciar supporrò che VA. miocenicus altro non sia che
\'A. rliodcuiicus.
(jli esemplari poi dei colli torinesi differiscono affatto da quelli
descritti dal Pomel ; ^ tutt' al più si possono paragonare fra loro le
faccie dorsali di qualche piastra centrodorsale.
Località: Sotto Resca (Sciolze), Colli torinesi, Pino torinese, S.
Antonio presso Sciolze, Valle S. Martino, Villa liesozzi.
Antedmi Michelottii n. f.
Tav. I. fig. 47-49.
Dimensioni :
Diametro mm. 7
Altezza -^ o
Calice pentagonale alquanto schiacciato. Piastra centrodorsale a con-
torno pentagonale, coi lati incavati verso la faccia dorsale, e cogli
anc^oli acuii e rivolti verso il basso. Faccia dorsale convessa, larga-
^ Nicolas M. H., Et. s. le terr. tert. d. envir. d'Avignon. Miocì'ne. 1897.
^ Nicolas M. 11, Et. d. terr. tert. d. envir. d'Avig. Mioc. Note compi, sur
la faune de la n Femme de Loth. ", ecc. 1897.
3 Pomel, Paleontologie de l'Algerie, n Zoophytes, u 2.« fase, 2." iivr.,
1887, Alger.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 35
mente piana nella parte superiore ove si presenta corrosa ed irrego-
lare. Faccette articolari dei cirri ampie, rotonde, poco profonde, visibili
soltanto verso l' orlo esterno ed in numero di una, due per serie.
1/ orlo della piastra centrodorsale non oltrepassa le piastre radiali ;
queste sono poi assai inclinate sull' asse verticale. Faccie articolari
delle piastre radiali trapezoidali, colla base molto larga e separate
fra di loro da un solco lineare poco profondo formato da due forti
rialzi. Le faccie sono assai incavate, rugose. Impressioni del legamento
elastico assai profonde, incavate ; la fossetta mediana ò larga. Orifìcio
del canale ampio, profondo, cogli orli appena rialzati dal fondo della
faccia ed ò separato dalla fossetta da un orlo alto, lineare e lungo.
Impressioni del legamento interarticolare distinte, ma poco profonde ;
impressioni muscolari confuse.
Cavità del calice pentagonale cogli orli convessi di cui uno più
sporgente degli altri quattro verso l'interno, essa è assai profonda.
1 esemplare.
Rapporti e differeiise. — Un notevole carattere il quale differenzia
evidentemente questo Antedon dagli altri affini, si è la disposizione quasi
orizzontale delle piastre radiali unita alle loro grandi dimensioni ; di
più la piastra centrodorsale ha forma di piramide lai'gamente troncata
a base pentagonale. La base superiore è confusamente circolare e
debolmente ed irregolarmente incavata.
Località : S, Antonio presso Sciolze (Colli di Torino).
1897. Antedon Fontannesi De Loriol.
Tav. I, fig. 50-52.
1897. Antedon Fontannesi De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull.
Soc. Géol. Fran?., Sèrie III, Tome XXV, pag. 126, tav. IV,
fig. 13, 13 a, 13 b, 13 e.) — Nicolas M. H., Étud. d.
ter)', tert. d. envir. d. Avignon. Miocène. Note com-
plém., ecc. (Ass. Fran?, p. l'avanc. d. se; Congr. d. S.
Etienne, 1897, pag. 407, Paris.)
A. NOELLI.
Dimensioni
Diametro della piastra centrodorsale mm. 4 — 5,5
Altezza r, ^ •• « 1 — 2
Piastra centrodorsale irregolarmente pentagonale; il diametro della
faccia dorsale è di poco più stretto della ventrale. La superficie della
faccia dorsale ò assai consumata, in qualche esemplare è debolmente
convessa, in altri è piana. La l'accia ventrale è piana, concava in
qualche esemplare, e presenta nn foro nel mezzo dal quale partono in
qualche esemplare cinque fascie liscie le quali delimitano le faccette ar-
ticolari delle piastre basali. Faccette articolari dei cirri distinte solo iu
qualche punto e sono per lo più in numero di due per serie verticale.
7 esemplari.
Rapporti e differenze. — Esaminando attentamente i vari esem-
plari di questa specie, mi risulta che essi differiscono dal tipo del
De Loriol per avere uu contorno pentagonale appena distinto, per
la faccia dorsale piana o debolmente convessa la quale ò priva di un
foro centrale, per avere questo un diametro di poco diverso da quello
della faccia ventrale, por il numero e la disposizione delle facetto arti-
colari ed infine per essere le faccio laterali quasi verticali.
Dalla figura poi che il Nicolas dà di questo Aatedon risulta come
in queir esemplare gli orli laterali siano alquanto inclinati.
Località : S. Antonio presso Sciolze (Colli torinesi).
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 37
1897. Antedon Depereti De Loriol.
Tav. I, fig. 53-57.
1897. Antedon Depereti De Loriol P., Déscript. d. quelq. fossil., ecc. (Bull.
Soc. Góol. Fran^., Sèrie III, Tome XXV, pag. 126, tav. IV,
fig. 14, 14 a, 14 b, 14 e.) — Nicolas M. H., Et d. ter.:
tert. d. envir. d' Avignon. Miocène. Note comptém., ecc.
(Ass. FranQ. p. l'avanc. d. se. ; Congr. d. S. Etienne, 1897,
pag. 409.)
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale mm. .5
Altezza n n •■ ^» 2,5
Piastra centrodorsale in forma di cono troncato e coli' orlo debolmente
pentagonale. Faccia ventrale incavata colle pareti obblique, rugose. Al
centro si nota un foro ampio e profondo. Faccie laterali oblique rispetto
all' asse verticale, più inclinate ed alte da un lato. Faccette artico-
lari dei cirri larghe, poco profonde, alternate fra di loro, ed in numero
di i-2 per serie verticale. Faccia dorsale piana, alquanto inclinata e
rugosa.
1 esemplare.
Rapporti e differenze. — Rassomiglia molto all' esemplare stu-
diato dal De Loriol ; ne differisce però pel numero delle faccette e
per la mancanza nella faccia ventrale di impressioni le quali segnano
r inserzione delle piastre basali.
Differisce poi dalla figura data dal Nicolas (op. cit., pag. 409), per
avere questa tre faccette articolari dei cirri per serie verticale, e per
essere munite le facette stesse di uq foro centrale.
Località : Dintorni di Sciolze (Colli di Torino).
38 A. NOELLI.
Antedon taurinensis u. f.
Tav. I, fig. 58-60.
Dimensioni :
Diametro mm. 2 — 2,4
Altezza n 2
Calice pentagonale, poco elevato. Piastra centrodorsale a contorno
debolmente pentagonale, convessa nella parte dorsale e munita di un
debole foro nel centro. Faccette articolari dei cirri poco numerose, in
numero di due o tre per serie; queste sono piccole circolari, legger-
mente concave e munite di un piccolo l'oro centrale. Non mi fu possi-
bile determinare il numero delle serie.
Faccette articolari delle piastre radiali trapezoidali, larghe alla base,
disposte obliquamente rispetto all' asse verticale e separate fra di loro
da un leggiero solco. L' apertura del canale, piccola e profonda, è
circondata da un rialzo inclinato. Impressioni del legamento elastico
profonde, la fossetta mediana è piccolissima. Impressioni del legamento
interarticolare assai incavate, impressioni muscolari poco distinte.
La cavità del calice piuttosto ampia e profonda ed irregolare pre-
senta soltanto qualche solcatura.
2 esemplari.
Rajiporti e differerue. — Non mi risulta che siano stali linora rac-
colti degli Antedoii alfini alla l'orma da me descritta. Infatti esso si di-
slingue anzitutto per la sua forma globulare, per la piastra centrodorsale
assai convessa, e per essere questa priva di un margine sporgente
oltre le piastre radiali.
Località : Monte dei Cappuccini (Torino).
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 3!)
Jntedon mininitt^ n. f.
Tav. I, fig. 61-63.
Dimensioni :
Diametro mm. 1,4
Altezza •• i
Calice distintamente pentagonale alquanto schiacciato. Piastra cen-
li'odorsale convessa, relativamente grande senza oltrepassare le piastre
radiali, alquanto alta (mm. OG) e termina in punta largamente ottus;i.
Faccette articolari dei cirri distinto e relativamente grandi e profondo.
Esse sono disposte alternativamente; però qua e là mancano; il loro
numero pare varii da 2 a 3 per serio. Piastra centrodorsale coi lati
concavi e gli angoli sporgenti ed ottusi. Faccette articolari delle piastre
radiali trapezoidali, allargate alla base, molto inclinate rispetto all' asse
verticale e separate fra di loro da un solco evidente. Impressióni del
legamento elastico assai incavate; fossetta mediana assai piccola. Il rialzo
traversale è breve e circonda 1' orificio del canale assai ampio e pro-
fondo il quale ò separato dalla fossetta da un sottile rilievo. Impres-
sioni del lagamento interarticolare assai distinte, profonde e rialzale
e sono separate all'interno da una costa; impressioni muscolari distinte.
Cavità del calice grande, profonda e solcata in corrispondenza ai
cinque angoli del pentagono.
i eseniplare.
Rapporti e differenze. — Questo Aniedon differisce dagli altri fi-
nora conosciuti per le sue minime dimensioni, per avere le piastre ra-
diali molto inclinate sull'asse verticale, e per la piastra centrodorsale
la quale è nettamente pentagonale, molto convessa e terminata in punta
ottusa nella parte dorsale ; questa è poi, relativamente alle altre, un
po' più alta.
•iO A. NOELLI.
Nei dintorni di Sciolze venne raccolta una piastra centrodorsale larga
mm. 3 ed alta mm. 2 col contorno evidentemente pentagonale e cogli
angoli ottusi. La faccia centrale è munita di un ampio e profondo
foro centrale ; da questo partono cinque solchi radiali cogli orli grossi
e rialzati i quali terminano ai cinque angoli del pentagono. La faccia
dorsale ò conica, liscia all' estremità e con due serie orizzontali di
facette articolari dei cirri alternate fra di loro. Queste sono ampie e
profonde. Pare si possa riferire all'^. minimus.
Località: Monte dei Cappuccini (Torino).
Antedon JSHcolasi u. f.
Tav. I, fig. 64-66.
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale
mm. 5
Altezza -> « -i
" 3,5
Piastra centrodorsale conica, più larga che alta e termina in punta
largamente ottusa. La forma pentagonale ò bene visibile dal lato ven-
ti-ale. Le cinque faccie laterali sono separate da cinque costole alquanto
sporgenti e terminate in punta ricurva verso il basso. Faccette artico-
lari dei cirri disposte in dieci serie, ogni serie ne comprende tre, qual
cuna quattro, ed è separata dalla adiacente da una costola più debole
(' più brf3ve formata dagli orli esterni delle facette stesse. Queste
t^ono più grandi ed ovali verso la base.
Faccia ventrale incavata cogli angoli del pentagono rialzati e spor-
genti; faccie articolari delie piastre basali incavate nel centro e termi-
nano all'esterno in una debole punta acuta.
Dal foro centrale partono cinque solchi radiali cogli orli paralleli
e rialzati i quali terminano agli angoli del pentagono.
1 esemplare.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. il
Rapporti e differenze. — Per quanto rassomigli all'J. angle-
sensis De Loriol, ne differisce per avere le faccie laterali separate
da costole rilevate, e per terminare queste in punta ricurva verso il
jjasso. Di più la parte superiore non termina in punta acuta.
Località : Pino torinese (Colli di Torino).
1897. Antedon anglesensis De Loriol.
Tav. I, fig. 67.
1897. Antedon anglesensis De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull.
Soc. Géol. Frane, Sèrie III, Tome XXV, pag. 121, tav. IV,
fig. 7, 7 fl, 7 b.) — Nicolas M. H., Et. d. terr. tert. d.
envir. df Avignon. Miocène. Note complém., ecc. (Ass.
Frani;, p. l'avanc. d. se. ; Congr. S. Etienne, 1897, pag. 408.)
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale mm. 4
Altezza n r, r, -fl 4,5
Piastra centrodorsale di poco più stretta che alta, evidentemente
conica, a superficie debolmente ricurva, acuta all' estremità e alquanto
rugosa sul dorso ; la forma pentagonale del contorno è quasi scomparsa.
Le faccette articolari dei cirri formano dieci serie, alcune delle quali
pochissimo distinte, e se ne scorgono due, al più tre, soltanto in qual-
che serie, le altre vennero evidentemente corrose.
La faccia ventrale è debolmente concava, assai consumata e nel
mezzo si nota un ampio foro.
1 esemplare.
Rapporti e differenze. — L' unico esemplare che io possiedo di
questa forma è talmente consumato da lasciar distinguere soltanto pochi
caratteri i quali però sono tutti riferibili a quelli dateci dal De Lo-
riol. Per la maggiore altezza e per la sua forma conica potrebbe forse
42 A. NOELLl.
riferirsi ^WAlecto Alticeps Philippi, ^ ma varia per il numero delle fac-
cette articolari dei cirri, le quali in questo Antedon sono in numero
di due per serie, e le serie sono in numero di quindici, cioè tre per
faccia laterale.
Il Nicolas figura senza descrivere questo Antedon e dal suo disegno
risulta come esso termini in punta assai ottusa.
Località : Sciolze (Colli torinesi).
Antedon l?aronai n. f.
Tav. I, lig. 68.
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale nim. 3,5
Altezza - f, t. :i 5
Piastra centrodorsale conica, ottusa Jicll' apice e la forma pentago-
nale ò visibile tanto dal lato dorsale come dal lato ventrale; faccie
radiali separate da cinque costole smussate specialmente verso la
base. Faccie laterali quasi piane e coi lati quasi paralleli per due
terzi della loro lunghezza, quindi terminano confusamente in punta.
Ogni faccia comprende due serie di faccette articolari dei cirri alter-
nate fra di loro; queste sono grandi, quasi rotonde, poco profondo e
non ne sono visibili che tre ovvero quattro per serie ; queste sono poi
separate fra di loro dagli orli delle singole faccette.
Faccia ventrale debolmente incavata ; all' orlo esterno si notano
cinque deboli proemiiienze le quali segnano gli angoli del pentagono.
Da esse partono cinque costole poco distinte e tondeggianti lo (|uali
vanno a terminare confusamente al centro occupato da un foro appeiui
.segnato e largo. Faccie basali incavate.
^ Philippi R. A., Alecto alticeps n. sp. Eine lerliàre Gomatula. 18-41, pag. 2 12,
tav. VI, fig. a, h.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 43
I esemplare.
Rapporti e differense. — Questo Antedoii differisce completamente
^dWAntedoii Anglesensis De Loriol, per la sua altezza, per la strut-
tura piana delle sue faccie laterali e per la forma della faccia ventrale.
Differisce poi dall'^. Allardi pure del De Loriol per le sue minori
dimensioni, per la mancanza delle fascio lineari interposte ognuna tra
due solchi evidenti nella faccia ventrale e per il minore numero delle
faccette articolari.
Rassomiglia (almeno per quanto riguarda la struttura della piastra
centrodorsale) aWAlecto aliicejjs Philipp], ^ ma ne differisce per non
avere tre serie di faccette articolari dei cirri per ogni faccia laterale.
Le faccette non sono poi neWAlecto alticeps alternate fra di loro, e
sono poco pronunciati gli angoli del pentagono.
II Meneghini - a pag. XXXI nota iufìue come il Michelotti rac-
colse nella collina di Torino un esemplare Antedon dalla forma conico-
piramidata, alto mm. 5 e con un diametro di mm. 4 ; munito di due
serie di fossette articolari dei cirri su ciascuno dei cinque lati della
piramide. Nota però come la imperfetta conservazione non consenta ul-
teriori particolari. Da quanto si può dedurre dall'esame di quei carat-
teri pare che quella forma di Antedon si possa riferire all'^. ParonaL
Località : Sciolze sotto Resca (Colli torinesi).
1 Philippi It. A., Alecto alticeps — n. sp. Eine ieri. Cornai. 1844, pag. 242,
tav. VI, fig. a, b.
2 Meneghini G., Proc. Veri. adun. 7 luglio 1878. (Att. Soc. Tose. se. nat.,
pag. XXXI, Pisa, 1879.)
44 A. NOELLI.
Antedon stellattis ii. 1.
Tav. I, fig. 69-71.
Dimensioni :
Diametro della piastra centrodorsale inm. 5
Altezza « ■' « « 2,5
Piastra centrodorsale evidentemente pentagonale ; la faccia dorsale,
alquanto consumata, presenta all' esterno cinque rialzi assai ottusi in
corrispondenza ai cinque angoli del pentagono in modo da assumere
una forma stellata ; uno di essi ó però poco evidente. Nel centro la
superfìcie è convessa.
La faccia ventrale, alquanto incavata, è munita di un foro ampio
noi centro, e presenta agli orli cinque spigoli rialzati ed ottusi. Faccia
Litorali oblunghe, a lati quasi paralleli e separate fra di loro da cin-
(jue solchi alquanto larghi e distinti ; in alto terminano in un grosso
bitorzolo. Ogni faccia comprende due serie di faccette articolari dei
cirri e queste sono in numero di due-tre per serie.
1 esemplare.
Rap2^orti e differente. — Questa forma differisce dall'yl. Pellaii
De I.oriol per la conformazione convessa della faccia dorsale della
piastra centrodorsale e per essere le faccio laterali rialzate.
Località: Dintorni di Sciolze presso Resca (Colli torinesi).
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 45
1897. Antedon Pellati De Loriol.
Tav. I, fig. 72-76.
1897. Antedon Pellati De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull. Soc.
Géol. Frane., Serie III, Tome XXV, pag. 124, tav. IV,
fig. 11, 11 a, 11 b, 11 e.) — Nicolas M. H., Et. d. terr.
tert. d. envir. d' Avignon. Miocène. Note complétn., ecc.
(Ass. FraiiQ. p. l'avanc. d. se; Congr. S. Etienne, 1897,
pag. 407.)
Dimensioni:
Diametro della piastra cenlrodorsale mm. 3 — 4,5
Altezza
9
Piastra centrodorsale a cono tronco, con base quasi circolare e debol-
mente ristretta nella parte superiore. Faccia dorsale troncata, concava,
con un foro nel mezzo appena distinto in due esemplari. In un esem-
plare la concavità è molto grande, colle pareti quasi verticali e solcate
profondamente ed irregolarmente. Agli angoli del pentagono si notano
cinque costole debolmente rialzate ; 1' altezza è minore da una parte.
In un esemplare poi 1' orlo esterno ò ottuso e grosso.
Faccia ventrale alquanto concava, foro centrale ampio e profondo.
All'esterno si notano cinque spigoli poco distinti i quali limitano le
faccio del pentagono. Faccette articolari dei cirri grandi, trasversal-
mente ovali e profonde, disposte in numero di due o tre per serie,
ogni serie è separata dalla adiacente da una costa distinta ; le faccie
laterali sono poi separate fra di loro da una costa più rilevata e
comprendono ciascuna due serie di faccette articolari dei cirri.
3 esemplari.
Rapporti e differenze. — Questa forma non differisce da quella
descritta dal De Loriol che per qualche carattere come ad esempio la
■U) A. NOELI.r.
iiiaiicaiiza di un foro nella faccia dorsale in un esemplare, e per avere
la stessa faccia una concavità molto pronunciata ed a pareti quasi
verticali nei due altri esemplari. Differisce poi da quella figurata dal
Nicolas anzitutto per le sue maggiori dimensioni e per essere i rilievi
separanti due faccie laterali di poco arcuali.
Località: Due esemplari di S. Antonio presso Sciolze. Uno del
Monte dei Capuccini (Colli di Torino).
Gen. ACTINOMETRA Miiller. 1841.
Actinometra Forrnae n. f.
Tav. I, fig. 77-79.
Dimensioni:
Diametro mm. 5
Altezza « 2,5
Piastra centrodorsale a contornu pentagonale, debolmente ristretta
verso la faccia dorsale; questa è leggermente incavata, a contorno cir-
colare ed (3 munita di cinque costole poco evidenti le quali segnano
gli angoli del pentagono. AH' esterno si nota una sola serie di faccette
articolari dei cirri ; queste sono piccole e profonde. Le faccie laterali
alquanto convesse ed alle mnj. 0,."), hanno 1' orlo ventrale arcuato e
sono separate fra loro da una costola l'ialzata verso la parte ventrale.
Calice pentagonale piultusto elevato ; piastre radiali a forma di tra-
peziu allungato, e parallele all' asse verticale. Faccie articolari larga-
mente incavate ; impressioni del legamento clastico alquanto profonde,
colla fossetta mediana larga e profonda. Il l'ialzo articolare è grosso e
nel mezzo si apre 1' orifìcio del canaL^ il ({iiale è separato dalla fossetta
da un sottile orlo. Impressioni del legamento elastico interarlicolare
poro distinte. Nella parte superiore si noia la cavità del calice, la
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 47
quale è circolare, colle pareti solcate, ed ai cinque angoli si notano
cinque solchi più ampi e distinti.
1 esemplare.
Rapporti e differenze. — Riferisco questa nuova forma al genere
Actinometra_, poiché i suoi caratteri generici concordano con quelli con-
tenuti nello studio del De Loriol pubblicato nella Paleontologie Fran-
Qwize (Voi. W., part, II, pag. 443) e con quelli del Carpenter pubbli-
cati nel Report on the Crinoiden ( Voyage of the Challenger., Vo-
lume XXVI, pag. 267-68, 1884-88).
Questa nuova forma differisce poi completamente da quelle descritte
dagli stessi autori.
Località: S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino),
48 A. NOELLI.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
Fig. 1-32. Pentacrinus Gastaldi Mich., fig. 1-23, faccette articolari di vari ar-
ticoli (1 a 9 e 16 a 18 ingrandite); fig. 24-27, articoli visti di
fianco (ingranditi) dei quali due colle faccette articolari dei cirri ;
fig. 28 a 30, frammenti di colonna in grandezza naturale raccolti al
Monte dei Cappuccini (Torino); fig. 31-32, due frammenti ingranditi
raccolti noi colli torinesi.
T 33-34. P. Lorioli n. f. Due frammenti di colonna (debolmente ingranditi).
Valle S. Martino.
)) 35-38. Conocrmus Seguenzai Meneghini, fig. 35-37, tre calici visti di fianco
(molto ingranditi) ; fig. 38, faccia superiore del calice (pure ingrandita).
Pino torinese. — Colli di Torino.
11 39-46. Antedon oblitus (Mich.), fig. 39, faccia ventrale di un calice raccolto
presso Resca ; fig. 40, faccia ventrale di una piastra centrodorsale
del Pino torinese ; fig. 41-42, faccio dorsale o ventrale di un' altra
piastra centrodorsale raccolta presso la Villa Besozzi; fig. 43-45,
calice visto dallo faccio dorsale, ventrale e di fianco (S. Antonio) ;
flg. 46, altro calice della medesima località visto dalla faccia dorsale
(lo figure sono tutte ingrandite).
)i 47-49. A. Michelotlii n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di
fianco (ingrandite 3 volte). S. Antonio (Sciolze).
Il 50-52. A. Fonlannesi De Loriol, fig. 50, faccia dorsale di una piastra centro-
dorsale; fig. 51-52, faccia ventrale di due altro piastre (ingrandito).
S. Antonio (Sciolze).
H 53-57. A. Depereti De Loriol, lig. 53-55, faccia dorsale di una piastra cen-
trodorsale; fig. 56 e 57, la stessa rappresentata dal lato ventrale e
di fianco (ingrandite). S. Antonio (Sciolze).
Il 58-60. A. taurinemis n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di
fianco (ingrandite 9 volte). !Montc dei Cappuccini.
A. NOELLI - Contrib. alio studio dei Crinoidi, eco.
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78
ELIOT. CALZOLARI « FERRARIO. MILANP
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 40
Fig. 61-63. A. minimus n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco
(ingrandite 14 volte). Monte dei Cappuccini.
)i 64-66. A. Nicolasi n. f. Piastra centrodorsale vista dal lato dorsale, ventrale
e di fianco (ingrandite). Pino torinese.
1) 67. A. anglesensis De Loriol. Piastra centrodorsale vista lateralmente (in-,
grandita). Dintorni di Sciolze.
u 68. A. Paronai n. f. Piastra centrodorsale vista lateralmente (ingrandita).
Sotto Resca (Sciolze).
» 69-71. A. slellatm n. f. Piastra centrodorsale vista dalle faccio superiore,
inferiore e di fianco (ingrandite 4 volte). Sotto Resca (Sciolze).
I) 72-76. A. Pellati De Loriol, fig. 72-73, faccio dorsale e ventrale di una pia-
stra centrodorsale (Monte dei Cappuccini) ; fig. 74-76, altra piastra
vista dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco (S. Antonio) (ingran-
dite 5 volte).
» 77-79. Actinometra Formae n. f. Calice visto dalie faccio dorsale, ventrale
e di fianco (ingrandite 4 volte). S. Antonio (Sciolze).
Voi. XXXEX.
SULLA
FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON.
Nota del socio
Dott. G-iorgio dal Piaz.
(Con una tavola.)
Neil' esplorazione di alcune grotte della provincia di Belluno, com-
piuta a varie riprese nelle stagioni autunnali dal 1S94 al 1897, non
ho dimenticato, per quanto lo permettevano i mezzi dei quali potevo
disporre, di raccogliere, con appositi scavi, i resti fossili che eventual-
mente fossero stati sepolti nel terriccio, che tanto frequentemente ri-
copre il suolo delle caverne.
Le mie ricerche, nou sono state però molto fortunate, poiché fatta
astrazione da qualche resto affatto inconcludente, solo la grotta di S. Dona
di Lamon ha offerto alcuni avanzi discretamente interessanti, e tali che
meritino qualche cenno speciale.
Che la grotta di S. Dona di Lamon contenesse delle ossa fossili,
fu già reso noto dal dott, J. Facen fino dal 1877. ^ Più tardi il dot-
tor F. Fratini - ne dava la descrizione topografica ed illustrava alcune
ossa di Ursus spelaeus^ mentre quasi contemporaneamente il prof. E.
1 J. Facen, Nel giornale la Provincia di Belluno. 1877.
2 F. Fratini, In un opuscolo: Sugli antichi ghiacciai del Feltrino. (Annua-
rio degli alpinisti tridentini, 1881-85.)
52 G. DAL PIAZ.
De Toni ^ descriveva un cranio pure di Ursus spelaeus scavato in
detta grotta dal signor Paolo Maccaguan e regalato quindi al Museo
civico di Belluno.
Queste le conoscenze che si avevano della nostra grolla sino al giorno
delle mie ricerche, le quali, praticate già come dissi a varie riprese,
mi hanno fornito un piccolo materiale composto di resti più o meno
numerosi riferibili alle seguenti specie :
Ursics sitelaeus Blumb.
Ursus arctos Lin,
Canis vuljpes Lin.
Mustela foina Briss.
Arctomys marmotta Schreb,
Le2nis timidus'ì Lin.
Bos taurus Lin.
Capra Mreus Lin.
Ovis aries Lin.
Tutti questi avanzi, non sono però da riferirsi allo stesso scavo.
Senza dare una minuta descrizione della grotta, fatta già nella ras-
segna generale di alcuni fenomeni carsici del Bellunese, mi limiterò a
ricordare soltanto, come essa si possa considerare una successione al-
ternata di due corridoi e di due stanze per una lunghezza complessiva
di 150 metri. Dell'intero suolo della grotta, soltanto quello dell'ultima
camera, che costituisce naturalmente la parte più interna è ricoperto
da una grossa crosta stalagmitica, tutto il resto, fatta eccezione di
qualche diramazione secondaria, non presenta alcuna traccia di cròsta
calcarea.
1 E. De Toni, Sopra un cranio d'Orso trovalo nella caverna detta il Buco
di S. Dona in Distretto di Fonza^o. (Bull. d. Soc. Veneto-Trentina di se. nat.,
1884.)
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. Oó
Orbene ; dagli scavi praticati nel suolo ricoperto dalla crosta stalag-
mitica si ebbero numerosi resti di Urstùs spelaeus e di Ursics aretos,
mentre in un altro scavo eseguito nella prima camera, dove è affatto
mancante la crosta calcarea, la cui presenza sarebbe stato un buon cri-
terio per stabilire quali rapporti esistono fra i due giacimenti, si eb-
bero avanzi di Canis vulpes, Mustela foina, Arctomys marmotta,
Lejius timidics, Bos taurus. Capra Mrcus, e di Ovis aries, misti à
cocci e a numerosi carboni. A togliere ogni altro particolare che forso
avrebbe potuto fornire qualche criterio per giudicare sui rapporti dei
due giacimenti fossiliferi, s'aggiunge la circostanza che dove fu rac-
colto quest'ultimo materiale si apre, nella roccia, una di quelle fessure
per le quali è spesso effettuata la circolazione acquea sotterranea e al
cui sbocco è accumulata una grande quantità di argilla quale un cono
di deiezione.
Comunque sia, se quest'ultima circostanza ha per così dire comple-
tata la confusione, non è a credersi che i due giacimenti ossiferi deb-
bano appartenere allo stesso periodo. Nel primo deposito che si stende
nelle parti più interne della grotta, sotto una crosta stalagmitica, noi
dobbiamo vedere la solita formazione argillosa delle caverne contenente
spesso numerosi avanzi di Ursus, ed appartenente al diluvium ; nel
secondo dobbiamo vedere un cumulo disordinato di argilla, di molto
posteriore, a quella dell'ultima camera della grotta, che ha ricoperto
alcuni avanzi di pasti e di industria umana, riferibili, tutto al più, al
periodo neolitico. Là trattasi di un vero giacimento contenente resti fos-
sili, qui di un rifugio umano, attestato oltre che dai cocci, dai carboni
e dalle ossa spaccate e con impressioni di tagli, da numerose e pic-
cole cavità fra loro corrispondenti che si riscontrano sulle pareti della
citata fessura, scavate, molto probabilmente, allo scopo di porvi dei
travicelli sostenenti un piano alquanto elevato da terra.
54 G. DAL PIAZ.
Descrizione del materiale scavato nell'ultima camera della grotta^
negli strati d' argilla che si stendono sotto la crosta stalag-
mitica.
Vrstis sjyélaeus Bliimb.
Resti di questo mammifero vennero raccolti con particolare abbon-
danza nell'ultima parte della grotta dove il terreno presenta dall'alto
al basso la seguente sezione :
Crosta stalagmitica, spessore assai variabile, in media circa 25 centim.
Argilla bianca micacea dello spessore di circa 30-35 centim.
Argilla rosea, finissima, contenente avanzi ottimamente conservati, spessore medio
30-35 centim.
Terriccio rosso, ricco d'ossa e specialmente, nello parti più profondo, di denti iso-
lati, spessore medio 10 a 40 centim.
Strato di ciottoli caduti dalla volta e più o meno arrotondati.
Roccia in posto.
Da un calcolo approssimativo, mi risulta die fino ad ora sono state
estratte le ossa di non meno 300 individui. Però i crani completi e
bene conservati, sono in numero esiguo. La circolazione sotterranea delle
acque, oltre al portarvi un completo disordine, ha cooperato alla cor-
rosione e alla distruzione di quelle parti dello scheletro che por loro
natura presentano una minore resistenza.
Cranio. Pochi, coinè già dissi, bene conservati, uno soltanto com-
pleto, gli altri sette, eh' io sono riuscito a raccogliere, più o meno rotti.
L'universale abbondanza degli avanzi di questo mammifero, illusli'ati
già da molteplici lavori, rendono del tutto inutile una minuta descri-
zione delle varie parli.
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 55
Io non mi limiterò quindi, che a qualche osservazione d'indole ge-
nerale e a qualche conclusione tratta dai raffronti istituiti con esem-
plari provenienti da altre località. Appunto da questi raffronti, eseguili
specialmente col materiale delle grotte di Velo ^ ho potuto concludere
che tutti gli esemplari di crani scavati nella grotta di S. Dona di La-
mon, si staccano alquanto dalla forma tipica MVUrsus spelaeus pre-
sentando, specialmente, una minore espansione degli archi zigomatici,
la cresta sagittale assai più sottile, la cassa cranica più strozzata, l'osso
occipitale più inclinato, la fronte meno depressa, i condili meno spor-
genti e rivolti in alto e il foro occipitale più schiacciato nel senso tra-
sverso. Però tutte queste piccole differenze, che in gran parte si pos-
sono rilevare dal seguente specchietto di misure comparative, e che
ricordano alquanto la forma dell' Ursus ligiùsticus - non costituiscono,
d'altra parte, dei caratteri di capitale importanza, tali da giustificare
una specie nuova. Molti naturalisti, hanno già da vario tempo fatto
notare come si riscontrino anche forti differenze tra individui sicura-
mente appartenenti ad una stessa specie, variazioni che sono princi-
palmente dovute alle condizioni geografiche, agli alimenti, al sesso,
all'età, ecc.
1 G. Omboni, Di alcuni oggetti preistorici delle caverne di Velo nel Vero-
nese. (Atti Soc. It. se. nat., Voi. XVIII, fase. 1, 1875.)
2 A. IssEL, Liguria geologica e preistorica. Voi. II, pag. 273.
G. Marchesetti, Z' Ursus ligusticus Iss. ìielle Alpi Giulie. (Atti d. Museo
Civico di stor. nat. di Trieste, Voi. IX.)
50
G. DAL PIAZ.
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
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20
21
22
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24
25
26
27
Indicazione delle misure espresse in mm.
Distanza dal margine inferiore del foramen ma-
gnum al margine anter. dell' intermascell. . .
Distanza massima fra il punto esterno del pettine
occ. e il margine anter. deirintermascoll. . .
Lunghezza del muso, dal marg. ant. dell'interma-
scell. al marg. ant. della cavità orbitale . .
Distanza fra i lori infraorbitali
Distanza mass, fra i margini alv. int. d. canini.
Massima larghezza degli archi zigomatici . . .
Distanza dal vertice esterno dell'osso occ. al punto
medio compreso fra le bozze frontali . . .
Massima larghezza delle bozze frontali ....
Maggior diametro trasverso della cassa cranica .
Diametro maggiore del foro occipitale ....
Diametro minore del foro occipitale
Distanza dal margine ester, dell' intermascell. al
marg. est. del nasale
Massima larghezza del foro nasale
Lunghezza della cresta sagittale
Distanza dal marg. infer, del foramen magnum
alla metà della rotta che unisce lo corone post,
dei duo ultimi molari
Lunghezza della serie dei denti, dall'ult. mol. al
4.° prem. .
Lunghezza dell' ultimo molare
Lunghezza del primo molare
Distanza media fra i marg. interni dei premolari.
Spazio privo di denti (fra il canino e l'ult. prem.).
Distanza med. fra i marg. intern, degli ult. molari.
Distanza dal marg. poster, della sutura palat. al
marg. anteriore dell' intermascellare . . . .
Valore dell'angolo di depressione frontale ^ . .
Altezza anteriore del cranio ^
Altezza massima del cranio ^
Altezza posteriore del cranio ^
Distanza dal punto anteriore di biforcazione della
cresta sagittale alla metà della retta che unisce
le bozze frontali
Grotte
di Velo
420
417
475
475
180
180
89
97
111
117
300
308
257
273
145
148
120
132
42
40
30
1 1 0
29
...
Grotta
di S. Dona
415
458
427
480
178 180
881 96
107i 116
283 280?
258
126
120
39
26
118' 119' 105
70
65{
166
138
220
223
94
95
46
47
30
30
63
74
44
42
66
76
244
246
19
18
98
101
151
155
110
102
93
129
70
160
219
95
47
28
74
48
69
249
15
103
154
103
93
260
147
117
43
27
105
74'
160
227
97|
49
29
78'
46|
751
254
14
100
160
103
103
1 Questa misura è data dalla maggior perpendicolare calata sul nasale dalla
retta che unisce l'estremità inferiore delle ossa nasali, col punto più alto della
fronte.
2 Altezza anteriore del cranio, misurata dalla perpendicolare tirata dal punto
medio delle estremità anteriori dei frontali al corrispondente punto perpendicolare
(rispetto la linea basilare) sullo ossa palatine.
^ Altezza massima del cranio, misurata dalla verticale tirata dal punto più alto
della metà della fronte al corrispondente situato sulla linea basilare.
^ Altezza posteriore del cranio misurata dalla perpendicolare calata dal punto
più alto della cresta lanibdoidea al prolungamento della linea basilare.
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LA.MON. 57
Mandibola. Complessivamente ho raccolto 20 mandibole, delle quali
14 destre e 6 sinistre. Generalmente sono bene conservate, ed in parte
fornite dei loro denti. Salvo piccole dillerenze, dovute evidentemente
all'età,' presentano, nel complesso, una forma pressoché identica.
Le misure seguenti sono tolte da una mandibola completa e in uno
stato di conservazione perfetto.
9
10
11
12
13
14
Massima lunghezza della mandibola, dall'esterno dell'artico-
lazione glenoidea al margine esterno degli incisivi . .
Spazio privo di denti, compreso fra il canino e il quarto
premolare
Spazio dentario molare
Altezza della mandibola, alla metà dello spazio privo di denti.
Altezza massima, misurata dalla perpendic. tirata dal punto
più alto della branca ascendente al prolungamento della
linea basilare
Altezza media misurata dal margine alveolare del penuhimo
molare, alla base
Diametro massimo antere-posteriore del terzo molare . . .
» » )) » secondo )) ...
I) » )) )i primo )) ...
)) » )i » quarto premolare .
Diametro medio trasverso del terzo molare
)) I) )) I) secondo »
)i )) I) )i primo ))
» I) )) )) quarto premolare
323
59
104
66
200
75
28
31
30
16
21
18
11
10
Denti. Abbondantissimi tanto quelli superiori, quanto quelli inferiori.
La formola dentaria è la solita tipica e caratteristica (^QÌVUrsus spelaeus.
L 3, G. 1, P. 1, M. 2.
I~3, G. 1, P. 1, M. 3.
Nei crani di Ursus spelaeus provenienti dalla grotta di S. Dona di
Lamon, non abbiamo alcuna traccia del primo, secondo e terzo premo-
lare. Invece in due crani delle grotte di Velo, ottimamente conservati
e appartenenti ad individui vecchi, accanto al quarto premolare, esi-
stono le fossette genituiformi che attestano l'esistenza del terzo. Questo
58 G. DAL PIAZ.
fallo è stalo dal signor Trulat, ' nel suo lungo e minuzioso esame,
riscontrato in venti mascelle di Ursus spelaeiis, su cinquemila, ch'egli
ebbe occasione di esaminare.
In seguito a ciò, anziché ritenerlo un carattere d'importanza, il si-
gnor Gaudry ^ giustamente lo considera un fatto puramente eccezionale.
Vertebre. Anche le vertebre sono molto abbondanti. Lo stato di
conservazione iion è però sempre perfetto, specialmente per lo vertebre
dorsali e lombari le cui apofisi, nel maggior numero dei casi, sono rotte.
Cintura toracica.
Dalle ossa che formano la cintura toracica, ho raccolto alcune coste
tulle rotte, e due scapole, pure corrose ed incomplete.
Arti anteriori.
Òmero Di quest'osso ho raccolto cinque esemplari, tre destri e due
sinistri, piuttosto male conservali.
Ecco alcune misure dell'esemplare meno corroso:
Lunghezza massima dell'osso .... mm. 446
Diametro massimo dell' epifesi superiore . " 102?
■n i> « inferiore . -^ 108?
Ulna. Alcuni esemplari, in cattivo slato di conservazione.
Radio. Un esemplare discreto e diversi frammenti.
* Trutat e., Étude sur la forme generale du crdne che:: l'ours des cavernes.
Toulouse.
2 Gaudry A., Le petit Ursus spolaeus de Gargas. (Corap. Rend. d. l'Ac. d.
Se. de France. 1887.)
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 59
Piede anteriore.
Cardio. I vari ossicini del carpo, scafoluiiare, cuneiforme, pisiforme,
imciforme, trapezio, ecc. furono raccolti in discreta abbondanza e abba-
stanza bene conservati.
Metacarpo. Le ossa del metacarpo sono pure discretamente nume-
rose e bene conservate.
Falangi. Anche le falangi sono assai abbondanti e in uno stato di
conservazione perfetto. Non mancano i fusti delle unghie, o falangi un-
gueali, pure discretamente conservate.
Cintura ]}elvica.
Osso illiaco. Di resti riferibili a quest'osso non ho potuto raccogliere
che due soli frammenti.
Arti -posteriori.
Femore. Anche di quest'osso furono raccolti parecchi esemplari, ma
soli tre si possono dire bene conservati, due destri ed uno sinistro.
Tutti corrispondono, presso a poco, alle stesse misure.
Lunghezza massima dell'osso .... ram. 495
Diametro massimo dell' epifesi superiore . ^ 136
n -n « inferiore . « 108
Rotula. Di quest'osso raccolti vari esemplari di dimensioni pressoché
uguali.
Tibia. Pochi esemplari e molto corrosi alle estremità.
Perone. Alcuni frammenti.
GO G. DAL PIAZ.
Piede posteriore.
< Tarso. Anche delle ossa che costituiscono il tarso, calcagno, astra-
galo, cuboide, scafoide, ecc. raccolsi alcuni esemplari, che, come quelli
del carpo, sono bene conservati.
Metatarso. Le ossa riferiJili al metatarso sono pure state raccolte
in discreto numero.
Falangi. Molto abbondanti e ottimamente conservato.
Vrsus arctos Lin.
Assieme ai resti sicuramente appartenenti all' Ursus spelaeus, fu-
rono raccolti alcuni altri avanzi (un cranio, vari frammenti di cranio,
ed alcune ossa) di Ursus arctos.
L'illustre barone Achille De Ziguo, aveva già da vari anni raccolto
nelle grotte di Velo due piccoli crani del tutto corrispondenti ai resti
da me scavati nella grotta di S. Dona di Lamon, e su tali avanzi fon-
dava la nuova specie Ursus veronensis^ tuttora inedita.
Nello studio del materiale da me raccolto, data la perfetta corrispon-
denza con quello nel quale il De Zigno parve ravvisasse una specie
nuova, ho dovuto, naturalmente riprendere l'argomento.
Riserbandomi, in un'altra memoria, di trattare estesamente la que-
stione, per ora mi limiterò a dii-e soltanto che le mie ricerche non mi
hanno condotto ad ammettere una vera e propria specie nuova. Io pure,
nelle prime indagini aveva condiviso le opinioni del compianto De Ziguo,
ma adesso, dopo una discreta serie di ricerche, visto il grande poli-
morfismo di questo gruppo di animali, e in generale dei vertebrati
superiori, sono condotto e credere che i resti presi in esame si devono
riferire alla specie arctos.
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 61
Descrizione del materiale scavato nel terriccio che costituisce il
suolo della 'prima camera della grotta.
Canis vulpes Lin.
(Tav. I, fig. 1.)
Le ossa riferibili a questa specie, sono state raccolte in discreta ab-
bondanza.
Do la figura di un femore, lungo mm. 132 ottimamente conservato.
Alla stessa specie, possiamo riferire, con dubbio, una porzione posteriore
di cranio, troppo male conservato per poterlo determinare concertezza.
Mustela foina Briss.
(Tav. I, fig. 2, 3.)
Di resti riferibili a questo mammifero, ho raccolto una mandibola si-
nistra ottimamente conservata, e un femore, pure sinistro, alquanto cor-
roso nella parte inferiore.
Questo materiale che corrisponde perfettamente alla Mustela foina vi-
vente, non presenta particolarità tali che richiedano una minuta descrizione.
Arctoìnys marmotta Schrej).
(Tav. I, fig. 4, 5, G.)
Di questo roditore, ho raccolto molte ossa^ generalmente spaccate o
corrose ; soltanto le seguenti parti, meritano un breve cenno :
Cranio. Come mostra la fig. 4, trattasi delia parte posteriore di un
cranio appartenente ad un individuo adulto; è privo di denti e presenta
impressioni d'addentature.
62 G- DAL PIAZ.
Mandibola sinistra. Alquanto corrosa nella branchia ascendente, nel
resto è ottimamente conservata e corrisponde perfettamente dlVArcto-
mys marmotta vivente. Fu raccolto anche un frammento di mandibola
destra, manca però di tutti i denti.
Omero destro. Bene conservato meno che nella parte superiore dove
è alquanto corroso.
Tutte questo parti di scheletro, molto probabilmente appartengono ad
un unico individuo.
Lepus timicliis? Lin.
Riferisco a questa specie alcune ossa più o meno rotte e tali da
non permettermi di stabilire con certezza se si tratta del Leims timi-
dus, invece che del variabilis. .
Bos tauriis Lin.
Trattasi di un metatarso male conservato, e di alcuni frammenti di
altre ossa.
Capra hircus Lin.
(Tav. I, fig. 7.)
Sono riferibili a questa specie, varie mandibole e numerose altre
ossa spaccate. La fig. 7 rappresenta un molatarso con evidenti impres-
sioni di tagli.
Ovls aries Lin.
Anche le ossa di pecora fiu'ono raccolte in vera abbondanza, sia nello
f.cavo che ci ha fornito i materiali ultimamente descritti, che alla super-
ficie del suolo in varie parti dell'intera caverna, miste ad ossa di capra.
SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMOX. 63
In un'altra mia piccola memoria ^ ho già fatto notare, come sia assai
difficile stabilire a quale periodo appartenga questo piccolo giacimento.
1 rapporti stratigrafici non ci forniscono grandi criteri per giudicare in
proposito; nò maggiori particolari possiamo trarre dallo studio dei resti
preistorici o dall'esame analitico delle specie descritte, poiché se i cocci
raccolti in posto, hanno tutto l'aspetto di un tipo piuttosto antico, le
numerose ossa rinvenute assieme oltre all'appartenere a specie viventi
e discretamente diffuse, per le impressioni di tagli da esse presentate,
ci attestano invece un periodo alquanto più recente. Tutto al più, se
nella grotta di S. Dona di Lamon devesi ammettere (come ò probabile)
una sola epoca di abitazione preistorica, e quindi la contemporaneità
degli avanzi dell'industria umana raccolti in essa, tenuto conto dei
risultati avuti dallo studio dei pochi cocci rinvenuti in una vicina di-
ramazione laterale della stessa grotta, imici' avanzi che ci permettano
di trarre qualche sicura conclusione, anche il piccolo giacimento che ci
ha fornito i resti delle specie ultimamente descritte, deve essere rife-
rito allo stesso periodo di tempo, cioè al periodo neolitico.
1 G. Dal Piaz, Contribuzioni alla Paletnologia del Bellunese. (Bolleit. di
Palet. Italiana, Serie III, Voi. V, 1899.)
64 G. DAL PIAZ. SULLA FAUNA FOSSILE, ECC.
SPIEGAZIONE DELLA. TAVOLA.
Fig. 1. Ganis vulpes Lin. Femore destro.
Il 2. Mustela faina Briss. Mandibola sinistra.
« 3. Il II I) Femore destro.
Il 4. Arctomys marmotta Schreb. Cranio visto dal di sopra.
Il 5. Il II II Mandibola sinistra.
)i 6. Il I) )i Omero destro.
Il 7. Metatarso di capra con impressioni di tagli.
G. DAL PIAZ - Fauna fo;s. ecc.
Attid.Soo.ltal. diSc. Nat. Vol. XXXIX. Tav. II
fig. 2
Fia:. !
Fig. ^
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
FI lOT. CALZOLARI Bl FERRARIO. MILANC
Ir-
EGIIINIDI POSTPLIOGENICI DI MONTELEONE CALABRO.
Nota del socio
Dott. Carlo Air aghi.
Molti sono i geologi che si sono occupati del postpliocene della Ca-
labria; e mentre gli uni si dedicarono specialmente alla stratigrafia e
gli altri illustrarono le faune fossili rinvenute, molti si occuparono e
dell'una e delle altre, tutti diretti al medesimo intento: illustrare sempre
più quella regione tanto importante del lato geologico. ^
* Dei molti lavori pubblicati intorno alla Calabria cito solamente i più impor-
tanti e più recenti :
Cortese E., Descrizione geologica della Calabria. Roma, 1884.
Costa G., Paleontologia del Regno di Napoli. Napoli, 1850.
De Stefani C, Escur. scient. nella Calabria (Atti R. Acc. Line ), Roma, 1883.
De Stefano G., Gli strati a Pin?ie di Morrocu (Atti Soc. Geolog. Ital.), Roma,
1899.
— Paleogeografia posplioc. di Peggio Calabria (Atti Soc. Ita!,
di se. nat.), Milano, 1899.
LovisATO D., Studi scientifici sopra Squillace. Cosenza, 1882,
— Cenni geognostici e geologici sulla Calabria settentrionale (Boll.
R. Com. Geol. Ital.), Roma, 1878.
Mantovani P., Alcune osservazioni sui terr. terz. di Reggio Calabria (Boll.
R. Com. Geol. Ital.), Roma, 1878.
Neviani a.. Sui giacimenti dei cetacei fossili nel Monteleonese (Atti Soc.
Geol. Ital.), Roma, 1886.
— Contribuzione alla paleontologia della provincia di Reggio (Atti
Soc. Gool. Ital.), Roma, 1887.
Voi. XXXIX. 5
CG e. AlHAGIII.
Anch'io avrei desiderato grandemente premettere all'enumerazione
degli echinidi postpliocenici di Monteleone una nota che riguardasse la
stratigrafia, ma volendolo fare avrei dovuto riassumere quanto già dis-
sero i geologi che di tale territorio si occuparono, senza quelle conside-
razioni che avrebbero potato essere il frutto di osservazioni fatte in luogo.
Nei dintorni di Monteleone si trovano qua e là dei tratti alquanto
limitati di sabbie postplioceniche, che talora si riconoscono con facilità
per la loro incoerenza e pel colore un poco giallo ; ma che talora riesce
invoce difficilissimo distinguerle in quel frastagliamento di terreni allu-
vionali, postpliocenici, e miocenici, clie, in lembi alquanto piccoli, giac-
ciono nei dintorni di Monteleone.
Queste sabbie sono ricche di fossili, specialmente di molluschi, e un
numero alquanto considerevole tanto da permettere di stabilirne con
sicurezza la loro età, venne trovato e a S. Costantino di Mileto e a
Francica.
Ma tanto il Segiienza, quanto il De Stefani, e il Neviani, ^ che in
special modo si occuparono della fauna fossile postpliocenica di Monte-
leone in questi ultimi tempi, accanto ai numerosi molluschi, annove-
rano solamente qualche specie appartenente agli echinidi, e precisa-
jnente il Borocidarh papillata, Lesk, Y Echinus acutus L., V Kchi-
nocijamits pusillus Miill., opperò credo che, questa mia nota, non vorrà
Neviam a.. Contribuzione alla yeologia del Catanzarese (Atti Soc. Geol.
Ita).), Roma, 1887.
— La formazione terziaria del Jlfesima (Atti Soc. Geol. Ital.), Roma,
1888.
— Cenni sulla costituzione geologica, ecc. (Atti Soc. Geol. Ita!.), Roma,
1889.
Salmojraghi F., Terrazzi quat. nel Ut. tir. della Calabria (Boll. R. Com.
Geol. d'Italia), Roma, 1886.
Sequenza G,, Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio Calabria
(Atti R. Acc. Lincei), Roma, 1879.
1 Vedi in special modo : Sequenza, Le formaz. terz. nella prov. di Reggio
(loc. cit.); De Stefani, Escursione geologica nella Calabria (loc. oil.); Nevun:,
ò'i« giacimenti dei cetacei fossili nel Monteleonese. (loc. cit.)
ECHINIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. G7
considerata come inutile riguardo alla ristretta conoscenza delle forme
postplioceniche di echinidi dei dintorni di Monteleone non solo, ma
anche della Calabria. Io ho potuto determinare le seguenti 10 forme;
Rahdocìdaris imperialism Lam.
•n ditbia, Brand.
Echinus melo, Lam.
Arbacina monilis, Desm.
Sphaerechinus granulans, Agas.
Echinocyamus jmsilluSj Miill.
Fchimlampas He Ilei, Voi.
Brissus oblonguSj Wrigh.
Brìssopsis ly ri fera:, Agas.
Spatangus picrpureus, Miill.
di queste finora non erano conosciute pel postpliocene della Calabria
le seguenti:
Rabdocidaris imperialism Lam.
» dubia. Brand.
Arbacina monilis, Desm.
Lchinolampas Hellei, Val.
Brissus oblonguSj Wrigh.
Brissopsis lyrifera, Agas.
Delle dieci forme poi determinate, sette con certezza, secondo quanto
ne dicono il De Loriol, e Al. Agassiz, sono tuttora viventi nei nostri
mari attuali, ^ e se si escludono il Rabdocidaris imperialis, Lam.,
1 Vedi in proposito i lavori : Al. Agassiz, Revision of the echini (lUus. cat.
mus. oss. compar. zool.), Cambridge, 1872 ; Report of the echinod. (in Report on
the se. resul. of the Voyage of Chalenger), 1881. — P. De Loriol, Cat. rais,
des échin. recueil. de L'ile Maurice. (Mém. Soc. de Phys.), Genève, 1884.
68 e. AIRAGHI,
il Rabdocidaris dulia. Brand, e 1' EchinolamiMS Hellei, Val., tutte
le altre vennero trovate anche in depositi più antichi, nel pliocene, e
qualcuna anche nel miocene (Brtssus oblongus, Wright, Spaiangus
2m7yicreus, Muli, Arbacina monilis^ Desm.) ; ma avuto riguardo alla
Calabria solamente, nessuna si trovò finora in depositi anteriori al post-
pliocene.
Se però ho potuto arrivare a questo risultato e aumentare di tale
numero la fauna echinologica dei terreni postpliocenici della Calabria, lo
debbo alla gentilezza del chiarissimo prof. Neviani che mi ha concesso
in istudio la raccolta degli echinidi fatta dal prof. Pignatari e che at-
tualmente si conserva nel Museo del R. Liceo Visconti di Roma ; a lui
pertanto la mia riconoscenza.
Sento poi anche il dovere di ringraziare vivamente il chiarissimo
prof. Mariani, direttore della Sezione di Geologia nel Museo civico di
Milano, per la squisita cortesia con cui mise a mia disposizione tutti
quei libri che sono necessari per classificare degli echini.
Mabdocidarls iniperialis, Lam.
1816. Cidarites imperialis, Lamark, Anim. sans verf.., Tom. Ili, pag. 54.
1884. Rabdocidaris n De Loriol, Cat. rais, des échm. recueil. à l'ile Mau-
rice. (Móm. Soc. de Phys, Genève), Tav. I, fig. 2,
pag. 11, con sinonimia.
1804. » H Mazzetti, Faima echin. del mar Rosso. (Atti Soc. dei
Xat., Modena), pag. 243.
Sono solamente dei radioli e un paio di placche interambulacrali tro-
vati a S. Ruba. 11 prof. De Stefani nel suo lavoro, Escursione scien-
tifica nella Calabria a pag. 238, descrive alcuni frammenti di un
echino trovati nel postpliocene a Vena e li riferisce al Doroeidaris
j)apillata, Lesk., facendone una vai-ielà, (v. Calabro), che secondo lui
ECHIXIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. 69
potrebbe audio essere una specie distiuta ; ma benché non abbia potuto
avere in esame i frammenti descritti dal prof. De Stefani, credo ch'essi,
più che costituire una varietà del Dorocidaris jpa^pillata, Lesk., siano
da riferire al genere Rabdocidaris, genere che si distingue dal Doro-
cidaris per avere i tubercoli non solo perforati, ma anche crenellati,
come appunto sono quelli descritti dal De Stefani.
Questa specie è tuttoria vivente nel Mar Rosso, nell'Arcipelago In-
diano (De Loriol, 1. e).
Habdocidaris dubia, Brand.
1835. Cidarites dubia, Brandt, Prod, des animai.^ pag. 68.
1884. Rabdocidaris dubia, De Loriol, Cat. rais, des échin. recueil, à l'ile Mau-
rice. (Loc. cit.), pag. 12, con sinonimia.
Anche di questa specie pochi radioli e poche placche interambulacrali
trovati pure a S. Ruba; corrispondono alle descrizioni che l'Agassiz *
dà e per gli uni e per le altre.
Questa specie è tuttora vivente nei mari di Zanzibar, dell'Austrialia
e nel Mar Rosso (De Loriol, Mazzetti, 1. e).
Echinus melo, Lam.
1816. Echinus melo, Lamark, Anim. sans veri., pag. 45.
1872. » )) Agassiz, Revision of the Echini, pag. 124, con sinonimia.
Un esemplare solo raccolto a S. Costantino di Mileto.
Questa specie è tuttora vivente nel Mediterraneo e lungo le coste di
Africa e delle isole Canarie; fossile venne trovato già nel postpliocene
dei dintorni di Reggio Calabria, (Seguenza),^ nella panchina quater-
^ Revision of the echini. (Loc. cit), pag. 380.
2 Vedi lavoro citato.
70 e. AIRAGHI.
naria di Livorno (Manzoni), ^ nel pliocene superiore di Porto d'Anzio
(Meli), 2 di Moute Castello in Piemonte (Airaghi). ^
Arhacina monilis, Desm.
1835. Echinus monilis, Desmarest in Défr. Diet. se. Nat., pag. 100.
1897. Psammechinus monilis, Vinassa de Regny, Échin. neog. del Museo par-
mense (Atti Soc. Tose di Se. Nat.), pag. 2,
con sinonimia.
Alcuni esemplari raccolti a Filandari, tanto ben conservati da non
lasciare alcun dubbio sulla loro determinazione.
Questa specie venne trovata fossile nel pliocene superiore di Porto
Anzio (Meli) ; nel calcare ad Amphisfegùia di Parlascio e di S. Fe-
driano (Manzoni, 1. e), nelle colline di Pisa (Manzoni, 1. e), nel plio-
cene del Parmense, a Castellarquato, Lugagnano, Riorzo (Manzoni, Vi-
nassa, 1. e), nell'elveziano dei Colli Torinesi (Airaghi). ^
S2*haer echinus f/ranularis, Lani.
1816. Echinus yranularis. Lamark, Anim. sans veri., pag. -44.
1872. Spìiaerechinus granulans, Agassiz, Revision of the Echini (Loc. cit.),
Tav. V, VI, pag. 159, 452, con sinonimia.
A S. Costantino di Mileto venne trovato anche lo Spìiaerechinus
granulans., Lam. lutlora vivente nel Mediterraneo, lungo le coste di
Africa, del Capo Verde, delle isole Canarie; venne citato fossile dal
Seguenza (1. e.) pel quatornario di Reggio Calabria, e pel pliocene su-
pcriore di Porto d'Anzio dal Meli (l. e).
1
Echinodermi foss. pliocenici (Atti Soc. Tose. 1880), pag. 331.
- Echinodermi e altri foss. pliocenici di Anzio (Boll. R. Com. Geol. 1885),
fase. 5, 6, pag. 188.
■* Echiaidi regolari del Piemonte (in eorso di stampa).
* Echinidi regolari del Piemonte (in corso di stampa).
ECHINIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. /I
Echinocyamus pusillus, Miill.
1776. Spatagus pusillus, Miill., Zool. Dan., PI. XGI, fig. 5, 6.
1875. Echinocyamus pusillus, Agassiz, Revision of the Echini (Loc. cit.), Ta-
vola XI e XIII, pag. HI, 304, 505, con sinon.
A Filandari oltre VAì^bacina monilis si rinvennero anche diversi
esemplari di EcMii. 'pusillas^ Miill.
Il De Stefani^ riferì a questa specie V Echin. siculus, Agas., VFcJwh
comjjlanatus^ Cost., VEchin. granulosus, Cost., Y Echin, speciosm,
Cost., VEchin. jaortentosus. Cost., e il Manzoni (1. e.) V Echin, tran-
sijlvanicus. Labe; - ciò credo che sia stato fatto giustamente, tanto
più che, i confronti fatti tra esemplari riferiti alle specie distrutte, e
quelli del vero Echin. pusilluSj Muli., hanno dimostrato non essere tra
loro differenza alcuna.
VEchin. jpusillus, Miill. è tuttora vivente nel Mediterraneo e nei
mari del nord, allo stato fossile venne trovato nel quaternario di Reg-
gio Calabria (De Stefani, 1. e), di Garrubare e Ravagnese (De Ste-
fano), 3 nel pliocene superiore di Porto d'Anzio presso Roma (Meli ,
1. e), di Farnesina pure presso Roma (Airaghi), ^ della Sicilia (Agassiz
e De Stefani, 1. e), nelle sabbie gialle di Castellarquato (Manzoni e
Vinassa, 1. e), nel calcare ad Amphistegina di Parlaselo e S. Fe-
driano (Manzoni, 1. e), nel pliocene dell' isola di Pianosa (Simonelli). ''
1 Escursione scientifica nella Calabria (Loc. cit.), pag. 237.
- Laube, Die Echinod. der oester. ung. aber tertiàr. 1871, Tav. XVI, fig. 4,
pag. 61.
3 Appondico alla Fauna foss. di Morrocu (Pùv. Ital. di paleog.), fascicolo di
dicembre, 1899.
■^ Insieme a molti esemplari di Echin. pusillus Muli, il prof. Neviani m' inviò
anche altri echinidi provenienti dal pliocene di Farnesina : Rabdocidaris (radioli),
Coptosoma (radioli), Psamìnechinus cfr. dubius, Agas.
^ Terreni e fossili dell'isola di Pianosa (Boll. R. Com. Geol. d'Italia, N. 7
1889), pag. 228.
72 e. AIRAGHI.
Echinolamxtcis JECellei, Val.
1869. Echinolarapis Hellei, Val. Porier, Pedic, pag. 170.
1875. I) » Agassiz, i?eymo/^ o/fAe ^cAmi (Loc. cit.), Tav. XI,
XIII, pag. 115, 552, con sinonimia.
Non credo sia qui necessario dir alcun che riguardo alla sinonimia
alquanto intrigata di questa specie, avendolo già fatto in un' altra mia
nota. 1
I diversi esemplari che riferisco a questa specie, trovati alla Cava
di Francica, corrispondono alla descrizione dell'Agassiz, senonchù sono
di dimensioni minori di quello figurato dal Des Moulins - avvicinan-
dosi invece molto di più a quello figurato dall'Agassiz nella tav. 15.^
Questa specie venne già indicata come fossile con qualche dubbio
nella panchina quaternaria di Livorno (Manzoni, 1. e); attualmente vive
nei mari del Senegal.
Urissopsis lìjrifera, Agas.
18 i7. Brissopsis lyriphera, Agassiz e Desor, Catal. rais. (Ann. Se. ^'at., Vili),
pag. 15.
1872. )) I) Agassiz Al., Revision of the Echini (Loc. cit.),
Tav. XIX, XXI, pag. 95, 594, con sinonimia.
1897. » I) Vinassa, Échin. neog. del Museo parmense (Loc.
cit.), pag. 16, con sinonimia.
Un esemplare solo raccolto a S. Costantino di Milelo; ò piccolo e
subgloboso tantoché sarebbe da riferire al Brissopsis pulvinatm, Pliil.,^
1 /)^W' Echinolampas Laurillardi, Agass. Desor (Rivista Ital. pai., fascicolo di
dicembre), 1899.
2 Desmouhns, Specif, et noms leg. de sic Echin. (Act. Soc. Lin. de P<or-
deaux), 1870.
^ Vedi in proposito De Loriol, Descript, des échin. tert. de la Suisse (Móni.
Soc, de phys. de la Suisse, 1870), Ttiv. XXII, pag. 98.
EGHINIDI POSTPLIOCENIGI DI MONTELEONE CALABRO. 73
se non sapessi che il Brissopsis pulvinatus va considerato come un
nome dato per doppio impiego agli esemplari giovani e subglobosi del
Brissopsis lìjrifera^ Agas.
Questa specie è tuttora vivente nei mari del nord e nel Mediterra-
neo ; allo stato fossile venne trovata nelle sabbie turchine di Castellar-
quato, a Gastrocaro (Manzoni e Vinassa, 1. e), nella molassa serpenli-
nosa della collina di Bologna (Manzoni), ^ nella molassa marnosa di Salto
presso Montese (Mazzetti). ^
Brissiis oblongus, Wright.
1855. Brissus oblongus, Wright, Foss. Échinod. Malta (Ann. Mag. Nat. Hist.),
Tav. V, fig. 2, pag. 184.
1872. )) » Gregory, On the malt. foss. echinod. (Trans, of the R.
Soc. of Edinburgh), pag. 620, con sinonimia.
Specie comune alle Cave di Francica e a S. Costantino di Mileto.
Ftii dapprima in dubbio se i miei esemplari si dovessero riferire al
Brissus oblongus, Wrigh. o al Brissus Nicaisei^ Peron Gaut., ^ o al
Brissus unicolor., Klein., specie tutte molto affini tra loro; ma essi si
presentano in rapporto al Brissus Nicaisei d'una forma più stretta,
più alta, dall'apice meno spostato all'avanti ; in rapporto al Brissus
miicolor di dimensioni più piccole e d'una forma molto più stretta e
liiuga.
Fossile venne trovato nel miocene di Malta (Wright., 1. e).
^ Echinod. della Moli. serf, e swppl. agli echin. dello Schlier della coli.
di Bologna (Deuts. des k. k. Akad. der Wiessen. Bd. XXXXII, 1880), pag. 6.
2 Cat. degli echin. della coli. Mazzetti (Mera. R. Acc. di Modena, 1896),
pag. 27.
3 Vedi GoTTEAU, Échinides foss. de l'Algerie, Paris, 1891, Tav. II, fig. 1,
pag. 90.
74 . AIRAGHI. CEGHINIDl POSTPLIOCENIGI, ECC.
Spatangus purpui*eus, Miill.
1776. Spatangus purpureus, Miiller, Zool. Dan., PI, VI.
1889. » » Simonelli, Terr, e foss. dell'isola di Pianosa (Loc.
cit.), pag. 218, con sinonimia.
A S. Gostantiuo di Mileto è pure comune lo Spatangus purpureus,
Milli., specie tuttora vivente nel Mediterraneo, e trovata allo stato fos-
sile nel pliocene di Usigliano dei Lari sulle Colline di Pisa (Manzoni,
1. e), nel pliocene dell'isola di Pianosa (Simonelli, 1. e), nella pan-
china quaternaria di Livorno (Manzoni, 1. e), di Reggio Calabria (Se-
quenza, 1. e), e infine secondo Mazzetti ^ anche nel miocene di Montese.
Milano (Museo Civico), febbraio 1900.
1 Echinid. foss. di Montese (Atti della Soc. dei Nat. di Modena, 1881),
Tav. II, fig. 4, pag. 7.
Seduta del 17 dicembre 1899.
ORDINE DEL GIORNO
1.** Nomina del Presidente.
2." Ammissione di nuovi soci.
S.** Comunicazioni della Presidenza.
4.° Sop^a una specie di Ibis che avrebbe abitato l'Europa nei se-
eoli scorsi. — Comunicazione del socio prof. G. Martorelli.
5.° Sul Sorex intermedins di Cornalia. — Comunicazione del socio
prof. F. Sordelli.
Letto ed approvato il verbale della seduta antecedeiite, vennero ac-
cettati ad unanimità i nuovi soci:
Sig. Marco De Marchi
Dott. Alberto Noelli
quindi il Vice Presidente invita 1' assemblea a procedere alla elezione
del nuovo Presidente e risulta eletto il socio
Sen. Edoardo Porro.
Seguono le annunziate comunicazioni dei soci prof. Sordelli e Marto-
relli, terminate le quali, l'ordine del giorno rimane esaurito.
Letto ed approvato.
Jl Presidente
EDOARDO PORRO.
Il Segretario
Giacinto Martorelli.
Seduta del 28 gennaio 1900.
ORDINE DEL GIORNO I
ì." ComimicasÌQni della Presidenza.
2.° Nomina di nuovi soei.
3." Bilancio consuntivo del 1899 e Bilancio preventivo pel 1900
(Art. 30 del Regolamento).
4." Nomina della Commissione amministrativa e del Cassiere (Ar-
ticoli 46 e 49 del Regolamento).
ó.o 1 Crinoidi del Terziario torinese. — Comunicazione del socio
dott. Alberto Noelli.
11 nuovo Presidente, sen. Edoardo Porro, apre la seduta rivolgendo
brevi parole all'assemblea che nella seduta precedente lo ha eletto, as-
sicurando che si adoprerà con ogni suo mezzo onde far sempre più
prosperare la Società.
Propone quindi la nomina a socio olfetiivo del
Sig. Cesare Eugenio Davicino
che viene accettato, e subito dopo si dà lettura dei bilanci: Consuntivo
dell'anno 1899 e preventivo per l'anno 1000 che vengono approvati.
Seguono le nomine della Commissiono amministrativa e del Cassiere,
SEDUTA DEL 28 GENNAIO 1900. 77
a termini dell'art. 46 e 49 del Regolamento, e risultano nominati : per
la Commissione amministrativa, i soci
Conte Giberto Borromeo
Ing. cav. Giuseppe Gargantini-Piàtti
Comm. prof. Tito Vignoli
March. Luigi Crivelli
Dott. Cristoforo Bellotti
come cassiere viene nominato il socio
Vittorio Villa.
Comunicato tale risultato della elezione, il Presidente invita il socio
dott. Alberto Noelli a svolgere la propria comunicazione intorno ai
Criìioidi del Terziario Torinese, dopodiché viene tolta la seduta.
Letto ed approvato.
Il Presidente
EDOARDO PORRO.
// Segretario
Giacinto Martorelli.
Seduta del 18 marzo 1900.
ORDINE DEL GIORNO
1.» Comunicazioni della Presidenza.
2.*' Proposta di nuovi soci.
3.° Completamento del Bollettino di Paletnologia.
4.<* Sulla Fauna fossile della grotta di S. Dona di Lamon. —
Comunicazione del dott. Giorgio Dal Piaz.
5." Catalogo della Raccolta dei Protozoari, Vermi ed Artropodi
del Museo Civico di Venezia. — Comunicazione del socio
Conte Emilio Ninni.
6.° Echinofauna postpliocenica di Monteleone Calabro. — Comu-
nicazione del dott. C. Airaglii.
Apre la seduta il Vico-Presidente prof. F. Salmojraghi iu nome del
Presidente che non può intervenire essendo chiamato altrove.
Si legge e si approva il Verbale della precedente seduta e si ac-
coglie ad unanimità di voti la proposta di nomina a nuovi soci effet-
tivi dei signori:
Prof. Alessandro Malladra
Dott. Giorgio Dal Piaz.
11 Vice-Presidente propone, su domanda del socio P. Castelfranco, il
completamento del Bollettino di Paletnologia eh' era rimasto interrotto
e l'assemblea approva la proposta; quindi aiiiiauzia la perdila di uno
dei jiiù antichi soci nella persona del march. Norberto del Majno testò
SEDUTA DEL 18 MARZO 1900. 79
deceduto e di cui sono noti gli studi fatti in alcuni rami della Storia
Naturale ed uno particolarmente sui Leiìldotteri del Pavere.
Il socio prof. Sordelli presenta un breve lavoro del dott. Giorgio Dal
Piaz Sulla Fauna fossile della grotta di S. Bona di Lamon pro-
posto dal socio prof. Giovanni Omboni e che viene pubblicato negli
Atti.
Segue la comunicazione del Conte Emilio Ninni Sui Vermi e gli
Artropodi del Museo Civico di Venezia e infine il socio prof. C. Ai-
raghi svolge la sua comunicazione Sulla Echinofauna postpUocenica
di Monteleone Calabro, dopodiché è tolta la seduta.
Letto ed approvato.
Il Presidente
EDOARDO PORRO.
Il Segretario
Giacinto Martorelli.
SULLA
COMPOSIZIONE MINERALOGICA DELLE SABBIE DEL FIUME SERIO.
Nota del socio
Prof. Italo Clielussi.
Le sabbie di questo fiume furono da me raccolte in due località
lungo il suo percorso ; cioè a monte in Val Seriana, tra i paesi di
Nembro e di Alzano ed a valle, in pianura nelle vicinanze della città
di Crema e tra questa e il bosco Allocchio.
Esse furono dapprima sommariamente esaminate, previa un'accurata
lavatura, in preparazioni fatte coli' essenza di garofani; quindi per
mezzo della soluzione del Thoulet furono separati gli elementi di di-
versa densità.
Sabbie dì Val Seriana tra Alzano e Nembro.
Hanno colore da grigio chiaro a grigio rossiccio, con frequenti pa-
gliuzze di mica.
I minerali che le costituiscono sono i seguenti:
Calcite e dolomite. — Abbondantissima in granuli ed anche in so-
lidi di sfaldatura, biancastri o giallastri per inquinazione ; costituiscono
si può dire, la quasi totalità di queste sabbie.
Magnetite e ilmenite. — Discretamente abbondanti.
Voi. XXXIX. 6
82 • I- CHELUSSI.
Rutilo. — Abbastanza raro in granuli; si trova anche come inclu-
sione in qualche altro elemento, specie nel granato.
Quarzo. — Non frequente.
Feldspati. — Scarsi e quasi sempre alterati.
Anfiholi. — a) Orneblenda verde scura;
b) Orneblenda verde chiara, con pleocroismo dal verde al giallo
chiaro o al verde azzurrastro;
e) Attinolite con pleocroismo dal verde chiaro al verde vivace.
Questi anfiboli sono abbastanza frequenti.
Granato. — Limpido, rosso chiaro o giallo chiaro; molto scarso.
Zircone. — Non raro e sempre in nitidi cristallini fortemente bi-
rifrangenti.
Epidoto. — Frequente in grandetti pleocroici.
Tormalina. — È caratteristica delle sabbie del Serio per la sua
relativa frequenza. È quasi sempre in cristalli pleocroici in generale
dall'incolore al bruno tabacco, più raramente e specialmente alle estre-
mità del cristallino dall' incoloro a bleu cupo.
Staurolite. — Riconoscibile al pleocroismo speciale, è scarsissima
in queste sabbie.
Miche. — Non scarse.
Glorile. — Scarsa.
Serpentino. — Molto raro.
Apatite. — Non rara in nitidi cristallini.
Pirite. — Rarissima.
Da questo esame microscopico si potrebbero dedurre per le sabbie
del Serio, nella prima parto del suo corso, i seguenti caratteri:
1." Prevalenza assoluta, nella loro composizione, dei carbonati.
2." Grandissima povertà di elementi pesanti.
3." Relativa frequenza della tormalina.
SULLA COMPOSIZIONE MINERALOGICA DELLE SABBIE DEL FIUME SERIO. 83
f
Sabbie del Serio in pianura Crema
(tra Crema e il bosco AUocchio).
I caratteri macroscopici di queste sabbie non presentano dilTerenze
notevoli da quelle di Nembro e di Alzano ; ma nella composizione mi-
neralogica offrono maggior varietà e quantità di elementi. Infatti, ad
eccezione forse della pirite, vi appariscono tutti i minerali delle sabbie
della Val Soriana; però mentre alcuni di essi, come la tormalina e l'e-
pidoto, si mantengono in quantità presso a poco costante, altri invece,
come il granato e in modo speciale la staurolite, crescono in quantità
notevolissima; inoltre si possono osservare i minerali seguenti, non tro-
vati nelle sabbie raccolte in Val Soriana :
Tremolite. — Non è troppo scarsa; però sempre molto meno ab-
bondante degli altri anfiboli.
Sillimanite. — Rara in aggregati formati di fasci di fibre.
Iper^tem. — Raro, riconoscibile per il pleocroismo dal giallo ros-
sastro al verde.
Andaludte. — Pure rara con pleocroismo evidente dal rosso san-
gue chiaro quando la direzione di allungamento del granulo è paral-
lela alla sezione principale del polarizzatore ed incoloro in direzione a
questa normale.
Zoisite. — Rarissima.
Questi in complesso sarebbero i resultati dell' analisi delle sabbie
del Serio ; le conclusioni che se ne potrebbero dedurre sarebbero a pa-
rer mio le seguenti;
I. Le sabbie del Serio conservano in tutto il loro percorso fino a
Crema i loro caratteri tipici, cioè ricchezza di carbonati, abbondanza
di tormalina e povertà di elementi pesanti.
84 I. GHELUSSI. SULLA. COMPOSIZIONE MINERALOGICA, ECC.
II. L'arricchimento in qualità e quantità delle sabbie di Crema
induce a supporre uu rimaneggiamento di terreni d'alluvione, però non
tanto forte da far perdere alle sabbie del Serio le loro caratteristiche.
IH. La mancanza assoluta della cianite e specialmente del glau-
cofane escluderebbero almeno fino a Crema e per la parte superficiale,
che le alluvioni rimaneggiate appartenessero ad alluvioni di Po; non
è quindi verosimile che le pagliuzze d'oro che in vari luoghi si estrag-
gono con la lavatura delle sabbie del Serio siano dovute a rimaneg-
giamento da parte di questo fiume, di antiche alluvioni padane.
Milano, Museo Civico, luglio 1899.
ACQUA DELLA FONTANA DELLA REGLNA
PRESSO L'ALBERGO PANORAMA, SOPRA STRESA.
Nota del socio
Prof. Ing. Molinari Francesco.
Generalità. — Acqua potabile eccellente, limpidissima, fresca, a cui
si attribuiscono prodigiose virtù terapeutiche, confermate da lunga espe-
rienza. Giova specialmente per gastricismi cronici e per inappetenza.
La sua temperatura fu trovata di 10° centigradi, il 28 settembre 1897,
giorno in cui ne presi un fiasco e poi ne eseguii l'analisi nel gabi-
netto di chimica del R. Istituto Tecnico superiore di Milano, per gentile
concessione dell'esimio prof. L. Gabba.
Analisi qualitativa e quantitativa.
1.'' Ricerca dei cloruri e dell'acido cloridrico. — ce. 50 di
acqua, "• trattata con qualche goccia di acido nitrico e nitrato d'argento,
non dà precipitato e quindi si escludono i cloruri e l'acido cloridrico.
2.'^ Ricerca dei solfati. — e. e. 50 di acqua, coli' aggiunta di
acido cloridrico e cloruro di bario, dà leggerissimo precipitato bianco,
quasi insignificante; ciò che indica la presenza di tracce di solfati.
1 e. e. indica centimetri cubici.
86 F. MOLINARI.
3.° Pdeerca dei nitrati. — A e. e. 30 di acqua furono ag-
giunti e. e. 20 di SO^H^ concentrato e poi tintura d' indaco sciolta in
S0'''H2. Il liquido rimase colorato azzurro e per ciò l'acqua è priva
di acido nitrico e di azotati.
4.° Ricerca del ferro. — e. e. 100 di acqua, acidificata e bol-
lita con poche goccio di acido nitrico ed acido solforico, quindi trat-
tata con solfocianuro di potassio, dà lievissima colorazione rossa; ciò
che prova la presenza di Iraccie di ferro. Si vedrà più avanti in che
proporzione è contenuto il ferro ed in quale presumibile stato.
5.° Dosatura delle sostanze organiche. — A e. e. 100 di ac-
qua aggiunsi 1 ce. di idrato di soda e poi ce. 10 di soluzione ti-
tolata di permanganato di potassio (gr. 0.3 IC di permanganato di po-
tassio per 1 litro di H-0). Previa bollitura per 10 minuti, aggiunsi
ce 5 di S0''H2, diluito (p. 1 di SO^H^ e p. 3 di H^O) e quindi
ce 10 di soluzione titolata di acido ossalico, che decolorò la massa
liquida. Aggiunsi di nuovo soluzione titolata di permanganato, sino a
produrre accenno a colorazione rossa. Di questa soluzione ne occorsero
C.C. 2,1 e cioè occorse gr. 0,000316 x 2,1 di permanganato di po-
tassio decomposto per ogni litro di acqua, ossia gr. 0,006636.
Richiamo la reazione 2 . MnO''K = K2 0 -f 2 . Mu 0 4- 0"' ; come ri-
chiamo i seguenti pesi atomici e molecolari :
O'zrz'óX 16 = 80
2.KMnO^ = 2x(39 +55 4- 4 x 16) = 316.
Golia seguente proporzione calcolo l'ossigeno consumato per ossidare
le sostanze organiche.
316 di permanganato di potassio : 80 di ossigeno = 0.006636 : .2;
80 X 0.006636 ^^^^^.^
x=i — =0.00168.
316
ACQUA DELLA FONTANA DELLA REGINA, ECC. 87
Ogni litro d'acqua contiene tale quantità di sostanze organiche che
richiedono gr. 0.00168 di ossigeno per essere ossidate. Questa quan-
tità ò nei limiti di una buonissima acqua potabile. Si considerano an-
cora come potabili, per riguardo alle sostanze organiche, le acque che
richiedono sino gr. 0.0025 di ossigeno per litro di acqua.
6.° Ricerca dell'ammoniaca. — A e. e. 50 di acqua aggiungo
e. e. 2 di G03 Na2 al 10 Vo ^d 1 e. e. di idrato di soda (p. 1 di
soda e p. 2 di acqua). Dopo 24 ore decanto il liquido limpido a cui
aggiungo e. e. 1 di reattivo di Nessler, il quale produsse un lieve ac-
cenno di colorazione gialliccia. Questo fatto prova la presenza di trac-
cia di ammoniaca, tuttavia non si può ammettere la presenza dell'am-
moniaca senza ripetere la prova su acqua appena tolta dalla fonte.
L'acqua adoperata per la suddetta prova è rimasta per molti giorni
nel laboratorio di chimica scoperchiata e per ciò si deve presumere
che abbia assorbito ammoniaca dall'ambiente. Con ulteriori ricerche,
fatte sull'acqua appena presa dalla fonte, ho potuto constatare che
l'ammoniaca manca completamente.
Ricerca generale quantitativa.
Opero su litri 1.90 di acqua e con una capsula di platino del peso
di gr. 88.921.
Determinazione del residuo. — Procedo all'evaporazione di tutta
la suddetta acqua a bagno maria e capsula di platino; essiccato il re-
siduo in stufa a 105^ trovo il peso della capsula col residuo di
gr. 89.00, per cui il peso del residuo è di gr. 0.079 per litri 1.90
di acqua e gr. 0.04158 per un solo litro d'acqua. Portato questo re-
siduo in stufa a 180° per circa 2 ore, verificai una perdita di peso
di gr. 0.002, perdita poco sensibile, dovuta a sostanze volatili.
Ciò fatto arroventai la capsula di platino ed il residuo sino al
bianco, poi aggiunsi C0'(NH^)2, arroventai di nuovo per qualche mi-
88 F- MOLINARI.
mito 0 pesai, trovando una diminuzione di gr. 0.018 complessivamente,
ossia diminuzione di peso di gr. 0.009470 per litro.
Ricerca della silice. — Il suddetto residuo fu trattato con acido
cloridrico concentrato e poi ridotto a secco, in stufa a 120°. Ripreso
il residuo in HGl ed acqua calda, filtrai, raccogliendo la silice, la quale
risultò di gr. 0.016 per litri 1.90, ossia gr. 0.0084 per ogni litro
d' acqua.
Ricerca del ferro. — Il liquido filtrato, addizionato di poche
goccie d'acido nitrico a caldo o poi bollito con ammoniaca, diede pre-
cipitato di ossido di ferro, il cui peso è risultato di gr. 0.003 per
litri 1.9 e gr. 0.0016 per litro.
La presenza del ferro fu messa in evidenza anche colla reazione del
solfo cianuro potassico.
Posto che il ferro si trovi allo stato di SO-* Fé, si può dire che
gr. 0.0016 di Fe^O^ corrispondono a gr. 0.0014 di solfato ferroso.
Dosatura della calce. — Eliminato il ferro, il liquido fu addi-
zionato di ammoniaca ed ossalato ammonico, precipitando l'ossalato di
calce, che raccolto, lavato, essiccato secondo le regole, fu addizionato
di SO-^ IP per ridurre la calce allo stato di solfato, il cui poso risultò
di gr. 0.021 per litri 1.90, e di gr. 0.011 per litro. Grammi 0.011
di SO^Ca corrispondono a gr. 0.008 di GaCO^ per ogni litro d'acqua.
Ricerca della magnesia. — Il liquido, privato della calce, fu
ridotto a secco a bagno maria e poi in stufa sino a cominciare lo svi-
luppo dei fumi ammoniacali, infine fu calcinato il residuo, il quale fu
ripreso con acqua calda ed II CI e trattato successivamente con acqua
di barite sino a reazione alcalina. Tutto il precipitato, che comprende
anche la magnesia, fu raccolto in filtro, poi lavato sino che passa liquido
ACQUA DELLA FONTANA DELLA REGINA, ECC. 89
non più alcalino. Questo precipitato fu trattato con SO-^ H^ diluito (p. 1
di SO'^H^ con 3 di H-0); così si scioglie la magnesia e rimane sul
filtro la barite. Lavai con acqua calda sino che non passò più liquido
acido. Questo liquido fu addizionato di fosfato sodico e di ammoniaca
per precipitare il fosfato ammonio magnesiaco. Riscaldai e, dopo circa
20 ore, ho raccolto il precipitato cristallino su filtro, lavandolo poi con
acqua ammoniacale (p. 1 di NH^ 4- p. 3 di H^ 0) sino che il filtrato,
provato con H CI e GÌ- Ba, non dà più precipitato di SO-^ Ba.
Il precipitato, essiccato, bruciato il filtro, fu calcinato per ^/g ora e
poi pesato allo stato di pirofosfato di magnesio (Mg^ PO^).
Peso del pirofosfato di magnesio gr. 0.018 per litri 1.90, ossia
gr. 0.00947 di pirofosfato di magnesio per litro d'acqua. Ma la ma-
gnesia deve trovarsi nell' acqua allo stato di Mg CO^ ; per ciò trovo a
quanto carbonato di magnesia corrispondono gr. 0.00947 di pirofosfato
di magnesio. ■
Mg^W.2(MgC03_)_ 168x0.00947 _
-jgj-.-^^jg-- 0.00947.^ X- -^^ -0.0083,
ossia gr. 0.0083 di CO^ Mg per ogni litro d'acqua.
Ricerca degli alcali. — Il liquido spogliato dolla magnesia, colle
relative acque di lavaggio, fu trattato con CO^ (NH-^)^ per precipitare la
barite allo stato di GO^ Ba. Raccolto questo precipitato colla filtrazione,
concentrai il liquido in capsula di porcellana, poi fu ridotto a secco in
capsula di platino e fatto la calcinazione per scacciare i sali ammonia-
cali. Ripreso questo residuo con HGl ed acqua, evaporai di nuovo a
secco in stufa a 150°.
Procedendo in tale modo ho pesato poi le sostanze alcaline allo stato
di cloruri e trovai: peso sostanze alcaline, cioè cloruro di potassio e di
sodio gr. 0,033 per litri 1.90 di acqua, ossia gr. 0.0173 per litro di
acqua. La presenza del cloruro di sodio si può constatare facilmente. In-
90 F. MOLINARI.
fatti la sostanza alcalina, introdotta in una fiamma, la colora in giallo
caratteristico pel sodio.
Supponendo dunque trattarsi di cloruro di sodio, trovo il corri-
spondente CO^ Na2 nel seguente modo :
2 . GÌ Na corrispondono a CO' Na^ ;
quindi :
da cui:
117:106 = 0.0173:^';
lOG X 0.0173
117
r= 0.0156,
ossia gr. 0.0156 per ogni litro d'acqua.
Con questo supposto si trova perfetta corrispondenza fra la somma
delle varie sostanze fìsse ed il peso del residuo di un litro d'acqua, ve-
rificato in gr. 0.04158 ; ma bisogna verificare se la soda si trova nella
suddetta proporzione ed allo stato di carbonato, ciò che è probabile ; ma
non ancora verificato.
Riassunto della precedente analisi per un litro di acqua. — Sostanze
minerali:
Carbonato di calcio
Idem di magnesio .
Idem di sodio . .
Silice (Si -02) . .
Solfato di ferro . .
Totale
Peso del residuo trovato, come retro,
per litro
gr. 0.0080
r 0.0083
« 0.0156
« 0.0084
'\ 0.0014
irr. 0.0417
ar. 0.04158
ACQUA DELLA FONTANA DELLA REGINA, ECC. 91
e quindi si riscontra perfetto accordo, essendo affatto trascurabile la dif-
ferenza di gr. 0.00012, da attribuirsi a perdite ed a errori.
Come è facile rilevare mancano i cloruri, l' ammoniaca, i nitrati ; sono
scarsissimi i solfati ; le sostanze organiche sono nei limiti di una buo-
nissima acqua potabile purissima, come è nei limiti di una buonissima
acqua potabile il complesso delle sostanze minerali residue trovate nella
misura di gr. 0.04158 per litro.
Conclusione. — L'acqua della fontana della Regina è ferruginosa,
alcalina, magnesiaca, ricca di anidride carbonica, e quindi in buone con-
dizioni per favorire la digestione. La presenza del ferro la rende molto
utile anche per cure ricostituenti. Ciò giustifica i prodigiosi risultati te-
rapeutici che si ottengono con essa; fatti da me constatati con osserva-
zioni continuate per molti anni e che mi decisero a pubblicare questo
modesto lavoro.
L'acqua della Fontana della Regina è una ricchezza, rimasta dimen-
ticata, come tante altre, in una delle nostre più belle località per cura
climatica, sul fianco del Motterone sopra Stresa, e mi pare conveniente
di segnalarla ai medici, perchè venga meglio utilizzata.
Milano, 20 maggio 1900.
r METODI GRAFICI
NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE DEGLI ANIMALI.
Nota della
Dott. Zina Leardi Air aghi.
(Con due tavole.)
Lo studio della distribuzione geografica degli animali, che costituisce
ormai una scienza d'alta importanza, nulla ha di comune colle divi-
sioni continentali, costituite dai geografi. Le divisioni della geografia
fisica sono fondate sulla distribuzione dei mari e dei continenti, sulla
distribuzione delle specie umane, sulle relazioni politiche e commer-
ciali delle singole regioni ; sono divisioni fatte essenzialmente per l'uomo,
venuto ultimo sulla superficie terrestre. Le divisioni zoogeografiche che
distinguono le singole regioni, in cui il corologo divide la superficie
del globo, si riferiscono all'epoca d'apparizione degli animali sulla fac-
cia della terra ed alla distribuzione diversa dei mari e dei continenti
dell'epoca stessa. Così mentre la distribuzione dei Mammiferi e degli
Uccelli ricostituisce in una certa misura e secondo linee generali, i
continenti dell'epoca terziaria, la divisione dei Rettili, Anfibi e Pesci
ricorda la geografia secondaria ed i Molluschi e gli Artropodi accen-
nano ai limiti generali dell'epoca primaria.
Ma se nessuna comunanza esiste tra la geografia fisica e la coro-
logia nel senso della distribuzione dei continenti, regioni, mari, grande
rassomiglianza esiste invece nel metodo di studio dell'una e dell'altra
scienza, sopratutto in quella parte che di comune chiamano cartografia.
94 ZINA LEARDI AIRAGHI.
Per rappresentare le Regioni e le Sottoregioni corologiche, stabilite
da AVallace e da Trouessart, si usa il planisfero di Mercatore come
il più comodo di tutti i planisferi.
Ma pur tornando piiì d' ogni altro opportuno esso presenta l' incon-
veniente di rappresentare l'America a sinistra dell'antico continente, di
modo che, mentre l'Oceano Atlantico è rappresentato per intero, l'Oceano
Pacifico è diviso in due porzioni.
Questa disposizione ù opportunissima in uua carta di geografìa po-
litica e commerciale; le relazioni di navigazione attraverso l'Atlantico
sono assai maggiori di quelle che esistono attraverso il Pacifico. Per
una carta di geografia zoologica questa disposizione non quadra.
Infatti osservando nell'emisfero Nord il quasi congiungimento del-
l'America coll'Asia, mediante Kamciatca, Alaska e le isole Aleutine
e tenendo conto delle relazioni corologiche che esistono tra i due con-
tinenti, che il l'ianisfero di Mercatore taglia in modo indeterminato,
si comprende come sia necessario di usare nella rappresentazione gra-
fica delle PiGgioni e Sottoregioni un planisfero il cui centro sia occu-
pato dall'Oceano Pacifico, tanto più che l'Atlantico così diviso, i cui
limiti estremi passino tra la Groenlandia e l'Islanda, non divido nessuu
continente importante, non taglia nessun rapporto naturale.
Le singole regioni si distinguono o colorandole con tinte diverse o
mediante tratteggi tirati nel senso della latitudine o della longitudine
od obliqui da sinistra a destra o da destra a sinistra. Talvolta si ac-
coppiano tratteggi disposti in direzione diversa fino a tanto che chia-
ramente si possono indicare le singole regioni e le sotto regioni. È indi-
spensabile in questo metodo di tratteggi segnare il confine delle regioni
e sottoregioni con linee di confine continuate o composte di serie di
punti, di lineo, o di segni secondo che riescono opportuni.
Tanto le carte delle regioni come quelle delle sottoregioni, quanto
quelle di località speciali devono essere mute, portare tutt'al più le in-
dicazioni della geografia fisica: monti, fiumi, ecc.
I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 95
Nulla importando alla zoogeografia il confine politico ed amministra-
tivo delle nazioni, il prof. Corrado Parooa * rappresentando grafica-
mente la distribuzione degli elminti parassiti dell'uomo, nella carta che
accompagna l'opera storico-bibliografica sull'Elmintologia italiana, diede
il confine naturale della penisola. 11 prof. Pietro Pavesi - pure nel rap-
presentare la distribuzione dell'ittiofauna lombarda sulla carta che ac-
compagna la sua memoria la distribiuioae del lìesci ia Lombardia ri-
cercò i limiti dei bacini idrografici. Il Mortillet in un lavoro sui mol-
luschi di Savoia e Nizza si attenne pure ai limiti naturali delle faune.
La distribuzione delle faune ha sempre limiti naturali, gli animali,
come si esprime il prof. Pavesi, nell'opera citata, non ubbidiscono che
alle leggi corologiche, la loro distribuzione non è determinata che
dalle condizioni di esistenza, nel caso specifico, dell'ittiofauna, da quel-
Voptimam di calore, luce, profondità, ristagno, rapidità di corso, pu-
rezza dell'acqua, sufficiente ed opportuna profenda.
I metodi usati per rappresentare o su planisferi o su carte parziali
le distribuzioni geografiche delle singole specie, o generi, o famiglie
animali, sono vari e si possono modificare, scambiare, combinare se-
condo la contingenza.
Un primo metodo, quello di circondare con linee colorate diversa-
mente le aree ^.'habitat delle singole specie, riesce inopportuno allora
che si hanno tante specie da rappresentare su una medesima carta.
Un esempio di questo metodo grafico di rappresentazione ò dato nel-
l'Atlante del Berghaus nella distribuzione dei mammiferi in tutte le
regioni.
La carta della fauna africana che accompagna 1' opera intitolata ;
Geografia e Geologia dell'Africa dei proif. Torquato Taramelli e Vit-
' Corrado Parona, L'elmintologia italiana da'suoi primi tempi all'aano 1890.
(Atti delia R. Università di Genova. Voi. XIII, 1894.)
2 Pietro Pavesi, La distribuzione dei pesci in Lombardia. (Società Lombarda
per la pesca e l'acquicoltura, 1896.)
96 ZIXA LEARDI AIHAGIII.
tore Bellio, rappresenta i limiti di distribuzione dell'elefante, del rino-
ceronte, dell'orso, del tasso, dell'ippopotamo, del porco indiano, del
porco e del camello con linee di colorazione diversa cosi come indica
il primo metodo.
Un secondo metodo non riesce meglio del primo a soddisfare il pro-
blema. Distinguere le aree òUhahitat delle specie colorando con colori
diversi le diverse aree.
Questo metodo usato dal Maury nella distribuzione geografica dei
mammiferi ingenera confusione rappresentando molte specie e presenta
difficoltà per la variazione dei colori.
Keceutemeute Francesco L. Palle ^ nella memoria e nell'atlante che
l'accompagna sul Profilo Antropologico dell'Italia ha seguito questo se-
condo metodo sopratutto nella carta dell'igiene. L'autore usa due colo-
razioni, il rosso ed il verde, il verde per la malaria ed il rosso per
la pellagra, con due tinte più chiare tanto dell'uno quanto dell'altro
colore riesce a stabilire i pimti dove la pellagra e la malaria sono
gravi e dove sono leggere.
Un terzo metodo è quello da preferirsi ed è quello adottato da Milne-
Edwards per la fauna della regione australe.
Un segno particolare, che dalla forma non si confonda con quelli
che già figurano sulla carta, è posto a rappresentare le località in cui
la specie fu osservata.
Un esempio si osserva pure nell'Atlante del Berghaus sulla distri-
buzione degli uccelli. L'opera già citata del Parona presenta sulla carta
d'Italia che l'accompagna segni speciali nella località in cui la specie
fu riscontrata.
Il prof. Pavesi sulla carta dell'ittiofauna lombarda, già citata, rap'
presenta le specie con un segno particolare facilmente rilevabile. Questo
metodo presenta tra gli altri il vantaggio di permettere l'aggiunta di
1 Francesco L. Pull?:, Profilo Antropologico dell'Italia. (Società Italiana di
antropologia ed etnologia in l''irenze, 1898.)
Z. LEARDI AIRAGHl. >\et. (|raf.
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I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 97
segni mano mano che lo singole localilà vengono studiate dal punto
di vista della fauna che si rappresenta. (Vedi tavola IH.)
I metodi si possono bellamente accoppiare fino a che i segni rap-
presentanti i fenomeni non vengono a sovrammettersi e a distrug-
gersi, fino a tanto che non perdono di evidenza.
Si moltiplicano le carte per evitare confusione e dalla molteplicità
si guadagna in evidenza e ciò che più vale dal confronto delle sin-
gole carte risulta più spiccato il criterio comparativo.
Neil' atlante che accompagna l'opera citata di Francesco L, Pullè si
ha un esempio in cui si vede vinta la ditìlcoltà di rappresentare su
di una carta sola tutti gli elementi presi in esame dalla preferenza
data a più cartine rispondenti ognuna ad un ordine di fatti e ad un
criterio fondamentale.
Una delle cartine dell' atlante è certo degna, dal punto di vista
considerato, di essere menzionata comecché essa riunisce i vari metodi
proposti. Intendo parlare della carta somatologica che rappresenta le
stature, il colorito, i nasi arricciati, le fronti alte e basse, il tipo di
colorazione: biondo e chiaro, nero e bruno degli abitanti d'Italia. (Vedi
tavola IV.)
Le stature sono rappresentate mediante colorazioni e corrispondono
alle singole regioni in cui si hanno le medie espresse in cifre muo-
vendo dai fondi dell'azzurro pei gradi più alti settentrionali e del
giallo per quelli inferiori meridionali.
II confine di ciascuna regione è segnato da una linea nera continua.
Linee nere punteggiate segnano le zone in cui si presentano i nasi
arricciati od i nasi aquilini. Linee intere indicano il limite a cui ar-
rivano gli individui a fronte alta e linee spezzate indicano i limiti di
distribuzione degli individui a fronte bassa. Linee spezzate e punteg-
giate alternativamente indicano il limite del tipo chiaro e del tipo
bruno. Tipo chiaro, capelli biondi con occhi celesti; tipo bruno, ca-
pelli neri con occhi neri o scuri.
Voi. XXXIX. 7
98 ZINA LEARDI AIRAGHI.
Stelle radianti bianche per il tipo biondo e nere per il tipo bruno,
sono poste a rappresentare i centri o fuochi da cui irradiano i diversi
tipi.
La maggiore o minore lunghezza del raggio d'irradiazione indica la
maggiore o minore diflusione del tipo.
L'intensità e l'estensione dei raggi partenti dai singoli centri sono
scortati da cifre le quali segnano i confini dei tipi nelle singole re-
gioni.
I segni opportunamente scélti si possono anche colorare ed allora che
la forma più non permette di distinguere i segni numerosi si trova un
buon sussidio nella colorazione.
Secondo le istruzioni ed i modelli del Fischerei Verein far die Pro-
viìis Ostpreussen il prof. Pietro Pavesi ha rilevate, compilato alcune
carte fisiche dei laghi italiani ad uso del pescicultore. La carta, per
esempio, dei laghi d'Orta, d'Idro, del Piano e Delio. Numerosi segni con-
venzionali occorrevano alla, bisogna perchè allo scopo conveniva determi-
nare: gli abitati, le chiese e le cappelle, i mulini ad acqua, le sca-
glionate (ronchi) le rive scoscese, il pietrame, le sabbie e ghiaie, il
fango, le piante resinifere, i boschi fronzuti, i canneti, i posti di fre-
gola di pesci, i luoghi di sementa, le profondità.
Ond' è che dopo d'aver con segni diversi rappresentato buon nu-
mero delle cose, riserbo il colore per le sabbie, le ghiaie ed il fango.
Opportunamente poi queste colorazioni rilevano il contorno del lago.
Le profondità sono espresse in cifre.
Le cifre soccorrono opportunamente, esse permettono la comparazione,
sono l'espressione più esatta o variano per loro natura.
Oltre alle carte zoogeografiche, allora che non si possono moltipli-
cai-e 0 che non riesce rappresentare sulle medesime le accidentalità
tutte della distribuzione geografica di una fauna o tutti i fatti [iresi
in considerazione si formano dei prospetti.
Wallace ne diede esempio nel suo secondo volume sulla disiiibu-
zioue geografica degli animali.
I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 99
I nomi delle regioni sono scritte in capo, al margine sono i nomi
delle specie, dei generi o delle famiglie che si vogliano rappresentare,
con linee, numeri, punti, lettere si indica la presenza o la mancanza
l'estensione occupata dalla specie sulla regione o sottoregione. ^
II dott. Silvio Galloni nella sua memoria : La fauna nivale infor-
mandosi alla maniera che 0. Heer e C. G. Ehrenberg, adottarono in
parecchi pregiatissimi lavori, concentrò in adatte e riassuntive tabelle
la fauna nivale delle Alpi.
1 Silvio Galloni, La fauna nivale con particolare riguardo ai viventi delle
alte Alpi. (R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1889.)
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Il prospetto su cui il Prof. Pavesi indicò la distribuzione delle specie
nei singoli bacini lombardi ò un esempio dei migliori prospetti che
si adottino.
In capo alla pagina indica i bacini, al margine i nomi delle specie,
con linee più o meno estese rappresenta l'estensione MVhaòifat dalla
foce alla sorgente. Con segni convenientemente scelli indica se la specie
è accidentale, so fu importata e se la specie non ha o non fu accer-
tato che abbia attecchito ed infine con un segno caratteristico nota
come mancano o sono malsicure le notizie della sua presenza.
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I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 103
Nel prospetto si vede separato dagli altri il baciuo del Po; questa
separazione, come osserva lo stesso Prof. Pavesi, l'ha istituita per mo-
strare i rapporti dell'ittiofauna Lombarda con la Veneta e la Piemon-
tese illustrando la legge : La fauna di un bacino è sensibilmente la
stessa dalla foce alle sorgenti.
Uu ultimo metodo grafico è quello seguito da Alien:
Mediante diagrammi schematici si indica la posiziono, l'estensione e
le relazioni reciproche delle singole regioni e sotto regioni zoologiche
quasi come si rappresentassero su uu planisfero.
I metodi si possono scambiare, accoppiare, modificare. Se ne cono-
scono molti, ad alcuni dei più generalmente usati ho accennato per
aggiungere dell'importanza loro sullo studio della distribuzione geografica
degli animali.
Sui metodi cartografici o, come suol dirsi, sul disegno geografico,
esistono opere colossali, trattati numerosi e numerosi opuscoli, note e
memorie svariatissime ; epperù io ritengo che se importantissimi esse
sono per lo studio della geografia, altrettanto lo sono per lo studio
della Corologia ed aggiungo che per quest'ultima essi sono il più ef-
ficace sussidio.
Infatti sono la descrizione più veritiera delle condizioni ambienti
che promuovono o contrariano lo sviluppo della specie animale e che
ne limitano il confine d'espansione dal centro d'origine. Una carta geo-
grafica è la riproduzione esatta della regione che rappresenta, in essa
sono notate tutte le condizioni fisiche e biologiche, tutte le accidenta-
lità della regione stessa. Condizioni fisiche, biologiche ed accidentalità
che determinano quali attivissimi fattori, le condizioni negative o posi-
tive necessarie alla vita della specie animale.
Osservando la distribuzione di una specie, per esempio, della Phi-
lomela luscinia^ propria della regione Paleartica, si vede che mentre
in tutta l'Europa meridionale ed in parte dell'australe essa è coniu-
uissima, arrivata alla sponda destra del Tamigi si arresta e non rag-
giunge la sponda sinistra. Le condizioni ambienti necessarie alla vita
104 ZINA LEARDI AIRAGHI.
di questa specie alata non si verificano oltre questo limite che si ri-
leva prontamente dalla carta su cui è segnata la distribuzione geogra-
fica di questa specie, cui l'ostacolo di un corso d'acqua pari al Tamigi
potrebbe essere irrisorio.
Ili altro caso, molto più frequente, si osserva che una catena mon-
tuosa è una barriera insormontabile per alcune specie che superano
altre. catene di monti più elevati. La carta zoogeografica permette di
comprendere a colpo d'occhio la causa di questo arresto che a priori
potrebbe sembrar strano. Per esempio alcune specie varcano le Alpi e
non i Pirenei meno elevati. I passi della catena alpina sono molto
meno elevati di quelli della catena pirenaica.
Così nella fauna marina la diversa distribuzione dipendendo dalla
profondità e dalle correnti, rappresentando le diverse profondità e le
correnti in un con i punti dove si è osservata la specie si compren-
dono le cause che ne determinano l'espansione o che la limitano.
I metodi grafici sono la più chiara esposizione dell' intensità nume-
rica delle specie che caratterizzano le regioni. Si sa come, scendendo
dal polo all'equatore, le condizioni necessarie alla vita della specie ani-
male vadano facendosi più opportune e come il numero delle specie
vada moltiplicandosi man mano che dalla zona glaciale si giunge alla
temperata ed alla torrida; si moltiplicano le specie e gli individui che
rappresentano la specie stessa. Osservasi una carta su cui ò rappresen-
tata la distribuzione dei mammiferi, un planisfero di Mercatore su cui
la distribuzione è segnata mediante il metodo di Milne-Ed wards. Questa
carta così formata permette di rilevare con un solo sguardo come oltre
r 82^ di latitudine i mammiferi non sono rappresentati che da scarse
specie di rosicanti e carnivori; come nella regione temperata si vada
aumentando considerevolmente il numero delle specie e dei rappresen-
tanti loro; come infine nello regioni intertropicali l'aumento avvenga
in ragione geometrica tanto per le specie, quanto per l'intensità nu-
merica degli individui che lo rappresentano.
I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 105
Sono i metodi grafici il prospetto più esatto delle lacune che riman-
gono a compiere nelle faune delle singole regioni. Prendendo ad osser-
vare una carta zoogeografica sulla quale nel luogo in cui tu osservata
lina specie è posto un segno particolare, si vede come, tante volte, man-
cano i segni perchè non si sono ancora fatte osservazioni in proposito,
in luoghi che presentano condizioni fisiche e biologiche opportune. Un
esempio e offerto dalla carta della distribuzione degli elminti parassiti
dell' uomo del prof. Paroua. Questa carta pone in chiaro come nei cen-
tri di popolazione, sede di studi scientifici, sono notate molte specie
mentre in località, dove forse le condizioni necessarie allo sviluppo degli
elminti parassiti sarebbero più opportune, che altrove, mancano affatto
0 sono rarissime le segnature. Il maggior numero delle segnature si
osserva a Pavia, a Milano, a Padova, a Bologna, a Firenze, a Pisa, a
Pioma, a Napoli, a Palermo. La Lombardia appare la più studiata delle
regióni italiche, le tien dietro il Veneto e la Piomagna. L' Italia setten-
trionale considerata in generale è nota in moltissima parte, ma l'Italia
centrale, in particolare dal versante Adriatico, e l' Italia meridionale,
sono affatto sconosciute dal punto di vista elmintologico.
L'abbondanza dei segni in una località indica non già la maggior
quantità delle specie, ma le osservazioni fatte, lo stato della scienza,
non che le lacune che rimangono a compiere nello studio della distri-
buzione geografica degli animali.
Da ultimo un altro importante vantaggio arrecano i metodi grafici
nello studio della distribuzione animale. L' esperienza insegna che lo
studio astratto che si compie sui libri descrittivi, narrativi, ecc. riesce
difficile e richiede alquanto tempo prima che un'idea chiara, esatta e
completa si sia formata nella mente. Ma rappresentando la realtà della
cosa mediante carte, prospetti, tavole, la comparazione è resa facile e
si coglie a colpo d'occhio quello che colla lettura difficilmente rilevasi,
ricordasi.
CENNO COMMEMORATIVO
DEL COMPIANTO ED ILLUSTRE
ALFONSO MILNE-EDWARDS
detto dal socio
Dott. Tito Vignoli
Direttore del Museo Civico.
Se prendo oggi la parola, illustri Colleglli, per commemorare bre-
vemeiile il chiarissimo scienziato Alfonso Milue-Edwards, vi fui spinto
e dal suo non comune valore, e da personale riconoscenza per cortesie
ricevute, e come socio di questo sodalizio e come direttore del Museo
di Storia Naturale della Città. Altri, ben più meritevoli dell'onore di
commemorare un sì grande uomo, meglio e più splendidamente avreb-
bero soddisfatto al dovere che c'incombe : ma compensi il grande amore
per la scienza, che io sento, la modestia dell'ingegno e del sapere. La
nostra Società Italiana di Scienze Naturali, come tutte quelle che nel
Paese, e per tutto il mondo civile sono diffuse, non possono non commo-
versi, quando sorge, o tramonta un astro di prima grandezza nel loro
vastissimo Cielo.
E dico vastissimo perchè oramai non v'ha città, regione, continente,
ove non si agitino, si esercitino, e nascono cultori, e centri operosi
delle naturali discipline, largamente intese, dalle Università, dai Musei,
dalle Scuole, dalle molteplici e varie società private e pubbliche, dalle
stazioni sperimentali marittime, lacustri, vaganti e mediterranee ; onde
si venne spontaneamente formando, dirò così, una nuova associazione
universale, e forse nel suo genere, la più ampia, la più operosa, la
più feconda, in modo positivo, pel Vero e pel Bene sociale di tutte.
108 T. VIGNOLI. #
Questa associazione vive, e produce assiduamente al di sopra di tutte
le divisioni di parte, di opinioni, di preconcetti, di scopi riposti ; poiché
si argomenta solo con disinteresse e profondo amore di attingere la
verità ; questa poi trasformando con utili applicazioni immediate in
stj'umento di bene comune.
E gli effetti del suo immenso lavoro, e delle sue giornaliere sco-
perte, sono a tutti palesi. Le scienze della Natura oramai, divennero
signore del Mondo sia nel campo proprio, sia in quelli intellettivi,
morali e civili: poiché già ai loro metodi, alle loro necessità logiche,
alle loro rivelazioni vennero trasformate e piegate le discipline etiche,
filosofiche, giuridiche, sociologiche, e le rispettive origini loro.
Per esse si comprese finalmente che non vi sono nelle cose sepa-
razioni assolute, ma distinzioni di forme, di energie e di leggi.
Esse dimettendo il costume d'invadere dominii che non sono loro,
rimangono estranee alle lotte puramente speculative ^ non sacrificando
come talvolta si fa. Dio alla scienza, né questa a Qtiello, implicita-
mente aft'ermando l'esistenza di una Energia fondamentale, eterna, im-
manente, ove tutte le manifestazioni cosmiche e viventi si rifondono,
e donde sgorgano, ed erompono in consentimento necessario, e distinte
tutte le altre.
E l'illustre, che noi vi commemoriamo dolenti fu uno dei più chiari
■ capitani di questo esercito magnanimo. Egli fu degno della nuova era
del sapere, e glorioso campione delle sue battaglie. I Milne-Edwards
provengono dall'Inghilterra: sostarono nel Belgio, e indi in Francia,
ove il Padre di Alfonso, raccolse gloria ed onori; uno dei più operosi
naturalisti dell'epoca sua. Successore d'I. Geolfroy-S. Hilaire, e di Cu-
vier, con molta indipendenza scientifica, pubblicò scritti pregevoli su
quasi tutti i rami delle scienze zoologiche, piegando forse già verso
le sue nuove dottrine. Quindi il figlio Alfonso crebbe in una casa,
ove tutto sospingeva il suo ingegno precoce ed acuto verso le ricerche
zoologiche e biologiche. Sin da fanciullo si segnalò per rare e copiose
raccolte naturali, d'animali fossili e viventi, ed una assiduità straordi-
naria al lavoro.
CENNO COMMEMORATIVO DI ALFONSO MILNE-EDWARDS. 109
Rapidamente ottenne poi i gradi universitari, e il dottorato in me-
dicina, e quello di scienze, e l'aggregazione alla Scuola Superiore di
medicina: e vi fu subito professore. Le sue opere versarono intorno
alla zoologia generale, all'anatomia dei mammiferi, e alla paleontologia.
I suoi illustri colleghi lo celebrarono come uno dei creatori della pa-
leontologia ornitologica. Una delle sue memorie magistrali sulla distri-
buzione degli animali sulla terra, fu coronata nel 1893.
Egli affrontò il problema allora difficilissimo, fino a quale profondità
acquatica è possibile la vita? Egli lo sciolse da par suo: la Società
Geografica ricompensò l'ardito esploratore con la grande medaglia d'oro.
Dal 1892 esercitò con immenso onore, ed incremento scientifico, l'Uf-
ficio di Direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi: e vi rifulse
anche come sagacissimo amministratore. Collaborò poi nell'immenso e
celebre lavoro con Grandidier sulla fauna del Madagascar. E si può
aggiungere che in Francia fu il primo a instaurare un acquario.
Non v'ha parte della zoologia, che egli non abbia studiato, e pro-
mosso, come sanno tutti coloro, che si dedicano a questi studi.
Ma in lui V Uomo era pari per valore morale allo scienziato: in
lui l'ideale umano si compieva, perchè la virtù preclara dell'intelletto,
e del genio corrispondeva a quella del cuore, e del Cittadino. Ideale
a cui aspira e deve aspirare l'umanità civile, in quanto il divorzio
della scienza dalla moralità è ben triste cosa, e funesta. Egli da gio-
vane perdette una donna che amava teneramente, e da cui non ebbe la
consolazione di figli. Bisognoso di amare ancho nel sacro nido della fa-
miglia, si apprese di affetto paterno per i figli delle sue sorelle. Così
provvide alla solitudine dolorosa dell'età avanzata; e fu centro amo-
roso e felice di persone care che lo tennero come capo diletto, e donde
trasse le più vive e dolci consolazioni.
Inchiniamoci dinanzi a questa tomba illustre non solo per la luce,
che riverbera in noi per la scienza, ma per l'onestà della vita, e lo
splendore del galantuomo.
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA
DI FORMA CRISTALLINA TRA COMPOSTI ORGANICI.
Nota di
Griovanni Boeris.
In questa nota sono raccolti i risultati di uno studio cristallografico
comparativo del dibenzile, dello stilbene, del tolano e dell' azobenzolo.
Mi venne anzitutto porta l'occasione di istituire un confrontò tra i
valori angolari dello stilbene e dell'azobeuzolo da alcune ricerche crio-
scopiche fatte da G. Bruni e F. Gorni. ^ Altre ricerche, della stessa
natura, eseguite da F, Garelli e F. Calzolari, ^ furono in seguito mo-
tivo di un confronto dello stilbeno col dibenzile.
Scopo di così fatte indagini era di vedere se esistesse qualche rela-
zione tra la forma cristallina dello stilbene e dell'azobenzolo da una
parte, e dello stilbene e del dibenzile dall'altra. Risultò da esse che i
cristalli del dibenzile, dello stilbene e dell'azobenzolo hanno angoli omo-
loghi del tutto vicini, presentano forme comuni e abito cristallino molto
somigliante, specialmente quelli delle ultime due sostanze (i quali si as-
somigliano anche parecchio nei caratteri ottici), sicché, in senso geome-
trico, possono considerarsi come isomorfi.
' Soluzioni solide e miscele isomorfi fra composti, a catena aperta saturi e
non saturi. (Rend. Acc. Lincei, Vili, 1.° Sem., 570.)
- Sul comportamento crioscopico di sostanze aventi costituzione simile a
quella del solvente. 'v.Rend. Acc. Lincei, Vili, 1.» Sem., 579.)
112 G. BOERIS.
Era poi interessante il fare gii accennati confronti, perchè il contegno
proprio dello miscele isomorfe presentato dai miscugli di azobenzolo e
stilbene e da quelli di stilbene e dibenzilc, faceva sospettare che la enun-
ciata somiglianza di forma cristallina dovesse sussistere. L'averla con-
statata effettivamente porterebbe così qualche fatto di più in favore del-
l'opinione che anche tra la forma cristallina e la miscibilità allo slato
solido esistano delle relazioni. Queste però sono ancora ben lontane dal-
l'essere chiarite e, a questo proposito, conviene qui notare che, per
quanto risulta dalle citate ricerche di Garelli e Calzolari, azobenzolo e
dibenzile, insieme mescolati, nel congelare non si comportano punto come,
stando solo alla stretta analogia delle loro forme cristalline, si potrebbe
supporre. Ma, per queste considerazioni, trattandosi qui di una ricerca
d'indole puramente cristallografica, rimando alle memorie del Bruni e
del Garelli. In queste, e nelle varie altre degli stessi autori comparse
prima, sull'argomento delle- soluzioni solide, sono riportate e discusse
esperienze che, come del resto altri fatti ed altre considerazioni, aventi
con quello attinenza, cui altri osservatori son venuti ultimamente espo-
nendo, meritano tutta l'attenzione di coloro che si occupano dello studio
dei cristalli e non possono disinteressarsi di una questione che si collega
con quella dell'isomorfismo e le altre con questa connesse.
Dopo avere adunque potuto vedere che fra dibenzile e stilbene si ha
una analogia di forma cristallina tanto notevole, la quale farebbe ri-
scontro a quella trovata già dal Bodewig ^ fra anidride succinica e
anidride maleica, mi parve conveniente di ricercare se si mantenesse
nel tolano. Avendo avuto dal Prof. G. K(5rner qualche poco di questa
sostanza riuscii a cavarne dei buoui cristalli. Sottopostili a misure giunsi
ad un risultato che non è certo privo d'interesse, poiché i loro valori
angolari vanno d' accordo con- quelli del dibenzile e dello stilbene (e
quindi deH'azobenzolo), ne hanno pure le forme e sono anche abbastanza
somidianti nell'abito.
1 Zeitschr. far Krijsl. und Min., V, 573 (1880).
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 113
Qualche misura, solo approssimata, e qualche osservazione ottica sul
clibenzile fece per primo il Sella. ^ Lo studiò iii seguito il vom Rath. -
Dei cristalli di questo composto furono più tardi misurati dal von La-
saulx, 3 ma solo a scopo di identificazione. Questi ne ricercò anche, con
una certa minutezza, i caratteri ottici. Il vom Rath, '' contemporanea-
mente al dibenzile, misurò anche lo stilbene del quale però era già
stato dato qualche angolo dal Laurent. ^ Dell' azobenzolo si erano occu-
pati il Marignac ^^ ed il Galderou. "' Ma poiché tra le osservazioni di
questi autori sopra tali sostanze si nota qualche divario, ho creduto con-
veniente rifarne lo studio, cercando, per quanto mi è stato possibile, di
completarlo, anche perchè veduto, tra i vari solventi, quale fosse il più
adatto, ebbi dei cristalli assai ben fatti. Quelli poi dello stilbene e quelli
dell'azobenzolo presentarono una forma nuova ed una legge di gemina-
zione pure nuova.
1 Ann. Chem. Pharm. 121, 252; Comp. Rend. LUI, 543 (1862).
2 Benchte V, 623 (1872).
3 Liebig's Annalen 235, 155 (1886).
'i Berichte V, 624.
5 Eev. Scient. XVI, 374 (1844).
« Mém. Soc. Phys. de Genève XIV, 1.» Part., 285 (1855).
' Zeitschr. fur Kryst. und Min. IV, 234 (1880;.
Voi. XXXIX.
114
G. BOERIS.
Dibenzile.
CgH^ — CH. — CHo — CeHj.
Sistema cristallino : mouocliuo.
a:b:c=2,0S(m:i : 1,25217
Forme osservate : { 100 } ( 001 j { 110 | { 111 1 1 201
Angoli
Limiti
delle osservazioni
Osservazione
media
Calcolato
N
(iiO)
(110)
—
56^40'
56" 14'
1
(100)
(001)
—
63 50
64 6
1
(001)
(•201)
—
66 30
66 21
1
(201)
(100)
49" 20'— 49" 44'
49 32
49 33
2
(001)
(110)
77 58—78 0
77 59
78 7
2
(001)
(111)
59 25 — 59 31
59 28
*
3
(111)
(110)
42 21 — 42 25
42 23
42 25
2
(201)
(111)
57 0-57 3
57 l
56 56
3
(111)
(110)
—
50 55
50 52
1
(110)
(201)
—
71 54
72 12
1
(111)
(100)
83 16 — S3 53
83 28
*
6
(ill)
1
(HI)
78 6 — 78 15
78 9
*
4
Dagli angoli di partenza dati dal vom llath, ' quando si tenga la
nostra oriontazione e si ponga quindi:
(201) : (111) = 57" 10'
(001): (TU) = 50 55
(111) : (111)= 77 34
1 Le costanti date dal vom Kath
a : ò : e =1,27026 : 1 : 1,91583;
^ = 78''27';
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 115
si ricava :
a:è;c = 2,07531 ;1 : 1,26844
,5=r64M8'.
I migliori cristalli sono forniti dalle soluzioni in etere e in etere ace-
tico. La combinazione delle -formo { OOi j { 201 { {111} ò quella che
si osserva in pressoccliè tutti. La base suole essere alquanto predomi-
nante, ma in alcuni casi tutte e tre le dette forme compaiono con facce
che hanno all' incirca la stessa estensione. Su pochi cristalli si vedono
ristrette faccettine di { HO ì non gran fatto nette e piane, e su qualche
altro si notano facce di { 1 00 1 di non considerevole ampiezza. L'abito
di questi cristalli, che è ritratto dalla fìg. 1, non è adunque molto va-
rio. Dall'acetone peraltro, tra molti cristalli fatti nel modo che ora si
è detto, ne ebbi alcuni pochi, uno dei quali è rappresentato dalla fìg. 2,
con facce di {110} largamente predominanti su quelle di (111 ).
Fig. 1. Fig. 2.
Il vom Rath descrisse dei cristalli geminati. In questi sarebbe piano
di geminazione una faccia della nostra {001 }.
Sfaldatura non osservata.
vanno così corrette :
a : b : e =1,26844 : 1 : 1,90607; /J=78»51',
e inoltre:
(iOl) : (101) calcolato = 66'» 40' va corretto in 66'i 54'
(tot) : (001) Il = 48 37 » 48 48
(101) : (001) )) = 64 43 " 64 18.
liG
G. BOERIS.
I cristalli, spesso vuoti nel loro ioteruu, souo biancastri e poco tra-
sparenti per la massima parte; solo per eccezione qualcuno, di esigue
dimensioni, ò completamente trasparènte.
Gli assi ottici stanno nel piano di simmetria, e tanto sulle facce { 001 }
che sulle { 201 } si nota 1' emergenza di uno di essi. La bisettrice acuta
è approssimativamente parallela allo spigolò [101].
Stilbene.
GgHs-GH^GH— GgHj.
Sistema cristallino : mouoclino.
«:è:6?=2,17015: 1:1,40033
^— G5°54'.
Forme osservate ; 1 100 ì } 001 1 11101 ! Ili ' 1 201 1 f 4'03 ì.
Angoli
Limiti
delle osservazioni
Osservazione
media
Calcolato
N
(110)
(110)
530 28'— 530 38'
53» 34'
*
9
(HO)
(100)
63 2 — 63 25
63 13
63» 13'
12
(100)
(001)
05 43 — 66 20
65 55
65 54
12
(001)
(403)
50 12 - 50 31
50 21
50 26
6
(403)
(201)
17 25 — 17 52
17 36
17 41
12
(201)
(100)
45 50 — 46 16
46 1
45 59
10
(001)
(HO)
79 10 — 79 32
79 24
*
15
(OOt)
(111)
—
62 24
62 23
1
(111)
(110)
—
38 17
38 13
1
(201)
(111)
—
58 55
58 53
1
(111)
(HO)
—
49 23
49 22
1
(110)
(201)
71 40 — 71 52
71 45
.*
12
(111)
(100)
—
81 20
81 25
1
(111)
(HI)
—
73 2
72 50
1
(111)
(403)
54 18 — 54 33
54 24
54 28
6
(403)
(HO)
78 27 — 78 39
78 32
78 28
9
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 117
Dagli angoli tenuti dal vom Ratli ^ per fondamentali, orientando nella
nostra maniera, ossia quando si portino in calcolo i valori:
(HO): (110) =53° 40'
(HO): (001) = 79 37
(403) : (110) = 78 12,
si trova.:
a:è:^ = 2,15613: 1:1,39908
^?=66«28'.
Cristallizzando a caldo da diversi solventi si deposero sempre larghe
e sottili lamine parallele a {001 1. Grossi cristalli d' abito affatto diverso
ebbi sciogliendo a freddo nel cloro-
formio e lasciando lentamente sva-
porare. Mostrano nel più dei casi
la combinazione di queste tre for-
me: {001}{201){110j. Le facce
della ( 201 j quando non eguagliano
in ampiezza quelle della base, sono yìq^. 3.
poco al di sotto di esse. Anche le
facce di { HO) sono piuttosto sviluppate. Una forma non del tutto in-
1 Le costanti date da questo autore
a : b : e = 2,1561 : 1
sono inesatte e da correggersi così :
a : b : e = 2,1561 : 1
1,8549; /? = 66o38',
1,8654; s=66''28',
di più:
(001) : (101) calcolato = 50" 14' è invece = 505 28'
(100) : (101) ). = 62 18 » = 63 4
(100) : (302) » = 45 49 » = 45 35
(HO) : (302) H = 71 40 « = 71 35.
118 G. BOERIS.
frequenle e con facce più o meno larghe è il pinacoiJe ; 403 }. Compa-
iono ancora, su certi cristalli, facce di limitala ampiezza della ; 100) e
su altri si hanno facce del prisma {111 j, che ò nuovo per la sostanza,
sempre molto subordinate a quelle di { 110 }. Anche sciogliendo a freddo
nella sufficiente quantità di etere acetico, in cui per altro la sostanza va
meno facilmente che nel cloroformio, ed abbandonando la soluzione ad
evaporamento spontaneo, si hanno cristalli di discreta mole e assai ben
fatti. Su quelli che così ottenni non riscontrai la (111 ]. In essi poi la
j 100 I e più frequente e con facce più larghe che nei cristalli da clo-
roformio.
Trovai diversi cristalli geminati per rotazione intorno ad un asse nor-
male a (0011.
Sfaldatura non osservata.
Cristalli incolori e trasparenti. I piani degli assi ottici sono normali
a ( 010 j; le bisettrici acute, positive, stanno in questo piano nell'angolo
acuto /9 degli assi cristallografici e fanno collo spigolo [001] un angolo
di circa 00° . 2 ^a'= 91" 33' (A"^). Dispersione degli assi ottici assai
forte, e ■< t'-
Telano.
Ce H3 - C = C - Ce li,.
Sistema cristallino : monoclino
a;^/:c = 2,21081;l:l,359'J0
^=64° 59'.
Forme osservate: (100} jOOll {110} {021} {ÌUl |201}{201ì {403
Angoli
(HO): (110)
(HO) : (100)
(100) :(201)
,(201): (001)
Limiti
dello osservazioni
Osservazione
media
Calcolato
N
6
2
1
4
520 57'— 530 8'
63 15 - 63 37
30 0 — 36 26
530 3'
63 26
28 45
36 16
*
63" 28'
28 44
36 15
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC.
119
Angoli
Limiti
delle osser\ azioni
Osservazione
media
Calcolato
i N
(001) : (403)
480 42' — 485 44'
480 43'
480 41'
2
(403) : (201)
18 0-18 14
18 8
18 1
' 3
(201) : (100)
—
-
48 18
—
(001): (HO)
78 50 — 79 20
79 7
*
25
(001) : (111)
61 8 — GÌ 28
61 16
61 19
3
(111) : (110)
39 18 — 39 28
39 23
39 34
3
(201): (111)
—
58 20
58 33
(IH): (021)
—
22 58
22 54
(021) : (110)
—
25 45
25 50
(110) : (201)
72 37
72 43
(HI): (100)
—
82 47
82 50
(IH): (HI)
—
73 43
73 52
(HI) : (403)
—
54 12
53 57
(403) : (HO)
—
79 30
79 40
(201) : (021)
72 7 — 72 35
72 18
72 21
5
(021) : (110)
40 30 — 41 0
40 47
. 40 42
5
(HO): (201)
66 43 — 67 16
66 57
66 57
8
(021): (HI)
56 5 — 56 15
56 10
55 56
2
(021) : (100)
—
80 40
80 51
1
(021) : (001)
67 44 — 68 5
67 55
*
22
(021) : (021)
44 9 — 44 20
44 16
44 10
4
(021) : (403)
—
75 53
75 38
1
(201) : (IH)
79 55—80 5
80 0 1
80 0
4
Potei esami
Qare solo pochi cristalli
Ottenuti coli'
etere acetico.
Erano
tutti piuttosto
scliiacciati secondo ( 0(
31 ( e stirati
alquanto nel
senso
dell'asse [010]. Come forme costan-
temente presenti, oltre la { 001 ',
notai i 201 } I 201 1 con facce abba-
stanza ampie, (021! e ,'110) pure
a facce discretamente estese. La
{111}, che sopra alcuni soltanto
non compariva, per solito mostrava Fig.
120 G. BOERIS.
facce meno larghe di quelle di {110}. Rare erano le facce di {403 ) ed
anctie più rare quelle di [ 100 ì.
Fra i cristalli studiati ne trovai uno geminato secondo la legge: asse
di geminazione la normale a { 001 j.
Sfaldatura non osservata.
Alcuni cristalli erano biancastri e torbidi, altri allatto incolori e per-
fettamente trasparenti. Hanno gli assi ottici in piani normali a [ 010 ì :
le bisettrici acute sono approssimativamente parallele allo spigolo [100].
La dispersione degli assi ottici ò molto marcata, q <C v.
Azobenzolo.
CgHs— N = N — GgH-.
Sistema cristallino : monocliuo.
a; è:(? = 2,1075G: 1:1,33123
^=65^34'.
Forme osservate: i 100 ! j 001 ! ! 110 1 { 021 • I Hi ì 1 201
403
Angoli
Limiti
delle osservazioni
Osservazione
media
Calcolato
N
(110): (110)
55° 0'— 55» 6'
550 3'
*
10
(HO): (100)
62 20 — 62 41
62 31
62'^ 28'
4
(100): (001)
65 21 — 65 41
65 35
05 34
4
(001): (403)
49 28 — 49 49
49 36
49 38
4
(403) : (201)
17 43 — 17 57
17 50
17 49
8
(201) : (100)
46 43 — 46 53
46 48
46 59
6
(001) :(110)
78 52—79 5
78 59
*
22
(001) : (111)
61 4 — 61 11
61 7
61 IO
3
(III): (110)
39 42 — 40 10
39 52
39 51
4
(201): (IH)
57 52 — 57 58
57 56
57 52
4
(111) : (021)
23 36—24 4
23 49
23 43
3
(021): (HO)
26 46 — 26 50
26 48
26 47
3
SOPRA U\A RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC.
121
Angoli
Limiti
dello osservazioni
Osservazione
media
Calcolato
N
(HO)
(201)
7H30'— 71^37'
71^)34'
710 37'
8
(111)
(HO)
50 22 — 50 35
50 29
50 30
3
(HI)
(100)
—
81 39
81 49
i
(111)
(HI)
—
75 24
75 22
1
(HI)
(403)
53 8 — 53 14
53 11
53 14
5
(403)
(HO)
78 33 — 78 45
78 41
78 39
7
(021)
(110)
41 32 — 41 54
41 40
41 41
4
(021)
(111)
—
56 50
56 48
1
(021)
(100)
80 46 - 81 10
80 53
80 56
3
(021)
(001)
67 26 — 67 46
67 35
*
16
(021)
(021)
44 42 — 44 59
44 48
44 50
3
(021)
(403)
—
75 54
75 42
1
Partendo dagli angoli fondamentali dati dal Marignac e attenendosi
alla nostra orientazione, che è poi quella che aveva già adottato il Gal-
deron, ossia facendo:
(110):(Ì10) = 55M0'
(110): (001) = 79 0
(201) : (001) = 67 19
si deducono per l'azobenzolo le seguenti costanti:
a:^^:^=r2,10084:l : 1,32477
/? = 65«40'.
Dei valori presi dal Calderou come fondamentali:
(Ìi0):(il0)==r54«16'
(110): (001) = 78 59
(403) : (001) = 49 31
122 (j. BOERIS.
COSÌ fece rilevare G. B. Negri, ' si calcoiauo le costaDti:
a:b:c = 2M')[ : 1 : 1,3499
^=65M3'2/3.
Per lenta evaporazione di soluzioni in etere acetico, sature a freddo,
ottenni cristalli ben conformati e di grossezza discreta. Alcune volte si
mostrarono con im aspetto assai vario essendo certi fatti come indica la
fìg. 5, altri invece molto allungati secondo l'asse [010], ed altri infine
schiacciati tanto secondo la faccia assunta come base, da parere tavo-
lette, e di questi dà una idea la fig. G. Ma più frequentemente ricavai
Fifr. 5,
Fi£r. 6.
soltanto cristalli aventi tutti l' ultimo d(3gli accennati abiti. Si può anzi
dire essere questo il preferito dalla sostanza, giacché facendo cristalliz-
zare e per raft'reddamento, oltrecchè dall'etere acetico, da altri dei co-
muni solventi in cui essa si discioglie meno, e per svaporamento spon-
taneo, si hanno in generale cristalli laminari secondo (001 1.
Forme costantemente presenti sono { 001 } { 201 } 11101. Le facce
della { 201 }, nei cristalli di tipo prismatico, sono sempre piuttosto am-
pie, ed altrettanto può dirsi di quello della [403 } dalle quali sono ta-
lora superate in estensione. Nei cristalli laminari invece questi due pi-
uacoidi hanno facce per lo più adatto subordinate. Li Hill si presenta
1 Rivista di Mineralogia occ. IX, 30.
SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 123
COI! facce quasi sempre più ristretto di quelle di { HO j. La forma (0211,
nuova per la sostanza, fu osservata sopra cristalli da etere acetico con
facce solitamente di una certa ainpi(3zza. Rara ad incontrarsi e la { 100 1.
Le facce delle diverse forme splendono bene e rillettono d'ordinario
belle immagini, in particolar modo quelle di ( HO j.
Notai anche qualche cristallo geminato ad asse normale a | 001 J.
Sfaldatura non osservata.
La sostanza ha un bellissimo colore rosso arancio, e i suoi cristalli,
quando si lascino tramfuillamente formare, sono ben trasparenti, f piani
degli assi ottici sono perpendicolari a { 010 j; le bisettrici acute situate
in questo piano e positive, fanno un angolo approssimativamente di G2°
collo spigolo [001], nell'angolo acuto /S degli assi cristallografici.
2 Ea=^ 59° 5' {Na). La dispersione degli assi ottici è mollo spiccata,
Per quanto adunque riguarda la posizione degli assi ottici la mia os-
servazione non conferma quella del Galderon, secondo il quale i detti
assi sarebbero nel piano { 010 ).
Milano, Museo Civico, fjiugno 1000.
UN GASO DI EGHINOGOGGO MULTILOGULARE.
Nota dei soci
Dott. A. Fiorentini ed E. G-arino.
(Con una tavola.)
L'echinococco multiloculare (E. alveolaris) è considerato come una
forma speciale che qualche volta assume l'echinococco comune, È co-
stituito da un ammasso di piccole vescicole della grandezza di un
grano di miglio a quella di un cece, tenute insieme da uno stroma
congiuntivo comuno, risultante dalla fusione delle singole capsule av-
ventizie. Questi ammassi possono raggiungere dimensioni assai notevoli,
ed hanno una forma ed un aspetto caratteristici; a ragione vennero
paragonati al cavolfiore (Vedi fig. I), Degno di nota è il fatto che le
cisti sono per lo più sterili.
Le osservazioni fino ad oggi registrate si riferiscono in massima
parte all'uomo. Gasi negli animali furono descritti da Bollinger a Mo-
naco, Ostertag a Berlino, Perroucito in Italia, Guillebeau in Svizzera,
Railliet 0 Morot in Francia.
La distribuzione geografica di tale forma è tutta speciale: nell'uomo
non fu mai osservato in Islanda, né in Australia, dove le cisti ida-
tiche sono endemiche; frequente invece venne notato in Svizzera e
nella Baviera, dove le cisti comuni da echinococco sono relativamente
rare. ^
Neumann, Traile des maladies parasitaires non microhiennes.
126 A. FIORENTINI ED E. GARINO.
Negli animali, dalle osservazioni pubblicate, risulta che l'organo pre-
valentemente infestato è il fegato. Solo Railliet e Morot ^ trovarono
comunemente colpito il polmone, raramente invece il fegato. Nuove
osservazioni di echinococco multiloculare negli animali vennero recen-
temente pubblicate, ma le descrizioni della forma, delle dimensioni e
del contenuto delle cisti lasciano dubitare che realmente si tratti di
questa varietà.
Il caso che »^ oggetto della nostra comunicazione si riferisce ad un
bue, dell'età di anni 9 circa, della campagna romana, abbattuto al
P. Macello di Milano, dove non venne mai osservato alcun caso di
echinococco multiloculare, mentre frequentissime si trovano le cisti
idatiche nei bovini, ovini e suini. Il bue, in coudizioni generali di nu-
trizione appena discrete, non presentò lesioni al polmone, cuore, milza
e reni. Il fegato invece, di volume e peso quasi doppio del normale,
si mostrò cosparso di vegetazioni tondeggianti, di color bianco-giallic-
cio, a superfìcie granulosa, di consistenza piuttosto dura, sporgenti
dalla superfìcie delle due faccio, alcune coniche, altre appiattite (Vedi
fig. I). Le più grandi di queste neoplasie (del diametro di 6 cm.),
mostrarono nella parte centrale una vescicola di dimensioni molto
maggiori (1 era. di diametro) delle altre vescicolette periferiche (1 mm.
di diametro).
Sezionando perpendicolarmente all'organo questi tumori si vide la
superficie del taglio costituita da alveoli a contorni irregolari, conte-
nenti, alcuni materiali di aspetto colloide, altri, sostanza caseosa; si
notò inoltre che essi si affondano profondamente nel tessuto dell'or-
gano, conservando la loro struttura macroscopica caratteristica. Fra la
sostanza propria del fegato e la periferia del tumore non esiste una
delimitazione netta; la neoformazione si insinua nel tessuto con pro-
luu^Timenti che rendono la linea di demarcazione frastadiata.
1 Raillet e ]\IoROT, Bulletin de l'Acad. de médecine, 1898.
UX CASO DI ECPIIXOCOCCO .MULTILOGULARE.. 127
11 nostro caso ci fornì materiale per osservazioni a fresco e in pez-
zetti fissati in liquidi diversi, inclusi e sezionati. Nei preparati micro-
scopici a fresco, allestiti colla sostanza contenuta nelle vescicole, uoii
trovammo mai nò uncini, uè scolici : il contenuto cistico ci apparve
sempre costituito da materiale amorfo e da membrane elmintiche ac-
cartocciate 0 lacerate.
Le osservazioni sulle sezioni colorate con vari carmini e con eraa-
tossilina ci permisero di rilevare la interessante struttura istologica di
questa neoplasia, studiata e descritta anatomicamente per la prima
volta, con molta diligenza, dal Guillebeau. ^
Ogni vescicola è costituita : da un cordone fibroso rappresentante
la membrana avventizia: da uno strato cellulare medio: dalla mem-
brana elmintica e dalla cavità cistica (Vedi tav. fig. 2). Il cordone
fibroso limitante la vescicola è costituito da fibrille connettive o da
cellule fusiformi con nuclei molto allungati. In esso si notano numerosi
e grossi vasi. Le vescicole sono riunite l'uua all'altra colla fusione in
un punto delle rispettive tonache avventizie. Noi non siamo riusciti a
dimostrare la presenza di una capsula unica avvolgente tutto il tumore ;
non raramente invece abbiamo trovato, nei confini fra il tumore e il
tessuto epatico, zaffi di quest'ultimo incuneati fra le tonache avven-
tizie di due cisti contigue (Vedi fig. 2).
Lo strato cellulare medio viene da Guillebeau paragonato al tuber-
colo. Secondo questo Autore, al disótto della membrana avventizia
stanno strati di cellule linfoidi, da noi pure osservati, cui fanno se-
guito strati di cellule epitelioidi, ed infine una vera corona di cellule
giganti con numerosi nuclei ammucchiati alla periferia, verso lo strato
epitelioide. In alcuni punti le cellule giganti assumono forma fusata
0 disposizione raggiata, come a ventaglio.
' Guillebeau, Zar Ilistologie der muliiloculàren Eclwiococcus (Vircliow's
Arcliiv. 1890, Voi. 119).
128 A. FIORENTINI ED E. GARINO.
Contro la porzione proloplasraatica di queste cellule viene ad ada-
giarsi la membrana elmintica, sti'iata longitudinalmente, ialina ; qualche
volta questa membrana è staccata e raggrinzata nell'interno della ca-
vità cistica (Fig. 2).
Noi non abbiamo osservato che raramente, entro le cisti, vescicole
figlie; invece spesso la cavità cistica, per evidente degenerazione del
contenuto, si mostrò piena di materiale amorfo.
Le nostre osservazioni ci avrebbero però condotti a dare un' inter-
pretazione alquanto diversa agli elementi dello strato cellulare medio.
Noi inclineremmo a ritenere le cellule giganti e lo strato epitelioide
di Guillebeau, di natura connettivale, così che le cellule giganti non sa-
rebbero per noi che il risultato della fusione di cellule connettivali.
Questo fatto si può rilevare dalla figura 3 della tavola, tolta da
uno dei nostri preparati e disegnata colla camera lucida.
Ci riserviamo di ritornare sopra questo importante argomento con
un altro lavoro in corso.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
La figura l rappresenta un pezzo di fec^ato a grandezza naturale, sulla superficie
del quale si osservano in e due prominenze a superficie granulosa, e che non sono
altro che due tumori d'echinococco rnultiloculare.
La figura 2 ci dà l'aspetto di una sezione di una piccola porzione di tumore
preventivamente fissata, inclusa e colorata (Koristka oc. 3. ob. l). In detta sezione
sono comprese porzioni di tre cisti d'echinococco. In f si osserva un zaflb di cel-
lule epatiche compreso fra due membrane avventizie. In a ò disegnata l'avventizio,
in cg la corona di cellule giganti. Fra 1" avventizia e lo strato di cellule giganti vi
A. Fiorentini - E. Carino. — Echimoc. Moltiloc.
Attid. 8oc. It. d, S. N., Voi, XXXIX.
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A, Fiorentini, dis,
UN GASO DI ECHINOCOCCO MULTI LOCULARE. 129
lia uno strato di cellule linfoidi ci, posto subito al disotto doli' avventizia, ed uno
strato di cellule connettivali che s'intrecciano, formando una rete a larghe maglie
e terminando coi loro prolungamenti protoplasmatici alla periferia delle cellule
giganti. In ce è disegnato la cisti d'echinococco con un contenuto amorfo, in m
si osserva la membrana elmintica, ed in v un vaso.
La figura 3 (Koristka oo. 3. oh. 8 camera lucida, altezza tav.) rappresenta una
porzione dello strato cellulare intermedio partendo dalla membrana elmintica in m
verso la periferia, comprendendo una porzione della corona di cellule giganti in cg
coi loro nuclei, seguita da prolungamenti di cellule connettivali, che si intrecciano a
larghe maglie in ce; infine si osservano le cellule linfoidi in e/ infrapposte a cel-
lule connettivali longitudinali con nuclei fusati, cellule queste che appartengono ai
primi fasci interni dell'avventizia.
Voi. xxxix.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO
DEL DIMORFISMO DEL RANUNCULUS FIG ARIA L.
Nota del socio
Dott. -AJberto Noelli.
Il Prof. Federico Delpino di Napoli, io un suo recente lavoro sul
BanuìiciUus Ficaria Z., ^ riuscì a provare , almeno per gli esem-
plari i quali crescono nei dintorni di quella città, che contrariamente
a quanto asserivano vari autori, quali il Reichenbach, il Jordan, ecc.
la Ficaria altro non sarebbe se non una specie ginodioica, formata
cioè da due forme diverse, l'una ermafrodita fornita di stami e pistilli
perfettamente sviluppati, e l'altra femminile munita invece di stami
a diversi gradi di aborto e di corolla più piccola, ma entrambe frut-
tificanti. Infine per essere il polline della forma ermafrodita scevro di
ogni efficacia fecondativa sui pistilli sottostanti sarebbe altresì una forma
con fiori ermafroditi adinamandri. -
Ora avendo il Delpino rivolto un invito ai botanici europei, di esa-
minare cioè il progressivo sviluppo dei fiori del R. Ficaria nei terri-
tori da essi rispettivamente abitati, co;;ì rivolsi la mia attenzione a
quelli i quali crescono nel territorio di Torino. Ed avendone ottenuti
1 F. Delfino, Dimorfismo del Ranunculus Ficaria L. (in Memorie d. R. Ac-
cademia delle Scienze d. Istituto di Bologna, 1897; Tomo IV, pag. 685.)
- F. Delfino, op. cit., pag. G91.
132 A. NOELLI.
dei risultati notevoli, così ritengo di fare cosa utile col riassumerli bre-
veniente in questa nota.
Già nelle mie prime gite compiute nella primavera del 1898 notai
come il R. Ficaria ovunque abbondante, cresca perù in determinate
zone 0 con forme munite di fiori estremamente grandi o con forme più
piccole, esili e parviflore. Per la qual cosa incominciai a dubitare che
anche a Torino, come già a Napoli, questa specie dovesse presentarsi
col solito dimorfismo fiorale. Viceversa, come mi risulta dall'esame di
parecchie centinaia di fiori dell'una e dell'altra forma, notai con mia
grande meraviglia come essi, oltre all'avere gli ovari normali, sono
muniti di stami sempre ricchi di polline bene conformato, per la qual
cosa fui costretto ad ammettere, come perù già immaginava il Dei-
pino, 1 che nei dintorni di Torino il R. Ficaria fosse rappresentato da
una sola forma, cioè dall'ermafrodita.
Occorre però notare per debito d'imparzialità, come soltanto una
volta, raccolsi in un prato situato nelle vicinanze di Stupinigi, alcuni
fiori piccolissimi, le cui antere mostravansi assolutamente prive di pol-
line, frammisti ad altri fiori pure piccoli, ma con stami forniti di pol-
line abbondante e bone conformato; e questo fatto anziché ritenersi
dovuto alla presenza di fiori femminili in quella località, credo debba
attribuirsi ad un fatto eccezionale dovuto all'anormale sviluppo di
poche pianlicine, probabilmente prodotte dal tempo continuamente pio-
voso. D'altra parte nella stessa località raccolsi negli anni seguenti dei
fiori egregiamente polliniferi per quanto piccoli e gracili.
Ritengo ora necessario, come già fece il Delpino, il far seguire i
prospetti delle dimensioni dei vari organi fiorali, per paragonare i miei
risultati con quelli da lui ottenuti a Napoli.
Riguardo ai valori dei diamelri corollini espressi in millimetri, scelsi
10 fiori grandi e 10 piccoli e ne ottenni i seguenti risultati:
Fiori grandi: 23. 24. 25. 2G. 28. 30. 32. 34. 36. 39=297.
Fiori piccoli: 17. 19. 21. 22. 23. 24. 26. 27. 28. 29=i236.
1 F. Delfino, op. cit., pag. 701
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL DIMORFISMO, ECC. 133
Si ha quindi ima media di 29,7 per i fiori grandi e di 23,6 per
quelli piccoli, le quali, paragonate con quelle ottenute a Napoli, pro-
vano che la media massima, cioè 29,7, è appena eguale alla media
dei fiori femminili ottenuta dal Delpino; d'altra parte è notevole la
poca differenza che esiste tra le due medie in modo che riesce diffi-
cile il distinguere i vari fiori delle due forme specialmente poi per la
grande abbondanza di quelli con dimensioni intermedie.
Nell'esame poi delle varie parti fiorali, non riscontrai che lievi dif-
ferenze nei sepali, mentre nei petali notai alcune variazioni segnata-
mente per quanto riguarda il numero. Difatti esso non si mantiene co-
stante né nei fiori piccoli né in quelli grandi, anzi in questi ultimi le
differenze sono più frequenti e di maggior rilievo; invero mentre nei
primi il numero dei petali varia da S a iO, nei secondi varia invece
da 8 a 13 con una media di 9.
All'incontro il numero degli stami varia di poco come rilevasi dalle
seguenti cifre;
Fiori grandi: 20. 23. 20. 34. 36. 37=^176.
Fiori piccoli: 17. 19. 22. 24. 28. 29=139.
Si ha quindi una media di 29 stami per i fiori grandi e di 23 per
quelli piccoli, risultati i quali si avvicinano di molto a quelli ottenuti
dal Delpino, avendo egli ottenuto il numero di 28 per la forma erma-
frodita e di 23 per quella femminea.
Esaminando poi accuratamente la lunghezza degli stami, compresa
l'antera, ebbi una media la quale varia da 5,5 a 6,5 nei vari fiori,
scostandosi così da quella ottenuta a Napoli la quale varia da 5 a 10.
Le antere poi mostravansi sviluppate regolarmente e sempre munite di
polline bene conformato.
Riferisco infine il numero dei carpidi da me riscontrati nelle due
forme :
Fiori grandi: 16. 18. 22. 23. 24. 27. 32. 34. 36. 36=^268.
Fiori piccoli: 10. 11. 14. 18. 22. 24. 25. 25. 27. 35=211.
134 A. NOELLI.
Si lia quindi una media di 26 carpidi per i fiori grandi e di 21 per
i fiori piccoli, le quali provano così l'uniformità esisterne nelle due
forme, mentre a Napoli esse sono rappresentate rispettivamente da 18
per le piante ermafrodite e da 27 per quelle femminee.
Riguardo alla struttura i carpidi non presentano grandi differenze ;
riesce però notevole il fatto che, mentre in qualche fiore piccolissimo
essi sommavano a 45, in pochi altri molto più grandi e sviluppati essi
raggiungevano appena il numero di 11.
Moltissimi fiori poi presentavano per lo più da 1 a 3 ovari grossificati
(raramente essi erano in numero di 8 ovvero 10), colle pareti bene
lignificate, consistenti, e, fatta eccezione di pochi i quali o erano vuoti,
0 contenevano un seme abortito, tutti gli altri manifestavano la pre-
senza di un abbondante albume munito di embrione. Inoltre non mi
fu mai dato di osservare delle nucule divorate da insetti.
Ho già detto come in tutti i fiori (salvo una sola eccezione) le an-
tere fossero fornite di polline abbondante e bene confermato, coi nuclei
bene appariscenti in seguito a colorazioni artificiali, ma non mi fa mai
possibile il farlo germinare malgrado i numerosi tentativi. Però osser-
vando gli stimmi mi fu dato varie volte di scorgervi dei tubi polli-
nici normali uscire dalle fessure di deiscenza.
Per ultimo esaminai i vari esemplari di Raìiumulm Ficaria con-
tenuti hqW Herbarium 'pedemontamim del R. Orlo Botanico di Torino
e ne ebbi i seguenti risultati :
Del Piemonte esistono 48 esemplari raccolti in 12 località distinte,
coi fiori bene sviluppati, tutti forniti di polline, ed anzi vari presen-
tano parecchie nucule grossificate, lignificate e ricche di perisperma.
Infine salvo pochissime piante, tutte le altre mostrano le parti vege-
tative molto sviluppate.
Risulta quindi, da tutto quanto si è detto, che la Ficaria si sviluppa
a Torino colla sola forma ermafrodita e con una variabilità di forma
molto relativa e non mai eguale, salvo poche eccezioni limitate ad un
numero scarso di fiori, a quella che si verifica nel territorio di Napoli
tra la forma ermafrodita e la femminea.
CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL DIMORFISMO, ECC. 135
Rimangono però alcune questioni circa l' interpretazione dello sviluppo
del R. Ficaria, questioni che io intendo trattare brevemente.
Anzitutto il Delpino riferisce a pag. 691-92 come i suoi fiori siano
visitati rarissimamente dagli insetti, menti-e l'opposto accadrebbe in
Germania ed in (Dlanda secondo le osservazioni di vari autori quali il
Miiller, Mac Leod, ecc. Anzi il Keruer ^ a pag. 456 così si esprime; ^ I
fiori di Ranunculus Ficaria sono visitati nei luoghi esposti al sole
da piccoli coleotteri mangiatori di polline, da ditteri e da imenotteri,
ed in tali luoghi producono qua e là dei frutti maturi; nei luoghi si-
tuati all'ombra dei bassi cespugli e nell'interno oscuro dei boschi le
visite degl'insetti sono per contrario assai rare, e perciò la maggior
parte dei primordi dei frutti periscono e non diventano frutti maturi.
In compenso i ceppi del favagello cresciuti nell'ombra fitta producono
nell'ascella delle foglie cauline dei tuberi globosi o reniformi, i quali
più tardi quando il fusto e le foglie si disseccano, cadono e danno ori-
gine a nuovi ceppi. Invece i ceppi che maturano frutti non producono
alcuno o soltanto pochi corpi riproduttori organici tuberiformi. «
Ora se è vero che i fiori del R. Ficaria sono visitati dagl'insetti e
specialmente da coleotteri e da ditteri, come io stesso verificai molte
volte, in ispecie nelle giornate di sole, non è però vero che la produ-
zione di bulbilli avvenga soltanto nelle piante cresciute all'ombra e
quindi prive della visita degl' insetti, poiché io osservai che producono
bulbilli e le piante cresciute all'ombra e quelle esposte al sole. Quindi
la produzione bulbillifera non supplisce la mancanza di frutti, ma è
invece un fatto costante, acquisito e destinato alla regolare riproduzione
del R. Ficaria.
Anche il Yan Tieghem ^ asserisce che se nel R. Ficaria il polline
non si forma, oppure non si formano gli ovoli per lo sviluppo di radici
tubercolari sotto i germogli ascellari caduchi delle foglie caulinari, si
1 Kerner di Marilaun, Vita delle Piante. Voi. II, pag. 456. Torino, 1892.
2 Van Tieghem, Traile de Botanique. Voi. II, pag. 1010. Paris, 1891.
136 A. XOELLI. CONTRIBUZ., ECC.
ha I'apogamia. Perduta la sessualità essa viene sostituita da formazioni
apogamiche. Anche il Darwin ^ afferma che la Ficaria non produce mai,
0 raramente dei semi, e che la forma bulbillifera, non producendo pol-
line, non forma mai dei semi. Ma tutto questo cade poiché tanto il
Delpino come io abbiamo osservato come numerose piante producono semi.
Resta per ultimo di studiare in quale modo il R. Ficaria si è svi-
luppata nel territorio di Torino. Da quanto risulta dalle mie osservazioni
io ritengo che la pianta in questione si è diffusa dal sud al nord
mediante bulbilli appartenenti alla sola forma ermafrodita, ma però pro-
dotti da piante di diversa individualità fisiologica e che questa diffusione
ebbe luogo per opera dei lavori campestri, e della naturale trazione la
quale si opera per mezzo delle radici laterali sui bulbilli specialmente
nei terreni compatti ed incolti. Ma siccome le vicende atmosferiche sono
ben diverse nel nord d'Italia e quindi meno favorevoli al regolare svi-
luppo del R. Ficaria^ come d'alti-a parte lo provano le dimensioni minori
dei vari organi fiorali, così era necessario che le varie piante produ-
cessero delle nucule seminifere, prodotte da fecondazione incrociata le
quali per essere pesanti, liscie e situate su peduncoli marcescenti e quindi
adagiati sul terreno, male si presterebbero ad essere diffuse, ma ad al-
tro non servirebbero se non a produrre delle piante più robuste e quindi
maggiormente atte a resistere ai cambiamenti di clima.
1 bulliilli invece, più leggieri e numerosi, prestandosi ottimamente,
per mezzo dei lavori del terreno, ad essere diffusi, coopererebbero su
larga scala ad espandere lentamente, ma continuamente, il R. Ficaria
dal sud al nord dell'Europa.
1 C. Darwin, De la variation des animaux et des plantes sous l'action de
la domestication. Vol. II, pag. 180. Paris, 1868.
SUL PEUCEDANUM AjSGUSTIFOLIUM Rd\]x fil. ISG"
Nota del Socio
Dott. Alberto Noelli.
Nell'erbario del R. Orto botanico di TorHiio esistono vari esem-
plari di questa pianta, la quale meritava uno studio accurato prima di
ritenerla, come già hanno fatto vari autori, sia come una specie di-
stinta dall' affine P. Ostruthimn Koch, sia come una sua varietà.
Era quindi necessario intraprendere lo studio molto interessante di
tale pianta, il che feci nello scorcio di questa estate, in base al sud-
detto materiale dell' Orto di Torino gentilmente posto a mia disposi-
zione dal prof. Belli, ed agli esemplari favoritimi dal signor Burnat
di Vevey.
E dal loro esame accurato io dedussi la seguente diagnosi:
PEUCEDANUM OSTUTHIUM Koch, 1824 (L. 1764).
Caule 4-6 dm., erecto, fistuloso, tereto, striato, glabro, saperne ra-
moso. Foliis iuferioribus grandibus, longe petiolatis, ternatis, biterna-
tisve; foliolis integris vel 2-3-partitis aut 2-3-fidis, lanceolatis, hm-
qualiter sorrulatis, cordatis, vel cuneatis, vel basi atteuualis. Foliis
superioribus minoribus, sessilibus super latam vaginam, plus minusve
serrulatis; foliolis 2-fìdis, quandoque multifidis. Umbellis magnis, ra-
diis 30-40 valde inaìqualibus. Involucro nullo. Fructibus 5-6 millim.
longis, pedicello filiformi brevioribus, ovalibus, basi superneque emar-
138 A. NOELLI.
ginalis, margine latissimo. Acheniis valleculis iinivitlalis, commissuris
vero 2-vittatis. 2p. Jul. Aug.
§ angiistifoUum Carnei (1888).
Foliis ternatis biternatisve; foliolis basi atlejiiialis, oblongis, 2-3 fi-
dis, iiiterdum etiam piiiualifidis, laciiiiis lauceolalis, augustis, iiisnqua-
libus et irregulariter profuiideque serrulatis, denliculis angustioribus
longioribusque quarn in lypico. Angulis, delimitatis a nervis seciuida-
riis simul cum nervo mediano foliorum, multo acutioribus; nervis la-
teralibus magis approximatis. Nervis paginae iiiferioris foliorum pilis
multo tonuioribus densioribusqiie instructis, quam in lypico.
Descrizione.
Perenne.
Radice strisciante, carnosa.
Caule lungo, rotondo, più o meno striato longitudinalmente, fisto-
loso, eretto, glabro, ramoso in allo.
Foglie radicali grandi, lungamente picciuulate; il picciuolo striato
termina in basso in una guaina abbracciarne il fusto. Esse presentansi
ternate ovvero biternate, colle foglioline lunghe, subrotoude, grandi, ta-
lora però sono più strette, acuto lanceolate, intiere ovvero due-tre par-
tite, 0 due-tre fide, qualche volta m-ultifide, con lobi ineguali grandi,
ovvero stretti ed accuininati. Il margine è inegualmente seghettato, coi
denti larghi ovvero stretti terminanti m punta sottile. Le foglie sono
glabre e verdi superiormente e più ]»allide nella pagina inferiore ed
in questa le nervature appaiono leggermente pelose e ruvide. Foglie
caulinari più piccole, munite di picciuolo più breve, il quale manca poi
uelle foglie superiori, le quali invece si inseriscono sopra una grande e
lunga guaina. I segmenti foliari sono più stretti, lanceolati, e tulora
presentano vari lobi acuminali coll'urlo profondamente ed inegualmente
seghettato.
SUL PEUCEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 139
Ombrelle solitarie, situalo air apice del fusto o dei rami, portato
da peduncoli cilindrici striati e glabri. Involucro nullo. Raggi dell'om-
brella numerosi, angolosi, striati, glabri, leggermente scabri nel lato
interno; involucrotti formati da pòche brattee (talora mancanti) lineari,
filiformi.
Ombrellette multillore, coi pedicelli tenui, filiformi; gli esterni più
lunghi, leggermente scabri noUa parte interna.
Calice con denti pochissimo evidenti.
Corolla bianca coi jietali a cuore rovesciato.
Stili bianchi, divergenti, più lunghi dello stilopodio, il quale ò se-
miconico, quasi piano nella parte interna.
Acheni piccoli, mollo [liù brevi del carpoforo, il quale è filiforme,
ovale, smarginato superiormente ed inferiormente, colle costole distinte,
ravvicinate e con un margine molto largo e piano. Una villa per val-
letta, e due nella coinmissura, alquanto arcuate.
Sinonimia.
Peiicedaniim Ostruthiiim Koch ,!,, Geìi. ir ih. fi. umbell. in Nov.
act. uat. cur. Vol. XII, Part. I, pag. 95 (182i). — De Notaris J.,
Rcjoert. ft. ligiist., pag. 183, n. 806 (1844). — Gren. Gadr.,
Fior. d. Franc. Vol. I, pag. f.Ol (1848). - Rclib. II. G. fil,
Umbell. in Fl. germ. ree. Vol. XXI, pag. 02, sp. 15 (1867).
Ces. V. Pass. G. Gib. G., Comp. fi. it., pag. 609 (1867). —
Bouvier L., Fior. d. Alp. d. Sitiss. et d. Savoie, pag. 292
(1878). — Jessen W., Deuts. excurs. fl, pag. 181 (1879). —
Arcang. G., Comp. fl. it, pag. 293, sp. 1756 (1882). — Car-
nei T., Fl. it. Vol. VIII, pag. 287 (1888). — Index Kewen-
sis. Vol. Ill, pag. 481 (1894). — Arcang. G., Comp. fl. it.,
pag. 611 (1894). — Fiori A., Paolelti G., Fl. anal. d'lt. Vol. II,
pag. 182, sp. 2347 (1899).
140 A. XOELLI.
Imiwratoria Ostruthium L., Sp. ]:>l. Vol. I, pag. 371 (1764). —
Hall. A., Hist. stir]}, ind. helv. Vol. I, pag. 357, n. 805 (1768).
— Murr. A., Si/st. veg. Ed. XIV, pag. 289 (1784). — Vili. M.,
Hist, cl.2^1. d. BauphiM. Vol. I, pag. 628 (1786). — Gaertii. J.,
De fruct. et. sem. pi. Vol I, pag. 90 (1788). — Willd. G. L.,
Sp.pl. Vol. I, Part. II, pag. 1458 (1797). — Sm. E., Fl. brit.
Vol. I, pag. 327 (1804). — Savi G., Dm cent. d. pi. app.
11 etr., pag. 69-70 (1804). — Re F., Fl. 5^^.. pag. 27 (1805).
— Pers. G. H., Sijn.pl. sur enchir. hot. Vol. I, pag. 321 (1805).
— Lamk. J. et D. G., Sijn. pL, pag. 505, sp. 3421 (1806).
— Biroli J., Fior. Ac. Vol. I, pag. 102 (1808). — Picot de
Lapeyrouse, Hist. abr. d. pi. d. Pyr. A^ol. I, pag. 162 (IS 13). —
R. et S., Sijst. veg. Vol. VI, pag. 608 (1820). — Pollinius G.,
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prov. com., pag. 56, sp. 372 (1824). — Spreug. G., S)jst. veg.
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(1827). — Gaud. I., Fl. helv. Vol. II, pag. 336 (1828). —
Duby. E., Bot. gall. P. I, pag. 222 (1828). — D. G., Prodr.
Si/st. nat. Vol. IV, pag. 183 (1830). — Rchli. L., /'/. germ,
ecce. Vol. II, pag. 456, sp. 2955 (1830-32). — Spreug. G., Fl.
Hal. Ed. II, pag. 139 (1832). — Golia A., Herb. ped. Vol. Ill,
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— Richter E., Cod. hot. linn. Vol. I, pag. 275, sp. 2073
(1835). — Gaud. J., Syn. il helv., pag. 230 (1836). — Ber-
tol. A., Fl. it. Vol. Ill, pag. 420 (1837). — Steudel T., Nom.
hot., pag. 805 (1840). — Doll. Gh., PJiein. fl, pag. 721 (1843).
— Koch. J., Syn. fl. Vol. I, pag. 336 (1843). — Jacques et
Heriiicq., Man. g&n. d. pi. Vol. II, pag. 112 (1845-62). —
Ziimaglini M., Fl. ped. Vol. I, pag. 12 (1849). — Nymau F.,
Sijll. //. eur., pag. 153, sp. 151 (1854-55). — Aschurson, /'/.
SUL PEUCEDAXUM ANGUSTIFOLIUM. 14i
Branche pag. 254 (18G4). — Fiiss. M., FI. trciiis. exc, pag.
271, sp. 1307 (1800). — Zersi E., Prosp. d. pi. d. prov.
Brema, pag. 99 (1871). — Gillet M. et Magne II., Nouv. fi.
fr., pag. 191 (1873). — Garcke A., FI. v. deut., pag. 171,
sp. 824 (1878). — Kocli J., Taschh. d. Deict. und ScJuc. fi.,
pag. 631, sp. 2950 (1878). — Gaflisch. F., Excurs. jl, pag. 134
(1878). — Nymaii F., Consp. fi. eur., pag. 285 (1878-1882). —
Bicknell C, FI. of Bordigìiera and S. Remo, pag. 114 (1896).
7. alpina Bauhino G., Hist. pi. un. Voi. Ili, lib. XXVII, pag. 139-
140 (1651).
/S triternata D. G„ Prodr. sijst. nat. Voi. IV, pag. 183 (1830). —
Gillet M. et Magne H., Nouv. fl. fr., pag. 191 (1873).
/. major C. B., Toiirn. P., Jnst. rei herb. Vol. I, pag. 317 (1719).
— Lamk., Encijcl. rneth. Vol. Ill, pag. 242 (1789).
Selinum Imperatoria Crantz N., Stirp. austr.. Fase. III. Ed. II,
pag. 174 (1769). — Ali. C, Fl. p)ed. Voi. II, pag. 7, n. 1299
(1785). — Link F., En. pi. Voi. I, pag. 269 (1821).
var. /? ancjusti folium Carnei T., Fl. it. Voi. Vili, pag. 287 (1888).
— Arcang. G., Comp. fl. it., pag. 611 (1894). — Fiori A. e
Paoletti G., Fl. anal. d'It. Voi. II, pag. 182 (1899).
Peucedanum angustifolium RcIiId. fìl, Umb. in Fl. germ. ree. Xo-
lume XXI, pag. 62, sp. 16 (1867). - Ges V., Pass. G., Gib. G.,
Comp. fl. it., pag. 610 (1867), — Arcang. G., Comp, fl.. it.,
pag. 293-94, sp. 1757 (1882). ~ Indeoj Kewensis. Voi. III,
pag. 480 (1894).
P. imperatorioides Koch J., Gen. trib. pi. umbell. in Nov. act. nat.
cur. Vol. XII, Part. I, pag. 95 (1824). — De Notaris J., Rep.
fl. tig., pag. 184, u. 807 (1844).
Selinurn imperatorioides Link H., En. pi., pag. 269 (1821).
Imperatoria angustifolia Bell. L., Stirp. nov. vel. min. not. Ped.
in Mem. Ac. Tur., anno X-XI, pag. 449 (1801-2). — R. et S.,
142 A. NOELLI.
S/jst. vegeL Vol. VI, pag. 609 (1S20). — Pollinius C, Fl. ver.
Vol. I, pag. 386 (1822). — Spreug. c'., Sijst. veget. Vol. I,
pag. 916 (1825). — Gaud. J., Fl. helv. Vol. II, pag. 338
(1828). — D. C, Prodr. sijst. nat Vol. IV, pag. 183 (1830).
— Rchb. L., Fl. germ. exo. Vol. If, pag. 456, sp. 2956 (1830-
1832). — Colla A., Herb. feci. Vol. HI, pag. 57 (1834). —
Mutel A., Fl. t>. Vol. 1, pag. 54 (1834). — Gaud. J., Syn.
fi. helv.. pag. 230 (1836). — Bertol. A., Fl. it. Vol. Ill, pag.
422 (1837). — Steudel E., Nom. hot.,, pag. 805 (1840). —
Koch J., Syn. ft. germ. Vol. I, pag. 337 (1843). — Zuma-
gliui A., Fl. peel. Vol. I, pag. 13 (1849). — Nyman C, Syll.
fl. eur., pag. 153, sp. 153 (1854-55). — Fuss M., Fl. tram.
exc, pag. 271, sp. 1308 (1866). — Koch J., Tmch. d. Deut.
uiid Schw. fi., pag. 632, sp. 2951 (1878). — Nymaii G.,
Comp. fl. eur., pag. 285 (1878-82).
Imperatoria alpina angustifolia Moris. R., Plant, hist. univ. ox.
Vol. Ill, pag. 278 (1715).
Icones.
Peucedanum Ostriithium Koch — Lobelius, Icon, pi., pag. 700 (1591).
— Bauh. G., Hist. pi. un. Vol. Ill, pag. 140 (1651). — Mo-
ris. R., Pi. hist. un. Vol. Ill, tav. IV, sez. IX (1 71 5). — Ico-
nografia taurinensis. Vol. XIV, tav. II (1752). — Blackw. E.,
. Herb, black. Gent. Ill, tav. CGLXXIX (1757). — Gaertn. J., De
fruct. etsem.pl. Vol. I, tav. XXI, fig. 9 (1788). — Mutel A.,
Fl. fr. Vol, I, tav. XXIV, fig. 190 (1834). — Rchb. II. G. fil,
Umbell. in Fl. germ. ree. Vol. XXI, tav. GXXIII (1867). —
Gus. M., Aiisb. ]\I., Herb. d. I. Fl. fr. Vol. X, tav. Lll (1869).
/? angustifolium Garuel — Moris. R., Pi. hist. un. Vol. HI, tav. IV,
sez. IX (1715). — Jconogr. taur. Vol. XXXV, tav. LIX (1752).
— Bollard. L., Stirp. nov. vet min. not. Ped. iu Mom. Ac. Tur.
SUL PEUCEDANU-M ANGUSTIFOLIUM. 143
Anno X-X[, tav. IH (1801-2). — Rchb. II. fil, Umb. in FI. germ,
ree. Voi. XXI, tav. GXXIV (1867). — Gus. M., Ansb. M., Herb,
d. l. FI. fr. Voi. X, tav. LUI (1869).
Letteratura e critica.
Questa pianta venne raccolta per la prima volta molto probabilmente
nel 1798 da un certo Viale nei prati a Limone in provincia di Cu-
neo. Pili tardi egli la comunicò al Bellardi, il quale la descrisse come
specie autonoma e la figurò nelle « Stirpes novae vel minus notae
Pedemontii descriptae et iconibus illustratele. f> ^ Quest'Autore rife-
risce poi come, secondo A. Haller figlio, essa sia stata raccolta anche
nella Sviscera e nella sinonimia oltre al riportare la tav. IV del Mo-
rison {Plant, hist, univ.. Ili, 1715), mette come sinonimo /. minor
del Bauhino, mentre in questo Autore si legge /. alpina. ^
Il Bertoloni nella sua fiora ^ a pag. 422 asserisce soltanto di avere
ricevuta la pianta dai luoghi subalpini di Limone dal prof. Balbis e
da Bertero, ed erroneamente scrive /. angustifolia Spreng. in R. et S.
mentre questi Autori scrivono esattamente L angustifolia Bell. Nel
De Gandolle ^ a pag. 183 si legge quanto segue: ^ Post Sellar dium
legi in Alpibus Tendae prope Limone Pedemontii. " E questa nota
egli la ripete unitamente all'unico esemplare del suo erbario coll'ag-
giunta della data u Limone, 20 juill. 1805. «
Ma nel « Journal de voìjage (inedito) di A. P. De Gandolle, il
quale si conserva nella biblioteca De Gandolle a Ginevra, si trova alla
data 26 luglio 1809 quanto segue; « J' ai vu daus le jardin de
1 Bellardi L., Stirpes novae, ecc. in Móni. d. l'Ac. d. Turin. Anno X-XI, pa-
gina 449, tab. HI, 1801-2.
2 Bauhino G., Histonae piantar um universalis. Tomo III, lib. XXVIl, pag. 139-
liO. Ebroduni, 1651.
3 Bertoloni A., FI. it. Vol. III. Bononiae, 1837.
^- De Gandolle P., Prodr. syst. nat. reg. veg. Vol. IV. Parigi, 1830.
144 A. NOELLI.
M. Viale V Iinperatoria angmtifolia de Bellardi en fruits, elle croit
dans ce pays, aussi bien que la Linnaea, mais rien n'est plus difficile
que de tirer le moindre renseignemeut de M. Viale qui veut ctre seni
à conuaìtre les plautes de son canton ... « Risulta quindi da questa
nota come egli si sia ingannato col citare e nell'erbario e nel Pro-
dromus di avere raccolta dopo Bellardi, nelle Alpi di Tenda, 1'/. an-
gustifoglia; egli invece l'ha solamente vista nel giardino di Viale a
Limone. Inoltre a pag. 183 nel Prodromus aggiunge alla sp. Ostru-
thium una varietà /? triternata della quale dà la diagnosi citando
nella sinonimia « Imperatoina triternata Viv. I in liti. " , varietà la
quale venne però con ragione annullata dal De Notaris ^ consideran-
dola come sinonimo del P. Ostruthium. Tuttavia Gillet et Magne nella
loro flora ^ continuano a mantenere tale varietà.
Anche il Villars ^ aggiunge alla sp. Ostruthium una varietà tenui-
folia alla quale segue una descrizione talmente vaga da dover riferire
senz'altro la varietà alla specie tipica.
Nyman, •^ sulla fede del Serres, dice che il P. amjmtifolium sarebbe
pure stato trovato nel Delfmato presso Villardd'Arcme^ nella Sviz-
zera meridionale (?) e nel supplemento secondo alla sua flora, ^ ag-
giunge anche « In Helvet. Merid. Canton Ticino in monte supra
Lugano et Bironico (Schl. hb. ex Gremii), n
Infatti neir erbario Schleicher (conservato a Losanna) si legge la se-
guente indicazione: " Pn monte supra Lugano et Bironico (cujus
nomen oblitus sum) specimen legi. » E questa località viene pure
riportata dal Koch nella sua flora, ^ dal Reicheubach figlio nello Um-
1 De Notaris J., Repertor'mm florae Ugmticae, pag. 183. Torino, 184-i.
2 Gillet M. et Magne J. H., Nouvell. fi. frano., pag- 19 L Paris, 1873.
3 Villars M., Histoire d. pi. d. Dauphinó. Voi. I, pag. 628. Grenoble? 1786.
^ Nyman G. F., Conspectus florae europae, pag. 285. Oerebro sueciae, 1878-82.
5 Nyman G. F., Conspectus florae europae. Suppl. II, pag. 137. Oerebro sue-
ciae, 1889-90.
6 Koch J , Syn. fi. germ, et helv. VA. III. Voi. I, pag. 263. Lipsiae, 1857.
SUL PEUCEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 145
bellifei-e ecc. ' e dal Gaudiii nella sua Flora helvetica, A^ol. II (1828)
a pag. 338 e non 638 come erroneamente si legge nel Reiclienbach.
Nell'erbario del Biroli un esem.plare porta la seguente indicazione: « In
Alpibus Graiis ", località ripetuta poi da Roemer et Schultes [Syst.
mg. Voi. VI, pag. 609, 1820). 11 Fuss - poi non segna che la se-
guente località V. in Aljpibus Kuhhorn (Gz) -^ alla quale aggiunge;
" Non vidi i> .
È da notare come Cesati, Passerini e Gibelli ^ abbiano messo nella
loro flora P. angusti folium Nob. mentre la sp. va attribuita al Rei-
chenbach figlio.
L'Arcangeli ^ riferisce a B. et H. il P. angustifolium e fa di que-
sta pianta una specie distinta; ma nella seconda edizione della sua
flora (1894) la considera come varietà.
Cusin et Ansberque, ■' Carnei ^ e per ultimo De Notaris ^ ripor-
.tano erroneamente questa piauta col nome di Peucedanum impera-
torioides Link, mentre nel Link ^ essa trovasi citata col nome di Se-
Unum imperatorioides.
Invece Mertens e Koch nella Deutschlands flora Voi. II (1826)
a pag. 387 mettono Selinmn imperatoria Link, mentre va riferito
al Crantz. »
Parimenti nella flora del .lessen ^"^ si legge P. Ostruthimn L. an-
ziché P. Ostruthiicm Koch.
1 REICHENBA.CH H. G. Fllio, Umòell. in fi. germ. ree. Voi. XXI, pag. G2-3.
Lipsiae, 1867.
2 Fuss M., Flora transsilvaniae excursoria, pag. 271. Gibinii, 18G6.
' Cesati V., Passerini G., Gibelli G., Comp. d. fi. it., pag. 610. Milano, 1867,
^ Arcangeli G., Comp. d. fi. it., pag. 2934. Torino, 1882.
5 Cusin M. L. et Aksberque M. E., Herbier de la flore frang. Voi. X, Tav. LIIL
Lyon, 1869.
^ Caruel T., Flora italiana. Voi. Vili, pag. 287. Firenze, 1888.
" De Notaris J., Repertorium florae ligmticae, pag. 184. Torino, 1844.
^ Link H, F., En.pl. Horti reg. hot. berolin. Voi. I, pag. 269. Berolini, 182 L
9 Crantz N., Stirpium austriacarum. Fase. Ili, ed. II, pag. 174. Wien, 1769.
1" Jessen W., Deutsche excursions flora, pag. 181. Hannover, 1879.
Voi, XXXIX. 10
14r6 A. XOELLI.
Per ultimo il Bertoloni ^ riferisce allo Sprengel in R. et S. (1820)
VI. anguUifoUa, mentre essa venue creata dal Bellardi.
Si tratta ora di vedere quale valore abbia nella sistematica il P.
. angusiifoliicm del Rchb.
Anzitutto dall'esame dei numerosi esemplari esistenti nell'erbario
MVOrto di Torino risulta che il P. Ostnithiicm ammette una
grande variabilità nella conformazione delle foglie. Difatti mentre in
vari esemplari le foglie presentano la struttura normale caratteristica
di quella specie, in altri, al contrario, le foglie hanno segmenti più
stretti, lanceolati, bifidi o trifidi, attenuati in basso, e colle nervature
laterali formanti un angolo sempre più acuto, quanto più la struttura
della foglia si avvicina a quella della var. angusti folia. D'altra parte
malgrado le numerose gite compiute nei dintorni di Limone (tra le
quali occorre citare quelle eseguite dal prof. Belli, dal sig. Buruat e
dal sig. Ferrari ben noto ed appassionato raccoglitore di piante), la
forma augustifolia corrispondente alla tav. del Bellardi ed agli esem-
plari dell'erbario Biroli (il quale si conserva nell'Orto di Torino) non
fu possibile rintracciarla, ma viceversa vennero più volte raccolti vari
esemplari le cui foglie hanno una struttura analoga a quelle figurate
dal Cusin MVTIerbier de la flore franr-aise. - Invero esse si sco-
stano dalla var. augustifolia per avere i segmenti partiti anziché bifidi
0 trifidi, privi di lacinie lineari, acuti, e colle nervature laterali for-
manti un angolo meno acuto colla nervatura mediana.
Però il sig. Ferrari raccolse in varie località (per es. : presso il lago
del Moncenido, nel Vallone della Perla, nel Vallone di S. Giovanni, ecc.)
vari esemplari dei quali uno presenta due foglio radicali; l'una af-
fatto normale e quindi corrispondente perfettamente nei caratteri al
P. Ostrulhiim, l'altra invece risulta identica alle fooiie figurale dal
1 Bertoloxi a.. Flora italica. Voi. Il, pag. 422. Bononiae, 1837.
2 GusiN M. L. et Ansberque M. E, Ihrbier de la /l. frane. Voi. X, tav. LUI.
Lyon, 1869.
SUL PEUGEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 147
Giisiu. In im secondo esemplare invece notatisi le foglie inferiori eguali
a quelle figurate dal Gusiu e la superiore munita di lacinie lineari,
acute e quindi eguali nella struttura alle foglie della var. angustifolia.
Inoltre il Burnat stesso mi aveva già fatto notare in una sua lettera
quanto segue: « La forme des feuilles (seul caractère distincte je crois,
je fais pourtant quelques reserves a ces sujets) présente tous les pas-
sages entre la forme representee par ex. par les éch. des herbiers D. C.
et Schleicher, par ceux du jardiu de Turin, jusqu'aux éch. les plus
typiques de 1' I. OstnUhium. r> Ed in una sua seconda lettera scrive :
K Je tieus r /. angustifolia comme une simple variété du type le plus
répandu, var. réliéè par des formes de transition à celle ordinaire à
division en partition des feuilles plus ou nioins entières et subellip-
tiques. «
Dalle considerazioni sopra esposte risulta che il P. Ostriithium am-
mette una graduale variabilità nella struttura delle foglie in modo da
avvicinarsi alla var. angustifolia. D'altra parte nella flora del Carnei ^
a pag. 287 del Voi. Vili si legge: « La varietà è appena tale ben
lungi dall'essere specie distinta-^ e il Gaudin ^ a pag. 231 mette
dopo la diagnosi della var. « suspecta civis ;•> .
Occorre aggiungere come oltre il Viale ed il Biroli non mi risulta
che altri abbia raccolta tale pianta, e che gli stessi esemplari dell'er-
bario Biroli (quattro in tutto) non hanno che insufficienti indicazioni di
località, anzi uno di essi ne è assolutamente privo. D'altra parte come
risulta dalle note comunicatemi dal sig. Burnat, gli esemplari degli er-
bari di De Gandolle, di Boissier provengono da forme coltivate, come
pure lo sono quelli dell' erbario Schleicher, conservato a Losanna, nel
quale si legge per l'appunto: <j- In monte supra Lugano et Bironico
(cujus nomen oblitus sum) specimen legi. — Haec eulta. «
< Caruel T., fi. it. Firenze, 1888.
2 Gal'din J., Syn. fi. helv. Turici, 183G.
148 A. NOELLI.
Infine dall'esame accurato delle varie tavole e schizzi raffigurami la
var. anrjuUifolia, e dei vari esemplari, risulta quanto segue: Che gli
esemplari del Biroli e quello figurato nella Iconografia taurinensis
si scostano dall'esemplare figurato dal Bellardi per avere le foglie con
lacinie più strette ed acuminate ; che gli schizzi degli esemplari dell'er-
bario De Candolle, Boissier e Schleicher corrispondono evidentemente
alla vera angustifolia del Bellardi; che tra questa forma e la specie
tipica Ostrutliium si possono intercalare gli esemplari coltivati nel-
l'Orto di Torino, poi l' esemplare figurato dal Reichenbach, quindi quello
figurato dal Gusin ed infine molti altri (alcuni dei quali già menzio-
nati), sino a raggiungere la struttura normale deìV Osù''uthmm ; e che
infine per quanto io abbia esaminati accuratamente i frutti, e della spe-
cie e della var. (3 esemplari frutticati), non mi fu possibile riscontrarvi
alcuna differenza sensibile, fatta eccezione per pochissimi esemplari della
sp. ove essi apparivano con dimensioni di poco maggiori.
Concludendo si può ritenere che il valore sistematico del P. angu-
siifolium Reichenbach sia da riferirsi per intanto a quello di una va-
rietà del P. Ostruthium Koch, ma non è da escludere la possilnlità
molto probabile che esso non sia altro che una semplice forma dello
stesso P. Ostruthium^ tanto più qualora fosse dato di raccogliere degli
esemplari corrispondenti nei caratteri fogliari a quelli della forma ti-
pica del Bellardi.
Habitat del JP. Ostruthium Koch.
Valle di S. Giovanni (Alpi Marittime) Ferrari
Limone (Alpi Marittime) _ Tabacco
Limone — Colle della Perla (Alpi Marittime) Belli e Ferrari
Limone (Alpi Marittimo) Donato Man-o
Valle di S. Giovanni (Alpi Marittime) Donalo Marro
Valle di S. Giovanni (Alpi Marittime) Burnat
SUL PEUGEDANUM ANGUSTIFOLIUM.
Vallone della Meris sopra il lago sottane della Sella
(Alpi Marittime)
Vallone della Meris sopra il lago sottano della Sella
(Alpi Marittime)
Vallone delle Ferriere presso il colle del Colombard
(Alpi Marittime)
S. Dalmazzo di Tenda — Vallone della Miniera
(Alpi Marittime)
Tenda — Fontanalba (Alpi Marittime)
Gallieri — Viuadio (Alpi Marittime)
Vinadio (Alpi Marittime)
Pietraporzio — Praterie della Scaletta (Alpi Marittime)
Valdieri (Alpi Marittime)
Alma — Valle Macra (Alpi Gozie)
Dintorni di Gasteldelfino (Alpi Gozie)
Monte Tabor — Valle Stretta (Alpi Gozie)
Sopra Giaveno (Alpi Gozio)
Salbertraud — Rio Secco — ' Valle di Siisa (Alpi Gozie)
Prati del Moncenisio (Alpi Gozie)
Monti di Groscavallo (Alpi Graie)
Castellamonte (Alpi Graie)
Torrente Dolo (Appennino reggiano)
Valle del Sestajone (Appennino pistoiese)
Monti di Fracle (Presuraccia)
Gol de la Moutière ou du Planton (Alpi Marittime
Mont d' Or (Alvernia)
Mauvoisin — Val des Bagnes (Valais-Suisse)
Zermatt (Svizzera)
Trippach — St. Johann (Tirolo)
149
Burnat
Belli e Ferrari
Ferrari
Ferrari
Ungern Sternberg
Ferrari
Ferrari
Ferrari
Balbis
Ferrari
Ferrari
Berrino
ex Herb. Delponte
Ferrari
Ferrari
ex Herb. Malinverni
ex Herb. Balbis
Ferrari
Beccari
Longa
Burnat
Lecoq
Morthier
ex Herb. Belli
Treffler
Esistono poi sei esemplari senza indicazione alcuna di località dei
quali due appartengono all'erbario Malinverni ed uno all'erbario Biroli.
150 A. NOELLI.
Località della var, '^
Limone Herb. Colla ex Herb. Biroli
Limone (1813) ex Herb. Biroli
Alpibus Graiis ex Herb. Biroli
Senza località (1804) Herb. Balbis ex Herb. Biroli
Esistono poi vari esemplari coltivali da E. Rostan a Pinerolo, pro-
venienti dall'Orto di Torino i^entilmente favoritimi dal sio;nor Burnat.
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SUL PEUCEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 153
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Voi. IL Padova.
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINOLA DI VENEZIA.
(Grallae et Palmi^iedes.)
Nota del socio
JErnilio TsTinni.
Con queste brevi note ioteudo soltanto di dare qualclie ragguaglio
sulle varie specie d'uccelli che possono interessare l'ornitologo veneto,
in riguardo alla loro rarità, al luogo e data di cattura. A ciascuna
di esse aggiunsi quelle speciali notizie che attinsi in parte dagli au-
tori veneti o raccolte io personalmente. Nella mia collezione veneta,
ricca di circa GOO esemplari, conservo soggetti di tutte le specie che
sono per citare.
L'essere spessissimo a contatto con cacciatori di professione ed il
continuo girar eh' io faccio con essi per le nostre belle lagune, mi rese
possibile il conoscere ben presto le loro nozioni ornitiche le quali, se
in parte sono così esatte e ragionevoli da dimostrare anco in ciò l'in-
tolligenza del nostro popolo, pure talvolta lasciano scoprire una singo-
lare costanza di falso indizio, sostenuto con pertinacia e con lo sprezzo
di far fidanza in chi pure fìngono di apprezzare, P. e. il cj" giovane
e l'adulto di Mareca penelope secondo essi sono due specie del tutto
distinte e così il o" e la V* del Mergellus albelliis.. mentre le tre
forme italiane di Colymbus vengono invece fuse in una sola. La mar-
cata rarità del Ilergus merganser nella laguna veneta è dovuta an-
che alle insufficienti osservazioni dei cacciatori che non pongono at-
156
E. NINNI.
tenzioiie agii individui giovani o femmine, perchè non rivestili di co-
lori brillanti; e potei procurarmi il Gelastes Genei ed altri uccelli
rari, mentre appunto mi trovavo coi nostri cacciatori vaganti, altrimenti,
malgrado le mie raccomandazioni, tali specie sarebbero andate perdute ;
e, se vogliamo ottenere qualche soggetto interessante è giuocoforza ri-
volgersi a chi frequenta il mare e l'aperta laguna ove molti uccelli
fanno le loro apparizioni a preferenza delle valli chiuse nelle quali la
profondità è minore e lo specchio d' acqua meno esteso.
A lato del nome italiano posi anche il volgare, scegliendo quello
che è più in uso nella provincia di Venezia. Ma anche qui debbo os-
servare che, alcuni nomi come : Rondòn marin, Tringa grossa^ Co-
cai da la eoa loiiga^ Magasseto foresto o bastardo^ Insolo, dal
ciufeto, Arcam verde, Cherso ecc. ecc. sono oggidì quasi affatto sco-
nosciuti. Forse una volta, quando le apparizioni degli uccelli così detti
rari, erano meno scarse (e sappiamo che talune specie infrequenti cin-
quanta anni fa, sono oggi rarissime) detti nomi erano ben noti sì al
cacciatore che allo studioso, mentre oggidì essi avrebbero, si può dire,
più ragione da esistere o pur troppo solo in omaggio a memoria
storica.
Le catture che interessano la provincia di Padova e Verona le ebbi
dal signor conte prof. E. Arrigoni degli Oddi e quelle della provincia
di Belluno dal signor Augusto De Boni; per la Trevigiana il signor
prof. G. Scarpa mise gentilmente a mia disposizione la sua raccolta.
Pel Vicentino ebbi interessanti notizie dall'ottimo mio zio onor. com-
mendator Paolo Lioy, mentre di nessun aiuto poteva riuscirmi il ma-
teriale ornitico del Museo di Vicenza, mancando date e località; e
tutti sanno come la più scrupolosa esattezza deve essere fondamento
principale di ogni lavoro scientifico.
Alle suUodate persone che, con tanta cortesia facilitarono il mio la-
voro, presento anche pubblicamente i più vivi ringraziamenti.
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 1 0 /
Otis tetrax (Lin.), Gallina pratajola — Diiulieta salvadega.
Di comparsa accidentale, raro. Nella provincia di Venezia e Padova
sembra più frequente in autunno che iu primavera ((f ad. nozze,
3 maggio 1808, Mestre (Gampalto) Collez. mia. — & ad. prim. 5
aprile 1893, Giarabassa, Padovano, Collez. Arrigoni). Nel Veronese si
prende di solito nell'inverno, di sei esemplari catturati dal 1879 in
poi, uno solo fu preso in primavera (o" ad. nozze, 26 aprile 1879
S. Massimo). Rarissimo nel Friuli, due sole sono le catture a me note.
Grlareola pratincola (Leach.), Pernice di mare — Rondòii maiiu.
Di passaggio accidentale, rarissimo. Secondo Gontarini, una volta si
facea vedere ogni anno. Nel 1894 in Valle Figheri (Laguna media),
comparve una compagnia composta di 16 individui dei quali ne furono
uccisi quattro. Le catture fatte nel Veneto, a me note, sono tutte di
primavera.
Oedicnemus scòlopax (S. G. Gmel.), Occhione — Oriicio.
È nidificante, di doppio passaggio, pure va facendosi sempre più
scarso. Nel passo autunnale è più frequente, ne vidi diverse coppie
lungo il Piave (Belluno) nell'agosto 1898. Nella provincia di Treviso
fu ucciso in novembre (30 (1896) Collez. Scarpa), in quella di Ve-
nezia anche in gennaio 1887 (Collez. A. P. Ninni). Nel Veronese è
più facile a vedersi in maggio, nel Bellunese scarso, nidifica in mag-
gio, lo stesso per il Friuli ove però è comune.
Cliaradrius pluvialis (Lin.), Piviere — Coridór.
Noto quest'uccello per l'abito completo di nozze che riveste, nel
quale per il Veneto è rarissimo, mentre è comune e di doppio passo.
158 E. NINNJ.
(14 aprile 1898 Palude Grisolera S. Dona di Piave. Collezione mia.)
Una volta poi era abbondantissimo e sulle praterie nelle vicinanze di
Treviso si potevano vedere compagnie di oltre 100 individui. Prima
di pigliare il volo si radunano tutti in un branco colle teste al centro.
Haematopus ostralegus (Lin.). Beccaccia di mare — Caenapo.
Quest' uccello arriva in aprile e parte in settembre. È poco fre-
quente e quasi sempre lo si uccide in primavera. Qualche rara cop-
pia soltanto nidifica p. e. lungo il u Littorale del Cavallino -n alle
« Cae del Lazareto " nelle « narene di Centrega i (Laguna superiore.)
In quest' ultima località specialmente mi si assicurò che ogni anno
vanno i « Gaenassi « a nidificare, e avvicinandosi al loro nido, ven-
gono a svolazzare irrequieti sopra la testa, allo stesso modo del Te-
tanus Cgilidris all'epoca della nidificazione. Appunto dalle barene di
Centrega, ebbi un o" completamente in muta ucciso al 1.^ luglio 1900,
Il prof. Scarpa di Treviso ebbe un o* giovane in luglio di quest'anno.
Il loro grido imita assai bene il "rumore che fa un catenaccio nell'atto
d'aprirlo, da questo il loro nome in vernacolo.
Strepsilas interpres (Lin.), Voltapietre — Yoltasassi.
È specie di passo irregolare, poco frequenti}, si fa vedere più so-
vente in autunno che in primavera. Xel Veronese è assai raro, co.=;ì
pure nel Trevigiano (."3 aprile 188.3 Treviso, Collez. Arrigoni, — in
abito di nozze, senza data, o" ad., — Treviso, Collez. Scarpa.) Io non
l'ebbi che in autunno.
Limosa melanura (Leisl.), Pittima — Vitola.
Si fanno vedere soltanto in primavera, sono poco comuni. Nel 1897
vi fu un passaggio grande e dalla Vallo Dogado ne ebbi 17 in un
sol giorno. Nel Veronese ne fu proso uno ai o di agosto 189<), Corea
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 151}
(CoUez. Cipolla). Recentemeute ebbi da mio fratello una p ad. uccisa
ai 9 di luglio 1900 sulle barene di Torson di Sotto, un altro c^ fu
ucciso in agosto 1900 in Valle Averto.
Limosa rufa (Briss.), Pittima minore — Votola piccia.
Molto più rara della precedente. Un passaggio enorme avvenne nel-
r autunno del 1887. Vive assieme ^\ Plavialis squatarola. Sono as-
sai rari in primavera, nel Veronese ne fu ucciso uno ai 25 aprile 1896
(Gollez. Cipolla).
Tringa canutus (Lin.).
Piovanello maggiore — Tringa o Biseghin grosso.
È assai raro e pochissimi sono gli individui colti nella provincia
di Venezia.
Il conte A. P. Ninni nel 1870 così scriveva: « Comparisce in pri-
mavera e nell'autunno. Io non l'ho mai potuto vedere nell'Estuario
Veneto. « {Catal. Uccell. del Veneto); e più tardi nel 1880-81: « ...molto
raro: {La Provincia di Venezia, conte Sormani-Moretti) « , non cita
perù nessuna cattura. So però che nel 1882 ebbe due esemplari. Nella
Collez. Arrigoni trovansi quattro esemplari provenienti dall'Estuario
nostro, dei quali una P ad. uccisa in gennaio 1887 in Valle Zappa,
cattura rarissima perchè invernale. Due ne ebbi io, uno dalla Valle
Dogado (maggio 1894) e l'altro dalla Valle Riola (Maggio 1896).
Machetes pugnax (Lin.), Gambetta — Totano muto.
Di doppio passaggio, abbastanza frequente, in alcuni anni se ne ve-
dono moltissimi. I maschi in abito di nozze sono assai rari, io ne ebbi
due soli esemplari maschi, però incompleti (12 aprile 1900, Valle
Dogado). Una femmina potei ucciderla nella stessa località ai 13 gen-
naio 1898, nella quale epoca ò dilTicile aversi. Quando s'alzano per
160 E. Ni.\.\r.
volare nou emettono nessun . grido, da questo il loro nome volgare.
Nella Gollez. Arrigoni trovansi esemplari in abito di nozze uccisi tanto
sul Veneziano che sul Padovano.
Totanus fuscus (liechst.), Gambetta fosca — Totaiiasso Giubì.
È di doppio passo; pure se ne fermano diversi durante l'inverno.
Contarini lo ritiene nidificante assieme il Totanus calidris. È piuttosto
raro quando riveste l'abito di nozze, ne ebbi 6 esemplari in questa
livrea ai 14 aprile 1900 (Durano). Due trovansi nella Collezione del
conte P. A. Ninni (alj. nozze) ed uno perù non completo in quella del
conte Arrigoni (19 maggio 1898). Una volta era molto più comune,
Recurvirostra avocetta (Liu.), Avocetta — Galcghér.
È uccello divenuto raro, mentre una volta era comune e nidificava.
Nello spazio di cinque anni ne ebbi uno solo (o* ad. -23 maggio, Bu-
rauo), recentemente in aprile 1900 no furono uccisi altri due d" ad.,
questi trovansi a Burano. L'avocetta si fa vedere solo in primavera.
È rara pure per le altre provincie.
Himantopus candidus (Comiat.).
Cavaliere d'Italia — Sgambirlo.
Si fa vedere in primavera. E uccello che diventa sempre più raro,
sembra nidifichi. Ne vidi due compagnie di oltre venti individui ne-
gli estesi paludi di Cava Zuccherina nell'agosto 1898. Sono assai
astuti e quando volano tengono le lunghe gambe diritto al livello della
coda. Abita di preferenza i paludi d'acqua dolce e lo vidi io stesso
sempre assieme del Totanus ochropus, Tem. È poco frequente nella
provincia di Padova, raro in quella di Venezia, nel Trevigiano fu preso
una sol volta in questi ultimi anni (10 aprile 1892, Race. Scarpa).
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. IGi
Phalaropus fulicarius (Lia.), Falaropo a becco largo.
Il primo esemplare colto nel Veneto trovasi oj-a nella Raccolta di
P. A. Ninni (Civico Museo di Venezia). ^ Il primo possessore di que-
sto volatile non potè fornire notizie precise sul fatto occorso, egli ri-
corda però di avere ucciso il Falaropo sul greto della Piave e preci-
samente alle Cà strette (Treviso). Il secondo esemplare l'ebbi verso
la metà di gennaio 1897 e fu ucciso sulle barene di Torson di Sotto.
È specie avventizia e rara in Italia.
G-rus cinerea (Bechst.), Grìi — Grua.
È raro, di doppio passo, in autunno si fa vedere raramente. Nidi-
fica negli estesi paludi di Gaorle e a Torre di Mosto. Da quella città
mi furono offerte per L. 40 due nidiacei (22 luglio 1898). Erano del
tutto domesticati. Nella Collez. A. P. Ninni trovasi pure il nido di
Gru con un uovo colto ai 16 luglio 1875 a S. Giorgio di Livenza. In
novembre 1882 fu ucciso un o" ad. in Valle Morosina (Collez. Arri-
goni); io l'ebbi in primavera (3 maggio 189G, cj" ad., Mestre).
Egretta alba (Bp.), Airone bianco — Sgarzo bianco.
Una volta era assai comune, ora va facendosi sempre più raro e
secondo le mie ricerche specialmente nella Laguna media ed inferiore.
Le località ove ogni anno con sicurezza si può averlo sono ; Valle Do-
gado, Grassabò e parte di Dragojesolo. Fa danni rilevanti alle pe-
schiere. I cacciatori appena ne uccidono uno levano il grasso del petto,
pei'chè questo guarisce il racde di petto specialmente nelle donne. Ora .
è assai in uso, dalle ossa lunghe del radio e ulna, di trarre eleganti
• A. P. Nlnxi, Sopra due rarissime specie di uccelli possedute dal Civico
Museo di Venezia. 1883.
Voi. xxx;x. \{
102 E. NINNI.
porta-sigari. È specie invernale, e raro per le altre proviiicie. Dalle
penne lunghe del maschio, cosi pure da quelle di Egretta garzelta non
si fa nessun commercio, perchè i cacciatori non conoscono il loro
valore e scopo.
Egretta garzetta (Bp.), Garzetta — Sgarzeta.
È specie di doppio passo, in quello autunnale molto rara. Una volta
era, si può dire, comunissima e andavano vendute a tt mazzo n . Ora
s'è fatta molto più rara della precedente, colla quale ha in comune
lo abitudini, il cibo e località. Nel 1887 ne furono osservate molte
lungo le rive dell'Adige in agosto nelle vicinanze di S. Michele, pro-
vincia di Verona, ove è molto rara. Nel Padovano è poco frequente,
così pure nel Friuli; rara per il Bellunese. Io l'ebbi di primavera
(o" ad. 21 aprile 1899, Dogado) il conte Arrigoni in agosto 21, 1894
(Riola Vecchia).
Buphus comatus (Boje), Garzet a ciuffelto — Sgarzeta rossa.
Uccello raro e come i precedenti due, una volta comune. Si fa ve-
dere in primavera. Ama più i paludi d'acqua dolce (21 maggio 1900,
Porte Grandi, GoUez. mia). È raro pure per le altre provincie. Nel
Bosco Canossa al Grezzan fu trovato il suo nido (Verona). Nel corso
di questi ultimi sei anni non mi fu possibile più averne.
Nycticorax europaeus (Steph.), Niiticom — Sguà.
Poco frequente, ebbi però ogni anno in primavera sempre qualche
esemplare. Nella provincia di Venezia non potei constatare la sua ni-
dificazione, mentre nel Veronese, ove il loro numero è scarso, ha ni-
dificato nel bosco del marchese di Canossa. Nella Collezione Doglioni
(Museo Civico Belluno) trovasi un esemplare molto giovane, è da sup-
porre che la specie abbia nidificato nei paludi della Secca.
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 163
Ciconia alba (Willugh.), Cicogna — Sigogna bianca.
Il primo esemplare della mia collezione fu ucciso ai 7 maggio 1895,
d" ad., in una barena presso Buraiio. Questa località mi sarebbe parsa
alquanto dubbia, amando la cicogna bianca piuttosto i paludi montuosi
« però capita, sebben di rado, anche nelle lagune di Venezia n (A. P.
Ninni). Nell'Estuario Veneto è molto più rara della nera. Nella pro-
vincia di Treviso è rara assai, si fa vedere in primavera soltanto
(e" ad., 16 maggio 1900, Gendòn, Collez. mia). Nel Padovano pure
è piuttosto rara (l.** dicembre 1860, Pozzonuovo), cattura assai rara.
Rara per il Bellunese, tre esemplari conservausi nel Museo di Belluno.
Ciconia nigra (Gesn.), Cicogna nera. — Sigogua nera.
È rara, però più frequente della bianca. Una volta erano più co-
muni e se ne uccidevano spesso tanto in primavera che in autunno.
Rara per il Trevigiano (11 agosto 1889, 9 giov. Race. Scarpa, Tre-
viso, 13 settembre 1897, ^ giov. Race, mia, Treviso). Nel Padovano
assai più rara della bianca. o« giov., 20 settembre 1884, Monselice,
Race. Arrigoni. A quanto sembra gli adulti sono molto rari.
Platalea leucorodia (Lin.), Spatola — Spatola.
È di comparsa accidentale per tutto il Veneto. Le catture a me
note fatte nella provincia di Venezia sono le tre seguenti:
e" ad., 22 marzo 1891, Val Nova presso Caorle (A. P. Ninni). —
o" giov., 12 aprile 1897, Sacca Pomodoro) Laguna Veneta. (Collez.
mia). — c3" giov., 15 aprile 1898, Ducaleto, Laguna Veneta. (Col-
lez. Arrigoni).
164 . E. NINNI.
Falcinellus igneus (G. R. Gray), Mignattaio — Arcasa verde.
È piuttosto raro, se ne uccidono quasi ogni anno nella stagione
primaverile. Gli esemplari adulti sono più frequenti. La sua nidifica-
zione nel Veneto ò dubbia, sembra però qualche coppia nidifichi negli
estesissimi paludi al nord della provincia. Fra gli esemplari della mia
collezione havvi un o* giovanissimo (semi-albino) ucciso vicino a Cava
Zuccherina.
Nella Collezione Arrigoni vi sono esemplari uccisi in settembre e
novembre provenienti dall'Estuario Veneto. È raro assai per il Tre-
vigiano (c^ ad., ottobre 1899, Collez. Scarpa, Paludi Sile). Nel Bel-
lunese mi consta che venne preso un solo esemplare « è sorprendente
come sia stato spinto fino sul piano di Tai, nel Cadore dove fu uc-
ciso nel 20 maggio 1863. « In Valle Millecampi (Est. Veneto) ne fu
ucciso uno il 16 gennaio 1871 (A. P. Ninni). Nel Friuli fu ucciso
un o" <Td. il 28 aprile 1887 a quanto pare il primo che sia capitato.
Assai raro per il Veronese.
Phalacrocorax carbo (Leach.), Marangone — Corvo maria.
Giunge da noi in ottobre-novembre e si ferma tutto l'inverno. Più
intenso ó il freddo maggiore il loro numero; ama gli specchi d'acqua
vasti e profondi. Lo si uccide quasi sempre collo « sehioppone. i^ E
assai difficile aversi in abito di nozze. In tale livrea n'ebbe uno il
signor dott. Scarpa di Treviso, il conte P. A. Ninni (Museo Venezia)
ed il conte Arrigoni, però esemplari non del tutto completi.
Il Phal. graculm comparve nel Veneto Estuario due sole volte :
d" giov., 29 dicembre 1887, Tre Porti — ^ ad., 18 novembre 1898,
Sette Morti, e per la prima volta fu preso anche il Phal. fygmacm
(Dum.) in autunno del 1899, Valle Millecampi (Collez. Arrigoni).
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 165
Puflìnus cinereus (GM.), Berta maggiore.
Nel 1870 il conte A. P. Ninni citava la cattura d'una femmina
colle uova quasi mature presso le Saline (Laguna superiore) nel giu-
gno 1876. Questa era 1' unica data che ci indicava la presenza di tale
ticcello, ma nel maggio 1897 ^ comparirono nel mare e laguna di
Venezia un numero ragguardevole di esemplari e non credo sbagliarmi
calcolando gli uccisi a più di sessanta. Di questi il conte Arrigoni ne
ebbe una ventina, due il prof. Scarpa di Treviso e sei ne ebbi io. ^
Stercorarius pomarinus (VieilL), Stercorario mezzano.
È raro ed osservai che arriva da noi dopo forti sconvolgimenti
atmosferici, tanto in primavera quanto nell' inverno, (o* giovane, dicem-
bre 1898, Valle Perini, Laguna Superiore (Gollez. mia)). Risale anche
i corsi d'acqua dolce; p. e. uno fu preso il 6 ottobre 1870 sul Sile,
un altro nello stesso anno e mese due giorni dopo pure sul Sile (Tre-
viso, Collez. Scarpa). È raro assai anche nelle altre provincie del
Veneto.
Stercorarius cepplius (Degl.), Labbo.
È raro e di comparsa accidentale. Anche questo risale i fiumi come
il precedente. È difficile aversi in perfetto abito di adulto, rarissimo
in primavera.
1 Nel 1891 fu ucciso un c^ ad. in Valle Morosina (18 novembre, Estuario Pa-
dovano).
2 Prof. Arrigoni degli Oddi, Le recenti comparse del Pufjinus ICuhlii (Boje)
nel Veneziano. Milano, 1898.
166 E. NINNI.
Larus fuscus (Lin.), Zafferano — Magoga foresta.
È raro e gli esemplari colti nel Veneto a me noti sono tutti adulti
e la maggior parte maschi. L' esemplare della mia collezione fu ucciso
iu Valle Dogado li 17 aprile 1898 e questa data è interessante per-
chè il L. fuscus si fa vedere da noi quasi sempre in estate. Nel Pa-
dovano è di comparsa molto irregolare e nel Veronese il solo Perini
cita due esemplari presi uno sull'Adige e uno in Valle Zerpa (senza
data).
Larus melano cephalus (Natt.).
Gabbiano coralUno — Gocal a testa negra,
È poco frequente e difficile assai aversi quando riveste il cappuccio
interamente di nero (abito di nozze). In tale livrea io non ho mai po-
tuto averlo, mentre ne ebbi in abito di transazione, tale deficenza di
esemplari credo vada attribuita alla poca osservazione dei cacciatori.
Nella collezione A. P. Ninni (Museo di Venezia) si può vedere una
magnifica serie di questi gabbiani in abito d'inverno e d'estate.
G-elastes G-enei (Brema), Gabbiano roseo.
L'esemplare della mia collezione (27 febbraio 1897, Burano) è
r unico colto nel Veneziano. ^
Nella provincia di Belluno fu preso il Larus tridactylits, Lin. (7
dicembre 1899), esemplare giovane (sig. Augusto De-Boni in litt.).
Larus minutus (Pali.), Gabbianello — Gocal picelo.
È piuttosto raro, quasi sempre lo si uccide in primavera, raramente
nell'inverno, (cf aprile 1896, Canale di Fusina). Nella collezione Ar-
1 Emilio Ninni, Note sopra un uccello nuovo per l'avifauna Veneta (Avicula.
Anno II, fase. 10, 1897.)
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA" PROVINCIA DI VENEZIA. '167
rigoui havvi un esemplare ucciso in agosto (1897). Nella provincia di
Treviso rarissimo (novembre 1887, Race. Scarpa), in quella di Verona
di comparsa irregolare, raro e fu colto in primavera soltanto.
Sterna cantiaca (Gmel.), Beccapesci — Giagà foresta.
È raro, di doppio passo, più facile ad aversi in estate che in in-
verno. Nel 1894 in agosto il beccapesci comparve copiosissimo nelle
lagune di Venezia, specialmente nella località detta « Scano dei Tre
Porti. » Ne furono catturati molti, i quali andarono ad arricchire le col-
lezioni del conte Arrigoni, prof. Scarpa e quella mia. Ne ebbi una ai
2 dicembre 1893, Porto di Lido. È rara per tutto il Veneto.
G-ygnus ferus (Ray), Cigno selvatico — Signo.
È raro, di comparsa accidentale, tempo addietro non passava inverno
senza contare qualche cattura. Raramente lo si vede nell'estate. Ecco
le ultime apparizioni di cigni nel nostro Estuario ch'io ho potuto rac-
cogliere.
1880, luglio, un esemplare in Valle Millecampi — 1888, 22 no-
vembre, due esemplari nei « Bottenighi ■>•> — 1889, luglio, veduti otto
cigni sul " dosso di Canal di Piove in boca ai Tagi « — 1889, 2
settembre, altri due nella stessa località — 1889, dicembre, due nel
lago delle Contese — 1891, 18 gennaio, un esemplare Riola Averta
(Gollez. Arrigoni) — 1893, agosto, sei in Val Zappa — 1897, 14
dicembre, sei vicino a Barano, dei quali una p ad. fa parte della mia
collezione — 1898, dicembre, uno in Valle Grassabò.
Anser cine reus (Meyer.), Oca selvatica — Oca salvadega.
È molto più rara della sijlvestris, specialmente nelle provincie di
Venezia e Padova. Io ebbi un solo esemplare p (26 novembre 1897,
Valle Dogado). È di doppio passo, in autunno si fa vedere raramente.
1G8 E. NINNI.
VA/iser s>/lvestris (Briss.) per la proviacia di Venezia uon si può
ammettere come uccello raro, perchè ne veugoiio uccisi ogni anno e
vanno venduti a mazzo assieme con un germano (L. 2.50). Amano esse
stare in compagnia più o meno numerosa, così l'anno passato se ne
fermò una di queste composta d'oltre 50 individui in Valle Averto,
ed un cacciatore in Valle Dogado ebbe la fortuna d'ucciderne quattro
in una doppietta; erano circa una ventina.
Tadorna Selonii (Ray), Volpoca — Cherso.
È specie invernale, poco frequente, non andrà guari che per noi
questo bellissimo uccello diverrà molto raro. Dal 1893 ad oggi notai
diggià una sensibile diminuzione di comparse. Gli esemplari della mia
collezione furono colti in inverno, il conte Arrigoni ne vide di uccisi
in agosto ed anche agli ultimi di luglio, però come estivo è rarissimo.
Una bella serie d'individui in diverso abito trovasi nella collezione
A. P. Ninni, Venezia. È assai raro per le altre proviucie.
Branta ruflna (Boje), Germano turca — Quara turca.
È piuttosto raro e di comparsa irregolare. Conservo un o* giovane
ucciso sul Piave vicino a Fossalta, Se ne stava assieme con un bran-
chetto d'anitre domestiche ai 16 ottobre 1895. Dalle lagune di Venezia
ebbi r" e $ adulti. È specie invernale, pure fu osservata anche in
aprile. Molto rara jjer le altre provincia
Fuligula raarila (Steph.), Moretta grigia — Magasse bastardo.
Poco abbondante e rari molti sono i maschi in perfetto abito di
adulto (21 febbraio 1897, Dogado, CoUez. mia). La Fuligula crùtata,
Steph., la Fuligula ferina, Steph., sono comuni durante l'inverno ed il
loro numero varia molto, o per gli inverni poco rigorosi o per la po-
\
NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 169
sizione e condiziono delle Valli. La Faligida mjroea Steph., una volta
comune, ora va facendosi rara, sta quasi sempre nelle fosse dei pa-
ludi d'acqua dolce, specialmente ove può trovare posizioni ombreggiate.
Harelda glacialis (Lin.), Moretta codona — Magasseto bastardo.
È uccello non molto raro per l'Estuario, mentre rarissimo per le
altre provincie. Quasi tutti gli esemplari che si prendono durante
l'inverno, sono giovani, essi variano assai nell'abito, ne vidi diversi
in veste giovanile mentre le due penne lunghe (timoniere) erano del
tutto sviluppate. Gli esemplari adulti sono rarissimi, uno solo potei
averlo in tale splendido abito (15 febbraio, Tagio dei Foscari, Laguna
inedia). Negli anni 1887-88, 1891, 1896 comparve VH. glaciali^ in
grande abbondanza, così -che nel 1896 dovetti rifiutarle dai cacciatori
perchè in un sol giorno me ne portarono 13 esemplari.
Oidemia fusca (Flem.), Orco marino — Orco mariu.
È poco frequente nella laguna, però ne vengono uccisi ogni inverno
diversi individui. Ritengo che in mare sia molto più comune. Gli esem-
plari adulti sono rari, due conservansi nella civica raccolta di Vene-
zia, cinque in quella del conte Arrigoni ed uno in quella del signor
dottor Scarpa di Treviso. Io non lo ebbi che semi-adulto. Le catture
fatte nella Laguna di Venezia avvengono quasi tutte all'imboccatura
dei Porti, amano esse le acque profonde.
Mergus merganser (Lin.), Smergo maggiore — Serolòn de Po.
È raro per la laguna, amando più starsene nei fiumi grandi e pro-
fondi. È specie invernale. Frequenta, sebben di rado, anche i laghi e
nel Museo Civico di Belluno trovansi un e" e p adulti presi nel lago
di S. Croce (Race. Doglioni). Le femmine, a quanto sembra, sono nel
veneto Estuario più frequenti dei maschi, pur troppo passano inosser-
170 E. NINNI.
vate air occhio del cacciatore vagante, perchè non rivestite da colori
marcali, È raro per tutto il Veneto.
Del Mergus zerrator^ che è comune, osservo una continuata dimi
unzione di frequenza; nel 1897 apparve abbondante, mentre nel 1898
e 1899 pochissimi furono gli esemplari catturati.
Mergus albellus (Lin.), Pesciajola — Anzoleto (m.) Pizagiì (f.).
È specie invernale, poco frequente, una volta comune. Ama le
acque profonde e più il freddo è intenso più accresce il loro numero.
Dalla laguna superiore io ebbi tutti maschi adulti, mentre le femmine
mi pervennero dalla laguna media. 11 conte Arrigoni così scrive per
la provincia di Padova : « frequenti i giovani, assai meno gli adulti. «
Nel 1887 ne comparvero molti nella località detta a Cona ^ (Barene
e lago al nord di Durano).
Fodiceps nigricollis (G. L. Brebn).
Svasso piccolo - - Pisolo de mar.
È poco abbondante e rari molti sono gli esemplari adulti, lo ne
ebbi tre presi nei fossi di paludi d' acqua dolce, in febbraio g aprile
in diverso abito. È più raro del Pod. fjrisegena (G. R. Gray). Il Co-
lumbus arcticus (Lin.) ed il Colymbus septentrionalis (Lin.) (questo
meno abbondante del primo) vengono da noi ogni anno in numero più
0 meno grande ed abitano quasi sempre le imboccature dei porti
ove l'acqua è profonda e lo spazio molto vasto. Rarissimi sono gli
esemplari in abito nuziale. Del Cohj. arcticus uno trovasi nella col-
lez. Scarpa di Treviso (senza data, ma colto in Laguna veneta), uno
nel Museo Civico, novembre 1871, Collez. A. P. Ninni).
Monaslier di Treviso, 20 1900.
Seduta del 20 maggio 1900.
ORDINE DEL GIORNO !
1." Comuiiieazioni della Presidensa.
2 0 Proposta di nuovi soci.
3." Sulla composìsione mineralogica delle sabbie del fiume Serio.
— Comunicazione del socio prof. I. Chelussi.
4." Nota geologica e paleontologica sui dintorni di Acqui. — Co-
municazione del socio dott. G. De Alessandri.
5.° Alfonso Milne Edwards. — Cenno commemorativo del socio
prof T. Vignoli.
6." Un caso di Echinococco multiloculare. — Comunicazione del
socio dott. Ang. Fiorentini e del dott. E. Carino.
Presiede la seduta, in luogo del Presidente, il Vice-Presidente pro-
fessore iug. Francesco Salmojraghi, il quale comincia con una breve
Commemorazione del Socio testé perduto, Torelli-Viollier, del quale ri-
corda i meliti.
Quindi dà notizia all'Assemblea della Comunicazione fatta alla So-
cietà dalla dott.*^ Rina Monti, Segretaria della Unione Nazionale degli
Zoologi, ora costituitasi, circa una petizione da questa inviata a S. E.
il Ministro della Istruzione Pubblica per ottenere che la Nuova legge
sulla Istruzione secondaria classica non riesca dannosa all' insegnamento
della Zoologia e della Biologia in generale.
Dopo breve discussione, alla quale presero parte in principal modo
i soci prof. Celoria e Castelfranco, viene deliberato di inserire nell'Or-
172 SEDUTA DEL 20 MAGGIO 1900.
dine del gioruo della seguente seduta la trattaziono di questo argo-
mento.
Dopo ciò il socio prof. E. Artiui, per invito del Vice Presidente,
riferisce con brevi parole intorno alla Comunicazione che doveva esser
fatta dal socio prof. Ghelussi, ora assente, intorno alla Composmone
mineralogica delle sabbie del fiume Serio.
Essendo assente anche il socio dott. G. De Alessandri, il sottoscritto
dà lettura di un breve sunto della Comunicazione che questo ha pre-
sentato ; Nota geologica e paleontologica mi dintorni di Acqui.
Per desiderio del socio prof. Tito Vignoli, che non può intervenire,
si rimanda alla prossima seduta il Cenno commemorativo di Alfonso
Milne-Edwards e si chiude la seduta colla Comunicazione del profes-
sore Angelo Fiorentini e dott. E. Carino: Sopra un caso di echino-
cocco multiloculare.
Letto ed approvato.
Il Vice Presidente
FRANCESCO SALMOJRAGHI.
Il Segretario
Giacinto Martorelli.
APPUNTI
m GEOLOGIA E DI PALEONTOLOGIA SUI DINTORNI DI ACQUI.
M<im. del socio
Gr. De Alessandri.
(Con una tavola.)
Il Naturalista, che lasciandosi alle spalle la riviera Ligure tra Ge-
nova e Savona, s'inerpica per le ripide balze dell' Apenniuo Ligure,
« raggiunta la cresta volge lo sguardo a tramontana scorge nelle sot-
tostanti formazioni geologiche una variata serie di monti e di costiere,
che abbassandosi man mano vanno a raggiungere la pianura alessan
driua, in cui spariscono.
Dapprima giogaie aspre, brulle e deserte, con valli anguste e profon-
damente erose che riproducono l'orrido del paesaggio alpino. Seguono
alture meno elevate, alcune delle quali dalle cime tondeggianti, dai
larghi pianori, dalle falde a dolce pendio, ricchissime di acque e di
vegetazione: altre ripide e selvaggie, dalle creste frastagliate, dai fian-
chi scoscesi con interclusi profondi burroni.
Ad accrescere la naturale varietà e bellezza di questa regione, che
la magnificenza romana aveva dotato di ampie e solide strade, di ponti,
di acquedotti e di grandiosi edifizi, avendo i suoi antichi abitatori, per
necessità di difesa, stabilite le loro sedi sulle più ardue vette, sor-
Vol. XXXIX. 12
174 G. DE ALESSANDRI.
sero durante il MeJio-Kvo quei pittoreschi villaggi e quei castelli tur-
riti, alcuni dei quali conservano tuttora la loro maschia fierezza; altri
rovinati dal tempo o smantellati dalle ire popolari, attestano ancora og-
gidì coi loro ruderi cadenti le antiche fortunose vicende di questo paese.
Quando perù, passata l'epoca nefasta delle lotte intestine, poterono le
genti quietamente attendere ai loro lavori campestri, la regione come per
incauto andò tosto popolandosi ed abbellendosi di spaziose case coloni-
che, di ville biancheggianti tra il verde intenso dei vigneti, di eremi
e di santuari nelle piìi remote solitudini alpestri ; mentre nelle valli,
lungo le linee stradali e ferroviarie sorsero ben presto ampi casolari
0 popolose borgate, alle quali h' facili comunicazioni apportarono cogli
scambi gli agi e tutte lo risorse delle più lontane industrie.
È questa la terra dell'acquose o dell'alio .Monferrato, quella che il
poeta chiama:
e l'esultante di castella e vigne
suol d'Aleramo.
La quale è limitata a settentrione dal torrente Belbo, a mezzodì dalla
cresta dell'Apennino ligure, ed è solcata in tutta la sua distesa dalla
Bormida, che avendone coi suoi allluenti, in ispecie quelli della sponda
destra, profondamente incise le formazioni, ne ha messo in rilievo lo
più minute accidentalità di struttura e di sovrapposizione. Per tal
modo la serie ivi si presenta in tutta la sua più evidente manifesta-
zione, come d' altra parte i numerosi fossili, che in varie località vi
si incontrano, valgono a stabilire con sicurezza la posizione cronologica
delle sue stratificazioni.
E ciò spiega come questa regione abbia in ogni tempo attirata l'at-
tenzione degli studiosi, e come i più arditi pionieri della (ìeologia e
della Paleontologia no abbiano scrutato con pazienti indagini le differenti
fonnazioni, asportandone il ricco materiale che servì a stabilire le
prime suddivisioni della serie terziaria, ed ha potentemente contri-
buito alla conoscenza della vita che si svolfro durnnto la medesima.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 175
Per lacere dei viveiili, io mi limiterò a qui solo ricordare i nomi il-
lustri di Lorenzo Pareto e di Giovanni Michelotti, i quali nei rispet-
tivi campi della geologia e della paleontologia, con tanto amore ed in-
telligenza illustrarono queste formazioni.
Avendo io tratto i natali in questa regione e continuando pur sem-
pre a farvi lunga dimora durante i mesi estivi, fui naturalmente al-
lettato a studiarne la geologica struttura ed a raccoglierne diligente-
mente gli avanzi fossili. E per tal modo io ho potuto radunare un in-
teressante materiale paleontologico, il quale assieme alle mie ricerche
stratigrafiche e litologiche, mi fu di guida per distinguere e stabilire
i differenti piani della serie.
Frattanto l'adunanza della Società Geologica tenutasi in Acqui nello
scorso settembre, avendo richiamata l'attenzione dei più illustri geologi
d'Italia sulle formazioni della valle della Bormida, e vivamente riac-
cese le contrarie interpretazioni sui dilTerenti piani della serie terziaria,
mi ha spinto a rendere pubbliche le osservazioni da me raccolto in pro-
posito. Le i|uali, se non hanno il merito di essere del tutto nuove,
perchè il campo era già stato in gran parte sfruttato, esse avranno
almeno quello di essere affatto scevre da preconcetti scolastici e da ani-
mosità personali.
Note bibliografiche.
Prima di addentrarmi nel compito assuntomi, io credo anzitutto op-
portuno di riportare la storia degli studi geologici già istituiti sullo
stesso argomento ; imperciocché, come dice il De Stefani : « è segno di
rispetto e debito di gratitudine ricordare quelli che scrissero prima di
noi e che noi avviarono nelle vie della scienza. Gli studi degli antichi
sono cagione delle cognizioni odierne, e nello stesso tempo, l'osserva-
zione degli errori e dell'imperfetta scienza di coloro che ci precedettero,
serve ad abbassare la nostra vanità, ed a persuadere chi non credesse
che pure la scienza dei nostri tempi è soggetta ad altrettanti errori e
ad altrettanta imperfezione. »
17G G. DE ALESSANDRI.
Numerosi farouo i cultori delle scienze che dai tempi più remoti si
occuparono della regione attorno ad Acqui, cercando per la maggior
parie di spiegare l'origine delle sue acque termali e minerali, eseguen-
done analisi cliimiche e studiandone le loro più importanti applicazioni
terapeutiche. Collocandoli per ordine cronologico ne trattarono:
Plinio, Stradone, Seneca e Tacito ed in tempi più recenti
LuiTPRANDO, Diacono, Alberti, Denina, Savonarola, Guarnerio,
Viotto, Navasotti, Baccio, Leveroni, Scassi, Blesi, Buonafede,
Malacarne, Moriondo, Lesne, Majon, Bolzone, Lingeri, Biorci, Ber-
TiNi, Chabrol, Barocchini, Ratti, Pozzi, Granetti, Davet de Beau-
repaire, Michelet, Garelli, Schivardi, De Alessandri (Domenico)
e Biginelli.
Importante più d'ogni altro, dal lato geologico è lo studio recente sulle
Fonti Termali dell'Acquose del mio ottimo amico ing, Aristide Bian-
chi, ^ il quale non accettando le teorie finora emesse sull' origine
delle medesime, ritiene esistere presso Acqui una frattura con direzione
Ovest-Est, la quale interessa oltreché la serie terziaria i terreni più
antichi sottostanti, frattura originatasi per flessione alla fine del Plio-
cene od in principio del Quaternario. Secondo quest'autore le sorgenti
sarebbero alimentate principalmente dall'infiltrazione che deve avve-
rarsi sui vicini monti liguri, e dovrebbero il loro calore al solo fatto
dell'approfondirsi.
Non è mio intendimento per ora di occuparmi di .tali questioni, e
quindi lasciando da parte ogni ricerca in proposito, io accennerò sólo
agli autori, i quali hanno studiato la regione, dal solo punto di vista
geologico e paleontologico, cominciando dalla memoria pubblicata da
Giacinto Provana di Collegno nel 1838. ^
Egli ammettendo colla maggioi' parte dei geologi italiani e francesi
* Bianchi A., Nota geologica sulle sorgenti termali dell' Acquese. Gliieri, 180!',
^ Provana lii Collegno G., Sur les terrains tertlaires da nord-ovest de
l'Italie. (Gomp. rond. d. l'Acad. d. Se. d. Paris. Voi. VI, pag. 811», 1838.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 177
di quei tempi, clie, delle tre suddivisioni della serie terziaria, proposte
dal Lyell, due sole esistessero nel Nord-Ovest dell'Italia e nel Sud-
est della Francia, esaminò in questa sua nota i loro caratteri geologici
0 meglio stratigrafici, e quelli paleontologici.
Ne conchiuse essere nel Subapennino rappresentato il Miocene, ed
il Pliocene del Lyell. Nel Miocene, comprese le formazioni marnose mi-
cacee più 0 meno sabbiose, passanti a molasse calcari, od a sabbie ser-
pentinose con conglomerati. Nel Pliocene, le marne bleaustre che supe-
riormente passano a sabbie gialle, e che nei loro strati inferiori presen-
tano lenti gessifere.
La linea di separazione fra questi due piani segue, secondo il Gol-
legno, perfettamente il eorso della Bormida fino a Bistagno, ove pro-
segue per il ramo di Gortemiglia, dimodoché si comprende come egli
nel piano superiore, colle argille piacensiam abbia compreso anche
quelle tortoniane e quelle langhiane.
Fra le due formazioni ammette esistere una discordanza, che giusta
le idee di quei tempi e come Elie de Beaumont e Guvier avevano
stabilito : à sospeiidu les /lis des operations et à change en grande
partie les étres organises qui viuaient dans les eaux de ces con-
trées. Questa discordanza secondo il Gollegno è evidente nella valle
della Bormida, ove la melassa è fortemente raddrizzata, mentre le marne
bleu, le quali sono evidenti presso Acqui, sono orizzontali.
Nella cartina geologica annessa alla memoria, la quale segna uno
dei pi'imi tentativi di tali lavori eseguiti in Piemonte, le grandi sud-
divisioni fra il Terziario ed il Quaternario, come pure quelle fra il Ter-
ziario medio e l'inferiore, che egli ritenne Gretaceo, vi sono tracciate
con raro discernimento e con buona scorta di osservazioni.
In tempi di più esatte cognizioni geologiche, e con vasta coltura o
maggiori conoscenze stratigrafiche e paleontologiche, dopo il Gollegno,
si occupò dei terreni terziari del Piemonte e del Monferrato, Angelo
Sismonda.
178 (i. DE ALESSANDRI,
Egli, ill una pregiala memoria pubblicata nel 1842/ nella (juale emer-
gono ancora le teorie dei grandi cataclismi, come il Collegno, ritenne
il terziario rappresentato in Piemonte solamente dai suoi due piani
superiori, cioè dal Miocene e dal Pliocene; il primo costituito da conglo-
merati, da calcari argillosi, i quali alternano con ghiaia e sabbia e con
argilla sabbiosa (Molassa) ; il secondo, superiormente formato da sabbie
ed arenarie di vario colore, ed inferiormente da argilla bigio-scura.
Egli descrive con molta accuratezza queste due formazioni attraverso
le colline torinesi e iiell'Apennino Settentrionale, ove osserva, come nella
valle della Bormida, le colline che si estendono da Spigno, Cortemiglia,
Monesiglio, Camerano, Ceva, ecc. siano costituite da molasse le quali
alternano, con calcari, con puddinghe, con breccie, e con conglomerati.
Il calcare congiunto ad una parte della inolassa, forma la massima part»'
della collina detta M. Stregone, che sovrasta lo stabilimento dei Bagni
di Acqui. Ivi la molassa è caratterizzata da una prodigiosa quantità di
piccoli granellini serpertinosi, che conferiscono una tinta verdiccia alla
roccia, e presenta fossili fra i quali annovera alcuni molluschi, e bra-
chiopodi.
Egli credette rinvenire una faglia nelle colline, lungo il torrente che
passa a lato dello stabilimento, ove gli strati sono sinclinali, senzachè
l'uno corrisponda al suo identico dell'opposta banda, e detta faglia deve
giungere molto profondamente nella corteccia terrestre, tenuto conto delle
pollo di acqua minerale, ad assai- elevata temperatura che da essa
hanno origine.
Più tardi perù il fratello Eugenio (1855), ammessa la presenza in
Piemonte del terziario inferiore (Focene), osserva - non essere accetta-
bile l'idea dell' ITebert e del Renevier i quali avevano diviso il num-
1 SiSMONDA. A., Osservazioni geologiche dei terreni delle formazioni terzia-
ria e cretacea in Piemonte. (Mem. d. \\. Accad. d. Se, di Torino. Serio II, Vo-
lume V, 18 i2.)
^ Sismonija e., Note sur le terrain nummulitique supérieur de Dego de
Carcare, ecc. (Mem. dell'Accad. It. d, Scienz. di Torino, Serie II, Voi, XVI, 1855.)
APPUNTI DI GEOLOiilA E PALEONTULOiilA, ECC. 170
mulilicu in (lue sole zone, perdio ueirApeiiDino osso ha facie>> di gran
lunga più reconte della zona superiore. Egli propose quindi di divi-
dere le formazioni luiinniuliliche in tre gruppi;
Nel gruppo inferiore, caratterizzato da specie puramente numniuliti-
che, eollocò le formazioni della Mortola presso Nizza-Marittima ; nel
medio, che presenta specie nummulitiche e qualcuna miocenica, pose
le formazioni del Veneto (Castelgomberto, Ronca, MonteccMo- Mag-
giore) ; nel superiore infine, distinto dalla presenza di specie num-
mulitiche e da numerose specie mioceniche, collocò lo formazioni della
valle della Bormida (Acqm, Lego, Carcare). Era questo un gran passo
verso la conoscenza della serie terziaria piemontese, quantunque An-
gelo SiSMONDA pubblicando alcuni anni più tardi la sua Carta Geo-
logica di Savoia, Piemonte e Liguria (Torino, 18G2), non distin-
guesse tutti questi piani, seguitando a ritenere il nummnlitico supe-
riore, non distinto dal Miocene.
Nel frattempo l'abate Antonio Stoppani avendo avuto occasione nel
18.jG, ^ di visitare le formazioni attorno allo stabilimento dei Bagni di
Acqui, colla percezione e coli' intuito che egli aveva in fatto di geo-
logia, paragonò le formazioni arenacee che si osservano lungo la valle
del Ravanasco, con quelle briantee, costituenti il gruppo superiore o
di Vigano dei fratelli Villa.
Attesa però la presenza, nel fianco calcareo, che affiora presso le
Terme di Acqui di nummuliti, come Eugenio Sismonda aveva asserito
egli sincromizzò questo calcare con quelli assai più antichi (Parisiani),
di Montorfano Comasco, e di Gentemero.
Dopo lo Stoppani, un distinto paleontologo con pazienti ed accura-
tissime ricerche, durate per circa quarant'anni, illustrava la ricca fauna
tongriana (Mioc. inf.) dei giacimenti snbapenniiii e l'opera sua arric-
chita da osservazioni e confronti, coi giacimenti sincroni del Veneto e
1 Stoppani A , Sludi geologici e paleontologici sulla Lombardia. Milano,
1857, pag. 51.
180 G. DE ALESSANDRI.
della Frauda, è commeDdevolissiina e costituisco tuttora una delle opero
più importanti per Io studio del Tongriano Piemontese.
Questo paleontologo, che la scienza ha recentemente perduto, fu Gio-
vanni MicHELOTTi, il quale nei suoi accuratissimi studi ^ considerò la
serie terziaria subapenninica divisibile in quattro gruppi:
Miocene inferiore (Tongriaao).
Miocene medio.
Miocene superiore.
Pliocene.
Egli osservò ben a ragione come il passaggio fra il Miocene inferiore e
quello medio, sia ben percettibile lungo l'Apennino, nelle valli dell'Erro,
del Visone, della Staffora, ecc. e come il Miocene inferiore consti ivi
di argille sabbiose, talora marnose che stanno sopra a delle arenarie,
talora fossilifere, con nummuliti, le quali a lor volta si appoggiano a
serpentine od a scisti serpentinosi.
Alcuni anni dopo un altro insigne cultore della geologia si occupava
con cura indefessa di ricerche stratigrafiche e paleontologiclie nella valle
della Bormida, anzi dallo studio di queste regioni egli assurse alle sud-
divisioni di tutta la serie terziaria. Questo appassionato e profondo geo-
logo fu il Marchese Lorenzo di Pareto, il quale fra le gravi cure delle
pubbliche amministrazioni, con mente sagace e sintetica, in numerose
pubblicazioni, gettava i capisaldi delle suddivisioni stratigrafiche delle
formazioni terziario piemontesi.
L'opera però che maggiormente riguarda TApeunino settentrionale
è r ultima, e compendia tutte le sue ricerche. - In essa egli riferì i
conglomerati, fra i quali si intercalano elementi fini e sabbiosi e che
' ^IiciiEi.OTTi G , Elude sur le Miocene inférieur de L'Iialie septentrionale.
(Natuurk. Verhand. van de Holl. Maat. der Weton. Haarlem, 1861.)
- Pareto L., Note sur une suòdivis. que ion pourrait élabl. dans les terr.
tert. de l'Apenn. septent. (Bull. Soc. Géol. il. Franco. Serio II, Tom. XXII, 1805.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. INI
e che preteiitaDO le note faune marine di Garcare, Dego, Sassello, Cas-
sinelle, e qaelli lacustri con banchi di ligniti di Cairo, Santa Giustina,
Cadiboua, al piano Bormidiano che egli stesso riconobbe corrispon-
derò in parte al Tongriano del Dumond. Questo piano rappresenta il
Miocene inferiore ; a quello medio riferì le formazioni marnose di maro
profondo, povere di fossili, e le arenarie sottostanti, le quali sono po-
tentemente svilupjiate nella valle della Borinida presso Ponti, Bislagno,
Acqui, a Gassinelle, a Cremolino, ed in vicinanza di Ovada, come pure
nella valle del Lemme a Gavi, Ad esso egli diede il nome di Lan-
gìiiaiio, dalla regione delle Langhe ove maggiormente sono sviluppate.
11 piano successivo, che costituisce l'ultimo del Miocene, consta se-
condo il Pareto di strati sabbiosi, giallastri, agglutinali e di molasse
grigie, le quali da Serravalle, per Montaldo, Castelletto d'Orba, Piocca-
grimalda si dirigono ad Orsara, passano fra Acqui ed Alice e si spin-
gono fino a Dogiiani e Murazzano. Egli lo chiamò Serravalliano, nome
che non può sussistere, avendo già qualche anno prima il Mayer di-
stinto col nome di Elveziano, le stesse formazioni.
Divise il Pliocene in quattro gruppi : 1.° Tortoniaiio e Piacentino
comprendenti la zona dei gessi; 2.** Astiano; S.** Villafranchiano ;
4.° ArenanianOj e quantunque égli non si sia occupato, partitamente di
essi, tuttavia i loro limiti, la loro facies litologica e paleontologica ed
i motivi stratigrafici più importanti sono osservati colla più rigorosa cura.
Dopo il Pareto, Carlo Mayer-Eymar, che con numerosi studi
paleontologici sulle formazioni terziarie europee aveva egli pure intra-
preso il grave compito di stabilire le suddivisioni della serie terziaria,
occupandosi per incarico del Comitato Geologico d'Italia delle forma-
zioni terziarie comprese fra TApennino ed il Belbo, irrigate dalla Bor-
mida e dalla Scrivia da lui impropriamente dette della Liguria centrale,
compiva la prima carta geologica in piccola scala di queste regioni.
Questa carta, depositata all' Ufficio del Comitato Geologico, per le con-
tinue comunicazioni fattene agli studiosi ò oramai entrata nel dominio
pubblico, tantopiù che il Mayer stesso l'aveva accompagnata da mi-
182 G. DK ALE.SSAM)RI,
nule ilkislrazioiii e comineiili, dei quali i più completi furono quelli pub-
blicati nel BoUettiuo del Comitato Geologico stesso, nel 1877. ^
III essa egli suddivise il Tongriano di Paueto in ire sottopiani;
nel primo ascrisse i conglomerati (puddiìigìie) e le sabbie serpentinose
ricche di fossili a Garcare, a Dego, a Gassinelle, ecc. ; nel secondo le
marne sovrastanti scistose, verde grigie, poverissimo di fossili; nel terzo
le rocce a grana verde marno-calcarea o più raramente silicea, le quali
formano un grande banco sviluppato da Garbagna ad Arquata, a Lerma,
a Gremolino, a Visone, ad Acqui, ecc. e che talora contengono lenti
calcaree sincrone a quelle di Gassino e di Schio. Scisse il Laiighiano
di Pareto in due piani differenti, cioè naW Aqmlamcuio, ove com-
prese i deposili liloranei arenacei-grigi, alternanti con banchi marnosi
e scistosi che si osservano a Sud di Acqui, coriispondenti, secondo
lui, ai deposili dell' Aquilania (bacino della Gironda) ; e nel Lan-
ghiano propriamente detto, comprendente i deposili di mare profondo
rappresentati dalle marne-calcaree a pteropodi, di color azzurro chiaro,
che formano le colline più basse compreso nolle valli della Bormida e
do] ]3elbo.
Piiferì, come il Pareto, d\V Blveziano la molassa sabbiosa giallastra,
che superiormente presenta banchi di conglomerati talora a nullipore,
la quale si estende da Carezzano (Tortoiiese) a Canelli ed oltre, od in-
feriormente consta di marne scistose dure, che passano a molasse sab-
biose con Ijanchi di marne azzurre, che si osservano a Serravallo.'Mon-
taldo. Strevi, Ristagno, ecc.
Distaccò dal Pliocene di Pareto la parto inferiore che uni al Mio-
cene, e la distinse in due piani differenti: Torloniano comprendente
le marne azzurro a pleurotome, e Messiiiiaiio costituito da tre diversi
sottopiani, che in ordino di sovrapposizione sono:
1.° Marne sal»biose, giallo, rossastre intorcahile da puddinghe e
' MwER C, Studi geologici sulla Liguria centrale. (Doli. 1'. Comii. Geo).
d'Ita!., fase, li e 12, 1877.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 183
manie azzurre con foraminifere, estese da Stazzano, a Caslelroccliero,
a S. .Marzano ecc., ecc.;
2." Zona dei gessi, con calcari dolomitici grigi, marne listale,
ed argille sabbiose ; evidente a Stazzano Alice, ]\Ioasca, ecc. ;
3.° Ciottoli rotolati con sabbie; e marne giallastre e bianche, le
quali contengono banchi di Ligniti (Ricaldone. Ni::-a).
lUunl infine lo marne azzurre che sovraslano a queste formazioni,
le quali affiorano presso Rivalta, Cassine, ecc. e che si osservano al-
tresì a Nord di Nizza, colle sabbie gialle che si trovano a Vaglio,
Vinci, ecc. e ne costituì il suo Astiano o Pliocene.
Nell'anno istesso Theodoro Fuchs ^ visitando le formazioni dell'Italia
supoi'iore, riconfermò la corrispondenza dei depositi di Cadibona, di Dego.
e di Carcare con quelle del Veneto che si trovano a Castelgomberto ed
a San Gomini, come pure la serie del terziario superiore che il Mayer
aveva stabilito nella valle della Scrivia.
Ma a proposito degli strati a facies di Scliio, osservò alquanto av-
ventatamente, come egli avesse raccolto nel calcare a nullipore di Gas-
sino sezioni di grandi ostriche, denti di squali, un piccolo Ecìiiao-
lanijpas, ed una nuova specie di Pecteu, la quale rassomiglia ad un
piccolo e squamoso Pecten latissimus. La stessa specie di Pecten egli
credette rivedere nel Museo Geologico di Torino proveniente da un cal-
care a nullipore affatto simile e coevo dei dintorni di Acqui, il quale
da comunicazioni fattegli, doveva giacerò a tei lo delle locali marne fram-
mentarie ed a muro del Miocene.
Due anni dopo però (188()) il Prof, A, Portis, - energicamente stig-
matizzando le superficiali osservazioni del Fucns, dimostrò con accurate
ricerche stratigrafiche e paleontologiche la spettanza del calcare di Gas-
1 Flchs Tu., Siadien ilùer die Gliederuncj der jangeren Tertiàrbildiingen
Ober-Italiens. (Sitzung. d. K. Akad. der ^Yiss0n. Bd. LXXVII, pag. ItO.)
2 Portis A., Sulla vera posizione del Calcare di Gassino nella collina di
Torino. (Boll. R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. XVII, fase. 5 e 0, I88G.)
184 G. DE ALESSANDRI.
sino al piano Bartoniano, riferimento che più tardi gii studi del Sacco,
del RovASEXDA, del Parona, del Bassani confermarono, e dimostrò er-
roneo il sincronismo di questo calcare con quello di Acqui.
Egli avvedutamente osservava come fra le due formazioni, esista so-
lamente la somiglianza di natura della roccia, dovuta allo sviluppo di
organismi affini fra di loro, ma che agirono ripetutamente a disparali
intervalli di tempo.
Nell'anno appresso, (1887) per opera dell'IssEL, Mazzuoli e Zacca-
GNA, fu pubblicata la Carta Geologica delle Riviere Liguri e delle
Alpi marittime, ' opera pregievolissima per gli studi nuovi sulle for-
mazioni carbonifere dell'alta valle della Bormida, nella quale gli autori
ritenendo le suddivisioni del terziario proposte dal Mayer h stabilite in
ordine ai fossili ed alla stratigrafia sopra un numero di capisaldi insuf-
ficienti e tali da subire, col ritrovamento di nuovi fossili e con più ac-
curate indagini, mutamenti non lievi ", ritornarono alle suddivisioni, adot-
tate dal Pareto.
Compresero quindi nel Miocene inferiore il Toiigriam I e II del
Mayer (arenarie e conglomerati) ; nel Miocene medio il Tongriano
III, V Aquitaniano, il Langhiano, VElveziano, ed il Tortoaiano del
Mayer (arenarie e ghiaie serj^entinose, calcari a aullipore, are-
narie gialle, raarne a j^teropodi e marne arenacee bigie), e nel
Miocene superiore le marne gessose azzurre, con fillili e fossili di ac-
que salmastre e dolci.
Nell'anno 1888 il Mazzuoli ^ occupandosi dei conglomerati dell'A-
pennino Ligure e della loro probabile origine descrisse minutamente
quelli della valle dell'Erro e della Bormida riferendoli come tutti gli
altri al Miocene inferiore; di questi sludi per«ì ci occuperemo più a
IssEi. A., Mazzuoli L., Zaccagna D., CarUi geologica delle Riviere liguri
e delle Alpi marittime con for/lio esplic. Genova, t8S7.
- Mazzuoli L., Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici dell' A-
pennino Ligure. (iJoll. It. Comit. Geol. d'ital. Voi. XIX, fase. i-I', 1888.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 18.")
luogo altrove, esaminando il modo di fonnazioue di qucsli couglu-
nierali.
Dopo il Mazzuoli il prof. F. Sacco nei suoi sludi sul bacino ter-
ziario del Piemonte^ illustrò partitameute le formazioni subapenuiniclie
e quantunque l'opera sua non sia stata ultimata che nell'anno 1898,
tuttavia avendo egli pubblicato le Carte geologiche di queste regioni
negli anni 1886-87-88, così io credo che questo sia il posto, che a lui
compete nella serie cronologica degli autori.
Egli fra le classificazioni dei terreni terziari, che si erano fino allora
proposte, adottò quella del Mayer alla quale introdusse alcuni cambia-
menti, in rapporto all'estensione dei vari piani ed all'interpretazione di
essi. Non ammise potersi suddividere questi piani in sottopiani, come
il Mayer aveva fatto, osservando che i sottopiani o non esistono affatto
in natura, oppure corrispondono a fenomeni talmente locali da non pa-
rere nò utile, né opportuno considerarli come orizzonti speciali.
Suddivise il Tongriano del Mayer in tre parti: nella prima com-
prese i conglomerati e le arenarie serpentinose (Tongriano I Mayer)
e la chiamò Tongriano; nella seconda collocò le marne scistose, te-
nere e le arenarie (Tongriano II Mayer), e la ritenue rappresentare lo
Stampiano ; infine unì i banchi di arenarie grigie serpentinose costi-
tuenti il Tongriano III Mayer alle formazioni arenacee e marnose, so-
vrastanti, e chiamò il tutto Aquitaniano.
Considerò per ultimo i due sottopiaui costituenti V Astiano del Mayer
come due piani differenti, che distinse coi nomi di Piacensiano ed
Astiano.
Lo studio del Sacco, esteso a tutto il bacino del Piemonte, completò
così l'opera che il Mayer aveva iniziato uell'Apenuino settentrionale, e
le sue carte geologiche costituiscono la guida più accurata per lo studio
del terziario Piemontese.
1 Sacco F,, // Bacino terziario del Piemonte. Milano, Torino, Roma, 1889-9:
180 G. DE ALESSANDRI.
Al Sacco, seguì il prof. C. De Stefani, il quale, occupandosi del-
l'Apeuiiino fra il Colle dell'Altare e la Polcevera, ^ oltreché de' terreni
terziari, trattò l'ardua ijuestiono delle formazioni cristalline antiche,
di quelle mezozoiche, e di quelle olìolitiche recenti, portando un potente
contributo alla conoscenza della complicatissima tectonica dell'Apennino.
Riguardo alle formazioni cenozoiche superiori, egli ritornò alle antiche
suddivisioni ripristinando il Miocene inferiore in luogo del Bormidiano
di Pareto, e non ammettendo le idee del Mayer che ritenne paleontolo-
gicamente errate, chiamò Miocene medio VAqiiitaidano, il Laìujìiiauo,
e YElvenano del Mayer, osservando come i fossili delle arenarie aqui-
taniane siano identici a quelli delle marne langhiaae, ed a quelli delle
arenarie e panchine elveziaiie.
Nel Miocene superiore comprese i banchi con gessi formati da ghiaie,
sabbie e marne, e che cmitengono l'ossili di acque salmastre.
Nel Pliocene collocò le sabbie gialle litorali che formano le uUimo,
più basse colline di Novi, Basaluzzo, Capriata d'Orba, Castelferro,
s(jtto le ijuali appaiono sabbie marnose turchine nell'Orba sotto Capriata,
ed argille leggermente marnose turchine presso Castelnuovo-Borniida.
Pochi anni dopo (1801) il prof. G. Traducgo, illustrando alcuni fossili
del calcare di Acqui e di Visone, - vivamente combatteva le suddivisioni
della serie terziaria proposte dal Mayer e dal S.\cco, cercando con ar-
gomenti paleontologici e stratigrafici di dii]iostrare erronei i loro rife-
rimenti. Egli coiichiudeva doversi riftM'iro questo calcare al Larighiano,
inteso nel suo significato primitivo, quale il Pareto gli aveva assegnato.
Però nell'anno appresso I'Issel, pubblicando una sua pregevolissima me-
moria sulla Liguria geologica e preistorica, ^ alla quale unì la Caila
geologica della Liguria e terroni confinami compilata in collab'jrazionc
1 Du Stei'am C, L'Apenniiw fra il Colle <hll' Aitare e la Polcevera. (lioll.
Soc. Geol. Ital. Voi. VI, 1SS2.)
- Trabucco G., Sulla vera foaizione del Calcare di Acqui {Allo Monfer-
rato). Firenze, ISUl.
3 IssEi, A., Liguria geologica e preistorica. Genova, 1 Siili.
APPUNTI DI GEOLOGIA K PALEONTOLOGIA, ECC. 187
ilello Squinabol già fin dn! 1890, accettò pienamente riguardo al ter-
ziario lo opinioni del Mayer e del Sacco. Descrisse in essa assai ininii-
tamento le formazioni conglomeratiche di Cairo-Montenotte, di Altare,
di Cadibona, di Sassello, di Mioglia, di Pareto, ecc. od oltre alle for-
mazioni terziarie della valle padana illustrò i lembi del Miocene me-
dio (PJveziano) della riviera che costituiscono la Pietra di Finale, e
quelli del Pliocene che formano i conglomerati delle valli del Varo, del
Paglione, e le arenario di San Remo, di Porto-Maurizio, di Albonga,
nonché le argille di Savona e di (lenova, ecc.
Successivamente il De Stefani ^ sviluppando noi suoi studi sul Bacino
del Mediterraneo pubblicati nel 1893, un'ipotesi che il Tietze, il Bit-
T\ER e lui stesso avevano già da qualche tempo emesso, secondo cui
i piani del J\liocene Laughiano, Elvenano, Tortoìiiano, Memniam I,
non rappresentano formazioni successive, ma depositi di differenti zonis
batimetriche di formazioni sincrone, si occupò ancora della regione iVa
il Tanaro e la Scrivio, senza però approfondirsi in proposito.
Due anni dopo però, esaminando la fauna del calcare di Acqui detcr-
minata dal Trabucco, osservava come i Pecteii siano specie ^MVElve-
ziano e ne conchiudeva ritenendo il calcare di Acqui Ehe.:iano. -
In seguito (1895) il Marchese (ì. Rovereto, occupandosi delle for-
mazioni geologiche attraversate dalla nuova linea ferroviaria lìenova-
Ovada, ■' enumerò con diligenti ricerche la successione degli strali
che si rinvengono, scisti argillosi, marne e ghiaie, diabasi e serpentine
terziarie, calcari dolomitici triassici, scisti micacei e serpentine arcaiche,
fra le quali ultime una breccia miocenica presso l'Acquasanta. Nell'estesi)
bacino mio-pliocenico della valle del Po, presso Ovada, riscontrò i con-
' Di:; Stefani C, Le-'< torrai/is tedlaires supérieurs du bastia de la Mèdi-
Lerranre. (Anna!, d. la Soc. géol. d. Bolg. Tom. XVIi!. Mémoires, 181):).)
- De Stefani C, Salta posizione del Langhiano nelle Langhe. (Atti d. Soc.
Tose, di Scicnz. Nat. Processi Verbali. Voi. IX, 1895.)
'■'• Rovereto G., Osservazioni geologiche lungo la ?iuova linea ferrata Gè-
nova-Ovada. (Boll. d. Soc. Geo!. Ita!. Voi. XIH, l!^0 5.)
188 G. DE ALESSAXnUl.
glomerali e quiudi le manie argillose e le arenarie riferite al Toa-
griano dal S\cco, ed in proposito osserva : « essere nel terreno difficile
se non impossibile la distinzione dei piani Toiujriano ed Aquitaniano, e
siccome da monte a valle si ha un graduale passaggio dalle formazioni
di spiaggia a quelli di mare profondo, ciò che dimostra un' evidente
unità di tutto questo complesso di strali, crede conveniente, come prima
il Pareto e I'Issel, tenere l'iunito queste formazioni sotto il nome
di Bormidiano. «
E dello stesso parere fu anche il jirof. T. Taramelli, il quale visi-
tando queste regioni, per alcuni studi sul traforo delle gallerie del Tur-
chino e di Cremolino, ^ osservò come le divisioni di Aquitaniano e
Tongriam del Mayer e del Sacco, siano mal definite, non scorgendo
differenza alcuna fra le rocce di due piani.
Come il Rovereto, egli ritenne doversi riferire i conglomerati che
si osservano attorno all' affioramento di roccie ofìolitiche, costituenti il
Marza'piede , al Bormidiano^ mentre le marne e le molasse si dovevano
ascrivere al Miocene medio (Langhiaìio, Elvesiano).
Dopo il Taramelli, il Dott, Franz Sghaffer di Vienna, ^ intraprese
l'esame delle formazioni subapenniniche. Notò anzitutto nella valle del
rio Ravanasco a Sud delle Terme di Acqui un orizzonte senza fossili
di marne verde sudicio, costituenti banchi conglomeratici di arenarie
serpentinose e quarzifere, con piccoli strati di marne, le quali assai
giustamente ritenne rappresentare la base del Miocene. Presso lo Terme
queste arenarie passano ad un banco calcareo a nuUipore con avanzi
di Briozoi, Foraminifere Pettini, denti di Squalo, ecc. ed accettando
egli, le idee del Trabucco, ritenne queste formazioni Langliiane facendo
* Taramelli T., Ossjruuzioni geologiche in occasione del traforo delle gal-
lerie del Turchino e di Cremolino. l{oma, 1898,
2 ScHAFFER F., Bellràge zar Parallelisirung der Miocànhildungen des pie-
montesischen Tertiàrs mit denen des Wiener Beclcens. II. (Jahrb. d. k. k. geo!.
Itcichs. Band XLIX, licfi. 1. M'icn, 18'J'J.)
APPUNTI DI (ìEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 189
notare la loro piena corrispondenza col I Piano medile r ramo dei ba-
cino (ii Vienna.
Passando in rassci^'iia i diversi piani costitnenli la serie terziaria,
«gli nota le marne di mare profondo con Pteropodi, Foramiuifere, Co-
ralli liberi, sulle quali si trova la città di Acqui, e ritiene che geolo-
gicamente e paleontologicamente esse siano identiche a quelle dello
Schlier della valle del Borbore e di quelle dell'alta Austria e della
P>aviera.
Egli osserva come tali marne nella loro parte superiore diventino
sempre più ricche di sabbia, e passino a' banchi arenacei assai sottili,
i. quali si riscontrano dove la via carrozzabile di Ricaldonc, si distacca
dalla strada maestra. Questi strati sono potentemente sviluppati presso
Stazzano e Serravalle, e costituiscono X Elveiiam, formazione che corri-
sponde a quella di Grumi nel bacino di Vienna.
Ad esse seguono le marne Tortonicme e quindi la zona gessosa, ed
infine le formazioni plioceniche che chiudono la serie terziaria.
Recentemente infine il Prof. G. Trabucco, pubblicando una Carta geo-
logica-geognostica-agronomica dell'Alto Monferrato ^ suddivido la serie
terziaria che ivi si riscontra in sette piani i quali in ordine di sovra[-
posizione sono: Tongriano, Langhiano, Elve.:iano, Tortouiauo, Mes-
siìiiano, Piacendano ed Astiano.
il Tongriano di quest'autore consta di due sottopiaui; il primo com-
prendente le puddinghe ed i conglomerati e ha pressapoco l'identica
tìstensione del Tongriano del Sacco : il secondo costituito dalle marne
scistose tenere, verde grigie, corrisponde per sviluppo allo Slampiano
del Sacco.
Suddivise il LangMano in due sottopiani: in quello inferiore pose
gli strati marno-calcarei e talora arenacei, costituenti VAqidtaniano
1 Trabucco G., Relazione sui mezzi pia adatti a trasforraare la viticultura
per la difesa contro la filossera, con carta geologica-gengnostica-agronomica
dell'Alto Monferrato. Firenze, 1899.
Voi. XNXIX. 13
190 G. DE ALESSANDRI.
del Sacco ; in quello superiore, gli strati mariio-arenacei e le marno
fissili delle quali il Sacco ed il Mayer avevano costituito il loro
Lcuigliiam (sensu strictu).
Anche \i^ Elvenam distinse due zone , le quali corrispondono a
quelle del Mayer, l'inferiore costituita da banchi sabbiosi arenacei, al-
ternanti con marne sabbiose grigiastre, e la superiore formata da banchi
di melassa calcarea e banchi brecciati grossolani.
Il Tortoìiiaiio del Trabucco rappresentato dalle marne grigiastre, in-
terstratificate talora con banchi sabljiusi arenacei, non differenzia punti»
per estensione da quello del* Mayer ; mentre il Messiniano coww^iVh-
mente a quanto il valente geologo dell'Università di Zurigo aveva fatto,
ù diviso in sole due zone, l'inferiore della quale comprende le lenti
gessose.
Il Piaceiuiaito e V Astia ao sono compresi pressapoco negli stessi
limiti die il Sacco loro aveva assegnato.
Ed ora, giunti al termino di (juosta revisione sugli studi dei pro
cursori, vediamo quale di lutto le classificazioni proposte sia da adot-
tarsi.
Lasciando da parte le più antiche le quali rillettono ancora un pe-
riodo prematuro per la sintesi, e rappresentano 1' epoca di laboriosa
od intensa preparazione dei materiali paleontologici e di osservazioni
stratigrafiche, alla quale ha dovuto seguire lo studio di selezione, coi
lunghi dibattiti, colle appassionate controversie, sia sul valore cronolo-
gico dei piani, sia sulla corrispondenza delle formazioni, noi vediamo
come tali suddivisioni si possano ril'orire a tre gruppi differenti.
Nel primo abbiamo il Mayek od il Sacco, i quali ammisiM'd una
serie suddivisa in numerosi piani, distinti in ordine di sovrapposizione
stratigrafica ed unita alTesamo della natura litologica e di quella pa-
leotitolodca.
APPUNTI DI (ÌEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 191
Xol secondo troviamo il De Stefani, il Rovereto ed il Tara-
MELLi, i quali 11011 ritenendo possibile, nò giustificata una più minuta sud-
divisione di quanto giù il Pareto aveva stabilito, ritornarono alle sue
classificazioni tipiche.
Nel terzo, infine abbiamo I'Issel, il Trabucco e lo Schaffer, i
quali pur accettando le suddivisioni del Miocene e del Pliocene pro-
poste dal Mayer e dal Sacco, ne dissentono riguardo ai limiti ed alle
suddivisioni dell'Oligocene.
Io pure sarei di quest'avviso, impercioccliè ho riscontrato nell'Apen-
nino settentrionale che i diversi piani nei quali il Mayer ed il Sacco
hanno diviso il Neogene, corrispondono in tutta la più rigorosa esattezza
a formazioni difl!erenti e successive della serie terziaria, nelle quali la
costituzione litologica e la fauna manifestano un alternarsi di facie^^
dovuto a periodi di maggiore o minore intensità di corrugamento. E
l'accetto con maggiore fidanza, ora che gli studi di tanti illustri geo-
logi hanno dimostrato che queste suddivisioni si riscontrano evidenti
in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Calabria alla Svizzera, dalla
valle del Rodano a quella del Danubio.
Riguardo all'Oligocene pur adottauto le distinzioni proposte dai so-
pracitati autori, ritengo che esse si debbano accettare con qualche
lieve modificazione, per le ragioni che verrò in seguito esponendo.
La località che meglio si 'presta a studiare la successione della
serie terziaria media e superiore del bacino della Bormida, è certamente
la città di Acqui.
Infatti se da essa si rimonta in prima a mezzodì la valle del Ra-
vauasco fino all'incontro di quella della Verazza, superata la quale si
raggiunge il Eric delle Gardinelle prezzo Ponzone, e se in seguito si
risale a tramontana la valle del Medrio e si passa in quella del Cer-
vino spingendosi fin sotto Monbaruzzo e Maranzana, si riscontrano sue-
192 G. DE ALESSANDRI.
cessivanieiile da Nord a Sud, tutte le forrnazioiii dall' Oligocene al
Quaternario, cioè la serie seguente:
1." Rocce cristalline.
i facies Tongriana \
2." Bormicliano . . o. • \ Oligocene.
( facies Stampiana ) °
3." Aqiùitaniano
4." Langhiano
5." Elvenano ^ \ Miocene
6." Tortoniano f
7." Messiniano ^
8." Piacenziano ( facies Astiana (sensu strictu
9." Astiano \ facies Villafranchiana S
lO.o Quaternario.
Rocce cristalline.
Nou è certamente mia intenzione di occuparmi delle rocce cristal-
line, affioranti lungo le falde settentrionali dell'Apeunino ligure, perchè
esse furono in questi ultimi tempi, oggetto di accurati studi del Fran-
chi, dell' IssEL, del Rovereto e del Riva. Osserverò solo che seguendo
la linea del mio profilo, dal Bric delle Cardinellc, alle vicinanze di
Monbaruzzo, s'incontrano le formazioni cristalline nell'ampia plaga che
a Sud di Ponzone, si estende verso Cartosio e Malvicino e lungo tutta
l'alta valle dell'Erro. Predominano in essa le prasimiti nelle quali la
prevalenza dell'aufibolo sulla clorito, stabilisce che si debbano raggrup-
pare fra quelle anllboliche ; esse hanno quasi sempre struttura scistosa
zonata, ed un'alterazione superficiale assai potente, che le rende fragili
e di colorazione giallastra dando luogo ad un abbondante sfacelo ocraceo.
Nella valle Verazza alquanto ad occidente della sezione seguita, si
osservano spuntoni cristallini ricoperti però da conglomerati assai potenti
lungo il torrente in faccia alla bor-gata Poggio, spuntoni che sono
piccole apofisi spinte a Nord del grande massiccio di Morbello, Caldasio,
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 193
Toledo e che per il bacino dell'Orbicella si collega all'Ei'metta. Di essi
raffioramento della valle del Ravanasco, segna il ])iuUo più settentrionale.
Ivi nella parte superiore s' incontra una zona potente di una fillade
grigia calcarea, passante a calcescisto, in alcuni punti riccamente cal-
cifica con lenti di porfiroide: zona a cui seguono affioramenti sviluppati,
verso Grognardo, di scisti anfibolici ad actinolite, che passano a prasi-
niti anfiboliche contenenti abbondante calcite accessoria.
L'affioramento invece lungo il torrente Ravanasco presso C. Ferri è
costituito da serpentina scistosa di colorazione verde-cupo, pellucida, un-
tuosa al tatto, a frattura piano lucente, quasi scagliosa, con superficie
liscia, e lucentezza grassa. Inglobata fra queste masse laminate e con-
torte di serpentina, si trova in questa località una piccola lente di
uno scisto pirossenico-epidotico con anfibolo, del quale gli elementi es-
senziali sono : zoisite ed epidoto concrescenti assieme, un minerale mo-
noclino della serie dei pirossemi e d'aspetto onfacitico ed un aufibo]o
verde prismatico, aghiforme, mentre quelli accessori sono : titanite, apa-
tite e rutilo.
Un altro importante affioramento di rocce cristalline in questa regione
ù quello che costituisce il rilievo montuoso del Màrza'piede, fra Prasco-
Cremolino e Molare, il quale ha forma irregolarmente allungata da Nord-
Ovest a Sud-Est ed è strozzato pressapoco in due parti uguali da una
zona conglomeratica del Tongriam, messa in evidenza dai lavori della
galleria per la linea ferroviaria Ovada-Acqui.
La roccia predominante in queste località è uno scisto-verde anfibo-
lico (actinoto), passante a prasinite anfìbolica a struttura un po' lenti-
colare, in cui le lenticelle di anfibolo, alternano con straterelli di
elementi chiari (albite, quarzo). Verso lo sbocco Nord della Galleria, ho
raccolto invece campioni di scisti anfibolici-zoisitici, con calcite acces-
soria, in cai l'elemento anfibolico è actinolite in fasci di sottili prismetti.
Nelle vicinanze di Spigno le rocce cristalline affiorano con un limitato
spuntone, presso le rive della Bormida in faccia a Monbaldone, con le
solite serpentine scistose verde-carico, profondamente alterate ed in am-
194 Ci. DE ALESSANDRI.
massi contorti; però più a Sud oltrepassato il paese, una roccia feld-
spatica (plagioclasio) commista ad un minerale verde micaceo, con epi-
doto, costituisce gli importanti affioramenti di ovardite, già segnalate in
tale località dallo Stuì'ivhk.
Oligocene.
I terreni oligocenici presentano un notevole sviluppo nelle formazioni
del Belgio, e dal Belgio appunto si trassero le loro suddivisioni.
II DuMOND dapprima (1839) riferì buona parte delle formazioni oli-
goceniche del Limbourg, ad un suo nuovo piano che chiamò Tongriaiio
da lui posteriormente (1849), scisso in tre sottopiani differenti: Ton-
liriano, propriamente detto, RitpeUiano e Bolderiano, ' aventi facies
il primo e l'ultimo di depositi marini, il medio di depositi lluvio-lacustri.
Questa sarebbe stata la suddivisione tipica delle formazioni oligoce-
niche, se recentemente il Van den Broeck^ non avesse dimostrato che
il Bolderiam ha caratteri schiettamente miocenici, e quindi da adot-
tarsi per l'oligocene la duplico suddivisione di ToìUjHano e Rupel-
liano.
I geologi del Belgio, della Germania ed anche recentemente il Ki:-
NEViER, ^ accettarono questa suddivisione, la (piale cerlaiiionte per le
regole della priorità dovrebbe adottarsi. Ma secondo il concetto di Dl-
MONT che propose questo piano, e del Van den Broegk che lo ha ac-
cettato, il liui[}elliam non rappresenta tutto l'Oligocene superiore, ma
solo la facies marina di esso ; mentre quella fluvio-lacustre superiore
fu distinta dal Van den Broegk stesso col nome di Renaniano. Di-
modoché i geologi francesi adottarono generalmente per le formazioni
1
DuMONT R., Rapports Carle géol. de Belgique. Yspa (Uelgiquo), l.S il).
2 Van den Broeck, Coup d'oeil sijnthéliqm sur l'olujocvìie belge. (Bull, do
la Soc. Belge de Géolog. de Palóont. et d'IIydr. Tom. VII, 1S'.)1.)
3 Uenkvmvr e, Chronographe G('ologu/iie. (Compi. l\endii du(;onr;ròs Géolog.
International. Ziiiich, iHOi. Losanna, 1S!)7.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. ll)."i
doii" Oligocollo superioi'o il iioiiic di Stampiano stabilito dal D'Orbignv
noi 1850, ' per un complesso di depositi che comprondevauo il Scut-
noisiaìio, lo Stampiaiio attuale, e V Aquitaniano^ ma che sujjito dopo
il De Rouville (1853), aveva limitato nei suoi precisi confini. -
Kiguardo all' Oligocene inferiore, in Francia fu generalmente adottato
il termine di Sannoisiano proposto dal Munier, Ghalmas e dal De
I-APPAUENT ^ per le marne sovrastanti ai depositi gessosi a Palaeo-
iherium di Parigi ; nome, che perù non si può accettare perchè rap-
presenta una facies allatto locale, e non comprendente tutto le forma-
zioni dell' Oligocene inferiore, le quali furono riferite dai detti autori
all'Eocene superiore e distinte in due piani, Ludiano e Priahoniano.
Tale suddivisione dell'Oligocene in Italia fu adottata dall'OppENHEiM ^
per le formazioni del Veneto presso Priabona, ove distinse sopra gii
scisti di Priabona, il Samioisiauo con conglomerati, marne e colla parte
inferiore dei tufi di Guata e Saugomini, o lo Stampimio coi tufi supe-
riori di Sangomini.
Nell'Apennino settentrionale, l'Oligocene si può abbastanza nettamente
distinguere in due formazioni, la prima rappresentata da uno sviluppo
}iredominante di conglomerati e di arenarie, fra le quali si interpongono
lenti lignitifere, e la seconda prevalentemente costituita da marne scialbe
arenacee o scistose, con qualche banco calcareo.
La prima rappresenta evidentemente un deposito litorale e fluvio-la-
custro, la seconda un deposito pelagico.
Esse corrispondono quindi anche per la natura dei sedimenti a quelle
del Belgio, ove nel Tongriano si hanno sabbie glauconiose e depositi
^ D'Orbignv a., Cours élémentaire de Paleontologie et de Geologie strati-
grapìiique. Tom. 11. Paris, 1852.
- De Rouville, Description géologiqae des environs de Montpellier. l85o.
■' MuNiER-CnALMAS ET DE Lapparent, Notes sur la nomenclature des terrains
sédimentaire.^. (Bull. Soc. Géol. d. France. Serie III, Tom. XXI, 180 i.)
^ Oppenheim P., Die Priahonascìiicìden und ihre Fauna. Palaoontografica.
XLVII. Stuttgart, 1900, pag. l:'..
19G G. DE ALESSANDRI.
lacustri, mentre nel Rupelliano acquistano predominanza le marne e le
argille, come anche a quelle del bacino di Parigi, ove si hanno nelle une
gessi e marne lacustre, nelle altre, analogamente ai depositi di Étampes,
marne ed argille.
Esaminando perù acciiralamente i depositi subapenninici e sovratutto la
regione fra la valle dell' Erro e quella della Bormida di Spigno, ove
queste formazioni acquistano grande sviluppo, si scorge assai bene come
siano numerose le iiiterpolazioui di strati ]narnosi grigiastri (Stampiani)
a quelli conglomeratici (Toiigriani), e come la loro disposizione stra-
tigrafica sia concordante anche nei più minuti disturbi locali. Anzi ta-
lora avviene di rinvenire larghe plaghe, che per la costituzione litolo-
gica devono riferirsi allo Stampiano, e che si immergono sotto ai de-
positi schiettamente tongriani.
Anche l'esame della fauna di questi due depositi, manifesta ovunque
una perfetta comunanza di specie, colla sola differenza che nell'uno ab-
bondano le forme litorali e nell'altro le pelagiche. Da ciò, io mi sono
convinto, che come già il Rovereto aveva osservato, ^ sia da ammet-
tersi l'unità di formazione di tutto questo complesso di strati, e che le
differenze litologiche, siano solo dovute a diversità dell' ambiente ove
si depositarono; in altri termini, rappresentare essi facies diverse di
un' unica formazione.
Con tale restrizione e per non raggruppare depositi che d'altronde in
natura si possono distinguere e limitare abbastanza agevolmente, io adotto
iu questo mio studio i nomi di Tongriano e di Stamjnano, e proba-
bilmente con lo stesso significato, dovrebbero anche adottarsi per le for-
mazioni del Belgio e della Francia.
11 complesso poi di questi deposili costituisce quanto già il Pareto,
aveva chiamato lìonnidiaao, piano che seuza scendere a minuti par-
ticolari, non compatibili coll'Ind^lo di un lavoro di massima, qual era
* Rovereto G., Osservazioni geologiche fatte lungo la linea ferrata Ge-
nova-Ooada. (Boll. Soc. Geo). Ital. Voi. XIII, l<S9i, pag. Oli.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 197
il SUO, compreiKle assai bene le formazioni fra l'Eocene superiore {Mo-
denese^ Pareto) ed il Miocene inferiore o Aqiàtaniam [Langhiano in-
feriore^ Pareto),
Egli aveva bensì notato clie questi depositi comprendevano le for-
mazioni che il DuMONT aveva chiamato Tongriam^ ma assai giusta-
mente non adottò tale nome, perchè con esso si specificava solo ima
parte di quanto egli illustrava.
Dimodoché il nome di Bormidiano, per le giuste regole della prio-
rità deve adottarsi al posto di Tongriano nella serie cronologica dei
terreni, mentre i nomi di Tongriano e Stampiano^ sono da usarsi
per distinguere le due facies di esso, che come già dissi si debbono)
ritenere sincrone.
Con tale concetto appunto io ritengo che il nome di Bormidiano
sia stato adottato dallo Scarabelli,^ dal Taramelli, ^ dal Trabucco, ^
dall' IssEL"* e da tanti altri; quantunque però, I'Issel recentemente''
sembri attribuire ad esso limiti alquanto più estesi, comprendendo forse
parte delle formazioni che il Pareto riferiva al Langhiano, e che
il Sacco ritenne aquitaniaue.
Il Mayer nei suoi studi sulla Liguria "^ distinse questi deposili
in due piani: Tongriano superiore e Tongriano inferiore, piani che
il Sacco'' dipoi, descrisse sotto i nomi di Tongriano e di Siam
piano.
1 SCARABELLi G., Descrli^ione della Carla geologica del versante settentrio-
nale dell'Appennino fra il Montone e la Foglia. Monografia statistica, economica,
amministrativa della Provincia di Forlì. Forlì, 1880, pag. 37.
- Taramelli T., Spiega::ione della Carta geologica ilella Lombardia, vil-
lano, 1800, pag. 42.
•* Trabucco G., Sulla vera posizione del calcare di. Acqui, lurenze, 1891.
'* IsSEL A., Liguria geologica e preistorica. Genova, 1892. Voi. 1, pag. 210.
^ IssEL A , Osservazioni sul Tongriano di Santa Giustina e Sassello. (Atti
della R, Università di Genova. Tomo XV. 1900, pag. 8.)
* Mayer C, Studi geologici sull'i Liguria centrale. Roma, 1877.
" Sacco F., // bacino terziario e quaternario del Piemonte. 1889-90.
198 G. DE ALESSANDRI.
Alla base però del Toiigriattu, il Sacco aveva dapprima dislinlo una
formazione liluraiica sal3biosa-arenacea, col nome di Sesiiaao^ ma che
più lardi ^ riunì al Tongriano^ ben avvedendosi che si trattava di una
facies puramente locale dei sedimenti tongriani.
Tongriano.
Il Tongriano j come già dissi ha facies litoranea o lluvio-lacustrc,
ed ù rappresentato da sedimenti assai vari, nei quali predominano le
sabbie, le marne, ed i conglomerati.
Esso costituisce coi suoi affioramenti una regione povera di acque, coi
rilievi montuosi, aspri e scoscesi, a pareti ripidissime, con valli strette
e profonde e con una vegetazione scarsa, subarborea. Ha una ])oleuza
talora assai grande, che in alcune località oltrepassa i 1500 metri di
spessore, con una tectonica quasi sempre regolare, ma con forti disturbi
a contatto delle formazioni cristalline e dei calcari triassici.
Forma una zona continua e potente, che fascia gli affioramonli di roccie
cristalline ed i calcari del mezozoico, nelle valli dell' Errò e della Bor-
mida, mentre nel bacino della Scrivia, ed in tutta la regione ad oriente,
poggia concordante colle formazioni calcaree a facoidi dell' Eocene su-
periore. Esso per la maggior parte è rappresentato da conglomerati po-
ligenici, costituiti da ciottoli oviformi di piccola mole, fra cui alcuni
profondamento impressionati, ed altri alquanto alterati, superficialmente
commisti a ghiaie ed a sabbie. I suoi strati sono quasi sempre fa-
cilmente disaggregabili, in alcnni punii però sono compattissimi per
cemento siliceo o calcareo.
Gommisti a ciottoli ovoidali, si notano in questi conglomerati, massi
talora di grandi dimensioni a spigoli acuii, la natura litologica dei
quali corrisponde con predominanza alle roccie in posto sottostanti.
1 Sacco F., Sur la classification des I'iri'ains Icrtiaires, (Complos-ron In dii
Gongrès géologiquo international. Zurich, 1894.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E l'ALEOXTOLOGIA, ECC. 199
•{iuiiitiiiiqiie alcuni di dilfereiite cosliluzione maiiifesliuo uu evideiilc
trasporto.
A coiitatto delle roccie cristalline i conglomerati generalmente assu-
mono l'aspetto di vere breccie o di puddinghe.
I ciottoli ed i massi di questi ileposili sono quasi sempre avvolti da
sabbie grossolane verdi o grigie, costituite in grande maggioranza da
elementi sei'pentinosi.
Inferiormente il Tongriam presenta, oltre alle sabbie, marne ed in-
terpolate ad esso lenti lignitiche, talune di notevole potenza e quindi
di grande importanza industriale. Ovunque poi in esso si notano banchi
calcarei dovuti a formazioni coralline lungo le spiaggie.
I suoi banchi arenacei sono generalmente ricchi di fossili marini,
mentre i depositi marnosi e le ligniti abbondano di molluschi lacustri,
0 di acque salmastre. Sonvi pure numerosi avanzi di Vertebrati ter-
restri, 0 di acque dolci, fra i quali frequenti sono quelli di Anthra-
cothenum magnum Guv.
Lungo il profilo, che io esamino, s'incontrano le formazioni tougriane,
a Sud di Ponzone, ove presso il Eric delle Cardinelle, si sviluppano i
banchi conglomeratici, gli elementi dei quali, sono costituiti da serpentina,
prasinite, enfotide, Iherzolite, peridotite, apenuinite, talcoscisto, mica-
scito, e raramente da quarzo e calcare. La potenza degli strati è assai
rilevante, r inclinazione di essi varia da 30° a 40" Nord, quantunque
in alcuni punti, forti disturbi locali ne alterino il regolare andamento.
Alla base di essi, marne scistose grigiastre, con banchi di ligniti,
contengono mal conservati avanzi di fossili lacustri, mentre superior-
mente ai conglomerati, vi sono abbondanti banchi (Ji coralli, e di ostriche,
in straterelli marnosi arenacei, di non grande potenza; strati che per
passaggi insensibili e di difficile separazione iniziano la serie delle marne
scialbe stampiane.
Nella zona di contatto sono frequenti i calcari a uullipore, in lenti assai
importanti per le applicazioni industriali, e che si riscontrano presso la
strada di Giapino di Sotto, calcari i quali, come ha osservalo in questi
200 G. DE ALESSANDRI.
ultimi tempi il prof. Issel, ^ sono in gran parte costituili da Litho-
thamiimm saganum Rothp. in alcuni banchi arenacei posti superior-
mente ad essi, lio rinvenuto altresì numerosi esemplari di Litìiotha-
niuTii aremdarium Gapeder, - mentre poco oltre in vicinanza di Pon-
zone, in alcuni banchi calcarei di lieve potenza e di limitato sviluppo,
oltre ai Lithotharami, abbondano le spoglie minute di quei curiosi
idroidi, del genere Ellii^actiìiia^ dei quali si è da poco occupato il
dott. G. Gapeder. 3
A Nord di Ponzone si sviluppano potentemente le arenarie grigiastre
grossolane, in banchi quasi sempre disaggregati, per profonda altera-
zione degli elementi cementanti ; ivi sono frequenti avanzi di molluschi,
fra i quali abbondanti gli esemplari di Natica sp., Ticrritella mcisa
Drongo, sp. , di Loxeardmm cf. 'pallasianum Bast, sp., di Lucina
miocenica Micht., di Pecteu arcaatus Bronn, di SpoìidijUts bifroas
Miinst., di Pycnodonta cochlear Poli sp., di Nammulites cf. Fidi-
teli Micht., e frammenti indeterminabili di Autozoi.
Ad oriente della strada provinciale, che mette ad Acijui, alle are-
narie tongriane si sostituiscono le marne stampiane, caratterizzate da
quell'impronta uniforme e sterile del paesaggio; marne che si svilup-
pano a Nord, raggiungendo la valle Verazza, ove vengono ricoperte
dai banchi arenacei MV Aquitariiano.
Le formazioni conglomeratiche però, ricompaiono nelle colline sulla
destra del torrente Verazza, fra Ponzone e Groguardo, presentando una
potenza da 100 a 150 metri, ed un'inclinazione regolare di 85" verso
Nord. In faccia alla borgata Poggio, esse posano con lievi disturbi sui
talcoscisti e sulle prasiniti, che affiorano lungo il torrente.
1 IssEL A., (Jsservazioni sul Tunyriano ecc., pag. Ili.
2 Capeder (f., Contribuzione allo dadio dei Lithothamni terziari,. Torino,
1898, pas- 7.
^ C.M'EDER (j., Sulla probabile presenza delle Ellipsactinie nei calcari a Li-
thothamni terziari. Torino, IK'.i.S.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 201
Uu altro piccolo atrioramento tougriauo, si riscontra più a Nord dol-
l'area esaminata, lungo la valle del Ravauasco, in vicinanza di G. Ferri,
ove un'abrasione profonda negli strati aqiiitaniani, ha messo in evidenza
uii'apofisi delle formazioni cristalline, apofisi che naturalmente è rive-
stita da piccoli banchi conglomeratici.
Gli elementi di essa, nella parte inferiore, presentano spigoli vivi e
sono quasi tutti costituiti da serpentina, ma nella parte superiore, ab-
bondano i ciottoli arrotondati di differente costituzione litologica. Anche
qui, per un graduale passaggio nella parte superiore, gli elementi si
fanno più minuti ed i conglomerati cedono il posto a ghiaie, queste a
sabbie, ed infine ricompaiono le marne arenacee scistose dello Stam-
inano.
Ad oriente della sezione esaminata, il Toagriano si sviluppa assai
irregolarmente ed in plaghe limitate, quasi ovunque, mascherate dai fle-
positi sovrastanti. I suoi affioramenti si risconti-ano per lo più nelle
regioni valli ve, ove l'abrasione dei corsi d'acqua ha asportato l'am-
manto superiore. Così presso Grognardo, costituisce una ristretta zona,
di pochi metri di potenza, la quale forma la spianata ove giace il
paese, e che si protende nella valle della Tiuna, ove ai conglomerali
si sostituiscono arenarie verdi compatte, ricchissime di avanzi fossili,
anzi talora quasi esclusivamente costituite da nummuliti, radioli di
echini, antozoi, commisti a granellini serpentinosi. Sono pure ottime lo-
calità fossilifere, le adiacenze a Sud di Grognardo, massime il piccolo
lembo che si riscontra presso C. il Galletto, e che rappresenta un li-
mitato residuo di un'ampia plaga abrasa, sviluppata verso Sud, della
quale sono evidenti residui, gli avanzi brecciosi che si riscontrano veiso
Ciglione. Presso la borgata Foresto, i banchi arenacei profondamente
alterati, passano nella parte superficiale a sabbie agglutinate e sono
ricchi di Molluschi, Echini, Coralli, Briozoi, Foraminiferi.
Nelle vicinanze di Prasco, e presso Molare, ove la zona prende un
considerevole sviluppo, avvolgendo l'affioramento di rocce cristalline del
Marsapiecle, si osservano negli strati superiori del Tongriano, banchi
202 d- DE ALESSANDRI.
di calcare compatto gialliccio, talora brecciato ed arenaceo, che pre-
senta frattura irregolare, ed ha numerose inclusioni di lamelle di mica,
granellini di quarzo, scheggie di prasinite e serpentina, solidamente ce-
mentate con Lithothamui foraminiferi, ellipsactinie, briozoi e coralli.
Nella valle dell' Orba, a Sud di Molare, la zona tongriana, si estende
in una larga plaga, prevalentemente arenacea, la quale presso la Ban-
dita, posa sullo formazioni cristallino, e che nella valle dell'Arnione,
contiene la nota località fossilifera di Gassinelle, ricca di tanti avanzi
di Molluschi, Echini, Coralli, Briozoi e Foraminiferi.
Nella valle della Stura, i conglomerati si sviluppano potentemente
e conferiscono alla regione un carattere spiccatamente alpestre, mentre
invece le arenarie sovrastanti, per maggiore alterazione e per maggiore
produttività agronomica, costituiscono la parte più amena e più popo-
lata. Sono buone località fossilifere i dintorni di Tagliole e di Mor-
nese, coi frequenti banchi di coralli costruttori e con numerosi lamelli-
branchi e gasteropodi, di ottima conservazione.
Inferiormente ai banchi arenacei, si osservano in alcuni punti,
marne bianchiccie o azzurrine, in straterelli regolari, nelle quali sono
frequenti frustoli vegetali, di aspetto carbonioso e traccie di molluschi
di acque salmastre (Potamides).
Più ad Est, nella valle del Lemme e della Scrivia, il ToiKjriaiio ac-
quista grande espansione e la sua maggiore potenza, con rilievi mon-
tuosi erti e frastagliati, e con pianori erosi e profondamente abrasi; tal-
ché soventi esso rimane disgiunto e costituito da piccoli lembi sparsi
sulle alture, mentre nelle valli profonde spuntano gii aftìoramenti eocenici.
Sono ivi assai imjiortanti e caratteristici, i lembi che costituiscono le
;iUure di monto l''iaccono, monte 'Maggio, monte Reale, e Pietro Bissara,
iloi (juali si sono già occupati accui'atamentc tanti illustri predecessori.
Ad Ovost, del profdo esaminato, il Tougriaiio ricompare coi tipici
conglomerali nella valle dell' Erro, con banchi inclinati lievemente a
Nord, sotto il paese di Cartosio e lungo la strada provinciale Sassello-
Acqiii, e che sopra dcll'aiiilnlo, poggia con breccie a grossi elomenli
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 203
sulle formazioni cristalline. Presso Miojola, a Pareto, ed a Mioglia, ri-
compare ancora in zone irregolari e poco sviluppate, quasi sempre a
l'idosso (lolla zona ivi iiotente, di rocco verdi, e coi soliti banchi are-
nacei, fra i quali come a Mioglia, vi sono lenti calcaree compatte, co-
stituite da impasti di Litholhamni, Briozoi e Foraminiferi, entro le quali
si riscontrano altresì conservati avanzi di Squali e di Echini. Anche
qui, come altrove, la regolare disposizione degli strati soffre eccezioni
a contatto degli spuntoni di roccie cristalline, verificandosi in alcuni
punti, (fuali ad esempio a Miojola, gli strati inclinati da 50'^ a 00° Nord,
in vicinanza ad altri immersi di 15" a 20" a Sud.
Nella valle della Bormida, i conglomerati si sviluppano a Sud di
Spigno, mentre in vicinanza del paese predominano le arenarie, alcune
delle quali grigiastre, o giallognole assai compatte, sono di ottimo im-
piego come pietra da costruzione e da rivestimento.
La Bormida in queste regioni erodendo profondamente la serie sedi-
mentare, ha messo lungo il suo corso sinuoso in evidenza la pila delle
formazioni tongriane, ed a Merana o meglio ancora a Piana-Crixia, i
depositi conglomeratici raggiungono una potenza di 400 e più metri.
Le arenarie, in alcune località, line, compatte, psammitiche, interpo-
late da marne azzurre, sono abbondantemente fossilifere, massime presso
Dego a Costa Lupara, ed a Carcare, con quella larga rappresentanza di
Vertebrati, Molluschi, Echini, Coralli, che in questi ultimi tempi fu
oggetto di tanti importanti studi paleontologici.
In queste località sovratutto, l'attenzione dell'osservatore resta mera-
vigliosamente impressionata da giganteschi massi a spigoli vivi, che si
osservano nei conglomerati.
Tali massi hanno già da lungo tempo attirato l'osservazione dei geologi.
11 (jAStalui, pel primo, descrisse un colossale masso di gneiss, che si
trova presso Mornese; il Mazzuoli cita un masso di roccia cristallina
nel monte Fiaccone, che avrebbe un volume di GO metri cubi, ed un
altro di quarzite nel torrente Miojola (valle dell'Erro), presso la bor-
gata (ìarberino, di 50 metri cubi; il Sacco riferisce di alcuni gros-
204 G. DE ALESSANDRI.
sissimi massi lungo la Bormida, a Nord di Piana-Crixia, ed un altro di
enormi dimensioni (240 m. e, circa) costituito da serpentino, clie si ri-
scontra a Sud di G. Breno, in vai Carbonasca (valle della Scrivia).
L'IssEL parla del grosso masso di serpentina verdastra, da 25 a. 30
metri cubi di volume, che si osserva presso la borgata Bergiavelli, in
valle dell'Erro.
Io ho osservato massi pure giganlcsclii in vai del Lemme, presso la
Bocchetta ed uno nel torrente Valla a Sud di Spigno, che misurava una
circonferenza di 20 e più metri e 4 metri circa di spessore.
Curioso fra tutti gli altri è il masso di scisto-cristallino, che si os-
serva lungo la Bormida, presso Piana-Crixia, il quale è tondeggiante ed
isolato, da ogni parte tranne in quella inferiore ove è sostenuto a guisa
di gambo dai conglomerati. Per tale sua forma caratteristica, si cono-
sce localmente col nome di Fimgo di Piana. Esso fu già notato dal
Mazzuoli, ed illustrato dall' Issel nella Ligitria Geologica e Preisto-
rica, Voi. I, pag. 116, Tav. 7, fìg. D.
Origine dei Conglomerati.
L'origine dei conglomerali tongriaui caratteristici sovratulto per la
presenza in essi dei grandi massi a spigoli vivi, è intimamente unita
a quella dei conglomerati dei Colli Torinesi, e poiché su di essa sor-
sero tante e disparato ipotesi, esaminiamone brevemente le principali.
Distinguendole in ordine cronologico e dal nome dell'autore che le ha
emesse, si possono enumerare cosi: 1.-^ Ipotesi del Gastaldi; 2.''' del
Mazzuoli; 3.* del Portis; 4." del Virgilio.
Il Gastaldi in una sua prima memoria, fatta in collaborazione cui
Martins ^ nell'anno 1850, esaminando i conglomerali dei Colli Tori-
• Gastaldi B. et Martins Ch., Ensai sur les terrains superficiels de la vallèe
da Po, aux environs de Turin, compares à ceux de la plaine Suisse. (Hull.
Soc. Géol. de Franco. Voi. VII, 1S50, pag. 55 i.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 205
nesi, rilevò come i massi dei punti culmiiiaiili e della base, in entrambi
i versanti, siano blocchi erratici costituiti da roccie alpine (dioriti,
anfiboliti, serpentina,, micascito)^ angolosi ed a spigoli vivi, mentre
i ciottoli usuali del conglomerato sono di serpentina, di porfido c|iiar-
zifero, di diaspro, di granito, e di calcare. Egli ne dedusse, provenire
questi massi da una medesima regione, che può essere circoscritta dai
monti di Biella, di Yarallo, di Arona, ecc. dalle Alpi Marittime o
dagli Apennini Liguri.
Tali massi, i quali, per entrambi gli autori, hanno grandi analogie con
quelli delle morene al piede delle Alpi, non potendosi assolutamente ri-
tenere dovuti a strati conglomeratici smantellati e distrutti, dovevano
essere stati abbandonati da un ghiacciaio.
Più tardi il Gastaldi stesso (i8G3), riprese pariitamente l'esame
dei conglomerati della Collina Torinese e dell'Apennino settentrionale ; ^
ed in base alla loro natura litologica stabilì che gli elementi dei con-
glomerati torinesi dovevano essere pervenuti in parte dalle Alpi ed in
parte dagli Apennini.
Alcuni di questi elementi avrebbero, così dovuto percorrere una di-
stanza da 50 a 100 chilometri, ed il Gastaldi rigettando l'idea del
Brocchi e del Brongniart che ammettevano doversi questo trasporto a
correnti acquee, accettò l'ipotesi, che il Venturi ^ aveva manifestato al-
cuni anni prima per spiegare la presenza dei massi angolosi nei con-
glomerati deirApennino Reggiano, secondo la quale essi dovevano il
loro trasporto a zattere di ghiaccio. Si avrebbe così avuto un caso identico
a quello che avviene oggidì sullo coste del Labrador, ove i massi che
scendono sui ghiacci natanti dalle regioni artiche, e che continuamente si
accumulano vanno continuamente ampliando il grande banco di Terranova.
1 Gastaldi B., Sugli elementi che compongono i conglomerali miocenici del
Piemonte. (Mem. d. R. Accad. d. Scienz. di Tonno. Serie II, Voi. XX, 1863.)
2 Venturi V., Intorno ad alcuni fenomeni geologici. (Giornale di Fisica, ecc.
Pavia, 1817. Tom. X.)
VoL xxxix:.
20(; G. DE ALESSANDRI,
Molti auiii dopo che il Gastaldi si era occu})ato di lali conglome-
rati, il Mazzuoli prendendo in esame la regione deirApeiinino Ligure, '
ne riprendeva lo studio, ma non accettava l'ipotesi del predecessore
sulla loro origine. Egli osservava che non era ammissibile l'esistenza di
ghiacciai apenninici di grande sviluppo, in un' epoca in cui l'Apennino
Ligure era rappresentato da poche isole emergenti di (jualche continaia
di metri dallo acque; e sovratutto perchè la fauna e la floi'a durante
la deposizione dei conglomerati aveva facies tropicale, e quindi incon-
ciliabile con lo svUuppo dei ghiacciai fino al mare.
Egli cercò di spiegare l'origine dei conglomerati, ammellendo che essi
si originarono dopo l'Eocene, da balze e rupi scoscese verso il mare,
per opera dell'isrosione marina, unita alla meteorica.
Attribuì la grande potenza di essi, ad un lento abbassamento delle
terre emerse e del fondo del mare, susseguilo a) sollevamento posteo-
cenico, abbassamento che determinava un continuato succedersi dello
condizioni atte al loro sviluppo, perchò mentre le teri'e continuavano a
somministrare materiali dotritici al mare, il deposito litoraneo mante-
nendosi colla superficie a lior d'acqua, accresceva in ispessore per fab-
bassamento del fondo marino.
Il prof. IssEL alcuni anni dopo (1892), esaminando tale ipotesi - ac-
cettava in parte le conclusioni del Mazzuoli, ma allineile esse riuscis-
sero più verosimili, data la grande potenza dei depositi, egli ammise
che non solo un bradisismo ne avesse causato lo sviluppo, ma elio
avessero altresì contribuito ripetuti movimenti dal basso all'alto e dal-
l'alto al basso, colla possibilità di una sovrapposizione di materiali
ciottolosi.
Invece il prof. Alessandro Portis, nell'anno istesso in cui il Maz-
zuoli aveva pubblicato la sua memoria, in una nota uscita pochi mesi
^ Mazzuoli L., Sui modo di formazione dei co)i;/lomer//ti miocenici, del-
l'A pennino Ligure. (Boll. R. Gomit. Geo!. d'Italia. Voi. XV, 188 i.ì
- IssEL A., Liguria geologica e preistorica. Genova. 1802. Voi. I, pag. 2:ì0.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 207
dopo, ' ue confutava le conclusioui facendo notare ; primo la preponde-
ranza nei conglomerati di materiale serpentinoso, materiale che non si
poteva spiegare, stante la quasi completa mancanza di ogni traccia di
antiche scogliere serpentinose, fra le Alpi e la Collina Torinese, e fra
questa e gli Apeunini ; secondo la distribuzione regionale degli elementi
in rapporto alla catena alpina, nei conglomerati dei Colli torinesi;
terzo la presenza in questi ultimi di materiale sicuramente alpino ; in
ultimo la forma ciottolosa del maggior numero degli elementi, alcuni
dei quali hanno strie e rigature. II Portis in questo suo studio, non
esponeva opinione propria riguardo all'origine dei depositi, ma pochi
anni appresso occupandosi del bacino di Roma, e specialmente del Plio-
cene superiore, - riprendeva incidentalmente in esame la questione, am-
mettendo l'idea che la Collina Torinese, avesse tratto il materiale dei
suoi conglomerati da un continente emerso, durante V Eocene e parte del
Neogene, tra il piede interno delle Alpi occidentali e l'attuale Collina.
Questo continente poteva essere rappresentato da una maggiore estensione
dell'area alpina verso Sud o verso Sud-Est, e scomparve poi per rottura-
distacco, dovuto a sprofondamento in notevoli proporzioni.
Dopo il Bartoniano, numerosi ghiacciai scendendo dalle vallate al-
pine, avrebbero portato al mare che si stendeva al piede di questo con-
tinente, i ciottoli da loro impressionati ed i grossi massi serpentinosi,
che assieme ai conglomerati che si formavano lungo il litorale, costi-
tuirono i depositi miocenici.
Verso la fine del Pliocene questo continente per uno spostamento pò
sitivo delle linee di spiaggia si inabissa nuovamente, ed il mare occu-
pando la regione compresa fra l'attuale piede meridionale delle Alpi,
< Portis A., Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici della col-
lina di Torino: osservazioni a proposito della nota di L. Mazzuoli. (Boll. R.
Comit. Geol. d'Italia. Voi. XIX. Roma, 1888.)
2 Portis A., Contribuzione alla storia fisica del bacino di, Roma e studi,
sopra l'estensione da darsi al Pliocene superiore. Roma, 1803.
208 G. DE ALESSANDRI.
e eli tutta l'area della Collina, vi depositava sopra le argille del Pia-
censiaiio e le sabbie ([dV Astiano, mentre allo sbocco delle valli ali-
mentate da ghiacciai, si formarono nel fondo marino morene frontali, ed
in quelle prive di ghiacci, conoidi di dejezioui che coi loro materiali an-
darono man mano ricoprendo il fondo del golfo padano.
Egli considerava così i due piani del Pliocene (Piacenziano ed
Astiano) come sincroni fra di loro, e sincroni altresì collo formazioni
distinte generalmente col nome di diluvium, di morenico e di allu-
vium ritenendo il tutto depositato sul fondo del mare.
Dopo il PoRTis, il dott. F. Virgilio in una sua pregiata memoria
pubblicata nell'anno 1895, ^ si occupò a lungo dell'origino della Collina
di Torino e conseguentemente dei conglomerati oligocenici. Egli primie-
ramente confutò le idee dei precursori, dimostrandone la loro poca at-
tendibiliià e soffermandosi sull'ipotesi del Portis osservò anzitutto, come
l'ammettere un continente emerso durante il Bartoniano, nell'area del-
l'attuale valle padana, era inamessibile colla presenza delle formazioni
eoceniche delle Prealpi Lombarde, dell' Apennino settentrionale e di
quelle della Collina stessa Torino- Valenza. Notò in seguito come gli ele-
menti dovuti ad una scogliera, non siano tali da accumularsi per cen-
tinaia di metri in potenza e per decine e decine di chilometri in esten-
sione, ed hanno spigoli vivi contrariamente a quanto si osserva per i
piccoli massi della Collina, mentre il mare conferisce loro la tipica forma
discoidale. Ne le ristrette condizioni del golfo padano, potevano per-
mettere che le correnti marine trasportassero gli elementi di sfacelo
provenienti dalla scogliera.
La presenza poi dei grossi massi a spigoli vivi non si può pel Virgilio
spiegare coll'opera dei ghiacciai, imperciocché in tal caso i massi do-
vrebbero unicamente trovarsi nel versante settentrionale della Collina,
mentre in realtà essi si trovano ovunque in essa, e lo sviluppo dei
1 Virgilio F., La collina di Torino in rapporto alle Alpi, all'Appennino,
ed alla pianura del Po. Torino, 18'J5.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 209
ghiacciai sarebbe pare in aperta contraddizione colla temperatura di
clima torrido, che la fauna e la flora dei depositi addimostrano. Osserva
egli in seguito come il distacco postpliocenico, invocato dal Portis, per
spiegare l'inabissamento di una porzione di area nella valle Padana,
sia in contraddizione coi fatti finora ammessi dai geologi e non potrebbe
assolutamente spiegare la presenza dei numerosi lembi pliocenici al
piede della catena alpina.
Infine, egli combatte energicamente l'idea di considerare sincrone le
argille piacenziane e le sabbie astiane, come pure l'esumata ipotesi dello
Stoppani, secondo la quale i ghiacciai costruirono i loro anfiteatri mo-
renici in seno e sul fondo del mare stesso, durante il Miocene ed il
Pliocene.
Nessuna delle ipotesi emesse dai precursori non potendo pel dottor
Virgilio spiegare il complesso di fatti, che si osservano sui Colli tori-
nesi, egli ne propose una nuova, la quale prende le mosse dalla teoria
degli scivolamenti, che il Reyer ^ aveva adottato e convalidato con nu-
merose deduzioni sperimentali.
Esaminiamola brevemente : AH" inizio dell'epoca tongriana, cominciata
la terza fase di corrugamento Alpino-Apenninico per mezzo del quale
l'Apennino da un gruppo di isole, emerse di poche centinaia di metri
dalla superficie marina, potè costituirsi in una vera catena montuosa,
i torrenti scendendo dalle regioni elevate, riversavano al mare elementi
rocciosi sotto forma di ciottoli, mentre nei tratti di spiaggia foggiate
a rupi ripide e scoscese, l'erosione meteorica, combinata colla marina,
ilistaccava piccoli ed enormi massi rocciosi, i quali cadendo nelle sot-
tostanti acque, rimanevano impigliali tra le masse incoerenti.
Essi costituivano così, in prossimità delle spiaggie banchi di ciot-
tuli, i quali si alternavano, nei periodi di magra torrenziale, con altri
di ghiaie, di sabbie e di marne, ricchi tutti di numerosi avanzi fossili.
^ Reyer E., Esperimenti di Geologia e di Geografia.. Trad. Uafiana del dot-
tor F. Virgilio. Voi. tre. Torino, 189 i.
210 (i. DE ALESSANDRI.
Crescendo l'accumulo dei materiali e crescendo la peudeuza del fondo
marino per il progressivo corrugamento delle catene montuose, dovette
cominciare un lento moto di scorriinenio in massa di limi quei mate-
riali fini e grossi, scorrimento facilitato dalla potente massa poltigliosa
di argille scagliose, depositate sotto i conglomerati, e che si comunicò
altresì ai calcari eocenici deposti anteriormente.
L'arrivo al mare di ciottoli continuò nelle successive epoche del-
l''Aquitamano e delV Mvesiano, e pel lento progredire dello scorri-
mento, dal litorale delle Alpi occidentali e dell' Apennino, verso il centro
del bacino, avvenne durante VAquitaniano l'incontro subacqueo dei con-
glomerati ad una distanza minoro dal litorale alpino, di quella che si
aveva dalla spiaggia apenuinica.
Le masse conglomeratiche per le spinte reciproche, dovettero pro-
durre un'intima compenetrazione ed una miscela di elementi, con pre-
ponderanza però di quelli alpini; ed in seguito dovette iniziarsi un cor-
rugamento che originò ranliclinalc costituente in massima parte la Col-
lina attuale. Col progredire poi di questo corrugamento si costituì un'i-
sola emersa dallo onde marino. In quale nella seconda metà del Mio-
cene, raggiunse pressapoco il suo massimo sviluppo. L'ultima fase di
deposizione conglomeratica sarebbe avvenuta durante \ Elvenaìio.
La memoria del dott. Virgilio, corredata da minute osservazioni
sulla tectonica alpina ed apeuninica, nonché dalla evidente manifesta-
zione di un'intima assimilazione degli studi più recenti e delle teorie
più moderne sulla dinamica terrestre, costituisce un importante lavoru
di sintesi, in tempi in cui lo studio analitico, ma astratto di limitato
aree, costituisce l'indirizzo più comune dei cultori della geologia; tut-
tavia io sono di parere non essere necessaria un'ipotesi così compli-
cala, per spiegare fatti abbastanza normali.
Vero .si è, che la teoria degli scivolamenti ò in questi ultimi anni
entrala in un vero periodo di voga, e certamente non si può negare
ad essa molta attendibilità, sovratutto allorché si cerca di spiegare in-
tricati motivi tectonici di alcune regioni, ove la serie rovesciata, le
Al'PLXTI DI GEOLOGIA E l'ALEOXTOLOGlA, ECC. l' i I
iainiiiazioiii pulenti degli strali laterali, od i rilevanti cambiaiiienti di
facies, ne rendono più facile la concezione.
Così come il Turnebgl.m ha spiegato si possono ammettere impor-
tanti scivolamenti, alcuni dei quali quasi orizzontali nella regione cen-
trale della Scandinavia, e quelli di grandiosi effetti che il Bertrand ^
annovera nelle montagne della Scozia; come pure alcuni più limitati
che il KiLiAx, I'Haug - ed il Lugeon ■'■ credono avvenuti nel massiccio
esotico dell' Ubaye, ed altri nel bacino carbonifero del Nord della Fran-
cia, nella Bassa Provenza, nelle Alpi di Glaris, ecc.
Hans Schardt, ricorse pure recentemente a quest'ipotesi per spie-
gare la complicata disposizione stratigrafica delle Prealpi Romando, '
e con mirabile tenacia di propositi, combatte da due lustri acca-
idtamente per essa, portando in suo appoggio nuove e continue os-
servazioni.
Ma boncho in questa regione gli importanti rovesciamenti della se-
rie, la presenza di numerosi lembi rimasti in posto, che potrebbero
rappresentare gli avanzi delle masse scivolanti, e i numerosi massi
esotici così frequenti nella regione del jìysìi, rendano assai verosi-
mile quest'ipotesi tuttavia il Lugeox dapprima'' e Giulio Haug più
1 Bertrand M , Les ììiontagnes de l' Ecosse, (lievue gón. d. Selene, pures et
appliq. N. 23. Paris, 1892.)
2 Haug E. et Lugeox M., Note prélimmaire sur la geologie de la montagne
de Salens et de son soubassement. (Bull. Soc. Hist. Nat. Savoie, 1897.)
3 Lugeox M , La region de la brèche du Chablais. (Bull. Sorv. Carte géol.
N. 49, pag. 298.)
^ Schardt H., L'origine des Préalpes romandes. (C. \{. Acad. d. Sciences
Paris, 20 nov. et Archiv. scienc. physic, et nat. Genève. Tom. XXX, die. 189o.)
— Sur l'origine des Préalpes romandes. RépUque aux objections de M. Lu-
geon. (Bull, de la Soc. Vaudoise des Scienc. Nat. Tom. XXXI, 1890.) — Les re-
gions exotiques du, versant nord des Alpes Suisses. (Bull, de la Soc. Vaudoise
(les Selene. Nat. Tom. XXXV, 1898.) — Les Préalpes romandes. (Bull, de la
Soc. neuchàteloise de Géographie. Tom. XI, 1899.)
^ Lugeox M., L'origine des Préalpes romandes. (G. lì. d. Soc. A'audoise des
Scienc. Nat. Séance du 15 mai 1895 a Archives » Genève. XXXIV, juUL, 1895.)
2\Z G, DE ALESSANDRI.
tardi ' respinsero tale idea, che secondo loro, le osservazioni strati-
grafiche contraddicevano, e che i fatti d'ordine tectonico invocati dallo
Sguardi non dimostravano, potendosi il tutto spiegare con una disposi-
zione a ventaglio embricato. Il dibattito è tuttora vivo ed animatissimo. ^
In Italia, si possono facilmente comprendere e spiegare scorrimenti
limitati, che il De Lorenzo crede avvenuti nelle montagne a pieghe
della Basilicata, ^ ove sono frequenti roccie esotiche nei conglomerati
terziari, mentre le formazioni mezozoiche sono raggrinzate e talora em-
bricate. Come pure quelli che il Taramelli '' cita nelle masse triassiche
di Dougo ed Olgiasca, quelli del Veneto nella regione pieghettata del
Posima, e probabilmente quelli che originarono l'intricata disposizione
della Riviera Bresciana del Lago di Garda.
Alcuni altri fatti però, che l'illustre professore dell'Ateneo Paveso,
vorrebbe attribuire a scivolamenti, quali la presenza di roccie esotiche
pseudo-giuresi nell'istmo di Bardelle, e quella di rocce con fossili lias-
sici e giuresi noi conglomerati eocenici di Calco, a mio avviso possono
jnù facilmente spiegarsi con la denudazione di ampie plaghe originarie,
(! coi trasporti dovuti a correnti fluviatili.
1 Haug e., Les regions dite exoliques du versant nord des Alpes Suisses.
(Bull. d. la Soc. Vaudoise des Selene. Nat. Tom. XXXV, i80!i.)
2 ScHARDT H., Encore les regions e.xotiqiiex. (Bull, de la Soc. Vaudoise des
Sciene. Nat. Tom. XXXVI, 1900.)
3 Di Lorenzo G., Sulla geologia dei dintorni di Lagoaegro. (Atti \\. Aee.
d. Lincei. Rend. Vol. IlL fase. 7. Roma, 189 i.) — Le montagne mezozoiche di
Lagonegro. (Atti R. Accad. d. Scienz. lis. e matem. di Napoli. Voi. VL Napoli,
1804.) — Ossercazioni geologiche ne W Ape /in ino della Basilicata meridio-
nale. (Atti R. Accad. d. Scienz. fis. e matem. di Napoli. Voi. VIL Napoli, 1895.)
— Studi sulla geologia nelV Apennino meridionale. (Atti R. Accad. d. Scienz.
fis. e mat. di Napoli. Voi. Vili, 189ii.) — Guida geologica dei dintorni di La-
gonegro in Basilicata. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVII. Roma, 1898.)
^ Taramfj.li T., Considerazioni a proposilo della teoria dello Schardl sulle
regioni esotiche delle Prealpi, (lìend. R. Istit. Lombard, d. Scienz. e Lett. Serie II.
Voi. XXXI, 1898.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 213
Ma in tutto queste regioni esaminate, abbiamo come già dissi, un
complesso di fatti speciali e straordinari, i quali non si possono altri-
menti intendere, mentre la disposizione regolare degli strati della Gol-
lina di Torino, la tectonica semplice e senza disturbi di sorta che in
essa si osserva, i numerosi fossili di meravigliosa conservazione che si
riscontrano dovunque ed in tutti i piani di essa, mi sembrano più favo-
revoli a dimostrare, come la sua formazione si debba ad una regolare
sedimentazione al posto ove attualmente essa si trova.
Ed anzitutto, suU' ipotesi a cui ricorre il dott. Virgilio, vorrei, ove
mi si passi la frase, sollevare un fatto pregiudiziale.
Il dott. Virgilio, a pagina 84 della sua memoria, fra gli argomenti
che egli crede indubbiameìite esatti e sui quali può aver fonda-
mento qualsiasi ipotesi, relativa alla genesi del conglomerato oligo-
miocenico della Collina di Torino^, dice al numero G : « I ciottoli ed
i massi in maggior parte provengono da rocce in posto alpine esistite
od esistenti, e specialmente prealpine, dalle Alpi marittime alle Lepon-
tine, in minor parte da rocce apenniniche, ed in minima parte da
rocce in posto nelle collino stesse. «
Ora l'asserzione che una parte delle rocco couglomeratiche dei Colli
Torinesi provenga dall' Aponnino, è allo stato attuale delle nostre co-
gnizioni petrografichc, ancora sostenibile? Io sarei di parere contrario,
fondandomi sopratutto su due fatti che le recenti osservazioni petrogra-
fiche hanno dimostrato:
l.*» Le rocce dei conglomerati oligo-miocenici della Collina Torinese
finora studiate, furono riscontrate tutte di natura alpina.
2.° Le rocce affioranti noli' Apennino settentrionale e che si tro-
verebbero nei conglomerati torinesi, non sono distinte da quelle delle
Alpi occidentali da caratteri tali che le une si possano con sicurezza
dalle altro discernere.
Osservo intanto, cho quasi tutti gli studiosi, i quali si occuparono
della Collina, non . ammettono l' esistenza accertata di materiale apen-
ninico nei conglomerati. Il Gastaldi stesso che primieramente col Mar-
I'll G. DE ALESSANDRI.
TINS (1850) aveva emesso quest'idea, ^ e che ricoiiferuiò di poi- so-
vratutto per la presenza dei ciottoli calcarei^ di aleum brecciole
-porfiriche, di parecchi graniti^ di arenarie con "combustibili fos-
sili e di diaspri^ poco appresso avendo osservato calcare albarese e ser-
pentino in posto nella Collina di Torino, dubitò fortemente di quanto
aveva asserito. ^
Tutti poi gli altri geologi, che veuniTO dopo il (ìastaldi, quali il
Tardy, ^ il Mazzuoli od il Sacco, non accennano a materiale apeuni-
nico nella Collina, solo il Portis, ■' dopo aver osservato che molti dei
materiali potevano provenire da particolari località di quel tratto delle
Alpi che guardano la Collina dal lato settentrionale, ammette clie le
rocce carbonifere provengano dalle Alpi maritlinie, o dall'Apennino, o
dal sommo delle attuali valli di Susa e di Aosta.
Ed il Baratti, ''' dopo aver notato che le serpentine dei conglomerati
sembrano di provenienza alpina, più che apeuniuica, e che le arenarie
carbonifere potrebbero provenire dalle Alpi Graie e Cozie, mentre i por-
fidi, le lireccie, le bj'ecciole porfiriche, i diaspri, le ftaniti diasproidi, i
granili, non mancano nelle Alpi tra il Piemonte e la Lombardia, coii-
chiude che il materiale proviene con predomiuanza dalle Alpi, senza
escludere quella eventuale dagli Apennini, o da rocce precedentemente
esistenti, o nei sili od a poca distanza dai luoghi ove detti conglomerati
s'incontrano. Uecontemente poi, gli sludi petrografìci di questi elementi,
studi, i quali potranno inappellabilmente risolvei'e la questione, allorché
saranno estesi a scala maggiore, hanno stabilito per ora solo la presenza
di materiale alpino.
* Gastaldi B. e Martins Cìl, Op. cit., 1850, pag. :M.
2 Gastaldi B., Op. cit., 18(11, pag. li (estratto).
3 Gastaldi B., Sulla esistenza dei serpentino in posto nelle colline del Mon-
ferrato. (Atti R. Accad. do'.le Scienz. di Tonno. Voi. I, isr.r..)
^ Tardy, Aperru sur les collines de Turin. (Bullet. Soc. Géol. de France.
Sèrie II, torn. XXIX, pag 531, 1872.)
■' Poutis a., Sul modo di formazione dei conglomerati ecc., 188K, pag. ST.
•"' Baretti M., Geologia della provincia di Torino. Torino, |S!):>, pag. 2S'.).
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 215
Il doti. Colomba ^ che li ha iniziati, esamiiiaiiilo lo sabbie del Mio-
couc superiore di Marentino, osservò come esse siano costituito iu parte
da elementi a spigoli vivi, ed in parte da elementi rotolati, e riscontrò
che sopra venti specie di minerali rinvenute, sette di esse cioè la glau-
cofane, il rutilo, l'ottaedrite, la jnenaccanite, la baritina, la tormalina
ed in parte il feldspato, j;^;' im complesso di caratteri morfologici e
strutturali, corrispondono perfettamente a quelli in joosto che si rin-
vengono nelle valli delle Alp)i occidentali, in modo tale da poterne
slabilire con sicurezza, la provenienza di queste sabbie da detti
giacimenti.
Il dott. RocGATi di poi, preudendo in un suo primo studio - in esame
i massi rocciosi della zona elveziana, fra San Raffaele e Gasalborgone,
rinvenne le seguenti rocce ; aufibolite granatifera a glaucofane, anfibo-
lite granatifera a siderite, gneiss tormalinifero, porfirite anfìbolica, dio-
rite, anfibolite a epidoto, talcoscisto anfibolico a magnetite, le quali tutte
si riscontrano nella regione occidentale delle Alpi, compresa fra le valli
della Dora Baltea e della Riparia.
Successivamente, in un suo secondò studio •' occupandosi dei massi
pressapoco della stessa regione, riscontrò: granatite ad arfvedsonite,
granitile, prasinite anfìbolica, scisto diasproide a radiolarie, calcare cri-
stallino, porfirite diabasica, eufolide, le quali rocce si rinvengono tutte
nella regione alpina incisa dalle Valli dell'Orco, della Stura e della
Dora Riparia.
* (Colomba L., Ossei'vazloni miiteralogiche su alcune sabbie della Collina di
Torino. (Alti It. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXI, i.SQii, pag. l:'>.
(Estratto.)
2 RoccATi A., Rieercke sulla provenienza del materiale roccioso della Col-
lina di Torino. (Atti ì\. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXIV. Torino,
1.S97.)
^ RoccATi A., Nuove ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della
Collina di 'Torino. (Atti R. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXI. Torino,
i89'j.)
21<) G. DE ALESSANDRI,
Glie poi la natura litologica delle formazioni cristalline dell'Apen-
nino sia tale da non potere con sicurezza stabilire la provenienza del
materiale dei conglomerati torinesi dai suoi affioramenti, lo dimostrano
evidentemente gli studi petrografici recenti compiuti dal Tognini, ^ dal
lìovERETO, - dal Riva 3 néll'Apenniuo, confrontati con quelli che lo Zac-
GAGNA, ■' il MaTTIROLO, ^ Ìl NOVARESE, '^ il FRANCHI, ^ lo STELLA ^ ed
altri, hanno fatto per le rocce delle Alpi occidentali.
Anzi il Franchi stesso, occupandosi della formazione gneissica e delle
- ToGNiNi F., Studio ìnlcì oscopico di alcune rocce della Lìijwna. (Giornale
(li Mineralog., Cristallog. e Petrog. Pavia. Voi. 1, 181)0.) — Ulteriori osserva-
ziord sopra alcune rocce della Liguria. (Giornale di Mineralog., Cristallog. e Pe-
trog. Pavia. Voi III, 1898.)
2 Rovereto G., La sene degli sciati e delle serpentine antiche in Liguria.
(Atti Soe. Ligust. d. Se. Nat. Anno II, Voi. Il, 1891; anno IV, 1893.) — Ori-
gine delle Anfibolili della serie arcaica ligure. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XIII,
1891.) — Arcaico e Paleozoico nel Savonese. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. IV,
1895.) — Osservazioni geologiche fatte lungo la linea ferrata Genova-Ooada.
(Atti Soc. Geol. Ital. Voi. XIlÌ, 1894.)
^ PiiVA G., Relazione intorno alle rocce raccolte nelle adiacenze delle gallerie
di CremolinO e del Turchino in Taramelli T., Osservazioìii geologiche in oc-
casione del traforo delle gallerie di GremoUno e del Turchina. (Roma, 1898.')
^ Zaccagna D., Riassunto di osservazioni geologiche fatte nel versante oc-
cidentale delle Alpi Graie. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXIII, fase. 3 e
4, 1892.)
'•> Mattirolo e., Sui 'lavori eseguiti durante la campagna geologica del 1893
nelle Alpi occidentali. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXV, fase. 8, 1894.)
'' Novarese V., Sul rilevamento geologico eseguilo nel 1894 in Valle Ger-
manasca (Alpi Coziej. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. 3, 1895
e Nomenclatura sistematica delle roccie verdi nelle Alpi occidentali. (Boll. R.
Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. :ì, 1895.)
" Franchi S., N^otizie sopra alcune ractamor fosi di eufotidi e diabasi nelle
Alpi occidentali. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. 1, 1895 e
Franchi S. e Novarese V., Appunti geologici e petrografici sui dintorni di
Pmerolo. (Boll. R. Comit. Geol. .l'Italia. Voi. XXVI, fase. 4, 1895.)
^ Stella A., Sul rilevamento geologico eseguilo in Valle Po (Alpi Graie.)
1895. (lioll. R. Comit. Geo!. d'Italia. Voi. XXVII, fase. 5, 180(1.)
APPUNTI DI GEOLOGIA. E PALEONTOLOGIA, ECC. 217
rocce granitiche del massiccio cristalliuo ligure, ^ nota che il granilo
vero, nettamente eruttivo del massiccio ligure, ha caratteri abbastanza
prossimi al protogiuo del Monte Bianco, e come i micascisti, i calce-
scisti, le quarzite, le rocce a gastaldite, le anfiboliti, le eclogiti, le
eufotidi, le Iherzoliti, le serpentine, colle rocce in masse meno impor-
tanti, come attinoliti, le pietre oUari, le granatili, si presentano cogli
stessi ti'pi litologici, identici soventi anche nei mimiti imrticolarl
ìnicroscopici e si hanno le stesse associazioni di quelli della regione
prealpina posta fra il Ghisone e la Stura di Viù. E più oltre a propo-
sito delle pietre verdi osserva; « si potrebbe notare altre particolarilà
quali lo sviluppo straordinario delle eclogiti nell'alta valle dell' Olba,
0 far risultare jpiio importatiti analogie fra la distribuzione delle
pietre verdi della Liguria e quelle delle Prealpi torinesi, ma ciò
ci trarrebbe, più che non vorremmo, fuori di argomento n .
Anche riguardo alle rocce sedimentari spettanti al carbonifero del-
l'Apenuino Ligure, studiate in gran parte dall' ing. Mazzuoli ^ e dal
prof. IssEL ^ si può ritenere, come già il Baretti ha osservalo, che
tanto litologicamente, quanto per i «fossili che contengono, non si pos-
sano con sicurezza distinguere da quelle della Valle di Aosta e di Susa,
delle quali si sono occupati il Baretti stesso ^ ed il Portis. ■'
Da quanto ho finora esposto, ne consegue che il volere ammettere di
provenienza apenuinica parte degli elementi dei conglomerati della Col-
^ Franchi S., Nota preliminare sulla formazione gneissica e sulle roccie
granitiche del massiccio cristallino ligure. (Boll. d. R. Comit. Geol. d'Italia.
Voi XXIV, 1895.)
- Mazzuoli L., Sul carbonifero nella Liguria occidentals. (Boll. d. R. Co-
mit. Geol. d'Italia. Voi. XVIII, 1887.)
3 IssEL A., Liguria geologica e preistorica. 1892. Voi. I, pao-, 40G.
^ Baretti M., Studi geologici sulle Alpi Graie settentrionali. (Mem. R. Ac-
cad. d. Lincei. Serio III, Voi. Ili, 1879, pag. 407.)
5 Portis A„ Sulle piante fossili carbonifere del Piccolo San Bernardo.
Relazione in Baretti, op. sopracit. 1878, pag. 486 e Nuove località fossilifere
in Val di Susa. (Boll. R. Gumit. Geol. d'Italia. Voi. XX, 1889.)
218 <>• DE ALESSANDRI.
lina di Torino, è cosa poco naturale, dacché si riscontrano le stesse
rocce, a ben più breve distanza, in aflloramenti assai sviluppati nelle
vicine Alpi occidentali.
E quest'asserzione riesce facilmente dimostrata se noi osserviamo le
cartine annesse allo studio del Rocgati ove si scorge, quanto già il pro-
fessor PoRTis aveva notato, cioè che gli elementi conglomeralici dei Colli
Torinesi si trovano abbastanza localizzati, ossia per ogni gruppo, nelle
regioni più prossime a quelle delle rocce in posto.
Di più, prescindendo da quanto il Sacco ha già fatto rilevare,^ ed
a cui il dott. Virgilio ha contrapposto nuove osservazioni, - io sono di
parere che con V ipotesi del Virgilio non si possano spiegare i segiionli
fatti :
1." L'autore ammette che allorquando durante l'epoca aquitaniana,
avvenne l'incontro dei conglomerati alpini con quelli apenninicl, le
masse opponendosi scambievolmente al loro movimento, abbiano comin-
ciato a costituirsi in reciproci ostacoli, e che le spinte, per il conti-
nuo cumulo (li niatoriali lungo le spiagge esercitandosi pur sempre,
abbiano prodotto un'intima compenetrazione delle masse ciottolose,
originando un vero corrugamento che determinò la piega anticlinale
della Collina.
Ora a me sembra che se la miscela di questo materiale fosse avve-
nuta con un'intima e completa compenetrazione degli elementi, com-
penetrazione la quale spiegherebbe la presenza di ciottoli apenninici,
commisti a quelli alpini nel versante nord della collina, e viceversa di
ijuelli alpini nel versante sud di essa, allora la disposizione del conglo-
merato e dello arenarie interpolate dovrebbe avere un aspetto del tulio
caotico, ciò che in realtà non risulla punto.
' Sacci) F., Les rapporùs géo-tectoniqnes enlre tea Aìpes et Ics Apennins.
(Bull. Soc. Belge de Geologie. Tome IX, 189:).)
- ViRoiLto F., Sulla origine della Collina di 'furino. Risposta ai dott. l'e-
derico Sacco. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XX, IX'OG.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 21'.)
Anzi, si osservano in alcuni liioglii i;li strati conglomeratici della po-
tenza non superiore ad un metro, i quali si possono seguire per tutta
la distesa delle formazioni, e nei due rami dell'anticlinale. Il loro modo
di presentarsi non potrelilit' quindi assolutamente spiegare la disposiziono
a piega degli strati.
Se invece la compenetrazione degli elementi non avvenne così inti-
mamente, e le due correnti conglomeratiche urtandosi rigidamente, de-
terminarono il corrugamento delle masse rispettive e di conseguenza la
formazione dell'anticlinale, allora non si spiega il fatto della miscela del
materiale nei due opposti versanti.
2." Dagli studi dello Spreafico, del Taramelli ' e del Sacco -
risulterebbe come i Co iigloi aerati Comeìisi, alla base delle Prealpi Lom-
barde, siano costituiti da rocco anfiboliche, sienitiche, dioritiche, grani-
tiche, porfiriche, serpentinose, e da calcari nummulitici, elementi prove-
nienti in gran parte, secondo questi autori, dalle formazioni della Val
Sesia e della Valle del Toce, i quali hanno dovuto percorrere una via
quasi da ovest ad est. Essi si costituirono, secondo l' ipotesi del Vir-
gilio, nello stesso periodo in cui gli elementi frammentizii dei dintorni
del Lago Maggiore (porfidi, graniti, calcari liassici) slittavano con
direzione da nord-est a sud-ovest. L' età dei Conglomerati Comensi,
come recentemente il Portis ■' ha confermato, è identica a quella dei
conglomerati tongriaui dei Golii torinesi e come è possibile spiegarne
la formazione, se i loro elementi venivano da ovest, mentre contem-
poraneamente quelli del bacino del Verbano slittavano precisamente in
direzione opposta? Come dunque hanno potuto le due correnti conglo-
meratiche intersecandosi dirigersi in direzioni contrarie?
^ Tarameli! T., li Canton Tbcino ìiieridioaale ed i paesi /inùimi. Spiega-
zione del foglio XXIV Dufoiir, colorato geologicamente da Spreafico, Negri e Stop-
pani. Treviglio-Berna, 1880.
2 Sacco F., Gli anfiteatri morenici del Lago di Como. (Annali d. It. Accad.
d'Agric. di Torino. Voi XXXVI, 188:5.)
• 3 Portis A., Avanzi di Trugulidi oligocenici dell'Italia settentrionale. (Boll.
Soc. Geol. Ita!. Voi. XVIIL 1809.)
220 G. DE ALESSANDRI.
3." I Goìiglomerati Comemi, i quali rappreseiitauo il prodolto di
sfacelo, e quello di trasporto lluviatile, accamiilato kmgo le costo di
im grande rilievo montuoso, non arrivano nella loro massima potenza,
computando le arenarie interpolate, a 1000 metri, mentre i conglome-
rati e le arenarie lungo le falde dell' Apennino, in alcuni punti oltre-
passano i 1500 metri di spessore, e ciò mentre l'Apenuino aveva
appena appena costituzione di catena montuosa. Ora se questa cifra ci
rappresenta già per se stessa un fatto meraviglioso, come ammettere
l'ipotesi degli scivolamenti, per cui il materiale lungo le falde apen-
niniclie non rappresenterebbe che la minima parte di quello immenso,
che ha dovuto accumularsi ed estendersi da raggiungere quello alpino
ad una distanza di circa 00 chilometri dalla spiaggia apenuiuica ?
4." Esaminando le sezioni che accompagnano la seconda nota del
dott. Virgilio ' non si può spiegare il modo di formazione dei deposili
dei singoli piani, tenuto conto delle coudizioni batimetriche in cui essi si
costituirono. Così i depositi àeWAquitama/iOj che in realtà hanno gene-
ralmente facies di mare litoraneo, sarebbero secondo l'esame della Se-
zione num. II dell'autore, depositi di mari assai più profondi di quelli
del Langhiano, i quali, come ben si sa, rappresentano la zona di mas-
sima profondità delle formazioni terziarie. Come pure sono poco verosimili
le sezioni corrispondenti alla fase di deposizione d(3lle marne tortouiane,
in rapporto a quella delle marne piacenziane, perchè secondo le sezioni
del dott. Virgilio le prime rappresenterebbero depositi di bassofondo
in rapporto alle seconde, mentre ovunque si osserva come le prime siano
costituite da una formazione assai più pelagica della seconda.
f)," Lo stato di conservazione dei fossili, che si riscontrano nei
depositi interpolati ai conglomerali, è tale da escludere ogni sorta di
pressione e di slittamento di essi.
1 A'iRGiLio F., Arr/omenti in appoggio della nuova ipotesi sulla origine della
Collina di "forino. (Atii R. Accad. d. Scienz. di Torino. Voi. XXX, 1895.)
APPUiNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 221
Infatti, lasciamo pure da parte la fauna, non abbondante certo, dei
depositi aquitaniani e langhiani della Collina, ove si riscontrano spo-
glie di Molluschi, di Balani, di Antozoi, e di Alghe (Zoophicos), che
stabiliscono senza dubbio, essere avanzi di organismi vissuti in posto.
E non teniamo neppure conto della ricca fauna elveziana delle note
località di Torino {Termofouràj Villa Forzano, Grangia Torinese,
Pian dei boschi. Rio Batteria, Monte Cajapuccini, qq.q,.), di Baldis-
sero, di Sciolze, di Montiglio, di Rosignano, di Vignale, con quella
meravigliosa conservazione, nei molluschi di ogni più minuto ornamento
della conchiglia, colle numerose colonie couservatissime di Coralli, e
cogli avanzi intatti di Briozoi, e di Foraminiferi. Ma la fauna dei de-
positi tongriani, che si riscontra presso Gassino, coi numerosi radl'oli
■espansi e palmati di Echini, colle abbondanti valve esilissime di Cir-
ripedi, coi gusci sottili di Brachiopodi, cogli avanzi gracili di Briozoi
e di Coralli, per lo stato di conservazione di ogni più piccola promi-
nenza e di tutta l'ornamentazione della loro superfìcie, non è assoluta-
mente couciìiabile con le potenti pressioni che determinarono i movi-
menti della massa slittante. E tantomeno con quelle sviluppate dall'urto
delle due correnti alpina ed apenninica, urto che avrebbe determinato
un intima comjìenetr azione delle masse ciottolose fra di loro, non
ancora consolidate iwr cementazione.
Riuscendo così inammessibile per la formazione della Collina di To-
rino, l'ipotesi del Virgilio, io sono di parere come già dissi, che la
sua origine debba unicamente attribuirsi ad una graduale formazione
in posto per sedimentazione.
I conglomerati tongriani si possono riguardare come provenienti in
parte da rocce cristalline in posto, delle quali gli affioramenti di Pian-
cerreto (Castelletto Merli) e di Rio Freddo (Albiignano) sono i ma-
nifesti avanzi, e per la maggior parte da elementi alpini accumulati
lungo le spiaggie del mare tongriano.
Io credo che i fatti fin ad ora osservati nella tectouica alpina,
non siano contrari ad ammettere durante l'Oligocene, la presenza di un
Voi. XXXIX, 15
222 G. DE ALESSANDRI.
continente emerso fra l'attuale piede delle Alpi e la Collina stessa. Con-
tinente che come il Virgilio stesso suggerisce può essere scomparso per
una fase di maggiore compressione che colla contrazione produsse un
restringimento nello sviluppo orizzontale di tutti i terreni alpini.
I suoi limiti si possono ritenere segnati a Sud da una linea di-
stante appena qualche chilometro dall'attuale corso del Po. Da questa
terra provenivano in gran parte gli elementi cristallini e quelli clastici,
che si riscontrano abbastanza localizzati nei conglomerati della Collina
di Torino.
La sua scomparsa può essere avvenuta o al chiudersi dell'Oligocene
stesso, oppure verso la metà del Miocene, come il Diexer ò proclivo
ad ammettere.
Nel primo caso, i conglomerati coi massi a spigoli vivi delle forma-
zioni mioceniche (Aquitamano-Elvesiano) si potrebbero benissimo spie-
gare, ammettendo una profonda denudazione di ampie plaghe oligoce-
niche preesistenti, a breve distanza dall'attuale loro posizione ; nel secondo
caso essi avrebbero avuto una origine diretta dalle roccie alpine come
quelli delle formazioni tongriane.
II materiale proveniente da questo continente, doveva necessariamente
essere in parte ciottoloso, originato da azioni fluviali ed in parte a spi-
goli vivi, determinato dall'erosione marina e meteorica delle spiaggie.
Per spiegare il trasporto dei massi a spigoli vivi dalle regioni cen-
trali della catena alpina, al punto ove attualmente si trovano, come
pure la presenza di ciottoli stiiali fra gli elementi conglomeratici, si
può ricorrere all' opera di ghiacciai che spingessero le loro fronti a
non grande distanza dal mare. La dispersione del materiale che si sa-
rebbe accumulato in vicinanza delle spiaggie marine sarebbe avvenuta
nelle fasi di ablazione dei ghiacci e del conseguente sfacelo morenico.
Essa sarebbe stata facilitata dai torrenti al[)ini stessi, i quali nelle
loro piene impetuose li allontanavano dalle coste, costituendone am-
pie conoidi di dejezioni che lateralmente per i fianchi si congiungevano
le une colle altre.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 223
Tale trasporto fu naturalmente anteriore ai niovimeuti orogenetici
che determinarono l'emersione della Collina Torinese, e ciò serve a
spiegare come i massi a spigoli vivi si riscontrino in entrambi i suoi
versanti.
La presenza dei ghiacciai, non sarebbe per nulla inesplicabile, dac-
ché oramai presso quasi tutti gli studiosi dei fenomeni glaciali, quali il
Pengk, il Bruckner, il Du-Pasquier, il Taramelli, il Nigolis, il Goz-
ZAGLio, ecc. ò sfatata l'idea di un'unica fase glaciale, e tutti accettano
l'opinione dell' Heer, sulla pluralità delle glaciazioni durante il quater-
nario antico, come d'altronde gli studi del Ghamberlin, del Salisbury
e dello Smock hanno dimostrato per le formazioni quaternarie dell'Ame-
rica del nord. Anzi il De Marchi stesso, profondo cultore di tali studi, ^
ammette non solo la possibilità di parecchie espansioni, ma altresì la
probabile presenza di ghiacciai durante il terziario medio e superiore.
E d'altra parte non è oggidì un fatto ritenuto da molti geologi, quello
della presenza di avanzi glaciali nelle formazioni Permo-Garbonifere ?
Il Neumayr 2 cita numerosi esempi di tali avanzi, rintracciati nei de-
positi dell'India, dell'Afganistan, dell'Africa meridionale e dell'Australia,
regioni ove durante Io sviluppo della flora della formazione carbonifera
produttiva d'Europa, appariva una vegetazione affatto diversa dalle altre,
caratterizzata dal genere Glossopterix , in istrati con grandi ciottoli
striati, i quali secondo lui, non si possono altrimenti spiegare che ri-
correndo all'azione del ghiaccio.
Recentemente poi il David ' con osservazioni personali ha portato
1 De Marchi L, Le Cause dell' Era glaciale. Pavia, 1895.
2 Neuìla.yr M., Storia della Terra. Traduzione Moschen. Torino, 1899, di-
spensa 136, pag. 164.
2 David T. W. E., Evidence of glacial action in the Carboniferous and
Haivkesbury Series N. S. Wales (Quat. Journ. of Geol. Soc. Voi. XLIII, 1897,
pag. 190), e Discoverg of glaciated boulders at base of Permc-Carboniferous
system. Lonciiinvar Neio South Wales. (Journ. and Proceed, of the Pioy. Soc. of
New South Wales. Vol. XXXIII, Sydney, 1898, pag. 154.)
224 G. DE ALESSANDRI.
altre luminose prove sulla presenza dei ghiacciai, nei depositi Permo-
Carboniferi di Lonchiwar, nella Nuova Galles del sud (Australia).
È bensì vero che le flore in genere e le faune dei conglomerali ton-
griani manifestano un clima caldo, non però tale in queste regioni, a
mio credere, che la jninima temperatura annuale fosse superiore a 23°,
come risSEL ritiene dall'esame delle formazioni coralline di Sassello.''
Come pure ritengo alquanto esagerate le cifre (20'' e 21°) che I'Heer^
crede, in base allo studio delle fiUiti, segnassero la media annuale du-
rante il Miocene inferiore, nella Svizzera e nell'Italia ; imperciocché come
il NfiUMAYR ha già osservato, in queste valutazioni I'Heer non ha te-
nuto conto di un altro fattore, cioè dell'acclimatazione. Per di più, il
doti. Peola ' in questi ultimi tempi, studiando la flora tongriana del-
l'estremo lembo sud-est della Collina Torinese, e che affiora presso Pa-
vone (Alessa?zdria), trovò, che la maggioranza delle specie è propria
dei climi temperati, con un grande sviluppo di conifere, di cupulifere e
di salicacec. 11 Peola vorrebbe spiegare la presenza di questa flora,
attribuendola all'opera di correnti marine che ne avrebbero determi-
nato il trasporto dalle regioni elevate delle Alpi occidentali; cosa, certo
poco attendibile per un golfo ristretto, quale era il golfo padano du-
rante l'Oligocene, tanto più che anche il prof. Bassani, ^ con quell'au-
torità indiscutibile che egli ha in fatto di ittioliti, studiando quelli de-
gli stessi depositi, osserva come gli avanzi fossili di Pavone spettino
a specie affini a quelli abitanti i climi temperati del sud dell'Europa,
dell'Asia e dell'America del nord.
^ IssEL A., Osservazioni sul Tongriano di Santa Giustina e Sassella. (Atti
(1. R. Univers. di Genova. Voi. XV, 1900, pag. 15.)
2 Heer, Weber das /{lima und die Vegetations-verhaltnisse des 7'ertiàrlan-
des (Recherchos sur lo Climat ot la Vegetation du pays tertiarc. Trad. G. Gaudin.)
Winterthur, 18G1, pag. 191.
3 Peola. P., Flora tongriana di Pavone d' Alessandria. (Bull. Soc. Gool. Ital.
Voi. XIX, 1900, pag. 36.)
'' Bassani F. in Peola, Op. sopracit., pag. 58.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 225
Anche le flore oligoceniche della Provenza, compresi i pochi resti
vegetali studiati recentemente dal Pliche, ^ presentano la stessa facies
di clima temperato di quelli della Valle Padana, con notevole predo-
minio di conifere e di ramacee.
La fauna dei depositi tongriani ci appalesa realmente un clima caldo.
Essa per la parte che riguarda gP invertebrati fu oggetto di studi im-
portanti e numerosi, ma per non spingermi oltre i limiti segnati per
questo mio studio, basterà esaminare brevemente la pregio volissima
monografia che il Marchese G. Rovereto ha da pòco ultimato su quelli
dell'Apennino Ligure. -
Si può ritenere frattanto che i depositi oligocenici dell'Apennino ma-
nifestano senza dubbio un ambiente alquanto più caldo, di quelli della
Collina Torinese, e ciò si spiega colla vicinanza a quest'ultima di un'alta
catena montuosa, la quale riversando abbondanti correnti fredde mitigava
la temperatura dei mari. Ma ad ogni modo P esame di questa fauna
ci addimostra come le condizioni geografiche e biologiche del litorale
tongriano fossero, con tutta probabilità, quali noi le abbiamo ritenute.
Infatti dalle considerazioni generali che il Rovereto premette alla de^
scrizione dei fossili, si deduce come la zona litorale propriamente detta,
ossia quella compresa fra i limili delle maree, non sia riconoscibile nel-
PApennino, per la mancanza di una facies speciale litologica, e per
essere ivi scarsamente rappresentati i generi che nei mari caldi vivono
nella zona delle maree. Egli ne conchiuse essere presumibile quindi
che in tali litorali prevalessero le coste rocciose. Però un fatto as-
sai più importante risulta dalle conclusioni del Rovereto, ed è come
in questa fauna manchino quasi completamente i generi dei nostri mari
europei, mentre la maggior parte di essi si riscontra ancora vivente
nella regione Indo-Pacifica, anzi: a i generi tongriani cosi abbondanti
1 Pliche P., Note sur quelques végétaux de l'Oligocène dans les Alpes
franraises. (Bull. Soc. Géol. d. France. 3.» Serie. Tom. XXVII, 1899, pag. 466.)
- PiOVERETO G., Illustrasione dei molluscid fossili tongriani, ecc. (Atti R.
Università di Genova. Voi. XV. Genova, 1900.)
226 G. DE ALESSANDRI.
Crassatella e Cardila appartengono specialmente alla regione austro-
zelandese, ti
Ciò naturalmente può spiegarsi col fatto che nell'Oceano indiano, le
grandi fasi modificatrici della fauna tongriana, dovute ai corrugamenti
postoligocenici e postplioceuici, non si sono estrinsecate così intensa-
mente come nelle regioni mediterranee. Ma quello, che, a noi maggior-
mente interessa è l' osservare come questa fauna sia perfettamente
compatibile colle condizioni climatiche quali io ritengo fossero quelle
dell'epoca oligocenica: imperciocché appunto lungo le coste dei conti-
nenti della regione Indo-Pacifica, e sovratutto nell'America del Sud e
nella Nuova Zelanda, si riscontrano ghiacciai a brevissima distanza dal
mare, in un clima caldo, presumibilmente identico a quello tongriano.
E già lo Stoppani ^ si è intrattenuto sopra alcuni ghiacciai della
Patagonia 'presso Conception e- Valdivia che spingono le loro fronti
alla spiaggia marina ad una latitudine di 40" (ivi la precipilazione
atmosferica è di metri 2. GO all'anno)^ ed il Maury di altri, che in
questa regione scendono al mare presso il 45" di latitudine (dove la
iwecipitazione di aerina annualmente raggiunge la cifra enorme
di metri 15, 37). Nello stretto di Penas (ChiU, 46° 40 di latitudine),
come già Darwin aveva osservato, e come di poi Sir George Eyres
ha confermato, i ghiacci scendono al mare e sono portati lontani sotto
forma di montagne natanti.
Il Desor " pure si è occupato di alcuni ghiacciai della Nuova Zelanda
(42" di latitudine), i quali secondo Hoghstetter, scendono a qualche
centinaia di metri sopra al livello del mare, fra una vegetazione allatto
tropicale.
G(3rto senza spingersi alle arrischiate conclusioni del Del Pretto,^
^ Stoppani A., L' Era neozoica hi Italia. Estratto dell'opera La Geologia
d' Italia per A. Stoppani e G. Negri. Voi. 1, 1878, pag. ;U9.
- Desor E., Le paysage morénique, son origine et ses rapports avec les for-
mations pliocenes d'Italie. Neuchàtel, 1875, pag. 45.
^ Del Pretto 0., La degradazione delle Montagne e sua influenza sui
ghiacciai. (Boll. Soc. Geo!. Ital. Voi. XIV, 1895.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 221
si può ammettere che durante l'Oligoceae le Alpi fossero erette in un' alta
catena montuosa che le susseguite azioni atmosferiche degradatrici hanno
profondamente denudato, e tali da ricettare ampi e sviluppati ghiacciai.
E siccome, stando agli studi recenti del De Marchi, ^ l'epoca glaciale
può solo spiegarsi con una diminuzione di temperatura sovratutto estiva,
diminuzione che egli crede poter attribuire ad un maggior intorbidamento
dell'atmosfera, dovuto a copia più rilevante di vapor acqueo, le grandi
eruzioni di roccie vulcaniche {trachiti, rioliti, doloriti, andesiti, ba-
salti, ecc.) che in Italia (Colli Euganei), in Francia, nella Valle del
Reno, in Ungheria, nella Scozia, nell'Irlanda, nella Serbia ed altrove,
si attribuiscono a quest'epoca colla conseguente emissione copiosa di
vapor acqueo, ^ ci possono indurre a ritenere che anche le condizioni
meteorologiche fossero favorevoli ad uno sviluppo glaciale.
Ritornando ora, dopo questa lunga digressione, ai conglomerati apen-
ninici, è ovvio l'ammettere che essi siano opera di due agenti diversi,
cioè dell'erosione meteorica e marina delle spiaggie, e dell'accumulo di
depositi fluviali, che sotto forma di gigantesche conoidi di dejezione, si
costituirono alle foci dei torrenti.
La corrispondenza osservata dal Mazzuoli fra la natura litologica degli
elementi che costituiscono i conglomerati e quelle delle roccie in posto,
sulle quali, o in vicinanza delle quali, si formarono i conglomerati stessi
1 De Marchi, op. cit., pag. 205.
2 Osservo in proposito, che tale ipotesi non sarebbe in urto coi recenti stud
del prof. De Stefani sulle Accpie atmosferiche nelle fumarole (Boll. Soc. Geol
Ital. Voi. XIX, 1900), perchè se da essi il De Stefani crede doversi ritenere ina
raissibile che il vapor acqueo dovuto ad eruzione vulcanica, sia causa diretta del-
l'aumento di precipitazione atmosferica, e quindi di espansione glaciale, questo non
è il caso dell'ipotesi del De Marchi, perchè in essa si ammettono le eruzioni vul-
caniche, solo come causa di maggior intorbidamento dell' atmosfera, attribuendole
un' azione affatto secondaria e non essenziale.
228 G. DE ALESSANDRI.
(corrispondenza confermata successivamente dalle ricerche del Sacco e
deirissEL), conferma pienamente tale ipolesi. La potenza di questi depo-
siti si può spiegare, appunto coli' Issel, ammettendo spostamenti positivi
e negativi delle linee di spiaggia durati fmo al principio del Miocene.
Durante la fase aquitaniana e langhiana il fenomeno ha cesiate le
sue alternative le quali furono riprese di poi con minore intensità du-
rante l'innalzamento dei fondi marini al cominciare òidVElve:^iaiio.
Stampiano.
Nella regione subapenniuica, lo Stampiano è costituito uniformemontfr
da marne scialbe, arenacee, talora scistose, le quali sovratutto negli strati
inferiori alternano con marne azzurrine straterellate, e che in alcuni
punti inglobano lenti calcaree. La facile disaggregazione degli elementi
litologici, fa sì che gli aftioramenti dei depositi stampiani, costituiscano
una regione caratteristica, dalla tinta bianca dei colli, colle creste smus-
sate e tondeggianti, dai fianchi solcati da infiniti rivoli tortuosi e mean-
driformi, dalle valli larghe, espanse, a declivio dolcissimo, dalla scarsa
vegetazione e quindi con limitate risorse agricole.
Esso è tutto un paesaggio in rovina, che ricorda quello del mezo-
zoico lombardo, caratterizzato dagli affioramenti delle marne fogliettate
dell' Infralias, che il Taramelli ha recentemente chiamato : imemQfjio
da Presepio.
Lo Stampiano costituisce una zona di mediocre estensione orizzon-
tale, la quale posa quasi sempre a ridosso dei conglomerati tongriani,
e che sovente interpolata alle arenarie ed alle marne di quest'ultimi
depositi, rende assai incerta la netta distinzione dei due piani. La sua
tectonica, trsnne in vicinanza degli spuntoni di rocce cristalline, ò re-
golare presentando gli strati un.' inclinazione quasi costante, da 30*
a 35" Nord o Nord-Ovest; la sua massima potenza è pressapoco di 500
metri. Esso è scarso generalmente di avanzi fossili. I suoi affioramenti
si riscontrano lungo il profilo che io seguo, a breve distanza da Pon-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 220
zone, e più precisamente a Nord-Est del paese presso la Capella di
Santa Maddalena, e presso la borgata Bistolfi, ove la tectonica degli
strati per causa dei disturbi nei conglomerati sottostanti presenta con-
torcimenti e pieghe locali, quantunque prevalga un'inclinazione di 30''
Nord-Nord-Ovest. I banchi arenacei grigi o verdastri, passano nella
loro parte inferiore ad argille scure ed ivi in qualche località am-
massi di concrezioni calcaree, dovute ad impasti di alghe, e di co-
ralli, formano banchi attivamente ricercati per gli usi industriali. Fra
queste arenarie ed argille che costituiscono ivi la zona stampiana, non
sono rare le lenti ciottolose cogli elementi assai eterogenei, le quali non
raggiungono quasi mai rilevante potenza, e che si possono considerare
come il prodotto dei trasporti torrenziali in periodi di piena.
La sponda sinistra della valle Verazza, deve la dolcezza dei suoi de-
clivi, e la sua maggiore produttività agronomica, alla predominanza
delle marne e delle argille sulle arenarie, e contrasta singolarmente con
quella destra, ripida e sterile, costituita dalle formazioni conglomeratiche.
Dalla valle Verazza la zona stampiana attraversata la strada provin-
ciale Ponzone-Acqui, si estende in una lunga apofisi a Nord; e si
spinge fino alle vicinanze del Molino della Gariogna formando la
parte bassa della regione; mentre le formazioni aquitaniane, che su
essa si posano coi loro banchi compatti e resistenti, costituiscono le punte
più ardue ed elevate.
Presso il Molino Gariogna, fra le marne scialbe, lievemente arenacee,
si osserva un potente banco formato quasi intieramente da ostriche e
giacente attorno ad una scogliera madreporica, della quale lateralmente
vi sono avanzi evidenti. Ivi fra i numerosi esemplari di 0. ((jigaii-
tostrea) gigantlca. Sol. sp., che hanno grandi dimensioni, sono fre-
quenti altre specie di piccola mole, alcune delle quali si possono rife-
rire alla 0. (Pijeìiodoida) Qmteleti Nyst. sp.
Interrotta e ricoperta dai banchi arenacei ^(iV^ Aquitaniano che si
osservano presso il Monte Croce, la zona stampiana presso G. Gincin-
noro, presenta arenarie giallicce, psammidche, compatte, a frattura
230 G. DE ALESSANDRI.
scagliosa, in istrati potenti e ricchissimi di Numinuliti; queste ultime
talora formano agglutinamenti numerosi, commisti a colonie di Briozoi
e steli di Pentacriuo.
Per una sottile striscia, dovuta a frattura ed abrasione dei banchi
arenacei superiori, essa penetra nella valle del torrente Ravanasco, fa-
sciando l'afììoramento di serpentina e di peridotiti, sopra il quale pog-
gia il banco conglomeratico tongriano, che si riscontrano presso C. Ferri.
Al contatto fra lo Staminauo ed il conglomerato, si trovano arenarie
verdastre, con qualche avanzo di Ostrea sp. Pecten arcuatus Brocc.
sp. e Actiìioholm Laurae Brongn. sp. Quest' ultimo fossile è uno dei
più caratteristici delle formazioni tongriane di Castelgomberto (Veneto).
Naturalmente, in queste località, la tectonica presenta locali disturbi,
ed in alcuni punti gli strati assumono un'inclinazione di 50" ed anche
W Nord.
Ad oriente della sezione che ho seguito, lo Stamjnam prosegue for-
mando una stretta fascia lungo la sponda sinistra del torrente Verazza.
Sotto alla borgata Poggio, lungo la via che conduce a Grognardo, mo-
lasse azzurrine e banchi potenti di marne verdastre, scistose, inclinate
da 2O0 a 25" Nord Nord-Est, presentano abbondanti avanzi fossili, fra
i quali ho raccolto e determinato le seguenti specie; Carcarodon au-
riculatus Blainv. , Odontasjds Jlopei Agass., Oxyrhitia Desorii
Agass., Natica eburniformis Oppenh., Entalis simi^lex Micht. sp..
Teredo sp. Pholadomya trigomUa J\licht., Loxocardimn cf. falla-
sianum Bast, sp., Lucina sp., Crassatella carcariensis Micht., Nic-
ciUa ajienninica Bell., Pecten. arcuatus Brocc. sp., Ciùbitostrea
frondosa De Serr. sp., Schizaster Staderi Agass., Schizaster cf. ])e-
sori Wright.^ Montivaultia cf. bormidensls E. H., Stylojjìiora annu-
tata Reuss., Nummulites intermedia Arch., N. biaritzensis Arch.,
N. striata D'Orb,, Opercolina complaìiata Bast. sp.
Fra questi fossili VO. comjìlanata è così abbondante da potersi di-
stinguere col suo nome le formazioni marnose che le contengono, e tali
marne a Opercoliue si riscontrano altresì sopra il villaggio di Grognardo
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 23 i
ed a Sud di Prasco. Presso Molare perù, le marne verdastre assumono
l'aspetto sabbioso ed arenaceo, e come già ebbe ad osservare il prof.
Taramelli ^ oltre alle OjìercoUnej esse contengono numerose altre spo-
glie di foraminiferi spettanti ai generi Nummulina, Jiohulina^ Nodo-
saria^ Ani^histegina, ecc. Attorno airafliorameuto cristallino del Mar-
sapiede^, ove le marne passano gradatamente nella loro parte superiore a
banchi arenacei, ho raccolto alcuni esemplari di OUrea cijathula Lamk.,
forma caratteristica dei depositi stampiani del bacino di Parigi, e degli
strati di Jeurre, con qualche altro avanzo di 0. Cosmani (?) Dollf.
AQche qui la regolare disposizione degli strati soffre numerose in-
frazioni, dovute naturalmente ad un diverso modo di comportarsi fra
le rocce clastiche oligoceniche e quelle cristalline in rapporto ai solle-
vamenti dell'ultima fase del terziario.
In vicinanza di Cassinelle, presso G. Crenna, la zona stampiana ha
facies lacustre e salmastra, ed è litologicamente costituita da banchi di
marne azzurre, poco compatte, interpolate da ai'enarie e molasse gri-
giastre. In tutte queste formazioni si osservano numerosi avanzi inde-
terminabili di finiti, e frammenti di Potamides e Gijrena.
Ad oriente di Gremolino, sopra la C. Belletti, le arenarie grigiastre
alternate da banchi di marne compatte, passano insensibilmente ed in
piena concordanza ai banchi superiori arenacei, che costituiscono la
base iÌQWAquitaniano. La delimitazione fra i due piani riesce abba-
stanza incerta; si può solo come carattere distintivo, osservare che VAcjui-
tanicuio è rappresentato da uu' evidente predominanza di banchi are-
nacei su quelli marnosi, e che le sue arenarie sono più compatte, più
psammitiche e quindi di migliore applicazione all'edilizia. Anche il pae-
saggio ove esso affiora è più mosso, con burroni profondi, creste ele-
vate, e talora scoscese, rivestite sempre da rigogliosa vegetazione.
Nelle marne stampiane non sono rari gli avanzi fossili ed io vi ho
raccolto esemplari dei generi Ostrea, Pecteii, Cardiam^ Tarritella^
Taramelli T., Osservai, geol. in occas. del traf. ecc., pag. 9.
232 G. DE ALESSANDRI.
Xeriophora, Comis, ecc. radl'oli di Echini e steli di Briozoi. Altri fos-
sili di questa località si coaservano nelle raccolte del R. Museo Geo-
logico di Torino.
Strozzato, ed in parte abraso, dal corso impetuoso dell'Orba, lo
Stamjjìano ricompare in una stretta fascia a Sud di Tagliolo, Lerma
e Mornese colla solita facies litologica e con una tectonica regolare.
Nel territorio di Tagliolo le marne grigiastre, alterate, che affiorano presso
G, Lavine, e le arenarie grossolane di G. Guchera inferiore, presentano
conservatissimi avanzi di Cefalopodi, Gasteropodi, Echini, Coralli, Briozoi,
dei quali una buona raccolta mi venne recentemente comunicata dal
sig. A. Colla studente del R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. Non
sono rare in queste località, lenti ghiaiose arenacee, interpolate alle mo-
lasse ; queste ultime si fanno frequenti in vai del Lemme, ove presso
G. Riccoi, sono alterate, presentando una colorazione gialliccia, dovuta
ad abbondanza di idrossidi di ferro. Ivi esse contengono abbastanza
frequenti avanzi di Foramiuiferi.
Nella valle della Scrivia, presso borgata Chiapparola, la zona stam-
piana, nei suoi strati inferiori, ha facies nuovamente lacustre, colle
solite marne e con banchi ghiaiosi e ciottolosi, costituiti da elementi
arrotondati e di piccola mole: mentre nella sua parte superiore conti-
nuano le molasse cineree, riccamente micacee.
In questa regione, fra la zona oligocenica e quella miocenica, si os-
serva talora una leggiera discordanza, dovuta naturalmente all'azione
delle spinte sollevanti, che determinarono colla fine dell'Oligocene, un
periodo di potente emersione delle formazioni subapeuniniche, perioda
che si protrasse al Miocene inferiore, e durante il (piale una rapida fase
di abrasione costituì la pila considerevole dei depositi aquilaniani.
Ad occidente della sezione esaminata, la zona stampiana si estende
in una striscia assai irregolare e di limitato isviluppo, che si osserva
a Nord del paese di Gartosio, e che lungo il rio del Senatore sale verso
Montechiaro, a Sud del quale, il paesaggio stampianu ricompare nella
sua forma piii tipica e più sviluppala.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 233
I nomi appuiilo di alcune localitfi, quali Roccah lanca, Montechiaro,
Robianco, traggono senza dubbio la loro oi'igine dallu tinta bianchiccia
delle formazioni che ivi alììorano. La facile alterazione degli strati agli
agenti atmosferici, ha favorito l'erosione della Bormida, la quale ap-
punto ivi ha potuto espandersi in quella bellissima conca, che si estende
fra le alture ove giaciono Montechiaro, Denice e Monbaldone.
I banchi arenacei compatti ùèWAquitaniano, che da Montechiaro si
spingono verso borgata Satragni, hanno coi loro affioramenti, sbarrato a
Nord la vallata, obbligando la Bormida a restringere il suo alveo nel-
l'angusto andito che si riscontra a breve distanza dal paese di Ponti,
A Sud gli affioramenti arenacei dell'elevato lembo tongriano di Monte
Castello, in faccia a Monbaldone, hanno limitato verso mezzodì l'am-
pio bacino, il quale poi nuovamente ricompare assai esteso attorno a
Spigno. Lungo la strada che da Malvicino mette a Turpino, sono fre-
quentissime le intercalazioni di arenarie verdastre, alle marne, con una
infinita serie di graduali passaggi, per cui la delimitazione dei due de-
positi oligocenici è assai arbitraria. Le plaghe stampiane sono in questa
regione talora fossilifere e le marne ad OpercoUiie presentano avanzi
numerosi, ma di pessima conservazione, spettanti a Molluschi, ad An-
tozoi ed a Foraminiferi. Presso G. Grosso, in vicinanza della strada pro-
vinciale Acqui-Savona, lungo la valle della Bormida, le molasse gri-
giastro contengono numerosi avanzi di Ostree, riferibili alcune all'O.
{Pijcmdonta) cochlear. Poli var. alala For., ed altre probabilmente
spettanti all'O. (Pìjcìiodo)ila) Queleleti Nyst. sp.
Nel Bric Albarella sopra Mombaldone, e più oltre presso Rocchetta
di Spigno, banchi potenti di arenarie compatte, grigiastre, ad elementi
serpentinosi e micacei, le quali formano un elevato gradino sulle forma-
zioni stampiane iniziando la serie miocenica, contrastano spiccatamente
coi loro banchi eretti in creste frastagliate colle dolci elevazioni ap-
pena ondulate dell'Oligocene. La plaga stampiana oltre Monbaldone piega
bruscamente a Sud e costituisce gran parte delle colline sul .versante
sinistro del bacino della Bormida di Spigno.
23 1 G. DE ALESSANDRI.
In queste località, il passaggio da una formazione all'altra è abba-
stanza evidente, oltreché dall'aspetto del paesaggio e dalla costituzione
litologica, anche da una leggera discordanza stratigrafica. Però, quasi
ovunque la stratigrafia dei depositi stampiani è regolare, con uq inclina-
zione costante da 12° a 15*' 0., N., 0. A mezzodì verso Cagna, Santa
Giulia e Garetto, la zona, ridotta a piccola striscia, costituisce la
parte bassa della regione, nella quale VAquitaniano segna il displuvio
fra le due Bormide. Ivi, la quasi completa assenza di pascoli e di ve-
getazione arborea, il rapido sfacelo dei depositi, la scarsità di acque e
la mancanza assoluta di ogni risorsa industriale, fanno sì, che la plaga
sia eccezionalmente povera, di diffìcile viabilità, e quindi con scarsa
popolazione.
MIOCENE.
A.quitaniano.
Sopra la formazione stampiana posa una pila di depositi, che costi-
tuisce la formazione più sviluppata per estensione e per potenza del Ter-
ziario medio.
Litologicamente, nella parte inferiore, essa consta di banchi assai po-
tenti di arenarie grigio- verdognole, ad elementi tondeggianti, di natura
serpeuiinosa e talora quarzifera , cementati da un calcare scuro , poco
compatto, e quindi di facile alterazione. Contiene numerosi fossili in
discreto stato di conservazione, e di facile isolamento. Nella parte su-
periore è costituita da marne grigiastre, assai friabili, le quali alter-
nano con strati arenacei di non grande spessore (da 10 a 15 centi-
metri), compatti e talora laminati, quasi sempre privi di fossili. Fra
le marne e le arenarie costituenti la zona aquitaniana, si osservano in
alcune località, lenti di calcare compatto o brecciato, costituite da impa-
sti di Lithoihamni, Foraminiferi e Briozoi, le quali talora, per una straor-
dinaria abbondanza di Pettini, passano a vere lumachelle.
APPUiNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 235
La maggiore resistenza alla degradazione aimosferica dei depositi
aquitauiani iu rapporto a quelli sovrastanti, ed a quelli sottostanti, fa
sì che il paesaggio ove essi affiorano, sia spiccatamente distinto per un
aspetto più irregolare, anzi talora alpestre, irto di punte elevate e sco-
scese, e solcato da burroni profondi a pareti ripidissime, che la folta
vegetazione arborea rende più pittoresco.
Le sue creste erette e di facile difesa servirono di sicura dimora nei
tempi passati, sicché sorsero numerose nella plaga aquitaiiiana castelli,
e villaggi medioevali che ne incoronano le alture.
Non mancano in questa zona avanzi di frane importanti sovratutto
lungo le valli che seguitano così ad incassarsi profondamente presen-
tando cascate e precipizi. Le valli del Ravanasco presso le Termo di
Acqui, la valle della Ganaretta presso Montecrescente, e quella di San-
t'Anna fra Ponti e Castelletto d'Erro ne contengono numerosi esempi
dovuti quasi tutti all' erosione ed all'ablazione. La più memorabile di
queste frane à stata quella avvenuta lungo le pendici Nord-Ovest del
Monte Stregone, presso lo Stabilimento Termale di Acqui nell'anno i(i79,
la quale roviaò e seppellì completamente i grandiosi edifìci eretti at-
torno alle fonti termali. La massa franata fu straordinariamente volu-
minosa perchè si rileva dallo storico acquese Biorci, come una villa posta
verso la metà del colle sia venuta giù intiera sino ai piedi dello stesso
monte, senza offesa alcuna, né dei coloni, né delle bestie, che dentro
si trovavano, e che nel giorno appresso furono estratte sane e salve.
La zona aquitauiana rappresenta in complesso un deposito litorale,
con sedimentazione omogenea, non disturbato da forti correnti. I banchi
e le lenti calcaree, che vi si trovano, sono dovuti a sedimenti orga-
nici di scogliera, a facies corallina (Tipo Recifal Renevier) formatisi
a breve distanza dalle coste, in forma di barriere madreporiche, alla
costituzione delle quali concorsero anche abbondantemente spoglie di Fo-
raminiferi e Briozoi, commiste a spicule di Sponziari, frammenti di
Echini e di Bivalvi, mentre il calcare incrostante sembra dovuto per
la maggior parte ad alghe.
936 G. DE ALESSANDRI.
Quesla zona ha una larga estensione orizzontale ed un* inclinazione
quasi costante, che varia dai 15" ai 18° Nord-Nord-Est; la sua po-
tenza è iu alcuni punti enorme, cosa che non deve soverchiamente me-
ravi'diarci, allorché si consideri, che essa è dovuta ad erosioni intense
delle formazioni apenniniche, deposte sopra la spiaggia di un golfo li-
mitato, ove la dispersione per opera delle correnti era probabilmente
nulla.
Il Mayer calcolò che essa nella regione compresa fra le valli delle
due Bormide raggiungesse i 3000 metri; il Sacco la ritenne alquanto
minore cioè da 2500 a 2G00, non escludendo per altro la possibilità
■che in alcuni posti, tocchi i 3000 metri; il De Stefani ed il Tra-
bucco ritenendo esagerate queste cifre, le attribuirono uno spessore
di 500 metri, osservando il De Stefani che presso Montecrescenle,
luniTo la valle della Bormida, si ha un'ondulazione secondaria che co-
stituisce una ripiegatura negli strati. L'Issel, recentemente ritenne che
tanto VAquitamaiio, quanto il Bormicliano, non oltrepassino i 1000
metri di potenza: cifra ritenuta anche dallo Sciiaffer, come rappresen-
tante il massimo spessore di queste formazioni.
A me sembra che la cifra media, esprimente la potenza della zona
aquitauiana, si possa valutare pressapoco a 2000 metri, senza esclu-
dere che in alcuni punti, possa giungere a 2500. ^
1 Se noi osserviamo infatti la recente carta geologica do! prof. Trabucco nella
quale la zona aquitaniana, corrisponde perfettamente a quanto egli ritiene Langhiano
inferiore, e seguendo l'inclinazione degli strati N. N. 0., noi misuriamo lo svi-
luppo orizzontale della zona stessa, dalla valle Verazza fino a G. Pignata presso
la Bormida, si ha una lunghezza di millim. 01,5, corrispondente ad un'estensione
di 4512 metri. L'inclinazione degli strati, secondo tale autore sarebbe di 20» circa
dimodoché applicando la nota formola trigonometrica che determina in un triangolo
rettangolo la lunghezza di un cateto, conoscendo l'ipotenusa e l'angolo compreso
^ = a sen «,
si avrebbe che h, il quale nel nostro caso rappresenta la potenza degli strati, sa-
rebbe uguale a 15 i3 metri. Naturalmente questa cifra va presa come cifra appros-
APPUNTI DI (ìEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 237
I depositi aqiiitaiiiani liaimo una discreta importanza economica, mas-
sime per i calcari che contengono, i quali sono scavati in grande scala
ed utilizzati, come pietra da taglio, come pietra da costruzione e sopra-
tutto come pietra da calce.
Le arenarie che stanno nella parte superiore di tali depositi si presen-
tano in strati compatti e sottili, sono conosciute localmente col nome di
Pietra di Cavatore e di Visone, ed hanno buone applicazioni industriali,
rappresentando il materiale più in uso e più apprezzato nell'edilizia ac-
quese. Quelle dei banchi inferiori, per la notevole potenza dei loro strati
e per la loro omogenea costituzione, rappresenterebbero un buon mate-
riale da rivestimento ed ornamentazione, e pel passato erano largamente
scavate lungo il torrente Ravanasco ed utilizzate negli usi locali per
prepararne vasche, colonne, stipiti, mensole, balaustre, senonchè la loro
facile alterazione le rende di poca solidità e durata.
Tali arenarie vennero pure usate in larga scala come materiale da
rivestimento nella costruzione del ponte Carlo Alberto sulla Bormida,
dove però in brevissimo tempo dovettero in parte essere sostituite,
mentre quelle rimaste per causa di una profonda alterazione dei loro
elementi ed uno sfacelo assai avanzato hanno sciupato tutti i motivi
ornamentali del ponte stesso.
Percorrendo la linea che segue il mio profilo si riscontra la zona
aquitaniana, salendo il fianco settentrionale della valle Verazza, quasi
verso la sommità della cresta che separa questa valle da quella del
simativa, ma certo molto prossima al vero, impercioccliè in questa regione, per
quante minute indagini io abbia fatto, non ho riscontrato disturbi stratigrafici im-
portanti, né spuntoni di roccie più antiche. Ma V Aquitaniano presenta un maggiore
sviluppo nella regione compresa fra le valli delle due Bormida, da Rocchetta di Spi-
gno a Yesime, e, se sulla stessa Carta geologica misuriamo l'estensione orizzontale,
si trova che essa raggiunge ivi la cifra enorme di 10720 metri circa. L'inclina-
zione media degli strati si può ammettere prossima a i2« quantunque probabil-
mente sia maggiore, sicché si avrebbe quivi una potenza di 2228 metri, la quale
però non rappresenta ancora il massimo sviluppo della formazione aquitaniana per-
chè esso si riscontra un po' più ad Ovest verso Cortemiglia.
Voi, XXXIX. n;
238 G. DE ALESSANDRI.
Ravanasco. Presso G. Scuti e G. Bologna, un grande banco arenaceo
di colorazione grigiastra, ad elementi serpentiuosi e quarziferi, forma un
gradino spiccato ed eretto di una diecina di metri sulle formazioni sot-
tostanti, iniziando i depositi aquitaniani. Il banco in queste località è
ricchissimo di avanzi fossili fra i quali comunissimo è V Echiiwlampas
plagiosomus, talché si può distinguere con tale nome la formazione
stessa, la quale, per minore compattezza e minore cementazione dei suoi
strati, è stata nella valle del Ravanasco abrasa profondamente, lasciando
afTiorare così le marne oligoceniche sottostanti.
Su queste marne posa la G. Ferri, ma poco a nord di ossa il banco
laciniato ricompare coi suoi strati potenti e riccamente fossiliferi ; degli
avanzi ivi raccolti mi occuperò più oltre, descrivendo quelli dei calcari
di Acqui e di Visone. Ivi la tectouica degli strati è regolarissima, dimo-
doché è evidente che il movimento, il quale ha disturbato le formazioni
oligoceniche, attorno allo spuntone di rocce cristalline, che ivi si riscon-
trano, ha preceduto il depositarsi delle arenarie aquitaniane.
Superiormente un'alternanza regolare di strati arenacei compatti, e
di marne fi*iabili gialliccie od azzurrastre, per insensibili passaggi con-
duce alle formazioni langhiane, le quali però sono sempre evidentemente
discernibili per una maggiore compattezza e scistosità degli strati mar-
nosi, i quali hanno colorazione più intensamente azzurra e fauna a tipo
pelagico. Di più nel Langhiaao le marne presentano un grande pre-
dominio sulle arenarie, mentre neìVAquitamano si ha il caso inverso.
Nella parte superiore della zona aquitauiana, quasi al contatto col
LcDighiano, si riscontra alle falde del Monte Stregone la lente calcarea
conósciuta col nome di Calcare di Acqui, la quale^ per profonda erosione
del torrente Ravanasco, el anche per la grande quantità di materiale
asportato, è ora spezzata in due parli, che si osservano sulle opposte
sponde del torrente. La massima potenza del calcare è di circa 20 metri,
ed ora in causa dei lavori compiuti per l'estrazione della roccia, esso si
presenta come un gran mui-o verticale, sormontato da arenarie grigie,
marnose facilmente disaggregabili, che in alcuni punti si alternano con
marne inalliccie a frattura concoide.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 230
L'iuclioazione di tiiUi questi depositi, è di 18" circa Nord Nord-Ovest,
ed è manifesta la loro immersione sotto alle marne langhiane, che sulla
sinistra dellu Bormida si osservano in vicinanza del ponte Carlo Alberto,
e lungo la strada clic da Acqui conduce alle Terme.
Il calcare ha struttura compatta, generalmente omogenea, frattura
irregolare, superfìcie scabrosa, colorazione bianco-gialliccia; per tali ca-
ratteri ricorda all'aspetto quello di Gassino in Piemonte, mentre quello
della parte superiore contiene frequenti inclusioni serpentinose in forma
di ciottolini, ed allora si avvicina maggiormente ai calcari di Gomabbio
e di Montorfano Comasco, in Lombardia.
Ha ottime qualità industriali, sia come calce da costruzione, la quale
per la silice che contiene ha leggera tendenza all' idraulicità, sia per gli
usi agricoli, impiegato sovratutto nel preparare il latte di calce delle
miscele che oggi tanto si adoprano per combattere la Pernospora vi-
ticola.
11 prof. Campani della scuola Industriale di Pisa ha recentemente
analizzato tale calcare e vi ha riscontrato:
Carbonato di calce parti gr. 052
Silice •' 1.054
Ossido di ferro « 1.181
Ossido di magnesio .... « 0.052 •
Acqua « O.OGl
La calce si prepara sul posto, mediante la torrefazione con alti forni,
di proprietà del cav. F. Toso.
Il calcare massime nella sua parte superiore, a contatto delle arenarie,
presenta numerosi avanzi fossili ben conservati, ma di difficile estrazione,
dei quali mi occuperò più oltre, nonché ammassi di materiali legnosi,
neri, lucenti con gusci di teredini. Anche le arenarie sovrastanti sono
ricche di petrefatti e la loro fauna presenta un naturale passaggio a
quella laughiana.
2-iO G. DE ALESSANDRI.
La formazione aquitaiiiaaa ad oriente del Ravanasco si restringe bru-
scamente, formando l'altura dirupata di monte Stregone e, nelle vici-
nanze di Visone, ha un limitatissimo sviluppo in estensione. Quivi, nella
sua parte inferiore, al banco arenaceo se ne sostituisce uno calcareo,
che anch'esso ha una potenza da 10 a 15 metri, e si erge come una
ripida parete sulle marne arenacee dello Stam.piam. Litologicamente
questo calcare non diversifica molto da quello di Acqui, ove si eccet-
tuino una colorazione più bigia, taloi'a lievemente rossiccia, e numerose
inclusioni, che gli conferiscono una resistenza maggiore alle alterazioni
atmosferiche, ed im aspetto più brecciato. Esso presenta quindi grandi
analogie coi calcari di Centemero e monte Gillo in Lombardia.
Le sue applicazioni industriali sono pure ottime, ma più che una
pietra da calce, esso è un materiale da taglio assai pregiato nell' edi-
lizia, quantunque le frequenti inclusioni ferruginose, che contiene, e
di facile alterazione ne deturpino la sua tinta caratteristica. Si estrae
abbastanza agevolmente in grandi lastre che vengono lavorate in posto,
la maggior quantità però viene asportata ed è torrefatta presso Visone
ed Acqui. A tetto del calcare si trovano straterelli di arenaiie e di
marne gialliccie, di piccolo spessore. Tanto il calcare, quanto lo marne
e le arenarie contengono numerosi fossili, dei quali il più frequente è
V EcMnolampas 2')l<^gioso7mùs ; in alcuni punti il calcare, per straordi-
naria quantità di Pettini costituisce una lumachella assai compatta.
La sua fauna ò naturalmente sincrona con quella di C. Ferri, e
quindi alquanto più antica di quella del calcare di Acqui.
Passo ora ad enumerare le specie fossili che ho raccolto in questo
piano, e siccome per la loro scarsità, e per le lunghe divergenze sorte
noli' interpretare la posizione geologica di queste formazioni, esse hanno
maggior importanza delle altre, così farò seguire al nome di ciascuna
specie qualche breve considerazione sui loro caratteri più spiccati, e
le indicazioni inerenti alle principali località ove recentemente furono
raccolte.
1 fossili descritti provengono da tre località dififereuti che come ho
APPCNTl DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 2-41
già osservato, sono ; le arenarie del Ravanasco presso G. P'erri, le quali
sono anche fossilifere ad occidente verso il monte Capriolo (Cavatore);
le arenarie ed il calcare sottostante, che si osservano presso le Tenne
che per brevità chiamerò calcari ed arenarie di Acqui, od infine il
calcare e le marne di Visone. Essi, ove si eccettui lo Squalodon Ga-
staldii, furono tutti raccolti da me stesso in numerose escursioni conti-
nuate per parecchi anni, in alcune delle quali mi furono di sommo aiuto
le indagini pazienti del noto raccoglitore sig. E. Forma di Torino. Si
deve quindi escludere il dubbio che tali fossili provengano da altre lo-
calità, e quantunque nel R. Museo Geologico di Torino, nel Museo Ci-
vico di Milano e nel Museo del R. Liceo di Como si conservino avanzi
più 0 meno numerosi dei dintorni di Acqui, tuttavia io non ho tenuto
conto di questo materiale, non conoscendone la precisa provenienza.
Gli Echini della mia raccolta furono oggetto degli studi speciali del
dott. C. AiRAGHi, ma siccome posteriormente alla pubblicazione della
sua nota, io ho rinvenuto nuovi esemplari in altre località, così darò
pure di essi qualche breve cenno.
Geu. Squalodon Grateloup.
Squalodoii Gastaldii Brandt. (Brandt J. F., Waters . iiber die fossil,
imd subfossil. Cetaceen Europeas. Memoir, de l'Acad. Imp.
des Sciences de Saint-Pétersbourg. Sèrie VII, Tom. XX,
pag. 396, tav. XXXII, fig. i-23).
Fra gli avanzi fossili raccolti nel Miocene inferiore del Piemonte,
sono certamente di gran pregio quelli riferibili ad uno scheletro di
Squalodonte^ che il prof. Gastaldi raccoglieva verso il 1855, e che
ora si conservano al Museo Geologico della R. Università di Torino.
Il Gastaldi dopo avere raccòlto e preparato con cura i vari fram-
menti di questo fossile, ne faceva più tardi disegnare i pezzi più im-
portanti (mascellari inferiori, denti, vertebre cervicali, vertebre poste-
242 G. DE ALESSANDRI.
rion, vertebre dorsali, vertebre lombari, vertebre caudali, coste) e li
mandava in istudio al prof. Brandt dell'Università di Pietroburgo, il
quale nella sua classica opera sui Cetacei fossili e siih fossili d'Europa,
li descrisse come appartenenti ad una nuova specie, distinguendola col
nome del Gastaldi.
Non è mio intendimento, e neanche l'indole del mio studio lo com-
porterebbe, riportare la minuta descrizione di questi avanzi fatta dal-
l'illustre Getologó russo; tanto più che essa è riferita integralmente
nel Catalogo descrittivo dei Talassoterii rinvenuti nei Terr. Terz.
del Piemonte e della Liguria (Memor. d. R. Accad. d. Scienz. di
Torino. Serie II, Tom. XXXYII) del Portis alla quale egli aggiunse
alcune note e considerazioni sulle specie vicine.
Riguardo alla posizione degli Squalodon nella serie stratigrafica os-
serverò collo Zittel {Traile de Paleont. Tom. IV, Vertebrata, T^a^g. 170)
come questo genere abbia una grande diffusione nel Miocene della Francia
dèi sud, della Germania e dell'Italia. Però della specie ,S'. Gastaldii
dopo il Brandt, solo il prof. G. Capellini descrisse dubitativamente nel
1882 alcuni frammenti {Avanzi di Squalodonte nella molass. marn.
miocenica del Bolognese. Mem. Accad. d. Scienz. d. Istit. di Bologna,
Serie IV, Tom. Ili, 1882) fra cui un frontale destro, un apparato udi-
tivo, ed una falange provenienti dalla melassa marnosa, miocenica di
Jano nel Bolognese.
Aggiungerò in ultimo che il barone A. De Zigno nel i87G (A. De
ZiGNO, Sopra i resti di uno Squalodonte scoperti nell'arenaria mio-
cenica del Bellunese. Mem. d. R. Istit. Venet. di Scienz. Lett, ed Art.,
Voi. XX) illustrò pure importanti avanzi di Squalodonte {S. Catulloi,
De Zig.), i quali hanno grandi analogie collo S. Gastaldii, e questi
avanzi furono raccolti nelle arenario aquitaniane del Bellunese.
Lo .S'. Gastaldii fu rinvenuto nel calcare di Acqui.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 243
Geli. Carcharodon MùUer et Heiile.
Carcharodon megalodon Agass. (Bassani F., Contributo alla Pa-
leontologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Ac-
cad. delle Scieuz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV,
pag. 14, tav. I, fig. 1-2), cum. syn.
Denti con dimensioui abbastanza considerevoli relativamente agli altri
finora raccolti in Piemonte ; nei quali la corona è robusta, rigonfia, con
una spiccata depressione alla base della superficie interna. L'apice è ge-
neralmente dritto, non ricurvo in dentro, i denti marginali arrotondati,
mancano le orecchiette o ripiegature dello smalto alla base ed ai lati
della corona.
Secondo gli autori questa specie avrebbe avuto una straordinaria dif-
fusione e sviluppo nella serie terziaria ed avrebbe vissuto nientemeno
che dall'iniziarsi dell'Eocene fino al termine del Pliocene. Gli studi perù
recenti, fondati sull'attenta comparazione degli esemplari raccolti nelle di-
verse località, va man mano dimostrandoci come probabilmente essa sia
comparsa solo in principio dell' Oligocene per estinguersi alla fine del
Miocene.
Così i denti eocenici di C. megalodon descritti dal Gibbes [Monog.
Fossil. Squalidae El. S. Journ. Acad. Nat. Se. Phil., Vol. I, pag. 143,
tav. XVIII e XIX, fig. 8 e 9) provenienti dall'Alabama e dalla Carolina
del sud vanno considerati come di provenienza non del tutto conosciuta
e non ancora per bene sincronizzata colle formazioni europee; quelli ci-
tati dal Bassani {Ittiol. del Veneto. Att. Soc. Venet. Trent., Vol. V, 1877)
e dal LioY [Sopra alcun. Vert. foss. del Vicentino. Atti Soc. Ital. Se.
Nat., Voi. Vili, 1866) nell'Eocene del Veneto, come il prof. Bassani
stesso dubita, provengono con tutta probabilità, da terreni oligocenici;
mentre quelli di Gassino in Piemonte vanno riferiti a C. auriculatus
Agass. ed a C. subserratus Agass.
244 G. DE ALESSANDRI.
Gli esemplari ascritti a questa specie provenienti dal Pliocene ita-
liano vanno al' contrario riferiti a C. Rondoletii MiìU. et Henle, specie
comunissima nei terreni pliocenici del Piemonte, dell'Emilia, della To-
scona, della Calabria, della Sicilia, ecc. Il Woodward {Catalog, of fossil
fishes ill the Brit. Mm., 1889, pag. 417) riferisce a C. megalodon
alcuni esemplari provenienti da Woodbridge e Felixtowe (Lighilterra),
ed altri da Anversa (Belgio) giacimenti die egli ritiene pliocenici ; os-
servo perù che quest'ultima località è costituita dal crag aero forma-
zione che i geologi del Belgio chiamano Aìiversieii^ la quale sembra la
continuazione di quella al di là della Manica afliorante sulla riva in-
glese, e che giusta le attuali vedute dei geologi (Dépéret, Rènevier,
Sacco, ecc.) viene riferita al Miocene superiore, o Messitiiam.
Il C. megalodoii fu riscontrato nell'Oligocene d'Italia a Sassello, Pen-
zone, Morbello, Pareto, Mioglia, ' Dego, Castelgomberto, Santa Trinità di
Montecchio Maggiore, in Val di Lente, monte Moscalli, monte Titano,
Capo delle Armi, ecc. ed in quello del Belgio e della Germania, e
nel Miocene inferiore (Aquitaìiiano) a Schio, a Belluno, a Stilo, a
Palmi, ecc.
Nel Miocene medio e superiore si rinvenne oltremodo abbondante
ovunque, e durante quest'epoca sembra abbia anche raggiunto il mas-
simo sviluppo in dimensioni.
Il C. megalodoa non è raro nelle arenarie e nel calcare di Acqui,
come pure nel calcare di A''isone, ed io ho già figurato di esso un bellis-
simo esemplare proveniente dal calcare di Acqui. (De Alessandri G.,
Coiitrihm. allo studio dei Pesci terziarii del Piemonte e della Li-
guria. Mem. R. Accad. delle Scienz. di Torino, Serio II, Tom. XLV,
1895, pag. 267, tav. 1, fig. 1-la.)
1 Gli esemplari però riferiti a questa specie dal Miciielotti (Etudes sur le
Miocène inférieur de l'Italie septentrionale, pag. 113) vanno in gran parte
ascritti a C. auriculatus Agass.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 245
Geo. Odontaspis Agassiz.
Odontaspis cuspidata Agass. (Bassani F., Contributo alla Paleon-
tologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. x\ccad.
delle Scienz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, 1891,
pag. 25, tav. I, fig. 14; tav. II, fig. 10-13-10 e 17) cum.
Sjjn. tav. I, fig. 1.
Raccolsi di questa specie numerosi denti dalla corona relativamente
tozza, dalla radice rigonfia colle branche robuste e divaricate; essi spet-
tano generalmente alla parte laterale ed a quella posteriore della ma-
scella inferiore.
Qualche esemplare della valle del Ravanasco presenta l'alterazione
superficiale dello smalto che io avevo già riscontrato negli odontoliti doi
Colli Toriuesi e che io ritenevo caratteristica di quella località.
Secondo il mio modo di vedere VO. cuspidata è specie non ancora
per bene conosciuta, ed i suoi rapporti di affinità coll'O. Hoptei Agass.,
coirò, verticalis Agass., coli' (9. Rutoti Winkler non perfettamente
stabiliti l'hanno fatta sovente confondere con esse, e queste specie che
rappresentano le forme ataviche dell' 0. cuspidata differiscono da que-
st'ultima per così scarsi caratteri, da dimostrarci chiaramente come sia
stato lentissimo il processo evolutivo di queste forme, giudicandone
dagli odontoliti. È quindi assai probabile come crede il prof.' Bassani '
che XO. cuspidata non si riscontri nell'Eocene di Francia, di Inghil-
terra, di Germania e di America, come il Woodward - ritiene, ma sia
stata confusa con altra specie. Nell'Oligocene quantunque rara si ri-
1 Bassani F., op. cit., pag. 28 (nota 1).
2 Woodward A. S., op. cit., pag. 369 e Notes on the teeth of sharks and
skates from english Eocene formations. (Proc. of the Geolog. Assoc. Vol. XI,
1899, pag. 7.)
246 G. DE ALESSANDRI.
scontra realmente iu molte località d'Italia [DegOj Mloglia, Sassello^
Monte Moscalli^ Castelyomberto , Possuolo sul Cormor, Monte Ti-
tano, ecc.) di Francia, del Belgio, della Svizzera e della Russia meri-
dionale. Nel Miocene inferiore (Aquitaniano) si ù riscontrata nel Veneto
a Belluno ; ed in quello medio e superiore è frequente dovunque in
Italia, in Francia, nella Spagna, nella Svizzera, nel Belgio, nella Ger-
mania e nell'Austria. Fu pure citata da me ^ e da altri nel Pliocene
inferiore e superiore, ma io credo che probabilmente questi esemplari
vanno riferiti all'O. vorax Le Hon che vive tuttora nei nostri mari.
Nella valle della Bormida YO. cuspidata fu già citata dal prof. Tra-
bucco e da me a Prasco, Visone, Acqui (calcare)^ Denice, Vesime ;
recentemente ho raccolto altri esemplari nelle arenarie presso G. Ferri
(4 denti) ed iu quelle sovrastanti al calcare di Acqui (4 denti).
Odontaspis contortidens Agass. (Bassani F., Contributo alla Pa-
leontologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti lì. Ac-
cad. delle Scienz. fìs. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV,
1890, pag. 28) cum. syn.
È abbastanza frequente nei dintorni di Acqui, ove si raccolgono nti-
merosi denti dalla superfìcie interna rigonfia colle caratteristiche strie,
le quali arrivano fino ai tre quarti della , lunghezza del cono dentario,
a partire dalla radice. Il cono dentario manca generalmente delle bran-
che radiali ed ha piccole dimensioni.
Questa specie, causa i suoi caratteri differenziali pochissimo spiccati
{vedi Bassani F., Ittiolit. Sardegna, pag. 27 nota 3.» ed litio fatma
Gassino, pag. 14) ò stata sovente confusa con VO. elegans Agass.,
specie propria dell'Eocene d'Europa e d'America, la quale probabilmente
rappresenta la sua forma ancestrale ; da essa può solo distinguersi con
un accurato esame della forma e della striatura.
1 De Alessandri G., Contribuz. allo Stadio del Pesci terz. del Piem. e Lig.,
pag. il.
APPUNTI IJI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 247
VO. coìitortidens è abbastanza frequente nell'Oligocene d'Italia {Dego^
Monteechio Maggiore^ Pozzuolo mi Cormor^ Monte Moscallij Monte
Titano^ ecc.) in quello del Belgio, della Germania, della Svizzera, della
Russia meridionale, come pure m\V Aqiiitaniano di Scliio e della Francia.
È abbondante nel Miocene medio e superiore di tutta Kuropa, e sembra
abbia persistito ancora nel Pliocene, come lo dimostrano gii esemplari
raccolti a Montpellier, Savona, Orciano e nel Bolognese (?)
Questa specie fu già citata nel calcare di Acqui e di Visone e di essa
recentemente raccolsi altri denti nelle arenarie di C. Ferri (2 esempi.)
ed in quelle sovrastanti al calcare di Acqui (2 esempi.).
Gen. Oxyrhina Agassiz.
Oxyrhina hastalis Agass. (Eastman Gh., Beitràge sur Kenntniss der
Gattung Oxyrhina. Palaeontographica, XLI, 1895) cum. sgn.
Di questa specie io ho rinvenuto nei dintorni di Acqui pochi avanzi,
quantunque il Trabucco la creda abbondante a Prasco, Visone, Acqui
<3 Ponzone. 1 denti presentano la forma tipica ed un mediocre sviluppo ;
mancano quasi sempre della radice.
VO. hastalis si riscontra non rara nel Pliocene d'Italia, d'Inghilterra,
del Belgio e della Spagna; è invece straordinariamente abbondante in
tutto il Miocene superiore e medio del Piemonte, dell'Italia, anzi del-
l'Europa intiera, e come sembra anche dell'Austi-alia. Si riscontra an-
cora nel Miocene inferiore (Aquitaniano) presso Mombasiglio (Pie-
raonte), a Belluno (Veneto), a Palmi (Calabria) e forse nell'Ame-
rica del nord (Maryland, Virginia e Carolina del Sud) e nell'Oligocene
di Belforte, Carcare, Santa Giustina e Ponzone nel Piemonte, di Bi-
smantova e del Monte Titano \ìa\^ A'pennino settentrionale, di Monte
Moscalli, di Monte Grumi e di Val di Lente nel Veneto, di Capo delle
Armi nella Calabria, ed in quello di Boom nel Belgio e di Tlonheim
(Hessen-Darmstad) in Germania.
248 G. DE ALESSANDRI.
Infine, il Gidbes (Monog. Fossil. Squalidae U. S. (Jourual Acad.
Nat. Se. Philad., 1849) cita questa specie nell'Eocene dell'Alabama e
della Carolina del Sud ed il Bra yard [Terrenos maritws tercianos
de las Cercanias del Parana, 1859), in quello del Parana, e dietro
tali riferimenti la specie fu ritenuta dal Woodward o dall' Eastman
anche come eocenica. Quantunque nel British Museum esistano esemplari
spettanti senza dubbio ad 0. hastalis, i quali portano l'indicazione
u Eocene dell'America del nord « è cosa poco probabile, l'ammettere
l'esistenza di questa specie, in principio del Terziario; probabilmente la
posizione stratigrafica dei terreni nei quali essi furono raccolti non fu
ancora perfettamente sincronizzata con quella delle formazioni europee.
Gli esemplari che io ho esaminato provengono dal calcare e dalle
•arenarie sovrastanti di Acqui e dal calcare di Visone.
Oo^ijrhina Desorii Agass. (Bassani F., La Itilo fauna del calcare
eocenico di Gassino in Piemonte. Atti della R. Accad. delle
Scienz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, A'ol. IX, 1899, pag. 19,
tav. Il, fig. 24-38) cam. syn. — Tav. I, fig. 2 a-h.
È specie abbastanza frequente nei dintorni di Acqui con numerosi
denti di non grande sviluppo e privi di qualsiasi rilievo ai lati ed alla
base della corona.
VO. Desorii presenta una grande persistenza nella serie stratigra-
fica; comparsa nell'Eocene medio e superiore, in Italia, Belgio, Prus-
sia» Egitto ed America (?), visse rigogliosa nell'Oligocene d' Italia {Pie-
monte, Romagna, Veneto, Calabria, ecc.), della Prussia e del Bel-
gio; ed in tutto il .Miocene d'Italia, della Francia, della Svizzera, della
Germania e del Belgio.
Sembra però secondo le vedute del prof. Bassani che essa si sia
estinta al principio del Pliocene, e che i denti pliocenici riferiti a questa
specie spettino forse alla vivente 0. Spalansanii Bonap. colla quale in
altro studio [Contribu:. allo studio dei Pesci Ter:, del Piemont. e
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 249
Lig. Mem. Accad. d. Scienz. di Torino. Serie II, YoL XLV, pag. 15)
ho già fatto rilevare le strette affinità.
Ho riscontrato questa specie nel calcare e nelle arenarie sovrastanti
presso le Terme Acqui, nelle arenarie presso C. Ferri e nel calcare di
Visone.
Oxyrhina crassa Agass. (De Alessandri G., La Pietra da Cantoni^
di Rosignano e di Vignale. Memorie Museo Civico di Storia
Natur. di Milano e Società Italiana di Scienze Natur. Tom. VI,
fase. I, pag. 36, 1897) cmn. syn. — Tav. I, fìg. 3.
Ho raccolto finora di questa specie un solo dente, il quale sembra
appartenere alla mascella inferiore di un individuo adulto.
VA. crassa è quasi ovunque una specie assai rara. Nel Pliocene
fu rinvenuta, in Toscana, in Piemonte e Liguria, e recentemente nel
Bolognese, ^ fuori d'Italia, nel Belgio e uell' Inghilterra. La sua mag-
gior diffusione però fu raggiunta con tutta probabilità nel Miocene me-
dio, ed in Piemonte (Rosignano), in Sicilia (Aidone) e nella valle
del Reno essa è abbastanza frequente.
Il Sequenza {Formas. Terz. Prov. di Reggio, pag. 40) cita questa
specie fra i fossili tougriani di Agnana (Calabria), ed il Gibbes, fra
quelli dell'Eocene d'Alabauco e della Carolina del Sud, ma per que-
st'ultima località valgano le osservazioni che ho già fatto allorché ho
trattato della specie assai prossima VO. ìiastalis.
L'esemplare da me esaminato proviene dalle arenarie sovrastanti al
calcare di Acqui.
1 ViNAssA DE Regny P., Pesci neogenici del Bolognese. (Rivista Italiana di
Paleontologia. Anno V, fase. 3, pag. 82, fig. 9, 1899.)
250 G. DE ALESSANDRI.
Gen. Sphyrna Rafinesque.
Sphyrna prisca Agass. (Bassani F. , Contributo alla Paleontolo-
gia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Accad. delle
Scienze fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, pag. 41, tav. II,
fig. 19) cum. syn. — Tav. I, fìg. 4.
Questa specie abbastanza frequente nel Miocene del Piemonte, è rara
nella valle della Bormida, ove finora furono raccolti pochissimi odon-
toliti. Per la forma del cono dentario, per quella dei piccoli denti
alla base della corona, e sovratutto per lo sviluppo dello smalto sulla
superficie esterna, il quale scende a ricoprire parte della radice, i denti
di questa specie facilmente si distinguono da quelli delle forme vicine.
La ,S'. prisca fu citata come le altre specie già descritte, nell'Eo-
cene (?) dell'America del Nord dal Gibbes, essa fu con sicurezza solo ri-
scontrata nell'Oligocene di Monte Moscalli, nel calcare dei Grumi di San
Giorgio di Poleo di Schio, a Pozzuolo sul Cormor, ed al Monte Titano ecc.
Nel Miocene inferiore ( Ai [uita ulano) fu raccolta a Belluno; in quello
medio e superiore è diffusissima in Italia, in Francia, nella Svizzera, nel
Belgio e nell'Austria.
Fu pure dal Lawley (op. eit., pag. 17), dall' Issel (Fossili delle
marne di Genova. Ann. Mus. Giv. di Stor. Nat. Voi. IX, pag. 10)
e dal De Amicis (Il cale, ad AnjJÌiistegina nella Prov. di Pisa ed
i suoi fossili. Atti Soc. Tose. Se. Nat., Voi. VII, pag. 21) citata nel
Pliocene, ^ ma io ritengo che probabilmente si tratti di altra specie.
I miei esemplari provengono tutti dalle arenarie sovrastanti al cal-
care di Acqui.
1 Anche nel British Museum (Londra) esiste un dente del Pliocene di Antibo
(Francia) riferibile a Sphyrna, ma il dott. Woodward assai giustamente ha osser-
vato, che esso spetta ad una specie assai più sviluppata della S. prisca Agass.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. <^òi
Gen. Hemipristis Agassiz.
Hemipristis Serra Agass. (Bassani F., Contributo oMa Paleontologia
della Sardegìia, Ittioliti miocenici. Atti R. Accademia delle
Scienz. fis. e màt, di Napoli. Sorie II, Voi. IV, pag. 41, ta-
vola II, fig. 19) cum. sijn.
Questa specie è rara nella valle della Bormida, come d'altronde lo
è pure in tutto il Piemonte ; l' unico dente che io ho potuto osser-
vare presenta mediocri dimensioni e proviene dal calcare di Acqui.
Come le altre specie già citate, essa fu annoverata dal Gibbes fra i
fossili dell' Eocene (?) dell'America dol Nord. NeirOligocene si riavenne
abbastanza diffusa (Mioglia, Monte Moscai, Pozzuolo sul Connor,
calcare dei Grumi di San Giorgio di Poleo di Schio, Monte Ti-
tano, ecc.). Nel Miocene inferiore (Aquitaniano) fu raccolta a Ceva a
Belluno, e nel Maryland, ecc. Sembra pure assai diffusa ed abbondante
in tutto il Miocene medio e superiore d'Italia, di Francia, della Sviz-
zera, della Germania e dell'Austria.
Il Laavley (Nuovi studi sopra ai pesci ed altri vertebrati fos-
sili delle colline toscane, 187G, pag. 18) cita altresì questa specie
nel Pliocene Toscano, ma con tutta probabilità potrebbe darsi che si
tratti della specie tuttora viveute //, elongatus Klz. sp., ^ che solo da
pochi anni fa rinvenuta e studiata. Infatti nella nota dei Pesci fossili
in rapporto con i viventi che si trova a pag. 113 della memoria del
Lawley, accanto alla specie fossile H. serra kg. non si trova la cor-
rispondente specie vivente, che egli non conosceva.
1 Kluzinger G. B., Sijnopsis der Fische der Roihen J/eeres. (Verhandl. d.
K. K, Zoolog.-botan. Geselh. Bd. XXI, Wien, 1871, pag. ijiìò {Dirzhizodon elon-
gatus Klz.) Probst.)
232 G. DE ALESSANDRI.
Gen. Scymnus Guvier.
Seumnus trituratus Wiukler. sp. (Woodward A. S., Belgian Neo-
zoic Fish-teeth. Geolog. Magaz. March. 1891, pag. 187) cum.
sijii. — Tav. 1, fig. 5 a-b.
Piccolo dente spellante alla parte centrale della mascella inferiore,
dalla corona diritta, triangolare, lievemente accuminata all'apice, la quale
nella superficie esterna presenta una leggiera costolina mediana assai
rigonfia. I margini laterali sono assottigliati quasi pellucidi, con una
fine crenatura irregolare ; lo smalto dalla parte esterna si spinge sulla
radice assai più in basso che non sulla superficie interna; il suo orlo
inferiore è incavato nella parte mediana, scende lateralmente per breve
tratto e quindi risale verso i margini laterali. Nella superficie interna
lo smallo si arresta ad una distanza dall'apice uguale a più della metà
dell'intera lunghezza del dente, e presenta l'orlo inferiore lievemente
convesso verso la parte radicale.
La radice è larga, quadrala, presenta nella parte centrale un'ampia
depressione tondeggiante ove si trova il foro nutritivo, ed inferiormente
ad esso la sutura perpendicolare all'orlo dello smalto, che si prolunga
in basso fino alla baso del dente. Il Winkler (Deuxième mémoire
sur des dents des poissons fossiles du terrain hruxelUen. Archiv. du
Musée Teyler, Voi. IV, fase. I, pag. 28), nella descrizione del suo
esemplare aveva dato grande importanza a questa sutura; cosa che
desta meraviglia, perchè essa è caratteristica nei denti di tutto il ge-
nere Scymnus.
imension
i: lunghezza del dente
millim. 5.6
•ti
« della coi'ona
^ 3.
•n
" della radice
« 2.6
Questa specie riferita dapprima al gen. Corax^ venne più lardi assai
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 253
<;i ustamente dal Prodst ' asci-illa al geo. Scumaus, e come osservò il
Woodward i suoi denti hanno grande analogia con quelli dell'attuale
Scymmis licchia Bonap.
Le specie finora riscontrate fossili appartenenti a questo genere,
.S'. majori Lawely, .S*. acitlm Davis differiscono dal mio esemplare
per le lunghe apofisi della radice; il frammento di dente riferito a
({uesto genere dal prof. Bvssani {litio f. Eocen. di Gassino^ pag. 28,
lav. il, fig. 21), per lo sviluppo dello smalto nella superficie esterna
<) assai differente da questo che io ho descritto.
Il S. triangulm Probst, (op. cit., tav. Ili, fig. 35-3G) è assai pros-
simo a questa specie, ma ne sembra differire per i margini completa-
mente lisci, senza crenatura.
L'esemplare tipico del Winkler fu raccolto nel Bnixelliano (Eocene
mediò) di AValuwe, St. Lambert (Belgio); il mio nel calcare di Acqui.
Gen. Chrysophrys Guvier.
Chrjjsophrijs cincta Agass. (Bassani F., CoìiinbiUo alla Paleonto-
logia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Accail. delle
Scieuz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, pag. 49, ta-
vola II, fig. 2-9) cmn. syn.
La C. cincta è assai frequente nella valle della Borni ida, con odon-
toliti quasi sempre di piccole dimensioni, nei quali solamente in alcuni
si scorgono le pliche verticali caratteristiche della specie.
L'esame però di questi avanzi mi va sempre più convincendo nell'idea
che la C. cincta sia una specie di difficilissima determinazione e che
probabilmente molti denti riferiti ad essa, spettano ad altre specie e
forse anche ad altri generi.
i Probst J., Beitriìge zur Kenntniss der fossilen Fische aus der Molasse
von Baltringen. (Jahres-Hefte des Vereins far Vaterlandisch. Naturk. in Wiirlem-
burg. Voi. XXXV, pag. 175. Stuttgart, 1874.)
Voi. XWIK. 17
254 G. DE ALESSAXDItl.
Comparsa iiell'Oligocoiio (Pomone, Monte MoscalU^ Bkmantova,
Monte Titano) essa visse durante il Miocene inferiore (Aqiùitaniano)
come lo attestano gli avanzi rinvenuti a Belluno ed a Stilo (?), ma rag-
giunse il suo maggior sviluppo e la sua più grande diffusione solo nel
Miocene modio, ed in quello superiore lasciando traccie numerose nei
depositi d'Italia, di Francia, della Svizzera, dell'Austria e della Ger-
mania. Probabilmente essa si estinse al cominciare del Pliocene.
È ben vero che il Lawley (op. cit., pag. 60), il Sequenza (Form,
ters. della Prov. di Reggio Calabria. Atti R. Accad. dei Lincei.
Serie III, Yol. VI, pag. 247), il dott. Vinassa (Pesci neoz. del Bo-
logn. Riv. Ital. di Paleout. Anno V, pag. 84) od io stesso (Contrib.
allo studio dei Pesci Ter:-, del Piemonte e Liguria., pag. 288) ab-
biamo annoverato questa specie fra quelle dei depositi pliocenici, ma
per le ragioni che più sopra ho esposte, probabilmente si tratta della
C. Agassisii Sism,, che fu abbondantissima in tutto il Pliocene. Anzi,
in proposito, mi piace ricordare come il prof. Bassani (Contrib. Pa-
leont. Sardeg., pag. 51) abbia già osservalo che : « la distinzione fra i
denti di C. cincia e quelli della C. Agassim riesce eccessivamente
dilìicile, e potendo dar luogo ad errori, lichiede la maggiore cautela, -i
Ilo raccolto numerosi denti di C. cincia nel calcare e nelle arenarie
di Acqui, nelle arenarie presso C. Ferri e numerosissimi nel calcare eli
Visone. 11 prof. Trabucco ne rinvenne altresì al Monte Capriolo (Cava-
tore), od a Denice.
Con. Lepas Linneo.
LejMS llillii Leach. sp. (De Alessandri G., Conlrilu^ione allo studio
dei Cirripedi fossili d' Italia. Boll. Soc. Geol. Ital. Vol. Kill,
1893, pag. 24, tav. I, lig. 1) cum. sijn.
Nujuerose piccole valve l'appresentaiiti lo scudo, nelle quali ove si
eccettui una maggiore fragilità e dimensioni alquanto minori, non si
scorgono differenze notevoli dagli osemplai'i vi^onli,
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEOxNTOLOGIA, ECC. 255
Questa specie finora fu solo riscontrata fossile presso Acqui, nei Colli
di Torino (Elvedam) e presso Scoppo (Messina); il De Angelis ed
il Luzi (1 foss. dello Schlier di San Severino. Boll. Soc. Geol. Rai.
Voi. XVI, 1897, pag. 65) citano una forma probabilmente molto pros-
sima a questa nel Miocene medio delle Marche.
Il L. Hillii è frequente nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui,
ed in quelle del Ravanasco presso G. Ferri.
Gon. Balanus auctorum.
Balaam concavus Broun. (De Alessandri G., Contrihuzione allo stu-
dio dei Girripedi fossili ti' Italia, pag. 51, tav. II, fig. 10 a-d)
cum. syu.
Alcune conchiglie dalla forma cilindracea, lievemente curva, forte-
mente incastrate nella roccia. Riesce quindi di buon giovamento alla de-
terminazione di esse lo studio della sezione traversale dei singoli com-
partimenti, sezione la quale mostra i canali larghi ed allungati, con
setti sottili e rettilinei. La lamina superiore è assai meno sviluppata
in ispessore di quella inferiore ed ha il margine esterno irregolare,
caratteristico di questa specie.
Non ho potuto riscontrare in queste conchiglie traccie delle valve
opercolari.
Probabilmente a questa specie del Bronn va riferito il B. prodactus
Michelotti, che il Trabucco dice essere abbastanza frequente a Visone
Acqui e nel Rio Ovrano (Roecaverano).
Il B. concavus come ho già osservato nel mio studio sui GirHpedi
fossili d'Italia, è la specie più polimorfa e più persistente nella serie
stratigrafica fra i Cirripedi italiani. Infatti dal Tonrjriano di Castel-
gomberto, passa kW Aquitaniano dei Colli di Torino, e delle arenàrie
di Belluno, è frequentissimo in tutto il Miocene medio e superiore del-
l'Italia e del bacino Mediterraneo in genere, lo si riscontra nel Pliocene
25') G. DE ALESSANDRI.
e noi PostpliocGiie, ed ù tutlora vivente nell'Atlantico e nei mari interni
d'Europa.
Gli esemplari che io ho esaminato provengono dal calcare di Acqui.
Gen. Aturia Bronn.
Alicria Aturi Bast. sp. (Parona C. F., Note sui Cefalop. Terz. d.
Piemonte. Paleontog. Ital. Voi. IV, pag. 161, tav. XII, fi-
gura 2 a-cl, 3-6; tav. XIII, fig. 3-6) cum. syn.
Esemplare assai schiacciato, di medie dimensioni, ridotto a modello
interno, di millim. 55 di lunghezza e 46 di larghezza. I setti sono
ben evidenti e mostrano il lobo caratteristico, che, come già ha osservato
il prof. Parona varia di profondità col crescere dei giri.
Questa specie presenta una grande diffusione in tutto il Miocene medio
(Langhiano ed Elveziano) e venne già dagli autori citata in Pie-
monte (Colli ài Torino., Basso ed Alto Monferrato^ ecc.) nell'Emilia
(Bologna,, ecc.), nella Toscana (Firenze), nella Calabria (Stilo),
nella Sicilia (calcari compatti nella regione Sud-Est), a Malta, ecc.,
in Francia (faluns du Bordelais; faluns della Tarrena, bacino del
Rodano, ecc.), in Austria (Oltnang), in Svizzera, ecc.
Si riscontra pure non rara neWAquitaniano del Sud-Ovest della Fran-
cia (Basterot, Description geolog. du bass. tert. du Sud-Ovest de
la France; Bendisi E. A., Coquill. foss. d. ierr. tert. du Sud-Ovest
de la France. Act. Soc. Liu. de Bord. XXIX, XL e XLII e Peyrot A.,
Decouvert. d'un Céphalop. dans Ics faluns de la Touraine. La feuille
des jennes Nat. Ili Ser., N. 349), come anche a Pantano ove fu rin-
venuta dal Pantanelli e Mazzetti. Il Migiielotti la raccolse nel Ton-
griano di Carcare, Mioglia e Pareto ed infine il Foord A. K. (Ca-
talog, of. foss. Cepìi. in the Brit. Mus. Part. II Nautiloidea, pa-
gina 349) la cita ancora nel T Eocene (London Clan) di Londra.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEOXTOLOi}lA, ECC. 257
Il SiSMONDA ha già annoverato sotto il nome di Nautilus Pompilius L.
questa specie fra i fossili del calcare di Acqui; il mio esemplare fu
raccolto dal signor E. Forma nelle arenarie, marnose sovrastanti ad esso "^
Geo. Fulg"uroficus Sacco.
Fulguro/lcus burcUgaleiisis Sow. sp. (Sacco F., Moli. ci. terr. ier:i.
Piera, e Lig. Tom. Vili, pag. 41, tav. I, fig. 51-54) cum.
syn.
Questa specie descritta e figurata dal Soverdy, fin dal 1824 (Tìie
gea. of recent, and fossil, shells. Genus Pijrula, fig. 8), veniva più
tardi (1825) dal Basterot distinta col nome di Pgrula clava, nome
che in seguito venne accettato dalla maggior parte dei paleontologi. Al
Mayer spetta il merito di averle ripristinata l'antica denominazione.
11 F. burcUgalensis ha ima grande persistenza nella serie stratigra-
fica; àd\V Aqiiitaniano delle Lande e di Bordeaux, passa al Langliiano
deUa Gironda (Saucats), delle Lande e della Turenna, è abbastanza fre-
quente wqW Elve.:iano dei Colli di Torino, del Bacino di Vienna, di
Zurigo, di Lucerna e di San Gallo, come pure in quello dell' Argo via
(Zofmgen, Seusbourg, Baden), e lo si riscontra ancora nel Torto-
niano di S. Jean de Marsacq, presso Bayona.
Io ho raccolto di questa specie solo dei frammenti dei quali non avrei
tenuto conto, se il Mayer non l'avesse già annoverata fra i fossili del
1 Recentemente in una gita che ho fatto lungo il torrente Ravanasco, in vici-
nanza di G. Ferri, ho raccoho un incompleto modello interno di un grande cefalo-
podo, che per la grande apertura, e per i setti a larghi intervaUi, i quali sono fles-
suosi verso la parte posteriore, ove terminano in una punta molto acuta, richiama
perfettamente quello che il Rovereto ha recentemente descritto sotto il nome di
Aturia Paroaai (Rovereto G., lUuslrazione dei molluschi fossili tongriani
del Museo Geologico della R. Università di Genova, in Atti della R. Università
di Genova. Voi. XV, 1000, pag. 18(i, tav. IX, fig. IG), e che proviene dal Ton-
grinno di Mioglia.
258 G. DE ALESSANDIM.
SUO Toiigriano III di Acqui, il quale come è lieii noto corrisponde
aWAqtdtatiiano degli amori a lui posteriori.
Questi frammenti provengono dai pressi di C. Ferri, ove con tutta
probabilità furono raccolti gli esemplari del Mayek.
Gen. Eburna Lamarck.
Eburìia cf. caroiiis Brongn. sp. (Rellardi L., Moli. d. terr. ter;i.
Piem. e Lig. Tom. Ili, pag. 10, tav, I, fig. 10 a-b) cum.
Sìjll.
Modelli interni di grandi dimensioni cogli anfratti depressi e profon-
damente canaliculati presso la sutura; hanno forma alquanto rigonfia,
forse non così allungata come quella degli esemplari figurati dal Bel-
LARDI.
Questa specie è abbastanza caratteristica del terziario inferiore; il
Brongniart la cita fra i fos-^ili dell'Eocene Veneto (Ronca), cosa al-
quanto dubbia perchè dopo di lui, non fu più rinvenuta né dal dot-
tor YiNASSA, né dairOpPENHEiM. 11 Bayan ed il Tournoììer la riscon-
trarono nel Nummulitìco di Francia (Basse Alpi., ecc.) ed il Fuciis
(Beitrag. zur Kennt. d. Conckyliens. des. Vicent. Tert. Denks. d.
K. Akad. der ^^"is3. Bd. XKX, 1870) nel Toìigriaiio di Castolgomberlo,
mentri! il Bellardi ed il Miciielotti la raccolsero abbondante in quelb»
di Sassello, Carcare, e Cassinelle. 11 prof. Sacco, infine (Bac. ters. del
Piem., pag. 241), la cita dubitativamente waW Aquila aia no delle Col-
line di Chivasso (Colomharoj.
Sembra però, con tulla probabilità, che gli cscnqilari dui Miocene di
Francia, di Vienna e dell'Apennino settentrionale dagli autori riferiti
ad E. caroais debbano, come il 15ollai-di ha notalo, riferirsi ad altra
specie.
I miei esemplari j/rovengono dalle arenarie presso G. Ferri.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 250
Gen. Morio Moiufort. Sl)lto,L^ Galeodea Link.
Galeodea laaroporaitm Sacco (Sacco F., Muli. d. lerr. ters. Piera,
e Lifj. Tom. VII, pag. 67, tav. II, fig. 24 a-b) cum. s/jn.
Modelli interni di piccole dimensioni, ma che per la forma espansa
negli anfratti inferiori, per le grosse costole subrotundate e numerose
su tutta la superficie, corrispondono alla diagnosi ed alle figure clie il
prof. Sacco ha dato di questa specie. Sembra che essa, oltre ad essere
frequente in lutto VElvesiano dei Colli Torinesi, già si riscontri nel
Tongriaìio di Dego, mentre una forma che proliabilmente dovrà a questa
riferirsi la G. taiiropomicm Sacco var. langarum Sacco è abbondante
nel Langhiano dei dintorni di GJavesana (Langìie).
Recentemente il D^ Angelis d'OssAT ei il Luzi (I fossili dello
Seldier di San Severino. Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XVI, 1897, pa-
gina 4) citarono questa specie nel terziario ' delle Marche,
I miei esemplari provengono dalle arenarie sovrastanti al calcare di
Acqui ed in quelle di G. Ferri.
Galeodea cf. tauriaensis Sacco (Sacco F., Moli. d. terr. ter:. Piem.
e Lig. Tom. VII, pag. 6, tav. II, (ig. Ki) cuni. sijn.
Riferimento reso alquanto dubbio dallo stato imperfetto di conser-
vazione del fossile ; più che alla forma tipica si avvicina alla var, glo-
hosotubercolata Sacc.
1 L'età di ([ueste formazioni sembra tuttora assai incerta, imperocché mentre
dagli studi paleontologici dei citati autori, esse parevano langhiane, da quelli stra-
tigrafici recentemente compiuti dal prof. Sacco, Sull'età di alcuni terreni terziari
dell' Apennino (Atti R. Accad. d. Scienz. di Torino. Voi. XXXV, 1900, pag. Ti),
sembrerebbero, al contrario, eoceniche.
200 G. DE ALESSANDRI.
La G. taiirlìieiim fu solo riuveuuta \\(A\: FAoemtiio dei Colli Tori-
nesi, però è da notarsi che gli aiitovi, secondo il Sacco, hanno sovente
confuso questa specie colla tr. echiìiopìiora L., la quale venne riscon-
trata fra i fossili del Tongriaiio (Sassello), e tuttora si rinviene vi-
vente nei nostri mari.
Questa specie si raccoglie nelle arenario del llavanasco . presso C.
Ferri.
Gen. Natica Adanson. — Soliog. Ampullina Blainville.
AmpiUliiia cf. parisieìisis D'Orb. sp. (Oi'picnurim P., Die Kocàiie
Fallila des Moate Pulii bei Valdagno im Vicentino. Zeitsch.
d. Deutsch. geol. Gosell. XLVI, Bd. 2, heft. 1891, pag. 363)
ciim. syii.
Di questa specie ho raccolto un solo esemplare in tale stato di con-
servazione da non essere possibile un preciso riferimento. Le sue di-
mensioni tuttavia, la sua forma e lo sviluppo della spira corrispon-
dono assai bene alle figure che gli autori hanno dato dell' yi. pari-
siensis^ specie così caratteristica del terziario inferiore.
Sembra infatti che essa sia comune nel calcare grossolano di Parigi,
ove V ha rinvenuta il Deshayes (N. mutabilis) ; il Bellardi (Calai,
rais, des foss. umnmulit. dii comté de Nice. Mom de la Soc. Géol,
de France. Paris, 1851) l'annovera sotto il nome di X. mutai ilis ìy^
i fossili della Pailarca, mentre il Bassani, 1' Oppenheim, il Vinassa la
citano fra i fossili eocenici del Vicentino (Ronca, Monte Pulii). 11 Fuciis
infine, sotto il nome di N. Studeri l'ascrive fra i fossili oligocenici di
Monte Grumi, presso Castelgombcrto.
L'esemplare che io ho esaminato proviene dalle arenarie presso C.
Ferri.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 261
Geli. Xenophora Fischer de Wakllieim. Sottog. Tugurium l-'isclier.
Tagurmm sp. Modello intorno, incompleto di un esemplare con di-
mensioni ordinarie, che presenta qualche affinità col T. eMensitm Sow.
sp., del quale con tutta verosimiglianza il T. jioztexiemum Sacco
(Sacco, op. cit., Tom. XX, pag. 20) costituisce una varietà.
Esso proviene dalle arenarie presso C. Ferri.
Gen. Turritella Lamarck. — Sottog. Haustator Moutfort.
Haustator cf. straiigtdatus Grat. sp. (Sacco F., Moli. d. ten',
ter 2. Piem. e Lirj. Tom-. XIX, pag. i(S, tav. Il, fig. 1) cum.
syn.
Modello interno alquanto guasto, il quale per le dimensioni, per lo
sviluppo della spira e per l'ornamentazione della superficie esterna cor-
risponde assai bene ad alcuni esemplari di questa specie, che ho rac-
colto a Dego.
L'//. strangulatits sembra una forma variabilissima, perchè una
sua varietà (var. p^ntraiigiUata Sacc), ({q\V Elvenaiio dei Colli di
Torino, presenta tali dimensioni e gli anfratti così ristretti alia regione
basale da far nascere il dubbio si tratti invece di specie differente.
La forma tipica si raccoglie abbondante nel Tongriano della valle
della Bormida e di Sassello, è rara al contrario woìV Elveziano della
Collina Torinese.
L' esemplare che ho desc»'itto proviene daUe arenarie presso G.
Ferri.
262 G. DE ALESSANDRI.
Gen. Scalarla Lamarck. — Sottog. Clrsostrema Wnxh.
Cirsosirema crassicostatitm Desìi, sp. var. i:)edemoiitaìia Sacco (De
Alessandri G., La Pietra ila Cantoni di lìosigaaiio e di
Vignale. L. e, pag. 150) cicm. syn. — Tav. I, fig. 0.
Esemplare di medie dimensioni, con grosse costole trasverse e con
pliche longitudinali non così turgide come negli esemplari del basso
Monferrato (lìosignano e Vignale). Per tali caratteri esso sembra ac-
costarsi alla var. taurina Sacco, dei Colli Torinesi, dalla quale, perù
la spira meno acuminata la differenzia.
La *S'. Bellardii illustrata dal Pantanelli (Cenno Monog. intorno
alla fauna fossile di Montese. Atti Soc. Natur. di Modena. Serie II,
voi. VI, 1887, pag. 71, tav. Il, fìg. 2), e proveniente dall'Apennino
settentrionale (l'antano), ha puro grandi aflinilà coll'esemplaro che io
ho raccolto; sembra tuUavia che le sue costole siano meno numerose e
quindi più divaricate le une dalle altre.
Mentre lo stato di conservazione degli altri fossili aquitaniani ò quasi
sempre poco buono, questa Scalarla presenta invece la sua conchiglia
perfettamente conservata. 11 fatlo non sombra nuovo, perchè fu già os-
servato dal prof. Pantanelli per le Scalarle di Pantano, nell'Apen-
uino modenese. Egli lo attribuì alla ]n'esenza in questo genere di la-
mine calcaree, sottilissime, parallele alla superficie esterna della con-
chiglia e rialzantesi presso le varici.
Le dimensioni del mio esemplare sono:
Lunghezza 5 anfratli mm. ilO. Larghezza ullinio anfratto mm. IO.
Il Cirsotrema crassicostatum sembi-a caratteristico del Miocene medio
e superiore del bacino della Gironda, dei Colli di Torino, del Basso
Monferrato, e déir7\pennino settentrionale; però come ho già osservalo
in altro mio studio, esso venne generalmente dai paleontologi confuso
con il C. lamellosurn Brocc, sp. il quale secondo I'Hurnes, il Pan-
APPUNTI DI GF/JLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 263
TANELLi ed il De Bouruy (Étiid. crii, des Scalidae mioc. et plioc.
d'Italie. Boll. Soc. Maine. Ii;il. 1801, pag. lOD) si riscoiilra altresì nel
miocene inferiore.
L'esemplare che io ho esaminalo proviene dalle arenarie presso G.
Ferri.
Gen. Astralium Linck. — SoUog. Ormastralium Sacco.
Ormasi ralium carinatum Bors. sp. (Sacco 1''., 3Ioll. d. ierr. ierz.
Piem. e Lig. Tom. XXI, pag. 17, lav. II, fig. 15-22) cum.
sijìi. — Tav. 1, fig. 7.
Parecchi esemplari generalmente deformati e privi di ornamentazione
esterna, alcuni però conservano tuttavia parte della conchiglia.
Per la forma generale, per lo sviluppo della spira, e per le dimen-
sioni relative degli anfratti corrispondono per bene agli esemplari del
bacino di Vienna figurali dall'HuRNES {Foss. Moli. ieri. becL\ Wieii.,
pag. 1-43, tav. 4i, fìg. (i), a quelli dei Colli Torinesi (Pian dei BoschiJ
distinti dal Sacco, come var. prohenica Sacco, ed a quelli d'Aosta
(Francia) illustrati dal Douxami, come var. delphinensis {Etudes
sur les Ierr. ieri, du dauph., ecc. Annal. Univ. de Lyon, 189G,
pag. 279, tav. 712, fìg. 15).
Questa specie, riscontrata dal Manzoni {Il lori, ed i suoi fossil,
nella prov. di Bologna. Bull. E. Com. (leol. Voi. XI, 1880) nel Miocene
superiore dell'Apennino Bolognese, ù frequentissima in tutto il Miocene
medio dei Colli di Torino, della Sardegna (S. Michele), e del bacino
di Vienna. Il Sequenza l'annovera fra i fossili laiighiani della Sicilia,
ed il Grateloup {Atlas conch, foss. du Basin de VAdour. Tom. XIII,
fìg. 510) sotto il nome di Trochus labiosus fra quelli del bacino del-
l'Aquitania.
Il prof. Pantanelli ed il Mazzetti, la raccolsero abbondantissima a
Pantano ed aMontese; 11 Brongniart {Mem. terr.sed. Yicent.., pag. 5(),
204 U. DE ALES:ìANDRI.
tav. IV, fig. 5) la cita fra i molluschi oligoceDici del Vicentino, ed il
prof. Sacco dubitativamente fra quelli del Tongriam di Dego.
I miei esemplari provengono dalle arenarie presso C. Ferri, uno solo
fu raccolto nel calcare di Visone.
Gen. Pecchiolia Meneghini.
Pecchiolia ali. argentea Mar. (Parona C. F., Apjnmti per la Pa-
leontologia miocenica della Sardegna. Boll. Soc. Geol. Ital.
Voi. VI, fase. 3, pag. 323) cmn. syn.
Un modello interno assai conservato, il <jualo riproduce abbastanza
per bene l'ornamentazione esterna costituita da costoline radianti, fitte
e spiccate che si osservano nella forma tipica.
Questa specie si riteneva, quasi da tutti, come caratteristica del ter-
ziario superiore, od infatti fu rinvenuta abbondante nel Pliocene d'Italia
(Piemonte, Toscana, Calabria) e nel Miocene superiore o medio dei
Colli Torinesi, dell'Apennino Bolognese e Marchigiano, della Sardegna,
del bacino di Vienna, del lìodano, ecc., ecc.
II prof. Paxtanelli ed il Mazzetti, tuttavia, annoverano la P. ar-
gentea fra i fossili di Pautuno, il dutt. Sciiaffer (Die fauna des glaiik.
Mergels vom Monte Jìrione. Jahrb. d. k. k. geol. lieich., 1899. Bd.
49. Heft. 4) la raccolse recentemente nel Tongriam di Monte Briono
(Lago di Garda), il Simonelli {Il Monte della Verna ed i suoi
fossili. Boll. Soc. Geol. Ital., Voi. II, pag. 269), la cita abbondante
nelle sabbie di Chiusi (Monto della Verna), eJ il cav. Di Rovasexda,
infine, la rinvenne mdle marne bartoniane avvolgenti il calcare di
Gassino. ^
* Una specie puro vicinissima a (juesta, se puro non dovrà con essa identifi-
carsi, la Pecchiolia tvemmetensis Vine, ò stata recentemente raccolta nelle sabbie
pure bartoniane di Wemmel. (E. Vincent, .Vote préliminaire sur Pecchiolia,
in Bull. d. Séanc. de la Soc, Roy. Malacol. de Delgiq. Agosto, 1807, pag. 29.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 265
L'esemplare che io ho descritto proviene dalle arenarie di C. Ferri.
Gen. Teredo Linneo.
Teredo norvegica Spengler (?) (Parona G. F., Apimaii '[ler la Pa-
leontologia miocenica della Sardegna^ pag. 49) cum. sijn.
Soliti tubi cilindrici a sezione circolare oì elitlica con numerose stroz-
zature e pieghe trasversali. Hanno generalmente grandi dimensioni e si
riscontrano assai frequenti negli ammassi di sostanza nera carboniosa,
che si riscontrano abbondanti nelle formazioni aquitaniauc.
Per quanto la determinazione di questa forma abbia un valore di
poca attendibilità, tuttavia gli autori la citano nel Miocene inferiore
e medio (Aqmtanlano) della Sicilia, (Langhiano) della Sardegna, delle
Marche, ecc., nel Miocene superiore (frequentissima ovunque), nel Plio-
cene, e fra le specie tuttora viventi nei nostri mai'i.
La T. norvegica{ì) è frequentissima nelle arenarie e nel calcare di
Acqui, nel calcare di Visone, e la si riscontra pure, quantunque più
rara, presso C. Ferri.
Gen. Thracia Leach.
Thracia Edwardù Desìi. (Desiiayes G. P., IX'Script. des animaux
sans vertèbres découv. dans le bassin de Paris. Tom. 1,
pag. 200, tav. V, fig. 21-23).
Parecchi esemplari, ridotti quasi sempre a modelli interni. Essi, tut-
tavia, per le dimensioni, per la forma oblunga-trausversa, subequilaterale
e per la superficie delle valve, colle strie di accrescimento assai evidenti
come pure per la depressione fra l'unbone ed il margine posteriore larga,
e poco profonda, corrispondano assai alle forme tipiche. Questa specie
26G G. DE ALESSA-XDRI.
come ha già osservalo il Deshayés richiama graudemeute la T. fa'pij-
racea Poli, fossile nel Miocene medio di Vienna, nel Pliocene del Pia-
centino, nel Grag. rosso d'Inghilterra, nel Postpliocene di Sicilia e
tuttora vivente nei nostri mari; ed ove si eccettuino dimensioni alquanto
maggiori, qualche esemplare si avvicina assai alle figure dell' HGrnes
(Foss. Moli., toni. II, pag. Il), tav. V, fìg. oci-bj, quantunque la forma
sia più allungata.
Anche la 7'. j^haseolùia Lk. sp. (non Kiener, Amjìhidesma pha-
seoliiia Lk.), che probabilmente ò identica alla 2\ 'pafyracea figurata
dai Phillippi, ^ e che I'Aradas ed il Calcara - chiamarono T. Mara-
vignae, presenta grandi affinità con questa, ma ha il margine anteriore
più arrotondato e forma più suborbiculata. La T. trigona Aradas ^ per
rornamentazione delle valve, e per lo sviluppo relativo dei margini si
accosta a qualche esemplare che io ho raccolto, ma ne digerisce per una
maggior larghezza in rapporto alla lunghezza.
La T. heiiacensis Schall, ''' della quale al Museu Civico di Milano si
conservano numerosissimi campioni, provenienti dalla tipica località di
Monte Brione (Lago di Garda), ed alla quale il mio egregio amico
dott. Franz Sciiaffer, crede doversi riferire i miei esemplari, a me
sembra differente, per la forma più ovato-obhmga, pel lato posteriore più
breve e per quello aiilorioro più curvo e tondeggiante.
1 PiULii'Pi R. A., Fauna Molliiscoram Regni Gtriusque Siciliae. lìerlino,
ISI'.G. Voi. 1, pag. i'.).
- Aradas A. e Calcara P., Monografia dei generi Thracia e Clavagella.
(Atti Accad. Gioen. Scienz. Nat. di Catania. Tom. XIX, 18 i2, pag. 211.)
^ Aradas A., Continuazione della descrizione di varie specie nuove di mol-
luschi della Sicilia. (Atti Accad. Gioen. Scienz. Nat. di Catania. Serie II, Tom. HI,
18 iG, pag. 2i7, tav. :5, fig. Wa-b.)
'' SCHAFFER F., Die Fauna des glaukoniliscìien Mergels vom Monte Brione
bei Riva am Gardasee. (Jahrb. d. K. K. Goolog Roichs. Bd. XLIX, heft. i, 18<)!K
pag. 062, tav. 17, fig. l, 5 a-b.)
APPUNTI DI GEOLOGIA li PALEONTOLOGIA, ECC. 267
La 7'. stenochora Rovereto, * che ha strettissime alìhiilà cou hi 7\ Mi-
marsi, sembra luttavia distinta j)er hi superfìcie delle valve con solclii
più spiccati e più prominenti, a decorso più irregolare.
La T. Crassei Mayer {Descript. coquill. foss. terr. lert. inf. Joiirn.
de Gonch., pag. 3G4, tav. VII, fig. 3) ha la forma più espansa, mas-
sime nella regione ventrale e dimensioni alquanto minori. Il Rovereto
(op. cit., pag. 124) asserisce che il Mayer ha riscontrato questa sua
specie nel calcare a nuUipore di Acqui, ma ritengo l' asserzione del
liovERETO non completamente esatta, imperocché tanto nell'opera sopra-
citata, quanto in quella posteriore pubblicata nel 1893 (Bull. Soc. Góol.
d, France. Serie III, Tom. XX, pag. 20), il Mayer non cita tale specie
ad Acqui, ma solo a Santa Giustina.
Infine la T. imhescens Pulteuey, - anch'essa si distingue da questa
specie, per la forma meno allungata e pel margine anteriore più .Irro-
tondato.
Dimensioni
Gl'aude esemplare
Piccolo esemplare
Lunghezza
mm. 44.5
mm. 40
Larghezza
. 30
« 22
La 1. Ediuarsi fu illustrata dal Deshayes sopra esemplari prove-
nienti dalle sabbie inferiori di Ghàlons-sur-Vesle (Parisiano); ed io
l'ho raccolta nelle arenarie presso G. Ferri.
' Rovereto G., Illuslrasione dei J/oUuschi Fossili Tongriani del Museo
Geologico della R. Università di Genova. (Loc. cit., 1000, pag. 135, tav. 7,
fig- 21.)
2 Fischer P., Manuel de Conchgliologie el de Paleontologie conchy liologique.
Paris, 18G7, pag. 1171, tav. 22, fig. 9.
268 G. DE ALliSSANDUI.
Geli. Cardium Linneo. — Soitog. Diseors Deshayes.
Discors cf. discrepans Bast. sp. (Sacco F,, Moll. d. terr. ter:-.
Piem. e Lig. Torn. XXVII, pag. oi, tavola XII, fig. 7-11)
cum. sijn.
K uii riferimento reso dubbio dal pessimo slatd di conservazione dei
fossili, i quali constano del solo modello interno, generalmente assai
scbiacciato.
Per la forma perù, per le dimensioni, e per le fine strie concentricbe
che si osservano numerose sullo impronto esterne cori-ispondono per bene
alle figure del Basterot.
Onesta specie è frequente nel Miocene medio del Piemoule, della Si-
cilia, del bacino di Vienna, della Svizzera, della Francia, dell'Egitto.
Si J'isconlra però, anche, nel Miocene inferiore (Ariuilamaim) della
Sicilia, e nelle arenarie di l^'ontanazzo in Sardegna, arenarie che il I'a-
rona dubita debbano riferirsi ^WAquUaniano.
Il MiciiELOTTi poi, cita questo Cardium nell'Oligocene (Tongriano)
di Dego.
Io ho raccolto i miei esemphui nelle arenarie di G. Ferri.
Gen. Cardila Brugòre. — Sotlog. Actinolobus Klein.
AcUnobolìis cf. Schivaleaaiù HOrn. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter:-.
Piem. e Lig. Tom. XXVII, pag. 30, tavola V, fig. 33, 34)
cum. sìjìi.
Parecchi esemplari ridotti a modelli interni, i quali presentano ab-
b istanza evidenti i caratteri degli esemplari tipici del bacino di Vienna
(HoRXES, Die foss. Moli. Ieri. Peck, von Wien. Abhand. d. K. K.
Ceolog. Peicli. Kd. IV. 1800, pag. 278, lav. XXXVI, fig. i[a-hj\ tut-
APPUNTI DI (ìEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 269
la via il riferimento riesce diibljio, staiUc la grande variabilità di forme
die il genere presenta, e per la mancanza dei caratteri esterni delb;
valve.
Sono forme assai prossime a questa la C. Iloernesiana Vinassa (I
molliisehi delle (jlauconie Bellunesi. Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XX,
pag. 200, tav. IV, fìg. ^a-c) la quale sembra però distinta per un nu-
mero minore di costole e per la forma più espansa nella regione ven-
trale, e la C. brioneiisis Scliaffer (Die fauna der glaukon. Merg. vom
Monte Brione. 1. e, pag. 4, tav. I, fìg. 6-7),- la quale pare più rigonfia
agli amboni e presenta il margine ventrale più tondeggiante.
VA. Schiualenaui è specie del Miocene medio del bacino di Vienna
e dei Colli Torinesi.
Gli esemplari che io ho esaminato provengono da G. Ferri e dalle
arenario presso le Terme di Acqui.
Geli. Nucula Lamarck.
Nacula sulcata Bronn. (Sacco F., Moli. d. terr. terz. Piem. e Lig.
Tom. XXVI, pag. 47, tav. XI, fìg. 7-11) cum. syn.
Riferisco a questa specie delle numerose impronte e dei modelli interni,
i quali per la forma transversa ovato-cordata, por lo spiccate costoline
concentriche della superficie esterna e per le dimensioni, corrispondono
assai bene agli esemplari illustrati dal Sacco e dal Bellardi (NiicuUd.
Piem. e Lig., 187.5).
, Questa specie e comune nel Pliocene del Piemonte, della Liguria,
della Sicilia ed anche dell'Italia centrale (Roma), come pure nel Mio-
cene dei Colli Torinesi e dell'Apeunino settentrionale.
Il Bronn (Hai. Tert. geb., pag. 109) l'ha citata altresì fra i fos-
sili eocenici di Roma, ma il prof. Sacco dubita che ciò possa dipen-
dere probabilmente da qualche errore iniziale di provenienza, quan-
Vol. XXXIX. 18
270 G. DE ALESSANDRI.
tuiiqiie egli ritenga che la specie rimonti di certo fino al Miocene in-
feriore.
È frequente nelle arenarie di G. Ferri.
Gen. Pectenculus List. — Sottog. Axinaea Pelei.
Axiìiaea bormicUaiia May. sp. (Sacco F., Moli. d. Urr. terz. Piem.
e Lig., Tom. XXVI, pag. 37, tav. IX, fìg. il-13) cum. syn.
Qualche esemplare rappresentato da modelli interni, i quali per la
forma rotouda-subquadrata, per le finissime strie interne di accresci-
mento, le quali sono concentriche, equidistanti e numerose, per il mar-
gine cardinale retto, e per le dimensioni corrispondono alla diagnosi di
questa specie, che ha dato il Mayer (Moll. Tert. du Mas. Fédér. di
Zurig. Ili Gah., pag. 110), ed alle figure che di essa ha dato il pro-
fessor Sacco.
Il Mayer ha già raccolto questa specie nel suo Tongriano III
(Aquitaniano) di Monte Cavatore, a ])reve distanza ilalle formazioni
di C. Ferri, ove io l'ho recentemente riscontrata.
Essa è poi frequentissima nel Tongriano subapenuinico di Garcare,
Dego, Mioglia, Squaneto, Sassello, Santa Giustina, Grognardo, Cassi-
nelle, ecc.
Gen. Pecten Plinius.
Pecleu revoMiis Micht. (Sacco F., Moli. d. terr. ters, Piem. e Lig,
Tom. XXIV, pag. 63, tav. XX, fig. 10-18) eim. s//n.
Un esemplare di valva inferiore, abbastanza conservato ma incom-
pleto, presenta 1-4 costole, ma più sottili e più spiccate di quelli dei
Golii Torinesi e del Basso Monferrato, che si conservano nel Museo
Geologico di Torino.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 271
Questa specie oltre che nel bacino terziario Piemontese, fu anche
riscontrata dal Parona fra i fossili di S. Michele in Sardegna e dal
Seguenza nelle formazioni Aquitaniane, in quelle Langhiane, ed in
quelle Elvesiaue della prov. di Reggio (Calabria).
Il Trabucco la ritiene comune nel calcare di Acqui ed in quello di
Visone; io ho raccolto l'unico esemplare di essa nel calcare di Acqui.
Sottog. Amussiopecten Sacco.
Amussiopeten bur dig ale as is Lk. (Ugolini R., Monog. d. Peti. mioc.
deW Italia centrale. Boll. Soc. Mal. Ital. Voi. XX, 1899,
pag. 190) cum. s>ja. ^ — Tav. I, lig. 8.
Parecchi esemplari in ottimo stato di conservazione, di forma ed or-
namentazione tipica.
Questa specie ha una grande diffusione in tutto il Miocene medio del
Piemonte, dell'Italia centrale, e di quella insulare, del Bacino di Vienna,
della Francia e dell'Egitto.
Il prof. Parona però la cita nell' arenaria di Fontanazzo (Sarde-
gna), arenaria che egli dubita possa spettare d\Y Aquila niano, ed in
quella di Gastelsardo che il prof. Lovisato dalle coudizioni stratigra-
fiche ritiene aquitaniana; e recentemente il Buckh l'annovera fra i
fossili dell'Oligocene superiore, o Miocene inferiore dei dintorni di Nagy-
Maros (Ungheria).
Il SiSMONDA (op. cit., pag. 445) dice essere questa specie fi'equeute
nel calcare del Monte Stregone, io al contrario la credo assai rara ; il
1 II dott. Ugolini ha riscontrato questa specie ed il P. comeiim nelle forma-
zioni arenacee e marnose di Monte Corno (Forca, di Valle) presso il Gran Sasso,
formazioni che egli ritiene mioceniche; però come ho già osservato riguardo alla
Galeodea cf. tauropomum il prof. Sacco (Sull'età di alcuni terr. terz. delVA-
pennino, pag. 79) sarebbe indotto dagli studi stratigratìci a considerarlo eoceniche.
272 G. DE ALESSANDRI.
Trabucco la rinvenne a Visone, Ponzone, Vesime; io l'ho raccolta al-
tresì nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui ed in quelle presso
G. Ferri.
Sottog, Pseudamussium Klein.
rseudamussium corneum Sow, sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter:.
Piem. e Lig. Tom. XXIV, pag. 51, tav. XIV, fig. 20-39).
— Amussium corneum (Ugolini R., Monog. dei Peti, del-
l' Italia centrale, pag. 187), cum. syn. Tav. I, fig. 9 a-b.
Numerosi esemplari conservatissimi, nei quali la forma tipicamente
orbicolare, la superficie esterna liscia e le numerose costoline interne
stabiliscono la loro perfetta corrispondenza con quelli dei Colli Torinesi,
del Basso Monferrato, come anche con quelli del bacino di Vienna illu-
strati dall' PIuRNES, e con quelli della Galizia figurati dal Reuss (P. dc-
nudatus).
Questa specie è frequentissima nel Miocene medio e superiore del-
l'Italia (Piemonte. Emilia, Romagna, Marche, Abruzzo, Sicilia,
Sardegna, Malta, ecc.). Il Taramelli però (Geol. delle Provincie
Venete. Atti d. Real xiccad. d. Lincei. Serie III, Voi. XIII, pag. 469) la
cita con qualche dubbio negli strati di Schio (Aljmgo, Ponte di Scìiin-
caz.), il Vincent (TÀUe des coquill. du long. inf. du Limbourg Belg.
Annal. d. 1. Soc. Roy. Malac. de Belg. Tom. XXI, 1886) la rinvenne
nel Tongriano del Limburgo (Belgio), ed il Mariani infine [La mo-
lassa mioc. di Varano. Att. Soc. Ital. Se. Nat. Voi. XXV, pag. 8)
nella molassa bartoniana di Varano.
Il De Stefani raccolse questo Pettine nelle arenarie in vicinanza
alla Borraida fra Villa Satragni e Ponti, io presso G. Ferri e più oltre
al Monte Gapriolo (Cavatore), ove è assai abbondante.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. Zio
Sottog. Propeamussium De-Gregorio.
Fi'opeamussium ancoìiitanum For. sp. (Ugolini R., Monog. d. Pett.
mioc. dell' Ital. ceiitr. Boll. Soc. Mal. Ital. Voi. XX, 1899,
pag. 188) cimi. sijn.
Di questa specie dalle valve sottili, tipicamente solcate, colle grosse
costole interne, le quali si arrestano a due terzi circa della lunghezza
fra l'umbone ed il margine ventrale, ho raccolto io pure un piccolo
esemplare, il quale per la superficie esterna aderisce fortemente alla
roccia, ma che tuttavia mi permette una determinazione abbastanza
sicura.
11 P. anconitanmn è frequente nel Miocene medio del Piemonte e
dell'Italia centrale come pure nella regione Sud-Est della Sicilia (Ca-
pici I., Sulla determ. cromi, del cale, a selce piron., ecc. nella
regione Sud-Est della Sicilia. Boll, R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. XI,
1880, pag. 402).
11 prof. Mariani però lo rinvenne nella melassa di Varano (Eocene).
11 De Stefani raccolse questa specie in vicinanza alla Bormida
fra Villa Satragni e Ponti, io nelle arenarie sovrastanti al calcare di
Acqui.
Sottog. Parvamussium Sacco.
Parvamitssium duodecimlamellatum Bronu. sp. (Sacco F., Moli. d.
terr. ter::. Pieni, e Lig. Tom. XXIV, pag. 48, tav. XFV, fi-
gura 8-6) Clini, sijii. — Tav. II, fig. 10.
Piccolo esemplare colla superficie alquanto erosa, nel quale sono ben
evidenti le caratteristiche lamelle interne in numero di 10, che si ar-
restano in prossimità del margine ventrale.
274 G. DE ALESSANDRI.
Questa specie abl)ouclauto nel Pliocene (Piemonte, Emilia, ecc.) ò
diffusa in tutto il Miocene del Piemonte stesso e dell'Italia centrale
(Bologna^ Modena, Parma, ecc.), della Sardegna, della Sicilia, del ba-
cino di Vienna e della Grecia.
Il prof. Mariani però (La molassa mioc. di Varano, pag. 8) la
cita fra quelle della molassa bartoniana di Varano,
Il prof. De Stefani raccolse esemplari di essa nelle arenarie in vi-
cinanza alla Bormida, fra Villa Satragni e Ponti, io V ho rinvenuta nella
valle del Ravanasco (G. Ferri).
Sottog. Macrochlamys Sacco.
Macrochlamys Holgeri Geintz. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter:.
Piem. e Lig. Tom. XXIV, tav. XI, fig. 1-9) cum. s//n.
Specie di grandi dimensioni dalla forma espausa, colle grosse costole
lievemente appiattite, colle orecchiette larghe, solcate da fine strie tra-
sversali; è diffusa "^in tutto X Elve:iiano del Piemonte, quantunque sia
quasi sempre rappresentata da scarsi esemplari.
Anche nel bacino di Vienna, nella Svizzera, ed in Francia venne
riscontrata nel Miocene medio, e talora in quello superiore.
Il Seguenza tuttavia (Forma:, ter:. Prov. di Reggio Calabria,
pag. 41) sotto il nome di J*. simple.c Micht. cita questa specie nel
Tongriano di Antouimina.
Il prof. Trabucco raccolse vari esemplari di M. lIolg<yri nel calcare
di Acqui ed in quello di Visone; io ho rinvenulo solo un grande esem-
plare di buona conservazione nelle arenarie presso C. Ferri, ed uno di
pessima conservazione ne! calcare presso Visone.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. Zi.)
Soiiog. Aequipeeten Fischer.
Aequipecte/i scaìrrmsculas Math. sp. (Sacco F., 3Ioll. d. terr. ters.
Piera, e Lig. Tom. XXV, pag. 30, tav. IX, fig. 1-4) cum. syn.
Grandi esemplari di biioua conservazione, i quali per il numero delle
costole e per la loro forma ed ornamentazione caratteristica si acco-
stano più che alla forma tipica alla var. dUnica del Coppi. Le orec-
chiette sono grandi ed hanno la superfìcie solcata da una fine stria-
tura radiale, la quale però è meno pronunziata di quella degli esem-
plari di Francia figurati dal Gaudry (Moli. foss. chi Moni. Leberoìt,
pag. 115, tav. XX, fig. G-9).
Sembra che questa specie abbia una grande variabilità di ornamen-
tazione, tuttavia sarei io pure di parere coli' Ugolini (Moiiog. d. Peti.
Mioc. dell' Ital. Ceatr., pag. 169) di tenerla distinta dall'ai. Camare-
tensis Font., che ha un numero di costole alquanto maggiore e più spic-
cate, mentre la forma della conchiglia sembra più tondeggiante nel mar-
gine palleale, e più rigonfia nella regione ventrale.
VA. scabriusculus si raccoglie abbondante nel ^Miocene medio del
Piemonte (Serralimga), e dell' Apennino Pavese (Varzi), come pure
in quello della Toscana (Rosignano Marittimo), della Francia (Bou
che-du-Rìióne) e dell'Andalusia.
I miei esemplari provengono dal calcare di Visone.
Aequifecten Baveri Micht. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter.:. Pieni,
e Lig. Tom. XXIV, pag. 22, tav. VII, fig. 1-10) cura. S)ja.
— Tav. I, fig. 11.
Grande valva sinistra, che per le dimensioni, per la forma, e per
r ornamentazione corrisponde appieno agli esemplari tipici dei Colli
Torinesi.
276 ^- DE ALESSANDRI.
Questa specie ha grandi analogie coli'.4. spinolosus Miinst., col quale
venne sovente confusa, è perù ben distinta dall' J. XoJiem Fuchs, come
recentemente ha dimostrato il dott. R. Ugolini.
VA. Baveri è frequente in tutto il Miocene del Piemonte; il Gum-
BEL però (Ueber die Grfmerde vom Monte Baldo. Sitz. d. math,
phis. Glass, d. K. bay. Akad. d. AViss. Miincheu, 1896) lo cita nel
Toìujriano di Monte Brione (Lago di Garda), ed il Manzoni (Il
Monte Titano, i suol fossili, la sm età ed il suo modo d'origine.
Boll. Com. Geol. d'Ital. A^ol. IV, pag. 13) in quello di Monte Titano
(E. S. Marino). Secondo il prof. Sacco gli esemplari di Acqui e di
Visone, riferiti dal prof. Trabucco a questa specie, vanno in parte
identificati doWA. Northamjptoni, specie frequentissima di queste lo-
calità.
Ho raccolto quest'esemplare nell'arenaria presso G. Ferri.
Aequipecten Northamptoni Micht. sp. e Aequipecten oblltaquensis,
Sacco (Sacco F., Moli. d. lerr. terz. Piem. e Lig. Tom.
XXIV, pag. 16 e 18, tav. IV, fig. 1-6 e tav. V, fig. Mi)
cmn. sijn.
Gli esemplari spettanti a questa specie presentano l' ornamentazione
elegantemente costala è squamosa, la forma suborbicolare come quelli
dei Golii Torinesi. Non avendo il Michelotti dato la figura, né una
descrizione particolareggiata di queste) Pecten, il prof. Parona (App^
Paleont. Mioc. d. Sardeg., pag. 311), il Siminonelli (Terr, e foss.
isola di Pianosa, pag. 232) ed io (La pietra da Cant, di Rosig.
e Vign., pag. 58) riferimmo esemplari spettanti ad esso al P. Boni-
faeiensis Locard.
Il prof. Sacco, avendo avuto j'ecentemente in esame gli esemplari
tipici del Michelotti, potè stabilire l' identità fra questa specie e quella
del Locard e quindi per le regole delia priorità accettò il nome, che il
Michelotti aveva proposto.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 2 i t
Io sono di parere che con VA. Northamptoni debba identificarsi I'^l.
oblitaquensis Sacco, perdio, dall'esame di numerosissimi esemplari, io
mi sono convinto che per graduali passaggi di sviluppo e di ornamen-
tazione dalla specie dei Sacco si giunge all'J.. Norihamjitoni var.
oblita Micht. e da essa alla forma tipica, la quale d'altronde si diffe-
renzia solamente per le squame e le rugosità delle costole.
VA. Northamptoni è frequente in tutto il Miocene medio e supe-
riore d'Italia; il Parona lo annovera però anche fra i fossili delle are-
narie di Fontanazzo (Sardegna), che egli crede spettare ^WAqicitaniano,
il dott. ScHAFFER (Beìtrcuj. ^ur Parali, d. Mìoc. des Piemont. Tert.
mit denen des Wien. Beck. 1898, pag. 407) lo rinvenne nei conglo-
merati tongriani presso Crea (Casale).
Io ho raccolto numerosissimi esemplari di questa specie nelle are-
narie e nel calcare di Acqui, nel calcare di Visone e nelle arenarie
presso G. Ferri.
Aequipecteìi Malvinae Dub. sp. (Sacco F., 3Ioll. d. terr. terz. Piem.
e Lig. Tom. XXIV, pag. IG, tav. IH, fig. 3()-40) cmn. sìju.
Gli esemplari constano generalmente del solo modello interno, ma la
forma caratteristica e le numerose costuline della superficie interna delle
valve permettono tuttavia una sicura determinazione.
Onesta specie è frequente in tutto il Miocene medio e superiore del-
l'Europa, delle Azzorre e dell'Egitto. Receutemente.il prof. De Stefani
e il dott. Fantappiè l'hanno citata nel calcare del Viterbese (Podere
Ravicmi), ma sembra che probabilmente si tratti di altra specie ; '^
* L' età di questo calcare ò stata alquanto controversa fra i sovracitati autori
{I terreni Itrz. sup. dei dintorni di Viterbo, in Atti R. Acca I. d. Lincei. Voi. Vili,
fase. ;'0, i quali la ritennero elveziana e l'ing. Clerici (Appunti per la geol. del
Viterò., in Atti R. Accad. d. Lincei. Voi IV, fase. 2), il quale vorrebbe conside-
rarla pliocenica.
Sembra però che da una recento nota pubblicata dal dott. G. Di-Stefano e dal-
l' ing. Sabatini (Sopra un calcare pliocenico dei dintorni di Viterbo, in Atti R.
278 G. DE ALESSAXDUI.
menlre il Bmui (Die geolog. verh/d. der UiKjeb. von Nayij. Mai-os.
Mill, aud d. Jarb. cl. Kgl. Ungar. Geolog. Auslall. Bel. Xlll, Heft. I,
1899) la riiiveime abbondante nel Miocene medio dell'Ungheria (Magij,
Maros) ed il De Angelis d'Ossat (Contrib. allo studio jìaleont. del-
l'alta valle dell' Amie ne. Boll. Soc. Geol. Ital, Voi. XVI, 1898, pag. 312)
in quello di Tagliacozzo. VA. Malvinae tuttavia sembra clie si riscon-
tri anche nel Terziario inferiore perchè il De Angelis ed il Luzi (Op.
cit., pag. G4) lo citano fra i fossili di San Severino Y3/<'/''<?/^^^ e nelle
Cumit. Geol. d'Ital. Voi. XXX, n. i, 1899) sia liiininosaraente dimostralo che il
Miocene non esiste nei ilinlorni di Viterbo, come già prima il Mkli ed il Sabatini
stesso avevano asserhj.
Nel Museo Civico di Milano esiste un'interessante raccolta di fossili di questa
località, fatta fin dal 1885 dal prof. G. Mergalli; essa proviene dai due giaci-
menti pliocenici di Bagnaia e della Mattonaia, l'età dei quali non fu causa di di-
vergenze fra cotesti studiosi. Ilo esaminato tuttavia questa fauna, perchè oltre alle
specie che già il Di Stefano (Di Stefano in Sabatini, Relizione sul lavoro ese-
(judo nel triennio 1806'97-9H sia vulcani dell'Italia centrale e i loro prodotti.
Boll. i;. Gomit. (ieol. d'Ital. Voi. XXX, n. l, 1899, pag. 35) aveva annoverato
in dette località, no scorsi parecchie non ancora ritate e che ini parvero interes-
santi a conoscersi.
Eccone l'elenco :
l'mbriìiaT'ì Un bellissimo dente per dimensioni e por forma perfettamente
identico a quelli descritti sotto il nome di ombrina Pccchioli Lawlev, del Plio-
cene di Savona. Mattonaia.
Oxijrhiìia hastalis Agass. Un dente che per le grandi dimensioni ricorda
quelli del Pliocene Toscano illustrati dal Lawlev sotto il nome di 0. Agassizii.
Mattonaia.
Natica ^plglottina Lk. Numerosi esemplari. Bagnaia.
Soeltia taurina Bell. sp. Bagnaia.
Surcula Da Stefanii Beli. Duo esemplari. Bagnala.
Pleurotoma monile Brocc. Due esemplari. Bagnaia.
Brissopsis Lyrifera Agass. Duo esemplari di buona conservazione e nume-
rosi frammenti. Mattonaia.
Cidaris Desmouliaii Sism. Bagnala.
Dorocidaris cf. 'jiapillata Leske. Bagnaia.
Pinus sp. Duo strobili. Mattonaia.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 279
arenarie di Molile Corno (Liraa Sasso d'Italia), arenarie che il Baldacci
ed il Canavari giù fin dai 1884 riferirono all'Oligocene superiore.
Come già il Trabucco ha osservato, questa specie è frequente nel
calcare di Ac([ui ed in quello di Visone.
(len. Chlamys Boi ten.
Chlamys cf. iauroper striata Sacco (Sacco F., Moli. d. ierr. ter 2.
Piera, e Lig. Tom. .WIV, pag. S, tav. 1, lìg. 28-34) cim.
Sljil.
Piccola valva destra aderente alla roccia per là sua superfìcie esterna;
da ciò ne consegue l'incertezza del riferimento, quantunque la forma,
lo sviluppo delle orecchiette e le impressioni di numerose costole corri-
spondano a quelle degli esemplari tipici.
Questa specie è frequente waW Elve::iaiio del Piemonte ; il dott. Schaf-
FER la cita altresì nel Miocene superiore di Bocca d'Asino, ove non
sembra rara ; io ho raccolto di essa un unico esemplare nelle arenarie
sovrastanti al calcare di Acqui.
(jen. Radula llumphius. Sottog. Acesta Adams.
Acesta miocenica Slsm. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. terz. Piem. e
Lig. Tom. XXV, pag. 19, tav. V, fig. 23-29) cam. s/jn.
Numerosi e belli esemplari di [lei'l'elta conservazione, alcuni dei quali
con grandi dimensioni {Lioigìi. centm. 16, Lctrg. centm. 11, Spesso/-e
ceiitm. 3,5), dalla forma tipicamente espansa, dalle valve esilissime, sol-
cale da fitte strie concentriche evidenti su tutta la superficie.
Questa specie ha una grande persistenza nella serie stratigrafica; il
cav. L. Di PiOvasenda (/ fossili di Gassino. Boll. Soc. Geol. llal.,
Voi. XI, pag. 415) la raccolse nelle marne e sabbie bartoniaue av-
280 0. DE A LESSA X Din.
volgenti il calcare di Gasyiuo, il Sacco la cila nel Toiigriam della
valle della Bormida, presso Spigno ed a Reboaro, il Paxtaxelli ed il
]\Iazzetti la raccolsero a Montese, ed infine il Sequenza {Le Formaz.
ter:, della Prov. di Reggio (Calabria). Atti R. Accad. d. Lincei. Se-
rie III, voi. VI, pag. 41) la rinvenne nel Toiigriaiio di Agnana e di
Antouimiua (Calabria). L\l. miocenica non è rara neW Aquitaniano
delle Langlie e nel Langhiano dei Colli Torinesi e delle Lauglie stesse ;
mentre è assai frequente wqVC Elveùano del Piemonte e del bacino di
Vienna. Recentemente il Gafigi l'annoverò altresì fra i fossili del Mio-
cene medio del Sud-Est della Sicilia.
Il SiSMONDA ha già citata questa specie fra i fossili del calcare di
Acqui; essa ò ivi infatti frequentissima negli strati arenacei sovrastami
al calcare stesso; io l'ho pure rinvenuta presso C. Ferri.
Gcn. Gryphaea Lamark. Sottog. Pycnodonta Fischer do Waldh.
Pijcnodoiiia cochlear Poli var. iiavicularis (Br.) (Sacco F., Moli,
d. terr. ter;:. Piem. e Lig. Tom. XXIII, pag. 22, tav. Vili,
fig. 2-0) cmn. sìjii.
Esemplari di mediocre sviluppo generalmente accuminati verso l'um-
bone. Onesta specie è abbondante nel terziario medio e superiore del
Piemonte e dellTtalia in genere.
Recentemente fu raccolta nei calcari marnosi di San Severino (Marche)
dal De Axcelis e dal Luzi ; nel Toiigriam di Serraluuga dallo Sghaf-
FEii (Beitr. sur Parali, der Miocàn. des Piemont. Tert. mit. denen
d. Wiener Beck. Jahr. d. k. L. geol. Reiclis. \\A. XL-Vlll, lloft Ili,
1898, pag. 406), wdV Aquitaniano di Relluno dal doli. Vi.xassa (I
molluschi delle glaucoma^ Bell., I. r., pag. 201), nello Scìdier dello
Culline Bolognesi dal Simonelu, nel Miocene medio della Sicilia dal
Cafici, ed in quello del gruppo del Gatria dal Morena (Le formai,
eocenich. e miocenic. fiancheg. il grufyo del Catria jiell'Apj). Centi'.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 281
Boll. Soc. Geni. Hai, Voi. XVIII, 1879, pag. 479), come anche nel
Tortoniano di Sardegna dal Parona e dal Marl\nl
La P. cochlear var. navicular^ ò frequente nelle arenarie e nel
calcare di Acqui, nel calcare di Visone, nello arenarie di C. Ferri ed
al Monte Capriolo presso Cavatore.
(ìen. Terebratula Lhwyd.
Terebratula sp. ind. Tav. I, fig. 12 a-b.
Ho raccolto di essa numerosi esemplari, dalla forma ovata-veutricosa,
e talora romboidale, dall'apice assai prominente al disopra della pic-
cola valva, dalla fronte troncata colla linea commissurale lievemente
sinuosa. Per tali caratteri essi si avvicinano grandemente alla T. vi-
trea Boru. quantunque tale riferimento sia alquanto dubbio.
Qualche esemplare di forma tipica, ristretto nella regione umbonale,
e rigonfio in avanti sembrerebbe corrispondere a quelli figurati dal
Fischer sotto il nome di T. manticula (Fischer, Descript, d. nouv.
hracMop. du terr. tert. raoy. du Sud-Ovest de la France. Journ. de
Condivi, Serie III, Tom. IX, pag. 81) e forse rappresenta forme inter-
medie fra questa nuova specie del Fischer e quella del Born. Le di-
mensioni degli esemplari, che io ho esaminato, corrispondono quasi esat-
tamente a quelle di alcune forme di T. vitrea del Miocene di Sicilia;
sembra però che con tutta probabilità la specie abbia subito dal Mio-
cene in poi un processo evolutivo retogrado riguardo allo svolgimento
delle valve ; infatti esse decrescono di sviluppo dal Miocene al Plic-
cene e dal Pliocene alle forme attuali. È stato lungamente discusso e
controverso fra i paleontologi se alla T. vitrea dovesse riferirsi la
7. minor del Philipp:.
11 Davidson tuttavia, al quale si deve senza dubbio riconoscere un
autorità grandissima in fatto di Brachiopodi, dopo essere stato lunga-
mente incerto su tale questione {On recent Terebratulae. Annal. and
:^82 G. DE ALESSANDRI.
Magaz. of Nat. Hist., 1861, pag. 12. On Italian Tertiary Brachio-
poda. Geol. Magaz. Vol. Yll, N. 8, 1870, pag. 367) nell'ultimo suo
studio (Report, on the Brachiopoda, Report, of the scient. result, of
the Voyage of IL M. S. Challenger) fuse assieme le due specie,
consideraudo la seconda come semplice varietà della prima.
La T. uitrea fu riscontrata fossile nel Postpliocene o nel Pliocene
di Sicilia, nel Pliocene della Calabria (Reggio) e dell'Emilia (Mongar-
dino), nel Miocene pure della Sicilia e dell'Emilia. (Bortolotti, Contrib.
alla conoscen:. dei fos.'^. del Miocene medio del Bolog. Rivista Ital.
di Paleontol Anno IV. Voi. 11, pag. 55), mentre la var. minor fu rac-
colta \\<ò\V Elvezia no della Liguria dall' Issel {Catalog, d. fossil, della
Pietra di Finale. P.otl. R. Com. Geol. d'Ital. Voi. XV-K, pag. 40,
lav. Il, fig. 16 0 17) ed in quello del Monferrato dal Trabucco {Sid
C'.icmnifes Carjoenetensis delle marne Elveziane di Carpeneto. Atti
Soc. Lig. d. Scieiiz. Nat. Voi. Il, pag. 1).
Il SiSMONDA ha già citato la T. vitrea nelle arenarie di Acqui, tut-
tavia io non sono convinto trattarsi realmente di questa specie. Io ho
raccolto numerosi esemplari di questa Terebratula nelle arenarie presso
le Terme di Acqui, come pure nelle marne sovrastanti al calcare di
Visone, e nelle arenarie della valle del Ravanasco (G. Ferri).
Gen. Spatangus Klein,
Spatangus corsicus Agass. e Desor. (Airagih C, Echinidi del ba-
cino della Bormida. Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVIII, 1899,
pag. 39) cnm. syn.
Specie piuttosto rara, con esemplari di buona conservazione e di
forma tipica.
Finora fu raccolta abbondante nel Miocene medio del Piemonte, della
Sai'degna e della Corsica; il De Loriol {fJchinid. tert. dii Portugal.
Direct, des trav. géol. du Portug., pag. 47) la cita altresì fra i fossili
APPUNTI DI GEOLOGIA E l'ALEOXTOLOGIA, ECC. Zòo
del bacino del Tago, ma senza indicazione precisa del piano di pro-
venienza.
Il Mazzetti però la rinvenne ancho nella molassa serpeniinosa presso
Salto (Mo)itese).
Gli esemplari elio io liu raccolto furono studiati dai dott. Airaghi e
provengono dalle arenarie di C. Ferri.
(ieu. Pericosmus Agassiz.
Pericosmiùs spatangoides De Loriol (Aikagiii C, Echiaidi del bacino
della Bormida, pag. 35, tav. VII, lìg. 6 a-c-) cani. s/jn.
Numerosi esemplari, alcuni raccolti recentemente e di buona conser-
vazione.
Questa specie è propria del Terziario inferiore; il dott. Botto-Micga
[Gontribiu. allo Slud. degli Ecìiinid. terz. del Pieni. Boll. Soc. Geolog.
ital. Voi. XV, pag. 25) la citò pel primo in Piemonte nel Tongriano
di Garcare, successivamente il dott. Airaghi la rinvenne anche fra i
fossili di Dego, esistenti nella collezione Mighelotti (Roma); il Da-
mes {Bie Ecìiiii. der Vicent. un Veroti. Tertiàr-Ablag . Paleoutogra-
phica, 1877, pag. 64) ed il Bittner {Beitràg. sur Keanlniss. Alttert.
Echin. Fauneii der Slidalpen^ 1880, pag. 66 e 100) l'avevano già
annoverata fra i fossili eocenici di San Giovanni Ilararione (Veneto), ed
il De Loriol [Bescrip. des Ecliinid. foss. de la Suisse. Mem. d. la
.Soc. Pai. Suisse, pag. 112) fra quelli eocenici di Trittfluh presso Ein-
sieldeln, e di Stoeckweid (cantone di Scìuvgt:).
Il dott. Airaghi ha già illustrato parecchi esemplari di questa
specie rinvenuti presso C. Ferri, recentemente io l'ho riscontrata anche
nel calcare di Acqui ed in quello di Visone.
28i G. DE ALKSSAXUKI.
Pericosmus Marianii Airag. (Airaghi C, Echmidi del bacino della
Bormida, pag. 37, tav. VII, fig. 7 a-d).
Specie assai rara ; apparlieue secondo I'Airaghi al gruppo del l\ moit-
ievialensis Dames dell'Oligocene del Vicentino.
Proviene dalle arenarie del Ravanasco presso G. Ferri.
Gen. Echinolampas Gray.
Rehiaolampas plagiosomus Agass. sp. (Airaghi C., Echinidi del ba-
cino della Bormida^ pag. 24) cum. sjjn.
È questa la specie caratteristica delle formazioni aquitaniaue dei din
torni di Acqui. Si riscontra frequente ovunque ; nel calcare e nella
arenarie di Acqui, nel calcare di Visoue, nelle arenarie del Monte Stre-
gone (Lussito), in quelle di G. Ferri, al Bricco presso Grognardo, ed al
Monte Gapriolo presso Cavatore.
Questa specie dell'Agassiz fu per lungo tempo ascritta al gen. Cc-
nocl>j2)eus. Il De Loriol pel primo, ^ successivamente il Gotteau^ di-
mostrarono sovratutto per i caratteri del peristoma e del periproto la
sua spettanza al gen. Echinolampas; recantemente fu riferita al nuovo
gen. Conolampas dall' Agassis (Alessandro), ma io ritengo tale riferi-
mento non giustificato.
Essa è comunissima nel Miocene d'Italia e dell' Europa in genere,
il Mazzetti però [Echinod. foss. di Moni., pag. 16) la cita nella mo-
1 De Loriol. Monog. dés Echinid. coni, dans les couches nummulit. de
l'/'Jgypte. (Móm. d. 1. Soc Pliys. et Hist. Nat. do Genove. Tom. XKVII, 1880,
pag. 77.)
2 GOTTEA.U G., Paléont. Frane. Terr. terz. (Eocène). Echinides. Tom. Il,
pag. 194. — Déscript. des Échinldes miocènes de la Sardaigne. (Móm. de la
Soc. Góol. d. France. Tom. V, 1805, pag. 31.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 2S5
lassa di Santa Maria Vigliana e di Moiitese, il Manzoni nelle arenarie
di Monte Titano (Rep. d. San Marino) ed il De Loriol nell'Eocene
d' Egitto.
Geo. Coptosoma Desor.
Coptosoma Alexandra Airag. (Airagiii C, Echinidi del bacino della
Bormida, pag. 1), tav. Vi, fig. 1.)
Specie assai rara ; l'unico esemplare è quello descritto e figurato
dal dott. Airagiii ; proviene dalle arenarie del Ravanasco presso C. Ferri,
e fu ad errore dall'AiRAGHi indicato nelle arenarie di Acqui.
Gen. Flabellum Lesson.
Flabellum eMensum Miclit. ^ (Slmonelli V., Antozoi lìliocemci del
Ponticello di Savena presso Bologna. Palaeoniographica ita-
lica. Voi. I, pag. 153) cmn. sijn. — Tav. I, fig. 13.
Numerosi esemplari, i piii sviluppati dei quali hanno un'altezza
di 36 millm. circa, mentre il diametro maggiore è di circa 49 millm.;
il margine superiore è curvato ad arco, lo sviluppo del quale varia
da 100" a 120°; le faccie di compressione sono quasi piane o lieve-
mente curve verso la regione centrale.
Questa specie, tuttora vivente, ha una grande diffusione nel Pliocene
d'Italia (Piemonte, Piacentino, Sicilia) e della Catalogna (De Ange-
Lis G., Descript, de los Antos. foss. Plioc. de Catalana, pag. 21),
come pure nel Miocene superiore e medio dell'llalia (Piemonte, Sici-
lia, ecc.) della Francia, del Belgio, della Spagna e dell'Australia.
1 Colgo l'occasione per ringraziare vivamente la signorina E. Osasco por i
preziosi consigli che mi ha suggerito nella determinazione di questa specie.
Voi, \x.xi.x. 19
286 G. DE ALESSANDRI.
Il Sequenza però {Formai, terz. prov. di Reggio j pag. 5G) rac-
colse questa specie anche neWAquitaniano di Siilo.
Io l'ho rinvenuta frequente nel calcare e nelle arenarie di Acqui e
nelle arenarie del Ravauasco presso C. Ferri,
Gen. Lithothamnium Philippi.
Lithothamnium undulatum Gaped. (Gapeder G-., Contribuzione allo
stitdio dei Litotamni terziari del Piemonte^ pag. 10, tav. I,
fig. 8-)
Ho riferito a questa specie del dott. Gapeder uq gran numero di
esemplari di grandi dimensioni, ed il riferimento mi è stato altresì
confermato dal dott. Gapeder stesso, al quale spedii parte del mate-
riale. È una specie facilmente distinguibile, sia per la sua forma esterna,
sia per le dimensioni dei concettacoli e delle celle, le quali negli esem-
plari esaminati sono :
( lunghezza inni. 0.300.
Concettacoli. -.li, r, kc-
\ altezza » 0.1 Go.
j lunghezza « 0.0087.
^^^^^ \ altezza « 0.0326.
Questi Lithothamnium sono oltremodo abbondanti nel calcare di Acqui
è nelle arenarie ad essi sovrastanti, come pure nelle arenarie della
valle del Ravanasco presso G. Ferri.
Probabilmente deve riferirsi a questa specie il L. racemus Aresch.,
che il prof. Trabucco dice riscontrarsi abbondantissimo attorno ad
Acqui.
APPUMI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 287
Geo. Paleodictyon Meneghini.
Paleodlctìjoii rahiconis Scarab. (Scarabelli G., Descriz. della Carta
geolog. del vermut, settentr. dell'Appennino fra il Montone e
la Foglia. Monog. statistic, ecouom. ammiuist. della Prov. di
Forlì. 1880, pag. 47.)
Fossile frequente in tutta la regione e nei diversi piani della serie
miocenica.
Credo io pure col De Stefani che a P. rubiconi^, specie descritta già
dal 1880 dal Senatore Scarabelli, debba riferirsi il P. tectiforme
Sacco fondato sopra alcuni esemplari dQÌVMvezianó delle Langhe nel-
r anno ISSO. (Sacco F., Int. ad ale. imp. organ, dei terr. terz.
del Piem. Att. R. Acc. Se. di Tor. Vol. XXXI.)
Il P. rubiconi^ si riscontra abbastanza frequente nel Tongriano dei
dintorni di Forlì e presso Sogliano (Capellini, Giac. petrol, di Valac-
chia^ pag. 30-36j; il Trabucco (// Langìi. della Prov. di Firenze.
Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XIV) lo cita nel Langìiiano della Prov. di
Firenze e in quello dell'alto Monferrato; esso è pure frequente udVElve-
ziano delle Langhe e di Moùtabone (vai Bogliona).
Io ho raccolto numerosi esemplari riferibili a questa specie lungo il
torrente Piavanasco, in massi arenacei, ed in lastre franate dalle sponde
vicine; l'ho pure riscontrato presso Ponti, ove lo cita anche il De Ste-
fani {Afjen. fra l'Alt, e la Pole, pag. 252).
Del genere Paleodictyon si ò recentemente occupato con accurate
ricerche bibliograficho il prof. Sacco (Note sur r origine des Paleo-
dictyon. Bull d. l. Soc. Belge de Géol. Tom. XXIII, 1899) il quale
conchiuse doversi considerare questo fossile come originato dal movi-
mento ondoso delle acque. ''
1 Riguardo a tali curiose impronto, ho potuto stabilirò in questi ultimi tempi
alcune osservazioni, che potrebbero spiegarne la probabile origine. Già da alcuni
288 G. DE ALESSANDRI.
*
* *
Dall' esame di questa fauna si scorge facilmeiilo come essa sia co-
sliluita (la un predominio di forme mioceniche, anzi, diciamolo subito,
da numerosissime specie elveziane.
anni io avevo osservato nei mesi di Luglio e di Agosto lungo i torrenti delle
falde apenniniche, ove l'acqua più stagnava, zone con reticolazioni esagonali, le
quali per la loro forma e le loro dimensioni corrispondevano assai a quelle che si
distinguono col nomo di Paleodlcttjon, e tali reticolazioni si distinguevano solo, ove
più numerosi pullulavano i girini dei comune Bufo vulgaris.
Lo scorso estate, trovandomi in Acqui verso la fine di Luglio, rinvenni nume-
rose plaghe reticolato lungo il torrente Ravanasco. Le celle esagonali avevano una
larghezza pressapoco di 3 centimetri ed una profondità di 2 centimetri all'incirca.
1 girini vivevano sul fondo melmoso, in parte isolati occupando ciascuno una cella,
ed in parte verso il centro dei ristagni addossati in ammassi informi. Essi conti-
nuamente spostandosi, nel distaccarsi dal fondo agitavano colla coda la melma, la
quale si sollevava intorbidando l'acqua e veniva in parte asportata ed in parte
ricadeva nuovamente in basso, accumulandosi sempre più sui setti di separazione
fra le celle, i quali ingrossavano e si elevavano rapidamente. I Latraci passando
così senza posa da una cella all'altra producevano continuatamente lo stesso effetto
e quindi progrediva l' escavazione dell'area cellulare. Lo spazio compreso fra due
celle attigue corrispondeva appunto all' estensione degli sbalzi successivi, dimodoché
ogni cella rappresentava una sosta dell'animale durante il suo cammino ordinario.
Osservato a lungo tali impronte, e scolta una località non disturbata, intrapresi
su di esse alcune osservazioni, cho andai man mano compiendo nei giorni successivi.
Disfeci dapprima colla mano un buon numero di tali reticolazioni e scorsi dopo
pochissimo tempo come osse nuovamente si riproducevano, ma più distintamente
spiccavano, e più rapido ricomparivano ove maggiore era il numero dei girini. Iso-
lai in seguito con una barriera di sassi un esteso lombo del mio campo di osser-
vazione, dopo averne allontanalo gli abitanti irrequieti, e ne uguagliai il suolo, ma,
durante tutto il periodo trascorso nelle mie investigazioni, più non scorsi traccia
di impronte reticolate. Invece in un altro recinto, che io avevo lasciato libero per
una limitata apertura alle visite dei piccoli balraci, osservai nei giorni successivi
riprodursi a poco a poco le reticolazioni, lo quali presentavano una leggera conver-
genza verso il punto di entrata.
in. tutti questi luoghi il movimenlo ondoso dell'acqua pareva nullo, perchè essa
stagnava tranquilla nel fondo incassato del torrente, il quale verso la metà di
Agosto si era ossicato lasciando raro pozze, ovo numerosi si raccoglievano gli an-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 289
Il Mayer, ^ il Sequenza, - il Depéret, ^ ed il Sacco ''* avevano già
riscontrato tale analogia nelle faune aquitaniaue della Svizzera, della
Calabria, del bacino del Rodano e dei Colli di Torino.
fibi. Cercai di stabilire con più precisione il fatto e scelta un'altra area sgombra di
girini, la circondai con una piccola reticella di filo, la quale impediva bensì l'ac-
cesso agli animali, ma per la sua tenue consistenza e per le sue larghe maglie
non era tale da arrestare i movimenti dell'acqua, e neppure in questa zona si ri-
produssero le reticolazioni. Negli ultimi giorni di Agosto, per compiuta metamor-
fosi, i batraci man mano abbandonarono le acque, e da quell' epoca in avanti più
non scorsi traccia di nuove impronte.
Dietro tali osservazioni a me sembri che il gen. Paleodlctyon potrebbe rite-
nersi come originato dall'opera di animali marini, che vivessero a guisa dei girini
sui fondi dei litorali. Esse confermano pienamente le ricerche in proposito del Silliman
e del Hitchcock. 11 Silliman infatti, avendo già fin dal 1850 (Silliman B., Mee-
ting of the American Association for the advancement of Science. New-Haven,
1850) osservato cavità sferoidali in banchi siluriani del Niagara Group di New- York,
le ritenne come prodotte da girini, mentre contemporaneamente il dott. N. S. Manross
osservava che cavità identiche erano prodotte dal movimento rotatorio di essi.
11 prof. E. Hitchcock nel 185G (Hitchcock E., Meeting of the American
Association for the advancement of Science. Albany, 1856), senza avere cono-
scenza dei lavori del Silliman, rinvenne impronte reticolate simili a Paleodictyon nel
Red Shales di South Hadley nel Massachussetts ed avendo egli pure scorto le stesse
impronte nelle località a fondo melmoso del South Hadley, impronte che egli ritenne
dovute a girini, riconfermò 1" ipotesi del predecessore sopra un' identica origine.
E l'anno dopo egli, studiando meglio tali reticolazioni in un pantano formato
da straripamento del fiume Connecticut si convinse vieppiù che esse erano prodotte
da batraci, e precisamente dai girini della Rana fluviatilis (?) e le chiamò città
di girini o meglio nidi di girini.
Successivamente I'Hitchcock stesso, occupandosi nel 1858 (Hitchcock E., Ichno-
logy of New-Engand. Boston, 1858, pag. 122, tav. XXI e L) delle arenarie della
valle del Connecticut, chiamò le impronte reticolale, che su esse si presentavano,
col nome di Batracoides dando del genere la diagnosi seguente: Animali Latra-
ciani, analoghi ad alcune specie di Rane, e ne illustrò due specie.
1 Mayer C, Catalogue systémat. et déscript. des fossiles des terrains ter-
tiaires. (Journ. de la Soc. de Selene. Nat. de Zurich.)
- Seguenza G., Le formazioni terziarie nella Provincia di Reggio Calabria.
(Atti R. Accad, dei Lincei. Serie III. Voi. IV, 1880, pag. 49 (estratto.))
^ Dépéret M., Classification et parallélisme du systènie Miocène. (Bull. Soc.
Géol. de France. Sèrie III, Tom. XXI, 1899.)
"* Sacco E., // Bacino terziario del Piemonte. 1889-90, pag, 334,
290 G. DE ALESSANDRI.
A differeuza però delle faune tipiche elveziane di San Gallo, del ba-
cino di Vienna, dei Colli Torinesi, in essa si ricontrano alcune specie
quali il Scymiius trituratila Wink, sp., la Thracia Edward Desh.,
VAxùiaea bormicUana May. sp., il Pericosmus spatawjoides De Lor.,
proprie dell'Oligocene e taluna dell'Eocene superiore ; ed altre alquanto
dubbie, quali VAmpuUina cf. parmenm, VHaustator cf, strangulatus
Grat. sp., il Biscors cf. discrepans Bast, sp., le quali pure raggiun-
gono il loro maggiore sviluppo e la loro più ampia dispersione nel
terziario inferiore.
Un caso anologo si verifica anche ueWAqiiitamano del bacino di
Vienna (strati di Loibersdorf), ove, fra un complesso di specie elve-
ziane, il SuESS ed il FuGiis rinvennero alcune specie {Cardium cìn-
gulatum Gold., Murex capito Pliil., Xenophora cmnulans Brongn.)
schiettamente oligoceniche.
La posizione cronologica di questo piano è pure confermata dal
genere Squalodon (S. Gastaldii Brandt), il quale anche in L'rancia,
a Bari (valle del Rodano)^ compare nello stesso orizzonte, con una
specie vicinissima, lo S. harrieme Jourdan, specie che si riscontra
ancora neWAqtiitaniano dell'alta Austria (Linz) e nella Bassa Ba-
viera (Bleichembach).
Costituita questa fauna, quasi esclusivamente dal Benthos, tanto ses-
sile, che vaglie (Lamellibr anelli ^ Cirripedi, Echini, Brachiopodi e
Coralli), con scarsi rappresentanti del Nekton (Cetacei, Squali, Ce-
falopodi), essa manifesta nettamente la sua formazione in un mare
basso e costiero, ossia nella zona a laminarie, come d'altronde la sua
costituzione litologica già aveva dimostrato.
Tenendo conto separatamente delle specie rinvenute nelle tre località
sopracitate, si scorge la conferma di quanto la stratigrafia aveva sta-
bilito, cioè come la fauna delle arenarie di C. Ferri sia alquanto
più antica di quella del calcare di Acqui, e presenti maggiori alTinità
con quella del calcare e delle iironario di Visone, mentre quella di
Acqui stabilisce un evidente passaggio alle faune langhiano. Dalle ana-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 291
logie che la faima di quest' ultime località ha con quella laiighiaua,
trassero argomento alcuni geologi, che si occuparono di queste regioni,
per negare la presenza ùeìVAquitamano, facendo risaltare come carat-
tere di grande valore, la presenza in esse MV At uria Aturl e dei
Pteropodi.
Premetto che, per quante minuziose indagini io abbia fatto nei din-
torni delle Terme di Acqui ed a Visone, io non sono riuscito a rinve-
nirvi avanzi di Pteropodi, ma con ciò io non voglio negare la loro pre-
senza in altre località vicine deìVAquitamano^ anzi ritengo fermamente
che essi possano trovarsi abbastanza numerosi in tale formazione.
Riguardo zWAtwria Atun_, non credo sia il caso di soffermarsi per
discuterne lo scarso valore stratigrafico e cronologico, perchè, come ho
già altrove fatto osservare, la specie dall'Eocene (Suessoniano) di
Londra passa all' Oligocene ed è ditliisa in tutto il Miocene, ove si
estingue nella parte superiore (Tortoaiam).
In quanto ai Pteropodi, osserverò io pure coli' amico dott. Bona-
RELLi 1 come essi non bastino assolutamente a determinare la precisa
età di un terreno, sia perchè si presentano ad avere specificamente una
distribuzione assai ampia, sia perchè fanghi a Pteropodi possono es-
sersi benissimo depositati in tutti i periodi del terziario.
Così nel bacino eocenico di Parigi le ricerche del Lefèvre e del
Vatelet, 2 quelle del Dollfuss e Ramond, ^ e recentemente quelle del
Gossmann ^ hanno dimostrato la presenza di parecchie specie di Pte-
1 BoNARELLi G,, Alcune formazioni terziarie fossilifere dell'Umbria. (Boll.
Soc. Geol. Ital. Voi. XVII, 1899, pag. 486.)
2 Lefèvre et Vatelet, Note sur des Pteropodes du genre Spirialis décou-
verts dans le bassin de Paris. (Annales de la Société Malacolog. de Belgique.
Tom. XV, 1870.)
2 Dollfuss et Ramond, Liste des Pteropodes du Terrain Tertiaire Parisien.
(Annales de la Société Malacolog. de Belgique. Tom. XX, 1885.)
■* GosMANN M., Catalogue illustre des coquilles fossiles de l'Eocène des en-
virons de Paris. (Annal. de la Soc. Roy. Malacolog. de Belgique. Tom, XXVI,
1891.)
292 G. DE ALESSANDRI.
ropodi, ed ia Italia il Lotti dapprima nelle formazioni maruoso-are-
nacee (macigno) dell'Apennino settentrionale, formazioni che egli riferì
all'Eocene, 1 riscontrò numerosi avanzi di essi, e più tardi il Sacco -
li rinvenne pure abbondanti in marne friabili bartooiane dell'Apen-
nino romagnolo. Nell'Oligocene furono riscontrati dal Rolle ' nella Ger-
mania del Nord, e dal Ludwig nel Belgio, -^ mentre il Fuchs dapprima ■'
ed il SiMONELLi dipoi ^ illustrarono parecchie specie deWAquitamano
di Malta.
Gli studi poi del Bellardi, ^ dell' Hurnes, ^"^ del Mayer, ' del Se-
GUEXZA, 1*^ del Simonelli, '^ dell' AuDENiNO, ^- del Vixassa, ^^ del De
1 Lotti B., Sull'Eocene dell'Appennino selterdrionale e toscano. (Boll. R.
Goinit. Geol. d'Ital. Tom. XXVI, XXVII, XXXI, 1895-96-99.)
2 Sacco F., L'Appennino settentrionale. Parte IV. (Boll. Soc. Geol. Ital.
Voi. XVIII. 1899, pag. 366.)
3 RoLLE F., Ueber einige neue oder wening gekannte Mollusken-Arten aus
tert. ablag. (Sitz. d. Kais. Akad. der Wissensch. Wien. Bd. XLIV, 1861.)
-* Recentemente mi fu comunicato dal Sig. A. Colla un' esemplare di Balantium
sp. raccolto nello Stampiano di Taglioio.
5 Fuchs T., Das alter der Tertmrschichten von Malta. (Sitz. der Kais.
Akad. der Wissensch. Wien. Bd. LXX, pag. 99, 1875.)
' SiMONELLi V., Di un nuovo Pteropode del Miocene di Malta. (Boll. Soc.
Geo!. Ita!. Voi. XIV, 1895.)
" Bellardi L., / Molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Li-
guria. Parte I, 1873, pag. 23.
^ HoRNES M., Fossil. Moli, des Tert.-Beckem von Wien. Bd. I, 1885.
'■> Mayer G., Description des coquilles des terrains tertiares, ecc. (Journal de
Gonchigl. Voi. XVI, pag. 100 e seg., 1868.)
1" Sequenza G., Paleontologia malacologica dei terreni terziari di Messina,
Pteropodi ed Heteropodi. (Mem. Soc. Ita!. Scienz. Nat. Voi. II. Milano, 1867.)
11 Simonelli V., Sopra due nuovi Pterdpodi delle argille di Siviszano nel
Parmense. (Boli. Soc. Geol. Ital. Voi. XV, 1896, pag. 182) ed Appunti sopra la
fauna e l'età dei terreni di Vigoleno. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XV, 1896,
pag. 339.)
12 Audenino F., I Pteropodi Miocenici del Monte dei Cappuccini in Torino.
(Boli, della Soc. Malacoi. Italiana. Voi. XX, 1897.)
13 VixASSA P., Sopra un nuovo Pteropode del Miocene del Bolognese. (Ri-
vista Ital. di Paleont. Anno IV, fase. 3, 1898, pag. 83.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 293
Angelis ^ ecc., ci dimostrauo altresì che, olirò ad essere i Pteropodi
frequenti nel i\lioc0ne inferiore e medio, essi lo sono anche in quello
superiore e nel Pliocene.
In alcune località del ]\Iiocene medio (Elveziano), quali ad esempio
al Monte dei Cappuccini presso Torino, essi costituiscono veri fanghi
caratteristici.
E che i Pteropodi siano di scarso sussidio alla cronologia dei ter-
reni, lo dimostra facilmente la grande persistenza, che essi presentano
nella serie stratigrafica. Invero dagli studi che il Kittl ha fatto su
quelli del Miocene ungherese - risulta, come sopra 18 specie illustrate
9 siano tuttora viventi nei nostri mari, ed è pure noto come la Spina-
lis liospes Eolie, comparsa nell' Oligocene superiore della Germania,
si riscontri ancora vivente nel Mediterraneo.
Anche riguardo alla loro dispersione batimetrica si hanno cifre assai
varie; infatti, mentre dagli scandagli del Travailleur e del Challenger,
resi noti per la parte che riguarda i Pteropodi dal Fischer ^ e dal
Pelsener, ^ si sa che essi vivono abbondanti nelle profondità marine,
ove formano i noti fanghi a Pteropodi, in profondità non superiori a
1200 metri, ossia nella zona fra i depositi litorali e quelli a globi-
gerine, da quelli del Murray '' risulta che essi si riscontrano anche a
profondità assai minori, e che sono pure numerosissimi in depositi poco
1 De Angelis G., Contribuzione allo Studio Paleontologico dell'Alta Valle
dell'Amene. (Boll. Soc. Geo). Ital. Voi. XVI, 1897, pag. 29G.)
2 Kittl E , Weber die mioc. Pteropoden van Oesterreich - Ungarn, ( Annal.
d. K. K. Naturh. Hofmusoums. Bd. 1. Wien, 1886.)
•^ Fischer P., Diagnoses des espcces nouvelles des mollusques recueillies
dans le cours des explorations du Travailleur. (Journ. de Gonchigliol. Tome
XXX, 1881.)
^ Pelsener, Report on the Pteropoda collected bg II. M. S. Cìiallenger.
(Rep. on the scene. Res. of H. M. S. Challenger Zool. Voi. XXIII, 1888.)
3 Murray, Report on Deep. Sea.-Deposit. band on the specimen collected
during the vogage of the Challenger. Trad. A. Daubrée. (Bull. Soc. Belg. do Geo!.
Tom. VII. 1897.)
29-4 G. DE ALESSANDRI.
profondi vicino alle terre tropicali, ed eccezionalmente presso scogliere
coralline (alle Antille e alle Azzorre) e presso isole oceaniche.
Tale fatto spiegherebbe appunto la presenza dei Pteropodi, nei cal-
cari e nelle arenarie della zona aquitaniaua.
Nel Mediterraneo, come gli studi del Gatraixe, ^ del Costa, - del
Benoit, ^ del Philippi, ^ del Tiberi ■' e di tanti altri hanno stabilito, ri-
sulta come essi siano abbondanti lungo le spiaggie aperte, ed in alto
mare, ove vivono raramente isolali, per lo più in istuoli numerosi, le
spoglie dei quali si accumulano sui fondi e lungo i litorali.
La loro area zoologica ò pure assai sviluppata, e le stesse specie si
riscontrano nelle regioni più lontane sia nell'Atlantico che nel Pacifico.
E dagli studi recenti del Tate ^ risulta pure, che nell' Eocene del-
l'Australia si riscontrano generi e specie di grandissima allìnità con
quelle conosciute nei depositi terziari dell'Europa,
La faujia, che io ho illustrato, presenta strette analogie colle faune
aquilaniane di Saucats, di Leognan e di Merignac, nel bacino della Dor-
dogna, con quelle dei faluns di Sausset nella valle del Rodano, e con quelle
delle molasse e coi calcari a Pecten Holgeri di Eggenburg, Gauden-
dorf e Loibersdorf del bacino di Vienna, ciò che manifesta una proba-
bile comunicazione durante l'epoca aquitaniaua di tutte queste regioni,
comunicazione che doveva esistere a Sud della catena pirenica, pro-
babilmente attraverso il bacino del Guadalquivir.
Essa dimostra anche come V Aqmtaniauo paleontologicamente pre-
senti grandi affinità col Miocene e quindi sia cosa naturale il disgiun-
1 GA.TRAINE, Malacologie méditerannéenne. Bruxelles, i8i0.
2 Costa 0. G., Fauna del Regno di Napoli. Animali Molli. Napoli, 18-il.
3 Bénoit, Ricerche maiacologiche. Messina, 1813.
•* PiiiLii'Pi A. 11., Fauna molluscoram Regni ulriusjue SiciUae. Voi. II,
1844.
'•> TtcERi, Cefalopodi, Pteropodi ed Ileteropodi viventi nei Mediterraneo e
fossili nei terreni terziari italiani. (Boll. Soc. Malac. Voi. VI, 1780.)
fi Tate R., .4 Review of the older Ttrl. Moll mca of .Australia. (Transl. of
the Roy. Society of South Australia. Vol. XXIII, part. 2, 1809, pag. 2C0.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 295
gerlo dall' Oligocene, come recentemeiite hanno fatto il I.'enevier, ^ il
Sacco, ^ ed il P'allot. ^
L'avere scisso il Langhiano tipico di Pareto in due piani diilerenti
Aquitaniano e Langhicuio (strictu sensu) sembra cosa abbastanza
naturale, imperciocché la loro costituzione litologica e la loro fàuna
sono ben distinte e caratteristicamente diverse.
Che questi due piani Aquitaniano e Langhiano corrispondano poi
in realtà a due formazioni depositate successivamente in due diversi pe-
riodi, non vorrei aliermare. Anzi a me sembra cosa probabile l'ammet-
tere, come ammisi riguardo ai due piani dell'Oligocene, che essi rap-
presentino due facies una litoranea e l'altra pelagica di un deposito
sincrono, al quale nella serie cronologica spetterebbe naturalmente l'an-
tico nome di Langhiano.
Con ciò io sono ben lungi dall'accettare pel rimanente del Miocene
l'ipotesi del De Stefani, ^ la quale, come già dissi, considera i differenti
piani del Miocene (Langhiano^ Elveziano, Tortomano, MessinianoJ^
corno facies differenti di una formazione sincrona ; ma di essa mi oc-
cuperò partitamente più oltre.
Ad oriente del profilo esaminato V Aquitaniano si restringe in una
stretta zona, che da Visone si dirige verso Gremolino, comprendendo
le alture a Sud di Morsasco e di Trissobbio. Inferiormente esso pre-
senta il banco calcareo, che man mano assottigliandosi, cede il campo
alle arenarie, mentre nella parte superiore ricompaiono i soliti strati
arenacei compatti, alternati da marne azzurrine o gialliccie.
1 Renevier e., Chronographe Géologique. (Corapte-Rendu du Congrès géo-
logique international. Lausanne, 1897, pag. 5G2.)
2 Sacco F., Sur la classification des terrains tertiares. (Gorapte-Rondu du
Congrès géologique international. Lausanne, 1897, pag. 317.)
3 Fallot C, Sur la classification du néogène inférieur. (Extr. d. Compte-
Rendu de la séance de la Soc. Géol. d. France du 19 juin 1893, pag. 78.)
^ De Stefani C, Les terrains tertiaires supérieurs du bassin de la Medi-
terranée. (Anna), de la Soc. Góol. de Belgique. Tom. XVIII, 1891.)
296 Cr. DE ALESSANDRI.
Lq direzione degli strati è quasi sempre da Ovest-Nord-Ovest ad
Est-Siid-Est, la loro inclinazione è di 15" circa Nord-Nord-Uvest. La
tectonica è abbastanza regolare. L'ing. Bianchi^ cita piccoli disturbi
locali presso la C. Quartina, in vicinanza di Visone ed altri io ho ri-
scontrato sulle rive della Bormida, in vicinanza dei Bagni detti di Mon-
tecatini ; ma veri importanti disturbi stratigrafici si osservano solo nella
regione compresa fra Trissobbio e Roccagrimalda, ove il Miocene medio
costituisce un'ampia anticlinale, della quale fu abrasa la cerniera. La
denudazione di questi strati fu certamente assai profonda giudicandone
dalla parte asportata in questa piega. Nella valle della Stura la zona
aquitaniana va sempre più restringendosi, presentando ovunque la sua ti-
pica costituzione litologica e la quasi completa mancanza di ogni avanzo
fossile, ove si eccettuino impronte di Paleodictyon, traccie di Zoo-
jìhicos e gusci di Teredo^ sempre però di pessima conservazione.
L' ameno bacino, ove giace la città di Ovada, fu originato da una
potente abrasione dell'Orba e della Stura, nelle marme scistose dello
Stampiano. Esso venne limitato a Sud da una ferace distesa di colline,
costituite dalla zona aquitaniana, che coi suoi banchi arenacei compatti
costituì un valido argine all' azione erosiva delle acque. Nella valle
del torrente Piota, ad Est di G. Bricco, in alcuni strati marmosi pro-
fondamente alterati, ho raccolto valve di Lepadidi, e rari frammenti
di Molluschi ; ivi però, ed in tutta la regione ad Est della valle della
Stura, mancando alla base deìVAc/iùitamauo il grande banco arenaceo,
il suo limite inferiore è sovente alquanto indeciso e talora allatto
arbitrario.
A Nord di Lerina o di Mornesc i banchi arenacei scistosi e psammi-
tici presentano una notevole compattezza ed omogeneità, che li rendono
pregiati materiali da taglio e da costruzione, nei quali però frequenti
inclusioni carboniose diminuiscono talora il pregio industriale.
' Bianchi A., Op. cit., pag. 7.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 297
Nella valle della Scrivia YAquitaiUano ha la facies tipica ed una
tectoiiica assai regolare.
Ad Occidente dcdla valle del Ravanasco la zona acjuitaniàna costi-
tuisce tutta la collina di Cavatore e di Melazzo, spingendosi a Sui
verso Pouzone, fino al Monte Capriolo, del quale costituisce la parte
superiore. Presso C. Croce presenta evidentissimo il banco basale, il
quale si erge a picco sulle formazioni sottostanti.
L' arenaria ivi ha colorazione verdiccia e costituzione glauconiosa,
poco compatta ; presenta numerosi avanzi di Bivalvi, di ottima conser-
vazione fra i quali abbondantissimo il Pecten ( Pseudamussiiim) cor-
neum. Sow.
La disposizione stratigrafica è regolare in tutta la regione, eccettuate
le vicinanze di Melazzo, ove lungo la Bormida, presso la G. Maddalena,
e lungo l'Erro, sotto all'abitato, si hanno pieghe e contorcimenti assai
pronunziati.
Sulla sinistra dell'Erro a Castelletto, a Montecrescente ed a Ponti la
plaga aquitaniaua, assai mossa ed irregolare, rivestita da folto am-
manto di vegetazione, acquista uno sviluppo assai rilevante, raggiungendo
in alcuni punti l'elevazione considerevole di 538 metri sul livello del
mare, cifra però che non rappresenta ancora il massimo di elevazione
aeWAquitaniano perchè più ad occidente, nella regione compresa fra
le due Bormide, al Bric Torrione presso Roccaverauo, esso raggiunge
i 772 metri di altezza.
Presso borgata Satragni, come già il De Stefani aveva osservato, sono
frequenti gii avanzi di Molluschi (Ostree ^ Pecten, Lucine ^ Car-
dium,, ecc.), di Crostacei e di Squali, i quali sono altresì assai abbon-
danti" oltre la Bormida, lungo il torrente Orano e nel rio degli Sponsi,
sotto San Giorgio Scarampi.
La regione colJiuesca posta fra le valli delle due Bormide è quasi
completamente costituita da depositi aquitaniani, i quali raggiungono
ivi il loro massimo sviluppo in potenza ed estensione; e dai dintorni
di Cortemiglia piegando a Sud, per Peiiedo, Serole, Torre-Uzzoue, Sca-
293 Cr- DE ALESSANDRI.
Ietta, Geugio, essi si spingono nella valle del Tauaro, ove nelle vicinanze
di Cava formano un'ampia plaga, nella quale durante i lavori per la
ferrovia Savona-Torino, furono raccolti abbondanti avanzi fossili, però
di pessima conservazione.
Nella parte inferiore di questa zona i banchi arenacei, grigiastri e
compatti, sono in alcuni punti, come a Merana e sopra Piana-Grixia,
disturbati da locali contorcimenti, e stabiliscono una precisa delimita-
zione coi depositi stampiaui sottostanti; ma superiormente le marne az-
zurrine 0 gialliccie, interstratificate dalle arenarie, assumono il predo-
minio sugli altri depositi e rendono assai incerta la linea di separa-
zione col Langhiano.
Langhiano.
Anzitutto una breve digressione. Si è cercato in questi ultimi tempi
da alcuni distinti geologi di sostituire nella nomenclatura stratigrafica dei
terreni terziari il termine di Bardigaliano ^ a quello di Langhiano.
11 Depèret dapprima, il Meunier-Ciialmas ed il De Lapparent dipoi,
in seguito il Renevier ed il Pellai accettarono questa sostituzione,
la quale fu anche recentemente adottata nella colorazione della carta
geologica di Francia.
Ciò è evidentemente in urto palese con tutto le regole e le consue-
tudini scientifiche.
Infatti ammettono questi autori, come il Bitrdigaliano corrisponda
stratigraficamente alla serie dei terreni, che il Suess nel bacino di Vienna
ha chiamato /" Piano mediterraneo, e nel quale sono compresi supe-
riormente lo Schlier (marne ad Atiiria Aturi e Pteropodi) ed iufe-
riormoute gli strati di Eggenburg, Gaudeinlorf o Loibersdorf. Per essi il
Langhiano non può rappresentare tutte le formazioni del 1° Piano me-
diterraneo, poiché corrispondendo allo Schlier costituisce, secondo loro.
Da Burdigala (Bordeaux).
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 299
solo un orizzonte iiitormedio fra i duo piani del bacino di Vienna, ciò
che in parto è verissimo ; senoiicliè bisogna ritenere che Io Schlier
non rappresenta un orizzonte intermedio tra i due piani in cui il
SuESS ha diviso le formazioni terziarie del bacino di Vienna, ma
bensì la parte superiore del 1° Piano mediterraneo. E la sua fauna,
come gli studi del Fuch.s, ^ dell' Hurnes, - del Kittl, ^ del Manzoni, '
dello Sghaffer, •' e di altri hanno stabilito, corrisponde perfettamente
a quella delle nostre marne a Pteropodi^, le quali sovrastanno alle for-
mazioni calcareo-areuacee dQÌVAqmtaniano (calcare di Acqui, ecc.) e
sottostanno alle molasse d^VC Ebjeùano (Piano di Serravalle o di
Siqwga, ecc.).
Ritenuta così la piena corrispondenza dello Scldier colle marne a
Pteropodi delle formazioni subapenniuiche, ne consegue che i depositi
ad esso sottostanti (Strati di Horn, di Eggenhurg, ecc.), i quali stra-
tigrafìcameute e paleontologicamente corrispondono alle formazioni a Sud
di Acqui (calcari, arenarie, ecc.), rappresentano il Miocene inferiore,
ossia quanto in questi ultimi tempi il Fallot, il Renevier, il Mayer
ed il Sacco hanno chiamato Aquitaniano. ^ Dimodoché il /" Piano
mediterraneo rappresenterebbe l'assieme del Langliiano e à.Q\V Aqui-
taniano.
1 FocHS T., Petrefante aus dem Schlier von Hall und Kremsmùnster in.
Oòeróslerreich. (Verhandl. d. Goolog. Reichsanst., 1874, N. 5.)
2 HoRNES M., Dì.e Fauna des Schlier von Ottnang. (Jahrb. d. Iv. Iv. Geolog.
Reichsanst. Bd. XXV, heft. 4, 1875.)
3 Kittl E., Ueber die miocenen Pteropoden von Oe&lerreicìi-Uagarn, (An-
na!, d. Iv. Iv. Naturhistor. Hofmuseiims. Bd. I, N. 2, 1886.)
■* Manzoni A., Lo Schlier dell'alta Austria e lo Schlier delle Colline di
Bologna. (Boll. R. Comit. Geo!. d'Italia. Voi. VII, 1876.)
5 ScHAFFER F., Der marine Tegel twn Thebea-Neudorf in Ungarn. (JahrK.
d. K. K. Geolog. Reichsanst. Bd. XLVII, heft. 3, 1898.)
'^ E ciò è cosa accettata anche dal De L.vpparent, il quale nel suo Traile de
Geologie. Tom. II, pag 1508, riferisce le formazioni di Horn, nelle quali la base
è costituita dall'orizzonte di Molt ^W Aquitaniano.
300 G. DE ALESSANDItl.
Ora l'ammettere, come in generale i geologi francesi hanno fatto, che
il BurcUgaliano sovrasti ^\V Aquitaniano nella serie stratigrafica, è
cosa contradditoria, imperciocché, accettando ciò, si stabilirebbe una serie,
ove una formazione sarebbe riferita a due piani differenti. In caso con-
trario, 0 VAquitamano di questi autori corrisponde al nostro Oligo-
cene superiore, cosa che la fauna dei suoi depositi contraddice, oppure
bisognerà accettare la suddivisione del Douxami, ' che pone il BurcU-
galiano (== I" Pia/io mediterraneo) come formazione di base del
Miocene, e ricollocare VAquitaniano nell'Oligocene, ossia ritenerlo si-
nonimo di quanto si distingue col nome di Stampiano^ o di Tongriano
superiore, come dir si voglia.
Ed in quale contraddizione induca il voler sostituire il termine di
Burdigaliano nella serie stratigrafica, dandogli lo sviluppo dei geologi
francesi, ce lo addimostra il Depèret stesso, il quale dapprima osserva : -
t; Lo Schlier austriaco è compreso fra la parte elevata del 1° Piano me-
diterraneo ( Horner schitschen) e la base del ir Piano mediterraneo
(Strati di Grundy od a Cardita Jouanneti) come le marne a Ptero-
podi sono sormontale dall'orizzonte di Torino a Cardita Jouanneti e
riposano sopra le arenarie e le molasse del /" Piano mediterraneo
(strati dì Acqui) n , ciò che vorrebbe dire essere gli strati di Acqui bur-
digaliani. Ma poco dopo nel novembre dell'anno istesso congedando la
sua memoria sul Miocene ^ ed accettando le idee del Sacco asserisce che
uell'Apeuniuo : « sopra ai conglomerati longriani, riposa una serie potente
di marne grigie alle quali succede dopo Arquata Scrivia una nuova
serie più arenacea, che incomincia con un grosso banco elevato di are-
narie, banco già osservato dal Mayer e dal Sacco j- (ciò che dimostra
1 Douxami E , Etudes sur Us terrain>i terliaires du Daupìuné, de la Sa-
voie et de la Suisse occidentale. (Anna!, de l'Univors. do Lyon, 1896, pag. l-iG.)
2 Déi'éret M., Ri'ponse au.v obseroatiom critiques de M. Fallot. (Compte-
Rendu des St'-ances do la Soc. Gèo!, d. France. N. 13, l'J juin 1893.)
3 Dkpkret M., Sur la classification et U parallélisme du si/stfme Miocène.
(Bull. Soc. Géol. d. France. Serie 3. Tom. XXI, 1893.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 301
trattarsi senza dubbio delle arenarie e dei calcari di Acqui), e riferisce
le priuie allo Stampiano, e le seconde ossia gli strati di Acqui al-
VAquitaniano.
Quindi egli a brevissimo intervallo ha ritenuto burdigaliana e aqui-
taniana la stessa formazione di Acqui.
I geologi summeutovati, i quali vollero adottare il termine di Bur-
digaliana invece di Laiujìdam, pur ammettendo la priorità di que-
st'ultimo, osservarono erroneamente come le colline delle Laughe, rap-
presentanti il tipo del Langhiano, siano quasi sprovviste di fossili, e
che i limiti stratigrafici e paleontologici di questo piano sono ancora a
stabilirsi.
Ma alla prima obbiezione ha risposto opportunamente l'egregio pro-
fessore Trabucco, ^ citando una lunga nota di fossili, che si raccolgono
nelle formazioni langhiane, che sono ad esse peculiari e ne attestano
l'origine in un ambiente tipicamente distinto da quello sovrastante e
da quello sottostante.
Alla seconda si può anche facilmente rispondere che il voler negare
precisi limiti stratigrafici al Langhiano delle formazioni terziarie pie-
montesi, è cosa affatto infondata, dopo le carte così minute ed accu-
rate che di esso hanno pubblicato il Mayer ed il Sacco.
E che le formazioni di Bordeaux siano stratigraficameule più distinte
e più tipiche di quelle delle Langhe, è cosa pure assai discutibile, ri-
scontrandosi generalmente in quella regione depositi pianeggianti, ove
la serie si può solo osservare in affioramenti limitati nelle incisioni
dei fiumi e dei torrenti.
Io ho lasciato da parte in questa mia digressione le osservazioni
adotte dal Fallot ^ nel dimostrare erronea la sostituzione dei geologi
1 Trabucco G., Se si debba sostituire il termine Burdigaliano a quello di
Langhiano nella serie Mioce-iica. (Processi Verbali della Soc. Toscana di Scienz.
Naturali. 13 gennaio 1895.)
2 Fallot E., Sur la classification du Néogène inférieur. (Gorapterendu des
sóances de la Soc. Géol. d. France. 19 juin 1894, pag. 78.)
Voi. XXXIX. 20
302 G. DE ALESSANDRI.
francesi, osservazioni abbastanza valide, perchò io nou possa ammet-
tere con lui che: « lo Schlìer si debba intendere non come un oriz-
zonte costante, ma una facies, che si presenta a diversi livelli -.
La zona langhiana subapeuninica consta di una potente serie di marne
azzurre, poco compatte, interstratificate con sottili banchi di arenarie
grigio-plumbee, marne talora scistose, durissime, a frattura tabulare,
le quali contengono numerosi fossili, generalmente però di pessima
conservazione, dovuta a schiacciamento e deformazione.
Fra questi avanzi, che pur troppo attendono tuttora un paziente rac-
coglitore ed uno studioso che li faccia conoscere, abbondano Fornmi-
niferi di mare profondo, Corollari liberi. Echini pelagici. Bivalvi gra-
cilissimo. Pteropodi svariati. Cefalopodi di grandi dimensioni, Cirripedi
peduncolati, i quali tulli attestano essersi questi depositi originati lon-
tano dalle spiaggie, in un ambiente profondo e non disturbato.
L'alTioramento di queste marne, le quali hanno un'estensione oriz-
zontale non superiore ai cinque chilometri, per la facile degradazione
agli agenti atmosferici, impartisce al paesaggio un aspetto dolce ed
ameno costituendo una regione di grande feracità. La loro zona è ca-
ratteristica per la presenza di larghe vallate, colline basse e tondeg-
gianti, rotte da burroni ripidi e creste a picco in quei luoghi, ove le
marne scistose, compatte ed i banchi arenacei prevalgono sulle marne
azzurrine, friabili.
La formazione langhiana segna un orizzonte abbastanza impermea-
bile, sovratutto nella sua parte superiore a contatto delle arenarie e
delle molasse elveziane, ove conseguentemente abbondano le fonti con
acque di ottima potabilità.
La Bormida nelle vicinanze di Acqui ha segnato colla sua erosione
il limite fra il Langhiano e VAquitaniaiio, e la sua ampia valle di
interstratiiìcazione attesta il lavorio polente delle azioni degradatrici
durante il quatornaj'io, e resta bruscamente ristretta là, dove presso
Morzasco la zona langhiana è nella sua minima estensione, mentre
si sviluppano i banchi di calcare e di arenarie elveziane, che formano
APPUNTI DI G-EOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. oOÓ
le rupi di Orsara, e che hanno opposto un rigido ostacolo all'espan-
dersi del fiume.
La città di Acqui giace nel bel mezzo di questa formazione, la quale
però ivi è in parte ricoperta dalle alluvioni recenti del torrente Medrio,
e si è appunto nel centro della città stessa, che dalle marne langhiane
scaturiscono lo rinomate acque termali (conosciute sotto il nome di
Acque Bollenti), le quali hanno una temperatura di 75'' centigradi e
da tempi antichissimi sono apprezzate per le lore importanti applica-
zioni terapeutiche. Esso sono probabilmente originate da una profonda
frattura degli strati, frattura che probabilmente interessa le formazioni
cristalline sottostanti e che non ha lasciato traccie notevoli o disturbi
nella serie sedimentare terziaria.
Il Langhiaìio nei dintorni di Acqui è dovunque regolarmente costi-
tuito da banchi inclinati di 20° circa Nord, ed il Mayer attribuisce ad
esso una potenza di 1500 metri; ma io credo più attendibile la cifra
del Sacco che la riduce a soli 1000 metri, cifra d'altronde sempre
enorme, ove si pensi che esso è formato da depositi pelagici.
Petrograficamente è una zona uniforme e di nessuna importanza
industriale; la rapida alterazione delle marne dà luogo ad un abbon-
dante materiale di sfacelo, che si aduna nelle falde dei colli rendendo
più dolce e regolare l'orografìa della regione.
Ad oriente di Acqui, la plaga langhiana si estende nelle colline
apriche di Strevi e di Morzasco, e ristretta in una piccola striscia pro-
segue per Tissobbio, fino alle vicinanze di Ovada ove costituisce le
alture di Montakleo e di Parodi. Nella valle della Scrivia e del Ber-
bere essa abbandona la sua facies marnosa-arenacea per assumerne
una più sabbiosa e più argillosa, colla quale si riscontra ancora in tutta
la regione ad oriente fino alla valle della Stafferà.
Ad occidente di Acqui, il Langhiaìio é evidente sulle colline di Moi-
rano, lungo la strada della Grenna; però la zona è ivi limitatissima,
perchè poco sopra la C. Brezzi le arenarie già si presentano in grandi
banchi disaggregati iniziando le formazioni elveziane le quali, colla so-
304 G. DE ALESSANDRI.
lita alternanza di arenarie e di molasse, si estendono fino alle vici-
nanze della Chiesa Parrocchiale di Moirauo. Nelle Carle geologiche del
Sacco e del Trabucco l'estensione del Langìiiano in questa regione
è assai esagerata ; essa però prende sviluppo fra C. Abergo e C. Lan-
zarotti e si allarga notevolmente presso Terzo, ove in Val Bogliona è
riccamente fossilifera. Nelle vicinanze della borgata Serra sono nume-
rosissimi gli avanzi di Atiiria Aturi, di Solemmyaj di Balantium,
di Carinarie, di Nticule, di Lede, di OUree, ecc.
Fra esse ha raccolto altresì esemplari delle seguenti specie :
Oxyrhina Desorii Agass.
Scalpellum magnum Darvi^.
Galeodea Bisioi, n. sp. Tav. I, fig. 14 a-b. Conchiglia grande ovato-
subglobosa, spira depressa conoidale, anfratti in numero di cinque, sol-
cati da grosse costole regolari a margine arrotondato, le quali sono svi-
luppate su tutte le parti della conchiglia, però più evidenti e più di-
stanti fra loro, negli anfratti inferiori.
Fra le costole primarie si notano irregolarmente costei ine secondarie,
evidenti sopratutto nella parte superiore dell'ultimo anfratto. L'apertura
è ovato-allungata, il labbro esterno è incompleto, lievemente ricurvo;
quello colummellare è assai espanso. Neil' ultimo anfratto si scorge
una grossa costola irregolare, che solca trasversalmente tutta la con-
chiglia, la quale sembra altresì riprodursi meno spiccatamente nella
parte interna, quasi al principio del secondo anfratto. L'esemplare pro-
venendo dalle marne è conservalo come impronta, e quindi manca della
parte caudale.
Dimensioni Lung. mm. 105 circa
« Largh. f 89 ;i
Questa specie per le dimensioni relative degli anfratti e per la loro
ornamentazione, corrisponde alla G. taurojìomum Sacco (op. cit. Voi. N\l,
pag. 67, tav. Il, fig. 24 a-b), da essa però differisce per la forma e
per il lab])ro esterno, il quale non ò mollo revoluto.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 305
Por la grossa costola nel!' ultimo anfratto l'esemplare, che io ho de-
scritto, si avvicina più che ad ogni altra specie, alla G. defornù Sacco
(op. cit. Voi. VII, pag. 60, tav. Il, fig. 19), ma si distingue da essa,
oltrecchè per l'ornamentazione, anche per la forma e per lo sviluppo
relativo degli anfratti.
Sembrerebbe una forma ancestrale, con dimensioni gigantesche della
vivente G. tijrrhena Chemn, '^ quantunque la sua spira sia meno ac-
cuminata ed i primi anfratti siano più depressi ; per questi ultimi ca-
ratteri essa si avvicina alla G. depressa Phil, sp., ^ la quale però è più
ovata ed ha ornamentazione più fine e più regolare.
Il fatto che quest'esemplare presiMita non solò una costola trasversa,
come la G. deformis, ma altresì una seconda, meno spiccata, ci induce
a ritenere tale carattere non dipendente da deformazione individuale, e
quindi di vero valore sistematico, por la qual cosa io credo si debba
ritenere tale fossile come rappresentante una specie non ancora cono-
sciuta.
Io la distinguo col nome del mio amico carissimo Avv. F. Bisio com-
pagno delle mie escursioni giovanili attraverso le formazioni langhiano
della valle della Bormida.
Galeodea sp.
Spatangus cf. Deydieri Cotteau (in Douxami E.. Etudes sur les
terrains Tertiaires du BaupMné, de la Savoie et de la Suisse
Occidentale Annal. d. I' Université de Lyon, 189G, pag. 256, tav. I,
fig. 12). Riferisco a questa specie un grande esemplare, di imperfetta
conservazione, nel quale la forma e la disposizione degli ambulacri, la
posizione del peridoto, il numero e le dimensioni dei pori Io avvicinano
assai alla specie del Cotteau.
1 Chemnitz, Neues Syst. Conch. Cab. Bd. X, 1878, pag. 192, tav. CLIII,
fig. 1461-1462.
2 Philippi R. a., Fauna Molluscorum Regni utriusque Siciliae. Halis Sa-
xorum. 1844. Voi. Il, pag. 186, tav. XXVII, fig. 2.
306 G. DE ALESSANDRI.
Le (limeusioni del mio esemplare sono però alquanto più sviluppate
di quelle della forma tipica, quantunque in parte ciò si debba attribuire
a deformazione dovuta a schiacciamento del fossile.
Questa specie finora fu solo raccolta nella melassa marina, a Pecien
2yrescabìnuscicliis, di Gresin (Valle del Rodano).
Toxopatagus italieus Mauz. sp. ^
Brissopsis sp.
Cidaris sp.
Trochatocyatus cf. mitratiis Gold. sp.
Oltre Terzo la zona laiighiana costituisce le colline di Ristagno, e
presso l'abitato, lungo le rive della Bormida, le marne azzurro, com-
patte, presentano traccio di Bivalvi e frustoli vegetali. L'inclinazione
loro è costantemente di 20" N. e- non presentano che insensibili disturbi
in alcune regiuoi, ove frane locali talora di considerevole estensione, do-
vute a slittamenti di banchi compatti sopra marne ed argille friabili,
hanno portato qualche infrazione alla regolarità di esse.
A Monastero Bormida, a Bubbio, a Cessole la formazione è intensa-
mente azzurra, e presenta spoglie di Foraminifere (Globigerim), con
altri avanzi microscopici di mare profondo ai quali si aggiungono resti
di Molluschi, Crostacei e Squali.
Non sempre la natura litologica di queste formazioni può fornire
concetti precisi per distinguere il Langhiano d'àìV Aquila niano e dal-
VElveziano^ ma i passaggi alle formazioni sottostanti ed a quelle so-
vrastanti sono abbastanza spiccati, oltreché da un'aspetto più irregolare
della regione, anche da manifesti avanzi organici di habitat diverso.
Da Cessole per Castine la plaga langhiana entra in vai del Belbo,
formando l'allungalo affioramento di Borgomale e Cerretlo, inciso in
1 Trovo assai giusto il riferimento che il Pomel ha fatto di questa specie, che
dapprima si ascriveva ad Jlemijmeustes (Manzoni e Mazzetti), ad un nuovo ge-
nere Toxopatagus, perchè come egli osserva, il gen. Ilemipneustes Agassiz è pro-
prio della Creta e si distinguo per avere l'apice assai allungato.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 30/
tutta la sua estensione dal Belbo stesso; affioramento dovuto ad una
più intensa erosione del fiume nella zona elveziana, costituita ivi da
molasse ed areo-arie assai disaggregate.
Nella valle della Bormida il Langhiano prosegue per Cortemiglia,
Gorzegno e Monesiglio entrando presso Sale in quella del Tanaro, dove
costituisce le colline attorno a Ceva e quelle che separano la valle
della Gorsaglia da quella del Tanaro.
Elveziano.
V Elveziaiìo è essenzialmente costituito da banchi potenti di arena-
rie grigiastre profondamente alterate, nelle quali si intercalano marne
grigiastre friabili e molasse azzurrine o gialliccie. Tutti questi depo-
siti manifestano evidentemente un sedimento litoraneo assai regolare,
mancando in essi i conglomerati ciottolosi che nella Collina di Torino
ed aache nel basso Monferrato manifestano una sedimentazione preci-
pitosa.
La zona elveziana ha generalmente uno sviluppo assai limitato in
estensione sorpassando di rado i quattro o cinque chilometri, ma ad
occidente di Acqui, fra le valli della Bormida e del Belbo, in alcune
località raggiunge la cifra di dodici e più chilometri. La tectonica dei
suoi strati è regolarissima, l'inclinazione media è da 15° a 18° Nord
Nord-Est, la sua massima potenza è pressapoco di 1000 metri.
Essa costituisce una plaga di mediocre elevazione e di buona pro-
duttività agronomica; in alcuni punti causa il predominio delle arenarie
il paesaggio ha un aspetto brullo, dirupato e pittoresco.
Assai incerta riesce in alcune località la netta separazione fra il Lan-
ghiano e X Elveziano, massime dove le arenarie sono poco sviluppate
e marne verdiccie o bianco giallognole, alterate ed untuose al tatto
costituiscono la base <i^ Elveziano.
Questa faciez speciale dei depositi elveziani prevale nelle vicinanze
di Acqui, lungo la valle del Medrio e sulle colline di Moirano, mentre
308 G, DE ALESSANDRI.
ad Oriente verso Strovi la distinzione ò nettissima, causa uno sviluppo
caratteristico di arenàrie.
L'arenaria che ivi si osserva è fina, omogenea, costituita da elementi
serpentinosi, quarziferi, calcarei, e da lamelle di mica, cementati as-
sieme da un calcare concrezionato, gialliccio, di non grande compattezza.
Essa dà origine a banchi potenti, che si osservano sotto Strevi ed in
viciuaiiza della Villa Vescovile, banchi scarsi quasi ovunque di fossili
macroscopici, benché talora siano abbastanza ricchi di Foraminiferi e
di piccoli Briozoi.
Oltre Bormida a Sud di Rivalda, la formazione elveziana è costi-
tuita alla sua base da un banco potente di calcare marnoso, concre-
zionato, di colorazione gialliccia, banco che si eleva di una diecina di
metri sulle marne langhiane, e che ha una direzione da Nord-Ovest a
Sud-Est con un'inclinazione di 15° circa Nord-Est.
Esso a guisa di una diga potente ha sbarrato ivi il corso della Bor-
mida, la quale fu costretta a ripiegare bruscamente verso Nord. Questo
banco ò assai ricco di avanzi fossili, quasi tutti perù di piccole dimen-
sioni, e in alcuni punti è costituito da ammassi incoerenti dovuti a spo-
glie di piccoli Spongiari, e da colonie delicatissime di Briozoi, con nu-
merosi gusci di Foraminiferi.
Le specie che ho potuto distinguere con sicurezza sono:
Balanus spoagicola Brown. ; Cardita cf. calyculata L. sp. ; Car-
dium sp. ; Lucina simiosa Don. ; Nucula sp. ; Pecten sp. ; Ostrea
neglecta Micht. ; Euspamia sp. ; Balanophillia (?) falcifera Micht. ;
Carijophillia sp. ; Cladocora caespitosa Reuss. ; Flabellum extensum
Micht.
Più oltre nelle vicinanze di Orsara il banco calcareo assumo costi-
tuzione arenacea, raggiungendo talora una potenza, che oltrepassa i 30
e più metri.
L'arenaria della quale è costituito, per la natura omogenea e fina
degli elementi, per la tinta gialliccia o la disposizione stratigrafica ohe
ne permette l'estrazione in larghe tavolo, di oli imo uso industrialo, ri-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 309
corda perfettamente quella sincrona che nel Basso Monferrato (Rosi-
giiale. Vignale, ecc.) costituisco la inetra da Cantoni, tanto pregiata,
negli usi industriali per le sue qualità refrattarie.
In questa località i banchi di calcare concrezionato e marnoso ven-
gono lavorati per estrarne le calci, le quali però sono grasse, di poca
presa e quindi di uso affatto locale.
Qui la plaga elveziana, clic quasi sempre aderge sulle formazioni
sottostanti e forma rupi a picco, mostra i segni manifesti, sovratutto
nella sua parte superiore, a contatto collo marne e coi conglomerati
tortouiani, dì un'intensa abrasione dei suoi strati, abrasione che ne spiega
il limitato ed irregolare sviluppo.
Verso Est V Elve:2Ìano, rappresentato da un'alternanza di arenarie e
di marne, costituisce una zona alquanto disturbata nelle vicinanze di
Trissobbio, ove gli strati hanno una locale inclinazione a Sud. Ivi è
discretamente fossilifero, sovratutto a Garpeneto, * presentando però
quasi sempre avanzi di pessima conservazione. Più ad oriente forma
in seguito le colline di Rocca grimalda, e quelle di Silvano e Castel-
letto d' Orba, ed entra infine nella valle del Lemme, ove acquista fa-
cies sabbiosa-arenacea e si presenta in banchi di grande potenza.
Nella valle della Scrivia, sempre con la stessa costituzione litologica,
è tipicamente sviluppato nell'ampio bacino di Serravalle, a Sud di Staz-
zano, ove contiene la ricca fauna di Squali, Gasteropodi, Lamellibran-
chi, Briozoi e Foraminiferi, già osservata dal Pareto, ed illustrata dal
Mayer, la quale ha servito a stabilirne la perfetta corrispondenza bio-
logica colle sabbie serpentinose della Collina di Torino, colle molasse
svizzere e colle formazioni del bacino di Vienna (Grund).
Ad occidente della sezione esaminata, V Elveziano si osserva a Nord
di Acqui, nei colli presso ^loirano, ed in vai Bogliona presso il Fos-
1 Trabucco G., Sul Cucumiles Carpenetensis delle marne elveziane di Car-
peneto (Alto J/on ferrato) . (Atti della Soc. Ligustica di Scienz. Nat. Anno li.
Voi. II, 1891.)
310 G. DE ALESSANDRI.
sello, con ima prevalenza di grandi banchi arenacei grigiastri, poco
compatti, privi di fossili, i quali sono intercalati da molasse grigiastro-
niarnose.
Ivi, ed in tutta la zona, massime fra le molasse, sono frequenti pic-
cole concrezioni, irregolarmente tondeggianti od allungate, bianche, com-
patte, a frattura concoide, che esaminate al microscopio, si presentano
uniformemente costituite da calcare bianco, faiinaceo, il quale av-
volge rare scheggie di quarzo, e frammentiui di mica. Non presentano
traccie di spoglie organiche, né tantomeno un nucleo centrale eteroge-
neo, che ne spieghi l'origine, dovuta quindi probabilmente ad accentra-
menti od a riempimenti di cavità, formatesi nei depositi argillosi od
arenacei che le inglobano.
Oltre Montaboue, sempre con una facm arenaceo-sabbiosa, che in
alcuni punti passa a banchi di arenarie compatte e stratificate, e quindi
di ottimo uso edilizio, V Elvesiano costituisce le alture di S. Vittore
e la sottostante valle incassata e profondamente erosa del Rio della
Morra, la quale con bellissime sezioni si apre a Sud verso Bistagno.
Seguitando sempre verso Ovest la zona elveziana acquista uno straor-
dinario sviluppo nelle colline di Galamandrana, Rocchetta Palafea e
Gascinasco, costituendo elevazioni abbastanza mosse e frastagliate, nelle
quali perù la massima altezza non oltrepassa i 500 metri.
Nella sua parte inferiore, ove è costituito dai soliti banchi arenacei,
assai potenti, i quali presentano nei piani di frattura sporgenze mamel-
lonari assai caratteristiche, esso si distingue con facilità dalle forma-
zioni marnose del Langìiiano, ma nella sua parte superiore, sopra-
tutto nel versante del Belbo, le molasse grigio-cineree passano ad ar-
gille azzurrine, ed a marne, che per costituzione e colore presentano
grandi affinità con quelle del Torioniam.
I fossili in questa regione sono scarsi, ove si eccettuino rare Bi-
valvi, frammenti deformati di Echino, ed impronte di Paleodiclìjon e di
Zoophicos che ho riscontrato, percorrendo il Rio di San Paulo, ad Ovest
di Ronco-Gennaro.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 3il
La parte media e superiore della valle del Belbo, quella cioè che
da Nizza, Ganelli e Loazzolo si spinge fino quasi alle vicinanze di Mou-
barcaro, è quasi completamente erosa nelle formazioni elveziaue, che,
per la loro costituzione arenaceo-marnosa e per il notevole sviluppo
delle molasse, hanno una larga estensione trasversale, e sono fiancheg-
giate da colline a dolce declivio e tondeggianti, dovute ad una facile
denudazione degli strati.
Nella valle del Tanaro VElvesiam si riduce ad una breve striscia,
che dalle alture di Murazzano, Rocca-Cigiiè si inoltra presso Carrù
in quella dell'Ellero, fino alle vicinanze di Mondovì.
Presso Glavesana e lungo il tronco ferroviario Bastia-Mondo vi, come
pure nelle vicinanze di Monastero e di Yicoforte, esso presenta abba-
stanza numerosi avanzi fossili, spettanti a Squali, a Balani, a Molluschi
ed a Briozoi.
Tortoniano.
Consta generalmente il Tortoniano di depositi differenti fra i quali
prevalgono le argille grigio-azzurre, più o meno sabbiose, le marne
cineree, le sabbie grossolane, talora cementate, e le lenti ciottolose.
Esso costituisce una zona irregolare, quasi sempre interrotta, che si
osserva a ridosso della formazione elveziana, sulla quale posano le
marne bianchiccie e listate, che contengono le lenti gessifere del Mes-
siniano.
Segna un deposito di mare profondo, gli strati hanno lieve potenza
ed estensione, e sono ricchi generalmente di avanzi fossili in ottimo
stato di conservazione, più numerosi però nella regione orientale del
bacino terziario piemontese, verso la valle della Scrivia.
L'area, ove affiorano i depositi tortoniani, è assai regolare, con
larghi dossi arrotondati, e valli a dolci declivi; essa è di mediocre fer-
tilità, e petrograficamente di nessuna risorsa industriale.
312 G. DE ALESSA.XDRI.
La tectonica non presenta che disturbi locali, gli strati hanno dire-
zione da Ovest-Nord-Ovest a Est-Sud-Est con un'inclinazione da 12'*
a lo*^ Nord Nord-Est, ma sovente, per profonda denudazione seguita
durante il Pliocene, il Tortoniam ed il Messiiiìano mancano del tutto
e sulle molasse elveziane posano i conglomerati pliocenici.
La sua massima potenza non oltrepassa i 400 metri, ma quasi
ovunque la pila dei suoi strati è ridotta ad uno spessore non superiore
ai 150 metri.
Si riscontra la formazione tortoniana, risalendo la valle del Medrio,
in prossimità della stazione di Alice Belcolle, ove le marne cineree,
friabili e sabbiose in straterelli disaggregati presentano frammenti di
Mitrex, Ceritìiium, Pleurotome, Nasse^ Cancellane e qualche valva
di Pecteii (P. conieum, P. cristatus, P. anconitanum, ecc.).
Ivi la zona è assai limitata, e nella sua parto supcriore passa in-
sensibilmente alle marne a facies salmastra, con Plcniorbis e Pota-
mides del Messùiiano inferiore, che verso Alice contiene lenti gessi-
fere di grande potenza e sviluppo.
Il Tortoniam ad oriente continua uniforme verso S. Andrea, fino
alle vicinanze della Bormida, ove si riduce ad una striscia sottilissima
appena percettibile nel rio Caranzano, presso le borgate Masino e
Torrazza, mentre sulla destra della Bormida non ricompare cho in pic-
cole lenti sporadiche, con facies marnoso-sabbiosa e di difficile separa-
zione dalle molasse elveziane.
Esso si riscontra però con maggiore sviluppo nella valle del Lemme,
ove in alcuni punti ha facies sarmaliana, con argille e marne giallastre,
in altri facies di estuario con depositi ghiaioso-ciottolosi coslituenii
conoidi caotiche allo sbocco delle valli subapenniniche. Nella valle della
Scrivia assume grande sviluppo e potenza e rappresenta ivi, eolle for-
mazioni, che si estendono nella valle della Staflfora, la regione più ti-
pica per il suo studio, sovratutto per l'abbondante quantità di fossili
che contiene ovunque.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 313
Sono ben noie le località di Stazzano e di Bocca d'Asino con i con-
servatissimi avanzi di Squali, Cirripodi, Molluschi, Echini, Coralli,
Spongiari, Foraminiferi, ecc., i quali appalesano un deposito di mare
abbastanza profondo, cioè della zona dei coralli liberi (Ti'po batìnjal
del Renevier), nella quale sono pure numerosi resti di specie di mare
profondo fluitate.
Predominano in questa fauna i Gasteropodi, i quali sono rappre-
sentati da circa 200 specie, che in gran parte si riscontrano anche
negli strati dell' Elveziam superiore, méntre alcune sono proprie del
Pliocene inferiore. Esse attestano altresì un deposito intermedio fra quelli
assai uniformi dell'Europa centrale e quelli del bacino mediterraneo,
con specie proprie degli uni e degli altri.
Ad occidente della linea seguita dal profilo, che io ho seguito lungo la
valle del Medrio, il Tortomano costituisce una stretta zona nelle colline
a Nord di Gastelrocchero, e si riscontra ancora in vai Bogliona presso
Castelboglione, con banchi sabbioso arenacei e marne azzurre, disag-
gregate, nelle quali si riscontrano rari avanzi indeterminabili di Echini
e Briozoi. Ivi però e nella valle del Btìlbo presso Seirole, Piazzerò e Val
di Nizza, ove la zona ha un massimo di sviluppo, la costituzione lito-
logica molto fina dei depositi attesta una profondità abbastanza note-
vole dell'ambiente di formazione, profondità anche confermata da nu-
merosi avanzi di foraminiferi (AìijìMstegiiia, Globigerina^ Margiìmlina,
Quitiqueloculina^ ecc.)
Con questa facies, che però sulla parte superiore diventa più sab-
biosa, il Tortomano in valle del Tanaro forma un'amplia plaga, che da
Castiglione d'Asti si spinge sino alle vicinanze di Alba, geologicamente
e paleontologicamente poco interessante ma di grande feracità agronomica
e vinicola.
314 G. DE ALESSANDRI.
Messiniano.
Sotto il nome di Messiniano è compreso nel bacino della Bormida
un complesso di strati a facies prevalentemente marina o meglio sal-
mastra, superiormente ai quali si osservano lenti sviluppate, ghiaiose
0 ciottolose, che rappresentano depositi litoranei fluviatili.
Gli autori in genere diedero a queste formazioni nomi assai vari,
desunti o da facies locali o dal predominio di qualche forma, o dalla
loro posizione nella serie stratigrafica, e che rappresentano quasi sempre
solo una parte della formazione; così i nomi di strati di Bellowits,
strati di Inzerdorf, strati Pontici, strati Cassici, strati Sarmatiani,
strati Aralo-Caspiani, Pannoniano, Anver siano. Piano a Congerie
od a Dreissene, strati a Ceritd, Mio-Pliocene Prepliocene, sona
sol fo-gessi fera, ecc. Io preferisco adottare il nome di Messiniano giu-
sta i concetti stratigrafici e paleontologici che il Mayer diede ad esso
nel 1857 e che limitò più esattamente nel 1878,^ perchè con questo
nome si comprendono diverse formazioni in alcune località abbastanza
distinte, ma che per affinità o comunanze di origine è conveniente col-
lefrare assieme. Naturalmente il nome di 3Iessiniano non deve ritenersi
sinonimo dello Zancleano del Sequenza (1868), perchè quest'ultimo,
giusta le vedute moderne rappresenta solo la parto superiore del Mes-
siniano stesso, ed anche parte del Pliocene inferiore.
Il nome di piano Pontico proposto dal Barbot de Marny nel 1869,
e che il Renevier, il Meunier-Ciialmas, il De Laparext, il Depéret
e tanti altri vorrebbero ad esso sostituire, secondo I'Hociistetter che
lo ha ampiamente illustrato 2 ed il Neumayr che pure lo ha allottato
1 Mayer-Eymar C, Zar Geolog. der Mitllere Ligurien. (Vierteijahrss. der
Naturforsch. Gesellsch. in Zurich. Bd. XXllI, heft. I, 1878.)
- IIocHSTETTER F., Die gool. Verhà'.l. d. 0. Th. d. europ. Tarkei. (Jahr. d.
K. K. Geolog. lieichsanst. lid. XX, 1870.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 315
diffusamente, rappresenta solo la parte superiore della formazione, che
il Mayer chiamò messiniana, ossia i soli strati a Congerie, ed in questo
senso lo ha pure inteso il prof. Pantanelli nella sua monografìa sugli
strati Pontici dell'Italia settentrionale e centrale, ^
Così pure il nome di Sarmatiano rappresenta solo la parte, che il
Mayer chiamò Messiaiaìio I, ossia gli strati a Potamides e 31ela-
nojjsts, che costituiscono la formazione di base del Messùiiano tipico.
Il Renevier, nella sua Cronografia geologica, pur ammettendo che
il termine di Messùiiano sarebbe da preferirsi a quello di Pontico,
non lo accetta asserendo essere dubbio che gli strati marini della Si-
cilia corrispondano a quelli Pontici.
La corrispondenza degli strati di Sicilia a questi ultimi a me invece
sembra facile a dimostrarsi, perchè confrontando gli studi che il Mot-
tura, 2 Io Stòhr, ^ il Sequenza, ^ il Baldacgi, il Mazzetti, ^ il Capici, ^
il Travaglia ^ ed altri hanno compiuto sul terziario superiore della
Sicilia e sovratutto nella parte centrale di essa, si scorge come ivi
1 Pantanelli D , Monografia degli strati Pontici del Miocene superiore
nelV Italia settentrionale e centrale. (Mem. R. Accad. di Scienz., Lettere ed Arti
di Modena. Serie 2. Tom. IV, 1886.)
- MoTTURA, Sulla formazione solfifera di Sicilia (Mem. R. Accad. di Scienz.
di Torino. Sene 2. Tom. CXV, 1873) e Appendice alla Memoria sulla forma-
zione terziaria della zona solfifera di Sicilia. (Mem. R. Comit. Geol. d'Italia.
Tom. II. 1874.)
3 Stòhr, // terreno pliocenico dei dintorni di Girgenti (Boll. R. Comitato
Geol, d'Italia. Tom. VI, 1875) e Sulla posizione del tufo e del Tripoli nella
zona solfifera della Sicilia. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Tom. IX, 1878.)
^ Sequenza G., Brevissimi cenni incorno alla formazione terziaria della
Provincia di Messina. (Boli. R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. VI, 1873.)
5 Baldagci e ]\Iazzetti, Nota sulla serie dei terreni nella regione solfifera
di Sicilia. (Boll. R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. XI, 1880.)
^ Capici L, La formazione gessosa del Vizzinese e del Licodiano (Pro-
vincia di Messina). (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi, XI, 1880.)
' Travaglia R., Serie dei terreni nella regione S. E. della Sicilia. (Boll.
R, Comit. Geol. d'Italia. Voi. XI, 1880.)
31 G G. DE ALESSANDRI.
esista una zona varialissima nei suoi strati, colle poleiui e rinomate
formazioni zolfo-gessifere, fra le quali lenti di tripoli e marne bitu-
minose e sovrastanti ad essa marne a Congerie^ zona che nei suoi
strati inferiori poggia sulle marne tortoniano a Gasteropodi.
Qui adunque si ha la serie completa quale si riscontra nell' Italia
centrale, e dagli studi del Capellini, ^ dello Scarabelli, - del De Ste-
fani, 2 del Pantanelli ^ e del Fughs, ^ sembra dimostrata la sua per-
fetta corrispondenza a quella della Crimea, della Valacchia, ossia a
quella Pontica.
È oramai vecchia e dibattuta questione a quale serie debba riferirsi
il Messimam, se a quella miocenica oppure alla pliocenica. La maggior
parte dei geologi tedeschi ed inglesi e parecchi italiani quali il Pareto,
il Parona, ^ il Sacco vorrebbero collocarlo nella parte inferiore del
Pliocene, mentre la maggior parte dei geologi italiani e francesi lo ri-
tengono ancora miocenico.
Se noi però esaminiamo la sua fauna dei vertebrali, caratterizzata
sovratutto dal grande sviluppo degli erbivori, noi vediamo come gli
avanzi del Monte Leburon (Vauchtse), i quali furono illustrati in gran
parte dal Gaudry e che corrispondono appieno a quelli di Concud in
1 Capellini G., Giacimenti petroleiferi della Vallacchia e loro rapporti coi
terreni terziari dell' Italia centrale. (Memor. R. Accad. Bologna. Serio 2. Tomo
VI, 1868.)
2 ScARABELLi G., Sur la formation miocene da versant N. E. de l'Apennin
de Bologne à SmigalUa (i^oll. Soc. Góol. d. France. Serie 3. Tom. VI, 1851.) e
Gessi del Versante Nord-Est dell' Apennino. Imola, 1864.
3 De Stefani G., La montagnola Senese. (Boll. H. Gomitato Gool. d'Italia.
Tom. X e XI, 1879-80.)
^ Pantanelli D., Sugli strati miocenici del Casino (Siena) e considerazioni
sul Miocene superiore. (Atti R. Accad. d. Lincei. Serie 3. Voi. Ili, 1879.)
^ Fuciis T., Ueòer die Natur der sarmatischen Stufe und deren Analogen
in der Jetztzeit. (Sitzungsb. d. K. Akad. d. Wiss. Bd. LXXV, 1877.)
'' Parona G. F., // J'iiocene dell'Oltrepò Pavese. (Alti Soc. Ital. d. Scienze
Nat. Voi. X.\I, 1878.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 317
Ispagiia, rosi noti dai lavori del Gervais ^ e del Villano va, - pre-
sentano secondo questi autori caratteri miocenici.
Quella di Gasino e Montebamboli, descritta nelle monografie già citate
del Pantanelli e del De Stefani, presenta bensì un gran numero di
vjpecie pi'oprie, ina, come osserva il prof. Pantanelli, nessuna di esse
passa il Pliocene.
Anche nel bacino di Vienna, ove gli strati a Congerie sono ricoperti
dalla nota formazione ciottolosa (Belveder-Schotter) , la fauna dei ver-
tebrati, come quella di Baltavar (Ungheria), secondo il Suess ed il
Depéret, ha le più strette airmità con quelle del IL" Piano medi-
terraneo.
Infine la fauna della nota località di Pikermi nell'Attica, che ha su-
scitato tante controversie sulla sua posizione cronologica, controversie
riassunte molto succintamente dal De Stefani, ^ secondo il parere dei
più valenti conoscitori dei vertebrati terrestri, quali il Gaudry, il De-
péret, il Forsisth-Mayor, ha affinità assai maggiori col Miocene, che
non col Pliocene.
La fauna degli invertebrati del Messiniano non può apportare in
sostegno della sua miocenità prove molto convincenti, perchè essendo
costituita generalmente da forme extramarine, essa non si presta a
confronti con quelle mioceniche o plioceniche che sono quasi sempre
strettamente di acque salse. Tuttavia il De Stefani, che si è occu-
pato assai diligentemente dei molluschi messiniaui dell'Italia centrale,
osserva come fra quelli terrestri una sola specie [Helix senensis Pant.)
1 Gervais, Déscript. des ossements fossiles rapportés d' Espagne par MJf. de
Vermeuil, Collomb et de Lorrière. (Bull. Soc. Géol. d. France. Serie 2. Tom. !X,
pag. 147, 1852.)
2 ViLLANOVA Y PiERO, Eiisaijo de descripcion geognostica de la provincia
de Teruel. Madrid, i8G3.
3 De Stefani G.. Sull'epoca degli strati di Pikermi (Boll. R. Gomit. Geo!.
d'Ital. Tom. IX, 1878), e Les terrains terliaires supérieurs du bassin de la Me-
diterranée, pag. 282.
Voi. \X\IX. 21
318 G. DE ALESSANDRI.
passi uel Pliocene e quelle di acque dolci e salmastro ricliianiiiio pre-
feribilmente le specie mioceniche. Qualche genere poi, quali il genere
Neumayria, Fossarulus, Prososthema, Goniochihts, Valencienne-
■na^ ecc. appartiene esclusivamente o pressapoco al Miocene supe-
riore. Ed anche il prof. G. Capellini, che più di ogni altro in Italia
si è occupato degli invertebrati della formazione messiniana, studian-
done le faune della Toscana (Castellina^ Valle del Marmolaio,
Siena, ecc.), dell' Emilia (Sarmnello)^ della Romagna (Ancona, ecc.),
si è sempre decisamente espresso sopra la convenienza di ritenerla
miocenica. ^
Come pure il Pantanelli, che pochi anni or sono rivedeva la fauna
dei soli strati superiori messiniani, aveva conchiuso che pochissime
specie del piano Pontico passano al Pliocene, e quelle poche, che vi
passano, offrono quasi sempre differenze apprezzabili.
Ed il Gafici, che illustrò i molluschi fossili degli strati a Congerie
di San Giorgio (Catania), pur cercando di riferirli ad un piano inter-
media fra il Miocene ed il Pliocene, nondimeno osservo come essi ab-
biano maggior afllnità colle specie mioceniche. -
Anche la flora messiniana ha maggiori analogie con quella del Mio-
cene; ed invero quella dei gessi di Senigallia, illustrata nell'impor-
tante monografia del Massalongo, ^ secondo tale valente paleofitologo,
presenta le più grandi affinità colle fiore mioceniche di Oeningen (Tor-
1 G.\PELLixi G., Notizie geologiche e paleontologiche sui gessi di. Castellina
Marittima. (Atti Nuovo Cimento. Tom. XII, Pisa, 1800. ì — Sulla formazione ges-
sosa di Castellina Marittima ed i suoi fossili. (Mem. dell' Accad. delio Scienze
doiristit. di lìologna. Serie 3. Tom. IV, 1874.) — // calcare di Leitha, il Sar-
matiano e gli strati a Congerie di Livorno, di Castellina Marittima, di Mieno
e di Montecatini. (Mem. R. Accad. d. Lincei. Serie 3, Voi. II, Roma, 1878.) —
Gli strati a Congerie e le marne compatte mioceniche dei dintorni di Ancona.
(Atti R. Accad. d. Lincei. Serie 3, Voi. Ili, 1879.)
2 Capici I., La formazione gessosa del Vizzinese e del Licodiano, 1. e. pag. 52.
^ Massalongo A., Sinopsis flora fossile Senegalliensis. Voronae, 1858, pa-
gina 189.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 319
tornano) e sopratiitto con quella di Parschlug, e quindi con quelle oli-
goceniche di Radoboy, Haering, Sotzka, Salcedo, Ghiavon, mentre ha
lontani rapporti colle flore plioceniche.
Quella vicina dei gessi di Ancona, pure importantissima per il grande
numero di specie che contiene, secondo il Paolucci che recentemente
r ha resa nota, ^ conferma pienamente la spettanza al Miocene supe-
riore della formazione gessosa, che già il prof. Capellini aveva fatto,
studiandone gli strati superiori a Congerie. Ed il dolt. Peola, che poco
dopo portava il contributo di qualche nuova specie alla sua conoscenza, -'
concludeva che le filliti erano tutte eminentemente mioceniche e del
Miocene superiore.
Anche le llore messiniaue del Piemonte, illustrate dapprima dal Si-
SMONDA, 3 poi dall' Heer'* e rivedute recentemente dal dott. Peola,''
manifestano affinità mioceniche. La flora di Guarene, località tipica del
Messlniano piemontese, secondo le osservazioni del dott. Peola, fra le
specie comuni ad altri depositi ne presenta 94 che altrove si rinven
nero nell'Eocene, 64 nell'Oligocene, ed 80 nel Miocene, e solo 32 nel
Pliocene, Quella del Messiniano di Monte Castello presso Alessandria,
sempre secondo gli studi dell' amico Peola, sarebbe costituita da 3
specie eoceniche, da 18 mioceniche, e solo da 6 plioceniche.
Paolucci L., Nuovi materiali e ricerche critiche sulle piante fossili ter-
ziarie dei gessi di Ancona. Ancona, 189G.
1 Peola P., Aggiunte alla flora fossile dei gessi di Ancona. (Rivista Ita-
liana di Paleontologia, Anno IV, fase. 3, 1897.)
- SisMONDA E., Prodrome d'une flore tertiaire die Piémont. (Mem, Pi. Acc.
delle Scienz, di Torino, Serie 3, Voi, XVIII, 1859.)
3 Heer 0., Ueber das Klima und die Vegetations Verhàltnisse des Ter-
tiàrlandes. 1859.
^' Peola P., Flora fossile Braidese. Bra, 1895. — Flora Messiniana di
Guarene e dintorni. (Boll. Soc. Gool. Ital. Voi. XVIII, 1899.) — Florula Mes-
siniana di Monte Castello d' Alessandria. (l5oll. Soc, Geol. Ital, Voi, XVIII,
1899.)
320 G. DE ALESSANDRI.
La flora dei gessi di Montescano e di Stradella, testò diligentemente
riveduta dal Sordelli ^ presenta il più gran numero di specie comuni
con quella dei noti giacimenti miocenici di Oeningen. Dai confi'onti
inoltre che il Massalongo fece delle specie conosciute ai suoi tempi
con quelle del Senigalliese, risultò altresì un'esatta corrispondenza fra
i due giacimenti.
Comunissime d'alti'oiide in tutte le formazioni marno-gessose a fillili
sono le larve di Libellula doris, specie che si può considerare tipica
nella fauna dei depositi miocenici di Oeningen.
Un' ultima considerazione infine conferma ancora maggiormente la
iniocenità del piano Messimam^ cioè la sua disposizione stratigrafica.
Infatti tutti gli autori che si sono occupati di essa, dal Pareto al
Mayer, al De Stefani, all' Issel, al Pantanelli, al Fontannes, al
FuGHS, al Mariani, al Capellini, al Seguenza, al Taramelli, al
Sacco, ecc. hanno sempre riscontrato che questo piano posa in concor-
danza col Tortoniano , mentre presenta disturbi talora notevoli col
Piacenziano, e che i rapporti stratigrafici lo legano strettamente alla
serie miocenica, della quale chiude il lungo periodo di emersioni ini-
ziato in sulla fine di essa.
Questo periodo di emersioni dei continenti, che in alcuni punti fu
intenso ed accentuatissimo, avrebbe conseguentemente dato luogo ad un
maggior sprofondamento dei bacini marini, iniziando così l'età piaceuziana.
Secondo il Forsytii-Mayor , il quale studiò la fauna dei vertebrati
della Corsica, daterebbe appunto dal Messiniano la scomparsa di quella
grande regioueposta fra la Sardegna, la Corsica e la penisola italiana
(lyrrrenis) ; mentre, secondo il Neumayr ed il Suess, il grande con-
tinente che univa la Dalmazia al sistema Appulo-Garganico (Adria),
avrebbe iniziato nel Messiniano il suo periodo di immersione, per
scomparire completamente nel quaternario.
' Bordelli F., Flora fossile insubrica. Studi sulla vegetazione di Lombar-
dia durante i tempi geologici. Milano, 1898.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 321
L'età messiiiiaiia segna quindi un periodo di profondo modilicazioni
fisiografiche e biologiche, ed alla sua scomparsa si è iniziato una nuova
fase di sedimentazione tranquilla e regolare di depositi marini.
Il voler poi assegnare al Messiniano un posto intermedio, fra il
Miocene ed il Pliocene (Mio-'pliocene . Prepliocene, ecc.), è cosa di
nessun giovamento alla sua conoscenza, aumentando semprepiù le mol-
teplici suddivisioni della serie terziaria.
*
* *
Nella regione subapenninica il 3Iessiniaiio costituisce una stretta
zona che si riscontra irregolarmente, senza interruzione talora a con-
tatto colla formazione tortoniana, talora appoggiata direttamente su
quella elveziana.
La sua costituzione litologica, formata quasi completamente da rocce
di facile disaggregazione, fa si che il paesaggio inessiuiauo sia rego-
lare, uniforme, e di grande fertilità.
Conseguentemente tale plaga presenta ricchi centri di abitazione, ai
quali sarebbe riservato rapido sviluppo, se la scarsità di acque e la
natura selenitica di quelle poche che presenta, non rendessero questa
regione poco salubre.
La tectonica degli strati è abbastanza regolare, tranne in vicinanza
delle lenti gessifere, ove si osservano pieghe e contorcimenti dovuti a
diminuzione delle masse gessose per facile soluzione e spapolaniento,
al quale susseguono adattamenti degli strati sovrapposti.
La sua potenza varia da pochi metri fino a 150, l'inclinazione dei
suoi strati e di 5" oppure 10° Nord Nord-Est.
Lungo il profilo, che io esamino, la zona messiniana si riscontra lungo
la valle del Medrio presso la G. Gattara ( Alice- BelcoUe) e tutt'oltre
salendo l'altura di Gastelrocchero. Nella sua parte inferiore essa è co-
stituita da marne gialliccie poco coerenti, untuose al tatto, a frattura
irregolare, nelle quali sono interpolati banchi di arenarie e sabbie di-
322 G. DE ALESSANDRI.
saggregate che passano a lenti ghiaiose, mentre ili alciiui punti si so-
stituiscono straterelli di marne nere, bituminose. Superiormente si svi-
luppa una zona potente di gessi, la quale verso Alice raggiunge al-
tresì considerevole estensione. Tali gessi si presentano generalmente
con struttura cristallina e non stratificati, ma in grandi ammassi ir-
regolari, costituiti dall'associazione di numerosi cristallini aciculari di-
sposti in vario modo.
La frattura mostra lo sfaccettamento caratteristico in lamine; la co-
lorazione è bianco-grigiastra, talora però per inquinazioni ò azzurrina
0 rossiccia. Sono frequenti fra i gessi cristalli sviluppati di zolfo che
rivestono a guisa di geodi le cavità della roccia.
In numerose cave aperte in questa regione il gesso si estrae, viene
torrefatto con vecchi sistemi e macinato mediante rulli in pietra, ali-
mentando una piccola industria locale abbastanza riinuneratrice.
Sono pure abbondanti fra le masse gessose lenti di calcare concre-
zionaio, gialliccio, poco compatto, che si riscontrano presso Castelroc-
chero, ed a Nord di Alice verso Ricaldone, calcari i quali si presen-
tano quasi sempre fra le marne listate azzurro o gialliccie, in limitati
affioramenti.
A ridosso della zona gessifera si osserva lungo là strada fra Alice
e Ricaldone un potente conglomerato costituito da ciottoli fluviatili, di
natura litologica assai varia {quarsiti^ apenninitij calcescUi, dioriti^
serpentine^ prasiniti, calcari, ecc.), conglomerato nel quale si riscon-
trano lenti di ghiaie, e strati di sabbie limacciose, le quali contengono
avanzi di frustoli vegetali, e tracce di molluschi terrestri, in pessimo
stato di conservazione.
I conglomerati estratti in parecchie località, vengono adibiti all' iii-
ghiaiamento delle strade e sono caratteristici per la profonda altera-
zione di alcuni elementi sovratutto delle dioriti e dei micascili, i quali
sono ridotti ad uno stato quasi polverulento e tali da farli ricercare
come sostanze coloranti.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 323
La formazione messiiiiaiia è quindi, come si vede dalle serie dei suoi
depositi completa come nella Sicilia e nell'Italia centrale, nò vi man-
cano del tutto i fossili caratteristici massime negli strati superiori ove
un po' ad occidente della sezione seguita, cioè nelle vicinanze di Nizza
Monferrato, si raccolgono piccoli Cardium e Congerie, proprie di que-
sto piano.
Ad Oriente della valle del Medrio la zona messiniana è ridotta ad
una sottile striscia, sovente rappresentata dai soli gessi, zona che si
riscontra a Ricaldone, a Sant'Andrea, a Garenzano e giunge fino alle
sponde della Bormida. Essa manifesta così le traccio di una polente
denudazione, che si è esplicata alla fine del Miocene durante la fase
di emersione, che determinò il depositarsi del piacenziano.
Da queste sponde alla valle dell'Orba il Messiniano è rappresentato
prevalentemente dai suoi strati superiori, con le marne lacustri bigio-
cenerognole a Dreissene e Melauopsis^ mentre nel bacino della Scrivia
esso ha quasi ovunque facies cougiomeratica con lenti ghiaioso-ciotto-
lose. In vicinanza di Tortona costituisce il deposito già ben noto per
gli importanti studi del Sismonda (Angelo) e del Pareto, deposito ric-
chissimo di Gasteropodi marino-salmastri nei quali sono comuni i generi
Neritodorita, Udania, Melanopsis^ Ilijdrohia.
Ad Ovest della sezione per la valle del Medrio e del Gervino la
zona messiniana prende un considerevole sviluppo nelle colline fra Ga-
stelrocchero, Fontanile, Bazzana, con marne generalmente gialliccie, so-
vrastanti a lenti gessose, e con straterelli di arenario grigiastre, facil-
mente disaggregabili, le quali ultime talora per profonda alterazione
sono ricoperte da banchi di sabbie fine, ad elementi cristallini ed
amorfi, arrotondati.
Presso Nizza la zona, ridotta ad una potenza di 60 metri all' incirca,
presenta marne grigiastre, untuose, con frequenti avanzi di Gasteropodi
e Bivalvi di acque salmastre, marne che presso S. Marzano assumono
una colorazione nera, bituminosa. L'inclinazione in generale è ovunque
regolarissima, gli strati sono immersi da 5° a G" Nord Nord-Est.
324 G. DE ALESSANDRI.
Più ad occidente il Messiniano acquista di nuovo grande sviluppo
in estensione e potenza presso Agliano e Castiglione d'Asti. Nella valle
del Tanaro costituisce le colline di Govone e di Alba ; in vicinanza a
quest'ultima città e nel territorio compreso fra Piobesi, Castagneto,
Mouticello, Santa Vittoria, La Morra, esso forma il rinomato deposito
a finiti conosciuto dalla località più abbondantemente fossilifera col
nome di Guarene, e quello a Lamellibranchi e Gasteropodi di acque
dolci e salmastre di Narzole.
PLIOCENE.
La formazione pliocenica è rappresentata nel Subapcunino Ligure
dai suoi due tipici piani marini, paleontologicamente e litologicamente
distintissimi fra di loro, ai quali perù in alcuni punti nella parte su-
periore si aggrega un deposito lacustro-fluviatile che si ritiene sin-
crono al piano più elevato.
Piacenziano.
Il piano inferiore o Placenùam ù costituito dalle tipiche marne di
colorazione azzurro-intensa quasi sempre molto argillose e quindi di
facile alterazione, le quali per la commissione di materiali più o meno
fini fanno passaggio ad arenarie od a banchi sabbiosi.
Le marne piacenziane, sia per la loro natura litologica, sia per quella
dei fossili, che abbastanza numerosi contengono, manifestano una for-
mazione di mare discretamente profondo, con un continuato succedersi
dello stesso ambiente.
La precisa separazione fra i deposili piacenziani e quelli messiniani,
a facies marina o marina-salmastra riesce talora assai incerta, tanto
più che il Piacenziano si presenta in alcuni punti con lembi sporadici,
residui di ampie plage denudate. Giova sovente a distinguerli la pre-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 325
senza di quella trasgressione stratigrafica, che si palesa fra gli strati
superiori del Messmiano e quelli inferiori del Piacendano, e della quale
ho già parlato.
La zona ove afiiora il Piaceiiùano è assai regolare, con colline basse,
tondeggianti ed allungate, con valli quasi sempre di interstratificazione
ampie ed a piccoli dislivelli; essa è generalmente ricca di acque e ri-
coperta da folta vegetazione. La tectonica è sempre regolare; l'inclina-
zione degli strati varia da 4" a 5° Nord o Nord-Nord-Est; la sua mas-
sima potenza non arriva ad un centinaio di metri.
La formazione piacenziana è evidente lungo il profdo che io esamino
in vai Cervino nelle colline di Gasalotto e Bazzana, colle tipiche marne
azzurre interstratificate da sottili strati arenacei, grigio-plumbei. Lungo
il tronco ferroviario tra Fontanile e Bazzana durante alcuni lavori di
rivestimento praticati nella galleria ivi esistente ho potuto raccogliere
numerosi avanzi di Gasteropodi per lo più guasti ed incompleti, fra i
quali predominavano i generi Mitra, Pleurotoma, SurciUa, Colum-
bella. Nassa, Cassis, Fiisus, Cerithium.
Fra Quaranti e Maranzana il Piacensiano acquista un massimo di
sviluppo, litologicamente costituito nella parte inferiore da marne az-
zurre ed in quella superiore da banchi marnoso-sabbiosi, che per in-
sensibili passaggi iniziano la pila sovrastante (MV Astiano.
Più ad oriente il Piaceiuiano forma una zona poco importante per
sviluppo e potenza, quasi sempre ricoperta dalle sabbie astiane, zona
che tanto nell'Alto Monferrato quanto nell' Astigiano è evidente solo
lungo le incisioni dei corsi d'acqua, ove l'erosione ha esportato l'assisa
poco compatta delle formazioni sovrastanti. Lungo le rive della Bormida
esso si riscontra abbastanza percettibile nelle adiacenze di Gastelnuovo,
ove le marne grasse, azzurre, a frattura concoide ed a superficie irre-
golare presentano avanzi di Bivalvi e di Grostacei (Cirripedi e De-
capocli).
Abbondantemente fossilifera essa si riscontra altresì a Garpeneto
lungo il rio Orsecco ed i suoi conscrvatissirai avanzi fossili furono
326 G. DE A LESSA N DUI.
Oggetto di ricerche speciali del prof. Tralìuggo. * Anche m luna la
valle dell'Orba le marne azzurre piaconziane sono importanti per nu-
merose località fossilifere, mentre in quella della Scrivia sono ben noti
i giacimenti di Villavernia e Volpcdo, dei quali si sono occupali i più
distinti paleontologi piemontesi.
Ad Ovest del tracciato da noi seguito, nelle vicinanze d'Incisa-Belbo,
di Nizza, di Vaglio-Sifrra e di Gasteluuovo-Galcea, il Place/mano co-
stituisce una striscia non sempre perfettamente distinta delle forma-
zioni sottostanti, come neppure da quelle sovrastanti, ove i caratteri
litologici sono di mediocre aiuto, (juelli paleontologici scarsi e poco ca-
ratteristici, mentre il paesaggio uniforme ed appena ondulato, non con-
sente osservazioni accurate sulla stratigrafia dei depositi.
Nella valle del Tanaro al contrario esso è abbastanza evidente e di-
stinto, con buone località fossilifere presso Asti, Montafìa, e sovratutto
nelle vicinanze di Bra, ove forma il noto giacimento di Monte Capriolo.
Astiano.
Il piano senza dubbio più caratlerislico delle formazioni terziarie ò
V Astiano. La sua costituzione litologica, quasi sempre identica e tipi-
camente sabbiosa e giallastra, i numerosi fossili che dovunque presenta,
la sua grande estensione superficiale, la conformazione pianeggiante, ed
irregolare delle colline che esso costituisce, lo fanno assai facilmente
distinguere fra tutti gli altri. Scarso generalmente di acque costituisco
tuttavia una regione di grandi risorse agricole, causa la vicinanza e la
presenza sopra ai suoi depositi di numerosi veli villafranchiani e di
Lehm, che coi fini elementi argillosi, dei quali constano, mitigano la
sterilità dei suoi affioramenti.
Le sue sabbie per la maggior parte quarzose, con lari elementi di
serpentino, contengono una quantità assai variabile di argilla e di cal-
* Trabccco G., Fossili pliocenici del Rio Orsecco (Carpeneto). Como, 188'.'
APPUNTI DI GEOLOGIA. E PALEONTOLOGIA, ECC. 327
care; ({uest'ultimo, dovuto sovratutto agli abbondanti Molluschi che con-
tiene, talora consolida gli strati costituendo arenarie o meglio liima-
chelle di potente sviluppo.
Oltre ai fossili macroscopici, i depositi astiani sono importanti per
una quantità grandissima di gusci di Foraminiferi associati a frammenti
(li Celenterati e Briozoi, con piccoli Crostacei. Questa è la fauna ap-
punto caratteristica dei depositi litoranei.
Il paesaggio astiano manifesta ovunque un' abrasione assai conside-
revole degli strati, con incisioni profonde e valli a ripidi declivi, le
quali sovente sono limitato nella loro parte più bassa dalle formazioni
marnose che sottostanno.
La sua regolare disposizione stratigrafica non soffre eccezione; gli
strati sono quasi sempre orizzontali o con una piccola inclinazione a
Nord; la sua potenza oltrepassa raramente un centinaio di metri.
Compaiono le formazioni astiane, lungo lo spaccato seguito, in vici-
nanza di Castelletto Molina, assai evidenti presso le trincee praticate
per la costruzione della ferrovia Acqui-Nizza, colle solite sabbie gial-
liccie, lievemente agglutinate, fra le quali si osservano piccoli fram-
menti di Bivalvi [Ostree^ Pecten, ecc.) e sopra le sabbie ghiaie gros-
solane pure a tinta giallastra, fra le quali straterelli argilloso-arenacei,
disaggregati.
In vicinanza di Mombaruzzo verso la capellotta del Presepio, le sabbie
astiane ricoperte da una potente cotenna argillosa, ocracea si presen-
tano in banchi sviluppati, e che si possono scorgere solamente nelle
incisioni profonde che le acque hanno scavato. La zona uniformemente
pianeggiante e priva di qualsiasi motivo stratigrafico, che ne rompa la
monotonia, si prolunga ad Est verso Cassine, ove sotto la parte ele-
vata del paese presenta nei suoi strati superiori pareti a picco ed una
fauna littoranea tipica assai ricca di esemplari, ma povera di specie.
Fra esse ho potuto distinguere le seguenti; Balanus jìerforatus Brug.,
Balanus concavus Bronn., Pectuneulus (Axinaea) bimacidatus Poli,
Lutraria ellijìtica Lk., Veiius plicata Gmel., Pecten (Aquipecten)
328 G. DE ALESSANDRI.
scabì^ellus Lk., Pecten (Flahellij^ecten) Bosìiiasckii De-Stef. e Pant.,
Anomia ephipiHum L, var., squamula L., OUrea eclidis L., Tere-
hratula amimlla Brocc.
Ad oriente della Bormida, V Astiano, quasi sempre ricoperto dalle
formazioni conglomeratiche fluvio-lacustre, e da depositi potenti di
Lehm, non ricompare che in piccoli lembi sporadici fra Castelletto
d'Orba e Capriata, scarso di fossili macroscopici e costituito da sabbie
azzurrine e da marno sabbiose, con avanzi di Foraminileri e Briozoi
di habitat meno litoraneo dei soliti giacimenti.
Ad occidente di Mombaruzzo la zona astiana prende grande sviluppo
e costituisce la lunga distesa di colline che rendono così amena e po-
polata la regione fra le valli della Borbora, del Tiglione, e quella del
Tanaro fino allo sbocco di quest' ultimo corso nella pianura alessan-
drina.
La città di Asti, quantunque in parte costruita sui depositi piacen-
ziani, giace nel mezzo di quest' interessante plaga, la quale per i nu-
merosi fossili, che dovunque in essa si rinvengono, per la buona conse)*-
vazione di essi, per il loro svariato modo di presentarsi e per la ricchezza
di tipi che essi rappresentano, ha dato il maggiore contributo alla co-
noscenza della paleontologia del terziario superiore.
Questa zona costituisce la parte mediana della sinclinale che si os-
serva nelle formazioni terziarie fra 1' Apennino e la Collina Torinese,
la quale si può considerare come una piega secondaria dell'ai ira incom-
pleta, ma di maggior sviluppo fra l'Apennino e le falde meridionali
delle Alpi, e che si conosce comunemente col nome di sinclinale padana.
La Collina di Torino costituisce in essa un' aaticlinale, con un ramo
unico nella parte occidentale, ma che ad oriente si sdoppia in due se-
condari, che si possono distinguere col nomo di ramo di Mainiorito e
ramo di Bruzasco.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 329
Villafr anchiano .
Sincroni colle formazioni astiane sono in queste regioni alcuni depo-
siti lacustri e lluviatili, che prendono considerevole sviluppo nelle col-
line fra la valle del Tanaro e quella del Po, ed ai quali il Pareto
aveva dato il nome di Villafrancìiiano. La costituzione litologica di
questi depositi è varia assai, quasi sempre con rocce disaggregate, che
in alcune regioni sono sabbie grigiastre, o rossiccie, in altre argille
plastiche, intensamente rosse od azzurrine, che passano a marne, ed
ili altre infine, ghiaie e conglomerati con strati sabbiosi e limacciosi.
La loro fauna è naturalmente terrestre, con predominio di avanzi spet-
tanti a grandi vertebrati. La loro potenza massima ò in queste regioni
di 30 metri circa, ma generalmente non oltrepassa i 10, oppnre 12
metri.
Si riscontrano lembi di questa formazione nelle piccole elevazioni a
Nord di Mombaruzzo presso Bruno e tutt' oltre a Gasteluuovo Bolbo e
Bergamasco, con strati ocracei, rossicci, ricchi di idrossidi di ferro, i
quali per la loro plasticità servono assai bene a confezionare laterizi
e stoviglie.
La natura compatta e poco permeabile degli strati fa sì che a con-
tatto e sopra al Villafrancìiiano siano abbastanza frequenti veli ac-
quiferi, che rendono abbastanza riproduttiva la sua area di affioramento
quantunque essa sia quasi sempre poco elevata, uniforme e di scarsa
popolazione.
Lungo la valle della Bormida si osserva il Villafmneldano presso
Gamalero e Sezzè, ed in quella regolare serie di elevazioni appianate
poste fra Castelnuovo, Mantovana e Capriata d'Orba, ove però è quasi
sempre ricoperto da depositi quaternari, i quali rendono oltremodo
difficile la sua perfetta distinzione.
Non è raro in queste regioni di riscontrare plaghe, ove la zona
Villa francìiiana abbia facies sabbioso-ghiaiosa od anche conglome-
.■{3(1 G. ]ÌE ALESSANDRI.
J'alica, ed allora ossa i'ap|")ros(!iila i doposili salinari oil alloi'iiaiili di
pione 0 magro loi'ron/.iali dappresso lo spia^^io iiinrino, o noi l'istagni
lagunari, assiiinoiulo (|ii(drasp(!||(i speciale al (piale il Sacco aveva dato
nonio di Fossaniatio.
Colla stessa faciei^ si ritrova pnro in vai del Tanaro nelle collino
fra l'VIi/.zaiio, Masio, Annone e IJocca d'Ara/./.o, licoperla sempre da
uno slralo niiiforiiHì di Leìtni . nienlre talora nella sua parte iiil'erion;
presenta marni' liiancn-i'iniM^u^ con frnsioli vegetali e conchiglie lacustri.
Quaternario.
Analogamente a quanto ha proposto l' Ing. A. Stella nei suoi studi
sul quatoniario della vallo del Po, ' io ho diviso lo foi'mazioni quater-
nario subaponniniche in due gruppi; il jirimo comprondonto quelle an-
tichi!, il secondo ([iiollo recenti. Nelle aiilicln! ho raggiaippato lo for-
mazioni contiiumtali diinviali, nelle recenti i depositi degli attuali greti
dei filimi e doi torrenti; questi ultimi in questo regioni scorrono quasi
sempre in solchi scavati nello formazioni cristalline od in quelle cla-
stiche del me/.ozoico e del lerziario, e rarissimamente in terrazzi erosi
nel (pialcrnario antico, lo però inlondo sloo di occuparmi brevemente;
dello forma/.ioni antiche.
J tlepositi preipiatornari nello falde apenninicho ultimata la deposi-
zione do! Pliocene, emersi completamente dalle ondo maiine, hanno na-
turalmente presentato facih^ appiglio all' opra degradalrice dello azioni
meleoi'iche, e V, loro siìinmità franale, svelte, disciolto, ed in mille
guise asportale, costiluiroiio un alihoiidanle materiale di sfacelo che
dallo regioni apenninicho scese nella valle padana. K due azioni con-
trarie si dispularono il campo e concoi'sero diversamento a foggiare
l'attuale sistema collinosco. Da una parte 1' erosione lluviale, potente
' SrELLiV A., Sui Urreni nualernarì della valle del Po in rapporto alla
carta geologica d' ItalUi. (Holl. h'. (lomit. (icol. il'ltalin. Tom. XXVI, t8',)."t.)
APPUNTI DI (;K0I/)';IA K PA[,EONTOLOr,IA, ECC. 3ol
per abhondaiito procipilazioiio o facililala (|;illa iinliira poco toiiaco dcÀ
depositi, tendeva ad incidere o solcare profondanieiile la regione, diil-
l'altra gli agenli meteorici collo frane, che rovinando Io creste dei gio-
ghi elevati ricolmavano di detriti lo faM*;, e le alluvioni abbondanti
dei corsi d'acqua, che cospargendo di materiale frammenli/ao i jiiani a
dolce declivio tendevano a livellarne i depositi. Entrambe queste cause
ebbero campo di esplicarsi in tutta la loro più energica manifestazione,
perchò mentre nella catena alpina più elevata lo abbondanti precipita-
zioni nevose salvarono dipoi l;i regione dall'azione dirolla dolio acque
torrenziali, sosliliiondo quella meno inloiisa dei ghiacci, qui invece per
causa della limitala elevazione montuosa, il fenomeno lia continualo in
tutta la sua intensità durante l' intera fase del quaternario.
Non escludo con tutto ciò che l'Apennino non abbia risontilo di fe-
nomeni glaciali, anzi le osservazioni di questi ultimi anni hanno dimo-
strato che non solo le Alpi Apuane, corno generalmente si riteneva, '
ma anche l'Apennino pai'inonso, - quello reggiano e modenese, ■' quello
della Basilicata"'' e financo quello più basso d(dla IJguria ' hanno prc-
1 Stoppani a., Sulla esistenza di un antico ghiacciaio nelle Alpi Apuane.
(Rond. li. 1st. Lomb. di Scienz. o Lett. Vol. V, pag. 7.3:5.) — Zaccagna D., La
Carta geologica delle yllpi Apuane ed i terreni che le costituiscono. (BolleU.
Soc. Geol. Ita!. Voi. XV, I89(i, pag. 2i5.) — De Stefani C, Gli antichi ghiac-
ciai delle Alpi Apuane. (Boll. Club Alpino Italiano. N. 57, 1891.)
2 Sacco F., L'Apennino dell' Emilia (Boli. Soc. Geo!. Ital. Voi. XI, 1802.)
0 L'Apennino settentrionale. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVIII, 1899.)
^ De Stefani C, / depositi glaciali dell' A pennino di Reggio e Modena
(Proc. verb. Soc. Tose. Scienz. Nat., 1881.) o Brian Alessandro, Val di Cedra
(Apennino Parmense). (Boll. Club Alpino Italiano, Voi. XXXI. Torino, 1898.)
'* Di Lorenzo G., Avanzi morenici di un antico ghiacciaio del Monte Si-
rino. (Rend. R. Accad. d. Lincei. Serie V, Voi. II, 1892.) — Il Pospliocene mo-
renico nel gruppo montuoso del Sirino. (Rend, R. Accad. d. Lincei, Serio V,
Voi, III, 189.3.) — Sulla probabile esistenza di un ciclo glaciale nel gruppo
del Monte Vulturino (Boll. Soc. Gool, Ital, Voi, XIV, 1895) e Guida geologica
dei dintorni di Lagonegro in Basilicata. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVII, 1898.)
à IssEL A., Liguria geologica e preistorica. Voi. I, pag. 152,
332 G. DE ALESSANDRI.
sentalo ghiacciai durante il quaternario antico, ma gii avanzi morenici
riscontrati sono di così poca entità ed in iscala cosi minima da con-
vincerci trattarsi di masse glaciali, che si inoltrarono pochissimo nelle
valli, appena discostandosi dalle sommità montane, ie che conseguente-
mente portarono piccolo ostacolo all' azione intensiva dei fenomeni de-
gradatori.
Durante il quaternario quindi, ai' piedi delle elevazioni subapenui-
niche, i depositi detritici in alto delle valli costituirono talus; ed allo
sbocco delle correnti cariche di sovrabbondanti materiali, nella pianura
padana si formarono larghe conoidi di dejezione che unendosi e so-
vrapponendosi in parte, a guisa di piani inclinati, andavano man mano
ricolmando il largo ])acino che le acque marine avevano da poco ab-
bandonato.
La potenza di questi conglomerati diluviali è certamente assai grande
e da alcuni dati che furono desunti da campioni estratti nel praticare
un pozzo trivellato nelle adiacenze di Alessandiia e resi noti dal pro-
fessore S.\cco, '' fu calcolalo raggiungesse la cifra di 40 od anche di
50 metri.
Dalle prime fasi del quaternario ebbe così origine il regime idro-
grafico attuale.
Dapprima le acque meteoriche, che impetuose scendevano dalle gio-
gaie apenniniche, scorsero disalveate attraverso le varie formazioni, e
nei loro periodi di piena depositarono sugli altipiani che attraversavano
delle potenti alluvioni, nelle quali soventi erano commisti i materiali
di parecchie valli e che servono oggidì ad attestarci le molteplici emi-
grazioni di queste acque. Ma col progredire delle precipitazioni atmo-
sferiche e sovratutlo per la debole resistenza dei deposili, i fiumi ed
i torrenti cominciarono ad incidere le formazioni, ed a seconda della
maggiore o minore compatezza e tenacità, si incassarono in ripidi borri,
0 si espansore in ampie vallate, lo quali ora in alcuni punti sono li-
nanco di 200 metri al disotto delle loro antiche alluvioni.
^ Sacco F., // pozzo irivellato di Alessandria. Tip. (icrbone. Torino, 1890.
iaruzzo a quelle di Ronzone. Scala \/r,
S.
oooc
V. Medrio. Villa Cardini.
\i\h Papis.
I
Acqui.
I
Livello
del mare.
CalcMoDboreto.
Livello
del mare.
Auct dis.
Gessi
iani.
Marne
piacenziane.
Brie Cardinelle (Ponzone).
Sabbie
astiane,
Conglomerai!
villafranchiani.
Alluvioni
recenti.
Profilo Schematico attraverso le formazioni terziarie, dalle vicinanze di Monbariizzo a quelle di Ronzone. Scala ^/j,o,
Mombaruizo (Presepio), V. Cervino,
. Medrio. Villa Cardini. Villa Papis. Acjui.
Calcare delle Terme.
C, Ferri. C. Scuti. C. Croce. V, Vcrazza. C. Monboroto.
Brio Cardinelle (PonioDe).
SEI2IE; Z^EI TEl^ieiSlVI.
Marne Molasse Marne
nipiane. aqDilsnia
EU um
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 333
Queste formazioni diluviali sono generalmente costituite da ciotloli,
ghiaie e da banchi sabbiosi nei quali gli elementi presentano una i)ro-
fonda alterazione. Sono di frequente ad essi intercalati straterelli di
argilla fina, omogenea, plàstica, di colorazione intensamente rossiccia,
iiella quale si osservano piccoli strati di ciottoli minuti appiattiti di
Datura marnosa, dovuti la maggior parte a sfacelo di depositi lacustri
villafranchiani.
Esse si riscontrano lungo una larga e continuata zona, che da Novi,
Capriata, Sezzò, Oviglio si spinge fino a Felizzauo fasciando le forma-
zioni terziarie e costituendo il passaggio graduato dalla regione colli-
iiesca alla pianura alessandrina. Ma numerosi lembi erosi e laciniati
di questo diluvium rimasero a monte nelle vallate incise dai corsi più
abbondanti di acque, i lembi che rimasero abbandonati sui fianchi dei
nuovi alvei, nei seni vallivi al riparo delle correnti, o nei piani col-
lineschi a dolce pendio.
Nella valle della Stura sono importanti quelli die si osservano presso
Ovada, ghiaioso-ciottolosi nella loro parte inferiore, ocracei, fini, com-
pattissimi in quella superiore, ove costituiscono quel deposito che da
parecchi geologi miei precursori fu ritenuto Loess.
Ciò non mi sembra del tutto esatto, perchè se noi ammettiamo che
il Loess sia quel fango sabbioso, ricchissimo di calcare, di colorazione
giallo-rossastra, costituito da elementi impalpabili, e caratteristico so-
vratutto per la mancanza di stratificazione, i caratteri di questi depo-
siti subapenninici sono troppo differenti, perchè si possano identificare
le due formazioni.
E ben diversa è anche la loro origine, perchè, come gli studi mo-
derni del Van den Broeck, ^ del Renevier, - del Penck, del Bruckner,
1 Vax ben Broeck E., .1 propos de l'origine éolienne des certains limoas
quateniaires. (Bull. d. la Soc. Belg. de Geologie. Tom. II, 1880. Proc. verb.,
pag. 188.)
- Renevier E., Chronographe géologique, pag. 537.
Voi. XXXIX.
334 G. DE ALESSANDItl.
del Du-Pasquier, ^ del Viglino, del Gapeder, - del Tuticouschi, ^ eco.
hanno unanimemente confermato, sembra ora che con tutta probabilità i
depositi di Loess, i quali generalmente si riscontrano sia nello regioni
non molto elevate in vicinanza ai depositi glaciali, sia intercalati nelle
morene stesse, debbano ascriversi ad azione eolica, analogamente a
(fuanto già il Richtiiofen aveva ammesso per spiegare quelli della
China. I depositi invece delle falde Apenniuiche hanno un origine di-
versa ed essenzialmente autoctona.
E la fauna stessa dei due depositi non corrisponde, imperciocché
mentre i molluschi rinvenuti quasi ovunque nel Loess (Ilelix arhu-
storum, Sitccinea oblunga, Piqm muscorum, ecc.) sono specie viventi
per lo più in regioni fredde od elevate, quelle che io ho raccolte nei
depositi subapenninici ( Limnaea jjalustris, Clausilia alboguttidata,
Helix sp., Pujxi triplicata, ecc.) sembrano specie tuttora viventi nelle
stesse regioni.
Ma il carattere essenziale per cui le formazioni argilloso-ocracee sub-
apenniniche si differenziano dal L.oess è quello di essere potentemente
decalcificate, e di presentare traccio evidenti di stratificazioni con sab-
bie e con ghiaie più o meno grossolane.
Per le ragioni sopracilate io credo conveniente distiuguere questi
depositi col nome di Lehn, considerandoli come dovuti ad alterazioni
superficiali di conglomerati diluviali, i quali secondo lo Stella rappre-
sentano la facies fluviatile della fase che nelle regioni montuose deter-
minò i fenomeni glaciali. Essi costituiscono così una formazione sincrona
ed omotipica a quella conosciuta col nomo di Terra rossa nel Carso
e nelle Murgie baresi, e di ferretto in Lombardia. Come le osserva-
zioni del FouRMET '' a proposito del Lehm rosso del bacino del Rodano
^ Penck a., Bruckner E. e Du-Pasouier L, Le syslcme glaciaire des Alpes.
(Bull. d. la Soc. d. Selene. Natiir. de Neuchàtel. Tom. XXIII, 1893-94.)
- Viglino A. e Cai-eder G., Comunicazione preliminare sul Loess piemon-
tese. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVII, 1898.)
" TuTKOusciii, Etudes sur la formai, des Loess. Scott. Geox. ^lagg. 1900.
^ FouKMET, Annal.de la Società d' Agriculture de Lijon. Tom. Vili, p. I, iS-if).
APPUNTI DI GEOLOGIA K PALEONTOLOGIA, ECC. 335
e del Van den Broegk ' per quello di Parigi sembrano dimostrare, la
sua colorazione sarebbe unicamente dovuta ad alterazione di acque me-
teoriche abbondantemente cariclie di anidride carbonica.
Lungo tutta la valle della Bormida sono numerosi i lembi di de-
positi diluviali, i quali sono più frequenti nei punti di confluenza coi
tributari j\Iedrio, Ravauasco ed Erro. Presso Acqui sono sviluppati
nelle colline a Nord della città, a Pian Denice e Monterosso; nelle
colline di Moirano si riscontrano presso i Botti, in quelle di Terzo
alla Borgata Garrera, su tutta la spianata ove è posto il paese, ed al
monte della Croce ; infine in quelle di Bistagno si osservano in vici-
nanza della G. Móttura.
Tutti questi depositi constano nelle loro parti inferiori di ciottoli
tondeggianti ed impressionati, di natura litologica assai varia (serpen-
tina, quarzite, diaspro, selce, calcare, ecc.), sui quali posa uno strato
potente, talora una diecina di metri di Lehm finissimo e di ottima pla-
sticità, il quale costituisce un pregiato materiale per la fabbricazione
di stoviglie e laterizi.
I lembi più elevati di questi depositi diluviali si osservano lungo la
strada fra Moirano e Gastelrocchero, sovrastanti alle marne messiniaue
ed a quelle tortoniaue, e sono costituiti da conglomerati pliocenici con
elementi della valle della Bormida (apenniniti, dioriti, prasiniti, cal-
cari liassici, ed arenarie permiane, ecc.) fra i quali si osservano dia-
spri sanguigni e ftaniti a radiolarie, provenienti con tutta probabilità
dalle formazioni permiane della valle d' Erro (Montenotte) .
Anche in vicinanza di Piana-Crixia e di Cairo Montenotte si riscon-
trano depositi terrosi, dovuti principalmente ad alterazione delle roccie
serpentinose, che danno origine a masse ocracee di ottime applicazioni
industriali.
1 Van den Broeck E., Note sur l'altération des roches quaternaires des envi-
rons de Paris par les agents atmosphériques. (Bull. Soc. Géol. d. France. Serie 3.
Tom. V, pag. 296.)
336 G, DE ALESSANDRI.
*
* *
Esamiuaudo così successivamente le formazioni che si incontrano uel-
l'Apennino settentrionale lungo il profilo da noi seguilo da Sud a Ndi'd,
si sono riscontrati in ordine di sovrapposizione tutti i piani della serie
terziaria superiore, giusta le più recenti suddivisioni di essa.
È ora necessario soffermarsi brevemente sul valore stratigrafico e
cronologico di questi piani, e vederne le interpretazioni differenti che
essi hanno avuto in questi ultimi tempi.
Ed in proposito facciamoci una domanda. L' ipotesi del Tietze ^ e
del BiTTNER, 2 secondo la quale i due piani in cui il Suess ha diviso
le formazioni terziarie del Bacino di A'ienna non rappresenterebbero
che facies differenti di un' unica formazione, dovrà essa accettarsi ?
Giova anzitutto notare che tale ipotesi venne testé, con quella larga
genialità di studi e di osservazioni che gli è propria, ringiovanita dal
De Stefani, ^ il quale ritenne che le suddivisioni di Langìiiano, El-
veziano^ Tortoniano^ Messiniano Y di Mayer, rappresentino facies
differenti di una formazione sincrona.
Confesso che, a tutta prima, allorché incominciai i miei studi sulle
formazioni terziarie del Basso Monferrato, fui anch'io un caldo seguace
di quest'ipotesi, ma allorquando con numerose escursioni io ho per-
corso ed esaminato minutamente la regione costituita dal terziario sub-
apenninico, ove ho riscontrato in tutta la sua più rigorosa esattezza e
sovrapposizione la serie che il Pareto, il Mayer, ed il Sacco avevano
1 Tietze E., Ueber die geognostischen Verhàltnisse der Gegend von Jxinbcrg.
(Jahr. (1. K. K. Geolog. Reichsant. Bd. XXXII, 1882) e Vers, eia Glied. il. unt.
Neog. Zioeite Folge. (Zeitsch. d. deutsch. Geolog. Gosell. Jahrg. 1886.)
- BrrTNER A., Noch em JJeitràg. zur neuerea Tertìàerliteratur. (Jahrb. d.
IL K. Geolog. Reichsanst. Bd. XXXVI, 188G.)
>* De Stefani A., Les terrains terliaires supérieurs da bassin de la Medi-
terranee. (Annal. de la Soc. góolog. de iJelgique. Tom. XVIII, Ì8'J1.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 337
Stabilito, io mi sono dovuto ricredere su quanto avevo dapprima ac-
cettato.
E d' altronde lutti i geologi i quali hanno visitato questa regione
sono concordi, salvo rarissime eccezioni, uell'ammettere la serie rego-
lare e successiva.
Il De Stefani stesso dapprima scrisse : ^ « in questa regione si
verifica il fatto che V Elveziano del Mayer e degli autori, sta real-
mente, come hanno stabilito, sopra al Langhiano « ; più lardi aggiun-
geva : - « nella regione fra il Tanaro e la Scrivia non vi è dubbio
che la suddivisione del Pareto (Langhiano^ Serravalliano^ Tor-
toniario) rappresenta ima vera distinzione dei terreni ben determi-
nata. ;i Solo due anni dopo, esaminando in una breve nota ^ la fauna
dei calcari di Acqui (secondo lui sottostante al tipico Langìiiano del
Pareto), osservava come i Pecten determinati dal Trabucco * siano
specie elveziane, e quindi ritenne elveziani tali calcari, credendo aver
rinvenuto un'altra prova di formazioni elveziane sottostanti alle lan-
ghiane. Ciò in realtà non si verifica punto, perchè come ho già osser-
vato e come la fauna dimostra, il calcare di Acqui è aquitaniano.
E sullo stesso argomento il Trabucco ^^ aveva già notato come: «il
Bittner, Tietze ed anche il De Stefani hanno emesso l'opinione che
il Langhiano, Elvesiano e Tortoniano siano semplici plaghe di di-
versa profondità di un medesimo piano del Miocene. A parte la fauna
peculiare e caratteristica di questi piani della regione, a me sembra
che la sovrapposizione costante del Tortomano ^xAV Elvesiano, e di
•f De Stefani C, L' .[pennino fra il Colle dell' Altare e la Polcevera, pa-
gina 255.
2 De Stefani G , Les terrains tertiaires supérieurs du bassin de la Medi-
terranée, pag. 219.
3 De Stefani G , Sulla Posizione del Langhiano nelle Longhe. (Processi
Verbali della Soc. Tose, di Scienz. Nat. Voi. IX, 1895, -pag. 256.)
■^ Trabucco G., Sulla vera posizione del calcare di Acqui. Firenze, 1891.
^ Trabucco G., Op. sopracit., pag. 25 (nota).
338 G. DE ALESSANDRI.
questo sul Langhiaao, nou che la natura delle roccie di cui sono co-
stituiti, escludano l'opinione dei chiarissimi studiosi. «
E l'IssEL poco appresso ^ aveva asserito : « Non mancano dubbi avan-
zati circa la legittimità dei piani LaughianOj Elveziam , Torto-
niano, ma si deve però riconoscere che se veramente si scorge qualche
caso di compenetrazione dei succitati piani nel bacino di Vienna e
forse nella regione apenninica, d' altra parte la successione e la so-
vrapposizione loro , lungo la valle della Scrivia, risultano così patenti
ed i caratteri loro distintivi si mostrano cosi spiccati , che l' incer-
tezza non è più possiljile. ^
Ultimo infine lo Schaffer- a proposito sempre delle formazioni sub-
apenniuiche aveva dichiarato: « io non accetto le ulteriori deduzioni se-
condo cui si unisce assieme Aqititaaiaìio^ Laaghiaao ed Eloeziano,
riguardo al profilo di Acqui, perchè mentre le formazioni a nullipore
appartengono al /" Piano Mediterraneo^ dobbiamo considerare come
spettanti al W Piano gli orizzonti di arenarie che gli sovrastanno, i
quali sono la continuazione diretta degli strati del Miocene medio che
si riscontrano a Serravalle. «
Che la serie quindi, a parte l'interpretazione e lo sviluppo differente
di alcuni piani, sia quale è stata da tanti distinti geologi segnata, credo
sia cosa indiscutibile ; ma anche altrove, forse non così tipicamente
regolare, essa si mostra in tutta la più costante successione e sovrap-
posizione di piani.
Nel quadro qui uuito a pag. 340, 341 ho indicato le regioni ove essa
è più evidente. Jil, se noi ne prendiamo in esame lo differenti plaghe,
vediamo come nell'Italia meridionale (Calabria) la serie corrisponda
perfettamente sia per i concetti paleontologici, sia per quelli stratigra-
fici a quella del Piemonte. Di prezioso aiuto alla paleontologia, e di
* IssEL A., Liguria (jeologica e preistorica, pag. 190.
2 ScHAFFER F., BeìL. z. Parallelisirung d. Miocànhildung d. piemont. Ter-
tiiìrs., ecc., pag. 161.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 3'39
grande esattezza stratigrafica, furono in questa regione gli studi del
Seguenza, ' il quale aveva già notato : « la questione dei geologi au-
striaci, se le roccie di Leitha (Mvesiauo) formino un piano distinto,
inferiore a quello di Baden (Tortoniano), come vuole il Mayek, è qui
dimostrata, perchè Y Elvedano sta sotto al Torloniano. ■»
Nel Veneto la serie miocenica non è così perfettamente conosciuta
e distinta per la mancanza tuttora di buoni studi sui fossili peculiari
dei diversi piani, tuttavia è indubitato che, nella regione ad Est del
Brenta, la serie del terziario medio è completa e con numerosi fos-
sili caratteristici.
Il bacino del Rodano, che gli studi del Fontannes, - del Fischer, ^
del Gaudry ■' e del Dépéret ed altri, hanno con tanta cura illustrato,
si presenta regolarmente costituito, quanto quello del Piemonte, ed il
Dépéret •' a proposito dell' ipotesi del Tietze e del Bittner aveva
ivi osservato : - si vede d' altronde che la comparazione degli oriz-
zonti di A^ieuua con quelli del bacino del Rodano, ove la successione
stratùjrafica iioii imo sollevare dubbio di sorla, conferma completa-
mente le vedute del Suess sopra la costituzione del Miocene Viennese. «
Meno caratteristica, per lo studio del terziario medio, è la serie che
si riscontra nella Svizzera, ove lo sviluppo delle formazioni di acque dolci
e salmastre sovrastanti e sottostanti al Maschelsandsleiii (LangìUano
1 Sequenza. G., Le formazioni terziarie nella Provi/acla di Reggio (Cala-
bria). 1880, pag. 95.
2 FoxTAxxES F., Le group d'Aix (Etudes stratigraphiques, fase. Vili) e De-
scription sommaire de la faune malacologique du group d'Aix, 1884. — Les
terrains tertiaires du bassin de Visan. (Anna), d. la Soc. d'Agricult. de Lyon.
Serie V, Tom. I, 1878, eco.) — Les terrains tertiaires supérieurs du Haut
Comtat-Venaisin. Paris, 1876 e Le plateau de Gucaron. (Bull. Soc. Géol. de
France. Serie III, Tom. V, 1878.)
^ Fischer P., Noie paléontologique sur la molasse de Cucuron. (Bull. Soc.
Géol. de France. Serie 3. Tom. VII, 1880.)
■i Gaudry A., Animaux fossiles du Moni Lebéron ( Vaucluse). 1875.
^ Dépéret M., Classification et Paraìlélisme du sìjstème Miocène, pag. 215.
340
G, DE ALESSANDRI.
P^arallelismo degli strati
Piani
SUBAPENNINO
Astiano .
^ ! Piacenzlano
Messiniano .
Tortoniano
Elveziano
Langìiiano
Aquitaniano
(q ( Stampiano .
O
o
2 f Tonqriano
o
Depositi salibiosi, ciottolosi
con argille e marno /facies
vi Ha frane In ana j (Makan-
ZANA - Bruno).
Sabbie grigio-giallognole
(Cassine).
j Marne argillose, azzurre
(Rio Orsecco).
Sabbie e longlomerati.
Marne listate, calcari ca-
riati. — Zona dei gessi.
Marne bianchiccie o nera-
stre.
Depositi sabbiosi, arenacei.
Marne azzurre a Pleuro-
tomie (Stazzano, S. Agata).
Conglomerati e marne sci-
stose.
Molassa sabbiosa, giallastra
e marne (Serravallk).
Marno azzurre con strati
arenacei, ad Aturia Aturi
e Pteropodi ( Lanche).
Arenarie compatte e cal-
cari a Lithotkamìii con
Eckiìiolampas ■plaijioso-
min (Valle Ravanasco,
Acqui),
Marne arenacee, biancTiic-
cie, ligniti con Antracolhe-
rium wa//«!<M. (Cassinellk) .
Prov. di Reggio (Gal.)
Calcari compatti.
Sabbie serpentinose a Scu-
tetla xicbroli'ìida (Dego).
Conglomerati, banchi di
ligniti ad Antracotherinm
(Cauibona).
Marne, sabbie quaizose e
calcari (Reggio).
Sabbie e marne (Vigna di
Mare Vj
Conglomerati,
Marne e calcari concrezio-
nali. — Zona dei Gessi (Ge-
race).
■Sabbie grossolane (Bene-
stare),
Argille azzurre, finissimo
(Ambutii.
Ligniti di Monteleone.
Calcari piil o meno com-
patti.
Sabbie a Pecten e Cly-
;;e«s^fr(MALOccniA. Falcò).
Conglomerato ad elementi
cristallini?
Argille grigio-bluastre e
strati arenacei ad Aturia
Attiri e Pteropodi (Guar-
da valle).
Arenarie grigio- verdastre.
Calcari a Briosoi e Li-
tkothamui (Stilo).
Arenarie a Scutella sub-
rotunda.
Yeneto
Banchi conglomeratici con
strati sabbioso-argillosi (fa-
cies \'illafranchia)ia).
(Valle del Piave ecc.)
Marno grigiastre o giallo-
gnole.
Banchi arenacei ad lle~
Hjc (facies Levantiniana).
Nord Conegliano.
Banflii sabbioso - arenacei,
grigio-giallastri, puddinghe
e conglomerali (Asolo, Vit-
torio).
JMarne grigiastre ad An~
cillaria glandi fonnis.
Sabbie e ghiaie (Valle
DEL I'iave),
Marne sabbiose ed arenarie.
I Belluno, Marostica, Cre-
spano).
Marne grigio-biancastre.
Marne grigio-scistose (Bel-
luno, Serravalle).
Marne grigio-scistose.
Banchi arenacei (Schio -—
pars ?»
Già loonie (Belluno).
l.\f\\\\\!iAAntracotherìum
mar/nrdìi (Monte Vialr, 7^0-
vencedo).
Scisti a Macropneusles
Menegliinii,
Scisti di San(;oxini o
Gnata.
Scisti a Briosoi di Val
DI Lonte. — Scisti di PiiiA-
uoNA, Grancona, eco.
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC.
Terziari medi e superiori.
341
Yali.e del Rodano
Bacino dell'Aquitania
Svizzera
Bacino di Vienna
Breccia ossifera di Perrier.
Marne a Paludine (Saòne).
Marne, sabbie e conglome-
rati a ciottoli impressionati.
(Hauteuives, Eresse).
Sabbie delle Lande?
Alluvioni preglaciali.
Loecherige-Nageliluli.
Marne d' Hauterives a
IMi.r.
Sabbie ferruginose e marne
(Gruppo di Saint-Auies).
I Strati a Congerie di Sol-
lène,
Argille ad Ilipparion,
; Conglomerati dellaDuRA^•CE.
Calcare di Cuguron.
.
Conglomerati di acqua dol-
co superiori (Zurigo).
Sabbie e conglomerati di
Belvedere
Strati a Congeria suhglo-
bosa.
Marne e sabbie. (Baden,
Gainfaiirn;.
Marne di Gabrières.
Melassa di Cucurox a Car-
dita Jouanneti.
Marne a Pteurotome di
Saubrigues.
Melassa d'acqua dolce, su-
periore, con ligniti (.Oenin-
GEN, Kapfnacii).
Marne di Visan.
Marne e calcari della Du-
rance (Cuguron) con Ostree^
Pecten, Nullt})ore.
Sabbie gialle, silicee e mi-
cacee (Safre).
Molasse e sabbie ferrugi-
nose a Cardila Jouanneti
(Salles de la Sime.)
Melassa a Cardila Jouan-
neti (S, Gallo e Berna).
Sabbie ed arenarie.
(Grund).
Argille azzurre, lino di Avi-
gnone,
Sabbie ed arenarie ^AOstrea
crassissima.
Molasse marno-calcaree a
Pecten prescabriusciilus.
(Dròme, Vaugluse).
Strati marnoso-calcari ad
Ecliinolampas hemispkae-
ricics (^Iartionas).
.
Arenarie e sabbie.
Melassa marina (Museliel-
sandstein).
Arenarie e sabbie glnuco-
niose (Losanna).
Marne ad Aturia Aturi
e Pteropodi (Schlier).
Sabbie a Sctitelta pattlen-
sis.
Faluns di Sausset.
Melassa calcareo - silicea ,
strati salmastri, marne e con-
glomerati (Provenza!.
Marne e calcari ad Helix
Ramondi.
Faluns di Saucats e LÉo-
GNAN.
Faluns di Mérignag e di
Lariey.
Molassa di acqua dolce a
//. Ramondi.
Molassa grigia, inferiore.
Molassa rossa, marne-are-
nacea (Conversion).
Marne variegate.
Molasse e calcari a Pec-
ten Ilolgeri e Squali (Eg -
GENBURG 1 .
Sabbie di Gaudendorf e
Loibersdorf.
Strati salmastri di Molt.
Arenarie micacee ;i Nucule
(Chiesa ui Déskrt - Anne-
CY-LE-VlEUXj.
Melassa inferiore. (Age-
nais) .
Calcare ad Asterie ed An-
tracotkeriiim magnum.
Argille di Gaas
Calcari di Lesperon.
Argille ad Oslree,
Arenarie grigie di PiAL-
LINGEN.
342 G. DE ALESSANDRI.
medio) rende alquanto incerto il loro sincronismo colle formazioni a
tipo marino, che costitaiscono la serie nelle altre regioni.
Ritengo però che i geologi svizzeri in generale abbiano riferito al-
l' Aquitaniano uiimerosi depositi a facies salmastra, con avanzi di
Antracotherium magnum e Potamides, i quali proliabilmcute vanno
riferiti al Tongriano superiore.
Nel bacino di Vienna la serie stabilita dal Suess e confermata
successivamente dal Fuciis, dall' Hurnes, dal Dépéret, dallo Sghaf-
FER e da altri, è tipicamente regolare e presenta le più strette affinità
con quelle del bacino del Rodano e della valle della Bormida.
Nel bacino della Dordogna la serie non è così tipica come in quello
del Rodano ed in quello del Danubio presso Vienna, perchè, come il
Fallot ha osservato, nei faluns di Saucats e Leoguan si riscontrano i
diversi piani Aquitaniano^ Langìdano , Elvesiaao non ancora per
bene distinti fra di loro. Anzi questa regione presenta talune località,
nelle quali i concetti paleontologici sono in poca armonia con quelli
stratigrafici e litologici.
Così nelle formazioni di Pcloua, formazioni che per la loro posizione
stratigrafica furono riferite dal Fallot al Langhiano inferiore, si può
osservare come già ha fatto il De Stefani, come in esse la fauna
presenti caratteri talora elveziani, talora tortoniani, mentre l' esame
dei Ceritzi dimostra come eccettuandone un solo, gli altri .siano
tutti specie aquitaniane. Da ciò il Fallot ne conchiudeva ; « mal-
grado questo io non seguirò il De Stefani allorché considera i piani
stabiliti come semplici facies di una stessa età. Se ciò fosse, le facies
simili dovrebbero avoro la stessa fauna ovunque; ora ciò non succede
punto. ^
Quindi il riscontrare in diverse località, a notevoli distanze fra di
loro, una corrispondenza così evidente e naturale dei singoli piani, noi
quali fu diviso il Miocene medio e superiore fornisce una buona prova
che questi piani c(»rrispondono a fasi successive di disposizione della se-
rie terziaria. In caso contrario, come spiegarne la costante sovrappo-
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. o4o
sizioue degli uni agli allri, iu regioiii ovo Doii vi è traccia di curve
0 laiitomoiio di rovesciamenti della serie?
Certo ò cosa naturale il ritenere che, se per un fatto improvviso
emergessero i fondi marini, si avrebbe un succedersi ed un alternarsi
di deposili di dillereiiti zone [;;o}ia litorale, zona coralligem, zona
•pelagica, ecc.), le quali in alcune regioni avrebbero facies paleonto-
logica e litologica identica ai diversi piani della serie miocenica, ma
non si avrebbe certo la sovrapposizióne costante degli uni agli altri,
come si osserva nelle formazioni mioceniche esaminate.
È bensì vero che da alcuni sostenitori dell'ipotesi del Tietze e del
BiTTNER 0 del De Stefani, come dir si voglia, furono annoverati nu-
merosi esempi, ove si avrebbe la serie invertita, cioè depositi elveziaui
sottostami a quelli langhiani, o depositi tortoniani sottostanti a quelli
elveziani, ma io ritengo tali asserti dovuti ad osservazioni non del
tutto accertate e da accogliersi quindi con grande cautela. Si citava
ad esempio come nell'Apennino Parmense presso Sivizzano, si avessero
alternanze del Messiniano P Mayer col Tortoniano, ma il Simonelli
in un suo accurato studio sopra alcuni Pteropodi, prendendo in esame
tali depositi,^ osservava recentemente: « non ho saputo riscontrare a
Sivizzano vere e proprie alternanze di sedimenti marini con sedimenti
a fauna salmastra, e tanto meno promiscuità di specie marine e non
marine in un medesimo strato « .
Ed allorché ulteriori studi avranno fatto conoscere più partitameli le
i differenti depositi della serie terziaria, io credo che si avranno nu-
merosi esempi di facies diverse in uno stesso piano, e ciò confermerà
senza dubbio che i piani stessi Langhiano, Elveziano, Tortoniano, ecc.
non rappresentano facies diverse, ma bensì piani, i quali possono es-
sere costituiti da depositi di diversa profondità.
1 Simonelli V., Sopra due nuovi Pieropodi delle argille di Sivizzano nel
Parmense. (Boll. Soc. Geo). Ita). Voi. XY, 189G, pag. 193.)
344 G. DE ALESSANDRI.
11 Déperét ha già receutemente portato imo di questi esempi stu-
diando il conglomerato di Pierre Longue, ^ ove ha trovato e descritto
una fauna completamente litorale a Gasteropodi spettante al Langìiiano,
il quale come ben si sa in Italia e nel bacino di Vienna ha facies
pelagica. Ed anche per VElveàiano io credo non siano rare le località,
ove esso assume facies completamente diversa da quella solita litora-
nea, come sembrerebbe il caso del Monte dei Cappuccini di Torino,
ove esso è rappresentato da veri fanghi pelagici a PleropocU.
Inoltre coli' ipotesi sovraccennata io non saprei come intendere i de-
positi del mare miocenico in rapporto alla spiaggia di allora, imper-
ciocché andando nell'Apenniuo Ligure da Sud a Nord, ossia dalla linea
che segnava il litorale successivo delle formazioni mioceniche verso il
golfo padano, si avrebbe nella serie miocenica in vicinanza alle coste,
a contatto MV Aquitaniano, sedimenti di mare profondo (Langliiano),
in seguito sedimenti litorali (Elveziam), poi sedimenti della zona coral-
ligeua (Tortoìiiano) ed infine sedimenti salmastri (Messiniano). Come
può conciliarsi la presenza contemporanea di un deposilo litoraneo a
maggiore distanza dalla spiaggia di uno a tipo pelagico, il quale poi
a sua volta è sostituito da un altro pure di mare profondo? Come si
sono prodotti, e da quale terra emersa sono stati portati gli elementi
dei banchi arenacei e di quelli conglomeratici del deposito intermedia-
rio a facies costiera?
Si è osservato dagli oppositori delle classificazioni del Mayer, come
i concetti litologici non diano criteri sufficienti per la distinzione cro-
nologica dei terreni, è ciò è cosa incontestabile, potendo questi concetti
solo essere forniti dàlia paleontologia ; essa però, a mio avviso, in
materia di formazioni terziarie non deve mai disgiungersi dalla stra-
tigrafia.
1 Dkpkret C, Noie sur les fossiles raiocrnes da conglomerai de Pierre-
Longue prSs Avignon. (Bull. Soc. G(^ol. d. France. Serie 3. Tom. XXIV, Ì81)C,
pag. 523.)
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. ola
Invero tutti i geologi che si sono occupati del terziario sono con-
cordi nell'ammettere, col Neumayr, uiia grande sproporzione riguardo
alla durata fra i piani del terziario superiore, comparati con quella
dei piani del secondario. Ed infatti, se la somma delle variazioni di
singole stirpi di organismi, e sovratutto quelle subite dalle forme più
frequenti degli invertebrati marini, costituisce una delle misure per
stabilire la durata di un periodo della storia della terra, nel terziario
noi non riscontriamo che lievi modificazioni, mentre nel solo Giura-
Lias si possono distinguere ben 30 fasi successive di sviluppo delle
forme marine.
n Neumayr credette attribuire ciò al fatto che, mentre dei terreni
antichi a noi sono pervenuti in massima parte sedimenti di mare pro-
fondo estesi ed uniformi, dei moderni invece abbiamo gran numero di
depositi di mari litoranei, ristretti e variabilissimi, e ciò perchè mentre
nei primi l'azione concomitante degli spostamenti negativi, e dell'ero-
sione delle onde e della denudazione atmosferica contribuiva ad annul-
lare i sedimenti litoranei a vantaggio dei profondi, nei secondi al con-
trario essa non ha ancora avuto tempo sufficiente per estrinsecare com-
pletamente 0 quasi la sua attività trasformatrice.
Le ragioni addotte dal Neumayr sono molto discutibili, perchè se
noi diamo uno sguardo alle formazioni sottostanti a quelle secondarie,
riscontriamo nuovamente in alcuni piani del Paleozoico uno sviluppo,
altrettanto potente di quello della serie terziaria, di depositi terrigeni
litorali. Su di essi non si può ammettere che l' attività trasformatrice
non abbia avuto campo ad esplicarsi in tutta la sua più intensa ma-
nifestazione e ciò dimostra come la serie sedimentare sia stata divisa
senza concetti assoluti riguardo alla durata dei singoli piani, e solo
si sia ricorso a complessi di cause le quali furono assai varie e che
agirono in modo affatto accidentale. Da ciò ne consegue evidentemente
che la serie cronologica delle formazioni rappresenta periodi di du-
rata molto varia e nel terziario, ove si hanno avuto depositi consi-
derevoli in potenza, in periodi relativamente brevi, i concetti paleon-
346 G. DE ALESSANDRI.
tologici siano eia accogliersi con grande cautela e considerando solo
complessi di faune.
Ed abbiamo noi forse nel terziario specie caratteristiche di qualche
piano uel vero senso della parola ? abbiamo noi forme che con una
grande estensione geografica, e con una breve durata nella serie stra-
tigrafica possono servire seuz' altro a determinare la posizione di uno
strato? II volere quindi stabilire le suddivisioni del terziario in base
unicamente all'esame dei fossili è cosa assai difficile e forse prematura.
Ed in quali erronee conclusioni possano apportare i soli studi paleon-
tologici, non corredati da sufficienti osservazioni stratigrafiche, nell'esame
delle formazioni terziarie ce Io dimostrano alcuni riferimenti fatti re-
centemente, i quali dopo ulteriori studi stratigrafici subirono sposta-
menti considerevoli nella serie.
Così, ad esempio, in Lombardia lo studio dei fossili delle argille di
Varano aveva stabilito trattarsi di una formazione miocenica, mentre
invece le recenti osservazioni sulla serie terziaria lombarda concor-
dano nel dimostrare che queste argille sottostanno ai depositi conglome-
ratici del Tonrjriaiw, e spettano all'Eocene superiore o Barioiiiano.
Nell'Apennino Umbro-Marchigiano parecchie formazioni che, in base
all'esame paleontologico, vennero riferite al Tortoniano, sembra invece
che per la loro posizione stratigrafica, debbansi ritenere tougriane, ed
altre che da numerosissimi studi paleontologici si credevano rappre-
sentare in Italia lo Schlier viennese, oppure un piano più o meno alto
del Miocene, dalle osservazioni stratigrafiche compiute in quelle regioni
dal Taramelli, dal Lotti e dal Sacco, sembra debbano riferirsi al-
l'Eocene.
Anche nel bacino del Rodano lo studio puramente paleontologico
delle formazioni ha ingenerato talora dubbi ed incertezze riguardo alla
loro posizione nella serie. Dimodoché il Dépéret, illustrando i conglo-
merati di Pierre-Longue, che egli ritenne spettare al Lanrjliiano supe-
riore, dopo aver fatto risaltare le aDìniià biologiche fra la loro fauna
a Gasteropodi e quella del Lanrjhiano inferiore e MV A'i'dtaniano
APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 347
Stesso, come pure con qualche fauna omologa del //" Piano mediter-
raneo (Tiirenna, Grimd^ Swperga) asseriva : « non bisogna attribuire
un valore stratigrafico troppo grande alle specie del Miocene, perchè
una gran parte di esso hanno un'estensione verticale che abbraccia e
talora sormonta anche l'assiemò di questi terreni « .
Riassumendo quanto fino ad ora ho esposto io ne conchiudo ; La
serie sedimentare venne divisa in piani che rappresentano, riguardo
alla durata, periodi di deposisioue estremamente differenti gli uni da-
gli altri. I piani dell'era Genozoica in rapporto a quelli dell'era Me-
zozoica 0 della Paleozoica segnano fasi di minima durata. Nel terziario
medio, ove si eccettuino casi di probabile sincronismo fra due depo-
siti consecutivi, come fra Tongriano e Stampiano e fra Aquita-
niano e Langliiano^ i diversi piani rappresentano fasi distinte e suc-
cessive di sedimentazione. La loro rapida deposizione ha fatto sì che
non si abbiano per essi specie strettamente caratteristiche e che di
conseguenza lo studio loro debba uniformarsi non solo ai responsi pa-
leontologici, ma anche a quelli stratigrafici.
Dal Museo Civico di Milano, ottobre 1900.
348 G. DE 'ALESSANDRI. APPUNTI DI GEOLOGIA, ECC.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA.
Fig. 1. Odontaspis cuspidata Agass. — Aquitaniano — C. Ferri — Gran-
dezza naturale.
2 a-b. Oxyrhina Desorii Agass. — Aquitaniano — Terme di Acqui —
Grandezza naturale.
, 3. Oxyrhina crassa Agass. — Aquitaniano — Torme di Acqui —
Grandezza naturale.
, 4. Sphjraa prisca Agass. — Aquitaniano — Terme di Acqui — Gran-
dezza naturale.
, 5 a-b. Scymnus trituralus Wink. sp. — Aquitaniano — Termo di Acqui
— Grandezza Vi-
, 6. Cirsolrema crassicoslatam Desìi, sp. — Aquitaniano — G. Ferri —
Grandezza naturale.
^ 7. AsLraliiim carinatum Bors. sp. — Aquitaniano — G. Ferri — Gran-
dezza naturale.
, 8. Amussiopecten, burdigalensis Lk. sp. — Aquitaniano — Visone —
Grandezza naturale,
, 9 a-b. Pseudamussium corneum Sow. sp. — Aquitaniano — Monte Ca-
priolo — Grandezza naturale.
, 10. Parvamussium duodecimlamellatum Bronn. sp. — Aquitaniano —
Termo di Acqui — Grandezza naturale.
„ 11. Aequipeclen Ilaueri Miclit. sp. — Aquitaniano — G. Ferri — Gran-
dezza naturale.
, 12 a-b. Terebratnla sp. — Aquitaniano — Terme di Acqui — Grandezza
naturale.
, 13. F label lum exlensam Micht. — Aquitaniano — G. Ferri — Gran-
dezza naturale.
, 14 a-b. Galeodea Bisioi n. sp. — Langliiano — Terzo — Grandezza appros-
simativa Vio-
G.DE ALESSANDRI - " //"/^ f/rr/^ /-> -^^/'v"/^/ ,//////////"//// ^z , //■yy// Tm\I.
AUCT. PHOT.
ci III 0>oc.oHcxl' at ScUn^^c Piai. Vol. XXXIX. Z^/: //
«ss. ■
G/i^/t-, Trt./iu^4y '■ r-- .^-l-t^-éf^- ,/^U^'n^
NOTA OliNITOLOGlGA
SOPRA VARDEOLA IDAE, (Harllaiib)
E CENNO SUI- DICROISMO DI VARII ARDEIDI.
del socio
Prof. Griacinto Martorelli.
(Con una tavola.)
Nel riordinare la Collezione Ornitologica Turali del Museo Civico di
Storia Naturale di Milano secondo il Catalogo degli Uccelli del Museo
Britannico (Voi. XXVI, pag. 20G), mi cadde sott'occhio un esemplare
adulto di Ardeola idae (Hartl.), del Madagascar (N. 9571 cf, da Jules
Verreaux), nell'abito btanco, o nuziale, descritto dal Grandidier a p. 420
della lìevue de Zoologie (2.'"® serie, t. XIX, 1867) e più tardi nella
grande Opera da esso scritta in collaborazione con Alfonso Milue-Edwards
sulla Storia Naturale del Madagascar (Voi. XII, Ilistoire Naturelle des
Oiseaux, Tome I, Texte, p. 556; Atlas, Tome III, pi. 226).
I caratteri dell'esemplare corrispondono perfettamente a quelli descritti
dal Grandidier, sia per il colorito, che è interamente bianco (tranne sul
capo, ov' è una leggiera tinta di fulvo), sia per le misure che son quelle
di un maschio perfettamente adulto ; ' quindi nessun dubbio esiste circa
Misuro.
^ Esempi, di Coilez. Turati: Misure date dai Grandidier
Ala 2i0 mill. . . da 200 mill, a 250 mill.
Coda 100 )i 100 »
Culmino del Lecco . . 0G5 u OGO »
Becco dalla commessura 077 « 075 )i
Tarso 060 » 060 »
Dito medio .... 050 » ....... 050 «
Pollice 023 )) 023 I)
Voi, XXXIX. 23
350 G. MARTOREI.LI.
i;i determinazione della specie, poiché nessuna delle ire altre aflìni asia-
tiche : Ardeola graiji, A. hacchus, A. speciosa, nelle quali si divise
dagli Ornitologi l'antica specie Ardeola leucoptem^'^ ha questa fase
bianca che vien considerata come nuziale.
Senonchò lo Sharpe nel Voi. XXVI del detto catalogo (pag. 207),
descrivendo V Ardeola idae, osserva che, avendo ricevuto dal sig. Al-
fredo Newton alcuni Aironi del Madagascar, ha potuto accorgersi che
sotto il nomo di Ardeola idae sono state confuse due specie, poiché un
Airone bianco in abito di nozze in quella colleziono del Newton con'i-
sponde molto bene alla tavola ù.q\V Ardeola idae nella nominata Storia
Naturale del Madagascar. Esso non vede per quale ragione non si
abbia a riferire quell'esemplare alla Gar setta garzella., mentre la vera
Ardeola idae sembra essere estremamente vicina all'ordinaria Ardeola
ralloides ed d\Y Ardeola grayi: aggiunge che per risolvere la questione
bisognerebbe esaminare l'esemplare del Museo di Parigi.
Ora ò evidente che lo Sharpe non ha potuto confondere una Garzella
nell'abito nuziale con un Ardeola nell'abito medesimo, per il solo fatto
che ambedue sono bianche, mentre appartengono a due generi, per forme
e per proporzioni, affatto diversi, e quindi gli esemplari che egli ha
considerati come appartenenti al gen. Garzella non potevano certo es-
sere Ardeolae. Su ciò non può cader dubbio di sorta.
Ma circa la rassouìiglianza che osso vede tra l'esemplare presenta-
togli dal Newton e la figura ì\q\V Ardeola idae nell'opera sul Mada-
gascar, che io pure ho esaminalo attentamente e confrontato coll'csem-
plaro della Collezione Turati, a me seinbra che, so rassomiglianza vi
può essere tra la figura stessa ed una Garzetta., essa non può deri-
vare se non dalla imperfezione della figura, sebbene eseguita dal va-
lentissimo Keulemans.
Questi potrebbe bensì, per un errore di trasmissione delle pelli clie
dovea disegnare, aver rappresentato una Garzella invece di un Ar-
^ II. ScHLECEr,, Mmeum des Pays-Bas. Tomo V. Ardear, pag. 32-35,
NOTA ORNITOLOGICA SOPRA l'ARDEOLA IDAE, ECC. 351
deola, ma, esaminando bene la sua figura, riesce evidente che questo
non è il caso ; poiché la Garzella garzella non ha la chioma di lunghe
piume cadenti snl dorso in quantità, come nella figura, ma sibbeue
due lunghe e sottilissime piume bianche cadenti dall'occipite e scorrenti
sul lunghissimo ed esile collo ; laddove nella figura questo appare piut-
tosto largo ed accorciato, come è nelle Ardeolae e come, per conseguenza,
lo rappresento nella mia figura, tolta dall'esemplare Turati.
Inoltre in quella figura le gambe dell'uccello rappresentato non hanno
la lunghezza che dovrebbero avere in una Garzella, ma sono tuttavia
più alto e più sottili che nelle Ardeolae : non sono gialle, come in queste
ultime, e non sono nere coi piedi gialli, come nelle prime, ma di un
color brunaslro uniformo.
Infine le piume ornamentali delle parti superiori si prolungano, nella
figura, smisuratamente ed hanno una foltezza straordinaria: così pure
dicasi della pioggia di piume alla base del collo esageratamente prolun-
gata e per nulla rassomigliante a quella deìVArdeola idae del Museo
di Milano che, nelle formo e nello sviluppo delle piume ornamentali,
corrisponde pienamente al tipo della nostra comune Ardeola ralloides.
Da quanto ho detto intorno alla figura più volte nominata, mi sembra
poter concludere che in essa non può vedersi una Garzella di qualsiasi
specie, ma piuttosto un Ardeola infelicemente rappresentata ; nel che
anche mi conferma quella leggiera tinta giallognola che in essa domina,
non altrimenti che uell'esemplare di Milano e, ad ogni modo, l'essere
la figura mal rispondente al vero, non toglie valóre alla diagnosi chiara
ed esplicita del Grandidier che, come sopra ho detto, si adatta perfet-
tamente al soggetto da me figurato.
Rimane quindi indubitabile che V Ardeola idae è da comprendersi
fra le specie di Ardeidi nelle quali si verifica il dimorfismo, possedendo
una fase bianca distinta da quella a colorito ordinario e che in questo
caso il dimorfismo, verificandosi nel periodo degli amori, la fase bianca
deve considerarsi come nuziale. Il lungo isolamento nel Madagascar po-
trebbe spiegare come questa specie abbia assunto un abito nuziale di-
352 G. MARTORELLI.
Stinto, mentre nelle sue congeneri, più orientali, tale abito bianco non
si riscontra.
E poiché mi sembra dimostrato il dimorfismo per questa specie, parmi
non fuori di luogo accennare ancora a varii altri ArJeidi nei quali una
simile fase bianca, ossia leucocroismo, si osserva pure, o parziale, o
totale ; per lo più così indipendente dall'età, dal sesso, o dalla stagione,
che in una stessa nidiata si possono trovare individui coloriti ed altri
bianchi, ed i genitori possono essere ambedue bianchi, od ambedue co-
loriti, 0 uno colorito e l'altro bianco, oppure anche di colore misto.
Priina di far seguire l'enumerazione di questi Ardeidi nei quali si
verifica il dimorfismo, debbo ancora avvertire che quello che io chiamo
leucocroismo non ha da esser confuso coW albinismo, che pure può con-
durre ad un piumaggio interamente candido; perocché questo costituisce
un' anomalia e quasi con certezza può ormai considerarsi come un ef-
fetto di degenerazione organica, particolarmente apparendo come un im-
poverimento di tutti i tessuti dell' individuo in cui si verifica, com'ebbi
più volte occasione di constatare, anatomizzando individui albini.
Di più l'albinismo, specialmente quando è totale, suole essere accom-
pagnato da alterazione di colore anche nelle parti sprovvisto di penne
e si estende persino all'occhio che tende a divenir rosso, mentre le
zampe ed il becco volgono al roseo, o al carnicino.
Invece nei casi di leucocroismo, dei quali sto per trattare, sono
solamente le piume che divengono bianche, mentre le zampe, il becco,
la pelle nuda attorno agli occhi, e questi medesimi, conservano il loro
colore normale, o anche acquistano tinta più intensa, se trattasi di fase
nuziale, com' è il caso àQÌVArdeola idae.
Le specie nelle quali risulterebbe verificarsi parzialmente, o total-
mente, il leucocroismo appartengono ai seguenti generi :
Mesophoyx, Florida, Bicromanassa, Notojìhoyx^ Lepterodius^
IlerodiaSj Garsetta, Leucophoyx e Demiegreita.
Nel primo genere, cioè: Mesophoyx^ vi ò la M. ialermedia sempre
bianca e così pure la M. plumifera.
NOTA ORNITOLOGICA SOPRA l'aRDEOLA IDAE, ECC. 353
Nel gm. Herodias la //. alba costantemente bianca; sola differenza
l'esservi, o no, piume ornamentali, cioè quelle lunghe e filamentose piume
bianclie formanti la vaghissima e leggiera pioggia sulle ali e sulla coda,
cui si è dato il nomo commerciale di Egrette.
Nel gen. Florida l'unica specie, F. coerulea, è generalmente bianca
nella veste dei nidiace!, ma i giovani si fanno gradatamente grigi, o
per muta di piume, o per colorazione progressiva : gli adulti sono ge-
neralmente di color grigio-azzurrognolo; però lo Sharpe fa notare che
secondo il RidgAvay f Water Birds, North Amer., Vol. I, pag. 43) i
vecchi individui possono anch'essere totalmente bianchi.
Nel gen. Dicì'omanassa la D. rufa ha due fasi e lo Sharpe (Cat.
B., Voi. XXVI, pag. 105) ricorda come l'Aiiduljon considerasse gl'in-
dividui bianchi quali i giovani della specie, mentre lo studio delle serie
ha dimostrato che gli individui bianchi, avendo sviluppate le piume or-
namentali, non altrimenti che quelli coloriti, debbonsi considerare come
adulti essi pure e l'esemplare bianco della Collezione Turati lo conferma.
È strano poi che l'Audubon non se ne fosse accorto, poiché riconosce
che le due forme si possono trovare nella medesima nidiata e sono al-
levate da genitori di uguale, o di diverso colore, fra di loro : quindi
lo Sharpe giustamente ne conclude che la fase bianca, in questo caso,
nulla ha che fare coll'età, o col sesso, o colla stagione. Qualche volta
si trovano individui a piumaggio misto.
Nel gen. Notopìioy.jc la N. Novae Hollandiae è notevole per il
vario grado in cui si trova in essa il color bianco sul capo, occupando
una superficie variabile di esso. Tale variazione risulta affatto indivi-
duale, cioè indipendente dal sesso, età o stagione.
Nalla Notophoìjx pacifica il bianco si può estendere a tutto il collo
e la Collezione Turati, coi suoi tre esemplari, possiede la forma a co-
lorito e macchie normali, quella col capo e collo interamente bianchi,
ed una intermedia fra le due prime, confermando pienamente il dimor-
fismo supposto dallo Sharpe.
Óoi G. MARTORELLI.
La Noto])hoijx picata ha il collo bianco, come le guaiicie e la gola,
ma iu modo costauie, onde nasce il dubbio che sia sparita la forma a
colorito normale, o meglio origiuEirio; però, disponendo di una sufllciente
serie, non sarebbe forse impossibile il trovare qualche individuo in quella
coudizione e mi pare quindi opportuno richiamare sopra questa specie
di Airone l'attenzione degli Ornitologi,
Nel geu. Lepterodius si verifica il leucocroismo in modo completo,
tanto nel L. gularis dell'Africa, quanto nel L. asha che lo rappre-
senta in Asia. Anzi nella prima specie ebbi opportunità di osservare il
cambiamento di colore iu un individuo vivente riportato dall'Eritrea da
alcuni soldati e che tenni per qualche tempo, onde seguirne i mula-
menti di piumaggio.
Vero ò che spesso gii individui a colorito inisto, o macchiato, sono
il prodotto di mescolanza delle due forme, come asserisce lo Sharpe,
ma è altresì certo che quello da me osservato vivo era del tutto bianco
quando lo ricevetti e si andò oscurando di poi; quindi debbo ritenere
che in questa specie il leucocroismo può essere permanente, o tempo-
rario. I giovani sono color cenere, epperciò non si tratta di variazioni
per ragione di età.
Nel geu. Garzella vi ha la Garzella garzella ^ il cui leucocroismo
è regolare e costante, né ho trovato in alcun autore il minimo accenno
ad una eccezione, sia pure individuale. Lo stesso dicasi per la Gar-
zella nigripes.
Nel geu. Leucophoyx vi ò la sola specie Leucophoyx candidis-
sima e non ha variazioni di colore.
1 Ho ilovulo qui seguire il nome adoUato nel Catalogo di Garzella garzella^
tuttavia questo sarebbe uno dei casi in cui si dovrebbe dare il nome specifico di
typicf, chiamando quest'airone Garzella ti/pica, piuttosto die ripetere por ia specie
il medesimo nome cbe per il genere, cosa che suona assai malo: e così mi paro
che si potrebbe seguire, nel denominare le specie come questa, una recente propo-
sta che leggo mìVIòls (ottobre 1800, pag. C<S2-fi:j.;
NOTA ORNITOLOGICA SOPRA l'aKDEOLA IDAE, ECC. 00 0
Il gen. Demiegreiia, che comprende la sola Demiegretta sacra, offre,
esempio notevole di dimorfismo, anzi non solo ha una fase colorata
ed una bianca, ma la prima, secondo lo Sharpe, mostrerebbe una spic-
cata tendenza al melanismo, inquantochò il bianco della gola spesso
si restringe e di molto, od anche sparisce del tutto. Questa specie è
del resto una di quelle che offrono la massima incostanza di caratteri,
perchè anche le parti scoperte variano in essa moltissimo di colore.
Finalmente, come esempio di dicroismo, non va dimenticato il Du-
jìetor melas (Ardetta melaena in Salvad. Atti lì. Acc. Se. Torino,
V. XIII, pag. 1186-87) il tipo dei quale, posseduto dalla Collezione Tu-
rati, è alquanto diverso dalla figura e dalla descrizione del Catalogo
(V. XXVI, pag. 251, tav. Ili), essendo interamente nero, mentre nella
fase a colorito normale la parte anteriore del collo è fulva con macchie
nere e strisce bianche ; quindi è chiaro esistere anche per questa specie
un vero dimorfismo, ed il Salvadori ne ha descritto non solo l'esem-
plare adulto della Collezione Turati, che è nero uniforme su tutto il
corpo, ma anche il giovane nella fase corrispondente.
Ora, se si considera che tra tutti i casi contemplati esiste una vera
e propria gradazione, che va da quelli in cui il dicroismo è incipiente
a quelli nei quali è più avanzato ed esteso e a quelli in cui raggiunge
il massimo, cioè la formazione di due coloriti afl'atto diversi tra loro e
indipendenti da differenze di età, sesso, o stagione, appare evidente che
questo fenomeno ha una speciale importanza perchè può dimostrarci con
quali processi e graduali trasformazioni possono essersi originati i leit-
cocroismi, od i melanocroismi, totali e iter manenti j, cioè caratteri-
stici di ben distinte specie in qualunque abito ed età.
Questo è il caso delle specie del gen. Eerodias, del gen. Garzetta
ed altri già nominati, i quali sembra possano esser derivati da tipi pri-
mitivi a piumaggio colorito, probabilmente anche macchiato.
Riesce, a prima vista, assai diffìcile il comprendere come per la se-
lezione naturale non siano stati eliminati gli individui nei quali il leu-
cocroismo era riuscito totale, e come sia stato possibile alla specie il
350 G. MARTORELLI, NOTA ORNITOLOGICA, ECC.
sostituire 1' abito bianco estremamojite cospicuo a quello procedente eli
natura più protettiva.
Però se si riflette che in ogni classe di animali sono numerosi gii
esempi di specie a colorito assai appariscen.te, del tutto prive di mezzi
diretti per difendersi da altre specie predatrici e che ciò nondimeno rie-
scono a superare la lotta per l'esistenza con modi svariatissimi, è fa-
cile immaginare che anche gli Aironi bianchi sfuggono con mezzi ana-
loghi alle innumerevoli cause di distruzione, pur avendo un piumaggio
che li rende estremamente vistosi.
Anche senza considerare come una terribile arma di difesa il loro
acutissimo becco fatto a pugnale, la cui punta nel riposo sta consueta-
mente rivolta in alto e può venir lanciata dal lunghissimo collo quasi
a scatto di molla contro gli occhi di un nemico, basta pensare che
questi uccelli, per la magrezza e pel poco gusto delle loro carni, non
sono molto ricercati dagli uccelli da preda e quindi si coinprende come
sia per essi indifferente l'avere uno, od altro colorito, mentre non lo
sarebbe affatto per altri uccelli ai quali il color bianco serve di prote-
zione durante l'inverno, come le specie del gen. Lagoims nelle quali
il (iimorllsmo, coincide nelle suo alternanze, coll'alterno succedersi della
buona e della cattiva stagione.
Neppure può paragonarsi il leucocroismo permanente degli Aironi a
quello di alcune specie di Astori dell'Australia (Astur Novae Ilollan-
diae) ai quali il colorito bianco niveo totale può servir di jnezzo in-
sidioso, permettendo di confonderli coi pappagalli bianchi del gen. Ka-
kattca, mentre i candidi Aironi dei generi: Ilerodias, Garzeita, Leit-
cophoijx^ non potrebbero venir confusi con altri uccelli nell'ambiente
palustre nel quale vivono.
Mi è sembrato opportuno il j'icliiamare l'allenzione degli (h-nilologi
su quest'ordine di fàlti che, essendo molto importanti dal punto di vista
dell'origine delle specie, meriterebbero ulterioià osservazioni ed indagini.
G.Martorelli. Ardeola idce,(ì[c. Alii Sodi, di Se N;il. Vol. XXXIX, Tav. VII.
^
*S.
ARDEOLA ID.K (Ilartl.)
Disegno dell'Autore.
ZrxGOTipiA Alfieri e Lacroix.
I BUOI MUSCHIATI DEL MUSEO DI MILANO
del S03Ì0
Prof. Ferd. Sordelli.
(Con una tavola.)
(Seduta 25 novembre 1900.)
In lina custodia, provvisoriamente collocata al piano superiore del-
l'atrio di questo Museo, i visitatori possono ora vedere due grossi Ru-
minanti di una specie non comune, che molli Musei non possiedono,
0 solo da poco tempo hanno potuto procurarsi. — Sono un maschio
ed una femmina di Bue muschiato, ^ ed il teschio del primo, conser-
vato a parte.
Questa specie ancora ignota, a quanto pare, ai tempi di Linneo, de-
scritta primamente nel 1780 da Zimmermann, che la pose fra i Buoi,
ha, infatti, la statura, le forme pesanti, la robustezza delle gambe di
questi; e più <li tutto le corna, che in ambo i sessi hanno un note-
vole sviluppo, ed una curva che ricorda alquanto quella di alcuni Bu-
fali, e dello Gnu, dalle forme taurine. — Manca tuttavia della gio-
gaja sotto il collo e lo scheletro presenta maggiori affinità con quello
della Pecora, cosicché Blainville ne fece, a buon diritto, il tipo di
un genere a sé, intermediario fra quello delle Pecore e quello dei Buoi. ^
1 Bos moschatus Zimm., 1780. — Ovibos moschaius Blainv., 1816.
2 Trouessart {Calai. Mammalium, 1898) pone il genere Ovihos per ultimo
nella sottofamiglia Caprinae, che comprende le Capre e le Pecore, e prima di
3à8 F. SOI'JJKLI.I.
Singolare non mono ò la patria del Bue muschiato, essendo egli, col
Uenne e coirAlce, uno dei pochi mammiferi terrestri di notevole molo
che abili esclusivamente lo regioni circiinìpolai'i. Ma nieiilrc il Henne
0 l'Alce si trovano, con leggere modificazioni, tanto al nord dell' Eu-
ropa e dell'Asia, quanto dell'America, il Bue muschiato si riuvieiKi
oggidì soltanto nell'America settentrionale, dove occupa un' area rela-
tivamente ristretta, sia che la si paragoni con quella delle due specie
di KuniiiKiiiii (ira uieuzioiiati, sia con quella che h stesso Bue ]nu-
schiato occupava ne' tempi nudati.
Al presento non lo si linviene più ad occidente del cui'so Inferiore
del fiume Mackenzie'^ e del gran Lago degli Orsi; più a nord il punto
qiioUa dolio Bavinae. — Matsciiie (Dio sijstematische Stellunj vo/i Budorcas
Llodgs; in: Silzungsb. d. Gosoll. naturf. Freunde, Berlin 1898, p. 30) propone di
faro un gruppo a so doi generi Oolbos o Budorcas. Quest'ultimo (B. taxicolor
Hodgs, proprio dell'Indocina e del Thibet orientale) ha infatti grandi allinità col
Buo muschiato, comprosa la forma dello corna. — Del resto le dill'oronze cosi rag-
guardevoli nel portamento, ((uali si osservano fra i vari generi di Jtuiainanli a
corna persistenti, ad os. fra le Gazzelle ed i Buoi, sono assai minori in (jiianto
riguarda l'interna struttura; il che giustifica il loro ravvicinamento in un'unica
famiglia Jìovidae.
^ Un tempo esisteva più all'ovest fin presso la baja di J:]schscliollz; così puro
fu veduto in paesi posti alquanto jìiù a sud. Jeremio, viaggiatore francese e cac-
ciatore di poUiocie, li) incontrò la ])rima volta, noi 1720, sulla sponda occidentale
delia baja d'Hudson, a soli W,)" di latitudine, li sombra che lo grossissimo Pecore
dai lunghi poli, di cui parla Gumara, viaggiatoro o storico spagnuolo, viventi nel
regno di Quivira, posto a quanto paro a N. del Messico, fossero Buoi muschiati.
(Breiim, Vita decjli Animali, odiz. ital. HI, \\. 271.)
L'uomo ha senza dubbio contribuito a rostringoro l'area occupata dalla specie
in discorso, ma ancor più devono avervi contribuito lo vicissitudini del clima o le
mutazioni geologiche; senza di cho non si capisco comò non abbia, ad esempio,
sopravvussuto in Siberia, dove lo (londizioni di clima o di terreno sono identiche a
quelle dell'attuale sua patria. — Un fatto significante è pur questo, che noi giar-
dini zoologici, dove pure si conservano o talora a lungo, molti animali di paesi
temperati o caldi, il Buo inuschiato non si trova mai. — Attualnionte un tenta-
tivo di acclimazione di una specie sotto ogni rapporto cosi interossant(* viene fatto
dalla Gasa ducale di liedford, noi suo celebre possedimento di Woburn Abbey,
contea di Bedford, in Inghilterra. Ivi l'attualo duca, degno succossoro di quel Gio-
I liUOI MUSCHIATI DEL MUSEO Iti MILANO. 359
più occideiiLalo ò al capo lìailmrst ; di la il limile della sua dil'lìisioiie
si volge verso sud-est senza toccare il bacino idrografico del gran Lago
degli Schiavi, per proseguire verso la baja d' Hudson, dove raggiungo
il GO" grado di latitudine, circa all' altezza del forte Churchill, sup-
pergiù la medesima di Cristiania e di Pietroburgo. — Ad oriente della
baja d'Hudson, nel Labrador, sembra maucare; esiste invece più al
nord a circa 70" di latitudine, dal golfo di Boothia e dallo stretto del
Principe reggente fino a quello di Lankaster, e da qui allo Sniiih
Sound. Attraversato indi quest' ultimo si diffonde lungo la costa nord
della Groenlandia, fin laddove si scoprirono terre e gira poi lungo la
costa orientale, tra la ghiaccia continentale ed il mare, fino allo stretto
di Scoresby. — Alla costa occidentale della stessa Groenlandia manca
all'atto, mentre lo si rinviene nelle grandi isole di Melville, Parry e
Grinnoll. '^
In tempi storici esisteva anche in alcuni paesi più meridionali, ma
non mollo più al sud. — Assai notevole, al contrario, fu la sua di-
mora durante una parte almeno dell'ora quaternaria; poiché coi rigori
del clima e forse più colle speciali condizioni della vegetazione di al-
lora, esso tenne dietro all'estendersi dei ghiacciai quaternari, col Renne,
colla Volpe polare, col Gufo delle nevi e con molti altri animali dei
paesi freddi; sicchò se ne trovano gli avanzi, non solo in America,
dove mite è il clima d'oggidì, ma lo si rinviene fossile anche in In-
ghilterra, in Francia, in Isvizzera, in Germania, in Russia, in Siberia,
dalle ([uali contrade scomparve poi all'atto. ' — In Italia, por quanto
vanni Russell, a cui tanlo vanno debitrici la Botanica e rOrlicoliura, possioiie duo
giovani maschi, catturati il li agosto 18!)!), nell'isola Clavering, presso il Capo
Mary, nella Groenlandia orientale, a circa 71° lat. N. — Sarà da vedere Un (piando
resisteranno al clima hritannico.
"5 KoBELT ^V. , Dir MuacliU^i-Ochse. (Bericlito d. Sonkenb. nalurli. Gosell.
l!lOO, p. GÌ.) — Trouessart, loc. cit., p. 'J8i.
^ Bovi) Dmvklns, The pleistocene Mammalia, Part IV (Ooibos moschaius),
in: Palaoont. Society, 1872. — Struckmann C, Noli: àber clas Vorl;ommen cles
3G0 F. SORDELLI.
ue so, iiou fu mai trovato, come non vi si rinviene il Renne, e paro
che la catena alpina, forse più alta allora che non adesso, sia stata,
co' suoi estesi ghiacciai, un ostacolo insormontabile ad entrambi.
Ammesso, com' ò infatti, che le coudizioni esteriori abbiano influito
e tuttora influiscano nel modificare i caratteri degli animali, comin-
ciando dai più esterni, non è men vero per altro che tali modifica-
zioni sono di necessità lentissime, almeno nella pluralità dei casi; cosic-
ché al variare di (l(3tte condizioni non sempre teiigou dietro corrispon-
denti variazioni di forma, di colore, di proporzioni. Talora la specie
col mutare delle circostanze di ambiente alle quali s' era adattata, va
man mano scomparendo da una località, per prosperare di preferenza
altrove; emigra, o se non può farlo si spegue. Il clima o la natura
del suolo sono quiudi i fattori principali che permettono ad una spe-
cie di persistere o meno.
Nel caso nostro abbiamo a che fare con un tipo che non è molto
recente, come lo provano i resti fossili identici alla forma vivente, e
più ancora quelli di altra congenere, scoperti nell'America del Nord. ^
Si può spiegare, quindi, come avendo attraversato la luuga èra inter-
ceduta fra la terziaria e l'attuale, la specie in discorso abbia avuto
tutto il tempo di adattarsi ad un modo di vivere che per noi ha ve-
ramente dello straordinario.
Ed invero quando si pensa che i paesi dove si trova il Bue mu-
schiato sono sotto latitudini comprese fra G0° e 80", anzi la più parte
son posti al di là del circolo polare, subito ci si presentano alla mente
quello terre dove per sei mesi continui il buio della notte non è in-
terrotto se non dal scintillare delle stelle, dal ritorno periodico dei
raggi lunari e, di tratto in tratto, dalle aurore boreali; mentre negli
J/oschus-Ochsoi (Ovibos moschatas) im diluvialen Flmskies von Ilameln an dei-
ìVeser. (Con indicazione di rinvenimonii anteriori fatti in Germania.) In: Zeitschr.
d. deutschen geol. Gesollsch. 1887, p. GOL — Zittel, liandb. d. Palaeont.. IV,
1891-03, p. 124. — Trouess.vkt, loc. clt , p. 984.
'' Ooiòos bombi frons Harlan {=priscus RiUim.).
I BUOI MUSCHIATI DHL MUSEO DI MILANO. 361
altri sei mesi il sole è cosi presso l'orizzoiile che il suo calore viene
per la maggior parte assorbito dall' atmosfera prima ancora di giun-
gere alla terra. — A quelle elevate latitudini la temperatura è per
conseguenza assai bassa e per tre quarti dell'anno scende di alcune
decine di gradi sotto lo zero, più* o meno secondo le località. — Solo
nella breve estate di due o tre mesi si eleva di pochi gradi sopra
zero, ma gela poi di frequento nelle oro corrispondtinli alla nostra notte
quando il sole é più basso.
Ebbene, in tali estreme condizioni di clima la vegetazione non è
spenta, e nemmeno è tanto povera quanto si potrebbe supporre. —
Noi Siam tratti ad immaginare quello immense distese di terre solo
coperte per la più gran parte dell' anno sotto un ampio mantello di
neve e di ghiaccio che tutto nasconde, senza un fdo di verde, senz'al-
tro indizio di vita, fuorché qualche raro animale famelico in traccia
di meno inospiti contrade. — Che se in alcune regioni le cose stanno
veramente così, convien d'altro canto rillettere come terre, poste alle
stesse latitudini, offrono differenze spesso notevolissime rispetto al clima,
influenzato com' è questo dalla vicinanza del mare, dalle correnti, dalla
qualità del terreno, dall'altitudine e dall'esposizione. Sicché, come dissi,
anche a latitudini elevatissime, abbiamo località dove una flora abba-
stanza numerosa spiega durante il risveglio di poche settimane una
inaspettata dovizia di verde e di fiori. Secóndo Wettstein 170 spe-
cie di Fanerogame abitano la costa settentrionale della Siberia, 190
la Nuova Zemlia, circa 300 furono raccolte all' estremo meridionale
della Groenlandia, mentre le Spitzberghe, poste a 20 gradi più al nord,
ne hanno ancora 125. ^
Sono forme a foglie piccole, coriacee, a radici e steli duri, perenni,
ed eminentemente adatte a resistere, con apparente sospensione della
vita, agli eccessivi e prolungati rigori di quel clima, al gelo che pe-
" Wettstein Rud. von, Die Pflanzenicelt cler Polargegenden. (Schriften d.
Ver. z. Verbr. naturwiss. Kenntnisse, 1899-900, p. 34.)
362 F. S0RiJi:[jj.
iietra per parecchi metri sotterra, mentre d'estate il disgelo non ù se
non superficiale, di poclii ceiilimelri, appena quanto basta per conceder
loro di vegetare e di fiorire.-'^ — Se nevica ò di preferenza d'estate
e nelle stagioni intcrmodio ; d' inverno 1' aria vi () di una secchezza
eccezionale.
Questo è il clima che i Buoi muschiati sono avvezzi a sopportare
e siccome, al postutto, hanno bisogno di molto cibo, si comprende come
non possano vivere doviuique e la loro area di distribuzione debba
essere quindi assai irregolare. — Abitano ossi, infatti, le basse terre
note col nome di ^ Barren grounds » ; ^ desolate lande intersecate da
stagni e da paludi, che nelle parti più elevato si rivestono su vaste
estensioni di un rigoglioso tappeto di licheni biancastri, inontro nelle
più depresse dominano particolarmente i muschi, od hanno loro sode
varie specie di erbe e di arbusti nani; qua Betulle, Salici, Andromede,
Carici, Eriofori; là iìanuncoli, Drabe, Stellario, Potentine, Claytonie,
Sassifraghe, Pediculari, Poligoni, varie Graminacee e molte altro. ^^
Ed è a questi vegetali che i Buoi muschiati devono chiedere il loro
sostentaménto. — Secondo le osservazioni del prof. Natiiorst, che lo
scorso anno visitò la Groenlandia orientale, sarebbero anzi lo foglio od
i ramoscelli di una specie di Salice, Salix arctica^ il loro nutrimento
preferito, salice che striscia a terra e non si alza so non di pochi
f'ontimctri.
^ 1/ aziono (lelhi luco solare, co' suoi raggi nttinici (chimici), iiiintorrolla por
tro 0 ([iiatlro mesi, componsa entro ceni limiti la scarsità (lolla temperatura, col
favorire in modo eccezionale l'assimilazione del carbonio, che da noi ò sospesa al
calar dello tenebro. Cosicché bastano podio settimane di disgelo perchè lo piante
delle terre polari possano compiere rapidamente ([uollo funzioni che altrove richie-
dono pili mesi. Lo dimensioni rimangono però sempre assai minori di (piollo che
si osservano nelle specie congeneri, viventi sotto cielo [liù mite.
■' l'arren grounds, letteralmente ■sl.erill terreni; chiamansi così iioH' America
settentrionale esteso regioni senza foresto e dove ogni coltivazione ò all'atto impos-
sibile; con diverso nomo, ma con identici caratteri sono lo 2\uidri della Siberia.
1" -MilLLEu K., D US Bach der Pllanzenicelt, 1857, II. (Die Polarliinder, p. 7-1!).)
I BUOI MUSCHIATI DEL MUSF.O DI MILANO. 363
Ciò nonpertanto ben ardua dov' ossero la esistenza di questi riiiiii-
iiauti ; spesso debbono contentarsi di poclii sterpi stretti dal gelo, o
sopportare la fame, od esser costretti a migrare, mai però così lon-
tano corno fanno abitualmente le Renne. — Nei mesi estivi appena
godono di una relativa agiatezza.
1 nostri esemplari furono portati, insieme con altri da una baleniera
norvegese, e provengono da un punto della costa orientale della Groen-
landia, di poco più al nord dello Scoresby Sound, alla latitudine di
circa 72".
Como si vede, fitti e lunghi peli che scondono fin presso terra ri-
vestono dovunijuo il corpo o lo difendono dal freddo e tanto meglio,
in quanto che durante la gelida stagione al pelo propriamente detto
è frammista un' abbondante lanuggino color cenere, eccellente difesa
contro il disperdimento di calore. I nostri esemplari, uccisi d' estate,
mancano quasi afiatlo di questo particolare, proprio dell'abito invernale.
— Veramente bello ò il maschio, perfettamonto adulto, corno si scorgo
dalle corna che alla base sono grossissime e quasi si toccano, non la-
sciando fra di loro se non un intervallo a mala pena di un centime-
tro.'^ L'animale, come del resto in tutti i Ruminanti, dapprima non
ha corna e solo al termino della prima estate no possiede un pajo
ricurvo all' infuori od all'insidi, presso a poco come nei nostri giovani
Buoi; solo più tardi vanno crescendo dalla baso, s'incurvano anche
in basso, finché l'astuccio corneo sviluppandosi enormemente acquista
la forma caratteristica che noi conosciamo. Il nucleo osseo, prodotto
da una sorta di esostosi del frontale, subisce invece diversa vicenda.
Secondo le recenti osservazioni di Lonncerg, ^- esso va crescendo as-
sai di volume fino a tanto che ranimalo non ha raggiunto all'incirca
1* Nel maschio posseduto dal museo di l''rancoforto sul Mono, adulto o d'ugual
provenienza, ma più giovano dol nostro, lo corna sono più sottili alla baso, con un
intervallo di IL centimetri (Kobelt, op. cit., p. fit, con t tav.).
1- LoxXNBERG E., Oil the struciurc and anatomìj of the Mmk-Ox (Ooibos
moschatus). (Proc. zoo). Soc. Lond. 1000, p. 670, f. .-I-C.)
364 F. SORDELLI. I BUOI MUSCHIATI, ECC.
la sua normale statura; ma poi coli' invecchiare viene in parte come
riassorbito e s' impiccolisce, mentre la parte cornea, come si disse,
aumenta gradatamente di spessore. — La femmina, più piccola, ha
corna di forma identica, ma sempre più sottili.
Entrambi gli esemplari pervennero al nostro Museo da quello di
Tromso, il cui direttore sig. Sparre Schneider, cui erano stati affi-
dati, li cedette ad onestissime condizioni. Neil' istesso modo egli potè
fornirne anche altri Musei, mentre prima o non se ne avevano in com-
mercio 0, data l'occasione, se ne chiedevano somme considerevoli, fnor
di misura.
La preparazione è opera ben riuscita del valente nostro Pietro Gon-
falonieri, al quale bastarono le poche indicazioni fornitegli, per dare
a quelle morte spoglie forma ed apparenza di vita. ^-^
Alle nominate persone, del pari che al chiarissimo direttore del Mu-
seo, dott. Tito Vignoli, il quale agevolò in tutti i modi le pratiche
per l'acquisto, la preparazione e la conservazione di così istruttivi sog-
getti, io debbo esser grato, se potei soddisfare il mio vivo desiderio
di vedere in questo civico Istituto colmata una significante lacuna.
1^ Vedasi l'unita tav. 8, desunta da una prova fotografica favoritami dalla cor-
tesia dell'egregio collega prof, E. Artini, che qui ringrazio cordialmente.
V ^l "'ivv "W-Y »&"'''
-M
N
Sedula del 17 giugno 1900.
ORDINE DEL GIORNO :
1." Comunicazioni della Presidema ed evenutali nomine di Segre-
tari e di Conservatori.
2.'^ SiùW insegnamento delle Scienze Naturali nelle Scuole secon-
darie.
3." Cenno commemorativo su Alfonso Milne-Edioards. — Comuni-
cazione del socio frof. T. Vignoli.
4." Sul dimorfismo del Ranunculus ficaria L. — Comunicazione del
socio dott. A. Noelli.
^.^ I metodi grafici nello studio della distribuzione degli animali.
— Comunicazione della Sig. Leardi-Airaghi.
Letto ed approvalo il verbale della seduta precedente il socio pro-
fessore Tito Vignoli prende la parola facendo una breve commemora-
zione dell' illustre Zoologo Alfonso Milne-Edwards, accennando alla va-
rietà ed importanza grande delle sue opero e conclude dicendo delle
sue virtù rare come cittadino.
Segue la Comunicazione del socio Xoelli sul Ranuncuhos ficaria e
quella della dott.^ Leardi-Airaghi 1 metodi grafici nello studio della
distribuzione degli animali e la Comunicazione del dott. Boeris So-
pra una rimarchevole somiglianza di forma cristallina fra eom-
'jìosti organici.
Dopo le comunicazioni, il Vice Presidente, ricordando l'Art. 10 del
Regolamento riguardante la durata delle cariche e la loro scadenza con
Voi. XXXIX. 2i
366 SEDUTA DEL 17 GIUGNO 1900.
vece alternata, propone che si faccia un sorteggio degli at inali Se-
gretari e Conservatori onde si possa far tosto una nuova nomina ed
evitare che tutti scadano al tempo stesso.
L'Assemblea, riconosciuta l' opportunità della proposta l' accetta, ed
effettuato tosto il sorteggio fra i due Segretari, risulta scadente il so-
cio prof. Sordelli, e dei due Conservatori scade il prof. Castelfranco.
Tanto il prof. Sordelli quanto il prof. Castelfranco vengono tosto
rieletti dai soci presenti.
Si tratta quindi della opportunità di interessare la Società presso il
Governo a vantaggio dell' insegnamento della Storia Naturale nelle
Scuole secondarie secondo il voto emesso durante la 1.^ riunione della
Società degli Zoologi Italiani, ed il socio prof. Vignoli prende la parola
perchè la cosa sia presa in considerazione. Il socio prof. Geloria, pure
riconoscendo il merito della questione, proporrebbe che la Presidenza
stessa facesse suo l'Ordine del giorno relativo, e si interessasse per
farlo pervenire al Ministero della Istruzione Pubblica. Il Presidente
dichiara di accettare come un onore tale incarico che l'Assemblea è
imanime nell' afììdargli.
Esaurito l'ordine del giorno viene levata la seduta.
Letto ed approvato.
Il Presidente
EDOARDO PORRO.
Il Segretario
Giacinto Martorelli.
Seduta del 25 novembre 1900.
ORDINE DEL GIORNO."
1." Comunicazioni della Presidenza e 'presentazione di nuovi soci.
2." Sul Peucedaniim angustifolium Rchb. fil. 1867. — Comunica-
zione del socio doti. A. Noelli.
3." Note ornitologiche sulla provincia di Venezia. — Comunica-
zione del socio E. Ninni.
4." Nota sopra TArdeola idae e cenno sul dicroismo di vari Ar-
deidi. — Comunicazione del socio prof. G. Martorelli.
ò." I Buoi ìnuschiati del Civico Museo. — Comunicazione del so-
cio prof. F. Sordelli.
Il Vice Presidente iug, Salmojraghi, in assenza del Presidente che
mediante lettera lo lia prevenuto di non poter intervenire, apre la 1.^
seduta del nuovo Anno Accademico, rivolgendo un saluto ai soci ; quindi
commemora con brevi, ma opportune parole, il Socio perpetuo Conte
Annoni Senatore del Regno e il Socio marchese R. Gualterio dece-
duti durante le vacanze.
Dopo ciò propone la nomina a socio effettivo del sac. Cozzi Carlo,
che viene accolta ad unanimità di voti, e presenta poi all'Assemblea
il libro del socio dott. Malladra, donato alla Biblioteca Sociale, dal ti-
tolo : Lezioni di Storia Naturale per le Scuole secondarie — Mor-
fologia e Fisiologia Vegetale.
Si fanno, secondo l'ordine annunciato nell'invito, le Comunicazioni
diverse.
368 SEDUTA DEL 25 NOVEMBRE 1900.
TermÌDate ,le Comunicazioni scientifiche, il socio prof. Sordelli do
manda la parola, desiderando dar lettura di una proposta scritta, per-
venutagli dal prof. Issel, il quale vorrebbe che la Società Italiana di
Scienze Naturali si facesse iui/Jatrice di una riunione delle varie So-
cietà consorelle in Milano ed in epoca da stabilirsi, preferibilmente in
autunno, in occasione del convegno in Milano del Congresso geografico,
per trattare argomenti di comune e generale utilità, pei quali enu-
mera i principali, cioè quegli argomenti che maggiormente interessano
r insegnamento della Storia Naturale, i Musei, l'organizzazione delle
Società, le loro pubblicazioni e relativi scambi, le questioni di prio-
rità scientifica, la Terminologia, specialmente quella dei colori, ecc. e
tutto ciò lontano da ogni solennità accademica.
Il socio prof. Sordelli fa seguire a tale lettura alcune sue conside-
razioni circa r opportunità di aderire a tale proposta ed il Vice Pre-
sidente propone che la si includa nell'Ordine del giorno della seduta
prossima.
Il socio prof. Coieria consente, in linea generale, colle idee del pro-
fessore Issel e le appoggia con alcune considerazioni, concludendo pa-
rergli opportuno che alla Presidenza si deferisca l' incarico di studiarne
l'attuabilità e riferirne all'Assemblea nella successiva riunione.
Il Vice Presidente, premesso che si dovrà innanzi tutto subordinare
ogni conclusione alle condizioni finanziarie della Società, si assume di
riferire in proposito nella prossima riunione, dopo mature riflessioni,
e dichiara con ciò esaurito l'Ordine del giorno.
Il Vice Presidente
FRANCESCO SALMOJRAGHI.
Il Segretario
Giacinto Mautorelli.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
DELLE PUBBLICAZIONI RICEVUTE IN DONO OD IN CAMBIO DALLA SOCIETÀ
dal 1.^ geìinaio al 31 dicembre 1000.
Non periodiclie. ^
Ameghino Florentino, Preseucia de mamlferos (liprotodout(3S eu los
depósitos terciario del Parana, Buenos Aires, 1900.
Bargagli Piero, Cenni biografici di Ferdinando Piccioli. Firenze, 1900.
Beauverie Jean, Etudes sur le polymorphisme des champignons in-
fluence du milieu, Annales de l'Universitc de Lyon. Fase. 3, 1900.
*Bordoni-Uffreduzzi Guido, Relazione sui servizi d' igiene e sanità
nel Comune di Milano nel biennio 1896-97. Milano, 1899.
*BuzzoNi Pietro, Appendice al « Centenario in casa nostra » . Milano,
1900.
*Carruccio Antonio, Parole pronunciate il giorno 22 marzo 1900 per
l'inaugurazione della Società zoologica italiana nella Pi. Università
di Roma,
Festvortrag des Directors Hofrath Dr. Guido Slache. Separatausgabe
zur Erinnerung an die Jubilàums-Feier des 9. Juni 1900. (Geolo-
gische Reichsanstalt.) Wien, 1900.
1 Quelle segnate con asterisco furono clonate dai rispettivi Autori ; le altre
si ebbero da Società e Corpi scientifici corrispondenti.
370 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Flegher Hugh, Descriptive note on the Sydney coal field Cape Bre-
ton, Nova Scotia to accompany a revised edition of the geological
map of the coal field. Being sheets 133, 13-4, 135 N. S., in-8,
Ottawa, 1900.
Guidoni Gerolamo, Società per la diffusione e l'incremento degli
studi naturali. Gerolamo Guidoni — 11 luglio 1870 — 11 lu-
glio 1900. Spezia.
HiNGENAU Otto, Joseph Ritter vou Hauer (f 2. Februar 1863).
Biographische Skizze. Wien, 1863.
KocH Anton, Die Tertiàrbildungen des Beckens der siebenbiirgischen
Landestlieile. II Neogene Abtheilung mit 3 Tafeln und 15 Text-
figuren. Budapest, 1900.
Lambe Laurence M., A revision of the genera and species of Ca-
nadian palaeozoic Corals, the Madreporaria perforata and the Al-
cyonaria. Contributions to Canadian Palaeontology. Vol. lY, part I.
Ottawa, 1899.
Lorenzi Arrigo, 'l'ermim dialettali di fenomeni carsici raccolti in
Friuli. Udine, 1900.
Me. Gonnell R. G., Preliminary report on the kloudike gold fields
Yukon district, Canada. Ottawa, 1900.
*Malladra Alessandro, Lezioni di storia naturale per le scuole se-
condarie. Voi. 1. Morfologia e Fisiologia vegetale. L. F. Cogliati.
Milano, 1900.
MiYAjiMA M., On a specimen of a gigantic Hydroid, Brauchiocerian
thus imperator, Allman. found in the Sagami Sea. (Reprinted from
the Journ. Coll. Sci. Imp. Univ. Tòkyo. Vol. XIll, part II. Tokyo,
1900.)
Nigolis Enrico, Marmi, pietre e terre coloranti della provincia di
Verona. (Materiali naturali litoidi da costruzione e decorazione.)
Verona, 1900.
*NiNNi Emilio, Sopra un caso di albinismo doUa specie Mareca pe-
nelope^ con brevi cenni sulla disliibu/.ioue di essa anomalia negli
uccelli del Veneto. Siena, 1900.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO, 371
Ninni Emilio, Note ornitologiche por la provincia di Venezia. (Gral-
lae et Palmipedes.) Milano, 1990.
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bayerischen Akademie der Wissenschaften. XX Bandes, 2 AI)lhei-
luiig; XXI Bandes, 1 Abtheilung. Mllnchen, 1900.
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lume XVII, 1898-1899. Helsingforsiae.
Acta Universitatis Lundeusis. Luods Universitets àrsskrift, Lund.
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Marzo, Abril, Mayo, Jnnio, Septiembre, Octubre. Madrid, 1900.
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1873-75; Sèrie 4«. Tom. I-X, 1877-188G; Sèrie 5«. Tom. I-X,
1887-1896; Serie 6«. Tom. I-IV, 1897-1899. Bordeaux.
Actes de la Société scieutifique du Chili. Tome IX, 1899, 4."-5.® li-
vraison; Tome X, 1900, livraison 1.®. Santiago, 1900.
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Amico dei campi (L'), periodico mensile di Agricoltura ed Orticoltura
della Società Agraria in Trieste, redatto da Ad. Stossich. Anno
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Anales de la Universidad centrai de la Republica del Ecuador. Serie
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Bulletins des Séances Société royale malacologique. Tome XXXIV,
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Annual Report Missouri botanical garden. 11 Reports for the year
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1898. Washington.
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livr. 3-5; Sèrie II, Tom. IV, livr. 1. La Ilaye. 1900.
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Voi. II, fase. 1-2. Venezia, 1900.
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mestre 189G, 1997; Voi. XXXI, Annate 1897-98. Vicenza, 1898.
Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. (Serie IV.) Volume
XI, anno accademico 208, fase. 4-10, 1894-1899; Voi. XII, anno
accademico 209, fase. 1-4. Siena, 1900.
Atti della Reale Accademia dei Lincei. (Serie V.) Rendiconti. Glasso di
scienze fisiche, matematiche e naturali. Voi. IX, fase. 1-12, 1."
semestre 1900; fascic. 1-11, 2." semestre 1900; Adunanza so-
lenne del 10 giugno 1900. Roma, 1900.
Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. Voi. XXXV, di-
spense 1-15 e osservazioni meteorologiche fatte nell'anno 1899
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Atti della Reale Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo.
(Serie III.) Anno 1899. Voi. V. Palermo, 1900.
Atti della Reale Accademia economico -agraria dei Georgofili di Fi-
renze. (Serie IV.) Voi. XXII, disp. 3-4, 1S99; Voi. XXIII, dispense
1-2. Firenze, 1900.
Atti della I. R. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Agiati in
Rovereto. (Serie III.) Voi. V, fase. 3-4, Anno 1899; Voi. VI, fa-
scicolo 1-3. Rovereto, 1900.
Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena. Serie IV.
Voi. I, Anno 32, 1889. ^Modena, 1900.
Atti della Società ligustica di scienze naturali e geografiche. Voi. X,
N. 3-4, Anno X, 1899; Voi. XI, N. 1-2, Anno XI, 1900. —
La Società ligustica di scienze naturali e geografiche nel primo de-
cennio della sua fondazione (1889-1899). Genova, 1900.
Atti della Società toscana di Scienze naturali, residente in Pisa. Me-
morie e processi verbali. Voi. XI, adunanza del 2 luglio 1899,
processi verbali; Voi. XII, adunanza del 19 novembre 1899, 28
376 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
gennaio, 4 marzo, G maggio e 1.° luglio 1900; Voi. XVII. Me-
morie. Pisa, 1900.
Atti dell'Ateneo di scienze, lettere ed arti in Bergamo. Voi. XV
(anni 1898-99). Bergamo, 1900.
Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Anno accademico
1899-900. Tomo LIX. Serie Vili, Tomo II, disp. 2-10. Venezia,
1900.
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ganzen Werkes 39 Lief. 1900. Monographic eiuiger priihistorischer
Bergstiirze in den Glarneralpen von Jakob Oberholzer. — N. F.
Lief. X des ganzen AVerkes 40 Lief. 1900. Monographic des Fla-
scherberges von Th. Lorenz. Notice explicative de la feuille XI
(2.» Ed.) par Renevier K. et Schardt li. Bern, 1900.
Bericht der naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Chemnitz. 14. Be-
richt. Chemnitz, 1900.
Bericht der Senkonbergischen nalurforschendeu Gesellschaft in Frank-
furt a. M. Von Juui 1899 bis Juni 1900. Frankfurt am Main,
1900.
Bericht (34") des naturhistorischen Vereins fi'ir Schwabeu und Neu-
burg a. V. friiher naturhistorischen Vereins in Augsburg. Aug-
sburg, 1900.
Bericht i'iber das Museum fiir Naturkunde (Zoologische Sammlung) zu
Berlin im Rechnuiigsjahr 1899. Halle a. S., 1900.
Berichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Freiburg i. Br. 11.' Band,
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Berichte des Naturwissenschaftlich-medizinischen Vereines in Innsbruck.
XXIII Jahrg., 189G-97, 1898; XXV Jahrgang, 1899-1900. Inn-
sbruck, 1900.
Berichte des naturwissenschaftlichen Vereines zu liegensburg. VII Ileft
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1899. — N. 13, Geologia de los alrededores de Orizaba. Mexico,
1899.
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Bollettino della R. Accademia medica di Genova. Anno XV, N. 1-2.
Genova, 1900.
Bollettino della Società africana d'Italia. Periodico mensile. Anno
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Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli. (Serie I.) A''ol. XIII,
Anno XIII, 1899; fascicolo unico. Napoli, 1900.
Bollettino della Società zoologica italiana. (Serie 11.) Voi. I. Anno IX,
fase. 1-2. Roma, 1900.
Bollettino delle sedute della Accademia Gioeuia di scienze naturali in
Catania. Fase. 61, novembre 1899; fase. 62-63, marzo 1900; fa-
scicolo 64, giugno 1900. Catania, 1900.
Bollettino del Naturalista, Collettore, Allevatore, CoUivatore, Acclima-
tatore. Anno XX, N. 7. Siena, 1900.
Bollettino del R. Comitato geologico d'Italia. Anno 1899, N. 4, Vo-
lume XXX, 1899; Anno 1900, N. 1-2. Voi. XXXI; 3." Supple-
mento 1898-99. Roma, 1900.
Bollettino statìstico mensile della Città di Milano. Anno XVI, N. 1-11.
Milano, 1900. .
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1900.
Bulletin de la Société géologique de France. (Ill Sèrie.) Tome XXVI,
N. 7, 1898; Tome XXVII, N. 2-5. Paris, 1899.
Bulletin de la Société libre d'émulation, du commerce et de l'industrie
de la Seine iuférieure. Exercice 1898-99. Table generale du Bul-
letin publié par la Société de 1797 à 1899. Rouen.
Bulletin de la Société nationale d'acclimata tion de France. Année XLVI,
aoùt-septembre-octobre, 1899; Année XL VII, janvier-février-mars-
avril-juin. Paris, 1900.
Bulletin de la Société royale de botanique de Belgique. Tome XXXVIIl,
1899 Bruxelles.
Bulletin de la Société vaudoise des sciences naturelles. Voi. XXXV,
N. 134, 1899; Voi. XXXVI, X. 135-137. Lausanne, 1900.
Bulletin de ITnstitut national génevois. Tome XXXV. Genève, 1900.
Bulletin du Museum d'Histoire naturelle. Année 1899, N. 3-8; Année
1900, N. 1. Paris, 1900.
Bulletin international de l'Académie des sciences de Gracovie. Gomptes
rendus des séances de l'annéo 1899-900, N. 10, décembre, 1899;
N. 1-8, 1900. Gracovie, 1900.
Bulletin mensuel. — Société Liunéenne du Nord de la France. XXVI
Année, Tome XIII, N. 293-302, 1897 ; XXVII Année, Tome XIV,
N. 303-322, 1898-1899. Araiens.
Bulletin of the Buffalo Society of Natural Sciences. Vol. VI, N. 2-4,
1899. Buffalo N. Y.
Bulletin of the Geological Institution of the University of Upsala. Vo-
lume IV, part 2, N. 8, 1899. Upsala, 1900.
Bulletin of the Geological Society of America. Vol. X, 1899. Rochester.
Bulletin of the Lloyd Library of Botany, Pharmacy and .Materia :\Ic-
dica. J. U. ex G. G. Lloyd. Bull. N. 1. Ginciniiati, Ohio, 1900.
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Biological Survey. N. 13. Washington, 1900.
Bulletin of the United States Geological Survey. N. 150-162, 1898-
1899. Washington.
Bulletin trimestriel de la Société d'Histoire Naturelle de Toulouse.
XXVIII Année, avril septembre, 1894; XXIX Année, 1895; XXX
Année, 1896; XXXI Année, 1897; XXXII Tome, 1898-1899,
fase. 1-2. Toulouse, 1899.
Bulletin of the Wisconsin geological and natural History Survey. Bul-
letin N. 4, Economic Series, N. 2. On the building and ornamen-
tal stones of Wisconsin by Ernest Robertson Buckley. Madison
Wis. 1898.
Bullettino della Associazione Agraria Friulana. (Serie IV.) Vol. XVII,
N. 1-16. Udine, 1900.
Bullettino della Reale Accademia di scienze, lettere e belle arti di
Palermo. Anni 1894-1898. Palermo, 1899.
Bullettino della Reale Accademia medica di Roma. Anno XXVI, fasci-
colo 1-6. Roma, 1900.
Bullettino della Società botanica italiana. N. 7-10, 1899; N. 1-6.
Firenze, 1900.
Bullettino della Società entomologica italiana. Anno XXXII, trimestre
1-3. Firenze, 1900.
Bullettino di Paletnologia italiana. (Serie lì.) Tomo III-X, Anno XIII-
XX, 1887-1894; (Serie III.) Tomo I-III, Anno XXI-XXIII, 1895-
1897; Tome V, Anno XXV, 1899, N. 10-12; Tomo VI, Anno
XXVI, N. 1-12. Parma, 1900.
Bulletins de la Société d'Anthropologie de Paris. (IV Sèrie.) Tome
IX, fase. 6, 1898 ; Tome X, fase. 1-5, 1899. Paris.
Bulletins du Comité Géologique de St. Pétersbourg. Tom. XVII, N. 6-
10, 1898; Tome XVIII, N. 1-2. St. Pétersbourg, 1899.
Carte géologique de la Suisse. N. 1. Notice explicative de la feuille
XVI (2^« Ed.) au 1.100,000 par E. Reuevier et H. Schardt. Blatt.
XVI avec text. Berne.
380 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
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Economie Proceedings (the) of ihc Royal Dublin Society. Vol. I, Part
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Foldtani Kozluuy (Geologische Mittheilungen). Zeitsclirift der Ungari-
schen Geologischen Gesellscliaft zugleich amtliches Organ der K.
Uug. geologischen Aastalt. XXIX Kotet, 1, 5-12 Fiizet, 1899; XXX
Kotet, 1-7 Fiizet. Budapest, 1900.
Forhandliuger i Videnskabs-Selskabet i Christiauia. Aar 1899, N. 2,
3, 4. Oversigt over Videnskabs-Selskabets M0der i 1899. Chri-
stiauia, 1900.
General report on the work carried on by the Geological Survey of
India for the period from 1st aprii 1899 to the 3'"* march 1900.
Calcutta, 1900.
Giornale della Reale Commissione di agricoltura e pastorizia per la
Sicilia e per la scuola d'orticoltura, pomologia e botanica. Anno
XLII, fase. 5-0. Palermo, 1900.
Giornale della Reale Società italiana d'igiene. Anno XXll, N. 1-11.
Milano, 1900.
•Jahrbuch der K. K. Geologischen Roichsanstalt. Jahrg. 1899-900, XLIX
Bd., 3-4 Heft.; L Bd., 1 TIeft. Wien, 1900.
Jahrbuch der Koniglich Preussischen geologischen Landesanstalt uiid
Bergakademie zu Berliu. Fiir das Jahr 1896, XVII Band, 1897;
fiir das Jahr 1897, XVIII Band, 1898; fiir das Jahr 1898, XIX
Band, 1899. Berlin.
Jahrbiicher des Nassauischen Vereins fiir Naturkundo. Jahrg. LUI.
Wiesbaden, 1900.
Jahresbericht der Naturforschonden Gesellschaft Graubiindeus. (Neue
Folge.) XLIII Bd., Vereinsjalir 1899-00O. Chur, 1900.
liULLETTINO DIBLIOGRAFICO. 381
Jahresbericht der Schlesischea Gesellschaft fur vaterlandische Gultur.
N. 7G-77. Jahresbericht enthalt den Generalbericht iiber die Ar-
beiten und Veriinderungen der Gesellschaft von Jahre 1898-1899.
Erganzuugshefr. zum 77. Jahresbericht etc. Heft 7. Breslau, 1900.
Jahresbericht (LVIII) des Museum Francisco-Garolinum. Nebst der 52.
Lieferung der Beitràge zur Landeskunde von Oesterreich ol) der
Enns. Linz, 1900.
Jenaische Zeitschrift fiir Naturwisseuschaft. XXXIII Bd., 3-4 Heft;
XXXIV Bd., 1-4 Heft. Jena, 1900.
Journal and Proceedings of the Royal Society of New South Wales.
Vol. XXXm, for 1899. Sydney, 1900.
Journal (the) of the College of science, Imp. University of Tokyo. Vo-
lume XI, part. 4, 1899; Vol. XH, part. 4; Vol. XIII, part. 1-2.
Tokyo, Japan, 1900.
Iowa Geological Survey. Des Moines. Annual report, 1898, with ac-
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Kongliga Svenska Vetenskaps-Akademiens Handlingar. (Ny Foljd.)
Tretiondeandra (32) Bandet, 1899-900. Stockholm.
Maryland weather service. Vol, one. Baltimore, 1899.
Mémoires de la Sociétó des sciences physiques et naturelles de Bor-
deaux. (V Sèrie.) Tome III, 2.« cahier 1899; Tome V, 1.'" Cahier
avec un appendice, 1899; Procès verbaux des séances de la So-
ciété etc. Anuée 1898-1899. Paris, 1899.
Mémoires de la Société entomologique de Belgique. I. Buprestides de
Sumatra. II. Buprestides Indo-Malais. Troisième partie par Ch. Kerr-
mans; III. Indian Phytophaga by Martin Jacoby; IV. Melolonthiden.
E. Brenske. Bruxelles.
Mémoires du Comité géologique de St. Pétersboiirg. Voi. Vili, N. 4 ;
Voi. XII, N. 3. St. Pétersbourg.
Memoirs and Proceedings of the Manchester literary and philosophi-
cal Society. Vol. XLIII, pt. 5, 1898-99; Vol. XLIV, pt. 1-5, 1899-
1900. Manchester, 1900.
Vol. XX XIX. 25
382 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
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Vol, XXIX, 1899; Vol. XXX, part 1. Calcutta, 1900.
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ries XV. Himalayan fossils. Vol. I, part 2, Anthracolithic fossils
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Upper triassic cephalopoda faune of the Himalaya by Edmund Mo-
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eastern Salt-Range by K. Redlich, 1899; 2. Notes on the mor-
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Memoirs of the Royal Society of South- Australia. Vol. I, part 1. De-
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sil struthious bird by Stirling and Zietz, — 2.° The physical fea-
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Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Se-
rie V. Tomo Vili, fase. 1-2. Bologna, 1900.
Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze
matematiche e naturali. A^ol. XVIII, IX della Serie III, fase. 9-10;
Voi. XIX, X della Serie 111, fase. 1-3. Milano, 1900.
Mittheilungen aus dem Jahrbuche der K. Uugarischen geologischen Au-
stalt. Xn Band, 1-2 Heft, 1900; Xlll Band, 2-3 Heft, 1899-
1900. Orca semseyi, eine neue Orca-Art, aus dem unteren mio-
caen von Salgo-Tarjau. — General- Register der Jahrgange 1882-
1891 des Jahresberichtes der Kgi. ungarischen geologischen An-
stalt zusammengestellt von Dr. Moriz v. Palfy. — Bockh Johann,
Die Koniglich ungarische geologische Anstalt. Im Auftrage des ko-
niglich uugarischen Ackerbauministers. Ignaz Daninvi. Budapest,
1900.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 383
Mittheilimgen aiis cler zoologischen Saminlung des Museums fiir Na-
turkiinde in Berlin. B^nd I, Heft 4. Berlin, 1900.
Mittheilungen der Anthropologisclien Gesellscliaft in Wien. XXIX Bd.,
(der neuen Folge XIX Band), 6 Heft., 1899; XXX Baud (der
neuen Folge XX Band) 1-5 Heft. Wien, 1900.
Mittheilungen des Vereines der Aerzte in Steiermark. XXXVI Jahrg.
Graz, 1899.
Monographs of the United States Geological Survey. Vol. XXIX, Geo-
logy of Old Hampshire and Hampden counties with Plates XXXIV,
XXXV, Sheet A, B, C, D, by Emerson Benjamin Kendall, 1898.
— Vol. XXXI. Geology of the Aspen Mining District, Colorado,
with Atlas by Spurr Josiah Edward, 1898. — Vol. XXXV. The
later extinct Floras of North America by Newberry John Strong.
A posthumous work edited by Hollick Arthur, 1898. — Vo-
, lume XXXII, part II. Geology of the Yellowstone National Park,
descriptive geology, petrography and paleontology. — Vol. XXXIII.
Geology of the Narragansett Basin by Shaler, Woodworth and Foer-
ste. — Vol. XXXIV. The glacial gravels of Maine and their as-
sociated deposits by Stone George H. — Vol. XXXV. The crystal
falls iron bearing district of Michigan. — Vol. XXXVI. Fossil flora
of the Lower coal measures of Missouri by White David. — Vo-
lume XXXVIII. The Illinois glacial Lobe by Frank Leverett. Wa-
shington.
Naturae Novitates. Bibliographie iieuer Erscheinungen aller Lander auf
dem Gebiete der Naturgeschichte und der exacten Wissenschaften.
XXII Jahrgang, N. 1-23. Bernburg, 1900.
Neue Deukschriften der allgemeinen schweizerischen Gesellschaft fiir
die gesammten Naturwissenschaften. Band XXXIII, Abth. 11, 1898 ;
Band XXXVI, Abth. I-H, 1899-900; Band XXXVII, 1900. Zu-
rich.
North American Fauna. U. S. Department of Agricultura Division of
Biological Survey. N. 18-19. Washington.
384 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Notizblatt des Vereins fiir Ei'dkiiiide und der grossherzogl. geologi-
schen Landesanstalt zii Darmstadt. (IV Folge.) 20 Heft. Darmstadt,
1899.
Nouvelles Archives dii Museum d'histoire naturelle. (IV Si'rie.) Tome
I, fase. 1, 2. Paris, 1899.
Nouveaux mémoires de la Société Imperiale des naturalistes de Mo-
scou. Tome XV, livraison N. 7, 1898; Tome XVI, livraison 1-2,
1899. Moscoii.
Nuova Notarisia (La). Rassegna consacrata alio studio delle Alghe.
Serie XI, april.e, luglio, ottobre. Padova, 1990.
Nuove relazioni intorno ai lavori della R. Stazione di entomologie
agraria di Firenze per cura della Direzione. Serie I, N. 2. Fi-
renze, 1900.
Nuovo Giornale botanicoe italiano. (Nuova Serie ; Memorie della Società
botanica italiana.) Voi. VI, N. 4, 1899; Voi. VII, N. 1-4, 1900.
Firenze.
Occasionai Papers of the California Academy of Sciences. New Mallo-
phaga. III, comprising Mallophaga from birds of Panama, Baja Ca-
lifornia and Alaska by Vornon L. Kellogg. — Mallophaga from
birds of California by Vernon L. Kellogg and Bertha Chapman. —
The anatomy of the Mallophaga Ijy Robert E. Snodgrass. VI. San
Francisco, 1899.
Oefversigt af Kongl. Vetenskaps Akademiens Forhandllugar, ar 1899.
Femtiondesjette (56) Aergiingen. Stockholm, 1900.
Palaeontographical Society. Vol. Lfll. Loudon, 1899.
Philosophical Transactions of the Royal Society of London, iii-4. Se-
ries B, vol. CXGI for the year 1899; series A, B, Vol. CXCII for
the year 1899-900; series A, Vol. CXCHI; series A, Vol. GXCIV
for the year 1900; Listo of the Members, 1899. London.
Piceutino (II), giornale della Real Società economica ed organo del
Comizio agrario di Salerno. Anno XLII, fase. 1-4, 11-12. Salerno,
1900.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 385
Precis analytique des travaux do l'Académie des sciences, belles-lettres
et arts de Rouen, pendant l'année 1897-98, 1899; pendant I'an-
née 1896-97, complement etc., 1898. Rouen.
Proceedings and Transactions (the) of tlie Nova Scotian Institute of
Science. Session 1898-99. Vol. X, part 1. Halifax, Nova Scotia,
1899.
Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia.
1899, part. 2-3, april-september. Philadelphia.
Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. A^olume
Vol. XXXV, N. 1-19, 1899. Boston (Mass.).
Proceedings of the American Philosophical Society. Volume XXXVIII,
N. 159-160, 1899. Philadelphia.
Proceedings of the Boston Society of Natural History. Volume XXIX,
N. 1-8. Boston, 1899.
Proceedings of the California Academy of Sciences. (Ill Series.) Zoo-
logy. Vol. I, N. 11-12; Botany. Vol. I, N. 6-9; Geology. Vol. I,
N. 5-6, 1898-1899. San Francisco.
Proceedings of the Canadian Institute. (Noav Series.) A^ol. II, part. 3,
N. 9. Toronto, 1899.
Proceedings of the Davenport Academy Natural Sciences. Volume VII,
1897-99. Davenport, Jowa, 1900.
Proceedings of the general Meetings for scientific business of the Zoo-
logical Society of Loudon. Proceedings for the year 1899, pt. 4
Proceedings for the year 1900, pt. 1-3. A list of the Fellows and
honorary, foreign and corresponding Members and Medallist of the
Zoological Society of London, corrected to may 31''. London, 1900.
Proceedings of the Royal Irish Academy. (Third Series.) Volume V,
N. 4-5; Vol. VI, N. 1. Dublin, 1900.
Proceedings of the Royal physical Society. Vol. XIV, session CXXVIII,
part 2, 1898-1899. Edinburgh, 1900.
Proceedings of the Royal Society. Vol. LXV, N. 422-423 ; Vol. LXVI,
N. 424-434; Vol. LXVII, N. 435-438; Reports lo the malaria
386 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
committee 1899-900; id. 1900; id. third series, 1900. London,
1900.
Proceedings of the United States National Museum. Vol. XXI, 1899.
Washington.
Records of the Australian Museum. Vol. Ill, N. 7. Sydney, 1900.
Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. (Serie II.)
Voi. XXXII, fase. 19-20; Voi. XXXIII, fase. 1-19. Milano, 1900.
Rendiconti dell' Accademia delle Scienze fìsiche e matematiche. (Sezione
della Società reale di Napoli.) (Serie III.) Voi. V, anno XXXVIIl,
fase. 8-12, 1899; Volume VI, Anno XXXIX, fase. 1-7. Napoli,
1900.
Rendiconto delle Sessioni della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto
di Bologna. Nuova Serie. Voi. IV, fase. 1-2, 1899-1900. Bologna,
1900.
Revista do Museo Nacional do Rio de Janeiro. (Seguimento aos Ar-
chives do Museu Nacional.) Voi. I (IX). Archives 1896; Vol. (X).
Archives 1899. Rio de Janeiro.
Revue Savoisienne, publication périodique de la Société Florimontane
d'Annecy. XL année, 2."-^." trim., 1899; XLI année, l.« trim.
Annecy, 1900.
Rivista di fisica, matematica e scienze naturali. Anno I, X. I. Pavia,
1900.
Rivista italiana di Scienze naturali. Anno XX, N. 1-1, 7-10. Siena,
1900.
Rivista ligure di scienze, lettere ed arti. Organo della Società di 1(U-
ture e conversazioni scientifiche. Anno XXII, fase. 1-5. Genova,
1900.
Schriften der Naturforschendeii Gesellschaft in Danzig. (Xeue Folge.)
X Bd., 1.0 Heft. Danzig, 1899.
Schriften der physikalisch-okonomischen Gesellschaft zu Kunigsberg in
Preussen. XL Jahrg, Kònigsberg, 1899.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 387
Schriften des Vereines ziir Verbreitung natiirwissenschaftliclier Kenut-
iiisse in AVieu. Band II, Jahrgang 1861-62, 1863; Band VII,
1866-67, 1868; Band XIII, 1872-73, 1873; Band XL, Jahrgang
1899-1900. Wien, 1900.
Scientific Proceedings (Tlie) of the royal Dublin Society. Vol. IX,
N. S., pt. 1. Index to the scientific Proceedings and Transactions,
of the Dublin Society from 1877 to 1898 inclusive; Proceedings;
Vol. I-VIII. Transactions, Vol. I-VI. Dublin, 1899.
Scientific Transactions (The) of the royal Dublin Society. (Series II.)
Vol. VII, pt. 2-7. Dublin, 1898-1900.
Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Glasse der K. b. Aka-
demie der Wisseuschaften zu Miinchen. Heft. 3, 1899 ; Heft. 1, 2,
1900. Miinchen, 1900.
Sitzungsberichte der physikalisch-medic. Gesellschaft zu Wiirzburg.
Jahrgang 1899, N. 6-7; Jahrgang 1900, N. 1. Wiirzburg, 1900.
Sitzungsberichte der physikalisch-medizinischen Societat in Erlangen.
31 Heft, 1899. Erlangen, 1900.
Sitzungsberichte und Abhandluugen der naturwissenschaftlichen Gesell-
schaft Isis, in Dresden. Jahrg. 1899, Januar bis December 1899-
1900; Jahrgang 1900, Juni. Dresden, 1900.
Természetrajzi Fiizetek. Zeitschrift fiir Zoologie, Botanik, Mineralogie
und Geologie. Vol. XXIII, pt. 1-6, 1900. Budapest, 1900.
Tokyo (The) Imperial University Calendar 2559-60 (1899-1900), 1900.
Transactions of the Canadian Institute. Vol. VI, part. 1, 2, N. 11-12,
1849-1899. Toronto, 1899.
Transactions of the Kansas Academy of Science. Thirtieth and Thir-
tyfirst Annual Meetings (1897-1898). Vol. XVI, 1899. Topeka
Kansas.
Transactions of the Royal Society of South Australia. Vol. XXllI, pt. 1,
2, 1899; Vol. XXIV, part. 1. Adelaide, 1900.
Transactions of the Wisconsin Academy of Sciences, Arts and letters.
Vol. XII, part 1, 1898. Madison, Wise.
388 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO.
Travaux de la Société Imperiale des Naturalistes de St. Pétersbourg.
Comptes Reiidus des séances. Voi. XXX, Livr, 1, N. 5-8; Vo-
lume XXXI, Livr. 1, N. 1-3. St. Pétersbourg, 1900.
Trideiitiim, Rivista mensile di Studi scientifici. Annata II, fase. 8-9,
novembre-dicembre, 1899; Annata III, fase. 1-8. Trento, 1900.
Universale (L'), organo filosofico della dimostrazione dell'Ente, princi-
pio creativo ed ordinatore del Mondo, criterio assoluto ed univer-
sale. Anno II, N. 1-2 e Supplemento al K 12. Acireale, 1900.
U. S. Department of Agriculture Division of Biological Survey. Bul-
letin N. 12. Legislation for the protection of birds other than game
birds by T. S. Palmer. — North American Fauna N. 17. Revi-
sion of American Voles of the genus Microtus by A''ernon Bailey.
Washington, 1900.
Verhaudlungen der K. K. geologischen Rcichsanslalt. N. 11-18. Jahrg.
1899; N. 1-12, Jahrg. 1900. Wien, 1900.
Verhandlungen der K. K. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien,
herausgegeben von der Gesellschaft, redigirt von Dr. Carl Fritsch.
XLIX Band, Jahrg. 1899. Wien.
Verhandlungen der naturforschenden Gesellschaft in Basel. Band XII,
Heft 2, 3. — Der Basler Chemiker Christ. Friedr, Schonbein
Hundert Jahre nach seiner Geburt gefeiert von der Universitat uud
der Naturforschenden Gesellschaft. Anhang zum zwolften Bando der
Verhaudlungen etc. Basel, 1900.
Verhandlungen der physik.-medic. Gesellschaft zu Wiirzburg. (Neue
Folge.) XXXin Bd., N. 2-4, 1899-1900 ; XXXIV Bd., N. 1. Wiirz-
burg, 1900.
A^erhandluugen des botanischen Vereins der Provinz Brandenburg.
XLI Jahrg., 1899. Berlin, 1900.
Verhaudlungen des Vereines fiir Natur- und Hoilkunde zu Pressburg.
(Neue Folge.) XI der ganzen Reihe, XX Band, Jahrgaug 1899.
Pressburg, 1900.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 389
Verhaudlungen unci Mittheilungen des Siebenbiirgischeu Vereins fur
Naturwissenscliafteu zu Hermaniistadt. XLIX Band, Jalirg, 1899.
Hermannstadt, 1900.
Vierteljalirssclirift der Naturforscheuden Gesellschaft in Zurich. XLIV
Baud, Jahrg. 1899, Heft. 3-4; XLV Band, Jahrg. 1900, 1 Heft.
Zurich, 1900.
Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. LI Baud, 3-4 Heft.,
1899; m Band, 1-2 Heft. Berlin, 1900.
Zoologischer Anzeiger, herausgegeben vou Prof. J. Victor Carus, in
Leipzig zugleich Organ der deutschen Zoologischen Gesellschaft.
XXIII Band, N. 605-632. Leipzig, 1900.
INDICE
Direzione pel 1900 Pag. 3
Socj effettivi per l'anuo 1900 « 4
Istituti scientifici corrispondenti al principio dell'anno 1900 » 9
A. NoELLi, Contribuzione allo studio dei Crinoidi ter-
ziari del Piemonte. (Con una tavola.) « 19
G. DAL PiAZ, Sulla ìauna fossile della grotta di S. Dona
di Lamon. (Con una tavola.) « 51
C. AiRAGHi, Ecìiinidi 'post'pliocenici di Monteleone Calabro n 65
Seduta del 17 dicembre 1899 ^ 75
Seduta del 28 gennaio 1900 « 76
Seduta del 18 marzo 1900 « 78
I. Ghelussi, Sulla comjposizione mineralogica delle sabbie
del fiume Serio v, 81
F. MoLiNARi, Acqua della Fontana della Regina j^^csso
l'albergo Panorama ^ sopra Stresa ^i 85
Z. Leardi-Airaghi, 1 metodi grafici nello studio della di-
stribuzione degli animali. (Con due tavole.) . . . ■• 93
T. ViGNOLi, Cenno commemorativo del compianto ed il-
lustre Alfonso Milne- Edwards « 107
G. BoERis, Sopra una rimarchevole somiglianza di forma
cristallina tra composti organici « 111
A. Fiorentini ed E. Garino, Un caso di ecìiinococco mul-
tiloculare. (Con una tavola.) -n 125
392 INDICE.
A. NoELLi, Coìitribudoìie allo studio del dimorfismo del
Raiiunculus ficaria, L Pag. 131
A. NoELLi, Sul Peucedaaum augusti folium Rchb. fil. 1867 ■» 137
E. Ninni, Nòte ornitologiche 'per la proviìicia di Venezia
(Grallae et Palmipedes) ^ 155
Seduta del 20 maggio 1900 « 171
G. De Alessandri, Appunti di geologia e di paleontolo-
gia sui dintorni di Acqui. (Con una tavola.) . . - 173
G. M.\RTORELLi, Nota ornitologica sopra /'Ardeola idao
(Hartlaub.) e cenno sul dicroismo di varii Ardeidi.
(Gou una tavola.) n 349
F. SoRDELLi, 1 Buoi muschiati del Museo di Milano. (Con
una tavola.) » 357
Seduta del 17 giugno 1900 ^^ 365
Seduta del 25 novembre 1900 « 367
Bullettiiio bibliografico ;• 369
ATTI
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA
DI SCIENZE NATURALI
E DEL
MUSEO CIVICO
DI STORIA NATURALE
IN MILANO
.£: e
• . — >■
YOLUME XXXIX.
Fascicolo 1.° — Fogli 1-5.
(Con due tavole)
MILANO
TIP. BEKNAEDONI DI C. REBESCHINI E C.
Via Rovello, 14.
ed
tì- 02
o
O
«3 ,^
"S2 «2
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|^f Giugno 1900.
Direzione pel 1900.
Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31.
Vice- Presidente, Prof. iog. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17.
\ Prof. Giacinto Martohelli, Museo Civico.
Ssoy£t(Zì*'i
i Prof. Ferdinando Bordelli, Museo Civico.
Vice-Segretarj
1 Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico.
[ Dott. Giulio De Alessandri, ^iseo Civico.
Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5.
Vice-Conservatore, Dott. Paolo Magretti, Via Dante, 7.
Cassiere, Vittorio Afilla, Via Sala, 6.
Consiglieri d'Amministrazione:
Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10.
Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7.
March. Luigi Crivelli, Corso Venezia, 32.
Cav, Giuseppe Gargantini-Piatti, Via Passerella, 10.
Cav. prof. Tito Vignoli, Corso Venezia, 89.
SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895)
DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856.
Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi
relativi alle scienze naturali.
I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), effettivi, corri-
spondenti, perpetui e benemeriti.
I Socj effeitivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo
bimestre dell' anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno
quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e
Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando
Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui.
A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos-
sano contribuire al lustro della Società.
Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi-
zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale.
La proposta per V ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego-
ria, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di-
retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto).
Le rinuncio dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con-
siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del S.*' anno di obbligo
0 di altri successivi.
La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione.
Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del
formato degli Atti e delle Memorie stesse.
Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur-
ché li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone
regolare ricevuta e colle cautele d'uso volute dal regolamento.
A "V^ "V^ I s o
Per effetto del nuovo contratto del IO aprile 1900 tra la Società e
laT ipografia Rebescliini, è stabilita la seguente tariffa per un numero
maggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società :
Fogli
Per 25 copie
Per
ogni 5 copie in più
V4
L. 1.40
L. 0.15
\'.
. 1.90
. 0.25
%
„ 2.60 -
„ 0.40
1
. 2.85
„ 0.50
nella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate.
Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe-
ranno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per ogni 5 copie in
più L. 0.15.
INDICE DEL FASCICOLO I.
Direzione pel 1900 Pag. 3
Socj effettivi per l'anno 1900 - 4
Istituti scientifici corrispondenti al principio dell'anno 1900 •• !»
A. NoELLi, Contribusione allo studio dei Crinoidi ter-
ziari del Piemonte (Con una tavola) « 19
G. DAL PiAz, Sulla Fauna fossile della grotta di S. Botta
di Lamon (Con una tavola) - 51
G. A IR AGHI, Echinidi postpliocenici di Monteleone Calabro r, 65
Seduta del 17 dicembre 1899 - 75
Seduta del 28 gennaio 1900 •• 70
Seduta del 18 marzo 1900 v 78
ATTI
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA
DI SCIENZE NATURALI
E DEL
MUSEO CIVICO
DI STORIA NATURALE
IN MILANO
VOLUME XXXIX.
Fascicolo 2.** — Fogli 6-11,
(Con tre tavole)
MILANO
TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C.
Via Rovello, 14.
-5: «
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Ottobre 1900.
Direzione pel 1900.
Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31.
Vice- Presidente, Prof. ing. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17.
{ Prof. Giacinto Martorelli, Museo Civico.
Segretarj ,
( Prof. Ferdinando Sordelli, Museo Civico.
i Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico.
[ Dott. GfiULio De Alessandri, Museo Civico.
Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5.
Vice- Conservatore, Dott. Paolo Magretti, Via Dante, 7.
Cassiere, Vittorio Yilla, Via Sala, 6.
Consiglieri d'Amministrazione :
Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10.
Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7.
March. Luigi Crivelli, Corso Venezia, 32.
Cav. Giuseppe Gargantini-Piatti, Via Passerella, 10.
Cav. prof. Tito Vignoli, Corso Venezia, 89.
SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895)
DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856.
Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi
relativi alle scienze naturali.
I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), eifettivi, corri-
spondenti, perpetui e benemeriti.
I Socj effettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo
bimestre dell' anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno
quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e
Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando
Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui.
A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos-
sano contribuire al lustro della Società.
Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi-
zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale.
La proposta per l' ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego-
ria, deve essere fatta e firmata da due socj eifettivi mediante lettera di-
retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto).
Le rinuncio dei Soci debbouo essere notificate per iscritto al Con-
siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3." anno di obbligo
0 di altri successivi. '"
La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione.
Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del
formato degli Atti e delle Memorie stesse.
Tutti i Socj possono approfittare dei libri d'elici biblioteca sociale pur-
ché li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone
regolare ricevuta e ' colle calitele d'uso volute dal regolamento.
A A^ V I s o
Per effetto del nuovo contratto del 10 aprile 1900 tra la Società e
la Tipografia Rebeschiui, è stabilita la seguente tariffa per un numero
maggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società:
Fogli
Per 25 copie
Per
ogni 5 copie in più
'U
L. 1.40
L. 0.15
1
. 1.90
n '0.25
%
„ 2.60
. 0.40
1
„ 2.85
„ 0.50
nella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate.
Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe-
ranno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per oi^rni 5 copie in
più L. 0.15.
INDICE DEL FASCICOLO II.
I. Ghelussi, Sulla composizione mineralogica delle sabbie
del fiume Serio Pag. 81
F. MoLiNARi, Acqua della Fontana della Regina presso
l'albergo Panar amUj sopra Stresa •> 85
Z. Leardi-Airaghi, 1 metodi grafici nello studio della di-
stribuzione degli animali. (Con due tavole.) . . . ^ 93
T. ViGNOLi, Cenno commemorativo del compianto ed il-
lustre Alfonso Milne-Edwards " 107
G. BoERis, Sopra una rimarchevole somiglianza di forma
cristallina tra composti organici " 111
A. Fiorentini ed E. Garino, Un caso di echinococco mulr
inoculare. (Con una tavola.) « 125
A. NoELLi, Contribuzione allo studio del dimorfismo del
Ranunculas ficaria, L •' 131
A. NoELLi, Sul Peucedanum angustifolium Rchb. fil. 1867 » 137
E. Ninni, Note ornitologiche per la proviificia di Venezia
(Grallae et Palmipedes) «155
Seduta del 20 maggio 1900 - 171
?^^H:r^t^V;;\« . __. ^-)^'^n
Vi
ATTI 'l^
^"^A":
DELLA
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SOCIETÀ ITALIANA
DI SCIENZE NATURALI
E DEL
MUSEO CIVICO
DI STOEIA NATURALE
IN MILANO
VOLUME XXXIX.
Fascicolo 3.'^-4.o — Fogli 12-25.
(Con tre tavole)
MILANO
TIP. BEENARDONI DI C. EEBESCHINI E C.
Via Rovello, 14.
C^f Febbeaio 1901.
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Direzione pel 1901.
Consiglio Direttivo:
Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31.
Vice- Presidente, Prof. ing. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17,
( Prof. Giacinto Martorelli, Museo Civico.
( Prof. Ferdinando Sordelli, Museo Civico.
Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5.
Vice- Conservatore, Dott. Paolo M agretti, Foro Bonaparte, 76.
CoiiDiissiONE Amiiinistrativa :
Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10.
Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7.
Cav. prof. Tito Yignoli, Corso Venezia, 89.
( Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico.
{ Dott. Giulio De Alessandri, Museo Civico.
Cassiere, Vittorio Villa, Via Sala, 6.
SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895)
DATA di' fondazione, 15 GJJNNAIO 1856.
Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi
iLÌatÌTÌ alle scienze naturali.
I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), effettivi, corri-
ipondenti, perpetui e benemeriti.
I Socj eif'ettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo
bimestre dell' annO' Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno
auelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e
uomunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando
Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perjjetiii.
A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos-
sano contribuire al lustro della Società.
Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi-
ioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale.
La proposta per V ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego-
l'ia, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di-
retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto).
Le rinuncie dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con-
siglio Direttivo almeuo tre mesi prima della fine del 3.° anno di obbligo
di altri successivi. ♦
La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione.
Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono dei
'ormato degli Atti e delle Memorie stesse.
Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur-
ihè li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone
regolare ricevuta e colle cautele d'uso volute dal regolamento.
.^ AT^ "^ I s o
Per effetto del nuovo contratto del 10 aprile 1900 tra la Società e
a Tipografia Rebeschini, è stabilita la seguente tariffa per un numero
naggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società:
Fogli I Per 25 copie
'U ! L. 1.40
_ I . 1.90
'ì, I „ 2.60
1 „ 2.85
1
Per ogni 5 copie in più
L. 0.15
„ 0.25
. 0.40
„ 0.50
iella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate.
Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe-
■anno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per ogni 5 copie in
3iù L. 0.15.
INDICE DEI FASCICOLI III-IV.
G. De Alessandri, Appunti di geologia e di paleontolo-
gia sui dintorni di Acqui. (Con una tavola.) . . Pag. 173
G. Martorelli, Nota ornitologica sopra Z'Ardeola idae
(Uartlauh) e cenno sul dicroismo di varii Ardeidi.
(Con una tavola.) -i 349
F. SoRDELLi, 1 Buoi muschiati del Museo di Milaìio. (Con
una tavola.) -i 357
Seduta del 17 giugno 1900 .365
Seduta del 25 novembre 1900 ^'367
Bui lettino bibliografico -i 3G9
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N. MANCHESTER,
INDIANA
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