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Full text of "Bollettino"

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MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOÒLOGY 


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Serie Il - Vol. IX. Anno 1908. U 


(XVII dalla fondazione) — 


"————________ ceeurormvem—————n A col ara SNA re a ICRECAZA 5 nente , 


BOLLETTINO. 


DELLA 


SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA 


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(3:0.32 


Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO 


OCT 101 
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill xL1 RAR 
SOMMARIO. 
i I. PARTE UFFICIALE \ 6. Dott. Valentino Barnabò. — La glan- 
lf Prof. ‘Antonio: Carrucclo: = Sull’an- %. dola interstiziale del testicolo (Conti- 
damento scientifico, morale ed econo- nuaz.) Fisiopatologia — Legatura e 
n mico della Società durante il XVI resezio. e dei deferenti . Pag. 49-62 
la anno (1997).— Relazione letta nell’adu- . Prof. Mario Condorelli-Francaviglia. — 
n nanza generale amministrativa tenuta E Caso raro di parassitismo dovuto a 
Di il 9 febbraio 1908 nella R. Univer- contemporanea dimora nell’intestino 
(I sità degli studi , : È È Pag. 1-22 di una giovanetta ‘della Hymenolepis 
‘| 0‘0’‘’‘II COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE dA], deli dae EE 
7 evides L. e di numerose larve di Cal- 
È 1. Prof. Rinaldo Marchesini. — Sull’azione liphora voniitoria (L). AA RGS 
È dei succhi pancreatico-intestinali sopra 8. Comm. Fortunato. Ros:agno. — Su 
i bacilli del carbonchio ematico e sulla alcune importanti catture di lepidotteri » 79380 
penetrazione di questi attraverso le 9. Prof. Mario Condorelli-Francavfglia. — 
vie digerenti di Cavia + ì 23-37 Dypilidium caninum L. espulso in 
2 Senat. D. Giudo di Carpegna él Catania da una bambina di due mesi 
nieri. — Nuova cattura presso Roma di età. “>. è. + n)1»61-88 
di un Carpodacus erythrinus (Pall.)  » 39-30 | +0. Conte Filippo Cavazza. — Su: una cat 
3. Idem. idem. — Acclimatazione in Italia tara di Calandrella minor Cab.. fatta 
del Nandù (Rhea americana) > » 40-41 nell'Emilia (S. Agata Bolognese).. » 87-93 
4. Dott. Pasquale Mola. — Considera- o 
zioni sovra un problematico incroccio IlI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 


di Felidi (con fig.). - È » 42 44 
5 Idem. idem. — Ancora della Tico Principe D. Franc. Chigi. — Fauna ornitica 
della Sardegna . 5 " 4 » 45 48 Adel Governo di Charkov di N. Somov. » 94-96 


R. UNIVERSITÀ 


(Via della Sapienza — ROMA) 


AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti. è fatta facoltà 
dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter 
trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle 
pred. po per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici 
scientifici 


Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, 


Fasc. Vl e Il 


Serie Il - Vol. IX. Anno XVII. — 1908. 


BOLLETTINO 


DELLASSOCIETA ZOOLOGICA: ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA 


Presidente Onorario S. M. il RE 


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ROMA 
TIPOGRAFIA DI ATTILIO FRIGGERI 
Via della Mercede, 28-29 


1908 


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SULL’ANDAMENTO 


scientifico, morale ed economico della società Zoologica: Italiana 


CON SEDE IN ROMA 


(ANNO SEDICESIMO) 


Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III 


RELAZIONE presentata dal presidente effettivo pro- 
fessore A. CarRruccio nell'adunanza generale 
amministrativa tenuta il 9 febbraio 1908 nel- 
l'Istituto Zoologico della R. Universita. 


Trascorso il 1907, ch'è il XVI anno dalla felice insti- 
tuzione nella nostra grande Capitale di una Società per 
gli studi zoologici, ed iniziando il XVII, con regolarità e 
sicurezza, certamente non inferiori a quelle che tutti 
possiamo vantare ci abbiano guidato nelle annate prece- 
denti, vorrci oggi, egregi Consoci, usare parole non già 
eloquenti, per le quali non valgo, ma almeno persuasive, 
Se tali, potreste ridimostrare come veruna forza ostile, più 
o meno palese, ci abbia mai arrestato onde proseguire nella 
intrapresa via. Questa, lo sapete, per quanto ardua, ci 
sembrò la più retta e tale da permetterci di ottenere quel 
po’ di bene che pure noi avevamo pieno diritto di augu- 
rarci, e possibilmente di raggiungere, pel vantaggio dei 


mostri diletti studi. 


Essendo adunque non pochi gli anni trascorsi profitte- 
volmente, potreste pure con sincero convincimento affer- 


4 A. CARRUCCIO 


mare come non da parte nostra si errasse, ma da parte di 
chi credette effimera la nostra esistenza sociale. Se questa 
avesse cessato in Roma, che ne sentiva il maggior biso - 
gno, non avremmo concorso a dare impulso e diffusione 
alle conoscenze della zoologia descrittiva. La quale a voi 
ed a me parve, e altamente lo ripetiamo, fosse in parti- 
colar modo in Roma, da non breve tempo affatto negletta 
in molte parti del suo vastissimo campo. E forse parecchi 
dei soci più anziani rammentano che in un discorso da me 
tenuto, è già qualche anno, dimostrai colle parole stesse 
dell’insigne scienziato e scrittore, il principe Carlo Luciano 
Bonaparte, come questa città sentisse penuria non soltanto 
dì libri, ma degli oggetti più necessari agli studiosi della 
scienza zoologica. La metropoli, a lui tanto cara, avea biso- 
gno evidente di possedere collezioni che pel Regno animale 
non fossero, come erano già, le più meschine di tutta la 
penisola italica! Collezioni accessibili al pubblico intelli- 
gente, non soltanto utili e gradite agli studiosi biologi, 
ma anche agli artisti. E utili soventi sono presentemente 
quelle del nostro Museo a numerosi pittori e scultori. 
Avrei voluto preparare una relazione particolareggiata 
che potesse mettere nella miglior luce l'opera compiuta 
nell’anno sociale testè trascorso: ma conoscete le ragioni 
che mi resero impossibile l’attendere nelle passate setti- 
mane a un minuzioso rendiconto. Spero però che siano 
sufficienti, grazie alla vostra benevolenza, i brevi ricordi 
coi quali riassumerò il proficuo ed esteso lavoro scientifico, 
che costituisce la miglior prova della costante vitalità della 
nostra istituzione. Questa prova parmi diventi evidente 
quando si tenga il debito conto delle numerose comuni- 
cazioni fatte da’ più indefessi colleghi nelle diverse adu- 
nanze tenute durante l’anno 1907, la maggior parte delle. 
quali comunicazioni poterono trovar posto nel volume XVI 


RELAZIONE > 


del Bollettino sociale. Questo, come bene vi è noto, fu 
intieramente pubblicato prima che finisse l'anno 1907. Dal 
È confronto limitato all'ultimo biennio, risulta che vennero 
Ì pubblicate 58 memorie e 9 recensioni bibliografiche. Nel 
volume del 1906 troviamo comunicazioni per la maggior 
parte brevi, e perciò potemmo darne alla luce 33; e nel 
volume del 1907 avendo parecchie di esse comunicazioni 
e memorie una estensione maggiore, potemmo pubbli- 
carne 26: di qualche altra verrà data la continuazione e 
fine nel volume XVII. — In generale sarebbe preferibile che 
si avessero lavori non troppo estesi, ed è ben noto come 
Società ed Accademie che hanno larghe dotazioni gover- 
native o dei lasciti generosi, abbiano fissato ai loro membri 


suo, dei ma- 


il numero delle pagine, talvolta fin troppo esig 
noscritti da pubblicarsi nei loro atti o bollettini. Noi, con 
mezzi economici assai inferiori, abbiamo gia pubblicato, 
È; e possiamo pubblicare memorie e comunicazioni non di 
sole 16 pagine, cioè di un foglio di stampa, ma di molti 
fogli di stampa. Pensammo sempre doversi sovratutto 
incoraggiare i giovani studiosi, i quali riescono a fare buoni 
lavori dopo ricerche ed, osservazioni diligenti. Ma questi la- 
vori, accettati dal Consiglio Direttivo, devono naturalmente, 
wi perchè di mole notevole, ripartirsi in più fascicoli. 

È Alcordo che mentre il volume che abbiamo pubbli- 
cato nel 1906 contiene 328 pagine, questo ultimo distri- 
buito sulla fine del novembre 1907, contiene 384 pagine, 
cioè 56 pagine in più del precedente. 

L'istesso vol. XVI contiene non meno di 12 tavole con 
ben 87 figure illustrative, diligentemente eseguite nello sta- 
bilimento litografico del cav. Ettore Calzone in Roma, 
figure nette ed opportune che accompagnano gl’interessanti 
lavori dei soci Alessandrini G., Chigi F., Marchesini R., 
Marcuccì G., Masi. L., Misuri A. e Mola P. Per non lasciare 


è 


6 A. CARKUCCIO 


incompleta questa indicazione, aggiungerò che 2 tavole e 
4 figure si riferiscono alla mia memoria sullo scheletro 
intiero e sul teschio del Grampus griseus, visti da diverse 
parti, e fotografati colla sua ben nota abilità dal prof. Ales- 
sandrini ed incise pure nello stabilimento Calzone. Nei 16 
volumi, cioè dal 1892 al 1907, abbiamo pubblicato ben 346 
memorie e comunicazioni diverse. 

I pagamenti puntualissimi fatti alla Tipografia e Lito- 
grafia coi soli fondi della Società, provano come anche nel 
passato anno le condizioni finanziarie abbiano permesso di 
contentare il maggior numero di consoci, autori delle pub- 
blicazioni già pubblicate. L’operosità di questi, ed il con- 
tributo mio assai modesto, rilevansi più facilmente dai cenni 
riassuntivi di alcune adunanze scientifiche (fra quelle che 
potreste chiamare più nutrite o meglio riuscite) tenute 


durante il 1907: e sono le seguenti : 


Adunanza del 14 aprile 1907. 


In questa adunanza scientifica ricorderete come potessi 
presentare molte pubblicazioni italiane e straniere, pervye- 
nute in omaggio od in cambic con quelle .della Società. 
Subito dopo ebbi a riferire sui risultati scientifici, fino 
a quel giorno noti, della riuscitissima spedizione di- 
retta da S. A. R. il Duca degli Abruzzi per l'ascensione 
al Ruwenzori. 

Stimando far cosa utile e gradita a tutti, diedi con- 
cise ma credo sufficienti notizie intorno agli studi e alle 
pubblicazioni che dobbiamo all’indefesso prof. Camerano 
e ai solerti suoi collaboratori in Torino sull’importante 
materiale zoologico raccolto dal benemerito Duca: facendo 
rilevare che sono già più di 40 le specie nuove appar- 
tenenti a diversi tipi animali, prese durante quella memo- 


RELAZIONE 


randa spedizione, talune «delle quali trovate a grandissima 
altezza sui ghiacciai dell'enorme montagna. Di tutte feci 
conoscere le denominazioni scientifiche, riserbandomi di 
tar noto ai colleghi quant'altro risulterà di novità zoolo- 
giche, dopo compiuto lo studio dell’intiero materiale. Dob- 
biamo ritenere che la diligente illustrazione del medesimo 
mentre tornerà a lode dei colleghi di Torino, aggiungerà 
nuovo titolo di gloria al nostro socio onorario, il Duca 
Luigi Amedeo di Savoia. 

Far conoscere quanto di nuovo s'introduce nelle coi- 
lezioni di Botanica, Zoologia, Mineralogia, ecc., ritenni 
sempre che sia consuetudine non soltanto proficua, ma 
assai ben accetta a quanti sanno osservare e vogliono stu- 
diare. Tale consuetudine è largamente seguita nelle rego- 
lari riunioni che tengonsi nel Museo nazionale di storia 
naturale in Parigi ed in altri Musei dell’Inghilterra e d’altre 
nazioni in Europa, e così in America, Musei che sono anche 
sede di Società scientifiche ben note per la loro operosità. 
Con minori mezzi continuai anche nel passato anno a 
presentare e commentare, quando era il caso, le specie 
— convenientemente studiate da me o dai colleghi — le 
quali avute per dono o per acquisto portarono incremento 
nel nostro Museo. E perciò nell'adunanza del 14 aprile non 
tralasciai di presentare diverse notevoli specie animali, oltre 
più preparazioni anatomiche; e fra queste ultime quelle 
riguardanti l’intiera armatura scheletrica ed altre parti 
(l’intiero intestino, il cuore, la trachea, le ovaia, gli occhi, 
ecc.) di un giovane Struthio camelus, dell'altezza di circa 2 m., 
morto in Roma, ed acquistato per conto del Museo. Insieme 
presentai una Chauna cristata Sw.. vivente nel Paraguay, 
Brasile ecc., donata dal principe Don Enzo Odescalchi, 
e consegnata al Museo pel cortese mezzo del cap. med. 
vet. cav. dott. Oreste Pigorini. Oltre la preparazione in pelle 


D A. CARRUCCIO 


feci osservare qualche carattere proprio allo sterno, debita- 
mente preparato, di questa specie. In proposito alla mede- 
sima ricordai ai competenti consoci che nella Fam. Pala- 
medeidae si annoverano soltanto due gen.: Chauna Illig. e 
Palamedea L., questo con una sola specie (P. cornuta L.) e 
quello con 2 specie (Chauna chavaria Ilig., e Ch. cristata 
Sw.), aggiungendo che vi sono autori i quali riuniscono 
le 2 specie: ma il nostro Salvadori nel Cat. del Museo 
Britannico, Vol. VII (Chenomorphi, Crypturi e Ratiti) le 
tiene distinte. Aggiunsi pure che il nostro vice-presidente, 
senatore conte di Carpegna, nel suo diligente Catalogo degli 
uccelli esotici, in numero di 355, tutti sceltissimi, donati al 
nostro Museo da S. M. il Re Vitt. Em. III, a proposito 
della Chauna così scrisse: « L’esemplare che già esisteva in 
Museo, sebbene col nome di Ch. chavaria, a me sembra 
appartenga a questa specie pei suoi caratteri (cioè alla Ch. 
cristata) - (1). Ora adunque coll’esemplare già esistente nel 
Museo da gran tempo, quello donato da S. M. il Re, e 
questo ultimamente donato dal principe D. Enzo Odescalchi 
possediamo 3 individui della stessa specie. 

Presentai pure un Sus scropha g var. ferus di Sarde- 
gna, donato dal magg. med. cav. dott. Gavino Falconi ed altri 
mammiferi ed uccelli. Fra i quali citerò un esemplare di 
Putorius vulgaris donato dallo studente sig. Caccialupi, 
una grossa Hystrix  cristata 3° della Campagna Romana 
che acquistai per aggiungere alle altre della collez. pro- 
vinciale, un’Erismatura leucocephala 3, ed un Accipiter 
nisus £, pure acquistati per la collezione romana. 

Riuscì assai curioso, come ben rammenteranno quanti 
furono presenti all’adunanza, l'esame dei diversi oggetti che 
trovaronsi nello stomaco, opportunamente preparato, del 


(1) Ved. Sollett. della Soc. Zool. Ital., anno 1902, pag. 155. 


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I STRATO 


RELAZIONE n) 


predetto struzzo. In questo stomaco fu rinvenuta una 
quantità di sostanze, non tutte alimentari, del peso di 
circa 3 chilog., compresi sassolini e frammenti diversi. 
Rammentai in questa circostanza che quando, moltissimi 
anni or sono, mi trovavo settore anatomico nella R. Uni- 
versità di Cagliari, fui incaricato dal Direttore del Museo di 
Zoologia e Anatomia comparata cav. prof. Meloni Baille, di 
eseguire l'autopsia di due grossi struzzi ch'egli aveva ripor- 
tato da un viaggio fatto in Africa, e tenuti per lungo 
tempo vivi nel piazzale dei Gabinetti di Anatomia umana 
e di Anatomia comparata. 

Trovai la mucosa stomacale di un color verde-rame 
intenso, e nel contenuto dello stomaco di entrambi gli 


struzzi, che ora fanno parte della coliezione ornitologica di 


quel Museo, raccolsi parecchi soldi, taluni dei quali erano 


assottigliatissimi. E seppi allora che gli studenti si diver- 
tivano gettando talvolta monete di rame, che dagli stessi 
struzzi erano deglutite senza difficoltà. Sono del resto ben 
note le abitudini onnivore di questi animali, dei quali in 
diverse opere vengono narrati casi assai più notevoli. 

Il prof. Giulio Alessandrini fece due interessanti co- 


municazioni su vermi parassiti, da lui rinvenuti nell’E/a- 


phis Aesculapi. 


Dal principe don Francesco Chigi, che ben conosce 
la lingua e letteratura scientifica russa, fu fatta rilevare 


l’importanza di un grosso volume pervenuto in omaggio 


‘alla Società, e pubblicato dal prof. Samow_ sulla fauna 


ornitologica del Governo di Kharkow. La interessante re- 


‘censione bibliografica del Chigi sarà pubblicata nel 1° fa- 


scicolo del 1908. 
Altre due interessanti comunicazioni abbiamo avute 


in quell’adunanza fatte dal prof. G. Tuccimei, una sulla 


proposta del Comitato internazionale per Vadozione di una 


10 A. CARRUCCIO 


lingua universale, l’altra intorno a molti Ditteri romani. 
E su questi, che avevano bisogno in Roma d’uno-studioso 
che se ne occupasse di proposito, continuerà il Bollettino 
a pubblicare un catalogo metodico. Ben sapete che queste 
comunicazioni vennero, già date alle stampe nel nostro 
Bollettino. 

Quindi furono presentate altre quattro comunicazioni, 
due su uccelli della provincia di Teramo del dott. De Leone, 
(Stria flammea 3° a colorito anormale, e valore specifico 
delle Acredule italiane), e due su diligenti ricerche anato- 
miche del socio dott. Valentino Barnabò (cioè continua- 
zione dello studio sui rapporti tra la ghiandola interstiziale 
del testicolo e le ghiandole a secrezione interna, e sull’i- 


pertrofia compensativa dell’ipofisi cerebrale). 


Adunanza del 29 maggio 1907. 


Questadunanza fu quasi intieramente dedicata alla di- 
scussione della relazione già presentata dal socio con- 
sigliere prof. Giuseppe Tuccimei, dietro speciale incarico 
del Consiglio Direttivo, sulla proposta pervenuta alla nostra 
Società intorno all'adozione di una lingua universale. 
Questa proposta, fatta direttamente dal Comitato Interna- 
zionale residente in Parigi, fu profondamente studiata dal 
relatore prof. Tuccimei, che forni le più precise informa- 
zioni sullo stato attuale della questione. 

Nell’adunanza da noi tenuta parecchi fra i soci, elo- 
giata la predetta relazione, fecero ottime considerazioni. 
Quindi si fu tutti d’accordo sull'opportunità d’indire un 
referendum cui potessero rispondere anche i soci non 
residenti in Roma: a tutti adunque fu rivolta questa 
domanda: — Come linqua scientifica internazionale prefe- 


RELAZIONE ll 


risce ella il latino fra le lingue morte o l’Esperanto tra le 
lingue artificiali ? 

Avrete ben presente come si deliberasse di affidare alle 
stampe la relazione del prof. l'uccimei, dandole una larga 
diffusione, inviandone copie anche ai non soci. 

Fu inoltre stabilito che per conoscere e comunicare 
il risultato del referendum si tenesse altra speciale adu- 
nanza prima della fine di giugno. Questa infatti ebbe luogo 
regolarmente, e dallo spoglio esatto delle risposte perve- 
nute, risultò che oltre 50 soci dichiararono di preferire 
come lingua scientifica internazionale la latina, e soltanto 
3 Esperanto. Uno poi dichiarò di non accettare veruna 
delle due. 

Pervennero dopo quell’adunanza altre risposte, delle 
quali naturalmente non si potè tener conto. Il risultato fu 
comunicato prontamente, per mezzo dell’egregio relatore, 
al Comitato Internazionale di Parigi. 


Adunanza del 23 luglio 1907. 


Il prolungarsi degli esami, che sempre tanto numerosi 
si hanno anche in Roma, ed altre occupazioni d’ufficio, im- 
pedirono me ed altri consoci, massime quelli insegnanti, di 
riunirci prima del 23 luglio. E vi è ben noto come una 
nuova adunanza fosse necessaria (dopo quella tenuta in 
giugno) avanti che altri membri della Società si allonta- 
nassero per le consuete vacanze estive. 

Ma quantunque inoltrata l'estate, e già partiti parecchi 
egregi consoci, all’adunanza intervenne un buon numero 
di membri, quale invero non credevamo di avere presenti. 

Svolgendo subito l'ordine del giorno, rammenterete 
che partecipai quanto avesse già deliberato di fare il Con- 
siglio Direttivo circa i Congressi da tenersi nell'agosto e 


12 A. CARRUCCIO 


settembre 1907, ai quali la nostra Società era stata con 
molta gentilezza e ripetutamente invitata a prender parte. 
Per quello internazionale di Boston, pel quale ebbi 


invito speciale anche per parte del Rettore dell'Ateneo, cioè 


pel 7° Congresso internazionale di Zoologia, risposi che 
era impossibile che io mi vi potessi recare: ma rispon- 
dendo direttamente all’illustre prof. Alessandro Agassiz, da 
cui erano pervenuti gl’inviti diretti alla Società ed al Diret- 
tore del Museo Zoologico, mandai l'adesione per luna é 
per l’altro. Però, per non aggravare le finanze sociali, tra- 
smisi personalmente al tesoriere del Congresso la quota 
prescritta, cioè la somma corrispondente a 5 dollari, come 
era stabilito dall’art. 2 del Regolamento (1). 

Riguardo al Congresso degli scienziati italiani tenuto 
nello scorso settembre, nella città di Parma, avevo dichia- 
rato, e poscia confermato, che intendevo di recarmivi, e 
che a suo tempo avrei riferito alla Società perla parte che 
la poteva interessare. Sapete come già io abbia soddisfatto 
questa promessa. 

Ma un altro Congresso, già tenuto in Boiogna nell’ora 
scorso giugno, è riuscito pure splendidamente, come quello 
di Parma. Bologna ha saputo rendere altissime onoranze 
alla memoria del sommo naturalista Ulisse. Aldrovandi. 
Ricordo di avere nello scorso maggio gia partecipato alla 
Società che il Consiglio Direttivo aveva molto volentieri 
aderito a quella festa, esprimendo in pari tempo la speranza 
che il vostro presidente, od altro dei membri dell’istesso 
Consiglio Direttivo, potesse recarsi personalmente in Bologna. 

A quella nostra lettera di adesione. l’onorando sena- 
tore prof. Capellini diede la seguente gentilissima risposta: 
ice Tout zoologiste ou toute personne s'interessant è la zoologie 
peut etre membre du Congrès. Les demandes d’admission doivent èère 


adressées au president; les droits payables au tresorier. sont de cinq 
doilars ». 


RELAZIOHE 18 
Bologna, 4. giugno 1907. 
Illustre Signor Presidente, 


Mi sono fatto un dovere di comunicare all'Assemblea 
del Comitato Aldrovandiano la nobile lettera con la quale 
codesto illustre Istituto notifica che non solo aderisce di 
buon grado alle solenni onoranze che si stanno preparando 
in onore di Ulisse Aldrovandi, ma che invierà altresì un 
rappresentante speciale. 

Tale notizia è stata accolta col più vivo compiaci- 
mento, poichè mentre da una parte ci attesta l’alto sentire 
e il culto che hanno per il nostro grande concittadino i 
componenti codesto nobile Istituto, d’altra parte ci è di 
conforto nel nostro non piccolo lavoro, e di augurio per 
un'ottima riuscita. 

Porgo pertanto le più vive grazie, unite all'espressione 


della più profonda stima. 


Il Presidente 
(G. CAPELLINI >. 


Non essendo riuscito a me, nè ad uno dei 2 vice-pre- 
sidenti, senatore conte Guido di Carpegna e prof. Romolo 
Meli, nè ad altri del Consiglio, di allontanarci in quei 
giorni da Roma, venne in tempo rivolta (a nome dell’istesso 
Consiglio Direttivo) viva preghiera, all’illustre presidente 
del Comitato bolognese, senatore prof. Capellini, di assu- 
mere la rappresentanza ufficiale della nostra Società. Ciò 
ch’egli fece col massimo favore, rinnovandomi anche a 
voce in Roma le espressioni del suo compiacimento: come 
io — a nome vostro — gli manifestai la comune gratitudine 
per la riuscitissima e grandiosa festa, che onora con Bologna 
tutta l’Italia scientifica, ed ebbe un'eco gratissima in tutte 
le nazioni civili. 


14 A. CARRUCCIO 


Passando dopo alla presentazione di specie nuovamente 
aggiunte alle collezioni del nostro Museo, rammenterete 
che potei illustrarle più o meno brevemente in ragione 0 
della loro importanza reale, o perchè colmavano antiche 
lacune esistenti nelle collezioni medesime. 

Vi ricordo ad esempio il Cercopilhecus pyrrhonotus, 
donato dal ten. sig. Ottorino Mezzetti pel mezzo gentile 
del consocio prof. dott. Ugo Vram. Questa scimia vive, 
com’è noto, nel paese dei Gallas e dei Somali e in qual- 
che altra regione dell’Africa. Presentai pure un bello esem- 
plare del Cercocebus albigena Gray, donato dall’egregio dot- 
tor Zerbini; specie che vive nelle foreste Congolesi dove 
non è abbondante. Del pari avete osservato gli esemplari 
di Rhinostictus pelaurista Schreb. e di CArysothrix sciurea L. 
del Brasile, allora acquistati pel Museo, e assai ben pre- 
parati dal nostro Coli. Feci pure accuisto in quei giorni 
di un accuratissimo modello di teschio di un Gorilla gina 
Is. Geof., 7 ad. Il teschio osseo originale trovasi nel Museo 
di Antropologia in Roma. Nel nostro Museo possiamo ora 
confrontare il predetto modello in gesso con altro dalla 
testa coperta dalle parti molli, eseguito in Parigi e riguar- 
dante un Gorilla vecchissimo. 

Potei in quella stessa adunanza presentare altri crani 
notevoli donati all’istesso nostro Museo dall’on. Ministro 
della Pubblica Istruzione, deputato prof. L. Rava, e che 
egli ebbe dal signor Luigi Frigerio, residente a Monbasa 
(Africa orientale), cioè un completo cranio di Felis leo ad., 
ed altro, pure in ottime condizioni, di Phachocherus ae- 
thiopicus. 

Presentai poscia un altro teschio di Orycteropus ca- 
pensis Sund., facendo alcune considerazioni comparative 
colla testa dell'esemplare in pelle che possediamo. 

Aveste parimenti opportunità per osservare, fra gli 


pn 


RELAZ:ONE i) 


uccelli. un bell’esemplare di Serpentarius secretarius Scop. 
ed un altro della vaga Paradisea Augustae Victoriae intro- 
dotti, per acquisto, nella collezione generale ornitologica : 
e della collezione romana presentai un Panurus biarmicus 
dono del socio consigliere march. dott. Patrizi, ed un 
Puffinus Kulhi dono del marchese G. Sacchetti. Sempre 
nella stessa adunanza feci osservare due armi di Pristis 
antiquorum notevolissime per la loro dimensione in con- 
fronto a diverse altre che già possedevamo : una si ebbe 
in dono dal march. Mereghi, e l’altro dall’esimio artista 
comm. Roberto Bompiani di Roma, testé mancato ai vivi. 

In altra precedente adunanza avevo fatto fugace cenno 
di un grosso Xiphias gladius preso sulla spiaggia di Castel- 
porziano, e mandata in dono da S. M. il Re: ma in quella 
vulta 


c 


del 23 luglio (finita la preparazione dell'esemplare, ese 
colla massima diligenza dall’esperto tassidermista del Museo, 
col concorso dell’abile conservatore per quanto riguarda 
la perfetta reintegrazione dei colori, così belli in questa 
specie) potei farlo a tutti osservare, e mi pare che rima- 
neste soddisfattissimi. Dissi allora che mentre la specie è 
ben nota e comune, principalmente nel mare della Sicilia, 
così non avviene nel laziale : ed un esemplare di notevoli 
dimensioni, come questo avuto dal generoso Sovrano, 
mancava affatto alla collezione ittiologica romana, pur essa 
sempre in aumento, e da me introdotta nel nostro Museo. 

E finalmente — avendo in quell’adunanza la ventura 
di offrire alla vostra intelligente attenzione molte aggiun- 
te — vi feci osservare sceltissimi esemplari di Lepidotteri 
della Campagna Romana, preparati e studiati con quella 
cura amorevole, propria al valente specialista, che è il socio 
consigliere comm. Fortunato Rostagno, da lui donati in 
aggiunta ai moltissimi di cui tenni parola in altre adunanze 


e aggiunsi come tutti dovevamo sentire vivo compiacimento 


16 A. CARRUCCI!) 


per il favorevole incontro che, massime all’estero e da 
ralentissimi entomologi. ebbero le descrizioni fatte dal 
Rostagno d’importanti aberrazioni e varietà, e l’annun- 
cio ch'egli pel primo diede di specie da nessuno finora. 
credute esistenti in Italia. Dopo presentai i moltissimi 
Ditteri donati da un altro socio e consigliere, il prof. Giu- 
seppe Tuccimei, il quale con altrettanta cura da più anni 
attende al difficile studio di quest'altro ordine di esapodi; 
pei quali — come ben sapete - ha iniziato nel nostro 
Bollettino la pubblicazione di un diligentissimo catalogo 
metodico. CU 


Adunanza del 27 novembre 1907. 


Cominciai dal dar lettura del seguente telegramma di 
S. E. il Ministro della R, Casa, che ricevetti in risposta alle 
congratulazioni rispettose e cordiali fatte ai Sovrani, in 
occasione della nascita della principessa Giovanna Elisa- 
betta, in data del 13 del corrente mese: 


« S. M. il Re vivamente ringrazia V. S. ed i suoi illustri 
consoci del nuovo attestato che in questa lieta occasione (li 
porsero del loro devoto animo. 


Ministro Ponzio VAGLIA ». 


Constatai dopo con piacere che a questa adunanza i 
soci erano intervenuti premurosi e in numero notevole, forse 
perchè pensarono gentilmente di unirsi al loro presidente; 
il quale, come risultava dall'ordine del giorno, doveva 
commemorare il perduto consocio onorario, l'illustre pro- 
fessore comm. Pietro Pavesi, Dirett. dell'Istituto Zoologico 
della R. Università di Pavia. Ma prima dissi che dovevano 
proclamarsi soci ordinari gli egregi signori: prof. Felice 
Mazza del R. Istituto Tecnico di Roma, e il prof. Ettore. 


seo È. ei Lemibridin 


RELAZIONE 17 


Ricci del R. Liceo di Macerata, e due giovani studenti, 
uno della R. Università di Napoli, l’altro di Roma, i signori : 
Alfredo Misuri e Ignazio Missoni. Inoltre agli Istituti scien- 
tifici abbonati al nostro Bollettino fu .aggiunto quello di 
Parassitologia medica della R. Università di Catania, per 
domanda del chiaro Direttore dell'Istituto medesimo, il 
prof. M. Condorelli-Francaviglia. Furono quindi presentati 
diversi omaggi e scelti periodici ricevuti dalla Società. 
?assai dopo alla lettura della commemorazione, scritta in 
onore del compianto prof. Pietro Pavesi, seguendolo passo 
passo in tutta la sua onorevole carriera quale studioso, in- 
segnante efficacissimo e dotto scrittore: e quantunque io 
sia entrato in molti particolari valevoli a far meglio risal- 
tare l’acuto ingegno, il vasto sapere del Pavesi, sia come 
naturalista, sia come storico, e abbia posto in chiara luce 
il carattere vivace ma leale ed integro del nostro esimio 
socio onorario, ed anzi abbia fornito parecchie notizie 
non ricordate da alcuni valenti colleghi ed amici del zoologo 
pavese, parmi di poter aggiungere che a voi non dispiacque 
la lunga commemorazione, avendola tutti accolta con ma- 
nifesto favore pari alla vostra benevolenza (1). 

In quella stessa adunanza prima che prendessero la 
parola gli autori delle comunicazioni scientifiche poste 
all'ordine del giorno, ricorderete come abbia presentato 
parecchi scelti esemplari di uccelli (Rapaci e Palmipedi) 
uccisi nel settembre del passato anno e donati da S. M. il 
Re Vittorio Emanuele. Presentai pure un bello esemplare 
di Lutra vulgaris uccisa, — come ne diedero notizia tutti 


(1) Fra quelli che elogiarono meritamente il compianto Pavesi ac- 
cennai in modo speciale ai professori Bonardi. Bonomi, Camerano, Giglioli, 
Parona. ecc., ricordando pure quanto di lui, vivente, avevano scritto da 
più anni i prot. Doderlein, Panceri, ed altri. 


Boltett. Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. & 


18 A. CARRUCCIO 


i giornali locali — allo sbocco della cloaca augustea del 
Foro Romano e donata dal Comm. Ing. Boni, Direttore 
dell’ ufficio degli scavi, e lessi gl’interessanti particolari 
fornitimi in una sua lettera in data del tre settembre. 
Presentai pure un Putorius boccamele dono del sig. Meloni 
tassidermista nel Museo Zoologico della R. Università di 
Cagliari. Dall’ istesso Meloni acquistai una varietà di Glis 
del Circond. di Lanusei, che secondo il Thomas del British 
Museum di Londra dovrebbe considerarsi quale nuova specie, 
e mostrai pure esemplari della nuova specie di Lacerta 
sardoa descritta dal distinto erpetologo dal R. Museo 
Zoologico Universitario di Torino, il conte Dott. M. G. Pe- 
racca. Questi in un secondo lavoro pubblicato nel Bollettino 
del Museo di Zool. ed Anat. comp. della R. Univ. di Torino 
(N. 519, 31 dic. 1905) facea conoscere come ‘dopo di aver 
studiato numerosi esemplari di tutte le età ricevuti dal 
fratello del predetto Meloni da Lanusei, gli risultasse un 
fatto inatteso, che io, avendone l'opportunità, credetti di 
poter segnalare alla nostra Società. Questo fatto inatteso, 
come lo chiamò il Peracca, sta nell'aver constatato che la 
nuova specie Lacerta sardoa abita esclusivamente un'alta 
valle presso la punta chiamata Paolino, e manca totalmente 
nella restante parte della giogaia del Gennargentu, che forma 
il gruppo montuoso più elevato ed importante della Sar- 
degna. L'istesso Peracca insiste nel dimostrare che questa 
è una forma distinta della Lacerta Bedriagae Cam., trovata 
in Corsica all'altezza di 800 m. sul livello del mare, e com- 
batte le conclusioni cui è. venuto il prof. Mahely nelle 
pubblicazioni fatte negli Annali del Museo Nazionale Un- 
garico. Accetta però il Peracca il modo di considerare tutte 
le forme di varietà della Lacerta muralis, quale fu di re- 
cente esposto dal Dr. Boulanger, il noto erpetologo ed ittio- 
logo del Museo Britannico. 


KELAZIONE 19 


Nell’ istessa adunanza mostrai un buon esemplare di 
Naucrates ductor donato dal Cav Ferdinando Galadini di 
Roma; ed aveste pure opportunità di osservare due uccelli 
americani donati dal Dott. Bologna, mancati affatto alla 
nostra ricca collezione generale, i quali non v ha dubbio 
saranno bene studiati dal Prof. Angelini, che a suo tempo 
riferirà in proposito. 

Fra gli altri acquisti recentissimi fatti in aggiunta delle 
collezioni generale e romana, poteste pure notare il 29 
dello scorso dicembre un completo scheletro di giovane 
Orang-Utang (Simia satyrus £), ed altri due, uno di Castor 
fiber, e l'altro di Ornithorhinchus paradoxus gd, oltre alcuni 
uccelli dei generi Grus e Larus, della provincia Romana. 

E sempre nell’ istessa adunanza udiste assai di buon 
grado il nostro amato Vice-presidente, Senatore Conte di 
Carpegna, che illustrò un bell’esemplare di Carpodacus ery- 
thrynus preso ai Monti Parioli e di proprietà del marchese 
Giulio Sacchetti. 

L’istesso Conte di Carpegna diede esatte notizie su 
qualche altro esemplare prima colto nel territorio Romano. 
Riferì inoltre sovra un interessante fatto di allevamento 
del Nandi (Rhea americana) felicemente riuscito, e per la 
prima volta in Italia, mercè le perseveranti ed intelligenti 
premure del Senatore Barone Sonnino in una sua tenuta 
di Toscana. Pure intereseante riuscì la successiva comu» 
nicazione fatta dal prof. Giulio Alessandrini, per dimostrare 
— coll’appoggio di numerose e dilisenti esperienze ese- 
guite nel nostro Istituto Zoologico — la straordinaria resi- 
stenza vitale che è propria delle larve del piccolo dittero 
vivente nel formaggio (Piophila casei). 

Dopo, io stesso presentai i lavori inviati dal socio pro- 
fessor Mario Condorelli dell’Università di Catania sovra 


un caso raro di parassitismo dovuto a contemporanea 


20 A. CARRUCCIO 


dimora nell intestino di una giovinetta di un Cestode, di 
un Nematode e di numerose larve di un dittero (Calliphora 
vomitoria), e sovra un caso di Dipylidium caninum espulso 
da una bambina di 2 mesi d’età. Rilevata F importanza di 
questi due casi, che saranno presto pubblicati, feci dopo 
conoscere una comunicazione inviata dal socio Dott. Pa- 
squale Mola, assistente nell’ Istituto di Zoologia ad Anatomia 
comparata della R. Università di Sassari. Argomento di 


questa comunicazione è lalFelis lyna che il D. Mola crede 


d’aver osservato in Sardegna, in due individui da lui stu- 
diati, sottoponendo contemporaneamente alla nostra atten- 
zione una diligente fotografia. Ricorderete che io feci 
qualche riserva sull’opinione manifestata  dell’egregio 
consocio. 

E finalmente l'adunanza scientifica del 27 novembre 
ebbe fine con la comunicazione fattaci dal Vice-Presidente 
prof. Meli, il quale colla sua nota competenza trattò della 
Corbulomya mediterranea Costa, da lui raccolta sulla spiag- 
gia romana tra Ostia e Castel Porziano. Ebbe così l’autore 
nuova opportunità per accennare alla copiosa bibliografia, 
che egli ha messo insieme con grande diligenza, intorno 
al molluschi marini del littorale romano. 

Ma in questa odierna riunione, che è eminentemente 
amministrativa, ed è la prima del nuovo anno, io devo a 
termini dell’art. 7 dello Statuto sociale, sottoporre alla 
vostra approvazione i due Bilanci consultivo e preventivo. 
Questi furono compilati, d'accordo col Consiglio Direttivo, 
dal competentissimo Economo-Cassiere, il socio Rag. signor 
Vittorio Zambra. Nè ‘a voi dispiacerà che annunci, anzi 
presenti il nuovo sfato patrimoniale, e faccia noto che nei 
quattro scaffalini da me donati, e in qnello già da tempo 
pur donato dal socio consigliere March. Dott. G. Lepri, 
venne recentissimamente meglio disposta e riordinata la 


RELAZIONE 21 


libreria, completando lo schedario per tutti i cambi e doni. 
Presento pure l'elenco esatto dei soci ordinari e straordi- 
nari e quello dei soci onorari. È pronto anche l'elenco 
dei pochi soci morosi, che però dev'essere presentato al 
Consiglio Direttivo. Ho fatto poi eseguire un  registrino 
speciale di tutti i cambi, ripartiti secondo la nazione da 
cui ci arrivano. 

Prima di chiamare i due più giovani soci presenti, 
quali scrutatori delle schede di votazione per la nomina o 
conferma di un Vice-presidente e di tre Consiglieri testè 
scaduti, compio il doloroso ufficio di ricordare la recen- 
tissima perdita di un caro e illustre consocio fondafore, 
il Comm. Prof. Francesco Businelli, Direttore della Clinica 
oculistica di questa R. Università. Egli trovò soventi svago 
negli studi zoologici: provetto e abilissimo caeciatore, 
sempre che gli era dato offriva in dono gli animali che 
procurava. 

Altrettanto aveva fatto pel Museo Zoologico della R. Uni- 
versità di Modena, dove per molti anni mi fu amico non 
meno fedele e collega affezionatissimo, come lo fu in 
questa di Roma. Egli ebbe la fortuna d’inaugurare la 
nuova Clinica nel grande Policlinico, che oggi è vanto della 
nostra Capitale. 

Molto si potrebbe dire in onore del prof. Businelli, 
antico patriota e valoroso combattente per la difesa di 
Venezia, uomo sincero, prudente, zelantissimo nell'esercizio 
dei suoi doveri ufficiali, marito e padre esemplare. Ag- 
giungo che la egregia vedova del compianto consocio non 
poteva meglio interpretare la volontà dell’esimio consorte 
se non donando, come spontaneamente fece, oltre venti 
animali diversi fra Uccelli, Rettili e Crostacei, i quali ora 
rimarranno al nostro Museo quale gradito ricordo dell’a- 
mico e collega. Consentitemi che insieme a vivissime grazie, 


22 A. CAERUCOIO 


mandi, a nome nostro, le più sincere condoglianze all’e— 
gregia vedova signora Businelli nata Bolasco. 


Egregi consoci, continuiamo l’opera nostra, per quanto 
modesta, coi sentimenti migliori, quali può inspirare la 
vera concordia, il desideriò legittimo d’istruirci a vicenda. 
e una volontà onesta e perseverante. Auguro a voi durante 
quest'anno novello, da poco più di un mese iniziato, ogni 
benessere, e mi piace augurarlo con eguale sincerità ai 
consoci lontani, ch'è quanto dire alla intiera Società nostra. 
Questa ci dev'essere cara, a questa dobbiamo essere fedeli, 
se vogliamo ch'essa continui a vivere onoratamente, come 
sempre ha vissuto. L’avvenire adunque le sia lieto e con— 
fortante, come fu già il passato. 


ZIA 
ù 


Sull’azione dei succhi pancreatico-intestinali sopra i 
bacilli del carbonchio ematico e sulla penetrazione 
di questi attraverso le vie digerenti di Cavia. 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica italiana dal Dott. R. Marchesini 
Aiuto di Patologia generale 
e libero docente d’Istologia nella R. Università di Roma. 


Nel Congresso francese di medicina interna (1) M. A. 
Falloise e M. Hallion hanno messo in rilievo tutto ciò che 
oggi si sa riguardo alla potente azione digestiva del pan- 
creas; ed il Chiari ha da poco dimostrato (2) come la 
necrosi del tessuto adiposo sia pur dovuta all’azione del 
pancreas mediante un fermento proteolitico e lipolitico. 
Cosicchè da queste e da altre ricerche risulterebbe che 
nel pancreas, oltre i tre fermenti da tempo conosciuti: la 
tripsina, la amilasi, la lipasi, vi esisterebbero ancora altri 
fermenti come la maltasi, la lattasi, una erepsina che 
scinde le albuminose ed i peptoni, ed un labfermento che 
secondo Paulow non sarebbe che la tripsina. Questi fer- 
menti possiederebbero tutta la loro attività nel momento 
che penetrano nel lume dell'intestino per l'unione con 
l'’enterochinasi secreta dall’intestino ed essenzialmente dal 
duodeno e dal digiuno, ed esplicarebbero così la loro at- 


tività sulle sostanze da digerire, nello stesso tempo che 


esplicarebbero un potere battericida ed antitossico contro i 
batteri patogeni. 


(1) La Semaine médicale n. 40, 195, pag 472. 
(2) Chiari de Praque. Semaine médicale, 1906. p. 205. 


24 R. MARCHESINI 


In rapporto a quest'azione battericida ed antitossica 
il Fermi (1) osserva che i blastomiceti e gli ifomiceti vi- 
vono e si multiplicano nel succo gastrico sia naturale che 
artificiale, riuscendo ad alterarne la reazione e Vattività 
digestiva; che la tripsina in soluzione alcalina è inattiva 
in vitro su tutta la classe degli schizomiceti, i quali anzi 
se ne giovano per nutrirsi e moltiplicarsi. E se la flora 
intestinale presenta una certa stabilità, essa sarebbe da 
attribuirsi ad un'azione antibatterica elettiva esercitatasi 
nelle cellule fisse della mucosa, e più specialmente in 
quelle costituenti l'apparecchio assorbente del tubo dige- 
rente, per opera del protoplasma vivente. 

ll Rolly e Liebermaister (2) avendo studiate recente- 
mente le proprietà biologiche sui batteri dell'intestino, 
avrebbero trovato che i germi batterici introdotti nell’in- 
festino, !'n parte vengono distrutti, in parte vengono so- 
spinti nel retto coi residui alimentari; per modo che ove 
si formino colture dei germi esistenti nell'intestino tenue, 
si riesce ad ottenere resultati molio scarsi. Nell'ultima 
porzione dell’ileo peraltro tali resultati si modificano, e 
quivi si possono già riscontrare in larga copia i batteri. 
Nell’intestino crasso poi noi ci troviamo di fronte ad un 
gran numero di batteri, dovuto ciò alla reazione differente 
ed alla limitata peristalsi: giacchè sappiamo che il conte- 
nuto intestinale sterelizzato rappresenta un terreno di 
coltura molto apportuno per lo sviluppo di quasi tutti i 
possibili batteri. 

Corradi e Cornjoweit avrebbero concluso dalle loro 
esperienze che le fecì contengono sostanze inibitrici allo 


sviluppo dei batteri. Ro/ly ripetendo le sopraesposte ricerche 


(1) Fermi, Policlinico, Vol. III, 1896 
(2) Rolly e [Liebermaister, Deut. Med. Woch. n. 43, 1902. 


a 
eg 
E 
E 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 25 


avrebbe notato solamente ur’azione ritardante sullo svi- 


luppo, e che il secreto dell'intestino crasso non esercita 


affatto un'azione attenuante su i batteri. 

Molti autori oggi ritengono che Vintestino quando è 
vuoto è quasi sterile, confronta Scognamiglio (1). Alcuni 
per azione delle cellule intestinali (Iundelle), altri per po- 
tere antibatterico dei succhi intestinali (Kohlbrugge). Così 
Delezenne, secondo Metschikofî, avrebbe dimostrato che il 
succo pancreatico, come viene dalla glandola, non esercita 
su i batteri che un azione nulla o insignificante, ma ne 
impedisce per un certo tempo lo sviluppo essendo un cat- 
tivo mezzo di coltura. Il succo intestinale anch'esso non 
esercita alcuna azione battericida apprezzabile, ma può 
agglutinare i microbi. È solo riunendo i dune succhi che 
sì ottiene un effetto deleterio manifesto. 

La ragione per cui i batteri costituenti la flora gastro- 
intestinale possono vivere a contatto dei succhi digestivi 
potrebbe ritrovarsi in parte in quella stessa per cui non si 
avverino mai in vita le autodigestione lungo tutto il tubo 
gastroenterico. Però è anche accertato che quantunque 
penetrino per la bocca nel tubo gastroenterico le più sva. 
tiate specie di germi, tuttavia la flora normale del con- 
tenuto gastrico è costituita quasi esclusivamente dai btasto- 
miceti e dalle sarcine, che sono organismi abituati a vivere 
in ambienti acidi: e quella dell’intestino quasi esclusiva- 
mente della specie Bacterium coli e sue varietà, a cui si 
aggiunge non raramente il bac. mesentericus. Ciò può essere 
da una parte perchè questi batteri si siano abituati all'am- 
biente, e d'altra parte si potrebbe anche ritenere che la 
loro costante presenza fosse dovuta, perchè costantemente 


(1) D. Nin -S niraglia-Scognamiglio. Sulla permeabilità d>ll’intestino 
ai battari. Stabil. Tip. e Libr. Napoli, 1906. 


26 R. MARCHESINI 


vengono introdotti con i cibi ingeriti. Queste osservazioni 
fatte non tolgono però che una buona parte della sele- 
zione possa esser dovuta all’azione dei succhi digestivi e 
che alla penetrazione dei germi attraverso l'intestino si 
opponga la resistenza del protoplasma cellulare. 

Partendo da questo duplice punto di vista, esporrò le 
mie ricerche fatte sul carbonchio ematico, avendolo sotto- 
posto all’azione dei succhi digestivi in vitro, ed in vivo 
dandolo unitamente ai pasti di mollica di pane alle cavie, 
le quali sopravvivevano all’infezione. 

I. ESPERIENZA. 

Ho preso del pancreas di bue e toltone bene il grasso 
e ridotto a piccoli pezzi l'ho posto a bollire e ne ho fatto 
poi dei brodi da coltura in questo modo : 

Uno senza alcuna aggiunta, un altro con peptone e 
cloruro di sodio come per il brodo comune, un altro con 
solo peptone. 

A confronto di questi tre terreni di coltura ho posto 
il brodo comune colturale. 

In questi quattro terreni ho insemensato del carbonchio. 
virulento nalla stessa proporzione e l'ho messi al termo- 
stato a 37°. 


Esaminati dopo 12, 24, 48 ore, dirò in generale, per 


esser breve, che nei terreni di coltura pancreatici ho potuto 
notare solo un ritardo nello sviluppo. 

Dalle colture di pancreas semplice dove più di tutti 
si erano sviluppate spore carbonchiose, ho prelevato il 
materiale per fare nuovi insemensamenti nei quattro ter- 
reni su descritti e ponendoli egualmente alla stufa a 38°. 


Qui già a primo tempo si nota che il carbonchio non svi- 


luppa a lunghi fili, ma in corti seguenti e rapida ne è la 
sporulazione, a differenza del terreno di confronto. 
Feci allora colture in agar prendendo singolarmente 


fendi 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI DT 


l'innesto dai quattro nuovi terreni di coltura, ed il resto 
delle colture iniettai a quattro cavie. Sull’agar le colture 
presentarono tutte buono sviluppo e delle cavie innestate 
muore prima quella di confronto, nel 2° giorno quella 
con brodo di pancreas semplice e le altre due hanno vis- 
suto poco più lungamente. 

Ripetei ancora un nuovo insementamento di carbonchio 
ematico nei quattro terreni di coltura e notai ancora una 
volta cbe il brodo comune diede normale sviluppo di car- 
bonchio, e che il terreno di pracreas semplice diede fili 
lunghi, ma esili; il panereas peptonato diede lunghi fili, 
ma a seguenti molto corti; il brodo di pancreas diede 
bacilli staccati e molti di essi si presentavano ritorti. 

Con questi nuovi terreni si fanno iniezioni sottocu- 
tanee alle cavie che muojono tutte con poca differenza di 
tempo. 

“saminato il sangue delle cavie innestate con car- 
bonchio sviluppato in terreni colturali di pancreas, notai 
una fagocitasi molto più attiva di quella che riscontrai 
nel sangue di cavia iniettata con coltura carbonchiosa svi- 
luppata nel brodo comune. 

II. ESPERIENZA. 

Ho preso del pancrea di bue, l'ho tagliuzzato e tritu- 
rato in mortajo con poca acqua sterile e ne ho ricavato 
un succo per sqremitura. Lo stesso processo ho tenuto 
per un tratto d’intestino duodeno di bue, di cui pure ho 
estratto un succo per spremitura dal raschiamento della 


mucosa. 
Ho preparato con questi due succhi spremuti e filtrati 


in panno quattro» terreni : 
Succo pancreatico solo. 
Succo enterico solo. 


Succo pancreatico, più succo enterico. 


28 R. MARCHESINI 


Brodo comune, come terreno di confronto. 

Su questi quattro terreni ho innestato il carbonchio 
e li ho posti alla stufa a 37°. 

èsaminati poi questi terreni colturali al microscopio, 
ho riscontrato presso a poco lo stesso risultato delle prime 
esperienze. cioè uno sviluppo ritardato ed anormale in 
confronto di quella in brodo comune e di più una precoce 
sporulazione. 

Si iniettano quattro cavie con le colture predette e 
tutte muojono in rapporto a quelle di confronto con pic-. 
colo ritardo di tempo. 

II. ESPERIENZA. 

Ho fatto sviluppare del carbonchio virulento in tubi 
di agar normale e dopo 24 ore e 48° ore ‘ho riempite le 
provette in questo modo : le une con succo di pancreas solo, 
altre con succo di pancreas unito a succo enterico, altre 
con acqua sterelizzata e distillata. Poste al termostato a 
37° per 24ore ho mescolata poi ogni coltura staccandola 
con l’ansa dall'agar nel liquido dove si trovavano e da 
ciascuna ho preso una piccola ansa per farne una piastra 
in gelatina. 

L'esame diretto al microscopio mi ha fatto subito 
rilevare che nel mentre nel preparato preso dall’emulsione 
in acqua distillata la coltura carbonchiosa non presentava 
alcun chè di anormale, nelle altre due invece si notava 
uno sminuzzamento dei batteri che avevano certamente 
subito una alterazione. 

L'esame delle capsule del Petri è stato per tutte e tre 
positivo, 

IV. ESPERIENZA. 

Ho preso del succo di pancreas di cane, ottenuto con 
fistola previa iniezione di pilocarpina, e parte l'ho unito 


ha ne - 
x; x 3 
L 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 29 


ad enterocinasi duodenale di cane, e parte l'ho adoperato 
solo. ‘ed ho fatte le seguenti ricerche : 

a) Ho preso dei terreni di coltura di agar a becco 
di flauto e vi ho innestato al solo fondo il carbonchio 
virulento, badando di non toccare tutto il resto di super- 
ficie del terreno di coltura. 

Qui'queste/provette ho versato. pol per. un terzo, in 
alcune del succo di pancreas solo, in altre del medesimo 
unito a succo enterico, in altre con acqua distillata e ste- 
rilizzata e l'ho poste tutte al termostato a 37°. 

b) Nello stesso tempo ho preso delle colture di car- 
bonchio già sviluppate da 12 ore nell’agar a becco di flauto 
e ne ho riempiti i tubi per solo un terzo relativamente 
con succo pancreatico solo, altro con succo pancreatieo, 
più succo enterico, altro con solo succo enterico, altro con 
acqua distillata e sterelizzata. 

‘saminate al microscopio dopo 12 ore le colture della 
prima esperienza, quella a contatto dei succhi, mostrano 
uno sviluppo misero e non si riscontrano lunghi fili, nel 
mentre che nelle colture a contatto dell’acqua distillata 
lo sviluppo è normale. 

Nelle provette colturali della 2% esperienza esaminate 
pure dopo 12 ore, si nota un distacco più o meno com- 
pleto della coltura carbonchiosa in quelle a contatto con 
i liquidi digestivi ed esaminata al microscopio s'osserva 
un alterazione di sviluppo dei bacilli carbonchiosi, nel 
mentre ehe la parte fuori liquido si presenta al normale 
con lunghi fili carbonchiosi. Nella provetta contenente 
acqua distillata il carbonchio a contatto offriva uno svi- 
luppo normale a lunghi fili. 

Tutte le colture che abbiamo in questa esperienza 
esaminate, innestati su terreni comuni, hanno dato sempre 
ottimo sviluppo ed iniettate sotto pelle alle cavie, le hanno 


30 R. MARCHESINI 


uccise tutte con solo nn piccolo ritardo di tempo da quelle 
con innesto di confronto. | 

Per ciò che riguarda l’azione dei succhi digestivi pan- 
creatico ed enterico, abbiamo potuto constatare dalle espe- 
rienze riprodotte, che i succhi digesttvi non inebiscono lo 
sviluppo dei batteri del carbonchio, ma non è certo il 
terreno più adatto per loro, e tanto che tendono subito a 
sporulare come per mettersi in stato di difesa. 

L'azione viene quindi spiegata sul bacillo, perchè la 
spora torna a dar sempre, innestata su nuovo terreno, 
uno sviluppo normale alla coltura, la quale però perde 
un poco della sua virulenza iniettata su animali recettivi. 
Dal complesso dunque dei fatti non si può negare una 
certa azione deleteria dei succhi digestivi sui carbonchio 
ingerito, e la secrezione continua poi dei succhi mante- 
nendo l’ambiente sempre ostile ai batteri ne rende atte- 
nuata la virulenza e saranno perciò più facilmente fugo- 
citati dai lencociti che si riscontrano nella mucosa e nelle 
stesse feci: nei mentre che i moti peristaltici dell'intestino 
li spingono ad uscire in maggioranza fuori con le feci, e 
così l’animale a grado a grado si sbarazza del micidiale 
ospite e non soccombe all’infezione. 

II. ORDINE DI ESPERIENZE. 

Veniamo ora a studiare la resistenza che oppongono 
le pareti intestinali alla penetrazione dei germi carbon- 
chiosi e riporterò a questo riguardo innanzi tutto le osser- 
vazioni già fatte da altri autori. (Vedi Scognamiglio, l. c.). 

Koch nel 1877 e nel 1881 alimentò per più giorni topi 
con milza di conigli e di pecore morte di carbonchio e 
non ebbe alcun morto, e ritenne perciò che l’infezione per 
via intestinale non fosse possibile. 

Pasteur e Toussaint ripeterono l’esperienza nel 1887 
e 1882 ed ammisero che si può avere l'infezione carbon- 


pb] 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 51 


chiosa per via alimentare solo quando esistono lesioni 
della mucosa. 

Koch con Gaffky e Loeffler nel 1884 ripresero t'espe- 
rienze su i montoni e stabilirono che l'infezione solo 
avviene se s'introducono grandi quantità di spore e con 
grandi quantità di bacilli, a mucose intatte. All'esame 
istologico trovarono alterazioni nel canale intestinale mas- 
sime nel duodeno, che era arrossato ed ulcerato : nel torace 
erano spiccate le alterazioni dei fullicoli solitari, l’epitelio 
in massima parte perduto e la superficie coperta da densi 
ammassi di bacilli che erano penetrati nei tessuti e financo 
nei vasi sanguigni. Negative risultarono però l’esperienze 
sulle cavie. 

Simoncini (1896) ebbe sulle cavie e conigli risultati 
negativi con i bacilli e positivi con le spore in grande 
quantità. 

Korkunoff (1889) ebbe quasi sempre risultati negativi. 

Il Buchner (1881) somministrando carbonchio unito a 
polvere di carbone ebbe risultati in parte positivi e lo 
stesso il Frank. 

Nikolsky (1900) solo ammetterebbe che con alimenti 
infetti da spore, il carbonchio si sviluppa altrettanto bene 
che nell’infezione per qualunque altra via, quantunque le 
sue esperienze sieno alquanto contradittorie. 

Siechè riepilogando solo le spore in grande quantità 
avrebbero veramente potuto dare sempre resultati positivi. 

Non avendo a mia conoscenza l’esperienze per spie- 
garci come è che l’animale possa sopravvivere all’ingestione 
di colture carbonchiose; se cioè sia dovuto all’assoluta 
impenetrabilità delle pareti intestinali, ovvero ad un grado 
d’immunità che l’animale con questo mezzo ne guadagne- 
rebbe, ho voluto riprenderne lo studio, ed a tale scopo ho 
dato a mangiare a delle cavie, con pasti ripetuti in giorni 


32 R. MARCHESINI 


differenti, della mollica di pane imbevuta di coltura viru- 
lenta carbonchiosa : ed eccone il risultato dell'esame. 

I. esame. Cavia che ha mangiato con mollica di pane 
colture virulente di carbonchio e che fu uccisa dopo 24 ore. 

Lo stomaco presenta sfaldamento della macosa e nel 
contenuto stomacale sì riscontrano bacilli carbonchiosi e 
cellule fagocitarie. 

Nei duodeno si riscontra la mucosa in qualche parte. 
distrutta o necrosata. 

Nel tenne è quasi nulla lesfoliezione della mucosa, 
le cellule hanno aspetto normale e si notano macrofugi 
nei villi. 

Nel crasso l’epìtelio è normale, le cellule mucose sono 
rigurgite di succo che rimane fortemente colorato col 
metodo Gram, nelle feci vi è forte accumolo di batteri. 

Il. esame. Cavia che ha mangiato mollica di pane con 
colture verulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 
4$ ore. 

Stomaco, leggiero sfaldamento della mucosa : rari batteri 
carbonchiosi nel contenuto gastrico. 

Nel duodeno si nota sfaldamento epiteliale e qualche 
punto necrotico. 

Nell’intestino tenne le cellule dei villi si presentano 
granulose e turgide, parte di esse smozzate e con piccoli 
brandelli distaccati, come se fossero spinte ad una eccessiva 
secrezione. Molti estremi dei villi sono mortificati, le cellule 
mucose sono turgide di muco e perciò sporgenti. 

Nel crasso si notano abbondanti bacilli nel contenuto, 
l’epitelio in genere si presenta normale. 

III esame. Cavia che ha mangiato mallica di pane con 
coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 
7 giorni. 

Nello stomaco forte sfaldamento della mucosa. 


SUCCHI, PANCREATICO-INTESTINALI 33 


Nel duodeno e nel tenue necrosi epiteliali e presenza 
di piccoli bacilli come frammenti di bacilli carbonchiosi. 

Nel crasso la mucosa é integra, le cellule mucose sono 
turgide e sporgenti. | 

IV esame. Caria che ha mangiato mollica di pane con 
coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 
20 giorni. 

Nello stomaco la mucosa è in condizioni normali e 
non vi si scorgono che granali di batteri, colorati col Gram, 
pielletteci 

Nel duodeno e nell'intestino tenue la mucosa è pure 
normale. Si notano molti lencociti nei villi e le cellule 
mucose turgide sporgenti. 

Nel crasso mucosa normale, le cellule mucose turgide. 
È da notare che nel muco delle cellule mucose si 
trovano spesso imbrigliate delle forme bacillari. 

V esame. Caria morta dietro ingestione di colture car- 
bonchiose. 

Negli organi gastro intestinali di questa caria si nota 
una vera distruzione di tutta la macosa con forte necrosi 
e penetrazione di bacilli carbonchiosi di normale gran- 
dezza. 

Questo fatto mostrerebbe che in questo caso i batteri 
carbonchiosi non hanno subito alcuna attenuazione e sono 
perciò penetrati in tutta la loro virulenza. Però è da no- 
tare che tanto gli organi di questa cavia come quelli delle 
altre cavie che di sopra abbiamo esaminato, posti in ter- 
reni di coltura, hanno dato tutti luogo e sviluppo di cul- 
ture carbonchiose e capaci di uccidere per iniezione sot- 
tocutanea tutte le cavie sottoposte. 

Le conclusioni a cui noi potremo giungere da queste 
esperienze sono, che la penetrazione attraverso le pareti 
gastro-intestinali avviene sempre per una lesione che si 


92 


Bollettino Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. de 


34 R. MARCHESINI 


produce nella mucosa delle vie digerenti per causa stessa 
dei microbi ingeriti. Se questa lesione molte volte non si 
trova è perchè o non si è cercata là dove è avvenuta o è 
stata rapidamente riparata da mucosa nuova. Che i bat-- 
teri del carbonchio attraverso questa breccia che si for- 
mano penetrano sempre nell'interno degli organi, però per 
questa via vi penetrano fortemente ridotti nella loro viru- 
lenza per l’azione dei succhi digestivi e per la resistenza 
opposta delle cellule del corpo; e quest’azione pare che 
sia sufficiente a non permettere la loro moltiplicazione 
nell'interno dell'organismo e perciò vi rimangono come 
parassiti inerti, ed è questa la ragione per la quale l’in- 
fezione carbonchiosa per la via ovale non uccide il più 
delle volte gli animali. Qualora però i batteri arrivano a 
superare la barriera epiteliale producendovi una vera. 
breccia, senza dovervi passare come attraverso un filtro, 
essi si gettano nelle vie sanguigne ed allora ia moltipli- 
cazione sarà rapida e diffusa e l’animale vi soccomberà 
rapidamente, come si è visto nel V esame descritto di 
sopra. 

I fatti oggi da molti accertati che le polveri inerti non 
passano attraverso l’epitelio gastro-intestinale sono una 
riprova di ciò che io sono andato esponendo, che cioè per 
la penetrazione è assolutamente necessaria una abrasione 
più o meno pronunciata dell'epitelio, che solo può avve- 
nire dietro l’irritazione tossica dei batteri patogeni. 

Gli autori hanno trovato che somministrando ripetute 
dosì per via orale di colture batteriche di varie specie si 
ottiene una resistenza di tutto l'organismo contro il rela- 
tivo batterio ingerito, e ciò si dimostrerebbe col sottoporli 
poi ad iniezioni sottocutanee di coltura virulenta del me- 
desimo batterio ingerito. Questi fatti sono stati riscontrati 
per lo streptococco, per il diplococco (Scognamiglio), per. 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINAL 35 


il tifo (Tehitchkine). Tale processo d'immunizzazione si 
effettuerebbe secondo gli autori probabilmente per mezzo 


di prodotti batterici, essendo eccezionale il passaggio dei 
batteri stessi. 

Ho voluto perciò ripetere anche io questa esperienza 
su i bacilli del carbonchio, ed a tale scopo a cavie trattate 
in antecedenza con pasti di colture carbonchiose ho pra- 
ticate iniezioni sottocutanee di coltura virulenta ed ho avuto 
che molte delle cavie hanno sopravissuto all’iniezione ma 
altre mi sono pur morte per setticemia batterica carbon- 
chiosa. 

In questo caso l'immunità da me ottenuta non è stata 
per virtù di prodotti batterici che abbiano predisposto l’a- 
nimale alla resistenza ma bensì per la penetrazione di vere 
forme batteriche che erano penetrate attenuate attraverso 
l’epitelio sfaldato ed in parte necrosato, e siccome gli ani- 
mali non muoiono in questo caso per tossine batteriche 
elaborate, ma per setticemia batterica, perciò non si potrà 


averne per questo mezzo la immunità assoluta. 


Difesa cellulare. 


La difesa che presenta la cellula della mucosa gastro- 
intestinale ed essenzialmente quella del villo è una forte 
secrezione granulare al di là della cuticola striata. Con- 
temporaneamente a questo fatto si osserva un forte allun- 
gamento della zona esterna della cellula al di là del nucleo 
verso la cavità intestinale. A questo allungamento segue 
uno sfaldamento cellulare di parte delle cellule, e così si 
“vanno a formare strati granulosi insieme a vere cellule di- 
staccate che formano una barriera all’epitelio ancora intatto. 
In prosiego in alcuni punti avviene la necrosi dell’epitelio 
stesso ed allora tutta la porzione prominente del villo 


36 R. MARCHESINI 


appare granulosa, distrutta e frammista a molti batteri. 
In questo stadio uua seconda barriera di difesa si avanza 
da parte del vaso linfatico che s’ingrossa a clava nella sua 
porzione terminale ed è stipato di cellule bianche fagoci- 
tarie. Qui i batteri riescono essenzialmente a penetrare in 
virtù anche delle cellule bianche che li hanno in parte 
ingoiati. In questo modo i batteri patogeni possono pene- . 
trare sia per le vie linfatiche, che per le vie sanguigne, 
ma certamente la loro virulenza deve essere di molto o 
del tutto attenuata perchè non si ha una moltiplicazione 
che invada le vie sanguigne e si riscontrano solo quelle 
forme batteriche penetrate a stento e ridotte nella loro 
forma e grandezza. Queste forme batteriche penetrate negli 
organi per le vie delle linfe o del sangue, ponendo pezzi 
di organi in coltura, sono però capaci di svilupparsi e di 
riacquistare l'antica virulenza per potere uccidere una 
cavia per iniezione sottocutanea. 

Questi fatti spiegherebbero il perchè abitualmente 
gli animali possano albergare nell'intestino batteri pato- 
geni, senza che essi vadano sempre incontro all’infezione 
rispettiva, 

Il Pasteur asseriva che era necessaria una ferita del- 
‘epitelio perchè avvenisse l'infezione carbonchiosa da ucci- 
dere l’animale ed in ciò aveva ragione, perchè il batterio 
in tal modo non subiva alcuna modificazione, alcuna atte- 
nuazione, potendo sfuggire subito all’azione dei succhi 
gastro-intestinali ed alla resistenza che opponeva l’epitelio. 

Ma noi abbiamo visto che non è necessario però una 
ferita perciò che riguarda il solo fatto meccanico della 
penetrazione dei batteri carbonchiosi attraverso gli epitelii; 
solo che questa penetrazione porta conseguenze molto 
diverse, poichè in questo caso l’animale può resistere 
all’infezione. 


SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 7 


L'indice d’una supersecrezione cellulare della mucosa 
gastro-intestinale è messo in evidenza dallo stato turgido 
delle cellule mucose con zaffi di muco sporgenti nella 
cavità intestinale, e che con il metodo Gram si tingono 
a preferenza e danno così delle preparazioni molto dimo- 
strative. Impigliati in questo muco si riscontrano alle volte 
dei bacilli carbonchiosi, ma forse per il solo fatto della 
sua viscosità. 

Cosicché gli elementi che lottano contro una infezione 
bacillare nelle vie digestive potremo riconoscerli nei succhi 
digestivi, nella resistenza delle cellule della mucosa, nelle 
cellule fagocitarie. 

Queste mie ricerche porterebbero un contributo all’ar- 
gomento tanto discusso sulla possibilità della penetrazione 
dei batteri patogeni attraverso la mucosa intestinale, secondo 
l’idea di Calmette e di altri, e spiegherebbero come il non 
ritrovare segni della porta d’ingresso sia dovuta in parte 
alla riparazione rapida che offrono gli epitelii, in parte che 
non è facile riscontrare il punto d’entrata, che per alcune 
forme batteriche può essere minimo e disposto differente» 
mente lungo il tubo gastro-intestinale. Certo però dovremo 
ritenere che la penetrazione avviene sempre e solamente 
per una abrasione dell'epitelio o per un punto necrotiz- 
zato dall'azione tossica dei batteri. 


Nuova: cattura presso Roma di un CARPODACUS ERYTHRINUS (Pall) 


Comunicazione del Socio Senat. Guido di Carpegna Failconieri 


alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Ecco un terzo esemplare di Carpodacus erythrinus 
(Pall.), italianamente Ciufolotto o Beccogrosso scarlatto, che 
in questi ultimi anni ci venne fatto avvertire presso Roma, 
e precisamente ai monti Parioli. Ricordo una quarta cat- 
tura di questo raro uccelletto nel Frosinonese : e l’esem- 
plare proveniente dalla collezione Lepri-Patrizi è conser - 
vato nel nostro Museo universitario. 

Questo che vi presento è femmina giovane, come lo 
dimostrano i caratteri segnati per essa dal Savi, dal Sal- 
vadori, e specialmente dall’Arrigoni degli Oddi. Fu colta 
1 13 scorso Ottobre al paretaio dei marchesi Sacchetti 
insieme a due verdoni, e il marchese Giulio nostro con- 
socio, che l'ha fatta preparare e la possiede, ha voluto 
cortesemente consentire, che io ve la mostrassi. 

Insieme ad essa eccovi un bel maschio quasi adulto 
appartenuto alla collezione del Magni Griffi, i cui esemplar 
più rari furono per il Museo romano acquistati per cura 
dell’egregio nostro Presidente. Esso è segnato come còlto 
nel Maggio 1861 a Castelnuovo Magra. Taluni ne dubitano; 
e gli Ornitologi italiani, anche nelle recenti pubblicazioni, 
non mentovarono esemplari adulti a piumaggio rosso còlti 


CARPODACUS ERYTHRINUS 39 


in Italia. Ma noi perchè dubitarne, mentre dei tre esem- 
plari romani uno appunto era maschio ed in abito adulto 
Disgraziatamente fuggì di gabbia, ma ne fu conservata la 
figura e il colorito in un disegno del Sacchetti-Barberini; 
ed io stesso avevo avuto occasione di vederlo tuttavia 
vivace ed elegante nella sua prigione. 

Sono i Carpodacus (dal Greco: divoratori di frutta) un 
gruppo di fringillini principalmente asiatico: se ne distin- 
sero nel catalogo del Museo britannico ben n° 26 specie: 
n° 18 asiatiche e n° 8 dell'America settentrionale. Soltanto 
la specie erythrinus fu còlta sempre molto raramente in 
Italia, ma può dirsi abbastanza comune nella Russia eu- 
ropea; mentre è originaria dell'Asia settentrionale, ed emigra 
nell'inverno in Persia e nell'India. La Fringilla incerta del 
Risso colta nel Nizzardo, mentovata dal Bonaparte col 
nome di Verdone bastardo, non è che un Carpodacus ery- 
thrinus in un abito speciale color giallo dorato verdognolo 
invece che rosso, assunto dal maschio forse nello stato di 
domesticità. Dei Carpodacus si occupò per il primo assai 
diffusamente il Bonaparte insieme allo Schlegel nella sua 
ultima Opera assai rara sulle Loxtinae, o Fringillini dal 
becco grosso, che io ho la fortuna di possedere. 


AGGLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ 


(Rhea americana) 


Comunicazione del socio Senatore Guido di Carpegna Falconieri 


alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


L'on. senatore barone Giorgio Sonnino, mio egregio 
amico e collega, volle cortesemente comunicarmi le se- 
guenti notizie sull’acclimatazione dei Nandù o Struzzi d’ Ame- 
rica in una sua tenuta di Toscana. Esso li ebbe da Genova, 
dove vivevano in quel giardino zoologico, provenienti dalla 
Repubblica Argentina. Ad ogni fine di Aprile facevano le 
loro uova, ma non le covavano, e ciò proveniva quasi 
certamente, perchè erano due maschi con una sola femmina. 
Il Sonnino ebbe la fortuna di acquistare un ‘altra femmina 
ed uno dei maschi morì; sicchè gli rimase un solo ma- 
schio con due femmine. Alla primavera. il maschio, appena 
le uova furono deposte dalle femmine, si mise da solo a 
covarle, mentre le femmine oziosamente vagabondavano. 
Ciò avvenne per altro soltanto dopo il terzo anno: al se- 
condo ci furono le uova. ma nessuno si prese cura di 
covarle. Di nido qualsiasi non è il caso di tener conto: 
le uova erano sparse dalle femmine qua e là sul terreno, e 
fra i cespugli, nè tutte nel medesimo luogo: quelle che 
non erano troppo lontane erano con affettuosa cura riu- 
nite dal maschio. Appena esso ne ebbe quattro o cinque 
si pose alla cova, ma continuò a raccoglierne quando ne 
vide altre a poca distanza: e taluna ne fu aggiunta anche 


ACCLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ 41 


dai guardiani; sicchè nella scorsa primavera ne copriva 
il numero di 17. 

Con mirabile abnegazione e pazienza rimase immo- 
bile sulle uova per ben 35 giorni, perchè i pulcini comin- 
ciarono a sgusciare dopo il trentatreesimo giorno. Fu cura 
dei guardiani, che a lui non mancasse mai nè acqua nè 
cibo : e qui fa mestieri vi accenni ad una curiosa particola- 
rità. In questa spontaneamente forzata immobilità del di- 
sgraziato covatore, in breve le penne oleose si ricoprirono 
tutte di mosche, ma i pulcini appena nacquero, si presero 
la cura di mangiarsele, quasi gratitudine all’amoroso padre: 
rendendolo di nuovo nitido e pulito nel suo plumbeo piu- 
maggio. 

Queste uova sono più piccole assai di quelle degli 
struzzi africani, ma raggiungono un peso di circa 8 uova 
di gallina. Mi disse il collega che sono squisite a mangiarsi, 
‘e che anche i piccoli Nandù sono ottimi entro l’anno dalla 
loro nascita. Si addomesticano facilmente, anche troppo 
da divenire importuni. Sicchè questa specie oggimai si 
può dire, che accresca la ricchezza degli uccelli esotici se- 
miselvaggi allevati nelle riserve allo stesso modo dei fagiani 
‘orientali: ed essa può considerarsi realmente acclimatata, 
perchè si cbbero già ulteriori prodotti di una seconda ge- 


nerazione. 


CONSIDERAZIONI 
sopra un problematico incrocio di Felidi 


Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 
del Socio Dott. PASQUALE MOLA 


Tra i massi rocciosi che si trovano presso -Bulneri, 
circondario di Sassari, fu catturato in una tana, assieme 
ad una volpe, un felino (gatto selvatico ?) : che imbalsamato 
fa mostra di sè nel Museo di Zoologia della R. Università 
di Sassari. 

Esso ha richiamato l’attenzione dei non pochi visita- 
tori di quel Museo, tra i quali anche il prof. E. Simroth 
dell’Università di Leipzig, e tutti si sono studiati a dare un 
parere sul genere di quel felino. 

Poichè il giudizio che di esso fu dato, non mi è sem- 
brato attendibile, e spinto dal fatto di avere a mia dispo- 
sizione l'esemplare imbalsamato, non che dalle varie e più 
o meno esatte notizie che mi ha dato il preparatore di quel 
Museo, sig. Tarasconi, mi sono determinato a dare una 
descrizione dei caratteri estrinseci, e da essi dedurre qual- 
che considerazione al riguardo. 

Il corpo del gatto misura 50 cm. di lunghezza e la coda 
cm. 25. L'altezza al sommo del dorso è di circa 30 cm. Il 
pelame, lungo e folto, è bigio, chiaro dorsalmente e late- 
ralmente: bianco ventralmente. Strie di color fulvo inter- 
rompono la uniformità del colore: quelle del corpo lo 
percorrono trasversalmente a guisa di anelli, senza ricon- 
giungersi al ventre; quelle delle sambe sono trasversali 
all'asse delle sambe. Alcune screziature si notano altresì 
sul corpo dell’animale, ma esse sono dovute alle punte fulve 
dei peli. | 

La coda è cerchiata da strie, che verso la punta sono. 


PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 43 


più grosse, ivi se ne contano tre caratteristiche: l’ apice 
codale è di color fulvo scuro. Una caratteristica fascetta 
fulva si osserva dorsalmente la coda, fascetta che unisce i 
tre anelli codali tra loro con l'apice di questa ultima. 

La testa presenta anche delle strie, che partendo dalle 
fauci si portano alla nuca, nel senso longitudinale. Due 
partono lateralmente agli occhi, ciascuna per lato, e sì por- 
tano alla base delle orecchie, dove ne incontrano una 
grossa, che. passando per il mento, le dà l'aspetto di una 
museruola. Un'altra grossa stria a guisa di collare si trova 
alla regione giugulare. 

Il padiglione delle orecchie è triangolare e ben pro- 
nunziato ; la punta é acuminata e termina con un carat- 
teristico ciuffetto di peli, lunghi, fulvi, folti e ritti di circa 
3o mm.. a guisa di pennello, ciò che dà al felino l'aspetto 
linciforme. 

Il pelame del muso è bianco sporco, tendente al ros- 
siccio; lo stesso colorito si riscontra ai piedi. 

Parecchie file di peli setolosi, lunghi e poco flessibili, . 
sì osservano al labbro superiore: e costituiscono i mustac - 
chi del felino, che sono folti e ben pronunziati. 

L'aspetto in generale © quasi tozzo. 

Tali i caratteri esterni. 

Che può dedursi da essi? 

Stando ai caratteri che il Brehm nella « Vita degli ani- 
mali » da alle linci d'Europa (Lyra vulgaris e pardinus) po- 
trebbe quel felino caratterizzarsi per una tale lince: ma 
cotesto giudizio sarebbe, a mio vedere, abbastanza azzardoso. 

Infatti, stando ai caratteri del Brehm che dà alla Lynx 
vulgaris: cioè orecchie lunghe e acuminate, terminate da 
un ciuffetto a mo’ di pennello, di circa 5 cm. di lunghezza, 
fatto di peli lunghi, neri, folti e ritti, e riscontrandosi nel 
felino imbalsamato questi stessi caratteri, non potrebbe esso 


44 PASQUALE MOLA 


definirsi altrimenti che una Lyna vulgaris; tanto più, che 
‘la differenza della lunghezza del ciuffetto di circa 35 mm. 
più corta è dovuta alle condizioni meccaniche subite dal- 
l'esemplare nella cattura, nel trasporto, nella imbalsama- 
zione e pel tempo trascorso. 

Aggiungi che a questo carattere tassidermico, il quale, 
secondo il Brehm stesso, sarebbe il principalissimo per dif- 
ferenziare una Lyux da un Felix catus si riscontrano nel 
nostro felino anche gli altri, che il Brehm ci dà della Lynx, 
e cioè che: sul grosso labbro superiore stanno parecchie 
file di mustacchi lunghi e duri. Un pelame folto e morbido 
avvolge il corpo... La coda, che è uniformemente pelosa, 
ha una larga estremità nera, che ne comprende circa la 
metà della lunghezza totale : l’altra metà è anellata indi- 
stintamente con fasce sbiadite, che vanno disotto... nell’in» 
verno il pelame si colora di bigio biancastro. 

E se si volesse tener presente la biologia delle Lynx, 
secondo il Brehm, sarebbe essa quella stessa del nostro 
felide. Perchè anche esso come la Lyna vulgaris, abita i 
grandi boschi... le località rocciose e deserte, ove trova gole 
e caverne per ricoverarsi... Sovente si appropria le tane 
delle volpi e dei tassi. 

D'altra parte poiche il Temmink assevera nella sua 
« Monographie de Mammalogie » l’esistenza in Sardegna ed 
in Corsica di una Lyna pardinus, Oken, assai più piccolo 
della vulgaris, io non sarei alieno di ascrivere il felino in 
parola quale varietà della specie della Lyna pardinus. 

Ma l’asserzione del Temmink è essa stessa un atto di 
fede? 

Nè può ritenersi che l'esemplare del felino in quistione 
sia un vero e proprio Felir catus ferus, quando ad esso man- 
cano tutti quei caratteri differenziali, che si presentano negli 
altri esemplari del Felix catus ferus, comuni alla Sardegna. 


PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 45 


E allora? 

Io ritengo che esso sia il portato di un incrocio, do- 
vuto allo accoppiamento di una Lynx sp. (2?) con un Fe- 
lix catus ferus: e ciò perchè nel nostro esemplare coesistono 
caratteri esteriori che differenziano 1 due generi della fa- 
miglia Felidae. 


Sassari, novembre 1907. 


OPERE, CONSULTATE 


1827-35 — TEMMINK, C.I — Monographie de Mammatogie. T.1, I 


pag. 116. 

1871 —BRedMm, Ae. “La. vita degl animali. — Not. ] 
(traduz.) Torino 1871. 

_ — CornaLria, E. — Fauna d'Italia.>— Parte I. Milano, 
Vallardi. 

1774 — CertI. — Sforza naturale della Sardegna. — Sassari 
1774, 3 Vol. in-8° tav. 

1866 — GENNARI. — La Sforia naturale in Sardegna, nell'ultimo 
ventennio. — Cagliari 1866. 

1857 — La MARMORA, A. - Voyage en Sardaigne. — Zoolo- 

gie Turin 1857. | 

1869 — CaRRUccIO, A. — Catalogo metodico degli animali 


rapportati dalle escursioni nelle provincie meridio- 
nali, in Sicilia e. in Sardegna. 1868-69. 

1906 — SmrorH, E. — Bemerkungen iber die Tierwelt Sardi- 
niens. — Verh. d. Deutsch. Zool. Gesellschaft. 1906. 


ANCORA DELLA LINCE DELLA SARDEGNA 


NOTA 
del Dottor PASQUALE MOLA 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


In alcune mie recentissime considerazioni (1) a propo- 
sito di un felino inbalsamato ed esistente nel Museo di Zoo- 
logia della R. Università di Sassari, ebbi a dire: che esso 
è il portato di un incrocio dovuto allo accoppiamento di 
una Lynx sp.(?) con un Felis catus ferus. Ora avendo avuto 
il sig. Tarasconi Giovanni l'occasione d’imbalsamare un 
grosso felino catturato sulle rocce del circondario di Nuoro 
dal nobile Umberto Manca, ho voluto esaminare più atten- 
tamente se la mia affermazione fatta allora abbia, oppur 
no, ora la sua scientifica conferma. 

L'aspetto di questo esemplare è assai fiero. Il corpo 
robusto e compresso misura la lunghezza di circa un me- 
tro; la coda è di cm. 33; l'altezza al sommo del dorso è 
di;.circa (30,cm. | 

Il pelame è folto, lungo e morbido : sulla faccia sì al- 
lunga a guisa di barbozza. Il colore è rossiccio lungo il 
dorso, quasi a forma di fascia ; lateralmente però tende al 
rosso-bigio. Chiazze rosso-brune o bigio-brune si riscon- 
trano sulla testa, sul collo, sulle spalle, sui fianchi. La 


(1) MoLa P. — Sopra un problematico incrocio di Felidi. -- Boll. 
‘Soc. Zool. Ital. — Roma 1908. 


LA LINCE DELLA SARDEGNA 47 


parte inferiore del corpo, la parte interna delle gambe, 
non che quella anteriore del collo e delle labbra, sono 
rossigne e tendenti al bianco sporco. Strie di color fulvo 
trasversali all'asse interrompono la uniformità del colore 
delle gambe. 

La coda, uniformemente pelosa, presenta verso l’'estre- 
mità tre grosse strie, a guisa di grossi anelli, di color nero 
che in mezzo al colorito bigio-chiaro della porzione di coda 
spiccano abbastanza. L'apice codale è dello stesso colorito 
delle strie. 

La testa, piuttosto grande, presenta due strie di color 
nero, che partendo dalle fauci, includono gli occhi e si 
portano trasversalmente alla testa, dove vanno a perdersi 
nel collo. 

Il padiglione delle orecchie è triangolare, ben pronun- 
ziato e acuminato : esso è sormontato da un ciuffetto ca- 
ratteristico a guisa di un pennello, costituito di peli lun- 
ghi, rossicci tendenti al nero € ritti, lungo circa 3 cm. 

Internamente al padiglione, il colorito dei radi peli è 
fulvo : invece è bruno inferiormente e rossiccio, tendente 
al nero, superiormente quello dei folti peli che sono 
all’esterno. 

Il grosso labbro superiore è fornito di mustacchi co- 
stituiti da parecchie file di lunghi e setolosi peli. Il pelame 
del muso è rossiccio : quello del naso, bianco sporco. 

In complesso l’aspetto è abbastanza caratteristico. 

Le zampe sono robuste e provviste di poderose unghie, 
acute e retrattili. 

Da quanto asserisce il sig, Mauca, esso fu trovato nella 
foresta del circondario di Nuoro, randaggio su per quei 
massi rocciosi, fu scovato dai cani, i quali furono da esso 
assaliti e due anche rovinati, ciò fa arguire la sua grande 
forza e ferocia. 


45 PASQUALE MOLA 


I caratteri innanzi detti di codesto felino messi a con- 
fronto con quelli degli altri felini del luogo, fanno ritenere 
che esso non è altro che una lince. caratteristica propria 
della Sardegna, la quale, pur presentando i caratteri delle. 
linci, non ha di comune con queste che i soli caratteri 
generici. Nè è a dirsi che essa sia la lince. pardina de- 
scrittaci dal Temmink nella sua « Monographie de Mam- 
malogie = e che egli asserisce esistere in Sardegna : perchè 
la diagnosi ne è negativa. Ed è perciò che io crederei op- 
portuno assegnare a cotesta specie di felini un nome spe- 
cifico che, rispondente alla regione ove vive, sarei pro- 
penso sia quello di Lynx sardiniae - 1907.. 


Sassari, 5 dicembre 1907. 


ISTITUTO DI ZooLogia DELLA R. UnIversITÀà DI RoMA 


DIRETTO DAL PROF. COMM. A. CARRUCCIO 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTIGOLO 


Storia, Morfologia, Anatomia Comparata, Istogenesi, 
Hisiologia, Fisiopatologia, e probabile significato delle cellule interstiziali 


del testicolo. 


Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO” 
(Continuazione — Ved. fasc. VII, VIII e IX, 1907) 


Variazioni patologiche. 

Della patologia delle cellule interstiziali poco si co- 
nosce; eppure anche questo è un argomento assai interes- 
sante da studiare sotto varii punti di vista, potendo anche, 
tra l’altro, la patologia, rischiarare le nostre idee sulla 
fisiologia di questi elementi. 

Jacobson nel 1879 cercò di dimostrare che il numero 
delle cellule interstiziali aumenta coll’infiammazione del 
testicolo, per poi diminuire dopo cessato lo stato morboso . 
Malassez e Terillon hanno eseguito delle ricerche speri- 
mentali, mediante iniezioni di nitrato d’argento, sull’ana- 
tomia patologica, dell’epididimite consecutiva all’infiam - 
mazione del canale deferente; ma non parlano in modo 
speciale delle cellule interstiziali. 

Regaud descrive un caso di trasformazione paraepite- 
liale delle cellule interstiziali nel testicolo di un cane, pro- 
babilmente in seguito ad un’ antica orchite. Questa osser- 


Bollett. della Soc. Zoolog. Ital. — Anno XVI, 1908, Fasc. I e II. 4. 


50 VALENTINO BARNABÒ 


vazione dimostra che la regressione e la sparizione dei 
tubuli seminali e della funzione spermatogena non si ac- 
compagna sempre colla diminuzione .e colla sparizione 
delle cellule interstiziali: e ciò prova una volta di più 
l’indipendenza funzionale dell'elemento interstiziale da 
quello seminale. Inoltre le cellule interstiziali, elemento 
del connettivo secondo Regaud, sono capaci, probabilmente 
in vista di una secrezione interna più attiva, di ordinarsi 
più strettamente intorno ai vasi sanguigni, in modo da 
sembrare dei paraepiteli. Ciò è normale del resto in alcuni 
animali, come il gatto e il porco. 

Hansemann nell’anemia perniciosa ha notato iper- 
trofia dell’apparato interstiziale. Mathieu ha descritto le 
cellule interstiziali numerose, contemporaneamente all’an- 
nullamento della spermatogenesi, in un caso di un indi- 
viduo morto per febbre continua (?). Bouin e Ancel hanno 
trovato gli stessi fatti in individui morti per tubercolosi. 

In affezioni delle vie eliminatrici dello sperma si è 
visto che le cellule interstiziali non ne soffrono. Ciò è 
stato osservato in affezioni dell’epididimo e del canale de- 
ferente da Hansemann, da Lybarsch per la tubercolosi, 
da Mathieu, da Malassez e Terillon, da Regaud in un cane, 
da Bouin e Ancel per l’epididimite tubercolare nell'uomo 
e nella cavia. Così questi ultimi autori hanno studiato 
soggetti con stenosi patologiche delle vie eliminatrici dello 
sperma, ed hanno potuto vedere che quando l’affezione è 
circoscritta, i canalicoli seminiferi perdono la loro attività 
ma la glandola interstiziale persiste. 

Ancel e Bouin hanno anche osservato che nelle in- 
tossicazioni da alcool o da tossine tubercolari, o nelle 
infezioni, come la tubercolare e la carbonchiosa, la glan- 
dola interstiziale si ipertrofizza e la sua secrezione si esa- 
gera come se avesse per scopo la difesa dell’organismo. 


d‘ DI 


LA CLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DI 


L’atrofia della glandola e la sparizione del suo secreto si 
constatano soltanto alla fine dell’intossicazione cronica, 
oppure nelle intossicazioni gravi e rapide. 

Da queste ricerche, per quanto frammentarie ed in- 
complete, pure si può dedurre che anche in condizioni 
patologiche le cellule interstiziali subiscono delle varia- 
zioni notevoli ; e che tali alterazioni sono sempre riportabili 
a quelle osservate anche in condizioni fisiologiche e tera- 
tologiche. 


[RX FISTIOPATOLOGIA: 


In questo capitolo ci occuperemo della parte esperi- 
mentale che riguarda le cellule interstiziali del testicolo. 
Dopo che Brown Séquard nel 1875 cominciò degli espe- 
rimenti per dimostrare la esistenza della secrezione interna 
delle ghiandole sessuali, si aprì un nuovo adito alle ri- 
cerche che divennero numerosissime, sia nel campo delle 
ovaia, sia nel campo dei testicoli, restringendosi in seguito 
in modo speciale agli elementi interstiziali delle glandole 
sessuali. 

Brown Séquard dal 1889 al 1891 pubblicò varie note, 
in cui riportava i risultati ottenuti colle iniezioni di estratti 
di testicoli di varii mammiferi, e venne alla conclusione 
che dopo tali iniezioni aveva potuto riscontrare in sè stesso 
un notevole risveglio delle facoltà intellettuali, maggiore 
resistenza alla fatica mentale e fisica, e miglioramento nelle 
funzioni digestive. Le ricerche di questo autore non ave- 
vano la garanzia di fatti osservati obbiettivamente : tuttavia 
dopo di lui molti studiosi adottarono anche a scopo tera- 
peutico le iniezioni di succo testicolare in isvariate con- 
tingenze morbose, senza però ritrovar mai l’azione straor- 
dinaria di cui aveva parlato Brown Séquard. 


52 VALENTINO. BARNABÒ 


Numerose ricerche furono poi eseguite per l’ovaio, e 
di queste accenneremo qualcosa in seguito. Per il testicolo 
furono eseguiti tre ordini di esperienze: la legatura e re- 
sezione del dotto deferente ; il trapianto dei testicoli, ripro- 
ducendo anche sperimentalmente la criptorchidia; e 
l'iniezione sclerogena di sostanze causticanti destinate a 
distruggere la parte seminale, conservando la parte inter- 
stiziale del testicolo. E ora sarà bene esaminare partita- 
mente queste esperienze. 


Legalura e resezione dei deferenti. 

I deferenti sono stati legati e resecati sperimentalment e 
e qualche volta anche a scopo terapeutico, per varie ragioni; 
sia coll’intento di provocare l’atrofia del testicolo, sia di 
rendere atrofiche le glandole annesse all’apparato genitale 
come la prostata, sia per produrre un maggiore sviluppo 
e una vera ipertrofia nella cosiddetta glandola interstiziale. 
Molti autori hanno eseguito queste esperienze ottenendo 
risultati assai discordi tra loro. Tale diversità di risultati 
dipende dal fatto, messo in luce da studi più accurati, che 
la legatura o resezione degli uni o degli altri elementi del 
funicolo spermatico, che negli animali da esperimento 
difficilmente si possono isolare e separare, producono ef- 
fetti diversi, tanto sugli elementi seminali, quanto su 
quelli interstiziali del testicolo. 

Obolensky pel primo nel 1867 aveva constatato l’atro- 
fia totale del testicolo, producendo nei cani e nei ‘ conigli 
la resezione del nervo spermatico sotto l'anello inguinale 
esterno. Dopo di lui Jacobson aveva notato, come notò in 
seguito White, la cancrena del testicolo che segue, anche 
nell'uomo, dopo la legatura dei vasi spermatici. Miflet in- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DS 


vece concluse dalle sue esperienze che la legatura dell’ar- 
teria e delle vene spermatiche apporta bensì l’atrofia del 
testicolo, ma senza inconvenienti di sorta. Si avrebbe così 
prodotta una castrazione fisiologica. Alessandri fece uno 
studio più accurato e completo degli effetti sul testicolo 
della resezione dei vari elementi del condotto spermatico. 
Egli nei cani isolava con attenzione i singoli elementi del 
condotto spermatico, e di poi legava ora l’arteria, ora i 
nervi, ora le vene, ora il dotto deferente. Trovò così che 
si avevano risultati differenti sull’atrofia del testicolo, e 
precisamente si otteneva un’atrofia rapida, quando erano 
stati legati i vasi; mentre l’atrofia che seguiva alla lega- 
tura del deferente non era molto netta, nè altrettanto ra- 
pida. Tournade dopo di lui ha trovato che si hanno anche 
effetti diversi sul testicolo quando la interruzione del de- 
ferente è stata obliterante oppure non lo è stata del tutto. 
. Egli ha ottenuto risultati assai interessanti con le sue 
esperienze, adoperando nei cani la legatura, o la sezione 
col termocauterio, o lo schiacciamento. Qnando il defe- 
rente è obliterato subito e definitivamente, il testicolo pre- 
senta un'involuzione regressiva, comprendente tre stadi : 
in un primo periodo le cellule seminali già persistenti de- 
generano e spariscono ; in un secondo periodo riappare, 
ma incompletamente, la spermatogenesi , e nel terzo ed 
ultimo periodo si ha la completa sterilità. Il canale defe- 
rente non completamente obliterato può invece lasciar 
versare lo sperma nel tessuto perideferenziale, dando 
luogo alla produzione di una cisti di riserva dello sperma 
causa quindi della non completa atrofia del testicolo, e 
delle conseguenti divergenze nei risultati. L’atrofia del te- 
sticolo, ottenuta in modo completo nel primo caso, si 
spiegherebbe come l’atrofia di una ghiandola col condotto 


escretorio obliterato. 


54 VALENTINO BARNABÒ 


Ma, come dicevo, molti osservatori hanno studiato ciò 
che avviene nel testicolo dopo la stenosi o. l'interruzione 
del deferente, senza preoccuparsi di altro, e hanno anche 
ottenuto risultati discordi tra loro. Così Brugnone e Gos- 
selin nel 1847 ritennero che la stenosi del canale deferente 
non avesse azione sulla spermatogenesi e non conducesse 
alla consecutiva atrofia della glandola sessuale. Conclusero 
anzi che il testicolo, il cui prodotto non arriva fino alle 
vescicole spermatiche, non si atrofizza e seguita a pro- 
durre fisiologicamente dello sperma. Dopo il lavoro di. 
Tournade si comprende bene come Brugnone e Gosselin 
possano aver ottenuto tali risultati dalle loro esperienze. 
Cosi anche Cooper ha estirpato il deferente senza ottenere 
atrofia del testicolo : e altrettanto ottennero Curling, Go- 
dard, Guyon in uomini operati di castrazione fisiologica, 
Harrison, e Runeau, secondo il quale il testicolo dopo la 
resezione del deferente continuerebbe a srilupparsi e a 
funzionare. Brissaud aveva sezionato il deferente nel co- 
niglio; e dopo l’operazione teneva una serie di animali se- 
parati dalle femmine, e un’ altra serie uniti con le fem- 
mine. Mentre nei primi si aveva subito l’atrofia del testi- 
colo, nei secondi invece la spermatogenesi già in atto sì 
compiva con grande rapidità da principio, e poi spariva 
e il testicolo tornava allo stato di neutralità funzionale. 
Bouin infine notò che dopo la legatura del deferente spa- 
riscono gli elementi seminali, ma non si occupò degli 
elementi interstiziali. 

Come ho detto, la resezione dei deferenti è stata pra 
ticata anche, sia sperimentalmente, che a scopo terapeu- 
tico per ottenere l’atrofia della prostata. Sebbene questo 
argomento di pertinenza chirurgica possa a prima vista 
sembrare estraneo al nostro studio, pure desidero accen- 
narne qualcosa, in base alle moderne teorie riguardanti 


_ 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOEO 009) 


l'influenza esercitata dalla glandola interstiziale su tutto il 
tratto genitale e anche sulle glandole accessorie. Le ri- 
cerche di Lannois (1884) avevano già dimostrato i rapporti 
funzionali tra il testicolo e la. prostata, e che. la  castra- 
zione produceva l’atrofia di questa ghiandola. Dopo la 
proposta di White (1893) la castrazione era stata difatti 
usata con successo in vari casi da Lannois, da Picquois, 
da Roth, da Powal, da Heynes, da Schnitzler, e da Ramm, 
Isnardi iniziò poi la sezione dei deferenti in un caso di 
disuria senile : e dopo di lui la operazione fu anche ese- 
guita da molti operatori. Nel 1895 Brown riportò un caso 
di legatura di deferenti in un prostatico con successo te- 
rapeutico ; e dopo di lui Chalot, sezionando tra due le- 
gature il deferente, aveva ottenuto la riduzione di volume 
della prostata, e il malato aveva potuto riprendere anche 
i rapporti sessuali. Rjewalsky sosteneva che l’atrofia della 
prostata per la resezione dei deferenti fosse dovuta alla 
sezione dei nervi di Cooper, piuttosto che alla interruzione 
del deferente stesso, cosa questa che, se pure può avere 
un valore relativo, non può più al giorno d'oggi averne 
uno assoluto. Pavone colla recisione dei deferenti ha ot- 
tenuto l’atrofia degli elementi della prostata; e ha osser- 
vato inoltre, come confermò poi Tournade, che recidendo 
il deferente, può il lume di questo dotto non  obliterarsi 
e il liquido testicolare versarsi continuamente nel tessuto 
connettivale lasso del cordone, venerdo riassorbito. La 
semplice legatura può poi non riuscire, anche perché il 
lume del canale è molto piccolo, mentre lo spessore delle 
pareti è relativamente molto grande, e le pareti al tempo 
stesso sono resistenti e rigide; perciò il filo di legatura 
può recidere le pareti, ottenendosi allora gli stessi effetti 


che per la recisione. Per ovviare a tale inconveniente Pa- 


56 VALENTINO BARNABÒ 


vone propone la recisione del deferente e la consecutiva 
torsione dei due monconi. | 

Dopo Pavone, Negretto operò, secondo Zappalà, due 
prostatici colla resezione del deferente con buoni risultati. 
Altre operazioni furono eseguite da Fritsch, da Harrison 
con la legatura a livello dell'anello inguinale, da Guyon, 
da Guelliot, da Haynes e Mears, da Mac Munn, da Chau- 
veau, da Vautrin, da Richmond, e da Frani che riporta 
quattro casì di prostatici guariti. Pavone pubblicò nel 1896 un 
altro caso operato secondo il suo metodo di recisione del 
deferente e torsione dei peduncoli, con certezza di com- 
pleta obliterazione del canale; e notò che di pari passo si 
ottenne atrofia della prostata e atrofia del testicolo. Routier 
considera il processo di resezione dei deferenti superiore 
alla castrazione nella cura dell’ ipertrofia prostatica. Legnew 
chiama la sezione del dotto deferente castrazione fisiologica, 
e dice che ha gli stessi effetti della castrazione sulla prostata; 
soltanto con questo mezzo si ottiene un’afrofia più lenta, 
e inoltre qualche volta segue o qualche volta precede l’a- 
trofia del testicolo. Finalmente Athanasoff procedette a 
ricerche istologiche sulla atrofia prostatica, dopo aver ese- 
guito la castrazione, la vasectomia, e la iniezione sclero- 
gena epididimale di sostanze caustiche, distruggenti gli ele- 
menti seminali del testicolo. 

Vi è dunque certo un rapporto tra l’atrofia della pro- 
stata e l’atrofia del testicolo, che succedono entrambi per la 
medesima operazione. Certo sì può pensare che la prima 
sia subordinata alla seconda, sebbene Legneu abbia detto 
che l’atrofia testicolare in qualche caso può susseguire a 
quella prostatica. Ma avviene l’atrofia dell'elemento semi- 
nale del testicolo o si altera l'elemento interstiziale ? Qual’è 
dunque la parte del testicolo che ha influenza oltre che su 
tutto l'organismo, anche sulla prostata? Per rispondere a 


eta ni 


LE CLANDOLE INTERSTIZIALI DEL TESTICOLO 07 


tali domande occorre vedere prima gli studii di coloro che 
hanno sperimentalmente proceduto alla resezione dei de- 
ferenti per osservare in modo speciale le alterazioni degli 
elementi interstiziali. E questi sono i lavori più interes- 
santi pel nostro presente studio. 

Bouin e Ancel si sono specialmente occupati della 
questione e hanno pubblicato 1 risultati delle loro espe- 
rienze in una numerosa serie di comunicazioni dal 1903 
in poi. Essi per chiarire anche coll’esperimento la indi- 
pendenza della glandola interstiziale dalla parte seminale 
del testicolo, indipendenza già dimostrata dal puntò di 
vista morfologico, embriogenetico, fisiologico e patologico, 
procedettero alla legatura del deferente, con lo scopo di 
far -degenerare gli elementi seminali, lasciando intatte le 
cellule interstiziali. Le esperienze vennero eseguite sulla 
cavia; e portarono alla degenerazione della giandola semi- 
nale, avvenuta di giorno in giorno dopo l'operazione con 
ia scomparsa da principio degli spermatidi, poi degli sper- 
matociti e finalmente degli spermatogoni. Le cellule inter- 
stiziali invece persistono come normalmente e come negli 
animali criptorchidi. Le ricerche di Brugnone, Cooper, Bris- 
saud, Bonin, Pruneau, che avevano condotto questi autori 
a ritenere che la glandola testicolare non si atrofizzava 
portarono a tal risultato perchè, secondo Bouin e Ancel, 
gli esperimenti non avevano durato un tempo sufficiente. 

Richon e Jeandelize studiarono poi l'influenza della 
castrazione e della sezione del canale deferente sullo svi- 
luppo degli organi genitali esterni nel coniglio giovane, e 
notarono che lo verga cresceva lo stesso, mentre nel te- 
sticolo persistono le cellule interstiziali e si atrofizza la 
parte seminale. Conclusero quindi che la glandola inter- 
stiziale abbia da sola l’ufficio della secrezione interna te- 
sticolare, e che gli effetti osservati nell'organismo dopo la 


58 VALENTINO BARNABÒ 


castrazione sono dovuti alla mancanza delle. cellule inter- 
stiziali. A questo lavoro Bouin e Ancel obbiettarono per 
altro che la glandola seminale in via di atrofia può an- 
cora eliminare dei prodotti, assorbibili dall'organismo: e 
che inoltre persiste il sincizio nutritizio, agli elementi del 
quale potrebbe essere dovuta, almeno in parte, la secre- 
zione endocrina. Ciò non succede invece nel testicolo in 
ectopia, il quale quindi si presta meglio per lo studio di 
tale questione. In una nota successiva Bouin e Ancel con- 
cludono anche, criticando il lavoro di Richon e Jeandelize, 
che la legatura del canale deterente soltanto negli animali 
giovani, il cui testicolo possiede ancora la struttura em- 
brionale, non arresta lo sviluppo nè della glandola semi- 
nale nè di quella interstiziale; e che non si sia questa - ul- 
tima annullata, lo dice il fatto dell'apparizione dei carat- 


teri sessuali. Tali caratteri sono certo sotto la dipendenza 
della glandola interstiziale ; ma occorre prima dimostrare. 
che le cellule seminali e il sincizio del Sertoli non sono 
apparsi in alcun periodo déllo sviluppo del testicolo. E in 
quanto a me, sembra che le obbiezioni di Bouin e Ancel 
siano molto serie e ragionate. 

Successivamente Bouin e Ancel per dimostrare nei 
soggetti adulti che le cellule seminali non possiedono alcuna 
azione sull'organismo, hanno studiato gli animali che hanno 
subìto una stenosi esperimentale delle vie eliminatrici dello 
sperma, operando sul cavallo, sul coniglio e sul cane. Hanno 
allora veduto che gli elementi seminali spariscono a poco 
a poco gradatamente, che il sincizio nutritizio persiste sol- 
tanto contro la faccia interna del tubulo seminale, che la 
glandola interstiziale persiste morfologicamente eguale alla 
normale, che l'istinto genesico è conservato, e finalmente 
che i caratteri sessuali sono accentuati. Pertanto gli autori, 
accordando tali ricerche sperimentali con quelle eseguite 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 09 


sugli animali criptorchidi e su individui soggetti a stenosi 
patologiche, e di cui abbiamo già parlato, concludono che 
le cellule seminali non hanno alcuna influenza sul man- 
tenimento dei caratteri sessuali e dell’ istinto genesico, e 
che l'integrità di questi caratteri e di questo istinto è solo 
associata all’integrità della glandola interstiziale e del sinci- 
zio nutritizio. 

Ma Bouin e Ancel vollero anche dimostrare che il sin - 
cizio nutritizio non ha alcuna azione sull'organismo: e per- 
tanto hanno sperimentalmente distinto il sincizio nutritizio 
dalla glandola interstiziale, togliendo agli animali un testi- 
colo, e resecando un tratto del deferente dell’altro testicolo. 
Essi hanno ottenuto così la completa scomparsa della glan- 
dola seminale, degenerazione assai avanzata del sincizio 
del Sertoli, e anche una ipertrofia, da loro detta compen- 
satrice, della glandola interstiziale. 

Finalmente Bouin e Ancel desiderarono di spiegare il 
fatto, osservato in alcune esperienze colla legatura del defe- 
rente, in cui gli animali, al contrario di ciò che soleva suc- 
cedere, assumevano tutti i caratteri dei castrati, e oltre alla 
scomparsa degli elementi seminali nel testicolo, si notava 
anche atrofia delle cellule interstiziali. Essi pensarono che 
tali risultati disaccordi fossero dovuti alla resezione dei 
nervi che decorrono nel connettivo perideferenziale ; e tale 
loro supposizione era ben giusta e trovava riscontro anche 
nelle ricerche di Alessandri e degli altri. 

Bouin e Ancel ottennero difatti presso a poco gli stessi 
risultati, sezionando solamente il connettivo perideferen- 
ziale in cui decorrono i nervi. E in tal modo nella glan- 
dola interstiziale, ottennero pure una annichilazione fun- 
zionale a cui sarebbero dovuti i caratteri da castrato assunti 
dagli animali in quelle esperienze. 


Le esperienze di Bonin e Ancel non restarono senza 


60 VALENTINO BARNABÒ 


critiche, e Loisel intraprese una polemica. a cui risposero 
i due ricercatori. Di ciò intendo parlare però, quando esa- 
mineremo le diverse opinioni sull’ importanza fisiologica 
della glandola interstiziale, ed avremo espletato i vari argo- 
menti addotti come fatti da questi autori. 


Trapianto dei testicoli. 

Altre esperienze riguardano ciò che avviene delle cel- 
lule interstiziali, e in genere del testicolo, quando si tra- 
pianta nello stesso animale a cui appartiene, o in un altro. 
E sono esperienze molto interessanti, quantunque non siano 
complete e non abbiano procurato gli stessi risultati sod- 
disfacenti, a cui portarono simili esperienze nelle femmine 
per le ovaia, 

Herlitzka fece delle interessanti ricerche sul trapianto 
dei testicoli nei Tritoni; e descrisse i fenomeni di degene- 
razione nei testicoli, trasportati da un individuo ad un 
altro, sia maschio che femmina. ln generale tutti gli ele- 
menti del testicolo degenerano; e ciò secondo l'Autore, deve 
dipendere dalla mancanza dello stimolo trofico esercitato 
dal sistema nervoso. 

Foà ripetè gli stessi esperimenti sui Mammiferi, e os- 
servò pure che il testicolo, sia allo stato embrionale che 
allo stato adulto, non può essere trapiantato, tanto nello 
stesso animale, quanto sopra un altro animale della stessa 
specie, perchè il tessuto gserminale sparisce completamente 
dall'organo trapiantato. Foà però non si è occupato degli 
elementi interstiziali. 

Le altre ricerche che si hanno su questo argomento, 
riguardano il trapianto dei testicoli in condizioni speciali, 
riproducendo cioè la criptorchidia sperimentalmente, ripor- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 61 


tando quindi il testicolo nelle condizioni in cui si trovava 
prima dello sviluppo. Ebbene Piana, che nel 1891 produsse 
sul topo bianco l’ectopia sperimentale del testicolo, ebbe 
a constatarne la successiva atrofia. E Stilling che due anni 
dopo ripetè tali esperimenti nel cane, trovò pure che il 
testicolo si atrofizza in due o tre mesi, e che l’epitelio 
germinativo dei tuboli si riduce a qualche spermatogonio 
e a qualche cellula di sostegno. Ma nessuno dei due autori 
parla dell'elemento interstiziale in modo speciale. 

Così non ne parla neppure Griffiths, al quale tuttavia 
si deve un importante studio sui cambiamenti di struttura 
nel testicolo riportato nella cavità addominale. Egli fissava 
nel cane il testicolo nell’addome, e notò che quando sì 
opera un animale prima dell’epoca della pubertà, la glan- 
dola sessuale regredisce, ma di poco; mentre quando si 
opera un cane già pubere, il testicolo si riduce di volume 
di molto. In quanto alla struttura non si trova nei tubuli 
seminiferi che un solo strato di cellule, le quali poggiano 
sopra una membrana propria. Questa membrana negli 
stadi successivi si ispessisce e si trasforma addirittura in 
un cordone fibroso. 

Altre esperienze furono eseguite poi da Bouin e Ancel, 
1 quali riprodussero la criptorchidia nel porco, nel cane, 
nella cavia e nel coniglio, e ne conclusero che la ghian- 
dola interstiziale dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità 
del tratto genitale e l’attività genitale; e che quella dei 
Mammiferi giovani tiene sotto di sè lo sviluppo del tratto 
genitale e l'apparizione delPattività genitale. Essi difatti 
morfologicamente riscontrarono che anche in condizioni 
sperimentali si osservano gli stessi fatti notati nel testicolo 
di per sè ectopico degli animali criptorchidi. 

Finalmente ricorderò ancora un precedente lavoro di 
Ancel e Bouin, nel quale è descritto un caso di ipertrofia 


62 VALENTINO BARNABO 


compensatoria della glandola interstiziale in un verro crip- 
torchida, che era stato castrato da una parte. Questo 
fatto dimostra indubbiamente, secondo gli autori, ma non 
del tutto, secondo me, che si tratti di una secrezione in- 
terna della glandola interstiziale, la quale non serve solo 
ad assicurare la nutrizione degli elementi sessuali, ma ha 
anche un’azione generale sull'organismo. 


E per ultimo accennerò a qualche altra esperienza. 
Malassez e Terillon fecero dei tentativi di iniezioni scle- 
rogene di soluzioni di nitrato d’argento nell’epididimo di 
vari animali; ma non furono tentativi coronati da suc- 
cesso, e i fatti osservati non furono del tutto persuasivi. 
Bouin e Ancel ripeterono poi simili esperienze. 


(Continua) 


ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA 


diretto dal Prof. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


Caso raro di parassitismo, dovuto a contemporanea 
dimora nell'intestino d'una giovinetta della HY- 
MENOLEPIS DIMINUTA (Rud.), dell'ASCARIS 
LUMBRICOIDES L. e di numerose larve di CAL- 
LIPHORA VOMITORIA (L). 


Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZCCLOGICA ITAL'ANA con sede in Roma 


dal prof. M. Condorelli Francaviglia 


Il Dott. Anzalone m’inviava nel mese di dicembre del- 
l’anno scorso, per mezzo dello studente di medicina si- 
gnor Aguglia, una boccetta contenente dei parassiti in 
alcool, espulsi, col vomito, da una giovinetta di Castro- 
giovanni dell’età di anni 16. La ragazza da qualche tempo 
digeriva con difficoltà, provava quasi sempre un senso di 
pesantezza all’epigastrio, e spesso soffriva di vere coliche 
gastralgiche, accompagnate da vomiturazioni e da vomiti. 
In una di queste crisi, e precisamente nell'ultima, la gio- 
vine donna espulse, col vomito, insieme a liquido bian- 
chiccio, semitrasparente e viscido, numerosi parassiti, che 
riferisco a due specie di vermi, Hymenolepis diminuta 
(Rud.) e Ascaris lumbricoides (L.) e a una larva di dittero, 
Calliphora vomitoria (L.). 

I. —- L'espulsione dell’Ascaris lumbricoides, per la via 
della bocca e durante i conati di vomito, è un fatto co- 


64 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


mune ed ovvio, che non meriterebbe di essere accennato, 
se esso nematode, nel caso in esame, non facesse compa- 
gnia a due altri parassiti, che hanno speciale importanza, 
poichè molto raramente si rinvengono nell'uomo. 

(zxli ascaridi da me osservati sono due, un maschio ed 
una femina, semidigeriti e ridotti in brandelli, cosicchè di 
essi non vi sono che gli avanzi, rappresentati da lembi 
più o meno estesi della parete del corpo, formata dalla 
spessa cuticola e dalla sottostante tunica muscolare, da 
diversi tratti del tubo digerente e da un piccolo gomitolo, 
fatto da filamenti lunghi ed alquanto intrecciati fra loro, 
dei quali taluni sono dello spessore di un pelo di coda 
equiua, altri di diametro maggiore : negli uni all’osserva- 
zione microscopica ho constatato la struttura del testicolo, 
negli altri quella dell’ovaia. 

Essi Ascaridi, evidentemente, prima dell’ espulsione 
avevano soggiornato alquanto nello stomaco e in parte su- 
bìto l’azione digestiva del succo gastrico. 

II. — Hymenolepis diminuta (Rud.). — Di questo ce- 
stode, che va pure coi nomi di Taenia diminuta Rud., 
T. leptocephala Crepl., T. flavo-punctata Weinld., T. mi- 
nima (Grassi (1), ho rinvenuto numero 6 individui com- 
pleti, più tre frammenti riferentisi alla porzione anteriore 


(1) Non credo opportuno, fra la sinonimia di questo cestode, inclu- 
dere il nome di Taenia varesina E. Parona, come vorrebbe il Braun 
(I parassiti animali dell’uomo, traduz. Dott. T. Crevatin, Milano, pag.202), 
in quanto che il Parona, come risulta dal testo del suo interessante la- 
voro non intese farne una nuova specie: « Riflettendo... all’analisi di al- 
« cuni caratteri, che mi sembrano i più significativi, per la Taenia 
« flavo-punctata e la tenia che ho qui descritta, reputai più ragionevol- 
« mente chiamare la medesima una probabile Taenia favo-punctata, an- 
« zichè creare un nome nuovo per essa, ed accrescere ancora di una le 
« numerosissime specie delle tenie ». (E. Parona — Di un caso di 
Taenia flavo-punctata (?) riscontrata in una bambina di Varese; in: 
giornale della R. Accademia di Medicina di Torino, febbraio 1884). 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 65 


e posteriore dello strobila. La lunghezza degli esemplari 
intieri oscilla da un minimo di cm. 11 ad un massimo 
di cm. 17; quella dei frammenti è rispettivamente di 
cm. 4-6-7. 

La testa è piccolissima, claviforme, con diametro tra- 
sversale (mm. (),350) maggiore di quello longitudinale 
(mm. 0,270), troncata in avanti, ove porta un infossamento 
centrale a forma d’intundibulo, che accoglie un rudimento 
di rostro piriforme ed inerme, In due esemplari questo 
piccolo rostro l'ho visto appena protratto. Le ventose, pic- 
cole e profonde, sono vicinissime alla sommità della testa. 

Senza limite alcuno di demarcazione lo scolice si continua 
con il collo filiforme, lungo mm. 3,3 e spesso mm. 0,220, 
uniformemente liscio ed indiviso. 

Le prime proglottidi sono assai corte e appena distinte, 
quelle, che vengono subito dopo, nettamente separate l'una 
dall’altra, sono larghe mm. 0.54 e lunghe mm. 0.112, a 
margini laterali regolarmente arcuati con convessità esterna; 
le seguenti si fanno sempre più lunghe ed in proporzione 
meno ampie, con un margine posteriore che oltrepassa i 
limiti di quello anteriore, per cui esse assumono la forma 
trapezoidale: la lunghezza delle proglottidi in prosieguo 
aumenta progressivamente sino alla estremità posteriore 
della catena ove si fanno rettangolari, poco più larghe 
(mm. 2.50), che lunghe (mm. 1,90); le ultime due proglot- 
tidi, negli individui veramente completi, sono maggior- 
mente sviluppate nel senso della lunghezza, sopratutto 
l’ultima, ch'è di forma ovale, molto depressa, priva di 
uova, lunga mm. 2.38 e larga mm. 0.62. Secondo Railliet (1), 


(1) A. RA1LLIET - Yraité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris, 
1895, pag. 269. 


Bolltett. detta Soc. Zool. Italiana, — Auno XVI, 1988. Fasc. I e II. Da 


66 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


Braun (1), Perroncito (2), Moniez (3) ed altri la lunghezza 
delle ultime proglottidi mature non supererebbe mai l’am- 
piezza delle medesime, ma sarebbe di gran lunga inferiore 
(lungh. mm. 0.66-mm. 1, largh. mm. 2-mm, 3.9): secondo 
E. Parona (4) si avvicinerebbe alguanto (lungh. mm. 3, lar- 
ghezza mm. 4); secondo la mia osservazione invece la supe- 
rerebbe (lungh. mm. 3.62, largh. mm. 2.38). La ragione delle 
diversità delle misure da me trovate, credo sia questa, che 
gli altri autori riferiscano le loro misure a tenie dal cui 
strobila si erano distaccate le ultime proglottidi. Difatti anche 
io in 5 dei 6 esemplari completi ho trovato le proglottidi 
terminali ripiene di uova e sempre più larghe che lunghe, 
mentre nel sesto individuo rinvenni le due ultime pro- 
glottidi vuote, depresse e con lunghezza maggiore della 
larghezza. Dal quale reperto si deve inferire che quest’ul- 
time ordinariamente si distaccano prima di svuotarsi, ma 
talvolta prima si svuotano, assottigliandosi ed allungandosi 
per tale fatto, e poscia, dopo qualche tempo, si separano. 

L'apparecchio genitale maschile comprende general- 
mente 3 testicoli (raramente 2, più raramente 4) roton- 
deggianti, situati 2 a destra ed 1 a sinistra o viceversa, 
provveduti ciascuno di un proprio canale efferente; questi 
tre piccoli canali presso la faccia dorsale di ciascuna pro- 
glottide si riuniscono sulla linea mediana, formando un 
canale più ampio, canale deferente, che in direzione tra- 


(1) M. BRAUN - / parassiti animali dell’uomo, Milano, edit. Val- 
lardi, pag 202. 

(2) E. PERRONCITO - / parassiti dell’uomo e degli animali utili, Milano, 
edit. F. Vallardi, pag. 294. 

(3) R. MonI=Z- Traité de parasitologie animale et végétale, Paris, 1899 
pag. 247,-240. 

(4) E. PARONA - Di un caso di Taenia flavopunetata (?), riscontrato 
in una bambina di Varese, in: Giornale della R. Accademia di Medicina 
di Torino, febbraio 1884. 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 67 


sversale si porta verso il margine sinistro della proglot- 
tide, ove si dilata in una vescicola seminale piriforme. 

L’apparecchio genitale femminile consta di due ovaie. 
laterali o germigeni, situate a destra e a sinistra dell’asse 
mediano, e di una ghiandola vitellogena, impari e lobata, 
posta nel mezzo ed alquanto posteriormente: esse ghian- 
dole sono in rapporto con appositi organi, quali il germi- 
dotto, il vitellodutto: e la vagina, la quale sbocca pure a 
sinistra accanto e al disotto dell’orificio maschile. 

I pori genitali sono piccolissimi. e tutti situati dal 
medesimo lato del corpo, a sinistra: soltanto per anomalia 
ho notato una serie di anelli con pori sessuali situati al 
lato opposto, cioè a destra. 

L’uovo è piccolo, rotondeggiante o leggermente ovale 
(mm. 0.65. x mm. 0,70) con guscio a quadruplo involucro, 
dei quali l'esterno è giallastro e sottilmente striato nel 
senso dello spessore, i due medî sono incolori e saldati fra 
di loro, l’ interno è anch'esso incolore e termina a punta 
ai due estremi, ove esistono due mammelloni polari. L’on- 
cosfera è ellittica e misura ». 34 di lunghezza per wu. 26 
di larghezza, gli uncini, piccolissimi, sono lunghi appena 10 u. 

Dei 6 individui di Hymenolepis diminuta, espulsi col 
vomito da quella giovane donna di Castrogiovanni, il più 
sviluppato è lungo, come sopra ho detto, em, 17, cioè 
nemmeno .raggiunge la lunghezza minima di 20 em. che 
diversi autori attribuiscono a questa tenia, quando pro- 
viene dall’ intestino dei suoi ospiti naturali, quali sono il 
topo delle chiaviche (Mus decumanus), il ratto (Mus rattns, 
e diverse specie di topolini (Mus musculus e Mus alexan- 
drinus). Ma il Grassi (1) afferma l’esistenza di individui 


(1) G. B. Grassi — Taenia flavopunctata Wein. — 'aenia leptoce- 
phala Creplin. — Taenia diminuta Rud., in: Atti della /. Accademia 
delle Scienze di Torino, Vol. XXIII, 1887-88, pag. 492. 


68 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


maturi di questa specie di tenia con minore lunghezza, e 
dice che quando essi « sono lunghi 12-15-20 centimetri 
“ possono avere già numerose proglottidi con uova mature ». 
In nessun caso però gli esemplari di H. diminuta, finora rin- 
venuti nell'uomo, hanno raggiunto o si sono avvicinati a 
quella massima degli individui, che si rinvengono nei loro 
ospiti naturali (Roditori). Il Grassi, che ha avuto a sua 
disposizione due individui, di cui uno completo ed uno 
mancante di testa, li ha trovati lunghi rispettivamente 30 
e 35 centimetri; io, in un individuo completissimo prov- 
visto delle due ultime proglottidi, che già si erano svuo- 
tate dagli ovuli, senza che ancora si fossero distaccate 
dallo strobila, ho constatato la lunghezza massima di 
17 centimetri. Da ciò è lecito dedurre che | H. diminuta pas- 
sando nell'uomo, suo ospite accidentale, si sviluppa meno, 
e non vi raggiunge la sua ordinaria lunghezza. 

Il parassitismo nell'uomo da H. diminuta, se non è 
un fatto rarissimo, nemmeno si può considerarlo frequente. 
Il Weinland (1) nel 1861 descrisse, per il primo, questo 
cestode sull'esame di 6 esemplari senza testa espulsi in 
America da un bambino di 19 mesi e raccolti dal Dottor 
Ezra Palmer, che li depositò al Museo di Boston. L'autore im- 
pose il nome di Taenia flavopunctata a causa d'una macchia 
gialla, che gli anelli portavano lateralmente. Il bambino, 
che ospitava il parassita, era di buona salute. 

Seconda osservazione è quella del Leidy (2), che nel 1884 
descrisse la T. flavopunctata in seguito a studio fatto sopra 
dodici frammenti riferentisi a tre diversi esemplari, espulsi, 


——————+— _—_—_—_—____—& 


(1) D. F. WEINLAND — An essay of tapeworms of inan. Cambridge. 
U. G. 1858. 

(2) J. LEIDY - Occurence of a rare human Tapeworm (Taenia flavo- 
punctata); in Amer, Journal of med. sc. (2) LXXXVIII, 1884, pag. 110. 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 69 


a Filadelfia, da un fanciullo di 3 anni, dopo la sommini- 
strazione della santonina. 

. Nello stesso anno il dott. E. Parona (1) descrisse il 
caso di una bambina di 2 anni, nata a Varese in Lom- 
bardia, da qualche tempo scaduta dalla abituale salute e 
gaiezza, che espelleva di quando in quando colle fecce dei 
nastrini bianchi. In seguito a somministrazione di estratto 
etereo di felce maschio. furono espulsi 4 esemplari di una 
tenia, lunghi dai 12 ai 20 centimetri, con testa cuboide e 
provvista di uncini, e con proglottidi mature piene di 
uova, esemplari ch'egli riferi con probabilità alla specie 
Taenia flavopunctata. La bambina, dopo l'espulsione del 
parassita, si riebbe man mano in salute, e tornò vispa e 
risanata agli usati trastulli. 

Il Grassi (2) nel 1887 ammise l'identità della tenia rin- 
venuta e descritta da E. Parona colla7. leptocephala o T. di- 
minuta dei Muridi, e l’anno successivo (3) confermò questa 
sua opinione personale mediante lo studio diretto di due 
esemplari, l'uno con testa, l’altro senza, espulsi in Catania 
insieme con una 7. solium, e in seguito all'uso di un an- 
telmintico, da una ragazza dodicenne. La sintomatologia, 
a dire dell'autore, non aveva presentato nulla di speciale, 
e le tenie espulse erano lunghe l'una 30, VPaltra 25 cen- 
timetri. 

Il Railliet (4) nel 1892 descrisse due esemplari di 7. 


(1) E. Parona - Lav. cit. 

(2) B. GRASSI - Bestimmung der vier von dott. E. Parona in einen 
kleinen Miidchen aus Varese (Lombardei) gefundenen Taenien (T. flavo- 
punctata?); in: Centralbl. f. Bacteriol. u. Parasitenkunde. Bd. 1, N. 9, pa- 
gine 257-259, 1887. 

(3) B. GRASSI - Lav. cit. poco sopra. 

(4) A. RAILLIET - Un cas très ancien de Yaenia (Hymenolepis) di- 
minuta chez l’Homme; in: Comptes rendus Soc. de Biologie (9), IV, 
p. 994. 1892. 


70 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA 


diminuta, provenienti dall'uomo e da lui studiati insieme 
con Zschokke (6). Essi erano stati raccolti da Chabert verso 
il 1810, e depositati nella Collezione Elmintologica di Alfort. 

Altri casi più recenti, riguardanti il rinvenimento di 
‘ questo verme parassita nell'uomo, sono quelli di Lutz (1) 
nel 1894 in un fanciullo di S. Paulo del Brasile, di Ma- 
galahes (2) nel 1896 pure nell’America meridionale, di Son- 
sino (3), che nel 1896 l’osservò in un bambino di Pisa, il 
quale l’'espulse in seguito a somministrazione di uno sci- 
roppo di seme santo; e più recentemente ancora, nel 1900, 
dal Pachard (4) nell'America settentrionale e dal dottor 
E. Privitera (5) in provincia di Catania. Questi, in due la- 
voranti della zolfara di Muglie in Centuripe, e precisa- 
mente in un ragazzo di 11 anni e in un giovine di anni 26, 
rinvenne nelle fecce le uova caratteristiche dell’H. dimi- 
nuta, ma malauguratamente non gli fu possibile, in nes- 
suno dei due casi, osservare e conservare la tenia, che 
dava le uova. L'autore la giudica rarissima nell'uomo, e 
difatti in più centinaia di minatori, di cui ebbe occasione 
esaminare le fecce, mentre rinvenne quasi sempre le uova 
dei comuni elminti intestinali e dell’Anchilostoma, non 
constatò mai più la presenza della H. diminulta. 


(6) F. ZscHoKKE - Seltene Parasiten des Menschen; in Central. f.. 
Bakt: u. Parasiten. ecc., t. XII, 1892, p. 497. 

(1) A. LouTz - Beobacht. ib. die als F. nana u flavo- punctata 
bekannten Bandwiirrmer des Menschen; in: Centralb! f. Bakt. u. Para- 
sttenk., t. XVI, 1894, p. 61 

(2) P. G. MAGALAHES -. De Eingweit. Fal. v. Hym. dimin. ala 
menschì. Paras. in Brasil beod; in: ibid. (1) XX, 1896, p. 673. 

(3) P. Sonsino - Sui parassiti dell’uomo con un nuovo caso di F. 
flavopunctata; in: Centralbl f. Bakt. u. Parasitenk., t. XIX, 1896, p. 937. 

(4) F. A. PacgBHaRD - T. flavop, with descr. of a new specim; in 
Journ. am. med. ass. XXXV, 1900, p. 1551. 

(5) G. PkivitERA - Due casi probabili di Taenia leptocephala nei mi- 
natori delle zolfare; in: Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia 
di Scienze naturali in Catania, Fase. 63, 1900, p. 9. 


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HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 71 


Finora adunque si conoscono 10 casi bene accertati 
di parassitismo nell'uomo da H. diminnta; e il mio, ch'è 
oggetto del presente lavoro, costituisce l’undecimo. Comu- 
nissimo invece n'è il rinvenimento nella famiglia Muridae, 
e precisamente nella specie: Mus decumanus, i quali se-. 
zondo le ricerche di Grassi e Rovelli (1), si infettano man- 
giando il cisticercoide, che si sviluppa tanto nella larva, 
quanto nell’insetto perfetto di quella piccola farfalla della 
farina, chiamata col nome di Anisopia farinalis, non che 
in un Ortottero (Anzsolabis annulipes) e in taluni coleotteri 
(Akìs spinosa e Scaurus striatts). 

Similmente avviene l'infezione nell'uomo per opera 
del cisticercoide, alla cui diffusione provvede in modo 
speciale, per ragioni ovvie, su cui non occorre insistere, 
l’Anisopia farinalis, che con grandissima frequenza si rin- 
viene nella farina. 

I bambini e i fanciulli si infettano più facilmente 
degli adulti per la tendenza, naturale alla loro età, di 
imbrattarsi le mani di qualunque sostanza, che loro capiti, 
e portarle alla bocca. 

Può la presenza dell’H. diminuta riuscire innocua 
all'individuo ospite; può invece provocare dei disturbi da 
parte dell’apparecchio digerente, come enteralgia, dispepsia, 
catarro intestinale e consecutivo depauperamento organico. 

La diagnosi può farsi o coll’esame diretto dei fram- 
menti, che vengono espulsi colle fecce, dall’individuo che 


(1) Grassi 5. e RoveLLI G - Ciclo evolutivo della F. leptocephala, 
Catania, 1888, Ed. Tropea. 


» » - Intorno allo sviluppo dei Cestodi; in 
Atti della KR. Accademia dei Lincei, 4, t. IV, 1888, p. 700. 
> » - Ricerche ambriologiche sui Cestodi, con 


4 tavole; in: Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania, 
Ser. IV, Vol. IV, Anno LXVILI, 1891-92. 


72 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


ospita la tenia, oppure mediante constatazione delle uova 
nelle fecce medesime. 

Meglio di ogni altro antelmintico corrisponde l'estratto 
‘etereo di felce maschio, somministrato in dosi proporzio- 
nate all’età e sempre a digiuno, 12 ore dopo avere preso 
un purgante oleoso. 

III. Calliphora vomitoria (L.). Di questo insetto, appar- 
tenente all'ordine Diptera, famiglia Muscidae, sottofamiglia 
Muscinae, genere Calliphora, ho rinvenuto n. 106 esemplar 
allo stato larvale, taluni di colore bianco-cereo. altri 
bianco-giallastro. La larva ha corpo cilindro-conico, forma 
di piccolo chiodo senza capocchia, con estremità anteriorei 
assottigliata e posteriore alquanto più robusta. È apoda, 
lunga da 10 a 12 millimetri, spessa in avanti mm. 1.87, 
indietro mm. 0.51, in mezzo mm. 1.53: non è rettilinea, 
ma un poco flessuosa, presentando nel senso dorso-ven- 
trale, una doppia curvatura, anteriore l’una con convessità 
dorsale, posteriore l’altra con convessità ventrale, che le 
danno la forma di una S italica molto aperta. 

La testa è provvista di due sporgenze coniche, tuber- 
coli antennali, che formano come due cornetti; e la bocca 
è armata di due uncini cornei mandibolari, fra cui si 
nota una piccola punta a forma di linguetta. Il secondo 
anello porta lateralmente gli stimmi anteriori, che sono 
due e di forma circolare. La parte posteriore del corpo è 
obbliquamente tronca dal dorso al ventre e davanti in- 
dietro. La faccia posteriore dell'ultimo anello è circondata 
da 12 punte carnose disposte radialmente, e porta nei 
centro, l'una accanto l’altra, e disposte in direzione tra- 
sversale, due piccole piastrine chitinose e rotondeggianti, in 
cui, uno per parte, sono scolpiti gli stimmi. Ciascuno di 
quesiti è formato da tre piccole fessure disposte a raggiera 


ossia a ventaglio. 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 73 


La femmina della Calliphora vomitoria, chiamata in 
Francia col nome di Mouche bleue de la viande, depone le 
sue uova sulla carne, sulle vivande in genere, sui cada- 
veri di individui, anche umani, morti assai di recente: e: 
in mancanza di tutto ciò, li deposita anche sulle vivande 
poco salate o mal conservate e sui cadaveri a putrefazione 
gia iniziata: carattere biologico quest’ultimo, al quale il 
Mégnin attribuisce una grande importanza nelle ricerche 
ta patologiche per stabilire approssimativamente il tempo 
n cui è avvenuta la morte. Ed egli difatti, nel suo impor- 
tante libro su La Faune des cadavres (1), colloca la C. vo: 
mitoria, insieme con altre specie dei generi Musca e Cur- 
toneura + nella prima squadra dei lavoratori della morte u 
che compren de esclusivamente gl’insettì, che attaccano 
cadaveri freschi e i soli, di cui si trovano abbondante- 
mente le pupe vive nelle casse mortuorie dei cadaveri 
inumati nel tempo della stagione estiva. Ogni femmina de- 
pone, in più minuti, sino a 200 uova, da cui in 24 ore 
circa, schiudono piccole larve, che rapidamente ingrossano 
e divorano la carne, nel mentre che ne affrettano la cor- 
ruzione. Nel mezzo dell’està in 8 o 12 giorni al massimo, 
qneste larve raggiungono il massimo sviluppo, trasforman- 
dosi in pupe di colore bruno o di forma cilindro-sferica, 
le quali in una quindicina di giorni completano le meta- 
morfosi, passando allo stato di insetto perfetto. 

Numerose sono le specie di ditteri, che possono rin - 
venirsi in vita parassitaria dell’uomo, e tutti, meno le 
Sarcophaga penetrans, allo stato larvale. Ve ne hanno di 
quelle, che si riscontrano nel tessuto connettivo sottocu- 
taneo, e non producono guasti al di là del punto in cui si 


e rn 


(1) MEGNIN P. —— La Faune des cadavres. Application de l'Entomo- 
logie à la Médecine lègale. Paris, pag. 29-32. 


7A M, CONDORELLI FPRANCAVIGLIA 


sviluppano, come sono gli Estridi. Ve ne sono altre, Calli- 
phora vomitoria, Sarcophaga carnaria, ecc., ehe penetrano nei 


tessuti profondi, nelle masse muscolari, che divorano, tanto. 


che agli antichi tiranni servirono come strumento di atroce 


e raffinato supplizio. I re di Persia, secondo il racconto 


di Plutarco, condannavano i grandi delinquenti ad essere 


divorati dalle mosche, legandoli fra due bastoni e ungendo: 
la faccia di miele, allo scopo di attirare gl’insetti : e vuolsi 


che Mitidrate, condannato a questo genere di tortura, sia 
vissuto 24 giorni fra gli spasimi più atroci. 


La letteratura medica registra recenti casi di questo 
genere di morte; e due di essi, che riferisce il Moniez (1), 


sono stati descritti da Ruillin e da Cloquet. Il primo ri- 
guarda un mendicante di Lincolnshirae, il quale si ad- 


dormì per la strada dopo di avere deposto nello sparato 


della camicia un pezzo di carne: le larve di mosca, svi- 
luppatesi dalle uova depostevi, attraversarono la pelle, e 
invasero i muscoli, producendo tali guasti da provocare 
la morte, malgrado le cure somministrategli in uno spedale. 
Il secondo caso, anch’esso molto intesessante, concerne un 
beone che, caduto in un fosso a Parigi, e trasportato allo 
spedale, grondante larve da tutta la superficie del corpo, 


dalle cavità nasali, dagli occhi, dalle orecchie, finì per mo- 


rire divorato dalle medesime. — Il prof. Carruccio nelle 
sue lezioni suol ricordare esattamente un caso da lui os- 
servato nell’Ospedale di Cagliari quando, appena laureato 
funzionava da assistente, caso riguardante un contadino 


colpito da febbre malarica perniciosa, il quale era stato 


dal conduttore del carro, su cui lo si trasportava all’O- 


spedale, deposto sul terreno, all’ombra di un albero. E. 


(1) R - Monisz. — Op. cit., pag. 589. 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 7a 


= 


pare che avendo il paziente una gamba scoperta e piagata, 
su questa alcune mosche rapidamente deponessero molte 
uova. Quando l’infelice giunse a Cagliari e fu ricoverato 
nell’Ospedale, il Carruccio trovò copiose larve disseminate 
su quella gamba, e riuscì a guarirlo, oltre che della febbre, 
anche della vasta ulcerazione locale. 

Alcune specie di larve finalmente si rinvengono nelle 
cavità naturali comunicanti coll’ambiente esterno, con- 
dotto auditivo esterno, narici, tubo digerente, eci ove 
provocano svariati disturbi. La myiasis del tubo digestivo, 
comunissima negli animali per numerose specie nel genere 
Gastrophilus, fu da principio messa in dubbio per l’uomo, 
e Davaine dichiarava che tutti i fatti, segnalati da vari 


‘autori, dovevano considerarsi quali errori di osservazione. 


Contrariamente a ciò, riteniamo invece non esservi dub- 
bio alcuno che diverse larve di ditteri, introdotte acciden- 


talmente nel tubo digestivo umano, possano vivervi qual- 


che tempo, e anche compiervi una parte del loro ciclo 
evolutivo senz essere digerite ; tali sono secondo Moniez (1), 
le specie qui sotto elencate: Piophila casei, Drosophila 
melanogaster, Anthomia incisurata, A. canicularis, A. sca- 
laris, Hydrothaea meteorica, Cyrtoneura stabulans, Pollenia 
rudis, Calliphora erythrocephala, C. vomitoria, Lucilia cae- 
sar, Sarcophaga haemorroidalis, S. haematodes, Eristalis 
arbustorum, E. tenax, E. dimidiatus, Teichomyza fusca, Tri- 
neura rufipes, Musca domestica, Culex pipiens, Simulia (sp. ?) 
Senza tener conto dei casi di myiasis nasale, provocati 
da altre specie di ditteri, come ad es. dalla Calliphora . 
limensis, che l’Aguirre (2) rinvenne, a Santiago nel Chili, 


(1) R - Monizz. — Op, cit., pag. 604-610. 
(2) F. AGuIRRE: Larvas de la Calliphora limensis en la fusas nasales,. 
Santiago de Chile, in 8° de 18 p., 1885. 


76 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA 


nelle fosse nasali di un individuo, ove aveva provocato 
dei terribili guasti, ricordo l'osservazione di Mankiewicz (1), 
riferentesi al rinvenimento di numerose larve di C. vomi- 


toria nelle cavità nasali di un ragazzo di 9 anni. Il Moniez (2), 


sul proposito, riferisce due più recenti casi di myzusis nasale, 
descritti da Hugo Summa: l'uno determinato dalla Call 
phora vomitoria, Valtro dalla Sarcophaga carnaria. Secondo 
R. Blanchard (3), tali larve sogliono a preferenza svilup- 
parsi negli individui affetti d’ozena o di alito puzzolente. 
ed è quindi probabile che la femmina dell’insetto perfetto 
sia attratta dal cattivo odore a depositare in quelle cavità 
le uova. 

I casi di myiasis del tubo digerente, che più c’interes- 
sano per l'oggetto del presente lavoro, sono quelli dovuti 
a larve del genere Calliphora. Il Moniez (4), su tale argo- 
mento, riferisce due osservazioni, luna di Joseph e l’altra 
di Krause. Joseph osservò un caso di myiasis gastrica pro- 
dotta dalla Calliphora erythrocephala in persona di un 
viaggiatore di commercio, in cui dei gravi disturbi dige- 
renti, gastralgia e vomito, si manifestarono dopo avere 
mangiato una cotoletta fredda di vitella. L'espulsione di 
100 larve, provocata mediante lavaggio dello stomaco, posero 
fine ai suaccennati accidenti. Krause nel 1886 segnalò un 
caso di myiasis intestinale in un individuo, che si ammalò 
subitamente con sintomi d’angoscia, oppressione e un vero 
accesso di epilessia riflessa. In seguito a somministrazione 
di un purgante salino, furono espulse colle fecce diverse 


(1) MANKIEwICcz: Ueber das Vorkommen von Fliegenlarven in der 
Nasehnohle, in: Virchow’s Archiv, XALIV, p. 375, 1861. 

(2) R. MonInz : Op. cit. nota a pag. 089. 

(3) R. BRANCHARD : Op. oit,, pag. 502. 

(4) R. Monrez: Op. cit., pag. 607, 608 e GIO. 


serata Ii PERE 


HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD,) TL 


migliaia di larve, che Leuckart riferì alla Calliphora vomi- 
toria e all’Anthomya canicularis. 

Infine ricordo altro caso di myiasis intestinale da 
Calliphora vomitoria, che R. Blanchard attribuisce, secondo 
citazione di Hope, a Thompson. Le larve sarebbero state 
espulse spontaneamente colle deieziont. 

Segue in ultimo questa mia osservazione, la quale 
rappresenta il terzo caso di myiasis del tubo digerente da 
C. vomiloria, e il primo sicuramente constatato in Italia. 

La myiasis del tubo digerente è un’affezione che ha 
la sua importanza, in quanto che provoca nell’ ospite 
disturbi diversi e di diversa entità. Quando le larve si 
fermano nello stomaco, producono costantemente nausea 
e vomito più o meno intenso, accompagnato, non sempre, 
da espulsione di esse, che con difficoltà si distaccano dalla 
mucosa, cui si fissano. l'alvolta il vomito è leggermente 
striato di sangue che a gocce, vien fuori dalle piccole ero- 
sioni causate dalla puntura degli uncini boccali; le crisi 
gastralgiche non mancano mai, ed esse sono dovute a 
lesione delle terminazioni nervose della mucosa per opera 
degli uncini medesimi. A ciò si aggiunga la inevitabile 
dispepsia, e, ove la permanenza del parassita si prolunghi, 
un catarro gastrico vero e proprio. 

Se la sede delle larve è l’intestino, la sintomatologia 
sarà rappresentata da coliche intestinali e da diarrea con 
presenza nelle fecce di larve in numero variabile. Possono 
anche aversi, come osservò Krause in un individuo affetto 
da myiasis intestinale da Calliphora vomitaria e Anthomya 
canicularis, gravi accidenti nervosi riflessi, quali un senso 
di angoscia e di oppressione generale e dei veri accessi di 
epilessia. 

È difficile la diagnosi, meno che non si abbia il 
sospetto della ingestione di carne o di vivande fredde coù 


78 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA 


deposizione di uova o di larve di ditteri, e nel vomito o 
nelle fecce non si rinvenga qualche larva, la cui presenza 
toglie ogni dubbio sulla natura della malattia. 
La cura è abbastanza semplice : nella myiasis gastrica, 
secondo Moniez, basta praticare il lavaggio dello stomaco, 
previa somministrazione di naftalina medicinale purissima, 
alla dose di 2-4 grammi al giorno in cartine di 0.50-1 gr., 
secondo l’età, una ogni due ore. A mio modo di vedere 
il medicinale agisce meglio a digiuno e senza contempo- 
raneo uso di bevande, perchè ne sia prolungato il più 
possibile la sua permanenza nello stomaco e il contatto 
coi parassiti. Il lavaggio, somministrato quattro ore dopo 
l’ultima cartina, serve a portare allo esterno le larve asso- 
pite od uccise. 
Per rimuovere le larve dallo intestino, basterebbe, 
secondo Krause, prendere un purgante salino; ma io credo 
sia necessario, per agevolare il distacco delle larve, l’uso delle 
sopradette polveri larvicide. Dividerei la cura in tre tempi: 
1° Dieta liquida il giorno precedente a quello della 
somministrazione del medicinale per non ingombrare mag- 
giormente l'intestino; e purgante eleoso la sera per libe- 
rarlo dal contenuto fecale: 
2° Somministrazione, nelle prime ore del mattino 
del giorno seguente, della naftalina, nella dose comples- 
siva di 2-4 grammi, secondo l’età, e in cartine di 0.50-1 gr., 
una ogni due ore; 
3° Altro purgante oleoso, da somministrarsi al terzo 
giorno, per agevolare l'espulsione delle larve. L’enteroclisma 
non può dare buoni risultati, pel motivo che il liquido 
non può essere spinto nella porzione superiore dell'intestino. 


Catania, giugno 1907. 


(TOSSE 
>z e 


Su alcune importanti catture di lepidotteri 


Comunicazione fatta dal socie consigliere comm. FORTUNATO ROSTAGNG 


Comunico il risultato delle nuove ricerche fatte nella 
Campagna romana e precisamente in Oricola (m. 900) sul 
confine sud-est della provincia di Roma ai primi giorni di 
giugno. Oltre a copioso materiale di Heteroceri, del quale 
darò notizia dopo averlo studiato con più cura, credo in- 
tanto far cenno di alcune catture che rivestono, a mio pa- 
rere, maggiore importanza. 

Pieris ergane H. G. Un altro maschio ed una femmina 
ciò conferma la generazione primaverile dell’Ergane ita- 
liano. Il 3° però è come quelli catturati negli anni prece- 
denti senza macchia centrale nelle ali superiori e già de- 
scritto sotto la denominazione di Var. Semimaculata Rost. 
Da questi risultati può conchiudersi 1° che l’Ergane ha in 
Italia due generazioni; 2° che la prima generazione è molto 
scarsa essendo rarissimi, gli esemplari raccolti mentre la 
seconda è abbondante: 3° che con tutta probabilità questa 
forma aberrante dal g° sostituisce nella generazione pri- 
maverile quella tipica, della quale non ho mai trovato al- 
cun esemplare in primavera. 

Lycaena minimus Fuessl. Finora non data per la cam- 
pagna romana - catturati tre esemplari - non comune. 

Arctia casta Esp. Non data dallo Standinger per l'Italia, 
data come rara dal Berce per la Francia meridionale. Ne 
ho raccolti una quarantina di esemplari in tre sere, fra 
cui più rara la forma tipica, più comune l’ab. mediodivisa 


$0 FORTUNATO ROSTAGNO 


Sp. Ho pure trovato qualche esemplare in cui le fascie 


centrale e basilare delle ali superiori sono ridotte a sem- 


plici punti, e quella marginale ridotta a minime propor- 
zioni, suddivisa in due linee di cui la seconda verso l’ in- 
terno pure interrotta a metà. Sono esemplari interessan- 
tissimi, e sui quali mi riservo di fare ulteriori osservazioni, 
potendo forse quest'ultima forma essere considerata come 
una nuova ab. alla quale in caso assegnerei il nome di 
bimediodivisa. 

Haemerosia renalis Hb. Finora non data per l’Italia: 
ne ho raccolto un freschissimo esemplare nell’agosto scorso. 
Mi riservo di fare accurate ricerche - per ora posso darla 
come rarissima per la fauna romana sebbene nelle caccie 
estive abbia potuto catturarne qualche altro esemplare. 


hec-.è 


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O IE O EROE E E TIE n _tC____ cc —_—_ 


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ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA 


diretta dal Prot. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


DYPILIDIUM CANINUM L. 


espulso in Catania da una bambina di due mesi di età. 


Nota di Zoologia Medica 
pel prof. Mario Condorelli Francaviglia 
Comunicazione alta SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma 


Una bambina di due mesi d'età, da Catania, prima 
sana e ben nutrita, aveva perduto da parecchi giorni la sua 
naturale vivacità e gaiezza: si mostrava irrequieta, e pian- 
geva di frequente, dando segni manifesti di colica inte- 
stinale. 

Il dottore De Gaetani, chiamato durante una delle crisi 
di dolore, per la cura della piccola inferma, le sommini- 
strò un leggero purgante, in seguito al quale la bambina 
espulse, insieme colle fecce, un verme, che, nel mese di 
luglio del 1906, mi fu inviato per l'esame. 

Dalla madre fu fatta diligente rieerca sul pannolino, 
sul quale non si rinvenne che l’unico e solo esemplare, 
che è argomento della presente nota. 

La bambina stette bene, e non ebbe più disturbo al- 
cuno (1). 

(1) Tali sommarie notizie storiche mi furono comunicate dal 
Sig. G. Pavoni, studente di Medicina, giovane volenteroso e studio- 
sissimo, il quale, nel momento in cui gli fu consegnato il parassita, 


le apprese dal dott. De Gaetani. Sarebbe desiderabile che questi pub- 
blicasse una nota dal punto di vista clinico. 


Bollett. della Società Zoologica Italiana. — Anno XVI, Fasc. I e II. 0. 


82 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


À prima vista compresi subito trattarsi di un Cestode, 
appartenente alla famiglia Taeniidae, sottofamiglia Dypili- 
diinae, e precisamente alla specie Dypilidium caniniun (L.), 

Il verme, di colorito bianco-cereo, è lungo 23 centi- 
metri, largo nelle sue più ampie proglottidi, mm. 2.9; esso 
è incompleto, mancando di testa e di collo. Le prime pro- 
glottidi sono assai corte e inolto larghe ; in seguito gli anélli 
diventano trepezoidi e seghettati, cioè a dire con margine 
posteriore più sviluppato di quello anteriore e formante 
coi margini laterali due angoli acuti, alquanto pronunziati, 
simili a denti di sega. Fra il terzo, anteriore e il terzo 
medio dello strobila, le proglottidi assumono aspetto ro- 
tondeggiante, moniliforme; in seguito esse si allungano 
divenendo ovali, più giù si fanno molto più lunghe che 
larghe, sopratutto quelle dell'ultimo tratto, che raggiungono 
“la lunghezza di 7 mm. e l'ampiezza di mm. 2.5. Le pro- 
glottidi mature, alle estremità, in cui si articolano, sono 
considerevolmente ristrette e arrotondate, ed ivi congiunte 
come da un sottile e brevissimo peduncolo: cosicchè esse 
assumono la forma caratteristica di monili di rosario 
(Taenia moniliformis Pallas) o meglio di semi di cocomero 
(Taenia cucumerina Bloch). . 

I pori genitali sono due per ciascuna proglottide e 
simmetrici, situati verso il punto di mezzo dei margini 
laterali. Nelle proglottidi, completamente mature, si riscon- 
trano le capsule ovigere, di forma ellittica, contenenti-‘eta- 
scuna un numero di uova non superiore alla dozzina. Gli 
ovoli, che sono circondati da una sostanza finamente gra- 
nulosa di colore bianco tendente al giallo-rossastro, hanno 
forma ora globulosa ora ovoidale, e diametro variabile da 
40 a 48 «: il guscio embrionale è liscio e sottile: l’onco- 
sfera, anch'essa tondeggiante, è provvisia di sei piccoli un- 


cini appaiati in tre gruppi e lunghi in media 12 . ognuno. 


DYPILIDIUM CANINUM L. $5 


Il Dypilidium caninum è parassita comunissimo nel- 
l'intestino del cane, ove, secondo Krabbe, si rinviene nella 
proporzione del 48 per cento a Kopenhagen e del 61 per 
cento in Islanda, e, secondo R. Blanchard, del 75 per cento 
a Parigi. Il numero poi degli individui parassiti, che si rin- 
vengono in un solo ospite, varia da pochi sino a 2000, 
come risulta da osservazione riferita da R. Blanchard (1). 
Con minore frequenza si rinviene egualmente nell’intestino 
del gatto, ove di solito il verme raggiunge uno sviluppo 
minore che nel cane. Oltre che in questi carnivori dome- 
stici, se ne constata la presenza in alcuni selvatici, come 
nella volpe e nello sciacallo. 

Pure, ma raramente, il Dypilidium caninum è stato 
rinvenuto nell’intestino dell’uomo. Sul proposito, a dire di 
Braun (2), sono note, oltre la mia, 24 osservazioni. quasi 
tutte in bambini di pochi mesi d'età e in fanciulli, talvolta 
in giovinetti: un solo caso, riferito da Blanchard, riguarda 
un uomo adulto. 

Stimo inutile dare la bibliografia al completo, per la 


quale rimando il lettore alle opere di Leuckart, di R. Blan- 


chard, di Moniez, di Railliet, di Braun e di altri autori ; 


ricordo soltanto. che senza tener conto dell’osservazione 


dubbia di Eschricht, che avrebbe rinvenuto il Dypilidium 
caninum a Saint-Thomas nelle Antille, questo parassita era 
stato, prima d’ora, rinvenuto in varie località: dii. Saltz- 


mann a Esslingen, da Schmidt a Francoforte S. M., da Krabbe 


e da Friis in Danimarca, da Cobbold nella Scozia. da 


Schoch-Bolley a Zurigo, da Brandt e da Kriger nella Russia 


e infine da R. Blanchard in Francia. Quest'ultima osser- 


(1) R. BLancHARD. — Traité de Zoologie Médicale, Tom. I, Paris, 
1889, pag. 480. 
(2. M. Braun. — I parassiti animali dell’uomo. Milano, pag. 198. 


84 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA — 


vazione presenta un interesse particolare per il fatto che 
essa è l’unica e sola che si riferisce ad un ospite adulto: 
laddove le altre riguardano o bambini o fanciulli o gio- 
vanetti non superiori ai 13 anni. 

Reputo il caso, da me osservato, d’un certo interesse 
non per l’età dell'ospite (2 mesi), ma per la località, essendo, 
a mia conoscenza, questa la prima volta che in Italia il 
Dypilidium caninum si rinviene nell’intestino dell’uomo. 

Per comprendere il meccanismo, onde avviene l’infe- 
zione nell'uomo, bisogna ricordare che il cisticercoide del 
Dypilidium caninum si sviluppa, come dimostrarono per i 
primi Melnikow e Leuckart, nel pidocchio del cane (Trico- 
dectes cani) ed anche, secondo Grassi e Rovelli e Sonsino, 
nella pulce del cane (Pulex serraticeps) e nella pulce del- 
l’uomo (Putex irritans). Le proglottidi mature, che ven- 
gono eliminate colle fecce, spesso rimangono attaccate al 
pelame dei cani e dei gatti, che le addentano, le lace- 
rano, e ne distribuiscono i frammentini pieni d’uova ma- 
ture sulla pelle fra i peli. Ivi gli ovuli vengono ingeriti 
dagli insetti sopra citati, e nell'interno di essi si sviluppa 
il cisticercoide, che, finalmente, transmigrando nell’inte- 
stino dei cani e dei gatti solo o insieme col suo ospite 
transitorio, più o meno lacerato, vi raggiunge il completo 
sviluppo, trasformandosi in verme nastriforme. 

Similmente avviene l'infezione nell'uomo: « ... i cani, 
« leccando, possono trasmettere all'uomo i cisticercoidi, 
= che hanno sulle labbra o sulla lingua, e l’uomo stesso 
e può infettarsi direttamente trangugiando per caso cibi 
« inquinati di cisticercoidi dei pidocchi e delle pulci dei 
“cani e dei gatti » (1). 

La causa per cui i bambini si infettano più facil- 


(1) M. BRAUN. — Op. cit. pag. 199. 


DYPILIDIUM CANINUM LT. 859 


mente degli adulti, la troviamo in ciò, ehe i primi, per 
ragione della loro età, si lasciano più facilmente leccare 
la bocca e le mani dagli animali domestici: e, per abi- 
tuale istinto, portano continuamente alla bocca le mani 
poco o punto pulite e spesso inquinate. Deve pure tenersi 
in conto che il succo gastrico, nei bambini, ha potenza di- 
gestiva meno energica di quello degli adulti. e quindi è facile 
che i cisticercoidi attraversino impunemente lo stomaco. 

i disturbi provocati da questo parassita nel suo abi- 
tuale ospite, il cane, sono limitati all'apparato digerente, e 
consistono, secondo quanto asseriscono parecchi autori, 
in diarrea accompagnata spesso da espulsione di tenie, che 
possono anche eliminarsi da sole spontaneamente, qualche 
volta in enteralgie, spesso nella inappetenza e nel dimagra- 
mento continuo sino all’avvenimento della morte, segni d’un 
catarro intestinale. Questi accidenti gravi non sono però 
frequenti, che anzi l'ospite suole albergare il parassita nelle 
migliori condizioni di salute. Goze cita il caso di un cane 
affetto da Dypilidium caninum, che aveva cessato di abba- 
iare: Schiefferdecker riferisce il rinvenimento, nell’intestino 
gracile d'un cane, di un grandissimo numero di individui 
di questa tenia, che avevano scavato delle gallerie nella 
MUcosa. 

Stando alle osservazioni finora note nel campo della 
patologia umana, non si è attribuito alcun sintomo parti- 
colare o di qualche rilievo alla presenza: del Dypilidium 
caninum nell'intestino dell’uomo. Per parte mia però, in 
base a quanto ebbe a constatare l’egregio Dott. De Gaetani, 
debbo ammettere la possibilità di una enteralgia e, in ge- 
nerale, di disturbi gastro-intestinali sotto la dipendenza del 
parassita. Difatti la piccola paziente migliorò subito, dopo 
avvenuta l'espulsione del verme e riacquistò la primitiva 
sanità. 


86 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


Ritengo che, nei casi finora conosciuti, la mancanza 
completa o quasi di qualsiasi disturbo, debba attribuirsi 
allo scarso numero di individui (per lo più uno solo) della 
specie parassita albergati dall'uomo nel suo intestino ; ma 
sono pure d’avviso nel ritenere che. a somiglianza di quanto: 
avviene nel parassitismo da Hymenolepis nana, potrebbero 
aversi disturbi a carico dell'apparecchio digerente e acci- 
denti nervosi riflessi in casi di omopolielmintiasi da Dy- 
pilidium caninum, invasione parassitaria numericamente 
rara e di difficile riscontro nell'uomo, dato il meccanismo 
d’infezione di questa specie di cestode. 

Ho creduto inutile illustrare con figure questa breve 
nota, essendo il Dypilidium caninum specie, zoologicamente 
parlando, comunissima. In ogni modo rimando il lettore. 
che abbia vaghezza di vedere figurato il parassita, tanto 
nelle sue linee generali quanto in taluni dei dettagli, alle 
opere di Leuckart (1), di R. Blanchard (2), di Railliet (3), di 
Moniez (4), di Braun (5), ecc., non che agli importanti la- 
vori speciali pubblicati sull'argomento da vari autori (Mel- 
nichow (6), Grassi e Rovelli (7), ecc. 


Catanio, giugno 1907. 


(1) R. LeukaRrT. — Die Parasiten des Menschen, vol. Il. Leipzig, 
1881, pag. 843-852. 

(2) R. BLancHaRD. — Op. cit., pag. 476-482. 

(3) A. RAILLIET. — Traité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris, 
1895, pag. 284-290. i 

(4) R. Monizz. — Traité de Parasitologie Animale et Végétale, 
Paris, 1889, pag. 247-248. 

(5) M. Braun. — Op. cit., pag. 197-199. 

(6) W. MELNIKOW. — Ueber die Jugendzustànde der Taenia cueu— 
merina, in: Archv fiir Moturgeschichte, xxxv, 1, 1869, pag. 62. 

(7) B. Grassi e G. RoveLLI. — Ricerche embriologiche sui Ce- 
stodi, in : Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, in Catania 
Ser. 4, Vol. IV, 189-911. 


gs 


NOTA 


SU UNA CATTURA DI “ CALANDRELLA MINOR ,, Gas 


Comunicazione del socio conte FILIPPO CAVAZZA 


alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Credo non inopportuno dare alcune notizie sulla spe- 
cie a cui appartiene il nostro individuo, prima di riferire 
intorno alla cattura. 

La Calandrella minor Cab. ha un’area di estensione 
enorme arrivando dalle isole Canarie alla Cina orientale; 
traverso cioè a tutta l'Africa settentrionale dal Marocco, 
comprese le provincie meridionali della Spagna, all'Egitto; 
traverso a parte dell'Europa sud orientale dal Mar Nero 
al confine asiatico, e per ultimo traverso tutta l'Asia cen- 
trale dalla’ Palestina, per la Persia e il Furchestan, alla 
Cina centrale fino a Pechino. 

Le abitudini di questa specie sono, secondo gli autori, 
circa le stesse di quelle della Calandrella brachydacthyla 
Leisl., e dicono che più di lei ancora è confidente e si 
lascia con facilità avvicinare. Abita la più vasta pianura 
ed ama di vivere nelle steppe e nei luoghi che più a esse 
somigliano ; non la si vede quasi mai vicina alle località 
coltivate o alberate, nè vive però nel vero cocente deserto, 
non allontanandosi mai troppo dai corsi d’acqua. È ovun- 
que specie sedentaria e solamente nell’inverro unita in 
enormi branchi diviene erratica in cerca di cibo, e in tal 
modo sì arrischia, per sorpassarle, fin sulle alte monta- 


88 FILIPPO CAVAZZA. 


gne. Nelle Canarie e nel Turchestan è sedentaria e nidi- 
ficante sugli altipiani. 

Essa, come la comune lodola, - s'arrampica quasi nel- 
l’aria sul suo canto » che è bello e ricco di note forti e‘ 
sonore. Il volo ondulato è meno eguale di quello della 
lodola, perchè più a scatti. Nidifica dal marzo al giugno ; 
il nido posto sul terreno è fatto senza alcuna arte e tutto 
al più foderato di peli vegetali: partorisce 3 o 4 uova bian- 
castre o grigio-verdi un po diversamente macchiate da 
paese a paese. | 

Come quasi tutte le specie sedentarie o appena erra- 
tiche che hanno una vastissima area di diffusione, presenta I 
forme assai differenti secondo i diversi paesi dove essa 
abita. Furono da prima queste descritte come altrettante 
specie distinte : così per primo il Pallas nel 1811 descrisse 
questa specie col nome di A/auda pispoletta, adoperando 
erroaeamente, come osserva l’Hartert, il nome - pispo- 
letta -, correzione secondo la pronuncia italiana del nome 
spinoletta che Linneo aveva adoperato per un Anthus; venne 
dopo il Viellot che nel 1820 descrisse la forma propria 
dell’Isola di Teneriffa col nome A/auda rufescens : e nel 
1851 il Cabanis descrisse come Alauda minor la forma 
propria dell’Africa settentrionale, e così di seguito, fino al 
1890 vennero descritte nove specie diverse, divise poi in 
tre generi che non tardarono ad essere riuniti nel genere 
Calandrella Kaup 1829 colla C. Brachydactyla Leis]. 

L’Arrigoni nel suo « Atlante Ornitologico - (1902) riu- 
nisce le tre forme proprie all Europa nell'unica specie 
C. pispoletta Pall., considerando come tipica la forma abi- 
tante la parte sud-orientale d'Europa e come sottospecie 
le altre due C. pispoletta minor Cab. dell’Africa Settentrio- 
nale e C. pispoletta boetica Dres. della Spagna. 

Il Dresser nella sua grande opera sugli uccelli d’Eu- 


CALANDRELLA MINOR 89 


ropa non ammette questa fusione e le mantiene specifi- 
‘catamente distinte. 

L’Hartert nel suo buonissimo libro sugli uccelli della 
fauna paleartica ammette nel genere Calandrella due sole 
specie, la C. brachydactyla Leisl. e la C. minor Cab. (sosti- 
tuendo questo nome per l'errore del Pallas a pispoletta). 
Ma le forme anteriormente descritte come specie, le man- 
tiene tutte come altrettante sottospecie, adoperando quindi 
sempre la nomenclatura trinomia a lui tanto cara. 

Da ultimo il prof. E. H. Giglioli nel suo: « Secondo 
resoconto dell’inchiesta ornitolosica in Italia - che vede 
‘ora la luce, arricchendo di numerosissime quanto sceru - 
polose notizie l’ornitologia italiana, riunisce tutte le forme 
nell'unica specie Calandrella intnor Cab. Non occupandosi 
egli delle forme a noi esotiche, tenute distinte in sottospecie 
dall’Hartert, esclude la possibilità di alcuna divisione fra 
la C. pispolletta Pall. e C. minor Cab. 

La nomenclatura trinomia che, se parcamente adope- 
rata, può forse tornare utile alle ricerche degli studiosi, 
usata per ogni piccolo carattere (spesse volte individuale), 
non altrimenti che per quelli che sono invece tali da per- 
mettere formazione di specie buone, sebbene vicine ad 
altre, non farà che rendere inopportunamente ed eccessi- 
vamente minuziosa e difficile la sistematica ornitologica 
mentre non aiuterà a ben valutare l’importanza dei diversi 
caratteri. Solamente a casi speciali e per indicare forme 
o razze non ancora staccate dalla specie da cui derivano 
e intermedie fra queste e le nuove in via d'evoluzione, 
va applicata la nomenclatura trinomia e con le più rigide 
cautele. 

Questa parmi, in poche parole, l’idea che il prof. E. H. 
Giglioli esprime nella introduzione al suo « Secondo reso- 


conto dell'inchiesta ornitologica in Italia -. 


9() FILIPPO CAVAZZA 


Certo è che lo studiare o consultare i libri di quelli 


che il prof. Giglioli chiama gli + ornitologi della nuova 


maniera » è divenuta cosa non facile, nè son sempre chiare 


le idee che si possono ritrarre dal consultarli. 
Osserverò nondimeno, pel caso di cui scrivo, che non 
pochi ornitologi ammettono molte delle forme in cui la 


specie si divide, e che il prof. Giglioli stesso non si dichiara 


contrario a tutte le sottospecie ammesse dall’Hartert, occu-: 
pandosi solo delle due che fanno parte dell’Avifauna ita— 


liana, e anzi egli accenna ad una probabile differenza spe- 
cifica fra questa e la C. boetica Dress. della Spagna. Ora 
non trovo sia da alcuno escluso che fra le diverse forme 
esotiche ce ne abbiano alcune che debbano in qualche 
modo venire separate fra loro e dalla C. minor Cab. propria 


dell’ Africa settentrionale e dell’ Europa sud-orientale, e- 


forse divise come sottospecie di quest'ultima, sia pure 
seguendo il giusto concetto del prof. Giglioli. 

Quindi, pur mantenendo per la forma tipica (C. pi- 
spoletta, e corretto l’errore del Pallas e, per la sinonimia 


colla C. minor, adottato quest'ultimo nome) la nomencla- 


tura binomia, sarà necessario per la chiarezza posporle 


fra parentesi la parola (Tijpica) dovendo il nome della: 


specie, senza questa aggiunta restrittiva, contenere tutti ì 
caratteri che si modificano nelle diverse sottospecie o razze. 


Inoltre concesso pure che le differenze di colorito più o 
meno rossiccio, trovate dagli autori che mantengono distinte 


la C. pispoletta dalla C. minor, non siano che caratteri 


individuali, non si potrà negare tuttavia che per ragioni 
d’ambiente uno di questi caratteri possa (fo l'ipotesi) essere 


comune fra individui di un paese, mentre è scarso o manca 
fra quelli d’un altro: nè questo è privo d’interesse pel 
paese in cui la specie giunge accidentale, potendo quivi 


gli individui che presentano questo carattere essere più 


; 
i 


CALANDRELLA MINOR 91 


rari di quelli che ne sono privi, e ciò per la diversa loro 
provenienza geografica. Stimo dunque che sia anche da 
indicarsi, quando si citi un individuo di una specie che 
si trovi nelle condizioni suaccennate, se esso ha di quei 
caratteri che prima avevano servito a scinderlo dalla specie 
o sottospecie a cui ora sì riunisce. 

Scrivo quindi invece che C. minor heinei Hom., come 
fa YHartert, Calandrella minor Cab. (Typica) (forma grigia). 

E venendo ora all’individuo di Calandrino di Pallas, 
la cui ricchezza di nomenclatura e sinonimia mi ha por- 
tato a questa lunga digressione, dirò come qualche setti- 
mana fa io abbia avuto notizia della cattura di una 
C. minor Cab. non molto lontano da Bologna. Avuto nelle 
mani l'individuo, lo potei accuratamente studiare e con- 
frontare con esemplari di C. brachydactyla Leisl. 

Lo trovai da questa nettamente distinto pel colorito 
più grigio di tutto il suo abito, per la mancanza assoluta 
di tinte isabelline o rossiccie, pei margini bianco-sudici 
delle ali, per la macchia bruno-scura che longitudinale e 
centrale porta ciascuna penna del davanti del petto e del 
collo, e finalmente per la forma del becco assai più basso, 
per la lunghezza di questo, minore di tre millimetri, e pel 
suo colorito grigio- corneo invece che giallastro. 

Come si vede dai caratteri differenziali qui sopra ac- 
cennati, si tratta di una vera e propria Calandrella minor 
Cab. (Typica) (forma grigia). Aggiungerò ciò che gli autori 
affermano intorno alla sua comparsa nella nostra pe- 
nisola. 

L'Arrigoni nel suo + Manuale di Ornitologia italiana » 
ne cita tre catture avvenute in Italia, ed una incerta. Queste 
sarebbero avvenute, la prima nel marzo 1870 a Grosseto 
(R. Museo di Firenze), la seconda nel marzo 1875 a Bari 
(Museo di Bari), la terza nel Veneto. maggio 1894 (Col. Ar- 


92 FILIPPO CAVAZZA 


rigoni): la cattura incerta sarebbe avvenuta il marzo 1862 


a Sarzana. ll Giglioli, nell'opera citata, registra quattro cat- 
ture che con quelle già da lui registrate, « Avifauna ita- 
lica » 1886, fanno ammontare a otto il numero degli indi- 
vidui uccisi in Italia (compresa però la cattura dubbia di 
Sarzana). Tre di questi sono citati anche dall’Arrigoni, le 
nuove sono un gd e una £ presi vicino a Nizza nel di- 
cembre 1900 e 1901 ed una £ uccisa a Sesto Fiorentino 
il gennaio 1903. | 

Come si vede nessuna cattura sarebbe finora avvenuta 
al Nord-Est della catena appenninica se non quella che 
il Conte Arrigoni cita del Veneto. Oggi a questa se ne viene 
ad aggiungere una nuova, avvenuta nell'Emilia. È inoltre 
il primo individuo che non sia stato preso d'inverno nè 
subito dopo, essendo la cattura avvenuta nell'ottobre scorso 
quando la temperatura nostra non ancora annunziava pros- 
sima la rigidezza invernale. 

ll preparatore presso il laboratorio zoologico della 
nostra università, sig. Alzani, gentilmente mi fece sapere 
che trovandosi egli il 27 ottobre scorso a cacciare le allo: 
dole in capanno nelle distese senz’alberi di S. Agata Bolo- 
gnesc, uscito da questo per raccogliere alcune vittime, fece 
levare a volo un uccelletto che a tutta prima credette una 
comune pispola, pel volo laterale ed a scatti proprio anche 
a questa comunissima specie. Egli mi assicurò che l'uccel- 
letto non emetteva, alzandosi, nessun grido. Uccisolo sì 
accorse della cattura non comune e riconobbe trattarsi di 
una calandrella. Dico non comune giacchè nel bolognese, 
per quanto mi è noto, è rara anche la = C. brachydactyla »; 
tanto che da parecchi anni la ricerca ne è stata vana. Non 
credo però non ne siano state uccise in tal periodo, ma 
gli è che disgraziatamente nel bolognese pochi si occupano 
«di tali ricerche, e sono così povere le comuni caccie agli 


CALANDRELLA MINOR 93 


uccelletti, che non mette conto ai cacciatori di vender le 
vittime lontano: di modo che le catture rare, non solo non 
vengono raccolte dagli studiosi, ma neppure giungono sul 
mercato. 

Tornando all’ individuo di cui scrivo, che, ucciso da 
chi fortunatamente ne conobbe l’importanza, ha scappato 
il pericolo di venire spennacchiato e cotto in qualche caso- 
lare di campagna, dirò come assai m’incresca di non poterne 
conoscere il sesso perchè il corpo, appena scuoiato, fu inav- 
vertitamente gettato, nè è possibile dedurlo dall'esame del- 
l'abito, che è uguale in entrambi i sessi. 

Questo individuo, che viene ad arricchire Vl Avifauna.. 
dell'Emilia, si trova ora nella mia collezione regionale. 


29 novembre 1907. 


RECENSIONE BIBLIOGRAFICA 


FAUNA ORNITICA DEL GOVERNO DI CHARKOY DI N. SOMOV 


Gli studi ornitologici, scrive il Somov nella Prefazione, 
fino ai nostri giorni furono assai trascurati nella Russia 
centrale e meridionale, le notizie che si trovavano nella 
povera letteratura ornitologica locale erano incomplete, 
inesatte ed in parte inattendibili: ciò spinse il Somov a 
‘pubblicare le. osservazioni da lui fatte sugli uccelli nel 
governo di Charkov dal 1870 circa al 1597, corredandole 
di tutte le notizie che potè trovare negli scritti di orni- 
tologi che prima di lui avevano esplorato quella regione. 

Per la compilazione della parte riguardante la carat- 
‘teristica della sua regione il Somov si servì in gran parte 
dei materiali pubblicati dal prof, Krasnov. 

Il testo è diviso in Parte generale e Parte speciale. 

Nella Parte generale il primo capitolo, quasi di intro- 
duzione, riguarda la bibliografia ornitologica locale, la col- 
lezione del Museo Zoologico dell’Università di Charkov ed 
il corso delle personali osservazioni dell'Autore (p. 3-19). 

Il 2° capitolo porta il titolo: Notizie generali sul governo 
di Charkow e con moltissimi dettagli tratta della posizione 
geografica ed estensione del governo (p. 19-23), rilievo e 
geotettonica (24-46), morfologia superficrale (p. 46-62), ter- 
reni (p. 62-80), idrografia (p. 80-101) e clima, cioè : tempe- 
rature, pressioni barometriche, altezza delle pioggie e delle 
nevi, venti, ecc. (p. 101-128). 

Il 3° capitolo riguarda la Flora del governo di Charkov 
(p. 128-144): il 4° la Fauna ad eccezione dei pesci e degli 
uccelli (p. 145-156). 

Il 5° capitolo finalmente, Caratteristica della fauna ormi- 
. tica del governo di Charkov è così diviso: a) Costituzio ne 
sistematica (p. 154-156) - b) fiipartizione degli uccelli secondo 


RECENSIONE BIBLIOGRAFICA 95 


il modo di vita, secondo il carattere del loro soggiorno € 
loro distribuzione (p. 156-178) c) Ripartizione degli uccelli 
secondo i luoghi abitati (p. 178-180) d) Ripartizione degli 
uccelli secondo le zone zoogeografiche, secondo la diffusione 
gecgrafica in generale e limiti della diffusione di alcune 
specie nel governo (p. 185-194). 

Nelia Parte speciale sono elencate 293 specie rinvenute 
con certezza nei confini del governo di Charkov ed una 
ventina di forme, la presenza delle quali è incerta o fu 
indicata per errore da altri zoologi. 

Per ogni specie, nominata dall'A. col suo nome scien- 
tifico latino, egli dà la bibliografia relativa al, governo di 
Charkov ed i nomi volgari. Premesse le notizie date da 
altri ornitologi e specialmente da Kriuicki, Crernay, Zarudny, 
Kolesov, l'A. espone le sue personali osservazioni indicando 
prima di tutto la frequenza della specie elencata e se è 
sedentaria, estiva, invernale, di passo o di transito. rego- 
lare, i0regolare o casuale : poi indica epoca dell’arrivo e 
l'epoca del passo in primavera od in autunno secondo che 
la specie è estiva od invernale. Descrive quindi le abitudini 
della specie durante il passo ed accenna alla località ove 
il passo meglio si osserva. Per le specie estive e  nidifi- 
canti lA. indica i luoghi prescelti per la costruzione del 
nido, descrive la costituzione, la forma e dà le misure di 
esso e descrive le uova : nota il periodo delle cove e l'epoca 
dell'uscita dei piccoli dal nido, il numero delle covate per 
ogni stagione ed il cibo preferito. Finalmente con ugual 
cura è notata dall'A. l'epoca della partenza e del secondo 
passo, e le abitudini della specie in questo tempo. Sono 
pure notati i giorni in cui l'A. osservò i passi più impor- 
tanti, così in autunno come in primavera. 

Se 1 soggetti esaminati dall’A. avevano qualche par- 
ticolarità nel piumaggio, egli la descrive riferendoli a sotto- 
specie o varietà descritte da altri ornitologi od indicandone 
le differenze da queste. 

In ultimo elenca gli esemplari da lui studiati, quelli 
della sua collezione e quelli della collezione del Museo 
Zoologico dell’Università di Charkov. 


96 FRANCESCO CHIGI 


Volendo ora fare qualche apprezzamento sull'opera del 
Somov, dirò che egli nello studio della biologia si mostra. 
osservatore scrupoloso e profondo, sicchè le notizie da lui 
date possono ritenersi come esattissime e di un vero valore 
scientifico. La prima parte del libro è forse un po’ troppo 
diffusa relativamente all’importanza di una avifauna locale 
e certi dettagli sono forse superflui, peraltro non si può 
fare di ciò un appunto all’A. il quale ebbe in animo di 


colmare per quanto era possibile le grandi lacune che: 


esistevano nella conoscenza della sua regione e volle dare 
il modo di compiere nuovi studi sulle basi generali da lui 
poste. Ad ogni modo melius est abundare quam deficere. 

In complesso la Fauna orritica del governo di Charkov 
a me sembra un ottimo lavoro, utile non solo a chi voglia 
avere dettagli sulla ornitologia della Russia . centrale, ma 
anche agli ornitologi italiani, poichè in quella regione si 
trovano nidificanti molte specie che per noi sono soltanto 
invernali e di passo, e possono essere preziose le notizie 
dateci dal Somov. sulla loro vita estiva. Inoltre il governo 
di Charkov per la sua posizione geografica sta relativa- 
mente vicino al limite orientale delle forme Paleartiche 
occidentali che ne compongono. quasi ‘esclusivamente l’avi- 
fauna : ospita qualche forma propria della parte setten- 
trionale e qualche altra propria della parte meridionale 
della zona Paleartica, come pure alcune forme circum- 
polari eùropeo-asiatico-americane. 


FRANCESCO CHIGI. 


Roma 1908 — Tipegrafia di A. Friggeri, Via della Merceda, 28-29. 


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Brovo 1908. 


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odumanzo con henge alli nevocovia di DIANO faneceoom 
ku ol frettonmno in Qaventzo Pendoolo a dov cOMmodiire ci N04 lor 
Kanmd, o quel che non orlo forenndoer hokte alla N AVIO 
MAR) O CU Gao Gib vw com ritorio hostoLle le ul ive DÎR 
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MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO 


CaRRUCCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente 
Vertebrati) — Presidente. 

Senat. DI CARPEGNA (conte) D. GuIipo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice-Presidente. 

MELI cav. prof. RoMoLo, (Paleozoologia e Malacologia) — Vice-Presidente. 

ANGELINI prof. dott. GIOVANNI (Zool. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, 

CHIGI ppe. D. FRANCEScO (Ornitologia) — Consigliere. 

LEPRI march. dott. GirusEPPE (Entomologia- Ornitologia) — Consigliere. 

MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem. 

NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. 

RosTAGNO comm. FORTUNATO (Jntomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. 

TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. 

ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. 


= 


ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO 


Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e 
possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie 
applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- 
nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, 
anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie 
che possono interessare gli studiosi. 

Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : 

l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all’anno, 
e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 

2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 

3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i 
più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. 

Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. 

Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due 
soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. 

Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi- 
tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio 
nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon- 
sabile dei fondi della Società. 

Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in 
carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri sì 
rinnovano ogni anno per un terzo. 

Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. 

Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni 
bimestre, dal novembre al luglio. 

Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e 
per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima 
adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali 
della Società. 

Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, congressi ed adunanze 
generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 
Soci, in quell'epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna. 

Art. 1l. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al 
mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e 
dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, 

I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono 
ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo. 

I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale. 
Trascorso un anno, i morosi perdono il diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio 
direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. 


N. B. — L’intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti è più 
importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli= 
cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie IIg pag. 6 e 7. 


rc 


ANNUNZIO NECROLOGICO 


Dovendosi. fra giorni tenere un’adunanza scientifica, verrà in essa commemorato, 
come ben merita, il compianto ornitologo, socio e consigliere, march. dott. FILEPPO 
PATRIZI, testè mancato ai vivi. La commemorazione sarà quindi pubblicata nei 
prossimi fascicoli III e IV. Ci limitiamo in questo a dare il doloroso annunzio della 
perdita improvvisa di un valente, generoso quanto modesto consocio. 


o. 
va 


PR SOI) 


3 


73} 
ELANEII 


Fasc. III, IV, Ve VI. Serie Il - Vol. X. Anno 1908. 


(XVII dalla fondazione) 


BOLLETTINO 


DELLA 


SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA 


Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill 


SOMMARIO: 


I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE, Dott. Valentino Barnabò — Sui rap- 
4 $ È i porti fra la glandola interstiziale 
{. Prof. Antonio Carruccio. — Sovra del testicolo e la glandola a secre- 
un &hinobatus Halavi Rùpp. teste a- zione interna. Risultati sperimen- 
vuto dal Museo Zzoologico della R. U- tali (Policlinico) E i Pag. 188-190 
niversità di Roma, preso forse per la 37: 
prima volta nel Mare Tose. Pag. 97-101 III. NOTIZIE DIVERSE. 


do 


. Prine. D. Frane. SISI SE SHPRIbA I t. Un Giardino Zoologico fra Villa Um- 
I bO ARCA ORIMTDIogten: = SaEglo berto e i Parioli i Roma Pag. 4191-19 
di uno studio sulle fasi IOLRIENO 136 | 2. Cattura di esemplari appartenenti a 
T1U9-100 


Del PRIOd lore Rag specie non comuni nella provincia 

8. Dott. Valentino Barnabò — La glan- di Roma. — Notizie ornitoloviche 
dola interst!ziale del testicolo (Con- del prince. Fr. Chigi È Pao. 197-199 
tinuazione: Significato morfologi- 3. Sulla incursione del SyrrRaptes pa- 
co). È . 5 > Pag. 137-114 radorus nella Russia Europea du- 

4. liem idem — Suoi effetti delle ino- rante la primavera dell'anno 1908. - 
culazioni negli animali dell'estratto Notizie fornite dal prince. Frunce- 
di 7aenta saginala (Continuazione e sco Chigi . Pac. 200-205 
fine) è i Pag. 115-150 | 4. Ancora dei Syrrhaptes paradortis. Se 


Cattura di altro individuo fatta 
presso Trinitapoli (Barletta). Notizie 
del soci dott. Carlo Paolucci e 


. Dott. inaponi Glusibps Lepri— Con- 
tributo alla conoscenza degl’ Ime- 
notteri tentredinei del Lazio. Pag. 1501-1458 


(D4 


À IZOTTTA end i prof. a. Carruccio È Pag. 203 -207 

6. Stud. Grassi Luigi — soladi viventi 
sulla torba nel littorale presso Net- IV. COMMEMORAZIONI 

>» ( 
Tuzto ; 1 : Roy TO9A05 in onore del socio march. dott. Filip- 

7. Prof. Giulio essa nei Con- po Patrizi Montoro fatte dal prof. 
yylonema seutatitni (Mùller) nella pro- A. Carruccio e dott. march. G/useppe 
vincia di Rom::. 5 È Pag. 163-106 Lepri. i È i ; Pae. 206-218 

8. Dott. Mola Pasquale — Sulia Choa- È RL I a 
nobtaenia infundivulun Bloch. Pag. 167-177 V. PROCESSO VERBALE 

SURI È: SOS deil'’adunanza generale scientifica te- 
TI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. nuta il 21 aprile 908 (Lettere dei 
> SERE, È soci ‘ari ‘of. Ernesto Haeckel e 

Prof. E. H. Giglioli — La nuova Avi- FOCLOnOla to bro SI 
fauna Italica. — Secondo resoconto u0renzo Canerano)\. >. Page. M9-224 
Aei risultati dell’ Inchiesta ornito- È BERE Go rai È 7 : 
logica in Italia. — Recensione del ALE AR I O 
prof. Giov. Anzelini E Pag. 178-187 Ai Soci — Articoli dello Statuto sociale. 

o __ 
ni 4 . N [ai ti ali O % 1 ql 0 ° x 
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università 
(Via della Sapienza — Roma) 


AVVISO -- Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla 
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi 
— nei mesi in cui è aperta l’università — in determinate ore, sia nelle predette sale per 
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e LA scientifici. 


a rirc._ rr ————@r—rrr r_T——_—  "-yTTTTTr-—-;+=—-< G = DIODTTTT_!°Ty"<+y-yv-x- 


Conto corrente colla Posta — Hiniidazione bimestrale. 


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Fasc. ill, IV e V. Serie II — Vol. X. Anno XVII — 1908 


— TT — 


BOLLETTINO 


bPLBRASOCIETÀ ZOOLOGIA IDAEFANA 


GON' SEBDBETIN ROMA 


Presidente onorario S. M. il RE 


Sovra un R/linobatus Halav Rùpp. testé a- 
vuto dal Museo Zoologico della R. Univer- 
sità di Roma, preso forse per la prima 
volta nel Mare Toscano. 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana 


dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO 


Il 2 febbraio del corr. anno due negozianti e vendi- 
tori di pesce in Roma, dopo di essersi messi in giro per 
la città nelle parti basse come nelle più elevate della nuova 
Roma offrendo in vendita un grosso pesce, che afferma- 
vano di non aver mai ricevuto, nè visto nei vicini paesi 
di mare in cui sogliono recarsi, vennero consigliati di por- 
tarlo nel Museo Zoologico di questa R. Università. Mi af- 
frettai a farne acquisto dopo di aver constatato che trat- 
tavasi di un individuo adulto freschissimo appartenente 
al genere RAtnobatus Block-Schn., già da più anni rap- 
presentato da 3 esemplari nella collezione itiologica ge- 
nerale dell’istesso Museo, cioè da un RA. Columnae gio- 
vane che acquistai nel 1884 dalla Stazione Zoologica di 
Napoli, e da 2 altri RA. cemiculus Geoffr. S. Hil., pro- 
venienti dall’Egitto, avuti in dono dall’illustre prof. 
Paolo Panceri. L’esemplare giovane di Napoli è lungo 


98 A. CARRUCCIO 


88 ct.; dei due esemplari egiziani il più piccolo, che è £, 
ha la lunghezza di 38 ct. 5; il più grande, ch'è 3, misura 
65 ct. Il disco dei due minori esemplari ha la medesima 
larghezza (14 ct.), mentre il disco del R%. cemiculus più 
grande è largo 21 ct. 

Risultò in modo indubbio che questo quarto indivi- 
duo di specie diversa e di dimensioni molto maggiori 
dei tre precitati, proveniva dalle non lontane acque ma- 
rine di Orbetello, da cui sogliono importarsi in Roma mol- 
tissimi pesci. Le indagini che finora potei fare dimostra- 
no, non dico in modo assoluto, che questa è la prima volta 
che tale R/Ainobatus vien preso in località così vicina al 
mare laziale. 

Feci prendere con esattezza tutte le occorrenti misu- 
re e modellare accuratamente il pesce, onde, dopo eseguita 
limbalsamazione, rimanessero inalterate le forme delle 
singole parti e le dimensioni, come si fa sempre nel nostro 
Museo dall’abile preparatore e tassidermista, Sig. C. Coli. 

Dallo studio fatto sull’esemplare appena lo ebbi in 
Museo, e proseguito dopo che fu imbalsamato, non rimasi 
persuaso che si trattasse del Rhinobatus Columnae : ciò 
eredetti da prima, sapendo che questa è la specie la quale 
nel nostro Mediterraneo, e precisamente nelle acque della 
Sicilia, si può più facilmente avere. Essa fu descritta e 
raffigurata nell’Iconografia della Fauna Italica dal prin- 
cipe C. L. Bonaparte, ma prima e poi da altri venne pa- 
recchie volte indicata per la nostra Italia (1). 


(1) Quasi tutti gli scrittori d’ittiologia narrano della forma mista 
ehe è propria del Rhinobatus, ma nessuno forse si esprime col brio 
e colla buona grazia del Bonaparte: perciò non potrà a veruno di- 
spiacere che riferisca fedelmente le sue parole: 

« Non credeva Aristotile che pesci di razza diversa si fecondas- 
sero tra loro, dall’averne veduto uno che riuniva le forme della 
Squatina e della Raja, della prima cioè le posteriori, della seconda 
fe anteriori, dubitò che la regola soffrisse una eccezione, e che dal 


RHINOBATUS HALARI 99 


Ma leggendo le opere del Moreau, Gunther, Dumeril, 
Bridge, Boulanger, Cossmann e Raiiber ed altre, rilevai 
come taluni caratteri del nostro esemplare non fossero 
quelli del R/inobatus Columnae, bensì del Rhinobatus 
Halavi. I 

Quest'ultima specie fu primo il Doderlein a ricono- 
scere che apparisce più raramente della precitata nei 
mari della Sicilia. Infatti l’illustre autore del Manuale 
Ittlologico del Mediterraneo, dopo d’aver ricordato che 
essa vive comunemente nel Mar Rosso e che accidental- 
mente Guichenot la trovò lungo le coste d’Algeri, soggiun- 
ge: « Esaminando con attenzione i molteplici individui 
del R/inobatus Columnie che venivano portati in ven- 
dita nel mercato di Palermo, mi avvidi tempo fa che pa- 


congiungimento di quei due nascesse un pesce bastardo, cui dette 
il nome di Rhinobatos, che in latino fu tradotto squatino-raja. Plinio 
che in questa, egualmente che in altre mille erudizioni, fu l’eco in 
Roma di quel sapientissimo, ripetendo disse: che dallo strano con- 
giungimento della Squatina e della Raja parea, nascesse quel pesce 
che riunisce il nome greco dell’uno e dell’altro. Dopo molti secoli 
il Rondelet cercava codesto animale, e non trovandolo accagionava 
Aristotile e Plinio di troppa credulità: anzi non distinguendo la 
probabilità dell’esistenza dalla narrazione dei legittimi natali, dicea 
non potersi dare siffatto pesce in natura. Ma Fabio Colonna linceo 
poco tempo dopo si accorse che si confaceva con la descrizione degli 
scrittori antichi, e riuniva realmente le forme della squatina e della 
Raja, quel pesce al quale i pescatori napoletani davano volgarmente 
il nome di cetola, perchè guardato all'ingrosso ti presenta la figura 
dirunaschitarra,;. ». 

L’esemplare descritto dal Bonaparte misurava « oltre 2 piedi 
di lunghezza » — che è quanto dire più di 59 centimetri. 

Riguardo all’habitat così scrive il Bonaparte: « sembra proprio 
delle parti meridionali del nostro Mediterraneo; certo è che non l’ab- 
biamo osservato nelle parti settentrionali, nè lungo le coste dello 
Stato Romano: niuno dei pescatori veneti, genovesi, toscani o ro- 
mani ai quali l'abbiamo mostrato lo conosceva. Abbonda intorno alla 
Sicilia, ove la sua figura ha suggerito il nome di pesce violino, nè 
sappiamo che al presente goda di altra volgare appellazione ». 


IOO A. CARRUCCIO 


recchi di essi presentavano caratteri notevolmente diffe- 
renti da quelli stabiliti a distinzione di quest’ultima spe- 
cie. Codesti individui erano molto più grandi raggiungen- 
do persino la lunghezza di m. 1,70 e di m. 1,80, dimensione 
giammai offerta dagli esemplari più adulti del Rhinoba- 
tus Columnae ». 

È questo ora posseduto dal Museo Romano, misurava 
appena portatovi, cioè fresco ed intatto m. 1,60. Dopo 
l’imbalsamazione e l’essiccamento, si ebbe una lievissima 
differenza nella lunghezza totale (m. 1,58). 

Il Doderlein e prima il Rippel, Dumeril ed altri scrit- 
tori stabilirono che caratteri distintivi del RAinobatus 
Halzvi sono oltre le maggiori dimensioni : 1° un muso più 
allungato e sporgente, triangolare e assai arrotondato al- 
l'apice; 2° carena rostrale allungata sette-otto volte più 
lunga che larga alla base nei giovani, nove-dieci volte ne- 
gli adulti coi lati rientranti ed appressati fra loro ad 1/3 
della loro lunghezza, allargati alla base ed all’apice; inve- 
ce nel Rhinobatus Columnae sono rettilinei; 3° bocca leg- 
germente arcuata (ed in questo esemplare di Orbetello è 
lunga cm. 11), larga un po’ più del doppio dello spazio in- 
ternasale, e precisamente nel centro di essa, dove si ha la 
massima apertura, la larghezza è di 5 ct. e 1/2. 

I margini mascellari sono, tanto superiormente come 
inferiormente, guarniti di denti grandicelli, rotondeg- 
gianti, contigui formanti quasi un mosaico, in numero di 
55 a 60 per serie. 

Lo spessore di questi margini dentiferi è di 13 mm. 

Qui è da notarsi come tutti gli autori siano d'accordo 
nell'affermare che i denticelli del R7. Hal/4vî per numero e 
per grossezza superino quelli del R%. Columnae: anche 
questo carattere è evidentissimo nell’esemplare di OrbeteL 
loin confronto alla disposizione dei denti cogli altri esem- 
plari posseduti dal Museo Romano, pur tenendo conto del- 
le minori dimensioni di essi. 


RHINOBATUS HALARI IOI 


Il Doderlein afferma che dopo di avere studiato dili- 
sentemente gli esemplari, dovette arrendersi all’evidenza, 
riconoscendo addirittura che il RA. Halavi del Riippel, co- 
munque più raramente del Ri. Columnae, apparisce di 
tratto in tratto nelle acque marine della Sicilia. Ora, sog- 
. giungeva Doderlein, il Museo Zoologico di Palermo pos- 
siede 3 magnifici esemplari di questa specie di RAinoba- 
tus, 2 femmine della lunghezza di m. 1.70 e di m. 1.80, ed 
1 maschio di m. 1.23. — L’egregio dottore Luigi Facciolà 
di Messina, ben noto pei suoi studi ittiologici, in data del 
15 aprile 1908 mi scrisse che mentre gli risulta essere il 
Rhbinobatus Columnae non comune, ma nemmeno raro nel 
mare di Messina, non vi ha finora trovato il R—. Halavi, di 
cui parla nel suo Manuale 11 Doderlein. 

Il Dott. Facciolà mi serive pure come a lui consti che 
nel RA. Columnae i tubercoli aculeati lungo la linea del 
dorso siano più o meno appariscenti secondo gl’individui 
della stessa età; e alle volte facciano semplicemente spor- 
genza sotto la pelle. | 

Osserva inoltre che il Giinther nel suo Catal. pare ab- 
bia errato quando tra 1 caratteri del gen. RAinobatus po- 
ne la mancanza del lobo inferiore nella codale, avendo egli 
(il Facciolà) visto che se è meno sviluppato del superiore, 
non manca però tale lobo inferiore. 

Altre osservazioni interessanti indicatemi gentilmen- 
te dall’egregio consocio di Messina sono queste due, che 
riferisco fedelmente: « Vidi un esemplare del R/. Co- 
lumnae coi testicoli maturi ai 15 dicembre, e una femmina 
in gennaio coi grossi sacchi incubatori, ciascuno occupato 
da un uovo ». 

In questa specie (scrive pure il Facciolà, che viva- 
mente ringrazio per la sua premura e cortesia) è notevole 
la presenza di due lembi triangolari che l’iride manda sul- 
la pupilla ». 

Ringrazio pure assai vivamente l'illustre collega ed 


TOZ A. CARRUCCIO 


amico prof. E. H. Giglioli che da Firenze mi mandò no- 
tizie sugli esemplari di R/inobatus posseduti nella splen- 
dida collezione centrale dei Vertebrati, ed anche sul Ru- 
vettus pretiosus (della quale specie, potei testè acquistare 
un bellissimo esemplare proveniente dal Mare di Messina, 
già presentato alla nostra Società, e del quale saranno 
presto pubblicati i cenni illustrativi che ne ho dato). — 
Nella predetta collezione esistono adunque 3 individui 
avuti da Napoli, 6 da Catania, 4 da Bari; ed uno ulti- 
mamente il Giglioli ebbe da Vada (Pisa), tutti della spe- 
cie RA. Columnae. Sarebbe perciò la prima volta, come 
glà dissi, che viene annunciata la cattura di un RAinoba- 
tus nelle acque di Orbetello; ma ciò ch'è più interessante 
trattasi del RA. Halavi, finora trovato soltanto in Sicilia 
dall :Doder leins(g03 pivd.9y 


Il muso di forma triangolare, ha la lunghezza di 25 ct. 
una minima larghezza in avanti, di 3 ct., una media di 
15 ct., ed una massima, alla base, di 26 ct. — Questo muso, 
che finisse ottuso, è 5 volte più lungo dello spazio interpo- 
sto fra le due narici. — Queste hanno una lunghezza di 
6 ct., el’una dall’altra dista 4 ct. e 1/2. La o a del- 
le valvole nasali è quale viene indicata dagli scrittori cui 
dobbiamo una diligente descrizione del RA. Halavi. 

Anche il Doderlein osserva che quello che più inte- 
ressa è la valvola nasale anteriore la quale anzichè essere 
allungata ed estesa sino all'angolo interno delle narici, 
come nel Rhinobatus Columnae, arrestasi al 2/3 della ca- 
vità nasale: quindi questo è uno dei caratteri precipui 
per escludere il Rhinobatus Halavi dal sottogenere Syr- 
rhina in cui annoverasi il predetto RAimnobatus Columnae. 
Nel sottogenere RRinobatus propriamente detto deve inve- 
ce annoverarsi il R.Halavi. Il Carus nel dare una diagnosi 
riassuntiva di quest’ultima specie limitasi a dire: « Val 
vula nasalis anterior non ad angulum internum naris pro- 
lungata, appendice lata linguiformi marginis inferioris 


RHINOBATUS HALARI 103 


praedita; carina rostralis triangula, pars tertia media la- 
teribus approximatis, basali et terminali dilatatis; nares 
spatio internasali longiores; dentes magnusculi rotundati, 
circa 60 etc... ». 

Il Duméril fa un confronto col R%. granulatus per ri- 
guardo alle narici: « Narines notablement plus grandes 
que celles de ce dernier, et dont la longueur moindre que 
celle de la bouche, mais double de l’intervalle qui sépare 
leur angle externe du bord du disque, dépasse, d’un quart 
environ, l’étendue de l'espace inter-nasal.... ». L’istesso il- 
lustre ittiologo francese quando dà i caratteri del R. Co- 
lumnae fa rilevare come le valvole nasali anteriori non si 
prolunghino all’interno e al di là dei margini della carena 
rostrale (pag. 487), soggiungendo che le narici sono appena 
più lunghe dell’intervallo che le separa 

Nel R. Halavi la valvola nasale posteriore è bilobata : 
1] lobo esterno attraversa in forma di larga appendice 
lamelliforme la cavità nasale. 

E passando subito a far cenno del disco di questo pla- 
giostoma dirò che esso offre una lunghezza che corrispon- 
de al terzo dell’appendice caudale ed è più lungo che lar- 
go. E precisamente nel nostro esemplare il disco ha la 
lunghezza di cm. 60 ed una larghezza di cm. 52. 

La superficie cutanea dorsale del disco medesimo pre- 
senta un gran numero di piccolissime punte che la ren- 
dono più o meno ruvida; e nella linea mediana dorsale 
osservansi più tubercoli uncinati che si avanzano oltre la 
base della coda. A cominciar poco dopo al disotto degli 
occhi e sempre sulla linea mediana si contano poco più di 
una trentina di tubercoli maggiori disposti in serie lineare 
e a distanza regolare gli uni dagli altri. Vedonsi pure al- 
tri tubercoletti minori, e sopra la prima pinna dorsale 

vha un gruppo di altri tubercoletti anche più piccoli, 
fra i quali uno emerge per maggior grossezza. 

Quasi tutti i tubercoli che hanno maggior sviluppo 


è 


IO4 A. CARRUCCIO 


mostrano la punta rivolta all’indietro ed hanno larga la 
base e soventi biforcata. 

Le pinne toraciche ampie e di orma quasi triango- 
lare, offrono il margine esterno ottuso ed il posteriore ro- 
tondeggiante. 

Le pinne ventrali presentano una forma trapezoidea, 
la loro lunghezza supera la larghezza; il margine esterno 
è rotondeggiante e il posteriore si prolunga assai e finisce 
a punta. 

Anche le dorsali hanno una forma quasi trapezoidea 
col margine anteriore convesso e ricurvo ed il posteriore 
falciforme con una larga appendice alla base. 

L'altezza della 1° pinna dorsale è di cm. 16, con una 
larghezza massima (alla base) di cm. 11. 

La 2° pinna dorsale è alta cm. 15,5 con una larghezza 
massima di cm. 11: quindi le due pinne dorsali sono pres- 
sochè eguali fra loro. | 

(li occhi hanno forma ovoidea col diametro maggiore 
lungo mm. 22; sono disposti obliquamente e distano l'uno 
dall'altro cm. 11. Ogni occhio poi dista dall’apice del ro- 
Suro Cm 20/5; 

Ampi sono gli spiragli, anch'essi sono ovoidali e si- 
tuati immediatamente dietro gli occhi; hanno un maggior 
diametro longitud. di cm. 3, ed un minore diretto trasver- 
salmente, di em. 2. 

Dall’apice del rostro sino al margine posteriore degli 
spiragli st ha una lunghezza di cm. 31. 

La lunghezza totale del rostro è di cm. 25 con una 
largh. minima in avanti di cm. 3, con una largh. media 
di cm. 15,5 e una massima di cm. 26. In avanti ossia nella 
porzione apicale il rostro o muso finisce rotondato. 

L’appendice caudale grossa ha una forma romboi- 
dale, ed in totale è lunga cm. 19. 

Il colore nella superficie dorsale è bruno grigiastro 
quasi uniforme, ma 11 tratto affatto antericre e proprio al- 


RHINOBATUS HALARI TOS 


l’intiero rostro ha un colorito bianco intenso con riflessi 
giallastri. Il tratto compreso tra gli cechi, e tra questi ed 
il margine esterno è grigio scuro. E’ notevole la larga mac- 
chia di un colore quasi di cioccolato che si ha sulle due 
pinne ventrali. 


(Continua). 


ET 


APPUNTI DI SISTEMATICA ORNITOLOGICA 


Saggio di uno studio sulle fasi evolutive del piumaggio 


Comunicazione fatta dal Principe D. FRANCESCO CHIGI 


alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Nelle odierne classificazioni, per quanti progressi 
slansi fatti in questi ultimi anni, la comprensione dei vari 
gruppi sistematici non ha limiti precisi, nè si è mai se- 
riamente cercato di stabilire con una certa approssima- 
zione quali rapporti di affinità filogenetica esistano tra 
specie e specie, se non col creare un numero indefinito di. 
suddivisioni nelle forme specifiche. E mentre gli innova- 
tori dell’ornitologia continuano nella loro opera di vera 
triturazione morbosa e frenetica, quelli della vecchia 
scuola non trovano altra arma di difesa che deplorare 
la manìa innovatrice degli altri: la confusione cresce così 
a tutto scapito della utilità degli studi ornitologici. 

Il più grave ostacolo che si oppone alla attuazione 
di un Sistema che rispecchi le affinità filogenetiche fra le 
numerose e variabili forme specifiche sta nelle dubbiezze 
delle note teorie sulle qualità essenziali della specie; tut- 
tavia, se è vero che del concetto di specie zoologica non 
possiamo con termini assoluti, formulare una definizione 
rigorosamente logica, senza cadere o in contraddizione col- 
la teoria della discendenza o in un circolo vizioso, non è 
men vero che se non in tutti, almeno nella grande mag- 
gioranza dei casi possiamo delle specie attuali trovare 
praticamente i limiti naturali, a meno che non si neghi 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IO7 


a priori, come vorrebbero alcuni, la esistenza naturale del- 
la specie zoologica (1). © 

Sull’esistenza o meno della specie non è qui il luogo 
di discutere e passo oltre partendo dal principio fonda- 
mentale per me asstomatico, per altri semplicemente ?po- 
tettco che « la specie zoologica è la vera unità naturale 
attuale risultante dall'insieme organico di individui a- 
venti, allo stato attuale o virtuale, certi caratteri la som- 
ma dei quali costituisce la caratteristica della specie : 
gli individui poi presi singolarmente non sono che ele- 
menti della specie privi ciascuno per sè di valore siste- 
matico: quindi la specie oltre essere unità naturale è an- 
che l’unità sistematica convenzionale ». 

Che la specie oltre essere unità naturale, suscettibile 
di varie e profonde modificazioni, sia l’unica unità na- 
turale attuale facilmente si desume dalla biologia: 1 vin- 
coli che legano fra loro gli elementi della specie e che 
appunto rendono questa un tutto organico sistematica 
mente inscindibile non hanno corrispondenti al di là di 
‘essa: ogni unità naturale ha vita continuativa per pro- 
prio conto e nessuna relazione necessaria alla vita può 
vedersi fra specie e specie, fra genere e genere ecc. 

La nostra mente però ha una assoluta necessità di pa- 
ragonare e classificare per assurgere a concetti sempre 
più comprensivi definiti e chiari, di trovare un nesso lo- 
gico fra le cose se anche queste non hanno un nesso na- 
turale. Gli aggruppamenti delle specie in generi, dei ge- 
neri in famiglie, ecc., servono come punti di appoggio 
nella selezione e nella sintesi ideologica, per formare e 
coordinare intorno a centri definiti, ma astratti, gli ele- 
menti tratti dall’analisi delle unità naturali. 

Questi nuovi aggruppamenti, formati per sintesi 1deo- 


(1) A complemento dei presenti appunti sul concetto di specie ve- 
dasi il mio lavoro sui Passeri nel « Bollettino della Società Zoologica 
Italiana » 1904 pag. 127 e seguenti. 


IOS FRANCESCO CHIGI 


logica, hanno naturalmente comprensione diversa a secon- 
da dell’apprezzamento personale dello studioso o degli ele- 
menti che sembrano i più importanti, ed in pratica as- 
sai male denotano il grado di affinità naturale fra i grup- 
pi di ordine inferiore in essi contenuti. Se l’apprezza- 
mento personale fosse sempre giusto e se tutti gli elemen- 
ti, 1quali debbono contribuire alla sintesi che ha per fine 
la determinazione di gruppi di ordine superiore alla spe- 
cie, fossero conosciuti, allora le classificazioni ottenute 
per sintesi ideologica nell'ordinamento dei gruppi riflet- 
terebbero per logica necessità l'ordinamento filogenetico 
delle unità naturali, quanto è dire i gradi di affinità fra 
esse. In una siffatta classificazione ogni! genere compren- 
derebbe tutte quelle attuali forme specifiche i progenitori 
delle quali, giunti ad un certo grado di evoluzione, in una 
certa epoca, costituivano una sola unità naturale; così 
per le tamislicileec Seco: 

Ma onde la sintesi ideologica possa contenere tutti 


eli elementi necessari, questi debbono essere raccolti con 


l’analizzare ciascuna delle attuali forme specifiche re- 
trocedendo sulla via della sua complessa evoluzione per 
arrestarsi ad una data fase evolutiva. Questa fase in re- 
lazione alla forma primordiale deve essere di grado cor- 
rispondente per tutti i progenitori delle forme attuali. 
E° ovvio clie a seconda del grado di sviluppo stabilito come 
centro per la formazione sintetica dei gruppi sistematici, 
ed in ragione inversa del grado stesso, varia la compren- 
sione dei gruppi di diverso ordine. 

Allo stato presente delle cognizioni zoologiche in ge- 
nerale ed ornitologiche in particolare nè si può com- 
piere l’analisi retrospettiva dell'evoluzione nelle forme 
specifiche attuali, nè è possibile prestabilire per la forma- 
zione degli aggruppamenti sistematici gradi definiti di 
sviluppo filogenetico: noi possiamo disporre delle spe- 
cie di oggi e possiamo cercare di conoscerle a fondo, ma 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 109 


nulla sappiamo di ieri, chè poche tracce ed oscure del 
passato sono giunte fino a noi. Tuttavia dall’accurato stu- 
dio di queste poche tracce, confrontate con quanto oggi 
è noto delle forme attuali, 1 più profondi scrutatori dei 
leggendari misteri della natura hanno potuto se non pie- 
namente dimostrare, almeno arguire ed intuire che per 
legge generale e fondamentale della vita ogni essere or- 
ganizzato nella evoluzione individuale ripete sommaria- 
mente tutte le forme dei suoi progenitori : l’ontogenesi in- 
somma rispecchia la filogenesi, e per quanto più avanzato 
è lo sviluppo dell'individuo, tanto più esso differisce dai 
tipi primitivi dai quali discende. 

Sebbene questa legge sia stata enunciata in seguito 
agli studi comparati di paleontologia ed embriologia, tut- 
tavia se ne intuisce il valore universale e non è che logico 
ritenerla fino a prova contraria come regolatrice dell’evo- 
lazione individuale. 

In conformità di questa legge è quindi da. ritenersi 
che negli uccelli non è il piumaggio degli adulti che ha 
maggiori somiglianze col piumaggio delle forme proge- 
nitrici, ma deve essere il piumaggio dei giovani quello che 
nelle singole specie più rassomiglia al piumaggio degli 
adulti della unità naturale, la quale, attraverso ad altre 
fasi evolutive, ha generato le specie attuali. 

Una riprova del mio asserto sta nel fatto che in 
molte specie fra loro simili nel complesso dei caratteri 
somatici e senza dubbio collegate da stretti rapporti di 
affinità filogenetica, gli individui, mentre nella fase a- 
dulta sono assai differenziati da specie a specie, nella 
fase giovanile tutti si assomigliano per certi caratteri del 
piumaggio. Sarebbe illogico credere che la somiglianza 
dei giovani in questi casi fosse puramente fortuita e non 
denotasse una stretta affinità fra le specie. 

Un mezzo per conoscere più esattamente il grado di 
affinità fra le unità naturali attuali sarebbe dunque quel- 


IIO FRANCESCO CHIGI 


lo di studiare accuratamente le forme giovanili, ora in- 
vece per lo più gli autori di opere ornitologiche si dànno 
a descrivere le specie nella loro fase adulta con le loro 
sottospecie e varietà (riconoscibili queste talora solo in 
alcune stagioni dell’anno) e poco o punto curano la de- 
serizione del giovani quasichè ciò fosse inutile. E° ben 
raro trovare descrizioni delle fasi giovanili fra le carat- 
teristiche generiche date dagli ornitologi. 

Quando mediante lo studio dei caratteri somatici e 
specialmente delle livree giovanili avremo potuto rav- 
vicinare fra loro più specie, abbozzando, dirò così, un 
primo raggruppamento di ordine generico, tutto o quasi 
tutto il lavoro successivo può compiersi in generale con 
l’analisi della distribuzione delle tinte così nelle varie re- 
gioni del corpo come nelle varie regioni di ciascuna pen- 
na, considerando le variazioni di tinta attraverso tutte 
le età dell'individuo e nel massimo numero possibile di 
soggetti. 

Per tutto quanto sopra si è detto il disegno del piu- 
maggio, cioè la posizione relativa delle tinte chiare e scu- 
re, ripete attraverso le età dell’individuo 11 corso delle va- 
riazioni della specie nel tempo e la veste dei giovani di 
più specie, fra loro differenziate nella fase adulta, ma 
simili nella fase giovanile, ripeterà la veste propria della 
forma progenitrice delle specie attuali considerate. 

Prendendo pertanto in esame uno qualunque di que- 
sti gruppi di specie, dal disegno del piumaggio dei gio- 
vani si può facilmente, con una opportuna analisi se- 
lettiva dei caratteri, creare un tipo ideale comune, la de- 
scrizione del quale convenga per i caratteri capitali al 
giovani di tutte le unità naturali attuali da noi consi- 
derate. 

Ogni specie del sruppo avrà un modo di variare suo 
proprio, una norma secondo la quale passerà dalla fase 
tipica primitiva (giovanile) alla fase completamente evo- 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIUÙ ETT 


luta (adulta) e tutti gli individui della specie varieran- 
no entro dati limiti: tale modo di variare della specie io 
chiamo il suo piano specifico di evoluzione. I piani spe- 
cifici di evoluzione adunque costituiranno la caratteristi- 
ca delle varie specie aventi uno stesso tipo primitivo. 

Se si considerano più specie A_B, C.... nella loro evo- 
luzione a partire dal tipo ideale comune possiamo tro- 
vare che i piani specifici di evoluzione delle unità A e B 
hanno molti caratteri comuni, che cioè i caratteri delle 
due forme nelle diverse età, senza essere uguali, si cor- 
rispondono e variano in modo simile; in questo caso pos- 
siamo considerare 1 piani di evoluzione delle due forme 
come sensibilmente progredieniti nella stessa direzione. 
Se nel corso delle fasi evolutive i caratteri della forma C 
nelle diverse età non corrispondono a quelli di A e di B, 
e se il piano specifico di evoluzione di quella forma acqui- 
sta nuovi caratteri che non troviamo in A ed in B, pos- 
siamo dire che il piano di evoluzione della unità C ha 
una direzione divergente da quella dei piani di evoluzio- 
ne di A edi B. 


Riprendendo in esame le unità A e B i cui piani di 
evoluzione hanno la stessa direzione possiamo trovare 
che una di esse nella fase del massimo sviluppo consentito 
agli individu della specie giunge ad un grado di diffe- 
renziazione dal tipo primitivo maggiore del grado rag- 
giunto nelle stesse condizioni dall'altra unità : questo gra- 
do ci dà la distanza della specie dal tipo. Bisogna tener 
presente che non tutti gli individui di una specie possono 
giungere alla stessa distanza dal tipo e che spesso le fem- 
mine anche adulte rimangono normalmente ad una di- 
stanza dal tipo primitivo minore della distanza alla quale 
giungono i maschi. 

Tutti questi elementi tratti dall’ CINE delle specie 
e dailla formazione ideologica dei piani di tevolvizione 
— divergenza specifica e distanza specifica dal tipo pri- 


DEZ FRANCESCO CHIGI 


mitivo — ci dànno il modo di determinare le posizioni 
reciproche delle diverse specie in modo grossolanamente 
analogo a quello in cui si determina la posizione geo- 
grafica di un luogo mediante la longitudine e la latitu- 
dine. 

Che questo metodo per determinare l'affinità fra le 
unità naturali attuali sia logico e teoricamente esatto 
a me non par dubbio, la difficoltà sta nell’applicazione 
pratica; non tutte le specie infatti hanno un piumaggio 
giovanile abbastanza diverso da quello degli adulti o so- 
migliante a quello di altre specie e fornito di un suffi- 
ciente numero di caratteri tali da potere esser presi come 
quelli del tipo originario, di molte specie i giovani non 
sono conosciuti ovvero se conosciuti non lo sono suffi- 
cientemente, e poi ancora non sempre è facile seguire l’e- 
voluzione del disegno del piumaggio attraverso le età. Bi- 
sogna in questi casi ricorrere ad altri mezzi e giudicare 
per analogia con altri gruppi di specie o secondo leggi 
più generali; nei Corvi ad esempio può esser di guida 
1] parallelismo fra le specie C'orvus corone — Corvus cor- 
nir e Colacus monedula — Colaeus dauricus. 

Uno studio completo sulle affinità fra specie fondato 
sull'analisi dei piani di evoluzione potrebbe, io credo, por- 
tare a risultati soddisfacenti: per ora a me basta averne 
accennata l’importanza e darne un esempio pratico dei 
più semplici. 


Come uno dei gruppi di specie che meglio si prestano 
allo studio delle fasi evolutive scelgo quello dei Tordi e 
Merli e per semplificare lo studio considero solo le specie 
che giungono o vivono normalmente in Italia potendo esse 
fornire un sufficiente materiale di confronto. Per non en- 
trare prima del tempo in questioni che debbono risolversi 
in seguito indicherò le unità naturali senza nome gene- 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO LES 


rico ma col nome specifico che spetta loro per la legge di 
priorità; esse sono : 


Resperiocus E 
IT. Sp. musicus L. 
III. Sp. viscivorus L. 
IV. Sp. paris L. 
V. Sp. merula L. 
VE Spocorquatus L. 


N. B. — In questa ultima specie sono comprese le 
forme forquatus tipica, alpestris e occidentalis che alcuni 
autori (Martorelli) considerano come semplici razze, altri 
(Arrigoni) come sottospecie, altri (Giglioli e Salvadori) 
come specie distinte. 

I giovani delle sei specie sopra nominate hanno nel 
loro primo abito un tipo unico di disegno che permette 
la ricostituzione del tipo primitivo 

Per facilitare il confronto del tipo primitivo con le 
singole specie nelle descrizioni divido il piumaggio in tre- 
dici regioni: non descrivo le remiganti e le timoniere non 
avendo queste importanza nello studio delle fasi evolu- 
tive. 


Le regioni che descrivo sono le seguenti : 


1. Fronte capo e nuca. 

2. Dorso. 

5. Groppone e sopraccoda. 

4. Sopracciglio. 

5. Regione auricolare. 

6. Piccole cuopritrici alari superiori. 

7. Medie cuopritrici alari superiori. 

8. Grandi cuopritrici alari superiori. 

9. Cuopritrici alari superiori ed ascellari. 


(A0) 


Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 


LI4 FRANCESCO CHIGI 


10. Mento, gola, gozzo, lati del collo sotto la regione 7. 
11. Parte superiore del petto, 

12. Parte inferiore del petto, addome e fianchi. 

13. Sottocoda. 


Nella ricostituzione del tipo tengo conto dei caratteri 
primitivi più salienti, che sviluppati in diverso grado si 
trovano nei giovani delle specie attuali , che cioè possono 
essere sviluppati più o meno non solo nei giovani delle 
diverse specie, ma anche nei diversi giovani di una stessa 
specie. Soggetta a grandi variazioni anche nella fase 
giovanile è per esempio la specie merula che talora può 
apparire anche quasi affatto priva di macchie sulle parti 
superiori e sulle grandi cuopritrici alari; in altre specie 
poi, come nella specie forquatus, queste macchie chiare 
delle grandi cuopritrici sono appena accennate nei gi10- 
vani. E’ per questo che nella descrizione del tipo primi- 
tivo si troverà una certa elasticità nella definizione di al- 
euni caratteri, dovendo risultare questo tipo della sintesi 
dei caratteri attuali e virtuali contenuti nella fase giova- 
nile delle specie considerate. 

T giovani nelle diverse specie hanno certamente colo- 
razioni particolari di cui non tengo conto perchè caratte- 
ristiche specifiche indipendenti dal disegno, solo indice 
sicuro questo del grado di evoluzione della specie: nelle 
descrizioni perciò eviterò sempre, per quanto è possibile, 
di indicare i colori e cercherò di caratterizzare le fasi 
evolutive secondo l’intensità delle tinte chiare scure o scu- 
rissime nei loro reciproci rapporti. 


TIPO PRIMITIVO. 


Regione 1. Scura con piccole macchie chiare allun- 
gate od a goccia lungo lo stelo di clascuna penna, apici 
delle singole penne scurissimi. 

Regione 2. Simile con macchie chiare più grosse. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO EES 


Regione 3. Simile con macchie chiare molto ridotte 
talora nulle. 

Regione 4. Simile con macchie chiare più estese in 
proporzione della grandezza assoluta delle penne, di- 
stinta perciò dalle regioni circostanti. 

Regione 5. Chiara con margini delle penne scuri ed 
apici scuri o scurissimi. 

Regione 6. Scura con grande macchia apicale chiara 
prolungata lungo lo stelo delle penne. 

Regione 7. Simile con macchia apicale più svilup- 
pata. 

Regione 8. Simile con macchia chiara molto ridotta. 

Regione 9. Chiara, talora con la parte media dei ves- 
silli scura senza limite netto fra le due tinte. 

Regione 10. Chiara con due serie oblique di penne 
scure al centro e chiare ai margini sui lati della gola e 
con piccole macchie scure e contorno mal definito all’a- 
pice delle penne chiare; queste macchie scure apicali non 
sì trovano su ogni penna. 

Regione 11. Chiara con grosse macchie scure occu- 
panti la parte apicale di ciascuna penna; queste mac- 
chie hanno forma o triangolare col vertice in alto o ton- 
deggiante od allungata trasversalmente. Steli delle penne 
talora ancor più chiari della tinta fondamentale. 

Regione 12. Simile o con macchie scure più piccole 
e meno distinte. 

Regione 13. Ogni penna chiara al centro e scura ver- 
so i margini. 

N. B. — Le penne delle regioni 11, 12, 13, possono 
avere una seconda macchia scura trasversa verso la base. 


Qui devesi tener presente un fatto notevole, che, se 
non considerato, può sviare nelle ricerche relative alle 
fasi evolutive delle diverse specie; la variazione del di- 
segno nel piumaggio dei tordi avviene in due modi: per 


IIO FRANCESCO CHIGI 


modificazione graduale del colorito di ogni penna (deco- 
lorazione o intensificazione del colorito) accompagnata 
dalla abrasione degli apici e dei margini, e per muta. Dal 
momento in cul la penna si sviluppa per la prima volta 
nel nidiacco fino al momento in cui è sostituita da una 
nuova penna, essa subisce variazioni di tinta e variazioni 
nella distribuzione delle tinte, più o meno profonde; allo 
stesso modo dopo la muta ogni penna è soggetta a simili 
variazioni. Cosicchè la evoluzione progressiva del dise- 
gno incomincia fin dai primi giorni di vita dell'individuo 
per continuare poi lentamente e non arrestarsi che alla 
seconda e forse anche alla terza muta, quando cioè il 
massimo grado di evoluzione del disegno consentito al- 
l’individuo sia stato raggiunto. La muta delle penne (sem- 
plice autunnale) che però avviene lentamente, almeno nel 
massimo numero dei casi può rappresentare una solu- 
zione di continuità nelle modificazioni del disegno del 
piumaggio, un salto tanto più forte e visibile per quanto 
sono più profonde le modificazioni di disegno subìte dalle 
singole penne nella prima fase del piumaggio. 

Nelle seguenti descrizioni analitiche per brevità ten- 
go conto in massima delle fasi evolutive succedenti la 
prima muta poichè durante la fase giovanile le modifi- 
cazioni del disegno non sono molto profonde nella mag- 
gior parte delle specie; dove però queste modificazioni 
sono più importanti non mancherò di accennarlo. 


Sp. TI Wiacus L. 


Regione 1, 2, 3. Spariscono le macchie centrali chia- 
re e gli apici scurissimi. 

Regione 4. Interamente chiara o chiara con sottili 
marginature scure. 

Regione 5. Persiste una sottile zona chiara al centro 
delle penne. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO FI 


Regione 6. Spariscono le parti chiare. 

Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare non 
prolungate lungo lo stelo. 

Regione 8. Persistono le macchie chiare apicali sul 
vessillo esterno non prolungate lungo lo stelo, il margine 
esterno delle singole penne è leggermente più chiaro della 
tinta fondamentale. 

Regione 9. Uniforme chiara. 

Regione 10. Persistono le macchie scure sul fondo 
chiaro; le due serie laterali di penne scure assumono un 
grande sviluppo e si addensano ai lati della gola for- 
mando quivi due grosse macchie scurissime, mentre le 
altre macchie sparse sono scarse, piccole ed allungate lon- 
gitudinalmente. 

Regione 11. In autunno le macchie scure occupano 
gran parte del centro di ogni penna, sono allungate lon- 
gitudinalmente, sfumate sui bordi, intense lungo lo stelo; 
in primavera divengono gradatamente più ristrette, per- 
dono la sfumatura, assumono un contorno ben netto e for- 
ma triangolare prolungandosi più o meno dal ver- 
tice lungo lo stelo della penna. Ai lati di questa regione 
la tinta fondamentale si intensifica divenendo uguale a 
quella delle parti inferiori. 

Regione 12. In autunno con macchie simili a quelle 
della regione precedente, ma meno intense, in primave- 
ra simili per forma e intensità a quelle della regione 11 
ma più ristrette e più scarse. La parte centrale dell’ad- 
dome è in ogni stagione chiara senza macchie. 

Regione 13. Parte centrale delle penne chiara come 
la parte marginale, parte media scura: nelle penne cen- 
trali la parte scura è molto ristretta o manca, nelle e- 
Sterne è più estesa. 

Sp. II musicus L. 


Regioni 1., 2,83, 6. Tinta uniforme, spariscono le 
macchie chiare e gli apici scurissimi. 


118 FRANCESCO CHIGI. 


Regione 4. Persistono in modo poco appariscente le 
macchie chiare centrali sulle penne. 

Regione 5. Persiste il disegno tipico. 

Regione 7. Persiste all’apice di ogni penna una mac- 
chia triangolare chiara, non prolungata lungo lo stelo. 

Regione 8. All’apice del vessillo esterno delle penne 
presso lo stelo persistono piccole macchie chiare di for- 
ma triangolare od irregolare e non prolungate lungo lo 
stelo. 

Regione 9. Chiara per intero. 

Regione 10. Conserva il disegno tipico, le piccole 
macchie scure sparse hanno forma allungata. 

Regione 11. Conserva il disegno tipico, le macchie 
scure hanno forma triangolare col vertice rivolto in alto 
e base ristretta ed hanno una marcata tendenza a prolun- 
garsi lungo lo stelo. La tinta fondamentale sui lati di 
questa regione si intensifica e diviene uguale a quella del- 
le parti superiori: l’intesificazione non avviene però in 
ugual misura su tutte le penne, essa avviene dall’esterno 
verso il centro in modo che alcune delle penne hanno tinta 
intensificata nella parte marginale e basale con uno spazio 
centrale chiaro; in quelle penne in cui la tinta fondamen- 
tale è più largamente intensificata si fanno più pallide 
le macchie apicali primitive fino anche a sparire. Lo 
spazio in cui la tinta fondamentale si intensifica è più 
o meno grande secondo gli individui. 

Regione 12. Chiara con macchie scure un po’ più 
grandi che nella specie precedente sui fianchi, più rare, 
più piccole e di forma ovoidale sull’addome. 

Regione 18. Come nella specie precedente. 


Sp. III. viscworus L. 

Regione 1, 2, 3, 6. Tinta uniforme, spariscono le 
macchie chiare e gli apici scurissimi; la parte marginale 
delle penne è talora debolmente più pallida della parte 
rimanente. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IIQ. 


Regione 4. La parte chiara delle penne è molto e- 
stesa. 

Regione 5. Conserva il disegno tipico. 

Regione 7. Persistono le macchie chiare che sono 
grandi e di forma allungata trasversalmente occupando 
uno spazio maggiore sul vessillo esterno che sull’interno, 
sono prolungate lungo lo stelo. 

Regione 8. Persiste una macchia apicale chiara di 
forma incerta sul vessillo esterno delle penne, questa 
macchia si confonde con la stretta marginatura chiara. 

Regione 9. Uniforme chiara. 

Regione 10. Conserva il disegno tipico, le macchie 
scure sparse hanno forma triangolare col vertice molto 
assottigliato rivolto in alto. 

Regione 11. Chiara con grandi macchie scure trian- 
golari o lanceolate molto estese lungo lo stelo delle pen- 
ne. Come nella specie mustcus i lati di questa regione han- 
no la tinta fondamentale intensificata e l’intensificazione 
avviene presso a poco allo stesso modo. Nella specie v2- 
scrvorus peraltro spesso si nota che fra la parte chiara 
e la parte a tinta intensificata della penna si forma una 
sottile zona scurissima di tono uguale a quello delle mac- 
chie apicali tipiche, le quali alla lor volta come nella spe- 
cie mustcus impallidiscono e spariscono coll’intensificarsi 
del colorito fondamentale. In alcuni casi la parte cen- 
trale chiara della penna occupa questa fin verso la base in 
modo che la parte scura forma una macchia in forma di 
U o di V. Come nella specie precedente l'estensione della 
zona a colorito fondamentale intensificato varia nei di- 
versi individui ed è diverso a seconda degli individui il 
grado di intensificazione del colorito d’ogni penna. 

Regione 12. Chiara con grosse macchie scure trian- 
golari a base molto allargata; nella parte centrale del- 
l'addome le macchie sono un poco meno estese ed hanno 
forma meno regolare. 


T20 FRANCESCO CHIGI 


Regione 13. Simile a quella delle specie precenti ma 
con parti scure più estese. 


Sp.IV pilaris L. 


Regioni 1, 2, 3, 6. Perdono le macchie centrali chia- 
re e gli apici scurissimi; le regioni 1 e 3 hanno colore 
differente da quello della regione 2; la regione 6 può 
essere uguale per colore alla 2 o alla 3, ma di solito è 
uguale alla 2, i margini delle singole penne, specialmente 
nelle regioni 1 e 2, hanno di solito una tinta meno in- 
tensa di quella della parte centrale della penna. Spesso 
avviene che il colorito fondamentale si intensifica forte- 
mente al centro delle penne e questa intesificazione si e- 
stende più o meno verso i margini. Le penne che hanno 
subìto una tale intesificazione appaiono talvolta addirit- 
tura nere con un largo margine meno scuro. 

N. B. — FE'assai Importante questo fatto che nelle tre 
specie precedenti non si nota o che almeno in esse non è 
apprezzabile; è importante perchè ci dimostra che la ten- 
denza comune alle due specie seguenti merula e torquatus 
si trova nella specie paris (come in altre specie esotiche 
di tordi). 

Regione 4. Le parti chiare di ciascuna penna sono 
più o meno appariscenti nei diversi individui. 

Regione 5. Assume colorito uniforme, scuro, uguale 
a quello della regione 1, raramente gli steli delle penne 
sono chiari. | 

Regione 7. Persistono macchie chiare all'apice delle 
penna, ma sono ridottissime fino quasi a sparire e talora 
si confondono con la parte marginale chiara della penna. 

Regione 8. Persistono macchie apicali chiare spe- 
cialmente sulle cuopritrici più esterne e soltanto sul loro 
vessillo esterno, esse sono però ridottissime talora leg- 
germente prolungate lungo lo stelo e talora si confondono 
con la parte marginale chiara delle penne. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 121 


Regione 9. Per lo più chiara uniforme, talora con 
accenno di parti scure sulle ascellari. 

Regione 10. Conserva il disegno tipico; le macchie 
sparse scure hanno torma allungata o di triangolo a base 
assal stretta, ai lati della base del collo le macchie scure 
divengono assai grandi formando una regione scurissima 
più o meno estesa secondo gli individui, al disotto della 
regione 7. 


Regione 11. Persistono su fondo chiaro le macchie 
scure che hanno forma allungata lungo lo stelo, rara- 
mente più larghe verso la base che verso l'apice della pen- 
na e talora triangolari col vertice in alto e con la base 
piuttosto ristretta. Ai lati di questa regione si trova 
quasi sempre un addensamento di macchie scure, anzi 
scurissime, provenienti non dalla estensione delle mac- 
chie apicali primitive ma da una vera intensificazione 
del colorito fondamentale di grado massimo simile a quel- 
la che abbiamo osservato in grado minore nelle specie vì- 
scivorus e musicus. Qui ha luogo la formazione delle mac- 
chie ad U od a V, già osservate nelle specie predette, ma 
in modo assai più marcato: anche qui si osserva che 1l 
grado d’intensificazione varia nei diversi individui. Pro- 
cedendo dai lati verso il centro di questa regione si trova 
che la trasformazione del colorito fondamentale è sempre 
minore tanto che non ho mai osservato nella specie pearis 
macchie a V sul centro del petto. 

Regione 12. La parte centrale perde il disegno pri- 
mitivo divenendo chiara uniforme, ma i lati subiscono una 
intensificazione del colorito auale ho notato per 1 lati della 
regione 11. Sebbene sempre in grado minore che in questi 
i fianchi hanno sempre macchie a V e solo in pochi casi 
conservano deboli tracce delle macchie primitive: in al- 
cuni individui le macchie a V possono essere sottilissime 
ed anche appena accennate, specialmente nelle penne più 
vicine alla parte centrale dell'addome. 


T22 FRANCESCO CHIGI 


N. B. — La genesi delle macchie a V nelle regioni 
11 e 12 è assai importante poichè insieme col fatto della 
intensificazione del colorito delle parti superiori dimo- 
stra che la specie puaris è anello d’unione fra i tordi ed 
1 merli come meglio vedremo nelle conclusioni che seguono 
queste descrizioni analitiche: ho creduto di dover fare 
quest’esservazione sebbene non ne sia qui il luogo per at- 
tirare l’attenzione dei lettori su questi fatti di capitale 
importanza. 

Regione 13. Le parti scure possono essere estese come 
nelle specie precedenti od essere ridottissime, dando in 
questo caso alla regione 13 un aspetto chiaro uniforme. 


Sp. V merula L. 


Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7. Uniformi senza traccia di 
macchie chiare, di solito a colorito fondamentale. forte- 
mente intensiticato, solo in qualche caso la regione 5 spe- 
cialmente nelle femmine ha gli steli delle penne più chiari 
delle barbe : nelle femmine poi la parte della regione 4 fra 
il becco e l’occhio è sempre più chiara delle regioni circo- 
stanti; in pochi casi, anche nel maschi, esiste un accenno 
di sopracciglio. 

Regione 8. In rari casi persistono all'apice delle penne 
macchie triangolari chiare, simili per forma e grandezza 
a quelle che si osservano costantemente nella specie must- 
cus, più spesso però queste macchie sono ridottissime e di 
forma irregolare, nella grande maggioranza dei casi spari- 
scono completamente; la tinta fondamentale si «intensifica 
in grado maggiore nei maschi che nelle femmine. 

Regione 9. Soggetta a grandi variazioni: ogni penna 
può essere più scura al centro che al margine, ma le parti 


scure e le chiare s1 contondono gradatamente; talora la. 


tinta scura è appena distinta da quella chiara, talora in- 
vece (specialmente nei maschi) la parte scura è molto in- 
tensa e la parte chiara quasi bianca, il limite fra le due 


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FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 123 


zone è in questi casi più distinto. In ogni caso però le tinte 
scure sono più estese delle chiare e nella maggioranza dei 
maschi, come nelle più vecchie femmine, occupano tutta 
la penna. 

Regione 10. In tutte le femmine da me osservate con- 
serva Il disegno tipico più o meno spiccato per essere più 
o meno intenso il colorito fondamentale, che in qualche 
caso può avvicinarsi molto alla tinta delle macchie tipi- 
che, senza però confondersi con essa. Le macchie scure di 
questa regione, che hanno estensione maggiore o minore 
secondo gli individui, hanno forma allungata sullo stelo 
delle penne. 

In molti maschi il disegno primitivo persiste, in po- 
chi casi in modo assai spiccato, in altri meno distintamente 
per la doppia tendenza all'aumento di grandezza delle 
macchie primitive ed alla intensificazione del colorito fon- 
damentale: così nel maggior numero dei casi la tinta 
fondamentale diviene scurissima confondendosi con le 
macchie tipiche e tutta la regione assume una tinta uni- 
forme nera uguale o poco diversa da quella della regioni 
Oa 

Regione 11. Nella grandissima maggioranza delle 
femmine persiste il disegno primitivo; per lo più le mac- 
chie scure di varia intensità sono abbondanti, piccole, di 
forma triangolare, spesso più larghe che alte ed a contorno 
incerto, ma tendono a confondersi con la tinta fondamen- 
tale; raramente nelle femmine spariscono del tutto le mac- 
chie scure pur rimanendo chiaro il colorito fondamentale : 
dal disegno a macchie più o meno sviluppate si passa 
per gradi alla tinta uniforme senza macchie. In pochis- 
simi casì la tinta fondamentale si intensifica e si confonde 
con quella delle macchie primitive. 

Nei maschi in molti casi si conserva il disegno pri- 
mitivo ed in vario grado; quando le macchie scure sono 
distinte possono essere allungate lungo lo stelo o triango- 


124 FRANCESCO CHIGI 


lari con vertice molto acuto, possono occupare un piccolo 
spazio della penna od estendersi molto; alcuni soggetti 
ricordano pel loro disegno la specie musicus altri la specie 
iliacus nella sua fase autunnale; la tinta fondamentale ha 
una tendenza assai maggiore che nelle femmine ad inten- 
sificarsi e l’intensificazione avviene come nella specie pi- 
laris indipendentemente dal disegno originario, sì possono 
cioè avere le macchie apicali primitive o divise od unite 
o confuse con la tinta fondamentale intensificata; come 
nelle specie precedenti anche nella specie merula la regio- 
ne 11 ha una maggiore tendenza sui lati che non al centro 
alla intensificazione del colorito fondamentale. Nella 
specie merula non ho mai osservato in questa regione 
macchie a V. Un fatto notevole è che anche negli indi- 
vidui nei quali tutte le altre regioni hanno raggiunto il 
massimo grado di intensificazione spesso la regione 11 ha 
una tinta fondamentale un po’ meno intensa accennando 
così ad un collare sul quale si intravvede il disegno primi- 
LIVO. 


Regione 12. Nelle femmine specialmente sui fianchi 
persistono quasi sempre in varia misura le macchie pri- 
mitive scure assai simili per forma ed estensione a quelle 
del tipo, cioè a contorno irregolare ed allungate trasver- 
salmente, ma in generale sono poco intense confonden- 
dosi spesso con la tinta fondamentale intensificata in varia 
misura. Nelle femmine però l’intensificazione non rag- 
giunge mai, almeno per quanto a me consta, il grado che 
raggiunge nei maschi. 

Nei maschi da me esaminati in gran numero, non ho 
mai trovato sui fianchi le macchie primitive: quivi la 
tinta fondamentale nella massima parte dei casì è com- 
pletamente intensificata, solo in qualche soggetto la parte 
marginale delle penne conserva una tinta chiara come 
ultimo vestigio della tinta fondamentale primitiva. 

La parte centrale dell'addome conserva più tenace- 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO I25 


mente nelle femmine che nei maschi l'aspetto chiaro pri- 
mitivo, ma di regola spariscono le macchie scure apicali 
delle penne. Sempre spiccata è la tendenza all’intensifi- 
cazione del colorito fondamentale : nelle femmine le penne 
di questa regione possono portare distintissime macchie 
a V o macchie scure ad anello da queste derivate per in- 
tensificazione del colorito della penna verso la base, più 
spesso anche la parte centrale della penna diviene scura 
nella femmina. 

Nei maschi non ho mai osservato macchie a V avve- 
nendo l’intensificazione della tinta fondamentale anche 
nella parte centrale delle penne; in molti casi la parte 
marginale delle penne conserva la tinta chiara formando 
una marginatura più o meno estesa ma raramente tale 
da dare al centro dell'addome un aspetto del tutto bianco 
o grigio (1). Nel maggior numero dei casi anche la parte 
marginale delle penne ha tinta intensificata assumendo 
allora questa regione un aspetto nero uniforme uguale 
a quello delle altre. 

Regione 13. In pochi casi, e più frequentemente nelle 
femmine che nei maschi, le penne di questa regione hanno 
la parte centrale lungo lo stelo e l'apice chiari: in gene- 
rale però, contrariamente a quanto avviene nelle specie 
precedenti, la parte scura si estende sia verso i margini 
sia sullo stelo. 


Sp. VI torquatus L. 


Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6. Spariscono le macchie cen- 
trali chiare e quelle apicali scurissime che si confondono 
con la tinta fondamentale intensificantesi fino dalla pri- 
ma veste in modo analogo a quello osservato nella specie 
pilaris e nella specie merula, cioè dalla base della penna 


(1) Questa fase che non ha nulla di anormale fu dal Perini consi- 
derata come tipica di una specie alla quale dette il nome di Tardus 
menegazzianus. 


120 FRANCESCO CHIGI 


verso l'apice. Negli individui che hanno subìto la prima 
muta la parte scura apicale della penna è completamente 
sparita mentre la parte basale e centrale ha acquistato 
una intensità di tinta maggiore della parte marginale. 

Per successiva abrasione della parte marginale e forse 
anche per una più completa intensificazione della tinta 
fondamentale delle penne tutte queste regioni in prima- 
vera possono assumere una tinta nera uniforme. 

Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare, ma 
hanno contorno assal incerto, sono talora appena accen- 
nate ed in molti casi confuse con la marginatura chiara 
che specialmente negli individui del Caucaso può avere 
un grande sviluppo. 

Regione 8. Le macchie chiare apicali primitive, pic- 
colissime e talora appena accennate, anche nei giovani 
si confondono sempre con la marginatura chiara delle 
penne, marginatura che raggiunge il suo massimo svi- 
luppo negli individui caucasici. Negli individui nordici 
la marginatura è molto ridotta. 

Regione 9. Interamente bianca o con debole accenno 
di tinte scure negli individui caucasici, con tinte scure 
assai più abbondanti negli individui dell'Europa occi- 
dentale meridionale, con tinte scure predominanti negli 
individui dell'Europa occidentale settentrionale; da un 
tipo all’altro si passa per gradi. 

Regione 10. Il disegno primitivo che è ancora conser- 
vato subito dopo la muta, evolve rapidamente per la ten- 
denza che ha questa specie alla intensificazione del colo- 
rito fondamentale; in autunno, forse soltanto negli indi- 
vidui dell’anno, questa regione è chiara con la doppia serie 
laterale di macchie, come nel tipo e con macchie scure 
sparse; queste macchie hanno forma allungata sullo stelo 
o leggermente ovoidale, talora sono piccole ma per lo più 
occupanti una gran parte della superficie della penna. 
Durante l'inverno le macchie si estendono e la parte mar- 


a 


II IZ ZZZ IT: 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 127 


ginale probabilmente si logora, sicchè in primavera tutta 
la regione 10 può assumere una tinta uniforme scuris- 
sima. 7 

Regione 11. Solo nella fase giovanile, e per pochis- 
simo tempo, rimane 1l disegno primitivo; la tendenza alla 
formazione di macchie a V si mostra assai per tempo an- 
che nei nidiacel. A1 lati di questa regione presto si mani- 
festa una diminuzione delle tinte scure e le nuove penne 
in gran parte scure da principio si scolorano gradata- 
mente conservando una macchia semilunare subapicale 
scura, assal sottile, mentre nella parte centrale di questa 
regione non si è ancora perduto il disegno primitivo ac- 
compagnato da macchie a V. Compiuta la muta la regio- 
ne 11 diviene chiara ma d’una tinta sudicia e non bianca 
come la tinta fondamentale della regione 10 e ciascuna 
penna ha ancora una macchia semilunare scura, che pro- 
babilmente è un residuo delle macchie a V. Più tardi la 
tinta fondamentale, nei maschi, diviene bianca e spari- 
scono le piccole macchie siemilunari formandosi in tal 
modo il grande collare bianco 11 quale in primavera spicca 
sul fendo scuro delle regioni circostanti. Nelle femmine 
la modificazione di tinta o per meglio dire lo scoloramento 
della regione 11 non raggiunge il massimo grado che può 
raggiungere nei maschi rimanendo sempre il collare di 
una tinta grigiastra . 

Regione 12. Soltanto nella fase giovanile si trova il 
disegno tipico e già nei nidiacei si osservano accenni di 
macchie a V; ben presto queste si intensificano, e si ri- 
ducono, per poi sparire, le macchie primitive. Nelle pen- 
ne mutate le macchie a V sono grandi e spiccate e non la- 
sciano neppure intravvedere le macchie primitive. 

Compiuta che sia la prima muta appariscono due fasi : 
probabilmente esse sono dovute alle condizioni biologiche 
degli individui. La prima di queste fasi è quella che fu 
presa come tipo per creare la specie a/pestris : in essa tutte 


128 FRANCESCO CHIGI 


le penne della regione 12 hanno macchie a V su fondo 
bianco, talora anche due di queste macchie si trovano 
sulla stessa penna l’una dentro l’altra. La seconda fase è 
quella ritenuta come caratteristica della specie tipica 
torquatus: in essa tutte le penne della regione 12 hanno 
la tinta fondamentale intensificata anche lungo lo stelo 
non rimanendo chiara che la parte marginale delle penne; 
questa fase è anche propria degli individui caucasici. Fra 
queste due fasi tuttavia non esiste un limite netto, le 
macchie a V possono avere le branche sottili od anche mol- 
to larghe lasciando soltanto un piccolissimo spazio chiaro 
al centro della penna, di più in molti soggetti le penne dei 
fianchi hanno tinta intensificata al centro mentre alcune 
delle penne della parte mediana dell'addome portano 
macchie a V. Tanto in una fase quanto nell’altra le tinte 
scure sembrano estendersi sempre più coll’avvicinarsi del- 
l'estate in modo che negli individui più evoluti le. penne 
della regione 12 conservano un sottilissimo margine chia- 
ro. La persistenza delle macchie a V nella parte mediana 
dell'addome dipende senza dubbio dalla tendenza comune 
di tutte le specie esaminate a conservare più tenacemente 
in questa regione la tinta fondamentale primitiva. 

Regione 18. Segue con le sue fasi la stessa sorte della 
regione precedente: negli individui meno evoluti forniti 
cioè di macchie a V nella regione 12 le penne del sotto- 
coda hanno la parte centrale chiara e talora hanno chiara 
anche la parte apicale, specialmente nei giovani: negli 
individui più evoluti aventi la tinta fondamentale della 
regione 12 intensificata anche al centro delle penne il 
sottocoda ha anch'esso la parte centrale delle penne scura, 
rimanendo soltanto una stretta fascia apicale e marginale 
chiara. Anche qui come nella regione precednte si ha un 
passaggio graduale nei diversi individui fra una fase e 
l’altra. 

N. B. E’ bene osservare che per quanto questa specie 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 129 


differisca più costantemente delle altre dal tipo primi- 
tivo nelle fasi adulte, tuttavia i giovani di essa nel corso 
della muta evolvono gradatamente quantunque rapida- 
mente dalla forma primitiva a quella molto differenziata 
dal tipo. 


RICAPITOLAZIONE. 


In tutte le specie esaminate i caratteri primitivi 
possono in parte sparire in parte persistere, modifican- 
dosi nelle fasi adulte più o meno profondamente. 

1° In tutte le specie si perde nelle fasi adulte il dise- 
gno primitivo delle parti superiori, spariscono cioè le 
macchie chiare e gli apici scurissimi. 

2° Il sopracciglio : a) è assai distinto e molto più pro- 
gredito che nel tipo primitivo nella specie <ltacus; d) per- 
siste abbastanza distinto nella specie pilaris, ma non sem- 
pre in ugual grado; c) persiste poco distinto nelle specie 
musicus e viscwworus; d) periste in qualche caso, ma assai 
poco distinto, nella specie merula nella quale di regola 
sparisce come sparisce sempre nella fase adulta della 
specie torquatus. 

5° Nell’ala sono per lo più conservati alcuni dei ca- 
ratteri primitivi e precisamente: 4) nelle specie iliacus, 
mustcus, visctvorus nelle regioni 7 e 8 in modo distinto 
e costantemente; db) nelle specie pilaris e torquatus nelle 
regioni 7 e 8 -in modo poco distinto e non costantemente 
perdendosi questi caratteri forse con l’avanzarsi dell'età 
dell’individuo; c) nella specie merula sulla sola regione 8 
e solo in casi eccezionali, mentre nella maggioranza degli 
individui questi caratteri spariscono. 

In tutte le specie la regione 6 perde i caratteri pri- 
mitivi. 

4° I caratteri primitivi della gola e del gozzo : @) per- 
sistono costantemente più o meno modificati per la forma 


Bollett. Soc. Zoologica Italiana 3 


130 FRANCESCO CHIGI 


delle macchie nelle specie iltacus, musicus, viscivorus, pi- 
laris; Db) persistono quasi costantemente nelle femmine e 
solo in pochi casi nei maschi della specie merula; c) persi- 
stono alquanto modificati nella sola livrea autunnale de- 
gli individui nordici e caucasici, un po’ più a lungo negli 
individui meridionali della specie torquatus. 

5° I caratteri primitivi del petto: 4) persistono co- 
stantemente un poco modificati per la forma delle mac- 
chie nelle specie mustcus e viscivorus; b) persistono co- 
stantemente ma molto modificati nelle specie <iacus e pi 
larîs; c) persistono quasi costantemente nelle femmine e, 
più o meno modificati, in qualche caso nei maschi della 
specie merula; d) svariscono nella fase adulta nella specie 
torquatus. 

6° I caratteri primitivi della parte inferiore del pet- 
to, fianchi e addome: a) nersistono con lievi modificazioni 
nelle svecie mustcus e viscivorus; b) persistono costante- 
mente o quasi e più facilmente nella parte inferiore del 
petto e sui fianchi nelle femmine, spariscono quasi sem- 
pre nei maschi, per le ragioni che vedremo in appresso, 
della specie merula; c) persistono con notevoli modifica- 
zioni di forma soltanto nella parte inferiori del petto e sui 
fianchi, mentre spariscono al centro dell'addome nella 
fase adulta della specie diacus; d) persistono nella parte 
inferiore del petto ma spariscono sui fianchi e al centro 
dell'addome nella specie pearis; e) spariscono nella fase 
adulta della specie torquatus. 

7. I caratteri del sottocoda, variabili per l'estensione 
delle tinte chiare anche secondo gl’individui di una stessa 
specie, sono simili nelle fasi adulte delle specie 4/iacus, 
musicus, viscivorus, pilaris e torquatus — individui me- 
ridionali —, mentre il sottocoda diviene uniforme, scuro, 
negli individui settentrionali della specie forquatus e nel- 
la specie merula, salvo rari casi nei quali nersiste una sot- 
tile linea lungo lo stelo delle penne. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO EST 


Oltre le modificazioni dei caratteri primitivi possono 
apparire nelle fasi adulte nuovi caratteri e precisamente : 

1° Intensificazione del colorito delle parti superiori 
che da scuro diviene scurissimo: 4) in alcuni individui 
della specie pilaris l’intensificazione avviene nella parte 
centrale e basale delle penne senza mai raggiungere la 
parte marginale; 0) nella specie torquatus nella parte ba- 
sale e centrale delle penne senza raggiungerne la parte 
marginale che in primavera; c) nella specie merula in 
erado minore nelle femmine che nei maschi l’intensifica- 
zione del colorito occupa tutta la penna. 

2° Intensificazione del colorito fondamentale dellie 
parti inferiori: «) nella specie «acus l’intensificazione 
avviene sui lati del petto dove le singole penne prendono 
1l colorito delle parti superiori sia sui due vessilli sia sul- 
l'esterno solamente; d) nella specie musicus s’intensifica il 
colorito dei lati del petto divenendo uguale a quello delle 
parti superiori, ma alcune penne conservano la parte 
centrale chiara; c) nella specie viscivorus si intensifica 
la colorazione dei lati del netto formando in qualche caso 
macchie scure a forma di V; d) nella specie pilariîs 
1 lati del petto ed 1 fianchi hanno sempre negli a- 
dulti macchie scure a forma di .V; e) nella specie 
torquatus l’intensificazione avviene su tutto il petto 
e sui fianchi nella fase giovanile con formazione di 
macchie a V, sui fianchi e sulla nvarte centrale dell'addome 
nella fase adulta, nella quale possono aversi o macchie a 
V (individui meridionali ?) o una completa intensifica- 
zione di ciascuna penna anche nella sua parte marginale 
(individui settentrionali e caucasici ?). Si nota però che 
il passaggio dalle macchie a V a quelle piene si fa attra- 
verso un gran numero di fasi intermedie; f) nella specie 
merula l’intensificazione del colorito di tutte le parti in- 
feriori o di alcune soltanto avviene sia nelle femimne sia 
nei maschi, ma in grado minore in quelle che in questi : 


T92 FRANCESCO CHIGI 


nelle femmine si possono avere macchie a V sui fianchi e 
sull’addome, mentre nei maschi le penne di tutte le parti 
inferiori s'intensificano di regola completamente restando 
soltanto in qualche caso un margine più o meno largo di 
tinta chiara. 

Quando avviene l’intensificazione del colorito fonda- 
mentale spariscono le macchie primitive. 

3° L’intensificazione e scoloramento successivo di una 
parte di ogni penna del petto e dei fianchi si osserva nella 
specie #iacus, nella quale dopo la muta autunnale la par- 
te centrale della penna divenuta scura ritorna chiara in 
primavera. 

4° Lo scoloramento completo del colorito fondamenta- 
le del petto si osserva nella specie forquatus che subito 
dopo la muta autunnale ha le penne di questa regione di 
«un grigio sudicio con una sottile macchia semilunare su- 
bapicale scura, ma gradatamente la tinta delle penne di- 
viene bianca e spariscono le fascette semilunari, le quali 
rappresentavano gli ultimi vestigi della tinta fondamen- 
tale intensificata. 

N. B. Nella specie merula la tinta fondamentale del 
petto s'intensifica meno facilmente che quella delle altre 
regioni e può in alcuni casi decolorarsi divenendo assai 
chiara: agli individui aventi questa livrea fu dato il no- 
me di pseudibridi col Turdus torquatus. 


CONCLUSIONI. 


Prima di passare alle conclusioni generali è necessa. 
rio risolvere con la guida delle analisi comparative sopra 
riportate una questione secondaria: le due forme torqua- 
tus tipica ed alpestris debbono o no considerarsi come due 
buone specie ? 

E’ evidente che non essendo teoricamente noti i limi- 
ti del concetto di specte zoologica la questione può risol- 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO T33 


versi secondo l’apprezzamento personale, ma dall'analisi 
comparativa delle forme pielaris, merula e torquatus, cioè 
dei loro piani d’evoluzione, appare manifesto essere la 
forma alpestris, che ho sempre descritto distinguendola 
dalla forma tivica, non altro che una fase evolutiva meno 
progredita che la fase ritenuta tipica della stessa specie 
torquatus, come nei merli comuni quella con macchie a V 
non è che una fase meno progredita dell’altra con mac- 
chie ad anello o con colorito fondamentale completamente 
intensificato. Il parallelismo polimorfico proveniente dal- 
la stretta parentela fra i merli dal collare ed i merli co- 
muni,io feci notare altra volta di sfuggita, parlando di 
un esemplare femmina di merlo comune da me possedu- 
to (1). Volendo distinguere le due forme di torquatus co- 
me buone specie,bisognerebbe distinguere specificamente 
anche 1 merli comuni aventi cclorito fondamentale com- 
pletamente intensificato da quelli che conservano un di- 
segno simile al primitivo. 

E veniamo ora alle conclusioni generali. 

I. La specie #tacus ha una direzione di evoluzione 
sua propria. 

II. I piani specifici di evoluzione delle due specie 
musicus e viscivorus sono abbastanza simili per conside- 
rarli come progredienti nella stessa direzione. Queste due 
specie nelle loro fasi adulte più costantemente e meglio 
delle altre ripetono il tipo primitivo, essendo in esse di po- 
ca importanza 1 caratteri nuovi. Delle due specie poi quel- 
la che raggiunge un più alto grado di sviluppo ri- 
spetto al tino per una maggiore estensione delle macchie 
nelle parti inferiori è la specie v2sc0vorus. La loro comu- 
ne direzione di evoluzione è diversa da quella della spe- 
ne dliacus. Î 


(1) Boll. Soc. Zool. It., 1904 « Contributo allo studio dell’avifauna 
romana — Merula merula (L. pag. 225). 


184 FRANCESCO CHIGI 


III. Le specie pilaris, merula, torquatus hanno in 
omune la tendenza all’intensificazione del colorito fon- 
damentale e le regole secondo le quali questa avviene: 
non divergono pertanto in modo saliente nei piani di evo- 
lazione. Di esse la specie pilaris è la più somigliante al 
tipo primitivo, la specie merula è più evoluta, ma sicco- 
me le femmine conservano quasi costantemente il dise- 
gno primitivo con leggiere modificazioni, è da considerar- 
si come meno evoluta della specie torquatus, la quale nel- 
la fase niù evoluta e nei due sessi, perde completamente 
il disegno primitivo (1). 

Determinata la posizione delle specie in relazione al 
tipo primitivo, rimane da risolvere se, data la diversa di- 
rezione dei piani di evoluzione, le sei specie debbono di- 
stribuirsi in più di un genere. Si esce qui dalle pure con- 
statazioni di fatto e la questione deve risolversi con l’ap- 
prezzamento personale: secondo me le differenze nei ca- 
ratteri principali, dovute più che altro alla rapidità di 
evoluzione, noichè i giovani delle nostre specie tutti con- 
ccrdano nei caratteri principali, non possono essere ba- 
stanti per far ritenere che 1 gruppi di specie si siano dif- 
ferenziati dalla specie primitiva prima che fe singole 
unità attuali siansi differenziate fra loro. 

Nella prima parte di questi appunti ho fatto rilevare 
quale possa essere il valore dei gruppi generici formati 
con i mezzi che abbiamo ora a nostra disposizione, non è 
dunque un giudizio definitivo che io do concludendo che 
tutte le specie di tordi sopra descritte debbono esser riu- 


(1) Se in confronto con le specie qui descritte si considerasse il 
tordo dorato — Geocichla varia — si troverebbe che esso nella fase 
adulta conserva quasi tuttj i caratteri primitivi cioè strie centrali 
chiare ed apici scurissimi nelle parti superiori, macchie trasversali 
scure nelle parti inferiori ecc. : in questo modo il tordo dorato mostra 
essere una forma meno evoluta di tutti ‘i nostri tordi e di alcuni di 
quelli del gruppo dj specie al quale appartiene. 


FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO —, 133 


nite nell’unico genere Turdus di Linneo. Ammetto per e- 
sempio che la specie <iacus ha un modo di variare al 
quanto diverso da quello delle altre specie e forse potrà 
questo servire per creare un nuovo genere, ma è anche as- 
sai probabile che lo studio delle fasi evolutive delle nume- 
rose specie di tordi non italiane, faccia trovare un nesso 
fra il piano di evoluzione della specie iliacus e quello del- 
le altre specie italiane. 

Alcuni ornitologi adottano due gruppi generici, l’uno 
per 1 tordi, l’altro per i merli, ronendo nel primo le specie 
che hanno piumaggio uguale nei due sessi e nel secondo 
quelie aventi 1 due sessi con piumaggio diverso. Quanto 
questa. distinzione generica fra i tordi ed 1 merli sia po- 
co logica e quanto poco rispecchi la affinità filogenetica 
delle specie, oltre risultare chiaramente dalla compara- 
zìone del pianl di evoluzione sopra riportati, risulta an- 
che dall'esame, sia pure superficiale, nelle specie attri- 
buite all’uno od all’altro genere: ad esempio la specie 
fuscatus Pallas si pone nel genere Merula insieme con la 
specie merula, con la snecie torquatus, ecc. mentre la spe- 
cie pilaris sì pone nel genere 7'urdus; ora la specie fusca- 
tus ha una singolare rassomiglianza con la specie pilaris 
e molto differisce dai veri merli. 

La differenza dei sessi pol ner tutti i tordi e merli 
non può costitulre una caratteristica generica poichè, se 
differenza di sessi esiste, essa proviene dal fatto che nelle 
specie più differenziate dal tipo le femmine raggiungono 
un grado di sviluppo minore di quello raggiunto dai ma- 
Schi, s1 arrestano cioè prima di questi nella loro evoluzio- 
ne individuale. Dirò ancora che in generale negli uccelli 
la differenza dei sessi non può in alcun modo servire di 
distintivo generico se essa non è accompagnata da carat- 
teri assai più importanti: così non basta la differenza 
dei sessi nel Dendrocopus minor per collocarlo in un gene- 
re diverso dal Dendrocopus medius, non basta nella Saxi- 


1306 FRANCESCO CHIGI 


cola melanolewea per collocarla in un genere diverso dal- 
la Sazicola stapazina, non basta nel Passer domesticum 
per collocarlo in un genere diverso dal Passer montanus 
ecc., chè queste distinzioni di generi sarebbero troppo ar- 
tificiali. 
Le specie che non ho considerato in questo studio o 

si collegano alle direzioni di evoluzione sopra indicate 0 
possono averne altre diverse da tutte quelle considerate. 

Chi avrà avuto la pazienza di seguire il mio pensiero 
attraverso le argomentazioni di questi appunti, ricono- 
scerà, forse, che . se i risultati ottenuti non corrispondono 
all’aspettazione, non mi è mancata certo l'intenzione di 
tentare con la povertà dei miei mezzi di rimettere un po’ 
in chiaro i principii che debbono regolare lo studio siste- 
matico degli uccelli. 


Roma, Aprile 1908. 


ISTITUTO DI ZOOLOGIA DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dai prof, comm. A. CARRUCCIO 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 
Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, 


Fisiopatoiogia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo 


Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO’ 


(Continuazione, ved. fasc. I e II, 1908 - pag. 49-62) 


X. — SIGNIFICATO MORFOLOGICO 


Abbiamo già avuto cccasione di accennare inciden- 
talmente alle opinioni dei varî Autori sulla natura e sul 
significato morfologico delle cellule intestiziali del te- 
sticolo; tuttavia, credo bene riassumerle ora in modo più 
preciso. Che cellule sono dunque le interstiziali? A 
quale tessuto appartengono? Vi sono Autori che le rite- 
nevano come elementi nervosi, altri come elementi leuco- 
citari, altri come cellule endoteliali; ma le due correnti 
più autorevoli sono quelle che le credono cellule epiteliali, 
oppure cellule connettivali. Tali ipotesi si basano non 
solo sullo studio morfologico ed embriologico di questi ele- 
menti, ma anche sopra i dati forniti dalla fisiologia, dalla 
patologia e dall’esperimento; e, ora, dopo avere espletati 
questi vari argomenti, ci sarà possibile intender esatta- 
mente a qual punto si trovi la questione. 

Ormai non ha più che un valore storico l'opinione 
che le cellule interstiziali siano cellule nervose. Lo cre- 
dettero Letzerich, che le riteneva un ganglio; Harwey, che 
vi riconobbe due prolungamenti e la struttura di cellule 


138 VALENTINO BARNABO’ 


rvose bipolari; Jacobson nella sua prima memoria del 
.ui perché le aveva colorate col metodo del cloruro d’oro; 
ed Henle, che le voleva elementi nervosi terminali. 

Pure soltanto di interesse storico è ormai l'ipotesi 
messa Vi varî Autor!, anche recenti, che si tratti di leu- 
cociti. Ludwig pel primo pensava che si avesse a che fare 
con he vasi linfatici tagliati, dentro i quali esistono glo- 
buli bianchi, che tagliati alla lor volta, assumono la 
forma delle cosiddette cellule interstiziali. Waldeyer nel 
1875 le ravvicinò alle plasmazellen; ed Erlich le chiamò 
cellule granulose perchè, secondo lui erano cellule plasma- 
tiche non colorabili col violetto di dahlia. Regaud recen- 
temente nel 1900, pur dicendo che le cellule interstiziali 
sono elementi di origine mesodermica, e che sono cellule 
mescdermiche giovani e perivascolari modificate, e pur 
ammettendole dovute a cellule connettivali, ritiene che 
in alcuni casi possano derivare anche da leucociti. E Sé- 
nat ammette con grande riserva che si potrebbe spiegare 
la provenienza leucocitaria degli elementi interstiziali, 
da una parte dalle cellule fisse, dall’altra. a spese dei leuco- 
citi migrati e fissati secondariamente. 

Di conto mio, mentre non ritengo che ormai si pos- 
sa neppur più pensare ad elementi nervosi per le cellule 
interstiziali, sebbene esistano alcune cellule con prolun- 
gamenti protoplasmatici tali da ricordare lontanamente 
gli elementi nervosi, non ritengo d’altra parte che neanche 
si possa credere seriamente alla provenienza leucocita- 
ria. Certo vi sono delle cellule interstiziali, rotondeggian- 
ti, a nucleo grosso, che ricordano i leucociti mononucleati 
grossi; e ve ne sono anche di quelle che presentano, se- 
condo la descrizione di Félizet e Branca, dei nuclei stroz- 
zati in varia guisa e che somigliano quindi ai leucociti a 
nucleo polimorfo. In ogni caso però non si può trattare 
di leucociti, perchè questi normalmente non han mai pre- 
sentato nè granuli di pigmento, nè goccioline di grasso, 


ne 
] 


D 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO I39 


nè cristalloidi di Reinke. Quanto poi all’ipotesi, diremo 
conciliativa, del Sénat, mi pare non abbia molto valore, 
perchè, secondo le moderne teorie, si suol ammettere che 
gli elementi fissi di tutti i connettivi siano elementi mo- 
bili, secondariamente fissati, quali ad esempio le cellule 
fisse della cornea. Io credo che sia quindi meglio esa- 
minar più attentamente le altre due ipotesi che ritengono 
l'elemento interstiziale di natura connettivale o di natura 
epiteliale. 


Per la prima di queste due opinioni sta la maggior 
parte degli Autori, anche moderni. Già Leydig, ritenne 
gli elementi interstiziali come cellule connettivali simili 
alle adipose. E dopo di lui Boll, che li considerava ele- 
menti connettivali trasformati; Von Ebner, che li ammise 
come cellule connettivali profondamente modificate; La 
Valette S.t George, che pensava fossero cellule connetti- 
vali di origine e natura enigmatica; Hofmeister, che sol- 
tanto per alcune snecie di animali li ammise come di na- 
tura connettivale; Von Mihalkowiez che nel 1873 li aveva 
ritenuti di origine conettivale, e nel 1895 tornava a que- 
sta opinione, dopo averne fatti degli elementi epiteliali 
nel 1885. Inoltre ammisero la natura connettivale Kocher 
e Gerster; Jacobson nel suo secondo lavoro pubblicato nel 
1879, in cui si era ricreduto della sua primitiva opinione; 
Tourneux, Kolliker; Plato, 11 auale afferma di aver tro- 
vato nersino gli stadi intermedi tra le cellule connettivali 
e le interstiziali; Friedmann, il quale ha pure trovato si- 
mili stadi intermedi negli embrioni tra le cellule connet- 
tivali intertubulari e le interstiziali; lo stesso Sénat, e 
Regaud, che avevano anche ammesso come possibile l’ori- 
cine leucocitaria; Versari nelle sue note al trattato del 
Rawitz; il Szymonowicz; e altri. Félizet e Branca, ba- 
sandosi sulle ricerche negli animali criptorchidi, le riten- 
gono una modalità delle cellule connettivali, e, pur am- 
mettendo l’origine endoteliale, pensano che gli elementi 


140 VALENTINO BARNABO” 


connettivali delle pareti dei tubuli si siano evoluti in cel- 
lule interstiziali. Anche Loisel vedemmo già sostenere Vi- 
potesi che le cellule connettivali del mesoderma, restate 
tra tubulo e tubulo, diano luogo alla formazione della so- 
stanza interstiziale. Finalmente anche iBranca sostiene 
che le cellule interstiziali si sviluppino a spese del tessuto 
connettivo. 

Io credo che la ipotesi più semplice, la quale può 
sorgere dall’osservazione superficiale della forma della 
cellule interstiziali, e specialmente della loro topografia, 
sia appunto quella di ritenerle di origine connettivale. E 
difatti non in tutti gli animali e non sempre si può a pri- 
ma vista distinguere questi elementi dai connettivali. Se 
ne differenziano però bene, quando si esaminano con at- 
tenzione i particolari di struttura e quando si tiene pre- 
sente che di solito nei comuni preparati, delle cellule fisse 


conettivali non si osserva il protoplasma, mentre è osser- 


vabile soltanto il nucleo, per lo più fusato e uniforme- 
mente colorato, privo di nucleoli. Ecco perchè i primi os- 
servatori pensavano a cellule connettivali, pur tuttavia 
profondamente modificate, e di natura enigmatica. Gli 
stadi intermedi poi, tra gli elementi connettivali e gli in- 
terstiziali, che furono descritti da Plato e da Friedmann, 
non credo si possano accettare senz'altro come tali, perchè 
le cellule fisse del connettivo sogliono essere di foggia sva- 
riata; non riescirebbe pertanto difficile trovar alcune for- 
me simili alle cellule interstiziali, e altre simili a quelle 
connettivali, pur non potendole ritenere sicuramente come 
forme di passaggio, intermedie tra le une e le altre. Inol- 
tre vi è molta incertezza negli stessi Autori, alcuni dei 
quali prima sostengono un'ipotesi, poi un’altra, poi si 
ravvedono; e tali dubbî esistono ancora, non potendosi 
quindi ammettere senz’altro la natura connettivale di 
questi elementi. 

Si tratta dunque di cellule epitetiali? Per questa 


Re n e TTT, _—"— cr —————e dI: 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO I4I 


ipotesi sono pure varî Autori. Hofmeister, fa un’osserva- 
zione che sembra molto giusta : in alcuni Mammiferi ave- 
va dovuto ritenere le cellule interstiziali come connetti- 
vali, mentre in altri aveva riconosciuto il loro aspetto net- 
tamente epiteliale; non sa quindi dire con precisione che 
cosa esse siano, pur credendo che devano essere epitetiali. 
Si comprende bene il dubbio dell’Hofmeister; ma non sì 
può ora accettare che varî la loro natura nei diversi anl- 
mali, perchè ciò sarebbe contrario alle odierne conoscenze 
su queste cellule, che si presentano omologhe e analoghe 
in tutti i Mammiferi. L'idea che gli elementi interstiziali 
possano essere, di natura epiteliale fu emessa anche da 
Mihalkowiez nel 1885, sebbene dieci anni dopo quest’Au- 
tore l'abbia del tutto ritirata. Nussbaum ammise che i 
cordoni della sostanza interstiziale del testicolo, a simi- 
glianza di quelli dell’ovaio, provengano dai cordoni del- 
l’epitelio germinativo, e siano rimasti allo stato embrio- 
nale senza svilupparsi. E l'origine epiteliale fu inoltre 
sostenuta da Messing, da Lenhossèk, da Bardeleben, da 
Bohm e Davidoff, 1 quali, facendo derivare dai cordoni 
sessuali le cellule interstiziali, accordano loro il valore 
di un epitelio mesodermico. Abbiamo già visto che per 
altro oggi si ritiene indinendente anche dal vunto di vista 
dello sviluppo la parte interstiziale da quella seminale 
del testicolo. 

Ora a me sembra che neppure sì possa esser certi 
della natura epiteliale di queste cellule. Difatti, sebbene 
1 loro prodotti possano anche far pensare a tali elementi; 
purtuttavia resterebbe sempre strano ad esempio, di tro- 
varle frammiste a cellule fisse del connettivo e in mezzo 
al tessuto connettivale. E° vero che Prenant descrive una 
« cellule accessoire du testicule » di dubbio significato; e 
che Regaud ha notato l’esistenza di cellule seminali nel 
tessuto connettivale del testicolo; e tali fatti potrebbero 
far pensare ad una analoga inclusione di elementi epite- 


Tf2 VALENTINO BARNABO” 


liali, anche per le cellule interstiziali. In ogni modo oc- 
corre altresì ricordare che solo assai di raro si trovano nel- 
l'organismo cellule epiteliali isolate; e che pure nelle in- 
clusioni abnormi si sogliono rinvenire unite tra di loro nel 
modo caratteristico degli epiteli. Gli elementi interstiziali 
invece si ritrovano il più spesso isolati, uno solo magari 
in uno spazio intertubulare; e anche quando sono riuniti 
in isolotti, sono il più spesso allontanati gli uni dagli altri. 
Non son difatti dimostrabili i prolungamenti protopla- 
smatici descritti da Regaud e da Harwey; e solo quando 
vi è un notevole accumulo di tali cellule, si trovano ad- 
dossate le une alle altre, cosa che per altro può accadere 
pure per gli elementi connettivali. E in ogni modo anche 
in tal caso manca qualsiasi traccia di sostanza cementan- 
te, dimostrabile con le note impregnazioni; sostanza que- 
sta caratteristica, sebbene in scarsa quantità, per gli epi- 
teli. Come tale non si può abbiamo visto ritenere quella 
sostanza fibrillare, certo di natura connettivale, che si 
trova circondar in molti casi le cellule interstiziali. 

Per Bouin e Ancel non si tratterebbe di cellule epi- 
teliali soltanto ma di vere cellule glandolari, perchè il 
loro nucleo e il loro citoplasma ne ha i caratteri; perchè 1 
nuclei aumentano la superficie di contatto col citoplasma 
durante il periodo della secrezione; e perchè infine non 
sì sono mai riscontrate figure cariccinetiche. Inoltre sa- 
rebbero cellule glandolari perchè elaborano dei prodotti 
di secrezione svariati e complessi; e perchè nel loro in- 
sieme costituiscono una vera e propria glandola intersti- 
ziale di funzione importante per l'organismo e forse an- 
che per la nutrizione degli elementi seminali. Ho già a- 
vuto occasione di confutare dal punto di vista istologico 
questa opinione; perciò basta ricordare che anche una tale 
ipotesi non è ammissibile senza le dovute riserve, perchè 
i caratteri del nucleo e del citoplasma non sono esclusivi 
delle cellule glandolari; perchè non è descritto ancora con 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO T43 


certezza un periodo secretorio e un periodo di riposo di 
tali elementi; e perchè l'assenza di mitosi non è esclusiva 
e propria delle cellule glandolari. 

Dissi già che la presenza di prodotti di elaborazione 
avrebbe maggior importanza come argomento favorevole 
per questa ipotesi, qualora però si fosse certi sulla loro 
natura e sul loro destino. Ma se l’istologia fisiologica non 
conferma del tutto tale opinione, non la confermano nep- 
pure in modo assoluto i dati aell’embriologia, da cui è 
provata soltanto l'origine mesenchimale di queste cellule; 
e neppure la patologia e l'esperimento possono fornirci ar- 
gomenti in proposito. Difatti si potrà tutt'al più rite- 
nere che siano cellule dotate di una secrezione e di una 
funzione; ma non si può perciò senz'altro ritenerle ele- 
menti glandolari. 

Per finire ricorderò poi che si è anche pensato alla 
natura endoteliale delle cellule interstiziali. Regaud a- 
veva già nel 1897 descritti i falsi endoteli della superficie 
dei tubuli seminiferi, senza però parlare degli elementi 
interstiziali. Ma Félizet e Branca nel 1902 emisero l'i- 
potesi che le cellule endoteliali delle pareti dei tubuli 
seminiferi possano, evolvendosi, divenire interstiziali. 
Essi, come accennammo già, descrissero nel testicolo ecto- 
pico notevoli modificazioni degli elementi delle pareti dei 
tubuli seminali; e videro che le cellule endoteliali aveva- 
no preso il loro aspetto lamellare, mentre si era enorme- 
mente sviluppato il nucleo, facendo loro assumen> una 
struttura simile a quello delle cellule interstiziali. Ora, a 
parte l'incertezza degli Autori nell'opinione da loro stessi 
emessa, dobbiamo pensare che la osservazione è unica, e 
che merita conferma. Certamente poi, almeno date le pre- 
senti conoscenze, nulla fa pensare a cellule endoteliali od 
endotelioidi, e nulla autorizza una tale ipotesi. 

Concludendo, io ritengo prematura colle nostre cogni- 
zioni la discussione sulla natura istologica, sul significato 


144 VALENTINO BARNABO' 


iorfologico di tali cellule. Noi conosciamo molto su questo 
argomento; ma dobbiamo altresì confessare che le notizie 
da noi possedute sono frammentarie, o sconnesse, od in- 
certe, o tra loro disaccordi; e che soltanto poche sono si- 
cure, e non ammettono più discussioni. Vi sono tuttavia 
varî argomenti a favore della natura connettivale di tali 
cellule, e molti altri a favore della loro natura epiteliale 
o glandolare; io credo però che solo nuovi e accurati studî 
potranno risolvere la questione in modo definitivo e far 
accettare l’una piuttosto che l’altra di queste ipotesi. 


(Continua). 


ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE DELL\ R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof. A. BIGNAMI 


Ve (PBARNABÒ 


Sugli effetti delle inoculazioni negli animali 


dell’estratto di Taenia saginata ‘ 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


Dai risultati delle mie esperienze si possono dedurre le 
seguenti conclusioni. 

La prima serie di ricerche può dimostrare come l'e- 
stratto di /aen:a saginata eseguito col metodo di Mingaz- 
zini e colle modificazioni di Messineo e di Calamida, non 
produca sulle cavie, quando è ingerito col cibo, nessun fe- 
nomeno tossico. Si potrebbe pensare che l'acidità del succo 
gastrico neutralizzasse le sostanze tossiche di natura ancora 
sconosciuta ; ma i risultati della seconda serie di esperienze 
escludono questa obbiezione. 

Colla seconda serie di ricerche si può infatti concludere 
che l'estratto ottenuto dal Mingazzini, o non è assorbito 
dalla mucosa intestinale integra, o non riesce tossico per le 
cavie in simili condizioni e per questa via. Non saprei però 
dire con precisione cosa succeda quando la mucosa è alte- 
rata, perchè non sono riuscito a determinarvi delle altera- 
zioni che non producessero per sè fenomeni morbosi e an- 
che letali, rendendo difficile lo scindere tali effetti da quelli 
della inoculazione dell’estratto. In ogni modo, lasciando in- 


(1) Continuazione e fine - Vedi Fasi.li precedenti (vol: 1907, p. 85). 


Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4 


140 VALENTINO BARNABO” 


tegra la mucosa intestinale, le condizioni dell’ esperimento 
riproducono nel miglior modo possibile quelle in cui si ha 
la elmintiasi da tenia, perchè questo verme non produce al- 
terazioni sulla mucosa come vedemmo aver dimostrato Min- 
gazzini. Ora, siccome l’ estratto ottenuto da questo autore 
non dà luogo, per quanto riguarda le cavie, a nessun fe- 
nomeno tossico in tali condizioni, queste mie esperienze por- 
terebbero al dubbio che non vi sia contenuta realmente 
quella sostanza tossica, che prodotta dal verme nella sua 
permanenza nell'intestino dell'ospite, sarebbe causa dell’ in- 
tossicazione. Questo stesso estratto si dimostra poi anche 
innocuo allo stato di concentrazione da me ottenuto per la 
quarta serie di esperienze, tanto quando è dato a mangiare, 
quanto quando è inoculato direttamente nell'intestino integro 
delle cavie. 

La terza: serie di esperienze, in.cui ho [inoculatoCcon 
risultati negativi l’acqua nella quale avevano vissuto pro- 
glottidi di tenia, fa riflettere che è difficile anche l’avere 
sperimentalmente dei prodotti di ricambio materiale simili 
a quelli che si suppone produca il verme che si trova pa- 
rassita nell'intestino umano. Del resto risultati negativi a- 
veva avuto anche Mingazzini nelle analoghe esperienze su- 
gli Ascaridi. 


Roma, novembre 1905. 


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29ET 


ISTITUTO Z00L0GICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO 


Contributo alla conoscenza desti Imenvtteri tentredinei 


DEL LAZIO 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana 
dal Dott. GiusEPPE LEPRI secondo aiuto nel predetto Istituto 


Il compianto Prof. Faustino Manzone, fin dal 1893, 
iniziava la illustrazione degli Imenotteri tentredinei del 
Lazio, pubblicando nel 2. volume del Bollettino della So- 
cietà Romana per gli Studi Zoologici, un primo elenco 

di 47 specie da lui raccolte ed osservate entro i confini 
della regione suddetta, e più precisamente, secondo quan- 
to dice egli stesso, nei dintorni immediati di Roma, nei 
Colli albani, nella valle dell'Aniene, lungo il littorole da 
Palo a Nettuno e nei dintorni a S-E del lago di Bracciano. 
Disgraziatamente la morte immatura del Prof. Manzone, 
troncava un lavoro che si annunziava interessante ed uti- 
lissimo agli studiosi della fauna entomologica romana. 

Avendo in questi ultimi anni raccolto un abbastanza 
ricco materiale in fatto d’Imenotteri romani, mi propon- 
go di riprendere 1l lavoro del Manzone, cominciando dai 
Tentredinei e giovandomi, oltrechè della mia collezione, 
di quella del Manzone stesso, provvidamente acquistata, 
dal Prof. Carruccio pel Museo Universitario e del mate- 
riale dal suddetto Professore e dai suoi allievi, raccolto, 
entro i confini della Prov. Romana. 

Tanto più che avendo io raccolto Imenotteri in parti 
della nostra provincia diverse da quelle esplorate dal 
Manzone, ossia, principalmente, sul gruppo del M. Cimino 
presso Viterbo, nei dintorni di Viterbo, sui Monti Ceriti 


T52 GIUSEPPE LEPRI 


presso Tolfa (circondario di Civitavecchia), alla Man- 
ziana, posta a N-O del lago di Bracciano, e lungo il litto- 
rale da Palo a Civitavecchia, questa mia nota potrà ser- 
vire, se non ad altro, ad illustrare meglio la distribuzione 
delle singole specie nel Lazio. 

Debbo aggiungere che parecchi interessanti specie fu- 
rono raccolte sul M. Autore e sui colli Albani dal Sig. 
Paolo Luigioni che gentilmente me le ha donate. 

Ho creduto bene di ripetere addirittura l’elenco delle 
specie citate dal Manzone, facendovi mano mano le debite 
aggiunte, anzichè limitarmi senz’altro alla nota di queste, 
per dare così una nota esatta e complessiva dei 7'entredi- 
nei finora conosciuti nel Lazio, della loro diffusione e 
della loro maggiore o minor frequenza a seconda delle 
località. 

Per la classificazione, discostandomi da quella del- 
l’Andrè, seguita dal Manzone, mi sono attenuto a quella 
più recente adottata dal Prof. Schmiedeknecht nel suo ul- 
timo lavoro : Die Hymenopterem Mitteleuropas (Iena 1907) 
che è poi quella del Konow's. 


BIBLIOGR \FIA. 


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IMENOTTERI TRENTREDINET E53 


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BERLESE:— Materiali per un Catalogo di Teutredinei italiani, ibidem, 
vol. XXI-XXII. 


Fam. TENTHREDINIDA 


Oltre 1 caratteri generali degli Imenotteri terebranti 
ad addome tessili ecc. questa famiglia presenta i seguen- 
ti caratteri speciali : 

Pronoto profondamente intaccato sul suo lato poste- 
riore, mesonoto separato per un solco dallo scutello. Ali 
anteriori senza venatura intercostale, e spazio intercosta- 
la ristretto, nervatura discoldale, riunentesi alla nerva- 
tura cubitale, alla sua origine o più avanti, ma non incro- 
gclantesi con essa, nervatura basale non comunicante con 
la prima cellula cubitale. — Antenne bis-tri-polisegmen- 
tate. Larve con 6 zampe toraciche e 12-16 addominali. 


1° Subfam: Cimbicinae. 


Corpo tozzo e spesso grosso e villoso, antenne corte e 
claviformi con 4 o 5 segmenti sottili e distinti, gli altri 4 
o 5 fusi a formare la clava. Testa senza marginatura tem-' 
porale, lateralmente più o meno rigonfia. Addome con 
margini laterali taglienti. Ali anteriori con due cellule 
radiali e tre cubitali. Cellula lanceolata divisa o contrat- 
ta nel mezzo. 

Gen. Cimbea Olivier. 

1.C. humeralis Fourcroy — Raro: 1 Es. a Bracciano 
(Manzone) — Ne ho raccolto un © alle falde del M. Ci- 
mino, presso Vetralla in giugno — mentre volava in una 
radura di un bosco insieme a diversi altri. 


I54 GIUSEPPE LEPRI 


2. C. femorata L. var Sylvarum Fabr. - Raro: 1 es. 
lungo l’Aniene (Manzone). 

Gen. Clavellaria Olivier. 

3. C. amertnae:L. — Raro nei dint. di Roma: 1 Es: 
lungo l’Aniene (Manzone), meno raro in giugno nei din- 
torni di Tolfa, in luoghi Doscosi. 

Gen. Abita Leach. 

4. A. aurutenta Sichel — Rara: ne possiedo un 4 col- 
to dal sig. Luigioni sul M. Autore. Un altro esemplare è 
nella raccolta del viuseo Universitario con l’indicazione : 
Dintorni di Roma. 

Questa specie non è citata dal Manzone. 

Il suo habitat secondo lo Schmiedeknecht (op. cit.), 
sarebbe la Germania Meridionale, la Svizzera ed 11 Tirolo; 
l’Andrè la cita anche per il Piemonte: Infatti il tipo de- 
scritto dal Sichel proveniva da Torino (Berlese). 

5. A. Serîicea L. — Comunissima in tutto il Lazio, in 
pianura e collina, nei luoghi erbosi ed aperti, in giugno 
e Luglio. 

Gen. Amasîs Leach. 

6. A laeta Fabr. — Comunissima per tutto, anche in 
montagna, avendola rinvenuta sul M. Cimino oltre 800 m. 
s/m, predilige 1 fiori di Ranunculacee. 

7. A. obscura Fabr. — Rara :ne ho colti due individui 
% e 2 in giugno nei prati di Arcinazzo, sopra a Subiaco 
ad un altezza di quasi 1000 m. s/m. 

Questa specie, nuova per il Lazio è stata rinvenuta 
nel Napoletano (Costa) in Calabria (Cavanna) ed in Si- 
cilia (Sichel). Il Berlese ne cita due esemplari colti in 
Toscana. 


2° Subsam Arginae, 


Corpo di mediocri dimensioni, liscio, con addome ar- 
rotondato ai lati. — Antenne tri-articolateri con segmento 
apicale molto lungo. — Ali anteriori con una cellula ra- 


IMENOTTERI TRENTREDINEI 3 ES5 


.diale indivisa e 4 cellule cubitali. — Cellula lanceolata 


divisa o contratta per lungo tratto . 

Gen. Arge Schrank (= Hylotoma Latr.). 

8. A. atrata (Forster), — Rara: 1 Es. a M. Viglio 
(Manzone). Un altro lo ho raccolto al piano dell’ Arcinazzo. 

10. A. cyanocrocea (Forster). — Comunissima (Man- 
zone) l'ho rinvenuta specialmente abbondante sul M. Ci- 
mino in giugno e luglio. 

11. A. melanocroa (Gmelin).— Anch’essa comunissima 
frequenta insieme alla specie precedente i fiori di ombrel- 
lifere nelle stesse epoche. 

12-A. rosse (De (xeer). — Comune'per tutto. 

13. A thoracica Spinola. — Rara: Ho raccolto un e- 
semplare di questa bella specie a Tor di Quinto presso 
Roma, in Luglio. Non è citata dal Manzone. 

Il Berlese ne menziona 4 esemplari colti nell’Agro 
Fiorentino. E° stata colta anche in Liguria (Spinola). 

14. A. coeruletpennis (Retz). — Rara: Ne ho cattu- 
rato un 3 su un bosco di castagni alla Manziana a N-O 
del lago di Bracciano. Mi sembra che questa sia la prima 
cattura registrata in Italia. Abita (Andrè) l'Europa cen- 
trale e Settentrionale. 

Gen. Aprosthema Konow (= Schizocera plur. auct.). 

15. A. furcata (Villiers). — Comune nei dintorni di 
Roma (Manzone) presso Viterbo, alle falde del Cimino, 
presso la Tolfa, nella valle del fiume Mignone. 


3* Subfam. Tenthredininae. 


Corpo ordinariamente allungato, arrotondato ai lati 
raramente oviforme. — Antenne di 7 o 9 segmenti, fili- 
formi o setiformi, mai claviformi talvolta un poco in- 
grossate nel mezzo, più di rado verso l'apice. — Cellula 
radiale divisa da una nervatura trasversale, raramente 


‘indivisa. 


156 GIUSEPPE LEPRI 


Gen. Cladius Tlliger. 

16. C. pectinicornis Ill -- Raro: 1 es. a Tivoli (Man- 
zone). 

Gen. Nematus Iurine. 

17. N. septentrionalis (L). — Raro: 1 es. entro Roma 
(Manzone) : un altro lo ho colto presso Bracciano in luglio. 

18. N. myosotidis Fabr. — Raro: 1 es. presso Brac- 
ciano (Manzone). 

Gen. Blennocampa Hartig. 

19.,B. ventralis Spinola. — Non molto comune nei 
dintorni di Roma. i 

Gen. Athalia Leach. 

20. A. spinarum Fabr. — Comune in tutto il Lazio. 

21. A. amnulata Fabr. — Comunissima nei dintorni 
di Roma, nel Viterbese, lungo il mare ecc. 
22. A. rosae (L). — Comune ed abbondante per tutto. 

Gen. Selandria Leach. 

23. S. servo Fabr. — Scarsa nei dintorni di Roma 
(Manzone) più comune sul Cimino. 

24. S. straminerpes Klug. — Rara sui Colli Albani e 
sul Cimino. 

Gen. Ertocampa Hartig. 

29. E. ovata (L). — Rara: 1 es. a Subiaco (Manzone). 

Gen. Strongylogaster. 


26. S. angulatus Fabr. — Raro: 1 es. a Isola Farnese 
(Manzone). 

Gen. Emphytus Klug. 

27. E. filiformis Klug. — Molto raro nei dintorni di 


Roma. Il Manzone ne lrinvenne uno all’Acqua acetosa. 
Un secondo esemplare l'ho raccolto in Luglio a piazza 
d'Armi. Secondo Andrè questa specie sarebbe diffusa in 
Inghilterra, Francia, Olanda, Germania, Svezia. 

28. E. didymus Klung. — Raro sui colli Albani (Man- 
zone), ne ho catturato due individui sul M. Cimino. 

29. E. cinctus (L). — Scarso nei dintorni di Roma. 

Gen. Dolerus Iurine. 


IMENOTTERI TRENTREDINEI 57 


30 D. haematodes Schr. — Raro lungo l Aniene (Man- 
zone). 

51. D. pratensis IL. Comune sui dintorni di Roma, alle 
falde del Cimino e presso Tolfa. 

32. D. niger L. — Raro: 1 es. a Subiaco (Manzone) 
Un altro l'ho colto sul Cimino. 

Gen. Macrophya Dahlbom. | 

393. M. rustica L. — Comunissima in tutto il Lazio 
in collina e montagna, sui fiori di ombrellifere nelle ra- 
dure dei boschi, in grugno e luglio. 

54. M. blanda Fabr. — Rarissima sui colli Albani 
(Manzone) scarsa sul Cimino ed alla Tolfa. | 

359. M. neglecta Klug. — Comune nei dintorni di 
Roma, al Cimino, alla Manziana, ali colli Albani. 

36. M. crassula Klug. — Comune insieme alla specie 
precedente. 

ST. M. albicineta Schr. — Comunissima in luglio. 

38. M.rtbis Schr. — Rara: 1 es. ad Albano (Man- 
AIÌ 

39. M. novemguttata Costa. — Scarsa nei dintorni di 
Roma (Manzone); così pure a Manziana e Tolfa. 

40. M. punctum albun (L.). — Comune nei dintorni 
di Roma (Manzene); scarsa presso Viterbo. 

41. M. haematopus Panzer. — Rara: 1 es. entro Ro- 
ma (Manzone); altri due li colsi nei dintorni di Viterbo 
in luglio. 

42. M. ruftpes (L.). — Scarsa nei dintorni di Roma 
(Manzone) e nel Viterbese. 

Gen. Synairema Htg. — (Perineura Htg. Konow). 
| (In questo genere sono riuniti i due: Synairema e 
Perineura). 

43. G. viridis L. — Rara nell’alta valle dell'Aniene 
(Manzone); ne possiedo parecchi esemplari colti sui monti 
Albani dal Sig. Luigioni e da lui donatemi. Alcuni di 
questi presentano la fascia nera dorsale longitudinale, 
dell'addome, larghissima. 


158 GIUSEPPE LEPRI 


44. S. scutellaris (Panzer). — Scarsa sui colli Albani 
(Manzone); abbastanza comune sul M. Cimino in giugno. 
45. G. floricola (Costa). — Non è menzionata dal 


Manzone per 11 Lazio. Ne ho raccolti pochi individui sui 
Monti Laziali in giugno. Sembra abbastanza comune in 
Toscana (Berlese). 

46. S. bremuscuta (Costa). — Ho raccolto un esempla- 
re di questa graziosa specie nei dintorni di Bracciano in 
Aprile. 

Non è citata che dal Costa pel Napoletano. 

en. AlZlantus Turine. 


47. A. scrophulariae L. — Raro in tutto il Lazio. 


48. A. viennensis Schr. — Scarso nei dintorni di Ro- 
ma e sul Cimino. 
49. A. viduus Rossi. — Abbastanza comune in giugno 


nei dintorni di Roma (Manzone); abbondantissimo sul 
Cimino, a Tolfa, ianziana, nei boschi di castagno. 

50. A. bicinetus Scopoli. — Raro sui Colli Albani 
(Manzone); abbastanza comune sul Cimino in luglio. 

51. A zona Klug.. Non raro sul Cimino in luglio. Que- 
sta specie non è citata dal Manzone : è indicata come rara 
dal Magretti per la Lombardia: è più comune nell’Italia 
Meridionale ed in Sicilia (Costa, Berlese). Abita l'Europa 
Centrale e Settentrionale. 

Gen. Tenthredo. 

52. T. flava Scopoli. — Rara in Provincia: 1 es. lo 
ebbe il Manzone da Tivoli, un altro lho catturato sul Ci- 
mino. 

53. T. colon Klug. — Rara: un es. a Monte Mario, 
presso Roma (Manzone). 

Sono così 53 le specie di Tentredinei finora conosciute 
come viventi nel Lazio: mi rimane ancora un buon numero 
di esemplari da studiare, mi auguro quindi, in una pros- 
sima nota di aumentare di molto questa cifra. 


GIUSEPPE LEPRI. 


. il a atirncicciòa tec t tttee 


Sul rinvenimento di Foladi 


nella torba del littorale di Foglino 


Comunicazione del socio LUIGI! GRASSI 


alla Soccetà Zoologica Italiana con sede in Roma. 


Il prof. Romolo Meli, nella sua nota, « Sulla esistenza 
di strati di torba affioranti in mare lungo la spiaggia di 
Foglino, presso Nettuno », presentata alla Società Geolo- 
gica Italiana nel Settembre del 1895 (Boll. Soc. Geol. It. 
vol. XV (1896), pag. 15-36), disse come più volte aveva | 
rinvenuto sulla spiaggia di Foglino, numerose valve iso- 
late di Pholas candida Linn. e Pholas dactylus Linn. ol- 
tre ad una grande quantità di blocchi di torba più o meno 
legnosa e di aspetto recente. 

In altra escursione, fatta in compagnia dell'Ing. En- 
rico Clerici, in detta località, dopo una violenta mareg- 
giata avvenuta il giorno innanzi, potè osservare due stra- 
ti di torba potenti ciascuno circa m. 0.30, racchiudenti 
uno strato di argilla, affiorare entro mare. Egli riscontrò 
detti strati per una lunghezza di circa 300 m., con anda- 
mento parallelo al bordo del mare, entro il quale si trova- 
no immersi, ad una distanza variante da 4 a 5 m. dalla li- 
nea di spiaggia. 

Inoltre osservando i blocchi di torba che il mare a- 
veva allora disseminato sulla spiaggia, notò in essi una 
serie di fori a sezione circolare. Rotti 1 blocchi nella di- 
| rezione dell’asse di ciascuno dei fori, trovò cavità allun- 
i/ gate di forma cilindro-conica, entro le quali erano in po- 
sto le valve di una Pholas. 

Gli esemplari di Pholas dacstylus Linn. e di Pholas 
candida Linn. erano morti e privi delle loro parti molli; 
inoltre le cavità entro le quali erano innicchiate, erano 


160 LUIGI GRASSI 


riempite per lo più di arena di spiaggia. In una escur- 
sione da me tatta il giorno 8 gennaio del corrente anno, 
in compagnia del collega Gioacchino Frenguelli, lungo il 
littorale che si estende tra Nettuno e Torre Astura, e pre- 
cisamente lungo la spiaggia di Foglino, potei osservare 
nelle identiche favorevoli condizioni citate dal Prof. Me- 
li, gli strati di torba affioranti in mare. Quel tratto di 
spiaggia era disseminato di grossi pezzi di torba, la cui 


Blocco di torba forato dalle Pholrs. 


superficie era tutta forata. Avendo fatto apposite ricer- 
che fra questi blocchi che le onde avevano di fresco stac- 
cato dalle testate dei banchi affioranti in mare, ebbi la 
fortuna di trovare parecchi esemrlari vivi di Foladi an- 
nidati nei fori dai quali lasciavano uscire il sifone. Essi 
appartenevano ad ambedue le specie di 0 as dactylus 
Linn. e Pholas candida Linn. 

Le cavità entro le quali stanno innicchiate sono per 
lo più di forma conica a sezione circolare: più larghe al- 
la base, che è concava, vanno mano mano restringendosi 
verso l'apice, terminando con un foro piuttosto stretto, 
per mezzo del quale, il mollusco, imprigionato nella sua 


FOLADI NELLA TORBA I6I 


dimora, può con l’aruto del sifone comunicare con  l’e- 
sterno. 

Nella loro superficie interna, le cavità, presentano 
tutto all’ingiro, una serie di piccoli solchi paralleli, diret- 
ti in senso normale all’asse del foro. L'origine di questi 
solchi può bene spiegarsi con lo sfregamento contro la tor- 
ba delle valve, che come è noto sono irte di punte. Con 
questo movimento circolare, sia esso continuo oppure al- 
ternato, il mollusco ingrandisce mano mano la sua dimo- 


Pholas candida Linn. — Pholas dactylus Linn. 


ra, di conserva colle maggiori dimensioni che l’animale 
stesso va raggiungendo. Questa particolarità così appari- 
scente e che ho riscontrato in tutte le cavità che osservai 
nella torba ancora umida, scompare quasi del tutto quan- 
do essa si è disseccata. 

Il fatto di avere trovato le Pholas vive viene ad esclu- 
dere il dubbio, che quelle trovate dal prof. Meli non vi- 
vessero più attualmente, tanto più che egli, insieme alle 
Pholas, aveva rinvenuto diversi esemplari di Cardium 
Lamarcki Reeve certamente fossili o subfossili.Ho creduto 
quindi utile di comunicare questa notizia del rinvenimen- 


Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 5 


162 LUIGI GRASSI 


to delle Pholas viventi nella torba, che viene a completa- 
re quanto già aveva detto il prof. Meli in proposito. Que- 
sto caso non è poi isolato, poichè dopo aver scritto quan- 
to precede, venni a conoscenza di un lavoro di Erdmann 
E. presentato il 5 marzo del corrente anno alla Società 
Geologica di Stockholm (Geologiska Foreningens i Stock- 
holm Forhandlingar, Band 30 Hafte 3, pag. 221-231) sul 
rinvenimento di torba nel fondo del Kattegat (Fynd af 
torf pà Kattegatts botten). 

In questo lavoro l’Erdmann dice che il 7 giugno 1907 
fra Goteborg e Skagen nel Kattegat dalla profondità fra 
35 e 47 metri fu dragato un blocco di torba del volume 
di circa 1 metro cubo, nel quale egli riscontrò numerosi 
fori, entro i quali erano innicchiati esemplari vivi di 
Pholas crispata. 


ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 


diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO 


Il Gonsylonema seutatum (Miller) netta prov. di Roma 


Per il Dott. GIULIO ALESSANDRINI. 


NOTA PREVENTIVA. 


Questo parassita che fu descritto per la prima volta 


nel 1869 dal Miller col nome di Spiroptera scutata 0eso- 
phagea bovis e fu riscontrato sotto l’epitelio dell’esofago 
di buoi ungheresi e polonesi, fu poi rinvenuto più volte, 
come appare dalla seguente tabella, tanto nei bovini quan- 
to negli ovini, nelle capre-e nel cavallo. 


AUTORE 


Leuckart 


Smith 
Curtice 


Hassall 


Wardell Stiles 


Fayet 
Fayet 
Harms 
Fayet 
Boulant 
Fayet 
Muller 


SPECIE ANIMALE 


LOCALITÀ 


ANNO 


Bos taurus 
Bos taurus 
Bos taurus 
Bos taurus 
Bos taurus 
Bos taurus 
Ovis aries 
Ovis aries 
Ovis aries 
Ovis aries 
Capra hircus 


Equus caballus 


Germania 1876 

Stati Uniti citato dallo Stiles 
» > 1892 
» » citato dallo Stiles 
« » 1892 


Tébessa (Algeria) 
» » 
Hannover 
Tébessa (Algeria) 
Hodna (Setif-Alg.) 
Tébessa (Algeria) 


Austria 


citato dal Neumann 

citato dal Neumann 
1875-76 

citato dal Neumann 

citato dal Neumann 

citato dal Neumann 


1869 


esofago 
esofago 
esofago 
esofago 
esofago 
esofago e faringe 
esofago 
esofago 
esofago 
esofago 
esofago 


esofago 


164 GIULIO ALESSANDRINI 


In Italia, per quanto io mi sappia, ne è stata registra- 
ta la presenza una sola volta dal Piana, il quale in una co- 
municazione fatta il 1. marzo 1896 all'Assemblea della So- 
cietà Medico-Veterinaria Lombarda (1) dice di averne po- 
tuto raccogliere una grande quantità nell’esofago di peco- 
re e di un bue sacriticati nel macello di Imola. 

Da allora in poi nessun altro ha accennato alla pre- 
senza o frequenza di questo parassita dell’esofago dei 
buoi e pecore, quantunque in tutti i trattati di patologia 
speciale e di parassitologia se ne parli e si aggiunga che 
esso sembra non essere di alcun danno all’ospite. 

Non credo dover per ora nè accettare nè escludere que- 
sta conclusione. Essa si basa su osservazioni fatte in ani- 
mali che, dovendo servire all’alimentazione, sonlb macellati 
nel pieno vigore della loro vita, e forse prima che il pa- 
rassita possa aver esplicato totalmente la sua azione pa- 
togena locale o generale. 

Nè va esclusa in modo assoluto l'ipotesi del Piana 
stesso il quale attribuisce al Gongylonema una importan- 
za nel favorire l’attecchimento delle malattie infettive. 

Data la frequenza con cui si riscontra fra noi il pa- 
rassita, mi propongo in seguito di vedere se queste ipotesi 
sono o meno fondate, di seguire l'evoluzione completa di 
esso che per ora è sconosciuta, e far noto anche il resulta- 
to delle ricerche, già iniziate, sulle alterazioni anatiomo- 
patologiche locali che esso produce. 

A me oggi basta far conoscere che il Gongylonema scu- 
tatum è molto frequente in quelle pecore macellate al 
mattatoio di Roma le quali pascolano quasi tutto l’anno 
nel nostro territorio, e solo pochi mesi nell’estate salgo- 
no le montagne dell'Abruzzo. Più raramente e meno ab- 
bondante fu riscontrato nei bovini che provegono dalla 
Sardegna. 


(1) Moderno Zooiatro — Anno VII, n. 6, 25 marzo 1896, pag. 110. 


IL GONGYLONEMA SCUTATUM 165 


Il parassita tanto nelle pecore come nei buoi si riscon- 
tra in tutta l'estensione dell'esofago, ugualmente distri- 
buito sia nella regione cervicale come nella toracica. Scar- 
so in numero è nei bovini, numerosissimo negli ovini, nei 


quali è anche più appariscente al disotto dell’epitelio per- 
chè il suo colorito giallo rossastro risalta molto bene sul 
fondo chiaro dell'esofago. Le gallerie ch’esso scava sono 
a zig-zag, alle volte molto regolari, altre invece irregolari. 

Il verme ora occupa una delle estremità, ora invece sì 
trova nel mezzo di esse. Non ho mai riscontrato due indi- 


166 GIULIO ALESSANDRINI 


vidui nella stessa galleria. Invece ho notato spesso fem- 
mine e maschi accoppiati: in questo caso il maschi si 
trova in un cunicolo vicino a quello scavato dalla femmina, 
ma che forma con questo un angolo più o meno retto (vedi 
fig. in alto a sinistra). 

Non è raro il caso di riscontrare individui che hanno 
una parte del loro corpo fuori della galleria o ne sono del 
tutto usciti, e sì vedono liberi nel lume esofageo. Qualche 
volta una porzione del verme forma un gomitolo più o me- 
no sporgente che, nelle osservazioni da me fatte, è sempre 
costituito dalla porzione anteriore del vermie stesso, e, 
per la massima parte, da esemplari femmine. 

La direzione delle gallerie che i parassiti scavano, 
pure essendo sempre ondulate, non è costante: se ne ve- 
dono alcune seguire regolarmente l’asse longitudinale del- 
l’esofago, altre si dispongono obliquamente, altre trasver- 
salmente, altre si ripiegano su loro stesse, formando delle 
curve più o meno marcate; non v'è regola circa la posizione 
del parassita. L’estremità anteriore ora è rivolta verso il 
faringe ora verso 11 cardias. 

Senza fermarmi a ripetere i caratteri anatomici pro- 
pri dei maschi e delle femmine, descritti molto accurata- 
mente dallo Stiles, Railliet, Neumann e Stossich faccio 
notare che quelli si differenziano a prima vista da queste 
per la lunghezza e sottigliezza minore: per il colorito che 
è giallo rossastro sulle femmine, e bianco opalino nei 
maschi. Del resto quando si avesse un solo esemplare, fa- 
cile anche ne sarebbe la diagnosi giacchè, anche a debole 
ingrandimento, nel maschio la porzione caudale cì ofire 
due ali membranose asimetriche e due spicoli disuguali di 
cui uno molto frequentemente estroflesso è considerevole 
per la lunghezza, che può giungere fino a millimetri 17. 

Libere nel Tume esofageo si riscontrano numerose uo- 
va embrionate. 


ISTITUTO DI ZOOLOGIA ED ANATOMIA COMPARATA 
DELLA R. UNIVERSITA’ DI SASSARI. 


dirett: Prof. RINA MONTI 


Choanotaenia infundibulum Bloch 


NOE A 


del Dott. PasquALE MoLA 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana 


con sede in Roma 


Il Railliet, A. a pagina 159 del Recueil de Médecine 
Méterinatne VILI. Serie,..'Tom., IK}.—; Paris. 1896 — si 
esprime :« La T'aenia infundibuliformis Goéze, que Javais 
placé provisoirement dans le genre Drepanidotaenia, sen 
distingue par le grand nombre des testicules, et d’une ma- 
nière generale par la costitution de l’appareil reprodu- 
cteur. Il mérite donc de devenir le type d’un noveau genre 
Choanotaenia (da yoavov, entonnoir) C%. infundibulifor- 
mais, intestin de la Poule ». 

Più tardi il Braun (1900) accettando il genere C'hod- 
notaenia istituito dal Railliet, mette in sinonimia la 7. 
infundibulum — T'. infundibuliformis e dà al genere i se- 
guenti caratteri diagnostici: « Rostellum mit einem Ha- 
kenkranz; Saugnapfe un bewaffnet; Hals lang; zahlfreiche 

Proglottiden; Genitalpori unre-gelmissig alternirend; 
zahlreiche Hoden am Hinterende de Glieder. Uterus 
sackformig, die Mitte der freifen Glieder einnehmend. In 
Vogeln. Typische Art: T. infundibulum Bloch = T. in- 
fundibuliformis Goéze ». 

Da cotesta sinonimia deriva che la typische art. del 
genere Choanotaenia debba nominarsi T. infundibulum 


168 PASQUALE MOLA 


| Bloch e non già 7. infundibuliformis; perchè è al Bloch 
che spetta il merito di priorità nella creazione della specie. 

Il caos in cui sono caduti gli autori nella sistematica 
di tale specie, mi ha spinto a chiarire con lo studio compa- 
rativo delle varie forme e con la estesa bibliografia 1 non 
pochi errori in cui sono incorsi gli autori, ingombrando 
la sistematica di nomi e di caratteri specifici. 

Chi per primo rinvenne questa specie fu, come innan- 
zi è detto, il Bloch. Egli nel 1779 nel suo: Beîtrag zur Na- 
turgeschichte der Wiirmer, welche in anderen Thieren le- 
ben » descrisse un cestode trovato nell’intestino della Ma- 
reca penelope e del l'orvus corone, denominandolo 7°. 2n- 
fundibulum. 

Nel 1871 il Pallas descrisse la 7. avium, che per i suoi 
caratteri specifici si deve considerare sinonima della 7. 
infundibulum. 

Si debbono altresì considerare sinonime la 7°. infun- 
dibuliformis e la T. farciminosa, descritte dal Goéze nel 
1872 e la 7. articulis conoides, descritta dal Bloch nello 
Stesso anno. 

Le due specie, 1°. farciminalis e T. cuneata, descritte 
dal Batsch nel 1786 presentano caratteri specifici tali da 
non porsi in dubbio la loro sinonimia con la 7°. infundi- 
bulum. 

Un uguale sinonimia si riscontra nella 7°. sturni, de- 
scritta dallo Gmelin nel 1788; nell’Alyselminthus infun- 
dibuliformis, nell’Halysis farciminosa e nell’ Halysis in- 
fundibuliformis dello Zeder (1800-03); nella T. conoidea 
dello Schrank (1803); non chè nella T.Phasiani ColeMme. 

Oltre alle anzidette descrizioni dateci dai varî autori, 
troviamo quella del Batsch (1786) sulla T. infundibuli- 
formis; quelle di Paola Schrank (1788) sulle Tenie far- 
ciminosa, infundididuliformis e cuneata; quelle del Frò- 


CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 169 


lich (1802) sulle T'enie farciminalis e infundibuliformis; 
quelle del Rudolphi (1819) sulle 7'enie infundibuliformis, 
phasiani colenici e farciminalis, e quella del Seibold (1836) 
sulla 7. infundibuliformas. 

La descrizione che della T. infundibulifofrmis ci dà 
il Dujardin (1845) nell’Histotre naturelle des Helminthes ou 
Vers intestinaua, non è a tener parola, dappoichè confuse 
la T. cesticulus colla T. infundibuliformis come fu rilevato 
dal Krabbe (1869). 

Invece una sintetica e netta descrizione della 7°. èn- 
fundiboliformis si legge nel Systema Helminthum del Die- 
sing (1850). L’autore così si esprime: « Caput subglobo- 
sum, acetabulis anticis, rostellum cylindricum, obtusum, 
armatum; collum brevissimum. Articuli superiores brevis- 
simi, reliqui infundibuliformis. Aperturae genitalium 
marginales, vage alternae. Longit. 1” lat 1” ». — Ad il- 
lustrare tale descrizione nel detto lavoro v'è la fig. 543. 
Dopo quella del Diesing, abbiamo le descrizioni : del- . 
la T. infundibulum (1859) e della T. infundibuliformis 
(1861) dal Cobbold, delle Tenie farciminalis e infundibu- 
liformis (1869) dal Krabbe; nonchè le notizie sulla T. 
infundibuliformis del Mégnin (1878-80), del Piana (1881), 
del Perroncito (1881) e del Parona (1884) e la descrizione, 
alquanto dettagliata, del Crety (1890) della medesima 
tenia. 

Persistono a ritenere per 7°. infundibuliformis lo 
Stossich (1891-95), l’Janson (1893) e il Railliet, che fu il 
vero creatore del genere C'hoanotaenia. E° nel 1900 che 1l 
Braun stabilisce la sinonimia tra la 7: infundibulum e la 
T. infundibuliformis, lautorità dell’illustre Maestro è 
convincentissima; onde io stabilisco per sinonime alla 7. 
infundibulum le tenie avium, articulis conoides, Phasianì 
colchici, fayrciminalis, farciminosa, sturni, conoidea, cu- 


170 VION HIVADSVd 


neata, infundibuliformis V Alyselminthus infundibulifor- 
mis e lLHalysis farciminosa e infundibuliformis, così che 
la sistematica sì semplifica di nomi e descrizioni. Così pu- 
re sl può stabilire per la 7. infundibulum l’estesissimo 
habitat, poichè essa è ospite dell’Anas boscas, della Mare- 
ca penelope, della Bucephala clangula, Fulica atra, Quer- 
quedula creeca, ecc. ed anche del Corvus corone, Gallus 
domesticus, dell’Otis tarda, del Coturnia communis e Cac- 
cabis petrosa. Ed è appunto in questo universalismo di 
tempo e di luogo la causa che condusse gli autori ad in- 
terpetrare in sì vario modo la 7°. infundibulum (1). 


SINONIMIA: 


1779 Taenia infundibulum — Bloch, pag. 555-T. 12. fig. 


3 e 0. 
1781 >». avium — Pallas — I pag. 87. 
1782. »  infundibuliformis — Goéz, pag. 386-tav. 31. 
1782.»  farciminosa — Goéz, pag. 397-tav. 30. 
1782.»  articulis conoides — Bloch, pag. 13. Tav. 3. 
1786. »  cuneata — Batsch, pag. 190, fig. 117-118. 
17836» farciminalis — Batsch, pag. 198 fig. 132-133. 


1786»  Iinfundibuliformis — Batsch, pag. 172 fig. 
31, 91 e 93. 

1788.»  infundibuliformis — Paula-Schrank, pag. 
40. 


(1) Questa specie era l’unica del genere Choanotaenia, però recen- 
temente con i lavori. del Fuhrmann essa è divenuta rappresentante 
delle seguenti specie: Choanotaenia soricinum, Cholodk; Ch. mega- 
cantha, Rud.; Ch. intermedia, Fuhr.; Ch. rhynchopîs, Fuhr.; Ch. pau- 
ciannulata, Fuhr.; Ch. bilateralis, Fuhr.; Ch, campanulata, Fubhr.; 
Ch. asymetrica, Fuhr.; Ch. crassitestata, Fuhr.; Ch. macrocantha, 
Fubhr. 


CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 7. 


1788 Taenia farciminosa — P. Schrank, pag. 42. 


1788 ) infundibuliformis — Gmelin 3071. 
1788 )) cuneata — Gmelin, 3071. 

1788 )» sturni — Gmelin, 3071. 

1788 ) cuneata — Schrank, 45. 

1788 ) cuneata — Schrank III, 2-234. 
1795» infundibuliformis -—- Rud. I, pag. 40. 
vote E hasfanniColehier: Cat Ent !pas. 29 
1798 ) infundibulitormis — Schrank. 


1800Alyselminthus infundibuliformis — Zeder, pag. 271. 
1802 Taenia infundibuliformis — Frolich, pag. 78. 


1802.» = farciminosa — Fròlich, pag. 80. 
1803.» —conoidea — Schrank, pag. 236. 
1803 Halysis farciminosa — Zeder, pag. 351. 
1803.» infundibuliformis — Zeder, pag. 271. 
1808 Taenia infundibuliformis — Rud. III, pag. 123. 
1808.» farciminalis — Rud. III, pag. 153. 
1814 =»  infundibuliformis — Rud. pag. 104. 
1819» farciminalis — Rud. pag. 160 e 0519. 
1819 » — phasiani colchici — Rud,, pag. 172. 
1836 =» infundibuliformis — Sieb. II, pag. 204. 
1845 =» — farciminalis — Dujard, pag. 599. 
1850 » farciminalis — Diesing, pag. 594 — I. 
1850 =» infundibuliformis — Diesing, fig. 548. 
1859 =» — infundibulum — Cobbold, pag. 865. 
1861 » infundibuliformis — Cobbold, pag. 119. 
1861»  infundibuliformis — Cobbold, pag. 365. 
1864 =» infundibuliformis — Diesing, pag. 409. 
1869 )) farciminalis — Krabbe, pag. 321, T. 9. 
1869 » infundibuliformis — Krabbe, pag. 3539-41 
RD 


1878»  infundibuliformis — Mégnin, pag. 828. 
1880» infundibuliformis — Mégnin, pag. 117-120. 


172 PASQUALE MOLA 


1881 Taenia infundibuliformis -- Piana, Sez. IV, T. 2. 


1881 )» infundibuliformis — Perroncito, pag. 209. 
1834 ) sturnin=- Earona: 

1890 =»  infundibuliformis — Crety, pag. 5-8. 
1391 =»  Infundibuliformis — Stossich, pag. 6. 
1898 )) infundibuliformis — Janson, pag. 241-276. 
1895 =»  infundibuliformis — Stossich, pag. 41. 
1896 Choanotaenia infundibuliformis — Raillet, pag. 159 
1396 ) infundibuliformis — Braun. 


1908 ) infundibulum — Mola. 
Diagnosi della specte. 


Gli esemplari di cui mi sono servito per l’esame, misu- 
rano dai 50 a 70 mm. di lunghezza. Essi furono trovati in 
uccelli catturati in Sardegna e appartenenti alle specie 
Querquedula crecca, Coturniax communis e Caccabis pe- 
trosa. | 

L'aspetto generale del verme è a guisa di un nastrino, 
anteriormente ristretto e rotondeggiante, posteriormente 
gradatamente piatto e largo. 

Lo scolice è piccolo, sferoidale; all'apice si riscontra 
un incavo circolare donde fuoriesce una proboscide esertile, 
armata di 20 uncini. Le ventose sono grandi e orbicolari e 
si trovano lateralmente allo strobilo. La proboscide è coni- 
ca con la base in alto, terminante anteriormente con una 
dilatazione cupoliforme, su cui, radialmente, si trovano at- 
taccati 1 20 uncini, a forma di falciuola, il cul manico è 
più lungo della lama; la lunghezza va da mm. 0,020-0,025. 

Allo scolice segue un collo breve, manifestandosi pre- 
sto i primi accenni delle proglottidi, a mò di rughe tra- 
sverse. Ben presto però le proglottidi pigliano la loro for- 
ma caratteristica di tronchi di coni, da dare l’aspetto di 
una pila d’imbuti. 


CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 173 


La campanatura, o base del cono, di ciascuna proglot- 
tide ricopre la parte superiore di quella immediatamente 
susseguente. 

Le aperture genitali sono irregolarmente alterne, esse 
si aprono in fondo dell’atrio genitale, che sbocca esterna- 
mente mercè un’orifizio arrotondato, superiormente ad un 
quarto della proglottide. 

L’apparato maschile è contenuto nella zona centrale 
del segmento posteriore; i testicoli poco più di venti sono 
ovoidali e composti di un involucro che inviluppa gli ele- 
menti spermatici. Sottili canalicoli partono dalle vescicole 
testicolari, e tutti convergono al centro a costituire con la 
loro fusione, 11 deferente. Questi si porta superiormente 
con un cammino poco tortuoso passando di dietro l’ovario, 
ove incomincia a flettersi portandosi verso il margine la. 
terale, nel quale punto si attorciglia con numerosissime 
anse, a guisa di gomitolo. Ivi si distacca l’ultimo tratto, 
e, oltrepassando i dotti escretori, va ad immettersi nella 
tasca del cirro e diviene dotto eiaculatore. 

Penetratovi s'inflette di poco, e infine si continua col 
cirro, il quale è rivestito di numerosissime setole dritte, 
che con l’ematossillina si colorano intensamente. Nelle se- 
zioni longitudinali 11 cirro è spiccatissimo per questa ca- 
ratteristica pelatura, ed ha l’aspetto di una virgola. 

La immissio penis e la occlusione dell'apertura del- 
l'atrio genitale ci dimostra che in detta specie avviene l’au- 
tofecondazione. 

Molti elementi spermatici ho riscontrato nel deferen- 
te ed in ispecial modo nelle anse che esso fa prima d’im- 
mettersi nel dotto elaculatore. Così che la mancanza di u- 
na vescicola seminale è sostituita dalla straordinaria lun- 
ghezza del deferente. 

La fitta pelatura del cirro è costituita da setole ab- 


174 PASQUALE MOLA 


bastanza lunghe, infisse con l’apice rivolto all’interno. Ciò 
serve per trattenere il pene nella vagina. 

La tasca del cirro è a guisa di fiasco ed è capace a con- 
tenere il cirro e il dotto eiaculatore. | 

La metà anteriore di ciascuna proglottide è occupata 
dagli organi femminili. Essi sono costituiti: da un ovario 
piuttosto voluminoso, diviso irregolarmente in due metà; 
da una massa globosa (il vitellogeno) situata posterior- 
mente, e da una piccolissima, glandole del guscio, posta 
in mezzo all’ovario e al vitellogeno. 

Le masse ovariche si compongono di un involucro, che 
involgono le cellule uova, e le uova ovariche formate dalla 
massa protoplasmatica e dal nucleo che si colora intensa- 
mente. “L’involucro, restringendosi, costituisce i dotti ef- 
ferenti, che, fusi, formano un breve dotto (ovidotto) il qua- 
le si dirige posteriormente; riceve lo sbocco della vagina 
verso l’inizio del suo cammino, quindi, a circa metà della 
proglottide, risale; quivi riceve lo sbocco del vitellodutto e 
nel suo cammino ascendente è involto dalle cellule glando- 
lari del guscio. 

Poscia a breve distanza della massa glandolare del 
guscio lo si vede sparire. Ho notato che questo tubo cilin- 
drico è involto da numerosissime cellule nucleate; ed al 
posto ove cotesto tubo sparisce, si vede una zona più o me- 
no grande della massa parenchimatica e dei nuclei sparsi 
in essa. La massa vitellina (vitellogeno) è costituita da pic- 
cole cellule nucleate, involte da un involucro, che, ristretto 
nella parte mediana, forma il breve vitellodutto, sboccante 
nel punto innanzi detto. 

Le cellule giandolari del guscio sono a fiasco e in un 
taglio longitudinale si assomigliano ad una rosetta. Cia- 
scuna glandola sbocca nell’ovidotto. 

La vagina, verso lo sbocco esterno, è incurvata e leg- 


CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 175 


germente dilatata, poscia si assottiglia e, con un cammino 
un poco flessuoso, st addentra verso la zona centrale; man- 
tenendosi inferiormente la tasca del cirro. Al disotto della 
parte tortuosa del deferente essa s'ingrossa in un ampio 
receptaculum seminis, imbutiforme, che poscia verso lo 
sbocco nell’ovidotto, si restringe in un canale a piccolo ca- 
libro. 

L’utero nelle proglottidi giovanissime è quasi un 
tubo avvolto da numerosissime cellule; ma che poscia in 
quelle mature occupa tutto lo strato mediano. Esso si com- 
pone di una vasta cavità imperfettamente suddivisa in nu- 
merose e piccole cellette, costituite da tessuto parenchima- 
toso, nelle quali si trovano le uova con le larve esacanti. 

Le uova uterine sono pressochè sferiche; il loro guscio 
è costituito da tre strati con prevalenza in spessore dello 
strato medio. La larva ellissoidale presenta i suoi 6 uncini, 
la cui lunghezza media è di mm. 0.015. 

Il suo habitat è molto esteso; gli uccelli fin ora trovati 
affetti da tale tenia sono la Querquedula crecca; il C'hau- 
lelasmus streperus; la Mareca penelope; la Bucephala 
clangula; Fulica atra; V Anas boschas; la Coturnia com- 
munis; il Gallus domesticus e Corvus corone, lo Sturnus sp. 
(°); Otis tarda e la Caccabis petrosa. 


ELENCO DELLE OPERE CITATE: 


1779 BLocH, M. E. — Beitrag zur Naturgeschichte der Wiurmer, 
welche in anderen Thieren leben (Beschaft. d. Berb (Ges. nat. 
Frde Bd. IV, Berlin 1779). 


1871 PaLLas, P. S. — Neue nordische Beitrage zu physikal. Leipzig 
1781). | 
1782 GoezE, I. A. E. — Versuch einer Naturgeschichte der Einge- 


weidewurmer thiedischer Kéòrper (Blankenburg 1872, 4. mit. 44 
Taf. 


176 PASQUALE MOLA 


1872 BLocH, M. E. — Abhandlung von der Ezengung d. Eingew. (Ber- 
lin, 1782). 

1786. BaTscH, A. I. G. C. — Naturgeschichte der Bandwurmgattung 
uber haupt und ihrer Arten iusbesondere, nach den neueren Beo- 
bachtungen in einem systematischen Auszuge (Halle 1786, 298 pag. 
So ba Lat: 

1788 LINNE’, C. A. — Systema naturae Ed. XIII (Gmelin) 1783. 

1795 RupoLPHI K. A. — Observ. circa vermes intestinalis F II - Gry- 
phisw 1795.) 

1800 ZEDER, A. G. H. -— Anleitung z. Naturg. Eigw. (Leipzig 1800). 

1798-1803. PAULA-SCHRANK, FR. V. — Fauna boica, durchgedachte Ges- 
chichte der in Bairen eincheimischen und zalmen Thiere - 3 Bd. 
Nurub, Zugolstadt und Landshut - 1798-1803. 


1802. FRoLICH, I. A. — Beitrage zur Naturgeschichte der Eingeweide- 
wilrmer (Der Naturforscher. St. XXIX Halle 1802, pag. 5-96 mit. 2 
Taf). 

1803 ZEDER, A. G. H. Anleitung z. Naturg. Eigw. (Bamberg, 1803). 

1808 RupoLpHi, K. A. — Eutozoorum sive vermium intestina'ium hi- 
storia naturalis (Amstelaedami, 1808 - Vol. I). 

1814. RupoLPHI, K. A. — Erster Nachtrag zu meiner Naturgeschichte 


der Eingeweidewurmer (Ber Ges. naturf. Frde. zu Berlin Maga- 
zin f. d. neuest. Entd. i d. ges. Naturkde VI Jahrg. Berlin 1814 
pag. 83-113). 

1819 RupoLPHI, K. A. — Entozoorum Synopsis (Berolini, 1819). 

1845. DUJARDIN, F. - Histoire naturelle des Helminthes ou Vers inte- 
stinaux. Paris 1845. 

1850. DIiEesING, K. M.-_Systema Helminthum-_Vindbonae 1850. Vol. 1. 


1859. CoBBoLp, T. Sp. —- On some new forms of Entozoa (Trans Linn. 
soc. London. — V. XXII pag. 363 til. 966 with 1. pl.). 
1861. — List of Entozoa, including Pentastomes, from animals 


dying at the Societys Menagerie between the years 1857 bis 1860 
inclusive, mith descriptions of several new species (Proc. zool. 
Soc. London 1861). 


1864 DirsinG, K. M. —- Revision der Cephalocotyleen - Sitzg. d. K. 
Acad. d. Wiss. Wien. Bd. 49. I - 1864. 

1869. KRABBE, H. -— Bidrag til Kundshab om Fuglenes Baendelorme 
(Vidensk Selsk. Skr. 5 Raekke nature og matemat. Afd. 8, Bd. VI). 

1878. MEGNIN, P. - Epizooties vermineuses chez les jeunes faisans 
(Recueil d. med. veterin. 6 sez. T. V. __ 1878 pag. 828-937). 

1880 — De la caducité des chrochets et du scolex lui méème chez les 


Tenias (Boll. soc. Zool. Franc. Vol. V. - 1880). 


CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 7 


1881 PIANA, G. P. — Di una nuova specie di Tenia del gallus dome- 
sticus = (M° Acc. R. di Bologna - Sez. IV, T..II, 1889). 

1881 PerroncITo, E. — I parassiti dell’uomo (Milano, 1881). 

1884 PARONA, C. — Vermi parassiti in animali di Sardegna (Boll. 
Scient. A. VI, 1884). 

1890. CRETY, C. — Cestodi della Coturnix communis Bom. (Boll. dei 


Musei di Zool. e Anat. Comp. della R. Università di Torino - n. 88 
Molta Veg 1390. 

1891 STossIicH, M. — Elminti veneti raccolti dal Dr, Alessandro Con- 
te de Ninni. II Serie (Boll. Soc. ‘Adriat. di sc. nat. in Trieste V. 
XIII - 1891). 

1895 JANSON — Die Hausthiere in Japan, IV die Krankheiten der 
Hausthiere in Japar (Arch. f. wiss. n. prakt. Thierhlkd. Bd. XIX 
1893). 

1895. STossIicH, M. — Notizie Elmintologiche (Boll. soc. Adriat. di sc. 
nat. in Trieste Vol. XIV-1895). 

1896. RAILLET, A.—Quelque rectif. à la nomenclature des paras. (Rec. 
med. vet. n. du 15 marz. 1896). 

1896-1900. Braun, M.— Vermes Cestoda - Brònn’s Klassen und Ordun- 
gen des Thiers - Reichs, 4. Bd. 

1906 CHoLoDKovsKG. — Archive» de Parasitologie tom. X p. 8341 - Pa- 
ris 1906. 

1907. FUHRMANN, 0. — Die Systematik der Ordung der Cycloplyllidea 
{Zoologischen Anzeiger. Bd. XXXII n. 9/10 - 1907). 


1907. — Bekannte und neue Arten und Genera von Vogeltainen (Cen- 
tralb. f. Bakt. Paras. XIV Bd. 1907). 

1908 — Nouveaux tenias d’oiseaux (Revue suisse de Zoologie — T. 16 
- 1908. 


— e tene 


Bollett, Soc, Zooogica Italiana 6 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 


Prof. E. H. GieLIoLI. — La nuova Avifauna Italiaca. — 
Secondo Resoconto dei risultati dell’Inchiesta orni- 
tologica in Italia. — Recensione del socio Prof. G. 
ANGELINI. 


x 


Dopo un lungo periodo di sosta, è comparso nello 
scorso autunno per opera dell’illustre prof. Giglioli un 
nuovo volume sugli uccelli italiani, come 2° Resoconto dei 
risultati dell’Inchiesta ornitologica in Italia. Esso è del 
formato dei volumi precedenti, ed egualmente pubblicato 
sotto gli auspicî del Ministero di Agricoltura, come opera 
dell'Ufficio ornitologico, ufficio, che il Giglioli in qualità 
di suo Direttore dichiara aver sempre funzionato, di gui- 
sa che l’Inchiesta ornitologica in Italla ha continuato e 
continua. 

Anzichè seguitare col metodo frazionato e prolisso 
dei tre volumi del primo Resoconto, l’Autore adotta per 
questo secondo un: sistema più semplice e conciso, riunen- 
do tutte le notizie in un volume; e credo che abbia fatto 
bene. Egli è tornato così alla forma della sua prima Avi- 
fauna Italica, pubblicata più di vent'anni addietro (1), 
per farla servire di base ai lavori dell’Inchiesta ornitolo- 
gia italiana: anzi il presente libro può dirsi una nuova 
edizione migliorata e notevolmente accresciuta di quel 
primo lavoro, conservato nella sua parte speciale, con 
soppressione del rimanente. 


(1) E. H. Giamori. Avifauna Italica, elenco delle specie di uccelli sta- 
zionari o di passaggio in Italia colla loro sinonimia volgare ecc. — Firenze; 
1886, 


LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I79 


La classificazione seguìta è, tranne qualche piccolo 
ritocco, la stessa dei precedenti volumi, cioè una modifica- 
zione della prima classificazione dello Sharpe — non di 
quella ultima, adottata dal Martorelli, alla quale anzi e- 
gli si dichiara contrario. — Anche la nomenclatura è di 
pochissimo variata. 

Nella introduzione, dopo aver tributato un meritato 
encomio agli Autori delle due più importanti opere sul- 
la nostra Avifauna comparse dopo la pubblicazione del 
1. Resoconto, l’Arrigoni e il Martorelli, coi quali però 
dichiara di non trovarsi in tutto d’accordo, il Giglioli 
passa a discutere la assai controversa questione delle soz- 
tospecte. Egli afferma di essere disposto ad ammettere la 
categoria delle sottospecie, con adozione per esse della no- 
menclatura trinomiale, riferendovi però solo quelle for- 
me, che appariscono non ancora staccate dalla forma sti- 
pite per la esistenza di individui con gradazioni inter- 
medie, e considerando invece come specie autentiche tut- 
te quelle forme, che, quantunque talorapoco diverse nei 
loro caratteri differenziali, risultano facilmente ricono- 
scibili e distinte. Come esempio delle prime cita le diver- 
se forme del Corvus corax, e delle seconde il Passer do- 
mesticus e il P. Italiae, la C'horoptila citrinella e la C. 
corsicana, la Merula torquata e la M. alpestris: le secon- 
de sarebbero specie più recenti, ma già evolute; le prime, 
specie incipienti, cioè in via di formazione. — Sta però 
il fatto che tutte le forme organiche sono variabili più 0 
meno, e che gli apprezzamenti variano secondo i criteri 
individuali degli osservatori, ed anche secondo l’estensio- 
ne dei loro studi, la quantità e qualità del materiale da 
essi avuto a confronto. 

Giustamente poi il Giglioli deplora la moderna fre- 
nesia di voler troppo moltiplicare distinzioni e nomi a 
base di caratteri individuali e inafferrabili; manìa, da 
cui deriva moltissima confusione, e un serio danno alla 


180 G. ANGELINI 


parte sistematica e descrittiva della scienza. FE si scaglia 
contro il brutto uso, che si vorrebbe introdurre, di ripe- 
tere lo stesso vocabolo come nome generico, specifico ed, 
occorrendo, subspecifico, definendolo una pwuerile incon- 
grua assurdità, che rivolta il più rudimentale buon sen- 
so: del che io gli do perfettamente ragione. 

Deplora che la mancanza di speciali permessi, rila- 
sciati a scopo scientifico, colle necessarie cautele, in tempo 
di caccia chiusa, escludano in Italia la possibilità di de- 
terminate ricerche; ed anche questo è giustissimo, tanto 
più se si considera quanto poco fa da noi il Governo per 
combattere la caccia di frodo. 

Come volume, il presente libro — di 700 pagine senza 
l'introduzione e senza l'indice — è notevolmente maggio 
re della parte corrispondente della prima Avifauna — 
450 pagine: — l'aumento dipende specialmente dall’im- 
pinguato elenco dei nomi dialettali, e dalle notizie più 
dettagliate e numerose circa le catture, la distribuzione, 
la nidificazione e le migrazioni delle diverse specie nel 
nostro paese. 

Come nella prima Avifauna, mancano le descrizioni : 
al nome scientifico e a quello italiano di ciascuna specie se- 
sue la lunga serie dei nomi volgari, cui tengono dietro le 
diverse notizie con eventuali osservazioni critiche: sol- 
tanto qua e là, secondo l’opportunità, si fa richiamo a ca- 
ratteri distintivi. Pel numero dei dati statistici è questa 
l’opera più estesa e particolareggiata sulla nostra Avi- 
fauna, e posta accanto alle altre due dell’Arrigoni e del 
Martorelli, che trattano il medesimo soggetto con metodi 
e fini alquanto diversi, ne apparisce come una continua- 
zione ed un complemento. 

Non si può disconoscere il grande merito del Prof. 
Giglioli per aver saputo, colla sua non ordinaria attività 
e tenacia sostenute da indomita passione per questo ge- 
nere di studi, organizzare e mantenere, come meglio gli 


LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I8I 


è stato possibile, la Inchiesta ornitologica in Italia, e in 
un terreno per la generale apatia così poco favorevole 
raccoglierne quei frutti, che si possono ammirare in que- 
sto libro e nella splendida collezione dei Vertebrati ita- 
hiani a Firenze. Infatti, oltre alla più esatta conoscenza 
sulla ripartizione delle forme ornitiche nelle varie regio- 
ni del nostro paese, della maggior parte delle nuove spe- 
cie, che sono venute in quest’ultimo ventennio ad accre- 
scere la già ricca serie degli uccelli italiani, è a lui che 
sì deve lo scoprimento. 

Alle 450 specie, che restano del numero ammesso nel 
Primo Resoconto (1889-1891), dopo tolte le 3 dall’ Autore 
stesso ora soppresse quali semplici variazioni individua- 
li, ben 46 sono quelle, che vengono aggiunte in questo nuo- 
vo volume; per cui a 496 salirebbe, secondo l’attuale sta- 
tistica, il totale delle specie osservate in Italia. Questo 
numero non corrisponde esattamente a quello ammesso 
dall’Arrigoni nel suo Manuale di Ornitologia Italiana, e 
neppure dal Martorelli nella sua ancor più recente ope- 
ra: Gli Uccelli d’Italia, ma ne è notevolmente maggiore. 
Tale differenza dipende principalmente. da due cause: 
l'una sta nei diversi limiti attribuiti alle due categorie 
di specie e di sottospecie. 1’ Arrigoni ha un concetto abba- 
stanza largo della sottospecie, e delle 473 forme, che fi- 
gurano nel suo Manuale, 445 sono elencate come specie e 
28 come sottospecie. Il Martorelli, che pare contrario ad 
ammettere le sottospecie, sebbene qua e la incidentemen- 
te vi accenni, annovera 468 specie, di cui una, l’Elanus 
coeruleus DesronTt. è da escludere dai cataloghi italiani, 
perchè non ancora osservata da noi. Il Giglioli, che per 
le sue vedute in argomento sembra stare fra i due, pure 
accettando con una certa ristrettezza la categoria di sot- 
tospecie, elenca nel suo lavoro soltanto le specie. L'altra 
causa della differenza sta nel fatto che il Giglioli persi- 
ste ad annoverare tra le italiane diverse forme, che tan- 


182 G. ANGELINI 


to l’Arrigoni quanto il Martorelli, e prima ancora il Sal- 
vadori, credettero di dover escludere, perchè a parer loro 
registrate in base a dati poco sicuri (1). 

Ma una parte dell'aumento è reale, e dipende da for- 
me recentemente avvertite in Italia, ovvero da poco se- 
parate e distinte. Così, come novità, si possono citare le 
10 seguenti (di cui però 4 dubbiose per lo stesso Autore) : 


1. CrANoPIcA Cooxi, Bp. — 1 esemplare a Nizza il 20 
dicembre 1901 (Registrato con riserva) — Spagna. 

2. ALAUDA GULGULA, Frankl. — 1 esemplare presso 
Firenze il 12 novembre 1882 (Registrato con riserva) — 
Asia centrale e meridionale. 


3. BUDYTES PLUMBEICEPS, Azzolini — Forma recen- 
temente distinta, che si asserisce bene separata dalle con- 
generi — cosa strana, attesa la grande variabilità del 
gruppo — Area ignota. 

4. PHYLLOSCOPUS BOREALIS (Blas.) — 1 esemplare a 
Udine il 22 settembre 1903 (Regione eurasica settentr.). 

5. PYCNoONOTUS BARBATUS, Desfont. — 1 esemplare a 


Nizza il 24 dicembre 1899 (Registr. con riserva) — Afri- 
ca settentrionale. 

6. POECILE ANATOLIAE, (Hartert) — 1 esemplare a 
Nizza il 2 febbraio 1878 — Asia Minore. 

7. Sirta NEUMAYERI, Michah. — 1 esemplare a Pisi- 
no (Istria) il 10 novembre 1890 — Penisola balcanica, 
Grecia, Asia Minore. 

8. BUTEO LEUCOCEPHALUS, Hogds. — 1 esemplare dal 
M. Cenisio (Susa) 11 10 settembre 1890 — Asia boreale ed 
orientale. 


(1) Agelacus phoeniceus, (Linn.); TardusPullasi, (Gab.); Oreocinda dauma 
(Lath.); Chelidon cashmiriensis, (Gould); Cotyle obsoleto, (Cab.); Caprimulgus, 
asiaticus, (Lath.); Aquila nipalensis, (Hogds.); Bubulcus coromandus, Bodd, 
Dendrocyena javanica, (Horst.); Oedienemus senegalensis, (Swains ); Aegia- 
litis, Geoffroyi, (Wagl.); Actodromas fuscivotlis, (Vicill.); Serinus canaria, 
(Linn.). 


LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 183 


9. ANSER BRACHYRHYNCHUS, Ball. — 1 esemplare a 
Sesto, Firenze il 15 dicembre bai — Spitzberg, Europa 
nord-occidentale. 

10. CHENALOPEX AEGYPTIACUS (Linn. ea Briss.) — 1 
esemplare a Bracere sul Po (Cremona) e poi Genova, $i- 
cilia ? (Registrato con riserva) — Africa ed Asia Minore. 


Delle rimanenti 36 specie era già nota la comparsa 
in Italia, per essere state dall’Arrigoni e dal Martorelli 
incluse nelle sopra citate loro opere, o per lo meno quivi 
ricordate quando non le credettero meritevoli del rango 
specifico, o subspecifico. E per alcune di queste lo stesso 
Giglioli se ne mostra incerto: valgano ad esempio la Pyr- 
rhula rubicilta Pall., il Lanius maior, Pall. VAegiothus 
rufescens (Vieill.) e la Cyanecula Wolf (C. L. Brehm). 

Ma fra tutte meritano particolare menzione due nuo- 
ve specie, introdotte dal Giglioli come probabili casi di 
neogenesi: l'una è la famosa Athene Chiaradiae, a tutti 
nota: l’altra è la Ruticilla nigra, fondata sopra due esem- 
plari stati catturati insieme nei pressi di Lanusei (Sar- 
degna), il 25 novembre 1902. Anche questi due uccelli non 
sono nuovi agli ornitologi, avendoli l’Autore già fatti pre- 
sentare ad una seduta del British Ornithological Club 
(agosto 1903) con descrizione comparsa nel Bull. dello 
stesso Club e poco più tardi nell’ « Ibis ». E, mentre allora 
parlava di una « presumed new species » adesso, pur di- 
chiarando di ammetterla con riserva, finisce per chiamar- 
la « bella e distinta specie di codirosso, che può trovare e 
trova la sua spiegazione come un caso patente di neogene- 
si; e tale spiegazione non ha ragione di essere modifica- 
fa, anche se non sì trovassero poi altri esemplari di questa 
forma, giacchè la neogenesi non implica una stabile riu- 
scita della nuova forma creata ecc. ». Sta bene : ma (a par- 
te che il fatto potrebbe, giusta il parere di altri ornitolo- 
gi, avere anche altre spiegazioni) se la neogenesi può es- 
sere punto di partenza di nuove specie, non lo è necessa- 


184 G. ANGELINI 


riamente e sempre. Per parte mia non so ammettere la 
durata di una specie, che si riduce a quella di poche, e 
magari di una sola generazione! Perciò, pur riconoscen- 
di aversi a che fare con due casì interessanti, di cui si 
deve prender nota, 11 trattarne come di specie costituite 
prima di aver constatato la trasmissione e la permanen- 
za del caratteri, che è quanto dire il considerare come 
compiuto un tatto semplicemente possibile, pare a me un 
sistema non opportuno. Io vorrei vedere il catalogo degli 
uccelli italiani redatto a base di fatti positivi: i casi, 
per una o per altra ragione incerti, dovrebbero essere pu- 
ramente ricordati e tenuti da parte, in attesa di ulteriori 
prove. 


Una rettifica fa inoltre il Giglioli circa la determi- 
nazione di una specie già nota: si tratta della Sylvia na- 
na (Hempr. et Ehremb.), di cui l’unico esemplare trova- 
to in Italia e da lui fatto conoscere, si conserva nel Museo 
di Firenze, e che per ulteriore esame dev'essere riferito 
alla affine S. deserti Loche, più tardi distinta. 

Delle forme recentemente annoverate tra le italiane 
dall’Arrigoni e dal Martorelli tre vengono scartate dal 
Giglioli: il Hterofalco istandus (Gmel.), il Falco babylo- 
nicus, Gurney, e la Sazicola lugens, Licht. Riguardo al 
primo, facilmente confondibile allo stato giovanile colla 
Gennaia saker, ma che l'Arrigoni ammette senza alcuna 
reticenza, il Giglioli, pur dichiarando di non aver veduto 
l'esemplare, si ritiene poco sicuro della determinazione e 
della provenienza. Pel Falco babylonicus ci fa sapere di 
aver avuto in esame l’individuo di Calabria, sul quale il 
Martorelli basò la sua determinazione, e di aver ricono- 
sciuto in esso nient'altro che un F. peregrinus del tipo lew- 
eogenis Brehm, simile a qualche altro da lui stesso pos- 
seduto. — Per la Sazicola lugens dimostra esser questa 
stata inclusa dall’Arrigoni in base ad equivoco, per avere 
male inteso un suo scritto: l'esemplare del Museo di Fi- 


LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 185 


renze riferitovi è anch’esso una Sawicola morio Hempr. 
et Ehremb. 

Curiosa è la confusione avvenuta intorno a queste 
due forme, derivante forse dalla confusione delle sinoni- 
mie fatte dal Dresser. Il Martorelli non riporta affatto 
la S. morto, riferendo tutti gli esemplari italiani — meno 
quello conservato dall’ Arrigoni, che non menziona — al- 
la S. leucomela, Pall., per lui sinonimo di $. lugens, come 
sl rileva dalla descrizione. Nella mia recensione alla bel- 
la opera del Martorelli avvertii il fatto, senza potermene 
rendere ragione: ora le dichiarazioni del Prof. Gi- 
glioli mi pare che abbiano sciolto l'enigma. La Saxicola 
lugens è quindi per ora da escludere dal catalogo degli 
uccelli italiani, restando la S. morto, per la quale 1 Auto- 
re, a scanso di ulteriori equivoci, adotta il nome di $. ple- 
schanka (Lepech.). 

Per i ('odibugnoli non accetta le vedute dell’Hartert 
in quanto alla distinzione dell’Aegithalos caudatus euro- 


paeus (Eierm.) — che diventerebbe Acredula europaea 
per il Giglioli — formato a spese dell’Acredula rosea 


(Blyth.) e di una parte dell’A. caudata (Linn. ex Gesn.); 
ma accetta per le cincie bigie la separazione del Parus 
atricapillus montanus (Baldenst.) dal P. atricapilus bo- 
realis (Selys), preferendo tuttavia chiamarlo PoeciWe al- 
pestris (Bailly). 

Riconosce nel preteso C'orvus tingitanus, Irby, da lui 
primieramente indicato per la Sardegna (Avicula 1897), 
la sottospecie C. coraa sardus, Kleinsch., trovandosi que- 
sta volta d’accordo col Kleinschmidt: ma contesta asso- 
lutamente e rigetta, come destituite, a parer suo, di ogni 
fondamento, moltissime distinzioni fatte dallo stesso 
Kleinschmidt e da altri splitters: tali sono ad esempio: 
Corvus cornia sardonius Kleinsch.; Garrulus ichnusae 
Kleinsch.; Petronia petronia hellmayri, Arrig.; Suddivi- 
sioni del Passer hispaniolensis (Tschusi ed altri); Passer 


186 G. ANGELINI 


italtae galliae, Tschusi; Carduelis carduelis Tschusi; Ar- 
rig.; Acanthis cannabina mediterranea, Tschusi; Calan- 
drella minor heineì (Hom.); Galerida cristata meridiona- 
lis, Brehm; Alauda cantarella Bp.; Suddivisioni della 
Lul'ula arborea; Budytes paradoxus, Brehm; B. wantho- 
phrys, Sharpe e B. beema, (Sykes); Turdus aliciae Baird. 
Sylvra atricapila Pauluccìi, Arrig.; Suddivisioni del 
Cinclus aquaticus; Regulus regulus interni, Hart.; Pa- 
rus mator corsus, Kleinsch.; Parus ater sardus Kleinsch.; 
Parus coeruleus oghastrae, Hart.; Certhia familiaris cor- 
sa Hart.; Lantus badius, Hart; Cotyle obsoleta sarda, 
Arrig.; Dendrocopus maior Harterti Arrig.; Strix flam- 
mea Ernesti, Kleinsch.; Phalacrocorax Desmaresti, Pay- 
raudeau; Pierocles alchata pyrenarcus, Bris.; Puffinus 
yelkouwan, Acerbi. 

Come si vede, questo nuovo volume del Prof. Giglioli, 
sebbene di poco posteriore alle due pubblicazioni conge- 
neri dell’Arrigoni e del Martorelli, contiene un notevolis- 
simo numero di fatti, osservazioni e conclusioni nuove, e 
costituisce un importante contributo per la conoscenza 
degli uccelli italiani. 


AppeNDA. — L'’illustre Professor Salvadori in una 
sua recente nota sull Opera del Professor Giglioli (A- 
vicula, fascicolo 121-122, — 1908) insiste sulla distin- 


zione del Puffinus Yelkouan dal nordico P. anglo- 
rum; dice che non, ad esso, ma bensì al P. Kuhl è da ri- 
ferire l’Avis diomedea dell’Aldrovandi; che il Puffinus 
barolii (Temm.), il cui tipo d’ignota provenienza esiste 
ancora nel Museo di Torino, non fu affatto fondato — co- 
me afferma anche l’Arrigoni — sopra piccoli individui 
di P. anglorum o yelkonan; e che i due esemplari riferiti 
al P. obscurus dal Giglioli, furono, secondo lui, con mag- 
giore approssimazione al vero ascritti dall’Arrigoni al 
P. assimilis, specie australiana, cui vennero attribuiti 


LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 137 


anche esemplari di Madera e delle Isole Canarie, ma che 
probabilmente appartengono ad una specie distinta an- 
cora da nominare. 

Ed in uno del pari recente scritto (Note ornitologiche 
sulla collezione del Monte appartenente alla signora 
Marchesa M. Paulucci -- Venezia, 1908) il Conte Arri- 
goni conferma la frequenza in Italia del Buteo deserto- 
rum (Daud.), dichiarando di possederne una quarantina 
d’individui — di cui uno esaminato e riconosciuto per 
tale anche dal Prot. Giglioli — sostenendo la imperfetta 
delimitazione di questa forma, non solo nelle dimensioni e 
nel colore, ma anche nella struttura del piede. Aggiunge 
inoltre la importante notizia di aver avuto nel decorso lu- 
elio 6 individui di Falco barbarus dal Capo Sperone, pun- 
ta meridionale della Sardegna. Conferma altresì contro 
i dubbi del Giglioli e citandone 1 particolari, la data di 
cattura della Calandrella minor, Cab. (forma orientale, 
grigia, della sua collezione, e di cui un’altra recentissima 
cattura nel Bolognese è stata ora fatta conoscere dal Con- 
te Cavazza (Boll. Soc. Zool. It. IX pag. 91-1908). 

Finalmente il Prof. Martorelli ha or ora descritto e 
splendidamente figurato un esemplare tipico di Lanius 
Homeyeri Cab. dalla Lomellina, e che egli considera come 
forma specificamente distinta. 


(Il Lanius Homeyeri, Cabanis, in Italia. — Atti Soc. 
dose Nat. Vol XIEVI, 1908). 


— SL 


Dort. VALENTINO BARNABO' — Su? rapporti tra la glan- 
dola interstiziale del testicolo e le glandole a secrezio- 
ne interna. 


Comunico alla Società Zoologica Italiana i risultati 
di un mio lavoro sperimentale, che con tale titolo venne 
per esteso pubblicato nella Sezione Chirurgica del gior- 
nale « IZ Polrelinico » 1908, fase. 3. (marzo), e di cui ave- 
vo dato notizia preventiva nel Bollettino della nostra So- 
cietà (vol. VII, fasc. 4, 5 e 6, agosto 1906). Nel mio stu- 
dio ho esaminato quali alterazioni si potessero osserva- 
re nelle glandole a secrezione interna, quando nel testi- 
colo si è resa atrofica la parte seminale e posta quindi in 
maggior evidenza la parte interstiziale. Non occorre che 
ricordi i lavori di Bouin e Ancel e degli altri numerosi 
Autori sull'argomento, perchè di ciò mi sono occupato 
nella mia monografia sulla glandola interstiziale del te- 
sticolo, che è tuttora in corso di pubblicazione sul nostro 
Bollettino. Ho esperimentato su cavie e su topi bianchi, 
praticando, con una tecnica operatoria molto semplice, 
la resezione bilaterale dei deferenti e la resezione mono- 
laterale di un deferente con la contemporanea castra- 
zione dal lato opposto; e ho eseguito il controllo su anima- 
li intieri normali e su animali castrati della stessa razza 
e pressochè dello stesso peso. I pesi accuratamente ricer- 
cati delle singole glandole appartenenti ai varî animali 
delle diverse esperienze, da 3 giorni fino a 133 giorni do- 
po l'operazione, e confrontati tra loro, non hanno portato 
a conclusioni esatte, a parte la diminuzione di peso dei 
testicoli atrofizzati, non concordando quindi (almeno per 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 189 


la ipofisi) coi risultati ottenuti da Fichera. Credo che ciò 
sia da riferirsi alla piccolezza delle glandole e forse an- 
che alla specie dell'animale da esperimento, potendosi 
comportare diversamente un roditore, quali la cavia e il 
topo, da un uccello, quale il gallo, o da un ruminante, 
quale 11 toro o il bufalo, esaminati da Fichera. — Molto 
più interessante è stato l'esame microscopico dei testicoli, 
della ipofisi, delle capsule soprarenali, della tiroide, del- 
le paratiroidi e della milza nelle varie serie di animali, e 
di cui qui riferirò soltanto i dati più importanti, che mi 
hanno condotto alle seguenti conclusioni. I. Con la lega. 
tura e resezione del deferente si atrofizza, come dissero 
Bouin e Ancel, la parte seminale testicolare gradualmen- 
te, e aumenta la parte connestivale e interstiziale, nella 
quale si dimostra un abbozzo di moltiplicazione amito- 
tica. — II. Con la castrazione monolaterale e la resezio- 
ne monolaterale del deferente, 11 testicolo si atrofizza in 
modo notevole invece di ipertrofizzarsi. — III. In tal ca- 
so si ha un maggiore sviluppo di tessuto connettivo e di 
cellule interstiziali, di cui alcune appaiono eosinofile e 
funzionanti, e altre non funzionanti, da me dette, per il 
loro aspetto indifferente, morocellule. — IV. L’ipofisi si 
ipertrofizza, come negli animali castrati, anche in quelli 
delle due serie di esperienze; e tale ipertrofia aumenta 
coll’aumentare dell’atrofia della parte seminale, malgrado 
il maggiore sviluppo dell'elemento interstiziale. E a pro- 
posito dell’interpretazione di questa iperstrofia della ipo- 
fisi, di natura compensatoria, ebbi già occasione di co- 
municare le mie idee nel fasc. IV, V e VI del 1907 del no- 
stro Bollettino. — V. Aumenta notevolmente la funzio- 
nalità, ma non muta la struttura, delle capsule surrenali, 
della tiroide e delle paratiroidi, diminuendosi la funzione 
testicolare. — VI. La tiroide muta la sua struttura tem- 
poraneamente soltanto negli animali castrati. — VII. La 
milza non subisce alcuna modificazione. — Questi dati 


190 VALENTINO BARNABO” 


di fatto porterebbero alla discussione se l’aumento delle 
cellule interstiziali possa essere collegato all'aumento del 
tessuto connettivo; e se la ipertrofia e la iperfunzionalità 
delle glandole a secrezione endocrina possano far dubi 
tare sul vero significato fisiologico dell’elemento intersti- 
ziale, che in tal caso si è dimostrato presente e funzionan- 
te. Però io non ko voluto entrare in tali questioni, almeno 
per ora, e mi sono limitato alle suenunciate conclusioni. 


IV EL ZL E 


Un giardino zoologico fra Villa Umberto e i Parioli 


I giornali di Roma, e particolarmente la Tribuna nel 
numero del 24 maggio 1908, hanno dato notizie più o meno 
estese sulla creazione della Capitale del Regno di un vero 
Giardino Zoologico, e queste notizie siamo certi torneran- 
no gradite a molti dei lettori del nostro Bollettino : perciò 
le riferiamo, facendo sincerissimi voti per la riuscita del- 
l’opera, ch'è necessario complemento del ricco Museo Zoo- 
logico sorto in questo ultimo ventennio nella R. Univer- 
sità degli Studi, nel quale ammirasi la bellissima colle- 
zione della Fauna provinciale Romana. 

Scrive adunque la Tribuna : 


« Quando annunciammo tempo addietro che le gabbie 
del giardino del lago a Villa Umberto si erano arricchite 
di altri esemplari di bestie della fauna esotica, non man- 
cammo di esprimere l’augurio che Roma si fosse potuta ar- 
ricchire presto di un vero grande Giardino Zoologico, che 
avesse potuto sostenere il confronto dei giardini zoologici 
delle maggiori città,e traemmo buoni auspici dall’embrib- 
nale inizio che si andava affermando intorno alle tranquil- 
le sponde del laghetto della Villa borghesina. 

Nell’esprimere il nostro voto non avremmo mai sospet- 
tato che la buona idea, si sarebbe fatta rapidamente strada 
in un modo davvero insolito, almeno fra noi, sapendo per e- 
sperienza non essere purtroppo tale il destino ‘general- 
mente riservato alle buone idee! 


1092 UN GIARDINO ZOOLOGICO 


Il Comitato Promotore. 


Possiamo oggi però annunciare che l’idea non solo è 
stata accolta, ma che è stata accolta bene, nel più pratico 
dei modi; e che si sta per costituire una società promossa 
dagli avv. cav. Riccardo Villanis ed Ettore Ferrini, prof. 
G. B. Milesi e Carlo Hagenbeck per raggiungere l'intento. 

L’'Hagenbeck è il creatore del famoso giardino zoolo- 
gico di Stellingen (Amburgo) unice al mondo, ed il primo 
esportatore nel commercio mondiale degli animali esotici. 

Al Comitato propugnatore partecipano i signori se- 
guenti: Comm. dott. Paolo de Vecchi, comm. prof. Guido 
Cora, cav. ing. Francesco Rossi, avv. Israele Ottolenghi, 
conte comm. Giuseppe Franchi Verney della Valletta, Ro- 
bert Mond. M. A. J. S. Ed., comm. Giorgio Wurts, comm. 
prof. Antonio Carruccio, direttore del R. istituto zoologico 
universitario, cav. prof. Giuseppe Cuboni, direttore del 
laboratorio di Patologia vegetale, barone Giorgio Sonni- 
nio, senatore del Regno, conte Guido Gabrielli Falconieri 
di Carpegna, senatore del Regno, marchese dott. Giusep- 
pe Lepri 

Basta dare una semplice ogchiata alla lista di questi 
nomi per sincerarsi come per la novella impresa gli uomini 
della finanza siano alleati a quelli della scienza nel più 
promettente e serio connubio. 


La scelta della località. 


Carlo Hagenbeck nella primavera scorsa si recò ap- 
positamente in Italia per visitare la località prescelta per 


(1) A questi sappiamo che si sono aggiunti altri egregi uomini, 
fra i quali il senatore Cephaly, il principe Don Francesco Chigi, il 
senatore marchese Medici, ecc.; e già il Comitato tenne una adunanza 
presso l’esimio prefetto di Roma, senatore Annaratone. 


FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI 193 


la creazione del nuovo Giardino Zoologico che è precisa. 
mente quella zona situata in prossimità di villa Umberto 
denominata « La campagna » la quale si stende per una 
superficie di oltre dieci ettari a sinistra del viale verso i 
Parioli. 

Il vecchio Hagenbeck visitata che ebbe la località ne 
rimase entusiasmato assumendo l’incarico di costrulrvi se- 
condo i più moderni criteri il Giardino Zoologico. 

La Giunta comunale di Roma nella seduta del giorno 
8 aprile ultimo scorso deliberava in massima di associarsi 
alla geniale iniziativa, della quale ha compreso tutta l’alta 
importanza nell'interesse materiale e morale della città, e 
proporrà al Consiglio di cedere per un numero determina- 
to di anni (e con clausola di eventuale riscatto) l’uso del- 
l’area medesima alla Società costituenda, area che per la 
bellezza rara della postura, per le rapide e comode vie di 
comunicazione le quali ne rendono straordinariamente 
facile l’accesso dalla città, si presta in modo mirabile allo 
scopo prefisso. 


Le fiere allo stato libero. 


Da una relazione-programma a stampa, ornata di 
belle illustrazioni, togliamo alcuni dati sui concetti in base 
ai quali si procederà alla formazione del Giardino zoolo- 
gico della capitale. 

Questi concetti consistono essenzialmente nel conser- 
vare gli animali esotici non nelle strette e meschine gabbie 
ed angusti recinti, in cui il colore loclale va perduto, ma 
nel rispettivo ambiente naturale, dando loro tutta la li- 
bertà possibile e loro provvedendo nel modo più risponden- 
te all’indole, alle abitudini di vita, ed alle condizioni del 
luogo di origine. 

Bollett. Soc. Zodiogica Italiana n 


194 UN GIARDINO ZOOLOGICO 


La molteplicità delle specie sarà corrispondente alla 
grandiosità dell’opera. Perciò, oltre leoni, tigri, leopardi, 
pantere, ors1, polari, lupi siberiani dei due sessi e diverse 
età, sl avranno irsuti yack del Tibet, gravi e compassati 
brahma, zebu indiani, guanachi dalle lunge gambe dell’ A- 
merica del Sud, lama dalle gambe corte del Perù, stambec- 
chi dell'Arabia, antilopi dell'India, elefanti, giraffe, zebre 
africane, istrici, bufali, bisonti, dromedari, pecore a cri- 
niera, diverse qualità di cervi, pappagalli, faggiani, coc- 
codrilli, serpenti, tartarughe ecc., ecc. e poi una variopinta 
folla di uccelli acquatici, tropicali ed ultra tropicali. 

Tutti questi molteplici e differenti abitatori della ter- 
ra godranno di una apparente libertà nell'ambiente loro a- 
datto, senza che nessuna cancellata di ferro, nessuna pe- 
sante gabbia disturbi lo sguardo del visitatore, e, dove esse 
esisteranno, saranno artisticamente mascherate con pian- 
tagioni intonate al carattere del luogo. 

L’opera insomma rappresenterà in spazio limitato, le 
diverse zone e regioni del mondo coi loro animali caratteri- 
sticl viventi. 

Così p. es. alte ed inaccessibili rupi chiuderanno da | 
tre parti la « caverna dei leoni » e solo la parte rivolta | 
verso gli spettatori sarà apparentemente aperta, chè, un | 
profondo e largo fosso mascherato da agavi e da siepi | 
d’alte piante, impedirà assolutamente alle belve di uscire; | 
e sulle rupi domineranno potenti aquile ed avvoltoi, i soli | 
animali che incatenati costituiranno la eccezione al prin- |! 
cipio generale adottato della maggiore libertà possibile. | 

E poi ancora... « i banchi di ghiaccio » per gli orsi. 
polari, e poi... « il massiccio di alte montagne » sulle cui; 
roccie gli stambecchi, le pecore e le capre selvatiche po- Wi 
tranno tenere esercitati, second lor natura, i loro musco- 
li; e poi ancora... « colline, piscine, isole, cascate d'acqua, 


FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI TOS 


laghetti, stagni, sentieri tortuosi, tranquilli pergolati, re- 


cessi idialici...» in cui vivrà c si agiterà, nelle molteplici 
e indisturbate manifestazioni di vita, una vera società in- 
ternazionale di animali di ogni specie. 

Il Giardino Zoologico di Roma, non solo si lascierà in- 
dietro di gran lunga 1 giardini zoologici di Parigi, Ber- 


| lino ecc., costruiti coi vecchi sistemi, ma supererà anche, a 
giudizio dello stesso Carlo Hagenbeck, perfino quello di 


| Amburgo, per le meravigliose condizioni di clima, che per- 
i metteranno sia una migliore acclimatazione degli animali, 
‘sia un completo adattamento e sviluppo della lussureg 
& giante flora. 


La promessa di Hagenbeck. 


I L’Hagenbeck scrivendo ultimamente ad uno dei pro- 
motori così tornava infatti a illustrare il suo concetto : 
| « Vi ho promesso di fare un giardino che sarà anche 
i « più interessante del mio giardino a Stellingen perchè, a 
\« causa del clima eccellente, possa farlo più bello combi- 
i« nando la zoologia alla botanica esotica, ciò che non mi 
\« è possibile fare qui nel nord. 
| « Io posso chmbinare il Giardino Zoologico a Roma 
« in modo che esso rappresenti una istituzione che possa 
‘« concorrere sotto tali riguardi con qualsiasi altra istitu- 
J« zione del genere... ». 

E parlando con Ernesto Nathan della geniale inizia- 
‘tiva l’Hagenbeck ebbe già a dichiarargli : 

— Io non voglio fare un affare; io tengo acchè il mio 

il nome sia a Roma onorato. 
Sarebbe prematuro che oggi abbondassimo in parti- 
Jcolari, ancora del resto non definitivamente concretati, sul- 
la proposta che la Giunta presenterà quanto prima all’ap- 
f provazione del Consiglio. 


196 UN GIARDINO ZOOLOGICO 


Ci basti avere rilevato l’importanza del fatto e Vat- 
trattiva suprema che costituirà, per Roma un giardino 
zoologico nelle condizioni accennate, rilegato al Pincio, a 
Villa Umberto e a1 Parioli. Naturalmente il nuovo giardi- 
no sarà fornito anche di tutte le attrattive che completano 
siffatti dentri di riunione e di svago sì da formarne invero 
un luogo unico al mondo. 

I promotori s1 propongono inoltre di accordare, in va- 
rie ricorrenze, come potrebbe essere ad esempio quella del 
21 aprile, l’entrata gratuita a tutti; e di accordare in de- 
terminati giorni l’ingresso libero alle scuole, agli orfano- 
trofi, ai ricreatori, ai collegi, ecc. 

Sarebbe intenzione dei promotori di incominciare i 
lavori nell’ottobre dell’anno corrente, in modo da portarli 
a compimento in poco più di un anno. 

All’impianto, alla direzione tecnica e alla manuten- 
ne del nuovo Giardino Zoologico provvederà l’Hagenbeck 
con personale provetto proprio; ma la mano d’opera per 
l'esecuzione déi lavori verrà assunta sul luogo. 

Non ci resta ora da augurare che la bella iniziativa 
possa presto prendere forma e corpo. Dessa costituirà cer- 
tamente un’altra attrattiva, e non fra le ultime, pei fe- 
steggiamenti del 1911; e avrà anche essa il non trascura- 
bile vanto di « rimanere », a lustro e decoro della Eter- 
na Città ». 


Notizie ornitologiche per la Provincia di Roma 


A titolo di cronaca dò alcune notizie riguardanti la 
cattura di esemplari appartenenti a specie non comuni 
nella nostra provincia. Cito le catture in ordine cronologi- 
‘co: si riferiscono tutte all’anno 1907 e gli esemplari no- 
minati fanno parte della mia collezione. 


Febbraio 15. Maccarese - ANSER ALBIFRONS (Scop.) 
f. giovane. Macchia bianca della fronte poco estesa ed 
interrotta da piccole penne grigio-cenerine e grigio-brune; 
una marcata fascia nero-bruna sfumata all’indietro limi- 
ta la macchia bianca della fronte: l'addome non ha mac- 
chremere: 

L'A. albifrons non è comune, ma neppure raro in pro- 
vincia di Roma, secondo me anzi vi è più frequente che 
FA. anser. 

Aprile 12. Anzio - STERCORARIUS CREPIDATUS (Ban- 
ks.) {. adulta. Fu còlto in mare insieme con un altro 
soggetto che non potei avere. Questo esemplare ha mento, 
gola e gozzo grigio-cenerini, addome e fianchi bianco-pu- 
rl, piedi neri per intero. E’ in muta, il piumaggio del 
mento, della gola e del collo è incompleto. Oltre il mio 
soggetto e quello che non mi fu ceduto un terzo se ne 
conserva nella coll. regionale del Museo Zoologico di Ro- 
ma, di altre catture avvenute in provincia di Roma non 
ho notizia. 

Aprile 20. Anzio - STERCORARIUS POMATORHINUS 
(l’'emm.) £. giovane. Anche questo soggetto fu còlto in mare 
In esso le timoniere centrali sorpassano le altre di cent. 5 
soltanto, alcune cuopritrici sopracaudali appartengono 


198 FRANCESCO CHIGI 


all’abito giovanile, sono cioè nere fasciate di bianco, le 
altre sono interamente nere: le penne bianche delle guan- 
ce sono poco allungate; il gozzo e la parte superiore del 
petto sono nero-fuligginosi con macchie bianche tra- 
sversali; l'addome è bianco ed ha piccole e scarse mac- 
chie scure irregolarmente disposte; i fianchi sono bianchi 
SI 

Per quanto mi è noto questa specie finora non era sta- 
ta còlta in provincia di Roma. 

Novembre? Santa Palomba (Roma) - FALco FELDEG- 
GI. Schlegel f. giov. Acquistai questo esemplare presso 
i] sig. Jacobini che lo aveva catturato con le reti e lo ave- 
va fatto imbalsamare. Il soggetto in parola (forse f.) ri- 
veste l'abito giovanile del tipo più comune, ha tinte in 
generale scure e macchia della nuca intensamente colora- 
ta di ceciato-fulvo. 

Il F. Feldeggi, come già ebbi a dire, non è assoluta- 
mente raro fra noi e specialmente vien còlto giovane. 
Senza dubbio più raro di esso è il F. peregrinus. 

Dicembre 6. Corneto Tarquinia - PHOENICOPTERUS 
RosEus Pall. m. giovane, f. semi-adulta e f. adulta. I 
tre esemplari furono inviati freschissimi al preparatore 
Sig. De Dominicis presso il quale li acquistai. Il primo 
es. m. ha l’abito giovanile bianco leggermente sfumato di 
roseo con macchie bruno-grige sulle cuopritrici alari, fra 
le penne dell’abito giovanile si scorgono però sulle ali gli 
apici di alcune penne roseo-vivaci proprie dell’abito di 
adulto non ancora completamente sviluppate. Il becco era 
grigiastro roseo, le zampe grigio brune, l’iride bruna. 

Il secondo es. f., già in livrea di adulto conserva po- 
che tracce dell’abito giovanile sulle ali, aveva le zampe 
roseo sudice con un anello nero-bruno in corrispondenza 
dell’articolazione tibio-tarsale, il piede nero e l’iride 
giallo-chiara. 

Il terzo es., f. adulta, ha colorito generale roseo-viva- 


NOTIZIE ORNITOLOGICHE 199 


ce; conserva tuttavia fra le cuopritrici alari qualche pic- 
cola traccia dell'abito giovanile. Aveva il becco, le zampe 
ed i piedi di un bel roseo carico e l’iride bianca. 

Il Fenicottero è di comparsa casuale nei nostri confi- 
ni ove tuttavia fu còlto o veduto più volte. 

Dicembre 19. Magliana (Roma). - ANSER ALBIFRONS 
(Scop.) m. adulto. Bellissimo esemplare perfettamente a- 
dulto: ha abbondanti macchie nere sull’addome ed una 
grande macchia bianca sulla fronte molto estesa all’in- 
dietro (cent. 3 1/2 circa). 


Roma, Gennaio 1908. 


ERrscCHIct. 


— o - o 2 Ao 


Prime notizie sulla incursione del SyrrRaptes 
paradoxus (Pall) nella Russia Europea, du- 
rante la primavera dell’anno 1908. 


(Dal Socio princ. D. Francesco Chigi 


A venti anni di distanza dalla prima apparizione co- 
noscluta dal Syrrhaptes paradoxus (Pall) nella provincia 
di Roma, il 3 giugno 1908 quattro esemplari maschi di 
questa specie venivano uccisi presso Torre Astura in lo- 
calità La Banca (1). 

L’apparire del nomade Pteroclide asiatico in Italia, 
ed in. una regione tanto favorevole agli uccelli qual'è la 
nostra, non solo non mi giunse inaspettata, ma era da me 
attesa proprio in quei gl'orni sapendo che fin dalla secon- 
da metà di Aprile una forte colonna di Sirratti, varcato il 
Volga, era penetrata nella Russia centrale e meridionale, 
e sapendo che nell’anno 1888 in un mese e mezzo circa il 
Sirratte da quelle regioni era giunto fino a noi. 

I primi Sirratti furono segnalati nella Russia Euro- 
pea il 22 aprile u. s. presso Pensa ove il passaggio in mas- 
sa si protrasse fino al 26 dello stesso mese, ed il passaggio 
di pochi individui continuò fino al 6 Maggio. 

In quel periodo e nei giorni seguenti un grande movi. 
mento migratorio di Sirratti fu segnalato in quasi tutta 
la Russia centrale ed in parte della meridionale da Mosca 
al Mar Nero cioè in una zona larga circa 1100 chilometri 
(10° di latitudine). Le società di Naturalisti come i gior- 


(1) Uno di questi esemplari mi fu ceduto per la mia 
collezione dal Prof. Comm. Antonio Carruccio e sento il 
dovere di ringraziarlo qui pubblicamente per la sua gran- 
de gentilezza. — N. d. a. 


SIRRHAPTES PARADOXUS 20I 


nali, e specialmente il Novoje Vremja di Pietroburgo, con 
un vero interesse scientifico (che i nostri giornali si guar- 
dano bene di imitare) si occuparonio dell’apparizione del 
Sirratte nella Russia, ed è appunto con la guida dei bol- 
lettini pubblicati da questo giornale che io ho potuto rico- 
struire le fasi della immigrazione di tale uccello. 

I passi di Sirratti furono accuratamente notati in cir- 
ca 25 distretti dei governi di Kasan, Simbirsk, Pensa, 
Tambov, Saratov, Orel, Kursk, Charkov, Cernigov, Polta- 
va, Kiev, Podolia, Cherson e Tauride. Per il momento non 
è stato segnalato alcun caso di nidificazione nella Russia 
Europea. i 

Se sopra una carta geografica si segnano le località 
ove fu osservato il passo, con le date e la direzione, riesce 
assal facile farsi vn’idea generale del grande movimento 
della colonna immigrante. Questa, entrata in Europa sl 
distese sopra una fronte assai lunga, essendosi avauzata 
fra le pendici meridionali dei Monti Urali e le closte set- 
tentrionali del Mar Caspio. Il centro della colonna inva- 
dente, attraversato il Volga da Est ad Ovest, trovavasi a 
circa 53° 30° lat. N. ed il 22 Aprile raggiungeva la città 
di Pensa a 45° long. or. di Grenwich con un vantaggio 
di 15 o 20 giorni di marcia sulle ali estreme della fronte. 
La massa dei Sirratti entrò dunque in Europa in forma 
di un grande triangolo ovverio dalla formazione in enlon- 
na si spiegò al lati tendendo ad allinearsi. In Europa la 
direzione del movimento era da Est ad Ovest, forse però 
nel giungere dall'Asia la colonna aveva una debole devia- 
zione verso N. O. corretta ben presto, anzi mutata in una 
deviazione S.-O. 

A Pensa la colonna sostò e quivi il passo potè notarsi 
per vari giorni, fino al 6 maggio, prima in massa, poi 
in branchetti; frattanto il centro dell’ala sinistra passava 


2 02 FRANCESCO GHIGI 


presso Balasciov nel gov. di Saratov il 29 Aprile, ed il cen- 
tro destro passava nel distretto di Karsun (gov. di Sim- 
birsk) lo stesso giorno ed il giorno seguente. Soltanto il 13 
Maggio i Sirratti apparvero presso Novocerkutino (gov.di 
Tambov) quando nel distretto di Sciazk (gov. di Tambov) 
erano passati da Est ad Ovest fra il giorno 24 Aprile ed 
il giorno 8 Maggio, battendo poi in parte in ritirata da 
Ovest ad Est il giorno 8 Maggio e seguenti. Nella prima 
metà di Maggio l'estremità dell'ala destra passava pel 
distretto di Spassk (gov. di Kasan) ed il giorno 11 dello 
stesso mese l'estrema ala sinistra toccava il distretto di Za- 
rizyn (gov. di Saratov). Sebbene alcuni Sirratti ripassas- 
sero come ho detto da Ovest verso Est a Sciazk nei giorni 
8 maggio e seguenti, tuttavia il grosso della colonna pro- 
seguì il suo viaggio verso Occidente : fra 1l 30 Aprile ed il 
3 maggio passarono i Sirratti nel distretto di Kolomna 
(gov. di Mosca) con direzione N.-0. ed il 30 Aprile passa- 
rono anche presso Mosca. Questa parte della colonna deve 
aver raggiunto le coste del Mare Baltico e forse è passata 
in Scandinavia od ha proseguito lungo le coste marine ver- 
so Ovest, ma di essa per ora non ho avuto notizie. 
Zarizyn, Balasciov, Tambov, Kolomna, Mosca, ultime 
verso occidente fra le soste dei Sirratti più sopra nomi- 
nate, si trovano quasi su una retta fiancheggiante il baci- 
no orientale superiore del fiume Don, inclinata sul me- 
ridiano verso N.-O. Questo dimostrerebbe che l'ala sinistra 
ha in parte sostato ad una longitudine più brientale che 
non il centro e l’ala destra : il corso ed il bacino superiore 
del Don sembrano essere stata la causa di questa disposi- 
zione della fronte della colonna invadente. Non sì com- 
prende perchè i Sirratti abbiano avuto questa avversione 
per il Don ed il suo bacino, è un fatto però che in questo 
non si è avuta alcuna segnalazione di Sirratti. Ma verso il 


SIRRHAPTES PARADOXUS 203 


limite occidentale dei bacino stesso come nel bacino del 
Donez, affluente di destra del Don, i Sirratti sostarono in 
più punti. La zona in cui non si ebbe alcuna notizia dei 
Sirratti è larga in media circa km. 500. Non deve credersi 
che le schiere immigranti dopo aver sostato ad oriente del 
Don abbiano ripreso il volo senza fermarsi nel bacino di 
questo fiume sol perchè avevano avuto un sufficiente 
riposo nelle stazioni precedenti; le date delle osservazioni 
fatte ad occidente del Don dimostrano che i Sirratti quivi 
giunti facevano parte degli stessi stuoli, alcuni individui 
dei quali sostarono ad oriente sulla linea Zarizyn-Tambov- 
Mosca. In altre parole giungendo dall'Asia una parte dei 
Sirratti sostò ad oriente del Don ed una parte proseguì 
per altri cinque o seicento chilometri, fermandosi solo sul 
limite ockidentale del bacino del Don: questo tragitto del 
resto per il Sirratte non rappresenta che poche ore di mar- 
cla. 

Nel distretto di Brjansk (gov. di Orel) i Sirratti ap- 
parvero il 7 maggio, nel distretto di Lgov ( gov. di Kursk) 
nella prima metà di maggio, nel distretto di Sumy (gov. 
di Carkov) dal 28 aprile al 3 maggio, presso Bogoduchov 
(gov. di Charkov) dal 28 aprile al 18 maggio, nel distretto 
di Poltava dal 10 al 12 maggio: notevole è la corrispon- 
denza delle date: 24 aprile-8 maggio Sciazk, 7 maggio 
Brjansk; 29 aprile Balasciov; 28 aprile al 3 maggio Sumy 
28 aprile 18 maggio Bogoduchov; 11 maggio Zarizyn; 10- 
12 maggio Poltava, Cherson, Perekop, ecc. 

Il centro della colonna invadente ad ovest del Don 
sembra passasse nei distretti di Sumy e Bogoduchov (gov. 
di Charkov) 11 28 aprile e che le due ali si estendessero a 
Nord a Lgov (gov. di Kursk) e Brjansk (gov. di Orel) ed 
a Sud a Poltava, Cherson e Perekop (Tauride). Però in 
queste parti della Russia la delineazione della fronte non 


204 FRANCESCO GHIGI 


è tanto netta come ad oriente del on, cosa naturale per la 
sovrapposizione e l’incrociarsi delle varie colonne compo- 
nenti la massa invadente, sviate dalle condizioni toppgra- 
fiche delle regioni attraversate. Non credo potersi parlare 
di influenze meteorologiche, giacchè per quanto so, in 
tutta la Russia centrale e meridionale, nel tempo dell’in- 
vasione dei Sirratti, non si ebbero nè temporali nè altri 
squilibri atmosferici. 

La maggiore abbondanza di Siratti si ebbe a Lgov 
ove i contadini ne uccidevano in grande quantità. 

Nel distretto di Sosniza ed a Brovary (gov. di Cerni- 
gov) come nel distretto di Chorol (gov. di Poltava), a 
Kiev, a Cerkassy e nel distretto di Svenigorodka (gov. 
di Kiev) e come a Proscurov in Podolia, il passo fu no- 
tato nella prima metà di maggio. 

Ad pbecidente del Don il passo di ritorno fu notato in 
una sola località e precisamente nel distretto di Poltava 
11 15 maggio con direzione a N.-E. Nei dintorni di Cherson 
e nei distretti del Dnjepr e di Perekop in Tauride i Sir- 
ratti si aggiravano sulla steppa senza una direzione de- 
terminata; ma dopo il 13 maggio non si videro più : aveva- 
no essi continuato ad occidente ed erano ritornati sui loro 
passi? In gran parte dei distretti ove i Sirratti furono vi- 
sti passare essi volavano da Est ad Ovest. 

Dai paesi situati ad occidente della Russia mi man- 
cano notizie sull’avanzarsi dei Siratti: fra la Russia e 
Roma le loro tappe non mi sono note. 

In questi giorni i Sirratti avrebbero dovuto raggiun- 
gere tutti 1 paesi dell'Europa occidentale a settentrione 
come nel centro ed a mezzogiorno. 

Quali siano le cause che determinano le invasioni dei 
Sirratti in Europa non è facile scoprire e varie ipotesi fu- 
rono fatte, forse questi grandi spostamenti sono dovuti a 


SIRRHAPTES PARADOXUS 205 


grandi squilibri nella economia della natura, sopraggiunti 
nell'Asia Centrale proprio all’epoca della migrazione e 
delle cove, squilibri che non permetterebbero forse a tutti 
gli individui della specie una normale riproduzione : così 
una parte di essi, approfittando della potenza di volo di 
cul sono dotati, andrebbe a spargersi in regioni lontane, 
fuori dell’area normale di diffusione e non ritornerebbe in 
patria che vari mesi dopo l’epoca della riproduzione. E° 
poi probabile che gli individui i quali divengono nomadi 
siano 1 meno adatti alla riproduzione. 


Li 
* è 


Ho voluto approfittare della pubblicazione del pre- 
sente fascicolo del nostro Bollettino per dare agli ornito- 
logi italiani queste notizie ,le quali sebbene molto incom- 
plete, possono dare un’idea del modo di comportarsi del 
Syrrhaptes paradorus nelle sue incursioni in Europa. 


Roma, 12 giugno 1908. 


PR CHIGI, | 


Ancora del Syrrhaptes parodoxus: Individuo ucciso 
presso Trinitapoli. 


Dal consocio Chigi vennero diligentemente esposte 
notizie riguardanti la immigrazione in Europa di questa 
notevole specie, e s1 accenna anche ai 4 individui acqui- 
stati da me, testè uccisi nella Campagna Romana (1). Ora, 
cioè quasi al momento di far venire alla luce il presente 
Bollettino, ricevo in data del 1. luglio 1908, una lettera 
da Ancona cortesemente inviatami dal consocio Dott. Car- 
lo Paolucci, nella quale leggosi quanto riferisco quasi com- 
pletamente : 

« In uno degli ultimi giorni dello scorso mese di mag- 
glo, veniva ucciso con il fucile ,presso Trinitapoli (Bar- 
letta), un individuo della specie Syrrhkaptes paradoxus 
Poll., nelle possidenze del Sig. Barone Graziano Staffa. 
E fu ventura che 1l bel campione ornitologico (femmina 
adulta) venuto in possesso di persona che alla gentilezza 
unisce attività e studi profondi di agricoltura, fosse su- 
bito spedito in Ancona al tassidermista del R. Istituto 
Tecnico, cav. S. Calvori, il quale lo preparò con quella 
cura che meritano le cose rare. 

« Non ho potuto sapere se l’esemplare fosse solo o in 
compagnia d’altri della sua specie ». 

Ringrazio il Dott. Paolucci di questa notizia; e del- 
l'aggiunta fatta alla collezione ornitologica del Gabinetto 
di Storia naturale in Ancona assai mi complaccio. 

A proposito dei Sirratti in Italia debbo ricordare 
non soltanto quanto 10 scrissi nel 1877 (2) dirigendo il Mu- 
seo Zcoologico della R. Università di Modena, sul bellis- 


(1) Potei fare l'acquisto grazie alla felice direzione data al ven- 
ditore dall’egregio consocio March. Spinola, che vivamente ringrazio 

(2) Ved. Comunicazione fatta alla R. Accademia delle Scienze in 
Modena, Tomo XVII. 1877. 


SIRRHAPTES PARADOXUS 207 


simo esemplare maschio adulto, ucciso nelle montagne di 
Pavullo, e da me acquistato; ma quanto assai più larga- 
mente scrisse l'illustre ornitologo conte Tommaso Salva- 
dori nel 1888, nella sua nota intitolata: 5 Sirratte in Ita- 
lia nella primavera del 1888. (Ved. Boll. d. Mus. di Zool. 
ed Anat. comp. della R. Università di Torino, N. 47, 1888). 
Il Salvadori nella chiusa della sua nota così esprimevasi : 
« Com'è naturale, la maggior parte degli esemplari tro- 
vati in Italia durante la presente immigrazione, capita- 
rono nella parte orientale, cioè nel Veneto, nella Romagna 
e nelle Marche; due volte 1 Sirratti sono stati incontrati 
nel Versante mediterraneo, cioè presso Orvieto e presso 
la Spiaggia di Santa Severa, fra Palo e Civitavecchia; 
il luogo più Settentrionale nel quale sono stati veduti è 
Palmanova nella provincia di Udine, il più Meridionale 
è Fano nell’Adriatico e Santa Severa nel Mediterraneo; 
finora nell'Italia Settentrionale non sono stati trovati, 
nella Lombardia e neppure nel Piemonte ». 

Speriamo che per l'immigrazione in Italia del 1908, 
si possano con altrettanta precisione stabilire le località 
tutte, come per quella del 1888. Saremo grati ai colleghi 
della Società Zoologica se, avendo notizie sicure, vorran- 
no comunicarcele. 


AUCARRUCCIO. 


SE 


COM MEMORAZIONE 


del march. dott. Filippo Patrizi Montoro membro 


fondatore e consigliere della Società Zoologica Italiana 


Parole dette dal presidente prof. comm. A. Carruccio nella 
adunanza generale scientifica del 21 aprile 1908. 


In questo nuovo anno, dopo la ben riuscita adunanza 
generale, con intento esclusivamente amministrativo, nel- 
la quale vennero pure fatte, col concorso di 45 membri vo- 
tanti, le regolari elezioni e conferme di parecchi membri 
del Consiglio Direttivo, oggi è la seconda volta che ci tro- 
viamo riuniti in buon numero, ma a scopo affatto scien- 
tifico. Pur troppo però prima di dare la parola ai consoci 
autori di comunicazioni scientifiche, debbo rendere mesto 
tributo d’affettuosa onoranza ad uno dei soci fondatori, 
il marchese dott. Filippo Patrizi Montoro di Roma. 

La scomparsa così inattesa di questo gentiluomo colto, 
modesto, in età ancora giovine, destò nell'animo di tutti 
noi sincera e profonda afflizione, che dividemmo e sem- 
pre divideremo coll’esimia di lui consorte e cogli orfani 
figli. 

In Roma ed in molte località, i parenti ed amici nu- 
merosi, e perfino quanti conoscevano soltanto di nome il 
march. F. Patrizi, sapevano ch’egli era uomo assai stima- 
bile pel retto carattere, per la grande mitezza di senti- 
menti, e pel costante affetto agli studi. Se soventi era in lui 
prudenza il tacere, sempre però erano pronte le buone ed 
assennate sue azioni. E queste sole, disse Seneca, non le 
fuggevoli parole, non gli appagamenti vanitosi, queste sole 


FILIPPO PATRIZI MONTORO 2009 


hanno valore duraturo : su esse hanno ferme basi i giudizi 
disinterssati ed onesti. 

Un buon amico e fidato compagno fin dall'infanzia, i] 
march. dott. Giuseppe Lepri, saprà e potrà meglio di me 
dimostrarvi le virtù ed i meriti del compianto march. Pa- 
BEIZI, 

Io debbo limitarmi a ricordare alcune sue benemeren- 
ze, formando esse il miglior titolo di lode, ampiamente do- 
vutagli tanto dal nostro sodalizio, quanto dal Museo Zoo- 
logico di questa R. Università. Invero egli, con forte e lea- 
le convincimento fu tra i primissimi a cooperare alla co- 
stituzione di un centro di studi zoologici nella Capitale 
del Regno, imperciocchè lo riteneva, con me, col senatore 
conte D. Guido di Carpegna Falconieri ed altri distinti 
studiosi più che mai necessario ed utilissimo. 

Fu quindi il Patrizi uno dei 74 Soci fondatori, insie- 
me (e citerò a caso, come la memoria mi suggerisce, soltanto 
pochissimi nomi) al prof. Romolo Meli, Senat. Caetani D. 
Onorato Duca di Sermoneta, prof. Giovanni Angelini, 
prof. Mario Condorelli, prof. Giuseppe Tuccimei, prof. 
Giulio Alessandrini, prof. cav. Decio Vinciguerra, prince. 
D. Giuseppe Aldobrandini, De Filippi nob. Dott. Carlo, 
prince. Chigi dott. Lodovico, Mari cav. prof. Gerolamo, 
prof. cav. Giovanni Pochettino, prof. comm. Achille Costa 
della R. Università di Napoli, il quale — pur non risie- 
dendo in Roma, scrisse che assai gradiva esser considerato 
quale Socio fondatore, March. Giacomo Spinola, prof. 
Longo Biagio, ecc. 

Fra le adesioni avute in sulla fine del 1891 trovai per 
l'appunto quella del march. Dott. F. Patrizi: a buon di- 
ritto adunque dissi che fu uno tra i primissimi. Ben sa- 
pete che la nostra Società fu proclamata fin dall’inizio 
del 1892, cominciando subito a dar prova di vita efficace. 


Bollett. Soc, Zooiogica Italiana 8 


210 ANTONIO CARRUCCIO 


E nel volume del Bollettino Sociale di ben 290 pagine pub- 
blicato in quell’istesso anno, troverete già una comunica- 
zione scientifica del Patrizi sovra argomento ornitologico. 

Sono anche più segnalate le benemerenze del march. 
Patrizi verso il nostro Museo, come lo dimostrano generosi 
fatti, che di buon grado tutti possiamo e dobbiamo righia- 
mare alla memoria. 

Il Patrizi, con non lieve spesa e perseverante fatica, 
aveva formato nel suo palazzo una ricca collezione di Uc- 
celli, valendosi della intelligente cooperazione del suo cu- 
gino ed amico Lepri. Ma non appena il Patrizi potè toccar 
con mano che nel Museo Zoologico Universitario erasi 
in breve tempo provveduto con energia all'ordinamento me- 
todico non soltanto delle vecchie e scarse collezioni, ma 
delle nuove e ricche ottenute da più parti; e che in modo 
speciale si volle instituire una collezione, affatto distinta 
dalle altre, e prima mancante, quella della Fauna provin- 
ciale romana, prese la spontanea decisione di cedere al 
Museo, per introdurle in essa nuova collezione locale, tutte 
le numerose e scelte specie di uccelli ch’egli aveva raccolto 
e fatto diligentemente preparare. 

L’intiero cospicuo dono della collezione ornitologica, 
nella quale annoveravansi non meno di 350 esemplari, tut- 
ti in ottimb stato di conservazione, venne dal Palazzo 
Patrizi trasportato nel nostro Museo nella primavera del 
1897. Di esso non soltanto diedi sollecita notizia alle Au- 
torità Superiori, ma in un’adunanza della Società mi fe- 
ci un dovere di riferire ampiamente intorno all’impor- 
tanza scientifica di più specie; e pubblicai le necessarie no- 
tizie nel Bollettino di quell’istesso anno (pag. 98-99). 

Nella lettera scrittami, colla quale il Patrizi accom- 
pagnava con nobili parole il dono cospicuo, ebbi novella 
prova della saviezza e nobiltà di propositi che lo anima- 


FILIPPO PATRIZI MONTORO DII 


vano, meritevoli di essere imitati da quanti - coi FATTI - 
amano il progresso reale di tutti gl’'istituti scientifici di 
questa grande e insigne metropoli. Ed il migliore esem- 
pio lo sapete, fu dato da S. M. il Re. 

A moltissimi visitatori, massime ai più intelligenti, 
è ben noto come nella Collezione Ornitologica Romana at- 
tirino l’attenzione non poche specie pregiate anche per la 
grande rarità : e queste sono quasi tutte donate dal march. 
Patrizi. Ve ne citerò soltanto alcune :Bartramia longicau- 
da (Gambetta americana) uccisa nel novembre 1895 nei 
piani sottostanti a Tivoli; Casarca rutila > e 2, bellissi- 
mi esemplari adulti presi per la prima volta nella provin- 
cia romana (Lago di Paola presso Terracina - gennaio 
1895). Il bell'esemplare di Charadrius fulvus, donato dal- 
l’istesso Patrizi fu ueciso a Cisterna nelle Paludi Pontine 
(14 gennaio 1895). — Fu quello un anno fortunato pel 
giovane patrizio romano, studioso ed appassionato orni- 
tologo; ebbe, infatti, in quell'epoca la graditissima sor- 
presa di venire in possesso di una Pallasia sibirica uc- 
cisa a Mala Grotta presso Porta Cavalleggieri. 

Di tutte queste notevoli catture diede pure ampia noti- 
zia il consocio Lepri in una comunicazione fatta nell’adu- 
nanza scientifica che tenemmo nell’ottobre del 1895, col tito- 
lo: Nuove aggiunte all’Avifauna Romana. — Ma tacen- 
do di altre specie pregevoli raccolte dal Patrizi, le quali 
tutte possono osservarsi nel nostro Museo, non terrò sot- 
to silenzio la ('Rettusia gregaria © giov., generosamente 
donata dall’istesso Patrizi appena ne venne in posssesso. 

Un secondo fatto posso citare, il quale pur torna a gran- 
de onore del march. Patrizi. Questo fatto riguarda il pa- 
ziente lavoro illustrativo da lui compiuto sull’Avifauna 
della Pi'ovincia di Roma, lavoro che mi auguro sia presto 


212 ANTONIO CARRUCCIO 


dato alle stampe per saggia e affettuosa determinazione 
della Gentildonna che fu Consorte del modesto autore. 

Non è più il caso di tacere che io consegnai al Mini- 
stero, in sul principio del 1901, due biglietti da L. 50, 
affinchè li trasmettesse in dono alla Società Zoologica. 

E trasmessi infatti al Consiglio Direttivo, vennero, 
per voto del medesimo e per cura premurosa dell’esimio 
Commendatore Rostagno depositati in una Cassa di 
risparmio, onde servissero — dopo un determinato tem- 
po — per la coniazibone di una medaglia d’oro da offrirsi 
all'autore « di una memoria da pubblicarsi nel Bolletti- 
no Sociale, preferibilmente sugli « Uecelli della Provin- 
cia Romana; » nella qual memoria, oltre la esattezza del- 
le denominazioni scientifiche, devono trovarsi nel mag- 
gior numero possibile i nomi volgari con cui nella stes- 
sa provincia sono denominate le specie più importanti e 
più note; le specie considerate utili o nocive; quelle più ra- 
re; quelle altre che si credono in via di diminuzione, con 
accenno alle cause della medesima, e quante altre indica- 
zioni più opportune l’autore potrà dare ». 

Altra fra le condizioni stabilite dall’offerente la te- 
nue somma, era quella della nomina da farsi al momento 
opportuno, e in adunanza generale della Società, di una 
Commissione di cinque membri; fra i quali dovevano tro- 
varsi ornitologi fra i più competenti, residenti o non re- 
sidenti in Roma, facienti o no parte della stessa Società; 
e fra questi infatti fu eletto a unanimità di voti, anche 
l'illustre prof. conte Tommaso Salvadori del R. Museo Zoo- 
logico di Torino. 

Giunta l’epoca della presentazione delle memorie, e 
compiuto dalla Commissione un diligentissimo esame, es- 
sa fu unanime nel dichiarare che l'assegnazione della me- 
daglia d’oro doveva spettare ai due autori di un lavoro 


FILIPPO PATRIZI MONTORO DI 


pregevolissimo, che rispondeva alle condizioni stabilite 
pel concorso, suggerendo soltanto alcune lievi modifica- 
zioni ed aggiunte: e questi autori risultarono essere i 
marchesi dottori Filippo Patrizi Montoro e Giuseppe Le- 
pri di Roma. 

Nell’adunanza generale scientifica tenuta nel dicem- 
bre 1903 io fui ben lieto di proclamare i nomi dei due vinci- 
tori. Ma questi fecero subito conoscere che intende- 
vano rinunziare alla medaglia d’oro da coniarsi colla som- 
ma di lire cento e cogli interessi concessi dalla banca în cui 
tenevansi nm deposito, desiderando invece che la intiera 
somma fosse destinata a concorrere nelle spese necessarie 
per la stampa del loro lavoro. 

E’ superfluo vi rigordi come la Società applaudisse 
alla generosa determinazione presa dagli egregi consoci 
ed autori. 

Intanto il manoscritto era stato ritirato dal march. 
Patrizi per farvi alcune opportune modificazioni, ch'egli 
stesso riconobbe utili, tanto più che in quel tempo era ve- 
nuta in luce l’opera importante del consocio prof. Arri- 
goni degli Oddi, della quale il Patrizi voleva tener conto; 
come più tardi voleva tener conto dell’altra opera non me- 
no importante, pubblicata dal proî. Martorelli. 

Trascorso però un tempo notevole, e date le condi- 
zioni di salute del march. Patrizi, che dopo il 1903 non 
furono sempre normali, e inoltre data la sua grande mode- 
stia, non mancai d’interpellarlo onde sì potesse fare la re- 
golare stampa della memoria. Ma fui invece autorizzato 
ad impiegare la somma per le spese di stampa di uno dei 
volumi del Bollettino Sociale, come fu fatto; riservandosi 
il Patrizi, col concorso dell'amico Lepri, di completare il 
lavoro da lunga mano elaborato. E so che notevoli modifi- 
cazioni furono introdotte, e che il manoscritto posseduto 


214 ANTONIO CARRUCCIO 


dall’egregia Signora e Famiglia, potrà — fra non molto — 
darsi alla stampa nel nostro Bollettino. Sarà questo un 
meritato omaggio che tutti renderemo alla cara memoria 
dellc studioso consocio, del benemerito e compianto cbon- 
sigliere. Possiamo inoltre ritenere che tale pubblicazione 
verrà accolta, specialmente nella provincia di Roma, con 
grande favore e vantaggio da quanti sono veri studiosi 
dell’Avifauna locale, od intelligenti cacciatori, i quali in 
questa stessa provincia invero non sono pochi. 

Mi sla concesso, nel dar fine a queste brevi pa- 
role, di augurare a nome vostro ai giovani e dovizio- 
sl figli del consocio estinto, di bene imitare il perduto loro 
genitore: abbiano pur essi costante affetto ai proficui stu- 
di, mantengano quel culto elevato e fervido, che in par- 
te risulta dall’am'ore per la patria, ed in parte dal rispet- 
to al giusto ed al vero: ch'è quanto dire a quelle virtù che 
più durevolmente nobilitano e fanno stimare la maggio- 
ranza degli integri cittadini. Di questi sovratutto abbiso- 
gna moltissimo l’Italia moderna, di questi che rispetvando 
la religione del padri nostri, siano in pari tempo vigorosi 
di mente e di corpo, non atei, non anarchici, non ignoranti, 
ma amanti del vero progresso, onesti e fermi nel bene 


oprare. 


Parole dette alla Società Zoologica Italiana dal socio 
Dott. Giuseppe Lepri, nell'adunanza dei 21 aprile 1908. 


Se è vero che nei dolori di cui ci è prodiga la vita, 
uno dei maggiori conforti sia quello di dividerli con chi 
ha comuni con noi ed affetti e sentimenti, concedete a me, 
che in Filippo Patrizi ho perduto il parente ed amico di- 


FILIPPO PATRIZI MONTORO 215 


lettissimo, il compagno inseparabile, di rievocarne l’im- 
magine innanzi a voi, che lo conosceste e lo amaste. 

Il nostro Presidente, che ben seppe conoscere ed ap- 
prezzare il Patrizi, vi ha già parlato della sua attività 
nel campo scientifico, dell’opera sua nell'ambiente della 
nostra Società e del Museo Zoologico Romano. Ma poichè 
è certo che dottrina e sapere, che l’amore e la ricerca del 
vero e del bello non debbono, o almeno non dovrebbero, 
mai dispaiarsi dalle più elevate doti dell'animo, dalla 
pratica costante ed inflessibile della bontà, altrimenti ciò 
che brilla nello scienziato e nell’erudito, non è oro ma or- 
pello, permettete che in poche parole io ricordi le doti mo- 
rali che Filippo Patrizi ebbe elettissime, e che forse molti 
non poterono o non seppero apprezzare, per la sua grande 
ed innata modestia, per lo studio costante che Egli pose 
nel fuggire tutto ciò che potesse lontanamente sembrare, 
ambizione, desiderio di mettersi in mostra, di prevalere 
su altri. 

E se con questo potrò tar crescere la vostra stima per 
la sua memoria, il vostro rimpianto per la sua dipartita, 
avrò reso al suo nome il più durevole omaggio, poichè non 
vi ha monumento che possa agguagliarsi al memore at- 
fetto di cuori amici. 

Chi solo superticialmente conosceva Filippo Patrizi, 
al vederlo così semplice e riservato, fino a comparir timi- 
do, così alieno dal porre avanti la propria personalità, e le 
proprie idee, quasi così diffidente di se stesso, poteva fa- 
cilmente giudicarlo una mente ristretta, limitata in pic- 
cola cerchia d’idee da cui non sapesse uscire, 0, per lo 
meno, poteva ritenerlo un uomo di altri tempi, come suole 
dirsi con frase ormai vieta: una di quelle deboli intel 
ligenze, che, spaventate dalla rapida e febbrile evoluzione 
delle idee, degli usi, della Sogietà stessa, non sapendo te- 


2I6 GIUSEPPE LEPRI 


nervi dietro, si fermano in disparte, nell’aspettativa, e- 
ternamente delusa, di un ritorno del passato. 

Tutt'altro! Avvicinandolo e conoscendolo a fondo si 
scopriva in lui, una intelligenza larga ed equilibrata, una 
nozione calma ed esatta dei nuovi tempi, dei nuovi diritti 
. e dowerì che essi comportano per ogni classe sociale : 
senza ciechi entusiasmi per tutto ciò che fosse nuovo, sen- 
za sciocchi ed irragionevoli dispregi per ciò che fosse o- 
pera del passato. La sua mente comprendeva appieno 
quanto fosse la necessaria conseguenza del rinnovarsi 
dei tempi, ma nello stesso tempo sapeva ben apprezzare 
il] patrimonio del passato, e quanto in esso vi fosse di buo- 
no pel presente, e quanto ormai non avesse più ragione 
di essere. 

E di questa sua esatta nozione delle esigenze dei nuo- 
vi tempi, egli ne dette prova addottorandosi, giovanis- 
simo, in scienze sociali, nella Università di Lovanio. È 
degli studi fatti non se ne servì soltanto come di sterile 
ornamento, ma continuò in seguito, anche in mezzo alle 
cure della numerosa famiglia, e contemporaneamente ad 
altri studi, a tener dietro a tutto il movimento scientifico 
che accompagna l'odierna evoluzione sociale. Tanto che 
più di una volta profondi e provetti cultori delle scienze 
sociologiche, dovettero meravigliarsi delle idee giuste e 
larghe, delle osservazioni originali ed acute che il Patrizi 
esternava in merito ai più ardui problemi sociali. 

E ad uno dei più importanti fra questi aveva fin dai 
suol giovani anni rivolto in modo speciale la sua mente 
ed il suo cuore: voglio dire alla condizione sociale delle 
nostre campagne. Meglio di altri, Egli si era trovato in 
condizioni di comprendere quanto lo stato di cose attuale 
fosse dannoso per il proprietario che allontana dalle sue 
terre e distoglie dalla cura diretta dei propri interessi, e 


FILIPPO PATRIZI MONTORO 217 


per il lavoratore dei campi che lascia in balìa di interme- 
diarii, avidamente sfruttatori, separando così due indi- 
vidui che dovrebbero essere uniti, che, come ho inteso più 
volte dire a Filippo Patrizi, dovrebbe considerarsi, non 
come superiore ed inferiore, ma come compagni di la- 
voro. E nel ritorno dell’aristocrazia alla campagna, alla 
terra, vedeva il Patrizi, con idea luminosamente umani- 
taria, non solo la redenzione degli abitatori del campi, il 
risorgere a prosperità di regioni abbandonate, l’affratel- 
larsi di due ordini sociali fra le braccia dell Alma parens, 
e quindi lo scomparire di contrasti e di lotte, ma vedeva 
ancora e sperava il rigeneramento della classe a cul ap- 
parteneva, che nella vita feconda ed operosa della cam- 
pagna avrebbe ravvivato le sue vitali energie isterilite da 
quella frivola e spesso colpevole delle grandi città. 

E da questo ordine d’idee, verso cui era spinto non 
solo dalla sua mente aperta, ma più ancora dall’immensa 
bontà del suo cuore istintivamente attratto verso tutte 
le miserie, e che, se la salute glie lo avesse permesso, a- 
vrebbe realizzato su più larga scala di quanto non gli 
sia stato concesso di fare, originò in Lui quell'amore im- 
menso alla campagna, alla natura, alle sue bellezze, quel 
desiderio vivissimo di studiarne e ricercarne le più re- 
condite. 

Certamente che se gli studi giovanili di Filippo Pa- 
trizi avessero avuto un altro indirizzo, egli sarebbe po- 
tuto divenire uno scienziato di non comune valore. Ma ora 
volerlo dipingere come tale, sarebbe commettere verso la 
sua memoria, uno di quegli atti, di cui il suo animo sem- 
plice ed austero, sentiva più profondamente orrore, un 
atto di adulazione. Ma non è da credersi che l’opera sua 
sia rimasta totalmente senza valore nel campo scientifico, 
che la sua attività sia stata infeconda per la scienza. Di 


218 GIUSEPPE LEPRI 


ciò, meglio che non potrei farlo io, ve ne ha già parlato il 
Prot. Carruccio, nostro amato Presidente. Io voglio an- 
cora una volta porvi in rilievo la sua grande modestia, il 
suo signorile disinteresse , la sua riluttanza a ricercare 
onori e lodi, anche se meritate: doti tanto più rare ed ap- 
prezzabili al tempo nostro che, come disse il Giusti, pià 
dell’essere conta èl parere. Filippo Patrizi pose studio co- 
stante ad essere senza curarsi di parere. 

Quante e quante volte mi ha ripetuto « Non posso es- 
sere uno zoologo, mi contento di essere un fornitore di 
zoologi » intendendo dire che non potendo, per mancanza 
di studi preliminari, dedicarsi a quelle ricerche proprie 
di chi in un ramo della scienza è già provetto, si conten- 
tava, con le sue raccolte e con le sue esatte e scrupolose 
osservazioni di provvedere i mezzi per far progredire la 
sua scienza prediletta a chi fosse al caso di farlo! 

Ditelo voi che della scienza siete veri e profondi cul- 
tori, qual bene per essa se sorgessero molti e molti imi- 
tatori della modestia e del disinteresse di Filippo Pa- 
trizi? Se tanti anzichè impancarsi a banditori di nuove 
teorie, a scuopritori di nuove leggi e di nuovi fenomeni, 
si contentassero di essere fornitori degli scienziati veri? 

E nella via intrapresa il Patrizi contava proseguire : 
e pochi giorni prima della sua morte mi parlava di nuovi 
campi a cui rivolgere la sua attività di raccoglitore, per 
poter ben presto, come egli diceva, donare al nostro Museo 
nuove collezioni. 

Infatti, Egli, con il suo abituale disinteresse, non 
ammetteva che una raccolta zoologica, una volta giunta 
ad un certo grado d’importanza, potesse rimanere presso 
un privato: « Una ricca raccolta, diceva, è una miniera 
che può essere utile a molti, tenerla nascosta è un egoismo 
scientifico : il suo vero posto è il museo pubblico... Le rac- 


FILIPPO PATRIZI MONTORO 2109 


colte, mi disse altra volta, costituiscono la proprietà fon- 
diaria della scienza, ma è una proprietà collettiva di tutti 
1 suol cultori, nessuno ha il diritto di monopolizzarla ». 
E queste sue idee non si contentava di manifestarle a 
parole, ma le metteva in pratica: E quanto sarebbe stata 
feconda l’opera sua per l’incremento del nostro Museo, se 
l'ora della sua dipartita non fosse anzitempo suonata! 

Ma se la sua vita fu molto più breve di quanto glie 
l’auguravano coloro che l’amavano, e furon quanti lo co- 
nobbero, non per questo trascorse inutile. 

Lo ha già detto il nostro Presidente, se l’opera sua 
fu sterile per quel ramo della scienza a cui Egli con tanto 
ardore eppur con tanta modestia si era dedicato. 

Lo dicono ancora i miseri che in Lui trovarono il cuo- 
re semplicemente e profondamente benefico, che aiuta sen- 
za offendere, senza imporsi, quasi adempiendo un suo mo- 
to abituale. 

Lo dica la sua famiglia, lo dicano gli amici nel cui 
animo la sua scomparsa ha lasciato un vuoto che non sarà 
mai ricolmato. Lo diranno ancora, mi auguro, quanti spe- 
cialmente tra i giovani studiosi, vorranno raccogliere un 
ammaestramento dalla vita di Filippo Patrizi, Che l’e- 
levatezza del grado sociale, il sapere, la coltura, non pos- 
sono che brillare mille volte di più quando sì ammantano 
della modestia, del disinteresse, della bontà dell'animo. 


GIUSEPPE LEPRI. 


Processo verbale dell’adunanza generale scientifica 
tenuta il 21 aprile 1908 dalla « Società Zoolo- 
gica Italiana. — Presidente onorario S. M. il Re. 
Presidente effettivo: Prof. Comm. Antonio Carruccio 
— F.F. di Segretario: March. Dott. Giuseppe Lepri. 


Vien letto ed approvato senza osservazioni il Processo 
verbale della precedente adunanza; quindi il Presidente 
ricorda che per proposta unanime del Consiglio Direttivo 
deve sottoporre all'Assemblea generale la nomina a socio 
onorario dell’illustre zoologo Prof. Lorenzo Camerano, Ret- 
tore della R. Università di Torino, e Direttore dei Musel 
di Zoologia e Anatomia Comparata di quella stessa Uni- 
versità. 

La proposta viene accolta con unanimi applausi dai 
soci presenti. 

Il Presidente dice che si farà un gradito dovere di co- 
municare prontamente la elezione unanime al Prof. Ca- 
merano. 

Dal Presidente sono proposte, e dall'Assemblea ap- 
provate, le nomine dei tre nuovi soci ordinari: Dr. Berto- 
lini Giulio Ispettore medico veterinario in Roma, Dr. Pao- 
lucci Carlo in Ancona, e Dr. Pietravalle Nicola, in Roma. 
Si dà poscia lettura della seguente lettera del celebre bio- 
logo Prof. Ernesto Haeckel : 


Stimatissimo e Ulustre Collega prof. CARRUCCIO — 
Presidente della Socretà Zoologica Italiana — Università 


di Roma. 


« La ringrazio cordialmente per i sinceri e vivi au- 
surî pel mio 74° giorno natale, li 16 Febbraio, che Lel mi 


PROCESSO VERBALE 22I 


ha fatto; e La prego di comunicare anche le mie grazie 
caldissime alla celebre Società Zoologica Italiana, della 
quale Lei è presidente effettivo. Essere membro d’onore di 
questa Società meritissima è per me un piacere particolare, 
come sono amico caldissimo della bella Itala e della sua 
scienza ed arte classica da più che cinquanta anni. 

« Gli anni felici (più che quattro) nei quali ho dimo- 
rato migrando in Italia, e principalmente lungo le sue 
spiaggie pittoresche, interessantissime per la ricca Fauna, 
restano sempre 1 più belli della mia lunga vita; e sempre 
ricordo con intima gratitudine gli uomini illustri e i col- 
leghi amabili, che mi hanno aiutato ». 

Con vera stima 


Il suo devotissimo 


BERNESTRPARCKETLC. 
Iena 26 F ebbralo 1908. 


Il Presidente partecipa alla Società di aver ricevuto 
per mezzo del consocio Prof. Mario Condorelli, dell Uni- 
versità di Catania, notizia della immatura morte del prof. 
Salvatore Calandruccio, e brevemente ne ricorda 1 meriti 
scientifici, mettendo in rilievo i molti sagrifici morali e 
materiali cui il socio Calandruccio andò incontro per 
l’amore costante agli studi e per la bontà dell’animo. 

Poscia commemorò il benemerito socio fondatore mar- 
chese Dr. Filippo Patrizi Montoro. Al Presidente si as- 
sociarono 1 consoci march. Dr. Giuseppe Lepri, che trat- 
teggiò la fiugura morale del Patrizi, e il Prof. Tuccimei. 

Passati alle comunicazioni scientifiche, prese prima 
la parola il Prof. A. Carruccio per riferire intorno ad vn 
Rhinobatus Halavi preso per la prima volta nel Mare di 
Orbetello, e su di un Ruvettus pretiosus proveniente dal 


222 PROCESSO VERBALE 


mare di Messina, aggiungendo importanti notizie gentil- 
mente fornitegli dal consocio Dr. Luigi Facciolà residente 
nella predetta città. Fa noto che allorquando pubblicherà 
la comunicazione riguardante questi due pesci, che man- 
cavano alla collezione ittiologica generale del R. Museo 
Universitario, spera di potervi aggiungere altre notizie, 
che attende dall’illustre socio onorario Prof. Enrico Gi- 
elioli di Firenze. 

2. Il Prof. Giulio Bertolini fa una larga ed interes- 
sante esposizione del suol studi sulla Bilharzia erassa da 
lui rinvenuta in buon numero nei bovini provenienti dalla 
Sardegna ed uccisi nel inattatoio di Roma. Il Presidente 
ed il Prof. Alessandrini encomiano i diligenti studi del 
socio Bertolini. 

8. Il Prot. Ettore Ricci del R. Liceo di Macerata espo- 
ne accurate osservazioni sull’Avifauna del bacino del 
Chienti e del Potenza, e fornisce pure precise notizie su 
alcuni mammiferi non comuni conservati nel Gabinetto 
di Storia Naturale del predetto Liceo. 

4. Il Prof. Tuccimei presenta la seconda parte del suo 
Saggio di un l'atalogo dei Ditteri romani, intrattenendosi 
in modo particolare su alcune specie più notevoli. 

5. Il Prof. Giulio Alessandrini fa noto il risultato 
dei suoi studi sovra esemplari di Gongylonema scutatus, 
trovati in Roma quali parassiti nell’esofago di Ruminanti. 

6. Il Principe D. Francesco Chigi fornisce particola- 
reggiate notizie sulle più notevoli catture ornitologiche av- 
venute durante il 1907, e presenta pure un suo saggio di 
studio sulle tasi evolutive del piumaggio, con appunti 
di sistematica ornitologica. | 

7. Dal march. Dr. G. Lepri son fatte conoscere le 
aggiunte che recentemente potè fare al catalogo dei 7'en- 
thredinidi della provincia di Roma. 


PROCESSO VERBALE 220 


8. Il socio Sig. Luigi Grassi riferisce sovra alcune 
Foladi viventi sulla torba nel littorale presso Nettuno, e 
presenta diversi esemplari. Il Vive-Presidente Prof. Meli 
conferma le osservazioni del Grassi. 

9. Il Presidente annuncia la presentazione di una 
accurata recensione fatta dal Prof. Angelini sul volume 
testè pubblicato dal Prof. Giglioli (Inchiesta ornitologi- 
ca), recensione che sarà presto pubblicata per intiero. 

Nessun altro domandando la parola il Presidente viva- 
mente ringrazia i consoci che dopo di lui fecero comu- 
nicazioni assal interessanti, e dichiara sciolta l'adunanza 
alle ore 7 1/2 pom. 


—_ —————_m————m€—____—_mÉ 


Ci faccrtamo un dovere di far conoscere ai consoci, 
che unanimi vollero conferire uno dei pochissimi posti di 
SOCIO ONORARIO, all’illustre zoologo di Torino, la 
lettera di ringraziamento che egli ha trasmesso ai colleghi 
ed al nostro presidente. 


RECNIVERSITA*DI TORINO 
Il Rettore 


Torino, 23 aprile 1908. 


IUl.mo Signor Comm. Prof. A. CARRUCCIO 
Presidente della Società Zoologica Italiana — Roma. 


« Sono molto riconoscente a Lei, illustre e beneme- 
rito sig. Presidente della Società Zoologica Italiana e a 
tutti 1 soci, dell’alto onore fattomi col nominarmi socio 
onorario nazionale. 


224 PROCESSO VERBALE 


Io prego la S. V. di accogliere i miei più vivi rin- 
sraziamenti e di voler a mio nome ringraziare tutti i Col- 
leghi. | 

Sono poi particolarmente grato delle gentili e, 
per me molto lusinghiere espressioni, colle quali la S. 
V. ha voluto darmi annunzio dell’onorifica nomina. 

« Michele Lessona, che la S. V. con squisito pensiero 
ricorda, apprezzò grandemente, fino dal suo inizio, l’ope- 
ra della Società Zoologica Italiana e bene augurò del suo 
avvenire. 

All’augurio ha degnamente corrisposto la Società 
Zoologica Italiana per l’opera costante ed energica della 
S. V., che con tanto amore l'ha presieduta e la presiede, 
e per l’opera attiva e concorde dei soci. 

Rinnovo alla S. V. i miei più vivi ringraziamenti 
e La prego di accogliere i miei migliori saluti. 


L. CAMERANO. 


Comm. Prof. ANTONIO CarRUCCIO -— Direttore e Redattore responsabile. 


Roma__Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchi» 1-2. 


ranno La olataicite un altro fascicolo doppio pei mesi di luglio e agosto; e non ta 
meno regolarmente continueranno a ricevere gli altri fino al XI, essendo ap- 
punto 12 i fascicoli o numeri che d’or in avanti formeranno ciascun volume 
del Bollettino sociale. i 


ARTICOLI ESTRATII DAELO STAZIIO, 


Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo- 
rali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle — 
sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul 
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche 
d’indole biologica, anatomo-tisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- 
tica; e quelle ‘altre notizie che possono interessare gli studiosi. 

Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 


1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire DISCO, 
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 


2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; Wai 

3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti 
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti 
della Societa. 


a i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. 


Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato. 
da due soci ordinati e la sua nomina approvata dal Consiglio. 


Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- 
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi. 


elieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed uno 
Cassiere Economo responsabile dei fondi della Società. 


Tutti i membri del. Gonsiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; 
durano in carica 8 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. 
1 Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. : 


Art. 8. + Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative, 


Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in 
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. 


Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le adi È 
sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun. 
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle 
condizioni morali e materiali della Società. 


Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed 
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio 
direttivo e di 15 Soci, in quell’ anta che gli uni e gli altri crederanno più , 
opportuno. : 

Art. 11. — L'anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni falte | 
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi 
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. to 


I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza E 
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successiv 
1 Soci debbono pagare la quota annua entro il I. quadrimestre dell’ann 
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il QoZettin 
ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. 


N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodott 


Serie Il - Vol. IX Anno 1908. 


(XVII dalla fondazione) 


BOLLETTINO. 


DELLA LIT 


SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA 


Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill 


SOMMERIO: 
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. 

1. Dott. Pietravalle Nieola — Con- I. Il nesso tra le condizioni ester- 
tribuzione allo studio delle ne e la forma e la funzione 
specie europee del gen. Squa- di alcuni organi nei pesci (del 
lius Bp. $ . pag. 225 243 prof. S. Baglioni) è 231-283 


2. Nuovo Catalogo sistematico dei 
gio di uu Catalogo dei Ditteri Molluschi (Dott. Horst e Schap- 
della provincia di Roma (Parte Mai) CNIPA i ; 284-285 
II. — Continuazione), 244 261 | 3. I cani sanitari in guerra (Ten. 


med. Dott. Arturo Casarini) 
3. Dott. Valentino Barnabò — La 


2. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag- 


; IS . . 285-288 
glandola interstiziale del te- 
sticolo. (Capit. XI. - Significato HI. ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLIC. 
Articoli dello Statuto sociale. — (Ved. 


fisiologico. Continuazione) 262-280 copertina) 


-- ——T __ —==6@r=* 


Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO - R. Università 


(Via della Sapienza — Roma) 


AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla 
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter  trattenersj 
— nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per 
‘ confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. 


SIN _°-- 


Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, 


Fasc. VII e Vill. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908 


BOLLETTINO 


bPCE SOCI RIO 0LOGLO Avchiha LkA NA 


CON SEDE IN ROMA 


Presidente onorario S. M. il RE 


Contribuzione allo studio 
delle specie europee del gen. Squalius Bp. 


e E Ze I 


Comunicazione alla Società Zoologica Italiana 


del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE 


Il Bonaparte (8) nel fascicolo XIX della sua « Fau- 
na italica » pubblicato nel 1837, divideva il genere Leu- 
ciscus Klein in tre sottogeneri: Leuciscus, Squalius e 
Scardinius, fondandosi principalmente sullo squarcio del- 
la. bocca come carattere distintivo. A questi sottogeneri 
aggiunse in seguito il T'elestes, che poi innalzò al grado 
di genere con gli altri gruppi, nel fascicolo XXVIII del- 
la « Fauna italica » pubblicato nel 1840. 

Ma fondati com'erano su caratteri incostanti e quin- 
di di poco valore, i limiti di questi gruppi, ad eccezione 
del Telestes, non potevano essere netti, precisi, chè anzi 
‘venivano ad avvicinarsi specie tra loro molto dissimili, le 
quali si sarebbero invece dovute tenere lontane. 

Il genere meno omogeneo e più indeterminato pote- 
va dirsi lo Squalius, in cui accanto alle specie italiane #4- 
berinus, albus e cavedanus, erano collocate le altre; rubi- 


226 N. PIETRAVALLE 


lio, rubella, trasimenicus, fucini, aula ed elatus, oltre le 
esotiche quali il dobula, il jeses, Vorfus, il rutilus e il pra- 
sinus. 

A questo inconveniente riparò in parte lo stesso Bo- 
naparte (9) il quale nello « specchio generale del sistema 
Ittiologico », presentato nella riunione degli scienziati 
italiani, avvenuta in Milano nel 1845, tenne conto nella 
divisione dei singoli gruppi, della disposizione e del nu- 
mero dei denti faringei, seguendo in ciò l’opinione di 
Heckel, confermatagli in una nota. particolare sui pesci 
Italiani d’acqua dolce. 

Nel genere Squalius Bp. vennero così a trovarsi le 
specie delineatus, dell’Austria, dobula della Francia e ti- 
berinus, pareti, cavedanus e albus dell’Italia con i denti 
faringei su due serie da ciascun lato e a bocca affatto ter- 
minale. Alle quali nel « Catalogo metodico dei pesci euro- 
pei » (10) pubblicato un anno dopo, aggiunse ancora lo 
Sq. souffia della Francia meridionale. 

Nel suo genere Leuciscus Bonaparte metteva poi dei 
veri e proprii Squalius a denti biseriati, che Heckel con- 
siderava appunto in quest’ultimo genere. 

Nei suoi « Cenni » il De Filippi (20) aveva già riu- 
nite in una sola ie specie tiberinus, pareti e cavedanus, 
elustamente osservando che se a queste voleva paragonar- 
si quella di Lombardia, tenendo conto delle più minute 
variazioni, si sarebbe giunti facilmente a ricondurre le 
tre specie ad una sola o ad aggiungervene molte interme- 
die. 

Questa opinione venne anche confermata nella riu- 
nione su riferita — adunanza 20 settembre — dal Prof. 
Genò, il quale aggiunse che le leggiere differenze tra le 
specie suddette, dovevano ricercarsi nelle acque in cui es- 
se vivevano. 


DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 227 


Heckel e Kner (3) inclusero nel genere Squalius un 
gran numero di specie, fondandosi su caratteri variabili 
e di poco valore. 

Siebold (48) considerava in questo genere, per l’Eu- 
ropa centrale, due sole specie, lo Sg. cephalus e lo Sq. leu- 
ciscus, riferendo ad esse molte specie ritenute distinte da- 
gli autori. 

Il Canestrini (16) ammetteva le specie cavedanus. 
dell’Italia e <2lyricus e microlepis della Dalmazia, riu- 
nendo a quest’ultima gli Squalius ukliva, tenellus e tur- 
skyi di Heckel e Kner. Non osservò poi altre specie di 
Squalius nell'Italia centrale, all'infuori dello Sq. cave- 
danus, e non conosceva quindi il Levciscus sardella Valen- 
ciennes e il Leuciscus comes Costa, attribuiti a quella re- 
gione e riferiti dal Dibowski (23) al genere Squalius. 

L’asserzione di Heckel e Kner intorno alla presenza 
dello Sg. 'leuciscus nell'Italia settentrionale, non venne 
confermata nè dal Canestrini nè da altri. 

Il Giinther (30) nel 1868, non riconosceva che 12 spe- 
cie di Squalius nei limiti del nostro continente. Egli riu- 
niva infatti nel suo gran genere Leuciscus i Sg. cephalus, 
Sq. vulgaris e Sq. muticellus, Europa in generale, Sq. 
svallize, Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. turskyi di Dalma- 
zia; Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. tenellus di Bosnia; Sq. 
borystenicus di Russia; Sg. fellowesti d'Asia Minore e 
Sq. pyrenaicus di Spagna e di Portogallo. 

Il Fitzinger (26) fondandosi su caratteri affatto in- 
sufficienti, quali la posizione della bocca, la forma della 
caudale e delle corone dei denti faringei, trasse fuori dal 
due generi Squalius e Telestes Bp. sei altri 1 cui limiti, 
naturalmente, non potevano essere ben definiti. Essi erano 
i generi Squalius, C'ephalus, Cephalopsis, Telestes, Ha- 
brolepis e Bhatistoma. 


228 N. PIETRAVALLE 


Il Blanchard (6) riunì senza discussione il genere 
Telestes allo Squalius e descrisse in questo genere oltre 
gli Sq. dobula, Sq. leuciscus, Sq. agassizii, alcune nuove 
specie, la cui validità appariva molto discutibile per la 
scarsa importanza dei caratteri differenziali su cui ripo- 
savano. A torto infatti egli distingueva il suo Sq. cla- 
thratus per una punteggiatura verde oscura alla base del- 
la parte libera e al margine libero, e per le strie concen- 
triche più regolari delle squame, perchè nei nostri cave- 
dani, specialmente negl’individui dal dorso grigio acciaio 
questi caratteri sono talmente variabili da non poterne 
tenere assolutamente conto. Lo Sg. meridionalis altri non 
è che lo Sq. cavedanus, e la curva un po’ più accentuata 
del dorso, relativamente alle altre specie, le dimensioni 
della testa, le proporzioni e la colorazione delle squame, 
ce lo dimostrano chiaramente, non potendo attribuire va- 
lore di carattere specifico alla forma più quadrata dell’o- 
percolo. Lo Sq. bearnensis e lo Sq. burdigalensis non so- 
no che varietà dello Sg. lewciscus, perchè il numero delle 
squame e dei raggi delle pinne, la forma e il rapporto tra 
le diverse parti del corpo, invocati come caratteri diffe- 
renziali, servono invece ad avvalorare maggiormente que- 
st'asserzione. 

Il Moreau (40) seguì il Blanchard nel riunire il ge- 
nere Telestes allo Squalius, ma riconobbe buone le sole 
specie Sg. cephalus, Sq. leuciscus e Sq. souffia, sotto il cui 
nome riuniva 1 T'elestes agassizii, savignyi e muticellus. 

E presso che della stessa opinione si sono mostrati il 
Fatio (24) e il Festa (25). 

Ultimamente lo Scotti (47) senza affatto discutere ha 
ristabilito il genere 7'elestes, con la sola specie 7°. muti- 
cellus e così ha fatto anche il Dott. Largaiolli (37) in un 
recentissimo lavoro sui pesci del Trentino 


DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 220 


Jo ho esaminati molti esemplari di 7°. muticellus, pro- 
venienti da diverse località e li ho paragonati con nume- 
rosì individui, anche giovani, di Sq. cavedanus e Sq. ce- 
phalus e sono venuto nella convinzione che il gen. Tele- 
stes debba mantenersi distinto dal gen. Squalius. La- 
sciando da parte quei caratteri che possono tutt’al più in- 
vocarsi per una distinzione specifica, io credo che debba- 
no ritenersi principalmente buoni come caratteri generi- 
cl, il numero dei denti faringei e la grandezza delle squa- 
me. — Negil esemplari che ho presi in esame, ho sempre 
trovati i denti faringei in numero di 2 e 5 da un lato e 2 
e 4 dall’altro, e negl’individui anche giovanissimi di 
Squalius non ho mai notato le squame così piccole, perchè 
mentre nel 7. muticellus la parte libera di esse raggiunge 
in media, in lunghezza, 1/3 del diametro longitudinale 
dell’occhio, nello Sg. cavedanus, misura in media 1/2 del 
diametro in parola, e va notato che negl’individui giova- 
ni di Sg. cavedanus, il diametro longitudinale dell’occhio, 
riferito alla lunghezza massima, è anche maggiore che nel 
T'elestes. 

Vi sono degli autori che non riconoscono il genere 
T'elestes perchè alcuni caratteri particolari a questo grup- 
po, presi isolatamente, li hanno ritrovati quali in una, 
quali in un’altra specie, appartenenti a generi diversi. 

Io sono del parere che in una distinzione generica, 
va tenuto conto non di un solo, ma di un complesso di ca- 
ratteri che si sostengano e si completino a vicenda, e che 
se per un caso eccezionale c’'incontriamo in un Telestes 
con i denti faringei in numero di 2 e 5 da ciascun lato, 
non dev'essere questa una ragione sufficiente per operare 
una riunione col genere Squalius, perchè altri caratteri 
sussidiarii potremo chiamare in nostro aiuto e la dignità 
del genere non ne rimarrà per niente scossa. 


230 N. PIETRAVALLE 


Il Bonaparte stesso del resto, in questo caso, non te- 
neva conto del numero dei denti faringei, perchè crede- 
va che 1 T'elestes, come gli Squalius, ne presentassero nor- 


malmente 5 nella serie esterna e 2 nell’interna da ciascun 
l'ato | 


Per l'Europa in generale, due specie si ammettono 
oggi senza discussione nel genere Squalius: lo Sq. leuci- 
seus e lo Sg. cephalus delle regioni medie e settentrionali 
del nostro continente. Lo Sg. leuciscus varia moltissimo 
da un punto all’altro e perfino nella stessa località, e ha 
dato luogo perciò alla creazione di un gran numero di 
false specie, che cadono innanzi allo studio della variabi- 
lità dei caratteri. 

Linneo nel Systema naturae (38), lo descrisse in tre 
differenti luoghi sotto il nome di Cypr. leuciscus, Cypr. 
dodula e Cypr. grislagine, dicendo di quest’ultimo: « an 
satis distinctus a dobula? » 

Hartmann (31),il quale descrisse lo Sq. leuciscus sot- 
to il nome di Cypr. dobula, non solo non considerava come 
specie differenti le altre due riportate da Linneo, ma du- 
bitava finanche della loro esistenza. 

Il Cypr. grislagine di Razoumowski (42) non corri- 
sponde all'omonima specie linneana e quindi al Leuciscus 
gristlagine di Nilsson (41), Kroger (35) e Schioz (45), ma 
deve invece riferirsi al Lewciscus rutilus d’Agassiz. 

A questa stessa specie deve riferirsi, molto probabil- 
mente il Cyprinus jaculus descritto da Jurine (36) sotto 
il nome volgare di vandoise, che si dà in Svizzera allo Sq. 
leuciscus, perchè nè il Lunel (39), nè il Fatio che si occu- 
parono dei pesci di questa regione trovarono mai nel la- 
go Lemano lo Sg. leuciscus. 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 231 


Il Leuciscus argenteus dell’Agassiz (1) è generalmen- 
te riconosciuto come uno Sg. leuciscus. De Selys (22) stes- 
so che si serve di questo nome dell’Agassiz per descrivere 
la vandoise, osserva che non vi sono caratteri sufficienti 
per distinguere il L. argenteus dal L. vulgaris. 

Innanzi alla variabilità dello Sg. leuciscus cadono an- 
che il L. rostratus d'Agassiz e Valenciennes, e i Leuciscus 
rodeus e majalis d’Agassiz, come chiaramente dimostra- 
rono le ricerche del Siebold e del Fatio. 

In quanto allo Sq. lepusculus e allo Sg. chalyboeus di 
Heckel e Kner, essi debbono seguire la sorte dello Sg. ro- 
dens e dello Sg. rostratus degli stessi autori, corrispon- 
denti agli omonimi Lewuciseus d’Agassiz, e rientrare nel- 
la sinonimia dello Sq. leuciscus. 

Abbiamo anche parlato più innanzi dello Sq. bear- 
nensîs e dello Sg. burdigalensis di Blanchard. 

Lo Squalrus cephalus è stato nei primi tempi confuso 
con altre specie e riferito erroneamente ora ad uno ora ad 
un altro pesce conosciuto dagli antichi. Rondelet (48), lo 
descrisse sotto 11 nome di Capito fluviatilis, credendolo 
l’Alburnus della Mosella, cantato da Ausonio, e così an- 
che Gesner (28) e Aldrovandi (2); Schonevelde (46) ne fe- 
ce il suo Squalus major; a Willugby (53), forse per quel- 
la superficiale somiglianza coi mugili, che saltò agli oc- 
chi di Galeno, piacque chiamarlo Mugi fluviatilis; e Ar- 
tedi (5) lo annoverò tra i sinonimi del suo decimo ciprino. 

Esso non può ragionevolmente riferirsi a nessun’al- 
tra specie linneana, se non al Cyprinus cephalus e a torto 
Cuvier (19), Holandre (383), Valenciennes (52) e altri lo 
ritennero identico al Cyprinus dobula Lin., conservando- 
gli lo stesso nome i primi due, sostituendovi il solo nome 
generico di Leuciscus il terzo. 

Lo Sq. cephalus va anche ricercato nel Cyprinus idus 


232 N. PIETRAVALLE ‘ 


di Bloch (7) e di Hartmann, il quale ultimo lo scambiò per 
un /dus melanotus (L.), vivente nel lago di Neiichatel; er- 
rore in cui incorse anche De Tschudi (21) quando segnalò 
la presenza di un /dus melanotus nel Lago Nero del Can- 
tone di Friburgo e lo descrisse sotto il nome volgare di 
Wantuse. 

Jurine e Steinmiiller (51) riferirono, senza giusta ra- 
gione lo Squalius cephalus al Cypr. jeses di Linneo e gli 
lasciarono lo stesso nome. 

Il Leuciscus latifrons di Nilsson e i L. frigidus e al- 
biensis di cui Valenciennes si compiacque farne due spe- 
cie distinte, principalmente per lievi differenze riscon- 
trate nelle proporzioni delle pinne, vanno aggiunti ai si- 
nonimi dello Sg. cephalus. I 

Lo Sq. leucissus non si trova al sud delle Alpi, ma 
abbiamo in Italia una specie molto affine allo Sg. cepha- 
lus, la quale ha dato luogo a molte discussioni. Una qui- 
stione infatti è sorta specialmente in questi ultimi tempi, 
rimanendo tuttavia sospesa: Lo Squalius cavedanus e lo 
Sq. albus Bp. sono varietà dello Sg. cephalus (L.) 0 costi- 
tuiscono una o due specie distinte? 

Il Bonaparte lungi dal considerare identiche queste 
specie, aggregò il cephalus al gen. Gardonus e dalla stessa 
specie cavedanus trasse fuori altre, di cul, come s'è ac- 
cennato, venne dimostrata l'identità. 

Heckel e Kner mantennero distinte le specie in di- 
, scorso, ma le riunirono nello stesso genere. 

Il Canestrini faceva notare che se il carattere della 
bocca larghissima assegnato dal Bonaparte allo Sg. albus 
era esatto e se esistevano dei cavedani nei quali « lo squar- 
cio della bocca, dolcemente obbliquo si protraeva. fin oltre 
la metà dell'occhio », la specie Sg. albus doveva essere di- 
chiarata buona, perchè nei nostri cavedani lo squarcio boc- 


DEL GENI..«. SQUALIUS » BP. 233 


cale, arrivava tutt'al più fin sotto al margine anteriore del- 
l'occhio. Non riferiva lo Sq. cavedanus allo Sq. cephalus, 
ma riuniva al primo lo Sg. svallize di Heckel e Kner e lo 
Sq. albus degli stessi autori, non corrispondente all’omo- 
nima specie di Bonaparte, perchè in esso lo squarcio della 
bocca era uguale a quello dei nostri cavedani. 

Il Giinther, il Moreau e il Giglioli (29), senza discus 
sione, ridussero lo Sg. cavedanus e lo Sq. albus Bp. a sem- 
plici varietà dello Sg. cephalus (L.). 

Il Fatio considera lo Sq. cavedanus Bp. come sotto- 
specie meridionale dello Sq. cephalus (L.) e conserva in- 
vece un po’ di dubbio sullo Sg. albus Bp. 

Il Festa, trattando dei pesci del Piemonte, divide l’o- 
pinione del Giinther, del Moreau e del Giglioli. E allo stes- 
so concetto si è ispirato il Fries (27) nel suo lavoro sui 
pesci della Scandinavia, pur riunendo lo Sg. cephalus 
(L.) e lo Sg. leuciscus (L.) nel suo genere Levciscus accan- 
to al Leuciscus rutilus e all Idus melanotus, e fondando la 
distinzione di queste specie sul margine convesso e conca- 
vo della pinna anale e suile proporzioni della coda. 


I caratteri invocati dagli autori per differenziare le 
snecie in parola, non essendo tali da poter assicurare un 
solido fondamento per una distinzione specifica, occorreva 
analizzare, paragonare i diversi individui con un metodo 
di precisione, con un metodo di esame rigoroso, che per- 
mettendo di valutare le più piccole variazioni nei carat- 
teri delle singole specie, desse affidamento per un risultato 
sicuro e indiscutibile. 

Questo metodo 10 ho creduto di ritrovarlo in quello 
quantitativo-statistico proposto dal Camerano (11-12-18) 
e modificato da altri e l’ho adottato senz'altro per le mie 


234 N. PIETRAVALLE 


osservazioni, applicandolo su oltre 300 individui di loca- 
lità diverse. 


Statura. 


Dall'esame della statura, vale a dire della lunghezza 
massima espressa in millimetri, (vedi pag. relat.) negli in- 
dividui delle diverse località, non si possono trarre delle 
conclusioni che valgano a stabilire delle differenze as- 
solute, poichè troppe cause influiscono sulla variazione di 
essa, quali i metodi di pesca, l'ampiezza delle maglie delle 
reti generalmente adoperate per pescarli, la selezione in- 
volontaria, in altri termini, che ne fa l’uomo raccogliendo 
continuamente gl’individui di dimensioni maggiori. 

Ritengo però opportuno rilevare che nei bacini più 
ampi la statura media è notevolmente superiore a quella 
degl’individui raccolti in piccoli bacini, quali il fosso di 
Sette Camini (Roma), il fiume Fiora, il Clitumno. 

Fra gl’individui del Tevere da me posti nel gruppo 
dei giovani ,ne sono compresi alcuni di statura piuttosto 
grande, raggiungendo fino i 170 mm., tuttavia li ho stu- 
diati separatamente dagli adulti perchè, all’epoca della ri- 
produzione, non presentavano prodotti sessuali maturi, 
mentre fra quelli del Trasimeno trovai delle femmine di 
162 mm., e dei maschi lunghi appena 141 mm. con organi 
sessuali svilupati e prodotti quasi maturi ed anche fra 
quelli del lago di Como dei maschi e delle femmine maturi 
- lunghi i primi 140 mm, e le altre 141 mm. Non è però 
possibile distinguere gl’individui studiati, basandosi sulla 
loro statura o dando a questo carattere molta importanza. 


Variabilità delle parti. 


Dall’osservazione delle mie tabelle, risulta l’anda- 
mento della variabilità nelle singole dimensioni. 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 235 


L'altezza massima, la distanza dall’apice del muso al- 
la origine della dorsale e le dimensioni del capo, sono ge- 
neralmente più variabili nei maschi che nelle femmine, le 
altre dimensioni invece più nelle femmine che nei maschi. 

Negl’individui del lago di Costanza, appartenenti al- 
la specie Squalius leuciscus (L), la variabilità risulta af- 
fatto diversa da quella, degli altri individui studiati, co- 
me pure è caratteristico l’andamento della variabilità ne- 
gli individui del lago di Costanza, appartenenti alla spe- 
cie Squalius cephalus (L.). ed in quelli del Trasimeno 
(Squalrus albus Bp.). 

I giovani presentano variabilissime le dimensioni del 
capo ed il diametro dell'occhio, che dall'esame risultano 
anche, proporzionatamente agli altri organi, assai più 
sviluppati che negli adulti, il che fu anche osservato per 
individui giovani di altri generi, quali il Leuciscus (sot- 
togen. Leucos, Bp.). (17). 

L'altezza della pinna dorsale presenta il massimo in- 
dice di variabilità negli individui dell’ Aniene (0,31), il mi- 
nimo in quelli del lago di Como ed in quelli del lago di 
Costanza (Sg. cephalus (L.). 

L'altezza della pinna anale 11 massimo indice in quel- 
li del Tevere e dell'Aniene. 

Le pettorali quasi sempre più variabili nelle femmi- 
ne che non nei rispettivi maschi. 

Le pinne tanto impari che pari, sono in genere di di- 
mensioni assai variabili, e maggiormente negl’individui di 
acque correnti, che non in quelli dei laghi. 

I’ altezza massima è pure notevolmente variabile in 
quasi tutti 1 gruppi. 

La lunghezza oro-anale e la distanza dall’apice del 
muso all’origine della dorsale, sono invece pochissimo va- 
riabili in tutti 1 gruppi. 


2306 N. PIETRAVALLE 
Differenze quantitative. 


Gl'individui del fiume Reno (Basilea) e quelli del la- 
go di Costanza, appartenenti alla specie Sg. cephalus (L.) 
non presentano tra loro differenze quantitative importan- 
ti, anzi sì nota che molte dimensioni sono affatto uguali, 
e ciò non mi aspettavo considerando la diversità dell’am- 
biente in cui essi vivono. Questo gruppo quantitativa: 
mente si distingue aagli altri per la maggiore altezza mas- 
sima del corpo che giunge fino a 97/360 e la maggiore lun- 
ghezza oro-anale che giunge negl’individui del Reno a 
262/360. 

Gl’'individui appartenenti alla specie Squalius leuci- 
scus (L.) del lago di Costanza, vengono caratterizzati dal 
presentare rispetto agli altri gruppi la minima lunghezza 
oro-anale (237/360), la minima distanza dall’apice del mu- 
so all'origine della dorsale (185/360) e la minima lunghez- 
za del capo (77/360). 

Gl’'individui del lago Trasimeno, descritti dal Bona- 
parte come Squalius albus e finora compresi come varietà 
nello Squalius cavedanus, si distinguono dai gruppi di 
altre località perchè presentano la minima altezza mas- 
sima (68/360), il che conferisce loro un aspetto più slan- 
ciato come dico in altra parte. E’ pure in essi caratteristi- 
ca la massima lunghezza del capo (92/360). 

Gl'individui del Tevere, dell'Aniene e del lago di 
Como presentano 1l minimo sviluppo nelle pinne pettorali 
ed anale. Tra loro non ho osservato differenze tali che va- 
lessero a distinguerli, per modo che tutti mi rappresen- 
tano la forma tipica dello Squalius cavedanus, Bp. 

Tutti gl’individui studiati si possono quindi dividere 


in quattro gruppi: 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 253) 


a) Individui del lago di Costanza e del Reno, ap- 
partenenti alla specie Squalius cephalus, (L.). 

b) Individui di varie località italiane che manten- 
co nello Squalius cavedanus, Bp. 

c) Individui del Trasimeno, già descritti da Bo- 
naparte nella specie Squalius albus, in seguito compresi 
nello Squalius cavedanus e che io ritengo, come dirò in 
seguito, doversi tenere separati. 

d) Individui del lago di Costanza, appartenenti 
alla specie Squalius leuciscus, (L.). 


Credo utile ora riportare altri caratteri differenziali, 
non quantitativi, che contribuiscono a dare ai singoli grup- 
pi un factes particolare. 

Individu del gruppo A (Squalius cephalus (L.) del 
lago di Costanza e del Reno (Basilea). 

In questi individui il corpo è compresso ai lati, più 
elevato nella regione dorsale che nella ventrale. Il pro- 
filo superiore è convesso e segue una curva, in alcumi in- 
dividui dolcemente degradante dal muso alla caudale, in 
altri più accentuata sulla nuca e accennata appena o nulla 
dalla pinna dorsale alla caudale. TI profilo inferiore è 
presso a poco uguale al superiore: talora sensibilmente 
più convesso, altre volte invece più appiattito sul petto. 

Il capo è subconico con muso più o meno arrotondato 
e generalmente leggermente ottuso. Il suo profilo superiore 
è quasi sempre convesso e si continua armonicamente col 
profilo del dorso. Più o meno accentuato, ma in modo si- 
migliante si presenta il profilo inferiore. 

La bocca è relativamente larga, terminale o un po’ 
inferiore negl’individui vecchi, più o meno obbliqua, ed 


238 N. PIETRAVALLE 


arriva fin sotto alle narici o al margine anteriore del 
l'occhio. La mascella superiore sporge appena sull’infe- 
riore e le labbra sono bene sviluppate. 

L'opercolo è trapezoidale e solcato da raggi più o 
meno appariscenti. Il lato superiore è più lungo della metà 
dell’inferiore, 11 quale è leggermente convesso; il lato po- 
sterlore è sensibilmente concavo. 

Il preopercolo ha i margini anteriore e posteriore, 
convessi, formanti tra loro un angolo arrotondato. Lungo 
questi margini sporge l’interopercolo triangolare. Il su- 
bopercolo è semilunare. 

Le ossa faringee sono robuste ed allungate. La branca 
superiore è corta, larga ed inclinata, e si continua per 
mezzo di una curva regolare nella branca inferiore che 
è più lunga e più sottile. 1, prolungamento aliforme for- 
ma col corpo dell'osso un angolo ottuso col vertice arro- 
tondato superiormente, e sporge ad angolo acuto inferior- 
mente: il suo margine posteriore è quasi rettilineo. I 
denti faringei son disposti in due serie in numero di 5 e 
2 da ciascun lato. Essi sono forti alla base, un po’ com- 
presso sulla corona, col margine interno dentellato più o 
meno distintamente, e terminano a punta uncinata, che 
nella serie posteriore va decrescendo dal primo all’ultimo 
dente, il quale è quasi conico. I denti della serie anteriore 
sono notevolmente più piccoli di quelli della serie poste- 
riore e occupano lo spazio corrispondente al secondo e ter- 
zo dente di quest’ultima serie (Tav. IT. fig. 5). 

La pinna dorsale nasce un po’ più indietro che le 
ventrali e precisamente sulla 18% o più raramente sulla 
17.0 19. squama della linea laterale. Il margine superiore 
è quasi rettilineo. ssa conta da 11 a 12 raggi di cul 8 
semplici e 8 a 9 divisi. I raggi semplici vanno crescendo 
dal primo, molto piccolo, al terzo che è generalmente in 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 239 


lunghezza 11 doppio del secondo ed è uguale al primo di- 
viso, al contrario del raggi divisi che vanno gradatamente 
decrescendo, in modo che l’ultimo diventa la metà del 
primo. 

L’anale nasce un po’ più in avanti della dorsale abbas- 
sata e propriamente in corrispondenza della 27* o meno 
frequentemente della 26° squama della linea laterale. Con- 
ta più spesso 11 raggi, più raramente 12 di cui 3 semplici 
e 8 o 9 divisi. Il suo margine posteriore è convesso. 

Le pettorali decrescono rapidamente dal primo al- 
l’ultimo raggio ed hanno il margine inferiore arrotondato. 
La loro punta, abbassata, corrisponde alla 10° o 11° squa- 
ma della linea laterale. Hanno da 16 a 18 raggi, di cui uno 
semplice e 15 a 17 divisi. 

Le ventrali hanno origine generalmente, in corrispon- 
denza della 16° ma anche della 15% squama della linea la- 
terale; il loro margine inferiore è arrotondato e contano 
2 raggi semplici e 8 divisi. Il primo diviso è il più Iunge 
di tutti, il primo semplice è il più corto. 

La caudale è forcuta ed ha i lobi piuttosto acuminati, 
col margine un po’ convesso, e presso a poco uguali, per 
quanto talvolta l'inferiore si presenti un po’ più lungo del 
superiore. Scorrendo questa pinna dall’alto in basso in- 
contriamo 7 e anche, qualche volta, 6 o 8 raggi semplici 
non articolati, 4 semplici articolati, 17 divisi e 6 0 7 sem- 
plici. 

Le squame sono grandi e più o meno arrotondate a 
seconda delle diverse parti del corpo. Le squame della re- 
gione media del corpo, immediatamente al disopra della 
linea laterale, sono le più grandi, arrotondate nel margi- 
ne libero, con tre lobi nel margine fisso. Da un nodo posto 
quasi al centro della squama, partono dei radii diretti ai 
due marginî, con una disposizione a ventaglio: più rego- 


240 N. PIETRAVALLE 


lari e più distinti sono quelli diretti al margine libero i 
quali possono variare da 5 a 15 e anche più. Delle strie 
concentriche, sottili e riavvicinate nella parte nascosta, 
più grosse e più distanti tra loro nella parte scoperta, 
completano la squama. Più piccole sono ile squame latera- 
li della regione anteriore del corpo, e ancora minori quelle 
della regione posteriore, le quali son anche più irregolari, 
più allungate, col nodo da cui si partono i radii, spostato 
alquanto verso il margine fisso. Le dorsali mediane sono 
più piccole, con un maggior numero di radii e col.margi- 
ne fisso poco distintamente lobato. Ancora più piccole e 
quasi ovali col nodo ancora più spostato verso 11 margine 
fisso, si presentano le squame pettorali. (Tav. II fig. 1). 

La linea laterale è completa e scorre poco più giù della 
metà del corpo, descrivendo una curva quasi parallela al 
profilo del ventre, dall’angolo superiore dell’opercolo alla 
metà circa della radice della codale. Su di essa si contano 
da 44 a 48 squame simili alle altre vicine, col tubicino 
bene sviluppato, più corto ed obbliquo nelle squame, ante- 
riori, più sottile, più dritto e più lungo nelle posteriori, le 
quali sono anche più piccole delle altre. Sulla liena tra- 
sversale 7 a 8 squame superiormente e ,3 a 4 inferior- 
mente alla linea laterale. 

Individui del gruppo B (Sq. cavedanus Bp.) del Te- 
vere, dell'Aniene, del lago di Como, del Trigno, ecc. 

In questi individui il corpo è più spesso che in quelli 
del gruppo A, specialmente nella regione dorsale. Il pro- 
tilo superiore è ora più convesso,bruscamente curvato sul- 
ia nuca, ora più dolce e regolare dal muso alla coda. Il 
profilo inferiore è ugualmente convesso, ma, dall’origine 
della pinna anale alla codale, è più o meno marcatamente 
concavo. 

Tl capo è più acuminato che nel gruppo precedente e 


— n 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. ZA 


il suo profilo superiore è più rettilineo e più inclinato e si 
continua talora regolarmente col profilo del dorso, special- 
mente negl’individui dello Scrivia e del Trigno, ma più 
spesso forma con esso un angolo ottuso come frequente- 
mente notasi negl’individui del Tevere, dell'Aniene e an- 
che del lago di Como. Il profilo inferiore è convesso o qua- 
sl rettilineo. 

La bocca è un po’ meno obliqua che negl’individui del 
gruppo 4 e la sua apertura raggiunge tutt'al più il mar- 
gine anteriore dell’occhio. 

Le ossa opercolari si presentano presso a poco uguali 
a quelle del gruppo precedente, con l’opercolo un po’ più 
quadrato per la maggiore lunghezza del lato superiore. 
Le ossa faringee simili a quelle dianzi descritte. Una so- 
miglianza maggiore si riscontra negl’individui del lago di 
Como: in generale la branca inferiore è più sottile e più 
lunga, e negli individui delle altre località Pangolo infe- 
riore sporgente del prolungamento aliforme è arrotonda- 
to e sensibilmente ricurvo (Tav. II. fig. 7). 

La pinna dorsale prende origine sulla 18* o 17° squa- 
ma della linea laterale o più raramente sulla 19*; un po 
più indietro quindi delle pinne ventrali che hanno la loro 
inserzione al disotto della 15° o 16° squama della linea la- 
terale. Essa conta 3 raggi semplici e 8 09 divisi. Il suo 
margine superiore è rettilineo, più inclinato che negli in- 
dividui del gruppo A. 

Le ventrali hanno il margine inferiore arrotondato e 
generalmente due raggi semplici e 8 divisi. 

Le pettorali simili a quelle già deseritte innanzi, con 
17 0 18 raggi di cul uno semplice e 16 o 17 divisi: ho ri- 
scontrato più frequentemente 18 raggi negl’individui del 
lago di Como. 

Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 2 


242 N. PIETRAVALLE 


Nell’anale ho trovato sempre il margine posteriore con- 
vesso e tre raggi semplici e, al contrario degl’individui del 
gruppo A, più spesso 9, più raramente 8 raggi divisi. Er- 
rava quindi il Canestrini quando affermava che nello Sq. 
cavedanus il margine dell’anale era rettilineo, come a torto 
Heckel e Kner attribuirono a questa pinna due raggi 
semplici. La caudale è profondamente forcuta, col lobo 
superiore quasi sempre sensibilmente più lungo dell’infe- 
riore. Il numero dei raggi è su per giù uguale a quello ri- 
portato pel gruppo A. 

La forma delle squame varia a seconda delle diverse 
parti del corpo ed anche in rapporto alla località. I lobi 
delle squame mediane laterali, sono generalmente un: po 
meno regolari che nel gruppo precedente e a contorno più 
o meno inciso. Le strie concentriche sono invece più rego- 
lari e dal nodo centrale si partono per lo più un maggior 
numero di raggi diretti alla parte libera. Le squame an- 
teriori differiscono poco dalle mediane : le prime sono in 
genere più basse. Le pettorali sono quasi ovali con contor- 
no più o meno regolare; le dorsali più o meno arrotondate 
o pentagonali col margine fisso più o meno frastagliato 
(Tav. II fig. 3). 

La linea laterale è ora più curva ora più raddrizzata, 
e conta da 43 a 48 squame. Sulla linea trasversale 10 a 12 
squame :.6 a 8 al disopra della linea laterale, 3.a 5 al 
disotto di essa. I limiti di 6 e 5 squame non sono riportati 
dagli autori: lo ho riscontrato il primo in due individui 
giovani appartenenti uno al Tevere, l’altro allo Scrivia, 
e il secondo in una femmina dell'Aniene e in un’altra 
del Trigno. 

Il colore varia in individui di località diverse e tal. 
volta anche in individui della stessa località. 

Nel Tevere e nell’Aniene ho trovati individui più 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 243 


Fond 


chiari ed altri più scuri. Negli uni il dorso è color grigio 
piombo con riflessi verdastri e il ventre perlaceo, negli 
altri il dorso è bianco giallastro più o meno sfumato di 
grigio e il ventre bianco argenteo. Gl’individui dei fossi 
dei dintorni di Roma presentano più o meno la colorazione 
di questi ultimi, con dei riflessi verdognoli sul dorso, e ciò 
mi fa supporre che gl’individui chiari del Tevere e dell'A - 
niene siano quelli, che emigrati prima nei fossi, tornano 
nei fiumi quando le condizioni di vita diventano colà dif- 
ficili. 

Gl'individui del Trigno sono grigio-chiari con riflessi 
verdi superiormente e. bianco-argentei inferiormente. 
Quelli del lago di Como sono d’un grigio-acciaio molto 
accentuato, con riflessi metallici sul dorso degradante sui 
fianchi in una tinta più chiara, e bianco-argentei nella 
parte inferiore del corpo. In questi individui le pinne sono 
scure specialmente sul margine libero e le squame presen- 
tano una punteggiatura più o meno fitta. Negli altri indi- 
vidui le pinne sono più o meno chiare o scure sui margini. 

La macchia oscura tra l’opercolo e le pettorali, attri- 
buita da Steindackner (50) come carattere distintivo, a 
questo gruppo, io non l’ho quasi mai riscontrata negli e- 
semplari da me esaminati. 


(Continua). 


Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI 


OAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ton 


——_—_—_— 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


(Ved. vol. preced. del Bollettino) 
PARTE SECONDA. 


Fam. Therevidae. 


Gen. THEREVA Latr. 
162. 7. amis L. 

Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza indica- 

zione di epoca. 
165. T. annulata F. 

Abbondante in giugno sulle rive del Tevere. Sulla 

spiaggia di Fiumicino in maggio, sul ginepro. 
164. T. arcuata Lw. 

Specie non rara. Gli esemplari provengono da villa 
Glori; monti Parioli; ponte Nomentano; da  villi- 
ni nell’interno di Roma; la selva di Marino. Fre- 
quenta i prati umidi. 

Da aprile a luglio. In copula fu trovata dal Barbiel- 
lini in maggio. 

165. T°. plebeja L. 

Specie molto rara. Due sole femmine, una da Ostia, 
l’altra dalle falde del monte Artemisio. 

Sull’edera in fiore; settembre. 

166. T tristis Lw. 

Acqua acetosa, presso il Tevere; ponte Nomentano e 
qualche altro punto non determinato dei dintorni 
di Roma. 


CATALOGO DEI DITTERI 245 


Aprile, maggio, ottobre. In copula in aprile. 
Gen. Puavcus. Wélk. 


100.PP. dvspar Nero. 
Una sola femmina trovata a Villa Umberto I dal Bar- 
biellini, in giugno. 


Fam. Scenopinidae. 


Gen. SCENOPINUS Latr. 


168. S. fenestralis L. 
Dintorni di Roccantica, di estate; nell'interno delle 
case. 
Raro. 
169. S. glabrifrons Mg. 
Frascati; agosto. 
Specie molto rara. 


Fam. Empidae. 


Gen. BracHYSsTOMA Meig. 


170. B. vesiculosum, Fab. 

Specie piuttosto rara. Rinvenuta a Ladispoli, Brac- 
ciano, e presso Roma alle terme di Caracalla, a vil- 
la Umberto I, e nei pressi di S. Agnese. 

Sulle foglie, all'ombra. Aprile, maggio. 

Gen. EmpIs L. 


171. E. decora Meig. 
S. Agnese e luoghi circostanti sulla via Nomentana; 
monti Parioli; Ostia; Gianicolo; villa Glori. 
Specie frequente in maggio e giugno. Si trova sul. 
l’erba. 
172. E. lutea Meig. 
Villa Glori, e villa Umberto I. 


246 


175: 


Peo: 


is 


178. 


G. TUCCIMEI 


Specie rara. Si trova in maggio e giugno. 


. E. nepticula Lw: 


Rive del Tevere; villa Umberto I; Acqua traversa; 
via Flaminia; Prati fiscali, Ladispoli, 

Specie piuttosto abbondante di aprile e maggio; fre- 
quenta l'erba dei prati. 


. E. tessellata È 


La var. atripes Strob. è di varie località dei dintorni 
di Roma, e della via Flaminia. 

La var. vida F. oltre ai dintorni di Roma; è stata 
trovata presso Roccantina, sul nocciolo. — ‘Aprile. 

Gen. HiLaRA Meig. 

H. chorica FÌl. 

Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulle rive del 
Tevere, in Maggio. 

H. maura F. 

Una sola femmina trovata alla Travicella, sull’erba. 
Aprile. 

H. scrobiculata Lw. 

Ladispoli; aprile. Un solo maschio. 


Fam. Dolichopidae. 


Gen. DoLIcHoPUS' Latr. 

D. griserpennais St. 

Assai abbondante in certe località. 

Ne ho raccolto molti esemplari a villa d'Este a Tivoli, 
e alle falde del monte Artemisio presso Velletri. 
Intorno a Roma poi a villa Umberto I, acqua ace- 
tosa, S. Agnese, la Farnesina, villa Carpegna, 
Ostia. 

Si raccoglie sull’erba umida dei prati e sulla parie- 
taria; sempre all'ombra. 


CATALOGO DEI DITTERI 247 


Aprile, maggio, agosto, settembre. 
179. D. nitidus FII. 
Selva di Marino; dintorni di Olevano. Sull’erba. 
Luglio, agosto. Raro. 
Gen. PorcILOBOTHRUS Mik. 
180. P. ducalis Lw. 
Ladispoli; luglio (Barbiellini). 
181. P. regalis Meig. 
Più maschi catturati dal Barbiellini a Villa Umberto 
I, in maggio, vicino alle fontane, ai piccoli riga- 
gnoli, alle pozze stagnanti. 
Gen. ORTHOCHILE Latr. 
182. 0. unicolor Lw. 
Via nomentana; villa Glori. Maggio; raro. 
Gen. PorpHyroPps Meig. 
183. P. crassipes Meig. 
Un solo esemplare trovato dal Barbiellini sulle rive 
del Tevere in giugno. 
Gen. MeDETERUS Fisch. 
184. M. diadema L. 
Un solo esemplare trovato dal Barbiellini presso la 
via Nomentana, in maggio. 
“ Gen. ScELLUS Lw. 
185. S. notatus F. 
Specie assai rara trovata dal Barbiellini a villa Um- 
berto I, e da me nei giardini del Vaticano. 
Aprile e maggio. 
Gen. HypRoPHorUs Fall. 


186. H. praecox Lehm. 
Rive del Tevere. Maggio. RE 


248 G. TUCCIMEI 


Gen. LIANCALUS Lw. 


187. L. virens Scop. 
Acquacetosa — Monti Parioli — villa Umberto I — 
via Nomentana. 
Specie frequente. Maggio e giugno. 


II. 


CYCLORRHAPHA ASCHIZA, 


Fam. Syrphidae. 
Sub fam. Syrphinae. 


Gen. PaRrAGUS Latr. 


188. P. albifrons FI. 
Un solo maschio trovato all’Acqua acetosa dal Bar- 
biellini, di maggio. 
189. IP. ibicolor IF. 
Via Salaria; villa Glori; falde del monte Artemisio; 
Roccantica. 
Si trova falciando sull'erba. 
Maggio, settembre. Abbondante. 
190. P. bicolor F. var. lacerus Lw. 
Un solo maschio, trovato nei giardini del Vaticano in 
maggio. 
Id. var. testaceus Mgn. 
Viale dei Parioli; m. Artemisio; S. Angelo presso 
Poggio Mirteto, Roccantica. 
Sull’edera in fiore; a volo; si posa anche sugli abiti. 
Giugno, agosto, settembre. 
I maschi non sono rari. 
191. P. cinctus Schin, et Egg. 
Roccantica; Montopoli; agosto e settembre. Sulle siepi. 
sull’erba. Specie rara. 


CATALOGO. DEI DITTERI 249 


192. P. quadrifasciatus Mg. 

Villa Corsini; Roccantica. Sull’erba; luglio e agosto. 
Raro. Una sola femmina e qualche maschio. In tutte 
le specie di questo genere le femmine sono raris- 
sime, sicchè spesso nella mia collezione sono rappre- 
sentati 1 soli maschi. 

193. P. tibialis Fall. 

La var-haemorrhoidalis Mg. è molto abbondante fra 
noi; più rara la var-coadunatus Rond. Ho due soli 
maschi della var-triangulifer Zett. 

Via Aurelia; viale dei Parioli; bosco dei cappuccini 
a Palestrina ;villa Antonelli pr. Velletri; Roccanti- 
ca ,Olevano; strada da Subiaco a Bellegra; Monto- 
poli.in Sabina. 

A volo; sul nespolo, sulla mentuccia. 

Da giugno a settembre. 


Gen. Prpiza. Fall. 
194. P. vitripennis Mg. 
Un solo maschio trovato presso alla strada di Roc- 
cantica, a volo, sul prato. Aprile. 


Gen. PiPIZELLA Rond. 
195. P. virens, Fab. 
Piazza d'armi, monti Parioli, Acqua acetosa. 
Maggio e giugno. Assai rara. 
Gen. CHRysogASTER Meig. 


196: C. metallina F. 
Due sole femmine. Rive del Tevere. Maggio. 
197. C. splendens Mgn. 
Farnesina, Acqua acetosa, forte Bravetta, Volpigna- 
no presso Poggio Mirteto. 
Aprile, maggio, ottobre; sull'erba, sull’edera in fiore. 
Raro. Non ho trovato che maschi. 


250 


198. 


199. 


200. 


201. 


202. 


203. 


204. 


G. TUCCIMEI 


C. viduata L. 

Una sola femmina trovata sulla via Salaria presso 
Roma. 

Sull’erba. Maggio. 


Gen. ORTHONEURA Macg. 


O. brevicornis Lw. 

Rarissima. Un solo esemplare trovato al prato della 
Pallanzana, sull'erba. Settembre. 

O. frontalis Lw. 

Una sola femmina. Rive del Tevere. Maggio. 

O. nobilis Fall. 

Rive del Tevere. Maggio. 

Una sola femmina. Le specie di questo genere sono 
rare come quelle del C'hrysogaster. 


Gen. CHILosIA Meig. 


C. albitarsis Meig. 

Vigna Barbiellini; forte Bravetta; Roccantica; Ac- 
qua traversa sulla via Cassia; via Flaminia, villa 
Umberto I; ponte Nomentano. Sull’erba, e a volo. 

Aprile, maggio, agosto. 

C. camcularis Pz. 

Questa bella specie s'incontra non frequentemente 
sull'erba dei prati, e sulla parietaria, nel mese di 
settembre. 

L’ho da Acqua traversa nella campagna romana; da 
Villa d'Este a Tivoli, dal prato della Pallanzana 
nei monti presso Viterbo; e da monte Cavo (949). 

C. griseiventris Lw. 

Via Salaria, ed altre località intorno a Roma. Sul- 
l'erba. 

Maggio. 


205. 


206. 


207. 


208. 


209. 


210. 


21t 


212: 


215. 


214. 


CATALOGO DEI DITTERI 25I 


C. grossa Fall. 

Villa Corsini sul Gianicolo. Via Cassia. 

C. latifacies Lw. 

Ho raccolto una sola femmina in settembre sulla vet- 
ta del m. Artemisio (812%) sul Seseli fortuosum. 

C. intonsa Lw. 

Acquatraversa; strada di Roccantica; sulla cicuta. 

Aprile, settembre. Rara. 

C. nigripes Mg. 

Un solo maschio trovato dal Luigioni a m. Cavo, in 
g1ugno. 

GC. proxima Zett. 

Pochi esemplari trovati dal Barbiellini sulla marru- 
ca, ma in località ed epoca non precisate. 

C. pubera Lett. 

Una sola femmina trovata alla Caffarella sul ranun- 
colo, di aprile. 

C. scutellata Fall. 

S. Valentino in Sabina; prato della Pallanzana pr. 
Viterbo; S. Angelo presso Poggio Mirteto in Sabi- 
na. Sul salice, sulla vitalba, sull'erba. 

Di estate fino al principio di ottobre. 

C. soror Zett. 

Un solo maschio preso a Roccantica, a volo, di agosto. 

C. variabilis Panz. 

Via Flaminia; vicolo del gelsomino presso la via Au- 
relia. 

Aprile, giugno. 

C. vernalis Fall. 

Due maschi trovati dal Barbiellini, presso la via No- 
mentana, di maggio. 


252 


2105. 


216. 


2a 


218. 


219. 


G. TUCCIMEI 


C. vulpina Meig. 

Varie femmine provenienti dal forte Bravetta, dalla 
Caffarella e da Anzio. 

Sull’erba fiorita, sulle ombrelli fere. 

Da aprile a giugno. 


Gen. PLATYCHIRUS Serv. 


P. clypeatus Mon. 
Una sola femmina trovata dal Barbiellini a villa Um- 
berto I in maggio. 


Gen. MeLANOSTOMA Schin. 


M. ambiguum Fall. 

Una sola femmina trovata dal conte Barbiellini a 
Villa Umberto I, in maggio. 

M. mellinum L. 

Si trova in molte località, ma sempre in scarso nume- 
ro d’individu1. 

Dint. di Roma, villa Borghese, villa Carpegna, giar- 
dino Vaticano, ponte Nomentano, Magliana; S. Va- 
lentino, villa Macchi presso Palestrina, la Serpen- 
tara e la Selva presso Olevano, villa d’Este, forte 
Bravetta. 

Sulle siepi, sulla mentuccia, sull'erba dei prati, più 
spesso sui tronchi di quercia e sull’erba secca. 

Da aprile a settembre. 


Gen. LASIOPHTHICUS Rond. 


L. pyrastri Lin. 

Una delle specie più frequenti; s'incontra di dimen- 
sioni variabili, e con tutte le gradazioni dal giallo 
al bianco delle macchie semilunari dell'addome; in 
qualche raro esemplare mancanti in parte. 

Interno di Roma sulle terrazze; campagna romana; 


CATALOGO DEI DITTERI 233 


Castel S. Pietro e villa Macchi presso Palestrina; 
dintorni di Olevano; S.. Valentino, e S. Angelo 
presso Poggio Mirteto; Roccagiovine; Camaldoli 
presso Frascati (550). 

Sui fiori dei giardini; sull’erba dei prati e delle stra- 
de; attorno alle acque morte; sulla mentuccia; sul 
Rhamnus alaternus. 

Dall’aprile al settembre. I maschi più rari delle fem- 
mine. 


Gen. SyrpHus Fabr. 


220. S. auricollis Meig. 

Forte Bravetta, Villa Carpegna, S. Paolo presso Ro- 
ma, vetta di m. Gennaro (1270"), Roccantica, Ca- 
maldoli presso Frascati, strada della Pallanzana. 

Da aprile a novembre. Nei luoghi elevati, come m. 
Gennaro e Camaldoli, in settembre in giornate tie- 
pide e buone. 

A volo, sull'erba dei prati, sull’edera in fiore, sul 
biancospino. 

221. S. baltheatus D. C. 

Specie comunissima, ma di caratteri costanti. Nel 
dintorni di Roma; villa Umberto I, S. Agnese, la 
Farnesina, villa Glori, forte Bravetta; prato e 
strada della Pallanzana presso Viterbo; villa An- 
tonelli presso Velletri; villa Cesarini presso Gen- 
zano; villa Lancellotti, e villa Torlonia presso Fra- 
scati; dint. di Olevano; S. Valentino; villa d'Este; 
falde del m. Peschio; olmata di Palestrina, e hbo- 
sco del Cappuccini presso questa città. 

Preferisce i luoghi ombrosi, come boschi, siepi. Col. 
ta spesso a volo, sull'erba dei prati, sul terreno in- 


254 


222. 


223. 


224. 


229. 


226. 


221. 


228. 


G. TUCCIMET 


colto; sull’ortica, attorno ;al fiordaliso; sulla bella 
di notte, sul sambuco, sull’edera in fiore. 

Dall'aprile al settembre. I. maschi sono frequenti 
quanto le femmine. 

S. bifasciatus Fabr. 

Dintorni di Roma; giardino vaticano; Roccantica. 

Sul rovo. Aprile e maggio. Specie rara. 

S. cinctus Fall. 

Strada da S. Valentino a Bocchignano. Terrazza an- 
nessa al gabinetto di S. Apollinare. 

Sulle siepi; a volo. Settembre e ottobre. 

Specie rarissima. 

S. corollae Fab. 

Dintorni di Roma; villa Carpegna; rive del Tevere; 
ponte Nomentano; Ostia; strada di Palestrina. 
Si trova in vicinanza delle acque e spesso sui fiori di 

cicoria. Da aprile ad agosto. 

Specie non rara; le femmine più frequenti dei ma- 
schi. Se ne trova anche la varietà a macchie degli 
anelli addominali non separate. 

S. festivus Fabr. 

Una sola femmina trovata dal Sig. D. Vita. presso 
l’Acqua acetosa. 

S. latifasciatus Macq. 

Ho trovato un solo maschio alle falde del m., Artemi- 
sio, sull’erba, in settembre. 

S. hyalinatus Fall. 

Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulla fine di 
ottobre a Tor di Quinto sulle foglie del sambuco. 

S. luniger Meig. 

Un solo esemplare, maschio, trovato a  Roccantica, 
sul nocciolo. 

Aprile. 


CATALOGO DEI DITTERI 255 


229. S. ochrostoma Zett. 


Una sola femmina trovata dal Barbiellini agli ulti. 

mi di maggio, presso l'Acqua acetosa. 
230. S. mibesti Lin. 

Dint. di Roma, S. Agnese, forte Bravetta; dint. di 
Olevano; villa Macchi presso Palestrina; prato 
della Pallanzana, falde e vetta del m. Artemisio 
(812); Lariano presso Velletri; S. Angelo presso 
Poggio Mirteto. 

Sull’edera in fiore; sull'erba alta dei prati, sul ver- 
basco, sulle 1abiate, sui fiori del giardini. 

Da aprile a ottobre. Specie molto comune. 


uen. SPHAEROPHORIA Serv. 


231. S. menthastri L. 


Un maschio trovato alle falde del m. Artemisio, sul- 
l'erba in settembre. Una femmina presso la via 
Nomentana in maggio. 


252. S. scripta L. 


Specie comunissima presso a poco in tutte le località 
esplorate, comprese alcune elevate, come la Serpen- 
tara presso Olevano (650"), villa Antonelli presso 
Velletri, Bellegra (815") Palestrina, S. Valentino 
in Sabina. 

Nei luoghi erbosi, nei prati in pianura e in collina, 
nei giardini, sulla mentuccia, sulla vitalba, sulle 
ombrellifere, sui fiori della dalia. Facilmente si co- 
glie a volo. 

Da aprile e settembre. 

Rara la varietà S. nigricora Zett. che si trova in 
aprile e maggio sulle rive del Tevere. 


256 


253. 


234. 


239. 


256. 


237. 


G. TUCCIMET 


(ren. XANTHOGRAMMA Schîn. 


X.ornatum Meig. 

Dint. di Roma, villa Umberto I, la Farnesina etc.; 
dint. di Frascati, villa Lancellotti; villa. ‘Antonel- 
li presso Velletri; Palestrina, bosco dei. Cappucci- 
ni; Grottaferrata; Roccantica, S. Valentino: 

Specie comunissima, frequenta i luoghi umidi e om- 
breggiati. Si posa sul convolvulo, sull’edera in fio- 
re; sul rovo; sul carpino; sui fiori dei giardini. Si 
coglie anche a volo. 

Da aprile a settembre. Più frequenti i maschi. 


Gen. BaccHa Fabr: 


B. elongata Fab. 
Villa Umberto I, Grottaferrata, Roccantica. Mag- 
gio, giugno e luglio. Rara. 
Gen. Ascia Meig. 


A. podagrica Fab. 

Grottaferrata, falde del monte Artemisio, S. Valen- 
tino, Montopoli in Sabina. Sull’erba. 

Giugno, settembre. Specie rara. | 


Gen. RHINGIA Scop. 


R. rostrata Scop. 
Roccantica, sulla spighetta, di giugno. Una, sola fem- 
mina. 
Subfam., Volucellinae. 


Gen. VoLucELLA (Geoffr. 


V.inamis L. 

Macchia d’acqua traversa presso Roma; S.Angelo e 
S. Valentino presso Poggio Mirteto; monte Cavo. 

Sui muri, tra i canneti. 

Non molto frequente, i maschi più rari delle femmine 


CATALOGO DEI DITTERI 257 


238. V. bombylans L. 
Rarissima anche questa specie, di cui ho una sola 
femmina, raccolta dal Luigioni sul monte Cavo. 


239. V. pellucens L. 

Una sola femmina raccolta dal conte Barbiellini, a 
Villa Borghese, sulle siepi in giugno. A me non 
riuscì mai trovarla, nè agli amici ed entomologi 
che cercarono questa bella specie per conto mio. 
Debbo ritenerla quindi rarissima ed avventizia 
nel territorio romano, come nella Sabina. Tanto 
più dacchè Lioy (1) la dice frequente in tutta TI- 
talia, il prof. Bezzi (2) che ha illustrato gran parte 
dell’Italia, la cita per il Trentino e la Sicilia, e la 
dice vivente a Vallombrosa; e 11 Rondani la cita 
per il Piemonte e la Sicilia, e la dice rara nelle col- 
line e nell'Appennino parmense (8). 


240. V. zonaria Poda. 

Dint. di Roma; Ostia; Villa Lancellotti presso Fra- 
scati; Strada della Pallanzana; dint. di Tivoli; 
dint. di Olevano; Manziana; monte Calvario pres- 
so Oriolo romano; S. Angelo presso Poggio Mir- 
teto. 

Rinviensi da maggio a settembre, sopratutto in que- 
st'ultimo mese quando l’edera è in fiore, perchè è 


(1) Lioy. Ditteri italiani. Milano (Hoepli) 1895 pag. 179. 
(2) M. Bezzi. I ditteri del Trentino. A. d. Soc. veneto-trentina di 
scienze naturali. S. II vol. .I fasc. 1'-Padova 1893.' pag. 73 dell'estr. 
Idem. Ditteri delle Marche e. degli Abbruzzi, 2. cont. Boll. d. 
Soc. entom. it. Firenze 1900, pag. 12 dell’estr. 
Idem. Enumerazione dei ditteri fino ad ora raccolti in Sicilia. 
Il Naturalista siciliano, Ann. II. Palermo 1897, pag. 29 dell’estr. 
(3) C. Ronpani. Dipterologiae italicae prodromus. Parma 1897, 
Vor IL pag. ab 
Bollett. Soc. Zoologica Italiana 


258 G. TUCCIMEI 


questa la pianta sulla quale sovrabbonda: — Ne ho 
raccolte anche fra i canneti. Talvolta si posa sui 
muri di campagna. Il Barbiellini l’ha notata sul 
sambuco. 

I maschi sono più rari delle femmine. Ma la specie è 
molto abbondante. 


Subfam. Bristalinae. 


Gen. FrIsTALIS L. 
241. E. arbustorum L. 

Entro Roma al Colosseo; rive del Tevere, monti Pa- 
rioli; la Caffarella; forte Bravetta; villa Umber- 
to I; Ostia; falde del,m. Artemisio; villa Antonel- 
lì presso Velletri; S. Angelo presso Poggio Mir- 
teto, S.Valentino. 

Sulla pastinaca, sull’ortica, sull’erba dei prati, attor- 
no alle acque putride. 

Da aprile a settembre. Abbondante. 

242. E. pratorum Meig. 

Specie rara. Tre sole femmine trovate ad Acqua tra- 
versa, S. Paolo, e alle falde del.M. Artemisio. 

Sulla vitalba, agosto. 

243. E. nemorum L, 

Acqua traversa, Farnesina, rive del Tevere, strada 
della Pallanzana, la Serpentara presso Olevano, 
forte Bravetta; S. Valentino; Valle Casale e S. 
Angelo presso Poggio Mirteto; castel S. Pietro so- 
pra Palestrina (752). 

Specie comunissima nei luoghi bassi e paludosi, at- 
torno alle acque morte e presso le correnti; sì pren- 
de anche sull’edera fiorita e sulterba alta dei prati. 

Da aprile ai primi di ottobre, ugualmente abbondan- 
ti i maschi e le femmine. 


CATALOGO DEI DITTERI 25G 


244. E. pertinar Scop. 

Specie communissima che accompagna l’Eristalomy- 
ta tenax che tanto gli somiglia. Si trova in quasi 
tutte le località nominate per le precedenti specie. 
Ricordo particolarmente le vette dei monti Arte- 
misio (812"), Scalambra (1419”) e Gennaro(1270”) 
I monti Parioli presso Roma, Lariano presso Vel- 
letri, Genzano, etc. 

Frequenta l’erba alta e fiorita, l'edera in fiore, la 
mentuccia, il cardo; si lascia cogliere a volo. 

Da maggio a ottobre; abbondante specialmente in 
settembre. 


Gen. LATHYROPHTHALMUS Mk. 


245. L. aeneus Scop. 

Rive del Tevere; la Caffarella; piazza d'Armi; Ac- 
qua traversa; dint. di Palestrina. 

Si trova nei luoghi umidi e vicino alle acque; sulla 
mentuccia, sui fiori dei giardini, sull'erba dei pra- 
ti. Aprile, luglio, agosto. Rara. 

246. L. quinquelineatus F. 

Una sola femmina trovata ad Acquatraversa dal si- 

gnor Vita, ma in epoca non precisata. 


Gen. EristALODES Mik. 


247.E. taeniops Wiedm. 

Dint. di Roma; Acqua traversa; San Valentino in 
Sabina; dint. di Olevano; strada della Pallanza- 
na; villa d’Este presso Tivoli; falde del m. Arte- 
misio; Fiumicino. 

Frequente attorno alle acque morte e correnti; sì 
trova anche sull’edera in fiore, sulle ombrellifere e 
sul fioraliso. 


260 


G. TUCCIMEI 


Da giugno a ottobre. In ugual proporzione i maschi 
e le femmine. Un maschio fu rinvenuto ai primi 
di decembre sul viale dei Parioli presso Roma, 
persistendo da qualche tempo il vento di scirocco. 


Gen. ERISTALOMYIA Rond. 


248. E. tenaa L. 


249. 


250. 


291. 


Una delle specie più comuni di tutto l'ordine, e in 
genere In stuoli numerosi. Trovata presso a poco 
in tutte le località esplorate. Ricordo specialmente 
monte Cavo, vetta del m. Artemisio, Tusculo (670) 
Bellegra, via Appia antica, etc. 

Si raccoglie anch'essa, presso ai corsi d’acqua, e sulle 
acque putride; frequenta poi le siepi, l'erba dei 
prati, le ombrelfifere, la vitalba, il sambuco, il sa- 
lice, il verbasco, la mentuccia, l'edera, il Senecio 
vulgaris, sintroduce nelle case di campagna. 

Dall’aprile all’ottobre. Ugualmente frequenti i ma- 
schi e le femmine. 


Gen. ERISTALINUS Rond. 


la 


E. sepuleralis Lin. 

Piazza d’armi e villa Glori presso Roma. 

Sulle piante acquatiche; entro a pozze di acqua. 
Maggio, luglio. Specie rara. 


Gen, HeLOPHILUS Meig. 


H. pendulus Lin. 

Una sola femmina trovata di aprile sull'erba alta e 
fiorita degli spalti del forte Bravetta, tra le vie 
Aurelia e Portuense. 

H. trivittatus Fab. 

Forte Bravetta, Caffarella, Acqua acetosa ed Acqua 


CATALOGO DEI DITTERI 20I 


traversa presso Roma; prato della Pallanzana pr. 
Viterbo. 

Piuttosto abbondante, si raccoglie sulle rive dei ru- 
scelli, sul salici, e sull’erba alta e fiorita, non che 
a volo. 

Alcuni esemplari della mia collezione sono stati tro- 
vati di aprile e di giugno. In quest’ultimo mese il 
conte Barbiellini ha fatto interessanti osservazio- 
ni sulle larve che descrive grosse e munite di lun- 
ga e sottile coda. Le ha vedute formicolare in gran 
numero nel liquido infetto che colava da una con- 
cimaia nella località della Caffarella. Le masse vi- 
venti di queste ÎIarve aveano un movimento isocro- 
no singolare. I 

Di questa specie non ho alcun maschio. 

Gen. MviaTROPA Rond. 
252. M. florea Lin. 

E una delle specie più comuni di tutto l'ordine. Ne 
ho in quantità, provenienti da quasi tutte le lo- 
calità esplorate. Ricordo specialmente la Farnesi- 
na, Acqua acetosa, forte Bravetta, Acqua traver- 
sa, giardino Vaticano, ed altre località intorno a 
Roma; Villa d’ Este e strada degli Arci presso 
Tivoli, dintorni di Olevano, di Velletri, di Vi- 
terbo, di Marino, villa Lancellotti, falde del m. 
Artemisio e del m. Peschio, San Valentino. 

Frequentissima sull’edera in fiore e sulle ombrellite- 
re; sull'erba dei prati e sulla marruca. Ne ho rac- 
colte anche sul castagno, e sul granturco. Durante 
il cattivo tempo si ricovera entro le case. 

Comincia ad apparire in aprile, e si protrae fino al 


mese di ottobre. I maschi abbondano come le fem- 
mine. (Continua). 


ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO 


LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 


Strria, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, 
Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo 


Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' 


(Contin. ved. fasc. 3, 4, 5 e 6 1508, pag. 137-144) 


XI. — SIGNIFICATO FISIOLOGICO. 


Dalla incertezza di opinioni sul significato morfolo- 
gico delle cellule interstiziali, risulta in gran parte la no- 
tevole varietà di ipotesi emesse circa il significato fisiolo- 
gico. Vi è chi sostenne fossero elementi destinati alla di- 
struzione dei tubuli seminali, e chi volle invece determi- 
nassero lo sviluppo della linea seminale; vi è chi preten- 
de abbiano un ufficio di nutrizione della parte seminale, 
e chi sostiene che siano gli elementi della secrezione endo- 
crina. E’ dunque assai interessante esaminare le singole 
opinioni, per trarne delle conclusioni interessanti. 

Lenhossek nel 1897 ritenne che le cellule interstiziali 
rappresentassero un resto di quei tessuti, i quali hanno 
servito per formare il testicolo; e che fossero, dal punto di 
vista fisiologico un organo di riserva. I cristalloidi sareb- 
bero impiegati dall'organismo per fabbricare la linea se- 
minale. Lenhossek sosteneva questa ipotesi, perchè diceva 
di aver notato, che i cristalloidi non si trovano più quando 
è finito il periodo della fecondità. Naturalmente le suces- 
sive nostre conoscenze hanno potuto far escludere del tutto 
una simile teoria, la quale ormai ha solo un'importanza 
storica. 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 263 


Un'opinione del tutto opposta a quella di Lenhossek 
fu emessa l’anno dopo da Mathieu, il quale disse che, al- 
l’infuori del suo ufficio secretorio, la cellula interstiziale 
sembra abbia uno scopo attivo, ossia la invasione e la di- 
struzione dei tubuli seminiferi, quando l’ufficio del te- 
sticolo è finito dal punto di vista spermatogenetico. Ma- 
thieu si basava sullo studio dell’elemento intestiziale negli 
animali criptorchidi; e quindi è facile ora comprendere 
come abbia mal interpretato dei fatti confermati poi da 
altri Autori, ma ben diversamente e più giustamente 
intesi. 

Però una teoria di più solide basi, che ancor oggi ha 
dei sostenitori autorevoli, è quella secondo cui si conside- 
rano gli elementi interstiziali come un organo tropico del 
testicolo, destinato alla nutrizione dei tubuli seminiferi. 
Secondo tale ipotesi, questi elementi accumulerebbero dei 
materiali nutritizi portati dal sangue per i vasi, li ela- 
borerebbero nel loro citoplasma, e li fornirebbero quindi 
trasformati al sincizio nutritizio o sincizio di Sertoli. 

Il sincizio alla sua volta assorbirebbe 1 materiali allo 
stato di dissoluzione, e li distribuirebbe poi ai diversi ele- 
menti della linea spermatogenetica, e sovratutto agli 
spermatidi nel periodo della loro metamorfosi in spermidi. 
Plato pel primo nel 1896 emise questa opinione, dopo avere 
studiato il grasso delle cellule intestiziali, il quale avreb- 
be traversato, secondo lui, allo stato di dissoluzione la 
membrana propria dei tubuli seminali. Dopo fu sostenuta 
da Beissner; egli, pur mettendo in dubbio la necessità del 
grasso per le cellule seminali, pensò che l'assorbimento da 
queste cellule dovesse avvenire con le stesse regole esi- 
stenti per l’assorbimento intestinale dei grassi. Friedmann 
sostenne che il grasso penetrasse sotto forma di goccioline 
attraverso la membrana, l’idea combattuta da Beinner; 
ma in fondo ammise che la sostanza interstiziale del te- 
sticolo costituisca un organo trofico per gli elementi se- 


204 VALENTINO BARNABO” 


minali. L'esperienza di Cl. Regaud, già altre volte ricor- 
data, con la colorazione mediante la lacca ramata d’ema- 
tossilina, sembra non lasciar dubbio sul passaggio delle 
sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sincizio 
nutritivo e di là negli elementi seminali. E anche Bouin e 
Ancel, i quali ripeterono l’esperienza, ottennero gli stessi 
risultati e conclusero che la glandola interstiziale va con- 
siderata come un organo partecipante alla nutrizione dei 
tubuli seminali e degli elementi da questi racchiusi. 

Questa teoria ha però anche degli autorevoli oppo- 
sitori, specialmente in coloro che ritengono le cellule in- 
terstiziali come l'organo destinato alla secrezione interna 
del testicolo. Sono queste le due correnti presenti, causa in 
Francia anche di polemiche assai interessanti per la di- 
mostrazione di qualche fatto nuovo, e per la critica. Tra 
i partigiani di queste due ipotesi, vi sono poi alcuni so- 
stenitori di una teoria eclettica, secondo i quali le cellule 
interstiziali avrebbero la funzione di organo trofico per 
gli elementi seminali e anche quella della secrezione in- 
terna. 

Dopo gli esperimenti di Brown Séquard, non rimase 
dubbio sulla secrezione interna del testicolo; ma sorge na- 
turale il desiderio di osservare a quale elemento istologico 
fosse dovuta tale secrezione; fu quindi accolta con favore 
l’idea emessa da Reinke nel 1896, che i cristalloidi delle 
cellule interstiziali ne rappresentino appunto la costitu- 
zione morfologica. Secondo Reinke questa secrezione sa- 
rebbe versata dalle cellule interstiziali dopo la loro ela- 
borazione, nei linfatici e di lì passerebbe poi nel sangue. 
Anche Pruneau ritenne le cellule interstiziali come l'or- 
gano della secrezione interna, basandosi sulle esperienze 
colla legatura del deferente; e dopo lui Cunéo e Lecène 
sostennero la medesima idea, perchè, dallo studio del te- 
sticolo ectopico essendo risultato che le cellule interstiziali 
aumentano di volume e si ordinano intorno ai vasi, pote- 
rono spiegarsi come i caratteri del femminismo nei crip- 


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i 
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Ì 
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LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 265 


torchidi siano indice di una secrezione interna insuffi- 
ciente. Regaud poi dai suoi studî concluse, che si trova 
nel testicolo una parte modificata, detta segmento termi- 
nale, in cul non VI è produzione di sperma; e che vi sono 
parti segreganti di più e parti segreganti di meno. Dallo 
studio del testicolo ectopico, risulta l’esistenza di una 
secrezione interna e di una esterna, ragione per cui anche 
un testicolo sterile non è del tutto inutile per l'organismo. 
Ma cosa intende Regaud per segmento terminale? Su un 
altro lavoro in collaborazione con Policard, egli dichiara 
le cellule interstiziali l’organo della secrezione interna. 

Vedemmo già che anche Loisel ammise per il testicolo 
due secrezioni distinte, una esterna e l’altra interna; e 
che questa seconda sarebbe una secrezione chimica provo- 
cante un’attiva distruzione di grasso dell'organismo, e il 
dimagramento consecutivo del maschio all’epoca degli 
amori, o l’ingrassamento del maschio castrato. Lo studio 
del testicolo della H'oudia madagascariensis convalidò, co- 
me pure vedemmo, le opinioni di Loisel, 11 quale ritenne 
la glandola interstiziale analoga, in certo qual modo, alle 
capsule surrenali e ai gangli linfatici. Egli però non volle 
ritenere le cellule interstiziali come l’unico organo desti- 
nato alla secrezione interna, ma pensò invece che a que- 
sta funzione fossero destinate tre forme particolari di 
elementi : le cellule interstiziali, le germinative, e quelle 
del Sertoli. Secondo lui difatti queste tre specie di cellule 
hanno la stessa origine e forse possono passare una nel- 
l’altra. Noi abbiamo anche detto che gli ulteriori studî non 
possono più far ritenere esatte le asserzioni di Loisel; e 
diremo poi che ia sua ipotesi sulla triade funzionale ha 
avuto pure degli oppositori. 

La teoria secondo cui la cellula interstiziale sarebbe 
l'organo della secrezione interna ebbe però altri sosteni- 
tori in Mosselmann e Rulay, i quali pensarono pure che 
questa cellula potrebbe servire alla determinazione di al- 


2606 VALENTINO: BARNABO’ 


cuni caratteri proprî al maschio; e poi in Stéphan: e in 
Félizet e Branca, i quali si domandarono, ma senza poter 
rispondere, se la secrezione interna avesse avuto per effetto 
di bilanciare la secrezione esterna. Finalmente Richon e 
Ieandelize notarono che gli effetti ottenuti sull'organismo 
dopo la castraziore sono dovuti alla mancanza dell’elemen- 
to interstiziale, e siccome il pene degli animali dopo la le- 
gatura del deferente seguitava a svilupparsi, ammisero 
che la glandola interstiziale, da sola abbia Tufficio della 
secrezione interna, contrariamente all’opinione di Loisel. 
Bouin e Ancel obbiettarono però, che la parte genitale 
in via di atrofia potrebbe ancora eliminare dei prodotti, 
assorbibili dall’organismo. 

Vengono quindi i lavori di Bouin e Ancel, i sosteni- 
tori più strenui di questa teoria. In una serie di pubbli- 
cazioni dal 1903 in poi sono studiate accuratamente molte 
ed è ammessa la conclusione che la glandola interstiziale 
ed è emessa la conclusione che la glandola interstiziale 
abbia un’azione generale sull'organismo mediante una se- 
crezione interna. A ciò portarono gli studî sullo sviluppo 
dj questa glandola nel testicolo dell'embrione, varie espe- 
zienze, e finalmente l’esame del testicolo ectopico negli 
animali criptorchidi. Le cellule interstiziali costituireb- 
bero dunque nel loro complesso una vera glandola inter- 
stiziale, nettamente indipendente dalla parte seminale 
sotto il punto di vista dell’autogenesi, della morfologia e 
della funzionabilità. Inoltre gli (esperimenti dimostra- 
rono che le cellule seminali non hanno alcuna. influenza 
sull'organismo, perchè il mantenimento dei caratteri ses- 
suali e dell’istinto genetico negli animali criptorchidi, 0 
in quelli con stenosi patologica 0 sperimentale del dete- 
rente, dipende soltanto dalla integrità della glandola in- 
terstiziale e del sincizio di Sertoli. Però anche il sincizio 
alla sua volta non ha alcuna azione sull'organismo, perchè 
se si castrano gli animali da un lato, e si reseca il defe- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 267 


rente dall’altro, si nota degenerazione avanzata del sinci- 
zio ed ipertrofia compensatoria della glandola intersti- 
ziale; come pure si trova la stessa cosa nelle esperienze 
sul porci criptorchidi unilaterali. La glandola intersti- 
ziale invece da sola possiede quest’azione generale che era 
stata riconosciuta fino da Brown Séquard al testicolo 
tutto intiero. 

Innanzi tutto la stessa obbiezione mossa da Bouin e 
Ancel a Richon e Ieandelize circa la conclusione che la 
parte interstiziale avrebbe avuta da sola l'ufficio della se- 
crezione interna andrebbe ripetuta anche per le esperien- 
ze di castrazione unilaterale e resezione del deferente dal- 
l’altra parte, perchè pure il sincizio di Sertoli in dege- 
nerazione avanzata avrebbe potuto eliminare ancora dei 
prodotti, assorbibili dell'organismo. Ma a parte ciò, si 
nota come queste conclusioni siano in aperta contraddi- 
zione con quelle, a cui era giunto Loisel; e quindi una vi- 
vace polemica tra Loisel e Bouin e Ancel, polemica di cui 
credo sarà bene parlare, quando avremo esaminato quale 
scopo è attribuito alla secrezione interna. 

Pur ammettendo dunque che la glandola interstiziale 
abbia l'ufficio della secrezione interna, sia da sola, sia in 
unione con altri elementi del testicolo, quale funzione a- 
vrebbe sull'organismo la secrezione endocrina ? E qui sor- 
gono ancora numerose e disparate ipotesi. 

Innanzi tutto Mosselmann e Rubay nel 1902 avan- 
zarono l’idea che le cellule interstiziali potessero coi loro 
prodotti determinare alcuni dei caratteri sessuali secon- 
darî propri del maschio. E tale idea fu poi accettata da 
Richon e Jeandelize, e quindi da Bouin e Ancel, i quali 
ultimi ritenendo che l'elemento interstiziale sia un or- 
gano caratteristico della glandola sessuale maschile, per- 
chè nella femminile non avevano notato nulla di simile, 
pensarono che potesse presiedere alla orientazione dei ca- 
ratteri sessuali del maschio. Ancel sviluppò anche questa 
teoria in un suo lavoro sul determinismo citosessuale dei 


268 VALENTINO BARNABO” 


gameti. Però gli ulteriori studî hanno dimostrato che non 
è esatta l’asserzione di Bouin e Ancel, perchè anche l’o- 
valo possiede una glandola interstiziale simile a quella 
del testicolo; e quindi i due Autori convalidarono la loro 
ipotesi con altri fatti, quale ad esempio l'osservazione cli- 
nica di medici e di veterinari, da cui risulta come gli uo- 
mini e gli animali criptorchidi conservino gli attributi e- 
sterni della virilità. Inoltre sostennero che l'apparizione 
dei caratteri sessuali secondari, sia sotto la dipendenza 
della glandola interstiziale del testicolo, basandosi sullo 
studio di animali criptorchidi con testicolo embrionale: 
e, avendo osservato il primitivo e rapido sviluppo del- 
l'elemento interstiziale. nell'embrione, ‘antecednte a 
quello della Tinea seminale, pensarono che il determinisme 
citosessuale dipenda dalla elandola interstiziale, come a- 
veva già sostenuto Ancel; e che da essa dipenda pure il 
determinismo dei caratteri sessuali secondari non ‘solo 
dopo la nascita, ma anche nella vita intrauterina. 

Ma sopra altri fatti ancora si basarono Bouin e An- 
cel. Già Cunéo e Lecène avevano ritenuto i caratteri del 
femminismo, notati in molti criptorchidi, come indice di 
una secrezione interna testicolare insufficiente. Di poi 
Bouin e Ancel osservarono che, quando si arresta la fun- 
zione della glandola interstiziale, si ha anche un notevole 
arresto di sviluppo dei caratteri sessuali maschili, e la 
produzione dell’infantilismo testicolare. Inoltre, quando 
colla legatura del deferente si impedisce lo svilupparsi 
della glandola interstiziale, i caratteri sessuali non appa- 
riscono negli animali giovani, e negli adulti diminuiscono 
molto mentre seompare contemporaneamente l’attività ge- 
nitale. L’insufficienza funzionale degli elementi intersti- 
ziali porterebbe pure nei vecchi all’attenuazione dei carat- 
teri sessuali e dell’attività genitale, e l'insufficienza del 
loro sviluppo avrebbe per conseguenza lo sviluppo incom- 
pleto dei caratteri sessuali e dell’attività genitale. 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 269 


Un'altro effetto avrebbe poi questa secrezione inter- 
na, quello cioè di presiedere allo stimolo, all’ardore ge- 
nitale. Anche Reinke pensò che la secrezione particolare 
degli elementi interstiziali, da lui ritenuta costituita dai 
cristalloidi, potesse, una volta entrata nel sangue pei lin- 
tatici, essere in qualche modo in rapporto coll’appetito 
sessuale. E Horday aveva già messo in relazione in, un 
cane criptorchida l'istinto vagabondo e. intraprendente 
con l'elemento interstiziale dei testicoli. Ma poi Ancel e 
Bouin ebbero a notare la persistenza dell’ardore genitale 
nel criptorchidi, e con gli studi successivi videro che l’i- 
stinto genesico si comportava come i caratteri sessuali 
secondari a seconda dei mutamenti della glandola inter- 
stiziale, e ne conclusero che questa. glandola tiene sotto 
la sua dipendenza anche l’ardore genitale. 

Non basta: la secrezione interna testicolare presie- 
derebbe allo sviluppo di tutto il tratto genitale, e delle 
glandole annesse. Già Richon e Jeandelize avevano, messo 
in relazione la persistenza dell’accrescimento del pene ne- 
gli animali, da loro operati, con la presenza delle cellule 
interstiziali: di poi Bouin e Ancel studiarono più pro- 
fondamente la questione, specialmente osservando i porci 
eriptorchidi. Essi trovarono che la glandola interstiziale 
dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità del tratto 
genitale; e che quella dei mammiferi giovani ne presiede 
lo sviluppo. Controllarono quindi le loro osservazioni con 
apposite esperienze sul porco, nel cane, sulla cavia e sul 
coniglio. Esisterebbero dunque strette relazioni tra lo svi- 
luppo del tratto genitale e quello della glandola intersti- 
ziale, perchè il tratto genitale è tanto. più sviluppato, 
quanta più glandola interstiziale si trova nel testicolo. 
Ed essi provano le loro asserzioni con figure e cifre assai 
interessanti. Da ciò deriva che le variazioni negli organi 
genitali, osservabili negli animali criptorchidi, dipendono 
dal maggiore o minore sviluppo e da mutamenti della 
glandola interstiziale. 


270 VALENTINO BARNABO” 


Ma vi è di più: si è detto che la secrezione endocrina 
dell'elemento interstiziale del testicolo esercita una note- 
vole influenza sullo sviluppo somatico di tutto l’organi- 
smo. Festal, nel 1851, descrivendo i caratteri del porco 
castrato, pensò che le variazioni nello sviluppo somatico 
dimostrassero l'influenza dell’elemento interstiziale sul- 
l'organismo. Variot e Besangon, osservando uomini crip- 
torchidi con tutti gli attributi della virilità, malgrado la 
azoospermia, conclusero che la glandola interstiziale può 
regolare lo sviluppo generale dell'animale. E dimostra- 
rono poi, in un successivo lavoro, l’influenza notevole della 
secrezione testicolare sullo sviluppo organico. Poncet, stu- 
diando l'influenza della castrazione sullo scheletro, trovò 
esistere relazioni notevoli tra la funzione testicolare e lo 
sviluppo del tessuto osseo. Ciò è provato dell’osservazione 
clinica sopra gli eunuchi, dalla osservazione di clinica ve- 
terinaria sui castrati, e anche dall’esperimento. Egli ha 
trovato anzi che l'allungamento dello scheletro è dovuto 
ad un ritardo nella ossificazione delle epifisi; ma non si 
può spiegare in che modo l’assenza della secrezione testi- 
colare possa opporsi alla normale ossificazione delle carti- 
lagini di accrescimento. Finalmente assai di recente An- 
cel e Bouin hanno studiato l’azione degli estratti della 
gflandola irfterstiziale del testicolo sullo sviluppo dello 
scheletro e degli organi genitali, facendo iniezioni negli 
animali di estratti di testicoli, in cui la parte seminale era 
atrofica, ed era sviluppata invece la parte interstiziale. 
Essi hanno inoltre trovato che le iniezioni di estratti della 
elandola interstiziale hanno un notevole effetto nella cre- 
scita dell'organismo, perchè attivano notevolmente lo svi- 
luppo di animali castrati, riportandolo quasi eguale a 
quello degli animali normali. 

Finalmente la secrezione interna della ghiandola in- 
terstiziale dovrebbe avere anche una azione di difesa per 
l'organismo. 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 271 


Voinov ha studiato i rapporti tra la glandola inter- 
stiziale e le spermotossine, e ha trovato che le spermotos- 
sine molto attive en vitro, non producono alcuna altera- 
zione sul testicolo. Egli pensa si tratti di una dissociazio- 
ne della citasi e della sensibilizzatrice sotto Vinfluenza 
della glandola interstiziale. Ancel e Bouin hanno poi e- 
saminato la glandola interstiziale nelle intossicazioni da 
alcool o da tossine tubercolari e nelle infezioni tuberco- 
lari e carbonchiose, e hanno trovato che essa si ipertrofiz. 
za e che la sua secrezione sì esagera, come se avesse una 
funzione di difesa per l'organismo. Solo alla fine della 
intossicazione cronica oppure per una intossicazione grave 
e rapida si ha l'atrofia della glandola e la scomparsa della 
sua secrezione. 


In ultimo ricorderò i recentissimi studi di Hervieu 
sulla proprietà della glandola interstiziale di produrre 
dei fermenti solubili. Ma di questo argomento ci siamo 
già occupati altrove e sarebbe inutile tornarvi ora. 

L’importanza dunque attribuita alla ghiandola inter- 
stiziale dal punto di vista fisiologico è massima, specie 
per parte di alcuni Autori francesi recenti, come Bouin e 
Ancel. Non sono però mancate le critiche, e Loisel ha avuto 
occasione di combattere in modo molto brillante le loro 
ipotesi e le loro teorie. Ancel e Bouin, scrive presso a poco 
Loisel, dicendo che la funzione della secrezione interna 
spetta unicamente alle cellule interstiziali, vanno contro 
i dati di fatto già rilevati da loro stessi nei primi lavori, 
e contro le teorie della fisiologia e della Istologia Com- 
parata. 


Richon e Jeandelize colle analoghe conclusioni con- 
fondono i caratteri sessuali secondarî cogli organi genitali 
esterni. La distruzione di una simile glandola non sì può 
poi sostenere nè dal punto di vista morfologico, nè dal 
punto di vista istologico, e tanto meno dal punto di vista 
fisiologico. Morfologicamente non si possono considerare 


272 VALENTINO BARNABO” 


le cellule interstiziali come distinte in origine dalle cel- 
lule seminali primordiali, perchè i due primi punti di 0- 
rigine peritoneale e mesenchimale della glandola sessuale 
finiscono col confondersi ben presto, e le cellule assumono 
allora tutto il medesimo aspetto. Dal punto di vista istio- 
chimico gli stessi prodotti delle cellule interstiziali si ri- 
trovano nelle cellule poste alla base dell’epitelio seminale; 
e in alcuni tipi di animali funzionano solo le cellule di 
Sertoli. Dal punto di vista fisiologico poi non si può am- 
mettere che le cellule interstiziali tengano da sole sotto la 
loro dipendenza l’ardore genitale e il determinismo dei ca- 
ratteri sessuali secondarî, perchè questi elementi non esi- 
stono in molti animali, come gli Insetti, in cui vi sono tut- 
tavia caratteri sessuali secondarî; e perchè invece esisto- 
no in animali, come la cavia, il cane, il coniglio, in cui non 
sl notano evidenti caratteri sessuali secondarî. L’esperien- 
za pol della legatura del deferente non è neppure, secondo 
sempre Loisel, dimostrativa, perchè dopo i lavori di Bris- 
sand, il quale ha dimostrata l’azione della cosiddetta ecci- 
tazione genesica, Ancel e Bouin dovevano domandarsi se 
quella che chiamano « ipertrofia compensatoria » non 
fosse dovuta alla eccitazione continua di una ghiandola a 
condotto escretorio chiuso. Per esempio Loisel stesso aveva 
trovato iperattività funzionale nelle cellule interstiziali 
di un cane, da tre anni operato di nefrectomia e venuto 
pol a prolungato digiuno. 

Ancele Bouin risposero a Loisel che dal punto di vista 
morfologico ritengono che nel porco avvengano le cose co- 
me le hanno descritte; che tutto l'organo abbia un'origine 
comune ;e che un organo, costituito da elementi glandola- 
ri, e provvisto di vasi e nervi propri, meriti veramente il 
nome di glandola, distinta dalla seminale, essendone rela- 
tivamente indipendente. Dal punto di vista istlochimico 1 
cristalli di Reinke si trovano soltanto nelle cellule intesti- 
nali e non nei tubuli germinali; mentre i cristalli di Lu- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 273 


barsch e di Charcot si trovano nei tubuli e mai nelle cel- 
lule intestinali. Dal punto di vista fisiologico poi si sono 
voluti gli Autori limitare nelle loro conclusioni ai Mam- 
miferi, senza estenderle agli Insetti; e per caratteri se- 
condari sì è voluto intendere tutto ciò che non è indispen- 
sabile per la fecondazione. Riguardo poi alle esperienze 
di legatura del deferente dal lato opposto a quello ca- 
strato sì otteneva proprio un aumento nel numero delle 
cellule interstiziali e quindi una ipertrofia compensatoria 
nel vero senso della parola. Del resto perchè, se è dimo- 
strato in modo non dubbio che la glandola interstiziale 
sl ipertrofizza in certe condizioni cacchettiche dell’indi- 
viduo, non si potrebbe avere una ipertrofia anche in con- 
dizioni sperimentali? Dopo parecchi mesi e dopo parec- 
chi anni la glandola seminale sparisce e la interstiziale 
permane, mentre si può ottenere con un simile esperimento 
l’ipertrofia persistente della glandola interstiziale, iper- 
trofia che merita dunque il nome di compensatoria. 
Tuttavia io noterò che non da tutti si intende la stes- 
sa cosa per caratteri sessuali secondarî e da ciò una con- 
seguente confusione. Giardin in un suo lavoro riporta an- 
zi la bibliografia sull’argomento dei caratteri sessuali se- 
condarî e che perciò mi dispenso di citare; e, studiando 
poi la questione del come la castrazione possa agire su ta- 
li caratteri conclude che ancora non si sa nulla di preciso; 
che pur esiste la glandola interstiziale in tipi omeomorfi; 
e che vi sono poi altri fatti in disaccordo colla teoria umo- 
rale, ossia con la dottrina secondo cui si ammette l’intro- 
duzione nel sangue di sostanze modificatrici del soma. 
Veramente anche Bouin e Ancel riconoscono che alcuni 
fatti nei Mammiferi sembrano inconciliabili colle loro 0- 
pinioni sulla glandola interstiziale del testicolo ,e colla 
dottrina umorale. Però il sesso non si distingue secondo 
loro, soltanto per i caratteri esteriori, ma anche per lo svi- 
luppo dello scheletro, dei muscoli, ecc., su cui essi hanno 


Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4 


274 VALENTINO BARNABO’ 


potuto pol dimostrare una influenza esercitata dall’ele- 
mento interstiziale. Ecco perchè hanon concluso che nei 
Mammiferi il determinismo dei caratteri sessuali secon- 
dari del maschio deva esser in rapporto con questa ghian- 
dola. Ma noi non entreremo di più in tale questione per 
non entrare in teoriè sul determinismo del sesso, allonta- 
nandoci di molto dal presente nostro campo di studio. 


* 
è + 


Riportati così i lavori e le opinioni degli Autori, ci 
resta ad esaminare Ie obbiezioni che per me, si potrebbero 
ora fare secondo gli ultimi studii, e le conclusioni che se 
ne possono ricavare . 

Non ci occuperemo nè dell'ipotesi di. Lenhossek, nè 
di quella di Mathieu, che più non rispondono alle odier- 
ne conoscenze, e che hanno solo un valore storico; e 
cominceremo ad occuparci invece della teoria, che consi- 
dera gli clementi interstiziali come un organo trofico, de- 
stinato alla nutrizione degli elementi seminali. Si era per 
un pezzo attribuita soltanto al sincizio di Sertoli la fun- 
zione della nutrizione delle cellule seminali; invece se- 
condo i sostenitori di tale dottrina, il sincizio riceverebbe i 
prodotti delle cellule interstiziali, le quali elaborerebbero 
sostanze provenienti dal sangue. Pertanto, le cellule in- 
terstiziali sarebbero, diremo così la fabbrica che riceve 
dal di fuori la materia prima e rende quindi i suoi 
prodotti. — Si comprende benissimo come. ciò non 
possa avere che semplicemente il valore di una ipotesi, 
perchè anche la dimostrazione istologica data da Cl. Re- 
caud con la colorazione della lacca ramata d’ematossilina, 
e la conferma di Bouin e Ancel, non crederei abbiano ta- 
le valore da non lasciar più alcun dubbio sul passaggio 
delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sin- 
cizio sertoliano e nelle cellule seminali. Difatti per giun- 
ger a tale conclusione mi pare che bisognerebbe prima a- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 275 


ver la certezza che tanto nel sincizio, quanto nelle cellule 
seminali non esistano sostanze, le quali possano presenta- 
re con la lacca ramata di ematossilina, la stessa reazione 
microchimica di quella dimostrata per le sostanze conte- 
nute dall’elemento interstiziale, e viceversa che in questo 
non esistano sostanze simili a quelle delle cellule sertolia- 
ne e seminali. Ciò potrebbe essere, senza che per ciò simili 
prodotti siano passati da uno di questi elementi nell’al- 
tro. Così nelle cellule seminali furono notati i cristalloidi 
di Lubarsch e di Charcot, e mai quelli di Reinke; e non 
potrebbero questi cristalloidi avere una medesima reazio- 
ne microchimica? In ogni modo mi pare che sarebbe pur 
sempre assai difficile provare in modo assoluto il passag- 
gio di alcune sostanze dalle cellule interstiziali in quelle 
sertoliane e seminali, e quindi crederei che si possa par- 
lare soltanto di una ipotesi. probabile, ma non di cosa 
certa. 


Secondo l’altra teoria, che ritiene gli elementi inter- 
stiziali produttori della secrezione interna testicolare, 
questi elementi ricaverebbero le loro sostanze dal proprio 
metabolismo cellulare, e le verserebbero quindi nel san- 
gue, invece che prenderle dal sangue, come vorrebbe la 
precedente ipotesi. Sulla esistenza della secrezione inter- 
na testicolare sarebbe assurdo elevare oggi dei dubbi dopo 
tante prove convincentissime di così autorevoli ricerca- 
tori. 

Ma è realmente la cellula interstiziale quella che la 
produce ? 

Abbiamo visto che neppure su ciò si è d’accordo, per- 
chè Loisel ritiene che vi concorrano anche il sincizio e le 
cellule seminali, mentre per Bouin e Ancel questi ele- 
menti non avrebbero alcuna importanza. 

Sarebbe naturale considerare le cellule interstiziali come 
produttrici della secrezione endocrina, specialmente per 
la presenza nel loro citoplasma di così diversi e svariati 


276 V. BARNABO” 


prodotti di elaborazione. Certo inoltre vi sono molti fatti 
portati in luce dalla fisiologia, dalla patologia e dall’espe- 
rimento, fatti controllati con ripetute prove da tanti os- 
servatori autorevoli, che stanno a confortare una simile 
ipotesi. Ma mentre i fatti sono innegabili si può d’altra 
parte con certezza dare loro una tale interpretazione? 

Bowin e Ancel mi sembrano forse un po” entusiasti 
della loro ipotesi, e un po’ facili a trovare i fatti a con- 
forto delle proprie idee. Ma considerando invece il pro 
ec il contro, non credo si abbiano tante prove sicure per 
questa dottrina. 

II voler attribuire, come fa Loisel, alle cellule inter- 
stiziali solo una parte nella produzione della secrezione 
endocrina testicolare, pur sembrando giusto come ipotesi, 
non può però essere del tutto giusto, quando si vogtiano 
considerare come gli altri fattori le cellule del sincizio e 
le cellule seminali. Non vi è difatti alcuna prova fisiolo- 
gica, o patologica, o sperimentale, la quale abbia con cer- 
tezza potuto far supporre che queste due sorta di ele- 
menti siano destinati ad altro, all'infuori della secrezione 
esterna. Gli elementi sessuali, così riechi di attività mol- 
tiplicatrice, così rapidamente trasformantisi nelle loro 
successive fasi, non sembra si possano ritenere anche gli 
‘organi di una funzione così delicata come la secrezione in- 
terna. Le cellule del sincizio sono troppo in intimo rap- 
porto con gli elementi seminali, da far pensare che ad esse 
spetti altra funzione oltre quella del loro sostegno e ma- 
cari della loro nutrizione. 

E inoltre le esperienze di Bouin e Ancel sono, sotto 
questo punto di vista, molto persuasive, e gli argomenti 
che si contrappongono alle obbiezioni di Loisel, sembrano 
pure assai giusti. Ritengo inutile esaminare quelle obbie- 
zioni poichè gli stessi Bouin e Ancel vi hanno così bene 
risposto. 

Però Bouin e Ancel non attribuiscono alla glandola 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 277 


—_ 


intestinale soltanto la funzione della secrezione interna; 
ma anche quella trofica per li elementi seminali, ponendo- 
sl quindi, come tratt d’union tra le due teorie. Ora non 
pare almeno probabile che elementi, nella loro struttura 
e nel loro complesso tanto semplici, possano avere parec- 
chie funzioni. Invero non si può dire veramente che costi- 
tuiscano un organo provvido ai vasi e di nervi, meritevole 
del nome di glandola, perchè vasi e nervi propri, non so- 
no stati per ora descritti, almeno per quanto a me consta. 
Esl vorrebbe d’altro canto che questi elementi contempo- 
raneamente prendessero dal sangue delle sostanze, e le 
trasformassero per passarle alle cellule dei tubuli semina- 
li; ne elaborassero quindi delle altre, per versarle poi nel 
sangue, senza che di tale complicato lavorio, e di tali due 
inverse correnti sì potesse in modo sicuro colpire alcuna 
fase al microscopio. Mi pare che con ciò si attribuiscano 
troppe cose a queste cellule; tuttavia è probabile che nuo- 
vi fatti decisivi possano riuscire a provare anche questa 
ipotesi ecclettica. 

Volendo ora per un momento ammettere come prova- 
to in modo assoluto, che alla cellula interstiziale spetti la 
elaborazione della secrezione interna testicolare; dobbia- 
mo domandarci se questa secrezione possa avere le funzio- 
ni sull'organismo, attripuitele dagli Autori. 

Innanzi tutto il determinismo dei caratteri sessuali 
secondarî del maschio sarebbe dovuto ad essa; abbiamo vi- 
sto però quale confusione vi sia su ciò che si intende per 
caratteri sessuali secondarî. Mentre alcuni, come Richon 
e Jeandelize, li credono costituiti dallo sviluppo del trat- 
to genitale e degli organi adibiti alla copula; altri, come 
Bouin e Ancel, vi ascrivono il maggiore sviluppo schele- 
trico e muscolare; e altri ancora gli attributi esteriori del 
maschio. Non si deve però, io credo, pensare in questo caso 
agli Insetti, e in genere agli Invertebrati, nei quali il di- 
morfismo sessuale è tanto spiccato, perchè per la giandola 


278 VALENTINO BARNABO’ 


interstiziale ci si deve limitare al campo dei vertebrati; 
e mi pare anche prematuro parlarne per quei vertebrati, 
nel quali, pur essendo notevole il dimorfismo, un elemen- 
to interstiziale non è stato descritto ancora con certezza. 

Tuttavia differenze notevoli. solamente esteriori si 
possono osservare sicuramente tra il maschio e ia fem- 
mina anche in #uft? 1 mammiferi, compreso l’uomo. Ma si 
può con certezza attribuire ciò alla secrezione interna te- 
sticolare Anche lovaio ha indubitatamente una secrezio- 
ne interna: e ad essa sarebbe dunque dovuto il determini- 
smo del caratteri sessuali secondarî della femmina? È, 
dato il primordiale sviluppo dell'elemento interstiziale 
nell’organo sessuale dell'embrione, sarebbe questo, quello 
che presiederebbe al determinismo del sesso? Con ciò si 
creano dunque ancora altre ipotesi, senza però che alcun 
fatto sicuro possa per ora guidarci. Circa al determini- 
smo dei caratteri sessuali secondarî del maschio, intesi nel 
senso di Bouin e Ancel, sì può pure ritenere premature 
le loro conclusioni fino a che non si abbiano maggiori co- 
noscenze su tale intricatissimo argomento. 

E il femminismo, e l’infantilismo sono dovuti solo al- 
la insufficienza funzionale dell'elemento interstiziale ? 
Tale questione è naturalmente subordinata alla preceden- 
te. Tuttavia mi pare che ciò si deva ammettere solo 1n 
parte, perchè malgrado le nostre scarse conoscenze, sì può 
tuttavia ritenere che tali caratteri siano dovuti ad un 
complesso di svariati fattori, quali ad esempio l’atrofia 
di tutti i diversi elementi del testicolo e degli organi ses- 
suali, piuttosto che alla mancanza della funzione di rela- 
tivamente scarse ceunule del testicolo. 

E l’ardore genitale può dipendere dalla funzione del 
le cellule interstiziali? Mi pare che anche questo non si 
possa dire con certezza. Si comprende bene che l’ardore 
genitale deva andare di pari passo collo sviluppo di tutto 
quell'insieme che serve per le funzioni sessuali. Però una 


PT ST TT —___—————m 


ve Mil a 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 279 


cosa tanto complessa, dipendente spesso anche dal sistema 
nervoso centrale, e non si può, credo, ridurre ad' una sem: 
plice, eccitazione, prodotta dalla secrezione delle cellule 
interstiziali. L’aver trovato negli esperimenti variazioni 
dell’istinto genesico può dipendere pure da altri fattori, 
quali ad esempio la anormale topografia degli organi ses- 
suali, le lesioni della glandola sessuale o dei suoi condot- 
ti deferenti, l’atrofia stessa della parte seminale del testi- 
colo. Non va escluso che vi possa concorrere anche l’atrofia 
o la insufficiente funzione degli elementi interstiziali; ma 
sarebbe troppo esclusivo riportare soltanto a ciò l’anda- 
mento dell’istinto genesico. Si potrebbe poi obbiettare che 
tale istinto hanno in modo spiccato ancne vertebrati, in 
cui non è stato ritrovato alcun elemento interstiziale. 

Inoltre sono stati descritti nella letteratura medica 
dei casi di evirati, 1 quali han conservato, l’ardore geni- 
tale o per lo meno il desiderio della donna, per un tempo 
certo superiore a quello nel quale avrebbe potuto perma- 
nere nell'organismo lo stimolo della secrezione interna dei 
testicoli asportati. E vi sono poi molte malattie cerebrali, 
molte psicosi, in cui l'istinto genesico si modifica profon- 
damente, senza apparente macroscopica alterazione delle 
glandole testicolari. Sarebbe interessante esaminare in ta- 
li casi gli elementi interstiziali; ma a priori mi pare si 
possa eseludere che solo ad alterazioni di questi elementi 
sì debba la modificazione dell’ardore genitale. 

Anche lo sviluppo del tratto genitale sarebbe dovuto 
alla secrezione interna, prodotta dalla glandola intersti- 
ziale. Le figure e le cifre riprodotte da Bouin e Ancel per 
i porci criptorchidi sono indiscutibili; ma si può conclu- 
dere che ciò dipenda dalla minore funzionalità dell’ele- 
mento interstiziale? In tali casi si ha anche atrofia note- 
vole della parte seminale, e per dir meglio, di tutto il te- 
sticolo, e non potrebbe questo essere un fattore assai impor- 
tante per determinare tali alterazioni? E° noto che la ca- 


280 VALENTINO BARNABO” 


strazione importa l’atrofia di tutto il tratto genitale e del- 
le glandole annesse; tanto che anzi questo metodo di trat- 
tamento della ipertrofia prostatica ha dato sempre buoni 
risultati. Ma d’altra parte si sa, e noi abbiamo apposita- 
mente esaminato im breve l’argomento, che la prostata 
s1 atrofizza anche con la castrazione fisiologica, con la reci- 
sione cioè o con la legatura dei deferenti. In tali condi- 
zioni la glandola interstiziale anzi si suole sviluppare 0 
ipertrofizzare, come han detto Bouin e Ancel) nel mentre 
che si atrofizza la parte seminale; stando quindi alle ipo- 
tesì di questi due Autori, la prostata, come glandola ac- 
cessoria del tratto genitale, non dovrebbe almeno subîre 
alterazioni di struttura e di volume. Si potrebbe pensare 
che colle operazioni vengano lesi vasi e nervi, producendo 
quindi anche atrofia della parte interstiziale, come è suc- 
cesso in alcune esperienze a Bouin e Ancel. Ma se ciò 
può accadere negli animali da esperimento, è difficile che 
accada nell'uomo, in cui gli elementi ‘del cordone sperma- 
tico sono ben distinti gli uni dagli altri, e in cui si suole 
operare con molta delicatezza e precisione tecnica ‘da ‘chi- 
rurghi competentissimi. Inoltre dopo i lavori di Alessan- 
dri, e di altri sugli ettetti a carico del testicolo, consecuti- 
vi alla resezione degli elementi del cordone spermatico; si 
bada moltissimo in Chirurgia a praticare solamente la 
resezione del condotto deferente, bene isolato dal connetti: 
vo perideterenziale. E anche così si è tuttavia ottenuta 
sempre la guarigione della ipertrofia prostatica. 

Questo è un fatto che si contrappone seriamente alla 
ipotesi di ritenere lo sviluppo del tratto genitale intiera- 
mente e solamente subordinato alla secrezione interna del. 
la glandola interstiziale. 


(Continua). 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 


T. Il nesso tra le condizioni esterne e la forma e la fun- 
zione di alcuni organi nei pesci. — E° questo il titolo di 
una interessante nota che il dott. S. BacLIonI ha testè 
pubblicata (1), della quale diremo brevemente, fiduciosi di 
far cosa gradita a molti dei lettori del nostro Bollettino. 
L’egregio aut., libero docente e aiuto nell'Istituto Fisio- 
logico della R. Università di Roma, ricorda dapprima la 
nota condizione essenziale dei processi respiratori negli 
organismi animali (scambio gassoso, cioè eliminazione di 
CO2 e assorbimento di O), sia che avvenga per via di pol- 
moni, di trachee, o di branchie. 

Ricorda dopo i movimenti respiratori nei pesci, e co- 
me in questi si abbia non una corrente continua, ma ritmi- 
camente intermittente, con determinata e costante dire- 
zione. 

Nei Teleostei, per la presenza dell’opercolo, si ha una 
parete rigida comune alla cavità oro-branchiale; ed il 
primo atto respiratorio (fase inspiratoria) porta seco una 
dilatazione attiva delle pareti di essa cavità, con aumento 
del triplice diametro, con facile penetrazione dell’acqua 
nella bocca. Nella 2* fase od espiratoria si hanno movi- 
menti antagonistici, e quindi diminuzione dei 3 diametri, 
valida costrizione delle pareti, e fuoruscita dell’acqua per 
le aperture branchiali esterne. 

L’aut. sorvola sull'azione di determinati muscoli, de- 
siderando richiamare l’attenzione sull'importanza specia- 
le dell'apparecchio branchiostego. Questo, come giusta- 


(1) V. Mon. Zool. Ital. —— An. XIX. Luglio 1908. N. 7, pag. 180-191. 


282 A. CARRUCCIO 


mente osserva, non è una membrana, perchè consta di una 
impalcatura ossea e di muscoli, con sviluppo più o meno 
grande, come ad es. nelle Scorpuenae; e ricorda come uno 
degli estremi dei raggi ossei Si articoli coll’arcata ioidea, 
ed un altro termini liberamente nel connettivo della 
membrana. Ed è in questi raggi che attaccansi muscoli 
antagonisti, estensori cioè od inspiratori, e flessori od e- 
spiratori; dei quali il prof. Baglioni determina il modo 
di agire. 

Lasciando quì da parte i Murenoidi, cui pure accen- 
na lA., ricorderemo con lui che nei Selaci, in cui manca 
opercolo vero e apparato branchiostego, il meccanismo re- 
spiratorio lo s1 fece consistere da diversi distinti zoologi 
« in una vera e propria deglutizione ». Il Baglioni so0g- 
giunge che in via generale « anche nei pesci privi di o- 
percolo ha luogo una fase inspiratoria, che consiste in un 
ampliamento delle tre dimensioni. della cavità ovale e 
branchiale, per cui l’acqua entra dall’apertura orale .e da- 
gli sfiatatoi (Selaci), a cui segue una fase espiratoria, in 
cul sì ha diminuzione delle tre dimensioni delle dette ca- 
vità, determinante la fuoruscita dell’acqua dalle aperture 
eSLeThE 

Se in queste parole non esiste forse tutta la precisione 
e chiarezza desiderabili, ci pare invece che assai bene l'A. 
dimostri l’importanza delle due serie di valvole nei pesci 
in generale. La prima serie di esse trovasi in connessione 
coll’entrata dell’acqua (apertura orale); la seconda serie 
coll’uscita (aperture esterne branchiali). Le prime valvo- 
le, o mandibolari, falciformi, impediscono, durante la in- 
spirazione, il riflusso dell’acqua aspirata. Le seconde, che 
guerniscono gli orli delle fessure branchiali, non permet- 
tono l’accesso dell’acqua durante l’inspirazione, permet- 
tendone invece l'uscita durante l’espirazione; e in questa 
fase non deve dimenticarsi il restringimento delle pareti 
della cavità oro-branchiale e la conseguente pressione sul 
liquido. 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 283 


Osserva 1Î Baglioni che alcuni zoologi credono abbia 
la membrana branchiostega solo « importanza di valvola 
passiva ». Egli, stando ai risultati delle sue ricerche, ciò 
esclude assolutamente, fornendo esempi, fatti e figure. 

Passa poscia a dimostrare come esistano parecchie 
variazioni nella forma di respirazione dei pesci (tipi re- 
spiratori), secondo la prevalenza di questo o di quell’altro 
segmento degli organi funzionanti. I tipi poi sarebbero 
caratteristici per tutti quei pesci, a qualunque famiglia 
appartengano, vissuti nella stessa zona biologica (pesci 
continuamente nuotanti — forme nectoniche; pesci dimo- 
ranti nel fondo o sulle roccie marine — forme bentoniche). 

Non possiamo allungare questo cenno bibliografico 
per dire dei 4 tipi respiratori che nettamente pare risul- 
tino all’aut. pei Teleostel, e dei 3 propri pei Selaci; ma spe- 
riamo, stante l'interesse che ci desta l'argomento, di poter 
riparlare del medesimo nel Bollettino o nella nostra scuola 
di Zoologia. 


AGNO. 


II. Nuovo « CATALOGO SISTEMATICO DEI MOLLUSCHI ». 
Con questo titolo vennero non ha guari pubblicate le 8 
parti formanti il tomo XIII della grande opera Museum 
d’Histoire naturelle des Payes Bas. Nella prefazione 
scritta nel giugno 1908 dall’illustre Direttore prot. F. A. 
Ienting, è detto che questo « Catalogo sistematico de’ 
Molluschi ha lo scopo di far conoscere al mondo scienti- 
fico le ricchezze che in questo ramo della Zoologia trovansi 
accumulate nel Museo di storia naturale dei paesi Bassi. 
Il Catalogo servirà a guidare gli studiosi, ad informarli 
intorno a quelle specie rare e interessanti che possono tro- 
vare in esso Museo, e quindi agevolare i loro studi z00- 
logici ». 

Leggendo queste parole abbiamo altra volta pensato 
alla grandissima utilità di questi diligenti e voluminosi 


284 A. CARRUCCIO 


cataloghi, quali pubblicansi a Londra,Berlino,Parigi,Lei- 
da, ecc., da Musei cioè che dispongono di larghissimi mezzi 
finanziari. Oltre la dottrina, la speciale competenza e pa- 
zienza esemplare dei compilatori dei cataloghi pei singoli 
rami della vasta scienza zoologica, questi compilatori (e 
pel presente catalogo dei Molluschi furono i Signori Horst 
e Schepman) hanno sempre veri e leali incoraggiamenti; i 
quali per lo più mancano in Italia, dove è accaduto, anni 
or sono, che qualche catalogo ben fatto di collezioni stu- 
diate o ordinate in questo o quel museo, fu considerato ope- 
ra quasi antiscientifica... La parzialità e stoltezza del giu- 
dizio non occorre farle rilevare. 

V'hanno Musei Zoologici italiani che possiedon ricchis- 
sime collezioni malacologiche « colle specie rare e interes- 
santi » delle quali parla il prof. Jentink; ma non pos- 
sediamo i cataloghi completi delle medesime, e neppure di 
altre pregevolissime collezioni: e l'ostacolo principale, 
ch'è di natura economica, l’abbiamo accennato. In quanto 
agli avversari dei buoni Cataloghi, che pare esistano an- 
cora in Italia, basterà non curarsene, perchè è certo che non 
hanno la dottrina, la competenza e pazienza necessarie 
per compilarli. Da noi devesi inoltre deplorare la grande 
insufficienza di spazio, per la quale non possono convenien- 
temente disporsi le collezioni. Speriamo che fra pochi anni 
si abbia anche in Roma un nuovo Museo Zoologico. 

I dott. Horst e Schepman riassumono esattamente 
la storia delle varie provenienze od origini delle singole 
collezioni, colle quali noi venne formata ed ordinata l’at- 
tuale grandiosa collezione malacologica di Leida; e sono 
ricordati i diversi direttori o raccoglitori (prof. Brug- 
mans, Reinwardt, Cantraine, Von Siebold, Cuming, Da- 
len, Van Hasselt, Forsten, S. Miller, Sclelegel ecc. ecc.). 
In altri tempi, è detto, era considerato in quella capitale 
un vero ornamento scientifico (come anche in Roma, nella 
ricchissima collezione opportunamente acquistata dall'il- 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 285 


lustre Guido Baccelli durante il suo primo Ministero, la 
quale è conservata nel nostro Museo zoologico) « un exem- 
plaire du C'onus gloria-maris qui valait le pria de FI. 
250 ». Fra 1 doni più cospicui gli autori citano quello della 
Sig. Hoogeveen (migliata di specie di univalvi e bivalvi). 


AS 


I CANI SANITARI. — L'articolo, che si legge molto vo- 
lentieri, fu testè pubblicato nel Giornale di Medicina 
militare (fasc. VI Roma 1908 pag. 441-448), e compilato 
accuratamente dal tenente medico ArtURo CASARINI. Il 
quale comincia dal ricordare come i feriti che restano 1r- 
reperibili in tutte le guerre, raggiungano sempre una 
proporzione allarmante; e cita, fra gli altri esempi, la 
battaglia di Resonville in cui non trovaronsi ben 5472 
feriti; di St. Privat 4420; di Mukden 2050; di Adua 340 
e così via dicendo. 

Per quanto siano potenti i mezzi odierni d’illumi- 
nazione, non è possibile, scrive con ragione lA., che nelle 
ore notturne (in cui si ha maggior possibilità di far ri- 
cerca dei feriti) si ottenga intiero lo scopo. Infatti sono 
di ostacolo le accidentalità del terreno, i cespugli, le siepi, 
1 fossati, le trincee ecc. Molti adunque sono i caduti che 
restano abbandonati e privi di soccorso. 

In quasi tutte le nazioni si è quindi resa degna di 
gran lode l’opera di distinti cinofili, che utilizzando cani 
intelligenti, debitamente educati, riescono a far eseguire 
una diligente ricerca del feriti dispersi. L’aut. cita i più 
benemeriti di diverse nazioni, e per l’Italia fa i nomi del 
capitano Ciotola, del Ferliga, Montini e Guidi. 

Dopo riassume le note e pregiate doti del Canis fami- 
liaris: affezione al padrone, intelligenza, grande attitudi- 
ne all’addestramento, grande agilità,odorato, udito, e visio- 
ne squisiti, ecc., perciò anche in guerra i cani rendono molti 
servizi. Diventano cioè staffette per mandare ordini, 


286 A. CARRUCCIO 


fanno da esploratori, avvertono i più piccoli rumori e la 
presenza di gente nascosta, salvaguardando la truppa da 
sorprese degli avversari; trasportano velocemente cartuc- 
cle in apposite bisaccie, fanno da vedette nelle guardie al 
campo, custodiscono i carreggi, ecc. 

Ma oggi è la ricerca dei feriti quella in cui vorreb- 
bonsi perfezionare 1 cani di determinata razza. Le osser- 
vazioni ed esperienze compiute fanno ritenere che i più 
idonei siano gli individui appartenenti al Canis fami- 
liaris var. pecuarius, cioè al cane da pastore; e pare che 
i così detti C'ollie (di razza scozzese) riescano meglio degli 
altri, per prontezza nell'apprendere, per robustezza e re- 
sistenza alle fatiche. 

II D.r Casarini riepiloga quanto è stato pazientemente 
fatto nel Gran Ducato di Baden, in Germania, Austria, 
Svezia, Inghilterra, Francia ecc. Quì dobbiamo limitarci 
a ricordare due assai recenti concorsi di cani sanitari, uno 
tenuto presso Parigi (Bois de Boulogne), e l’altro a Nancy. 
Nel primo fecero ottima prova 9 cani che in un raggio di 
200 metri seppero presto rintracciare 1 soldati nascosti, 
simulanti i feriti, sia abbaiando, sia portando agl’istrut- 
tori il kepì, o qualche oggetto appartenente, al supposto 
ferito e giacente al suolo. 

Nel secondo concorso i cani sanitari, alla dipendenza 
di una squadra di porta feriti, furono 11: 1 risultati « su- 
perarono le migliori aspettative, tanto che il presidente 
della giuria, maggiore medico Castaing, nella sua, rela- 
zione si felicitò grandemente colla Società dell'Est per l’or- 
ganizzazione, l'educazione e la riuscita dei cani sanitari ». 

Ma il Casarini ci narra pure con diligenza quanto 
si è fatto in Ialia fin dal 1893, quando era ministro della 
guerra il sen. Mocenni, e dai suoi successori. Le prime 
prove furono fatte in Torino dal 71° regg. di Fanteria, 
poi in Acqui dal 7° bersaglieri; poi in Pistoia dal 6° fan- 
teria, in Gaeta dal 88°, Non si potè però coi nostri cani 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 287 


da pastore ottenere un ottimo risultato. Dobbiamo però 
considerare che 1 primi istruttori non potevano avere quel- 
la pratica nell’addestrare i cani, che non si acquista d’un 
tratto. Per quanto riguarda i cani si tentò coll’incroccio 
di avere individui più validi. All’uopo, volendo il Mini- 
stero, si potrebbe fare assai di più. 

Devesi al capitano Ernesto Ciotola del 50° Fanteria 
un gran passo nell’apprendimento del metodo di adde- 
strare i cani sanitari, e perciò egli — col saggio con- 
corso di S. M. il Re e col consenso del Ministro della 
suerra — potè stare per parecchi mesi all’estero, sotto la 
guida del Bungartz, un vero apostolo di questa nuova isti- 
tuzione. 

Anche in Roma, da una competente commissione, di 
cui faceva pur parte il capitano Ciotola, furono eseguiti 
interessanti ‘esperimenti fuori Porta Pia, e a Villa Glori, 
ecc., con militari di diversi corpi. Una brava cagna, con- 
dotta dall’attendente del predetto capitano, al comando: 
cerca ferito, sì lanciava scrutando, annusando, finchè non 
trovava uno dei suposti feriti; e riuscì a rintracciare 
tutti 1 10 soldati. Altra esperienza con successo venne 
fatta a Tivoli in più vasta zona, in un campo di brigata; 
e nel 1903 più largamente alle grandi manovre nel Veneto 
con 5 cani sanitari; e fecero pure buona prova al campo 
di Bracciano presso il 2° Granatieri nel 1905 e alle grandi 
manovre nella Campania. Ma ci sembra che i mezzi siano 
stati sempre assai limitati, e 1 cani pochini assai, e non 
sempre nostrani. 

Per ragioni di clima ecc. il deposito di questi pochis- 
sìmi cani sanitari venne trasferito presso i reggimenti al- 
pini ed al 18° fanteria in Padova, cui ora appartiene l'e- 
gregio cap. Ciotola. Questi ha la direzione di un nuovo de- 
posito ed ha opportunamente modificato 11 metodo di ad- 
destramento. 

Troviamo fatto cenno dell’acquisto di una coppia di 


288 A. CARRUCCIO 


Atredale-terriers, ed anche di trattative iniziate « per 
l'acquisto di cani sardi che meglio si prestano di. altre 
razze all’addestramento ». 

Dalla lettura dell’intiero articolo riassuntivo del. ten. 
medico Dr. Casarini scaturiscono parecchie domande: Fu 
opportuno togliere da Roma (per le indicate cause, cioè 
sviluppo del cimurro, spesa, ecc.) il deposito di cani sa- 
nitari? La permanenza di questo, non escludeva che qual- 
che altro deposito si formasse altrove. L’inerocio dei cani 
con quali criteri tecnici fu condotto e si condurrà ? Qual 
parte vi ebbero e vi avranno i zootecnici veri? Il proble- 
ma dell’incrocio, dato l'importante e nobilissimo scopo, 
richiede non solo molt’arte, ma anche seria dottrina scien- 
tifica. Forse non mancherà opportunità per tornare sul- 
l'argomento, che non interessa soltanto gli appassionati 
cinofili, amanti sì della pace, ma perchè preveggenti ripe- 
tono in coro: para bellum. 


A. CARRUCCIO. 


III. — ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 


Nei prossimi fascicoli, oltre i lavori in corso di stampa, pubblicheremo 
l'importante e coscienziosa memoria del consocio e consigliere comm. ForTU- 
NATO RosTaGNO, accompagnata da tavole, la quale ha per titolo : * Lepidop- 
tera faunae romanae ,. — Comincieremo pure presto la pubblicazione d’altro 
non meno importante lavoro, riguardante 1’« Avifauna Romana », del quale 
è autore il compianto socio march. dott. Filippo Patrizi, e che. accurata» 
mente fu riveluto dal march. dott. Giuseppe Lepri. 


Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. 


Roma_-_ Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchia 1-2. 


sue varie SO di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento su 
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche 
d’indole biologica, anatomo-fisiologica, ai paleontologica e sistema- 
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. 
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: fo i 
1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî 
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; | 
2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 
3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti 
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti 
della Società. 
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. 


Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da x 


da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. 

Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- 
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi: 
glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un 
Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. 

Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; 


durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio 


I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. 

Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. 

Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terrannè normalmente in 
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. i | 

Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni 
sociali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun 
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle 
condizioni morali e materiali della Società. - 

Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed 
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio 
direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più 
opportuno. 

Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1.. gennaio. Le iscrizioni fatte 
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi 
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. 

I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che 
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo. 

1 Soci debbono pagare la quota annua entro il 1. quadrimestre dell'anno 
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino, 
ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. 
, Ii 

N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti 
i più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900 
e pubblicato nei fascicoli I e Il del volume 1900, serie II, pag. 6 € Ta 


—aAFTT_D>TAE + 


© 


| Fasc. IX e X. Serie Il - Vol. IX Anno 1908. 
i Ri elia Gadanone) 
DELLA 
I 

Y )l ì 

__ SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA 

SI CON SEDE IN ROMA 
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill 
SOMMARIO: 

I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. 

1. Rostagno comm. Fortunato e del prof. A Carruecio e dott L. Masi 
Zapelloni prodottore L. — Le- 4. Dott. Raf. Bellini. — Etudes de 
pidoptera Faunae Romanae, Malocologie napolitaine (Les 

; (Fam. Papilinidue, Pieri Mòollusques terrestres et fu- 
| due) pag. - . i ? 289-305 viatiles de la région vulcani. 

2. Dott. Valentino Barnabò — La nique) . ? + 339-337 
glandola interstiziale del te- 2. Dott. Giacomo Cecconi — Fauna 
sticolo. (Continuazione e fine delle Isole Tremiti. . 338-340 
del Capit. XI — Capit. XII, 3. Prof. Antonio Berlese — Con- 
TL ds RERPOTI co, siderazioni sui rapporti tra 
Ha) tn Lo Iziall Con le S sn HA piante, loro insetti e cause 

Ve A o UA 06-319 nemiche di questi . —. 341-344 

3. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag- 4. Dott. Giulio Bertolini — Di al- 


gio di uu Catalogo dei Ditteri 
della provincia di Roma (Parte 

II. — Gontinuazione), 320-327 degna i : ; 345-347 

4. Dott. Pietravalle Nicola — Con: AE 

tribuzione allo studio delle HIT NOTIZIO 

specie europee del gen. Squa- Dott. march. Giuseppe Lepri — 
Zus Bp. (Continuaz. e biblio- Ancora del giardino Zoologi- 
grafia . ; i 3 328-334 co in Roma. . è . 348 352 


cuni parassiti del bestiame del- 
l’Agro Romano e della Sar- 


__sr= 
Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università 


(Via della Sapienza — Roma) 


AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla 
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersj 
— nei misi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per 
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. 


"—_—_—T__<<T<8*°/]Tr_-"<"<*7—#<7"<"<#<>3#<>#"=5sz588z zz z#—#z—=zy7>73>3£<z>£#<*%>*#<z*><;#*#>#+#*>%#53> >Z}3"T}y7FT SzTF*z5 zyg<zstg+zg;k—+>S-}FS-S =yZySy ..-}/<;<>#>#<;>‘%“‘ u_o<- 


Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale. 


desse 


Fasc. IX e X. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908 


BOLLETTINO 


DFFEA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALTANA 


CON SEDE IN ROMA 


Presidente onorario S. M. il RE 


Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. A, Carruccio 


LEPIDOPTERA FAUNA ROMAN 


Per E VRosTAGNO e Li ZAPELLONI 


PROEMIO 


Nel 1900, quando intrapresi la pubblicazione dei miei 
appunti sulla « Classificazione descrittiva dei lepidotte- 
ri italiani », non erano apparse ancora varie opere im- 
portanti nel campo della entomologia e relative ai lepi- 
dotteri, le quali hanno mutato radicalmente i principii 
scientifici che fino ad allora avevano regolato il sistema di 
classificazione venutoci specialmente dal Boisduval e dal 
Latreille. 

Nel corso del lavoro dovetti cercare di adattarmi al- 
le nuove teoriche per ciò che mi parvero accettabili, te- 
nendo però ferme le linee principali sulle quali esso era 
| . stato iniziato. i 

Ma in seguito a nuovi stadî ho dovuto convincermi che 
in quel sistema doveva apportare delle variazioni neces- 


sarie, e decisi di seguire in massima la ultima classifica- 


200 FORTUNATO ROSTAGNO 


zione dello Staudinger, ricordando però le classificazioni 
precedenti. 

Era pure mio intendimento pubblicare le osserva- 
zioni da me fatte nel campo della fauna italiana, ma, 
preceduto da nuovi lavori, ho dovuto riconoscere che l’o- 
pera mia in quel vasto campo sarebbe stata meno utile, e 
che maggior contributo avrei portato agli studi, limitan- 
do le osservazioni alla fauna della campagna romana, 
perchè meno conosciuta, e perchè di essa specialmente mi 
sono occupato. 

E° perciò che, invece di trattare la fauna italiana, re- 
stringo il mio studio ai lepidotteri della campagna ro- 
mana, associandomi il carissimo giovane sig. Lorenzo Za- 
pelloni, il quale potrà ultimare l’opera che con tanto amo- 
re io ho intrapresa, e che per ragioni di età non sarò in 
grado di condurre a termine. 

La pubblicazione avverrà per famiglie, seguendo 
l'ordine del « Catalog der lepidopteren des palaearcti- 
schen faunengebites » dello Staudinger, ed. 1901, ed a 
fianco di ogni specie sarà riportata la indicazione corri- 
spondente del detto catalogo, al quale completamente mi 
riferisco, essendo inutile per lo scopo del mio lavoro il 
riprodurre tutte le indicazioni bibliografiche nello stesso 
catalogo contenute. Così pure al detto catalogo mi riferi- 
sco per le abbreviature dei nomi degli autori e delle pub- 


blicazioni. 
Roma, novembre 1908. 
F. RosTAGNO. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 20I 


I 
PAPILIONIDAE 
I Gen. — Papitio (L.) Latr. 1805 


1. — Podalirius L. (Stgr. I - 1) — Non comune nel- 
la pianura, più frequente in collina, raro oltre i 500 m. 

I caratteri morfologici corrispondono alla descrizione 
classica; è da notare soltanto che negli esemplari romani 
non trasparisce quasi mal, od è appena minimamente ac- 
cennata, la striscia giallo-arancione, che in alcuni esem- 
plari tedeschi bipartisce, specie nella parte anteriore, la 
fascia nera mediana della pagina superiore delle seconde 
ali. 

Qualche esemplare presenta la seconda e la quarta 
striscia nera delle ali superiori quasi bipartite da uno 
spazio giallognolo come il colore del fondo e alquanto co- 
sparso di squame nere; altri presentano un punto od una 
breve striscia nera in corrispondenza della metà della cel- 
lula discoidale fra la terza e quarta striscia, come avviene 
nella Ab. Undecimlineatus Eim. I nostri esemplari non 
sono così decisi da potersi ritenere appartenenti a que- 
sta aberrazione, ma tuttavia lasciano quasi con certezza 
ritenere che essa debba trovarsi nella campagna ro- 
mana. — Tale questione del resto non riteniamo di gran- 
de importanza, essendo molto dubbio se essa debba 
considerarsi come una vera e propria Ab. oppure come 
una semplice accidentale variazione dal tipo, come ritiene 
lo Staudinger. 

Laleacome il 3 

Sviluppo: aprile e maggio. 

Non communis in planis, frequens in collibus, rarus 
in montibus super m. 500. 

a) Gen. aest. Zanclaeus Z. (Stgr. I - 1. a) — Corri- 
sponde pienamente alla descrizione classica — rari però 
gli esemplari coll’addome assolutamente bianco. Questa 


292 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


forma estiva è più comune del tipo e trovasi nelle stesse 
località. 

Sviluppo: da giugno a settembre. 

Frequentior quam forma tipica; in tisdem locis. 

2. — Machaon L. (Stgr. I - 4) — Comune in tutta la 
campagna romana, specialmente nella piana. Gli esem- 
plari romani, tranne forse i primi di sviluppo, tendono 
più o meno alla ab. Sphyrus, alla quale potrebbero attri- 
buirsi quasi tutti gli esemplari della generazione estiva. 

A proposito delle macchie rameiche apparenti nel 
disotto delle seconde ali, è da notare che lo studio da noi 
fatto sugli esemplari della campagna romana, raccolti in 
svariate località, portano a conclusioni un po’ differenti 
da quelle a cui giunse lo Stefanelli nell'esame dei Ma- 
chaon della Toscana (1): differenza essenziale si è che le 
macchie sulla 5° e 7° cellula o spazio internervale, le qua- 
li trovansi unite secondo lo Stefanelli nell'1 % degli e- 
semplari toscani, trovansi invece negli esemplari romani 
riunite nella proporzione del 24, 50 %. — Ciò darebbe in 
parte ragione al Weismann, il quale ritiene che gli e- 
semplari italiani sieno caratterizzati dalla contempora- 
nea presenza della 5* e 7° macchia. Purtuttavia anche noi 
crediamo che una tale affermazione assoluta non possa 
esprimersi, essendo varie le forme dei Machaon della cam- 
pagna romana secondo le varie località in cui furono rac- 
colte — terreni paludosi al livello del mare, terreni sul- 
furei della piana sotto Tivoli, terreni di collina e terreni 
di montagna. E’ costante però la 3° e 4° macchia. 

Sviluppo: da marzo a settembre. 

Ubicumque communis. 

a) Gen. aest. ab. a-urantiaca Spr. (Stgr. I-4. a) 
— Esiste, caratterizzata specialmente dal colorito del 
fondo, ma non è molto frequente. 


(1) P. Stefanelli: Nuovo catalogo dei Ropolaceri della Toscana; 
Bollettino della Soc. entom. Italiana, XXXII; 1900. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 293 


Sviluppo: luglio-agosto. 
Non frequens. 
bd) Ab. rufopunctata Wheeler (1) — Esiste, ma ra- 
ra, nella campagna romana; nella collezione Rostagno tro- 
vasi un solo esemplare tipico, con macchie rameiche più o 
meno accentuate tanto nella pagina superiore che inferio- 
re, in tutte le cellule o spazi internervali submarginali. 
Esistono anche altri esemplari con alcune di tali macchie 
nella pagina superiore. 
Rara. 
c) Ab. dbimaculatus Eim. (2) — Esiste, ma alquanto 
raro, nella campagna romana. 
Rarus. 
d) Var. Sphyrus Hib. (Stgr. I - 4. b) o Astatica 
Mén. Comune nella campagna romana. Alcuni esemplari 
hanno la fascia nera submarginale delle ali posteriori che 
tocca la cellula discoidale; i più però si distinguono, se- 
condo il disegno dell’Hib., per una maggiore espansione e 
vivacità del colore azzurro che divide la detta fascia. Non 
sì riscontra negli esemplari romani la minor dimensione 
alla quale accennerebbe il Bramson (3), riferendosi parti- 
colarmente alle appendici caudali. 
Sviluppo: luglio-agosto. 
Ubicumque communis. 
II Gen. — THais F. 1807 
3. — Polyxena Schiff (Stgr. I-10) — La forma ti- 
pica manca: trovasi però non comune una forma inter- 
media, che si avvicina più al tipo che alla seguente var. 
Cassandra, e alla quale accenna lo Stefanelli nel suo cata- 
logo del 1869 (4). — Qualche esemplare presenta un punto 


(1) Butterf. of. Switz.; 1903. 

(2) Artb. Schmett ; 1895. 

(3) Miscellanea, entomologica, vol. II, n. 1.; Cette, Herault, 1894. 
(4) P. Stefanelli: Catalogo illustrato dei lepidotteri toscani — 

Ropaloceri; Firenze, 1869. 


204 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


rosso, come talvolta il tipo, in corrispondenza della pri- 
ma fascia dopo la marginale delle ali anteriori. 

Non è diffusa questa specie: ne abbiamo rinvenuto 
qualche esemplare sui colli laziali ed a monte Virginio 
più frequentemente ad Acqua Traversa (1). 

Sviluppo: aprile, maggio. 

Forma intermedia non communas. 

a) Ab. meta Meig. (Stgr. I-10. a) — Accidenta- 
le nelle stesse località e stessa epoca. 

Fortuita in tisdem locis. 

bd) Var. Cassandra Hiibn. (Stgr. I- 10. b) — Più 
comune che la forma intermedia sopra descritta — qual- 
che esemplare è fornito del punto rosso come in essa — 
nelle stesse località e medesimo tempo. 

Praecedenti forma intermedia frequentior. 

c) Ab. ochracea Stgr. (Stgr. I - 10. c) — Forma ac- 
cidentale; trovasi assieme a quella intermedia nelle stesse 
località, specie alla fine dello sviluppo (maggio); non co- 
mune. 

Non communis în risdem locis. 

III Gen. — ParnassIus Latr. 1805 

4. — a) Mnemosyne L. var. Athene Stich. (2). — La 
forma tipica Mnemosyne non esiste. Si ha invece comune 
sui monti Viglio (oltre 2000 m.) e Autore (1800 m.) in pro-. 
vincia di Roma una forma aberrante, nella quale riscon- 
trasi talvolta più accentuati i caratteri della var. Athene 
Stich., tal’altra quelli della var. Nebrodensis Trti, ma che 


oo è da ascriversi alla var. Athene. 
Communis in montibus Viglio et Autore. 


Sviluppo: giugno-luglio. 
bd) Var. DEORURONRTE Trt1:(3). — Qualche esemplare, 


arri 


(1) Monte Virginio — presso Manziana, m. 500, sulla linea Roma- 
Viterbo, a Kil. 49 da Roma; Acqua Traversa — valle e colli sulla via 
Cassia, fuori porta del Popolo, a circa 3 kil. da Ponte Milvio. 

(2) -Berl Ent. Zeit d215 21906: 

(3) E. Turati: Nuove forme di lepidotteri — Naturalista Siciliano, 
ADAM RL 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 205 


come sopra si è detto, può classificarsi per questa varietà. 
— Stessi luoghi e medesimo tempo. 
Ut supra. 


JO 


PIERIDAE 
IV. Gen. — Aporia Hib. 1816 


5. — CTrataegi L. (Stgr. I - 38) — Comune in alcune 
località, come alle Acque Albule (1), in collina e sui monti; 
mancante in altre regioni. Il Calberla (2), anche sulle 
indicazioni dello Stefanelli, dice che tale lepidottero è 
comune dovunque, forse perchè le sue ricerche hanno a- 
vuto il loro campo maggiore sui colli di Monterotondo. — 
Non trovansi le var. augusta Trti. e suffusa Tutt, quan- 
tunque qualche esemplare presenti, in confronto al tipo, 
una maggiore estensione del nero all’estremo marginale 
delle nervature. 

Sviluppo: maggio-settembre. 

Communis. 


V. Gen. — PierIs Schrk. 1801 


6. — Brassicae L. (Stgr. I - 45) — Comunissima in 
tutta la campagna romana. 
Sviluppo: primavera. 
Communissima ubicumque. 
a) Gen. aest. (var.) Lepidii Rober (Seitz) (3) — 

(1) Sulla strada di Tivoli, a 20 kil. da Roma. 

(2) H. Calberla — Die Macrolepidopterenfauna der ròmischen 
Campagna und der Angrenzeden 'Provinzen Mittelitaliens — (Corre- 
spondenzblatt des entomologischen Vereins « Iris » zu Dresden, n. 4., 
Juni 1887). 

(3) Adalbert Seitz — Die Gross schmetterlinge der Erde — I Haup- 
tabteilung; Stuttgard, 1906. 


290 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


Questa varietà o, meglio, forma estiva, dalle dimensioni 
maggiori, colle macchie nere più vive ed ampie e col di- 
sotto delle seconde ali meno sparso di scaglie nere, è più 
comune del tipo. — Si trovano talora esemplari in cui 
mancano nella pagina inferiore delle seconde ali quasi as- 
solutamente le ombreggiature nere, e vi è uniforme un 
vivo colore giallo-cromo, che si riscontra pure nelle mac- 
chie apicali delle prime ali. 

Sviluppo: estate-autunno. 

Communissima ubicumque. 

Il Verity (1) considera la var. Lepidit Rbòber come 
sinonimo della forma tipica, e la generazione primaverile 
come var. C'hariclea Stph. Tale denominazione sarebbe 
forse da adottarsi per ragioni di precedenza; in ogni mo- 
do questo resta confermato, che si hanno pel brassicae, 
come in genere per tutti i pieridi, due generazioni, con- 
traddistinte dai caratteri già descritti: se tipica vuolsi 
ritenere la forma primaverile, diventa var. Lepidu la e- 
stiva, se invece ritiensi come forma tipica la estiva, allo- 
ra diviene var. Chariclea la primaverile. 

In qualche raro esemplare # da noi raccolto, abbia- 
mo osservato traccia di un punto nero sulla pagina supe- 
riore delle ali anteriori, quale è accennato per la ab. N2- 
gronotata Jachontoff. 

7. — Rapae L. (Stgr. I - 48) — Comune in tutta la 
regione: le indicazioni classiche si riferiscono alla forma 
estiva. 

Sviluppo: giugno- ottobre. 

Communis ubicumque. 

a) Gen. vern. metra Stph. (2) — Meno comune del 


tipo. — Non è costante negli esemplari romani l’osserva- 
zione dello Stefanelli, che gli individui di questa gene- 


(1) R. Verity — Rhopalocera palaeactica; Florence; 1907. 
(2) Stephens — Illustr. Brit. Ent. Haust. — I; 1827. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 207 


razione abbiano macchie grigie anzichè nere, il punto 
mediano delle ali anteriori sfumato anzichè netto ed esi- 
sta una sfumatura bruna in corrispondenza della base 
delle quattro ali nella pagina superiore, e neppure può as- 
serirsi per gli esemplari della campagna romana che i 
primaverili sieno di minori dimensioni in confronto degli 
estivi. Ciò che abbiamo potuto rilevare icome carattere 
differenziale costante è la mancanza di atomi neri spol- 
verizzati sulla pagina inferiore delle seconde ali negli e- 
semplari estivi, i quali presentano invece per lo più un 
color giallognolo pallido. 

Sviluppo :marzo-aprile-maggio in tutta la campagna. 

Communis ubicumque. 

Db) Ab. flavida Petersen (1) — Abbiamo raccolto 
alle Acque Albule, nei terreni palustri solforosi, un esem- 
plare 2 il quale ha 1 caratteri dati dal Seitz per questa 
ab. della Norvegia e della Curlandia. Non possiamo asserire 
che si tratti di un esemplare tipico: però differisce evi- 
dentemente dal rapae normale e per lo meno è una forma 
di passaggio alla ab. avida. 

Sviluppo: maggio. 
Fortuita. 

c) Ab. leucotera Stef. (Stgr. I - 48. a) — Quasi 
comune quanto la forma primaverile metra in tutta la 
campagna : rappresenta forse gli esemplari di primissimo 
sviluppo. Si hanno però molti esemplari che segnano sol- 
tanto una forma di passaggio al tipo. 

Sviluppo: aprile-maggio. 

Fere communis tamquam forma vernalis metra. 

Il Turati crede che dovrebbe estendersi la denomina- 
zione di leucotera a tutta la gen. primaverile, la quale in- 
fatti è più bianca in complesso della estiva (2). Ma poichè 


(1)Petersen Lep. Fauna v. Estland; 1902. 
(Oelhuratizt opy Cit 


298 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


lo Stefanelli, creatore della ab. leucotera, ha dato questo 
nome agli esemplari della gen. primaverile i quali non 
hanno macchie nere, così nol crediamo dover mantenere la 
distinzione tra forma primaverile metra Stph. ed aberra- 
zione leucotera Stef. 

di Ab. Carrucci Rost. (1) — Questa aberrazione 
presenta i seguenti caratteri nel & : Pagina superiore co- 
me nella ab. leucotera Stef., cioè assolutamente bianca, 
senza traccia di punti neri, ad eccezione di una leggeris- 
sima sfumatura grigia alle estremità apicali delle prime 
ali ed alla base delle quattro ali, come nella forma prima- 
verile metra; nessun punto nero nelle seconde ali. 
— Pagina inferiore: prime ali con appena segnati due 
punti neri e con apice di un bel colore giallo cromo 
che si prolunga per tutta la costola fino al corsaletto ed 
a metà dell’orlo esterno; seconde ali di un giallo ca- 
rico quasi arancione, che ricopre completamente ala; 
manca assolutamente qualsiasi traccia della striscia 
bruna della ab. leucotera Stef. — Testa, corsaletto ed ad- 
dome: fittamente cosparsi di lunghi peli gialli. 

Nella © i caratteri generali sono corrispondenti a 
quelli del 3 : soltanto si ha una leggiera traccia dei punti 
neri ridotti a minime proporzioni. Il colore delle ali nella 
pagina superiore tende leggermente al paglierino. 

Sviluppo: aprile — Villa Patrizi. 

3 Supra: alis anticis plane albis, praeter areas ba- 
salem et apicalem paullum cineraceas: alis posticis item 
albis, praeter arceam basalem cineraceam. 

Subtus: alis anticis albis, praeter maculas centrales 
nigras fere obsoletas areamque apicalem croceam usque 
ad toracem progredientem juata margine costalem anti- 
cum atque usque ad dimidiam partem marginis externi; 
alis posticis admodum croceis. 


(1) Bollettino della Società Zoologica italiana, Serie II. Vol. IV. 
Vi VI 1903; pas. 123. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 209 


('apite, torace, abdomine longis pilis croceis consper- 
sis. 

g Supra: ut & praeter maculas nigras haud plane 
obsoletas coloremque haud album, sed leviter flavescen- 
tem. 

Subtus: ut 3. 

Fortuita. 

8. — Manni Mayer 1851 (Stgr. I - 48. c) — Facciamo 
di questa varietà del Pieris rapae una specie a parte, per 
gli studi recenti del Turati (1) sulle crisalidi. Sufficien- 
temente comune nella piana. 

In primavera (marzo-aprile). 

Communis in plants. 

a) Gen. aest. Ross Stef. (Stgr. I - add. 48. c) — 
Comune ovunque. In genere negli esemplari romani si 
conferma la osservazione dello Stefanelli che essi sono di 
maggiori dimensioni in confronto dei primaverili Manni 
Mayer. — Ma anche questo criterio non è assoluto, aven- 
do noi raccolto esemplari Ross di piccolissime dimensio- 
ni — poco più di una Lycaena Bellargus — i quali deb- 
bono forse il loro meschino sviluppo alle cattive condizio- 
ni di nutrizione della larva. — Di tali esemplari ha fat- 
to cenno lo Stefanelli (2). 

Sviluppo: luglio-settembre. 

Communas. 

9. — Ergane H. G. (Stgr. I - 49) — Questa specie fu 
da uno di noi rinvenuta nella campagna romana al suo 
confine montuoso con l’Abruzzo (Arsoli-Oricola). Sono e- 
semplari colle macchie nere apicali poco intense, con la 
base delle ali sfumata di nero come la Manni, e senza 
macchie nere discoidali nel ® : quindi corrispondono alla 
forma tipica della Dalmazia. 


(1) Turati: op. cit. 
(2) Stefanelli: op. cit., 1900. 


300 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


Sviluppa in primavera (maggio e primi di giugno). 
Rara. 

a) Gen. aest. Rostagni Trt. (1) — Nelle macchie - 
nere riscontrasi maggiore intensità di colorito, nei maschi 
esistono sempre le macchie discoidali nella pagina supe- 
riore delle ali anteriori, nelle femmine si ha una colora- 
zione paglierino-verdognola specialmente nella pagina su- 
periore delle ali posteriori, mentre nella pagina inferiore 
st hanno macchie apicali delle prime ali e colorito generale 
delle seconde ali di un giallo più carico in confronto della 
generazione primaverile. 

Sufficientemente comune, ma localizzata al confine 
della campagna romana (Oricola-Arsoli, m. 500 a 900). 

Sviluppo: agosto-settembre. 

Fere communis in montibus (Oricola-Arsoli) cum A- 
prutiis finitimis. 

Db) Ab.P magnimaculata Rost. (2) — D'un bianco 
giallastro nella pagina superiore delle quattro ali, come 
la gen. aest. Rostagni Trt. e d’un bel colore giallo cromo 
nella pagina inferiore delle seconde ali. Le macchie 
nere poi sono molto più scure che nel tipo e più grandi che 
nella gen. aest. Rostagni. Si può dire che questo caratte- 
re in rapporto al tipo sia ancora maggiormente accentua- 
to che nella var. Rosst Stef. rispetto al P. rapae L. E° in- 
fine da notare che la macchia centrale delle prime ali an- 
zichè rotonda, come nel tipo, è larga e quadrata e che di 
questa macchia quadrata il lato volto verso il margine del- 
l'ala è talora alquanto curvo, con la concavità verso l'e- 
sterno. — Si può considerare come una forma di passag- 
gio dalla gen. aest. alla seguente ab. longomaculata. 

Comune come la generazione estiva, negli stessi luo- 
ghi e medesimo tempo. 


(1) Turati: op. cit. 
(2) Bollettino della Società Zoologica Italiana: fasc. VII. VIII e 
IX; 1906. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 30I 


Alis supra sicut in gen. aest. Rostagni albo-flave- 
scentibus, sed maculis nigris obscurioribus atque matiori- 
bus, punctisque centralibus alarum anticarum quadratis 
vel externe arcuatis: subtus alis anticis albo-flavescenti- 
bus, alis posticis croceis. 

Fere communis tamquam gen. aest. in risdem locis. 

c) Ab. 9 longomaculata Rost. (1)— Caratteri gene- 
rali di colorazione come nella ab. magnimaculata; le mac- 
chie nere però delle ali anteriori molto sviluppate e pro- 
lungate fino a congiungersi, così da formare una sola li- 
nea accidentata. 


Non comune, assieme al tipo. — Agosto, settembre. 

Alis anticis maculis nigris coniunetibus. Una cum 
gen. aest., non communis. 

d) Ab. & semimaculata Rost. (2) — Forma aber- 
rante della gen. aest., nella quale mancano tutte le mac- 
chie nere ad eccezione della apicale, molto ridotta: cor- 
risponde in certo modo alla ab. leucotera Stef. del P. ra- 
pae L. — Il giallo della pagina inferiore è molto più pal- 
lido. Si avvicina al tipo ® della gen. primaverile. Rara. 

Negli stessi luoghi e tempi della gen. aest. 

Alis maculis nigris obsoletis, praterquam maculas 
apicales, diminutas : alis posticis subtus pallidioribus. U- 
na cum gen. aest.; rara. 

10. — Napi L. (Stgr. I - 52) — Comune ovunque, spe- 
cie nella piana e nei colli. 

Sviluppo: febbraio-maggio. 

Communis ubicumque. 

a) Gen. aest. napeae Esp. (Stgr. I- 52. a) — Co- 
mune negli stessi luoghi del tipo. 


(1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. IV. V. VI., 
1904; fasc. I. II. III, 1905. 

(1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. VII. VIII. IX., 
1906. 


302 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 


Sviluppo: maggio-ottobre. 
Communis tamquam forma tipica in visdem locis. 
b) Var. meridionalis Rihl (1) — Comune insieme 
alla generazione estiva negli stessi luoghi e tempi. 
Communis tamquam forma tipica in visdem locis. 
11. — Daplidice L. (Stgr. I - 57) — Comune in tutta 
la campagna. 
Sviluppo: ultimi di aprile-agosto. 
Communis ubicumque. 
a) Gen. vern. Bellidice O. (Stgr. I- 57. a) — Co- 
mune come il tipo e negli stessi luoghi. 
Sviluppo: aprile-maggio. 
Communis ubicumque tamquam forma tipica în 
iisdem locis. 
b) Var. (et ab.) Raphani Esp. (Stgr. I- 51. b) — 
Non comune - negli stessi luoghi del tipo. 
Sviluppo: giugno-luglio. 


Non communis in isdem locis. 


VI Gen. — Euctor (Hb. 1816: 
(Anthocharis B.). 


12. — a) Belia Cr. var. romana Calb. (Stgr. I - 62. a) 
— La forma tipica della £. Belia non trovasi nella cam- 
pagna romana, ma è sufficientemente comune la var. r0- 
mana descritta dal Calberla. — Tanto in pianura che in 
collina. 

Sviluppo: aprile-maggio. 

Fere communis in planis et collibus. 

b) Gen. aest. Ausonia Hb. (Stgr. I - 62. b) — Suf- 

ficientemente comune nelle stesse località della var. r0- 
MANA. 


Sviluppo: ultimi di maggio e giugno. 


(1) F. Riihl — Die Palaearctischen gross Schmetterlinge u. ihre 
Naturgeschicte; Leipzig, 1892-95. 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 303 


Ut supra. 

13. — Cardamines L. (Stgr. I- 69) — Comune sui 
colli laziali, presso 1 boschi e nelle valli ombreggiate, ma 
specialmente in alcune località, come, presso Roma, ad Ac- 
quatraversa. Vi sono forme che si avvicinano molto alla 
ab. Turritis O. 

Sviluppo: aprile e maggio. 

Communis in collidbus latialibus prope silvas. 

14. — Euphenoides Stgr. (Stgr. I - 73). — Non è por- 
tata questa specie dal Calberla per la campagnia romana 
e neppure noi l’abbiamo ivi mai catturata nè veduta; però 
11 sig. Paolo Luigioni, distinto coleotterologo, ci ha asse- 
rito di averne veduto volare in maggio un esemplare nella 
foresta di Marino. 

Dubia. 


VII Gen. LepTIDIA Bilb. 1820 
(Leucophasia Stph. 1827) 


15. — Stnapis L. (Stgr. I-81) — Sufficientemente 
comune, specie in collina e in montagna. 

Giugno, luglio e agosto. 

Fere communis in collibus et in montibus. 

a) Gen. vern. lathiri Hb. (Stgr. I-81. a) — Comu- 
ne nelle stesse località, particolarmente in aprile, ma pure 
in maggio e giugno. 

Communis in visdem locis. 

b) Var. aest. diniensis B. (Stgr. 1-81. d) — Co- 
mune negli stessi luoghi. — Come forme £ £ pallide della 
var. diniensis sono forse da considerarsi gli esemplari 
che corrispondono alla ab. 2 £7rysimi Bkh. e che lo Stau- 
dinger considera come forme accidentali del tipo stnapts. 

In giugno, luglio ed agosto. 
Communis in tisdem locis. 


304 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI 
VIII Gen. CoLias (F.) Leach. 1815 


16. — Hyale L. (Stgr. I- 98) — Se ne trova qualche 
esemplare nelle basse collinette presso Roma (1) — più 
comunemente sui colli laziali e sui monti della provincia 
romana (2). 

Sviluppo, secondo i nostri esemplari, dal maggio a 
ottobre. 

Parum communis in parvis collibus prope Romam; 
communis in collibus latialibus et in montibus. 

17. — Edusa F. (Stgr. I - 113) — Comune in tutta la 
campagna, sia nella piana che in montagna e in collina. 

Sviluppo: aprile-settembre. Qualche esemplare tro- 
vasi anche alla fine di ottobre. 

Communis ubicumque. 

a) Ab. 3 Faillae Stef. (Stgr. I - add. 113) — Por- 
tato dallo Staudinger come sinonimo del tipo. Insieme col 
tipo, non comune. — Vi sono però nelle nostre Eduse mol- 
tissimi esemplari che rappresentano forme di passaggio 
più o meno accentuate alla Falae. 

Non communas. 

b) Ab. 2 Helice Hb. (Stgr. I- 113.5.) — Nonico- 
mune nelle collinette presso Roma, più frequente in mon- 
tagna, insieme al tipo. Alcuni esemplari hanno le mac- 
chie discoidali delle ali posteriori giallo-arancio, altri 
quasi bianche, come il fondo della pagina superiore delle 
prime ali. 

Non communis in parvis collibus prope Romam; fere 
communis in collibus latialibus, praesertim in montibus. 

c) Ab. Pyrenaica Gr. (Stgr. I-113.c) — Di que- 
sta aberrazione non abbiamo trovati che esemplari®. Ci 


(1) Acqua Traversa, S. Agnese (3 kil. fuori Porta Pia sulla via 
Nomentana), Valle Inferno (3 kil. fuori porta Angelica), 
(2) Oricola, Poli (mandamento di Palestrina). 


LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 305 


sorge però il dubbio, che siano da considerarsi come indi- 
vidui provenienti da larve mal nutrite, piuttosto che ve- 
re forme aberranti. 

Fortuita. 


X Gen. — GonEPTERYx Leach. 1815 
(Rhodocera B.). 


18. — Rhamni L. (Stgr. I - 124) — Comune in tutta 
la campagna, specie presso le siepi e nei giardini. 

Sviluppo: aprile-ottobre; — però trovasi si può dire 
tutto l’anno, anche nelle belle giornate d’inverno. 

Communis ubicumque. 

19. — Cleopatra L. (Stgr. I - 125) — Come la specie 
precedente. 

Trovasi preferibilmente in estate. 

Communis ubicumque. 

a) Gen. aest. (var.) & Italica Gerh. (Stgr. I - 125. 

a) — Riguardo a questa forma aberrante siamo perfet- 
tamente d’accordo con lo Stefanelli: questa varietà esti- 
va è rappresentata cioè soltanto da 4 e non sostituisce in 
estate il tipo, ma si trova con esso nelle stesse località. 
Da noi il suo sviluppo è principalmente nei mesi di giu- 
gno e luglio; non frequente. 

Non communas. 


—__—=tgi>-—_ _ 


Bollett. Soc. Zoologica Italiana 


ISTITUTO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof, comm. A. CARRUCCIO 


LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 


Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, 


Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo 


CASRCNANER FSE 


Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' 


(Contin. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 262-230) 


Lo sviluppo somatico dipenderebbe pure in gran par- 
te dalla secrezione della glandola interstiziale. Si cono- 
scono esattamente gli effetti della castrazione sul sistema 
tegumentario e sui suoi annessi, sul pannicolo adiposo, 
sul sistema osseo, su quello muscolare, sul laringe, e sopra 
altri visceri. Non è il caso qui di riportare la vasta lette- 
ratura sull'argomento chè ci porterebbe lontani dal nostro 
campo di studio; ma di ricordare soltanto incidentalmen- 
te i lavori più recenti e più importanti, per formarsi una 
idea delle nostre presenti conoscenze. 

Dupuytren e Gruber notarono nei castrati sviluppo li- 
mitato del laringe; Gruber e Steinach, mancato sviluppo 
delle vescicole seminali; Steinach, Kirby, Guyon, Legneu, 
Albarran, atrofia della prostata negli animali; White, 
Raum, Haines, Griffiths, Bryson, Watson, Helfreich, 
Moullin, Czerny, Simitzine, Lutkens, Guyon, Albarran, 
Socin, Legneu, Belfield e altri, atrofia della prostata ne- 
gli uomini castrati; Colin osservò diminuzione del peso to- 
tale dell'encefalo nel cavallo castrato; Calzolari, aumento 
di peso del timo; Feldmann, Poncet, Pirsche, Becker, 
Teinturier, Godard, Merschejewski, Collineau, Halin, Pit- 
tard, Milne Edwards, Lanois e Roy, descrissero le alte- 


iii si en 


FARENEP 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 307 


razioni del sistema osseo nei castrati; Alessi riscontrò mo- 
dificazioni delle cellule della corteccia cerebrale (1). 

Tali alterazioni sullo sviluppo somatico si potrebbe- 
ro riportare dunque alla mancanza della funzione della 
glandola interstiziale, come vorrebbero ad esempio Ancel 
e Bouin. Ma si può essere certi che non dipenda da altri 
fattori, come dalla mancanza di altri elementi del testi- 
colo, produttori magari in parte della secrezione endocri- 
na testicolare fOppure non potrebbe dipendere da un com- 
plesso di fattori, il cui insieme può ancora sfuggirci? Vi 
sono, è vero, le esperienze colle iniezioni di estratti di 
glandola interstiziale che hanno avuto un notevole effetto 
sull’accrescimento dell'organismo. Ma sugli « estratti di 
glandola interstiziale » come li chiamano Bouin e Ancel, 
non cè solamente l’estratto degli elementi interstiziali, 
ma anche quello della parte seminale del testicolo, che 
pur essendo in via di atrofia, potrebbe dar luogo a delle 
sostanze capaci di produrre un qualche effetto sull’orga- 
nismo. Non è forse la obbiezione medesima che Bouin e 
Ancel avevano mosso alle esperienze di Richon e Jeande- 
lizgfomib 

Finalmente s1 avrebbe anche un’azione di difesa del- 
l'organismo per parte delle cellule interstiziali. 

I fatti che starebbero in favore di questa ipotesi sono 
troppo scarsi per poterla sostenere per ora con sicurezza. 
Auguriamoci che nuovi studî rischiarino anche tale que- 
stione, ritenendo intanto prematura ogni critica e ogni 
giudizio in proposito, sia in favore che in contrario. 

Concludendo, mi pare che molto si sia voluto attribui- 
re agli elementi interstiziali, e che occorrerà forse ridur- 
re parecchio ciò che si è detto su questo argomento. Il si- 
enificato loro fisiologico oggi, dopo tanti studi e tante 


(1) La bibliografia di questo argomento è riportata in molti la- 
vori, ma specialmente in quello di Fichera. 


308 VALENTINO BARNABO’ 


ipotesi, non è men chiaro di quello che non sia il loro si- 
gnificato morfologico. Dobbiamo dire il vero: non si sa 
ancora con esattezza che cosa siano le cellule interstiziali, 
e quale funzione loro spetti. Forse qualcuna delle teorie 
sarà la vera, forse converrà adottarne una ecclettica; ma 
per ora si può solamente ritenere che tutte le teorie hanno 
dei dati favorevoli e dei dati contrarî o per lo meno in- 
certi. Occorrerebbe riuscire sperimentalmente a distrug- 
gere del tutto e in modo esclusivo solo la parte interstizia- 
le del testicolo; e allora si potrebbe forse con maggior cer- 
tezza stabilirne la funzione, dalle alterazioni rilevabili 0 
nel testicolo, o in altre parti dell'organismo. E auguria- 
moci che nuove ricerche si facciano con risultati decisivi. 


XII. — Rapporti delle cellule interstiziali con le glandole 
a secrezione interna. 


Un capitolo ancora nuovo nello studio delle cellule 
interstiziali riguarda i rapporti probabili che esse pos- 
sono funzionalmente avere con le glandole a secrezione in- 
terna. Ricorderò che recentissimi studî hanno dimostrato 
come tutte queste glandole abbiano tra loro intimi rap- 
porti, quasi si potesse considerare un vero e proprio si- 
stema dell'organismo destinato ad una funzione di prote- 
zione. Difatti, ledendo o togliendo sperimentalmente una 
qualunque di queste glandole, le altre si ipertrofizzano e 
funzionano maggiormente per compenso. Così furono ese- 
guite importanti ricerche sulla ipofisi negli animali scap- 
sulati da Boinet e da Marenghi, sulla ipofisi negli ani- 
mali stiroidati, ecc., Più importanti dal nostro punto di 
vista sono gli studî sui rapporti tra testicoli e altre glan- 
dole, come ad esempio quello di Calzolari, per il quale 1l 
timo sembrerebbe adibito a una funzione analoga a quel- 
la dei testicoli; e 1 lavori di Fichera relativi alla 1- 
pertrofia della glandola pituitaria, consecutiva alla ca- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 309 


strazione, tanto nei maschi quanto nelle femmine. Cre- 
do inutile riferire qui particolarmente di questi lavori, 
avendolo già fatto più volte nel Bollettino della nostra 
Società (V. vol. VII, 1906, pag. 109 e pag. 239 — Vol. 
VIII, 1907, pag. 159-170). 

Ma tanto Calzolari quanto Fichera parlano della se- 
crezione interno del testicolo, senza pronunciarsi sulle 
cellule interstiziali, e senza esaminare le modificazioni. 
Io invece ho eseguito ricerche esperimentali appunto sulle 
modificazioni di queste cellule e su quelle che potei riscon- 
trare nelle glandole a secrezione interna. I risultati da 
me ottenuti furono ampiamente riferiti nel giornale 
« Il Policlinico » (Sez. Chirurgia, 1908, fasc. 3.) e ripor- 
tati anche nel nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 229 - 
vol. IX, 1908, pag. 188); mi dispenso quindi di ricordarli. 

Da essi risultano rapporti evidenti specialmente tra 
le cellule interstiziali e la glandola ipofisaria. 


XIII. — Parallelo con la glandola interstiziale dell'ovaio. 


Come appendice, desidero ora dir due parole sulla 
glandola interstiziale dell'ovaio, composta di elementi a- 
naloghi ed omologhi a quelli del testicolo. Tale parallelo 
è interessante, perchè serve a farci precisare meglio al- 
cuni fatti riguardanti le cellule interstiziali testicolari, e 
perchè ci fa comprendere che questo elemento non è ‘già 
esclusivo del maschio, come ritenevano una volta Bouin e 
Ancel, ma si trova anche nella glandola sessuale femmi- 
nile, e perciò s1 può supporre abbia davvero una qualche 
funzione importante per tutto l'organismo. Naturalmente 
mi limiterò a passare in rapida rassegna solo i lavori 
principali sull'argomento. 

Innanzi tutto ricorderò che dopo le ricerche di Brown 
Séquard sulla secrezione interna dei testicoli, si intra- 
presero analoghe osservazioni per l ovaio. E Curatolo e 


3I0 VALENTINO BARNABO’ 


Tarulli pensarono di studiare nelle cagne e nelle femmi- 
ne dei topolini il ricambio materiale dopo la castrazione. 
Essì trovarono che si ha allora una notevole e duratura di- 
minuzione nella eliminazione dei fosfati per le urine e 
dell'acido carbonico per l’espirazione, eliminazione che si 
eleverebbe di nuovo, se si sottopongono le femmine castra- 
te alla iniezione sottocutanea di succo ovarico. Curatulo 
e Tarulli quindi conclusero che le ovaie devono versare 
continuamente nel sangue una secrezione favorevole alla 
ossidazione delle sostanze organiche fosforate, degli i- 
drati di carbonio e dei grassi, ragione per cui, quando 
manca tale secrezione, si aumentano nell'organismo il 
grasso e 1 sali di fosforo. Secondo loro era così sperimen- 
talmente provata la esistenza di una secrezione interna 
anche per le ovaia. 

I risultati di questi Autori furono poi confermati da 
Pinzani per una cagna castrata, e da Loewy e Richter 
che studiarono l'influenza della castrazione sul ricambio 
materiale delle femmine. Però furono negati da Schultz e 
Falk, che si occuparono della eliminazione dei sali di 
fosforo dopo la castrazione, da Luthje, da Lambert e da 
altri autori. Mossé e Oulié, e anche Heymann anzi giun- 
sero a sostenere che la eliminazione dei fosfati in se- 
guito alla castrazione aumenta invece di diminuire. La 
questione è quindi ancor oggi controversa, e*sì connette 
con la questione terapeutica della castrazione in condi-. 
zioni morbose, quali l’osteomalacia, in cui occorre ritenere 
più che si può sali di fosforo nell'organismo. Ma ciò esce 
dal nostro campo, e per noi basta ritenere che fu ammessa 
anche per le ovaie una secrezione interna di notevole im- 
portanza per l'organismo. 

Ma a quali cellule dell'ovaio si può attribuire questa 
secrezione interna? Anche qui non si è d’accordo, perchè 
mentre Frinkel e Arcangeli l attribuiscono principal- 
mente ai corpi lutei, molti Autori, come Limon, Bouin, 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 3II 


Lambert e altri la dicono dovuta a speciali cellule inter- 
stiziali, simili a quelle del testicolo. E di ciò appunto ci 
dobbiamo occupare. 

Van Beneden nel 1880 scriveva che i corpi lutei del- 
l’ovaia sono costituiti da un tessuto che presenta tutti 1 
caratteri del tessuto interstiziale, colla sola differenza che 
le cellule interstiziali sogliono prendere uno sviluppo e- 
norme. Si può per altro ritenere che il tessuto del corpo 
luteo sia identico allo stroma interstiziale. Da ciò si com- 
prende la teoria sostenuta da Fraànkel e da Arcangeli, cui 
abbiamo accennato. 

Gli elementi del corpo luteo furono anche ravvicinati 
agli interstiziali del testicolo da Van Mihalkowics, da 
Waldeyer, da Tourneux e da Nussbaum. Secondo Nus- 
sbaum anzi avrebbero pure la medesima origine dall’epi- 
tello germinativo, dal quale deriverebbero SSN per al- 
tro rimasti allo stato embrionale senza ulteriormente svi- 
lupparsi. 

Uno studio di Maximow sulla rigenerazione del tes- 
suto ovarico non ci apprende nessun fatto importante dal 
nostro punto di vista. Piuttosto interessante è invece un 
lavoro di Regaud sull’epitelio ovarico e sui suoi diverti- 
coli tubuliformi nella cagna, epitelio che possiederebbe 
una funzione glandolare, mentre i tubuli corticali non sa- 
rebbero che diverticoli di questo epitelio. Tale funzione 
glandolare servirebbe appunto per la elaborazione della 
secrezione endocrina.Regaud e Policard trovarono poi che 
l’epitelio del follicolo di Graaf elabora una sostanza la 
quale presenta speciali reazioni istiochimiche, e si trova 
sotto forma di goccioline, poste in ispeciali vacuoli del 
protoplasma. Tale sostanza non sarebbe per altro quella 
della secrezione interna, non traverserebbe la zona pellu- 
cida e si accumulerebbe a poco a poco nel protoplasma del- 
l'uovo, il quale, quando è maturo, ne racchiude una con- 
siderevole quantità. 


312 VALENTINO BARNABO” 


Però i lavori più importanti sulle cellule interstiziali 
sono quelli di Limon, che ha studiato la glandola intersti- 
ziale dell'ovaio dal punto di vista istologico ed istogene- 
tico. Secondo Limon il tessuto interstiziale dell’ovaio non 
è diffuso, ma è invece disposto con ordine in lobuli rego- 
larmente orientati. E’ costituito da cellule voluminose po- 
liedriche, il cui aspetto è ben differente da quello delle 
cellule fisse del tessuto connettivo dello stroma ovarico. 
In tali cellule si nota la presenza di numerose goccioline 
di grasso. Limon cerca di provare la natura glandolare di 
questi elementi, perchè la loro posizione speciale in vici- 
nanza dei vasi sanguigni attesterebbe la elaborazione di 
una secrezione interna. Dallo studio morfologico e da 
quello istogenetico, l'Autore ritiene che si tratti di una 
vera glandola, alla quale dà il nome di glandola intersti- 
ziale dell’ovaia. Egli conclude poi: « Quelques travaux 
physiologiques de ces dernières années concernent la sé- 
crétion interne de l’ovaire dans sa totalité. La thérapeuti- 
que s'est également préoccupée de l’opothérapie ovarien- 
ne. Mais ces recherches ont porté sur la sécrétion globale 
de l’ovaire, et le départ est encore à faire entre l’action 
de chacune de ces formations de l’ovaire adulte, follicules, 
corps jaunes, et glande interstitielle ». 

Limon ha voluto poi osservare le modificazioni che 
subisce la glandola interstiziale nelle ovaia trapiantate. 
Per ispiegare l’atrofia degli organi genitali accessorî fem- 
minili, consecutiva alla castrazione, alcuni Autori hanno 
ammesso che si tratti di una lesione di tronchi nervosi. Ma 
le esperienze eseguite col trapianto delle ovale hanno e- 
scluso questo fattore, perchè si è dimostrato che cessano 
i fatti di atrofia in queste condizioni sperimentali; e si è 
pensato piuttosto all’azione della secrezione interna. Li- 
mon studia quindi il trapianto dell'ovaio nella coniglia, 
in cui gli elementi interstiziali sono più sviluppati. A 
parte le considerazioni di indole generale, Limon osserva 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 313 


che i follicoli possono ancora formarsi e dar luogo allo 
sviluppo dell'uovo, quando la circolazione si ripristina 
nella nuova sede di trapianto; ed esamina anche le altera- 
zione dei corpi lutei; però si diffonde piuttosto a parlare 
delle modificazioni subite dalle cellule interstiziali. 

Le cellule interstiziali, egli dice, sono degli elementi 
1 cui caratteri epiteltali e anche glandolari denotano uno 
stadio di differenziazione assai elevato. Nel momento in 
«cui comincia l’atresia del follicolo di Graaf, le cellule del- 
lo strato più interno della teca perdono il loro carattere 
connettivale e modificano i loro reciproci rapporti. Il cor- 
po cellulare diviene più ammassato, poliedrico, e il nucleo 
muta aspetto. Topograficamente le cellule si ordinano in 
cordoni, o in masse allungate, orientate radialmente, co- 
stituendo così nel loro insieme una formazione cellulare 
bene individualizzata, detta falso corpo luteo. Ulterior- 
mente il falso corpo luteo si dissocia, e i cordoni cel- 
lulari così dissociati si dispongono nello stroma ovarico 
senza un ordine apparente. Le cellule interstiziali, benchè 
assai piccole in questo momento, hanno tuttavia un’ap- 
parenza epiteliale assai manifesta. Nel momento della. pu- 
bertà mutano ancora di aspetto : il corpo protosplasmatico 
diviene due o tre volte più voluminoso, e si carica di nu- 
merose clave riducenti in nero l’acido osmico; le cellule 
entrano in rapporto più intimo coi capillari sanguigni; 
hanno in una parola acquistato 1 caratteri inerenti alla 
loro funzione glandolare. Ora sotto la influenza dei disor- 
dini circolatorî, apportati all’ovaio col trapianto, le cel- 
lule interstiziali percorrono in senso inverso la serie di 
tali trasformazioni, senza però tornare al loro stadio 0- 
riginario di cellule indifferenti. Esse perdono da princi- 
pio le clave (enelaves), che molto probabilmente sono rias- 
sorbite; diminuiscono considerevolmente di volume; e ri- 
prendono l'aspetto di piccole cellule epitelioidi, che pre- 
sentavano prima della pubertà o nel cosiddetto falso cor- 


314 VALENTINO BARNABO” 


po luteo. Conservano cioè questo aspetto fino al momento, 
nel quale l’ovaio avendo riacquistato il suo sistema circo- 
latorio, si ritrova anche nella nuova sede in condizioni fi- 
siologiche normali. Quando la circolazione si ristabilisce, 
le cellule interstiziali ripresentano le clave, aumentano di 
volume, riprendono insomma i loro caratteri normali. Ciò 
non avviene però simultaneamente in tutto l’ovaio; ma 
progressivamente dal centro alla periferia. Il principale 
fattore dunque della differenziazione di queste cellule do- 
vrebbe essere, secondo Limon, la circolazione, la quale a- 
vrebbe sotto la propria dipendenza tutta la loro attività 
secretoria. 

Questo studio di Limon, corredato di numerose ed in- 
teressanti figure dimostrative, procura notizie esatte su 
questo elemento della ghiandola ovarica, dandone un con- 
cetto abbastanza netto. L'esperimento ha quindi servito 
moltissimo per estendere le nostre conoscenze e per preci- 
sare quelle scarse che avevamo. Resta dunque almeno pro- 
vato che anche l’ovaio è una glandola a secrezione interna. 

E come tale ha anch'essa rapporti intimi con le altre 
glandole a secrezione interna dell’organismo? Possedia- 
mo ancora scarse notizie, quantunque oggi si studino bene 
questi rapporti. Parhon e Goldstein hanno trovato che e- 
siste un antagonismo tra la funzione dell’ovaia e quello 
del corpo tiroide. Fichera ha fatto delle esperienze sulle 
femmine di cavia e di coniglio per generalizzare le sue 
conclusioni sulle relazioni della ipofisi con le glandole 
sessuali. Egli, asportando le ovaie, ha notato una iper- 
trofia dell’ipofisi, maggiore per le coniglie che per le ca- 
vie, apprezzabile già dopo venti giorni dall’operazione. É 
l'aumento in peso è così considerevole, da potersì parago- 
nare a quello che si nota nell’ipofisi degli animali stiroi- 
dati, il quale però avviene in modo più lento che il primo. 
Anche istologicamente si notano modificazioni nella 1po- 
fisi, perchè si ha un notevole aumento di cellule eosinofile 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SIT 


ingrandite e ripiene di sostanza eosinofila, elementi in 
moltiplicazione cariocinetica, e dilatazione e ripienezza 
dei vasi sanguigni. Fichera conclude quindi che così resta 
provata la relazione che esiste anche tra l’ipofisi e le 
ovale, e che la loro secrezione interna modera l’attività 
dell’ipofisi. 

La maggiore attività della pituitaria in seguito alla 
castrazione potrebbe influire « probabilmente, attirando 
il ricambio materiale, a rendere migliori le condizioni di 
nutrizione e di sviluppo di molti tessuti in genere, e di 
quello osseo in ispecie ». Anche tra le ovaie e le glandole 
a secrezione interna esistono dunque notevoli rapporti, 
che, verranno certo meglio illustrati in seguito da succes- 
sivi lavori. 


Da tutto ciò risulta ora facilmente il parallelo tra la 
glandola interstiziale del testicolo e quella dell’ovaio. A 
parte la somiglianza morfologica e istogenetica, anche le 
stesse questioni si agitano per la loro funzione e per il 
loro significato fisiologico nell'organismo. 

Difatti abbiamo veduto che tutte e due queste glan- 
dole segregherebbero dei prodotti distruttori del grasso. 
Inoltre l’importanza della secrezione interna testicolare 
per lo sviluppo dello scheletro e anche del tratto genitale 
è attribuita pure a quella ovarica. Ma se su ciò non si è 
ancora ben sicuri per il testicolo, non lo si è neppure per 
l’ovaio. 

Inoltre sappiamo che la secrezione interna testicola- 
re è attribuita da alcuni alle cellule seminali, da altri al- 
le cellule sertoliane, e da altri ancora alle cellule intersti- 
ziali. Così pure per l’ovaio alcuni l’attribuiscono ai corpi 
lutei, altri all’epitelio ovarico coi suoi diverticoli, e altri 
poi alle cellule interstiziali. E mentre si sostiene che le 
cellule interstiziali del testicolo servano pel nutrimento 


316 VALENTINO BARNABO” 


degli elementi seminali, vi è chi parla di sostanze elabo- 
rate per l'uovo dall’epitelio del follicolo di Graaf. 

Se poi sì considerano i lavori di Limon, il paral- 
lelismo è ancora più chiaro. Si tratta difatti di cellule 
voluminose poliedriche tanto nel testicolo quanto nell’ova- 
10. Si notano anche numerose goccioline di grasso nel 
protoplasma tanto delle une come delle altre. Però, mentre 
nel testicolo sono o isolate o raggruppate in isolotti, la 
cul topografia non è fissa, nell’ovaio sono invece disposte 
in lobuli, in cordoni regolarmente orientati. I loro rap- 
porti intimi coi vasi si trovano nell’ovaio come nel testi- 
colo; e il loro aspetto glandolare ha fatto meritare i nomi 
di glandola interstiziale dell'ovaio, assegnato da Limon, 
e corrispondentemente di glandola interstiziale del testi- 
colo, dato da Bouin e Ancel. Le modificazioni poi che su- 
biscono le cellule interstiziali nell’ovaio trapiantato sono 
del tutto simili a quelle, presentate dall’elemento inter- 
stiziale del testicolo in analoghe condizioni o patologiche 
o sperimertali. Anche nell’ovaio, secondo Limon, gli ele- 
menti interstiziali deriverebbero da quelli indifferenti del 
connettivo; presenterebbero inoltre un momento ben chia- 
ro di attività funzionale, arrichendosi delle clave, pro- 
dotto della loro elaborazione. Non sono stati però descrit- 
ti nè pigmento, nè cristalloidi speciali per le cellule in- 
terstiziali dell'ovaio. Inoltre il fatto, provato da Limon 
coll’esperimento, che la circolazione ha una così grande 
influenza per l’attività secretoria e per le modificazioni 
della glandola interstiziale ovarica, fa pensare che anche 
molte delle modificazioni descritte da Bouin e Ancel e da 
altri ricercatori per quella del testicolo in isvariate con- 
tingenze patologiche o fisiologiche o teratologiche o spe- 
rimentali, possano pure dipendere dall’ essenzialissimo 
fattore della circolazione, apportatrice del nutrimento 
cellulare. 

Inoltre anche i rapporti con le altre glandole a secrce- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 69 47 


zione interna appaiono simili per l'elemento interstiziale 
ovarico, e per il testicolare. Lo fan prevedere gli studi 
fatti, quantunque per ora si siano occupati soltanto 
dell’influenza esercitata dalla assenza della glandola ses- 
suale in massa e della sua secrezione interna, senza trat- 
tare dell'elemento interstiziale in ispecie. Il comporta- 
mento dell’ipofisi è per esempio perfettamente simile nei 
maschi castrati, e nelle femmine, che han subìto l’ova- 
rioctomia. Si tratta sempre, come ha dimostrato Fichera, 
di fenomeni netti di ipertrofia, la quale va considerata da 
lavoro e di natura compensatoria per la mancata funzione 
delle glandole sessuali. 

Si può pertanto concludere che le glandole sessuali, 
tanto maschili che femminili, posseggono una secrezione 
esterna ed una interna. Tutte e due queste secrezioni han- 
no pol il medesimo scopo: l’una è in relazione col mondo 
esterno per la propagazione della specie, l’altra ha una 
importanza essenziale per l’organismo. E dico importan- 
za essenziale, perchè, tra l’altro, è notevole il fatto che 
tutte e due le glandole sessuali la posseggono in egual 
maniera. L'elemento interstiziale inoltre deve pure avere 
un notevole significato in queste glandole, dal momento 
che vi sl trova rappresentato in egual misura, e presenta 
analogie così spiccate di struttura e di comportamento. Se 
quindi non s1 può ancora precisare con esattezza la sua 
vera funzione, si può però ritenere con una gran presun- 
zione che non si tratti soltanto di un semplice organo di 
sostegno, o di un organo rudimentale, tanto meno di una 
inclusione di cellule aberranti. Anche per le cellule inter- 
stiziali ovariche esistono molti dubbi, tanto che si può 
per ora ritenere il loro studio come solamente iniziato; 
tuttavia io credo che, se si approfondiranno di pari pas- 
so le osservazioni per questi elementi tanto nel testicolo 
quanto nell’ovaio, sarà più facile trovare una guida si- 
cura, la quale conduca ad una interpretazione esatta e 
precisa. 


318 VALENTINO BARNABO” 


XIV. — Conclusioni. 


. Dall'esame che abbiamo fatto delle varie questioni, 
riguardanti la sostanza interstiziale del testicolo, abbia- 
mo potuto man mano ricordare le conclusioni, a cui sono 
giunti i singoli Autori nei loro lavori,e siamo anche venu- 
ti a diverse deduzioni. Ora è il caso di riassumere breve- 
mente tutto ciò, per vedere quanto è provato con certezza, 
e quanto ancora non è che un'ipotesi sopra questo interes- 
sante argomento. Ecco quello che si può dunque dire al 
giorno d’oggi delle cellule interstiziali del testicolo. 

I. I caratteri morfologici sono stati esattamente stu- 
diati con i varî metodi delle singole parti costituenti la 
cellula interstiziale, ben diversa dalla cellula ‘fissa del 
connettivo circostante. 

II. Per ora mancano notizie sicure sulla riproduzione 
di questo elemento e si esclude che avvenga la moltipli- 
cazione per cariocinesi. 

III. E’ stato descritto un periodo secretorio, ma tale 
descrizione merita conferma, ed anche perciò, tra l’altro, 
che mi pare prematuro ritenere dal punto di vista istolo- 
gico gli elementi interstiziali come cellule glandolari. 

IV. Non vi è topografia fissa per le cellule intersti- 
ziali; si trovano però nel connettivo interlobulare a pre- 
ferenza; e assumono rapporti molto spesso coi vasi san- 
guigni e linfatici, e qualche volta colle pareti dei tubuli 
seminali. | 

V. Sono cellule circondate da una sostanza connetti- 
vale fibrillare, la quale sembra contribuisca alla forma- 
zione di più intimi rapporti tra esse e i vasi, e le pareti 
dei tubuli seminiferi. 

VI. Nei pesci, anfibi e rettili non si conosce con si- 
curezza una sostanza interstiziale; pure è da ritenere che 
esista in tutti 1 vertebrati. 

VII. Negli uccelli sono state descritte cellule inter- 
stiziali con sicurezza in varie specie. 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 319 


VIII. Nei mammiferi esistono come elemento costan- 
te del testicolo, e hanno in tutti caratteri e comportamen 
to simili. 

IX. La glandola interstiziale funziona e si sviluppa 
nell’embrione prima ancora che si sviluppino gli elementi 
germinativi; manca però uno studio sistematico nei varî 
periodi dell'embrione. 

X. L’istogenesi è ancora un problema, che ha susci- 
tato varie discussioni senza ottenere una soluzione sicura. 

XI. Il grasso elaborato dagli elementi interstiziali 
con molta probabilità può servire come nutrimento per gli 
elementi seminali, penetrando nei tubuli allo stato di 
dissoluzione chimica; ma vi sono ancora opinioni contro- 
verse. 

XII. I cristalloidi di Reinke si possono ritenere come 
prodotti di elaborazione delle cellule interstiziali, ma an- 
cora non se ne conosce nè il destino, nè la vera natura, nè 
la ragione della presenza soltanto nel testicolo umano. 

XIV. Sono stati descritti altri prodotti di elabora- 
zione intra ed estracellulari, ma non si hanno che notizie 
vaghe e meritevoli di conferma. 

XV. Sulla importanza e specificità dei fermenti so- 
lubili, ricavati recentemente da Herwieu,è ancora prema- 
turo pronunciarsi. 

XVI. La sostanza interstiziale subisce notevoli mo- 
dificazioni con l’età dell'animale: e propriamente si svi- 
luppa in senso inverso della parte seminale, perchè, quan- 
do questa si sviluppa e funziona, la prima si riduce, e vi- 
ceversa. 

XVII. — L’ibernazione ha pure un'influenza sullo 
sviluppo degli elementi interstiziali; ma occorrerebbero 
nuovi lavori per precisarla. 


(Continuaz. e fine nel prossimo fascicolo). 


Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI 


DAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 


Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 


(Ved. vol. preced. del Bollettino) 


LARE SECONDE 


Gen. MERODON Meig. 
253. M. aeneus Mg. 

Strada di Roccantica; Nettuno. Sul trifoglio e sulle 
altre erbe da prato. Aprile, maggio. 

Raro. Un solo maschio nella mia collezione, alcune 

— femmine. 

254. M. acrarius Rond. 

Trovato sulle rive del Tevere, presso Roma ed Ostia; 
ad Acquatraversa. Sulla mentuccia. | Giugno, set- 
tembre. 

Rara come quasi tutte le specie di questo genere. 

255. M. albifrons Mg. 

Raro dall’ aprile all’ agosto nei dintorni sb IBOE 
come ad Acqua traversa, Acqua acetosa, forte 
Bravetta. Sulla vetta del m. Scalambra (1419) al 
primi di ottobre, in giornata tiepida e serena. 

Sull’erba alta e fiorita. 

256. M. armipes Rond. 

Un solo maschio trovato a Roccantica sul ranunco- 

lo. Aprile. 
257. M. avidus Rossi. 


258. 


259. 


261. 


262. 


263. 


CATALOGO DEI DITTERI 32I 


Piazza d’armi ed Acqua acetosa presso Roma; Ostia. 
Da maggio a luglio. 

Raro. 

M. clavipes F. 

Acqua acetosa, e forte Bravetta nei dintorni di Ro- 
ma. Non manca nelle regioni montuose, come sulla 
strada di Tancia in Sabina. 

Sembra propria della primavera, avendone di apri- 
le e di maggio. Il Rondani dice che non oltrepas- 
sa giugno. Frequenta l’erba alta e fiorita e la lu- 
pinella. 

Rara. Nella mia raccolta non ho che qualche fem- 
mina. 


M. funestus Fabr. 
Dintorni di Roma; falde del monte Peschio presso 


Velletri; S. Valentino. Sul Seseli fortuosum e sul- 
la marruca. 


Giugno, settembre. Assai raro. 


260. 


M. nigritarsis Rond. 
Un solo maschio trovato sulla via Cassia nei dintor- 
ni di Roma. 


M. pruni Rossi. 

Tre individui, di cui un maschio, rinvenuti dal con- 
te Barbiellini in località non precisata. 

Specie certamente rara nella provincia di Roma. 


M. senilis Meig. 

Una sola femmina trovata dal Barbiellini presso 
Bracciano, sui fiori in una macchia di castagni. 

Aprile. Specie rara per l’Italia. 

M. spinipes F. 

Villa Umberto I presso Roma. Due sole femmine. 


322 


264. 


265. 


266. 


267. 


268. 


G. TUCCIMEI 


Un maschio proveniente dal lago Albano, in giu- 
gno. 

M. submetallicus Rond. 

Una sola femmina trovata in giugno presso al lago 
Albano. 

M. varius Rond. 

Vetta del m. Scalambra (1419) sull’erba, ai primi 
di ottobre. Vetta dal m. Artemisio (812) a volo, 
in settembre. Fiumicino presso la foce del Tevere, 
giugno. Acqua traversa presso Roma. 

I maschi non sono più rari delle femmine. 


Subfam. Milesiinae. 


Gen. XyLoTA Westw. 
X. segnis L. 
Specie non rara. Roccantica; falde del m. Artemi- 
sio .e..del m:. Peschio. 
Trovata in copula sul nocciolo in aprile; di settem- 
bre sull’edera che a quell’epoca è in fiore. 
X. sylvarum L. 


Castel lariano. Una sola femmina trovata dal sig. 

D. Vita, in epoca non precisata. 
Gen. SyRITTA Serv. 

S. pipiens L. 

Specie molto frequente, che ho trovato in quasi tut- 
te le località citate per le altre. Ricordo partico- 
larmente le rive del Tevere; Capo d’acqua presso 
Montorso; la terrazza annessa al museo di S. A- 


pollinare; villa Umberto I, giardino vaticano etc. 
Si coglie facilmente falciando sull’erba; sulla men- 


CATALOGO DEI DITTERI 323 


tuccia; sull’edera in fiore; nei giardini; sui fiori 
della veronica; sull’ortica. 

Con uguale frequenza si trovano i maschi e le fem- 
mine. 


Gen. EumERUS Metg. 


269. E. argyropus Lw. 


Un solo maschio, catturato dal Barbiellini alla Far- 
nesina, in maggio. 
270. E. barbarus Coquer. 


Viale dei Parioli; S. Agnese. 
Specie rara: si trova dopo la metà di giugno. 
271. E. basalis Lw. | 
Due maschi trovati dal Barbiellini in località non 
precisata dei dint. di Roma. 
272. E. ornatus Meig.. 
Due soli esemplari, trovati a villa d’Este presso Ti- 
voli, e villa Antonelli presso Velletri. 
Sull’erba, e all'ombra degli alberi. 
Luglio, settembre. 
273. E. puchellus Lw. 
Un solo maschio trovato dal Barbiellini di maggio, 
nella località Acqua acetosa. 
274. E. strigatus FIL. 
. Due femmine, trovate di ottobre a villa Carpegna, 
sulle foglie degli allori, al sole. 


‘ Gen. FERDINANDEA Rond. 


275 F. aurea Rond. 
Strada di Roccantica; S. Angelo presso Poggio Mir- 
teto. Sul rovo, sull’edera in fiore. 
Ottobre. 


324 G. TUCCIMEI 


276. FP. cuprea Scop. 
| Selva di Marino. Luglio. 

Un solo maschio trovato dal conte Piloni 
27... ruficornis Fab, 

Portonaccio, sulla via Tiburtina presso Roma. Roc- 

cantica in Sabina. 
Sul sambuco, sul tronco di quercia. Aprile 
Assai rara. 


Gen. MiLesIiA Latr. 


278. M. crabroniformis F. 


Monte Cavo (949); Marino; strada della Pallanza- 
na e m. Pizzo presso Viterbo; falde del m. Arte- 
misio; Villa Antonelli e Lariano presso Velletri; 
Villa Lancellotti presso Frascati; Roccantica in 
Sabina; Dintorni di Roma. 

Specie comunissima che abbonda specialmente sul- 
l'edera in fiore; rinvenuta anche sulla centaurea, 
sulla vitalba, sulla rosa selvatica, sul  fioraliso. 
Talvolta presa a volo. 

Abbondante nei mesi caldi da luglio a settembre; 
non manca di ottobre, e si protrae fino a novem- 
bre, se la stagione è buona. 

I maschi si raccolgono con la stessa frequenza delle 
femmine. 

279. M. semiluctifera Wil. 

Roccantica e S. Valentino in Sabina; macchia d’Ac- 
qua traversa, presso. Roma; monte Cavo; Palom- 
bara. 

Specie piuttosto rara nei mesi estivi. Nella mia col- 
lezione sono in ugual numero maschi e femmine. 


CATALOGO DEI DITTERÌ 523 


Gen. SPILOMYA Meig. 


280. S. saltum Fabr. 


281. 


282. 


283. 


284. 


Dint. di Roma; piazza d’armi, Acqua traversa. Sti- 
migliano in Sabina Macchia di Forano. 

Sulla mentuccia, sull’edera in fiore. 

Da luglio a settembre. 

Specie rara. 


Subfam. Chrysotoxinae. 


Gen. CaRysoroxUM Meig. 


C. arcuatum Meig. 

Una sola femmina trovata dal sig. D. Vita in loca- 
lità e in epoca non ben precisata dei dintorni di 
Roma. 

C. bicinctum L. 

Dintorni di Roma, Stimigliano; ‘attorno alle felci. 

Settembre. 

Due sole femmine nelle quali si riconoscono più i 
caratteri dati dal Rondani per la varietà tricin- 
cum (IL 

C. cisalpinum Rond. 

Villa Antonelli presso Velletri; vetta del monte Ar- 
temisio; dintorni di Olevano. 

Sull’erba: da luglio a settembre. Specie rara. 

C. fasciolatum De Geer. 

Tre soli maschi dei dintorni di Roma, monte Mario, 
e base del monte Artemisio. 

Sull’edera in fiore. Settembre. 


285. C'. festivum L. 


Due sole femmine; la Farnesina; rive del Tevere. 
Sulle ombrellitere; maggio. 


320 G. TUCCIMEI 


286. C. intermedium Meig. 

Comunissimo nei dintorni di Roma e in molte lo- 
calità della provincia. Ricordo fra le altre: Mon- 
te Mario, la Farnesina, viale dei ;Parioli, forte 
Bravetta, Palestrina nel bosco dei Cappuccini, 
Civita Lavinia. falde del monte Peschio, Tusculo, 
Palombara, monte Cavo, Grottaferrata, S. Valen- 
tino, prato della Pallanzana, Olevano. 

Sull’edera fiorita, sul finocchio, sul Seseli tortuosum, 
sull'erba dei prati, sui fiori di Dahlia, a volo. 

Da aprile a tutto novembre. 

La varietà che corrisponderebbe al C%. italicum è 
più frequente da noi della forma tipica. 

287. C. vernale Lw. 

Forte Bravetta; rive del Tevere; via Flaminia; la 
Caffarella; monte Cavo; Bracciano. 

Frequenta l'erba alta fiorita; da aprile a giugno: 
alquanto raro; scarse le femmine più dei maschi. 


Gen. CALLICERA Panz. 


258. .C‘rafae schiuma. 


Due sole femmine trovate una a villa Carpegna, sul- 
l'edera in fiore, alla fine di settembre; un’altra a 
Roccantica sulle siepi. Quest'ultima è di dimen- 
sioni più piccole. Ambedue ricordano la varietà : 
Macquarti Rond. 


289 C. spinolae Rond. 
Rarissima. Villa Corsini; villa Lancellotti, villa 
Carpegna; monte Pizzo presso Viterbo. 
Sull’edera fiorita. Settembre e ottobre. 


G. TUCCIMEI 327 
Subfam. Microdontinae. 


Gen. Micropom Meig. 
290. M. mutabalis L. 


Una sola femmina trovata dal Sig. Luigioni nei 
dintorni di Roma. Località ed epoca non preci- 
sata. 


Subfam. Ceriinae. 


Gen. CERIA F. 
291. C. vespiformis Latr. 


Dintorni di Roma, Villa Carpègna, Anguillara. 
Specie assai rara. Sembra che il Barbiellini ne 
abbia trovato più spesso, e i maschi più delle fem- 
mine. 

Sui fiori della marruca e del finocchio; a volo attor- 
no a quelli del Seseli tortuosum. 

Giugno, agosto. 


Fam Pipunculidae. 


Gen. PiPuNcuLUS Latr. 
292. P. ater Meig. 
Un solo maschio da S. Agnese sulla via Nomentana. 
Giugno. 
293. P. campestris Latr. 


Un solo maschio, trovato a Tor di Quinto sulle sab- 
bie del Tevere. Ottobre. 


(Continua). 


Contribuzione allo studio 
delle specie europee del gen. Squalius Bp. 


Comunicazione alla Società Zoologica Italiana 


del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE : 


=— e--—— 


(Cont. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 225-243). 


Individui del gruppo C' (Sq. albus Bp.) del lago Tra- 
simeno (Tav. 1). 

Gl’'individui di questo gruppo appaiono subito più 
slanciati degli altri, col profilo superiore ed inferiore meno 
convessi. 

Il capo più allungato e più acuminato che nei gruppi 
precedenti. Il suo profilo superiore è rettilineo meno in- 
clinato e si continua col profilo del dorso. Il profilo in- 
ferlore è più o meno convesso, ma si rialza bruscamente 
in corrispondenza dell'angolo del mascellare, per modo 
che il mento diviene sporgente. 

Lo squarcio boccale è più obbliquo e più ampio che nei 
gruppi precedenti e arriva fin sotto la metà dell’occhio. 

Le ossa opercolari simili a quelle del gruppo B: in 
generale l'angolo posteriore dell’opercolo è messo arroton- 
dato e più sporgente. I 

" Nelle ossa faringee va notato che la branca inferiore 

è più lunga e più sottile, la branca superiore più inclinata, 

col:margine esterno un po’ più curvo e il margine poste- 
riore dell’ala leggermente convesso (Tav. II fig. 8). 
«I denti faringi uguali a quelli del gruppo B. 

Le squame laterali mediane hanno il margine fisso con 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 329 


tre lobi ineguali di cui i laterali più arrotondati e meno 
sporgenti che nel gruppi citati. Le squame anteriori sono 
più basse mentre le posteriori sono più allungate e quelle 
del dorso più o meno arrotondate (Tav. II fig. 4). 

La linea laterale segue una curva un po’ spostata 
verso il ventre. Vi si contano da 43 a 47 squame. Al di- 
sopra e al disotto di essa si contano rispettivamente 7 o 8 
e 4 squame sulla linea trasversale. 

La forma delle pinne è uguale per lo più a quella che 
si riscontra nel gruppo B. Il numero dei raggi è il se- 
guente : 

D. 3/8-9; P. 1/15-17; V. 2/8; A. 3/8-9 

Il margine dell’anale è leggermente convesso e qualche 
volta quasi rettilineo. 

La caudale presso a poco come nel gruppo B. 

II colore del dorso è bianco cinereo con riflessi verdo- 
enoli, che sì perde in un bianco argenteo inferiormente. 

Individui del gruppo D (Sq. leuciscus (L.) del lago 
di Costanza. 

Gl'individui di questo gruppo si distinguono subito 
dagli individui dei gruppi precedenti per il margine del- 
l’anale che è concavo. 

Il corpo è compresso ai lati un po’ più che negli in- 
dividui del gruppo A. Il profilo superiore è più o meno 
convesso; l’inferiore anche convesso, più accentuato nelle 
femmine che nei maschi. 

Testa piuttosto piccola con muso più o meno arroton- 
dato. Il suo profilo superiore è più convesso dell’inferiore 
e si continua col profilo del dorso. 

Bocca un po’ obliqua, ma sempre più piccola che nei 
gruppi A e B, non sorpassando le narici. 

L’opercolo è trapezoidale con striature poco distinte. 


339 N. PIETRAVALLE 


Il lato superiore è quasi rettilineo e il posteriore legger- 
mente concavo. L’angolo formato da questi due lati è un . 
po ottuso e arrotondato. 

Il preopercolo ha i margini posteriore ed inferiore 
più arrotndati che nei gruppi precedenti. 

L’interopercolo è triangolare, e sporgente molto al 
disotto del preopercolo. 

Il subopercolo come negli altri gruppi. 

Le ossa faringee sono abbastanza robuste, con una 
espansione del corpo dell’osso al disotto dell’ala. La bran- 
ca superiore è meno larga che nel gruppi descritti e Vin- 
feriore più forte e un po’ slargata verso la fine. L’ala è 
più corta che negli altri gruppi: meno sviluppata in alto 
che in basso e forma superiormente un angolo più ottuso, 
mentre Sporge ad angolo acuto, un po’ curvo, inferiormen- 
te. Il margine posteriore è convesso. I denti faringei sono 
disposti su due file, più spesso in numero di 5 e 2 da cia- 
scun lato, qualche volta in numero di 5 e 2 da un lato e 
5 e 8 dall’altro: sono compressi sulla corona e uncinati, 
ma mancano di dentellature al margine interno (Tav. II 
fig. 6). 

La pinna dorsale nasce un po’ più indietro delle ven- 
trali, generalmente al disopra della 20* o 21° squama del 
la linea laterale. Il margine superiore è leggermente ret- 
tilineo o leggermente concavo. Conta 3 raggi semplici e 
7 divisi. 

L’anale prende origine un po’ più indietro che la 
punta della dorsale abbassata e propriamente al disotto 
della 31°0 32° squama della linea laterale. Ha, come s'è 
detto, 11 margine posteriore concavo e conta 3 raggi sem- 
plici e 7 a 9 divisi. 

Le pettorali e le ventrali sono simili per forma a 
quelle dei gruppi sopra riportati: Le prime hanno un 


DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 334 


raggio semplice e 16 a 17 divisi; le seconde hanno origine 
al disotto della 19°o 20° squama della linea laterale e con- 
tano 2 raggi semplici e 8 divisi. 

Le squame sono notevolmente più piccole che nei 
gruppi precedenti. Le mediane laterali sono le più gran- 
di, più larghe che alte, col margine fisso generalmente 
lobato più o meno regolarmente. Il nodo centrale è sposta- 
to sensibilmente verso il margine fisso e da esso si partono 
spesso 5 raggi diretti alla parte scoperta e altri più nu- 
merosi e più sottili diretti alla parte nascosta. Le squame 
laterali anteriori sono più piccole e più irregolari; le po- 
steriori più allungate e con la striatura a ventaglio più 
fitta e più irregolare. Le dorsali più o meno arrotondate 
e con un maggior numero di raggi (Tav. II, fig. 2). 

La linea laterale segue una linea curva. Vi si contano 
da 49 a 52 squame. Al disopra e al disotto di essa, nella 
linea trasversale, rispettivamente 8 e 4 o 5 squame. 


* 
* * 


Io credo dunque di poter concludere che sia neces- 
sario mantenere distinte le tre specie Sg. leuciscus (L.), 
Sg. cephalus (L.), e Sq. cavedanus Bp. e che debba sepa- 
rarsi da quest’ultima lo Sg. albus Bq. che era stato pas- 
sato con essa in sinonimia e che io considero come specie 
distinta, essendomi così risultato dall'esame fatto. 

E’ probabile che proseguendo in questo studio ed 
estendendolo .a forme di località non osservate, sì possano 
stabilire altre specie in questo genere. 


® 
* è 


Al chiarissimo Prof. Vinciguerra che gentilmente 
mi accolse nei laboratori della R. Stazione di Piscicol- 
tura in Roma e mi fu largo di consigli per questo mio mo- 


332 N. PIETRAVALLE 


desto lavoro, sento il dovere di esprimere con i più vivi 


ringraziamenti i sentimenti della mia profonda  ricono- 
scenza. 


BIBLIOGRAFIA. 


1- Agassiz L., 18959 — Description de quelques espèces de Cyprins 
du lac de Neucratel, qui sont encore inconnues aux naturalistes. 
Mèm. Soc. Scienc. Nat. Neuchat. I. 


2. - ALDROVANDE U. — De Piscibus libri V. Bononiae, apud Bellagam 
bam, 613. 

- ANDRES A., 1897 — Caratteri sessuali secondarii della tinca Rend. 
R. Istit. Lomb. Serie II, vol. XXX. 

4- ANDRES A., 1900 — La misurazione razionale degli organismi col 


metodo dei millesimi somotici o millosomi, Red. R. Istit. Lomb. 
serie II, vol. XXXIII. 


5- ARTEDI P. 1738 — Ichthyologia s. opera omnia de piscibus, pars 
IV, synonimia nominum piscium Lugduni Batavorum, apud C. 
Wischoff. 

7- BLANCHARD. E. 1866 — Poissons des eaux douces de la France. 

7-BLocH E. 1782-1795 — Allgemeine Naturgeschichte der Fische. 
Berlin. 

8- BONAPARTE C. L., 1837-1841 — Iconografia della fauna Italica. 
Tom. III, Fasc. XIX, XX, XXII, XXX, ecc. 

9- BONAPARTE C. L., 1845 — Catalogo metodico dei Ciprinidi d’Euro- 


pa, Milano. 
10 - BONAPARTE C. L., 1846 — Catalogo metodico dei pesci europei. Na- 


oli. 

Par L. 1900 _ Lo studio quantitativo degli organismi ed il 
coefficiente somatico. Atti della R. Accad. Scienze, Vol. XXXV. 
Torino. 

12- CamerANO L. 1900 — Lo studio quantitativo degli organismi e gli 
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13- CAMERANO L. 1900 — Ricerche intorno alla variazione del Bufo 


vulgaris Laur. Memorie della R. Accad. delle Scienze. Torino, 
serie II, tom. L. 

14- Camerano L. 1901 — Studio quant. statist. degli organismi Ta- 
belle pel calcolo degli indici di deviazione. Boll. Musei di Zoolo- 
gia e Anat. Comp. della R. Università di Torino. Vol. XVI n. 413. 


DEL GEN..«'°SQUALIUS » BP. 335 


15- CAMERANO L. 1902 — Tabelle pel calcolo degli indici di variazione 
ecc.. Ibid VoINXVII nixzI7. 

16- CANESTRINI G. 1865 — Prospetto critico dei pesci d’acqua dolce in 
Italia. Modena. 

17-CHIAPPI T. 1906. — Le specie italiane di Leuciscus comprese nel 
sottogenere Leucos Bp. Boll. Soc. Zool. It. Fasc. I, II e III, serie 
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18- Costa O. G. 1829 — Fauna del Regno di Napoli. Napoli. 

19- CuvieR. G., 1817 — Le règne animal. Paris, tom. II 

20- DE FILIPPI F. 1844 — Cenni sui pesci d’acqua dolce della Lom- 
bardia. In notizie Nat. e civili della Lombardia. Milano. 

21- De TscHupi 1870 — Thierleben der alpenwelt. p. 70. 

22 - DE SELYS E. 1842 »— P Faune Belge 


23 - DigowskI 1862. —  Cvprinoiden livlands, 
24 - FATIO V. 1882 — Faune des vertèbrès de la Suisse. Poissons, Vol. 
IV parte I. 


25- FESTA E. 1892 —_ I pesci del Piemonte. Boll. Musei di Zoologia 
e Anat. Comp. R. Università di Torino n. 129. 

26 -:FITZINGER L. J. 1873 — Die gattungen der europaeischen Cypri- 
nen nachihren ausseren Merkmalen. P. 21. 

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28 - GESNER C. 1560 — Historiae animalium liber IV qui est de pi- 
scium et aquatilium animantium natura. 
29- GicLIoLI E. H. 1880 __ Elenco mammiferi, uccelli, pesci, ecc., ap- 


partenenti alla fauna Italiana. Firenze. 

30 - GUNTHER A. 1868 — Catalogue of the fisches in the Britism Mu- 
seum. London. Vol. VII. 

31- HARTMANN G. L. 1827 — Helvetische Ichthyologie. 

32 - HECKEL e KNER 1858 — Die Sùsswasserfische des òstreichischen 
Monarchie. Leipzig. 

33 - HoLLAaNDRE J. J. J. 1836 — Faune de la Moselle. 

34 - KLEIN J. T. 1740-49 — Historiae naturalis piscium promovendae 
missus V. Gedani. 

35 - KroyeR H. 1838-53 — Danmarks fiske, III 

36-JurINE L. 1825 — Histoire des poissons du lac lèman. Mem. Soc. 
Phys. et H. N. de Genève. 

37- LaRgAIOLLI V. 1902 — Pesci del Trentino. 

38- LIiNNEO C. 1758 — Systema naturae (Regnum animale), Ediz. X 

39- LuneL G. 1874 — Poissons du bassin du Lèman. 


984 N. PIETRAVALLE 


40- Moreau E. 1881 — Histoire naturelle des poissons de la France. 
Paris. 

41- NILSson S. 1892 — Skandinavian Fauna. 

42 - RAZOUMOWSKI G. 1789 — Histoire naturelle du Jorat et de ses 
environs. Lausanne. 

43 - RONDELET G. 1558 — Histoire des poissons composè première- 
ment en latin, maintenant traduite en francois. Lyon. 

44 - SALVADORI T. 1888 — Le date della pubblicazione della Iconogra- 


fia della Fauna Italica del Bonaparte. Boll. Musei di Zoologia e 
Anat. Comp. della R. Università di Torino Vol. III n, 48. 
45 - SCHINZ H. R. 1840 — Europaische Fauna. Stuttgart. 


46 - SeHoNEVELDE St. 1624 — lcrtryologia et nomenclaturae anima- 
lium marinorum, fiuviatilium ecc. 
47 - Scotti L. 1898 — La distribuzione dei pesci d’acqua dolce in Ita- 


lia. Giornale Italiano di Pesca e Acquicoltura. Roma, anno II 
n. 1-IV. 


48 - SreBoLD C. Th. E. 1863 — Die Sùsswasserfische von Mitteleuropa. 
Leipzig. 


49- STEINDAKNER F. 1895 — Susswasserfische der Balkau. Halbinsel. 

50 - STEINDAKNER F. — Fischfauna des Isonzo. 

51- STEINMULLER F. 1827 — Fische in Vallensee; Neue alpina. II. 

52 - VALENCIENNES A. 1844 — Histoire naturelle des poissons. Tom. 
Tom. XVII: Paris. 

53- WILLUGRY F. 1686 _ De Historia piscium libri quattuor. Totum 


opus recognovit. Joannes Raius e Societate regia. 


—— eo? a i 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 


1. Dorr. RAFFAELLO BELLINI. — Etudes de M alacologie na- 
politaine (Les Mollusques terrestres et fluviatiles de 
la région vulcanique (Vésuve et Champs phlégréens). 


Con questo titolo gli « Annales de la Société Royale 
Zoologique et Malacologique de Belgique (Tome XLII, p. 
7-26) pubblicano un lavoro dell’egregio naturalista italla- 
no, ben noto anche ai lettori del Bollettino della Società 
Zoologica Italiana con sede in Roma, nel quale, fra le al- 
tre mem., venne pubblicata quella sui Molluschi extrama- 
rini dell’Isola di Capri (Ved. fasc. I-II. 1890). 

Il Dott. Bellini ricorda dapprima i lavori che nella 
prima metà del trascorso secolo pubblicarono gl’illustri 
Philippi e O. G. Costa sui molluschi della regione vulca- 
nica napoletana. 

Ora il Bellini colle pregevoli collezioni da lui riunite 
ha potuto studiare ed elencare debitamente 79 specie di 
Molluschi extramarini della regione vulcanica napoleta- 
na, cioè 57 terrestri e 22 fluviatili. L'autore fa rilevare 
come le differenze constatate nella distribuzione geogra- 
fica si debbano alla composizione litologica del suolo, o al- 
la esistenza di ruscelli e paludi, o del piccolo fiume Sebeto : 
e per citare un esempio, ecco che nei Campi Flegrei si ha 
predominio degli Hel2x; mentre nella regione vesuviana 
sl ha quello di specie viventi nell'acqua o in terreno umido. 

Cominciando dalla Class. GAstRoPoDA e dall’ ord. 
PULMONATA, l’aut. fa conoscere i generi e le specie della 
Fam. Limacidae; e successivamente i generi e le specie 
che comprendosi nelle Fam. MHelicidae, Pupidae, Steno- 
gyridae, Succineidae, Auriculidae, Limnaeidae e Phy- 
sidae. 


336 A. CARRUCCIO 


Fra le specie rare della 1. famiglia, citeremo l’Euli- 
max maximus Linn.; fra quelle della 2. fam. l’Helia (Pa- 
tula) rotundata Miill., 'H. (Zenobia) cinetella Drap., VH. 
(Campylaea) planospira Lam. var. pubescens Tiberi. Ci- 
tando PH. (Idberus) muralis Mull. il Dott. Bellini ricorda 
come il tipo di questa forma, in Italia « habite seulement, 
suivant Monterosato, les murs à sec du Colysée à Rome. 
Cela concorde avec les observations de Philippi ». 

Nella fam. Pupidae il Bellini cita come specie raris- 
sima il Bulimus (Ena) obscurus Mull., e parecchie altre 
specie rare. 

Lasciando altri esempi, diremo che nell’ord. Proso- 
BRANCHIATA l’aut. annovera le Fam. Hidrobiidae, Valvati- 
dae e Cyrenidae. Nella 1. fam: è data come rarissima la 
Pseudamnicola macrostoma Kiist. 

Alla nota, di cui abbiamo fatto un cenno rapidissimo, 
segue un’altra, scritta dall’istesso malacologo, intitolata : 
Les Mytilidae du Golfe de Naples. Il Dott. Bellini fa no- 
tare dapprima come i Mitili del mare napoletano non fos- 
sero stati più studiati da un mezzo secolo, e come pur es- 
sendo scarso il numero delle specie, sia però straordina- 
riamente considerevole il numero degli esemplari. Nota 
pure come nell’ acqua salmastra del Lago Fusaro e del 
Mar Morto si abbiano « interessanti adattamenti. Il to- 
tale delle specie è di 10, e quello delle varietà di 9. — La 
specie più comune è il Mytilus galloprovincialis Lam. 
(che non è sinonimo di M. edulis, specie che in realtà non 
abita il Mediterraneo). 

Del Mytilaster minimus Poli è notevole la var. lacu- 
strîs di O. G. Costa. 

Oltre il gen. MytWus gli altri generi citati dal Bel- 
lini sono: Modiola, Crenella, Dacrydium, Lithodomus 
(colla spec. ben nota L. lifhophagus ,celebre per le perfo- 
razioni delle colonne del tempio di Serapide presso Poz- 
zuoli) e Modiolaria. Anche il Bellini fa opportunamente 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 337 


osservare quanto sia frequente nel Golfo di Napoli la 
Modiolaria subpicta, e come abbia una larga distribuzio- 
ne geografica, estendendosi dal Mediterraneo all’Atlanti- 
co, dalla Norvegia fino al Marocco, e secondo Carpenter 
troverebbesi anche nel littorale occidentale Nord-ameri- 
cano. 

Il numero dei Malacologi viventi, veramente studiosi 
e competenti, è al presente così scarso in Italia, da farci 
desiderare che le prove nobilissime date dai. medesimi, 
siano tenute presenti ed imitate con fermezza dai giovani, 
cui non s'inoculi da qualche improvvido naturalista l’anti- 
patia (per altro non dire) ai proficui e non facili studi del- 
la Sistematica, sia zoologica, sia botanica. 


A. CARRUCCIO. 


aPeanara - 


2. FAUNA DELLE IsoLE TREMITI (1). Dal dott. Giacomo 
Cecconi ricevemmo gentilmente un largo e buon contribu- 
to faunistico per le predette Isole (S. Domino, Capuana, 
S. Nicola, Cretaccio e Pianosa). L’aut. osserva come esse 
siano meglio note dal lato botanico e geologico. La lun- 
ghissima e forte secchezza, perchè solo nei mesi invernali 
piove, spiega lo scarso numero di specie vegetali ed ani- 
mali viventi in questo Arcipelago. Soltanto in S. Domino 
si ha un fitto bosco di pini (Pinus alepensis). 

Lasciamo di riassumere le considerazioni geologiche 
che fa il dott. Cecconi, per dire che nelle due escursioni 
fatte nelle predette isole, riuscì a raccogliere circa 500 
specie, da lui e da altri pur valenti naturalisti determi- 
nate. 

Le specie appartengono ai tipi VERMES (Class. A- 
nellida), MoLLusca (Class. Gasteropoda con parecchie fa- 
miglie e molti gen.), ARTHRoPODA (Class. Crustacea, Ara- 
enida, Myriopoda, Insecta; e naturalmente il numero 
maggiore, anzi ragguardevole, di ord. fam. gen. e specie 
appartengono a quest’ultima classe). Pochissimi sono i | 
rappresentanti dei Vertebrati, non avendo il Cecconi an- 
noverato che 3 rettili e 2 mammiferi. Non c'è dunque da 
trarre, per ora, alcuna illazione, nè far confronti colla 
fauna continentale: non così per gli altri tipi. Fra le spe- 
cie raccolte non mancano, sia nei vermi, sia nei molluschi | 
ecc.; parecchie specie nuove. Noto l’ Helodrilus diome- 
daeus del Cognetti, il quale aveva pure creato una nuova | 
specie della forma di lombrico trovato sulla bella monta- 
gna del Gennargentu in Sardegna, Helodrilus jaunae 


(1) Ved. Boll. dei Musei di Zool. ed Anat. comp. del 
la R. Università di Torino. Vol. XXIII, 1908, n. 583. 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 339 


argenti C'ognetti), specie che fu pure rinvenuta anche 
nelle Tremiti, ma soltanto a S. Nicola. 

Il Cecconi stabilendo un esame zoogeografico dei di- 
versi gruppi d’animali da lui raccolti, osserva che dalle 
4 specie di Anellidi da lui raccolti, eccettuata la nuova e 
quella trovata finora soltanto in Sardegna, le altre vivono 
nel continente italiano e nella Dalmazia. 

Per riguardo ai Molluschi viventi, il Cecconi dice 
che una ventina di specie sono tutte italiane, e che soltan- 
to la Xeroclivia conica var. verticillata Parr., Clausilia 
gibbula Ziegl. ecc., cioè 4 specie in tutto, trovansi in Dal- 
mazia. Non sarebbe adunque ammissibile l'affermazione 
del Neumayr che i Molluschi del Gargano si avvicinano 
più a quelli dalmati che a quelli dell Appennino. Passia- 
mo agli Artropodi. 

I Crostacei Isopodi hanno analogia maggiore cogli 
italiani che coi dalmati, ma una metà delle specie sono co- 
muni ai due continenti. Anche gli Aracnidi offrono in 
predominio specie comuni a entrambi i continenti, ma più 
affini alle italiane, ed 11 specie trovate sul continente 
italiano non trovaronsi finora nel dalmato. 

I Miriapodi sono identici, eccetto il Lithobius pere- 
grinus e la Scolopendra dalmatica, propri alla Dalmazia. 

Nella classe degli Esapodi, l'ordine dei Coleotteri è 
più abbondantemente rappresentato, ed ha un'impronta 
mediterranea ben distinta; e le specie presentano mag- 
gior analogia colle italiane, che colle dalmate. Sono specie 
meritevoli di cenno speciale, e trovate nelle Tremiti, la 
Chrysomela banksi, ’Ontophagus andalusicus Wiltl. e il 
Meloe murinus Brdt: queste 3 specie mancano in Dalma- 
zia. — Riassumendo il Cecconi dice che la Fauna delle 
Tremiti concorda in grandissima parte con quella d’Ita- 
lia e di Dalmazia, ma ci sono casi in cui essa presenta ca- 
ratteri propri, forniti dalle nuove specie o varietà, ma 
pochi e di lieve importanza, o maggior affinità coll’uno o 


340 A. CARRUCCIO 


coll’altro continente, pur sempre predominando l'affinità 
colle specie italiane. E ciò l’autore bene dimostra con'mol- 
ti esempi, tolti da diversi tipi e classi. 

Fra le conclusioni date dall’aut. sono notevoli quelle 
in cui riafferma che l'isola di S. Domino ha il maggior 
numero di specie animali, perchè vi sono migliori le con- 
dizioni di vita. 

« La Fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e con- 
tinua diminuzione per la riduzione continua in superficie 
che si manifesta in quelle isole ». Ed è pure affermato che 
questa Fauna concorda moltissimo colla Sicula e con quel- 
la delle altre isole del mar Tirreno. E di tutte queste è de- 
siderabile che si abbiano nuovi e larghi contributi fauni- 
stici. 

A.C. 


TBE CIODIT 


3. ANTONIO BERLESE. — Considerazioni sui rapporti tra 
piante, loro insetti nemici e cause nemiche di questi 
(Redia, vol. IV, fasc. II, pag. 198-246) (1). 


In questa interessante pubblicazione, di cui non pos- 
siamo dare qui che un breve ed incompleto riassunto, il 
Berlese si occupa del complesso fenomeno biologico dei 
rapporti che intercedono fra le piante ed i loro insetti pa- 
rassiti di diverso grado,considerando tale fenomeno spe- 
cialmente dal punto di vista agrario. 

L’A. comincia con un cenno storico sulle conoscenze 


relative all'argomento. Le prime osservazioni sull’esisten- 
za di insetti che vivono e si svolgono nel corpo di altri 


insetti, sono dovute al Redi, e ad esse seguirono quelle 
del Vallisnieri, che precedettero di trent'anni le osserva- 
zioni del Réaumur. Nel 1872 il progetto di un trattato 
per una convenzione internazionale sulla caccia, proposta 
fra l’austria e l’Italia, diede occasione a parecchi natura- 
listi italiani e anche stranieri di studiare il problema del- 
l'utilità che possono avere gli uccelli nel distruggere gli 
insetti nocivi; e di maturare il concetto, di capitale im- 
portanza per l’entomologia agraria, che il freno all’ecces- 
sivo moltiplicarsi di una specie deve ricercarsi solo nella 
opera di altra specie nemica. L'importanza di questo prin- 
cipio per l’entomologia agraria non fu accennata che dal 
Rondani e dal Ghiliani in alcuni scritti: essi ne ebbero 
un'idea chiara, ma non l’espressero facendone la base di 
una dottrina. Si deve agli entomologi degli Stati Uniti il 
primo esperimento di combattere una specie dannosa me- 


(1) Gli estratti di questo lavoro furono pubblicati la prima volta 
il 27 maggio 1907. In questa recensione mi servo il più possibile delle 
stesse parole e frasi usate. dall’ Autore. 


342 DOTT. L. MASI 


diante i suoli parassiti. Venti anni dopo questo esperimen- 
to, 11 Berlese richiamò l’attenzione in Italia su tale meto- 
do di lotta e lo applicò in alcune circostanze. 

Dopo queste notizie storiche, il Berlese passa a 
definire il concetto del parassitismo e le varie forme 
e i diversi gradi che questo presenta. I parassiti, u- 
sando il termine in largo senso, vanno distinti in parassi- 
ti propriamente detti e saprofagi: l’azione dei primi va 
dal grado di semplice simbiosi fino a quello estremo di 
endofagia, in cui si ha la distruzione completa dell’ospi- 
te: quella dei secondi ha pure diversi gradi, dall’organi- 
smo che si sviluppa sulle sostanze organiche in decomposi- 
zione, senza averle recate in tale stato, fino a quello che 
prima uccide, quindi si nutre della vittima. Quest'ultima 
serle di organismi parassiti è quella dei predatori. L’en- 
dofagia deve ritenersi come derivata dalla predazione in 
due modi diversi, di uno dei quali ci danno esempio gl'I- 
menotteri, dell’altro i Ditteri: per 1 primi l’endofagia è 
derivata da vera e propria predazione della larva, pei se- 
condi dalla saprofagia caratteristica delle larve di Mu- 
scidi ed altre. 

Si può chiamare, figuratamente, binomio il gruppo 
formato dalla vittima e il parassita o predatore. Nei casi 
in cui vi sono più specie collegate a danno di una sola, 1 va- 
rî aggressori agiscono ognuno per conto proprio in perfet- 
to egoismo, cosicchè si può sempre ridurre la lotta a due 
soli fattori. Nell’ordine di fenomeni biologici che TA. 
prende specialmente in considerazione, i due fattori sono 
la pianta e l’insetto parassita. Ora, noi constatiamo il fat- 
to che in natura, mentre la pianta finirebbe sempre per 
coprire tutta la superficie della sua possibile zona di dif- 
fusione, se non trovasse in ciò particolari cause avverse, 
non trovasi mai esempio di insetto fitofago altrettanto u- 
niformemente diffuso nel tempo e nello spazio, dovunque 
e sempre a spese della pianta. Il fitofago deve avere per- 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 343 


ciò delle cause avverse alla sua moltiplicazione e diffusio- 
ne. Tali cause consistono generalmente in altri insetti ne- 
mici naturali del fitofago. Vi è dunque un parassita del 
parassita, cioè un altro binomio che si aggiunge al primo; 
anzi talora si ha pure un terzo binomio per la presenza di 
un parassita di quarto grado rispetto alla pianta. Il com- 
plesso di queste forme che sono in dipendenza l’una dal- 
l’altra, è detto dal Berlese complesso o sistema simbiotico, 
ed ha per centro la pianta; esso è quasi sempre un s2sfema 
polibiotico, perchè risulta da diversi binomi. 

Ogni sistema che si riferisce ad una pianta è in equi- 
librio con i sistemi delle altre piante della regione; però 
vi sono delle oscillazioni, dei disquilibri, sia fra 1 sistemi 
stessi come fra gli elementi che li costituiscono. L’A. a 
questo punto tratta brevemente delle cause che regolano 
l'equilibrio e provocano gli squilibri. Fa quindi conside- 
rare come in un sistema simbiotico solo il terzo termine 
(lasciando da parte il quarto che non è costante) po- 
trebbe venire a mancare, ma ciò determinerebbe uno 
stato di disquilibrio permanente, il quale condurreb- 
be alla fine della specie pianta nella regione del con- 
flitto. Qualora ciò si avveri in una regione, noi dobbiamo 
riconoscere senz’altro che tale stato di cose non è secolare 
ma di data tanto più recente quanto più gravi si ricono- 
scono gli effetti sul vegetale, che si conserva solo per arti- 
ficio da noi dipendente, od in causa della non antica data 
di questa speciale condizione di cose. Quando vediamo che 
una specie di piante coltivate è seriamente minacciata da 
un parassita, dobbiamo riconoscere il più delle volte che 
tale specie ha perduto parte della sua resistenza a causa 
della coltura artificiale. Questo è avvenuto ad es. per la 
vite, attaccata dalla Fillossera. Ma in altri casi la ragio- 
ne è ben diversa: « la Peronospora, la Fillossera, la Dia- 
spis pentagona, la Mytilaspis citricola, la Parlatoria Zi- 
zyphi ecc., sono forme, che appunto perchè non trovano da 


344 DOTT. L. MASI 


noi condizioni nemiche naturali che le infrenino tanto da 
metterle rispetto alla pianta ospite in equilibrio, debbono 
essere importazioni venute senza il loro speciale parassi- 
ta ». In questi casi la biologia suggerisce all’entomologo a- 
grario di ricercare nella patria d’origine della forma noci- 
va 1 suoi parassiti, e farli moltiplicare e diffonderli nella 
nostra regione, conviene ricordare che l’azione degli iper- 
parassiti « mai farà equilibrio od annullerà quella gran- 
dissima e necessaria degli endofagi primari ». Quando 
poi sì tratta d’intervenire nei sistemi simbiotici indigeni, 
le cose sono assai più complicate « perchè l’effetto da otte- 
nersi richiede una esatta cognizione della biologia di molte 
specie, endofagi, predatori, vittime, nonchè delle loro con- 
vittime e non si può attenersi solo ad un agente naturale, 
perchè questo già si trova sul posto, ma è necessario inter- 
venire artificialmente per influenzare un termine piutto- 
sto che un altro e modificarne la efficacia ordinaria, a tut- 
to nostro vantaggio. Qui i mezzi artificiali, insetticidi 
ecc., possono soccorrere egregiamente ». 

L’A. termina con lo stabilire quale deve essere l’ogget- 
to delie ricerche di entomologia agraria, intese secondo i 
criterî moderni: anzitutto la cognizione intima delle spe- 
cie nocevoli, nella loro struttura e biologia; poi la cogni- 
zione dei rapporti nei singoli sistemi simbiotici; l’inter- 
vento razionale in questi rapporti, col massimo rispetto ai 
nostri ausiliari; lo studio delle cause nemiche, nella pa- 
tria di origine, alle specie importate e l’acclimatazione di 
nuovi ausiliari. « La cognizione dei soli insetti nemici al- 
la pianta, rappresenta solo una metà della entomologia a- 
graria » e questa scienza « arrestandosi al primo gradino 
di ciò che deve sapere, come fino ad ora ha fatto, era de- 
stinata ad insuccessi solenni e non era che larva di sa- 
pere ». 


Dott. L. Masi. 


4. Di alcuni parassiti del Bestiame dell'Agro Romano e 
della Sardegna, studiati dal dott. GruLIio BERTOLINI, 
Ispettore veterinario municipale. 


Dall’egregio consocio che fece già un'interessante co- 
municazione parassitologica in una delle ultime adunan- 
ze della nostra Società, venne testè pubblicato il lavoro col 
titolo sopra indicato (Ved. il Nuovo Ercolani Anno XIII, 
1908). 

Riferiremo in modo riassuntivo gli argomenti dei 
quali si è occupato il dott. Bertolini, che dapprima ci of- 
fre un contributo allo studio dell’elmintiasi nodulare in- 
testinale nei bovini sardi, non di quella dovuta alla B%- 
harzia crassa, di cui pur diligentemente si occupò l’istes- 
so autore, ma di un’elmintiasi assai più frequente prodot- 
ta per lo più da larve di un nematode, e precisamente dal- 
l’Oesophagostoma inflatum. Questa larva è descritta dal 
Bertolini, e anche un’altra - ch'è meno frequente : ma que- 
sta crede VA. che appartenga all’’Uncinaria radiata, e non 
era stata ancora notata nel bovini d’Italia. Nel mattato- 
rio di Roma, con numerose ricerche, il Bertolini rinven- 
ne questa larva in noduli intestinali di varie dimensioni. 

Tratta dopo del Gongylonema scutatum, riferendo 
le osservazioni fatte all’estero e in Italia da altri, e poi le 
sue in bovini, bufali e pecore, portati nel mattatoio di Ro- 
ma. In una nota ricorda la comunicazione fatta sul pre- 
detto parassita dal prof. G. Alessandrini, che abbiamo 
pubblicata nel Bollettino della Soc. Zool. Ital. fasc. 3. e 6. 
1908, pag. 163-166. 

Il Bertolini fa noto che con molta frequenza trovò 
l'’accennato parassita nell’epitelio esofageo; e specialmen- 
te nelle pecore è così comune e frequente da far apparire 


346 A. CARRUCCIO 


l’istesso epitelio come tappezzato, dandogli + arDeLh qua- 
sì « di un elegante e minuto ricamo ». 

Accenna alla direzione longitudinale che suol man- 
tenere la 5 del gongilonema, più lunga e più grossa del 
& ; il quale invece si dispone in giri irregolari e in senso 
obbliquo all’asse maggiore dell’esofago. 

Il dott. Bertolini è indotto a credere che la £, la 
quale è ovovivipara, lascia probabilmente « il cunicolo e- 
piteliale dopo avervi deposto le uova ». 

Sull’azione patogena di questi parassiti pare anche 
a nol prematuro il pronunciare un giudizio sicuro. 

In terzo luogo vengono nuove osservazioni del Ber- 
tolini sull’infestione dei Linguatule larvali nei bovini e 
negli ovini dell’Agro Romano, e ricordiamo benissimo che 
l’istesso Bertolini fu primo in Roma a descrivere nel 1892 
un caso notevole di una pecora che presentò 1 gangli me- 
senterici invasi da questi parassiti, dei quali un buon 
numero di esemplari furono favoriti alla nostra scuola di 
zoologia, ed eseguivane buoni preparati microscopici il 
dott. G. Pecori durante il suo assistentato. 

Il Bertolini, eseguendo alcune ricerche negli ovini 
che si macellano nel grande mattatoio romano, rinvenne 
negli scorsi mesi di marzo, aprile e maggio, più numerose 
e frequenti le linguatule larvali di quanto egli stesso ed 
altri dapprima credevano. I parassiti stanno innicchiati 
in punti molto limitati dell’intestino e nei gangli mesen- 
terici; dai quali se con opportuna pressione si fanno u- 
scire, si vedono in preda a movimenti vivacissimi; e vedon- 
si pure muoversi, all'esame microscopico, gli uncinetti pe- 
riboccali e le numerose spinuzze attaccate alle pareti del 
corpicciuolo. 

Crediamo che l’azione patogena sia variabile nel 
mammiferi ruminanti. Ben noto è poi il modo di trasmis- 
sione, per fortuna eccezionale, nell'uomo, e quello più fre- 
quente nel cane. 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 347 


Ha ragione il Bertolini nel dire che sarebbe oppor- 
tuna la distruzione dei gangli degli animali in cui si ri- 
scontrino questi parassiti, potendo darsi il caso, come no- 
ta pure lo Stiles, che si mangino i visceri che non hanno 
subito una sufficiente cottura. 

Altre due osservazioni espone il Bertolini nel suo 
pregevole lavoro: una è sull’Amphistomum conicum nel- 
l’Agro romano e nella Sardegna; la 2. ed ultima riguarda 
la Strongilosi gastro-enterica. 

Il primo parassita, che forse è sconosciuto nei bovini 
allevati in stalla nell’Italia continentale, il Bertolini lo 
trovò soltanto nei bovini romani e sardi. Il Civiniai l’ave- 
va però osservato, molti anni or sono, in Toscana; e molto 
dopo il compianto prof. Mingazzini Pio lo trovò in Si- 
cilia. 

Al Bertolini risultò che quasi un terzo dei bovini sar- 
di, macellati in Roma, è affetto da amfistomi. Più rari so- 
no nel rumine dei bovini dell'Agro romano, e meno rari 
in qualcuno proveniente da Maccarese e dalle Paludi pon- 
tine. 

La strongilosi è pure più frequente nei bovini ed o- 
vini della campagna romana e della Sardegna, che in 
quelli allevati a stalla, provenienti dalla Toscana, dal- 
l'Umbria e dalle Marche. 

La presenza degli strongili, nel canale gastro-ente- 
rico, che possono appartenere a parecchie specie, è accom- 
pagnata da « forte dimagramento e da vera cachessia ». 

Aggiungiamo che l’annunciato lavoro è accompagna- 
to da una tavola con bellissime figure dei citati parassiti. 


A. CARRUCCIO. 


Ancora del Giardino Zoologieo in Roma 


— Tr rr — 


Dopo quanto abbiamo riferito nel Bollettino della no- | 
stra Società (Ved. fasc. IV, V, e VI, 1908 pag. 191-196), _ 
siamo lieti di poter aggiungere che con la venuta del Sig. 
Carlo Hagenberck, il noto proprietario e creatore del 
giardino zoologico di Amburgo, il progetto di un simile | 
giardino da costruirsi in Roma, a Villa Umberto, è en- _ 
trato nel periodo della sua realizzazione. | 

Il Sig. Hagenberck è venuto in Roma, di cui è antico | 
ed entusiasta ammiratore, accompagnato dal figlio e da. 
due ingegneri per studiare il terreno concesso a tal uopo 
dal Municipio, e per concretare il progetto definitivo, e_ 
con l’idea di tenere una pubblica conferenza, accompa-. 
gnata da proiezioni cinematografiche di fotografie del 
parco di Stellingen, per dare al pubblico romano una idea | 
di ipa che sarà il apo zoologico di Villa Umberto I. I 


EEScIsnia La riunione, che ebbe un carattere di lietissimali 
intimità, quale non poteva mancare tra persone accomu-. 
nate da uno stesso ideale, felici di festeggiare chi appun- 
to questo loro ideale veniva a tradurre in realtà, riuscì 
splendidamente. i 

Erano presenti :S. E. il Ministro dell’Istruzione pub-. 
blica On. Rava, il Sindaco di Roma, il Presidente del Co-. 
mitato Senatore Bar. Sonnino, il Comm. Trompeo, l’avv.. 
Castellani, il Pittore Sartorio, il P.pe di Scalea, il cav. 
uff. avv. Villanis, l'avv. Ferrini ed altri; e della nostra So-. 
cietà il Vicepresidente Senatore di Carpegna, il dott. Led 
pri rappresentante il Presidente prof. Comm. Carruccio, 


ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA 349 


cui una leggera indisposizione impedì d’intervenire, ed il 
P.pe Chigi. La Stampa era largamente rappresentata. 
Allo Champagne prese la parola il Senatore Sonnino, 
presidente del Comitato, rivolgendo un ringraziamento 
ed un saluto al Ministro della I. P., ed a tutti gl’inter- 
venuti. Parlò quindi del giardino zoologico, augurando di 
vederlo presto compiuto. Questo, disse, dovrà essere non 
solo una grande attrattiva ed un centro di lodevole curio- 
sità, ch'è pur necessario in una Capitale come Roma. Sarà 
pure un vero ritrovo intellettuale per lo scienziato e l’ar- 
| tista, un efficace mezzo di educazione per l'operaio e per 
i 1 figli del popolo. Concluse mandando un saluto a Carlo 
‘ Hagenbeck, e bevendo alla salute di S. M. il Re, di cui 
| ricorreva il genetliaco. 
Il sig. Hagenbeck, dopo aver ringraziato delle liete cor- 
dialissime accoglienze, descrisse brevemente i sistemi da 
) lui adottati e che assicurano un grande successo al giar- 
4 dino zoologico, perchè in esso vi sarà l’illusione completa 
i dell'ambiente in cui vivono gli animali allo stato libero. 
| La Flora dalla quale gli animali prigionieri saranno cir- 
f condati, sarà precisamente quella dei paesi di cui sono o- 
À riginari. A] che il clima di Roma si presta come to di 
o nessun altro paese. 
Parlarono inoltre ed eloquentemente il Sindaco di Ro- 
i ma, il Ministro della P. I., il senatore di Carpegna, il 
P.pe di Scalea inneggiando alla grandezza ed alle bellez- 
di ze di Roma, con l'augurio che a queste si. aggiunga ben 
| presto il giardino zoologico. 
i) | Il Dr. Lepri portò il saluto del direttore del R. Isti- 
i tuto Zoologico, Prof. Comm. Carruccio, e facendosi suo 
i interprete rilevò tutti i grandi vantaggi che l’Hagenbeck 
i ha recato alla Zoologia con i nuovi sistemi da lui intro- 
i dotti nel suo giardino zoologico i quali permettono agli 
i studiosi di questo ramo delle scienze biologiche infinite 
(i ed. interessantissime osservazioni intorno alla vita, alle 


350 G. LEPRI 


abitudini, all’indole degli animali, e che quindi un gran- 
dissimo vantaggio potrà ricavare l’istesso Istituto Zoolo- 
gico Universitario dall’esistenza di un giardino zoologico 
in Roma: avendo in comune la nobilissima meta di far 
progredire la scienza zoologica e sopratutto le sue appli- 
cazioni pratiche, così numerose e tanto importanti. 

Ricordò come il Museo Zoologico romano siasi in que. 
st'ultimi tempi straordinariamente arricchito, tanto da 
potersi dire che in quest’ultimo venticinquennio, dacchè 
fu affidato alle mani del prof. Carruccio, sia sorto dal 
nulla o quasi, e come ciò sia potuto avvenire principal- 
mente per l’instancabile munificenza del nostro amato so- 
vrano S. M. il Re Vittorio Emanuele ITI, tra i cui doni 
veramente reali primeggiano 11 Plautusimpennis, il raris- 
simo pingoino dei mari artici oggi estinto, e l'Okapia 
Jonsthoni, 11 singolarissimo giraffide recentemente scoperto 
nelle foreste del Congo; ricordò ancora tra gli altamente 
benemeriti del Museo, i ministri dell'Istruzione Pubblica, 
il compianto M.se Patrizi-Montoro, e diversi valorosi uffi- 
ciali della R. Marina, quali il comm. De Amezaga, cav. 
Filipponi e gli ufficiali medici Moscatelli, Petella, Maran- 
tonio, Pasquale ed altri. 

E come oltre ai moltissimi doni che per la collezione 
generale ottenne il prof. Carruccio, e agli opportuni ac- 
quisti da lui fatti di numerose specie, prima mancanti af- 
fatto in Roma, egli abbia creato di pianta la bella colle- 
zione faunistica della provincia romana. 

Fece quindi rilevare quale utile complemento di così 
ricco museo sarà il giardino zoologico, che permetterà di 
aggiungere alle ricerche anatomiche e fisiologiche le osser- 
vazioni sulla vita e sul carattere degli animali; in una pa- 
rola: permetterà di aggiungere allo studio del corpo, 
quello dell'anima, con immenso vantaggio, pel progresso 
della scienza e sopratutto delle sue pratiche applicazio- 
ni alle industrie, all’agricoltura, alle arti belle, i cui cul- 


ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA e5d 


tori, con largo consenso del Direttore, già da tempo in 
buon numero affluiscono al Museo zoologico, ma che cer- 
tamente ritrarranno maggior profitto per izloro lavori 
dall’osservazione degli animali viventi. 

Concluse dicendo che al saluto del prof. Carruccio si 
univa quindi anche un sentimento di gratitudine e un 
ringraziamento in nome della scienza e dei suoi cultori : 
gratitudine che senza dubbio Roma farà sua, Roma fiera 
di vedere aggiungere una nuova gemma al serto di bel- 
lezze che la natura e le arti le hanno posto sul fronte. 

La lietissima riunione si sciolse alle 3 pom. 

Il giorno successivo nell'Aula Magna del Collegio 
Romano, affollata di sceltissimo pubblico il sig. Hagen- 
beck tenne l’annunziata conferenza sul Parco zoologico di 
Stellingen, illustrata da proiezioni fotografiche prese nel 
parco stesso. Prima aveva parlato il Prof. Cermenati fa- 
cendo estesamente la storia dei giardini Zoologici. Am- 
miratissime furono le proiezioni fisse, tra cui degna di 
nota quella della grotta dei leoni, del recinto degli struz- 
zi e dei kanguri, in giorni di neve: prova indi- 
scutibile della grande abilità del Signor Hagenbeck nel- 
l’acclimatare quegli abitatori dei deserti infuocati del- 
l'Africa e dell'Australia, al rigido clima della Germania 
del Nord; e nello stesso tempo ottimo fondamento a bene 
sperare per la riuscita del giardino zoologico di Roma. 
Se il sig. Hagenbeck è riuscito di mantenere così bene, vi- 
spi e sani, i leoni e gli struzzi in mezzo ai geli ed alle ne- 
vi del Settentrione, potrà facilmente far molto meglio nel 
mitissimo clima di Roma. 

Un vero entusiasmo destarono le proiezioni cinemato- 
grafiche, le quali ci dettero un saggio degl’ incantevoli 
spettacoli che in breve potremo godere in Roma: quelle 
rupi scoscese su cui vedevamo arrampicarsi camosci e 
stambecchi con i loro caratteristici balzi, ci dettero l’illu- 


352 G. LEPRI 


sione di aver dinnanzi agli occhi qualche profilo delle no- 
stre Alpi. 

Seguiva la veduta di un bacino cinto di scogli su cui 
sl stavano pigramente distese foche ed otarie: ad un trat- 
to le vedemmo balzare nell’acqua e divenire agili e svelte 
quanto prima erano tarde ed impacciate: Poi splendidi 
leoni aggirantesi nella loro caverna, in mezzo a dirupi, 
branchi di grù, di pellicani, di anitre svolazzanti in la- 
ghetti e stagni artificiali. Pingoini dall’incesso barcollan- 
ti, l’uno appresso all’altro come una processione di ubria- 
chi; agilissimi daini, cervi, antilopi saltellavano libera- 
mente in un ampio prato; elefanti colossali trascinavano 
grandi pesi, e perfino un immenso pitone svolse le sue spi- 
re dinnanzi a noi per annidarsi nella sua tana: final- 
mente il pasaggio di una elegantissima pariglia di zebre 
attaccata ad un carrozzino, chiuse lo spettacolo, che per 
troppo breve tempo deliziò 1 nostri occhi. 

Spettacolo che se non poteva non interessare altamen- 
te qualsiasi persona, era addirittura una festa indimen- 
ticabile per gli occhi di chi allo studio del regno animale, 
ha consacrato la sua vita. 


Roma, 12 novembre 1908. 
G. LEPRI. 


—- — — —— 


inn 


Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. il 


Roma — Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchio 1-2. 


Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo- — 
rali e possibilmente aiuti materiali aì cultori della biologia animale anche nelle | 
sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul 
Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche  Y 
d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- | 
tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. 

Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 

1° Soci ordinari, disliuti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî | 
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 
2° Soci straordinari, ì quali pagheranno lire sette annue; 


8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti | fi 
fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti 


della Societa. 

Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. “i 

Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato | 
da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. 4 

Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- 
rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi». 
glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un | 
Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. CI 

Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; 
durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio ; 
I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. 

Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. 

Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in | 
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. 

Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni 
sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun 
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle 
condizioni morali e materiali della Società. 

Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed- 
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio 
direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più 
opportuno. i) 

Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni fatte . 
fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi. 
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno dune 

I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che. 
intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo. 

1 Soci debbono pagare la quota annua entro il l]. quadrimestre dell'anno. 
sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino, 
ed. il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. 


N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti | 
i più importanti, fu approvato nell’ adunanza generale del 22 marzo 1900 
e pubblicato nei fascicoli I e II del volume 1900, serie II, pag. 6 e 7. 


Fasc. Xl e XII Serie Il - Vol. IX Anno 1908. 
(XVII dalla fondazione) 
DELLA 
‘ ‘ ì 
SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA 
LIU 4 4 d d 
CON SEDE IN ROMA 
y4 
LI 
Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill 
SOMMERIO: 
I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE consumo carneo in Roma ne- 
; ‘ IC chi i gli anni 1906-1907. — Relazio- 
| da ale > Sullo su ne statistico-sanitaria . 408-411 
; dio dei Calcididi con partico- 
i lare riguardo alla Fauna DIORO ILI. CORRISPONDENZE - NOTIZIE 
I liana, pag. ; 3 .' 993-974 
È 2. Dott.  Barnabò Valentino — 1. Chigi P.pe Francesco e prof. 
î La glandola interstiziale. del Martorelli (Giacinto = -— Sulla 
È; testicolo. (Continuazione e fine questione dei così detti « Li- 
i della memoria. - Conclusioni. - cenzini scientifici » . 414-420 
Letteratura). . iS sii 375-391 2. Conferimento d’una medaglia 
3. Prof. Alessandrini Giulio — d'oro a Ss. M. IL RE D'ITALIA 421-422 
Contributo allo studio delle ma- à. Prof. Mario (f’ondorelli Fran- 
lattie parassitarie delle peco- caviglia — Cattura di un gros- 
re È . 392-400 so Pesce cane dopo il terremo- 
4. Prof. Ricei Ettore — Note- to e maremoto di Messina 423-424 
relle d’Avifauna per la provin- 
cia di Macerata E 2 401-409 IV. INDICE. 


II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE i Pn 
Indice generale delle materie con- 


Dottori G. Bertolini e A. Cazzel- tenute nel Bollettino — Volu- 
la. — Ta macellazione ed il me del 1908 TRRGIAE . 425-428 


—_ -Tree=°.__T — 


Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università 


(Via della Sapienza — Roma) 


AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla 
Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi 
— nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per 
confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. 


enna L NRE prin ni pn, e po 2 Ag SSR e = SI 


Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, 


Na 


è 


Fasc. XI e XII. Serie Il — Vol. IX Anno XVII — 1908 


BOLLETTINO 


BOL SOGCIETAZOOLOGICA: ITALIANA 


CON SEDE IN ROMA 


| Presidente onorario S. M. il RE 


= Cra = i = = == = DIL: == = da ea 


Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. Comm, A. Carruccio 


SULLO STUDIO DEI CALCEIDIDI 


con particolare riguardo alla fauna italiana 
e an 


Comunicazione del Dott. Luigi Masi fatta alla Società Zoologica Italiana 


con Sede in Roma 


« Fraidieci grandi gruppi o superfamiglie 
d’Imenotteri, non ve n'è uno più ricco di 
specie, più importante dal lato economico, 
e più difficile a studiare e classificare, della 
superfamiglia def Calcididei. Tali specie 
d'insetti esistono dovunque non a centinaia 
ma a migliaia e milioni, e sono probabil- 
mente di molto maggiore importanza, dal 
punto di vista pratico, di quello che non 


siano gl’Ieneumonidei» (Ashmead, Classifi_ 
cation of the Chalcid Flies). 


Le osservazioni sul parassitismo che esercitano innu- 
merevoli specie d’insetti sopra ‘altri insetti dannosi alle 
piante, e insieme il concetto dell’equilibrio biologico che 
deriva in natura dalla lotta degli organismi per l’esi- 
stenza, da parecchio tempo hanno aperto un nuovo oriz- 
zonte all’entomologia agraria. Si ricerca, secondo tale in- 
dirizzo di studi, quali siano i nemici naturali delle spe- 
cle che a noi riescono dannose e, poichè tali nemici natu- 
rali a loro volta sono combattuti da altri parassiti, si vuol 
conoscere tutto il sistema biologico di parassiti e iperpa- 


‘354 L. MASI 


rassiti al quale è soggetta l’esistenza di una data pianta 
in una regione. Queste conoscenze ci occorrono per favo- 
rire più che è possibile l’esistenza degli insetti che hanno 
per noi un’azione utile, cioè quelli che direttamente pa- 
rassitizzano insetti dannosi, e per combattere gl’iperpa- 
rassiti la cui azione riesce a nostro svantaggio; ci occor- 
rono in determinate circostanze per poter raccogliere gli 
insetti utili e moltiplicarli mediante l'allevamento, allo 
scopo di diffonderli quando ce n’è bisogno, nei luoghi 
dove le piante sono danneggiate da altri insetti, oppure 
di introdurli in regioni in cui prima non si trovavano e 
nelle quali la loro vita può essere compatibile con le 
condizioni di ambiente; e ci occorrono sopratutto quando, 
per combattere una specie dannosa, vorremmo servirci di 
un mezzo artificiale di distruzione, quale ad es. l’avvele- 
namento degl’individui di tale specie, o la loro raccolta 
ed uccisione don un mezzo qualunque. Poichè con tali pro- 
cedimenti molto spesso insieme con la specie dannosa noi - 
verremmo a distruggere 1 suol parassiti, cosicchè nei dasi 
di ricomparsa di quella specie dannosa, sarebbe tolto o as- 
sal diminuito quel freno naturale che prima ne mante- 
neva lo sviluppo entro certi limiti, lasciandolo oscillare 
nelle diverse generazioni attorno ad un valore medio e 
rendendo più o meno rari i casi di grande diffusione: ol- 
tre ad una conseguenza che spesso potrebbe derivarne, la 
quale consiste in ciò, che essendo non di rado i parassiti 
di una specie parassiti anche di un’altra che vive su al- 
tra pianta, il distruggerli insieme con le loro vittime della 
prima specie, verrebbe a favorire grandemente lo svi- 
luppo degl’individui della seconda, ai quali mancherebbe 
l’ostacolo naturale per moltiplicarsi e diffondersi. A noi 
occorre quindi di poter prevedere le conseguenze dello 
squilibrio che verremmo a produrre distruggendo in- 
sleme una specie ed i suoi parassiti, e giudicare tali con- 
seguenze dal lato pratico, e preparare, quando si volesse 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 355 


affrontarle, i mezzi per porre ad esse rimedio. Dobbiamo 
considerare inoltre, che a noi occorre di conoscere 1 ne- 
mici naturali degl’insetti dannosi e favorirne in ogni 
modo l’azione distruttiva, quando non sapremmo come 
distruggere artificialmente una data specie, oppure quan- 
do i mezzi artificiali di distruzione non potrebbero essere 
applicati su vasta scala, sia per la diffusione del danno 
da riparare, sia per la spesa che importerebbe la loro ap- 
plicazione. 

Questi metodi e questi criterî, dei quali si giova Vene 
tomologo agrario nel combattere gl’insetti dannosi, e coi 
quali cerca una soluzione razionale dei problemi che gli 
sì presentano, importano tutto un complesso di lunghi 
studi, di pazienti ricerche, di esperimenti ripetuti. L’at- 
tività e il numero delle stazioni di entomologia agraria, 
le quali hanno lo scopo di compiere tali studi, in alcune 
nazioni sono andati crescendo notevolmente in questi vl- 
timi anni. Tuttavia è sempre negli Stati Uniti dell’Ame- 
rica del Nord che le stazioni entomologiche sono più nu- 
merose, meglio retribuite e fornite dei mezzi necessari 
agli studi, ed i lavori di tutta una schiera di valenti ento- 
mologi danno vita a numerose riviste d’indirizzo pratico 
e scientifico. Cosicchè a questa nazione, cui spetta il me- 
rito delle prime e più brillanti esperienze per combattere 
gl’insetti dannosi mediante i loro parassiti, spetta anche 
incontestabilmente il primato per l’entomologia agraria. 
Non è però senza conforto e senza un certo sentimento di 
orgoglio che noi vediamo questo ramo degli studi scien- 
tifici coltivato assiduamente anche in Italia dal Labora- 
torio di Entomologia della Scuola d’Agricoltura di Por- 
tici e dalla Stazione Entomologica di Firenze, nei quali 
istituti, nonostante l’indifferenza, e talora anche la diffi- 
denza e l’aperta contrarietà, che sempre hanno ostacolato 
presso di noi, quasi un destino inevitabile, quegli studi di 
biologia teorica che sono necessario e indispensabile fon- 


350 L. MASI 


damento delle applicazioni pratiche, vediamo sostenuto 
decorosamente il nome della scienza entomologica agra- 
ria: la quale sorta in Italia nella prima metà del secolo 
scorso e sviluppatasi quasi indipendente dagli studi di 
altre nazioni, dovrebbe tenersi da noi in ben diversa con- 
siderazione di quello che sia stata finora. 

Gli studi di entomolgia agraria non sono possibili 
senza l'esatta conoscenza delle specie dannose alle piante, 
e di quelle che vivono come parassiti di diverso grado su 
tali specie. L’entomologia agraria esige dall’entomologia 
pura le notizie sui caratteri morfologici della specie, sul- 
le loro varietà, sulla loro distribuzione e sulla loro vita, 
e come in quasi tutti gli studi biologici, così in quelli del- 
l’entomologo agrario il fondamento principale sta nella 
sistematica. Ma le nostre cognizioni riguardo ai gruppi 
cul appartengono più di frequente le specie dannose al- 
l'agricoltura, sono spesso ben lontane dall'avere raggiun- | 
to quel grado che richiede l’entomologia agraria; e del | 
pari incomplete sono le cognizioni sistematiche riguardo 
al gruppi cui appartengono 1 parassiti di diverso grado. 

Questi, che spettano per la maggior parte agli Ime- | 
notteri terebranti, cioè agli Ieneumonidi, Braconidi, Cal- | 
cididi, Proctotrupidi, ed altri pochi ordini minori, in I- 


talia non sono stati quasi affatto studiati. Inoltre, mentre {|} 
per la sistematica degli Icneumonidi, dei Braconidi ed ||, 


anche dei Proctotrupidi europei, esistono buone opere di | 


autori recenti, per lo studio delle specie dei Calcididi, (|, 


tanto di Europa come degli altri continenti, non vi è una | 


opera complessiva che possa servire di fondamento per la ||, 
determinazione delle specie, e quindi per il loro studio ||. 


dal punto di vista agrario. la 
Per la determinazione dei generi abbiamo le due ope- (|, 


re « Classification of the Chalcid Flies » (Memoirs of the | î 


Carnegie Museum) di Ashmead, e « Die Hymenopteren 
Mitteleuropas » di Schmiedeknecht: la prima delle qua- | 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 357 


li contiene i quadri dicotomici per la determinazione di 
tutti quanti i generi conosciuti fino al 1904. Il ponderoso 
lavoro dell’ Ashmead non va esente però da alcuni difetti, 
una parte dei quali era inevitabile in un’opera di tanta 
mole, mentre altri, quali ad es. le frasi diagnostiche spes- 
so troppo brevi, certi quadri dicotomici troppo compli- 
cati e troppo lunghi, tanto che riesce molto difficile di se- 
guirli, le distinzioni di alcuni gruppi in base a caratteri 
che non sempre si possono osservare negli esemplari che 
si hanno a disposizione, come ad es. il mumero dei denti 
delle mandibole; avrebbero potuto essere corretti con un 
lavoro di revisione, se l'Autore avesse potuto dedicare an- 
cora all’entomologia la sua straordinaria attività e la sua 
opera preziosa. Lo Schmiedeknecht ha fatto il quadro di- 
cotomico per i generi di Calcididi basandosi sull’opera 
del Thomson « Hymenoptera Scandinaviae » e su quella 
di Ashmead ora ricordata. Nel libro di Schmiedeknecht 
mancano tuttavia parecchi generi la cui esistenza si è 
constatata o può ritenersi probabile nell'Europa meridio- 
nale. L’opera del Thomson ora ricordata, di cui i due vo- 
lumi che riguardano i Calcididi furono pubblicati fra il 
1875 e ‘78, è ancor oggi il libro a cui si ricorre più spesso 
per la determinazione delle specie. E veramente quest’o- 
pera, per il numero dei generi e specie di cui tratta, per 
l'accuratezza con cui l’Autore dimostra di avere osserva- 
ti 1 caratteri anche più minuti della specie, per l’esattez- 
za delle diagnosi e la bellezza delle descrizioni, rimarrà 
sempre come opera classica nella letteratura entomologi- 
ca. Però sono difetti di quest'opera le descrizioni troppo 
concise di molte delle specie menzionate, il numero piut- 
tosto limitato di specie che l'Autore ha potuto descrive- 
re trattando di certi generi, che ne contano certamente 
parecchie decine anche nell'Europa settentrionale, la scar- 
sezza di notizie biologiche e, dovrei aggiungere, se non si 
trattasse di un difetto comune a quasi tutti i lavori sui 


358 L. MASI 


Calcididi, la mancanza di figure. Fra le monogratie che 
trattano di gruppi minori, devo ricordare quella di 
Schletterer sui generi « Leucospis, Polistomorpha und 
Marres »; quella di Howard « Revision of the A phelini- 
nae of North America » (1895) in cui l'Autore descrive ed 
illustra con ‘figure molti generi e specie tutti nuovi, i 
quali spettano ad una sottofamiglia che è delle meno co- 
nosciute, mentre è delle più interessanti, appartenendovi 
quasi tutti parassiti primari di Cocciniglie: di questa 
monografia è complemento l’altra pubblicazione recente 
« New genera and species of Aphelininae with a revised 
table of genera » (1907). Inoltre alcuni lavori veramente 
preziosi li dobbiamo a Gustavo Mayr, della cui morte ‘av- 
venuta recentemente è ancora vivo il dolore fra gli ento- 
mologi. Il Mayr ha trattato dei Torimidi, degli Encirti- 
di, dei generi Eurytoma, Decatoma e Ormyrus con un me- 
todo che dovrebbe essere seguito il più possibile nella spe- 
ciografia dei Calcididi: egli ha descritto le specie rac- 
cogliendole mediante l’allevamento degli ospiti, in modo 
che ha potuto dare notizie esatte sul loro parassitismo ed 
ha potuto studiarne le variazioni negli esemplari di una 
stessa provenienza e mettere a confronto quelli di prove- 
nienza diversa. 

Di quanta utilità sia questo procedimento, oltre che 
per la sistematica, anche per l’entomologia agraria, si ri- 
leva facilmente quando si consideri l’importanza di sa- 
pere il vero ospite di un insetto endofago, e si tenga con- 
to delle difficoltà che s'incontrano per conoscerlo. La mag- 
gior parte degli autori che hanno descritto i Calcididi, 
li hanno raccoti a volo o sulle piante, e quindi danno di 
rado notizia degli ospiti; questi poi (i quali per una gran 
parte delle specie di cui sono conosciuti, si trovano regi- 
strati nel « Catalogus Hymenopterorum » del Dalla Tor- 
re) quando sono indicati, non sempre sono i veri ospiti, 
poichè i parassiti che ne son derivati o che si suppongono 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 359 


derivati, potrebbero anche essere parassiti di secondo, di 
terzo o quarto grado. Per stabilire il grado di parassiti- 
smo occorrono osservazioni molto accurate fatte allevan- 
do gl’insetti, ed esperimenti destinati a provare se un pa- 
rassita ottenuto attacca o no gl’individui della specie o- 
spite, o supposta come tale, che non siano stati a contat- 
to con altri insetti parassiti. Inoltre il problema si com- 
plica per il fatto che certe specie di parassiti primari 
possono talora diventar parassiti secondari, oppure ter- 
ziari o quaternari (1). La conoscenza del grado di paras- 
sitismo ha poi un'importanza capitale nella pratica, chè 
infatti, chi per combattere una specie dannosa ad una 
pianta, volesse trasportare su di essa tutte le specie di 
parassiti ottenute dall’allevamento della specie dannosa, 
farebbe quasi sempre opera inutile, se non contraria allo 
scopo, poichè insieme coi parassiti trasporterebbe anche 
gl’iperparassiti. La conoscenza del vero ospite di un Cal- 
cidide ci dà il mezzo più sicuro per procurarne esemplari. 
Inoltre la raccolta mediante l’allevamento ha pure il van- 
taggio di metterci a disposizione esemplari vivi, i quali 
possono essere studiati dal punto di vista biologico, e stu- 
diati nei loro caratteri morfologici più minuti appena che 


(1) Il Prof. Silvestri, nel suo studio sulla Tignola dell’Olivo 
(Prays oleellus) ha determinato che questo Lepidottero in Italia ha 
otto parassiti primari, dei quali però solo l’Ageniaspis fuscicollis non 
sì trova anche fra i parassiti di diverso grado. « I parassiti secon- 
darii genuini sono da noi 7 contro 8 parassiti primarii, ma ad essi 
Si uniscono diventando in certi casi secondarii 7 dei primarii, cosic- 
chè in determinate circostanze sono in reatà 14. I parassiti terziarii 
sono 6, dei quali due (Elasmus, ranthandrus) sono anche parassiti 
primarii o secondarii e gli altri (Microterys, Tetrastichus, Habrobra- 
con, Habrocytus) anche parassiti secondarii. I parassiti quaternarii 
sono 8 (Microterys e Tetrastichus) che si trovano anche come pa- 
rassiti secondarii o terziarii » (Boll. Lab. Zool. gen. e agr. Portici, 
1907, vol. II, pag. 164). 


360 L. MASI 


si siano fatti morire e non abbiano subìto ancora alcuna 
alterazione della forma pel disseccamento. Va ricordato 
infine che mediante l'allevamento si può ottenere per solito 
un numero di esemplari di una specie maggiore di quello 
che si otterrebbe dalla raccolta sulle piante, e spesso si 
hanno insieme il maschio e la femmina della stessa spe- 
cie, i quali, se molto diversi nell’aspetto, ottenuti separa- 
tamente, potrebbero essere considerati come individui spe- 
cificamente diversi. 

Un altro vantaggio che si ottiene allevando 1 Calci- 
didi, consiste, come ho detto più sopra, nella possibilità 
di studiarne le varietà e le variazioni. E° cosa di grande 
interesse, sia dal punto di vista biologico, come da quello 
agrario, di sapere che una specie, sviluppandosi in tali e 
tali ospiti, si presenta secondo i casi con determinati ca- 
ratteri, 1 quali potranno essere di maggiore o minore im- 
portanza; e che quindi due forme, che talora potrebbero 
essere ritenute come specificamente diverse, non sono che 
varietà di una specie unica, e perciò possono sostituirsi 
l'una con l’altra nell'azione parassitaria: sebbene talora 
accada che alla differenza morfologica si unisca quella 
delle abitudini, ed anzi in certi casi si trovino varietà bio- 
logiche le quali non possono distinguersi affatto in base 
al caratteri morfologici (1). Lo studio della varietà dei 
caratteri ha fatto stabilire al Mayr non poche sinonimie, 
specialmente nel genere Eurytoma, che non sarebbero sta- 
te sospettate da quanti avevano studiate le specie senza 
tener conto della varietà dei caratteri; e probabilmente 
alcuni generi, quali ad es. C'halcis, Pteromalus, Eulophus, 


(1) Silvestri ha distinto una subsp. praysincola dell’Ageniaspis 
fuscicollis, la quale differisce dalla forma tipica soltanto per il nu- 
mero delle generazioni, per il numero degli embrioni che si svilup- 
pano da un uovo fecondato, e perchè non parassitizza le uova d’Hypo- 
nomeuta malinellus. 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 361 


che comprendono un numero assai grande di specie, stu- 
diati con tale criterio, verrebbero assai ridotti. Una par- 
ticolare importanza per la sistematica dei Calcididi pre- 
sentano le osservazioni del Mayr sulla grande varietà 
morfologica di alcune specie di Ormyrus. Secondo questo 
Autore, individui notevolmente diversi nella grandezza, 
nella colorazione e in parecchi caratteri di struttura, ri- 
tenuti quindi come specie distinte, non sono che variazio- 
ni della medesima specie. 

La notevole varietà dei caratteri che può trovarsi in 
certi generi, ed il fatto che certe forme che sono proprie 
ciascuna di un dato ospite, non sono che varietà biologi- 
che della stessa specie, oltre alla difficoltà di osservare ed 
apprezzare certi caratteri morfologici, difficoltà dovuta 
alla piccola mole dei Calcididi la quale può esigere l’osser- 
vazione con forti ingrandimenti; rendono spesso la di- 
stinzione delle specie di questa famiglia assai difficile e 
non di rado assai dubbia. Per stabilire le specie, spesso 
dobbiamo fare appello a tutti i criterî di cui può giovarsi 
la sistematica. Le descrizioni le quali non danno che una 
enumerazione sommaria dei caratteri che più facilmente 
possono colpire un osservatore, caratteri che riguardano 
per lo più il colorito, sono per solito più dannose che 
utili, e gli autori che ne hanno pubblidate, e non sono 
pochi, hanno creato gravi ostacoli allo studio dei Calci- 
didi. Certi generi, come le Chalcis, 1 Pteromalus, gli Eulo- 
phus, che già ho ricordati, ed altri che s'incontrano fre- 
quentemente, come i 7'etrastichus, gli Encyrtus, i Cirro- 
spilus, gli Entedon, gli Elachestus, contano nel catalogo 
di Dalla Torre, pubblicato nel 1898, una cinquantina o 
un centinaio di specie ciascuno, di una gran parte delle 
quali si hanno descrizioni insufficienti per la determina- 
zione specifica: inoltre i tipi di molte specie descritte da 
vecchi autori, sono ormai quasi tutti perduti. Cosicchè 
non è lecito sperare che di tutti quei generi la cui siste- 


362 L. MASI 


matica è in tali condizioni, possa farsi una revisione. In 
un altro mio lavoro (1) ho fatto rilevare a proposito del 
cenere Tetrastichus la necessità di osservare i caratteri 
minuti delle varie forme, e specialmente quelli delle an- 
tenne allorchè non sono ancora alterate dal disseccamen- 
to. Tali caratteri non furono ben osservati dal Walker, il 
quale descrisse un grande numero di specie di Tetrasti- 
chus, come pure di Eulophus, Entedon, Cirrospilus, in 
modo da ispirare ben poca fiducia a chi deve servirsi dei 
suoi lavori. Di questo Autore, che ha ordinato nel Museo 
Britannico una ricca collezione di Calcididi, il Mayr, 
persona di competenza indiscutibile, ha dato a proposito 
delle descrizioni di Eurytoma un giudizio poco lusinghie- 
ro. « Walker ha descritto un grande numero di specie 
senza farne il confronto e senza neppure domandarsi se 
allo studioso che in seguito dovesse determinarle, sareb- 
be stato possibile di servirsi con sicurezza delle sue de- 
scrizioni: anzi egli nella maggior parte dei casi non co- 
nobbe neppure le specie da lui steso istituite, come lo han- 
no dimostrato molte forme che mi furono da lui manda- 
te e che spesse volte non corrispondevano alle rispettive 
descrizioni oppure risultavano essere state confuse le u- 
ne con le altre » (2). 

Dei pochi autori che hanno descritto Calcididi rac- 
colti in Italia, dobbiamo ricordare specialmente Camil- 
lo Rondani e Achille Costa. Il primo ottenne un discreto 
numero di specie mediante allevamento, e sarebbe stato 
molto utile che, invece di darne la semplice diagnosi, vi 
avesse dedicato lo stesso studio con cui si occupò così mae- 
strevolmente dei nostri Ditteri. Il Costa descrisse poche 


(1) Contribuzioni alla conoscenza dei Calcididi italiani. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, 1908, vol. III. 

(2) Arten der Chalcidier-Gattung Eurytoma durch Zucht erhalten 
von Dr. Gustav Mayr. Verh, zool. bot. Ges, Wien, 1878, XXVIII, pag. 1, 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 363 


specie, mentre ne raccolse un buon numero nell’Italia me- 
ridionale e molte ne ebbe da altre regioni d'Europa. 

Data la condizione delle nostre conoscenze faunisti- 
che per quanto riguarda i Calcididi, e l'interesse che pre- 
senta questo gruppo d’Imenotteri dal punto di vista agra- 
rio, non credo di far cosa superflua pubblicando qui un 
elenco di quasi tutte le specie, che in due anni di perma- 
nenza nel Laboratorio di Entomologia della Scuola d’A- 
gricoltura in Portici, ho potuto determinare. Più della 
metà di tali specie furono da me già descritte in prece- 
denti pubblicazioni. Ho aggiunto in questo lavoro le dia- 
gnosi latine delle specie nuove, delle quali avevo pubbli- 
cato la descrizione per esteso in italiano. Il numero di ta- 
li specie nuove non sembrerà troppo grande in confronto 
di quello delle forme determinate, se si tenga conto sia de- 
gli ospiti da cui le specie stesse furono ottenute, i quali 
finora erano poco studiati dal punto di vista biologico o 
non lo erano affatto, sia della facilità con cui tutti colo- 
ro che fanno pubblicazioni sui Calcididi, trovano specie 
non prima descritte. Nell’elenco seguente, come pure nel- 
le diagnosi, ho omesso per brevità l'indicazione dell’ospi- 
te e della provenienza, che per molte specie è stata già 
indicata nelle mie descrizioni e in altre pubblicazioni del 
Laboratorio di Entomologia agraria di Portici. Quasi 
tutte le specie sono state raccolte nell'Italia meridionale. 
Per l’ordine di successione dei generi ho seguito il libro 
di Schmiedeknecht, già ricordato, « Die Hymenopteren 
Mitteleuropas ». Per il genere Prospalta Howard, ho a- 
dottato il nome di Prospaltella, il quale fu proposto da 
Ashmead in una nota negli « Entomological News » allo 
Scopo di evitare confusione col genere Prospalta dell’ordi- 
ne dei Lepidotteri, stabilito da Walker nel 1857. Oltre 
al generi che sono indicati nell'elenco qui appresso, devo 
ricordarne alcuni altri, di cui non ho determinato anco- 
ra nessuna specie. Essi sono: Leucospis, Lochites, Peri- 


364 L. MASI 


lampus, Pachyneuron, Meraporus, Diglochis, Elachestus, 
Cirrospilus, Pleurotropis, Ablerus, Encarsia, Physcus, 
Chaetostrucha. 


ELENCO DELLE SPECIE DETERMINATE 


Chalcis femorata Dalm. 
» pusilla Rossi 
)» modesta Masi 


Stilbula cynipiformis (Rossi) Spin. 
Megastigmus stigmatizans (Fabr.) 

) synophri Mayr 
T'orymus nigricornis Boh. 

» bedeguaris (L.) 

) abbreviatus Boh. 
Syntomaspis sapphyrina (Boh.) Thoms. 
Diomorus calcaratus (Nees) 
Oligosthenus stigma (Fabr.) Forst. 
Monodontomerus dentipes (Boh.) Walk. 


Ormyrus tubulosus Fonsc. 
) punctiger Westw. 


Eurytoma rosae Nees 
) dentata Mayr 
» strigifrons Thoms. 
» curta Walk. 


Decatoma biguttata Swed. 
Eupelmus urozonus Dalm. 


-Litomastia truncatellus (Dalm.) Thoms. 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 3605 


Ageniaspis fuscicollis (Dalm.) Thoms. 
Homalotylus flaminius (Dalm.) 
Aphycus philippiae Masi 


Cerapterocerus corniger Walk. 
) mirabilis Westw. 


Encyrtus lunatus Dalm. 

) aeruginosus Dalm. 

) tardus Ratz. 

) aphidivorus Mayr 

) festucae Mayr 

) mayri Masi 
Comys lecaniorum (Mayr) Forst. 

»  albitarsis (Zett.) 
Chioneurus formosus (Boh.) 

) quercus Mayr 
Habrolepis dalmanr (Westw.) Mayr 

) zetterstedti (Westw.) Mayr 
Dinarmus dacicida Masi 

) robustus Masi 
Eunotus cretaceus Walk. 
Scutellista cyanea Motsch. 


Habrocytus distinguendus Masi 
) crassinervis Thoms. 


Eutelus tibralis (Westw.) Thoms. 
)) mediterraneus Mayr. 


Pseudocatolaccus asphondyliae Masi 


Pteromalus puparum (L.) Swed. 
aq nidulans Thoms. 


Arthrolytus incongruens Masi 


366 


L. MASI 

Dibrachys boucheanus (Ratz.) Thoms. 
lt affinis Masi 

Isocratus vulgaris Walk. 
Elasmus flabellatus (Fonsc.) Westw. 
Euryischia inopinata Masi 
Euplectrus bicolor (Swed.) Hal. 
Atoposoma variegatum Masi. 
Sympiesis sericercornis (Nees) Forst. 
Eulophus longulus (Zett.) Thoms. 


Closterocerus formosus Westw. 
) trifasciatus Westw. 


Derostenus boops Thoms. 


Tetrastichus ranthomelaenae (Rond.) March. 

)) Tapo Walk. 

)) epilachnae Giard 

) (Oxyomorpha Hyperteles) interme- 

dius Thoms. 
Coccophagus flavoscutellum Ashm, 

)) howardi Masi. 

» lunulatus How. 
Aspidiotiphagus citrinus (Craw.) 
Archenomus bicolor How. 

Eretmocerus corni Haldeman 
Prospaltella (1) coniugata Masi 
)) similis Masi 


Oophthora semblidis Aur. 


(1) Vedi a pag. 363. 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 367 


DIAGNOSI DI ALCUNE SPECIE 


CHALCIS :MODESTA 


1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e 
agr. Portici, vol. 2., pag. 143, fig. 56. 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. ibid. vol. 
3., pag. 106-108, fig. 11-13. 


Nigra, tarsis tantum et tibiarum femorumque apice 
ferrugineis, proalis macula fumata sub nervo marginali 
notatis. Antennae elongatae, articulis latitudine longio- 
ribus. Femora postica ad 2/3 longitudinis latissima, ibi- 
que dente magno triangulari obtuso munita. Abdomen 
parvum. Long. 2-2,7 mm. 


APHYCUS PHILIPPIAE 


1908. Martelli — Cocciniglie dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. 
e agr. Portici, vol. 2., pag. 245. 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘bid. 
vol. 3., pag. 100-103, fig. 8. 


Antennae scapo compresso, usque ad 3/4 longitudi- 
nis latitudine crescente, pedicello dimidiam scapi longi- 
tudinem via aequante, funiculi articulis 1-4 aequalibus, 
1/3 pedicelli longitudinis non attingentibus, articulo 5. 
crassiore, 6. hoc etiam longiore. (lava articulis quatuor 
ultimis aequilonga. Color stramineus, capitis tamen leni- 
ter virescens, suturae axillarum et 0marginis scutellaris 
aurantiacus, oculorum griseo-viridis vel niger, ocellorum 
ruber: scapus macula nigra rhomboidali in utroque late- 
re notato, pedicellus dimidio basali infuscato, funiculi 
articuli 1-3 nec non primus et secundus clavae nigri. Spe- 
cimina exiceata colore testaceo. Long. 0,5-0,7 mm. 


368 L. MASI 
ENCYRTUS MAYRI 


1908. Silvestri — Ecofillembio dell'olivo. Boll. Lab. Z. 
gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 210, fig. 13. 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. 1024. 
vol. 3., pag. 98-99, fig. 7. 


Pedicellus 1/3 scapi longitud'inis superans, funiculi 
articulus primus 1/2 pedicelli longitudinis aequans, re- 
liqui gradatim majores; clava articulis funiculi 3 vel 
2 1/2 ultimis longitudine aequalis. Scutelli apea linea 
arcuata subtili separatus, tuberculo apicali munitus. Ner- 
vus marginalis aeque longus atque latus, longitudine po- 
stmarginalem aequans, nervus stigmaticus 1/2 margina- 
lis non attingens. Tibiae posticae calcaribus duobus mu- 
nitae. Color ater; vertea, frons, scutum via aenea, jacies 
violacea, scapus et pedicellus migricantes, funiculus et 
clava pallide flavi. Pedes, exceptis coxis medtis et posti- 
cis, femoribus etiam posticis, obscure lutei. Long. 1- 
1,5 m m. 


DINARMUS DACICIDA 


1908. Masi — Imenotteri parassiti della mosca delle olive 
(in collaborazione col prof. Silvestri e dott. Martelli) 
Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 20-26, 
fig. 1-10. 


Clypeus apice medio leniter concavo; metathorax im- 
punctatus, carina distincta; abdomen longitudinem capi- 
tis et thoracis parum superans, ovato-conicum, apice pro- 
ductum. Color capitis, thoracis et pedum maxima parte 
nigro-cyaneus; metathorax et episterna nigro-viridia, ge- 
nua et apices tibiarum flavo-albida, tarsi albidi, eacepto 
articulo ultimo minus pallido et praetarso nigro. Abdo- 
men superne obscure cupreum, aureo micans, basi viride, 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 369 


inferne atrum violaceo et viridi micans. Long. feminae 
3,3-4,5 mm., maris 2,3-3 mm. | 


subsp. VIRESCENS: 


differt statura majori, thorace interdum robustiore, abdo- 
mine paullum magis elongato, colore thoracis olivaceo- 
viridi, tibiis mediis et posticis albidis, abdomine feminae 
fasciis transversis violaceis ornato. Long. feminae 4-5,5 
mm, maris 222,3 mm. 


DINARMUS ROBUSTUS 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 284-288, fig. 
40-41. 


Corpus latum, robustum; metathorax haud carina- 
tus, subrugosus, callus punctulatus. Color capitis thora- 
cisque viridis olivaceus, abdominis obscure cupreus; me- 
tathorax viridis; pedum femora et tibiae maxima parte 
brunneo-viridia, genua ferruginea, tibiae anticae dimi- 
dium apicale et tarsus testacea, pedum paris secundi et 
tertii apea tibiarum et tarsus albidi; praetarsus ubique 
brunneus. Long. 4-4,7 mm. 


HABROCYTUS DISTINGUENDUS 


1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e 
agr. Portici, vol. 2., pag. 160, fig. 67. 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ibid. 
vol. 3., pag. 113-115, fig. 19. 


Clypeus margine medio leniter concavo. Thorax haud 
elongatus. Nervi stigmaticis longitudo 2/3 marginalis ae- 
quans, nervus postmarginalis marginali via brevior. Me- 


370 L. MASI 


tathorax sine carina et plica transversa, plicis longitudi- 
nalibus instructus leniter sinuatis. Abdomen longitudine 
capîtis thoracisque, subcompressum. Caput griseo-viride, 
antennae scapo et pedicello flavo-fuscis, parte reliqua ob- 
scuriore. T horax, praeter metanotum viride, aeneus. A b- 
dominis segmentum primum, pars basalis secundi, super- 
ne cyaneo viridia, religuum abdomen cupreum. Femora et 
tibiae mamima parte obscure viridia vel brunnea, partim 
vero obscure lutea, sicut tarsi, quorum apea tantum brun- 
neus. Long. 2,6 mm. 


GENUS PSEUDOCATOLACCUS 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Labr. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3., pag. 138-139. 


Caput inferne valde angustatum, genis excavatis, 
oculis glabris; mandibulae 4-dentatae, externe sinuatae; 
antennae in linea infera oculari insertae, articulis 13 
compositae, feminae articulis tribus, maris duobus annu- 
laribus. Metathoraa haud punctulatus, sine carina, plicis 
longitudinalibus instructus, spiraculis oblongis. Proalae 
cellula basali et speculo nudis, nervo postmarginali quam 
stigmatico longiore, hoc clava magna rotundata. Tibiae 
posticae calcari singulo munitae. Abdomen feminae ova- 
to-conicum, maris lateribus subrectis. 


‘PSEUDOCATOLACCUS ASPHONDYLIAE 


1908. Silvestri — Descr. e cenni biol. di una nuova 
Asphondylia. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3 
(estratto pag. 10) fig. 11. 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘044. 
pag. 139-142, fig. 37-39. 


Caput et thorax nigro-cyanea, interdum nigro-viri- 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI k72! 


dia, abdomen superne basì cyaneo-viride, ceterum nigro- 
rufescens, inferne brunneo. Oculi et ocelli obscure rubri. 
Pedes, praeter genua tibiasque anticas lutea, brunnei, 
tarsis mediis et posticis albidis apice nigro. Long. 2,7 
mm. 


ARTHROLYTUS INCONGRUENS 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 252-254, fig. 
TASh6. 


Femina. Caput inferne parum angustatum, oculis 
glabris, genis rectis, clypeo apice prominente leniter con- 
cavo, antennis paullum infra medium insertis. Genae la- 
tae, postice acute marginatae. Pedicellus 1/4 scapi longi- 
tudinis aequans, funiculi articulus primus 1/2 pedicelli 
longus, longitudine quam latitudine sesqui latiore, arti- 
culi ceteri gradatim magnitudine crescentes; clava pedi- 
cello magis quam sesqui longior. Mandibulae latere eater- 
no sinuato, dextra 4-dentata, sinistra 3-dentata. Proalae 
metacarpo stigmate parum breviore. Abdomen thorace 
aequilongum, via latius, forma ovata. Color griseo-viridis, 
purpureo micans; pedes, scapus obscure flavo-rufi, pars 
reliqua antennarum flavo-brunnea; alae haud fumatae. 
Mas differt femoribus et scapo ad medium latioribus, 


scapo autem inferne margine nigro, clava apice acutiore. 
Long. 1,9-2,7 mm. 


DIBRACHYS AFFINIS 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 250-252, fig. 
PESE2: 


Funiculi articuli longitudine aequales, crassitie us- 
que ad ultimum via crescentes. Mandibula sinistra 3-den- 


372 L. MASI 


tata, dente basali lato. Proalae apicem abdominis plus 
minusve superantes, abdomen thorace aequilongum. Alae 
metathoracis latitudine maxima paullum ante dimidiam 
longitudinem sita. C'olor nigro-viridis vel obscure viridis, 
etiam purpureo micans, scapus, pedicellus, pedes obscure 
lutei, funiculus et clava flavo-brunnei; clava maris quam 
fumeulus non obscurior. Long. 1,45 mm. 


EURYSCHIA INOPINATA 


1907. Masi. — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 273-276, fig. 33. 


Scutellum haud mucronatum, setis numerosis vesti- 
tum. Corpus, pedes maxima parte, scapus et pedicellus 
nigra, funiculus et clava flavo-grisei, calcar pedum anti- 
corum flavo-brunneum apice nigro, pedum paris secundîi 
et terti album. Proalae fascia fumata ornatae, transver- 
sa, eaterne linea recta ad 3/4 longitudinis sita, terminata, 
interne serie prima pilorum speculum limitantium. A b- 
dominis ape inferne pallide luteus. Long. 1,7 mm. 


GENUS ATOPOSOMA 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 276. 


Generi Cirrospilo simile et affine, praecipue differt 
corpore toto valde depresso, capite inferne haud angusta- 
to sed quam superne latiore, vertice maxime convero, su- 
per oculos tantum extante quantum linea infera ocularis 
a margine externo mandibularum distat, antennis in me- 
dio faciei, non în linea oculari infera sed media insertis. 

All’unica specie di questo genere, A. variegatum, so- 
migliano, specialmente nel colorito, parecchie specie di 
Cirrospilus. La differenza più caratteristica fra i due ge- 


SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 373 


neri Atoposoma e C'irrospilus sta nella conformazione 
del capo. 


ATOPOSOMA VARIEGATUM 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza del Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1,,pag. 276-281, fig. 
STA LI 


1908. Silvestri — Ecofillembio dell’olivo. ibid. vol. 2, 

pag. 214, fig. 22. 

Caput flavo-griseum, oculis griseis, ocellis rubris; 
thorax flavo-viridis, scuto scutelloque flavo-testaceis; abdo- 
men prasinum, nigro variegatum; caput et thorax nigro 
vittata. Proalae umbra parva apud praestigma et apud 


clavam nervi stigmatici. Pedes pallide flavi. Long. 
1,57 mm. 


COCCOPHAGUS HOWARDI 


1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 243-245. 
Scutum et scutelli pars dimidia anterior setis longi- 


tudinaliter scriatim dispositis vestita. Vertex minute pun- 
ctulatus. Corpus brunneum, caput feminae lineis obscure 
luteis ornatum, maris citrinum, scutellum feminae 2/5 
ultimis vel spatio minore vel etiam maiore aurantiacum, 
maris concolor; pedes citrini, tarsis tamen testaceis, femi- 
nae comae posticae flavo-griseae, maris mediae et posticae 
brunneae. Long. 0,7-1,2 mm. 


 PROSPALTELLA CONIUGATA 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. 
Lab. Z. gen. e agr. vol. 3°, pag. 146-148, fig. 44-46. 


Funiculus scapo aequilongus, articulis cylindraceis, 


374 L. MASI 


subaequalibus, pedicello via angustioribus; clava via di- 
stineta, longitudine funiculum aequans. Maris antennae 
(quae articulis 7, pro 8 feminae constant) articulis lon- 
gioribus. Proalae nervo marginali et cellula costali aequi- 
longîs. Color maxima parte brunneus; caput obscure lu- 
teum, oculis atropurpureis, antennis pallide flavis; scapu- 
lae aurantiacae)È scutellum citrinum, pedes subalbidi, 
proalae interdum ad medium leniter infuscatae, abdomi- 
nis ape lutescens. Long. 0,50-0,78 mm. 


PROSPALTELLA SIMILIS 


1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Bol. 
Lab. Z. gen. e agr. vol. 3, pag. 148-149, fig. 45. 


Prospaltae murtfeldtii similis et affinis. Antennae 
fusiformes, clava indistineta; pedicellus dimidiam scapi 
longitudinem aequans; funiculi articulus primus pedi- 
cello paullum angustior. Abdomen lateribus curvatis, 
segmentis subaequalibus. Color brunneus; caput obscure 
testaceum, oculis badiis; antennae, dorsellus, thorax pro 
parte obscure lutei. Genua, tibiarum apea et tarsi grisea, 
reliqua pars pedum brunnea, annellis fuscis haud ornata. 
Proalae parte tertia basali et media infuscatis. Long. 0,57- 
1,9 mm. 

Le descrizioni di altre nuove specie di Eneyrtus, Pro- 
spaltella, Encarsia, C'occophagus, Physcus, saranno pub- 
blicate in un prossimo fascicolo del Bollettino del Labo- 
ratorio di Zoologia generale ed agraria di Portici. 


ISTITUTO ZO00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO 


LA GLANDUOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 


Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, 
Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo 
SANFGINABNAE XCSENG STAI, 

Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' 


(Contin. e fine ved. fasc. IX e X 1808, pag. 306-319) 


XVIII. Anche la cattività ha un’influenza notevole, 
riducendo la parte seminale, e contribuendo così allo svi- 
luppo della parte interstiziale. 

XIX. Negli animali criptorchidi si nota atrofia della 
parte seminale e maggiore sviluppo di quella intersti- 
ziale, dimostrandosi così la perfetta indipendenza tra 
queste due parti. Lo studio quindi del testicolo ectopico 
ha avuto una grande importanza per risolvere varie que- 
stloni, riguardanti la glandola interstiziale. 

XX. Pur conoscendo poco sulla patologia delle cel- 
lule interstiziali, si può tuttavia ritenere che esse su- 
biscano delle alterazioni in varie contingenze morbose e 
che tali alterazioni siano sempre riportabili a quelle os- 
servate in condizioni fisiologiche o teratologiche. 

XXI. Resecando o legando 1 dutti deferenti, si ottie- 
ne la atrofia della parte seminale del testicolo e lo svi- 
luppo simultaneo della parte interstiziale; ma non sì 
può ancora con certezza dedurre da questo fatto le con- 
clusioni, a cui erano venuti Bouin e Ancel. 

XXII. Le altre ricerche sperimentali eseguite col 
trapianto dei testicoli, colle iniezioni di sostanze causti- 
che, con quelle di « estratti di glandola interstiziale » 


376 VALENTINO BARNABO” 


hanno avuto importanza, confermando le nostre prece- 
denti conoscenze, e dimostrando : che in simili condizioni 
le cellule interstiziali si comportano come in condizioni 
fisiologiche o patologiche; e che sono indipendenti dal- 
l'elemento seminale. 

XXIII. Non sl può dire con certezza ancora se si 
tratti di cellule connettivali, o epiteliali, o glandolari, 
perchè varî sono gli argomenti in favore per l'una o per 
l’altra di queste ipotesi, ma diversi sono anche i fatti in 
contrario. 

XXIV. Dalla incertezza di opinioni nel significato 
morfologico risulta incertezza anche nel significato fisio- 
logico. Non si può però escludere l’ipotesi probabile, che 
ritiene le cellule interstiziali come un elemento trofico 
della parte seminale. 

XXV. E’ molto probabile, ma non ancora del tutto 
provato, che esse producano la secrezione interna testico- 
lare ammessa da Brown Séquard. Non si può tuttavia ri- 
tenere come risoluta la questione se ad esse sole spetti 
tale importante funzione. 

XXVI. S1 può dichiarare prematura ogni conclu. 
sione sugli effetti della secrezione interna testicolare so- 
pra l'organismo, ritenendo che essa eserciti un'influenza 
sul determinismo dei caratteri sessvali secondarî del ma- 
schio, o sullo sviluppo del tratto genitale, o sullo sviluppo 
somatico, o sull’ardore genitale, o come difesa dell’orga- 
nismo. 

XXVIII. Esiste un parallelo perfetto tra gli elementi 
interstiziali del testicoto e quelli dell’ovaio, tanto per la 
la glandola ipofisiaria. 

XXVII. Esistono notevoli rapporti tra le cellule in- 
terstiziali e le glandole a secrezione interna, specialmente 
loro morfologia quanto per la loro istogenesi, e dal punto 
di vista del loro comportamento in condizioni fisiologiche 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SY. 


e fisiopatologiche. Nuovi studî dimostreranno credo, più 
esattamente il parallelo perfetto sotto ogni riguardo. 

XXIX. Le glandole sessuali tanto maschili che fem- 
minili posseggono due secrezioni distinte: una esterna, 
in relazione colle funzioni sessuali, e una interna d’im- 
portanza essenziale per l'organismo. 

XXX. Sebbene non si possa ancora precisare la fun- 
zione degli elementi interstiziali, si può però ritenere che 
non sì tratti soltanto di un semplice organo di sostegno, 
o di un organo rudimentale, o tanto meno di una inclu- 
sione di cellule aberranti; ma che essi abbiano invece un 
notevole significato, e una notevole importanza nelle glan- 
dole sessuali. 

Auguriamoci in fine che ulteriori ricerche possano 
chiarire tutti 1 punti ancora oscuri sulle questioni riguar- 
danti le cellule interstiziali, e procurarci un concetto e- 
satto sull'importanza e sulla vera funzione di tali cel- 


lule nell'organismo umano, e di tutti 1 mammiferi e ver- 
tebrati. 


Roma, settembre 1906. 


io ngn ARI 


————_—_—_—— 


XV. Aggiunte. 


Recentemente il Dr. Conforti ha pubblicato un con- 
tributo alla istologia del testicolo in ritenzione, esami- 
nando i testicoli di alcuni (8) casi di criptorchidia uma- 
na. À parte le sue osservazioni circa la parte seminale 
ridotta, sono interessanti quelle circa le cellule intersti- 
ziali. Egli ha trovato che esse « variano grandemente di 
quantità nei singoli casi: talvolta possono essere nume- 
rosissime e aggruppate in grossi nodi. La capacità loro a 
secernere è di solito diminuita e tanto più quanto più 


378 VALENTINO BARNABO” 


sono abbondanti. Che nel testicolo non disceso possano 
esistere in quantità considerevoli di gran lunga supe- 
riore alla norma non deve interpretarsi come una specie 
d’ipertrofia compensatrice nel senso di Bouin e Ancel, 
ma come la conseguenza di una turbata evoluzione che 
come agisce sui canalicoli seminali, così può portare i 
suoi effetti anche sull’insieme delle cellule interstiziali 
che rimangono per quantità e forse anche per qualità 
quello che sono ad un periodo più iniziale dello sviluppo ». 
E’ interessante che il Conforti sull'uomo abbia potuto 
venire a conclusioni che collimano colle nostre idee. Noi 
avevamo già sostenuto che le variazioni nel numero delle 
cellule interstiziali non possono avere un valore talmente 
decisivo quanto vorrebbero Bouin e Ancel. Il Conforti ri- 
ferisce altresì tre osservazioni, una di Pick, una di Che- 
vassu e Lecène, e una di Marion, che dimostrano poter 
mancare gli attributi della virilità pur trovandosi pre- 
senti e abbondanti le cellule interstiziali. E anche a tale 
idea noi eravamo già addivenuti. La spiegazione poi del 
Conforti circa un arresto nelle condizioni delle cellule 
interstiziali analogamente a quel che succede per l’ele- 
mento seminale, mi pare soddisfi. Circa alle sue conclu- 
sioni sulla diminuita funzionalità degli elementi inter- 
stiziali, che egli basa sull’osservazione microscopica della 
diminuzione dei granuli di pigmento, del grasso proto- 
plasmatico e dei cristalloidi di Reinke, credo non sì pos- 
sano accettare in via assoluta, viste le conclusioni a cui 
venimmo sulla natura e sulla interpretazione di queste 
varie produzioni. Più importanti sono i fenomeni di de- 
generazione cellulare osservati dal Conforti in alcuni casì; 
ma son casi che meritano conferma. 
Interessante pure è la osservazione del Conforti re- 
lativa al reticolo attorniante i varî elementi interstiziali. 
Anch’egli lo colorò col Van Gieson in rosa, anche egli 
lo interpreta come reticolo connettivale, accettando la mia 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 379 


interpretazione che ebbi già a sviluppare nelle pagine del 
nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 275). 

E° perciò con vera soddisfazione che vedo accettare 
da altri Autori le mie idee e le mie osservazioni circa 
le importanti questioni di tale interessante argomento. 


Calalzo di Cadore luglio 1908. 


VI LEDIBRATURA 


1. ALESSANDRI R. — Sugli effetti della resezione dei varî elementi del 
condotto spermatico. sul testicolo. - Policlinico, Sez. Chir., 1895. 

2. ANCEL P. — Sur le déterminisme cystosexuel des gamètes - Arch. 
de Zool. expériment., 1903. 

8. Id. —— Histogenèse et structure de la glande hermaphrodiste d’H2- 
lix pomatia. — Arch. de biologie, 1903. 

4.ANCEL P. et BouIN P. — Histogenése de la glande interstizielle du 
testicule chez le Porc. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

5. Id. — Recherches sur le ròle de la glande interstielle du testicule. 
Hypertrophye compensatrice expérimentale. — Compt. rend., de 


l’Academ., des Sciences, 1903. Journal de la Physiol. et de la Pa- 
thologie génér, 1904. 

6. IA. — Tractus g*nital et testicules chez le Porc cryptorchyde. — 
Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 

V Idi\-=nSursles rélations qui existent entre le développement du 
tractus génital et celui de la glande interstitielle chez le Porc. — 
Compt. rend. de l’Associat. des Anatomistes de Toulouse, 1904. 

8. Id. Sur l’existence de deux sortes de cellules interstielles dans 
le testicule du cheval. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 

9. Id. — La glande interstitielle du testicule et la défense de l’or- 
ganisme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1905. - Journal 
de la Physiol. et de la Pathologie générale, 1905. 

10. Id. — Sur Veffet des injections d’extrait de la glande interstitielle 
du testicule sur la croissance. — Compt. rend. dell’Académ. des 
Sciences, 1906. - Journal de la Physiol. et de la Pathol, génér. 1906. 

11. ARCANGELI. — La clorosi. — Roma, 1895. 

12. Id. — La patogenesi della clorosi e l’opoterapia. — Bollet. R. Ac- 
cademia Med. di Roma, 1899. 


380 V. BARNABO” 


13. 


14. 


15: 


16. 


26. 


27, 


28. 


9 


30. 


31. 


Id..-=- Policlinico, séz. prat., 1904: 

ATHANASOFF. — Recherches histologiques sul l’ atrophie de la 
prostate consécutive à la castration, à la vasectomie et à l’injection 
sclérogène *pididimaire. — Thése de Nancy, 1898. 

BARDELEBEN. — Beitràge zur Histologie des Hodens. — Arch. fùr 
Anatom, und Physiolog. 1897. 

Id. — Die Zwischenzellen der Sàugethierhodens. — Anatomischen 
Anzeiger, 1897. 


. BARNABÒ V. — Sui rapporti delle cellule interstiziali del testicolo 


colle glandole a secrezione interna (Comunicazione preventiva). — 
Bollett. Soc. Zoologica Italiana, 1906. 


. Id. — Contributo allo studio della struttura della glandola in- 


terstiziale del testicolo. — Bollett.Società Zoologica, 1906. 


. BEISSNER. — Die Zwischensubstanz des Hodens und ihre Bedeu- 


tung. Archiv. fir mikroskopische Anatomie, 1898. 


. BENEDEN VAN Ep. — Contribution à la connaissance de l’ovaire des 


Mammifères. — Arch. de Biologie, 1880. 


. BOHM uND DAVIDOFF. — Lehrbuch der Histologie des Menschen. 
. BOLL. — Beitràge zur mikroskopische Anatomie der acinòsen 


Driisen, 1869. 


. Id. — Untersuchungen iber den Bau und die Entwikelung der 


Gewebe. — Arch. fùr mikrosk. Anatomie, 1871. 


. Bouin P. — Phénomènes cytologiques anormaux dans l’histo- 


génèse et l’atrophie expérimentale du tube séminifère. — Th. de 
Nancy, 1897. 

Id. — Atrésie des follicules de Graaf et formation des faux corps 
jaunes. — Bibl. Anat., 1899. 

BoUIN P. et ANCEL P. — Sur la signification de la glande intersti- 
tielle du testicule embryonnaire. — Compt. rend. de la Soc. de 
Biologie, 1903.-Journ. de la Physiolog. et de la Pathol. génér.,1904. 
Id. — La glande interstitielle du testicule. Son réòle sur l’or- 
ganisme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

Id. — Sur les cellules interstitielles du testicule des Mammifères 
et leur signification. — Compt. rend. de la Soc, de Biologie, 1903. 
Id. — Recherches sur les cellules interstitielles du testicule chez 
les Mammifères. — Arch. de Zoologie expériment et générale, 1903. 
Id.  Recherches sur la signification physiologique de la glande 
interstitielle du testicule des Mammifères. — Journal de la Phy- 
siol. et de la Pathologie générale, 1904. 

— La glande interstitielle a seule, dans le testicule, une action 


33. 


34. 


38. 


39. 


40. 


41. 


42. 


43. 


46. 
47, 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 381 


générale sur l’organisme. Démonstration expérimentelle.—Compt. 
rend. de l’Academ. des Sciences, 1904. 


. Id. — L’apparition des caracterès sexuels secondaires est sous la 


dépendance de la glande intertitielle du testicule. — Comp. rend. 
de l’Académ. des Sciences, 1904. 

Id. — lL'’infantilisme et la glande interstitielle du testicule. — 
Compt. rend. de lAcadém des Sciences, 1904. 

Id. — La glande interstitielle chez le vieillard. les animaux àgés 
et des infantiles expérimentaux. — Compt. rend. de la Soc. 
de Biologie, 1904.-Journal de la Physiol. et de la Pathol. gén. 1904. 


. Id. — Sur les variations dans le développement du tractus génital 


chez les animaux cryptorchides et leur cause. — Bibl. Anat., 1904. 


. Id. — Sur la glande interstitielle du testicule des Mammifères 


(Réponse à M. Loisel). — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 
— Sur l’hypertrophie compensatrice de la glande interstitielle 
du testicule (Réponse à M. Loisel). — Compt. rend. de la Soc, de 
Biologie, 1904. 

Id. — La glande interstitielle du testicule. Examen critique des es- 
sais de vérification expérimentale de son ròle dans l’organisme. 
Compt. rend de la Soc. de Biologie, 1904. 

Id. — Sur la ligature des canaux déférents chez les animaux jeu- 
nes. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 

Id. — Sur le déterminisme des caractéres sexuels secondaires et 
de l’instinct sexuel.-Compt. rend. de l’Académie des Sciences,1904. 
Id. — Action de l’extrait de la glande interstitielle du testicule 
sur le développement du squelette et des organes génitaux. — 
Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1906. 

BRANCA A. — Le testicule chez l’arolot en captivité. — Compt. rend. 
de la Soc. de Biologie, 1904. - Journal de la Physiol. et de la Pathol. 
génér., 1904. 

Id. — Cellules interstitielles et spermatogénèse. — Compt. rend. 
de la Soc. de Biologie, 1904. — Journal de Physiol. et de Pathol. 
génér., 1904. 


. IA. — Recherches sur les testicules et les voies spermatiques des 


TLémuriens en captivité. — Journal de l’Anat. et de la Physiolo: 
gie, 1904. 


. BRISSAUD. — Etudes anatomo-pathologiques sur les effets de la li- 


gature du canal déférent. — Arch. de Physiologie, 1880. 
BROWN. — 'Presse médicale, 1895. 
BROWN SEQUARD. — Expérience démontrant la puissance dyna- 


382 VALENTINO BARNABO’ 


48. 


49. 


50. 


Dt 


DR. 


58. 


mogénique chez l’homme d’un liquide extrait des testicules d’ani- 
maux. — Arch. de physiolog. norm. et pathol., 1889. 


Id. — Du ròle physiologique et théraneutique d’un suc extrait des 
testicules des animaux. — Arch. de physiol. norm. et pathol., 1891. 
Brown SEQUARD et D’'ARSONNAL. — Recherches sur les extraits li- 


quides retirés des glandes et d’autres parties de l’organisme. — 
Arch. de physiol. norm. et pathol. 1891. 

BRUGNONE et GOSSELIN. — Arch. génér. de médecine, 1847. 

BRUNN von. — Ueber eine der intestitiellen Zellenmaassen des 
Hodens aenliche Substanz in der Milchdrise und Hunterkiefer- 
driise. — Gòttinger Nachrichten, 1874. 


CALZOLARI. — Recherches expérimentales sur un rapport probabls 
entre la fonction du thymus et celle des testicules. — Arch. ital. 
de Biologie, 1898. 
CHALOT. — Traitement de l’hypertrophie de la prostate par la sec- 
tion entre ligature des canaux déférents. — Indépendance mé- 
dacle, 1895. 

. CooPER AR. — Cit. da Bouin e Ancel (1856). 

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. Id. — Sur les cellules interstitielles du testicule ectopique. — 


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tomie et de la Physiologie, 1902. — Journ. de la Physiol. et de 
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LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 383 


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cutiva alla castrazione. — Policlinico, 1905. 


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Geweihbildung der Hirsche und Geh6rnbildung der Rehbòke. — 
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Id. — Comment la castration agit-elle sur les caractères sexuels 
secondaires? __ Compt. rend del’Acad. des Sciences, 1904. 


. GopARD. — Recherches sur les monorchides et les cryptorchides 


chez l’Homme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1866. 


. IA. — Etude sur la monorchidie et la cryptorchidie chez l’Homme. 


— Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1857. 


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384 VALENTINO BARNABO” 


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vas deferens. — The Lancet, 1895. 

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phie de la prostate. — Annales des maladies génito-urinaires, 

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fiur pathologische Anatomie, 1895. 

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LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 385 


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107. LAMBERT. — Influence de la castration ovarique sur la nutrition. 
— Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

108. LanNOIS. — Le Bullettin medical, 1895. 


109. Id. — Dell’atrophie de la prostate. De la castration dans la 
hypertrophie de la prostate. — Annales des maladies des organes 
génito-urinaires, 1894. 

110. LA VALETTE, St. GEORGE. — Handbuch der Lehre von den Geweben 
von Stricker. — Leipsig, 1871. 

111. LEGUEU. — Archives de Physiologie norm. et pathol., 1896. 

112. LENHOSSEK. — Beitràge zur Kenntnis der Zwischenzellen des Ho- 
dens. Archiv. fùr Anatomie und Physiol., 1897. 

113. — Uber die Centralkòrper der Zwischenzellen im Hodens. — 
Bibliogr. Anat., 1899. 

114. LeTzERICH L. — Uber die Endigungsweise der Nerven im Hoder 


der Sàaugethiere und des Menschen. Arch. filr pathol. Anatomie, 
1868. 

115. LevpiG F. — Lehrbuch der Histologie des Menschen und der 
Thiere. — Frankfurt: a/m., 1857. 

116. Limon M. — Etude histologique et histogénique de la glande 
interstitielle de l’ovaire. — Th. de Nancy, 1901. — Arch. d’Ana- 
tom. Microscop., 1902. - Journal de la Physiol. et Pathol génér., 
1902. 

117. Id. — Observations sur l’état de la glande interstitielle dans les 
ovaires transplantées. — Journal de la Physiol. et de la Patho- 
logie générale, 1904. 

118. LorpER M. et ESMENET. CH. — La graisse dans le testicule. — 
Arch. génér. de Médecine, 1903. - Journal de Physiol. et de la 
‘Pathol. génér., 1903. 

119. Lorwy und RICHTER. — Zur Frage nach dem Einfluss der Castra- 
tion auf den Stoffwechsel. —. Centralbl. fùr Physiologie, 1902. 
120. LorseL G. — Sur l’origine du testicule, et sur sa nature glan- 

dulaire. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1902. 

121. Id. — Sur l'origine embryonnaire et l’évolution de la séerétion 
interne du testicule. _ Compt. rend. de la Soc. de -Biologie, 1902. 

122. IA. —_ La sécretion interne du testicule chez l’embryon et chez 


386 VALENTINO BARNABO” 


l’adulte. — Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1902. — Tour- 
nal de Phys. et de Path. génér., 1902. 


123. Id. —_ Sur le lieu d’origine, la nature et le ròle de la sécretion in- 
terne du testicule. — C. R. Soc. de Biologie, 1902. 
124. Id .— Les graisses du testicules chez quelques mammifères. — 


Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

125. Id. — Compt. rend de l’Académie des Sciences, 1903. 

126. Id. — La sexualité. — Revue scientifique, 1903. 

128. Id. _ Sur les sécrétions chimiques de la glande génitale male 
(à propos d’une prétendue glande interstitielle du testicule). — 
Compt. rend de la Soc. de Biologie, 1904. 


129. Id. — Sur l'origine de la double signification des cellules inter- 
stitielles du testicule. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 
1904. — Journal de la Phys. et de la Pathol. géné., 1904. 

131. Id. — Les phénomènes des sécrétion dans les glandes génitales. 
_— Journal de l’Anatomie et de la Physiologie, 1904. 

182. Id. — Les pigments élaborés par le testicule du Poulet. -— 
Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 

133. Id. — Les caractères sexuels secondaires et le fonctionnement 
des testicules chez la grenouille. — Compt. rend. de la Soc. de 


Biologie, 1904. 

134. LUBARSCH. =» Ueber das Vorkommenden  Kristallinischen und 
Kristalloider Bildung in den Zellen des Menschlichen Hodens. — 
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135. LupwIG. — Lehrbuch der Histologie. — 1862. 

136. LupwiG STIEDA. — Cit. da Bouin e Ancel (1877). 

137. LupwI1G UND TOMSA. — Die Lymphwege des Hodens. — Sitzungs- 
bericht der math. natur. Klasse der K. Akad. der Wiss. — 
Wien, 1862. 

138. LUTHJE. — Ueber die Castration und ihre Folgen. — Archiv. fir 
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139. MALASSEZ ET TERILLON. Recherches expérimentales sur l’anato- 
mie pathologique de l’épididymite consécutive à l’inffammation 
du canal déférent. — Arch. de physiologio, 1880. 


140. MATHIEU. — De la cellule interstitielle du testicule et de ses 
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141. MAURI. — Sur la castration des chevaux cryptorchides. — Re- 


vue vétérinarie de Toulouse, 1891. 
142. MAXIMOW A. —- Die histologischen Vorgingen bei der Heilung 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 387 


von Eierstocks. Verletzung und die Regeneration Fahigkeit des 


Eierstocks — Gewebes, — Virchow?s. Archiv., 1900. 

143. MESSING. — Anatomische Untersuchungen iber den Testikel 
der Sàaugethiere. — Med. inaug. dissertat. Dorpat. 1873. 

144. MIELET. — Ueber die pathologischen Veraudenungen des Ho- 
dens.... Langenbeck’s Archiv, 1879, Bd. XXIV. 

145. MIHALKOVICS VON. — Beitràge zur Anatomie und Physiologie des 
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sellschaft d. Wissensch., 1873. 

146. Id. — Cit. da Boiun e Ancel 1885. 

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150. Mosse ET OuLIE. — Influence de l’ovariotomie double, etc... — 
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151. MOSsELMANN ET RuBAY. — Cryptorchidie et spermatogénèse chez 
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152. MUGNAI. — Semaine médicale, 1895. 

153. NIVARD. — Cit. da Bouin et Ancel (1894). 

154. NUSSBAUM. — Zur Diefferenzierung des Geschlects in Thierreich 
(Von. den Bedeutung der Hodenzwischensubstanz, p. 85). — 
Arch. fiir mikr. Anatomie, 1880. 

155. OBOLENSKY. — Centralblant fiir d. médicin. Wochenschrift, 1867. 

156. PARHON C. ET GoLpsTEIN M. — Sur l’existence d’un antagonisme 
entre le fonctionnement de l’ovaire et celui du corps thyroîde. — 
Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

157. PAvoNE M. -—_ Un caso grave d’ipertrofia della prostata guarito 
colla recisione e torsione dei canali deferenti. - Il Policlinico, 
Sez. Chir., 1896. 

158. Id. — La recisione dei vasi deferenti in sostituzione alla castra- 
zione nell’ipertrofia della prostata. — Il Policlinico, Sez. Chir., 
1895. 

159. PETER K. — Die Bedeutung der NaAhrezelle im Hoden. — Archiv. 
fiur mikrosk. Anatomie, 1898. 

160. PIANA. — Società Medica lombarda, 1891. 

161. PINZANI. — Recherches expérimentales sur quelques modifica- 
tions apportées par la castration ovarique dans l’échange maté- 
riel et dans la constitution du sang. — Archives. ital, Biolo- 
gie, XXXI. 


388 VALENTINO BARNABO” 


162. PLATO J. -—— Die interstitiellen Zellen des Hodens. — Archiv, fur 
mikrosk. Anatomie, 1896. 
163. Id. — Zur Kenntniss der Anatomie und basbiotogio! der Geschle- 


chtsorgane. — Archiv fir mikrosk. Anatomie, 1897. 

164. POLICARD A. — Constitution lympho-myéloide du stroma con- 
jonctif du testicule des jeunes Rajidés. — Comptes rend. de 
l’Académie des Sciences, 1902. — Journal de Physiol. et de Pa- 
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165. PONCET A. — De l’influence de la castration sur le developpe- 
ment du squelette, — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

166. PRENANT A. — Etude sur la structure du tube séminifère des 
Mammifères. — Th. de Nancy, 1887. 

167 .Id. — Sur la signification de la cellule accessoire du testicule. 
— Journal de l’Anatomie, 1892. 

168. PRIEWALSKY. — Presse médicale, 1895. 

169. PRUNEAU. — Note sur la sécrétion interne du testicule. — Re- 


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170. RAMM. — Centralblatt fùr Chirurgie, 1893, 1894. 

171. RawrTz B. — Trattato d’Istologia normale (Note del prof. R. 
Versari). —— Roma, 1901. 

172. ReGAUD CH. — Les veisseaux Iymphatiques du testicule et les 
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de Lyon., 1897. 

173. Id. — Note sur le tissu conjonctif du testicule du rat. — Compt. 
rend. de la Soc. de Biologie, 1900. 

174. Id. — Les phénomènes sécrétoires du testicule. — Compt. rend. 
de la Soc. de Biologie, 1900. 

175. Id. — Trasformation paraépithéliale des cellules interstitiel- 
les dans le testicule d’un chien, probablemant à la suite d’une 
orchite ancienne. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 

176. Id. — Indépendance rélative de la fonction secrétoire et 
de la formation spermatogène de l’épithélium séminal. — Compt 
rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 

177. Id. — Les phénomènes sécrétoires du testicule et la nutrition de 
l’épithélium, séminal. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 
1901. 

178. Id. _ Etude sur la structure des tubes séminifères et sur la 
spermatogénès chez les Mammifères. — Arch. de Anatomie mi- 
croscopique, 1901. | 

179. Id. — Sur l’existence des cellules séminales dans le tissu con- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 389 


jonctif du testicule, et sur la signification de ce fait. — Compt. 
rend. de la Soc. de Biologie, 1902. 
180. REGAUD ET PoLIcARD. — Etude comparative du testicule du porc 


normal, impubère et ectopique, au point de vue des cellules in- 
terstitielles. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 


181. Id. _ Fonction glandulaire de l’'épithélium ovarique et de ses 
diverticules tubuliformes chez la chienne, — Compt. rend. de 
la Soc. de Biologie, 1901. 

182. Id. — Sécrétion par les cellules folliculeuses d’un produit par- 
ticulier, et accumulation de ce produit dans le protoplasma de 
l’ovule chez le chien. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 
1901. 

183. REINCKE. — Ueber kristalloidbildungen in der Interstitiellen- 
zellen des menschlichen Hodens. — Archiv fiir mikrosk, Ana- 


tomie, 1896. 

184. RENAUT. — Traité d’Histologie pratique, II, 1899. 

185. RICHON ET JEANDELIZE. — Influence de la castration et de la ré- 
section du canal déférent sur le développement des organes gé- 
nitaux externes du jeune lapin. Ròle des cellules interstitielles 
du testicule. Hypothèse sur la pathogénie de l’infantilisme. — 
Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 


186. RouTIER. — Ann. des mialadies des organes !génito-urinaires, 
1901. 

187. SCHNITZLER. — Soc. S. R. med. Vienna, 1896. — Riforma me- 
dica, 1896. 

188. ScHULTZ UND FALK. — ‘Phosphorauscheidung nach Castration. — 
Zeitschr. fiur physiol. Chemie, Bd. XXVII. 

189. SENAT. — Contribution à l’étude du tissu conjonctif du testicule. 
Th. de Lyon, 1900. 

190. SouLIE. — Sur la migration des testicules. — Th. de Toulouse, 
1895. 

191. SPangGARO S. — Sur les modifications histologigues que subissent 


les testicules de l'homme et les premières voies de conduction 
du sperme depuis la naissance, jusqu’à la vieillesse, avec consi- 
dération spéciale sur le procéssus d’atrophie, sur le développe- 


ment du tissu élastique et sur la présence de cristaux. — Arch. 
ital. de Biologie, 1901. 
92: SSTEPHAN: Pi ‘De l’hermaphroditisme chez les Vertébrés. — 


Ann. de la Faculté des Sciences, Marseille, 1901. 


390 VALENTINO BARNABO” 


1983. Id. — Sur les homologies de la cellule interstitielle du 
testicule. — Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1902. 

194. StiepA L. — Die Leydig' sche Zwischensubstanz des Hodens. — 
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195. STILLING H. — Revue médicale de la Suisse normande, 1892. 

169. Id. — Versuche iber die Atrophie des verlagerten Hodens. — 
Beitràge fùr patholog. Anatomie, 1893. 

197. StoHR. — Istituzione d’Istologia. — Napoli. 

198. SzyMoNowicz. — Trattato d’Istologia. Milano. 

199. TEsTUT L. — Traité d’Anatomie Humaine. —— Paris, 1901, vol. IV. 

200. ToLDT. — Cit. da Bouin e Ancel (1877). 

201. TOURNADE. — Etude sur les modifications du testicule consécuti- 
ves à l’interruption du canal déférent. — Th. de Lyon, 1903-04. 

202. Id. — Effets testiculaires variables de l’interruption du canal 
déférent, suivant qu’elle est ou non oblitérante. Etude expéri- 
mental sur le rat. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 

203. TOURNEUX. — Cit. da Bouin e Ancel (1879). 

204. VARIOT ET BESANCON. —  Indépendance de la spermatogénèse et 
de la sécrétion testiculaire proprement dite. — Bullet. de la Soc. 
d’Athropologie, Paris, 1892. 

205 Id. — Influence de la sécretion testiculaire sur le développement 
organique. _ Gazette médicale, Paris, 1892. i 

206. VAUTRIN. —. Annales des maladies génito-urinaires, 1896. 

207. VorNnov. — Les spermotoxines et la glande interstitielle. —Compt. 
rend. de la Soc. de Biologie, 1905. 

209. WALDEYER. — Archiv. fùr mikrosk. Anatomie, 1870. 

210. WHITE. — Annals of surgery, 1895. 

211. ZAPPALA’. — La ipertrofia della prostata e i suoi metodi curativi. 
= 1 Policlinico. Sez. Chir...1896. 

208. Id. — Du réòle probable de la glande interstitielle. — Compt. 
rend. de la Soc. de Biologie, 1905. 


(settembre 1906). 


ULTERIORI E RECENTI PUBBLICAZIONI. 


212. ALLEN. — The embryonic development of the ovary and testis of 
the mammals. — Americ. Journ. Anat. vol. III. 

213. AUTEFAGE ET AUBERTIN. —  Examen histologique d’un testicule 
adulte en ectopie abdominale. — Soc. Anat. de Paris, 1903. 

214. BARNABO’' V. — Sui rapporti delle cellule interstiziali del testico- 


LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 39I 


lo colle glandole a secrezione interna. — Il Policlinico, sez. Chir. 
1908, fasc. 3. — Bollett. S.à Zoologica, 1908, fasc. III-VI. 

215. Basso. — Contributo alla istologia del testicolo nei casi di disce- 
sa incompleta del medesimo. — Gazz. Ospedali, 1906. 

216. BESANcON. — Etude sur l’ectopie testiculaire du jeune age et son 
traitement. Th. de Paris, 1892. 

217. BRANCA ET BASSETA. — Sur le developpement du testicule hu- 
maine. — Arch. génér. de chir. 1907. | 

218. CHEVASSU. — Tumeurs du testicule. — Th. de Paris, 1906. 

219. CHEVASSU ET LECENE. — L'adenome vrai dans le testicule ectopi- 
que. =2**Rev. lde''Chir*,. 1907. 

220. CONFORTI G. — Contributo all’istologia del testicolo in ritenzio- 


ne. — Il Morgagni, Arch. 1908, fasc. 7. 
221. EccLES. — On the Anathomy physiology and pathology of the 
imperfectly descended testis — The Lancet, 1902. 


222. FINOTTI. — Zur Pathologie u. Therapie des Leistenshodens-Lan- 
genbeck’s Arch. 1897. 
223. JATA. — Contributo allo studio delle ectopie testicolari. — Con- 


gresso ital. chirurgia, 1902. 
224. LANZ. — Die ektopische Testikel. — Centralbl. f. Chir. 1905. 


225. MARECHAL. — Contrib. à l’étude de l’anat. path. du testicule en 
ectopie. — Th. de Paris, 1887. 

226. MARION. — Testicule inguinal et tumeur abdominale chez une 
femme. — Ann. des malad. génito-urinaires, 1905. 


227. PICK. — Ueber Neubildungen am Genitalen bei Zwittern. Arch. 
f. Gynaekol, 1905. 


228. RABAUD. — La sécrétion interne du testicule, — Arch. gén. de 
Méd., 1904. 

229. ROLANDO E MINERVINI. — Caso di ritentio testis inguinale bilate- 
rale. — Il Morgagni, 1900. 

230. VILLARD. — Ectopie testiculaire et ses complications. — Congr. 
franc. de Chir. 1906. 

231. WHITEHEAD. — The embryonic developpement of the inters. cells 


of Leydig. — Americ. Journ. Anat. vol, III 
(luglio 1908). 


ISTITUTO D'IGIENE SPERIMENTALE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA 
SEZIONE DI PARASSITOLOGIA 


Contributo allo studio delle: malattie parassitarie. delle Pecore 


pel D.r Giulio Alessandrini professore incaricato di Parassitologia 


NOTA PREVENTIVA comunicata alla Società Zoologica Italiana 


con sede in Roma 


Lo studio delle malattie degli animali utili è stato 
sempre coltivato con grande interesse, sopratutto per 1l 
grande vantaggio economico che ne può ritrarre il paese. 

Ma, se un gran passo si è fatto per combattere le ma- 
lattie infettive, ben poco si fece per quelle prodotte da’ 
parassiti animali, che pure tanto danno apportano alla 
industria del bestiame agricolo sia per la straordinaria 
decimazione che alle volte son capaci di arrecare, sia per 
la diminuita resistenza al lavoro, sia infine per la scarsa 
e deteriorata qualità de’ loro prodotti. 

Una volta instituita una Sezione di Parassitologia 
in questo Istituto di Igiene sperimentale il. Direttore, 
prof. Angelo Celli volle affidare a me l’incarico di questo 
studio per la campagna Romana sia in relazione con lo 
stato agricolo attuale sia per la preparazione delle vigenti 
leggi pel suo bonificamento agrario. 

Ho cominciato quindi ad interessarmi ad una fra le 
più comuni malattie parassitarie delle pecore che in o- 
gni tempo ha più che ogni altra interessato e studiosi e 
industriali: la distomatosi (Visciola-marciaia-cachessia 
acquasa, cachessio ittereo verminosa). E’ noto che in Ita- 


DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 393 


lia essa miete un numero straordinario di vittime (10-15 
per cento) del bestiame e che offre difficoltà non lievi sia 
per la cura sia per la profilassi. 

Non nascondo però che fin dal primo momento mi so- 

‘no imbattuto in difficoltà non lievi dovute sopratutto al- 
la molteplicità di parassiti che si riscontrano nel bestia- 
me ovino che pascola nella nostra Provincia durante i 
mesi invernali e primaverili. 

Fattomi portare nell'Istituto alcune pecore che i pa- 
stori (i quali sono abbastanza pratici e riconoscono gli a- 
nimali ammalati assai precocemente) ritenevano affette 
da marciaia ho potuto riscontrare in tutti polielmintiasi 
e su undici pecore ho rinvenuto i seguenti parassiti così 
distribuiti : 


Esofago — Gongylonema scutatum Miller otto volte su undici 
i Strongylus ventricosus i otto» » » 
| Strongylus filicollis nove  » » » 

Uncinaria cernua undici » » » 
Sclerostonum hypostomum quattro.» +» » 

Intestino <Moniezia alba (‘Perr.) LROMEIDACOIO) » 
» expansa (Rud.). due” 5 » 

» Benedeni (Moniez). due  » » » 

Stilesia centripunctata (Rivolta) tre Lib. old » 

\ Trichocephalus affinis cINQUe ii Dito» » 

\ Coccidi due )) )») ») 

\ Echinococcus polymorphus SETE » 

Fegato | Distoma hepaticum dieci. Its » 
) lanceolatum dieci.» » » 

. Echinococcus polymorphus nes» ”» » 

Polmoni <« Strongylus filaria nove » » » 
)) . rufescens sei ») )) » 

Cisticercus tenuicollis Una; » » » 

Mesentere  ‘ È 
( Echinococcus polymorpbus UDN'asg"» » » 


Gangli mesenterici — Linguatula rhinaria una » » » 


394 GIULIO ALESSANDRI 


Da questi pochi casi io non voglio né posso trarre 
delle conclusioni sulla percentuale di mortalità dovuta ad 
una piuttosto che ad un’altra malattia; mi basta far os- 
servare che non tutte le volte che una pecora si crede af- 
fetta da marciaia e che ne offre tutti 1 sintomi più spic- 
cati e caratteristici lo è veramente. 

I sintomi infatti sui quali sopratutto si basa la dia- 
gnosi di marciaia sono quelli che compaiono a malattia 
inoltrata e che corrispondono al periodo dell’anemia. Gli 
edemi cutanei localizzati di preferenza al mento ed alla 
gola (borsa o bottiglia) quelli dell’occhio (occhio grasso); 
la debolezza muscolare, i versamenti peritoneali periardi- 
ci e pleurali sono tutti conseguenza dello stato cachettico 
in cul l’animale perviene e non costituiscono davvero sin- 
tomi specifici della ditomatosi. 

Ora nelle nostre osservazioni se per qualche pecbra 
(N. 2. 5. 6. 8. 11) la morte può essere avvenuta per mar- 
ciaia essendovi prevalenza di Distomi in altri casì (N. 1. 
3. 4. 7. 9) ciò non può essere stato assolutamente sia per 
la scarsezza del numero dei distomi stessi (D. hepoticum 
e lanceolatum) sia perchè le lesioni del fegato erano in- 
significanti. In queste pecore la causa vera della morte 
(giacchè non altre lesioni si rinvennero) va attribuita 
agli strongilidi intestinali che quasi sempre si riscontrano 
in numero considerevole nell’intestino, agli strongili pol- 
monari e specialmente alla Uncinaria cernua che agisce 
nelle pecore come l’Ankylostoma duodenalis ed il Necator 
americanus agiscono nell’ Uomo. 

Ebbene tanto l’Uncinaria quanto gli strongilidi dei 
polmoni conducono ben presto le pecore ad una caches- 
sia più o meno grave che si manifesta con gli stessi sin- 
tomi della Marciaia. i 

Quindi, salvo a dovermi persuadere del contrario col- 
l’insistere e col moltiplicare le esperienze, da queste pri- 
me osservazioni io sono indotto a credere: 1. che non tut- 


—————— 


DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 395 


te le pecore che si credono affette da Distomatori lo siano : 
2. che l'Uncinaria cernua sopra tutti, poi gli strongili pul- 
monari (Str. filaria e rufescens) e quelli intestinali (Str. 
ventricosus e filicollis) possono esser causa di anemia gra- 
ve nelle pecore tanto da dausarne la morte. 3. che l’asso- 
ciazione di tanti parassiti aggrava le condizioni dell’ani- 
male e ne accelera la fine. 

Ciò premesso riterrei indispensabile prima di intra- 
prendere qualsiasi cura accertare con precisione la dia- 
gnosi con l'esame delle fedi. Tutti 1 parassiti che io ho 
potuto riscontrare nelle undici pecore di esperimento (ad 
eccezione delle varie forme di Cestodi e della Linguatula) 
si diagnosticano facilmente dall’esame delle feci. Tutt’al 
più una qualche confusione potrebbe avvenire fra le uova. 
dell’Uncinaria e quelle dello Sclerostoma che somigliano 
assai fra di loro, pur presentandoci una qualche diffe- 
renza nella grandezza che è maggiore in questo (90-100 
45 68) che non in quella (80 — 85 x42—48 |). Facile 
poi è accertare la diagnosi di presenza sull’intestino dello 
Strongylus filicollis e Str. ventricorus. Le uova di questi 
parattisi sono molto grandi direi quasi enormi ed i bla- 
stomeri per lo più in numero di 4-8 occupano la parte 


| dentrale lasciando tutto attorno una zona assai grande 
| trasparentissima che li divide dal guscio molto sottile. 


Anche con l'esame delle feci è facile stabilire la dia- 
gnosi della bronchite verminosa sia essa causata dallo 


| Strongylus filaria o dallo Str. rufescens. Sebbene la mag- 
gior parte degli autori affermino che le uova e gli em- 
| brioni di questi nematodi vengano espulse con la tosse 0 
i don lo starnuto pure io ho potuto constatare più volte 
i ma più specialmente sulla pecora N. 7 che senza dubbio 
‘era quella che presentava maggior numero di parassiti, 
‘. e lesioni più gravi nei polmoni, che solo eccezionalmente 


‘aveva accenni di tosse, mai ho potuto constatare starnuti 
ie lo scarso scolo nasale conteneva un numero esiguo di 


396 GIULIO ALESSANDRI 


uova e di embrioni che invece in numero considerevolis- 
simo ho sempre riscontrato nelle feci delle pecore affette 
da tale malattia. Ritengo perciò che la presenza di essi 
sulle dificazioni sia un segno più precoce per l’accerta- 
mento della diognosi. E può anche con facilità stabilirsi | 
se si tratta di uova od embrioni dell’una o dell’altra spe- | 
cie di strongilo infatti tanto le une come gli altri sono 
più grandi se appartengono allo Strongylus filarra (uova | 
110 — 138 x 50 x 70 = embrioni 550 18 — 20 )| 
e più piccole se sono dello Str. rufescens (uova 72—120x | 
45—80 : embrioni 300—350x16—13 ). 

Una volta accertata la diagnosi occorre procedere ad | 


un adatto trattamento curativo. | 
La malattia che offre maggiori difficoltà nella cura | 


è senza dubbio la marciaia poichè se è possibile preve- | 
nire lo sviluppo e l’attecchimento di distomi con som- È 
ministrare del cloruro di sodio sul momento in cui le cer- | 
carie o con le acque o con i pascoli possono penetrare nello | 
stomaco, questo rimedio che uccide la forma larvale; ha 
una scarsa anzi direi quasi nessuna azione sui distomi | 
adulti. Tutt’al più se l’infestione è lieve non si può con- Wi 
testare al cloruro sodico un’azione stimolante e ricbsti- | 
tuente dell’organismo. | 

Ho somministrato per parecchi giorni di seguito dell 
cloruro di sodio ad una pecora (N. 11) senza alcun re-! 
sultato. Ho anche voluto esperimentare il salolo ed il ti-| 
nolo ma anche essi con esito negativo. | 


colsi nell'intestino, nella cistifellea e nei canali biliari 
anche essi morti e già alterati. 


DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 397 


Continuerò le esperienze per confermare questa pri- 
ma osservazione e per stabilire le dosi precise da sommi- 
nistrarsi. Questo rimedio avrebbe il vantaggio sugli altri 
che agirebbe contemporaneamente e con sicurezza sugli 
altri parassiti dell'intestino e probabilmente anche sugli 
altri che non sono facilmente acdessibili. 

Per quanto riguarda la bronchite verminosa ho fat- 
to fino ad ora esperienze con l’iniezioni intratracheali di 
una soluzione all'1 % di acido fenico e con iniezioni di 
acqua cloroformica. 

Con l’acido fenico credo si possa ottenere la guari- 
gione quando però venga adoperato a lungo e periodica- 
mente fino a che non si riscontrano più embrioni nè uova 
nelle feci per parecchi giorni. Infatti ho potuto consta- 
tare che sospendendo il medicamento gli embrioni e le 
uova che dopo la somministrazione erano diminuite in nu- 
mero a poco a poco ritornano allo stato normale. Quindi 
a mio avviso, la sua azione si esplica più sugli embrioni 


ed uova che non sugli adulti dhe verrebbero uccisi solo 


dopo ripetute iniezioni. 

L’acqua cloroformia l'ho potuta adoperare una sola 
volta in. una pecora gravissima e che morì il giorno dopo 
l'iniezione. All’autopsia fatta subito dopo la morte, quan- 


do ancora la pecora era calda, trovai che tutti gli em- 


brioni erano morti e solo qualcuno, rarissimo per altro, 
aveva qualche accenno di vita. . 


+ 
* * 


Possedendo un ricco materiale per studio ho voluto 
tentare anche qualche esperienza dal punto di vista della 
biologia di vermi. 

Nelle feci di una delle pecore più riéche di parassiti 
(N. 1) mi si svilupparono larve, ed embrioni da tutte le 
uova che in esse si rinvenivano e precisamente: larve di 
Uncinaria cernua incapsulate e no larve di Sclerostonn 


398 GIULIO ALESSANDRI 


hypostonn - di Strongylus, filicollis - ventricorus, filaria 
e rufescens, nonchè embrioni-larve adulti di Rhabditis ter- 
ricola che abbondanti vidi svilupparsi e moltiplicarsi sul- 
le feccie stesse. Non potendole separare specie per specie 
ne diedi dapprima a bere una certa quantità ad un agnello 
e poi iniettai sotto la cute di un altro 5 c.c di acqua che 
conteneva una grande quantità di tali forme giovanili. 
Prima di far ciò mi ero assicurato con ripetuti esami fe- 
cali che ambedue erano immuni. 

Nel primo agnello dopo quindici giorni ritrovai nelle 
feci uova di Uncinaria e all’autopsia fatta cinque giorni 
dopo rinvenni tutti gli organi sani e nell’intestino un di- 
screto numero di strongylus ventricorus e filicollis: più 
5 © e2 3 di Uncinaria cernua. 

Nell’altro agnello cui iniettai sotto cute il giorno 26 
novembre la miscela delle larve. Il giorno 22 decembre 
dopo 27 giorni rinvenni nelle feci un uovo di Uncinaria 


che poi riscontrai sempre in numero crescente nei giorni 
successivi. Il giorno 11 gennaio facendo un nuovo esame 


oltre le uova dell’U. cernua vidi due larve di Strongylus 
rufescens. Il giorno 14 ne feci l'autopsia e riscontrai nel- 
l'intestino sette esemplari di Uncinaria cernua pochi 
esemplari di Strongylus ventricosus ed un solo esemplare 
di Sclerostomum Gypostomum. Nei polmoni scarsissime 
larve di Strongylus rufescens senza però che mi fosse pos- 
sibile rinvenire adulti. Ciò dimostra che anche all’inizio 
della bronchite verminosa quando il numero di parassiti 
adulti è scarsissimo può farsi la diagnosi dell’esame delle 
feci. 

Ciò posto, proponendomi ancora di continuare le espe- 
rienze e le osservazioni di cui ora non dò che un semplice 
primo contributo credo poter concludere : 

1. Non tutte le pecore, che si suppone, muoiono 
esclusivamente per marciaia; 
2. Negli ovini della Campagna Romana è assai fre- 


DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 399 


quente per non dire costante la polielmintiasi con pre- 
valenza di Uncinariosi - strongilosi pulmonare e intesti- 
nale che si associano alla Distomatosi da D.hepaticum 
e lanecolatum. 

8. La diagnosi di queste malattie intestinali è fa- 
cile farsi dall'esame delle feci; 

4. Dall’esame delle feci può farsi con sicurezza e 
molto precocemente anche la diagnosi di bronchite ver- 
minosa; 

5. L’estratto etereo di felce maschio è forse il mi- 
glior rimedio a curare la maggior parte delle malattie 
parassitarie negli ovini. 

6. L'acqua cloroformica somministrata con iniezio- 
ni intratracheali sembra si dimostri efficacissima nelle 
bronchiti e polmoniti verminose. 

7. Oltre che per la via orale possono giungere al- 
l'intestino dalla via cutanea tanto lUncinaria cernun 
quanto lo Selerostoma hypostoma e lo Strongylus ventri- 
COSUS. È 
8. Per la via della pelle possono forse giungere su- 
gli organi respiratori gli strongili pulmonari. 


GIULIO ALESSANDRI 


400 


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NOTERELLE D'AVIFAUNA 


PER LA PROVINCIA DI MACERATA 


Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma 
del socio PROF. ETTORE RICCI. 


— — —T = 


Più esattamente dovrei dire noterelle dA vifauna per 
i due bacini del Chienti e del Potenza, dalla Catena del 
Catria, da cui traggono origine, attraverso la sinchinale 
Camertina e la catena del San Vicino fino al littorale 
Adriatico. 

Vana impresa è, evidentemente, il voler dotare un 
Gabinetto liceale, o comunque di scuola secondaria, di col- 
lezioni generali; là dove anche un istituto secondario può 
portare 11 suo utile, sia pur modestissimo, contributo alla 
scienza, se, dopo provveduto alle correnti necessità scbla- 
stiche, si rivolgano i pochi mezzi disponibili a mettere 
insieme una qualche collezione regionale, provinciale 0 
soltanto locale. Î 

Tenuto ciò presente, dal primo momento che ebbi 
l’insegnamento di Scienze nel R. Liceo Leopardi di Ma- 
cerata, volsi tutte le mie premure a questo intento: Racco- 
gliere nel gabinetto del Liceo quanto più materiale po- 
tessi, e il migliore, per iniziare una raccolta provinciale 
d'Uccelli. Dopo oltre dieci anni di lavoro mi trovo così ad 
aver raccolto 160 esemplari d’adulti e 50 di nidiacei (esclu- 


402 ETTORE RICCI 


se le specie domestiche), rappresentanti circa 150 spe- 
cie (1). 

Naturalmente sono ancor lontano dal numero delle 
specie assegnate all’Av:fauna marchigiana; tuttavia un 
qualche cammino si è fatto, e in ciò che è stato raccolto 
vhanno pure specie d’eccezionale importanza ancne per 
LAvifauna italica. 

Com'è noto il ch. prof. E. Hillyer Giglioli, nell’ A vi- 
fauna Italica (ediz. 1907, pag. XIX), per la quale non ap- 
parirebbero collaboratori speciali per le Marche, enume- 
rava (al 31 del 1906) specie 496, mentre nell’ediz.. del 
1891 esse eran soltanto 453. 

Ora di fronte ad esse, il ch. prof. V. Gasparini (A vi- 
fauna Marchigiana, Fano, 1894), assegnava alle Marche 
soltanto 286 specie, di cui sole 46 sedentarie (Le sue « Spe- 
cie rare », ecc. sono d’anteriore pubblicazione; cioè del 
1888). i 

Com'è pur noto che non molto illustrata è VA vifauna 
delle Marche, in ispecie a confronto dell’Avifauna della 
contermine regione settentrionale, 1 Emilia, largamente 
studiata, anche sotto quest’aspetto faunistico, dal Bonizi, 
dal Calzolari, dal Carruccio, dal Cicognani, dal Doderlein, 
dal Fiori, dal Maggera, dal Picaglia, ecc. Egli è che nel- 
l'Emilia vhanno antichi e reputati centri di cultura e di 
studi scentifici, pur nel campo zoologico; mentre nelle 
Marche cessò affatto d’esistere una facoltà di Medicina, a 
Macerata, nel 1860, e le due facoltà superstiti, di Came- 
rino e d’Urbino, vissero e vivono con corsi limitati e, giu- 
stamente, con indirizzo pratico e adatto al lor fine. Una 
facoltà di scenze naturali mancò sempre nella regione. 


(1) Un prezioso aiuto ho avuto da due valenti tassidermisti 10- 
cali; il compianto farmacista Luigi Simoncelli, d’eccezionale capa- 
cità tecnica e pure scientifica, e il figliuolo Sig. Edomondo Simon- 
celli, attuale fornitore del Liceo, 


NOTERELLE D'AVIFAUNA 403 


fanto più utili, per ciò, potrebbero riescire inizia- 
tive locali, analoghe alla mia, prese nei singoli istituti di 
istruzione secondaria (che molti e antichi sono nella re- 
gione) e tutte volte, in campi diversi, a formar raccolte 
provindiali e regionali. Iniziative che alcuni egregi miei 
colleghi della Regione, han già preso da tempo, per la flora, 
le roccie (Macerata, Ist. Teenico), la;flora, 1 pesci, An- 
cona) ecc. 

Per tutto ciò, intorno al materiale raccolto nel Gab. del 
R. Liceo Leopardi e alle notizie racdolte sull’Avifauna 
della prov. dì Macerata, ho creduto non del tutto inutile 
presentare alla benemerita Società Zoologica Italiana, 
le seguenti noterelle preliminari, che si riferiscono a quin- 
dici specie di uccelli, non comuni, rari o assai rari, nel- 
l’Avifauna regionale e taluno pure nell’Italica. ; 

Le notizie si riferiscono a dopo il 1870, 0, meglio, 
agli ultimi trenta anni, e molte ne ebbi dai due egregi 
tassidermisti ricordati nella nota I, signori Simoncelli; 
le catture ricordate son poi, in genere, tutte da aggiun- 
gere alla bella opera del Gasparini (Avif. Marchig.). 

Riferisco le opere consultate e le citate nell’illustra- 
zione delle quindici specie che seguono; in parentesi è in- 
dicata pure l'abbreviazione adottata in quell’illustrazione. 

Arrigoni degli Oddi Dr. E. — Uccelli europei — 

Hoepli - 1902 - (4A7r1g9. Ucc.\E.) 
(id.) Manuale di Ornitologia italiana - 1904. 

Gasparini Vincenzo  — Avifauna marchigiana — 
Fano - 1894 - (Gaspar. A. M.). | 

Ghigi Dr. Alessandro — Caccia — ed. Dr. F. Val- 
lardi - Milano. 

Hiullyer Giglioli Enrico — Avifauna italica — Fi- 

renze - 1907 - (Hallyer G. A. I.) 
(1d.). Elenco delle specie d’uccelli ecc. 1881 - /720- 

. lyer G. Elen). 


404 ETTORE RICCI 


Martorelli prof. Giacinto — Monografia illustrata 
degli uccelli di rapina in Italia - Milano - 
1895. 


(id.) Gli uccelli d’Italia — Milano - Cogliati - 
1906 - (Uce. dI). 

Salvadori T. — Fauna d’Italia — pte. II - Uccelli - 
Milano 1872. 


(id.) Elenco degli uccelli italiani (Ann. Mus. 
Civ. S. N. di Genova) - Genova - 1887. 


Aquila chrysaétus (L.), nome volgare marchig. agui- 
la; abbastanza rara nella prov. di Macerata, e negli ul- 
timi 30 anni si ha notizia di tre sole catture; l’ultima è 
avvenuta alla Madonna del Monte, a 5 km. a N. E. di Ma- 
cerata, m. 238 sul livello del mare, nell’estate del 1904. 
Nidifica sempre al Monte Cavallo (m. 1501), un po’ al sud 
della celebre strada di Colfiorito (via Gregoriana), sulle 
roccie scoscese prossime a Pie’ del Sasso (presso le sorgive 
del Chienti). (V. Gaspar. A. U. pag. 8 — Hillyer G. 
A. I. pag. 362-364 — Hillyer G. Elen. pag. 40, 41 - Arrig. 
Uce. E. - pag. 22, 23). 

Gyps fulvus (I. F. Gmel, ex Ray), nome I marchi- 
giano grifone, avvoltoro col collare. Un’'unica cattura 
nella pr. di Macerata nel 1878. Il Gasparini nell'A. M. di 
questa rara specie dà una sola cattura, occorsa nel 1872 
a Sassoferrato (raccolta Vianelli), a pag. 1-2; l’Hillyer 
(A. I. pag. 410, 411) non cita alcuna cattura marchigiana 
di questo rapace viaggiatore, V. pure elenco, pag. 41; 
l’Arrigoni (Ucc. E. pag. 4) lo dice di casuale comparsa, 
qua e là; il Martorelli (Ucc. d’I. pag. 328-331) lo dice 
estremamente raro per la penisola, e il Chigi (Caccia) 
dopo accennato ad alcune regioni italiane ov'è stato cat- 
turato, tra cui non lhanno le Marche, si riferisce ad 
altre catture occorse altrove, dopo forti burrasche. E’ no- 
to come di detta rara specie, mai catturata nel Lazio, 


NOTERELLE D'AVIFAUNA 405 


e così da non registrare nell’Avifauna laziale, sieno stati 
trovati resti nei peperini dei vulcani albani, egregia- 
mente illustrati dal ch. prof. Romolo Meli (v. « Sopra è 
resti di un grande avvoltoio - Gyps - racchiuso nei pepe- 
rini laziali - Boll. d. Soc. Geol. It. -. Vol. VIII, 1889, 
di un avvoltoio del gen. GYPS rinvenuti nel peperino la- 
ziale. — Ved. Boll. d. Soc. Rom. per gli studi zoologici - 
Vol. I, 1892). 

Bubs maximus (Gerini ex Charieton) Bubs bubo, Bu- 
bo ignavus (Forst. e Salvad); nome volg. marchig. gufo 
reale. Abbastanza raro nella pr. di Macerata; negli ul- 
timi trent'anni sha notizia di 5 catture; le ultime sono 
avvenute, una a Pioraco m. 441 (alta valle del Potenza), 
una a Colmurano m. 414 (valle del Fiastra, affluente di 
des. del Chienti), d'un bellissimo esempl., giunto qui vivo 
e che è ora nella collez. del R. Liceo Leopardi ed una a 
Sarnano, m. 559 (valle del Tennacola), occorsa il 25 mag. 
del 1908, d’un bell’individuo grande, a livrea di tonalità 
scura, femmina, con matrice ovarica piccola, ma ehe ave- 
va forse covato già un primo nato, avendo il ventre molto 
spiumato. 

Il Chigi, lHillyer (A. I. pag. 352-354), il Gasparini 
(A. M. pag. 26), l'’Arrigoni (Ucc. E. pag. 53), la dicono 
specie scarsa, sebbene sparsa ovunque; v. pure l'Hillyer 
(Elen. pag. 38) e il Martorelli (Ucc. dI. pag. 417-420). 

Pastor roseus (L.); nome volg. marchig. storno roseo; 
a Loreto è detto storno gentile. Questa specie abbastanza 
rara per la pr. di Macerata, capita in passaggi ad in- 
tervalli di 3-5 anni (quattro passi negli ultimi quindici 
anni). Un passo singolare s'ebbe a giugno del 1907 con 
4 catture a Macerata, m. 300, 1 a P. Civitanova e 3 a 
P. Recanati, ove capitò un branco numerosissimo; altro 
passo alla fine d'aprile del 1908, quando a Potenza Pi- 
cena (m. 237) ne capitò un piocolo branco di cinque in- 
dividui, de’ quali furono uccisi tre, un maschio e due 


406 ETTORE RICCI 


femmine, e alla marina di Loreto molti furon catturati in 
rete. Nella collez. del R. Liceo Leopardi è un bellissimo 
esemplare d’adulto. 

Il Salvadori dà, di questa rara specie, una sola cat- 
tura per le Marche (agos. 1855); l’Hillyer (A. I. pag. 23- 
24) ricorda il celebre passaggio del 1875 a Villafranck 
di Verona (v. pure Chigi - Caccia - pag. 79-81) e dà 
l’arrivo nel maggio-giugno; VArrigoni (Uce. E. pag. 308, 
509) dà l'arrivo di solito in estate-autunno. 

Merula torquata (L.) (Turdus torquatus); è la var. 
Merula alpestris, C. L. Brehm); nome volg. marchig., 
merlo dal collare, merlo turco, tordo col collare. Notizia 
per la pr. di Macerata di 2 sole catture di questa rara 
specie; un bell'esemplare, femmina, catturato nel marzo 
1905, è nella collezione del R. Liceo Leopardi. Il Ghigi 
(Caccia) la dice specie rara, invernale, forse stazionaria 
nelle Alpi piemontesi; l’Hillyer (A. I. pag. 137-139) non 
cita nessuna cattura per le Marche (v. pure Elenco, pa- 
cine 25-26); il Gasparini (A. M. pag. 75) dice non esser 
certo se sia mai capitata nelle Marche nel passo; PArri- 
goni (Uce. E. pag. 164) la dice specie scarsa o rara, meno 
per l’Italia nord. (v. pure, Martorelli, Uce. d’I., pagine 
518-520). 

Egretta alba (L.), Herodius alba (Salvad.); nome vol. 
marchig. airone bianco, sgarzetta bianca. Rarissimo nella 
pr. di Macerata; avuta notizia d’una sola cattura, occorsa 
nell’aprile 1893, nel Chienti. Il Gasparini (A. M. pag. 
217) la dice rara; TYHillyer (A. I. pag. 425-427) assal 
scarsa (v. Hillyer G. Elen. pag. 73 - Arrig. Uce. E. pag. 
436,437 - Martorelli, Ucc. d’I. pag. 235, 237). 

Ardea purpurea (1), nome vole. marchig. sgarzetta. 
Capita nella pr. di Macerata ogni anno, però è assai me- 
no frequente dell'A. cinerea L. (sgarzettone); è cioè sp. 
di passaggio non molto comune. Due superbi esemplari, 
mas. e fem., sono nella collez. del R. Liceo Leopardi, cat- 


NOTERELLE D'AVIFAUNA 407 


tura del 1907. (V. Gasparini, A. M. pag. 216 - Hillyer; 
A. IT. pag. 424, 425 — Hillyer; Elenc. pag. 67fi, 68 — 
Arrig. Ucc. E. pag. 435, 436 — Martorelli, Ucc. dI. pa- 
cina 284). 

Numentrus arcuatus (L.) (arquata), nome vole. mar- 
chig. chiurlo grande, maggiore, arcangelo, ciarlotto. Piut- 
tosto scarso nella pr. di Macerata; un bell’esemplare nel- 
la collez. del R. Liceo Leopardi, catturato a Porto Civita- 
nova nell’aprile 1904. (V. Gasparini, A. M. pag. 202,3 — 
Billyert® AI pag. 61816200" “AlrrioUce& E) pas. 
380-381). | 

Charadrius pluvralis (L. ex Gesn), nome volg. mar- 
chig. piviere dorato, e più spesso stornarolo (non, starna- 
rolo, perchè è facile catturarlo da chi fa la caccia agli 
storni, insieme alla pavoncella. Non è molto comune nella 
pr. di Macerata, ove è di passaggio in stormi numerosis- 
simi ad intervalli dai tre ai quattro anni. (V. Gasparini, 
AGME pag 17/785 Hillyer; JAH pag. 960; 15614— 
Arrig. Ucc. E. pag. 871 — Martorelli, Ucc. d’I. pag. 
156, 137). 

Ciconia nigra (L.), nome vole. marchig. cicogna nera. 
Assai rara nella pr. di Macerata; si ricordano tre cat- 
ture nelle piane alluvionali del Chienti e del Potenza. 
Nella collez. del R. Liceo Leopardi è un magnifico esem- 
plare, che ebbi per mezzo del chiaro e compianto dr. Carlo 
Cantalamessa; dimensioni: lunghezza m. 1,23 all'estremo 
delle timoniere, m. 1,35 estremo zampe, coda cm. 24, tarso 
cm. 20, ala em. 60, becco em. 21 e 18. | | 

Il Martorelli, Ucc. d’I., pag. 228, 229, la dice speclie 
molto rara; l’Arrig. Ucc. E. pag. 444 specie rara; (V. pu- 
re Hillyer, A. I. pag. 438 — Gasparini, A. M., pag. 222 
‘— Hillyer, Elen. pag. 85, 86). | 
| Himantopus erectus (candidus) (Bonnaterre); nome 
. vole. marchig. calzolaro, gambe rosse. Nella pr. di Mace- 
i rata ov'è rarissimo non ha nome proprio; una sola cat- 


408 ETTORE RICCI 


tura, nell'aprile 1907, a Porto Civitanova, del bell’esem- 
plare che è nella collez. del R. Liceo Leopardi. L’Hillyer, 
in A. I. pag. 578-580, la dice specie rara, particolar- 
mente nell'Emilia; lArrig., in Ucd. E. pag. 378,;(la dice 
ora rarissima nell’estuario Veneto; (V. Gasparini, A. M. 
| pag. 185 — Hillyer, Elen. pag. 69 — Martorelli, Ucc. dI, 
pag. 145-147). i 

Pelecanus ‘onocrotalus (L.), nome volg. marchig. 
pellicano. Nella pr. di Macerata è rarissimo; l’unica cat- 
tura che si ricorda nel trentennio, o giù di lì, è quella di 
due esemplari avvenuta a Recanati, nell'aprile del 1875, 
in un abbondantissimo passo a branchi, insieme alle spa- 
tole, che s'ebbe allora. Il conte Bonaccorsi ne conservò un 
individuo vivo per sette giorni. Il Martorelli, in Uge. dI. 
pag. 234, 235, lo dice avventizio, e solo momentaneo ; PH1l- 
yer, in A. L. raro, pag. 414, 415; il Gasparini, in A. M. 
pag. 251, accidentale affatto: VArrig. in Ucc. E., pagina 
494, raro. (V. pure Hillyer, Elen. pag. 85). 

Platalea leucorodia (L.); nome volg. marchig. spa- 
tola. Per la pr. di Macerata è specie rarissima; si ricbrda 
un'unica cattura di due esemplari occorsa a Recanati nel- 
l’aprile del 1875 (v. Pelecanus 0.) Il Ghigi (Caccia) la dice 
specie di comparsa accidentale nelle prov. merid. e nelle 
isole; rara altrove: PHillyer, A. I. pag. 439, 440, la dice 
rara, e nell’Elen. pag. 86, rara e accidentale, meno in 
Sigilia (aprile e ott.) e per riferimento del Salvadori, 
nelle Marche in agosto e settembre : il Martorelli, in Uce. 
dI. pag. 223-225 la nota solo per il littorale merid. adria- 
tico; l'Arrig. Ucc. E. pag. 448, dice specie rara (V. Ga- 
sparini, A. M. pag. 223). i 

Alca torda (Salvadori), Utamania torda (L.); no-. 
me volg. mardhig. polcinella di mare, gazza marina. Per 
la pr. di Macerata è specie rarissima; si ricorda un’unica 
cattura, nell’aprile (?) 1899 a Porto Civitanova, del bel- 
lissimo esempl. che è nella collez. del R. Liceo Leopardi. 


NOTERELLE D'AVIFAUNA 409 


Il Gasparini, in A. M., pag. 269, la dice specle raris- 
sima per il versante Adriatico e dà una sola cattura per 
le Marche (a Numana, sotto il Cònero, nel nov. 1887): 
lHillyer, in A. I. pag. 678-680, la dice rara per l’Adria- 
tico; e nell’Elen. pag. 92, egualmente, e men rara per la 
Riviera; l’Arrig. in Ucc. E. la dice (pag. 540, 541) sem- 
pre più scarsa per l'Adriatico, e il Ghigi (Caccia) specie 
di comparsa irregolare, più rara nell'Adriatico che nel 
Mediterraneo. (V. pure: Martorelli, Ucc. dI. pag. 84-86). 

Podicrpes cristatus (L.); nome volg. marchig. svasso 
o tuffetto maggiore, sbozzavello, fisolo, sbrisciolo grosso. 
Per la pr. di Maderata è raro; un esempl. femmina nella 
collez. del R. Liceo Leopardi; molto più comune è il Po- 
dicipes fluviatilis (svasso minore, fisolo o sbrisciolo pic- 
colo). Il Gasparini, in A. M. pag. 272, 273, lo dice raro 
per le Marche, e dà es. di due sole catture; (V. pure Hil- 
lyer, A. I. pag. 692-694; Hillyer, Elen. pag. 56; Arrig. 
in Ucc. E. pag. 537-538; Martorelli, Ucc. d’I. pag. 64-67). 


Dal Gabin. del R. Liceo Leopardi. 
Macerata, 10 ottobre 1908 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 


Dottori: G. BERTOLINI e A. CAZZELLA. — La macellazione 
ed il consumo carneo in Roma negli anni 1906-1907. 
Relazione statistico-sanitaria. — Tip. coop. soc. Ro- 
ma 1908. 


Questa Relazione sul nostro grandioso mercato-mat- 
tatoo, il quale tiene il primo posto in Italia, è un inte- 
ressante lavoro compilato con vera competenza, e che a 
cura dell’Amministrazione comunale venne da pochi me- 
si edito sotto elegante veste tipografica, e contiene molti 
dati importanti non solo d’ordine scientifico ma anche 1- 
gienico-sociale. Riportiamo solo alcune notizie che pre- 
sentano maggior interesse pei nostri lettori. 

Precede un breve cenno storico e una descrizione con 
belle figure del mercato e del mattatoio; quindi opportuni 
commenti zootecnici illustrano le varie razze di animali 
introdotti, il loro prezzo e le ragioni dell’attuale suo au- 
mento, nonchè le cause di morte e di sequestro. In nessun 
luogo si verificano tante morti di animali quanto nel be- 
stiame diretto a Roma, perchè « nessun’altra città si 
trova così distante dai luoghi di allevamento ». 

Le regioni d’Italia che qui importano maggior nume- 
ro di bovini da macello sono la Toscana, l'Umbria e le 
Marche; e nell’estate la Sardegna e lAgro-romano. Pur- 
troppo però il Lazio dà un esiguo contingente di appena 
la decima parte di quello necessario al consumo annuale 
di Roma, mentre la sua immensa estensione potrebbe for- 
nire pascoli e foraggi per l’allevamento di un numero 
molte volte maggiore di animali da carne. Giova anche 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 4II 


aggiungere che una parte di questo bestiame vien dato 
dalla città e dal suburbio, ed è fornito quasi esclusiva- 
mente da vacche lattifere svizzero-lombarde, vendute pel 
macello, o per causa dell’età avanzata, oppure per la dimi- 
nuita produzione lattea, pur mantenendosi ancora in 
buono stato di salute e di nutrizione. Ma ora che da pa- 
recchi anni è aumentato il prezzo della carne, è consiglia- 
bile un maggiore allevamento di bovini da lavoro e da 
carne, incoraggiando con adeguati mezzi l’industria del 
bestiame nella nostra estesa campagna. E se, come è spe- 
rabile, la cultura intensiva verrà estesa almeno nella zo- 
na dei 10 chilometri che circonda la capitale, si avrà co- 
me utile conseguenza l’aumento ed il miglioramento del 
bestiame, nella possibilità di allevarlo con criteri zootec- 
nici più razionali, importando anche riproduttori di 
razze più perfezionate e precoci. 

Dai diversi luoghi di provenienza vennero condotti 
nel nostro campo boario nel 1906: bovini 51 240, bufalini 
363, suini 45 319, equini 1103, ovini 17 458 (esclusi gli 
abbacchi e i capretti che vengono importati a Roma già 
macellati); e nel 1907: bovini 55 875, bufalini 477, suini 
45588, equini 1843, ovini 15 467. Di tutti questi anima- 
li, qualche migliaio venne acquistato per la macellazione 


nei vicini Castelli Romani, e 600 furono qui sottratti al 
consumo, dopo la macellazione, per ragioni sanitarie. Pa- 
recchi quadri statistici portano il quantitativo di anima- 
li per ciascuna specie, sequestrati e distrutti, nonchè le 
ragioni di tali sequestri nel biennio. I valenti relatori fan- 
no seguire a ciascun quadro statistico degli opportuni 
commenti circa le affezioni più frequentemente rilevate, 
con confronti nell'ultimo decennio. Sono questioni di par- 
|; ticolare importanza per i sanitari, c noi ci limitiamo a no- 
tare che fra le malattie che furono causa di un forte nu- 
mero di sequestri figurano la tubercolosi e la cisticergosi. 

Sono stati anche compiuti sequestri parziali di or- 


412 LA REDAZIONE 


cani, visceri, ecc. nella rilevante quantità di kg. 38 341 
nel 1906 e di kg. 36 257 nel 1907; cause più frequenti di 
tali sottrazioni dal consumo furono le infestioni parassi- 
tarie (echinococcosi. distomatosi, strongilosi, ecc.). 

Un bel quadro statistico riguarda poi il quantitativo 
netto in carne consumata nel biennio, donde desumiamo 
che nel 1906 furono consumati quintali 218,253, e nel 1907 
quintali 224,610 dando un quoziente di alimento carneo, 
per abitante, di 41 chili circa all'anno. Questo computo è 
in special modo eloquente, inquantochè da esso chiaro e- 
merge come la popolazione di Roma consumi, in confron- 
to delle altre d’Italia, una discreta quantità di alimento 
carneo, poichè da alcuni studi fatti in questi ultimi anni 
risulta che il quoziente carneo annuale per ogni abitante 
d’Italia oscilla in media intorno ai 20 chili, mentre quello 
risultante per Roma è di circa il doppio. Vero è che anche 
1 41 chili per abitante non rappresenta un consumo molto 
elevato, quando si riflette che in altre nazioni d'Europa 
— senza dire dell'America e dell'Australia ove il quozien- 
te annuo supera in media un quintale per abitante — il 
consumo di questo alimento è di molto superiore a quello 
di Roma. Però al consumo carneo, sono da aggiungersi 
quello del pesce fresco e salato, delle uova, del formaggio, 
del latte e latticini, dello strutto, ecc., per cui si può af- 
fermare che Roma consuma una rispettabile quantità di 
alimenti di origine animale. | 

« Siamo tuttavia, dicono giustamente i relatori, an- | 
cora ben lontani dal poterci didhiarare, come igienisti e | 
come sociologi, soddisfatti del consumo carneo, del resto . 
poco abbondante in quasi tutta l'Europa, tanto più che il | 
quoziente individuale di consumo, ha dei massimi molto | 
notevoli nella classe ricca ed agiata e dei minimi sdonfor- 
tanti nella classe operaia e nei poveri ». 

I relatori suggeriscono poi saggi provvedimenti che | 
dovrebbero essere presi dal Governo, dal Comune e dagli 


RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 413 


allevatori della nostra ‘regione, per contribuire valida- 
mente alla risoluzione del grave problema igienico. 

Infine l’interessante lavoro tratta delle basse madel- 
lerie; di alcuni più economici mezzi di distruzione delle 
carni sequestrate; delle annuali fiere equine, ecc., e in tut- 
ti i varî argomenti sono espressi equanimi giudizi e op- 
portuni suggerimenti pratici. 

E noi dalle colonne del nostro « Bollettino » auguria- 
mo vivamente che i provvedimenti suggeriti dagli egregi 
relatori dottori Bertolini e Cazzella siano presi in serra 
considerazione, perchè toccano rilevanti interessi sociali 
ed economici di Roma. 

Ben fece l’Amministrazione provvedendo alla pub- 
blicazione di un lavoro utile ed istruttivo. Agli autori che 
la compilarono con dottrina e pazienza, va data la più 
ampia lode. 


LA REDAZIONE 


CORRISPONDENZE E NOTIZIE 


dr 
Per i « Licenzini » scientifici 


Osservazioni del socio p.pe CHIGI D. FRANCESco e Lettera del socio 


prof. GIACINTO MARTORELLI. 


Il nobile tentativo di dare all’Italia una legge unica 
per la caccia, ancora una volta nel 1905, è rimasto senza 
effetto: la legge, approvata dal Senato del Regno, osta- 
colata poi da molti, non fu mai discussa dalla Camera dei 
Deputati. In quella legge (art. 6) si riconosceva la ne- 
cessità di rilasciare i licenzini scientifici, e la discussione 
che precedette l'approvazione dell’art. 6 illustra il pen- 
siero del Senato e quello dell'On. Rava allora ministro 
dell'Agricoltura. Nella tornata del 17 maggio 1905 il Se- 
natore Todaro discusse brillantemente e con larghezza di 
idee l'articolo dei Permessi a scopo scientifico, ed ebbe il 
Senato a lui favorevole. Piacemi rammentare alcune sue 
parole che rispecchiano il pensiero degli intelligenti : 
(BI i0 ora parlo in nome della libertà della scienza; per- 
chè non sia impedito a chiunque, professore o non profes- 
sore, che si voglia occupare di un problema scientifico, di 
fare degli studi necessari. Per tali studi, siatene certi 
che nè la propagazione degli uecelli, nè l'agricoltura 
avranno da risentire il minimo danno. » (1) 

Rimandato agli Archivi il Disegno di legge, che ave- 
va suscitato un mondo di lamentele e di minacce da parte 


(1) Dal resoconto ufficiale del Senato. 


CORRISPONDENZE E NOTIZIE 415 


di coloro che in quella provvida legge troppo chiaramente 
vedevano il temibile ristabilimento dell’ ordine, ora timi- 
damente si ritorna a parlare non di legge, ma di regola- 
mento. Una Commissione è stata per questo nominata e 
sembra che il Ministro dell’ Agricoltura abbia inviato una 
circolare a qualche associazione di cacciatori. Molte di 
queste associazioni non si curano affatto della scienza e, 
a quanto pare, alcune pretendono con la loro autorità ne- 
care l'utilità di licenzini scientifici. 

Il nostro Sodalizio in questa occasione ha il dovere di 
insorgere nuovamente contro coloro i quali dalla loro pre- 
sunzione, dall’ignoranza e dalla noncuranza degli inte- 
ressi scientifici, traggono la loro forza, scambiando per 
cacciatori di frodo i pazienti e non temibili raccoglitori 
di materiale scientifico; contro i quali preoccupandosi solo 
del carniere, e non sapendo vedere più in là di questo, vo- 
gliono imporre le loro idee erronee precludendo alla scien- 
za una delle vie di progresso. 

A questo proposito riporto qui la lettera del chiar.mo 
Prof. Giacinto Martorelli pubblicata dalla Rivista Cine- 
getica di Milano nel numero del 5 corrente mese. 

Voglia la Società Zoologica Italiana far sentire un’al- 
tra volta (1) la sua voce, e contribuisca a far concedere 


——— —————* 


(1) I lettori del nostro Bollettino troveranno nel volume dell’anno 
1905 una bella relazione del consocio prof. Giovanni Angelini, letta 
il 15 febbraio di quell’anno nella numerosa adunanza generale, te- 
nuta appositivamente per discutere la nuova legge sulla caccia; ed a 
pag. 22 del fasc. I, II e III dell’istesso Bollettino troveranno pure le 
opportune proposte fatte dal relatore a proposito della concessione 
dei permessi scientifici, ed il voto emesso ad unanimità dalla Società 
Zoologica Italiana con sede in Roma. Non dubitiamo, come ne espri- 
me giusto desiderio il consigliere Chigi, che l’istessa Società rinno- 
Vverà voti ed istanze. Bramiamo pur noi che si tenga conto delle giu- 
stissime osservazioni che fa nella sua bella lettera l’egregio consocio 
prof. Martorelli. 


PEOSMAL €. 


416 CHIGI FRANCESCO E GIACINTO MARTORELLI 


quei licenzini che sono non soltanto utili, ma assoluta- 
mente necessari. 


RISPOSTA DEL PROF. G. MARTORELLI RELATICA AI LICENZINI 
SCIENTIFICI ;:PHR LA -GAGCGIA. 


Chiar.mo signor Delor, 

« Ho letto attentamente nell’ultimo numero della sua 
ottima Rivista l'articolo che riguarda la Commissione per 
le norme regolamentari di caccia, come ho letto pure la 
risposta che la Presidenza della Società dei Cacciatori di 
Gallarate intende dare alle domande contenute nella Cir- 
colare di S. E. il Ministro di Agricoltura e Commercio, 
e vorrei pregarla a dare cortese ospitalità ad alcune mie 
considerazioni sopra un argomento che particolarmente 
mi interessa, quello cioè delle licenze a scopo scientifico 
ed alcuna ancora sulla caccia in generale. 

La Società dei Cacciatori di Gallarate dice (al N. 3): 
non si dovrebbe mai concedere licenze a scopo scientifico; 
la vera nostra avifauna è pienamente conosciuta, ecc. ecc. 

Così dicendo codesta Società si pone in risoluto di- 
saccordo colle decisioni di vari Congressi scientifici non 
solo, ma ancora cinegetici; poichè nello stesso ultimo Con- 
gresso di Cacciatori in Milano, nel 1906, fu unanima- 
mente riconosciuta non solo la opportunità, ma addirit- 
tura la necessità che 1 licenzini di caccia a scopo scien- 
tifico fossero concessi in avvenire, colla sola riserva, giu- 
stissima, che essi fossero circondati delle maggiori cau- 
tele, onde non si potessero mai più ripetere gli abusi veri- 
ficatisi prima dell’anno 1886, nel quale furono aboliti. 

Le medesime riserve erano state fatte anche dai Con- 
eressi scientifici dalla Società Italiana di Scienze. Na- 
turali e dalle Società Zoologiche, ed io, che feci parte 
di un loro apposito Comitato, posso assicurare che nulla 
era stato trascurato onde rendere limitata al più ri- 
stretto numero di persone la concessione medesima. In 


CORRISPONDENZE E NOTIZIE dI 7 


tale senso anche nel progetto di Legge era stato votato 
dal Senato, si era favorevolmente accolta la relntegra- 
zione dei licenzini scientifici, i quali non erano più stati 
concessi neppure a coloro che non ne avevano minimamen- 
te abusato, per la semplicissima ragione che il Consiglio 
di Stato, interpellato dal R. Ministero in proposito, ave- 
va riconosciuto non esistere nel testo delle Leggi esistenti 
fin allora la eccezione per le licenze ad uso scientifico; che 
quindi esse erano state fino a quella data concesse abusi- 
vamente e bisognava attendere una nuova la legge. 

Ora prego i signori componenti la Società Gallara- 
tese dei Cacciatori a voler riflettere che le persone, le 
quali potrebbero fruire di licenzino scientifico, formano 
un numero poco maggiore di una dozzina, perchè dovreb- 
bero dar prova di aver scritto opere di reale valore sclen- 
tifico sugli uccelli, od anche sui mammiferi; dovrebbero 
essere a capo di Collezioni spettanti ad alti Istituti di 
Scienza, od almeno dipendenti dai capi di questi, od es- 
sere fondatori essi stessi di celebri Collezioni zoologiche. 
Ma chi si trova in simili condizioni non è cacciatore peri- 
coloso, tanto più che assai raramente può aver da servirsi 
dei cani da caccia, perchè gli esemplari che passano per la 
bocca di questi non si prestano generalmente a prepara- 
zioni scientifiche! 

Se uno di noi innocui naturalisti, dopo lunghe ri- 
cerche riuscirà a trovare un qualche uccelletto di specie 
per lo più ignota, o indifferente, ai cacciatari, questi non 
hanno perciò a temere che venga loro meno la selvaggina. 
Bando dunque ad ogni timore per la nostra avifauna da 
parte dei detentori futuri di licenzini scientifici! Nem- 
meno 1 troppo calunniati tenditori di reti e di roccoli fa- 
ranno cessare le nostre risorse cinegetiche. Il pericolo 
grande e vero è molto più complesso; esso consiste princi- 
palmente nelle troppo mutate condizioni di superficie del 


418 CHIGI FRANCESCO E GIACINTO MARTORELLI 


nostro Paese, e contro questo pericolo non vi saranno leg- 
g1 sulla caccia che valgano a scongiurarne gli effetti! 

La Società dei Cacciatori Gallaratesi asserisce an- 
cora che la nostra vera avifauna è oggi pienamente co- 
nosciuta, e questo io nego nel modo più assoluto; ed ag- 
giungo ancora che nessuna avifauna può essere conosciuta 
appieno ed una volta per sempre. Le avifaune sono molto 
più difficili a conoscersi di quanto i profani possano cre- 
dere e nessuna di esse è costante. 

L’Ornitologia generale ha ormai assodati moltissimi 
casi di mutamenti notevoli, ed anche subitanei, nell’area 
geografica di varie specie, e le cause di questi mutamenti 
sono molteplici, nè tutte determinate. Ad ogni modo il 
compito dei naturalisti non si può limitare a formare de- 
eli elenchi delle specie che si trovano in una data re- 
gione; esso è molto più vasto e svariato, e sopratutto sì 
estrinseca nel grandissimo campo della biologia. Vi sono, 
tutte da risolvere ancora le quistioni sulla migrazione 
che si stanno ora studiando con metodi positivi nelle va- 
rie parti d'Europa ed altrove, e neppur noi possiamo tra- 
scurarle. Vi sono tutti i problemi sulla utilità o la no- 
cultà delle specie; e quindi sul grado e sulla durata della 
protezione da accordar loro, e per tutti questi studii com- 
plessi e lunghi ogni periodo dell’anno richiede partico- 
lari e distinte osservazioni. 

Neppure sarebbe ragionevole togliere agli Ornitologi 
il mezzo di proseguire ricerche di natura morfologica 
sulle molte specie che passano principalmente nel periodo 
del generale divieto di caccia, e che in quel tempo hanno 
assunta una veste speciale di cui importa seguire le fasi 
sinora incompletamente conosciute per molte specie. Si 
deve poi ricordare che le esigenze della moderna coltura 
vogliono ancora che i Musei si arricchiscano di nuove se- 
rie, e che in essi i soggetti invecchiati, divenuti meno atti 


CORRISPONDENZE E NOTIZIE 410 


allo studio, siano scstituiti da altri nuovi e sempre mi- 
gliori. I 

Insomma, gli interessi della Scienza da lungo tempo 
reclamano la istituzione legale anche in Italia, come in 
altre nazioni civili d’ Europa dei licenzini di caccia a 
scopo scientifico, sempre, s'intende, opportunamente di- 
sciplinandone la concessione limitatissima. 

Se le Società ormai numerose di Cacciatori italiani 
intendono, sull'esempio di quella di Gallarate e di altre, 
Istituire vaste Bandite per la propagazione e la riprodu- 
zione della selvaggina, in questa loro opera altamente be- 
nemerita, io posso assicurare che troveranno negli Zoo- 
logi dei veri ed efficaci ausiliarî, pronti a mettere a di- 
sposizione delle Società stesse la loro esperienza o il loro 
sapere, ogni volta che sia richiesto; e, se sarà il caso di 
proibire l'uccisione delle starne, o delle pernici rosse, o 
di altra specie minacciata di prossima distruzione, sa- 
ranno certo gli Ornitologi i primi a proporne la sospen- 
sione della caccia, ed a rispettarla essi stessi per quel pe- 
riodo di anni che sarà necessario, almeno in via di espe- 
rimento. 

L’avifauna nostra comprende più di 450 specie di 
uccelli, e non sarà affatto gravoso per noi l’escludere dalla 
concessione scientifica le pochissime specie di gallinacei 
selvatici che abitano il nostro Paese, ove questo fosse pro- 
prio indispensabile. 

Tutto ciò volli specificare in questa molto diffusa Ri- 
vista, non già pei soli cacciatori del Gallaratese, ma an- 
cora per quelli di tutti gli altri corrispondenti Sodalizi, 
l'istituzione dei quali io pure considero quale una delle più 
positive maniere di soluzione delle varie questioni riguar- 
danti la caccia; e nutro davvero fiducia che tutti vorranno 
contribuire a rendere più facile e spedito il compito affi- 
dato dal Ministro all’attuale Commissione, al senno ed al 


420 CHIGI FRANCESCO E GIACINTO MARTORELLI 


sapere della quale non dovranno opporsi nè piccoli inte- 
ressi locali, nè le difficoltà di rinunciare, almeno in parte, 


ad antiche abitudini riconosciute dannose alla conserva- 
zione della selvaggina. 


Prof. GIACINTO MARTORELLI 
Direttore della Collezione Ornitologica Turati 
nel Museo Civico di Milano 

Membro del Comitato Ornitologico Europeo 


PE 


Una medaglia d’oro al Re d’Italia 


renzo (ao — 0a eni 


Parigi 15 febbraio 1909 


« Farà certamente piacere a tutti i lettori del Bol- 
lettino della SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA con 
sede in Roma, di apprendere il seguente fatto; il quale 
torna a piena ed altissima lode del Re d’Italia, cne ben 
sappiamo essere il Presidente d’onore, assai benemerito ed 
amato, dell’istessa Società. 

« Il fatto è questo: nel vasto anfiteatro dello splen- 
dido Muséum National d’Histoire Naturelle, au Jardin 
des plantes, in presenza dell’egregio ministro di Agricol- 
tura, di S. E. lambasciatore d’Italia, conte Gallina, e di 
buon numero di distinti cittadini italiani, oltre 1 molti 
scienziati francesi, professori di zoologia, botanica, mi- 
neralogia ecc. che insegnano in esso Museo, ed a non po- 
chi invitati, fu, in modo veramente dignitoso e solenne, 
fatta la prescritta distribuzione dei premi della Società 
Nazionale d’acclimatazione di Francia. 

Il Direttore del Museo, l'illustre zoologo prof. Edoar- 
do Perrier, ch'è membro onorario della Società Zoologica 
Italiana con sede in Roma, parlò eloquentemente. Egli 
ringraziò l'ambasciatore italiano di esser venuto in per- 
| sona a ricevere la medaglia d’oro che la Società francese 
d’acclimatazione aveva meritamente destinata al suo So- 
vrano; ed ebbe parole gentili e commoventi ricordando la 

recentissima catastofe sofferta dall’Italia, catastrofe che 


422 CORRISPONDENZE E NOTIZIE 


fornì nuova opportunità alla Francia per addimostrarle 
fraterna amicizia. 

«L’esimio Loyer lesse quindi l’elenco delle Ri o 
decretate dalla Società d’acclimatazione, e a nome di que- 
sta consegnò all’ambasciatore conte Gallina, la grande e 
bella medaglia d’oro coll’ effigie del sommo naturalista 
Geoffroy de Saint Hilaire. Usi essa si è voluto premiare 
la indefessa e intelligente opera che la Casa di Savoia, 
rappresentata degnamente dall’attuale Re Vittorio Ema- 
nuele III, ha sempre saputo esercitare per la protezione 
dei Camosci, degli Stambecchi, ecc. nelle montagne di 
Aosta ecc., e per acclimatare scelte razze di selvaggina in 
Italia. | 

« Fu solenne l’atto della consegna, e fu gradita per 
noi la spontaneità con cui l’eletta adunanza vivamente ap- 
plaudì il nostro Sovrano, mentre una musica militare suo- 
nava l'inno reale d’Italia. 

« Il Ministro d’Agricoltura, l’onor. Ruau, volle chiu- 
dere la funzione col salutare non solo la benemerita So- 
cietà d’Acclimatazione, che continuerà a rendere distinti 
servigi alla Francia, ma salutare il Capo della nazione 
amica pel premio da Lui sì bene meritato. » 


B. 


III. 


Cattura d’un grosso pesce cane 
dopo il terribile terremoto e maremoto di Messina 


___ — — —— _—— 


Fra gl’innumervoli e tutti dolorosissimi episodi dei recentissimi 
terremoto e maremoto calabro-messinese, non sappiamo quale dei 
due più terribile, vha un episodio che può tristamente interessare i 
lettori del nostro Bollettino sociale. 

Martedì scorso al capo S. Croce, presso Augusta, alcuni mari- 
nai imbarcati in un piccolo battello da pesca avvistarono un grosso 
squalo, il quale si portò con tanto impeto a fior d’acqua che le onde 
smosse misero in pericolo questo piccolo battello; e la violenta agi- 
tazione delle medesime lo spinse a molti metri di distanza. I marinai 
non si perdettero d'animo, e dopo una lotta accanita e pericolosa riu- 
scirono ad uccidere colle fiocine il pesce cane colpendolo ripetuta- 
mente: quindi lentamente lo trascinarono a Catania. 

Da relazioni molto attendibili a me fatte rilevai che questo squalo 
era lungo circa m. 4,50; la testa dissero che misurava in lunghezza 
1 metro. Le mascelle si presentavano armate di lunghi, piatti e robu- 
sti denti, bianchi, acuminati, e disposti in più ordini. 

| Mi si disse pure che il colore sulla faccia dorsale era nero, e 
nella ventrale biancastro. | 

Nulla finora potei sapere intorno al numero preciso delle fessure 
branchiali, cioè se cinque per lato, come si trovano nella gran mag- 
gioranza degli squali, oppure eccezionalmente sei o sette pure per 
lato, come nei generi Heranchus ed Heptanchus; le cui specie fu- 
rono pure talvolta catturate nel nostro ampio mare siculo. Ed an- 
che nelle acque di Catania, d’Augusta, di Siracusa ecc. quasi ogni 
anno i pescatori simpossessano di qualche individuo dell’Herxanchus 
griseus. Qui questo squalo è denominato pisci vacca. Abita nei fonur 
fangosi a profondità variabili dai 100 ai 150 passi. Per prendere i 
pochissimi esemplari che capitano, i nostri pescatori per lo. più 
adoprano un amo assai grosso assicurato dentro le nasse da gamberi. 

Io non posso certo ora affermare che trattisi d'un Carcharodon 
Rondeleti, oppure d’un Hexranchus griseus: se avrò altre notizie, 
le darò in una seconda lettera. Qualunque sia il genere di squa- 
lo (Carcharodon, Lamna, Odontaspis, Oxyrhina, ecc.), qualunque 
Sia la specie — chè tutte son note e a ragione temute nel Golfo 


424 MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


di Messina, di Catania e negli altri, questo portato nella nostra 
città lasciò di sè il più triste ricordo. Infatti aperto il canale 
gastro-intestinale vi si trovarono avanzi umani, 

I corpi di questi infelici furono inghiottiti vivi o morti? Non è 
improbabile che tali avanzi \appartenessero a taluna delle innumere- 
voli e infelicissime vittime del terremoto e maremoto che funesta- 
rono, in sì orribil modo, il 28 dicembre u. s., le due belle e care pro- 
vincie consorelle! 

Dai giornali locali e anche da altri di fuori si annunziò come 
la testa dello squalo la si fosse portata nel R. Istituto anatomico 
universitario: mi vi recai, ma non v'era. E non fu portata neppure 
nell'Istituto Zoologico. 

Appresi dopo che l’intiero animale era stato distrutto nella sar- 
digna municipale.... 

Il caso di poderosi pesci cani, dallo stomaco amplissimo nel 
quale si trovò il corpo intiero d'un uomo, od avanzi parecchi, umani 
e non umani, non è certamente nuovo. E per citare un solo reputato 
scrittore, il principe Carlo Luciano Bonaparte, ricordo che egli 
nella Iconografia della Fauna italica parlando di taluno dei nostri 
più grossi pesci cani non solo ne dimostra la voracità, ma aggiunge 
che la bocca, la gola, i denti sono oltremodo opportuni a. lacerare 
qualunque corpo assai duro, ad inghiottire un uomo anche intiero: 
di che non mancano lagrimevoli esempi... » 

Ma tutto quanto è accaduto dal 28 dicembre 1908 in poi, può 
esser forse più lagrimevole di quanto fu, e sarà purtroppo per | 
sempre? 

Catania 28 gennaio 1909. 
M. C. F. 

NOTA. — Nel momento in cui ricevo le bozze di stampa, ri- 
guardanti la presente notizia zoologica, ritorno dalla Sardigna mu- | 
nicipale, dove ho potuto osservare le mascelle insieme col resto dello | 
scheletro della testa, fortunatamente risparmiati alla distruzione. 

Adesso sono in grado di assicurare che il grosso Squalo, catturato . 
la mattina del 26. gennaio nelle acque di Augusta, è il Carcharadon 
carcharias L. (volg: Tunnu palamitu di funnu). 

Su tale argomento ritornerò con apposito lavoro in. collabora- 
zione coll’illustre Prof. G. G. Perrando, Direttore di questo R. Isti- 
tuto Medico-legale, che si occuperà, del punto di vista della medi- | 
cina forense, dello studio degli avanzi umani, rinvenuti nello sto- 
maco dello Squalo. 

Catania, 17 febbraio 1909, 

Prof. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA 


INDICE GENERALE 


DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOL. XVII (IX DELLA SERIE II) 


del Bollettino della Società Zoologica Italiana 


con sede in Roma 


ANNO. 1908. * 


I. — Atti ufficiali della Società 


1. CARRUCCIO prof. ANTONIO. — Sull’andamento scientifico, 
morale ed economico della Società durante il suo XVI 
anno di esistenza (1907) — Relazione letta nell’adu- 


nanza generale amministrativa tenuta il 9 febbraio 
1908, pubblicata per voto unanime dei soci presenti . 

2. Processo verbale dell'adunanza generale scientifica te- 
nuto il 21 aprile 1908. — Lettere dei soci onorarî pro- 
fessore ERNESTO HAEKEL e prof. LORENZO CAMERANO . 


II. — Comunicazioni e Memorie originali. 


1. ALESSANDRINI prof. GIULIO. — Il Congylononema scula- 
tum (Miller) nella provincia di Roma I Ire 
2. IbneMm IpEM. — Contributo allo studio delle malattie pa- 
rassitarie delle pecore J alabar pine AR MO 
3. BARNABO’” Dott. VALENTINO. — La glandola interstiziale 
del testicolo (Contin. e fine dell'anatomia comparata, 


pagine 


220-224 


165-166 


392-400 


istogenesi, fisiologia, fisiopatologia ecc.) 49-62;137-144;262-280;375-391 


4. IDEM IDEM. — Sugli effetti dellle inoculazioni negli ani- 


426 


10. 


11 
da. 
13. 


14. 


15. 
16. 


17. 
18. 


19. 


. CARPEGNA Senatore D. GuInpo FALCONIERI. 


. CHIGI Principe D. FRANCESCO. 


INDICE GENERALE 


mali dell'estratto di Taenia saginata (Continuazione e 
fine DALLE, ADOLLO, 
— Nuova. cat- 
tura presso Roma d’un Carpodacus erythrinus (Pallas) 


. IDEM IDEM. — Acclimatazione in Italia del Nandu (Rhea 
americana) { ; : . ; 
. CARRUCCIO prof. ANTONIO. — leda un “Anbrotatat Hala- 


vi Riùpp testè avuto dal Museo Zoologico della R. Uni. 


versità di Roma, preso forse per la prima volta nel 
Mar Toscano 


. CAVAZZA Conte FILIPPO. — Su una cattura di Calandrella 


minor Cab. fatta nell'Emilia (S. Agata Bolognese) . 
— Appunti di sistematica 
ornitologica — Saggio di uno studio sulle fasi evolu- 
tive del piumaggio 5 RR lid 

CONDORELLI FRANCAVIGLIA prof. MARIO. — Caso raro di pa- 
rassitismo dovuto a contemporanea dimora  nell’inte- 
stino di una giovanetta della Hymenolepis diminuta 
(Rud.), dell’Ascaris lumbricoides L. e di numerose larve 
di Calliphora vomitoria (L.) . TROPEA 
IDEM IDEM. — Dypilidium caninum L. espulso in Cata- 
nia da una, bambina di due mesi di età . 

Grassi LUIGI Stud. — Foladi viventi sulla torba nel lit- 
torale presso Nettuno (Con diverse figure) . 

LEPRI march. prof. GiusePPE. — Contributo alla cono- 
scenza degli Imenotteri tentredinei del Lazio 
MARCHESINI RINALDO. — Sull’azione dei succhi pancrea- 
tico-intestinali sopra i bacilli del carbonchio ematico 
e sulla penetrazione di questi attraverso le: vie dige- 
renti di Cavia (Esperienze) . tig 
Masi Dott. LuIGI. — Sullo studio dei Calcididi < con par- 
ticolare riguardo alla Fauna italiana . quid 
MoLA Dott. PASQUALE. — Considerazioni sopra un proble- 
matico incrocio di Felidi (Circ. Sassari) (con figura) . 
IDEM IDEM. — Ancora della Lince della Sardegna . 

IDEM IDEM. — PIETRAVALLE NICOLA. — Contribuzione allo 
studio del gen. Squalius Bp. 
RosTAGNO Comm. FORTUNATO. 
catture di Lepidotteri . 


— Su alcune importanti 


pagine 
145-150 


40-41 


97-105 


87-93 


105-136 


63-78 
81-86 
159-162 


151-158 


23-37 


42-45 
46-48 — 


225-243:328-334 


79-80 


30. 


al 


INDICE GENERALE 


IDEM IDEM. — ZAPELLONI L. — Lepidoptera Faunae Ro- 
manae (Fam. Papilionidae et Pieridae). . 

Ricci prof. ETTORE. — Noterelle sull’Avifauna della pro- 
vincia di Macerata . 


. TUCccIMEI prof. GIUSEPPE. — Saggio di un Catalogo dei 


427 


pagine 
280-305 


Ditteri della provincia di Roma (parte 11). . . . 224-261;320-327 


II. — Recensioni Bibliografiche 


1. Fauna ornitica del Governo di Charkov, del profes- 


sore N. Somov (P.pe GHiGI D. FRANCESCO). 


. Nesso tra le condizioni esterne e la forma e la funzione 


di alcuni organi nei pesci del prof. S. BAGLIONI. (profes- 
sore A. CARRUCCIO) 


.I Cani sanitari in guerra, del Dott. ARTURO CASARINI 


(prof. A. CARRUCCIO) 


. Etudes de Malacologie napolitaine, del Dott. RAF. BEL- 


LINI (prof. A. CARRUCCIO) . 


. Fauna delle Isole Tremiti, del Dott. GIACOMO CECCONI 


(prof. A. CARRUCCIO) 


. Considerazioni sui rapporti tra piante, loro insetti e 


cause nemiche di questi, del prof. ANTONIO BERLESE 
(Dott. LurGr MASI). 


. Di alcuni parassiti del bestiame delll’Agro romano e 


della Sardegna, del Dott. GruLio BERTOLINI (profes- 
SORA MERITO e e 


. La macellazione ed il consumo carneo in Roma negli 


anni 1906-1907. — Relazione statistico-sanitaria dei 
Dott. BERTOLINI e CAZZELLA (La Redaz.) . 


IV. -- fommemorazioni. 


In onore del Socio march. dott. FiLipPPo PATRIZI MoN- 
TORO (prof. A. CARRUCCIO e march. Dott. GIUSEPPE LEPRI) 


V. — Corrispondenze e Notizie diverse 


. Un Giardino Zoologico fra Villa Umberto e i Parioli 


in Roma 


b) 7 ? b) 


94-96 


284-285 


285-288 


335-337 


338-340 


341-344 


345-347 


410-413 


206-219 


171-195 


428 INDICE GENERALE 


2. Notizie Ornitologiche per la provincia di Roma P.pe pagine 
D. F. CHIGI) ita ipbimonie SELE 196-199 
8. Prime notizie sulla incursione dei Syrrhaptes para- 
dorxus (Pall.) nella Russia Europea durante la prima- 
vera,-1908 ..(p:9e)D: «FR.iGHIGa) fe la gartenso VA 200-205 
4. Ancora del Syrrhaptes paradoxus (Pallas) (professore 
A. CARRUCCIO) VIa cw I netnatale pi de 206-207 
5. Ancora del Giardino Zoologico in Roma (march Dot- 
tore: (GLUSEPPE:GLEBRI) 1.) Mess ner he eee RS 348-392 
6. Sui licenzini scientifici per la caccia (P.pe D. Fr. CHIGI 
e prof. MARTORELLI GIACINTO) . (RL OMO 
7. Conferimento d’ una medaglia d’oro a S. M. il Re 
d’ Italia, : (es enidtanà dall 421-422 
8 Cattura di un grosso pesce cane dopo il terremoto e ma- 
remoto di Messina (prof. MARIO CONDORELLI-FRANCAVIGLIA) 42IARA 


414-420 


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Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. | 


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Roma — Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchio 1-2. 


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Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appog ggi mo-. È 
rali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle 
sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul. | 


Boltettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche | 
d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embr iolosica, paleontologica e sistema- | 
tica; e quelle sn notizie che possono interessare cli studiosi. i 


Art. 8. — La Società è composta di tre categorie di soci: i ; 


1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Dieci 
all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; i 
2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 


3° Soci onorari eli e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, sceltià 
tra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti/ii 


della Societa. 
Tutti ì soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. (9 
Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato | 
da due soci ordinati e la sua nomina approvata dal Consiglio. 


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Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- 


DI 


rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi- a 


glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un | 


Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. 


Tutti i membri del (Gonsiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; 
durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio } 


I Consiglieri si rinnovano ogui anno per un terzo, 


Art. $. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amis 


Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in 
Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. 


Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le clezioni | 


ociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun | 
anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle 


condizioni morali e materiali della Società. Me 


Si potranuo però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed | 
adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio 
direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri erederanno più 
opportuno. 

Art. 11. — L'anno sociale comincerà dal 4. gennaio. Le iscrizioni fateli 
fio al mese di ottobre si riferiscono‘ all’anno in corso; quelle fatte nei mesi ì 
di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. 


I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che. È 


intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iseritti per l’anno successivo, 


1 Soci debbono pagare la quota annua entro il 1. quadrimestre dell’anno | 


sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il Coe 


ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. i 4 


N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti. 
è più importanti, fu approvato nell’ adunanza generale del 22 marzo 19004 
e pubblicato nei fascicoli I e Il del volume 1900, serie II, pag. 6 e 7. 


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DIGEST OF THE 
RISE REGULATIONS 


No bon Na be taken from the Library” without the 
record of the Librarian. / 


No person shal\be allowed to retain more than five vol- 
umes at any one ‘time, unless by special vote of the 
Council. ì 

Books may be kept odi one ealendar month; no longer 
without renewal, and renewah xa not be granted more than 
twice. 

A fine of five cents per day inerter ed for every volume not 
returned within the time’ specified by\the rules. 

The Librarian may demand the return of a book after 
the expiration of ten days from the date of.\borrowing. 

Certain books; so designated, cannot be ‘taken from the 
Library without special permission. | 

AI books must be returned at least two Wa previous 


to the Afinual Meeting. x 
Perfons are responsible for all injury or loss of books 
charged to their name. \ 


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