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Full text of "Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino"

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OF THE 


MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 


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BOL LETTINO 


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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della 8. Univetsità di Torino 


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N. 483-519 


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TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE 


Via Gaudenzio Ferrari, 3 


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499. 
500. 
501. 


502.- 


LN.DLGE 


Borelli #1. — Sulla presenza della Planaria alpina e della Poly elis 
cornu'a nei Pirenei. 

Camerano L. — L’abate Giuseppe Olivi e la somatometria moderna. 

Peracca M. G. — Note di erpetologia italica. 


Cametano L. — Materiali per la storia della zoologia in eo 
nella prima metà del secolo XIX. 
Frassetto F. — Osservazioni sulle forme del cranio umano e sulle 


loro variazioni. 

Cametano L. — Francesco Cetti e i suoi principii di filosofia na- 
turale. 

Pavesi 9. — Sul prof. cav. Leopoldo Maggi. 

Cognetti de Ma L. - Oligocheti dell’isola d’Elba e di Pia- 
nosa. 

Nobili G. — La Hetlleria brevicornis Ebn. all'Elba ed a Pianosa, 
con osservazioni sinonimiche. 


Festa E. — Sulla presenza della /ys/rix leucura Sykes, nella re- 
gione ad oriente del fiume Giordano. 
Zavattartrì E. -- Imenotteri dell’isola d’Elba e di Pianosa. 


Mac Mutrtich F. 91. — A revision of the Duchassaing and Miche- 
lotti Actinian types in the Museum of Natural History, Turin. 
Cognettiì de Mattiis L. — Oligocheti raccolti nel Darien dal 
Dr. E. Festa. 

Ellingsen E. — On a Pseudoscorpiou from Congo. 

Ellingsen E. — (Viaggio del Dr. E. Festa nell’Ecuador). XXIX. 
Pseudoscorpiones. 

Pangella G. — Passalidi di Costa Rica. 

Nobili G. — Descrizione di una nuova Caridina del Madagascar. 

Ellingsen E. — Pseudoscorpions from South America. 

Silvestri F. — Elenco dei Miriapodi, Tisanuri, Termitidi ed Em- 
biidi raccolti all’isola d’Elba e di Pianosa. 

Notpili G. — Identità di Brachycarpus neapolitanus Cano e /- 
laemon biunguiculatus Lucas 


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» 503. 
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505. 
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Dl1. 


512 


513. 
. 614. 


515. 


. 516. 


61. 
518. 


Ellingsen E. — Pseudoscorpions from Italy and southern France. 

Cametano L. — Osservazioni intorno al Chordodes Festae Camer. 

Cametano L — Gordii dei Pirenei. 

Nobili G. — Crostacei di Zanzibar. 

Nobili G. — Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar. 

Pangella G. — (Viaggio del Dr. A. Borelli nel Paraguay e nella 
Repubblica Argentina) Passalidi. 

With C. d. — Remarks on the Gagrellinae Thor. 

Mei L. — Ortotteri del Friuli. 

Simon E. — Etudes sur les Arachnides rècueillis en Patagonie par 
le Dr. Filippo Silvestri. 

Cognetti de Mattiis L. — Sui peptonefridî degli Oligocheti. 

Nobili G. — Descrizione di un nuovo Apus di Madagascar. 

Parayvicithi G. — Sulla colorazione del reticolo endocellulare delle 
cellule nervose spinali dell’uomo e del gatto. 

Camerano L. — Contributo alla conoscenza del Nyctinomus lac - 
niotis Raf. in Italia. 

Borelli Fl. — Forficole raccolte nel Paraguay dal signor Bertoni 
de Winkelried. 

Polloneta C. — Note malacologiche. 

Zayattati E. — (Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina) Imenotteri. 


519. Peracca M. G. — Nuove osservazioni intorno alla Lacerta sardou 


Peracca della Sardegna. 


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. BOL LETI INO 


Musei di Zoologia ed. Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


N. 483 pubblicato il 15 Gennaio 1905 Von. XX 


Dott. ALFREDO BoRELLI 


Sulla presenza della Planaria alpina e della Polycelis cornuta 
nei Pirenei. 


Intorno alla distribuzione geografica della Planaria alpina vennero 
fatte in questi ultimi tempi numerose ricerche (1). La sua presenza fu 
segnalata da parecchi naturalisti in Germania, in Inghilterra, in Italia, 
nella Svizzera e ultimamente anche sul monte Vitocha in Bulgaria (2). 
Durante una escursione di poco più di un mese (Luglio-Agosto 1904) sul 
versante francese dei Pirenei, feci alcune ricerche in proposito e fui 
abbastanza fortunato per trovare quest’interessante triclade in parecchie 
località di cui spero che l’elenco non riuscirà privo d’interesse. 

Gavarnie (1350 m.) negli alti Pirenei. — In un torrentello di acqua 
molto fredda che scende nella valle des Especières, sulla riva destra del 
torrente o Gave de Pau, trovai la Planaria alpina accompagnata dalla 
Polycclis cornuta con prevalenza di quest’ultima; rimontando il tor- 
rente osservai che cresceva il numero degli esemplari di 7. a/pîna 
mentre diminuiva quello della Poz. cornuta. Lungo la strada che da 
Gavarnie va a Gèdre, in un ruscello distante 300 metri circa da Ga- 
varnie, trovai molti esemplari di Pol. cornuta con poche Pl. Alpina, 
appena il 5 per cento. In alcuni ruscelli di acqua assai fredda che scen- 


(1) Un riassunto completo delle ricerche fatte intorno alla distribuzione 
geografica della Pl. alpina si trova nel lavoro di F. ZscHoKkE: Die tierwelt 
der Hochgebdirgseen. Denkschr. schweiz. nat. Ges. Bd. 37, pp. 82-87. 1900. 

(2) G., CHICHKOFF, sur une nouvelle espèce du genre phagocata Leidy. Arch. 
de Zool. exp. et Gener. — 4.e série, t. I, p. 402. 


RANE, prete 


dono dall’Astazou, a 2000 metri circa di ‘altezza, la P/. alpina fu ri- 
scontrata assai abbondante, ma sola. 

Port de Gavarnie o de Boucharo (2282 m.): oltrepassata la pietra 
che sesna il limite fra la Francia e la Spagna, riscontrai frequentis- 
sima ma sola la P/. A/pina nelle gelide acque di una sorgente e di un 
piccolo ruscello che discende nella valle del rio Ara, sul versante spa- 
gnuolo. Degli esemplari raccolti, sia di PZ. a/pina sia di Pol. cornuta, 
un certo numero, circa il 15 per cento, presentano gli organi genitali 
completamente sviluppati. 

Lasciato Gavarnie il 18 Luglio mi recai alla grotta di Be/Rarram 
(Bassi Pirenei), in un ruscello nelle viciuanze della grotta trovai alcuni 
esemplari di Po/. cornuta. Proseguendo il mio viaggio mi fermai a St. 
Girons nel dipartimento dell’Arièége; durante una escursione ai dagnî 
di Audinac (500 m. di alt., distanti 5 chil. N. E. da St. Girons), fec 
alcune ricerche in un ruscello di acqua corrente che attraversa il parco 
annesso allo stabilimento dei bagni e trovai sotto le pietre molti esem- 
plari di Pol. cornuta e di Plan. gonocephata. 

Alla fine di Luglio mi fermai a Monrt/ovis (1600 m.) nell'alta. valle 
del Tet (Pirenei orientali); dopo alcune ricerche trovai la sola Pol. cor- 
nuta in due sorgenti situate sulla riva destra del Tet a pochi passi dal 
torrente. Discesa la valle del Tet sino a Villefranche de Conflent, feci 
una escursione di alcuni giorni nella regione del Canigou; giunto alla 
foresta di Balatg, in un ruscello che taglia la strada carrozzabile a 1800 
metri circa d'altezza trovai molti esemplari di Po/. cornuta con alcuni 
esemplari di Pian. alpina. Nella stessa foresta in un altro ruscello 
distante poco più di due cento metri dalla casa forestale incontrai an- 
cora la Pol. cornuta insieme alla Plan. alpina; rimontando questo 
rusc..i0 sino alla sua sorgente, detta fontana della perdrix, situata sul 
versunte Nord del Canîgou a mezz'ora circa dal chalet des cortalets 
(2200 m.), trovai dapprima la Pol. cornuta accompagnata dalla Plan, 
alpina; man mano però che saliva, l’acqua diventando più fredda, la 
Pol. cornuta si faceva sempre più rara e vicino alla sorgente e nella sor- 
gente stessa non trovai più che la P/. a/pina. La temperatura dell’acqua 
di questa sorgente malgrado la stagione estiva (primi giorni di agosto) 
arrivava appena a 4 gradi centigradi. 

Nella stessa regione del Canigou, vicino al Vernet (650 m.), riscontrai 
assai abbondante in una sorgente di acqua fresca la sola Po0/. cornuta. 

Finalmente nella prima quindicina di Agosto visitai la valle del Tech. 
Vicino alla città di Ar/es sur Tech (277 m.) trovai alcuni esemplari di 
Pol. cornuta, in un ruscello di acqua corrente situato in un bosco di 
castagni sulla riva destra del Tech; rimontando la valle sino ai bagni 
di La Preste (1130 m) raccolsi alcuni esemplari di Po?. cornuta in un 
ruscello dietro allo stabilimento dei bagni; risalendo nell’alta valle, a 


‘un’ora circa di distanza dallo stabilimento, in una sorgente di acqua 
fredda sulla riva destra del Tech, riscontrai la sola PoZ. cornuta ; pas- 
sato sulla riva sinistra e rimontando il fiume fino alla sorgente (2340 m.) 
trovai invece la sola P/. alpina, così abbondante da coprire il letto del 
ruscello di cui le acque avevano una temperatura glaciale. 

Risulta dalle mie ricerche che la P/. alpina è frequente nei Pirenei 
dove essa s'incontra o sola o accompagnata dalla Po/. cornuta, a se- 
conda dell’altitudine e della temperatura più o meno bassa delle acque. 
Nelle sorgenti e nei ruscelli di acqua molto fredda situati a grandi al- 
tezze (sorgenti di Port de Gavarnie, ruscelli del massiccio dell’Astazou, 
sorgente della perdrix, sorgente del Tech) essa si trova sola; più in 
basso, dove l’acqua è meno fredda (ruscelli dei dintorni di Gavarnie, 
della foresta di Balatg) essa è accompagnata dalla Po/. cornuta e man 
mano che si discende si fa più rara mentre la Po?. cornuta è sempre 
più numerosa ; finalmente a poche centinaia di metri d’altitudine la PZ. 
alpîna scompare e viene sostituita dalla sola PoZ. cornuta (bagui di la 
Preste, sorgente del Vernet, ruscelli di Betharram e d'Arles sur Tech). 

Nelle sorgenti dei dintorni di Montlouis la cui altezza è superiore a 
1600 metri non incontrai la P/. a/pina ma raccolsi la sola Pol. cornuta, 
pure la temperatura delle acque di queste sorgenti deve essere bassis- 
sima durante una gran parte dell’anno. Il fatto si spiega se si osserva 
che queste sorgenti situate in un esteso altipiano denudato, sono esposte 
direttamente ai raggi del sole e che in conseguenza la temperatura 
delle loro acque sale rapidamente durante le lunghe giornate d’estate, 
oltrepassando il punto favorevole alla vita e alla riproduzione della 24. 
alpina, la quale viene sostituita dalla Po/. cornuta, anch’essa amante 
delle acque fredde ma capace di sopportare temperature più elevate. 

Questi dati raccolti durante le mie brevi ricerche coincidono colle 
osservazioni fatte da parecchi naturalisti dopo numerose ed accurate 
ricerche nell'Europa centrale. Nelle alpi e nelle montagne della Ger- 
mania, come nei Pirenei, la P7. a/pina è quella che vive a maggiori al- 
tezze; essa popola le gelide acque delle sorgenti e dei ruscelli alpini 
dove s’incontra sola dapprima e man mano che le acque scendono verso 
il piano; in alcune località essa è accompagnata dalla Pol. cornuta, come 
nei Pirenei, in altre invece si trova insieme alla PZ. gonocephala. 

In tutte queste località la sua distribuzione e i suoi rapporti colle 
specie che l’accompagnano dipendono essenzialmente dalla temperatura 
dell’acqua come l’ha osservato Voigt in uno dei suoi ultimi lavori (1): 


(1) Voirer W., Die ursachen des austerbens von PI. alpina in Hundsruck- 
gebirge und von Pol. cornuta im Taunus. Verhandl. d. nat. hist. Ver. d. preuss. 
Rheinlande, Westf. u. d. Reg.-Bez. Ornabruck. 58 Iahrg. 1901, p. 227. 


Bi gra 


« Die verbreitung jeder einzelnen der drei. arten. ist-in erster Linie 
abhingig von der Temperatur. Dabei Kommt die mittlere Jahrestem- 
peratur weniger in Betracht als das Maximum der Erwdrmung der 
Bàche im Hochsommer (1); denn wahrend alle drei niedrige Tempera- 
turen gut ertragen Kònnen, sind sie empfindlich gegen die Einwirkung 
wéàrmeren Wassers », In seguito « In hòheren gebirgen, wo di Bache 
wéihrend des Abwerstsfliessens nur langsam wàrmer werden und sich 
înfolcedessen der Gebiete der drei arten iber eine langere strecke aus- 
dehnen, sind die Tiere von der Quelle aus abwàarts dentlich in fùnf re- 
gionen angeordnet: 1. PZ. alpina allein, 2. P/. alpina und Pol. cornuta, 
3. Poi. cornuta allein, 4. Pol. cornuta und Pl. gonocephata, 5. PI. g0- 
nocephata aillein ». Nel territorio del Canigou sono rappresentate le tre 
prime regioni: 1. sorgente della perdrix, 2. ruscello di Balatg, 3. sor-: 
gente del Vernet; non osservai la quarta ma nel ruscello che attra- 
versa il parco dei bagni di Audinac trovai la Pol. cornuta accompa- 
gnata dalla P/. gonocephata, e probabilmente dopo ricerche più accu- 
rate, anche nei Pirenei le cinque regioni distinte dal Voigt s'incontre- 
ranno nella stessa località. 


(1) Il fatto di avere trovato la sola Po/. cornuta nelle sorgenti di Montlouis. 
conferma quest’osservazione. 


arri li ea dabrlrdbe ih ihrecdentiio re eroe renti] 
1756 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3, Torino. 


JUN 23 106 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 484 pubblicato il 11 Febbraio 1905 Vor. XX 


Prof. LorENZo CAMERANO 


L’Abate Giuseppe Olivi e la « Somatometria » moderna. 


L’Abate Giuseppe Olivi pubblicò nell’anno 1792 (1) l’opera intitolata: 
« Zoologia adriatica, ossia Catalogo ragionato degli Animali del Golfo e 
delle Lagune di Venezia; preceduto da una dissertazione sulla Storia 
fisica e naturale del Golfo; e accompagnato da Memorie, ed Osservazioni 
di Fisica, Storia Naturale ed Economia ». 

È questa una delle opere più notevoli intorno agli animali uscite per 
le stampe verso la fine del 1700 non solo per la quantità delle osser- 
vazioni che essa contiene e pei fatti nuovi che essa fece conoscere; ma 
anche perchè apparisce, a chi attentamente la consideri, opera informata 
a spirito di esame largo e spregiudicato. 

Ho già menzionato nel mio scritto su « Antonio Vallisneri e i moderni 
concetti intorno ai viventi (2) varie delle idee dell’Olivi intorno al modo 
di intendere i rapporti dei viventi fra di loro, la variabilità dei loro 
caratteri, l’azione che sui viventi esercitano le circostanze ecc. Desidero 
ora richiamare l’attenzione del lettore sopra uno speciale capitolo del- 
l’opera stessa che si collega nettamente colle moderne ricerche somato- 
metriche: 

Il capitolo in questione è intitolate: « Saggio sulla proporzionalità 
trovata nell’accrescimento de’ Granchi, delle Conchiglie e dei Pesci (3). 


(1) Bassano. 

(2) Memorie della R. Accademia delle Scienze 1905, Ser. II, vol. 55. 

(3) Op: cit. pag. 31 e seg. — «Il presente saggio, dice l’A. in nota, è tratto 
da una mia Memoria inedita, la quale non vedrà la luce; se prime l'argomento, 
di cui si tratta non sarà esteso a più oggetti », 


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L’Olivi comincia così : 

« La Matematica, che applicata ai grandi fenomeni della Natura li 
aveva sparsi di tanta luce, se fu rivolta agli esseri organizzati, non prese 
mai ad.esaminare se non la meccanica de’ loro movimenti, Eppure le 
loro forme presentano una regolarità, i loro accrescimenti conservano 
una certa rassomiglianza, che sembrano indicare di essere regolati dalle 
leegi di proporzione. 

« Ma veramente crescono essi proporzionali? e qual genere di pro- 
porzione regola i loro incrementi ? » 

« Mi parve, che per mezzo di osservazioni esatte si sarebbe potuto 
soddisfare ad entrambe queste ricerche; ed ho incominciato dall'esame 
di quelle spezie, che, come più semplici, potevano conservare meno al- 
terata cotesta destinazione della Natura, e segnatamente da’ viventi 
coperti da un integumento duro, il quale, consolidandosi appena formato, 
si esentava dall’ubbidire alle accidentali influenze, che potrebbero o im- 
pedire o diversificare l’effetto delle lesgi di proporzione. I Granchi 
adunque e le Conchiglie fissarono le mie prime attenzioni ». 

« Potrebbe sembrare a prima vista, che questi animali dovessero cre- 
scere egualmente in lungo, largo e profondo, ossia in ogni verso. Ma 
si rifletta, che le loro dimensioni sono ineguali fin dalla nascita ; e che 
quindi, se lor si aggiungessero parti eguali per ogni lato, la figura del 
tutto si cambierebbe, nè il corpo cresciuto conserverebbe la primiera 
sua forma. Non si verifica dunque nel loro accrescimento tal legge, 
quantunque sembri la più semplice, e naturale ». 

« Desideroso di scoprire a quall’altra obbedissero, presi ad esaminare 
le dimensioni de’ toraci de’ Granchi. Io aveva precedentemente osser- 
vato, che la spoglia che li copre, indurata che sia, non è più capace 
di accrescimento, poichè a cagione della sua. durezza non può dilatarsi 
per un interno sviluppo (întus susceptio), nè stante l'indole della sua 
configurazione può aumentarsi per addizione di materia agli orli, come 
succede nell’accrescimento delle Conchiglie. Io aveva veduto, che essi 
potevano crescere solamente nell’annuale riproduzione di spoglia. Allora 
per un meccanismo, che io potei riconoscere con precisione, la crosta 
sì sconnetteva in tre o più pezzi, e l’animale, già divenuto più grande 
di quella spoglia l’abbandonava, e ne sortiva coperto da una membrana 
molle, la quale in breve tempo s’andava consolidando a segno di diven- 
tare una crosta dura. Questa, subito dopo l’induramento, era maggiore 
della vecchia. Ho preso dungue esattamente la lunghezza e la larghezza 
della vecchia, e la lunghezza e larghezza della nuova di un individuo 
del Granchio ripario (Cancer Moenas Linn.), spezie atta a dimensioni pre- 
cise, perchè munita di un torace regolare nè alterato da strane sinuo- 
sità. E qui avverto in generaie, che non essendo tali le figure degli 
Esseri esaminati, che, come ad un parallelogrammo, convenga loro il 


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termine di lunghezza, intendo con le dette due voci due dimensioni nor- 
meli una all'altra, come due diametri in un circolo, e due assi in una 
elissi, e (più generalmente ancora) due diametri incrocicchiati in un 
punto nel mezzo del corpo, ma che sieno similmente posti (ossia sotto 
un angolo eguale) negli Esseri confrontati, a guisa dei lati omologhi 
delle fisure s72227/7 ». 

« Segnate dunque in tal maniera le dimensioni, ne ho istituita la pro- 
porzione, ed ho trovato che erano in una perfetta proporzione geome- 
trica, sicchè era lunghezza : larghezza del piccolo = lunghezza : larghezza 
del grande, ossia (come dicono) lunghezza a larghezza sempre in ragion 
espressa da questi due numeri = 10:12 poco più. (a) Ho ripetuto e va- 
riato le osservazioni sui Granchi e trovai costantemente lo stesso o un 
analogo risultato ». 

« Oltre ì toraci de’ Granchi io aveva voluto chiamar ad esame altresì 
le loro zampe ineguali, per la qual cosa ne ho istituita la proporzione 
tra le vecchie, e le nuove; ma non trovai in esse nè regolarità, nè 
costanza di proporzioni ». 

L'Olivi trova la causa di ciò nel fatto che le zampe si staccano fa- 
cilmente e vengono rinnovate varie volte dall’animale in forme alquanto 
diverse. 

Aggiunge il nostro A. « Colpito di trovare la proporzione ne’ Granchi, 
estesi le mie ricerche ad altri animali poco complicati, e forniti di parti 
dure, come son le Conchiglie....... « Presi le spoglie di due individui 
d’inegual grandezza (e per conseguenza altresì di età) della Venus Chione, 
e poscia delle altre; ne marcai lunghezza e larghezza nei punti della 
maggior distanza; istituitane poscia la proporzione, ho trovato lun- 
ghezza : larghezza della minore = lunghezza : larghezza della mag- 
giore (0) ». 

« Scoperta la proporzionalità nelle dimensioni di due individui di gran- 
dezza diversa, o di due differenti stati di grandezza dell’individuo me- 
desimo, io comprendeva bene che la stessa proporzionalità esisterebbe 
tra le dimensioni di tre individui diversi, o d’uno stesso individuo in 
tre età diverse, Con tutto ciò per potere fondatamente e con certezza 
asserire che tali Esseri crescevano proporzionali, io venni alla prova, 


(a) « Dalla figura fatta pel Cancer Moenas, si raccoglie meccanicamente, 
che il Diametro Minore sta al Maggiore, come il Seno di 47°,15' al Seno di 
62,30" cioò = 7343225 : 8870108, cioè prossimamente = 10:12 + (il segno + 
vuol dire che 12 è poco).....» 

(6) Misurati col Quadrante gli angoli del triangolo, due lati del quale rap- 
presentano le due dimensioni della Chama Cor, la dimensione minore alla 
maggiore è come il Seno di 50°,50' al Seno di 63",50'; cioè = 7753121; 8975161 
ossia prossimamente =10;12— (il segno — vuol dire che 12 è troppo), 


si BV 


che confermò la mia deduzione ; cioè, che l'accrescimento dei Granchi, 
come delle Conchiglie, segue una perfetta progressione geometrica con- 
tinua ». | 

« Trovato proporzionale l’accrescimento delle dimensioni d’una Con- 
chiglia intera, volli indagare se ancora qualche porzione particolare 
crescesse con siffatta norma del tutto; e me ne sono certificato coll’esame 
delle orecchie di differenti individui di alcune specie di Pettini, e se- 
gnatamente dell’Os/r'ea Jacobaea Linn. ». 

« L'esito, che seguiva le mie ricerche sugli Esseri coperti d’un inte- 
gumento solido e quasi pietroso, m'incoraggì a cercare se la proporzio- 
nalità si verificasse e mantenesse negli animali nudi, i quali, per essere 
o più complicati nella quantità e forma degli organi, o più soggetti alla 
influenza di molti agenti stranieri, potrebbero soffrire più modificazioni, 
e deviare dalla legge di proporzionale accrescimento ». 

L’Olivi scelse i Pesci, e particolarmente i Pleuronettidi e vi riscontrò 
verificata la sua legge. 

In seguito il nostro A. dice: « Io non aveva esaminato finora se non 
la proporzionalità delle lunghezze e larghezze, ma per estendere un po’ 
più oltre questa nuova vista sulla organizzazione degli Esseri, con- 
veniva cercare ancora il rapporto della grossezza o profondità colle altre 
dimensioni: dalla proporzionalità di tulte e tre risulterebbe la per- 
fe'ta proporzione degli individui ». © © 

...... «Io mi posi ad esaminare colla possibile diligenza le profondità 
di alcune tra le Conchiglie alquanto convesse, onde avere sensibile di- 
mensione da calcolare, e furono specialmente la Chama Cor, la Venus 
Chione, l Ostrea Jacobaea, ecc. Presa la profondità (cioè il diametro 
maggiore in essa dimensione) in due esemplari di grandezza diversa di 
ciascuna specie, e fattane proporzione colle rispettive lunghezze e lar- 
ghezze, trovai che la profondità nella grande era maggiore di quello che 
avrebbe dovuto per essere proporzionale ». 

« Trovata simile apparente deviazione in altri individui delle medesime 
Specie, io mi sono studiato di computare le differenze che alteravano le 
proporzionalità, e risultò che nella Chama Cor la profondità della minore 
eva presso a poco mancante di 4/, per essere in ragione dell’altre. Curioso 
di conoscere se fosse costante negli altri oggetti simile deviazione, ho 
esaminato diverse specie, ed ottenni costantemente il particolare risultato, 
che la profondità negl’individui maggiori era cresciuta più che non 
conveniva per mantenersi proporzionale. Non ho potuto però fissare in 
generale la quantità di un tale eccesso; imperciocchè, se si aumenta, 
Gome apparisce, in ragion dell’ età; se (odo anche varia, com’è presu- 
mibile, nelle diverse specie, riesce troppo malagevole e presso che im- 
possibile il calcotarli Mmoltre queste misure sono così tenui, che è dif- 
ficile stabilimio la differenza ancora nelle specie ‘particolari, cioè tra i 


Eee 


due o tre individui della stessa specie, tra i quali si è istituito l'esame. 


In due però della Venus Chione conobbi che la profondità della mag- 


1 : È 3 
7 la proporzionale; e mi parve che in generale nei 


giore eccedeva di 7 


denota ) ‘ol ‘ limit RO LR di 
maggiori delle altre specie l'eccesso si limitasse da -; a {> 


« Da questi adunque e simili tentativi risulta intanto, che mentre la 
lunghezza e larghezza crescono geometricamente proporzionati, la 
profondità (0 grossezza) cresce di più che non converrebbe per con- 
servare quella ProOporzione »....... 

+e... « Negli Esseri sopra indicati se, come crescono la lunghezza e 
larghezza, crescesse proporzionale ancora la profondità, le loro forme 
in tutte l’età si conserverebbero sî72%/7 (nel senso geometrico della pa- 
rola). Ad onta però della piccola deviazione della profondità, le forme 
sì mantengono rassomiglianti, perchè si mantengono simili le due prin- 
cipali e più rimarcabili dimensioni. A siffatta legge appunto fu confidata 
dalla Natura la mirabile conservazione dell’anaiogia di forme, che con- 
traddistingue gli individui di una medesima specie ». 

« Soventi volte occorre ai Naturalisti di trovare un Essere o male 
sviluppato, o sfigurato, e per conseguenza mancante delle note caratte- 
ristiche della specie, alla quale appartiene. In tale mancanza l’Osser- 
vatore avveduto conosce a quale specie convenga: egli giudica senza 
errare; ma non saprebbe egli stesso render ragione del suo giudizio, e 
potrebbe dir tutto al più di averlo riconosciuto all'apparenza esterna, 
col proprio colpo d’occhio. Se si analizzi una tal decisione, si troverà 
che l’abito esterno da lui consultato è il risultato della relazione della 
proporzionalità delle dimensioni; e cotesto colpo d’occhio, che lo deter- 
mîna, è il confronto di quelle proporzioni colla reminescenza delle propor- 
zioni medesime altre volte osservate negli individui di quella specie »..... 
| +...»€ Una verità trovata nel cammin delle Scienze frequentemente ci 
guida alla scoperta di altre verità nuove. Conosciuto che le lunghezze 
e le larghezze nei sovra esposti oggetti si conservano proporzionali, e 
conosciuto ancora che tra gl'individui di specie diversa, ancorchè di 
analoga configurazione, non esiste la proporzionalità, cui replicatamente 
ho cercata invano, si vede tosto che in due individui, ne’ quali le di. 
mensioni longitudinale e trasversale si trovassero proporzionali, appar: 
tengono alla medesima specie. Ecco una prima applicazione, dalla quale 
i Naturalisti potranno ritrarre un soccorso allorchè esitassero nella 
considerazione o di due differenti oggetti, ne’ quali non fossero ben di- 
stinti i caratteri, o di due della medesima specie, ne’ quali le rassomi- 
glianze fossero talmente sfigurate da accidentali variazioni, che appa 
rissero differenti. [o profittai di tal metodo per giudicare in qualche 
dubbio, cui non avrei saputo altrimenti decidere, e si vedrà dal seguento 


Catalogo, che in tal maniera conobbi l’identità delle specie dell’ Arca 
Glycemeris e dell’ Arca pilosa dal Linneo separate, ma che mi parevano 
analoghe per molti caratteri, e della diversità specifica del My/é/us 
anatinus, e del M. cygueus, i quali per l'oscurità e l’incertezza delle 
loro note caratteristiche mi sembravano identici ». 

« Non ho raccolto per anco osservazioni bastanti a provare che tale 
proporzionalità si verifichi negli Esseri più composti, l’esistenza de’ quali 
è legata alllazione di un maggior numero di cause; ma la loro rasso- 
miglianza di forma mantenuta nelle diverse età indica il loro avvici- 
namento proporzionale. Siccome poi in ragione della loro complicazione 
soggiacciono a più cause, così subiranno un maggior numero di varia- 
zioni, e forse di deviazioni. Cercare i diversi agenti che operano sopra 
di loro, scoprire le modificazioni che ognuno apporta alla legge 
generale, questo sarebbe veramente giungere tino a ridurre a cal: 
colo gli acerescimenti de° corpi organici; ma probabilmente a tal 
segno non si potrà arrivare giammai. Se tuttavia si facessero alcuni 
passi in questa carriera, io sarei lieto di averne segnato una traccia ». 

Non è il caso di discutere minutamente le conclusioni dell’Olivi; ma 
il lettore che ha qualche famigliarità coi procedimenti somatometrici 
moderni e colle loro applicazioni non potrà non riconoscere nell’Abate 
Giuseppe Olivi un notevole precursore. 


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1842 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzi 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


-—@"«c@ — 


N. 485 pubblicato il 9 Marzo 1905 Vor. XX 


Dott. M. G. PERACCA 


Assistente al R: Museo Zoologico di Torino. 


Note di erpetologia italica. 


Gymnodactylus hotskyiî Stndch. 


Nel' 1884 io trovai per la prima volta questa specie nei dintorni di 
Tàranto (1). Già allora io aveva segnalato il fatto curioso che mentre 
la specie era comune'nei' dintorni della città e sui muri delle case co- 
loniche intorno al mar Piccolo, di essa non si trovava più traccia oltre 
a'7 od 8 chilometri dalla Città. 

Nel 1898-99 ebbi occasione di fare più estese ricerche nei dintorni di 
Bari, Foggia, Taranto e Lecce. Ritrovai nuovamente il Gymnodactylus 
nei dintorni di Taranto, dopo però la specie pare diventata più rara. 
Nei dintorni di Bari non*potei personalmente scoprire il Gymnodactylus, 
ma ne trovai parecchi esemplari raccolti nei dintorni della città, come 
ebbe ad assicurarmene il prof. De Romita, nelle collezioni zoologiche del 
R. Istituto Tecnico. A Manfredonia, piccola città sul mare ai piedi del 
Gargano, potei constatare in modo certo la mancanza assoluta della specie 
poichè vi feci diligenti ricerche non solo in primavera ma in estate. 
Notisi che la specie ha abitudini diurne e che quindi è assai facile ri- 
levare la presenza del Gymnodactylus in una regione durante la buona 
stagione. 

Ad Otranto che visitai pure in estate non potei rilevarne la presenza. 
Non potei disgraziatamente visitare Gallipoli sul Jonio. Nelle località 
entro terra, quali Foggia e Lecce, dove feci lunghi soggiorni a parecchie 
riprese il Gymnodactylus manca assolutamente. 


(1) PeRracca. Sur la presence du Gymnodactylus Kotschyi Stndch. en Italie. 
Zooologischer Anzeiger. No. 179, 1884. 


Il fatto che la specie si trova a Taranto e Bari, porti che hanno un 
attivo commercio colla Grecia e colla Turchia, in un raggio di pochi 
chilometri fuori della città, mentre non trovasi nè a Manfredonia nè ad 
Otranto dove il commercio è nullo, nè nelle località entro terra, dove 
pure, come sulla costa, abbondano la Tarentol[a mauritanica e \° He- 
midactylus turcicus, lascia supporre che la specie possa essere stata 
importata. 

Finora la specie non è stata segnalata in Sicilia. 


Lacerta sardoa Peracca. 


Nulla posso per ora aggiungere intorno a questa specie non avendo 
altro materiale. Solo mi preme di riparare all’ommissione in cui incorsi 
nella mia nota, dichiarando che fu il signor Giuseppe Meloni di Lanusei 
(Sardegna) ad inviare il primo esemplare della specie al nostro Museo. 


Chalceides ocellatus Forsk. var. tiligugu Blgr. 


Questa specie fu trovata anni sono per la prima volta nell'Italia con- 
tinentale dal prof. Monticelli a Portici presso Napoli. Essa è quasi eslu- 
sivamente limitata al Bosco reale annesso ora alla R. Scuola d’ Agricoltura. 
Con ogni probabilità la specie venne ivi importata. Tutti gli esemplari 
di Portici che ho esaminato presentano 30 serie longitudinali di scaglie 
come gli individui di Sardegna e di Sicilia (un esemplare di Catania 
presenta 32 serie) e vanno riferiti alla var. tiligugu del Boulenger (1) 
propria del Nord Africa ad est del Marocco. 


Cofuber leopardinus Bonp. 


Questa specie ha pure in Italia una curiosa distribuzione geografica 
che fa pensare, come pel Gymnodactylùs, alla possibilità che essa sia 
stata importata. Essa non si trova nell'Italia continentale che a sud di 
una linea che riunisse Bari con Taranto. È comune a Bari ed in tutta 
la provincia di Lecce. Le due varietà (leopardinus Bnp. e quadrili- 
neatus Pall.), sono egualmente frequenti, ma la varietà a macchie è 
senza dubbio più comune in campagna, mentre la varietà lineata pre- 
domina nelle città e villaggi. La specie è conosciutissima in paese ap- 
punto per la sua abitudine di frequentare le case dove caccia attivamente 
i topi nelle cantine, sui solai e sui tetti. Mentre a Bari, Lecce ed Otranto 
non v'è chi non conosca le sicare (varietà a macchie) ed i geusî (va- 


(1) G. A. BouLENGER. On some Reptiles collected by sig. Brichetti Robecchi 
in Somaliland. Annali Museo Civico di Storia Naturale di Genova Serie 2°, 
vol. XII (XXXII) 1891. 0 


rietà lineata) a Foggia, Manfredonia ed a Monte St. Angelo sul Gargano 
nessuno sa di serpi che abitino la città. ! 

E curiosa una leggenda che corre in tutte le località sopranominate 
e che mi fu con serietà degna di miglior causa ripetuta non solo dalla 
gente del popolo, ma da persone colte della città, quasi colle stesse 
parole. La sicara è ghiottissima del latte e di notte si avvicina nel 
dormiveglia alle madri che allattano. Con una delicatezza infinita (!) la 
silenziosa sicara sale sul seno della madre, introduce l’estremità della 
coda tra le labbra del bambino, che si scosta, ed afferra colla bocca il 
capezzolo suggendone il latte, fuggendo poi rapidamente appena madre 
e bambino spaventati, si accorgono del tiro birbone. 

In tutta la Calabria, dove feci diligenti ricerche ed inchieste a Me- 
taponto, Sibari, Cosenza, Catanzaro, Reggio, Bagnara calabra e S. 
Eufemia di Aspromonte, la specie è sconosciuta. 

In Sicilia essa esiste a Catania e dintorni, 

Fra le varietà a 22acchie e lineata esistono numerose e svariate forme 


«di passaggio. 


Rana graeca Blgr. 


Questa specie venne da me segnalata per la prima volta in Itaiia nel 
1897 (1). Oltre alle regioni montuose dei dintorni di Firenze, Perugia 
e Siena ebbi campo nelle escursioni fatte nel 1898-99 di accertarne la 
presenza nelle regioni montuose della provincia di Roma (ue esistono 
parecchi esemplari raccolti sui monti romani nel Museo Zoologico della 
R. Università di Roma) ad Avellino, a Benevento, a Potenza di Basili- 
cata, nei monti sopra Reggio di Calabria ed a S. Eufemia di Aspromonte. 
Nelle raccolte del Museo Zoologico della R. Università di Napoli se ne 
trovano pure parecchi esemplari raccolti dal compianto prof. A. Costa 
nei monti sopra Lagonero ed a Meta. 

Recentemente un giovane naturalista livornese, il sig. Pietro Bacci, 
mi mandò in esame alcune rane rosse raccolte a Montebruno (provincia 
di Geuova verso il confine della provincia di Pavia) che senza dubbio 
vanno riferite alla Rana graeca. Questa specie, che si troverà probabil- 


mente in tutto l’apennino ligure, occupa adunque l’intera catena dell’a- 


pennino dalla Liguria (Montebruno) all’estrema punta calabra (monti 
di Reggio). 

Nel 1904 essa venne infine segnalata dal sig. Angelo Ghidini in diverse 
ocalità del Canton Ticino (2). 


(1) PeRacca. Sulla presenza della Rana graeca in Italia. Bollettino dei 
Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, N. 286, vol. XII, 1897. 

(2) Revisione delle specie di batraci incontrati nel Canton Ticiro. Bollettino. 
della Società Ticinese di Scienze Naturali, N. 2, anno I, 1904, Locarno. 


DERE, e 


Questo’ fatto inatteso della presenza della Rana graeca nel Canton. 
Ticino, mentre finora essa non venne segnalata nelle Alpi a levante ed 
a ponente della stessa località, fa un curioso riscontro colla presenza 
dello Spelerpes fuscus Bnp. trovato nel 1897 dal sig. Pietro Giacomelli 
nei monti della provincia di Bergamo (1). Lo Spe/erpes fuscus, come si 
sa, non si era finora trovato che nelle Alpi marittime, nell’Apennino 
fin sopra Firenze ed in Sardegna. 

Fuori d'Italia la Rana graeca oltre che in Grecia, dove fu trovata 
per la prima volta, è stata segnalata dal dott. F. Werner (2) in Bosnia. 


Molge italica Peracca. 


Questa specie era finora stata trovata a Potenza di Basilicata, Cam- 
pobasso e Lecce. In altre escursioni ebbi occasione di rinvenirla in ab- 
bondanza ad Avellino, dove pure trovai numerosi individui branchiati 
perfettamente adulti, quantunque si tratti di località molto meno elevata 
sul mare (metri 500 circa) che non Potenza (metri 830 circa). Nelle 
raccolte zoologiche del Museo di Napoli riscontrai pure parecchi esem- 
plari di Mo/ge italica raccolte dal prof. A. Costa a Meta (provincia 
di Caserta) e sui monti sopra Lagonero. 


(1) Erpetologia Orobica. Materiali per una fauna della provincia di Bergamo... 
Atti dell'Ateneo, vol. XIII. 
(2) Rana graeca in Bosnien. Zoologischer Anzeiger, N. 526, 1897. 


1888 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. i; - Torino. 


JUN 299 1406 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


fa 


N. 486 pubblicato 111 Marzo 1909 —— Vor XX 


Prof. LorENzo CAMERANO 


Materiali per la storia della Zoologia in Italia 


nella prima metà del secolo XIX, 


Sono note le vicende politiche dell’Italia nella prima metà del secolo 
XIX ed è noto come in questo periodo di tempo la parte migliore delle 
energie fosse rivolta a lottare contro i molteplici ostacoli che impedivano 
la costituzione della Patria italiana. 

Malgrado ciò non è da credere che venisse meno l’amore per le scienze, 
anche per quelle che allora alla generalità apparivano meno utili e più 
delle altre erano ritenute dalla reazione, quasi ovunque trionfante, peri- 
colose per le conclusioni loro all'ordine morale e sociale. Veniva in primo 
luogo fra esse la scieuza dei viventi. Si concedeva al naturalista la 
descrizione materiale dei fenomeni naturali; ma si ostacolava in mille 
guise la deduzione di qualsiasi legge che potesse indurre qualche dubbio 
intorno alla veridicità ed infallibilità delle tradizioni religiose e dei detti 
delle Sacre Carte. Se talvolta in opere stampate « con approvazione ». 
nel periodo di tempo in discorso troviamo idee e concetti arditi e per, 
nulla « ortodossi » ciò, io credo, dipese dall'avere l’A. saputo presen-. 
tarli sotto veste innocente, avvolgendoli in modo da non dar nell'occhio. 
del « prudentissimo » revisore, o forse anche talvolta dipese dalle scarse 
conoscenze di Filosofia naturale del revisore stesso, il quale non sempre 
riconobbe, come allora si diceva, « il pericoloso veleno » nascosto nelle 
conclusioni degli studiosi dei fenomeni della natura. di 

L’ingegno italiano seppe tuttavia, malgrado gli ostacoli, affermarsi 
anche nella prima metà del secolo XIX, come già aveva saputo in tempi 
più antichi in cui più feroce e sanguinoso imperversò l’oscurantismo. 

Ricercando bene nelle opere o stampate o manoscritte dei. naturalisti, 


x De 9 lea 


italiani che esplicarono la loro attività nella prima metà del secolo XIX 
si sinunee a conchindere che quello spirito filosofico largo e spregiudi- 
cato che animò le opere di Giordano Bruno, di Giulio Vanini, di Galileo, 
di Redi, di Malpighi, di Vallisneri, di Spallanzani, per non ricordare 
qui che alcuni fra i nomi più spiccati, non venne mai intieramente meno, 
quantunque dopo il 1815 la reazione avesse contro quello innalzato 
un'alta barriera ed avesse tentato di arrestarlo e di soffocarlo, Il terreno 
della filosofia naturale rimase così in Italia ben preparato ad accogliere, 
più rapidamente che non in altre nazioni, i concetti moderni appena la 
libertà di pensiero concesse agli italiani di ogni regione di poter libera- 
mente studiare ed interpretare i fenomeni della natura. 

Il periodo della storia delle scienze dei viventi in Italia della prima 
metà del secolo scorso, e in particolar modo quello che va dalla caduta 
della egemonia francese al trionfo delle idee liberali e alla costituzione 
della nazione italiana, deve venire studiato più completamente di ciò che 
non sia stato fatto fino ad ora. 

Si dirà che questo periodo della scienza dei viventi in Italia non ha 
che « fimure secondarie » ma io credo di essere nel vero affermando che 
nella storia delle scienze le così dette « fisure secondarie » non solo non 
debbono venir trascurate, ma si deve in esse riconoscere molta impor- 
tanza nello studio del formarsi delle varie correnti del pensiero filosofico 
di un determinato periodo di tempo. 

In precedenti scritti ho cercato di riunire alcuni materiali riguardanti 
la storia della Zoologia in Piemonte (1). 

Un nuovo contributo spero possa essere lo scritto presente che ri- 
guarda particolarmente vari trattati di Zoologia che ebbero nel periodo 
sopramenzionato più o meno ampia diffusione ed alcune pubblicazioni, 
come prolusioni e discorsi, che coll’insegnamento hanno più stretto rap- 
porto. Ho anche menzionato alcune opere di indole accademica notevoli 
per le idee di filosofia naturale che esse contengono. 

Come è detto nel titolo del presente lavoro, si tratta di una riunione 
di materiali perciò non credo conveniente venire a conclusioni genera", 
Credo tuttavia che qualcuna di queste si profilerà con sufficiente chia- 
rezza alla mente del lettore, e una in particolar modo, che non è d’uopo, 
formulare, che lo condurrà, da una parte ad ammirare l’opera di quelli 
fra i nostri predecessori che seppero in tempi assai duri continuare la 
buona tradizione italiana nella ricerca del vero, e dall'altra a benedire 


(1) La vita scientifica di Michele Lessona, Mem. R. Accad. Scienze di To- 
rino, Ser. II, vol. XLV, 1895. — Contributo alla storia dalle teorie Lamarc- 
kiune in Piemonte. — Il Corso di Zoologia di Franco Andrea Bonelli, Atri 
R. Accad. Scienze di Torino, vol. XXXVII, 1902. — I Manoscritti di Fr anco 
Andrea Bonelli, Atti Congres, storico intern. di Roma del 1903, vol. XII, 1904, 


il bene inestimabile della libertà di ricerca scientifica e della libertà del ‘ 
pensiero, 

Le opere di cui verrò parlando vengono da me considerate unicamente 
dal punto di vista dei concetti generali di filosofia naturale che li in 
formano, 


* 
* 


Nell'anno 1808 vennero stampati a Milano (Stamp. Reale) « Gli Ele- 
menti di Storia Naturale degli animali ad uso dei Licei del Regno d’Italia 
del prof. Ermenegildo Pino B. (1) », libro che ebbe allora notevole dif- 
fusione. 

Il prof. E. Pini aveva prima tradotto in italiano gli « Elementi di 
Storia Naturale del Leske », Milano 1785, vol. 2. (Nell’Imperial Moni- 
stero di S. Ambrogio Maggiore) ed aveva nell’anno 1773 pubblicato la sua 
« Introduzione allo studio della Storia Naturale » (Milano, stamperia 
Morelli) in cui sosteneva l’utilità dello studio della Storia Naturale. 

Nella prefazione al libro’ del Leske scritta dal Pini vengono mossi 
appunti alla Catena degli esseri del Bonnet e vengono sostenuti i prin- 
cipî ed il sistema di Linneo. 

Il Pini scrisse il suo trattato in gran parte sulla guida di quello del 
Leske; nella introduzione intitolata « Sulla Unicità degli Effetti fisici e 
sulle loro variazioni » combatte più estesamente il concetto del Bonnet 
Cercando nel trattato stesso i principî di filosofia naturale troviamo an- 
zitutto queste asserzioni molto recise che si vede derivano dai principî 
Linneani; principî che l’A. segue in massima parte anche nella descrizione 
dei caratteri e nella classificazione, $ 8 (pag. 2) — « Sebbene dalle arrecate 
proprietà vengano stabiliti i limiti di ciascuno dei tre regni di natura, 
pure trovansi certi corpi, nei quali è difficile il determinare a qual regno 
essi appartengono: ond’è che alcuni naturalisti stimarono che ad ogni 
divisione si possano sempre trovare esseri intermedî, i quali formino la 
così detta cafena degli esseri. La cosa però è altrimenti ; perciocchè è 
bensì vero che talora noi non sappiamo decidere, se un essere che si 
presenta ai nostri sensi, sia per esempio, un animale ovvero un vegetale; 
anzi può intervenire che si prenda in iscambio l’uno per l’altro, sic- 


(1) Il nome dell'A. è scritto « Pi20 » mentre in altri suoi scritti è stampato 
« Pini». Pare che quest’ultima lezione sia la buona. Dice un suo biografo, 
Cesare Rovida (Elogio di Ermenegildo Pini — Mem. di Fisica del vol. XX 
degli Atti della Zoc. Italiana delle Scienze residente in Modena — e Milano, 
Gaspare Truffi, 1832) « Sebbene il N. A. negli ultimi anni, unicamente per 
aderire al desiderio de’ suoi congiunti, abbia usato chiamarsi Pino, io con- 
tinuerò sempre a chiamarlo Pini, come in origine praticavasi dalla sua fa- 
miglia, » E. Pini barnabita nacque nel 1739 e morì nel 1825. 


= 


come già avvenne ne’ coralli che per lungo tempo furono riguardati 
come piante marine. Ma il nostro dubbio, o il falso giudizio, ed in genere 
la nostra ignoranza della vera costituzione di un dato essere, non in- 
fluisce punto su di questo. In natura non esiste nè il dubbio, nè il falso; 
tutto è deciso e tutto è realtà. Quell’essere pertanto che si riconosce 
come organizzato, realmente o sente o no. Se sente è un animale; se 
non sente è un vegetale, e però non sarà mai un essere intermedio tra 
l’uno e l’altro », 

In seguito leggiamo le parole seguenti: « Tutte le vere o naturali 
specie hanno avuto origine da esseri singoli; sebbene al presente molte 
specie sieno reputate tali; le quali forse per innanzi erano soltanto va- 
rietà. Le cagioni della degenerazione delle specie sono molto diverse 
secondo la diversità dei corpi ». 

Il Pini ammette con Linneo l’uomo nella serie dei mammiferi e ne 
costituisce il 1° genere dell'Ordine dei Primati e discute a lungo le ras- 
somiglianze e le differenze coll’orang-utang, e se quest’ultimo possa con- 
siderarsi come derivato per degenerazione dall'uomo stesso. Egli con- 
chiude che questa idea non può accogliersi. « Dalle arrecate diversità 
conchiudesi parimente, che tra l’uomo e l’orang-utang rimane ancora 
un grande voto, per cui questa scimmia non sì può considerare come 
un anello della immaginata catena degli esseri ». pal 

Egli conchiude : « Quando pure negli esseri si potessero formare certe 
serie, esse dovrebbero rappresentarsi non per una catena, ma anzi per 
una rete, in cui le macchie ed i nodi si connettono per diversi rispetti, 
come gli esseri sì possono connettere per diversi rapporti ». 

Il concetto della derivazione delle specie l’una dall’altra per un pro- 
cedimento degenerativo era in sul principio del secolo XIX discussa da 
varî fra gli altri dal Bonelli a Torino nelle sue lezioni (1). 

Ermenegildo Pini si occupò pure in vari scritti di argomenti geologici 
« Sulle rivoluzioni del globo terrestre provenienti dall'azione delle acque » 
(1790-92) — « Sugli animali fossili » (1805). In questi lavori, come dice 
il suo biografo, Rovida sopracitato, « I filosofi non troveranno il geologo 
filosofo: ma un geo/090 biblico sommamente rispettabile. » Il Pini infatti 
ritiene che nella Storia Mosaica trovansi tutti ì criterii del vero e che 
chiunque si oppose negli argomenti sopradetti alla Storia Mosaica stessa 
« fu un ragionatore senza osservazione, od un osservatore senza priu= 
cipi >». 


(1) Confr. L. CameRANO, Contributo alla Storia delle teorie Lamarckiane 
in Italia. — Il corso di Zoologia di Franco Andrea Bonelli. — Atti R. Acc, 
Scienze, vol. XXXVII, 1902, 


ia 


* 
* * 


In una pubblicazione di Giulio Corsi Viano intitolata: « Meccanismo é 
natura della elettricità — Arie fattizie — In Asti, Stamp. Zucconi e Massa 
1805, si legge a pag. 26, il seguente notevole passo : « La graduata pro- 
gressione delle ammirabili operazioni della natura, evidentemente mani- 
festasi in tutte le aggregazioni sì parziali, che generali de’ suoi identi- 
ficati e ben distinti regni, aventi in quanto a loro aggregati intrinseci 
de’ lor circoscritti limiti, ma non rapporto alli elementarî principî com- 
ponenti le predette aggregazioni appartenenti a ciaschedun regno, Se a 
vece di presumere rinvenire quel misterioso anello, ch’ erroneamente 
vorrebbesi esistere fra il regno animale e vegetabile, con analizarsi il 
genere de’ polipi, e ciò più colla esaltata immaginazione che colla ra- 
gione, come ancora il vantarsi nella disamina delle metalliche, e fossili, 
eflorescenze potersi ritrovare quel legame, ch’unire credesi il regno ani- 
male al vegetabile, se a vece, dico si fosse con non preoccupata medita 
z'one considerata quelia generale circolazione degli elementari principî 
insiti nelle ben distinte aggregazioni formanti li suddivisati regni, si 
sarebbero fatte con somma facilità delle luminose scoperte a grande nostro 
profitto ». 

Lo stesso Autore in un’altra sua pubblicazione: « Dissertazione sopra- 
l’eccitabilità vegetabile, Torino, Stamp. Bernardino Barberis 1806 », 
Ammette una notevole concordanza fra l’eccitabilità dei vegetali e quella 
degli animali. 


* 
* 


Giacinto Carena nella sua: « Dissertatio de Animalium et Plantarum 
analogia » fatta nello Studio Torinese nell’anno 1805 (Taurini ex typo= 
graphia phylantropica) ad phylosophiae professoris gradum ossequendum, 
sostiene le tesi seguenti: « I. Ortus, incrementum, vita, et mors ani- 
malium, atque vegetantium maximam eorundem analogiam comprobaut; 
IT. Eadem confirmantur Insitione, Fecunditate, Morbis internis, atque 
externis, Somno, aliisque proprietatibus communibus; III, Chaemica 
‘animalium, et vegetabilium analysis ferme eadem exbhibet principia; 
ideoque analogia etiam post eorum mortem inter omnia organica cor- 
pora servantur >. 

Più tardi lo stesso A. pubblicò lo scritto seguente: 

Pensieri sull’istinto tanto negli animali che nell’uomo (Memorie Reale 
Accademia delle Scienze di Torino, vol. XXXV, 1831). 

Egli ritiene che gli atti che compiono gli animali sono così stabiliti 
dall’ « amantissima natura ». Essa sola fa gli animali ministri irresisti- 
bili della protezione e delle cure che esige la vegnente generazione per 


quella disposizione che in essi induce, dalla quale derivano necessaria: 
mente quei tanti sorprendenti effetti ch'uom non si stanca dall’ammi- 
rare, e ne’ quali gli par proprio vedere squisitezza di sentire e sublimità 
di intendimento ; nè s’inganna: chè, e sentimento squisito, e intendi- 
mento sommo e perfetto trovansi nella economia e nelle azioni degli 
animali, cioè trovansi in Dio che così li ha formati. Nè in altra ma- 
niera s'ha, cred’io, a giudicare della pretesa fede coniugale dei colombi 
e delle tortorelle, del compagnevole abitare della rondinella coll’uomo, 
e del securo nidificare di essa nella casa, e talora nella stessa camera 
di lui della vantata fedeltà del cane verso il suo padrone, della lodata 
pazienza e della utile sobrietà dell’asino e simili », 

« E quanto al cane, se noi chiamiamo amicizia quelle continue non 
simulate carezze che egli fa al suo padrone, e ancora quel non poter 
stare lontano da J]Jui, e fedeltà quel difenderlo che egli fa nella roba e 
nella persona, qual nome daremo a quell’esporre per lui la propria vita, 
al lasciarsi talora morire di fame in sulla tomba dell’estinto padrone! 
Queste qualità giungerebbero nel cane sino all’eroismo, e ciò sarebbe 
evidentemente un provare troppo più che non si vorrebbe ». 

« E come mai questa del cane si potrà chiamare vera fedeltà, se 
nell'intera specie non havvi forse un solo esempio del suo contrario l’in- 
fedeltà ? » ....« nel cane e in altri animali, sono certe qualità che pro- 
ducono in noi stessi effetti che le qualità morali produrrebbero e al- 
lora, con un errore quasi volontario, non del nostro intelletto, ma del 
cuor nostro, noi le teniamo come vere qualità morali che sian nei bruti, 
le quali, a dir vero, talmente alle libere doti dell’uomo si assomigliano, 
che diflicilmente uuo può trattenersi dal farne paragone, quantunque 
le prime, mancando propriamente di libertà e di vera volontà, si tro- 
vino dalle seconde per immenso tratto. separate. E grandissimo pure 
è lo spazio tra i bruti e l’umana specie, se si ragguarda alle qualità 
che all’intelletto più propriamente si riferiscono. Egli è verissimo che 
molti animali percepiscono, rammentano, paragonano, e tirano conse- 
guenze, civè formano dei veri giudizi. Egli è vero altresì, che un certo 
grado di perfettibilità non manca, se non alla specie, almeno agli in- 
dividui..... Ma tutto ciò negli animali si eseguisce entro limiti assai 
ristretti, poco varianti da un individuo all’altro, non mai superabili dalla 
specie intiera, e sempre gli stessi nelle successive generazioni. I quali 
limiti, quand’anche l’umana fantasia non si faccia ad allargare troppo, 
offrono ancora un vasto campo alla nostra ammirazione ; la quale, in 
certo modo è più giusta e più vera rispetto alle azioni dei bruti, che 
non alle operazioni dell’umana specie, perchè in quelle tutto è opera 
della Natura, cioè di Dio, in queste mista con l’opera di Dio è quella 
dell’uomo, di necessità meno perfetta. Perciocchè la natura non ha vo- 
luto sottrarre totalmente l’uomo dai moti dell’istinto, cioè dalle azioni 


Gomandate dalla Natura stessa, el infallantemente dirette ad un deter: 
minato scopo; ma piacque ad essa di dare certe leggi all'uomo, come 
il maestro dà al fanciullo versi rotti, o frasi travolte, per lasciare a 
lui il merito o il demerito della buona 0 mala collocazione delle parole 
posposte ». 

Questo bel ragionamento del Prof. Carena, viene a (dir questo: la 
Natura, vale a dire Dio, ha creato gli animali con tutte le perfezioni 
necessarie affinchè essi possano vivere e prosperare in modo che non 
avesse più da occuparsene ; poi ha fatto l’uomo e ad esso ha negato una 
parte degli attributi degli animali, lasciando che si sbrighi come può fra 
le difficoltà della vita salvo poi a premiarlo o a punirlo secondo il suo 
operato. 

Dice poi il nostro A. parlando « dell’immensa superiorità dell’uomo 
sul rimanente degli esseri animati ». « Gli uni, volendo pur misurare ìl 
grado dell’intendimento col grado di eccellenza delle azioni le quali un 
intendimento fanno presupporre, e troppo confidando nella legge di con- 
tinuità, fermarono come un corollario di essa che la spiritualità vada 
gradatamente scemando dall'uomo ai bruti più perfetti, e da questi ai 
meno perfetti, con che in questa scala niuna linea discerner si possa 
di una vera separazione ». 

« Altri, paventando le conseguenze di questa insensibile gradazione che 
suppone la spiritualità da per tutto, e il principio di essa in nessuu 
luogo, immaginarono che le azioni dell’uomo e quelle dei bruti abbiano 
una ragione affatto diversa, epperciò non siano da sottoporsi a niuna 
comune misura; per essi tutto è materia e necessità nelle azioni del 
bruto, tutto spiritualità e libertà in quelle dell’uomo ; ponendo così tra 
questo e tutti gli altri animali uno spazio tanto grande quanto è quello 
che la materia dallo spirito disgiunge ». « La filosofia non istette guari 
tempo contenta a questa maniera di ragionare, contro la quale surseru 
infatti insolubili diflicoltà ». 

«Io penso che per altra miglior via s'abbia a giungere alla risolu- 
zione di questo intricato problema. E primieramente è da dirsi come le 
azioni tutte degli esseri animati si possono in queste tre categorie di- 
stribuire: Azioni d'istinto, quelle cioè che non sono comandate dalla 
volontà, nè regolate dalla attenzione, e non sono il risultamento di ve- 
runa precedente esperienza; queste azioni sono limitate alla conserva- 
zione dell'individuo, e a quella della specie: esempio nella palpebra che 
rapidamente si chiude a difesa dell’occhio ecc. Azioni d’ abito, quelle 
cioè le quali, per effetto di assiduo esercizio, si giuuge ad eseguire, 
seuza sforzo, con pochissima attenzione, e senza la rimembranza degli 
atti intellettuali da cui quelle azioni dovettero di necessità essere ac- 
compagnate le prime volte, ecc. 

« La terza categoria è quella delle azioni liberamente volute e pen: 


satamente eseguite, con accompagnamento della Riflessione cioè col- 
l’idea e del volerle e dell’eseguirle ». 

«In tutti gli animali si trovano le azioni della prima categoria ossia 
le istintive; in alcuni di essi, i più capaci di educazione, si osservano 
pure quelle di abi/o ; l’umana specie sola riunisce in sè tutte e tre le 
indicate maniere di azioni, ma quelle della terza formano un privilegio 
tutto suo proprio ; e l'aver taluni creduto altramente, parmi provenga 
dal falso modulo da essi tolto a misura delle azioni. Conciossiachè il 
criterio che debbe regolare l’ordine degli esseri animati, rispetto alla 
eccellenza loro relativa, non debbe fondarsi sul paragone delle varie 
azioni, attribuendo più d’intendimento a quegli animali, le cui azioni 
sembrano più ingegnose, quando queste siano puramente istintive, al- 
tramente le api, per la loro monarchia elettiva nelle sole femmine, per 
la geometrica fabbrica delle esagone cellette dei loro favi, per la pe- 
riodica uccisione dei maschi ecc. s’avrebbero a dire dotate di maggior 
ingegno che non il cane od il cavallo, o altri consimili animali, nei 
quali è pur evidente la maggioranza dello intendimento. Ezli è noto 
infatti, che le azioni istintive sono poche nell’uomo incivilito, più nu- 
imerose nel selvaggio; poi crescono di numero negli animali inferiori, 
sì che moltissime sono, e tutte stupende, in quella delle classi infime, le 
quali per altra parte sono evidentemente le più stupide ..». 

Dice inoltre il nostro A. che il Naturalista filosofo per venire ad una 
buona distribuzione degli esseri animati deve seguire la strada dell’in- 
terna struttura. « Ma al Filosofo Metafisico e Moralista questa naturale 
distribuzione degli esseri animati non basta; egli vuole circoscrivere 
entro sicuri limiti la Libertà, la Spiritualità, l’Immortalità, e hannovi 
alcuni i quali, per non sbagliarla, pensarono di tirare una linea di se- 
parazione tra l’uomo e i rimanenti animali: ciò è evidentemente un ol- 
trepassare di molto lo scopo che si aveva in mira: questa separazione 
è incerta ed ingiusta, e lascia libero campo ad obbiezioni di risoluzione 
troppo difficile e forse impossibile ». 

‘ « Ora io penso che la linea di separaziono, anzichè tirarla tra l’uomo 
e i rimanenti animali, s'abbia a condurre, per dir così, nell'uomo stesso, 
sì che essa separi quel molto che in esso si trova d’animale, da [quel 
poco, ma preziosissimo; che forma l'essenza sua vera, cioè la triplice 
facoltà della Volontà; della Attenzione e della Riflessione. Dotata di 
questà triplice facoltà, l’umana specie sola gode del privilegio impara- 
gonabile di una perfettibilità indefinita, che gli individui possono_acqui- 
stare, trasmettere ad altri, e quindi alla specie intera, nelle successive 
generazioni ». sd 

Il Carena conchiude'il suo lavoro colle parole seguenti : 

« Tuttavia sarà sempre vero che, meditando sulle azioni umane not 
sì può a nieno di scorgere ‘imperfezione, debolezza, vanità, è qualcosa 


di peggio, almeno da quel canto per cui l’uomo ‘è assoluto attore delle 
azioni sue e vero artefice, talora inesperto e sconsigliato, della terreria 
sua felicità, laddove nelle azioni degli animali, quantunque ristretto 
entro limiti assai più angusti, ogni cosa è perfetta e divina, perchè 
Ogni cosa tende infallantemente al divino scopo della Creazione e della 
Conservazione di questo tutto che si vuol chiamare Universo : il quale 
è sì metodico, sì meraviglioso, sì maestrevo'e, sì divino, che niuna 
gente, se non malsana, può crederlo fabbricato a chius’occhi dal caso », 

« Queste riflessioni, per poco che elleno sian vere, dimostrano con 
quanto poco di ragione taluni credano, o almeno dicano, che lo studi» 
della natura è producitore di materialismo e d’empietade ». 

Ho insistito alquanto intorno al lavoro del Carena non pel suo valore 
intrinseco, perchè anche considerato il tempo in cui venne scritto non 
è che la ripetizione di idee superficiali intorno alla questione che egli 
tratta unite con concetti teologici che potevano essere meglio espressi, 
e più logicamente svolti; ma pel fatto, che serve a chiarire quali fos= 
sero le idee dominanti a Torino nel campo accademico alla morte di 
F. A. Bonelli (avvenuta appunto nel 1830). Il Bonelli, comè ripetuta- 
mente ho già ricordato esser seguace convinto delle idee del Lamarck, 
e queste idee esponeva dalla cattedra. Per quanto risulta dalle ricerche 
fatte, non ebbe però molestia alcuna; ma, si direbbe, che venne lasciato 
solo ad ‘esporre le sue idee, e morto lui, più nessuno ne patlò. 


ala 

Una speciale considerazione è d’uopo rivolgere alle opere di G. Brocchi 
e particolarmente al Capitolo 6 della « Conchiologia fossile subapen- 
nina (1)» intitolato « Riflessioni sul perdimento delle specie » dove sono 
espresse idee molto notevoli non solo per il tempo in cui vennero scritte; 
ma anche perchè esse preludiano chiaramente a quelle che nei tempi 
nostri vennero espresse da varî autori e in modo particolare estesa- 
mente sviluppate e fortemente sostenute dal prof. Daniele Rosa nel suo 
libro « La Riduzione progressiva della variabilità e i suoi rapporti col- 
l'estinzione e coll’origine delle specie (2) ». 

Incomincia il Brocchi il suo capitolo così: « L’osteologia e la conchi= 
liologia fossile sarebbero studì sterili e poco meno che inconcludenti se 
non si volesse rintracciare quale correlazione esse habbiano l'una colla 
zoologia del mondo attuale, e l’altra con la conchiologia de’ nostri mari; 
Ma quaiora di proposito ci mettiamo a questa impresa e con tutta quella 
ponderazione che l'argomento richiede, siamo altamente sorpresi di scor- 


‘(1) Milano; Stampetia Reale, 1814, 
‘(@) Torino, Carlo Clausen, 1899. 


PA 


gere in Quanto gran numero sieno i testacei e.i quadrupedi fossili che 
non si possono riferire alle specie cognite e viventi. Rimane dunque da 
sapersi ciò che possa essere addivenuto di essi ». 

Dopo aver passato in rassegna varie cause probabili di tale fatto, il 
Brocchi dice: « Quanto a me, credo che sia del tutto superfluo di an- 
gustiare tanto l'ingegno e di ricorrere a cause accidentali ed estrinseche 
per la spiegazione di un fatto che si può giudicare dipendere da una legge 
generale e costante. Perchè dunque non si vorrà ammettere che le specie 
periscono come gl’individui, e che abbiano al paro di questi un periodo 
fisso e determinato per la loro esistenza? Ciò non deve apparire strano, 
considerando che nulla è in istato di permanenza sul nostro globo, e 
che la Natura mantiensi attiva con un circolo perpetuo e con una pe- 
renne successione di cambiamenti ». 

Il Brocchi parla della varia durata della vita secondo le specie e ag- 
giunge: « Com'è stata circoscritta la durata così si sono posti confini 
all’incremento rispetto alle dimensioni che i corpi debbono attignere, 
vale a dire, fu ristretta entro a certe norme la forza di sviluppo; legge 
ch'è stata del pari diversamente applicata dalla monade impercettibile 
che non è che un punto animato, fino al colossale elefante ». 

« Apparisce quindi che nella creazione degli esseri organici si governò 
la Natura con calcoli di misura e di tempo, e che regolò l'uno e l’altro 
a suo beneplacido con fine diretto e con determinata intenzione. Che se 
lasciò qualche arbitrio al Caso di derogare ai suoi decreti, egli è più 
per abbreviare che per estendere quei primi limiti da lei statuiti, come 
famigliari esempi lo dimostrano. Gli individui che non giungono a com- 
piere intero lo stadio naturale della vita, sono in numero maggiore degli 
altri che l’oltrepassano ed assai sono quelli che sì rimangono di sotto 
della statura che potrebbero attingere. Si direbbe adunque che la Na- 
tura n certa guisa più particolarmente si compiaccia di degradare e di 
distruggere le sue opere, che di vederle perfezionate e di prolungarne 
la conservazione ». 

« Ora crediamo noi che fra tutti questi calcoli sia stato veramente 
prescritto che la vitalità e la' forza di sviluppo si mantengono sempre 
nello stesso grado e siano trasmessi nella medesima intensità da individuo 
ad individuo, o se piuttosto infievoliscano e scemino con le successive 
generazioni finchè cessino al tutto? Troveremo noi stravagante che le 
specie sieno state create sotto la condizione che ciascheduna debba fare 
la sua comparsa sul globo per un certo tratto di tempo, o non rideremo 
invece della franchezza con cui ci viene da taluno intimato: Che la distrue 
zione di esse non può mai aver luogo finchè dura il nostro pianeta ; che 
converrebbe, perchè ciò si verificasse, ch’esso provasse l’urto di una co-. 
meta o che accadesse qualche disastro consimile, che i soli individui 
sono capaci di distruzione o di rinnovamento, mentre le specie sono 


ic a 


perpetuate senza che la Natura possa annullarle (Necker, Phytozool, 
philosoph. pag. 21) il che è parlare per certo con molta asservanza ». 

Parlando in seguito deg'i individui che dal vigore della vita passano 
gradatamente alla morte, il Brocchi aggiunge: « così per gradi insen- 
sibili si avvicinano le specie al loro annientamento e, la vitalità va sce- 
mando, la virtù prolifica infievolisce, meno energica è la forza di svi- 
luppo, quindi di età in età sempre più deboli o fiacche riescono le 
complessioni, più limitata è la fecondità e la moltiplicazione, l’aceresci- 
mento stentato; finchè è giunto il termine fatale in cui l’embrione, 
incapace di stendersi e di svilupparsi, abbandona quasi sull’istante quel- 
l’esile principio di vita che lo anima appena, e tutto muore con lui ». 

Le parole sopraccitate sono certamente molto notevoli e nella storia 
dei concetti filosofici in Italia nella prima metà dal secolo scorso non 
vanno dimenticate. 


x 


Elementi di Zoologia dell’Abbate Camillo Ranzani prof. di Mineralogia 
e di Zoologia nella Pontificia Università di Bologna. Per le stampe di 
Annesio Nobili. Bologna 1819. 

Degli Elementi di Zoologia dell’Abbate Camillo Ranzani è per noi in- 
teressante prendere in esame il 1° volume il quale contiene « l’Introduzione 
generale alla Zoologia. » 

Nel primo capitolo l'A. tratta « della definizione della natura ». Non 
accoglie la definizione del Virey secondo la quale è detto: « essere la 
natura universale l’aggregato di tutto quello che esiste; Virey aggiunge 
di tutto quello ancora, che è possibile, secondo la quale sentenza Dio 
stesso appartiene alla Natura ». Neppure accoglie la definizione del 
Lamarck « la natura essere un ordine di cose, ovunque limitata, e sog- 
getta ne’ suoi atti alle leggi, che l’espressione sono della volontà suprema, 
da cui furono stabilite ; la quale potenza è, al dire di quel naturalista, 
atta a produrre tutti i corpi di qualunque ordine essi siano », 

Il Ranzani ritiene essere la natura universale, « l’aggregato di tutti 
gli esseri creati, e delle leggi imposte loro dal supremo creatore » « Iddio 
adunque nè è la natura, nè fa parte di essa, bensì n’è la cagione effet- 
trice, che la trasse dal nulla, il legislatore providissimo, e sapientissimo, 
che la governa, il padrone assoluto, dal cui volere liberissimo dipende 
lo stat), e la conservazione della medesima », 

Nel capitolo VIII divide i corpi considerati dalla Storia Naturale in 
due imperi quello degli esseri vivenli e quello degli esseri non viventi, 
chiama ?împero organico il primo ed impero inorganico il secondo, 
Nella divisione ulteriore dell’impero organico segue in massima il con- 
cetto Linneano e combatte l’idea di Carlo Bonnet che anche alle piante. 


= id = 


si possa riconoscere la facoltà di sentire e che da questa si salga per 
gradi a quella degli animali ». Egli dice ancora: « Intorno poi alla di- 
minuzione per gradi della facoltà di sentire dall'uomo sino all’infimo 
degli animali, ....... dico bensì che l’ultimo grado se ne trova nel regno 
animale. Quantunque poi non sia questo l’infimo grado possibile di detta 
facoltà, e quantunque si debba perciò ammettere in natura quello che 
Bonnet dice salto; non dovrò io essere ripreso, di non concedere la fa- 
coltà di sentire alle piante; giacchè ..... e questi salti sono in natura, 
nè possono a meno di trovarvisi ». 

Il Ranzani combatte in seguito il concetto della serie non interrotta 
degli esseri, della catena degli esseri e conchiude con un argomento di 
questa natura « Giacchè non si potrà mai provare, che, o la natura 
degli esseri creati, 0 l'ordine dell'universo, o la natura di Dio creatore 
addomandasse questa così detta catena, non interrotta; nè veggo, che 
segna alcun incouveniente dall’ammettere salti, ed interruzioni nella 
serie degli esserì creati. i 

Nel capitolo IX egli non ammette la generazione spontanea neppure 
per gli animali più minuti « e terrò sempre se non per cosa dimostrata, 
almeno per cosa. oltremodo verisimigliante, e da credersi non esservi 
alcun animale, il cui genere non sia uscito dal corpo di altro simile 
animale ». 

Particolarmente interessante per noi è il capitolo XI in cui tratta delle 
« variazioni degli animali, e delle cagioni delle medesime », Il Ranzani 
espone e combatte le teorie del Lamarck e accenna alle vedute del Trevi- 
sanus, del Prochaska, dello Sprengel e del Lenhossek, che pure non ac- 
coglie; egli esce poi in queste parole (pag. 112) « E che diremo di quel 
preteso assioma, che sì spesso ripetono i nostri oppositori, la natura cioè 
non poter produrre gli animali, che successivamente, procedendo dal più 
semplice al più composto ? Diremo che con tale asserzione suppongono 
certo ciò, che è falsissimo, ed assurdo. Incontrastabili. prove abbiamo 
noi di non essere comparsi gli animali nel nostro globo colla successione 
immaginata da’ nostri oppositori, e che in natura non vi hanno forze 
da produrla. Sia pur vero, che le circostanze in cui trovinsi gli animali 
si possono cangiare, provino essi per ciò nuovi bisogni, un qualche sferzo 
abbia pur luogo negli stessi animali, onde provvedere a si fatti bisogni; 
questi sforzi rimarranno senza frutto, nè potranno mai gli animali can- 
giare essenzialmente la loro struttura, e molto meno far comparire parti, 
delle quali nè anche avessero i rudimenti. È senza fondamento alcuno 
è la supposta indicibile lentezza di sì fatti cangiamenti, donde si vuol 
dedurre il perchè non ce ne avvediamo. L'esperienza, e la ragione 
adunque ci convincono, che false ed assurde sono le tanto vantate dot- 
trine de’ nostri oppositori, e reca meraviglia, che uomini, d'altronde per 
sapere ragguardevoli, abbiano potuto persuadersene al segno, da com- 


— 13 —- 


piangere come ciechi, ed ostinati nell’errore, tutti quelli, che la .pen= 
sano diversamente (1)». 
Continua il Ranzani: « Mi rimane a dire, de’ mezzi, che noi abbiamo 
per conoscere quali siano i limiti delle variazioni delle specie (2). E qui 
dovrò confessare ingenuamente, che codesti mezzi sono talvolta assai 
scarsi, e che allora siamo costretti a rimanerci su di un tal punto in- 
certi e dubbiosi. Imperocchè que’ limiti non si possono assegnare, che 
ne’ casi in cui s’abbia modo di stabilire con sicurezza la specie ecc. (3) »., 
Nel capitolo XII che tratta dell’Istinto; il Ranzani espone alcune idee che 
indicano un moilo più largo di intendere le cose e senza. volerlo fra esse 
l’A. ne lascia infiltrare alcune che lo condurrebbero ad ammettere ciò 
che così recisamente ha negato nel capitolo precedente e che il Bonelli 
indicò nella sua osservazione manoscritta. Dice il Ranzani : « Le azioni 
degli animali sono talvolta effetti necessari de’ bisogni fisici, e della or- 
ganizzazione ; provengono alcune altre da abiti contratti, e ve n’hanno 
non poche, cha si devono ascrivere alla cousociazione delle idee, a questo 
cioè che eccitata un'idea se ne risvegli un’altra, la quale tal vincolo 
abbia colla precedente da doverle necessariamente tener dietro, .... . 
« Gli animali tutti vivendo possono acquistar nuove idee, nuovi abiti, 
e nucve consociazioni delle stesse idee ». Egli ritiene che l’istinto venga 
a supplire in certa guisa all’intelligenza degli animali, vedendosi nella 
serie de’ medesimi, che l’istinto si estende ad un maggior numero di 
azioni, a mano a mano che va scemando il grado di intelligenza ». 
Nel capitolo seguente XIII dice ancora il Ranzani: « La diversa strut- 
tura del corpo, il grado d'intelligenza, e la varia natura dell’istinto sono 
le cagioni, per le quali tutti gli animali non vivono allo stesso modo ». 
In complesso nelle parole sopra dette il Ranzani si mostra seguace del 
Cuvier nel ritenere l'istinto come una « forza puramente organica » : che 
negli animali bruti sostituisce l'intelligenza. Tuttavia il modo col quale 
parla dell’intelligenza degli animali lascia intravedere nel Ranzani un 
concetto più largo e una meno rigida separazione fra Jo spirto degli- 
animali e quello dell’uomo; infatti in un altro punto del suo libro (Pre 


(1) Il Museo Zoologico di Torino possiede la copia dell’opera in discorso 
che il Ranzani mandò con dedica autograta a Franco Andrea Bonelli, allora 
Professore di Zoologia nell'Università di Torino. Il Bonelli, che come è noto 
era seguace delle teorie del Lamarck, segnò di suo pugno di fianco alle pa- 
role sopracitate, le parole seguenti: « Dove sono le prove del Ranzani 2 ». 

(2) Precedentemente il nostro A. aveva detto che è un fatto indubitato che 
gli animali vanno soggetti a variazioni ma che queste si fanno in limiti 
“molto ristretti e non vengono a mutare l'essenza delle specie. 

(3) Il-Bonelli di fianco a queste parole nella copia sopra menzionata scrisse:. 
«qui l’A. corcele senza avvedersene, quello che niega nel preced. ». 


— ]i — 


fazione, pag. 2) parlando dell’importanza dello studio degli animali egli 
dice: « Di fatti molte qualità, che od a tutti gli animali competono, 
o soltanto ad alcuni, meritamente si tengono in assai maggior pregio, 
che quelle, le quali nelle piante si trovano e ne’ minerali, Tali sono cer- 
tamente i diversi gradi d'intelligenza degli animali dal mero sentire, 
sino alla sublime ragione dell’uomo ». Questa frase suona assai ardita 
nella bocca del Ranzani e per quanto l’insieme delle sue idee fosse tutto 
ciò che si poteva desiderare, diremo, di più ortodosso, fu tuttavia 
notata al suo tempo e fu oggetto di critica severa. Venne nel 1820 stam- 
puto a Forlì (Tip. Casali) un opuscolo anonimo intitolato: « Disamina 
legli Elementi di Zoologia del sig. Professore Abbate Camillo Ranzani » 
in cui si legge: « Sembra che lA. dovesse qui determinare il significato 
della parola intelligenza affinchè nessuno potesse volgergli contro o la 
dottrina del Deuteronomio (c. c. 4, v. 6) 0 l’avvertimento del Reale Pro- 
feta « Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus; prima 
delle quali parole si leggono queste altre, che dimostrano come Dio al 
solo uomo fu liberale dell’intelligenza; e del solo uomo si fece maestro sì, 
che non deviasse dal diritto sentiero ; Zn/e//eclum tibi dabo, et instruam 
te in via hac qua gradieris ». 

Nello stesso opuscolo si critica pure il Ranzani per aver parlato della 
catena degli esseri, del Bonnet, della teoria del Lamarck ecc. ritenen- 
dosi che il parlare di idee simili anche per combatterle potesse riuscire 
cosa nocevole in un trattato destinato alla gioventù studiosa. Conchiude 
l'anonimo critico: « D'altronde è dovere ristretto d’ogni uomo l’avver- 
tire i giovani degli errori che si leggono negli elementi delle seienze e 
delle arti, quant'è d’impedire che i bambini non succhino latte mesco- 
lato col veleno ». Tutto ciò fa vedere in quale ambiente si trovassero 
gli studi intorno ai viventi nell’Ateneo Bolognese al tempo del Ranzani. 

I brani sopra cititi sono sufficienti per dare un’ idea deì concetti di 
filosofia naturale che informavano l’insegnamento della Zoologia nello 
Studio Bolognese sul principio del secolo XIX. Si vede quanto lontano 
fosse, oramai l’indirizzo sano e fecondo di risultati del Vallisneri, e dello 
Spallanzani che tanto in alto aveva condotto lo studio della Natura in 
Italia. Si vede pure come il ristretto modo di intendere lo studio dei 
corpi naturali introdotto dal Linneo nel suo « Sistema Naturae » avesse 
fatto sentire intensamente la sua azione. I concetti fondamentali del Ran- 
zani durarono a lungo nella Scuola di Bologna, fino si può dire, al 1864, 
in cui il prof. Giuseppe Bianconi, avversario convinto delle idee eve- 
luzionistiche, non volendo prestare giuramento al Governo italiano, la - 
sciava la cattedra, ed era sostituito da Michele Lessona il quale vi portò 
l'aura de’ tempi nuovi e della scienza nuova e feconda, 


— 15 


eg 

Concetti analogi a quelli del Ranzani, ma forse ancora più ristretti, 
insegnava Giuseppe Genè della Cattedra Torinese dal 1832 al 1848. Nelle 
sue « Lezioni sulla storia naturale degli animati (1) » si legge: « Finchè 
stette (vol. I, pag. 76) in favore l’idea della catena degli esseri e quando 
a questa idea innocente succedette quel trabocco di falsa filosofia che 
tentò di confonderli tutti in una sola origine e in un solo fine, l’ourang- 
outane fu il tema favorito, fu il cavallo di battaglia, tanto di coloro che 
cercavano un anello che collegasse l’uomo ai bruti, come di coloro che 
gittavan l’uomo nel fango per livellarlo coi bruti. Ed era tanta la fiducia 
di far prevalere questi pazzi concetti, che furono uditi uomini, del resto 
gravissimi ed oculatissimi, asserire e gridare come nissun carattere fi- 
sico, e nissun carattere morale distinguesse quest'animale dall’uomo, e 
se non dall'uomo civile, almeno dall’uomo selvaggio; il che prova che 
quando la mente non vuol vedere, gli occhi del corpo non vedono. Ma 
la teoria di Bonnet, cioè quella della concatenazione degli esseri, teoria 
seducente, e, fino a un certo punto, conforme a quelli ordinamenti della 
natura co’ quali la veggiam procedere nelle divisioni subordinate degli 
esseri, dovette cedere il luogo al sistema dei tipi distinti e delle linee 
parallele : l’altra dottrina poi ebbe tanta vita, quanta ne ebbero le vio- 
lente commozioni politiche che la partorirono, e disparve col quietarsi 
e col rinsavire deile menti ». 

Confrontando a pag. 104 la stazione e l’andatura dell’ourang-outang 
con quelle dell’uomo, il Genè dice ancora: « La quale stazione e la quale 
andatura se da taluno si troveranno tuttavia paragonabili alla stazione 
e alla andatura dell’uomo normale, io chiederò che l’uso dei paragoni, 
come cosa inutile e assurda, venga abolito nel comun senso e nel comun 
linguaggio degli uomini ». A pag. 37 si legge: « Perchè poi non si creda 
voler io mettere in fascio e confondere l’uomo e gli animali, fo qui so- 
lenne distinzione fra l’intelligenza che abbiamo in comune con parecchi 
animali, e il dono dell'intelletto e della ragione, che esclusivamente e 
direttamente teniamo da Dio; fo qui solenne distinzione fra ciò che la 
Santa Scrittnra chiama sapienza e ciò che essa stessa chiama in/e//i- 
genza, siccome appare da quel versetto di Giobbe che sclama: « quis 
posuil în visceribus hominis sapientiam, vel quis dedit gallo întelli- 
genliam ? » 

Bastano i pochi brani ora citati per dare un’idea dei concetti di filo- 
sofia naturale del Genè, e per mostrare quale abisso dovesse separare 
l'insegnamento del Genè da quello elevatissimo e fecondo del Bonelli che 
l’aveva preceduto. 


(1) Torino, Tipografia Paravia 1850, vol. I, II: — Opera postuma, 


— 16 — 


Non è senza meraviglia, dirò anche, si è con un senso di pena che si 
leggono le parole sopradette del Genè quando si pensa che lo Spallanzani, 
andato professore a Pavia nel 1769 aveva adottato come libro di testo 
per la Storia naturale l’opera del Bonnet « La contemplazione della: 
Natura », che egli stesso tradusse dal francese corredandola di note.(1), 

Se il lettore vorrà leggere il « Prospetto delle sue lezioni che lo Spal» 
lanzani stesso scrisse, e che il prof. P. Pavesi ha recentemente con. 
felice pensiero pubblicato (2) vedrà quale grande passo indietro avesse 
fatto, salvo pochissime eccezioni, dopo il 1815, l’insegnamento della fi- 
losofia naturale in Italia. | 


Pa 

Dott. Baldassarre Poli. Saggio filosofico sopra la scuola dei moderni : 
lilosofi-naturalisti coll’analisi dell’organologia, della craniologia, della’ 
lFisiognomia, della Psicologia comparata e con una teorica delle idee e 
dei sentimenti » (3). 

L'esame dell’opera del dott. Baldassare Poli professore di filosofia nel-- 
l’I. R. Liceo di Porta Nuova di Milano, è di notevole interesse perchè” 
ci mostra quali fossero le idee dominanti allora nel campo filosofico in 
Lombardia, centro importante di studi, intorno al modo di intendere i 
viventi e i loro fenomeni. È utile che riferiamo qui le parole stesse del 
«Preambolo » dell’A. i 

« Una scuola filosofica celebre omai per tutta Europa (4) vantatrice 
di glorie novelle, che colle scienze della fisiologia, dell’anatomia e della 
storia naturale, e con altre fatte omai clamorose tenta spiegare la parte 
più misteriosa dell’umana natura, e imprimere d’una tendenza e d'un 
carattere affatto novelli il nostro spirito filosofico, è un ratto troppo 
importante, perchè abbia a trapassare nella dimenticanza e nel silenzio. 
Ecco ciò che mi mise a ‘dar in luce col presente Saggio i seguenti ra- 
gionamenti ». bi 

« Questa scuola è quella che da suoi istitutori è dalle sue dottrine io 
denominerò fin d’adesso Scuola dei moderni Filos fi-Naturalisti, onde” 
scevrarla dalle altre dei Filosofi e dei Metafisici, dalle quali se non per 
lo scopo, almeno pel metodo e pei principî è sicuramente diversa. Ed è 
questa, nella quale si segnalarono il Bonnet, il Cabanis, il Darwin, il 


(1) Se ne fecero numerose edizioni. Importante è quella di Venezia 1797. 
Giuseppe Rosa edit., in cui vi sono note dello Spallanzani e di Francesco. 
Ferrara e che ha le aggiunte fatte dal Bonnet all’edizione francese del 1781.. 

(2) Il prospetto delle lezioni dello Spallanzani scritto da lui medesimo e_ 
pubblicato dal Prof. P. Pavesi. — Bollett. Scientifico. 1897, Pavia Suc. Bizzoni.. 

(3) Milano, coi tipi di Francesco Sonzogno, 1827. 

(4) Voglia il lettore considerare che il nostro A. scriveva nel 1827. 


= 


Lavater, il Barthey, il Cuvier, il Gall, il dott. Spurzheim, il Bichat, il 
Richerand, il Virey, l’Alibert, e moiti altri fisiologi e anatomisti dei 
giorni nostri, sforzandosi di ridurre colle teoriche della vita animale a 
leggi più semplici e più conosciute i fenomeni cotanto svariati dello 
spirito umano ». 

« Parvemi dunque opera importantissima il pigliar ad esame i principî 
e le scienze di questa scuola, onde vedere fino a qual punto siasi resa, 
v possa rendersi profittevole alla filosofia ». 

Il concetto fondamentale dell’A. appare di già dalle parole seguenti : 
«... dopo aver ponderato più accuratamente che per me si è potuto, i 
sistemi ed i principî dei Filosofi-Naturalisti, m’avvidi ben presto che 
essi tendevano tutti particolarmente ad ispiegare i fenomeni misti, ossia 
le relazioni del fisico e del morale dell’uomo nella parte più ardua e più 
occulta della filosofia, qual'è quella della loro estensione, e della loro 
manifestazione ». 

« Infatti i Filosofi-Naturalisti indagarono dapprima se sussistessero 
coteste relazioni, e colla scienza «dell’organo/ogia hanno tentato non 
solo di determinarne l’esistenza nei rapporti degli organi e delle facoltà, 
ima di assegnare perfino a qual punto arriva la loro reciproca azione. 
Secondariamente essi vollero sapere se ed in qual modo si manifestino 
queste relazioni, e col mezzo della craniologia e della fisiognomia hanno 
presunto niente meno che di indicare i segni visibili esteriori per co- 
noscerle e per presagirle anche tra le varietà innumerevoli degli indi- 
vidui. Finalmente osservando che queste relazioni potevano trovarsi 
nella conformità della struttura, e di certe abitudini e di certi costumi 
negli animali, colla psicologia comparata andarono al punto di dichia- 
rarle più chiare e più manifeste per mezzo di tali analozie così imper- 
fette e lontane ». 

« Per tutto questo occorrevano ai Filosofi-Naturalisti un sistema ed 
alcuni principî fondati non solo sulla cognizione delle scienze naturali, 
ima anche nella psicologia e nella metafisica, ed essi collegate insieme 
tutte queste scienze, le vennero spiegaudo ora nelle loro opere sulla 
vita, sulle sue funzioni, ora in quelle sulle umane facoltà e sulle ope- 
razioni dello spirito. Sicchè dai Filosofi-Naturalisti, come anche da ta- 
luni dei metafisici sì credono ormai disvelati col soccorso di queste 
scienze i segreti più reconditi dell’umana natura ». 

« Tali tentativi però riuscirono vani, ed i fenomeni misti, massime 
nella loro estensione e nel loro modo di manifestarsi, sono coperti tut- 
tavia d’un impenetrabile mistero; mistero che può estendersi anche ad 
altri più facili a conoscersi ed a spiegarsi nella filosofia, ove non si 
temperino da tanta pretensione ì Filosofi-Naturalisti, ed ove non si ado- 
peri un metodo m giiore di analizzare lo +pirito ». 

« A tutto ciò si dirige l’assunto di questo mio Saggio, che pel mag- 


tar 


gior ordine mi piacque partire in otto distinti ragionamenti. Al qual 
effetto io discorrerò nel primo l’origine e i progressi della Scuola dei 
Filosofi-Naturalisti, perchè sia manifesto che le tendenze del nostro spi- 
rito filosofico e le presenti circostanze doveano a quella naturalmente 
condurre; facendo noti altresì il suo metodo, le sue teoriche, e i suoi 
vizî perchè torni ad utilità e non a danno delle filosofiche discipline. 
Nel secondo fino al settimo si verranno per me analizzando ad una ad 
una le scienze dell’organologia, della craniologia, della fisiognomia e 
della psicologia comparata, siccome quelle che essa assunse a dimostra- 
mento de’ suoi insegnamenti, conformandomi con ciò vieppiù nell’opi- 
nione, che se ai Flosofi-Naturalisti spetta il merito di grandi sforzi nella 
imoderna filosofia, non è dovuta peraltro la gloria di uguali progredi- 
menti. Nell'ottavo ed ultimo ragionamento, dopo aver proposto il me- 
todo col quale siffatta scuola possa rendersi giovevole e fruttuosa più 
che non sia mai stata, contro il parere di coloro che la vorrebbero in- 
teramente sbandita, ardirò di aggiungere una mia teorica delle idee e 
dei sentimenti, non già con animo di contrapporla alle opere dei Filo- 
sofi-Naturalisti; chè nulla havvi in essa da meritarsi una speciale con- 
siderazione; ma al solo fine che venga di più coltivato il vero metodo 
di analizzare lo spirito umano ». 

Prima di procedere oltre nell'esame del libro del nostro A. voglia il 
lettore considerare il fatto che noi qui ci troviamo in presenza di un 
filosofo puro il quale senza alcuna esitazione si accinge a discutere un 
numero grande di fatti che l'osservazione diretta di molti naturalisti ha 
messo in evidenza e olimpicamente si dispone a formolare intorno ad 
essi i più recisi giudizi. 

Fenomeno questo che si ripetè in scala più vasta dopo l’apparire dei 
libri di Darwin, quando in Italia si ebbero gli scritti rabbiosi, mì si 
conceda la parola, del Tommaseo, del Grimelli, del Di Bernardo, del 
Parato, del Lambruschini, dello stesso Zanella e di molti altri, che senza 
alcuna seria preparazione di studi biologici combatterono teorie dedotte 
dall'esame di numerosissimi fatti sperimentali e di osservazione che essi 
non avevano gli elementi per giudicare convenientemente. 

Il nostro A. passa anzitutto in rassegna i principii fondamentali della 
Scuola dei Filosofi-Naturalisti e conchiude: « (pag. 35) L'esame che da 
noi venne fatto dei principii della Scuola dei Filosofi-Naturalisti ci guida 
a riconoscere nel loro sistema i seguenti difetti: 1° Il vizio di voler ri- 
durre all’unità tutti i principii e tutte le forze generatrici dei fenomeni 
e delle funzioni; 2° Uno spirito analogico d'abitudine applicato indistin- 
tamente a tutti i fenomeni ; 3° La mancanza di una esatta osservazione 
o l’osservazione erronea ; 4° Le ricerche trascendenti la sfera delle umane 
cognizioni ». 

Il Poli dice ancora (pag. 43) « Se per tutti questi vantaggi non è da 


= dr 


contrastarsi l’utilità di molti insegnamenti dei Filosofi-Naturalisti, è però 
necessario far noto il metodo che valga a raccoglierla senza inconve- 
nienti, dappoichè non fu dato fin qui di ottenerla ». 

« Questo metodo noi il riporremo nel saper fuggire dagli errori e dai 
vizi, ne’ quali si avvennero i Filosofi-Naturalisti. Eccone le regole : 
1° Osservazione dei fatti e dei fenomeni intera e compiuta. 2* Nessun 
abuso del principio dell'unità e dell’analogia. 3° Niuna spiegazione di 
fatti assolutamente misteriosi e sconosciuti. 4° Preponderanza della me- 
tafisica e della ideologia sulla fisiologia e sull’anatomia come scienze 
subalterne e secondarie ». 

Pone termine al capitolo incoraggiando « i Filosofi ed i Metafisici allo 
studio profondo della fisiologia e dell'anatomia, onde far progredire 
sempre più la scienza dell’intelletto, e toglierci alla taccia o alla colpa 
dell’ignoranza di queste scienze, su che si fanno forti i Filosofi-Natu- 
ralisti onde arrogarsi il merito di conoscere omai essi soli l’umana 
natura >. + 

Passa in seguito il nostro A. a trattare lungamente della Organologia, 
della Craniologia e della Fisionomia, e giunge nel « Ragionamento set- 
timo » (pag. 257) alla Psicologia comparata. È utile menzionare anzi- 
tutto le parole seguenti, che indicano come il Poli intendesse la Psi- 
cologia comparara :. 

« La Psicologia comparata altro non è che la scienza la quale studia 
ed analizza gli istinti, le funzioni, ed i costumi delle bestie in relazione 
delle analoghe facoltà umane, ad oggetto di spiegar meglio i fenomeni 
del pensiero e del sentimento dell’uomo. Da ciò apparisce che essa è 
diversa dalla storia naturale ; che essa dipende dalla fisiologia e dall’a- 
natomia, e che è una scienza dell’antropologia applicata. La Storia na- 
turale ordina, classifica e descrive i generi e le famiglie degli animali, 
e se ragiona della loro vita e delle loro funzioni, il fa sempre nell’in- 
tento di esporre meglio i fenomeni degli esseri organici. La psicologia 
comparata invece si giova dei lumi della storia naturale, onde investi- 
gare le analogie che ci sono tra le facoltà dei bruti e quelle dell’uomo, 
e dedurre la dignità e l'eccellenza di questa sopra di quelle. L'una e 
l’altra adunque studiano la natura organica, ma in diversi esseri e con 
diverso scopo. Così al pari della storia naturale ricorre la psicologia 
comparata, all’anatomia e alla fisiologia, percbè le siano noti gli organì 
e la loro maniera di operare nei bruti; ma sempre colla vista che tutto 
ciò le torni a maggior profitto nella scienza dell’uomo. Per la qual cosa 
è evidente che la psicologia comparata non appartiene immediata- 
mente alle scienze nalurali, ma che per il suo fine tra le morali e 
filosofiche è da annoverarsi ». 

Riassume perciò il Poli i principii fondamentali di psicologia compa- 


= 


rata dei Filosofi-Naturalisti (e particolarmente quelli del Lacèpede, del 
Lamarck, del Cuvier, del Tiedemann, del Virey) nei punti seguenti : 

« 1° Che gli animali offrono una catena di esseri, ed una scala di 
gradazioni tra essi e tra l’uomo. 2° Che gli animali nelle varie loro grada- 
zioni hanno anche varii organi o nel cervello, o nei ganglii. 3° Che gli 
animali posseggono delle facoltà intellettuali ed affettive ed istinti; onde 
non sono automati e macchine, ma esseri dotati di anima. 4° Che negli 
animali l’intelligenza, le abitudini ed i costumi stanno in ragione o del 
tatto, o dei sensi tutti, o della complicazione e perfezione organica, od 
anche della qualità dei cibi; ond’è che i carnivori sono di intendere più 
perfetto e di più squisita sensibilità dei frugivori. 5° Che negli animali 
soprabbonda l’istinto in ragione che diminuiscono gli organi. 6° Che l’i- 
stinto negli animali è assai più perfetto che non nell'uomo. 7° Che la 
intelligenza degli animali cessa al cessare delle vertebre, non essendo 
perciò gli invertebrati d’altro capaci che dell’istinto. 8° Che dalla co- 
noscenza degli animali si può per analogia conoscere anche meglio 
l’uomo. 

< Il Gioia, aggiunge l’A., fu quello che ultimamente tolse a confutare 
alcuni di questi principii (Esercizio logico sugli errori, pag. 119, 1824 
— L’Ideotogia, vol. I, Milano, 1822). Noi mentre non siamo immemori 
del debito di ricordarlo, aggiungeremo alle sue confutazioni nuovi ar- 
gomenti, riserbandoci altre questioni non ancora definite. 

Non è il caso di seguire il Poli nelle sue confutazioni dalle quali tratto 
tratto appare l’insufficiente sua preparazione nel campo delle scienze 
naturali: basterà ad esempio menzionare queste sue parole colle quali 
egli combatte la catena degli esseri ». 

« Infine (pag. 267) conosciute omai come sono futfe /e specie possi- 
bili per modo che riuscirà non così facile îl ritrovarne delle nuove, 
se non si venne a compiere la catena degli animali, è segno che essa 
è impossibile e che ci sarà sempre una infinita distanza tra l’uomo e 
il bruto ». 

Veniamo senz’altro alle conclusioni generali del nostro A. (pag. 447), 
« Conclusione. Era necessario istituire prima di tutto, come già per noi 
si fece in questo Saggio, l’analisi dei principii e delle scienze dei Filo- 
sofi-Naturalisti, poichè il loro spirito filosofico col prestigio dell'autorità 
a troppo lontani sistemi ed a fallaci dottrine potrebbe condurre. Ma 
quale frutto ne verrà a risultare a pro della filosofia ? Questo frutto può 
essere copiosissimo, ove si abbiano quindi innanzi per infallibili canoni 
le seguenti massime: 1° Che lo studio della natura fisica aiuta moltis- 
simo a quello dell’intellettuale e della morale, semprechè l’uno non at- 
tragga l’altro. 2° Che i fenomeni dello spirito umano anche nelle più 
strette loro analogie essenzialmente diversificano dai fisici; onde sarà 
sempre falso ed erroneo il sistema di ridurli e di studiarli sotto una 


legge comune, 0 sotto un comune identico principio. 3° Che Ja natura 
fisica e la natura morale, quantunque in relazione ed in corrispondenza 
continua non permettono fino ad ora di determinare i confini e l’esten- 
sione di codesta loro relazione, e meno poi il modo col quale essa opera 
e si manifesta. 4° Che la filosofia dello spirito ha come tutte le altre 
scienze alcuni misteri inesplicabili e poche verità evidentissime senza 
che essa perda della sua verità e della sua importanza. 5° Che il vero 
metodo di studiare l’uomo e le sue facoltà è l’osservazione di noi stessi 
e delle leggi costanti, ed universali della natura pensante, onde garantirci 
degli errori di coloro che l'hanno travisata ». 

Ho insistito alquanto intorno al libro del Poli non per i suoi meriti intrin- 
seci, che da quanto appare anche dai brani sopra citati sono molto piccoli, 
ma perchè esso rileva un’arte finissima col non combattere di fronte gli 
avversari che sono i Filosofi-Naturalisti e nell’accogliere l'indirizzo di ri- 
cerca da essi seguito per impadronirsi dei risultati, per volgerli a so- 
stegno dei concetti più vacui e più atti ad ostacolare il progresso vero 
delle conoscenze intorno ai viventi. 

È questo il metodo di lotta che più tardi lo Stoppani eresse a sistema 
nel suo libro « Z/ dogma e le scienze positive » (1) per combattere le 
scienze naturali e in particolar modo quelle che riguardano i viventi. 


sa 

Il Professore Francesco Ferrara pubblicò nel 1829 a Palermo un libro 
intitolato: « La natura, le sue leggi e le sue opere o introduzione alle 
scienze naturali (2), il quale merita venga qui esaminato. L’A. divide 
il suo lavoro in tre parti: nella prima tratta dell’ « Universo », del sistema 
planetario, della forma della Terra, ecc., dei corpi inorganici e delle 
principali forze, gravità, ecc. Nella seconda parte parla dei « Corpi or- 
ganizzati ». 

« Gli animali e le piante (pag. 32). Un corpo organizzato è una mac- 
china composta di piccole macchine o istrumenti che riuniscono le loro 
azioni particolari per farne risultare una generale »... « Penetrando nella 
Terra fra i resti pietrificati degli antichi mondi, nelle formazioni so0- 
lide del periodo nel quale dalle prime formazioni passavasi alle poste- 
riori si ravvisano soltanto alcune rare spoglie dl animali marini. Sono 


(1) 2* ediz. Milano, Dumolard, 1886. 

Confr. a questo proposito il mio precedente scritto: « La vita scientifica 
di Michele Lessona » Mem. R. Accad. delle Scienze di Torino, Sez. II, vol. 
XLV, 1895, pag. 370 e seg. dove sono riferiti i punti più spiccati del libro 
dello Stoppani. 

(2) Palermo presso Lorenzo Dato 1829. 


— 22— 


i primogeniti della Natura organizzata. Ritornando alla superficie quei 
monumenti prima trascurati dalla vecchia vita accresconsi progressiva- 
imente sovente fra le /0,m2azioni solide e terrose tra le quali la cal- 
cavea conchigliare ne è un intero composto. Dopo l’ultima catastrofe 
geologica che diede alla superficie della Terra l'ordine attuale che è 
stato stazionario, le razze organizzate che variato avevano come il si- 
stema fisico delie cose, sono rimaste come esso stazionarie ; il solo uomo 
che comparve in quella ultima scena delle grandi rivoluzioni ha mi- 
gliorata la sua natura civilizzandosi. Finchè tutto fu sotto l'Oceano eb- 
bero vita i soli corpi organizzati marini; i terrestri seguirono l’appa- 
rizione delle parti a secco ; gli erbivori furono preceduti dalle piante 
terrestri ». i 

« I corpi organizzati nacquero sempre da analoghi corpi preesistenti. 
Questi come e quando nacquero ?... Il naturalista dal mezzo delle dense 
tenebre che lo attorniano si slancia sino alla mano dell’elerno crea- 
COMO IE 

Qua e là in seguito si trovano i concetti seguenti, che qui è bene 
notare. « Sotto l'impero della vita la materia organizzata (pag. 34) cessa 
di ubbidire alle affinità chimiche ; è regolata dalle organiche sino al- 
l’arrivo della fredda mano della morte che la consegna alla dissolu- 
zione ». 

« Corpi organizzati vegelanlti. Lo stesso disegno, gli stessi mezzi di 
sussistenza, le stesse leggi della vita animale. La loro comparsa sulla 
Terra fu posteriore a quella degli animali ; i resti nei mondi petrificati 
appariscono assai tardi ». 

« Uomo. L'uomo riunisce tutti gli attributi della materia organizzata. 
Può dunque servire di tipo alle tante modificazioni che essa subisce sino 
alla appena visibile Monade »... 

« L’anima immortale che nulla ha di comune con la materia ana- 
tomica eleva l’uomo al di sopra di ogni opera della vita. La intelligenza 
lo chiude solo nel suo genere e nella sua specie. La struttura organica 
lo pone alia testa della materia organizzata animale »..... Gli animali 
a mammelle come l’uomo si allontanano poco da esso. I cangiamenti sono 
stati necessari. Con la intelligenza disparve la positura verticale tutto 
si nega a riprodurla; il bacino stretto; i talloni poco alti, i muscoli 
delle cosce e delle gambe secchi. La testa rivolta verso la terra pen- 
derebbe se aggiunto non vi fosse 11 /egamento cervicale. Le mani sono 
divenute piedi. La simia imita soltanto la nostra pantomima. Con le 
facoltà intellettuali disparve la parola »... 

« Si lasciò agli animali l’istinto necessario a tutti i bisogni della esi-. 
stenza, principio attivo ma limitato e quasi meccanico ; compagno co- 
stante del sistema organico passa da una generazione all'altra; inva- 
riabile in tutti gli individui della stessa specie di ogni età, e di ogni 


luogo pone una distanza immensa tra esso, e la intelligenza capace di 
progressiva perfettibilità. Nelle operazioni tutte da esso promosse i con- 
fini che le circoscrivono sono stati e saranno sempre stazionari ». 

Continua poi l’A. a passare in rassegna gli altri gruppi di animali 
discendendo gradatamente « agli Uccelli, ai Rettili, ai Pesci, Molluschi, 
Inanellati, Crostacei, Aracnidi, Insetti, Zoofiti, ecc. ». Passa quindi alle 
Piante, ecc. e così conchiude (pag. 83). 

« L'uomo alla testa degli esseri organizzati ne riunisce tutti gli at- 
tributi e divenne degno di un'anima che il privilegio della intelligenza 
eleva ad una altezza immensa sopra ogni creatura terrestre accordan- 
dole cinto di pregi e di virtù una immortalità ». 

« Gli animati ne conservano îl tipo ma degradandolo con successive 
modificazioni. L'apparecchio passa dal più composto al più semplice 
perdendo le forme e variando i modi delle operazioni; ma ciaschedun 
individuo possiede sempre quanto essenzialmente costituisce la vita, e 
quanto è necessario per condurla da una estremità all’altra della esi- 
stenza >». 

« Dalla massa vivente al confine degli animali alla pianta non evvi 
salto alcuno. Dire che la pianta non sente è dire che non sente come 
gli animali, e ignorare in qual modo sente, o se bisognava che sentisse ». 

« Le forze che animano la materia immensa nel tempo delle grandi 
operazioni geologiche, da che queste cessarono, e che la superficie fu 
lasciata a se stessa non imprimono più ad essa che piccoli movimenti. 
Il grado del loro potere è stato effetto della loro natura o delle circo- 
stanze nelle quali furono poste ?... Non conosciamo la Terra che nello 
stato attuale. Non possiamo formarci alcuna idea dello stato antico nè 
di un altro diverso dal presente ». 

Il nostro A. nella terza parte del suo libro tratta della classificazione 
nelle Scienze Naturali. Egli divide i corpi in Celesti e Terrestri. Questi 
ultimi in organici ed inorganici ; gli organici in animali e piante. Gli 
animali poi vengono divisi in Vertebrati (Uomo, Mammiferi, Uccelli, 
Rettili); Imvertebratî (Pesci (1)); Molluschi Articolati, Raggiati, Anî- 
mali piccolissimi. 

Dalle cose citate risulta che il Ferrara non aveva cognizioni molto 
chiare intorno ai caratteri tanonomici degli animali e come la sua clas- 
sificazione sia come un m27s70 di quella di Linneo, di quella di Lamarck, 
e di quella di Cuvier. 

Mi son diffuso alquanto nell’esame del libro del Ferrara perchè esso 
è sotto varii rispetti assai curioso. 


(1) L’A. non' spiega il perchè chiama invertebrati i Pesci, tanto più che a 
pag. 68 parla delle vertebre appunto nei Pesci, e a pag. 65 dice « la colonna 
vertebrale modificata dall’uomo ai pesci sparisce affatto nei Molluschi. » 


ss Bio 


Si può dire che il Ferrara ammette una sorta di evoluzione dei vi- 
venti, ma alla rovescia, vale a dire essi sono derivati dall'uomo e gra- 
datamente si sono andati facendo più semplici (1). La Natura”o meglio, 
come dice l’A., l’Eferno creatore, ha fatto l’uomo in cui ha riassunto 
tutta la perfezione del vivente poi poco a poco ha tolto ad esso una 
parte, poi un’altra, l’ha privato successivamente di varie facoltà per 
fabbricare esseri sempre più semplici e adatti a vivere nelle più diverse 
circostanze. 


* 
* * 


Lorenzo Martini professore di Fisiologia nella Università di Torino, 
pubblicò le sue lezioni in otto volumi (Torino presso Giuseppe Pomba, 
1826-1830) (2). 

Noterò qui soltanto i punti più spiccati che valgono a dare un’ idea 
dei concetti di filosofia naturale seguiti dall'A. nel suo insegnamento. 

Vol. I, pag. 66 — « L'uomo è composto d’anima e di corpo; l’unione 
loro è impenetrabile mistero ». 

« I filosofi si sono arrovellati il celabro per ispiegare il vincolo che 
esiste tra l’anima ed il corpo; ma andareno falliti i loro tentativi. I 
modesti finirono per confessare la loro pienissima ignoranza; gli orgo- 
gliosi vollero inoltrarsi: non potendo vedere la verità, sognarono fole, 
od anche caddero in turpissimi errori. Quando mai l’uomo vorrà per- 
suadere a sè stesso com’egli sia un atomo, un nulla in faccia a Dio? 
Con qual fronte vorrà egli mai svelare i misteri della natura? Si ri- 
stringa ad esaminare gli effetti, procacci di scorgere la mutua concate- 
nazione loro e dependenza: e poi punto ». 

A pag. 110 e 111 parlando delle scienze che vengono in aiuto alla 
fisiologia sostiene lo studio della matematica e parlando poi delle scienze 
naturali dice: « Della Storia Naturale noi dobbiamo conoscere le primarie 
divisioni dei corpi spettanti agli animali ed ai vegetali. La mineralogia 
si può senza alcun danno pretermettere. Negli animali poi e nelle piante 
e’ conviene esaminare le differenze dell’organizzazione, e quelle che sono 
relative all’esercizio delle funzioni. Non è necessario che si abbiano 
esattissime cognizioni sulla loro anatomia e fisiologia: ma non si 
può a meno di ricercare i precipui tratti di rassomiglianza o di diffe- 
renza ». 


(1) Parlando dei Zoofiti (pag. 77) dice « Evvi una gradazione che va a ri- 
durne il tutto ad una massa cte il solo moversi la palesa animata.» 

(2) Pubblicò pure gli « Elementa physiologiae ad usum praelectionum aca- 
demicorum » in 2 vol. Taurini, Joseph Pic, 1827-28, 


ne 


AI lettore può sembrare sufficiente questa affermazione del Martini per 
giudicare il suo indirizzo filosofico. 

Ma io riferirò ancora le sue conclusioni: « Dopo d’avere date le de- 
bite laudi alle scienze accessorie alla medicina, noi dobbiamo aggiungere 
un avvertimento di molta rilevanza: ed è che quelle discipline debbono 
bensì prestare il soccorso loro alla medicina, ma non mai arrogarsi i 
diritti di leì ». 

« L’abuso delle scienze ausiliarie ritardò non poco. gli avanzamenti 
della medicina, ingombrandola di ipotesi dedotte da origini affatto stra- 
niere. Questa fu la colpa dei chimici, de” matematici, de’ fisici. Che dissì ? 
fu, fu? Questa è pure la colpa di alcuni de’ tempi nostri, i quali sagri- 
ficano un’aura passeggiera di rinomanza all’amor della verità, il quale 
solo può dar fama perenne ». 

« Noi dunque evitiamo questo scoglio fatale. Vagliamoci delle scienze 
ausiliarie come di ministre, e non come di assolute dominatrici. Ab- 
biamo ognor presente che i fenomeni vitali vogliono essere dedotti da 
forze di propria ragione ». 

A pag. 59 del vol. III sì legge ancora: « Dechiniamo da ogni estremo: 
non neghiamo ogni influenza alla forze fisiche e chimiche ; ma conside- 
riamole sempre come unicamente subordinate alla forza vitale ». 

Nel volume II dopo aver esaminato i punti principali della storia della 
fisiologia il Martini così conchiude: (pag. 47). 

« Riandando col pensiero quanto fu per noi discorso ci ridurremo a 
fare le seguenti riflessioni: 

« 1° Osservazione, sperienza; non smania di novità; 

« 2° La vita ha leggi proprie: dunque lunge ogni teoria meccanica- 
fisica-chimica; 

« 3° Nella contemplazione della vita avvi un limite, oltre il quale 
non è conceduto avvanzarsi d’un passo. Altrimenti si precipita; 

4° Tutte le nostre teorie debbono essere dedotte dalla considerazione 
degli effetti che osservasi ne’ viventi ». 

A pag. 61. Il nostro A. dice: 

« I viventi subiscono continue mutazioni, e queste sono indipendenti 
dall’influsso delle esterne potenze..... Le esterne potenze sono neces- 
sarie a conservare la vita: ma posta la vita, succedono cangiamenti, 
che non dipendono più dall’influenza di quelle >». 

A pag. 63, si legge: « I fenomeni, che osservansi ne’ corpi viventi, 
non possono assolutamente spiegarsi secondo le leggi fisiche e chimiche. 
Noi dunque conchiudiamo che la vita non dipende dall’attrazione, non 
dall’affinità; ammettiamo forze peculiari, cui diamo il nome di forze 
Vitali ». 


Il Martini nello stabilire le differenze fra i vegetali e gli animali segue 


—- BE 


in massima parte i concetti Linneani; per la divisione poi degii animali 
segue quella indicata dal Lenhossek. 

Parlando poi, a pag. 480 e segg., dell’anima, il nostro A. dice: 

« Le piante possono vivere senz'anima, ma in esse l’anima non debbe 
esistere. Tale è la legge della Natura. Ma se si tratta degli animali, 
l’anima è una condizione necessaria, non solo alla vita, ma eziandio all’at- 
titudine a vivere.....>. 

« Gli animali vivono: vivono le piante: non vi ha dubbio; ma non 
si può per questo inferire che lo stesso principio si trovi in tutti i 
viventi ..... E veramente se la vitalità risulta dall’organizzazione ne 
viene che sia comune a tutti i viventi; tal che ove volessimo supporre 
una identità di struttura organica, ne seguirebbe che si avrebbero gli 
stessi fenomeni vitali. Ma ciò per mio avviso è falso. La presenza del- 
l’anima negli animali debbe indurre una notabilissima differenza tra gli 
animali e le piante..... Venendo agli animali, non oserei dire se tutte 
le anime loro sieno identiche, e solo presentino varii istinti, varii ap- 
petiti, secondo la varia organizzazione de’ corpi: ma facendo paragone 
tra l'uomo e i bruti non ci troveremo più nella stessa difficoltà. L'anima 
umana differisce essenzialmente da quella de’ bruti. Talchè andarono 
lungi dal vero coloro i quali credettero, od almeno dissero, che tutta 
la differenza, che vi passa tra l’uomo ed i bruti, dipende dall’orgauiz- 
zazione >». 

Conchiudle poi così a pag. 509: « Gli argomenti di cui si vale Amoretti, 
per pru»vare che la fisiologia conferma quanto e la Religione e l’intimo 
senso ne insegnano sulla esistenza e sulla immaterialità dell’anima, noi 
non possiamo che far plauso allo Scrittore ». 

Ricorderò ancora i concetti seguenti: Vol. III pag. 135. «La forza 
organica non appartiene già all’organizzazione ; ma suppone già la forza 
della vita. Senza vita non vi è forza organizzatrice ». 

« Io non consentirò mai che non possa darsi materia senza forza. La 
materia può perdere le sue forze senza cessare di esistere come ma- 
teria. Cangerà forma, cangerà stato: ma sarà per sempre materia. I 
corpi organici, cessando di vivere, perdono la forza vitale : ma non ces- 
sano d'essere materia ». 

A pag. 186 e seg. del vol. III dove tratta dei « suoi pensamenti » sulla 
vita dice: «..... il principio della vita non è l’anima. Dunque conviene 
ammettere un altro essere, cui daremo il nome di principio vitale; o 
con un semplice vocabolo il nomineremo con Lenhossek diofico. Questa 
dottrina è alienissima da ogni, benchè lieve ombra di materialismo. L’e- 
sistenza dell’anima, la sua natura spirituale viene dimostrata dalla fi- 
siologia. Il pensiero non si può assolutamente spiegare colla materia. 
Per quanto riguarda alla sua immortalità, non abbiamo altro argomento 


Pea 


che la volontà di Dio manifestata a noi nelle Sagre Scritture, ed eziandiv 
mediante l’ardentissimo desiderio che abbiamo dell'immortalità ». 

A pag. 234 poi dice ancora: « Noi proponiamo la seguente defiui- 
zione della vita: « La vita è un periodo che percorrono i corpi orga- 
nici, durante il quale sotto l'influenza di esterne potenze subiscono mu- 
tamenti che non si possono spiegare secondo le sole leggi meccaniche, 
fisiche, chimiche. Essa è tratta da Richerand e da Darwin (1)». 

I brani sopra riferiti sono sufficienti a mostrare in che modo si in- 
segnasse la fisiologia nello studio torinese verso il 1830 e quali fossero i 
priucipii di filosofia naturale allora dominanti (2). 

Il laboratorio di Fisiologia nella Università di Torino venne fondato 
soltanto nel 1850 per opera del professor Secondo Berruti; ma un efli- 
cace rinnovamento nelle idee intorno ai viventi si ebbe solo più tardi 
(dopo il 1865) per opera di Jacopo Moleschott, di Michele Lessona e di 
Giulio Bizzozero. x 

Aggiungerò ancora che lo stesso Prof. Lorenzo Martini pubblicò (3) 
un opuscolo intitolato « Della necessità della metafisica nel culto delle 
Scienze Naturali ». Vi si legge la seguente brevissima prefazione: « Io 
domando al mio lettore due favori : il primo è di francarsi, per quanto 
può, dalle prevenzioni : il secondo, di leggere almeno almeno il primo 
Capo della Metafisica di Aristotile. Voglio sperarli ; se gli ottengo, spero 
che tosto o tardi siemi consenziente ». 

L’opuscolo incomincia così: « Fu tempo che la metafisica era tenuta 
per base e fondamento d’ogui scienza: ma dal Verulamio in qua siffatta 
opinione è per mo!ti giudicata superstiziosa, falsa, nociva; epperciò da 
condannare e sfuggire. In mezzo all'autorità degli antichi, e alla pre- 
tesa di parecchi moderni, io confesso che provo nella mia mente una 
terribile fluttuazione: ma dirò pure che mi sento assai propenso ai 
primi ». 

Non è il caso che seguiamo l’A. nei suoi ragionamenti che nulla con- 
tenevano di nuovo neppure al loro tempo e che cì riportano a varii 
secoli indietro. 


+ 
* * 


Contemporaneamente ad un dipresso al Genè a Torino, insegnava a 
Pavia il Prof. Gaspare Brugnatelli la Storia Naturale generale. Il Bru- 


(1) Il nostro Autore parla qui di Erasmo Darwin. 

(2) Confr. quanto è detto precedentemente a proposito dei principi seguiti 
nella Zoologia per parte di G. Genè in quel tempo pure professore a Torino, 

(3) Torino, Tip. Cassore e Marzorati. Con perm. î 


MR); 


ginatelli pubblicò i suoi « Elementi di Storia Naturale generale » nel 
1825 (1). 

Nelle prime pagine VA. parla dell’u77z20nia, della costanza e della 
grandezza della natura e così la definisce: « Ma la prîma cagione, essa 
che tutto creò, e il tutto a un suo volere può riducere a nulla, pre- 
senta una idea troppo terribile all’umana debolezza, perchè a lei osiì di 
continuo elevarsi nell’inlagine delle opere e dei fenomeni dell’Universo. 
Quindi si immagina piuttosto una potenza emanala da quella Cagione 
istessa, e ministra nelle cose create, în cui è diffusa, de’ suvi alti vo- 
leri, affinchè esse si conservassero e si perpetuassero. Questa potenza, 
quest'essere ideale, moderatore benefico di tutto il creato, per cui tutto 
susiste, per cui avvien tutto quanto non è opra dell’uomo, è quello ap- 
punto che diciamo Natura ». 

Nell'opera più estesa « Trattato delle cose naturali ecc. » op. cit. 1837, 
il nostro A. la modificò così: « La virtù divina onde le cose hanno non 
solo l'essere ma anche il moto, e per cui conseguentemente sono e si 
mutano, l’esprimiamo col nome Natura (perchè il mutarsi delle cose è 
un nascerne al continuo di novelle), e le cose medesime si dicono perciò 
Naturati; la Natura poi quasi ente facciamo nel pensier nostro parte- 
cipe di quegli attributi preclari che la tempra medesima delle cose 
create fa nel loro Creatore conoscere ». 

Un altro concetto va ricordato: « Inoltre l’uomo con la diligente con- 
templazione delle circostanti cose può trar nozioni sulla sua condizione, 
non che norme ali’operare. Al che non può meglio sperar di giungere 
quanto col paragonar sè medesimo ad altri esseri, la cui condizione 
abbia quella maggior analogia con la sua propria che è dato di rinve= 
nire. Tali sono gli animali ». 

L’intonazione complessiva dell’ introduzione allo studio della Storia 
Naturale è data dalle parole seguenti: « E come alla contemplazione 
dell'universo si ridesta nell'uomo il sentimento della Divinità, lume della 


(1) Elementi di Storia Naturale generale del dottore Gaspare Brugnatelli 
prof. ord. di detta Scienza nella I. R. Università di Pavia. Pavia, Tip. P. 
Bizzoni, 1825. — Nel 1830 venne fatta una seconda edizione che fu come il 
prodromo di un’opera più estesa stampata nel 1837 col titolo: Trattato delle 
cose naturali e loro ordini conservatori contenente i principii e le generiche 
dottrine d'ogni scienza naturale, con illustrazione de’ naturali oggetti più 
necessari a conoscersi, inteso al perfezionamento morale dell’uomo e a por- 
gere circa le cose suddette la coltura conveniente all’attuale civiltà ». Assi- 
stettero l’A. in questa ultima edizione i prof. F. Cattaneo, il dott. F. De 
Filippi, e il dott. Trinchinetti, « il primo per la parte fisica e astronomica, 
il s econdo per la parte mineralogica e zoologica, il terzo per la parte bota- 
nica », 


LO 4, 


religione e della morale, e l'animo ne divien nobile e gentile ed amic | 
della semplicità, per cui si dispone mirabilmente ni divini dettami che 
queste gli porgono; così l'altre norme che da essa contemplazione de- 
sumere si potranno alla condotta del vivere, avrem la soddisfazione di 
rinvenirle appieno concordi con que!le che anch’esse la morale e la re- 
ligione ci additano ». Nel volume II a pag. 4 dice che l’uomo non si 
sottrae alle lesgi generali della natura « anch’esso è a parte dell’uni- 
versale armonia della vita. E se a lui deve essere caro di conoscere 
que’ viventi che gli porgono sussidio in molti bisogni, e di tanti piaceri 
liberali gli sono, non meno deve farlo affinchè per essi meglio apprenda 
a conoscere se medesimo «. 

Noterò ora alcuni punti che paiono a me più significativi a dare idea 
dei concetti di filosofia naturale seguiti dal Brugnatelli. 

Parlando nel vol. II a pag. 49 della morte degli animali dice: « il 
naturale decadimento e la vecchiezza sono quelle cause di morte che 
sebbene più inevitabili pure men di sovente giungono a produrla; tante 
altre ve n’ ha a troncar la vita degli esseri, innanzi che il corso ne sia 
tutto adempiuto, Queste cause di distruzione e di morte intempestiva 
(per farne adesso alcun cenno) sebbene colpiscano non di rado anche 
individui robusti e di florida vitalità, pure vagliono ad opprimere quegli 
altri, che per vigoria minore, possono del pari minor resistenza ai loro 
assalti opporre. Quindi, i deboli, gli infermi e quelli cui solo avanzerebbe 
una languida e noiosa vita in preda alla vecchiaia ed al deperimento, 
sono a preferenza investiti e percossi dalle forze distruggitrici della na- 
tura, e la loro sostanza passa in breve ad’ essere sostegno di vite mi- 
gliori. Che se poi esistono specie che per la loro natural debolezza più 
gravemente soffrano i danni delle suddette cause esiziali, le compensò 
la natura col provvederle di una straordinaria e mirabile fecondità ». 
Parla in seguito il Brugnatelli delle cause « d’esterminio dei viventi » 
come il freddo, la carestia degli alimenti, i morbi, ed aggiunge: « Ma 
possente sopra ogni altra, continua, urgentissima causa di distruzione 
de’ viventi, ella è la necessità che hanno di pascersi gli uni degli altri. 
E se la natura diè a molti esseri l’istinto di cercare sussistenza sulle 
morte salme, innumerevoli sono anche quelli cui commise di pascolarsi 
della pianta ancor viva o delle carni ancora calde o palpitanti ; e erbe 
più forti indirettamente opprimono le altre, non lasciando a queste alcun 
avanzo di umore che le ristori. Insomma un’universale guerra per cui 
gli esseri si vanno distruggendo e satollando l’uno dell’altro, contrasta 
ai trasporti d’amore onde le creature si stringono, e si consacrano alla 
riproduzione de’ proprii simili ». 

Nell’opera più completa, già ciinta, il Brugnatelli così espose questi 
ultimi concetti, (Vol. III, pag. 74): « Però quest’universale guerra, e 
distruzione non manca di essere provvidamente governata dalla Natura 


— Sar 


e proporzionata, come già abbiamo avvertito, alla fecondità in guisa che 
niuna specie perisca, niuna si faccia troppo numerosa, ma tutte siano 
temperate sicchè loro non manchi di che sussistere. e nel sussistere ad 
altre specie non rechino danno eccessivo ». 

Ho voluto citare, come già sopra ho fatto per la definizione della na- 
tura, il primo trattato del Brugnatelli (1826) e il suo lavoro posteriore 
più completo di undici anni dopo (1837) perchè pare a me che nel primo 
il Brugnatelli esprimesse più liberamente il proprio pensiero, e fosse 
meno preoccupato a dimostrare ad ogni costo che in questo mondo tutto 
è bello, tutto è buono, tutto è perfetto. 

Interessante è il capitolo dove il Brugnatelli parla della Generazione 
sessuale (Trattato delle cose naturali ecc., Vol, III, pag. 238). Vi sono 
molto bene e chiaramente menzionate le differenze sessuali secondarie 
e vi spicca il concetto della lotta ed anche in certa guisa quello della 
scelta sessuale: « Quindi gli animali, egli dice, in tempo de’ loro amori, 
lasciate le consuete abitudini, schivi di pascolo, di riposo, di calma sono 
pronti invece, persino quelli di tempra mite, all’ire, alle zuffe: nè queste 
però sono senza qualche utilità, poichè dai forti trionfatori forte 
del pari ne deriva la prole ». 

Per quanto riguarda la questione, allora molto spinosa, dell’istinto e 
dell’intelligenza dell’uomo e degli animali, il Brugnatelli, quantunque dica, 
seguendo in gran parte le idee di Federico Cuvier (op. cit., vol. III, p. 46), 
« Avvegnachè l’istinto qualifichi gli animali in genere, e l’intelligenza 
qualifichi l’uomo, non è però che all’uomo manchi l’istinto, nè che gli 
animali, intendo dire i più ragguardevoli, sieno affatto forniti di facoltà 
conformi alle intellettive » tuttavia conchiude essenzialmente come con- 
chiudeva il Genè, e come sopra è stato riferito, e dopo aver parlato 
dell’istinto nell'uomo e delle sue forze intellettuali che devono diriggerlo 
e correggerlo delle passioni ecc. così si esprime: « Così la Storia Na- 
turale consuona colla civile nel palesare il decadimento e la corruzione 
dell’uomo, consuona pure colla Morale e colla Religione nell’additargliene 
il rimedio >». 

Nelle Nozioni preliminari di Zoologia (Opera cit., vol. IV, pag. 81), 
deve essere ricordato il brano seguente: « anche gli animali ne appre- 
senteranno una lunga serie di esseri tra gli estremi della quale si rav- 
visa somma disparità; e invero se avremo a prendere principio con 
quelli che per molti rispetti si accostano ai vegetabili, siechè alcuni vi. 
hanno in tutto il sembiante od altro distintivo, porremo fine con un 
essere, che sotto eccellenti spoglie corporee, ma non pertanto valevoli 
a renderlo strettamente affine ad altri animali, racchiude un principio 
che il fa straniero alla terra, e l’innalza a ua ordine di enti, cui niun 
altra creatura di quaggiù è degna di appartenere ». 


— 31 — 


Si trova in queste parole nettamente delineato il concetto del « Resnn 
umano » che sostenne più tardi il Jan (1) e che caratterizzò la scuola 
lombarda nella prima metà del secolo scorso. Il Cornalia che succedette 
al Jan seguiva fondamentalmente la stessa idea. Il De Filippi che aveva 
compiuti i suoi studî a Pavia svolgeva lo stesso. concetto a Torino nel 
1864 nella sua famosa lezione « L'uomo e le scimie » (2) accogliendo 
la teoria di Darwin per tutti gli animali e contraponendo al regno ve- 
getale e al regno animale il « regno umano ». 

Di particolare interesse per noi è la parte del trattato di Brugnatelli 
che riguarda i vertebrati. Vi si lege: «la gran tribù dei vertebrati fu 
ripartita nelle quattro classi, mammiferi, uccelli, rettili e pesci. Non 
mancano però alcuni animali di ciascuna classe di aver con quelli di 
alcun’altra classe certe osservabili relazioni, oltre quelle che son volute 
dalla comune natura di vertebrati ; in virtù di tali relazioni vengono le 
dette classi, come da anelli, l'una all’altra rannodate »..... Rispetto alla 
couformazione dello scheletro notabilmente son concordi fra loro mam- 
miferi, uccelli e rettili, alquanto da essi discordano i pesci. Invece ri- 
spetto alla struttura del cervello (come anche rispetto a molti altri 
organici attribuiti) s'incontra maggior conformità tra i vertebrati ovipari, 
che non si osservi tra questi ed i vivipari; essa poi si rende ancor più 
ragguardevole se tra loro si mettano a confronto i soli vertebrati a 
sangue freddo. Vedremo tanto piano il passaggio dall'una all’altra classe 
di questi animali, cioè dai rettili ai pesci, da non potersi quasi dire che 
vi sia tra esse un preciso confine », 

Il Brugnatelli aggiunge ancora: « Se i vertebrati dimostrano tra loro 
sì grande affinità, v'ha pure alcun d’essi che in singolar modo si rende 
affine agli invertebrati, come i pesci che si appellano carlilaginosi fra 
poco ce lo dimostreranno. Per le quali cose, e per quelle che si sono dette 
de’ molluschi cefalopodi, dimostranti com’essi alquanto si accostino ai 
vertebrati (3), ne viene che malgrado le solenni disparità generali che 
si osservano tra quest'ultimi e gli invertebrati, pur non manca un qualche 
legame che li vincoli insieme, e sembra confermarsi quel leggiadro con- 


1) G. Jan, Dell’uomo considerato come un proprio renno dell’istoria na- 
turale. Prelezione al secondo corso annuo « Politecnico » vol. VI, 1848. 

(2) Politecnico, vol. XXI, Milano. 

(3) L'idea qui accennata della speciale modalità di passaggio dei Vertebrati 
agli Invertebrati venne poi sostenuta da parecchi Autori, fra gli altri, presso 
di noi dal De Filippi il quale riteneva i Cefalopodi come un tipo distinto dai 
Molluschi, e da collocarsi tosto dopo i Pesci. (Congresso scientifico italiano, 
Anno II. Torino, Resoconto. Annali Università di Statistica, Gennaio, 1841). 


= ‘OR 


cetto della catena degli esseri tanto gradito a molti chiarissimi natu- 
ralisti » (1). 

In altro luogo (vol. IV, op. cit., pag. 201) il Brugnatelli accenna alla 
notabile affinità dei batraci coi pesci. 

Passa poi il Brugnatelli al confronto dei Primati coll’uomo e pur am- 
mettendo le molte affinità fisiche dice: « Ma già altra volta si espose 
come quel suo divino dono della ragione ogni difetto largamente com- 
pensi ». 

Nella « Appendice finale» « intorno ad alcun altro ordine conservatore 
degli esseri viventi » sono notevoli i concetti seguenti: « Poichè alcune 
delle corporee doti degli esseri hanno relazione alla stazion dei medesimi 
non fia meraviglia che gli abitanti d’eguale stazione, benchè spettanti 
a diversa tribù, dimostrino tra loro qualche notabile conformità, ecc. ». 

« Congiungendo i riguardi dovuti all’ abitazione ed alla stazione, e 
ricordando come tra gli esseri di segregate e lontanissime contrade si 
può trovare analogia, ma rare volte generica e più rare volte specifica 
eguaglianza, può asserirsi genericamente, tanto più essere analoghe le 
forme vegetabili quanto più si rassomiglian tra loro il clima e i caratteri 
fisici delle regioni in cui vivono. 

Vi è nelle parole sopra riferite un accenno alla moderna legge di 
convergenza. 

Nelle parole che si seguono si trova pure indicato chiaramente un 
fenomeno che è presentemente oggetto di diligenti studî da parte dei 
botanici: « Tra le piante però, se molte d’uguale specie ne crescono in 
prossimità l’una dell’altre..... ciò è bastevole motivo perchè s’appellino 
sociali; alcune volte si scorge un pari modo di socialità tra specie di 
ugual genere, o tra generi d’uguale famiglia. Le ericaje... son fatte di 
una sola specie di erica, o di più specie insiem radunate; nelle nostre 
brughiere vegeta generalmente l’erica comune, ne’ contorni del Capo dî 
Buona Speranza frequente è l’associazione d’eriche di varie specie ». 

Colle parole seguenti pone fine il Brugnatelli al suo lavoro: « Or 
dunque ne è lecito proporci innanzi agli occhi l’universale spettacolo 
della Natura, ed ivi circondato da tutte l’altre creature, in eminente 
sito, e come segno in cui riposi l'unità del gran quadro, ecco appresen- 
tarsi l’uomo iu atto di offerire al sommo Iddio l’olocausto di lode che 
tutte insieme le sue fatture gli innalzano ». 

Considerando complessivamente i trattati di Storia Naturale del Bru- 
guatelli e tenendo conto anche di altre sue pubblicazioni come: « Della 


(1) Vuol essere ricordato il fatto che al tempo del Brugnatelli aveva note- 
vole diffusione il « Manuale della Storia naturale » del Blumenbach tradotto 
in italiano (Milano, A. Fontana, 1826) in cui i concetti del Bonnet, erano 
vivamente combattuti. 


— 


coltura sociale e del contribuire delle cognizioni naturali alla medesima 
mediante l’insegnamento della Storia naturale generale (1) » si deve ri- 
conoscere nel Brugnatelli una mente più ampia e spregiudicata di quello 
che non appaia forse da varî passi della sua opera. In essa si vede lo 
sforzo per attenuare, avvolgere, coprire tutte le asserzioni troppo arri- 
schiate per modo che non abbiano a dar troppo bruscamente nell'occhio 
dei « prudentissimi revisori ». 

Malgrado ciò qua e là fanno capolino le idee di filosofia naturale del 
Vallisneri, del Bonnet, dello Spallanzani. 

In complesso il trattato del Brugnatelli, facendo astrazione da speciali 
affermazioni che oggi ci appaiono antiquate, è opera notevole e che 
merita d’essere nella storia della Zoologia fra noi tenuta nel conto voluto. 

A mio avviso, in essa vi è molta maggior larghezza di vedute di quella 
che non si trovi nei trattati di Zoologia che la seguirono, compreso 
quello del De Filippi, per quanto questi trattati nella parte tecnica se- 
gnino un evidente progresso. 


* 
* >» 


Fra i trattati di Zoologia usciti per le stampe in Italia nella prima 
metà del XIX secolo il più importante è quello del De Filippi (2). Questo 
trattato segna un progresso grande sopra tutti i precedenti, per la copia 
delle cognizioni, la precisione, e l’ordine col quale sono esposti. Esso 
rispecchia fedelmente il corso di Zoologia che il De Filippi impartiva 
dalla cattedra dell’Università Torinese. Come già ho fatto per quelli dei 
precedenti Autori io considererò qui il trattato del De Filippi soltanto 
dal punto di vista dei principî di filosofia naturale. 

Sotto questo riguardo il trattato del De Filippi segnò un ritorno ai 
principî rigidi anti-evoluzionistici del Linneo e del Cuvier. In esso non 
troviamo neppure quel vago concetto di una concatenazione degli es- 
seri naturali che pur si trova ancora nel trattato del Brugnatelli, ed 
è come l’ultimo riflesso del concetto più definito del Vallisneri, del 
Bonnet, dello Spallanzani stesso, derivato a sua volta essenzialmente 
dalla legge di continuità del Leibnitz. Non parliamo poi delle idee La- 
marckiane che certamente il De Filippi, fervente seguace del Cuvier, 
riteneva, come quest’ultimo, neppure degne di essere prese in conside- 
razione. 


(1) Pavia, Tip. Bizzoni, 1841. 

(2) I tre regni della Natura — Regno animale, Milano, ditta P. e G. Vallardi 
1852. Una seconda edizione venne pubblicata nel 1868 dopo la morte del De 
Filippi avvenuta nel 1867, con prefazioni ed aggiunte di Michele Lessona e 
coi tipi di E, Treves, Milano, 


e Se 


Malgrado ciò, come si vedrà dai brani che verrò citando, il De Filippi 
era troppo valente osservatore per trascurare lo studio della distribu- 
zione geografica degli animali e dei rapporti fra i caratteri degli ani- 
mali e la loro abitazione, e nei capitoli che riguardano questi argomenti 
mise in evidenza con molta precisione molti dei fatti che vengono a 
sostegno della moderna teoria dell’evoluzione. 

È noto che le convinzioni del De Filippi vennero profondamente scosse 
dal libro di Darwin sull’ « Origine delle specie », tanto che nel 1864, 
come sopra si è già detto, nella sua lettura « Sull’uomo e le scimie », 
accolse la teoria Darwiniana almeno per gli animali « bruti » non sa- 
pendosi decidere ad accoglierla anche per l’uomo che egli collocò in un 
regno a parte. 

A pag. 41, parlando dell’istinto e dell’intelligenza dice: « È dunque 
ben sicuro che lo sviluppo delle facoltà intellettuali è.in istretta rela- 
zione colla presenza ed assenza, col maggior o minore sviluppo di alcune 
parti del cervello. Della quale circostanza hanno abusato alcuni filosofi 
per deprimere tanto l’anima umana da uguagliarla a quella delle bestie, 
attribuendone appena la maggior energia, la maggior virtù, ad una mi- 
gliore organizzazione della massa cerebrale ». 

« Potremo forse concedere a costoro che tra il cervello di un selvaggio 
della Nuova Olanda e quello di un giovane orang outang non passi quasi 
che una insensibile differenza; per cui, organicamente parlando, non sia 
facile rinvenire i limiti decisi che separano un essere dall'altro. Ma qua @ 
abisso tra le facoltà dell'anima nelle razze umane anche le più degra- 
date, e l’anima delle scimmie anche più perfette ? »....... 

< Adunque l’uomo che dal lato della sua condizione fisica è un debole 
ed inerme animale, e perchè al confronto delle scimmie, per le facoltà 
della sua anima è infinitamente superiore ad ogni creatura terrestre, 
collocato in ben più alta sfera del regno animale stesso egli non vi 
appartiene ; ma lo domina, lo studia, ne indaga i fenomeni e le leggi; 
e gli sarà più facile pervenire fino alla completa conoscenza di tutto 
questo regno, che non a quella di se stesso ». 

Parlando a pag. 50 della specie dice: «Con questo nome intendono i 
zoologi tutto il complesso di individui animali, che rimontando verso l’o- 
rigine delle cose create proviene da due comuni genitori, tutta la di- 
scendenza dei quali si mantiene, mediante il concorso spontaneo dei 
sessi, generatore di una prole feconda. 

Questa discendenza si presenta sempre coi caratteri medesimi e tal- 
mente simili da un individuo all’altro, che non si potrebbero questi in- 
dividui ulteriormente distinguere ». 

Nel capitolo intorno alla « varia diffusione delle specie » (pag. 244) si 
ieggono le parole seguenti: « Un viaggiatore che percorra la terra nella 
direzione approssimativa di uno dei suoi meridiani, non potrebbe non 


= 


essere colpito dalla varietà dei prodotti naturali, in passando dalla zona 
calda alle temperate e da queste alle fredde. Malgrado però tanta dif- 
ferenza nel complesso degli animali e delle piante, o come suol dirsi 
scientificamente, delle faune e delle flore, che danno ai vari paesi che 
egli attraversa la loro particolare fisionomia, egli finirebbe per osser- 
vare che i confini fra questi paesi non sono mai perfettamente delineati 
dall’aspetto delle loro naturali produzioni. Egli sarebbe trascinato a 
conchiudere, che ad ogni specie di animali fu dalla natura assegnato 
bensì un dominio originario, ma che secondo le condizioni del terreno 
o del mezzo in cui gli animali stessi vivono, secondo la varia resistenza 
degli organismi agli agenti esterni, e la varia potenza locomotiva, quelle 
specie sì diffusero per irradiazione dai loro primitivi focolai, guadagna- 
rono terreno, si immischiarono; ma nel passare a condizioni diverse di 
clima, di nutrimento, di località, subirono modificazioni più o meno pro- 
fonde nelle loro forme e qualità native. Fino a qual punto furono por- 
tate queste modificazioni ? Eccoci davanti due grandi problemi; quello 
cioè della distribuzione originaria degli animali alla superficie del globo; 
e l’altro dei rapporti apparenti fra i caratteri degli animali stessi ed il 
variare degli agenti esterni. Il primo problema dipende essenzialmente 
dal secondo, Innanzi parlare della distribuzione delie specie bisogna ac- 
quistare la convinzione della loro stabilità, che è quanto dire della loro 
esistenza reale, perchè è questa messa in dubbio da alcuni autori di 
molta fama, i quali non sanno trovare un limite alla modificazione che 
l'esterna natura imprime sull’organismo degli animali, e sarebbero di- 
sposti ad ammettere nella lunga linea degli antenati dei nostri gatti, 
dei nostri piccioni, delle nostre lucerte, le forme le più disparate da quelle 
che vediamo oggi. Sveuturatamente quando noi ricerchiamo i rapporti 
fra i caratteri degli animali e le situazioni in cui vivono, noi vediamo 
bensì dei fatti coordinati, ma senza che ci sia dato comprenderne il 
nesso... ». 

« Quando scorgiamo uno stesso carattere ripetersi in molte specie 
di animali proprie di una grande regione, sebbene pel resto diver- 
sissimi fra di loro, noi siamo autorizzati a credere che la comu- 
nanza di questo carattere uon sia fortuita, ma dovuta a circostanze che, 
per quanto a noi ignote, hanno spiegato in quel paese la loro infiuenza 
su molte e svariate specie di animali »... 

« In grazia di questi rapporti noi possiamo credere che l’atto in cui 
furono pupolate d’animali le diverse regioni del globo abbia avuto luogo 
sotto l’iufluenza di cause particolari per ciascuna, e tendente ad impri- 
mere un carattere generale nelle specie varie e moltiformi di una me- 
desima classe. Questa influenza sarebbe stata istantanea, ed avrebbe 
poscia cessato d’agire; ed infatti non è maì accaduto di osservare negli 
animali trasportati da un centinente all’altro svilupparsi: il carattere 


Men a 


proprio del nuovo paese, od eliminarsi quello del paese nativo. E questo 
uno degli argomenti convalidanti l'opinione che nello stato: attuale di 
cose più non si formino nuove specie di animali ». 


* 
* * 


Ho potuto consultare due prolusioni di Oronzio Gabriele Costa il ce- 
lebre professore dello Studio Napoletano, una intitolata: Prolusione al 
corso di Zoologia per l’anno scolastico 1842-1843 la cui tesi è: « Leges ex- 
ponuntur, quibus natura a simpliciori ad perfectiorem animalium struc- 
turam gradum facit: ex quo eorum distributio metodica desumitur » (1), 
e l’altra col titolo: « Prolusione al corso di Zoologia per l’anno scola- 
stico 1843-1844 », la cui tesi è: « De Zoophytorum natura, genesi, et hi- 
storia eorumque nova methodica dispositione » (2). Da esse e sopratutto 
dalla prima si deduce che il Costa insegnava dalla cattedra concetti ben 
definiti non solo di una connessione fra tutti i viventi animali; ma di 
una graduazione ed in realtà anche di una loro evoluzione. Così si 
esprime il Costa (pag. 15): « Dalle cose fin qui discorse parmi potersi 
inferire : 1° Che una graduazione vi sia evidentemente tra gli animali; 
e che, considerati in grandi masse, ben si lascian distinguere gli uni 
dagli altri. 2° Che tra l’una e l’altra serie, indicata generalmente col 
nome di Classe, vi siano sempre uno o più anelli intermedi, che ser- 
vono quasi di congiunzione, perchè la natura sembra abborrire rapidi 
passaggi e le interruzioni assolute uella serie. Da ciò le difficoltà di por 
limite assoluto fra queste, e da ciò pure le controversie intorno alla 
sede vera di talune specie ».,. 3* Che nelle grandi Classi non si trova 
una successione progressivamente graduata, sia in più, sia in meno, 
nell'organismo; ma che un sistema, od un organo sminuisce e si eleva 
più volte prima di scomparire affatto. Da ciò la difficoltà di ben di- 
sporre ogni membro in ordine seriale continuato. Più spesso ancora lo 
sminuire di un sistema vien compensato dalla elevazione di un altro ; 
d'onde dipende la diversa posizione loro relativa, secondo che sì con- 
sidera l’uno o l’altro sistema di composizione anatomica... Laonde, sia 
che ordinar si vogliano in serie unica e continua, o biseriale e paral- 
lela, le difficoltà saranno sempre le stesse. 

Conchiude poi il Costa (pag. 16) : « La libertà del pensare è proprietà 
esclusiva dell’uomo ; essa non ci disonora quando si esercita con quella 
moderazione che la civiltà, la società e la coscienza ci detta. Per la 
qual cosa io credo potervi affidare ancora un mio divisamento, da te- 
nersi o come un principio razionale da servire di tema nell’analisi delle 


(1) Napoli, Tipogr. del Filiatre-Sebezio, 1842. 
(2) Napoli, dallo Stabil. di F. Azzolino, 1843, 


— 37 — 


specialità, o come risultamenti delle analisi parziali medesime, per le 
quali non mancheranno nuove prove. A me sembra intravedere netta 
serîe dei viventi di ciascuna classe una successiva depressione ed 
elevazione nel grado dî animalità da costituire un anello, è di cui 
estremi non si congiungono: e però là dove l’uno si arresta l’altro 
cominciando, s’ingenera così una spirale, i cui termini sono l'infini- 
tamente grande e /'infinitamenle piccolo ». 

In una nota a pag. 22 il Costa dice ancora: « Lamarck pensava, che 
trovandosi la natura obbligata a sommettere le sue operazioni alla in- 
fluenza delle circostanze che agiscono sopra di esse, queste circostanze 
medesime ne fanno variare per ogni lato i prodotti. La qual legge, 
benchè vera nel fatto, sembra ambiguamente espressa. Perciocchè, il 
trovarsi sottoposta la natura alla influenza delle attualità circustanti, è 
quanto dire essere sottoposta a se stessa. Il che può tradursi in questi 
altri termini. Tutto che esiste in natura ‘ha la sua attività come la sua 
passività. Quindi le vicendevoli influenze, e da ciò i mutamenti nor- 
mali ed innormali secondo lo svariato concorso delle cagioni che pren- 
dono parte nelle produzioni dei corpi inorganici. 

Al lettore non sfuggirà certamente l’importanza delle parole ora ci- 
tate le quali nettamente rivelano che il Costa accoglieva uno dei prin- 
cipii fondamentali delle teorie Lamarckiane. 

Dirò infine che il Costa propendeva ad accogliere il sistema proposto 
dal Blainville. 

Oronzio Gabriele Costa nelle sue « Lezioni di Zoologia — Napoli, 
Stamp. di Azzolino e Comp., 1838 », iniziando il suo insegnamento ac- 
cenna di già ad alcune delle idee fondamentali che poi più chiaramente 
espose in seguito alle soprac'tate prelezioni e fin da principio n’assunse 
il compito di « procedere (pag. 48) dall’organizzazione più semplice alla 
più complicata ». Egli iniziò infatti il suo corso cogli Infusorii. La le- 
zione preliminare del Costa è veramente notevole per l'ampio modo col 
quale intendeva lo studio della zoologia. 


nta 


Nell’anno 1834 uscì dalla tipografia di Annesio Nobili di Pesaro un’opera 
dal titolo: « Storia Naturale degli animali invertebrati del sig. cav. De 
Lamarek compendiata ed arricchita di note per opera di Francesco Bal- 
dassini, socio corrispondente dell’ Accad. delle Scienze di Torino ecc. ecc. 
segretario dell’Accademia agraria di Pesaro ». 

È questa un’opera alla quale si deve speciale menzione perchè indica 
il conto grande in cui era tenuto il Lamarck in alcune regioni d’Italia 
in. un'epoca in cui più fulgida splendeva la gloria del Cuvier, 


— Ra 


Nel discorso preliminare del Baldassin meritano di essere ricordati 
i passi seguenti: 

« Ciancino adunque a voglia loro i pedanti, i quali nelle sublimi teorie 
non vedono che giuochi sterili dello spirito, il giovane amatore delle 
scienze naturali convinto essendo che non avvi occupazione più soddi- 
sfacente del conoscere la verità, vedrà insieme essere le scienze natu- 
rali fondate sopra fatti ben avverati, e però quelle che sempre è meglio 
la manifestano. Si lasci agli apologisti dell'ignoranza il proclamare la 
inutilità, e il pericolo delle scienze. L'ignoranza non è buona a nulla, 
e a tutti nuoce, e i secoli più barbari, o più sozzi sono sempre stati i 
più corrotti. Fate l’uomo ignorante, e per conseguenza privo della co- 
guizione dei suoi doveri, e diverrà timido, superstizioso, e forse ancora 
crudele..... La Storia naturale è una delle scienze più vaste che il saggio 
possa studiare, nè forse alcun’altra è tanto feconda in grandi risultati. 
Ma è vano il pretendere di provarne l’importanza a chi non ha iuten- 
dimento educato alle speculazioni dello studio. Il cui dono è la questione 
dell’ignoranza, o conviene lasciar parlare l’utilità stessa delle cose per 
dar risposta alle ciance più strane. L'utilità della storia naturale con- 
siste nel concorso che ella porta alla supienza umana per distruggere 
gli errori che da lungo tempo la oscurano, e per la ricerca delle 
idee giuste che debbono necessariamente risultare dalla sua conoscenza, 
poiche l'errore non le saprebbe resistere. Ecco la risposta più couve- 
niente a//a domanda del cui bono >». 

« Potrebbe peraltro recare maggiore meraviglia, come da taluno di 
recente siasi detto nuocere le scienze naturali alla morale dell’uomo, 
perchè dirette allo studio delle sole parti organiche, delle combinazioni 
elementari della materia, togliendo così }idea di un primo motore e 
fautore, Il rispondere a siffalte frivolezze sembra tempo ed opera per- 
duta ». î 


Queste parole sono certamente molto notevoli dato il tempo e l'am- 
biente nel quale vennero scritte, 

« Niuna classificazione è nella Natura: tutte sono il risultato dell’os- 
servazione e delle combinazioni dell’uomo ». 

« La Storia naturale degli animali senza vertebra..... non presentava 
per anche un complesso ordinato di cose, le quali a colpo d’occhio fa- 
cesse conoscere la progressione ognora crescente nella composizione degli 
organi animali, e la serie non interrotta di osservazioni che dalla Mo- 
nade all'uomo ponesse l’amatore in caso di comprendere lo stato delle 
nostre cognizioni su tale oggetto. Codesto vuoto è stato riempito da 
Lamarck ». 

Parlando del Lamarck il nostro A. dice ancora: « Convalidò quel fatto 
che scorrendo come suolsi la serie degli animali dai più perfetti ai più 
imperfetti si osserva una degradazione ed una semplificazione descre - 


ia SORT 


scente nell’organizzazione che perciò scorrendo la scala animale in un 
senso opposto, cioò secondo l’ordine stesso della natura, si troverà una 
composizione crescente nell’organizzazione, la quale sarebbe ovunque 
regolare nella sua progressione, se le circostanze dei luoghi e delle ma- 
niere di vivere non vi cagionassero delle anomalie. Mostrò che l’ordine 
naturale degli animali costituente una serie deve incominciare da quelli 
che sono i più imperfetti e i più semplici nell’organizzazione e termi- 
nare coi più perfetti, onde essere conforme all’ordine della natura ». 

L'A. continua poi, accogliendo i principî generali del Lamarck. 

Nelle note poste alla fine del volume il nostro A, difende ancora lo 
studio delle Scienze naturali contro coloro che lo combattono col pre- 
testo di difendere la religione e spiega varî punti dell’opera del Lamarck 
col sussidio degli studî posteriori dimostrando una coltura zoologica 
molto vasta, 


ala 

Il dottore Giacomo Revelli di Bologna pubblicò nel 1839: « Osserva- 
zioni sopra allo svolgimento de’ corpi organici le quali appoggiano di- 
rettamente la dottrina palingenica del dott. G. Revelli ». Parte prima. 
Fano, tipografia Giovanni Lana, 1839. — Memoria ovologica la quale 
serve d’appendice alla parte prima, idem. 1840. Sono due lavori scritti 
in stile assai involuto; nel secondo trovo una nota che può essere ri- 
cordata in ordine alle ricerche che ci occupano. « E legge generale 
(pag. 87), e conosciuta sino dalla più remota scientifica antichità che i 
corpi animali e vegetabili, trasportati ed alignati in regioni non native, 
motto sì modificano per azione e reazione de’ corpi a cui vanno a con- 
tatto ed in relazione. Ora perchè una parte organico-vitale p. e. propria 
di un dato organo, ma eziandio condotta poi, o prolungata, o nata pur 
anco in posizione lontana dall'organo a cui è in mediata continuazione 
organica: perchè, dico, essa parte non devesi 720/70 modificare grado 
a grado ancora per azione organico-dinamica delle varie parti a cui va 
a contatto ed in relazione, quantunque non di loro diretta figlia. Darò 
ora di questo mio pensiero un semplicissimo esempio. Quell’arteriuzza 
p. e. all’apice del dito di un piede, ha una funzione diversa da una di 
quelle che procedono dall’emulgente rene, perchè la prima arteriuzza 
è, dalle parti che la contorniano, diversamente modificata, nell’orga- 
nizzazione primitiva e successiva, della seconda, quantunque ambedue 
N. B. figlie e continue all’aorta». 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 487 pubblicato il 25 Marzo 1905 


Vor. XX 


Dott. F. FRASSETTO 


Istituto Anatomico dell’ Università di Bologna diretto dal Prof. G. Valenti 
(Sezione di Antropologia). 


Osservazioni sulle forme del cranio umano 
e sulle loro variazioni. 


Nel diagnosticare le forme craniche proposte dal Sergi (1), si trovano 
due difficoltà: una riguardante l'orientamento del cranio, l’altra riguar- 
dante la determinazione esatta della forma. Della prima mi sono occu- 
pato altrove (2), della seconda me ne occuperò in questa nota. 


* * 


Prendiamo in esame le due varietà craniche meglio note e meglio 
definite: la varietà Pentagonoîdes e la varietà EZlipsoides. 

Per studi recenti (3), queste due varietà, nelle loro forme tipiche, 
rappresenterebbero: l’una (la prima), la forma fetale del cranio, l’altra 
(la seconda), la forma adulta. 

Ora, se noi ci accingiamo alla classificazione delle forme appartenenti 
alle due varietà indicate, ci incontriamo raramente davanti a forme 
schiette, cioè a dire aventi tutte le caratteristiche della prima o della 
seconda varietà. Troviamo, per esempio, pentagonoidi in cui l’occipitale 
ed il frontale hanno perso la loro forma fetale e quindi potrebbero ap- 
partenere più a forme ellissoidali che a forme pentagonali; troviamo 
pure ellissoidi in cui il solo parietale ha le caratteristiche volute, mentre 


(1) Specie e varietà umane. Torino, Bocca, 1900. 

(2) Orani moderni di Manfredonia. Atti d. Soc. Rom. di Antropologia. 
Vol. X, fasc. I, Roma 1904. 

(3) G. SEkGI. Nuove osservazioni sulle forme del cranio umano. Atti d. 
Soc. Rom. di Antropologia. Vol. X, fasc. I, Roma 1904. 


il frontale e l’occipitale hanno conservato le caratteristiche dei penta- 
gonoidi. In altre parole: noi troviamo forme pentagonali con qualche 
caratteristica ellissoidale, e forme ellissoidali con attributi propri a 
forme pentagonali. 

Tutto ciò genera, evidentemente, dubbi e titubanze in chi classifica. 

Ma come fare per eliminare tali dubbî? che criterio dobbiamo seguire 
per orientarci? 

Analizziamo intanto le varie forme pentagonali ed ellissoidali e ve- 
diamo di renderci conto deile variazioni che si incontrano per riguardo 
alla forma dell’osso frontale, parietale ed occipitale (4), che sono le ossa 
su cui si basa la diagnosi delle forme craniche. 


Forme pentagonali. 


Nella diagnosi delle forme pentagonali ci troviamo davanti ai seguenti 
casi: 
1° caso. Forma fetale tipica. Questa forma è rappresentata dalla 


Intizooe Fig. 28 
Cranio fetale di sette mesi ‘n. verticalis) Cranio fetale di sette mesi (n. lateralis) 
(Da Sergi « Nuove osservazioni ecc. ») (Da Sergi « Nuove osserv. ecc.) 


sotto-varietà Pentagonoides acutus foetalis, SERGI (1900), riprodotta 
nelle figure 1° e 2*, « Ora avviene che un Penfagonoîde adulto, che con- 
serva tutti i caratteri fetali, deve trovarsi nelle forme fronto-parieto-o0c- 
cipitali nello stato di quelle fetali, cioè deve avere le due gobbe frontali 


(4) Queste tre ossa a partire dal VII° mese fino al IX° di vita intrauterina 
offrono, generalmente, accentuazione delle bozze e degli angoli diedri deter- 
minati dall'incontro dei piani che costituiscono esse bozze; mentre nello stadio 
adulto sono sforniti di questi caratteri. 


spiccate e distanti fra di loro, col piano facciale verticale volgente ad 
angolo acuto verso la volta e ad angolo ottuso verso i lati, deve avere 


Fig. 3a - Cranio adulto l’entugonoide (n. verticalis). Da Sergi » Nuove oss. ecc, ». 


Prod 


Fig. 48 - Cranio adulto Pentagonoides (n. lateralis. Da Sergi « Nuove oss. ecc. ». 


piana la volta e l’occipitale con quella sporgenza che superiormente è 
convessa di sotto concava come il modello che presento (fig. 3° e 4°) » (1). 


(1) G. SerGI. Nuove osservazioni ecc., loc. cit. 


ate 40 ae 


2° caso. Forma pentagonale con occipitale adulto. La si trova nel 
Pentagonoiîde dubbio, MoscHEN (1894) = Pentagonoîdes convexrus, 
SERGI (1900). La figura 5%, che rappresenta la norma verticatis di un 


Fig. 58 - Da Moschen, Crani Romani (Atti Soc. Rom. di Antr. 1894). 


P. dubbio mostra lo stadio fetale del frontale e dei parietali per la 
sporgenza delle lorv bozze, quantunque non molto accentuate; la fig. 62, 


Fig. 6a - Da Moschen, Crani romani (Atti Soc. Rom. di Antr. 1894). 


= 


che rappresenta la norma lateralis dello stesso cranio, offre lo stadio 
adulto dell’occipitale che si rivela col profilo rotondeggiante. 

3° caso. Forme pentagonatli con frontale adulto. Queste forme sono 
frequentissime e le incontriamo nei Pentagonotdi oltusi, solliti e piani, 
ed anche negli Acmonotdi; cioè in tuttii pentagonoidi tranne che nel- 
l’acuto e nel convesso. Nel Museo antropologico annesso a questo Istituto 
vi sono parecchi esemplari tipici di questa forma, ed uno dei migliori 


MOR, 
} 


Fig. 72 - Da Sergi, Specie e varietà, ecc. 


; 3 i nie, 958 : 
ce l’offre il cranio egiziano antico N. ca del Catalogo. Questo cranio, 


visto dalla norma verticalis mostra il frontale adulto, cioè a dire sfor- 
nito completamente di bozze e con belle curvature, mentre i parietali 
e l’occipitale hanno le bozze accentuate come appartenessero ad un 
Pentagonoide tipico. 

4° caso. Forme pentagonali con occipilale e frontale adulti. Queste 
forme sono piuttosto rare e viste dalla n.077 wvirticalis, appariscono 
con le caratteristiche delle forme romboidali, poichè, essendo il frontale 
adulto si ha una curva al posto della linea spezzata (tipica del frontale 
fetale) ed-essendo adulto ancheoc.| cipitale, si ha in questa regione una 


bella curva rotondeggiante. Queste caratteristiche si trovano perfetta- 
mente associate in alcuni crani di questo museo. Fra essi è da enu- 


i : hl | 943 
merare il cranio egiziano antico N° + che, visto dalla norma verti- 
calis, appare romboidale come nella figura. 7*, che è lo schema della 


varietà fhomboides; mentre visto dalla norma tateratis offre un pro- 
filo perfettamente rotondo. 


Forme ellissoidali. 


Anche nelle forme ellissoidali si incontra quanto abbiamo visto nelle 
forme pentagonali, ed i casi che si verificano sono i seguenti: 


” 


Fig. Sa - Cranio adulto Ellissozde tipico (Da Sergi « Nuove oss. ecc. »). 


1° caso. Forma ellissoidale lipica. In questa forma tutte le ossa sono 
allo stadio adulto: sono sfornite cioè di bozze ed hanno curvature re- 
golari ed ugualmente distribuite. Tali caratteri si trovano nell’Z2/7p- 
soîdes r'olundus, SERGI (1900), cioè nella < forma definitiva e veramente 
adulta del cranio » (1). Di questa forma tipica: la figura 8* rappresenta 
la norma vertlicatis, la fisura 9* la norma lateratis. 

2° caso. Forma etllissoidale con occipitale fetale. In questa forma 
rientrano gli ellissoidi a calcagno e gli ellissoidi embolici. 

Nella figura 10°, che rappresenta la norma laleralis di un Etlipsoides 
sphyroides, SERGI (1900), è visibile la forma fetale dell’occipite. Si con- 
fronti per l’evidenza la figura 10° con la 4* e la 2?. 


(1) G. SkkGI. Nuove osserrazioni ecc., loc. cit. 


= ae® 


3° easo. Forma cetllissoidale con fronluie felule. Questa forma ellis- 
soidica ha turbata nella sua norma wverticalis solo la curva anteriore 


Fig. 9% - Cranio adulto E/lissoide rotondo, con occipite perfettamente arrotondato 


(De Sergi « Nuove oss. ecc. >) 


o frontale la quale è spezzata per la presenza delle bozze. Ne deriva 
perciò un certo parallelismo dei lati e quindi la sotto-varietà £2/7pso?des 


p3> #3 


Fig. 102 - Cranio adulto di tipo EMissoide con occipitale di forma fetale 
‘Da Sergi « Nuove oss. ecc. ») 


paralellepipedoides, SERGI (1900). La figura 11* ne rappresenta la n0rma 
verticaliîs la figura 12* la norma lateratlis, 


0 Be 


4° caso. Forme eltissoidali con occipitale e frontale fetale. In queste 
forme rientrano molti degli Ez/7ssoîdi embotlici ed a calcagno i quali si 


Fig. 112 - Da Sergi « Specie e varietà ecc. >. 


trovano molto spesso con l’accentuazione delle bozze frontali (frontale 
fetale) mentre hanno costante (perchè è la loro caratteristica) l’occipitale 
fetale. 


Fig. 12% - Da Sergi « Specie e varietà ecc.  ». 


Conclusioni. 


Analizzate le forme tipiche pentagonali ed ellissoidal; e quelle che ne 
derivano, vediamo ora di raggrupparle indicando per brevità con le 
lettere p 7 @ lo stadio fetale del frontale, del parietale e dell’occipitale, 
e con FPO lo stadio adulto. 

Pentagonoidi : 
1° caso pz co = P. acutus, SERGI (1900). 
2° caso gp7 0= P. dubbio, MoscHEN (1894). 
3° caso F_ 7 a = P. obtusus, P. planus, P. sublilis, SERGI (1900). Acmo- 

noîdes, SERGI (1900). 
4° caso F70 = Rhomboides, SERGI (1900) (1). 

Ellissoidi : 
1° caso FPO = £. rotundus, SERGI (1900). 
2° caso F Pa = E. sphyroîdes, E. embolicus, SERGI (1900). 
3° caso gp PO= E. parattelepipedoîdes, SERGI (1900). 
4° caso @ P o = E. sphyroîdes, E. embolicus, SERGI (1900). 

Considerando le forme craniche nei loro simboli, sì vede che, tanto nei 
primi come nei secondi aggruppamenti, si ha costante il termine medio 
(7 nei pentagonoidi e P negli ellissoidi) mentre i due termini estremi 
sono variabili. Ciò vuol dire in altre parole che il parietale nelle diverse 
forme appartenenti alla stessa varietà, è costante, mentre variano il 
frontale e l’occipitale. Se ne deduce quindi che l’osso che decide della 
forma cranica è il parietale e che su di esso bisogna basare la diagnosi 
differenziale fra pentagonoidi ed ellissoidi. 

Questo è quanto ci eravamo proposti di trovare. 


(1) Forse dei romboidi, piuttosto che una varietà, sarà meglio farne una 
sotto-varietà da includersi nei pentagonoidi, come accadde già per l’Acmo- 
notdes. (Cfr. G. SERGI, Specie e varietà, loc. cit., pag. 78). 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Vor. XX 


N. 488 pubblicato il 31 Marzo 1905 


Prof. LorENZO CAMERANO 


Francesco Cetti ed i suoi principii di filosofia naturale. 


In precedenti pubblicazioni ho riunito alcuni materiali per la storia 
della Zoologia in ltalia nella prima metà del secolo XIX (1) per quanto 
riguarda sopratutto i principii generali di filosofia naturale. A meglio 
chiarire i mutamenti avvenuti in essi in Italia appunto nella prima 
metà del secolo XIX giova considerare i naturalisti italiani che espli- 
carono la loro attività nel secolo precedente. A tal proposito in altre 
pubblicazioni (2) ho preso in esame i concetti di filosofia naturale del 
Vallisneri, di Vitaliano Donati, di Giuseppe Olivi. — Credo utile con- 
siderare ora l’opera di Francesco Cetti. 

È noto che Francesco Cetti pubblicò un’opera preziosissima intorno 
agli animali di Sardegna in tre volumi intitolati: 

« I quadrupedi di Sardegna », Sassari, 1774, appresso Giuseppe 
Piattoli (3). 


(1) Contributo alla storia delle teorie Lamarckiane in Piemonte. — Il corso 
di Zoologia di Franco Andrea Bonelli Atti R. Acc. delle Scienze di Torino, 
vol. XXXVII, 1902. — I manoscritti di Franco Andrea Bonelli. Atti Congr. 
storico intern. di Roma del 1903, vol. XII. 1904. — Materiali per la storia 
della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. Boll. Mus. di Zool. 
e Anat. Comp. di Torino, n. 486, vol. XX, 1905. 

(2) Antonio Vallisneri e i moderni concelti intorno ai viventi. Mem. della 
R. Acc. delle Scienze di Torino, Ser. II, vol LV, 1905. — L’Abare Giuseppe 
Olivi e la « Somatometria » moderna Boll. Musei Zool. e Anat. Comp. di 
Torino, n. 484, vol. XX, 1905. 

(3) Di quest’operawggi assai rara vennero ristampati i « Quadrupediì » nella 
« Biblioteca Sic » diretta dai prof. Mario Lessona e Lorenzo Camerano, 
n. 8, Roma, E. Perino edit. 1885. Precede a questo volume una corta notizia 
biografica su Francesco Cetti che credo utile di qui riferire « Erroneamente 
fu stampato che il Cetti nascesse a Como. In realtà egli nacque in Germania, 


« Gli uccelli di Sardegna », Sassari, 1776, appres. Gius. Piattoli. 

« Anfibiî e pesci di Sardegna », Sassari, 1777, appres. G. Piattoli. 

Nelle parole seguenti che si leggono in principio del volume sugli 
Anfibii e Pesci sono indicati i principii di filosofia naturale seguiti 
dall'A. 

« Non intendo la parola Anfibii secondo la significazione sua antica, 
nella quale essa parola significava un animale atto a vivere ugual- 
mente in terra ed in acqua; ma ricevendo una significazione più mo- 
derna, intendo per anfibio un animale, in cui la struttura del qua- 
drupede e dell’uccello si altera già notabilmente, e principia a com- 
parire la struttura propria del pesce. Intendo pertanto per Anfibio un 
animale, per mezzo del quale la lenta natura dai quadrupedì e dagli 
uccelli va ai pesci gradatamente, seguendo sempre la maravigliosa 
sua catena, ossia legge di continuità; legge, la quale non sarà mai 
posta in luce bastantemente acciocchè in essa l’intelletto umano trovi 
riposo e ragione di molte cose esistenti, delle quali forse non com- 
prenderebbe il motivo; e trovi la dimostrazione di molte altre, che 
esistono, ma non si veggono: e di molte altre non iscoperte trovi l’in- 
dizio, e la speranza di scoprirle. 

« La alterazione della struttura, che succede negli anfibî, risguarda 
il cuore. Quadrupedi e uccelli hanno nel cuore doppio ventricolo, e 
doppia orecchietta ossia taschetta hanno pure attaccata al cuore. Non 
più che un ventricolo, e non più che una orecchietta sola hanno i 
pesci al cuor loro, e questa semplicità di orecchio e di ventricolo si 
principia già a trovare negli anfibî. Non sono però questi anfibî tut- 
tavia pescì, perchè altri di loro al modo dei quadrupedi e degli uc- 


a Manheim, nell’anno 1726, ma da genitori veramente di Como, e che per 
vicende speciali avevano lasciato la loro città. 

» Presto il Cetti fu mandato a studiare in Lombardia, e appunte nel col- 
legio dei gesuiti a Monza. Il suo ingegno non comune e la sua singolare 
applicazione allo studio fecero sì che i gesuiti lo invogliassero a farsi dei 
loro, e ciò appunto seguì prontamente. 

» Il Cetti, segnalato negli studi letterari, filosofici e matematici, insegnò 
con grande lode nell’Archiginnasio di Brera in Milano. 

» In età di trentaquattro anni fu chiamato dal Re di Sardegna ad inse- 
gnare matematiche nella Università di Sassari, e di quella città e della isola 
intera egli si fece una seconda patria, studiandone con grande amore la 
storia, i costumi, i prodotti naturali. Scrisse tre volumi intorno agli animali 
della Sardegna, Quadrupedi, Uccelli, Anfibi e Pesci. 

» Il Cetti morì in Sassari dopo brevissima malattia, in età di cinquantadue 
anni, il giorno 22 novembre 1778, e la sua morte prematura fu lutto per la 
Sardegna tutta quanta, e danno per la scienza ». 


celli hanno verace polmone, collocato nella cavità del torace, e dalla 
bocca ricevono il fluido, che rinfresca, e assottiglia il loro sangue nel- 
l'organo polmonare: altri bensì invece di polmoni sono corredati di 
branchie da pesce, collocate presso la superficie del corpo in vici- 
nanza di spiragli per i quali respirano, ma pure non hanno ancora 
reste, e sono forniti di ossa cartilaginee; e inoltre propagano tuttavia 
la loro spezie per mezzo di congiungimenti al modo dei quadrupediì e 
degli uccelli, e degli anfibî primi. I primi anfibî sono più vicini agli 
uccelli e ai quadrupedi, i secondi si avvicinano assai più ai pesci, e 
ne annunziano l’imminente arrivo. Così il passaggio da quadrupedìi e 
dagli uccelli ai pesci si fa più gradatamente ; la organizzazione del- 
l’un estremo si smarrisce più a poco a poco, e poco a poco si fa luogo 
a quella dell’altro ». 

Fra gli anfibì primi e secondi collocò medesimamente la sottile 
natura, anfibì mediani, cioè la Lampreda, la quale nei polmoni si 
assomiglia agli anfibî primi, e negli spiragli laterali si assomiglia 
a’ secondi. 

« Si deve pertanto per anfibio intendere un animale fornito di sangue, 
fornito al cuore d’un ventricolo e d’una orecchietta sola, fornito di 
ossa o di cartilagini; respirante con polmoni o con branchie, e pro- 
pagante la sua spezie per via di congiungimenti. In conseguenza di 
questa definizione si schierano fra gli Anfibî le Testuggini, le Lucer- 
tole, le Rane, le Serpi, inoltre gli appellati Pesci carti/aginei, e ciò 
tanto i Piatti, che sono la Torpedine, le Razze, le Ferraccie, la Rana 
Pescatrice, detta Diavolo marino; quanto i Tondiî, che sono i Cani 
marini. Nell'intervallo che succede alle serpi e precede i cartilaginei 
sì trova la Lampreda come anello che aggruppa; e in grazia delle 
sue ossa cartilaginee e dei suoi spiragli laterali chiude la schiera 
degli anfibî lo Storione. Di tutti questi animali nello ottimamente da 
Linneo ideato linguaggio chiamati anfibi renderò io conto per quanto 
risguardo ad essi si trova e si osserva in Sardegna ». 

Risulta dalle parole sopra riferite che il Cetti era seguace del con- 
cetto della catena degli esseri, del Vallisneri e del Bonnet e della 
legge di continuità del Leibnitz discendendo tuttavia dalle forme più 
elevate alle meno elevate. 

In vari altri punti della sua opera il Cetti ritorna alla considera- 
zione delle forme di passaggio « anelli » fra una specie e l’altra. 

Nel volume sugli Anfibî e Pesci parlando della « Cicigna » (Seps.) 
dice (pag. 30): « La cicigna pertanto a dire giustamente è un animale 
di mezzo fra la lucertola e la serpe ; essa è uno di quelli anelli che 
gli osservatori vanno sì studiosamente cercando per iscoprire i dolci 
passaggi della natura di genere in genere senza mai precipitarsi, nè 
venire a salti. Si vede chiaramente nella cicigna, siccome la natura 


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avendo fabbricata la lucertola, va maturando un’altra idea e prepa- 
rando un animale di altra foggia di progredire, e di altre membra; 
si scorge, che essa pensa a serbare il capo, la forma del tronco, e la 
coda della lucertola, ma che ne vuol tor via e gambe e piedi. A ve- 
dere a che punto sono ridotti gambe e piedi nella cicigna, evidente- 
mente si conosce, che quelle membra fra poco non ci saranno più ». 

Al lettore non sfaggirà certo l’importanza di quest’ultima asserzione 
che ci conduce direttamente al moderno concetto degli organi rudi- 
mentali e che è ben lontano dall’idea, in favore presso molti al tempo 
del Cetti e nella prima metà del secolo XIX, di una fissità assoluta 
delle forme animali e sopratutto della assoluta perfezione loro in tutte 
le minime parti. 

ll Cetti ammetteva pure possibili variazioni negli animali in rap- 
porto coi luoghi da essi abitati. Nello stesso volume intorno agli An- 
fibì ed ai Pesci (pag. 125) trattando delle diverse colorazioni del Julis 
dice: « Conviene dire, che siccome ci sono climi in terra, così ci sono 
climi in mare, e come una spezie medesima d’uomini, di quadrupedì, 
e di uccelli in questa parte della terra si conforma e si colora ad un 
modo, ed in altra in altro; così in mare talora i pesci secondo le di- 
versità locali ricevono diversità di apparenze: e converrà dire che 
il Julis sia l’un dei pesci più soggetti a variare secondo la varietà 
dei luoghi, che esso abita: la qual cosa vieppiù si conferma vedendo 
le svariate descrizioni, le quali del /w/is si hanno dai diversi autori ; 
onde è venuta la opinione, che vi fossero diverse spezie di ./u%és, le 
quali probabilmente non saranno che varietà d’una spezie medesima. 
Converrà dire finalmente che in questa facilità di ricevere le impres- 
sioni dei diversi mari la zigurella è sfortunata in Sardegna, che il 
mar sardo le è nemico, che il sardo mare le cancella quasi tutti i 
suoi colori dell’arco in cielo, che perfino le sdenta la sua laterale 
benda, facendola di ondeggiante e gentilmente dentata, che essa è, 
rimanere diritta, tesa e senza grazia alcuna ». 

Vogliono ancora essere qui considerate le parole seguenti del Cetti 
intorno alla questione discussa al suo tempo se il muflone di Sardegna 
fosse da identificarsi specificamente col montone. (Vol. I, / quadrupedi, 
pag. 126). « In vista di tanta somiglianza quanta ne corre dal muflone 
al montone, e non potrebbono essere un animal medesimo, non diversi 
l'uno dall’altro se non per cagioni accidentali; di maniera che l’Autor 
della natura al principio non creasse se non l’una delle due spezie, e 
l’altra siasi formata in processo dalla prima, o tralignando in selva- 
tica la domestica, o migliorandosi in domestica la selvatica ?». 

« Buffone decide in favore della identità. Buffone tutto intento a 
purgare le spezie degli animali dalla gratuita multiplicità introdot- 
tavi, e a ritrovare in ogni genere la spezie madre, opra della natura 


creatrice, a cui richiamare tutte le varietà operate in processo dalle 
multeplici influenze dei climi, e degli alimenti, perciò varietà soltanto, 
non spezie diverse nè fra loro, nè dalla spezie primitiva: Buffone, dico, 
tutto intento a sì lodevole impresa, infin da’ primi trattati sopra il 
cavallo e l’asino propone, e perpetuamente mesce in appresso un suo, 
che può chiamarsi principio di fecondità ». 

Il Cetti ragiona a lungo intorno al principio di Buffon e così con- 
chiude (pag. 133): « La sterilità parmi un sicuro indizio di distinzion 
specifica; e per quanto comprendo mi pare ciò dall’acuto autore sot- 
tilmente provato; ma la fecondità non parmi ugual pruova di iden- 
tità, in qualunque grado essa fecondità sia. Non trovo veruna meta- 
fisica posta in opra per dimostrarlo; nè credo possa dimostrarsi, e 
piuttosto si potrebbe dimostrare l’opposto, riguardando gli uccelli, ove 
spezie diversissime s’accoppiano, nè v’è limitazione di fecondità nei 
loro mestizzi. Buffone sembra aver pensato lo stesso verso la fine 
della sua opera, ove misteriosamente parlando sembra spargere dub- 
biozza sopra il criterio della fecondità, nè è meraviglia, che al suo 
intendimento si palesasse ciò, che ad altri incomparabilmente minori 
si è offerto ». 

Più avanti (pag. 138) il nostro A. aggiunge: « La miglior via a chia- 
rire la quistione sarebbe l’esperienza: converrebbe abbandonare un 
branco di pecore alla vita e luoghi silvestri, oppure trarre mufloni a 
vita domestica; se l’una spezie nacque dall’altra, l’una nell’altra di 
necessità ritornerebbe. E incerto dentro qual tempo la rivoluzione si 
opererebbe, forse non sarebbe sì tosto; perciò non si tenta ; ma e per 
qual ragione si aspetta con pazienza per secoli l'adempimento de?’ fe- 
nomeni celesti, per generazioni il fruttare degli alberi, e non si avrà 
simil pazienza per il chiarimento dei dubbi naturali ? ». 

A questi concetti che sono certamente molto notevoli e informati ad 
un ben inteso metodo sperimentale seguono le considerazioni seguenti 
che rivelano la mente dell'Autore preoccupata da considerazioni teo- 
logiche ad apprezzare le quali è d’uopo tener conto e del tempa e del- 
l’ambiente nei quali vennero scritte. 

« Ma per qualunque via si decida della identità specifica del mu- 
flone e del montone: se muflone e montone sono una spezie stessa, 
non potrò mai indurmi a riguardare il muflone per l’animal primitivo, 
da cui in processo sia provenuta la pecora, mediante l’industria umana. 
Non so adattare nè la fantasia, nè la ragione a quella universal sal- 
vatichezza, in cui molti dipingono il mondo nella sua prima esistenza. 
Appena mi parrebbe tolerabile una sì fatta idea in Marco Varrone, 
e in quanti altri come esso, ignorando la vera cagion del mondo, l’eb- 
bero per figliuolo del caso, e della fermentazione degli atomi. Sebbene 
nè pure in tale ipotesi si avrà mai ragione di dire, che universal- 


mente prima fu l’animal rozzo, che il buono e bello. Ma da che am- 
mettiamo, non dico rivelazione, ma creazione, parmi più giusto a pen- 
sare, che in ogni genere prima fu l’animale perfetto, che il difettoso ; 
una idea sì fatta troppo è conseguente alla idea dell’infinitamente sa- 
piente e buono creatore ». 

Come si vede da queste parole il Cetti sosteneva l’idea di una mo- 
dificazione possibile delle forme animali, ma nel senso di una dege- 
nerazione dalle forme ab iniztio create perfette. A vero dire può riu- 
scire cosa non facile anche dal punto di vista teologico l’ammettere 
che l’opera creata perfetta dall’ente creatore « infinitamente sapiente 
e buono » possa in seguito degenerare e divenire a poco a poco sempre 
meno perfetta... ma non è evidentemente il caso di discutere qui tali 
questioni che escono completamente dal: nostro campo. 

Ripetutamente il Cetti a proposito del cavallo, del bue, dell’asino, 
del lepre, del cervo ecc. di Sardegna discute la questione del rim- 
picciolimento che tanti animali subiscono in Sardegna come un effetto 
delle condizioni locali, e a tale riguardo ha di tratto in tratto osser- 
vazioni assai sottili, e per gli animali domestici presenta suggerimenti 
intorno al modo di allevarli e di tenerli per ovviare a tale inconve- 
niente che meriterebbero di venir prese in considerazione anche oggi 
nel campo pratico. Per quanto.si riferisce alle specie selvatiche, cervo, 
lepre e altre la cosa ha oggi minor interesse, perchè, come è noto, è 
stato oramai ben accertato trattarsi di specie distinte e non di sem- 
plici varietà di specie continentali. 

Nella storia della zoologia italiana l’opera del Cetti non va consi- 
derata preziosa soltanto dal punto di vista della descrizione delle 
specie e dei loro costumi; ma anche dal punto di vista dell'evoluzione 
dei concetti di filosofia naturale presso di noi. In essa è manifesto il 
pensiero filosofico del Leibnitz e del Vallisneri. L’opera del Cetti, spo- 
gliata dai concetti teologici inevitabili nel tempo in cui venne scritta, 
mostra nel suo Autore una mente larga, finamente osservatrice e com- 
penetrata dell'importanza del metodo sperimentale nello studio dei fe- 
nomeni naturali. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


N. 489 pubblicato il 27 Aprile 1905 Vor. XX 


Sul Prof. Cav. Leopoldo Maggi 


©razione funebre 


letta il 9 marzo 4905 nel cortile Volta del palazzo universitario di Pavia 


dal Prof. P, PavESI 


« Son plus beau titre de gloire est 
d’avoir consacré toute sa vie et toutes 
ses forces à la science. » 

M. BeDboT 
Vie et trav. de H. Fol 1894. 


Signori, 


La mente tuttavia sconvolta per la notizia triste, improvvisa, il cuore 
straziato dalla scomparsa di un amico di oltre quarant’anni, allievo 
degli stessi grandi maestri, di un collega carissimo, m’ impediscono 
di parlarne con calma, degnamente, mi fanno quasi dimenticare di 
essere il preside e l’interprete della Facoltà di scienze (1), cui appar- 
teneva il professore Leopoldo Maggi, che piangiamo qui nella sua bara. 
In altro momento più opportuno egli sarà commemorato; oggi senti- 
mento e dovere si uniscono e confondono nel dargli l’addio estremo. 

Di stirpe antica milanese, onorata nel seicento dal poeta Carlo Maria, 
figlio di un rinomatissimo medico, il nostro Leopoldo nacque in Rancio- 


(1) Avevo anche le rappresentanze della Società italiana di scienze naturali 
di Milano, della Società zoologica italiana di Roma e dell’Unione zoologica 
nazionale, degli Istituti zoologici e anatomici di Roma e Napoli. Il senatore 
comm. Golgi rettore rappresentava pure S. E. il ministro della P. I., il Reale 
Istituto lombardo di scienze e lettere, e la Facoltà fiorentina di scienze ; il 
prof. cav. Camerano l’Istituto zoologico di Torino, il prof. cav. C. Parona, 
rettore l’Università di Genova, il prof. cav. sormani la Società italiana d’igiene, 
il prof. Romano il Municipio di Pavia, ecc. 


= RI 


Valcuvia il 15 maggio 1840 e, passata l’adolescenza tra l’affetto dei 
genitori, gli studî e gli svaghi della campagna, venne all’Università 
di Pavia nel 1857 e s’inscrisse nella Facoltà di medicina. 

Lo spirito di osservazione, la passione per il bello ed il vero, il fine 
gusto artistico e la non poca attitudine al disegno, se fosse stato oggi, 
lo avrebbero direttamente avviato alle scienze naturali; ma allora ci si 
perveniva di riflesso per la medicina. E così, come il march. Balsamo- 
Crivelli, il dottor Angelo Maestri, il prof. Prada prima, il barone Cor- 
nalia e Paolo Panceri poco innanzi del Maggi, egli si cacciò nelle. 
ricerche medico-chirurgiche, ma dandosi con evidente, istintiva pre- 
ferenza alla parte anatomica. Dal Balsamo frattanto apprese la tenacia, 
il metodo dello studio, i fondamenti della sistematica; dal Panceri, 
salito nel 1860-61 alla cattedra del Jacopi di nuovo istituita autonoma, 
l'entusiasmo, la poesia della scienza: dallo Stoppani, in quell’anno 
memorabile insegnante geologia, le larghe vedute, la filosofia positiva 
dal Giovanni Cantoni. 

L’aspirante medico restò naturalista fervente, sebbene per indole 
piuttosto gaio non tralasciasse gli onesti divertimenti e frequentasse 
amici o la buona società. Ammesso dai Balsamo, v’'incontrò quell’ot- 
tima donna Pierina, che gli fu poi compagna amorosa di tutta la vita, 
senza dubbio felice, e n’è adesso la più desolata delle vedove. 

Non per anco addottorato, dal Panceri fu assunto assistente ono- 
rario; ma, quando questi passò a Bologna, indi a Napoli, il nostro 
Maggi è stato chiamato assistente effettivo di storia naturale, come 
si diceva allora, esclusa sempre la botanica. Le sue lauree gli furono 
conferite il 26 gennaio e il 26 luglio 1863, avendo dissertato sull’ap- 
parecchio circolatorio degli animali per quella in scienze naturali, e 
sulle degenerazioni per la laurea in medicina e chirurgia. 

Sdoppiata la storia naturale in zoologia e mineralogia, ai primi di 
ottobre 1864, il Maggi ebbe questo secondo incarico dell’insegnamento, 
nel quale fu compresa poi la geologia, e il suo preambolo al corso 
mostrò in lui la maturità di cognizioni, insieme con la modernità dei 
concetti a trattarsi. Continuando in esso fino al 1869, anzi fino al 1875 
come professore straordinario, profittò dell'occasione per investigare 
petrograficamente e geologicamente la Valcuvia, partendo dallo studio 
del terreno erratico e dei depositi lacustro-glaciali di essa, e forman- 
done una carta geologica apprezzatissima, premiata all’esposizione di 
Varese del 1871, rimasta inedita in quel Museo patrio, ma i di cui 
dati principali figurano nella Guida varesina pubblicata nel 1874. 

Siffatte ricerche lo condussero facilmente agli studî paletnologici, 
sì che ne abbiamo una serie di lavori sull'uomo terziario, sulle abi- 
tazioni lacustri, su cranî e oggetti diversi di bronzo della Valcuvia, 
tombe antiche di Marchirolo e di Malgesso presso Gavirate, teschi 


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timani di Casteggio, freccie in selce di Carbonara-Ticino, ecc. La cotì- 
vivenza diuturna col Balsamo-Crivelli non poteva a meno però di in- 
teressare il Maggi a quelle altre indagini sulla plasmogonia, che negli 
stessi anni occupavano, oltre il maestro, in Pavia, anche il Cantoni 
e l’Oehl. Perciò intorno alla produzione degli organismi inferiori, posti 
in condizioni svariate, intorno alle cellule del fermento e alle forme 
mieliniche, alle sperienze sull’archebiosi e la zigosi delle amebe, il 
nostro ha cooperato, o lavorato da solo, pubblicando in argomento nu- 
merose memorie, sopratutto nel decennio 1867-76. 

Da questo punto la vita scientifica del Maggi piega più decisamente 
alla zoologia e anatomia comparata; nè gli si può muovere accusa 
d’incerta vocazione per il ramo coltivato da principio, quantochè un 
ingegno versatile e speculativo, come il suo, facilmente allarga il sog- 
getto delle osservazioni, nello stesso tempo che ne approfondisce gli 
studî, cioè va trascinato spesso lontano. Ma non è pure il caso per il 
Maggi, perchè da studente, come ho detto, aveva spinto lo sguardo al 
regno animale e nel 1865 una sua bella monografia dei vermi Aeolosoma 
ce lo annunziava valente anche in questa parte. È stampata fra le 
prime e principali memorie della Società italiana di scienze naturali, 
nella quale era entrato l’anno precedente, e da una di quelle simpa- 
tiche riunioni di essa, ossia da quella di Catania dell’agosto 1869, data 
anche la sua nomina di corrispondente dell’Accademia Gioenia e del- 
l’Accademia dei Zelanti di Aci Reale. Nello stesso anno era stato 
altresì chiamato corrispondente al Reale Istituto lombardo di scienze 
e lettere, e dopo, nel congresso dei naturalisti italiani in Varese del 
settembre 1878, acclamato presidente col plauso generale, avendosi da 
lui tutte le migliori informazioni su la gea e la fauna dei contorni, 
in lui la guida dotta e rispettata, che ci diresse in amene e proficue 
escursioni qua e là e alla Virginia, isoletta del lago celebre per le sue 
palafitte preistoriche. 

Per altro, nella zoologia e anatomia comparata è incorso di nuovo 
al momento, in cui una disgrazia di famiglia lo obbligava a dedicare 
temporaneamente la sua attività didattica anche a queste scienze, per 
la morte quasi subitanea del prof. Balsamo-Crivelli, avvenuta il 15 
novembre 1874. E vi giunse per via degli animali inferiori: gl’infusorî 
della nostra lanca di S. Lanfranco, i rizopodi d’acqua dolce della Lom- 
bardia, i ciliati e i rotiferi della Valcuvia e di Milano....... o per quella 
della zootomia: gli organi ermafroditici dell’anguilla (1), l'apparecchio 


(1) Insieme col prof. Balsamo e ne fu dimostrato più tardi l’errore, in cui 
erano caduti, scoprendosi il maschio, le vere ova e la larva leptoccfala, 
trasformantesi in giovane cieca, in ultimo anguilla. 


renti. =. 


biliare dell'aquila di mare, il foro del Botallo nel cuore degli uccelli, 
lo sbocco delle vene polmonali nella rana, ecc. 

Alla fine del 1875, l’anatomia e fisiologia comparate, nella nostra 
Università, vennero per la terza volta distinte dalla zoologia; onde il 
Maggi rimase straordinario di quelle e direttore del rispettivo Gabi- 
netto, finchè il 20 maggio 1877 ottenne la ben meritata nomina ad 
ordinario. 

Ah quanto lungo, tortuoso, aspro sentiero condusse alla vetta l’uomo 
forte di una preparazione soda, infaticabile! Comunque, ventott’anni 
l'abbiamo quindi avuto nel massimo grado accademico; e la buona re- 
putazione nostra gli andò aumentando per l’autorità crescente dell’a- 
natomico, capo di una scuola, che conta fra gli allievi il compianto 
Jello Zoja, il Grassi, i due Cattaneo, il Parona, l’Andres, il Bonardi, 
la Rina Monti e tanti altri insigni. Riputazione, stima espressagli 
dalla Facoltà di scienze con l’eleggerselo preside per i triennî 1888-91, 
1891-94, 1899-902: dall’Istituto lombardo, promuovendolo membro effet- 
tivo il 26 marzo 1879: dalla Società zoologica di Francia e dall’ana- 
tomica tedesca, accogliendolo fra i loro membri stranieri: dal voto dei 
professori italiani, chiamandolo a commissario di concorsi e a membro 
del superiore Consiglio della Pubblica Istruzione nel 1900-01: fin dal 
Comune di Pavia, mandandolo a presiedere il Collegio dei conservatori 
del Museo civico di storia naturale. Cariche ch’egli non chiedeva, ma 
sosteneva con coscienza rigorosa, estrinsecando la maggiore alacrità, 
senza sottrarre nulla al progresso degli studî e all’insegnamento. 

Questo anzi ha raddoppiato di un suo corso libero di protistologia 
fino dal 1879, tuttora unico in Italia, aperto con programma perfetta- 
mente in giorno delle dottrine parasitarie, delle quali ha mostrato 
nuovi orizzonti, e d’una praticità singolare, perchè accompagnato da 
serie «li dimostrazioni indispensabili agli studenti di medicina, ai quali 
il corso era destinato e che è da augurarsi non cessi con lui. 

Ripresi gli studî generali sui protisti, dal 1880, quando si scoperse 
anche da noi la fauna limnetica o pelagica dei laghi, 'egli contribuì 
alle ricerche planctoniche, determinò, elencò e descrisse cilioflagellati 
lacustri, che si ritenevano esclusivamente marini; indi fece esami 
microscopici delle acque del lago Maggiore e delle potabili di città, 
come di Padova e di Pavia, chiarendo i rapporti dei protisti con non 
poche malattie e con l’economia politica, secondo la sua frase. L’opera 
protistologica del Maggi leggesi nelle due impressioni del suo manuale 
Hoepli, ma in sommario, che serve appena a darne un’idea. 

Molto più importante fu e sarà imperitura l’opera morfologica. Nella 
morfologia generale, considerando l’origine, l’evoluzione, la distinzione 
degli organi degli animali, le omologie e le analogie, le condizioni pa- 
tologiche degli esseri superiori messe a riscontro delle condizioni fisio- 


= 


logiche degli inferiori, la filogenesi e il terzo occhio dell’uomo, pet 
questo dagli ignoranti maligni irriso..... ebbe di mira i principî del 
Gegenbaur e di Haeckel, dei quali fu seguace e ammiratore. All’Haeckel 
poi rendeva un vero culto, una specie d’idolatria, come s’è visto nella 
recente circostanza della venuta in Liguria di quell’illustre professore 
di Jena. E a detti principî informava le sue lezioni altamente filosofiche. 
Nella craniologia, in particolare dei mammiferi e dell’uomo, ingran- 
disce la figura del Maggî. Le distinzioni delle parti dermatiche e sche- 
letriche, la nuova teoria vertebrale del cranio, le elucubrazioni sulle 
fontanelle, sul valore degli interparietali e la loro origine antica, sul 
canale cranio-faringeo, le ossa bregmatiche, le intermascellari formano 
un tutto così complesso e di tanto valore scientifico, che qui non è 
possibile mettere in giusto rilievo. Mostra, ad ogni modo, che il nostro 
compianto collega sapeva affrontare con fortuna gli argomenti più 
astrusi e che in questo campo occupava il posto più eminente in 
Italia. 

Quale scrittore non sempre chiaro, per un’onomastica intricatissima; 
dalla cattedra insegnante abbastanza efficace, il regno di Magg: era 
il laboratorio. Ivi istruiva ad uno ad uno gli allievi, proponeva loro i 
temi di studio, si occupava della pubblicazione di quelli migliori, spe- 
cialmente nel Bollettino scientifico, da lui fondato e condotto innanzi 
per un ventennio, insieme col Zoja e col De Giovanni, e per annate li 
raccoglieva in volumi, ai quali preponeva interessanti avvertenze. 
Dovette però lottare contro immense difficoltà materiali, di spazio, per 
contenervi gli allievi; e ora che, nel suo nuovo Istituto al palazzo 
Botta, le aveva superate e vinte, pur troppo lo presagiva, ora egli non 
è più. L’ultimo suo discorso in quell’Istituto fu la prelezione del cor- 
rente anno scolastico, svolta intorno al motto: coordinare e compa- 
rare, che fece scrivere sull’alto dell’aula e, secondo lui, doveva essere 
la sintesi della morfologia e la guida ai giovani studiosi. 

Nella Facoltà di scienze fu cortese coi colleghi e, per indole sua 
pacifica, non severo, ma dignitoso; solerte però nel combattere per i 
diritti di lei, ove fossero disconosciuti, e a promuoverne l’integrità e 
la fama. Epperò noi non dimenticheremo il nostro ex-preside, esprimen- 
dogli così perenne riconoscenza. 

Fuori di questo recinto, fuori dell’orbita degli studì, del Maggi non 
restava che il buon capo di famiglia, il padre occupato e preoccupato, 
fino all’esagerazione, del suo caro e unico figlio Paolo, al quale aveva 
preparata la carriera medico-ostetrica, cresciuto, educato in casa pro= 
pria un angelo di sposa, che con lo schianto del cuore vide troppo 
presto morire, e ‘ai cui bambini ha prodigate in compenso tutte le 
cure e le tenerezze infinite. Nessuno può dirlo più di me; anche quando 
s’atteggiava a burbero, rimiravo in lui lo schiavo dei nipotini, graziosi 


Roe Re 


ticcelletti svolazzanti e garruli in quella villa di Germignaga di fronte 
al vasto, incantevole Verbano, dove riceveva come un regalo la visita 
degli intimi suoi amici. 

Scienza e famiglia furono invero i soli scopi di Leopoldo Maggi. Dalla 
vita pubblica di Pavia, che amava molto e teneva per seconda patria, 
rifuggiva; più in apparenza però che in realtà, e perchè non sapeva 
persuadersi delle guerricciuole, che hanno fatto a pezzi e bocconi il 
grande partito democratico, nelle cui schiere ha sempre militato, da 
libero pensatore. 

Tutti deploriamo ad una voce la sua fine, anche perchè molto ancora 
attendevamo da lui e capitò d’un tratto. Ma da qualche tempo Maggi 
peggiorava nel fisico, causa l’eccesso di lavoro cerebrale e la vita 
sedentaria; ai fenomeni gottosi s’erano aggiunti e diabete e miocardite, 
senza gran che segno all’esteriore, la grossa, dritta persona sembrava 
soltanto affaticata da una certa difficoltà di respiro. Illusione! Verso 
sera di ieri l’altro, con l’abituale sigaro in bocca, la penna in mano, 
prendeva appunti da un volume tedesco, allorchè cadde morto al- 
l’istante..... presso la moglie, che indarno cercò subito di rianimarlo. 

Ecco chi l’Università nostra e la scienza italiana hanno perduto. 
Parenti, amici, cittadini, studenti, colleghi s’inchinano alla sua salma 
ed io, per l’intera Facoltà, commosso, la saluto. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 495O pubblicato il 2 Maggio 1905 Vor. XX 


RES ITALICAE 


XIV. 


Dr. LurGi CoGNETTI DE MARTIIS 
Assistente al R. Museo Zoologico di Torino 


_— 


Oligocheti dell’isola d'Elba e di Pianosa. 


Le grandi isole del Mediterraneo sono già in parte state illustrate 
per ciò che si riferisce alla fauna superiore, e in minor grado rispetto 
alla fauna inferiore. Molto ancora resta a fare per porre a completa 
conoscenza gl’invertebrati che abitano quelle isole. 

Se poi si considerano le piccole isole del nostro mare bisogna rico- 
noscere che poco o punto s’è fatto in questo senso dai naturalisti. 

Devesi dunque dare grande importanza al materiale faunistico in- 
sulare, poichè vi si possono celare interessanti dati di fatto attinenti 
alla zoogeografia, e non di rado forme nuove per la scienza. 

Io stesso ne ebbi valida prova studiando gli Oligocheti di Sardegna 
e delle piccole isolette che riparano il golfo di Spezia (1). 

Mi è grato poter riferire ora sulla drilofauna dell’Elba e di Pianosa 
in seguito all’esame di una piccola collezione dovuta alle ricerche del 
prof. CameRANO, dei dottori PeRACCA e BorELLI, e del sig. ZAVATTARI, 
convenuti pochi giorni or sono a Portoferraio, assieme ad altri distinti 
naturalisti, in occasione del V° Congresso indetto dall'Unione Zoologica 
Italiana. 


(1) V. in questo Bollettino Vol. XVI, n.ri 383, 404; Vol. XVIII, n. 456, 


Fam. MEGASCOLECIDAE 


Subfam. Acanthodrilinae. 


Microscolex phosphoreus (Ant. Dugès). 


Un esemplare adulto. 

Loc.: Pianosa, nel terriccio umido, sotto una pietra. 

Oggigiorno questa specie, ritenuta originaria dell'America meridio- 
nale, non è più una novità per la regione mediterranea. Venne invero 
già segnalata con certezza nei dintorni di Montpellier, di Spezia e in 
Sardegna. 


Fam. LUMBRICIDAE 


Eiseniella tetraedra (typica) (Sav.). 
Undici esemplari in parte adulti. 
Loc.: Isola d’Elba. 

Helodrilus (Allolobophora) caligimosus (Sav.) 
subsp. trapezoides (Ant. Dugès). 

Due esemplari adulti. 
Loc.: Portoferraio (Elba). 

Octolasium complanatum (A. Dugès). 


Due grossi esemplari adulti. 
Loc.: Marciana (Elba), a circa 300 m. s. m. 


Gctolasium hemiandrum Cognetti. 


1901. 0. h. CoenetTI, Boll. Musei Torino, Vol. XVI, n. 363, p 3. 

1901. 0. h. CocnetrtI, Studî sassaresi, Anno I, sez. II, fasc. I, p. 2. 

1902. O. enmplanatim forma h. MICHAELSEN, Mitt. Nathist Mus. Hamburg, 
Vol. XIX, p. 42 e 43. 

1903. O. h. COGNETTI, Boll. Musei Torino, Vol. XVIII, n. 443, p. 2. 

1903. O. c. var. hemiandrium (err. pro hemiandrum/) MicHarLsEN « Die 


geographische Verbreitung der Oligochaeten » (Berlin, Friedlànder), 
pag. 142. 


Un solo esemplare affatto adulto. 

Lunghezza: 60 mm.; Diametro : 4-5 mm.; Segmenti: 129. 

Clitello 29-87 ; tubercula pubertatis 29-39, interrotti a tutti gli inter- 
segmenti. 

Spermateche: sette paia aperte agli intersegmenti ‘°/,-!*/,3 tutte in 
direzione delle setole dorsali inferiori (c). 

Loc.: Portoferraio (Elba). 


METTE 


Persisto nel ritenere Oct. hemiandrum quale specie distinta da Oct. 
complanatum pur ammettendo una parentela diretta fra le due forme: 
la prima è verosimilmente derivata dalla seconda, ma è oggidi netta- 
mente caratterizzata : 

a) dall'essere meroandrica (metandrica) e dal possedere due sole 
paia di vescicole seminali; 

b) dal possedere una capsula seminale impari mediana; 

c) dalle dimensioni minori che quelle di Oct. compl.; 

d) dal minor numero di segmenti. 

A queste due ultime caratteristiche non diedi nel mio primo lavoro 
(1901) grande importanza, ma l’esame di altri quattro esemplari (tre 
del « Piano degli Stagnoni » presso Spezia, il quarto quello segnalato 
in questa nota, tutti adulti), mi induce ad accrescerne il valore. 

Nella « Revisione dei Lumbricidi » di Rosa (1) e nella monografia 
di MrcHarLSsEN (2) sono indicati per Oct. complanatum : 

Lungh. 80-180 mm.; Diam. 7-10 mm; Segmenti 160-190. 

Per Oct. hemiandrum si ha inveve: 

Lungh. 60-100 mm.; Diam. 4-6 mm.; Segmenti 120-150. 


Octolasium Damiani n. sp. (3). 


Un solo esemplare adulto. 

CARATTERI ESTERNI. 

Lunghezza 385 mm.; Diametro massimo 4 mm.; Segmenti 110. 

Forma tozza, cilindrica, lungamente conica all’estremità anteriore, 
subtronca all’estremità posteriore. : 

Colore roseo-violaceo alla regione dorsale del tratto preclitelliano, 
in complesso cenerognolo altrove. Il clitello spicca per una tinta bian- 
chiccia. 

Il prostomio è piccolo, tondeggiante, munito di stretto processo po- 
steriore che incide circa ‘/, del primo segmento continuandosi con 
questo (Kopf epilobisch). I segmenti postclitelliani sono alquanto più 
ravvicinati fra loro dei rimanenti. 

Le setole sono distanti, disposte in otto serie longitudinali parallele. 
A metà del corpo si riconoscono i valori numerici seguenti per gli 
intervalli parziali: 


aa==58; ab==37; bc=32; cd =25; dd=110 


(1) Mem. R. Acc. delle Scienze di Torino. Serie II, Tom. xLII, p. 399-476. 

(2) Das Tierreich, Oligochaeta; Berlin, Friedlinder, ottobre 1900. 

(3) Dedico queste specie al dottor GracoMo DAMIANI, professore di scienze 
naturali alla R. Scuola tecnica di Portoferraio, e benemerito segretario del 
V° Convegno zoologico nazionale. 


Da questi si deduce essere: 


aa > ab> be >cd AdAd</, circonferenza. 


La forma delle setole è sigmoide con nodulo ben distinto. 

Presso l’apice distale si scorgono delle acute impressioni dovute pro- 
babilmente all’azione meccanica dei grani di terra. 

Lunghezza delle setole mm. 0,3 a 0,42; diametro circa mm. 0,023. 

Le setole dei segmenti che s’alternano con le aperture delle sper- 
mateche non mostrano alcuna differenza dalle setole normali. 

Il clitellto è a sella, esteso sui segmenti 30-37. I suoi margini late- 
rali raggiungono la linea occupata dalle setole ventrali superiori (0). 
Appare un po’ rigonfio e distintamente segnato dai solchi interseg- 
. mentali. I 

1 tubercuta pubertatis appaiono come due strette fascie longitudinali, 
oscure, non rigonfie, disposte un po’ dorsalmente alla linea occupata 
dalle setole ventrali superiori (2), nella porzione ghiandolare clitelliana. 
Si estendono sui segmenti 31-35 e sono interrotti agli intersegmenti. 

Le aperture maschili, irriconoscibili all'esame esterno, si trovano al 
27° segmento un po’ esternamente al punto intermedio fra le setole 
ventrali superiori (0) e le dorsali inferiori (c). Mancano di atrî. 

Non mi fu dato rintracciare le aperture femminili. 

Le aperture delle spermateche sono in numero di cinque paia agli 
intersegmenti %/,-4°/,,, di pochissimo internamente alla linea occupata 
° dalle setole dorsali inferiori (c). 

I nefridiopori sono presenti a partire dal margine anteriore del 3° 
segmento. A questo, al 4°, al 59, e al 6° occupano la stessa linea che le 
setole dorsali superiori (4). Al 7° segmento trovansi di poco ester- 
namente alla linea delle setole ventrali superiori (0). 

I pori dorsali, in forma di brevi e strette fessure trasverse che ri- 
conobbi all'esame microscopico della cuticula), sono presenti a partire 
dall’intersegmento !°/,;- 


CARATTERI INTERNI. 

Primo setto visibile è il ‘/,, molto esile. 

Due soli sepimenti, ‘*/,, e #|,;, mostrano un lieve ispessimento. 

L’esofago, esteso fino al 15° segmento, mostra, ai segmenti 10, ll e 
12, sopratutto al 10°, la parete ispessita per la presenza delle ghian- 
dole calcifere, che spiccano per la colorazione rosso-vivace e per le 
strie longitudinali corrispondenti ai follicoli ghiandolari. 

Lo stomaco occupa i segmenti 15°, 16° e 17°; il ventriglio il 18° e il 
19°. Nel 20° segmento s’inizia l’ampio intestino sacculato. 

Sono presenti sei paia di cuori moniliformi, disposti ai segmenti 6-11; 
quelli dell’11° sono completamente racchiusi nelle capsule seminali, 


Sistema riproduttore. — In questa specie le caratteristiche fornite 
dall’apparato maschile mostrano un grandissimo interesse. 

Devesi anzitutto notare che Octolasium Damianii è una forma me- 
roandrica, cioè a dire munita di «n solo paio di testes, con relativi 
padiglioni, posti all’11° segmento, e quindi metandrica. 

Testes e padiglioni, unitamente ai cuori dell’11° segmento, sono av- 
volti in capsule seminali periesofagee (1), fuse in corrispondenza delle 
linee mediane dorsale e ventrale. Il volume delle capsule è conside- 
revole, la parete assai esile. 

Dai setti ‘/,, e '4|,, perdono, rispettivamente nei segmenti 10 e 11, 
due paia di grosse vescicole seminali. Quelle del 10° hanno superficie 
liscia e forma allungata verso il dorso, per modo da ricoprire l’esofago. 
Ugual forma e disposizione hanno quelle del secondo paio, le quali 
si distinguono per una mole un po’ maggiore e superficie mammil- 
lonare. 

I canali deferenti, originati dietro al setto !/,,, scorrono rettilinei 
contro la parete del corpo, ove spiccano per la tinta bianca, e la per- 
forano all’altezza del 27° segmento. 

Gli ovarî sono al 13° segmento. 

Le spermateche sono in numero di cinque paia: le prime quattro 
ai segmenti 6-9, l’ultimo paio compreso nello spessore del setto ‘°,,. 
Questi organi hanno forma ovoide, compressa contro i setti, e sono 
muniti di un breve e stretto peduncolo. 

Loc.: Marciana (Isola d’Elba) a circa 300 m. s. m. 


La nuova specie qui sopra descritta è senza alcun dubbio un Lom- 
bricide s. s., sebbene a tutta prima due caratteristiche, entrambe assai 
curiose, potrebbero indurre a scostarla dalla famiglia cui l’ho ascritta. 
Fatta astrazione dell’apparato sessuale maschile, in tutti quanti gli 
altri caratteri: Octolasium Damiani corrisponde esattamente ai Lum- 
bricidae. 

La meroandria e la posizione arretrata delle aperture maschili sono 
le due particolarità che fanno distinguere facilmente il nuovo lombrico 
dell’isola d’Eiba da tutte quante le forme affini. Si può aggiungere 
ancora la peculiare disposizione delle capsule seminali, che non trova 
riscontro, al pari dei pori maschili al 27°, in nessun altro lombricide s. s. 


(1) In un mio recente lavoro (O/igocheli dell’Ecuador, cfr. questo Bollett. 
Vol. XIX, n. 474, p. 6, nota 2), ho adottato la denominazione periesofagee 
per « quelle capsule seminali che oltre a racchiudere testes e padiglioni dei 
vasi deferenti racchiudono pure i cuori e le ghiandole di Morren, circondandu 
così il tubo esofageo fino ad incontrarsi (talora a fondersi) sulla linea mediana 
dorsale », 


cu. È 


Quanto alla meroandria, assai rara nella fam. Lumbricidae, venne 
già dimostrato che non implica neppure una separazione di genere, e 
neppure di specie qualora non sia accompagnata da altri caratteri 
differenziali (1). 

La posizione delle aperture maschili al 27° segmento è un caso af- 
fatto nuovo nella famiglia in discorso. Tali aperture sono normalmente 
al 15° segmento (Ziseniella partim, Eisenia, Helodrilus, Octolasium, 
Lumbricus), o al 13° (Eiseniella partim), o al 12° (Ziseniella partim). 

Gli spostamenti noti prima d’ora entrano nel campo delle anomalie 
puramente individuali, e sono affatto trascurabili. 

Non occorre tuttavia allontanarsi molto dai Lumbricidae per ritro- 
vare le aperture maschili poste così all’indietro e anche più. I vicini 
Glossoscolecidae ne forniscono qualche esempio, non più ripetuto nelle 
altre famiglie di Oligocheti. 

Così ricordo Hesperoscolex hesperidum (Beddard) e Opisthodrilus 
Boreltii, Rosa, della subfam. Glossoscolecinae, con aperture maschili 
rispettivamente al 24° e al 34° segmento. Nella subfam. Microchae- 
tinae Vè Glyphidrilus Weberi Horst che ha dette aperture all’inter- 
segmento ?°/sg. 

Notisi che in Octolasium Damianti i pori maschili sono disposti 
nell’intervallo laterale (be) come in tutti quanti i Lumbricidae, e che 
questo specie è pur sempre anteclitelliana. 

Pure nella vicina fam. G/ossoscolecidae s'incontrano varî casi di 
capsule seminali periesofagee; es. parecchie specie del gen. 7hamno- 
drilus. 


Considerando ora.la posizione della nuova specie in seno alla stessa 
famiglia Lumbricidae si riconosce facilmente, seguendo la tavola di- 
cotomica. della monografia di MricHaAELSEN (2), che essa va collocata 
nel genere Octolasium, giacchè in questo soltanto si possono trovare 
testicoli e padiglioni avvolti in capsule seminali e al tempo: stesso 
spermateche presenti in mumero superiore a. due paia. 

Delle specie congeneri: finora descritte quella che maggiormente le 
sì avvicina è Octolasium: transpadanum (Rosa). 


(1) Rimando per questo soggetto al mio lavoro « Lombricidi dei Pirenei », 
in questo Bollettino, Vol. XIX, n. 476, ove a pag. 13 e 14 lo studioso troverà 
alcune considerazioni e indicazioni bibliografiche. 

(2) Das Tierreich, Oligochaeta; Berlin, Friedlànder, ottobre 1900.. 


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2020 - Tip. 


| Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3, 


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Jun'=22 1906 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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N. 49414 pubblicato il 4 Maggio 1905 Vor. XX 


RES ITALICAE 


XV. 


Dr. GirusePPE NOBILI 


La HELLERIA BREVICORNIS Ebn. all’Elba e a Pianosa 


con osservazioni sinonimiche. 


Il prof. Lorenzo Camerano, il dott. A. Borelli, il dott. M. G. Peracca 
e il signor Edoardo Zavattari, nel periodo del Convegno dell’Unione 
Zoologica Italiana, tenutosi a Portoferraio nell’aprile del corr. anno, 
raccolsero nell’Isola d’Elba e nella vicina Pianosa, un buon numero di 
Isopodi terrestri. Fra questi verano molti esemplari di MeZleria bre- 
vicornis Ebn. Questa caratteristica specie, tipo di una interessante e 
curiosa famiglia di Isopodi terrestri, pare essere assai comune nell’isola 
d’Elba, ove fu raccolta a Portoferraio ed a Marciana, e nell’isola di 
Pianosa. La nuova località merita di essere segnalata perchè la 7e/- 
leria brevicornis era finora ben nota solo della Corsica, e delle Coste 
della Provenza (1). Il prof. Achille Costa la trovò in Sardegna e la 
descrisse come nuovo genere. Esemplari di Sardegna esistono pure nel 
Museo di Torino. 

Il prof. Achille Costa nel « Rapporto preliminare e sommario sulle 
ricerche zoologiche fatte in Sardegna durante la primavera del 1882 » 
pubblicato nel fascicolo 19° del « Rendiconto della R. Accademia di 


(1) Buppe Lunp nella sua classica monografia ne dà come patria Italia e 
Corsica. Io non conosco alcuna località della penisola italiana per questa 
specie, che manca al catalogo di Tua (Boll. Mus. Torino, vol. XV, n. 374). 


ASTI 


Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli », menzionando la cattura di 
diversi Crostacei, dava una breve diagnosi del nuovo genere Synzo- 
magaster per la specie S. dasypus Costa. Questo nuovo genere Costa 
collocava vicino ai 7y/0s, facendone con quest’ultimo una sola famiglia. 
Nella Memoria seconda delle Notizie ed Osservazioni sulla Geofauna 
Sarda (pubblicata nella Serie II, vol. I, degli 477? della stessa Accademia) 
sostituisce al nome Syntomagaster, perchè preoccupato in forma più 
corretta da Syntomogaster (Ditteri), il nome di Syngastron, e ne dà 
la diagnosi seguente: 

« Corpus armadilliforme. Antennae internae omnino nullae. Abdo- 
minis segmenta quatuor anteriora coalita în scutum valde convexum, 
utrinque incisuris duabus linearibus notatum, et postice infra pro 
segmenti ultimi receptione emarginalum. Appendices caudales lamel- 
losae ab abdominis scuto omnino tectae ». 

È facile da questa descrizione rilevare, senza speciale dimostrazione, 
che i caratteri sono gli stessi che nel genere Z/eZteria, descritto da 
Ebner nel 1868 (1). Noterò ancora che il prof. Costa attribuisce alle an- 
tenne esterne sei articoli; mentre in realtà in questo genere vi sono 
sette articoli, cioè cinque per lo scapo, e due, mal distinti (l’ultimo 
brevissimo e appena separato dal precedente) pel flagello. 

La descrizione della specie tipica, S. dasypus è la seguente: 

« S. capite thoraceque dorso laeviusculis, abdomine spinulis exilis- 
simis et brevissimis hispidulo carinulisque duobus medianis obsoletis 
interruptis. Griseus, flavescenti variegatus. Long. mill. 16, lat. 9 ». 

Questa descrizione s’adatta male agli adulti ma corrisponde bene ai 
giovani, i quali presentano infatti sulla parte dorsale del pleon due 
piccolissime carene quasi cancellate. Bisogna però notare che invece 
di spinule, l’addome è irto di minutissime setole. 

Il colore di questa specie pare essere assai variabile, come d’altronde 
avviene in moltissimi altri Isopodi Oniscoidi. Negli esemplari di Sar- 
degna del Museo di Torino esso è nerastro variegato; in quelli dell'Elba 
e di Pianosa talora è grigiastro come negli individui descritti da Costa, 
ma più spesso è bruno-fulvo, variegato. 

Al nome ZHe//eria dato da Ebner nel 1868, Budde Lund sostituì quello 
di Syspastus, « quia alia genera Crustaceorum « Helleria » jam nomi- 
nata sunt ». Ma il Rev. Stebbing nella sua Zistory of Crustacea ri - 
ferisce l'osservazione di Chevreux che Ebner aveva pel primo usato 
il nome Helleria, e che questo nome andava quindi restituito al genere. 
La sinonimia di questa interessante forma è quindi la seguente : 


(1) Dr. V. v. EBNER, Helleria, eine neue Isopoden-Gattiing aus der Familie 
der Oniscoiden (Verh. Zool. Bot. Ges. Wien. XVIII, 1868, p. 95, taf. I). 


1868. 
1879. 
1882. 
1883. 
1893. 


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Helleria brevicornis EBNEL, l. cit. 

Syspastus brevicornis Buppe Lunp, Prosp. Crust. Isop. terr., p. 9. 
Syntomagaster dasypus CosTA, l. cit. 

Syngastron dasypus Costa, l. cit. 

Helleria brevicornis STEBBING, History of Crustacea. 


Simon (in Budde Lund, |. cit.) dice dei costumi di questa specie : 

« Syspastus est un habitant des montagnes; je l’ai toujours trouvé 
dans les mousses humides des forets dans l’intérieur de la Corse ». 

All’Isola d'Elba ed a Pianosa invece questa specie ha costumi differenti 
poichè vive sotto le pietre, come molti altri Oniscidi, ed anche in luoghi 
aridi e appiè dei muri, ove non v'è traccia di muschi o di umidità. 


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JUN 22 1906 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 492 pubblicato il 9 Maggio 1905 Vor. XX 


Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina, nel Libano e regioni vicine. 


XV. 


Dott. ENRICO FESTA 


Sulla presenza della HYSTRIX LEUCURA, Sykes 


nella regione ad Oriente del fiume Giordano. 


Durante il viaggio da me compiuto in Siria, io ebbi il 16 aprile 1893 
ad Es-Salt, paese situato in una delle valli della regione ad Oriente 
del fiume Giordano, un esemplare giovanissimo vivente di Istrice, che 
allevai in schiavitù, e portai meco in Europa. Esso visse nel mio giar- 
dino zoologico di Moncalieri fino al Febbraio del presente anno, cioè 
per circa 12 anni. 

Le rispettive aree di diffusione in Siria delle due specie di Istrice, 
che gli Autori affermano trovarsi in quella regione, cioè della Zystrir 
cristata, Linn., e della H. leucura, Sykes = H. hirsutirostris, Brandt (1), 
sono tuttora poco note; per la quale cosa io credo utile segnalare la 
presenza della 7. leucura nelle valli della sponda orientale del Gior- 
dano. 

Il Sykes (2) distinse per il primo specificamente col nome di H/ystrix 
leucura la forma dell’India da quella dell’Europa e dell’Africa setten- 
trionale. 


(1) BRANDT, Mém. de l’Acad. de St. Petersburg, 1835, p. 375, tab. 8, fig. 3. 
(Wagner). 

(2) Major W. H. SykEs, Proceedings of the Zoological Society of London, 
1831, p. 103. 


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Il Wagner (1) attribuì alla Z. Réî-sutirostris un esemplare prove- 
niente da Gerusalemme. 

Il Waterhouse (2) afferma che la forma Asiatica deve portare il 
nome di ZH. hirsutirostris anzichè quello di 77. Zeucura, poichè il primo 
nome indica meglio, secondo lui, uno dei caratteri differenziali di questa 
specie. Però gli Autori più recenti opinano che alla forma Asiatica, 
per diritto di priorità, debba darsi il nome di ZH. leucura. 

Il mio esemplare (& vecchio) corrisponde bene tanto per la forma 
del cranio, quanto pel colorito alle descrizioni ed alle figure date dai 
diversi Autori (3) della 7. leucura = H. hirsutirostris (4). 

Il Wagner dice che l’esemplare di 7. nirsutirostris, da lui descritto, 
era stato acquistato vivente a Gerusalemme dal Consigliere Aulico von 
Schubert, e che tali animali non sono rari nei dintorni di quella città. 

A mio giudizio, il fatto d’essere stato acquistato vivente a Gerusa- 
lemme, non proverebbe in modo assoluto che l’esemplare descritto dal 
Wagner provenisse dai dintorni di quella città; poichè esso poteva 
benissimo esservi stato portato da qualche arabo dalle valli circostanti 
al Giordano. 

Il Tristram (5) dice che nelle valli circostanti al Giordano vive la A. 
cristata. Il mio esemplare proverebbe invece che nelle valli suddette, 
almeno in quelle della sponda orientale, si trova la ZH. leucura. 

Dopo l’esemplare descritto dal Wagner, io credo che non furono 
menzionati altri esemplari di questa specie provenienti dalla Siria. 

Il mio esemplare era oltremodo mansueto. Durante il giorno stava 
per lo più nascosto in una specie di grotta, di cui la sua gabbia era 
munita. Verso il tramonto usciva, e stava in moto durante quasi tutta 
la notte. 

Anche durante il giorno rispondeva alla mia chiamata ed accorreva 
a prendere dalla mia mano il cibo, che io gli offriva, afferrandolo con 
grande delicatezza coi suoi enormi incisivi. 

Quando veniva spaventato, rizzava i suoi aculei e le lunghe setole 
della cresta, grugnendo e producendo un rumore particolare prove- 


(1) A. WAGNER, Beschreibung einiger neuer oder minder bekannter Nager, 
in Archiv fùr Naturgeschichte, 1842, I, p. 29. 

(2) G. R. WatERHOUSE, Nutural History of the Mammatlia, vol. II, p. 454. 

(3) WAGNER, l. c., p. 29. — WATERHOUSE, l. c., p. 454, pl. 20, fig. 2. — W.T. 
BLANFORD, The Fauna of British India, Mammatlia, p. 442, fig. 145. 

(4) Nella « Parte Narrativa » del mio viaggio (Boll. Musei Zool. An. Comp. 
Torino, vol. IX, N. 172, p. 11) io aveva attribuito questo esemplare alla 
H. cristata, Linn. 

(5) H. B. TRISTRAM, The Fauna and Flora of Palestine, 1884, p. 10. 


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niente dall’urtarsi vicendevole degli aculei, e specialmente di quelli 


cavi della coda. 
Io lo nutriva con diverse specie di erbaggi, con patate, carote, frutta 
ed orzo. Era sommamente ghiotto dello zucchero e dei petali delle rose. 
Era molto sensibile al freddo. Durante l’inverno io lo teneva chiuso 


in una scuderia. 


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2022 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gaudenzio Ferrari, 3 


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OLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 492 pubblicato il 11 Maggio 1905 Vor. XX 


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EDOARDO ZAVATTARI 


Imenotteri dell’isola d’Elba e di Pianosa. 


Il materiale dell’isola d’Elba e di Pianosa, di cui presento ora l’elenco, 
venne raccolto dal prof. Camerano, dai dott. A. Borelli e M. G. Peracca 
ed in ispecial modo da me, nel breve soggiorno da noi fatto a Por- 
toferraio, durante il quinto Convegno Zoologico tenutosi colà nello 
scorso aprile. 

Gli individui di Pianosa vennero raccolti in poche ore, durante una 
gita fatta dai Congressisti alla piccola isola. 

La stagione poco propizia ed il cielo poco favorevole alle caccie 
imenotterologiche, fecero sì, che esiguo fosse il numero degli esem- 
plari catturati, per di più appartenenti tutti a specie molto comuni 
alla regione circumediterranea. Ma nulla è stato fatto dal punto di 
vista imenotterologico su queste due isole, e quindi questo piccolo con- 
tributo avrà l’unico pregio di essere il primo, e ben sarei contento, 
se ciò potesse invogliare ricercatori più fortunati a riunire un note- 
vole materiale, chè certo la fauna delle due isolette potrà presentare 
forme interessanti, specialmente per la loro distribuzione geografica. 


Fam. TENTHREDINIDAE 


Gen. Athalia Leach. 


A. rosae Lin., Syst. Nat., I, p. 557, n. 21. — André, Species des Hyménoptéères 
d'Europe et d’Algérie, T. I, p. 289. 


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Numerosi esemplari dei due sessi di Pianosa, raccolti su alcune 
ombrellifere sulle quali questa specie è abbastanza comune. 


Fam. ICHNEUMONIDAE. 


Gen. Cryptus Grav. 


Cr. sponsor Fab., Entom. System. p. 153, n. 84. — Schmiedeknecht, Die Gat- 
tungen und Arten der Cryptinen, Ent. Nach. XVI, 1890, p. 100. 
Un solo esemplare 9 dei dintorni di Portoferraio (Elba). 


Gen. Ophion Fabr. 


O. luteus Lin., Fauna Suec., n. 1728. — Gravenhorst, Ichneumonologia Eu- 
ropaea, T. 3, p. 692. 
Anche di questa specie un solo esemplare 9 dei dintorni di Mar- 
ciana (Elba). 
Fam. POMPILIDAE. 


Gen. Pompilus Fabr. 


P. gibbus Fabr., System. Ent., p. 350, 23. — Magretti, Imenotteri della Lom- 
bardia. — Pompilidei, Bull. soc. ent. ital., XIX, 1887, p. 247 
Un solo individuo 9 di Portoferraio (Elba). 


Fam. SPHEGIDAE. 


Gen. Ammophila Kirby. 


A. (Psammophila) hirsuta Scop., Ent. Car., p. 292. — André, op. cit., T. III, 
p. 81. 

Questa specie mi parve assai comune nei pressi di Portoferraio. 
Svolazzavano i numerosi individui presso le grosse piante di Opunthia, 
oppure sul terreno argilloso nudo, che si trova accanto a questi ce- 
spugli; tuttavia io sono riuscito a raccogliere solamente due femmine. 


Fam. VESPIDAE. 


Gen. Polfistes Fabr. 


P. gallicus Lin., Syst. Nat., I, 949, n. 7. — André, op. cit., T. II, p. 606. 
Numerosi esemplari di Pianosa, e dei dintorni di Portoferraio e Mar- 
ciana (Elba). 


Fam. ANDRENIDAE... 


Gen. EHalietas Latr. 


H. quadricinetns Fabr., Gen. Insect.; p. 247. — Smith, British Bees, p. 80. 
Dintorni di Portoferraio. 


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‘H. minutus, Kirby, Mon. Ap. Angl. II, 61, 20. — Smith, op. cit., p. 100. 
Pure dei dintorni di Portoferraio. 

-H. subauratus Rossi, Mant. insect., p. 144. — Lep., Hyménopteres, T. II, p. 278. 
Un solo esemplare 9 di Pianosa. 


Gen. Andrena Fab. 


A. morio Brullé, Exp. Sc. Mor. Zool., III, 353, 780. — Schmiedeknecht, Apidae 
Europaeae. P.I, p. 89 (503). 

Numerosi esemplari dei dintorni di Marciana alta (350 m. s. 1. d. m.) 
«(Elba). È questa specie molto comune su alcune labiate, sulle quali si 
trova insieme alle nomade. 

A. cineraria, Lin. Syst. Nat., I, 953. — Schmied., op. cit., p. 99 (513). 

. Pure nei dintorni di Marciana (Elba). 

A. nigro-aenea, Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 109..-— Schmied., op. cit., 
p.130 (544). 

1 esemplare 9 di Pianosa. 

A. nana, Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 161. — Schmied., op. cit., p. 266 (640). 

Numerosi esemplari dei due sessi di Pianosa. 

A. fulvierus Kirby, Mong. Ap. Ang., II, p. 138. — Schmied., op. cit., p. 325 (739). 

Alcuni maschi dei pressi di Portoferraio (Elba). 


Fam. APIDAE. 


Gen. Osmifa Panz. 


‘0. aenea Lin., Faun. Suec.,, p. 421. — Schmied., op. cit., P. II, p. 90 (956). 
Un solo esemplare & di Pianosa. 


Gen. Nomada Fabr. 


N. succinta Panzer, Fauna Germ., p. 55. — Schmied., op. cit., P.I, p. 60. 

Un esemplare d' dei pressi di Marciana (Elba). 

N. lineola Panzer, Faun. Germ., p. 53. — Schmied., op. cit., p. 63. 

Un esemplare 9 dei dintorni di Marciana (Elba), appartenente alla 
‘varietà 1 di Schmiedeknecht avente cioè: « abdomen supra sine colore 
rufo et metathorax et mesosternum immaculata >. 
N. fucata Panz., Faun Germ., p. 55. — Schmied., op. cit., p. 88. 

Un esemplare d' pure di Marciana in cui la fascia ferruginea del 
primo segmento addominale è molto ridotta. 


Gen. Melecta Latr. 


M. luctuosa Scop. Ann. hist. nat., IV, p. 13. — Friese, Die Bienen Europas 
Theil I, p. 163, var. albovaria Er. subvar. calabrina Rad. 
Un solo individuo d' dì Pianosa. 
Io non ho potuto vedere la descrizione data da Radoszkowsky, ma 
«credo che con sicurezza si possa ascrivere questo mio esemplare a 
‘questa varietà, perchè infatti presenta l’addome « mit verkimmerten 


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Seitenflecken der Segmente » ed il torace riccamente guernito di peli 
bianchi. L’aver ritrovato questa varietà è assai interessante essendo- 
già nota la stessa varietà solo della Corsica e della Calabria. 


Gen. Eucera Scop. 


Eu. longicornis Lin., Syst. Nat. I, p. 953. — Friese, op. cit., Th. II, p. 102. 
Numerosi esemplari #9 di Elba e Pianosa. 
Le femmine rassomigliano per la disposizione dei peli dell'atabme 
notevolmente alla difficilis Perez, da cui differiscono però per la pun- 
teggiatura e per le mandibole rosse avanti l’apice. . 


Gen. Podalirius Latr. 
P. Simei femoratns Oliv., Encycl. méthod. Ins. IV, p. 75. — Friese, op. 
s Th. ITI, po 160. 

wi soli esemplari 9 di cui uno di Pianosa e gli altri dei dintorni 
di Marciana (Elba). 

Questa specie è indicata nella collezione Spinola col nome di An- 
thophora distinguenda Duf. Ora ho cercato invano nei varî catalogi 
sinonimici questo nome; d’altra parte senza dubbio questa specie della. 
collezione Spinola è la stessa della /emorata, tanto più che fu allo- 
Spinola donata dal D. Dufour e proviene da Saint-Sever, donde prove- 
nivano pure alcuni esemplari di Lepeletier. Del resto questi individui. 
corrispondono esattamente alla descrizione e di Lepeletier e di Friese.. 
Ora gli esemplari miei corrispondono perfettamente agli individui di 
Spinola. 

Gen. Xylocopa Latr. 


X. violacea Lin., Syst. Nat., I, p. 579. — Friese, op. cit., Th. VI, p. 202. 
Un maschio preso nel giardino della villa Napoleonica (Elba). 
Gen. Bombus Latr. 


B. pascuorum Scop., Ent. Carn., 306. — Schmied. op. cit., P. I, p. 92 (342). 
Parecchie operaie dei dintorni di Marciana alta (Elba). 

B. terrestris Lin., Syst. Nat., II, p. 980. — Schmied., op. cit., p. 129 (379). 
Alcuni individui $ di Portoferraio (Elba). 


Gen. Apis Auctorum. 


A. mellifica var. ligustica Spin., Insect. Ligur., I, p. 35. 
Moltissimi esemplari di Pianosa e delle varie località di Elba. 


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2044 - Tip. P. Gerboae, via Gaudenzio Ferrari. ., - Torino. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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VOL: XX 


A Revision of the Duchassaing and Michelotti Actinian 
Types in the Museum of Natural History, Turin 


by J. PLayFaIR Mc MURRICH 


The uncertainty which has existed regarding the true systematic 
position of many of the Actiniaria described by Duchassaing and Mi- 
chelotti has proved somewhat troublesome to students of the West 
Indian Actiniaria and I gladly took advantage of opportunities which 
presented themselves for visiting the Museum of Natural History at 
Turin and making a study of the original forms still preserved in its 
collections. I desire to express my deep obligations to Professor Ca- 
merano and the members of the Museum Staff for their unvarying 
courtesy and assistance during my visit. 

On reaching Turin I learned that Dr. O. Carlgren had already 
examined the specimens, and references to his studies have appeared 
in his paper on’ Ost-Afrikanische Aktinien (1900). I was fortunate 
however, in finding a few forms which Carlgren had not studied and 
it seemed advisable to persevere in the revision of the specimens which 
I had contemplated. Various interruptions have prevented the com- 
pletion of my studies of the specimens until now, but the delay has 
proved of advantage in allowing me to avail myself of kind criticisms 
and suggestions from my friend and colleague Dr. J. E. Duerden. 

Unfortunately the specimens of Duchassaing’s collection which are 
still extant are comparatively few in number and represent only a 
small proportion of the types which he, personally or in conjunction 
with Michelotti, described. With the majority of the specimens there 
were four labels; one, which was apparently the original label of 
Duchassaing; a second, as a rule merely repeating the identification 


of the original label and presumably written, as Professor Camerano 
suggested, by De Filippi; and finally two written by Carlgren, one of 
which was a repetition of the original label and the other Carlgren’s 
own identification. In one case there was evidently a mistake in the 
label, but in all the others it was clear that the specimens were 
actually those to which Duchassaing ànd Michelotti had intended the 
name on the label to apply. There were no indications to show 
whether any of the specimens were really « types », but whether 
they were or not they are the only extant reprensetatives of the types 
and must be accepted as the basis for the interpretation of Duchassaing 
and Michelotti’ s descriptions. 

In the following pages I shall not confine myself to a mere de- 
scription of the specimens, but shall take the opportunity for discussing 
certain questions of nomenclature which their study has called up. 
I shall, however, limit my remarks mainly to such species and genera 
as belong to the West Indian fauna. 


Fam. PHYLLACTID_AKE 


In 1852 Milne-Edwards and Haime established the sub-family Phyl- 
lactine for two genera which they named Phyllactis and Oulactis. 
The characteristic feature of the group was the occurence between 
the bases of the tentacles and the apparent margin, of frondose stru- 
ctures, now generally recognized to be modified acrorhagi, and the 
two genera were distinguished according to the non-accurrence or 
occurrence, respectively, of verruce. The type of the genus Phyllactis 
was P. praetexta Cout., while that of the genus Oulactis was 0. 
imuscosa Drayton. An examination of the figures of P. praetexta gi- 
ven by Dana (1846) shows very clearly that there has been a misun- 
derstanding as to the true nature of the fronds ; they appear to have 
been regarded as structures definitely circumscribed and separated 
from the column, possessing both an upper and a lower surface, indeed, 
the term fronds so frequently applied to them has its origin in this 
idea. In reality, however, being acrorhagi, they are developments of 
the margin, and what has been taken for their free under surface is 
really the upper portion of the column. Looked at in this way, it 
will at once be perceived from Dana’s fig. 39a that the so-called 
tubercles on the under surface of the fronds of P. praetexta are really 
verruce upon the upper portion of the column and, consequently, the 
listinction between the two genera vanishes so far as it is based 
upon the absence or presence of verruce, and, so far as our present 
knowledge goes, there seems to be no other valid basis for their 
distinction, 


In 1850 Duchassaing described a genus Actinostella, with A. /ormosa 
Duch. as its tvpe, and there seems no room for doubt that this type 
belongs to the same genus as Milne-Edwards” 0. muscosa. Ifthen the 
fusion of Phyllactis and Oulactis be accepted, it is evident that the 
rules of priority demand that the genus so constituted be termed 
Actinostella. 

In later days other genera have been added to the family, such 
as Lophactis and Asteractis (Verrill, 1869), Diplactis (MeMurrich 1889a), 
Cradactis (MeMurrich, 1893) and Phyllodiscus (Kwietniewski, 1898), 
and a few words may be said as to the validity of each of these. 

And first of all it may be stated that Diplactis is in all probability 
not a Phyllactid at all, but an Actinid, Verrill’s suggestion (1899) that 
the type D. béermudensis is an Actinia being well made. Phyllodiscus, 
too, seems hardly referable to the family, the distribution of the short 
branched processes over the greater part of the column wall and the 
practical absence of a sphineter being hardly consonant with the 
characteristics of the Phyllactids, and I am inclined to agree with 
Haddon (1898) and Carlgren (1899) that it is more properly referable 
to the Aliciidae. There remain, then, for consideration Verrill’s two 
genera and Cradactis. 

It would seem that Lophactis may owe its existence to the mis- 
conception of the true nature of the fronds of Phyllactis, already re- 
ferred to, and, granting the existence of verrucae in the latter genus, 
it would appear that Lophactis is identical with it and should conse- 
quently be included in the genus Actinostella. Similarly there seem 
to be no very good reasons for regarding Asteractis as distinct from 
Actinosella; indeed Verrill himself (1899), by including A. /0rmosa in 
his genus practically admits the identity of Asteractis and Actinostella, 
although he ignores the priority of Duchassaing’s name. 

As for Cradactis it seem to me that its clumps of small, dichoto- 
mously branched acrorhagal processes are entitled to generic value, 
as contrasting with the broad tuberculate and cichoraceous fronds of 
Actinostella and as forming an interesting transition between the 
fronds of the latter genus and the compound acrorhagi of such a 
Cribrinid as Anthopleura. There is no doubt that the Phyllactids are 
closely related to the Cribrinids, in fact the separation of the two 
families is little more than a taxonomie convenience and it seems ad- 
visable to extend our regard for convenience to the recognition of this 
to a certain extent transitional genus. 


Genus Actimostella Duch. 


Synon: Actinia (pars) Lesueur, 1817. 
Metridium (pars) Dana, 1846. 


cha Mi E 


Phyllactis Milne-Edwards and Haime, 1852. 
Oulactis Milne-Edwards and Haime, 1852. 
Cereus (pars) Milne-Edwards, 1857. 
Lophactis Verrill, 1869. 
Asteractis Verrill, 1869. 
Evactis (p. p. Andres, 1885. 

A. conchilega (Duch. Mich.) 

Of this species, there were six specimens in the Turin collection 
and these were in four bottles. In two bottles there were only Carl- 
eren’s labels, but the third contained all four labels, those of Du- 
chassaing and De Filippi reading Oulactis conquilega Duch., and in 
the fourth bottle there was a De Filippi label reading Actinostella 
conchilega Duch., St. Thomas. 

In all the specimens the upper part of the column was provided 
with adhesive verruce arranged in forty-eight longitudinal rows, the 
number in each row being from seven to nine in three individuals 
and ten or eleven in a fourth. The acrorhagi had the form of thin- 
walled elevations of the outer portion of the disc, bearing upon their 
surface hollow tubercles or short digitiform processes, arranged either 
singly or in groups, but apparently unbranched. Along the line of 
insertion of each mesentery a radial groove traversed the acrorhagal 
area, which thus was divided into as many radial portions as there 
were mesenteries, a condition not always readily perceived, however, 
owing to the degree of contraction. 

The tentacles were short, stout and 
thick-walled, their longitudinal muscu- 
lature being well developed. They were 
approximately or actually forty-eight in 
number in those specimens in which 
they could be counted. No attempt was 
made to determine the arrangement of 
the mesenteries, but it seemed evident 
from the grooves traversing the acro- 
rhagal area and from the tentacles that 
they were forty-eight in number, i. e. in 
twenty-four pars. The stomatodaeum was 
provided with two deep siphonoglyphs. 

The sphinceter muscle was ofthe en- 
dodermal circumscribed type in the single 
individual in which it was examined. 
It was attached by a narrow stalk, va- 
rying slightly in its complexity in different sections, and was deci- 
dedly unilateral in structure, so that it might be described as unila- 


Fig. 1 


terally pinnate. The lateral lamellae were abundantly branched and 
the whole structure had the appearance in section shown in Fig. 1. 

This species was originally described bv Duchassaing and Mi- 
chelotti in their memoir of 1860 under the name Oulactis fosculifera 
Lesueur, being evidently regarded as identical with the Actinia flo- 
sculifera described by Lesueur in 1817. There is great doubt, however, 
as to the correctness of this identification, and it is preferable to 
employ the term which Duchassaing apparently had first in mind and 
which he employs on p. 49 in the explanation of Fig. 7, Pl. VI, and 
likewise on his label accompanying one of the specimens. (*) 

This choice of terms has already been made by Verrill (1899), who 
recognizes in the Ou/actis fascicutata which I (1889a) described from 
the Bermudas and which is evident]ly quite different from A. conchilega, 
a representative of Lesueur’s Act. flosculifera. Certainly Lesueur’s de- 
scription of the fronds, « Margin furnished with several rows of tu- 
bercles surmounted with small warts », agrees better with the con- 
ditions in /4sciculata than with those in conchilega, and, furthermore, 
the prevailing umber colour noted by Verrill in living individuals of 
fasciculala agrees better with Lesueur’s account than with Duchas- 
saing and Michelotti’s, whose specimens were greenish. 

If Verrill’s c nelusions regarding this identification be accepted, 
and I believe they ought to be, it remains to be considered whether 
any of the forms which have been recently described are identical 
with Duchassaing and Michelotti’s A. conchélega. Verrill gives as syn- 
onyms of it 0. flosculifera MeMurrich (1889) and 0. /oliosa Andres 
(1883). The latter term is merely a new name suggested by Andres 
in the belief that Duchassaing and Michelotti’s /losculifera was dif- 
ferent from Lesueur’s, and is unnecessary in view of the existence of 
conchilega. As to the form which I described as /losculifera, a re- 
examination of my preparations leads me to believe that it is more 
likely identical with Lesueur’s /losculifera than with conchilega. My 
statement that there were but twenty-four rows of verrucae and a 
corresponding number of fronds was probably erroneous, since there 
were forty-eight tentacles and as many mesenteries; sections through 
the fronds present an appearance much more like that of fasciculata 


(*) It is to be noted that on Duchassaing’s label and in the memoir the 
specific term is spelled conquilega. On De Filippis label, however, it appears 
as conchilega, which is probably more correct, the term indicating the 
adhesion of particles of shell to the verrucae mentioned in the description 
of the species. The original spelling may be regarded as a lapsus calami 
and therefore is subject to correction. 


than that of conchilega, the umber-brown colour of the fronds may 
be of some importance and, finally, my failure to observe a sphincter 
in the single specimen I collected is more readily understood if it 
was of the diffuse type such as occurs in fasciculata. 

There is, however another form which seems beyond question to 
be identical with A. conchilega, and that is the form described by 
Duerden (1902) as Asteractis expansa. I have preparations of this 
form from Cuba, and also, through the kindness of Dr. Duerden, from 
Jamaica, and in all I find essentially the same type of frond and 
sphineter. In describing the Cuban specimens I expressed the opinion 
(1898) that they agree very closely with the /losculifera of Duchas- 
saing and Michelotti and that that form was probably different from 
Lesueur’s, but owing to the uncertainty that existed as to the actual 
distinctness of the two forms I preferred to retain Duerden’s name 
for the specimens under consideration. The study of the Turin spe- 
cimens has removed all doubt as to the identity of A. erpansa with 
them, and that name, so far as it applies to the forms I have studied, 
may now be regarded as a synonym for A. conchilega. It is to be 
noted, however, that the spincter figured by Duerden for A. expansa 
differs decidedly in form from that which I find both in the Cuban 
specimens and, what is more important, in the specimens sent’ me 
by Dr. Duerden from Jamaica. Possibly two different species, resem- 
bling each other closely externally, have been included in A. ex- 
pansa, or else Duerden has selected a somewhat aberrant sphincter 
for illustration. These possibilities must remain uncertain at present, 
but it is certain that the expansa which I described from Cuba and 
those specimens which Duerden sent me from Jamaica are identical 
with Duchassaing and Michelotti's A. conchilega. 

Actinostella radiata (Duch. Mich.) 

A single specimen of this species was found. On one of the accom- 
panying labels, that supposed to be Duchassaing’s, the word « radiata » 
was plainly discernible, but the generic name was illegible; the De 
Filippi label read Owlactis radiata. 

In its general appearance the specimen resembled A. conchslega 
closely, but the tubercles on the fronds were perhaps not quite so 
numerous and the verrucae in each longitudinal row seemed to be 
fewer. The number of acrorhagi and tentacles could not be counted, 
as a portion of the margin had been removed, but they could not be 
far from forty-eight. 

The sphincter (Fig. 2) was well developed and of the circumsceribed 
endodermal type, differing, however, in its details: from that of A. 
conchilega. Thus it was much’ more distinctly bipinnate and'‘the 
lateral lamellae were less branched, so that, assuming the‘ forms 


observed to be characteristic, there would be no difficulty in distin- 
guishing the two species by the sphineter alone. 

Duchassaing and Michelotti (1860) recognize the general similarity 
of this species to the others which they described, but (1864) regard 
it as distinct on account of the smaller 
number of verrucae and the greater 
simplicity of the fronds. Adding to 
these characteristics the form of the 
spincter, it would seem that the spe- 
cies is one which must be retained. 

It is to be regretted that no spe- 
cimen of A. formosa remains in the 
collection. Judging from the brief de- 
scriptions of it which exist the acro- 
rhagi or fronds had the structure of 
those of A. flosculifera rather than 
those of A. conchilega or A. radiata. 
Indeed it is not impossible that it 
may be identical with /losculifera. 
Duchassaing and Michelotti’s figures, however, show only twenty ten- 
tacles and their descriptions are otherwise too indefinite to permit of 
certainty, even if the figure be regarded as inaccurate as to the ten- 
tacles. The possibility of the identity should, however, be borne in 
mind, although until specimens, preferably from Guadeloupe,have been 
again studied, it seems well to regard the species as distinct. 

To sum up the views which have been expressed above with 
regard to the West Indian species of Actinostella, the synonymy of 
the species may be stated as follows : 

A. formosa Duch. 
Synon : Actinostella formosa, Duch., 1850. 
Cereus formosa Milne-Edwards, 1857. 
Oulactis formosa Duch. Mich., 1860, 1864. 
Asteractis formosa Verrill, 1899. 
A. flosculifera (Lsr). 
Synon : Actinia flosculifera Lesueur, 1817. 
Oulactis (?) flosculifera Milne-Edwards, 1857. 
Oulactis flosculifera MeMurrich, 1889. 
Evactis flosculifera Andres, 1883. 
Asteractis flosculifera Verrill, 1899. 
Oulactis fasciculata McMurrich, 1889a. ra Lelv 
A. conchilega (Duch. Mich.) TONDI 
Synon: Oulactis flosculifera Duch. Mich. 1860, 1864. nt 
Oulactis conchilega Duch. and Mich. 1860. [45 


Oulactis foliosa Andres, 1883. 
Asteractis conquilega Verrill, 1899. 
Asteractis sp? Duerden, 1898. 
Asteractis expansa Duerden, 1902. 
A. radiata (Duch. Mich.) 
Synon: Oulactis radiata Duch. and Mich. 1860, 1864. 
Lophactis radiata Andres, 1883. 


Fam. DENDROMELIDAE. 


Genus Lebrunia Duch. Mich. 


Synon: Lebrunia Duch. and Mich., 1860, 1864. 
Actinodactylus (pars) Duch. and Mich., 1860, 1864. 
Stauractis (pars) Andres, 1883. 

Oulactis (pars) Duch. and Mich., 1860. 
Rhodactis Duch. and Mich., 1864. 
Hoplophoria H. V. Wilson, 1890. 

This generic term is employed with some hesitation since it seems 
exceedinglv probable that it is identical with Actinodactylus propose 
by Duchassaing in 1850. I am quite in agreement with Verrill (1899) 
that A. neglectus (Duch. and Mich., 1860) is the young ot L. neglecta ; 
indeed, apart from the similarities shown by the descriptions, the 
identity of the specific names seems to indicate that originally the 
authors were inclined to regard the two forms as identical, but sepa- 
rated them on second thoughts. As regards A. bosczi, which is the 
type of its genus, the case is not so clear, and while the presumption 
is strongly in favor of its belongiug to the same genus as L. neglecta, 
the uncertainty renders it advisable to hesitate before definitely 
assuming the identity. 

L. neglecta Duch. Mich. 

Synon: Lebrunia neglecta Duch. and Mich., 1860. 
Actinodactylus neglectus Duch. and Mich., 1860. 
Stauractis incerta Andres, 1883. 

Oulactis Danae Duch. and Mich., 1864. 
Taractea Danae Andres, 1883. 
? Rhodactis musciformis Duch. and Mich., 1864. 

Of this species I found in the Turin collection a single specimen, 
with which there was but one label, presumably by Duchassaing, 
which read Ow/actis Danae. The generic term had been crossed out, 
however, by a later hand and Lebrunia written above it. 

The specimen was of about the same size as the L. neglecta which 
I described in 1889, and in its internal structure, so far as sections 


through the margin and of its mesenteries could show, it resembled 
that form very closely indeed. The pseudo-tentacles, which were six 
in number, also resembled those of L. neglecta in their general form, 
but differed in that vesicular elevations, spherical in form and some- 
times stalked, were abundant on the smaller branches, sometimes at 
the points where the branching occurred, but also frequently on the 
upper surfaces of the branches. They were entirely lacking on the 
main stems and primary branches. 

This being the only difference that could be observed between this 
form and L. neglecta, the question arises as to whether it is to be 
regarded as sufficient for specific distinetion.  Verrill (1899) holds that 
it is, while Duerden (1898) has described vesiculated forms as L. ne- 
glecta. I have reexamined the specimens of L. neg/lecta which I de- 
scribed from the Bahamas, and find that while no vesicles are to be 
noticed on some of the fronds, a few minute ones could be distinguished 
on some of the smaller branches of others. Thev were, however, very 
inconspicuous and could be recognized only with the aid of a lens: 
in the living specimen they were certainly not noticeable. ln view 
of this observation it seems to me that the development of the vesi- 
cles is more or less variable, and, indeed, that they may vary greatly 
even in a single individual according as they are expanded or retracted, 
a remark of Duchassaing and Michelotti (1864, p. 37) suggesting dif- 
ferences in this respect. I am satisfied thai the form I describe from 
the Bahamas is identical with the ZL. neglecta of Duchassaing and 
Michelotti, and, if this be so, it follows that L. Danae and L. neglecta 
are identical, the latter term having the priority. 

Duerden (1899) has stated that he believes Zoploproria coralligens 
(H. V. Wilson) to be the young of L. neglecta, but opinion upon this 
point must be reserved until he has presented the promised evidence 
in favor of it. It may be pointed out, however, that yet another sy- 
nonym possibly exists in A/odactis musciformis Duch. Mich. (1864), 
which seems to be a small specimen of Lebrunia in which the vesicles 
are larger than usual, so that they give to the pseudo-tentacles a 
nodose appearance. The facts that it is provided with dichotomously 
arborescent appendages and is associated with L. Danae in the genus 
Rhodactis, point strongly to its being a Lebrunia. 


Fam. STOICHAOTIDAE. 


Synon: Stoichactis anemone Ellis (Duch.) Haddon. 
? Actinia anemone Ellis, 1767. 
? Hydra anemone Gmelin, 1788. 
? Cereus anemone Oken, 1816. 


=" => 


Discosoma anemone Duchassaing, 1850. 
Stoichactis anemone Haddon, 1898. 
? Actinia helianthus Ellis, 1767. 

. ?Hydra helianthus Oken, 1816. 
Discosoma helianthus Duch. and Mich., 1860. 
Stoichactis helianthus Duerden, 1900. 

There was no Duchassaing label with the single specimen of this 
species, but tke De Filippi label read Discosoma anemone Duch. 

An examination of the arrangement of the tentacles and of the 
sphincter shows that this form is beyond doubt identical with that 
which I described as Discosoma anemone (1889) and also with that 
described by Duerden (1900) as Stoîchactis helianthus. 

The synonomy of the species is somewhat complicated and its history 
may be briefly stated in justification of the name given it above. In 
1767 Ellis described and figured two forms from the West Indies which 
he named Actinia anemone and A. helianthus, but the descriptions 
are too imperfect to be available for a distinction of the two, and in 
the figures the principal difference that can be observed is that A. 
helianthus is somewhat smaller than A. anemone. Subsequent authors 
simply included Ellis’ terms and figures in their works, and in 1850 
Duchassaing referred 4, anemone to the genus Discosoma. Later in 
1860 Duchassaing and Michelotti described and figured D. anémone 
from living specimens and in 1864 the same authors stated their belief 
that A. anemone and A. helianihus were the same species, a view in 
which I concurred in 1889. 

In 1898 Duerden described two species of Discosoma from Jamaica, 
one of which was evidently indentical whith that which I had described 
as D. anemone, while the other lacked verrucae and had a diffuse 
sphincter (Duerden, 1900), its tentacles being also arranged on quite 
a different plan. This latter form Duerden identified with Ellis’ ane- 
mone, naming it Homostichanthus anemone, while my anemone he 
identified with Ellis’ A. helzanthus, without, however, presenting any 
very good reasons for the change. Carlgren (1900) from an examination 
of the Turin specimen was convinced that it was identical with my 
anemone, and thought that this was Ellis’ Helzanthus on account of 
the sinuous margin which is indicated in the figure of that form. But, 
for the avoidance of confusion, he suggested that nelzaninus and ane- 
mone be regarded as a single species, which, following Duerden, he 
named Stoîchactis helianthus, and gave a new name, H. Duerdeni, to 
Duerden’s 77. anemone. In this arrangement Duerden (1902) aquiesced. 

We have, then, the two original species of Ellis, which cannot now 
be distinguished, nor is there any likelihood that they ever will be; 
and we have the D. anemone of Duchassaing certainly identical with 


one of them and now described so as to be readily recognized. Why, 
then disregard Duchassaing’s specific term, supplanting it by Relian- 
thus? I am quite in accord with Carlgren’s suggestion that Ellis’s two 
forms be regarded as identical, but it seems to me that it will tend 
less to confusion and will follow more closely the spirit of the rules 
of nomenclature to adhere to Duchassaing’s identification of his species 
as D. anemone, referring it, of course, to Haddon'’s Stoichactis. 

With regard to the specific name of Duerden’s Homostichanthus it 
may be noted that in 1817 Lesueur described a form under the name 
Actinia denliculosa, which is probably identical with it.  Milne-Ed- 
wards (1857) doubtfully refers Lesueur’s species to the genus Discosoma 
and Andres (1883) mentions it as a doubtful species of Corynactis. 
Its habit, in sand among marine plants, hardly suggests an affinity 
with Corynactis, and the brightness of its coloration seems to preclude 
its reference to S. anemone. It seems to me that Lesueur’s descri- 
ption indicates its identity with Duerden’s ZH. anemone, the correct 
name for that species being, accordingly, MZomostichanthus denticu- 
losus (Lsr.) Duerden. 


Fam. RHODACTIDA E. 


Carlgren (1900 and 1900a) has merged this family in the Discoso- 
midae on the basis of the many structural resemblances which its 
members present to Discosoma (*), but it would seem that the existence, 
of distinct marginal tentacles of quite different form from the disk 
tentacles and separated from them by a naked area of the disk forms 
a suitable distinction, especially since the marginal processes are 
apparently structures quite distinct from tentacles. 


Genus Rieordea Duch. Mich. 


I found a single specimen of A. /lorîda in the Turin collection, in 
a bottle with specimens of Zoanthus Anduzii. It had no accompanying 
label and accordingly does not present any special interest bearing 
on the identificatton of Duchassaing and Michelotti’s types. It re- 
sembles the individuals described by Duerden (1900) and myself (1889). 


(*) As regards the use of this generic name, Ehrenberg long ago (1832) 
pointed out that Oken (1816) had already employed the term Discosomus for 
a genus of reptilia and suggested the use of Discostoma for the actinian 
genus, a suggestion which ,has been adopted by Verrill (1869 and 1869a) 
and to a certain extent by Carlgren (1900 and 1869a), It may be pointed out, 
however, that in 1830 de Blainville proposed the name Actinodiscus for 
Leuckart's genus and that, consequently is the name by which it should de 
known 


VIDI 


Genus Qrinia Duch. Mich. 


A single specimen of O. torpida, so labelled apparently by De Filippi, 
occurs in the collection. It had already been studied by Carlgren, 
who correctly assigned it (1900) to a close affinity with Rhodactis 
and Ricordea. The « sucoirs » of the disk, which represent tentacles, 
were rather large crateriform structures, whose margins were more . 
or less tuberculate as described by Duchassaing and Michelotti (1860). 
Some seem to be perforated, opening into the body cavity, but no 
orifice could be distinguished macroscopically in others. Among those 
situated more peripherally were some which were vesicular or tu- 
berculiform, lacking the terminal orifice so far as could be perceived 
by a macroscopic examination. 


Fam. PHYMANTHIDAE. 


Epicystis crucifera (Lsr) Ehr. 

A single specimen of this was contained in the collection, and was 
labelled by De Filippi, Cereus inflatus Duch., St. Thomas. Carlgren 
from his examination of the specimen came to the conclusion that it 
was probably Phrymanthus crucifer and there is no reason for doubting 
the correctness of this view. 

The Actinia crucifera of Lesueur was referred by Ehrenberg (1832) 
to a new genus Epicystis, and, according to the rules of priority, this 
term should be emploved instead of Phymanthus established by Milne- 
Edwards and Haime in 1852. Most authors have, unfortunately, em- 
ployed the latter name for the genus, Verrill (1896 and 1900) alone 
using the correct one. He, howerer, finds a generic distincetion between 
E. crucifera and E. loligo, and retains for the latter the name Phy- 
manthus; for this there seems to be no good reason. 

Verrill (1900) also distinguishes between those individuals of £. 
crucifera in which the transverse thickenings of the tentacles are 
well developed and those in which they are feeble or apparently 
lacking, regarding the former as the true Z. crucifera, while the 
latter the identifies with Lesueur’s Actinia osculifera. Duerden has 
found that the development of the transverse thickenings on the ten - 
tacles varies considerably in different individuals of cruci/era, and, 
since Verrill’s two forms agree in all other particulars, it seems un- 
necessary to regard them as different species. As to Lesueur’s A. 
osculifera, it is difficult to discover in his description of it any simi- 
larity to an Epicystis. On the contrary it seems exceedingly probable 
that it is the form later described by Duchassaing and Michelotti as 
Actinotrye sancli-thomae, a form properly referred to the genus Rho- 


— BC 


dactis. It was « short » and possessed « a large margin which is smooth 
and terminated by short unequal tentacula », and the tubercles of 
the disk were « surmounted with several small pedunculated warts », 
all characters which may readily be understood if referring to a Rho- 
dactis, but quite different from anything knowu to occur in Epicystis. 
Also the reddish colour, varying in different specimens, which cha- 
racterized Lesueur ’s species may well refer to the rich umber-brown 
of Rhodactis sancti-thomae. The only difficulty in the way of cer- 
tainty as to osculifera being a Rhodactis is Lesueur’s statement that 
the body possessed « several rows of perforated.tubercles of an umber- 
brown colour » through which water was ejected. These may have 
been suggested by the occurrence of transverse wrinklings crossing 
longitudinal ridges as described by Duerden (1900), and at all events 
the ejection of water is a feature of little importance. It seems to 
me that the description points so strongly to osculifera being a Rho- 
dactis that we may assume that it belonged to that genus and if so 
it is identical with Actinotrya sancti-thomae, which should therefore 
be known as Ahodactis osculifera (Lsr). 


ZOANTHEAE. 


Genus Zoanthus. 


Zoanthus flos-marinus Duch. Mich. 

Of this species there were several specimens in a single bottle. 
The accompanying label, which was apparently by Duchassaing, was 
very indistinct, but the letters os and rinus could be made out, so 
that there can be no doubt but that it was originally Zoanthus flos- 
mMarinus. 

The polyps were either single or in small groups, and were more 
or less distinctly clavate in form and slightly green in colour, espe- 
cially in their distal portions. All were completely contracted and 
measured 6-8 mm. in height, with a diameter at the distal end of 
2.5-3 mm. 

Transverse sections of the column and sphincter were made of one 
individual and it was found that the structure of the column wall 
was essentially the same as what I described (1889) for Z. sociatus. 
The mesenteries, while possessing the same general appearance as 
those of soczatus, were much fewer, only thirty-seven in all being 
present, seven pairs occuring on one side and nine and a half pairs 
on the other. The sphincter resembles closely that figured by Duerden 
(1898) for his Z. flosmarinus, except that the cavities toward the 
upper part of the lower spincter were more divided. 


cei a 


On comparing these specimens with the description and figure of 
Duchassaing and Michelotti, it was found that while there was agree- 
ment in the number of tentacles, for from the number of mesenteries 
it may be assumed that there were thirty-seven tentacles in the polyp 
examined, there is a remarkable difference in size, since the description 
gives the height to be 4 cm. while the figure, stated to be of natural 
size, shows it to be considerably over 3 cm. with a diameter in the 
distal portion of 1.5 cm. Either the size is a comparatively unim- 
portant factor in the distinction of species of Zoanthus or there has 
been a mistake in the labelling of the Turin specimens. The former 
view seems the more probable. 

As regards the value of the number of mesenteries as a basis for 
the classification of the Zoanthids, it may be said that from their 
mode of growth. it might readily be supposed that their number was 
inconstant, increasing with age. And this is no doubt true to a certain 
extent so far as egg-individuals are concerned. In polyps of Z. sociatus 
taken in different localities I have found, however, that the number 
of mesenteries is fairly constant, five individuals for instance pos- 
sessing respectively 46, 50, 52, 60 and 60 mesenteries: Duerden has 
found in seven polyps of one colony of his Z. flosmarinus from 50 to 
60 tentacles and in four individuals from another colony 48 to 56; 
and Erdmann (1885) in 13 individuals of Z. danae Hert. found from 46 
to 50 mesenteries. The mesenteries are continued with very slight 
diminution in numbers into the stolons, but since the buds arise from 
the surface of a stolon it might be expected that they would at first 
possess a much smaller number of mesenteries than the adult polyps, 
perhaps about half as many. The difference must, however, be quickly 
remedied, since in a bud of 7. soczatus measuring only 2 mm. in height 
I find 47 mesenteries, while in another 3.5 mm. long, the number is 36. 

It would seem, then, that there is a tendency for all the polyps of 
a species to acquire a somewhat definite number of mesenteries and 
tentacles, and if this be assumed as a basis for classification, Duchas- 
saing and Michelotti ’s Z. /losmarinus must be regarded as a good 
species, notwithstanding its marked similarity in other particulars to 
my Z. socîatus and the Z. Nlosmarinus of Duerden and myself. The 
last-named form is to be regarded as different from the present species, 
and I may say that I am convinced that it is identical with the form 
I described (1889) as Z. sociatus. Duerden too (1902) identifies his 
flosmarinus with my sociatus and with these two corrections we would 
have a clean slate were it not that Verrill (1900) has introduced some 
discrepant identifications. He recognizes the distinctness of Duchas- 
saing and Michelotti ’s losmarinus and identifies correctly Duerden ’s 
flosmarinus with my sociatus, but my /losmarinus he makes identical 


DEI et 


with a form for which he proposes the name 4. pr0/ews, which also 
includes Hertwig’s Z. danae (1888). 

As Duerden has pointed out, there is nothing in Verrill ’s definition 
of his new species which distinguishes it from already recognized 
forms, and unless its anatomical study should show features decidedly 
different from those of Z. sociîatus, I can see no reason for regarding 
it as distincet from that form. The division of the column into two 
regions which occurs in Hertwig’s Z. danae, Verrill finds also in his 
proteus, but it is not constant, and if it be disregarded as a distin- 
guishing figure, there can hardly be doubt that Hertwig ’s species, 
judging from Erdmann’s account (1885) of its anatomy, is also identical 
with my sociatus. 

So far as Lesueur’s description (1817) of his Z. socîatus goes, it 
answers perfectly for the form I identified with his species, but it is 
difficult to be certain that it is identical with Ellis’ Actinîa sociata 
(1767); Lesueur merely suggests that it may be the same. Ellis’ fi- 
gures show about 19 outer tentacles, and if this really represents the 
correct number, then the mesenteries are 38 and the species is pro- 
bably the same as Duchassaing and Michelotti’s Z. /losmarinus. But 
this is too uncertain a foundation upon which to build, and since, 
owing to its abundance on all the West Indian islands from which 
collections have been obtained in recent years, it is presumable that 
Lesueur ’s sociatus would be the form most likely to be observed by 
Ellis, and, furthermore, since the term has been applied to a reco- 
gnizable form it would merely tend to confusion and add nothing to 
the permanency of the nomenclature if we decline to begand the 
species of Ellis and Lesueur as identical. 

Finally it îs worthy of note that Duchassaing and Michelotti do 
not describe a Z. soczatus, a rather remarkable fact considering its 
abundance. Duchassaing (1850) did originally mention a sociatus as 
occurring in the Antilles, but in the later papers, in conjunetion with 
Michelotti, it is named Z. nobilis, being regarded as distinet from so- 
ciatus on account of the greater number and length of its tentacles. 
The latter point seems hardly of sufficient importance and the number 
of tentacles, sixty, is the same as that given by Lesueur. The figure 
of nobilis shows its general form to be very simular to sociatus and 
altogether it seems proper to believe that Duchassaing was correct 
in his original identification. 

The terms ZZisîi and socialis, also occuring in the literature are 
manifestly synonyms of sociatus, the synonymy of that species being 
then as follows: 

Zoanthus sociatus (Ellis) Lsr. 
Synon : Actinia sociata Ellis, 1767 


— 16 — 


Zoantha Ellisii Bosc. 1802 

Zoanthus sociatus Lesueur, 1817 

Zoanthus socialis de Blainville, 1830 

Zoanthus nobilis Duch. and Mich., 1860 

Zoanthus danae (non Leconte) Hertwig 1882 

Zoanthus flosmarinus (non Duch. and Mich.) 
McMurrich, 1889a. 

Zoanthus proteus, Verrill, 1900. 

Whether the mere difference in number of the mesenteries is suf- 
ficient to warrant the retention of Duchassaing and Michelotti ’s Z. 
flosmarinus as a species distinet from sociatus can only be determined 
by the study of abundant material of both species, but for the present 
it seems advisable to keep them distinct. 

Zoanthus Solanderi Lsr. 

One colony of this form, consisting of half a dozen polyps attached 
to a piece of stone, occured in the collection, and it had with it labels by 
both Duchassaing and De Filippi which read Zoanthus Solanderi, St. 
Thomas. Two of the polyps were quite separate from the other four 
and each was attached to the stone by a roundish plate of coenen- 
chyme:; the others arose in a bunch from the extremity of a short 
stolon-like stalk. At first sight these latter polyps presented an 
appearance like that of Isaurus Du- 
chassaingi, the surface of the column 
being covered by scattered tubercles 
about 1 mm. in diameter, but sections 
showed that the tubercles were really 
small ascidians adhering to the sur- 
face of the cuticle, which, apart from 
the incrustation, was smooth, as ‘in 
the solitary polyps. 

The polyps were long and almost 
cylindrical, enlarging slightly toward 
the distal extremity. One of the so- 


Fig. 4 


litary polyps measured 4.5 cm. in height and had a diameter at the 


5 
D, 


——_ | 


summit of 0.7 cm., while one of the grouped individuals measured 2.8 
cm. in height with a summit diameter of 0.5-0.7 cm. In both cases 
the contraction was not quite complete, although the margin was 
turned in so as to conceal the tentacles. 

The sphineter was well developed, having the appearance shown 
in Fig. 3, and in this region of the column there is a number of sphe- 
rical cavities arranged in a single layer immediately below the ecto- 
derm. These cavities also occur lower down, as is shown in Fig. 4, 
wgich represents a portion of a transverse section of the column wall 
some distance below the level of the stomatodaeum, but they are much 
less numerous here and are arranged for the most part singly and at 
considerable intervals. They differ from lacunae, which are also present 
by being devoid of contents. The mesenteries were forty-nine in 
number and were very thin in the region below the stomatodaeum 
from which my sections were made, and although they were somewhat 
enlarged toward their insertion into the column wall, the basal canal 
was not always present. When it was recognizable it had the form 
of a narrow elongated cavity. 

In its general form, size and number of tentacles (mesenteries) the 
polyps agree sufficiently well with Lesueur’s So4ndri to warrant the 
belief that Duchassaing and Michelotti’s identification of it was cor- 
rect. 

Zoanthus Anduzii (Duch. Mich.) 

Two colonies of this form were found in the collection and were 
labelled Mammiltlifera Anduzii St. Thomas on both the Duchassaing 
and De Filippi labels. Both colonies consisted of several polyps arising 

from a flat membrane-like expansion of 
coenenchyme. Im one colony several of 
\\ the polyps were partly expanded and 
these measured 1. 7 cm. in height; some 
of the smaller contracted individuals, 
however, did not exceed 0.3 cm. in height, 
although the diameter of all was about 
0.6-0.7 cm. In the second colony there 
were even shorter polyps; the largest 
DS measured 1.2 cm. in height and had a 
diameter of 0,5 - 0.6 cm. 

In form the polyps were almost eylindrical, resembling closely 
those figured by Duchassaing and Michelotti (1860. PI. VIII, Fig. 11). 
My preparations showing the sphincter have unfortunately become 
spoiled and I cannot give any details concerning its form, except to 
say that it resembled greatly that of Z. So/andri, whieh form Anduzii 
also resembles in the possession of a large number of scattered, more 


L'ga 


or less circular or occasionally elongated cavities in the mesogloea, 
close to the ectodermal surface (Fig. 5). 

The mesenteries possessed a well developed basal canal. In one 
of the smaller polyps from the second colony they were forty-eight 
in number, and in an individual from the first colony they numbered 
fifty-six; this latter polyp, however, presented the peculiaritty of pos- 
sessing a pair of micronemes on either side of the microdirectives, 
the arrangement of the remaining mesenteries being normal. It will 
probably be fairly accurate to say that the number of the mesente- 
ries is from forty-eight to fifty-two, numbers which agree with that, 
fifty, given by Duchassaing and Michelotti, 

Z. Anduzii has not been described from specimens since it was 
discovered by Duchassaing and Michelotti. Im its structural charac- 
teristics it resembles very closely Z. Solanderi, indeed its only marked 
differences from that species seem to be its more columnar form, the 
greater number of the sub-ectodermal cavities, and the fact that the 
polyps arise in groups from a membranous coenenchyme. Two of these 
peculiarities, however, seem to be of little value, since the polyps of the 
form which Duerden (1898) apparently correctly identifies as Z. Solan- 
deri, are very similar in shape to And4v<7% and further present the sub- 
ectodermal cavities in equal abundance. "The only marked difforence, 
then, between the two species is in the nature of the coenenchyme, 
and whether this can be regarded as of specific value can only be 
determined by further observation. Since it is a constant difference 
so far as our present information goes, it seems advisable to retain 
Anduzii as a distinct species, but I am inclined to believe that the 
study of more abundant material will demonstrate its identity with 
Solanderi. 

Zoanthus dubius Lsr. 

A colony of about ten polyps, labelled Zoanthus dubius by both 
Duchassaing and Michelotti, was seated upon a fragment of Mycedium. 
The polyps arose from a flat expansion of coenenchyme and were al- 
most cylindrical in shape, measuring from 0.5 up to l cm. in height, 
with a diameter a little below the summit of 0.6-07 cm. 

The column wall was rather thin, so that the polyps had a some- 
what translucent appearance. The two portions of the double sphincter 
(Fig. 6) were quite separate; the distal portion was relatively large, 
many of its cavities traversing almost the whole thickness of the me- 
sogloea, while the proximal portion was much narrower, but quite 
long, its cavities being comparatively small and continued a consi- 
derable distance down the column. Between the lower portion of the 
sphincter and the endodermal surface of the mesogloea there were a 
number of elongated cavities, which recall the encircling sinus de- 


s=s0i i: (asd 


scribed by Haddon (1891) in Parazoanthus. In transverse sections 
through the columu wall these lacunae are very distinct, forming a 
series of elongated oval spaces, separated from one another by di- 
stinet interwals, but extending comple- 
tely around the column. 

The mesenteries in one half of the co- 
lumn circumference, all I could count 
with certainty in my preparations, were 
twenty-three in number, and it may be 
assumed that the total number was so- 
mewhere in the neighborhood of fifty. 
They were very thin, the basal canal in 
sections below the level of the stomato- 
daeum appearing as elongated slits. 

There is nothing in Lesueur’s deseri- 
ption of this species to distinguish it de- 
finitely from soczatus, and the correctness 
of Duchassaing and Michelotti’s identifi- 
cation must remain uncertain, but ne- 
vertheless may well be accepted. Iden- 
tifications of the species have also been 
made by Miller (1884), Duerden (1898) 
and Verrill (1900). The absence of any 
structural data with regard to Verrill’s 
specimens, which came from the Bermu- 
das, makes it impossible to discuss the 
correctness of their identification. Muller found thirty-eight mesente- 
ries in one of his polyps, which measured 2.5 cm. in height and had 
a diameter of 0.7-0.9 cm., and he notes that the column mesogloea was 
of considerable thickness, reaching in parts 1 mm. He makes no men- 
tion of any spaces in the column mesogloea, which could hardly fail 
to attract attention if developed to the same extent as in Duchas- 
saing and Michelotti’s form, and he described the mesogloea of the me- 
senteries as being strong and traversed by lacunae of varsing size. 
Altogether his form seems to present little similarity to Duchassaing 
and Michelotti’s and resembles much more closely their Z. /l0s-ma- 
Pinus. 

Duerden gives Z. dubîus as a synonym for Z. solanderi, but in 
this I think he is mistaken, since, as I have shown above, solanderi 
presents verv different structural characters, notablv in the form ot 
the sphincters, in the occurrence of the sub-ectodermal cavities, in the 
form of the coenenchyme, and, it may be added, in the thickness of 
the column mesogloea, which does not show the transiucency of that 


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of dubius. Induzii differs from dubius in the same respects, except 
as regards the nature of the coenenchyme. 
Z. nymphaeus (Lsr.). 

Two colonies of this form occurred, tho accompanying label of Du- 
chassaing reading Mam,n/llifera nymnphaea var. St. Thomas, while that 
of De Filippi read Mamumilifera nymphea (sic) Duch. The polyps arise 
from a plate of coenenchyme and were closely set. They measured 
0.4 — 0.7 cm. in height and had a diameter of 0.3 — 0.5 cm. 

The sphineter has the form which I have already described in the 
form which I identified with this species (1896). The mesenteries were 
sixty-eight in number. 

I have no doubt as to the identity of my nymphaeus with that of 
Duchassaing and Michelotti, but there are not sufficient data for de- 
termining with certainty whether or not the latter is identical with 
Lesueur’s nynphaea. Indeed Lesueur's distinetion of his auricwla and 
nymphaea seems to rest entirely on colouration, since, as Verrill 
(1900) has pointed out, the mesenteries are shown in Lesueur’s figure 
to be sixty-one, or more probably sixty-two as one of the microdi- 
rectives is unrepresented in the figure. Consequently the number of 
tentacles was probably sixty-two instead of from twenty-six to thirty 
as Lesueur states.  Colouration is recognized to be a very uncertain 
guide for distinguishing Zoanthids, and there seems to be reason for 
the supposition that nymphaea and auricula may be identical, in 
which case the latter name would be the proper appellation for the 
species. The identity may, however, be left open for the present. 
Duerden’s pulchellus certainly seems to be distinct. 

Finally there were at Turin two colonies of a form which was ac- 
companied by labels, both by Duchassaing and De Filippi, reading Zoan- 
ihus tuberculatus. They were certainly not the Z. tubercutatus 
described by Duchassaing and Michelotti, but resembled in general 
appearance Z. nymphaeus. Their state of preservation, however, 
prevented any examination of them and their identity with that form 
must remain uncertain. There has apparently been a confusion of 
labels. 


so far the results of my studies of the Turin specimens, but before 
concluding this paper I wish to make some remarks upon some forms 
described from the West Indies by Griffith Hughes and Hill. Hughes 
in 1743 described from Barbadaoes a form which was later redescribed 
bv Ellis and Solander (1786) as Actinia calendula, and it has been 
included in the lists of Actinians given by Gmelin, Lamouroux, de 
Biainville and Andres, the last bestowing upon it the generic term 


EN ata 


Petalactis, while de Blainville assigns it to his genus Actinocereus. 
Hughes description, which with a figure he repeats in his Natural 
Hystory of the Barbadoes (1750, p. 293, PI. XXIV, Fig. 1), is naturally 
very imperfect, the gist of it being as follows. At the north end of 
the island of Barbadoes there is a cave, the floor of which is a basin 
of salt water about three feet in depth. From a stone in this water 
there appeared at all seasons of the year yellow flowers with thick-set 
distinct petals. On the approach of any object to within two or three 
inches, the flowers at once disappear into the stone, but reappear in 
a few minutes if left undisturbed. On the top of the stone he also 
found some blue flowers resembling the yellow one. In a foot-note, 
referring to the yellow form, he says that it greatly resembles the 
flower of the marigold and that he thinks it is an urtica marina like 
that described by Gesner. 

In this account one of the most striking features of which mention 
is made is the rapid response to the approach of any object, a pheno- 
menon never shown, to my knowledge, by any Actinian. On the other 
hand it is very characteristic of the gorgeous sedentary annelids which 
occur in blocks of coral in the West Indies; these instantly retract 
their branchial corona when a shadow is thrown upon them. The 
entire description and the figure (*) given by Hughes answer much more 
perfectly to a description of the Serpulid Pomatostegos than to that 
of an Actinian, as will be evident to anyone who has observed the 
annelids.  Personally I am quite convinced that Actinia calendula is 
one of these Annelids and should therefore be obliterated from the 
list of Actinian species. 

I believe, furthermore, that the two forms described by Hill (1752) 

s Actinia tentaculis versicoloribus and Actinia corpore ventricoso, 
are also annelids. "The description of the former certainly suggests 
either a serpulid or a sabellid rather than an Actinian, and, while 
his account of the latter is not so convincing, it seems probable that 
it too is an annelid. After the disparaging remarks in which Hill 
indulged regarding Hughes’ abilities to properly characterize forms 
belonging to the group Actinia, his own confusion of Annelids and 
Actinians seems almost a case of just retribution. 


(#) It is to be noted that the figure given by Ellis and Solander (PI. I, 
Fig. 8) and copied by Bruguière represents only a portion of that of Hughes 
and does not convey quite the same idea as the original. 


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— Report on the Actiniae collected by the United States Fish Commis- 
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1890. H. V. Wilson. On a new Actinia, Hoplophoria coralligens. Studies 


Biol. Lab. Johns Hopkins Univ. IV. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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N. 495 pubblicato il 24 Maggio 1905 


Vor. XX 


Dr. LUIGI COGNETTI DE MARTIIS 


Assistente al R. Museo Zoologico di Torino 


Qligocheti raccolti nel Darien dal Dr. E. Festa 


Il Dott. Cav. EnRIco Festa, durante i mesi di giugno-settembre del 
1895, esplorò a scopo scientifico lIstmo di Panama trattenendosi a lungo 
nel Darien, e quì visitò specialmente la regione circostante al Golfo 
di San Miguel sul versante del Pacifico. 

In detto Golfo sboccano fra gli altri il Rio Cianati e il Rio Sabana 
che riceve a monte le acque del Rio Lara: le vallate di questi fiumi 
sono ricoperte da foreste nelle quali il Dr. Festa raccolse una buona 
quantità di Oligocheti, come pure a Punta de Sabana, località posta 
a destra della foce del Rio de Sabana. Si noti che i fiumi che sboccano 
nel Golfo di San Miguel sono risaliti per lungo tratto dal flutto di marea, 
siechè le loro acque, anche a una certa distanza dalla foce, sono sal- 
mastre. 

Altri Oligocheti vennero còlti nei pressi di Colon, di Panama, e 
di Ciman; quest'ultima località si trova circa a due terzi del tratto 
di costa pacifica che va da Panama al Golfo di San Miguel, a sinistra 
della Foce del Rio Ciman. 

La collezione Festa è conservata in alcool. Essa è ricca di 17 specie: 
quattro solamente note prima d’ora; delle altre 13 undicî sono nuove 
per la scienza, e di queste tre costituiscono i tipi di altrettanti nuovi 
generi. Per due specie la scarsità e lo stato infelice di conservazione 
degli esemplari studiati mi concessero soltanto di riconoscere il genere 
cui appartengono. 

Delle specie nuove riferisco in questo lavoro le diagnosi preliminari; 
le principali caratteristiche distintive dei nuovi generi sono segnate 
in negretto, Le descrizioni per disteso e le figure relative troveranno 


posto in una monografia sugli Oligocheti della regione neotropicale di 
prossima pubblicazione e già altre volte annunciata. 


Fam. MEGASCOLECIDAE 


Subfam. Acanthodrilinae, 
Notiodrilus divergens n. sp. 


Colore bruno, violaceo sul dorso. Prostomio ‘/,. Setole geminate stret- 
tamente aa = be; da = circa */, circonferenza. Setole ventrali del 17° 
e 19° copulatrici. Clitello a cingolo 13-20. Primo poro dorsale %/,. A per- 
ture & al 18°, in direzione dei fascî ventrali. Due paia di aperture pro- 
statiche accanto ai fascì ventrali del 17° e 19°, esternamente ad essi, 
congiunte su ciascun lato da una striscia oscura. Tre paia di aperture 
delle spermateche agl’intersegmenti %/,, "/s, 5/» in direzione dei fascî 
ventrali. Nefridiopori in direzione dei fascî ventrali. — Primo setto 
visibile ‘/,, setti */,-4*/,, lievemente ispessiti. Ventriglio rudimentale al 
6° segmento. Ghiandole calcifere al 14° e 15° segmento. Intestino p. d. 
originato al 18°, privo di typhlosolis. Cuori ai segmenti 6-12. Testes e 
padiglioni liberi ai segmenti 10 e 11. Vescicole seminali piccole, ton- 
deggianti, al 12°. Brevi prostate tubolari, dritte, ai segmenti 17 e 19. 
Spermateche piccole, sacciformi, prive di diverticoli. — Lungh. circa 
25 mm.; diam. mm. 1,5; segmenti 100 circa. 

Loc.: Punta de Sabana. 


Subfam. Megascolecinae. 


Pheretima biserialis (E. Perrier). 


Loc.: Panama. 
Pheretima californica Kinb. 
Loc.: Colon. 
Subfam. Trigastrinae. 


Dichogaster bolaui (Michlsn.). 
var. octonephra (Rosa). 


Loc.: Punta de Sabana. 


Dichogaster sporadonephra n. sp. 


Colore grigio-giallognolo. Prostomio ‘/,. Setole strettamente geminate: 
aa = be; dA = circa >| circonferenza. Primo poro dorsale !'/,,. Clitello 


13-20, a cingolo. Area quadrangolare estesa sulla faccia ventrale dei 
segmenti 17-19, bianchiccia, tumida: in quella due solchi longitudinali 
collegano fra loro le aperture prostatiche e le aperture maschili di 
ciascun lato. Le prime sono poste accanto ai fascì ventrali del 17° e 
del 19°, le maschili sono al 18° nella stessa direzione. Setole peniali 
munite di scarsa ornatura e di 2 o 3 rughe ravvicinate poco lungi 
dall’apice libero. Aperture delle spermateche ?/; e 8/,, — Setti 1° ,,-1°/13 
ispessiti. Ventrigli al 6° e 7° segmento. Ghiandole calcifere ai segm. 
15, 16, 17. Nefridî piccoli, cinque paia per segmento, disposti disordi- 
natamente, o al più in serie parallele ondulate. Due paia di prostate 
al 17° e 19°, tubulari, ripiegate a zig-zag. Spermateche munite di di- 
verticolo pluriloculare quasi sessile, e di ampolla ovoide o reniforme. 
— Lungh. circa 35 mm.; diam. circa 3 mm.; segmenti circa 100. 
Loc.: Punta de Sabana; Foreste del Rio Lara; Foreste del Rio Cianati. 


Dichogaster sp. 


Di questo Oligochete e del seguente riferirò, nella monografia accen- 
nata sopra, le descrizioni più che mi fu possibile complete. 
Loe.: Punta de Sabana. 


Dichogaster sp. 
Loc.: Panama. 


Subfam. Ocnerodrilinae. 


Ocnerodrilus (Ilyogenia) sabanae n. sp. 


Colore perlaceo. Prostomio '/,. Setole geminate: «a = circa */, de; 
dd poco < */; circonferenza. Setole ventrali superiori (0) del 17° assenti. 
Clitello 14-20, a sella. Aperture maschili presso al margine posteriore 
del 17° in direzione delle setole ventrali superiori (0). Aperture pro- 
statiche al 17° davanti alle maschili, al centro di due papille coniche. 
Aperture delle spermateche all’intersegmento 8/,, circa a metà dell’in- 
tervallo laterale (bc). — Sepimenti tutti sottili. Ghiandole septali pro- 
tratte fino all’8° segmento. Ventriglio assente. Ghiandole calcifere al 9°. 
Cuori al 10° e 11°. Testes e padiglioni ai segmenti 10° e 11°; vescicole 
seminali al 9° e al 12°. Prostate tubulari estese dal 17° al 22° segmento. 
Atrî assenti. Spermateche ovali-sacciformi al 9°. — Lungh. 15 mm.; 
diam. 0,8; segmenti 65-70. 


Fam. GLOSSOSCOLECIDAE 


Subfam. Glossoscolecinae. 


Periscolex mirus n. gen. n. sp. 


Anteriormente grigio-violaceo, altrove cenerognolo. Prostomio picco- 
lissimo, retratto. Setole non in serie longitudinali, in numero grande 
(20-40) per segmento. Clitello a cingolo 14-22. Aperture maschili 
all’intersegmento ?°/,,. Nefridiopori sulle lihee laterali. Aperture delle 
spermateche °/, in direzione dei nefridiopori. — Primo setto ‘%,,, ru- 
dimentale; tutti gli altri sottilissimi. Ventriglio muscoloso anterior- 
mente al primo setto. Un paio di ghiandole calcifere pure anteriormente 
a quel setto. Cuori riferibili al 10° e 11°, racchiusi nelle capsule se- 
minali periesofagee. Queste sono disposte ventralmente davanti e dietro 
al setto rudimentale ‘°/,,. Un paio di piccole vescicole seminali pende 
all’avanti dalla parete anteriore delle capsule seminali dell’11°, un se- 
condo paio di vescicole seminali pende all’indietro della parete poste- 
riore di quelle medesime capsule allargandosi nei segmenti 12°, 14° e 
15°. Spermateche piccole sacciformi. — Lungh. 32 mm.; diam. massimo 
mm. 2,9; segmenti 200. 

Loc.: Foreste del Rio Cianati. 


Hesperoscolex brachycystis n. sp. 


Colore giallo-cenerognolo. Prostomio piccolo e breve. Setole ampia- 
mente geminate, disposte ovunque in serie parallele (4a =bdc poco < 2ab; 
ab poco < cd; dd <!|, circonferenza), munite presso l’apice distale di 
alcune spine. Clitello 15-22, a cingolo. Tubercula pubertatis (‘9/,,) 20-21 
(°*/.) internamente alle setole dorsali inferiori (c). Aperture maschili 
nei tubercula pubertatis, all'estremo margine posteriore del 20° seg- 
mento. Apertura delle spermateche in numero di una o di due a ciascuno 
degl’intersegmenti ‘5/. e 7/3, quasi intermedie all’intervallo laterale su- 
periore (cd). — Primo setto */,. Ventriglio muscoloso all’avanti del 
primo setto. Un paio di piccole ghiandole calcifere tra il ventriglio e 
il primo setto. Cuori ai segmenti ?7°, ? 8°, 9°, 10°, 11°; gli ultimi due 
racchiusi nelle capsule seminali periesofagee. Queste sono fisse in 
ciascun segmento lungo la linea mediana ventrale. Un paio di vescicole 
seminali espanse nei segmenti 12°, 14° e 15°. Spermateche sessili, al- 
lungate, strozzate a metà. — Lungh. circa mm. 33; diam. 1,5 a 2,5; 
segmenti circa 185. 

Loc.: Punta de Sabana. 


«= DI 


Sporadoehaeta elegans n. gen. n sp. 


Colore cenerognolo-gialliccio. Prostomio distinto dal primo segmento. 
Setole 8 per segmento a partire dal 4°; le ventrali inferiori (a) ovunque 
allineate in due serie parallele, le ventrali superiori (0) geminate con 
le inferiori, più o meno strettamente fino a tutto il clitello, e in se- 
guito disordinatamente spostate verso il dorso. Le setole dorsali «ono 
strettamente geminate fino al 15°, in seguito spostate disordinatamente 
verso il dorso. In nessun punto setole a « quinconce ». Setole ventraii 
del 129, 139, 18°, 220 copulatrici, circondate da papille bianchiccie, 
tumide. Ctitello ai segmenti 16-24, a cingolo. Tubercula pubertatis 
19-23. Aperture maschili ‘°/,, comprese nei tubercula pubertatis. A per- 
tura delle spermateche ‘/,, ?|;, 8/,, in direzione delle setole dorsali su- 
periori (d). — Sepimenti ‘/,-4/,, più o meno ispessiti. Ventriglio allo 
avanti del primo setto. Ghiandole di Morren ai segmenti 7°, 89, 9°, 
allungate. Ultimi cuori all’11°. Peptonefridî al 3° segmento. 'l'estes e 
padiglioni ai segmenti 10° e 11°, liberi. Vescicole seminali assenti. 
Spermateche 7°, 8°, 9°, con ampolla clavata e canale altrettanto lungo. 
— Lungh. circa mm. 50; diam. 4-5 mm.; segmenti circa 130. 

Loc.: Punta de Sabana. 


Pontoscolex corethrurus (Fr. Mill). 


Loc.: Panama, Colon, Ciman, Foreste del Rio Lara. 


Thamnodrilus darienianus n. sp. 


Colore grigio-cenere. Prostomio largo e breve. Setole strettamente 
geminate; qa > be; dd quasi = ‘|, circonferenza. Al clitello setole ven- 
trali copulatrici. Nefridiopori in direzione delle setole dorsali. Clitello 
a sella, sui segmenti 14— !/, 27. Tubercula pubertatis 20-27. Aperture 
delle spermateche all’estremo margine posteriore dei segmenti 6°, 7°, 
8°, in direzione delle setole dorsali. — Sepimenti °l;-°/1o fortemente 
ispessiti e imbutiformi. Otto paia di ghiandole di Morren ai segmenti 
7-14, originate ventralmente dall’esofago. Cuori intestinali al 10%.. 119; 
12°. Capsule seminali periesofagee al 10° e all’11°. Vescicole seminali 
all’11° e 12°, quelle dell’11° di mole minore e racchiuse nelle capsule 
seminali. Spermateche comprese nello spessore della parete del corpo, 
in forma di tubulo serpeggiante, con fondo cieco dilatato. — Lungh, 
non inferiore a mm. 135; diam. circa 10 mm.; segmenti ? 

Loc.: Foreste del Rio Cianati. 


Glossodrilus parvus n. gen. n. Sp. 


Colore bruno-giallognolo. Prostomio piccolo. Setole distanti, quasi 
ovunque in serie longitudinali parallele; sotto al elitello le ventrali 


da 6 - 


inferiori sono disordinate. Alla regione anteriore: da = ‘|, ad; dd 
circa = ‘/j circonferenza. A metà del corpo: aa > 4 ab. Alla regione 
caudale: aa =3 ab; da circa = 4'/, circonferenza. Setole ventrali infe- 
riori del 14° e 15° copulatrici. Aperture maschili al 17° segmento dietro 
alle setole ventrali superiori (0). Un’apertura femminile impari 
mediana al 14° segmento. Clitello 15-22, a sella. Aperture delle sper- 
mateche °/,, in direzione delle setole ventrali superiori (0). — Sepi- 
menti %/.-"/,, robusti. Un paio di ghiandole calcifere estese nei seg- 
menti 11° e 12". Ultimi cuori all’11°. Capsule seminali (? una sola im- 
pari) all’11° segmento. Vescicole seminali tubulari estese fino nel 14° 
segmento. Spermateche al 10°, tondeggianti, munite di canale. Lungh. 
circa 20 mm.; diam. 1,5-2 mm.; segmenti 120-130. 
Loc.: Ciman. i 


Glossoscolex Smithi (1) n. sp. 


Colore cenerognolo. Prostomio piccolo. Setole strettamente geminate, 
tutte laterali: «a = 5 de; da poco < dd. Clitello a cingolo.15-22, A per- 
ture maschili ‘/,, in direzione dei fascî ventrali, con atrì ghiandolari 
tumidi. Aperture delle spermateche 8/,, in direzione dei fascîì ventrali. 
— Sepimenti 6/,-°/,,) ispessiti. Un paio di ghiandole calcifere (? ai seg- 
menti 11° e 12°). Capsula seminale impari all’11”’. Vescicole seminali 
piccole, tondeggianti, al 12°, Spermateche ovali appiattite, provviste 
di canale. — Lungh. 30 mm.; diam. 1 mm.; segmenti 125. 

Loc.: Punta de Sabana. 


Glcssoscolex nemoralis n. sp. 


Colore gialliccio. Prostomio piccolo. Setole geminate: 44 = dd poco 
<5 de. Clitello a sella 15-22 (23). Aperture maschili '8/,9, munite di atrî, 
in direzione dei fascî ventrali. Aperture delle spermateche all’ inter- 
segmento */, nella stessa direzione dei fascîì dorsali. — Sepimenti 5/,-4°/,, 
lievemente ispessiti. Un paio di ghiandole calcifere nei segmenti 11’ 
e 12°. Ultimi cuori all’11°. Capsula seminale impari mediana all’11°. 
Vescicole seminali protese dal 12° al 18° segmento. Spermateche ton- 
deggianti munite di canale. — Lungh. 30-40 mm.; diam. mm. 1-1,8; 
segmenti circa 130. 

Loc.: Foreste del Rio Cianati. 


Glossoscolex erassieauda n. sp. 
(P= GI. hondaensis (Michlsn.). 


Colore grigio-giallognolo. Prostomio cupuliforme. Setole distanti; alla 


(1) Dedico questa speeie al distinto dritologo americano prof. FRANK-SMITH 
dell’/(linois State Laboratory of Natural History. 


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regione an eriore: 4a poco <3bc; da > '| circonferenza; a metà del 
corpo: aa >3be; da=*|3 circonferenza; alla regione caudale : aa=*/, de; 
dd poco < '|; circonferenza. Clitello a cingolo (*/, 15) 16-23. Tubercula 
pubertatis ‘/, 17-'/, 20. Aperture maschili ‘'/,g in direzione delle setole 
ventrali superiori (9). Aperture delle spermateche */, e °|,, in direzione 
delle setole dorsali inferiori (c). — Sepimenti ‘/,-‘°/,, molto ispessiti. 
Un paio di ghiandole calcifere nei segmenti 11° e 12°. Ultimi cuori 
all’11°. Capsula seminale impari mediana all’11°. Vescicole seminali 
trilobe: un lobo di ogni vescicola si protrae dal 12° al 25° (...85 ) 
segmento. Spermateche ovoidali munite di canale. — Lungh. 40-50 mm.; 
diam. circa 3 mm.; segmenti circa 190. 
Loc.: Punta de Sabana. 


2067 - Tip. Pietro Gerbone, Via Gandenzio Ferrari, 3, Torino. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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N. 496 pubblicato il 5 Giugno 1905 Vor. XX 


On a Pseudoscorpion from Congo 


By Epv. EtLLINGSEN, Kragerò (Norway). 


The animal, described below and belonging to the zoological Museum 
of the University of Modena, has been taken in Congo and is the first 
Pseudoscorpion recorded from that country, but no new species. It has 
been described from Itoki in Camerun by Alb. Tullgren in 1901. To 
Tullgren’s excellent description and figure I have not much to add, 
yet, for the sake of control I give a full description of the only spe- 
cimen 1 have had before me. It was labelled: « Yumbi sul fiume Congo, 
alto Congo ». 

There are not many species of Pseudoscorpions indicated from 
tropical Africa; they are easily enumerated: 


Subgenus: Afemnus. 


Chelifer equester With. Kilimanjaro. 
» Letourneuxi Simon. Somali. 
» pallidus Balzan. Sierra Leone. 
» Sjostedti Tullgren. Camerun. 


Subgenus: Lamprochernes. 


Chelifer armatus TOmosvary. Ashanti. 


» camerunensis Tullgren. Camerun. 
» nodulimanus TOmosvaàry. Ashanti. 
» octentoctus Balzan. Africa australis. 


Subgenus Chedifer s. s. 


Chelifer madagascarensis Ellingsen. Madagascar. 
>» sculpturatus Lewis, Natal. 
» Simoni Balzan. Sierra Leone, Camerun. 
-» © tenuimanus Balzan. Nossi-bé. ‘ 


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Garypus senegalensis ‘Balzan. Senegal. 
Chthonius (s. s.) sinuatus Tullgren. Camerun. 


This enumeration. will show, that the fauna of the Pseudoscorpions 
of tropical Africa is rather little known, and that it should be of 
great interest, if future scientific travellers in this continent would 
collect these small and interesting animals, till now very much over- 
looked. 


Chelifer Sjostedti Tullgren. 


1901. Chelifer (Atemnus) Sjòstedti Tullgren, Entom. tidsk. Stockholm. XXII, 
POSTA 

No eyes, but distincet ocular spots. 

Body robust, elongate-oblong. 

Cephalothorax, palps, tergites and sternites blackish brown, legs 
light reddish brown, the interstitial parts light greyish brown. 

Jephalothorax: the posterior half almost parallelsided, the anterior 
half gradually and roundly attenuated:forwards, the front margin 
roundly truncated. Cephalothorax somewhat longer than wide, smooth 
and glossy, no transverse grooves. Hairs simple. 

Abdomen: tergites, especially the posterior ones, very mir dt 
shagreened. This shagreening, also mentioned later for some other parts 
of the animal, consists in very fine stripes, limiting small irregular 
polygons, but the planes within are not elevated, the tergites thus 
appearing smooth and glossy; the four anterior tergites and the two 
last ones are entire, the fifth with a beginning division behind, 6-9 di- 
stinctly divided by a fine longitudinal line. Along the hinder margins 
of the tergites there have been a row of hairs placed upon small light 
tubercles (most of the hairs are lost), there also is or has been one 
hair on the outer margin of each sclerite, but none at the margin of 
the longitudinal line. 'he few hairs, which are left, are simple, some- 
times a little uneven at the point. On the posterior somites there are 
no hairs left. The sternites are minutely shagreened, like the ter- 
gites, smooth and glossy; of the 8 sternites (the genital one excepted) 
the first and the two last ones are entire, the rest divided longitu- 
dinally. The hair as on the upper surface. 

Palps about as long as the body, robust, minutely shagreened on 
all the articles, even on the fingers for the most part, yet, on the 
under surface and on the inner surface minutely granulated, some- 
what glossy; the hairs of the palps rather long, pointed, on tbe fingers 
no longer ones, perhaps lost. Trochanter stalked, about as long as 
broad, the inner side strongly convex, behind there are two very 
strong, conical protuberances, placed one on the upper and one on 


the lower edge. Femur stalked, about as long as cephalothorax, about 
3 times as long as broad, almost equal in width throughout, the inner 
side in the larger part very slightly convex or almost straight, yet, 
towards the extremity with a distinet, but short sinuation, the outer 
side somewhat roundly thickened from the base, the outer margin 
slightly convex, the height about equal to the width, the upper sur- 
face somewhat convex, the under surface rather flattened. Tibia with 
a short stalk, about as long as and a little broader than femur, the 
outer side strongly and regularly convex, the inner side swollenly 
convex in the hinder part and therefore a little sinuated and atten- 
uated towards the extremity. Hand a little longer and broader than 
tibia, stalked, from somewhat oblique base slightly convex on the 
outer side, a little more convex on the inner side, quite gradually 
running into the fingers. Fingers robust, a little curved, very short, 
only a little more than ‘/, of the length of the hand. 

Mandibles: both the galeas are lost. 

The hairs of the legs thick, pointed. The femora of the two posterior 
pairs of legs rather broad. The claws simple. 

Length: 5 mm.; width: 2 mm. 

Upper congo: Yumbi 1 specimen & (collected by Giuseppe Forna- 
«ciari). 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 497 pubblicato il 6 Giugno 1905 


vol b:®.4 


Viaggio del Dr. Enrico Festa nell’Ecuador e regioni vicine. 


XXIX 


Pseudoscorpiones. 


By Epv. ELLINGsEN, Kragerò (Norway.). 


Among the Pseudoscorpions collected by Dr. Festa in Ecuador, two 
species are new to this country, Chelifer macrochelatus TOmosvary 
having been recorded before from Ecuador and described in my trea- 
tise « Sur la faune de Pseudoscorpions de l’Equateur » in « Mém. de 
Soc. Zool. de France », t. XV 1902, pag. 152. Of the two other species 
I am giving below a description of Chelifer Germainii Balzan; a de- 
scription of Chelifer argentinus Thorell will be given in a later pub- 
lication on some other collections of South American Pseudoscorpions, 
also belonging to the Museo zoologico of the University of Torino, 
whose authorities have shown me the confidence to let me study its 
collections of Pseudoscorpions, for which confidence I grant my thanks. 


Chelifer macrechelatus Tomoòsvary. 
Gualaquiza 9 specimens & and gs; Valle del Mira, near La Concepcion 
1 specimen g; Rio Peripa 3 specimens 9g. 
Chelifer argentimus Thorell. 
Gualaquiza 1 specimen 9. 


Chelifer Germainii Balzan. 
Subgenus CWhelifer s. s. 
1890. Chelifer Germainii Balzan, Revis. d. Pseudoscorp , Ann. Mus. Civ. Stor. 
Nat. Genova, vol. 29, pag. 424. 
Two eyes. 
Body broadish oval. 


Cephalothorax before the posterior transverse groove, palps, ter- 
gites and sternites dark brown, sometimes next to blackish brown, 
the first tergite, however, being very pale, the fingers of the palps 
somewhat reddish, cephalothorax between the posterior transverse 
groove and the hinder margin whitish with a dark brown spot in 
the middle, the legs and the interstitial parts of abdomen greyish 
white. ? 

Cephalothorax a little longer than broad, strongly narrowing for- 
wards, rounded in front, strongly and regularly granulated, opaque; 
two distinct transverse grooves, the anterior one about midway, slightly 
convex in the middle, the posterior groove a little nearer to the hinder 
margin than to the first groove, straight or slightly convex. 

Hairs: on all specimens almost all the hairs were lost, as well on 
the cephalothorax as on the abdomen and the palps; the few hairs 
left on the upper surface of the abdomen were clavate, on the ster- 
nites simple and pvinted; on trochanter, femur and tibia of the palps 
the hairs are, when present, short, distinctly clavate, on the hand 
thick, partly dentated, on the fingers simple and pointed, some very 
long ones intermixed. On the legs the hairs are short and thickened. 

Abdomen: tergites strongly granulated, almost opaque, all except 
the last one divided longitudinally by a very broad longitudinal line 
or rather band, the contrast of the colour of the dark sclerites and 
the whitish and broad interstitial parts being very striking. The under 
side of the abdomen very glossy, the longitudinal division as on the 
upper side. 

Palps hardly as long as the body, coxa and fingers smooth and 
very glossy the rest distinctly granulated and opaque or somewhat 
glossy, the hand being most glossy. Trochanter stalked, about as long 
as broad, the inner side convex, on the outer side a rounded tu- 
bercle, on the upper side a rounded protuberance. Femur stalked, 
about 3 times as long as broad, a little shorter than cephalothorax, 
the inner side in the proximal part very slightly convex, in the distal 
part very slightly concave, behind suddenly enlarged at the base, the 
outer margin nearly straight or slightly convex, a little rounded to- 
wards the extremity. Tibia distinctly stalked, very little shorter than 
and a little broader than femur, the outer side convex, most strongly 
so towards the extremity, the inner side rather strongly convex near 
the base. Hand a little longer than and about 1/!/, as broad as tibia, 
from oblique and somewhat truncated base on the outer side very 
slightly convex, on the inner side more strongly so, almost gradually 
running into the fingers. These are rather strongly curved, very little 
shorter than the hand. 


RARE 


Mandibles: galea straight, in 9 long with some small teeth near 
the extremity, in 0° shorter and without teeth. 

Legs: claws simple. 

Length: up to 2 #/, mm., full grown specimens can, however, be 
-‘considerably smaller. 

Valle del Mira, near La Concepcion 9 specimens. 

The only difference of any weight between Balzan’s description 
and figure on one side and the specimens from Ecuador on the other 
is the colour and the longitudinal line on the upper and lower surface 
of the abdomen. According to Balzan the colour should be reddish, 
the specimens from Ecuador are dark brown till nearly blackish brown, 
but the specimens from Ecuador are also larger and most likely more 
developed, having got to a higher degree their final colour, than Bal- 
zan’s few (3) specimens. More to be considered is, that the longitudinal 
line on abdomen, according to Balzan, shall be « sottilissimo e, spesso, 
quasi invisibile »; on the specimens from Ecuador this line is Very 
broad, rather ribbonlike, but this difference may depend on Balzan’s 
specimens having been very strongly contracted, what is often the 
case with Chernes and Chelifer. Owing to the dark colour of the 
sclerites and the pale interstitial parts as well longitudinally as tran- 
sversally, several of the specimens from Ecuador are very beautifully 
coloured. In the shape of the palps and the galea the specimens from 
Ecuador are quite alike the Brazilian specimens of Balzan’s; indeed, I 
have no doubt, that my specimens from Ecuador belong to his species, 
being at most a variety coloured in some other manner. Peculiarly 
‘enough, most of the specimens had lost almost all the hairs. 

The same arrangement of the colours on the cephalothorax behind 

. the posterior transverse groove (and the broad longitudinal band on 
the abdomen), this part being whitish with a small brown spot in 
the middle, is also found, according to Balzan, in some south Ame- 
rican species of the subgenus Chernes crassimanus, subrotundatus 
and bicolor, but all of these are missing eyes. Balzan’s not having 
observed this arrangement of the colours in his specimens of Ch. Ger- 
mainii may depend on the colour of the animals having been so pale, 
‘that the contrast of the colours has not been sufficiently striking, or 
that the specimens from Ecuador are really a coloured variety. 


Got». 


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soggetto: Arto n nh Araneae 108 


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BOLT.EPRAO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


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N. 498 pubblicato il 12 Giugno 1905 inponi XX 


GiorxGIiNA PANGELLA 


Passalidi di Costa Fica. 


Il prof. Paolo Biolley, residente a San Josè di Costa Rica, inviò cor- 
tesemente in dono al Museo Zoologico di Torino, una collezione di 
Passalidi di Costa Rica. 

Il prof. Camerano, del Museo Zoologico, me ne affidò lo studio. 

Sino ad ora le specie di Costa Rica descritte da Walter Bates nella 
«Biologia Centrale Americana » (1886-1890) erano in numero di sei; 
quelle descritte dal Kuwert nella sua « Die Passaliden Dichotomisch 
Bearbeitet » (Novitates Zoologicae 1896-1898) in numero di 11. Il prof. 
Biolley nel Catalogo dei Passalidi di Costa Rica compilato nel « Bu- 
letin del Instituto Fisico-Geografico de Costa Rica » ne cita 21 specie, 
che rappresentano il terzo delle 67 specie riscontrate nell'America 
Centrale al momento della pubblicazione di questa famiglia nella Bio- 
logia. Lo studio della collezione sopradetta viene ad accrescere il 
numero di queste specie sino a 33: 3 nuove per la scienza, una va- 
rietà, già descritta dalla dott. O. Rosmini (Bollett. dei Musei di Zool. 
ed Anat. Comp., N. 428, pag. 7) e 15 nuove per Costa Rica. 

La classificazione seguita è quella del Kuwert, secondo l’ordine te- 
nuto nella sua « Die Passaliden Dichotomisch Bearbeitet » I. c. 

Le altezze delle località da cui proviene il materiale oscillano tra 
i 200 e i 1700 metri circa. 

Alla collezione sono uniti due esemplari, provenienti dall’isola di 
Coco (Oceano Pacifico) che il prof. Biolley esplorò nel gennaio 1902. 


PASSALINAE. 


Rimor sargi, Kaup. — Kuwert, pag. 187, vol. IV, 1897, 1. c.; Kaup. Mono- 
graphie der Passaliden, pag. 119 pu Entomologische Zeitschrift, 
vol. IV, 1871). 


= ga 


Alajuela 900 m., luglio 1902, 2 es. 
Diîstribuz.: Messico. 


Odontotaenius striatopunetatus, Perch. — Kuwert, pag. 289, id. Passalus stréa- 
topuncilatus; Perch., Burmeister Handbuch der Entomologie, vol. V, p. 510, 
Kaup, Monogr., pag. 106, l. c. 

Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du San Juan, dicembre 1903, 
les. 
Distribuz.: Messico. 


Odontotaenius brevioripennis, Kuw. — Kuwert, pag. 290. 
Reventazon, plainesde S.ta Clara, dicembre 1904, 3 es. 
Distribuz.: Messico (Nuova per Costa Rica). 

Petrejoides tenuis, Kuw. — Kuwert, pag. 290, id. 

Vulcan de Barba à 1500 m., maggio 1902, 1 es. 
Distribuz.: Costa Rica. 


Petrejoides decipiens, Kuw. — Kuwert, pag. 291, id. 

San Josè, 1660. m., agosto 1902. 1 es. 

Distribuz.: Costa Rica. 

La fronte presenta nel mezzo, proprio sotto la punta del corno .del 
capo, un punto caratteristico, infossato e lucente. Negli altri caratteri 
vi corrisponde esattamente. 


POPILIINAE. 


Popilius varius, Kuw. — Kuwert, pag. 298, vol. IV, 1897, lc. 

Los Frailes à 1350, m., aprile 1902, 1.es. 

Distribuz.: Fiume delle Amazzoni (Nuova per. Costa Rica). 

La differenza di lunghezza fra l'esemplare descritto dal Kuwert, 
27 .mm., e quello di Los Frailes, 31 mm., essendo abbastanza accentuata, 
sono in dubbio di ascriverla o no a tale specie, essendo le dimensioni 
del corpo un carattere abbastanza importante per la classificazione: 
Popilius Jenzi, Kuw. — Kuwert, pag. 300, id. 

Isola del Coco, gennaio 1902, 2 es. 

Distribuz.: Isola del Coco. 


RHODOCANTHOPINAE, 


Rhodocanthopus nanus, Kuw. — Kuwert, pag. 139, vol. V, 104, li ci 

Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, à 800 m., idi- 
cembre 1903, 1 es. 

Distribuz.: Columbia, Caucathal (Nuova per Costa Rica). 

Sulla piastra metasternale in mezzo alle coscie delle zampe poste- 
riori ho notato un punto infossato e lucente, ai lati del quale si elevano 
alquanti. punti descriventi un semicerchio. Le tibie, delle zampe poste- 
riori presentano solamente due spinette. tà 


RnS go 


Rhodocanthopns perparvulus, Kuw. — Kuwert, pag. 189, id. 

San Carlos, bassin du St. Juan à 130 m., agosto 1903, 1 es. 

‘Distribuz.: S. Salvador (Nuova per Costa Rica). 

Noto che la punteggiatura ai lati del protorace, che è molto ricca 
e numerosa, si estende anche alquanto sul disco, avvicinandosi quasi 
al soleo mediano; anzi ho notato qualche piccolo punto sullo stesso 
solco mediano. | 


Rhodocanthopus Biolleyi, n. sp. 


Il clipeo è diritto, appena è accennata nel mezzo una leggera inca- 
vatura: nell'angolo frontale non vi sono punti, nè vi è una verruca. 
T,a fronte è fortemente lucente con numerose rugosità che si estendono 
anche sul clipeo, dove si ha pure qualche punto. Le carene frontali 
si staccano dal corno del capo ad angolo retto e poi divergono dol- 
cemente ad angolo ottuso e terminano sulla salita del clipeo, unendosi 
ai denti laterali di esso, a forma di nodi ingrossati e depressi all’apice. 
Nelle carene frontali, a metà distanza tra la punta del corno del capo 
e i denti laterali del clipeo, vi sono due nodi, non molto sviluppati, 
schiacciati superiormente ed opachi, più distinti sulla carena destra 
che sulla sinistra. Il corno del capo è tozzo, leggermente concavo, con 
un leggero solco mediano, più visibile alla base di esso, e termina con 
una punta non libera arrotondata ed opaca. I nodi laterali sono piut- 
tosto sviluppati, e alquanto punteggiati alla loro base ; corno del capo 
e nodi laterali sono fortemente lucenti. Le superfici del capo sono 
ricche di rugosità pure lucenti. La parete esterna dell’occhio presenta 
nella parte mediana una piccola protuberanza sotto forma di dente 
arrotondato. 

I tre ultimi articoli delle antenne in vicinanza della clava sono nella 
parte superiore finemente e riccamente punteggiati. Il dente anteriore 
delle mandibole è costituito da tre ottusi dentini, tutti ugualmente 
separati tra loro. Il labbro inferiore è convesso, alquanto sporgente 
nel mezzo con una leggera incavatura. 

Il prototorace è fortemente convesso e lucente con un profondo solco 
mediano. Gli angoli anteriori di esso sono arrotondati, i solchi dei 
margini anteriori e laterali sono punteggiati da punti piuttosto grossi; 
i seni sono sviluppatì e profondi con punteggiature. Le cicatrici ai 
lati del prototorace sono piccolissime, ai lati di esse alquanti punti che 
si dirigono verso gli angoli e verso i seni. Sul disco ai lati del solco 
mediano; e nella metà rispettiva della lunghezza del prototorace, due 
punti infossati e lucenti. 

Lo scudetto è perfettamente liscio e lucente. 

La piastra mesosternale lucente ha ai lati le cicatrici a virgola 
convenientemente profonde, punteggiate ed opache. II peduncolo è di 


LU 


molto ridotto e pure lucente. Le elitre, ridotte al doppio della lun- 
ghezza del prototorace, sono alquanto convesse. I solchi laterali sono 
più larghi che gli intervalli e sono punteggiati da grossi punti divisi 
da bastoncini; gli intervalli superiori sono alquanto convessi, con 
qualche rugosità trasversale, i solchi sono pure punteggiati. 

La piastra metasternale è lucente: nella parte posteriore vi sono 
due impressioni semilunari non molto profonde; intorno ad esse e sulla 
piastra non vi sono punti. Gli angoli posteriori che delimitano la piastra 
presentano una ricca punteggiatura grossolana che però non si estende 
fino ai lati. 

I segmenti dell'addome sono lisci, solo ai lati si nota una cicatrice 
obliqua con leggere rugosità opache. 

Le tibie delle zampe mediane presentano tre forti ed acute spine, 
coll’accenno ad una quarta all’inizio della tibia; le posteriori pure tre, 
non però così sviluppate. 

Lungh. 23 mm.; lungh. protot. 8,5; largh. protot. 8; Lungh. elit. 13,5; 
largh. elit. 8. 

La Palma à 1600 m., agosto 1903. 

L’esemplare rassomiglia moltissimo al AQRodocanthopus spinosus, 
Kuw. (distribuz.: Costa Rica) ma ne differisce essenzialmente per la 
presenza di due nodi, e non tre sulle carene frontali, più distinti sulla 
carena destra che sulla sinistra; per la mancanza nell’angolo frontale 
della verruca e dei punti e la presenza in esso e sul clipeo di forti 
rugosità: per la presenza alla base del corno del capo di un leggero 
solco mediano e pei nodi laterali di esso arrotondati e non appuntiti : 
per le cicatrici ai lati del mesosterno a virgola e non ovali, per la 
mancanza di punteggiature nelle impressioni semilunari nella parte 
posteriore del metasterno, infine per i segmenti dell’addome lisci e non 
finemente punteggiati. 


Rhodocanthopus caelatus Erisch. — Kuwert, pag. 141, id. 

Cariblanco, chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, luglio 1908, 1 es. 

Distribuz.: Guatemala, Perù. 

Manca sulla piastra mesosternale nella parte anteriore, il leggero 
solco mediano indicato dal Kuwert. L’esemplare raggiunge appena i 
17 mm. in lunghezza. 


Rhodocanthopus formosiceps, Kuw. — Kuvert, pag. 142, id. 

La Palma à 1600 m., agosto 1903, 1 es. 

Distribuz.: America Centrale (Nuova per Costa Rica). 

Nella descrizione di tale specie, il Kuwert non accenna al modo di 
comportarsi delle carene frontali, per cui credo utile aggiungerlo. 

Le carene frontali, nell'unico esemplare che posseggo, si staccano 
ad angolo retto dalla punta appuntita del corno del capo e così pro- 


PO 


seguono fino a metà distanza situata tra i denti laterali del clipeo e 
il corno, e dove hanno termine con un nodo a forma di dente acuto 
non molto appuntito. Il piccolo taglietto nella parte mediana del clipeo 
forma due piccoli dentini arrotondati e alquanto divaricati fra loro, 
e non appuntito come è descritto dal Kuwert. È presente nella parte 
posteriore del piccolo corno del capo, il finissimo solco, manca invece 
ai lati di esso. Negli altri caratteri corrisponde esattamente, quindi 
queste variazioni sono da attribuirsi certamente a differenze di loca- 
lità, tanto più che il Kuwert ne ha solamente esaminati due esemplari. 


NELIDINAE. 


Aponelides punctatostriatus, Perch. — Kuw , pag. 151, id. — Rhodocanthopus 
punctlatostriatus, Perch., Barmeister Handbuch der Entomologie, vol. V, 
pag. 497, Kaup. mon., pag. 92. 


Monte Aguacale à 1200 m., dicembre 1901, 1 es. 

Distribuz.: Messico. 

Questa specie fu dal Kaup confusa col RRodocanthopus contractus, 
Perch. 


Aponelides hofmanni, Kuw. — Kuwert, pag. 152, id. 

Reventazon, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 3 es. 

Distribuz.: Messico, Guatemala (Nuova per Costa Rica). 

Un esemplare è perfettamente tipico, all’infuori della lunghezza che 
è appena di 20 mm. 

Negli altri due esemplari mancano i due punti sulla piastra meta- 
sternale e il solco longitudinale sul corno del capo è appena accennato 
nella parte posteriore. 

Aponelides nescio, Kuw. — Kuwert, pag. 152, id. 
San Carlos, bassin du S. Juan, giugno 1902, 1 es 
Distribuz.: Messico, Columbia (Nuova per Costa Rica). 


PTICHOPODINAE. 


Ptichopus angulatus, Perch. — Kuwert, pag. 164, vol. V, 1, c.; Kaup Coleo- 
pterologische Hefte v. p. 27 (1868) — Passalus angulatus, Burmeister,, 
pag. 505, l. c. 

Alajuela à 800 m., 1 es. 
Distribuz.: Messico. 


VETURIINAE. 


Veturius sinuatocollis, Kuw. — Kuwert, pag. 171, vol. V, lc. 
La Palma à 1600 m., agosto 1904, 1 es. 
Distribuz.: Costa Rica. 
Ho notato che i tubercoli terminali delle carene frontali, sono ap- 


= $ = 


pena visibili coll’aiuto della lente, e che nell'angolo frontale è visibile 
una leggerissima incavatura e che le due impressioni semicircolari 
nella parte posteriore della piastra metasternale sono appena accen- 
nate. Le tibie delle zampe mediane presentano due acute spinette, le 
posteriori una. 

Veturius tuberculifrons, Kuw. — Kuwert, pag. 171, id. 

La Virgen, Chemin du Sarapiqui, bassin du St. Juan, dic. 1903, 2 es. 

Distribuz.: Fiume delle Amazzoni (Nuova per Costa Rica). 

La piastra metasternale presenta nella parte posteriore, due carat- 
teristiche infossature semilunari molto accentuate; carattere questo 
non ricordato dal Kuwert, nella descrizione di tale specie. Negli altri 
caratteri corrisponde esattamente. 


Veturius aspina, Kuw. — Kuwert, pag. 172, id. 

Carillo, 1 es. 

Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, à 150 m., dicembre 1904, 1 es. 

Distribuz.: Brasile? (Nuova per Costa Rica). 

Mancano in tutte e due gli esemplari le cicatrici, a forma di punto, 
ai lati del prototorace, ei solchi marginali laterali presentano nella 
loro parte mediana qualche rugosità lucente. 

Nell’esemplare di Reventazoòn, ho notato, su tutta la lunghezza del 
prototorace ai lati, numerose e fini rugosità opache; sul disco nella 
parte anteriore pure qualche rugosità, ma meno sensibile. 

L’unico esemplare, descritto dal sig. Kuwert, è segnalato con dubbia 
provenienza dal Brasile. 


Verres sternipunetatus Kuw. — Kuwert, pag. 174, id. 

Escazù à 1200 m.,, l es. 

Distribuz.: Honduras (Nuova per Costa Rica). 

Ho notato che i pochi punti sparsi ai lati del leggero solco mediano 
del mesosterno non portano peli, mancanza dovuta certamente allo 
stropicciamento, e che gli angoli posteriori del metasterno non sono 
privi affatto di punti, giacchè qualche punto ho potuto notare sui lati 
posteriori di tale piastra. L’esemplare raggiunge appena i 34 mm. di 
lunghezza. 

Verres angustatus, Kuw. — Kuwert, pag. 174, id. 

Reventazon, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 1 es. 

Distribuz.: Guiana (Nuova per Costa Rica). 


Verres hageni, Kaup. — Kuwert, pag. 175, id; Kaup. monog., pag. 116, Il. c. 

Escazù, l es. 

Distribuz.: Guatemala, Guiana. 

Ho confrontato minutamente il Verres Rageni, Kaup. col Verres 
sternipunctatus, Kuw., e mi sono anch’io convinta, col Kuwert, della 
grande somiglianza di queste due specie; tuttavia se ne distingue per 


le carene frontali più sviluppate ed arcuate, per la fine e ricca punteg- 
giatura dello scudetto, e per la mancanza nella parte posteriore DE 
piastra mesosternale delle due impressioni semilunari. 
Verres deflexicornis, Kuw. — Kuwert, pag. 176, id. 

La Palma à 1600 m., luglio 1904, 1 es. 

Distribuz.: America Centrale (?) (Nuova per Costa Rica). 


Verres Camerani, n. sp. 


Il clipeo è ridotto di molto e fortemente lucente ; presenta nel mezzo 
una profonda incavatura, poi si arrotonda dolcemente e termina ai lati 
con due punte appuntite a guisa di denti. Le carene frontali, distano 
dalla base della punta libera del corno 
del capo di mezzo millimetro: esse de- 
scrivono una leggera curva e terminano 
sulla salita del clipeo con due robusti 
nodi diritti e assai sviluppati. Questi nodi 
sono uniti alla parete interna dell’occhio 
con una linea diritta che parte dalla base 
di essi. Il corno del capo è fortemente 
convesso, con una punta lungamente li- 
bera che giunge fino al margine del cli- 
peo; dalla base sino ai due terzi della 
lunghezza, presenta un solco longitudi- 
nale; l'quale Si fapiù profondo ‘nella! 2 10 artibeld alia antsune 
parte mediana. Il corno del capo per i ci = cicatrice circolare anteriore 
due terzi della sua altezza, abbraccia i. 7 SEPE DEI 
nodi laterali, i quali si allargano ad ala, 
formando nella parte anteriore esterna un angolo appuntito. Guardando 
il corno del capo di profilo si scorge la sua punta libera coincidere 
alla base con i nodi laterali e diretta in avanti, avendo la faccia 
dorsale rettilinea e quella ventrale lievemente arcuata. Sotto a ciascun 
nodo vi è una fossetta lucente. Corno e nodi sono fortemente lucenti 
e privi di punti. Le superfici del capo sono punteggiate da punti 
diritti specialmente verso la parete interna dell’occhio. 

Il labbro superiore è profondamente inciso: tale incisione presenta 
nella parte interna un’infossatura profonda che si prolunga sino ai due 
terzi della lunghezza di esso. I tre denti anteriori costituenti la man- 
dibola sono nettamente divisi tra loro: il dente inferiore sinistro pre- 
senta le tre punte caratteristiche del genere, colla punta mediana più 
sviluppata; il destro è a spina arrotondata anteriormente. Il labbro 
inferiore è diritto, senza incavature, le cicatrici ai lati sono profon- 
damente punteggiate e riccamente coperte di peli. 

Il prototorace è tutto ugualmente largo e lucente; il solco mediano 


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appena accennato nella metà posteriore. Gli angoli anteriori di esso 
sono distintamente arrotondati: i solchi marginali laterali ristretti e 
finemente punteggiati; i solchi marginali anteriori più allargati e con 
semplici rugosità e terminanti sotto l’inizio della parete esterna del- 
l’occhio. Non formano seni. Però negli angoli arrotondati del prototorace 
e più precisamente in prossimità dei solchi marginali anteriori si for- 
mano due profonde escavazioni circolari, alquanto sviluppate, che si 
potrebbero dire « cicatrici circolari », lucenti e riccamente punteggiate. 
Le cicatrici ai lati del prototorace sono piccole a forma di fossetta non 
punteggiate. I margini laterali del prototorace sono al di sotto pun- 
teggiati ed hanno ricchi e folti peli. 

Lo scudetto è tutto riccamente e finemente punteggiato, all’infuori 
della parte mediana posteriore dove è perfettamente liscio ed opaco. 

La piastra mesosternale presenta nella parte mediana una forma- 
zione rugosa ed opaca a forma di triangolo col vertice rivolto verso 
le terminazioni prosternali; ai lati di essa si osservano numerose pun- 
teggiature grossolane, opache, che occupano il rimanente della piastra, 
provvista di numerosi peli. 

Le elitre convenientemente sviluppate, sono alquanto convesse; il 
secondo intervallo di esse sul disco, a partire dalla sutura, è più svi- 
luppato degli altri i quali sono tutti ugualmente larghi, anche nelle 
parti laterali; i solchi sono piccolissimi, punteggiati da finissimi punti. 

La piastra metasternale è lucente: nel mezzo presenta un punto 
infossato: nella parte posteriore ai lati è ben limitata da punti gros- 
solani; i pezzi laterali di essa assai sviluppati, riccamente punteggiati 
e coperti di peli. 

Le tibie delle zampe mediane e posteriori sono coperte di peli e non 
hanno spine. 

I segmenti dell’addome lisci con qualche leggera rugosità ai lati. 

Lungh. totale 35,5 mm.; lungh. prot. 9 mm.; largh. prot. 12 mm.; 
lungh. elit. 20,3 mm.; largh. elit. 11,5 mm. 

S. Carlos, Bassin du St. Juan à 110 m. (Nord de Costa Rica). 

L’esemplare differisce dalle specie « Verres » descritte sino ad ora 
(per quanto è venuto a mia conoscenza) per due caratteri principali: 

1) per la presenza nel margine arrotondato del prototorace in 
prossimità dei solchi marginali anteriori di due profonde « cicatrici 
circolari » e per l’assoluta mancanza di seni. 

2) per la presenza sul mesosterno, ai lati della parte mediana ru- 
gosa triangolare, di numerosi punti grossolani, ricchi di peli ed occu- 
panti tutta la piastra. Carattere questo che si può benissimo contrap- 
porre a quello del Kuwert, e che è valevole per tutte le specie descritte 
nella sua monografia: « Taille immer ganz matt und immer umpun- 
ktirt » ad eccezione della specie Verres sternipunctatus Kuw., dove 


CIA 


vi è un accenno a questa formazione pilifera, e nei pochi punti sparsi 
portanti peli che si trovano ai lati del solco mediano. 


PAXILLINAE. 


Paxillus latisternus, Kuw. — Kuvert, pag. 179, vol. V, l. c. 
Reventazon, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 1 es. 
Distribuz.: Fiume delle Ammazzoni (Nuova per Costa Rica). 


Paxillus corsobrinus, Kuw. — Kuwert, pag. 180, id. i 

Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 3 es. 

Distribuz.: Antille, Messico (Nuova per Costa Rica). 
Paxillas leachi, Mac Leay — Kuwert, pag. 180, id.; Burmeister Handbuch 

der Entomologie, vol. V, pag. 494. 

Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 2 es. 

Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 6 es.; San José à 
1160 m., ottobre 1904, 2 es. 

Distribuz.: Guatemala. 

I due esemplari provenienti da San José presentano oltre ad una 
lunghezza di 20 mm., la mancanza del ciuffo di peli sugli angoli ume- 
rali delle elitre, mancanza dovuta certamente a stropicciamento. 


Paxillus minor, Kuw. — Kuwert, pag. 180, id. 

Reventazon, Plaines de S.ta Clara, id., 4 es.; Sarubrès près S. Mateo, 
id, Pes: 

Distribuz.: Guatemala, Paramaribo (Nuova per Costa Rica). 


Paxillosomus Alfari, n. sp. (1). 


Il clipeo presenta nel mezzo una leggera incavatura, poi si continua 
diritto e termina ai lati con due prolungamenti a guisa di denti ottusi, 
molto corti. Nell’angolo frontale non vi è verruca, bensì alla base delle 
carene qualche punto lucente infossato: numerosi punti sono sulla 
fronte e sul clipeo che si presentano alquanto opachi. Le carene fron- 
tali si staccano dal corno del capo ad angolo debolmente ottuso e 
terminano un po’ al di sotto dei denti laterali del clipeo con due nodi 
a forma di denti ottusi poco sviluppati. I nodi però sono uniti per una 
finissima linea ai denti laterali del clipeo. Le carene frontali non pre- 
sentano denti e sono per tutta la loro lunghezza, alquanto opache. Il 
corno del capo è corto, alquanto concavo, non separato dai nodi la- 
terali di esso che appaiono sotto forma di piccoli tubercoli rotondeg- 
gianti, piuttosto lucenti. Tra i nodi terminali delle carene frontali e 
la parete interna dell’occhio vi è un infossatura caratteristica, ricca 


(1) Dedico questa specie al prof. Anastasio Alfaro, direttore dell’Instituto 
Fisico-Geografico di Costa Rica, 


— 0 - 


di finissime punteggiature lucenti, Il labbro superiore è corto e leg- 
germente arrotondato. La mazza delle antenne è costituita da cinque 
lamelle, di cui la prima è appena rudimentale nella parte sinistra, 
alquanto più sviluppata nella parte destra e spostata leggermente dalle 
altre: la seconda è lunga il doppio della prima e più corta delle tre 
rimanenti, che sono tutte ugualmente sviluppate. 

I tre denti anteriori costituenti la mandibola si sono fusi insieme, 
così che essa appare formata da un pezzo unico arrotondato, con una 
leggera incavatura nel mezzo che accenna alla riunione dei due denti 
anteriori. 

Il labbro inferiore è alquanto sviluppato e sporgente nella parte me- 
diana, non presenta però incavatura. 

Il prototorace è lucente e finemente e' riccamente punteggiato. Gli 
angoli anteriori di esso sono dolcemente arrotondati; i solchi dei mar- 
gini anteriori e laterali piccolissimi e con pochi punti. Sviluppati i 
seni, leggermente arcuati, ricchi di punteggiature. Le cicatrici ai lati 
di esso, piccole, trasversali e punteggiate; ai lati di esse una fila di- 
ritta di punti alquanto infossati. Al di sotto dei margini laterali vi 
sono abbondanti peli. 

Lo scudetto è completamente liscio e lucente: senza punti, e solco 
mediano. 

La piastra mesosternale è lucente ed ha ai lati le cicatrici di forma 
ovale, profonde con fini rugosità. 

Le elitre presentano agli angoli umerali un leggero ciuffo di peli 
che si estende anche alquanto ai lati. I solchi laterali di essa svilup- 
pati quanto gli intervalli. I solchi sono punteggiati da numerosi punti 
non divisi però da bastoncini. I solchi nella parte superiore delle elitre 
presentano in tutta la loro lunghezza fini punteggiature; gli intervalli 
sono attraversati da taglietti trasversali. 

La piastra metasternale rotonda presenta qualche punto sparso su 
di essa; ai lati è ben limitata da finissime punteggiature che però 
non riempiono tutto l’angolo. I pezzi laterali di essa sono piccoli ugual- 
mente sviluppati in tutta la loro lunghezza, privi di peli e con pro- 
fonde rugosità. I segmenti dell'addome ai lati sono leggermente rugosi. 

Le tibie delle zampe mediane presentano appena l’accenno ad una 
piccola spinetta ottusa, le posteriori ne sono prive. 

L’esemplare manca dei tarsi anteriori. 

Lunghezza totale 17,5; lungh. protot. 4,5, largh. id. 5,5; lungh. elit. 
11,5, largh. id. 5,5. 

Vulcan de Barba à 1500 m., maggio 1902. 

Il mio esemplare confrontato colle due specie finora descritte, Pax 
losomus pentaphillus Beauv. della collezione dei Passalidi del marchese 
di Breme, e Paxillosomus Camerani, Rosmini, della collezione dei 


mesi 15 RE 


Passalidi raccolti dal dott. Enrico Festa all’Ecuador (Bollettino dei 
Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, N. 428 -. Rosmini) presenta 
.da queste parecchie differenze: il clipeo non è diritto, ma presenta ai 
lati due piccoli denti ottusi, i nodi terminali delle carene frontali non 
“si innalzano sui margini laterali del clipeo; ma terminano un po’ al 
«di sotto di essi, epperò sono uniti a questi ultimi con una leggera 
linea; le carene frontali in tutta la loro lunghezza non presentano 
denti e sono alquanto opache; i denti della mandibola si sono uniti in 
“un sol pezzo; sviluppati i seni nei margini anteriori del prototorace: 
lo scudetto privo totalmente del solco mediano. 


PHORONEINAE. 


SPolyacanthopus maillei, Perch. — Kuwert, pag. 189, vol. V, l.c. — Passalus 
cognatus, Trucqui, Revue de Zoologie, 1857, pag. 309. 
La Virgen, Bassin du Sarapiquì, affluent du St. Juan à 200 m., di- 
-cembre 1902, 1 es. 
Distribuz.: Honduras, Guatemala. 


Phoranaeus jansoni, Bates. — Kuvert, pag. 190, id. 
Reventazon, plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 3 es. 
Cariblanco, chemin du Sarapiquì, dicembre 1903, 1 es. 
Distribuz.: Nicaragua.. 


NELEINAE. 


-Ninus interstitialis (Eschsch) Kaup. — Kuwert, pag. 261, vol. V, 1. c. — Neleus 
interstitialis Eschscholtz, Nouveaux Mémoires de la Société Impérial des 
Naturalistes de Moscou, pag. 18; Kaup., Monogr. pag. 89; Burmeister, 
pag. 484, l. c. 

Reventazòn, Plaines de S.ta Clara, dicembre 1904, 2 es. 
Sarubrès près San Mateo, febbraio 1905, 5 es. 
Distribuz.: Retalulen Columbia, Porto Nuovo. 


Ninus hondurae var. Rosminmiae, n. var. 


Ne posseggo un unico esemplare, il quale confrontato coi due Ninus, 
provenienti da Gualaquiza, e descritti dalla dott. Olga Rosmini (1); 
«come probabili varietà del Ninus hondurae Kuw., vi riscontrai gli 
stessi caratteri differenziali, per cui, dopo un attento esame di con- 
fronto, avvalorato dal fatto di aver trovato in diverse località le iden- 
tiche variazioni, credetti bene di farne una varietà distinta, che de- 
-dico alla dott. O. Rosmini, che per la prima la segnalò. 


(1) Rosmini, Passalidi, 1. e. 


peli (- ape 


Per la descrizione dei caratteri vedi Bollett. dei Musei di Zoologia. 
ed Anat. Comp., N. 428, pag. 7. 
Sarubrès près San Mateo, febbraio 1905, 1 es. 


Neleus tlascala, Perch. — Kuwert, pag. 273, id.; Burmeister, l. c., pag. 482. 
Neleus striolatus, Eschsch., l. c., pag. 17. 

Sarubrès près San Mateo à 250 m., febbraio 1905, 2 es. 

Reventazòn, Plaines de S.ta Clara à 150 m., dicembre 1904, 2 es. 

Distribuz.: Messico, S. Salvador, Panama. 

Due esemplari di Neleus, provenienti da Revenzatòn presentano oltre 
ad una minor lunghezza, raggiungendo rispettivamente i 34,5 e i 37 mm. 
di lunghezza, il corno del capo corto, tozzo, anteriormente compresso, 
con alla punta una fossetta opaca, circolare, ben evidente e sopra le 
cicatrici ai lati del prototorace, alquanti punti che si dirigono verso 
gli angoli anteriori e verso i seni. È forse una varietà. 


I -- e |||v\uw«wEMHMHuHM{HuHMHuHuUM[M!Emwo -EIEEE[É 


2098 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. î - Turino. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 499 pubblicato il 16 Giugno 1905 Voc. XX 


Dr. GiusePPE NOBILI 


Descrizione di una nuova CARIDINA del Madagascar. 


Il Museo Zoologico di Torino acquistò anni sono alcuni Crostacei del 
Madagascar dal signor F. Sikora. Fra questi v'era la nuova specie di 
Caridina qui descritta, raccolta insieme ad un esemplare di C. Gran- 
didieri Bouv. 

Caridina hova n. sp. 


Fort Dauphin 9 individui. 

Questa specie appartiene al gruppo della Carzdina laevis (1), e più 
specialmente a quelle forme di questo gruppo che hanno il carpo del 
primo paio di pereopodi relativamente lungo, il rostro corto, e il dat- 
tilopodite del quinto paio molto breve per rapporto alla lunghezza del 
propodite. È quindi vicina'a C. mutidentata Stm. e alla C. vitiensis 
ur ma si distingue per molti caratteri da queste due forme. 

‘ Tutto l’integumeénto dell’ animale è membranaceo; moltò più sottile 
di quello ‘che si osservi abitualmente in questo genere.‘ dà 
È Il''rostrò è orizzontale, breve, e arriva'nella maggior parte degli 
esemplaî‘i Anzi, all’ estremità del primo articolo del ' peduncolo anten- 
nulare; in'altri si estende un poco oltre, e' in 'un' solo esemplare’ ar- 
riva fino alla metà circa dél secondo articolo. La dentatura'del'tostro 
Varia mediocremente: ‘in 'sette esemplari (i due altri sono guasti) ab- 
biamo ‘la disposizione seguente: 

MERISTtA SITO O Taf I PRON PCR O (Un 
15 (esemplare figurato), 19, Lo DARLE 
‘33 siicaià di ibi: e ie RS 


(1) E. L. Bouvier Observations nouvelles sur les Crevettes de la famille 
des Atyidè*, — Bull. Scient) Fr. Belg. 1905. ( 


, * f L i 9g ia 
{ i b 
La punta del rostro è leggermente curvata in alto, come in C. Gran- 
didieri Bouv., ed è inerme per un breve tratto apicale, senza. dente 
\ spg sie 4 a f me ig fi 


LI dARE3 bi (0 


subapicale. I denti rostrati sono uguali. #;1) $ 


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Ent l'A 


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RostroX50 e primo e secondo paio di pereopodi X 14. 


Il peduncolo delle antennule è, come di regola, alquanto più breve 
dello scafocerite. Il primo articolo del peduncolo è lungo il doppio del 
secondo che è subeguale al terzo; lo stilocerite arriva circa alla metà 
del secondo articolo. La spina scafoceritica terminale è bene svilup- 
pata, ma non raggiunge l'apice della porzione membranacea, che è 
stretto, arrotondato e diretto alquanto obliquamente all’indentro. 

I maxillipedi esterni sono gracili e oltrepassano alquanto l'apice 
dello scafocerite. Le zampe del primo paio sono brevi, robuste. Il mero 
è subeguale al carpo o debolmente più lungo. Il carpo è lungo circa 
due volte la sua larghezza all’apice, ove è distintamente escavato; la 
sua forma complessiva è regolarmente conica. La mano è leggermente 
più lunga del carpo; le dita e la palma sono subeguali, o le dita leg- 
germente più lunghe. 1 

Le zampe del secondo paio sono notevolmente più lunghe di quelle 
del primo paio. Il carpo è lungo cinque volte la sua larghezza all’apice, 


edi 


‘0 anche un poco più, si ingrossa di poco e regolarmente verso l’estre- 
‘mità; la mano misura in lunghezza i */; della lunghezza del carpo e 
le dita sono distintamente più lunghe della palma. 

Le zampe seguenti sono gracili. Il meropodite del terzo paio porta 
inferiormente, oltre alle setole, due o tre spinule: il carpopodite è 
lungo meno di */, della lunghezza del propodite, e porta inferiormente 
5 spinule mobili. Il propodite porta inferiormente circa 18 spinule; il 
dattilopodite ha 7 denticoli (compreso quello terminale) ed è lungo 
circa ‘/, della lunghezza del propodite. Le zampe del 4° paio sono con- 
formate allo stesso modo. Sulle zampe del 5° paio il meropodite ha 
ancora due spine mobili, ma il carpopodite è inerme inferiormente; 
il propodite ha circa quindici spinule. Il dattilopodite porta inferior- 
mente una doppia serie di 25 spinule circa; lo spazio fra le due serie 
pare essere alquanto concavo. Il dattilopodite è lungo appena un quinto 
della lunghezza del propodite. 

Il telson porta superiormente tre paia ‘Qi spinule, e 10 alla sua 
estremità. 

Lunghezza 14 mill. 

Le due specie prima citate di Caridina differiscono nettamente pel 
numero dei denti del loro rostro. 


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JUN 22 1906 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


Voi XX 


N. 500 pubblicato il 17 Giugno 1905 


Pseudoscorpions from South America 
collected by Dr. A. Borelli, A. Bertoni de Winkelried, aud Prof. Goeldi. 


By Epv. ELLINGSEN Kragerò (Norway) 


The rich collections of Pseudoscorpions in the Museo zoologico of 
the University of Torino contain a great number of specimens from 
Southern America, collected and brought home by several travelling 
scientists. Thus Dr. A. Borelli has made collections at Tala (Salta) 
and at San Lorenzo -in Argentine, at Urucum (Corumba) in Brazil; 
A. Bertoni de Winkelried has collected at Asuncion and at Puerto 
Bertoni (alto Parana) in Paraguay; Prof. Goeldi has sent specimens 
collected at Parà; there is also a specimen from Ceara in Brazil 
without indication of collector. 

For the confidence the authorities of the Museo zoologico have 
shown me, in trusting me with the study of these animals, I seize 
the opportunity in this place to bring my best thanks. 

Besides descriptions, for the sake of control, of those species, about 
which I cannot refer to my publication on the Pseudoscorpions from 
Ecuador, I have also tried to give keys for the easier determination 
of the species of the four subgenera of Chelifer, recorded from South 
America, a task not very easy, partly from my not having seen all 
the mentioned species, partly from the great uniformity of the cha- 
racters, especially in the subgenus Lamprochernes. 


Chelifer Geoffroy. 


Subgenus Afemnus. 


No eyes. No transverse grooves on the cephalothorax. Hairs ge- 
nerally simple. 


Synopsîs of the South American species. 


1. Trochanter with 2 strong protuberances, tibia with rather long 
stalk, nearly rounded, inner side of femur nearly straight, outer 


side slightly convex, body very narrow . Ch. elongatus Ell. 
Trochanter with only one strong protuberance, tibia with short stalk, 
inner side of femur more or less concave 3 3 po 


2. Femur strongly narrowing towards the extremity, Don siender, 
fingers only a little shorter than hand, rather slender. Ch. gra- 
cilis Ell. 

Femur not strongly narrowing, palps more robust, fingers very short 


and proportionally stronger 5 : > 3 ; 3 3 
3. Tibia subglobose, cephalothorax smiboth, o Ch. nidificator Balz. 
Tibia elongate, cephalothorax minutely granulated . È P 4 


4. Smaller (3,8 mm.), femur broader (ca. 2:4), fingers more curved. 
Ch. subrobustus Balz. 

Larger (4,35 mm.), femur more slender (ca. 2:5), fingers less curved. 
Ch. robustus Balz. 


The specimens examined belonged all to the common species: 


Chelifer nidificator Balzan. 


1890. Chelifer nidificator Balzan, Rev. d. Pseudoscorp., p. 417, tav. XIII, f. 5. 
1891. Atemnus nidificator Balzan, Ann. Soc. ent. Fr., vol. 60, p. 510, tab.9,f. 1. 
1902. Chelifer nidificator Balzan, Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equateur, p. 146. 


Paraguay: Puerto Bertoni (A. Bertoni de Winkelried) 26 specimens; 
Argentine: Tala (Dr. A. Borelli) 6 specimens; Brazil: Matto Grosso ; 
Urucum (Dr. A. Borelli) 5 specimens. 

All the specimens, I have examined, have all the tergites divided 
longitudinally, except the last one. According to Balzan the 4 first 
tergites shall be entire, and he does not mention the last one. Among 
the specimens from Paraguay several were very small; these were ‘very 
pale, some of them nearly white, even the palps, but the shape of 
these was pretty constant. 


Subgenus: Lamprochernes. 


No eyes. One or two transverse grooves on the cephalothorax. Hairs 
simple and denticulate. 


Synopsis of the South American species. 


1. Claws with a tooth, tibia of & with a strong protuberance. Ch. 
cervus Builz. 


sil 18 


Claws without a tooth ; È ì i o d 


2. Cephalothorax more or less disci ti ì { 3 
Cephalothorax smooth, at most a little granulated towards the 
sides . y 4 I 7 


3. Body large and A idr sum deco granulated 
before the first transverse groove, tibia of * with protuberance 4 
Body narrow, cephalothorax very minutely granulated (sec. Balzan), 
tibia of 9 without protuberance . ì : 3 5 

4. Hand much higher than broad, somewhat anioni distinctly gra- 
nulated and opaque on the outer side, protuberance of tibia very 
strong, irregularly granulated . ; Ch. nodulimanus Tom. 
Hand only a little higher than broad, not angular, only slightly 
granulated or almost smooth on the outer side, protuberance of 
tibia less strong, more even . ) Ch. macrochelatus Tom. 

5. Fingers only ca. ‘/, of the hand, femur short and wide Ch. ovatus 
Balz. 

Fingers longer, ca. *|} of the hand, femur more slender } 6 

6. Galea with teeth only in and near the extremity, trochanter « extus 
valde gibbosum » . 3 3 . Ch. elegans Balz. 
Galea with branches and ioni lane the trunk, trochanter not 
extus valde gibbosum : : : Ch. venezuelanus Balz. 

7. Femur short and broad, ca. twice as long as wide . : 8 
Femur more slender, 2 ‘/, - more times as long as wide . 9 

8. Femur very high, ca. */; of the length, inner side of femur a little 
convex, galea generally branched . Ch. intermedius Balz. 
Femur lower, only a little higher than wide, inner side of femur 
more or less concave, galea only with teeth Ch. communis Balz. 


9. Fingers nearly as long as hand , 7 ; £ i } 10 
Fingers much shorter, ca. */, of hand . 3 ; ; ll 

10. Galea only teeth, body small (3 mm.), onori ax with 2 di- 
stinct transverse grooves 7 ì ? Ch. nitidus Ell. 
Galea branched, body larger (3,8 zinit: cephalothorax with only 
one transverse groove $ ì 7 Ch. brasiliensis Daday. 

ll. Fingers about */, of the length of hand, hand as long as femur, 
body small (2,6 mm.) . ; : Ch. similis Balz. 


Fingers about */; of hand, dan fini than femur, body larger, 
Ch. argentinus Thorell. 


Chelifer nodulimanus Toòmòsvary. 


1882. Chelifer nodulimanus TémòsvAry, A magyar fauna Alskorpiòi, pag. 244. 

1884. » » » Adatok az àlskorp. ismeret., p. 26, t.I, f. 14. 

1887. » » » Diday, Ueb, Chern, ung. Nat. Mus., p. 173, 
TafsIVof3:9 (Pi) 


di. BI JE 


No eyes, large, distinet ocular spots. 

Body large, broad, rather elliptic. 

Palps, cephalothorax and tergites dark brown, posterior half of ce- 
phalothorax somewhat paler, sternites paler brown, legs and inter- 
stitial parts of abdomen pale yellowish brown. 

Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half 
rounded, slightly longer than broad, before the first transverse groove 
distinctly and densely granulated, somewhat glossy, behind this groove 
smooth and glossy; two distincet transverse grooves, the anterior one 
about in the middle, very strong, in the central part slightly convex; 
from the middle of this transverse groove there is running (about 
midway to the front margin) a longitudinal groove (on one specimen 
there is on each side of this groove a roundish cavity, rather deep 
and somewhat irregular, probably individual or accidental); the po- 
sterior transverse groove, much more indistinct, is also slightly convex 
and placed about midway between the anterior one and the hinder 
margin; the hairs strong, rather long, dentated towards the extremity. 

Abdomen: upper surface glossy, minutely shagreened, first and 
last tergite entire, the rest divided longitudinally by a fine line, along 
the hinder and the lateral margins with hairs as on cephalothorax, 
on the last somites some longer ones intermixed. Sternites divided 
except the last one. i 

Palps long and robust, about 1, times as long as the body, this 
being, however, very much contracted; trochanter, fingers and the 
lower surface of the rest of the articles glossy, the other parts of the 
palps are more or less opaque, especially the upper and outer side 
of the hand; trochanter smooth on the upper surface, even the pro- 
tuberance, the rest somewhat granulated, femur coarsely and irregu- 
larlv, transversally striate on the swell of the upper surface, on the 
other parts more or less granulated, tibia striate to nearly smooth 
except the inner side, that is granulated, hand opaque and granulated 
on the upper and the broad outer surface, on the other parts striate 
to nearly smooth, fingers more or less granulated. Hairs are abundant 
and densely situated, especially on the protuberance of tibia; they 
are long and partly minutely dentated, on the fingers some longer ones 
intermixed. Trochanter stalked, a little longer than. broad, the inner 
side slightly convex, behind with a rather strong, rounded tubercle, 
on the upper surface with a very strong, conical protuberance. Femur 
stalked, a little more than twice as long as broad, the inner side 
nearly straight, behind strongly widened at the base and at the ex- 
tremity, the outer side slightly convex, femur thus being nearly of the 
same width throughout; on the upper surface there is a moderately 
high, longitudinal swell, femur becoming, on account of this .swell, a 


= 9° = 


little higher than broad; this swell is starting gradually from the base 
of the femur, but ends abruptly at a distance from the extremity. 
Tibia but a little shorter and a little wider than femur (excluding the 
protuberance), with a rather long stalk, behind for a distance nearly 
straight, then convex towards the extremity; on the upper-inner side 
a very strong, conical protuberance, somewhat rounded, in one spe- 
cimen starting almost perpendicularly at a distance from the base 
and sloping somewhat concavely towards the extremity, in the other 
specimen it is also sloping somewhat concavely towards the base. 
Hand about as long as tibia, considerably broader, from very oblique, 
somewhat truncated base moderately convex on both sides, a little 
more so on the inner side than on the outer one, considerably higher 
than broad, somewhat angular, the upper-outer side being thus some- 
what flattened, gradually running into the fingers. These slightly 
curvate, about */, of the length of the hand, gaping considerably (as 
common in the cd), the moveable finger being somewhat angularly bent 
outwards. 

Mandibles: galea (undamaged but in one specimen) very robust, 
nearly from the base divided in two equally strong trunks, each trunk 
provided with 4 to 5 teeth, decreasing in size outwards. 

Legs with partly dentated hairs; the posterior femora rather slender. 
Claws simple. 

Length ca. 4 mm., width nearly 2 mm., the specimens being, however, 
much contracted, the length of the palps ca. 6 mm. 

Brazil: Parà 2 specimens e (Prof. Goeldi, 18 III 1902) below vi 
elytra of Acrocinus longimanus. 

Tomosvary as locality for his species indicates Dalmatia, and Daday 
for his combined macrochelatus nodulimanus adds as localities Sumatra 
and Aschanti. I acknowledge that I have only with some hesitation 
referred the two South American specimens, described above, to Tom6- 
svary’s species nodulimanus (not to macrochelatus, which in my opinion 
is another species); my doing so is partly founded in my supposing no- 
dulimanus, macrochelatus and cervus to be a natural group of South 
American species (partly, perhaps, also dispersed to other continents), 
nodulimanus certainly not belonging to the European fauna, being exclu- 
sively a tropical form; when Tomosvary has received it from Dalmatia 
(what Daday, too, seems to doubt, in putting a mark of interrogation 
after Dalmatia), it may have been thus, that the animals like specimens 
of so many species of the Pseudoscorpions, especially those of Che- 
lifer, have been accidentallv imported by way of navigation or other- 
wise; the principal reason, however, for my determination is naturally 
the good agreement with Tòmosvary ’s rather short description, but 
apparently very good figure of one of the palps. In the description 


Sari gie 


there is scarcely anything that does not fit completely; certainly, 
Tòmosvariy’s figure is showing a short sinuation on the inner side 
of femur towards the extremity, not named in my description, but 
this sinuation will also appear on the femur of the South American 
specimens when viewed a little obliquely ; the swell on the upper sur- 
face of the femur will then easily produce this sinuation. This swell 
is neither mentioned nor figured by Tòmbsvary. (It is, however, pe- 
culiar to the males of several South American Lamprochernes, such 
as macrochelatus and argentinus, though not so strongly developed). 
The large eyes mentioned by Tòombsvary as present both in noduli- 
manus and macrochelatus are certainly but ocular spots. Chelifer no- 
dulimanus is resembling macrochelatus very much, but is larger, espe- 
cially broader, the hand more swollen and somewhat angular, the dif- 
ference between the height and the width of the hand greater, the 
outer-upper surface of the hand distinctly, though minutely granulated 
and opaque, the protuberance of the upper surface of trochanter not 
granulated, the protuberance of the tibia is stronger and of somewhat 
different shape than in macrochelatus. 


Chelifer macrochelatus Tomòsvary. 


1884. Chelifer macrochelatus Tomòsvary, Adatok az Alskorp. ism., pag. 20, 
tab. I, fig. 12-13. 

1891. Lamprochernes macrochelatus Tòomòsvary, Balzan, Ann. Soc. ent. France, 
vol. 60, p. 513, tab. 9, f. 4. 

1902. Chelifer macrochelatus Tomòsvary, Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equat., 
p. 152. 


Paraguay: Puerto Bertoni 1 specimen g (A. Bertoni de Winkelried),; 
Brazil: Parà (Prof. Goeldi), 2 specimens d and 9, below the elytra of 
Acrocinus longimanus. 


Chelifer argentinus Thorell. 


1877. Chelifer argentinus Thorell, Sobre algunos Aracn. d. l. Rep. Arg., p. 16. 
1888. Chelifer capreolus Balzan, Chern. nonn. Sud-Americanae (sec. Balzan). 
1890. Chelifer argentinus Thorell, Balzan, Rev. de Pseudosc., p. 414, tav. 13, f. 3. 
1891. Lamprochernes argentinus Thorell, Balzan, Ann. Soc. ent. France, vol. 60, 
pag. 516, tab. 9, fig. 7. 

No eyes, but distinct ocular spots may be found. 

Body narrow, nearly parallelsided, when flat somewhat oval. 

Cephalothorax before first transverse groove and palps dark red- 
dish brown, cephalothorax behind the first groove, the tergites and 
the sternites paler brownish, the legs and the interstitial parts of the 
abdomen pale greyish yellow. 


ge fa n; 


Cephalothorax a little longer than wide, smooth and glossy, in the 
greater posterior half nearly parallelsided, in the front broadly round- 
ed, provided with dispersed, fine and slightly dentate hairs, among 
them a row along the front margin; the anterior transverse groove 
distinet and dark coloured, about in the middle and a little convex, 
the posterior one nearly invisible. 

Abdomen: the first tergite generally appears to be entire, the last 
one has a beginning division, the rest of the tergites are divided lon- 
gitudinally by a fine line; the tergites are smooth and glossy, neither 
granulated nor shagreened, provided with slightly dentate hairs, with 
some longer hairs intermixed on the last somite. The sternites are 
very minutely shagreened, however glossy, the last one with a be- 
ginning division, the rest divided longitudinally, with hairs along the 
hinder margins. 

Palps about as long as the body, robust, smooth and glossy, yet 
minutely granulated on the elevated parties of trochanter and on the 
inner and lower surface of femur; the hairs are rather long, partly 
dentate, the fingers with some longer ones intermixed. — Trochanter 
stalked, a little longer than wide, the inner side slightly convex, 
behind with a rounded tubercle near the base, the upper surface with 
a very strong, conical protuberance, rising convexly from the base 
to the top and from this falling perpendicularlv, sometimes even di- 
stinety hollow in front. Femur stalked, about 2 ‘/, times as long as 
broad, about as long as cephalothorax, the outer side regularly and 
rather strongly convex, the inner side in the proximal half a little 
convex, in the distal half rather concave, the upper surface in the 
male with a low swell, gradually starting from the base, but finishing 
somewhat angularly or concavely at a distance from the extremity: 
femur is a little higher than broad, the lower surface somewhat con- 
cave in the second half. Tibia stalked, only very little shorter and 
broader than femur, the outer side regularly convex, somewhat more 
strongly so towards the extremity, the inner side strongly and almost 
regularly convex, about evenly convex on the upper and lower sur- 
face, yet there may be a small swell on the upper-inner side in the 
male. Hand with a short stalk, a little longer than and distinctly 
broader than tibia, from somewhat obliquely rounded base slightly 
convex on the outer side, somewhat more strongly so on the inner 
surface. Fingers about */; of the length of the hand, distinctly curvate. 

Mandibles: galea moderately strong; generally there is a branch 
on the lower side near the base, with or without a tooth or teeth, 
the extremity of the trunk may be entire or divided, along the trunk 
between the branch and the extremity there are some teeth, more 
or less numerous. 


Tg 


Legs with numerous, rather short, partly dentate hairs: Femora 
of the posterior pairs of legs moderately broad. Claws simple. 

Length .d' ca. 4 mm., 9 ca. 5 mm. 

Paraguay: Asuncion 1 specimen 9, Puerto Bertoni 33 .specimens, 
21 e, 12 g (A. Bertoni de Winkelried); Argentine: Tala 24 specimens, 
TG, Lie cdsan O 2 specimens 9 (Dr. A. Borelli); Brazil: Urucum 
6. specimens, 1 o, 5 9 (Dr. A. Borelli), Ceara 1 specimen sg. 

By the goodwill of Mr. Eug. Simon in Paris I have had the de 
luck to be able to compare my specimens with a specimen (d) deter- 
minated by Balzan. The galea of this species is generally branched, 
but it may also be provided only with teeth, 


Chelifer intermedius Balzan. 


1891. Lamprochernes intermedius Balzan, Ann. Soc. ent. France, vol. 60, p. 515, 
tab. 95 fig. 6. 
1902. Chelifer rotundatus Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equateur, pag. 152. 


No eyes, ocular spots indistinct. 
| Body very narrow, nearly parallelsided. 

Cephalothorax before the anterior transverse groove and palps dark 
reddish brown, cephalothorax behind the groove paler, tergites and 
sternites palish brown, Lo and the interstitial parts of abdomen 
greyish white. 

Cephalothorax considerabiy longer than broad, smooth and glossy, 
in the posterior half almost parallelsided, in the anterior half regu- 
larly rounded, provided with dispersed, slightly dentate hairs, among 
them a row along the front margin; the anterior transverse groove 
distinct and dark, about in the middle, straight or a little convex in 
the central part, the posterior groove almost invisible. 

Abdomen: the last tergite entire, the rest divided longitudinally 
by a very fine line, the last one may, however, also be more or less 
divided; the tergites are smooth and glossy, with dentate hairs, some 
longer hairs on the last somite intermixed. The under surface of ab- 
domen like the upper one, 

Palps moderately robust, generally somewhat shorter than the body, 
smooth and glossy, yet somewhat granulated on the conical protube- 
rance of trochanter, on the lower part of the inner side and on the 
under side of femur, as well as on some parts of tibia; the palps have 
numerous hairs, partly slightly dentate, partly pointed, on the fingers 
pointed hairs with some longer ones intermixed. — Trochanter stalked, 
distinctly longer than wide, the inner side slightly convex, behind 
with a low, rounded tubercle near the base, the upper surface with 
d very strong, conical protuberance; Femur stalked, about twice as 


tal 


long as broad, distinctly shorter than cephalothorax, somewhat convex 
on the inner side, yet very slightly concave next to the extremity, 
the outer side strongly convex; laterally viewed the femur is very 
high, about 1 '!/, times as high as broad, from the base rising rather 
abruptly to the highest point, which is lying about ‘|, from the base, 
and then gradually sloping and slightly convex towards the extre- 
mity. Tibia stalked, a little broader and shorter than femur, a little 
longer than broad, when the stalk is excepted, the outer side in the 
proximal part nearly straight, distinctly convex towards the extre- 
mity, the inner-upper surface somewhat subconically swollen. Hand a 
little longer and considerably broader than tibia, from somewhat ob- 
liquely rounded base slightly convex on the outer side, more strongly 
so on the inner surface. Fingers about */, of the length of the hand, 
disvincetly curvate. 

Mandibles: galea moderately strong, differing in form, even in the 
same specimen; in one specimen one galea had the point split, a little 
farther behind two small, opposite teeth, behind the middle on the 
under side a strong branch with two teeth, and behind the branch 
the trunk had another small tooth ; the other galea had the point split, 
a curvate tooth a little farther behind, then a couple of opposite teeth, 
then a very small branch with a little tooth near the base, and be- 
hind the branch the trunk had two teeth; galea may, however, also 
be without any branch, only provided with shorter or longer teeth 
nearly from the base, in both sexes. 

Legs with numerous, fine, partly dentate hairs; the posterior fe- 
mora moderately broad; the claws simple. 

Length up to 3,5 mm. 

In the 9 the hand is proportionally more slender than in d, and 
tibia more regular, femur less high. 

Paraguay: Puerto Bertoni 13 specimens, 5 o, 8 9 (A. Bertoni de 
Winkelried); Brazil: Urucum 10 specimens, 2 &, 8 9 (Dr. A. Borelli); 

Parà 1 specimen & (Prof. Goeldi). 

By the liberality of. Mr. Eug. Simon in Paris I have been able to 
compare the above specimens with one of the types .of Balzan from 
Venezuela. Having now seen the true Ch. intermedius I am almost 
quite sure that what I described (loc. cit.) as rotundatus from Ecuador 
is but a form of intermedius in spite of the little developed trans- 
verse grooves, which brought me to refer my species to the subgenus 
Atemnus. Chelifer intermedius is especially distinguished by the femur 
of the palps, being very high, in this respect unique among the South 
American Lamprochernes. The only difference of importance between 
the specimens, examined by me, and the type of Balzan, is, that the 
latter, as also indicated in the description of Balzan, has femur gra- 


2210 


hnulated farther up on the inner surface, even somewhat on the upper 
side, and tibia granulated on the upper surface, which is not the case 
with the rather numerous specimens I have examined. 


Chelifer communmis Balzan. 


1890. Chelifer communis Balzan, Rev. d. Pseudoscorp., p. 416, tav. 13, fig. 4. 
1902. » » » Ellingsen, Pseudoscorp. de l’Equat., p 167. 


Paraguay: Puerto Bertoni 2 specimens g (A. Bertoni de Winkelried); 
Argentine: Tala 5 specimens, 1 d, 4 €, very small; Brazil, Matto Grosso: 
Urucum 5 very small specimens 9 (Pr. A. Borelli). 


Subgenus 7rachychernes. 
No eyes. Generally two distinet transverse grooves on the cephalo- 
thorax. Hairs more or less clavate. 
Synopsîs of the South American species. 


1. Hand with strong protuberances 1 - . Ch. armiger Balz. 
Hand without protuberances . i; ; ; 2 

2. Fingers of palps about as long as sian or Toast : È 3 
Fingers of palps much shorter, ca. */, of hand . j : 9 

8. Fingers of palps nearly 1 ‘/, times longer than hand, palps with 
partly very long, clavate hairs . È . Ch. echinatus Ell. 
Fingers of palps about as long as hand, a little shorter or longer 4 

4. Hand all over smooth and glossy . . Ch. nitidimanus Ell. 
Hand more or less granulated . . 1 : } é 5) 

5. Body glossv, femur well-nigh 3 times as long as broga Ch. pa- 


tagonicus Tullgr. 

Body opaque above . È (j 

G. Femur slender, nearly 4 cai as mei as Dc cepliiathanee 
much longer than broad, in d': tergites dentated behind. Ch. 
segmentidentatus Balz. 

Femur broader, cephalothorax only a little longer than wide 7 

7. Femur about 3 times as long as broad, cephalothorax as long as 
broad 3 : 3 . Ch. foliosus Balz. 
Femur about twice as a as br obi ; ° 8 

8. Femur nearly parallelsided, outer side only siekos convex. Ch. 
Michaelseni Simor. 

Femur: outer side strongly convex Ch. brevifemoratus Balz. 
Cephalothorax with only one transverse groove, the base of the 
hand cordiform x 3 È . Ch. subrudis Balz. 
Cephalothorax with 2 \esziitenta grooves, the base of the hand 
rounded . 5 i 1° NO 
10. Tibia very short, when the stalk is axdoptadi almost spheric. 
Ch. subrotundatus Balzan, 


D 


- = 


Tibia rather elongate . | ; ; oe dl 

ll. Femur short and broad, about Haibo as lode as broad) no whitish 
spots on the tergites : È È , Ch. crassimanus Balz. 
Femur more slender, about 2 ‘/, times as long as broad, with whit- 

ish spots on the tergites , È È : Ma, 

12. Palps more slender, yellow hairs on the Her Frida è , Ch. albo- 


maculatus Balz. 
Palps less slender, no yellow hairs on the tergites. Ch. bicolor 
o Balz. 


Chelifer nitidimanus nov. sp. 


No eyes, distinct ocular spots. 

Body elongate-oval. 

Palps and cephalothorax before the posterior transverse groove 
dark brown, fingers more reddish, cephalothorax behind the posterior 
groove white with a small, semicircular, brown spot in the middle, 
tergites and sternites palish brown, legs pale greyish brown, the inter- 
stitial parts of the abdomen whitish. 

Cephalothorax as long as broad behind, gradually narrowing for- 
wards, the short frontal margin straightened; cephalothorax is di- 
stinctly granulated, opaque, yet a little glossy before the first groove ; 
two distinct transverse grooves, the anterior one about in the middle, 
the posterior one somewhat nearer to the hinder margin than to the 
anterior groove; very short, slightly clavate hairs. 

Abdomen: the tergites slightly granulated, somewhat glossy, divided 
longitudinally by a rather broad line, except the last one, that is un- 
divided; along the hinder margin of each selerite 3 hairs, on the la- 
teral margin one hair; these hairs are rather long, slightly clavate. 
Sternites not granulated, very slightly shagreened and very glossy, 
divided as the tergites, the hairs thick, somewhat dentate near the 
point, a single longer hair is left on the last somite. 

Palps moderately strong, a little shorter than the body, all articles 
on the under surface sm0042 and gl0ssy, trochanter and the proximal 
part ot femur slightly shagreened, the rest of trochanter and femur 
strongly granulated, tibia more slightly so, rather shagreened, hand 
round about smooth and very glossy, fingers as general smooth and 
glossy. On the inner side of trochanter and femur the hairs are slightly 
clavate, the other hairs of the palps are slightly dentate in the ex- 
tremity, on the fingers simple with some longer ones intermixed. Tro- 
chanter stalked, about as long as broad, the inner side strongly convex, 
the outer and upper sides a little swollen. Femur stalked, considerably 
shorter than cephalothorax, a little more than twice as long as broad, 


CLARE, 


the inner side slightly convex in the proximal part, slightly concave 
towards the extremitv, behind. somewhat widened from the base, 
very slightly convex along the outer side, in all almost equal in 
width throughout and very little narrowing towards the extremity. 
Tibia distinctly stalked, about as long and wide as femur, the outer 
side rather strongly and very regularly convex, the inner surface 
strongly convex. Hand a little longer than and ca. 1 '/, broader than 
tibia, from rather regularly rounded base equally and strongly convex 
on both sides, almost gradually running into the fingers. These are 
distincetly curvate, moderately strong, about as long as the hand or 
very little shorter. | 

Mandibles: galea very slender and short, with some fine teeth in 
and near the extremity on the under side. 

Legs on the outer side with short and slightly clavate hairs, on the 
inner side with dentate hairs. Claws simple. 

Measures: cephalothorax: long. 0,6; lat. 0,6; femur: long. 0,50; lat. 
0,22; tibia: long. 0,44; lat. 0,23; hand: long. 0,50 ; lat. 0,36; fingers: 
long. 0,45 mm. 

Length: 2,4 mm. Î 

Brazil: Parà (Prof. Goeldi), January 1900, on the fruit of a plant. 
One specimen 9 with eggs on the under surface of the abdomen. 

This species is distinguished from all South American species of 
this subgenus by its smooth hand of the palps. 


Chelifer segmentidentatus Balzan. 
1890. chelifer segmentidentatus Balzan, Rev. de Pseudos., p. 428, t. XV, f. 13. 


No eyes, ocular spots present. 

Cephalothorax, tergites and sternites of abdomen brown, palps red- 
dish brown, legs and the interstitial parts of abdomen greyish white. 

Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half 
roundly narrowing forwards, front margin rather straightened; cepha- 
lothorax considerably longer than wide, strongly granulated, opaque ; 
two strong transverse grooves, of which the anterior one is about in the 
middle and slightly convex in the central part, the posterior one much 
nearer to the hinder margin than to the anterior groove and rather 
straight. The hairs short, clavate, dispersed, yet there may be one or 
two rather regular rows of 4 to 5 hairs along the front margin. 
- Abdomen: the upper surface granulated, opaque, the last tergite 
entire, the rest divided longitudinally by a fine line ; along the hinder 
margin of the sclerites a row of short, but strongly clavate hairs; 
there may also be a row of less numerous. hairs before the hinder 
row; no long hairs on the posterior somites. The lower surface of ab- 


i 1 —a 


domen smooth and glossy, the sternites divided longitudinally like the 
tergites, with simple, pointed hairs. 

Palps of « full » specimens somewhat shorter than the body. Coxa 
smooth and glessy, with simple hairs; a little part of coxa near the 
front is, however, distinctly granulated, but as well very glossy ; the 
other articles of the palps are granulated, except the fingers and the 
under surface of the hand; the granulose parts are opaque to some- 
what glossy, fingers and especially the lower surface of hand very 
glossy. The hairs of trochanter, femur and tibia are short, strongly 
clavate, those of the hand partly clavate, partly serrated, those of 
the fingers simple, pointed, with some longer ones intermixed. — Tro- 
chanter distinctly stalked, a little longer than broad, the inner side 
slightly convex, behind with a low tubercle in the middle. Femur 
about as long as the hinder margin of cephalothorax, thus considerably 
shorter than the length of cephalothorax, stalked, 3-4 times as long 
as broad, the inner side nearly straight, behind a little widened near 
the base, the outer side being nearly straight or slightly convex, in 
all about of the same width throughout. "Tibia distinctly stalked, a 
little shorter and broader than femur, somewhat convex on both sides, 
on the outer side most convex towards the extremity, on the inner 
side most so near the base. Hand stalked, from somewhat oblique and 
truncated base on the outer side very slightly convex, on the inner 
side more strongly so, about as long as and a little (1 ‘/.) broader 
than tibia, a little longer than broad, gradually running into the fingers. 
These are curvate, only a little shorter than the hand. 

Mandibles: galea long, slender, at the extremity with some few, 
very small teeth. 

Legs: the outer side with clavate, the inner side with simple, 
pointed hairs. The femora of the two posterior pairs of legs very broad. 
Claws simple. 

Length: the largest specimen is scarcely attaining 2 mm. 

The described specimens are all of them females; according to 
Balzan the male is somewhat smaller, the hinder margins of the ter- 
gites of abdomen irregularly dentated (hence the name) and galea 
small, pointed and missing teeth. 

Paraguay: Puerto Bertoni 5 specimens 9 (A. Bertoni de Winkelried). 

In the specimens, on which this description is founded, the fingers 
are almost as long as the hand, while Balzan indicates, that a: are 
to be shorter than the hand, well-nigh 4:4 ‘/,. 


Chelifer crassimanus Balzan. 
1890. Chelifer crassimanus Balzan, Rev. d. Pseudoscorp , p. 421, tav: XIV, f. 8, 
9 No eyes, ocular spots present. 


n DM 


Body oviform. 

Cephalothorax before the posterior transverse groove, tergites and 
ternites brownish, palps, especially hand and fingers dark brown, 
cephalothorax behind the posterior groove yellowish white with a 
brown spot in the middle, the first tergite whitish, the sclerites being 
dissolved in brownish spots, legs and interstitial parts of abdomen 
whitish. 

Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half 
roundly narrowing, forwards front margin roundly truncated; cepha- 
lothorax a little longer than broad behind, strongly granulated, opaque; 
two strong transverse grooves, the anterior one about in the middle, 
slightly convex in the central part; from the middle of this transverse 
groove is running a broad, darker coloured, longitudinal groove for a 
distance forwards; the posterior groove straight, approaching more to 
the hinder margin than to the anterior groove. The hairs short, 
somewhat inclining, whitish, clavate. 

Abdomen: upper surface granulose, opaque, the last tergite entire, 
the rest divided longitudinally by a broad line or band; along the 
hinder margin of the tergites a row of short, clavate hairs, similar 
to those ot the cephalothorax; no longer hairs on the last somites. The 
under surface of abdomen smooth and glossy, the sternites divided 
as the tergites, with pointed hairs. 

Palps about as long as the body, coxa smooth and glossy with 
pointed hairs, the other articles of the palps distinetly granulated, 
even the fingers; yet, the moveable finger is rather shagreened and 
the lower surface of tibia nearly smooth; the upper surface of tro- 
chanter, femur and tibia opaque, of the hand and the fingers some- 
what glossy; the under surface of the palps glossy; especially the 
under surface of tibia and hand is very much so. Trochanter, femur 
and tibia on the inner side with short, slightly clavate hairs, on the 
outer side dentate hairs (most of them lost), hand on the inner side 
with long hairs, that are curvately bent forward and in the distal half 
slightly dentate; fingers with pointed hairs, some longer ones inter- 
mixed. Trochanter stalked, about as long as broad, the inner side 
strongly convex, behind with a low tubercle in the middle, above a 
little gibbous. Femur stalked, considerably shorter than cephalothorax, 
a little more than twice as long as wide, behind strongly widened 
from the base, the outer side slightly convex, the inner side in the 
first half slightly convex, in the second half slightly concave, in all 
only little narrowing towards the extremity. Tibia with a rather long 
and robust stalk, about as long as and only slightly broader than 
femur, the outer side regularly and moderately convex, the inner side 
more strongly convex, especially near the base. Hand stalked, some- 


su dba 


what longer than and nearly twice as broad as tibia, almost spheric, 
yet a little longer than broad, strongly convex on both sides, most 
strongly so on the inner side. Fingers curvate, considerably shorter 
than the hand. 

Mandibles: galea robust, moderately long, in and near the extre- 
mitv with 5 to 6 long teeth. 

Legs on the outer side provided with short, clavate hairs, on the 
inner side with pointed bairs. The femora of the two posterior pairs of 
legs distinctly broader than those of the anterior ones. Claws simple. 

Length about 2 mm. 

The males resemble the females, but are somewhat smaller, the 
upper surface of the hand more opaque, the fingers little shorter than 
the hand and are especially distinguished by the galea being very 
short, slender and pointed without teeth. 

Paraguay: Puerto Bertoni 2 specimens (A. Bertoni de Winkelried). 


Subgenus Chelifer sens. str. 


Two eyes. Cephalothorax generally with two transverse grooves. 
Hairs more or less clavate. 


Synopsis of the South American species. 


1. Fingers about as long as hand . È 3 4 ; F è 2 
Fingers much shorter than hand . ; 5 

2. Femur very slender, much longer than dai the dai 
generally provided with an internal tooth, cephalothorax towards 

the sides with dispersed, stronger granules Ch. cancroides L 
Femur somewhat longer or shorter than cephalothorax, claws 
without tooth, cephalothorax with no stronger granules . 3 

3. Coxa of palps granulated and opaque : : Ch. rufus Balz. 
Coxa of palps smooth and glossy ì a : 4 


4. Femur slender, about 4 times as long as lirdaa, SE. be- 
hind the posterior groove in colour uniform with the rest of 
cephalothorax . I; : i Ch. Canestrinii Balz. 

Femur less slender, 3 Gintes as ione as broad, cephalothorax be- 
hind the posterior groove whitish with a brown spot in the 
middle . 5 ì 1 3 1 Ch. Germainii Balz. 

5. Femur very robust, dhigat glio as long as broad Ch. rudis Balz. 
Femur less robust, about 8 times as long as broad Ch. exili- 

manus Balz- 
Femur slender, 4-7 times as long as broad Ch. longichelifer Balz. 


— 16 — 


Chelifer cancroides Li 


Brazil: Parà 1 specimen (Prof. Goeldi). 

This species, common throughout Europe and parts of North Ame- 
rica, has previously been taken in the most southern parts of South 
America: Cape Horn and Tierra del Fuego. It is generally found in 
houses; if this be the case with the single specimen from Brazil, is 
not indicated. 


Chelifer Canestrinii Balzan. 


1890. Chelifer Canestrinii Balzan, Rov. d Pseudoscorp., p. 430, tav. XV, f. 14, 


Two eyes. 

Body elongate-oval. 

Palps and cephalothorax before the anterior groove reddish brown, 
behind this groove paler, tergites and sternites brownish, legs and 
interstitial parts whitish. 

Cephalothorax: posterior half nearly parallelsided, anterior half 
roundly narrowing forwards, front margin straightened; cephalothorax 
considerably longer than broad behind, distinctly granulated, some- 
what opaque; two strong transverse grooves, the anterior one about 
in the middle, the posterior one nearer to the hinder margin than 
to the former, both of them straight. Hairs short, whitish, clavate. 

Abdomen: the upper surface very minutely granulose, somewhat 
opaque, the last tergite entire, the rest divided longitudinally by a 
fine line; the few hairs left are short, thick, and somewhat clavate, 
the last somite with some longer hairs intermixed. The under sur- 
face of abdomen rather shagreened, somewhat glossy, the sternites 
divided as the tergites, hairs simple. 

Palps about as long as the body, coxa smooth and glossy, the other 
articles of the palps granulated, except the fingers, and somewhat 
opaque; fingers and some adjacent parts of hand smooth and glossy. — 
Trochanter, femur and inner side of tibia with slightly clavate hairs, 
outeryside of tibia and hand with dentate hairs, fingers with pointed 
hairs, some longer ones intermixed. — Trochanter stalked, a little 
longer than broad, the inner side strongly convex, behind nearly 
straight, above with a strong, rounded protuberance. Femur stalked, 
a little shorter than cephalothorax, about 4 times as long as broad, 
behind obliquely widened, the outer side very little convex, somewhat 
rounded near the extremity, the inner side straight. Tibia stalked, the 
outer side nearly straight, only somewhat rounded near the extre- 
mity, the inner side moderately and regularly convex; it is distinetly 
shorter, but scarcely broader than femur. Hand stalked, from rounded, 
almost regular base with the outer side nearly straight, only a litt.c 


— 17 — 


rounded towards the fingers, the inner side slightly convex, about as 
long as and a little broader than tibia. Fingers slightly curved, a little 
shorter than hand. 

Mandibles: galea small, with some small teeth at the extremity. 

Legs provided on the outer side with short, clavate hairs, on the 
inner side with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs 
of legs a little broader than those of the anterior ones. Claws simple. 

Length ca. 2 mm. 

Brazil: Parà 1 specimen (Prof. Goeldi). 

The specimen is young and consequently somewhat more slender 
than usual; especially the hand is less broader in proportion to the 
tibia, than indicated by Balzan. 


LITERATURE. 


BaLzan, LuIGI. 1890. Revisione dei Pseuduscorpioni del bacino dei fiumi Pa- 
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— — 1891. Voyage de M. E. Simon au Venezuela. Chernetes. Ann. Soc. 
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ELLINGSEN, Epv. 1902. Sur la faune de Pseudoscor DI de l'Equateur. Mém. 
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Tomosvaky, Ovon. 1882. A magyar fauna Alskorpidi. Magy. tud. Akad. math. 
term. tud. kòzl. XVIII. 

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‘BOI LETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 5014 pubblicato il 19 Giugno 1905 Vor. XX 


Prof. FILIPPO SILVESTRI 


Elenco dei Miriapodi, Tisanuri, Termitidi ed Embiidi) 


raccolti all'isola d’Elba e di Pianosa. 


Il prof. Camerano unitamente ai dott. Borelli e Peracca ed al sig. 
Zavattari, in occasione del quarto convegno zoologico nazionale che 
fu tenuto a Portoferraio, fece varie escursioni nell’isola d’Elba ed una 
a quella di Pianosa, raccogliendo un certo numero di Artropodi, tra 
cui i Miriapodi, Tisanuri, Termitidi ed Embiidi, dei quali segue più 
sotto l’elenco. Questo non è certamente ricco, perchè furono pochi i 
giorni e nemmeno completi, dedicati a raccogliere, e perchè la stagione 
primaverile per la raccolta dei Miriapodi è sempre poco favorevole; 
però non essendo per dette isole fino ad oggi nominata specie alcuna 
di Miriapodi, Tisanuri, Termitidi e Embiidi, credo non sia del tutto 
inutile la pubblicazione del seguente elenco. 


MIRIAPODI 


Chilopodi 


Lithobius fasciatus Newp. 


Varii esemplari giovani ed adulti dell’ Elba e di Pianosa. Questa 
specie si trova in tutta l’Italia continentale, ma fino ad ora non è 
stata segnalata per la Sicilia e la Sardegna. 


Scolopendra oraniensis Luc. 


Isola d’Elba e di Pianosa. Specie diffusa in tutte le isole del Tirreno, 
Spagna, Africa settentrionale, Italia meridionale. 


| 
19, 
| 


Himantarium gabrielis (L.). 
Un esemplare dell’isola d’Elba. Specie di tutta.la regione paleartica. 
Stigmatogaster gracilis (Mein.). 

Alcuni esemplari & e 9 dell’isola d’Elba. Questa specie è stata in- 
dicata per l’Austria, Francia, Spagna, Algeria, Zante, nonchè per l'Italia 
continentale, Sicilia e Sardegna. 

Chaetechelyne vesuviana Newp. 

Isola d'Elba. Questa specie ha una larga distribuzione geografica 

come la precedente. 
Diplopodi. 
Diploiulus apenninorara (Bròl.). 

Una 9g dell’isola d’Elba. Comune nell'Italia continentale. 

Ophiiulus chilopogon (Latzel). 

Isola: di Pianosa e d’Elba. Conosciuta della provincia di. Pisa; ‘dove 

fu raccolta dal Cavanna in pochi esemplari, sui quali fondò la.specie 


il Latzel. 
Jalas sabBuliosus L. 


Isola di Pianosa. Specie diffusa in quasi tutta la regione paleartica;, 


europea. 
Strongilosoma italicum Latzel. 


Isola d’Elba. Questa specie si trova anche nell’ Italia continentale, 
Sicilia, Sardegna, Francia meridionale, Tunisia. 
TISANURI 


Ctenolepisma eiliata (Duf.) 

Una 9 dell’isola d'Elba. Specie indicata per la Liguria, Sicilia, Tu- 
nisia, Grecia. 
TERMITIDI 
Leucoter es lucifugus (Rossi). 


Isola d'Elba. Comune .nel, littorale mediterraneo. 


EMBIIDI 


Embia solieri Ramb. 


Isola d'Elba. Conosciuta di varie località del littorale mediterraneo: 


2125 - Tip. P. Gerboae, via Gaudenzio Herrari, ., - Torino. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


Vor. XX 


N. 502 pubblicato il 7 Luglio 1905 


RES ITALICAE 
VI 


Dr. G. NOBILI 


Identità di «< Brachycarpus neapolitanus » Cano 
e « Palaemon biunguiculatus » Lucas. 


Il Dr. Gavino Cano descrisse nell’anno 1890 (1) una nuova specie di 
Decapodo del Golto di Napoli che chiamò Brachycarpus neapolitanus. 

Questa specie non venne più, che io sappia, segnalata in seguito 
nei varî lavori pubblicati sulla carcinologia del Mediterraneo. Recen- 
temente ne trovai un esemplare in una piccola collezione di Decapodi 
raccolti nel compartimento marittimo di Catania, che il Dr. FRANCESCO 
Magri di Paternò mi inviò per determinare. 

Questo esemplare, che descriverò in seguito, corrisponde esattamente 
alla breve descrizione ed in parte alla figura di Cano, così che non 
ebbi alcun dubbio che esso veramente appartenesse a questa rara 
forma. Ma proseguendo lo studio di questa forma venni a conoscenza 
che essa sia stata già descritta da H. Lucas nell’anno 1849, sotto il 
nome di Pa/aemon biunguiculalus (2). 

La descrizione che Lucas dà di esemplari raccolti nella rada di 
Bona e in quella di Oran, si adatta benissimo a questo esemplare, 
come pure indicano indubbiamente questa forma le figure 44 del telson 


(1) G. Cano Specie nuove 0 poco conosciute di Crostacei Decapodi del Golfo 
di Napoli. Boll. Soc. Natural. Napoli (I) Iv, 1890, p. 37, tav. IV, fig. 1. 
(2) Expl. Scient. Algérie. Anim. Art. Crust., p. 45, pl. 4, fig. 4. 


e uropodi e 4% del dattilopodite; non così chiara è invece la figura 
d’insieme. 

È strano che questa specie così ben distinta non figuri nel Prodromus 
Faunae Mediterraneae di CaRUs, come pure non è accennata nell’opera 
di HELLER. 

La forma e la disposizione dei denti sul rostro, la forma caratteri- 
stica delle zampe del secondo paio, i dattilopoditi biunguicolati, la 
forma del telson, tutti insomma i caratteri più importanti si corri- 
spondono, e non v’ha dubbio che le due specie sono identiche. 

Darò ora una descrizione dell'esemplare comunicatomi dal Dr. F. 
Magri, per completare quelle di Lucas e di Cano. 


Brachycarpus biunguiculatus (Luc.). 


1849. Palaemon biunguiculatus Lucas. Expl. Scient. Algérie. Anim. Art. I, 
p. 45, pl. 4, fig. 4. 

1890. Brachycarpus neupolitanus Cano. Boll. Soc. Natur. Napoli (1) Iv, p. 37 
tav. IV, fig. 1. 


L’esemplare di Sicilia è lungo mill. 51 dall’apice del rostro all’estre- 
mità del telson. Lucas dà lunghezze di 55-60 mill.; l'esemplare tipo di 
B. neapotitanus misura 70 mill. Il carapace, senza rostro, è lungo 
mill. 11,5 nella sua linea dorsale. Il rostro, che oltrepassa con una 
breve porzione della punta lo scafocerite, è alquanto diretto in alto, 
senza però essere particolarmente ricurvo come in certi Palemonidi, 
ed è munito superiormente di 7 denti, dei quali i primi tre sono col- 
locati su) carapace, e il quarto sopra gli occhi. Questi denti sono acuti, 
coricati in parte e piuttosto lunghi, gli ultimi un poco più lunghi dei 
primi. La punta è acuta, priva di dente apicale, e subeguale all’ultimo 
«lente. Sul margine inferiore del rostro vi sono tre denti, un poco più 
esili e più staccati dal corpo del rostro che quelli superiori, e collocati 
fra l’ultimo e l’antipenultimo dente del margine superiore. Lucas e 
Cano danno lo stesso numero di denti. Cano però ne figura quattro in- 
feriormente, e la forma dei denti superiori e inferiori nella sua figura 
non corrisponde al vero. 

Il primo articolo del peduncolo delle antennule è lungo quanto i 
due seguenti presi insieme. Esso è molto dilatato ed appiattito verso 
l'esterno ed è armato di due spine, delle quali l’inferiore non raggiunge 
la metà dell’articolo, mentre quella terminale è molto forte ed oltre- 
passa l’estremità del secondo articolo. Il secondo ed il terzo articolo 
sono subeguali. 1 due flagelli lunghi delle antennule sono più brevi 
del corpo; il flagello corto è saldato col flagello lungo superiore per 
circa 15 articoli. Lo scafocerite è stretto ed allungato; la sua estre- 
mità anteriore è troncata, e superata dalla spina esterna assai robusta; 


i * 


il margine interno è denticolato per l’inserzione delle lunghe ciglia 
rossastre che lo adornano. La spina sul margine anteriore dell’arti- 
‘colo che porta lo scafocerite è assai robusta. Gli occhi sono sferici; 
‘corti e piuttosto grossi. 

La spina antennale è robusta, la spina epatica sotto di essa è ben 
sviluppata, acuta, ma assai più piccola. I maxillipedi esterni oltre- 
passano col loro ultimo articolo l’estremità del peduncolo delle antenne. 

Il primo paio di pereopodi supera con piccola parte del carpo l’estre- 
mità dello scafocerite. In questo esemplare il mero è lungo mill. 6,5, 
il carpo 5.3/,, la mano è lunga mill. 6,5; le dita sono notevolmente più 
lunghe della porzione palmare. 

I pereopodi del secondo paio sono assai robusti, ma più brevi della 
lunghezza del corpo; essi raggiungono colla estremità del carpo l’apice 
dello scafocerite. Essi sono interamente inermi. Il mero è subcilindrico, 
debolmente compresso ai lati, ed è lungo quasi il doppio del carpo. 
{In questo esemplare il mero è lungo 9 mill., il carpo 5). Alla sua estre- 
mità anteriore, ove trovasi l’incavo articolare i suoi angoli sono ben 
sviluppati, distinti e dentiformi. Il carpo è molto breve, obconico, il 
suo bordo anteriore è alquanto sollevato e provvisto di una incisione 
triangolare. La mano è compressa ma coi margini arrotondati, le dita 
piegano in dentro, così che il bordo inferiore della mano non è retti- 
lineo, ma ricurvo, come in certi Harpéilius. La palma è un poco più 
lunga delle dita (mill. 9,5 e 9). Le dita combaciano e portano peli 
sparsi e lunghi sulla superficie esterna, e peli brevi fascicolati ir ciuffi 
lungo il margine prensorio. Questo offre 3-4 denti e poi una linea sa- 
liente di colore corneo, fino all’apice. Gli apici si incrociano legger- 
‘mente. 

Cano non diede una descrizione del secondo paio di pereopodi limi- 
tandosi a dire che essi « presentano presso a poco lo stesso modo di 
«conformazione del B. Audouinii ». Tale è realmente presso a poco il 
caso nell’esemplare e nella figura di Lucas, ma non è affatto il caso 
colla figura di Cano che rappresenta invece delle zampe come quelle 
di Br. Savignyi Bate, specie figurata da Bare sulla stessa tavola 
-dell’Audouini, ma distintissima. Tenendo però conto delle numerose 
inesattezze della figura, nel rostro, nella antenna, nei dattilopoditi, nel 
primo paio di zampe che inducono a far poco affidamento sulla figura 
stessa, credo che per la concordanza di tutti gli altri caratteri, e per 
la rassomiglianza reale colle zampe di Audowvini, le zampe del secondo 
paio fossero nell’esemplare del Golfo di Napoli come in questo dì Si- 
cilia e in quello dell’Algeria figurato dal Lucas, a meno che coll’età la. 
forma delle zampe non cambì. 

Le zampe delle paia seguenti sono slanciate e mediocri. Il propodite 
porta inferiormente 5-7 spinule. Il dattilopodite è armato di 2 ungui- 


CoA 


coli, dei quali quello inferiore è più breve e più stretto di quello 
superiore, ma pur sempre forte e visibile ad occhio nudo. Questo ca- 
rattere è ben rappresentato nella figura 4) di Lucas, mentre è erroneo. 
nella figura di Cano. Ù 

Il telson corrisponde alla figura di Lucas, san Sena la punta è acuta, 
mentre in detta figura è arrotondata, perchè assai probabilmente l’e-- 
semplare figurato era guasto. La punta è fiancheggiata da due spine 
per parte; delle quali l’interna è molto più lunga dell’esterna. Il dorso 
del telson porta due paia di spinule. 

La colorazione caratteristica con punticini rossi descritta da Lucas. 
è ancora visibile nell’esemplare di Sicilia conservato in formol. 

Il genere Brachycarpus fondato da BaTE per due specie: B. Audouini 
della Nuova Zelanda e B. Savignyi di Bermuda, è difficile a distin- 
guere da Palaemon. Se esso si differenzia nettamente da Leander 
per la sua spina epatica, si accosta d’altra parte per questo stesso. 
carattere a Palaemon, benchè la spina epatica sia collocata più in 
basso. Il carattere del doppio unguicolo ai dattilopoditi non è costante. 
nel genere, perchè se esso si riscontra in Br. Savignyi e biunguicu- 
Zatus non si ritrova in Audoviniî. Complessivamente però queste forme 
possono essere separate genericamente da Palaemon (1) per la loro 
vita marina, pel carpo del secondo paio di zampe breve, e per queste 
zampe stesse liscie, inermi e conformate su un tipo che ricorda più 
i Pontoniidi che i Palaemon di acqua dolce. 

G. Cano nel lavoro citato include nel genere Brackycarpus anche 
Palaemon Beauprésii e P. Petitthouarsii di Aupovin. Ciò è assoluta- 
mente erroneo perchè Palaemon Beaupresti è un Harpilius: P. Petît- 
Ihnouarsii è una Periclimenes ed entrambi appartengono alla famiglia. 
dei Pontoniidi. 


(1) Prendendo questo nome nel senso della maggior parte degli autori. Io. 
non posso accordarmi con quelli che trasferiscono il nome di Palaemon a 
Leander, e sostituiscono Bythinis a Palaemon, prima perchè le ragioni per 
questo cambiamento non mi sembrano assolute, e poi perchè Bythinis man- 
cante di spina epatica e branchiostegale parmi avere ugual valore generico 
che Paluemnon con spina epatica e senza spina branchiostegale e Leander senza. 
spina epatica e con spina branchiostegale. 


2175 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


JU i 202, \5U% 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


ver XX 


Pseudoscorpions from Italy and Southern France 
conserved in the R., Museo Zoologico in Torino 


By Epv. ELLINGSEN, Kragerò (Norway). 


The Pseudoscorpions described or only enumerated below have 
been collected for the most part by Dr. E. Festa and Dr. A. Borelli 
in some localities in Italy and in a single locality in Frarce, Vernet- 
les-Bains (Pyr. Or.). The principal Italian localities are: Colle delle 
Finestre, Boves, Grotta di Bossea and Colle Chapus (Alpe Marittime), 
all of them in the province of Cuneo, Piemonte. 


Chelifer cimicoides Fahbr. 


France: Vernet-les-Bains 2 specimens (Dr. A. Borelli). 


Chelifer lacertosus L. Koch. 


Length : 2,4 mm. 

Measurements :‘cephalothorax: long. 0,80; lat.:0,80; lat. 0,80 behind. 
Femur: long. 0,61; lat. 0,27. Tibia: long. 0,54 (stalk excepted 0,41); 
lat. 0,35. Hand.: long. 0,51; lat. 0,40. Fingers: long. 0,54 mm. 

Italy: San Sebastiano near Tortona in Piemont 6 specimens (Mr. 
della Beffa). 


Chelifer cancroides L. 


Italy, Piemont: San Sebastiano near Tortona 3 specimens (Mr. della 
Beffa); Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 specimen. 


Chelifer meridianus L. Koch. 


c: Length 3,1 mm; breadth 1,36 mm. 
Measurements.: .cephalothorax: long. 1,23; lat. 1,04 behind, 


Sua 


Femur: long. 1,17; lat. 0,32. Tibia: long. 0,96; lat. 0,37. 

Hand: long. 0,99; lat. 0,61. Fingers: long. 1,02 mm. 

g: Measurements: Femur: long. 1,10; lat. 0,29. Tibia: long. 0,80; 
lat. 0,37. Hand: long. 0,93; lat. 0,66. Fingers: long. 0,83 mm. 

Italy: Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 4 specimens. 


Chelifer subruber E. Simon. 


Length 2,2 mm. 

Measurements: cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,83 behind. Femur: 
long. 0,72; lat. 0,24. Tibia: long. 0,69; lat. 0,27. Hand: long. 0,64; 
lat. 0,34. Fingers: long. 0,59 mm. 

Italy: Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 specimen. 


Obisium Leach. 


Subgenus Obistum s. s., with 4 eyes. 


Obisium sylvaticum C. L. Koch. 


1837. Obisium sylvaticum C. L, Koch, Deutsch Crust. Myr. u. Arachn., 2 t.I. 
1843. » sylvaticum C. L. Koch, Die Arachniden, X, p. 61, f. 794, 795. 
1873. > sylvaticum C. L, Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 59. 
ISTO.. sylvaticum C. L. Koch, Stecker, Chernet. Bòohmens, p. 15. 


1879. » carcinoides Hermann, E. Simon, Arachn, France, VII, p. 56, 
pl! rx, E 

1382. » sylvaticum C. L. Koch, Tòomoòsvary, Mag. faun. Alsk., p. 222, 
tab, LL, LI. 


1887. » carcinoides Hermann, Daday, Chern. ung. Nat. Mus., p. 187. 
1902. » sylvaticum C. L. Koch, Richters, Fauna Umg. Frankfurt, p.16. 
non: 1855. » sylvaticum Cc. L. Koch, Menge, Scheerensp., p. 26, tab. IV, f. 3. 
1892. » sylvaticum C. L. Koch, Cambridge, Brit. False-Scorp., p. 214, 
pi Bsif: 7: 


Two large eyes on each side, about ‘/, diameter from each other 
and the anterior one scarcely one diameter from the front margin. 

Cephalothorax and abdomen dark olivaceous brown, mandibles and 
palps dark reddish brown, legs pale reddish. 

Cephalothorax about as long as broad, nearly parallelsided, before 
the eyes a little narrower, front margin slightly convex, in the middle 
a little depressed and provided with a distinet tooth; smooth and 
glossy with dispersed, pointed hairs. 

Abdomen smooth and glossy with long, pointed hairs in rows a 
little before the hinder margins of the sclerites. 

Palps a little longer than the body, when the abdomen is contract- 


LEVI: ROS 


ed, slightly shagreened on some parts of coxa, trochanter, femur, 
tibia and hand, or smooth except the hand, always glossy. The hairs 
of femur are a little longer on the inner side than on the outer side; 
the other hairs of the palps about of equal length. — Trochanter with 
a very short stalk, very little longer than broad, the inner side ra- 
ther strongly convex, the outer side with a low tubercle about in the 
middle. Femur long, about 1 ‘/, times as long as cephalothorax, no dis- 
tinct stalk, gradually widening from the base to the extremity, the 
inner side very slightly convex in the greater central part, the outer 
side nearly straight, only a little rounded at the base and the extre- 
mity. Tibia with a distincet stalk, much shorter than femur, the outer 
side slightly and rather regularly convex, the inner side somewhat 
abruptly widened from the stalk and then very slightly convex; the 
membrane passing about '/, backwards, the stalk excepted. Hand dis- 
tinctly stalked, from somewhat oblique base on the outer side mode- 
rately convex, on the inner side considerably more strongly so, about 
as long as tibia. Fingers very little curved, about as long as hand, 
on the inner margins with numerous, small teeth, sitting close to- 
gether; on the fixed finger these teeth are acute and triangular, of 
equal height, on the moveable one they are also uniform, but low and 
truncated. 

Mandibles very robust, the moveable finger with a very strong, 
rounded tubercle at the rounding of the point. 

Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two 
posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at the 
outer corner with a strong, dark point, the median corner rounded 
with some very small teeth. The claws simple. 

Length ca. 3 mm., but abdomen is much contracted. 

Measurements: Cephalothorax: long. 0,96; lat. 0,96. Femur: long. 
1,28; lat. 0,20. Tibia: long. 0,98; lat. 0,37. Hand: long. 1,09; lat. 0,61. 
Fingers: long. 1,06 mm. 

Italy: Pado la Cadore 2 specimens (Dr. Festa). 


Obisium dumicola C. L. Koch. 


1837. Obisium dumicola C. L. Koch, Deutschl. Crust., Myr. u. Arachn., 2 t. I. 
1843. » dumicola C. L. Koch, Die Arachniden, X, p. 64, f. 797. 

1873. » dumicola C. L. Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 62. 
1879. » dumicola C. L. Koch, E. Simon, Arac. Fr., VII, p. 55, pl. x1x, £.9. 


1882.» dumicola C. L. Koch, Tomòsvary, Mag. faun. Alskorp., p. 226, 
tab. Iv, f. 4. 
21882. » carcinoides Hermann, Tòmoòsvary, Mag. faun. Alskorp. p. 232, 
* tab, 1v; fia) 


1887, » dumicola C, L. Koch, Daday, Chern. ung. Nat. Mus., p. 187, 


eg glo 


Two eyes on each side, scarcely ‘/, diameter from each other, the 
anterior one scarcely one diameter from the front margin. 

Cephalothorax and abdomen dark olivaceous brown, palps pale red- 
dish with the fingers a little darker, legs greyish white. 

Cephalothorax a little longer than wide, nearly parallelsided, before 
the eyes a little narrower, front margin slightly convex, in the middle 
with a small tooth; smooth and glossy with dispersed, pointed hairs. 

Abdomen smooth and glossy with long and pointed haîrs along the 
hinder margins of the sclerites. 

Palps a little longer than the body, when abdomen is contracted, 
smooth and glossy, except the hand, this being very slightly sha- 
greened. Femur with longer hairs on the inner side than on the outer 
side, the other parts of the palps with rather equal hairs. — Tro- 
chanter with a short stalk, a little longer than broad, the inner side 
slightly convex, the outer side with a low tubercle about in the middle. 
Femur with a short, but distinct stalk, about 1 '*/, as long as cephalo- 
thorax, nearly parallelsided, somewhat curvated upwards în the central 
part, the inner side being slightly convex in the ‘middle, the outer 
side slightly concave. Tibia with a distinct and robust stalk, some- 
what shorter than femur, the outer side moderately and ‘regularlv 
convex, the inner side strongly and abruptly widened from ‘the stalk, 
the greater central part being nearly straight; the membrane passes 
nearly midway backwards, the stalk excepted. Hand with a short 
stalk, from somewhat oblique base on the outer side slightly convex, 
on:the inner side very strongly so, gradually passing into the fingers. 
These are slightly curved, about as long as the hand, on the inner 
margins with numerous, small teeth, sitting close together, on the 
fixed finger these teeth are acute and triangular, of equal lieight, on 
the :moveable one they are also uniform, but low and truncated. 

Mandibles: the moveable finger with a strong, rounded tubercle at 
the rounding of the point. 

Legs moderately long. with pointed hairs. The femora of the two 
posterior pairs of legs broad. Coxa of the first pair of legs at the 
outer corner with a dark point, along the front margin and the rounded, 
mediane ‘corner with small teeth. Claws simple. 

Length ‘ca. 2;25 mm., ‘but abdomen was much. contracted. 

Measurements: Cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,609. Femur: long. 
0,96; lat.'0,24. Tibia: long. 0,64; lat. 0,32. «Hand: long. 0,80; lat. 0,48. 
Fingers: ‘long. 0,77 mm. 

Italy: Pado la Cadore 5 specimens (Dr. Festa). 


Obisium fuscimanum C. L. Koch. 


1843. Obisinm fuscimanum €. L. Koch, Die Arachniden, X, pi 63, f. 796. 
1873. » fuscimanum C. L. Koch, L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 60. 
1875. » fuscimanum C. L. Koch, Stecker, Chernet. Bihmens, p. 15. 


Two very large eves on each side, about ‘/, diameter from each 
other, the anterior one scarcely one diameter from the front margin. 

Cephalothorax, abdomen and hand of palps olivaceous brown, ce- 
phalothorax with a darker longitudinal band in the middle, palps (the 
hand excepted) and mandibles pale rosy, legs grevish white. 

Cephalothorax a little longer than broad, nearly parallelsided, be- 
fore the eyes a little narrower, the upper surface more strongly vaulted 
than usual, front margin slightly convex, in the central part some- 
what depressed, but without a tooth; smooth and glossy, with some 
dispersed, long and pointed hairs. 

Abdomen smooth and glossy with some long and pointed hairs 
along the hinder margins of the sclerites. 

Palps about as long as the body, when the abdomen îs contracted, 
smooth and glossy, except the hand, being slightly shagreened. The 
hairs of the inner side of femur somewhat longer than those of the 
outer side, the other hairs of the palps rather equal in length. — 
Trochanter with a short stalk, little longer than wide, the inner side 
convex, the outer side with a low tubercle near the extremity. Femur 
stalked, longer than cephalothorax, somewhat curved upwards and 
forwards, nearly parallelsided, behind somewhat widened from the 
stalk, the outer side distinetly concave, the inner side slightly convex. 
Tibia stalked, much shorter than femur, the outer side slightly and 
regularly convex, the inner side slightly and gradually widened from 
the stalk, the inner side being nearly straight; the membrane pas- 
sing about midway backwards, the stalk excepted. Hand with a short 
stalk, from somewhat oblique base on the outer side moderately convex, 
on the inner side very strongly so, a little longer than wide, gra- 
dually passing into the fingers. These are a little longer than the 
hand, very little curved or nearly straight, on the inner margin ot 
the fixed finger with robust, triangular, acute teeth, in the distal 
half alternately high and low, in the proximal half becoming lower 
and of more equal height; the teeth are not sitting close together, 
but separated from one another about as much as a tooth’s breadth, 
the proximal teeth, however, being somewhat nearer to each other. 
On the moveable finger the teeth of the distal one third part are very 
slender and pointed, of equal height and separated more than a tooth’s 
width from one another, proximally the teeth are growing lower and 
lower, more indistinct, at last quite vanishing. 


colli A 


iandibles: the moveable finger with a strong tubercle at the round- 
ing of'the point. 

Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two 
posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at 
the outer corner with a small, brown point; the inner corner is without 
a point, but is somewhat angular with some very small and fine teeth. 
Claws simple. 

Length ca. 2,6 mm., but abdomen is contracted. 

Measurements: Cephalothorax: long. 0,80; lat. 0,77. Femur: long. 
1,17; lat. 0,30. Tibia: long: 0,80; lat. 0,32. Hand: long. 0,80; lat. 0,64. 
Fingers: long. 1,00 mm, 

Italy: Pado la Cadore 2 specimens (Dr. Festa). 

According to the description of L. Koch, the hand is to be as long 
as wide and 3 times as broad as tibia, and the fingers as long as the 
hand. This does not agree with the specimens, described above, but 
I think, that these differences are too small to justify the making of 
a new ‘species. Eug. Simon has described an Italian species: Obi- 
sium Doderoi, with the hand coloured in the same manner as the 
above species; this is to have the coxa of the first pair of legs on 
the inner corner produced into a point and the hand « longe ovata » 
and smooth: certainly an allied species. — The most characteristic 
thing in the species, described above, besides the colour of the hand, 
is the construction of the teeth of the inner margins of the fingers 
of palps, different from that of all species of Obisium, known to me, 
but in this matter neither Koch nor Simon are mentioning anything. 


Obisium sublaeve E. Simon. 


91874. Obisium dolicodactylum Canestrini, Osserv. aracn , p. 229. 
' 1879. » sublaeve E. Simon, Arachn. France, VII, p. 60. 
? 1885. » dolicodactylum Canestrini, Chernet. italici, fasc. XIX, N. 5, t.5. 


Two large eyes on each side, about 4/, diameter from each other, 
the anterior one about one diameter from the front margin. 

Cephalothorax and the somites olivaceous brown, the tergites often 
‘very. dark, palps pale reddish, fingers a little darker, legs yellowish 
white. I 

Cephalothorax distinctly longer than broad, nearly parallelsided, 
before the eyes somewhat narrower, front margin slightly convex, in 
‘the middle somewhat depressed with a very distinct tooth; smooth 
and glossy with some dispersed, pointed hairs.' 

Abdomen smooth and glossy with partly very long and pointed hairs 
in rows, situated somewhat removed from the hinder margins of the 
sclerites. 


Palps about as long as the body, smooth and glossy, the hand 
may, however, be very minutely shagreened, especially on the upper 
surface, and the hairs are situated, particulary on the femur, on rather 
distinct granules. On femur and tibia the hairs of the inner side are 
considerably longer than those of the outer side, on the other articles 
they are almost equally long.  Trochanter with a very short stalk, a 
little longer than broad, the inner side distinctly convex, the outer 
side with a low tubercle near the extremity.  Femur a little longer 
than cephalothorax, with a very short stalk, nearly parallelsided, the 
central part slightly curved forwards and upwards, the inner side, 
accordingly, being slightly convex, the outer side sligtly concave. 
Tibia considerably shorter and scarcely broader than femur, distinctly 
stalked, the outer side slightly and regularly convex, the inner side 
a little widened from the stalk and then very slightly convex or 
nearly straight; the membrane passing about */, backwards. Hand 
with a very short stalk, from somewhat oblique base on the outer side 
very little convex, on the inner side strongly convex, almost gradually 
passing into the fingers. These are slender, slightly curved, much 
longer than the hand, on the inner margins with numerous, small teeth, 
sitting close together, on the fixed finger acute and triangular of equal 
height, sometimes, however, with some few higher ones, irregularly 
dispersed; on the moveable finger the teeth are uniform, low and 
truncated. 

Mandibles robust, the moveable finger a little thickened at the 
rounding of the point. 

Legs moderately long, with pointed hairs. The femora of the two 
posterior pairs of legs very broad. Coxa of the first pair of legs at 
the outer corner with a dark, sometimes very long, point, at the inner 
corner with a smaller, but distinct, pale point. Claws simple. 

Length of the largest specimen 3,5 mm., but the abdomen was much 
contracted. 

Measurements: Cephalothorax: long. 1,09; lat. 0,80. Femur: long, 
1,12; lat. 0,26. Tibia: long. 0,80; lat. 0,30. Hand: long. 0,83; lat. 0, 
Fingers: long. 1,25 mm. 

Italy: Colle delle Finestre 15 specimens; Colle Chapus 2 specimens; 
Rapallo (Liguria) 1 specimen; Torre d’Ovarda (valle di Lanzo) 1 spe- 
cimen. France: Vernet-les-Bains 3 specimens (Dr. A. Borelli). 

It is possible, that E. Simon’s 0. sublaeve may be identic with 
Canestrini’s 0. dolicodactylum, what Canestrini himself is thinking, 
and then the last name would have the priority. The above specimens 
are, however, agreeing more with Simon’s description than with the 
description, which Canestrini has given of his species, this having 
the fingers still longer, nor does Canestrini mention the little tooth 


s- g as 


at the inner coriùer of the coxa of the first pair of legs, a charaete- 
ristic feature of a small group of Obisium. 

The specimens from France are somewhat questionable; they are 
very small and young; the tooth of the inner corner of the coxa of 
the first pair of legs is very minute or nearly absent, but they are, 
notwithstanding, probably young ones of this species. 


Subgenus Roncus with 2 eyes. 


Gbisium lubricum L. Koch. 


1873. Roncus lubricus L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 44. 

1875. | » lubricus L. Koch, Steeker, Chern. Bòhmens, p. 12. 

1879. Obisium Cambridgei L. Koch, E. Simon, Arachn. France, VII, p. 64, 
pì. xvi, tf. 26. 

1884, Roncus lubricus L. Koch, Canestrini, Chernet. ital., fasc. X,N, 4, t. 4. 

1392. » lubricus L. Koch, Cambr., Brit. False-Scorp., p. 217, pl. B, t. 10. 

non:1882. » lubricus L. Koch, Tòomòsvaàry, Mag. faun. Alsk., p. 215, t. Ill, 

tf. 1-4. 


Two small eyes, one on each side, more diameters from the. front 
margin. 

Cephalothorax and palps reddish brown, tergites and sternites oli- 
vaceous brown, the upper and lower surface of abdomen with numerous 
whitish spots, giving a marmorated appearance, legs whitish. 

Vephalothorax distinetly longer than broad, somewhat broader 
behind than in the anterior part, the lateral margins slightly convex, 
‘tront margin somewhat convex, in the middle a little depressed with 
a rather strong tooth; smooth and glossy with dispersed, pointed hairs. 

Abdomen smooth and glossy, with very fine, transversal stripes, 
along the hinder margins of the sternites and tergites provided with 
-poiuved hairs. ‘The integument of the lateral surface between the 
upper and lower surface granulated. 

Palps about as long as the body, moderately robust, glossy. Tro- 
chanter minutely granulated before and above, the rest smooth; femur 
distinctly granulose on the anterior surface and most part of the upper 
surface; tibia minutely granulated on the inner surface; hand minutely 
granulated, except near the base; fingers smooth. ‘The hairs of the 
palps pointed, longer on the inner side than on the outer one. — Tro- 
chanter with a short stalk, a little longer than broad, the inner side 
slightly convex, behind with a small, low tubercle in the middle. 
‘Femur with distinet stalk, about 3 times as long as broad, about as 
long as cephalothorax, the inner side in the proximal half very slightly 


: 
sy 9 " 


coivex, in the distal half very slightly concave; or the whole innér 
side nearly straight, behind from the stalk gradually inereasing in 
width, the outer side nearly straight or even a little concave in the 
middle. Tibia with a long stalk, distinetly shorter than femur and 
a little broader, the stalk excepted somewhat longer than broad, the 
outer side regularly and strongly convex, the inner side somewhat 
swollen and convex near the base, towards the extremity somewhat 
attenuated, sometimes rather concave, the upper surface flattened, 
below strongly convex. Hand with a distinet stalk, from rounded base 
on the outer side moderately convex, on the inner side more strongly 
so. Fingers distinctly longer than hand, but somewhat differing in 
this respect in the different specimens, rather robust, distinctly curved, 
on the inner margins with numerous, minute teeth, sitting close t0- 
gether, on the fixed finger obliquely triangular, on the moveable one 
truncated. 

Mandibles: the moveable finger nearly twice as long as the trunk, 
measured laterally, with a very little conspicuous protuberance at 
the rounding of the point. 

Legs with pointed hairs. The femora of the two posterior pairs 
of legs, especially those of the last pair, much broader than those of 
the two anterior ones. Coxa of the first pair with a distinct, brown 
point at the outer corner. Claws simple. 

Length ca. 3,5 mm. 

Measurements: Cephalothorax: long. 0,76; lat. 0,65. Femur: long. 
0,79; lat. 0,24. Tibia: long, 0;67 (thereof the stalk 0,12); lat. 0,31. 
Hand: long. 0,63; lat. 0,47. Fingers: long. 0,74 mm. One of the femora 
of the last pair of legs: long. 0,72; lat. 0,27 mm. 

Italy: Colle delle Finestre 15 specimens; Boves 1 specimen. France: 
Vernet-les-Bains 17 specimens (Dr. A. Borelli). 

The specimens from Vernet-les-Bains are very small, the tooth of 
the front margin of cephalothorax very minute, sometimes absent, the 
granulation of femur less strong and, particularly on the upper sur- 
face, less dense than in the animals from Italy. 5 


Subgenus: 5B/0//47us, no eyes. 


Obisium Torrei È. Simon. 
1881. Obisium (Blothrus) Torrei E. Simon, Deser. nouy: esp. d'Obisium, p. 299. 
No eyes. 
Colour: the whole animal pale yellowish. 
Cephalothorax nearly twice as long as broad, nearly ‘parallelsided, 


still a little wider in that region where the eyes, if present, should 
have been situated; in this place cephalothorax is a little swollen, and 
the hair, generally found near the eye in Obisium, is present; about 
at the middle of cephalothorax there is a distinet lateral contraction, 
and close before the hinder margin is found a very conspicuous, trans- 
versal, groovelike depression with still stronger, lateral contraction. 
The front margin is slightly convex, with no tooth in the middle; 
the surface of cephalothorax is somewhat glossy and nearly smooth 
with dispersed, rather strong, pointed hairs. 

Abdomen is dried up. 

Palps very long, smooth and glossy, except the inner side of femur, 
which is very dispersedly and very minutely granulose. The hairs 
of the palps are on the inner side somewhat longer than on the outer 
side. — Trochanter with a very short stalk, much longer than broad, 
the inner side slightly convex, the outer side nearly straight. Femur 
without a visible stalk, very slender, very slowly increasing in width 
from base to extremity, the inner side nearly straight, the outer side 
nearly straight too, only slightly convex next to the extremity. Tibia 
with a curved stalk, somewhat shorter than femur, from the stalk 
very slowly increasing in width in the proximal half, in the distal 
half widening somewhat more strongly, the inner side nearly straight, 
the outer side in the proximal half very slightly concave, towards 
the extremity slightly convex. Hand with a short stalk, about */, of 
the length of tibia and somewhat broader, the outer side nearly 
straight, the inner side slightly convex, in all rather equal in breadth 
throughout, very little attenuated towards the base. Fingers nearly 
twice as long as hand, somewhat curved, on the inner margins with 
numerous, minute, somewhat truncated, equal teeth. 

Mandibles: the moveable finger not swollen at the rounding of the 
point, somewhat longer than the trunk. pa 

., Legs long, with pointed hairs.  Coxa of the two anteriof pairs of 
legs with a small, brown point at the outer corner; the femora of the 
two posterier pairs of legs narrow. . Claws simple. 

Length: somewhat more than 3 mm., but abdomen is dried up and 
contracted. The width of abdomen seems to have been about equal 
to that of cephalothorax. 

Measurements: Cephalothorax: long. 1,31; lat. 0,72 (in the region 
where the eyes should have been). Trochanter: long. 0,80; lat. 0,24. 
Femur: long. 1,76; lat. near the extremity 0,24. Tibia: long. 1,60; lat. 
near the extremity 0,32. Hand: long. 1,07; lat. 0,40. Fingers: long. 
1,92 mm. 

Italy: Grotta di Bossea (prov. Cuneo) 1 specimen (Dr. A. Borelli). 

According to the description of E. Simon, the animal was to have 


eta 


the hand minutely shagreened, what I have not been able to find in 
the above specimen, but there is some minute and dispersed granula- 
tion on the inner side of femur. This is a very rare species, previously 
found only in the Grotta d’Oliero, near Bassano, in the North of Italy. 


Chthonius C. L. Koch. 


Subgenus ChMROnius s. s. with 4 eyes. 


Chthonius tenuis L. Koch. 


1873. Chthonius tenuis L. Koch, Darst. europ. Chern., p. 51. 

1875. » tenuis L. Koch, Stecker, Chernet. Bòhmens, p 14. 

1879. » tenuis L Koch, E. Simon. Arachn. France, VII, p. 72. 

1892. » tenuis L. Koch, Cambridge, Brit. False-Scorp.. p. 211, pl. A, f. 17. 


Two eyes on each side, the anterior one scarcely one diameter 
from the front margin, the posterior one a little more than a diameter 
from the former, still the distance may differ. The anterior eye is 
always developed with distinet cornea, the posterior eye is often in- 
distinct, sometimes even being covered by skin, distinctly shagreened 
like the rest of the surface of cephalothorax, there is, however, always 
seen a shining spot. 

Colour: on larger specimens cephalothorax and the somites of ab- 
domen are dark brown, palps more palish brown, uniformly coloured, 
on smaller specimens cephalothorax and somites are often olivaceous 
brown and the hand of the palps darker than the rest of the palps. 
Abdomen has often numerous, round, whitish spots. 

Cephalothorax: length about equal to breadth in front, somewhat 
attenuated backwards with the lateral margins a little convex, the 
proportional between the width in front and behind being about 1,3 
(this proportional in a specimen of Chth. Rayi being ca. 1,5), front 
margin nearly straight, only a little rounded at the lateral corners, 
the central part straight and provided with numerous, minute teeth; 
minutely shagreened and glossy. The hairs strong, pointed, situated 
especially along the front and the lateral margins. 

Abdomen: tergites and sternites distinctly and transversally striped, 
glossy, with hairs like those of cephalothorax. 

Palps glossy, shagreened above and below, excepting trochanter 
and the lower surface of femur, being smooth; the inner side of femur 
provided with long hairs, the outer side with shorter ones, the other 
hairs of the palps about equal. — Trochanter with a very short stalk, 
the inner side strongly convex, the outer side very concave. Femur 


— a 


considerably longer than cephalothorax, with a distinet, but short 
concavity on the inner side near the base, nearly equal in width, only 
a little enlargened, especially on the outer side, next to the extremity. 
Tibia in the shape of an oblique chalice, on the upper surface with 
a fine, dark stripe. Hand on the inner-lower side somewhat widened 
at a little distance from the stalk, the base, in general, being roundish, 
the inner and outer sides nearly straight or very slightly convex, 
obliquely attenuating towards the fingers. ‘These are much longer 
than the hand, very slender, seen from above quite straight, but looked 
at laterally, the moveable finger is slightly convex and the fixed finger 
slightly curved like a '—, both of them strongly curved towards each 
other in the extremity; the fixed finger may sometimes be a little 
longer than the moveable one; the fixed finger has on the inner margin 
a row of teeth, separated from each other, acute, obliquely triangular, 
decreasing in height and regularity towards the base; the teeth of 
the moveable finger are much lower, more oblique, more inclining 
backwards and gradually vanishing in the basal half. 

Mandibles above distinctly shagreened (nearly granulated), the 
moveable finger a little shorter than the trunk, with a conspicuous 
tooth at the rounding of the point. 

Legs with numerous, pointed hairs. ‘he femora of the two po- 
sterior pairs of legs very broad. Claws simple. 

Length 2,3 mm. 

.  Measurements: cephalothorax: long. 0,64; lat. in front 0,64, behind 
0,48. Mandibles: 0,64. Femur: long. 1,04; lat. 0,19. Tibia: long. 0,40; 
Jat. 0,22. Hand: long. 0,51; lat. 0,32. Fingers: long. 1,04 mm. 

Italy: Colle delle Finestre 28 specimens; Boves 8 specimens (Dr. 

A. Borelli). 


Chthonius Rayî L. Koch. 


Italy: Colle delle Finestre 1 specimen (Dr. A. Borelli); Bari 1 spe- 
cimen (Dr. Cognetti). 


Chthonius tetrachelatus Preyssler. 


Italy: San Sebastiano near Tortona 1 specimen, taken in a cave 
(Mr. della Beffa). 


[III PI E II NE STTS 


=.13 + 


BIBLIOGRAPHY 


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Dorset Nat. Hist. & Field Club. Vol. XIII. 

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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia «ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Vor. XX 


N. SO4 pubblicato il 25 Luglio 1905 


Prof. Lorenzo CAMERANO 


Osservazioni intorno al CHORDODES FESTAE Camer. 


Il Chordodes Festae venne da me descritto nel 1897 (1) soltanto sopra 
alcuni esemplari maschi raccolti dal dott. E. Festa a Cuenca nell’E- 
cuador. 

Recentemente il Museo Zoologico di Torino ha ricevuto parecchi 
Gordii maschi e femmine stati raccolti a Merida nel Venezuela che 
appartendo alla specie sopra indicata mi concedono di completarne la 
descrizione. 

Maschi: Lungh. m. 0,084, largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,105, largh. 
m. 0,0005 — Lungh. m. 0,115, largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,145, 
largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,165, largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,170, 
largh. m. 0,001 — Lungh. m. 0,175, largh. m. 0,001. 

Femmine: Lungh. m. 0,210, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,230, 
largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,233, largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,245, 
largh. m. 0,0015 — Lungh. m. 0,295, largh. m. 0,0017. 

La colorazione di questi esemplari è in complesso più scura nei 
maschi che non nelle femmine; quantunque in tutti due i sessi si 
possano trovare esemplari brunicci chiari e bruno neri secondo il 
ben noto policroismo dei gordii. Nelle femmine l’estremità anteriore 
e l’estremità posteriore sono spiccatamente più chiare. Nei maschi 


si osserva la stessa cosa; ma in modo meno spiccato. Non vi è collare 
nero. 


(1) Boll. dei Mus. Zool. e Anat. Comp. di Torino, vol. XII, n. 293 (1897) 
confr. anche la mia « Monografia dei Gordii » Mem. R. Accad. Sc. Torino, 
Ser. II, vol. XLVII, 1897, pag. 386, tav. III, fig. 38. 


9 È è au dt 
4 y 4 3 ; d°° s 

I caratteri dello strato esterno della cuticola sono nei sopradetti 
individui maschi come in quelli tipici; varia tuttavia l’aspetto della 
cuticola stéssa secondo il grado più o meno inoltrato della chitiniz= 
zazione e del colore scuro di essa. 

Nelle femmine lo strato cuticolare esterno è foggiato sullo stesso 
piano di quello dei maschi. Ho osservato tuttavia che nelle areole 
mediane dei gruppi più scuri delle areole papillari si trovano; sopra- 
tutto lungo le linee longitudinali del corpo, dei ciufti di produzioni pi- 
liformi rifrangenti di lunghezza varia; talvolta anche notevolmente 
lunghi. i 

Tenendo conto del fatto che questa specie ‘venne trovata a Cuenca 
(Ecuador) e a Merida (Venezuela) si può supporre che essa sia sparsa 
nella porzione settentrionale della catena Andina. 


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Sanita Me 


2226 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


BOLLETTINO 


— Musei .di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N..3©O5 pubblicato il 25 Luglio 1905 Vor. XX 


Prof. Lorenzo CAMERANO 


-Gordii «dei Pirenei. 


Intorno ai Gordii dei Pirenei si hanno scarsissime notizie. A. Villot (1) 
‘attribuisce al Go? ‘dius subareolalus « un peloton d’individus males pro- 
“venant de Baréges (Hautes- Pyrénées) ». Nella sua « Revision des Gor- 
diens (2) cita gli stessi individui col nome di Gordius aquaticus Duj., 
avendo riconosciuto il suo Gordius subareolalus come sinonimo di 
questa seconda specie. 

Recentemente il dott. cav. Alfredo Bor elli in un viaggio fatto nel- 
l'estate del 1903 nel versante francese dei Pirenei raccolse parecchi 
esemplari di Gordii dei quali credo utile render conto. 


Gordius Villoti Rosa (3). 


Monttouis a:circa;1600 metri sul liyello del mare nel dipartimento 
dei Pirenei orientali. 

Il dott. Borelli raccolse in un ruscello 17 individui riuniti insieme 
a gomitolo. Di essi 6 sono femmine e 11 maschi. 

Le dimensioni delle femmine variano da m. 0,170 a m. 0,300 per la 
lunghezza totale e da m. 0,0005 a m. 0,0007 per la lar ghezza massima. 
Le dimensioni dei maschi variano da m. 0,080 a m. 0,103 per la lun- 
ghezza totale. La larghezza massima è di m. 0,0005. L’inscurimento 
dello strato cuticolare esterno è più inoltrato nelle femmine che non 
nei maschi. 


(1) Monographie des Dragonneaux. Arch. de Zool. Exp. et Gener. III (1894). 

(2) Ann. Sc. Nat. Zool. 1886. 

(3) Per la sinonimia confr.: CAMERANO, < Monografia dei Gordii » Mem. R. 
Accad. Scienze di Torino, Ser. II, vol. 47 (1897). 


Gavarnie e contorni (1350 m. s. l. d. m. circa). 

Sette maschi ed una femmina. I maschi misurano nella lunghezza 
totale da ni 0,080 a m. 0,133 e in larghezza m. 0,0005; là femmina è 
lunga m. 0,105 e larga m. 0,0007. 

La forma neotenica areolata del Gordius Villoti Rosa (CAMERANO, 
Op. cit.) si trova pure nei Pirenei come risulta dalla indicazione sopra 
riferita del Villot; poichè il suo Gordius subareolatus corrisponde ap- 
punto ad essa. 


Parachordodes gemmatus (Villot). 


Port de Gavarnie o di Boucharo a 2282 metri circa di altezza sul 
livello del mare. 

Il dott. Borelli raccolse una femmina lunga m. 0,107 e colla largh. 
massima di m. 0,0006. 

I caratteri dello strato cuticolare esterno, quelli della forma generale 
del corpo e della estremità posteriore mi fanno riferire questo esem- 
plarve alla sopradetta specie descritta dal Villot sopra esemplari rac- 
colti nei contorni di Grenoble. 

Questa specie è fino ad ora poco conosciuta sopratutto per la sua 
distribuzione geografica. Come indicai nella mia monografia dei Gordii 
sopracitata, è molto probabile che il Gordiîus speciosus Janda di Gal- 
lizia sia da riferirsi al 2. genvnatus Villot. Questa specie pare si trovi 
pure nei monti Tatra. < 

Più tardi ho avuto occasione di esaminare alcuni esemplari raccolti 
a Ilsethal (Broken) che credo pure s si Ladebbapo riferire alla specie in 
questione. 

Probabilmente il P. gemmatus Villot. è specie che ‘ama le Regioni 
elevate e fredde della regione europea. 


vi 46 CANI 


2227 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


N 
su 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 506 pubblicato il 31 Luglio 1905 Vor. XX 


Dr. G. NOBILI 


Crostacei di Zanzibar. 


La fauna carcinologica dell’Africa Orientale e specialmente dello 
Zanzibar fu già oggetto di parecchi lavori speciali. Per limitarci al 
solo Zanzibar abbiamo i lavori di A. Milne EpwaRps (1), HILGENDORF (2), 
PEEFFER (3), ORTMANN (4) e Lenz (5), che ci danno molte nozioni sul 
carattere di questa fauna. Essa è tuttavia ben lungi dall’essere cono- 
sciuta interamente, e ne fa fede la piccola collezione che pubblico in 
questa nota, e che contiene oltre ad una specie nuova, parecchie forme 
non ancora segnalate nell'Africa Orientale. 

La collezione studiata fu riunita dal dott. CoLorni, sulla R. N. 
« Piemonte », e mi fu inviata in studio dal prof. C. PARONA, dell’Uni- 
versità di Genova, che vivamente ringrazio. 


(1) A. MiLne Epwarps. Description de quelques Crustacés nouveaue pro- 
venant des voyages de M. A. Grandidier à Zanzibar et à Madagascar. Nouv. 
Arch. Mus. IV, 1868. 

(2) HiLceNDORF, F. M. Decken's Reise in Ost- Afrika, Crustaceen. 1869. — 
Id. Land-und sùsswasser Dekapoden Deutsch-Ost-Afrika’s, 1898. 

(3) PreFFER, G. Uedersicht der von Herrn Dr. F. Stuhtmann in Aegypten, 
auf Zanzibar und dem gegenvberliegende Festlande gesammelte Repteilien, 
Amphibien, Fische, Mollusken und Krebse. Mitt. Mus. Hamburg VI, 1889. 

(4) ORTMANN, A. E. R. Ssmon’s Forschungsreisen, Crustaceen, Denkschr. 


Jena VIII. 
(5) Lenz, Ostafrikanische Dekapoden und Stomatopoden. Abh. Senck. Ges. 


XXVII, 1905. 


DECCA PODA 


Natantia. 
1. Alpheus ventrosus Edw. 


Cfr. Couriire in GARDINER, Fauna Geog. Mald. Laccad. Archip. Alpheidae, 
1905, p. 882. 
- Alpheus laevis Rand. LENZ Abh. Senckenb. Ges. XXVII, 1905, p. 384. 


‘Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio. 


2. Latreutes Paronae nov. Sp. 


Isola di Zanzibar. Alla costa. Una femmina. 

Questa specie si distingue da tutti gli altri Latreutes conosciuti (1) 
pel rostro unidentato, e di forma molto caratteristica. 

Il carapace è peloso, con due gibbosità dorsali, l’una corrispondente al 
secondo dente dorsale che v’ha in molti Latreutes, l’altra smmediata- 
mente dietro al rostro, in corrispondenza del primo dente dorsale, ma 
assai più grossa che un semplice rudimento di questo dente. Da questa 
gibbosità scende la cresta dorsale del rostro. Questo visto dal disopra 
rassomiglia stranamente a quello di un A/ya. Esso è diretto alquanto in 
basso, e porta poco prima della punta (che è rivolta in avanti e al- 
quanto in alto) un piccolo dente ottuso. Lateralmente il rostro è munito 
di due carene robustissime che cominciano sopra la base degli occhi 
e terminano al dente; il rostro quindi esaminato dal disopra ha un 
aspetto triangolare come nell’Atya motuccensis. La 
porzione del rostro collocata al disotto delle carene TSI 
è assai più larga di quella superiore; è convessa è AD 
priva di lenti. Gli occhi sono in parte coperti dalla , notre Sanza 
larga dii:tazione delle carene laterali del rostro. Lo scafocerite è lan- 
ceolato :.cuto. Vi è una piccola spina oculare ed una antennale più 
grossa. Da questa parte una robusta carena che decorre fino quasi 
al margine posteriore del carapace. 

L'ultimo articolo dei maxillipedi esterni porta cinque spine all’apice, 
delle quali tre più lunghe mediane e due laterali brevi; i suoi mar- 
gini sono denticolati. 

Tutti î pereopodi sono assai brevi ma piuttosto grossi, eccetto il 
secondo paio. Il secondo articolo del carpo del secondo paio di pereopodi 
è lungo un poco meno della somma della lunghezza del primo e del 
terzo che sono uguali. Il terzo articolo porta una spina all’apice. Le 


(1) V. tavola delle specie in DOFLEIN, Ostasiatische Dekapoden, Abh. k. bayer. 
Akad. d. Wiss. XXI, I, 1900, p. 637. - 


e 


zampe hanno ciuffi di peli fascicolati. Nelle zampe ambulatorie il mero 
è quasi triangolare con una breve spina all’estremità distale, e minute 
spinule (mobili?) sul bordo superiore. Il carpo è brevissimo È) presenta 
all'apice una grossa sporgenza che si adagia sul propodite. Il propodite 
porta inferiormente delle spinule mobili. Il dattilopodite, è Iriungui- 
colato, ma gli unguicoli non sono distribuiti in serie lineare decre- 
scente come negli altri Latrentes ma disposte una all’apicé, le altre 
due posteriormente l’una a fianco dell’altra sullo stesso piano. 

I segmenti addominali sono solcati. Il telson è lungo quanto le ap- 
pendici laterali; la sua punta è triangolare, fiancheggiata da due spine 
laterali lunghe e da due altre brevissime. 

Reptantia. 
3. Seyllarus Martensii Pfeffor. 


P:ErFeR, Verh. Naturw. Ver. Hamburg 1880 (1881), p. 48; Nopitay Roll. 
Mus. Torino, XVIII, n. 455, p. 12. vb . 
Arcetus Martensii OatMaNN, Zool. Jahrb. Syst. VI, 1891, p. 44. 
Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio e una femmina. 
Questi esemplari corrispondono bene alla descrizione di PrEFFER 
completata da Ortmann. L’esemplare maschio, lungo mill. 21, presenta 
‘distinto anche il primo dente della serie mediana del carapace, il che 
“non si osserva nella femmina. e 
Questa specie è nota solo del Giappone e di Singapore. } i gi 


4. Polyonyx triunguiculatus Zehntn. 
P. acultifrons De Man, Zool. Jahrb. Syst. IX; p. 384, fig. 49. Abh. Senck. 


Ges XXV, 1902, p. 709. 
P. triunguiculatus ZrANrNER, Rev. Suisse Zool. II, 1894, p. 185. 4 


Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Una femmina ovigera. 


5. Galathea afffimis Ortm. 


— OaTtMann, Zool. Jahrb. Syst. VI, 1892, p. 252, taf. 11, fig. 9; BORRADAILE, 
\Willey?s Res. IV, 1899, p. 421; De Man, Abh. Senck. Ges. XXV, 1902,. p, 711. 

Isola di Zanzibar. Alla costa. Un esemplare. 

Hab.: Isole Figi (OrrMann); Isole della Lealtà (BorRaDAILE); Ternate 
(DE MAN). i dec 

6. $Spiropagurus spirizer (Dè Haan). 

Pagurus spiriger De Hian, F. Jap. Crnst. 1849, p. 206, tab. 49, fig. 2. 

Spiropagurus spiriger Srimpson, Proc. Acad: N. Sc. Philadelphia, 1858, 
‘p. 248; HenpEgson, Chall. Anom., ‘1888, p. 72; OrtMANN, Zool. Jahrb: Syst. 
VI, 1891-1892, p. 297; ALCOCK, Cat. Ind. Pag. 1905, p. 118 (ubi SYN.):; OI 
Boll. Mus. tend XVIII, 1903, no. 455, p. 22. si 


Dragaggio nella rada di Zanzibar. Due femmine. 


> È 


7. Pagurus tinctor (Forsk ). 


Vancer tincltor ForskaL, Descr. anim. etc., p. 93. 

Pagurus waripes HELLER, SB. Akad. Wien. XLTV, 1861, p. 244, taf. 1, fig. 1 
e taf.‘2, fig, 2, 3° ALCOCK, 1. ci, p. 90, pi. 1x, Bee T. 

Pagurus tinctor NoBiLi, Bulletin Scient. Fr. et Belg. XL, 1905. 

Rada di Zanzibar. Un maschio. 

Nel citato lavoro, ora in corso di stampa, ho stabilito l’identità di 
P. varipes Hell. con Cancer tinctor Forsk. 


8. Dromidia unidentata Ripp. 


KipPPELL, Beschr. 24 Krabb. roth. Meer, 1830, p. 16, taf. 4, fig. 2; MILNE 
Epwarps, H. H. N. Cr. II, 1837, p. 178; KossMmann, Zool. Ergebn. roth. Meer, 
2, 1880, p. 67; DE Man, Journ. Linn. Soc. XXII, 1888, p. 207, pl. 14, fig. 4-5; 
ORrTMANN, Denkschr. Med. Nat. Ges. Jena, 1894, p. 34; ALCOCK, J. A. S$. B., 
v. 68, 1899, p. 139 e Cat, Ind. Crust. I. 1, 1901, p. 47, pl. 2, fig. 6; NogiLI, 
Boll. Mus. Torino 1903, no. 455, p. 23. 

Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina lunga mm. 25 
e larga mm. 24,5. 

Questo esemplare, come quello di Singapore da me già elencato, per 
la forma dei denti frontali più diretti in avanti, più lunghi e più acuti, 
corrisponde alla forma delle isole Mergui che RioaTERs e De MAN con- 
siderano varietà locale, mentre la curvatura del margine è intermedia 
fra la forma tipica (della quale ho veduto esemplari del Mar Rosso) 
e la figura di DE Man. 


9. Calappa hepatica (Linn.). 


Cfr. Arcock, J, A. S. B. LXV, 1896, p. 146; LENz, l. cit,, p. 346, 
Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina. 


10. Calappa gallus (Herbst.). 


MiLne Epwarps H. N. Cr. 2, p. 105; BrITo CapELLO, Jorn. Sc. Lisboa III, 
1870 71, p. 133, tav. II. f. 4 e 14; ALCcOcK, l. cit., p. 146; LENZz, l. eit., p. 346. 
Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Una femmina larga mill. 60, 
lunga mill. 45. 
11, Leucosia signata Paulson, 


Leucosia urania var. signata PauLSON, Isljedov. Rakoobrazn, Krasn. Mor., 
Kiew. 1875, p. 76, tav. 10, fig, 1-lc. 

Leueosia fuscomaculata Migrs, Trans. Linn, Soc. (2) vol, I, 1876, p. 238, 
pl. 38, fig. 1. 

Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto alle pietre. Un maschio. 

Dragaggio nella Rada di Zanzibar, Una femmina, 


— fp — 


Questa specie venne deseritta la prima volta nell’anno 1875 nell’o- 
pera del Pauksov, Ricerche sui Crostacei del Mar Rosso. Quest'opera, 
sj& perchè interamente scritta ìn russo; senza neppure una diagnosi 
in altra lingua più accessibile, sia perchè stampata a parte; a cura 
dell’Università di Kieff, in soli 100 esemplari, rimase assai poco co- 
nosciuta, e parecchie specie in essa benissimo descritte e figurate, 
furono più tardi descritte come nuove da altri autori, come stabilirò 
in un prossimo lavoro sulla careinologia del Mar Rosso. Grazie alla 
cortesia del Rev, T. R. R. SFEBBING; ho potuto consultare a tutto mio 
agio questa rara opera, identificando così molte specie rimaste ignote, 
o note sotto un nome di data posteriore. Una di queste è la presente 
Leucosia signata che PauLson descrisse nel 1875 e che venne Vanno 
seguente descritta da Mrgers eol nome di L. fuscomaculata su esem- 
plari del Golfo di Suez. 

Data la rarità dell’opera; che non esiste più in commercio, credo 
opportuno tradurne la descrizione originale: 

« Margine frontale arrotondato (meno sporgente in avanti che nella 
figura). Parte posteriore del margine laterale liscia; senza gramuti (1). 
Sulla parte anteriore del carapace trovasi una figura a M; all’indietro 
delle macchie eircolari. Il seno toracico giunge fino alla regione epa- 
tiea; nel suo margine inferiore trovansi tre granuli; poi questo mar- 
gine, per una certa distanza, è liscio, ma poi si osservano ancora 
piccoli granuli (2). Margine anteriore del canale espiratorio tortuoso; 
pettine arcuato provvisto nel mezzo e in avanti di una linea di peli. 

« Sulla superficie superiore del mero si osservano prima della base 
granuli depressi, ai quali seguono quattro granuli più grossi disposti 
in quadrato ; sul margine esterno i granuli deerescono verso la punta, 
poi scompaiono. Il margine inferiore è arrotondato e coperto di grossi 
granuli, numerosi specialmente alla base. Carpo e propodo lisci. Le 
zampe ambulatorie hanno fascie trasversali scure. Addome del maschio 
con 4 segmenti; segmenti 3-6 saldati; il sesto assai lungo. Superficie 
liscia. 

« Lunghezza 13,7, larghezza 7,5 ». 

Ho esaminato di questa specie; oltre a questi due esemplari, anche 
una serie proveniente da varie località del Mar Rosso (Beilul; Obock, 
Gibuti) del Museo di Torino e del Muséwm di Parigi. Questi esemplari 
offrono parecchie variazioni, sopratutto nel colore, ma concordano nei 
caratteri essenziali. 


(1) Nella figura i granuli arrivano fino ad oltre l’inserzione del terzo paio 
di pereopodi. G, N. 
(2) Queste granulazioni fanno propriamente parte del bordo epimerale, G. N 


cda 


Il fronte è triangolare, sporgente in avanti e leggermente reclinato 
in basso, superiormente depresso e leggerissimamente concavo. I mar-i 
gini postero4aterali del carapace sono distintamente granulati fin 
sopra l’inserzione del penultimo paio di zampe. I margini epimerali 
sono granulati fino al seno toracico. I chelipedi si accordano colla 
descrizione di PAULSON; bisogna però notare che il margine esterno o. 
superiore della mano è distintamente carenato, e che verso il bordo 
inferiore essa porta una linea granulare continua; questi caratteri non 
descritti da PauLson; risultano ‘invece nélla sua figura. È quasi su- 
perfluo far notare che i quattro granuli disposti in quadrato sul braccio 
non sono sempre così regolarmente disposti; anzi nella stessa figura 
originale i granuli nella parte prossimale della faccia superiore del 
mero sono disposti irregolarmente, come sempre avviene nelle Leucosie. 
La palma è lunga quanto le dita. Queste si toccano all'estremità sol- 
tanto. Il carpo porta dalla sua parte interna una linea di CHER ana- 
loga a quella della mano. Ugo 

Il senò toracico è fortemente definito in avanti dall’estremità arro- 
tondata della regione pterigostomica; dei due rami dell’Y quellò in- 
‘terno è assai più'breve dell’esterno. L’asta dell’ Y è formata ‘da 3-4 
grossi granuli petaloidei, talora seguiti da un granulo più piccolo. In 
questi. due esemplari i granuli soné in numero di 4-4 nella femmina, 
e 3-3 nel maschio. Poco oltre il seno toracico cominciano le minute 
granulazioni del bordo’ siii alle quali allude PaULSON nella de- 
‘sérizione. 

‘ L’ischiognatite è fortemente convesso, armato d’un dente all'apice, 
@ percorso da una linea pelosa nella femmina e liscio nel maschio. 

| L’addome in questo esemplare maschio, che è largo solo 9 mill., non 
ha tubercolo' sul sesto se&mento; ma il tubercolo è ben visibile negli 
esemplari assai più grossi del Mar Rosso. Un fatto interessante è il 
‘formarsi negli adulti di una sutura completa fra il sesto segmento ed 
il quinto (0 fra il 6° ed îl 5° saldati insieme ed il 4°:?), mentre la su- 
tura è solo accennata superficialmente nei giovani. 

La colorazione, quando è completa, è identica a quella descritta da 
‘PauLsonN. Una fascia nerastrà 0 bruna, irregolare ‘e ondulata, parte dal 

margine latero-posteriore, ‘risale fin quasi all’altezza della regione 
lepaltica ‘@ si. ripiega tre volte passando al punto simmetrico dal- 
iPaltro lato e'disegnando così la figura di una M. Nella parte posteriore 
del carapace, ai lati della zona cardiaco-intestinale vi sono due maé- 
chie simmetriche brune. Spesso però la fascia ad M è interrotta in 
molti punti, ed allora il carapace appare irregolarmente macchiato di 
“bruno, 'éome ‘nella figurà di L. fuscomaculata Miérs, in cui ‘ solo lan- 
golo delle pe hranche IPEMENTO dell’ M rimane. 


Pa Ss 


uu 


La L. fuscomaculata Miers, anche del Mar Rosso, è identica a questa 
specie. ed ha pure le mani esternamente carenate, carattere non de- 
scritto ma figurato da MIERS. 

‘La L. signata; benchè descritta da PAULSON come pe della SA 
urania, non ha alcuna affinità colla urania di HerBsT' (Cfr. ALcock, 
I. cit; p: 220). Essa è piuttosto assai affine a L. pallida Bell..(che se- 
condo DE Man è identica a L. perlata De Haan) e a L. Whitmeei Miers. 
La L. pallida concorda con. signata per la maggior parte dei caratteri, 
ma ne differisce pel fronte tridentato e più concavo dorsalmente, per: 
un maggior numero di granuli nel seno toracico, che sono anche di- 
versamente conformati, e per gli angoli del.margine posteriore del cara- 
pace dentiformi, mentre sono arrotondati nella L. signata. L. Whitmeei 
ha, come L. signata, pochi tubercoli fungiformi, petaloidei (2-3) nel 
seno toracico, ma il margine anteriore del seno è granulato, la palma 
è lunga quasi il doppio delle dita, e il margine postero-laterale è bre- 
vissimo. 


I due esemplari di Zanzibar hanno le dimensioni seguenti : 


o È; 
Lunghezza del carapace .. ..‘. mm. 10 20 


Larghezza >» » do 9 18 


[fto di | 12. Notopus eg (Fab.). 
De Haan, F. Jap. Crust. p. 139, tab. 35; f. 5; SrupEr, Abh. Akad. Berlin 
1882 (1883), p. 17, taf. 1, fig. 6406 e Ta-d; AA l. cit; p. 290. 


Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio largo mm. 5,5, lungo 7,5. 


Abita il Giappone, Amboina, le Andamane, le coste del Malabar e 
Mauritius. 


13. Achaeus affimis Miers. 


Mrrrs, Zool. H. M, S. « Alert » 1884, p. 188; De Man, Arch. Naturg. 1887, 
p. 218; OgTMANN, Den! eschr. Med. Nat. Ges. Tai VIII, 1894, p. 37; ALcocK, 
J. A.:8. B.,, LXIV, 1895, p. 172; CaLman, Trans. Linn. Soc. (2) vi; 1900,; p. 35. 


Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Una femm. ovigera lunga mill. 4,5. 

Analogamente a quanto fecero osservare De MAN e ORTMANN, la re- 
gione cardiaca di questo esemplare presenta un terzo tubercolo collo- 
cato posteriormente ai due descritti da Mrers. È notevole che questo 
esemplare il quale: ha dimensioni appena metà di quello descritto da 
DE Man e‘appena un terzo del tipo, porta già le uova. 

Abita l'Australia; lo stretto di Torres, Giava e l'India. 


- I» 


14. Huenia Grandidieri A. M. E. 


A. Mitnè Epwards; Ann. Soc. Ent. Fr. (4) V, p. 143, pl. 4, fig. 2; ORTifanN, 
1. cit., p. 39; LENZ, l. cit., p. 342, taf. xLvII; fig. 2-26. 

Huernia pacifi‘a Mitrs, Ann. Mag. N. H. (5) tv; pi 5, 1879, pi. 4; fig. 3; 
Zool. Alert, 1884, p. 520, 

Dragaggio nella rada di Zanzibar. Un maschio lungo (eseltiso il rostro) 
mill. 10,5. 

Differisce dalla figura di Mirgs per avere il rostro più largo alla 
base e per le spine preoculari più piceole. L'angolo latero-posteriore 
del carapace è un poco meno marcatamente spiniforme ché nella figura, 
La raised rim formata dalla reflessione del plastrone sternale intorno 
al segmento terminale dell'addome è beni distinta; come lo è pure in 
un maschio di XY. proteus di Bombay. 


15. Menacthius monoceros (Lat.). 


Cfr. ALCOCK, l. cit., p. 197 (ubi syn.); Lenz, l. cit., p. 343. 

Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio a carapace 
quasi privo di tubercoli. 

Isola di Zanzibar. Una femmina. 


16. Hyastenus gracilirostris Miers. 


Miers, Ann. Mag. N. H. (5), 4; 1879, p. 12, pl. 4, f. 7; ALcocK, l. cit., p. 215. 

Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio lungo mm. 9 (escl. il rostro) 

Oltre alle spine descritte da Mrers, questo esemplare offre uma spi- 
nula uguale in grossezza alle tre della regione gastrica, collocata sulla 
regione cardiaca, prima della grossa spina caratteristica che sormonta 
questa regione. Fra la spina cardiaca e quella epibranchiale trovasi 
pure una minuta spinula; Ie chele appaiono più gracili che nella figura 
citata, e la porzione per cui le dita si trovano in contatto più lunga, 
e quindi il iato interdigitale più breve. 

Hab.: Isole Figi, India. 


17. Stenocionops cervicornis (Herbst.). 
Gobrit, Icoriog. R. Atm. Crust. pi. 8588; fis. 3; Mine Etwands, H. N. 
Cr., t. 1, p. 338; Atl. R. Anim. Cuvier, pl. 31, fig. 1. 
Isola di Zanzibar. Alla costa, a poco fondo. Un maschio. 


18. Micippa philyra (Herbst.). 
Cfr. ALcock, lL. cit.; ps 249 (ubi syn.)j Lenz, }. cita p. 345. 
Dragaggio nella Rada di Zanzibar: Una femmina giovane. 
Isola di Zanzibar. Alla costa; fra le pietre, Due femmine, 


SR 


19. Lambrus (Platylambras) prensor (Herbst.). 


Cfr. ALCOCK, 1. cit, p. 262 (#0: Ui/.); NoBrria, Boll. Mus. Torino, XVIII, 1903, 
n. 455, p. 28. 
L. tumidus LancHESsTER, Proc. Zool. Soc. 1900, p. 727, pl. 42, f 2. 


Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio giovane. 
Hab.: Mari Indiani. Singapore. 


20. Lambrus (Rbinolambrus) pelagicus Ripp. 


RiPPELL, Beschr. 24 Krabb. roth. Meer. 1830, p. 15, taf. 4, fig. 1; MiL\E 
Epbwarps, H. N. Cr. I, p. 355; Ortwann, Denkschr. Jena vi, p. 46; DE Ma», 
Zool. Jahrb. Syst. VIII, 1895, p. 494; ALCOCK, l. cit., p. 267. 

L. affinis A. MiLnE Ebwarps, Nouv. Arch. Mus. VIII, 1872, p. 261, pl. 14, f. 4. 


Isola idi Zanzibar. Alla costa. Un maschio. 


21, Lambrus (Aulacolambrus) curyispinis Miers. 


Miers, Ann. Mag. N. H. (5) Iv, 1879, p. 24; ALCOCK, l. cit. p. 274. 


Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio. 

Questo esemplare differisce da un altro delle isole Andamane del 
Museo di Torino, per avere le spine del margine interno della mano 
meno ricurve. 

Hab.: Mare di Giava. Isole Andamane. 


22. Lambrus (Aulacolambrus) pisoides Ad. Wh. 


AbAMS e WHITE, « Samarang » Crust., 1848, p. 28, pl. 5, fig. 4; ORTMANN, 
Denkschr. Jena, VIII, p. 47; Lenz, l. cit., p. 345. 
Aulacolambrus pisoides PauLSON, loc. cit., p. 9. 


Rada di Zanzibar. Una femmina. 
Hab.: Mar Rosso (PauLsoNn); Dar-es-Salaam (OrTMANN); Zanzibar Bawi 
(Lenz); Filippine (Apams e WHITE); Giappone (ORTMANN). 


23. Carpilius convexus (Forsk.). 
Cfr. ALcocx, J. A. S. B., LXVII, 1898, p. 80 (udî syn.); LENZ, l. cit., p. 347. 
Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio giovane. 


24. Etisodes electra (Herbst.). 
Ofr. ALcocx, l. cit., p. 133; LENZ, l. cit., p. 349. 
Isole di Zanzibar. Alla costa. Una femmina. Largh. mill. 16, Lungh. 
mill. 12. 
25. Etisus laevimanus Rand. 
Cfr. ALGOCK, ]. cit., p. 131. 
Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Un maschio. 


ir WD 


26. Actaea rufopunetata (Edw.). 


Xantho rufopunctatus H. Milne Epwarps, H. N. Cr. I, p. 389. "n 

Actaea rufopunctata A. Milne Epwarps, Nouv. Arch. Mus. I, 1865, p. 268, 
pl. xvi, fig. 1-1a; ALcock; l. cit., p. 142; Dr Man, Abh. Senckenb. Ges. 
XXV, 1902, p. 607. 

Cfr. anche De Man, N. Leyd. Mus. XIII, 1891, p.2- -4 (nella descrizione di 
A. rugata). 

Rada di Zanzibar. Sotto le pietre. Un maschio. Larghezza mill. 16, 
lungh. mill. 11. 
27, Actaea granulata (And.). 

AL Dese. Rgypte, Crust., pl. vi, fig. 4 (Cancer granulatus AUDOUIN 
Expl.). i ù 

Actaea granulata A. Mine Epwarps, l. cit., p. 275; ALCOCK, l. cit., p. 151 
(ubi syn.)j STEBBING, Mar. Inv. S. Afr. III, 1905, p. 30. 

Isola di Zanzibar. Alla sipio) a poco fondo. Un maschio largo mill. 24, 
lungo mill. 19. 

28. Actumnus setifer (De Haan).. 


A. MiLne Epwarps, l. cit., p. 287, pl. 15, fig.5; DE Dre Arch. f. Naturg. 
1887, p. 262; ALcocky:l. cit., p. 202 ("di Lil.) 
Pilumnus setifer De HAAN, l. cit., p. 20, tab. 3, fig. 3. 


Rada di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due maschi. Largh. 
mille ionehoomliNazi 


29. Trapezia cymodaocee (Herbst.). 


(ore OrTMAnn, Zool. Jahrb. Syst. X, 1897, p. 202, 203; ALCOCK, l. Prriogie P. 518, 
219; LENZ, p. 351. VIT 


Rio di Zanzibar. Alla costa sotto le pietre. Un maschio: 


30, Trapezia ferruginea Lat. 


Cfr. OrTMANN, l. cit., p. 202, 205; ALCOCK, l. cit., p. 218, 220. 
Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Un maschio e due femmine. 
E, Ji tto 
31. Trapezia maculata (Mc. Leay) Dana. 
Cfr. ALCOCK, l. cit., p. 218-221. 
Rada di Zanzibar. Alla costa, a pochi metri. 


32. Neptunus (Amphifrite) argemtatus (Wh.) A. Edw. 
A. MILNE Epwarps, Arch. Mus. Paris, X, 1861, p. 332, 339, Bho 31, fig. 4; 
Atcock, J. A. S. B. LXVIII, 1899, p. 36. 
Isola di Zanzibar. Alla costa. Una femm. lunga mill. 8, larga mill. 11. 
Manca la macchia bruna sul dattilopodite del quinto paio. 
Hab.: India, Giappone, Borneo; Celebes, Honolulu, [Payta (?) (Cano)]. 


Base" MITA SEL 


35. Neptmns (ifellentas) Mastatoides (Fab.). 


‘Cfr. ALCOCk, I, cit.) p. 38 (ub0be d7.). 
Dragaggio nella Rada di Zanzibar. Una femmina. 


34. Thalamita Savignyi A.M. E. 

. A. Miune EpwaRps, l. cit., p. 357; Kosswann, Zool. Ergebn. roth. Meer., 
1877, I, p. 49; De Man, Not. Leyd. Mus. II, 1880, p. 180 e Journ. Linn. Soc. 
XXII, 1888, p. 73; ALCOCK, l. cit., p. 84; NoBILI, Ann. Mus. Zool. Napoli, I, 
1901, no. 3, p. 10. 

Dragaggio nella rada di Zanzibar. Una femmina. 

In questo esemplare, come nell’esemplare eritreo da me elencato nel 
Javoro citato, le dita dei chelipedi sono scanalate internamente, come 
‘appare d’altronde anche dalla tavola 4, fig. 4 di SavIeNy. 


35. Palicus Whitei (Miers). 


CALMAN. Trans. Linn. Soc. (2) VIII, 1900, p. 31, pl. Ir, fig. 14-19; ALCOCK; 
J. AS. B. LXIX, 1900, p. 408. 

Cymopolia Whitei Miexs « Alert » Crust., p. 551, pl. 49, fig. c. 

Isola di Zanzibar. Alla costa. Un maschio. 

Il fronte è conformato come nella citata figura di CALMAN, differendo 
‘invece da quella di Mrers per i lobi più larghi, meno acuti e meno 
«profondamente separati. I denti laterali sono pochissimo marcati. 

Hab,: Seychelles, Andamane, Stretto di Torres. 


STOMATOPODA 
36. Gonodactylus graphurus Miers. 


Mriers, Ann. Mag. Nat. Hist. (5) I, 1878, p. 120, pl. 3, fig. 9; BRooKs, 
Challeng. Stomat., p. 58, pl. xIv, fig. 1, 4e 6, pl. xv, fig. 3, 8; LANCHESTER; 
Stomat. Maled. Laccad. 1902, p. 450; NoBILI, Ann. Mus. Napoli. I, 1901, no. 3, 
p. 16; Lenz, l. cit., p. 387. 


Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due esemplari. 


37. Gonodactylus glaber Brooks. 


Brooxs, l. cit., pl. xIv, fig. 5. pl. xv, fig. 7-9; HENDERSON, Trans. Linn. 
Soc. (2) V, 1894, p. 454; NOBILI, l. cit., p. 17. 


.Colla specie precedente. Un esemplare. 


38. Gonodactylus Demani Henderson. 


HENDERSON, l. cit., p. 455, pl. xL, fig. 23, 24. 
.Gonodactylus n. sp.? De Man, Arch. f. Nat. 1888, p. 574, taf. xxt1a, fig. To 
G. spinosus Lenz, l. cit., p. 387, taf. xLvII, fig. 12 (nec BIGELOW). 


- Isola di Zanzibar. Alla costa, sotto le pietre. Due maschi. 


gn 


Differiscono dalle due descrizioni di De MAN e di HeNpERSON nella 
forma delle tre prominenze del telson, e nella disposizione delle spi- 
nule. Ma nelle loro differenze si accordano meglio con quanto pare 
essere la forma solita in questa specie, come ho potuto vedere col- 
l'esame di numerosi esemplari del Golfo Persico e del Mar Rosso. 
Corrispondono invece bene alla figura di Lenz, salvo per variazioni 
nel numero delle spine, che non hanno alcuna importanza, data la 
grande variabilità di questa specie. 

La grossa prominenza mediana sul telson è più ovale che subglo- 
bulare, quindi più affine alla figura di De Man che a quella di Hex- 
DERSON. Le due carene laterali sono più sviluppate che negli esemplari 
dell’India, e quindi più che nel giovane di Pulo Edam, descritto da 
De Man. Le spinule sul tubercolo mediano sono minori di numero; 
quelle sulle due spine submediane sono in numero di 3 o di 4, come 
negli esemplari Indiani e come appare nella figura di Lenz. Sulle spine 
adiacenti si trova una serie lineare di 3-4 spinule, mentre ve n’è una 
sola nel tipo di De Man. HENDERSON non accenna a tale carattere e 
non figura alcuna spinula. Tali caratteri però variano molto. 

Nell’esemplare di Pulo Edam i due tubercoli laterali sul dorso 
del telson sono appena accennati; in quelli dell’India maggiormente. 
Negli esemplari di Zanzibar, del Golfo Persico e del Mar Rosso essi 
sono assal sviluppati e la sproporzione fra essi e la grossa prominenza 
mediana è minore. ali differenze non sembrano essere in rapporto 
coll’età; ed è più probabile invece che la specie sia molto variabile e 
che la forma più comune sia quella con prominenza mediana ovale- 
piriforme, con carene o tubercoli laterali robusti, e una serie lineare 
di spinule sulle punte laterali del telson. 

Il prof. Lenz descrisse e figurò recentemente questa forma col nome 
di G. spinosus Bigelow. Io credo che la forma di BrereLow sia piuttosto 
quella figurata da LAncHESTER nel suo lavoro sugli Stomatopodi delle 
Maldive e delle Laccadive cioè la forma a telson in tutto o in parte 
coperto di minuti granuli appuntiti, non di spinule ricurve e localiz- 
zate più o meno nella parte posteriore del telson e sulle carene delle 
punte. LAncHESTER stabilisce come carattere, anche la mancanza o 
riduzione delle spine intermedie; in esemplari di Gibuti che si distin— 
guono nettamente pel carattere accennato da G. De Mani della stessa 
località, le spine intermediate sono perfettamente sviluppate. 

G. De Mani come notarono De Man e HENDERSON è assai affine a 
G. chiragra. Abbiamo quindi nel gruppo di forme Indo-Pacifiche che 
si accentrano in G. chiragra lo stesso fatto che si osserva nelle forme 
americane, ove a fianco di G. Oerstediî Hansen a carene liscie, ab- 
biamo il G. Festae Nobili a carene spinose. 


2228 - lip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


BQllibrl-FINO 


Musei di Zoclogia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 5O7 pubblicato il 10 Agosto 1905 Vor. XX 


Dr. GiusEPPE NOBILI 


Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar. 


Il signor Giuseppe Pittarelli, residente a Moramanga (Madagascar), 
fece dono al Museo Zoologico di Torino di interessanti collezioni da 
lui radunate in quelle regioni. Fra queste v’era la nuova specie di 
.Potamon che qui descrivo, e che ho il piacere di dedicare al suo sco- 
pritore. 


Potamon (Potamon) Rittarellii n. sp. 


Questa specie, rappresentata da un maschio raccolto a Moramanga, 
appartiene a quel gruppo di forme che costituiscono un passaggio dal 
sottogenere Polamon al sottogenere Geotelphusa, perchè la parte pro- 
togastrica della cresta postfrontale è quasi scomparsa, mentre il dente 
epibranchiale è ancora ben sviluppato. 

Il carapace è declive nella parte anteriore, ma assolutamente piano 
| nel resto della sua superficie. Il solco cefalico è ben netto; il suo 
tratto laterale si continua colla parte mediana ad H, ma s’interrompe 
“in avanti ove comincia la declività del carapace; questo solco è leg- 
gerissimo. 

Il carapace è poco allargato in confronto della lunghezza; il rap- 
porto fra la larghezza e la lunghezza è di 1,22. Il margine esterno 
delle regioni branchiali nella sua parte anteriore è convesso in fuori 
| poi converge in dentro e non vi è un notevole distacco fra questa 
parte e i margini latero-posteriori, cosicchè al di là del punto di lar- 
| ghezza massima del carapace i bordi laterali convergono regolarmente 

all'indietro e sono debolissimamente concavi. La porzione branchiale 


Sed - 


delle regioni laterali è separata dalle parti posteriori da un solco largo 
e molto superficiale. 

La superficie del carapace fino alla sutura ad H è tutta minuta- 
mente granutosa; i granuli si raccolgono in piccoli gruppetti nella 
regione gastrica e sul fronte e in brevi lineette rugose sulle altre parti. 
Dietro al solco ad H il carapace appare quasi liscio ad occhio nudo, 
ma alla lente esso è tutto debolmente rugoso e punteggiato. 

I lobi epigastrici sono ben distinti, granulati e un poco obliqui, net- 
tamente separati dal profondo solco che viene dal fronte, e che si 
biforca alquanto posteriormente. Non vi è vera cresta postfrontate, 
poichè la parte postfrontale del ca- 
rapace si inclina semplicemente in 
avanti, senza formare alcun margine 
speciale nè una cresta. Il fronte è 
largo un poco più di un quarto della 
larghezza del carapace, è distinta- 
mente ricurvo in basso, granuloso 
e profondamente solcato, così che 
visto dal disopra appare bilobo, men- 
tre visto in avanti è solo debolmente 
smarginato nel mezzo. Esso è, come 

Potamon Pittarelliù x 1 !/, le orbite, marginato da una linea 

sporgente e debolissimamente gra- 

nulata, i suoi angoli esterni sono ottusi; i suoi margini laterali pas- 

sano obliquamente e formando una curva nel margine orbitale supe- 
riore. 

Le orbite sono alquanto oblique. Il bordo orbitale superiore presenta 
una concavità al suo inizio, poi si rialza e forma un angolo, oltre al 
quale decorre in fuori e in avanti a formare l’angolo orbitale esterno 
che è molto acuto e saliente. 

Il dente epibranchiale è  acuso, ravvicinato al dente orbitale, dal 
quale è separato mediante un seno arrotondato. Questo dente è alquanto 
granulato, e da esso si diparte la cresta del margine laterale, che è 
armata di 7-8 granuli conici 0 dentiformi, ben sviluppati. La cresta 
termina con una ruga obliqua sul carapace; dietro la quale sì osser- 
vano altre rughe più brevi e granulose, che sono una continuazione 
delle rughe della parte inferiore del carapace. 

In corrispondenza del termine della sutura epimerale, passa obli- 
quamente una ruga 0 cresta debolmente granulata che decorre lungo 
il margine postero-laterale, indi piega obliquamente e viene a finire 
sul dorso del carapace a breve distanza dall’inserzione dell’ultimo paio 
di zampe. 

La metà posteriore del carapace è piana, ma provvista di parecchi 


“solchi. L’areola urogastrica è ben circoscritta e di forma rettangolare, 
larga la metà della sua lunghezza. 

La regione cardiaca è pure ben circoscritta ma da solchi più leg- 
gieri; il solco che la delimita posteriormente si estende alquanto ai 
fianchi in direzione della cresta postero-laterale descritta. Tutte queste 
areole sono più strette assai della regione mesogastrica la quale è larga 
un poco meno di un terzo della larghezza massima del carapace. 

Il margine posteriore del carapace è più largo del fronte ed è con- 
cavo nel mezzo. 

Le regioni inferiori del carapace sono pure minutamente e assai 
fittamente granulate; i granuli sono disposti in piccole linee. L’addome 
«del maschio è triangolare. L’ultimo segmento è triangolare, a punta 
«arrotondata ed un poco più largo alla base che lungo; il penultimo è 
lungo quanto l’ultimo ed ha i margini laterali convergenti in avanti; 
così che la larghezza del suo margine anteriore è minore di quella 
del margine posteriore. Lo sterno è grossamente punteggiato, come 
pure l’articolo basale delle zampe. La fossetta all’estremità dello sterno 
«è transversa ed occupa tutta la larghezza dello sterno stesso. 

La linea ischiale dei maxillipedi esterni è obliqua, ma decorre nel 
mezzo dell’articolo. I maxillipedi portano grosse punteggiature. 

I chelipedi sono allungati ma gracili; essi sono disuguali. I tre spi- 
goli del mero portano piccoli tubercoli conici; la faccia esterna porta 
gli stessi granuli raccolti in piccole linee rugose, che si osservano 
-sulle altre parti. Il carpo è pure ugualmente granuloso e porta al- 
l’interno una spina conica ben distinta. Sotto di questo non v’è spina 
accessoria, ma all’indietro vi è una linea di grossi granuli di cui al- 
cuni si fanno acuti. Le mani sono disuguali e mentre nella maggiore 
l’altezza è contenuta 2 ‘|, volte nella lunghezza, nella minore è con- 
‘tenuta 3 volte, pur essendo la lunghezza minore. La faccia esterna è 
pure rivestita degli stessi piccoli granuli disposti su minute rughe 
«squamiformi; tali rughe si trovano pure, ma in minor numero sulla 
faccia interna. Le dita sono gracili, provviste di linee longitudinali 
.di punteggiature in cui stanno impiantati brevi peli, e di piccoli gra- 
nuli. Esse combaciano, e sono inclinate in basso, così che il dito fisso 
non è continuo col bordo inferiore convesso della palma. Le dita sono 
più lunghe del margine superiore della palma, il quale è obliquo in 
alto, dall’articolazione carpale a quella digitale. I denti sono piccoli 
‘e regolari. 

Le zampe ambulatorie sono gracii e motto lunghe; il penultimo 
‘paio è lungo più di 2 ‘/, volte la lunghezza del corpo, e più di 2 volte 
la larghezza. Tutti gli articoli sono gracili; così il meropodite è 2ung90 
quasi cinque volte la sua larghezza massima, ed il propodite circa 
4 volte. Il meropodite è debolissimamente granulato-rugoso esterna- 


PS SRI 1 IR 
mente, e il suo bordo superiore è 72e7me»presso all’apice. Il dattilo— 
podite è più lungo del propodite. 

La colorazione generale è violetta; le dita, parte della palma e del 
mero dei chelipedi, e l’ischio dei maxillipedi sono rossi, 

Questa specie si distingue facilmente pel suo carapace piatto, pel 
dente epibranchiale ravvicinato all’extraorbitale, per la cresta post- 
frontale assente e per le lunghe e gracili zampe da tutte le congeneri 
note di Madagascar. 


Dimensioni. 
Larghezza massima del carapace . ) : 3 IMBIEO 
Distanza fra gli angoli orbitali esterni i : » 13 
Distanza fra i denti epibranchiali x : 3 rali: (i) 
Larghezza del margine anteriore . ; À : Pa 
Distanza fra il fronte e i lobi ici » : SZ, 
Lunghezza del carapace ; : » 15,9 
Larghezza del margine VARETT one del etnia » 5,9 
Lunghezza dell’ultimo segmento dell’addome 5 SAS 
Larghezza » » » 2 SE 
Lunghezza del penultimo segmento : È dif 
Lunghezza del bordo posteriore penultimo seieitto 109 
Lunghezza » >» ‘anteriore » » ‘duel: 

destra sinistra. 

Lunghezza orizzontale della mano È . (imilli 15 12 
Lunghezza » del dito mobile . = » 8,5 8 
Altezza della palma . £ : » 6 4 
Lunghezza del bordo superiore delia danni » 6,5 5 
Lunghezza delle zampe del penultimo paio . mill. 4lcirca. 
Lunghezza del mero : è £ î a L > dad 
Larghezza » >» i , ì 5 A È »2928/, 
Lunghezza del propodite i : 5 È i » 8,5 
Larghezza >» » : È € £ ì so} it 
Lunghezza del dattilopodite . : È } i » 9,5 
Larghezza della regione mesogastrica { { » 06 


2270 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 -. Torino. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 508 pubblicato il 25 Agosto 1905 


Vor. XX 


Viaggio del Dr. Alfredo Borelli nel Paraguay e nella Repubblica Argentina. 


Dott. GIORGINA PANGELLA 


PASSALIDI 


Il dott. cav. Alfredo Borelli visitò, a scopo scientifico, dal marzo 1893 
al marzo 1894, il Paraguay e la Repubblica Argentina, raccogliendo 
un numero abbastanza rilevante di Passalidi, che cortesemente donò 
al Museo Zoologico di Torino. 

Il prof. Camerano, direttore di questo Museo, affidò a me lo studio 
di tale collezione, la quale riesce certamente di un’importanza note- 
vole, poichè per quanto io sappia, nessun lavoro è stato fatto sino ad 
ora sui Passalidi del Paraguay e della Repubblica Argentina. 

La classificazione seguita è quella tenuta dal Kuwert nella sua 
« Die Passaliden Dichotomische Bearbeitet » in Novitates Zoologicae 
(1896-1898). 

La collezione consta di 39 specie, di cui 4 sono nuove per la scienza. 

Agli esemplari del Paraguay e della Repubblica Argentina sono pure 
aggiunti alcuni esemplari provenienti dal Matto Grosso Brasiliano, 
località che il dottor Borelli visitò in successivi suoi viaggi. 

Le località, da cui proviene il materiale, sono: 

Nell’Argentina: Salta a 1200 metri, capoluogo della provincia omo- 
nima; S. Lorenzo, nella confinante provincia di Jujuy; S. Pablo, in 
vicinanza della città di Tucumann. 

Nel Matto Grosso: Urucum sulla destra del fiume Paraguay; Caran- 
dasinho, sulla sinistra del Paraguay. 

Appartengono invece al Paraguay: Tebicuari, presso Villa Rica; 
Rio Apa, nel nord Paraguay ; Asuncion capitale del Paraguay; S. Pedro, 
Luque, nel Paraguay centrale; Resistencia, nel Chaco Argentino. 


DO 
| 


PERTINACINAE 
Morosophus morio Perch. — Kuwert « Novitates Zoologicae » 1. c. pag. 155, 
vol. 5. — Passalus morio, Burmeister Handbuch der Entomologie, p. 506; 


Kaup. Monographie der Passaliden in Berliner Entomolog. Zeitschr. XV 
(1871) pag. 91. 
Paraguay centrale, 2 es. 
Manlius rugifrons Kaup. — Kuwert, l. c., pag. 161. — Phoronaeus rugifrons, 
Kaup, Monogr. l. c., pag. 100. 


Brasile, 1 es. 
VETURIINAE 


Veturius cephalotes, Serv. — Kuwert, l. c., pag. 168, id. — Passalus sinuatus, 
Eschscholtz, Nouveau Mémoires de Moscou, I, pag. 25; Kaup, Monogr., 
l. c., pag. 112; Burmeister, l. e., vol. V, pag. 512. 
Paraguay centrale, 3 es. 
Veturius transversus, Dalim. in Schm. — Kuwert, l. c., vol. V, pag. 170. — 
Passalus trituberculatus, Eschscholtz, l. c., I, pag. 26; Burmeister, l. c., 
pag. 511, vol. X; Kaup, Monogr., l. c., pag. 113. 


Tebicuari, 1 es. 


PAXILLINAE 


Paxilloides brasiliensis, Guér. — Kuwert, l. c., pag. 181, vol. V. 


Asuncion, 3 es.; S. Pedro, l es. 

Mancando in un esemplare di Asuncion, la densa punteggiatura ai 
lati del prototorace, sono in dubbio se debbo ascriverlo a questa specie, 
essendo questo un carattere molto spiccato per la classificazione, la 
mancanza del ciuffo dei peli sugli angoli umerali delle elitre, essendo 
dovuto più allo stropicciamento che ad una vera mancanza originaria. 


Paxilloides schmidti, Kuw. — Kuwert, ]. c., pag. 181, id. 


Ho esaminato 7 esemplari. 

Asungion, 4 es.; S. Pedro, 3 es. 

Di questi, uno solo di Asuncion presenta il dente anteriore delle 
mandibole divise in tre dentini: quelli di S. Pedro hanno i due inferiori 
riuniti in uno solo, il quale poi, nei rimanenti esemplari di Asuncion, 
si unisce col superiore, formando così un unico dente. Ho osservato 
poi che l’angolo formato dalle carene frontali è leggermente ottuso e 
che esso segue la riunione dei denti nella mandibola, e cioè più debol- 
mente ottuso nell’esemplare avente nella mandibola i tre dentini: 
alquanto più ottuso negli altri. 

Nell’esemplare predetto di Asuncion ho notato che la carena fron- 
tale sinistra presenta ad ugual distanza tra la punta del corno del capo 


Do 


e i nodi terminali di esse, due denti, mentre nella carena destra uno 
di essi è appena accennato, come si osserva. nel Paxi@lloides anguli- 
feroides Kuw. (Kuwert 1. c. pag. 181): negli altri esemplari invece si 
ha la formazione di un solo dente tra i due terzi della lunghezza delle 
carene frontali. Quindi, si può dire, esistere tra le specie tipiche, P. 
schmidti e P. anguliferoîdes, una serie di caratteri di passaggio, che 
tendono ad avvicinare una specie all’altra. 


Paxillosomus Borellii, n. sp. 


Il clipeo è diritto, nel mezzo con una leggera incavatura. 

Lia fronte è splendente, con alquanti punti nella parte mediana: 
nell’angolo frontale non vi sono punti, bensì una verruca distinta. Le 
carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo retto, si con- 
tinuano diritte e terminano dinanzi ai denti laterali del clipeo con due 
nodi a forma di denti. Nelle carene frontali, sui due terzi circa di 
distanza, tra la punta del corno del capo e i nodi terminali di esse, 
vi è un piccolo dente ottuso, tanto sulla carena destra quanto sulla 
sinistra. Il corno del capo è corto, allargato alla base e leggermente 
convesso, separato sensibilmente dai nodi laterali di esso, alquanto 
sviluppati in larghezza. La clava delle antenne è costituita da cinque 
lamelle, tre più lunghe, due più corte; la prima è appena rudimentale 
nella parte sinistra, più leggermente sviluppata nella parte destra; 
gli articoli di essa sono leggermente e finemente punteggiati nella 
parte superiore. 

Il dente anteriore delle mandibole è diviso in tre dentini: il supe- 
periore alquanto più sviluppato degli altri. Il labbro inferiore è spor- 
gente nel mezzo, non presenta però, nè incavature nè taglietti; le 
cicatrici ai lati di esso sono piccolissime. I punti trai nodi delle ca- 
rene frontali e la parete interna degli occhi sono grossi e a forma di 
anello. 

Il prototorace ha gli angoli anteriori quasi retti e un po’ arrotondati; 
i solchi dei margini anteriori e laterali sono finemente punteggiati; 
al di sotto dei margini laterali vi sono alquanti peli. Le cicatrici ai 
lati di esso sono piccole e punteggiate; al di sotto e più specialmente 
al di sopra di esse vi è una disordinata fila di grossi punti non molto 
numerosi. Tutto il protorace è finemente punteggiato e lucente. 

Lo scudetto presenta un profondo solco mediano ben visibile, con, ai 
lati di esso, specialmente verso la parte mediana, qualche punto sparso. 

La piastra mesosternale presenta nel mezzo verso la parte anteriore 
una leggera infossatura opaca; ai lati le cicatrici ovali e profonde. 

Le elitre presentano agli angoli umerali un piccolo ciuffo di peli, 
che si continua leggermente anche ai lati di esso. Gli intervalli ed i 


edi.) Wresc 


solchi laterali delle elitre sono ugualmente larghi; i solchi sono pun- 
teggiati da punti abbastanza sviluppati, divisi da bastoncini. I solchi 
sul disco sono leggermente punteggiati. Nella parte posteriore le elitre 
terminano arrotondate. 

La piastra metasternale è lucente; ai lati di essa vi è una grossa 
e profonda punteggiatura che non si estende però fino agli angoli. I 
pezzi laterali del metasterno sono piccoli, ugualmente ristretti in tutta 
la loro lunghezza e non coperti di peli. 

I segmenti dell'addome sono ai lati rugosi ed opachi. 

Le tibie delle zampe mediane e posteriori non hanno spinetta. 

L’esemplare manca della zampa destra e dei tarsi superiori, medii, 
inferiori. 

Lungh. 18,5 mm.; elit. 11 mm.; largh. 6,5 mm. 

Asuncion. 

Il mio esemplare confrontato col Paxillosomus Camerani Rosmini 
(Bollettino di Zoologia ed Anatomia Comparata, Vol. XVII, 1902, n. 428, 
Passalidi - dott. Olga Rosmini), ne differisce essenzialmente per l’an- 
golo delle carene frontali retto e non leggermente ottuso, per la pre- 
senza in esso della verruca frontale; per le cicatrici mesosternali ovali 
e non diritte, per la presenza sullo scudetto della linea mediana, ben 
visibile in tutta la sua lunghezza, per la mancanza dei taglietti tra- 
sversali sugli intervalli superiori delle elitre ed infine per la minor 
ricchezza di peli nei margini posteriori del prototorace, negli angoli 
umerali delle elitre e ai lati di esso; differenza però quest’ultima non 
molto caratteristica ed assoluta, poichè i peli possono essersi benis- 
simo logorati per stropicciamento. 

Differisce poi dal PaxzMlosomus Alfarî da me descritto (Bollettino 
dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata, n. 498), per la presenza 
sulle carene frontali, sui due terzi della lunghezza, di un piccolo dente 
e nell’angolo di esse, della verruca e la mancanza ai lati del clipeo 
dei due denti laterali ottusi; per la formazione di tre dentini nel dente 
anteriore della mandibola, per la mancanza di qualche punto sparso 
sulla piastra metasternale e per avere le -tibie delle zampe mediane 
prive di spinetta e i solchi laterali delle elitre punteggiati da punti 
divisi da bastoncini. 

Spasalus crenatus, Mac Leay. — Kuwert, l. c., pag. 182, id.; Burmeister, l. c., 
pag. 496, vol. 5; Kaup, Monogr., l. c., pag. 81. 

Asuncion, 1 es.; Paraguay Centrale, l es. 

Corrispondono perfettamente alla descrizione del Kuwert: la lun- 
ghezza però dell'esemplare di Asuncion raggiunge appena i 14 mm. 


PHORONAEINAE 


Toxeutotaenius bahiae Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 195, id. 

Tebicuari, 1 es.; Asungion, 2 es.; Luque, 2 es.; S. Pedro, 1 es.; Pa- 
raguay Centrale, 1 es.; Rio Apa, l es. 

Corrispondono alla descrizione del Kuwert: confrontati però con 
quelli provenienti dall’Ecuador, presentano i nodi laterali del corno 
del capo assai più sviluppati ed alquanto rugosi; le punteggiature sui 
solchi laterali delle elitre più distintamente separate da sottili tra- 
mezzi, e un minor sviluppo in lunghezza. 


Epiphanus glaberrimus, Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 196, id.; Eschscholtz, 
1. c., I, pag. 20; Burmeister, l. c., vol. V, pag. 499; Kaup, Monogr., l. c., 
pag. 98. 

Asuncion, 2 es.; Rio Apa, l es.; S. Pedro, l es. 

L’esemplare di S. Pedro e uno di Asuncion presentano alla base del 
corno del capo una piccola infossatura, continuantesi fino alla metà 
di esso, e nella piastra metasternale davanti alle coscie delle zampe 
posteriori un punticino infossato e lucente. 

L’esemplare di Asuncion manca del dente laterale sinistro del clipeo. 


NELEINAE 


Ninus Nobilii, n. sp. 


Il clipeo presenta quattro denti: i denti mediani appuntiti e più 
ravvicinati tra loro che ai denti laterali di esso. Il clipeo e la fronte 
sono ricchi di punteggiature ad anello; nell’angolo frontale vi è la 
verruca sviluppata a forma di gradino e un po’ rugosa. 

Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo retto e 
poi si arcuano leggermente e terminano dinanzi ai denti laterali del 
clipeo con due nodi a forma di denti ottusi. Nelle carene frontali, a 
metà distanza tra la punta del corno del capo e i nodi terminali di 
esse, vi è un dente arrotondato, tanto sulla carena destra quanto sulla 
sinistra. 

Il corno del capo è assai sviluppato in lunghezza (2,5 mm.) allargato 
alla base e leggermente arrotondato e separato sensibilmente dai nodi 
laterali di esso; si restringe gradatamente ai lati e termina in una 
punta appuntita e fine da cui partono le carene frontali. I nodi laterali 
sono allungati e ristretti e terminano sui due terzi circa dell’altezza 
del corno del capo con un sensibile ingrossamento. Nodi laterali e 
corno del capo sono finemente e riccamente punteggiati. 

I punti tra i nodi delle carene frontali e la parete interna dell’occhio 
sono diritti e piccolissimi. 


Gli articoli delle antenne specialmente in vicinanza della clava sono 
sia superiormente che inferiormente ricchi di numerose e fini pun- 
teggiature. Il dente anteriore della mandibola è diviso in tre dentini ; 
il dente inferiore sinistro presenta le due punte caratteristiche, il 
destro è a forma di spina. Il labbro inferiore è sporgente nel mezzo e 
punteggiato finemente. 

Il prototorace, ridotto ai due terzi di lunghezza delle elitre, è leg- 
germente convesso; gli angoli anteriori sono retti e arrotondati ; i 
solchi dei margini anteriori e laterali ristretti con una sola serie di 
punti, anteriormente i seni piccolissimi. Le cicatrici ai lati del pro- 
totorace sono piccolissime e punteggiate; sopra di esse e ai lati non 
vi sono punteggiature. 

Al di sotto dei margini laterali posteriori vi sono alquanti pelli. 

Lo scudetto presenta un leggero solco mediano, più visibile nella 
parte posteriore. 

Le cicatrici ai lati della piastra mesosternale sono appena accennate 
da leggere rugosità. Le elitre presentano agli angoli umerali un pic- 
colo ciuffo di peli che non si estendono però ai lati di esso. I solchi 
laterali di esse sono più larghi degli intervalli; i solchi sono punteg- 
giati da grossi punti divisi da sottili tramezzi. Il penultimo intervallo 
delle elitre è molto allargato, non presenta nè punteggiature nè peli. 
I solchi nella parte superiore delle elitre sono punteggiati fin dal loro 
inizio accanto alla sutura; nella parte posteriore le elitre terminano 
appuntite. 

La piastra metasternale è piatta e lucente e presenta davanti alle 
coscie delle zampe posteriori un punto profondo, infossato ed opaco; 
ai lati è limitata da grossi punti. 

I pezzi laterali del metasterno sono sviluppati; più allargati nella 
parte posteriore che nell’anteriore, finemente punteggiati e coperti di 
peli. 

I segmenti dell’addome ai lati presentano delle rugosità con qualche 
punto all’intorno. 

Le tibie delle zampe mediane presentano una piccolissima spinetta 
acuta, le posteriori ne sono prive. 

Lungh. 30 mm.; largh. 10 mm.; lungh. elitre 18,5 mm. 

Carandasinho. 

L’esemplare manca della tibia della zampa posteriore sinistra. 

Il mio esemplare rassomiglia al Neleus carbonarius Sturm, ma ne 
differisce per i nodi laterali del corno del capo, lunghi ed appuntiti 
e non a forma di tumori rotondi; per le cicatrici del mesosterno, ri- 
dotte a semplici rugosità e non a virgola e ben distinte; per il dente 
anteriore della mandibola diviso in tre dentini, per la presenza del 
punto infossato ed opaco sulla piastra metasternale ed infine per la 


mole, il mio esemplare raggiungendo appena i 30 mm., il NV. carbonarius 
Sturm, essendo lungo più di 35 mm. 
Ninus sobrinus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 260, V, nr. 3. 

Asuncion, 2 es.; Rio Apa, 2 es. 

Un esemplare proveniente da Rio Apa, presenta notevoli differenze 
dal Ninus sobrinus Kuw. I denti mediani del clipeo non sono lunghi 
ed appuntiti e ravvicinati tra loro, ma si presentano piuttosto diva- 
ricati, alquanto arrotondati e continuantesi coi denti laterali di esso. 
Questi ultimi poi e in ispecial modo il destro sono spostati e portati 
un po’ all'indietro verso i nodi terminali delle carene frontali, descri- 
vendo così una leggera curva. Il corno del capo è appiattito, più lungo 
che largo, e presenta nella parte mediana alla base una profonda in- 
fossatura. I nodi laterali di esso sono disuguali; alquanto più svilup- 
pato il sinistro; corno e nodi sono profondamente e riccamente pun- 
teggiati. Dalla punta un po’ rialzata del corno del capo, partono le 
carene frontali che vanno ad angolo retto fino al dente mediano, e 
poi divergono alquanto, specialmente la carena destra, e si portano 
così molto vicino al dente laterale del clipeo; non distando da esso 
che di mezzo millimetro. I denti terminali delle carene frontali sono 
fortemente ottusi e non s’innalzano sui denti laterali del clipeo. 

Il prototorace presenta ai lati al di sopra delle piccole cicatrici pun- 
teggiate, una numerosa punteggiatura che si dirige verso i solchi 
anteriori riempiendo così tutto l’angolo. 

La parte inferiore del prototorace, gli angoli umerali delle elitre e 
le tibie delle zampe mediane presentano una gran ricchezza di peli. 

È forse una varietà. 

Ninus interstitialis Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 260, id.; Eschscholtz, l. c., 


I, pag. 20; Burmeister, Handbuch der Entomologie, pag. 484; Kaup, 
Monogr., l. c., pag. 89. 


Tebicuari, 1 es.; Asuncion, l es. 

In tutti e due gli esemplari, noto, che dei tre denti costituenti la 
mandibola, i due inferiori sono riuniti in uno solo, e non divisi fra di 
loro, come descrive il Kuwert, e come ho potuto osservare in quelli 
provenienti e dall’Ecuador e da Costa Rica. Negli altri caratteri cor- 
rispondono esattamente, per cui ho creduto bene di ascriverli a questa 
specie, tanto più poi, che confrontati coi Ninus interstilialis dei Pas- 
salidi della collezione del marchese di Breme, riscontrai in questi 
ultimi, nella serie di quella del Brasile, i due denti inferiori appunto 
riuniti in uno solo, per cui si può argomentare essere questo un ca- 
rattere generale dei N. interstitialis della Regione Brasiliana, esten- 
dentesi dal fiume delle Amazzoni alla rimanente parte del Brasile e 
al Paraguay. 


Ninus bergi, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 261, id. 

Tebicuari, l es. 

Ninus amazonicus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 261, id. 

Asuncion, l es. 

La mandibola destra presenta la divisione in tre dentini, sebbene 
molto debolmente, la sinistra è rotta, per cui sono in dubbio se debbo 
ascriverlo a questa specie. 

Il corno del capo è ristretto e leggermente convesso, le carene fron- 
tali vanno molto debolmente ad angolo ottuso. 


Ninus columbicus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 262, id. 

Asuncion, 3 es.; Rio Apa, l es. 

Ninus hondurae, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 262, id. 

Asuncion, 2 es. 

Ninus barbatus, Serv. — Kuwert, l.c, pag. 262, id. 

S, Pedro, l es. 

Un esemplare di Nînus proveniente da Rio Apa, presenta i tre denti 
anteriori della mandibola, riuniti in un solo; il dente inferiore sinistro, 
di molto ridotto, privo dei due angoli appuntiti, e con una leggera 
incurvatura superiormente; il dente inferiore destro, di molto ridotto 
e alquanto arrotondato. Le carene frontali presentano un piccolo dente 
ottuso a metà distanza tra la punta arrotondata del corno del capo 
e i nodi terminali di esse, senza formare interruzione. La piastra me- 
tasternale presenta davanti alle coscie delle zampe posteriori un punto 
infossato e lucente. 

È forse una varietà del Niînus subsimulatus Kuw.? 

Neleus interruptus, ab. latus Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 263, id. 

Tebicuari, 7 es.; Asuncion, l es.; Paraguay Centr., 1 es.; Luque, l es. 


Neleus punctatissimus, Eschsch. — Kuwert, l. c., pag. 264, id; Eschscholtz, 
1. c., I, pag. 29; Burmeister, l. c., pag. 485, vol. V; Kaup, Monogr.,, l. e., 
pag. 39. 

Rio Apa, l es. 

Neleus intermissus, Kuw. — Kuwert, l c., pag. 265, id. 

S. Lorenzo, 1 es. 

Sono alquanto in dubbio se debba ascrivere l’esemplare a questa 
specie, poichè se da un lato, il modo di comportarsi delle carene fron- 
tali, del corno del capo, della verruca nell’angolo della fronte, della 
presenza del punto infossato nella piastra metasternale, sono caratteri 
corrispondenti alla descrizione del Kuwert; dall’altra, l’essere la fronte 
non perfettamente piana e come tale continuantesi col clipeo, ma leg- 
germente depressa, l’essere i due denti inferiori della mandibola riu- 


niti in un solo, e la lunghezza totale dell'esemplare di 33,5 mm. co- 
stituiscono pure caratteri abbastanza difierenziali. Aggiungo che sono 
ancora più in dubbio, perchè il signor Kuwert, ne ha esaminato un 
solo esemplare e lo ritiene come probabile variazione del dilatus. La 
località stessa (Brasile) è dubbiosa. 

Neleus subcarinatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 265, id. 

S. Lorenzo, l es.; S. Pablo, 1 es.; Urucum, 4 es.; Carandasinho, l es.; 
Tebicuari, 1 es.; Paraguay Centrale, 2 es.; Luque, 4 es. 

Gli esemplari oscillano in lunghezza tra i 31 mm. e i 35 mm. 
Neleus taeniolatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 266, id. 

Carandasinho, l es. 

Corrisponde esattamente alla descrizione del Kuwert. 

Neleus punetiger Serv. — Kuwert, l. c., pag. 266, id.; Burmeister, l. c., p. 483, 
vol. V; Kaup , Monogr., l. c., pag. 86. 

S. Lorenzo, 5 es.; S. Pablo, 1 es.; Urucum, l es.; S. Pedro, l es.; 
Luque, l es.; Tebicuari, 1 es.; Rio Apa, l es.; Asuncion, 2 es.; Pa- 
raguay Centrale, l es. 

Tutti gli esemplari esaminati non oltrepassano i 38 mm. di lungh., 
con una media di 36 mm. 

Nelens guatemalae, ab. scutello sulcatus Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 266, id. 

S. Lorenzo, 2 es. 

Questa specie è la prima volta che si riscontra nella regione Bra- 
siliana. È caratteristica dell'America Centrale. 


Nelens altidens, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 217, id. 

Tebicuari, 1 es.; Urucum, l es. 

L’esemplare di Tebicuari è perfettamente tipico; quello di Urucum, 
presenta tutto il corpo molto opaco, i due denti inferiori della mandi- 
bola riuniti in un solo ed una sola spinetta nelle tibie delle zampe 
mediane. 

Neleus Camerani, n. sp. 


Il corpo tutto è fortemente convesso e ricordante nelle linee generali 
il corpo del genere Morosophus del gruppo delle Pertinacinae. 

Il clipeo ha quattro denti: i denti mediani alquanto appuntiti e più 
ravvicinati tra loro che ai denti laterali di esso. Nell’angolo della 
fronte vi è la verruca sviluppata nel senso trasversale, sporgente 
nella parte mediana anteriore, ed occupante quasi tutto l’angolo; tale 
verruca è del tutto piena ed alquanto lucente. 

La fronte è leggermente depressa e non presenta alcun punto; il 
clipeo è ricco di punteggiature ad anello. 

Le carene frontali si staccano dal corno del capo ad angolo ottuso 


= = 


e descrivendo quasi un mezzo cerchio terminano dinanzi ai denti la- 
terali del clipeo con due nodi a forma di denti ottusi, che non s’in- 
nalzano però su di essi. La carena frontale destra presenta in vici- 
nanza del corno del capo due denti arrotondati susseguentesi, e formanti 
a metà distanza tra la punta di detto corno ei nodi terminali di esse 
una leggera interruzione; la carena frontale sinistra presenta un solo 
dente nella parte mediana, formante però interruzione. Il corno del 
capo è tozzo, senza punta libera, allargato alla base e leggermente 
ristretto ai lati; i nodi laterali di esso sono alquanto sviluppati, ru- 
gosi alla base, ingrossati alla loro estremità e divisi sensibilmente dal 
corno del capo. Le superfici del capo, specialmente in vicinanza della 
parete interna degli occhi sono alquanto punteggiate e rugose. Dei tre 
denti costituenti il dente anteriore della mandibola, i due inferiori 
sono riuniti in un solo dente. 

Il prototorace è fortemente convesso, più largo che lungo; gli angoli 
anteriori di esso sono ad angolo ottuso più o meno sviluppato e ciò 
a seconda della punteggiatura di essi e dei solchi dei margini ante- 
riori e laterali, e cioè più arrotondati negli esemplari in cui la pun- 
teggiatura è molto ricca e numerosa, piuttosto appuntiti negli esem- 
plari in cui tale punteggiatura presenta una sola serie di punti. I seni 
sono ben distinti, profondi, alquanto arrotondati e riccamente punteg- 
giati. Le cicatrici ai lati di esso, piccole, trasversali e punteggiate, 
sopra di esso qualche punto sparso. 

Lo scudetto è risplendente con un leggero solco mediano e qualche 
punto ai lati di esso nella parte anteriore. 

La piastra mesosternale è lucente; ai lati di essa le cicatrici ridotte 
a piccolissime profondità opache con qualche leggera rugosità nella 
parte anteriore. 

Le elitre fortemente convesse con un leggero ciuffo di peli negli 
angoli umerali, che però non si continuano ai lati di esse. Il secondo 
intervallo delle elitre in vicinanza della sutura, più sviluppato degli 
altri e largo una volta e mezzo il primo intervallo. I solchi laterali 
sono punteggiati da grossi punti, divisi da sottili tramezzi. 

La piastra metasternale è risplendente; gli angoli di essa sono ricchi 
di punteggiature grossolane. I pezzi laterali del metasterno sono al- 
quanto sviluppati finemente e riccamente punteggiati. 

Le tibie delle zampe mediane e posteriori non hanno spine. 

Lungh. degli es. dai 30 ai 33,5 mm.; largh. protot. ed elitre dai 9 
agli 11 mm.; lungh. elit. dai 17,5 ai 19,5 mm. 

Corumbà, 1 es.; Asuncion, 2 es.; Tebicuari, 3 es. 

I miei esemplari rassomigliano al MVe/ewus altidens Kuwert; ma ne 
differiscono essenzialmente per la forma del corpo convessa e non ap- 
piattita, per l'interruzione caratteristica sulle carene frontali; per la 


uri fp = 


forma della verruca allungata nel senso trasversale, ripiena e ricor- 
dante nella forma quella del genere Ninus; per i due denti inferiori 
della mandibola riuniti in uno solo; per le cicatrici del mesosterno 
appena accennate e non profonde e distinte; per la mancanza delle 
due spinette nelle tibie delle zampe mediane. 

Un esemplare proveniente da Asuncion presenta da questi notevoli 
differenze. I denti mediani del clipeo sono appena accennati e non 
molto appuntiti. Nell’angolo frontale non vi è verruca, ma leggere ru- 
gosità lucenti occupanti tutto l’angolo; la fronte è pure lucente con 
qualche punto sparso. Il corno del capo è ugualmente ristretto in tutta 
la sua lunghezza; i nodi laterali ai lati di esso sono rugosi e lucenti. 
Le carene frontali vanno ad angolo ottuso e presentano a metà distanza 
tra la punta del corno del capo e i nodi terminali delle carene fron- 
tali un leggero rialzo, senza interruzione però. 

Gli angoli anteriori del prototorace retti, appuntiti; i solchi dei 
margini anteriori e laterali profondi con una numerosa e ricca pun- 
teggiatura. 

Lo scudetto lucente, presenta un profondo solco mediano. 

Il mesosterno è alquanto lucente; le cicatrici ai lati ancora. più 
ridotte, con una leggera rugosità opaca anteriormente; qualche punto 
sparso ai lati. 

Le elitre sono tutte rugose; numerosi taglietti sono sugli intervalli 
superiori di esse. Il secondo e il quarto intervallo sono molto sviluppati; 
larghi 2,5 mm.; e circa tre volte più larghi del loro terzo intervallo. 
Sui due terzi circa della lunghezza totale delle elitre, il secondo ed 
il quarto intervallo si riuniscono formando così sul terzo intervallo 
una leggera strozzatura, poi divergono nuovamente e si continuano 
fino alla parte terminale delle elitre. Tale strozzatura è ben visibile 
ed accentuata nella parte sinistra, appena accennata nella destra. 

È forse una varietà. 


Neleus carinaefrons, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 268, id. 

Rio Apa, 2 es. 

La verruca posta nell’angolo frontale è piena, ma leggermente ca- 
renata dalla parte anteriore alla posteriore. 


Ncleus dilatipunetatus, Kuw. — Kuwert, 1. c., pag. 268, id. — Neleus puncta- 
tissimus, Eschscholtz, l. c., I, pag. 29. 
Asuncion, 6 es.; Tebicuari, 5 es.; Luque, 2 es.; S. Lorenzo, 1 es. 
Gli esemplari di Asuncion presentano tutti i caratteri ben distinti. 
Gli esemplari invece di Tebicuari e di Luque presentano; oltre ad un 
minor sviluppo in lunghezza, raggiungendo essi appena i 29 mm., pa- 
recchie differenze, le quali tendono ad avvicinare questa specie al 
Neleus dilatus Kuwert; anzi avendo potuto esaminare un certo numero 


di esemplari, ho potuto notare una serie di passaggi successivi e gra- 
duali tra una specie e l’altra, senza però poter ascrivere alcun esem- 
plare alla specie tipica Neleus dilatus. 

Dei tre denti infatti, costituenti la mandibola, i due inferiori sono 
riuniti in un solo; la verruca nell’angolo frontale accenna ad una 
graduale diminuzione in ciascun esemplare, sino ad avere detto angolo 
del tutto liscio, come ho potuto notare in un esemplare in cui pure 
il clipeo presentava qualche punto sparso e non la ricca punteggiatura; 
i denti nella carena frontale destra sono appena accennati in qualche 
esemplare, in altri del tutto prive. 

Ho osservato però che la punteggiatura posta nella parte interna e 
mediana della piastra mesosternale, sebbene molto variabile, non manca 
però in nessun esemplare; carattere questo importantissimo perchè il 
Neleus dilatus si differenzia appunto dal Ne/eus dilatipunctatus per 
la mancanza di detti punti. 

L’esemplare di S. Lorenzo è molto sviluppato in lunghezza, raggiun- 
gendo i 33,5 mm.; negli altri caratteri corrisponde esattamente. 


Neleus dispar, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 269, id. 

Asuncion, l es. 

Noto anzitutto che l’esemplare è lungo 36 mm. mentre l’unico esem- 
plare posseduto dal Kuwert, e proveniente dalla Columbia, è lungo 
32 mm. 

Nell’angolo frontale vi è un leggero infossamento con una goccia 
cava sotto la punta del corno del capo; tale infossamento nella lun- 
ghezza trasversale anteriore è munito di una linea crestale appuntita 
nel mezzo; la fronte forma col clipeo una superficie piana. 

Il corno del capo è arrotondato e alquanto convesso sui due terzi 
della sua lunghezza; sull’ultimo terzo si restringe alquanto formando 
una punta libera, così che essa guardata di profilo, appare un poco 
rialzata. 

Sulla piastra metasternale davanti alle coscie delle zampe posteriori 
vi è un piccolo punto opaco, non infossato però. 

Nei rimanenti caratteri corrisponde alla descrizione del Kuwert. 


Neleus argentinus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 170, id. 

Salta, 1 es.; S. Pablo, l es.; Resistencia, l es.; Paraguay Centr., 2 es.; 
S. Pedro, 1 es.; Rio Apa, l es.; Asuncion, 3 es. 

Gli esemplari oscillanu in lunghezza tra i 33 e i 35 mm., con pre- 
valenza ai 35. 
Neleus boliviensis, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 271, id. 


Paraguay Centrale, 6 es.; Rio Apa, 2 es.; Tebicuari, 2 es.; Asuncion, 
1 es.;j S. Lorenzo, 2 es. 


Alcuni esemplari presentano i tre denti della mandibola ben costi- 
tuiti e ben divisi gli uni dagli altri, alcuni i due inferiori riuniti in 
un solo, lasciando però ancora scorgere la loro riunione. Non in tutti 
gli esemplari ho potuto osservare la fine serie di punti nei margini 
interni delle cicatrici della piastra mesosternale. 


Neleus dilatidentatus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 272, id. 


Urucum, 2 es.; Asuncion, l es. 

I tre esemplari raggiungono uno sviluppo in lunghezza di 35 mm. 
con una prevalenza di 7 mm. su quelli descritti dal Kuwert e prove- 
nienti da Rio Janeiro. 

L’esemplare di Asuncion presenta la fronte molto fortemente de- 
pressa ed il clipeo con scarse punteggiature; sulla piastra metasternale 
nessun punto. 

Fui alquanto in dubbio di ascrivere quest’ultimo esemplare a questa 
specie, e lo fui tanto più per il poco sviluppo dei seni negli angoli 
anteriori del prototorace; ma dopo un attento esame di osservazione e 
di confronto mi couvinsi appartenere a questa specie, per il carattere 
assai spiccato del gran divaricamento dei denti mediani fra loro e del 
modo di presentarsi del corno del capo e dei nodi laterali. 

Neleus disjunctus, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 272, id. 

Luque, 3 es.; S. Pedro, 1 es.; Asungion, 1 es. 

Il signor A. Kuwert ne ha esaminato un solo esemplare proveniente 
da Gualpa (?). 

I miei esemplari corrispondono assai bene ai caratteri descritti, solo 
l'esemplare di Asuncion presenta sul metasterno in mezzo alle coscie 
delle zampe posteriori due punti Pr perpendicolari, distanti 
fra loro di circa 1 mm. 


Neleus chilensis, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 274, id. 


S. Lorenzo, l es. 

Corrisponde esattamente alla descrizione; noto però che le mandibole 
presentano i tre denti ben divisi e distinti ed ugualmente distanti fra 
loro, e che il clipeo è molto fortemente punteggiato. 


Neleus Cognettii, n. sp. 


I quattro denti del clipeo sono debolmente ottusi; i due mediani 
alquanto divaricati e più ravvicinati ai denti laterali di esso; nume- 
rose punteggiature sono sul clipeo e sulla fronte. 

Nell’angolo frontale vi è una leggera salita guarnita di una piccola 
escavazione lucente, ristretta anteriormente, ma non a carena, sotto 
la punta del corno del capo. 


La fronte è corta e depressa, il clipeo piuttosto sviluppato. Le carene 


— fate 


frontali si staccano dal corno del capo ad angolo ottuso, descrivono 
sulla loro lunghezza un vero semicerchio e terminano con due nodi 
a forma di denti piuttosto sviluppati ed appuntiti, che s’innalzano 
alquanto sui denti laterali del clipeo. Il corno del capo è tozzo, con- 
vesso alla base, depresso leggermente ai lati; la sua punta piuttosto 
grossa è debolmente libera. Alla base il corno presenta un leggero 
solco mediano che occupa il primo terzo della sua lunghezza; i nodi 
laterali sono ingrossati alla base e nella loro parte terminale appaiono 
sotto forma di tubercoli arrotondati. Tra l’ultima porzione di tali nodi 
e la parete laterale del corno del capo vi è una piccola infossatura. 
Corno e nodi sono lucenti, finemente e riccamente punteggiati da mi- 
croscopici punticini. Le superfici del capo presentano solo qualche 
leggera rugosità in vicinanza della parete interna degli occhi. 

Il dente anteriore della mandibola è diviso in tre dentini piuttosto 
arrotondati ed ugualmente distanti; il dente inferiore sinistro presenta 
due lunghi ed appuntiti angoli. Il labbro superiore è mediocremente 
sviluppato e leggermente arcuato nella parte anteriore. Gli articoli 
delle antenne sono tutti ricchi di fini punteggiature. 

Il prototorace è tutto ugualmente largo e lucente, e punteggiato da 
finissimi e microscopici punti. Gli angoli anteriori del prototorace sono 
retti, ma alquanto arrotondati; i solchi dei margini laterali riccamente 
punteggiati, quelli anteriori presentano una sola serie di punti e si 
arcuano alquanto; i seni sono profondi, distinti e punteggiati. Le ci- 
catrici ai lati di esso, piccolissime e punteggiate; al disopra di esse 
due punti alquanto infossati. Al di sotto dei margini laterali poste- 
riori del prototorace vi sono alquanti peli. 

Lo scudetto è risplendente; ai lati presenta una fine punteggiatura; 
non vi è traccia di solco mediano. 

Le cicatrici del mesosterno convenientemente larghe e profonde, 
non molto lunghe, lucenti e rugose nella parte anteriore. 

Gli angoli umerali delle elitre sono forniti di un ciuffo di peli, che 
si prolunga anche ai lati. I solchi tergali delle elitre, sono sul disco, 
finemente punteggiati, i solchi laterali presentano i punti grossi divisi 
da torti bastoncini. 

La piastra metasternale è lucente; negli angoli posteriori del meta- 
sterno vi è una serie di punti grossolani. I. pezzi laterali del meta- 
sterno sono nella partè posteriore molto allargati, punteggiati e coperti 
di peli. 

Le tibie delle zampe mediane e posteriori hanno una spinetta acuta. 

L’addome è alquanto arrotondato; le cicatrici ai lati profonde e ric- 
camente coperte di rugosità opache. 

L’esemplare manca dei tarsi anteriori, medii e posteriori. 

+7 Lung. 38 mm., larg. 12, lung. elit. 22. 


iis 


Luque. 

Il mio esemplare rassomiglia al Ne/eus nicaraguae Kuwert, ma ne 
differisce pel solco mediano del corno del capo, per la mancanza delle 
punteggiature sopra le cicatrici ai lati del prototorace, per la mancanza 
della linea mediana sullo scudetto, per la presenza delle fini punteg- 
giature ai lati di esso, e per le punteggiature sopra i solchi tergali 
delle elitre. 

Rassomiglia pure al Neleus sulcicornis Kuw., però ne differisce per 
il solco mediano longitudinale del corno del capo molto sensibile e 
non profondo, e sviluppato solo sur un terzo della lunghezza, e non 
fino all’altezza dei nodi laterali, per la mancanza del punto infossato 
e lucente sulla piastra metasternale in mezzo alle coscie delle zampe 
posteriori, per la presenza di una sola spinetta nelle tibie delle zampe 
mediane e di veri bastoncini nei solchi laterali delle elitre. 


Nelens arrogans, Kuw. — Kuwert, l. c., pag. 275, id. 


Luque, 1 es.; Tebicuari, 1 es. 

1 due esemplari corrispondono alla descrizione del Kuwert; lo scu- 
detto presenta molto leggermente la linea mediana punteggiata. 

Avendo esaminato parecchi esemplari del Neleus dilatipunctatus 
Kuwert, mi sono convinta che il Neleus arrogans non è altro, come 
dice il signor Kuwert, che una variazione del di/alipuncetatus tanto 
più che ho notato che in tutti e due gli esemplari non mancano le 
punteggiature sparse sulla piastra metasternale ai lati delle cicatrici, 
carattere questo importantissimo del Ne/eus dilatipunctatus. 


Ptycotrichus erinicatrix, Kuw. — Kuwert, 1. c., pag. 276, id. I 
Paraguay Centrale, 10 es.; Asuncion, 3 es.; S. Pedro, l es.: Rio 
Apa, 3 es. 


Dei 17 esemplari esaminati, quattro solamente, e cioè tre del Paraguay 
Centrale e uno di Asungion corrispondono perfettamente alla descri- 
zione del Kuwert. Nei 13 rimanenti ho notato notevoli differenze da 
questi; i denti mediani del clipeo non sono molto ravvicinati tra loro, 
anzi distano più fra loro che dai denti laterali di esso, ed il corno 
del capo presenta dalla base fino all’altezza dei nodi laterali un’infos- 
satura caratteristica e profonda che sembra dividere il corno in due 
porzioni distinte. Ho notato poi che tale infossamento è ben distinto 
e profondo in un solo esemplare del Paraguay Centrale, mentre negli 
altri va sensibilmente diminuendo così da costituire un graduale 
passaggio fino al corno convesso e liscio del 2. crinicatrix, descritto 
dal Kuwert e come io ho potuto vedere nei primi quattro esemplari 
predetti. 

Noto ancora che l'esemplare del Paraguay Centrale, caratteristico 
per l’infossatura del corno del capo, presenta nella piastra metaster- 


tile 


nale, davanti alle coscie delle zampe posteriori un piccolo punto in- 
fossato e raggiunge in lunghezza 32 mm. 

Quest'ultimo costituisce certamente una varietà distinta dalla specie 
tipica, e se ne potrebbe fare una varietà, se tra la specie tipica e 
quest’ultima, non avessi riscontrato forme graduali di passaggio, con 
caratteri appartenenti ora all’uno ora all’altro dei due tipi distinti. 


LEPTAULACINAE 


Eumelus spinifer Perch. — Kuwert, l. c., pag. 300, id. — Passalus spinifer, 
Burmeister, Handbuch der Entomologie, pag. 498; Kaup, Monogr.,l. c., 
pag. 103. i 


Urucum, 5 es.; Carandasinho, 1 es. 


2294 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


Lu I906 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università dî Torino 


N. 509 pubblicato il 2 Settembre 1905 Vor. XX 


Remarks on the Gagrellinae 7’Ror. 
a Group of Opiliones, with Descriptions of some new species from Borneo. 


by C. J. Wirx (Copenhagen) 


Dr. H. J. Hansen received the GagreZinae herein described, which 
were all collected in Sarawak (North-West Borneo) by Mr. R. Shelford 
from Dr. G. Nobili of the Natural History Museum of Torino, to which 
institution they will ultimately be returned. "This small collection I 
worked out on application of Dr. H. J. Hansen, and I have added a few 
observations and remarks on questions, which were already touched 
on in my paper « New and old Phalangiidae from the Indian Region » 
(Journ. Linn. Soc. London, Vol. XXVIII. 1903, pp. 466-509). 


A. On the Systematic and Sexual Characters, found in the Tarsi 
of the Palps. 


In a great many species of the Gagrellinae we find a pronounced 
sexual difference in the armature on the tarsi of the palps in the males. 
Thorell has noticed this character not only in Ceratobunus annulalus 
Thor. (1889. 1, p. 618), as set forth in my paper (1903. 6, p. 473), but 
also in Marthana columnaris Thor. (1891. 2, p. 725); Simon has later 
on (1901. 5, p. 81) used the same structure in the definition of his 
Gagrella illusa Sim. from Malakka; but neither of these two authors 
realised, that the dentition of the tarsus of the palp provides a sexual 
character of a more general value. In my above quoted paper I 
showed that a sexual, and to a certain degree also a systematic, cha- 
racter is found in the presence and the arrangement of these tarsal 
teeth on the palps of the males. In the following I will mention some 
modifications, partly accompanied by, figures. In the majority ot 


ai 


species a single row of pointed teeth is found along the inner lower 
edge, which begins near the base and extends over the distal two 
thirds, f. inst. in G. atrata Stol. (6, p. 495); the row is rather short 
in the male of G. /ragiis With as seen in fig. 1 (p. 12). In the one 
specimen of Marthana vestita n. sp., the tarsus was provided with 
a row of about 30 teeth, while in the other specimen the row contains 
about 15 teeth, as seen in fig. 2 (p. 12). With regard to the structure 
in G. aenescens Thor. and G. splendens With I refer to (6, p. 473). 
In a few species we find an inner, more proximal row of several 
teeth, and an outer, more distal row with a few teeth, f. inst. in G. 
fliavimacutata With (p. 499), G. triangularis With (p. 500) and G. îmn- 
perator, var. dentata With (p. 502). G. triangularis With (fig. 3, p. 12) 
has an inner row, the basal portion of which contains several teeth, 
densely placed, while the distal portion has only a few teeth, rather 
remote from each other, as well as an outer, more distal, consisting 
of about ten teeth, well separated from each other. The tarsi of the 
male of G. imperator, var. dentata With (6, p. 502) bear not only « an 
inner row of about. 20 teeth », but also more distally and exteriorly 
about five teeth, far apart from each other. In G. saravarkensis n. sp. 
we find an other arrangement (fig. 4); there is an inner row of about 15 
teeth, which begins near the base and extends to the middle, as well 
as an outer one, the four teeth of which are placed rather apart on 
the basal third of the tarsus. 


B. On the Genera of the Gagrellinae Thor. 


The discussion of this theme in my above-quoted paper (p. 474) is 
rather too short and not quite easy to follow; I am, moreover, inclined 
to think, that a new treatment of this topic may be useful, because 
I in that paper had no opportunity of discussing the position of Ver- 
pulus Sim., and had then not yet examined any specimen of Mar- 
thana Thor. 

The genus Verpulus Sim. is. according to Simon, (5, p. 84) nearly 
related to Zypsibunus Thor., but « differt tubere oculorum reclinato, 
angusto, sed apice leviter ampliato omnino mutico et laeve, et pedibus- 
maxillaribus simplicibus, patella convexa intus haud producta ramulo 
carente et tibia patella haud longiore ». The first characters, taken 
from the sloping and shape of the tubercle, have probably only spe- 
cific, but scarcely any generic value whatever. The caracter, which 
the dentition of the tubercle provides, can scarcely be claimed to be 
of great importance in the definition of a genus, when we take into 
consideration, that the armature of this organ is variable in a con- 
siderable degree even within the same species; f. inst. in Zypsébunus 


vigilans With (6, p. 475), in which the tubercle in the one specimen 
of two was provided with a stout spine in addition to a few granules, 
while the tubercle of the other specimen had no such spine. The 
last character, taken from the structure of the palps, can not be re- 
garded as a natural one in the definition of this genus, when we re- 
member, that the patella of the palps is almost simple in Zypsibunus 
vigilans With. It seems thus evident that the genus Verpwws Sim. 
must disappear and be considered as a synonym to Zypsibunus Thor. 
The latter genus is according to Thorell (2, p. 679) different from 
Zaleplus Thor. by « tuberculo oculorum altissimo, etiam e fronte viso 
aliore quam latiore ». But we can scarcely regard this characte- 
ristic as quite sufficient, when it is taken into consideration, that the 
tubercle of Zaleptus hirsutus With is almost as high as broad, seen 
from the front, and that we find a similar high tubercle in some species 
of Gagrella, f. inst. G. nobilis With (6, p. 489) and G. paupera n. sp. 
(p. 7). The genus Ceratobunus Thor. differs according to Thorell 
(1889, 1, p. 616) « a Za/epto tuberculo oculorum bi-vel quadri-corni »; 
but the facts, that Ceratobunus brevipes With (6. p. 478) has four or 
six (five) thorns, and that Mypsibunus vigilans With (6, p. 475) has 
two thorns or none, show that this characteristic fails. It seems 
evident to me, that the three genera Verpw!us Sim., Hypsibunus Thor. 
and Ceratobunus Thor. can not be regarded as natural, and ought 
consequently to be regarded as synonyms to Zaleptus Thor. When 
I in the following use the term Za/eptus Thor., it is in this wider 
sense. This genus is according to Thorell (1889, 1, p. 609, and 1891, 
2, p. 678) characterized by its unarmed scutum and rather long legs; 
but the latter character must disappear, when we take into conside- 
ration, that the legs of Za/eptus minutus With (p. 481) and Cerato- 
bunus brevipes With (p. 478) have exceedingly short legs. Thorell's 
genus Mel/anopa Thor. can not, as already shown (6, p. 483), be main- 
tained and must be regarded as a synonym to Gagrelta Stol.; the 
cheracteristic of the latter genus is thus found in the armature of 
the scutum with a single or with two spines, for the length of 
the legs, which are long or rather short, has scarcely any syste- 
matic value. The single character, in which the two genera Gagrella 
Stol. and Za/eptus Thor. differ from each other, namely that found in 
the armature of the scutum, is according to my opinion not quite 
sufficient for the definition of two genera, because the number of the 
spines is not quite constant within the same species of Gagrella Stol. 
e. g. G. împerator With (6, p. 501) and G. sepia Loman (6, p. 505), and 
the scutum is in Zal. minutus With sometimes provided with a low 
tubercle. The genus Scotomenia Thor. is according to Thorell (1, 
p.661) related to Melanopa Thor. and only different « alia forma tu- 


= 4a 


berculi oculorum, pedibus etiam brevioribus, et scuto dorsali not spina 
vel spinis duabus, sed ut plurimum tuberculo armato ». But taking 
into consideration that the scutum of Zaleptus minutus With some- 
times bears a tubercle, and that the legs of this species as well as 
of Ceratobunus brevipes With are almost as short as those in Sco- 
lomenia cetrala Thor., it seems to be evident, that the similarity 
between Scotomenia Thor. and Zateptus "Thor. is more pronounced 
than that which the former genus bears to Gagrea Stol. f the genus 
Scotomenia is to be maintained, it will be on account of its remar- 
kable ocular tubercle. If we in the future wish to get a natural clas- 
sification of the species belonging to the above-mentioned genera, we 
will probably be compelled to find an other base for our system than 
that used by Thorell. 

Some of the other genera established by Thorell seem to be fairly 
well founded, f. inst. Marthana Thor. (2, p. 719) an account of its re- 
markable column; nevertheless the spine of G. semigranosa Sim. (5, 
p. 83) seems to bear some similarity to the column of Marthana Thor., 
as far as can be seen from the description. As I have set forth (6, 
p. 505) the genera Syleus Thor., Systenocentrus Sim. and Oncobunus 
Thor. ought to be referred to the same genus. The foundation of 
Thorell’s genus Artrocentrus (1, p. 623) namely the spine, with which 
the second joint of the antenna is provided, seems to be rather too 
insufficient. 


C. List of Species from Borneo. 


Comparatively few species of this group, only eight, including the 
three, described here have been mentioned from Borneo, but several 
times this number without doubt occur; none of them have been men- 
tioned from other parts of the Indian Region. 

Gagrella insculpla Poc., G. longipalpis Thor., G. paupera n. sp., 
G. sarawakensis n. sp., G. scrobiculata Thor., Marthana columnaris 
Thor., M. vestila n. sp., Zaleptus trichopus Thor. 


D. Description of new Species. 
Gagrella Stol. 


I hope that it will be fairly easy to identify the five species of 
(agrella by the help of the following synopsis. 
a. Tibia of the palps about 10 times longer than broad longipalpis 
Thor. (2, p. 693). 
b. Tibia of the palps not more than 2-4 times longer than broad. 
4à. Scutum not foveolate, but granular: yellowish brown and provided 
with two spines paupera n. sp. (p. 7). 


se, a 


b'. Scutum foveolate; black with a single spine. 
a*. Trunk black without any yellow spot on cephalothorax or scutum 
serobiculata Thor. (p. 717). 
b*. Trunk black with yellow spots on cephalothorax. 
a*. Scutum with a yellow spot on each side insculpta Poc. (4, p. 283). 
53. Scutum without yellow spots. ‘Tips of the tibiae of the fourth pair 
of legs bright yellow sarawakensis n. sp. (p. 5). 


Gagrella sarawahkensis, n. sp. 


S Ocutar tubercle smooth; broader than high seen from in front. 
Scutum foveolale with a single spine. Tibia of the palps three times 
longer ihan broad. Femur I 8 times longer than second joint of the 
antennae. Trunk blackhish with metallic shade above. Cephatothorax 
on each side of the ocular tubercle with a yellow spot, covered with 
a white waxy stuff. Tip of tibia IV yellow. 

Cephalothorax. — Cephalothorax almost triangular. The first 
transverse ridge just behind the ocular tubercle rather low; the 
second, which forms the hinder margin of the cephalothorax, is better 
marked; the area between these two tergites is in the middle rather 
short, but widened out laterally. Frontal processes rather stout and 
diverging, each terminating in a few short branches. Frontal emi- 
nence slightly marked and smooth. The depressed median triangle is 
not visible. The surface is between the spots towards the base of the 
ocular tubercle provided with rather indistinet impressions; the sur- 
face of the spots themselves is almost smooth or with very low de- 
pressions, but with a depressed darker cross in the middle. The head 
is foveolate along the anterior ridge; and so is the area between the 
two ridges in the middle, but laterally it is granular. 

Tubercle. — The summit of the ocular tubercle is longitudinally 
grooved and has a few hairs, but no teeth or granules. Seen from the 
front it is much broader than high, rather suddenly narrowed just 
beneath the eyes and slightly foveolate at the base. The tubercle is 
seen from the side observed to be directed backwards, the anterior 
side being the longer and sloping, the posterior being distinetly rounded; 
it is as long as high anteriorly. The diameter of the eyes is equal 
to about two thirds of the distance between the eyes, and much shorter 
than the distance from their lower margin to the base of the tubercle. 
Eye placed nearer to the front than to the posterior margin. 

Abdomen. — The scu/un is raised towards the single almost 
smooth spine, more steeply from the sides towards the middle than 
from before backwards; the anterior and posterior slope is almost 
equally steep. No traces of the segmentation are visible. The whole 


E 


scutum is distinetly foveolate; it is provided with deep, more or less 
circular, pits, separated by ridges. The two first free tergites behind 
the scutum are embedded in a wide area of white soft skin; they are 
smooth, or almost so, the lateral extremities of the former, which are 
finely granular, excepted; the eighth tergite as well as the anal oper- 
culum seem to be finely punctulate. ‘The sternites, as well a the 
genital operculum, seem to be completely smooth; the coxae are pro- 
vided with a number of big, low granules, placed rather apart. 

Appendages. — Basal joint of the antennae bear no granules above. 
— The femur of the palps is slightly longer than the patella plus tibia, 
but a little shorter than the tarsus. The femur bears below a longi- 
tudinal row of teeth near to the outer margin; interiorly it has few, 
placed more proximally. The patellae and tibiae are almost smooth; 
the tibia is one and a half time as long as patella and, seen from 
above, three times longer than broad. The /ar:sus (fig. 4, p. 12) is pro- 
vided with a row of about four teeth, placed exteriorly in the basal 
third portion, as well as with an interior row of about 15 teeth, which 
begins near the base and extends to the middle; there are minor dif- 
ferences in the arrangement of the teeth of the right and left tarsus. 
— The /egs are very long and slender; their femurs are provided 
with the usual longitudinal rows of small spines or teeth. 

Colour. — The cephalothorax is blackish or blackish brown with 
a big yellow spot at each side of the tubercle; this spot has in the 
middle a black-cross-shaped impression and is completely covered with 
a white waxy stuff. The scutum is blackish with trace of metallic 
gloss. The free tergites are brownish and the articulate membranes 
yellow.  Underside yellowish and partly covered with the same white 
waxy stuff as the spots of the cephalothorax; each sternite with a 
transverse darker band. The coxae are black and partly covered 
with the white waxy stuff; the third coxa with an indistinet yellow 
median spot, and the fourth with the anterior distal portion almost 
white. The antennae are very light vellowish, the palps are brown 
or yellowish brown, the distal half of the femur and the two following 
joints being the darkest. The legs are brown with more yellowish 
tarsi, the tibiae of the fourth pair are distally yellow. 

Measurements. — Femur I= 11-5, fem. II — 20, fem. III — 10, fem. 
IV.=14mm.; leg. I= 54, leg. II = 90, leg. III = 51, leg. IV=70 mm. 
The second joint of the antennae 1,25 mm. ‘The body 5 mm. long, 3 mm. 
broad and 3 mm. high. 


Material. — I have examined a single male from Mt. Matang (Sa- 
rawak). 
Remarks. — This species seems to be very nearly related to G. 


scrobiculata Thor, (2, p. 717) as well as to G. insculpta Poc. (4, p. 283); 


they are all characterized by the foveolate sculpturing of the scutum. 
It differs from both by its smooth tubercle. An other character is 
found in the colour; for it is similar to G. 7nsculpta Poc. by the yellow 
spot of the carapace but differs from it by the uniform colour of the 
scutum; in the latter character there is a similarity to G. scrobiculata 
Thor., but in the former a difference. 


Gagrella paupera, n. sp. 


Ocular tubercle almost smooth; almost as broad as high seen from 
în front. Scutum granutar and provided wilh two spines. Tibia of 
the palps scarcely twice longer than broad. Femur I about 8 times 
longer than the second joint of the antennae. Trunk brownish, scutum 
with indistinci lighier spots. 

Cephalothorax. — Cephalothorax almost triangular. The two 
transverse ridges behind the ocular tubercle are well marked, the 
hinder being much the longer. Frontal processes are parallel, slender, 
pointed and exteriorly dentate. The depressed median triangle, in the 
middle of wich the ocular tubercle is situated, is rather well deve- 
loped. The cephalothorax is rather densely granular with small gra- 
nules; this granulation is less marked in the middle and almost 
wanting anteriorly just behind the frontal processes. i 

‘tubercle. — The crest of the tubercle is deeply grooved and almost 
smooth; only in front provided with a few minute teeth. The anterior 
and in a lesser degree the posterior surfaces are beset with bigger or 
smaller teeth. The tubercle is seen from the front as high as it is 
broad above, and much narrower at the base. Seen from the side it 
is almost perpendicular, and much higher in front than behind; ‘an- 
teriorly it is almost straight, posteriorly moderately rounded and here 
as high as the tubercle is long. The diameter of the eyes is distinctly 
shorter than the distance between the eyes, but almost equal to the 
distance from their lower margin to the base of the tubercle. The 
eye is placed nearer to the front than to the posterior margin. 

Abdomen. — The sculu7 is provided with two spines; the anterior, 
which is placed far behind the front margin, is the shorter and di- 
rected upwards and very slightly forwards; the posterior spine, which 
is as far distant from the anterior, as this from the front margin, is 
the longer and directed backwards and upwards; The slope of the 
scutum from the front towards the second spine is scarcely marked, 
but the declivity behind is very steep; the outline of the body from 
the spine to the anal operculum is almost circular. The scutum is 
only slightly raised from the sides towards the middle. The tergites 
are marked by more or less distinct transverse grooves. The scutum, 


= ere 


as well as the free tergites behind, are rather densely granular all 
over with moderately big granules. The sternites are almost smooth; 
the genital operculum and the coxae, especially the former, with. a 
number of rather big granules. 

Appendages. — Basal joints of the antennae bear above a few 
black granules. — The /emur of the pal/ps is equal in length to the 
two following joints, but much shorter than the tarsus. The femur 
bears a ventral row of large, pointed teeth from base to tip; the 
outer side bears below an imperfect row of small teeth, and above a 
basal as well as a distal area of black spines; the inner side is near 
the lower margin provided with a distal row of small teeth and more 
dorsally with one, consisting of about eight stout, rather big teeth, 
which begins near the base and extends to the middle; the latter 
row is moderately curved upwards in the middle. The patella as 
well as the tibia, especially the former, are beset with spines, chiefly 
inwards. The patella is much shorter than the tibia; this feature is 
only distinet, when seen from the side; seen from above they seem 
to be of equal length. The tibiae are scarcely twice longer than 
broad. The /arsus is almost as long as the femur plus the patella. 
The procursus maxillaris internus is bifurcate ; the upper branch is 
pointed, curved and much the longer. — The legs are long and slender 
with the usual row of small teeth or spines. 

Colour. — The colour of the trunk is pale brown; the scutum has 
indistinct yellow spots. The legs are brown; the antennae and palps 
are yellowish brown. 

Measurements. — Femur 1 13, fem. II= 22, fem. III 12, fem. IV 
16 mm. The second joint of the antennae 1-5 mm, Body 5 mm, long 
and 3 mm. broad. 

Material. — I have examined a single mutilated specimen from 
Mt. Matang (Sarawak). 


Marthana Thor. 


Of this genus which is characterized by its remarkable column, 
only three species have been described, namely M. turrita Thor.; the 
locality of wich is unknown, M. columnaris Thor. from Borneo and 
M. cuspidata Lom. from Java; a fourth species, M. vestita n. sp., from 
Sarawak will be described here. I hope that the fallowing synopsis 
of these species will be of some value. 

a. Column gradually narrower toward the extremity, directed slightly 
forwards and provided with a terminal, slender, process directed 
backwards. cuspidata Lom. (3 p. 12). 


h. Column not narrower towards the extremity, almost perpendicular 
and without any terminal process. 

a'. Column with two diverging spines, an anterior and a posterior. 
Cephalothorax partly covered with a waxy stuff. 

a* Cephalothorax reddish brown, almost completely covered with waxy 


stuff. vestita n. sp. (p. sì; 
b*. Cephalothorax with lighter bands and only partlvy covered with 
waxy stuff. columparis Thor. (2 p. 722). 
b'. Column without diverging spines. Cephalothorax without waxy 
stuff. turrita Thor. (2 p. 720). 


Marthana vestita, n. sp. 


d Ocutar Tubercle smooth above, below anteriorly witl a single 
tooth; almost twice broader than high, seen from the front. Scutwn 
granular în front. Column very high, almost perpendicular and gra- 
nular with big granules; summit with two divergiîng spines, an an- 
terior and a posterior. Tibia of the palps three times tonger than 
broad. Femur I about 8 times longer than the second joint of the 
antennae. Cephalotorax reddish brow with black tubercle and covered 
wit a while waxy stuff. Scutum black. 

Jephalothorax. — Cephalotorax almost square. The first trans- 
verse ridge rather short and well marked; the second thoracic ter- 
gite is rather long and separated from the first by a deep transverse 
groove; the anterior portion slopes gradually into the posterior, which 
has a well raised hinder margin.  Frontal processes are not very pro- 
nounced, broad undivided, but with a few indistinct marginal teeth, 
depressed median triangle laterally limited by some longitudinal im- 
pressions; similar, less marked ones, are found near the lateral margin 
of the head. The head is completely smooth; the first thoracic tergite 
has a few granules in the middle and so has the second; but the 
latter is besides rather densely granular near the lateral margfn. 

Tubercle. — The ocular tubercle is longitudinally grooved and 
almost completely smooth, only a single, rather stout tooth is found 
at the base near the front margin. The tubercle is very low and seen 
from the front almost twice broader than high ; it as a little narrower 
at the base than at the top. Seen from the side it as a little longer 
than high and has the hinder side steeper than the front. The dia- 
meter of the eyes is almost equal to the distance between them, and 
much longer than the distance from their lower margin to the base 
of the tubercle. Eyes placed distincetly nearer to the hindmost than 
to the front margin (fig. 5 p. 12). 

Abdomen. — The anterior portion of the scutum, viz. the first and 


ME | 


second segment, is prolonged into a long and thick column, which 
consequently is placed just behind the posterior margin of the cepha- 
lothorax; its length is greater than that of the scutum, and equal to 
one third of its breadth at the base. It is almost eylindrical, mode- 
rately thinner towards the middle, (a feature most marked, when seen 
from behind) and distincly enlarged terminally, where it is compressed. 
The top is provided with two spines, both situated in the longitudinal 
section of the body; the one, the anterior, is directed forwards and 
upwards, the other, the posterior, backwards and upwards (fig. 5). 
Each spine as almost. equal to half the length of the top of the 
column; the distance between the bases of the spines equal to the 
length of the tibial part in lateral view, distance between tips of 
spines equal to the length of the tarsus of the palps. The outline of 
the body between the ocular tubercle and the column is scarcely 
slanting, but the slope of the scutum behind the column is well marked, 
but rather smooth. ‘The scutum consists of seven segments, not of 
five as generally in the Gagrellinae; the five first are marked by 
indistinet transverse grooves; the sixth and seventh have no move- 
ment of their own in this species, as their articulating membranes are 
quite stiff and immovable. The eighth tergite is completely free. The 
anterior portion of the scutum, as well as its descending lateral por- 
tion, are beset with flat granules, standing rather apart especially 
towards the middle; the base of the column is provided with similar 
but bigger granules, gradually merging into the rather big tubercles 
of different size and structure, with which the median portion is armed; 
the tubercles of the top are scarcely as big as those of the middle. 
‘The tubercles of the column seem to be placed without proper order, 
sometimes densely crowded sometimes far apart. The sixth and the 
seventh tergites are almost smooth, the articulating membranes com- 
pletely so. ‘The eighth tergite is provided with bigger granules, es- 
specially posteriorly. ‘The sternites are provided with a single trans- 
verse row of granules. "The genital operculum, as well as the coxae, 
bear similar but bigger granules, placed rather apart. 

Appendages. — The basal joint of the antennae has in the middle 
above, where the joint is raised, a number of black granules. — The 
palps are simple. Their femur is equal in length to the two following 
joints, but distinctly shorter than the tarsus; the lower side is pro- 
vided with a number of bigger and smaller teeth. The patella is en- 
larged distally; its inner sunface is beset with small granules, while 
the outer and upper sides are smooth, but for a transverse row of 
teeth along the front margin. The tibia is almost one and a halt longer 
than the patella and about three times longer than broad. The farsus 
has a longitudinal row of 34 teeth with black tips, which begins near 


the base and extends beyond the middle. — The /egs are long, but 
rather thick; only the femora of the two last pairs provided with lon- 
gitudinal rows of minute spine or teeth; the femora of the two first 
pairs are provided with a row of hairs. 

Colour. — The cephalothorax is reddish brown with some of the 
depressed grooves, as well as the hindmost margins of the two tho- 
racic tergites darker; the ocular tubercle is black; almost the whole 
cephalotorax with the exception of the ocular tubercle is covered 
with a jellowish waxy struff. The scutum is blackish brown; the 
column is chocolate; but the two colours blend into each other. ‘ Sides 
‘of the scutum partly covered with the same waxy stuff as the cepha- 
lothorax. The ventral surface seems to be blackish; but this colour 
is not visible, as a thin layer of a white stuff is found everywhere. 
The antennae and palps are dark brown; the former appear more 
polished. The legs are lighter brown. 

Measurement. — Femur [+ 11,5, femur II = 23, fem. II = 10,5, 
fem. IV = 15 mm.; leg. I> 47, leg. II = 80, leg. II = 45, leg. IV > 50 mm. 
The second joint of the antennae 1,5 mm. The body 7 mm. long, 
45 mm. broad and 7 mm. high, measured from top of the column. 

Variation. — The other specimen, examined, differs in some re- 
spects. The column is comparatively shorter and thicker, though in 
a very slight degree ; it is less widened out towards the top and its 
tubercles are smaller. The granulation of the scutum is better mar- 
ked. The colour of the body is somewhat darker. The number of 
the teeth, which are placed along inner margin of the tarsus of the 
palp fewer, namely only 15 (fig. 2. p. 12). 


Material. — I have examined two males from Mt. Penrissen (Sa- 
rawak). 
Remarks. — This species seems to be very nearly related to M.. 


columnaris Thor. (2. p. 722); the main differences are found in the 
granulation, colouring and covering of the cephalothorax. 


= 


Fig. 1. — Gagrella fragilis With yg Tarsus of left, palp x 41. 

Fig. 2. — Marthana vestita n. sp. SJ Tarsus of right palp x 32. 

Fig. 3. — Gag. triangularis With SJ Tarsus of left palp x 41. 

Pip. d.. Gag. saravakensis n. sp. g° Tarsus of right palp x 31. 

Fic. 5. — Marthana vestita n. sp. g° The Column in lateral view x 10. 


BIBLIOGRAPHY 


“1. T. THorEL. Arachnidi Artrogastri Birmani. Viaggio di Leonardo Fea, XXI 
Ann. del Mus. Civ. di St. Nat. di Genova, XXVII, 1889, pp. 521-729. 

9. — — Opilioni nuovi o poco conosciuti dell’ Arcipelago Malese. Ann. del 
Museo Civ. di St. Nat. di Genova, Ser. 2%, vol. X, 1891, pp. 669-770. 

3. J. C. C. Loman. Opilioniden von Sumatra, Java, und Flores. Zoologische 
Ergebnisse einer Reise in Niederl. Ost-Indien (Max Weber). Bd. III, 
Leiden, 1894, pp. 1-27. 

4. R. S. Pocock. Descriptions of some new Oriental Opiliones. Ann. Nat. Hist., 
Ser. VI, vol. XIX, 1897, pp. 283-292. 

5. E. Simon. On the Arachnida collected during the Sheat Expedition. Proc. 
Zool. Soc. London, 1902, vol. II, pp. 45-84. 

6. C. J. WiTH. New and old Phalangiidae from the Indian Region. Journ. 
Linn. Soc. London, vol. XXVIII, pp. 466-509. 


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2251 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


— BOLLE FFINO 


We di Zoologia ed ‘Anatomia comparata. 


della R. Università di Torino 


Ni 540. pubblicato: il, 22, Settembre, 1905 Vor. XX 


RES ITALICAE 


XVIII. 


Dott. Lea MrI 


Ortotteri del Friuli 


Il Dott. Achille Tellini mi ha affidato lo studio della sua raccolta 
di Ortotteri fatta nella provincia di Udine e poi donata al R. Museo 
Zoologico di Torino. 

Avendo già pubblicato lo studio della collezione di Ortotteri fatta 
dal Dott. Enrico Festa nel Cadore. in, regione alpina (1), credo utile 
pubblicare il risultato dello studio di questa raccolta fatta nel Friuli 
in pianura, in regione collinosa e subalpina. 

Le località da cui provengono le specie da me esaminate, sono le 
seguenti: 

Valle del Tagliamento e tributarî: Resiutta a 317 m. s. mare; Abesso 
a 200 m.; Gemona a 275 m.; Osoppo a 185 m., tutte verso,la. regione, 
alpina, ma nelle valli. Distretto di Tarcento: Lusevera a 498 m.; Nimis 
a 220 m.; Sedilis dai 300 ai 400 m. e Chialminis dai 700 agli 800 m. 
sul mare. Distrelto di Cividale e di S. Pietro al Natisone: Casteldel- 
monte a 634 m.; Oblizza a 500,m.: e.Bultrio a 150 m. 

Pianura alta centrale: Udine a 110 m.; Torrente Torre a Cerneglons 
a 90 m.; Predameno idem.; Orzano a 100 m. circa. PI 

(1) Dott. Lra Mer. — Locustidi e Acrididi det Cadore. Boll. Musei Zool. 
e Anat. Comp. R. Università di Torino, N. 457, Vol. XVIII. 


fly fia 


Pianura bassa: Foce del F. Isonzo che resta però nella provincia 
di Gorizia e Gradisca, e Carlino a 4-5 m. sul mare. 

Parte orientale del Frèulî: M. Santo a 680 m.; Colbio di Gorizia dai 
200 ai 300 m.; S. Martino del Carso a 195 m.; Cormons a 41 m.j Medea 
a 35 m. 

Parte occidentale della prov. di Udine: Caneva di Sacile a 100 m.; 
ed Altipiano del Cansiglio dai 900 a 1300 m., con Casera Pizzocco, e 
Martura di Aviano alle falde dell’altipiano. 

La raccolta consta delle Famiglie dei Forficulidi, dei Mantidi, degli 
Acridiai, dei Locustidi, dei Grillidi, con 43 specie e talvolta con nu- 
merosissimi individui. Essa fu conservata a secco. 

Delle specie di Locustidi e di Acrididi esistenti nella raccolta del 
Friuli, non furono trovate nel Cadore le seguenti : 

Tra i Locustidi: Phaneroptera quadripunctata Br.; Xiphidium fu- 
scum (Fab.) Serv.; Conocephatus nitidulus (Charp.) Griffini; Rhacocleis 
discrepans Fieb.; Rhacocleis Bormansi (Dubro) Brunn.; Tramnotrizon 
Chabrieri (Charp.) Fisch.; Thamnotrizon faltax (Fisch.) Krauss; Pla- 
tycleis stricta Zeller) Krauss; Platycleis bicolor (Phil.) Fieb. — Tra 
gli Acrididi: Vedipoda coerulescens (L.) Serv.; Sphingonotus coerulans 
(L.) Fieb.; Acridium aegyptium (L.) Stàùl.; Caloptenus italicus (L.) 
Burm.; Stauronotus brevicollis Eversm.; Pezotettix. pedemontanus 
Brunn.; Platyphima Giornae Rossi; Stethophima fuscum Eversm.; 
Epacromia strepens (Latr.) Bol. i 

Le 43 specie da me studiate sono le seguenti e vengono enumerate 
secondo la classificazione seguita dal Brunner von Wattenwyl « Pro- 
dromus der Europàischen Orthopteren » Leipzig 1882, 


Forficulidi. 


Forficula auricularia L. 

26 esemplari (17 9 9 o) dei quali 10 furono raccolti a Nimis, 13 ad 
Udine, 1 a Caneva, 1 a Lusevera, 1 a Chialminis. 
Labia minor L. 


3 esemplari dei quali 2 furono raccolti ad Udine, 1 a Gemona. 


Mantidi, 


Mantis religiosa L. 
11 esemplari (9 9 2 è) dei quali 2 furono raccolti ad Udine, 6 a Minis, 
3 a Martura di Aviano. Un solo esemplare presenta alla base delle 


piloni 


tibie anteriori nel lato interno la macchia bianca circondata da un 
anello nero; gli altri hanno la macchia tutta nera. 


Acrididi. 


Stenobothrus limcatus Panz. 


1 esemplare 9 raccolto a Lusevera. 
Stenobothrus morio Fab. 


1 esemplare 4 raccolto a Martura di Aviano. 


Stenobothrus rifipes (Zett.) Fisch. 


102 esemplari (30 0 72 9) dei quali 10 furono raccolti a Lusevera, 
80 ad Udine, 5 a Bultrio, 15 a Predamano, 30 a Gemona, 4 a Nimis, 
10 a Cormons, 6 al Cormor, 9 a Medea, 6 a Gervasulta, 3 a Cerneglons, 
la Gradana. I femori posteriori non sono in alcuni affatto marmorati, 
ma completamente unicolori. 


Stenobothrus vagaus (Fieb.) Fisch. 


110 esemplari (30 od 80 9) dei quali 9 furono raccolti a Nimis, 1 a 
Oblizza, 2 a Predamano, 12 a Cormons, 6 a Marsura, 8 a Chialminis, 
25 ad Udine, 4 ad Osoppo, 4 a Gervasulta, 15 a Bultrio, 10 a Medea, 
9 al Cormor, 5 a Lusevera. 


Stenobothrus bicolor (Charp.) de Sélys. 


130 esemplari (80 3 50 9) dei quali 53 furono raccolti ad Udine, 19 
a Predamano, 5 a Bultrio, 6 a Medea, 8 al Cormor, 8 a Cormons, 3 a 
Ohialminis, 7 a Lusevera, 3 a Gervasulta, 5 a Cerneglons, l a Gorizia, 
2 a Marsura, 4 a Gemona, 6 a Nimis. Presentano grandissima varietà 
di colorazione. 


Stenobothrus parallelus (Zett.) de Sélys. 


122 esemplari (30 &' 92 9) dei quali 46 furono raccolti ad Udine, 26 
a Nimis, 4 a Sedilis, 13 a Gemona, 17 a Lusevera, 5 a Marsura, 5 a 
Chialminis, 4 a Predamano, 2 ad Alesso. 


Gomphocerus rufus (L.) Thund. 


68 esemplari (22 & 46 9) dei quali 15 furono raccolti a Gorizia, 5 a 
Gemona, 5 a Marsura, 9 a Lusevera, 1 a Cerneglons, 3 a Predamano, 
4 a Bultrio, 2 a Sedilis, 3 a Chialminis, 1 a Casteldelmonte, 17 a Nimis. 
Alcuni esemplari presentano una fascia chiara che decorre dal fastigio. 
del vertice all’apice delle elitre. eta 


ie ci a 


Stauronotus brevicollis Eversm. | i 
1 solo esemplare &' raccolto ad Udine presenta le ali di un bel ce- 

leste carico. 

Stethophima fuscum Eversm. 


1 esemplare d raccolto ad Udine. 


Epacromia strepens (Latr.) Bol. 

18 esemplari (7 & 119) 8 furono raccolti a Bultrio, 6 ad Udine, 2 a 
Gorizia, 2 ad Opeina, 1 a Capodistria, 1 a Collio di Gorizia, 1 a Pre- 
damano, 1 a Lusevera. 

Sphingonotus coerulans (L ) Fieb. 

9 esemplari 9 dei quali 5 furono raccolti a Predamano, 4 a Cerne- 
glons. Un individuo presenta ile elitre con due macchie brune dilute. 
Geiipoda cverulescens (L.) Serv. P 

37 esemplari (21 9 16 0°) dei quali 12 furono raccolti ad Udine, 3 a 
Bultrio, 5 a Predamano, 4 a Gemona, 5 a Cerneglons, 2 a Gorizia, la 
Collio, 3 a Nimis. Variano molto nella intensità delle macchie scure. 
Psophus stridulus (L.) Stil. 

5 esemplari (19 4d) raccolti tutti a Nimis. 


Accridiaum aegyptiùum (L.) Stal. 
5 esemplari (29 3) tutti furono RACC ad Udine. 


Caloptenus italicus (L.) Burm. 

14 esemplari (8 9 6 d) dei quali 6 furono raccolti ad Udine, 3a, 
Nimis, 1 a Gemona, 1 a Predamano, 1, a Cerneglons,. 1. a Marsura di 
Aviano. 

Pezotettix pedemontamus Burm. i 

11 esemplari (8 9 3 0) dei quali 7 furono raccolti a Nimis, 2a Chiel-. 
minis, 1 a Marsura di Aviano, 1.a Lusevera. ; 
Pezotettix alpiazs (Koll.) Stil. var. \atpino. 

1 esemplare & raccolto a Resiutta. 


Piatyphima Giormae Rossi. 

77 esemplari (28 è 49 9) Uci quali 14 furono Taccolti p TRUE 
4a Bultrio, 27 ad Udine, 4 a Marsura, 6 a ‘Cormor, 11 a Medea, 1 
Carlino, 4 ‘a Cormons, i a Sedilis, 2 a ‘Chialminis, 1 a Gervasulta, Ù 
ad Alesso. iii "a 


PO” 


Tettix subulatus (L.) Stàl. i 
4 esemplari (3 o 19) dei quali 2.furono raccolti a Bultrio, ua Go- 
rizia, 1 alla foce dell’Isonzo. 


Tettix bipunetatus (L.) Stàl. 
12 esemplari alcuni allo stato larvale; 4 furono Faccolti a ‘Bifltitio, 
3 ad Udine, 1 al M. Santo, 2 a Cansiglio, 2 ‘ad Osoppo. 


Locustidi. 


Phaneroptera quadripunetata Br. 
di 23 esemplari (149 9) dei quali 3 furono raccolti ad Udine, 2 a 
Predamano, 3 a Lusevera, 4 a Gemona, 2 a -Marsura-di Aviano; 2 è 
Nimis, 1 a Cormons. 

Variano i vari esemplari nella colorazione che - va dal verde intenso 
al bruno giallastro. 


Xiphidium fuscum (Fab) Serv. 
4 esemplari (2 9 2 c) dei quali 1 fu raccolto a Bultrio, 1 a Preda- 
mano, 2 a Sedilis. i 


Conocephalus mitidulus (Charp ) Griffini. 


29 esemplari (19 9 10 c) dei quali 21 furono raccolti ad Udine, 4 G 
Gemona, 1 a Bultrio, 1 a Nimis, 3 a Lusevera. 


Locusta viridissima (L.) Fab. 
2 esemplari (10° 1 9) 1 raccolto ad Udinè; 1 ad -Orzanò. 


Locusta cantans Fuessly. 
1 esemplare 9 raccolto a Nimis. 


HRnacveleis discrepamns Fieb. 
6 esemplari (1 9 5 9) dei quali 3 furono raccolti ù Gemona, 2a Udinò, 
l a Cerneglons. 


Rnacocleis Bormamsi (Dubro.) Brunn. a 
24 esemplari dei quali 7 furono raccolti a Nimis, 6 x Udine, 6 a 
Gemona, 1 a Bultrio, 4 a Lusevera. 
Fhamnotrizon Chabrieri (Charp.) Fisch. 
5 esemplari (39 29) dei quali 4 furono raccolti a Nimis, 1 ad Udine. 


Thammnotrizonm apteras (Fab.) Fisch. 


6 esemplari (49 20) dei quali 1 fu raccolto a Oblizza, 3 a Nimis, 
2 a Marsura Aviano. 


Thaminotrizon fallax (Fisch.) Krauss. 

2 esemplari 9 raccolti a Marsura Aviano. 
Thamnotrizon cinereus (L.) Fisch. 

4 esemplari 9 raccolti a Nimis. 
Piatycleis grisea (Fab.) Frivaldsky. 


11 esemplari (8 9 3 &) dei quali 5 furono raccolti a Nimis, 2 ad Udine, 
2 a Gemona, 1 a Marsura Aviano, 1 a Cerneglons. 


Platycleis stricta Zeller) Krauss 

4 esemplari (2 & 2 9) dei quali 2 furono raccolti a Bultrio, 2 a Udine. 
Platyceleis bicoiow» (Phil) Fieb. 

1 esemplare 9 raccolto ad Udine. 
Becticus verruacivorus (..) Serv. 


2 esemplari 9 raccolti 1 a Marsura Aviano, 1 ad Udine. 


Grillidi, 


Oecanthus pell ucens (Scop.) Brullé. 


5 esemplari (19 40) raccolti a Cormons Medea. 
Grylius burdigalensis Latr. 
1 esemplare 9 raccolto a Lusevera,,. 
Gryllus campestris L. 
5 esemplari allo stato larvale, dei quali 4 raccolti a Bultrio, 1 a 
Nimis. 
Gryllomoerphus dalmatinus (0csk) Krauss. 
2 esemplari 9 raccolti 1 ad Udine, 1 a Lusevera. 
Gryllotalpa vulgaris Latr. 
1 esemplare 9 raccolto ad Udine. 


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BORKERTITINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 541 pubblicato il 26 Settembre 1905 Vor. XX 


Etude sur les Arachnides 


recueillis en Patagonie par le Dr. Filippo Silvestri 


par E. Simon. 


Les Arachnides qui font l’objet de ce travail ont été recueillis par le 
prof. Filippo Silvestri dans le sud de la Patagonie Argentine, princi- 
palement sur le Rio Santa-Cruz; la faune de cette région est fort peu 
connue, les recherches des explorateurs ayant surtout portées jusqu’ici 
sur la Terre-de-Feu et la Patagonie chilienne. 

Nous ne pouvons guère citer sur ce sujet que le travail que nous 
avons publié en 1886 (1) sur les Arachnides recueillis en 1882-83, dans 
la Patagonie australe, de Santa-Cruz à Punta-Arenas par M. L. Lebrun, 
attaché comme naturaliste à la Mission francaise du Passage «le Venus, 
contenant l’indication de 16 espèces dont 5 seulement ont été retrouvées, 
dans les mèmes parages, par M. Silvestri (Lycosa nigricans, Petricus 
marmoratus, Trachelopachys sericeus, Tomopisthes Lebruni et T. tae- 
niatus E. Sim.) et l’ouvrage plus important, de M. A. Tullgren (2), 
consacré aux recherches de MM. O. et E. Nordenskiòld dans l’extrème 
Sud Américain, mentionnant environ une soixantaine d’espèces dont 
7 seulement de la région qui nous occupe (Scotinoecus fasciatus Tullgr., 
Sicarius rupestris Holmb., Lithyphantes sabulosus, Asagena patago- 
nica, Tomopisthes (Gayenna) cruzianus Tullgren, Trachelas sericeus 
E. Sim., Cicurina madrynensis Tullgr. (3)). 


(1) in Bulletin de la Société Zoologique de France, t. XI, 1886, p. 558. 

(2) Contribution to the Knowledge of the “pider tauna of the Magellan 
Territories; in Svenska Expeditionen till Magellanslinderna, t. II, 2, n.10, 1901. 

(3) deux de ces espèces (Szicarius rupestris Holmb. et Cirurina madrynensis 
Tullgr.) ont éti recueillies plus au Nord à Puerto- Madryn. 


IL 


Antérieurement M. E. L. Holmberg avait indiqué quelques espèces 
dans un ouvrage consacré aux explorations du D' D. A. Doering, dans 
la Pampa méridionale et la Patagonie septentrionale (1). 

Les localités citées dans les pages suivants sont: 

Puerto Santa-Cruz; Missioneros près du P. Santa-Cruz; Amenkelt, 
environs du - Rio Santa-Cruz; Monte Buenos-Airès, au sud du Lac 
Argentino; Puerto Camarones, près Chubut; Puerto Piramides, près 
Chubut. 


Familia Aviculariidae. 


Tryssothele patagonica sp. nov. 

9 long. 25 mm. — Cephalothorax pallide fulvo-lestaceus, tonge et 
crebre albo-luteo-sericeo-pubescens, fovea thoracica brevi, recte trans- 
versa profundissima, area oculorum transversa nigra, oculi tat- 
rates utrinque evidenter disjuncti. Abdomen ovatum, luteo-testaceum, 
superne vitta media, apîcem haud attingente, antice lata et angutosa, 
deîn angusta et utrinque bidentata atque in lateribus punetis paucis, 
zonas obliquas designantibus, nigricantibus, notatum. Chelae fusco- 
castaneae, albo pilosae et nigro-crinitae. Parles oris, pedes maxillares 
pedesque pallide fulvo-testaceî. Pars labialis multo lalior. quam 
tongior, dentibus obiusis pavucîs (4 vel 5) uniserialis munita. Coxae 
pedum-maxillarium area sat crebre dentata, intus ad basin, ar- 


matne. Pedum tarsi metatarsique quatuor antici usque ad basin sat. 
crebre scoputati, melalarsus li paris prope basin aculeîs binis unise- 
riatis, metatarsus 2° parîs aculeo apicali et prope basin aculeis trinîs 


biseriatis (2-1) armati. Pedes poslici valle aculeali. 
Missioneros, près Puerto Santa-Cruz (; 1). 


Diffère surtout des espèces chiliennes du genre 7ryssothele (2) par. 


ses téguments d’un fauve pale, le dessin de son abdomen, sa pièce 
labiale armée de quelques denticules uniseriés et par ses yeux latéraux 
disjoints de chaque còté. 


Familia Diectwyvnidae, 


Altellopsis nov. gen. 
Ab Altella, cui praesertim affinis est, differt parte labiali evidenle» 


latiore quam longiore, semicirculari et dimidium laminarum. nn 


(1) Aracnidos de la Pampa meridional y de la Patagonia septentrional, 
(ext. del informe oficial de la Comision cientifica agregada al Estado mayor 
general de la Expedicion al Rio Negro) Buenos-Aires, 1881. 

(2) T: subcalpetana Nicolet, Pissiî, Latastei E. Simon, 


— Bia 


attingente, sterno lonniore et pedibus quatuor posticis tibiis mela- 
tarsisque pluriaculeatis ; a Devade differt ocutis mediis anticis lalera- 
libus multo minoribus et area oculorum quatuor mediorum multo 
angustiore antice quam postice, 


A. helveola sp. nov. 


Q long. 2 mm. — Cephalothorax taevis, pallide luteo-testaceus, ma- 
cula media triquetra, confusa, olivacea, notatus, oculis nigro-cinctis. 
Oculi antici inter se juxla contigui, apicibus în lineam leviler pro- 
curvam, medii laleralibus fere triplo minores. Oculi postici, superne 
visi, în lineam leviter procurvam, medii lateralibus paulo minores, 
a sese spatio oculo pauto laliore distantes, a laleralibus subconligui. 
Abdomen oblongum, omnino albido testaceum. Slternum, chelae, partes 
onîs pedesque luleo leslacea, pars labialîs sallem ad basîn infuscata. 
Tibiae anticae aculeo inferiore submedio aculeoque interiore, graci- 
Libus et sat longis, imelalarsi anlici aculeis seliformibdus vel setis) 
binîs subtus, prope basin, armutli. Pedes postici parce aculeati. Plaga 
genitatis lransversa, multo lalior quam tongior, rufula et utrinque 
nigro-notala. 

Rio Santa-Cruz (9 1). 


Myropsis pauupercula sp. nov. 


9 long. 4 mm. — Ceplutothnrax laevis, fulvo-rufescens concolor, 
ocutlis tenuile» nigro-cinctis. Oculi antici în lineam sat procurvam,3 
medîi nigri inter se contigui a laleralibus, albis ovatis et saltem */ È 
majoribus, angusltissime separati. Oculi postici in lineam paulo minu 
procurvam, inler se subaequales, mediî a sese quam a lutervalibus 
paulo remotiores el spatio oculo multo laliore disjuncli. Oculi qualuor 
medii inter se subaeqrales, aream latiorem quam longiorem el antice 
quam poslice multo angustiorem occupantes. Ocutli lulerates ulrinque 
contigui, anlicus posltico major. Clypeus proclivis, oculis laler'alibus 
anticis paw!o latior. Abdomen cinerco-lestaceum, pilosum, sublus 
paulo dilulius. Chelae, partes oris sternum pedesque futvo-rufula, 
laevia. Chelae robustae et converae, margine inferiore sulci dentibus 
parvis seriatis 3 vel 4 armato. Pedes robusti, valde setosi, tibiis an- 
ticis aculeis înferioribus debilibus 2-2, metalarsis aculeis 3-3, acu- 
leisque lateralibus paucis minutissimis, instructis. Pedes postici nu- 
merose aculeati. Area genitalis convexa, transversa, postice truncata, 
futvo-olivacea, ulrinque nigro-notala. 

Rio Santa-Cruz (9 1). 

Cette petite espèce n’offre qu’a un degré affaibli les caractères du 
genre Myropsis; ses yeux antérieurs, presque contigus, sont moins 
inégaux et en ligne beaucoup moins procurvée que ceux du Myropsîs 
Backhauseni E. S., ses quatre yeux médians sont presque égaux ‘et 


di 


ses yeux latéraux sont de chaque còté étroitement contigus; je ne 
pense pas cependant que ces caractères soient suffisants pui en faire 
le type d’un genre spécial. $ 
Elle diffère en outre de l’espèce type par ses téguments fauves:con+ 
colores, sa taille beaucoup plus petite et la structure de sa plaque 
génitale. 2a ca Li 


“Qt #9) Familia Sicarlidae, 


| Sicarius rupestris (Holmberg). 


Thomisoides rupestris Holmberg, in Exped. del Roca al Kio ani Zool. 5 
1881, p. 153 (37), pl. 1v, fig. 9. ETC 
Missioneros, près Puerto Santa-Cruz; Santa-Cruz; Chubut; Puerto 
Piramides. iva 
Décrit du Nord de la Patagonie. 


Familia Drassidae. 


Melanophora Silvestrii sp. nov. 


g long. 6 mm. — Cephatothora® niger, fere ltaevis, pilis longîs el 
pronis obscure cinereo-sericeîs vestitus. Oculi antici în lineam valde 
procurvam, medii nigri lateralibus albis paulo minores, a sese spatio 
oculo latiore distantes, a laleralibus contigii, oculi postici în lineam. 
haud vel vix.latiorem, evidenter procurvam, medii a: laleralibus 
quam inler se remoliores. Clypeus ocutis lateralibus anticis saltem 
duplo lalior. Abdomen longe oblongum, nigrum, sublus paulo dilutius,, 
sericeo-pubescens. Sternum nigrum, laeve, sericeo-pilosum. Chelae 
nigro-castaneae, laeves, parce pilosae. Pedes nigricantes, coxis. tar- 
sisque paulo dilultioribus fusco-castaneis, libiîs anticis muticis, mela- 
tarsis‘anticis usque ad basin breviter scoputatis, aculeis subbasilaribus 
binis sat brevibus armalis. Plaga genilatis longior quam tatior, pa- 
Falleta, anlice fovea' magna lransversa semicirculari, tenuiter rufulo:. 
marginata.et septo testaceo, lato et sulcato divisa, poslice fovea minore. 
tongitudinati et triquetra, valde impressa. ‘5 

“lo Pedes-maxillares insignes; patelta superne longissime crinita; 
tibia parva, brevi, apophysi divaricala, valde compressa, antice acute 
nigro-marginata, apice b'uncata cum angulo anteriore leviler prg- 
minuto et mucrone parvo el uncalo munito, exlus armata; larso 
maximo, exlus ad basin valle dilalato el conico, ad apicem. longe 
attenuato et înfiexco; bulbo migno, styto libero nigro, tongissimo, 
circulum magnum formanle, onmnino circumdato. > 

Rio Santa-Cruz et Missioneros (? 2, 1). 


*\ 


et e 


Aucune espèce de ce genre n’était connue jusqu'ici de Patagonie (1). 
M. Silvestrii appartient è un groupe, assez nombreux en Amérique,. 
faisant le passage au genre Echemus ghar la seconde ligne oculaire 
plus ou moins procurvée.- 


Familia Zodariidae. 


Storena lentiginosa sp. nov. 


:9 (subadulta) long. 8mm. ,— Cephatothorax. longe ovatus, pallide 
fusco- rufescens, parte i. vilta media lala fulvo-rufula, postice 
altenvata et sensim diluliore notata, laevis, parce nigro-setosus. Oculi 
antici în lineam angustam, valde procurvam, inter se anguste et fere: 
aeque distantes, medii rotundi, lateralibus ovalis paulo majores, 
oculi postici aequi, în lineam multo latiorem subrectam (via pro- 
curvam)/, medîi a lateralibus quam a sese plus quadruplo remotiores. 
Area oculorum mediorumn longior quam talior el fere parallela, medii 
antici posticis sallem *|, majores. Clypeus area ocutorum paulo tatior, 
verticalis planus, valde crinilus. Abduomen oblongum, supra fulvo- 
rufescens, fulvo-cinereo-pubescens, parce nigro-punctatum, ‘antice’ 
dilutius, postice macutis lransrersis arcualis migris seriatis, vittam 
alam, fere designanlibus, 07° nulum, sublus nigricans, regione epiga- 
steris. dituliore, maumillis fulvis. Chelae fusco-rufulae, breviler nîgro- 
crinîtae. Slernuin, pedes-maxillares pedesque fulvo- rufula.’ Tibiae 
anlicae acuieis binis minulissimis, vix perspicuuis, sublus, ad mar- 
ginem inleriorem, armulae, metatarsi aculeîs brevissimis sed vatidis’ 
el fere dentiformibus 4- 4, sublus armati. Pédes postici vatde el nu- 
merose, acw'eati. — Imferdum abdomen supra fere nigrum obscurè 
lestaceo: variegalum et anlice ul inque macula albida longu el obtigua 
marginalum. | 

Chabut:: Puerto- Camarones (3 adulte 1, g jeune 1). 

Cette espèce diffère beaucoup des deux Storena actuellement connus 
de, LAmérique antarctique: S. Lebruni E. S. découvert è Santa-Cruz 
par M. E. Lebrun et S. Bergi E. S. de la 'erre-de-feu. 

Dans le S. Lebruni E. S. en effet les yeux médians antérieurs sont. 
très: gros et les yeux postérieurs sont en ligne très fortement recurvée 
semicirculaire. 

Dans le S. Be? ‘gi E. Sim. les yeux postérieurs sont au contraire en 
ligne fortement procurvée et les yeux médians Slate Pig très 


(1) Drassus australis Holmberg dont l’auteur ne déerit que le jeune màle 
(loc. cit. p. 136) ost peut-ètre ul MERI a, mais ‘certainemebt differeut 
du’ Mi iS/Avestrit E. Sim} 26034, 19 CIUBDÌ c'eotiat 


petits, de plus les métatarses antérieurs sont armés d’epines apicales 
assez longues. 


Familia Pholcidae. 


Psilochorus pullulus (Hentz). 
Theridion pullulum Hentz, in Bost. Journ. Nat. Hist., VI, 1850, p. 35 — 
Psilochorus id. E. Sim., H. N. Ar., L p. 482. 

Chabut: Puerto piramides (9 2). 

Deux femelles ne différant en rien des P. pululus de l’Amérique du 
Nord. La grande extension de cette espèce en Amérique est des plus 
remarquables, elle rappelle celles de l’Araneus labyrintheus et du 
Latrodectus mactans. 


Familia Theridiidae., 


Euryopis tribulata sp. nov. 

9 long. 2,5 mm. — Cephratothorax brevis, laevis, obscure fulvo-rufe- 
scens, marginem versus infuscatus, setis nigris, validis, longis et 
erectis, paucîs, conspersus. Oculi anlici în lineam modice procurvam, 
medii prominutli nigri, lateralibus albis haud vel via majores sed inter 
se quam a laleralibus plus duplto remoliores. Oculi postici sat magni, 
aequi, in lineam valde recurvam, medii a sese quam a tateralibus 
via remotiores. Area quatuor mediorum evidenler latior quam longior 
et anltice quam postice paulo latîior. Clypeus area oculorum tatior, 
sub oculis prominutlis valde depressus. Abdomen magnum, converum, 
antice rotundum, postice tonge el valde ‘altenualum, supra duriu- 
sculum et nilidum, setiîs validis, longis el ereclis, fere spiniformibus, 
flavo-nitidis conspersum, nigrum, anlice maculis binis ovatis et 
obliquis, in medio vitta lalissima procurva. dein arcu transverso 
minore et postice, supra mamiltas, macuta angulosa, flavido-testacets, 
ornalum, subtus obscure fulvo lestaceum. Slernum fusco-rufulum. 
Pedes breves et robusti, selis validis longîs et erectis armati, flavidi, 
nigro-maculati et subannutali. 

Santa-Cruz (9 2). 

Cette espèce doit se rapprocher de l’Euryopîs variabilis Keyserling, 
du Sud du Brésil, mais sa coloration est différente, principalement celle 
de l’abdomen, ses pattes sont beaucoup plus courtes, tachées de noir 
presque annelées. 


JE. longiventris sp. nov. 
e long. 3.mm. — Cepluto!thorax breciler ovulus sed longior quam 
tatior, laeviîs et glaber, tuete fu!tvo-uuranliacus, oculis anguste nigro- 


cinctis. Oculi cuncti inte» se subaequales, medii antici nigri, reliqui 
albi, quatuor antici in lineam leviter procurvam, medii a sese spatio 
oculo non multo minore disltantes sed a laleralibus subcontigui. Oculi 
postici în lineam modice recurvam, medii inter se quam a lateralibus 
evidente» remoliores. Area qualuor mediorum parallela et evidenter 
lalior quam longior, antici posticis paulo majores. Clypeus verticalis 
plunus, area cculorum latior. Abdomen magnum, sat longe ovatum, 
postice vix amplialum atque oblusum, atbido-testaceum, parce et 
fenuiter setosum, amtice macula media parva, dein vittis transversis 
latis quatuor : trinîs anlizis leviler recurvis atque in medio plus 
minus interruplis, ullima validissime recurva semicirculari, pallide 
fuseo-cinereis, superne ornalum. Chelae breves. Sternum pedesque 
laete fulvo-auranliaca. Pedes sat breves, haud laterales, longe setosi, 
paletllis tibiis metatarsisque anticis leviler infuscatis. Plaga genitalis 
fusca, laevis, leviler convexra, foveola parva, rufula, subrotunda 
impressa. 

Chabut: Puerto Piramides (9 1). 

Espèce très anormale qui pourrait devenir le type d’un genre par- 
ticulier. Elle diffère en effet des Zuryopîs typiques par son abdomen 
cylindrique un peu renflè en arrière et par ses pattes non latérales. 


Lithyphantes sabulosus Tullgren, in Sv. Exp. Magell., t. II, n. 10, 
1901, p..193, pl.. 1, fig. 3. 


Santa-Cruz et Missioneros près Santa-Cruz (9 7 adultes et jeunes). 
Décrit de Santa-Cruz par M. Tullgren. 


Latrodectus mactans (Fabricius). 


Aranea mactans Fabricius, Ent. Syst. II, 1775, p. 410 — Latrodectus for= 
midabilis, variolus, intersector, Te'ragnatha Zorilla Walckenaer — La» 
trodectus mactans et dotatus C. Koch. — Latrodectus formidabilis, 
variegatus et thoracicus Nicolet — Theridion verecundum et lineatum 
Hentz. — Latrodectus apicalis et carolinus Butler — L. malmignathus 
var. fropica van Hasselt — L. mactans Fr. Cambr. (1902). 


Santa-Cruz (9 1, & 1). 

Espèce répandue dans toute l’Amérique, depuis le Sud des Etats-Unis 
jusquau Chili; la station de Santa-Cruz est jusqu’ici la plus australe 
qui ait été indiquée. 

L’extension de certaines formes tropicales dans l’Amérique du Sud 
est à noter, les genres Damon et Cercophonius en donnent d’autres 
exemples. 

Nora. — Quelques jeunes Threridion non déterminables ont été re- 
cueillis sur le Rio Santa-Cruz. 


se 48 e 


YO Rest IV pa) 


Familia Argziopidae. 
“subfam. Linyphiinae. 


Porrhomma fuegianum (Tullgren). Oto . 
Tmeticus fuegianus Tullgren, in svenska Exped. t. Magell., t.;II, n. 10, 
pr205,\pliùm.fig. 4 Porrhomma fuegianum E. Simon; in Hamb. Magalh. 
sammelreise, Arachn. 1902, p. 21. 
Missioneros, région de Santa-Cruz (& 1). 
Espèce très répandue dans la Patagonie chilienne et la Terre-de-feu. 
Nota. — M. Silvestri a recueilli dans la méme région de très jeunes 
individus, non déterminables, d’une autre espèce de Porrhomma et 
d'un vrai Linyphia qui paraît ressembler 4 notre L. pusilla Sund., 
d'Europe. i 


Grammonota bilobata (Tullgren). 

2Walckenaera bilobata Tullgren, loc. cit..p. 197. 

Q long. 2 mm. — Cephulothorax fulvo-rufescens, laevîs, breviler 
ovatus, antice via altenvalus, fronte lalîssima, parte cephalica valde 
convera antice declivi. Oculi antici fanlice visi) in lineam leviter 
recurvam, medii parvi inler se conligui, a lateralibus, saltem duplo 
majoribus et transversim ovatis, spatio oculo plus duplo majore di- 
stantes. Uculi postici în lineam rectam, medii a sese quam a lalera- 
libus via vemoltiores el. vio minores. Area mediorum longîior quam 
latior et anlice quam postlice multo anguslior, mediî antici: posticis 
multo minores, oculi cuncli anguste nigro-limbat'. Clypeus verticalis 
plunus, sub oculis non depressus, area oculorum circiter aequiltalus. 
Abiomen breviler ovatum, supra nigrinum sed antice tate albidum 
el vilta media obscura notatum, dein vittis transversis latis quatuor 
(anticis in medio interruplis) albidis, ornalum, sublus fusco-testa- 
ceum. Chelae, partes oris, slernum. pedesque fulvo-rufula, parte la- 
biali infuscala. Chelae validae, converae, laeves. Slernum nitidum, 
non multo longius quam latius, înter coxas posticas (runcatum. Pedes 
sat.breves, breviler pilosi, sed pateltis ad apicem libtisque prope basin 
seta erecla longa munitis, tarsis metatarsis vio brevioribus.' Lantina 
genitalis duriuscula fusco-caslanea et nilida, linguiformi; apice ali. 
tenuata, acute emarginata el bifita. Be i Sio din vip 

Voisin des Grammonota pictitis et ornata Cambr., de l'Amétique du 
Nord, il en diffèore surtout par le céphalothorax lisse, non‘chagriné ef 
fauve, et par le processus linguiforme de l’épigyne. Lu 


J , 


Neriéne Michaelseni E. Simon, ‘serait peut-ètre' aussi mieux placé 
dans le genre Grammonota, il differè du G. dilobata- par sa taille 
au moins trois fois plus forte, sa partie céphalique non convexé, le 

® 


— © 


rebord échancré de son épigyne non linguiforme, ses tarses antérieurs 
visiblement plus courts que les métatarses. 

La détermination n’ est pas absolument certaine, M. A. Tullgren à 
qui j'ai communiqué l’individu recueilli par M. Silvestri me répond 
«sans doute W. bilobata Tullg. mais de coloration' plus pàle et avec 
l’épigyne plus développée ». ns 

Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 1). 

Décrit de la Patagonie Australe (Rios tres-Pasos). 


Gongylidiellum aurantiacum sp. nov. 


d' long. 2 mm. — Cephalothorax brevis, parum conveaus, fronte 
lata, laevîs, laete fiavo-auranliacus, linea marginali nigra exilti, 
lineaque media, anlice posticeque abbreviata, notalus, area oculorum 
nigra. Oculi anlici in lineam rectam, inter se aeque et anguste se- 
parati, medii lateralibus fere duplo minores. Oculi postici in lineam 
procurvam, medii lateralibus haud vel via majores, inter se fere 
aequidistantes, spatiis interocularibus oculis haud majoribus. Area me- 
diorum longior quam tlalior el antice quam poslice mullo angustior. 
Ciypewus leviler conveaus, area oculorum sallem haud angustior. Ab- 
domen breviler ovalum, nîgrum. Chelae, parles orîs, slernum, pe- 
desque flavo-auranliaca, pars lubialis fer'e nigra, slernum utrinque 
îemuiter: el confuse fus:o-marginalum, pedes versus extremilates le- 
rile» olivaceo-tineti. Pedes breves, selis tentibus longis conspersi. 
Pedis-mazrillares flnvidi ; palella puralteta paulo longiore quam la- 
fiore; libia paletta sultem hawd br'eviore, ad apicem sensim ampliata 
alque in ramulos duns tongos divisa: ramutlo exleriore crasso, diva- 
ricalo, apice oblique lruncato el secundum marginem larsi producto, 
ramulo interiore gracili, longo, subreclo el obtuso, ad apicem: sube- 
reclo; tarso brevi et obluso, exlus dilatalo-rolundo, întus subrecto j 
bulbo magno. gi i 

Santa-Cruz (Q1,9 1). 

Je rapporte avec doute cette espèce au genre Gongylidiellum ; elle 

s'éloigne en effet des formes typiques par son barideau au moins aussi 
large que le groupe oculaire et ses yeux postérieurs en ligne procurvée, 
mais ce dernier caractère s’observe dans quelques. espèces d’Europé 
(G, vivum Cambr.); ses caractères sexuels sont ceux des Gongylidiellum 
normaux. 

Nous avons décrit une autre espèce de la Terre-du-feu, G. uschuazense 
E. Simon, également ‘idouteuse pour le genre. i 

Ces deux espèces font' presque le passage du genre Gongytidiottum 
au JRURA Miliani (0/uS: ci 


esi o i meg ‘ ‘ ‘ ‘ à enti ° 
i e . ì ì A DI Ced 


si 


Subfamilia Tetragnathinae. 


Tetragaatha americana E. Simon. 

T. extensa Nicolet, in Gay, Hist. de Chile, Zool. III, 1847, p. 516. 

Santa-Cruz (9 3 

Ne diffère pas des 7. americana du Chili, ou l’espèce est très com- 
mune. 

Nora. — De très jeunes individus, non déterminables, du genre Lew- 
cauge, ont été recueillis sur le Rio Santa-Cruz. 


Subfamilia Argiopinae. 


Larinfa mun:ifula (Keyserling). 

Epeira mundula Keyserling, Spiun. Amer. Epeiridae, 1892, p 179, pl. tx, f. 132. 

Santa-Cruz (& 1, 9g en grand nombre). 

Décrit du Sud du Brésil; nous l’avons recu de la République Ar- 
gentine et de l'Uruguay. 


L. antaretica sp. nov. 


Q long. 7 mm. — Cepha!othoraa fulvo-rufescens, linea media fusca, 
oculos haud allingente, nolatus, parce albo-crinilus. Abdomen oblon- 
gum, supra albido-luteum, parce nîgro-selosum, linea media angusla 
et ulrinque villa laliore et fleguosa pallido ciner'eo-fuscis, ornatum, 
sublus nigricans, villa media lala subquidrala, ulrinque linea an- 
gusla et postice, prope mamillas, punclis dbinis albidis, nolatum. Chelae 
pedesque omnino /luvido-luler. Pars labialis slernumque fusca vel 
nigra. 

A L. mundula Keysertina, cui valde affinis et subsimilis est, differt 
cephalolhorace minus convexro, oculis minoribus, qualuor mediis inler 
se aequis, aream longiorem quam luliorem el antice quam postice 
plus dupto latiorem, occupantes, postici a sese juxta contigui, antici 
au sese spalio oculo plus dupto tlatiore sepurali (fere ut in L. lineata 
Lucas) — Uncus vulvae ul în T,. mundula. 

Missioneros, près Santa-Cruz (y 1). 

Ces deux espèces sont très voisines de L. gratiosa E. Simon, du Chili. 


Araneus labyrintheus (Hentz. 
A la synonymie très longue de cette espèce il faut ajouter: 
Araneus Karkii Tullgren, in Sv. Exped. t. Magell., t. II, n. 10, p. 219. 
Monte Buenos-Aires (9 2). 
Espèce abondamment répandue dans toute | Amérique, depuis les 
Etats-Unis jusqu’au Sud de la Patagonie. 


i di 


Familia Thomisidae, 


Xysticus Sflivestrii sp. nov. 


Q lonr. 4-5 mm. — Cephato!horax fusco-rufescens, antice regione 
oculorum et clypei pallide luleo-lestacea, pone oculos medios lineotis 
fulvis binis valde abbreviatis, postice în declivitate macula magna 
subiriquetra, dentata et anlice bifida, lutea, notatus, coriaceus el 
granutlis, brevissime seliferis (selis Navo-nilidis clavatis) conspersus. 
Oculi quatuor postici parvi, inter se aequi et fere aequidistantes. 
Oculi medii antici laleralibus fere '|} minores et a sese quam a ta- 
leralibus evidenter remotliores. Area qualuor mediorum lalior quam 
longior et antice quam poslice via lalior. Margo clypei selis long:s 
clavatis, îiniquis el uniseriuatis, munilus. Abdomen breve, postice valde 
amplialum atque oblusum, obscure fulvo-ltvidum, parce et înordinale 
fusco-punctatum et reliculalum, pilis clavalis nitidis minutissimis, 
supra conspersum. Chelae luleo-albidae, ad basin fuscae, in medio 
converae el selis spiniformibus validis et curvalis hirsutae. Sternum 
fulvum ad marginem fusco-nolalum. Pedes fulvi, femoribus supra 
ad apicem nigricanti-notatis sublus parce fusco-punctatis, sed femore 
2' paris nigricanti-vittato, patellis libiisque quatuor antictis fusco- 
rufulis, quatuor posticis parce nigricanti-variatis. Tibiae qualuor 
anticae, în dimidio apicali, aculeis inferioribus validis et suberectis 
(2-2, rarius 2 3), înlerioribus (sallem lì paris) longioribus, metatarsi 
aculeis inferioribus similibus, sed inter se iniquis, 5-5, valde armati, 
sed aculeis laleralibus carenles. Area genilalis fovea testacea parva, 
latiore quam longiore et leviler rhomboidnli, a rima epigasteriîs re- 
mota, impressa. 

Santa-Cruz; Missioneros près Santa-Cruz (9 2). 

Par la nature de ses téguments et leur vestiture cette espèce ren- 
trerait dans le genre Bassania Fr. Cambr., qui est à peine une 
section du genre Xysticus. 


Petricus marmoratus E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, p. 565. 


Santa-Cruz; Missioneros près Santa-Cruz (d' 1, 9g 5-6). 
Découvert à Santa-Cruz par M. E. Lebrun. 


P. lancearfus sp. nov. 


Q long. 5 mm. — Cephalolhorax evidenler longior quam lalior, niger, 
pilis albis pronis, crassis el oblusis crebre veslitus, vilta media latis- 
sima albo-opaca, villam nigram, ad oculos a medio partis thoracicae 
duclam, et postice teviler amplialam, includente, notatus, tuberibus 
ocularibus albidis, areu ocutor'um cinerea, arcubus fuscis binis notata, 
clypeo sub oculis cinereo-nigricanti, ad marginem vitta alba lata 


— 13 — 


valde fleruosa limbata. Qc:uli medii postici anlicis paulo majores. 
Abiomen u'bido lestucewin, superne flnvido-pubescens et villa media 
nigerrima, medium dorsum superanle, acute lanceolata ornalum, sub- 
tus albiao- -pilosum, minule el parcissime fusco- ‘alomarium, inlerdum 
superne cinereo-nigricans, vilta ‘anteriore nigerrima  lanceolata et 
postice lineis binis albis, inter ruplis el postice convergentibus, notatum. 
Chelae sternumque albida, nigro pumclala et submaculata. ‘Pedes alè. 
bidi, femoribus superne fere nigris, sublus niîgro- punctàtis, paletti 
libitsque nigricantibus, supra albido-tineatis, ‘metatai ‘888 (FRIEROO 
pallide Iuteis, immnculalis. Area genilalîs simplex. 

Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 2, 9 jeune Do 

Diffère de Petricus marmoratus E. S. par les chélicères et le sternuò 
blanes et ponctués de noir ‘(le sternum de P. marmoratus est noir; 
ses chélicères ont en avant des bandes transverses noires et blanches), 
par le dessin de l’abdomen plus simple, par les métatarses et tarses 
concolores (les métatarses de P. marmoratus sont annelés de. noir), 
enfin par les yeux médians postérieurs un peu plus gros que les 
antérieurs. 


Familia Clubionidae, . 


Fomopisthes Lebruani E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, p. 570. 
Missioneros près Santa-Cruz (9 2); Monte Buenos-Aires au Sud du 

Lac Argentino () 1, variété très obscure). ho 
Découvert à Santa-Cruz en 1882 par M, E. Lebrun. 


. taeniatus E. Simon, loc. cit., 1886; p. 571. 


Missioneros près SapasOruz (g 3 jeunes et adulte); gli Buenos 
Aires (9 1). 
Découvert à Santa-Oruz en 1882 par M. E. Lebrun. 


v sb i 
« } 


TU. li chase ni onice subsp. nova. 


A ti YDOo. differt magnitudine paulo minare, vitlis lateralibus ERETTA 
toracis antice oculos fere attingentibus, abdomine obscuriore, cinereo, 
linea nigra antica 'cwm vittis posticis coalità el viltam longitidinatem 
integram, postice attenualim et maculas parvas cinereas'uniseriatas 
includentem, designante, pedibus confuse nigro-notatis el .femoribus 
anticis subtus. minus distincte nigro-vittalis. 

Santa-Cruz fo l); 

.. Espèce jusqu’ici propre à la Terre-de-feu. 

Nora. — J'avais d’abord cru que cette espèce pouvait se rapporter 
au 7. cruzianus Tullg. décrit de Santa-Cruz, mais M. A. Tullgren,.à 
qui je l’ai comuniqué, m’écrit à ce sujet « n'est. pas. 7. eruzianus, 


i 


mais se rapproche davantage de 7. trilineatus Tullg., le dessiù dorsal 
n'est pas complètement le mème mais la structure de l’épigyue cst 
très analogue ». — 7. {rilineatus Tullgren est synonyme de 7. Back: 
hauseni E. Simon. 


Tr. Taligreni sp. nov. 


9 long. 8 mm. — Cephalothoraa oblongus, laevis, obscure fulvo. 
rufescens, vitta media umbrosa via expressa, în parle cephalica lata 
sed postice altenuata el lineola nigra exillima secta, în parte thoracica 
abbreviata el stellata, et utrinque vilta marginali latiore nigricanti 
et valde dentata ornatus, area oculorum nigra. Oculi antici in lineam 
rectam, medii lateralibus circiler !|, minores, a sese anguste separali 
a lateralibus contigui. Oculi postici aequi, in lineam procurvam, medit 
a sese quam a lateralibus evidenter remotiores. Oculi medii aream 
multo longiorem quam latiorem ei antice quam postice angustiorem 
occupantes. Oculi laterales utrinque spatio oculo latiore a sese disjuncti. 
Abdomen oblongum, obscure testaceo-cinereum, supra valde fusco-li- 
vido-punctatum et reticulatwmn, antice vilta media longitudinali, postice 
arcubus seriatis, valde angulosis, fuscis, saepe confusis, notatum, 
subius mihute ei parcissime fusco-punclatum sed linea media crebrius 
fusco-punctata notatum. Chelae fusco-castaneae, margine inferiore 
sulci dentibus validis binis aequis armato. Partes oris fuscae. Slernum 
Iuteum, utrinque maculis fuscis submarginalibus 3 vel 4 notalum. 
Pedes. mediocres, fulvo-rufescentes, versus extremilates infuscati, 
femoribus, patellis libiisque valde nigricanti-plagiatis et subannulalis, 

aculeis longis ordinariis armati. Plaga genitalis nigra, rugosa , 
saltem "fa latior quam longior, utrinque fere parallela, antice posti- 
ceque in medio leviler et ovtuse ‘emarg rginata el postice più aa mi- 
nutissima munita. 

Amenkelt, près du Rio Santa-Cruz (0) 2 


Oxysoma guitipes sp. nov. 


c long. 19 mm. — Cepfialothorax ovatùus, antice attenuatus, fronte 
sat angusta, luteus, albido-sericeo-pubescens, parte cephalica utrinque 
linea nigra tenui et abbreviata viltaque media' fulta vid &epressa, parte 
Ihoracica linea media nigra, postlice sensim acuminala el utrinque 
linea nigra valde flexvoso-dentata et interrupta, notatis. Oculi antici 
in lineam rectam, inter se contigui, medii lateralibus saltem. duplo 
‘minores. Oculi postici magni, aequi, in lineam procurvam, inler 
“se fere acque et non late dislantes. Area quatuor mediorum, multo 
Tongior quam latior et antice quam postice multo an gustior. Oculi la- 
terales utrinque spatio oculo via angustiore a, sese distantes, Abdomen 
«oblongum, luteum, supra, praesertim in laleribus, crebre. nigro-pune- 


— i 


tatum et reticulatum, antice vitta media dilutiore (impunctata) punctis 
niîgris marginata, postice vitta crebrius nigro-punctata el submaculata, 
notatum, subtus haud vel parcissime nigro-punctatum. Sternum luleum, 
utrinque maculis marginalibus trinis et antice, pone partem labialem, 
linea longitudinali abbreviata, nigris, notatum. Chelae longae, sat 
angustae et leviter proclives, fulvo-rufulae, laeves, prope basin subti- 
liler et parce transversim rugatae, margine inferiore sulci minute 
bidentato. Laminae fulvae. Pars labialis fusca vel nigricans. Pedes 
tongi, robusti, sed metatarsis tarsisque gracilibus, lutei, femoribus, 
praesertim subtus, crebre et inordinate nigro-punctatis (punctis iniquis 
subrotundis), patellis utrinque nigro-bimaculatis, tibiis parcius nigro- 
punctatis (punctis longiîs, subseriatis); tibiis anticis aculeis inferio- 
ribus longis 2-2, aculeîs apicalibus binis minoribus et utrinque aculeis 
tateralibus longîs binîis; metatarsis longe scopulatis, aculeîs inferio- 
ribus longis binis subbasilaribus et utrinque, in dimidio basali, aculeîs 
similibus binis. Pedes-maxillares lutei, tarso fusco-castaneo, tibia 
minute nigro-notata; tibia mutica, leviter curvata, patella paulo lon- 
giore ; tarso mediocri, ovato et convero, attenuato sed obiuso. 

Santa-Cruz (4 1); Monte Buenos-Aires (9 2 jeunes). 

Nota. — Cette espèce remarquable est assez voisine de l’Oxysoma 
oceanicum E. Sim. (des Iles Juan-Fernandez), elle est également anor- 
male pour le genre Oxysoma qu’elle semble relier au genre 70mo- 
pisthes ; elle diffère de ses congénères par ses yeux postérieurs presque 
équidistants, ses yeux latéraux presque égaux et séparés l’un de l’autre 
A peine de leur diamètre. Elle rappelle, par sa coloration et son faciès, 
le Tomopisthes varius E. Simon. 


Trachelopachys sericeus E. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, 
p. 563. 

Santa-Cruz et Missioneros (9 2 jeunes). 

Décrit de Santa-Cruz. 


Familia Agelenidae. 


Emmenomma oculatum obscurum subsp. nova. 


9 (pullus). — Cephalothorax obscure fusco-castaneus, antice sensim 
niger, parte thoracica nigro-marginata, pilis crassis et pronis sordide 
albidis vestitus. Oculîi ut in E. oculato E. S. Abdomen oblongum, supra 
nigrinum, obscure testaceo-punctatum et substriatum, antice maculis 
longîs et obliquis quatuor biseriatis et prope medium maculis angu- 
losis quatuor transversim distantioribus, obscure testaceis, notatum, 
sublus dilutius sed vitta media lata obscuriore via expressa, munitum, 
et supra et subtus albido-cinereo-pubescens. Chelae fusco-castaneae. 


Partes orîs sternumque obscure fusca fere nigra. Pedes fulvo-olivacei, 
femoribus subtus late fusco-plagiatis et subannulatis, tibiis metatar- 
sisque vix distincte annulatis, aculeis longis et numerosis ut in E. 
oculato ordinatis. 

Monte Buenos-Aires (9 2 jeunes). 

Les Emmenomma recueillis au Monte Buenos-Aires, ne me paraissent 
pas differer specifiquement de ceux de la Terre-de-feu ; ils se rapportent 
cependant à une race de coloration plus obscure dont les pattes pa- 
raissent plus longues. 

Cette forme est encore imparfaitement connue, M. Silvestri n’en ayant 
recueilli que deux jeunes individus. 


Hahnia heterophthalma sp. nov. 


2 long. 2 mm. — Cephalothorax laevis, fulvo-olivaceus, valde nigro- 
marginatus, parte cephalica macula media, antice trifida, thoracica 
maculis submarginalibus confusis fuscis, notatis. Oculî singulariter 
nigro-limbati, antici inter se subcontigui, in lineam valde procurvam 
fere semicircularem, medii nigri lateralibus albis vix *, minores, 
postici inter se aequatles, in lineam valde procurvam, medii a sese 
quam a lateralibus remotiores, spatio oculo laliore a sese distantes. 
Area quatuor mediorum paulo latior quam longior et postice quam 
antice multo latior. Clypeus valde obliquus, subdirectus. Abdomen 0- 
vatum, supra nigrinum, obscure testaceo-punctatum, prope medium 
maculis parvis binis, dein arcubus transversis 3 vel 4, utrinque am- 
pliatis, albido-testaceis, notatum, subtus pallide luteo-testaceum. Chelae, 
partes oris sternumque fusca et laevia, sternum paulo dilutius sed 
utrinque nigricanti-marginatum. Pedes fulvi, antici confuse olivaceo- 
plagiati, sat longi, mutici, sed setis longis conspersi. Mamillae luteo- 
testaceae, exteriores, articulo apicali acuminato basali haud vel vix 
breviore. Plaga gentitalis simplex fusco-rufula, pilosa. 

Santa-Cruz (9 1). 

Cette espèce ressemble è Hahnia pratensis C. Koch, d'Europe, dont 
elle diffère cependant par ses yeux antérieurs moins inégaux et en 
ligne plus fortement procurvée, presque semicirculaire, et surtout par 
son bandeau plus large que les yeux latéraux antérieurs et très pro- 
clive presque horizontal, caractère exceptionnel dans le genre Harnia. 

Le groupe des Halrnia est représenté dans la région fuégienne par 
deux espèces : B790îs antarctica E. Sim. et Hahnia Michaelseni E. Sim.; 
celui-ci diffère beaucoup de 2. Reterophthalma E. Sim., par ses yeux 
postérieurs plus resserré, ses yeux antérieurs très inégaux et en ligne 
droite, son bandeau étroit et vertical, sa coloration plus pàle etc. 


a ge 


Familia Ly cosidae, 


Lycosa migricams FE. Simon, in Bull. Soc. Zool. Fr., 1886, P. 563. 


Monte Buenos-Aires au Sud du Lac Argentino (9 1). 

Découvert à Santa-Cruz par M. E. Lebrun. 

Nora. — La famille des Pisauridae est representée dans la ctr 
du Rio Santa-Cruz par un Do/omedes dont M. Silvestri n’ a recueilli 
que de très jeunes individus. 


Familia Salticidae. 


Dendryphantes patagonicus sp. nov. 


d long. 6 mm. — Cephalothorax crassus, longus, sat angustus, niger, 
parce et longe nigro-hirsutus, pilis longis et pronis simplicibus, albidis, 
pilis fulvis intermixtis, crebre vestitus. Pili oculorum densi albi. Cly- 
peus sat longe et crebre albo-barbatus. Oculi antici apicibus in lineam 
leviter recurvam, laterales a mediis anguste distantes. Abdomen 
oblongum, nigrum, crebre et longe albido-pubescens, dntice vitta ab- 
breviata fulvo-pilosa notatum. Sternum angustum, nigrum, longe albo- . 
pilosum. Chelae longae, angustae et subparallelae, nigro-castaneae, 
nitidae sed transversim striolatae, pilis albis. crassis et obtusis. parce 
hirsutae, marginibus sulci brevibus subtransversis, inferiore dente 
valido, ad radicem unguis parum remoto, armato. Pedes nigro-cas- 
tanei, longe et crebre albo nigroque hirsuti, corxis posticis tibiisque 
anticis subtus dilutioribus, metatarsis larsisque posticis late luteo-an- 
nulatis. Tibiae anticae aculeis exterioribus parvis binis aculeoque 
interiore subapicati, metatarsi ant.ci aculeis 2-2 (basali interiore 
reliquis majore) armati, metatarsi postici aculeis apicalibus ordinariis 
tantum muniti. Pedes-maxitllares fusco-rufuli, valde. albo-hirsuli ; 
libia patella multo breviore, apophysi apicali, articulo longiore, robusta 
sed valde attenuata atque acuta, recta et anlice directa, extus ar-> 
mata ; tarso longo, sat angusto, parum attenuato ; bulbo longo, fere. 
parallelo, ad basin convero, obtuso et intus inflexo, ad apicem trun=: 
cato, leviter emarginato et stylo nîigro, brevi, valido el curvato, munito. 

Chubut: Puerto-piramides (9 1). 

Ressemble à beaucoup de petites espèces obscures Aug genre Dendny 


phantes repandues dans l’Amérique du Sud. iT9y 
alli ji si rdiz0g 

Lvophrys patazanica Sp. DOV.. n) Lit CI 
9 long. 5 mm. — Cepnalothorax laevis, tuleus, area oculorum ni- 


gricanti, albido-pilosa et utrinque, inter ocutos, pilis flavido-auran- 


- fe 


tiacîs ornata, parte ihoracica vittis fuscis binis, postice attenuatis el 
leviter divaricatis, notata, sed linea marginali carente, albido flavi- 
doque pilosa. Pili oculorum inter oculos fiavidi subtus albi. Pili clypei 
longi albi. Oculi ut în E. saitiformi ordinati. Abdomen pallide Iuteo- 
testaceum, albido-sericeo-pilosum) superne* vittis binîs nigricantibus 
sat angustis, ‘parallelis et integris notatum,'subtus minute et parcis- 
sime nigro-punclatum, punctis majoribus, ‘l'ineam mediam confusam 
designantibus. Chelae laeves et glabrae, ‘Sternum pedesque pattide 
lutea, sed pars labialis leviter infuscata. Pedes ‘concotores'; tibia l' 
parîs aculeîs inferioribus binis submediis aculeoque laterali interiore 
submedio, tibia 2° paris sublus aculeis exterioribus longiîs trinis, inte- 
rioribus binis, armatis ; melatarsis quatuor anticis aculeis inferio- 
ribus validis 2-2 munttis sed aculeis lateralibus carentibus. Plaga 
genîtalis fulva, transversa, utrinque fovea magna subrotunda im- 
pressa, septo medio, foveis paulo angustiore, vel saltem hauad latiore. 

Rio Santa-Cruz (7 1). 

Ab E. saitiformi E. Sim., cu? affinis est, differl imprimis tibiis lì paris 
minus aculeatis, foveis binis plagulae genitalis inter se minus distan- 
tibus, femoribus pedum haud guttulatis. 


EF. cruziana sp. nov. 


g long. 5 mm. — Cephalothorax laevis, luteus, area oculorum ni- 
gricanti, în medio dilutiore, fulvo albidoque pilosa, parte thoracica 
vitltis fuscis binis lalissimis sed postice altenuatis el leviter divaricatis 
notata et linea marginali nigra cincta, flavido-cervino pubescente sed 
vitta media albo-pilosa, ornata. Pilî oculorum flavidi, sub ocutlis albi. 
Pili clypeî longi albi. Oculi ut in E. saitiformi ordinati. Abdomen 
luteo-testaceum, minute et parce fusco-punctatum, superne vittis binis 
nigricantibus sal angustis, parallelis et integris, notatum, sublus linea 
media nigro-punclata munitum et regione mamillari infuscata. Chelae 
et partes oris laeves, fusco-rufulae. Slernum pedesque pallide lutea, 
sternum tenuiter, via distincte, nigro-marginatum, pedes concolores; 
lihbiis quatuor anticis aculeis inferioribus validis el longis 8-3 (api- 
calibus minoribus), metatarsis aculeis inferioribus similibus 2-2 cet 
utrinque aculeo laterali apicali minutissimo armatis. Area genitalis 
fusca, transversa, utrinque fovea magna subrotunda impressa , septo 
medio, foveis evidenter angustiore vel saltem haud latiore. 

Rio Santa-Cruz (9 1). 

Ab E. laetata E. S., cui affinis est, differt imprimis metatarsis an- 
licîs aculeis lateralibus parvis armatis, sterno angustissime nigro- 
cincto, foveis binis plagulae genitalis inter se minus distantibus. 

Ces deux Evophrys sont similaires des £. saitiformis et laetata E. 
Simon qui habitent au Chili sous la méme latitude. 


e 


Ces espèces ne sont rapportées que provisnirement au genre Zvophrys, 
elles seraient peut-ètre mieux placées dans le groupe des Saztis; la 
connaissance des màles serait nécessaire pour avoir une certitude è 
cet égard. 

Quelques jeunes individus non déterminables recueilli par M. Sil. 
vestri, indiquent que la famille des Sa/ticides est représentée par 
d'autres espèces dans la région du Rio Santa-Cruz. 

Le Theratoscirtus patagonicus E. S., découvert par M. E. Lebrun, 
n’a pas été retrouve, 


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| BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 542 pubblicato il 27 Ottobre 1905 Vor. XX 


Dr. LUIGI COGNETTI DE MARTIIS 
Assistente al R. Museo Zoologico di Torino 


Sui peptonefridî degli Oligocheti. 


Nell’ordine degli Oligocheti la denominazione « peptonefridî », ad 
indicare quei nefridî del tratto anteriore modificati < for the purposes 
of alimentation », venne introdotta da BeNHAM (1). Questo autore di- 
stinse: 

a) peptonefridî intraboccali, sboccanti « into the digestive canal »; 
Db) » extraboccali » « merely to the exterior ». 

Quello stesso nome peptonefridî venne poi adottato da MICHAELSEN 
nella monografia per « Das Tierreich » (2), ma con significato più ri- 
stretto, e cioè per gli organi nefridiali « die in dem vorderen Teil des 
Darmes einmiunden (pag. 7)», sicchè in questo caso i peptonefridî cor- 
risponderebbero ai peptonefridî intraboccali di BeNHam. 

Tuttavia in molte forme (es. parecchi G/ossoscolecinae) i nefridî 
anteriori, pur senza sboccare nel canale digerente, si aprono in pros- 
simità dell'apertura boccale, in un vestibolo preorale temporaneo (0 
permanente ?) formato per invaginazione dei primi segmenti, e le aper- 
ture del primo paio di nefridî sono allora non di rado collegati alla 
bocca mediante solchi distinti da Rosa (3) col nome di solchi ne/ro- 
boccali. Sì aggiunga che tali nefridî sono spesso affatto simili a quelli 
aperti direttamente nel canale digerente. 


(1) On attempt to classify earthworms, in: Quarterly Journal of micro- 
scopical Science, vol. 31, n. ser., 1890, p. 212-213. 

(2) Oligochaeta, in: Das Tierreich, Lief. 10, 1900. 

(3) Contributo allo studio dei Terricoli neotropicali, in: Memorie della K. 
Acc. delle Scienze, Torino, serie II, Tom. XLV, pag. 116. 


SARO Der 


Mi pare dunque che a tali nefridî non sia da negare una funzione 
in rapporto con la digestione almeno analoga (? uguale) a quella dei 
peptonefridî s. s. che s'aprono nella bocca. Di questa opinione si mostrò 
BenHam nel suo lavoro sopra ricordato chiamandoli appunto « extra- 
buccal pepto-nephridia », in contrapposto agl’ « intro-buccal pepto-ne- 
phridia ». 

Ammessa un’analogia di funzione tra i nefridî anteriori aperti rel 
canale digerente e quelli aperti alla superficie del corpo in prossimità 
dell'apertura orale, e volendo distinguere gli uni dagli altri con dif- 
ferenti denominazioni, non trovo conveniente usare le espressioni 
intra-boccali ed ertra-boccati, giacchè la prima non risponde sempre 
alla realtà. Invero i peptonefridì s. s., come li intende MIcHAELSEN, 
possono aprirsi nella cavità boccale, nella cavità faringea, o dietro a 
questa nel primo tratto esofageo. Quest'ultimo caso è frequentissimo 
negli Enchytraeidae. Negli Oligocheti cosidetti « terricoli » si verificano 
non di rado i due primi: ora si tratta di nefridì diffusi o di micro- 
nefridî, ora di meganefridî adatti a fungere da peptonefridî s. s. 

Pur usando il termine peptonefridi nello stretto significato attri- 
buitogli da.MicHatrLsEN sarebbe opportuno classificare in tal modo gli 
organi in questione : 

\ orali, aperti dentro la cavità boccale. 
peptonefridi | \ /aringei, aperti nella faringe. 
| esofagei, aperti nel tubo esofageo. 

La loro funzione in rapporto con la digestione è ancora molto oscura. 
Quella dei peptonefridi orali è verosimilmente analoga, come ho detto 
sopra, a quella dei nefridì anteriori con struttura simile e aperti alla 
superficie del corpo in prossimità dell'apertura boccale: questi ultimi 
potrebbero distinguersi col nome di fagonefridî (gayeè, mangiare, in- 
ghiottire), ad indicare unicamente il rapporto di essi con la funzione 
di nutrizione. I fagonefridi corrispondono ai peptonefridi extraboccali 
di BENHAM. 


postoratli 


24980 Pie Po uernine, via Gaudonzio Ferràri. 3 - Torino. 


pe 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 
N. 51. pubblicato il 16 Novembre 1905, 


Dr. GiusEPPE NOBILI 


Descrizione di un nuovo APUS di Madagascar. 


In una piccola collezione di Crostacei acquistata dal Museo Zoolo- 
gico di Torino dal sig. F. Sikora, vi sono sei esemplari femmine di 
una specie di Apus raccolti a Fort Dauphin nel 1899. 

Questi esemplari mi sembrano appartenere ad una nuova specie. 


Apus sahalavus n. sp. 


Diagnosi. — (Femmina). Carapace ovato, relativamente appiattito ; 
seno posteriore arrotondato nel mezzo, appena angolare ai lati, lobi 
laterali acuti, seno provvisto di 45-60 denti. Carena dorsale continuata 
fino al solco cervicale. Occhi grandi, ovati, molto sporgenti; tubercolo 
postoculare semiovato-subtriangolare, depresso-subescavato al disopra 
con un piccolo granulo nel mezzo. Parte esposta del corpo gracile, 
composta di 24-26 segmenti, 9 dei quali sono apodi; più breve della 
lunghezza mediana del carapace. Flagello terminale del primo paio di 
zampe uguale al carapace o più lungo. Articolo terminale del 2° paio 
forte, unguiforme, cigliato al disopra, denticolato minutamente al di- 
sotto, un poco più breve dell’articolo precedente. Anello anale distin- 
tamente inciso al disopra e al disotto; superiormente provvisto di un 
nodulo spinoso per ciascuna parte, di spine più grosse all’inserzione 
dei filamenti caudali e di una serie di spine nel mezzo, denticolato 
all'estremità; inferiormente coperto di spinule. Filamenti caudali di 
poco più corti del corpo. 

Questa specie è affine all’Apus numidicus Grube (1) e all’A. trachy- 
aspîs Sars (2). 


(1) Grue. — Arch. f. Naturg. 1865, p. 277, pl. xI, fig. 14-14a-0. — Sars. 
Archiv for Mathematik og Naturvidenskab, XX, 2, p. 5, pl. 1. 
(2)(SaRsop. cute XX, 2-3, 1899, ‘p..1b, pl. IL fg. 1-2. 


SAGRE 
Descrizione detta femmina. — Le misure di quattro esemplari sono 
le seguenti : 


a Db Ù d 

Lunghezza ‘totale! 0%. mill (82-35. 34. 40 

» mediana del carapace  » 18,6; 184/ x gad8c 2200 

» massima » » » 22 22 205. 28 

Larghezza del carapace . . . » E: 10,0. 0a 20 

Numero dei segmenti esposti . » 24 25 24 26 

» » » dpodimsea 9 9 9 (9) 

Numero dei denti del seno . . » 44 60 43 DD 
Lunghezza dei filamenti caudali  » — - 30 


La forma generale del corpo è più gracile che nell’Apus cancriformis. 
Il carapace è più lungo che nell’ Apus numidicus, occupando nella sua 
lunghezza mediana più di metà della lunghezza totale, ed occupandone 
circa i due terzi colla sua lunghezza laterale. Il solco cervicale è ben 
netto, e delimita il segmento mandibolare che è ben convesso. 

La porzione frontale del carapace è regolarmente arrotondata. Gli 
occhi sono assai grandi, colla parte corneale molto convessa; il pig- 
mento in tutti gli esemplari non è visibile. Gli occhi divergono alquanto 
all’indietro, e la loro forma è piuttosto subovale che reniforme. Il 
tubercolo postoculare ha forma di triangolo coi lati curvi; i margini 
suoi sono piuttosto rialzati, mentre la sua superficie dorsale è piuttosto 
concava, con un tubercoletto nel mezzo. Dal solco cervicale si diparte 
una carena ben netta, che si estende posteriormente fino al seno, 
sporgendo in esso come un piccolo dente. Alla sua estremità la carena 
appare impercettibilmente denticolata. Il seno posteriore è poco ampio, 
ugualmente arrotondato nel mezzo. e lievemente angolare ai lati. Le 
due punte laterali del carapace sono acute. Le ghiandole dello scudo 
sono distinte ed hanno la solita forma, ma sono pochissimo marcate. 
Tutta la superficie del carapace è provvista di minuti granuli, vi- 
sibili solo alla lente. I denti del seno posteriore del carapace sono in 
numero di 43 a 60, piccoli, e, dato il loro numero, naturalmente 
assai ravvicinati, assai più piccoli e più ravvicinati che quelli di 
Apus cancriformis., A. somalicus Weden. (*) A. sp. (Bottegoi? Bou- 
vier) (*), Lepidurus extensus Dayi Brauer (cotipo), e di quelli di A. 
Lucasanus Sim., Lepidurus glacialis Kr., L. Kirki Thoms. (cotipo). 
Essi sono forse un poco più grossi di quelli di Apus namaquensis Richt. 
nec. Sars (tipo esaminato), ma più ravvicinati. Sars nella sua precisa 
descrizione dell’.A. 7202274icus non menziona affatto i denti; GruBr nella 


(*) Di queste due specie ho esaminato i tipi per la cortesia dei professori 
P. Pavesi e R. GESTRO. 


descrizione originale ne novera 54; BRAUER (1) che riesaminò i tipr 
di GruBe conta 45, 50 e 51 denti. 

La parte esposta del corpo è gracile, come in Apus numidicus; ma 
però più breve; nella specie di GruBe la parte esposta è più lunga 
della lunghezza mediana del carapace, mentre nell’Apus saRalavus 
essa è più breve. Il numero dei segmenti esposti è anche differente; 
nell’A. numidicus vi sono 30 segmenti esposti nel maschio e 25 nella 
femmina, dei quali 14 sono apodi nel maschio e 11 nella femmina; 
nel sakalavus il numero dei segmenti esposti è di 24-26, e il numero 
dei segmenti apodi è di 9. Questi segmenti sono ben separati e portano 
spinule brune, in numero di circa 10 al di sopra e di 15 inferiormente. 

Il segmento ultimo o anale è lungo quasi quanto i tre precedenti, 
ed ha forma ben differente da quello di A. numidicus figurato da Sars. 
Il suo margine posteriore, tanto dell’arco dorsale che «dell’arco ven- 
trale è distintamente inciso nel mezzo, e l’incisione è triangolare e 
denticolata. Le parti carnose che circondano l’ano sono molto infos- 
sate, e non sporgono in fuori oltre il segmento come in A. numidicus. 

Le spine sono distribuite nel modo seguente: al disopra vi sono i 
due soliti ammassi laterali di spinule; due serie di spinule per ciascun 
margine laterale, delle quali le ultime presso i filamenti sono assai più 
grosse, nel mezzo vi è una serie longitudinale di 3-4 spinule piuttosto 
grosse; l’incisione porta 4-5 spinule; al disotto Ja superficie è minu- 
tamente spinulosa. Nell’A. nu?midicus, il segmento anale è troncato 
posteriormente al disopra, e inciso al disotto, le parti carnose circum- 
anali sporgono oltre il segmento; non vi è serie di spinule mediane (2), 
e la faccia inferiore appare liscia (Cfr. Sars l. cit. fig. 5-0). 

I filamenti caudali in un esemplare che li presenta interi sono di 
poco più brevi del corpo; nell’A. n217/dicus essi sono appena la metà 
della lunghezza nel maschio e un poco più lunghi della metà nella 
femmina. 

Il 4° endite delle zampe del primo paio raggiunge e talora oltre- 
passa l’estremità del carapace. Le appendici del 2° paio si com- 
portano come in A. numidicus (Cfr. Sars 1. cit. fig. 4); l’ultima è 
unguiforme, fittamente denticolata all’interno e cigliata al disopra, un 
poco più breve della penultima. 

La capsula ovigera formata dall’epipodite e dall’esopodite dell’11° 
paio di zampe è ampia e contiene da 25 a 85 uova, di colore bruno 
giallastro e misuranti 0,50-0,55 mill. di diametro. Sars osservò nei 
suoi esemplari di A. numidicus sviluppati in acquario da fango secco 
proveniente dall'Africa Australe, che la capsula ovigera non conteneva 


(1) Zeitschr. Wiss. Zool., LVI, 1893, p. 178. 


RR 


mai più di 2 0 3 uova alla volta; le uova venivano depositate a brevi 
intervalli, o give place to others. Vi è quindi anche una differenza 
fisiologica fra le due specie. 

Riassumendo questa specie differisce da Apus numidicus pel cara- 
pace provvisto di granuli, con ghiandole meno marcate, per gli occhi 
più sporgenti e poco pigmentati, pel numero minore dei segmenti apodi 
nella femmina; pel segmento anale inciso e più spinoso, per gli uropodi 
assai più lunghi, pel carapace più lungo e la parte esposta del corpo 
più breve, e pel maggior numero delle uova. 

Apus trachyaspîs Sars di Port Elizabeth pare più vicino a A. saka- 
lavus. Il carapace è scabro, assai più, sembra, che in questa specie, 
ove i granuli si possono distinguere solo alla lente; i denti del seno 
posteriore sono più grossi e meno numerosi (30), e vi sono 10 segmenti 
apodi. 

Il colore degli esemplari in alcool è il solito verdastro che assumono 
molte specie di Apus e Lepidurus. 


2458 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino. 


DMAIL 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
della R. Università di Torino 


- TOO 
=== 


N. 544 pubblicato il 20 Novembre 1905 Von. XX 


Dr. GIusEPPE PARAVICINI' 


Sulla colerazione del reticolo endocellulare 
delle cellule nervose spinali dell’uomo e del gatto. 


NOTA PREVENTIVA 


È poco più di 30 anni che Schultze (1872) nel manuale di Striker 
sollevò il dubbio che il citoplasma della cellula nervosa, anzichè omo- 
geneo, abbia struttura nettamente fibrillare. Le ricerche posteriori di 
Apathy (1887), Bethe (1900), Donaggio (1896), Cajal (1902), Vogt (1902), 
Bielschowski (1903), Sciuti (1902), Rossi (1903), Messina- Vitrano (1902), 
Golgi (1898), Meyer (1902), Marchand (1904), Tello (1904), Marinesco 
(1904), Dagonet (1904), Tiberti (1905) ecc., hanno avvalorato tale dubbio, 
avendo essi, coll’applicazione di nuovi e delicatissimi metodi di indagine 
citologica, messo in nitida evidenza nella cellula nervosa una ricca e 
fittissima rete di neurofibrille. 

Come è noto però sul valore intrinseco di detta rete i pareri sono 
tutt'ora disparati. Bethe ritiene che le neurofibr ille invadono la cellula, 
entrando per un prolungamento ed uscendone per un altro, senza 
perdere giammai della propria individualità. Donaggio invece, Cajal, 
Apathy, Rossi ecc. ritengono che le neurofibrille, appena entrate nel 
citoplasma cellulare, perdano la propria individualità, e, dividendosi 
e suddividendosi, anastomizzandosi, intrecciandosi, vadano a costituire 
un fittissimo reticolo perinucleare, a maglie oltremodo irregolari e 
tanto più ristrette e stipate quanto più lontane dalla periferia della 
cellula e vicine al nucleo, intorno al quale si addenserebbero in modo 
al tutto caratteristico. 


_ 2- 


Secondo Donaggio però esistono ancora alla periferia del citoplasma 
cellulare fascetti di lunghe neurofibrille nel senso di Bethe, reperto 
questo negato dal Cajal, il quale anche per coteste neurofibrille am- 
mette le anastomosi, che avverrebbero ad angolo acutissimo. 

Comunque sia i risultati già ottenuti, per quanto in qualche parte 
controversi, sono della massima importanza, e vennero conseguiti, 
specie in questi ultimi ‘anni, mediante i più (disparati. metodi d’in- 
dagine microscopica, cioè mediante l’impiego. di svariate sostanze 
fissatrici e coloranti. 

La maggior parte degli istologi si servì delle impreguazioni metal- 
liche (Cajal, Apathy, Golgi, Rossi, ecc.) impiegando alcuni sali d’oro, 
d’argento, di potassio ecc. solubili in acqua e riducibili poi, alla luce 
od all’oscurità, coi più svariati reattivi (acido formico, acido arsenioso, 
acido pirogallico, idrochinone, nitrato d’argento ecc.). Questi metodi 
hanno il vantaggio di essere di non difficile applicazione; la colorazione 
generalmente si fa én toto, però i risultati debbono essere ogni volta 
vagliati con preparazioni di controllo, potendo di per se stessi indurre 
in facili e talora inevitabili errori d’interpretazione. 

Altri istologi invece tentarono .la via delle colorazioni elettive, 
specifiche, dirette o progressive, via molto ardua, ma che in compenso 
conduce a risultati più soddisfacenti e sicuri, quali sarebbero quelli 
ottenuti dal Prof. Donaggio, risultati veramente sorprendenti e desti- 
nati certo a dischiudere alla neurocitologia nuovi e più elevati oriz- 
zonti. 

Donaggio introdusse nella tecnica della colorazione della rete peri- 
ed endocellulare della cellula nervosa, come fissativo, la piridina, 
della quale già l’istologo de Souza aveva vantato nei Comptles rend. 
hebd. Soc. de Biol. (8% serie, IV, n. 35, p. 622) le proprietà indurative 
perciò fissative, disidratative, richiaranti e dissolventi delle sostanze 
grasse e Vaxsale l'aveva vantata come ottimo reattivo per la tecnica 
microscopica del sistema nervoso. I vari metodi proposti dal Donaggio 
e da lui stesso diffusamente illustrati lo scorso anno negli Annali dé 
Nerrologia di Napoli, sono basati sull'azione coloratrice ed elettiva, 
rispetto al reticolo neurofibrillare, di soluzioni acquose ed attenuatis- 
sime di tionina sopra sezioni di 3-5-7 p di spessore praticate in pez- 
zetti di midollo spinale, corteccia cerebrale ecc. di gatto, fissati prima 
per 5-6 giorni in piridina pura e quindi passati per 24 ore, dopo ac- 
curato lavaggio con acqua distillata, in un bagno mordenzatore di mo- 
libdato d’ammonio alla soluzione del 4 °/,, acidulato con acido cloridrico 
(1 goccia per ogni grammo di molibdato). 

I metodi di Donaggio già furono sperimentati da parecchi autori; 
anche recentemente il Tiberti (Av. di Pat. nervosa e mentale, vol. X, 
fasc. 8°, agosto 1905), applicando il III metodo, cercò le eventuali al- 


terazioni del reticolo neurofibrillare nelle cellule motrici spinali di 
alcune cavie e conigli tetanizzati. 

Io pure quest'anno ho voluto sperimentare il III metodo, propo- 
nendomi specialmente di applicarlo al midollo spinale umano. E vi 
riuscii; ma debbo confessare che dopo alcune prove, coronate da 
scarso risultato, e compiute sul midollo spinale del vitello, decisi d’al- 
lontanarmi per tentativi dal metodo, quale genuinamente fu pub- 
blicato dal Prof. Donaggio. Allora soltanto riuscii nel mio intento, 
ottenendo buone preparazioni sia col rigonfiamento lombare del gatto, 
che con quello dell’uomo in tre casi di epilessia. Anche negli inver- 
‘ebrati (Molluschi Gasteropodi polmonati) ho di già ottenuto qualche 
risultato, ma di ciò mi riserbo di parlare a suo tempo. 


* 
* * 


Ecco il procedimento tecnico da me seguito : 

a) — fissazione all'oscurità per 5-6 giorni in piridina pnra, cam- 
biata 3-4 ore dopo l’immersione dei pezzi (tagliati del minimo spessore 
possibile) e poi cambiata a giorni alterni. Il fissativo deve essere ab- 
bondante. 

6) — lavaggio in acqua distillata, cambiata numerose volte per 
24 ore nell’oscurità. 

c) — passaggio in soluzione acquosa al 4°/ di molibdato d’am- 
monio acidulato con acido cloridrico (1 goccia di Hcl per ogni grammo 
di molibdato) nell'oscurità. i 

d) — lavaggio accurato in acqua distillata cambiata più volte 
nell'oscurità. 

e) — alcool, xilolo, inclusione in paraflina nell'oscurità. Questi 
ultimi passaggi debbono avere la minor durata possibile. L’ inclusione 
deve esser fatta possibilmente in paraffina molle, cioè a 46° od a 00°, 
poichè i pezzi fissati in piridina sono oltremodo sensibili al calore. 

Î — Sezioni di 3-5 | attaccate dircitamente al vetro con acqua 
distillata, ovvero preparando dapprima i porta-oggetti spalmandoli con 
una soluzione al 35 °/, di albumina d’ovo. Si lasciano quindi asciugare 
i vetri in posizione verticale e lontani dalla polvere; al momento di' 
adoperarli si bagnano con acqua distillata, quindi vi si distendono 
sopra le sezioni appianate prudentemente sia a bagno-maria che me- 
diante il tavolino riscaldatore. È indispensabile che esse non ven- 
gano eccessivamente riscaldate e tantomeno che fonda la paraflina, di 
cui sono rivestite e compenetrate, poichè allora più non sarebbe pos- 
Sibile ottenere l’elettività della colorazione, anche per via regressiva, 
cioè mediante uno scoloramento «più 0 meno energico del preparato. 


= 


g) — sparaffinamento accurato con xilolo. 

h) — lavaggio in alcool °/,. 

i) — rapido passaggio in alcool a 90°/, a 70°/, ed in acqua di- 
stilata per rimuovere l’alcool. i 

k) —- colorazione con soluzione acquosa di tionina all’1 per 10,000 
ed all’1 per 15.000 per 5-10 minuti nell’estate. 

2) — lavaggio in acqua distillata e lievemente acidulata con Hel. 
La quantità d’acqua deve esser grande, di modo che il preparato possa 
esser tenuto mosso del continuo. L’acidità deve esser minima, cioè 
appena rilevabile colla carta di tornasole. Questo lavaggio va prolun- 
gato sino a che, esaminando direttamente al microscopio, si scorge la 
sostanza cromatica della cellula nervosa notevolmente scolorita. ©’ 

m) — passaggio per mezza ad 1 ora in soluzione al 4°/, ed aci- 
dulata di molibdato d’ammonio. 

n) — lavaggio in acqua distillata. 

0) — passaggio in piridina pura, cambiata 3 volte, nella quale 
le sezioni cedono alquanto di colore, si disidratano e si rischiarano. 

p) — passaggio in olio d’origano cambiato 3 volte per cacciare 
la piridina. “Sh ie 

q) — chiusura del preparato col balsamo sciolto in xilolo. 

Ed ora poche osservazioni sopra alcuni dei passaggi or ora enu: 

merati. 

1° Innanzitutto è consigliabile per la buona riuscita delle prepa- 
razioni che la fissazione ed i passaggi D). c), A), e), siano eseguiti 
lontano ‘dalla luce ed i pezzi tenuti nella più completa oscurità. Io 
opero nel seguente modo: estratto dal cadavere o dall’animale il mi- 
dollo spinale ravvolto nel proprio sacco durale, e trasportato nella 
camera oscura, quivi, ad una luce rossa appena sufficiente per le ma- 
nualità da eseguire, apro la dura madre longitudinalmente e, tenendo 
il midollo sommerso in acqua distillata, pratico alcune sezioni ortogo- 
nali all'asse midollare di uno spessore non superiore ai 3-4 mm. Trovai 
conveniente, specie trattandosi dell’uomo, di dividere le singole sezioni 
in 2 ed anche in 4 parti praticando un primno taglio riunente le due 
scissure anteriore e posteriore ed un secondo, ortogonale al primo, 
passante pel canale ependimale. Vengono così isolate le due corna 
anteriori, dove osservansi, specie nel rigonfiamento lombare, le più 
grandi e numerose cellule nervose. Dopo la fissazione ed il passaggio 
b), spiccando la sostanza grigia a lato della bianca, si può demolire 
quest’ultima, riducendo in tal modo le ‘dimensioni dei pezzi e facili- 
tando così la penetrazione della soluzione di molibdato d’ammonio. Con 
una spatola sì portano quindi i pezzetti in una boccetta contenente 
piridina, che rinchiudo in una scatola a pareti foderate di carta nera. 


Tutti i- successivi passaggi vengono costantemente fatti in camera 


PERI LE 


oscura, e.poichè pel trasporto dei singoli pezzetti da questo a quel-. 
l’altro barattolo si rende necessaria una certa quantità di luce, così, 
per ovviare a tale inconveniente, mi servii di questo semplicissimo 
artifizio: i pezzi, invece di esser abbandonati a se stessi nella’ boc - 
cetta, dove inevitabilmente cadrebbero sul fondo, rimanendo immersi 
in un liquido che dopo un qualche tempo non è puro come il sopra- 
stante, vengono mantenuti sospesi a metà circa della colonna di liquido 
da una sottilissima garza disposta a sacco col fondo disteso a mo’ di 
piano da un anello di cannuccia di vetro, e ciò per evitare l’ammon- 
ticchiarsi dei pezzi. La bocca del piccolo sacco viene risvoltata sul 
coperchio del vaso, acciocchè per capillarità il liquido non esca e si 
spanda all’esterno. Evidentemente il trasporto dei pezzi dall’uno all’altro 
bagno ed il cambio del liquido di un determinato bagno si può eseguire 
celeremente nella più completa oscurità. 

Basta perciò preparare i vasi, possibilmente cilindrici e dello stesso 
diametro coi rispettivi liquidi prima di rinchiudersi nella camera 
oscura; poscia, sollevando il coperchio e con esso la garza ed i pezzi, 
si sostituisce al vaso contenente il liquido da cambiare il vaso di ugual 
diametro contenente il liquido rinnovato. È questo un artificio sem- 
plicissimo, che esclude assolutamente la luce da tutte le manualità 
che debbono precedere la sezione microtomica dei pezzi inclusi in pa- 
raffina, e che avendomi reso e rendendomi ottimi servigi, preferisco 
al metodo suggerito dal Prof. Donaggio di fissare i singoli pezzi al 
sughero colla paraffina. 

2° Riguardo alla fissazione del materiale umano dirò ancora che, 

non potendosi praticare l'autopsia prima delle 24 ore dalla morte, trovai 
vantaggioso far precedere all’autopsia stessa un iniezione nello speco 
vertebrale di piridina pura (da 100 a 200 cc.) passando coll’ago della 
siringa fra l’apofisi spinosa della I e II vertebra lombare. Spingendo 
allora il liquido con una certa forza, è possibile raggiungere il foro 
occipitale ed anche penetrare nel cervello. Per facilitare quest’opera- 
zione si può dapprima estrarre il liquido cefalo-rachidano quanto più 
è possibile, aspirandolo lentissimamente ed iniéttare di poi la piridina. 

Ricorderò a questo proposito che recentissartamente Renaud (Mé- 
ihode d'examen du système nerveuse - Nouvelle Iconographie de la 
Salpétriere, N. 4, 1905) propose egli pure l’iniezione endodurale nel 
cadavere, mediante la puntura lombare, del suo complesso liquido fis- 
satore (bicloruro di mercurio, acido acetico, formolo al 10 °/, biero- 
nato di potassa ed acido cromico) onde avere midollo e bulbo, più de- 
licatamente conservati. spie 

Così facendo si ottengono tre segnalati vantaggi: si arresta od al- 
meno si ritarda la decomposizione specialmente durante la stagione 
calda; si inizia la fissazione del tessuto nervoso; inoltre sì indurisce 


a 
fi 6 


RRSRO TI 


il midollo, che assai più agevolmente si lascietà dipoi tagliare in sezioni 
di esiguo spessore. 

3° Riguardo alla colorazione uso due soluzioni di tionina, l’una 
all’1 per 10.000, l’altra all’1 per 15.000. Entrambe, appena fatte, deb- 
bono riposare qualche giorno prima di essere adoperate. Le sezioni, 
appiccicate al portaoggetti e sparaffinate col solito procedimento, ven- 
gono poste nel bagno di tionina all’1 per 10.000. Il liquido colorante 
deve esser copioso, rinnovato ogni volta ed il preparato deve esser 
capovolto orizzontalmente al di sopra del barattolo pieno di soluzione 
di tionina per evitare le precipitazioni. Dopo 4 o 5 minuti si esamina 
rapidamente al microscopio e se il reticolo già si intravvede, ma è ne- 
cessario prolungare ancora l’azione della sostanza colorante, si passa 
il preparato colle stesse norme nella soluzione dell’ 1 per 15.000. Questo 
cambio del titolo della soluzione mi ha dato ottimi risultati, facendomi 
evitare la sovracolorazione, che prima dovevo spesso lamentare. 

4° Dopo il lavaggio n) in acqua distillata io trovai estremamente 
vantaggioso passare le sezioni in piridina, poichè questa a differenza 
dell'alcool, mentre sottrae leggermente colore al fondo ed alla sostanza 
cromatica della cellula, lascia intatta la colorazione del reticolo. Però 
la piridina deve esser pura, cioè non deve contenere acqua, nel qual 
caso diventerebbe un decolorante energico, forse superiore all’alcool 
ed all’olio di anilina. La piridina deve esser cambiata sino a che il 
preparato non cede più colore. Bastano perciò 3 bagni, attraverso ai 
quali successivamente si fa passare il preparato, con una certa rapidità. 

5° La piridina disidrata e rischiara notevolmente, si rimuove col- 
l’olio di origano, che non esplica alcuna azione decolorante sugli ele- 
menti cellulari, specialmente sul reticolo. 

Alcune goccie poste sul preparato scacciano immantinente alla pe- 
riferia la piridina, che può esser asciugata con carta bibula o con un 
pannolino. Indi il portaoggetti si immerge in olio d’origano, che si 
cambia almeno un paio di volte; dipoi si lascia sgocciolare, e con una 
goccia di balsamo si chiudono le sezioni con un copraoggetto molto 
sottile onde permettere l’esame del preparato coi forti ingrandimenti 
dati dai moderni obbiettivi ad immersione omogenea. 


LI 
DACI 


Questo fedelmente e forse alquanto prolissamente il procedimento 
da me seguito, col quale potei mettere in nitida evidenza la rete neu- 
rofibrillare delle cellule spinali non soltanto nel gatto, ma eziandio 
nell'uomo. Il che mi pare di grandissima importanza, poichè è special- 
mente ai metodi citologici di colorazione elettiva che spetta in avve- 


sO 


nire, non solo la soluzione di molti problemi anatomici tutt'ora insoluti, 
ma il controllo di quanto si è fatto e si farà coi metodi d’impregnazione 
nel campo dell’anatomia patologica delle forme nervose in generale e 
specialmente delle forme mentali. 

Come il metodo del Nissl da un lato ha sollevato un lembo del 
grande velo, permettendoci di indagare delicatissime questioni di mi- 
crochimica biologica e di conoscere alterazioni delicatissime della so- 
stanza cromatica della cellula nervosa, così le modificazioni, che 
verranno apportate al metodo Donaggio per renderlo applicabile all’a- 
natomia patologica, dovranno sollevare un'altro lembo di velo, per- 
mettendoci di indagare le minime alterazioni della parte acromatica 
o neurofibrillare della cellula nervosa, che il metodo Nissl non ha 
potuto svelarci, e che dal punto di vista fisiologico ci rappresenta la 
parte essenziale, attiva, funzionale del sistema nervoso centrale. 

Riguardo ai risultati da me ottenuti nel gatto, poco o nulla debbo 
aggiungere a quanto fu già detto in questi ultimi anni, 

L'esame dei preparati di rigonfiamento lombare, anche dei meglio 
riusciti, mi dimostrò che mentre tutte le cellule nervose sono fornite 
di un apparato neurofibrillare, questo raggiunge speciale complicatezza 
nelle grosse cellule delle corna anteriori. Nelle altre il reticolo è meno 
assiepato perchè a maglie più grandi; rare sono le grosse fibre, più 
numerose ed ampie le isole occupate probabilmente dai corpi del Niss]. 

Nei grandi elementi delle corna anteriori i prolungamenti sono per- 
corsi da fibrille strette a fascetti, grosse ed intensamente tingibili, le 
quali, giunte nel corpo cellulare, 0 procedono unite a fascio, decor- 
rendo nella zona marginale del citoplasma sino all’incontro di un altro 
prolungamento, mediante il quale escono di bel nuovo, ovvero s’immet- 
tono nel citoplasma, divergendo quasi direi a ventaglio e formando 
colle fibrille, che vengono dall’alto e dal basso del corpo cellulare e dagli 
altri prolungamenti rimasti esclusi dalla sezione in esame, una rete 
assaî complicata avviluppante il nucleo. 

Nella stessa sezione di una grande cellula motrice il reticolo non 
appare ugualmente distribuito, ma in alcuni punti è più stipato ed a 
maglie ristrette, in altri è scarso, a maglie ampie e tendenti alla forma 
poligonale. In qualche elemento ho potuto constatare che dal cercine 
neurofibrillare, che circonda a mo’ di manicotto il nucleo scolorato 
con nucleo invece intensamente tingibile, partono grosse neurofibrille 
strette a fascetti, le quali attraversano direttamente, senza cioè scom- 
porsi în reticolo, il citoplasma della cellula, per sfuggire da essa in- 
filando uno dei prolungamenti. 

Che fra queste neurofibrille, come fra le lunghe neurofibrille, di cui 
dicemmo prima, strette a fascetto e decorrenti alla periferia del cito- 
plasma -cellulare, esistano anastomosi ad angolo molto acuto, come 


Mea 


vorrebbero Cajal, Lugaro, ecc., è cosa oltremodo difficile da constatare 
sia per l’assiepamento, in cui trovansi dette neurofibrille, sia per la 
difficoltà organica di sorprendere una neurofibrilla anastomotica par- 
tirsi indubbiamente da una lunga fibrilla, e dopo un certo decorso, 
immettersi in una neurofibrilla vicina. Le illusioni ottiche in questo in- 
tricato labirinto di fibrille e gli errori di interpretazione sono oltremodo 
frequenti, perciò, non avendo potuto avere sino ad ora la prova peren- 
toria di queste anastomosi, preferisco non pronunciarmi sulla quistione. 

Un’ultima particolarità osservata, specialmente nelle grandi cel- 
lule motrici, è l'abbondanza in alcune, la presenza quasi in tutte, di 
vacuoli interposti alla rete, talora di forma circolare, talora irrego- 
larmente poligonali, i quali non possono in alcun modo esser confusi 
colle aree cromatiche del Nissl. In essi manca completamente la co- 
lorazione ; talora, fuochettando, in un piano superiore od inferiore vi 
sì scorge la continuazione della rete neurofibrillare. i 

Questi vacuoli, come causa dei quali escludo a priori l’azione del 
calore, sono sempre di piccole dimensioni, non sono mai raggruppati, 
ma sparsi qua e là per il citoplasma ; il reticolò attorno ad essi non 
si presenta affatto alterato, in alcuni casì soltanto m’è parso di ve- 
derlo alquanto più stipato che non altrove; non comunicano fra loro, 
od almeno in alcun caso riuscii a sorprendere tale particolarità mor- 
fologica, che farebbe dare ai vacuoli stessi un valore anatomo-fisio- 
logico, che certamente non hanno (spazi linfatici). 

Riguardo ai preparati fatti con materiale umano, vale a dire col 
rigonfiamento lombare dei tre dementi epilettici, morti in stato epilet- 
tico, le osservazioni, più che morfologiche, dovrebbero essere ana- 
tomo-patologiche, essendo gravi assai le lesioni riscontrate. 

Ma, evidentemente, dato il carattere preventivo e tecnico di questa 
nota, dato sopratutto che il reperto fu limitato ad un’ unica sezione 
dell’asse cerebro-spinale (rigonfiamento lombare) ben poca cosa certa- 
mente per fare coscienziose deduzioni, credo opportuno limitarmi a 
qualche notizia morfologica, consigliato eziandio dalla gravità delle 
lesioni anatomo-patologiche riscontrate, lesioni che necessariamente 
debbono aver alterato la struttura e disposizione del reticolo endo- 
cellulare. Infatti in alcuni grandi elementi delle corna anteriori del 
Il e III caso la degenerazione giallo-globulare e la degenerazione pig- 
mentoria hanno invaso buona parte del citoplasma, distruggendo com- 
pletamente il reticolo, che residua alla periferia, attorno al nucleo ed 
alla base dei prolungamenti sotto forma di granuli e di pallide fibrille 
spezzettate; anche nei prolungamenti le lesioni si sono propagate con 
una: certa gravità ; infatti le neurofibrille sono più scarse, meno tin- 
gibili, e, direi, più sottili. 

La necrosi della cellula e la scomparsa di una parte di essa .osser- 


vasi nel III caso, dove vha pure aumento degli spazi pericellulari, 
diminuzione notevole del numero delle cellule motrici e dei loro pro- 
lungamenti protoplasmatici, spostamento alla periferia. del nucleo, 
scarsa colorabilità del nucleolo, ecc. ecc. 

Di fronte ad alterazioni sì gravi uno studio ed una descrizione 
anatoma-morfologica, anche sommaria, del reticolo endocellulare nei 
3 casi esaminati mi pare eccessivamente irta di difficoltà; quindi mi 
limiterò a pochissime osservazioni preventive. 

Il reticolo endocellulare dell’uomo ha una disposizione analoga a 
quella riscontrata nel gatto. 

Le neurofibrille nei prolungamenti sono più facilmente coloribili, che 
non nell’interno della cellula; alcune sono grosse, di diametro però 
non uniforme, talora lievemente varicose. Il fascetto, giunto al corpo 
cellulare, si irradia a mo’ di ventaglio, seomponendosi e scomparendo 
in un fitto reticolo, che circonda il nucleo assiepandosi intorno ad 
esso (cercine perinucleare). 

La rete è costituite di fibre di vario calibro, che s’intrecciano 
bizzarramente fra loro, le maglie risultanti talora hanno una dispo- 
sizione poligonale, talora invece sono irregolarissime, tal’altra fra maglie 
ampie osservasi un secondo reticolo di neurofibrille assai più sottili, 
stipate, che sembrano riempiere gli spazi lasciati dalle grosse neuro- 
fibrille. 

In altre cellule invece l'andamento delle neurofibrille è assai più 
uniforme; esse sembrano decorrere dall’uno all’altro prolungamento 
attraverso il citoplasma cellulare quasi parallelamente, con anasto- 
mosi scarse e ad angolo molto acuto; incontrando i fasci provenienti 
degli altri prolungamenti, si sovrappongono, ovvero si intrecciano 
colle neurofibrille di questo, seguendo però sempre il proprio cammino 
e senza perdere la propria individualità. 

Talvolta i fasci, appena entrati nel corpo cellulare invece di disten- 
ddersi a ventaglio, attraversano il citoplasma serrati, quasi sdegnosi di ali- 
mentare colle proprie neurofibrille la rete endocellulare e se ne escono 
da un altro prolungamento. In qualche caso li vedi scomporsi nelle rete 
dalla parte opposta del corpo cellulare, dalla quale erano entrati. 

La rete endocellulare può essere distinta in una porzione interna 0 
perinucleare, in una periferica o marginale ed in una intermedia. 

Nella porzione interna o cercine perinucleare il reticolo è sempre 
molto stipato, talora le maglie più non si differenziano l’una dall’altra, 
e le neurofibrille, assiepate le une contro le altre, vengono in blocco. 
colorate. dalla tionina. Anche il reticolo marginale è generalmente più 
fitto che non il reticolo interposto fra quest’ultimo ed il perinucleare. 
E percorso sempre da fascetti che conservano per lo più la propria: 
individualità durante tutto il tragitto attraverso alla. cellula dall’un 


— 10 — 


prolungamento all’altro. Osservansi inoltre grosse neurofibrille, che 
decorrono associate ovvero isolate, e che più spesso non sèmbra par- 
tecipino alla formazione del reticolo endocellulare ; infatti ogni qual 
volta nella stessa sezione le potei seguire dall’ingresso all'uscita del 
corpo cellulare, non mi capitò mai di vederle biforcarsi, dividersi, 
perdere in alcun modo la propria individualità. In generale esse hanno 
un andamento subparallelo al margine libero della cellula, al quale 
sì mantengono piuttosto addossate. 

Il reticolo interposto fra la porzione marginale e la perinucleare 
è percorso esso pure da neurofibrille talora abbastanza voluminose, 
ma queste, dopo un decorso più o meno lungo, ramificandosi in vario 
molo, si risolvono quasi sempre nel reticolo fondamentale. Questo ta- 
lora risulta formato da fibrille estremamente sottili, tal’altra da fi- 
brille più tozze, nel qual caso spiccano i punti nodali della rete 
a guisa di granulazioni non mai circolari ma piuttosto poliedriche, 
come osservai di frequente nel I caso. 

Talora nel corpo cellulare osservasi ciò che già segnalammo nel 
gatto, vale a dire piccoli vacuoli in numero di uno, due o tre per 
cellula, sparsi senza ordine prestabilito, preferibilmente nella porzione 
mediana del reticolo, di forma irregolare, privi affatto di parete proprie 
e comunicanti nè fra loro, nè col nucleo. nè colla periferia. 

Un reperto abbastanza interessante mi fu offerto dal III caso preso 
in esame, dove appunto le lesioni endocellulari si appalesarono con 
singolare gravità ed estensione. 

In numerose grandi cellule motrici il reticolo endocellulare mi si 
presentò con una strana omogeneità sia per la forma che per la fi- 
nezza. Le neurofibrille di straordinaria sottigliezza, appena entrate 
nel corpo cellulare scompaiono in un reticolo finissimo a maglie pic- 
colissime, quasi direi, tutte delle stesse dimensioni, reticolo che non 
palesa alcuna differenza se osservato alla periferia ovvero nella por- 
zione perinucleare delle cellule. Im questi elementi motori non vidi 
mai fibre lunghe nè fibre grosse, e tantomeno fascetti marginali di 
neurofibrille, nè vacuoli. Il nucleo è completamente incoloro, brilla 
soltanto il nucleolo colorato intensamente in bleu-rossastro. Anche nei 
prolungamenti notai la stessa finezza ed omogeneità delle neurofi- 
brille. 

Questi in abregé i risultati ottenuti sul gatto e sull’uomo col pro- 
cedimento sopra descritto, procedimento che, pur avendo per falsariga 
il IH metodo del prof. Donaggio, si differenzia da questo per alcune 
modificazioni, che mi hanno reso e mi rendono ottimi servigi. 


Dall’ Istituto di Anatomia Patologica A. Verga 
del Manicomio Provinciale di Milano in Mombello, 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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N. 545 pubblicato il 23 Novembre 1905 Vor. XX 


RES ITALICAE 
XIX. 


Prof. LorENZo CAMERANO 


Contributo alla conoscenza del Nyctinomus taeniotis (Raf.) in Italia. 


Il « Molosso del Cestoni » descritto dal Savi col nome di Dinops 
Cestonîi nel 1825 (1) e ricondotto ora alla più esatta denominazione 
di Nyctinomus tlaeniotis (Raf.) dai lavori del De Winton (2) e del 
Senna (3) ecc. è tuttora poco noto per quanto riguarda la sua distri- 
buzione geografica ed i suoi costumi. 

Gli Autori lo menzionano di Madera, del Portogallo, della Grecia, 
del Caucaso, della Persia, dell’Italia. Un esemplare venne preso a Ba- 
silea, un altro esemplare venne trovato presso l’ospizio del S. Gottardo: 
sì dice sia stato trovato anche nell’isola Jarsey. Il Dobson lo indica 
pure di Amoy in Cina: ma come opportunamente osserva il Senna nel 
suo diligente lavoro sopra citato, quest’ultima stazione merita d’essere 
meglio accertata. 

Assai poco conosciuta è pure la distribuzione del Molosso del Ce- 
stoni in Italia. Esso venne riscontrato con sicurezza nelle località 
seguenti: Contorno di Brescia e di Bergamo (Bettoni), Genova (Doria), 


(1) Nuovo giornale dei letterati, p. 229. 

(2) W. E. DE WINTON. — Notes on Bats of the Genus Nyctinomus found 
în Africa. Annals and Mag. Nat. Hist. (7) vol. 7, 1901, pag. 37. i 

(3) AnGELO SENNA. — Con!ributo alla conoscenza dei Chirotteri Eritrei. 


Archivio Zoologico (Napoli 1905) vol, 2°, pag. 296. 


DINE: Ar 


Sestri Ponente (Borgioli), Pisa, Firenze, e nel Senese ecc. (Savi ecc.), 
Roma (Bonaparte), Napoli (Costa, Monticelli), Rosano (Cosenza) e Co- 
rigliano (Calabria), (Senna), Sicilia (Malhèrbes e Parzudaki). Lipari 
(Giglioli). i i 

Il Museo Zoologico di Torino ha un esemplare della specie in discorso 
di « Capo terra » che porta la seguente indicazione : « Spedito al Museo 
nel 1823 dal sig. cav. La Marmora che lo ricevette da Capo terra in 
1822 » ed un altro esemplare colla indicazione seguente : « Sardegna, 
Capo di Cagliari, dal sig. cav. La Marmora 1825 ». 

In Piemonte, il Bonelli, il Genè, il De Filippi, il Lessona non lo 
incontrarono mai sebbene si siano occupati ripetutamente della ricerca 
e dello studio dei Chirotteri Piemontesi e sebbene l’opera loro com- 
prenda un periodo di tempo di circa un secolo. 

Il giorno 27 settembre di quest'anno venne preso un individuo fem- 
mina di Molosso del Cestoni nella scala che conduce alla Scuola di 
Zoologia nel Palazzo Carignano che è nel centro di Torino. — Questo 
esemplare era come intirizzito (in quei giorni si ebbe a Torino un sen- 
sibile abbassamento di temperatura); portato in Laboratorio, in am- 
biente più caldo e soleggiato, ripigliò in breve la sua vivacità. 

Il suo canal digerente era completamente vuoto. — Il Savi dice che 
in uno dei due primi esemplari trovati a Pisa non trovò che « dei 
frammenti di foglie ben masticati (1) ». — Un esemplare delle colle- 
zioni del Museo di Torino avuto dal prof. Baraldi nel 1881 che lo prese 
nella Torre di Pisa conserva fra i denti i resti di un muscide, 


(1) In una pubblicazione successiva « Aggiunte e correzioni alla Descrizione 
del Diuops Cestonii » (Nuovo Giornale dei Letterati, Pisa 1828, volume XVI, 
pag. 57) il Savi dà in proposito più precisi ragguagli, egli dice : « Cibo. Nello 
stomaco di due presi nella primavera io trovai dei frammenti sottilissimi di 
elitre d’una specie di Cimice (supposi il Cimea viridis, o l’juniperinus) me- 
scolati ad una poltiglia bianchiccia, e alcune particelle verdi che supposi 
vegetabili. Nello stomaco de’ due individui poi statimi adesso portati, non ho 
trovato cosa alcuna: un umor viscido bianco latteo, ma nessun frammento, 
nessun avanzo di cibo. Essi erano bensì estremamenti grassi. Tutta la parte 
superiore del tronco, ed ancora i lati di questo, erano foderati da uno strato 
di pinguedine bianca, fusibile come lardo, alto linee 1'/,. L’omento ancora 
era ripieno di una gran quantità della stessa pinguedine ». 

Il Savi aggiunge rispetto alla dimora ed ai costumi quanto segue: « Degli 
undici individui che ho esaminati, dieci sono stati presi dentro la città di 
Pisa, l’undecimo lo trovai morto ai piedi di una antica torre prossima a Bus- 
sano, paesetto situato in cima ad un colle boscoso, nella maremma Senese. 
Di quelli presi in Pisa, i due da me in questi giorni esaminati, un maschio 
ed una femmina sono stati trovati, dietro un quadro nella Primaziale : tutti 
gli altri furono presi in diverse case ». 


= gp 


Oggi ancora possiamo ripetere le parole del Bonaparte (1) intorno 
al Molosso del Cestoni in Italia. « O sia questa specie veramente rara, 
o tale ci sembri per la sua vita occulta..... A Pisa, ove fu dapprima 
scoperta, non se ne trova da qualche anno alcun vestigio ». Il mar- 
chese Doria (2) dice pure: « In Liguria non l’ebbi finora che dalla 
stessa città di Genova, ove dal 1868 ad oggi, cioè in un periodo di 
16 anni, riuscii a procurarmene soltanto nove esemplari ». 

Anche oggi noi possiamo domandarci, se gli esemplari stati trovati 
a Brescia, a Bergamo, a Basilea, a Torino ecc. rappresentano individui 
accidentalmente venuti, per cause ignote a noi, in queste località da 
regioni dove la specie ha la sua stazione abituale, o se la specie esiste 
normalmente nelle località stesse ma con abitudini tali, e che igno- 
riamo, che la rendono assai difficile da trovare. 

Allo stato presente delle nostre cognizioni, e dopo la riconosciuta 
separazione specifica del Nyctinomus midas (Sundevall.) dal N. taeniotis 
(Raf) = a N. Cestonti (Savi) il Molosso del Cestoni ci appare specie 
indipendente dal continente Africano e piuttosto diffusa nelle regioni 
circumediterranee dell'Europa, del Caucaso e della Persia. 

Per l’Italia, sempre stando alle cognizioni presenti, la sua maggior 
frequenza è stata riscontrata nel versante tirrenico della parte cen- 
trale e meridionale. Nel versante Adriatico d’Italia questa specie 
non venne trovata fino ad ora; malgrado che in questo versante non 
siano rari i casi di incursioni di specie dell’ Europa orientale che o 
non hanno oltrepassato la costola Apenninica per venire nel versante 
tirrenico, o l’hanno oltrepassata solo in alcuni punti. — Forse meglio 
che una specie in via di estendere la sua area di diffusione il Molosso 
di Cestoni è una forma che ebbe in altri tempi, quando diversa era 
nel grande bacino mediterraneo la configurazione delle terre e delle 
acque, diffusione più ampia. Anche questa tuttavia non è che una 
ipotesi a chiarire la quale sarebbe necessario il sussidio di ricerche 
sicure intorno al fenomeno delle migrazioni dei pipistrelli che alcuni, 
come il Blasius' ed altri vogliono sia paragonabile a quello degli uc- 
celli. 

È da ricordarsi a tal riguardo la cattura di un esemplare femmina 
portante un piccolo, caduto sulla neve, fatto dal signor D. Nayer non 
lungi dall’Ospizio del San Gottardo nel giugno del 1872 (3). 


(1) Zconogr. fauna ital. Mammiferi. 

(2) Res Ligusticae. — I Chirotteri trovatî finora in Ligviria. Anti Mus. 
Civico di Genova, Ser. 2*, vol. IV, 1887, pag. 474. 

(3) FaTIO, Sur le Dysopes Cestonii en Suisse. Act. Soc. Helvi Sc. Nat. Compt. 
Rend. réun. de Fribourg, p. 38' (1872). — Faune des Vert. de la Suisse, vol. IV; 
1 post. Addition aux Mamm. + Il Fatio, nel 3° stippl. ai Mammiferi della 


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, L’esemplare trovato a Torino è di color nero nella parte dorsale, con 
una lavatura di brunastro sulle spalle; di color nero grigiastro nella 
parte ventrale; le membrane alari sono nero grigiastre più chiare ; 
le orecchie, il muso, i piedi e la parte libera della coda sono di color 
nero. Questa colorazione coincide con quella descritta dallo Schneider 
per l’esemplare da lui trovato nell’anno 1869 a Basilea (1). Lo Schneider 
stabilì col suo esemplare la var. nigro-griseus. 

Confrontando le descrizioni del colore date dai vari Autori si trova: 

Savi: « Colore. Le parti nude sono di un nero un poco tendente al 
rossastro. Il pelo che è folto è molle, ha un color cenerino cupo leg- 
germente tendente al bajo ». In un lavoro posteriore (opera citata) il 
Savi dice ancora: « Nelle forme del corpo, colore ecc. non ho osser- 
vato alcun’altra differenza fra i maschi, le femmine, i giovani e i 
vecchi ». 

Bonaparte: « Il pelame è folto, molle e rilucente, d’un cinereo cupo 
più scuro sul dorso, più chiaro nelle parti inferiori, spesso volgente 
al giallastro; una larga fascia di peli densi corre sulle membrane, 
aliformi lungo i margini prossimi ai fianchi; il muso, le labbra, le 
orecchiette e le bucie sono d’un nero che dà leggermente nel rossiccio. 
I peli ricurvi delle dita sono biancastri; le unghie foschiccie. L’età 
non porta se non piccola dissomiglianza nella tinta. Solamente è la 
femmina un poco più piccola del maschio ». — Se la colorazione della 
tavola del Bonaparte è esattamente corrispondente agli esemplari; la 
differenza fra la colorazione degli esemplari da lui studiati con quello 
preso a Torino è spiccata. 

Nei lavori del Bettoni (2), del Monticelli (3), del Doria (4) non vi è 
cenno della colorazione degli esemplari esaminati. 

Il Senna (op. citat.) dice: « Il muso e le orecchie sono di un bruno 


Svizzera (op. citat., vol. V, 1890) accoglie il Dysopes Cestonii fra le specie 
di Chirotteri Svizzeri. Nella sua recente pubblicazione: « Liste préliminaire 
des Mam etc. en vue d’un supplement générale de la Faune des Vertèbrés 
de la Suisse. — Archiv. Sc. Phys. et Nat. Genève, 1905 » ritiene che i due 
casi di cattura del Dysopes Cestonii in Svizzera come « probablement dus è 
des transports commerciaux. » 

(1) Dysopes Cestoini in Basel eine fir die Schweiz neue Fledermans. Nouv. 
mém. de la Soc. Helvet. des Sc. Nat. vol. XXIV (1871) con una tavola. 

(2) Sull’attuale distribuzione geografica del Molosso del Cestoni ecc. R. 
Istituto Lombardo di Sc. e Lett. 1880. 

(3) I Chirotteri del mezzogiorno d’Italia. Atti Soc. Ital. Sc. Nat. vol. 28 
(1885). 

| (4) Res Ligusticae. I Chirotteri trovati finora in Liguria. Ann. Mus. Civ. 
di Storia Nat. di Genova, Ser. 23, vol. IV (1887). 


nero, il pelo della parte superiore del corpo è d’un grigio fosco, appena 
più chiaro al di sotto ». 

Il Museo Zoologico di Torino possiede, oltre agli esemplari inviati 
dal Savi nel 1829 e oltre agli esemplari sopra menzionati di Sardegna 
del 1822 e del 1825 i quali sono oramai 'molto scoloriti, un esemplare 
li Pisa avuto nel 1864, un esemplare della Torre di Pisa del 1881 ed 
un esemplare della Liguria avuto dal Borgioli nel 1884. — Conside- 
rando questi due ultimi più recenti, conservati in alcool, la loro co- 
lorazione generale, anche tenendo conto della azione dell’alcool, appare 
di tinta fondamentale bruna con tendenza al bruno giallastro. 

Sarà utile ad ogni modo tener conto diligente della colorazione che 
presentano gli individui della specie in discorso che verranno ulte- 
riormente catturati poichè, se venisse a determinarsi in modo sicuro 
il valore della var. nigro-griseus dello Schneider per gli individui che 
si prendono nella Valle del Po e al di là delle Alpi, come lascierebbe 
supporre la colorazione dell’individuo di Torino, si avrebbe un argo- 
mento, non spregevole a favore della stabile dimora della specie nelle 
regioni sopradette. 


* 
* * 


Credo utile di riferire le misure degli individui conservati in alcool 
che ho potuto studiare unitamente a quelle date da varii Autori, poichè 
ora che il Molosso del Cestoni viene ad essere nettamente separato 
specificamente dal N. midas, come sopra è stato detto, è necessario 
riunire i dati per una sua completa diagnosi specifica. Oltre alle mi- 
sure assolute, ho date le misure espresse in 360esimi somatici assu- 
mendo per /unghezza base la lunghezza del corpo e della testa, esclusa 
la coda. — Risulta dal confronto delle misure che l'individuo di Mo- 
losso del Cestoni preso a Torino ed anche quello preso a Basilea sono 
come quelli che si trovano nell’Italia centrale e meridionale dai quali 
si differenziano per una colorazione più scura. 

Questa differenza tuttavia dovrebbe venir meglio chiarita per fe 
riguarda la sua importanza tassonomica coll’esame di un maggior 
numero di esemplari freschi delle varie regioni italiane. 


Testa. e corpo. 
Testa. 


Orecchio, dall’intace. dell’an- 
titrago all’apice 


Trago, dalla base del lato in- 
terno all’apice. a 


Antitrago: altezza dall’angolo 
esterno nf ontibiot 


Antitagro : largh. alla base . 
Avambraccio . 
Pollice . 
III. dito: metacapo. 

» 1° falange 

» DI » 

> porzione cartilaginea 
IV. dito: metacarpo 

» 1° falange 

» 2a » 

» porzione cartilaginea 
V. dito: metacarpo . 

» 1° falange 

» Da: a 

» porzione cartilaginea 
Tibia 
Piede. 
Ualcaneo 
Coda lunghezza totale . 


» porzione libera 


2 


Rossano 
9 


22.5 


04.5 


27 


28 


(2) (3) 
82 | 82 
32 | 31.5 
26.5| 27 
i VAL 
4 | 45 
7 | 8 
61.5| 59 
8.5 | 7 
61 | 57 
23 | 21 
22 | 20 
11 | 10 
56.5| 54 
185| 18 
11.5| 9.5 
6.5 | 5.25 
32.5 | 33 
luadi HG 
6.5 | 6 
3.5 | 3.5 
19.5| 18 
12 | 10 
18 | 21.5 
50.5 | 48 
26.5 | 22 


Misure assolute in millimetri 


NYXYXCTINOMI I 


(1) Da Senna. Contributo alla conoscenza dei Chirottert eritrei. Archivio zoologie 


Napoli 1905, vol. 2°, pag. 298. 


(2) Esemplari avuti dal Savi. 


(3) Torre di Pisa, dal Prof. BARALDI, 1887. 
(4) Dal Signor BoRgIoLI nel 1884. 


(5) Dallo SCHNEIDER op. cit. 


AEGENIOTIS 


Rossano 
9 


(00) 
° 


144 


124 


18 


20 
36 
266 
43 
257 
101 
90 
38 
245 
81 
45 
25 
144 
72 
32 
14 
74 
47 
95 
216 
122 


112 


230 


219 


Misure espresse in 360esimi somatici 


EL 


270 


269 
101 


248 


143 


79 
222 
116 


(Raf. 


119 


259 


250 


237 


211 


114 


257 


257 


233 
122 


259 
101 


244 


140 


(A) Dal lavoro sopracitato del SENNA. 
(?) Forse vi è qui un errore di stampa invece di 18, 


243 


144 


(A) Nyctinomus midas (Sundevall) 


Misure assolute 


in millimetri 


Eritrea 
9 


88 


24 


25.0 


20.5 


21.5 


Misure in 
360esimi somatici 


a 


180 


178 
101 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 546 pubblicato il 29 Novembre 1905 Vor. XX 


Dott. ALFREDO BORELLI 


— 


FORFICOLE 


raccolte nel Paraguay dal Sig. A. Bertoni de Winkelried. 


La raccolta di forficule che il chiaro naturalista A. Bertoni de 
Winkelried ebbe la cortesia di mandarmi in istudio, è, per quanto io 
sappia, la più importante fatta fino ad ora nel Paraguay e porta un 
largo contributo alla conoscenza di questi ortotteri; essa contiene cinque 
specie non ancora descritte e parecchie specie nuove per la regione. 
Quasi tutte le specie sono rappresentate da numerosi esemplari i quali 
vennero raccolti nei pressi di Puerto Bertoni (Alto Paranà) e di As- 
suncîon (Escuela di Agricoltura). 


Pyragra brasiliensis (Gray). 


Forficula br., J. E. Gray in Griffith, An. Kingdom, v. XV p. 184 t. 78 
f. 2 (Gg), 1832. — Pyragra br., Bormans e Krauss, Tierreich, Brfic. e Hemim. 
p. 24, 1900. 


Un solo o immaturo da Puerto Bertoni. 


Pyragra paraguayenmsis Borelli. 
Pyragra par., Borelli in: Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp., Torino, v. XIX 
n. 479, 1904. 
d' e e da Puerto Bertoni. 


Echinopsalis guttata? Borm. 
Echinopsalis g., Bormans in Biol. Centr. Amer., Orth., p. 3 t. 1 f. 4 
(9), 1893. 
Riferisco con un certo dubbio a questa specie un esemplare o im- 
maturo, privo di pinzetta e della parte posteriore dell’ultimo segmento 


dell’addome. Quest’esemplare presenta relativamente alle antenne al- 
cune differenze colla descrizione di de Bormans, mentre secondo questo 
autore il terzo. articolo delle antenne sarebbe lungo quanto il primo 
ma più stretto, nel mio esemplare il terzo articolo delle antenne è 
bensì più stretto del primo ma la sua lunghezza è maggiore, come 
nella Echinopsalis brevibractea Rehn (1), inoltre i sei ultimi articoli 
(ne rimangono 22), sono ‘di un colore rossiccio. 

Un solo è immaturo da Puerto Bertoni. Specie nuova per il Pa- 
raguay. 


ì ì 


Psalis Burri nov. sp, 


Capo poco più lungo che largo, leggermente convesso, liscio, lucente 
cogli angoli posteriori sensibilmente arrotondati ed il margine poste- 
riore tronco; suture frontali appena distinte, sutura medio-posteriore 
ben marcata e segnata da un profondo solco lon- 
gitudinale. Di un colore castaneo oscuro quasi nero 
colle parti boccali giallo-brune; antenne (rimangono 
14 articoli) pubescenti, brune col primo articolo 
molto oscuro, gli articoli 2 e 3 giallo-bruni e «ghi 
articoli 11 e 12 bianchicci. Il primo articolo è note- 
vole per la sua brevità, il quarto e il quinto sono 
poco più corti e più arrotondati dei seguenti, co- 
nici od oblunghi. 

Pronoto di larghezza quasi uguale a quello del 
capo, di forma quadrangolare col margine anteriore 
tronco, i margini laterali divergenti insensibilmente 
nella parte posteriore, il margine e gli angoli po- 

; Steriori debolmente arrotondati; di colore bruno 

g' Psalis Burri i al i . di 1 

orlato di giallo chiaro sui margini laterali e po- 

& steriori. Superficie superiore leggermente convessa, 
declive sui lati, segnata da un solco longitudinale mediano che ter- 
mina, a. metà circa della sua lunghezza in una piccola fossetta; de 
bolmente rugosa. 

Elitre leggermente e irregolarmente rugose di colore bruno OSCUro; 
di lunghezza uguale a una volta e un terzo circa quella del pronoto, 
cogli angoli,anteriori debolmente arrotondati, appena sporgenti oltre 
i margini del pronoto, i margini laterali paralleli ed i margini poste- 
riori leggermente obliqui verso l’esterno. 

Ali quasi interamente nascoste dalle elitri, di colore giallo-pallido. 


(1) REHN James, 1903. Studies in American Forficulidae in: Proc. Acad. 
Nat. Sc. Philadelphia, v. 54 pp. 299-300, 


Inferiormente capo di colore bruno, parti sternali giallo-paglia. 

Zampe: Femori quasi interamente bruni, g gialli nella parte ( distale; 
tibie brune nella metà prossimale, giallo Tato nella metà distale, 
tarsi giallo chiari. Pubescenti con alcuni lunghi peli sparsi sulla su-. 
perficie del femore e della tibia, tarsi coperti inferiormente di corti 
peli gialli; il primo articolo dei tarsi molto lungo, più lungo del se- 
condo e del terzo riuniti. 

Segmenti dell'addome di colore castaneo, volgente al giallo bruno 
o giallo rossiccio nella metà posteriore; finamente puntegg lati, pu- 
bescenti con alcuni peli più lunghi sui lati, leggermente convessi, 
allargantesi insensibilmente dal primo all’ultimo. I segmenti 7-9 sono 
forniti sui lati di una piccola carena ben marcata che oltrepassa il 
margine posteriore del segmento il quale si prolunga lateralmente in 
una punta triangolare. Ultimo segmento lucente di colore castaneo 
oscuro col margine posteriore giallo-rossiccio; di forma pressochè tra- 
pezoidale, restringentesi insensibilmente dall’avanti all’indietro, con- 
vesso nella parte anteriore bruscamente e fortemente declive nel terzo 
posteriore. La sua superficie superiore finamente punteggiata e leg- 
germente rugosa sui lati, è segnata per i due terzi circa della sua 
lunghezza da un solco mediano e presenta nel terzo posteriore del 
segmento, due creste la terali semicircolari che si prolungano poste- 
riormente in una piccola punta posta sopra le radici della pinzetta; 
lo spazio compreso fra queste due creste è avvallato e fortemente ru- 
goso. I lati del segmento sono scavati e presentano nei due terzi poste- 
riori della loro lunghezza una carena mediana ben marcata. 

Segmenti inferiori dell'addome di colore giallo che passa al giallo 
bruno negli ultimi segmenti, finamente punteggiati e coperti di minuti 
peli gialli molto più lunghi sui lati; il penultimo segmento di forma 
quasi triangolare con un piccolo tubercolo all’apice, copre circa i due 
terzi dell’ultimo segmento. 

Pigidio poco sporgente in forma di trapezio col margine posteriore 
leggermente intaccato. 

Branche della pinzetta pubescenti alla base di colore bruno ros- 
riccio colle punte castano oscure; robuste, allargate e quasi contigue. 
alla base, esse vanno allontanandosi e assottigliandosi debolmente per 
il quattro quinti circa della loro lunghezza poi prendono la forma ci- 
lindrica e s'incurvano bruscamente l’una verso l’altra sino alle loro 
punte che non si toccano ma si sovrappongono, la branca destra più 
corta della sinistra. Superficie superiore triangolare e fortemente ca- 
renata per i tre quarti circa della lunghezza delle branche, arroton- 
data nel quarto posteriore; superficie inferiore appiattita; margine ‘ 
interno leggermente dentellato per i tre quarti circa della loro lun- 
ghezza. 


pa 


Misure in Ut, lunghezza totale del corpo circa 14; lun- 
ghezza del capo 2, sua larghezza 1,8; lunghezza del pronoto poco più 
di 1,6, sua larghezza 1,7; lunghezza delle elitre 2,1; lunghezza del- 
l’ultimo segmento dell'addome circa 2, sua larghezza anteriormente 2,5, 
posteri iormente 2,2; lunghezza della pinzetta circa 2. 

‘Specie vicina alla Psalis scudderi Borm. dalla quale differisce prin- 
cipalmente per la quasi completa mancanza delle ali, per il colore delle i 
zampe e delle antenne. 

Un' solo esemplare d' da Puerto Bertoni. 


 Anisolabis janeirensis (Dohrn). 


| Furcinella j., H. Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin. v. XXV p. 285, 1864. — | 
Anisolabis.J. ., Bormans in: Biol. Centr. Amer. p. 5 t.1f.8 (3), f. 9 (9), 1893. 
- Parecchi esemplari e 9 dai dintorni di Asuncion (Escuela di Agri- 
cultura). 
| Auisolabis annulipes (Luc.). 


Forficesita a., H. Lucas in: Ann. Soc. ent. de France ser. 2 v. V, Bull. 
p. LXXXIV, 1847. — Anisolabis a., Bormans e Krauss in: Tierreich Lief. 11‘ 
Forfic. und Hemim. p. 48, 1900. 
ke Parecchi esemplari & e 9 dai dintorni di Asuncion AO di Agri- 
cultura). 


Brachylabis nigra (Scudd.). 


ovi \tilrogasier m., Scudder in: P. Boston Soc. v. XVII p. 251 (9), 1876. 
—. Brach,lubis n., Bormans e Krauss in:  Tierreich, Forf. und. Hemim. p. 54 
fig. 22 (3), 1900. 
Numerosi d e g dai dintorni E Asuncion dot DEMI, di Agricultura). 


pini vicina Borelli. 


è. Sphongiphora vicina Borelli in: Boll. Mus. Zool. e Anat. comp. Torino, 
vw. XIX n, 479, 1904. i 
...; 2 .d.da.Puerto Bertoni. l 

Questi esemplari differiscono dall’esemplare tipico da Villarica per 
avere il margine superiore interno delle branche della pinzetta fornito 
di un piecolo.dente spiniforme, collocato a poca distanza dalla loro base. 


: .Spongiphora croceipennis parallela (Westw.). 


i | Forficula' p., Westwood in: Mag. Zool., v. 7 t. 178 (3), 1837. — Sphon- 
giphora croce. par., Bormans e Krauss in: Tierreich. Forf. und Hemim. 
p. 56, 1900. pa 

Due & e parecchie 9 e larve da Puerto Bertoni. 
Dei 2 maschi, l’uno ha le branche della pinzetta lunghe, quasi di- 


= 5 e 


ritte, curve soltanto all'apice, incrociantesi dopo il secondo, terzo della 
loro lunghezza. 
Lunghezza del corpo senza la pinzetta mm. 18 
» della'pinzetta; eo Svolta LS 
L’altro maschio ha le branche della pinzetta O più volte ricurve 
‘e ricorda la figura data dal Dohrn (1). 
Lunghezza del corpo senza la pinzetta mm. ‘16 
» dell SEA n e 
Questa specie, così mi scrive il sig. Bertoni di Winkelried, è molto 
“comune nel Paraguay e s'incontra anche nelle case di Asuncion... 


fi 


Spongiphora insignis (Stàl)._ 

Psalidophora i., Stàl in: Oefv. Ak. Fòrh., v. XII p. 349 (9), 1855. — 
Forficula punctipennis, Stàl in: Eugenies Resa, Ins. p. 30£(gJ) 1858, — 
Spongiphora i, Bormans e Krauss in: Tierreich, Forf. und:Hemim. p. b9, 1900. 

Parecchi esemplari o, 9 e larve da Puerto Rerkoni; una 9 da ASs- 
«suncion (Escuela de Agricultura). 


Spongiphora Bertonii nov. sp. 


Capo lucente, nero-bruno, colle parti boccali e le antenne: (rimari- 
gono 14 articoli) di colore giallo-bruno, ad eccezione dei die primi 
articoli giallo-chiari e del terzo: giallo-chiarò alla 
base, giallo-bruno all’apice. Superficie superiore leg- 
germente convessa, suture non distinte margine po- 
steriore debolmente concavo cogli angoli posteriori 
arrotondati limitati internamente da una IP 
impressione. 

Pronoto lucente e di colore bruno oscuro ante? 
riormente, leggermente rugoso e più chiaro poste- 
riormente, coi mar gini laterali giallo-bruni ; di forma 
trapezoidale, cogli angoli ‘anteriori’ ottusi, il mar- 
, gine e gli angoli posteriori leggermente arrotondati. 
3 Spongiphora Sulla sua superficie rigonfia nella metà anteriore, 

Bertonii appiattita nella metà posteriore, sono da notare delle 
deboli -impressioni longitudinali vicino al margine 
anteriore e una piccola.fossetta mediana che con- 

tinua posteriormente! con una leggera cresta appena distinta. 

Elitre di colore bruno chiaro, leggermente LE col velino 
posteriore debolmente: concavo. 

Ali sparsamente punteggiate e lesgermente rugose, di colore ‘broîto 
con una grande macchia gialla di forma ovale lungo'il margine esteriio 
e una piccola macchia dello stesso colore all'apice si GR I 


7 CUP H. D.ltrN in Ent tel “Stettin i XXIII; t. 1 È 8; 1869; | 


LT 


inferiormente capo di colore bruno, torace testaceo. 

Zampe giallo-testacee. 

Segmenti superiori dell'addome di colore bruno-rossiccio, molto oscuro 
quasi nero sui lati ; ultimo segmento molto lucente; di colore nero-bruno. 
La loro superficie superiore, è fittamente ma molto leggermente pun- 
teggiata, le pieghe tubercolari dei segmenti 3 e principalmente 4 sono 
ben marcate e sui lati dei segmenti 5-8 sono da notare alcuni granuli 
disposti in serie lungo il loro margine posteriore. Ultimo segmento di 
larghezza uguale quasi al doppio della lunghezza, di forma quadran- 
golare; superficie superiore leggermente punteggiata e debolmente ru- 
gosa vicino al margine posteriore, segnata per tutta la sua lunghezza 
da un solco mediano fortemente impresso che incontra una grande 
depressione di forma quasi circolare la quale occupa circa i due terzi 
‘posteriori della superficie del segmento. 

Pigidio sporgente, linguiforme coll’apice bifido. 

Branche della pinzetta di colore bruno-rossiccio, leggermente pun- 
teggiate; separate fra loro, dapprima robuste, diritte e parallele per 
un terzo circa della loro lunghezza, poi sottili di forma quasi cilin- 
drica, leggermente arcate verso l'esterno e incurvantesi l’una verso 
l’altra sino alle punte che non s'incontrano. Superficie inferiore appiat- 
tita, superficie superiore convessa con una leggera cresta mediana. 
Il loro margine interno, superiormente e inferiormente compresso e 
leggermente dilatato, è fornito per un terzo della loro lunghezza di una 
piccola lamina sporgente a mo’ di tubercolo nella parte Gal poi 
‘liscio dal secondo terzo all’apice. 

Misure in millimetri : lunghezza totale del corpo circa 11; lunghezza 

dell’ ultimo segmento dell’addome poco meno di 1, la sua Lirgfiezza Log 
lunghezza della pinzetta 3,1. 
Questa specie è molto vicina alla Spongiphora rogersi Borm. dalla 
quale differisce principalmente per la forma della pinzetta, di cui le 
branche sono prive di dente interno posteriore e vanno assottiglian- 
‘dosi regolarmente dal secondo terzo della loro lunghezza all’apice. 

Un solo esemplare & da Puerto Bertoni. 


Spongiphora confusa nov. sp. 

| Capo convesso con suture non distinte ad eccezione della occipi- 
tale ; liscio, lucente, di colore castaneo oscuro quasi nero col clipéo 
giallo pallido; il labbro superiore ed i palpi bruni; antenne (riman- 
.gono 14 articoli) giallo-brune ad eccezione del primo articolo castaneo. 

Pronoto del colore del capo, leggermente trapèzoîdale, di larghezza 
uguale a quelle del capo anteriormente un poco più largo posterior- 
mente; angoli e margine posteriori leggermente arrotondati. La sua 
superficie médiana è debolmente convessa in forma di cuore colla 


Poi 


punta rivolta all'indietro, ed è segnato da un solco mediano longitu- 
dinale che non raggiunge il margine posteriore del. pronoto il quale 
è piatto lateralmente e posteriormente. 

Elitre di lunghezza quasi uguale al doppio del pronoto, cogli angoli 
anteriori arrotondati sporgenti oltre i margini del pronoto appena di 
un terzo della loro larghezza, tronche posteriormente ; di colore bruno 
con una striscia giallo-pallida collocata lungo i 
margini laterali per i due primi terzi della loro 
lunghezza. 

Ali poco più lunghe del pronoto, di colore bruno 
con una grande macchia giallo-pallida, pressochè... 
triangolare, che dal margine posteriore delle elitre 
arriva quasi sino all’apice delle ali. 

Femori di colore bruno oscuro, robusti; tibie 
brune, giallo-pallide nel terzo distale ; tarsi giallo- 
pallidi, il primo articolo di lunghezza quasi uguale 
a quella del secondo e del terzo riuniti, colla su- 
perficie inferiore coperta di peli. 

Segmenti dell’addome a lati paralleli, lucenti, di 
colore bruno oscuro ; pieghe tubercolari distinte nel 
terzo segmento, ben marcato sul quarto. Ultimo segmento pressochè 
quadrangolare, liscio e lucente, con unagrande impressione triango- 
lare fra le radici della pinzetta e una piccola fossetta mediana di forma 
ovale vicino al margine posteriore il quale è debolmente concavo e 
leggermente rialzato. 

Penultimo segmento ventrale leggermente rugoso, sparso later al- 
mente di peli biancastri, quasi rettangolare cogli angoli ed il margine 
posteriore leggermente arrotondati. 

Pigidio molto sporgente, in forma di ferro di lancia colla punta 
tronca. iL 

Branche della pinzetta di colore bruno rossiccio, coperte di peli 
biancastri, cilindriche, diritte per i due terzi circa della loro lunghezza 
poi lesgermente ricurve e assottigliantesi sino alle punte che non si 
inftonttrano: il loro margine interno presenta un po’ al di là del loro 
primo terzo una dilatazione a mo’ di tubercolo. 

o Ultimo segmento dell’addome più stretto che nel d' restringentesi 
dall’avanti all’indietro. Pigidio poco sporgente pressochè quadrangolare. 
Branche della pinzetta più corte che nel o separate dal pigidio, diritte, 
triquetri e allargate alla base, poi arrotondate e assottigliantesi in- 
sensibilmente sino alle punte debolmente ricur Ve che non s ‘incontrano; 
internamente parallele vicino alla basé poi divergenti 1 verso l’esterno 
col margine sensibilmente dentato. i 

Patria: dd e 99 da Puerto Bértoni, 


lot Spongiphora 
confusa 


— 


— 3. 


Lunghezza totale del corpo: &' 7,5 mm., 9 6,5 


» della pinzetta: 


Ouanio, sore 


Q lo poco più. 


Questa specie è molto vicina alla Labia Gnilianii Dohrn e ricorda 
la Spongiphora pygmaea Dohrn; per evitare la confusione fra queste 
tre forme credo utile indicarne i principali caratteri differenziali: 


Labia Ghilianii Dohrn. 


Capo : convesso, liscio e 
lucente 


Pigidio : molto sporgente 
col margine posteriore 
arrotondato 

Branche della pinzelta : 
cilindriche, inermi 

Tibie: giallo-pallide 


Spongiphora confusa 
Borelli 


convesso, liscio e lucente 


molto sporgente col mar- 
gine posteriore tronco 


cilindriche, fornite di un 
tubercolo 

brune, giallo-pallide nel 
terzo distale 


Spongiphora pygmaea' .’ 
Dohrn 
compresso con due im- 
pressioni longitudinali 
dietro gli occhi, pube- 

scente. 

poco sporgente vol mar- 
gine posteriore fornito 
di 2 punte. 

appiattite fornite di 2 
denti. 

nero-brune, gialle all’e- 
stremità distale.. 


Non conosco il tipo della Labia Ghilianii Dohrn; io dubito molto 
riferendomi alla descrizione del Dohrn (Ent. Zeit. Stettin, v. XXV p. 424) 
che questa forma sia una vera Labia e credo che essa debba piut- . 
tosto essere considerata come una Spongiphora. Difatti secondo questa 
descrizione, gli ultimi articoli delle antenne sono cilindrici, il primo arti- 
colo dei tarsi è appena più corto che il secondo e il terzo riuniti, la 
superficie inferiore dei tarsi è coperta di peli, il penultimo segmento 
ventrale è quadrangolare; caratteri che sono tutti del genere Spon- 
giphora e non del genere Labia. 


Labia Silvestrii nov. sp. 


d Capo di colore castaneo oscuro col clipeo e le parti boccali giallo 
chiaro, sensibilmente convesso, con due piccole impressioni fra le an- 
tenne, suture non distinte. Antenne (rimangono 12 articoli) brune 0 
giallo-brune coll’apice biancastro ad eccezione dei due primi articoli 
gialli, di forma conica allungantesi insensibilmente dall’articolo quarto 
al dodicesimo. COSO 

. Pronoto di colore bruno coi margini laterali gialli, pressochè tra- 
pezoidale, anteriormente di larghezza uguale all’incirca a quella del, 
capo, un poco più largo posteriormente, col margine anteriore tronco, 
i margini laterali leggermente rialzati ed il margine posteriore debol- . 
mente arrotondato. La sua superficie superiore è leggermente convessa 
nella parte mediana e appiattita sui lati e lungo il margine posteriore 
ed è segnata da un leggero solco mediano che termina con due pic- 
cole coste prima di raggiungere il margine posteriore, 


s dh 


e e 


| Elitre di colore giallo-bruno o testaceo oscuro, di lunghezza uguale 
circa a una volta e mezzo quello dA pronoto, liscie, col margine po- 

| steriore tronco. 

Ali deficienti, : 

Zampe giallo pallide coi femori leggermente offuscati di bruno sulla 

. parte prossimale. 

Segmenti dell'addome a lati paralleli, lucidi, di colore bruno oscuro 
nella metà anteriore giallo-bruno o rossiccio nella metà posteriore 
ultimo segmento castaneo oscuro. Pieghe tuber- 
colari del terzo e quarto segmento debolmente 
marcate. Ultimo segmento quadrangolare, poco 
più stretto del penultimo, di lunghezza uguale 
appena al terzo della larghezza; depresso nella 
metà posteriore con una piccola fossetta mediana, 
lucido, fornito di due piccole pieghe tubercolari 
sovrapposte alle radici della pinzetta. 

Pigidio sporgente a mo’ di lamina, coi lati 
convergenti posteriormente ed il margine poste- 
riore concavo. 

‘00° nni Branche della pinzetta di colore giallo-bruno 

Labia Silvestrii È . a REP TAI, è DI 

fornite di peli gialli, distanti alla base, diritte 

per metà circa della loro lunghezza poi pie- 

gate verso l’interno e assottigliantesi sino alle punte che non s’incon- 

trano, internamente parallele per un terzo circa della loro lunghezza 

« poi leggermente concave e piegate ad arco; margine interno. legger- 

mente sporgente nella parte inferiore, scanalato nel primo terzo della 

. lunghezza delle branche poi liscio; superficie superiore convessa e 
fornita di una debole carena mediana. 

Inferiormente capo ‘e torace giallo-chiari; segmenti dell'addome 
giallo-bruni, pubescenti con alcuni lunghi peli lungo il loro margine 

posteriore, più numerosi sul penultimo segmento. 

°. 9 Ultimo segmento dell’addome di lunghezza uguale a poco meno di 

metà della larghezza, restringentesi verso la parte posteriore, l’impres- 

sione circolare fra le radici della pinzetta più grande che nel maschio. 
Pigidio meno sporgente che nel maschio, quadrangolare col margine 

posteriore debolmente concavo fiancheggiato da una piccola punta; 

sulla sua superficie superiore sono da notare due piccoli tubercoli 

spiniformi. 

Branche della pinzetta rossiccie alla base, castaneo oscure quasi 
nere verso l’apice; separate alla base, robuste, triquetre e quasi diritte 
per i tre quarti della loro lunghezza, piegate l’una verso l’altra e sot- 
tili nél’ultimo quarto sino alle punte ad uncino clie si toccano. senza 
incrociarsi; internamente parallele per un terzo circa della loro lun- 


ii 


ghezza poi leggermente concave; margine interno fornito inferiormente 
di una piccola sporgenza dentiforme vicino alla base, debolmente di- 
latato per un terzo circa della loro lunghezza poi dentellato sino 
alle punte. i 
Lunghezza totale del corpo: cd 7,3 mm., 9 9,2 
» della pinzetta: d' circa 1,5 » 9 1,6 

14 e 2 9 da Puerto Bertoni. -- 1 d e 1, (larva) da Puerto Piray 
(alto Paranà: Rep. Argentina). 

I due esemplari da Puerto Piray furono raccolti dal prof. F. Silvestri 
e da me erroneamente riferiti alla Labia durgessi Scudd. in un pre- 
cedente lavoro (1). 

Questa specie è molto affine alla Labia burgessi Scudd. e alla Labia 
paraguayensis Caudell; essa ne differisce principalmente per i seguenti 
caratteri che il sig. A. N. Caudell, dopo d’avere confrontato i miei 
esemplari coi tipi della Z. paraguayensis conservati nell’ U. S. Nat. 
Museum di Washington, ebbe la cortesia di farmi notare : « The shape, 
is different from that of either burgessi or paraguayensis, being more 
slender and with the sides parallel. The male forceps are not so long 
as in dburgessi and the pygidium is differently shaped. The antennal 
segments are much more globular than in my species and the female 
forceps are remote at the base while in the other two species they 
are approximate ». 


Labia chalybea Dohrn. 


Labia chalybea, H Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin, v. XXV p. 429, 1864. — 
Bormans in: Biol. Centr. Amer., Orth. p. 6 t. 1 f. 17 (9), 1893, — Bormans 
e Krauss in: Tierr., Forfic. und Hemim., p. 70, 1900. 

Parecchi esemplari 9 e 9 da Puerto Bertoni. Specie nuova per il 
Paraguay. 

Sparatta nigrina Stàl. 


1855. Sparatta nigrina, Stàl in: Ofv. Ak. Fòrh., v. 12 p. 350 (9). — 1880 
Sp. nigrina, Bormans in: Bull. Soc. ent. Belgique, p. 72 (g*). — Sp. nigrina, 
Bormans e Krauss in: Tierreich, Lief. 11, Forf. und Hemim. 1900, p 78. 

Parecchi esemplari o e 9 da Puerto Bertoni. 

Il margine interno delle branche della pinzetta presenta una leg- 
gera dilatazione a mo’ di lamina la quale si estende quasi per tutta 
la lunghezza delle branche ed è fornito di un piccolo dente spiniforme 
collocato circa a metà della loro lunghezza, secondo de Bormans e 
Krauss questo dente sarebbe invece collocato vicino alla base. 

Specie nuova per il Paraguay. 


(1) BoreLLI in: Boll. Mus. Zool. e Anat. comp. Torino, yol. XVIII 
n° 418, 1902. i 


Sparatta pelvimetra var. clarkiiî Kirby. 

1896 Sparatta clarkii, W. F. Kirby in: J. Linn. Soc., v.:25/p.526 t, 20 
Î. 8, 8a (JT). — Sp. pelvimetra (part.), Bormans e Krauss in Tierreich, Lief. 
11: Forf. und Hemim. p. 79, 1900. 

o e 9 da Puerto Bertoni, 

Questa varietà differisce dalla Sparatta pelvimetra Serv. per avere 
i due primi gli ultimi articoli delle antenne, il pronofo e le tibie di 
colore nero. i 

Sparatta incerta n. Sp. 


Capo. debolmente: convesso con suture non distinte, subtriangolare 
«col margine posteriore leggermente, concavo; di colore castaneo oscuro 
colla. metà anteriore del clipeo giallo-paglia e le 
parti boccali giallo-testacee; antenne (rimangono 
17 articoli) di colore bruno 0 giallo-bruno, secondo 
gli esemplari, i due primi articoli più chiari. 

Pronoto liscio, di colore castaneo coi margini 
laterali giallo-testacei, di lunghezza poco supe- 
riore a quella, del capo; di forma pressochè tra- 
pezoidale, anteriormente sporgente cogli angoli 
anteriori ottusi e gli angoli ed il margine po- 
steriore fortemente arrotondati. La sua super- 
ficie convessa anteriormente, appiattita poste- 
riormente, è segnata per metà della sua lun- 
ghezza da un leggero solco longitudinale mediano 
il quale un po’ al disotto degli angoli anteriori 
è fiancheggiato a una piccola fossetta ben mar- 
cata. 

Elitri di lunghezza di poco superiore a una volta e mezzo quella 
del pronoto, dello stesso colore, leggermente punteggiate, col margine 
posteriore tronco. 

Ali sporgenti di lunghezza uguale a poco più di metà di quelle 
delle elitre, di colore bruno oscuro con una macchia giallo-chiara nella 
parte mediana anteriore più o meno estesa a seconda degli esemplari. 

Zampe gialle o giallo-testacee, il primo articolo dei tarsi di lun- 
ghezza poco inferiore a quella del terzo. 

Segmenti dell’addome a lati paralleli di colore bruno rossiccio, molto 
oscuro quasi nero sui margini ; pieghe tubercolari del terzo e quarto 
segmento poco marcate. Segmenti 1-4 leggermente e sparsamente pun- 
teggiati, segmenti 5-7 fortemente punteggiati e leggermente rugosi, 


ag 59 


Sparatta incerta 


dinale che termina in una piccola fossetta di forma ovale vicino al 
margine posteriore. 

Inferiormente : capo giallo-bruno ; torace giallo-testaceo ; segmenti 
dell'addome bruno-rossicci fortemente punteggiati. 

Pigidio sporgente, stretto coi margini paralleli vicino alla base, poi 
fortemente dilatato e fornito posteriormente di tre lobi appiattiti e 
triangolari di cui i 2 laterali sono appuntiti mentre il mediano, più 
grosso, ha l’apice tronco. La sua superficie superiore è convessa nella 
parte mediana, appiattita sui lati. 

Branche della pinzetta punteggiate, separate alla base, diritte e 
parallele per metà della loro lunghezza poi leggermente ricurve verso. 
l’interno sino alle punte; superficie superiore arrotondata, superficie 
inferiore appiattita; margine interno liscio, fornito di una piccola 
sporgenza triangolare collocata poco prima della metà della lunghezza 
delle branche. 

9 Segmenti dell'addome sparsamente punteggiati, non rugosi ; ultimo 
segmento restringentesi nella parte posteriore. 

Pigidio meno sporgente che nel maschio, pressochè trapezoidale con 
2 piccole sporgenze agli angoli posteriori. 

Branche della pinzetta più corte e più robuste che nel maschio, se- 
parate dal pigidio, parallele quasi sino alle punte le quali sono più sot- 
tili e ricurve verso l’interno; il loro margine interno debolmente com- 
presso e dilatato quasi sino all’apice è leggermente dentellato per metà 
della loro lunghezza e fornito di una forte sporgenza vicino alla base. 

Lunghezza totale del corpo: 4 14,2 mm., 9 15 mm. 
» della pinzetta: d 4 > 903,4 >» 

Numerosi esemplari 9° e 9 da Puerto Bertoni. 

Questa specie ricorda la Sparatta plana (Burm.) figurata da E. Blan- 
chard in d’Orbigny Voy. Am. merid. v.. VI (2) p. 214, t. 26 f. 2 (0); essa 
ne differisce principalmente per il colore, il pronoto meno sporgente 
anteriormente, il corpo meno compresso, le pinze proporzionalmente 
meno lunghe e la forma del pigidio. 


Apterygida linearis (Eschscholtz). 


Forficula linearis, Esch., Entomogr. v. I p. 84, 1822. —. Forficula tae- 
niata, H. Dohrn in: Ent. Zeit. Stettin., v. XXIII p. 230, 1862. — Aplery- 
gida taeniata, Bormans e Krauss in: Das Tierr. Forf. und Hemim. p. 110, 
1900. — Apterygida linearis, Rehn in: Trans. Am. Ent. Soc., v. XXIX p. 2, 1902. 

Numerosi esemplari da Puerto Bertoni e dintorni di Asuncion (Escuela 
de Agricultura). 

Parecchi degli esemplari raccolti a Puerto Bertoni sono privi di ali. 


2497 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 8 - Torino. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 547 pubblicato il 4 Dicembre 1905 Vor. XX 


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CARLO POLLONERA 


NOTE MALACOLOGICHE 


I. Intorno a due nuove specie di Acmeidae. 


Dal sig. Caziot, noto malacologo di Nizza, ricevetti qualche mese 
fa una piccola conchiglietta da lui raccolta nelle posature del tor- 
rente Loup (Dipartimento delle Alpi Marittime), la quale a primo aspetto 
sembrava essere l’Acme Moutonii Dupuy. Esaminatala più attentamente 
mi avvidi che essa presentava un carattere che non permetteva di 
comprenderla fra le Acme, e necessitava la creazione di un nuovo 
genere. 

Questo carattere particolare consiste in ciò, che la sutura dell’ul- 
timo anfratto, ad una certa distanza dalla bocca, è interrotta da un 
foro 0 apertura arrotondata ben visibile. Inoltre, al di sopra di questa 
apertura suturale, la parete dell’ultimo anfratto è un poco rigonfia 
come se un canale corresse internamente lungo la sutura. Questo leg- 
gero rigonfiamento va perdendosi prima di giungere al penultimo an- 
fratto e non se ne vede più traccia negli anfratti superiori. 

Osservando questa disposizione, che non si riscontra nelle Acme 
nè in nessuno degli altri molluschi opercolati dei nostri paesi, ana- 
loga però a quelle presentate da alcuni generi esotici (Opisthoporus, 
Spiraculum, Rhiostoma), e studiate dal Sig. Bavay (*), mi balenò il 
dubbio che l'esemplare trovato dal sig. Caziot potesse essere anomalo” 


(*) A. Bavay. Ax sujet d’un prtit groupe de mollusques pulmonès terr. 
opere. pourvus d'un canal acrifere logé dans le test. — in: Bull. Soc. Zool. 
de France — 1903, p. 140. 


o mostruoso. Dimandai quindi al donatore di comunicarmi l’altro esem- 
plare di questa specie che sapevo che egli aveva raccolto insieme a 
questo. Ricevutolo ed esaminatolo, vi ritrovai gli identici caratteri del 
mio esemplare; perciò mi decido a costituire per questa specie un 
nuovo genere, che son ben lieto di poter dedicare al suo scopritore. 


Nov. Gen. Caziotia. 


Differt a proximo Genere Acme labro externo medio valde pro- 
duclo; marginibus peristomatis lamina valida prominente junctis, et 
sutura in ultimo anfractu intus canaliculata, aliquantulum supra 
aperturam foramine subovali interrupta. 


C. singularis, n. sp. — Fig. 1, 2. 


T. subcylindrica, superne attenuata et apice oblusa ; anfr. 6 !], vel 
7!/,, supremi laevigati, coeteri regulariter, subliliter costulati, conve- 
aiuscuti, ullimi 2 subplanulati, suturà sal profunda separati; sutura 
in ult, anfractu foramine sat amplo interrupla. Apertura parvula, 
irregulariler subovata, superne angulala, marginibus incrassatis ; 
exlerno medio producto, ad suturam subsinuato, extus non calloso ; 
basali arcuato ; columellare subrecio. Lamina parietalis prominens, 
valida (praesertim prope columellarem) transverse producta, ARR A 
aperturae conjungens. 

Alt. 3 1/3-4 mill.; lat. 1 mill. 

Hab. Alluvions du Loup (Dép. Alpes Maritimes). 

La forte lamina che unisce le due estremità del peristoma è simile 
a quella che si riscontra nel gen. Renea Nevill (RR. Moutonii Dup. e 
R. Bourguignati Nev.), ma di essa se ne trova già un accenno in al- 
cune vere Acne, solamente in queste generalmente non appare che 
come un filo appena rilevato; soltanto nella seguente nuova specie 
essa assume un maggiore sviluppo, molto minore tuttavia che nei 
Gen. Renca e Caziolia. 


Acme Layoni. n. sp. — Fig. 3, 4. 


T. subcylindrica, elongata, imperforata, fusca, confertissime captîl- 
laceo-costulata, apice laevigata ; anf. 7 subconveri, ultimi planiusculi 
sutura mediocri divisi; ullimus ad aperturam parum ascendens ; 
aperlura subvrerticalis, ovalo-subquadrangularis, superne leviter sub- 
sinuata ; margine columellari fere recto; basali arcuato ; externo 
parum incurvalo, basi subproduclo, intus crassulo, extus non calloso; 
margines aperturae lamina parielali tenue, prominula, juncti. 

Alt. 3; lat. 0,4/; mill. 


Hab. Fegino presso Genova. 

Di questa specie ho avuto dall'amico Prof. A. Issel uu solo esem- 
plare, raccolto dal Sig. Eugenio Bayon, mio amico d’infanzia, al quale 
son lieto di poterla dedicare. 

Somiglia assai alla mia Acme Gentilei (Bull. Soc. Malac. Ital. XIV, 
1889, p. 53, tav. 2, fig. 1) di Val Corsaglia in Piemonte, dalla quale 
differisce per le dimensioni minori, per gli anfratti superiori: più con- 
vessi, per il sinulo dell'apertura un po’ più largo, per le costicine 
meno sottili e più serrate, per la lamina parietale più forte e più ele- 
vata, e per l’ultimo anfratto un po’ ascendente all’apertura. 


II. Molluschi terrestri e fiuviatili delle Isole d’Elba e Pianosa. 


Scarsissimi sono i dati finora raccolti circa la fauna malacologica 
delle isole dell'Arcipelago Toscano, perciò credo utile pubblicare la 
lista delle specie raccolte dal Prof. L. Camerano e dai Dott. Borelli, 
Peracca e Zavattaro in occasione del Congresso dell’Unione Zoologica 
Italiana, tenuto in Portoferraio nell’aprile di quest'anno. 


IsoLA D'ELBA. 


1. Limax corsicus Moq. Tand. 

Portoferraio e Marciana, esemplari affatto simili a quelli tipici della 
Corsica. 

2. L. flavus L = L. variegatus Drap. 

Portoferraio. 

3. Agriolimax agrestis L. 

Portoferraio. Un solo esemplare di piccole dimensioni. 

4. A. cecconii Pollonera — Bollett. Musei Zool. Anat. comp. Torino — 

N. 264 — Dic. 1896. 

var. iilvatica. 

Esternamente simile all’ A. cecconîi di Vallombrosa, cioè senza mac- 
chie, superiormente uniformemente nero, fianchi castani nerastri, suola 
pallida nel mezzo a zone laterali brune. Ne differisce per i caratteri 
dell'apparato riproduttore che ha il pene e le sue appendici flagelli- 
formi più simili a quelle dell’agrestis. 

Portoferraio e Marciana. 

5. Amalia marginata Drap. 

Portoferraio. Un solo esemplare giovanissimo. 
6. A. carinata Risso. 

Portoferraio e Marciana. 

7. A. gagates Drap. 
Marciana. 


alzi 


8. Hynalîinia blauneri Shuttl. = MH. obscurala Paulucci (non Porro) 

Malac. Sardegna, 1882, p. 17, Tav. II, fig. 2. 

Marciana. Un esemplare giovanissimo, ed uno quasi adulto. 

9. Fruticicula (Car/husiana) d’ameomse Issel. 

Portoferraio. 

10, Helix (Crypromphalus) aspersa Mull. 

Portoferraio. Forma piccola. 

11. H. (Canlareus) aperta Born. 
Portoferraio. Varietà molto piccola. 
12. Ebers (0/a/0) vermicenlatus Mill. 

Portoferraio. 

13. E. (Murella) rugosus Ziegler, in Rossm. Icon. IV, 1836, fig. 2910, 

(H. muralis, var.). 

var. magulus Monterosato, Moll. terr.isole adiac. Sicilia, 1892, p. 15. 

Portoferraio. Abbondante sulle rovine del Castellio. 

Ecco come il March. Monterosato definisce questa varietà « L mu- 
ralis L. var. magulus, Mont. Si rinviene alle Baleari e all’Isola d'Elba. 
È globoso, tenue e ricciuto. Somiglia all’ Z pacinianus Ph. ». Queste 
indicazioni sono però troppo incomplete, perciò io la definirò con questa 
frase: Differt a typo (Rossm. fig. 231 a) testa aliquantulum tenuiore, 
spira depressiore, saepius sat acute carinala, carina ad aperiuram 
evanescente. 

Quanto all’aver considerato l’ /. rugosus Z. come specie distinta 
dall’. muratis Mùll., ecco le mie ragioni. Nell’ /. imuralis, considerato 
nel suo senso più ampio, noi vediamo due serie ben distinte di forme. 
La 10 serie è costituita da forme al disopra leggermente 0 mediocre - 
mente striate, al di sotto quasi liscie; ad ultimo anfratto arrotondato- 
compresso, per lo più poco o punto angoloso, e generalmente a mac- 
chiatura assai bene definita. Questa serie di forme, che tende ad av- 
vicinarsi all’Z. globularis, costituisce, per me, il vero /. muratis, e la 
sua forma tipica sarebbe quella di Firenze, descritta e figurata dal 
Gualtieri, che è il primo autore citato dal Muller. La 2a Serie invece 
è al di sopra a strie fortissime (sovente quasi costulata) che si esten- 
dono anche sulla faccia inferiore, ad ultimo anfratto più compresso, 
soventi fortemente angoloso o carenato, e quasi sempre a macchiatura 
confusa 0 evanescente. Questa serie di forme, che tende ad avvici- 
narsi all’Z pacinianus, costituisce, per me, l'L 7ugosus, che è rappre- 
sentato benissimo dalla citata figura di Rossmiissler, e che vive a 
Roma (con altre varietà) ed a Sasso di Pale nell’Umbria. 

Il Marchese Monterosato non è di questa opinione, perchè egli 
chiama I. commodus (1. c. p. 12) la forma di Firenze, la quale per me 
come per la Marchesa Paulucci (Malac. Calabria, p. 116), è il tipo 
dell’ IZ. a2uratlis. 


Incidentalmente, farò notare che quasi tutti gli autori citano, a 
rappresentare il tipo dell’ /. muralis, la fig. 230 di Rossmiissler, la 
quale invece è una forma assai più globosa di qualsiasi Z. 1ura07s che 
io conosca, e forse si avvicina a quelle fornie che il Monterosato (I. c. 
p. 10) ravvicina al suo LZ. indistinclus. 


14. E. (Marmorana) serpentinus Fér. 


Portoferraio, nelle rovine del castello, insieme alla specie prece- 
cedente. Un solo esemplare freschissimo, affatto simile a quelli viventi 
a Pisa. È, credo, la prima volta che si trova questa specie convivente 
con forme del gruppo muralis. 


15. Euparypha pisama Mill. 


Portoferraio. 
16. Kerophila (Canlidula) limeata Olivi = H. profuga Auct. 
var. etrusci Issel. Moll. Pisa, 1886 = H. arnustaca, Fagot. Bull. 
Soc. Malac. France, 1884, p. 119. 
Portoferraio. 


Ho già dimostrato (Bull. Soc. Malac. Ital, 1888) che l’H. lineata 
Olivi non è l’H7. maritima Drap.. ma una delle numerose forme ita- 
liane della specie generalmente, ed erroneamente, chiamata 7. profuga 
Schmidt. Oltre che il nome di Olivi è di molti anni anteriore a quello 
dello Schimdt, bisogna notare che quest’ultimo autore ha dato il nome 
di Y. profuga all’ H. striala di Draparnaud per distinguerla dall’ 77. siriata 
di Muller. Ora, siccome la s(riata Drap., è ben diversa da tutte le forme 
italiane di questo gruppo, ne viene per conseguenza che il nome di 
H. profuga Schmidt non si può applicare a nessuna di queste. Credo 
perciò sia conveniente ridare a questa specie il nome che le era 
stato imposto dall’Olivi. 


17. X. (Candidula) aethalia n. sp. fig. 11:12. 


T. globoso-conica, supra conica, sublus convera ; tenuissime el re- 
gquiariter striata ; anguste umbilicata ; albida, castaneo zonata ; su- 
perne fascia unica lata, sublus fasciis plurimis angustis ornata. Anfr. 
6, regulariter crescentes, parum converi, sutura parum profunda 
separati ; ullimus angulatus (angulo ad aperturam evanescente) supra 
converiusculus, subius converior, ad aperturam non descendens, 
Aperlura subrotundata, marginibus aculis, remotis, callo tenuissimo 
junctis ; intus callo albo mediocriler valido ; columellare pallide rufo- 
tincto. — Alt. 9; diam. 11 '/, mill. 

Portoferraio; un solo esemplare. 


18. X. (Xeromicra) apicina Lamk. 


et var. birsuta Paulucci. Malac. Calabria, p. 107, 
Portoferraio; abbondante. 


c'e 


19. X. (Xero/richa) conspurcata Drap. 
Portoferraio. 
20. Cochlicella barbara L. 
Portoferraio ; abbondante. 
21. C. acuta Mill. 
Portoferraio; meno abbondante che la precedente. 
22. Rumina decollata L. 
Portoferraio; comune. Forma piuttosto piccola. 
23. Clausilla (Papilifera) bidens L. 
Portoferraio. 
24. ©. (papillifera) solida Drap. |” 
Portoferraio; più abbondante della precedente. 
25. Suecinea elegans Risso. 
Portoferraio. 
26. Limnaea palustris Mill. 
var, contorta Bgt. 
Portoferraio. 
27. Planorbis submarginatus Tan. 
Portoferraio. 
23. Anecylus riparins? Desm. 
Portoferraio. Un solo esemplare, rotto. 
29. Bythinella sp.? 
Falde del Monte Capanne. Due esemplari rotti e indeterminabili. 


isoLA PIANOSA. 


1. Amalia gagates Drap. 

2. Hyalinia blauneri Shutt]. 

#3. Gonostoma (Carovcollina) lenticula Fér. 

#4. Fruticicola (Hygromia) eimetella Drap. 

5. Iberus (0/a/a) vermiculatus Mull. 

6. Euparypha pisana Mill. 

#7. Kerophila (Candidula) tyrrena n. sp.; fig. 13-14. 

T. subgloboso-depressa, supra conico subdepressa, subtus conveatu 
scula ; mediocriter irregulariter striata ; angustissime umMbilicata ; 
sordide albida, fere unicolor, pallidissime corneo-flammulata. Anfî. 5 
regulariter crescenles, converi, sutura sal impressa separati ; ullinius 
obtuse angulatus (angulo ad aperturam evanescente), supra converior 
quam subtus, ad aperluram non descendens. Apertura horizontaliter 
subovala, marginibus remotis, intus callo albo sat valido, columetlare 
albido, parum reflexo. — Alt. 7 */,; diam. 10 mill. 


vg, GI 


#8 X. (Candidula) turbinula n. sp., fig. 15-16. 

T. subtrochiformis, supra conico subelevata, sublus subcompressa ; 
valide et regulariter striata, fere subcostulata ; angustissime umbili- 
cata ; albida rufozonata, superne fascia unica laliuscula, subtus fa- 
sciis plurimis angustis ornata. Anfr. 5 converi, regulariter crescentes 
sulura impressa separati ; ultimus carinatus (carina fere usque ad 
aperturam producta), supra converior quam subius, ad aperturam 
non descendens. Apertura irregulariter rotundato-subangutosa, mar- 
ginibus subapproximatis, intus callo valido albo, columellare reflexo, 
albo. — Alt. 6, diam. 8 mill. 


9. X. (Xeromicra) upicina Lamk. 
Varietà piccola, a ombelico meno ampio. 
*10. MX. (X-romicra) requienii Moq. Tand. 
Più abbondante che la precedente. 
11. X. (Xerotricha) conspureata Drap. 


#12. Trochula conica Drap. 
var. pyramidella Ian. 


*13. Ferussacia paulucciana n. sp., fig. 7-8. 
F. carnea Issel. (non Risso). Crociera del Violante, 1878, p. 46. Pau- 

lucci. Matér. 1878, p. 35. — Conch. M. Argentaro, 1886, p. 37. 

Differt a F. Carnea testa minus turgida, soepius minore, spira re- 
guiariter attenuata et elatiore, anfractu penultimo non inflato, ultimo 
minore, apertura minus alta. Alt. 11-12; diam. 33/,-4; alt. aperture 
44/4!/, mill. 

var. subearnea fig. 5-6. 

Differt a typo lesta paululum turgidiore, spira minus regulariter 
attenuata, ultimi 2 anfr. rapidior evoluti. — Alt. 11-11‘/,; diam. 4; 
alt. apert. 4 !/, mill. 

Malgrado l'opinione contraria dei due sopracitati autori e del Bour- 
guignat, credo che la forma di Pianosa debba separarsi dalla 7. carnea 
di Tunisi, colla quale l’ho confrontata. Sebbene le misure dell’altezza 
e della larghezza massime siano quasi eguali, poichè la 7. carnea di 
Tunisi misura 12 per 4, la forma di quelle di Pianosa è sempre molto 
più snella e l'apertura meno alta che in quella di Tunisi (4 /,- 5). 

Ho chiamato subcarnea la varietà un po’ più tozza, che è quella 
che più si avvicina alla 7. cornea di Tunisi, ma anche in questa la 
spira è assai più attenuata, il penultimo anfratto meno rigonfio, e 
l'apertura meno alta, ciò che indica che l’ultimo anfratto è più pic- 
colo. Infatti mentre il diametro massimo è di 4 mill. tanto nella var. 
subcarnea come nella carnea di Tunisi, misurando il diametro della 
conchiglia alla metà della sua altezza, si trova che nella carnea è 


Mat 


ancora di 3 5/,, mentre nella subcarnea non è più che di 3 '/,, e nella 
paulucciana tipica sovente soltanto di 3 mill. 


*14. Clausilia (Papillifera) planasiensis n. sp., fig. 9-10. 


Differt a C. solida testa magis cinerea, subcostulata et magis papil- 
losa ; callo palatale inferne ianium in lamellam intus extenso ; sub- 
columetllare magis emerso el a lamella infera magis remoto ; clausilio 
longiore et minus arcuato. Alt. 11-14, diam. 3-3 4/, mill. 

Trascrivo qui ciò che la Marchesa Paulucci (Conch. Argentaro p. 43) 
dice di questa forma. « All’Isola di Pianosa nell’agosto 1885, il Dottor 
Cavanna raccolse alcuni pochi esemplari dì una forma che ha assai 
analogia con la summenzionata var. cajetana, ma che differisce però 
da tutti gli altri individui della mia collezione. Queste Clausilia sono 
più gracili di forma, con anfratti un poco più convessi, con striatura 
più fitta, più marcata, quasi costulata; la sutura oltre il cordoncino 
biancastro papillifero che l’accompagna è marginata da una sottilis- 
sima filettatura marrone; le papille sono più distanti e più rilevate 
che nella varietà genuina; infine il callo di cui è provvisto l’interno 
dell'apertura è rimarchevolmente grosso in tutte e produce all’esterno 
una specie di cresta anulare. Non mi sono azzardata a dare un nome 
distintivo a questa forma in primo luogo perchè la suppongo una mo- 
dificazione locale della var. cajetana, ma sopratutto perchè sono man- 
cante di taluno dei tipi di varietà già descritte (anche come specie) 
e che si trovano nel Nizzardo ». 

Io ne ho ricevuto una sessantina di esemplari; e sebbene essi va- 
riino assai tra di loro per dimensioni, forma più o meno snella ed anche 
pel colore, che nei più è piuttosto tendente al cinereo mentre in altri 
è quasi corneo, pure tutti differiscono notevolmente dalle varietà co- 
nosciute della C. solida. 

La forma più vicina a questa C. planasiensis è la var. cajetana 
della solida, come osservò la Paulucci, ma tuttavia non si può confon- 
dere con essa. 

Quanto poi alle forme del Nizzardo, separate dalla C. solida, sono 
tutte a striatura sottilissima ed a papillosità debolissime, e quindi ben 
lontane dalla forma di Pianosa. 


#15. Alexia myosotis Drap. Paul., Conch. Argentaro, p. 49. 

Raccolta dal Dott. Cavanna in una sorgente d’acqua potabile. Io 
non ho ricevuto nessun esemplare di questa specie. 
*16. C}clostomia clegana Mill. 

Molto abbondante. 


‘AG fg 


Ho segnato con un asterisco le specie di Pianosa non ancora tro- 
vate all’Isola d’Elba; esse sono 10 su 16 specie raccolte. Quelle tro- 
vate all'Isola d’Elba e non a Pianosa sono 23 su 29 specie. 

Quantunque siano ancora tanto incompleti i dati che abbiano sulla 
fauna malacologica di queste due isole, pure si può già asserire con 
certezza che esistono differenze notevoli tra di esse. Ma bisognerà 
ancora attendere nuove e più accurate ricerche prima di avere una 
giusta idea della loro fauna. Sarebbe pure molto interessante esplorare 
le altre isolette dell’arcipelago Toscano, finora quasi affatto inesplorate. 


III. Sulla COCHLICELLA CONTERMINA Shuttleworth. 


I’ Helix contermina Shuttl. fa descritta da Pfeiffer (Mon. Hèlic. viv. 
I. 1848, p. 160) come vivente a Bonifacio, estremità meridionale della 
Corsica, e per lungo tempo non fu indicata di altre località. Tuttavia 
il Sig. Caziot che esplorò questa località non riusci a trovarla, e nel 
suo lavoro (Moll. Terr. Corse, 1903, p. 217) la cita unicamente sulla 
fede di Shuttlenwort. 

Solamente nel 1889 il Sig. Sulliotti (Bull. Malac. Ital. XIV, p. 38) 
pubblicò di aver trovato questa specie nell’Isola di S. Antioco all’estre- 
mità meridionale della Sardegna, e nello stesso tempo fece noto che 
la Marchesa Paulucci gli aveva comunicato che questa stessa specie 
viveva presso Terracina sul continente italiano. 

Pochi anni fa io ritrovai 4 esemplari di contermina fra le conchiglie 
raccolte dal Dott. Frassetto nei rigetti del mare presso il Capo Fal- 
cone all’estremità Nord-Ovest della Sardegna, e quindi meno lungi da 
Bonifacio che non le località indicate dal Sulliotti. Questi esemplari 
non sono freschi, ed è quindi possibile che siano stati portati fin là 
dalle correnti marine anche da località molto lontane, tanto più che 
finora questa specie non fu trovata vivente nella Sardegna settentrio- 
nale. Questo fatto, e quello del non avere il Sig. Caziot ritrovata questa 
specie a Bonifacio, mi hanno fatto nascere il dubbio che anche il Shut- 
tleworth abbia trovato i suoi esemplari tra i rigetti del mare come 
quelli raccolti dal Dott. Frassetto. 

Questo mio dubbio è ancora avvalorato da ciò, che recentemente 
il Prof. L. Camerano mi portò un buon numero di esemplari di C. con- 
termina da lui raccolti vîvi sulle dune sabbiose del Tombolo presso 
Livorno in Toscana, dove sembra viva abbondantissima insieme alla 
C. barbara L. Non sarebbe per nulla strano che tanto gli esemplari 
di Capo Falcone come quelli di Bonifacio fossero individui Toscani stati 
portati fin là dal mare. Un fatto analogo accade frequentemente sulle 
rive italiane dell'Adriatico, dove non è raro raccogliere fra i rigetti 
del mare specie dalmate e anche greche. 


allude 


Riassumendo quanto ho detto finora circa l’habitat della C. conter- 
mina, ripeterò che questa specie finora fu trovata, con certezza, in 
sito: all'Isola di San Antioco, estremità Sud della Sardegna (Sulliotti), 
presso Terracina (Paulucci) e sulle dune del Tombolo presso Livorno 
(Camerano) sul continente italiano. Che è dubbio che si trovi viva a 
Bonifacio (estremità Sud della Corsica), dove può essere stata traspor- 
tata dal mare, come a Capo Falcone all’estremità Nord-Ovest della 
Sardegna. 

Il Dott. Kobelt (Icon. 1872, fig. 1462) descrive e figura la C. con- 
termina, ed indica come località la Corsica e La Calle in Algeria, 
perchè egli considera come sinonimo di questa la C. psammoîca Mo- 
relet, di La Calle. Io credo più giusta l'opinione di Bourguignat e di 
Westerlund che tengono separate queste due specie. Infatti la psam- 
moica è sempre più grande, più solida, più fortemente costulata, a 
spira più alta e meno esattamente conica, e ad apertura più rotonda 
pel margine basale più arcuato. 


Boll.Musei Zool.e Anat.Comp. Torino.-V.977 voZ.4X. 


U.Pollonera dis. 


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BOI LETI INO, 


Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 548s pubblicato il 4 Dicembre 1905 Vor. XX 


Viaggio del Dr. E. Festa in Palestina, nel Libano e regioni vicine, 


XVI. 


EDOARDO ZAVATTARI 


IMENOTTERI, 


La fauna della regione circummediterranea orientale è stata ampia- 
mente studiata e quasi ogni settimana escono lavori, che mirano a 
renderla sempre più nota, tuttavia siamo ancora lontani dalla cono- 
scenza completa delle numerose specie, che abitano queste regioni. 
Il dott. cav. Enrico Festa durante il suo viaggio, compiuto nel 1893 
in Palestina e Libano, raccolse una piccola, ma interessante collezione 
di imenotteri, che insieme alle altre raccolte zoologiche venne donata 
a questo Museo Zoologico. 

Lo studio di questa collezione, gentilmente affidatomi dal Direttore 
Prof. Lorenzo Camerano, forma oggetto della presente nota. 

Sono contenute in questa raccolta alcune specie non ancora segna- 
late di quella plaga, come l’Eriades nigricornis Nyl., il Crabro albi- 
labris Fab. ed alcune altre. 

Dalle ricerche dei vari autori su questa regione ed anche dal risul- 
tato dello studio da me fatto risulta, che anche al gruppo degli ime- 
notteri si può estendere quanto il Tristram disse della fauna e della 
fiora della Palestina in generale: « An analisys of each class of its 
fauna and of its phanerogamic flora shows that while an overwhel- 
ming majority of its species in all cases belong to the Palaearctic re- 
‘gion, there are in each class a group of exceptions and peculiar forms 


Rutglio ns 


which cannot be referred to that region, and the presence of many 
of which cannot be explained merely by the fact of the Palaearctic 
infringing closely on the Aethiopian region, and not very distantly on 
the Indian; but can only be satisfactorily accounted for by reference 
to the geological history of the country ». (*) 

Infatti anche in questa collezione in mezzo alle forme palertiche in 
prevalenza, trovansi forme peculiari, come l’AZZantus syriacus And., 
l’Ephutomma syriaca And., e forme etiopiche come la Xy/ocopa otten- 
totta Smith. 

Prendo pertanto l’occasione di ringraziare il Prof. A. Ghigi ed il 
Dott. P. Magretti, che vollero gentilmente prestarmi il loro dotto aiuto 
in alcune controverse ed il Prof. R. Gestro, che mi volle comunicare 
alcuni libri per lo studio della presente collezione. 


TEREBRANTIA 


Fam. Tenthredinidae 


Gen. Macrophya Dahlb. 
M. postica Brullé. Exp. Scient. de Morée, T. III, p. 2, p. 388. — André. 
Species des Hyménoptères d’Europ. Alg., T I, p. 364. 
__l Esemplare & raccolto a Beirut il 20 luglio, riferibile alla varietà 
avente le nervature alari ferrugineo anzichè nere. 


Gen. Allantus Iurin. 


A. syriacus André. Species des Hyménoptères d’Europ. et Alg., T. I, p. 386. 
7 Esemplari 9 raccolti a Mar Saba il 20 marzo. 


Gen. Selandria Klug. 
.S. stramineipes Klug. Mag. Sys. Naturs. Berlin. V. 8, pag. 75. — André, 
“  Op.otit td, Ip 290. 
1 Esemplare 9 di Bekfeiya. 


Gen. Trachelus Iur. 


Tr.. tabidus Fab. Ent. Syst., p. 326, n. 8. — André, op. cit., T. I, p. 585. 

1 Esemplare g di Stora. Esso presenta un anomalia nel sistema alare ; 
mentre l’ala anteriore sinistra è perfettamente normale, quella di destra 
manca completamente della nervatura trasverso radiale, risultando da 
ciò una sola cellula radiale. 


(*) The survay of Western Palestine. — Fauna and Flora of. Palestine by 
H. B. Tristram. — London 1884. Preface p. VI. 


Fam. Evanidae 


Gen. Gasteruption Latr. 


G. pyrenaicam Guér. Icn. Cuv. Regn. An. Ins., p. 406. — André, Spec. Hym. 
Europ. Alg., T. VII bis, p. 431. 
l1 Esemplare 9 dei Giardini di Damasco. 


Fam. Ichneumonidae 


Gen. Ophion Fab. 
0. obscurus Fabr. Syst. Piez, p. 132, n. 7. — Gravenhorst. Ichneumonologia 
Europaea, T. III, p. 689. 


1 Esemplare 9 di Stora di un giallo molto chiaro con le tre linee 
caratteristiche del torace ben distinte. 


Fam. Chr; sididae 


Gen. Chrysis Lin. 
Chr. cerastes Abeille. Feuille jeun. Nat VII, 1877, p. 67. — André. Spec. 
Hym. Europ. Alg., T. VI, p. 575. 
l Esemplare g riferibile a questa specie raccolto nei dintorni di 
Gerico. 


ACULEATA 
Fam. Mutillidaae 


Gen. Ephutomma Ashm. 


Eph. syriaca André. Spec. Hym. Europ., T. VIII, p. 140. 
1 Esemplare 9 della Palestina. 


Gen. Mutilla Lin. 


M. Barbara Lin. Syst. Nat. Vol. I, p. 583. — Var. brutia Petegna. Spec. Ins. 
Ult. Calab., p. 33. — André, op. cit., T. VIII, p. 298. 
1 Esemplare 9 raccolto sul Libano a 1900 m. s. l. d. m. presso la re- 
gione dei cedri. 
M. sinuata Oliv. Encycl. Méth. Ins., Vol. 8, p. 58. — André, op. cit., T. VIII, 


p. 304. 
1 Esemplare 9 catturato sulla sponda orientale del Giordano. 


PE 


M. quinquemaculata Cyrillo. Ent. Neap. Spec., p. 5. — André, op. cit, T. VIII, 
p. 282. i 


1 Esemplare 9 raccolto a Mar Saba ed un altro pure 9 dell’Antili- 
bano a 1000 m. s. 1. d. m. il quale presenta la tinta della testa e del 
torace alquanto più oscura specialmente alle mesopleure. 


Fam. Scoliidae 


Gen. 8Scolia Fab. 


Sc. (Triscolia) haemorroidalis Fab. Mant. Ins., I, p. 280. — Saussure et 
Sichel. Cat. Spec. Gen. Scolia, p. 50, n. 27. 
l1 Esemplare 9 di Iennouney. 


Fam. Sphegidae 


Gen. Ammophila Kirby. 


Am. (Psammophila) ebenina. Spin. Ann. Soc. Ent. Fran., T. VII, (1838), p. 405, 
n. 18. — André. Spec. Hym. Eur. Alg., T. III, p. 79. 

1 Esemplare 9 raccolto nell’Antilibano. Questa specie ha una distri- 
buzione geografica tutta speciale; si trova infatti, in Siria, Egitto e 
Persia, e poi in Sardegna e Corsica. Gli esemplari della Palestina che 
io ho confrontati con quelli della Sardegna e con i tipi di Spinola 
dell'Egitto sono perfettamente simili fra di loro. iu: 


Gen. Sceliphron Klug 


Sc. Spirifex Lin. Syst. Nat., I, p. 942, n.9. — André, op. cit., T. III, p. 103. 

1 Esemplare 9 raccolto a Bekfeiya (Libano) a 1000 m. s. 1. d. m. il 
quale presenta il disotto dello scapo giallo anzichè testaceo e l’estre- 
mità delle tibie anteriori e medie con una piccola macchia testacea 
sul margine esterno. 


Gen. Sphex Lin. 


Sph. pruinosus Klug. Germar. Reis. nach. Dalmatien., p. 261, n. 348. — André, 
op: cit, I. IIL. p. 142: 

2 Esemplari 4 di Bekfeiya (Libano) 1000 m. s. 1. d. m. che presen- 

tano una notevole differenza di mole e sono completamente neri con 
la pubescenza argentea. 


Gen. Bembex Latr. 


B. mediterranea Handlirsch. Sitzber. Akad. Wiss. Wien., C. II, 1893, p. 807. 
Esemplare 9 mancante di località. 


<= 


B. oculata Latr. Hist. Nat. XIII, p. 301. — Handlirsch, op. cit., p. 855. 
Anche di questa specie un solo esemplare 9 di Bekfeiya. 


Gen. Notogonia Costa. 


N. pompiliformis. Panz. Faun. Ins. Ger. Int., 106 Hef. 17, Kohl. Verh. K. K. 
Zool. bot. Geselsch. Wien. XXXIV, R., 1885. 
1 Esemplare 9 cui manca la precisa località in cui venne catturato. 


Gen. Crabro Fab. 


C. (Lindenius) albilabris Fab. Syst. Piez. 8. — Lepeletier. Ann. Soc. Ent. 
cobrane», <P. JKL, 1894. i 
1 Esemplare 9 di Mar Saba. Questa specie comune in tutt’Europa 
non era stata ancora, che io sappia segnalata di queste regioni. 


Fam. Vespidae 


* Gen. Vespa Lin. 


V. orientalis Lin. Mant. plant. II, p. 540. — Sauss. Mongr. Guéèp. Soc., II, 
p. 132, n. 1. — André. Spec. Hym. Europ. Alg., T. II, p. 583. 

8 Esemplari 9 e $ di Gerusalemme e Banias. Solo alcuni di questi 
individui presentano la macchia nera che sovrasta il triangolo inter- 
antennare giallo e che abbraccia in parte l’ocello inferiore. Notevole 
è pure la variazione che presentano alcuni esemplari nella tinta del 
secondo tergite, la quale è testaceo assai chiaro alla base e passa suc- 
cessivamente in un colore più oscuro verso l’estremità e sui lati; in 
questa tinta più oscura si notano due piccole macchie chiare dello 
stesso colore testaceo che adorna la base del tergite.' 

Finalmente l’esemplare dî Banias presenta il triangolo interanten- 
nare e l’epistoma ferruginei anzichè gialli. Sono rimasto alquanto dub- 
bioso, se ciò potesse costituire un carattere sufficiente per farne una 
varietà, ma poi, come giustamente mi fece osservare il Dott. P. Ma- 
gretti, al quale inviai l'esemplare, vidi che questo individuo non pre- 
sentava alcun carattere morfologico speciale, che potesse differenziarlo 
ed inoltre supposi pure che la colorazione rosso-bruna potesse dipen- 
dere dall’ambiente, in cui fu fatto perire l’animale, benchè tuttavia una 
simile disposizione di colore si riscontri nei maschi dellas tesse specie. 


Gon. Polîistes Fab. 


P. gallicus Lin. Syst. Nat. 949. — Saussure. Mongr. Guòp. II, p. 48, n. 2.— 

André, op. cit. T. II, p. 604. ; 

10 Esemplari 9 raccolti a Beirut, Stora, Djerach, Zebdani (1500 mi 
s. l. d. m.)-e Iaffa VERESO coltivata). 


Lie Sa 


Questi esemplari si riferiscono alla varietà 8 del Saussure, con 
grande predominio del colore giallo tanto sul capo, che sui segmenti 
addominali. 


Gen. Masnaris Fab. 


M. vespiformis Fab. Ent. Syst. II. p. 283. — Sauss. Mongr. Guòp. III, p. 92, 
n. 1. — André, op. cit., T. II, p. 836. 

1 Esemplare d di Gerico. 

Mancano in questo individuo e « la tàche irrégulière sous l’aile, et 
la tàche bifide en avant du milieu du mesonotum » inoltre la colo- 
razione dello scudetto è ridotta ad un semplice punto situato al suo 
apice. 


Fam. Andrenidae 


Gen. Halietus Latr. 


H. maculatus Smith. Zool. VI, 2172. — Smith. British Bees., p. 86. 
1 Esemplare 9 di Iennuney. 
H. calceatus Scop. Ent. 'Carn., p. 301. — Smith, op. cit., p. 87 (H. cilin- 
dricus). 
7 Esemplari 9 di Djerach, Marsh-aim, ‘Gerusalemme, Damasco (20 
maggio) ‘e delle paludi del lago Honrs. 
H. smeathmanellaus Kirby. Mongr. Ap. Ang. II, p. 375. — Smith., op. cit., 
p. 95. 
4 Esemplari 9 di Mar Saba raccolti il 20 marzo di Marsh-aim e 
Monte Ermon. 
H. minntus Lep. Hist. Nat. Ins. Hymen., -T. II, p. 277. — Smith., op. cit., 
p. 100. 


2 Esemplari 9 di Monte Ermon 1500 m. s. l. d. m. e dei Giardini 
di Damasco. 


Gen. Amdrena Fab. 
A. parvula Kirby. Mong. Ap. Angl. II, p. 162. — Schmiedeknecht. Apidae 


Europaeae, T. I, p. 215 (629). 
1 Esemplare 9 di Gerico. 


A. aeneiventris Morav. Berich. Wien. Zool. Bot. Ges. XXII, 1872, :p. 368, — 
Schmiedeknecht., op. cit, p. 228 (642). 

1 Esemplare 9g di Stora riferibile a questa specie. Esso è alquanto 
più grande della specie tipica, raggiungendo gli otto mm. di lunghezza, 
mentre Schmiedeknecht dà ‘come dimensioni solo 7 mm. 

A. combinata Christ. Hym. 187. — Schmiedeknecht., op. tit., p. 375 (771). 

2 Esemplari 9 di Mar Saba, raccolti il 20 marzo. 


Li 


Fam. Apidae 


Gen. Panurginus Nyl. 


P. punctiventris Mor. Horae. Soc. Ent. Ross. XII, p. 60. — Friese. Die 
Bienen Europa's. Th. VI, p. 204. 


1 Esemplare d' di Mar Saba, raccolto il 20 marzo. 


Gen. Xylocopa Latr. 
X. valga Gerst. Stett. Ent. Zeit. XXVII, (1872) p. 276. — Friese, op. cit., 
Th. VI, p. 204. 


1 Esemplare 9 raccolto sul Monte Ermon sul versante orientale a 
1500 m. s. 1. d. m. 


X. ottentotta Smith. Cat. Brit. Mus. II, p. 349. — Friese, op. :cit., Th. VI, 
p. 207. 
o Esemplari & di Gerico. 


Gen. Ceratiaa Latr. 


C. cucurbitina Rossi. Mant. Insect. I, p. 145. — Friese, op. cit., Th. VI, 
p. 247. 


1 Esemplare o dei Giardini di Damasco. 
C. bispinosn Handl. Verh. Zool. Ges. Wien XXXIX (1889., p. 269. — Friese, 
op. cit.; Th. VI, p..251. 


3 Esemplari 9 dè di Beirut, raccolti il 10 luglio ed 1 & di Caiffa cat- 
turato il 15 agosto. 


€. mandibularis Friese. Term. Fiz. XIX, (1896), p. 61. — Friese, op. cit., 
ho VI, p..273. 


1 Esemplare & di Bekfeiya. 


Gen. Eucera Scop. 


Eu. (Macrocera) mediterranea. Friese. Termezz. Fiir. XVII, (1895), p. 206. — 
Friese, op. cit., Th. II, p. 47. 

5 Esemplari o di Mar Saba (20 marzo) Djerach et Es-Salt. Sono ri- 
masto un po’ in dubbio se dovessi ascrivere questi esemplari alla specie 
surriferita, in quanto chè Friese dice: « Eucera mediterranea ist die 
gròsste Art in der gruppe der ruficollis..... die Fuùhel verhiltnissmassig 
kurz, nur 12-12 *i, mm., bei 18-19 mm. Képerlànge » mentre i miei 
individui sono assai più piccoli essendo appena lunghi 15-16 mm. D’altra 
parte non potevo però assolutamente confonderla con la ruficollis Brull. 
« durch die einfachen Mittelbeine un durch das schwarze Labrum ». 


Eu. grisea Fab. Ent. Syst. II, p. 345. — Friese, op. cit., Th. II, p. 148. 
1 Esemplare & di Gerusalemme. 


goa 


Sembrami potersi riferire a questa specie il surriferito esemplare: 
benchè sia in condizioni molto cattive, con le antenne incomplete, con 
la peluria del corpo e specialmente della testa notevolmente deterio- 
rata. Così la mancanza di peli sul clipeo potrebbe farla ascrivere alla 
specie nigrélabris Lep., ma il colore uniforme dei peli dell’addome e 
la mole 12 mm. mi fanno credere di averla giustamente determinata. 


Gen. Podalirius Latr. 


P. (Amegilla) albigenus Lep. Hist. Nat. Ins. Hym. II, p. 28. — Friese, op. 
cit:® RISI; po #7: 


1 Esemplare 9 di Beirut. 

P. senescens Lep. Hist. Nat. Ins. Hym. II, p. 71. — Friese, op. cit., Th. III, 
P p. 179. 
3 Esemplari 9 &' di Gerusalemme e Mar Saba raccolti il 20 marzo. 


P. acervoram L. Syst. Nat. I, p. 579. —— Friese, op. cit. Th. III, p. 264. 

4 Esemplari 9 di Djerach e Mar Saba raccolti il 20 marzo. Specie 
già citata da Magretti di questa regione come la precedente. (An7h0- 
phora pilipes). 


Gen. Eriades spin. 


E. nigricornis Nyl. Not. Saellsk. faun. flor. 269. — Friese, op. cit., T. IV, p. 40. 
2 Esemplari 9 dei Giardini di Damasco. 
Questa specie, che si trova anche nell’Asia Minore, non era ancora 
stata citata di questa regione. 


Gen. smia Panz. 


0. coerulescens Lin. Syst. Nat. I, p. 576. — Schmiedeknecht. Apidae Euro: 
paeae. Th. II, p. 90 (956) 

1 Esemplare 9 di Djerach. 

0. andrenoides Spin. Ins. Lig. II, p. 61. — Schmiedeknecht, op. cit., p. 
126 (992). 

Esemplare 9 di Beirut preso il 10 luglio. 

Questa elegante specie non era ancora stata citata della Palestina. 
0. rufo-hirta Latr. Enel. Meth. In. VIII, p. 580. — Schmiedeknecht, op. cit., 

p. 128 (994). 

1 Esemplare 9 di Gerico. Anche questa specie comune, come la pre- 
cedente, a tutto il bacino del mediterraneo, non era ancora nota di 
questa località. 

0. papaveris Latr. Hist. Nat. Fourm , p. 302. — Schmiedeknecht, op. cit., 
pi 184 (1050). 
Credo che possansi riferire a questa specie 3 esemplari 9 9 di Ge- 


_— TT 


rico, benchè le condizioni abbastanza cattive di questi individui, e pur 
troppo di quasi tutta la collezione, possano lasciare dubbio sulla loro 
determinazione. 


Gen. Megachile Latr. 


M. (Chalicodoma) muraria Retzius. Gen. Spec. Ins., p. 60. — Friese, op. cit. 
Th. V, p. 168. 
5 Esemplari &' 9 di Mar Saba raccolti il 20 marzo. 


Gen. Bombus Latr. 


B. vorticosus Gerst. Stett. Ent. Zeit. 1872, p. 290. — Schmiedeknecht. Apidae 
Eurcpaeae. Th. I, p. 68 (318). 
1 Esemplare 9 cvi manca la precisa indicazione della località in cui 
venne catturato. 


B. terrestris Lin. Syst. Nat. II, pag. 960. — Schmiedeknecht, op. cit., p. 
129 (379). 
1 Esemplare 9 di Bekfeiya (Libano, 1000 m. s. l. d. m.). 


Gen. Apfis Auctorum. 


A. fasciata Latr. Ann. Mus. Hist. Nat. V, p. 171. — Lep. Hyménoptères T. I, 
p. 406. 
Numerosi esemplari di operaie dei dintorni di Damasco (20 maggio) 
Beirut, Djerach e Monte Ermon est (1500 m. s. 1. d. m.). 


PE} ea 


OPERE CITATE. 


ANDRE E. — Species des Hymenoptères d'Europe et Algerie. 

— — Catalogue raissonné des Tenthredines de Syrie et Palestrine, ecc. An- 
nales Soc. Ent. France. S. VI, T. I, 1881. 

Buysson (pu) R. — Monographie des Guépes. Annales Soc. Ent. France. V. 
LXXIII, 1904. 

DuckE A. — Die Bienengattung Osmia. 


Fxiese HEIN. — Die Bienen Europa's. Solitàre Apiden. 
GraveNHoRsT. — Ichneumonologia Europnea. 
HanpLIkscH A. — Monografie der mit Nysson und Bembex verwandten Grab- 


wespen. Sitzungrberichte der Math. Natur. Classe der K. Akademie der 
Wissenschaften. Wien Iarhrg. 1887 e seguito. 

KikBy W. F. List. of Hymenoptera with descriptions and figures of the typical 
specimens in the British Museum, Vol. I. Tenthredinidae and Siricidae. 

KoHL Fr. Fk. — Die Gattungen und Arten der Larriden Auctorum. Verhan- 
dlungen der k. k. zool. bot. Geselschaft. Wien, XXXIV Band. 1885. 

Konow Fr. — Ueber die Blattwespen Gattungen Strongilogaster Dahlb. und 
Selandria Klug. Wien, Entom Zeitung. V. IV, 1885. 

LkepELETIER De Sr. FakGrRAU A. — Monographia Tenthredinetarum. 

— — Historie naturelle des Insectes. Hyménoptères. 

— — Monographie du Genre Crabro. Ann. Soc. Ent. France. T. III, 1834. 

Lucas H. — Exploration scientifique de l’Algerie. 

MaGRETTI P. — Imenotteri di Siria. Annali del Museo civico di St. Nat. di 
Genova. S. II, Vol. IV, 1889-90 

SAUSSURE (DE) HEN. — Monographie des Guòpes. 

SAUSSURE ET SicHEL. — Catalogus specierum generis Scolia. 

SCHMIEDEKNECHT 0. — Apidae Europaeae (Die Bienen Europas). 

SmitH FkeDp. — Catalogue of British Bees. 

— — Catalogue of Hymenopterous Insects in the collection of the British 
Museum. 


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2502 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino... 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 549 pubblicato il 31 Dicembre 1905 Vor. XX 


Dott. M. G. PERACCA 


Assistente al R. Museo Zoologico di Torino. 


Nuove osservazioni intorno alla LACERTA SARDOA Peracca 
della Sardegna. 


Il signor Giuseppe Meloni, preparatore naturalista a Lanusei (Sar- 
degna) alle cui solerti investigazioni faunistiche dobbiamo la scoperta 
della Lacerta sardoa, ha continuato le sue ricerche ed ha potuto 
mettere a mia disposizione recentemente 26 esemplari di tutte le età. 

Da queste sue ricerche risultò un fatto inatteso, che cioè la L. 
sardoa abita esclusivamente un’alta valle presso la Punta Paolino e 
manca totalmente nella restante parte della giogaia del Gennargentu, 
che costituisce il gruppo montuoso più elevato ed importante della 
Sardegna. 

L'esame dei numerosi esemplari di questa forma così localizzata, 
avvalora una volta di più la convenienza di considerare la L. sardoa 
come forma distinta dalla L. Bedriagae Cam., forma largamente diffusa 
in Corsica sopra gli 800 m. circa sul mare. Certamente la L. sardoa è 
molto affine alla L. Bedriagae, ma se ne distingue costantemente per 
particolarità di forma e di facies, che hanno per lo meno lo stesso 
valore delle differenze che intercedono tra la Lacerta muralis Laur. 
e le sue varietà dreviceps Blgr. e Brueggemanni Bedr. 

Io non posso perciò in nessun modo accogliere la conclusione del 
Dr Prof. Méhely, che ha del resto esaminato un solo esemplare fem- 
mina della L. sardoa, che cioè la L. sardoa sia identica alla L. Be- 
driagae (1). 


(1) L. V. Méhely. « Eine neue lacerta aus Ungarn. » Annales Musei Na- 
tionalis Hungarici, II, 1904, p. 8363. — L’A. ragionando intorno ai caratteri 
della L. mosoriensis Kolomb. dice in nota: Dazumal war lacer/a mosoriensis 


La ar 


Lo stabilire: se la L. sardoa:sia una specie od una varietà da porsi 
nel novero delle numerose forme che vennero considerate come vartetà 
o sottospecie della L. muralis Laur. è una questione a mio giudizio 
affatto secondaria, legata all’apprezzamento personale dello studioso. 


Kolomb. die einzige bekannte Art, bei der das Rostrale regelmissig an das 
internasale anstosst, seither hat haber Dr. Graf Peracca in Turin seine La- 
“certa sardoa veròffentlicht, bei welcher — wie aus der beigegebenen Zeich- 
nung (Bollett. Mus. Torino, XVIII, 1903. p. 1) ersichtlich — derselbe Fall 
vorzuliegen scheint. Im Text ist dariiber nichts erwanht und ob das Verh- 
alten einen bestindigen charakter darstellt, lisst sich auf Grund eines 
einzigen Exemplaren nicht beurtheilen.. Lacerta sardoa scheint mir ibrigens 
nicht weiter zu seinals die altbekannte Lacerta smnuralis var. Genei Cara. 

In un seguente lavoro — Egy Uj Gyikfaj magyarorszàgon — AÀllattani 
kozlemények III. Kéotetének 4 fizetébòl — nell'ultima pagina (non numerata) 
contenente un breve riassunto tedesco della sua nota, l’autore ritorna sulla 
identificazione della L. sardoa colla var.-Genei e scrive « Im ibrigen bemerkt 
noch Verfasser, dass er jetzt, nachdem er durch Herrn Lorenz Miller in 
Miinchen ein Exemplar der von Grafen Peracca unlingst beschriebenen L, 
sardoa erhalten hat, dieselbe nicht mit /. muralis var. Genei Cara, sondern 
mit L. Bedriagae Cam. identifizieren méòchte. 

Ed infine in un recente lavoro — Die Herpetologischen verhiltnisse des 
‘Mecsekgebirges und der Kapela. Annales Musei Nationalis Hungarici, III, 
1905, pag. 300 egli dedica un intero capitolo intitolato « Lacerta sardoa Pe- 
iracca — Lacerta Bedriagae Cam. » in cui dopo aver scritto « Da jedoch ‘Herr 
» Graf Peracca in einem am :25 October 1904 an mich gerichtetem Schreiben 
«sich gegen diese Deutung verwahrt und fir die Selbstindigkeit seiner 
« L. sardon eintritt, glaube ich verpflichtet zu sein meine Auffassung des 
« Niheren zu begriinden ». 

Egli dice di aver esaminato 6 esemplari di L. Bedriagae (5 Je 1 9) ed 
un esemplare 9 di L. sardoa ricevuto dal signor Miller. 

È difficile, evidentemente, far una valida critica con così scarso mate- 
riale, ma in ogni caso l’autore avrebbe potuto rilevare, oltre ai caratteri 
comuni, ai quali pare essersi limitato, anche le differenze caratteristiche che 
‘la sardova presenta, cioè le diverse dimensioni del capo, la forma curiosa’ e 
costante dello scudetto trontale, diversa assai da quella presentata dalle altre 
varietà note dalla L. muralis Laur. ed il fatto, al quale nel primo lavoro 
. ‘Citato in questa mota l’A. sembrava dare tanta importauza (ed il fatto è real- 
mente importante) che il rr0ostra/e è sempre in contatto coll’internasale. 

A questo riguardo invece l’autore si limita a dire nella sua diagnosi che 
vorrebbe comprendere le due forme « Das rostrale... stòsst jedoch mit dem 
internasale meist wenigstens in einem Punkte zusammen. » Il che è inesatto 
per entrambe le forme, poichè (secondo Boulenger) il rostrale è solo in con- 
tatto eccezionalmente coll’internasale nella L. Bedriagae, mentre, come si 
vedrà più sotto nella mia nota, il rostrale è in contatto costantemente col- 
l’internasale nei 31 esemplari ora noti di L. sardoa. 


Locri: «Lfe= 


Il Dr. Boulenger in un suo recente lavoro (1) sopra le varietà della 
L. muralis Laur. dell’ Europa occidentale e del nord-Africa, nel quale 
ci dà, sulla scorta del ricchissimo materiale del Museo Britannico, 
un’accurata descrizione di tutte le forme che per qualche particola- 
rità collettiva si possono distinguere le une dalle altre, adotta appunto 
il criterio di considerare tutte queste forme come varietà della L. 
muratlis Laur. 

Questo modo di vedere è provvisoriamente da considerarsi come 
un'ottima soluzione dell’intricato problema e mi vi associo completa- 
mente. 

La questione capitale è appunto quella di determinare con cura 
l'identità o la diversità delle forme delle diverse località e di vedere 
se esistono tra le diverse forme dei caratteri isolati o dei gruppi di 
caratteri che permettano con una certa sicurezza di distinguere le 
une dalle altre. 

E questo studio venne portato a termine dal Boulenger in modo 
molto soddisfacente, specialmente per quanto riguarda le forme ita- 
liane ed in modo specialissimo le forme a dorso verde (Brwggemanni — 
nigriventris — quadrilineata — campestris — serpa — tiliguerta — 
Bedriagae — sardoa). Quest'ultima questione rimane ora notevolmente 
chiarita. 

Il Dr. Boulenger in detto lavoro considera la L. Bedriagae Cam. 
(come tutte le altre forme) come una varietà della L. muralîs Laur. 
ed avendo avuto occasione, oltre ai due esemplari di L. sardoa del 
Museo di Torino che gli comunicai, di acquistare dal signor Meloni 
altri tre esemplari (raccolti anteriormente ai 26 esemplari che for- 
mano oggetto della presente nota) viene quanto alla L. sardoa alla 
seguente conclusione: « The narrower head appears to be the only 
« constant character by which the lizard can be distinguished from 
« the corsican var. Bedriagae, but it is sufficient for preventing us, at 
« present, from uniting the two forms. lt is also remarkable that 
« the five known specimens agree in having the rostral broadly in 
« contact with the frontonasal, a character which occurs but excep- 
tionally in the var. Bedriagae. » 

Dall'esame del mio materiale risultano i fatti seguenti che con- 


À 


Ma non voglio alla mia volta criticar troppo il mio critico, al quale in 
fondo potrei solo rimproverare di non aver aspettato per giustificare la sua 
tesl..... di aver prima esaminato un più abbondante materiale. 

(1) G. A. Boulenger « A contribution to our knowledge of the varieties 
of the Wall-Lizard (Lace»ta muralis) in Western Europe and North Africa. 
The Transactions of the Zoological Society of London. Vol. XVII. P. IV. 1905, 


e Mine 


fermano ed accentuano vieppiù le differenze tra le due forme rias- 
sunte dal Boulenger : 

1° Il capo è spiccatamente più stretto nella L. sard0a che nella 
L. Bedriagae. 


MASCHI 
L. Bedriagae L. sardoa 
dalla punta del muso larghezza dalla punta del muso larghezza 
all’ano del capo all’ano ‘ del capo 
Vizzavona 83,50 (dal sig. Muller) 14 82 13 
*(1) Corsica 82 15 77,9 12,2 
* Bastelica 80 14 76,5 12,5 
“Timpozzo” "7/5 14 76 12,5 
* Uprsica "o 13 74 13 
x » 65 TL 73 18; 
È » 60 10 
FEMMINE 
Fe a 74 (collezioni Lataste) 12,75 76 10,5 
5 » 70 12 79 10,5 
» 64,50 (uno dei tipi) 10 74 10 
73,9 10 
12 9,5 
67,5 9,2 
65 9,5 
57 8,5 
DD 8 
50 8 


2° Il capo è spiccatamente meno spesso nella L. sardoa che 
nella L. Bedriagae. 


MASCHI 
L. Bedriagae L. sardoa 
dalla punta del muso spessore dalla punta del muso spessore 
all’ano del capo all’ano del capo 
Vizzavona 83,50 ) 82 8,2 
*Corsica 82 9 77,5 7,5 
* Bastelica 80 9 76,5 7,5 
*Tinozzo 75 9 76 7,9 
*Corsica . 73 8,5 74 7,9 
È » 65 6 73 7,9 
t 0 » 60 6,5 


(1) Misure avute dal Dr, Boulenger. 


FEMMINE 
L. Bedriagae L. sardoa 
dalla punta del muso spessore dalla punta del muso spessore 
all’ano del capo all’ano del capo 
i) » 70 8 76 6 
È 64,50 6 75 6,5 
74 6 
73,9 6 
ine 6 
67,5 a) 
65 5,7 
DI a) 
DD a) 
50 4 


8° Lo scudetto frontale in tutti gli esemplari della L. sardoa, 
anche giovani, ha una forma speciale costantemente assai diversa da 
quella che detto scudetto presenta nella L. Bedriagae. Detto scudetto 
molto stretto nel mezzo e nella parte posteriore è molto allungato in 
rapporto col visibile allungamento e colla ristrettezza della parte 
anteriore del capo della L. sardoa. 

L’aspetto caratteristico è prodotto dal fatto che i suoi due lati 
anteriori invece di essere quasi concavi in avanti o in forma di linea 
spezzata formante un angolo aperto in avanti, sono invece nettamente 
e spiccatamente convessi, come si può rilevare nella tavola annessa 
a questa nota. Il frontale della L. Bedriagae non differisce invece 
dallo stampo consueto presentato dalle altre varietà della L. muralis. 

4° Dei 81 esemplari noti della L. sardoa in 28 il rostrale è larga- 
mente in contatto coll’internasale, formando una discreta sutura ed in 8 
esemplari l’internasale tocca il rostrale col solo angolo anteriore netta- 
mente smussato. Secondo Boulenger questo è «a character which occurs 
but exceptionally in the var. Bedriagae » cioè generalmente (in 18 esem- 
plari su 21) il rostrale è completamente separato dall’internasale (1). 

5° Il postnasale è unico in tutti i 31 esemplari noti della L. 
sardoa, mentre non raramente si notano due postnasali sovrapposti 
nella L. Bedriagae. 

6° Il parietale nei 31 esemplari noti di sard0a è in contatto col 
postoculare superiore (a destra ed a sinistra) in 28 esemplari, in 
contatto solo a destra in 1 esemplare e separato a destra ed a si- 
nistra in 2 esemplari. Nella L. Bedriagae, secondo Boulenger, su 21 


(1) E quindi è errata la dicitura del Mchely che nella L. Bedriagae il 
rostrale è piu 0 meno in contatto coll’internasale. 


esemplari esaminati il parietale è in contatto col postoculare in 8 
esemplari, in contatto da una sola parte in 1 esemplare e separato in 
12 esemplari. 

7° Gli scudetti tra il suboculare ed il sopratemporale non costi- 
tuiscono sempre una serie regolare di scudetti allungati, decrescenti 
in lunghezza in alto ed in contatto col sopratemporale, come lascie- 
rebbe credere la descrizione (con figura) della Bedriagae-sardoa del 
Mehely. Nella L. sardoa questi scudetti sono variabilissimi nella forma, 
da 2 a 5, e gli scudetti superiori della serie sono soventi divisi ver- 
ticalmente e si risolvono in scaglie appena più grosse di quelle della 
regione temporale.. Nei 6 maschi la serie dei sopracitati scudetti è 
più o meno regolare in 2 soli esemplari e lo scudetto superiore è in 
contatto a destra ed a sinistra col sopratemporale. Negli altri 4 gli 
scudetti superiori sono spezzati ed irregolari in alto. Nelle 20 femmine 
lo scudetto superiore della serie (più o meno regolare) è in contatto 
col sopratemporale in 4 esemplari. In tutti gli altri la serie è molto 
irregolare in alto (cioè gli scudetti sono divisi ed irregolari) e solo in 
1 o 2 casi la serie degli scudetti, decrescenti rapidamente in alto, è 
in contatto col sopratemporale solo a destra o solo a sinistra. 

8° Le scaglie che formano il collare sono da 11 a 15 nella L. 
sardoa e da 7 a 13 (Boulenger) nella L. Bedriagae. 

9° In 16 esemplari su 31 noti esistono pori femorali rudimen- 
tali più o meno numerosi dietro la serie dei pori femorali. 

Il Dr Méhely segnala un maschio di L. Bedriagae che presenta 
pure questa curiosa particolarità, che il Boulenger non ha riscontrato 
nei 21 esemplari della stessa specie da lui esaminati. 

Le differenze sopraccennate (specialmente quelle che si riferiscono 
alle proporzioni del capo, alla caratteristica forma del frontale, al 
rostrale costantemente in contatto coll’internasale) fondate ora sopra 
una discreta serie di esemplari, valgono a dimostrare che la L. sardoa 
non è uguale alla L. Bedriagae, malgrado l’opinione contraria del 
collega Dr. Méhely del Museo Zoologico di Budapest. 


Senza ridare qui una descrizione delle due forme (inutile dopo la 
descrizione del primo esemplare della L. sardoa (tipo) l’accurata de- 
scrizione della L. Bedriagae ed i cenni sulla L. sardoa pubblicati re- 
centemente dal Boulenger) credo utile aggiungere che nella L. sardoa: 

a — su 27 esemplari il disco masseterico che qualche rara 
volta è grande da due a tre volte gli scudetti circostanti, e general- 
mente poco più grande di essi, è visibile a destra ed a sinistra in 2 
9, visibile a sinistra e nullo a destra in 3 o' e 2 e ed invisibile af- 
fatto in 3 9 e 17 9. 


Po Gel 


b — gli scudetti interparietale ed occipitale sono separati in 
34 e 129e fusi insieme in 3 # ed 8 9. 

e — in nessuno dei 26 esemplari ora esaminati gli scudetti 
parietali sono così allungati come nel tipo. Questo carattere è dovuto 
all’età, presentando i giovani parietali assai corti. 

da — la lunghezza del capo riportata sulla linea mediana del 
dorso, verso la metà del corpo, corrisponde nei maschi ad una serie 
longitudinale di 40-47 scaglie dorsali e nelle femmine a 32-36. 

e — la serie dei granuli tra i sopracigliari ed i sopraoculari è 
sempre completa. 

f — le estremità posteriori arrivano tra la spalla ed il collare 
o superano anche leggermente il collare nei maschi; nelle femmine 
arrivano in media tra il gomito e la spalla e qualche volta all’ascella. 

9g — il piede tanto nei maschi che nelle femmine supera leg- 
gsermente la lunghezza del capo. 

h — si contano da 26 a 29 lamelle sotto il 4° dito del piede e 
soventi esse sono più o meno profondamente divise da un solco longi- 
tudinale. 

î — la colorazione della maggior parte degli esemplari adulti 
è pressochè identica a quella già descritta del tipo. 

Dall'esame dei numerosi esemplari si può ora conchiudere che la 
colorazione tipica della L. sardoa è la seguente: 

giovani : dorso, fianchi ed estremità nere con numerose piccole 
macchie bianco-verdognole plù o meno rotonde pressochè equidistanti 
tra di loro, qualche volta circondate da un sottile alone verde oli- 
vastro. 

adulti: parti superiori color verde-olivastro su cui spicca (sul 
collo, sul dorso e sui fianchi) un reticolo nero a piccole maglie, in 
cui stanno le piccole macchie bianche-verdognole dei giovani, separate 
dal nero del reticolo dalla tinta generale del fondo verde-olivastro. 
In altre parole, il color nero che predomina nei giovani e costituisce 
la tinta fondamentale, diminuisce di estensione coll’età intorno alle 
macchiette bianco-verdognole, prendendo l’aspetto di un reticolo nelle 
cui maglie, oltre alle macchie chiare, compare più o meno la tinta 
fondamentale verde-olivastra degli adulti. 

vecchi: le piccole macchie biancastre scompaiono in gran parte 
od impallidiscono specialmente nella parte anteriore del dorso; il re- 
ticolo nero si assotiglia e si rompe qua e là e si estende e predomina 
ognora più la tinta fondamentale verde-olivastra. 

Questa colorazione caratteristica degli esemplari vecchi è più rara 
nelle femmine dove pare che le macchiette bianco-verdognole e l’in- 
tesrità del reticolo tendano a conservarsi più a lungo. 


O 

5 

: ANNI) wr bd iO, Sai — 
le) 


CONOTTOROO TO FLO N+O N40 CO FLO SO ONTO RIO FLO MEC TO Teo OTO ZORO, 


lunghezza dalla punta del muso all’a- 


pertura anale 


lunghezza del tronco dalla 


prima serie 


apertura anale 


dei pettorali all’ 


L: 

ig 
& (3) 
Fina 
Us) ui 
(4 (o 
S| 
© | [+0] 
A fic| 
(oli) do 
[=] [e] 
Rica 
120*| 21 
111* 19 
132 |19,5 
120* 20 
133 |19,5 
133 |20 
118*|17,5 
110 |17,5 
115* 17 
121 |16,5 
115 |16,5 
90*| 16,5 
T6*| 16,5 
111* 16 
121 |16,5 
98* 15,5 
112 |15 
115 | 14,5 
90 |13,5 
117 |15;5 
89* 14 
— |a 
97 (19,5 
86* 12,5 
64* 12 


larghezza del capo 


9,5 


sà 
:9 

bi 

g 

A 

a 

È 

:2 g 
S| E 
n 

Fai (LO 
sisi Kj 
[so] N 
© |a 
i 1 
ITS, 
8,25 | 28 
7,5 |28,5 
7,5 (27,5 
fas, Pa) 
7,5 |2,5 
7,5 |28 
6 25,5 
6,5 |25,5 
6 25,5 
6 26 
6 24 
6 24 
6 25 
dò ORI5) 
5,7 |24 
6 23,5 
5,5 |23;5 
5 21,5 
D 21 
5,5 |29 
5 21,5 
4;5 {21 
4,2 |18,5 
4 19 
4 | 18 
(4,2 {18 


lunghezza estremità posteriori 


31,5 


28,5 


27,2 


lunghezza del piede 


21 
21 
21 
21 
21 
22 
17 
18,5 
18 
17,5 
17 
17 
17 
17,5 
18,5 
17,5 
17 
15,2 
16,5 
17,5 
15,5 
15,5 
13,5 
14 
14 
13,5 


umero delle scaglie nella regione me- 


| serie longitudinali delle piastre ventrali 


n 
| diana del corpo 


<% 
(er) 


70 


O nl 
D » 


Jo <q O A JUDO 
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DG» dd UU 122 KH QI 


26 


| serie trasverse delle piastre ventrali 


| numero delle piastre del collare 


(n 
I 


11 


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53 293 
E [9°C 
EFECEa 
os 0af 
OH |QOR 
95 858 
Mia 
5-4| 35 
4-4| 34 
5-5| 31 
4-5 | 35 
45! 37 
44| 94 
4-4| 30 
5-4| 36 
4-5| 30 
44| 31 
4-4| 32 
4-4| 30 
4-5| 35 
4-4| 29 
5-5 | 34 
4-4| 34 
4-4| 38 
5-5| 33 
4-4 | 34 
4-4| 31 
4-4| 38 
4-4| 82 
5-4| 31 
4-4| 35 
4535 
(ddl si 
Ii 
Vedi note 


numero dei pori femorali a destra ed 
a sinistra 


24-24 
24-26(2) 
23-24 
28-27 
28-30 
26-26(3) 
22-23 
24-25(4) 
24-24 
22-23 
22-23(5) 
21-23 
25-27(6) 
21-22 
31-29 7) 
23-24(8) 
26-25(9) 
28-25(1)) 
25-26 
27-26. 
25-24; 
25-26(13) 
21-23 
25-27(11) 
23 2315) 


21-22 


pag. 869» 


Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata - Torino, N, 319. î 


ARA 


L. Bedriagae L. sardoa 


maschio maschio femmina 


PERACCA FOTOGA, ELIDE CALZOLANIM FENKAKIO= MILANO, 


* coda riprodotta. 

(1) tutti gli esemplari con 6 serie longitudinali di piastre ventrali, presen- 
tano in più delle sei una serie esterna (una per parte) di piccole piastrelle 
rudimentali. 

(2) alcuni pori femorali sopranumerari rudimentali dietro la serie dei pori 
femorali, a destra e a sinistra. 

(3) la prima serie di scaglie dietro i pori femorali e quasi! tutte le scaglie 
al davanti presentano una netta infossatura. 

(4) pochi pori femorali rudim. a destra ed a sinist. dietro la serie dei pori fem. 


(5) due o tre pori fem. » » » » » » » 
(6) parecchi » » » » » » » » » 
(7) numerosi » » » » » » » » » 
(8) sei » » » » » » » » » 
(9) pochi » » » » » » » » » 
(10) parecchi » » » » » » » » » 
(11) quattro » » » » ecinque » » » » » 
(12) cinque » » » » e quattro » » : » » 
(13) dieci » » » » e quattro » » » » » 
(14) alcuni » » » » ed a » » » » » 
(15) un poro femorale rudimentale a destra » » » » 


=== Afr=c==s====: 


2559 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino. 


pe 


TIMILCIINI MANINA 


3 2044 106 299 258