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Full text of "Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino"

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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


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via Gaudenzio Ferrari, 3. 


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. Rosa (DANIELE) Microscolex modestus n. gen., n. Sp. 
. Camerano (LorENZO) Ricerche intorno alle specie italiane del genere 


Gordius (Riassunto). 


. Pollonera (CARLO) Intorno ad alcuni Limacidi europei poco noti (Tav. I). 
. Rosa (DANIELE) Il Lumbricus Eiseni Levinsen in Italia. 
. Pollonera (CARLO) Sulla classificazione dei Limacidi del sistema eu- 


ropeo (Tav. III). 


Camerano (LorENZo) Osservazioni sui caratteri diagnostici dei Gordius 


e sopra alcune specie di Gordius d’Europa. 


. Camerano (Lorenzo) Nota intorno alla cuticola del Gordius tricuspi- 


datus (L. Duf.), (tav. II). 


. Camerano (LorENZzo) La Rana Latastii Bouleng nel Veneto. 
. Borelli (ALrREDO) Sul rapporto fra i nefridii e le setole nei lombrici 


anteclitelliani. 


. Camerano (Lorenzo) Del Gordius tricuspidatus (L. Dufour) in Italia. 
. Rosa (DANIELE) Il Neoenchytraeus bulbosus n. sp. 
. Camerano (Lorenzo) Dello sviluppo degli anfibi anuri sulle Alpi (Note 


di biologia alpina, 1). 


. Rosa (DANIELE) La distribuzione verticale dei lombrici sulle Alpi (Note 


di biologia alpina, Il). 


. Rosa (DANIELE) Hormogaster Redii n. gen., n. Sp. 
. Gibelli (CAMILLO) Delle variazioni di colore del Caradus Olimpiae Sella. 
. Pollonera (CARLO) Nuove specie di molluschi dello Scioa. 


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(ACTA 
“BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 49 pubblicato il 20 Febbraio 1887 Vot. II 


Dr. D. RosA 


MICROSCOLEX MODESTUS n. gen., n. sp. 


Fig. 3. 
Spermathecae duo in segmento IX, testes quatuor in segmentis X 
et XI, vesiculee seminales quatuor in segmentis XI et XII, ovaria duo in 


Longitudo 35”, cutis 
decolor pellucida, cingulum 
opacum album, segmenta 
circiter 75. (Fig. 1, magni- 
tudo naturalis). 

Lobi capitalis processus 
posticus dimidiam fere par- 
tem segmenti buccalis aut 
primi occupans, cingulum ad instar zone 
seementa 13 — 16,17 = 4,5 complectens; 
spatium inter setas dorsuales (3-4) bis fere in 
spatio dorsuali mediano (4-4) contentum, 
spatio setas ventrales (1-2) dividente duplo 
majus, spatio vero inter setas ventrales et 
dorsuales (2-3) aliquanto minus, intervallo 
ventrali mediano (1-1) subaequale (Fig. 2). 

Spermathecarum orificia duo inter 
sesmenta VIII et IX, orificia foeminea duo 
in segmento XIV, orificia masculina duo in 
segmento XVII setis penialibus obsessa; haec 
omnia orificia in seriem setis inferis ventra- 
libus (1) communem disposita (Fig. 3). 

Nephridiopora ante setas inferas dor- 
suales (3) sed ad ventrem paulo inclinata, 
jam usque a quarto segmento conspicua. 
Pori dorsuales nulli. 


Fig. 1. 


segmento XI, receptacula ovorum duo in segmento XIV: haec omnes 
partes septis anticis affixee; tube vasorum deferentium quatuor in X 
et XI segmento, oviductorum duo in XIII septis posticis adhaerentes. 
Prostata videtur deese. 

Habitat Italiam, probabiliter Genuam. (Dr. Marius Peracca). Forsan 
est advena; affinitas tamen cum Pontodrilis Massalam et Villafrancam 
incolentibus suaderet hane speciem in indigenarum numero ducere. 


Tip. Guadagnini e Candellero - Torino 


“BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 2O pubblicato il 26 Febbraio 1887 Vor..1l 


Dott. LORENZO CAMERANO. 


Ricerche intorno alle specie Italiane del genere GORDIUS 
(riassunto) (1) 


L'A. premessa una rassegna dei lavori riguardanti i Gordius italiani, 
ed una discussione intorno ai caratteri diagnostici di questi animali 
descrive le specie trovate sino ad ora in Italia. 

Esse sono le seguenti: Gordîus tolosanus Dujard. (sin. G. aquaticus 
Berthold - (sin. G. subbifurcus Siebold) — Gordiîus alpestris nov. sp. 


— Gordius Preslii Vejdovsky — Gordius tricuspidatus (L. Dufour) 
(sin. gratianopolensis Diesing) — Gordius Villoti Rosa (sin. Gordius 
acquaticus Villot) — Gordius Perronciti nov. sp. — Gordius Rosa 
nov. sp. — Gordius Piollii nov. sp. 

Le diagnosi delle specie nuove sono le seguenti: 

Gordius alpestris nov. sp. — L’estremità anteriore del corpo ha 


il margine estremo arrotondato, più spiccatamente nei maschi che nelle 
femmine. Il capo viene dfdotiplianaosi verso la parte anteriore, più 
nelle femmine che nei maschi. La calotta anteriore non è distinguibile 
per la forma dal rimanente. 

L’estremità posteriore dei maschi è biforcata con lobi poco diver- 
genti e col margine interno arcato. Non vi è lamina posteloacale. Al 
disopra dell’apertura cloacale vi è una serie di peli, piegata ad angolo; 
i lobi della biforcazione sono verso l’interno abbondantemente provvisti 
di piccole protuberanze spiniformi. 

Nelle femmine l'estremità posteriore è arrotondata; l'apertura cloa- 
cale è collocata quasi al centro ed è circondata da un anello bruno, il 
quale si sfuma in una macchia bruno ferruginosa. 


(1) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, vol. XXII, 1887, con 
una tavola. 


Lo strato cuticolare esterno è simile nei due sessi; esso è areolato; 
le areole hanno margini spesso rettilinei; le areole sono trasparenti 
assai e misurano generalmente in lunghezza 21 o 20 micromillimetri, e 
in larghezza 16 o 18 o 20 micromillimetri. Gli spazi interposti fra le 
areole variano in larghezza da 1 a 2 micromillimetri. Negli spazi inter- 
posti stanno qua e là dei piccoli rialzi peliformi assai brillanti. 

La colorazione dell'animale è biancastra, leggermente gialliccia senza 
collare bruno alla estremità anteriore; ve ne è una traccia piccolissima 
nelle femmine. La colorazione dell’ estremità posteriore delle femmine 
è già stata indicata. 

DIMENSIONI: Maschi — Lunghezza m. 0,134 - Larghezza m. 0,0004 
— Femmine — Lunghezza m. 0,170, m. 0,140 - Larghezza m. 0,0004. 

HABITAT — Vallone della Veggia (Biellese). 


Gordius Perronciti n. sp. — L’estremità anteriore è bruscamente 
assottigliata ed ha il suo margine estremo arrotondato. 

L’estremità posteriore è arrotondata con un leggero solco mediano 
nel quale si apre l’orificio cloacale. Il corpo ha lo stesso diametro 
trasversale a cominciare dallo restringimento del capo fino alla estre- 
mità posteriore. 

Lo strato esterno cuticolare è liscio, vale a dire non ha struttura 
areolare. Esso presenta qua e là alcune prominenze a mo’ di peluzzi. 
Lo strato cuticolare inferiore è notevolmente spesso e presenta linee 
delimitanti rombi aventi diagonali di 112 e di 62 micromillimetri circa. 
Inoltre è spiccatamente increspato. Le increspature sono allungate e 
sono evidentissime, apparendo, secondo si innalza o si abbassa l’obbiet- 
tivo del microscopio, ora come spazi chiari limitati da linee oscure, ora 
come spazii oscuri limitati da linee chiare. 

La colorazione è giallo-bruna, uniforme. La calotta chiara, della 
estremità anteriore è nei due esemplari da me esaminati appena visibile; 
poco spiccato pure è il colletto bruno che tiene dietro ad essa e non è 
distinta da margini netti dal rimanente del capo. 

DIMENSIONI: Femmine a) Lunghezza m. (?) - Larghezza m. 0,0017, 
esemplare incompleto. — Femmine b) Lunghezza m. 0,56 - Larghezza 
m. 0,0015. 

HABITAT — Gran Sasso d'’ Italia. 


Gordius Rose nov. sp. — L’estremità anteriore è assottigliata, il 
suo margine estremo è arrotondato; l’assottigliamento è spiccato sopra- 
tutto nelle femmine le quali hanno il corpo un po’ più largo dei maschi. 
La calotta chiara è appena distinta da un leggero restringimento dal 
resto del corpo. L’assottigliamento comincia poco dopo il margine infe- 
riore dell'anello nero. 

L’estremità caudale dei maschi ha iî lobi della biforcazione spicca- 
tamente più corti della larghezza del corpo, misurata al livello della 


apertura cloacale: essi hanno il loro margine interno notevolmente 
arcato. Il corpo è appena ristretto alla base della biforcazione. 

L’estremità caudale delle femmine non è gran fatto diversa da 
quella delle.femmine del G. Vitloli e del G. Pialtii, 

Nei maschi lo stato cuticolare esterno è liscio; vale a dire non ha 
struttura areolare, esaminato con sufficienti ingrandimenti (oc. 2. ob, 9 
secco Hart. ob. E. oc. 4 Zeiss) esso appare coperto di piccoli granuli 
più o meno allungati; ma meno fitti che nel G. Pioltii. 

Le linee che nello strato cuticolare inferiore delimitano dei rombi 
sono assai spiccate. I rombi hanno diagonali di 62 e 100 o di 85 e 112 
micromillimetri circa, in complesso essi sono più grandi di quelli del 
G. Pioltiî ed anche di quelli del G. Villoti. ] 

Qua e là, ma sopratutto verso la regione caudale, spuntano fuori 
i prolungamenti dello strato inferiore cellulare i quali sono tuttavia 
meno numerosi che nel G. Pioltii. 

Non vi sono notevoli differenze fra i due sessi negli strati cuticolari. 

Nei maschi al disopra della biforcazione caudale sta una lamina a 
tetto: sul prolungamento dei due apici inferiori di essa stanno pochi 
peluzzi. 

Nei maschi dietro la calotta chiara vi è un anello nero il quale 
si continua in due fasce laterali assai spiccate che procedono lungo il 
corpo fin quasi all’estremità caudale: il rimanente del corpo è gial- 
lastro, bianchiccio, od anche un po’ brunastro; intorno all'apertura 
cloacale, ad una distanza eguale ad una volta e mezzo circa il diametro 
dell'apertura stessa sì osserva una macchia bruno-scura disposta ad 
ellisse, come indica la figura unita a questo lavoro; la lamina a tetto 
è bruniccia. In alcuni individui le fascie laterali e quella che circonda 
l’apertura cloacale sono meno appariscenti e la tinta generale del corpo 
è più bianchiccia. 

Le femmine hanno in complesso la stessa colorazione dei maschi; 
salvo la macchia circumcloacale. 

DIMENSIONI: Maschi — Lunghezza m. 0,025 - m. 0,018 - Larghezza 
da 7 decimi di millimetro ad un millimetro. — Femmine — Lunghezza 
m. 0,016 - m. 0,014 - Larghezza 7 decimi di millimetro. 

HABITAT — Vallone della Veggia (Biellese). 

Gordius Pioltii nov. sp. — L’estremità anteriore è arrotondata; 
la calotta chiara è distinta dal rimanente da un restringimento spiccato 
nei maschi; nelle femmine questo restringimento manca. Nei maschi 
al restringimento sopradetto tien dietro un tratto notevolmente rigon- 
fiato; nelle femmine ciò si osserva in grado minore. 

L'estremità caudale dei maschi ha i lobi non divergenti; questi 
sono lunghi a un dipresso come la larghezza dell'animale, misurata al 
livello dell'apertura cloacale. I due lobi sono connessi nella loro parte 
interna. Il corpo si restringe spiccatamente alla base della biforcazione. 


L'apertura cloacale dei maschi e l'estremità posteriore delle femmine 
sono, a un dipresso, come nel Gordius Villtoti. Il solco terminale della 
femmina è tuttavia nel G. Pioltii più spiccato. 

Nei maschi lo strato cuticolare esterno è liscio nel senso che non 
ha struttura areolare; esaminato con ingrandimenti sufficienti (oc. 2, 
ob. 9. secco. Hart. — ob. E. oc. 4, Zeiss.), esso appare fittamente gra- 
nulosa con granuli di varia grandezza: in una sezione ottica questi 
granuli appaiono come ineguali rialzamenti dello strato cuticolare esterno. 

Riescono spiccate assai, per la trasparenza dello strato cuticolare 
esterno, le linee dello strato cuticolare inferiore le quali si incrociano 
in modo da limitare dei rombi aventi diagonali di 24 e di 38 micromil- 
limetri circa. 

Qua e là, talvolta nel punto di incontro delle linee sopra menzio- 
nate, tal altra in mezzo agli spazi rombici, si osservano degli spazi 
ovali, granulosi, più chiari, i quali coincidono spesso colle macchietta- 
ture chiare dell’integumento e che corrispondono a rialzi dello strato 
cellulare sottostante della pelle i quali sporgono al difuori attraversando 
gli strati cuticolari. Gli spazi in questione misurano generalmente una 
larghezza di 5 o 6 micromillimetri e una larghezza di 14 o 15 miero- 
millimetri. La loro altezza è varia e può giungere anche a 4 o 5 micro- 
millimetri. 

Non ho trovato differenze notevoli rispetto all’integumento fra i 
due sessi, salvo che nelle femmine da me esaminate le granulazioni 
erano più fitte che nei maschi. 

Nei maschi al disopra del principio della biforcazione vi è una 
lamina a tetto. Nella parte interna dei lobi caudali vi sono numerosi 
peluzzi di mole assai piccola 

Nei maschi dietro la calotta chiara vi ha un colletto nero lungo 
come la larghezza del capo, il quale si sfuma in due fasce laterali 
brune. La parte interna dei lobi caudali è bruna, la parte esterna e 
inferiore dei lobi stessi è bianchiccia. Il corpo ha colore complessivamente 
bruno. Colla lente si scorgono numerose macchiette ovali, a margini 
ben netti di color chiaro. Non vi è cerchio bruno intorno all'apertura 
cloacale dei maschi. 

Le femmine presentano a un dipresso lo stesso sistema di colora- 
zione dei maschi. 

DIMENSIONI: Maschi — Lunghezza m. 0,114 a m. 0,105 - Larghezza 
5 decimi di mill. circa. — Femmine — Lunghezza m. 0,095 a m. 0,142 
- Larghezza 5 decimi di millimetro. 


195 - Tip. Guadagnini e Candellero - Torino 


VAIO 


2 OLLETTINO 


dei 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 24 pubblicato il 21 Marzo 1887 Voti 


CARLO POLLONERA. 


Intorno ad alcuni LIMACIDI europei poco noti 


Tra le specie di Limacidi europei ancora incompletamente conosciute 
sono i Limax fulvus Normand e L. valentianus Ferussac, le quali, 
sebbene abitino paesi assai discosti tra loro, presentano tali analogie di 
struttura nei loro organi riproduttori e masticatori che io credo deb- 
bano far parte di una speciale sezione del genere Agriolîimaa. 

Del L. fulvus (') ho potuto osservare 3 esemplari in alcool raccolti 
a Saint-Saulge (Niévre) dal sig. Brevière. Questa specie, diffusamente 
descritta e ben figurata nel citato lavoro dal D." Baudon, per l’aspetto 
gelatinoso e diafano del suo corpo e pel sistema di colorazione, può far 
supporre a tutta prima uno stretto vincolo di parentela colla Lehmannia 
marginata Mill, ma la sua radula a dente centrale munito di 3 aculei 
aguzzi e le particolarità del suo apparato sessuale (Tav. I, fig. 5) lo 
dimostrano invece strettamente collegato coll’ Agriolimax valentianus, 
come sto per provare. 

La descrizione del L. valentianus data dal Ferussac (?) è assoluta- 
mente insufficiente avendola egli fatta su animali conservati in alcool, 
ed anche la figura che egli dà non è soddisfacente essendo assai esa- 
gerata nella colorazione ; credo utile quindi dare una nuova descrizione 


(1) L. fulvus NORMAND, Descr. six. limac. nouv., 1852, p. 7. — BAUDON, Mém. 
limac. Oise, 1871, p. 16, Tav. IV, fig. 1-4. — BREVIÈRE, Tabl. lim. Saint-Saulge, 


p. 9, in Journ. Conchyl., 1881. — Hab. in Francia i dipartimenti dell’Aisne, 
Còte-d°Or, Nord, Oise, Seine-et-Oise, Seine, Nièvre. 


(2) L. valentianus, FERUSSAC, Supp. à la famille des Limaces, 1823, p. 96, 
E. pl. VIII, A. fig. 5-6. 


ed un’ altra figura di questa specie, fatte su individui vivi mandatimi 
da Barcellona (Spagna) dal Dott. De Chia. 

Agriolimax valentianus Ferussac — Tav. I, fig. 1-4. 

A. gracilis, minute rugosus, postice attenuatus; carina debilis, brevis- 
sima; clypeus elongatus, postice subangulato-rotundatus, rugis crebris, 
minutissimis, concentricis striatus. Dorsum et clypeus flavorufescentes, 
brunneo-trifasciati, zona mediana pallidiore; latera albida. Apertura pul- 
monea albido-marginata ; collum rufum; tentacula pallide cinerea; solea 
albida. Mucus aqueus. Long. max. 55 mill. 

Hab. Il litorale mediterraneo della Spagna : Valencia (Ferussac); Bar- 
cellona (De Chia). 

Il centro delle rughe del cappuccio è situato molto a destra presso 
l'apertura respiratoria come negli Agriolima@ tipici (A. agrestis L), 
ed è quindi assai diversamente situato che nei Malacolimaa (M. te- 
nellus Nilss. Tav. I, fig. 6) nei quali il centro è quasi sulla linea me- 
diana come nei veri Limax (L. maximus L.) 

La radula (Tav. I, fig. 4) mostra nei campi laterali l’aculec. princi- 
pale semplice sul quale poco per volta si sviluppa (sul margine esterno) 
un dentino supplementare ; questo diventa ben visibile verso i campi 
marginali nei quali poi va scomparendo mentre compaiono alla base 
esterna dell’aculeo altri due dentini i quali poi (nei due o tre ultimi 
denti marginali) crescono in numero e fondendosi coll’aculeo ne adden- 
tellano tutto il margine esterno. 

Ma la caratteristica anatomica più notevole dell’A. valentianus è 
un’ appendice borsiforme, sferica, munita di collo (Tav. I, fig. 2 e 3) 
che sbocca lateralmente presso l’estremità della guaina della verga. 
Nell’A. fulvus ritrovasi questa appendice borsiforme, ma essa non ha 
collo, ha la forma di */, di sfera e si applica direttamente all'estremità 
della guaina della verga. Un simile organo fu recentissimamente osser- 
vato dal D.' Simroth (Jahrb. Deut. Malak, 1886, IV) in una specie di 
Sardegna, l’A. sardus Simr., ma in questo tale organo è situato assai 
vicino all’estremità inferiore della guaina della verga, mentre all’estre- 
mità superiore sussistono le appendici flagelliformi lobate, caratteristiche 
degli Agriolimax tipici. Inoltre non essendo notato il punto in cui va 
ad inserirsi il retrattore della verga, suppongo che esso vada (come nei 
veri Agriolimaa) ad attaccarsi direttamente sulla membrana che chiude 
la cavità pulmo-renale, nella sua metà anteriore; negli A. valentianus 
e fulvus invece il retrattore della verga (Tav. I, fig. 3 e 5) si inserisce 
sul margine anteriore di questa cavità. 

A parer mio dunque gli A. valentianus e fulvus formano un piccolo 
gruppo a parte, collegato dall’ A. sardus alle forme tipiche del genere. 

Questo piccolo gruppo, caratterizzato dalla mancanza delle appen- 
dici flagelliformi lobate della guaina della verga e dalla presenza della 
appendice borsiforme chiamerò AMBIGOLIMAX. 


Quanto ai Malacolimax non posso accettare l'opinione del D.' Sim- 
roth il quale li riunisce ai veri Lîmax, poichè oltre i caratteri della 
radula, anche la verga breve e grossa, col suo corto canale deferente, 
ed il modo d’inserzione del retrattore li avvicinano troppo agli Agriîo- 
limax ai quali io credo debbano essere uniti come semplice sottogenere 
se non si vogliono ritenere genericamente separati dagti altri limacidi, 
come fece Malm. 

Ai Malacolimax credo pure appartenga il mio A. fungivorus (Tav. I, 
fig. 7-9) del Piemonte che si distingue dall'A. tenellus pel cappuccio 
più acuminato posteriormente, per le zone scure del dorso e del cap- 
puccio interrotte e assai più marcate, ma sopratutto pei caratteri della 
radula (Tav. I, fig. 9); questa ha l’aculeo principale nei campi laterali 
bifido, e nei campi marginali il margine esterno di detto aculeo è den- 
tellato da 4 punte irregolari. Nulla posso dire dell'apparato sessuale di 
questa specie, avendo finora trovati soltanto individui non ancora per- 
fettamente adulti. 

Per coordinare quanto ho detto più sopra con quello che si conosce 
intorno a questo gruppo di Limacidi, credo utile di dare l’elenco degli 
Agriolimax del sistema europeo. 


Gen. Agriolimax Mérch, Journ. Cond. 1885, (emend.) Lessona e Pol- 
lonera, Mon. lim. ital. 1882. 


I — Subgen. MaracoLiMmax Malm 1868. 


1. A. TENELLUS, Nilsson. 1882 — Europa settentrionale e centrale, 
Inghilterra e Alpi del Piemonte. 

2. A. FUNGIVORUS, Pollonera. 1885 — Givoletto presso Torino (Pie- 
monte). l 

3. A. NYCTELIUS, Bourguignat. 1861 — Algeria. 
4. A. MAJORICENSIS, Heynemann. 1862 — Is. Maiorca. 


II — Subgen. AMBIGOLIMAX Pollonera. 


5. A. VALENTIANUS, Ferussac. 1823 — Litorale mediterraneo della 
Spagna. 
6. A. FULVUS, Normand. 1852 — Francia. 


III — Subgen. AGRrIOLIMAx Malm 1868. 


. SARDUS, Simroth. 1886 — Sardegna settentrionale. 
. LOMBRICOIDES, Morelet. 1845 — Portogallo. 

. MALTZANI, Simroth. 1884 — Algarve. 

. PH(ENICIACUS, Bourg. 1853 — Siria. 

. AGRESTIS, Linn. 1758 — Europa. 


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Varietates: filans Hoy, reticulatus Mill., sarorum Baudon, nigra 
Butterel, veranyanus Bourg., /lorentinus Lessona e Pollonera, pal- 
lidus Schrenk. 

12. A. BERYTENSIS, Bourg. 1853 — Siria. 

13. A. DyMozewICZzI, Kaleniczenko. 1839 — Crimea. 

14. A. FEDTSCHENKONI, Koch et Heynem. 1874 — Turkestan. 

15. A. PANORMITANUS, Less. et Poll. 1882 — Sicilia. 

16. A.? BRONDELIANUS, Bourg. 1861 — Algeri. 

1'7. A. THERSITES, Heynem. et Koch. 1886 — Atene. 

18. A. MELANOCEPHALUS, Kalen. 1839 — Caucaso. 


IV — Subgen. HrproLimax Malm 1868. 


19. A. LAVIS, Mull. 1774 — Europa settentrionale e centrale, In- 
ghilterra e Alpi del Piemonte. 

20. A. HEYDENI, Heynem. 1863 — Engadina. 

21. A. LACUSTRIS; Bonelli in Less. et Poll. 1882 — Piemonte. 


Gen. Platytoxon Simroth, Iahrb. Deut. Malakoz. 1886 (subgen. Agrio- 
limacis). 

1. P. MACULATUS, Koch et Heynem. 1874 (Amalia maculata) — 
Agriolimax (Platytoxon) maculatus Simr. — Turkestan. 

Mentre da una parte il sottogenere Malacolimax collega gli Agrio- 
limax tipici ai veri Lima, dall'altra il genere Platytoxon (col suo 
dorso interamente carenato) fa il passaggio ai generi Gigantomilax e 
Amalia. 

Ben a torto il Kobelt nel suo catalogo del 1881 collocò tra i Ma- 
lacolimax il L. squammatinus Morelet del Portogallo, che per la 
posizione antemediana dell’apertura respiratoria e per la forma della 


estremità posteriore del corpo si palesa un Geomalacus od altra forma 
affine. 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. 


a, Verga; b, appendice borsiforme della verga; c, borsa copulatrice; d, re- 
trattore della verga; e, cavità pulmo-renale. 


Fig. 1. Agriolimax valentianus Ferussac, alquanto ingrandito. — Fig. 2 e 3. 


Organi sessuali di A. valentianus, ingranditi. — Fig. 4. Denti della radula 
dello stesso. — Fig. 5. Organi sessuali di Agriolîimar fulvus Normand. — 


Fig. 6. Agriolimax (Malacolimax) tenellus Nilsson, di grandezza naturale. 
— Fig. 7. Agriolimax (Malacolimax) fungivorus Pollonera, di grandezza 


naturale. — Fig. 8. Lo stesso ingrandito. — Fig. 9. Denti della radula dello 
stesso. 


252 - TIP. GUADAGNINI E CANDELLERO - TORINO 


IIC 
hug {7 


"BOLLETTINO 


dei 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 22 pubblicato il 20 Aprile 1887 Vot. II 


Dr. DANIELE ROSA 


Il LUMBRICUS EISENI Levinsen in Italia 


Ai lumbricidi italiani da me precedentemente descritti (1) è da ag- 
giungere il L. Eisenî. Questa specie fu descritta nel 1883 dal Levinsen (2) 
su 5 esemplari da lui trovati nell’orto botanico di Copenaghen e non fu 
trovata altrove se non (e con dubbio) alle Azorre. 

Oltre ai caratteri comuni a tutti i Lumbricus (str. sen. Eisen) il 
Levinsen dà al L. Eiseni la seguente diagnosi: « tubercula pubertatis 
mancano (?), clitello formato da 9 segmenti (23-31), lunghezza sino a 
40%®; nei vecchi alberi » (3). 

Questa breve diagnosi è sufficiente per riconoscere la specie. Per 
maggior sicurezza ho spedito al Levinsen due degli esemplari italiani da 
me riferiti a questa forma e mi fu risposto: « Le Lumbricus que vous 
m’avez envoyè est réellement L. Eiseni ». 

Do qui una descrizione più minuta di questa specie fatta unicamente 
su esemplari italiani. 

LumBRICUs EISENI LEVINSEN - 1883 — Lunghezza (in alcool) 
30-40", diametro 4""; — segmenti 90-110; forma cilindrica, poco 
attenuata alle estremità, non appiattita; cozore (in alcool) violaceo sulla 


(1) Rosa - I Lumbricidi del Piemonte - Torino, 1884; Id. Note sui lom- 
brici del Veneto, in Atti del Regio Istituto Veneto di Scienze ecc., Tomo IV, 
serie IV - 1886. 

(2) Levinsen G. M. R. - Systematisk-geografisk Oversigt over de nordiske 
Annulata etc., in « Vidensk. Meddel. fra den naturh. Foren. i Kjobenhavn, 
1883, anden Halvdel p. 241 (estr. 244)». 

(3) L’autore parla di segmenti setigeri corrispondenti per noi ai seg- 
menti {24-32). 


LI 


metà dorsale del corpo (eccetto che sul clitello), più scuro anteriormente; 
lobo cefalico incoloro con un largo prolungamento che taglia intera- 
mente il 1° segmento; prî70 poro dorsale all’ intersegmento 5-6 (L. 
rubellus '7-8, L. purpureus 6-7); orifizî maschili al 15° segmento con atrii 
poco sviluppati ma pur ben visibili; cZilello ai segmenti (24-31,32)=8,9 
coi margini longitudinali indistinti; /ubercule pudbertatis invisibili anche 
sugli individui ancor privi di clitello; se/ofe geminate in 4 serie, due 
laterali e due ventrali. Habitat, Piedicavallo nel Biellese (Piemonte); 
24 esemplari raccolti dal D.r Lorenzo Camerano nell’estate 1886; Riva- 
rossa nel Canavese (Id.); 2 es. raccolti dal prof, Michele Lessona nella 
stessa epoca. 


Nota — Il Dr. L. Orley ha descritto nel 1885 due nuove specie di 
lombrichi italiani di cui non ho ancor visti esemplari; esse sono : 
Allurus neapolitanus, preso nel Sebeto presso Napoli, e Octoclaston 
lacteum da Caserta. Vedi Orley Revisio et distributio specierum terri- 
colarum regionis Palaarctice, in « Ertekezések, 1885 - Budapest ». 


350 - TIP. GUADAGNINI E CANDELLERO - TORINO 


<A 
cb 1857 


BOLLETTINO. 


Musei di Zoologia vd Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 253 pubblicato il 22 Aprile 1837 VoL. II 


CARLO POLLONERA. 


Sulla classificazione dei LIMACIDI del sistema europeo. 


Il dott. Simroth nei suoi diligenti e minuziosi studi sui Limacidi. eu- 
ropei trascura completamente gli organi masticatori e non tiene nessun 
conto dei caratteri forniti dalla radula, mentre annette moltissima im- 
portanza alla disposizione del canale digerente per la divisione e la clas- 
sificazione dei generi di questa, famiglia. 

Del grande genere Lîmax di Ferussac egli fa i tre generi Lima, 
Agriolimax e Amatia. 

Nel Limax il canale digerente fa 6 circonvoluzioni , la prima delle 
quali (formata dall’esofago e dallo stomaco) è la. più lunga, il sacco in- 
testinale è poco o punto ritorto. Stabilisce un sottogenere per quelle 
specie (L. variegatus e L. arborum), nelle quali le ultime due circon- 
voluzioni dell’intestino sono molto brevi e l’ultima è munita di un lungo 
CRCUM. 

Nell’ Agriolimax il canale digerente ha solo 4 circonvoluzioni, delle 
quali la prima è la più breve, inoltre il sacco degli intestini è ritorto: 

Le Amalia si distinguono dagli Agriolîmax pel sacco intestinale. più 
fortemente ritorto e per altri caratteri anatomici ed esterni di varia im+ 
portanza. 

Vi sono tuttavia alcune eccezioni , le quali tolgono: molto valore. ai 
caratteri desunti dal numero delle circonvoluzioni del. canale digerente 
per la divisione e classificazione di questi generi. 

Una di queste eccezioni ci è mostrata dallo stesso dott. Simroth (Jahrb. 
deut. Malak Ges. 1886; p. 27) col suo Limax armeniacus. E\questa specie 
per la posizione antemediana, dell’ apertura respiratoria , pel suo dorso 
in gran parte carenato, ed anche per la sua colorazione, vicinissima. al 
Paralimax intermittens e dovrà prendere il nome di Paralimax ar- 


meniacus. Orbene mentre il P. ntermiittens ha il’canale digerente si- 
mile agli Agrioltmax, cioè 4 circonvoluzioni ma il saeco degli intestini 
meno ritorto, il P. armeniacus ha 6 circonvoluzioni come nei Limax 
e la forte torsione del sacco intestinale quasi come nelle Amaia; co- 
sicchè ammettendo l’importanza data dal Simroth alla disposizione delle 
circonvoluzioni del canale digerente, si dovrebbero separare queste due 
specie così vicine collocando il P. armeniacus nel gruppo Lòimax-Ma- 
lacolimax ed il P. intermittens in quello Agriolimax-Amatia. 

Nel genere Eumilax (E. Brandti Mart.), considerato dal Simroth quale 
semplice sottogenere di ParaZinax (Jahrb. 1886, p. 327) il canale dige- 
rente è come nelle 472/74; tale pure lo ritrovai nel Gigantomitax (G. 
Lederî Bttg.); entrambi questi generi si accostano alle Am4a/7a pel dorso 
totalmente carenato, ma ne differiscono per la mancanza del caratteri- 
stico solco del cappuccio e per la suola che ha le 3 zone quasi ugual- 
mente larghe ed è trasversalmente solcata rettilineamente (come nei L7- 
max, Agriolîimax ecc.), mentre nelle Amazia la suola è traversata da 
solchi curvi, i quali incontrandosi sulla linea mediana formano angoli 
più o meno acuti rivolti verso l’indietro, ed inoltre la zona mediana è 
molto. più larga delle laterali. 

I generi Eumilax e Gigantomilax differiscono tra loro; oltre che per 
la posizione dell’apertura respiratoria, per la limacella che nel primo 
(come nei Paralimax) è sul tipo di quelle delle A7za/ia, mentre nel se- 
condo è a nucleo laterale come nei Lima. 

Si vede dunque che nel piccolo gruppo formato dai generi Para/imaa 
ed Eumilax Vesame anatomico di 3 specie (la 4° è il P. dicotor Btig.) 
ci mostra il canale digerente foggiato in'tre maniere diverse, nel P, ar- 
meniacus' esso si avvicina ai Lima, nel P. intermittens agli Agrio- 
lilmax, infine nell’E. Branati è come nelle Amalia. 

Un altro canale digerente aberrante lo trovai nell’ Agri0max o meglio 
Malacolimaa valentianus, il quale lo ha molto somigliante a quello del 
Limaa (Plepticolimax) fiavus L., e come questo provvisto di un lungo 
coecum all’intestino retto. Di questo cacwm non v’è traccia nelle altre 
specie di Ma/acolimax, e si trova brevissimo negli Agr70/)nax veri. 

Inoltre anche il rapporto di lunghezza tra lo stomaco e le altre cir- 
voluzioni del canale digerente non è costante, poichè non tutti i canali 
digerenti a 4 circonvoluzioni hanno la prima (formata dallo stomaco) 
più breve delle altre. Basterà dare uno sguardo alla tavola che accom- 
pagna queste note per vedere che i generi Paralimax (fig. 2), Gigan- 
tomitax (fig. 6) ed Eumiîtax (fig. 10) sebbene abbiano soltanto 4 cir- 
convoluzioni al canal digerente, la prima di queste invece di essere più 
breve di qualcuna delle altre; come accade nei generi Ama/îa e Agrio- 
limax (fig. 12), è invece notevolmente più lunga di qualunque delle 
altre circonvoluzioni precisamente come nei Limnax e Malacolimax 
(fig, 4) dei quali il canale digerente ‘ha 6 circonvoluzioni. 


Un altro organo al quale il Simroth attribuisce molta importanza nella 
divisione dei generi di Limacidi è l’organo eccitatore (Reizkòrper) che 
si trova negli Agriolimax e nelle Amatia e che manca ai Lîmax e 
Malacolimax, È questo organo simile al corpo corniforme osservatò 
nella borsa comune di alcune Amalia da Mario Lessona e da me, ed è 
collocato nella parte inferiore della guaina della verga; solamente il dott. 
Simroth stesso notò che non in tutte le specie di A7ra27a esso si trova, 
e ciò diminuisce subito di non poco il valore. che a tutta prima si sa- 
rebbe tentati di attribuire a questo carattere. Inoltre questo organo ec- 
citatore, quantunque diversamente situato, è evidentemente analogo al 
corpo corniforme della borsa comune delle Am4/7a, il quale pure non 
è un carattere costante, poichè nell’A. marginata Drap esso manca com- 
pletamente (1), e non mi sembra quindi avere maggior peso nella clas- 
sificazione e divisione dei varii generi di quello che ne abbiano le ap- 
pendici flagelliformi della guaina della verga. Non so se questo organo 
eccitatore si trovi nei generi più prossimi all’ Amaia, nè so altro sul- 
l'apparato sessuale dei Gigantomilax ed Eumilax, dei quali non ebbi 
esemplari adulti. 

La prostata vestibolare e la ghiandola prostatica che (una o Y altra) 
sì trovano sempre nelle Am2a/ia non credo siano ancora state osservate 
in altro genere di Limacidi europei, forse esse posseno trovarsi nei Gi- 
gantomilax ed Eumilax come i generi più prossimi, ma non ve n’è più 
vestigio nei P/atytoron e Paralimax. 

Credo non inutile dar qui la figura dell’apparato riproduttore del 
P. îintermittens (fig. 1). Come si vede esso manca di prostata vestibo- 
lare e di ghiandola prostatica; la guaina della verga; assai grossa, a 
canale deferente laterale, presenta una particolarità che non ho ancora 
osservata negli altri limacidi, essa è munita di un /lageZlum laterale 
più lungo e più grosso che la verga stessa, ed il suo retrattore si bi- 
forca mandando un ramo alla punta del //age/Zum e l’altro al punto in 
cui il /lagellum si inserisce sulla guaina della verga; la ghiandola del- 
l’albume è di forma allungata ed appiattita. Nelle altre parti non pre- 
senta nessun carattere notevole. 

I caratteri forniti dalla radula li trovai ben più costanti che non quelli 
precedentemente esaminati del canale digerente e dell’organo eccitatore, 
Questi caratteri non solo confermano la posizione intermedia degli Agrio- 
limax tra i Limax e le Amalia, ma separano nettamente le pseudo- 
Amatia dalle Amalia vere, separazione che non si potrebbe fare ba- 


(1) M. Lessona ed io avevamo notata la presenza del corpo corniforme so- 
lamente nelle specie del gruppo dell’A. gagates, ed a ragione il dott. Simroth 
fece osservare che questo si trova anche nell’A, carinata e specie affini, nella 
quali tuttavia esso è assai meno sviluppato. 


sandosi sui caratteri. del canale digerente esaminati più sopra. Infatti 
le radule dei generi Paralimax, Eumilax e’ Gigantomitax da me 
osservate, sono simili a quella.degli Agr/0/2nax, cioè ‘il dente centrale 
ha 3 aculei e quelli delle serie dei due campi mediani ne hanno 2, mentre 
nelle Amazia tanto il dente centrale quanto i denti dei campi mediani 
hanno sempre 3 aculei. Dove i caratteri forniti dalla radula sono în op- 
posizione alle conclusioni del. dott. Simroth è nel sottogenere Mazaco- 
limax, 3 quale ha una radula di Agrioima%, mentre pei caratteri del 
canale digerente e per la mancanza dell'organo eccitatore della guainà 
della. verga si avvicina ai Limax. Sarebbe quindi forse conveniente ri- 
tenerlo ;come genere intermedio e distinto da entrambi: in questo caso 
il gruppo Ambigolimax dovrebbe far parte del gen. Malacolimar. 

Il, passaggio tra i Lima e le Amalia non si fa per una sola serie di 
generi, cosicchè come riassunto delle relazioni di affinità tra i varii ge- 
neri di Limacidi europei dò la tabella seguente : 


Apert. resp. postmediana | Apert. resp. antemediana 


Dente centrale Lehmannia 


della radula con | ‘‘Plepticolimax 
1 solo aculeo Liriax 


Eulimax 
Malacolimax 
Dente centrale Ni fo Luo iui. Sedai i faire 221 DE ISEE 
con 3 aculei” Agriolimax 
Campi mediani di 
- ° Platytoxon Paralimax 
con 2 aculei - fera 
Gigantomilax Eumilax 
Dente centrale a a 
con 3 aculei Amalia 
Campi mediani i 
con 3, aculei ? Lytopelte 


Nulla so dei caratteri anatomici del gen. Lytopelte,. ma la sua forma 

esterna mi sembra accennare ad un passaggio tra le Amalia e le Par- 
macelta. 
__ A complemento della lista degli Agriolimaci data nel N°:21 di questo 
Bollettino aggiungo le seguenti 3. specie di.Agr70/max ommesse allora, 
e gli altri generi che completano la serie dei Limacidi ‘del sistema eu- 
ropeo dalla parte delle Amaia. 


AGRIOLIMAX PYCNOBLENNIUS Bet. 1861 — Pirenei. 
A. EUSTRICTUS Bgt. 1866 — Siria. 
A. ALTAICUS Simroth 1886 — Altai. 


Gen. Gigantomilax Boettger, Jahrb. Deut. Malak. 1883 (Sect. gen. 
Amali®). Toaa 
1. G. LEDERI Bttg. 1883 (Amalia) — Caucaso. 


Gen. Paralimax Boettger, Jahrb. Deut. Malak. 1883 (Sect. gen. Limacis). 
1. P. INTERMITTENS Btis. 1883 (Limax) — Caucaso, 
2. P. VARIUS Btte. 1884 — Abchasia. 
3. P. ARMENIACUS Simroth 1886 (Limax) — Armenia. 


Gen. Eumilax Boettger, Jahrb. Deut. Malak. 1881 (Sect. sen. Amali®). 
1. E. BRANDTI v. Martens 1880 (Limax) — Transcaucasia. 


Gen. Amalia Moquin-Tandon, Hist. Moll. France 1855 (Subg. Limacis.) 
I — Nov. Subg. SUBAMALIA. Carina dorsi usque ad clypeum non 
protracta. 
1. A. CRETICA Simroth 1884 — Candia. 
2. A. HELLENICA Simr. 1886 — Corfù. 
3. A. RoBIcI Simr. 1884 — Carniola. 
4. A. KALENZKOI Clessin 1883 — Crimea, 
II — Subgen. AMALIA stricto-sensu. 
Sect. I. TANDONIA Lessona e Pollonera 1882 — Generationis apparatus 
prostata vestibulare praditum. 
5. A. MARGINATA Drap. 1805 (Limax) — Europa centr., Italia sett. 


e Toscana. 
6. A. PYRRICHA Mabille 1870 (Milax) — Francia meridionale. 
7. A. REULEAUXI Cless... — Dalmazia. 


8. A. SOWERBYI Ferussac 1823 (Limax) — Litorale dell'Oceano Atlan- 
tico e Inghilterra. 

9. A. GRACILIS Leydig 1876 (Limax) — Germania e Ungheria. 

10. A. THYRRENA Less. e Poll. 1882 — Italia merid. 

11. A. CARINATA Risso 1826 (Limax) — Litorale mediterraneo della 
Francia e Italia. 

12. A. HESSEI Boettger 1882 — Corfù. 

13. A. ETRUSCA Issel 1868 (Limax) — Firenze. 

14. A. KOBELTI Hesse 1882 — Corfù. 

15. A. CRISTATA Kaleniczenko 1851 (Krynickillus) — Crimea. 

16. A. BARYPA Bourguignat. 1886 (Milax) — Palestina. 

Sect. II. PIRAINEA Less. e Poll. 1882 — Generationis apparatus glan- 

dula prostatica preditum. 


17. A. GAGATES Drap. 1801 (Limax) — Litorale del, Mediterraneo e 
dell'Oceano Atlantico, 

18. A. ATRATA Mabille 1868 (Milaz) — Portogallo. 

19. A. ICHNUSA Less. e Poll. 1882 — Sardegna. 

. EREMIOPHILA Bourg, 1861 (Limax) — Algeria. 

. INSULARIS Less. e Poll. 1882 — Sardegna e Sicilia, 

. SICULA Less. e Poll. 1882 — Sicilia. 

. SCAPTOBIA Bourg. 1861 (Limax) — Algeria, 

. DODERLEINI Less. e Poll. 1882 — Palermo. 


dI 
Perri 


Gen. Lytopelte Boettger, Jahrb. Deut. Malak, 1886 (Sect. gen. Amali®). 
1. L. LONGICOLLIS Boettger 1886 (Amalia) — Lenkoran. 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III. 


Paralimax intermittens Bttg. fig. 1, Apparato riproduttore ; fig. 2, 
Canale digerente; fig. 3, Limacella. 

Malacolimax valentianus Fer. fig. 4, Canale digerente. 

Gigantomitax Lederi Bttg. fig. 5, Limacella ; fig. 6, Canale dige- 
rente; fig. '7, Denti della radula. 

Eumitax Brandti Mart. fig. 8 e 9, Limacella; fig. 10, Canale dige- 
rente; fig. 11, Denti della radula. 

Agriolimax agrestis L. fig. 12, Canale digerente. 


grinta 


350 - TIP. GUADAGNINI E CANDELLERO - TORÎNO 


ella KR Vabramittà di Caio. 
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Pa | Cola pubblicat: "96 virile ISET 


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Osservazioni sui caratteri diagn sii dei GORDIUS 
‘e- sopra niuno specie di 61 ORDMIS è d'Europa 


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Dr, LorENZO CAME) PA 
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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 24 pubblicato il 23 Aprile 1887 VotL. II 


Osservazioni sui caratteri diagnostici dei GORDIUS 
e sopra alcune specie di GORDIUS d'Europa 


DEL 


Dr. LORENZO CAMERANO 


Nell’adunanza della Regia Accademia delle Scienze di Torino del 
28 novembre 1886, venne presentata una mia memoria sui Gordîus 
italiani (1). Quasi contemporaneamente a questo mio lavoro, il Villot 
pubblicò un lavoro di revisione degli stessi animali (2). 

Nella mia nota sopra indicata io trattai della questione del valore 
diagnostico dei caratteri che servono per la distinzione delle varie specie 
di Gordius. Io distribuì questi caratteri in cinque gruppi a cominciar 
dai più importanti, vale a dire: 1° La struttura della cuticola; 2° La 
forma delle estremità anteriore e posteriore del corpo; 3° Le armature 
genitali; 4° Le dimensioni; 5° La colorazione. 

Ora, dopo la recentissima pubblicazione del Villot, nella quale ven- 
gono pur discussi i caratteri diagnostici dei Gordius, credo opportuno 
di ritornare sulla questione. 

È d’uopo intendersi anzitutto sul significato della parola cuticola. Il 
Villot (opera citata) dice: « La cuticule comprend, comme à l’ordinaire, 
deux parties bien distinctes; l’une superficielle, anhiste et fort mince, 
à laquelle on peut donner le nom d’épiderme; l’autre profonde, com- 


(1) Ricerche intorno alle specie italiane del genere Gordius, Atti R. Ac- 
cademia delle Scienze di Torino, vol. XXII, con una tavola. 

— Riassunto - Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata 
della R. Università di Torino, n. 20. 

(2) Revision des Gordiens, Annales des sc. nat. ser. VII. vol. 1 - 1886 
(uscito nel marzo 1887), pag. 270 e seg., con 3 tav. 


Metip YA 


posée de fibres élastiques, superposées en couches régulières et obli- 
quement croisées sous un angle de 70 degrés, représente le derme». 

Questo modo d’intendere la cuticola e sopratutto la sua divisione 
è, anatomicamente ed istologicamente parlando, poco conveniente, poichè 
le parole epidermide e derma hanno un significato preciso e noto e 
non sono applicabili alle parti in questione tanto più che non è punto 
dimostrata la natura elastica delle fibrille costituenti lo strato fibrillare 
dei Gordius. 

I Gordîus per ciò che riguarda l’integumento hanno incontestabil- 
mente una grande affinità coi Nematodi schietti, non potendosi ammet- 
tere la descrizione e l’interpretazione dello strato cellulare sottostante 
agli strati cuticolari che il Villot dà nei suoi precedenti lavori (1), come 
riconobbe il Vejdovsky (2), e come io stesso indicai nel lavoro sopra 
citato. Maggiori particolari a questo proposito io diedi in un lavoro, ora in 
corso di pubblicazione, sull’Anatomia ed istologia dei Gordius. 

Io credo quindi, che agli strati tegumentali dei Gordiws si debba 
applicare la nomenclatura seguente: 

1° Epidermide (con struttura più o meno nettamente cellulare 
secondo le regioni del corpo) corrispondente all’ipodermide di natura 
nervosa pel Villot; 

2° Strati cuticulari divisibili in due parti, vale a dire, in uno 
strato cuticolare esterno ora areolato, ora liscio, e in uno strato cuti- 
colare înferiore costituito da molti piani di fibrille sovrapposti. 

Il Villot nel suo recentissimo lavoro parla di canazicoli acquiferi 
che solcano gli strati fibrillari, e dice; « Il importe toutefois, lorsqu’on 
examine au microscope une cuticule de Gordius, de ne pas prendre 
pour un état normal ce qui n’en est que l’altération. L’eau, en pénétrant 
par les pores de l’epiderme dans les canalicules aquifères, les dilate 
beaucoup, et les fibres élastiques entre-croisées de la couche profonde 
de la cuticule, en s’ecartant les unes des autres pour leur livrer pas- 
sages, forment autour de chacun d’eux quattre vides triangulaire di- 
sposés en croix et comparables aux rayons d’une etoîle ». 

Ora le ricerche da me fatte, usando molti mezzi di esame e molti 
reagenti, sull’integumento dei Gor4ivs e in particolar modo sugli organi 
stelliformi indicati dal Villot e riconosciuti pure dal Vejdovsky e da altri, 
non mi concedono di considerare i prolungamenti che solcano gli strati 
fibrillari come canaziculi acquiferi e tanto meno il divaricarsi delle 
fibrille intorno ad essi come il prodotto di alterazioni prodotte dal- 
l’acqua. 


(1) Monographie des Dragonneaux, Archiv. de Zool. Exper. et gén., vol. III 
- 1874 - e Mém. sur la struct. anat. des Gordius, Ann. Sc. Nat., 6° ser., 
vol. XVIII = 1881. 

(2) Zur Morphologie der Gordiiden. Zeit fiir Wiss. Zool. vol. XLI - 1886. 


"CON: parto! 


Il Villot dice molto opportunamente essere anche necessario usare 
molte cautele nel disegnare gli strati cuticolari dei Gordiîus per non 
essere indotti in errore da alcune apparenze ottiche. 

Io aggiungerò a questo riguardo qualche cosa, sopratutto per quanto 
si riferisce la rappresentazione dei Gordius intieri ed ingranditi. Il 
Villot nelle tavole unite al suo recente lavoro, disegna delle estremità 
anteriori e posteriori di varie specie, che non corrispondono pel cattivo 
metodo colle quali vennero fatte, all’aspetto che gli animali presentano 
visti coll’ingrandimento che il Villot indica per le figure stesse. Citerò 
due esempi, La fig. 1 della tav. 13 rappresenta l'estremità anteriore di 
un Gordîus alpestris all’ingrandimento di 90 diametri. Ora le areole 
dello strato cuticolare esterno con questo ingrandimento si distinguono 
appena, oltre a ciò esse non hanno i rapporti di grandezza colla mole 
dell’animale che disegna il Villot, infatti l’estremità anteriore del Gordius 
alpestris messa di piatto sotto il microscopio presenta su una sua faccia, 
in media 40 areole in una linea trasversale — ora nel disegno del Villlot 
ne sono segnate soltanto 17 o 20 per una linea trasversale; le areole 
quindi dovrebbero essere almeno della metà più piccole. 

La stessa cosa si dica per la fig. 18 della tav. 15 che rappresenta 
l'estremità anteriore del Gordius violaceus. Questa specie esaminata 
nello stesso modo della precedente mostra su una linea trasversale '70 
areole circa; ora nel disegno del Villot ne sono segnate appena da 29 
a 30. Anche qui le areole avrebbero dovuto essere disegnate di oltre la 
metà più piccole. : 

L’esagerazione delle areole nei due disegni (e forse le stesse osser- 
vazioni si debbono fare anche per le altre figure di estremità anteriori 
e posteriori delle altre specie) ora indicate, altera completamente l°a- 
spetto dell’animale e rende perfettamente inutile la cura del Villot di 
citare l’ingrandimento col quale sono disegnate le figure. Anzi dirò a 
questo proposito che invece di citare l'ingrandimento della figura, il 
che significa poco, trattandosi di figure sempre molto ingrandite, è molto 
più utile citare gli oculari e gli obbiettivi microscopici adoperati per 
vedere le particolarità che si disegnano, poichè è noto che a parità di 
ingrandimento, ma con diversi obbiettivi, si possono vedere o non 
vedere certi particolari dei preparati, e che anche l'apparenza loro può 
mutare. 

Anche i disegni degli strati cuticolari del Gordius alpestris e del 
Gordius violaceus (fig. 3, tav. 13 e fig. 21, tav. 15) non mi paiono 
molto esatti. 

Le areole del Gordiîus alpestris non sono fra loro a contatto come 
disegna il Villot, ma bensì esse sono separate da un piccolo solco visi- 
bile facilmente con un ob. 9, sec. e un ocul. 2 Hartn. Le areole del Gordius 
violaceus non hanno i margini rettilinei così netti e i solchi interareo- 


ep 


lari non sono proporzionatamente così larghi come vengono disegnati 
dal Villot (1). 

Il Villot a proposito della struttura dello strato fibrillare della cuti- 
cola dice: « Le derme prèsente aussi une remarquable particularitè. Les 
couches supèrieures, voisines de l’epiderme, ont une tendance è se fis- 
surer; et comme les fibres élastiques qui les constituent se croisent 
obliquement sous un angle de '70 degrès, il en resulte une sorte de clî- 
vage rhomboédrique des couches superficielle du derme. Les losange 
ou rhomboédre einsi formé, vus ou microscope par transparence paraissent 
delimités par des lignes lumineuses ou obscures, selon que l’on éloigne 
ou que l’on rapproche l’objectif des lacunes dont ces lignes ne sont que 
l’image...... Je considère ces lignes polyèdriques comme caractéristiques 
du Gordius aquaticus ». 

L’esame minuto degli strati cuticolari fibrillari che io ho fatto con 
ingrandimenti molto forti (ob. '/; e ob. '/,$ immers. omog. e ocul. 3 e 
4 Zeiss) mi conducono a considerare le linee in discorso non come lacune 
fra le fibrille, ma come veri solchi dovuti allo inflettersi delle fibrille 
dei piani costituenti i vari strati fibrillari. Dirò inoltre che queste linee 
non sono limitate agli strati fibrillari più vicini allo strato cuticolare 
esterno, ma si trovano in tutti e anche in quelli più vicini alla epider- 
mide propriamente detta (ipodermide del Villot). Ciò si può riconoscere 
colle dilacerazioni. Non credo eziandio che le linee in questione siano 
caratteristiche del Gordius aquaticus, poichè io le ho osservate anche 
nel Gordius tolosanus e nel Gordivs De Filippi; quindi, in specie aventi 
lo strato cuticolare esterno provvisto di vere areole. 

Viene ora la questione delle dimensioni come carattere diagnostico, 
questione che si collega con quella assai importante dello stabilire quando 
un Gordius si deve considerare come adulto. 

Il Villot nel recente suo lavoro dice a questo proposito (pag. 292) : 
« Les Gordiens deviennent adultes dans le corps de leur hòte: mais ils 
peuvent sortir à des états tres divers de développement. La durée de 
la vie parasitique paraît dépendre beaucoup plus du développement de 
l’hòte que du développement du parasite. Les Dragonneaux adultes les 
plus jeunes s’observent indifféremment à l’état parasite et à l’état libre; 
et l’on a trouvé de vieux individus encore à moitié engagé dans le corps 
de leur hòte ». 

A pag. 272 egli dice pure: « La présence d’une orifice buccal et la 


(1) Io ho figurato le cuticole delle due specie menzionate nel mio lavoro 
sopracitato da preparati fatti con esemplari inviati dal Villot stesso al conte 
Ninni e da questi gentilmente comunicatimi. Ho messo molta cura nei disegni 
della cuticola esterna poichè, come ebbe il merito di far osservare il Villot, 
in essa stanno i caratteri più importanti per la differenziazione dei Gordius. 


Mio 


division du corps en anneaux sont des caractàres de jeunesse, dont il 
ne reste plus traces chez les vieux individus ». 

Lo stesso Villot nella sua Monographie des Dragonneaux (1) dice: 
« Les Dragonneaux n’ayant plus, lorsqu’ il sont arrivés à l’état adulte, 
qu’un intestin atrophié, dépourvu d’ouverture buccale et d'cesophage, 
ne prennent certainement aucun aliment solide; mais l’eau qui les baigne 
de toutes parts et qui imbibe tous leurs organes peut facilement, si elle 
est chargés de principes nutritifs, servir à leur alimentation. D’ailleurs 
il est probable que, sans leur forme parfaite, ils n’ont plus besoin de 
prendre aucune nourriture ». 

Lo stesso Villot finalmente nella sua recente opera dice (pag. 272): 
« La longueur et la grosseur varient, pour chaque espèce non seulement 
avec l’àge et le sexe, mais méme entre individus de méme dage et de 
méme sexe, en raison de l’abondance ou de la rareté relative des élé- 
ments nutritifs que la larve peut puiser chez son hòte, alors qu'elle est 
parasite; peut-étre aussi en raison de la profondeur et du volume des 
eaux dans lequelles se développent les individus sexuès ». 

Credo anch'io col Villot che i vari individui di una stessa specie 
di Gordius possono uscire dal loro ultimo ospite con lunghezze un po’ 
diverse: ma non mi pare sì possa ammettere che gli individui facienti 
vita libera possano variare molto di grandezza col loro accrescimento 
ulteriore a meno di ammettere un attivo funzionare dell’apparato dige- 
rente il che in molti casi si riconosce facilmente non esistere. In quanto 
poi alla nutrizione tegumentale ammessa dal Villot io non la credo 
possibile data la struttura dell’integumento e data la scarsità di sostanze 
nutrienti che sogliono generalmente presentare le acque dove si trovano 
i Gordius. 

Mi pare che tuttavia il Villot abbia ragione nell’ammettere certe 
modificazioni di colore e di alcune parti della cuticola esterna come 
dipendenti da un periodo più o meno lungo di vita libera che l’animale 
ha già fatto. 

A mio avviso per avere una base sicura nel valutare l’importanza 
dei caratteri che presentano i Gordius a vita libera è d’uopo ricorrere: 

1° All’esame dell’apparato riproduttore e sopratutto allo stato di 
sviluppo delle uova e degli spermatozoi. 
2° Allo stato di riduzione dell’apparato digerente. 

Tutti gli altri caratteri debbono essere subordinati a questi. 

lo credo che quando un Gordius ha le uova o gli spermatozoi com- 
pletamente maturi e pronti ad essere emessi; e sopratutto poi quando 
è già avvenuto l’accoppiamento (il che si riconosce nelle femmine esa- 
minando il riceptaculum seminis) esso debba venir considerato come 


(1) Archives de Zool. exper. et gén., vol. III, 1874. 


2080); per 


interamente adulto e che quindi i caratteri che egli presenta debbano 
avere importanza di carattere specifici. 

Per tali ragioni non mì pare sostenibile l’idea del Villot rispetto al 
G. Prestit, Vej. (op. cit., pag. 309: « Quant au Gordius Prestii, ré- 
cemment décrit comme espèce nouvelle par Vejdovsky, il ne se présente, 
selon moi, qu’une des phases du développement du Gordius violaceus 
de Baird ») poichè il Vejdovsky trovò nelle femmine non solo le uova 
mature, ma il riceptacultum seminîs pieno di spermatozoi. 

Io stesso negli esemplari di Treviso appartenenti a questa specie 
che ebbi occasione di esaminare (1) riconobbi le stesse cose del Vej- 
dovsky. 

Il Villot (op. cit., p. 311) menziona l’esistenza sulla cuticola esterna 
di varie specie e sopratutto del G. violaceus: di cicatrices entourée 
d’un cercle rougedtre, che egli spiega nel modo seguente, per quanto 
si riferisce a larve di femmine quasi adulte di questa specie che egli trovò 
nel corpo di 5 Procrustes coriaceus. « Leur corps présentait à l’exté- 
rieur sur certains points, de petites grappes, comparable aux acini 
d'une glande, qui au premier abord m’étonnérent beaucoup. Mais une 
coupe transversale examinée au microscope, me montra que ces grappes 
n’étaient autre chose que des groupes d’ovules qui, en se développant, 
avaient refoulé devant eux les téguments, encore fort minces et peu 
résistants, et étaient venus faire hernie à la surface du corps. Lorsque 
les tésuments commencent à se chitiniser, ces sroupes d’ovules sont 
éliminés par l’étranglement et la rupture de leur pédicule; mais ils 
laissent sur l’épiderme une cicatrice, entourée d’une cercle rougeàtre, 
qui persiste encore longtemps » (2). 

Ciò che dice il Villot è molto curioso anzi mi pare molto strano 
poichè bisognerebbe ammettere che i gruppi d’uova si avessero aperta 
la strada non solo attraverso agli strati integumentali, ma anche attra- 
verso agli strati muscolari a meno che il Villot supponga che le uova 
si sviluppino nel suo strato cellulare ipodermico: ma ciò come facil- 
mente si comprende sarebbe più strano ancora. La meraviglia che nasce 
in chi legge le parole sopra citate non può a meno di essere grande 
sopratutto esaminando il disegno di una sezione trasversale di Gordius 
folosanus femmina che sta per raggiungere allo stato adulto che il Villot 
stesso dà nella sua Monographie des Dragonneaux (Tav. IX, fig. 67) 
nella quale lo strato muscolare è notevolmente sviluppato ed esterna- 
mente a questo si trova lo strato che il Villot chiama: « couche gra- 


(1) Ricerche intorno alle specie italiane del genere Gordius. Atti R. Acc. Sc, 
di Torino, vol. XXII, 1886. 

(2) Les cicatrices, dont je viens d’expliquer l’origine, s’observent aussi chez 
d’autre espèces, et elle pourraient étre prise, par erreur, pour des orifices 
d’organes internes. 


bag ee 


nuleuse servant d’enveloppe au système nerveux péripherique » e che 
è da considerarsi invece come la vera epidermide, e al di fuori di questo 
si trovano gli strati cuticolari non ancora molto sviluppati. Nell’interno 
della sezione, nella loro posizione normale sono indicate le masse di 
uova. Io non aggiungerò altro poichè il Villot ci promette sopra questo 
argomento un lavoro speciale. Dirò soltanto che io ho osservato ripe- 
tutamente in individui di G. folosanus di G. Vittoti ed in altre specie delle 
sorta di cicatrici contornate di color bruno ferruginoso ; non solo nelle 
femmine, ma anche in maschi e con una disposizione al tutto irregolare 
e per fino, in un individuo di G. folosanus, presso il margine posteriore 
della calotta chiara dell’estremità anteriore. 

A tal sorta di cicatricule io credo si debbano riferire il vordere 
Oeffnung des Secretions organs e l’hintere Oeffnung des Secretions 
organs del Meissner (1). 

Gordius aquaticus (Villot - Revision des Gordiens - Ann. Sc. Nat., 
vol. I, sez. VII, 1886). Rispetto all’opportunità o meno di conservare il 
nome di Gordius acquaticus già disse il Rosa( Atti Acc. Sc. Torino, vol. 
XVIII, 1882). Io stesso trattai di nuovo la questione giungendo alle stesse 
conclusioni del Rosa (op. cit.). Il Villot ritiene di nuovo che il nome di 
G. aquaticus deve essere conservato poichè la descrizione del Dujardin 
è sufficiente, malgrado che questo Autore non faccia menzione del ca- 
rattere più importante per questa forma cioè della lamina a mezzaluna 
che sta dietro all’apertura cloacale dei maschi. Anzi a questo proposito 
egli dice (op. cit., p. 288): « Dujardin, dans la description de son Gordius 
màle ne parle pas de l’organe en forme d’arc ou de croissant renversé, 
sì caractéristique de notre espèce; mais ce fait ne saurait signifier qu’il 
a observé une espèce differente de la nòtre car il ne parle pas non 
plus des brosses copulatrices qui remplacent d’ordinaire l’organe en crois- 
sant. Dujardin, cependant connaissait ces brosses copulatrices, puisqu’il 
les avait décrites chez son Gordius tolosanus. S’ ils ne le signale point 
chez son Gordius aquaticus màle, c'est qu’elles n’y existent point; et 
l’on peut très légitimement conclure de son silence qu’il a réellement 
eu affaire à un individu male de notre Gordius aquaticus ». 

Il Villot vorrà perdonarmi, ma mi pare che la conclusione logica 
del suo ragionamento non possa essere altro che questa, che cioè il 
Dujardin, conoscendo l’esistenza delle papille copulatrici nel G. tofosanus 
e non parlandone nella descrizione del suo G. aquaticus, è presumibile 
che questo non le possedesse, ma non si può conchiudere che in com- 
penso il G. aquaticus Dujardin dovesse necessariamente possedere la 


(1) Beitrage zur Anatomie und Physiologie der Gordiaceen Zeit fur Wiss. 
Zoo). Vol. VII, Tav. IV, fig. 8, 10, 9/1 h, e'fig. 12, 13 /;/Tav. V; fig. 146, 
fig. 15 7. 


Di 


lamina a tetto post cloacale. Dirò di più; poichè le papille copulatrici 
sono più difficili da riconoscersi che non la lamina a tetto post cloacale, 
si potrebbe dire che il Dujardin non ha trovato realmente questa lamina 
nei suoi esemplari, altrimenti, data la minutezza delle sue osservazioni, 
non avrebbe mancato di farne cenno. 

Del resto si potrebbe continuare a discutere per un pezzo su questo 
proposito facendo molte ipotesi, le quali tuttavia mancherebbero sempre 
di un fondamento solido. 

Io ripeto quindi ciò che già dissi nel mio precedente lavoro sui Gord?îus 
che per evitare possibili confusioni, mi pare sia molto miglior consiglio 
abbandonare il nome di Gordius aquaticus non applicabile con suffi- 
ciente sicurezza a nessuna delle varie descrizioni date di questa specie 
e dare al Gordius aquaticus, quale venne descritto dal Villot, che 
sì sa con sicurezza che cosa, è il nome proposto dal Rosa, cioè di 
Gordius Vittoti. In questo modo senza venir meno alle leggi di una 
buona nomenclatura (1) si toglie la confusione inevitabile di parecchi 
Gordius aquaticus indecifrabili e rimane nelle specie del genere Gordius 
il nome del Villot, il quale, malgrado le inesattezze anatomiche ed isto- 
logiche dei suoi lavori sui Gord?us, è indubitatamente il primo che ha 
messo lo studio di questi animali sulla buona strada. 

Rispetto alle sinonimie che il Villot dà pel suo Gordiîus aquaticus 
nel suo ultimo lavoro farò osservare che fino a che non sarà stabilito 
bene coi criterii sopra esposti che cosa si debba intendere per giovane e 
per adulto nei Gordius, non si potranno considerare come appartenenti 


(1) Il Villot (op. citat,, pag. 276) dice a questo proposito : « L’essentiel 
aujourd’hui est de donner des diverses espèces des descriptions et des figures 
qui ne permettent plus de les confondre à l’avenir; et nous ne voyons pas 
d’inconvénient è leuf appliquer des noms déjà employés, si ces noms n’ont 
pas encore recu d’ acception précise. Il suffira, pour éviter toute confusion et 
rendre à chacun la justice qui lui est due, de joindre à ces anciennes déno- 
minations les noms des auteurs qui leur ont attribué, les premiers, une véri- 
table signification ». 

Io non intendo di entrare qui a discutere la questione, che del resto 
venne già ripetutamente discussa, dell’opportunità o meno d’impiegare nello 
stesso genere i nomi specifici gia usati da Autori per specie che non si può 
sapere che cosa sono, per denominare nuove forme, dando ad esse il nome 
dell’Autore che le adopera in questo secondo modo. Dirò soltanto che l’appli- 
cazione di questo sistema non può a meno di portare confusione grandissima 
nei generi un po’ numerosi in specie, confusione che non potrà a meno di 
accrescersi a mano a mano che si verranno scoprendo forme affini a quelle 
gia descritte. 

Io credo molto miglior sistema per la chiarezza della nomenclatura di 
abbandonare senz’altro fra le denominazioni inservibili tutte quelle che sì rife- 
riscono a specie che oggi non si riesce in aleun modo a sapere che cosa siano. 


Mata) pe 


alla stessa specie varie delle specie che egli menziona, così ad esempio 
il Gordius setiger Schneider, il Gordius impressus Schneider, ecc. 

Gordius tolosanus Dujard. — La figura data dall’Orley (1) come 
dice opportunamente il Villot (op. citat., pag. 299) non può riferirsi al 
Gordius tolosanus Dujard. 0, come lo chiama senza ragione l’Orley, 
Gordîus subbifurcus Meissner. A me pare tuttavia che non sì possa 
riferire nemmeno al Gordius violaceus Baird, poichè, data la grossezza 
delle areole, gli spazii interareolari sono enormemente troppo larghi e 
vi mancano i piccoli rialzi granuliformi che si trovano nel Gordéîus 
violaceus. O la fisura è sbagliata o si riferisce a specie diversa dal 
Gordius tolosanus e dal Gordius violaceus. 

Rispetto ai costumi del Gordius tolosanus dirò che nei contorni di 
Torino questa specie è assai comune e sì trova, nelle annate non troppo 
fredde, a cominciare dalla seconda metà di Aprile. Nei rigagnoli dei 
prati io stesso trovai in questa stagione degli agglomeramenti di molti 
individui i quali si erano già accoppiati, poichè l'estremità posteriore 
delle femmine portava un ammasso di spermatozoi e i loro riceptaculum 
seminis ne erano pieni. 

(ordius violaceus Baird. — Ho già detto sopra le ragioni per le 
quali non credo che, come fa il Villot, si possa considerare il Gordius 
Prestii Vejdov, come il giovane di questa specie. Mi associo io pure a 
ciò che dice il Villot rispetto alle affinità del Gordius violaceus col 
Gordius tolosanus ammessa dall’ Orley. 

Gordius gratianopolensis (Villot, op. cit., pag. 313). — Nel mio 
lavoro sui Gordius italiani io diedi a questa specie il nome di Gordéus 
tricuspidatus L. Dufour (Filaria tricuspidata L. Dufour). Ciò si può 
sostenere se verrà provato che realmente, come dubita il Villot (Revis. 
des Gord., pag. 314), il Gordius trilobus non è specie diversa da quella 
nota da lungo tempo, nel qual caso non essendo possibile alcuna confu- 
sione, esistendo una sola specie in Europa colla estremità della femmina 
divisa in tre parti. Ma se il Gordius tritobus risultasse essere una specie 
veramente distinta converrebbe certamente abbandonare la denomina- 
zione del L. Dufour. 


Mi piace di finire questa nota colle seguenti parole del Villot: « Cette 
etude approfondie des caractères différentiels aboutira, là comme ail. 
leurs, à une multiplication du nombre des espèces. Tout progrès, toute 
recherche des détails conduit, en effet, à ce résultat; et c'est, croyons- 
nous, méconnaître entièrement les destinées de la science, que de vouloir 
s’opposer à ses tendances analytiques ». 


(1) On Hairs-worms in the collection of the British Museum. Ann. and 
Mag. of Nat. History, ser. 5, vol. VIII-1881, tav. 18, fig. 3. 


2 Duaghi= 


Il Villot ha in ciò interamente ragione ed io aggiungerò che si è 
precisamente nelle specie più diffuse, più comuni, in quelle che tutti 
credono siano le più facili da riconoscersi che le ricerche minute mo- 
derne conducono a risultati più importanti. Io non credo tuttavia che 
sia fondato il timore che esprime il marchese G. Doria nel suo recente 
ed interessante lavoro sui Chirotteri di Liguria (1), che cioè l’indirizzo 
attuale « ne condurrà in poco tempo a ridurre la zoologia descrittiva ad 
una serie di formule matematiche , sarà dato a pochi eletti di potervi 
capire qualche cosa, nè sapremo più determinare gli animali più comuni 
che ci stanno vicini ». 

La science, come dice benissimo il Villot, en se rapprochant de son 
but, n’ en devient sans doute ni plus simple, ni plus commode è ap- 
prendre ; c'est regrettable, mais il faut bien en prendre son parti. 


(1) Res ligusticae - Chirotteri. Annali Mus. Civ. di Genova, ser. 2°, vol. IV, 
pag. 469, 1887, 


365 - TIP. QUADAGNINI E CANDELLERO - TORINO. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 255 pubblicato il 24 Aprile 1887 Vot. II 


Dott. L.. CAMERANO. 


Nota intorno alla struttura della cuticula 
del GORDIUS TRICUSPIDATUS (L. Duf.) 


Il Villot nella sua Monografia dei Gordius (1) così descrive lo strato 
cuticolare esterno di questa specie: « Epiderme (2) couvert de plaques 
rectangulaires, ayant environ 4 milliémes de millimetre de large. Des 
papilles isolées, quelquefois situées sur les plaques ». 

Il Villot stesso nel suo recente lavoro Revision des Gordiens. (3) 
descrive invece lo strato cuticolare esterno della stessa specie nel modo 
seguente: « L’epiderme est lisse et très épais. Vu au microscope avec 
un fort grossissement, il paraît finement pointillé et parsemé de rides 
ou de fissures plus ou moins marquées. Son caractère essentiel consiste 
dans la présence de gros pores, a contours anguleux, ayant ordinaire- 
ment 0”",008 de diamétre. Ces pores, examinés en coupe optique, donnent 
l'image de plaques polyedriques a doubles contours, et tranchent forte- 
ment par leur transparence sur la teinte obscure du derme. Le nombres 
et le mode de groupement des pores varient d’ailleurs beaucoup ». 

La divergenza grande fra le due descrizioni del Villot e l’importanza 
della struttura della cuticola nella classificazione dei Gordiîus mi hanno 
spinto a ricercare particolarmente la struttura della cuticola della specie 
in discorso, tanto più che l’Orley (4) considera in questa specie: « Cuticle 
with papillae separated by interspaces, equal, short ». 


(1) Archiv. de zool. exp., vol. III, p. 58, 1874. 

(2) Il Villot, come è noto, denomina così lo strato cuticolare esterno dei 
Gordius. 

(3) Ann. Sc. Nat., ser. VII, vol. I, p. 314, 1886. 

(4) On Hair-worms in the collection of the British Museum. Ann. and Mag. 
Natur. History, ser. V, vol. VIII, 1881, pag. 327. 


Un pezzetto degli strati tegumentari del Gordius tricuspidatus 
(L. Dufour) distaccato con un rasoio ed esaminato per trasparenza in 
alcool e glicerina, con ingrandimenti un po’ forti (ob. E oc. 3 Zeiss, 
ob. 9 sec. oc. 4 Harin.) si presenta come è indicato nella figura 1 (nella 
quale non venne disegnato per maggior chiarezza il fondo) vale a dire 
vi si osservano molti corpicciuoli a contorno irregolare : ma più o meno 
arrotondato, i quali sono più rifrangenti della sostanza a loro circostante 
e quindi appaiono chiari sopra un fondo giallo bruniccio il quale è più 
scuro nei maschi che non nelle femmine. 

Trattando un pezzettino dell’integumento con acido solforico con- 
centrato, a freddo, sul vetrino porta oggetti, dopo poche ore tutte le 
parti degli strati cuticolari si disciolgono e non rimangono più che quei 
corpicciuoli rifrangenti che il Villot chiama pori a contorno angoloso. 

Queste parti si sciolgono molto difficilmente nell’acido solforico a 
freddo e io le ho osservate ancora tali e quali dopo 24 ore di azione 
dell’acido. Trattate con varie sostanze coloranti, Carmino alcoolico di 
Mayer, Picrocarmino di Weigert, Picronigrosina di Martinotti, essi 
non assumono nessuna colorazione speciale e conservano sempre la loro 
rifrangenza. 

Questi risultati, e sopratutto il fatto che non solo le formazioni in 
discorso si possono isolare, ma che esse sono limitate soltanto allo strato 
cuticolare esterno, non interessando menomamente gli strati fibrillari 
sottostanti mi inducono a non ammettere l’idea del Villot che esse siano 
dei pori; ma bensì, come aveva già detto prima il Villot stesso, delle 
vere piastrine. 

Attraverso agli strati fibrillari e allo strato cuticolare esterno sì 
osservano nel G. Zrîcuspidatus (L. Dufour), come del resto pare in tutti 
i Gordius, dei prolungamenti molto rifrangenti i quali corrispondono 
molto probabilmente ai Porenkanalchen del Vejdovsky (1) e producono 
quei noti disegni a croce (fig. 2 e fig. 1 2) i quali eziandio pare si trovino 
in tutti i Gordius e sono dovuti al divaricarsi delle fibrille degli strati 
fibrillari. Queste formazioni, siano esse pori veri o prolungamenti, non 
intendo discutere qui la cosa, corrispondono a dei cerchietti della cuti- 
cola esterna, visibili con forte ingrandimento (ob. 9, sec. oc. 4 Hartn.) 
disposti qua e là nella cuticola (fig. 1-2). 

Le piastre rifrangenti della cuticola misurano in media, come dice 
il Villot nel suo secondo lavoro, realmente 8 micromillimetri circa e 
presentano spesso un cerchietto brillante a mo’ di ombilico; esaminate 
con ingrandimenti fortissimi (ob. ‘/,, imm. omog. oc. 3 0 4 Zeiss) e con 
luce obliqua la loro superficie appare finamente rugosa, come rugoso 
è tutto lo strato cuticolare esterno (fig. 3). La forma e l’aggruppamento 


(1) Zur Morphologie der Gordiiden Zeit. fur. Wiss. Zool. XLIII. 


delle piastre è molto vario come si può vedere dalla fig. 1. Nelle fi- 
gure (4 e 5) sono disegnati alcuni aggruppamenti di piastre, non rari e 
sparsi qua e là. Alcune piastre pare risultino dalla fusione di due o tre 
come quella rappresentata nella fig. 6. Altre piastre (fig. 7) presentano 
come delle apparenti fenditure e delle sorta di tagli. 

Le piastre esaminate di profilo appaiono pochissimo rialzate e tal- 
volta anzi appaiono essere nello spessore stesso dello strato cuticolare 
esterno. Verso l'estremità caudale tuttavia esse si fanno più sporgenti 
come indica la fig. 8. 

In conclusione dirò: che il Gordius bicuspidatus (L. Dufour) 
(G. gratianopotensis Diesing) non ha una cuticola esterna liscia, ma 
bensì con piastre disposte irregolarmente che, a mio avviso, si possono 
paragonare ad areole distanti le une dalle altre: rispetto alla loro forma 
queste piastre od areoîe si avvicinano un po’ a quelle più basse del 
Gordius De Filippiîi Rosa. 


SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. 
Gordius tricuspidatus (L. Dufour). 


Fig. 1. — Brano di cuticola (ob. 9 sec. oc. 4 Hartn): @/ piastre 
od areole più chiare; — 2) cerchietti corrispondenti alle formazioni a 


croce degli strati fibrillari sottostanti; — c/ ombilico brillante delle 
piastre. 
Fig. 2. — Formazione a croce degli strati cuticolari fibrillari (ob. '/,s 
oc. 2 Zeiss). 
Fig. 3. — Piastra o areola isolata (ob. '/,, oc. 2 Zeiss) c. ombilico. 
Fig. 4, 5, 6, 7. — Varie sorta di piastre (ob. 9 sec. oc. 3 Hartn). 
Fig. 8. — Piastre presso la coda della femmina viste di profilo 


(ob. 9 sec. oc. 3 Hartn). 
Le figure vennero disegnate tenendo il tubo del microscopio chiuso 
e la carta sul tavolo da lavoro. I preparati sono in glicerina. 


375 - TIP. GUADAGNINI E CANDELLERO - TORINO, 


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Musei di Zoologia od Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 26 pubblicato il 26 Aprile 1887 Vot. II 


Dott. L. CAMERANO. 


La RANA LATASTII Boulang. nel Veneto 


Il Comm. Edoardo De Betta nella recentissima sua nota sulla que- 
stione delle Rane Rosse d’Europa (1) ha un brano che mi riguarda e 
che desidero di chiarire. Egli dice a proposito della Rana agilis Thom. 
« Non lascierò poi questa rana senza dire d’essermi nell’anno decorso 1886 
occupato ben anco più volte ed in diverse stagioni, della ricerca nella 
valle di Marcellise della Rana Latastii, alla quale, secondo il Camerano (2), 
avrebbe appartenuto uno dei due esemplari di questa località che io gli 
aveva inviato per Rana aglitis. 

« Una prima escursione in detta valle di Marcellise io feci fra la 
fine di marzo ed i primi di aprile. Vi rinnovai le ricerche nel maggio 
e continuai poi a lungo le mie investigazioni dai primi dell’ottobre 
sino al 18 novembre, ossia per tutto il tempo in cui mi trovava colà a 
villegiare. 

« Ma posso assicurare che non un solo esemplare della Latasti? ho 
mai trovato fra i numerosi esemplari delle agiziîs ivi raccolte nelle ac- 
cennate epoche! ». 

Ho esaminato di nuovo le due Rane di Marcellise che il De Betta 
mi mandò pel R. Museo Zoologico di Torino nel 1877 col nome di Rana 
agitis ed ho riconosciuto che realmente come io stampai nella mia mo- 
nografia un esemplare appartiene alla Rana agilis e l’altro alla Rana 
Latastii. Quindi confermo pienamente quanto scrissi nell’opera ora citata. 
Ciò mi piace di dire in modo ben chiaro per togliere il dubbio sollevato 
dal De-Betta colle parole sopra riferite. 


(1) Atti Istituto Veneto, Sez. VI, vol. V, 1887. 
(2) Monografia degli Anfibi Anuri Italiani. Mem. R. Accademia delle Scienze 
di Torino, Sez. II, voi. XXXV, 1883, pag. 85. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


DI. , della R. Università di Torino 
N. 2"7 pubblicato il 10 Agosto 1887 Vot. II 


Dott. ALFREDO BORELLI. 


Sul rapporto fra i nefridii e le setole 
nei lombrici anteclitelliani. 


Benchè sembri a tutta prima di poca importanza il determinare 
esattamente le serie di setole davanti alle quali si aprono nei lombrici gli 
organi segmentari, o nefridii, ciò non lascia però di avere un grande in- 
teresse morfologico. Si conoscono le teorie di Ray Lankester sopra questo 
argomento; queste teorie, la cui verità fu contestata dal Claparède 
e dal Perrier, furono recentemente riprese sotto una forma però un po’ 
modificata da Eisig e da Beddard. Non entrerò qui nella discussione di 
queste opinioni, ma mi permetterò di fare una osservazione la quale 
non manca forse d’interesse. Quando si leggono i lavori di Ray Lan- 
kester, Perrier e Beddard, si vede che nell’opinione di questi autori gli 
orifizi esterni degli organi segmentari nei lombrici nostrali sono costan- 
temente situati davanti al paio ventrale di setole e precisamente davanti 
alla setola esterna del paio ventrale. Egli è perciò che il Perrier (1), 
avendo trovato in certi generi esotici (Anteus, Rhinodrilus, Eudrilus, 
Monitigaster, ecc.) questi orifizi davanti alla serie superiore di setole, 
considerò questa particolarità come caratteristica per queste forme. 

Lo stesso autore (2) notò come molto singolare il fatto che nel P2u- 
fellus (lombrico esotico appartenente al gruppo dei postelitelliani) gli 
orifizi suaccennati possono trovarsi davanti alla 2° o davanti alla 4* se- 
tola, queste posizioni alternandosi fra di loro, sebbene con una certa 
irregolarità. 


(1) Nouv. Arch. du Museum. T. VIII. 
(2) Arch. Zool. exper. T. II. 


D'altra parte Beddard (1) ha trovatoche un Acanthodritus della Nuova 
Zelanda presenta, riguardo agli orifizi degli organi segmentari, lo stesso 
fenomeno che si osserva nel P/ute/lus, ma con una irregolarità e una 
dissimmetria più evidenti. 

Ora, è assai strano che si siano cercati così lontani dei fatti di cui 
abbiamo tanti esempi sotto gli occhi; la maggior parte dei nostri lom- 
brici, forse tutti, presentano i fatti considerati come così singolari nel 
Plutellus e nell’ Acanthodrilus, 

Non c’è d’altronde niente di molto nuovo nella mia asserzione, come 
lo provano le seguenti parole di Claparède (2): «..... Ich finde diese 
Lage fiir die Mundung der Schleifencanàle von Lumbricus terrestris 
hòchst variabel. In der Regel trifft man dieselbe an jeder Seite des Seg- 
ments weit nach aussen der &usseren Bostenreihen. Sehr hàufig aber 
rickt sie dieser àdusseren Bostenreihe nàher, ja sogar uber dieselbe 
hinaus bis an die nach innen folgende Reihe ». 

Hering (3) si era espresso ancora più esplicitamente, dicendo: « Am 
hàaufigsten sieht man die mit der Loupe leicht zu findenden Poren etwas 
nach vorn und aussen vor dem untern oder innern Borstenpaare. Oft 
aber liegen sie oberhalb des obern oder àussern Borstenpaares, mehr 
weniger von ihm entfernt..... Die Mindungen der schleifenfòrmigen 
Organe liegen allerdings bisweilen auch in einer mehr weniger geraden 
Linie angeordnet auf dem Rùcken..... und bilden nie eine vollstandige 
Reihe weil immer einzelne auf der Bauchflàche bleiben. Die beiden 
Oeffnungen eines Segments haben bisweilen eine ganz verschiedene 
Lage ». 

Ho fatto delle osservazioni a questo proposito in diverse specie di 
lombrici nostrali, ed ho ottenuto i seguenti risultati, che per maggior 
chiarezza ho riuniti in una tavola. 


(1) Proced. Zool. Soc. of London, 1885, 
(2) Z. f. w. Z. Bd. XIX. p. 620. 
(3) Z. f. w. Z. Bd. VIII, p. 401. 


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DELLE APERTORE SITUATE DAVANTI ALLABSITUATE DAVANTI ALLA 
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DESTRA | SINISTRA fl DESTRA | SINISTRA ff DESTRA | SINISTRA 

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APERTURE 
SITUATE SUL DORSO 
DESTRA | SINISTRA 


NUMERO 


NUMERO 
DEI 
SEGMENTI 


ONSSSTIERIETVTAZZIEZO NNO! 


Lumbricus 
rubellus 
Hoffm 


È da notare il gran numero delle aperture che si trovano sul dorso, alcune delle quali si 
trovano molto vicine al poro dorsale. 


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In questa specie gli orifizii degli organi segmentarii si trovano assai distanti dal margine 

anteriore dei segmenti; quelli posti davanti alla 2° e alla 4" setola sono piuttosto esterni alla linea 

formata dalla serie di queste setole; quelli che si trovano sul dorso oltrepassano difficilmente 

la metà dello spazio che corre tra la 4° setola ed il poro dorsale e dopo il clitello tendono ad 
avvicinarsi sempre più alla 4% setola. 

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Lumbricus 
purpureus 
Eisen 


Lumbricus 
hereuleus 
(Sav.) 


‘ È da notare la mancanza quasi assoluta degli orifizii situati davanti alla 4 setola, tuttavia 
i primi visibili cioè a cominciare dal 4° segmento, sono vicini assai a questa setola; quelli 
posti davanti alla seconda setola ne suno più vicini che nella specie precedente. 


Allolobophora 
turgida 
Eisen 


ra 
Sul dorso gli orifizii sono per la maggior parte situati a metà della distanza che corre tra 


Allolobophora 2 Trio i % 
chlorotica la quarta setola ed il poro dorsale ad eccezione sempre dei primi vicini assai alla 4* setola, 
(Sav.) d’altronde essi sono tutti molto piccoli e difficilmente visibili. 


_ ___ _———————————————_——_——_—__-— 

Eccezionalmente gli oritizi si trovano quasi tutti davanti alla seconda setola ventrale, essi 
sono posti molto vicini al margine anteriore del segmento; ho esaminato parecchi altri esem- 
plari ed ho sempre trovato pochissime aperture sul dorso e nessuna davanti alla 4° setola ad 
eccezione di quelle poste sul 3°, 4°, 5° e 6° sewmento. 

E? da noture il numero molto grande degli orifizii situati davanti alla 2* setola (ventrale); 
gli altri si trovano tutti sul dorso ad eccezione di quelli posti sui segmenti 3, 4, 5, 6, nei quali 
essi sono assai vicini alla 4° setola; queste particolarità avvicinano assai questa specie alla 
Allolobophora transpadana. L 


Allolohophora 
transpadana 
Rosa 


Allolobophora 
complanata 
(Dugès) 


Allolobophora fetida — Di 2 esemplari esaminati ho potuto vedere gli orifizi degli organi segmentari solo su 2/3 dei segmenti, per 1/3 questi orifizi erano situati davanti alla seconda 
(Sav.) setola; gli altri, ad eccezione di 7 od 8, posti presso a poco a metà della distanza che corre tra la 4° setola ed il poro dorsale, si trovavano tutti davanti 
alla 4° setola. ; 
Allurus tetraedrus — Gli orifizi degli organi segmentarii sono poco visibili in questa specie; in un esemplare di 73 segmenti ho potuto vederli su 47 segmenti: 21 di questi 
(Sav.) orifizi erano davanti alla 2" setola, 24 davanti alla 4° e 2 soli nello spazio che corre tra la 4* setola ed il poro dorsale; è da notare che questi orifizi si 
trovano molto vicini alla 2° o 4° setola quasi sulla linea longitudinale formata dalla serie di queste setole. 
Allolobophora celtica — A proposito di questa specie che io non ho esaminato il Rosa(1) dice: Aperture degli organi segmentali o nefridii visibili con certezza sin dal 3° segmento; 
Rosa parte di esse si trovano davanti alla 2* setola, parte davanti alla 4; in entrambi i casi però un po’ esternamente; queste diverse posizioni si seguono e 
si alternano senz’ordine e non vi è nemmeno simmetria fra il lato destro ed il sinistro. Questo fatto si osserva in tutti i tre individui. Ho osservato 
minutamente la posizione di questi orifizi in un individuo che Nol essendo ben completo non aveva che 52 segmenti; su 47 di essi erano ben visibili i pori 
dei nefridii; orbene di questi pori circa 2/3 stavano davanti alla 2* setola e 1/3 davanti alla 4'; la proporzione è sensibilmente uguale pei due lati, 


- 
(1) Boll. Mus. Zool. ed An. Comp., Torino, Vol, I. 


Da questa tavola risulta chiaramente che, non ostante l'opinione 
della maggior parte degli autori, « Ze aperture degli organi segmentari 
neî lombrici nostrali non st trovano tutte davanti alla seconda setola, 
ma possono occupare nello stesso individuo tre posizioni diverse, cioè 
trovarsi davanti alla 2* setota, davanti alla 4° setola, e nello spazio 
compreso fra ta 4° setola e îl poro dorsale. Aggiungerò che le aperture 
situate davanti alla 2° setola non sono sempre le più numerose, anzi nel 
Lumbricus rubellus e nel Lumbricus purpureus il loro numero è mi- 
nore di quello delle aperture situate nelle due altre posizioni; in una sola 
delle numerose specie da me esaminate, nell’ A//o/obophora transpadana, 
come ho già notato, queste aperture si trovano quasi tutte davanti alla 
2' setola. 

Benchè queste aperture si trovino sempre sul margine anteriore 
di ogni segmento, la loro posizione è molto irregolare; di fatto, nei 
segmenti corrispondenti degli individui della stessa specie esse pos- 
sono trovarsi in una qualunque delle 3 posizioni accennate, e nello 
stesso individuo queste posizioni si seguono e si alternano senza ordine, 
non presentando alcuna simmetria nello stesso segmento; ho osser- 
vato però che in tutte le specie che ho esaminato le aperture poste 
sui 3 o 4 primi segmenti in cui esse sono visibili (esse cominciano ad 
essere visibili ora sul 3°, ora sul 4° segmento) sono sempre in vici- 
nanza della 4° setola e non si trovano mai davanti alla 2° setola. No- 
terò ancora che le aperture situate davanti alla 2° setola lo sono 
sempre un po’ esternamente, ad eccezione dell’ Allurus fetraedrus, in 
cui esse sì trovano, per così dire, sulla stessa linea longitudinale formata 
dalla serie delle seconde setole; gli orifizi situati nello spazio compreso 
tra la 4° setola ed il poro dorsale, che ho notato come trovantisi sul 
dorso, viaggiano senza regola alcuna in questo spazio, avvicinandosi 
più o meno alla 4° setola o al poro dorsale, al quale però sono di rado 
molto vicini, nelle A//0/obophora più specialmente essi non oltrepassano 
quasi mai la metà di questo spazio. 

Mentre la posizione delle aperture esterne dei nefridii è così varia- 
bile, quella delle loro aperture interne è perfettamente uniforme; infatti 
i padiglioni dei nefridii di ciascuno dei due lati sono tutti disposti su 
una stessa linea corrispondente alle setole ventrali, sia che i loro pori 
esterni si aprano davanti alla seconda setola, o alla quarta, o sul dorso. 


788 - Tip. Guadagnini e Candellero » Torinò 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
Fee. 29/587 


N. 2$ pubblicato il 12 Agosto 1337 Vor. 


della R. Università di Torino 


Dott. L. CAMERANO. 


del GORDIUS TRICUSPIDATUS (L. Dufour) in Italia 


La distribuzione geografica di questa interessante specie di Gord?us, 
è, come di molte altre specie dello stesso genere, molto poco nota. 

L. Dufour che descrisse pel primo questa specie la trovò in un indi- 
viduo di GryZus burdigalensis; ma non dice da quale località prove- 
niva l’insetto. 

Il Charvet la trovò nelle acque correnti presso Grenoble nel 1834 (1). 

Joh. Natterer la trovò nell’ addome di un Dectictùs atbifrons di 
Sicilia (2). | 

Lo Schneider (3) descrisse pure questa specie; ma sopra esemplari di 
provenienza ignota. 

Il Villot trovò di nuovo questa specie nei contorni di Grenoble e la 
descrisse minutamente nel suo ultimo lavoro sul Gordius (4). 

L’Orley (5) riferisce alla specie in discorso l’unico esemplare posseduto 
dal Museo Brittannico il quale proviene da Ceylan. 

In un precedente lavoro (ricerche intorno alle specie italiane del ge- 
nere Gordius Atti R. Acc. Sc. dì Torino, vol. XXII 1887) io feci osser- 
vare che probabilmente una delle forme di Gordius studiate dal Bacou- 
nin (Mém. sur les Gordius d’eau douce des environs de Turin. Mem Acc. 
Sc. de Turin 1790) è da riferirsi al G. triîcuspidatus. 


(1) Ann. Sc. Nat. 1828, vol. XIV, pag. 122. 

(2) Diesing Syst. Helm, vol. II, pag. 96. 

(3) Monog. der Nemat., pag. 181, 1866. 

(4) Ann. Sc. Nat. ser. VII, vol. 1, pag. 313, 1887. 

(5) Ann. and. Mag. Nat. hist. Ser. 5*, vol. VIII, 1881, pag. 330. 


Ora io ho acquistato la certezza che questa specie di Gord?us si trova 
nelle vicinanze di Torino. 

Verso la fine di Maggio il signor Bertoldo mi portò un grande numero 
di Gordius viventi presi nei contorni di Orbassano. Fra molti esemplari 
di Gordius tolosanus Duj trovai tre esemplari femmina di Gordius tri- 
cuspîidatus. Iloro caratteri corrispondono alla descrizione del Villot e 
ad un esemplare femmina di Grenoble che il Villot mandò al Conte 
Ninni e che questi gentilmente mi comunicò 

Le dimensioni degli esemplari di Orbassano sono le seguenti: 


Lunghezza m. 0,30 Larghezza metri 0,0008 
» » (60729 » » 0,0010 
» » 0,22 » » 0,0008 


Questi individui stavano deponendo i loro curiosi cordoni di uova. 

La data della deposizione delle uova indicata dal Villot per questa 
specie nei contorni di Grenoble è la fine del mese di Giugno. Il Leon 
Dufour (op. cit.) osservò la deposizione delle uova nel mese di settembre 
(1827). 

È probabile che in questa come nelle altre specie di Gordius la depo- 
sizione delle uova si possa fare per tutta la buona stagione senza limiti 
troppo fissi di tempo. 

In questi ultimi giorni (Giugno 1887) io ricevetti per la consueta cor- 
tesia del Conte A. Ninni un esemplare femmina di Gordius tricuspî- 
datus, preso a Treviso. 

Le sue dimensioni sono: 


Lunghezza m. 0,176 Larghezza m. 0,0007 


Questo esemplare e gli altri sopra menzionati non hanno più traccia 
alcuna nè di cavità di invaginazione del rostro boccale nè di segmen- 
tazione. 


687 = Tip. Guadagnini e Candellero - Torino. 


bSBEr, INNO 


dei 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
VACCA 


a, Dr 7 della R. Università di Torino 


N. 29 pubblicato il 18 Ottobre 1887 Vot. II 


Dr. D. Rosa. 


Il NEOENCHYTRAEUS BULBOSUS n. sp. 


Le specie di Enchitreidi segnalate sinora in Italia si riducono a tre sole: 
Enchytraeus albidus Henle, E. adriaticus Vejdovsky, Epitelphusa ca- 
tanensis Drago. 

La prima venne segnalata nel 1864 dal Balsamo-Crivelli presso Pavia; 
è specie incertissima (1). La seconda fu trovata dal Vejdovsky sulle rive 
dell'Adriatico presso Trieste (2). La terza trovata parassita sulle bran- 
chle della Telphusa fluviatitis presso Catania, ci è nota ancor troppo 
incompletamente (3). 

Io ho trovato sinquì presso Torino quattordici specie di Enchitreidi, cioè: 


1. Neoenchytraeus galba (Hoffm.) 

2 « Perrieri (Vejd.) 

3. » Ratzelii (Eisen) 

4. » Leydigii (Vejd.) 

5 & bisetosus (Levinsen) 

6. » bulbosus n. sp. . 

7. Archenchytraeus ventriculosus (D’Udekem) 
8. » leptodera (Vejd.) 

9. » Bucholzii (Vejd.) 

10. » Sp. 


11. Bucholzia appendiculata (Bucholz.) 


(1) Balsamo-Crivelli G. Catalogo degli Anellidi, nelle Notizie naturali etc. 
sulla provincia di Pavia. Pavia 1864. 

(2) Vejdovsky F. Monographie der Enchytraeiden. Prag. 1879. 

(3) Drago U. Un parassita della Telphusa fluviatilis. Bull. Soc. Entom. Ita- 
liana. Firenze 1887. 


12. Pachydrilus Sp. 
13. » Sp. 
14 Anachaeta Sp. 


Pubblicherò , fra non molto, un lavoro esteso su questo argomento; 
frattanto dò qui la descrizione di una delle nuove specie: 


Neoenchytraeus bulbosus n. sp. 


Lunghezza 4—8"", filiforme bianco. 

Segmenti 32—42. 

Epidermide ornata di areole ghiandolari grandi, rettangolari, allun- 
gate trasversalmente, a margini sfrangiati, generalmente in una sola 
serie per segmento, cui s'aggiungono spesso altre areole minori pure al- 
lungate. 

Ctitello occupante i segmenti 12 e !/, coperto di cicli di grandi areole 
irregolarmente quadrate, granulose, che toccandosi agli angoli formano 
sul fondo liscio una specie di scacchiera. (4). 

Porî dorsali presenti dal 7° segmento in poi e muniti di una corona 
di grosse ghiandole unicellulari. 

Setole in numero di 4 per fascio nella metà anteriore del corpo, di 2 
nella posteriore , il numero 3 osservandosi solo in qualche segmento. 
Le setole dorsali son molto più piccole delle ventrali; in ogni fascio le 
setole esterne sono molto più larghe e grosse delle mediane. 

Cervello posteriormente arrotondato, anteriormente prolungato in un 
lobo triangolare a lati convessi. (5). 

Ghiandole salivari, in forma di sacchi cilindrici molto lunghi, a parete 
sottile, poco ramificati, generalmente solo biforcati, simili a quelli di- 
segnati dal Vejdovsky per l’E Leydigti 


(4) Quando l’animale è stato trattato con reagenti, allora la superficie del 
clitello prende l’aspetto disegnato dal Vesdovsky per l’Enchytraeus galba, 
gli esemplari freschi di questa specie offrono sul clitello lo stesso disegno che 
il N. dulbosus; del resto anche in d’altre specie si nota lo stesso cambia- 
mento. 

(5) Noterò qui che il Vejdovsky (Il. c.) descrive e figura il cervello dell’ Ex- 
chytraeus (Neoenchytraeus) galba Hoffm, e dell’E. (N). Leydigii Veid. come 
anteriormente concavi. Posso invece accertare che il ga/dba ha il margine an- 
teriore del cervello convesso come i Neoenchytraeus Ratzelii, durus e callosus 
di Eisen mentre il Leydigii ha lo stesso margine prolungato in un lobo come 
il N. dulbosus nihi, egli Enchytraeus bisetosus Levinsen, lobdifer, Perrieri ed 
hegemon Vejd. Tutte queste specie formano un gruppo molto naturale. Ciò 
ho dovuto notare perchè si vedano le vere affinità della nuova specie. 


Celtule chloragoghe leggermente giallognole, mediocri, finamente gra- 
nulose. 

Vaso dorsale visibile solo sino al 16°-18° segmento; le due prime paia 
«di vasi laterali che l’uniscono al vaso ventrale hanno comune da esso il 
punto di partenza. 

Spermateche, in forma di bulbo depresso , senza lobi laterali e ter- 
minate da appendice solida allungata, con tubo lungo, annulato , senza 
ghiandole. 

Vasî deferenti lunghi o circonvoluti, con padiglione di forma ordi- 
.‘naria, e prostata all'estremità. 

Nefridit sin dal ‘7° segmento, con antiseptale rigonfio sopratutto nei 
segmenti anteriori, postseptale ovale e tubo escretore subterminale. 

Cellule linfatiche ovali, piatte, mediocri. 


Habitat presso Torino, nel terreno e nel legno marcio. 


916 - Tip. Guadagnini e Candellero - Torino 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


(p della R. Università di Tori 
Dee 29/57 4 elia ih. Università di iorino 
N. SO pubblicato il 12 Novembre 1887 Vor. II 


Note di Biologia alpina. 


È 


Dottor LORENZO CAMERANO 


Dello sviluppo degli ANFIBI ANURI sulle Alpi. 


—————_— 


Il periodo girinale degli Anfibi è un ottimo reagente, secondo la felice 
espressione di Kollmann (1) per studiare l'influenza che le condizioni 
biologiche esercitano sullo sviluppo degli animali. 

I fatti che io verrò riferendo sono frutto di quattro anni di osserva- 
zioni fatte in varie località alpine e sopra girini sviluppatisi liberamente 
a varie altezze sul livello del mare. 

Il Fatio, il Pfluger, il Wiedersheim, il Brunk, il V. Ebner, l'’Hamann, 
Marie de Chauvin, il Weismann, il Kollmann, Héron, Royer, io stesso (2) 
ed altri si sono occupati dello studio dei fenomeni di allungamento del 
periodo girinale degli Anfibi e dei fenomeni di neotenia, e io non ripe- 
terò qui i fatti e le conclusioni già note a tale proposito. 

Io feci le osservazioni intorno allo sviluppo degli Anfibi anuri nelle loca- 
lità seguenti e nelle seguenti condizioni di altezza sul livello del mare. 

1° Nella valle di Andorno (Biellese) durante la seconda metà di luglio, 


(1) Die Anpassungsbreite der Batrachier und die Correlation der organe. 
Zool. Anzeig. 1867-1884. 

(2) L. CAMERANO, Ricerche intorno alla vita branchiale degli Anfibi. Mem. 
R. Acc. delle Scienze di Torino, sez. II, vol. XXXV, 1883. — Intorno alla 
neotenia ed allo sviluppo degli Anfibi. Atti R. Accademia delle Scienze di To- 
rino, vol. XIX, 1883. — Nuove osservazioni intorno alla neotenia. Ibidem, 
vol. XX, 1884. Vedasi queste pubblicazioni per la parte bibliografica riguar- 
dante l’argomento. i 


DD 


del mese di agosto e di settembre del 1884 (1). I limiti di altitudine sul 
livello del mare, fra i quali vennero fatte le osservazioni sono : dai '786 
metri ai 1866 metri sul livello del mare. 

2° Al colle di S. Giovanni (valle di Viù), nella seconda metà di lu- 
glio e nei mesi di agosto e di settembre del 1885. Le osservazioni ven- 
nero fatte fra i 1100 ed i 2100 metri sul livello del mare. 

3° Valle di Andorno (Biellese), nella seconda metà di luglio e nei mesi 
di agosto e di settembre del 1886. Le osservazioni vennero fatte fra gli 
864 ed i 2100 metri sul livello del mare. 

4° Valle Grande di Lanzo, nella seconda metà di luglio e nei mesi 
di agosto e settembre del 1887. Le osservazioni vennero fatte fra gli 800 
ed i 2200 metri sul livello del mare. 

Nel primo periodo di osservazioni nella valle d’Andorno nel 1884, io 
presi a studiare contemporaneamente lo sviluppo dei girini della Rana 
mula Laur. nelle località seguenti : 

Campiglia, metri ‘786 sul livello del mare; 

Gli Ondini, m. 800 circa sul liv. d. m.; 

Quittengo (Roreto), m. 841 circa sul liv. d. m.; 

Ponte del Concresio, m. 864 sul liv. d. m.; 

Alpe Rosei (Vallone della Vecchia), m. 1188 sul liv. d. m.; 
Lago della Vecchia, m. 1866 sul liv. d. m. 

Le pozze presso gli Ondini e presso Quittengo sono in luoghi boscosi, 
e quindi ricevono poco sole; la profondità dell’acqua è relativamente 
grande, e l’acqua non viene mai a mancare. 

Le pozze presso il ponte del Concresio sono esposte a pieno sole; esse 
servono per la macerazione della canapa; in alcune l’acqua viene a 
mancare verso la fine di agosto. 

La pozza dell'Alpe Rosei è in pieno sole; è piccola e poco profonda, 
ma in essa non manca mai l’acqua, ricevendola da una sorgente. 

Il lago della Vecchia è spoglio tutto allo intorno di vegetazione ar- 
borea. In esso i girini si osservano principalmente presso la riva. Presso 
al lago vi è una piccola pozza alimentata dallo scolo del lago stesso. La 
profondità di questa pozza è di trenta o quaranta centimetri. 

Nell'estate del 1884 non vi era neve affatto in prossimità del lago. 

Tutte queste acque, esaminate negli ultimi giorni di luglio e nei primi 
di agosto, diedero i seguenti risultati: 

Nel lago della Vecchia i girini di Rana muta erano divisibili per quanto 
riguarda i loro stadii di sviluppo, nei gruppi seguenti: 

(a) 1° Girini senza traccia di zampe posteriori, di mole assai piccola, 
nella proporzione del 20 per %. 


(1) Devo uno speciale ringraziamento al dottor Ugolino Mosso, il quale mi 
fu di notevole aiuto per le osservazioni compiute in questa località. 


= 3 — 


(b) 2° Girini con zampe posteriori, della lunghezza di un millimetro 
e mezzo o due, in proporzione dell’80 %. 

Nella pozza vicina al lago sì trovavano: 

(c) 1° Girini con zampe posteriori lunghe due millimetri o due mil. 
limetri e mezzo. La mole complessiva è un po’ superiore in generale di 
quella dei girini del lago. Mancano i girini senza zampe posteriori. 

Nella pozza dell'Alpe Rosei i girini erano assai numerosi e avevano 
le zampe posteriori come nel caso precedente. 

Nelle pozze del ponte Concresio, pozze in numero di otto collocate a 
pochi metri di distanza le une dalle altre, ma disposte in modo da 
ricevere tutte una eguale quantità di sole, ho osservato una notevole 
differenza nello sviluppo dei girini dall’una pozza all’altra. 

In due pozze i girini sono a un dipresso nello stesso stadio e della 
stessa mole dei girini del gruppo (2) del lago della Vecchia. Nelle altre 
pozze il loro sviluppo è più inoltrato e in parecchie si osservano : 

(4) 1° Girini colle zampe posteriori lunghe dai tre ai quattro mil- 
limetri, in proporzione del 30 °/,- 

(e) 2° Girini colle zampe posteriori quasi totalmente sviluppate, in 
proporzione del 25 °/, circa. 

(7) 3° Girini colle zampe anteriori già uscite fuori o presso ad uscire, 
26:*/x circa. 

Nelle pozze degli Ondini e in quelle presso Quittengo, le quali hanno 
acqua profonda e sono fra gli alberi, all’ombra, si trovano i seguenti 
stadii di girini : 

1° Girini assai piccoli, appena coi rudimenti delle zampe posteriori 
di poco più inoltrate nello sviluppo che quelli (a) del lago della Vecchia, 
nella proporzione del 25 °/ circa. 

2° Girini colle zampe posteriori lunghe un paio di millimetri, nella 
proporzione di circa il 60 %. 

3° Girini con fuori le quattro zampe, sul punto di trasformarsi, nella 
proporzione del 15 °/, circa. 

Le stesse località esaminate alla fine di agosto e in principio di set- 
tembre presentavano i girini negli stadiîi seguenti di sviluppo : 


Girini del gruppo (a) nella proporzione del 12 %; 
» (2) » » TO 
» (c) » » 13%: 


Complessivamente considerati, i girini erano meno numerosi che non 
in sulla fine di luglio ed in principio di agosto. 

Nella pozza vicino al lago i girini erano in complesso arrivati allo 
stadio del gruppo (d); qualcuno presentava le zampe posteriori quasi to- 
talmente sviluppate, gruppo (e). 

Nella pozza dell’Alpe Rosei i girini avevano le zampe posteriori quasi 
totalmente sviluppate. 


ai — 


Nelle pozze del ponte Concresio i girini sono notevolmente diminuiti 
di numero. Nella massima parte di esse si hanno : 


Girini del gruppo (A) . . 10%; 
» » (e) : i 60 %; 
» » (7) : ‘ 30 ‘o 


Nelle due pozze sopra menzionate, in cui lo sviluppo dei girini era 
meno avanzato (2), ì girini erano quasi tutti arrivati allo stadio del 
gruppo (d) e qualcuno -anche a quello (e). 

Nelle pozze di Quittengo e in quelle degli Ondini non ho più»osservato 
alcun girino nello stadio (a). I girini colle zampe posteriori lunghe un 
paio di millimetri erano circa il 70 °/, e quelle presso a trasformarsi 
circatil30 °/,. 

Queste stesse pozze, esaminate verso la fine di settembre, presentavano 
ancora il 40 °/, circa di girini colle zampe posteriori lunghe poco più 
di un paio di millimetri. 


2° Periodo di osservazioni: Colle di S. Giovanni (Valle di Viù). Presi 
a studiare contemporaneamente lo sviluppo dei girini di Rana muta nelle 
località seguenti: 

1° Una piccola pozza poco al disotto del paese verso Viù, profonda 
un 20 centimetri circa, melmosa, con molta vegetazione e ben esposta 
al sole; 

2° Pozza nel vallone di Ricciai sotto il Colletto, prodotta da ristagno 
di acqua corrente: fondo non melmoso, ben esposta al sole ; 

3° Parecchie altre pozze analoghe alla precedente al ponte di Ricciai; 

4° Una pozza sopra Berteseno, m. 1300 circa sul liv. d. m., larga 
e poco profonda, melmosa , prodotta dal ristagnarsi di un piccolo ru- 
scelletto ; 

5° Lago del Civrario a circa 2100 m. s. 1. d. m, Questo lago è pic- 
colo, poco profondo, con sponde torbose. 

Queste località, salvo l’ultima, visitate nella fine di luglio e nel prin- 
cipio di agosto, presentavano i girini di Rana muta nei seguenti stadii 
di sviluppo : 

Nella 1°. Pochi girini quasi al tutto trasformati; 
Nella 2°, nella 3" e nella 4°..I girini erano numerosi. 
(a) Girini senza zampe posteriori, 25 %; 
(2) » con zampe posteriori rudimentali, 70 °%;; 
(c) » » » quasi al tutto sviluppate, 5 %. 

Il lago del Civrario, esaminato verso la fine di agosto, mi presentò 

pochi girini, i quali avevano appena le zampe posteriori rudimentali (1). 


(1) Osservai nello stesso tempo un fatto abbastanza curioso: nel lago vi erano 
numerosi scheletri di Rana muta, alcuni ancora con pezzi di carne attaccata 
alle ossa. Trovai una sola Rana muta adulta. Forse si tratta di una eccezio- 


STE. GE 


Le quattro prime località alla fine di settembre presentavano quanto 
segue : 
Nelle pozze 1° e 2° non vi erano più girini; probabilmente tutti si 
erano trasformati. Nelle pozze 3° e 4° sì avevano: 
Girini del gruppo (0), in proporzione dell’80 %;; 
» » (c) » » 20%. 
Mancavano al tutto quelli dello stadio (a). 


3° Periodo di osservazioni (Valle di Andorno, Biellese). 
Le località studiate sono: 

1° Le pozze del ponte del Concresio, già menzionate; 

2° La pozza dell'Alpe Rosei, già menzionata; 

3° Il lago della Vecchia, già menzionato; 

4° Alcuni ristagni d’acqua nei pendii del monte Bo, circa 2100 m. 
Sold 

Nelle località 1° e 3° trovai, sia in principio di agosto, sia in sulla fine 
di settembre, a un dipresso i girini nelle stesse proporzioni, per quanto 
riguarda i vari stadii di sviluppo che aveva già osservato nel 1884. 

Nella pozza dell’ Alpe Rosei in principio di agosto i girini erano più inol- 
trati che nel 1884, ed avevano quasi tutti le zampe posteriori ben svilup- 
pate, e infatti in sulla fine di settembre questa pozza non aveva più girini 
affatto. Si ebbe quindi nel 1885 uno sviluppo più rapido, 0, per meglio 
dire, lo sviluppo dei girini potè compiersi prima della fine di settembre. 

4° Periodo di osservazioni (Valle Grande di Lanzo). 

Le località studiate sono : 

1° Una pozza presso Chialamberto a circa 800 m. s. l.d. m., poco 
profonda, tra gli alberi; 

2° Varie pozze prodotte da ristagni di un ruscello a Vonzo, a circa 
1200 m. s. l. d. m., esposte al sole; 

3° Il laghetto della Gura nel vallone omonimo, a circa 2200 m. s. 
1. d. m. Questo laghetto è poco profondo ed ha fondo melmoso. 

Queste località, esplorate sulla fine di luglio e in principio di agosto, 
presentarono i girini negli stadii di sviluppo seguenti: 

Nella 1° località i girini, abbastanza numerosi, avevano le zampe 
posteriori lunghe circa 4 millimetri, nella proporzione dell’80 °/. Un 
20 % circa erano sul punto di trasformarsi. 

Nella 2° località trovai: 

Girini con zampe posteriori rudimentali, 40 %; 
» wa » di tre o quattro millimetri, 60 °/,. 


nale mortalità prodotta dalla grande quantità di neve caduta nell’inverno pre- 
cedente, che prolungò di troppo la stagione invernale a quella altezza. La 
neve infatti si trovava ancora a pochi metri di distanza dal lago. Ciò forse 
spiega la grande scarsità di girini e gli scheletri osservati. 


=-6G = 


Nel laghetto della Gura, che io esplorai verso la metà di agosto, i 
girini avevano presso a che tutti le zampe appena rudimentali. 
Verso la fine di settembre: 

Nella 1° località vi erano ancora parecchi girini con zampe poste- 
riori non ancora intieramente trasformate, nella proporzione del 30 °%. 
In complesso i girini erano notevolmente diminuiti di numero. 

Nella 2° località i girini con zampe posteriori rudimentali erano an- 
cora il 25 °| circa. Quelli presso a trasformarsi erano al più il 15 %. 

Nella 3° località appena il 10° di girini presentava un apprezza- 
bile aumento di sviluppo nelle zampe posteriori. 


Per trarre qualche conclusione; dai fatti ora esposti è d’uopo tener 
conto: 1° Dell’epoca nella quale comincia la deposizione delle uova nelle 
Alpi; 2° Delle cause che possono agire sullo sviluppo delle uova, ritar- 
dandolo o accelerandolo. 

Dalle osservazioni ‘che io stesso ed altri hanno fatto si può dedurre - 
che nelle Alpi comprese fra il Monte Rosa e la Valle di Susa, nel ver- 
sante italiano, dai 700 m. s. 1. d. m. in su, la deposizione delle uova si fa 
dalla fine di maggio al principio di agosto. 

Nella stessa località vi possono essere oscillazioni di tempo notevole, 
secondo la lunghezza e la rigidezza dell’inverno. Nelle regioni più ele- 
vate la deposizione delle uova non avviene, per quanto mi consta, gran 
fatto prima del luglio. 

Le cause che agiscono sullo sviluppo dei girini nelle Alpi sono, per 
quanto io ho potuto osservare, principalmente le seguenti : 

1° La temperatura dell’acqua; 

2° Il perdurare dell’acqua nelle pozze o il loro più o meno rapido 
disseccarsi ; i 

3° La quantità di nutrimento che si trova a disposizione dei girini; 

4° La quantità di calore e di luce solare che le pozze ricevono. (1). 


(1) Il Yune. (Influence du nombre des individus contenus dans un méme 
vase et de la forme de ce vase sur le développement des larves de grenouille. 
Compt rendus, Acad. Sc., vol. ci, 1885, pag. 1018) studiando l’azione del nu- 
mero dei girini nello stesso vaso e della forma di questo sullo sviluppo, giunse 
a queste due conclusioni: 

1° « Que la durée du développement des larves de grenouille (Rana escu- 
lenta) est d’autant plus longue, que leur nombre est plus. grand dans une 
méme quantité d’eau, la nourriture étant d’ailleurs en surabondance ». 

2° « Les larves de grenouille se développent d’autant plus rapidement que 
le diamétre (et par conséquent la surface d’aération) des vases dans lesquels 
on les places est plus grand. » 

Nei girini che si sviluppano liberamente nelle pozze ho osservato fatti, che 
io espongo in seguito, che si possono forse riferire in parte ai fenomeni 
studiati dal YunG in girini allevati in vasi nel laboratorio. 


o e 


Queste cause hanno maggior azione sullo sviluppo dei girini che non 
l'altitudine sul livello del mare, considerata isolatamente. 

Rispetto alla temperatura dell’acqua io ho osservato (Valle di Andorno, 
Colle di S. Giovanni) che nelle pozze e nei ristagni d’acqua proveniente 
da fontane in cui la temperatura è in media inferiore ai 4 12" o ai 
4 14° centigradi, non si trovano mai girini di Rana muta nè di altri 
Anfibi anuri, sebbene in pozze vicine in cui la temperatura dell’acqua . 
è in media + 17° o + 20° centigradi essi siano numerosi. Ho osservato 
pure che al disopra dei 1500 m. s. 1. d. m. i girini sono principalmente 
abbondanti nelle pozze. poco profonde, ben esposte al sole e incassate fra 
le roccie dove l’acqua, nel giorno almeno, oscilla dai + 16° ai + 20° 
centigradi (Lago del Civrario — Pozze vicine al lago della Vecchia — 
Laghetto della Gura). 

1° La maggiore o minor temperatura dell’acqua ritarda o accelera 
lo sviluppo, indipendentemente dall’altezza della località sul livello del 
mare ; 

2° La quantità d’acqua, vale a dire la profondità delle pozze e so- 
pratutto il suo perdurare in queste, è una causa che rallenta lo sviluppo. 
A questo proposito io feci al Colle di S. Giovanni alcuni esperimenti 
diretti. 

Io raccolsi in principio di agosto una diecina di girini nella pozza sopra 
menzionata di Berteseno, i quali avevano tutti le zampe posteriori lunghe 
a un dipresso m. 0,002. La loro lunghezza totale media era di m. 0,028. 
Posi questi individui in un recipiente con appena un dito e mezzo d’acqua, 
che io però cambiava frequentemente; diedi loro qualche girino più pic- 
colo morto e qualche po’ di alghe filamentose per nutrimento ; tenni 
questi girini in casa ad una temperatura oscillante fra i + 19° e i 4+- 23° 
centigradi. Alla fine di agosto due girini erano morti, e gli altri otto 
avevano già messo fuori le zampe anteriori, quindi erano prossimi a 
trasformarsi. Nella pozza di Berteseno, alla stessa epoca, i girini pros- 
simi alla metamorfosi erano saliti appena all’8 °/,. 

Raccolsi pure in una piccola pozza presso il Colletto quattro girini 
colle zampe posteriori lunghe da m. 0,003 a m. 0,004 e li tenni in casa 
senza altro nutrimento che qualche pezzo di girino morto, in un piccolo 
bicchiere pieno soltanto fino a metà di acqua, che io rinnovavo spesso. 
La lunghezza di questi girini era in media di m. 0,035. Essi non creb- 
ber. viù di mole, ma in cinque giorni a tre di essi si svilupparono com- 
pie uucute le zampe posteriori ed uscirono le anteriori; il quarto impiegò 
sette giorni per arrivare allo stesso stadio. Durante questo tempo io non 
osservai nessun mutamento sensibile nei girini, non molto numerosi, della 
pozza che io visitavo giornalmente. 

Questi fenomeni, a mio avviso, si osservano pure in natura nelle con- 
dizioni seguenti. In molte pozzanghere l’acqua viene gradatamente a scar- 
seggiare per evaporazione in estate, I girini si riducono nel mezzo della 


2 + 4 


pozza nella poca acqua che rimane, e qualche volta sono in numero 
tanto grande da far apparire l’acqua di color nerastro. Se lo scarseg- 
giare dell’acqua sì fa bruscamente, la maggior parte dei girini muore, 
o si essica sul fondo rimasto asciutto; come si può osservare d’estate in 
molti luoghi, se invece l’acqua diminuisce lentamente, la maggior parte 
dei girini, quelli almeno che sono già sufficientemente inoltrati nello 
sviluppo, accelerano, per dir così, il loro svilupparsi e giungono alla 
trasformazione. Io ho osservato molto bene questo fatto in una piccola 
pozza presso il Col S. Giovanni, Ja quale era in un prato e andava len- 
tamente essicandosi per evaporazione dell’acqua. Questo fatto si osserva 
pure nelle pozze del piano che sì trovano nelle stesse condizioni. 

I girini che si sviluppano in queste condizioni hanno generalmente 
una mole un po’ più piccola di quelli che si sviluppano in condizioni 
normali. 

La quantità di maggiore o minore nutrimento agisce forse anche come 
causa acceleratrice o rallentatrice dello sviluppo dei girini; ma, a mio 
avviso, essa è la meno importante; essa agisce piuttosto sulla mole mag- 
giore o minore che i girini raggiungono nelle varie località, mole che 
non è in correlazione colle modificazioni degli organi. 

La quantità di luce e di calore solare che i girini ricevono nelle pozze 
è pure da considerarsi. 

Nelle regioni alpine, dove la buona stagione è assai corta, la scarsità 
di luce e di calore può rallentare notevolmente lo sviluppo dei girini, 
e ciò indipendentemente dall’altezza s. 1. d. m. Così, ad esempio, io credo 
sì possa spiegare il maggior tempo impiegato dai girini delle pozze degli 
Ondini rispetto a quelli del ponte del ‘Concresio sopra menzionato col 
fatto che le pozze degli Ondini sono fra alberi alti e folti e ricevono 
luce e calore in quantità molto minore. 

Fenomeni analoghi vennero già osservati in esperienze di laboratorio, 
sopratutto dal Yung, in quanto riguarda l’azione del color verde sullo 
sviluppo delle uova e dei girini; fenomeni simili vennero osservati anche 
in pozze di pianura (1). 


I girini da me studiati nelle varie località delle Alpi presentano un 
polimorfismo assai spiccato riguardante la mole e lo sviluppo delle estre- 
mità posteriori e della membrana caudale. 


(1) Si consulti a tal proposito V. FaTIO, Faune des Vertebres de la Suisse, 
Rept. e Batr. 1882; MicHELE LESSONA, Stud? sugli Anfibi Anuri del Piemonte. 
Mem. R. Acc. dei Lincei, sez. III, vol. 1, 1877; E. Junc, Contribution à Vhi- 
stoiîre de l’influence des miliéux physiques sur les étres vivants. Archiv. de 
Zool. expérim., v. 7, 1878 — Archiv. des Sc. Phys. et Nat., Genève, vol. VII, 
1882 — Archiv. de Zool. expérim., 1883. — L. CAMERANO, op. citat. — SCHNETZLER, 
Influences de la lumière sur les larves des grenouille. Arch. des Sc. Phys. et 
Nat., vol. LI, 1874. 


= 9 


Nella stessa pozza i girini esaminati nello stesso giorno, come sopra 
ho accennato, possono essere in tre o più stadii di sviluppo abbastanza 
distanti gli uni dagli altri. Come si può spiegare questo fatto? Si può 
ritenere anzitutto che nei mucchi di uova gli strati superficiali si svi- 
luppano un po’ prima degli altri, e quindi si ha qui una prima causa 
di differenze fra i girini provenienti dalla stessa deposizione di uova. 
Inoltre vi sono certamente delle cause individuali che non conosciamo. 
Oltre a ciò io credo ancora che nelle località alpine, principalmente, una 
parte dei girini sverni e si trovi nel periodo estivo seguente ad uno 
stadio di sviluppo molto inoltrato (1). 

La mole dei girini varia molto da pozza a pozza; ma a questo riguardo 
io debbo far osservare che fra la mole e lo sviluppo delle estremità po- 
steriori non vi è correlazione costante. Ho osservato che si è general- 
mente nei laghetti o nelle pozze più elevate sulle Alpi che si trovano 
girini con mole maggiore, quantunque le zampe posteriori siano al tutto 
rudimentali, e io credo che ciò dipenda dallo svernare che fanno la 
maggior parte di questi girini. 

Tenendo conto delle osservazioni fatte dai vari Autori ripetutamente 
citate e di quelle ora riferite, mi pare si possa giungere alle conclusioni 
seguenti: 

1° Nelle regioni alpine lo sviluppo degli Anfibi anuri procede meno 
regolarmente, per quanto riguarda il tempo impiegato ad arrivare alla 
metamorfosi, che non nel piano; 

2° Anche per gli Anfibi anuri, come per gli Urodeli (Triton) (2), 
l’altezza delle varie località s. 1. d. m. non influisce che mediatamente nel 
produrre un allungamento o un raccorciamento del periodo girinale; 

8° Sono principalmente da ritenersi come cause modificatrici della 
lunghezza del periodo girinale: la temperatura, la profondità delle acque 
e la quantità di luce e di calore solare che i girini ricevono, ed in ul- 
tima linea anche la quantità di nutrimento; a queste cause si può ag- 
giungere forse in certi casi anche il numero dei girini raccolti nella 
stessa quantità di acqua. 

4° La quantità di nutrimento agisce più sulla mole generale che i 
girini assumono che non sul tempo pei essi impiegano per giungere alla 
metamorfosi; 

5° I girini che si sviluppano in pozze circondate da alberi folti, in 
modo che la luce non viene loro trasmessa che attraverso alle foglie, 
rallentano sensibilmente il loro sviluppo; 

6° Nelle regioni alpine una notevole quantità di girini di Rana muta 
non giunge a trasformarsi nello stesso anno prima del sopraggiungere 


(1) L. CAMERANO, opera citata. 


(2) L. CAMERANO, Ricerche intorno alla vita branchiale degli Anfibi, op. 
citata. 


dell'inverno. Una parte di questi girini perisce o per l’essicarsi troppo 
rapido delle pozze o pel loro rapido e completo congelamento; ma una 
parte passa l’inverno nel fango in una sorta di letargo; 

7° Si può ritenere che nelle località alpine da me studiate i girini di 
Kana muta che si trovano in pozze al disotto dei 1000 m. s. 1. d. m., vale 
a dire dai 600 m. circa in su, alla fine di settembre colle zampe posteriori 
soltanto rudimentali o lunghe al più un paio di millimetri, non arrivano 
più a trasformarsi nello stesso anno. La stessa cosa si può dire pei girini 
che si trovano nello stesso stadio di sviluppo alla metà di agosto in lo- 
calità poste fra i 1000 e i 1300 m. s, 1. d. m. Per le località al disopra 
dei 1800 m. io credo si possa ritenere quasi costante il fatto dello sver- 
nare dei girini di Rana muta. 

Nei girini svernanti sì possono verificare di tratto in tratto casì di 
neotenia: vale a dire qualche girino non si sviluppa nemmeno nella buona 
stagione successiva, e continua lo stadio girinale per vari anni. Fino 
ad ora non si conoscono negli Anfibi anuri casi di girini che, rimanendo 
tali, abbiano portato i loro organi riproduttori a maturità. 

Per ciò che riguarda i girini di Rana muta che si sviluppano nelle 
regioni alpine, sopratutto nelle più elevate, il fatto del compiere lo svi- 
luppo in due anni non costituisce un caso di neofenia propriamente detta, 
ma lo sì deve considerare come un portato diretto della brevità della 
stagione calda e delle altre cause sopra menzionate. Questi fatti tuttavia 
possono occasionalmente provocare i fenomeni neotenici. 


943 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3. 


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BOLLETTINO 


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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
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della R. Università di Torino 


N. 54 pubblicato il 16 Novembre 1887 Voc. II 


Note di Biologia alpina. 


II. 


DIS: Rosa 


La distribuzione verticale dei lombrichi sulle Alpi. 


Il Darwin, nella sua opera — The formation of vegetable mouta 
through the action of worms — cap. I, scrive: « On the mountains 
of North Wales and on the Alps, worms, as I have been informed, are 
în most places rare; and this may perhaps be due to the close pro- 
aimity of the subjacent rocks, into which worms cannot burrow 
during the winter so as to escape being frozen. Dr. McIntosh; however, 
fand worms-casting at a heîght of 1500 feet on Schiehatltion în 
Scotland. They are numerous on some hills near Turin at from 
2000 to 3000 feet above the sea, and at a great attituade on the Nitgiri 
Mountains în South India and on the Himalaya. » 

Non mi consta che si abbiano maggiori cognizioni su questa questione 
della distribuzione verticale dei lombrichi. 

Io ho riunito in una tavola i dati che posseggo su questo argomento. 
Questa tavola potrà essere modificata da ulteriori ricerche ; tuttavia, 
tal quale è, io credo che non le si possa negare un certo valore, es- 
sendo fondata su osservazioni fatte per oltre sei anni sopra ricchissimo 
materiale. Questo materiale lo debbo per la massima parte al mio collega 
ed amico Dr. Lorenzo Camerano ed al conte L. P. Ninni. 


Distribuzione verticale dei lombrichi dai mari Tirreno ed Adriatico alle Alpi. 


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mediterranee 


In questa tavola non ho tenuto conto di alcune specie, che ci sono 
note da troppo poche località. Esse sono: A. Niînn?î Rosa (Pavia e Tre- 


viso: 20-60), A. minima Rosa (Rosazza: 900), Criodrilus lacuum Hoffm. 


\Moncalieri, Pavia, Treviso: 


20-20). 


A prima vista la disposizione di questa tavola può parere poco razio- 
nale: gli è che nel raggruppare le specie ho tenuto conto non solo della 
distribuzione verticale, ma anche di quella orizzontale. 

Su queste basi ho diviso i nostri lombrichi in tre gruppi: 

1° Forme alpine. Esse salgono sui monti ad altezze variabili da 
1600 a 2300", ma son caratterizzate dal non discendere sino alla pianura 
del Po; nessuna di queste specie arriva sino a Torino (230"). Queste 
specie non sono state trovate sinora al di sotto di 800”, salvo due : il 
Lumbricus Eiseni Lev.'e 1’ Allolobophora constricta Rosa, che si trovano 
a Rivarossa canavese (300”), località collinosa, la cui fauna ci presenta 
ancora varie forme alpine appartenenti a diversi gruppi; 

2° Forme del piano. Sono caratterizzate dal rinvenirsi nella pia- 
nura del Po; alcune salgono notevolmente in alto sui monti (sino a 2200"), 
altre pochissimo, ma tutte (salvo forse il Lumbricus castaneus (Sav.). 
= L. purpureus Eisen discendono sino al mare); 

3° Forme mediterranee. Questo gruppo comprende solo per ora le 
Atlotobophora gigas (Dugès), complanata (id.) e veneta Rosa. Le due 
prime possono salire dal mare sino a 700", ma solo sulle Alpi Liguri 
(Ormea, Montezemolo); la seconda si’ avanza nell'Alto Monferrato sin 
verso il Tanaro, ma tanto l’una che l’altra si cercherebbero invano 
nelle pianure del Po; l'A. complanata si ritrova al nord dell’Adria- 
tico, ma poco lungi dal mare (Udine e Treviso). Quanto alla A. veneta 
non l’ebbi sinora che da Venezia, Udine e Genova (var.). 

Dalla tavola si può ancor trarre la conclusione che la zona più ricca 
in specie di lombrichi è la zona alpina che sta fra 900° e 1600°, nella 
quale s'incontrano le specie del piano con le specie alpine. 

Anche nei lombrichi sì osserva il noto fenomeno del sostituirsi che 
fanno specie fra di loro affinissime, andando dal piano al monte o vi- 
ceversa. Così 1’ AZzo/obophora complanata (Dugès), specie meridionale, è 
sostituita nella pianura del Po dalla affinissima A. transpadana Rosa, 
come questa lo è sui monti dall'A. profuga id. Così lA. constricta Rosa 
sostituisce sulle Alpi l'A. subrudicunda Eisen; così ancora l'A. trape- 
zoides (Dugès) non compare sulle Alpi che nella varietà corrispondente 
alla A. furgida Eisen. 

Che i lombrichi salgano così in alto sulle Alpi non è cosa strana, chi 
consideri quanto essì si spingano lontano nel nord. In Siberia nelle spe- 
dizioni del Nordenskiòld si raccolse l’Altolobophora mucosa Eisen sino 
a 68° 45' di lat., A. Nordenskibdldii id. sino a 71° 55', VA. subrubi- 
cunda id. solo a 55°, ma l'A. ocfaedra (Sav.) = Dendrobaena Boeckîî 
Eisen sino a '73° 20’ al Matotschkin Sharr. Si trovano del resto dei lom- 
brichi nel nord della Norvegia e alle Loffoden (Eisen), in Islanda (Leu- 
ckart), al Groenland (Fabricius), a Terra Nuova e al Canadà (Eisen). 


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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 
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ea 29. /59 7 della R. Università di Torino 


N. 32 pubblicato il 19 Novembre 1887 Vor gli 


Dr. DANIELE Rosa 


HORMOGASTER REDII, n. g., n. sp. (4). 


Questa nuova forma di lumbricidi italiani forma il passaggio dai pre- 
clitelliani agli intraclitelliani, sebbene si avvicini di più ai primi pel 
complesso della sua organizzazione. Darò qui i caratteri esterni che la 
distinguono , riservando l’esame anatomico per una prossima pubblica- 
zione. 

Lunghezza degli esemplari posti direttamente in alcool sino a 16 cm. 
con diametro di 9"; eli individui vivi si possono allungare sino a 35 cm. 
— Forma cilindrica. 

Colore bruno terreo, inferiormente più chiaro. 

Lobo cefalico distinto dal 1° segmento (segm. boccale), il cui margine 
anteriore è quindi integro. 

Critelto occupante i segmenti (15—25) = 11, difficilissimo a distinguere, 
perchè i suoi segmenti non sono rilevati, nè fusi insieme. 

Tubercule pubertatis ai segmenti 18-24. 

Aperture maschili all’intersegumento 15 —16 esternam. alla 2* setola. 

Aperture femminili verso il margine inferiore del 14° segmento. 

Setole in 4 serie per lato; le due setole del paio ventrale sono tanto 
distanti fra di loro come dalle dorsali; queste sono invece strettissi- 
mamente geminate. 

Habitat: Sardegna (Ghilarza presso Cagliari, dal Dr. A. Contini) — 
Roma (Orto botanico, dal Dr. Avetta). Si deve trovare anche in Toscana, 
poichè si trova già descritta e figurata riconoscibilmente dal Redi (Vedi 
Redi — Osservazioni intorno agli animati viventi, ecc., tav. XVI. 
Firenze, 1684). 


(1) De Hormos = monile, perchè l’esofago presenta anteriormente 3 ventrigli 
successivi. 


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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


CS pe 34 g della R. dg di Torino 
N. #5 pubblicato il 25 Novembre 1887 Vot. II 


CAMILLO GIBELLI. 


Delle variazioni di colore nel CARABUS OLIMPIAE (Sella). 


Le osservazioni fatte sopra numerosi esemplari del Caradus Olimpia, 
in massima parte offertimi gentilmente dal signor Filippo De Filippi, ed 
in parte appartenenti al Museo zoologico di Torino, mi danno l’oppor- 
tunità di mettere in chiaro le varie colorazioni, che presenta questo 
ricercato coleottero. 

Già il sig. Stierlin accennò nel Bollettino entomologico della Società 
Elvetica (1) a tre tipi di colorazione ben distinti: 

a. La faccia superiore è giallo-dorata, gli orli esterni e la parte 
mediana del corsaletto e della testa sono di un rosso-porpora splendente. 
Questa colorazione, secondo lo Stierlin, appar terrebbe al Carabus Olim- 
piae tipico. 

d. Le elitre sono verdi-dorate, il loro margine più esterno rosso- 
porpora, e tra questo ed il verde delle elitre si estende una zona giallo- 
dorata; la testa ed il corsaletto sono di una tinta purpureo-oscura, che 
degrada in rosso porpora verso i margini ed all'indietro del corsaletto. 
Questa descrizione corrisponde a quella data dal Sella e costituirebbe 
la varietà SeZlae (Stierlin) o Stierlini (Heyden) (2). 

c. Le elitre sono di un verde oscuro, l’orlo giallo cupreo, la testa 
nera, il corsaletto nero, coi margini giallo cuprei. Questa maniera di 
colorazione non fu qualificata con un nome speciale. 

Dalle mie osservazioni risulterebbe un quarto tipo di colorazione: 


(1) Mittheilungen der schweizerischen entomologischen. Gesellschaft, vol. VI. 
Heft N. 3. 

(2) Mittheilungen der schweizerischen entomologischen. Gesellschaft, vol. VI. 
Heft N. 4. 


d. Le elitre sono di un lucente cupreo-dorato, coi margini a riflessi 
rosso-porpora, col corsaletto paonazzo degradante verso i margini in 
rosso-porpora e colla testa paonazzo-oscura. 

Di più una serie di circa cinquanta esemplari offre colorazioni proprie 
da costituire altrettante varietà per ciascun individuo. Ma queste colo- 
razioni sono graduali ed intermedie fra i tipi già descritti a, d, c, d; così 
che, dato il grande numero degli individui del Carabus Olimpiae da 
me osservati, si potrebbe stabilire come una scala cromatica. A capo di 
questa starebbe il tipo colle elitre cupreo-dorate, si passerebbe quindi per 
successive graduazioni di tinte al tipo colle elitre giallo-dorate, quindi a 
quello dalle verdi-dorate, ed infine al tipo colle elitre verdi-oscure. 

Rammenterò che non mancano casi di melanismo, già uotati dal Dr. 
L. Camerano (1). 

Le stesse variabili e graduali colorazioni si osservano tanto negli in- 
dividui maschi come nelle femmine, senza che vi si trovino predominanti 
individui di una data colorazione piuttosto che di un’altra. 

Tutti gli esemplari da me osservati furono raccolti in una stessa lo- 
calità a M. Cerchio (Val Sessera) in una ristrettissima zona di terreno. 

Concludo quindi non essere conveniente l'aumentare la sinonimia già 
sopracarica dei carabidi col dare nomi a forme insullicientemente carat- 
terizzabili, e che, a mio avviso, la varietà SeZZae del C. Olimpia non 
ha ragione di essere. 


Torino, 21 novembre 1887. 


(1) La scelta sessuale e i caratteri sessuali secondarii nei coleotteri, pag. 32. 


1039 - Fip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


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4 d_1644 della R. Università di Torino 
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N. S4 pubblicato il 31 Dicembre 1887 Vot. II 


CARLO POLLONERA. 


Nuove specie di MOLLUSCHI dello Scioa. 


Il Dott. Vincenzo Ragazzi, direttore della Stazione italiana di Let- 
Marefia presso Ankober nello Scioa, nelle sue escursioni zoologiche rac- 
colse pure un certo numero di molluschi terrestri e fluviatili, dello studio 
dei quali mi sono assunto l’incarico. Non potendo ancora presentare un 
lavoro complessivo su quelli, dò qui le diagnosi di alcune delle specie 
che mi sono sembrate nuove. 


Helicarion Ragazzii, n. sp. 


Testa imperforata, semiglobosa , tenuis, pellucida, pallide succinea, 
striato-subplicata, subtus convexa; spira prominula, submamillata; an- 
fractus 3 convexiusculi, rapide accrescentes, sutura marginata divisi ; 
ultimus magnus, ventrosus, superne rotundatus; apertura obliqua, ampla, 
irregulariter subrotundata, margine supero arcuato-declivi, antrorsum 
parum dilatato, columellari oblique recedente. Diam. 14, alt. 10 '/, mill. 

Hab. Farré, sotto le pietre presso un torrente. 


Buliminus Antinorii, n. sp. 


Bulimino Olivieri (Pfr.) proximus, a quo differt: spira breviore, um- 
bilico omnino clauso, columella contorta et apertura inferne magis an- 
gulata. Diam. 14, alt. 26 mill. 

Hab. Foreste di Fehere Ghembre. 


Homorus Ragazzii, n. sp. 


Testa imperforata, turrito-subulata, per longitudinem crebre et irre- 
gulariter striata, fragilis, lucida; spira pallide cornea; anfractus ultimus 
corneus, strigis longitudinalibus fuscis pictus; anfractus 8 convexiusculi, 
ultimus fere '/, longitudinis aequans; apertura piriformis, superne acu- 


tangula, columella arcuata, suboblique et breviter truncata; labrum 
rectum, acutum. Alt. 16 '/,, diam. max. 5 '/, mill. 
Hab. Entoto, sotto le pietre. 


Subulina Chiarinii, n. sp. 


Testa imperforata, subulata, cereo-vitrea, lucida, sub lente per longi- 
tudinem striata; sutura subobliqua, subcrenulata; anfractus 8 subplanati, 
ultimus '‘/ longitudinis aequans, basi attenuatus; apertura obliqua, an- 
guste ovalis, superne acutangula, basi vix recedens; columella arcuata, 
oblique et breviter truncata. Alt. 12 '/,, diam. max. 3 '/; mill. 

Hab. Let-Marefia e foreste di Fehere Ghembre, sotto i sassi ed i 
vecchi tronchi putrefatti. 


Fruticicola scioana, n. sp. 


Testa tenuis, pellucida, flavo-cornea, fulvo-cingulata, villosa, medio- 
criter umbilicata; superne planiuscula, subcostulata, apice acutiusculo; 
anfractus 4, supra planiusculi ; ultimus supra peripheriam obtuse sub- 
carinatus, cingulo fulvo carinali latiusculo, et in adultis non villosus. 
Apertura subangulato-lunata; peristomate recto, simplice, acuto, mar- 
gine columellari ad umbilicum brevissime reflexo. Diam. 6, alt. 3 !/, mill. 

Hab. Let-Marefia, frequente sulle foglie dopo le pioggie. 


Fruticicola strigelloides, n. sp. 


Testa depressula, fragilis, cornea, albidulo-zonata, anguste umbilicata, 
supra profunde subtus leviter striata. Spira parum convexa, apice 
exiguo levigato; anfractus 5 regulariter crescentes; ultimus rotunda- 
tus, linea albida carinalis et zonula albida latiuscula infera signatus. 
Apertura parum obliqua, lunata, superne subcompressa; peristomate 


acuto, levissime patulescente, intus non incrassato, margine columellari 
reflexo. Diam. 14‘), alt. 9 mill. 


Hab. Let-Marefia, sulle foglie dopo le pioggie. 


Planorbis Cecchii, n. sp. 


Testa depressa, rotundata, tenera, nitidula, pallide cornea, saepe limo 
nigricante induta, supra profunde infundibuliformi-umbilicata, subtus 
aperte umbilicata et circa umbilicum obtuse carinata; anfractus 3 !/, te- 
retes, ultimus ad aperturam ampliatus; apertura ampla, verticalis, sub- 
rotundata; peristoma simplex, acutum. Alt. 3, diam. max. 8 mill. 

Hab. In un torrentello a Cimbisi presso Debra-Braham. 


1150 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 


Boll Mus. Zool Anat. comp. Te orino_\ol.1{ 


C.Pollonera dis.e lit. 


Lit Doyen Torino | 


Boll. Museo Zool. Anat. comp. Torino - Vol. I Tav. IT 


L.Camerano dis. Lit.Doyen, Torino 


: Boll. Museo Zool. Anat. comp. Torino - Vol. H 


C.Pollonera dis. 


7, 


serie sn IR e ii de prata 


UL 


3 2044 106 299 498 


Date Due