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Full text of "Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino"

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LIBRARY OF MARINE BIOLOGICAL LABORATORY 


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LOANED BY AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY 


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THE NEW YORK è 
ACADEMY OF SCIENCES. 


BOLLE TI TINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


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N. 576-095 


TORINO 
TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE 


Via Gaudenzio Ferrari, 3 


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[INDICI 


576. Salvadoti T. — Gyps Erlangeri, nov. sp. 

577. Cognetti de Mattiis L. — Dascrizione d'un nuova Prerelimai 
del Giappone. 

578. Camerano L. — Gordii d’Irlanda. 

579. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia 
nella prima metà del secolo XIX. — V. I Mamiscritti di Franco 
Andrea Bonelli. IV. 

580. Camerano L. — Nota del Chordodes Hawkeri, Camer. 

581. Griffini A. — Sopra alcune Gry!acris malesi ed austro-malesi. 

582. Borelii fl. — Descrizione di una nuova forficola di Madeira. 

583. Cecconi G. — Contributo alla fauna delle Isole Tremiti. 

584. Cognetti de Mattiis L. — Contributo alla conoscenza della 
drilofauna papuasica. | 

585. Festa E. Res italicae. XXI. — L Myoxus intermedius Nehring 
nelle Alpi italiane. 

586. Camerano L. — Materiali per Su storia della Zoologia in Italia 
nella prima metà del secolo XIX. — VI. I manoscritti di Franco 
Andrea Bonelli. V. 

587. Griffini Aa. — Note sopra alcuni Grillacridi. 

588. Rosa 1. — Nuove specie di Tomopteridi (Diagnosi preliminari). 

589. Cognetti de Mattiis L. — Paolo Biolley. Necrologia. 

590. Camerano L. — La fauna delle nostre Alpi. 

591. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia 
nella prima metà del secolo XIX. — I manoscritti di Franco An- 
drea Bonelli. VI. 

592. Bezzi T. — In memoria di Camillo Rondani, nel primo centenario 
della sua nascita (con una tavola). 

593. Zavattari E. — Di una nuova e di alcuns controverse specie del 
gen. Pudium Fabr. 

594. Borelli fi. — Nuovo genere di forficole di Costa-Rica. 

595 Cametano L. — Giuseppe Nobili. Cenni biografici (con una tavola). 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENCES, 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N.576 pubblicato il 25 Marzo 1908 Vot. XXIII 


T. SALVADORI 


GYPS ERLANGERI, nov. sp. 


Il nome Vullur, o Gyps riippelli evidentemente fu adoperato 
tanto dal Natterer, quanto dal Bonaparte e da A. Brehm per designare 
l'esemplare figurato dal Cretzschmar (Riupp. Altas, Vog. Taf.32); (4) questo 
individuo, che proveniva da Schendi nell’Abissinia occidentale e si con - 
serva ancora nel Museo di Francoforte (Hartert, Kat. Vogelsammi. 
p. 184, sp. 2775. specim. a), fu indicato come un giovane di un anno, ma 
i caratteri del collare, formato di piume bianche, corte, a barbe decom- 
poste, precisamente come negli adulti del G. /u/vus, dimostrano all’e- 
videnza che l’esemplare figurato non è un giovane, ma uno veramente 
adulto; il Museo di Torino, possiede un esemplare al tutto simile 
a quello figurato dal Cretzschmar; esso fu raccolto dall’Antinori presso 
Antub sul Nilo Azzurro, poco lontano da Chartum (Cat. Ucc. p. 3, 
n. 89). Confrontando tale esemplare con molti altri Grifoni dell’Abissinia, 
dell’Eritrea e dello Scioa da me esaminati, e che sono stati general- 
mente attribuiti al G. r&ppelli, io trovava tali differenze da non sa- 
pere precisamente quale stadio del G. rippelli fosse rappresentato 
dall’esemplare figurato dal Cretzschmar, e, sebbene io abbia riferito 
gli esemplari di quelle varie località .al G. réippellîi, non ho mancato 


(') Secondo -von Pelzeln e Lorenz (Ann. Hof-Mus.I, p. 250) .il vero tipo del 
Natterer sarebbe un esemplare conservato nel Museo di S. Pietroburgo e ri- 
cevuto da Clot-Bey e veduto dal Natterer nel 1888. Cotipi od esemplari ti- 
| pici sarebbero due esemplari, uno adulto e l’altro giovane provenienti dal 
Kordofan, ove furono raccolti nel 1889 dal Kotschy e conservati nel Museo 
di Vienna. 


più volte di esprimere qualche dubbio intorno alla esattezza di quella 
identificazione; anzi in una occasione affermai che gli esemplari dello 
Scioa si dovevano riferire al meridionale G. RoWbei (Ann. Mus. Civ, 
Gen. (ser. 2) III p. 37). s 

I miei dubbi si sono fatti maggiori quando il Barone von Erlanger 
ha pubblicato sotto il nome di G. rtippellî, due figure (Journ. f. Orn. 
1904, Taf. II) una delle quali rappresenta un esemplare vecchissimo, 
del paese dei Galla, e l’altra uno meno vecchio, ma pure adulto, della 
Somalia. Ambedue quelle figure sono molto diverse da quella del 
Cretzschmar. 

Recentemente (Ann. Mus. Civ. Gen. (ser.3) III p. 615), discorrendo 
di due esemplari dell’Eritrea, raccolti dal Sig. Capomazza, uno dei 
quali similissimo all’esemplare del paese dei Galla figurato dallo 
Erlanger, io segnalava detto esemplare per avere le cuopritrici delle ali 
quasi intieramente bianchiccie, e così pure per avere del tutto bian- 
chiccie, cioè senza base oscura, le piume del petto e delle altri parti 
inferiori, tranne l’area del gozzo che è di colore bruno nericcio. 

Sempre dubbioso della mia determinazione e non sapendo, colla 
serie numerosa d’individui da me esaminata, rendermi esatto conto 
dell'esemplare figurato dal Cretzschmar come un giovane dell’anno 
(avis hornotina), laddove a me sembrava piuttosto un adulto, mj 
parve di poter intravvedere che sotto il nome di G. riippelli fossero 


comprese due forme, o specie, l’una la tipica, figurata dal Cretzschmar, 


e l’altra, quella figurata dallo Erlanger. 
Ne scrissi al Dott. Oscar Neumann, studioso ricercatore delle 
forme africane, il quale mi rispose di avere diligentemente esaminato 


gli esemplari del Museo Rothschild di Tring, e di aver trovato che gli. 


esemplari adulti di Chartum, raccolti dal BreXm, (4) corrispondono esat- 


tamente a quello figurato dal Cretzschmar, e sono diversi da quelli 


dell’Eritrea, dello Scioa e dell’Etiopia meridionale da lui veduti ; così 
pure egli afferma di non ricordare che nella collezione dell’Erlanger 
esistessero esemplari come quelli di Chartum. Infatti l’Hilgert di 
Jngelheim, interpellato dal Neumann intorno ai Grifoni della collezione 
Erlanger, assicura che nessuno di essi ha somiglianza colla figura 
del Cretzschmar. Appare da tutto ciò che sotto il nome di G. yippelli 


sono state realmente comprese due forme: la tipica, di colore generale. 


nero coi margini apicali delle piume nettamente semilunari e bian- 


chicci, e l’altra di colore più decisamente bruno, coi margini chiari 


(') A. Brehm descrisse gli esemplari da lui raccolti presso Chartum (Nau- 


“mannia, 1852, III, pp. 40-44). 


È 


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. delle piume piùlarghi e meno nettamente limitati, colle piccole cuopri- 
 tricidelle lie colle parti inferiori, petto ed addome, di colore bianchiccio 
uniforme. La prima fu figurata dal Cretzschmar e l’altra dal. Barone 
von Erlanger (1. c.). Ambedue le forme hanno la regione del gozzo di 
colore bruno nericcio molto più oscuro, che non nel G. /ulvus. 

Non conosco i giovani della forma tipica, ma il Brehm (Naumannia, 
1852, III p. 42) li descrive colle piume del collare lunghe, strette, 
appuntate, di colore bruno, collo stelo più chiaro; quelli invece della 
forma orientale hanno colorito fulviccio più scuro e più uniforme degli 
adulti, e, come i giovani del G. /w/rus, hanno le piume del collare 
lunghe, acuminate e di colore fulviccio. Le due forme a quanto pare 
occupano due aree distinte; la prima si conosce dell’Abissinia occidentale 
(Schendi), di Antub (Nilo Azzurro) e di Chartum (A. BreWn); (!) la 
seconda invece vive più ad oriente, nell’Eritrea, nell’Abissinia orien- 
tale, nello Scioa, nella Terra dei Galla e nella Somalia. Ignoro quale 
sia il suo confine meridionale. A questa seconda forma dò il nome di 


Gyps erlangeri. 


Ecco la sinonimia delle due specie: 


Gyps rippelli 


Vultur Kolbii Cretzschm. in Rupp. Atlas, VOòg. p. 47 (partim) Taf, 32 
(1826) (nec Daud. 1800) (figura avis adultae optima) (Schendi). 

Vuittur riippelli Natter. in Mus. Vindob. et Synops MS. (fide 
Schlegel, Bonaparte et von Pelzeln). — Gieb. Thes. Orn. IL p. 757 (1877). 

Vultur fulvus riippelli Sehleg. in Susemihl Naturg. d. Vog. Eur. 
p. 12 (1839-1845). 

Gyps fulvus G. R. Gr. Gen. B. I, p. 6, n.1 (partim) (1844). - Ruùpp., 
Syst. Uebers. p. 9. n. 4 (partim, dunkel-farbige Varietàt) (1845). — Vierth. 
Naumannia Il. 1, p. 56 (1852) (Bahiuda, Chartum). 

Gyps vulgaris Bp. (nec Savigny) Compt. Rend. XXX, p. 293 (1850). 
id. Consp. Av. I, p. 10 (1850). — Layard, B. of S. Afr. p. 7 (1862) (Natal, 
. Ayres). — ® Gurn. in Anders., B. Damara Land, p. 5 (Ondonga, 
Ovampo - Land) ( 1871). 


(i) Gli esemplari del Natal (Ayres), di Mashoona (SheZle), di Ondonga 
(Andersson), di Manjara See e Mossiro (Neumann), di Bissao (Verreaua), del 
Niger-Benué (7,/2r/) e della Senezambia (Rochedrun) attribuiti a questa 
specie; dovranno essere ulteriormente studiati ed identificati. 


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Gyps rippelli Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1850, p. 477 (=V. Kolbîi 
Riupp.). 

Vultur ritppellii A. Brehm, Naumannia, 1852, Heft 3. p. 44 (Char- 
tum) (‘). — id. Journ. f. Orn. 1855, p. 486. — Heugl. Journ. f. Orn. 1862 
p. 404 (Ost-Kordofan). — id. Orn. N. O. Afr. L p. 5 (partim)(1869). — F. e H., 
Vog. Ost-Afr. p. 33 (nota) (1870). 

Gyps magnificus v. Mùll. Beitr. Orn. Afr. Lief. II, Taf. 5 (Assuan) 
(1853) (= Vultur Kolbii Cretzschm.). — id. Journ. f. Orn. 1854. p. 388 
(Sennaar u Kordofan). — Cab, Journ, f, Orn. 1854. p. 351 (= ? V. KoWwii 
Daud.!) — Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1855. p. 74 (=G. riippelli Bp.). 

Gps rilppellit C. L. Brehm, Journ. f. Orn. 1853,. p. 197 (diversi 
abiti). - A. Brehm. Journ. f. Orn. 1853, Extr. p. 93 (nidificazione). — C. L. 
Brehm. Journ. f. Orn. 1854. p. 72 (typus avis adulta) (*). - Bp. Rev. et 
Mae. dè Zool. 1854, p. 530; n. .10‘; 1855, p. 74.— Stricklziorn 
Syn. p. 10 (1855). — A. Brehm, Journ. f. Orn. 1856 p. 409, 473 
(Bahiuda); 1857, p. 83 (Elephanten Insel). — ? Ayres, Ibis, 1860, p. 206 
(Natal!). — Gurn. ibid. pag. 207 (Natal !). — Pelz. Verh. z.-b. Ges. Wien. 
1862, p. 180 (Kordofan, Nubia). — ? Brehm, Reis. Habesch, p. 240 (1863) - 
Antin.Cat. Ucc. p. 3 (part.) n. 89 (nec 90) (Antub, Sudan, Kordofan) (1864)- 
Gurn. Descr. Cat. of Rapt. p. 73 (Natal!, Abissinia! Nubia, S. Africa!, 
Bissao!) (1864). — ? Sclat. P. Z. S. 1865, p. 675 (vivo in Londra). — 
Blyth, Ibis, 1866, p. 232. — Antin. Journ. f. Orn. 1866, p. 114. (partim). — 
G. R. Gr. Hand-List. I. p. 2. n. 12 (1869). — ? Sousa, Cat. Coll. Ornith. 
p. 30 (Porto Natal! Sennaar) (1869). — Salvad. Atti R. Acc. Sc. Tor. V. 
p. 721 (1870). — Cab. Journ. f. Orn. 1872. p. 71 (vivo) — Salvad. Ann. 
Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (part.) (1873). — BucKl. Ibis, 1874 p. 358 (Natal! 
Matabili!). — Sharpe, Cat. B. I, p. 9 (1874). —? Layard et Sharpe, B. of 
S. Afr. pi 3 (1875). — Gurn. Ibis, 1875, p. 90: — Sharpe, Journ. 
Linn. Soc., Zool.’ XIII, pp. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. Distr.}((8 49M 
? Shelley, Ibis, 1882. p. 237 (Mashona, S. E. Africa!). — Gurn. List 
Diurn. B. of Prey, p. 9 (1884) —? Rochebr., Faune de la Senegamb. Ois. p... 
(cf. Ibis, 1885. p.322).-? Ayres, Ibis, 1885, p.341(Transvaal)-Pelz. u. Lorenz. 
Ann. Naturh. Hofmus. I. p. 250 (1886). — ? Hartert, Journ. f. Orn. 1886. p. 601 
(Niger-Benué !) — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) VI p. 190 (part.) 
(1888). — Hartert, Kat. Vogelsamm. p. 184. n. 2775 @ (1891). — Gurn. 
Cat. B. of Prey, p. 17 (1894). — ? Kuschel, Journ. f. Orn. 1895, p. 96 


(') A. Brehm raccolse presso Chartum più di 20 esemplari, e descrisse 
benissimo gli adulti ed i giovani. 

(?) Il Brehm in questo lavoro; e perciò fin dal 1834, asserì che l'esemplare 
figurato dal Cretzschmar come giovane, era invece adullo. 


E alea 
“L 230 


(uovo). — Shelley, B. Afr. I. p. 154 (1896). —? Neumann: Journ..f. Orn. 1899, 
p. 36 (Manjara See, Mossiro !). — Rchnv. Vog. Afr. L p:518 (part.) (1901). 
Gyps Kolbii part. . Strickl. Orn. Syn. p. 10 (1855). 
Gyps (an Vultur?) marmoratus Brehm. (ubi. ?) — Antin. Cat. Descr. 
p. 4 (1864). — id. Journ. f. Orn. 1866, p. 115. — G. R. Gr. Hand-List, I 
p. 2, in syn. G. Atippellii (1869). 
Vultur fulvus Riippelli part., Schleg., Mus. P. B. Vultures, p. 7 
(Nil Blanc, Caffrerie!) (1862). — Heugl. Journ. f. Orn. 1867, p. 199. 
Gyps fulvus ritppelli part., Erl. Journ. f. Orn. 1904, p. 144. 


Gyps erlangeri. 


Gyps fulvus Harris (nec Gm.) Highl. Aeth. IL p. 416 (Shoa) (1844). 
— ?Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 199 (Senafé) (1870). — Antin. Mem. 
Soc. Geogr. Ital. 1, p. 184 (Addagalla) (1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. 
Gen. (2) I. p. 34 (Scioa) (1884). 

Gyps vulgaris Horsf. et Moore (nec Savigny) Cat. B. Mus. E. L 
Comp. I, p. 4 (1854) (Abyssinia, from Sir W. Harris Collection). — 

Vultur Riippellit Heugl. (nec Natter.) Journ. f. Orn. 1862, p. 39 
(Bogos, Zad’-Amba), p. 292 (Eis-Region) — Heugl. Orn. N. O. Afr. I, p. 5 
(partim) (1869). — Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 318 (1870). — Heugl. 
Orn. N. O. Afr. III p. CCXI (1871). — Schleg. Mus. P. B. Revue, p. 140 
(Abyssinie) (1873). 

Gyps riippelli, Heugl. Journ. f. Orn. 1861, p. 424 (Chor-Ain, zwis- 
chen Ain-Saba und den Samhar Kusten-Land) — Blanf. Geol. and 
Zool. Abyss. p. 285 (Abyssinia, Wadela, Talanta, Anseba, Rebkro 
(1870) (‘).— Antin. e Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (Ansaba) 
(1873) — Sharpe, Cat. B. 1, p. 9 Ia Angollala Harris) (1874) 
—. id., Journ. Linn. Soc., Zool. XIII, p. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. 
Distr.) (1878) — Antin. Mem. Soc. Geogr. Ital. I, p. 184 (Addagalla) 
(1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (ser. 2). I, p. 254 Scioa), 260 
(Addagalla) (1884). — id. op. cit. (2) VI, p. 190 (Scioa) (1888). — ? Har- 
tert, Kat. VogelsammI. p. 184 n. 2775, b, c (1891). — Rchnw. Véog. Afr. 


" L p. 518 (part.) (1901). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (3) III, p. 615 


(Saganeiti) (1908). 


Gyps Kolbei part., Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) III, p. 37 (Scioa) 
(1887). 


(') Evidentemente il Blanford non ha incontrato il vero G. ruppelli, giac. 
chè egli, giudicando dagli esemplari veduti, dice che la figura del Riippell è 
molto troppo oscura, laddove essa rappresenta esattamente la forma occi- 
dentale. 


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Gyps fulvus riippelli part., Erl. Journ. f. Orn. 1904, p. 144, Taf. 
(figurae optimae). 


Colgo questa occasione per segnalare come nell’Eritrea, nell’Abis 
sinia e fin nello Scioa si trovi, insieme col G. er/angeri, anche Ale 
fulvus, facilmente riconoscibile dal colore fulvo della CRON de 
gozzo, uniforme col colore delle parti inferiori. e 

Del G. fulvus dell’Africa orientale io ho visto almeno t 
esemplari: uno del Tigrè raccolto dal  Muzioli (G. riippelti Salvad 
(nec. Gm.) Boll. Mus. Tor. No. 287), un secondo di Let-Marefià, ra 
colto dal Dr. Ragazzi. (G. riippelli Salvad. (nec. Gm.) Ann. Mus. Civ. 
Gen. (2) VI, p. 191, esempl. c (166), e finalmente un bellissimo esem- 
plare di Addi-Caiè nell’Eritrea, raccolto dal capitano Dho. Tutti tre 
sono in abito giovanile. de 


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Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N 7 dr A pubblicato il 29 Marzo 1908 “Vor. XXIII 


DR. LuIiGI COGNETTI DE MARTIIS 
Assistente al R. Museo Zoologico di Torino 


Descrizione d’una nuova PHERETIMA del Giappone 


Il prof. F. JEFFREY BELL mi affidò cortesemente in esame alcuni 
lombrichi della collezione del British Museum di Londra. Uno di essi 
merita d’esser ricordato in particolare poichè è tipo di una nuova 
specie. Tale lombrico fu raccolto dal Sig. M. P. AnpERSON a Tokushima 
Ken, Is. Shikoku, nel febbraio 1905; non è ancora maturo sessual- 
mente, onde alcuni caratteri vi sono poco o punto evidenti, mentre 
altri, la massima parte, essendo ben delineati, permettono di distin- 
guere il lombrico di "'okushima da tutte le specie finora descritte de! 
genere Pheretima. 


Pheretima setosa n. sp. 


CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare misura 185 mm. in lunghezza 
e 3-10 mm. in diametro; i segmenti sono in numero di 156. La /0rma 
del corpo è cilindrica, il colore perlaceo, sul dorso bruniccio. 

Il prostomio è largo, e incide per ?*/, il segmento boccale, rima- 
nendone però distinto (capo proepilobo */,). 

Le setole sono più o meno uguali in dimensione ai vari segmenti 
del corpo; quelle della regione ventrale sono un po’ più ravvicinate. 
Se ne contano 72 al 6° segmento, 77 al 10°, 89 al 19°, 105 al 26°. Man- 
cano intervalli sia dorsalmente che ventralmente. I segmenti 14°-16° 
sono ancora provvisti di setole. 

Il clitello non è ancora formato. 

I pori inmaschili sono, come al solito, in un paio al 18°; frammezzo 
ad essi si contano 14 setole. Ogni poro è circoscritto da un piccolo 
anello ghiandolare sorretto da una intumescenza. 


Al 17° segmento, presso il margine posteriore, trovasi un paio di "i 
minutissime papille genitali, allineate con le setole c. Ne 

Vi sono tre paia di aperture delle SOA nascoste nei sol 
intersegmentali ‘|, 7, */, e disposte un po’ più dorsalmente dei 
pori maschili. Fra le aperture spermatecali di ogni paio v'è una isa 
stanza pari a quella tra 25 setole ventrali del 9° segmento. 

Il primo poro dorsale trovasi all’intersegmento ‘*/,3. 

CARATTERI INTERNI. — I setti "|; e °| mancano; il setto ®/p @& 
molto sottile, ì setti !°/,,-4#/,, sono più o meno ispessiti. N 

Il tubo digerente è dotato di un robusto verigli0 muscoloso; l’am- 
pio intestino sacculato comincia nel 15° segmento, ed è munito di un (a 
paio di ciechi originati nel 26° ma protesi in avanti, attraverso i setti 
fin nel 21° segmento. Tali ciechi sono laterali, alquanto dilatati alla 
base e attenuati, tubolosi, verso l’apice. Il loro margine ventrale pre- 
senta una serie di esili appendici digitiformi, limitate alla metà pros- 
simale di ogni cieco. L’ultimo paio di cuori è al 13° segmento. | 

Apparato riproduttore. — Sono presenti due paia di /esles; il primo | 
posto nel 10% segmento, assieme ai padiglioni dei vasi deferenti, entro 
una pseudocapsula seminale periesofagea, le cui pareti sono formate. 
dal sottile setto ‘ 


° ;, € dal setto ‘,,, i quali contraggono ampie ade- 
renze alla loro periferia. Una seconda capsula seminale trovasi all’11® ti 
segmento, ad avvolgere i testes, i padiglioni, un paio di cuori, e un 
primo paio di sacchi senzinati, non lobati, depressi contro il setto ‘%,, 
dal quale pendono lateralmente «ll’esofago. La parete della seconda È 
capsula è formata da una sottilissima membrana estesa dal setto ‘pg 
all’!!|,.. Un secondo paio di sacchi seminali simile al primo, ma un 
po’ più grossi pende libero nel 12° segmento dal setto !!/,,. 
Le prostate hanno mediocre grandezza: ognuna | 
di esse mostra la parte ghiandolare chiaramente . 
divisa in due lobi espansi, di cui l'anteriore sporge 
in parte nel 17° segmento, mentre tutto il rima- 
nente della prostata trovasi nel 18° segmento. 
Il canale efferente di ogni prostata è breve el a 
dritto, dilatato presso il poro esterno; la sua 
parete non è fortemente muscolosa. Manca una * 
Fig. borsa copulatrice. Il vaso deferente si apre nel 
tratto pro ch del canale (Fig. 1). 
Sono presenti tre paia di sperm:aleche, distribuite nei segmenti 70% ‘ 
S° e 9°. Ogni spermateca consta di un’ampolla piriforme, poco più — Si 
lunga del canale che è cilindrico ed ha parete poco muscolosa. <Pa8 
Il diverticolo è digitiforme, e s’apre nell’estremità distale del canale: Ab; 
uguaglia in lunghezza canale e ampolla presi assieme. 


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POMESEtriNO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 578s pubblicato il 9 Aprile 1908. Vor. XXIIl 


Prof. LorENZzo CAMERANO 


Gordii d’ Irlanda 


Non si hanno, fino ad ora, che scarsissime notizie intorno alle specie 
di Gordii che si trovano in Irlanda. Per questa ragione credo utile 
render conto della collezione di Gordii d'Irlanda del Museo di Dublino 
che il Signor R. Southern ha avuto la cortesia di mandarmi in studio. 


Earachordodes violaceus (Baird) 


W. Baird — Catalogue of the species of Entozoa contained in the 
— Icrdon 1853 pag. 86. 
— Descriptions of some New Species of Entozoa trom the Collec. 
B:iti. Mus. — Proc. Zool. Soc. Londra 1853 pag. 20. 
— L. Camerano — Monografia dei Gordii — Mem. della R. Accad. 
delle Scienze di Torino. Ser. II. vol. XLVII — 1897 pag. 392. 


1 -—- Un esemplare femmina ancora in parte entro il corpo di una 
Silpha subrotundata (Steph.) Clonbrock. Co. Galway. 

2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,155 — Largh. m. 0.0006 co- 
lore bruno scuro) di Mormington. Co. Meath. (Giugno 1894). 

3 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,195 — Largh. m. 0,0006 di 
Swords. Co. Dublino. 

4 — Due esemplari maschi (Lungh. m. 0,207 — Largh. m. 0,0006 — 
Lungh. m. 0,114, Largh. m. 0,0005) di Lambay. Co. Dublino. (Irish 
Naturalist, 1907. pag. 84.) 

5 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,250 — Largh. m. 0,0006. 
— colore giallo chiaro) di Bundoran. Co. Donegal. 

6 — Tre esemplari maschi (Lungh. m. 0,270 — Largh. m. 0,0007 — 
Lungh. m. 0,185 — Largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,100 — Largh. 
m. 0,0004 (individuo neotenico) di Ballymote. Co. Sligo. Agosto 1892. 


oi mi — Sn Ssmalore maschio (cn m. si 165. — DA m. 
_ colore bruno chiaro) di Killaloe. Co. Clore. — Giugno 1895. SR bi: 
‘Come si vede dalle località sopra citate il Parachordodes violaceus. See 
(Baird) è specie frequente in tegula e diffusa i in tutta I isola, _ - Questa > AF 


«in Boemia, nella Transcancasia. ne 


Gordius Villoti (Rosa) 


si 1 — Un esemplare femmina. (Lungh. m. 0,105 — Largh. m. 0.0008 
| — colorazione giallo-chiara) — di River Caragh. Glencar. — Co. Kerry. 
Ne Giugno 1906. Le 
2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,135 — Largh. m. 0,0005 
«—— — colorazione bruno-chiara, con collare e linee longitudinali scure, 
«| poco spiccate) Individuo neotenico di Abbeyleix. Queen's Co. 
fi Questi due esemplari appartengono alla serie degli individui di pic- | sN: 
cole dimensioni che non sono rari anche in altre località dell’ampia. des 
distribuzione geografica del Gordius Villoli. i 


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. ACADEMY. OF SUE :NCES 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N.S7© pubblicato il 18 Aprile 1908 Vor. XXIII 


Prof. LORENZO CAMERANO 


Materiali per la storia della Zoologia in Italia 
nella prima metà del secolo XIX 


Mi 
I Manoscritti di Franco Andrea Bonelli 


IV. 


Franco Andrea Bonelli fra i vari lavori che egli si proponeva di 
fare vi era quello di una serie di « memorie » intorno alla « influenza 
che le diverse circostanze esercitano sugli animati ». Una prima « me- 
moria» egli preparò col titolo: 

« Saggio di alcune ricerche intorno alla influenza che le diverse 
circostanze esercitano sugli animali, dirette al perfezionamento dei 
mezzi di migliorare le razze degli animali domestici. » 

la Memoria di Fr. A. Bonelli — Letta nella R. Accademia nella 
pubblica adunanza del 15 marzo 1817 alla quale intervenne S. M. » 

Tutto ciò è scritto a capo del lavoro. 

Nell’ordine del giorno della seduta sopradetta della R. Accademia 
delle Scienze di Torino è inscritto infatti il lavoro del Bonelli col ti- 
tolo sopra riferito. 

Il Bonelli tuttavia non lesse il lavoro del quale aveva preparato un 
« sunto » che è unito al manoscritto posseduto dal Museo Zoologico di To- 
rino. Su questo manoscritto è segnata di mano del Bonelli l’osservazione 
seguente: « Memoria stata approvata per la pubblica adunanza delli 
15 marzo 1817, ristretta però a quanto non è inchiuso negli uncini in 
margine di ciascuna pagina (non fu letta per mancanza di tempo) ». 

La ragione indicata dal Bonelli della non avvenuta lettura della 
sua memoria è certamente molto plausibile: meno facile riesce lo spie- 


TO 


gare il perchè la memoria stessa non venisse letta dal Bonelli in qualche 
seduta successiva. 

Lo scritto del Bonelli era certamente molto ardito per il suo tempo, 
vale a dire tre anni dopo la Restaurazione, e molto probabilmente 
avrebbe recato al suo Autore, per quanto circondato dalla stima e 
dalla benevolenza di tutti, non poche noie. Forse la ragione della man- 
canza di tempo sopra indicata, per la non avvenuta lettura fu una 
scusa elegante per ritirare la memoria stessa. Certo è che, prima della 
presentazione di questo lavoro all’ Accademia delle Scienze di To- 
rino, il Bonelli nulla aveva pubblicato intorno alle sue teorie, come 
egli diceva, di « Filosofia naturale » e nulla pubblicò in seguito. 

Il manoscritto della memoria sopradetta viene qui stampato testual- 
mente nella sua entegrità (1). 


* 


« Noti sono ad ognuno: diversi cambiamenti di carattere, di costumi, 
di colore, di grandezza, di forme, e persino di proporzioni, che subi- 
rono quasi tutti i nostri animali domestici ed in ispecie il Cavallo, la 
Pecora ed il cane, (2) nel passare dallo stato libero e ‘selvatico in 
cui primitivamente trovavasi, allo stato schiavo e domestico, a cui 
furono quegli animali dall'uomo successivamente ridotti, e tanta si 
è la differenza che questi ora presentano, che di alcuni non si ri- 
conoscono più allo stato di natura i prototipi da cui trassero la loro 
prima e vera origine del che potrei addurre varii esempi. Così a cagion 
d’esempio dagli uni fu risguardato il Lupo come tipo del cane dome- 
stico mentre da altri fu tenuto per tale il Sciacallo. — Credettero 
gli uni essere l’Uro (Urus et Aurochs) il tipo della specie bovina do- 
mestica mentre altri, tra i quali il Sig. Cuvier opinano con maggior 
fondamento che non esista più questo animale allo stato selvatico e 
che tanto il Bue comune quanto quello della Zona torrida conosciuto 
sotto il nome di Zebù, siano in origine stati prodotti da una specie 
particolare di cui le teste fossili che oggidì ancora si ritrovano, por- 
tavano corna diversamente piegate da quelle che attualmente presen- 
tano tutti i nostri Buoi domestici; la medesima cosa poi si potrebbe 
dire della capra, della pecora ecc. 


(1) L. Camerano - I manoscritti di Franco Andrea Bonelli: 
I. Atti Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903. vol. XII. 
II. Appunti di Filosofia naturale — Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp. 
Torino, vol. XXI - 785 (1906). 
III. Appunti intorno ai mammiferi. — Ibidem 536. 


(2) Nel manoscritto è segnato ancora, « il gallo ed il colombo », ma poi. 


il Bonelli cancellò questi due esempi. 


, 
__ Si ta 


(1) Cambiamenti (simili) offre persino la stessa specie umana allorchè 

sì considerano le varie e numerose sue razze, che qualunque ne possa 
essere stata la primitiva, sono però tutte uscite da questa sola; e 
queste differenti razze prodotte dal concorso e dalla varia combina- 
zione di moltissime circostanze influenti e diverse vanno, come si sa, 
al punto di distinguersi tra di loro alla forma ed alle proporzioni delle 
parti solide stesse; così che dall’ispezione del solo teschio si giunge 
sovente a determinare la nazione a un dipresso a cui quello appar- 
teneva. 

Tutte queste modificazioni nei caratteri dell'animale, sia che si vo- 
gliano risguardare come l’effetto delle degenerazioni delle primitive 
specie, prodotte da cause secondarie che per lo più ignoriamo; sia che 
sì vogliano considerare come l’effetto di quel successivo perfeziona- 
imento a cui naturalmente e costantemente pare che tendano le pro- 
duzioni tutte della divina sapienza in adempimento a due suoi espressi 
comandi: Crescile et multiplicamini (De quali il primo non pare che 
possa riferirsi ad altro giacchè gli animali sono stati creati in istato 
adulto e perfetto): sia finalmente che si vogliano considerare come il 
risultato immediato dell’influenza che sopra quelli esercitano le loca- 
lità, gli alimenti, i climi, e le altre circostanze con cui avvezzandovisi 
tendono a mettersi col tratto del tempo in rapporto le varie produzioni 
naturali siccome lo provano fra le altre cose la propagazione presso di 
noi di molti animali e piante di climi affatto diversi dai nostri, tutte que- 
ste modificazioni dico, nei caratteri degli animali, tendono sempre diret- 
tamente a provare la presso che illimitata variabilità degli esseri e 
la loro suscettibilità di prendere nuovi caratteri in ragione delle nuove 
@ diverse circostanze a cui sono da altre circostanze obbligati a sot? 
tomettersi. 

Di qui appunto secondo ogni probabilità ebbero la loro origine le 
istesse innumerevoli falangi d’animali tra di loro vicinissimi che..ora 
ci presentano nello stato di natura le classi degli Uccelli, degli In- 
setti ecc. e più sicuramente ancora le infinite varietà del regno ve- 
getabile. Questi esseri di posteriore formazione, ben noti sotto il titolo 
di varietà costanti o razze, e come tali ricevuti, qualora si tratta di 
animali domestici o di piante coltivate, pigliano poi anche il nome di 
specie qualora si tratta di animali allo stato naturale, per la sola ra- 
gione che la scienza non ci offre nello stato attuale mezzi suflicienti 
onde distinguere nella natura le varietà costanti e secondarie dalle 
vere specie primitive essendo il più delle volte affatto impraticabili 


TRTTTZZA 


(i) Il brano seguente che si riferisce alla specie uifiatia tici Gia stato 
incluso nel sunto da leggersi all'Accademia delle Scienze di Torino, 


Folge 


i mezzi chie si sono a tal uopo proposti, nè alcun utile risultato 
avendoci procurato le esperienze che si sono finora a tale scopo 
istituite. i 

Posto adunque che gli animali come le piante siano stati fatti in 
modo che possano variamente e gradatamente modificarsi in virtù della 
influenza, ossia dell’azione permanente che esercitano sopra di loro le 
diverse circostanze a cui sono sottomessi, ci restano pel nostro scopo 
ad esaminare. 

1° Quali siano gli animali, le loro parti, e le loro proprietà sog- 
getti a modi;icazione. 

2° Quali siano realmente queste diverse circostanze influenti. 

e° Quale il loro particolar modo d’agire ossia influire sugli esseri. 

4° Finalmente quali conseguenze se ne possano dedurre per la 
nostra utilità, cioè in qual modo, imitando la natura medesima, con 
secondarne ed aiutarne artificialmente i mezzi, si possa non solo im- 
pedire la degenerazione dei nostri Animali domestici, ma eziandio per- 
fezionarne le razze oltre il loro grado attuale, e sotto quel dato rap- 
porto in cui ciascuna di quelle è direttamente o indirettamente più 
utile alla umana Società. 

Queste indagini dirette a stabilire alcuni principii all’arte gene- 
ralmente poco nota, di conservare e migliorare le belle razze di Ca- 
valli scelti e di Pecore Spagnuole, che mercè le paterne disposizioni 
‘dei nostri Augusti Sovrani anche presso di noi. già si sono da più. 
‘anni introdotte, formano il soggetto di un non breve lavoro che mi 
propongo di pubblicare in quattro altre successive memorie, nelle quali 
faro vedere in che modo, studiando le leggi della natura e seguitan- 
done gli andamenti, si possa giungere ad imitarla in qualche sua ope- 
razione; come nel nostro caso lo sarebbe quella di cambiare il colore 
a diversi animali, il renderne la razza più piccola o più grande, l’ac- 
crescerne la forza, l’agilità, l’alterar la forma e le proporzioni di al- 
cuni loro organi anche essenziali, il perfezionarne l’istinto ed i sensi 
a seconda dei nostri desiderii, l’ottenere artificialmente varietà sin- 
golarissime come a cagion d’esempio, uccelli a becco in forbice a guisa 
di quello del crociere, il naturalizzarne le razze in paesi ed in mezzo 
a circostanze più o meno diverse da quelle del loro clima natale 
ecc. ecc. Dalle quali cose apparisce quali importanti risultati sì pos-. 
sano da questo genere di ricerche sperare per lo scopo interessante 
del miglioramento dei diversi animali domestici. 

La brevità richiesta da questo semplice saggio non permettendomi 
di dare quivi sviluppo a queste idee nè di esporre fatti ed 'osserva- 
zioni in loro appoggio, porrò tine a questa mia memoria col rispondere 
nel piu breve modo possibile a due obbiezioni che da quanto ho già 
esposto, non mancheranno certamente di presentarsi a ciascheduno, 


0) SA 


e dalle quali divienmi perciò indispensabile d’incominciare prima d'in- 
traprendere il mio soggetto. i 
Queste obbiezioni sono : 

1° che le prove della variabilità degli animali come delle piante 
non riposano tutte sopra osservazioni immediate e dirette su quegli 
esseri che sono nello stato libero e selvatico, ma bensì per la maggior 
parte sopra animali addimesticati e piante coltivate. 

La 2* che le variazioni in quegli esseri da noi conosciute possono 
essere il puro etfetto della medesima domesticità, e della coltivazione. 

Egli è vero, quanto alla prima, che indifferente sarebbe nel nostro 
caso ll sapere se gli animali ln istato di natura siano altrettanto sog- 
getti alle variazioni determinate dall’influenza delle circostanze in cui 
sì trovano quanto lo sono gli animali nello stato di domesticità perchè 
sì conoscano in questi ultimi in tutta la loro estensione ì modi di- 
versi, le cause ed i limiti della loro variabilità. Ma importa a noi da 
un altro canto di bene stabilire tale verità perchè essa può divenirci 
utile sotto quest'altro aspetto, che le osservazioni da nol fatte sopra 
le varietà prodotte in natura possono pol in diversi casì illuminarci 
e servirci di guida nel modo di governare, di migliorare e propagare 
le varietà domestiche. 

| Osserverò dunque in risposta alla prima che, quanto è facile di 
provar la cosa relativamente alle piante, altrettanto è diflicile relati- 
vamente agli animali, per la ragione che impossibile quasi riesce il 
segulre li tutti i periodi della loro vita selvatica, ed 11 tutte lè loro 
azioni e funzioni gii innumerevoli animali che abitano lungi dall’umana 
società, ed abbandonano all’aspetto dell’uomo ogni loro occupazione 
fuggendolo qual loro natural nemico. 

Tuttavia se egli è vero per una. parte che quelli non ci possono 
offrire sullicienti prove dirette della loro variabilità, essendo noi nell'uso 
ui chiamare col nome di specie distinte ogni loro benché léeggiera va- 
rietà un po’ frequente, vero sara altresì per altra parte che per la 
medesima ragione gli stessi animali non cì ofirono neppure prove ll 
contrario, nessuno potendo fondatamente afiermare, che tutte quelle 
tali da nol così dette specie abbiano sempre esistito, e non possano 
piuttosto essere il risultamento di alterazioni subite da qualche altra 
specie. Del resto, come queste varietà, da qualunque causa siano state 
produtte, possono diventar specie reali e costanti, perché cause estranee 
uon vengano ad alterarne nuovamente ì caratteri, ella è cosa faclle 
a'concepirie e risultera assal evidente, allorchè avrò dimostrato che 
negli animali allo stato domestico le varietà non sono per tutto ciò 
uvvute atl'’iniluenza lmimediata e meccanica dell’uomo, ma bensi come 
negli animali più segregati dall’uomo, alle forze della stessa na- 
tura le quali agiscono ed influiscono dovunque cu iu qualunque statu 


di MR 


trovinsi gli animali. Mi basti perciò l’accennare, come di volo; in prova. 


di queste osservazioni alcuni esempi: l’uno è quello delle due pernici 
del Duca di Penthièvre, le quali nate assolutamente bianche da indi- 
vidui della specie comune e custodite nel suo parco, vi moltiplicarono 
la propria razza collo stesso colore, e diedero così. l’origine ad una 
secondaria specie, la quale fu dalle tristi conseguenze delle vicende 
di quei tempi, estinta prima di potersi suflicientemente propagare. V’è 
il passero comune che ha il capo cenericcio in Francia ed in Germania, 
rosso scuro in Italia, nero in Africa; v'è la Donnola che in Italia in 
Grecia, ed in Egitto prende un volume doppio di quel che essa ha al- 
trove; v'è quello dell’ape comune che in istato selvatico come in dome- 
sticità veste egualmente colori oscuri in Francia, Germania, Inghil- 
terra, mentre in Italia a sino dalle falde delle alpi essa diviene più 
chiara con fascie rossiccie sul ventre, ed al tutto rossiccia in Egitto, 
ecc. ecc. i i 

In risposta poi alla 2* obbiezione osserverò che se negli animali 
domestici si presentano sovente delle differenze che imprimendovisi 
maggiormente colla successione delle generazioni, costituiscono poi le 
diverse razze che ne conosciamo, ia stessa cosa deve necessariamente 
accadere fra gli animali selvatici, per la ragione che i motivi di queste 
‘variazioni negli animali domestici, risiedendo nella diversa natura 
delle circostanze in cui li tiene l’uomo, debbono susistere egualmente 
gli stessi motivi e soventi anche più variati e. più etlicaci negli ani- 
inali nello stato di libertà. Di fatti se analizziamo tutte le circostanze 
che accompagnano lo stato di domesticità di un animale, nessuna ne 
troveremo, (eccettuata quella del Bracco a coda corta), in cui l’uomo 
sia egli stesso l’unico ed immediato artefice di una determinata razza; 
e al certo non fu giammai in potere di alcun uomo di meccanicamente 
assottigliare ed increspare la lana ad un solo individuo di pecora, di 
cane o di coniglio, di accrescere le proporzioni di un cavallo, di un 
gallo, o di un colombo, e tantomeno di alterare il nativo carattere della 
propria carnagione. ° 

In tutte queste variazioni noi ravvisiamo sempre l’influenza di- 
retta delle sole circostanze locali, e l’uomo non vi concorre che indi- 
rettamente, cioè obbligando quei tali animali a vivere in quei tali 
modi e luoghi e di quelle tali sostanze che possano colla loro azione 
permanente e colla successione delle generazioni produrre cambiamenti 
nel loro fisico e nel loro istinto. Ora queste medesime cause modifi- 
canti, per se stesse indipendenti dall’uomo debbono egualmente come 
ognuno vede aver luogo nello stato di natura e variamente moltipli- 
carsi in seguito ai diversi cambiamenti che di tempo in tempo subisce 
quà e là la superfice del globo. 

Un'altra osservazione ancora, non meno atta a dimostrare, che mol- 


Le, NR» 


tissime fra le così dette specie esistenti nello stato di natura non sono 
realmente che varietà prodotte dalle diverse circostanze, da parago- 
narsi a quelle medesime, che si sono formate nello stato di domesticità, 
consiste in questo, che molte fra quelle da noi cosi dette specie come 
sarebbero, per esempio, la martora ed il Faino, la Donnola e l’armel- 
lino, il cervo ed il Daino, la pantera, il leopardo e la lonza ecc. dif- 
feriscono infinitamente meno tra di loro di quel che differiscono le 
più vicine razze dei nostri animali domestici, come lo sarebbero quelle 
del cane barbone, del veltro e dell’alano o quelle del gallo Padovano 
e del gallo nano. » 


via Gaudenzio Ferrari, 3 y Torino. 


ale A 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. sso pubblicato il 29 Aprile 1908 Vor. XXIII 


Prof. LORENZO CAMERANO 


Nota sul CHORDODES HAWKERI, Camer. 


Nel numero 416 di questo Bollettino io descrissi (Gennaio 1902 
vol. XVII) una nuova specie di Chordodes il C. Zawkerî. sopra esemplari 
inviatimi in studio dal dottor A. E. Shipley del Museo di Cambrigde 
(Inghilterra) e provenienti dal Sudan (Nilo Bianco). 

Lo stesso dottor A. E. Shipley mi manda ora gentilmente altri esem- 
plari in studio dell’Albany Museum. Essi portano queste indicazioni : 
« Grahamstow from intestins of Mantis. Prof. Mac Ouran Vitenhage. 
Iuli 07. » 

Io credo di riferire i quattro esemplari inviatimi al C. Hawkerî 
poichè la cuticola esterna si presenta foggiata essenzialmente sullo 
stesso stampo di quella degli esemplari del Sudan. Le areole papillari 
del fondo sono un po’ più ravvicinate fra loro, ma ciò dipende dal fatto 
che gli esemplari del Museo di Albany sono conservati in alcool forte 
e sono in complesso in miglior stato di conservazione di quelli del 
Sudan i quali erano probabilmente rimasti un certo tempo nell’acqua 
dopo morti. 

1 — 9 Lunghezza totale m. 0,230 — Larghezza massima m. 0,0012 
— iù bruno chiaro senza macchie spiccate. 

— e Lunghezza totale m. 0,156 — Larghezza massima m. 0 ,0008 

_ Colore bruno scuro. 

8 — d Lunghezza totale m. 0,173 —- Larghezza massima m. 0,0008 
— colore bruno nero. 

4 — de Lunghezza totale m, 0,192 — Larghezza massima m. 0,0008 
colore bruno nero. 

Gli esemplari maschi esaminati bagnati e a piccolo ingrandimento 
presentano numerose macchie nerastre dovute ai gruppi di areole papil- 
lari più scure. 


Ma femmina - in cui SR strato 


de uncaSioni sono ntcietio maggiori che negli Semo i Su 


ma questo carattere, come è noto, è variabilissimo nei Gordii. 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 5s4 pubblicato il 30 Aprile 1908 VOLI 


Sopra alcune GRYLLACRIS malesi ed austro-malesi 


pel Dott. ACHILLE GRIFFINI - Genova 


Il materiale scientifico che forma oggetto della presente nota 
appartiene quasi totalmente al K. Zoologisches Museum di Berlino, 
che di questi e di molti altri esemplari di diverse località volle affi- 
dare a me lo studio. 

Solo eccezionalmente ricordo qui alcuni esemplari appartenenti alle 
collezioni del Civico Museo di Storia Naturale di Genova, pure a me 
concessi in esame, od alla mia piccola collezione, e ciò quando, trat- 
tandosi di specie rappresentate sia nelle raccolte del Museo di Berlino, 
sia in queste ultime nominate, riuscirà convenientissimo il parlare 
contemporaneamente degli esemplari di quelle e di queste collezioni. 

Nella presente nota faccio conoscere la variabilità della Gry2acris 
‘podocausta ed affermo la sinonimia fra di essa e la Gr. mulabitis, de- 
scrivo estesamente la Gr. /usciata e la Gr. signatifrons di cui erano 
note soltanto le 9, e ne faccio conoscere anche i &; descrivo varietà 
nuove e localizzate della Gr. personata, della Gr. obscura, e della 
Gr. borneensis, mi occupo della larga distribuzione geografica della 
Gr. appendiculata, e faccio conoscere il 9 finora non descritto, della 
Gr. macilenta. 

Queste notizie spero potranno interessare gli studiosi che abbiano 
ad occuparsi del vastissimo genere Grylacris. 
Genova, R. Istituto Tecnico, 27 Marzo 1908. 


Gryliacris podocausta De Haan. 


Gryltacris podocausta De Haan 1842 (3), pag. 220. — Gerstaecker 1860 
(+), pag. 259. — Brunner 1888 (6), pag. 329-330. — Kirby 1906 18) pag. 140. 

Gryllacris mutabilis Pictet et Saussure, 1891 (7), pag. 307 - 309, 
‘Fab. 1, fig. 10. 

Io non esito a stabilire lati sinonimia, sia in seguito allo studio 


DIE 
della descrizione di Pictet et Saussure, sia in seguito all'esame di una 
bella serie di 12 esemplari di questa specie, appartenenti al K. Zoolog. 
Museum di Berlino. 

I dodici esemplari suddetti, preparati a secco, provengono da Giava, 
e portano quasi tutti l'indicazione: « Tengger Geb., Ostjava, Fruh- 
storfer ». 

Un diligente studio della descrizione data da Pictet et Saussure 
della loro Gryllacris mutabilis, e la comparazione di questa descri- 
zione con quella della Gr. podocausta, e meglio ancora con esemplari 
di tale specie, mostrerà a chiunque all’evidenza che la Gr. mutabilis 
non è altro che la podocausta. 

Tutti i caratteri corrispondono esattissimamente. 

Pictet e Saussure hanno almeno avuto il merito di far conoscere 
la grande variabilità di questa specie. 

La loro lunga descrizione e la loro Var. 1 corrispondono perfetta- 
mente agli esemplari tipici della Gr. podocausta, in cui il capo è in 
massima parte nerissimo, colla grande macchia gialla unica nella quale 
sono fuse le macchie ocellari del vertice con quella della fronte, in 
cui poi il pronoto è occupato da una grandissima macchia nera o 
nerastra, conservando il margine posteriore e quelli laterali di color 
giallo o giallastro, in cui infine i ginocchi sono neri o bruno-neri. 

Dei 12 esemplari del Museo di Berlino, 3 & ed 1 9 corrispondono 
‘perfettamente a questa forma tipica. 

Ma da essa si passa grado grado ad altri individui più o meno de- 
colorati, in cui i ginocchi cominciano a non essere più oscuri, ma pal- 
lidi come il resto delle zampe, e infine la grande macchia nera del 
pronoto si riduce, appare divisa e suddivisa mediante linee e segni 
giallastri, meno oscura, fino ad esser ridotta a poche linee sfumate 
brune; così pure i colori tutti del corpo si rendono più smorti - (Var. 2 
di Pictet et Saussure). 

Dei 12 esemplari suddetti, 1 3, ancora abbastanza tipico per tutti 
gli altri caratteri, si distingue già pei ginocchi pallidi: gli altri (6 & 
e l 9) sono via via più decolorati e nel modo sopra detto fanno pas- 
saggio alla Var. 2 di Pictet et Saussure, alla quale, volendo, potremo 
conservare, ma limitatamente ad essa, il nome distintivo di var. 
mulabilis. 


Gryllacris fasciata Walker. 


Q — Larnaca fasciata Walker 1869 (5), pag. 191. -  GryUWacris 
fasciata. Kirby 1906. (8), pag. 140. 

Riferisco a questa specie, dopo qualche esitazione, dava l’incerta 
descrizione di Walker, i seguenti esemplari conservati a secco; 


si 


1 -  S. O. Borneo, Waknes (K. Zoolog. Museum di Berlino". 

19- Isola S:pora, una delle Mentawei, 1vcalità Sereinu, coll. Dottore 
E. Modigliani, 1894 (Civico Museo di St. Natur. in Genova). 

Ricordo qui, come recentemente mi scrisse il D.re Kirby, che 
dall'esame del tipo della Larnaca fasciata Walk., conservato nel British 
Museum di Londra, appare che Walker istituì il genere Larnaca sopra 
un esemplare di questa Gry/acris al quale si era staccato l’addome 
ed al quale l’addome era stato poi erroneamente incollato col ventre 
in sù e col dorso in giù, venendo pertanto l’ovopositore ad assumere 
una posizione affatto anormale! 

Passo ora alla descrizione degli esemplari da me esaminati: 


e) 9 ° 
Longitudo corporis mm. 22 22 
» pronoti » 6 6,5 
» elytrorum » 15,6 15,6 
» femorum anticorum » 7A 8 
» femorum posticorum » 12,5 13 
» ovipositoris » — 139 


Gryllacridi nigratae Brunn. similis: differt tamen praecipue pro- 
noto convexo, toto vel subtoto cum capite luteo-testaceo. 

Statura sat minore — Colore luteo-testaceo. 

Caput ab antico visum ovoideum, totum luteo-testaceum, maculis 
ocelliformibus nullis. Occiput modice convexum; fastigium verticis 
rotundatum, articuli primi antennarum in o latitudinem duplam su- 
battingens, in 9 duplo parum latius, lateribus ipsis inferius extus sub- 
tuberculato breviter carinulatis; pars antica fastigii inferius sub lente 
verticaliter pluries, breviter et leviter rugulosa: in ® maculae 2 pi- 
ceae proximae in fastigio verticis adsunt haud bene circumscriptae, 
et maculae ocellares videntur incertissime delineatae. Frons leviter 
inaequalis, sub lente minute transverse rugulosa, supra basim clypei 
impressa, praecipue ad latera; in 9 nebulis maculisque nebulosis piceis 
praedita, praesertim macula suboculari, maculis inferis subantenna- 
libus, maculis preantennalibus, intus sitis, et signatura media hippo- 
sideriformi, superne convexa, inferius cum latera baseos clypei con- 
tigua: picturae hae omnes incertae; in 9 tantum latera baseos sunt 
dilute et incerte infuscata — Clypeus transverse trapetioidalis; labrum 
ovale-orbiculare, sat magnum. Mandibulae limbo externo subtiliter et 
apice nigratae — Palpi pallidissimi. Antennae luteo-testaceae. 

Pronotum convexum, a supero visum subcylindricum, sat elongatum, 
parum inaequale; margine antico rotundato sed minime producto; sulco 
antico fere nullo, tamen pronotum ibi leviter transverse concavum; 
sulculo longitudinali abbreviato nullo, impressionibus parvis tantum 
2 anticis et 2 posticis lateralibus signato; margine postico truncato, 


mi 


in medio levissime sinuato, sulco postico ante hunc marginem subnullo, 
ibique pronotum tantum levissime subconcavum. Lobi laterales rotun- 
dato-deflexi, parum adpressi, post medium leviter dilatato-expansi, 
humiles, multo longiores quam altiores, postice quam antice parum 
altiores, angulo antico rotundato, margine infero obliquo, ante coxas 
sinuato, supra coxas leviter rotundato-expanso, angulo postico rotun- 
dato; deinde margo posticus supra coxas medias subito fere verticaliter 
sinuatus, denique rapide oblique ascendens, leviter convexus, sînu hu- 
merali nullo. Sulcus V-formis expressus, sulculus posticus minus im- 
pressus, intervalli gibbulosi. 

Color pronoti luteus, incerte nebulosus; in d' sulei loborum latera- 
litm videntur leviter atrati. 

Elytra apicem abdominis haud attingentia, sat angusta, atra, nitida, 
fascia transversa ante medium ferruginea; in campo antico (externo 
in quiete) dilatata, maculaque basali testacea ornata, ad apicem griseo- 
subhyalina, venis semper nigricantibus. 

Pedes breviusculi, modice puberuli, pallide lutei. Femora omnia 
ante apicem atro fasciata, in 9 fascia atra minus obscura et superne 
a colore luteo longitudinaliter interrupta. Tibiae omnes post basim 
incerte et ante apicem superne leviter, macula vel fascia dilute atra 
ornatae. Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae. Femora 
postica basi valde incrassata, apice attenuata, parte attenuata brevi 
sed sat gracili, subtus margine externo et interno usque ad 14 spi- 
nulis nigris praeditis. — Tibiae posticae supra post basim deplanatae, 
margine externo 6-7 spinuloso, margine interno 6 - spinuloso, spinulis 
atris et in ' etiam basi atro circumdatis. Spinae apicales solitae adsunt. 
Tarsi testacei. 

Abdomen luteo-testaceum, parum nebulosum. Segmentum abdomi- 
nale dorsale octavum & productum: segmentum nonum convexum, cu- 
cullatum, in medio verticaliter carinulatum, carinula superne basi dila- 
tata subtriangulari, apice inciso, utrinque tuberculo rotundo instructo, 
tuberculis in spinam robustiusculam intus versam, inferiùs praeditis. 
Cerci longi, subtiles. Lamina subgenitalis 0 transversa, rotundata, 
medio levissime emarginato-sinuata; styli sat breves. 

Ovipositor testaceo-ferrugineus, breviusculus, a basi subito valde 
falcato incurvus, sed post basim fere verticaliter erectus, apice atte- 
nuatus, ibique triangulariter acuminatus. 


Gryllaceris signatifrons Serville. 


Q. Gryllacris signatifrons Serville 1839 (2), pag. 393. — Gerstaecker 
1860 (4), pag. 273. — Kirby 1906 (8), pag. 142. 
9. Giylaeris facifer Brunner 1888 (6), pag. 340. 


Se i 


Habitat: Buitenzorg, Java — 1 o in alcool (K. Musaei Zoolog. Bero- 
linensis) a D. Fleischer, Mai 1898 collectus. 

Insula Nias — 19 exiccata (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis). 
a D°. U. Raap, annis 1897-98 collecta - Haec 9 propter apicem femorum 
omnium necnon tibias totas colore atro, nomine « Var. Raapi » di- 
stinguenda. 

Reputo utile non solo descrivere il 9° di questa specie, finora ine- 
dito, ma descriverne contemporaneamente anche la 9, date alcune in- 
certezze che tuttora si hanno sui suoi caratteri. 


(ci 9 
Longitudo corporis mm. 28 29 
» pronoti » DAT 6 
» elytrorum » 40 47 
» femorum anticorum » 7,8 8,9 
» femorum posticorum » 14 16,2 
» ovipositoris » — 17,5 


Corpus sat robustum, ferrugineo-castaneum, nitidiusculum. 

Caput maiusculum, ab antico visum ovoideum, sat latum. Occiput 
convexum. Fastigium verticis articulo primo antennarum latius sed 
eius latitudinem 1 */, in o non attingens in 9 aegre attingens, anterius 
deplanatum, marginibus lateralibus distincte carinatis, subtus cum fa- 
stigio frontis sulculo arcuato contiguum; huius sulci concavitas su- 
perne versa. Carinae verticis nigrae, extus superne ocello flavido el. 
lyptico sat parvo sed distinctissimo apposito (ideoque maculae ocelli- 
formes fastigii verticis omnino laterales, externae). Color niger cari- 
narum etiam in partem inferam fastigii verticis et in fastigium frontis 
extensus, sed ibi ocellus frontalis magnus late ovatus, fere orbicularis, 
flavus, adest, optime delineatus, quamobrem color niger eum tantum 
subtiliter et diffuse circumdat. Caeterum, caput cum reliquo corpore 
concolor, mandibulis, palpis, antennisque concoloribus. 

Frons transversa, brevis, punctulato rugulosa, sub lente minute 
transyerse rugulosa, impressionibus etiam quibusdam praedita, inferius 
inaequalis. Clypeus modicus, etiam inaequalis, in 9 (var. Raagpi) leviter 
diluteque fusco marginatus; labrum maiusculum ovatum-orbiculare. 
Sulci suboculares obsoleti. 

Pronotum breve, a supero visum subquadratum, marginibus loborum 
lateralium et margine postico interdum dilute et incerte fuscioribus; 
sat convexum.; margine antico subrecto, nullo modo producto: sulco 
antico lato sed perparum excavato, sulculo longitudinali abbreviato 
distincto, fossulari, vel subtili, impressionibus quibusdam proximis 
cum eo convergentibus postice praedito; impressiones quaedam etiam 
laterales posticae adsunt ante latera metazonae. Sulcus posticus trans- 
versus fere nullus, a margine postico circiter 1 mm, remotus; post 


Pata; pls 


éum metazona leviter ascendit. Margo posticus rotundato-truncatus, 
in 9 in medio minime sinuatus. 

Lobi laterales pronoti subaeque alti ac longi vel perparum lon- 
giores, gradatim rotundato deflexi, inferius bene adpressi, margine an- 
tico cum angulo antico ample rotundato, margine infero obliquo quia 
lobi postice quam antice sunt distincte altiores, angulo postico rotun - 
dato truncato, margine postico verticali leviter concavo, sinu hume- 
rali optime expresso. Sulcus late V-formis et sulcus posticus bene 
expressi. Intervalli convexi. 

Elytra ampla et longa, post medium latissima, ibique in ® latitu. 
dinem circiter mm. 16,5 attingentia, in 0 minus lata: apice sat rapide 
attenuata sed rotundata; margine antico usque ad maximam latitu- 
dinem fere recto; abdomen et femora postica multo superantia; campo 
antico (infero in quiete) fere usque ad apicem hyalino, campo postico 
sensim infuscato, venis venulisque omnibus et undique ferrugineo 
fuscis. 

Alae longae, modice latae, hyalinae, campo antico et apice ut in 
elytris venis venulisque ferrugineis: caeterum venis venulisque sub- 
tilibus, testaceis. 

Pedes breves, nitidi, pubescentes, ferrugineo-castanei cum corpore 
concolores. In 9 var. Raapi apex femorum late ater et tibiae omnes 
et totae atrae, tarsi rursus ferruginei. In d° genicula (praecipue basi 
tibiarum posticarum et apice summo femorum posticorum) leviter in- 
fuscata. 

Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis inferius 
utrinque 4 haud longis. Femora postica basi incrassata, apicem versus 
attenuata, sed parte attenuata brevi et haud gracili : subtus margine 
externo spinis brevibus sed robustis 6-9, margine interno spinis in d 
usque ad 9, in 9 usque ad 13, armata; his spinis nigris vel saltem 
apice nigricantibus. Tibiae posticae superne post basim in 9 plus quam 
in & deplanatae, ibique in utroque margine spinulis 7 (raro 6) nigri- 
cantibus armatae, necnon spinis apicalibus solitis instructae. Tarsì 
elongati. 

Segmenta abdominalia ventralia utrinque saltem in d macula magna 
basali obscure castanea ornata: his 2 maculis utriusque segmenti in 
medio subtiliter a linea longitudinali pallida inter se divisis. 

Segmentum abdominale dorsale octavum d productum; segmentum 
nonum convexum, inferius deflexum, superne utrinque leviter impres- 
sum et in medio carinula latiuscula basi supera triangulari, apice 
infero verticaliter descendente instructum; pars infera carinulae sat 
longe sulcata; apex hujus segmenti utrinque tuberculo magno convexo, 
plus quam hemisphaerico, nitido instructus, et sub utroque tuberculo 
spina sat longa, intus vergente, dimidio apicali nigro et leviter incurvo, 


armatus: his 2 spinis intus superpositis. Tubercula alia, tumidula, 
cercos gerentia, sub hoc segmento fere tota abscondita. 

Cerci elongati, pallidi. Lamina subgenitalis 9° transversa, minute 
rugulosa, crassiuscula, apicem versus sat attenuata, obtuse subtrian- 
gularis, sed apice leviter incisa et sat profunde atque late excavato 
impressa, lobis tumidulis subrotundatis; styli parvi, apice laminam 
subgenitalem parum superantes. 

Ovipositor ferrugineus, nitidus, parum latus, modice sed distinctis- 
sime incurvus, apicem versus attenuatus, ibique ante summum apicem 
levissime dilatatus, deinde acuminatus. Lamina subgenitalis 9 latiu- 
scula, rotundata. 


Gryllacris personata Serville, 


Gryllacris personata Serville 1831 (1), pag. 43. — Serville 1839 
(2), pag. 395. — De Haan 1842 (3),"pag. 220. — Gerstaecker 1860 (4), 
pag. 273. — Brunner 1888 (6), pag. 115. — Kirby 1906 (8), pag. 146. 


var. Moschi m. 
d' A specie typica videlur praecipue differre propler venulas omnes 


alarum dilute sed distincie fusco marginatas, et propter signaturas 
fastigii verticis et fastigii frontis. 


Longitudo corporis moi. 21;3 
» pronoti » 0,6 
» elytrorum » 21,3 
» femorum anticorum » 9 
» femorum posticorum » 15,2 


Habitat: Sumatra 


Typus: 1 ® exsiccatus (K. Musaei Zoolog. Berolinensis) a 1)° mòsch 
collectus. 

Statura modica; parum robustus. Testaceus pallidus, excepta fronte 
(absque fastigio) tota cum maxima parte genarum cum labro subtoto 
mandibulisque nigerrimis nitidis. 

Caput ab antico visum ovatum subelongatum, pronoto haud vel mi- 
nime latius. Occiput sat convexum, cum vertice toto, fastigio frontis 
et parte postica genarum testaceum. Fastigium verticis articulo primo 
antennarum parum latius, eius latitudinem 1 4/, haud attingens, in 
medio verticaliter concavum subexcavatum, ibique puncto nigro signa- 
tum, lateribus crassiusculis, convexis, prominulis. Fastigium frontis 
subquadratum, superne inaequale, ibique utringue puncto transverso 
nigro ornatum. Scrobes antennarum nigrati, sed vertice anguli inferi 
interni pallido. Antennae testaceae, articulo primo anterius supra sub- 
tusque fusco magulato. Frons nigerrima, punctulis impressis sat ma- 
iusculis et ruguljs minutis praedita, inaequalis, inferius depressa; sulci 


suboculares optime explicati; inferius valde impressi. Clypeus testa- 
ceus, inaequalis, utringue valde depressus. Labrum, excepta ima basi 
testacea, nigerrimum, sat elongatum, apice inciso bilobo, ferrugineo. 
Palpi testacei. 

Pronotum sat convexum, a supero visum longius quam latius ; mar- 
gine antico in medio rotundato et sensim producto, lateribus sinuato; 
sulco antico minime expresso; sulculo longitudinali abbreviato obse- 
leto, sulcisque duobus obliquis cum eo postice in fossulam convergen- 
tibus; sulco postico subnullo; metazona incerte ascendente; margine 
postico truncato. Lobi laterales pronoti longiores quam altiores, sat 
adpressi, posterius magis alti, angulo antico rotundato subtruncato, 
angulo postico truncato, margine infero sat longo, subsinuato, margine 
postico brevi, sinu humerali subnullo. Sulcus late V-formis et sulcus 
posticus modice impressi: intervalli gibbulosi. 

Elytra modica, apicem femorum posticorum haud vel minime supe- 
rantia, testaceo-subhyalina, venis venulisque testaceo-ferrugineis. Alae 
subhyalinae, apice anterius elytris similes, caeterum venis venulisque 
fuscis, his omnibus dilute sed sat distincte utrinque fusco marginatis. 

Pedes longiusculi et graciliusculi, testacei. Tibiae anticae et inter- 
mediae solito modo spinosae. Femora postica basi modice incrassata, 
ad apicem longe attenuata, parte attenuata longa, subtus in utroque 
margine spinulis 7, apice tantum infuscatis, armata. Tibiae posticae 
supra post basim deplanatae, ibique margine externo spinulis 7, mar- 
gine interno spinulis 6, apice tantum fuscis, armatae, necnon spinis 
apicalibus solitis instructae. Tarsi elongati. 

Abdomen concolor. Segmentum abdominale octavum dorsale & sat 
productum, nonum convexum deflexum, maxima parte verticaliter sul- 
cato-excavatum, apice bilobum, utroque lobo in spinam crassiusculam 
et longiusculam, apice haud acutam, intus et sursum vergentem, pro- 
ducto. Cerci longi, subtiles, leviter curvi. Lamina subgenitalis tran- 
sversa, margine postico in medio breviter exciso, lobis late rotundatis: 
styli longiusculi. 


Gryllacris appendiculata Brunner. 


Gryllacris appendiculata Brunner 1888 (6), pag. 352-3, Tab. VIII, 
fig. 41 H. — Kirby 1906 (8), pag. 144. 

Di questa specie ho visto un buon numero di esemplari provenienti 
da diverse località e che divido in tre gruppi: 

1° Gruppo : 

3 de 49 in alcool. Ialuit inseln. 7-11-1900, D.re Bartels (K. Zoolog. 
Museum di Berlino.) 

1o e 1 9 in alcool. — Ponape, Karolinen, 29-1-04, Berg. S. G. (K. 
Zoolog. Museum di Berlino). 


nd Biz 


Questi esemplari ‘sono tutti tipici; solo quelli di Ponapè sono leg- 


germente più gnelale — .Ecco le dimensioni .idi questi e di quelli di 
Ialuit: 
C) ‘9 
Lunghezza del corpo mm. 28,2-33 29,4-32 
» del proneto > 7,2 « 7,7-8 
» delle elitre » 27 29 27,4-30,9 
» dei femori anteriori » 10-10;3 ..::10,2-113.: 
» dei femori posteriori » 18,7-19 18,621 . 
» dell’ovopositore a > 19-21 
“2° Gruppo : 


1 a secco — Isola Nias (K. Zoolog. Museum di Berlino.) | 

1 d a secco — lsola Nias, coll. U. Raap 1897-98 (Civico Museo di 
Storia Naturale in Genova). 

Questi hanno forma e dimensioni cor rispondenti a quelle degli esem- 
plari tipici, ma presentano i disegni del pronoto affatto incerti, nebu- . 
losi, indistinti, e le tibie in nessun modo infuscate. 

3° Gruppo: 

2delogin alcool. — Sudsee, Marschallinseln, Samoa, Bismar- 
ckarchipel; Marinestabsarzt Woyke (K. Zoolog. Museum di Berlino). 

Questi esemplari sono alquanto più piccoli, un po’ più pallidi, hanno 
le tibie in nessun modo infuscate, e le ali a fascie più strette. 


(ci 9 
Lunghezza del corpo mm. 26,4-27,2 25,2 
* del pronoto » 7,1 6,8 
» delle elitre » 27,2-285 25 
» dei femori anteriori » 10 9,5 
» dei femori posteriori » 17,3-18 17 
» dell’ ovopositore » — 17 


@Gryliacris obsecura Brunner. 


Gryllacris obscura Brunner 1888 (6), pag. 353. — Kirby 1906 (8&), 

pag. 144, 
var. sumatrana m. 

o. 9. Primo intuitu Gryllacridi aethiopicae Brunn. similis, tamen 
genitalibus dI secundum typum H Brunneri, haud secundum typun 
E confectis, facile distinguenda. i 

A Gryltacride ohscura typica differl praecipue : vertice fusco, pro- 
nato superne subioto nigro fusco, metazona tantum et maculis 2 parvis : 
discoidalibus colore testaceo. Appendiculum supraanatis d forma cir- 
ciler ul în Grylt, appendiculata, tamen mimus evolutuni, 


SE 


(eg Q. 
Longiludo corporis mm. 31-35 32 
» pronoti » 7,8-8,4 8,2 
» elytrorum > 32-35 32,3 
» femorum anticorum » 11,2-12,5 12,8 
» femorum posticorum » 20-22 PIA 
» oviposttoris » — 23,9 


Habitat: Sumatra. 

Typi: — 1 o in alcool (K. Musaei Zoolog. Berolinensis), indicationem 
« N. O. Sumatra, prov. Langkat; E. Heinze » gerens. 

2 d et 19 exsiccati (K. Musaei Zoolog. Berolinensis), in Sumatra a 
D.° Mosch collecti. 

Tibiae, praecipue anticae, superne infuscatae, ut in Gr. appendi- 
culata. Apex femorum interdum dilute infuscatus; tarsi saepe fusci. 
Raro maculae 2 testaceae pronoti magis evolutae, vittaeformes, et ma- 
culae aliae incertae testaceae nebulosae. 


Gryllacris obscura var. javanica m. 


d, 9. — Primo intuitu Gryllacridi lugubri Br. similis, tamen ge- 
nitalibus 3 haud secundum Typum E Brunneri sed secundum Typum 
H Brunneri confectis, ovipositore 9 breviore, elytrisque nullo modo 
tessellatis, distinguenda. 

A typo speciei « obscurae » differt praecipue corpore leviter cras- 
siore, capite pronotoque concoloribus, totis pallide testaceis, libiîis om- 
nibus concoloribus, pallide testaceis. 


(ci 9 
Longitudo corporis mm.. 29 33 
» pronoti » 7 8 

» elytrorum » 29 33,7 

» femorum anticorum » 10,5 11,9 

» femorum posticorum » 18,9 215 

» oviposttoris » — 24,5 


Habitat: Iava 

Typi: 1 &® in alcool (K. Musaei Zoologici Berolinensis), a D.° Sem- 
meling, anno 1864 collectus. 

1 9 exsiccata (collectionis meae). Dom. Bang-Haas ‘acquisita; 

. Pronotum d' incertissime pictum; pronotum 9 omnino concolor. Ge- 
niculi 9 omnes breviter sed distinete fusci: in * tantum genicula po- 
stica videntur leviter infuscata. Segmentum abdominale dorsale ulti- 
mum e in appendiculum supraanalem circiter ut in Gr. appendiculata 
productum, sed hoc appendiculo valde minore, parte anteapicali po- 
sterius utrinque lobulo fere dentiformi extus vergente praedita, lamina 


cei 


apicali obtriangulari, parva, margine apicali transverso sinuato-cori- 
cavo, angulis externis subprominulis. Lamina subgenitalis 9 elongato 
trapetioidea, apice distincte sinuato, emarginata, lobis parum calloso- 
tumidulis. 


Gryliacris macilenta Pictet et Saussure. 


9 Grylacris macilentus Pictet et Saussure 1891, (7), pag. 313-4, 
Tab. II, fig. 14. — Kirby 1906 (8), pag. 147. 

Riferisco a questa specie un &° preparato a secco, appartenente al 
K. Zoolog. Museum di Berlino, e portante l'indicazione : « Tengger Geb., 
Ostjava, Frùshstorfer ». 

Eccone i caratteri principali : 


e Longitudo corporis mm. 24 
» pronoti » 9) 
» elytrorum » 25,4 
» femorum anticorum » 8 
» femorum posticorum — » 15,5 


Quam typus 9 Pict. et Sauss. leviter major, tamen eodem modo 
confectus et coloratus. 

Corpus statura modica sed gracile, compressiusculum, subelongatum, 
fulvo-testaceum. 

Caput ut in typo, ovatum-elongatum, pronoto distincte latius quia 
pronotum est valde compressum: occipite convexo prominulo; fastigio 
verticis articuli primi antennarum latitudinem circiter 1 ‘/, attingente, 
lateribus subcarinulatis. Frons ut in typo, inferius sensim depressa; 
sulci suboculares distincti, sinuati. Maculae 3 ocellares solitae parvae, 
parum distinctae. 

Pronotum ut in 9, valde longius quam latius, compressum, con- 
strictum, superne convexum, incerte nebulosum, antice posticeque, 
superne, dilute breviterque utrinque infuscatum. Margo anticus in 
medio rotundato sat productus, lateribus subsinuatis; sulcus anticus 
valde expressus, tamen superne in medio minime impressus: sulculus 
longitudinalis abbreviatus et sulcus posticus latiusculi sed perparum 
impressi: margo posticus truncatus subsinuatus. Lobi laterales humiles, 
multo longiores quam altiores, posterius leviter altiores, margine in- 
fero distincte sinuato, angulis late rotundatis, angulo postico rotun- 
dato-subtruncato, margine postico subverticali brevissimo, sinu hume-. 
rali fere nullo: sulci disjuneti, parum impressi; intervalli gibbulosi. 

‘ Elytra utintypo 9 confecta et colorata, apice tamen post angulum 
apicalem rotundatum posterius oblique subtruncato; alae ut in g. 

Pedes ut in typo, valde pubescentes. Femora postica elongata, basi 

tantum modice incrassata, parte apicali attenuata sat longa, ut in 9° 


poser o 


spinulosa. Tibiae posticae post basim planatae, et ut in 9 spinulosae, . 

Apex abdominis valde pubescens. Segmentum abdominale dorsale . 
ultimum d' convexum, cucullatum, margine apicali truncato, inferius 
et subtus verso, ante apicem in medio leviter prominulum. Lamine 
subgenitalis transversa, margine apicali latiore, transverso; styli la- 
terales sat longi et robustiusculi. 


Grylliacris horneensis De Haan. 


o Gryllacris borneensis De Haan 1842 (3), pag. 219, Tab. 19, fig. 7 
Gerstaecker 1860 (4), pag. 264. 

o. c. Gryllacris borneensis Brunner 1888 (6), pag. 327-328 — Kirby 
1906 (8), pag. 139. 

Di questa specie il Museo Civico di Storia Naturale di Genova pos- 
siede 1 o di Sipora (una delle isole dell'Arcipelago Mentawei) raccolto 
nella località Sereinu dal D.re E. Modigliani. 1894. 

Alcuni caratteri meritano di essere particolarmente ricordati, sia 
come propri della specie, e non indicati nella descrizione di Brunner 
sia come propri di questo esemplare d: 


do — Longitudo corporis mm. 30 
» pronoti >? 
» elytrorum » 47,5 
» femorum anticorum » 11,9 
» femorum posticorum » (21 


Frons inaequalis, sub lente parum punctulata, carinulis duabus mi- 
nimis ascendentibus obliquis abbreviatis, inferius praedita; supra 
clypeum utrinque impresso-plicata. Sulci suboculares sat lati. Fastigium 
verticis inferius et fastigium fronti superius uniti, sine limite distincto, 
fastigium unicum ellyptice subconcavum eflicientes, lateribus carinu- 
latis. Clypeus transversus, apice subtruncatus, in medio levissime et 
perobtuse productus. Genae post oculos testaceo - fuscae. Antennarum 
articuli primi 2 nigri, articuli 3-5 brunnei, caeteri luride testacei. - 

Pronotum subelongatum, lobis deflexis parum adpressis; pars supera 
inaequalis; margo anticus minime productus; sulcus anticus parum ex- 
pressus, sulculus longitudinalis abbreviatus parum expressus, tamen 
discretus et cum duobus incertis sulculis lateralibus postice convergens. 
Lobi laterales humilissimi, valde longiores quam altiores, postice quam 
antice magis alti, margine infero oblique et ante coxas sinuato, angulo 
antico rotundato, angulo postico inferius rotundato, posterius truncato, 
margine postico subverticali, sinu humerali fere nullo; sulcus U-formis 
distinctus, modicus. 

Color ater marginis antici pronoti latiusculus: color ater meta- 
zonae magis latus et etiam in lobos laterales descendens, semper cum 


— | — 


limbo postico contiguus, usque ad medium marginis horum loborum 
extensus, haud attenuatus sed minime dilatatus. 

Pleurae et coxae pallidae. Femora postica subtus margine externo 
spinulis 2-4 apud apicem sitis praedita, margine interno spinulis usque 
ad 10, in dimidio apicali sitis. Tibiae haud piceae sed pallidae, levi- 
ter infuscatae praecipue ad latera, basi apiceque distinete pallidae. 
Spinae tibiarum 4 anticarum nigricantes, apice pallidae. Tibiae posticae 
superne intus spinis 6, extus spinis 7, nigris, praeditae, necnon spinis 
apicalibus instructae. 

Cerci ® elongati, attenuati, ante apicem intus curvati. 


Gryllacris borneensis subsp. Yruhstorferi m. 


q. Apud Gryllacridem alratam in Systemate Brunneri verisimiliter 
locanda, sed propler formam omnino cum Gr. borneense congruens, 
altamen colore valde differens, praecipue capile et pedibus tolis 
pallidioribus. 


Longitudo corporis mm. 29,5 
» pronoti mot 2,1 
» elytrorum » 49,2 
» femorum anlticorum ».. 11,8 
» femorum posticorum », .21l,l 
» ovipostioris »? v Bh 


Habitat: Deli, in Sumatra. 

Typus: 1 9 (K. Musaei Zoologici Berolinensis) a. D.° Fruhstorfer 
collecta. : i 

Caput ab antico visum subelongatum, totum testaceo-ferrugineum, 
occipite clypeo labroque leviter pallidioribus : antennae totae testaceo- 
ferrugineae. Fastigium verticis ut in Gr. dorneense, articulo primo 
antennarum subangustius, depressum, lateribus obtusiusculis; maculae 
ocellares citrinae, maculae fastigii verticis subtiles, macula fastigii 
frontis anguste ovato ellyptica. Scrobes antennarum intus, ad latera 
fastigii frontis infuscati. Palpi fusci. 

Pronotum ut in Gr. bdorneense confectum, subtotum atrum, tantum 
supra in medio et in sulcis U-formibus loborum lateralium incerte fer- 
rugineo nebulosum. 

Elytra et alae circiter ut in Gr. borneense. Elytra tantum in quarta 
parte basali atra, ibique maculam modicam aurantiacam includentia; 
latitudo maxima elytrorum mm. 18. Alae tantum in ima basi marginis 
antici incerte breviter atratae. Venulae alarum valde infuscatae. 

Pleurae cum parte exteriore coxarum atrae. Pedes tomentosi, om- 
nes et toti fulvo testacei, immaculati, geniculis nullo modo obscurio- 
ribus. Femora postica elongata, basi perparum incrassata, spinulis 


290" 7 2000 


subtus in margine externo 5, in margine interno usque ad 11, tantum 
apice incerte fuscis. 

Ovipositor ut in Gr. dorneense confectus, fere usque ad septimam 
partem apicalem ater, apice testaceus. Lamina subgenitalis 9 obtuse 
triangularis, margine apicali nigrato, apice sensim emarginato. 

Segmenta ventralia basi et lateribus late nigra. 


INDICE BIBLIOGRAFICO 


1. I. G. Audinet-Serville 1831 — Revue méthodique des Insecles de 
l’ordre des Orthopléres. — Annales Sciences Nalurelles, Paris, 
Tome 22. 

. I. G. Audinet-Serville 1839 — ZMistoîre Natur. des Insectes Orthop- 
teres, Paris. 

. W. De-Haan 1842 — Bijdragen tot de Kennis der Orthoptera. — Ve- 
rhanal. over de Natuurl. Gesch. der Nederl. overzeesche Bezittingen. 

. A. Gerstaecker 1860 — Veber die Locustinen-Gattung Gryllacris 
Serv. — Archiv f. Naturgesch. Band. XXVI. 

. F. Walker 1869 — Catalogue of the spec. of Dermaptera Saltatoria 
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. C. Brunner von Wattenwyl 1888 — Monogr. der Stenopelmatiden 
und Gryltacriden. — Verhandl. K. Zool. Bot. Gesellschaft Wien, 
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Mittheil. Schweizer. Entom. Gesellschaft, Schaffhausen, Vol. VIII» 

8. W. F. Kirby 19095 — A Synon. Catalogue of orthoptera, vol. II. 

Part. I, London. 


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Musei di Zoologia ahi Anatomia comparata 


“della R. Università di Torino 


N se pubblicato il 18 Maggio 1998 ——Vot - XXHK 


Dott. ALFREDO BoRELLI 


Descrizione di una nuova forficola di Madeira 


Eseudochelidura madeiremsis nov. sp. 


cd: Capo ferrugineo col vertice più oscuro, clipeo e parti boceali 
giallo-chiaro ; di lunghezza uguale alla larghezza misurata dietro gli 
occhi, poco più stretto posteriormente : debolmente convesso con su- 
ture distinte, lucente, rugoloso con alcuni punti sparsi. Antenne di 
13 articoli, pubescenti, di colore giallo-testaceo coi due articoli basali 
più chiari. 

Pronoto quadrangolare, insensibilmente arrotondato al margine 
posteriore coi lati riflessi o volti in su, di larghezza pressochè uguale 
a quella del capo, di lunghezza laquanto inferiore ; se- 
gnato per tutta la sua lunghezza da un leggero solco 
mediano, rugoloso e sparsamente punteggiato, di colore 
gliallo-testaceo coi lati ed il terzo posteriore giallo-paglia.. 

Elitre di lunghezza uguale a una volta e mezzo 
quella. del pronoto che oltrepassano appena coi loro angoli 
umerali. Internamente arrotondate e distanti vicino alla, 
base, lasciando fra loro un piccolo spazio libero 0 scutello;. 
poi diritte e. contigue, posteriormente tronche obliqua 
mente all’interno. Rugolose e punteggiate di colore giallo- 
testaceo chiaro,. 

Zampe. giallo-chiaro.. 

Segmenti. dell’addome ferruginei, i primi di un te» 
Pseudochelidura staceo chiaro; allargantisi leggermente, dal primo al 
madeirensis * serto poi restringentesi sino all’ultimo il quale è di lar- 
ghezza uguale al primo: punteggiati con piccole impressioni liscie e 
lucenti sui lati. Pieghe tubercolari appena distinte sul terzo seg- 


cea 


mento, marcate sul quarto. Ultimo segmento ferrugineo, più oscuro, 
quasi bruno lungo il margine posteriore; di forma quadrangolare, più 
largo che lungo di larghezza uguale a quella del primo, rugoloso e 
leggermente punteggiato con piccoli tratti lisci elucenti che fian- 
cheggiano il solco mediano longitudinale e sui lati. Debolmente convesso, 
leggermente infossato lungo il margine posteriore‘ nel tratto compreso 
fra le branche della pinzetta. Margine posteriore ingrossato e alquanto 
sinuoso fra le branche della pinzetta, lateralmente obliquo all’esterno. 

Pigidio sporgente, quadrangolare col margine posteriore fortemente 
incavato e fiancheggiato da due tubercoli triangolari sporgenti col- 
l’apice munito di due punte, di cui l’interna appena distinta. 

Branche della pinzetta di colore giallo-paglia colle punte oscure, 
brune; cilindriche, separate dal pigidio, diritte per un breve tratto 
poi leggermente arcate verso l’esterno quindi convergenti vicino alle 
punte che s’incontrano, la destra sotto la sinistra. Dapprima robuste 
ed allargate, fornite superiormente di una corta carena interna ed 
inferiormente di una piccola sporgenza spiniforme, poi restringendosi 
sensibilmente e gradatamente sino alle punte alle spese del margine 
interno il quale è inferiormente ribordato per i tre quarti circa della 
lunghezza delle branche. 

Inferiormente: capo giallo-ferrugineo, torace giallo-paglia. Seg- 
menti dell'addome ferruginei, fittamente punteggiati; penultimo seg- 
mento fortemente arrotondato posteriormente e leggermente rugoso : 
ultimo segmento quasi completamente nascosto dal penultimo, visibile 
soltanto sui lati i quali sono forniti di una piccola costa o carena di 
colore oscuro. : 

9: Segmenti dell’addome allargantisi gradatamente dal primo al pe- 
nultimo; ultimo segmento trapezoidale, più stretto posteriormente. 
Segmenti inferiori punteggiati e forniti di peli gialli più lunghi e più 
numerosi nel penultimo. 

Pigidio sporgente più lungo che largo, trapezoidale, restringentesi 
sensibilmente nella parte posteriore, munito superiormente di due ca- 
rene longitudinali convergenti posteriormente, fortemente depresso sui 
lati e vicino al margine posteriore il quale è fiancheggiato da due 
tubercoli spiniformi di colore bruno-oscuro. 

Branche della pinzetta gialle colle punte bruno-oscuro, più corte 
che nel maschio, quasi diritte, restringentisi gradatamente dalla base 
alle punte leggermente ricurve; margine interno inferiormente saliente 
e molto leggermente dentellato per più dei tre quarti della loro 
lunghezza. 


Lunghezza totale del corpo: o Iso dInm., Gli Kox=3) 
» della pinzetta: To gie: 5. » Osa 


d e 9 da Funchal. 

Specie vicina alla Pseudochelidura edentuta (Woll.) dalla quale 
«differisce oltre chè per il colore molto più chiaro, anche per la forma 
“ela lunghezza delle elitre, l'addome meno dilatato, e principalmente 
per la forma delle branche della pinzetta meno arcate nel maschio e 
munite vicino alla base di una piccola sporgenza spiniforme. 

Questa specie fu raccolta dal chiaro entomologo Padre E. Schmitz 
al quale il R°. Museo di Torino è già debitore di parecchi altri invii 
di forficole (4). 


(!) A. BoRELLI: Di alcune forficole dell’isola di Madeira, Boll. Mus. Zool. anat. . 
«comp. Torino, VoI. XXI, N° 520, 1906. 


ESTR 
VE RARI TAPA O 


BOLEE FINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 585 pubblicato il 20 Maggio 1908 Vor. XXIII 


Dottor GrAcoMo CECCONI 


Contributo alla fauna delle Isole Tremiti. 


A’ nostri giorni è raro il caso che un naturalista possa metter piede 
in un'isola, per quanto piccola, che non sia stata già visitata da altri 
e della quale non si conosca, almeno in PERNO, la costituzione geologica, 
la fauna, la flora. 

Le Isole Tremiti, in mezzo quasi all’Adriatico, e soltanto a dieci ‘ore 
di piroscafo da Bari e a tredici da Ancona, furono visitate, specialmente 
in questi ultimi anni, da botanici (1) e da geologi (2), i quali ne illu- 


(1) Vi raccolsero piante il Gasparrini (1838), il Tellini (1890), il Martelli (1893) 
e il Béguinot (1902). Anch'io raccolsi le piante che trovai in fiore durante le mie 
due escursioni e, grazie anche alla gentilezza dell’egregio Direttore del R° Vigneto 
sperimentale, signor Antoci, ne riportai 160 specie che determinò il prof. Adriano 
Fiori e sulle quali riferirà il Béguinot, in un prossimo lavoro intorno alla flora delle 
Isole Tremiti; fu pure ultimamente alle Tremiti, a scopo botanico, il dottor Negri 
(aprile 1907), che si occupò in modo particolare della raccolta dei muschi..Alcune 
poche piante furono raccolte anche dal prof. Squinabol (1900) e comunicate al 
Béguinot. 

(2) Nel 1843 il NicoLucci pubblicò un Elenco di pochi politalami fossili, e in 
questi ultimi anni si occuparono della costituzione geologica il prof. AcHiLLe TELLINI, 
che pubblicò un dotto lavoro: Osservazioni geologiche sulle Isole Tremiti e sull’Isola 
Pianosa nell'Adriatico (Bull. RP. Comitato geologico, a. 1890), il dott. M. BaraTtTA che, 
quantunque incidentalmente, si occupò delle Tremiti nel suo lavoro: Sul Periodo 
sismico Garganico dell’aprile-giugno 1902 (Ann. Uff. meteorologia e Geodinamica, 
vol. XII, parte I, 1893) e il prof. SquinaBoL, che studiò le Tremiti dal lato geo- 
fisico; anzi sono lieto di annunciare che il prof. Squinabol ha'già presentato alla 
Accademia dei Lincei, in occasione dei premi ministeriali, un sunto del suo impor- 
tante lavoro, e che il lavoro stesso completo verrà pubblicato quindi al più presto. 


Sb pe 


strarono la flora e la natura geologica; nulla però fino ad oggi si cono- 
sceva intorno alla fauna e soltanto l’Aldrevandi nella sua Ornithologia (1) 
(a. 1603) aveva descritto e figurato un uccello, la Avis diomedea (2), 
ehe però non si sapeva a quale specie appartenesse e che ora si può 
riferire con certezza al Puffinus anglorum Boie ex Gmel. 

Fanno parte del gruppo delle Tremiti, in ordine di decrescente 
grandezza: S. Domino, Caprara, S. Nicola e Cretaccio, vicinissime fra 
loro e circondate da numerosi scogli; si aggiunge ad esse anche Pia- 
nosa, che trovasi alla distanza di circa trenta chilometri da S. Domino, 
Carattere comune di queste isole è la mancanza assoluta di acqua e perciò 
una secchezza estrema tanto d’estate che nelle altre stagioni, eccettuati 
soltanto i mesi invernali, nei quali, non di rado, cade abbondante la 
pioggia; perciò la vegetazione è piuttosto povera e il numero delle piante 
conosciute fino ad oggi supera di poco le duecento specie (3). 

Era naturale quindi arguire che anche il numero degli animali fosse 
ridotto. 

E oltre questa grande secchezza, che faceva abbandonare l’idea di 
fare escursioni zoologiche in quelle isole, si aggiungeva anche la ridotta 
superficie loro e la piccola elevazione, sapendosi che l’arcipelago in- 
tero non giunge a quattro chilometri quadrati e che S. Domino, la più 
grande, misura soltanto Km? 1,980.750, con una elevazione massima di 
116 metri sul livello del mare, con una coltivazione abbastanza inten- 
siva di viti e di grano, ed è ricoperta per un buon terzo circa da fitto 
bosco di pini (Pinus halepensis), Caprara Km? 0,448.425, col punto più 
alto di 53 metri, in piccola parte coltivata a grano, S. Nicola Km20,441.000, 
costituita da un altipiano, dove si coltiva in minima proporzione il grano 
e dove si trovano parecchie pecore al pascolo, con una elevazione mas- 
sima di 75 metri e a picco quasi tutto all’intorno, Cretaccio, divisa quasi 
in due e piccolissima, Km? 0,037.450, scoscesa, priva quasi del tutto 
di vegetazione e quindi quasi trascurabile. 

Però se le Isole Tremiti non presentavano interesse alcuno pei racco- 
glitori di animali, dovevano invece offrirne dal lato faunistico, per poter 
fare un confronto colle diverse specie animali che vivono nei due op- 
posti continenti e quindi stabilire se esistevano legami tra la fauna loro 
e quella dell’Italia e della Dalmazia. 

Difatti risulta dagli studi geologici che anticamente nell’odierno ba- 
cino settentrionale e medio dell'Adriatico doveva emergere una terra- 


(1) Tomus tertius, pag. 57-60. 

(2) G. Cecconi, Intorno alla “ Avis piomEDEA , degli antichi, Avicula, a. X, 
fasc. 101-102, 1906. 

(3) Golle 160 specie raccolte da me e colle altre del Béguinot e del Negri, 
questo numero sarà per lo meno raddoppiato, 


a 


ferma, che venne chiamata Adria, per analogia con la Tirrenide e con 
l’Atlantide; durante il periodo miocenico la terraferma aveva il predo- 
minio, il Gargano, separato dall’Appennino, era unito probabilmente 
alla Costa dalmata, che si avanzava molto verso occidente; ma il regime 
continentale non dominava nel Gargano per le formazioni mioceniche 
marine, scoperte dal Checchia-Rispoli (1), e le Isole Tremiti erano an- 
cora sott'acqua, come lo indica il miocene marino che domina in esse (2). 

Nel periodo pliocenico il Gargano era allo stato di isola e le Tremiti 
erano sott’acqua, come indicano le marne marine di S. Nicola; forse le 
uniche che emergevano erano le punte di S. Domino e di Caprara, se 
pure non avvenne, come pel miocene, erosione posteriore. 

L’Adria si ripiegava lungo la costa Dalmata, dalla quale si protendeva 
verso Occidente e, in modo particolare, in corrispondenza di Pelagosa. Si 
credette che nel quaternario antico le Isole Tremiti formassero una terra 
sola e quindi avessero una estensione maggiore dell’odierna, ma stanno 
contro, secondo lo Squinabol, le formazioni quaternarie marine a 60 metri 
circa d’altezza a S. Domino, essendo pure quaternario il calcare su- 
periore di S. Nicola (3). L’Adria sporgeva verso il Gargano e riuniva 
anche Pelagosa; il Gargano cessò di essere un’isola e, probabilmente, 
durante il postpliocene rimase, per poco tempo e per mezzo di una lista 
di terra, collegato alle Tremiti ed a Pianosa. 

Tenendo conto perciò della grande sporgenza, di ben quaranta chi- 
lometri, del Promontorio Garganico nel Mare Adriatico, della mancanza 
di altre isole in mezzo a questo mare, dell’allineamento che hanno le 
diverse isole che sorgono fra la costa italiana e la dalmata (Termoli, 


(1) Boll. Soc. Geol. ital., vol. XXIII, pag. 298 e seg. 

(2) Il prof. Squinabol mi fa osservare che è vero che non si trovano forma- 
zioni mioceniche sulle vette di S. Domino e di Caprara, ma è probabile che siano 
state portate via dopo. 

(3) Secondo quanto mi comunica gentilmente il prof. Squinabol, le fasi attra- 
versate dalle Tremiti sarebbero le seguenti: 

1° Fase di emersione dopo il nummulitico e quindi riatus fra questo e l’el- 
veziano. 
2% Sommersione durante l’elveziano fino al pliocene inferiore compreso. 
3* Emersione di breve durata, probabilmente dopo il pliocene inferiore. 
4% Sommersione durante tutto il pliocene superiore e parte del quaternario. 
5° Emersione durante l’ultima fase del quaternario. 
6% Movimenti violenti in quest’ultima fase, durante i quali si ebbe: 
a) Abbassamento di oltre 150 metri della parte N e NO di Caprara. 
b) Formazione del canale fra Caprara-Cretaccio e S. Nicola. 
c) Cedimento della parte S. E. di S. Nicola. 
d) Cedimento che ha aperto il canale fra S. Domino e Cretaccio e fra 
Cretaccio e Caprara. 


i 
S. Domino. Pianosa, Pelagosa, Isola Meleda centro) e della loro costi- 
tuzione geologica, si deve naturalmente ammettere che esse rappresen- 
tano gli ultimi avanzi di una cresta rocciosa, ora in gran parte distrutta, 
che non solo collegò il Gargano colle Tremiti, ma anche colla costa dal- 
mata: cosicchè l'Adriatico si divideva un tempo in due grandi bacini} 
come provano ora i valori batimetrici, giungendo il bacino settentrionale 
al. massimo ‘a metri 2483 e il bacino meridionale a circa mille metri; 
la cresta rocciosa, come un istmo ora sommerso, metteva in comuni- 
cazione l’Italia coll’Oriente. ì 

Anche ora l’esistenza di questo istmo è dimostrata dai diversi dati 
batimetrici, perchè fra la punta del Gargano e le Tremiti si ha una 
profondità di m. 87, fra le Tremiti e Pianosa e fra questa e il Gargano 
di m. 88, fra Pianosa e Pelagosa di m. 140 e infine fra Caiola e Cazza 
la profondità giunge a m. 181, che è la massima della nostra diga. 

Inoltre lo studio degli strati geologici e delle roccie che compongono 
le ‘accennate isole dimostra ancora che queste derivano dal fraziona- 
mento di una sola isola, frazionamento dovuto ai moti violenti, e abbassa- 
mento del sottosuolo e all’erosione operata dalle onde; questa erosione 
avviene senza dubbio anche al giorno d’oggi e produce una graduale 
e continua riduzione in superficie delle isole stesse, le quali’ finiranno 
a ridursi di numero non solo, ma a scomparire del tutto, o quasi, benchè 
in epoca certo lontanissima. Ù 

Quindi era importante vedere se a conferma degli studi geologici pei 
quali le Tremiti, Pianosa, Pelagosa, ecc. rientravano nelle Isole conti- 
nentali del Wallace, quelle mantenevano i caratteri faunistici delle due 
sponde continentali opposte dell’ Adriatico, e se vi erano naturalmente 
rimasti gli animali inetti ad attraversare il mare tanto attivamente 
quanto passivamente; e per questo profittai, al principio dell’anno 1906, 
dell’ultimo periodo di vacanze invernali per fare in esse una escur- 
sione di pochi giorni, e partii da Ancona nel pomeriggio del 15 feb- 
braio per ritornarvi la mattina del 25. 

Naturalmente, in stagione così poco propizia alle cacce zoologiche, 
dovetti limitar le mie ricerche specialmente sotto i sassi, perchè l’aria 
piuttosto rigida e la pioggia, che ogni tanto cadeva, impedivano agli 
animali di uscire all’aperto, e particolarmente agli insetti di visitare i 
fiori delle pochissime piante che avevano aperte le loro corolle, come il 
rosmarino, la mortella, l’euforbia dendroide e rare piante erbacee. 

Avuto quindi riguardo alla stagione, alla piccola superficie delle isole 
Tremiti ed alla mancanza assoluta di notizie zoologiche, quantunque il 
materiale raccolto non fosse del tutto trascurabile, pure credetti oppor- 
tuno di non pubblicarlo subito, tanto più che avevo in animo di, visitare 
di nuovo e in stagione più favorevole quelle isole. 

Difatti la mattina del 25 di maggio dello stesso anno adi per la 


oe 


seconda volta a S. Nicola e ricominciavo le mie ricerche zoologiche, spin- 
gendomi questa volta fino a Pianosa, essendo il mare abbastanza tran- 
quillo. 

La seconda escursione fu naturalmente di molto maggior profitto 
della prima; ma se in febbraio, come dissi, dovetti limitar le mie ri- 
cerche quasi esclusivamente sotto i sassi, ora, a cagione della grande 
siccità, ebbi il numero maggiore di animali dalla caccia coll’ombrello 
entomologico, senotendo le piante legnose ed erbacee, come pure l’ebbi 
dalla visita accurata delle piante in fiore, quali ad esempio: Daucus 
gummifer Lam., Onopordon tauricum W. var. apulum Fiori, Ohrysan- 
themum segetum L., Carduus nutans L. ecc. sulle quali frequentissimi 
si trovavano i coleotteri: Mordellistena micans Germ., Mordellistena 
pulchella Muls., Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl., Larinus sco- 
lymi Oliv., Longitarsus aeruginosus Foudr., Hispa testacea L.; gli ime- 
notteri: Scolia bidens L. e Xylocopa violacea L.; il dittero: Eristalis 
tenax L.; il lepidottero: Macroglossa stellatarum L., ed altre specie 
di insetti, che qui tralascio per brevità. 

Era mio desiderio di poter prolungare di qualche giorno la mia escur- 
sione in tempo così favorevole, come anche di ritornarvi in autunno, 
per poter aver materiale di studio raccolto in tre stagioni diverse, ma 
doveri d’ufficio me l’impedirono. i 

Desiderando di poter in tempo non lontano compiere un’ altra gita 
alle Tremiti e perchè anche altri si risolvano a farvi lunghe ed accurate 
ricerche zoologiche, mi svno creduto in dovere di far conoscere il mate- 
riale raccolto, che si compone di circa cinquecento specie; in alcuni 
casi di dubbio, per dar maggior valore alle determinazioni, e quindi 
anche alle conclusioni, domandai l’aiuto di valenti specialisti, che no- 
minerò a suo luogo, i quali, con gentilezza davvero squisita, determi- 
narono anche una parte del materiale raccolto; perciò a loro e a quanti 
mi furono larghi di indicazioni e di libri rendo le dovute grazie. 

Debbo inoltre manifestare tutta la mia riconoscenza e fare i più vivi 
ringraziamenti prima alla Direzione della Colonia penale, per la gentile 
ospitalità e il libero passaggio nelle diverse isole, accordatomi durante 
le mie due escursioni, e poi al Direttore del Vigneto di osservazione, 
Signor Beniamino Antoci, il quale, con quella gentilezza che è tutta sua, 
si adoperò grandemente affinchè le mie escursioni fossero coronate dal 
miglior successo. 


ig 
li EE@'èII|I|rzi--e--.e-mee emme nn mi; 


; ISOLE TREMITI 
Italia 


ì Pianosa || Dalmazia 
continent. 


S. Domino S. Domino] Caprara |. Neo S. Nicola 


Classe: ANELLIDA 
Fam. Lumbricidae (1). 
Helodrilus (Allolobophora) cali- 

ginosus (Sav.), subsp. trape- 
zoîdes (A. Dug.) . nà 
Helodrilus (Dendrobaena) dio- | 


Tipo: VERMES. 


medaeus Cognetti, nova i 
cies (2). . 
Helodrilus (Eophila) januae ar- 
genti Cognetti.. . . so, 
Octoclasium complanattm A. 
Dug. STRA I a SCONO + + 


penins. 
Tipo: MOLLUSCA (3). 
Classe: GASTEROPODA. 
Fam. Limacidae. 
Amalia carinata Risso 
Amalia gagates Drap. 
Fam. Zonitidae. 

Hyalinia sp. (del gruppo della 
cellaria). Un esemplare in- 
completo . . . : : sn 

* Conulus praticola Rheinw,(4) + + (Tellini) O 


++ 
++ 


* Vitrea etrusca Paulucci . . |lroscana 
Vitrea sp. Due esemplari in- 
COMPO ant a n + 


Fam. Helicidae. 


* Punctum pygmaeum Drap. + 

* Patuli rotundata Mill. var. 
abietina Bourg. . aa Lp 

* Patula solaria Rossm. . ° + (Tellini) Cattaro 


(1) Raccolsi queste quattro specie in febbraio, sotto i sassi, durante la stagione umida 
e piovosa, mentre sugli ultimi di maggio i lombrici erano molto rari, anche sotto 
le grosse pietre interrate, per l’arido che regnava allora; le quattro specie furono de- 
terminate dal dott. CocneTTI de Martis che pubblicò una nota dal titolo: Nota sui 
Lombricidi delle Tremiti, Boll. dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della 

Università di Torino, vol. XXI, n. 525, aprile 1906. 

(2) Per la descrizione di questa nuova specie si consulti la nota citata sopra. 

(3) Fatta eccezione dei due limacidi, che mandai per conferma al prof. Simroth, 
tutte le specie furono determinate dal Marchese di Monterosato, il quale volle ag- 
giungere ancora qualche nota e alcune specie, raccolte dal Tellini e di cui ebbe 
notizia dal prof. Carlo Pollonera. : 

(4) Il segno * indica le specie trovate nei relitti del mare, sulla costa e nelle in- 
senature delle Isole. 


7, IR 


——_—_m_m————t—tmm——m6m— rr: 


ISOLE TREMITI | 


Italia i Pianosa || Dalmazia 
continent. ; 
S. Domino | Caprara |S. Nicola 
* Vallonia pulchella Mill. . + (Tellini) E 
Caracollina lenticula Fer... SE + FA -* È 
* Anchystoma corcyrensis Partsch. + Dalm. meri d. 
anchy Tellini 
Carthusiana carthusiana Mill. 


var. minor Auct. . È + dr 
Carthusiana rizzae Aradas. ( 1) 
var. globosior Monts. nova va- 


rietas . ? + + + 
Xerolaeta turgida West. et 

Blanc: . ). meri . “È 
Xerolena braniiniana Fagot. Costa adriat. + 

Brind, Fano) 

Xeroclivia conica Drap. 

var.iverticillata Parr. .|. Oli + + 

var. pyramidella Jan. . + a + (Te'lini) 
Xeroclivia pyramidata Drap. 

var. x Pot E 3f 
Xer cunita Gera Muck. è + + + 

anche Tellini 

Xeroacuta acuta Auct. 

var. pratensis Monts.. . . + # 
Helix vermiculata Mill. } + Li 
Chondrus tridens Mill. Fre- 

quente sotto i sassi. . . . ti ai + 

anche Tellini 

Chondrus tridens Mill. var 

rufa Monts. nova varietas. li 

(col labbro e i denti bianchi). 
Chondritortus quadridens Mill. + iu SL 

anche Iellin 

Scyphus (2) doliolum Drap. var. 

singularis Monts. nova va- 

Es RTS ieri, sE 


(1) È una forma che vive in Sicilia nella costa bagnata dal mare Jonio e prin” 
cipalmente nella provincia di Siracusa; nel resto della Sicilia è sostituita da altre 
forme. Si rinviene pure ed è assai frequente in molti punti della Calabria, nella 
costa Abbruzzese e nella Capitanata, alcune volte assai più grande, ma più tenue, 
L’H. olivieri Fér., colla quale è stata confusa, è una specie di Siria ed ha forme 
affini in Grecia, a Corfù, nelle coste dalmate e dell’Istria, col nome di parumcinceta 
Parr. La nostra C. rizzae Arad., mostra costantemente le sue due zone bionde più 
spiccate, è più globosa e più solida. 

(2) Seyphus Monts. è una nuova sezione ed ha per tipo la Pupa doliolum Drap. 
e le specie meridionali ed orientali aride, come la scyphus Friv., la raymondi Bourg., 
l'orientalis Pfeiff., la syrianocorensis Mousson, la femplorum Benoit, istituita su esem- 
plari giovani del genere Helix, ed altre specie. L’Orcula Held. ha per tipo la doliolum 
Dcap. e le specie settentrionali e forestali umide, come la gularis Rossm., la conica 
Rossm., la jetschini Kim. ed altre specie, spesso ricoperte di limo glutinoso, che 
hanno l’apertura, la lamella, l’avvolgimento e il colorito, diversamente conformalti. 


TR 
lettori drecr(__É————__———__——@—,_-_y o @" 


Italia 
continent. 


ISOLE TREMITI 


Pianosa 


Dalmazia 


0 III da neo o i. /9@9@@òe EEE 


* Pupilla muscorum Mill... 
* Torquilla frumentum Drap.. 


* Granopupa granum Drap. . 

* Isthmia strobeli. Gredl. var. 
nodosaria De Stef. 

* Zua lubrica L. 


* Alaea pygmaea Drap. . 
* Alaea antivertigo Drap: 


* Vertilla angustior Jett. 

Rumina decollata L. (forma ci- 
lindrica che rassomiglia alla 
truncata Ziegl.) . 


* Caecilianella acicula Mill. 
* Caecilianella eburnea Risso. 
Ferussacia hohenwarthi Rossm. 
Clausilia (Gibbularia) (1) gb 
bula Ziegl, molto comune in 
tutte le isole Tremiti, special. 
mente sotto i sassi; presenta 
varie forme: 
var. tremerusina Monts., no- 
va varietas (somigliante alla 
multiplex West. = peucetana 
Robi) Fip peul 67) ig 
var. selecta Monts., nova va- 
rietas (piccola, acuminata, ci- 
nerea, a coste molto spiccate, 
rassomigliando in piccolo alla 
Cl. letokana Gredl. del Tirolo). 
var. solidula Monts., nova 
varietas (più solida e più al- 
lungata), ed altre forme poco 
Brion. POME Lo 18785 
In tutte le varietà di forma, 
la colorazione si presenta alle 
volte cinerea, alle volte di un 
biondo rossiccio, eccetto che 
nella . selecta, che è cinerea 
colle coste bianche. i 
Clausitia ( Delima) piceata 
DRRORT: are tO, Sa IONE 


Alpi 


SÙ 
Costa Adriat. 


Costa Adriat. 
(Fano) 


S. Domino| Caprara | S. Nicola 
sl 
anche Tellini w 
aL 
+ 
Ju 
anche Tellini 
Spi = è 
anche Tellini 
su 
(Tellini) | © 
"|! 3F 
+ + 
+ (Tellin!) st 
+ 
dl 
+.|.+ + 
- ali 
+ 
+ 


at 
anche Tellini 
se 


anche Tellini 


+ 


i! Costa Adriat. 


(1) Questa sezione è stata distinta dal dottor Boettger col nome di Gibbula, ma 
questo vocabolo fu dato anteriormente dal Risso ad un genere di conchiglie marine 
ed è stato adottato; ho creduto di cambiarlo in Gibbularia. 


ua a 


ISOLE TREMITI 
Italia 


ontinent. 
rasi S. Domino 


Pianosa || Dalmazia 


Caprara | S. Nicola 


Fam. Auriculidae. 


Carychium elongatum Villa. . SE 
Ericia elegans Mill, molto fre- 

quente sotto i sassi. . . . = + ar 
Alexia botteriana? Ph. . . . |Costa Adriat. 


Costa A riat. 


Tipo: ARTHROPODA. 


Classe: CRUSTACEA (1). 


Isopoda. 


Fam. Oniscidae. 


Armadillidium pallasi Brandt. 
(caratterizzato da colore gri- 


gio-scuro uniforme). . . . ||+Apriema]| + + 
(Gargano) A 13 


Armadillidium frontirostre Bud- 
de Lund (colorazione caratte- 
ristica bruno-chiara, con mac- 
chiespallide) . ... 1. sud. 

Armadillidium vulgare Latr. . 

Porcellio diomedus Dollfus, nova 
spacios.(2) ;.. .. | 

Porcellio laevis Latr. 

Metoponorthus pruinosus Brandt. 

Metoponorthus melanurus Bud- 
de Lund. (in vicinanza del 
mare). . SE PIL, SOCI ca AE 

Metoponorthus sexfasciatus 
Budde/Pund 4 i, 

Leptotrichus panzeri Aud et Sav. 

Philoscia couchii Kin. (in vici- 
nanza del mare) .. . .|. + 

Philoscia cellaria Dollf. . . || Trieste LE i 

Philoscia elongata Dollf. . . $ + sa a + 

— 
+ 


++ 
++. 
++ 


++ 
+ 

++ 
++ 
++ 


+ 
+ + 
N lea 


+ 


Philoscia muscorum Scop. . . + 
Ligia italica Aud et Sav. (in 
vicinanza del mare). . . . |pezia,Trieste 


(1) Raccolsi tutti gli esemplari sotto i sassi e il maggior numero in maggio; le 
specie furono determinate dal DoLLrus di Parigi, che pubblicò intorno ad essi una 
‘nota dal titolo: Sur es Isopodes terrestres des Iles Tremiti, La feuille des jeunes 
naturalistes, 18° décembre 1906, IV® Série, 36° année, n. 434, pag. 32-33. 

(2) Per la descrizione di questa nuova specie si consulti la nota ricordata sopra. 


dg pr 


Italia 


continent. 


ISOLE TREMITI 


S. Domino 


S. Nicola 


Caprara 


[mi 


Pianosa || Dalmazia 


Classe: ARACNIDA. 
Scorpiones. 
Fam: Scorpionidae. 
Euscorpius carpaticus 105 ( molto 
frequente sotto i sassi in feb- 
braio, piuttosto raro in mag- 
gio). 
Araneae (1). 
Fam. Aviculariidae. 
Nemesia cecconiv Kulezynski, 
nova species (2). 
Fam. Uloboridae. 
Uloborus walkenaerii Latr. 


Fam. Zoropsidae. 

Zoropsis spmimana (GE Duf. di 

Mahe, 

Fam. Dictynidae. 

Ciniflo (Titanoeca) /lavicoma 

i. IRochp 
a ferox Walk. 

Fam. Sicariidae. 
Loxoscelus erythr dra C. L. 
Koch. : ; 

Scytodes thoracica Latr. 

Fam. Dysderidae. 
Dysdera crocata C. L. Koch.. 
Dysdera kollarî Dobl. 
Harpactes sp. 

Fam. Drassodidae. 
Drassodes lapidosus Walk. 
Drassodes lutescens C. L. Koch. 
Drassodes severus C. IL. Koch. 
Drassodes sp., juv. SALO 
Prostesima barbata L. Koch. . 
Prostesima fuscipes L. Koch. . 
Pterotricha exornata C.L. Koch. 

Fam. Pholcidae. 


Pholcus phalangioides Fuessl. 


Monti Sabini 
SE 


I. merid, 


+ 


+ 


* 
Napoli 


x 
Pisano 


calabria 


+ 


+ 


- + 


++ 


++4++ 


+ 


+ 


+ 


+ 


+++ 


++ 


++ 


+ 


(1) Gli Araneae e gli Opiliones furono determinati dal prof. Kulezynscki di Cracovia. 
(2) Per le nuove specie e varietà di aracnidi delle Tremiti, 
Fragmenta arachnologica, V, (Accedit tabula XXI). Bulletin de |’ Académie des Sciences 
.de Cracovie, Seance du 3 juin 1907 (VIII Arachnoidea nonnulla in Insulis Diome- 
deîs [Isole di Tremiti] a Dre. G. Cecconi lecta). 


vedi: Kulczynski, 


ns Dif 


r———————————T__—_——1kz<=__E_—_—_—_—_————rFrrrrrrrrrrrrtr 


ISOLE TREMITI 
Italia Pi ° 
ianosa || Dalmazia 
gpntinente S. Domino | Caprara | S. Nicola 
Fam. Theridiidae. 
Theridium aulicum C. L. Koch. + + Pi 
Enoplognata mandibularis Luc. 
(Isola Cretaccio), .. . . . + si 
Fam. Argiopidae. 
Argiope bruennichi Scop.? . . + + i 
Cyclosa sierrae E. Sim. . . |tiroo, nerd] + 
Calabria 
Mangora acalypha Walk. . + + + 
Araneus circe Sav. . . È 4 + 
Araneus dalmaticus Dolesch. % + dr 
Araneus redii Scop. . + + li 
Araneus adiantus Walck. pio % si x: 
Fam. Thomisidae. 
Thomisus albus Gmel. . + + * 
Runcinia lateralis C. L. Koch. + + 4 
Synema globosum Fabr. . . x + ZE + 
Philodromus caespiticola Walk. + 
E specie dell'Europa setten- 
trionale e media; non è ricor- 
dato d’Italia e probabilmente 
confuso col PA. aureolus. 
Philodromus medius Cambr.? sE 
Philodromus sp. (juv.). . . + 
Fam. Clubionidae. 
Otlios spongitarsis Duf. È Lo sp «| 
Chiracanthium mildei IL. ‘Koch. pr + ch 
Fam. Lycosidae. 
Lycosa radicata Latr. O sb + ui 
Lycosa albofasciata Brullé. _ + + pra 
Fam. Oxyopidae. 
Oxyopes heterophthalmus Latr. RL so 
Oxyopes lineatus Latr. var. occi- 
dentalis Kulcez., nova varietas. iL JL E 
Fam. Salticidae. 
Leptorchestes chrysopogon E. pe 
Sim. . Calabria Pa n 
Heliophanus cambridgei E. Sim. 4 Ph + 
Salticus simoni Kulezynski (1) i 
MOVa! Spefle8. se. bos «al. PIsgett, + Istria, Pola 


(1) Questa specie era già stata raccolta in altri luoghi, ma non ancora descritta, 


Dendriphantes nidicolens Walk. 


Probabilmente appartiene a | 


questa specie il Dendr. nite- 
linus degli: autori! italiani, 
diffuso nel continente italiano 
e nelle isole . et 
Euarscha jucunda Luc. 


Opiliones. 


Fam. Phalangidae. 
Phalangium propinqguum Luc. 
Phalangiumsaxatile C. L. Koch. 
Dycranolasma diomedeum K ul- 

ezynski, nova species 


Acari. 


Fam: Trombidiidde. 


Trombidium sp E Cretac- 
cio). È 


Fam, Toraitue. 
Hyalomma aegyptium L. 


Fam. Eriophyidae. 

Eriophyes ilicis Can. (Phylle- 
riumilicinum D. C.) con galle 
caratteristiche, su foglie di 
Quercus Ilex L. use 

Eriophyes stefanii  Nal. con 
galle caratteristiche, su foglie 
di Pistacia lentiscus br 

Eriophyes affinis Nal. con pu- 
stole fogliari caratteristiche 
su foglie di Artemisia arbo- 
rescens L. .| 


Classe: MyYRIAPODA (1). 
Chilopoda. 

Fam. Scutigeridae. 
Scutigera coleoptrata L. 

Fam. Lithobiidae. 
Lithobius peregrinus Latzel. 
Litobius mutabilis C. Koch. 


== ———_.1eeee— 
ISOLE TREMITI 


Italia 


continent. 


Pisano 


S. Domino 


Caprara 


Pianosa 
S. Nicola 


Dalmazia 


(?2juv.) 


++ 


Lussinpiccolo. 


(1) La specie di questa classe furono determinate dal prof. Filippo Silvestri. 


Fam. Scolopendridae. 
Scolopendra cingulata Latz. 
Scolopendra dalmatica C. Koch. 
. Fam. Cryptopsidae. 
Cryptops anomalus Newp. 
Cryptops hortensis Leach. . 

Fam. Himanthariidae. 
Himantharium, gabrielis L. 
Stigmatogaster gracilis Mein. . 

Fam. Dignathodontidae. 
Chaetochelyne vesuviana Newp. 
Dignathodon ri gia m 

Lucas. 

Fam. Geophilidae. 
Geophilus flavidus C. Koch. . 
Diplopoda. | 

Fam. Julidae. 

Pachyiulus communis Savi... 
Pachyiulus ATI pt 

UsibBoch' i: 

Fam. ola 
Brachydesmus superbus Latz,. 


Classe: INSECTA, 
Ordine: Thysanoura. 


Fam. Lepismidae. 


Lepisma aurea Duf. a : 
Lepisma crassipes . Esch. (det 
Silvestri). . : 


Ordine: Pseudoneuroptera. 


Fam. Termitidae. 
Termes lucifugus Rossi. 


Ordine: Orthoptera. 


Fam. Blattidae. 


Periplaneta orientalis L. 
Aphlebia marginata Schreb. 
Loboptera decipiens Germ.. . 
Heterogamia aegyptiaca L.1 9. 


= 


— 13 


Italia 


continent. 


++ 


++ 


Regioni litor. 


I, orientale 


+ 


sl 
ps 


Calabria 


— 


ISOLE TREMITI 


S. Domino| Caprara | S. Nicola 
37 sui 
Shi SpA 
J 
sù A 
+ + 
+ 
4 4 
+ 
sla ze 
3 sn 
sla ir, “a 
+ 

Ca 
+ 
+ 
t 
sli 
- 
Ce 


Pianosa 


++ 


Dalmazia 


++ 


++ 


++++ 


Fam. Forficulidae. 


Forficula auricularia L., forma 
ciclolabia e macrolabia (det. 
di PR RTRT 1 LARIO 


‘orficula du Gené ua 
a * 


Fam. Locudtignoi 
Conocephalus sp. larve. . 


Fam. Phasmidae. 


Bacillus rossii Fabr. Molto fre- 
quente sui pini, 


Fam. Acrididae. 


Stenobotrus apricarius LL. 
StauronotusmaroccanusThumb. 
Pachytilus cinerascens Fabr. 
Acridium aegyptium L.. 


Ordine: Coleoptera (1). 


Fam. Carabidae. 


Olisthopus glabricollis Germ. . 

Bedelius circumseptus Germ. 
(det. Reitter). . 

Calathus mollis Marsh, Rari 
esemplari in febbraio. 

Amara aenca Deg. - 

Amara eurynota Panz. 2 esem- 
plari in febbraio. : 

Zabrus tenebrivides Goeze. Fre- 
quente.. : 

Ophonus meridionalis Dej. (det 
Reitter). : 

Harpalus sulph ur ipes Germ. 

Harpalus tenebrosus Dej. Molto 
frequente ; qualche esemplare 
in febbraio, LOI 

Harpalus litigiosus Dei. Ab- 
bastanza frequente anche in 


febbraio. 


NECES 


ISOLE TREMITI 

Italia : 

tinent. Pianosa 

si S. Domino| Caprara | S. Nicola 

“la <b 

ar 3} ua 3F 
sh 

+ Ho 

Sr + sla 

ar "ia ch 

ar chi 

Sia 3 sl 
+ 

sla de 

sli ali 

sl; He 

sla sha 

3 ila 
lp sla 

3F + 3 

sli Sf 3F + Shi 
< 3F 


Dalmazia 


+ sembra che 
marchi nelle 
isole, 


a 


ana 


(1) Le specie di quest'ordine furono determinate buona parte da me; per le specie 
dubbie e per quelle per le quali non avevo nè libri, nè materiale di confronto ri- 
corsi a specialisti, come indicherò a suo luogo. 

(2) Le indicazioni intorno ai coleotteri trovati in Dalmazia, oltrechè desumerle dai 
lavori pubblicati, mi furono gentilmente date dallo stesso prof. G. Miiller di Trieste. 


— de 


| ISOLE TREMITI | 
Italia | 
cafilcnhi Pianosa || Dalmazia 
:S. Domino | Caprara | S. Noa | 

Licinus silphoides Rossi. Abba- | 

stanza frequente; rari esem- 

plari in febbraio. SL + sk 
Lebia cyanocephala L. . + i TE 
Dromius linearîs Oliv. L + ta 
Cymindis axillaris F. ui È ot 
Cymindis axillaris F. var, e 

neola Duf. Rari esemplari 

in febbraio. . . 4a + + DE 

Fam. Hydrophilidae. 

Sphaeridium bipustulatum F. 

var. Pochi esemplari in feb- i 

braio. . Ch + n 
Helophorus aquaticus nh subsp. 

italus Kuw. (det. Fiori). . - + + 

Fam. Staphylinidae. 
Aleochara sparsa Heer.. . . + È + 
Tachyporus nitidulus F. (det. 
‘ Bernhauer). . . sE + + 
Tachyporus pusillus Craw ( (det. 

Bernhauer). . + + dp: | 
Ocypus olens Mill. (1). ‘Molto 

frequente e in particolar modo 

in febbraio. . . ; + + + + 
Ocypus ophthalmicus ‘Scop. : 35 - + 
Ocypus aeneocephalus Deg.(det. VE 

Bernhauer). . + Carmen + a 
Ocypus edentulus Block. (det. 

Bernhauer). : = 3 + + 
Philontus intermedius tici 1 Ie n 
Xantolinus glabratus Grav. . + aL 
Oxytelus speculifrons Kr. i 

Bernhauer) . . . A sa + + 

Fam. Phalacridae. 
Olibrus affinis Strm. Frequente 

in maggio. . . + + 3) sh 
Stilbus testaceus Panz. (det 

Reert, Saotx “Bi di 

Fam. Ci placare 
Micrambe vini Panz. A Reit- 


CES rta de 5 ; È + 


(1) È da notare il fatto che mentre questa specie è sostituita sul Gargano da una 
forma più piccola e a zampe gialle, descritta dal prof. Andrea Fiori col nome di 
var. garganicus, questa non si trova affatto alle Tremiti, dove invece si trova in 
quantità la forma tipica, 


PRG |; Jos 


Italia 


continent. 


IS. Domino 


ISOLE TREMITI 


S. Nicola 


Caprara 


i Pianosa 


Dalmazia 


Fam. Lathriidae. 
Enicmus transversus Oliv.. . DI 
Melanophthalma fuscipennis 

N (ESC e PMI): SOM RIS E SO I, 

Fam. Tritomidae. 
Berginnus tamarisci Woll. . + 


Fam: Nitidulidae. 
Cercus' rufilabris Latr. MISS 
Fiori). st Bru 
Brachypterus glaber Newm. Ab: 
bastanza frequente. 3 + 
Meligetes picipes Sturm. (det. 
Reitper), il... TÈ + 


Fam: Colydiidae. 
Aulonium ruficorne Oliv. . . + 


Fam. Dermestidae. 


Anthrenus verbasci L. Molto 
frequente. . 
Trinodes hirtus F. (det. Reiter). 


Fam. Histeridae. 


Hister major L. .. + 
Hister 4maculatus L,. ANbbastati 
ziinoquente > id. (1. + 


++ 


Fam. Scarabaeidae. 


Scarabaeus sacer L. . 
Gymnmopleurus pilularius sL. 
Bubas bison L. 13 e una gin | 
febbraio 
Onthophagus fracticor nis Prey q 
Onthophagus andalusicus Wiki. 
(det. Reitter). | . 
Pentodon punctatus Willers. 
Epicometis squalida Scop. et 
var. Parecchi esemplari sui 
MORI eo Sa 
Leucocelis funesta ‘Pada. Fre- 
quentissima sui fiori in mag- 
gio; rari individui in febbraio, 
sotto i sassì. . . il 
Cetonia aurata L. var. ‘rispa: 
nica Er., ab. viridiventris 
Reitt. Due soli esemplari. . sh 


++ ++ ++ 


+ 


+ 


BE 
AF 
+ 


++ 
++ 


+ 


+ 


++ ++ 


cohig + 


———@==——=——=—===&@==.<@>———————————————_mx___—_r—___—_—_——_————————_—_————_—— 


Potosia morio Fabr. var 4pun- 
ctata Fabr. Abbastanza fre- 
quente sui fiori, in maggio. 


Fam. Buprestidae. 
Anthazia umbellatarum L. 
Fam. Cantharidae. 


Lampyris lusitanica Motsch. 
(det. Olivier). 

Lampyris sp. Larve molto nu- 
merose in febbraio, sotto i 
sassi. . 

Ebaeus italicus Reitt. ‘ (dett. 
Reitter). . . + Di 

Malachius viîridis F.. i 

Malachius spinipennis Germ. 
Frequente suifiori,in maggio. 

Psilothrix cyaneus Oliv. . . 

Danacaea picicornis Kist. Ab- 
bastanza frequente. 

Danacaea nigritarsis Kiist. 


Fam. Byrridae. 


Ernobius abietinus Gyll. (det. 
Reitter). . . | 
Lasioderma redtenbacher i i Bach. 
(det. Reitter). . 


Fam. Tenebrionidae. 


Tentyria italica Sol. et var. Co- 
mincia a comparire in feb- 
braio ed è molto frequente 
in maggio, sotto i sassi. , 

Stenosis brenthoides Rossi. È 
rara tanto in febbraio quanto 
in maggio. 


Blaps gigas L. Frequente sotto 
i sassi in maggio, qualche 
esemplare anche in febbraio. 

Blaps gibba Lap. Insieme colla 
precedente. . 

Asida bayardi Sol. Frequente 
molto in maggio, sotto i sassi ; 
qualche esemplarein febbraio. 


| 
ISOLE TREMITI | 


Italia ? x 
situate Pianosa | Dalmazia 
Ù "{1S. Domino] Caprara |S. Nicola 

32 E 
Trentino 
+ - di 
+ 3 
| te ar 3F 
Roma | un aL 
sia 3e 3F 
5F | + sla 
a a * da ch 
Gargano | + + Pelagosa 

3 sla 

ci =} 

“1 + 

+ + n * na =] 

x sia + 
Gargano 

== sia cia + cia =P 

sù 3F + sia 3P sin 
Napol, Garg.l + ni 


MR — 


Dendarus dalmatinus Germ. 
Comune sotto i sassi, anche 
in febbraio. 

Pedinus meridianus Muls. Come 
la precedente. . . 

Opatrum melitense Kiist, (det. 
Reitter). Un solo ro 
sotto un sasso. . 

Hypophloeus rufulus Rosenh. 
(det. Schilsky) 

Helops quisquilius F. Un solo 
esemplare in febbraio sotto 
un sasso. . 

Helops azureus Brull. Molto fre- 
quente sottoi sassi in febbraio, 
piuttosto raro in maggio. 


Fam. Alleculidae. 


Gonodera ferruginea Kiist. . 

Omophlus betulae Herbst. Fre- 
quente sui fiori di Daucus 
gummifer Lam. . 


Fam. Lagriidae. 
Lagria hirta L. 


Fam. Mordellidae. 


Scraptia dubia Oliv.Abbastanza 
frequente... nr PI 

Scraptia fuscula Mill. (det. 
Reitter). 

Mordellistena micans Germ. Fre- 
quentissima sui fiori di Dau- 
cus gummifer Lam. . 

Mordellistena pulchella Muls. 
Insieme colla precedente. . 

Anaspis rufilabris Gyll. Ab- 
bastanza frequente. . . . 

Anaspis labiata Costa. (det. 
Reitter) Rosaria Bh 


Fam. Meloidae. 


Meloe murinus Brdt. (det Reit- 
ter). 19 in febbraio. . 
Zonabris variabilis Pallas. 


“i 


——-@——@@»@@‘@ 


N ISOLE TREMITI 
Italia 
GPRIIIOTE S. Domino | Caprara | S. Nicola 
ale 3” cla 5 
SF SE sia 
I. merid. + 
+ 
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Tirolo merid. + STA al 
I. merid. + 
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5P si 
+ + n 
ci DC 
ni + 
+ + 
ale Sa =“ fila 
cia 3F 
ch ala 
slo St sto "le 


Pianosa 


Dalmazia 


INIT 1. POOR 


Fam. Anthicidae. 


Anthicus instabilis Schmidt. . 
Anthicus pauperculus E ira 
Reitter). : 


Fam. TRA 
Oedemera flavipes F. 


Oedemera lurida Marsh. 


Fam. Pythidae. 
Nycterus curculionoîdes F. 


Fam. Curculionidae. 
Otiorrhynchus tomentosus Gyll. 
Polydrusus cervinus L.. . . 
Sitona vestitus Walt]. 09h Des- 
brochers)..... . Fibeoh: 
Brachycerus undatus F dia . 
Larinus cynarae F. var. gla- 
brirostris Gyll. Comunissimo 
sui fiori di Onopordon tau- 
ricum W., var. apulum Fiori. 

Larinus scolymi Oliv. Come la 
precedente. 

Larinus carinirostris Gyll. 

Hypera punctata F. Rari esem- 
plari in febbraio. 

Pissodes motatus F. In grando 
quantità sui pini in maggio. 

Smicronye jungermanniae Reich. 

(det. Desbrochers). : 
Smicrony®e variegatus ? Gyll. . 
Ceuthorrhynchus pleurostigna 

Marsh. . . uf 
Apion tubiferum ‘Gyll. Fre- 

quente sui fiori di Cistus 
Apion carduorum Kirb. . 
Apion semivittatum Sor: (det. 

Desbrochers). 

Apion rufescens Gyli. ( det. 

Desbrochers). . 

Apion confluens Kirb. (det, 

Schilsky) . . 

Apion rufirostre F. i 9 (det. 

Desbrochers). . 

Apion wviolaceum Kirb. (det. 

Desbrochers). . 

Auletes tubicen Boh. (det. Des- 

EroeBers): + i ue La 


Italia 
continent. 


fa 


+ + 


È 


++ ++ 


SL 
Calabria 


+ ++ + ++ + 


Toscana 


ISOLE TREMITI 


S. Domino 


+ 


+ + 


++ ++ + 


+ 


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Pianosa 


Caprara | S. Nicola 


Dalmazia 


+ l'elagosa 
Comisa 


+ 


+ 


+ + + + + + ++ 


— 0 


[lrn ra TTI 


ISOLE TREMITI 
Ialia A dI rasa fa 
continent S. Domino | Caprara | S. Nicola 
"= @a_o or _rrrrirtr9., rr _ ‘ii i i IE 
Fam. Anthribidae. | 
Tropideres curtirostris  Muls. 
(det.Schilsky) .. iL »—. + .|| Lazio + 
Urodon rufipes Oliv.i . .. + | + 
Fam. Mylabridae. 
Mylabris pisorum L. Abba- 
stanza frequente in maggio. + + io a 
Mylabris seminaria L. var. pi- 
cipes Germ. . + si no 
Mylabris velaris Fahrs. (det, 
Reitter). . 3 + ch 
Mylabris bimaculata Oliv. . st + + 
Fam. Scolytidae (1). 
Pityogenes lipperti Henschel. . 4 | + 
Pityogenes pilidens Reitt. (det. 
Reitter). : . i | 
Ips proxcimus Hichh,!% |. Alpi, S. Remo] = + | 
Viareggio | 
Ips erosus Woll. In febbraio. | veneto || + ut 
Trentino 
Crypturgus numidicus Ferrari i 
Tn'*febbraiogtani. io... |. alenirsali" — e | 
(Toscana) 
Fam. Cerambycidae. I 
Clytus rhamni Germ. . . ni È Rù 
Parmena pubescens Dalm. var. | 
pilosa Brulll”. . |. nn + i 
Acanthocinus griseus F. Rac- 
colti molti esemplari sui pini, 
coll’ombrello. . . + + + 
Niphona picticornis Muls. + + + 
Agapanthia cardui L. + - + 
Fam. Chrysomelidae. 
Crioceris paracenthesis Li. . . + sh + 
Macrolenes ruficollis F.. . . >; + i 5a 
Cryptocephalus trimaculatus 
Rossi. ... + sio + 
Cryptocephalus ‘macellus Suffr. 
(det. Reitter). . . nf sha + ni 


(1) Raccolsi le cinque specie di questa famiglia sul Pinus halepensis, sul quale 
avevano scavato le loro gallerie caratteristiche. 


Colaspidea globosa Kiist. Ab- 
bastanza frequente. 

Chrysomela americana L. Fre- 
quentissima sui fiori. 

Chrysomela banksi F. (det. 
Reitter). . .. ; 3 

Ochrosiîs pisana Are 

Psylliodes cupreata Duft. (det. 
Reitter). : : 

Psylliodes chrysocephala L. 

Psylliodes A A e var. 
collaris Wsi. . DAL, 

Psylliodes cuprea Koch. 

Psylliodes hyosciami L. . 

Phyllotreta procera Redtb. 

Aphthona nigriceps Redtb. 

Aphthona pygmaea Kitsch. 
(det. Fiori) ; 

Aphthona euphorbiae ‘Schr. 

Longitarsus corynthius Reiche. 
(det. Reitter). 

Longitarsus ballotae Marsh. 
(det. Reitter) Raccolsi col- 
l’ombrello pa isoni Spegpiari 
sui pini. 

Longitarsus aeruginosus Foudr. 
(det. za Come la Lg 
cedente. 


Hispa testacea L. Parecchi 
esemplari sulle piante di 
Cistus monspeliensis L. . 


Fam. Coccinellidae. 


Adonia variegata Goeze, var. . 
Semiadalia 11notata Schneid.. 
Coccinella Tpunctata L. Fre- 
quente anche in febbraio. 
Halyzia octodecimguttata  L. 
var. ornata Herbst. 1 
Chilocorus bipustulatus L. 
Scymnus subvillosus Goeze. 
Scymnus pallidivestis Muls. 
Scymnus interruptus Goeze. 


Scymnus redtenbacheri Muls. . 


— 


Italia 


continent. 


- ds 


++ +++++ 


Piemonte 


+ 


Tirolo 
meridionale 


- 


+++++ 


ISOLE TREMITI 


S. Domino) Caprara | S. Nicola 
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Pianosa 


Dalmazia 


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i ISOLE TREMITI 
Italia 


3 Pianosa || Dalmazia 
continent, 


S. Nicola 


S. O Det o LE) Caprara 


- + + - 


Ordine: Neuroptera. 


Fam. Myrmeleonidae. 
Palpares libelluloides L. Ab- 
bastanza frequente sui fiori 
di Compositae in maggio. 
Myrmeleon formiearius L. Molto 
frequente, in maggio, lungo 
le siepi e lungo i confini dei 
campi fra le graminacee. . sh 


Fam. Chrysopidae. 


+ 


Chrysopa vulgaris Sch. Poco 

frequente. . . + 
Ordine: e: A 
Terebrantia. 


Fam. Chalcididae. 


Ormyrus punctiger Westw. (def 
Schmiedeknecht) . . 7 DS 


Fam. Braconidae. 
Glyptomorpha castrator Fabr. 
(det. Schmiedeknecht). 
Chelonus fenestratus Nees. 
Apanteles longipalpis Reinh. 
(det. Schmiedeknecht). : 
Bracon pectoralis Wesm. (det. 
Schmiedeknecht). 


Fam. Grilbmpnidae. 
Angitia fenestralisHolmgr. (det. 

Schmiedeknecht). > 
Amblyteles armatorius Forst. 

dò invfebbratos (0; « . L + 


Fam. Cynipidae. 

Andricus coriaceus Mayr., con 
galle caratteristiche su foglie 
di Q. Ilex L. 

Fam. Tenthredinidae. 

Tenthredinidarum (1) sp., con 


galle caratteristiche sulle fo- 
glie di Q. Itec L.. . . . || Viareggio + 


+ 


++ 
al 
+ 


+ 


Ara 
ne 


+ 
+ 


(1) Cecconi, Descrizione di galle nuove 0 poco conosciute, Marcellia, vol. II, 1904. 


ast 


Ti ISOLE TREMITI 
Italia 


continent. 
aueeÌ S. Domino 


Pianosa || Dalmazia 


Caprara | S. Nicola 


Fam. Chrysididae. 
Ellampus auratus L. . . . - + È 


Fam. Scoliidae. 


Scolia bidens L. Frequente sui 
fiori di piante erbacee. . . | Napoletano || + E 


Fam. Pompilidae. 


Pompilus fusco-marginatus 
Thom. (det. Magretti). . . "hi “a 
Pompilus cinctellus Spin. var. 
nubecula Costa (det. Ma- 
Pec pena. |... ili + sa 


Fam. Crabronidae. 


Oxybelus nigripes Oliv. (det. 
Magretti). . . + ||- merid, + 
Oxybelus i4notatus Tur. ‘ (det. 
Magretti). . . è + ILA 
Cerceris emarginata Panz. (det. 
Magretti). : . 
Sceliphron spirifex de (det. 
Magretti). ER eine 


+ 
+ 


+ 
t 


Fam. Vespidae. 

Odynerus parietum L. (det 
Magretti). ; 

Polystes gallicus L. Un esem- 
plare tipico in febbraio. . 


+ 
+ 
+ 


+ 
+ 
+ 


Fam. Formicidae (1). 


Crematogaster scutellaris O1. In 
quantità grande dentro gal- 
lerie scavate in una Hi 
dit pimo. «-.. 

Aphenogaster pallida ‘Nyl. 

Aphenogaster subterranea Latr. 

Messor barbarus var. ca An- 
dEEe i *, . ||L merid. 

Messor barbarus var. meridio- 
nalis André, . 


+ 


+ +++ 
++ 


+ 


(1) Le formiche furono determinate dal prof. Carlo Emery. 


iO 


| ISOLE TREMITI 


Tetramorium caespitum var. 
diomedea Emery, nova va- 
rietas. E forma schiava dello 
Strongylognathus huberi For. 
La © presenta nella” forma 
dei due segmenti del peziolo, 
moltocorti e larghi, e il primo 
subsquamiforme ed inciso ad 
arco nel mezzo, una struttura 
caratteristica che è simile a 
quella della sottospecie ferox 
Ruzsky, della Russia meri- 
dionale e dell'Ungheria; però 
la forma delle Tremiti è più 
piccola e differente per scol- 
tura e per colore . . 

Strongylognathus huberi For., 
subsp. rehbinderi For., var. 
cecconti Emery, nova varietas. 
9. Colore come la s. sp. rek- 
binderi For., ma col capo 
ancora più scuro. Capo non 
del tutto così largo come 
nella forma della Russia; 
scultura più debole, la super- 
ficie splendente del capo più 
estesa; strie arcuate non 
sempre ben distinte. Dorso del 
pro-mesonoto in massima parte 
lucido. Lunghezza 3-3,2 mm. 

Pheidole pallidula Nyl. 

Lasius alienus Favr. . 

Camponotus maculatus pallens 
Nyl. olo 

Camponotus maculatus aethiops 
Latr. : 

Camponotus lateralis OI. 

Plagiolepis pygmaea Lk. ; 

Acantholepis frauenfeldi Mayr. 
var. niger Emery. È forma 
orientale e manca nelle Isole 
tirrene e in Sardegna 


Fam. Apidae. 


Andrena nana Kb. Na Ma- 
gretti). . i 


Italia i Pianosa || Dalmazia 
FILA, IS Domino| Caprara | S. Nicola 
- + 
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+ + + - 
+ “È TP 
Calabria 3P 
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I. merid. sla na na 
+ 3F 


300571 pie 
rr———————————————1n 


ISOLE TREMITI | 


Italia 
continent. 


Pianosa || Dalmazia 


S. Domino | Caprara | S. Nicola 


Halictus scabiosae Rossi. . . SE È b; pe 
Halictus clavipes Dourr. Gai 
Schmiedeknecht). . . 20 
Halictus smeatmanellus Kb. 
(det. Magretti). . . + + a 
Halictus villosulus Kb. (det 
Magretti). £ 
Xylocopa violacea Dul't 
Eucera grisea Fabr. (det. Ma- 
gretti).. . + + 
Podalirius garrulus Rossi (det. 
Magretti). . . : < 
Bombus terrestris Li. 3 e NO) . I + 2 
Ordine: Lepidoptera. 
Macrolepidoptera. 
Fam. Pieridae. 


Pieris brassicae L. 
Pieris rapace L. . 
Pieris daplidicae L. 
Colias edusa F. sta al. 
Fam. Nymphalidae. | 
Pyrameis cardui L. Comunis- | 
sima ; qualche poctaBiato | 
anche in febbraio. . . . + 
Vanessa polychloros L.un esem- 
plare sulla fine di febbraio. 
Orneosoma sinuella Fabr. 
Pararge megera L. E la specie 
più comune durante la buona 
stagione; un BRA anche 
in febbraio. . 
Epinephele ida Esp. 3 e o. 
Fam. Lycaenidae. 
Chrysophanus phloeas L. 
Lycaena astrarche Berg. 
Lycaena icarus Rott. 
Fam. Sphingidae. 
Acherontia atropos L. Un esem- 
piaro... . 
Macroglossa stellatarum 1. Tro- 
vai alcuni esemplari in feb- 
braio nei luoghi abitati; in 
maggio frequente sui fiori di | 
Wadpordoni: CL Meet Lr, sh "wo na sl 


++ 
+ 


+++ + 
+++ 
+++ 

++4++ 

+F++ 


+ 
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+++ 
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C- 


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: 
iui ISOLE TREMITI — ISOLE TREMITI 


Pianosa || Dalmazia 
continent. 
S. Nicola 


S. Domino | Caprara 


Fam. Lasiocampidae. 
Gastropacha quercifolia L. Ot- 
tenni, verso la fine di giugno, 
una 9 da un bozzolo che trovai 
aderente ad un rametto di 


LT ECO VIN LCINIRARN CONO CO I UO SOSTA 0 NA sl “ 
Fam. Saturnidae. 
Saturnia pyri Schiff, Ebbi una 
larva, mantenuta in alcool, 
dal signor Antoci. . . . . sn + st 
Fam. Noctuidae. 
Mamestra chrysozoma Berkkh. . ih sh Ù 
Panolis griseovariegata Goeze. 
Sui primi di aprile ottenni 
una farfalla da una crisalide 
che avevo raccolto in febbraio, 
sotto un sasso. . Sava + at tr 
Eutelia adulatrix Hb. + + vi 
Leucanitis stolida Fabr. 3 * ali Ù 
Pseudophia tirhaca Cr. Un 
esemplare, posato nel terreno 
sull’erba, difficile a vedersi « 
pel colore protettivo . . . + da da 
Fam. Geometridae. 
Gnophops dumetata Tr. . . a hi 
Fam. Arctiidae. 
Spilosoma menthastri Esp. In 
febbraio trovai una quantità 
di larve, di grandezze diverse, 
sotto i sassi; alcune delle più 
sviluppate passarono allo stato 
di ninfa e sui primi d’aprile 
ottenni alcune farfalle. . . | merial + su Si 
Microlepidoptera (1). 
Fam. Pyralidae. 
Euzophera osseatella Tr. . . sh x 
Myelois cribella Hb... . . sa sa + 
Fam. Tortricidae. 
Oletreutes bifasciana Hew. . SL + 


(1) I quattro microlepidotteri mi furono determinati dall'abate J. de Joannis. 


sean 


i _——_———————————————————e"—”'— o@o@o—w— 


ISOLE TREMITI 
Italia 


conte tomo Carra | . col S. Domino 


Pianosa || Dalmazia 
NE i OC S. Nicola 


Glyphipterix thrasonella How. + 


+ 
+ 


Ordine: Hemyptera (1). 


Fam. Pentatomidae. 


Odontoscelis fuliginosa L. 
Odontotarsus robustus J alc 
Eurygaster maura L. (ninfa).. 
Ancyrosoma albolineatum Fabr. 
Brachypelta aterrima Forst. 
Geotomus elongatus H. S. 
Aelia acuminata L. . . 
Peribalus albipes Fabr. . 
Nezara heegeri Fieb. . 


Fam. Glyphipterigidae. 


++ 


++++ +++ 


+++++t++++ 


++++ 


Fam. Coreidae. 


Centrocoris spiniger Fabr. . . a + 

Camptopus lateralis Germ. Al 
cuni peDinei anche in feb- 
braio, 

Corizus crassicor rnîs 1 


+ 


++ 
+ 
+ 


Fam. Lygaeidae. 


Lygaeus pandurus Scop. Fre- 
quente; alcuni esemplari 
anche in febbraio. 

Orsyllus reyi Put. 

Nysius stàlianus Horv. ; 

Geocoris siculus Fieb. var. me- 
diterraneus Put. AR 

Heterogaster urticae Fabr. . 

Platyplax inermis Ramb. . 

Macroplax fasciata H. S. 

Plinthisus hungaricus Horv. 

Hyalochilus ovatulus Costa. 

Calyptonotusrolandri L.(ninfa). 

Scautius aegyptius L.Frequente; 
qualche esemplare anche in 
febbraio. . sl + + ur 

Pyrrhocoris apterus i. Qualche 
esemplare anche in febbraio. + + + iu 


+ 


+++ 
++ 

+ 
++ 


++ 


++++ 
+ +++4++ 


++4+t+4+++ 


(1) Quasi tutti gli emitteri furono determinati dal prof. G. Horvath. Raccolsi quasi 
tutte le specie in maggio e molte sulle piante, coll’ombrello. 


ISOLE TREMITI _ISoLe TREMITI | 


Italia L, : 
contiginiti | Pianosa || Dalmazia 
S. Domino | Caprara | S. Nicola 
Fam. Reduviidae. 
Holotrichius denudatus Costa 
tea RO I. merid.l + 
Coranus cegypiius Fabr. “(ar 
Va). . : : “+ sha i; 
Nabis ferus 1 n cli U sti Ri 
Fam. Cimicidae. 
Triphleps majuscula Reut. . us e + + 
Fam. Capsidae. 
Megalocoerea linearis Fuessl. . nh + LL 
Miridius quadrivirgatus Costa. ih + iS 
Adelphocoris lineolatus Goeze. "i + sR 
Colocoris bipunctatus Fabr. + + sr + + t 
Lygus pratensis L. Sx “i ih 
Poeciloscytus cognatus Fieb. "i iù nr ua 
Ortocephalus saltator Hahn. + + sr 
Fam. Jassidae. 
Acocephalus histrionius Fabr. 
dodo tenia i + SH de 
Fam. Cercopidae. 
Ptyelus lineatus L. + chi + a t 
Ptyelus spumarius L. + di + »i Ù 
Fam. Fulgoridae. 
Tettigometra sulphurea M. R.. + + 
Tettigometra obbliqua Panz. . 3 - Ù 
Hysteropterum grylloides L. + + "o + 


Fam. Aphidae. 

Aploneura lentisci Pass. Con 
galle caratteristiche su foglie 
di Pistacia lentiscus L. . . ala nl ti 

Schizoneura lanuginosa H. Con 
gallecaratteristichesu Ulmus 
campestri; Low. 1 4a. le 15 sh È 


Fam. Coccidae. 


Ceroplastes rusci L. Su rametti 
di Pistacia lentiscus L. . . sh sd di 


Ordine: Diptera (1). 
Orthorrapha. 


(1) I ditteri furono determinati del prof. Mario Bezzi. 


Fam. Bombyliidae. 
Anthrax perspicillaris Lw. 
Anthrax ixion Fabr. 

Fam. Therevidae. 
Thereva tristis Lw. . 


Fam. Asilidae. 
Cerdictus zelleri Schi. 
Cyclorrapha. 
Fam. Syrphidae. 
Eristalis tenax L. sui fiori. 
Sphaerophoria scripta L. 
Fam. Phoridae. 
Phora bicolor Meig. . 
Fam. Muscidae. 
Viviania pacta Meig. 
Ocypterula pusilla Meig. 
Sarcophaga carnaria L. 
Sarcophaga melanura Meig. 
Sarcophaga nigriventris Meig. 
Sarcophaga haemorrhoa Meig . 
Pollenia rudis Fabr. Anche in 
febbraio. sudan 
Onesia vespillo Fabr. Anche in 
febbraio. . = TE RL. 
Calliphoraerythrocephala Meig. 
Comune anche in febbraio. . 
Fam. Sciomyzidae. 
Ditaenia cinerella (1) Fall. 


Fam. Trypetidae. 


Sphenella marginata Fall. . 
Urellia stellata Fissl. 


Fam. Chloropidae. 
Chlorops sp. 


— 29 


Italia 
continent. 


[. merid. 


++ 


4 


+kt++t++ 


+ + 


ISOLE TREMITI 


S. Domino 


+++ + 


Caprara 


S. Nicola 


Pianosa 


Dalmazia 


++++ 


(1) Non si conosceva ancora con certezza dove viveva questa specie allo stato di 
larva e si supponeva nelle sostanze vegetali; posso invece assicurare che le larve 
vivono nell'interno del piccolo mollusco Xeroclivia conica Drap. che trovai vivere 
in grande quantità fra l'erba, a S. Nicola, in febbraio. Raccolsi ad una ad una 
queste piccole conckigiie e le misi dentro una scatoletta di legno ben chiusa e 
avvolta con carta: riguardando ai primi di marzo (1906) il contenuto, trovai, oltre 
alle conchiglie, un certo numero di pupe di ditteri dalle quali il 10 di aprile co- 
minciarono ad uscir fuori gli insetti perfetti. 


== 


i ISOLE TREMITI 
Italia 


continent. 


Pianosa || Dalmazia 


S. Domino| Caprara | S. Nicola 


Tipo: CORDATA. 


Classe: REPTILIA. 


Fam. Lacertidae. 
Lacerta muralis var. serpa 
Raf e e lie) > ni sn 
x tica, Gargano 
Fam. Geckonidae. 
Emydactylus turcicus L. . . pa Ù dr + 


Petar 
Fam. Colubridae. 

Zamenis gemonensis Laur. In- 
dividui di due colorazioni: 
alcuni chiari, altri quasi neri, 
con una larga fascia longitu- 
dinale mediana, ventrale, di 
color bianchiccio. . . . . + + sl AE + * 


Classe: MAMMALIA, 


Fam. Muridae. 


Mus musculus L, . .....:- uo 1 + ale + + 
Mus rattus L. var. Comune a 
S. Nicola nelle case. Ne ri- 
portai un maschio adulto che 
appartiene alla forma alexan- 
drinus o tectorum, Savi, cioè 
color chiaro sopra, bianco 
sotto. A S. Domino vive sugli 
alberi e rompe le squame dei 
coni di pino, per cibarsi dei 
semi, nel modo stesso che 
fanno i ghiri e gli scoiattoli. sh "i sl si Pelagosa 


Aggiungerò qui le poche specie di animali raccolti in febbraio al- 
l'isola Cretaccio che, per la sua piccolezza, tralasciai di visitare in 
maggio. 

Mollusca: Caracollina lenticula Fér., Carthusiana rizzae var. globosior 
Monts., Xeroclivia conica var. pyramidella Jan., Xeroacuta acuta Auct., 
Helix vermiculata Miill., Chondrus tridens var. rufa Monts. 

Arthropoda: Armadillidium vulgare Latr., Porcellio laevis Latr., 
Metoponorthus pruinosus Brandt., Leptotrichus panzeri Aud. et Sav., 
Philoscia couchii Ki., Dysdera kollari Dobl., Enoplognatha mandibularis 


ii — 


Lue., (trovato soltanto in quest'isola e che si trova tanto in Italia quanto 
in Dalmazia), Acridium aegyptium L., Harpalus sulphuripes Germ., 
Harpalus tenebrosus Dej., Stenosis brenthoides Rossi., Asida bayardi Sol., 
Pedinus meridianus Muls., Aphenogaster pallida Nyl. 

Cordata: Lacerta muralis var. serpa Rafin. 

Da uno sguardo rapido sugli elenchi che precedono, risulta chiara 
tanto l’influenza della grandezza delle isole, come anche quella delle 
condizioni svariate che gli animali trovarono e trovano tuttora nelle 
diverse isole che formano il gruppo delle Tremiti; difatti S. Domino, 
l’isola maggiore e che presenta condizioni di vita più favorevoli delle 
altre, comprende quasi tutti gli animali raccolti anche nelle altre isole 
e in quantità maggiore; Caprara, la seconda in grandezza e che offre 
condizioni di vita meno buone, conta un numero molto minore di specie, 
e così seguono, in ordine decrescente in tutti gli aspetti, S. Nicola e 
Cretaccio. 

Più lunghe ed accurate ricerche faranno senza dubbio conoscere un 
numero maggiore di animali che vivono alle Tremiti, ma la Fauna di 
queste isole sarà sempre limitata di specie (1), contribuendo, come già 
ho accennato, varie cagioni ad impedire in esse la vita animale, quali 
la mancanza assoluta di acqua, e quindi la secchezza estrema così del- 
l'estate, come della primavera e dell’autunno, la scarsa vegetazione, la 
costituzione geologica, affiorando per estesi tratti la viva roccia ed es- 
sendo i terreni più o meno inclinati, la superficie molto ridotta e pic- 
cola la loro elevazione; a tutto questo si aggiunga il frazionamento 
continuato, quindi la riduzione in superficie, che si manifestarono e si 
manifestano tuttora in quelle isole; cosicchè anche i rappresentanti la 
Fauna odierna, quantunque molto lentamente, diminuiranno in modo 
continuo di numero non solo ma anche di specie. 

Intanto, dalle raccolte da me fatte, quello che si può dire di sicuro 
intorno a questa Fauna è che la maggior parte delle specie sono comuni 
nell’Europa in generale e in particolar modo nell'Europa meridionale 
e nella Regione mediterranea; e ciò era naturale perchè, essendoci alle 
Tremiti condizioni contrarie alla vita animale, in esse si fermarono, si 
svilupparono e rimasero le specie di più facile adattamento, che hanno 
quindi un territorio geografico molto largo e quelle quasi esclusivamente 
proprie della regione nella quale sono quelle isole. 

Non si deve credere però che fra gli animali da me raccolti non vi 


(1) La povertà della fauna, e quindi anche degli insetti, spiega la mancanza 
assoluta di animali particolarmente insettivori, come ad es. i pipistrelli, che, a 
quanto mi assicurano, non si trovano affatto alle Tremiti. 


10 e 
sieno di quelli che abbiano una certa importanza; prime fra tutte le 
nuove specie e varietà, quali: 


Helodrilus diomedaeus Cognetti. Porcellio diomedus Dollfus 
Carthusiana zizzae Arad. Nemesia cecconii Kulez. 

var. globosior Monts. Oxyopes lineatus Latr. 
Chondrus tridens Mill. var. occidentalis Kulcez. 

var. rufa Monts. Dicranolasma diomedeum Kulcez. 
Scyphus doliolum Drap. Tetramorium caespitum 

var. singularis Monts. var. diomedea Emery. 
Clausilia gibbula Ziegl. Strongylognathus huberi For. 

var. tremerusina Monts. var. cecconii Emery. 

var. selecta Monts. 


var. solidula Monts. 


Parecchie altre hanno importanza per diversi aspetti, e in particolar 
modo per la loro distribuzione; così, per citarne qualcuna, fra i vermi: 
Helodrilus januae-argenti Cognetti, era stato finora trovato sul Gennar- 
gentu, in Sardegna; fra gli aracnidi: Ciniflo flavicoma L. Koch (Monti 
Sabini, Corsica), Disdera kollari Dobl. (Dalmazia, Croazia), Philodromus 
caespiticola Walk (Europa sett. e media), Philodromus medius Cambr. 
(Palestina, Egitto); fra i miriapodi: Lithobius peregrinus Latzel (Dal- 
mazia), Scolopendra dalmatica C. Koch (Dalmazia, Sardegna); fra gli 
insetti: Lepisma crassipes Esch. (Sardegna, Sicilia), Ebaeus italicus 
Reitt. (Roma, Messina), Asida bayardi Sol. (Gargano, Sicilia), Helops 
azureus Brull. (Grecia, Turchia, Tirolo merid.), Danacaea picicornis 
Kiist. (Gargano, Isole italiane, Pelagosa), Anthicus pauperculus Laf. 
(Spagna), Larinus cynarae var. glabrirostris Gyll. (Dalmazia, Sicilia), 
Pityogenes lipperti Henschel (Dalmazia, Nizza), Pityogenes pilidens 
Reitt. (Corsica), Parmena pubescens var. pilosa Brull. (Dalmazia, Grecia), 
Apanteles longipalpis Reinh. (Germania), Bracon pectoralis Wesm. (Eu- 
ropa occid., Ungheria, Africa sett.), Aphenogaster pallida Nyl. (Sicilia), 
Messor barbarus var. meridionalis Andrè (Penisola balcanica), Lasius 
alienus Favr. (Dalmazia), Camponotus maculatus pallens Nyl. (Calabria, 
Sicilia), Euzophera osseatella Tr. (Ungheria, Dalmazia, Sicilia), Oletrew- 
tes bifasciana Hew. (Dalmazia, Norvegia, Isole italiane), Cerdictus zel- 
leri Schi. (Sicilia). 

La formica Strongylognathus huberi For. var. cecconii Emery, è im- 
portante anche perchè rappresenta un genere che non era stato trovato 
in Italia, mentre altre forme si conoscevano per l'Europa meridionale 
e per l'Algeria; il dittero Ditaenia cinerella Fall. vive allo stato di 
larva dentro la conchiglia del piccolo gasteropodo terrestre, Xeroclivia 


conica Drap. var., mentre prima si credeva che vivesse nelle sostanze 
vegetali; taccio di parecchie altre specie per ragione di brevità. 

Ma l’importanza maggiore, come già ho detto, degli animali raccolti 
alle Isole Tremiti (che comprendono, allo stato presente delle ricerche, 
poco meno di cinquecento specie) si fonda senza dubbio nella possibilità 
che essi confermino o no la teoria geologica, secondo la quale, per analogia 
colia Tirrenide, si ammise, nell’odierno bacino settentrionale e medio del- 
l'Adriatico, l’esistenza di una terraferma che fu detta Adria. 

Ma, mentre questa terra non venne ancora confermata da fatti, ec- 
cettuato soltanto un numero molto }imitato di piante, intorno alle quali 
riferisce il Tellini (1), la Tirrenide invece venne dimostrata dal For- 
syth Mayor (2) il quale, fondandosi su dati paleontologici, zoo e  fito- 
geografici, provò che le odierne isole di Corsica e di Sardegna furono in 
attinenza temporanea, durante il periodo quaternario, non solo coll’Ar- 
cipelago toscano ma ancora con diversi punti della Costa occidentale 
d’Italia e, più a sud, colla Sicilia e coll’Africa; e, limitandomi soltanto 
alla parte zoologica, ricorderò che il Forsyth-Mayor enumera. sedici 
mammiferi, che vivono al presente in Corsica e in Sardegna, dei quali 
uno solo sembra essere endemico, il Sus scrofa meridionalis, e sette 
mancano in Italia, mentre tutti, ad eccezione di quel cinghiale, si tro- 
vano nell'Africa settentrionale; i rettili e gli anfibi si comportano in 
modo molto simile, perchè di ventuna specie, ricordate per la Sardegna 
e per la Corsica, dodici solamente si trovano anche in Italia, sedici nel- 
l’Africa settentrionale e diciassette in Spagna. 

Come si vede i dati zoogeografici per dimostrare la Tirrenide si 
fondano tutti sui vertebrati, la maggior parte dei quali debbono essersi 
diffusi per via di terra, mentre per l’Adria questi animali non ci ser- 
vono quasi punto, perchè, se contrarie sono le condizioni di vita alle 


(1) Lavoro citato, pag. 56. Si comprendono soltanto 14 specie di piante erbacee, 
rare e scelte dal dottor Terraciano fra quelle raccolte dal Tellini e che meritavano 
di essere messe a confronto; in un quadro sono indicati per queste specie i diversi 
punti che ebbero in qualche modo attinenza diretta fra loro e che rappresentano 
un legame fra le Isole Tremiti, Pianosa, Pelagosa, il Gargano, la Dalmazia ed altri 
luoghi. L’autore dice che questo legame “ può essere stato lungo od effimero, recente 
od antico e più 0 meno intimo ,,, aggiungendo che “ resterebbe ancora sempre da de- 
terminare se per caso queste piante sono dei fossili viventi ed a quale epoca risalgono, 
oppure in qual momento hanno cominciato a divergere dal tipo comune sì da potersi 
poi erigere al grado di specie ,. 

(2) L'origine della fauna delle nostre isole, Atti Soc. Toscana di Scienze natu- 
rali, Processi verbali, Vol. III, pag. 36-42 e pag. 113; La Tyrrhenis, id. id., pag. 192; 
Ancora la Tyrrhenis, id. id., Vol. IV, pag. 13-21; Sul Mus meridionalis Costa, ecc.; 
id. id., pag. 48; Rettili ed anfibi caratteristici della Tyrrhenis, id. id., pag. 48-50, 
Die Tyrrhenis, Kosmos, VII, Jahrgang, 1883. 

3 


SIE CS 
isole Tremiti per gli animali in genere, sono tali in modo particolare pei 
vertebrati; difatti vi si trovano soltanto: 


Mus rattus L., var. Lacerta muralis var. serpa Rafin. 
Mus musculus Rafin. Hemydactylus turcicus L. 
Zamenis gemonensis Laur. 


le quali specie vivono anche nei due opposti continenti, fatta eccezione 
soltanto per Ja varietà di Lacerta, non ricordata, almeno per ora, come 
propria nè della Dalmazia, nè delle isole dalmate e neppure della penisola 
Balcanica, mentre si trova lungo la costa adriatica italiana e in altre parti 
del continente italiano, in Sicilia, in Corsica e in altre isole del Mar Tirreno. 

Non potendo i Vertebrati se non in misura troppo limitata e quindi 
di poco valore, siamo obbligati a mettere a profitto pel caso nostro gli in- 
vertebrati; e poichè per chi studia l’origine della fauna di un’isola è 
indispensabile conoscere bene la fauna del continente, o dei continenti 
più prossimi, come nel caso nostro, faremo prima il confronto tra la fauna 
delle Tremiti e quella d’Italia e di Dalmazia, e poi, passando in rassegna 
i diversi animali, li raggrupperemo secondo il loro modo di diffondersi, 
per vedere se esistono attinenze tra queste due faune e se gli animali 
possono provar almeno qualche cosa rispetto agli studi geologici. 

La fauna del Gargano è pochissimo nota, mentre quella della Dal- 
mazia e delle isole adiacenti conta parecchi importanti lavori, e da ri- 
cordarsi in modo particolare quelli dei professori Gasperini, Kolomba- 
tovic e Miiller (1); non potendo quindi mettere in modo particolare a 
confronto la Regione garganica, ho creduto conveniente di porre, negli 
elenchi che precedono, le isole Tremiti fra due colonne, che rappresen- 
tano l’una il continente italiano e l’altra il dalmato; si può vedere così 
a prima vista, per mezzo di un segno adatto, (+), dove vivono le diverse 
specie secondo le cognizioni odierne. 

Dall’esame dei diversi gruppi di animali raccolti si può dire quanto 
appresso: delle quattro specie di Vermi, eccettuata la nuova e quella che 
era stata trovata finora soltanto in Sardegna, le altre vivono nel con- 
tinente italiano e in Dalmazia. 

I Molluschi naturalmente debbono dividersi in due gruppi: quelli che 
vivono alle Tremiti e quelli che vennero depositati lungo le coste; nel 


(1) Tutti e tre si sono occupati e si occupano tuttora della raccolta e dello studio 
della fauna dalmata. Sarebbe troppo lungo voler riassumere soltanto i titoli dei 
loro lavori: dirò soltanto che il prof. Gasperini ha pubblicato lavori sui Crostacei, 
Aracnidi, Miriapodi, ed Imenotteri (consulta Annuario dalmatico, a. 1886, 87, 89, 
91, 92, 1901), il prof. Kolombatovie sopra i Vertebrati, compresi anche quelli di 
mare, e il prof. Miller sopra i Coleotteri (Wiener ent. Zeitung, 1899, 1902; Min- 
chener Koleopt. Zeitschrift, 1903-1904; Kais. Akademie der Wissensch. in Wien, 1903). 


— 35 

caso nostro dobbiamo tener conto soltanto delle specie viventi, una ven- 
tina, per le quali dobbiamo dire che sono tutte italiane e che soltanto: 
Neroclivia conica var. verticillata Parr., Clausilia gibbula Ziegl., Fe- 
russacia hohenwarthi Rossm., Alexia botteriana? Ph., si trovano anche 
in Dalmazia; ciò non concorderebbe davvero con quanto aveva affermato 
il Neumayr (1), cioè che i molluschi del Gargano si avvicinano piuttosto 
a quelli dalmati che a quelli dell’ Appennino. 

I Crostacei Isopodi presentano maggior analogia con quelli d’Italia 
che con quelli della Dalmazia, quantunque una metà della specie siano 
comuni ai due continenti. 

Degli Aracnidi il maggior numero di specie sono comuni ai due con- 
tinenti, ma la fauna aracnologica delle Tremiti presenta maggior affinità 
coll’Italia che colla Dalmazia, perchè una sola specie fu trovata in questa 
regione e non in Italia, mentre undici specie che si trovano sul conti- 
nente italiano non furono ancora raccolte in Dalmazia. 

I Miriapodi sono quasi identici, colla differenza però che Lithobius 
peregrinus Latzel. e Scolopendra dalmatica C. Koch., sono propri della 
Dalmazia, mentre non vi si trovano Chaetochelyne vesuviana Newp., 
Geophilus flavidus C. Koch., che invece vivono in Italia. 

I Coleotteri, l'ordine più abbondantemente rappresentato, e quindi 
di maggior importanza pel caso nostro, hanno un’impronta mediterranea 
ben distinta, quantunque ve ne siano parecchi che vivono anche nel- 
l'Europa media e settentrionale; si può dire che la maggior parte delle 
specie sono comuni ai due continenti, ma esiste una maggior analogia 
coll’Italia, essendovi soltanto cinque o sei specie raccolte in Dalmazia e 
non in Italia, mentre più di trenta specie furono trovate in Italia e non 
in Dalmazia, quantunque per alcune di queste ci sia la possibilità che 
vì si trovino, come ad esempio: 


Tachyporus pusillus Grav. Anthicus instabilis Schmidt. 
Philonthus intermedius Lac. Pissodes notatus F. 
Xantholinus glabratus Grav. Smicronya cicur Gyll. 

Stilbus testaceus Panz. Mylabris velaris Fahrs. 
Micrambe vini Panz. Psylliodes cupreata Duft. 
Trinodes hirtus F. Longitarsus corynthius Reiche. 
Ernobius abietinus Gyll. Longitarsus ballotae Marsh. 
Lasioderma redtenbacheri Bach. Lengitarsus aeruginosus Foudr. 
Scraptia fuscula Miill. Scymnus redtenbacheri Muls. 


Anaspis rufilabris Gyll. 


(1) Il malacologo Kobelt credette di vedere una grande rassomiglianza tra la 
fauna dei gasteropodi terrestri del Gargano e quella della Dalmazia; questa opi- 
nione fu riportata dal NeumayR nel lavoro: Zur Geschichte des dstlichen Mittelmeer- 
becke, Berlino, 1882. 


Alla fauna coleotterologica delle Tremiti sono da ascrivere elementi 
caratteristici pel Mediterraneo occidentale come: 


Chrysomela banksi F. Meloe murinus Brdt. 
Onthophagus andalusicus Wltl. 


i quali mancano in Dalmazia e in tutto il bacino orientale del Mediter- 
raneo; un’altra specie del Mediterraneo occidentale è la Danacaea pi- 
cicornis Kiist., che però fu trovata dal prof. Miiller nell’igola di Pela- 
gosa, mentre sembra mancare nel litorale Dalmato, e il prof. Andrea 
Fiori la raccolse sul Gargano. 

Alcuni dei coleotteri trovati alle Tremiti vivono anche nelle isole 
dalmate: Pelagosa, Lissa, Lagosta, come ad esempio: 


Ophonus meridionalis Dej. Pedinus meridianus Muls. 
Licinus silphoides Rossi. Zonabris variabilis Pallas. 
Oxytelus speculifrons Kr. Oedemera flavipes F. 

Hister major L. Apion tubiferum Gyll. 
Gymnopleurus pilularius L. Auletes tubicen Boh. 
Malachius spinipennis Germ. Ips erosus Woll. 

Danacaea picicornis Kiist. Crypturgus numidicus Ferrari 
Tentyria italica Sol. Parmena pubescens var. pilosa Brull. 
Stenosis brenthoides Rossi. Macrolenes ruficollis F. 

Blaps gibba Lap. Chrysomela americana L. 
Dendarus dalmatinus Germ. Psylliodes cuprea Koch. 


ma non sono specie caratteristiche per queste isole e quindi non si può 
dire che le Tremiti abbiano affinità colle isole dalmate, perchè tutte 
quelle specie si trovano in Sicilia o in altre isole italiane, e quasi tutte 
sul nostro continente. 

Gli Imenotteri sono per buona parte comuni alle due terre opposte, 
mi presentano molto maggior analogia coll’Italia che colla Dalmazia. 

I Lepidotteri, gli Emitteri, i Ditteri, salvo rarissime eccezioni, si 
trovano quasi tutti nei due continenti. 

Riassumendo quindi si può dire che la Fauna delle Tremiti concorda 
in grandissima parte con quella d’Italia e di Dalmazia, ma ci sono casi 
nei quali essa presenta o caratteri propri, forniti dalle nuove specie o 
varietà, ma pochi e di lieve importanza, o maggior affinità coll’uno o 
con l’altro continente, ma in modo particolare e con un numero di 
esempi molto maggiore col continente italiano, come risulta dallo specchio 
che segue: 


i 


Specie trovate fino ad ora in Dal- 
mazia, nelle isole dalmate, in 
altri luoghi e alle Tremiti, ma 
non nel continente italiano. 


Molluschi. 


Crostacei. 


Aracnidi. 
Dysdera kollari Dobl. 


Miriapodi. 
Lithobius peregrinus Latzel. 


Specie trovate fino ad ora în Italia 
e alle Tremiti, na non in Dal- 
mazia: 


Amalia carinata Risso. 

Amalia gagates Drap. 

Caracollina lenticula Fèr. 

Carthusiana carthusiana Mill. var. 
minor Auct. 

Xerolaeta turgida West. et Blanc. 

Xerolaena brundisiana Fagot. 

Xeroclivia conica var. pyramidella 
Jan. 

Neroclivia pyramidata Drap. var. 

Xeroacuta acuta Auct. 

NXeroacuta acuta var. pratensis 
Monts. 

Helix vermiculata Miill. 

Chondrus tridens Mill. 

Chondritortus quadridens Mill. 

kumina decollata L. 

Clausilia piceata Ziegl. 

Carychium elongatum Villa 

Ericia elegans Mill. 

Metoponorthus sexrfasciatus Budde 
Lund. 

Philoscia cellaria Dollf. 

Philoscia muscorum Scop. 

Ligia italica Aud. et Sav. 


Ciniflo favicoma L. Koch. 
Ciniflo ferox Walk. 

Drassodes severus C. L. Koch. 
Prostesima fuscipes L. Koch. 
Cyclosa sierrae E. Sim. 
Araneus adiantus Walk. 
Phalangium propinquum Luce. 
Phalangium saxatile C. L. Koch. 
Hyalomma aegyptium L. 
Eriophyes stefanii Nal. 
Eriophyes affinis Nal. 


Chaetochelyne vesuviana Newp. 


—_ Be 


Specie trovate fino ad ora în Dal- 
mazia, nelle isole dalmate, in 
altri luoghi e alle Tremiti, ma 
non nel continente italiano. 


Scolopendra dalmatica C. Koch 
Insetti. (Tisanuri) 
(Ortotteri) Loboptera decipiens 
Germ. 
(Coleotteri) 
Harpalus litigiosus Dej. 
Lavrinus cynarae F. var. glabri- 
rostris Gyl (1). 
Pityogenes lipperti Hensch. 
Parmena pubescens Dalm. var. 
pilosa Brull. 
Psylliodes chrysocephala L. 
Psylliodes chrysocephala L. var. 
collaris Ws. 
Halyzia 18guttata var. ornata 
Herbst (2). 


Specie trovate fino ad ora in Italia 
e alle Tremiti, ma non in Dal- 
MAZiA è 


Geophilus flavidus C. Koch. 
Lepisma aurea Duf. 

Stenobotrus apricarius L. 
Stauronotus maroccanus Thumb. 


Tachyporus pusillus Grav. 
Philontus intermedius Lac. 
Xantholinus glabratus Grav. 
Stilbus testaceus Panz. 
Micrambe vini Panz. 


Trinodes hirtus F. 
Onthophagus andalusicus Wltl. 


Potosia morio var. 4punctata Fabr. 


Lampyris lusitanica Motsch. 
Ebaeus italicus Reitt. 
Ernobius abietinus Gyll. 
Lasioderma redtenbacheri Bach. 
Asyda bayardi Sol. 

Opatrum melitense Kiist. 
Helops azureus Brull. 
Gonodera ferruginea Kiist. 
Scraptia fuscula Mill. 
Mordellistena pulchella Muls. 
Anaspis rufilabris Gyll. 
Anaspis labiata Costa 

Meloe murinus Brdat. 
Anthicus instabilis Schmidt. 
Sitona vestitus Waltl. 


(1) Questa specie fu citata soltanto della Sicilia, ma il Petri, nella sua mono- 
grafia (1907), crede che questa forma accompagni dovunque il tipo: più probabil- 
mente non fu ancora riconosciuta per l’Italia continentale. 

(2) Ho aggiunto anche questa forma, trovata in Dalmazia e non in Italia, 
quantunque sembri che non possa invocarsi come un’affinità colla fauna dalmata, 
essendo il fondo nerastro di questa varietà dovuto all'influenza di un clima più 


meridionale. 


x 
i 


— pi 


Specie trovate fino ad ora in Dal- 
mazia, nelle isole dalmate, in 
altri luoghi e alle Tremiti, ma 
non nel continente italiano. 


(Neurotteri) 
(Imenotteri) Angitia fenestralis 
Holmgr. 
Camponotus lateralis 01. 


(Lepidotteri) Gnophops dumetata 
Pr: 
Euzophera osseatella Tr. 
Oletreutes bifasciana Hew. 
(Emitteri) Ancyrosoma albolinea- 
tum Fabr. 
Nezara heegeri Fieb. 
Tettigometra sulphurea M. R. 
(Ditteri) 


Specie trovate fino ad ora în Italia 
e alle Tremiti, na non in Dal- 
marzia. 


Larinus scolymi Oliv. 

Pissodes notatus F. 

Smicronyx cicur Gyll. 

Tropideres curtirostris Muls, 
Mylabris velaris Fahrs. 

Ips prorximus Eichh. 

Colaspidea globosa Kiist. 
Ohrysomela banksi F. 

Ochrosis pisana All. 

Longitarsus corynthius Reiche. 
Longitarsus ballotae Mahrs. 
Longitarsus aeruginosus Foudr. 
Scymnus redtenbacheri Muls. 
Myrmeleon formicarius L. 
Ormyrus punctiger Westw. 
Chelonus fenestratus Nees. 

Scolia bidens L. 

Pompilus fusco marginatus Thom. 
Oxybelus nigripes Oliv. 

Oxybelus i14notatus Jur. 
Aphenogaster subterranea Latr. 
Messor barbarus var. niger Andrè 
Camponotus maculatus pallens Nyl. 
Andrena nana Kb. 

Halictus villosulus Kb. 


Nystius stàlianus Horw. 
Hyalochilus ovatulus Costa 
Holotrichius denudatus Costa 
Aploneura lentisci Pass. 


Thereva tristis Lw. 
Phora bicolor Meig. 
Sphenella marginata Fall. 


CA 
(Quali di questi dati corrispondano al vero e quali siano da ascrivere 
soltanto alla cognizione incompiuta dei diversi paesi messi a confronto, 
potrà dimostrarsi soltanto in. avvenire, quando le ricerche e gli studi 
degli animali che vivono in quei luoghi ‘saranno in maggior numero. 
Quanto al modo col quale si diffusero gli animali che al presente 
vivono alle Tremiti dobbiamo dapprima dividerli in due gruppi: 
1° Animali che dai continenti possono esser giunti indipendente- 
mente dall’unione di queste isole colla terraferma. 
20 Animali che necessariamente debbono essersi diffusi per via di 
terra e non în altro modo. 


I° GRUPPO. 


Gli animali che vi si comprendono debbono alla loro volta suddivi- 
dersi in due sottogruppi: 

a) Appartengono al primo sottogruppo le specie migratrici le quali, 
per essere provviste di grandi mezzi di diffusione (mezzi che divengono 
ancor più potenti quando spira o soffia forte il vento), si trovano in quelle 
isole indipendentemente dall’essere queste collegate coi continenti, ossia 
possono benissimo esservi giunte da loro (1), attraversando gli spazi di 
mare, più o meno ampi. Difatti le Tremiti, quantunque abbastanza lontane 
dalle coste, trovandosi S. Domino, la principale del gruppo, a Km. 44,440 
da Termoli e Km. 188,878 da Meleda, sono relativamente vicine alle 
due coste, è in modo particolare alla italiana, avuto riguardo ai po- 
tenti organi di volo e di trasporto dei quali dispongono le specie migra- 
trici; Pianosa, distante da S. Domino -Km. 29,632, Pelagosa, distante 
pure da S. Domino Km. 70,370, e le altre isole che seguono verso la 
costa dalmata avrebbero servito per le specie migratrici, provenienti dalla 
Dalmazia, come punti di sosta, come punti di passaggio. Valgano quale 
esempio gli Ortotteri della famiglia Acrididae, quasi tutti i lepidotteri, 
ma in modo particolare: 


Pieris brassicae L. Acherontia atropos JBA 
Pieris rapae L. Macroglossa stellatarum L. . 
Colias edusa F. Pseudophia tirhaca Cr. 


Pyrameis cardui L. 


(1) Viaggiando sui piroscafi accade spesso d’incontrare al volo, anche molto 
distanti dalle coste, insetti buoni volatori, come più volte mi accadde di vedere la 
Pyrameis cardui L., specie diffusa dappertutto. Dalle mie note di viaggio alle isole 
Tremiti rilevò come, in pieno mare, vidi volare un Bombus, che poteva apparte- 
nere al B. terrestris, L. e per la mole sembrava una femmina. 


— MM 


fra i ditteri: 


Erisialis tenax L. Pollenia rudis Fabr. 
Sphaerophoria scripta L. Onesia vespillo Fabr. 
Sarcophaga (le 4 specie) Calliphora erythrocephala Meig. 


fra gli imenotteri: 


Scolia bidens L. Odynerus parietum L. 
Pompilus (le 2 specie) Polistes gallicus L. 
i quattro Crabronidae, e tutte le specie della Fam. Apidae ; 


fra i coleotteri pochissimi sarebbero i nomi che si potrebbero citare, e 
quindi per essi il modo di diffondersi per mezzo delle ali ha pochissimo 
valore, tanto più che i coleotteri in generale hanno vita breve allo stato 
di insetto perfetto, volano poco e quindi poco si allontanano dal luogo 
dove nacquero; così pure agli emitteri servono ben poco le ali. 

Gli Aracnidi, non potendo volare e non potendo trasferirsi a distanza 
camminando, hanno un sufficiente mezzo di trasporto nei così detti fili di 
S. Maria o fili della Vergine (1). È noto come, in determinati momenti 
dell’anno, si vedono dei ragni trasportati in aria per mezzo di un filo, ed 
è certo che molti ragni furono notati come volatori, per mezzo di questi 
fili; cosicchè è lecito arguire dalle cognizioni odierne che le specie appar - 
tenenti alle famiglie Drassodidae, Thomisidae, Lycosidae, per lo meno in 
parte, furono trasportate alle Tremiti. Per mezzo di questi fili debbono es- 
sere passate in quelle isole altre specie ancora, come ad esempio quelle della 
famiglia Argiopidae (2); difatti notai come l’Araneus circe Sav., già in 
maggio, si trovava frequente sui pini e cominciava a fabbricare le sue 
tele, che mi dissero essere più tardi molto ampie non solo, ma coi fili 
correnti da una parte all’altra in tutti i versi; mi assicurarono ancora 
che questo ragno d’estate si vede passare attaccato ad un filo da una 
pianta all’altra, e il signor Antoci aggiungeva che la distanza fra le ‘due 
piante da lui osservate era anche di circa otto metri. 

b) Appartengono al secondo sottogruppo le specic che, in modi di- 
versi, dovrebbero essere state importate dall’uomo. 


(1) Il Darwin a sessanta miglia marine di distanza da terra osservò cadere sulla 
sua nave migliaia di ragni di colore rossiccio. 

(2) Su tale proposito il prof. Kulezynski mi scrive: “ All’isola Krakatoa un mio 
amico trovò, molti anni dopo l'eruzione di quel vulcano, che certamente aveva 
“ distrutto ogni traccia di vita in quell’isola; parecchi ragni, fra i quali degli Ar- 
“ giopidi che, secondo ogni apparenza, sono animali poco mobili e quindi possono 
“ probabilmente essere giunti a Krakatoa per mezzo dei fili ,. 


“U 


ELI TA 


Probabilmente l’uomo cominciò ad abitare le Tremiti fin dall’ epoca 
della pietra (1), e quindi risalgono a quest'epoca le comunicazioni di quelle 
isole coi due opposti continenti; è naturale perciò che un altro numero 
di animali sia giunto in esse passivamente, per l'opera inconsapevole 
dell’ uomo stesso, sia con le barche o con le navi, sia con gli oggetti 
importati, quantunque, occorre riconoscerlo fin d’ora, le Tremiti siano state 
sempre pochissimo popolate e quindi poco attivi siano stati gli scambi 
colla costa italiana e, meno ancora, colla dalmata. 

Per opera dell’uomo possono essersi diffuse le seguenti specie: 

Helodrilus caliginosus subsp. trapezoides A. Dug., che è il lombrico 
più sparso che si conosca; dei molluschi è possibile che alcune poche 
specie si siano diffuse per opera dell’uomo con le piante, con gli er- 
baggi (2), che per la mancanza d’acqua sono uno degli oggetti più attivi 
di importazione dalla costa italiana, e con altri mezzi (3); è naturale però 


(1) Secondo quanto dimostrò il Marchesetti per l’isola Pelagosa, è probabile 
che anche nelle Tremiti l’uomo abbia cominciato ad abitare fin dall'epoca della 
pietra, poichè essendo le Tremiti più vicine alla terraferma più facilmente poteva 
giungervi l’uomo, che allora aveva mezzi di navigazione affatto primitivi. 

Schegge di selce, che non di rado trovansi sulla superficie del terreno, sono 
invece senza eccezione mere schegge, più naturali che di mano umana, non un solo 
pezzo può considerarsi abbozzo 0 frammento di uno strumento litico, come gentilmente 
mi seriveva il prof. Enrico H. Giglioli, al quale avevo mandate molte di quelle 
schegge di dimensioni e forme svariate. 

Alcune fosse quasi rettangolari e piuttosto corte, che si trovano scavate nella 
viva roccia calcarea, nel punto più alto di S. Nicola, ci danno finora i più antichi 
indizî della presenza dell’uomo, potendo considerarsi come sepolcreti, probabilmente 
greci, dentro i quali furono trovati scheletri rannicchiati, secondo quanto mi comu- 
nicava gentilmente il professore Brizio, da notizie avute anni sono dal compianto 
professore Bombicci; tali fosse hanno una lunghezza massima di m. 2,80, minima di 
m. 1,80; la larghezza massima di m. 1,20, minima di m. 0,40; l'altezza di alcune 
giunge a m. 0,60. 

(2) È noto che nell’aprire i cesti d’insalata e di altri erbaggi si trova abba- 
stanza frequente, in mezzo alle foglie, qualche Limacide o qualche Helicide, spe- 
cialmente nei primi stadi del loro sviluppo. Nessuno pensò mai davvero di distrug- 
gere questi animali, che anzi vengono gettati via il più delle volte colla foglia alla 
quale sono attaccati, o con una porzione di essa. 

(3) Quassù a Vallombrosa, ad esempio, si trova qualche esemplare di Helix 
pyramidata, Helix ammonis, ecc., che non appartengono certo a questa fauna e che 
vengono trasportate per mezzo dei carri che provengono da Pontassieve, dove sono 
frequenti quelle specie. 

Sotto Vallombrosa poi, nei dintorni di Tosi, si trova l’Ericia elegans, l’Helix 
vermiculata, Helix aspersa, ecc. delle quali per solo caso se ne trova quassù qualche 
rarissimo esemplare, in qualche modo trasportato. 


la MR 


ammettere che i molluschi importati alle Tremiti debbano aver sempre 
trovato un ambierte sfavorevolissimo, perchè, per le condizioni speciali 
nelle quali esse erano fino ab antiquo, e in modo particolare per ragioni 
di sicurezza per gli abitanti, l'approdo e le case, chiuse dentro una vera 
fortezza cinta da alte mura, furono sempre a S. Nicola, che presenta le 
condizioni meno favorevoli pei molluschi; le altre isole, compresa pure 
quella di S. Domino, non ebbero mai o quasi mai comunicazione diretta 
coi continenti. 

Così possono essere state importate dall’uomo le specie del genere 
Eriophyes, fra gli acari (colle piante); alcuni aracnidi (1), e qualche mi- 
riapodo (coi mezzi di trasporto); alcuni crostacei isopodi (con pezzi di 
legno e con oggetti diversi); i pochi imenotteri appartenenti alle famiglie: 
Braconidae, Ichneumonidae, e Pompilidae {col trasporto di oggetti nei 
quali erano per caso gli insetti invasi da questi parassiti); qualche for- 
mica, come Pheidole pallidula Nyl. (col grano) e Crematogaster scu- 
tellaris Ol. (coi legnami e colle piante di pino, dentro alcune delle quali, 
che erano allo stato secco, trovai moltissimi esemplari); le due forficule 
(coi legnami e colle frutta); i ditteri: 


Sarcophaga (4 specie) Phora bicolor Meig. 
Pollenia rudis Fabr. Sphenella marginata Fall. 
Onesia vespillo Fabr. Urellia stellata Fiiss]. 


Calliphora erythrocephala Meig. Chlorops sp. 


(per mezzo di sostanze animali e vegetali diverse), gli emitteri per buona 
parte colle piante, alle quali sono strettamente legati, come chiaramente 
lo dimostra il Ceroplastes rusci L. e 1 Aploneura lentisci Pass. del pi- 
stacchio, la Schizoneura lanuginosa H. dell’olmo, 1’ Hysteropterum gryl- 
loîdes L. che si trova su piante legnose diverse, e principalmente sulla 
vite. Se il Pinus halepensis, che vive abbastanza bene a S. Domino, fu 
importato, allora potrebbe anche avere una qualche probabilità l’intro- 
duzione dei coleotteri che vivono a spese di questo pino, come ad 
esempio i cinque Scolytidae, il Pissodes e 1 Acanthocinus (2). 


(1) Il prof. Kulezynski mi riferisce anche quest'altro caso: 

€“ Un altro mio amico ha raccolto sui bastimenti, nelle Indie orientali, non 
poche specie di ragni, i quali appartenevano in gran parte ai Salticidae, quindi 
animali poco mobili. È accaduto anche che un grosso Avicularide (Avicularia 
“ avicularia, quindi una specie sud-americana) fu importata fino a Danzica in una 
nave da carbone ,. 

(2) Contro questa possibilità starebbe il fatto che, per introdurre i pini alle 
Tremiti, vi saranno state importate piantine giovani e sane, sulle quali o dentro le 
quali molto difficilmente si saranno trovati coleotteri, i quali vivono generalmente 
dentro 0 sopra piante, piuttosto grosse e malaticce. 


SMI 


È innegabile che la vita della maggior parte dei coleotteri e degli 
animali in genere è legata alle piante, a spese delle quali vivono e in- 
sieme colle quali essi debbono essersi diffusi, come, per citare un esempio 
soltanto, l’Hispa testacea L. e 1)’ Apion tubiferum Gyll. vivono sui Cistus 
e non possono trovarsi che nei luoghi dove crescono queste piante; at- 
tendendo i risultati che deriveranno dallo studio collettivo, che il Béguinot 
sta ora facendo sulla flora delle Tremiti, da uno sguardo sulle piante 
raccolte dal Gasparini, dal Tellini e da me si potrebbe dire fin d’ora che 
buona parte delle piante che crescono in queste isole possono essere 
state importate dall’uomo stesso, oppure dal vento o anche per mezzo 
degli uccelli (1). 

Si può subito escludere che i coleotteri e gli animali in genere, i quali 
sono legati alle piante diffuse esclusivamente per opera del vento e 
degli uccelli, possano aver avuto lo stesso mezzo; per questi si dovrebbe 
naturalmente ammettere la diffusione per via di terra (2). 

Le piante coltivate erbacee introdotte dall’uomo, quali ad esempio 
il grano, le leguminose da foraggio e tutte le altre, che generalmente 
seguono queste colture, debbono naturalmente esservi state importate 
come semi, fra i quali o dentro i quali potranno esserci stati i coleotteri 
e gli altri animali che vivono su queste piante, ma sempre in numero 
molto ridotto di individui e di specie; quindi, anche per buona parte di 
questi animali, deve ammettersi probabile l’introduzione per via di terra. 

Ne deriverebbe da ciò che poche sarebbero le specie importate, tanto 
di coleotteri quanto degli altri animali, la cui vita è strettamente colle- 
gata alle piante. 

A questo punto credo lecito fare una considerazione, che credo di 
una certa importanza per le particolari condizioni nelle quali furono 
sempre le isole di cui trattasi; risulterebbe difatti che una buona parte 
degli animali che vivono ora alle Tremiti, non potendo giungere in 
esse da sè attraversando il mare, potrebbero esservi giunte passiva- 
mente, in stadi diversi di sviluppo e in modi diversi, per l’opera in- 
consapevole dell’uomo. 

Però mentre sì deve ammettere che l’uomo possa aver favorito il 
passaggio dal continente di un certo numero di animali, non può am- 
mettersi, a cagione, ripeto, delle cendizioni particolari di quelle isole, 


(1) È vero però che alle Tremiti, spopolate del tutto di uccelli per la man- 
canza d’acqua, non si fermano che momentaneamente poche specie di passaggio; 
in febbraio vidi qualche branchetto di allodole e in maggio alcune quaglie. 

(2) Se il pino d’Aleppo fosse stato portato soltanto dal vento, per mezzo dei 
semi provvisti di una grande ala, i coleotteri ricordati per questo pino non sareb- 
bero potuti giungere alle Tremiti altro che per via di terra. 


i 


che tutte le specie, che hanno la possibilità di questo fattore per la 
loro diffusione, siano state veramente introdotte dall’uomo. 

È fuori di dubbio che la superficie estesa, la fertilità del suolo, la 
presenza dell’acqua, le comunicazioni più o meno frequenti e più o 
meno importanti, che le isole in generale hanno colle terre continentali 
e fra loro, facilitarono sempre in esse l’approdo e la permanenza del- 
l’uomo; le Tremiti non presentarono mai una sola di queste condizioni 
favorevoli, e quindi l’uomo, dapprima, non potè abitarle che per poco 
e ad intervalli, spinto più che altro dall’ abbondanza della pesca in 
alcuni momenti dell’anno (1). 

Se poi si dà un rapidissimo sguardo alla storia civile di queste isole 
e ai cambiamenti che queste ebbero per opera dell’uomo, risulta chiaro 
che esse furono abitate e coltivate più volte, e da civiltà diverse, ma 
più volte abbandonate, perchè la vita non solo non era sicura, ma era 
impossibile per l’assoluta mancanza d’acqua; quindi l’opera riformatrice 
dell’uomo potè sempre poco nelle Tremiti, le attinenze e gli scambi coi 
due continenti opposti furono sempre scarsi, scarsissimi gli oggetti in- 
trodotti e quindi relativamente pochi gli animali, che debbono essersi 
diffusi grazie all’uomo (2); cosicchè parecchie delle specie che rientrereb- 
bero in questo sottogruppo debbono essere giunte in quelle isole, o escelu- 
sivamente o anche in parte soltanto, per via di terra, come pure non 
sì può negare che per la stessa via, che era la più facile per tutti, vi 
possono esser giunti anche parecchi o gran parte degli animali provvisti 
di mezzi propri di diffusione. 


II° GRUPPO. 


Abbiamo veduto or ora che, date le condizioni speciali delle Tremiti, 
è lecito ritenere che una parte degli animali che rientrerebbero nel 
primo gruppo possano essersi diffusi per via di terra. 


(1) Anche oggi si ha la prova di questo per Pianosa, dove i pochi pescatori di 
Tremiti si recano al momento della pesca delle sardelle e dimorano solamente 
alcuni giorni dell’anno. 

(2) Starebbe a confermare questo anche la presenza alle Tremiti del Mus rattus 
(forma alerandrinus o tectorum, Savi) non sostituito ancora, almeno compiutamente, 
dal decumanus; occorrono ulteriori ricerche per assicurarsi se alle Tremiti queste 
due specie coesistono o si trovi a rappresentare i grossi topi, come credo, soltanto 
la prima, essendo probabile, per le ragioni esposte, che il decumanus non sia an- 
cora giunto in esse. Del resto questo non sarebbe improbabile, sapendosi che questa 
forma del rattus abbonda su tutte le nostre isole, anzi su quelle dell’ Arcipelago 
toscano (Elba, Giglio, Montecristo, ecc.) è comunissima, e su alcune anzi la sola 
grossa specie, 


Passiamo ora a vedere se esistono specie che necessariamente debbano 
avere avuto la terraferma come mezzo per passare dal continente alle 
Tremiti, e delle quali non si potrebbe in altro modo spiegare la presenza 
in quelle isole. 

Cominciando dai coleotteri, il gruppo più importante per noi, perchè 
conta il maggior numero degli animali raccolti, è fuori di dubbio che 
abbiano seguita la via di terra e non possano essersi diffusi con altro 
mezzo le specie seguenti: 


Tl'entyria italica Sol. Helops azureus Brull. 

Stenosis brenthoides Rossi Asida bayardi Sol. 

Blaps gigas L. Opatrum melitense Kiist. 
Blaps gibba Lap. Lampyris lusitanica Motsch. 
Dendarus dalmatinus Germ. Meloe murinus Brdt. 

Pedinus meridianus Muls. Otiorrhyncehus tomentosus Gyl. 
Helops quisquilius F. Brachycerus undatus F. 


ed alcune altre specie che tralascio per brevità. 

Dopo i coleotteri ci servono bene i molluschi che vivono alle Tremiti, 
pei quali si può affermare che quasi tutti si sono diffusi per via di 
terra; anche i crostacei isopodi sono animali lenti e con certezza una 
buona parte almeno giunse alle Tremiti per via di terra. Quanto agli 
aracnidi non si può affermare con sicurezza quali specie possano esser 
giunte per via di terra esclusivamente; senza dubbio un buon numero, 
ma certezza ci potrebbe esser al più per gli Opilionidi: Phalangium 
propinquum Luc., Phalangium saxatile C. L. Koch., Dicranolasma dio- 
medeum Kulez.; per lo scorpione: Euscorpius carpathicus L.; e pei 
ragni: Nemesia cecconii Kulez., Disdera crocata C. L. Koch., Disdera 
kollari Dobl. 

I miriapodi potrebbero rappresentare tutte specie indigene, come 
pure potrebbero essere tutte specie importate, ma, sempre per ie con- 
dizioni particolari delle isole, si deve credere che buona parte si siano 
diffase per via di terra e specialmente: Chaetochelyne vesuviana Newp., 
Geophilus flavidus C. Koch. 

Fra gli insetti, oltre ai coleotteri ricordati, debbono essere giunti per 
via di terra i due tisanuri: Lepisma aurea Duf. e Lepisma crassipes Esch.; 
quasi tutte le formiche, parecchie specie di emitteri e ancora qualche 
dittero poco buon volatore, come: 


Phora bicolor Meig. Urellia stellata Fiiss]. 
Sphenella marginata Fall. Chlorops sp. 


E, a parer mio, un altro fatto verrebbe a confermare che tutti questi 
animali si sarebbero diffusi da sè per via di terra, perchè, dalle rac- 


colte che ho sott'occhio e da’ miei appunti di escursione, potrei dividere 
gli animali delle Tremiti in due grandi gruppi: in uno di essi dovrei 
mettere le specie che appariscono con uno o pochissimi esemplari, nel. 
l’altro invece le specie rappresentate abbondantemente. 

Esaminando le specie che entrano nei due gruppi, fatte poche ecce- 
zioni, si può affermare che nel primo gruppo entrano quelle che hanno 
probabilità di essere state, in modi diversi, importate, e che quindi 
possono aver trovato condizioni contrarie o poco adatte; nel secondo 
gruppo invece quelle che debbono essere giunte con mezzi propri, 0 
per mezzo di organi di volo tanto potenti, da permettere loro il pas- 
saggio del tratto più o meno ampio di mare che separa le isole Tre- 
miti dai continenti, oppure col volo debole, colla corsa, col salto, col 
cammino, collo strisciare, in una parola per via di terra; di queste 
ultime ne fanno fede parecchi molluschi e in modo particolare : 


Caracollina lenticula Fer. Rumiîina decollata L. 
Xeroacuta acuta Auct. Clausilia piceata Ziegl. 

Helix vermiculata Miill. Ferussacia hohenwarthi Rossm. 
Chondrus tridens Miill. Ericia elegans Miill. 


alcuni aracnidi: Euscorpius carpathicus L. e le due specie appartenenti 
così al genere Phalangium, come al genere Dysdera; i due miriapodi: 
Chaetochelyne vesuviana Newp. e Geophilus flavidus C. Koch.; fra gli 
insetti i due tisanuri e quasi tutti i coleotteri appartenenti alla famiglia 
Tenebrionidae, e alcune specie anche di altre famiglie, in una parola, 
quasi tutte le specie che ho detto essere giunte necessariamente per via 
di terra. Ma allora cadrebbe l’ipotesi, fatta sopra, che i diversi insetti, 
trovati sul pino d’Aleppo, siano stati importati colle piante, perchè, es- 
sendo tutti rappresentati da un buon numero di individui (il Pissodes 
in numero grandissimo), rientrerebbero, secondo quanto osservavo pre- 
cedentemente, nel gruppo di quelli che giunsero alle Tremiti per via 
di terra; del resto non è improbabile che anche il pino abbia seguito 
questa via per giungere a quelle isole. 

La cagione poi del numero grande, grandissimo di alcune specie, 
come, ad es. del Pissodes, potrebbe anche ricercarsi nei forti turbini 
che si ebbero alle Tremiti, specialmente in questi ultimi anni, turbini 
che ebbero per effetto di stroncare e di abbattere numerose piante, 
rendendole intristite o rovinandole, cosicchè offrirono un ambiente favo- 
revolissimo al grande sviluppo di quelle specie. 

Avrei dovuto poi trovare in buon numero, perchè diffuse per via di 
terra: Stenosis brenthoides Rossi, Opatrum melitense Kiist., come pure 
altre specie, ma della prima rinvenni rari esemplari, e della seconda un 
esemplare soltanto, perchè ambedue, vivendo sotto i sassi e nei luoghi 


QU 


aridi, trovarono le condizioni da essi volute e quindi conservarono la 
caratteristica loro di trovarsi quasi sempre in piccola quantità. 

Quanto ai vertebrati, ho già detto che non ci servono quasi punto, 
perchè il loro numero si riduce a cinque specie soltanto. È probabile che 
i due topi: Mus rattus L., var. (1), Mus musculus Rafin, siano stati portati 
dall'uomo, sapendosi quanto facile sia il loro trasporto da un luogo ad 
un altro, per mezzo delle barche e dei piroscafi; dei tre rettili, 1’ Hemy- 
dactylus turcicus L. è quello che più facilmente può essere stato tras- 
portato passivamente dall’uomo, sapendosi che i gechi in genere fre- 
quentano volentieri le dimore umane, nascondendosi dappertutto, in 
casse, fascine, ecc., e restando ostinatamente nei loro nascondigli se 
sentono rumore; ne segue che, se il nascondiglio è mobile, viaggeranno 
con esso; per le altre due specie: Zamenis gemonensis Laur., Lacerta 
muralis var. serpa Rafin, è più facile pensare ad una diffusione loro per 
terraferma, cosa non improbabile anche per le altre tre specie ricordate. 

Mi sembra di aver dato prove svariate e bastanti per dover ritenere 
che un numero relativamente grande, anzi il maggior numero degli 
animali, da me raccolti alle Tremiti, dev’essersi diffuso per via di terra, 
e che quindi queste isole furono un tempo, con tutta certezza, colle- 
gate alla terraferma. 

Ma qui viene a proposito una domanda: furono esse collegate con 
tutti e due gli opposti continenti o con uno solo? e in questo caso col 
continente italiano o col dalmato? 

Gli studi geologici, pur ammettendo l’unione delle Tremiti anche 
colla Dalmazia, ammisero ancora che il bacino settentrionale dell’Adria- 
tico dovette comunicare, sia pure alternativamente, in uno o più punti 
e in modo più o meno ampio, col bacino meridionale; quindi la diga, 
che univa l’Italia colla Dalmazia, dovette essere almeno spesso, se non 
continuamente, interrotta da uno o più canali, e l’interruzione doveva 
essere nei punti che ora presentano i maggiori valori batimetrici, cioè 
fra Pianosa e Pelagosa (m. 140) e in modo speciale fra Caiola e Cazza 
(m. 181), mentre fra il Gargano e le Tremiti (m. 87), fra le Tremiti e 
Pianosa e fra queste e il Gargano (m. 88) i valori batimetrici diminui- 
scono di molto. 

Sarà quindi di grande importanza vedere se gli animali che vivono 
oggi alle Tremiti vengono anche a dimostrare le diverse condizioni della 
diga, cioè l’azione del canale fra Cazza e Caiola e anche del canale 
fra Pelagosa e Pianosa, i quali, ciascuno per conto proprio, nello stesso 


(1) Se si potrà provare, come credo, che il Mus decumanus non sia stato an- 
cora importato alle Tremiti per mezzo delle barche o dei piroscafi, ci sarebbe ra- 
gione di credere che anche il rattus sia giunto in quelle isole per via di terra. 


THE NEW YORK 


ACADEMY OF SCIENCES, 
dgr pie 


tempo o no, avranno avuto per effetto di impedire il passaggio in Dal- 
mazia degli animali provenienti dall’Italia e che per via di terra giun- 
gevano alle Tremiti ed a Pianosa, come pure di quelli che dalla Dalmazia 
sarebbero venuti in Italia, se la diga fosse stata tutta all’asciutto e per 
un tempo relativamente lungo. 

È stato già più volte ripetuto, e in modo particolare dal Forsyth 
Mayor ove tratta della Tirrenide, che i molluschi terrestri sono forse i 
più adatti di tutti gli organismi per la limitazione delle singole faune, 
a cagione della loro poca attitudine migratrice; cosicchè in Europa si 
prestano meglio degli animali superiori a caratterizzare i vari paesi. 

Vedemmo già che i molluschi, i quali al presente vivono alle Tre- 
miti, sono tutti italiani, e che soltanto quattro specie vivono anche in 
Dalmazia; cosicchè la fauna malacologica delle Tremiti si collega stret- 
tamente con quella della penisola italiana. E ciò era naturale perchè, 
essendo i molluschi animali molto lenti, pur ammettendo ancora che 
per un certo tempo la diga fosse rimasta tutta all’asciutto, le specie, 
che provenivano dall’Italia e che si dirigevano verso oriente, giunsero 
prima delle dalmate alle Tremiti, e quindi rimasero sole a rappresentare 
il tipo al quale appartengono. 

L'identità di questa fauna malacologica colla italiana spiega in modo 
ben chiaro che, se la diga rimase all’asciutto, dovette necessariamente 
rimanervi per un tempo molto breve e quindi la presenza continua 0 
quasi, di uno o più canali, e più o meno ampi, non permise ai mollu- 
schi italiani, giunti alle Tremiti e a Pianosa, di passare nelle isole e 
nel continente dalmato, come pure a quelli di Dalmazia e delle isole 
dalmate di passare a Pianosa, alle Tremiti e nel continente italiano, 
cosicchè queste ultime conservarono assoluta la loro affinità colla fauna 
malacologica italiana. 

Questi canali si opposero al passaggio per terraferma, oltre che dei 
molluschi, anche di tutte le altre specie animali, sprovviste di organi 
più o meno potenti di volo, che provenivano dai due continenti: pro- 
vano questo i coleotteri, dei quali le specie che non sono comuni ai due 
continenti si incontrano tutte in Italia, di dove giunsero, come, ad esempio, 
l’Asida bayardi Sol. dev’esser giunta sicuramente dall’Italia non solo, 
ma proprio dal Gargano, dove si trova, e per via di terra, come pure: 


Meloe murinus Brdt. Lampyris lusitanica Motsch. 
Opatrum melitense Kiist. 


e parecchie altre specie che abbiamo già veduto. Sono rare le specie 

di coleotteri, proprie anche della Dalmazia, che si trovano alle Tremiti 

ma non nel continente italiano; su queste sarà bene fermarsi un poco: 

ln Parmena pubescens var. pilosa Brull. è propria della Grecia e della 
i 4 


8 (n 


Dalmazia, ma, trattandosi di una varietà, si può credere che essa si sia 
sviluppata in pari tempo nella Dalmazia e alle Tremiti per influenza 
di ambiente analogo, senza bisogno di ammettere la diffusione da un 
territorio all’altro; la Danacaea picicornis Kiist. è propria della Sicilia, 
del Gargano, delle Tremiti e di Pelagosa; se non fu ancora trovata sul 
continente dalmato, può dipendere da ricerche incomplete; ma in ogni 
caso si può sempre credere che sui due continenti quella forma sia 
scomparsa o si sia modificata, e che si sia mantenuta soltanto in quelle 
isole per analogia di clima; il Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl., 
si trova soltanto alle Tremiti, in Dalmazia e in Sicilia, ma non nel con- 
tinente italiano; per questa varietà (anche la specie si trova soltanto in 
Sicilia) si potrebbero ripetere press’a poco le osservazioni fatte per la 
specie precedente, colla differenza che, essendo sulla costa dalmata, si 
può credere che questa forma sia scomparsa o si sia modificata sul con- 
tinente italiano, e si sia mantenuta solamente alle Tremiti, in Sicilia e 
in Dalmazia, pure per analogia di clima; come pure si può spiegare la 
presenza delle altre poche specie di coleotteri, non ancora trovati in 
Italia, ma del resto quasi tutti molto diffusi, come: 


Harpalus litigiosus Dej. Psylliodes chrysocephala var. colla- 
Pityogenes lipperti Henschel ris Ws. 


alcune delle quali sono collegate strettamente colle piante sulle quali vi- 
vono; si possono poi anche aggiungere: 


Scolopendra dalmatica C. Koch. Dysdera Kkollari Dobl. 
Lithobius peregrinus Latzel. 


ed altre poche specie che tralascio per brevità. 

Quindi, anche ammettendo la presenza dei canali che impedirono 
lo scambio della fauna fra le due coste, potendosi spiegare benissimo 
come si trovano alle Tremiti le poche specie che vivono in Dalmazia e non 
in Italia, non v'è bisogno dal lato faunistico di ammettere uno stretto col- 
legamento, per terraferma, di queste isole colla costa dalmata; questo col- 
legamento si deve ammettere però e in modo assoluto coll’Italia, avendo 
con questa le Tremiti identità quasi perfetta di fauna, e troppe essendo le 
specie per le quali si dovrebbe negare il passaggio per via di terra dalla 
penisola italiana, come, per citare qualche esempio, i coleotteri: 


Meloe murinus Brdt. Chrysomela banksi F. 
Onthophagus andalusicus Wltl. 


i quali offrono ancora evidente il carattere della fauna del Mediterraneo 
occidentale, carattere che dimostrano anche alcuni crostacei isopodi ed 
anche specie di altri gruppi. 


- 


hi 

Inoltre, essendo la maggior parte degli animali che vivono alle Tre- 
miti comuni tanto in Italia quanto in Dalmazia, si potrebbe pensare 
che la diffusione loro sui due continenti, per la presenza appunto di 
parecchie specie dell'Europa settentrionale e centrale, sia avvenuta dal 
nord dei due continenti; ma, poichè si entrerebbe in una questione 
complessa e che ci farebbe troppo divagare, mi contento di averla ap- 
pena accennata. 

Quanto all’origine della fauna delle Tremiti si può dire che anche 
questa concorda del tutto con gli studi geologici; abbiamo veduto già 
che l’ultima emersione di queste isole avvenne durante l’ultima fase del 
quaternario, e quindi la fauna dovette cominciare a svilupparsi parec- 
chio tempo dopo, in epoca relativamente molto recente, cioè quando 
non solamente erano emerse le isole ma sorgeva fuor d’acqua anche la 
diga, che le collegava al Gargano e sulla quale dovevano passare gli 
animali che andavano a popolarle (1); difatti la fauna loro ha carattere 
recente, mancando di endemismi paleogenici e rappresentando le poche 
specie e varietà nuove forme che, con tutta probabilità, si troveranno 
più tardi e con maggior facilità nel continente italiano. 

Se da ultimo la fauna delle Tremiti si mettesse a confronto ancora 
con quella di Sicilia e delle isole del Mar Tirreno, risulterebbe in modo 
evidente che la maggior parte degli animali raccolti alle Tremiti si 
trovano anche in quelle isole; e, poichè è già dimostrato che la Sicilia, 
la Sardegna, la Corsica e le altre isole tirreniche fecero parte di un 
ampio continente e quindi rientrano fra le isole continentali del Wallace, 
anche la grande affinità che v’è tra la fauna delle Tremiti e quella delle 
isole accennate sopra credo possa concorrere a persuadere sempre più 
che le Tremiti furono collegate un tempo col continente e che esse 
rientrano quindi, con dati di fatto che riguardano la fauna, fra le isole 
continentali. 


(1) Difatti il Tellini, a proposito del quaternario antico, dice che il calcare si 
presenta privo di qualsiasi traccia organica “ onde è facile pensare che in generale 
quelle acque e la terra circostante non presentassero condizioni favorevoli ulla vita ,. 


hi = 


CONCLUSIONI. 


Da quanto si è visto finora si può dedurre : 

1° Le isole Tremiti per le loro condizioni particolari hanno una fauna 
molto povera di specie. 

2° S. Domino presenta il numero maggiore di animali perchè offre 
migliori condizioni di vita. 

3° La fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e continua diminu- 
zione per la riduzione continua in superficie che si manifesta in quelle 
isole. 

4° La maggior parte delle specie sono comuni in Europa e in modo 
particolare nell'Europa meridionale e nella regione mediterranea. 

5° Alcune specie e varietà sono nuove ed altre hanno importanza 
per la loro distribuzione. 

6° Mettendo a confronto gli animali raccolti alle Tremiti con quelli 
conosciuti fino ad oggi per l’Italia e per la Dalmazia, si conclude che il 
maggior numero delle specie che vivono alle Tremiti sono comuni in 
questi due continenti; le altre specie si dividono in due gruppi: 

a) specie trovate anche in Dalmazia, ma non in Italia (una ven- 
tina circa); 
b) specie trovate anche in Italia, ma non in Dalmazia (una no- 

vantina circa). 


7° Ne segue che la fauna delle Tremiti è quasi identica a quella 
d’Italia. 

8° La fauna delle Tremiti ha carattere di origine recente, e perciò 
concorda cogli studi geologici i quali stabilirono che l’ultima emersione 
di queste isole avvenne durante l’ultima fase del quaternario, e quindi 
gli animali che vivono ora cominciarono a popolarle dopo questa fase. 

9° Quanto al modo col quale si diffusero questi animali dobbiamo 
dividerli in due gruppi: 

I. — Animali che dai continenti possono essere giunti alle Tre- 
miti indipendentemente dall’unione di queste isole colla terraferma ; vi 
appartengono: 
a) specie migratrici che giunsero coi loro mezzi di volo; 


b) specie che possono essere state importate passivamente in 
modi diversi dall’uomo. 


= 3 — 


II. — Animali che si diffusero soltanto per via di terra. 

10° Se anche si dovesse ammettere che la flora delle Tremiti vi 
possa essere pervenuta indipendentemente da un istmo di terra, non si 
può venire alla stessa conclusione per la fauna. 

11° Per le poche specie che si trovano alle Tremiti e in Dalmazia, 
ma non in Italia, si può spiegare la loro presenza in queste isole senza 
aver bisogno di ammettere, neppur in modo temporaneo, l’unione loro 
per terra colla Dalmazia; mentre per quelle che vivono alle Tremiti e 
in Italia, ma non in Dalmazia, e che giungono a circa un quinto degli 
animali conosciuti fino ad oggi per le Tremiti, è necessario ammettere 
l’unione per terraferma dell’Italia con quelle isole. 

12° Si potrebbe affermare che le specie importate si svilupparono 
poco, in generale, mentre quelle giunte per terraferma o per mezzo delle 
loro ali si svilupparono in un numero abbastanza grande di individui. 

13° La fauna delle Tremiti concorda moltissimo con quella della 
Sicilia e delle isole del mar Tirreno. 

14° È evidente quindi che tutto concorre a poter affermare con dati 
di fatto che le isole Tremiti, dal lato faunistico, entrano nel gruppo delle 
isole continentali del Wallace, perchè una parte degli animali che in 
esse vivono debbono esservi giunti non per altra via che per quella di 
terra. 


Vallombrosa, R.° Istituto forestale, luglio 1907. 


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Prof. L. Camerano, Direttore responsabile. 


Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 8 - Torino. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N.5s4 pubblicato il 22 Maggio 1908 Vor: DEXII, 


Da. Lurer CoGNETTI DE MARTIIS 
Assistente al R. Museo Zoologico di Torino 


Contributo alla conoscenza della drilofauna papuasica 


Il prof. F. J. BeLI, m'inviò recentemente in esame alcuni Jombrichi 
della Nuova Guinea appartenenti alla collezione del British Museum. 
Uno studio accurato mi condusse a ravvisare in quei lombrichi due 
nuove specie del ricco genere Pheretima. Riferisco in questa nota la 
loro descrizione, manifestando in pari tempo il mio animo grato al 
chiarissimo prof. BeLL pel nuovo attestato di stima. 

Entrambe le specie furono raccolte a Fak- Fak, Nuova Guinea 
Olandese. i 

EPheretima fakfalensis, n. sp. 

Due esemplari giovani. 

CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare maggiore ha /ungrezza di 140 
inm., Zianietro di circa 5 mm., e 137 segmenti (1). 

La fomna del corpo è alterata in seguito a compressioni subite dagli 
esemplari nel recipiente in cui erano conservati, ma è a ritenere sia 
cilindrica. Le due estremità sono poco attenuate. 

Il colore è a fondo violaceo cupo alle regioni dorsale e laterali, la 
faccia ventrale ha tinta bruna assai chiara: ogni segmento è fasciato 
da una striscia bianchiccia, assai angusta sul dorso, lungo la quale 
sono allineate le setole. 

Il capo è epilobo ‘/,. 

Le setole sono disposte in corona continua ad ogni segmento, tranne 
al 2° e 3°, ove si nota un intervallo ventrale (aa = 5 ab); se ne con- 
tano 52 al 3°, 76 al 6°, 86 al 10°, 92 al 26°. La corona setigera dei 


(1) L'esemplare più piccolo è lungo 80 mm., spesso 34, e si compone di 14-8 
segmenti. 


segmenti caudali è sorretta nella regione ventrale da una tenue ca- 
rena. I segmenti 14°-16° sono muniti di setole in entrambi gli esem- 
plari: il clitello non è ancora riconoscibile. Nell’esemplare più grosso 
si scorgono le aperlure maschili disposte al 18° segmento, sorrette 
ocnuna da una larga intumescenza bianca: fra le due aperture si con- 
tano 26 setole. 

Le aperture delle spermateche sono rispettivamente in un paio ai 
segmenti 7°, 8°, 9°, a metà del tratto fra la corona setigera ed il mar- 
cine anteriore. Ogni apertura è sorretta da una piccola intumescenza 
bianca circondata da un’areola chiara. Tali aperture hanno posizione 
più laterale di quelle maschili; tra quelle del primo paio si contano 
10 setole. All8® segmento, poco internamente alle aperture delle sper- 
mateche, si scorge un paio di areole papiltari bianchicce, di forma 
pressochè quadrangolare, collegate alla striscia che abbraccia la co- 
rona setigera, poste dietro ad essa. Tra i margini intermedî delle due 
areole si contano 18 setole. 

I pori femminili non sono riconoscibili. Il primo poro dorsale tro- 
vasi all’intersegamento !*,,. 


CARATTERI INTERNI. — Sono presenti tutti i dissepimienti a comin- 
ciare dal 4/,; i dissepimenti !9/,, a !/,, sono un po’ Ispessiti. 

Il ventriglio muscoloso è allungato, e contenuto nell’8° segmento ; 
l'intestino sacculato comincia al 15° e manca di ciechi. I segmenti 109-159 
contengono ognuno un paio di grossi €707°%. 

Sistema riproduttore. — AL 10° segmento trovasi un paio di capswe 
seminali sottoesofagee grosse, protese ir avanti, un po’ lateralmente, 
contigue lungo la linea mediana ; un secondo paio di tali organi, simil- 
mente disposto, trovasi all’11 segmento, non collegato al precedente 
(l’ig. 1, e.) Coteste capsule sono attaccate al sepimento posteriore del 
segmento in cui si trovano, e attraverso a quel sepimento ognuna di 
esse comunica con un piccolo (relativamente alla capsula) sacco 
seminnle tondeggiante bianehiecio posto a fianco dell’esofago (Fig. 1, s.) : 
si contano quindi due paia di veri sacchi seminali, il primo posto ai 
l'11°, il secondo al 12° segmento. AI 13° pende dal setto !*/,; ai lati 
dell'esofago, un paio di organi tondeggianti, omologhi ai sacchi semi- 
nali, e simili del tutto a questi; tuttavia essi non comunicano con le 
capsule seminali. Dietro al sepimento ‘,, s'origina un paio di vasi 
deferenti che raggiungono subitol a parete ventrale del corpo (Fig. 1, 
v. d.); un secondo paio s’origina dietro al sepimento ‘'/,,; si arguisce da 
ciò la presenza di due paia di padiglioni cigliati, ll che fa supporre 
la presenza di due paia di testes, distribuite nelle capsule del 10° e 
11°. Non potei però precisare il punto d'attacco dei testes alla parete 
rlelle capsule. 


und ife 


AI 18° segmento trovasi un paio di prostate. Il canale muscolare di 
queste è robusto e avvolto in un giro di spira dirigendosi dapprima 
verso la linea mediana ventrale, poi in avanti verso l'esterno; all’estre- 
mità prossimale riceve il canale deferente e si continua nella parte 
ghiandolare biancastra, un po’ espansa a mo’ di ventaglio. Manca af- 
fatto una borsa copulatrice. 

Si contano tre paia di spermaleche, distribuite rispettivamente ai 
seementi 7°, 8°, 9". Ogni spermateca consta di un’ampolla sessile, sac- 
ciforme che confluisce all'apertura esterna con un diverticolo digiti- 
forme ondulato, quasi altrettanto lungo, un po’ dilatato all'estremo 
prossimale (Fig. 2). 


WPhneretima Isselii n. sp. (1) 


Due esemplari adulti 

CARATTERI ESTERNI. — Lunghezza mm. 180 e 1/55, diamet'o mm. 10 
circa: segmenti 115 e OL. 

Forma del corpo come nella specie precedente, notando però che 
ogni segmento, sopratutto alla coda, è munito di carena anellare che 
sorregge le setole. 

Nella colorazione questa specie è molto simile alla precedente: la 
faccia ventrale è però bianchiccia anzichè bruno-chiaro. 

Il capo è epilobo */,. 

Le setole - formano ad ogni segmento una fitta corona: soltanto ai 
segmenti preclitelliani sono riconoscibili un intervallo dorsale ed uno 
ventrale, entrambi assai brevi (s35=*,v3; «a + ‘|, ab). Si contano 
37 setole al 3° segmento, 53 al ‘6°, 7Lal 10°, 77 al 139, 62 al 20°,76 al 26’. 

il elitello, a cingolo, occupa i segmenti 14°-16°; è privo di setole. 

[ pori maschili minutissimi, e assai vicini alla linea mediana ven- 
trale trovansi al 19° segmento; frammezzo ad essi, non vi sono setole, 
bensi quattro piccole papiZe tumide, appaiate su due linee trasverse 
ed equidistanti. Allineate coi pori maschili trovansi all’intersegmento 
13 9 due lievi incavature, altre due più piecole sono poste all’inter- 
segmento ‘/,,, nella stessa direzione (Fig. 3). 

A metà del 11° segmento trovasi alla faccia ventrale un solco tra- 
sverso, più largo nel mezzo ove s’'aprono gli ovidotti. 

Le aperture delle spermaleche, in numero di tre paia sono irrico- 
noscibili, disposte negl’intersegmenti ‘/., ?/,, ©/,, assai vicine alla linea 
mediana ventrale: tra le due aperture di ogni paio v'è un’intervallo 
«di appena mm. 1,5, 


(1) Dedico questa specie all’egregio amico è collega prof. dott. RAFrARLE ISSEL 
dell’Università di Genova. 


e fer 


Il primo poro Qorsate trovasi all’intersegmento !°/,3. 

CARATTERI INTERNI. — Primo dissepànento visibile è il #/.; i due 
che seguono ?/; e “/., sono villosi alla pagina anteriore ; il dissepimento 
Sig è sottilissimo, il.°/;, manca, il-10/,, «è molto» sottile, lit | egli 
sono mediocremente ispessiti. 

Il ventriglio muscoloso, robusto, è posto all’8° segmento. L’intestino 
sacculato incomincia al 16° segmento, e presenta un paio di cieclRi 
semplici, attenuati all’apice, che si protendono dal 26° in avanti fin 
entro al 24° segmento. L’ultimo paio di grossi cuori trovasi al 13° 

Sistema riproduttore. — Ciascuno dei segmenti 10° e 11" contiene 
un paio di piccole capsule seminali ipoesofagee fra loro contigue (? co- 
municanti). Le capsule del primo paio comunicano ognuna con un 


sacco seminale di mole maggiore compresso contro il sepimento ‘%,, 


da cui pende nell’11° segmento a fianco dell’esofago; altri due sacchi 
di ugual grossezza pendono nel 12° dal setto !/,, attraverso al quale 
comunicano con le capsule del secondo paio. I sacchi seminali non 
sono racemosi. 

Le prostate, in numero di un paio, sporgono con un lobo della por- 
zione ghiandolare nel 18° segmento, mentre tutto il resto si contiene 
nel 19°. Il canale è debolmente muscoloso, dritto, e raggiunge diretta- 
mente il minutissimo poro maschile: manca cioè una borsa copulatrice; 
la porzione ghiandolare, bianchiccia, poco voluminosa, è espansa a 
mo’, di ventaglio, e al punto in cui si continua nel canale sbocca il 
canale deferente. 

Le spermateche sono in numero di tre paia. Quelle di ogni paio sono 
poste ordinariamente dietro al setto che corrisponde all’intersegmento 
in cui sboccano all’esterno, ma talora almeno l’ampolla è posta davanti 
a quel setto. Ogni spermateca si compone di un’ampolla ovoide conti- 
nuatainun canale tozzo che confluisce all’esterno col diverticolo: questo 
è clavato, un po’ ondulato, e poco più breve della porzione ampollare. 


Fig. i. Pheretima fakfalkensis n. sp.: capsula seminale (c.) destra del 10, sacco seminale (s.). 
dell’11°, e vaso deferente iv. d); n. = catena gangliare ventrale. Fig. 2, id. id. spermateca 
del lato destro. Fig. 3, Ph. Isselii n. sp., area maschile, g° d pori maschili. Fig 4, 74. dd. 


spermateca del lato destro: 


PT. PT —_—_rreo 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENCES. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


N. 585 pubblicato il 23 Maggio 1908 Von. XXIII. 


RES ITALICAE 


XXI. 


Dott. E. FESTA 


ll NYCOXUS INTERMEDIUS Nehring, nelle Alpi italiane 


Fra i Mammiferi raccolti durante le mie escursioni di caccia nelle 
Alpi Carniche trovasi un esemplare di Myogus intermedius Nehring (1), 
catturato in Settembre nei boschi presso Padola (Comune di Comelico 
Superiore) all’altitudine di 1200 m. circa. 

Questo esemplare corrisponde colle descrizioni del Myoxus inter- 
medius, date dal Nehring (1) e dal Fatio (2). 

Le parti superiori del corpo sono di color grigio, con una lieve tinta 
bruna lungo la parte mediana del dorso. Una striscia di color nerastro 
parte dalla base dei mustacchi e va fino alla base dell’orecchio. Le 
parti inferiori del corpo, la parte interna delle gambe e le parti supe- 
riori dei piedi sono bianche. 

La coda è pennata, come quella del Ghiro. 


(1) A. Nehring, Uber eine nene 2/yorus species (Myoxus intermedius Nhrg.), aus 
Tirol, Sitzungs-Berichte der Gesellsch. Naturf. Freunde zu Berlin. N. 71}, October 
1902, pag. 155. 

(2) Vietor Fatio, Le Myoxus dryas, intermedius Nehring, en Suisse, Archives des 
Sciences Phys., et Natur., Genève, tom. XX, 1905, p. 586. 


Li 


urvo È 


Superiormente essa è grigia, marginata di bianco e colla punta 
bianca; inferiormente è bianchiccia. 

La distribuzione geografica del My0xus intermedius Nehring è an- 
cora poco nota. Sino ad ora, per quanto io mi sappia, esso era stato 
trovato nelle Alpi Austriache [Lienz nel Tirolo] [Leoben, nella Stiria 
superiore (1) |, e nella Svizzera [Vulpera-Tarasp nella Bassa En- 
gadina; (2)]. 


La cattura del suddetto esemplare nel Comelico prova che le Alpi 
Carniche sono comprese nell’area di distribuzione di questa specie. 

1] mio esemplare è una femmina. 

Le sue dimensioni sono le seguenti: 


(Le misure sono prese sull’esemplare conservato in alcool). 


Capo e corpo . È : : , : ? x î mm. 86 
Coda (senza peli) . ! È 3 è 186 
» (col ciuffo terminale di moli » 08 
Piede posteriore (c. u.) . ; , » { 20 
Orecchio. i , 1 ARE 
Distanza dal ubrimo su dell'occhio lla Sino 
del muso. : 7 #* 012 
» dalla base del margine estenno dell onoGino 
alla punta del muso . o . 5 ì P z s'U0R2 
CRANIO 
Lunghezza totale . è 3 | $ 3 i +: (MiRi2o 
i » basale. 220 a : i : » 2 
» del palato . } : : ° » 10 
Larghezza del palato a livello del protaniaro È . ». 3;9 
» » » O» » del margine posteriore 
del 3° molare . 1 5 , } > 435 
Larghezza massima fra gli archi TO, Westoniat 
mente) . . : ì È î ; È » 145 
Diametro massimo bipamidifilel: . È i » 12 
» » bifrontale posteriore . - : » 
Larghezza minima dello spazio interorbitale ; À >» £ 
Lunghezza dei nasali : : : " : È 3 » 9 


(1) Nehring, l. c ; Trouessart, Catalogus Mammalium, Suppl. 1904, fasc. Il, 
pag. 349. 
(2) Fatio, l. c., p. 386. 


Larghezza massima dei nasali. E P A 
Lunghezza dei fori palatini . 3 , ; È 

> del diastema 

» della bolla ossea 

» della linea dentale nine (ne lince e 

molari 

» massima della Und ; : 

Altezza massima » » (all'apice dell’a- 


pofisi coronoide) 


» della mandibola a metà dilla asa SI ? 


Lunghezza della linea dentale inferiore (come sopra) . 


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926 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino. 


THE NEW YORK 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Prof. LORENZO CAMERANO 


Materiali per la storia della Zoologia in Italia 
nella prima metà del secolo XIX 


VI: 
I manoscritti di Franco Andrea Bonelli 


Vi; 


Nel Gennaio del 1813, Franco Andrea Bonelli scrisse una lunga let- 
tera allo Ziegler in cui rispondendo ad alcune sue obbiezioni circa al 
modo di considerare sistematicamente alcune specie di Carabus svolse 
ampiamente alcuni concetti suoi intorno al modo di considerare le 
specie, le varietà e intorno alla « variabilità degli esseri ». 

Di questa lettera il Bonelli conservò copia che esiste fra le carte 
Bonelliane del Museo Zoologico di Torino. Essa viene qui stampata 
testualmente: 


VARIABILITA DEGLI ESSERI 


Risposta fatta allo Ziegler sulle osservazioni da lui fattemi nella 
sua lettera delli 14 marzo 1812, per aver osato dire che il Carabus 
coelatus ha potuto essere originariamente una varietà del Carabus 
cyaneus. 


Ella non mi negherà, credo, che la tanto decantata costanza della 
natura, e l’esistenza perpetua e generale delle cause finali non siano 
che un pretto pregiudicio nostro traente la sua origine ora da cre- 
denze religiose che, non combattute dal loro principio, son divenute per 
noi verità incontestabili, ora dall’eccessivo nostro stupore nel mirare 


Sp E 


le grandezze dell’universo, l’ordine che vi si mantiene sotto ? nostri 
occhi, l'impossibilità apparente od anche, per ora, reale di spiegarne 
la cagione primaria, o, per servirmi del termine più usato ma meno 
chiaro, i fenomeni naturali. 

Ella, dico, non mi negherà tutto questo quando momentaneamente 
sospendendo le sue opinioni prese, parte dall’educazione, dalla lettura, 
e parte dall’idea troppo grande ed austera che ci è utile per nostro 
piacere, d’avere della natura, ed elevandosi mentalmente ad una al- 
tezza tale da non poter più altrimenti considerare le cose che si pas- 
sano sul nostro globo, che d’una maniera filosofica e tal quali esse 
sono realmente, Ella, replico, non mi negherà quanto dissi, lorchè, 
rimirando in questo modo li andamenti veri e reali della natura, farà 
attenzione che in un sito l’uomo è bianco, in un altro cupreo, in un 
altro nero, che quivi l’uomo ha la faccia stretta, depressa e lunga, 
mentre là esso ha all’opposto la testa più rotonda, il viso meno allun- 
gato e più regolare secondo, almeno, le nostre maniere di vedere e 
decidere. 

Quivi il cane è di gran statura, là esso è piccolissimo, in un luogo, 
la sua pelle è rasa, in un altro coperta da lunga e fitta lana, quivi 
il grugno è allargato ed acuto, là all'opposto esso è cortissimo e come 
troncato. Il porco che è rossiccio nello stato selvatico, divien biane» 
nello stato domestico in Francia, e nero in Italia. La pecora ha lunga 
lana in Siria, la perde in Barberia, dove al contrario la coda prende 
una forma ed una mole affatto differente. In fine per non attediarlo 
inutilmente la prego di gettar un’occhiata filosofica su tutta la caterva 
degli animali domestici sparsi nelle-varie parti del mondo abitato. 

Ma non ho ancor terminato d’esser letto e ponderato, che mi par 
udirlo dire: Tutte queste varietà che noi chiamiamo razze sono l’ef- 
fetto della domesticità e non delle influenze naturali, nella natura 
tutto è costante, e le specie furono, sono e saranno ognor le medesime: 
Quivi appunto io l’aspetto, e lo prego di dirmi in cosa esso fa consi- 
stere lo stato di domesticità, se dei due è più verosimile che l’uomo 
possa più della natura, o la natura più dell’uomo, o, in altri termini, 
se i mezzi di cui ha potuto servirsi, e tuttora si serve l’uomo, non 
esistono anche nelle mani della natura, finalmente quali siano questi 
mezzi, straordinarii davvero, per mezzo dei quali l’uomo indipenden- 
temente dall’ azione della natura è riuscito ad allungare la lana 
della pecora, del gatto, e del coniglio angoresi, a tingere in nero la 
pelle del suo corpo in Africa etc. etc. 

Quando io penso quali siano stati da principio i diversi stratagemmi 
di cui l’uomo si è servito per procurarsi un sì gran numero «di razze 
di animali domestici, mi vedo forzato a quest’alternativa, o di credere 
che la sua industria si è coll’andar dei secoli straordinariamente fer- 


è 


nei SE) 


mata, giacchè noi non sappiamo più farne altretanto, o di credere ciò 
che par più verosimile, che in tutte queste produzioni di razze no- 
velle l’uomo ci sia entrato per nulla giacchè non si può calcolar come 
causa efliciente il trasportar che l’uomo fece degl’animali in diversi 
climi, il costringerli a certi cibi loro straordinarî, a certe occupazioni 
abitudini etc. da loro non conosciute, nel che consiste la domesticità, 
ma bensi i climi stessi, i cibi, le occupazioni e le abitudini prese, le 
quali, qualunque sia il padrone dell’animale, hanno su lui un eguale 
e sempre identica maniera d’agire, onde risulta chiaramente che se 
la causa mediata ed indiretta di tante transformazioni è l’uomo, la 
vera causa, ossia l’immediata ed efficiente, è tuttora la natura stessa 
cioè quella riunione di circostanze locali delle quali l'influenza fisica 
ci è apertamente provata a posteriori dall’osservazione giornaliera. 

L'osservazione ci mostra che il piano d’organizzazione adottato dalla 
natura per gli uccelli esige che questi animali abbiano 4 dita, 3 per 
davanti e uno per di dietro che è il pollice. Quest’organisazione s’ac- 
corda precisamente con quella osservazione che tutto il mondo fà, 
cioè che gli uccelli sono dalla natura destinati a popolar l’aere, e 
‘riposarsi sugli alberi dove il pollice tendendo ad avvicinarsi ed op- 
porsi alle dita anteriori serra il ramo, e tien l’uccello fermo sulla 
“superficie quantunque non piana. Ma tra gli uccelli avvene poi molti 
ì quali per la natura delle loro abitudini si tengono gli uni a terra, 
gl’altri nell'acqua, dove il pollice trovasi per conseguenza inutile ed 
ecco appunto per questo che il pollice carattere essenzialissimo per 
eli altri, diventa qua per la sua inutilità trascurato dalla natura e 
per conseguenza variabile a segno di far separare specie che tra di 
loro sono somigliantissime. (Le Tringhe vanellus, cayanensis, helve- 
tica, squatarola etc. sono veri Charadrius, ma col pollice e li Charadrius 
Calychis ete. sarebbero vere Tringa ma senza pollice) e viceversa. Se 
puoi ella vuole ciò malgrado essere rigoroso computatore di tale ca- 
rattere, la natura verrà ella medesima a dimostrare che quel pollice 
non deve più essere considerato che come rudimentale, cioè in atto 
di anichilarsi per l’inattività continua in cui è. Infatti dopo le Ardea 
che l hanno completo perchè posano ed annidano sugli alberi, ella com- 
mincerà a trovare i Tantali i quali più terrestri delle ardee com- 
miinciano ad averlo un poco elevato alla base, così che più difficil- 
mente potrebbe servire ad imbrancare il ramo, dopo vengono i Nu- 
monius e le Scolopax le quali unicamente destinate a camminare 
l'hanno di già così elevato alla base, che l’opponibilità alle altre dita 
divien assolutamente impossibile e la sua lunghezza va diminuendo 
in ragione della distanza delli uccelli da ramo, così che arrivati alli 
Charadrius uccelli niente più nemeno terrestri che li primi il pollice 
manca affatto, 


di 


Se la natura fosse costante e vi fosse una causa finale dell’esistenza 
delle varie parti d'un animale, quelli uccelli che non posano sui rami, 
dovrebbero essere tutti senza pollice, essendo cosa evidentissima che 
il pollice non ha altra destinazione, almeno lorchè è rivolto per di 
dietro, e quella gradazione di pollice largo ed orizzontale, pollice ele- 
vato alla radice, pollice elevato e corto, pollice elevato e rudimentale, 
pollice id. ma senz’unghia (Larus 3 dactylus), pollice 0, ma ancor 
l’unghia (procellaria), finalmente pollice ed unghia 0, questa grada- 
zione, dico, non dovrebbe esistere, poichè, dal momento in cui l’uso 
del pollice non è più permesso, se la natura fosse saggia, l'avrebbe 
dovuto lasciar mancare intieramente tutto in una volta e non per 
gradazione, la quale non può spiegarsi altrimenti, che ammettendo il 
passaggio degli esseri, dall’una all’altra forma secondo la natura delle 
circostanze locali. Così supposto il primo caso, ne dedurrò che dagli 
uccelli che posano sugli alberi e nei quali il pollice è necessario, sono 
venuti col tempo quelli che si contentano di camminare sulla terra 
(Charadrius) dove il pollice è inutile e nei quali per conseguenza è 
sparito, ma per arrivar quivi la natura è passata per le gradazioni 
intermedie di cui abbiamo la traccia nelle Tringa, nelle Scolopax etc. 
e se la Tringa squatarola per esempio, che io suppongo essere stata 
anticamente della specie medesima del Charadrius pluvialis, esiste an- 
cora, cioè tutta la sua progenie non è interamente passata allo stato 
di Char. pluvialis, questo non prova altro se non che un certo numero 
di individui di questa razza non trovavansi in circostanze affatto ana- 
loghe, e così favorevoli per come quelli altri in cui l'organismo si è 
messo più presto in armonia colle loro attuali abitudini. 

Quali siano poi nominatamente quelle circostanze che influiscono 
in quel tal modo, e quali quelle che influiscono in quel tal altro, come 
pure quali siano precisamente i modi con cui quelle agiscono sull’or- 
ganizazione animale (per le piante la cosa è meno diflicile, veda so- 
pratutto la nuova opera di Springel) io non intraprenderò di, dimo- 
strarle; appunto perchè si è fin ora considerato la cosa tutt’all’opposto, 
le osservazioni essendo sempre state diversamente dirette, la scienza 
ha ancor troppo poco acquistato per tal fine, ma se le, ricerche in 
questo genere saran prosseguite senza preoccupazione di spirito, e 
guidate dal puro zelo per la verità non dubito che tal maniera di 
considerare non sia per essere appoggiata col tempo da grandissime 
prove dirette ed indirette. 

In generale però si può dire e provare con molteplici esempi che 
indipendentemente dalla tendenza che ha la natura al perfezionarsi, 
come dirò più basso, essa tende anche evidentemente, a sviluppare 
quegli organi o accidenti che sono utili e di un uso qualunque all’es- 
sere, e che all’apposto tende a far sparire quelli che nelle. circostanze 


ci 


attuali di un’essere non sono più d’alcun uso (esamini le ali dei Ca- 
rabi e il pollice degli uccelli terrestri). 

Il Signor Lamarck nella sua PRylosophie zoologique ha posto (dopo 
però molte osservazioni che appartengono a Pallas, Buffon e molti 
altri zoologi osservatori) i germi e molte prove indirette in favore di 
tal dottrina, ma se lo stesso autore fosse stato meno pensatore e più 
minuto osservatore, e sopratutto se fosse disceso negli ultimi detagli 
di qualche porzione di Zoologia ed avesse studiato un più gran nu- 
mero d’animali, avrebbe tirato un partito infinitamente migliore delle 
sue viste, ed avrebbe in qualche modo evitato degli errori e molte 
considerazioni ridicole che fan un grandissimo torto alle osservazioni 
e considerazioni fondate, colle quali sono mescolate. 

Ma ritorniamo al nostro proposito. 

Concedendomi ella ciò che nessun uomo che abbia gli occhi può 
negarmi, cioè che per le forze qualunque indipendenti dall'uomo, gli 
animali domestici pigliano forme, proporzioni, grandezza, colore, diffe- 
renti io non vedo alcun motivo raggionevole per non credere che forze 
simili od almeno analoghe non habbiano egualmente influito sugl’ani- 
mali selvatici e prodotto per la loro azione successivamente le varie 
razze, (che noi bravamente batezziamo del nome di specie perchè non 
le vediamo accopiarsi tra di loro, perchè i loro caratteri ci paiono 
più costanti, e questo stante che le loro varietà sono subito conver- 
tite nei nostri gabinetti e libri in altretante specie nominali; e final- 
mente ancora per altri motivi tutti originariamente risultanti dalla 
nostra strana situazione di non aver mai potuto, come credo che mai 
si potrà, definire d’una maniera chiara ed aplicabile ai differenti casi, 
cosa sia specie, cosa sia razza, varietà etc. [(Quando la storia naturale 
sarà ben avvanzata, che tutti i dati (e ce ne son già quasi a suffi- 
cienza) necessarii saranno aquistati, il risultato sarà, lo prevvedo e 
ne son intimamente persuaso, che in natura non si troveranno real- 
mente esistenti nè le classi, nè gli ordini, nè i generi, nemmeno le 
specie e le razze, ma unicamente g/l’individui. Se è vero che in na- 
tura esistano generi, famiglie etc. si è unicamente in quanto che esse 
rappresentano qualche ramo del grand’albero della natura, ed in 
questo caso se l’estremità del ramo è indipendente e termina il ge- 
nere o la famiglia, la sua base sarà sempre connessa col tronco cioè 
con altri generi e famiglie, e la connessione diverrà per conseguenza 
generale; (più basso ritornerò su questo punto)] d’animali selvatici le 
quali, poi le circostanze continuando ad essere le medesime, per es- 
sere invariabili sotto ai nostri occhi (cioè in quello spazio di tempo 
di cui possiamo aver memoria) sono credute inalterabili e formanti le 
vere e genuine specie. 

In fatti se nello stato di domesticità si è il clima che trasforma 


Checa SL: 


l’animale, non sonvi forse moltissime circostanze che possono deter- 
minare un animale anche selvatico a lasciar il suo clima natale per 
andarne aa abitare un altro, il quale agirà su di lui come agirebbe 
sul animale domestico? Se si è la nourritura, non avverrasi egli forse 
la stessa cosa e così via dicendo. 

Ciò posto, egli è evidente che se la differenza di circostanze pro- 
duce «lifferenze organiche negl’animali, queste stesse differenze, devono 
essere tanto maggiori quanto più le circostanze influenti sono elle 
stesse maggiormente differenti; di qui i maggiori rapporti che gene- 
ralmente esistono fra gl’animali in ragione della prossimità del paese, 
o dell’analogia del clima da essi loro abitati, di qui per esempio la 
grande rassomiglianza che noi osserviamo tra di loro negli insetti al- 
pini, negli insetti acquatici, negl’insetti rapaci etc. chi non ha egli 
fatto attenzione cacciando ai lepidotteri sulle alte alpi, alla molte- 
plice quantità di papilioni neri che vi sono, tutti più o meno rasso- 
miglianti fra di loro, e per lo più estranei alle pianure? Chi non ha 
egli anche osservato la quantità di pierostichus che trovansi sotto i 
sassi sull’alpi, mentre altrove vi sono rarissimi, per non dir nulli come 
lo potrei dire senza timore di fallire, riguardo alle pianure del Piemonte ? 

D'onde dipende che tutti 40-50 Colibri conosciuti (Trochylus Lim.) 
son tutti americani, li Crocodili tutti d’Africa, li Gaviali tutti d’Asia, 
li Caiman tutti d'America, le Anthie e Graphipteri tutti d'Africa, li 
Carabi (Carabus) (Latreille osservò che tutti i carabi d’Africa o del- 
l'America meridionale da me esaminati si sono tutti trovati apparte- 
nere ad altri generi, per lo più alle Calosome) quantunque numerosi, 
tutti d’Europa o dell'America settentrionale o di qualche contrada 
temperata d’Asia? etc. etc. Di questi esempi se ne potrebbero citare 
dei centinaia, e tutti verr-bbero all'appoggio dalla nostra proposizione, 
cioè che un influenza più estesa avrà dato luogo a quelle forme che 
noi vediamo estese a molti es-eri formanti per esempio i generi, mentre 
che infiuenze più ristrette non avran potuto modificare che tenua- 
mente le forme già determinate pel genere, e ne saran risultate le 
specie. 

Il dire poi che, d’apresso questo raggionamento, tutti li animali 
d’un medesimo paese dovrebbero perfettamente rassomigliarsi tra di 
loro perchè influenzati da circostanze identiche, si è cosa affatto as- 
surda, e bisognerebbe per questo 1° negare il perfezionamento suc- 
cessivo che le specie niente meno che gli individui subiscono col. 
l’andar del tempo quantunque il solo perfezionamento, ossia sviluppa- 
mento degli individui sia a noi visibile perchè operantesi in un spazio 
di tempo abbastanza corto per essere seguito ed osservato da noi me- 
desimi coi nostri occhi, mentre il primo, operando più lentamente a 
guisa d’una sfera d'orologio che faccia il suo giro in mille anni e di 


MS - ADDA 


cui perciò il moto non divien a noi visibile e sensibile che per il pa- 
ragone fatto in tempi distanti), non divien evidente che per la consi- 
derazione della scala degli esseri la quale ci rappresenta i diversi 
gradi di perfezionamento, direi di cresciuta, per cui li esseri passano 
successivamente prima d’arrivare quel grado d’organisazione univoca 
che, corrispondente ed analoga dell’ età adulta degli individui, non 
amette più ulteriore sviluppo, indipendente, proprio ed attivo (qua- 
lunque poi sia stato il piano secondo il quale il perfezionamento si è 
operato) ma solamente il dipendente o passivo, cioè quello che l’azione 
delle circostanze circondanti determina e per il quale non v’ha alcun 
limite tanto che le circostanze influenti, variabili elle stesse per 
mille cagioni, non ne han esse medesime. 

2° negare la molteplicità delle stesse circostanze influenti che e- 
sistono nel più ristretto paese o clima, anzi nel più esiguo spazio di 
terreno. 

Essendo ben chiaro per esempio, che in un palmo, niente più, di 
terreno trovasi sovente due o tre qualità di terra di natura differente, 
le quali alimentano due o tre specie di piante le quali nei loro prin- 
cipii attivi, tenderanno a modificare in una maniera differente li 
varii animali che da principio si abitueranno a servirsi della 1* della 
22, 0 della 8*. Tutto questo sia detto per ipotesi e solamente per ren- 
der l'esempio più facile a concepire; poichè le circostanze influenti 
devono essere sì numerose, sì varie, sì complicate, sì differenti nel 
grado della loro azione, e tutte più o meno così oscure per noi, che 
credo essere assolutamente impossibile il rintracciarle e spiegarne 
l’azione. 

Queste idee che possono parere più o meno strane a chi è preo- 
cupato, o non ha osservato e riflettuto sulle sue osservazioni, queste 
idee, dico, non son già quelle che mi habbiano fatto vedere la cosa 
come la vedo, ma son elleno stesse la conseguenza di un numero in- 
finito d’osservazioni di cui potrei riempiere un grosso volume se tutte 
le volessi mettere in chiaro; ma molti motivi mi consigliano al non 
farne uso, ed a pregare anzi V.S. di rimandarmi questo scritto quando 
l’avrà letto ed un poco meditato. Ed ecco i principali di questi motivi. 

Qualunque grande sia l’idea che ho dell'Ente supremo che animò 
il mondo e diede agli esseri la forza di svilupparsi senza concorso di 
forze meccaniche o estranee, e quella di riprodursi etc. mi parrà sempre 
cosa ridicola e puerile queila di credere che il Creatore si sia diver- 
tito a fare dopo la Phal. adustata, ancora la temeraria, l’omicronaria 
etc, dopo la Noctua segeles ancor la cypriaea, la corlicea la segetum 
etc., dopo l’Harpalus agricola ancora il sabulicola indi il cyanophanus, 
il chlorophanus, il chalybeatus, il puncticollis, il reptans et 3 0 4 
‘altri, dopo il Carabus gemmatus ancora il sylvestris, alpinus (arvensis 


dali Pipe 


Oliv.) il Zîinnaei et qualche altro ; dopo il Charadrius alexandrinus 
ancor l’Ryaticula etc. | potrei moltiplicare quasi all’infinito questi e-. 
sempi, ed offrirne anzi dei più manifesti e decisivi se sapessi che le 
collezioni del suo museo le permettono di verificarli, in caso per e- 
sempio, il gabinetto di Vienna possedesse molti uccelli del genere 
Charadrius, e molti di quello di 7y7nga, lo pregherei a fare un pa- 
rallelo dei diversi Charadrius colle diverse tringae a becco corto, e. 
sopratutto a paragonare tra di loro quei Charadrius e quelle tringae 
che hanno le ali spinose. Ella stupirebbe in trovare precisamente tra 
gli uni tutti gli analoghi degl’ altri, cioè ella troverebbe almeno 4-5 
Charadrius così simili a 4-5 tringae che senza il carattere del pol- 
lice nullo nei primi, e rudimentale o lunghetto nelle seconde sa- 
sebbe impossibile quasi non solamente di separararle di genere; ma 
anche di specie tanta è l’affinita che regna tra questi animali. 
Chiuder gli occhi in questo caso e negli altri simili, per credere: 
che appunto tali analogie siano il solo risultato di una volontà supe- 
riore, mi par cosa altrettanto indegna di un uomo-ragionevole, quanto 
lo sarebbe di voler ancor darsi ad intendere che il sole gira attorno. 
alla terra, che tultî gli animali indistintamente siansi trovati nel- 
l'Arca di Noè, ed altre simili puerili, inconseguenti e scioccamente 
immaginate filastrocche che possonsi credere dai ciechi nati o da chi 
non ha il senso comune, o da chi almeno non ne vuol fare uso. 
Ritorno al mio proposito: qualunque sia l’idea sublime che mi fò 
dell'Ente supremo, e qualunque possa parere quella di credere che 
habbia voluto occuparsi di tante inezie di cui lo facciamo artefice, si- 
curamente il maggior numero vedrebbe male queste mie rifflessioni, e- 
mi accuserebbe di temerità, fors'anche d’incredulità mentre che nes- 
suno è più di me intimamente persuaso dell’esistenza e dell’onnipo-- 
tenza d’un Dio. Ora siccome nella società umana il singolizarsi con 
idee poco analoghe a quelle del comune degli uomini è sempre una 
cosa cattiva per se stessa, nociva al proprio individuo, e contraria al 
buon ordine della società, così tutti questi pensieri buoni o cattivi, 
non hanno da pubblicarsi nè comunicarsi a nessuno, o al più a qual- 
che amico di buon senno come V. S. incapace di farne cattivo uso, e 
questo ancora solamente in circostanze dove discussioni simili sono 
necessarie per motivare sentimenti che paiono da principio essere più 
strani di quel che lo siano. Ed ecco il primo motivo — Il 2° poi è il 
danno che ne ridonda per la scienza stessa come V.S.ben lo travede 
nella sua lettera 14 Marzo 1812. Infatti chi è persuaso che nel globo 
tutto ha movimento, che tutto è soggetto a cambiare in più o meno 
tempo, che tutto dipende in parte dalla natura delle circostanze cir- 
condanti il che vale quasi quanto dire dall’accidente, che le specie 
sono variabili e moltiplicabili senza limite determinato, che lo studio 


sù 


della natura, o per meglio dire tutte li nostri sistemi o metedi non 
son che pretta arte infine che, o per lo meno, può arrivare un tempo 
in cui tutti i nostri sforzi attuali diverranno inutili o di pochissimo 
uso, chi dico, ha tutte queste idee non può più trovare nello studio 
della natura quel bello, quel sublime, quel puro e quel seducente che 
ci invita a tale studio, che ci fa scoprire molte cose utili per la nostra 
vita, che ci fa passare i giorni, i mesi e gli anni come altrettanti 
minuti, che ci da dei piaceri sentimentali diliziosissimi, che ci eleva 
lo spirito in modo a riguardarsi come creature più privellegiate an- 
cora di quel che siamo, finalmente che ci impedisce di cadere nell’a- 
bisso dell’incredulità di cui niente è più proprio a render l’uomo più 
sfortunato e da rompere i vincoli della società. 

La passione che io tengo per la storia naturale, è così forte in me 
che, non ostante le mie maniere di considerare gli oggetti, si può 
quasi chiamar pazzia, ma è vero altresi che la maniera di studiare 
la storia naturale è tutto affatto diversa da quella adottata general- 
mente appunto perchè mi è impossibile il farmi illusione sopra sogetti 
che io riguardo come cose di pochissima importanza nel grand’assieme 
della natura. Così le specie non hanno per me altro interesse che di 
riempirmi qualche vano, ed indicarmi la strada tenuta or quà or là, 
dalla natura nella produzione di tali o tali altri esseri, e prova nello 
stesso tempo una pena infinita quando si tratta di passare qualche 
volta il giorno intiero nell’ esame di uno o due insetti per ottenere 
poi risultati che non. sono fatti per soddisfarmi. Ella vede quivi in 
parte, la. cagione per cui il mio lavoro sui Carabi avvanza così len- 
tamente, e per cui quando sarò uscito da questo impegno, che l’ e- 
sperienza mi convince ognora, più essere un vero dedalo inestricabile, 
sicuramente non mi metterò più in un altro. 

Io sono ben lontano sicuramente di dare ad intendere che il Ca- 
rabus. coelatus è una pretta varietà del cyaneus, son anzi persuaso 
che. molti altri Carabi, di specie diversa per noi, possono molto più 
rassomigliarsi tra di loro, di quel che si rassomiglino i due predetti 
ma questo non mi impedisce d’essere, in me stesso, conseguente a dei 
principii. che ho. In fatti quando si considera che il Caraleus calatus 
non differisce dal cyanecus che per 3 caratteri (cioè grandezza. un 
po’ maggiore, ponteggiamento del torace, e maggior convessità degli 
eletri — il colore è variabile, ed il disegno intrinseco degl’ eletri è 
pure lo stesso che nel cyaneus) mentre che il cane /epriere ed il 
Barbetto differiscono tra. di loro per 6 o 7 caratteri più conseguenti 
ed importanti di quelli che distinguono il Car. coelatus (quali sono, 
forma di corpo, lunghezza delle gambe, lunghezza della coda, direzione 
e lunghezza degli orecchi, forma del capo, lunghezza della lana, istinto 
ed. aptitudine diversi) non si può a meno che di commettere una evi- 


o 


dentissima incongruenza dei sani principii addottati, quando si pro- 
nuncia apertamente essere il C. calatus una specie, ed il cane le- 
priere una semplice varietà: ne deduco esservi due maniere di consi- 
derare gli oggetti di storia naturale, l’una filosofica con cui indaghiamo 
l’origine dei cambiamenti che gli animali subiscono coll’andar dei se- 
coli sia per la loro tendenza attiva a svilupparsi e perfezionarsi, sia 
per la loro susceptibilità passiva di prendere le impressioni delle 
influenze esteriori, cioè di mettersi in rapporto colle circostanze che 
li circondano. 

L’altrapoi è quella del naturalista propriamente, detto pratico, colla 
quale noi consideriamo gli esseri tali e quali essi si presentano ai nostri 
occhi. In questo caso i più minuti caratteri hanno un valore reale 
per noî per la cagione che l’ azione delle circostanze influenti non 
diviene sensibile che dopo un tempo immenso relativamente alla'du- 
rata dei monumenti umani ; così che all’epoca in cui le nostre de- 
scrizioni attuali potranno divenire false, tutti i nostri libri od altri 
mezzi di comunicare alla più remota posterità le nostre cognizioni sa- 
ranno assolutamente annichilate. 

V’aggiunga poi ancora che queste variazioni hanno un limite 
quando la natura delle influenze ne ha uno, così che sarebbe assurdo 
‘il dire che l’uomo, li falconi, li Ibis etc. che osserviamo nelle mommie 
egiziane e che hanno da 3 a 4 mille anni, dovrebbero essere differenti 
delli analoghi attuali se il tempo agisse sulla loro organizione. Dopo 
le catastrofi di vario genere che hanno sovversato il nostro globo, 
l’Egitto, egualmente caldo, fecondo e esposto etc. etc. insomma pre- 
sentò continuamente sino a noi l’istessa natura di circostanze, nes- 
suna ragione dunque per autorizarci a pretender e di trovare muta- 
zioni negl’animali attuali comparati a quelli di 3 mille anni fa. 

Quanto poi alle mutazioni che gli animali hanno subito per lo svi- 
luppamento attivo, le osservazioni ci mancano affatto per negarlo, 
giacchè tutti gli animali che troviamo nello stato di mommia, appar- 
tengono tutti a generi d’organizzazione univoca e affatto perfezionata 
come sono infatti l’uomo, li uccelli di rapina e l’ibis stesso fra legralle. 
Se invece di questi animali trovassimo delle foche, dei gallinacei, 
delle tringhe, scolopax, sterne, lari, dei Carabi, grillapteri, delle Bom- 
bici, Smerinti, Paguri, delle lepadi anatifero etc. etc. che sono di una 
organizzazione imperfetta trovaressimo probabilmente di già qualche 
piccola differenza nel loro essere — è ben vero però che il natura- 
lista puramente sistematico deciderebbe subito, e nel suo senso non 
lo troverei ingiusto e biasimevole, che dessi formano altrettante specie 
diverse. 

Da tutto il sin qui detto ella deve accorgersi che nel senso dei na- 
turalisti sono anch’io naturalista, cioè che, quanto al modo di conside- 


SA 


rare zoologicamente il Charabus carlatus, sono intieramente del , suo 
avviso, e che se le dissi, senza però mettere alla mia proposizione 
quella importanza la V. S. vaccorda, che il Carabus coelatus ha po- 
tuto non essere in un tempo che un fratello od un discendente del 
Carabus cyanenus, non lo dissi che nel senso filosofico cioè conside- 
randolo unicamente sotto l’aspetto genealogico, e non sotto l’ aspetto 
sistematico. E cosa chiarissima che il naturalista pratico non dee già 
mischiarsi d’indagare cosa siano gli esseri per la natura stessa, ma 
solamente cosa debbano essere per lui; altrimenti queste due maniere 
di considerare gli oggetti essendo affatto indipendenti anzi distruggi- 
trici l’una dell’altra, il naturalista adottando solamente la prima sa- 
rebbe senza fallo e ben presto precipitato nel caos. Infatti se il na- 
turalista negligenta li piccoli caratteri degli Insetti, non essendovi 
propriamente alcun limite fra il carattere importante e quello che 
non lo è, egli sarebbe esposto a ciascun momento a non saper deci - 
dere ciò che è, o deve almeno essere per lui, una specie, e ciò 
che egli deve considerare come varietà, poichè sia detto ad onta di 
tutte le nostre profonde ricerche, e speciosi risultati, se le differenze, 
qualunque esse siano, non si considerano come differenze specifiche, 
non ci resta più un sol mezzo pratico e applicabile a tutti i casi, onde 
decidere cosa sia specie, e cosa non lo sia, giacchè ciò che noi chia- 
miamo costanza del carattere non è nel fondo che una maniera ben 
vaga di spiegarci, la ragione ne è chiarissima, noi comprendiamo per 
esempio, in una specie tutti gli individui che ci paiono somiglianti, 
perchè carattrizzati da caratteri identici i quali per la loro identità 
prendono il nome di caratteri costanti, ma se uno di questi caratteri 
che noi chiamiamo costanti si trova, per caso, non esistein un certo 
individuo, noi invece di dedurre che quel tal carattere è incostante, 
contiamo per nulla tutti gli altri rapporti e pronunciamo subitamente : 
ecco il carattere specifico d'un altra ispecie ; così che non ammettiamo 
propriamente l’incostanza dei caratteri che negli animali domestici, 
dove non esiste nel fondo niente più che altrove. 

Ad ogni modo, io non pretendo di biasimare con tutto questo l’incon- 
seguenza dei naturalisti — tutto quello che v’ ha di strano nella storia 
naturale si è il capriccio e l’inconseguenza che si osserva general- 
mente nel giudicio dei naturalisti. L'uomo per esempio, quivi è bianco, 
in Africa è nero, nella Lapponia è basso, nella Patagonia è alto etc. 
tutte queste differenze son bagatelle. L'uomo è un solo dapertutto, e 
mentre così largamente giudichiamo, con una minutezza e una severità 
affatto apposte, contiamo il numero dei punti della coccinella 24 pun- 
ctata e nella Tinea evonimella, osserviamo le diverse più fugaci tinte 
di un papilione, separiamo il lucanus capreolus dal cervus, distin- 
guiamo il lepre dal coniglio, la cicindela danubiatis dall’hibyda etc. etc. 


213% pdl 
Ciò malgrado si è sempre più o meno fatto così, e così ancora dob- 


biamo noi pure continuara fare per fabricare grossi e classici libri dî 
Storia naturale. Amen. 


Torino, nel mese di Gennaio 1813. 


Fr. A. Bonelli. 


Pubblicato il 15 Luglio 1908 
lrof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 


Tip Pietro Gerbone — Torino 


Ann 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Numero 587 — Volume XXIII 
Dott. ACHILLE GRIFFINI 


Note sopra alcuni GRILLACRIDI 


Ho ricevuto in due riprese dal Sig. Bang-Haas della nota Ditta 
« Staudinger e Bang-Haas » un discreto numero di Grillacridi che 
acquistai per la mia collezione. Di alcuni di essi ho già parlato in due 
miei lavoretti precedenti (1): nella presente nota riunisco le osser- 
vazioni più interessanti che ho potuto fare sopra le specie meno note 
o incompletamente finora descritte, o su qualche esemplare partico- 
larmente degno di menzione, compresi fra quelli che ricevetti in prin- 
cipal modo ultimamente dal Sig. Bang-Haas. 

In via eccezionale considererò qui qualche specie o qualche esem- 
plare appartenente ad altre collezioni, quando l’occasione si presen- 
tasse opportuna per parlarne. 

Così spero che anche le notizie che pubblico in questo lavoro pos- 
sano essere di qualche utilità per lo studio della famiglia dei Grilla- 
cridi, la quale in molte parti abbisogna di una accurata revisione. 

Genova, R. Istituto Tecnico, 6 luglio 1908. 


Paragryllacris exserta Brunner 


& — Paragryllacris exserta Brunner 1888 ('?), pag. 372. — Tepper 
1892 (10), pag. 160. — Kirby 1906 (11) pag. 149. 


1) A. GRIFFINI. Sopra alcuns Gryllacris malesi ed austro-malesi. Bollett. Musei 
Zoolog. Anat. Comp. Torino, Vol. XXIII, n. 581, 1908. 

A. GRIFFINI. Intorno a quattro Grillacridi dell America meridionale. Zoolog. An- 
zeiger, Leipzig, Band XXXIII, n. 2-3, 1908, 


2h and 


Dopo qualche esitazione ho riferito -a questa specie, della quale fi - 
nora fu descritto solo il ®, una femmina che ricevetti dal Sig. Bang- 
Haas come proveniente dalla New S. Wales. 


Eccone i principali caratteri : 


g — Longitudo corporis mm. 32 
» pronoti » D,7 
» elytrorum » 34,5 
» femorum anticorum » 8,7 
» femorum posticorum » 15,5 
» ovipositoris » 24,2 


Testacea, pedibus leviter pallidioribus, fastigiis capitis leviter in- 
tuscatis. Caput pronoto distincete latius, ab antico visum ovatum-orbi- 
culare: occiput convexum: fastigium verticis sat convexum, lateribus 
acute carinulatis, latitudinem circiter duplam primi articuli anten- 
narum attingens, colore fere castaneo, haud saturato, lineola media 
longitudinali pallidiore parum distincta eum percurrente et in occipite 
continuata, ibique cum lineolis cerebriformibus indistinetis connexa. 
Maculae ocellares citrinae. Frons punctato rugosa. Antennae ferrugi- 
neae, articulo basali pallidiore. 

Pronotumasupero visum subquadratum, margine antico in medio pro- 
ducto, sulco antico bene impresso, incertissime et dilutissime infuscato ; 
sulculo longitudinali medio abbreviato fossulari, sulco postico valli- 
forme perparum impresso, margine postico truncato distincte fusco. 
Lobi laterales multo longiores quam altiores, subrectangulares, angu- 
lis fere rectis, verticibus rotundatis, margine postico verticali brevis- 
simo, sinu humerali expresso, sulcis bene impressis. 

Elytra et alae ut in descriptione 9 Brunneri. 

Pedes testacei, geniculis summis levissime et incerte infuscatis 
Tibiae anticae et intermadiae solito modo spinosae. Femora postica 
basi bene incrassata, parte apicali attenuata brevi; subtus, apicem 
versus, margine externo 3 - spinuloso, margine interno 5 - spinuloso. Ti- 
biae posticae subcurvatae, in medio latiuscule pallide flavae, longe post 
basim in utroque margine superne spinulis minimis 4-5 praeditae. 

Ovipositor rectus, exilis, acuminatus. Lamina subgenitalis 9 insignis 
basi in medio profunde impressa, et lateribus inferius prominulis, apice 
lata, transversa, truncata, sed in medio leviter triangulariter excisa, 
lateribus externis apicis posterius angulato prominulis. 

Habitat: New S. Wales. 

Per le dimensioni credo poter escludere che questa femmina possa 
appartenere alla Par. perloides Walker (= Par. pallidolinea var. 
minor Tepper). 


— 3 — 


Gryllacris famigata De Haan 


gd — Gryllacris fumigata De Haan 1842 (5) pag. 219. — Gersta- 
ecker 1860 (6), pag. 264. — Brunner 1888 (?), pag. 328-209. — Pictet 
et Saussure 1891 (8), pag. 304, Tab. 1, fig.7. — Kirby 1906 (11), pag. 139. 

Anche di questa specie fu descritto solo il @. Ne ho ricevuto dal 
Sig. Bang-Haas una 9 proveniente da Giava, che quì descrivo: 


g — Longitudo corporis mm. 29 
» pronoti » TOR 
»d elytrorum » 37 
» femorum anticorum » 10,8 
» femorum posticorum » 19 
» ovipositoris » 25,2 


Cum J optime congruit. 

Corpus sat elongatum, subcompressum. flavo-testaceum, nigro et 
fusco varium. 

Caput ovatum subelongatum. Occiput nitidum, convexum. Fastigium 
verticis rotundatum, anterius leviter depressum, latitudinem 1 112 
primi articuli antennarum haud superans, marginibus parum distincte 
carinulatis. Frons inaequalis, sub lente parce punctulata, inferius mi- 
nime depressa. Clypeus trapetioideus, ad basim prominulus fere trans- 
verse carinatus: sulci suboculares tantum inferius expressi. Color 
capitis flavo testaceus. — Occiput et ante eum summus vertex in medio 
leviter infuscata, his coloribus fuscis a paucis lineolis pallidis regula- 
riter positis intersectis: latera externa verticis nigra. Vittae duo sub- 
oculares latae nigrae, intus a colore pallido frontis recte divisae, extus 
in genis a colore pallido partis posticae genarum minus bene limitatae, 
superne cum colore nigro lateris verticis continuatae. Mandibulae 
apice et basi intus nigrae. Magna pars apicalis labri nigra. Articulus 
primus antennarum testaceus, articuli sequentes nigri, dein gradatim 
fusci. Palpi fusco et testaceo late varii. 

_ Pronotum distincte longius quam latius: margine antico rotundato 
parum producto, sulco antico valliforme parum expresso, sulculo lon- 
gitudinali abbreviato subtili, distincto, sulco postico minus expresso, 
margine postico rotundato-truncato, in medio minime sinuato. Lobi 
laterales multo loangiores quam altiores, modice adpressi, posterius 
altiores, margine infero leviter sinuato, angulo antico late rotundato, 
angulo postico subtruncato, margine postico brevi, sinu humerali parvo; 
sulcus U - formis et sulcus posticus bene impressi ; intervalli gibbulosi. 

Color pronoti testaceo et fusco nebulosus, marginibus atris. 

Elytra pubescentia, elongata, margine antico (externo in quiete) 
et margine postico late albido-hyalinis, disco praesertim in medio 


vie 


CIME 


et apicem versus leviter grisescente; latitudinem maximam circiter 
13 mm. attingentia: venis fusco-testaceis. 
Alae violaceo-brunneae, venulis transversis lineola subtillima hya- 
lina extus apposita, areolis nonnullis in medio incerte subhyalinis. 
Pedes pallide testacei, apicibus femorum, basi tibiarum. et apice 
tibiarum breviter sed distinctissime nigris. Pars infera femorum po- 
sticorum et tarsi brunnei. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis 
fusco-nigris ; femora postica elongata, basi modice incrassata, ad apicem 
regulariter attenuata, subtus margine externo usque ad 10 spinuloso, 
margine interno usque ad 8 spinuloso, spinulis nigris. Tibiae posticae 
post basim superne deplanatae, ibique utrinque spinis 7 nigris armatae. 
Ovipositor longus, rectus, castaneus, ima basi et margine supero 
anguste pallidioribus testaceis ; nitidus, sat latus, apice subrotundato 
acuminatus. Lamina subgenitalis 9 subrotundata, apice leviter emar- 
ginata, basi utrinque elevatione parva nitida obliqua praedita, his 2 
elevationibus intus convergentibus ibique contiguis. ; 
Habitat - Java. 


Gryllacris tibialis Serville 


o. — Gryllacris tibialis Serville 1839 (3), pag. 393. — De Haan 
1842 (5), pag. 219. 

J. 9. — Gryltacris tibialis Gerstaecker 1860 (6), pagg. 266-267. — 
Brunner 1888 (7), pag. 88-89. — Kirby 1906 (11), pag. 140. 

Di questa specie ebbi dal Sig. Bang-Haas una 9 benissimo corri- 
spondente alle descrizioni originali. Noto solo che il suo ovopositore 
appare regolarmente appuntito all'apice. Le sue dimensioni principali 
sono le seguenti : 


Longitudo corporis mm. 24 
» pronoti » 
» elytrorum » 82 
» femorum anticorum » 8 
» femorum posticorum » 15,9 
» ovipositoris » 21 


Habitat: Java 


Gryliacris translucens Serville 


d.o. — Gryltacris translucens Serville 1839 (3), pag. 394-395. — 
Gerstaecker 1860 (6), pag. 275. — Kirby 1906 (11), pag. 141. 

Questa specie non fu conosciuta da Brunner quando scrisse la sua 
monografia, poichè a pag. 336 di tale opera egli la indica dubitativa- 
mente come sinonima di Gr. amplipennis Gerst. 

Le due specie invece sono molto differenti. Della Gr. amplipennis 


CAS 


Gerst. ho visto nel Museo Civico di Genova una 9 raccolta dal coni- 
pianto Fea nel Tenasserim, e determinata dallo stesso Brunner. Della 
Gr. translucens Serv. ricevetti un °° ed una 9g dal Sig. Bang-Haas 
ben tipici, portanti il nome erroneo di Gr. fuscînervis Stal; inoltre 
alla stessa specie credo poter riferire un esemplare immaturo appar- 
tenenti al Museo Civico di Genova. i 
Ecco i principali caratteri degli esemplari della mia collezione : 


(ci 9 
Longitudo corporis mm. AZIO 
» pronoti » 0,6 0,8 
» elytrorum » 26,9 33 
» femorum anticorum » 7,9 8,5 
» femorum posticorum » 14 15,2 
» ovipositoris » — 23,4 


Statura circiter Gry//acridis tibialis. Corpus nitidum, testaceum, 
occipite castaneo, vitta sub utroque oculo castanea, pronoto testaceo, 
superne nigro-fusco in o, parce nigro vario in 9: elytris alisque vitreis 
venis venulisque nigro fuscis. 

Caput pronoto modice latius, ab antico visum ovatum orbiculare: 
occiput convexum : fastigium verticis latitudinem 1 1[2 primi articuli 
antennarum attingens, maculis occellaribus parvis, tamen distinguendis. 
Frons latiuscula sat nitida, inferius interdum (in 4) utrinque punceto 
majore impresso et superne sulculis duobus subverticalibus parum 
expressis, ab angulis internis scrobum antennarum descendentibus 
praedita. Clypeus et labrum solito modo confecta, 

Color capitis pallide flavido-testaceus. Occiput et vertex castanea 
pernitida. Fastigium verticis tamen pallidius. Frons nebulis leviter 
fuscis regulariter positis, paucis, parum definitis, praedita, quarum 
praecipue 2 superae in sulculis subverticalibus; latera baseos frontis 
et clypei, praecipue in d' etiam incerte nebulosa; labrum & leviter 
fuscum, in 9 fere omnino testaceum pallidum. Sub utroque oculo vitta 
castanea descendit, haud perfecte limitata, per sulcum subocularem 
inferius melius expressum, dum vitta superius melius est conspicua. 
Palpi pallide testacei, apice leviter obscuriores. Antennae testaceae, 
articulo primo parce castaneo nebuloso, secundo dilute castaneo, 

Pronotum a supero visum subquadratum (;) vel leviter longius 
quam latius (4); margine antico rotundato perparum prominulo ; sulco 
antico valliforme bene expresso; sulculo longitudinali abbreviato la- 
tiusculo; sulco postico latissime V-formi metazonam praecedente, nec- 
non pone eum sulco transverso obsoleto perparum distinceto. Metazona 
transversa levissime rugulosa: margo posticus truncatus. Lobi late- 
rales satis adpressi, subrectangulares, sensim (tamen haud multo) 
longiores quam altiores, posterius parum altiores, margine infero haud 


air 


vel indistinete sinuato, angulo antico late rotundato, postico inferius 
truncato, margine postico verticali sat alto, sinu humerali distincto. 
Sulci soliti bene impressi. 

Color pronoti testaceus nitidus. In & color superne castaneus et 
utrinque inter sulcos V-formes loborum lateralium descendit, posterius 
in metazona angustatus, disco maculis paucis parum conspicuis te- 
staceis ornatus. Harum macularum duo approrimatae, parvae, adsunt 
ante sulculum longitudinalem, fere unicam efficientes, et lineolam me- 
diam unicam versus marginem anticum emittentes, et duo posticae 
(una utrinque) transversae in parte supera rami postici sulci V-formis 
loborum lateralium. Margo pronoti in * parum distincte fusco limbatus. 

Pronotum g maxima parte testaceum, marginibus omnibus distincte 
anguste nigro-fusco limbatis. Picturae & videntur etiam in $ delineatae: 
margo anticus superne late nigro-castaneus, hoc colore posterius bre- 
viter sensim expanso, a lineola media subtili pallida post sulcum an- 
ticum diviso; post eum maculae duo approrimatae magis pallidae 
conspiciuntur; sulculus longitudinalis nigro-castaneus; metazona di- 
lute castanea: pars supera rami postici sulcis V-formis loborum la- 
teralium breviter castanea. 

Elytra elongata (praecipue in g), modice lata, latitudinem maxi- 
mam circiter 11 mm. attingentia, vitrea, margine antico, margine po- 
stico et basi omnino incolora, disco et apice leviter grisea, venis venu- 
lisque nigro-fuscis; ima basis supra insertionem radii brevissime flavida 
fere maculam flavidam praebet. Alae sat amplae, vitreae, hyalinae, 
venis venulisque fuscis, subtilibus. 

Pedes pallide testacei, geniculis in utroque sexu dilute brevissime, 
indistincte, infuscatis. Tibiae anticae et intermediae solito modo spi- 
nosae, spinis fuscis summo apice pallidis. Femora postica parum elon- 
gata, basi bene incrassata, parte apicali attenuata distincta sed bre- 
viuscula: subtus margine externo spinis 6-7 nigris armato, margine 
interno spinis similibus circiter 5. | 

Segmentum abdominale dorsale ultimum o' convexum, cucullatum 
margine postico rotundato. Spinulae 2 mediae approximatae incurvae 
sub eo adsunt et lobuli duo laterales elongati, intus curvati. Lamina 
subgenitalis & transversa, apice in medio breviter bicornuta, corniculis 
subparallelis: styli laterales corniculis fere duplo longiores. 

Apex abdominis 9 more solito segmentis dorsalibus abbreviatis. 
Ovipositor elongatus, rectus, nitidus, quamvis sub lente minute ru- 
gulosus, angustus, castaneus, ima basi tantum pallidus et summo apice 
brevissime testaceus: apex sat regulariter acuminatus. Lamina subge- 
nitalis g videtur subellyptica, integra. 


Habitat: Malang, Java. 


It, Lar 


Gryllacris ruficeps Serville 


d — Gryllacris ruficeps Serville 1831 (2), pag. 139. — Serville 1839 
(3), pag. 394, PI. 9. fig. 2. — De Haan 1842 (5), pag. 220. — Blanchard 
1840 (4), pag. 30. 

o.g. — Gryltacris ruficeps Gerstaecker 1860 (6), pag. 259-61. — 
Brunner 18388 (7), pag. 345, Tab. VIII, fig. 38. — Kirby 1906 (11), 
pag. 143. 

Di questa specie ricevetti 3 e 9? dal Sig. Bang-Haas. 

Habitat: Java 


Gryllacris ruficeps subsp. malaccensis m. 


o. — Gryllacris ruficeps Griffini 1897 ( 2), pag. 142 

Q. — A specie differt praecipue colore toto pallido flavido-stramineo 
necnon fastigio verlicir duplam primi articuli antennarum latitudi- 
nem attingente el subsuperante. 

Habitat : Malacca et Pulo Penang. 

Typi: 19 (R. Musaei Zoolog. Taurinensis), apud Perak, in penin- 
sula Malacca collecta. Donavit D.r M. G. Peracca. 

1 9 (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis) in Pulo Penang a D. 
Loria et Fea, anno 1889 collecta. 

Magnitudo speciminis Musaei Ianuensis : 


Longitudo corporis mm. 29,5 
» pronoti » 8,8 
» elytrorum » 33,4 
» femorum anticorum » 11,9 
» femorum posticorum — » 18,6 
» ovipositoris » 15,5 


Pallide flavido-straminea, elytris pallidissime subhyalinis. 

Caput magnum, crassum, ab antico visum orbiculare, haud rufatum. 
Fastigium verticis articulo primo antennarum duplo latius, anterius 
parum convexum, lateribus obtusis. Antennae flavidae. Maculae ocel- 
liformes subnullae, forma indefinita. Oculi postice subtiliter nigro mar- 
ginati. Frons sub utroque latere fastigii sulco subverticali subtili prae- 
dita: supra clypeum transverse impressa et utrinque in impressione 
subtiliter nigrata. Clypeus, labrum, mandibulae, palpi, cum reliquo 
capite flavida. 

Pronotum latum, lobis lateralibus forum deflexis, margine antico 
in medio producto ibique tuberculato, ad latera tuberculi minute sub 
lente crenulato, sed ad angulos anticos loborum lateralium et circum 
eos angulos fortiter crenulato. 

Pronoti discus valde inaequalis, sulcis optime impressis; pone sul- 
Cum anticum superne utrinque tuberculo rotundato parum elevato sed 


latiusculo praeditus: sulcis in lobis lateralibus descendentibus ibique 
convergentibus. et subtus coniunctis, parum fusco repletis.. Margo po- 
sticus pronoti recte truncatus; margines inferi loborum lateralium 
subrecti, supra coxas minime sinuati, angulis rotundatis. 

Elytra hyalina, venis et venulis pallide stramineis, in parte an- 
tica tantum partim leviter infuscatis. Alae infumatae, apice vitreae, 
venulis transversis pallidis. 

Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis longis. 
Femora postica breviuscula, basi modice incrassata parte apicali parum 
attenuata, subtus margine externo ll spinuloso, interno 5-spinuloso ; 

tibiae posticae superne intus spinis 6, extus spinis 7, necnon spina 
apicali utrinque instructae. Tarsi validi. 

Lamina subgenitalis 9 triangularis, apice rotundato, nec ‘sulcata 
nec incisa. Ovipositor falcatus, subtilis, compressus, apice oblique 
truncatus. 


Finchè non conobbi in natura la vera Gr. ruficeps tipica di Giava, 
o finchè ne conobbi solo il g’, mi limitai a constatare come le 9 di 
Malacca e della vicina isola Pulo Penang si distinguessero notevol- 
mente pel colore e per la larghezza della sommità del capo, ma du- 
bitai potesse essere questo un carattere sessuale secondario proprio 
delle 9? ed erroneamente non indicato dagli autori. 

Ora che ho ricevuto anche una 9 tipica della Gr. ruficeps di Giava, 
ottimamente corrispondente al o ed alle descrizioni degli autori, non 
esito a distinguere ed a descrivere almeno come sottospecie i suddetti 
esemplari di Malacca e di Pulo Penang. 


Gryliacris excelsa Brunner 


do. — Gryllacris excelsa Brunner 1888 (7), pag. 351-52, Tab. VIIL 
fig. 4LV D. — Kirby 1906 (11), pag. 144. 

Di questa bella specie ricevetti dal Sig. Bang-Haas due $, di cui 
l'una porta come indicazione di provenienza: Milne B, Nova Guinea, 
l’altra porta come analoga indicazione: Nova Guinea Germanica. 

Corrispondono abbastanza bene alla descrizione originale. 


g. Longitudo corporis mm. 42-49 
» pronoti » 10-10,7 
» elytrorum » 36-37,3 
» femorum anticorum » 15,4-15,5 
» femorum posticorum >» 26,2-27,3 
» ovipositoris » 26-27 


Variat capite plus minusve nigrato, interdum toto castaneo-nigro, 
interdum occipite, vertice et genis fulvo testaceis. Maculae ocellares 


SEDI 


in speciminibus capite toto nigro-castaneo praeditis ‘adsunt sat di- 
stinctae quamvis parvae. Fastigium verticis latitudinem 1 1|2 primi 
articuli antennarum aegre attingit. Frons inferius impressa, transverse 
minute sed (etiam sine lente) distinete rugulosa, et punctis 4 magis 
impressis  praedita. Clypeus inaequalis, impressionibus quatuor grosse 
punctiformibus (2 superis, 2 inferis) praeditus, inferius flavidus vel 
rufescens. Sulci suboculares distincti. 

Pronotum lobis lateralibus perparum adpressis, a supero visum 
subquadratum: margine antico in' medio rotundato modice producto ; 
tumescentùs superis 2 (una utrinque) in parte antica, nonnihil post- 
sulcum anticum, praeditum : sulculo longitudinali abbreviato posterius 
dilatato: margine postico recte truncato. Lobi laterales longiores quam 
altiores, postice distincte altiores, margine infero post angulum an- 
ticum sinuato: angulo antico rotundato, angulo postico longe oblique 
truncato, margine postico verticali brevi: sinu humerali parvo; sulci 
V-formes valde impressi, sulcus posticus minus expressus, intervalli 
valde gibbulosi. 

Femora postica longa, spinis utrinque usque ad 10. 

Ovipositor angustus, ante apicem levissime dilatatus, apice suba- 
cuminato. 

Habitat : Nova Guinea. 


Gryllacris signifera (Stoll) 


Gryllus (Tettigonia) signifera Stoll 1813 (1), III Genre, pag. 26, 
PI. XII a, fig. 50. 

Gryllacris maculicollis Serville 1831 (2), pag. 139. — Serville 1839 
(3), pag. 394. — De Haan 1842 (5), pag. 220. — Gerstaecker 1860 (6), 
pag. 254. — Brunner 1888 (?), pag. 352. 

Gryllacris signifera Blanchard 1840 (4), pag. 30. — Kirby 1906 
(11), pag. 144. 

Questa è forse la specie più frequente nelle collezioni. Secondo me 
essa dovrebbe esser considerata quale specie tipica del genere Gry!- 
(ncris come prima descritta da Serville nel 1831 quando istituì il 
genere. 

Ne ricevetti alcuni esemplari di Giava dal Sig. Bang-Haas. 

Inoltre ne ho veduto nel Museo Civico di Storia Naturale di Ge- 
nova 1 o di Buitenzorg, Giava (coll. G. B. Ferrari 1874), e 2 9 pure 
di Buitenzorg, Giava (coll. prof. O. Penzig, 1899). 

Fra i Grillacridi che ebbi in comunicazione dal K. Zoolog. Museum 
di Berlino, era pure rappresentata questa specie, e propriamente vi 
appartenevano: 1 9 in alcool coll’indicazione: Iava, Tschirch; 1 e 
e 19 in alcool, coll’indicazione: Buitenzorg, Iava, Mai 1898, M. Flei- 


— 10 


scher; e infine 2d in alcool, coll’indicazione : Samarang, Iava, Consul 
Erdmann. 

Faccio qui menzione di un d° anomalo, che ricevetti dal Sig. Bang- 
Haas, il quale d° presenta una di quelle anomalie per ridotto sviluppo 
d’una zampa posteriore, delle quali in diversi miei lavori ebbi già a 
descrivere vari casi, sulla cui interpretazione non è ora il momento 
di ritornare. 

Ecco le dimensioni delle due zampe posteriori dell’esemplare in 
discorso: i i 

destra (normale) sinistra (anomala) 


lunghezza del femore mm. 18,6 14 
» della tibia » 17,8 13,8 
» dei tarsi » 7 5) 


Tutta la zampa anomala è lievemente oscura e minutamente ma 
fittamente pubescente. Il femore è pochissimo ingrossato alla base: 
inferiormente ha solo due spine rudimentali verso il mezzo del mar- 
gine esterno e 9 spine sul margine interno situate verso l’apice, in 
parte fuse fra loro, di cui solo le ultime sono alquanto meglio formate. 
La tibia è subcilindrica, quasi inerme, presentando solo i rudimenti 
di due spine sul margine interno e di 6 spine sul margine esterno, 
irregolarmente poste, di cui una alquanto prima del mezzo e le altre 
ravvicinate presso l’apice. I tarsi presentano i quattro articoli distinti 
e ben fatti, solo ridotti di dimensioni. 

La provenienza di quest’esemplare anomalo è indicata: Malang, 
lava. 


Gryllacris #“ignifera var. 


SJ. — A speciminibus typicis ex Java differt praecipue tibiis 0om- 
Nibus (anticis saturatius) superne infuscatis, necnon elytris alisque 


longioribus. 
Longitudo corporis mm. 30 
» pronoti » 7,9 
» elytrorum » 33,7 
» femorum anticorum » Lia 
» femorum posticorum » 19,7 


Habitat: Mindanao : Philippinae. 

Ne ebbi un unico d' dal Sig. Bang-Haas. 

Esso a prima vista ricorda la Gr. appendiculata, per le tibie di cui 
principalmente le anteriori sono superiormente infoscate. Però la strut- 
tura dell’ultimo segmento addominale dorsale di questo &' è quale si 
riscontra nella Gr. signifera. I disegni del pronoto sono ben marcati 
anzi piuttosto larghi, pur essendo quasi mancante la lineetta mediana. 


ZIE 


Gryllacris athleta Brunner 


d— Gryllacris athleta Brunner 1888 (7), pag. 355. — Kirby 1906 
(11), pag. 145. 

cd. 9 — Gryllacris athleta Griffini 1897 (12), pag. 142. 

Ricordo qui questa specie, di cui il R. Museo Zoologico di Torino 
possiede gli esemplari g' e 9 di Perak (penisola di Malacca) da me 
descritti, poichè io ne feci conoscere il &, ciò che non vedo indicato 
nel Catalogo di Kirby. 


Gryllacris phryganoides De Haan 


9. — Gryllacris phryganotades: De Haan 1842 (5), pag. 219. — Ger- 
staecker 1860 (6), pag. 273. — Brunner 1888 ('?), pag. 360. — Kirby 
1906 (11), pag. 146. 

Questa specie descritta invero in modo brevissimo ed inca 
‘da De Haan pare più non sia stata trovata dagli autori, pei quali è 
rimasta problematica: infatti Gerstaecker e Brunner si limitano a ri- 
ferire la breve diagnosi di De Haan. 

Dopo accurato studio credo potervi riferire una 9 che ebbi dal 
De: Bang-Haas, proveniente da Giava. Eccone i principali caratteri : 


g Longitudo corporis mm. 17,6 
» pronoti - » 3,9 
»; elytrorum » 28,4 
» femorum anticorum » 6,5 
» femorum posticorum si sie 
» ovipositoris i Tama Al0,5 


Corpus graciliusculum, sub lente pilosulum, totum fulvo testaceum, 
maculis ocellaribus parum conspicuis; elytris longis pellucidis, antice 
(inferius in quiete) omnino vitreis, postice levissime griseo-testaceis, 
pellucidis, basi tamen flavis: alis hyalinis venis venulisque fulvo-te- 
staceis. 

Caput ab antico visum ovatum sat elongatum, pronoto tamen latius. 
Occiput bene convexum. Fastigium verticis convexiusculum, inferius 
tantum subplanum, lateribus obtusis, latitudinem 1 12 primi articuli 
antennarum aegre attingens, maculis ocellaribus parvis, lateralibus, 
parum distinetis. Sulci suboculares indistincti. Clypeus, labrum, solito 
modo confecta, et cum mandibulis, palpis, antennisque, cum reliquo 
capite et corpore concolora. 

Pronotum sat parvum, compressiusculum, sensim longius quam 
latius, unicolor ; margine antico in medio rotundato sat producto, sulco 
antico utrinque expresso, in medio minus impresso, sulculo longitudi- 
nali abbreviato distincto, ‘sulco postico perparum expresso et prope 


BE per 


marginem posticum sito, margine postico transverso. Lobi laterales 
longiores quam altiores, postice quam antice altiores, angulo antico 
late rotundato, margine infero obliquo subrecto, angulo postieo expresso 
inferius truncato; margine postico verticali: sinu humerali parvo: 
sulcis bene impressis. 

Elytra longa, ad apicem latiuscula, latitudinem maximam mm. 92 
circiter attingentia, summo apice subacute rotundata, pellucida, parte 
anteradiali vitrea incolore, parte post-radiali levissime SSA 
ad basim flavida. 

Alae sat elongatae, modice latae, hyalinae, venis venulisque fulvo: 
testaceis. 

Pedes pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 4 longis prae- 
ditae; tibiae intermediae subtus utrinque spinis 4 longis necnon spina 
apicali breviore armatae. Femora postica basi.incrassata, ad apicem 
r'egulariter attenuata, subtus margine externo spinulis 9, margine in- 
terno spinulis 13, apicem versus leviter majoribus, levissime infuscatis, 
armata. Tibiae posticae superne sat longe post basim planiusculae, 
ibique utrinque spinis 6 sat parvis, leviter infuscatis, instructae. 

Apex abdominis 9 superne solito modo confectus, segmentis dorsa- 
libus abbreviatis. Ovipositor elongatus, angustus, leviter incurvus, 
subrectus, apice regulariter et sat argute acuminatus, cum corpore 
concolor. Lamina subgenitalis 9 in medio apicis leviter excisa. Seg- 
mentum ventrale ultimum videtur utrinque appendiculo styliformi toto 
cum eo contiguo praeditum: his 2 appendiculis intus convergentibus, 
in duobus depressionibus ventralibus obliquis segmenti sitis, a parte 
media prominula inter se divisis. 

Habitat: Malang, Java. 


Gryllacris nigriccps Karsch 


c, — Gryllacris nigriceps Karsch 1892 (9), pag. 341. — Kirby 1906 
(11), pag. 147. — Griffini 1908 (13), pag. 21. 

Di questa specie fu finora fatta conoscere solamente la femmina. 
[Io stesso, nell'opera sopra citata non potei ridarne la descrizione che 
sopra due 9 statemi comunicate dal Musée R. d’Hist. Naturelle di 
Bruxelles. 

Ora ho ricevuto dal Sig. Bang Haas un & riferibile a questa 
specie ed indicato come proveniente dal Kamerun. Ne do qui i prin- 
cipali caratteri. 


cd Longitudo corporis mm. 30 
» pronoti > 6 
> elytrorum » 29 
» femorum anticorum » 9 


» femorum posticorum » 15,2. 


7) 


. Foeminae valde similis. 

Occiput convexum sat prominulum : fastigium verticis articuli primi 
antennarum latitudinem minime superans ; macula ocellaris frontis mi- 
nime major quam macula* fastigii verticis. Antennae pubescentes ut 
in9basi fuscae, articulis basalibus permultis apice anguste pallidioribus, 

Pronotum pubescens, margine antico rotundato supra occiput di- 
stinete prominulo, sulco antico perparum excavato, tamen distincto, 
valliforme, sulculo longitudinali abbreviatolatiusculo et parum impresso, 
sulco postico margini postico valde proximo, parum impresso ; margine 
postico truncato, metazona lateribus gibbulosis. Lobi laterales multo 
longiores quam altiores, posterius leviter altiores, angulo antico late 
rotundato, angulo postico infero subtruncato, margine infero subrecto, 
sinu humerali. perparum distineto. Sulcus U-formis.et sulcus posticus 
bene impressi; intervalli gibbulosi. 

Color capitis ut in 9. Color pronoti etiam circiter ut in 9, ferru- 
gineus, margine antico lateraliter incerte subtiliterque infuscato. 

Elytra ut in 99 a me descriptis apicem abdominis distincte supe- 
rantia, subvitrea, venis venulisque ferrugineo-fuscis. 

Pedes longiusculi, pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 
4 longis armatae. Femora postica modice robusta, ut in 9 confecta et 
spinulosa; apex femorum breviter et parum conspicue niger. Tibiae 
brunneo-nigrae. Tibiae posticae sat longe post basim superne depla- 
natae, utrinque spinis 6 instructae. Tarsi d' toti brunneo-testacei. 

Segmentum abdominale dorsale octavum productum, apice in medio 
prominulo et spinulis duabus approximatis verticaliter deflexis ibi 
armatum; segmentum nonum sub octavo subtotum absconditum, apice 
verisimiliter excisum. Lobi 3 sub eo adsunt, quorum medius in modo 
laminae supraanalis deflexus, subrectangularis, superne impresso con- 
caviusculus, apice subrotundatus. 

Lamina subgenitalis & lata et ampla, in medio longitudinaliter 
verisimiliter carinata, apice haud incisa, stylis lateralibus  breviu- 
sculis, crassiusculis, teretibus. 

Habitat: Victoria, Kamerun. 


Gryilacris michaelisi Griffini 


cd. g. — Gryllacris michaetisi: Griflini 1908 (14), pag. 65-67. 
Di questa specie, da me recentemente descritta, ricevetti ora dal Sig. 
Bang-Haas altre due 9, della stessa provenienza. 
Queste due ? corrispondono completamente ai tipi, pure conservati 
nella mia collezione, solo appaiono lievemente più gracili. 
Le loro principali dimensioni sono le seguenti : 
Longitudo corporis mm. 24-26,5 
» pronoti » 5,1-5,5 


— 4 — 


Longitudo elytrorum mm. 25,1-27,3 
» femorum anticorum » 7,2-7,9 
» femorum posticorum » 13-13,4 
» ovipositoris » 14,5-17 


Habitat ; Espirito Santo, Brasile. 


BIBLIOGRAFIA CITATA 


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Blattes. — Amsterdam. 

2, I. G. AUDINET-SERVILLE 1881. — Revue method. des Insectes de 
l'ordre des Orthopterés — Annales Sciences Naturelles. Paris, 
Tome 22. 


3. I. G. AUDINET-SERVILLE 1839 — Zistoîre natur. des Insectes dl 
téres, Parìs. 

4. E. BLANCHARD 1840 — Histoire natur. des Insectes, Paris, Tome III, 

5. W. DE-HAAN 1842 -- Bzjdragen tot de Kennis der Orthoptera. 
Verhandl. over de Natuurl. Gesch. der Nederl. overzeesche Be- 
zittingen. 

6. A. GERSTAECKER 1860 — Uber die Locustinen Gattung Gryllacris. 
Serv. — Archiv f. Naturgesch. Band XXVI. 

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und Gryltacriden. — Verhandl. K. K. Zool. Bot. Gesellsch. Wien. 
Band XXXVIII. 

8. A. PIOTET ET H. DE SAUSSURE 1891 — De quelques orthopit. nouveau. 
Mittheil. Schweiz. Entom. Gesellsch., Schaffhausen, vol. VIII. 

9. I. KarscH 1892 — VUebers. der von Preuss auf. a. Barombi-Stat. 
în Kamerun gesamm. Locustodeen —' Berliner Entom. Zeit. 
Band XXXVI, Heft II. 

10. I. G. O. TEPPER 1892 — 7he Gryllacridae anda Slenopelmatidae 
of Australia and Polynesia — Transact. R. Society ot South Au- 
stralia, Adelaide vol. XV, Part. II. 

11. W. F. KiRrBy 1906 — A. Synon. Catalogue of orthoptera, vol. II,g 
Part. I. London. 

12. A. GRIFFINI 1897 — Sur quelques Locustides de Perak PRO 
de Malacca) -- Miscellanea Entomologica, Narbonne, vol.V. n. 11-12. 

13. A. GRIFFINI 1908 — Phasgonouridae africane del R. Museo di 
Storia Naturale in Bruxelles. —Mémoires Soc. Entomol. de Betania 
Bruxelles, Tome XV. 

14. A. GRIFFINI 1908 — Intorno a quattro Grillacridi dell'America 
meridionale. — Zoolog. Anzeiger, Leipzig. Band XXXIII, n. 2:3.° 


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Pubblicato il 31 Luglio 1908 
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsab le 


Tip. Pietro Gerbone — Torino 


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ACADEMY OF sc!rrice 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


= Numero 588 — Voluine XXIII sof 


DANIELE Rosa 


Nuove specie di tomopteridi 


(DIAGNOSI PRELIMINARI) 


Tomopleris Nisseni n. sp. Tronco lungo 17 mm. più una coda di 
lunghezza incerta. Parapodii del tronco 25 paia. Primo cirro manca. 
Secondo cirro lungo una volta e mezzo il tronco. Mancano rosette. 
Pinne con membrana molto bassa ed increspata. Una grande ghian- 
dola infera dal 4° parapodio in poi sulla pinna ventrale; una ghiandola 
minore, apicale, dal 3° parapodio in poi sulla pinna dorsale e ventrale. 
Gonadi nel solo remo dorsale. 

Hab. Atlantico: 20°S, 27° W. Cap. H Nissen legit. 

Tomopteris ligulata n. sp. Similissima alla 7. planctonis, Apst. con 
identica distribuzione delle ghiandole pinnali. Si distingue sopratutto 
per le membrane pinnali le quali risalgono in forma di lista lungo il 
tronco del parapodio sin contro il corpo. 

Hab. Atlantico fra 22° N. e 33°S. e Pacifico a 31°S. Cap. H. Nissen 
legit. 

Tomopteris Dunckeri n. sp. Simile alla 7. Aloysii Sabaudiae Rosa 
(Monitore zoologico italiano, 1907) se ne distingue per le spalline vi- 
bratili molto alte sulla spalla, pei remi delle pinne un po’ digitati, per 
le pinne caudali (almeno nella <) lunghe, lanceola'e e presenti su tutta 
la coda il cui ultimo tratto non è nudo. 

Hab. Fra Ceylon e lo Stretto di Dampier. (Dr. Duncker legit). 


Questi tre tomopteridi appartengono al Natur/istor. Museum di Am- 
burgo. Le descrizioni definitive si troveranno in un mio lavoro ora in 
corso di stampa (Rosa: Anellidi, parte 1* Tomopteridi) che formerà il 
fasc-\W® del. Vol. I dell’opera: Laccolle plancloniche fatte dalla R. N. 
« Liguria ». Pubblicazioni del R. Istituto Uli Studi superiori ‘di Firenze). 


Pubblicato il 26 Agosto 1908 


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Prof, LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 
1066 — Tip. Pietro Gerbone — Torino 


THE NEW YORK 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


sr Numero 589 — Volume XXIII =“ &é 


DoTT. LuIiGI COGNETTI DE MARTIIS 


PAOLO BIOLLEY 


NECROLOGIA 


I naturalisti che curano lo studio di collezioni proprie o apparte- 
nenti a musei vedono spesso queste farsi più ricche, più preziose, per 
opera dei doni cortesi di altri naturalisti coi quali occasionalmente, 
anche soltanto per lettera, erano dianzi entrati in rapporti di cono- 
scenza. Nulla di più sincero del benevolo senso di gratitudine susci- 
tato da tali doni: i rapporti di conoscenza si cambiano così ben spesso 
in amicizia cordialissima, sorretta da reciproca stima. Anche se priva 
di conoscenza personale tale amicizia non per questo sarà meno salda 
di quella nata in una stretta di mano. 

In tal modo anch’io ho conosciuto varî colleghi che con intimo 
piacere posso ora chiamare amici. Fra questi uno dei più meritevoli 
di gratitudine era il Prof. PAoLo BroLLEY. Quando lo scorso Febbraio, 
giunse da San Josè di Costa Rica, luogo di sua dimora, l’annunzio 
della sua morte, questo destò una dolorosissima impressione. Il Diret- 
tore e i colleghi del R. Museo Zoologico di Torino ebbero come me 
espressioni di vivo cordoglio per la grave perdita, e una lettera di 
condoglianza venne inviata al Museo Nacional di Costa-Rica, cui il 
Prof. P. BroLLEy diede per parecchi anni l’opera sua di naturalista (1). 

Specificare il numero dei doni che il Museo di Torino ebbe dal 
Prof. BroLLEYy sarebbe troppo lunga cosa; dietro suo esempio lo stesso 


(1) Di questa lettera volle, con delicato pensiero, far cenno il prof. A. Alfaro 
in una necrologia del prof. BroLLev pubblicata nel « Boletin de la Sociedad Na- 
cional de Agricoltura » di Costa-Rica. (anno 2°, n. 2). 


TILIOCIA 


£ È | SERE 


direttore del Museo di Costa Rica, il Prof. Anastasio Alfaro, e un suo 
allievo, il Prof. I. F. Tristàn, inviarono ancor essi copiose collezioni di 
animali eostarricensi. NO. : 

Alle lettere di ringraziamento il Prof. BroLLEY rispondeva sempre con 
nuove promesse, fedelmente mantenute. Richiesto una volta se i doni 
avrebbero potuto essere ricambiati coll’invio di materiale zoologico 
europeo, mi rispose, nel dicembre 1903, impersonando 1’ Istituto cui 
apparteneva: « Pour nous la grande question est de faire étudier notre 
faune », e declinò l’offerta. Un nobilissimo sentimento, quello di esser 
utile alla scienza, animava quel bravo professore a occuparsi, anche 
nei periodi di vacanza, di raccogliere con raro discernimento, ani- 
mali d’ogni tipo, a spartire con paziente attenzione il materiale de- 
stinato ai singoli specialisti, accompagnandolo, con preziosi dati eco- 
logici. , 

E come qui scrivo a nome del R. Museo Zoologico di Torino certo 
altri potrebbero scrivere altrove a nome di altri istituti, giacchè il 
Prof. BioLLEY manifestava la sua generosa attività di donatore a mol- 
tissimi studiosi. 

Ma l’opera meritoria del defunto Prof. BroLLey ebbe limiti ben più 
ampii. Oltrechè fervente naturalista egli fu pure maestro dotto e amo- 
roso ai giovani nella disciplina ch'egli coltivava. E nell’opera d’inse- 
gnante era degno di particolare stima poichè le dedicò intensissima 
la sua attività, per un periodo di ventun anni, in un paese che non 
era sua patria, e in cui seppe tuttavia guadagnarsi universale stima. 

Nato a Neuchatel nel 1862 s’era recato a 23 anni in Costa Rica, 
ove con grande alacrità insegnò scienze naturali nel Liceo governativo 
e nel Collegio femminile di San Josè, e ancora nell’Instituto di Cartago. 
Curò con amore lo studio della fauna e della flora costarricensi radu- 
nando preziose collezioni, e pubblicando interessantissime note su 
questo soggetto. 

I risultati delle sue attive ricerche intendeva coordinare in un 
grosso lavoro ch'egli andava preparando, ma la morte inesorabile lo 
colse il 16 gennaio di quest'anno. Aveva appena 46 anni. 

Il prof. P. BioLLEY lascia una larga eco di rimpianto fra i cultori 
delle scienze naturali. Alla sua memoria s'unirà sempre un senso di 
profonda gratitudine da parte di quanti ebbero prove della sua squi- 
sita cortesia. 


n 


Pubblicato il 31 Agosto 1908 


Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 


1674 — "ip Pietro Gerbone — Toriro 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENCE: 


BOLLET TINO 


Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Numero 590 — Volune XXIII 


== = — === > — 7 -— a 


Prof. LorENzo CAMERANO 


LA FAUNA DELLE NOSTRE ALPI 


Lettura fatta al VII Convegno Nazionale dell’ Unione Zoologica Italiana 
a Bormio il 1 Settembre 1908. 


Signori, 


« Molto sarà perdonato a chi molto ha amato » — Queste parole 
ben note, mirabili di profonda sapienza psicologica e di bontà, mi 
hanno indotto ad accogliere l’invito del benemerito Presidente del 
comitato ordinatore del nostro convegno, di parlare a voi della fauna 
delle nostre alpi. 

Ho amato grandemente le alpi nei miei anni giovanili e le amo tut- 
t'ora per la bellezza loro incomparabile, per la grandiosità. dei feno- 
meni che esse presentano, per l'immenso campo di studio che esse 
offrono alla mente nostra. — Se ora il mio dire non tornerà di pieno 
vostro aggradimento, altrettanto grande come il mio amore per le alpi, 
spero, sarà il vostro perdono. 

Si 

Io devo parlarvi della fauna delle nostre alpi. Orbene, la prima do- 
manda che mi sono fatta è stata questa: 

- Gonosciamo- noi la fauna delle nostre alpi? 

Il risultato delle mie ricerche intorno alle cognizioni che si pos- 
seggono in proposito è stato ‘il seguente :. - p02 


IC Si 


Non esiste alcun lavoro generale che dia un quadro completo degli 
animali che vivono nelle nostre alpi. — Il libro, che il Dott. Silvio 
Calloni pubblicò nel 1890, è un lodevolissimo tentativo di rassegna 
statistica degli animali, citati dai vari Autori come viventi nelle re- 
gioni alpine, per giungere in base ad essa a conclusioni generali in- 
torno alla fauna delle regioni stesse; ma poco aggiunge alla conoscenza 
della fauna delle nostre alpi. 

Per nessuna delle nostre vallate È stato fatto un lavoro completo 
intorno agli animali. 

Scarsi pure sono i lavori parziali intorno a determinati gruppi di 
animali e parecchi di essi, è d’uopo dirlo, sono oggi di quasi nessun 
valore per il metodo col quale sono stati condotti. 

Pochissime di fronte alla vastità e complessità dell’ argomento da 
studiarsi, sono le ricerche che vennero fatte, fino ad ora, fra noi intorno 
ai fenomeni biologici degli animali nello speciale ambiente alpino. 

Io non esito perciò a conchiudere che la fauna delle nostre alpi è 
oggi presso a che ignota. 

Se qualcuno dei miei uditori trova la mia affermazione troppo recisa 
e forse anche paradossale, io lo invito ad un esame della « bibliografia » 
dell'argomento. Ti a 

La cosa non sarà lunga. 

Tenuti nella voluta considerazione alcuni studî monografici su qualche 
gruppo di animali, qualche buon catalogo faunistico di località ristrette, 
ed alcune pregevoli serie di lavori fisiologici e dietologici, egli si per- 
suaderà facilmente che la maggior parte delle notizie che numerosi 
Autori hanno dato intorno alla fauna delle nostre alpi, in opuscoli, in 
memorie, in conferenze ecc. sono attinte (spesso sarebbe forse più esatto 
il dire, sono tolte di peso) dalla classica opera sulle alpi dello Tschudi 
che risale alla metà circa del secolo scorso, e per quanto riguarda i 
Vertebrati, dalle bellissime. monografie di Victor Fatio sulla fauna 
Svizzera. 

L’ uditore mio cortese vedrà che non sono rari gli Autori, che hanno 
scritto della fauna delle nostre alpi, i quali non hanno fatto altro che 
estendere alle nostre vallate le conclusioni faunistiche dello Tschudi, 
del Fatio e di altri, senza che nella loro mente sorgesse neppure l’ombra 
di un sospetto che la fauna delle vallate alpine, prospettanti la peni- 
sola italiana, potesse essere diversa da quella che si trova nelle alpi 
svizzere o francesi. i 

Egli conoscerà pure Autori che hanno pubblicato cataloghi di specie 
di località alpine senza aver visto neppure una delle specie da essi 
indicate ed anche... descritte. 

Vedrà infine lavori di certi autori fatti scorrendo le gallerie di un 
Museo per copiarvi i cartellini delle specie esposte, senza curarsi di 


Rees e 


verificare l'esattezza delle delerminazioni o delle indicazioni riguar- 
danti la provenienza degli esemplari... 
è poi il mio sempre cortese uditore vorrà spingere un po’ più ad- 
dentro il suo esame, troverà, fra i non molto numerosi lavori faunistici 
intorno agli animali delle alpi nostre, una percentuale dolorosamente 
notevole di scritti, che rivelano nei loro autori una mancanza grande 
di cognizioni bibliografiche ed una assai scarsa preparazione, in guisa 
che i lavori stessi sono fatti con metodi e con criteri al tutto antiquati. 

Ho detto il peccato: ma non dirò qui i nomi dei peccatori. Chiunque 
del resto si accingerà 243 studio della fauna alpina nostrale li troverà 
facilmente e si convincerà che la mia affermazione: « che oggi la fauna 
delle alpi nostre è presso a che ignota » non è pur troppo menoma- 
mente esagerata. 

A conferma di quants sono venuto dicendo ricorderò, ad esempio, la 
bellissima vallata che ora così ospitalmente ci accoglie. 

Essa è forse una delle vallate alpine nostrali che venne, per alcuni 
gruppi di animali, da più lungo tempo studiata. Or bene, anche per 
la Valtellina lo studio dei viventi condotto in modo che possa realmente 
riuscire utile per la conoscenza della fauna alpina è ancora quasi to- 
talmente da farsi. 

Il benemerito ed illustre Presidente del comitato ordinatore del nostro 
convegno, il prof. Andres, ha, colle sue importanti ricerche sui viventi 
del fango termale di Bormio, iniziato tale studio ed io mi auguro che 
trovi molti seguaci ed imitatori. 

In queste condizioni di cose, mi è impossibile dare a voi un quadro 
degli animali delle nostre alpi che sia in rapporto coi criteri scienti- 
fici moderni e colle moderne esigenze dello studio dei viventi. 

Io devo limitarini ad esaminare rapidamente con voi il campo di 
studio che le alpi nostre ci offrono, a discutere intorno ai mezzi mi 
gliori per procedere al suo dissodamento e intorno al modo di racco- 
gliere quei materiali di osservazione che possano efficacemente, in un 
tempo più o meno lontano, condurci alla conoscenza scientifica del 
mondo animale delle alpi nostre. 


Trasportiamoci, senz'altro, in medias res. 

Uno degli spettacoli più meravigliosamente belli è il risvegliarsi 
della vita all’inizio della primavera nel mondo alpino. La vita, che è 
rimasta nelle alpi nella quiete più profonda nei lunghi mesi invernali, 
pare squotersi ad un tratto, bruscamente, al primo soffio del caldo 
foehn. 


o 


.Il provvido vento urla e fischia fra le gole e attraverso alle foreste, 
spazza gli altipiani coperti di neve, e, in pochi giorni, ridà la voce 
sonora alle cascate ed ai torrenti. 

Mentre le valanghe di neve e di sassi precipitano, spesso foriere 
di rovina e di morte, le sassifraghe, i crochi, le primule, le viole, le 
aquilegie, gli anemoni, aprono con rapidità, meravigliosa le loro corolle 
e mettono fra il verde dei pendii e delle praterie e fra il grigio delle 
rocce allegre pennellate di azzurro, di rosso, di viola, di giallo, di bianco. 

Con non minore rapidità entrano in scena gli animali: si fa udire 
il fischio della marmotta e tutta una schiera di uccelli svolazza al- 
legra e incomincia il suo canto d’amore. 

Miriadi di altri animali sui fiori, sul suolo, nei recessi delle. foreste 
nelle acque delle pozze e dei laghi si agitano e si accingono a fruire 
della buona stagione. Stagione questa, in verità, assai breve: cinque 
mesi appena. Alla primavera, che incomincia alla fine di maggio o in 
principio di giugno, seguono pochi mesi di estate; questa, a sua volta, 
cede il passo ad un breve autunno. Alla fine di settembre l inverno 
riprende il suo inesorabile impero. 

L'ambiente alpino, propriamente detto, è rude e violento: esso non 
ammette debolezze, indecisioni, incertezze. Per i suoi viventi non vi 
è tempo da perdere: la riproduzione, lo sviluppo, la ricerca del nu- 
trimento presentano modalità speciali, che danno alla lotta per Vesi- 
stenza, intesa nel suo più ampio significato, fisonomia al tutto propria. 

Nelle alpi sono riunite in breve spazio le condizioni di clima e di 
vita delle regioni, nordiche, delle temperate e calde. — (Gli aspetti 
delle alpi mutano, si può dire, ad ogni passo‘e si presentano con ca- 
ratteri profondamente diversi a livelli varianti fra loro di poche cen- 
tinaia di metri. 

Con analoga rapidità si cambiano il clima, la flora, la fauna, tanto 
che, quei mutamenti complessivi di ambiente, che nel piano si possono 
osservare soltanto percorrendo distanze grandissime, nelle alpi si pos- 
sono avere in breve spazio di terreno. Di qui la varietà grandissima 
dei fenomeni che esse ci offrono. 

Per poter abbracciare con un colpo d’occhio l’insieme dei fenomeni 
riguardanti la flora e la fauna, i naturalisti, come è noto ai miei udi- 
tori, hanno cercato di dividere il mondo alpino in zone. 

Così, ad esempio, si parla di una zona-montana che sale fino ai 1000 
metri s. 1. d. m., di una zona preal/pina che va dai 1000 ai 2000 metri 
circa, di una zona alpina che si estende dai 2000 ai 3000 metri e di 
una zona nevale che dai 8000 metri giunge ai 4000 e più s. 1. d. m. 
..Nel fare questa divisione si tiene conto specialmente del mutarsi 
delle:condizioni climatiche e della vegetazione col crescere dell’altezza 
dei luoghi sul livello del mare. 


ot, gere 


Indubbiamente le varie zone ora menzionate hanno anche fra noi, 
ciascuna nel su» insieme, ua aspetto particolare per quanto si riferisce 
al complesso dei viventi che le popolano. 

Le terre più basse a piè delle alpi, che fanno corona alla valle del 
Po, ricche di acque di irrigazione e coltivate a prato, a campo ed a 
risaia, presentano numerose specie di pesci, di anfibi, di rettili, di in- 
setti acquaioli, di crostacei, di molluschi, di vermi, di uccelli, di pic- 
coli mammiferi, in una parola, una fauna ricca di specie di tutti i 
gruppi e rappresentate da numerosi individui. 

Nella zona un po’ più elevata, ridente per le colline vinifere, per i 
giardini e per i frutteti, la fauna scarseggia delle specie schietta- 
mente acquaiole: ma si arricchisce di un grande numero di insetti, 
coleotteri, ortotteri, rincoti, lepidotteri ecc. 

Ai pendii coperti di viti succedono a mano, a mano, più in alto, i 
boschi di castagni e di faggi e la fauna si fa più povera di specie; ma 
nello stesso tempo cominciano ad apparire quelle forme di animali che 
caratterizzano la zona alpina propriamente detta. Una lunga serie di 
animali si è adattata a vivere fra le screpolature della corteccia dei 
vecchi tronchi degli alberi, o sotto i cumuli di fi glie cadute, o sotto 
il fitto strato di muschi che ricopre le rocce nei recessi più scuri ed 
umidi dei boschi. 

Nelle foreste di faggi e di varie sorta di conifere vive tutto un eser- 
cito di minuti lavoratori, che, in mille guise, intaccano le piante in 
tutte le loro parti e spesso le conducono a morte, mentre un’altra non 
meno numerosa schiera di animali lavora allo sfacimento e alla distru- 
zione dei tronchi e dei rami caduti. 

La regione delle alpi che tien dietro ai boschi, in alto, ricorda colle 
sue rocce, coi suoi nevati, coi suoi laghetti, coi suoi tratti erbosi le 
zone settentrionali d'Europa, le tundre siberiane, le così dette cattive 
terre dell’America del Nord. Essa ha una fauna relativamente povera 
di specie; ma gli animali che la abitano presentano quelle modifica- 
zioni nella loro struttura e nei loro costumi che sono una delle prove 
più manifeste della plasticità degli animali stessi e del loro adatta. 
mento all’ambiente. 

La regione più elevata, infine, dà una idea del paesaggio delle estreme 
terre polari e in essa, fatte le debite proporzioni, troviamo i feno- 
meni dei colossali 772/2725648 della Groelandia e delle isole Spitzberghe, 
coi loro nunalari quali, in breve spazio circondato dai ghiacciai, rac- 
chiudono una scarsa flora e una più scarsa fauna. Flora e fauna scarse; 
ma di interesse grandissimo, poichè si è in queste oasi, perdute fra i 
paurosi campi di ghiaccio, che si sono ridotti ad abitare gli ultimi di- 
scendenti di alcuni gruppi dei primi viventi che popolarono le alpi. 

La divisione in zone ora ricordata del mondo alpino, divisione che 


di dl 


possiamo dire classica, deve essere intesa in una maniera al tutto ge- 
nerale e non può essere presa, senz’altro, nei suoi particolari, come 
base per lo studio della fauna di una data vallata alpina. 

Essa emana essenzialmente dal concetto che i primi studiosi delle 
alpi avevano dell’azione che l’altezza sul livello del mare esercita sul 
carattere della natura alpina, azione, che essi ritenevano assolutamente 
preponderante sopra tutti gli altri elementi dell'ambiente. 

Or bene, a questo proposito, è da osservare che altri elementi im- 


portantissimi vengono spesso a modificare i criteri che si possono de- 


sumere dal considerare precipuamente la sola altezza sul livello del 
mare di una regione alpina, come ad esempio, la direzione delle val- 
late, la loro profondità e larghezza, la più o meno facile penetrazione 
delle correnti atmosferiche, la forma particolare delle pareti rocciose 
e dei pendii, che dipende essenzialmente dalla natura delle rocce, la 
composizione mineralogica delle rocce stesse, il regime delle acque, lo 
sviluppo maggiore 0 minore delle foreste e via discorrendo. 

Di qui la necessità, per chi si accinge a studiare la fauna di una 
vallata alpina, di procedere prima ad una ricerca accurata delle con- 
dizioni climatiche, geografiche, mineralogiche, geologiche e botaniche 
in tutte le parti della vallata stessa. 

L’applicare a priorî, come spesso è stato fatto, nello stadio degli ani- 
mali di una vallata alpina la divisione in zone che io ho poc'anzi ri- 
cordato, od un’altra analoga, non è cosa oggi scientificamente accet- 
tabile. 


Il multiforme mondo degli animali delle alpi ci presenta numerosi 
campi di studio. 

Voglio anzitutto accennare allo studio degli animali, che troviamo 
adattati a vivere in ambienti così vari e speciali, nei loro fenomeni 
vitali fondamentali e nelle modalità del loro adattamento agli ambienti 
stessi. 

Si tratta, in altre parole, di studiare i fenomeni, enormemente com- 
plessi, della lotta per l’esistenza, che interessano talvolta tutte le parti 
dell’organismo e le loro funzioni. — Si tratta di studiare, ad esempio, 
il modificarsi del regime pigmentale, i meccanismi di difesa contro il 
freddo, i fenomeni di resistenza ai lunghi digiuni, i meravigliosi fe- 
nomeni del letargo, i mutamenti che avvengono nella modalità di svi- 
luppo delle uova, degli embrioni, delle larve, i fenomeni di accorcia- 
mento o di acceleramento di sviluppo, i fenomeni di neotenia, di Rpg 
genesi e via discorrendo. 

Tutta una serie interessantissima di ricerche è da farsi nel mondo 


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alpino intorno all’azione del calore, della luce, dell’umidità nello svi- 
luppo, nella mole, nella dietologia di molte specie i di cui individui si 
trovano ad abitare le varie zone e quindi sono in ambienti fra loro 
molto diversi. 

Nè meno ricco di interesse si presenta lo studio delle reazioni dei 
viventi stessi in rapporto coi fenomeni di tactismo, coi fenomeni, ad 
esempio, di adattamento ad optimum di temperatura notevolmente di- 
versi, che si possono riscontrare in individui della stessa specie nelle 
varie zone da essi abitate. 

L'ambiente alpino, che, come già ho avuto occasione di dire, è rude, 
agitato, violento, speciale, ci offre un campo vastissimo per lo studio 
della lotta per l’esistenza in tutte le svariate e spesso oltre ad ogni 
dire complesse sue modalità. — Essa assume nelle varie plaghe alpine 
caratteri diversi, sia per le speciali loro condizioni fisiche, sia per il 
diverso aggrupamento degli animali. Specie dello stesso genere e tal- 
volta individui della stessa specie, passando da una plaga all’altra, 
vengono a trovarsi in un mondo per essi assolutamente diverso e, per 
poter riuscire a stabilirvisi in modo normale, devono sostenere una 
lotta, intesa questa sempre nel suo significato più ampio, acerrima. 
| Passaggi di tal sorta sono nelle vallate alpine non rari, poichè in 
esse é fenomeno frequente ed importante quello delle migrazioni, sia 
nella forma classica di quelle degli Uccelli o dei regolari passaggi di 
vari animali da zona a zona col mutarsi delle stagioni, sia per causa 
di trasporti passivi, come per opera dei corsi d’acqua, che di tratto in 
tratto vengono in piena, o per opera delle correnti aeree ascendenti 
e discendenti nelle vallate stesse. 

Ricordo a voi i fatti importantissimi della disseminazione degli or- 
ganismi d’acqua dolce per mezzo degli Uccelli palmipedi e trampolieri 
‘migratori segnalato dall’Humbert, dal De Guerne e da altri. E nota 
l’importanza loro non solo per la conoscenza dell’ origine della fauna 
inferiore dei laghi in generale e in special modo dei nostri laghi preal- 
pini ed alpini: ma anche in ordine allo studio delle questioni relative 
alle modificazioni e adattamento degli animali in generale. 

Questi fenomeni dovrebbero nelle alpi nostre dar luogo ad uno studio 
minuto, regolare, continuato. 

Di grande interesse è lo studio regolare delle correnti aeree 
ascendenti e discendenti le vallate alpine per la conoscenza e la in- 
terpretazione della fauna delle varie zone e in particolar modo della 
fauna delle regioni più elevate e di quella che potremmo dire avven- 
tizia degli alti nevati e dei ghiacciai. 

Certamente a ‘molti dei miei uditori è avvenuto di attraversare in 
‘estate, prima del levar del sole, qualche alto nevato o qualche ghiac- 
ciuio e cercamente non sara. sfuggita. alla loro attenzione la quantità, 


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talvolta assai notevole, di insetti di vari gruppi che giacciono sulla 
superficie della neve intirizziti dal freddo notturno. Sono ditteri, rincoti, 
imenotteri, piccoli coleotteri, microlepidotteri ed anche, non raramente, 
ropaloceri, che le correnti regolari ascendenti dalle vallate, o qualche 
violenta corrente di vento occasionale, ha trasportato e gettato sul 
deserto di neve e di ghiaccio. 

Ricordo la meraviglia provata da Quintino Sella nel trovare, in una 
sua ascensione al Monte Bianco, sugli alti nevati, un grande numero 
di Vanessa cardui. 

Gli insetti gettati sui nevati e sui ghiacciai dal vento sono in mas- 
sima parte destinati a perire: ma non è impossibile che, di tratto in 
tratto, qualcuno possa ridursi nelle rocce che, a guisa di oasi talvolta 
non povere di vegetazione, emergono dai nevati e dai ghiacciai, o 
sulle rocce che fiancheggiano i ghiacciai stessi, e possa riuscire a 
stabilirsi, come specie, in modo permanente. Le piccole faune di queste 
oasi, quelle delle sponde dei ghiacciai e le così dette faune cacumi- 
nali dovrebbero pure dar luogo ad uno studio, non solo minuto e com- 
pleto; ma ad uno studio ripetuto di tratto in tratto per seguirne i 
possibili mutamenti. 

Gli insetti gettati sui nevati e sui ghiacciai non sono al tutto inu- 
tili poichè una serie di ragni viene dalle rocce circostanti a compiere 
regolarmente le sue escursioni nella neve e, come i predoni del Sahara, 
assale le misere vittime e ne fa suo prò. 

Analogamente le correnti aeree discendenti lungo le vallate spaz- 
zano, talvolta con violenza, le alte praterie alpine e le foreste e tra- 
sportano in basso vari gruppi di insetti che arrivano come intrusi in 
zone che hanno aggruppamenti al tutto diversi di viventi e fra i quali 
forse per alcuni di essi è dato di potersi stabilire in modo permanente. 

E poichè ho accennato all’azione disseminatrice delle specie alpine 
esercitata dalle correnti aeree speciali alle vallate, aggiungerò che 
esse costituiscono, insieme colle correnti occasionali, un elemento col 
quale un grande numero di insetti alpini deve lottare, analogamente 
a quanto fanno gli insetti delle coste marine e delle piccole isole, come 
Carlo Darwin ha così brillantemente messo in evidenza. I nevati ed i 
ghiacciai sono per i primi un pericolo non meno grande delle onde 
del mare per i secondi. 

E spettacolo interessante l’osservare in una prateria alpina fiorita, 
in estate, il rapidissimo mutamento che avviene al primo soffiare del 
vento. La numerosa schiera dei lepidotteri, degli iminotteri, dei dit- 
teri, che tranquilla svolazza di fiore in fiore, immediatamente sì ar- 
resta, e, per dir così, scompare alla nostra vista: la maggior parte 
si aggrappa alla parte inferiore degli steli d'erba, i coleotteri ed i rin- 
coticue stavano nelle corolie dei fivrito si afondono nelle corolle stesse, 


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o si lasciano cadere al suolo. Sole le azzurre e rosse zigene che hanno 
le zampe provviste di forti uncini, attaccate alla sommità degli steli di 
erba si lasciano graziosamente dondolare a seconda del vento. Non è 
impossibile, come afferma Darwin per le specie delle coste marine, che 
a dar origine alla notevole percentuale di forme attere o con ali ru- 
dimentali, che si osserva fra gli insetti abitanti le regioni alpine abbia 
azione, insieme ad altri, anche il fenomeno sopra detto. 

Tutti questi fenomeni e tutti quelli che ad essi si collegano e che 
troppo lunga cosa sarebbe ora il discutere, quando saranno ben stu- 
diati, forniranno indubbiamente dati preziosi alla conoscenza della 
questione, assai complessa e difficile, della dispersione delle specie ani- 
mali nelle alpi nostre. 

Per ultimo, dirò che non deve essere trascurato lo studio dell’azione 
che l’uomo ha esercitato e che esercita ora più attivamente di un tempo, 
modificando le condizioni fisiche delle vallate alpine col diboschimento, 
colla coltura, colla incanalizzazione delle acque, colla distruzione di- 
retta di certe specie e via discorrendo. 


* * 


Ho detto poc'anzi che lo studio della fauna delle nostre alpi è an- 
cora quasi totalmente da farsi anche dal punto di vista della stati- 
stica delle specie che vi abitano e della loro corologia. 

Si potrebbe credere che questo studio, la ricerca voglio dire pura e 
semplice delle specie, dovesse precedere quello amplissimo dei fenomeni 
biologici nelle alpi che sono venuto rapidamente accennando. 

Vediamo prima quali sono le specie di una località e poi ne studie- 
remo le modalità della vita. Così si è detto e così si dice da molti. 

Ciò era sostenibile un tempo in cui lo studio dei caratteri specifici 
era limitato puramente e semplicemente alla loro constatazione mate- 
riale e in cui l'osservatore non si dava alcun pensiero di interpretare 
e valutare l’importanza dei caratteri stessi in ordine ai fenomeni bio- 
logici generali. a 

Nello stato presente dello studio sistematico degli animali, la ricerca 
condotta con intendimenti linneani e dei seguaci del concetto della 
fissità assoluta delle specie non è più sufficente e rimane sempre come 
uno studio incompleto, come una sorta di grossolana (dico grossolana 
dal punto di vista filosofico, per quanto lo studio si voglia condurre 
con minutezza e con cura grandi) e spesso artificiale ed empirica cer- 
nita del materiale di studio. 

Io non entrerò ora a discutere il difficilissimo e spinoso problema 
della specie, ricorderò soltanto l'affermazione, a mio avviso giustissima, 
dell’Heinke che: « una esalta descrizione delle varietà e delle specie, 
la quale può raggiungersi sella:nto colia misura e col numero, dere 


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condurci a fondare una nuova e migliore sistematica zoologica. » Ag- 
giunge l’Heinke: « Il bisogno di una siffatta sistematica è indiscutibile 
per tutti coloro che si sono occupati di proposito di ricerche nel campo 
della sistematica e delle teorie della discendenza. Costoro debbono ri- 
conoscere che la maggior parte delle diagnosi di specie e delle descri- 
zioni dei nostri manuali sistematici sono poco più che etichette da 
collezioni e riescono al tutto inutili per il riconoscimento della somi- 
glianza e dell’affinità degli oggetti naturali Eppure, prosegue sempre 
l’Heinke, molti teorici della discendenza operano con queste nozioni 
di specie artificialmente costruite come se fossero vere entità viventi 
e veggono nelle così dette transizioni fra queste deformate immagini 
della natura la prova della trasformazione della specie ». 

Osservazioni analoghe a quelle dell’Heinke si possono applicare alla 
maggior parte delle conclusioni che vennero fatte, e si vanno facendo, 
intorno alla distribuzione degli animali e in particolar modo intorno 
ai confronti fra le faune delle varie regioni, alle conclusioni che se ne 
vogliono trarre rispetto alla loro origine, alle loro vicende nel tempo 
e alla interpretazione della loro costituzione presente. 

Un numero notevole di lavori di corologia va di giorno in giorno ma- 
nifestandosi inservibile perchè costrutti con materiale eterogeneo. 

Poco più di trent'anni fa certe denominazioni specifiche si ritene- 
vano, mì si passi l’espressione, come intangibili. Rana esculenta, ad 
esempio, Rana temporaria. Lacerta muralis, Vipèra aspis ecc. erano 
specie sulle quali non si ammetteva discussione; si ripetevano per 
esse le antiche descrizioni e non si cercava altro. — Quando si inco- 
minciò da qualcuno a studiare le sopra, così dette, buone specie, me- 
diante serie numerose di esemplari e con metodi più precisi e si 
vide che esse dovevano venir divise in numerose forme specifiche di- 
stinte, fu un sollevarsi di grida contro la temeraria innovazione e non 
mancò chi preconizzò a breve scadenza una confusione terribile nella 
sistematica. 

E vi furono discussioni e lotte acri, fonti anche di inimicizie per- 
sonali, intorno alla Rana agilis, alla Rana Latasti, alla Rana muta, 
alla Lacerta campestris ecc. ecc. 

Il lavoro di revisione non si arrestò per tutto questo: ma continuò 
e si estese a poco a poco a tutti i gruppi di animali. 

Questo lavoro segue oggi più vivo, più intenso e più minuto. Esso 
sì giova dei progressi della tecnica di osservazione e dei mutamenti 
dei concetti generali intorno ai fenomeni biologici, avvenuti per opera 
degli osservatori post-darwiniani, e fa vedere la necessità di uno studio 
ex novo della massima parte delle specie, anche di quelle che gene- 
ralmente si credono le meglio stabilite e conosciute. 

Le denoniinazio.i, por citare un esempio, pre e semplici di Icone, 


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tigre; leopardo, gatto selvatico, giraffa, elefante africano ecc. oggi non 
dicono più nulla di sistematicamente preciso. | 

Anche oggi, come trent'anni fa, questo lavoro minuto, che conduce 
ad un frazionamento delle così dette antiche buone specie, non si fa 
senza lotta, anche oggi non mancano coloro, che vedono in esso la 
confusione, la rovina, la fine della Vuona, della vera sistematica. 

Queste opposizioni sono inevitabili e non vi è da impensierirsi troppo. 
Esse sono un portato del fondo misoneistico della natura umana, che 
sempre suole rivelarsi in occasione di qualunque mutamento o inno» 
vazione. 

Nel momento presente è poi cosa curiosa l’ osservare come i profeti 
pessimisti non si accorgano che le modernissime ricerche intorno allo 
studio minuto delle variazioni individuali conducono precisamente a 
dare quella entità alle divisioni tassonomiche, che essi temono venga 
distrutta, entità che si può ammettere anche seguendo il concetto 
generale della evoluzione delle forme organiche. 

Ritornando all’argomento, che ora più strettamente ci occupa, dirò 
che, a mio avviso, nello studio delle faune, e ‘in particolar modo della 
fauna alpina, se si vuol fare lavoro veramente utile per la scienza è 
d’uopo far procedere di pari passo la ricerca dei caratteri morfolo- 
gici della specie e la ricerca della ragione dei caratteri stessi. 

La prima deve essere diligentemente condotta con tutti i più deli- 
cati metodi che la tecnica moderna suggerisce, la seconda deve essere 
fatta, non solo in rapporto coi fenomeni biologici generali; ma in rela- 
zione anche colle speciali condizioni di vita locale. — Se ciò non si 
fa, non è possibile, nel campo sistematico, dare la voluta importanza 
ai fenomeni di variazione degli individui per il loro raggruppamento 
in specie. 

Ricorderò un esempio. 

La Rana muta è forma, come è noto, largamente diffusa nelle alpi 
nostre e vi presenta una serie notevolissima di variazioni, che rendono 
la valutazione sistematica dei suoi individui assai difficile ed incerta. 

Chi studia, senz’altro, una serie d’individui raccolti in vallate diverse, 
tenendo conto esclusivamente dei loro caratteri morfologici, è certa- 
mente condotto a distinguerli in molteplici specie. Chi poi, volendo 
completare lo studio, esaminasse i caratteri dei girini, limitandosi alla 
sola constatazione delle differenze di forma o di proporzione delle 
varie loro parti, vedrebbe accrescersi le difficoltà e forse sarebbe con- 
dotto dalle differenze di questi ultimi a distinzioni specifiche anche 
più numerose. 

Così operando, il nostro osservatore si troverebbe intieramente fuori 
di strada. 

Se egli invece studia i girini della Rana muta nelle singole vallate 


19 — 


alpine, alle varie altezze e nei diversi ambienti nei quali essi si svi. 
luppano, viene a conoscere, che su di essi è profonda e rapida l’azione 
dei fenomeni reotassici, ncotenici, della luce, del calore, della pro- 
fondità dell’acqua, della natura del nutrimento e via discorrendo. 
Egli viene a conoscere che il loro polimorfismo è spesso simile in in- 
dividui provenienti anche da vallate lontane e che esso è da inter- 
pretarsi come fenomeno di convergenza e perciò privo di impor- 
tanza tassonomica. Studiando poi le variazioni degli individui adulti 
in rapporto col polimorfismo dei girini, troverebbe altri dati sicuri per 
la valutazione sistematica degli individui stessi. 

Nè si creda che l’esatta interpretazione del valore tassonomico dei 
caratteri di variazione degli individui abbia importanza nel puro campo 
speciografico. — Mi si conceda che io insista sopra questo punto. 

Se noi separiamo in specie distinte gli individui di Rana muta di 
una vallata alpina, per continuare lo stesso esempio, in base alla pura 
e semplice constatazione dei loro caratteri morfologici, come sopra ho 
detto, e poi in vallate vicine non troviamo le stesse forme (e non le 
troviamo perchè è possibile che in esse le condizioni siano diverse), 
mentre le torniamo a trovare in vallate più lontane, trascurando lo 
studio concomitante dei fenomeni biologici che ho menzionato, siamo 
portati a speciali disquisizioni intorno alla distribuzione geografica 
delle forme stesse e a conclusioni non fondate intorno alla questione 
assai importante della provenienza delle faune delle diverse vallate. 

Nello studio del valore dei caratteri differenziali degli individui e 
dei loro gruppi è necessario nelle vallate alpine ricercare e tener 
conto di un altro fenomeno; voglio dire dell’isolamento fisiologico. — 
Esso è fino ad ora poco studiato fra noi: ma, date le speciali condi- 
zioni fisiche delle vallate alpine nelle varie loro zone, è probabile vi 
abbia speciale importanza. 

Fra i due versanti di una vallata, fra i vari suoi valloni, nelle zone 
di diversa altezza, bastano talvolta pochi giorni di differenza nello svi- 
luppo e fioritura di certe piante, nel disgelo delle pozzanghere e dei 
laghetti e nel crescere della loro temperatura, perchè il periodo di 
riproduzione di certi animali si compia in tempi diversi. Ciò fa si che 
individui di Jocalità anche vicine non possono spesso mescolarsi in- 
sieme per la riproduzione. 

Siccome questo fenomeno dipende essenzialmente dalle condizioni 
fisiche dei luoghi e si ripete presso a che costantemente tutti gli anni, 
ne può avvenire un isolamento assai spiccato di certi gruppi di indi- 
vidui da certi altri. 

Lo studio di questi fatti in rapporto colle variazioni degli individui 
di una specie, non solo non deve essere trascurato nelle nostre alpi ; 
ma deve essere fatto in modo diligente e continuato. 


ig 


Tutto ciò che sono venuto dicendo e tutto ciò che nello stesso or- 
dine di cose potrei aggiungere, se il tempo me lo concedesse, conduce 
a questa conclusione. 

È certo che chi oggi vuole studiare a fondo la fauna di una loca- 
lità non può più accontentarsi di un materiale comunque raccolto : 
ma la raccolta del materiale di studio deve essere fatta da chi conosce 
ed è ben persuaso della importanza delle questioni che intorno ad esso 
sî devono studiare e perciò il malteriate stesso deve essere raccolto, 
tenendo conto di tutti i dati che a tale studio sono indispensabili. 

Fu tempo, non molto lontano da noi, in cui si era persuasi che ba- 
stasse in una escursione alpina riempiere qualche recipiente cogli a- 
nimali che si incontravano, portarli a qualche naturalista che li de- 
terminasse e ne pubblicasse l’elenco per cooperare efficacemente alla 
conoscenza della fauna delle nostre alpi. 

Si fu in quel tempo che il nostro benemerito Club Alpino, desideroso di 
contribuire allo studio scientifico delle alpi, formulava, per consiglio degli 
specialisti, apposite istruzioni per chi imprendeva ascensioni alpine. 

Disgraziato quell’ alpinista che avesse voluto seguire alla lettera 
quelle istruzioni! 

Il geologo e il mineralogo gli dicevano: fateci il favore, durante la 
vostra ascensione, di dare una occhiata, e di prender nota, al succedersi 
degli strati geologici, del loro spessore, della loro inclinazione; tenete 
conto delle rocce striate, delle marmitte dei giganti, degli strati fossili- 
feri ecc. e lo munivano, di un solido martello, di una bussola, di un 
clinometro, ecc. Sopratutto poi gli raccomandavano di raccogliere cam- 
pioni di rocce (possibilmente non tanto piccoli), almeno delle punte, di 
cercare le fulgoriti, le geodi e di non trascurare i campioni di fossili. 
Qualche geologo più indiscreto gli raccomandava anche di esplorare 
i detriti caduti lungo i pendii, i ciottoli rotolati, le sabbie ecc. ecc. 

Veniva in seguito il botanico, il quale, dopo una poetica descrizione 
delle bellezze della flora alpina, regalava al nostro alpinista un bel 
vascolo colla relativa carta asciugante per distendere le piante. 

Le istruzioni sopradette consigliavano l’alpinista di recarsi dal z0o0- 
logo. Questi con grande entusiasmo gli faceva una rapida enumerazione 
dei gruppi di animali che avrebbe potuto facilmente incontrare e rac- 
cogliere, lo muniva di pinze, vasi con alcool, reticelle per pescare nelle 
pozzanghere e nei laghetti, reticelle per le farfalle ecc. ecc. Devo 
però dire a onor del vero che lo zoologo era discreto, raccomandava 
bensi all’alpinista la raccolta delle vipere; ma lo dispensava dal dare 
la caccia ai camosci, agli avoltoi, alle acquile ecc. Lo zoologo tuttavia 
ficeva osservare ali'alpibista che se per caso egli si fosse incontrato con 


14 — 


una lince o con un gatto selvatico il portarne le spoglie al suo museo 
sarebbe stata cosa che gli avrebbe fatto un onore grandissimo..... 

Dopo tutto ciò il nostro alpinista doveva completare il'suo arma- 
mento con un barometro, uno psicrometro ed un termometro e poscia 
poteva colla coscienza tranquilla impugnare la piccozza e mettersi 
allegramente in viaggio. 

A qualcuno dei miei uditori può sembrare esagerato lo schizzo che 
io ho fatto; ma se egli vorrà leggere le numerose conferenze sull’ al- 
pinismo e sull’ aiuto che gli alpinisti nelle loro escursioni potevano 
rendere alla scienza di una ventina d’ anni fa (ed io stesso che vi 
parlo non sono a questo riguardo senza peccato) vedrà che non ho 
punto esagerato, poichè non ho accennato alle raccomandazioni intorno 
alle ricerche che l’alpinista avrebbe dovuto compiere, durante sempre 
le sue ascensioni ed escursioni, intorno al fok-lore, alle leggende, ai 
proverbi, ai dialetti delle popolazioni alpine, senza trascurare, ben 
inteso, lo studio delle piccole industrie e la questione del rimboschi- 
mento. 

Non voglio colle mie parole muovere critica a quanto allora fece il 
Club Alpino nostro, al quale mi onoro di appartenere omai da molti 
anni; ciò che allora si faceva era a fin di bene ed era in rapporto 
col modo che allora si teneva nello studio delle fiore e delle faune. 

Il raccomandare, d’altra parte, a chi percorre le alpi nostre di in- 
teressarsi allo studio degli animali alpini è cosa che deve farsi sempre 
caldamente per ragioni molto ovvie: ma il mutato indirizzo degli studi 
intorno agli animali ci fa vedere, che l’ aiuto che una ricerca degli 
animali, fatta nel modo sopradetto, può arrecare allo studio della nostra 
fauna alpina è scarsissimo. 

Chi vuole seriamente studiare la fauna alpina deve egli stesso re- 
carsi sul luogo e ricercarla ex professo dopo essersi prima preparato 
con una larga e conveniente coltura scientifica. 

In questi ultimi trent'anni i problemi riguardanti gli animali sono 
divenuti molto più difficili e complessi di un tempo e richiedono per 
essere studiati con frutto ampia conoscenza dei fenomeni biologici e 
speciali cognizioni tecniche e bibliografiche. 

Ne viene per conseguenza, che l’opera del di/ellantismo, come lo si 
intendeva un tempo, è venuta scemando assai di efficacia per la zoo- 
logia. 

Oggi a chi sa comprendere tutta l’importanza dello studio degli a- 
nimali, a chi apprezza le meraviglie della loro organizzazione e. dei 
loro costumi, a chi ha squisito sentimento d’arte da compiacersi nel- 
l’ammirare le loro forme bellissime: ma che non vuole iniziarsi al 
lavoro, oramai lungo e diflicile del loro studio, secondo le esigenze 
della scienza odierna, non è tuttavia, come dirò fra poco, chiusa la via 


n Min 


per favorire questi studi e rendersi del loro progresso altamente be- 
nemerito. 

Lo studio della fauna delle nostre alpi, fatto secondo gli intendimenti 
scientifici moderni, è studio assai lungo. È necessario ricercare la fauna 
vallata per vallata, in tutte le zone, per modo che ciascuna specie ri- 
sulti studiata in tutta la cerchia delle alpi, tenendo conto di tutti i 
fenomeni biologici ad essa relativi. 

Soltanto quando questo studio minuto sarà stato fatto lo si potrà 
mettere in confronto con quello della evoluzione geologica delle alpi 
stesse, e con quello delle faune di altre regioni, per cercare di conchiu- 
dere intorno alla provenienza, affinità ecc. della fauna presente delle 
alpi. Le conclusioni, che fino ad ora sono state fatte in proposito, sono, 
per la maggior parte, premature, incerte, e scientificamente non ben 
fondate. 

‘ Lo studio della fauna delle nostre alpi richiede l’opera di molti che 
lavorino con indirizzo uniforme in modo che i risultamenti che essi 
ottengono possano essere coordinati convenientemente. 

È necessario perciò studiare anzitutto ponderatamente, e in tutti i 
suoi particolari, il piano generale, secondo il quale le ricerche devono 
essere condotte ed è necessaria una buona ripartizione del lavoro fra 
i vari osservatori. 

Lo studio del piano generale di ricerca richiede esso pure la coo- 
perazione di molti ed io credo che sarebbe cosa che farebbe molto 
onore alla Unione nostra, se essa si facesse l’iniziatrice dello studio 
sistematico, regolare, continuato della fauna delle nostre alpi. 

Non è d’uopo osservare che questa espressione «le alpi nostre» va 
intesa come si intende l’altra espressione in uso, di « Club alpino », 
vale a dire, lo studio della fauna delle alpi nostre, in realtà, deve com- 
prendere lo studio della regione montagnosa italiana, che è quanto 
dire lo studio della fauna terragnola e d’acqua dolce d’Italia. 

Sarebbe forse opportuno costituire un comitato il quale studiasse il 
piano generale delle ricerche e i mezzi per metterlo in esecuzione. 

Certamente bisognerebbe rinunziare alla idea dei laboratori a sede 
fissa. Essi, per quanto fossero numerosi e ben provvisti di mezzi, non 
potrebbero servire che incompletamente ad una esplorazione minuta e 
completa della estesissima nostra regione alpina. 

I laboratori a sede fissa, come ad esempio, quello bellissimo fondato 
dal Senatore Angelo Mosso al Colle d’Olen, sono di grande utilità per 
alcune speciali serie di ricerche: ma non per l’esplorazione faunistica 
che noi abbiamo bisogno di compiere. 

I numerosi rifugi, che le sezioni del Club alpino hanno costrutto, po- 
tranno pure darci qualche aiuto: ma non bisogna dimenticare che 


I 


essi sono fatti per altro scopo e sono quasi sempre collocati in regioni 
di fauna poverissima. 

È necessario, a mio avviso, ricorrere ai laboratori mobili e facilmente 
trasportabili da luogo a luogo, come gli Inglesi e gli Americani ci in- 
segnano. 

Date le condizioni dei luoghi da esplorarsi, il migliore laboratorio è 
la tenda da campo costrutta con tutto il comfort e con tutti i perfe- 
zionamenti moderni. L'industria moderna, sopratutto in Inghilterra ed 
in America, provvede oramai tutto il necessario e anche il superfluo, 
che in questo caso non è assolutamente da trascurarsi, per una vita 
comodissima in un attendamento in qualuugue località. La vita del 
campo, che ha così grandi attrattive, può essere fatta oggi con giova» 
mento grande e dai giovani e da chi è già innanzi negli anni. 

I mezzi di trasporto odierni concedono pure di tenere per lungo 
tempo il campo in qualsiasi località, anche la più elevata. 

Non è necessario che gli accampamenti-taboratorio siano molto com- 
plicati. Una tenda fatta in modo da servire da laboratorio, una o più 
tende da dormire, una tenda da cucina potrebbero costituire 1’ unita 
tipica. Per mezzo di parecchi di questi laboratorii l’esplorazione zoo- 
logica delle Alpi potrebbe compiersi contemporaneamente in vari punti. 
Si tratterebbe, dirò in poche parole, di comportarci per l’esplorazione 
faunistica delle Alpi nostre come ci coniporteremmo per l’esplorazione 
di una regione lontana qualsiasi in Africa 0 in America. 

A questo punto io mi fermo. Tutti voi avete pronta una obiezione 
e una domanda.’ 

Tutto ciò che proponete, voi dite, ricchiede mezzi di danaro assai 
notevoli per essere messo in atto in modo che se ne possano trarre 
realmente dei buoni frutti. — Dove trovate questi mezzi ? 

Senza alcun dubbio per eseguire il piano che io vi ho esposto sono 
necessarii danari e non pochi e per parecchi anni. Il Comitato di 
cui ho parlato dovrebbe preoccuparsi essenzialmente e anzitutto di 
riunirli. A questo proposito concedetemi una osservazione. 

Fra noi non sono rare fortunatamente quelle persone benemerite 
della scienza, le quali si interessano vivamente ai nostri studi, pur non 
occupandosene ex pr'0ofesso, e che essendo facoltose hanno ben compreso 
come il danaro impiegato a far progredire la scienza sia il più nobil- 
mente speso. 

Ora io mi auguro che queste persone vogliano considerare le alpi 
nostre come campo di ricerca non meno ignoto e non meno ricco di 
risultamenti interessanti di quello che non siano le regioni lontane, 
alla esplorazione delle quali hanno dato e danno le loro cure, la loro 
attività e spesso la loro vita. 

Vorrei che rivivesse in loro lo spirito scientifico del Principe Bo- 


co l'ira 


naparte, che dedicò opera e danaro allo studio della fauna italiana, 
che ci lasciò un opera illustrativa di essa, bellissima per i suoi tempi, 
e che oggi ancora è considerata come classica e fondamentale. 

Vorrei che l’aiuto loro venisse a far cessare lo spettacolo al quale 
oggi assistiamo, è pur dovere il dirlo, di naturalisti stranieri che ven- 
gono in Italia, come in terra ignota zoologicamente parlando, a com- 
piervi esplorazioni e raccolte interessantissime. 

Gli studi zoologici sono d’altra parte assai progrediti fra noi e pos- 
siamo, senza presumere troppo, provvedere allo studio della fauna no- 
stra colla speranza di fare opera degna della scienza moderna. 


Lo studio completo della fauna delle nostre alpi si presenta oramai 
come necessità urgentissima. 

La fauna delle nostre alpi si è venuta modificando profondamente 
in questi ultimi cento anni e con maggior rapidità si va mutando ora 
per i cambiamenti che avvengono nelle condizioni generali delle val- 
late alpine. 

Le foreste sono state in molti luoghi distrutte, in altre venne estesa 
la coltivazione, le acque prima liberamente scorrenti lungo i pendii 
rocciosi, o scorrenti lungo gli altipiani, dove davano luogo a pozzan- 
ghere, a laghetti, a luoghi acquitrinosi vengono chiùse in canali e con- 
dotte lontano per la produzione di forza motrice. Molte regioni prima 
inaccessibili ed isolate, in cui l’equilibrio dei viventi aveva raggiunto 
una data stabilità, sono state aperte all’ uomo con nuove strade e 
l’uomo con l’opera sua ha turbato le condizioni di vita di molte specie 
di animali. 

La caccia colle armi moderne assai perfezionate e la ricerca delle 
pelliccie hanno spopolato oramai molte regioni delle nostre alpi dei 
loro antichi abitatori. Non parlo degli orsi, dei lupi, delle linci, dei 
caprioli, dei cignali, al tutto, o quasi, da tempo scomparsi: ma noi as- 
sistiamo alla rapida diminuzione delle marmotte, delle martore, delle 
puzzole, delle faine, dei grossi uccelli rapaci e via discorrendo. 

Lo stambecco è ovunque scomparso all’infuori dalla colonia che vive 
sotto la protezione di S. M. il Re d’Italia. Lo stesso camoscio va nelle 
alpi nostre rapidamente diminuendo di numero. 

Si percorrono oggi lunghi tratti delle nostre vallate senza scorgere 
il profilo di un mammifero selvatico, senza udire il canto giocondo di 
un uccello. 

Gli insetti stessi, e con loro molti animali insettivori, sono in dimi- 
nuzione, per quanto riguarda il numero delle loro specie, alcune anzi, 


eiglo 


fra le più eleganti e caratteristiche, stanno per scomparire col taglio 
dei boschi e col franare frequente dei terreni. 

Il modificato regime delle foreste e delle acque esercita la sua azione 
sfavorevole anche sui rettili, sugli anfibi e sui pesci. 

Ma non è necessario che io spenda molte parole intorno a questo 
argomento noto a tutti. Ripeterò che è urgente studiare completa- 
mente la fauna delle nostre alpi per fissarne bene il carattere prima 
che da essa siano scomparse le forme più interessanti e più ricche di 
insegnamenti. 


* 


*x * 
E tempo che io ponga fine al mio dire. 
Signori, 


Nel campo nostro non mancano in Italia i lavoratori ed io esprimo 
il vivo augurio che le alpi col loro fascino potente li spingano all’opera 
affinchè in un tempo non lungo si possa avere uno studio soddisfacente 
della fauna alpina. 

Io sono fermamente convinto che questo studio sarà fecondo di ri- 
sultati importanti se, chi si accingerà a compierlo, sarà preparato a 
investigare le forme organiche, non col solo metodo ristretto della con- 
statazione pure e semplice dei caratteri morfologici; ma si proporrà 
di ricercare la ragione dei caratteri stessi, se considererà le specie, 
non come oggetti immobili nella loro forma; ma come i rappresentanti 
di un momento della evoluzione meravigliosa della vita alla superficie 
della terra, non come oggetti isolati; ma come entità strettamente 
collegate, per molteplici rapporti, cogli altri viventi e col mondo am- 
biente e, dirò in fine, se egli sarà pronto a combattere con ogni forza 
la tendenza misoneistica, sempre latente nella natura umana e nemica 
di ogni progresso, 


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feto je esuli finte) ER iuo tag das CARTA, 


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des Ani, | Sita. Ron | 


* Pre; 9 Vr: nick 
PETIT 


Pubblicato il 13 Ottobre 1908 


Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 
1150 — Tip. Pietro Gerbone — Torino 


ACADEMY Or siitlistt 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed ‘Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


| 


=== Numero 591 — Volume XXIII === 


Prof. LORENZO CAMERANO 


Materiali per la storia della Zoologia in Italin 


nella prima metà del secolo XIX 


VIE 


I manoscritti di Franco Andrea Bonelli 


VI. 


Fra i manoscritti inediti di Franco Andrea Bonelli posseduti dal © 
R. Museo Zoologico di Torino ve ne ha uno che porta per titolo: « 7ra- 
rvauxr philosophiques » 1812 ». Esso comprende una serie di appunti 
che si riferiscono agli argomenti seguenti che il Borelli stesso ha‘ 
scritto sulla prima pagina del suo manoscritto : i 

« Nomenclature ordre etc. pour mes ouvrages d’his. nat. (1) 
« Perfectionnement des animaux domestiques. 

« Perfect. del’homne, et multiplicat. des anim. sauvages. 
« Mouvement et marches. de la nature vivante. 

« Liason et passage d’une Classe à l’autre. 

« Généalogie des animaux. 

« Plan du Tableau Généalogique des Animaux. 

« Essai sur les facultés intellectuelles des Animaux etc. 
« Génération. 

« Providenze per l’utilità del Pte, 

« Formation Spontanée des Anim, ses Conditions. 


(t) Il manoscritto è qui SORDO colle abbreviature e coll’ortografia usate dal-° 
l’ Autore, * 


Sa) (I 

Si tratta qui di una serie di appunti per svolgere gli argomenti 
sopra indicati che il Borelli veniva mano a mano scrivendo e classi- 
ficando. Essi sono, come il lettore potrà convincersi, spesso di notevole 
interesse: e talvolta assai curiosi, come quelli che si riferiscono al pe- 


nultimo argomento: « Providenze per l’utilità del Piemonte ». 


Li 
Nomenclature, ordre naturel ecc. 


Pour mes ouvrages zoologiques 


Aout 1S12 


Caractères des coupes et des Genres 


Rien n’est plus juste que le principe posè par Linnè et Fabricius : 
Caracteres generum omnium ab iisdem semper partibus desumendo; 
mais Linné et Fabricius ont posé cette base dans la supposition que 
les genres auroient toujours été separés et considérés isolement c, à 
d. non en familles naturelles; dès Iors il est evident, que si les genres 
sont tantòt fondés.sur la bouche, tantòt sur les, pieds,; tantòt sur une 
autre partie, il doit en resulter un très mauvais système par la raison 
qu'on ne peut plus comparer les caracteres; mais dans les distribu- 
tions actuelles ou les genres sont groupés en familles, en tribus etc. 
cette loi n’est plus aplicable, ou tout au moins elle n’est plus neces- 
saire, et il est commode et utile pour la Science de ne pas la suivre, 
exceptè dans la determination des coupes anologues d’une autre coupe, 
c. a d. des classes d’un mèéme embranchement, des ordres d'une méme 
classe, des tribus d’un méme ordre, des familles d’une méme tribu, et . 
des genres d’une mème famille; parceque allors leurs caractères di- 
viènnent comparatiff. Peu importe que dans une famille les caracte- 
res des genres soient tirés des palpes, dans une autre de la machoire 
etc. puisque ces genres se rapportant à familles diverses, dont on a 
dejà comparé le cavactère, ne peuvent plus étre comparés dans leur 
caractére essentiel ou artificiel. 

Cette méthode parait d’autant plus naturelles, que les RT 
du caractère de famille, suppos. sont des differences de. moeurs et 
d’economie dans les genres qui ne sont point de la méme famille, ces 

mémes differences peuvent en traduire et en déterminer d’autres de 
nature differente dans les genres de 2 familles, qu'il faudra saisir dans 
l’une, et rejeter dans l’ autre, ou tout cu plus les employer comme 
caractére secondaire — Pour prendre un exemple, prenons la Classes 
des: insectes, elle est partagé en.8 ordres d’après le nombre et la con- 
sistence des ailes, ce caractere trop peu variable va ètre remplacè: ; 


a ea 


par d'autres tirés dans l’ordre des Coléoptéres du nombre des articles. 
des tarses, dans celui des hemyptères de la situation du bec, de la 
forme des ailes et du corsalet; dans les autres par d’autres moyens. 
Dans l’ordre des hemyptères la 1* section est partagée en familles 
d’après les modification du bec qui doit jouer un grand ròle sur l’é- 
conomie puisque la plus part ce sont des insectes carnassiérs, tandis 
que la 2: l’est d’après les modifications des tarses. La 1% famille (pu- 
naises composée d’insectes terrestres) est divisée en genres d’après les 
antennes qui sont l’organe plus essentiel des insectes terrestres, tan- 
dis que la 2* (punaises d’ eau) composée d’insectes aquatiques, l’est 
d’apres les modification des pattes, qui varie assez dans la famille, 
tandis que les antennes, qui sont de peu ou point d’usage dans l'eau, 
n’en fournissent presque plus et ne servent qu’aux caractéres secon- 
daires; et ainsi du reste. 

Il resulte que, pour que, le principe de Fabricius soit juste et apli- 
cable, il doit etre exposé ainsi: « Caracteres generum omnium ejus- 
dem familiae, familiarum omnium ejusdem sectionis etc. in systemale 
proprie dicto ab eisdem semper partibus desumendi ». Dans la méthode 
analitîque, ainsi que dans les analogues (Latreille) cette méme loit 
dòit avoir lieu pour les caractères de toutes les coupes quelconques 
d’une coupe sùperièure. 

9 


Ordre methodique naturel (1). 


« Les étres ne se trouvant point former une chaine continue et u- 
nique dans la nature, il seroit absurde de prétendre que les genres 
fussent tellement rangés et disposés à la file les uns des autres, qu’il 
n'y eut jamais de saut, celà je le regarde comme impossible. 

Dans l’arrangement des mes divisions je n° ai cherchè qu’ a ranger 
dans un ordre naturel et continu quelq. les divisions corrispondantes, 
ainsi les ordres respectivement à eux, les sectiones respectivement è 
elles, le familles id. et le genres de chaq. famille idem. Je me suis 
peu embarassé que le dernier genre de la fumille n’eu point de rapport 
avec le 1° de la famille suivante (au contraire il me. semble que dans 
q. cas il doit en avoir plus avec la le lorsq. ils sortent de la méme 
tize) pourvu que dans la famille les genres se suivent — la méme 
chose relativamente aux familles dans chaque section d’ordre. — 
En effet méme en pratique on suit cetteméthode souvent sans y faire 


(1) tu ‘alenni foglietti sono segnato osservazioni e norme che il Borelli intendeva 
segitite îi ua suo lavoro ‘intulato « Istitutivaus zuologicae ». ia Ripe PORTE, 
trascrivo ciò che ha maggior interesse, a ari dial 


DI ini 


attention. Ainsi on place l’Aigle ou le Perroquet à la téte des oiseaux, 

tandis qu’il foudroit placer l’Autruche si on voulait choisir l’ois. ayant 

plus de rapport avec le mammifere. Le dernier mammifère qui se trouve. 
prés les oiseaux ne devrait pas étre le dauphin, mais la Chauve Souris, 

ou tout ou moins quelque édenté. 


3 


Istitutiones zoologicae (1). 


« 1 - Partie — géneéralités 
— Maniere de conserver et empailler objects et de 
chasser aux diff. animaux. 
2 - Partie — Tableaux des fam et genres natur. 
3 - Partie — Caracteres des Fam, et Genres. 
Le familles auront le nom du genre plus connue - 
Les genres un seul avec un ou deux synonym d’au- 
teurs, et le francais entre parentese (2). 
Exemple du projet pour l’ordre de mes « Istitutiones ». 
F. 23 - FauUCOUS - Fa/lcones - G. falco Linn. 
Ongles fortemente retractiles - cire découverte 
* point de dents à la mand. sup. (ignobles) 
G. 120 - AIGLE - aquila - Falco Linn. 
bec droit à la base - farses emplumés partout 
narines obliques - les plus grands - nourit de proie viv - 
sur montagnes des 2 contin. 
1 Le Grand Aigle - Falco chrysaetos Linn. 
fauve, bouche fendue jusq. derriere les yeux - alpes 
2 L’Aîgle commun - Falco fulvus 
brun - Alpes 
3 Le petit Aigle - Falco melanotus 
brun avec grandes taches blanches - Laugues 
G. 121,.- BALBUYARD — Ossifraga Làc. 
bec crochu dès la base — Tarses à demi nu 
des tuberosités apres sous les doigts 
aquatiques - plongeant pour prendre poissons et Canards 
I-le Balbuyard... — Falco aliaetus L. — Sur le PÒ. 
+ + une 0u deux dents de chaq. coté de la m. sup. 


(1) È lo schema del piano di un lavoro che il Bonelli si proponeva di fare. 
(2) Seguono numerose avvertenze intorno ai caratteri da adoperarsi nella stampa , 


che non hanno interesse. 


Pr sg 


G. 122 - FAUcoU — Falco 
Ois courageux - à ailes et (coda) roides - tarses réticulès 


4 


Géènéalogie des Animaux 
au 
Délire philosophico - zoologique 
de la 


1° quinzaine de Fauvrier 1813 


« J'admets dans la nature des molecule organique ou germes su- 
sceptibles de se développer lorsqu’ils se trouvent dans des cirsostan- 
ces favorables. 

De ces germes, les uns sont plus qu’inertes et sans vie, ce sont 
ceux des métaux. 

2 — les autres sont simplement sans vie - ceux des pierres et terre. 

3 — les autres ont un demi degré de vie - c'est la chaux qui entre 
comme partie composante des ètres organises. 

4 — Les autre3 ont la vie entiére et sont susceptibles par conse- 
guent de se developper et devenir des étres organisees : mais les plus 
simples c. a. d. des Vegetaux. 

5 — Les autres plus parfait ont la vie, plus un demi-degré d’àme 
- ce sont ceux qui donnent les animaux analogues aux plantes et a 
parties non symètrîques 

6 — les autres out une ame entiére et sont ceux qui donnent les 
animaux parfait. 

7 — Les derniers enfin ceux qui ont un excès d’ animalisation 
contracté pt. étre p. la rèunion de leur animalisation propre et de 
celle des autres anim. dans les quels ills se trouvent. 

Tous ces germe sont contenus dans le fluides qui les portant et 
les exposant aux differentes circostances les mettent en état de se 
develloper par deux marches, savoir l’active et la passive (voir au 
mot « Mouvement de la nature » ce que j'entent pour marche active et 
passive) (1). Les 3 dernieres espéces de germes sont donc les seules 
qui ont servi d’origine aux animaux. 

De ce 3 espéces la 1° aura donné d’abord les infusoires à parties 


(1) Lo scritto di Bonelli intitolato: « Mouvement et marches de la nature vi- 
vante » è riportato in seguito, 


—Tyd= 


non symetrîque et ceux que nous appercevons dans les infusions des 
plantes. Peut-ètre encore cette 1° espece n’exite-t-elle point, et n’est 
elle que le resultat hybride p. ainsi dire, des germes vegetaux et des 
germes animaux on mieux encorè des germes animaux seuls qui ayant 
été associés à des productions vègétales, en ont contracté l’habitude 
on la forme impaire des parties. 

Ces Infusoire dissimétriques et sans organes auront donnè par la 
marche active les polypes et ceux ci les Radiares, et parla marche 
passive les differens genres ou branches latérale que nous connaissons 
dans ce 2 classes. 

La 2° espèce de germes animaux ou les germes des Animaux par- 
fait auront donné d’abord les Infusoires impt. dicts qui habitent dans 
l’eau pure et dont le corps est symétrique. Ceux ci en se developpant 
et se perfectionnant p. la marche active auront donné d’ abord’ des 
vers marins simples qu’on confond avec les annelides; ceux ci à leur 
tour les annelides, animaux dont le sang rouge, la respirations, la des 
forme du corps approche des Poissons notamant de la Lamproie souche 
animaux vertèbrès (v. sur l’analogie des annelid. et et des Lamproie 
la dissertation sur les poissons cyclostomes de M. Dumeril an. 1812). 

La 3* espece ou les Germes excessiv. animalisés sont ceux qui don- 
nent les Animaux parasites en se dévelloppant dans l’interieur d’autres 
animaux, leur 1 produit sont les animaux qu’on trouve dans toute’ 
espèce de liqueurs animales, et les vers spontanées, de ceux ci sont 
nes les vers intestins dont l’existances n’est plus spontanée. Ceux ci 
a leur tour ouront dornné les insectes p. l’intermede des larves' pa- 
rasites. i 
_ . Des Insectes paraissent avoir eu origine tous les autres an. artì- 
culés à moélle longit. excepté les Annelides qui ne pouvent point 
leurs se rattacher, parce que l’absence des pates ne les admets point 
entre les Arachindes et les Crustaces, et l’ absence de coeur les em- 
peche aussi d’étre mis après les Crustacés. Quant aux cyrrhipèdes 
qui ont tant d’analogie, surtout l’anatise, avec les pagures, il pourroit 
bien ètre sorti ainsi que ceux-ci, immediat. des Insectes dont on leur 
découvre encore les vertiges des ailes (v. analogie des Insectes ailés 
des Pagures et des Anatifes. bg: 

Les mollusques ont leur origine comme les anim. articulés de 
quelque parasite marin: c. a. d. des Epyzoàres de M. Lamarck. - Ces 
epizoaires ou parasite externes, marins provenus de parasites. in- 
ternes, ont donné lieu de la méme manière que les internes, à l’egard 
des insectes, aux mollusq. acéphales, qui a leur tour ont produit les 
Gastèropodes où la classe s'est divisé pour former d’un coté les ptè- 
‘ropodes, de l’autre les Cephalopodes qui terminent la serie des ‘Ani- 
maux de ce plan, iii ca 


Pa 


Preuves.el explicalion du Tableau, 

__ 18 — La 1? doit necessairement étre la première produite, car elle 
est tout à fait indépandante des autres, et doit étre immediatement 
sortie des ètres organisés precedens c. a. d. des plantes, puisques leurs 
formes generales, plusieurs de leur fonctions et proprietés sont très- 
analogues à ce que l’on observe dans les plantes (v. la note 1° .) 

a — Des Infusoires à parties symetrîques tel qu’il y en a beaucoup. 
n’auroient pu p. leur développemment donner des ètres à parties im- 
paires, d’ailleurs la forme alongée suppose dejà une espèce de regu- 
larité symétrique. Tandis que la spherique et irréguliere est très 
prope a donner les formes rayonnantes des 2 classes suivantes. 

dA 


2 x — Ainsi dans les Infusoires mémes il faut établir cette di- 
stinetion: d’infusoires à formes raccourcies, ramasées, tenant du sphe- 
rique ou de l’irrégulier, et qui sont la souche de la 1? famille et d’in- 
fusoires à formes alongées, minces, qui supposent. necessairement p. 
l'execution des fonctions animales, des espéce d’attaches aux muscles, 
c. a. d. des annaux que l’on va precisement observer dans la classe 
qui les suivra, les annelides. 

a. b — De ces infusoires amorphes on descend nettement aux po- 
lypes p. les polypes à org. rotatoire, et des polypes on passe imme- 
diatement aux Radiares p. les radiares mollasses. 

C — Les radiares echidodermes, surtout les Etoiles et les Oussin 
forment la famille. Ce sont en effet les seuls animaux chez les quels 
il y a des parties solides et osseuses, qui ici comme dans le Anim. 
vertébres eux méme indîìquent toujours une plus grande perfection 
‘organique, car plus les animaux sont simples et près de leur origînes 
plus ils sont mou et fréle. 

3. B — Il n’est pas possible de faire entrer dans cette famille les 
vers intestins. La raison en est 1° que leur forme est symetrique et 
p. conség. non établie sur le méme plan des 3 autres classes. — 2° 
Leur organisation est telle que moins parfait que les Radiares, ils ne 
pourraient pas étre placées aprés eux, et que plus parfait que les 
infusoires et les polypes ils devroient suivre ces 2 classes comme a en 
effet établi M. Cuvier. Mais dè lors la série des autres 3 classes si bien 
suivie et nuancée resteroit interrompue tout-à-fait parce que les vers 
n’ont reellement rien de commun avec les Radiares et les polypes, 3° 
que les vers ètant tous parasites d’animaux de classes supériores ils 
ne pauvaient pas encore exiter à l’époque de la formation des polypes 
.et des radiares, parceque les classes superieures sont d’une formation 
de beaucoup postérieure. En un mot, les vers intestins n’ont pu com- 
mencer à exiter que lorsque la nature avait déja formé les Animaux 
“qni leur donnent l’hospitalité c. a. d. ceux de la 2? famille. 


- pr 


b — Le passage des Polypes aux radiares se fait par les polypes 
nus et les Radiares mollasses plus particulierement par les Actinies. 

C'— Les Radiares echinodermes forment la classe, non seulement 
par leur organisation compliquée. comme il vient d’ètre dit, mais aussi 
parceque leur organisation est si différente de celle de toutes les au- 
tres animaux qu’il ne seroit pas possible de trouver dans les classes 
supérieures aucune genre qui en approche assez p. former le passage 
des Radiares à d’autres classes. 

1 — Tous les anim. ds cette 1° famille peuvent se multiplier p. tous 
les moyens à peu près, qui sont communs aux plantes. — Il n’ ont 
point d’organes de sens pr. t. dicts, mais jouissent d’ une irritabilità 
extrèéme qui détermine des contractions et mouvement qu’ on peut a 
peine regarder comme volontaires. Par la méme grande analogie qu’ils 
ont avec les plantes, ils n’ont points de systéme nerveux, à peine le 
voit-on ébauché dans les derniers de la série ou les échinodermes. 

2° — Apres la famille produite p. les infusoires amorphes, doit ne- 
cessariement suivre la 2° on celle dont les Animaux ayant eu origine 
de germes indépendant d’autres animaux, ont une organisation plus 
animale que ceux de la 1°. raison p. la quelle elle doit étre placée 
entre les zoophites et les animaux dépendans. 

La forme de ces prototypes tient dejà de la régularité symetrique 
que l’on observera dans tous les animaux de celle ci et de la famille 
suivante. Ces prototypes sont les animaux qui s’engendrent spontane- 
ment on p.. mieux dire dont les germes extremement menus et mul- 
tipliès flottent dans l’atmosphère et n’attendent p. se developper que 
de se trouver placés au milieu de circonstances favorables. — Ces 
germes produisent les Anguillulles, ou Vibrions et plusieurs autres in- 
fusoires analogues — Leur suivent les Gordius espéces d’ annelides 
encore tres imparfait, qui amenent à leur tour aux veritables Anne- 
lides qui font le passage aux poissons. 

Que le passage des Animaux invertébrés aux vertébrés se soit fait 
par les annelides et non p. les mollusques comme on auroit voulu 
pouvoir le demontrer sil eut été possible de quelques facon, le prouvent 
les raison suivantes outre celles que M. Dumeril a données dans la 
dissertation sur les poissons cyclostomes p. le concour de 1812. 

L’observation des differens squelettes d’animaux vertébres prouve 
que le nombre des vertebres n'est point en rapport avec le perfe- 
ctionnement organique des animaux; que dans des animaux analogues 
ce nombre peut varier sans qu’il en résulte des dégres different im- 
portans de perfectionnement, et que, s’il est possible der généraliser 
un peu là dessus, ce sont precisement les animaux plus parfait (les 
mammifères et o oiseaux) qui en ont le moins, et les moins parfaîts 
au contraire ceux qui en ont le plus grind nombre, Le Poisson, le 


DE DL 


Serpents etc. d’ou il résulte que ce n'est point à une diminution dans 
le nombre des vertébres qu'il faut s’attendre lorsque ont est pervenu 
aux dernier Anim. vertébres, mais, seulement à une diminution de 
consistance, comme la lamproie dont les vertèbres sont cartilagineuses 
et transparentes nous en fournit la preuve. De cette conséguence en 
resultent 2 autres d'une grande importance, la 1° que pour trouver 
les animaux qui font le passage des invertébres aux vertèbrés, on ne 
doit point s'immaginer l’existances d’ animaux à vertébres, peu nom- 
breuses ou à une seule vertèbre osseuse, puisque c’est la consistance 
et non le moindre nombre des vertèbres qui détermine l’imperfection 
des animaux qui doivent immediatement suivre les vértébrés. Ainsi 
les seiches et les Calmars dans les quels on observe ‘une pièce osseuse 
on cartilagineuse unique et imperforée, ne peuvent point étre consi- 
derés commes des Animaux à rudiment de colonne vertébrale. 

La 2? que puisque la présance de la colonne vertebrale ne doit étre 
considerée que comme un moyen de connaitre l’ existence de la moelle 
alongée dont la première est le traducteur, et que cette partiéè du 
système nerveux peut exister sans elle, et que l’ observations done 
prouve qu’à mesure que nous descendòns l’échelle animale elle ne se 
raccourcit point depuis l'homme jusqu'à la lamproie, il résulter que 
les animaux qui ont encore cette partiè du système nerveux doivent 
étre considérès comme situés immediatement après les an. vertébrés 
de preferance aux mollusques qui n’ont que le cerveau, et que nous 
verrons douès d’ une grande perfection animale mais sur un autre 
plan, et entrant dans une famille tout-à-fait à part. 

Le animaux qui conservent encore la moélle allongées mais située 
à nus dans les corps, sont les Annelides, leursanneaux remplacant les 
vertèbres , et l’observation nous prouve que l’existence d’une méoelle 
alongée suppose necessairement des articulations, soit que ces arti- 
culations soient visibles dans le squelette au dehors comme dans les 
annelides (les Insectes, les Crustacées etc. sont dans le méme cas), 
soit qu’ elles ne paraissent que dans le squelette interieur comme 
dans les an. vertébrés. i 

D’apres l’ancienne manière de faire servir les mollusques comme mo- 
yens de transition des an. invertebres aux vertébrés, aprés etre sorti 
d’animaux qui auraient une moélle alongée, il fallait immaginer qu’il 
avoit disparu pour ne laisser qg’'un simple cerveau, et que pour passer 
‘aux an. vertébrés il avait de nouveau du comparaitre. On voit bien qui 
si cela avait eu lieux on aurait dù trouver une espèce de gradation; 
savoir des animaux à Cerveau, d’autres à cerveau, et rudiment de 
moélle, d'autres avec celle-ci plus alongée, et ce la toujours en aug- 
mentant jusqu’ aux an, vertébrés. Or tout le monde sait que cela n’a 
‘pas licu d’après toutes les observations qu’ on a faites jusqu’à ce jour. 


Les mollusques privés de toute espèce de articulations internes et 
externes ne peuvent point avoir de moélle alongée. D’ailleurs on. sait 
aussi que le rudiment de la moélle alongée n’est point une portion de 
sa longueur, mais un diminutif de volume, qui a lieu dans toute la 
longueur de l’animal, et qui se forme par la reunion des nerfs de toutes 
les parties du corps qui vont aboutir à cette ligne alongè et centrale 
de sensation. 

D’autre part une nouvelle observation vient nous prouver encore 
que Jes mollusques ne peuvent nullement etre placés au passage des 
An. inver. aux vert. c'est que la nature tendant tojours a se. perfe- 
ctionner c. a. d. à ajouter des organes, comment auroit-elle pu faire 
disparaitre entierement le 6-10 pates des insectes et des Crustacés 
pour les remplacer par des organes de mouvement. d’une nature tout 
à fait partîculière qu'elle fairait disparaitre encore une fois pour les 
changer en nageores? -— On sent aisement icî. que les Crustacés, p. 
exemple, les Mollusques et les Poissons vivant tous dans. un méme 
milieu, si les Poissons etaient provenus des mollusques et ceux-ci des 
Crustacés, il n°y auroit pas eu de raison pour que les poissons n’eus- 
sent conservés les organes du mouvement des mollusques et les mollu- 
sques ceux des Crustacés qui executent leurs mouvement dans l’eau 
auissi bien que tout autre animal aquatique, cela nous prouve done 
que ces animaux ont été fait sur des plans différents, que la nature 
est dans chaque parvenue au méme but par des voies différentes, dé- 
veloppant dans les Crustacés des pates, dans les mollusques des disques 
p. ramper, des espèces d’ailes, et des tentacules servant à differents 
‘usages, et dans les Poissons des nageoires. 

Enfin le coeur musculeux qui dans la série ordinaire commence à 
paraître p. la 1° fois aux Crustacés, pourquoi s’ effaceroit-il oux An- 
nelides p. reparaitre aux mollusques? et le sang qui est blanc dans 
les Crustacées, pourquoi ne resteroit pas tel dans les annelides (qui 
l’ ont rouge comme les vertébrés) puisqu’il doit étre blanc dans les 
classes qui vont immediatement precéder les Mollusques. Ces appari- 
tions et disparitions successives ne sont’elles point des preuves. évi- 
dentes que ces animaux ne se trouvent point placés dans nos, séries 
suivant le rang qu’ils devroient occuper et qui devroit étre déterminé 
p. le perfectionnement successif et croissant d’après une méme plan, 
du meme organe? 

Une fois parvenue à la formation d’ une série de pieces. cartilagi- 
neuses qui emboitent la moélle alongée, la nature est passée aisement 
‘au perfectionnement d’un squelette dans les poissons osseux. 

Ces poissons sont l’intermede dont la nature s’est servie pour par- 
‘venir aux classes suivantes. 

Il n'y a nul doute que les Hispiilcs en viennent immédiatement p.. le 


Sa 


moyen des Reptiles è metamorphose qui paraissent provenir ‘des’ Poiss. 
cartilagineux, des Ophidiens qui paraissent venir des Poiss. osseaux 
à écailles et peut ètre encore des Cheloniens qui paraissent ègalement 
indipendens des autres reptiles, et provenir de qq. poiss oss. (placès 
mal à propos parmis les cartilagineux) comme les Ostracions, les 
Cataphractes etc. 

Quant aux mammiferes il est difficile (dire) si le passage s’est fait p. 
les reptiles a 4 pieds ou plutòt p. les poissons ‘eux mémes directement; 
et que les mammiferes bipedes ou les Cetacés ne soient pas plustot 
la source veritable des mammiferes. — Il parait d’autant plus. vrai- 
semblable que cela a été ainsi, que partout ailleurs la transition d’une 
classe à l’autre se manifeste dans les animaux aquatiques de préfe- 
rance aux terrestres et ce la devait étre car l’eau est le fluide qui 
offre à la fois plus de combinations differentes pour la nature des cir- 
costances influentes, et que dans l’ean tout animal peut vivre, pui- 
que des Anim. à poumons, à branchies et à trachées y vivent habi- 
tuellement, tandis que l’air ne se prète qu’a des modes d’organisation 
plus bornés, et les combinations des circostances sont moins variees, 
ou tout an moins moins puissantes, et peu nombreuses, en meme tenips 
celles qui dans l’eau n’en ont pas d’analogues. 

Les Oiseaux peuvent avoir leur origine directe des Reptités Chelo- 
niéns, car on ne peut pas supporer qu’ils aient eu leur origine des 
mammifere édentés comme on porroit le croire, par la raison que la 
viviparité etant un perfectionnement animal, il n’est pas croyable que 
la nature apres avoir adoptè ce mode de génération, qui est le plus 
compliqué, dans les Poissons cartilagineux et les Cétacés, et de la dans 
tout le restant de la série des Mammiféres, elle aient de nouveau abban- 
doné ce plan pour reprendre l’ancien celui de la génération ovipare. 

D’une autre part, comme les oiseaux sont miéux partagés que les 
mammifères sous le rapport de certains autres organes et le fonctions 
qui en resultent et que les mammiféres tiennent immediatement aux 
Reptiles ou aux Poissons, on ne peut non plus placer les oiseaux 
avant les mammiferès c. a. d. entre ceux ci et les Reptiles; ce qui 
prouve que ce sont des animaux tout-à-fait indipendant des Mammi- 
féres; et que leur analogie avec les derniers dépend uniquement ‘de 
ce que le perfectionnement des 2 classes s’est fait par le concours 
d’un certain nombre de circostances semblables dont on dù resulter 
des ressemblances correspondantes. 

Quant aux Monotremes il y a nul fondement p. croire qu’ils aient 
été l’echelon de transition, qui a donné les viseaux aux depens' des 
mamunifères ou viceversa. Les monotrèmes ne sont rien autre entre 
le Mammif. et les Oisseaux, que ce qui est un arbre qui va meler res 
branches avec celles des arbres voisin. Le tronc' est l’espèce méme 


La dd 


de l’arbre sont originairement distincts et toute la confusion resulte 
de ce que le tronc en est cachè et on ne peut le retrouver aussi ai- 
sement qu'on trouve celui des autres arbres. — En effet qu’on exa- 
mine les Monotrèmes et on s’appercevra bientot que ce ne sont pas 
là les moyens dont la nature s’est servie pour enchainer les oiseaux 
absolument indipendanement des Monotrèmes.. 

D’abord ou qu’on les considère comme ovipares, ou comme vivi- 
pare, si on le considere comme ovipares..... (1). 

3. — La 3° espèce de germes, ceux qui ne peuvent se développer 
que dans l’interieur d’autres animaux, dont ils dépendent et sont p. 
consequent posterieurs, et avec l’existance des quels la leur est na- 
turellment liée; est celle des animalicules que l’on rencontre dans les 
differentes liqueurs animales, l’urine, le lait et surtont la sémence, 
qui se dèveloppent aussi dans les infusions animales. 

De ceux ci paraissent avoir eu naturellment leur origine les Vers 
intestins, du moins les plus parfaits, car quant aux plus simples et 
dont l’existance est spontanée (c. a. d. dan le cas des Infusoires), il 
paraissent avoir la méme origine immédiate, et méme les plus grands 
rapports avec les animalucles spermatiques. — Ici la marche du per- 
fectionnement parait se faire double et donner lieu a 2 espèce d’em- 
brancheurents ou à 2 sous famille. 

L’une est celle des An. articulés et a pates, l’autre est celle des 
animaux mollusques 

(v. la note 2). 

Les vers annelés amenent directemect à la 1° serie et se lient avec 
certaines larves d’insectes, qui encore trop peu éloiquées des Vers, 
en conservent les habitudes caracteristiques c. a. d. ils sont encore 
parasites d’ animaux de la 2* famille, et nè sortent de ceux ci qu’ a- 
près un temps donné sous forme d’oestres ecc. 

La métamorphose ètait le seul moyen qui pouvait conduire et 
former ce passage, car la manière de vivre des vers est trop différente 
de celle de tous les insectes en etàt parfait, et la nuance n’a pu e- 
xister que dans les habitudes considerées seult. dans les larves. 

On est encore très-peu instruit sur l’anatomie des larves, du moins 
des larves qui peuvent nous interesser en cet endroit, tel que les 
parasites des oestres et des Taons et en général toutes les larves a- 
podes et vermiformes des diptères. — Mais en juger par les observa- 
tions extérieures q’on peut faire sur elles, ces larves doivent effecti- 
vement étre très-rapprochées de certains ver annelés tel que les a- 
scarides. i 


(1) Il ragionamento nel manoscritto del Bonelli si arresta a questo punto. 


— 13 — 


La metamorphose déès Insectes parait encore étre le seul moyen de 
liason des 2 classe-ci-dessus p. une autre raison. C'est qu'elle ne pré- 
sente point de nuance à son commenciment. Elle commence d’une ma- 
niere prononcée, et sans équivoque, tandis qu’à la fin, c. a. d. là ou se 
fait le passage des insectes aux arachnides on observe le passage de 
la métamorphose à la constance des formes, car plusieurs insecte de 
leur coté, et plusieurs aracnides de la leur sont très-douteaux sous 
ce rapport et on peut les considerer comme constans, ou comme se 
transformant, suivent que l’on étend l’acception du mot mètamorphose 
(punaises, nycteribies, psoques, jules, les entomostracés etc.). 

Les aracnides conduisent directement aux Crustaces par plus d’une 
voie. 

Quant aux Cirripides leur place est encore douteuse, comme l’est 
la torme et l’etendue de leur tronc nerveux principal. - L’observa- 
tion qui paràit les ranger dans cette sous famille, est celle de la 
grande analogie qui regne entre les Anatifes, les Pagures et les in- 
se ctes. 

Pour peu que l’ont soit habituè à saisir les rapport entre les 
objects. désparates au coup d’oeil, et qu'on connaisse les modifications 
qu’un animal, les insectes surtout, peut subir dans les différents chan- 
gements opérès p. la metàmorphose, ou par l’influance des circostances, 
ou simplement. par l’ accroissement de perfection organique, on ne 
tarde pas à s’appercevoir, que le corsalet des Pagures offre des traits 
qui décélent des vestiges, d’ailes, d’ elytre et d’ éccusson, d’ une ma- 
nière aussi évidente què pourroit les manifester des chrysalides quel 
conques de Papillons et mème des nymples de Coléopteres et d’ hymé- 
noptères. Si après cela on fait ancore attention à ce que leur corps 
n’est plus articuléè comme dans les insectes, les arachnides et les 
Crustacés autres que les Pagures; mais que leur queue est toute 
d’ une seule venue, molle, et non autrement mobile que par des con- 
tractiores musculaires de méme que cèla a lieu chez les limaces; que 
la coquille dans la quelle ils vivent constamment en retraite, offre 
l’immage de ces retraites ambulantes que les larves de plusieurs in- 
sectes traivent constamment avec elles; que les 4 pates postérieures 
ne sont encore que rudimentaires comme si elles ne venaient que de 
pousser, et qu'il resulte de cela, que le 6 antérieures, les seules qui 
soient bien developpées et propres au mouvement, correspondent pré- 
cisement aux 6 pates qui caractérisent les insectes et sont une des 
conditions de leur plan particulier d’ organisation. Si enfin on con- 
sidere bien la masse de tous ces rapports, de ceux cui doivent encore 
resulter dans l’organisation intérieure et ceux qui peuvent nous è chap- 
per, on aura pas de peine à convenir qu’il régne réellment entre les. 
pagure et les insectes une analogie decidée, et superieure a celle qui 


— (dd — 


existe entre plusieurs arachnides méme et les insectes, analogie qui 
pourroit bien nous porter a croire que les Crustacés ne ‘font. point. 
suite apres les aracnides, mais qu'ils forment une branche latérale à- 
coté d’eux, et provenant directement des Insectes ainsi que le ara: 
chnides eux mémne. tia 
Lorsque on a bien saisi tous les rapports que nous venons d’ ob. 
server entre les Crustacès et les insectes p. l’intermède des Pagures, . 
on parvient aisement à en dècouvrir d’analogues entre les Anatifes,> 
les:pagures et les insectes. i 
Les Anatifes ont comme les insectes et les pagures deux ailes, 2. 
elytres et un ècusson et souvent, c. a. d. dans les anatifes a 7 valves; 
encore 2 autres préces qui paraissent correspondre aux ecailles hu- 
merales on omoplates des insectes, mais aux lieu d’ étre simplement 
cornées, ces piéces sont ici testacèes comme celles des coquilles. —-| 
L’ecusson est cette partié dorsale qui commence anterieurement au. 
dessus.du.tube, et se termine en pointe entre le 2 plus ‘petites piéces:. 
paires qui sont les èlytres : les deux grandes piéces paires, comme 
situées en-dessous eten avant des autres sont les ailes. — Le tube 
est une partie toute neuve, qui n’a rien d’analogue dans les Insectes! 
et les Crustacés, et en preuve de son existence peu importante: on 
observe que les Balanes en manquent absolument. — La trompe que . 
se trouve è l’opposite du tube, et qui sert d’anus indîque assez que 
la partiè anterieure de l’animal est celle qui, l’animal etant fixé sur® 
son pied, regarde en bas, ce qui correspond parfaitement à la dispo- 
sition des piéces calcaires et à la direction de l’ecusson — La bouche 
est située entre l’angle inférieur et les-appendices, et celles-cé qui par 
consèquent se trouvent placées contre la bouche. et la trompe ou 
l’anus, ne peuvent plus étre régardées comme des tentacules; mais - 
simplement comme des pieds, car les tentacules sont toujours placées 
en avant de la bouche. 
Le nombre des cirres au pieds qui est de 6 de chaque coòté et leur 
direction en.avant correspondent precisement au nombre des pieds et 
a leur direction dans les Crustacés plus les antennes. Les ‘cirres. ne 
sont pas aussi developpés que les pates des Crustacés, parceque 1° u- 
sage n’est point de servir de pieds, mais seul.t dde mains p. ramener 
a la bouche les alimens pent etre servent ils aussi de branchies comme 
celà a lieu chez plusieurs Crustaces-entomostracés-ostracodes avec. les 
quels les Anatifes ont. precisement de l’analogie, non seulement: p. le 
nombre des pates:(on'en donne 8 aux ostracodes), mais il est possible 
que l’on aie oublié une paire de trés courtes qui.ne sortent point des 
valves, ou qu'on les aie considerées comme des antennes) mais ‘aussi 


<< 


p.le nrode de rester.renfermees entre des valves — Sur e devant, 
des :patescautour de la bouche-on distingue encore dans les. Anatifes.: 


des autres piéces de chaque coté, qui attestent un appareil mandu- 
catoire analogue à celui des Crustacés — Les pates mème comparées 
à celles des Crustacés leur sont très analogues; elles sont d’abord, 
comme nous l’avons déja observé, tournès dans le meme sens. Ensuite 
leur tige principale sur la quelle on observe des vestiges d’articula- 
tions immobiles, represente parfaitement la pate des Crabes, et le 2. 
filets articulés qui partent de chaque tige représentent, les tarses, 
doubles des Langoustes, et forment la pince. — La 6°, on pour mieux 
dirè la le paire de ces pates des Anatifes offre encore ici ce que nous ; 
voyons arriver chez plusieurs crustacés où les Antennes pt. dites di- 
visées en 2 flets amplantés sur une tige commune, se trouvant res- 
sembler plus on moins à une paire de pates, soit que les pates elles 
méme prennent la forme et les dimensions des antennes, soit que: Jes, 
antennes prenneut elle mémes la forme et le dimensions des pates. 

-Soit que l’on considére donc les Cirrhipedes comme plus parfait or- 
ganiquement que les Crustacés et les Arachnides et qu’on termine p. 
eux la petite famille des animaux articulés, soit q’ on les considère 
comme une branche particulière sortant immédiatement des Insectes 
ou des Arachnides, ou ce qui est plus vraisemblable, d’une famille 
particulière des Crustacés, la petite famille des animaux articulés se 
trouvera toujours terminée par des animaux ayant des membres et des 
tentacules on antennes articulées, ainsi que une moelle longitudinale 
nerveuse, circostances qui empéchent de leurs faire suivre les animaux 
mollusques, aux quels le passage ne seuroit se trouver que d’une ma- : 
niére tout-à fait incomplète, et discontinue, le pIan de l’organisation 
de: ces 2 sous-familles etant absolument différant. Car le foyer ner- 
veux, les organes des sens, ceux du mouvement etc. en sont très 
dèsparates. 

Ainsi c’est plus en arrière, c. a. d. aux animaux p. .les quells n’est 
point encore établé le plan que l’on observe dans les animaux. arti- 
culés qu’il faut chercher la souche des animaux mollusques, c'est donc © 
aux vers intestin. ‘ 

Ici le défaut de système nerveux permet de faire suivre: des ani- 
maux qui en ont un; quelque soit sa forme et le plan suivant le quel . 
il se modifiera, tandis qu’on ne peut pas supposer que le plan du 
syst.:ner. des an. ‘articulés se soit effacé pour céder son existance à 
un cerveaux, c. a; di syst. ner; des mollusques. i 

Les vers intestins considérés comme souche directe des An. mol- . 
lusques, nous offrent des genres qui BSTAlsei faire la nuance d’une 
manierè assez sensible. 1 

D’abord il est des vers qui dépourvus de toute especè Miartici 
tions, leur corps présente déja un degre’ d’ analogiè avec les mollu- 
sques tels sont lès vers vésiculeux et plusievrs autres + ‘Il est en 


at 16 


suite qq, autres animaux confondus, tantot avec les vers pt dit, tantòt 
avec les annelides, mais qui en réalité ne sont ni des v.rs ni des a- 
nellides. Tels sont les Lernées, les Chondrocanthes ece. dont M. La- 
marck, fait son nouvel ordre des Epyzoaires. — Ce sont des animaux 
qui tiennent réellement le milieu entre les Vers et les Mollusques, 
leur organisation les rapproche des vers, leur manière de vivre: en 
parasite, mais à l’exterieur des animaux (et surtout seulement des 
anim. marins ce qui montre aussi que leur intermède ne sauroit 
pouvoir servir qu’a lier des animaux aquatiques) les en éloigne deja, 
et leur tentacules ainsi que leur forme exterieure les rapproches des 
Mollusques. 

Les Acéphales et parmis eux les nus, sont les prémiers mollusques. 
qui suivent immediat. les Epizoaires — Des Acéphales conchifères i-. 
nequivalves on passe aux Gastéropodes conchifères operculés — Les 
Gastéropodes amènent en suite pas deux routes distinctes aux ptèro- 
podes et aux Céphalopodes. 

Que les Ptéropodes et les Cépholopodes soient des animaux voisins, 
quoque ces derniers paraissent par leur organisation ne tenir ni aux 
Ptéropodes ni à ancun autre classe et en former une isolée, le dé-: 
montrent les grandes ressemblances qui existent dans leur retraite 
ou coquille, la quelle doit necessairement étre le produit d’analogies 
organiques dans l’animal. En effet rien ne semble plus à la coquille 
de l’Argonaute que celle du Carinarier qui est un Ptéropod (v. le 
nouv. tableau de juin 1813). 

D’ailleur quand méème les Ptéropodes et le Céphalopodes seraient 
regardés comme formant la suite d’une seule branche, ce qui pourroit : 
encore étre, les Gasteropodes devroit toujours préceder, d’un part par- 
ceque il regne reellement des rapports entre qq. acéphales, ceux p. 
exemple à coquille inequivalves, et les Gasteropodes, ceux surtout qui 
privés d’yeux ont un opercule sur l’ ouverture de leur coquille, au 
quel le devant du corps adhère comme à la petite value des coquilles: 
bivalves. — Dailleurs encore les Ptéropodes ressemblent beaucoup 
plus aux Gastéèropodes par les caractéres qui indiquent 7mperfection 
organique qu’ils ne ressemblent aux Acéphales, ce qui prouve que 
leur souche est précisement dans les Gastéropodes. En effet ils. ont 
une téte que deja les Gastéropodes possèdent, des dilatations sous le 
ventre qui ne sont rien autre qu’ un développement majeur du pied 
discoidal des Gastéropodes. 

Note 1°. (1) 

Nous avons une prouve directe de la plus grande ancienneté de 


(1) Questa è la seguente sono le note a cui accenna l'A. nel testo. 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENDES. 


« 9f- 


cette famille, en ce que les espèces qui par leur consistence ont pus 
se conserver, nous présentent une quantité prodigieuse d’étres perdus. 
On peut méme dire que tout ce qu'on connait de fossile de Polypier 
et d’Echinodermes est différent de ce que nous avons actuellment, un 
gran nombre méème en différe aussi de genre, et les differences sont 
telles qu'à l’egard de plusieurs on est bien souvent dans l’incertitude 
à quelle classe doit on les rapporter. — Ce ci nous atteste par conség. 
la grande ancienneté de ces animaux comparativèment à celle des 
animaux des 2 familles qui suivent, dont on trouve actuellement p. 
la plus part les genres analoques et souvent aussi les espèces. 

Note. 2. 

Le systeme nerveux en se formant et se develloppant au sortir des 
vers le fait par 2 voies et sur deux plans differens. — Dans le 1° le 
corps tendant à s’alonger parceque la marche du perfectionnement est 
telle en conséquance da ce que l’origine c. a. d. les vers qui leur 
donnet lieu sont alongés et annelés, le systeme nerveux se concentre 
en un fil, en longueur et dans la direction de l axe du corps; par 
suite des articles du corps qui costituent pour lui comme autant de 
centres, le tronc nerveux doit à leur endroit acquerir plus de volume, 
et rester plus menu, comme étranglé, aux endroit ou les articules se 
joignent e s’emboitent l’une dans. l’autre par leurs bouts. — Il en re-, 
sulte une moélle longitudinale nerveuse, de la quelle partiront les 
nerfs servant pour les actions des animaux, et à la quelle se ren- 
dront les nerfs entrant qui communiquent aux animaux .les impres- 
sions des circonstances environnantes — C'est en effet le mode par- 
ticulier de système nerveux commun à tous les animaux: de la 1° 
sous famille. | 

Dans le 2° plan de perfectionnement, le corps tendant à former. 
constamment un tout ramassè, continu, et pour ainsi dire, homogène, 
parceque tel est le plan commencé par les vers vésiculeux, et peut. 
étre des aplatis (Lamarck ), le foyer de la sensibilità a dù égale- 
ment se concentrer en un tout uni, seul, indivise, et capable seule- 
ment par son développement de se dilater davantage, de repandre et 
de recevoir plus de filets nerveux, mais non de se distribuer egale- 
ment et aux depens de sa propre masse dans differens point du corps. 
— C'est ici l’endroit ou la nature a formè le cerveux unique sans 
moélle alongée, ou noueuse, la forme et la consistance des parties du 
corps s’opposant a l’existence de, celle ci, non moins que.le.mode de 
dévelloppement que les circostances on le système nerveux a, eu ici, 
sa le origine, lui permettaient. i i 


2 IR 


Généalogie et place respective des Classes 


selont moi — Janvier 18:13. 


A. — Animaux rayonnant ou à disposition des partie non symétrique, 
Point de Syst. nerveux pt. dit - molécul nerv. régénératifs. 
— Formant comme un régne à part et intermediaire entre les 
Végetaux et les Anim. 


Clas. l. Infusoire — Classe primitive 
> ai SP0lypes —_ >». de transition: 
» 3. Echinodermes - » pefectionnée. 
Passages de ces 3 Classes bien prononcées; — mais ne souffre nulli. 


les vers parmi, et passage aux An. symétr. absolt. nul. parceque cette 
méme disposit. rayonnante augmente dans les anim. plus compliqués 
et plus parfaits de cette famille, savoir dans les oursins et les étoiles 
de mer, au lieu qu’elle devrait diminuer ici et finir par s’effacer. 

B — Animaux è disposition des parties symetrique. 

a — provenant directement des germes indipendant et libres (1). 


Noveau Tableau généalogique des Animaux 
fait vers la fin de Juin 1813. 


Il est essentiellment combiné comme le premier (2) et n’en diffère 
qu’an ce que dans les animaux infusoires spermatiques j'établis comme 
dans les infasoires ordinaires, 2 divisions dont chacune comprend les 
prototypes d’une généalogie particulière et forme la souche des classes 
qui en dépendent. 

La Classe des vers intestins y est partagée d’apres les méme prin- 
cipes. 

La Classe des Ptèropodes est placée avant celle des gastèropodes 
comme l’a indiquè Cuvier, et d’apres ce que ce savant mème m’a dit à 
l’occasion de son passage à Turin, que tous les Anim. que Perron 
rapporte aux Ptèropodes, n’en sont pas, de sorte que cessent les rap- 
ports entre ceux-ci et les Céphalopodes. 


Tableau généalogique 
de Fevrier 1814 


‘Où la différence des plans d’organisation dans les animaux indé- 
pendant, ou primitifs, et dans le dépendans ou secondaires est, due, 


(1) Sul foglio in cui è scritto quanto sopra non v'è altro. 
(2) Deve essere quello che sopra è riferito: ma che nel manoscritto è incompleta. 


non'& Ta difference des cermes, mais du lieu où ils se sont developpés 
qui a influè sur aux comme cause determinante un cours différent 
dans le développement successif ou perfectionnement orgattique, et où 
les animaux sont partagés en 4 embranchements. présentant. ehacun 
un plan d’organisation (qui ne peut et ne doit pas toujours ètre bien 
distinct, et prononcée dans.les animaux qui les commencent,et ye 
se developpe visibilment que dans les Classes consecutives) analogue 
jusqu'à un point à celui des 4 embranchemans de M. Cuyier; etr aux 
quels j’ai conservés les mémes noms imposés par ce,savant, le 1° ex- 
cépté au quel j'ai donne celui de 74y0nnés comme caractéristique de 
leur différence d’avec les autres. F 


nianta gr” rr 


‘i Ania: 


Tableau généalogique des animaux de fevrier 1814: | 


Germes dèvéloppés dans des Infusion Germes developpés dansles infus. ou liqueurs 
vegetales — première formation animales. par conseq.t de posterieur. 
f.rmation 
(Anim. rayonnans)|(Anim. vertébrés) | (Anim. articulés) (Anim. mollusq.) 
Infusoire amorph:s | Infusoires. alongés Infus. anim.'on sper Inf 
symetriques matiq. alongés. nfus. anim. ou sper- 
Polypes A nalidss a FISC Rio ramassés ou vé 
i j Intestineux articulgs| 5'0B‘eU* eY 
Radiares ejsena .. || Insectes Rorzohire A 
Mammiferes Reptiles Arachnides Ac6phales 
alariotedies tI Gastéropodes 
da Cyrrhipèdes Ptéropodes-Cépha-! 
Oiseaux [lopodes. 
Tableau généalogique des animaux 
animaux provenans cs 
de Germes indipendans — anim. primitifs. 
A - Souche 1° re B - Souche 2° 
A - Infusoire amorphes A - Infus. symètriques 
a a 
B - Polypes brame teso ca e 


b ; b 
CU P0ISSonst si 


ire ___un 


Cc - Radiares 


D - Reptiles 
Fagl e 
1 Fe Mammif. F - Oiseaux 


—_ 20 — 


de germes dépendans (d’autres animaux) — animaux secondaires 


A - souche 83° B souche 40 
A - Spermatiq. alongés A - Spermatiq. amorphes 
a a 
B - Vers articules B - Vers vériculeux 
b b 
C - Insectes C - Epyzoaires 
c c 
D - Arachnides D - Acéphales 
d d 
F - Crustacés E - Ptéropodes 
F - Cyrrhipedes? e f 


F - Gastéropodes G - Céphalopodes 


Tableau généalogique des Insectes et des Arachnides 


Vers articulés 


Dipter. a larves par ge sai pv 
| 
E hymen. aiguill. Rami a tarr. pedunc. Insectes 
hymenopt. ga sessil. setge. | / FgiAA, 
Colégoptèr. Neuroptt. es 
VAR 
ripresi) ida ie e | 
| Tar sarei | 
Podurelles | TUSGORAA 
| tiques prenogo SA 
FS meta 
pro morphes 
Scolopende ALS 
pt ale 
Ti en e ARIA 4 SALON: I 
Cloportid. \ Aracnides 
|ECNSCOR I la n ari (de Serres) 
sirene. FR E ra ra dans les. Sor 
Cymothoés 
/ de 
Monodes Squilles et Crabes ) ©Fusta08s 
| 
Cyrrhipèdes 


— Me 


8) 


Sériè d’éxpèriences à faire touchant l’origine des 


Animalcules et leurs germes. 


1° Voir si les semences et autres objects qg’” on met à infuser, a- 
prés qu’ elles ont fourni des animalcules, sont diminuées de pois ; et 
cela p. savoir si les animalcules sous. qq. autre forme entraient com- 
me matierè composante de ces substances. 

2° Voir quelle est la difference dans le degrè de perfectionne- 
ment organique, entre les animalcules des plantes, choisies elles-mémes 
dans le différens degrés de perfect. org. végétale. 

3° Essayer des differentes humeurs du corps des animaux des dif- 
férentes classes. 

4° Observer si dans la moélle ou toute autre potion du syst. nerv. 
comme parties essantielles de l’animalisation, entrent des animalcules. 

5° Observer les Animalcules des différentes substances costituan- 
tes des differens animaux infusée plus on moins. — Notamment la 
substence omogène et blanche des vers et autres anim. chez. les quells 
il est à présumer qu'il y ait des molécules nerveuses. 

6° Observer si parmi les infusoires primitifs il y a rèellment ceux 
à rudiments d’articulations qui puissent faire le passage aux Gordius 
p. servir de souche à la famille des An. Vertébrés. 

7° Voir si le perfectionnement dans le mode de génération s’ ac- 
corde avec le développement organique du 1° au dernier de chacune 
des 4 séries naturelles d’animaux. 


Liste des matières à examiner au microscope à sec 


ou infusées 


La Gelatine animale. 

Le gluten végétal. 

Les différ. parties du vègétal parfait - racine, tronc. feuilles - pulpe 
des fruits - amandes et graine - germes poussans - moelle du tronc - 
alburne etc. — Idem du vègetal imparfait-champignons - likens - al- 
gnes - conferves - truffes - mucor — Idem des plantes fortement ir- 
ritables - sensitive - dodonée. 

Les diff. part. d’un animal parfait pris dans chaque embranc. - homme 
- et lamproie - Céphalopode et Acèphale - Insectes et crustacés - Our- 
sins et Polype — Les partiés à observer sont le tronc et les ramifi- 
cations du syst. nerveux - la moélle des os - le sang - les poumons 


— DI 


- le chile - les chairs - les Cartilages . les parties ossées - les cornsée 
etc. — De meme les diff. parties des animaux supposès primitfs et 
spont&anées cet ‘voir quer rapport général existe entre leurs parties 
costituantes les animalcules. méemes, et les animaux des embranche- 
mens correspondants. ped (A pulpe omogéne des Taenia et plusieurs 
autres - intestin - la vesicule et le corps des hydatydes - la matiére 
des plus. simples. de cette classe - celle. des Epyzoires.- celle de An- 
nélides. - celle des annelides imparfait, les gordius - leur comparer les » 
Anguillettes des dift..infusions on liqueurs fermentées - la pulpe d’un, 
animal Zoophyte - celle des radiaires molasses. 


Formation des étres organisés 


Il faut commencer pour admettre le globe tel qu'il est aujourdhui 
pat ‘rapport a sa composition, sans aller plus loin chercher de quelle 
planete il s'est detaché, comment s'est faite la reparation de la lu- 
miére, du calorique, de l’eau, et surtout de l’oxygène qui a du venir 
a atmosphère ‘en, sortant de l’eau c. a. d. former l’air ambiant du 
globe aux depens de la decomposition d’une portion de l’eau qui cou- 
vroit notre planéte. 

Commencer par admetre celà comme une chose irrevocable, quisque ‘ 
c'èst un fait, dés que celà est. ; 

Après tout cela venir à l'ex1stenee des matières constituantes e. a. | 
d.à'là prehexistence des principes chimiques, soit des mineraux, soit, 
des ©; organisés, étant également un fait, puisque s’ils n’avaient point | 
existè, rien n’existeroit à présent, ex nililo ninil. 

Admise Vexistence des éléments, et les propriétés chimiques ou phi- 
siques que nous leurs connaissons, et des circonstances favorables à 
leur mélanges, à leurs combinaisons, à leur developpement, puisque si 
celà n’avait pas éte nous ne ie saurions point, puisque nous Mo 
rions point, il ne s’agit plus que d’expliquer. 

1° Comment les germes, premier resultat de la. reunion chimique 
des élemens, :se.conservent,,et s’en forment journellement. 

for les, différences entre germes et germes qui doivent étre grandes! 
puisque, S ils ‘étaient .semblables, il devroit y avoir plus de ressem-:8 
blance entre les animaux mycroscopiques que nous n’en voyons. 19 

3° la susceptibilité de se deèvelopper. étant placé par le hazard! 
dans des circostances favorable, comme le graines d’une plante. 

& la susceptibilité..(et realité du fait) de porter leur developpement. - 
aussi loin que nous. n’en savons pas la limite, et de se peribeo ni ie 
successivement .dans leur. composition presque d'une maniere indéfinie, ©* 


— 23-. 


n’etant pas sùr que l'homme lui-méme avec le temps ne deviànne plus 
parfait. — le perfectionnement des races domestiques servirà de preuve. 

5° La susceptibilité de mouler les organes sur l’influence des cir- 
constancer, c. a. d. d’ après le besoin, ou l’inutilité d’ un organs, son 
emploi de diverses manières etc. p. l’aptitude organique (v. les preuves 
au 8 et 9). 

6° L’existence de cette méème variété de causes influantes puisque 
les animaux domestiques, l’homme lui-méme en fournissent des preuves 
| les désirs ne paraissent point concourir car l’homme auroit des ailes 
etc. de l’argent, une enorme verge etc. 

7° L’existences de plusieurs plans d’organisation e de composition 
due à l’existence de la diversitè dans les germes on formations pri- 
mitives on prototypes. 

7°bis. l’existence des étres imparfait et des parfaits on terminaux. 

8° L’existences de la ramification de chacun des plans due au 
développement géné, changé de route, ou diffèrement favorisé dans tel 
on tel point de son cours par les circonstances environantes, qui in- 
fluent de manières diffèrentes. 

9 L’existence de la chaine continue, mais multiple des. étre c. a. 
d. la continuité des séries qui d’un étre quelconque conduisent è l’ètre 
primitif dont il est originaire, sans qu’il soit necessaire de tous les 
placer sur la méme série; de l’existence de cette chaine on tirè les 
preuves directes de la tendance de la nature à développer et perfe- 
ctionner l’organisation ; et de l’existence des branches latérales celles 
de sa tendence a se mettre en rapport avec les circonstances envi- 
ronnantes et influentes; d’ou proviennent la multiplicitéè des èspeces 
et des races, mémes de plusieurs coupes superieures. 

10° La perfectibilità des facultés morales, de l’instinct etc. due au 
développement du système nerveux, de l’aptitude organique, qui favo- 
rise de plusieurs maniéres, etc. 

11° Conclusion (1) — que l’ homme s’est ainsi forméè à la manière 
des animaux et des plantes. et qu'il a recu le dégré d’intelligence, de 
superiorité etc. dont il est doné par le concours hereux d’un grand 
nombre de circonstances qui plus nombreuses encore, on moins nom- 
breuses, en auroit, fait un animal bien plus parfait encore que nous _ 
le':sommes ou viceversa un animal égal ou a peine plus parfait qu’un 
singe, de la méme manierè qu'elle est arrivè à former l’Elefant, l’hyp- 


ra 


(1) Nel manoscritto del Bonelli è stata segnata una linea nera attraverso alle - 
considerazioni indicate dal N. 1 al 10, linea che vuol essere una cancellatura. Ho 
creduto tuttavia di riferire anche questa parte del manoscritto perchè assai interes- 
sarite per le idee espressivi, che corrisponilono a quelle dal Bonelli indicate in al- 
tri scritti. Il paragro 11 non. porta cancellatura. 


popotame; la baleine, le perroquet etc. qui sont tous si differens' ‘des 
Autres du méme ordre qu'on pourroit ainsi qu'on l’a fait de l'homme . 
en former des ordres particuliers qui ne se composeroit plus que d’un 
certain nombre d’èspeces tout aussi voisines entre elles que le sont 
les differentes races de l’espèce humaine, à la seule diffèrence que 
celles des animaux ne paraissent point se lier entre elles, parce ce 
que nous sommes à leur égard plus scrupuleux, et que moins repan- 
dus, mais influencé par des circonstances plus actives, le differences - 
specifiques se sont mieux imprîmées, et ont portéè mème sur l’organi- 
sation, tandisque les races humaines se lient davantage par ce que ‘ 
les differences soint moins considèrées, et que d’ailleurs la continuité 
de ses habitations (ou assujetissement aux influences locales) met une ’ 
continuité et les diffèrences graduelles dans les influences qui ont pu le 
modifier, dont il resulte une vraie liaison entre toutes les espèces 
d’hommes aux quelles p. cette méme raison on se contente de donner 
le nom de races. 


Essai sur les facultés intellectuelles des animaux 
et sur l’origine de celles de l'homme (1) 
4 Mai 1812 


revue le 8 fevrier 1814 


Faits qui viennent à l’appui du raisonnement des animaux, et de leur 
perfectibilité. i 

— Perdrix qui contrefait l’extropiée. 

— Etournaux qui ne descendent plus au filet après l’expérience. 

— Moinaux qui s’entraident, ou s’avvisent de l’approche des ennemis 

‘par un crì'particulier. 

— Hirondelle qui vient à l’ancien nid. 

— Autres animaux qui reconnaissent leur gite. 

— Rénard boitaux, impossibile à prendre une 2° fois au piege. 

-- 2 loups chassant de concert, l’un se faisant poursuivre par les 
chiens, l’autre volant la brebis. 

— Chardonnet qui aprend e tirer le sceau du manger e de l’eau pour 
boire. 

— Souris qui agrandit le trou pour entrer. 

— Penduline faisant son nid (istinct). 

— Chevaux, chiens, singes etc. qui aprennent des actions combinés. 


(1) Sono appunti, in parte slegati. Essi servono tuttavia a far conoscere quali 
fossero le idee del Bonelli sopra l'importante questione. 


dl A 


— Reconnaissance de certains animaus aux bienfait. 

— Chien qu’alla de Paris a Petersbourg par lui seul. 

— Cheval et autres anim. qui se choisissent un chef. 

— Docilitè, intelligence, et facilitéè à apprendre de l’Elephant. 

— Republique des fourmis et des abeilles. 

— Détaiîll. inconnus de la vie des animaux à pouvoir comparer avec 
ceux de la vie humaine car l'homme, vu en grand, rien plus que 
les animaux. 

Pour juger de la difference qui passe entre l'homme e la brute sous 
le rapport des facultés morales, il est necessaire d’analiser ces facultés 
et en connaitre les sources. 

1° - L’instinet inné. 

2° - L’education. 

3° - L’aptitude organique. 

4° - L’expérience. 

5° - La réminiscence. 

6° - L’exercice, ou la continuat. dans l’action d’une méme fonction. 

C'est l’esemble de ces qualités qui constitue le raisonnement. 

La 1° qualité on l’instinct, est commun a tous les Anim. il sy ràp- 
portent toutes les actions exerceés depuis un tres long temps par la 
méme espéce, et par conséquent comme indispensables. Si l’homme en 
a peu, c'est parce qu'il y à trop de varieté dans son education, et ses 
actions, que n’etant point repetées toujours les mèmes, elles ne peu- 
vent point s’imprimer dans son étre et se transmettre ensuite par la 
génération. Si les hommes ètaient mathematiciens depuis plusieurs 
milliers d’année nos enfans naitroient mathematiciens. 

Si le besoin on rend l’usage plus frequent, il en resulte qu’ il est 
plus parfait e ètendu chez les brutes que chez l’homme — C’est celle 
qui enseigne au Rossignol la méme chanson de ses parens, qui guide 
le passage des oiseux, qui porte le nouveaunè a la mammelle etc. 

La 2° on l’èducation est moins étendue, elle donne plus de developpt 
aux facultée morales, et fait anticiper leur fonctions, en un age on 
le peu de connaissances acquises et de comparaison faites ne mettrait 

| pas encore l’animal en état d’y pourvoire lui méme. — Les animaux 

| qui vivent en societè ou familes ont plus d’education, par conséquent 
aquierent l’usage de leurs facultés morales avant les autres et cette 
precocité par le plus grand temps qu'il laisse à l’exercire de ces mé- 
mes facultés, est cause que ces Anim. sont plus douès de facultés mo- 
rales que les autres, et que leur instinct (ou les facultés transmises par 
la generation) est plus étendus parceque ils ne se trouvent pas dans 
le cas de l’homme qui changeant ses actions de père en fils, ne peut 
point les recevoir en naissant parceque repétees depuis trop peu de 
temps. 


— 26 — 


8° L’aptitude organique entre dans l’ exercice des facultés, et dans 
leur developpement et perfectionnement, en une proportion tres grande, 
et je crois fort bien avec Anaxagore que si l’ homme était prive de 
mains, qu’il seroit peut étre le plus miserable des animaux malgré 
tous les autre avvantages qu’il pourroit encore avoir sur eux. — En 
effet la marche, bipede, la direction des yeux, la perfection de ses 
mains sont une source inépuisable de connaissances que l’homme ne 
pourroit acquerir dans des circostances differentes, et la dégradation 
des facultés morales acquises par l’àge cu par l’education doit étre 
en rapport avec la degradation de ces 3 facultés ou de facultés ana- 
logues qui puissent les remplacer (ainsi la trompe de l’Elephant fai- 
sant les fonctions de main, l’elephant acquiert par là les mémes con- 
naissances que nous acquerons avec l’usage des mains). 

Comme aptitude organique sont encore considérés le volume du 
systeme sensitif; et _calité du mouvement volontaire ou spontanée. 

Le volum du cervaux, et le developpement du restant du syst. ner- 
veux dans les organes des sens est naturellement accompagné d’une 
plus grande aptitude à percevoir les qualitès des corps, à les com- 
parer, et à en retenir dans la mémoire les souvenirs des sensations 


qu’ ils ont faits sur les organes, et par consèquent à agir en suite - 


d’une maniére conséquente. 


Sous ce rapport les animaux sont d’autant plus parfait qu’ ils sont 


organisés d’une maniére moins analogue à celle des premiers animaux 
on ne peut pas dire qu'’ils le sont à mèsure qu’ils se rapprochent d’a- 
vantage de l’homme, car il y a dans.la classe des oiseux, p. ex. des 
animaux aussi parfaits sous le rapport du systeme intellectuelle, que 
le plus parfait des mammifèr. Cependant le perfectionnement des fa- 
cultés propres de ce système n’y est pas aussi développè parceque 


d’autres circonstances organiques s’y opposent tel que l’inutilité des 


mains, qui ont une autre destination, et l’inaptitude des pieds qui 
sont calleux étant destinès a la marche etc. 
Le perfectionnement, et le mode particulier d’emploi des organes du 


mouvement contribuent d’autant plus au perfect. des facultés intelle- 


ctuelles qu’ils sont en tout ou en partie moins exclusivement destinés 
au mouvement pt. dit. Ainsi les onguiculés doivent certaint. étre plus 
parfait que les ongulés, les mammif è mains plus que ceux à pieds; 
et parmi les premiérs doivent l’ètre ceux qui comme l’homme ont dans 
la main toutes les qualités recquises par un plus grand nombre d’u- 
sage. Ainsi si la main des quadrumanes est propre à saisir, celle du 
l'homme est propre non seulement a saisir, mais à une quantitè d’au- 


tres usages qui lui sont particulier. — Cette méme organisation tran- 
sportée loin des organes des sens, c. a. d. dans les pieds de derriére, 


perd la plus part de ses avvantages, c’est ainsi que le pied en Main" 


Rn 

dés pédimanes ne place pas les animaux ou dessus des autres quant 
aùx facultés intellectuelles perfectionnées par l’ emploie d’ un organe 
lateur. 

Le nombre des doigts contribue aussi aux développement des fa- 
cultés — de tous les mammiferes à sabot l’ elephant est le seul qui 
en ait 5 aussi est il le plus avvancé sous ce rapport, cependant c’est 
ici la trompe qui fait tout et la bonté de l’ouie et les yeux — Parmis 
les oiseaux; les terrestres et les aquatiques sont les plus imparfaits 
parceque leur pouce manque dejà souvent ou tout au moins leur est 
inutile: — La dispòsition des doigts qui forme la main de l’ homme, 
contribue d’ une manière analogue dans les pieds des oiseaux. Les 
grimpeurs sont parmis les oiseaux ce que les quadrumanes sont par- 
mis les mammiferes. 

4-5 — La réminiscence autre qualité sans la quelle point de per- 
fectionement des facultes intellectuelles, car sans une dose de mé- 
moire les comparaison ne peuvent avoir lieu, et tout animal qui ne 
compare point, est comme s’il venait alors au monde et ne sait rien 
ni du bien à se procurer, ni du mal è éviter. 

Tous les anim. cependant ont une dose de réminiscence, plus on 
moins grande aussi en raison de l’usage qu’ils en font et de develop- 
pement e de l’aptitude majeure qui lui font contracter par l’usage. 
Ainsi les hommes qui exercent la mémoire en ont, généralment par- 
lant, plus que les autres. 

L’insectes qui sait choisir la plante qui lui convient ou qui con- 
vient à sa larve parait étre conduit par l’instincet; mais il y a de la 
réminiscence lorsque la larve du Carabe s’introduit dans les trous, 
sous les ‘écorces etc. pour y chercher les autres insectes que l’expé- 
rience lui a apris s’y trouver. 

L’experience est naturellement liée avec la reminiscence, la premiere 
est la cause, la 2* l’intermède de l’effet. — Sans l’expérience, propre, 
ou non, qui est qui auroit apris à l’alouette a fuire ou se cacher de- 
vant l’oiseux de proiè cu de l'homme, ce qu'elle ne fait point, ou il 
paroissent pour la 1° fois. 

Il resulte par. conseq. que les anim. que les circostances placent à 
ménie: d’étre sujet aux variations extérieures, acquirent plus d’ex- 
perience, la réminiscence de ses variations les fait agir d’ une ma- 
nière consequente, et l’animal erxerce parlà un certain raisonnement 
tandis' que celui placé dans des circonstances semblables entre elles» 
monotones, tel que celles ou se irouvent les polypes, n’ont point d’ex, 
perience, cu dumoins sans organes de sens, ne peuvent point prendre, 
ni' profiter de celles des autres. — La reminiscence: jamais emplo- 
yée, s'oblitére, et l’animal perd toute espéce de faculte intellectuelle. 

6° La derniére source du raisonnement est l’exercice continuò pen- 


‘mg ade 


dant un grand nombre de génération des mèmes facultés et de la: 


meme maniere. Les facultés se perfectionnent en méme temps que les 
organes de les facultés se développemt. Ce qui le prouve c’est l’apti- 
tude differentes des races de chien. 

En effet d’ou vient - il si non d’un exercice continuée, que telle race 
de chien est meilleure pour tel usage, telle autre race à telle autre 
usage? Car on peut pas douter que tous les chiens ne sont q’une seule 
espéce. Cependant sans parler de leur qualités physiques qui sont 
aussi variée, que la difference par l’instinct entre les uns et les au- 
tres. On l’apèle icì instinct, mais si Vl instinet est inné, pourquoi ne 
continu-t-il pas à étre Ie méme dans tous les chiens qu'il etait dans 
le chien primitif. (La raison est que l’instinct s’ est ici changè par 
le changement des habitudes). 

C'est instincet donc originaire d’ habitudes particuliéres continueés 
les mémes dans plusieurs générations, s’° est intiîmement lié avec la 
nature du chien, et devient susceptible d’étre trasmis aux autres gé- 
nérations, tout comme se trasmettent des traits de la physionomie, la 
taille etc. et si ces transmissions ne sont pas aussi constantes qu’elles 
devraient l’étre, plusieurs circonstances contribuent à les pervertir, 
et parmis les connues on doit principalement enumèrer celle de l’im- 
purité des races qui nait du croisement de races différentes, car on 
sait que le croisement est très propre à faire dèsparaître tous les 
vices organiques, et ramener le differentes races à une race moyenne 
qu'on regarde comme la plus pure, e celle dont toutes les autres sont 
des dégénerations produites originairement par l’influence des circon- 
stances locales, et l’action qu’elles ont sur les facultés, dégènerations 
qui se sont perpetuées, et qu'on ne peut faire dèsparaitre qu’en. pla- 
cant les races dans des circonstances locales différentes. 

Il résulte de tout ceci que le raisonement n’est point particulier en 
essence a l’homme, mais qu’il se trouve dans tous les animaux ou du 
moins que tous les anim. en sont susceptibles, qui en ont les condi- 
tions necessaires, mais qu’il est susceptible de dévenir d’autant plus 
parfait, et qu'il se reproduit tel par les générations, en raison de la 
perfection de ces conditions ou sources qui sont nombreuses dans 
l’homme et qui peuvent encore le devenir davantage par la suite, car 
je ne voi rien d’extraordinaire à admetre un perfectionnement  suc- 
cesif dans l’organisation et les facultés de l’numme, perfectionnement 
qui n’aura peut - étre de borne que avec l’extinction de sa race. — 
Au surplus il n’ y a pas plus d’ absurde è dire que les hommes n’ ont 
pas toujours en genéral la meme dose d’intelligence, qu'il seroit ab- 
surde de dire que tous les individus de l’éspéces humaine en ont 
la méme dose, encore on peut expliquer jusque à un certain point le 
changement de cette dose d’intelligence dans les differentes genera- 


ca 


— 29 — 

tions qui se sont succedées depuis des milliers d’anneés tandis qu’on 
ne parviendra peut-étre jamais à connaitre la cause qui fait que dans 
une famille de plusieurs enfants, il n°y a pas 2 qui se ressemblent 
sous ce rapport et que le génie des hommes soit si peu uniforme en 
général. 


(PLAN DE MON) 
CRESCITE ET MULTIPLICAMINI 
OU 
TABLEAU GENÉFALOGIQUE DU 
RÈGNE ANIMAL 
OU 
CONSIDERATIONS SUR L'ORIGINE DES RAPPORTS QUI 
EXISTENT ENTRE LES DIFFÉRENS ANIMAUX,; 
LEURS ESPÈCES, LEURS FAMILLES, LEURS 
CLASSES ETC. SUIVIES 
DE L’ESSAI D'UNE NOUVELLE MÈTHODE D’EXPOSER 
L’ORDRE NATUREL DES ANIMAUX 


Fevrier de lan 1814 


«Tableau genéalogique du regne animal ou etc. 


Prèmier partie 


Explication des principes sur les quels est fondée la Theorie de la 
généalogie des animaux 

et 
Esposé des preuves rationelles et des faits qui viennent à l’appui de 
ces principes. 


Chap. I 


De la connexion des étres en séries naturelles et de la ramification 
de celles ci; des moyens actuels de traiter cette matière, — Preuves 
par des exemples. 

D'un enchaînement analogue dans les accidens de la vie, des ages 
et en général de tout ce qui tient an physique, comme au moral. 


FI 


De l’existance de plusieurs sériés, et de la faussété de la chaine u- 
nique des étres immaginè par Bonnet. 


cea 


$2. 


De l’existance des séries latérales provenant et dépendant des series 
principales comme les branche d’un arbre proviennent du tronc; et 
de l’enchaînement direct et continue des étres plus parfaits ou termi- 
naux. i TASTI 


Chap. 2. 


Des causes qui determinent l’enchaînement et la ramification des 
séries des étres, ou de l’existence en nature de 2 marches ou mouve- 
ment, l’un perpétuel, libre, actif et indépendant et qui est le develop- 
pement le quel a lieu dans les espèces (crescite et multiplicamini) 
comme dans les individus, l’autre temporel, géné, passif et dependant 
de causes extérieures, le quel est également dans les espèces comme 
dans les individus, et qui est la scusceptibilité cu influancabilite. 


Sul: 

De la première marche de la nature, savoir, du developpement et 
premièrement du developpement individuel, par le quel les individus 
des corps organisés peuvent par une impulsion de la nature, (qu’ils 
trasmettent par la génération) ou force propre, libre et indépendente 
de toute force exterieure un accroissement dèterminé sous.nos propres 
yeux — preuves dans sa réalité admise par tout le monde, puisque, 
quoique lent, il est toujours sensible à nos sens et à nos instrumens. 
— Lois du développement individuel. 


Se: 

Du developpement specifique ou de la mème marche de la nature 
considérée dans les espèces, et par le quelle les germes admis comme; 
deja formés et repandus sur le globe, et prototypes de chaque. série, 
placés dans des circonstances favorables se développent continuelle- 
ment et s’organisent de plus en plus par (le commendement de Dieu 

rescite) une impression que la nature (Dieu) leur a donnée (force in- 
comprehensible et inexplicable qui les y fait tendre comme. elle fait 
tendre tous les corps au centre) qu’ils conservent toujours intimement, 
liée à leur existence, et qui est indépendente de toutes forces exté- 
rieures; de la transformation successive des germes ‘en. espèces diffè-° 
rentes, en genres differens ect. — preuves — chaines et chainons des, 
étres; gran perfectionnement (supérieur méméè au notre sus quelque 
rapport, comme sous celui de la vue et du vol, dans certains animaux) 
de certains animaux, extrème simplicité de certains autres; variabi- 
lité de certains infusoires — Lois qui pucsigani au développement spé- 
cifique. ; 1 OSTUs NINNI 88 iJò 28D GI pia 


;; 


inca 


i 


De la deuxième marche de la nature, ou de la susceplibilil on in- 
fluengabilité, et premierement ‘de la susceptibilile individuelle par la 
quelle les individus des corps organisès prennent par l’effet de la dif. 
ference des circonstances qui agissent sur eux, des caractéres diffè- 
rens et modifient leur organisation en manierè à la mettre en rapport 
avec la nature. de ces-:mémes. circonstances influentes, au milieu des 
quelles ils se trouvent placées; et de leur mort si la nature des cir- 
constances est telle, que les individus ne puissent point en recevoir 
les empreintes et s’y adapter. — preuves — les monstruosités acci- 
dentelles, naturelles, ou artificielles du règne animal et du règne vé- 
gétal. Lois de la susceptibilité individuelle. 

De la susceptibililé specifique, ou de la deuxième marche de la na- 
ture, per rapport aux espèces, par la quelle les especès des corps or- 
ganisés, par l’effet continuel de la diffèrence des circonstances qui 
agissent sur elles, preuvent petit à petit l’empreinte de l’influence de 
ces mémes circonstances, c’est-à-dire des caractères et des modifica- 
tions organiques plus ou moins différentes, qu’elles trasmettent par la 
génération, et qui augmentent toujours (l’espece continuant dans les 
mèmes circonstances) jusquà ce que toute l’organisation soit en rap- 
port parfait avec ces circonstances. 

De la transformation qui en suit des espèces et des genres en d’au- 
tres especès, et d'autres genres. — Lois de la susceptibilité spécifique 
— preuves — ramification infinite des étres; organisation imparfaite 
de plusieurs animaux de familles et genres d’ailleurs parfaits. 


Chap. 3. 


De l’action qu’ont sur les étre les circonstances qui les environnent. 
$ 1. De l’influence immédiate des circonstances sur l’organisation. 
$ 2. De l’influence des circonstances sur les habitudes et besoins. 
$ 3. De l’influence des circonstances sur l’ organisation par l’in- 

terméde des habitudes, ou de l’influence de celles-ci sur l’organisation. 
Preuves — chiens barbets etc.: oiseaux perchant, ou terrestres; bec 
croisé, vol ou non (manchot), nage (oie), actions repétées ou abban- 
donées: ‘influence particuliére de certains climats, pays, nourriture 
etc. Sauterelles migrations, souris carnivores. 

$ 4. Appercu des principales causes influentes plus on moins 
connues. 

- .$ 5. De l’influence des accidens, ou causes inconnues sur l’ orga 
nisation, considerées comme source de plusieurs races domestiques, et 
d’un gran nombre d’espèces en nature, dont les caractères ne peuvent: 
etre motivè par l’influence des causes ordinaires. di 


goa 


$ 6. De l’identité des races domestique, et des espèces sauvages. 


Chap. 4. 


De lois de la nature par rapport à la reproduction. 

l. De la réproduction des qualités phisiques des étres. 

De la réproduction des propriétés. 

. De la rèproduction des qualités morales ou de l’instincet. 
Effets du croisement des races, des espèces, des familles, tres 
propre à corriger les défault individuel, et faire ressortir les beautés 
caractéristiques des especès. 


20 


UO UR UD UN 


Chap. 5. 


Combinaison de la susceptibilitè avec le développement, ou de 1’ in- 
fliuence de la première sur la direction du développement, soit dans 
les individus, séit dans les espèces. 

$ 1. Combinaison de la suscéptibilité individuelle avec le deve- 
loppement individuel. 

$ 2. Combinaison de la susceptibilité spécifique avec le dévelop- 
pement spécifique. 

Preuves — l’arbre de la nature; perfection de plusieurs. classes, 
ordres et familles indépendantes ou terminales comme la classe des 
Insectes, que l’action continuelle du developpement empéche de reculer 
pour reprendre des marches différentes qui conduiroient à d’ autres 
plans d’organisation dont les insectes se sont de plus en plus deroutés 
et éloignés; comparition de l’homme, du singe, du perroquet etc. po- 
stérieure à celle des animaux fossiles les plus parfaits. 


Chap. 6. 


Rapport des 2 espèces de développement e de susceptibilitée. 
$ 1. Rapport du developpement spécifique avec l’individual. 
$ 2. Rapport de la susceptibilité spécifique avec l’individuelle 


Chap. 7. 


Rapport du développement organique avec le développement des fa- 
cultés morales, et viceversa. 
$ 1. Rapp. du développement organique avec le développement des 
facultés morales, et viceversa. 
L’un et l’autres se perpétuent par la génération et ne se perfection- 
nent qu’avec une extrème lenteur, parce que tous les individus s’ en 
servent de la mème manière, et ne le forcent point (l’instinct) à changer 
par l’action de la susceptibilité. Ja 


trema 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENCES. 
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$ 2. Rapp. de la susceptibilitéà organique avec la variété qu'on 
remarque dans le dégré de faculté morale acquise, ou raisonnement 
des hommes et des animaux, et viceversa. L’une et l’autre s° acquiè- 
rent et ensuite se perpétuent, mais moins que l’instinet parce què ils 
sont molifiès successivement, ou contrariés. dans quelques individus 
de la série des parens, d’ou il resulte que probablement les enfants 
de parens qui depuis plusieurs génèrations exercent le méme art, 
naissent avec une plus grande inclination que les autres, au méme 
art, et qu’ils l’aprennent pour ainsi dire d’eux mémes. 


Chap. 8. 


Rapport du developpement et de la susceptibilité organique avac 
les progrès de la civilisation et les événement de la vie humaine et 
viceversa. 

$ 1. Rapport du développement organique avec les progrès de la 
civilisation, et l’augmentation de la population d’un pays. 

$ 2. Rapport de la susceptibilitè spécifique avec la destinée po- 
litique d’une nation. 

$ 3. Rapport de la susceptibilité individuelle avec la destinée par- 
ticuliere d’un homme, changèe le plus souvent par une circonstance, 
en apparence, tres accessoire; combinaison, dans ce cas, du dévelop- 
pement et de la susceptibilité. 


Chap. 9. 
Conclusion de la I°: partie. 


a — Que rien n’a été réellment crée tel que nous le voyons. 

b — Que la création n’est (au plus) admissible que dans ùn petit 
nombre d’animaux prototypes (1) et dans cette propriété extraordinaire 
et divine che Dieu leur à imprimée par son commendement Cresczte, 
de tendre à se perfectionner en se composant de plus en plus et en 
se devéllopant successivement. 

c — Que tout ce que nous connaissons, jusqu’ou mineraux, s’ est 
formé de lui méme par cette vertu expansive et évolutive, et s’est 
modifié. 

d — Que les qualités morales innées, et acquises sont dans le méme cas. 

e — Qu’en bonne phylosophie on ne peut admettre une crèation par- 
ticulièére pour l’homme, ni de conditions étragères à celles qui ont 
suivi la formation des autres animaux inferieurs è lui. 


(1) Nel manoscritto v'è la seguente variante « que dans les germes prototypes et 
dans, ecc, », 


CL'BUA 


f — Que l'homme vraimant phylosophe et impartial à son propre 
ègard dans le jugement qu'il porte sur la masse entière des animaux, 
doit reconnaitre que lui seul, comparativement à l’univers dont il se 
croit. le maitre ou tont au moins l’agent et l’ object principal, n° est 
absolument que poussière comme le dit l’ecriture Sainte, et que c’est 
son orgueil seul qui a pu la lui faire croire, étant constaté actuelle- 
ment par la géologie, la Zoologie, et les connaissances que l’on a sur 
les fossiles, que le globe a existè longtens avant lui et que tous les 


animaux fossiles méme sont de formation anterieure à la sienne, pui- 
sque nulle part il se trouve fossile. 


Tableau genealogique du Règne animal ou etc. 


Seconde Partie 


Généalogie du regne animal, ou application des principes, des preuves 
et des faits rapportés dans la première partie, et sur les quels est fondée 
la Théorie et la distribution naturelle des animaux en 4 grandes races. 


Chap. 1. 


Etat de choses préexistant à toutes formations d’ètre organisés ani 
més, qu'on admet pour ne pa remonter à l’origine des élemens eux 
mémes, et du quel on part pour chercher l’origine des animaux. 


Chap. 2. 


Du premier resultat de la combinaison chimique des élémens, ou de 

la formation des germes, et de leur conservation. 
Chap. 3. 

De la difference des germes entre eux: de l’existence de 4 sortes 
de germes, prototypes de 4 grandes races aux quelles peuvent se rap- 
porter tous les animaux connus; de l’existances de ces 4 grandes races 
tout-à fait indépendentes l’une de l’autre, et formées sur un plan d’or- 
ganisation particulier et exclusif à chacune. 


Chap. 4. 


Du développement des germes placés par le hazard ou les circo- 
stances dans un milieu favorable à leur développement, de la méème 
maniere que se développent les graines des plantes ensévelies dans la 
terre par un accident quelconque. 

$ 1. Premier développement des germes. 

$ 2. Développement successif et perfectionnement d’ une manière 
presque indéfinie pour nous, en suivant le plan de composition dans 
l’organisation, commencée par le genre prototype. 


MELI: 7 gl 


Chap. 5. 


Formation des espèces uniques qu’on ne peut placer qu’hors de série, 
due et déterminée par la scusceptibilité. 


Chap. 6. 


Formation des séries latérales dépendantes, ou des branches, deter- 
minées par l’action simultanée ou la combination du développement 
et de la susceptibilité. 


Chap. 7. 


De l’ovigine, des progrés, et de la perfectibilité des facultés morales 
en raison du développement et perfectionnement de l’aptitude organique. 
Savoir de la masse du système nerveux, et de la perfection et étendue 
des organes des sens. 


Chap. 8. 


Tableau des animaux de la 1 race. ou de la serie des rayonnans. 

. Explication et observations nécessaire à l’intelligence du tableau. 
. Tableaux particuliers des branches principales de la 1° série. 
. Explication et observations necessaire à l’intelligence de ces 


tableaux. 


09 wi 


UR UN Ud UN 
cos 


Chap. 9. 


. Tableaux des animaux de la 2° race, ou de la série des vertébrés. 
. Explication et observ. nécess. à l’intellig, de ce tableau. 

. Tableau particuliers pour les branches principales de la 2° série. 
4. Explication et observ. p. l’intell. de ces tableaux. 


UN UP IN UR 
wu wu 


Chap. 10. 


1. Tableaux des animaux de la 32 race ou de la serie des articulés. 
2. Expl. et éclairciss. sur ce tableau. 

3, Tableaux particuliers des branches de la 8° série. 

4. Eclairciss. et observ. sur a tableaux. 


UN UN UN YI 


Chap. 11. 


1. Tableax des animaux de la 4? race ou de la série des mollusques. 
2. Eclairciss. rélat. a ce tableau. 

3. Tableaux particuliers des branches de cette sériè. 

4. Eclairciss. sur ces tableaux. 


UR UR UN UN 


LE 


Chap. 12. 
Tableau particulier des races humaines 


Chap. 13. 


Conclusion de l'ouvrage, ou 


a — Parallèle de l'homme et des autres animaux plus puissans, ou 
plus parfaits. 

b — L’homme considéré comme métre et tyran des autres animaux 
et méme de sa propre espèce. 

c — Sa préeminence due à une réunion particulière de qualités phy- 
siques et morales qui n’appartiennent qu’en partié aux autres animaux. 

d — L’homme redevable à l’auteur de \ univers, qui a donnè au 
cahos la faculté de se transformer en matière, et à celle ci la faculté 
de s’organiser et la tendance à se perfectionner, plus que tous les 
autres animaux, par la réunion de ses atribus sublimes; moyens de 
l'homme pour témoigner sa reconnaissance à l’auteur de l’univers; ce 
qu’il doit è soi-meme, et à sa propre espèce. 

e — Manière dont il doit considérer et traiter les autres animaux. 

f — Manière dont il doit considérer et étudier la nature, en consi- 
dérant les étres telles qu'il se présentent aujourd’hui à ses yeux: en 
cherchant à connaitre la vérité, sans pretendre de la trouver, en 
n’accordans aux caractéres et differences des animaux pas plus de 
valeur qu’ils en ont réellement, étant prouvé que toutes sortes de di- 
visions systematiques ne sont qu’artificièlles, et que les espéces mèmes 
n’ont point de caractère qu’on puisse regarder comme rèellement con- 
stant sous les 2 rapports du développement et de la susceptibilité, qui 
ne cesseront peut-étre jamais d’agir. 

g — Que dans l’etude de la nature il doit comme dans les autres 
études, s’attacher spécialement aux parties d’une utilité directe pour 
l’aisance de la vie humaine. 


Mouvement 
et 


Marches de la nature vivante 


(Lammarck a trés bien connu cet 2 marches V. de plus ma réponse 
a M. Ziegler faite en janvier 1813, dont j'ai garde le brouillon) (1). 


(1) La lettera allo Ziegler di cui parla qui il Bonelli è gia stata pubblicata nel 
N. 586. (vol. XXIII — 1908) di questo Bollettino, 


mt ufte-C 


Mia A 


Le nature tend a se modifier par 2 motifs et 2 marches différentes 
l’une est indépendante, l’active, l’autre est soumise aux circonstances, 
c'est la passive. 

L’indipéndente est celle par la quelle elle tend naturellement à se 
developper, à se perfectionner. 

Dans les 7r40ividus des C. organisés ce developpement et ce perfec- 
tionnement s'opèrent assez promptement pour que nous puissions les 
suivre malgré que cette promptitude ne soit pas telle à se faire re- 
marquer d’un instant à l’autre par l’oeil de l’observateur - Ainsi nous 
ne doutons point a l’egard des individus, de cette force particulière 
de la naturè qui dans les circonstances favorables, fait qu’une graine 
se developpe plutòt que de pourrir ou rester inactive, qui fait qu’une 
animal ou une plante à moitié de son acroissement, continue à se dé- 
velopper jusqu’à ce qu’elle soit parfaite, plutòt de rester là ou elle se 
trouvait è une époque donné de son existence, c’est de la facilité de 
se développer les individus que dépend leur nombre extraordinairement 
grand dans la nature. Les espèces se developpent plus lentement, elles 
se multiplient par conséquant aussi beaucoup moins que les invidus. 

Leurs germes sont les molécules organiques qui se developpent par 
une force et des lois analogues à celles qui président au developpe- 
ment des individus, mais plus lentement, et d’une manière qui n’ est 
plus sensible à nos yeux que par les resultas; de la mème manière 
que le mouvement de l’aiguille d’une pendule qui employeroit un an 
(et c'est bien peu dire comparativement au tems que la nature em- 
ploit) pour faire son tour, cesse d’ étre susceptible d’etre saisi méme 
par les plus forts instrumens d’optique, mais qui observé après des 
intervalles plus on moins considérables s’ apperc. d’ une manière in- 
contestable par la différence que nous appercevons dans la direction 
de l’aiguille. 

Ainsi à mesure que nos connaissances en hist. nat. augmentent 
elles nous prouvent de plus en plus cet enchainement qui existe 
parmis les étres et qui doit necessairement resulter des différens etats 
par les quels ils sont obligés de passer successivement avant d’ar- 
river à celui de perfection que nous observons dans les étres qui forment 
les èxtremités des branches du grand arbre de la nature. 

Ils est probablement différents espèces de germes, ou pour le moins 
differentes circostances qui influent sur le mode de leur développe- 
ment, ainsi que celà s’observe également sur le developpt. des indivi- 
dus, font que tel prendtelle marche secondaire, tel autre prendra telle 
autre marche, et que leur developpement, et leur perfectionnement 
s’executera sur un plan different, de la méme maniere que le cours 
de la maniere de vivre d’un homme depend le plus souvent d’une cir- 
constances en apparence méème très-peu importante la quelle s’ est 


= Rie 


presentée d’abord, q'un garcon par. ex. qui aura toute la tendence, la 
bonne volontè, l’aptitude etc. d’embrasser l’etat éclesiastiques, qui sur 
le point de s°y livrer, un compagnon, une reflexion d’interéts, la mort 
d’un parent, une lois etc. etc. lui fait embrasser l’etat militaire, et 
en fait un grand général d’armèe qui ne voudra plus méme entendre 
parler de prétres etc. Ce developpement contînuel peut cependant n’avoir 
lieu de nos jours que dans les animaux petits et qui se trouvent dans 
des milieux où la multiplication de l’homme et le boulversement du 
globe n’ont pu influer, comme dans la mer, où nous savons qu’ il existe 
encore des cetacés et des poissous de la taille de ceux que nous trouvons 
de le grandeur dans les fossiles (les grands anim. marins habitent 
ordin. dans la haute mer, où il est possible qu’ il se trouve encore 
les ammonites) mais pour les animaux terrestres il est possibles non 
seulement qu’ il n’y ait plus de developpement considérable dans l’état 
de nature, mais qu il y ait de plus un déperissement ou degradation 
qui subsiste et est une consequence naturelle du deperissement qu’a 
subit le globe dans ses revolutions. 

Cette marche du developpement parait méme evidement conforme 
au texte de l’ecriture Crexite et multiplicamini, car Dieu ayant creé 
les animaux deja adultes et habiles à la multiplication comme il l’a 
fait pour l’homme, ne pouvait avoir d’autre idee au disant crescité 
que leur donner la proprieté de se développer d’avantage e d’augmenter 
le nombre des espéces par les nuances intermediares et les differentes 
routes par les quelles ils se developpaient. 

Aussi le developpement étant conforme à l’ecriture, et la suscepti- 
bilité conforme à l’espérience, il n°’y a nul inconvenient à les admettre 
pourvù que l’on commence par la creation de quelques animaux. 

L’autre marche est celle que les ètres tiennent en mettant leurs 
fonctions et par conséquent leur organisation en rapport avec les cir- 
constances environnantes. La nature tend a cette marche d’une ma- 
niére si èvidente qu’ils n’est pas possible d’en douter à moins qu’on 
ne veuille fermer les yeux ou etre absolument iuconsèquent de ce qu'on 
observe à chaque moments. — C’est par cette tendance que dans les 
animaux quelques fois le plan suivant le quel s’est perfectionné leur 
organisation se développent des parties, que s’en affacent d’autres, que 
des accidens infinis se déclarent sur leurs corps at nous servent de 
base pour fonder la distinction des especes. 


Perfectionnement des animaux domestiques. 


Dans l’ètat de domesticité les races sont susceptibles de se perfec- 
tioner par l'art de l'homme, ainsi qu ’on le voit à l’egard des belles 
races de chevaux, de brebis et de chiens que l’homme s’est procurées, 


_— soia 


et qui n’existent point dans l’etat de nature, e que lon ne peut dire 
non plus avoir été le resultat des circostances locales ou ces animaux 
out été places par l'homme car dans le mème endroit on voit souvent 
àÀ la fois plusieur races differentes du méme animal. 

C'est ici le seul cas ou l’homme, c’est à dire, la contrainte e l’escla- 
vage puissent réellement ètre considerés comme circonstance influente, 
car dans tous les autres cas l’homme lui méme n’y entre pour rien, 
et c'est touyours le mème état des circonstances qui influent sur l’a- 
nimal domestiques comme sur le sauvage car ces mémes circonstances 
se trouvent partout, et son indipendentes de l’homme. La seule cause 
done qui peut tendre au perfectionnement des races et qui est réel- 
lement entre les mains de l’homme est le croisement des races dans 
certains cas, et le choix des individus dans les autres cas. 

Nous savons que les races dégénérées par l’action des circonstances 
locales melées spécialement avec opposition de caractére donnent par 
la génération des individus qui ne ressemblent parfaitement à ancune 
des races dont ils proviennent prennent l’impression de l’espéce pri- 
mitive, et se perfectionnent, c’est ainsi que l’on fait à l’égard des mou- 
tons. — Nons savons d’un autre còté que les empressions accidentelles 
ou determinées par la nature des circonstances dans les individus 
d’une race, se propagent non seulement par la génération, pouvue qu'il 
n’y ait pas mélange de races hétérogénes, mais que méme alles se per- 
fectionnent, c'est à dire, qui elles augmentent dans la manifestation 
d’un méme caractere acquis par suite d’influances particulierés ou 
simple accident; dou il resulte que 2 individus ayant le caractere de 
la méme race, donnent par la génération des individus semblables à 
eux, qui méme aurent le caractère plus tranché que dans les parents, 
si on les maintient dans le mème état de causes influentes ; ou qui 
tout an moins conserveront leur caractére si les circonstances locales 
ne sont plus les mémes, ou que la race ait étè primitivement produite 
par l’accident. — Cést une chose évidente que le nombre des accidens 
(autrement variétés ou monstruosités) doit étre en rapport avec la 
multiplicité des individus car augmente la probabilité en raison du 
nombre des générations, et que l’etat domestique a beaucoup contribuè 
à la multiplication des animaux que l'homme a assujeté, et il est d’ail- 
leurs également clair que d’autres accidens doivent avoir lieu dans les 
mèmes races deja formées par un accident, et que ces mèémes accidens 
en se multipliant ont multipliè les races qu’ ils caracterisent. 

Maintenant que l’on consideré l'homme toujours marchant aprés tout 
a qui peut lui étre utile, ou flatter quelques unes de ses passions ou 
de ses plaisir, ou de gdut, semparer d’abord de quelques individus 
màles et femelles d’une espéce dont il espére tirer quelque parti, re- 
streindre leur liberté petit à petit a fin qu’ ils continuent è propager, 


— 40 


les maitriser en fin et leur regler toutes les actions à sa fantaisie, 
recuillir à son profit le fruit de leur union, et le destîner à tel ou 
tel service, oter jusqu’aux moyens de se reproduire à ceux qu'il a de- 
stinés, choisir pour ceux à qui la propagation est accordée, les indi- 
vidus qui lui plaisent le plus, c. à. d. les individus dans les quels il 
aura recunnu ou plus de force, ou de plus belles proportions pour flatter 
son oeil et son ambition, accoupler ceux ci entre eux bien soignosa- 
ment à fin que les beautes accidentelles des parens se conservent avec 
leur méme caractére et pureté dans les individus qui on proviendront; 
choisir nouvellement parmi ces derniers ceux qui auront mieux mar- 
qués ou qui méme auront encore d'autres différences accidentelles 
(tout ceci arrive journellement sous nos yeux à l’ègard des animaux 
domestîques et méme de l’espéce humaine) qu’ il considerera comme 
des beautés ou tout au moins comme des curiosités qui peuvent flatter 
le caprice de quelques hommes, les accoupler nouvellement, et repeter 
enfin pendant une suite de 40 siécles 4 w707ns les mémes choix et 
les mémes attentions et soins a conserver les belles races et les en- 
bellir encore succéssivement, et aura l’idée de la maniére dont la plus 
part, si non toutes les races domestiques de chevaux, de chiens, de 
Poule, de Pigeon etc. etc. se sont formeés et perpetueés, changées 
méme en espéces ni plus ni moins que les espéces d’animaux sauvages 
se sont formés par le concours d’un plus grand nombre de circonstances. 


Mém sur la multiplication journaliere 
des espéces dans l’état de nature 
ou examen des moyens dont peut ou a pu se servir 
l'homme pour multiplier les races tant dans les animaux 
domesstiques, que dans les plantes cultivées pour provurer 
que la Nature se sert de semblables moyens 
pour multîplier les especes 


D’abord — preuves dirécte de l’influence des circonstances. 

Il transporte les anim. et les plantes dans des climats différens. 

Force petit à petit ou bruscquement les animaux à telle ou telle 
espéce de nourriture, e les plantes à tel ou tel terrain. 

En interrompt le développement è tel ou tel point. 

Le force à se conformer a son gré. ; 

En augmente ou eu diminue le developpement final par une nourri- 
ture plus abbondante on moins. 

— Choisit les indîvidus plus beaux, ou plus conformes à ses dessins. 

-— Mele les espéces, méle les races deja obtennes. 

— S'empare des variétés accidentelles puur les propager. 


— 4l — 


Ote aux animaux les besoins de se défendre, de s’instruire sur l'art 
de chercher leur subsistance, et par là fait disparaitre les qualités 
nuisibles des uns et des autres. 

— Favorise le développement des accidens perpétuables (1). 


Multiplication successive 
des espèces sauvages d’animaux 
Perfectionnement 


et 
Unité de l’espece humaine. 


D’aprés l’observation que l’accident (outre toutes les autres causes 
actives ou passives qui concourent à modifier les espéces) peut souvent 
donner à un animal des caractéres què ses ascendans n’avait point, 
et que ces mémes caractéres sont susceptibles d’etre transmis aux 
descendens si le croisement des races ne vient pas les détruire, 
ou peut expliquer d’une maniere tres-claire, a part la grande distance 
qui passe entre l'homme et les animaux, le grànd perfectionnement 
organique et moral de celui-là, ainsi que le peu de difference que 
présentent ses races, c. a. d. la presque unité de son espéce, de l’autre 
part le moindre perfectionnement des autres animaux, l’impossibilité 
ou ils sont d’atteindre celui de l’homme, et surtout le grand nombre 
de leurs races ou espéces voisines, toujours croissantes — (crescite et 
multiplicamini). 

Chez les animaux sauvages les mariages se font sans aucune lois 
par rapport à la descendence, de sorte que de mème que deux indi- 
vidus d’origine trés-eloignée s’unissent, également deux individus qui 
provviendront d’une méme porteé ou d’une méme nicheé, et plus en- 
core peuvent s’unir e travailler de concert à la propagation de 
leur propre espéce une jeune femelle avec son propre pére, ou un 
jeune male avec sa propre mere; il est méme des animaux qui nais- 
sant par couples contînuent à vivre ensemble, et forment eux mémes 
des sociétés conjugales, que la mort seule de l’un ou de l’autre sexe 
peut rompre. 

Chez l’homme au contraire, mème chez le plus sauvage et éloigné de 


(1) Il Bonelli a questi appunti ha aggiunto le parole seguenti in italiano: « Questa 
« mem. deve esser condotta in modo che li fatti conosciuti sugli animali domestici 


A 


servano a dimostrare la moltiplicazione delle specie selvatiche, e queste poi a 
« dare i Inmi pel miglioramento delle razze domestiche. — 1° Esame delle influenze 


A 


umane sugli animali domestici. — 2° esame e paragone delle iuflnenze naturali 
« sui selvatici. — 3° risultato di queste influenze. — 4° riflessioni sull’applicazione 
« di quelle osservazioni al miglioramento e propagazione delle razze domestiche, » 


— 42 — 


l’empire des lois, il existe une convention à la quelle il ne parait de- 
roger que trés-rarement, et en vertu de la quelle les mariages, ne se 
font jamais entre des individus provenans de mémes parens. 

Maintenant si l’on fait attention que les caractéres accidentelles 
d’un sexe tendent à disparàitre, si l’autre sexe ne concourt pas à les 
conserver par la possession de ces mémes accidens, on verra que 
moyennant le croissement des races en usage chez l’homme, tout ca- 
ractere c. a. d. toute difference que les enfans d’une famille pourroient 
présenter par rapport aux enfans, des autre familles, et qui établi- 
rait entre eux mémes de certaines rapports de physionomie ou de taille 
ou autre, doivent disparaître par l’action de l’autre sexe avec le quel 
ces mémes enfans finiront par s’unir, parce que la nature tend è faire 
disparaître ce qui est accidentel dans l’organisation (pourvue qu’une 
force majeure, telle que la réunion de 2 individus ayant le méme ac- 
cident; n’y obste pas) célant seulement à l’action lente et continue 
des circonstances locales et à la lois du perfectionnement ou déve- 
loppement actif. 

On voit clairement de là que les races humaines se disvinquent par 
le climat qu’elles habitent, parceque les climats vraimant influant 
étant trop éloignés les uns des autres, l’homme de l’un ne peut 
point se croiser avec l’homme d’un autre pour entretenir cette teinte 
moyenne qui en resulteroit; et que les mariages, se faisant consèquem- 
ment entre individus influancés pas le mème climat, leurs descendans 
conservent, et la méme cause continuant à exister, augmentent mèéme 
leur propes caractères. Mais dans un elimat d’une médiocre étendue, 
par celà méme que l’homme aime à rouler, à voir de nouveaux pays, 
a entrétenir pour ses propres besoins un commerce qui le méle a toutes 
les societes, et le confond avec d’autres individus, les mariages se 
faisant entre individus, aussi disparates que la petitesse du climat le 
permet, il resulte que tous les individus se ress-mblet plus ou moins. 
Sous certains rapports, et portent l’empreinte de leur propre pay ou 
ce qu'on apèle communement caractere national. 

L'homme bornè ainsi à subir l’influence du climat qui n’ayannt point 
de limite lui meme, ne peut point etablir dans l’homme des races 
assez distinctes pour qu’ il soit possible de les lier par des annaux 
intermediares, conserve l’unité de son espèce, parce que celles qui 
pourraient provenir des differences accidentelles s’effacent par le croi- 
sement et cedant à la lois générale et perpetuelle du développement 
specifique qui s’opére partout, acquiert tous les jours un nouveau dégré 
de perfectionnement, et s’éloigné par conséquent de plus en plus de la 
brute, ou s’il degénere il faut dire qu’ ils dégénerent aussi les autres 
animaux, car il est toujours à la méme distance d’eux maintenant et 
avant le déluge, 


L'A 


Mais chez les animaux sauvages la marche doit étre toute diffé- 
rente, parce que les mariages ne sont pas sujets aux méme lois: Ainsi 
p. e. des individus qui naissant de parens accidentellement (on p. 
l’effet de causes connues) défectueux ou monstrueux, s'unissant entre 
eux mémes, trasmettent à une 2° génération les mémes déformités cu 
accidens qu’ ils avaient recus de leurs parens, parceque ces mémes 
deformités non corrigées p. le croisement, se lient avec les autres 
atributs de l’espéce, s’identifient en elle, et deviennent des caractéres 
constans d’une nonvelle espéce, si celle ci par des croisemens contì- 
nuées ne parvient pas à les faire nouvellement désparaitre. Ces cara- 
ctéres primitiment accidentels peuvent varier et augmenter en nombre, 
en raison du nombre des gènérations qui determine celui des chances, 
de sorte qu’il se formera race de race, savoir des espèces 27°, 3re etc. 
qui augmenteront le nombre réel à nos yeux, des espéces sauvages, 
dans le quelles il se formera encore indépendamment de tout celà, 
des nouvelles races vu espéces par l’action séparée ou simultanée du 
développement et de la susceptibilité. 

Il est cependant à observer que des (la creation) le moment ou 
l'homme a pris le sceptre du monde, le perfectionnement des animaux 
a du étre plus lent, et méme borné a l’egard de ceux qui ressemblent 
le plus a’ l’homme e qui occupent les l"e rangs, parmis eux (si pourtant 
ils ne sont pas de formation postérieure); car il est evident que l'homme 
dés le moment ou il a commencè A maitriser les animaux a pu s’ele- 
ver notablemant au dessus des autres animaux il les a génés dans 
leurs actions, dans l’exercire de ces fonctions, qui auroient pù con- 
tribuer a un plus grand leur perfectionnement, et a mis une barriére 
à ce qu'ils pussent s’elever d’avantage, et méème en leur faisant la 
chasse en les dispersant dans les partier du globe peu favorables è& 
leur genre de vie, en les separant d’ontro eux et rompant leurs societés 
commencantes leurs ote de plus en plus ces moyens et les fait mème 
on certaine maniére retrogrades, s'est trouvé par là, à cause du per- 
fectionement qui continue toujours dans lui, mettre une lacune entre 
lui et les autres animaux toujours croissante. 

Nous avons dans la société humaine un exemple analogue, et frap- 
pant pour la maniére dont il explique cet intervalle croissant qui 
sépare l'homme des singes. 

Dans une republique (comme on peut la supposer, mais comme elle 
n’existerà jamais) tous les membres qui la composent sont a peu de 
differences prés, egaux, tous travaillent et s’enrichissent, tous par- 
ticipent aux méèmes biens et aux mémes maux, tous s’instruisent 
d’aprés un méme plan, et atteignent les mémes buts, tous enfin per- 
fectionnement leur fortune comme leur esprit a peu près également. 
Mais si le hazard ou des circonstances imprevues ou accidentales 


— 44 — 
viennent à produire dans cette societè un individu supérieur aux 
autres pour la fortune et pour le talens, il en arrivera que celui-ci 
s’elevera encore davantage au dessus des autres par une double raison, 
savoir en continuant à se perfectionner lui-mème de plus en plus, et 
en deprimant les autres, par la force de sa supériorité, les faisant ainsi 
retregrader dans leur perfectionnement, tout comme il arrive le plus 
souvent a l’égard des princes qui commencent une dinastie, d’égaux 
qu’ ils etoient primitivement a tous les autres membres de la société 
ils s’elevent petit à petit par la force des armes qu’on leur a confiées 
ou par leur talent transcendant, et une fois devenus chefs de leur 
nation, ils éteignent les désirs de ceux qui auroient visé au méme 
postes, soffoquent l’ambition des autres entreprennans, écrasent l’au- 
dace et les efforts de ceux qui vondroient leur disputer ou troubler 
la primatié, exillant les anciennes et principales familles, chassent du 
pays leurs compagnons d’intrigues, arrétent et detouruent les pas de 
ceux qui s’avvancaient sur la méme carriére et dirigent au contraire 
tous ceux-ci vers un but utile seulement et favorable à leur propre 
éleévation, de maniére que d’une part le prince se trouve avvancer en 
gagnant en force et en influence et de l’autre part les autres membres 
de la société se trouvent retrograder en perdant de leur force, de leurs 
moyens pecuniaires et de leur liberté, d’ou il resulte que l’intervalle 
qu’il s'est forméè entre le premier et les seconds devient toujours plus 
grand, au point que ainsi q’on l’observe a l’egard des Impereurs 
d’Asie, il n’est plus permis d’etablir une comparaison entre le prince 
et son sujet, pas méme entre le prince et le premier ministre, parce 
que le premier est considéré comme tout, et le second comme rien. © 


Liaisons du passages d’une Classe a l’autre 


Le passage d’une classe à l’autre doit necessairement se chercher 
dans les espèces qui par leur caractère participent aux 2 classes, mais 
ont auroit tort de croire que celles d’une classe qui ont le plus grand 
rapport avec l’autre classe en général, fussent elles-mémes qui for- 
nissent l’échelon. 

Par exemple parmis les oiseaux ceux qui par leur organisation 
s’approchent d’avantage des mammifères sont les autruches et les 
casoars dont le squelette a beauconp de choses communes avec celui 
des mammiferés dant les machoires (de l’autruche, au moins suivant 
M. Geoffroy) présentent des rudimens de dents renfermées dans des 
alvéoles etc. — Malgrè tous ces rapports on ne pourroit pas dire que 
l’autruche et le casoar soient les animaux par les quels la nature est 
dassée de l’viseau au mammifére. La raison en est que pour commencer 
les mammiféres par celui qui a le plus de rapport avec ces oiseaux, 


faje = e 


il faudroit mettre comme le 1° le chameau, et en général les ruminans, 
dans le quel cas plus dè moyen d’intercaler les cétacés et les Amphi- 
bies, ni les solipèdes dans la serie. D’ailleurs le passage se trouverait 
dans des animaux terrestres, tandis que l’analogie et plusieurs consi- 
dérations nous ‘font croire que les passages se sont formés tous dans 
l’eau c. a. d. a l’aide d'animaux aquatiques. 

Ces sortes de rapports qui lient par exemple les casoars et les au- 
truches aux mammifères ne sont point dus à l’effet du développement 
libres par le quel la nature pour passer aux mammiféres ait voulu se 
préparer dans ces genres d’oiseaux, mais à la susceptibilité, ou influen- 
cabitité, qui a determiné dans des oiseaux dont les habitudes sont 
très analogues à celles qui caractérisent généralement les animaux 
terrestres, qui eux mémes se sont ainsi formés par l’analogie des cir- 
constances qui influerent sur eux. 

Il en est de méme des rapports qui assimilent la chauve souris à 
l’oiseau, ils ne sont du qu’a l’habitude que cet animal a pris de se 
mouvoir à la facon des oiseaux, qui a determiné dans lui le dévelop- 
pement de l’organe du vol, et point du tout è ce qu'il ait servi dé 
echelon les oiseaux au restant des mammiféres car le passage réel des 
oiseaux aux mammiferes parait au contraire se trouver dans des ani- 
maux qui ne volent point. 

Une autre raison qui concourt à prouver que l’autruche par ex. 
quoiqu’avec des dents, n’a point pu étre l’échelon dont il est question, 
c'est que pour supposer que les dents fussent une preuve de son ana- 
logie avec les mammiféres il faudroit que les dents fussent réelment or- 
gane essentiel du mammifére, ce qui n’est point, puisque leur nombre en 
est si variable, et que ‘les ordres entiers en manquent, d’aillieurs dans 
la supposition que les dents fussent un organe necessaire du mammi- 
fere seroient necessairement plus voisins des mammifères les animaux 
qui, comme les reptiles à écailles et la plus part des poissons, en 
ont plus genéralement, en plus grand nombre, et bien developpées. 

En un mot, il faut prendre garde en hist. nat. à donner trop 
d’importance à certains rapports quelques trés-prononceés, mais qui le 
fond ne sont qu’illusions pour prononcer sur l’affinité animale parce 
qu’ils ne sont point l’effet du développement, mais de la susceptibi- 
lité organique, et que le plus souvent il faut chercher les rapports 
dans des parties et leurs modifications en apparence peu importantes, 
au pour le moins peu apparentes et que sont cependant reélles parce 
qu’elles tiennent a l’effet indépendant du développement organique. 


Génération 


Un des moyens moins équivoque de pervenir à déméler le pheno- 
méne de la génération, est de suivre les progrès de sa complication 


pi ge 


à partir du 1° animal non du régne, mais de chaque série naturelle 
d’animaux et d’observer exactement surtout là ou se font les pas- 
sages d’un ordre à l’autre, d’une classe à une autre. 

Comme la generation paraît assez facile à concevoir et à observer 
dans les infusoires en suîvant les progrés dans les animaux superiéurs 
qui mènent des infusoires (types des 4 séries) aux autres animaux on 
peut parvenir à découvrir si la génération est partout la méme, ou, 
ce que je crois plus probable, differente dans quelque série sous le 
rapport de la preéxistence du germe dans la femelle ou dans le male, 
ou dans les 2 ou les germes se forment du concours des deux se- 
mences etc. 

Les cas de ovoviviparité doivent en général ètre regardes comme 
extra naturam et non susceptibles de servir d’échelons. Celui de le 
feécondation durable pour plusieurs générations, comme das les pnce- 
rons, peut étre utile à la découverte de la génération des anim, 
articulés. 

L’opinion de Fabrice d’Aquapendente sur la génération est la plus 
probable et la seule qu’'è lieu pour tous les anim. ovipares, mais 
vouloir espliquer de méme celle des mammif. la chose est trop difficile. 


Formation spontanée d’'animaux. 


Suivant Fray elle auroit lieu dans les eaux comme dans l’air 
atmosphérique, méme dans l’eau distillée et privée d’air etc. mais à 
ces assertions en grand partie contraires aux observations et aux 
espériences faites depuis, a déjà suffisamment repondu l’Institut de 
France. 

D'àprès une téorie plus conforme aux principes généraux, et à 
l’observation, sortout aux observations de M. Losanna qui s’est beancoup 
occupé dé ce sujet, il resulterait plutot que ces mémes molécules or- 
ganique repandne partout (et qui peut-ètre mème souvent peuvent se 
former par la combinaison des èlémens de ces mémes finides) sont 
reéllement susceptibles de prendre une vie active et animale, si il y a 
le concours de fermentation. En effet il est extremement difficile d’em- 
pécher un degré de formation quelconque dans un liquide, et le calo- 
rique ou autre resultat quel qu'il soit, de cette formation est celui 
qui anime ces petits ètres qui sans son secours resterrient à l’etat 
de simple matiere. 

Les animaux simples et premier resultat de la formations spontanée 
sont en petit nombre, et tous de deux ou trois germes seult. suivt. 
M. Losanna, qui m’assura que les monades sont de simples molecules 
non encore formées en animaux, 


Provvidenze per l’utilità del Piemonte 1815, (1) 


Artisti forestieri-attirare. 
Naturalizzazione dei suddetti. 


Protezione alle fabriche. esempio di Pesto 
Incoraggiamenti e non strapazzi ai trovatori (2) Bassi 
Libertà di esploitamento Valdostano 


Libertà di coltivazione di certe piante a certe condizioni. 
Naturalizzazione di alcune piante 


» » alcuni animali. 
Estrazione (3) dei prodotti del paese 

Grano 

Vino 

Seta 

Metalli. 


Importazione dei prodotti di altri paesi non necessaria 
Metalli - latta 
rame 
piombo. 

Fabbricazioni diverse - cioè - porcellana, majolica, terraglie, pietre 
focaje, lime, spilli, fornelli economici, carta, biacca, adi.ci 

Esploatazione di diverse cose — torba, carbone, pietre focaie, lose, 
terre colorite e da fabbrica. 

Consiglio di manifattura. 

Impiego dei Poveri: Proporzione nel consumo e nel prodotto dei viveri 

Persone veramente intelligenti in ciascun ramo. 

Moltiplicazione dei boschi, loro conservazione nelle montagne. 

Inconvenienti nelle privative, abuso che ne nasce, riparo. 

Esposizione dei prodotti d’industria nazionale. 

Raccolta pubblica di machine agrarie e d’arti. 

Imposta sui boschi novennali. 

Avvocati della posterità. 

Una società religiosa o ordine d’onore, ordine degli amici della 
Patria il quale senz’altro carico abbia quello di obbligarsi con giura- 
mento, di non mai servirsi che d’oggetti fabbricati nel proprio paese. 

Questa società dovrebbe ancora introdurre un costume nazionale 
indipendente dalla moda che utile a 100 persone ne rovina 1000. 


(1) Sono brevi appunti per un qualche lavoro che si potrebbe dire di Economia 
politica. 

(2) Questo vocabolo è usato nel senso di « inventori », 

(3) Per « esportazione ». 


Ca dg'— 


Il risparmio dovrebbe andare tanto alla erezione di fabbriche nuove 
per l’impiego dei poveri, che all’ incoraggiamento delle esistenti che 
presentano cose equivalenti alle estere. — Le dogane si compensereb- 


bero col maggior tasso sulle fabbriche, sulle patenti dei commercianti 
che tutti si accrescerebbero. 


n ———€6€——————_€€€€€€€____————r—rrrllllllllelldddEmIEIe”TTeé—éeT EEO°O 


Pubblicato il 27 Novembre 1908 


Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 
1223 — Tip Pietro Gerbone — Torina i 


THE NEW YORK 
ACADEMY OF SCIENCES. 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


=== Numero 592 — Volume XXIII == 


Prof. MARIO BEZZI 


In memoria di CAMILLO RONDANI 


nel primo centenario della sua nascita. 


Di Camillo Rondani, nato a Parma il 21 Novembre 1808 ed ivi morto 
il 17 Settembre 1879 !), dopo quanto ne scrissero i professori Michele 
Lessona e Alberto Del Prato, sarebbe fuor di luogo il narrare di nuovo 
la vita. È però certo che nello scorrere le notizie biografiche che lo ri- 
guardano ?), si rimane meravigliati della natura privilegiata di questo 
Uomo, nel quale non si sa se più ammirare la mente ordinatrice del- 
l’entomologo coscienzioso o le geniali divinazioni dell’acuto osservatore, 
il coraggio non mai smentito del patriota e del cittadino o l’eflicacia 
sempre ammirata dell’insegnante e dell’espositore. 

Per quanto a me qui non tocchi che trattare del Rondani come Na- 
turalista e come Entomologo, onde mostrare l’importanza dell’opera sua 
e riportare il giudizio che ne fu dato nel mondo scientifico,, pure mi 
sia permesso qualche breve ricordo anche fuori di questo campo. 

La prova del suo patriottismo noi la possiamo rilevare dal mandato 
affidatogli nel 1848 come deputato di Traversetolo al Parlamento su- 
balpino *); ma nelle sue opere stesse, malgrado la loro indole, noi ne 
possiamo trovare la conferma. Il culto che egli ebbe, in difficili mo- 
menti, per la libertà e l’unità della patria fu così intenso in Lui, che 
ne vediamo i segni dove meno potrebbero aspettarsi; e perfino dalle 
fredde pagine, vergate in terso latino, dei suoi lavori di sistematica, 
traspare e sgorga talvolta, per chi lo sappia comprendere, una calda 
onda di sentimento. Così quando si riunivano in un primo Congresso 
gli scenziati italiani, il Rondani dedicava ai principi che ne erano 
patroni quattro nuovi generi di ditteri 4); ma quando vide svanire le 
speranze per questa via concepite Egli si affretta a sostituire quei 


9 
land 


nomi con altri nuovi. Peccato che la legge di priorità che governa la 
nomenclatura scientifica non possa oggi tener conto di quel sentimento 
e faccia rivivere quei nomi che Lui volea sepolti. Nel 1859, quando i 
sogni da tanto tempo accarezzati stanno per avverarsi, egli dedica 
una specie al Generale Garibaldi, con queste parole: Sp. Zecta eo tem- 
pore, în quo Volones italici, duce Josepho Garibaldi, prope Varetium 
milites austriacos profligabanl, inde nomine victoris a me decorata. *) 
Ora, per bene apprezzare tutto il valore di sentimento racchiuso in 
questa semplice dedica, occorre ricordare che nove anni prima Egli 
aveva nello stesso genere consacrata una specie alla donna del suo 
cuore, a quella che fu poi sua compagna fedele. °) E questo genere nel 
quale Egli aveva distinto due specie con nomi così ugualmente amati, 
è scelto come uno dei più belli e rari fra quanti furono da Lui creati 
per i sirfidi italiani! Chi poi conosce quale azione assorbente e talora 
isolante esercitino di solito gli studi e le occupazioni di tal genere 
sui loro cultori, vede con ammirazione come l’ animo del Rondani 
abbia sempre saputo mantenersi vigile e pronto. Raccoltosi sdegnoso 
dopo i fatti del 31, nella quiete laboriosa della sua Guardasone, Egli 
seppe però sempre romperne il fascino, accorrendo al suo posto ogni 
qualvolta le vicende politiche della patria lo esigettero. 

Per quanto riguarda il valore ed i meriti del Rondani come inse- 
gnante, come professore e come preside, credo che questi, oltrechè dal- 
l’opera sua, si possano rilevare dal discorso tenuto dallo studente Silva 
all’inaugurazione del busto del Maestro nell'Università. 7) E delle sue 
qualità di parlatore e di espositore fanno fede le conferenze serali, di 
cui non è ancor spento nella sua città natale il ricordo, ed alle quali 
accorrevano in folla gli uditori, come forse non si vide altra volta per 
tali trattenimenti. Ho insistito alquanto su questi fatti perchè essi 
valgono a spiegare l’alta considerazione in che il Rondani fu tenuto 
dai suoi concittadini, e danno ragione della meraviglia, per noi lusin- 
ghiera, che l’Osten-Sacken ebbe a dimostrare per le onoranze stategli 
alla morte tributate. 


x * 


L’opera del Rondani come Naturalista eccelle principalmente in due 
campi, in quello dell’entomologia applicata od economica come oggi si 
chiama, e in quello della ditterologia. 

Io non mi diffonderò a ricordare i meriti del Rondani nel primo di 
questi campi, poichè essi furono universalmente riconosciuti ed ap- 
prezzati. Già fin dal 1817 8) Egli intravide l’importaaza degli insetti 
parassiti endofagi e predatori nell’economia della natura, e seppe quindi 
divinare le applicazioni che ne potevano derivare nel campo della pra- 


e'9 


tica. Il coraggio da Lui allora dimostrato nel sostenere la propria opi- 
nione contro le opposte correnti fu pari alla larghezza degli argomenti 
e delle prove che ne addusse in favore, e fu ben compensato dal trionfo 
delle sue idee. Il Rondani aveva tutte le qualità per fare quello che 
oggi sarebbe un ottimo Entomologo di Stato. Larga conoscenza di tutti 
gli ordini degli insetti, diffuse cognizioni di botanica e di agronomia, 
pratica di osservazione e di esperimento nella libera natura, nulla gli 
mancava. Alla sua educazione ben contribuirono certo i maestri Mace- 
donio Melloni e Giorgio Ian, che seppero guidare e rafforzare le sue 
naturali disposizioni: dal primo derivò il rigore scientifico e l’abito dello 
sperimentare, dal secondo lo spirito sagace ed ordinato del sistematico. 

Ma l’opera principale di tutta la vita del Rondani, quella in cui 
lasciò più larga orma di se, è quella che si riferisce alla Ditterologia. 
In questo ramo di scienza il suo nome trova posto, con Loew e con 
Schiner, fra i primi ditterologi della seconda metà del secolo scorso. 
lo credo che uno dei più bei monumenti alla sua memoria sia stato 
tributato dal barone Osten-Sacken, altro grande ditterologo ed uomo 
superiore ad un tempo. Egli pubblicò nel 1903 a Cambridge negli Stati 
Uniti d'America un libro singolare °), nel quale con larghezza di docu- 
menti e di ricordi personali e con profondità di osservazioni psicolo- 
giche, più che la sloria della propria vita, scrisse quella della ditte- 
rologia europea ed americana che gli fu contemporanea. Egli dedica 
un’intero capitolo al Rondani che chiama «un perfetto gentiluomo ed 
un entomologo sperimentato », e di cui dice che « aveva un eccellente 
occhio così per le affinità, come per la scoperta di caratteri guidatori 
e che, sotto questo rispetto, la sua naturale abilità era decisamente 
superiore a quella del Loew.» ‘°) Tutto il capitolo è inteso a stabi- 
lire una specie di confronto fra il Rondani ed il Loew, e l’autore si 
esprime molte volte in favore del primo. 

È certo degna di nota la coincidenza di molti fatti riguardanti questi 
due ditterologi, di cui l’uno fu universalmente riconosciuto come il 
principe dei moderni cultori di questa scienza. Un parallelo fra loro è 
ben lecito stabilirlo, e basterebbe questo per la gloria del nostro Grande. 
Nati a breve distanza di tempo pubblicarono tutti e due il loro primo 
lavoro nel 1840, facendone a questo seguire il Loew 222 ed il Rondani 
162 #). Tutti e due fecero carriera nell’insegnamento come professori 
e finirono ambedue per molti anni presidi nello stesso ordine di scuole. 
Ambedue presero parte alla vita politica dei loro paesi, ricevendo 
mandato di deputato: e la morte li colse nello stesso anno 1879. Nel 
porre in confronto la loro opera complessiva si deve rilevare che quella 
del Loew fu senza dubbio superiore, ma si deve pur riconoscere che il 
Rondani in parecchi punti lo sorpassò, particolarmente nello studio 
delle generalità e dell’ordinamento sistematico. Vi è poi un gruppo di 


13° (00A 


ditteri che comprende le forme più difficili di tutto l’ordine, il quale 
non fu dal Loew quasi toccato, mentre il Rondani ne fece scopo delle 
sue principali fatiche, raccogliendovi i suoi più nitidi allori. 

Il carattere dell’opera del Rondani come ditterologo è dato sopra- 
tutto dall’ordine che vi presiedette e dalla chiarezza che vi regnò. 
Suo scopo principale fu quello di creare una ditterologia italiana la 
più completa che fosse possibile. A questo fine dovette cominciare. a 
ordinare le famiglie ed i generi, ed i suoi primi lavori fino alla pub- 
blicazione del primo volume del Prodromo nel 1856 intesero appunto a 
questo. Stabilito l’ordine Egli cominciò e prosegui metodicamente il 
trattamento delle singole famiglie. Cosi noi vediamo che le sue pub- 
blicazioni speciali vanno di pari passo con quella generale del Pro- 
dromo; da principio toccano in massima parte Sirfidi e Conopidi, poi 
trattano particolarmente di Muscidi, superiori dapprima, inferiori dap- 
poi. Egli ebbe a dichiarare che lo studio dei ditteri esotici lo disturbò 
ritardando i suoi lavori in corso sulla ditterologia italiana; ed invero 
quegli studi, che tanta fatica gli costarono, non sono all’altezza degli 
altri, perchè Egli mancava dei mezzi materiali di libri e di collezioni 
indispensabili per uscirne bene. La morte lo colse che aveva appena 
ultimato lo studio di sole 25 delle 84 stirpi in che Egli aveva diviso 
i ditteri italiani. 

Naturalmente un’opera così complessa, continuata per tanti anni 
dalle forze di un solo, non poteva riuscire di primo acchito perfetta; ma 
per la sua stessa natura era soggetta a continui miglioramenti, che 
Egli non mancò di introdurvi successivamente. Per questo i primi 
giudizî dati sul Rondani dai suoi contemporanei furono spesso severi, 
ed il Loew, notando i difetti del primo volume del Prodromo, lo accusò 
di aver fatto opera prematura. !) Ma questo era stato dal Rondani 
stesso proclamato nella prefazione, e solo per questo Egli aveva dato 
alla sua opera il titolo significativo di Prodromo! Nondimeno questo 
primo passo era necessario per gli scopi che Egli si prefiggeva, ed Egli 
l’aveva preparato con quasi 30 anni di studi preventivi. Il Loew stesso 
però,. quando conobbe meglio l’opera successiva, non gli lesinò gli elogi, 
come fece nel suo lavoro sul genere Aze/za ‘). Egli fu attaccato anche 
per le imperfezioni grammaticali che si notano in molti dei numerosi 
nuovi nomi da esso proposti; del che egli si difendeva rispondendo 
collo Spinola: nomina sunt signa, non definitiones. !4) Schiner credeva 
che molte delle novità del Prodromo, particolarmente i numerosi nuovi 
generi, avrebbero trovato opposizione ‘); ma in ciò i tempi gli diedero 
torto. 

Or non è molto un eminente ditterologo inglese, G. H. Verrall, portò 
sul Rondani il seguente giudizio: « per molti anni io feci poco conto 
dell’abilità di Rondani come scienziato entomologo, ma fin da molto 


ul 


Mer. 100 


tempo sono, venuto alla conclusione che egli era perfettamente un 

buon studioso, ma che egli non dava tempo a se stesso per maturare - 
le sue opinioni, e che per effetto della sua posizione isolata egli cadde 

molte volte in errore nelle identificazioni, e anche che non aveva 

completa conoscenza della letteratura ditterologica » ‘°): Io già insorsi 
altrove ‘’) contro questo giudizio, osservando che se alcune cose vi 

sono giuste, altre non lo sono affatto. Specialmente l’accusa del non 

meditare le proprie opinioni è priva di fondamento e sconfessa il ca- 

rattere principale di tutta l’opera del Rondani. Se vi fu uomo che lun- 

gamente meditasse un’opinione prima di esprimerla, Egli fu quello; la 

sua prima pubblicazione la fece all’età 32 anni e dopo 7 anni passati 

studiando in campagna: tutto il seguito del suo lavoro fu sempre or- 

dinato ed ubbidiente ad un fine prefisso. Mi sia permesso riportare 

qui un brano della commemorazione del prof. Lessona, che si contrap- 

pone proprio a quelle parole del signor Verrall: « Egli stette adunque 

sette anni prima di dar mano alla penna, sette anni in faccia al suo 

argomento, considerandolo, meditandolo, compenetrandosene senz’altro 

pensiero » ‘). 

Degno di lode nel Rondani fu anche l’opera che egli portò nel ri- 
mettere in vigore alcune specie descritte dal Rossi nella Fauna etrusca 
e nella Mantissa. È strano che i moderni rifiutino molte di queste sue 
interpretazioni, ‘°) forse perchè le credono pure elucubrazioni letterarie, 
senza fondo concreto. Ma è bene notare che il Lessona ed il Del Prato 
concordi ricordano che nella sua gioventù il Rondani ebbe agio di 
studiare, presso il conte Sanvitale, le raccolte originali del Rossi, che 
benchè già malandate, erano però ancora servibili; quindi parecchie 
delle interpretazioni possono anche esser derivate dalla conoscenza di 
tipi ora non più esistenti. 

Nel campo della ditterologia il lavoro principale e più notevole del 
Rondani fu quello intorno ai Tachinidi ed ai Muscidi (Antomiidi). 
E questo uno dei gruppi forse più difficili di tutto il regno animale, 
a districare la cui sistematica molti si applicarono, ma finora con 
poco frutto. Orbene si può con sicurezza affermare che il miglior la- 
voro che fu fatto finora intorno ad essi è quello del Rondani. Egli fu 
il primo a riconoscere l’importanza dei caratteri chetotattici 2°) ed a 
valersene come guida nel dedalo di quelle innumerevoli forme, ancora 
in piena evoluzione, dove un mantello di apparente uniformità copre 
e maschera la più grande varietà di adattamenti. Ancor oggi si ri- 
corre con fiducia ai volumi del Prodromo, ammirevoli per ordine e per 
chiarezza, e si ottiene col ‘loro aiuto quello che spesso col sussidio 
di opere più recenti non si riusci a raggiungere. Il prof. Brauer so- 
leva dire *) che le specie descritte dal Rondani si possono riconoscere: 
e questo non è piccolo elogio per chi conosce l’autorità di chi lo espresse 


—_ 6 


e la difficoltà dell’oggetto cui si riferisce. Poco fa il Coquillett, emi- 
nente ditterologo nordamericano, disse del Rondani, che « era un genio 
nella sua specialità, come è particolarmente dimostrato dal suo mae- 
strevole trattamento della famiglia Anthomyidae, uno dei più oscuri 
e diflicili gruppi dell’intero ordine » ?*). In un’ opera recentissima il 
prof. Tyler Townsend, trattando la storia della classificazione dei Mus- 
cidi superiori, la divide in cinque epoche che esso denomina del Redi, 
del Meigen, del Robineau - Desvoidy, del Rondani e del Brauer ?5). È 
certo per noi lusinghiero vedere il nome del Nostro ricordato come 
caposcuola, accanto ad altri così illustri, e sopratutto in compagnia 
di quello d’un altro grande e geniale italiano. 

E nel chiudere con questi recenti giudizi portati sul nostro Grande 
nella lontana America, ci sia permesso compiacerci di questo batte- 
simo di modernità che gli viene da una terra, dove l’opera di un uomo 
può, forse meglio che altrove, venir giudicata solo alla stregua dell’in- 
trinseco valore del suo contenuto. 


Torino, 21 Novembre 1908. 


Mr, 1 


NITTI 


Ringrazio qui pubblicamente i professori Lorenzo Camerano, Ermanno Giglio- 
Tos e Alberto Del Prato, senza l’aiuto dei quali questo doveroso tributo alla me- 
moria di Camillo Rondani non avrebbe potuto comparire. 

1). Sulla precisa data della nascita potrebbe sorgere dubbio, perchè tutti i bio- 
grafi, ad eccezione del Del Prato, la danno come avvenuta il giorno 23 Novembre. 
Ma il prof. Del Prato, al quale debbo anche la fotogralia qui riprodotta e da lui 
dichiarata somigliantissima, si prese la briga di verificare i registri dello stato civile 
della città di Parma, rilevando che il Rondani è nato alle ore 3 pomeridiane del 
giorno 21 Novembre 1808; il 23 fu il giorno in cui Ja nascita venne notificata allo 
stato civile, 

2). Del Rondani si hanno le seguenti biografie. 

I. Camillo Rondani, Commemorazione del prof. Michele Lessona, in Annal. 
Accad. Agrie. di Torino, XXIII. 1880, p. 129-153. Torino 1831; e Natuvalisti ita- 
liani. Roma, A. Sommaruga, 1884. 

II. Cenvi biografici ecc. in Aunuario scolast. 1879-8850 della R. Università degl 
studi di Parma. 

III. Cenni sulla vita e sulle opere del prof. Camillo Rondani, per il D.r Al- 
berto Del Prato. pp. 31. Parma, G. Ferraris e figli, 1188. 

IV. Camillo Rondani. Commemorazione. Contiene: Relazione del prof. Pel- 
legrino Strobel. Discorso dello studente Angelo Silva. Parole pronunciate dal pro- 
fessor Giovanni Passerini davanti al monumento. pp. 40. Parma, Battei, 1881. 

V. Camillo Rondani. Estratto dall’appendice al Dizionario biogr. dei Par- 
migiani ecc. compilato da G. B. Janelli. pp. 25. Parma, Grazioli, 1882. 

VI. Camillo Rondani and his relations with Loew. Costituisce il XIX Capi- 
tolo dell’opera Record of my life work in Entomology del barone C. R, Osten- 
Sacken. Cambridge, Mass., 1903 p. 144-153. 

3). Su questo importante fatto della vita del Rondani vedasi la lettera del ni- 
pote prof. Alberto Rondani, nella Gazzetta di Parma del giorno 22 Maggio 1898. 

4). Quattro specie di insetti ditteri proposti come tipi di generi nuovi. Memo- 
ria sesta per servire alla Ditterologia italiana, in N. Ann. Sci. nat. Bologna, X. 
p- 32-46, con 1 tav. Bologna 18453. A p. 84 scrive: « Ho dedicati questi generi nuovi 
agli illuminati Priucipi che hanno protetto nei loro stati le radunanze dei sapienti 
d’Italia.., » )} generi sono: Leopoldius mutato in Brachyglossun nel 1856, Albertiu 
che risultò poi uguale a Rhamphina Macquart 1835, Luinieria cambiato in Tanypoda 
nel 1856 e Ludovicius diventato Haltericerus pure nel 1856. Il secondo di questi ge- 
neri, dedicato al Re Carlo Alberto, fu l’unico conservato nel 1856. 

5). Nova sp. italica generis dipterorum Sphyeymorphae detecta et distineta. 
Nota nona etc., Atti soc. ital. sci. Nat., II. 144-146, fig., Milano 1860. 

6). De nova specie generis Ceriae. Nota sexta etc., Ann, soc. entom. France, 
(2) VIII. 211-214. tav., Paris 1850, dove dice: « Speciem novam generis Sphyxymor- 
phae, nomini distinxi Petronillae, ex illo dominae meae cui eam dicavi, quia mecum 
ad ripas Padi insecta colligebat quando dipterum hoc pulcherrimum inveni, » 

7). Vedasi il discorso sopra citato dello studente Silva, passim, 


egli 


8). Osservazioni sopra parecchie specie di esapodi afidicidi e sui loro nemici. 
N. Ann. Sci. nat. Bologna, (2) VIII, p. 337-351 e 432-448, (2) IX. p. 5-37, tav. I, 
Bologna 1847 e 1848. 

9. E il capitolo XIX dell’opera più addietro citata nella nota N. 2. 

10). Op. cit., p. 144: « I paid a visit to Rondani in Parma in the middle of 
May, 1873. He made a very favorable impression upon me, and struck me at onco 
as being a perfect gentleman, and an experienced entomologist. » E p. 145: « My 
acquaintance with Rondaui ’s works is not very thorougl, because i have never 
been engaged in the special study of European Diptera, and it would have been 
unjust to jugde Rondani mere]ly by his work on non-European faunas. But, from a 
general survey of his works, I obtained the impression that he had an excellent 
eve for affinities, as well as far the discovery of leading characters, and that, in 
this respect, his natural ability was decidedly superior to that of Loew ». 

11). Si hanno vari elenchi delle pubblicazioni del Rondani, che qui sotto ri- 
porto; il numero qui accettato è quello dato dal prof. Del Prato, il cui elenco è il 
più completo di tutti, perchè camprende anche i lavori non entomologici ; 

I. R. Schiner. Liste von 21 dipterologischen Schriften Rondanis in Verh. zool. 
bot. Ver. Wien, IV. p. 72-76, 1854. 

II. Nota opellarum a C. R_evulgatarum, in Stettin. entom. Zeit, XIX, p. 278 
1858. 

III. A. Hagen. Bibliotheca entom., II, p. 88-90 e 391, Leipzig 1863. 

IV. Bibliografia entomol. italiana. Camillo Rondani, in Bull. Soc. entom, ital., 
II, p.-297-300 (anonimo) Firenze 1870. 

V. M. Lessona, nella Commemorazione sopra citata, dà a p. 149-153 un elenco 
che contiene 97 numeri. 

VI. A. Del Prato, nella biografia sopra citata dà a p. 25-31 in tutto 162 
numeri. 

VII. C. R. Osten Sacken. Verzeichniss: der entomolog. Schriften von Ca- 
millo Rondani, in Ver. zool. bot. Ges. Wien, XXXI. p. 337-344, 1881, con aggiunte 
e correzioni in l. c., XXXIV. p. 117-118, 1884. 

VIII. C. R. Osten Sacken. Elenco delle pubblicazioni entomologiche del prof. 
Camillo Rondani, in Bull. Soc. entom. ital., XVII. p. 149-162, Firenze 1885. Que- 
sta è certo la lista più elaborata e diligente, ma io mi sono attenuto a quella del 
Del Prato, anche perchè comprende sotto un numero distinto parecchie di quelle pub- 
blicazioni che per l'uguaglianza del titolo furono dall’Osten-Sacken conglobate in 


una sola. Perciò il numero totale per quest’ultimo è solo di 132. 


IX. Bezzi, in Bull. Soc. entom. ital., XXIII. p. 27-81, Firenze 1891, è una 
enumerazione delle sole opere ditterologiche sui ditteri italiani, in ordine speciale. 
12). Bericht iiber die neuern Erscheinungen auf dem Gebiete der Dipterologie, 

in Berlin. entom. Zeitschr., II, 1858, p. 225-349. V. p. 338-340, 

Lo stesso Loew aveva già pubblicato una critica sulle prime pubblicazioni del 
Rondani in un articolo intitolato Bemerkungen iber einige in neuerer Zeit pubbli- 
zirte Dipteren-gattùngen und Arten, in Stettin. entom. Zeit., VIII. p. 146-157, 1867. 
Di essa l’Osten Sacken (op. cit. p. 148) dice giustamente: « The magisterial and 
patronizing style of his review was, in my opinion, somewat unbecoming towards 
a contemporary as to age, and even, I may say, an equal as to merit, because the 
Loew of 1847 was by no means the Loew of a later period, 


DRS: eat 


15). Die deutschen Arten der Gattung Azelia, in Entom. Miscellen herausgeg. 
v. Ver. f. schles. Insectenkunde, Breslan 1874. v. p. 9-11. n 

14). Dipt. ital. Prodr., IV, p. 6. Parma 1861. 

15). Fauna austr., I. p. XXX. Wien 1862. 

16). British Flies. Vol. VIII. London 1901, p. 63: « For many years I under- 
rated Rondani’s ability as a seientifie entomologist, but I have long since come to 
the conclusion that he was a thorougbly guod student, but that he did not give 
himself time to mature his opinions, and that owing to his isolated position he 
often made mistakes in identification, and also that he was deficient in Diptero- 
logical literature ». 

17). Zeitsch. f. systom. Hymenopterol. und Dipterolog., II. p. 112, 1902. 

18). Lessona, op. cit. p. 140. 

19). Nel recente Katalog der paliiarktischen Dipteren, Budapest 1903-1907, non 
sì trovano accettate le secuenti: Eumerus «canthodes e fugitivus, Callicera aurata, Athe- 
rigona quadripunctsta, Herina germinationis, Aciura coryli, Urelliu helianthi, Mega- 
chaetum extenuatum. 

20). Descrizione di due generi nuovi di Insetti dipteri. Memoria XII ete. in N. 
Ann. Sci. nat. Bologna, (2) IIL p. 25-86, tav. I. 1845. 

21). Questo mi fu assicurato dal Dott. Kertész di Budapest, che lo udì diret- 
tamente dalla bocca del prof. Braner a Vienna. 

22). A brief history of north american Dipterology, in Proc. Ent Soc. Wash., 
VI. p. 53-58, Washington 1904. A p. 55: «a genius in his way, as is more par- 
ticularly evidenced by his masterly treatement of the family Anthomyidae, one of 
the most obscure and difficult group3 in the whole order ». 

23). The taxonomy of the muscoidean Flies, including descriptions of new 
genera and species. Washington 1908. V. p. 6. 


APPENDICE 
NOTIZIE SULLA COLLEZIONE DEL RONDANI. 


Siccome il Rondani ha descritto un gran numero di specie di ditteri sia europei 
che esotici, così le sue collezioni hanno gran valore, per i tipi che contengono; e 
poichè spesso dall’estero ne vien fatta ricerca, ho creduto bene di dare qui alcune 
notizie in proposito. 


A. Ditteri esotici. 


Quelli brasiliani del Truqui pubblicati nel 1848 si trovano nel Museo di To- 
rino, cogli altri pubblicati nel 1850 e provenienti in massima parte d’America, Ve- 
neziela ed Isola di S. Sebastiano (Brasile). 

Quelli raccolti nelle regioni dell’Amnzzoni (Rio Napo) dall’Osculati e descritti 
nel 1850 si trovano al Museo Civico di Milano. 

Quelli compresi nel grosso lavoro del 1S63, con molti altri, si trovano al Mn- 
seo zoologico universitario di Napoli e di essi, in numero di 351 specie, diede il 
catalogo il prof. A. Costa in Ann. Mus. zool. Napoli, III, 1863 (pubbl. 1866) p. 51-40. 

Quelli raccolti nell’Argentina dal prof. P. Strobel e pubblicati nel 1863 non si 
sa dove si trovino, Ed infine al Museo Civico di Genova sono conservati quelli delle 


Mg 


4 pubblicazioni fatte negli Aunali di quell’Istituto: 18783, Eritrea © Persia; 1876, 
Borneo; 1878, Pupipari esotici. 
B. Ditteri itaiiani. 


Un certo numero di cotipi si trova nei Musei di Torino (coll. Bellardi), Milano, 
Pavia, e Napoli, questi ultimi elencati dal prof. A. Costa nei sei volumi del suo 


Annuario, 1852-1871. Ma i veri tipi stanno nella classica collezione, che si trova, 
conie è noto, già fin dal 1881 nel museo zoologico annesso all’Istituto di studi su- 
periori in Firenze. 

Io visitai questa preziosa collezione, frutto di oltre mezzo secolo di studi e di 
lavoro, nel Marzo del 1894, e dalle note che allora ne trassi posso fornire i se- 
guenti particolari che saranno di qualche utilità. Essa è in buono stato di con” 
servazione per le cure che al Museo le furono e le sono prestate; non pochi esem- 
plari però, in causa della cattiva preparazione, sono andati in rovina. Essa con- 
tiene solo ditteri italiani, ad eccezione dell’ultima scatola dove si trovano molti 
pupipari esotici, duplicati di quelli del Musco Civico di Genova. I tipi uva por 
tano alcuna speciale indicazione; perciò gli esemplari delle specie descritte si de- 
vono tutti ugualmente tenere in conto di paratipi o cotipi. L’ordine sistematico 
mantenuto è rigorosamente quello del Prodromo. Anche le famiglie che non erano 
ancora state pubblicate souo abbastanza bene ordinate, tranne le ultime, special- 
mente i Nemoceri. 

La raccolta è collocata in un’ampio stipo a tiretti. Le prime 6 cassette com- 
prendono Sirfidi, Conopidi, Muscidi ed Antomiidi, fino al genere Polyetes; ma esse 
non rappresentano che l’inizio di uno sdoppiamento della Collezione che il Rondani 
aveva cominciato non so a quale scopo. La vera collezione comincia colla cassetti 
N. 11, che contiene pochi Estridi e il principio dei sirfidi, che arrivano fino alla 
18. Nella cassetta 12 un esemplare cotipo di Aferodon aberrans Egger è messo col 
M. senilis Meig., la quale sinonimia è probabile. Tachinidi ed Antomiidi arrivano 
sino alla cassetta 26; qua e là si trovano ancora delle specie inedite; notevole nella 
19 un esemplare di Melizoneura albipennis KR. D. schiuso dal coleottero Serica drun- 
nea, il che costituisce un fatto nuovo. Fino alla cassetta 37 arrivano le diverse fa- 
miglie di Acalitteri che furono già pubblicate sino all'anno 1880; da qui in avanti 
il materiale è rimasto quasi tutto inedito. Vi si trovano molti generi e molte specio 
nuove; parecchi mi sembra che non siano ancora stati pubblicati da alcuno. Molti 
dci generi istituiti dal Loew e da altri ditterologi si trovano già distinti e nominati 
dal Rondani nella sua raccolta, e la loro enumerazione mi porterebbe troppo per lè 
lunghe. 

1l numero complessivo delle specie della collezione si aggira intorno a 8000: 
ma a questo si devono aggiungere molte non ancora determinate, specialmente nelle 
scatole dal N 51 in avanti. 


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Pubblicato il 21 Novembre 1908 
Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 
È Numero 593 — Volume X 


XIII cs 


Dott. EDOARDO ZAVATTARI 


Di una nuova e di alcune controverse specie 
del gen. PODIUM Fabr. 


In questa breve nota dò la descrizione di una nuova specie del 
gen. Podium, proveniente dall’Ecuador orientale, accompagnandola con 
alcune osservazioni su altre specie appartenenti a questo stesso ge- 
nere, rimaste fino ad ora assai dubbiose o state falsamente interpretate. 

Prendo quì l'occasione di porgere pubblicamente i miei più sentiti 
ringraziamenti al distinto imenotterologo di Vienna, Franz Friedr. Kohl, 
il quale ebbe l’amabilità di esaminare alcuni degli esemplari in que- 
stione rendendo così col suo autorevole parere, più valide le mie os- 
servazioni, 


Podium (TFrigonopsis) affine Smith. 
e 
Podlium (Trigonopsis) intermedium Sauss. 


1 Esemplare 9 proveniente dalla Valle del Rio Santiago (Affluente 
di sinistra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale, rac- 
colto nel Febbraio 1896 dal Dott. Cav. Enrico Festa) mi permette, anche 
Secondo quanto mi scrive il sig. Kohl, di richiamare la specie di 
smith al suo valore primitivo, e di scindere le due specie, a/fîne Smith 
ed intermedium Sauss, ritenute cone sinonime nella monografia dello 
stesso Kohl (1). 


(1) Die Hymenopterengruppe der Sphecinen II Monographie der Neotropischen 
Gattung Podium Fabr. von Fr. Fr. Kohl. Abhandlungen der K. K. Zool-Botan-Gesel]- 
schaft in Wien Band I. Heft 4, 1902, 


Bi A 


Risulta quindi che nella surriferita monografia occorre sostituire 
al nome affine Smith (p. 33, n. 2) il nome zn/ermedium Sauss. e consi- 
derare la specie a/fine come distinta: (es muss demnach das P. af- 
fine meiner Monographie den Namen ?ntermedimum Sauss. erhalten 
und P. affine Smith als selbstindige Art hingestellt werden... [così 
mi scrive il Kohl]). 

Schulz, (1) aveva notato la differenza che incontrava in alcuni 
esemplari che riferiva al Podimn affine Kohl, differenza sopratutto 
notevole nel numero dei denti del clipeo (Vòllige 7 Zihne, wie sie 
theoretisch vorhanden sein sollen, finden sich eigentlisch an keinem 
meiner Exemplare, sondern nur 5 [op. c. p. 769]) e aveva per con- 
seguenza opinato che si dovessero considerare le due forme affine 
Smith ed 7n/ermedium Sauss. come due sottospecie che stabiliva in 
questa maniera: 


P. (Trigonopsis) affine affine Smith. 


EP. (Trigonopsis) afiime intermedium Sauss. 


Ora mi pare che non debbansi considerare queste due forme come 
semplici sottospecie, ma bensì come specie perfettamente distinte. Con- 
seguentemente le due specie devono essere stabilite come segue: 


EP. (Trigomopsis) intermedium Sauss. 


Trigonopsis intermedium — Sattss, Reise der « Novara » Zoolg. II. 1 Hym. p. 33 9 
Tabi.n2} Fig.| 18, 11867. 

P.(Trigonopsis) affine - Kohl. Abh, K. K. zoolg. bot. Ges. Wien B. I. 4 Heft. p. 33, 
Nepi dL902, 


EP. (Trigonopsis) affime Smith 


Trigonopsis affinis, Smith. Ann. and Mag. Nat. Hist VII. (22 ser.) p. 31 9 1851. 

Trigonopsis affinis, Smith. Cat. Hym. Brit. Mus. IV, p. 226, N. 2. 1856. 

Credo quindi utile, mentre per la specie di Saussure, Podium 
(Trigonopsis) intermedivm, vale la descrizione data da Kohl per P. 
(Trigonopsis) affine (op. cit. p. 33. n. 2) dare una minuta e completa 
descrizione del vero 


Podiuna (Trigzonopsis) afime Smith. 


Q Nigrum, nitidum. Mandibulae, clypeus, abdomen inde a petiolo, 
pedes antici el medii rubri. Caput et thorax locis nonnullis sericeis. 


(1) Hymenopteren Amazoniens von W. A. Schulz. Sitzungsberichte der Math-phys. 
Klasse der K. B. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen B. XXXIII. Jahrgang. 
1903 - p. 757-832, ; | 


= 


Atae fusco bifascialae. Mandibulae ad basim marginis interioris den- 
latae, ad trientem apicalem incisura quadam haud instructae, fere 
capîtis longitudine. Clypei pars media quinque dentata. Oculi in ver- 
tice flagelli articultorum 20 + 8t longiludine inter se distani. 

Pronoti collare latius quam. longius, postice în conum oblusun 
transcersum assurgens. Capul, pronolum el'imesonolum nitida impune- 
tata, mesopleurae cl mesosternum finissime et sparse punclalae. Seg- 
mentum mediale transverse strigatum, medio longitudinatiler sulcalum, 
sulco ad stigma vergente ulrinque instructum. 

Petiolus fere reclus, metatarso postico paullo brevior. Valvula in- 
fraanatis subcarinala, compressa. Arcola cubilalis secunda sul'qua- 
drata, venam transverso-discoidalem primam pone venam transrerso 
cubitalem primam excipit, vena transverso-discoidalis secunda cum 
vena transverso-cubitali secunda coincidil. 

Long. 18 mm. 

Nero lucente. Mandibole ad eccezione dell’estremo apice, margine 
del clipeo, i primi articoli delle antenne, addome ad eccezione del 
peziolo, zampe anteriori ad eccezione delle anche, zampe medie ad 
eccezione delle anche e dei trocanteri, dell’ima base e del margine su- 
periore dei femori ferruginee. Clipeo, margine posteriore del pronoto, 
postscudetto, base ed apice del metanoto e le mesopleure guerniti di 
corta e fitta pubescenza dorata. Ali ialine con due fascie brune disposte 
come nel Podium inltermedium Sauss. 

Fronte ed occipite non punteggiati, nitidi lucenti, mandibole al- 
quanto arcuate, della lunghezza circa degli occhi, fornite di tin piccolo 
dente alla loro base, senza alcuna incisura al margine interno in cor- 
rispondenza del terzo estremo. 

lipeo breve fornito al suo margine libero di cinque denti trian- 
golari, dei quali i laterali sono più grandi di quelli mediani. Occhi 
distanti fra di loro al vertice di quanto sono lunghi il sécondo e terzo 
articolo del flagello delle antenne sommati insieme. Antenne ferruginee 
alla Ioro base, col secondo articolo del flagello lungo quasi quanto il 
terzo ed il quarto sommati insieme. 

‘ Protorace lucente, non punteggiato; collare più largo che lungo, 
rilevato posteriormente in un tubercolo conico, mesotorace pure ni- 
tido, lucente non punteggiato solcato longitudinalmente, mesopleure 
pure lucenti con pochi punti super rficiali. Segmento mediale striato 
trasversalmente e regolarmente solcato dall’indietro in avanti sulla 
linea mediana per tutta la sua lunghezza. 

Peziolo dell’addome quasi rettilineo appena un po’ più breve del 
metatarso posteriore; zampe esili, lucenti, nitide, scaglie alari non pun- 
teggiate, testacee, nervatura delle ali come nelle altre nà ecie del sol 
togenere 7yrigonopsis, 


ELSE ge 


Podium (Parapodium) Kohnlii n. sp. 


Q Nigrum, subnilidum, albide sericeo pilosum. Abdomen, peliolo 
exeplo, rufumy; pedes subgraciles nigri, femorum dimidia apicale parle 
libiis larsisque anticis el mediis rufis. Alae fere hyalinae fusco bdi- 
fascialae. Mandibulae rufae, falcatae fere longitudine capitis. 

Clypeus brevis in partis mediae apice quinque dentaius, insuper 
ulrinque denliculatus. Oculi in vertice flagelli arliculi terlii longitudine 
inler se distant, ad clypeum longitudine articuli secundi. Flagelli arti- 
culi mus | 9dus qyrliculis 3tio + gto simu! sumptis aequales. Excisura 
gutluralis a fovea occipilali ad arliculalionem prothoracis apta, per- 
paullun tantum remota. Occiput post oculos breve. Frons nitida. ex 
magna parte subliliter punclala. 

Pronolum longitudine relale mediocre, collare evidenter brevius. 
quam lalius postice leviter assurgens, in medio leviter impressum haud 
in conum rotundatum obtusum emissum. Sutura episternalis mesotho- 
racis exstal. Mesonotum cum scutello et postscutello segmento mediana 
toto longitudine fere aequale. Segmentum medianum supra et ad la- 
lera finissime el regulariter strigatumn, medium longitudinaliter via 
impressum. Sulcus segmenti mediani ad sligma vergens obsolelum, 
Mesopleurae punclalae. Peliolus fere rectus, longior prothorace, meso- 
noto longitudine aequatlis, longiludine flagelli articulorum secundi el 
dimidiae partis tertit. — Valvula infraanatis compressa. Alarum venu-. 
lalio subgeneris Parapodti. 

Long. 22. mm. 

Capo, torace, peziolo e zampe rivestiti di pubescenza bianca, ten- 
dente al dorato sul torace. La pubescenza del capo e del torace. è for-. 
mata da peli brevi assai fitti, quella invece del peziolo e delle zampe 
da peli radi ed assai più lunghi. 

Corpo nero, mandibole ad eccezione dell’ima base, addome ad ec-, 
cezione del peziolo e dei lati della porzione dilatata del primo seg- 
mento, zampe anteriori e medie ad eccezione delle anche, trocanteri e 


metà basate dei femori, rosso bruno, tarsi bruni verso il loro estremo. . 


Ali ialine con due fascie abbrunate situate come nel Podium bigui- 
tatum Tasch. 

Faccia con punteggiatura fina e notevolmente fitta, più rada sul 
vertice, il quale in alcune parti è lucente. Mandibole falciforni allun - 
gate con il margine interno integro, della lunghezza circa del capo. 
Clipeo corto, presentantè nella porzione mediana cinque denti assai, 
lunghi triangolari, lateralmente sonvi pure alcuni altri piccoli denti. 


Antenne nere con lo scapo alquanto ingrossato rosso bruno inferior-.. 
mente, la lunghezza del primo e secondo. articolo dei flagello sommati, .: 


lusieme è uguale a quella del terzo e quarto pure riuniti, insieme, 


IR AZANWAIETPÀA LMR 


Par 


— B— 

nata, E° 
Occhi convergenti, al vertice distanti fra di loro di quanto è lungo. 
il terzo articolo del flagello, e distanti dal clipeo quanto è lungo il 
secondo articolo del flagello stesso. Protorace finamente punteggiato. 
Collare più breve che lungo, con una lieve solcatura mediana, alquanto 
gibboso ai lati senza però assurgere in cono come nel Podiwm agilis 
Kohl. Mesotorace fornito di punti poco profondi radi, in alcune parti 
lucente. Mesopleure finamente rugose, segmento mediale lievemente 
impresso longitudinalmente finamente e regolarmente striato in tutta 
la sua superficie. i i 

Peziolo quasi rettilineo, più lungo del protorace, della lunghezza 
del secondo e della metà del terzo articolo del flagello. 

Zampe esili, scaglie alari non punteggiate, rossigne; nervatura alare 
come nelle altre specie del sottogenere Parapodium. 

1 solo esemplare 9 della Valle del Rio Santiago (Affluente di sini- 
stra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale), raccolto nel 
febbraio 1896 dal Dott. Enrico Festa. 

Questa specie è assai vicina al Parapodium biguttalum Taschberg. 
ma se ne distingue per avere mole più grande, colorazione differente, 
infatti quest’ultima specie è tutta nera ad eccezione delle zampe e 
delle mandibole, e per i rapporti di lunghezza differente che hanno 
fra di loro la distanza degli occhi e fra di loro e col clipeo, i diversi 
articoli delle antenne, il peziolo rispetto agli articoli delle antenne ecc. 

Differisce inoltre notevolmente dal Parapodium agile Kohl, al quale 
si avvicina di più per la colorazione, sopratutto per la forma carat- 
teristica del collare, poichè quest’ultima specie presenta « Pronoti 
collare longum fere longius quam latius postice in conum rotundatum 
obtusum assurgens ». (Kohl. op. cit. p. 43). 


I’odium foeniforine Perty. 
e 
Fodium nitidum Spin. 


Kohl in appendice alla sua monografia del gen. Podium riporta le 
descrizioni originali di einiger umbekannter oder nicht hinlinglich 
gedeuteter Arten e pone fra queste il Podium nitidum Spinola. (Me- 
morie d. r. Accademia delle Scienze di Torino ser. 2. tom. XIII (1853) 
p. 49 e 51 o c). 

Dopo aver quindi trascritta fedelmente la lunga descrizione dello 
Spinola stesso, aggiunge queste parole: P. nilidum Spin. fallt wahr- 
scheinlich mit dem P. /oeniforme Perty zusammen. 

Ora io ho esaminati i tipi di Spinola (29 1 d) ed ho riconosciuto 
essere esatta l'opinione del Kohl, che cioè il Podium nitidum Spin- 
non è alro che il Podiwn foeniforme Perty. Ed invero l’accurata 
descrizione di quest’ultima specie data da Kohl conviene perfetta 


ù 


pag; fara 


mente anche alla prima. Credo inutile per conseguenza ripetere la 
descrizione dell’uno e dell’altro, solamente, siccome del Podium. foe- 
niforme Perty è conosciuta soltanto la femmina, credo conveniente 
dare qualche accenno dei caratteri differenziali presentati dall’unico 
maschio della collezione Spinola. 

c. Nigrun, nilidum, alae hyalinae. Mandibulae longitudine oculo- 
rum aliquanto minores. Clupeus medio incisura profunda instruclus, 
bidentatus. Oculi in vertice longitudine antennarum flagelli articu- 
lorum dii + 24i + dimida. 3tiî, inter se distanti, ad clypeum via minus. 
Antennarum flagelli articuli 14+ 28 articulis 3t0 + dimid. 4° longi- 
tudine aequales. 

| Peliolus reclus longitudine metatarso postico + articulo inse- 
quente tarsi. 

Long. 17. mm. 

Come si vede ad eccezione della mole non havvi alcuna differenza 
fra i due sessi di questa specie. Rimane quindi stabilito che il Po- 
dium nilidum Spin. ed il Podium ‘oeniforme Perty sono la stessa 
specie. 


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fonoto più cvrto- dul cap aenpibilmente) più largo che Iata 
Fangolare sol marziano «anteriore: poco sporgente, trib ungonti Sante 
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Pubblicato il 17 Dicembre 1908 
Prof. LORENZO CAMERANO, Di 
1253 — Tip. Pietro Gerbone 


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BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


Numero 5984 — Volume XXIII 


Dott. ALFREDO BORELLI 


Nuovo genere di forficole di Costa Rica 


Eyragropsis nov. gen. 


Corpo alquanto convesso : pronoto, elitre e scaglie alari forniti) di 
corte setole; segmenti dell’addome, ad eccezione dell’ultimo, pubescenti 
e forniti lungo il margine posteriore e ai lati di lunghi peli setiformi. 

Capo debolmente convesso, declive posteriormente. Antenne di 25 
articoli : il 1° lungo, claviforme ; il 2° brevissimo, cilindico; il 3° cilin- 
drico, un quarto meno lungo del 1° ma molto più sottile; 4° 5° e 6° 
subconici, quasi sferici, il 4° e il 5° di uguale lunghezza fra loro e ap- 
pena più lunghi che larghi, il 6°? sensibilmente più lungo e un poco 
più sottile; gli altri conici, allungantisi ed assottigliantisi gradata- 
mente sino al 14° il quale è di lunghezza uguale al 3°; gli ultimi 
pressocchè uguali fra loro, appena più lunghi e più sottili del 14° (fig. a). 

Pronoto più corto del capo, sensibilmente più largo che lungo; 
quadrangolare col margine anteriore poco sporgente, gli angoli ante- 
riori ottusi e gli angoli posteriori arrotondati. 

Elitre coi margini interni arrotondati e intaccati anteriormente per 
un breve tratto di modo chè lasciano scoperto un “piccolo scutello. 

Scaglie alari sviluppate. 

Prosterno col margine anteriore sporgente a mo’ di triangolo coll’a- 
pice ottuso, margini laterali convergenti cosicchè la sua parte poste- 
riore è molto più stretta dell’anteriore, margine posteriore arrotondato. 

Zampe coi femori ingrossati e arrotondati ; tibie sottili; primo arti- 
colo dei tarsi più grosso e un poco più lungo del terzo, secondo arti- 
colo cilindrico brevissimo coll’apice alquanto sporgente sotto il terzo 
e fornito di un piccolo ciuffo di peli, terzo articolo provvisto di-pul- 
villo fra le unghie. 


Addome a lati quasi paralleli; ultimo segmento \subrettangolare, 
due volte più largo che lungo. 

Penultimo segmento ventrale più largo che lungo; margine poste- 
riore largamente arrotondato nel d, metà posteriore triangolare col- 
l’apice sporgente e ottuso nella 9. 

Branche della pinzetta: nel o brevi, separate fra loro, allargate 
e triquetre alla base, cilindriche e fortemente curvate verso l’apice; 
la destra più corta della sinistra (fig. c). Nella 9 un poco più lunghe, 
subrontigue, quasi diritte coll’apice rieurvo; la destra appena più corta 
della sinistra (fig. d). 

Genere vicino all’EchRinopsalis Borm., ne differisce per la forma 
degli articoli delle antenne e per la presenza di scutello e di pulvilli. 
Differisce dal genere Pyragra Serv. per la forma degli articoli delle 
antenne, quella del pronoto, dell’ultimo segmento dorsale dell’addome 
«e del penultimo ventrale. 


Tipo del genere : Pyragropsis Tristani 


EPpwrazionsis Tristami nov. sp. 


Capo nero-pece, ciipeo bianchiecio, palpi boccali bruno-scuri; opaco, 
pubescente e fornito agli angoli posteriori di alcune setole nero-brune. 
Triangolare cogli angoli posteriori ottusi; debolmente convesso, alquanto 
depresso nella parte posteriore fornita di tre impressioni longitudinali 
di cui la mediana segna la sutura occipitale. Antenne di 25 articoli, 
pubescenti, di colore nero ad. eecezione degli articoli 17, 18 e 19 
bianchicci. 

Pronoto giallo - cromo, 
lateralmente e posterior- 
mente gialio-limone ; for- 
nito di corte setole nero- 
brune. Disco convesso per 
i due terzi anteriori della 
superficie, la parte con- 
vessa in forma di semi- 
cerchio e nettamente di- 
stinta dal terzo posteriore 
e dai lati appiattiti e for- 
temente riflessi; segnato 
c da una linea longitudi- 

nale ben marcata fian- 

cheggiata anteriormente 

da due impressioni corte 
Pyragropsis Tristani. — a antenna, d 9 € 4 e lecgermente arcate. 


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Elitre di lunghezza superiore a due volte quella del pronoto, diritte 
cogli angoli anteriori ed i margini posteriori debolmente arrotondati, 
margini interni arrotondati e intaccati anteriormente lasciando sco- 
perto un piccolo scutello triangolare di colore giallo. Granulose, e co- 
perte di corte setole nero-brune ; di colore bruno di noce segnate per 
tutta la loro lunghezza da una striscia bianchiccia di cui la lar- 
ghezza è uguale al terzo circa di quella dell’elitra. 

Ali di lunghezza uguale al terzo circa delle elitre, bianchiccie col 
terzo interno bruno di noce, coperte di setole nero-brune. 

Zampe : femori gialli, tibie nero-brune, tarsi giallo-bruni; coperte 
di corti peli gialli più numerosi sulla superficie inferiore dei tarsi, 
con alcuni peli sparsi più lunghi di colore bruno. Fra le unghie 
dell’ultimo segmento dei tarsi è da notare il pulvillo bene sviluppato. 

Seementi de:l’addome di colore castagno; zigrinati e coperti, ad 
eccezione dell’ultimo, di corti peli bruni con alcuni peli più lunghi ai 
lati e lungo il margine posteriore. Segmenti 6,7 e 8 prolungati poste- 
riormente in punta e forniti posteriormente per metà della loro lun- 
ghezza di una carena liscia ben marcata; il segmento 9 è anch’esso 
appuntito posteriormente, ma meno dei precedenti ed è privo di carena. 
Ultimo segmento nero-pece, Incente e leggermente punteggiato; sub- 
quadrangolare, poco meno di due volto più largo che lungo, segnato 
da un leggero solco mediano longitudinale che termina con una pic- 
cola fossetta la quale è circondata da una grande depressione di forma 
triangolare di cui la base è il tratto del margine posteriore compreso 
fra le branche della pinzetta. Margine posteriore leggermente concavo 
e ingrossato fra le branche della pinzetta, tronco obbliquamente ai 
lati. Superficie laterali leggermente rugose e fornite di una leggera 
carena longitudinale in corrispondenza degli spigoli esterni delle bran- 
che della pinzetta. 

Pigidio poco distinto, quadrangolare col margine posteriore sporgente. 

Branche della pinzetta castagno-rossiccie, coperte internamente di 
una peluria giallo-chiara. Separate fra loro alla base, diritte e tri- 
-quetre allargate e divergenti verso l’esterno per più di metà délla loro 
lunghezza, poi cilindriche sottili e fortemente incurvate verso l’interno 
sino alle punte che rimangono distanti, la branca destra alquanto più 
corta della sinistra; margine interno liscio e pubescente alla base. 
(fig. c.) 

Inferiormente : capo castagno, prosterno e mesosterno gialli, meta- 
sterno giallo-bruno. Segmenti dell'addome di colore castagno, legger- 
mente punteggiati e coperti di peli giallo-bruni; penultimo segmento 
fittamente punteggiato, grande, un terzo più largo che lungo, quadran- 
golare coi margini laterali convergenti obliquamente verso l’interno 
nella metà posteriore ed il margine posteriore largamente arrotondato ; 


fornito nella metà posteriore di una costa mediana lungitudinale. UP 
timo segmento completamente nascosto dal penultimo. 

9: Segmenti 6 e 7 dell'addome prolungati in punta posteriormente 
ma meno che nel & colla carena ridotta a un piccolo tubercolo. Ultimo . 
segmento più stretto posteriormente. 

Branche della pinzetta castagno-rossiccie, subcontigue, robuste alla 
base, simmetriche e quasi diritte sino alle punte incurvate che s’in- 
contrano, la destra un pò più corta della sinistra; margine interno 
fortemente denticulato per più di metà della loro Inughezza. 

Penultimo segmento ventrale meno sviluppato che nel o; la sua. 
metà posteriore, triangolare coll’apice ottuso e sporgente, lascia sco- 
perto a destra ed a sinistra un tratto dell’ultimo segmento. 

Lunghezza totale del corpo, o: 15,6 — 9: 16,8 mm. 


» della pinzetta, 0: a destra 1,7, a sinistra circa 2. 
» » > ola destra circa :2/9/%a' sinistratoi 


Hab.: 13 e 2 9 da Turrialba (Costa-Rica); Giugno 1908, nelle 
Bromeliacee. 

Gli esemplari di questa interessante forficola che sono lieto di do: 
dicare al prof. J. F. Tristan, furono trovati da questo distinto natu- 
ralista e da lui generosamente mandati in dono al Museo di Torino: 
assieme ad alcune altre specie già note della regione 


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Pubblicato il 18 Dicembre 1908 


Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile. 


1254 — Tip. Pietro Gerbone — Torino 


BOLLETTINO 


Musei di Zoologia ed Anatomia comparata 


della R. Università di Torino 


na Numero 595 — 


Volume XXIII ======= 


Prof. LORENZO CAMERANO 


GIUSEPPE NOBILI 


CENNI BIOGRAFICI 


.——rr———— 


Il dottor Giuseppe Nobili spegnevasi in Omegna il giorno 4 dicembre 
dopo lunghi mesi di crudeli sofferenze a soli trentun anni di età. 

Il dottor Giuseppe Nobili nacque in Omegna l’11 febbraio 1877 dal 
dottore Gaudenzio e dalla signora Adele Antonioli. Laureatosi in 
Scienze naturali nella R. Università di Torino il 13 Novembre 1899, 
fu nominato assistente presso il R. Museo Zoologico della stessa Uni- 
versità alcuni giorni dopo e nel 1903 passò assistente al R. Museo di 
Anatomia Comparata pure nella stessa Università. 

Nove anni appena, pur troppo, il dott. Giuseppe Nobili fu compagno 
a me che scrivo queste linee e agli altri colleghi del Museo Torinese: 
ma egli seppe in così breve tempo, colla bontà dell’animo, coll’ingegno 
suo vivacissimo, coll’energia e colla attività instancabili acquistarsi 
l’affetto e la stima di tutti. Egli seppe farsi un nome invidiato fra i 
cultori degli studî zoologici ed affermarsi come autorità riconosciuta 
fra i carcinologi. 

Giuseppe Nobili, durante gli studi universitari, incominciò ad oc- 
cuparsi di ricerche botaniche e pubblicò alcune note non prive di 
interesse: 

« La Fragaria indica Andr. e l’Erigeron subulatum Michx in Pie- 
monte — Bollettino del Naturalista — XIV. Siena - 1894. 

« La presenza dell’Helleborus viridis L. nell’Italia superiore - Idem. 

« Nuova stazione di Phelipaea Muteli F. W. Sch. - Idem. 

« Note sulla flora del monte Mottarone — Nuovo Giornale Botanico 
Italiano. Nuov. Ser. II - 1895. 


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Egli abbandonò tuttavia presto, sebbene non interamente, gli studi 
botanici per rivolgersi agli studi zoologici e nel 1896 incominciò la 
serie delle sue pubblicazioni collo studio dei Crostacei decapodi rac- 
colti dal dott. A. Borelli nella Repubblica Argentina e nel Paraguay. 
(Boll. dei Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino — vol. XI - n. 222 - 1896. 

A questo egli fece in breve seguire altri lavori sullo stesso gruppo 
di animali. 


« Di un nuovo genere di Crostacei decapodi raccolto nel Darien 
dal dott. E. Festa - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. Torino - vol. XI - 
N. 238 - 1896. 

« Di una nuova varietà della Telphusa dubia B. Capello - Idem - 
N. 262 - 1896. 

« Crostacei decapodi del viaggio del dott. Alfredo Borelli nel Chaco 
Boliviano e nella Repubblica Argentina - Idem - N. 265 - 1896. 

« Decapodi terrestri ‘e d’acqua dolce del viaggio del dott. Enrico 
Festa nella Repubblica dell’Ecuador e regioni vicine - Idem - vol. XII 
N. 275 - 189% 

« Decapodi e Stomatopodi raccolti dal dott. E. Festa nel Darien, a 
Curacao ecc. ecc. - Idem - N. 280 - 1897. 

« Crostacei decapodi e Stomatopodi di St. Thomas (Antille) - Idem 
vol. XIII - N. 314 - 1898. 


Questi primi lavori rivelarono subito le eccellenti doti del Nobili, 
come osservatore, come descrittore e come critico ei Musei nazionali 
e stranieri incominciarono a ricorrere a lui per lo studio delle loro 
collezioni di Crostacei. 

Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova per il primo affidò 
al Nobili lo studio delle sue importanti collezioni e intorno ad esse il 
Nobili pubblicò i lavori seguenti : 


« Sopra alcuni Decapodi terrestri e d’acqua dolce dell'America me- 
ridionale - Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova 
Ser. 22 vol. X[X - 1898. 

« Contribuzioni ‘alla conoscenza della fauna carcinologica della Pà- 
puasia, delle Molucche e dell'Australia - Idem - Ser. 22 vol. XX - 1899. 

« Decapodi e Stomatopodi Indo-Malesi - Idem - Ser. 2° vol. XX - 1900. 


Intorno alle collezioni di Crostacei del Museo di Napoli il Nobili 
pubblicò : 


« Decapodi e stomatopodi eritrei - Annuario del Museo Zoologico 
di Napoli - vol. I - 1901. 

« Tre nuovi i Eritrei del Museo Zoologico dell’ Università 
di Napoli - N. ser. vol. 2 - 1906, 


alla, tnt 


PONI: 


Il Museo di Parigi affidò al Nobili lo studio di collezioni preziosis- 
sime e le pubblicazioni seguenti si riferiscono ad esse, 


« Description d’une nouvelle espéce de Pseudo thelphusa recueillie 
par M. F. Geay dans la Guyane francaise. - Bull. du Muséum d’histoire 
naturelle - N. 3 - 1904. - 

« Diagnoses préliminaires de Vinngt-huit espéces nanvelles de Sto 
matopodes et Décapodes Macroures de la mer Rouge - Bull. du Muséum 
d’histoire naturelle - N. 5 - 1904. 

« Décapodes nouveaux des còtes d’Arabie et du Golfe Persique - 
Idem - N. 3 - 1905. 

« Note synonymique sur Actaea Kraussi A. M. E. nec Heller - Idem 
N. 4 - 1905. 

« Note sur Ocypoda Fabricii Milne Edwards - Idem - N. 4 - 1905. 

« Quattre Décapodes nouveaux du Golfe Persique récoltes par M. M. 
S. Bonnier Ch. Perez - Idem - N. 2 - 1905. 

« Diagnoses préliminaires de 34 espéces et varietés nouvelles et de 
2 genres nouveaux de Décapodes de la Mer Rouge - Idem - N. 6 - 1905. 

« Diagnoses préiiminaires de Crustacès Décapodes et isopodes nou- 
veaux recueillis par M. le Dr. G. Seurat aux Iles Touamotou = Idem 
N. 5 - 1906. 

« Crostacés Décapodes et Stomatopodes de la Mission S. Bonnier 
et Ch. Perez (Golfe Persique 1901) — Bulletin Scientifique de la France 
et de la Belgique vol. XL - 1906. 


Il Museo Nazionale Ungherese inviò pure varie collezioni al Nobili 
alle quali si riferiscono i lavori seguenti: 


« Tritodynamia Horvàthi Nob. Nuovo Decapodo del Giappone - An- 
nales Musei Nationalis Hungarici HI - 1905. 

« Decapodi e Isopodi della Nuova Guinea tedesca raccolti dal 
Sign. L. Birò - Idem - II - 1905. 


Dal Museo di Madrid ebbe il Nobili in studio i Decapodi raccolti 
dal Sign. Martinez de la Escalera - nella Guinea Spagnuola. 


« Decapodi della Guinea Spagnuola — Memorias de la Sociedad 
Espanola de Historia Natural I. - 1906. 


Quando il morbo crudele incominciò a rendere al dott. Nobili im- 
possibile il lavoro, ègli aveva già iniziato lo studio di parecchie altre 
collezioni di Crostacei, che gli erano state inviate dai Musei di Parigi, 
di Bruxelles, di Magdeburgo, di Leida, di Londra, di Milano, di Ge- 
nova, di Napoli ece., studio che egli non potè condurre a termine. 

Oltre ai lavori sopracitati il dott. Nobili pubblicò i seguenti: 


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« Intorno ad alcuni Crostacei Decapodi del Brasile - Boll. Mus, 


Zool. Anat. Comp. Torino - vol, XIV - N. 355 - 1899, 

« Osservazioni sul Trichodactylus quinquedentatus Rathb. - Idem 
N. 365 - 1899, 

« Descrizione di un nuovo Palaemon di Giava e osservazioni sulla 
Callianassa Turneriana Wh. del Camerun - Idem - vol. XV. n.379 - 1900. 

« Note intorno ad una collezione di Crostacei di Sarawak - Idem - 
vol. XVI - N. 397 - 1901. 

« Decapodî raccolti dal dott. Filippo Silvestri nell'America meri. 
dionale - Idem - vol. XVI - N. 402 - 1901. 

« Decapodi e Stomatopodi del viaggio del dott. E. Festa nell’Ecuador 
e regioni vicine - Idem - vol. XVI - N. 415 - 1901. 

« Crostacei della spedizione della « Stella Polare » - Milano - 
U. Hoepli - 1903, 

« Echinodermi - Idem. 

« Descrizione di una nuova specie di Parathelphusa delle Isole 
Mentawei - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. - Torino - vol. XVIII - 
N. 444 - 1903. 

« Contributo alla fauna carcinologica di Borneo - Idem - vol. XVIII 
N. 447 - 1903. 

« Crostacei di Pondichéry, Mahé, Bombay - Idem - vol .XVIII - 
N. 452 - 1903. 

« Crostacei di Singapore - Idem. - N. 455. 

« La Helleria brevicornis. Ebn. all’Elba e a Pianosa - Idem - vol. XX 
N. 491 - 1905. i 

« Descrizione di una nuova Caridina del Madagascar - Idem - 
vol. XX - N. 499 - 1905. 

« Identità di « Brachycarpus neapolitanus Cano e Palaemon biun- 
quiculatus Lucas » - Idem - N. 502. 

« Crostacei di Zanzibar - Idem - N. 506. 

« Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar - Idem - N. 507. 

« Descrizione di un nuovo Apus di Madagascar - Idem - N. 513. 

« Una nuova Telfusa di Madagascar - Idem - vol. XXI - N. 532 - 1906. 

« Crostacei della spedizione al « Ruwenzori » di S. A. R. il Duca 
degli Abruzzi - Nota preventiva - Idem - vol. XX1 - N. 544 - 1906. 

« Nuovi Bopiridi — Atti R.Accad. Scienze di Torino - vol. XLI - 1906. 

« Ricerche sui Crostacei della Polinesia — Memorie R. Accad. 
Scienze di Torino - Ser. 2* - vol. LVII - 1906. 

« Faune carcinologique de la Mer Rouge — Décapodes et Stoma- 
topodes - pag. 1 a 347 - con XI tavole - Annales des Sciences Natu- 
relle - 9 ser. - vol. IV - 1906. 

« Spedizione di S. A. R. il Duca degli Abruzzi al Ruwenzori — 
Risultati Scientifici - Crostacei - Milano, U. Hoepli, 


—- ) — 


În tutti i lavori sopra menzionati numerosissime sono le descri- 
zioni di nuove specie e di nuovi generi e le discussioni critiche sopra 
molte specie controverse. 

Essi costituiscono un importante contributo alla conoscenza dei 
Crostacei Decapodi e Stomatopodi. 

Di singolare importanza è il lavoro sulla Fauna carcinologica del 
Mar Rosso che si presenta come lavoro monografico di lunga lena, 
completo e fondamentale per i Decapodi e gli Stomatopodi di quella 
regione. 

Giuseppe Nobili era tenuto in grande stima da tutti gli studiosi 
del difficile gruppo dei Crostacei, e il prof. Bouvier direttore della 
sezione Entomologica del Museo di Parigi all’annunzio della malattia 
del dott. Nobili mi scriveva : 


« C'est un grand malheur qui vient de frapper la famille du pauvre 
Nobili en méme temp que ce Musée et le votre. On pouvait toùt espérer 
de ce robuste travailleur a l’intélligence fine et active. » 

Il dott. G. Horvàth direttore del Museo Zoologico Ungherese mi 
scriveva pure: 

« La triste nouvelle sur la maladie du dr. Nobili m’a vivament 
touché. C'est une grande perte que la zoologie éprouve en perdant 
ainsi un de ses meilleurs adeptes. » 


La cultura scientifica di Giuseppe Nobili era assai estesa anche 
fuori del campo delle sue particolari ricerche. Eccellente conoscitore 
di varie lingue, tradusse molto bene parecchi lavori di argomento 
scientifico per la « Piccola biblioteca di scienze moderne del Bocca » 
Era buon conoscitore della letteratura nostra ed amantissimo della 
musica. 

L'attività sua e la costanza al lavoro furono nei nove anni passati 
nel Museo Torinese veramente meravigliose ed è merito suo se la nostra 
collezione dei Crostacei Decapodi può ora essere annoverata fra le 
prime congeneri. 

Alla memoria del compianto collega vada dal Museo Zoologico di 
Torino un caldo tributo di affettuoso ricordo, 


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