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Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata
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N. 94-111
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TIPOGRAFIA GUADAGNINI E CANDELLERO
Via Gaudenzio Ferrari, 3.
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106.
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108.
. 109.
110.
ll.
INDICE
. Giglio-Tos (ERMANNO). Nuove specie di Ditteri del Museo zoologico
di Torino. III.
. Rosa (DANIELE). La « Zoogenia » di F. C. Marmocchi (1853).
. Giglio-Tos (Ermanno). Di alcune specie del gen. Echinomyia Dum.
. Giglio-Tos (ErmaNNO). Nuove specie di Differî del Museo zoologico
di Torino. IV.
. Camerano (Lorenzo). Monografia degli Ofidi italiani. Parte II. Colu-
bridi e Monografia dei Chelonii italiani. (Riassunto).
. Pollonera (CARLO). Appunti di Malacologia. VII. Intorno ai Limacidi
di Malta.
. Pollonera (CARLO). Appunti di Malacologia. VIII. Sui Lîmacidi del-
l'Algeria.
. Salvadori (Tommaso). Intorno ad una Cutrettola nuova per l’Italia.
(Budytes beema, Sykes).
. Giglio-Tos (ErManNO). Nuove specie di Dilferî del Museo zoologico
di Torino. V.
. Saceo (FEDERICO). |] molluschi dei terreni terziarii del Piemonte e
della Liguria. Parte IX e X: Naticidae (fine), Scalartidae, Aclidae,
Cassididae (aggiunte), Terebridae e Pusionellidae. (Riassunto).
. Maggiora (ARNALDO). Di un caso di Tenia inerme fenestrata.
. Peracca (M. G.). Note erpetologiche. — III. Oviparità del Macroscincus
coctaeî. IV. Svernamento della Damonia reevesti allo stato libero.
Camerano (Lorenzo). Note zoologiche. — IV. Di un Girino anomalo.
V. Di un’Emys orbicularis mostruosa. VI. Di un Blaps mucronata
mostruoso.
Peracca (M. G.). Osservazioni sul Macroscincus coctaei Dum. et Bibr.
Giglio-Tos (E.). Diagnosi di quattro nuovi generi di Ditter:.
Camerano (L.). L’Exocoetus furcatus Mitch. (E. procne De Fil. e Ve-
rany) a Rapallo.
Peracca (M. G.). Osservazione sulla riproduzione della Iguana tuder-
culata Laur.
Camerano (L.). Ricerche intorno alla forza assoluta dei muscoli dei
Crostacei decapodi. (Nota preventiva).
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Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
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N. D4 pubblicato il 25 Gennaio 1891 Vor. VI
Dott. E. GIaLIo-Tos
Nuove specie di DITTERI del Museo Zoologico di Torino
III.
Gen. Chrysotoxum.
Da una revisione delle specie europee del genere CArysotormum Meig.
ch'io feci (1) per sciogliere alcune questioni e correggere alcuni errori
in cui incorse il Loew nella loro sinonimia intricatissima, tolgo la de-
scrizione delle seguenti specie e varietà nuove. Aggiungo ad essa una nota
sul C. /ubricum (mihi), non avendo potuto in tempo nel lavoro sopra
citato, già in corso di stampa, introdurre le modificazioni necessarie.
C. Lessonae n. sp. — Mas. — Corporis longit. millim. 15-17. Abdo-
minis latit. millim. 5-7 (2). Nigrum, pubescens. Antennis arista pallida.
Oculis tenuiter hirsutis. Thorace flavo-piloso. Scutello flavo, macula
magna media nigricante, pellucida, pilis longis nigris instructo. Abdomine
lato, depresso, ovato, fasciis latis quatuor interruptis, duabus integris,
apiceque flavis. Ventre fasciis tribus flavis, latis, arcuatis. Alis margine
antico nigricante. Pedibus luteo-ferrugineis, femoribus basi nigris.
Foemina differt: Statura minore (millim. 14), abdominis minore lati-
tudine (millim. 4*|,), fronte maculis duabus albidis, pilis brevibus tantum
instructa. Oculis tomentosis. Thorace tenuiter pubescente. Femoribus pe-
dibusque luteo-ferrugineis.
(1) Le specie europee del gen. Chrysotoxum Meig. del Dott. E. Giglio-Tos
in: Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Vol. XXVI, 1890.
(2) La larghezza dell’addome è presa al margine posteriore del 2° segmento,
dove è sempre maggiore. i
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I. Varietas: affinis (mihi): corporis longit. millim, 13-14. Abdominis
latit. millim. 4-5. Thorace flavo-tomentoso. Scutello flavo, macula media
nigricante parva, pellucida. Abdomine fere glabro, ovato, fasciis mediis
segmentorum latis, posticis subtillimis. Femoribus basi nigricantibus vel
ferrugineis.
II. Varietas: hyalipennis (mihi): simillima varietati affinis, distincta
tamen abdomine fasciis latioribus, alis margine antico luteo non fusco.
Descrizione. — Questa specie è assai affine al C. italicum Rond.,
sebbene nel suo faczes generale sì presenti molto nettamente distinta
da esso. E concorrono specialmente a questa distinzione la maggior mole
del corpo e la larghezza dell’addome relativamente al torace. — Capo
alquanto più largo del torace; faccia gialla più o meno ocracea, sparsa
di qualche pelo fulvo colle solite striscie nere, di cui la mediana larga
assai nel punto dove sì trova la protuberanza epistomica, quindi va
restringendosi gradatamente , terminando a punta ottusa poco prima
della base delle antenne. — Fronte coperta di peli lunghi neri, a ri-
flessi bianco-argentini presso il margine degli occhi per molti peli bre-
vissimi di tal colore che la coprono fittamente; protuberanza antennale
nera. — Antenne nere coll’ultimo articolo terminato a punta alquanto
ottusa e collo stilo lungo quanto questo e di color testaceo pallido. Pro-
porzione nei loro articoli: 1:1:2 ?*,. — Occhi irti dì peli assai fitti,
ma di colore cenerino; margine posteriore bianco nitido per moltissimi
peli brevi e fitti di tal colore. — Torace nero, coperto di peli gialli
assai lunghi sopra e sotto. Le linee bianchiccie parallele mediane sono
assai larghe e vanno appena oltre alla metà. Quelle gialle, che stanno
sui margini laterali, sono assai largamente interrotte. Il tratto poste-
riore di esse, cominciando largo al margine posteriore del torace , si
restringe a poco a poco e termina al livello del punto d’inserzione an-
teriore delle ali. Il tratto anteriore comincia al margine posteriore del
protorace e finisce al margine anteriore. Ai lati del torace, immediata-
mente davanti alla base delle ali, una macchia gialla fatta a V colla punta
in basso e separata sottilmente da questa; nella parte mediana del petto
un’altra macchia gialla, più piccola ed ovale. — Scudetto giallo, con
una macchia ovale trasversa, nereggiante, pellucida, coperto di peli
lunghi neri. — Addome largo, poco arcuato, ovale, leggermente care-
nato verso la sua parte posteriore , coperto di peli fitti, corti, gialli,
che si allungano a poco a poco verso i fianchi, dove formano due ciuffi
assai folti e visibili gialli. Primo segmento nero, gli altri con fascie
gialle. Di queste le mediane sono assai larghe, raggiungono i margini
laterali e si uniscono insieme alle posteriori. Di queste ultime manca
quella del 2° segmento: quella del 3°, assai sottile, si allarga alquanto
verso il mezzo, terminando ad angolo molto ottuso, e quella del 4° ha la
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forma di triangolo col vertice vicino assai alla linea d’interruzione della
fascia anteriore. L’estremità anale ha una macchia a triangolo col ver-
tice acutissimo e riunita assai largamente alla fascia anteriore dello
stesso segmento. Margine dell'addome tutt’attorno rilevato e disposto
alquanto orizzontale. — Ventre sparso di peli lunghi, rari, gialli; base
gialla, quindi tre fascie nere intiere assai larghe si succedono alternan-
dosì con altrettante gialle, interrotte più o meno largamente lungo la
linea mediana. Queste incominciano sul margine anteriore dei segmenti
e si prolungano sul margine posteriore laterale del segmento antece-
dente. — Piedi giallo-ferruginei; femori sottili; gli anteriori e mediani
a base nera, i posteriori neri o nericci fin oltre la metà. Tarsì ferru-
ginosi. — AA/î a margine anteriore fulvo-nero, chiaro nella cellula com-
presa tra la prima vena longitudinale e la costale, giallo-fulvo nello
spazio compreso tra la-2* e la 3* vena longitudinale, cambiantesi gra-
datamente in una macchia nereggiante all'estremità dell’ala tra la 2*
e la 4° vena longitudinale. Questa assai curva. — Catittere biancheg-
gianti, a margine giallo con peli brevi, fitti, gialli. — Bi/ancieri gialli.
La varietà a/finis (mihi) si può considerare come forma di passaggio
da questa specie al C. italicum Ronda. La statura è minore e la forma
dell'addome diventa più oblunga. I peli degli occhi e del forace sono
più rari e più corti, così quelli dello scudetto non più neri, ma gial-
leggianti. Questo è quasi del tutto giallo e la macchia nera pellucida è
assai piccola. Addome quasi glabro, più allungato, più arcuato, più ca-
renato ad incominciare dalla base del 4° anello. Rarissimi i peli del ventre
e limitati alla sua base, la quale è anche più largamente fasciata di
giallo. Fascie intiere dei margini posteriori dei segmenti addominali
meno grandi. Femori non neri, ma ferruginosi alla loro base. Nelle fem-
mine poi gli occQR: ed il forace sono appena tomentosi, lo scudetto è
privo di peli lunghi, l'addome è glabro sopra e sotto e le macchie fron-
tali sono gialleggianti.
La 2° varietà Ryalipennis (mihi) è somigliantissima a questa prima,
ma tuttavia se ne distingue per le fascie addominali alquanto più larghe
e sopratutto poi per le ali a margine anteriore giallo e non oscuro, nè
fosco.
Sono convinto della reale esistenza di questa specie, giacchè potei
esaminarne parecchi individui e porli a confronto con un numero assai
considerevole delle varietà a/finis, hyalipennis e del C. italicum Rond.
Piemonte. — Dintorni delle Terme di Valdieri nelle valli di Cuneo.
Gli esemplari della varietà a/finis da regioni alpine o prealpine.
(V. figure 3 e 4 nella tavola unita al lavoro sopra citato).
C. Sackeni n. sp. — Mas. — Corporis longit. millim. 14. Abdominis
latit millim. 5. — Nigrum, pubescens. Antennis articulis sub-aequalibus.
Qsulis hirtis. Thorace flavo-piloso, scutello ferruginco, macula nigra pel-
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lucida parum distincta , pilis longis flavis instructo. Abdomine ovato,
arcuato, glabro, fasciis quatuor flavis interruptis et quatuor integris ad
latera connatis. Ventre flavo, fasciis nigris exrilibus. Genitalibus flavis.
Alis margine antico flavescente. Pedibus totis flavis.
Foemina: invisa.
Descrizione, — Corpo oblungo. — Faccia ocracea sparsa di peli giallo-
bianchicci. — Prodoscide nera, a estremità macchiata di giallo-ferruginoso.
— Patpi neri. — Occhi irti di peli assai lunghi e fitti, di color cene-
rino-bianchiccio. — Fronte nera, a riflessi bianchicci verso il margine
anteriore degli occhi, con peli lunghi, gialli; protuberanza antennale
nera superiormente, con qualche pelo lungo nero. — Antenne nere ;
stilo pallido, testaceo alla base; terzo articolo stretto, arrotondato al-
l'estremità, convesso inferiormente, concavo superiormente; rapporto
degli articoli: 1:54; :14/,.. — Torace coperto di peli assai lunghi, gialli,
macchiato sopra e sotto come nel C. Lessonae. — Scudetto ferruginoso,
coperto di peli lunghi tutti gialli, con una macchia bruna, pellucida,
appena visibile. — Addome quasi glabro, ovale, assai oblungo, arcuato,
con due ciuffi di peli gialli, lunghi, alla sua base sui fianchi. Primo seg-
mento nero, con due striscie gialle lungo i margini laterali dell’inse-
natura che accoglie la parte inferiore dello scudetto: tutti gli altri con
una fascia gialla, interrotta, arcuata, anteriore ed una marginale po-
steriore intiera, riunite fra di loro ai margini di ogni segmento, ma
non congiunte con quelle del segmento anteriore o posteriore. Fascia
marginale del 2° segmento stretta, ma continua ed assai visibile; quella
del 3° doppia in larghezza, quella del 4° semicircolare ed appena sepa-
rata dalla fascia interrotta che le sta dinanzi da una sottile striscia nera
a semiarco di circolo. Segmento quinto quasi del tutto giallo: nel mezzo
una macchia nera ad Y divide le due fascie gialle, alla base del segmento
un sottile margine nero e lateralmente una striscia gialla che congiunge
le fascie di questo segmento con quelle del segmento anteriore. —
Ventre quasi tutto giallo, sparso di peli lunghi gialli alla sua base ; quasi
sul mezzo del 2°, 3° e 4° segmento una fascia trasversale nera, spor-
gente a punta anteriormente lungo la linea mediana e che va diminuendo
gradatamente in larghezza dall’anteriore alla posteriore, che è sotilis-
sima. Una piccolissima macchia nera sta sul mezzo della base del 4° seg-
mento. — Organi coputatori gialli, con peli brevi neri. — Anche nere,
piedi affatto gialli. — Ali limpide a margine anteriore giallo, non però
fino all'estremità — Ca/ittere giallo-bianchiccie ne! mezzo, a peli brevi,
fitti e gialli al loro margine libero. — Bi/ancieri gialli, un po’ bruni
alla loro base.
Sebbene non ne abbia potuto esaminare che un individuo solo, ma-
schio, ho creduto farne una specie nuova, giacchè è assai bene distinta
da tutte le altre. Differisce dal C. elegans Loew e dal C. Bigoti mihi
= 4
per la diversa colorazione dello scudetto, mancante di una vera mac-
chia nera, opaca, distinta, ed ancora per le fascie dell'addome; dal
C. chrysopolita Ronda. e dal C. octomacultatum Curtis anche per il co-
lore dello scudetto e perchè le fascie dell’addome non sono congiunte
fra di loro ai margini di esso. Aggiungasi ancora la differenza nei rap-
porti degli articoli delle antenne, nella forma generale dell'addome, nel
disegno del ventre.
Italia. (Piemonte — Dintorni di Torino).
V. figura 12 e 13 della tavola citata.
C. Bigoti n. sp. — Mas. — Corporis longit. millim. 12-13. Abdominis
latit. millim. 4-5. — Nigrum, pubescens. Antennis articulis sub-aequa-
libus. Oculis sub-nudis. Thorace flavo piloso, scutello flavo, macula media
nigra distincta, pilis longis flavis instructo. Abdomine glabro ovato, fa-
sciis quatuor interruptis, duabus integris apiceque flavis. Ventre nudo,
fasciis quatuor flavis. Pedibus flavescentibus. Alis margine antico tenuiter
flavescente.
Foemina differt: antennis longioribus, oculis nudis, thorace tenuiter
flavo pubescente, scutello sub-nudo, abdomine ventreque nudis.
Descrizione. — Sebbene questa specie sia assai somigliante al C.
elegans Loew, tuttavia i caratteri suoi distintivi sono tali che ho creduto
a ragione di poterne fare una specie a parte, secondo il significato
zoologico che oggidì si dà a questa parola. — Corpo più snello e quasi
nudo appare a primo aspetto. — Faccîa gialla, con peli giallo- bian-
chicci; striscia mediana nera assai larga, ovale ed un po’ distante dalla
base delle antenne, — Fronte come nelle specie antecedenti: nelle fem-
mine larga, nera, con due macchie bianchiccie semilunari ai margini
interni degli occhi. — Antenne nere, stilo bruno; rapporti dei loro ar-
ticoli: 1: 5|;:1*/;; terzo articolo piuttosto stretto, più largo alla base,
a margine superiore diritto ed inferiore ‘curvo alquanto verso l’estre-
mità. — Occhi coperti da peli brevissimi, cenerini; nelle femmine, nudi.
— Torace, nei maschi, coperto tutto di peli poco lunghi , gialli , dise-
gnato sopra e sotto come nelle specie antecedenti; aggiungasi una pic-
cola macchia gialla , posta fra il limite anteriore della striscia gialla
marginale del torace e l'inserzione del primo paio di zampe; nelle fem-
mine, nudo o con peli gialli brevissimi. — Scudetto giallo, munito di
peli lunghi, gialli, con una macchia nera, ovale, opaca, distinta, nel
mezzo; nelle femmine, nudo o con qualche raro pelo giallo. — Addome
oblungo, ovale, arcuato, più o meno ottuso alla sua estremità, appena
tomentoso nei maschi, nudo nelle femmine, ad eccezione dei due ciuffi
di peli lunghi, giallo-bianchicci, che sono presenti sempre nei due sessi
alla base dell’addome sui fianchi. Segmento 1° nero, colle striscie sottili
gialle, come nel C. Sackeni; segmento 2° con una fascia gialla interrotta,
*
MG —
assai larga ed arcuata, che si unisce ai margini con una sottilissima
striscia gialla, la quale, percorrendo il margine posteriore, va gradata-
mente attenuandosi per scomparire poi verso il mezzo: in alcuni esem-
plari è visibile solo nel mezzo. Seguono negli altri segmenti le fascie
gialle interrotte. Delle marginali quella del 3° è continua, assai larga,
con una intaccatura nel mezzo ad angolo acuto, col vertice rivolto al-
l’indietro: talora questa manca: quella del 4° è assai più larga, colla
istessa intaccatura, mancante in generale nelle femmine. Il 5° segmento
è quasi del tutto giallo: una sottile striscia nera alla base ed una mac-
chia in forma di Y che divide le due fascie. Tutte le fascie sono unite
fra di loro nello stesso segmento, ma disgiunte fra un segmento e l’altro.
— Ventre quasi tutto nudo, specialmente nelle femmine a base gialla
e con tre fascie gialle alternate con altrettante nere; quelle stanno alla
base dei segmenti, queste al margine posteriore; quelle nere interrom-
pono più o meno largamente le gialle, unendosi fra di loro con un’apofisi
più o meno larga lungo la linea mediana. — Organi copulatori ma-
schili gialli, con peli neri, brevi assai. — Anche nere; piedi totalmente
gialli. — A/î a margine anteriore gialleggiante non oltre alla seconda
vena longitudinale; vena 4* longitudinale poco incurvata. — Calîttere
come nelle specie antecedenti. — Bi/ancieri più o meno ferruginosi,
Piemonte. — Gli esemplari esaminati provengono dai dintorni d’Ivrea
nel Canavese, dai contorni di Pesio nelle Valli di Cuneo, dal Colle del
Moncenisio, dalle Valli di Lanzo, dai dintorni di Torino.
C. fusenm n. sp. — Mas. — Corporis longit. millim. 13-14. Abdominis
latit. millim. 5. — Nigrum, pilosum. Antennis articulis sub-aequalibus.
Oculis hirtis. Thorace fulvo-piloso. Scutello flavo, macula nigra, parva.
Abdomine pubescente, ovato, fasciis quatuor arcuatis interruptis flavis a
lateribus paulo remotis, apice flavo. Ventre basi et fasciis duabus flavis
interruptis. Alis, macula stigmaticali nulla, venis marginibus fuscis.
Pedibus ferrugineis, femoribus omnibus basi nigris.
Foemina differt: antennis longioribus, oculis nudis, corpore nudo, ab-
domine lato, arcuato, femoribus ima basi nigra.
Varietas: vernaloides mihi: alis margine antico fusco-lutescente ,
venis marginibus non fa:scis.
Descrizione. — Faccîa più o meno giallo-ocracea, colla striscia
nera mediana assai larga fin dalla base, poco acuta all’estremità e non
raggiungente la base delle antenne. — Fronte nei maschi come nelle
altre specie, nelle femmine nera, assai larga, nuda, con due macchie
gialle ai margini degli occhi. — Antenne nere, stilo bruno fin dalla
base; rapporti dei loro articoli nei maschi: 1:1:1/'/ e nelle femmine
1:4;:1*/. — Occhi irti di peli nericci, numerosi ed assai lunghi, nelle
femmine nudi. — Torace disegnato sopra e sotto come nelle specie an-
bio Si
tecedenti, coperto di peli molto fitti, lunghi, di color fulvo nei maschi,
nudo nelle femmine. Scudetto giallo, con nel mezzo una macchia ovale,
nera, opaca, più o meno grande, coperto di peli lunghi, neri o nereg-
gianti nei maschi, nudo nelle femmine. — Addome ovale, arcuato quasi
glabro nei maschi, quasi nudo nelle femmine; in ambedue i sessi due
ciuffi di peli lunghi, giallo-bianchicci alla sua base sui fianchi. Primo
segmento affatto nero, gli altri con una fascia gialla mediana in-
terrotta nel mezzo, arcuata, di uguale larghezza in tutta la sua esten-
sione, non raggiungente i margini dell’addome come nu... specie ante-
cedenti, ma anzi alquanto distante da essi. Oltre queste quattro fascie
notansi ancora in taluni individui due sottilissime linee al margine po-
steriore del 3° e 4° segmento, che non arrivano però fino ai margini
laterali. Estremità del 5° segmento con una macchia semiovale gialla,
non congiunta colla fascia dello stesso segmento. — Ventre quasi nudo,
nero, con peli lunghi, sparsi alla sua base nei maschi, interamente nudo
nelle femmine. Due macchie gialle, grandi, ovali, trasversali alla base
del 3° e del 4° segmento. — Organi copulatori maschili neri. — Piedi
ferruginosi; femori tutti o ferruginosi nereggianti o neri dalla loro base
fin verso la metà, specialmente i posteriori; #îe di un bel giallo ci-
trino; farsî ferruginosi. — Calittere gialle. — Bilancîeri gialli, più 0
meno ferruginosi. — 4/7 a margine anteriore intensamente ferruginoso
fin presso all’unione della 2° nervatura longitudinale colla costale; 4°
vena longitudinale assai curva. Manca la macchia stigmaticale, ma le
vene sono tutte largamente contornate di un colore bruno-fosco, onde
le ali non appaiono ialine, ma fosche. i
Simile assai questa specie al C. vernale Loew, se ne distingue spe-
cialmente per la mancanza della macchia nera stigmaticale al margine
anteriore delle ali e per i contorni -foschi delle nervature alari,
La varietà vernaloîdes (mihi) si può considerare come passaggio da
questa a quella specie, giacchè, molto simile all’una ed all’altra, se ne
differenzia tuttavia in modo speciale per la mancanza della macchia
stigmaticale e per le nervature delle ali non più a margini foschi, ma
limpidi.
Piemonte. — Può dirsi una specie quasi schiettamente alpina. Gli
esemplari esaminati provengono in massima parte dai dintorni di Val-
dieri nelle valli di Cuneo e dal colle del Moncenisio.
C. lubricum (mihi) — C. arcuatum Panzer — C. sylwarum Meig.,
Loew — C. fasciolatum Rond.
Il mio lavoro sopra citato era già dato alle stampe, quando mi ac-
corsi dell’errore in cui era incorso nel creare questa nuova specie. Non
essendo stato più in tempo ad introdurvi le necessarie correzioni in
proposito, aggiungo ora questa nota.
I due individui maschi descritti da me col nome di C. /ubricum non
Leg —
sono altro che 2 maschi del C. arcuatum Panzer, cioè del C. sy2varum
Meig e Loew. L’addome allungato, stretto, depresso fa contrasto con
quello della femmina , corto, ovale e molto largo, per cui i due sessi
appaiono nell’aspetto generale assai diversi. Il Loew nella sua descri-
zione assai minuta del C. sy/varum Meig. non ta cenno di questi ca-
ratteri sessuali così spiccati, e fu ciò che mi trasse in errore, credendo
di dover riferire i due esemplari che io esaminai ad una specie distinta.
S’aggiunge ancora che tanto Meigen quanto Loew riportano come ca-
rattere distintivo di questa specie quello che le linee grigie mediane del
torace lo attraversano per fu//a la sua lunghezza. Questo io non potei
assolutamente vedere nei due maschi descritti, con tutto che li esami-
nassi attentamente, ed anche, come consiglia Loew, Ze 7//uminassi an-
teriormente e le osservassi con cura di fianco, e che gli esemplari fos-
sero perfettamente conservati. Avendo potuto in seguito esaminare altre
femmine di questa specie, ne ottenni lo stesso risultato, onde mi con-
vinsi che il carattere delle striscie del torace non può avere quella
importanza specifica che gli si volle dare. Ciò premesso , la specie C.
Iubricum (mihi) non esiste, e la descrizione che ne diedi devesi riferire
al maschio del C. arcuatum Panzer. Non sarà tuttavia inutile il lavoro
fatto, giacchè si avrà in tal modo una descrizione che potrà evitare
altri consimili inconvenienti per l'avvenire. Serve ciò intanto a dimo-
strare come sia di una importanza non trascurabile il carattere speci-
fico, che ho creduto opportuno di introdurre, della larghezza dell’addome,
variando la quale varia anche di molto l’aspetto generale del corpo.
Nella tavola unita al lavoro suddetto le figure 10 ed 11 devono dunque
essere ritenute come di addomi del C. arcuatum Panzer.
Gen. Neoglaphyroptera (1) Ost. Sack.
N. immaculata n. sp. — Foem. — Longit. corporis millim. 5. Long.
alae millim. 4 '|,. Testacea pallida. Antennarum articulis ad margina
antica pedibusque fuscescentibus. Metathorace macula rufa. Abdomine
segmentis quinque primis ad marginém posticum rufo-fasciatis. Alis im-
maculatis.
Mas distinctus: statura minore (corporis longit. millim. 4 — alae longtt.
millim. 3 *|,); abdomine atque segmentorum fasciis angustioribus.
(1) Il gen. Neoglaphyroptera venne da Osten Sacken nel suo « Catalogue
of the described Diptera of North America — second edition — 1878 » sosti-
tuito al gen. Glaphyroptera Winn. (1863), perchè già usato da Heer nel 1852
per un genere di Buprestidi fossili.
sn I
Descrizione. — Cupo uniformemente di un color pallido-testaceo,
e così i pa/pî, assai lunghi e sporgenti. — Occhi ovali, assai grandi,
più distanti nella femmina che non nel maschio. — Ocezzî in numero di
tre: due laterali assai grandi, posti nel mezzo di una macchia nera
presso i grandi occhi, sulla linea di separazione del sommo della fronte
dalla parte occipitale del capo, uno piccolissimo in mezzo a questi due in
una macchia bruna minutissima, posto appena più all’indietro dei late-
rali. — Antenne sottili, lunghe quanto il capo ed il torace insieme, ricurve
in basso, composte di 2-+ )4 articoli, di color testaceo pallido. I due
articoli basali sono più grandi, a forma di tronchi di cono colla base
rivolta in alto e coi margini di essa muniti di qualche pelo dello stesso
colore , di cui alcuno assai lungo e visibile. Il terzo articolo alquanto
più lungo dei seguenti fatto a guisa di coppa, ma più sottile dei due
basali; gli altri vanno gradatamente diminuendo in larghezza e lun-
ghezza fino all’nItimo minutissimo ed appena visibile. Tutti questi ultimi
quattordici articoli appaiono nudi, esaminati colla lente, e col margine
anteriore nero. — Torace ricurvo assai, gibboso, di color testaceo
alquanto più ocraceo, coperto di peli non molto fitti, assai lunghi, dello
stesso colore; presso al suo margine posteriore, nel mezzo e di fronte
allo scudetto, stanno alcuni peli alquanto più lunghi, più rigidi e neri
o nereggianti. — Scudetto dello stesso colore del torace, mediocre, con
peli neri, lunghi, rigidi, in numero di 6 o poco più al suo margine li-
bero. Sotto ad esso, sopra all’inserzione dell'addome, il metatorace ha
una macchia bruno-nera assai visibile. — Addome oblungo , quasi ci-
lindrico, alquanto più stretto alla base, coperto di brevissimi peli molto
fitti, di color pallido-bianchiccio. Primo segmento gialliccio, con una
fascia non molto larga, bruno-nera al suo margine posteriore ; gli altri
cinque segmenti dello stesso colore, colla fascia marginale posteriore
più larga, che raggiunge circa la metà dei segmenti, specialmente del
2° e del 3° nelle femmine; nei maschi tali fascie sono assai più sottili,
alquanto più larghe ai lati dell'addome e l’addome stesso con qualche
raro pelo alquanto più lungo, specialmente sui margini laterali; il seg-
mento 6° e l’ultimo di colore gialliccio interamente, senza macchia al-
cuna, e nei maschi alquanto più pelosi. — Ventre uniformemente di
color gialliccio pallido. — Piedi non molto lunghi, di color cereo pal-
lido. — Anche quasi lunghe quanto i femori, con qualche pelo nero e
con punticini neri alla loro estremità; /emori con un punto nero alla
loro base, assai ingrossati e robusti, coperti quasi interamente di peli
bianchicci brevissimi. — 7bie alquanto più brune, terminate da due
spine assai lunghe e robuste; le anteriori minori dei femori, le mediane
di poco più lunghe dei femori, le posteriori alquanto di più. Tutte poi
sono munite di tre serie di spine meno lunghe delle terminali, ma assai
acute e forti. — Tarsi bruni come ie tibie, più lunghi di esse, ed ogni
loro articolo è terminato da due spine brevi ed acute; nella loro lun-
Si +
ghezza quasi nudi nelle femmine, ma nei maschi muniti pure di spine
sottili ed acutissime assai numerose. — Al? senza macchia alcuna, di
colore tendente alquanto al verdiccio , con riflessi metallici iridescenti
a seconda della incidenza della luce; la vena costale, tutta la prima e
la metà anteriore della 2° vena longitudinale di coler bruno scuro, assai
visibili; le altre di color gialliccio e più sottili — Bilancieri di color
testaceo-pallido.
Due maschi e due femmine.
Piemonte. — Buttigliera d'Asti e Cigliano. Da giugno a settembre.
3889 - Tip. Guadagnini e Cundellero, via Gaudenzio Ferrari 3 = Torino
BENZA ZI v san
mn 3 1891
_BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
ITRE
N. 95 pubblicato il 7 Febbraio 1891 VoL. VI
Dott. D. Rosa
La « ZOOGENIA > di F. C. Marmocchi (1853)
L’Haeckel nella sua « Storia della creazione naturale » (1), ricordando
gli autori che anche poco prima della comparsa della « Origine delle
specie » hanno sostenuto la teoria della discendenza, non fa menzione
di alcun autore italiano.
Tuttavia sei anni prima della pubblicazione dell’« Or7gine delle specie»,
cioè nel 1853, il geografo italiano F. C. MARMOCCHI si era dichiarato
apertamente in favore della teoria della discendenza, e l’aveva anzi
esposta in modo così completo, come forse non si era mai fatto in tutto
il periodo di tempo che è scorso tra il Lamarck e il Darwin.
L'opera del Marmocchi, alla quale noi accenniamo, forma il vol. 1°
della « Biblioteca dell’Italiano », che era pubblicata in Firenze dalla
Società Editrice Fiorentina. Questo volume è intitolato « Prodromo
della storia naturale generale e comparata d’Italia, di F. C. Marmoc-
chi ». Esso è diviso in due parti, che portano ambedue sulla copertina
la data 1853, sebbene la prima parte porti nel frontispizio interno la
data 1844, che segna il principio della pubblicazione che si faceva a
dispense. I punti che c’interessano son contenuti nelle prime dispense
della 2° parte, le quali quasi certamente sono uscite anche prima del
1853, poichè tale data segna il termine di questa pubblicazione, che do-
veva farsi molto lentamente, se era cominciata nel 1844.
I capitoli che ci interessano in questa 2* parte del volume del Mar-
mocchi sono il III, intitolato « Classazione degli animali » e sopratutto
il IV, intitolato « Della creazione degli animali 0 zoogenia ».
(1) Dell’ottava edizione di quest’opera (1889) ho fatto una traduzione ita-
liana, che si pubblica dall’Unione Tipografico-Editrice Torinese (Torino, via
Carlo Alberto, 33); ne son già uscite tre dispense,
— 9 _
Nel capitolo III è sopratutto motevole la chiusa che qui riportiamo
(pag. 764):
« Gli animali dunque costituiscono non una serie semplice e per
tutto uniformemente graduata, ma una serie ramosa e non mat di-
scontinuata, ognî ramo della quale ricongiungesi, almeno da un tato,
alta catena generale. Or questo fatto una volta constatato, che cioè
tutti gli animali son formati su un disegno comune, e che quel di-
segno, salvo alcune anomalie, sembra essersi gradualmente perfezionato,
non siamo noi nel diritto d’indurne la legge generale seguìta dalla na-
tura nella loro creazione? legge onde l’azione regolare avrà qualche
volta eccezionalmente deviato sotto l'influenza di particolari circo-
stanze ? ».
« Ecco appunto la questione, che andiamo ad esaminare nel seguente
capitolo.
Il capitolo IV merita di essere riportato quasi per intero:
«...... (pag. 766). Ma però vi è un punto in litigio, ed è questo:
Trattasi di sapere se le diverse specie nelle quali trovasi distribuito il
regno animale, debbano ciascuna la loro origine ad una generazione di-
retta, e la loro perpetuazione ad un ordine di nascite successive d’in-
dividui sempre simili ai loro parenti con costanza invariabile; ovvero
se, nel progresso dei tempi, dopo la generazione diretta d’individui del
più semplice organamento (i soli che la natura probabilmente forma an-
cora interi), se questi primi abbozzi dell’organizzazione animate ab-
biano prodotta l’esistenza di tutte le specie, în virtù di perfeziona-
menti originariamente diversi, acquistati sotto la doppia influenza
della forza interna d’accrescîmento e della esterna azione delle cir-
costanze locali; specie poi definitivamente perpetuate per quella sorta
di trasmissione ereditaria, che è la qualità propria della vita. — m-
somma se debba ammettersi la primitività delle specie, 0 ta loro de-
rivazione successiva. — Quale di queste due ipotesi è la più verosi-
mile, nello stato attuale della scienza? E dico ipotesi, perchè queste
due opinioni meritano di essere così qualificate; non dispiaccia a quelli
che pongono la loro fede nella prima come in un assioma, a quelli per
i quali l’antichità e l’universalità d'un pregiudizio tengon luogo di di-
mostrazione e d’evidenza.
« Infatti, sopra che fondasi la prima opinione? Si è fino da antico
osservato ch’esistono specie d’animali simili ed eguali, e che a memoria
d’uomo queste specie sonosi così perpetuate, per una non interrotta suces-
sione di generazioni simili. Questa osservazione è perfettamente esatta:
perchè ogni essere vivente somiglia sempre a quello o a quelli da’ quali
è nato; e niuno dubita che una specie non si perpetui senza variazione
essenziale, fintantochè gl’individui, onde il rinnovamento successivo la
costituisce, rimangono sotto l'impero delle stesse circostanze. — Ma a
questi incontestabili principii s’aggiunge un dubbio, ed è questo : se,
DE
cioè 7 tipo specifico eziandio abbia potuto cambiare a lungo andare,
per effetto dell’azione variabile delle locali circostanze, e dell’accu-
mulazione ereditaria delle differenze acquisite in ogni generazione.
Se questo dubbio è dimostrato inammissibile, ne viene per conseguenza
la incontestabilità della creazione diretta di tutte le specie, e l'evidenza
che vi furono epoche nelle quali la natura fu più che in altre feconda
ed attiva: gli animali più perfetti nacquero interi e di un getto, come
forse ora nascono i più imperfetti. Oggi, la natura è spossata, Dio si
riposa!!! Questa conclusione vale la pena che discutansi con cura le
cose premesse. Vediamo dunque se la pretesa invariabilità delle specie
fosse smentita dai fatti,
« L’altenta osservazione della natura cî mostra che gli esseri vi-
venti modificansi secondo le circostanze alle quali trovansi assogget-
tati. Chi potrebbe disconoscere l'immensa influenza del clima, del
suolo e della cultura sui vegetali? Quante varietà non ne risultano!
Il ricino nella zona torrida è un albero, mentre non è che un’erba sotto
il nostro cielo temperato; le rose semplici del rosaio silvestre diven-
gono doppie in un terreno più grasso; diversi sono i frutti del pesco
coltivato a spalliera da quelli del pesco esposto a pieno vento; e il ra-
nunculus aquatilis, quando cresce in un suolo umido ma non inondato,
diventa il ranunculus hederaceus che i botanici descrivono come una
specie a parte.
« Né è più a dubitarsi oggî, che anche gli animali non vartino
sotto l'influenza delle esteriori circostanze, le quali agiscono sopra
di essi 0 direttamente come sui vegetali, o îndirettamente in virtù
dei bisogni che quelle circostanze loro impongono, e delle abitudini cui
sono obbligati a contrarre per soddisfare questi bisogni. Come esempi
del primo modo d’azione citeremo : l’a/binismo imperfetto delle scimie
tenute lungamente in gabbia, l’impicciolimento degli animali domestici
trasportati d'Europa in America, ecc.; e quanto al secondo modo di
azione ci limitiamo a porre in principio: che g7? organi si fortificano
e singrandiscono per effetto d'un esercizio frequente, mentre invece
s'îndeboliscono, si atrofizzano ed anche spariscono se non sono ada-
perati.
« Ora consideriamo un'altra legge, la verità della quale è incontra-
stabilmente dimostrata: che cioè /e varietà accidentalmente acquistate
dagli individui d'una specie trasmettonsi per eredità, se questi indi-
vidui s'accoppiano tra loro; dal qual fatto deriva quella moltitudine di
razze, che luomo ha prodotte fra gli animali domestici, mercè la
diversità del clima, del nutrimento, dell'educazione, ecc.; dal qual fatto
derivano quegli svelti cavalli inglesi da un lato, ed i nostri goffi ca-
valli dall'altro; quei cani alani, quei levrieri, quei bassetti, quegli
spagnuoli, quei barboni, ecc., che tra loro si assomigliano meno assai
di quello che l’asino non assomigli al cavallo, a confessione eziandio del
è 7
Buffon, di quell’eloquente difensore dell’invariabile perpetuità delle specie
(vedi la sua Sforza naturale all'art. Asino).
« E d’altronde: è nostri cereali, i nostri alberi fruttiferi, î nostri
erbaggi, che non crescono allo stato naturale in veruna parte del globo,
e che costituiscono în tutto il rigor del lermine specie distinte, non sono
eglino evidentemente dei vegetabili deviati dal loro tipo originario per
un gran numero di generazioni, e condotti dall'arte umana allo stato
nel quale li vediamo, #rasformati da una specie în un’altra specie? Ed a
riguardo di molli animali domestici non avvenne sicuramente îl
medesimo fatto? Il cane, per esempio, non discende egli dal lupo, o da
qualche specie al lupo molto vicina? Restituito da tre secoli alla vita
selvaggia nei deserti d'America, il cane non ha egli quasi completa-
mente ripreso, in questo nuovo stato, le forme ed i costumi del lupo?
— Or dunque: se l’uomo dopo tre o quattrocento secoli al più ch’è ap-
parso sulla terra potè per trasformazione crear delle razze ed eziandîo
delle specîe, perchè ricuseremo di credere alla possibilità di simili tra-
sformazioni per effetto dei cambiamenti profondi che la geologia at-
testa essere avvenuti nell’atmosfera, nell’acque ed alla superficie delle
terre nel corso di migliaia di secoli, lunghesso il quale ha durato la
creazione successiva degli animali? Il Buffon, mentre difende l’opinione
contraria, confessa però giudiziosamente: « che la produzione di una
specie per degenerazione non è una cosa impossibile alla natura! ».
Ora non comprendesi, dopo questa confessione, come Za realizzazione
di questa possibilità sembrasse al grande naturalista meno probabile
che la spontanea generazione delle specie più elevate; non compren-
desi come un così alto ingegno seriamente obiettasse: che dal tempo
d’Aristotele ai giorni nostri non si è vista apparire nessuna nuova
specie!! Quest’asserzione: non è ella temeraria? Si è forse posseduto
dopo Aristotele l’esatta numerazione del regno animale, per affermare
che nessuna specie non si è formata in questo lasso di tempo ? Questa
asserzione, esatta forse per gli animali delle specie superiori, può ella
accettarsi per vera anche riguardo alle miriadi di piccoli animali nel
lasso di duemila anni?
« L'idea della distinzione originale e assoluta delle specie trae seco,
come necessaria conseguenza, anche l'impossibilità dell’accoppiamento
tra individui di specie diverse; o almeno la sterilità di questo accop-
piamento , l'incapacità a generare negli esseri che ne provengono :
infatti il Buffon non manca di citare a questo proposito l’incapacità
genitale del mulo. Ma non è vero che tutti gli esseri ibridi sian colpiti
dallo stesso difetto: infra specie tanto distinte, come sono quelle del-
l’asino e del cavallo, questi accoppiamenti eterocliti non producono
senza dubbio che individui sterili; e fra specie l’una dall’altra più di-
scoste tali accoppiamenti son anche totalmente impossibili, o almeno pro-
ducono niente assolutamente: ma è così quando la distanza è minore?
007, E
L'osservazione ha provato che fra î vegetabili gl’'individui ibridi son
molto comuni, e che facilmente si perpetuano per via della genera-
zione. E ciò spesso avviene pure fra gli animati, e specialmente fra
glinsetti e fra gli uccelli.
« Ora questo accrescimento delle specie create dalle varietà indi-
viduali, perpetuandosi per un ordine non interrotto di generazioni, fi-
nisce per caratterizzare tutta una collezione d’individui, somiglianti fra
loro e coi loro parenti; vale a dire cosfitwisce ciò che chiamiamo una
specie.
« Dunque (mon contando /e mostruosità o anomalie di nascita, che,
come l’albinismo, non sono incompatibili colla conservazione della vita
e possono. pure propagarsi eredilariamente di razza in razza) siamo
obbligati a riconoscere a/22en0 due cause evidenti , per effetto delle
quali. molle specie nmove: sono: semza dubbio derivate da specie più
antiche. Vale a. dire: 1° 7 cambiamento di circostanze e di abitudinò;
2° l’incrociamenio delle schialte.
« Ora « se fosse una: volta provato (continua il Buffon, nostro av-
versario) che esistessero, mon dico molte: specie, ma una sola prodotta
dalla degenerazione di un’altra specie... ...... la potenza della natura
non avrebbe: più limiti, e sarebbe il caso: di poter dire che da un solo:
essere; essa abbia. saputo; trarre, col tempo, tutti gli altri esseri orga-
nizzati;..... che tutti gli animali son venuti da un: solo animale, e
che, nella successione dei tempi, questo animale ha prodotto, perfezio-
nandosi e degenerando, tutte le razze degli altri animali ».
« Nello stato; attuale della. scienza, l’antecedente domandato dal Buffon
ne: sembra, constatato a riguardo di molti animali domestici, e di molte
specie. d’ibridi : l’illustre scrittore stesso darebbe oggi il suo assentimento
alla. conclusione..
« Ecco dunque le idee che consideriamo più probabili relativamente
alla zoogenia: — 1° La matura. ha: comvinciato, come tutti i giorni an-
cora. rieomincia in: luoghi etempi favorevoli, dal creare direttamente gli
animati più semplici ; 2° Poi, în'virti di quelle facoltà: d’accrescimento:
e, di riproduzione che: sono: esiziati (* essenziali?) aî primi periodi di
qualunque: vita; la. natura. potè;, per la» graduate complicazione del-
Corganamento nelle circostanze convenevoli , ei per la trasmissione
ereditaria. degli. acquistati progressi, non creare direttamente, ma /09=
giare progressivamente animali sempre più perfetti: sicchè, nel lungo:
corso. dei secoli, e con l'infinita diversità. delle condizioni esteriori, potè'
prodursi quella enorme moltitudine di specîe, il cui ordine, abilmente
graduato, mostra anch’oggi,. adi onta. di. alcune irregolarità e di alcune
lacune; una. manifesta, comunanza d'origine.
« In fatti, le irregolarità. della serie. animale si spiegano in modo
soddisfacente. coll’azione. delle. circostanze esteriori. Certo, se gli animali
agquei, questi. primogeniti. della. natura, fossero sempre: e tutti vissuti.
*
a
nella stessa specie d’acqua, niuno dubita che le loro specie non do-
vessero offrire, l’una relativamente all’altra, una gradazione regolar-
mente sfumata: ma quanto invece non han dovuto diversificarsi per le
opposte influenze delle acque dolci o marine, stagnanti o agitate, calde
o fredde, profonde o basse? Poi le razze che a poco a poco passarono
dalla vita acquea alla vita aerea, dapprima vicino all'acqua, e quindi
insensibilmente nelle più aride regioni del globo, dovettero per conse-
guenza, a grado uguale di organica composizione, modificarsi singolar-
mente secondo le circostanze in mezzo alle quali trovaronsi poste, od
in ragione delle abitudini che in quelle circostanze furono astrette a
contrarre.
« Per esempio: egli è in questo modo che consecutivamente ad una
inazione per molte generazioni prolungata, le ali in molte specie di
insetti dovevano abortire, gli occhi ridursi ad uno stato rudimentario
nella talpa; le membra atrofizzarsi e completamente sparire nei ser-
penti. E reciprocamente, in conseguenza della continua ripetizione dei
medesimi sforzi, il nuoto dovè sviluppare larghe membrane fra le dita
delle oche, dell’anitre, ecc., come alle zampe dei cani di Terra Nuova;
la coda dovè acquistare una consistenza ed una forza notevole nel kan-
garù, che, nella sua attitudine abitualmente diritta, servesi di questo
organo, quasi nel modo stesso che fa delle gambe di dietro, per appog-
giarsì e per saltare, ecc., ecc.
« Quanto alle lacune della serie, la loro presenza si spiega non
meno vittoriosamente colle specie perdute. La sparizione di numerose
razze d’animali è un fatto attestato dagli avanzi fossili chiusi nei di-
versi strati dei terreni secondarii e terziarii; poi poco importa che
questa sparizione attribuiscasi o al reale annientamento della intera
razza, che può essere perita senza lasciar posterità, o alla trasforma-
zione graduale della specie antica in una delle nostre specie attuali : in
tesi generale, ammettiamo l’uno e l’altro caso.
« Molti animati della creazione progressiva oggidi non esistono ;
nè possiamo guari sperare di ritrovar le vestigia di tutti fra li avanzi
delle antiche età: ma già ne possediamo un numero bastante per ran-
nodare la catena di detta creazione co’ lumi dell’analogia. General-
mente le grandi specie sono separate da maggiori intervalli di quello
sieno le piccole specie; perchè queste si moltiplicano con molta più pro-
lificità di quelle, e corron quindi molto meno i) pericolo di annienta-
mento: perlnechè gli uomini forse non mai si libereranno da tanti in-
setti incomodi, de’ quali tentano invano la distruzione.
« Motte razze di grandi animati , le generazioni de’ quali rinno-
vansi con maggior lentezza e con meno fecondità, furono senza dubbio
distrutte dalle razze più forti e piu potenti. Vedete come l’uomo, per
la sua immensa supremazia, limitò sempre più la propagazione degli
animali nocevoli, ed eziandio delle specie innocue da lui non ridotte
a
a domesticità! Dove trovate oggi quella profusione di leoni, di tigri,
di pantere, di leopardi e d’orsi che a migliaia massacravansi per ispet-
tacolo nei giuochi circensi dell’antica Roma? Gli ippopotami fannosi
ogni giorno più rari sulle sponde del Nilo; e gli oranghi-utanghi lan-
guiscono respinti e come assediati nelle foreste della grande isola di
Borneo.
« Alcune specie di vertebrali sono sparite anche dopo il principio
dei tempi iîstorici: e tale è forse il cervus euryceros dell’ Aldrovando
(o cervo a corna gigantesche), che Oppieno descrisse e del quale oggi
non trovansi senonchè le ossa nei fanghi del Valdarno: e tal è, senza
dubbio, il dronte, uccello che due secoli fa viveva nelle isole di Francia
e di Borbone, e che oggi vi si cerca invano.
« E come succede alle bestie, anche Ze inferiori varietà dell’umana
specie pare vadano a sparire davanti alla învasione della razz
bianca: decimati prima da una conquista micidiale, ed oggi scacciati
dallo incivilimento , che limita in cerchia ogni dì più anguste i campi
e le risorse della vita selvaggia, gli Americani dalla pelle rossa e dal
mento imberbe presto o tardi saran ridotti a niente, per effetto di una
esterminazione diretta o indiretta da parte dei bianchi. Supponete che
un giorno la espansione dominatrice dello iîncivilimento europeo
estingua le razze umane più inferiori; supponete che gli oranghi
(simia troglodytes e simia satyrus), già sì rari, spariscano total-
mente; supponete infine che le rivoluzioni de’ secoli cancellino persin
le vestigia delle razze perdute, in tal caso la distanza fra le specie
rimaste vive in cima alla scala della creazione animale apparirebbe
molto più grande di quello che oggi non è tra l’uomo ed il rimanente
de’ vertebrati, e Za nostra specie sarebbe un enigma infinitamente più
difficile a spiegarsi. i ;
« Le irregolarità e le lacune della scala geologica, una volta spie-
gate colle leggi ordinarie della natura, Za creazione progressiva, per
quanto paradossale possa sembrare agli spiriti prevenuti, è în sè 772070
meno misteriosa e più probabile della creazione diretta; della crea-
zione cioè della prima coppia d’animali d’ogni specie e di tutte le specie.
La creazione progressiva non suppone nelle trascorse età la unica,
straordinaria, istantanea manifestazione di una forza che oggi più
non sî mostra, e può sempre esser considerata come îl resultamento
graduale e multisecolare delle forze che attualmente reggono il mondo.
Così giudicarono di essa pensatori liberi e profondi : il Pascal, il De-
maillet, il Goethe ed il Lamarck. Ma dopo di essi a probabilità è di-
venuta quasi equivalente alla certezza, grazie ai progressi dell’ana-
tomia filosofica. Infatti ella dimostra come l'embrione degli animali
superiori acquisti successivamente i suoi organi, secondo le leggi che
presiedono alla graduale complicazione dell’organamento nella scala
zoologica, dimostra come l’embriogenia sia un’anatomia comparativa
TS
transitoria, e l'anatomia comparativa sia un’embriogenia permanente;
e dopo ciò rende probabilissimo che la creazione progressiva del regno
animale, nella lunga successione delle età della terra, operasse im
grande quello che diuturnamenle riproducesi in piccolo sotto î nostri
occhi nella formazione dell'embrione ».
Il Marmocchi aggiunge alcuni periodi senza importanza per noi, ri-
guardanti la genesi Mosaica, e conclude il notevole capitolo della zoo-
genia in questi termini:
«..... lo stesso Pascal (1), questo grand’uomo che non ebbe reli-
giosa fede minore al genio, non credè mancare all’ ortodossia diman-
dando a se stesso, se gli esseri animati potessero essere originariamente
individui informi, onde la costituzione sarebbesi cambiata in mezzo e
per effetto delle circostanze nelle quali eransi trovati immersi. I pro-
gressi delle cognizioni anatomiche e fisiologiche hanno appoggiato
questa sublime supposizione dell’autore dei Pensieri ».
Dalle pagine citate risulta che il Marmocchi, in un’epoca in cui le
teorie di Lamarck erano, cadute in obblio, in cui a gran fatica si può
trovare qua e là qualche, autore che accennasse alla teoria della dir
scendenza o la sostenesse incidentalmente, aveva esposta questa teoria,
affermandosene chiaramente partigiano, e l'aveva fatto. in un’opera
popolare destinata specialmente. alla gioventù. Diciamo teoria della di-
scendenza e non darwinismo, poichè nelle pagine del Marmocchi non
troviamo ancora alcun presentimento della scelta naturale risultante»
dalla lotta per l’esistenza, Ora quest’ultimo principio è quello che carat=
terizza il vero darwinismo.
Ma la teoria della discendenza fu compresa ed esposta da lui in modo.
completo. Ricorderemo qui brevemente le sue idee principali:
Disposizione a foggia d’albero del regno animale — Unità del tipo
di composizione — Creazione diretta solo delle forme più semplici —
Origine di tutte le altre forme dovuta alle variazioni individuali ed al
loro accumulamento, ereditario — La, variazione dovuta. alla. mostruo-
sità, all’ibridismo, all’influsso, diretto, delle circostanze esterne, alle abi-
tudini, all’uso e, non uso degli organi, ecc. — Il valore specifico delle
forme prodotte dall'uomo. — Le lacune della serie spiegate coi fossili.
— Il parallelismo, fra. l’embriologia, e. l'anatomia comparata — L'onto-
(1) Notiamo che il Perrier (Le transformisme , Paris, 1888) dice a questo
riguardo: Si une phrase qu’Etienne Geoffroy-Saint-Hilaire préte à Pascal, ef
qui n'a malheureusement pas été retrouvéee dans ses @uvres, est bien auten-
tique, l’auteur des Provinciales aurait également pensé que « les étres animés
n’étaient è leur debut que des individus informes et ambigus dont les circon-
stances permanentes au milieu, desquelles. ils. vivaient ont décidé originaire-
ment la constitution ».
o
genesi come riproduzione in piccolo della filogenesi — L'origine del-
l’uomo da forme pitecoidi (affermata implicitamente nella frase ove dice
che se sparissero le razze umane inferiori e le scimmie superiori,
oranghi, ecc., la nostra specie sarebbe un enigma infinitamente più dif-
ficile da spiegare).
Non sarà forse discaro ai lettori di conoscere qualche cosa della vita
di Marmocchi.
Franc. Cost. Marmocchi nacque nel 1805 a Poggibonsi nel Senese.
Per le sue opinioni liberali fu chiuso nel mastio di Volterra e, scontata
la prigionia, nel 1832 andò a Napoli, a Roma, a Siena, a Firenze, ove
si dedicò agli studi geografici. Divenne, nel 1848, collaboratore dell’ A7ba,
nel 1849 deputato al Parlamento toscano e ministro dell’interno, Alla
venuta degli Austriaci fusgì e stette in Roma sino alla caduta della re-
pubblica; riparò allora in Corsica, quindi a Genova e Torino. Lasciò
opere geografiche assai stimate: Corso di geografia universale, Corso
di geografia storica, Raccolta dî viaggi (incompiuta), Prodromo della
storia naturale d’Italia, Geografia commerciale, con grandi carte,
Geografia della Corsica (in francese). La morte lo colse mentre stava
completando un Dizionario di geografia universale ed una grande opera
sull’impero anglo-indiano. Morì a Genova il 9 settembre 1858, dieci mesi
prima della comparsa dell’Origine delle specie di Carlo Darwin.
3941 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari 3 - Torino
MEPAGCR CIN 2A > V ui
JUL 3 1991
‘9 BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 596 pubblicato il 28 Febbraio 1891 VoL. VI
Dotti E. GIGeLIO-T0S
Di: alcune specie del Gen. ECHINOMYIA Dum.
Nella determinazione delle specie europee, che appartengono al genere
Echinomyia creato da Duméril, si incontrano, come avviene d’altronde
per tutti gli altri Tachinari, delle gravi difficoltà, le quali provengono
sia dalla incostanza dei caratteri specifici, sia dalla imperfetta descri-
zione datane dai primi autori, sia ancora dalle intricate sinonimie che
vi. si: riscontrano, conseguenza inevitabile delle due cause prime.
Avendo avuto occasione di poter esaminare un numero considerevole
d’individui di questo genere, cioè più di 250, in parte provenienti dalla
Stiria, in parte dal Piemonte, che anche in questo genere si distingue
per una grande ricchezza di specie, ho creduto bene di ritornare sopra
ai lavori fatti finora intorno a tale soggetto e distrigare certe questioni
che mi:parvero assai importanti.
Ho voluto perciò limitare il mio lavoro a quelle specie intorno ‘a cui
mi parve maggiore la confusione e la incertezza e delle. quali potei
esaminare un numero grande d’individui, sì che fossi in grado di dare
con qualche competenza un mio parere. Credo opportuno intanto di vol-
gere un rapido sguardo ai lavori speciali che si fecero su questo stesso
argomento dagli autori che antecedettero.
Linneo descrisse due sole specie di questo genere, che chiamò Musca
grossa e M. fera, a cui Fabricio ne aggiunse due altre chiamate Musca
Iurida e M. tessellata. In seguito Panzer e Schellenberg, sotto lo stesso
nome di M. /era Lin. diedero ognuno Ja figura di due ditteri, che senza
alcun :dubbio appartengono a due specie diverse di questo stesso genere.
Intanto nel 1798 Duméril credè opportuno di creare per la specie M,
fera linneana un nuevo genere, che non fu dapprima accettato e che
fu distinto col nome di Echinomyia, mentre invece nel 1805 veniva ge-
Gu
neralmente accolto dai ditterologi il genere Tachina creato da Fabricio
nel suo « Systema Antliatorum ». Tale genere fu adottato da Fallèn
nel 1818, da Meigen nel 1830 ed ancora da Walker nel 1853, mentre
già Robineau-Desvoidy nel 1830, Macquart, Zetterstedt, Rondani e
Schiner in seguito e Meigen stesso nel 1837 credettero opportuno di
accettare il genere Echinomyia del Duméril. Frattanto il Fallèn sotto
il nome di Tachina fera Lin. e Fabr. descriveva nel 1818 una specie
ben diversa da quelle rappresentate nelle figure di Panzer e di Schel-
lenberg, e Meigen più tardi sotto lo stesso nome dava pure la descri-
zione di una specie diversa da tutte le antecedenti, e ne aggiungeva
poi ancora qualche altra nuova.
Il concetto di specie quale era nella mente di Linneo e di Fabricio
ci appare vastissimo dalle brevissime descrizioni che eglino ci danno di
M. fera, descrizioni talmente brevi ed incomplete che, come vedremo,
sono da ritenersi affatto insufficienti e che perciò credei opportuno di
annullare. Necessariamente pertanto si sentì il bisogno di restringere
alquanto i limiti troppo estesi che fino ad allora si erano dati alla specie
e ciò fu fatto anzitutto dal Meigen e proseguito dal Robineau-Desvoidy,
il quale portò tuttavia la suddivisione delle specie ad un punto tale, che
peccò poi per troppa esagerazione, creandone un grande numero di-
stinto solo per caratteri incostanti e di poca importanza, e queste sud-
dividendo ancora in parecchi generi. Nel 1835 il Macquart nel suo clas-
sico lavoro « Histoîre naturelle des Diptères » accettò in gran parte
le specie create da Robineau-Desvoidy e ne aggiungeva parecchie nuove,
rifiutando però alquante suddivisioni da lui fatte del gen. Eckinomyia,
come d’altronde vennero ben a ragione rifiutate da tutti gli altri autori.
Lo Zetterstedt quindi nel 1844 nella sua importantissima opera « Diptera
Scandinaviae » introduceva nelle sue descrizioni dei caratteri nuovi ed
importanti e rendeva così assai più facile e sicura la determinazione
delle specie: tali sono quelli della presenza di setole sulle guancie, della
forma e della estensione della fascia addominale, del numero delle se -
tole formanti la serie esterna frontale, tutti caratteri questi fino a quel
tempo trascurati e per contro assai più costanti e più vistosi che non
quelli variabilissimi della colorazione dell’addome e dei riflessi ch’esso
presenta e del colore delle calittere.
Ma, come se l’esagerata divisione delle specie fatta da Robineau-
Desvoidy avesse prodotto una controreazione in quelli che seguirono, nel
1845 il Macquart ritornava in modo speciale sopra tale argomento, e
nella sua Monografia dei Tachinari riduceva di nuovo il numero di esse
e, quasi si può dire, ridonava al concetto della specie i limiti estesi quali
avevanli dato i primi autori. Anch’egli accettò i caratteri diagnostici
proposti dallo Zetterstedt, ma credette opportuno d’introdurne dei nuovi
e di dare specialmente una grande importanza alla presenza delle setole
poste sui segmenti addominali lungo la linea mediana ventrale. E qui,
ee!
io sono d’avviso che egli errò grandemente: non solo è esagerata l’im-
portanza ch'egli volle a tal carattere attribuire, ma io credo che si
debba ritenere per nulla, giacchè, per quanto abbia tentato di rico-
noscere nelle mie osservazioni una certa qual costanza di esse, non mi
fu possibile di ritrovarla, e sempre notai, che tali setole invece di es-
sere disposte in certo numero ed in un determinato ordine, sono per
contro variabilissime e disposte sempre così irregolarmente da non po-
tere assolutamente essere introdotte come carattere specifico.
Più tardi Walker nella sua opera « Insecta Britannica. — Diptera »
ritornò, per così dire, ai tempi di Fabricio: non accettò, come già ac-
cennai, il genere Echinomyia del Duméril e vi sostituì invece il ge-
nere Tachina nei limiti quasi tanto vasti, quanto quelli che gli erano
stati dati da Fabricio ed accettò di nuovo la specie nel concetto am-
plissimo che aveva questo autore, di modo che a sei sole egli riduce
quasi tutte le numerose specie fino ai suoi tempi descritte. In tal modo
senza una ragione plausibile, volendo andar contro agli inconvenienti
prodotti dalla esagerata suddivisione del Robineau-Desvoidy, cadde nel-
l’esagerazione opposta. Volendo dare grande importanza ad un carattere
che certameute è costante, quale è quello della lunghezza relativa del
3° articolo delle antenne, trascurò poi senza un giusto motivo gli altri
caratteri che non sono per verità così trascurabili. Per questa ragione
la sua autorità in questo caso è poca o nulla affatto.
Pochi anni dopo, il nostro grande ditterologo Rondani nel terzo vo-
lume della sua classica opera « Dipferologiae italicae prodromus »
discuteva con sani criterii e con diligenza questo stesso argomento ed
introduceva nella descrizione dei caratteri nuovi, di cui non si può certo
negare l’importanza. Tali sono le setole poste sul mezzo dei segmenti
addominali, la presenza o la mancanza di setole al margine posteriore
del primo segmento , il numero approssimativo delle setole del terzo
segmento dell'addome e la lunghezza relativa dei due primi articoli dello
stilo delle antenne.
Per mancanza d’un numero grande di esemplari non posso entrare
a discutere in merito alla creazione delle nuove specie che egli sostituì
a quelle insufficientemente descritte dagli altri autori; mi limiterò solo
perciò ad esporre le ragioni per cui credo che la specie £. regazis sia
da distinguersi dall’E. Mark/ini dello Zetterstedt.
Così giungendo al 1860 troviamo come ultimo lavoro intorno a tale
soggetto quello di Schiner nella sua classica opera « Fauna austriaca.
— Diptera »: lavoro che va distinto specialmente per una giusta par-
simonia nella distinzione delle specie, sebbene, come vedremo, abbia
anch'egli peccato nel dare ad esse dei limiti troppo estesi.
Se non che mi accorsi che tutti questi autori erano disaccordi assai
nell’interpretazione delle specie da attribuirsi a Musca fera di Linneo
ed a Tachina tessellata di Fabricio, onde credei necessario di esami-
ded | pa
nare attentamente la cosa e sciogliere la questione nel modo migliore.
A quali risultati sia venuto lo si vedrà da quanto segue.
Musca fera. — M. antennis selartis pilosa nîgra, abdominis lateribus
testaceis diaphanis (Caroli a Linnei Systema naturae, tom. I, pars II,
editio duodecima reformata, p. 991,74).
Descr. — Simillima M. carnariae, sed latera rufo-testacea, diaphana.
Thorax non lineatus (Caroli Linnè Entomologia faunae suecicae descri-
ptionibus aucta. Tom. II, p. 484,192).
Tale diagnosi e tale descrizione diede Linneo di questa specie, com-
presa poi da Duméril nel genere Echinomyia. Tralasciando. le descri=
zioni datene da altri autori, a lui precedenti le quali complicano la
questione nostra sulla sinonimia, sia perla loro insufficienza, sia ancora.
per la mancanza della nomenclatura binomia, passo subito all’au-
tore che dopo Linneo per ordine cronologico abbia fatto menzione
di questa specie. E questi è Fabricio, il quale nelle sue opere (vedi:
Bibliografia) non fa d’altronde che riportare la diagnosi del naturalista.
svedese. Se per quei tempi era sufficiente questa descrizione per deter-
minare tale specie nel senso vastissimo che si dava a questa parola, è
chiaro che oggidì essa è invece affatto insufficiente, A chi conosce ib
gran numero di specie che vennero descritte in seguito del genere
Echinomyia, apparirà evidente che la diagnosi e la descrizione linneana
si adattano benissimo a quasi tutte le specie europee di tal genere, se
si eccettuano E. grossa Lin. e quelle altre che dal Robineau-Desvoidy
furono comprese in altri generi, quali Serwilia, Fabricia, Peleteria ,
Fauretta. Se non che.in seguito Fabricio descrisse col nome di Tackina
tessellata un’altra specie dello stesso genere EchRinomyia, ciò che ci:
conduce perciò ad escludere dalla prima quelle specie che hanno i.
caratteri della seconda, senza che tuttavia questa distinzione, troppo vasta,
sia tale da poterci permettere una determinazione giusta od anche solo»
probabile di Musca fera.
Io non credo però di agire senza una ragione e con temerità , nom
tenendo conto di questa diagnosi, e non riesco d’altra parte a compren-
dere per quale motivo gli autori che vennero in seguito abbiano de-
scritto col nome di Mwsca fera Lin, una specie piuttosto che un’altra:
del gen. WeRinomyia Dum. Annullate dunque le descrizioni di Linneo e
Fabricio, troviamo nell’opera del Panzer sulla fauna germanica (9) una
figura di dittero col nome di Musca fera Lin. Sebbene essa lasci al-
quanto, a desiderare per finezza ed anche per precisione, tuttavia non.
credo che sia affatto da. trascurarsi e che si debba sempre tener conto.
di essa quando sia tale da potersi riconoscere senza dar luogo ad alcun
dubbio, D'altra parte una figura, se non pessima, può sempre equivalere
ad: una buona descrizione. La Musca fera dipinta dal Panzer rappre-
ER PRA
senta dunque un dittero con tutti i caratteri del gen. Eckinomyia, a
zampe totalmente testacee, a terzo articolo delle antenne testaceo. Delle
specie finora conosciute una sola presenta questi caratteri ed è quella
-descritta dal Meigen (15, VII) col nome di E. ruficornis.
Finora dunque la figura del Panzer è sufficiente per il riconoscimento
-della specie più che se ne avesse dato una descrizione minuta, ed ho
creduto perciò bene e con ragione di ritenere buona la specie da lui
fisurata ed annullare il nome datole dal Meigen.
Ciò è contrario alle opinioni di tutti gli autori, ma per contro ci risolve
‘almeno da quella incertezza in cui si era ridotti nella determinazione
«di tale specie, incertezza nella quale erano pure caduti gli autori stessi
fino ad oggidì, come appare dai loro lavori e dalle disparate sinonimie.
E. fera Panzer.
Musca fera? Lin. (1) 1836; (2) p. 991, 74; (7) p. 484, 192 — Fab. (3)
p. 777,18; (5) p. 441, 28; (6) VIII, p. 345, 34 (8) p. 324, 49 — Ce-
derhielm (10) p. 310, 976.
Musca fera Panzer (9) XX, 18.
Tachina fera? Fabr. (12) p. 308, 1.
E. fera? Latreille (13) p. 343.
Tachina virgo Meig. (15) IV, p. 243, 6.
E. ruficornis Meig. (15) VII, p. 183,9.
E. fulviceps Meig. (15) VII, p. 183, 10.
E. vîrgo Macq. (18) p. 73,9 — Zetterst. (19) p. 995, 4.
Tachina fera (part.) Walker (21) p. 20, 2.
E. fera (part.) Robin. Desvoidy (16) p. 46, 9 — Macq. (20) p. 256,3 —
Rond. (22) p. 54,7 — Schiner (23) p. 425, 7.
E. testacea Robin. Desv. (16) p. 48, 14.
‘| Corporiîs tongît. mittim. 11-12. Abdominîs latit. millim. 5-7, Te-
stacea. Genis nudis. Thoroce nigro , lateribus testaceîs. Vitta abdo-
minati nîgra ad anum non producta , postice allenvata. Femoribus
maris basi nigris.
Descrizione. — Corpo oblungo nei maschi , alquanto subrotondo
nelle femmine, variabile assai nella statura. — Faccîa bianca a riflessi
alquanto giallicci, priva di setole sulle guancie. — Fronte nera a riflessi
del color della faccia; striscia mediana di color ferrugineo. Serie esterna
frontale nulla nei maschi, di 2 setole nelle femmine. — Antenne a primi
articoli testacei; ultimo nei maschi nero, a base testacea, alquanto più
largo all’estremità ed a margini arrotondati; nelle femmine ugualmente
largo, in generale affatto testaceo, talora nero al suo apice nella parte
superiore. — St/o nero: 1° articolo brevissimo, 2° assai lungo. — 7o-
wr. e
race a linee anteriori leggermente grigiastre, a spalle e margini late-
rali testacei. — Scudetto testaceo-ferrugineo. — Addome oblungo nei
maschi, talora subrotondo nelle femmine, testaceo o rossiccio; due se-
tole sul mezzo’ del margine posteriore del primo segmento, due e talora
quattro su quello del secondo, da 10 a 12 e talora 14 su quello del
terzo; striscia mediana longitudinale nera, piuttosto stretta, talora ugual-
mente larga in tutta la sua lunghezza, in generale allargata alla base
d'ogni segmento, sempre terminata posteriormente a punta più o meno:
acuta che non raggiunge l’estremità del 4° segmento. Alla base del 3°,
su quasi tutto il 4° e talora anche alla base del 2° segmento dei riflessi
splendenti giallieci. — Ven/re uniformemente testaceo. — Petto nero
neì maschi, e lati testacei nelle femmine. — Piedi interamente testacei
nelle femmine, coi femori neri dalla base fin oltre la metà nei maschi.
— Catlittere bianche. — A/î a base leggermente gialla. ;
Esaminai femmine 19, maschi 3, provenienti dalla Sardegna, da Santa
Radegunda in Stiria e dal Piemonte (collina ad est di Torino, Certosa
di Pesio, valle Formazza, Sangano). Da maggio a settembre comune
assai; molto più comuni e numerose sono le femmine.
Sinonimia. — La specie descritta da Meigen col nome di E. rufi-
corniîs corrisponde esattamente a Musca fera Panzer: altre due specie
Tachina virgo ed E. fulviceps Meig. sono anche sinonime di questa specie,
giacchè la prima se ne distingue solo per avere il 3° articolo delle an-
tenne nere, e ciò talora sì osserva, come già notammo, anche nella
specie ora descritta e non è che una variazione individuale; la 2* poi
manca dei riflessi sull’addome ed è alquanto minore in statura, carat-
teri questi non sufficienti per creare una specie distinta.
La figura data dallo Schellenberg col nome di M. fera Lin. devesi,.
a mio parere, piuttosto riferire all’E. nigricornis Rob. Des., se pure
tale si possa giudicare, avuto riguardo al pessimo modo con cui fu fatta.
La specie descritta da Fallèén col nome Tackina fera Lin. è invece da
riferirsi, come vedremo, a £. fessellata di Fabricio, e la varietà 1* « pe-
dibus totis testaceîs » alla specie E. Macquartii mihi, contrariamente
all'opinione dello Zetterstedt, che la fa sinonima di £. vîrgo Meig. e
perciò della specie in discorso. E credo di esser io nel vero, giacchè
non accennando Fallèn ad alcun altro carattere differenziale da Tachina
fera prima descritta, devesi intendere la varietà simile ad essa in tutto:
il resto. Così pure ad £. Macquartii mihi sono d’avviso che si debbano
riportare le femmine di Tachkina fera Meig. ed E. fera Zetterstedt.,
mentre quelle di £. /era Robin. Desv., Macq., Rond. e Schiner, e di
Tachina fera Walker sono invece sinonime di Musca fera Panzer.
Ammessi i limiti estesissimi che dà alla specie Z. fera il Macquart.
nella sua Monografia dei Tachinari, si spiega facilmente e si ammette:
la sua sinonimia: tuttavia errò, a quanto parmi, nel comprendere in.
cit
essa E. tesseltata Rob. Desv. Macq. e Meig., giacchè egli stesso riportò
questa stessa specie ad Z. fesseZlata Fabr. da lui accettata.
L’E. testacea Rob. Desv. non è, credo, che una variazione puramente
individuale di questa specie in cui le calittere sono gialle e non bianche.
E. Meigenii (mihi).
Tachina fera (part.) Meig. (15) IV, p. 240, 3 — Walker (21) p. 20, 2.
E. fera (part.) Robin. Desv. (16) p. 46, 9 — Macq. (17) p. 322, 8; (18)
p. 72, 5; (20) p. 256, 3 — Zetterst. (19) p. 994, 3 — Rond. (22) p. 54,17
— Schiner (23) p. 425, 7.
E. rubricornis Robin. Desv. (16) p. 46,7 — Macq. (17) p. 322, 9; (18)
p. 72, 4.
E. intermedia Robin. Desv. (16) p. 47,10 — Macq. (17) p. 322, 10;
(18) p. 73, 6.
Corporiîs longîit. millim. 13-15. Abdominis latit. mitlim. 5 *|,-6.
Testaceo-fulva. Facie flavescente, genis nudis. Antennarum articulo
tertio, thoraceque nigris. Vitta media abdominali nigra ad anum
non producta, ad marginem posticum segmentorum attenuata. Fe-
moribus nigris.
Descrizione. — Faccia gialleggiante; guancîe nude. — Fronte
nera a riflessi giallicci; striscia mediana rossiccia. Nei maschi una sola
serie di setole frontali; nelle femmine la serie esterna di due setole. —
Antenne coi primi due articoli di color testaceo fulvo, ed il terzo nero,
leggermente testaceo alla sua base verso la parte inferiore, quasi qua-
drato nei maschi, rettangolare nelle femmine. — .Sféfo nero col 2° ar-
ticolo assai più lungo del primo, che è breve. — Torace affatto nero
nei maschi: in due soli notai le spalle ed i lati di color testaceo-fer-
ruginoso, mentre tale carattere è costante nelle femmine. — Scudetto
ferrugineo. — Addome assai largo, testaceo-fulvo, a riflessi giallicci ai
lati del 3° e 4° segmento. Segmento 1° con due sole setole al margine
posteriore; in generale con 4 setole e talora 5 0 6; 3° con almeno 14
setole. Striscia nera mediana formata di macchie confluenti su ogni
segmento , larghe assai alla base di essi, più strette all’estremità; sul
quarto segmento la macchia nera è di forma triangolare, col vertice
rivolto verso l’estremità di esso ed alquanto distante. Nel maschio l’ar-
matura copulatrice è ferruginea superiormente, nera e pelosa inferior-
mente. — Ventre uniformemente testaceo-ferrugineo. — Femori neri,
in parte ferruginei verso la loro estremità nella parte interna; Zibie e
tarsî fulvi; unghie gialle a punta nera. — Pwlvili bianco-giallicci. —
Catittere bianche o gialliccie. — Al? a base gialla.
Osservai 9 maschi e 4 femmine provenienti da S. Radegunda in Stiria,
dal Moncenisio, da Valdieri, da Fenestrelle e dai dintorni di Torino nel
SETT. PRA
Piemonte. In tutti trovai i caratteri suaccennati molto costanti e credo
perciò di potere con ragione restringere questa specie entro ai limiti
di essi.
Sinonimia. — Meigen pel primo, non so però con quale ragione
plausibile , riferì a questa specie entro a limiti naturalmente assai più
vasti di quelli che io ora le ho dato, la specie descritta da Linneo e
Fabricio col nome Musca fera. Dopo di lui gli altri autori seguirono
il suo esempio, restringendone chi più chi meno i confini. ‘Così Meigen
senza far cenno della forma della striscia nera addominale comprende
in questa specie anche delle femmine coi femori ferruginei o testacei,
le quali sono invece, come vedremo, da riferirsi all’ E. intermedia Macq.
Così dicasi per le specie descritte col nome di E. fera Linn. da Ro-
bineau-Desvoidy, da Macquart e da Walker.
Zetterstedt pel primo incominciò a far menzione della forma carat-
teristica della striscia nera addominale, ma vi comprese ancora delle
femmine in cui questa è più larga, ineguale ed angolosa, spesso estesa
fino all’ano e quivi talora dilatata, ed altre poi ancora in cui i tarsi
sono neri. Accettarono questa restrizione dello Zetterstedt anche Mac-
quart, Rondani e Schiner; tuttavia il secondo di questi comprese an-
cora in essa delle femmine a femori testacei ed a terzo articolo delle
antenne pure testaceo , appartenenti perciò ad E. fera Panzer, come
già vedemmo, e gli altri due ritornarono di nuovo ai limiti estesissimi
datili dai primi autori e vi compresero perciò quelle specie a femori
ferruginei o testacei, a terzo articolo delle antenne testaceo, ed anche
quelle a tarsi neri. Si comprende dunque dopo tutto ciò come sia sempre
stata molto incerta la determinazione di questa specie, e possiamo spie-
garci in tal modo le disparate e varie sinonimie degli autori ora citati.
Il Robineau-Desvoidy nella diagnosi della sua specie E. intermedia
non accenna come «carattere distintivo della E. fera che alle calittere
bianche. Ciò è affatto insufficiente, giacchè in quasi tutti gli esemplari
di E. Meigenti (mihi) da me esaminati trovai le calittere bianche: non
devesi dunque ritenere che come una variazione individuale , se pure
egli stesso non cadde in errore per avere giudicato del colore di esse
quando stanno coperte dalle ali. In tal caso la base gialla delle ali la-
scia trasparire attraverso ad esse le calittere che appaiono pure di color
giallo.
Quanto ad E. rubricornis Rob. Desv. e Macq., credo che sia da ri-
ferirsi pure a questa specie. Per contro, stando alle descrizioni che il
Macquart ci dà di E. intermedia nelle due opere che antecedono alla
Monografia dei Tachinari, potrebbesi a ragione riferire questa specie
ad E. Macquartîi (mihi) per la striscia nera lungo il ventre, mentre
non fa ancora menzione in esse della forma di quella dorsale. Ma ciò
non è più possibile in base alla suddetta Monografia, giacchè, facendo
Paint
egli stesso sinonima di E. fera la sua E. intermedia e accennando alla
forma della fascia addominale sempre terminata a punta all'estremità
dell’addome e lontana dall’ano, appare chiaro che la striscia nera ven-
trale non è da attribuirsi che ad un caso di variazione individuale.
E. Maequartii (mihi).
Tachina fera Fallèn (14) p. 3-4, 2 — Var. « pedibus totis testaceîs ».
Tachina fera (part.) Meig. (15) IV, p. 240,3.
E. fera (part.) Macq. (17) p. 322, 8; (18) p. '72, 5 — Walker (21) p. 20, 2
— Schiner (23) p. 425, ‘7.
E. fera? (part.) Zetterst. (19) p. 991, 3.
E. tesseltata (part.) Macq. (20) p. 258, 4.
Corporiîs longît. millim. 13-16. Abdominis latit. millim. 5-7. —
Simitis E. Meigenii (mihi); distincta vero vitta abdominati tata, ad
anum extensa et în ventre prolungata. — Foemina femoribus te-
staceîs.
Descrizione. — Alquanto variabile nelle dimensioni e proporzioni
del corpo entro ai limiti sopra citati. — Faccîa di color giallo pallido;
guancie senza setole. — Fronte nera a riflessi gialli, come la faccia;
serie esterna frontale di nessuna setola nei maschi, di due setole nelle
femmine. — Antenne a primo e secondo articolo affatto testacei; terzo
articolo nero; alla base e lungo il margine inferiore testaceo nei maschi ;
nelle femmine talora è solo nero alla sua estremità nella parte supe-
riore. Articolo primo dello stilo brevissimo , secondo assai lungo. —
Torace nero , a striscie assai larghe , grigiastre nella sua parte ante-
riore. Spalle ferruginee o testacee. — Scudetto ferrugineo. — Addome
assai largo, subrotondo quasi nelle femmine; la fascia addominale nera
è costantemente assai larga alla base ed alla estremità d’ogni segmetfito,
restringendosi invece più 0 meno nel mezzo di essi. Posteriormente non
termina a punta, ma quasi sempre sì allarga, raggiunge l’estremità del
4° segmento, ne circonda l’apertura anale e si prolunga al di sotto del
ventre, restringendosi poi gradatamente fino alla base di esso. — Piedz
testacei , talora alquanto fulvi; femori nei maschi neri fin presso alla
estremità nella parte superiore, solo fino alla loro metà nella parte in-
feriove; talora i tarsi anteriori nelle femmine sono alquanto bruni, non
mai nereggianti,
Esaminai un solo maschio proveniente dalla Sicilia e '7 femmine dei
dintorni di S. Radegunda in Stiria.
Sinonimia. — Ammettendo che la varietà distinta col carattere :
« pedibus totis testaceîs » che il Fallèn cita nella sua descrizione di
Tachina fera Linn. non abbia altri caratteri differenziali, devesi, a mio
MR
parere, certamente riferire alla specie ora descritta. Lo stesso dicasi
per quelle femmine a femori testacei che Meigen, Walker e Schiner
comprendono nelle loro descrizioni di Tachina fera ed E. fera Linn.
e che Macquart descrive pure sotto questo nome nelle due opere « Dip-
tèéres du Nord de la France » e « Histoîre naturelle des Diptères ».
Senza dubbio poi io credo che a questa specie si debbano anche ri-
ferire quelle femmine di E. fera, che lo Zetterstedt caratterizza colle.
seguenti parole: « /vilta) in foeminis plerumque latiori, inaequalîi
s. angulata, ad anum saepe extensa ibique interdum dilatata », e
quelle ancora che Macquart descrive assai bene nella sua Monografia
dei Tachinari col nome di X. /essellata e che caratterizza poi colle se-
guenti parole: « Les cuisses sont testacées à la base en dessous et quel-
quefoîs dans toute leur longueur dans les femetlles et n’ont alors que
un peu de noîr à la base en dessus ». La forma della striscia addo-
minale nera, quale vien descritta in esse da Macquart, corrisponde
esattamente a quelle della specie in discorso. L'E. fera Lin. descritta
da Rondani deve venire esclusa da questa, perchè questo autore com-
prende in essa esclusivamente quelle echinomie colla striscia addominale
terminata a punta e distante dall’ano. — Per contro non sono sinonime
di questa specie quelle descritte da Macquart col nome di E. lesseztata
nelle sue opere antecedenti alla Monografia suddetta e nemmeno quelle
citate dagli altri autori con questo stesso nome.
E. tessellata Fabr.
Musca tessellata Fabr. (8) p. 324, 51.
Tachina tesseltata Fabr. (12) p. 309, 5 — Meig. (15) IV, p. 242, 5.
Tachina fera Fallèn (14) p. 3,2.
E. tesseltata Robin. Desv. (16) p. 47, 11 — Macq. (17) p. 323, 12; (18)
p. 173,10.
E. tesseltata (part ) Macq. (20) p. 258, 4.
E. magnicornis Zetterst. (19) p. 996, 5 — Schiner (28) p. 426.
Tachina fera (part.) Walker (21) p. 20, 2.
Corporis longiît. millim. 12-13. Abdominis latit. milltim. 4-6. —
Simitis E. Macquartii; distincta vero antennis articulo secundo îin-
fuscato , serie eaxterna frontali în mare vel una vel duabus setis,
larsis apice nigris.
Descrizione. — Questa specie fu abbastanza chiaramente descritta
da Fallén sotto il nome di Tackina fera Lin. ed in seguito specialmente
dallo Zetterstedt, che la distinse col nome di E. magnicornis. I suoi
caratteri principali distintivi sono i seguenti: Faccia in generale non
gialla, ma piuttosto bianca con riflessi leggermente giallicci; guancie
prive di setole. — Fronte nera con riflessi giallicci verso la sua parte
inferiore e la serie esterna frontale nei maschi di una sola setola nella
= hl 23
maggior parte dei casi e di due per lo più od anche di tre nelle fem-
mine. Tuttavia ho osservato sei individui maschi, i quali avevano la
serie esterna frontale di due setole: avendo però comuni con questa
specie gli altri caratteri, ho creduto bene di non distinguerli nemmeno
in una varietà. — An/enne di cui l'articolo secondo assai lungo è quasi
sempre di color ferrugineo colla parte mediana ben nettamente nerastra;
il terzo articolo è invece molto largo alla sua estremità, minore in lun-
ghezza del secondo e totalmante nero. Stilo nero, a primo articolo breve
nella maggior parte dei casi, talora invece assai lungo, non però mai
di lunghezza uguale al secondo. — Torace tutto nero, leggermente
striato di grigio nella sua parte anteriore; in qualche caso tuttavia le spalle
sono ferruginoso-scure, raramente tendenti al testaceo, ma in tal caso i lati
del torace sono però sempre neri. — Scudetto ferrugineo. — Addome
oblungo nei maschi, quasi tondeggiante nelle femmine. La striscia nera
mediana non è molto larga ed in ogni segmento è alquanto ristretta nel
mezzo, più larga poi all’estremità che non alla base di esso; tuttavia
poca è questa differenza in larghezza. Sul quarto segmento però essa sì
allarga d’un tratto alla sua estremità e forma così una fascia nera che
circonda l'apertura anale, comprende l'armatura copulatrice e si pro-
lunga sotto il ventre restringendosi gradatamente verso la sua base. —
Piedi di un color ferrugineo scuro, con femori neri fino alla loro estre-
mità: tarsi anteriori e mediani neri dall’estremità del primo articolo; po-=
steriori dall’estremità del terzo fino alle unghie: queste sono pure nere.
Esaminai di questa specie 17 maschi e 5 femmine provenienti in parte
da S Radegunda in Stiria e da varie parti del Piemonte (Bardonecchia,
Valdieri, Venaria Reale, Cuneo, Valcasotto, Ceresole d’Alba, Pré-St.-
Didier, ecc.).
Sinonimia. — Anche su questa specie, come intorno a Musca fera
Lin., regnò moltissima confusione tra gli autori per cagione della de-
scrizione datane da Fabricio, la quale, se non affatto insufficiente,
lascia però assai a desiderare per chiarezza. Tuttavia troviamo in essa
accennati caratteri tali che bastano, a mio parere, per riconoscere la
specie descritta, sebbene essi sieno solo menzionati nell'opera « Ento-
mologia systematica » e non più in quella di data posteriore in « Sy-
stema Antliatorum ». Essi sono i seguenti: « An/ennae ferrugineae,
clava nigra. Thorax pilosus, nîger, scutello ferrugineo . .. ano tamen
rufo +... Pedes niîgri, ungutlis rufis ». Il carattere a cui pare che Fa-
bricio abbia dato maggior importanza, cioè: « Abdomen testaceum ,
diaphanum, albo tesseltatum» per cui credette opportuno di chiamare
la specie /esseZlata , è senza dubbio un carattere da trascurarsi, perchè
comune a molte specie del gen. Echinomyia. Così si deve ammettere
pure, a mio parere, che la qualità dei piedi neri non debba essere presa
nel significato stretto rigoroso che gli si vorrebbe dare oggidì: eviden.
temente Fabricio chiamò neri ‘i piedi, perchè così si presentano a primo
aspetto e credette di poter trascurare nella sua diagnosi il colore fer-
rugineo scuro delle tibie, come trascurò altri particolari. Ciò premesso,
una specie sola io credo che possa concordare con questa descrizione
e si è quella descritta poi da Fallèn col nome di Tackina fera Linn. e
meglio ancora descritta in seguito dallo Zetterstedt, come una nuova
specie, col nome di E. magnicornis. In essa di fatto i primi articoli delle
antenne sono ferruginei e non testacei e la fascia addominale nera, seb-
bene circondi l'apertura anale, me lascia tuttavia in molti casi vedere
i margini di color ferrugineo-scuro, ed i piedi, sebbene a tibie ‘ferru-
ginoso-scure, appaiono però a primo aspetto di color nero.
È da correggersi la sinonimia stabilita da Fallèn con una specie citata
da Degeer nella sua opera sugl’iînsetti (4) a pag. 24; essa non è accen-
nata da questo autore che incidentalmente, e non le diede nome alcuno
descrivendola anche assai incompletamente, ma tuttavia nell’esaminarne
la figura del capo che si trova nello stesso lavoro (tav. I, fig. 5) indu-
bitatamente si riconosce in essa una specie a guancie munite di setole ‘e
non nude come quella di cui parliamo.
Bene interpretarono dunque la ‘descrizione di Fabricio il Robineau-
Desvoidy ed il Macquart nelle descrizioni ch’essi diedero di X. /essel-
lata, se si eccettua quest’ultimo, il quale nella Monografia dei Ta-
chinari incluse pure in essa quelle femmine a femori testacei che, come
già vedemmo, sono da attribuirsi piuttosto all’E. Macquartîî (mihi).
Basandosi sulla descrizione di Tackina tesselltata in Meigen, potremmo
essere condotti ad ammettere che sia piuttosto da attribuirsi ad un’altra
specie che non a Musca tessellata Fabr., giacchè menziona in essa il
color nero dei primi articoli delle antenne, solo aggiungendovi ch'esse
sono qualche volta un po’ ferruginose al di sotto; ma il Macquart, che
ebbe occasione di poter esaminare l'individuo sotto questo nome clas-
sificato nella collezione di Meigen, notò come esso aveva il secondo
articolo interamente ferruginoso e lo riferì perciò con ragione a Msca
tessellata Fabr. Senza dubbio errarono gli autori Zetterstedt, Rondani
e Schiner nel riferire la specie da loro chiamata £. fessellata a Musca
tessellata Fabr., giacchè in essa le antenne sono totalmenle nere ‘e le
guancie munite di setole. Ed io credo che l’errore provenga da ciò che
essi forse trascurarono la descrizione data da Fabricio in « Entomologia
systematîca » ‘e si basarono solamente sopra quella data poi in « $y-
stema Antliatorum » ‘dove, come dissi, non si fa più menzione del color
ferrugineo del secondo articolo delle antenne. Del resto non è per nulla
improbabile che Fabricio stesso abbia compresa in una sola specie due
individui di due specie differenti e che per conseguenza Mwusca fessel-
lata in « Entomologia systematica » sia una specie distinta da Tachina
lessellata in « Systema Antliatorum » e quest'ultimo sia da riferirsi
ad E. niîgricornîs Rob. Desv., come vedremo.
ig
E. nigricornis Rob. Desv.
Musca fera Schellenberg (11) tab. II, 1 4, a, d, c.
E. niîgricornis Rob, Desv. (16) p. 45,6 — Meig. (15) VII, p. 182, 8.
E. tesseltata Macq. (17) p. 3283, 12 — var. foem. — Zetterst. (19) p. 997,6.
— Rond. (22) p. 58, 12 — Schiner (23) p. 424, 4.
Tachina tesseltata Walker (21) p. 20,3.
Corporis longit. milltim. 14-15. Abdominis latit. mittim. 5-6. —
Simitis E. tessellatae Fabr.; distincta geniîs setulosis, antennis tolis ni-
gris, pedîbus nigris, vitta abdominali parum lata, interdum interrupia.
Descrizione. — Questa specie è assai facilmente riconoscibile dalla
descrizione data da Robineau-Desvoidy. La /accîa è bianco-argentina, ma
ha dei riflessi d’un bel color giallo-rossiccio , il che forse fece dire al
citato autore ch’essa era gialla. Le guancie sono munite di due o tre
setole. — Fronte nericcia a riflessi del color della faccia; la serie esterna
frontale è di due setole nei maschi, di tre e più frequentemente di quattro.
nelle femmine. — Antenne totalmente nere; stilo nero, a primo arti-
colo assai breve, e secondo più lungo. — Torace nero, coperto di peli
bianchicci numerosi e fitti che lo fanno apparire grigiastro, con quattro
striscie longitudinali: nere. — Scudetto ferrugineo, — Addome di color
testaceo-ferrugineo tendente molto al rossiccio, con. riflessi argentini
alla base del 3° ed in quasi tutto il 4° segmento. La striscia nera è
varia assai, tuttavia non è mai larga, ma piuttosto sottile; talvolta è
continua ed allargata al margine posteriore di ogni segmento, in molti
casi invece non appare formata che da una serie di macchie triango-
lari poste in ogni segmento, e di cui la base è posta al loro margine
posteriore. Sempre però essa è allargata assai all’estremità anale, che
circonda completamente anche nella parte ventrale senza prolungarsi
però lungo il ventre. — Piedi affatto neri, solo le tibie posteriori sono
di color ferruginoso-scuro. — I pwlvilli lunghi e visibilissimi nei maschi,
sono poco sviluppati nelle femmine. — A? piuttosto fosche, a base leg-
germente gialliccia.
Questa specie è assai comune; abbondano specialmente. le femmine,
giacchè su 38 individui che esaminai non trovai che 7 maschi. Gli
esemplari esaminati provengono in. parte da Santa Radegunda nella
Stiria, due di essi dalla Sardegna, gli altri da varie regioni del Pie-
monte (dintorni di Torino, d’Ivrea, San Maurizio Canavese, Valdieri,
Cigliano, Fenestrelle, Pesio, Bardonecchia, Sangano; Susa, Quattordio,
Moncenisio).
Sinonimia. — La figura che lo Schellenberg dà.di una Eckinomyia
che egli chiamò col nome di Musca fera Lin. è evidentemente di questa
specie, per quanto. essa sia mal fatta, e la si riconosce specialmente
2
dalla colorazione delle antenne e dei piedi e dalla forma della striscia
nera addominale. Questa stessa specie fu descritta quindi dal Robineau-
Desvoidy col nome di E. niîgricornis ed è questo perciò il nome che
le spetta. Sono da riferirsi a questa specie E. nigricornis di Meigen
ed £. tessellata degli autori Zetterstedt, Rondani e Schiner per la ra-
gione che ho esposto nel trattare la sinonimia di £. /essellata Fabr.
E. regalis Rond.
E. regalis Rondani (22) p. 50,1; — E. Marklini Schiner (23) p. 425, 6.
Con questo nome Rondani sopra due esemplari femmine, di cui uno
mandatogli dal Piemonte a mezzo del Prof. Bellardi, l’altro da Trieste
dal D. Schiner, descrisse una nuova specie di Echinomia. Aggiunse an-
cora alla sua descrizione una nota sui caratteri che distinguono questa
specie da quelle che lo Zetterstedt già prima aveva descritte col nome
di E. MarRtinti.
Per verità era necessaria tale aggiunta, giacchè sono così fra di loro
simili queste due specie, che ben a ragione si sarebbero fuse in una sola.
Tant'è che ciò non ostante parve in seguito allo Schiner di doverle
riunire insieme, come si può vedere dall’opera citata.
Nella collezione di Ditteri piemontesi fatta dal Bellardi ho trovato 6
individui di questa specie, da lui classificati col nome di E. r'egalis Bell.
Due di essi sono maschi e corrispondono perfettamente alla descrizione
di Rondani, sebbene questa sia data solamente sopra due soli individui
femmine.
Ho creduto perciò opportuno di esaminarli accuratamente, onde ve-
dere se aveva o no ragione di essere la sinonimia dello Schiner. I ca-
ratteri distintivi della X. Mark/inîi di Zetterstedt citati da Rondani mi
parvero nella maggior parte costanti. Così nella specie descritta dal
Rondani la faccia è d’un bel giallo dorato costantemente e non « avide
albido » come nella specie dello Zetterstedt, ed in essa pure non è l’ar-
ticolo terzo delle antenne alquanto più lungo di quello di E. grossa Lin.
e al tutto nero, come dice lo Zetterstedt, ma invece proporzionatamente
uguale o alquanto più breve ed inoltre colla base sempre rufescente,
come Rondani nota nella sua descrizione. La fronte non è cinerea, bensì
nera nella sua parte superiore ed a riflessi giallo-dorati verso il suo
limite inferiore. Le tibie posteriori sono sempre ferruginose scure e
qualche volta anche di color ferruginoso tendente al testaceo; le unghie
inoltre non sono mai totalmente ferruginee, ma almeno coll’estremità
o colla loro ultima metà d’un color nero intenso; ì pulvilli non di color
bianco, ma tendenti al gialliccio. La fascia nera addominale varia assai
in larghezza, ed in uno dei maschi esaminati essa è alquanto più stretta
nel mezzo dell’addome, mentre invece in una femmina notai che essa
è larghissima tanto che non vi appaiono che due macchie di color fer-
CI,
rugineo ai lati dell'addome sul margine posteriore del 2° segmento e
alla base del terzo. Quanto al carattere delle setole discoidali, cioè poste
sul mezzo dei segmenti, che il Rondani cita come principale distintivo,
non è però costante, giacchè lo trovai mancare in tre individui dei 6
esaminati.
Con tutto ciò, se lo Schiner ai suoi tempi non riputava sufficienti
questi caratteri per separare questa specie dall’E. MarZZni Zetter.,
perchè attribuiva limiti assai vasti alle specie di questo genere, come ap-
pare dalla sua opera sopra citata, io credo però che oggidì essi sieno tali
da permetterci questa distinzione e di scindere perciò la specie E. Mar-
Klini dello Schiner nelle due 7. Marktini Zett. ed E. regalis Rond.
KE. tricondyla Rond., Costa.
Nel Bollettino della Società Entonologica Italiana — anno quindice-
simo, trimestre IV, — pubblicato il 15 aprile 1884, a pag. 339 trovasi in
un lavoro del Prof. A. Costa col titolo: « Diagnosi dî nuovi Artropodî
trovati in Sardegna » la seguente diagnosi di una nuova specie di
Echinomia:
Echinomyia tricondyla. — £. nigra, facie genisque argenteo mi-
cantibus, genîs nudis; thoracîs ltobis humeralibus, scuteltoque fusco-
rufis, abdomine omnino rufo setis nigris, pedibus fusco-rufescen-
tibus, alis subfumatis, basim versus flavescentibus ; catipteris albis. —
Long. mill. 9.
A cui segue la seguente nota: « Se ne trova un individuo nella Coll.
« Rondani, con questo stesso nome, rimasto, pare, inedito. Mancava
« la provenienza. Ho trovato questa specie vivente sulle montagne di
« Aggius, in giugno ».
Ora tale nome non è inedito: i pubblicava nel 1868 una specie
di Dittero con questa cla denominazione, e ne troviamo la descrizione
a pag. 77 di un suo lavoro, col titolo: « Diptera italica non vel minus
cognîta descripta vel annotata, ecc. », fasc. III, contenuto nel vol. XI
(anno 1868) degli « Atti della Società Italiana di scienze naturali ». Essa
è forse sfuggita all’attenzione del Prof. Costa, e credo perciò opportuno
di riportarla qui integralmente :
è
Echinomyia trycondila n. sp.
« Foem. — Similis varietatibus aliquibus Ech. Praecipitis Meig.,
antennarum articulo secundo în medio infuscato; pedibus rufis ni-
gricante-vittatis; arliculis duobus primis aristae sub-aeque longiu-
sculîs ecc., sed distincta brevitate summa articuli ultimi arîstae, lon-
gitudinem praecedentis non aequantis.
« Specimen unicum legi in collibus agri parmensis »,
0
Le due descrizioni sono assai diverse, ma non contrarie: l’una può
servire di complemento all’altra. Si può ritenere per certo che si rife-
riscono alla stessa specie, tanto più che uno solo è l’esemplare su cui
Rondani fece la sua descrizione ed un solo pure l'individuo trovato
dal Prof. Costa nella collezione di Rondani determinato con questo nome;
è quasi certo che questo è quel medesimo.
Non ho avuto in esame nessun esemplare di questa specie, la quale fi-
nora non fu trovata in Piemonte: il lavoro del Costa ha aggiunto un dato
di più alla sua distribuzione geografica. Non so che finora sia stata trovata
in altre località all’infuori delle due accennate dai suddetti autori.
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des Tachinaires in: Annales de la Soc. éntomol. de France , II serie,
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3974 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari 3 - Torino
MENTE INI A JI V
ng BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. D'7 pubblicato il 12 Marzo 1891 Vot. VI
Dott. E. GieLIO-T0s
Nuove specie di DITTERI del Museo Zoologico di Torino
IV.
Gen. Echinomyia Duméril.
E. ligustica n. sp. — Mas. — Corporiîs longît. millim. 15. Abdominis
latit. millim. 6. Testacea. Facîe pallide flava, nuda. Palpis filiformibus.
Thorace nigro, humeris, pleuris, scutelloque testaceo-ferrugineis. Vitta
abdominati postice attenuata ad anum non producta. Femoribus fere
totis nigris.
Foemina : învîsa.
Descrizione. — Faccia di color giallo pallido, con riflessi bianchicci
a seconda dell'incidenza della luce; guancie prive di setole. — Fronte
nera, con riflessi di color bianco quasi argentino: una sola serie di
setole: la striscia mediana di color rossiccio-ferrugineo. — Anfenne coi
primi articoli di color testaceo, il terzo di forma quasi rettangolare ad
angoli arrotondati, nero, colla base ed il margine inferiore di color te-
staceo, di lunghezza uguale ai due terzi di quella del secondo. Stilo nero,
lungo, col primo articolo brevissimo, col secondo almeno triplo di esso.
Peli della parte posteriore del capo di color giallo pallido. — Torace nero,
striato assai visibilmente di grigiastro: sugli angoli anteriori e lungo i
suoi margini laterali fino allo scudetto di color testaceo-ferrugineo. —
Scudetto testaceo-ferrugineo. — Addome testaceo, di forma quasi triango-
lare assai oblunga, colla striscia mediana nera non molto larga, che va
gradatamente restringendosi fino all’estremità posteriore, dove termina
a punta senza raggiungere il margine estremo del quarto segmento.
Nel primo segmento essa si estende per tutta la sua larghezza alla
eo
base e si restringe bruscamente verso la sua estremità, dove sono in-
serite due setole ai suoi margini laterali. Nel secondo segmento è larga
alla base alquanto più che all’ estremità del primo segmento e si re-
stringe -di poco al margine posteriore, dove sono inserite quattro setole
comprese sempre nei margini di essa. Nel terzo segmento è larga ugual-
mente alla base ed all’estremità e si restringe alquanto verso il suo
mezzo; sul margine estremo di questo stesso segmento stanno almeno
16 setole, talora anche 18 o 20, ed alla base di esso una fascia non
molto larga a riflessi bianchicci. Nel quarto segmento la striscia nera
termina con una macchia a triangolo acuto, che olirepassa appena col
suo vertice la prima serie di setole, ed alla base di esso si nota una
fascia a riflessi bianchicci come quella del segmento antecedente, ma
assai più larga e più visibile; intorno all’ano è di color tendente al
ferruginoso. — Genîtali maschili ferruginei superiormente , neri infe-
riormente. — Ventre di color testaceo uniforme, tutt'al più con pic-
cole macchiette nereggianti ai lati dei piccoli archi mediani. — Pet/o
nero, alquanto ferrugineo anteriormente alla base delle ali e con riflessi
bianchicci alla base delle zampe. — Fezmoriî neri dalla base fino ad
oltre la loro metà nella parte interna; fino quasi presso alla loro estre-
mità nella parte esterna. — Tbie e farsî di color testaceo leggermente
ferrugineo. — Unghie lunghe assai, gialle coll’estremità nera. — PulwiZli
lunghi quanto le unghie, di color bianco-giallognolo. — B7/ancieri gialli.
— Squame bianche a margine esterno gialliccio. — A/ a base gialla.
Tre individui maschi provenienti dalla Liguria.
Questa specie è simile assai all’ E. aultummnatis (mihi) (1), tuttavia ho
creduto di poterla distinguere da essa per le seguenti differenze assai
costanti: la statura, del corpo alquanto minore, il colore più pallido
della faccia, i riflessi bianchieci e non giallicci della fronte, il terzo
articolo delle antenne alquanto più stretto verso la sua estremità, e
sopratutto i femori neri, mentre in quella sono testacei anche nei ma-
schi, o tutt'al più presentano alla loro base superiormente una piccola
macchia nereggiante.
E. cenisia n. sp. — Mas. — Corporîs longit. mitlim. 14. Abdominîs
latit. millim. 5 !|.. Testacea. Facie flava, nuda. Palpiîs filiformibus.
Thorace nigro, humeris, pleuris, scutelloque lestaceis. Vitta abdominati
ad anum non producta, în singulis segmentis ad marginem posticum
attenuata. Femoribus anlicis medietale basali, mediis et posticis basî
nigris,
Foemina: invisa.
(1) E. GIieLIo-Tos — Diagnosi di alcune nuove specie di Ditteri, in: Atti
della R. Accademia delle Scienze di Torino. Vol. XXV, 1890.
Bg
Descrizione. — Faccia gialla; guancie nude a riflessi bianchicci.
— Fronte nera a riflessi gialli ben visibili, con una sola serie di se-
tole; striscia mediana assai larga, di color ferrugineo, — An/enne coi
primi articoli testacei, con una leggera tendenza al ferruginoso; terzo
articolo nero a base testacea, assai largo all'estremità, coi margini ar-
rotondati. Stilo nero, col primo articolo alquanto breve e secondo quasi
triplo di questo. Peli della parte posteriore del capo di color giallo
tendente al bianchiccio. — Torace nero, con quattro striscie grigie
poco visibili; angoli anteriori e margini laterali fino allo scudetto
di color testaceo. — Scudetto ferrugineo. — Addome di color te-
staceo alquanto pallido, con riflessi bianchicci ai lati dei tre ultimi
segmenti. Sul margine posteriore del primo segmento stanno due setole,
quattro su quello del secondo, e almeno quattordici su quello del terzo.
La striscia nera mediana, larga da occupare tutta la base del primo
segmento , si restringe assai sentitamente all’indietro, termina a punta
ed oltrepassa appena la prima serie di setole del quarto segmento, In
ogni segmento essa si allarga sensibilmente verso la base e si restringe
al margine posteriore. — Genitali maschili testacei dorsalmente, neri
al di sotto. — Ventre uniformemente di color testaceo pallido. — Petto
nero , talora con qualche piccola macchietta ferruginea o testacea ai
lati suoi anteriormente alla base delle ali. — Femoriî anteriori neri
dalla base fino ai due terzi della loro lunghezza , i mediani tutt'al più
solo fin verso la metà, i posteriori poi neri appena alla loro base; nel
resto di color testaceo leggermente ferrugineo ; così pure tutte le tibie
ed i tarsi. — Unghie lunghe assai, gialle, a punta nera. — Pw/villi
lunghi quanto le unghie , giallicci e tendenti al bianchiccio verso l’e-
stremità. — Bilancieri testacei. — Squame bianchiccie, a margine
esterno gialliccio. — A/? a base gialla.
Tre individui maschi provenienti dal Moncenisio.
Questa specie per statura ed aspetto è simile assai all’E. Meigenti
(mihi), ossia all’Z. /era di parecchi autori (1); tuttavia io ho creduto
di poterla a ragione distinguere da essa per i seguenti caratteri assai
costanti: la colorazione anzitutto assai più pallida; la faccia in generale
di un color giallo più nitido, ed il torace non uniformemente nero come
nei maschi di quella specie, ma colle spalle ed i lati fino allo scudetto
di un color testaceo appena ferrugineo , nettamente distinti dal disco
nero mediano; il petto pure talora in parte testaceo; lo scudetto di color
ferrugineo più chiaro; e quindi sopratutto i femori colorati, come fu
detto nella descrizione, e non tutti interamente neri, come si vede in
quella specie; le tibie ed i tarsi assai meno bruneggianti.
(1) Vedasi in proposito: E. GIGLIO-Tos — Di? alcune specie del gen. Eehi-
nomyia Dum. in: Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino. N. 96, 1891.
VI pe
E. Camerani n. sp. — Foem. — Corporis longit. millim. 15. Abdo-
minîs latit. milltim. 5. Facîe argentea, nuda. Palpîs sub-clavatis.
Antennis, pedibus, thorace, scutelltoque nigris. Abdomine testaceo-flavo ;
vitta nigra, in terlio et quarto segmento interrupta ; ano nigro;
segmento primo macrochelis duabus marginalibus praedito.
Mas: invisus.
Descrizione. — Corpo oblungo. — Pa/piî testacei alquanto rigonfi
a forma di clava alla loro estremità. — Faccia bianca argentina; guancie
nude. — Fronte nera, a riflessi argentini; serie esterna formata di due
setole; striscia mediana di color nero-ferrugineo. — Antenne nere ; i
due primi articoli di color ferrugineo lungo il margine superiore; il
terzo totalmente nero, lungo quasi quanto il secondo, col margine su-
periore quasi rettilineo , coll’inferiore ricurvo, alquanto più largo alla
estremità. — Stio nero, a primo articolo molto breve, secondo assai
lungo, almeno triplo del primo. — Torace nero-lucente , leggerissima-
mente grigiastro al margine anteriore ; angoli omerali alquanto ferru-
ginei. — Scudetto nero. — Addome di color testaceo giallo, di forma
ovale , oblunga; i due primi segmenti muniti di due*setole alla loro
estremità; in essi la striscia nera è continua, nera a margini bruno-
rossicci, assai stretta, alquanto più larga alla base ed all'estremo del
secondo segmento; nel primo come nelle altre specie. Il terzo segmento
ha dodici setole marginali, in esso la fascia è interrotta e non vi è che
una macchia quasi rotonda sul mezzo del margine posteriore. All’estre-
mità dell'addome una macchia nera intensa circonda l’apertura anale,
estendendosi sul dorso fino alla prima serie di setole, e sul ventre fino
alla base del quarto segmento. — Petto e piedi neri; le tibie mediane
e specialmente le posteriori sono di color nero-ferrugineo. — Pulvilli
poco sviluppati, gialli alla base, bianchi nel resto. — Unghie testacee
ad estremità nera. — Ca/ittere bianche. — Al bruneggianti a base
giallastra.
Non ebbi ad esaminare che un individuo, femmina , proveniente da
Ciantel-Re, borgata a 1527 m. sul livello del mare nella Valle di Ribor-
done (Valle dell’Orco).
Essa a primo aspetto è somigliantissima all’E. Rondanti (mihi) (1);
messa a confronto coi maschi di tale specie, non ne differisce che per
la presenza delle due setole sul primo segmento dell’addome, carattere
questo di una grande importanza, giacchè esso si riscontra in tutte le
specie di Echinomie che mancano di setole sulle guancie, se si eccet-
tuano E. ferox Panzer, E. Strobelti Rond. e la suddetta E. Rondanti.
LI
A mio parere, per sè sola è questa una differenza tale che possa ba-
(1) E. GIGLIO-Tos — Diagnosi di alcune nuove specie di Ditteri, loc. cit.
Te) —
stare per distinguere le due specie; ma si aggiunge ancora che se si
pongono a confronto le femmine di queste due specie, sì vedono diffe-
rire, oltre che per tale carattere, ancora per la colorazione delle an-
tenne e dello scudetto e per la forma dei palpi che in questa sono, come
si è detto, alquanto ingrossati a clava alla loro estremità. Per maggior
ragione credo adunque ch’esse sieno da distinguersi in due specie.
E. Roederii n. sp. — Mas. — Corporîs longît. mitlim. 14, Abdominis
tatiît. millim. 5. Facie argentea, nuda. Palpîs filiformibus. Antenniîis
articulis duobus primis fuscis. Thorace, scutello, pedibusque nigris.
Abdomine flavo-testaceo; vitta integra, anum tate circumdante.
Foemina: invisa.
Descrizione. — Corpo oblungo. — Faccîa bianco-argentina, a ri-
flessi bruno-azzurrognoli o bruno-testacei a seconda dell’incidenza della
luce; guancie nude; peristoma coperto da numerose setole. — Pa/pî
filiformi, testacei, poco lunghi. — Fronte nera, a riflessi argentini,
assai larga, colla striscia mediana pure larga, di color ferrugineo-bruno;
manca la serie esterna di vere setole, ma vi sì trovano invece alquanti
peli. — An/enne a primo articolo testaceo-ferrugineo; secondo nereg-
giante nel mezzo colla base e l'estremità alquanto testacee; terzo affatto
nero, stretto alla base, col margine superiore rettilineo, che non s’in-
nalza al di sopra di quello dell’articolo precedente; l’inferiore invece
sì dirige sentitamente verso il basso in modo che l’articolo si allarga
d’un tratto a mo’ di paletta, quindi, incurvandosi leggermente verso
l’alto, si unisce col margine anteriore, il quale è press’a poco rettilineo.
— Stilo nero; primo e secondo articolo assai lunghi; il primo quasi
uguale al secondo, che alla sua estremità è alquanto ingrossato; il terzo
di forma conica sorpassa di poco in lunghezza i due primi insieme.
— Torace tutto nero lucente, con delle striscie grigiastre poco vi-
sibili, più appariscenti al suo margine anteriore. — Scudetto nero. —
Addome di forma ovale-oblunga, assai stretto, di color giallo-testaceo,
con riflessi leggermente bianchicci alla base del terzo e quarto segmento.
Le setole marginali sono in numero di due sul 1° e 2° segmento, di 14
sul 3°. La fascia nera, larga quanto la base nel primo segmento si re-
stringe alquanto al suo margine posteriore, e conserva questa sua lar-
ghezza costante per tutto il secondo ed il terzo segmento fino all’estre-
mità di quest’ultimo dove si allarga assai visibilmente e così si prolunga
sul quarto. Su di questo essa alquanto in avanti della prima serie di
setole si allarga d’un tratto e circonda tutta l’estremità dell’addome,
arrivando nella parte ventrale fino alla base del segmento. — Genitati
neri-ferruginei. — Ventre uniformemente di color testaceo-gialio come
il dorso senza alcuna traccia di fascia nera. — Petto e pîedi neri ; l’ar-
ticolazione di tutti i femori colle tibie e di queste coi tarsi, il primo
2A —
articolo dei tarsi mediani, le tibie ed i tre primi articoli tarsali delle
zampe posteriori sono di color ferruginoso-bruno. — Unghie dei primi
due paia di zampe tutte nere; quelle dell’ultimo paia a base ferruginea.
— Putvilti bruni, bianco-giallieci i posteriori; tutti poco lunghi. — B#-
lancieri testacei. — Catittere d'un bel bianco nitido. — A/? leggermente
fosche, a base alquanto gialla.
Non ne esaminai che un solo individuo maschio proveniente dai din-
torni di Valdieri nelle Valli di Cuneo.
Confrontando questa specie colla descrizione che ci dà il Meigen della
sua Tachina prompta (1), sarei condotto ad identificarla con essa, vista
la quasi totale somiglianza dei caratteri. Ma il Macquart nella sua Mo-
nografia dei Tachinari (2) dice di aver potuto osservare l’individuo con
tal nome designato nella coliezione di Meigen e di averne riconosciuta
l'identità colle specie £. argentifrons Macq. e colla E. rubescens (Pe-
teteria) Robin. Desv. Ciò ammesso, questa specie rimane dalla E. prompta
Meigen nettamente distinta per parecchi caratteri. Anzitutto in essa le
guancie sono nude e non munite di setole; manca di una vera serie
esterna di setole frontali, il terzo articolo delle antenne è molto diverso
in forma, più breve, più largo, più ricurvo assai al margine inferiore
di quello rappresentato alla fig. 3 della tav. 4 annessa al lavoro citato
del Macquart; le spalle e lo scudetto sono d’un nero nitido come il resto
del torace e non fulvo, come è detto nella descrizione della E. argen-
lifrons Macq. e quindi non tutti i primi articoli dei tarsi sono fulvi.
E. similis n. sp. — Mas. — Corporiîs longiît. millim. 14. Abdominis
tatit. millim. 5 ‘|. Simitis BR. Roederii (mihi), distincta tamen aristae
articuto primo multo minore secundo; antennarum articuto tertio
abdominisque vitta salis diversa.
Foemina: invisa. .
Descrizione. — Questa specie è molto simile alla precedente, tut-
tavia la forma delle antenne, la lungezza degli articoli dello stilo ed
anzitutto la forma della fascia addominale le imprimono un’apparenza
assai diversa. Accennerò dunque solo ai caratteri che servono a distin-
guerla. — Faccia argentina, a guancie nude, ma con riflessi giallo-
rossicci assai più spiccati. — Fron/e più nereggiante e così la striscia
mediana. — Antenne col primo articolo assai più bruno, secondo assai
(1) MEIGEN — $Systematische Beschreibung der bekannten europaeischen
&weiflugeligen Insekten. IV Theil. Hamm., 1824, p. 243.
(2) MACQUART — Nouvelles observations sur les insectes diptères de la Tribu
des Tachinaires, in: Annales de la Société entomologique de France. ll série,
tome III, 1845, pag. 262.
COR
più largo alla sua estremità, terzo di forma assai diversa, cioè il mar-
gine superiore invece di tenersi allo stesso livello di quello del secondo,
si rivolge sentitamente all’insù e quello inferiore alquanto al basso,
incurvandosi poi leggermente in alto, di modo che l’articolo terzo prende
la forma di paletta assai più larga alla sua estremità che non alla base
ed a margine anteriore rettilineo. — Sto col primo articolo assai breve,
secondo molto più lungo. — Addome leggermente più largo e più de-
presso con riflessi bianchicci più visibili assai alla base del terzo e quarto
segmento; la fascia nera mediana, assai più larga, ha pure una forma
caratteristica. AI margine posteriore del primo segmento si restringe poco,
sì da raggiungere la larghezza della base dello scudetto; alla base del
secondo segmento incomincia ugualmente larga, quindi restringendosi
d’un tratto, si allarga gradatamente verso il margine posteriore, assu-
mendo di nuovo la primitiva larghezza, e poco prima di raggiungerlo
nuovamente d’un colpo si restringe. Nel terzo segmento incomincia larga
quanto alla base del secondo e poi si comporta nello stesso modo ora
detto; così nel quarto, dove però dopo il primo restringersi si dilata
talmente alquanto in avanti della serie prima di setole, che circonda
largamente tutta l’estremità dell'addome e si prolunga lungo la linea
mediana del ventre sotto forma di piccole macchiette fino alla sua base.
— Putvilli più lunghi, gialli ad estremità appena bianchiccia.
Sebbene non abbia avuto ad esaminarne che un solo individuo maschio
proveniente dalle Alpi piemontesi, ho trovato però per i caratteri ora
accennati ch’esso differisce in modo tale nel suo /aczes dalla specie an-
tecedente che ho creduto di poter senza dubbio distinguerla da essa.
E. dispersa n. sp. — Mas. — Corporîs longît. millim. 14. Abdominiîs
latit. millim. 6. Facie albide-flavescente, nuda. Palpîs filiformibus.
Thorace nigro; scutello ferrugineo. Abdomine ventreque ferrugiîneis ;
vilta nigra, lata. Femoribus et tarsis anticiîs totis nigris.
Foemina distineta: abdomine vittaque latioribus; humeris testaceis;
antennarum articulo terltio oblongo; tarsis anticis dilatatis.
Descrizione. — Corpo piuttosto tozzo. — Faccîa bianca a riflessi
giallicci o giallo-rosei , a seconda della riflessione della luce; guancie
prive di setole, ma munite di peli assai numerosi ed assai visibili. —
Palpi assai lunghi, filiformi, testacei. — Fronte nera a riflessi del color
della faccia nel maschio, di color più giallo nelle femmine; striscia me-
diana bruno-ferruginea; serie esterna frontale di una sola setola nel
maschio, di due nella femmina. — Anfenne nel maschio a primo arti-
colo ferrugineo ; secondo ferrugineo alla base ed all’estremità, neresg-
giante nel mezzo; terzo articolo tutto nero, più breve del secondo,
stretto alla base, da cui il margine superiore rivolgendosi all’insù e
l’inferiore sentitamente verso il basso, fanno in modo che si allarghi
SR —
molto all’estremità, dove il margine anteriore è nettamente tronco e
appare anzi quasi dentellato. Nelle femmine i due articoli sono testacei,
il terzo nero, di poco più breve del secondo, di costante larghezza in
tutta la sua estensione, col margine inferiore che, incurvandosi legger-
mente, sì unisce con quello anteriore. — Sto nero, col primo articolo
poco lungo, col secondo almeno doppio del primo. — Torace nel ma-
schio tutto nero, fuorchè sui margini sovrastanti alla base delle ali, dove
è ferrugineo; nelle femmine anche le spalle sono testaceo-ferruginee e
le striscie grigiastre sono più appariscenti in tutta la sua lunghezza.
— Scudetto ferruginoso. — Addome di color rossiccio, quasi circolare,
alquanto più largo nelle femmine, con 2 setole marginali sui due primi
segmenti e 16 sul terzo nel maschio e almeno 14 nelle femmine, con
riflessi giallicci ai lati della base del terzo e quarto segmento. La fascia
nera che nella sua maggior larghezza è sempre almeno larga quanto
la base dello scudetto nel maschio è alquanto più larga al margine po-
steriore che non alla base di ogni segmento ed è assai visibilmente ri-
stretto verso il mezzo di esso. Nel 4° segmento essa un po’ in avanti
deila prima serie di setole si allarga, abbraccia tutta l'estremità del-
l’addome e si prolunga ininterrotta e larga sulla linea mediana del ventre
fino alla base di esso. Nelle femmine essa è alquanto più larga e pre-
sentasi fatta come fu descritta nella specie E. s77227îs (mihi), prolun-
gandosi pure assai larga fino alla base del ventre. — Geniîtali del ma-
schio ferruginei superiormente, neri al di sotto. — Piedi nel maschio
neri, fuorchè tutte le tibie ed i primi tre articoli dei tarsi posteriori
che sono ferruginosi; nelle femmine sono pure ferruginei i femori nella
parte inferiore dalla loro estremità fin quasi alla metà, la base o tutto
il primo articolo dei tarsi anteriori ed il primo dei mediani. — Unghie
ferruginee, a punta nera, più lunghe nel maschio. — Pwlvi/li gialleg-
gianti, più sviluppati nel maschio. — Bilancieri testacei. — Calittere
bianche, a margine esterno leggermente gialliccio. — A/? alquanto fosche,
a base gialla.
Esaminai un maschio e due femmine ; di queste una proviene dai din-
torni di Santa Radegunda in Stiria, gli altri due sono del Piemonte.
3992 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari 3 - Torino
EVI
"° BOLLE REEINO
1,695
N Musei di: Zoologia al “Ama comparata
della R. Università di, Torino
N: DÀ: pubblicato «il 24 Marzo 1891 VoL. VI
Profi LORENZO CAMERANO
Monografia. degli OFIDI. italiani. — Parte;Il;: Colubridi
E
Monografia dei CHELONII italiani.
RIASSUNTO.
Nella seduta del 22 marzo deila R. Accademia delle Scienze di Torino
venne approvata per la stampa una mia Memoria col titolo sopra riferito.
Con questo lavoro pongo termine allo studio della Erpetologia italiana
già iniziato nel 1883 colla Monografia degli Anfibi anuri e proseguito
nel 1884 colla Monografia degli Anfibi urodeli, nel 1885 colla Monografia
dei Sauri, e nel 1888 con quella degli Ofidi, parte I: Viperidi (1).
Gli Ofidi italiani del gruppo dei Colubridi, intendendo i limiti della
fauna erpetologica italiana nella maniera seguìta nelle. precedenti mo-
nografie, risultano essere i seguenti:
Fam. Colubridae:
1° Coetopeltis monspessulana (Herm.);
2° Tropidonotus natrix (Linn.);
3° Tropidonotus natrix sub. spec. persa. (Pallas);
4° Tropidonotus natrix sub. spec. Cettii (Gené);
5° Tropidonotus tessellatus (Laur.);
6° Tropidonotus viperinus (Latreille) ;
7° Elaphis quaterradiatus (Gmel.);
(1) Memorie delia R. Accademia delle Scienze, Ser. II, vol. XXXV, XXXVI,
XXXVII, XXXIX.
8° Zamenis gemonensis (Laur.); PE:
9° Periops hippocrepiîs (Linn.);
10° Callopeltis quadrilineatus (Pallas);
11° CaZlopettis longissimus (Laur.);
12° Coronetta austriaca sub. spec. Fitzingeri (Bonap.);
» » v > » var. conjuncta Nob.;
13° Coronella gîrondica (Daudin).
Risulta da questo studio che in Italia vengono ad incontrarsi le faune
ofiologiche dell’Europa centrale ed orientale, dell’Africa settentrionale
e dell’Europa occidentale.
Nessuna specie di Ofidio è esclusiva all'Italia. L'Italia : possiede tut-
tavia in proprio alcune sottospecie, come il Tropîdonotus natria sub.
spec. Cettî (Gené) della Sardegna e la Coronella austriaca sub. spec.
Fitzingeri (Bonap.). Avviene per gli Ofidi ciò che è già stato osservato
per altri gruppi di Rettili, che qualcuna delle specie aventi una distri-
buzione geografica più estesa dà luogo in Italia a modificazioni speciali
distinguibili con nomi di sottospecie.
I Chelonii italiani si possono dividere in tre gruppi, vale a dire: specie
che si possono considerare come indigene; specie di comparsa acciden-
tale; specie importate da tempo relativamente corto.
Specie indigene:
1° Emys orbicularis (Linn.);
2° Testudo graeca Linn.;
3° Thalassochelys caretta (Linn.).
Specie di comparsa accidentale:
4° Chelone mydas (Linn.);
9° Dermochelys coriacea (Linn.).
Specie importate:
6° Testudo ibera (Pallas);
7° Testudo marginata (Schoepff.).
Due tavole di disegni, rappresentanti i caratteri diagnostici più im-
portanti, accompagnano questo lavoro.
4023 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari 3 - Torino
JUL 3 1891
- BOLLE FTINO
/1 696
X Musei di Zoologia ni "Artom comparata
della R. Università di Torino
N. 59 pubblicato il 7 Aprile 1891 VoL. VI
CARLO POLLONERA
Appunti di Malacologia (*)
VII. — Intorno ai Limacidi di Malta.
&
Verso la fine dello scorso anno il Sig. Conte Caruana-Gatto, il quale
sta preparando un lavoro sui molluschi terrestri e fluviatili di Malta,
mi inviò in esame i Limacidi da lui raccolti in quella località. Esso
mi mandò pure un certo numero di esemplari vivi, osservando i quali
mi avvidi che era necessario correggere la descrizione del Lîmax me-
litensis, e che alcune altre specie dovevano venir aggiunte alla fauna
maltese.
Ecco dunque l’elenco delle specie che mi fu dato osservare:
1. Limax (P/eplicolimaa) flavus L.
Specie notturna ed estiva, assai comune nelle cisterne, cantine, ecc.
2. Malacolimax (Me/itolimax) melitensis Less. e Poll.
Liîmax sp. Issel, Moll. terr. fluv. Malta; Bull. Malac. ital. I, 1868, pag. 4.
Limax metlttensis Lessona e Pollonera, Monogr. Limac. ital., 1882,
pag. 69.
Il Prof. Issel aveva raccolto questa specie presso la Valletta, fuori
di Porta Reale, ne aveva fatta sul sito una breve descrizione, ma poi
avendo perduti gli esemplari raccolti, non aveva potuto completarla, e
non le aveva assegnato nessun nome. Nella breve descrizione esso di-
ceva che il cappuccio era granu/oso, e siccome tutti gli altri caratteri
erano quelli di un vero Lîmax e non di un’ Amalia, così nella Mono-
(*) Vedi Numeri 43, 51 e 75 di questo Bollettino — anni 1888 e 1890.
9 —
grafia dei Limacidi italiani, basandoci su questo carattere della granu-
losità del cappuccio, la distinguemmo dalle altre specie italiane col nome
di L. melîtensis. Il Sig. Caruana raccolse nella località indicata dal-
l’Issel parecchi esemplari di un Limacide, del quale me ne inviò anche
uno vivo, che combina in tutto con la descrizione del L. meditensis,
eccetto che per il cappuccio che è finamente striato invece di essere
granuloso. Io credo quindi che il Prof. Issel sia stato tratto in errore
per aver osservato l’animale mentre era contratto, allorchè per effetto
di questa contrazione la striatura del cappuccio sì raggrinza in modo
che questo sembra granuloso, ma sono perfettamente convinto che la
forma recentemente raccolta dal Sig. Caruana sia la stessa che l’Issel
aveva trovato nello stesso sito parecchi anni prima.
Malgrado che svanisca così il principale carattere (la granulosità del
cappuccio) indicato come distintivo di questa specie, pure un più profondo
esame mostra essere il L. 7e/7fensis non solo specie distinta dalle altre,
ma ancora doversi per esso costituire una divisione particolare nel ge-
nere Ma/acolimax, nel quale esso dev'essere collocato.
Stabilisco dunque per questa spe-
J cie il sottogenere Melitolimax, il
4 quale, conservando la radula degli
altri Ma/acolimax (dente centrale
triaculeato, campi mediani biacu-
leati), ha un apparato riproduttore
simile a quello delle Lermanntia,
cioè Ja verga breve, con un /a-
getltum latero-terminale (Fig. 1).
Il canale digerente è a 6 circon-
voluzioni , l’ultima delle quali è
munita di un cacum meno lungo
che quello da me osservato nel
M. valentianus Fer.
Il sottogenere Me/itolimax è,
a mio parere, un anello di con-
giunzione tra le Lermannia ed i
veri Malacolimax.
La descrizione del M. meZitensis
deve modificarsi così:
Malacolimax metitensîs Less. e Poll. — L. efongato-conicus, minute
et dense verrucosus, postice altenuatus, brevissime carinatus, pallide
cinereus vumnicolor; clypeo subliliter concentrice sulcato, postice pe-
robtuse subangulato; capite albido, tentacutis pallide cinereiîs; solea
pallida, unicolore. Mucus aqueus decotoratus. Longît. 35-40 mill.
— Quum în alcool mersatur animal fuscum fit, et clypeus niîigro-
bizonatus patel.
ga
L'animale vivo appare di color cinereo pallidissimo, quasi bianco sui
fianchi, nè mostra traccia alcuna di macchie o di fascie ; ma immerso
nell’alcool esso diventa bruniccio sul dorso e sul cappuccio, pur restando
bianco sui fianchi, e sul cappuccio appaiono due fascie longitudinali,
laterali, nerastre. Il cappuccio diventa perfettamente arrotondato poste-
riormente, scomparendo il leggerissimo angolo ottuso posteriore.
3. Agriolimax Caruan® n. sp.
L. parvulus, dorso minute verrucoso , fusco rufescente unicolore,
brevi-carinato , carîina mnigricante; clypeo magno , elongato , grosse
rugoso, pallide brunneo, rure et minutissime fusco-punctulato; solea
albida unicolore; capite tenlaculisque cinereîs, Mucus aqueus deco-
loratus. Longît. în extens. max. 25 mill.
Immerso nell’alcool, somiglia ad un piccolissimo A. agrest?s, dal quale
si distingue soltanto per la statura minore e per la carena nerastra che
stacca in scuro sul colore del dorso, cosa che non si osserva mai in
quella specie. L'animale vivo si differenzia assai più dall’agrestis, perchè,
‘oltre i due caratteri sopra accennati, ne lo distinguono ancora il muco
che è trasparente e acqueo invece che latteo ed opaco, la lunghezza
del cappuccio uguale se non superiore a quella del dorso, e le rugosità
del cappuccio più grossolane ed in minor numero, che ricordano quelle
dell’A. brunneus Drap.
Anatomicamente lA. Caruana si distingue dall'A, agrestis pel suo
apparato sessuale (Fig. 2). L'A. Caruana ha, come l’agrestis, il sacco
della verga turgido e grosso, ma alla
sua estremità superiore vi sono due
protuberanze grosse, allungate, arro-
tondate e ricurve, tra la base delle quali
s'innalzano tre o quattro appendici fla- / |.
gelliformi sottili, liscie, di diversa lun-
‘ghezza ed indipendenti tra loro fin dalla
base. Nell’A. agrestis invece all’estre-
mità del sacco della verga vi è una o due appendici flagelliformi più
o meno ramificate, e questi rami sono come festonati e non lisci.
Il Sig. Caruana trovò questa specie insieme al M. melitensis fuori di
Porta Reale, sotto i sassi. Esso la dice variabile pel colorito più o meno
chiaro, e per la punteggiatura più o meno distinta. Ne vidi vivo un
solo esemplare.
4. Amalia carinata Risso.
Limax carinatus Risso (non Leach nec Leydig), Prod. Eur. mérid.,
1826, p. 56.
Amalia carînata Less. e Poll., Monogr. Limac. ital., 1882, p. 55.
LC" (OR
Comunissima nei fossati fuori Porta Bomba. Generalmente perfetta-
mente tipica; qualche volta di un colorito più chiaro. L'apparato ri-
produttore tuttavia differisce alquanto da quello degli esemplari dell’Italia
continentale, perchè la prostata vestibolare vi è notevolmente svilup-
pata, cosicchè assume un aspetto un poco glandoliforme, tuttavia è ben
diversa da quella che si osserva nelle Piraînea, perchè i canaletti
deferenti sono molto meno numerosi e non sono riuniti in un fascio
come in quelle. Questo grande sviluppo della prostata vestibolare lo
osservai pure negli esemplari della stessa specie che vivono a Messina.
Non credo questa differenza sufficiente per distinguere come varietà
dal tipo gl’individui che la presentano, perchè anche nell’A. gagazes
tipica osservai che gli esemplari della Sardegna e della Sicilia avevano
la ghiandola prostatica molto più grande che quelli di Nizza e della
Francia meridionale.
5. Amalia gagates Drap.
Assai comune sotto i sassi in varie località.
Ormai sono convinto che il L. nigricans Phil. (Parmacella nigri-
cans Schultz) debba annoverarsi tra i sinonimi di questa specie. L’A.
gagates a Malta presenta tre variazioni di colore:
A. Typiîca. Cappuccio e dorso nerissimi; fianchi pallidi.
B. Plumbea Moq. Tand. Cappuccio e dorso grigio più 0 meno scuro;
fianchi bianchicci. Immersa nell’alcool, si fa di tinta più oscura.
C. Pallidissima. Interamente biancastra o cinereo-pallida, mentre
l’animale è vivo; allorchè questo è immerso nell’alcool, essa si dimostra
simile alla precedente, conservando soltanto una colorazione più chiara,
e non sì può quindi considerare che come una semplice mutazione della
precedente var. plumbea.
Questa mut. pallidissima si avvicina pure moltissimo alla A. eremio-
phita Bgt. di Algeria, la quale forse non è che una varietà più grande
e pallidissima dell'A. gagates.
Oltra le cinque specie surriferite , io ricevetti dal Sig. Caruana due
esemplari giovani di una Ama/îa che mi parve differire dalle due so-
pracitate, ma mi fu impossibile determinarla. Inoltre il Sig. Caruana
mi scrive che a Malta si trova ancora un piccolissimo Lîmax che non
mi ha ancora mandato.
4052 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari 3 - Torino
ai PROIE i V ‘Be \
muy 3 189
vo BOLLETTINO
usei di Zoologia i * Ani comparata
della R. Università di Torino
N. 100O pubblicato il 9 Aprile 1891 VOLaVI
CARLO POLLONERA
Appunti di Malacologia (*)
VIII. — Sui JLimacidi dell’Algeria.
Sotto questo titolo comprendo i generi di molluschi terrestri nudi
‘appartenenti alle famiglie Ar7onîda@ e Limacide. Da quest'ultima fa-
miglia escludo il genere Parmacetlla, perchè la conchiglia opercolata che
esso possiede nel suo primo stadio di vita mi sembra indicare una pro-
venienza abbastanza diversa da quella dei veri Limacidi.
Parte del mio materiale di studio su questa regione la devo alla cor-
tesia dei signori Hagenmiller da Bona, Lallemant da Algeri e Tournier
da Oran, e parte dalle raccolte fatte dal Prof. Camerano nel suo breve
viaggio in Algeria. Ho potuto così esaminare la maggior parte delle
specie già indicate dagli altri autori, alle quali ora posso aggiungerne
tre altre. Le specie, che non ho ancora potuto esaminare de vîsv, sono:
Limax subsaranus, Geomalacus numidicus e Attanticus Bourguignat.
Fam, LIMACIDAE
Limax (P/epticolimax) flavus L.
L. flavus L., Syst. Nat., ed. X, 1758, p. 652.
L. varîegatus Drap., Tabl. Moll., 1801, p. 103.
L. Deshayesî Bgt., Limac. algér., in Rev. Zool., 1861, pl. I, f£. 1, 2.
— Malac. algér., 1864, p. 37, pl. I, £.3-4.
- (*) Vedi Numero 99 di questo Bollettino.
Pi: pa
L. Deshayesi et Companyoi Bgt., Lallemant, Malac. envir. Alger, in
Ann. Soc. Malac. Belgique, 1868, t. III, p. 23.
Hab. Cherchell (Desh.), Algeri (Forbes, Bgt., Lall.); Bona (Hagenm.).
Nella Monogr. dei Limac. ital. ho già detto come il nome di L. Com-
panyoî sia stato dato dal Bourguignat a questa specie per aver egli
preso troppo alla lettera la descrizione poco esatta del L. vartegatus
data dal Draparnaud. Gli esemplari poi che ricevetti dal Dott. Hagen-
miller col nome di L. Deshayesi rientrano pure completamente nella
stessa specie.
Malacolimax nyctelius Bgt.
L. nyctelius Bgt., Spicil. Malac. (Rev. Zool.), 1861, p. 41, pl. II, f. 3-4.
— Malac. Alg., 1864, p. 38, pl. I, f. 1-2.
M. nyctelius Pollonera, Boll. Mus. Torino, 18897, N° 21; 1890, N° 74.
Hab. Nella maggior parte dell'Algeria, tanto presso la costa, come
nell'interno.
Bisogna notare che il Bourguignat figurò e descrisse un esemplare
giovane, poichè il M. nyctelîius raggiunge le dimensioni ordinarie del
nostro Agriolimax agrestis. Inoltre esso dice che l'apertura respira-
toria è molto anteriore; il che non è affatto, poichè nei numerosi in-
dividui da me esaminati l’apertura è, come nelle altre specie dello stesso
genere, latero-posteriore. Forse il suddetto autore, facendo la sua de-
scrizione, ebbe tra le mani un esemplare a cui era stata divorata in
parte la porzione anteriore libera del cappuccio (cosa non rara nei Lîimax),
cosicchè l’apertura respiratoria veniva a prendere in apparenza una
posizione latero-anteriore.
Malacolimax Raymondianus Bgt.
L. Raymondianus Bgt., Spicil. Malac., 1861, p. 39, pl. II, f. 1-2. —
Mal. Alg., 1864, p. 38, pl. I, f. 5-6.
Amalia Raymondiana Simroth, Vers. Naturg. deut. Nackts., 1885,
pag. 342.
M. Raymondianus Poll., Boll. Mus. Torino, 1890, N° ‘74.
Hab. Contorni d’Algeri (Desh., Bgt., Lall.), e di Oran (Tournier).
Malacolimax Brondelianus Bgt.
L. Brondelianus Bgt., Spicil. Malac., 1861, p. 37, pl. II, f. 5-7.
Krynickillus Brondelianus Bgt., Mal. Alg., 1864, p. 43, pl. I, f. 9-11.
Agriolimax Brondelianus Heyn., Die nackt. Landpulm., 1885, p. 87.
M. Brondelianus Poll., Boll. Mus. Torino, 1890, N° 74.
Hab. Contorni d’Algeri (Bgt., Lall.), di Oran (Tourn.) e Cascate del
Safsaf presso Tlemcen (Tourn.).
e
Malinastrum? subsaxanum Bgt.
L. subsaranus Bgt., Spicil. Malac., 1861, p. 42.
Krymnickillus subsacanus Bgt., Mal. Alg., 1864, p. 44, pl. III, f. 13-16.
Hab. Contorni di Costantina (Raymond), e di Algeri (Lall.).
Non avendo mai potuto osservare questa specie, e mancando su di
essa ogni dato anatomico, non posso decidere a quale genere appar-
tenga. Accetto dunque provvisoriamente il nome di Ma/iînastrum im-
posto dal Bourguignat alla sezione del gen. Krynickil!us alla quale essa
dovrebbe appartenere, secondo il suo autore, a cagione della granu-
losità del cappuccio. Confesso però che ho dei forti dubbi sulla realtà
di questo carattere, che forse ad un nuovo esame potrebbe scomparire,
come già scomparve per i L. Dorîo e melitensis.
Agriolimax agrestis L.
L. agrestîs L., Syst. Nat., ed. X, 1758, I, p. 652.
Hab. Presso le Cascate del Safsaf nelle vicinanze di Tlemcen (Tour-
nier). Perfettamente tipica, e della statura usuale degli individui eu-
ropei.
Questa specie era già stata citata dell’Algeria da parecchi autori
(Terver, Morelet, Debeaux , ecc.), ma il Bourguignat la escluse dalle
specie algerine, riportando il L. agrestîs dei suddetti autori al suo
L. nycteltus. Io non la conosco che della suddetta località in Algeria,
nè fu trovata dal Camerano nelle provincie di Algeri e di Costantina,
nè fu raccolta dal Tournier nei contorni di Oran.
Amalia scaptobia Bgt.
L. scaptobîus Bgt., Spicil. Malac., 1861, p. 43.
Miltax scaptobius Bgt., Mal. Alg., 1864, p. 49, pl. III, f. 8-12.
Hab. Contorni di Costantina (Raymond), di Bougie (Forb.) e di Al-
geri (Lall.).
Le figure e la descrizione di Bourguignat si riferiscono ad individui
giovani, poichè questa specie raggiunge le dimensioni ordinarie della
A. gagates. Essa è di un color biancastro sporco fondamentale; il cap-
puccio è cosparso di una fitta e minutissima punteggiatura nero-bruna
che si fa più grossolana e più densa verso il centro, e non Ra fascia
scura lungo il suo solco; il dorso è pure minutissimamente punteggiato
di nero-bruno , più radamente sui fianchi e molto più fittamente verso
. la carena, il vertice di questa, ed i solchi del dorso restano della tinta
pallida fondamentale.
bp
L'apparato sessuale ha la ghiandola prostatica bene sviluppata delle
Pirainea, ma differisce da quello delle specie seguenti per la verga più
lunga, più ripiegata e molto meno grossa. Si distingue pure per la pic-
colezza della limacella (mill. 1 ?/), che è ovale, semplice e sottilissima.
Ne ho avuto un solo esemplare mandatomi dal signor Lallemant da
Algeri insieme a molti della specie seguente, dalla quale si distingue
all’esterno per la sua punteggiatura più minuta, e per la mancanza di
fascia scura lungo il solco del cappuccio.
Amalia insularis Less. e Poll.
A. însularîs Less. e Poll., Mon. Limac. ital., 1882, p. 57, tav. I, f. 32-33.
A. Typîca. Dorso e cappuccio invasi da una tinta nerastra, sparsa
disugualmente, cosicchè lascia sussistere delle piccole macchie del colore
pallido fondamentale; sommità della carena pallida; una larga fascia
nera a margini irregolari lungo il solco del cappuccio.
Hab. El-Hammam e Fort National (Camerano). Questa specie somiglia
moltissimo a certe varietà della A. cariînala, ma se ne distingue per
l’apparato sessuale che è al tutto simile a quello della A. gagates.
B. Var. n. algerica. Di/fert a forma typica clypeo distinctius pal-
lido et nigro maculato, dorso alriore, sulcîs paltidis.
Hab. Algeri (Lallemant). Il sig. Lallemant me ne inviò un discreto
numero di esemplari, il che dimostra che questa specie non è rara colà,
eppure nel suo citato lavoro esso non annovera di questo genere che
le A. eremiophila e gagates, colle quali non è possibile confonderla.
.
Amalia cabiliana n. sp.
Varietati plumbea Amalia gagates prorima, a qua differt statura
minore, carina vertice albida, clypeo zonis duabus nigris sulcum
concomitantibus. Long. în alcool 25 mill.
Hab. El-Hammam nella Cabilia (Camerano).
L’apparato sessuale è identico a quello della A. gagates. Dalla A. Do-
derleini di Sicilia differisce per la statura minore, per la tinta nerastra
del dorso e del cappuccio, e per avere i solchi del dorso pallidi invece
di averli nerastri come in quella; inoltre la fascia nera che segue il
<
solco del cappuccio è meno regolare e meno visibile.
Amalia gagates Drap.
L. gagates Drap., Tabl. Moll., 1801, p. 100.
Amalia gagates Heynemann, Malak. Blàtt., 1861.
Hab. Constantina (Raym.), Tlemcen (Mor), Ain-el-Haout (Desh.), Al- |.
geri (Lall.), Oran (Tournier).
N Bi
Amalia eremiophila Bgt.
L. eremiophilus Bgt., Spicil. Malac., 1861, p. 38, pl. I, f. 3-4.
Milax eremiophilus Bgt., Mal. Alg., 1864, p. 48, pl. I, f. 7-8.
Hab. Cherchell (Desh.), Algeri (Lall.), Bona (Hagenm.).
Fam. ARIONIDA
Geomalacus (Lefournevria) numidicus Bgt.
Letourneuxia numidica Bgt., Moll. nouv. lit., 1866, p. 201, pl. 34,
ar
G. numidicus Morelet, Faune Malac. Maroc., Journ. Conch., 1880,
pag. 16. i
Hab. Presso le Cascate del Safsaf presso Tlemcen (Bgt.).
Geomalacus (Lez.) Tournieri Poll.
G. Tourniîerî Poll., Rec. Arion., Boll. Mus. Torino, 1890, N° 87, p. 38.
Hab. Contorni di Oran (Tournier).
Geomalacus (Le?.) atlanticus Bgt.
Letourneuria atlantica Bgt. in Pechaud, Excurs. Mal. N. Afr., 1883,
pag. 6.
G. attanticus Poll., Rec. Arion., Boll. Mus. Torino, 1890, N° 87, p. 38.
Hab. Presso le Cascate del Safsaf presso Tlemcen (Pech.).
Il Bourguignat (Malac. Alg., p. 33) cita ancora, sulla testimonianza
di Aucapitaine, l’ Aron rufus dell’interno dell'Algeria, ma siccome nè
questa, nè alcun’altra specie del genere Arion fu mai più ritrovata in
tali regioni, così è assai probabile che il supposto A. r*/us sia un
Geomatacus.
4066 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 = Torino.
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JUL 3 1891
4, BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 21014 pubblicato il 30 Aprile 1891 Voc. VI
Intorno ad una CUTRETTOLA nuova per l’Italia.
NOTA
DI TOMMASO SALVADORI
Lo Sharpe, pubblicando nel 1885 il Volume X del Caza/ogue of Birds
în the British Museum, descrisse, p. 521, la Motacilla beema (Sykes),
forma orientale della Motacîzta flava, Linn., rappresentante di questa
nella Siberia occidentale e centrale, e svernante nell’Afghanistan e nel-
‘l’India; egli annoverò, fra molti altri, un esemplare di Tunisi, raccolto dal
Fraser e conservato nel Museo Britannico; quell’esemplare era il solo
che fino ad allora fosse stato trovato nella regione Paleartica occidentale.
Lo Sharpe, appunto per la considerazione di quell’esemplare, fu indotto a
supporre che probabilmente la M. deema si dovesse incontrare durante
il tempo della emigrazione nell’ Europa occidentale (o piuttosto orientale ?)
e nelle regioni bagnate dal Mediterraneo.
Il Prof. Vincenzo De Romita, professore del R. Istituto Tecnico di
Bari, favorevolmente conosciuto per un interessante lavoro intorno alla
Ornitologia delle Puglie (1), da molti anni si occupa a mettere insieme
una collezione di Uccelli della sua regione, la quale fortunatamente si
trova lungo la via percorsa da molti Uccelli migratori, quando nella
primavera, abbandonando l'Africa settentrionale, si dirigono verso Nord-
Est. Le sue ricerche si sono rivolte in modo particolare allo studio delle
specie del genere Budytes, ed a lui dobbiamo già la scoperta in Italia
(1) Avifauna Pugliese. — Catalogo sistematico degli Uccelli osservati in
Puglia pel dott. Vincenzo DE RomMITA, prof. di Storia Naturale nel R. Istituto
Tecnico di Bari. Bari, 1884.
2 Ie,
del Budytes paradoxus ed anche del B. canthophrys (1), ammesso che
questo formi una specie veramente distinta.
Nell’anno decorso il De Romita m’inviò una serie di esemplari del
genere Budytes, affinchè volessi esaminarli, e fra gli altri due, che egli
credeva di dover riferire al B. dbeema, Sykes; ed invero il De Romita
bene si apponeva, corrispondendo i due esemplari in tutto alla descri-
zione ed alla figura che di tale specie ha dato lo Sharpe nel volume
sopra menzionato. Resta per tal modo assodato, mercè le ricerche del
Prof. De Romita, che il B. beema si trova talora nel Barese e che la
parte meridionale-orientale dell’Italia è compresa nell’area di diffusione
di detta specie, che il medesimo De Romita ha già annoverato nelle sue
recenti Aggîunte alla Ornitologia Pugliese.
I due esemplari inviatimi dal Prof. De Romita, ambedue maschi adulti,
sono stati presi nelle vicinanze di Bari il 23 ed il 30 aprile dell’anno
decorso. Lievi sono le differenze individuali che essi presentano, l’uno
avendo il pileo e Ja cervice di colore cenerino chiaro purissimo ed il
dorso di colore olivastro più puro, laddove nell’altro tanto il colore
cenerino, quanto l’olivastro sono meno puri.
Aggiungo la sinonimia e la frase diagnostica di questa specie :
Budytes beema, Sykes.
Budytes dubius, Hodgs., Icon. ined. in Brit. Mus., Passeres, pl. 114,
f. 1-3; Brooks, Str. Feath. VIII; p. 139 (1878).
Budytes Beema, Sykes, P. Z. S. 1832, p. 90; Hume, Str. Feath. X,
p. 227 (nota) (1882); XI, p. 232 (1888); De Romita, Aggiunte alla Orn.
Pugliese, p. 9 (1890).
Budytes neglecta, Jerd. (nec Gould), Madr. Journ. XI, p. 9 (1840).
Budyles dubius, vel anthoides, Hodgs. in Gray’s, Zool. Misc. p. 83 (1844).
Budytes flavus, Hume (nec Linn.), Ibis, 1869, p. 357; 1870, p. 142;
Blanf., Str. Feath. V, p. 246 (1877); C. Swinh., Ibis, 1882, p. 110;
Hume, Str. Feath. XI, p. 232 (1888).
Budytes flava, Hume (nec Linn.) , Str. Feath. II, pp. 81, 238 (1874);
Ball, t. c. p. 410; -Aribstr., Su. Eeath. IV, p. 329 (1870); Budcn
Str. Feath. V, pp. 210, 230 (1877); Hume, Str. Feath. VI, pp. 363,
364 (1878); Id., Str. Feath. VII, p. 97 (1878); Brooks, t. c. pp. 138,
1399" Ball, 6. C. D, 2197 C!LIppS, &, G. p..20/3 HUM6O, Sit: ECAUVERE
pp. 65, 103, no. 593 ter (1879).
(1) Vedi SaLvapoRI, Elenco degli Uccelli Italiani (Ann. Mus. Civ. Gen. (2),
III, p. 149, 1884).
510, Apo
Budytes brevicaudatus, Homeyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 131.
Motacitla flava, Swinh. (nec Linn.), Ibis (1880), p. 189.
Motacitta beema, Sharpe, Cat. B. Brit. Mus. X, p. 521, pl. VI, f. 6 (1885).
Diagn. — Budytes B. fiavo (Linn.) sî2rilîs, sed capite et cervice cine-
reîs valde pallidioribus, mento albo et auricularibus albicantio-
ribus distinguendus.
Hab. in Sibiria occidentali et centrali, Afshanistan, India, Africa
septentrionali et Italia meridionali-orientali.
Coll’aggiunta del B. deema, sono otto le specie affini al B. Mavus
che si trovano in Italia; esse si possono distinguere ai caratteri sotto
indicati :
Corpore subtus flavo; dorso olivaceo:
a. Fronte flava, occipite et cervice viridi-fia-
vescentibus; superciliis flavis . . . . . 1 5. campestrîs
d. Pileo toto et cervice cinereis:
a'. Auricularibus griseis, inferne albidis; fa-
scia superciliari alba conspicua:
a''. Pileo clare cinereo, auricularibus latius
Msc e te ERA
b''. Pileo cinereo obscuriore; auricularibus
minus.late albis:.gic ud & i Seat eau
d'. Auricularibus nigricantibus ; fascia super-
ciliari alba nulla, vel vix conspicua:
a'"". Gula omnino flava, vel superius vix
Mpreaniboicogro: dagli Lo alfieri ta AECAS
bilGula tate albat. — ue ele Di. » I Cinercicapilias
c. Pileo toto et cervice nigris:
a. Fascia superciliari alba nulla, vel vix con-
Spicugmet ®. Ab. è VAR. Vede 05 feldegge
b*. Fascia superciliari lata alba. . . .0. 7.» paradozus
c'. Fascia superciliari lata fava . . . . 8. » 2anthophrys.
4097 — Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino.
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JUL 3 1891
- BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
// 69
N. 102 pubblicato il 28 Maggio 1891 L'ASTORENTA!
Dott. E. GIGLIO-TOS
Nuove specie di DITTERI del Museo Zoologico di Torino
VA
Confrontando la raccolta dei Ditteri del Messico, lasciata dal compianto
Prof. Luigi Bellardi al Museo Zoologico di Torino, coll’opera sua « Saggio
di Ditterologia messicana » (1), mi accorsi che una parte sola di tale
raccolta era stata da lui studiata. Ho creduto perciò cosa utile di ac-
cingermi io stesso allo studio di quanto rimane ancora di essa, e spero
quanto prima di pubblicarne i risultati in una memoria che potrà con-
siderarsi come seguito di quell’opera. Mi limito ora a dare la diagnosi
delle nuove specie che in essa vi rinvenni, mentre le descrizioni più
minute di queste verranno pubblicate nel lavoro generale che sto pre-
parando.
Gen. Heteracanthia Macquart.
H. mexicana n. sp. — Foem. — Corporîs longit. millim. 6. —
Alae longiît. millim. 6'|,.. — Abdominiîs lalîit. millim. 4. — Violacea
metallica, vîridi micans; palpîs rufis, facie cinerea, fronte lateribus
cinereîs, macula ad basim antennarum nigra; antennis basi rufis,
apice nigro; scutello spinis medianis nigris; abdomine foliaceo, lato,
incisuris nigriîs, in segmentis secundo, tertio, quarto et quinto ma-
cutis lalis flavescentibus; ventre flavo, marginibus fuscîs; pectore
pedibusque nigris; femoribus omnibus apice, tibiis medianîs fere totîs,
tarsisque omnibus articulo basale ltestaceîs; alis fuscis.
Femmina l. — Mexico.
(1) BELLARDI L. — Saggio di Ditterologia messicana, in: Memorie della
R. Accademia delle Scienze di Tòrino. Serie II, tom. XIX, 1859-1862.
Gen. Cyphomya Wiedemann.
C. ochracea n. sp. — Foem. — Corporis longît. millim.7.— Alae
tongît. millim. 6 *|,.. — Abdominîs latit. mittim. 3 '|,.. — Ochracea;
antennis et palpis ultimo articuto nigricante, thorace vittis duabus
medianis rufescentibus , sculello spinis duabus mnigris ultra basim ;
abdomine sub-rotundo, medio rufescente, apice nigricante; pedibus
fiavescentibus, tibîis omnibus tarsorumque articulis praeter basalem
nigris; alîs hyatinis, apice fuscescente, stigmate fusco.
Femmina 1. — Mexico.
Gen. Euparyphus Gerstaecker.
‘E. carbonarius n. sp. — Mas. — Corporis tongît. mitltim. 5 *|. —
Alae longit. millim. 5. — Abdominis latîit. millim. 2. — Niger; palpis
festaceis, oculis dense viîllosis, scutelli spinis pallide testaceîis, abdo-
mine sub-globoso, apice, marginisque postico-lateratis subtillimi limbo
pattide testaceîs; femoribus omnibus basi et apice, tibiîis anticiîs et
medianis totis, tarsisque articulis basalibus testaceis; alis cellula di-
scoidali nigricante, stigmate fusco.
Maschio 1. — Mexico.
Gen. Clitellaria Meigen.
C. stigma n. sp. — Foem. — Corporis tongit. mitlim. 9 *|,. — Alae
tongit. millim. 7. — Abdominiîs latit. millim. 3. — Facîe argenteo-
micante; antennis fuscîs; fronte lata, nigra, tubercutlis binîs rufis
ad basim antennarum,; thorace nigro-fusco , vittis duabus latis ar-
genteo-micantibus; scutetlto spinis duabus albis; abdomine ovato-de-
presso, fusco-rufo , vitta mediana argentea interrupta ; ventre rufo;
pedibus nîgris, femoribus fere totis, tibiis tarsisque basi testaceîs; alîs
limpidis, stigmate fusco.
Femmine 3. — Mexico;
Gen. Acanthima Wiedemann.
A.? Bellardii n. sp. — Mas. — Corporiîs longît. (capite cacluso)
millim.6.— Alae longît. millim. 6. — Abdominiîs latit. millim. 3.—
Capîte...? Nigra; pilis brevibus argenteîs adspersa; sculello rubro,
spinîs quatuor testaceis: abdomine sub-globoso, pilis candidis mu-
nîto; geniculis, tarsorumque basi testaceîs; alis hyalînîs.
Maschio 1. — Tehuacan.
Gen. Microchrysa Loew.
M. nova n. sp. — Foem. — Corporis longît. millim. 5. — Alae long.
millim. 5. — Abdominis latît. millim. 2. — Violaceo-metallica : pro-
boscide palpisque flavis; fronte latissima nigro-cyanescente, maculis
duabus albidis ad basim antennarum; antenniîs fuscîs; thorace ab-
domineque pallide pubescentibus, pectore viridi; halteribus pedibusque
flavescentibus, femoribus posticîs in medio tarsisque apice nigrican-
Tibus; alis hyalinîs, stigmate pallide flavescente.
Femmina 1. — Mexico.
Gen. Ptecticus Loew.
P. trivittatus n. sp. — Mas. — Corporîs longît. mitltim. 13. — Alae
longit. millim. 11 '|... — Testaceus; antennis articulo tertio apice
truncato, arista nigricante ; fronte tubercuto magno albido, pellucido;
thorace fusco-triviltato; abdomine oblongo-ovato, segmentis secundo,
terlio, quarto et quinto fascia nigra transversa; femoribus posticis
medielate apicali, tarsisgque apîce fusciîs; alîis margine antico dilute
flavescente.
Maschi 2. — Mexico.
Gen. Mierosargus Loew.
M. hyalopterus n. sp. — Corporis longîit. millim. 7-8. — Alae
longît. millim. 7. — Testaceus; antennis arista nigricante; fronte
nitida, nigra, ad basim antennarum tucercutlis duobus flavîs, macula
nigricante; thorace inter humeros et alarum basim vitta fusca; ab-
domine filavo pubescente, segmentis macutlis duabus nigris, in ultimo
confluentibus; ventre flavo; tarsis eaxtremo apice nigricante ; alis
hyalinis.
Maschi 2 — Femmine 2. — Orizaba.
M. dissimilis n. sp. — Mas. — Corporîis longît. miltim. 13. —
Alae longît. millim. 12. — Niger; proboscîde , palpîs, facie et ima
fronte testaceisz antennis testaceîs articuto tertio fusco , incrassato ,
superne elongato et acuminato ; abdomine nigro-aenescente, segmentis
fasciis posticis tatis rufis, ultimo destituto; pectore rufo; pedibus
fusco-flavescentibus, tarsis anticis totis nigris; alis margine antico
duute flavescente.
Maschio 1. — Orizaba.
M. Orizabae n. sp. — Mas. — Corporîs longît. millim. 10. —
Alae longît. millim. 9. — Proboscide , palpîis, facie antennisque te-
staceîs, arîsta nigricante; fronte nigra, tuberculis duobus testaceîs
ad antennarum basim nigro-muculatis; thorace fusco, vittis duabus
mnîgricantibus; scutello testaceo basi fusca; metanoto nigro ; abdomine
articulis primo et secundo pallide testaceîs , fascia nigra mediana =
tertio nigro, margine postico subtillime testaceo limbato ; quarto et
quinto nigris; pectore testaceo; pedibus fusco-testaceis; tarsis omnibus
praeter basim, femoribus posticis, tibiîis medianis et posticîs nigris;
alîs fuscescentibus, stigmate testaceo.
Maschio 1. — Orizaba.
M. coriaceus n. sp. — Corporis longit. millim. 12-15. — Alae longit.
milltim 12-14. — Proboscide palpisque fNavis; fronte nigra; tuber-
culis ad basim anltennarum et antennis testaceo-fuscîs, arista nigra;
thorace coriaceo; sculello apice subtillime limbato testaceo; abdomine
oblongo ad basim attenuato, nigro, segmentis tribus primis margi-
nibus antlicis et posticis flavo-fasciatis; quarto nîgro, lateribus flavo-
limbatis, quinto toto nigro; pectore cereo; pedibus testaceîs, tibîis me-
dianis basi, femoribus libiisque posticis fuscis, tlarsis omnibus apice
nigricantibus; alis fuscescentibus.
Maschi 3 — Femmine 4. —Mexico, Orizaba.
Gen. Sargus Fabricius.
(Macrosargus? Bigot).
S. filiformis n. sp. — Mas. — Corporis longiît. millim. 11. — Alae
tongît. millim. 9. — Viridis metallicus; palpîs et proboscide testaceîs;
facie, fronte verticeque nigro-pilosis; summa fronte maculiîis duabus
ovatis, albide pellucidis; thorace flavo pubescente; scutello flavo lim-
bato: abdomine filiforme, apice parum dilatato, segmentis marginibus
poslticis fasciîs flavis; pectore nigro; pedibus testaceis, femoribus po-
sticis apice, tibiîs tarsisque fuscîs; tarsis anticis et medianis apice
fusco; alis dilutissime fuscescentibus, stigmate fusco.
Maschi 4. — Mexico.
4148 - Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 = Torino.
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JUL 3 1891
co BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
N. 103 pubblicato il 29 Maggio 1891 Vor. VI
I MOLLUSCHI dei terreni terziari del Piemonte
e della Liguria
descritti
dal Dott. FEDERICO Sacco
Parte IX e X (1)
PARTE IX
(NATICIDAE (fine), SCALARIIDAE ed ACLIDAE)
con 25% figure.
Fam. NATICIDAE Forbes et Hanley (1853).
Gen. Ampullina Lk. 1821.
Sottog. Globularia Swains., 1840 — GZ. gibberosa (Grat.) e var. e/fusa,
apenninica, globoides, pospatula ed ovîiformis.
Sottog. Cernina Gray, 1840 — C. compressa (Bast.) e var. ovata.
Sottog. Crommium Cossm., 1888 — Cr. ferrugineum (Grat.) e var.
italica, striatula, rugosoides ed acuminatoîdes.
Sottog. Euspirotrommium Sacc., 1890 — E. ezongatum (Micht.) e
var. degensiîs.
Sottog. Amauropsella Bayl. 1885 — A. scaligera (Bay.).
Sottog. Megatylotus Fisch., 1885 — M. crassalinus (Lk.) e var. obesa,
maxima e rotundula.
Sottog. Euspira Ag., 1837 — E. scalaris.
(1) Nota. — Le parti IX e X, di cui è dato qui un sunto, non potendo più
essere inserite nelle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, nel
corrente anno accademico 1890-91, vennero pubblicate a spese dell’Autore,
affinchè non fosse troppo rallentata la pubblicazione dell’opera.
| Tali parti trovansi in vendita presso la libreria LoEscHEE, Torino,
Fam. SCALARIIDAE Chenu, 1859.
Gen. Scalaria Lk., 1801.
Sottog. Fuscoscala Montr., 1890 — F. proturtonis Sacc. — F. Tur-
foniîs (Turt.) e var. a/ternicostata, persubulata, compressovaricosa,
pauperocostata, capittaricosta ed astensis — F. trevelyana (Leach)
var. parvofossilis — F. mesogonia (Brugn.) e var. turritula — F.?
pedemontana Sacc.
Sottog. Clathrus Ocken, 1815 — C?. mioatavus Sacc. e var. procom-
munis e miopaucicostulata — CI. multinofoliaceus Sace. — CI. com-
muniîs (Lk) var. dertonensiîis, proxima, puttoastensis, pseudoelegans
e blemoastensis — CI. septemcostatus (Bag.).
Sottog. Hirtoscala Montr., 1890 (compresovi Linctoscaza Montr., 1890)
— H.elegans (Risso) e var. pseudofoliacea — H. frondicula (Wood)
e var. spinosa — H. spinifera (Segu.) e var. muricatocristata, sub-
foliacea e perlongata — H. muricata (Risso) e var. lucida e recto-
cristata.
Sottog. Parviscala De Boury, 1887 — P. pliosubapennina Sace.
Sottog. Hyaloscala De Boury, 1890 — 4? miotrinacria Sace. — H,?
acutoformosa Sacc.
Sottog. Opalia H. ed A. Adams, 1853 — 0. miotaririna Sace. e var.
tauropaucicostata — O. pseudoscalaris (Br.) e var. parvillima, di-
scolonga, Pantanetlltii, muricatoides e Delprati.
Sottog. Cireuloscala De Boury, 1886 — C. ?/alica De Boury.
Sottog. Sthenorytis Conrad, 1862 — SZ. retusa (Br.) e var. perla-
diata, elatotaurina, subaspinosa, proretuspina — St. retuspina
(De Greg.) e var. acutispina — St. trochiformis (Br.) — St. pro-
globosa (Sacc.) e var. clathroîdea, conjungens, globosoides, elato-
elegans e depauperocostata — St. variocostata — St.2 subcirsotre-
moîides Sacc. — St. globosoaspina Sacc. e var. praecurrens — SI.
globosa De Boury e var. dertocrassa, depressocristultosa e plioligu-
stica.
Sottog. Cirsotrema Mòrch. — C. gassinense Sace. e var. subeovaricosa
— C. eoauriculatum Sacc. — C. Rovasendae Sace. — C. eovari-
cosum Sacc. — C.2 sthenorytoîdes Sace. — C.2 pseudoretusum Sacc.
— C. stenorytocrispum Sacc. e var. globosomagna, globosorecia e
perlatecostata — C. crassicostatum (Desh.) e var. taurina , tepî-
densis, pedemontana, rotundicosta, dertoSeguenzai, subSeguenzai
ed interrupta, — €. lamellosum (Br.) e var. subaspromontana e
transiens — C. aberrans Sacc. — C. Ducîieî (Wright) var. crasst-
costanomala e propîinquior — C. Seguenzai (Pant.) e var. sub Dode-
rieiniî e mutinopostica — C. Dodertleini (Pant.) — C. antiquovari-
cosum Sacc. e var. sîimplicula — C. eosubvaricosum Sacc. — C.
faurovaricosum Sace, e var. varicosior — C. miovaricosum Sace,
e var. ducîeîformis — C. varicosum (Lk.) var. Zigustica — C.?2
tauropatlioides Sacc. — C. rusticum (Desh.) e var. Hoernesi, gi-
gantea, transversa, longissima, transiens — C. pumiceum (Br.) e
var. procomitalis, dertonensis, ingauna, fimbriosa, comitatis e ser-
rata — C. ecxpumiceum Sacc.
Sottog. Discoscala Sacco, 1890 — D. scaberrima (Micht.) e var. per-
produca, percostulata, subcanatliculata, perelegans e taurotransiens
— D. taurocolligens Sacc.
Sottog. Acrilla H. Adams, 1860 — A.? faurinensîis (Pant.) e var. con-
Jungens — A.? angulatotaurinensis (Sacc.) — A. amana (Phil.) e
var. subreticula, scaberrimoides, subcancellata, taurocancellata,
peranliqua, eosubcancellata e mioBronni — A. plioamana Sacc. —
A. Bronni (Segu.) e var. collîigofallens e fallens — A. leploglypla-
mena Sacc. e var praecurrens e percosticillata — A. interposîita
Sacc. — A. Stefanti (De Boury) var. /eptoglyptoBronni — A. Li-
bassi (Segu.) var. ligustica.
Sottog. Adiscoacrilla Sacco, 1890 — A. Coppîi (De Boury) e var. cr7-
stalissima, lacunocostata, depressoCoppîi, villalvernensis ed opa-
liaeformis.
Gen. Pliciscala De Boury, 1887.
Sottog. Funiscala De Boury, 1891 — F.? apenninica Sacc. e var. afu-
niculata — F.? mioturrita Sacc. — F.? mioparvula Sacc. — F.?
tauroturrita Sacc.
Sottog. Pliciscala (str. sensu) — 7. grata De Boury — PI. abrupta
(Jan.).
Sottog. Punctiscala De Boury, 1890 — P. longiuscula Sacc. e var.
pedemontana — P. Forestii De Boury var. dertonensiîs. — P. dis-
juncta (Bronn) e var. oblîta, Bellardîi, cancellatoides e supraco-
stulala.
Sottog. Turriscala De Boury, 1890 — 7. subLamarckiî Sacc. — T,
lorulosa (Br.) e var. supervaricosa, viennincola, Rovasendae, afu-
niculata, atava, cingulata, perconica, convexriuscula ed acutinodosa
— T.? bombicciana (Cocc.).
Sottog. Nodiscala De Boury, 1890 — N. Scacchi (Hoern.) var. colli-
gens, propînquior e sublavis — N. pseudocarinata Sacc. e var.
excavata — N. hellenica (Forb.) var. subappennina — N. rissoîdes
(Segu.) var. cavata.
Sottog. Dentiscala De Boury, 1886 — D. procrenata Sacc. — D. cre-
nata (Linn.) var. babilonica e gigantea.
Gen, Foratiscala De Boury, 1887.
Foratiscala tenvistriata (Bronn.).
Gen. Cerithiscala De Boury, 1887.
Cerithiscala capelliniana (Cocc.).
Gen. Clathroscala De Boury, 1890.
Sottog. Clathroscala (str. sensu) — C7. cancellata (Br.) e var. pluri-
costicittata, Catutlloi e supracostulata.
Sottog. Acerilloscala Sacco, 1890 — A. geniculata (Br.) e var. subulo-
prisca, percristulata e subangutlosa.
Sottog. Hemiacirsa De Boury, 1890. — Z. pro/anceolata Sacc. e var.
cristulosa, converiuscula, tauroprysmatica e varicosocylindrica —
H. taurolanceolata Sace. — H. lanceolata (Br.) e var. miocenica ,
eoprysmatica, Brocchîi, prysmatica — H. corrugata e var. Pec-
chiolii, subinornata, calabra ed exvaricula.
Gen. Acirsa Mòrch, 1857.
Acirsa miopedemontana Sace. — A. subdecussata (Cantr.)
var. pseudolanceolata.
Gen. Eglisia Gray, 1840.
Eglisia? meneghiniana (Cocc.).
Fam. ACLIDAE Adams.
Gen. Aelis Loven, 1846.
Sottog. Aclis (str. sensu) — AcZîs proascarîs Sace.
Sottog. Pherusa Jeffreys, 1869 — Pl. Guisonae (Clark) var. sudap-
penninica.
PARTE X
(CASSIDIDAE (aggiunte), TEREBRIDAE e PUSIONELLIDAE)
con 171 figure.
Fam. CASSIDIDAE Adams.
Gen. Cassis Klein, 1753.
Sottog. Cassidea Link., 1807 — C. crumena Link. var. atudberculata.
Gen. Miorio Montfort, 1810.
Sottog. Galeodea Link., 1807 — G. proechinophora Sacc. — G. mio-
cristata Sacc. var. multicingulata — G. tauroglobosa Sacc. var.
gassinensis, ornatulina e subtubercularis — G. tuberculatissima
Sacc. — G. oblongocebana Sace. var. Sacci.
Fam. TEREBRIDAE Adams,
Gen. Terebra Adams, 1753.
Sottog. Subula Schumacher, 1817 — S. /uscata (Br.) e var. subasul-
cata, subscalarata, basicarinata, suprainfiata, planoînflata, pseudo-
cerithoidea, conicolaevîs, pseudomodesta, lanceolatissima, subulatis-
sima, plioplicaria, praecedens, subsubulata e taurolaevis — S. pli-
caria (Bast.) e var. /aevisulcata,. conicogigantea , fuscatoîdes ,
scalariolonga , burdigalensis, vermicularis , subHochstetteri, ceri-
thinoidea, fuscomodesta e laevicolligens — S. coniîcoplicaria Sace.
— S. modesta (Trist.) e var. planoclavata , perinflata , dertofusu-
lata, ovulata ed infernelata.
Sottog. Terebrum Montfort, 1810 — 7. acuminatum (Bors.) e var.
ascalarata, subagranulata, pergranultaris, granulatoparva, infla-
tella, taurocrassa, simplicoscalaris, suprangulata, asulcoelegans,
magnoplicata e subcacellensis — T. simplicodepressum Sacc. —
T. cacellense (Da Costa) e var. dertoparva e dertonensis — T. tau-
rostrangulatum Sacc. — T. subulocacellense Sacc. — T. subula-
toideum Sacc. e var. repressa — T. tubercutliferum (Dod.) e var,
exnodulosa, pertuberculifera e subanodulosa — T. subtesselltalum
(D’Orb.) e var. perturrita, torquata, procingulata, neglectocingu-
lata, strioterebroides, columnostriata, pseudasulcata e tubulosa —
T.? Fuchsi (R. Hoern.) var. pedemontana — T. Hoernesi (Beyr.)
e var. striatellata — T. neglectum (Micht.) e var. expertusa e ca-
rinatoides — T. postneglectum Sacc. e var. subtessellatoides , cin-
gulatoides e subexpertusa — T. cingulatum (For.) e var. perlae-
vigata.
Sottog. Strioterebrum Sacco, 1891 — S. Basteroti (Nyst.) [tipo del
nuovo sottog.] e var. /aurofusoidea, parvonassoîdes, longissima ,
densecostata, astriolata, terebrocingulata, subneglectoides, pseudo-
lerebrum, asulcoterebra , asulcodertonensis e cingulocrassa — S.
exbistriatum Sacc. e var. parvulina — S. Scarabetli (Dod.) — S.
cuneanvin (Da Costa) e var. subScarabellii — S. pliocenicum (Font.)
e var. alternicostulata, pertorquata, pseudoloevis, plioparvecostata,
pyramidatlis, perplicatoconica, depressicostata, subcancellata — S.
reliculare (Pecch.) e var. lurritoreticularis, varioreticularis, sca-
larioreticularis, sculariomutinensis, medioareticularîs , subbitor-
qualta, superneareticularis, percosticittata, cancellatoidea, cingulato-
costata, percancellata, strangulatolonga, crassetorquata, perplicata,
parvutesulcata, depressiplicata, planocosticilltata e paucisulcata —
S. alorquatum.
Sottog. Hastula H. ed A. Adams, 1853 — Z. striata (Bast.) e var.
excundulata e semiundulata — H. costulata (Bors.) e var. colligens,
perplicatellata, conoidea e dertorugosa — H. subcinerea (D’Orb.) e
var. laurosemitaevis, pseudoFarinesi, subconoîdalis, brevicauda,
scalarinula, lateplicata, inflatulina e rectilinearis — H. Farinesi
(Font.) e var. dimidiolaevis, subrectilinearis, sublateplicata, stran-
gulatina, subinflatulina, pseudosubcinerea — H. Algarbiorum
(Da Costa) var. dertonensis e subcinereoides, conicotransiens, cras-
soconica e laevigatoides — H. dertotanceata Sacc. — H.? derto-
conica Sace.
Sottog. Spineoterebra Sacco, 1891 — S. spînulosa (Dod.) [tipo del
nuovo sottog.] e var. suba/garbiorum, parvoaspina, rarispinosa ,
pavcispinosa e cosenlinoîdes.
Sottog. Fusoterebra Sacco, 1891 — 7.? proterebrina Sacc. — F. te-
rebrina (Bell. e Micht) [tipo del nuovo sottog.] e var. pseudanodu-
losa, unicarinata, diversenodulosa, ventresulcata e pernodulosa,
Fam. PUSIONELLIDAE Gray, 1857.
Gen. Pusionella Gray, 1857.
Pusionella pedemontana Sacc. — P. tauronifat Sace.
Sai È ni
4152 - Tip. Guadaguini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino.
— e °°
FEB 6 1890
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
È della R. Università di Torino
Rificas
N. 104 pubblicato il 2 Giugno 1891 Va
Di un caso di tenia inerme fenestrata
Nota del Dott. ARNALDO MAGGIORA
Quell’alterazione delle tenie per la quale esse si presentano fenestrate è
abbastanza rara. Nei trattati e periodici scientifici non se ne trovan
descritti che pochi casi, ed in parecchie, anche ricche, collezioni el-
mintologiche, che ebbi occasione di visitare, non ne ho veduto alcun
esemplare.
Il primo che osservò la perforazione a finestra nelle tenie fu il me-
dico Andry, professore al Collegio di Francia (1); il primo che la de-
scrisse fu Masars de Cazeles medico a Bédarrieux (Hérault) (2), nella
seconda metà del secolo scorso. Avendo questi somministrato ad un’am-
malata di 69 anni, che da molti mesi soffriva di coliche intestinali e di
altri disturbi, una decozione antelmintica e purgativa; la medesima
emise un gomitolo di vermi piatti che Masars de Cazeles descrive nel
seguente modo.
« A la première déjection la garde étonnée me fit voir dans le bassin
une espéce de corps graisseux, en forme de peloton; je le fis laver, et
je me hatai de le dévider; ce fut deux portions de ver solitaire, plates,
blanches, d’une contexture si délicate, qu’'en les élevant elles étaient
prétes à se déchirer par leur propre poids; elles avaient autour de
quatre ou cinq lignes de largeur à l’une de leurs extrémités, tandis
que l’extrémité npposée devenait successivement plus étroite; en sort
que vers les dernières articulations, elle avait à peine deux lignes.
L’une de ces portions était à petites articulations, marquées par des
(1) De la generation des Vers dans le corps de l’homme. Paris, 1741, p. 224.
(2) Sur le taenia ou Ver solitaire et plus particuliérement sur un taenia
percé a jour. Roux, Journal de Méd., Chirurg. ecc. 1768, T. XXIX, p. 26.
lignes transversales, profondes, à des très-petites distances les unes
des autres, ressemblant en quelque sorte à un ruban de velour can-
nelé; l’autre était à grandes articulations et représentait une suite de
graines de melon, mousses à leurs extrémités et unies comme par ,
juaxtaposition.
Le corps des articulations de cette nouvelle espèce de tania, était
marqué de plusieures lignes transversales, superficielles, en maniére
de rides, et était percé d’un seul trou oblong, plus ou moin grand,
suivant la grandeur des articulations. Parmi ces trous, les uns étaient
sans dentelures extérieurement, et les autres inégalement frangés. Du
còté marginal externe de ces pièces, qui avaient cinq ou six pans de
longueur chacune, s'élevaient par intervalles irréguliers, de ces petites
éminences appelées mamelons par M. Andry, et que le celèbre Mr.
Koenig nous repréesente comme autant de bouches, au moyen des quelles
chaque articulation de l’animal peut pourvoir a sa subsistance parti-
culière. »
Nei giorni successivi l’ammalato cacciò altre porzioni di verme ma
queste non più fenestrate. Dopo un ragionamento sugli antelmintici, nel
quale il De Cazeles combatte energicamente l’uso degli specifici segreti,
così scrive:
« Il resulte de ces observations, qu’outre les difféerentes espèces de
ver solitaire dont parlent les auteurs, il manquoit à l’histoire de ce re-
ptile celle du taenia percé à jour dont M. Andry dans le cours d’une
longue pratique, que la célébrité de son remède avoit rendu fertile en
découvertes, n’a vu qu’une très-petite portion; ce qui fesoit présumer
que c’étoit plutòt un jeu de la nature, ou le produit de quelque maladie,
qu’une marque distinctive de l’animal ».
Masars de Cazeles era dunque convinto si trattasse di una nuova specie
di tenia; egli diede anche una curiosa figura del suo verme che rap-
presentò appeso ad un albero; dalla figura si comprende molto bene
che si tratta o di una taenia solium, o d’una taenia mediocanellata, e
più probabilmente della prima.
GOze, le cui opere vennero pubblicate fra il 1777 ed il 1803, osservò
le proglottidi perforate in una taenia crassicollis (1).
Rudolphi (2) parlando della tenia trovata da Masars de Cazeles, la
dice: « taenia solium cujus articulorum mediae partes cum ovariis ex-
ciderant. Portioni vero ita defiguratae nimis longae et regulari, mace-
ratio aut artificium forsan accesserunt. » Rudolphi (3) osservò pure due
(1) Citato da LEUKART. Die Parasiten des Menschen. Leipsig, 1881, Bd. 1.
[ilef®2p579%
(2) Entozoorum sive vermium intestinalium historia naturalis. Amstelo-
dami, 1810, vol. I, T. )], pag. 105.
(3) Synops. pag. 522, cit, da Davaine, Traité des Entoz. Paris, 1877, p. 77.
casi appartenenti a tenie armate; e la medesima osservazione venne
fatta da Bremser (1) il quale insiste sul fatto che la tenia fenestrata
non è una specie a sè, ma una semplice alterazione.
| Stefano delle Chiaie nella sua £mintografia umana (2) rappresenta
un pezzo di ftaenia solium di 27 proglottidi con piccoli fori oblunghi e
mediani.
Colin (3) descrisse un caso di tenia inerme fenestrata; e Cesare Ta.
ruffi (4) due casi di taenia solium fenestrata.
Leukart nel suo aureo trattato sui parasiti dice possedere nel museo
zoologico di Lipsia, due pezzi di tenia perforata.
Qualche altro caso di tenie perforate venne descritto da Pouchet (5),
Blanc (6), da Notta (7), da Marfan (8), da Grobben (9) e da Danysz (10).
Il lavoro di quest’ultimo, fatto nel laboratorio d’istologia zoologica
presso il Museo di Storia naturale di Parigi, presenta particolare inte-
resse per le ricerche istologiche praticate su tutta la serie delle pro-
glottidi, più o meno alterate ed anche apparentemente normali, del
verme.
Anche in altre specie di tenie, oltre la solium e la mediocanellata,
venne osservata la particolarità in discorso; così, ad esempio, oltre al
caso di Goze sopraricordato relativo alla T. crassicollis, Neumann (11)
in un cane che conteneva nel tenue insieme con altri vermi un am-
masso di 767 tenie canine di Linneo, ne trovò 15 con qualche anello
fenestrato. Bremser, Davaine, Fiévet, Blanc ed altri autori (12) hanno
poi anche descritto diversi esemplari di botr7ocephalus latus fenestrato,
ma di questo io non intendo occuparmi.
Sul finire dello scorso anno venne a chiedermi qualche consiglio in-
torno alla sua salute il mio amico signor G., capitano di fanteria, re-
duce da Massaua ove era rimasto per oltre un anno di presidio. Egli mi
(1) Traite zootogique et physiologique sur les vers intestinaue de l'homme;
traduction frangaise de Grundler. Paris, 1824, p. 197.
(2) Napoli, 1844, tav. XII, fig. 3°.
(3) Etudes cliniques de Medecine militaire. Paris, 1864, p. 295.
(4) Compendio di anatomia patologica generale. Bologna, 1870, p. 526.
(5) Semaiîne medicale. 1886, p. 65.
(6) Riassunto nel Zoologisches Jahresbericht fir 1888. Vermes, p. 21.
(7) Union medicale T. 40 pag. 673, 1885.
(8) Comptes rendus hebdom. de la Société de Biologie 1886, p. 63. (Il caso
studiato da Marfan è lo stesso descritto da Notta).
(9) Verhandlung. d. Zool. Bot. Gesellsch. zu. Wien Bd. 37, p. 679, 1887.
(10) Journal d’anat. et de physiol. publié par Ch. Robin, fase. V, 1888, p. 518.
(11) Societé d’Histoire naturelle de Toulouse. Compte rendu de la séance du
25 avril 1891.
(12) Luoghi citati; Bul/. Soc. Vaud. de Lausanne. Vol. 24, p.9; Zoologisches
Jahresb. 1886 e 1887.
diceva di soffrire certi disturbi che rai fecero sospettare fosse affetto da
tenia. Quantunque il sig. G. non avesse mai osservato di emettere pro-
glottidi, tuttavia il mio sospetto riceveva una qualche conferma dal fatto,
che egli mi diceva compiacersi spesso di mangiare certe insalate di
carne bovina cruda e di verdura, ed anche perchè, come è noto, in quel
paese la panicatura della carne bovina non è infrequente.
Perciò gli consigliai una cura antielmintica e gli raccomandai in pari
tempo di esaminare attentamente le feci diluendole in acqua, onde con-
statare se in esse si trovassero tenie od altri vermi ed eventualmente
di portarmeli in laboratorio.
Qualche giorno dopo il sig. G. ritornò da me e mi portò entro una
boccetta un pezzo di tenia costituito da proglottidi mature che egli stesso
riconobbe diverse da quelle delle tenie ordinarie. Gli domandai se non
aveva emesso altre porzioni del verme e segnatamente la testa, ed egli
mi rispose che realmente ne aveva cacciato altri pezzi, ma che per
isbaglio questi erano stati buttati via colle feci, prima che egli avesse
potuto estrarneli.
Il tratto di tenia che mi venne consegnato era stato emesso la sera
prima ed era privo di movimenti; interpellato il paziente se avesse con-
statato che gli anelli si muovessero dopo l’emissione, rispose non aver
posto attenzione a ciò. La lunghezza del pezzo era di 68 centim. e con-
tava 52 proglottidi le quali osservate sia macroscopicamente sia micro-
scopicamente di confronto con parecchi altri esemplari di tenie che io
tenevo in laboratorio, per la loro struttura e dimensioni, per la dispo-
sizione irregolarmente alterna e laterale dei pori seminali, per la
disposizione dell’utero, costituito da circa 20 branche per parte con
divisione dicotoma, per la forma ovale ed il diametro delle uova ma-
ture, facilmente si potevano riconoscere appartenenti alla tenia me-
diocanellata.
Dall’ampiezza poi delle proglottidi e dallo sviluppo completo della
matrice, dal grado di maturazione delle uova, tornava del pari agevole
il constatare che la porzione di verme emessa era probabilmente l’ul-
tima od una delle ultime del verine stesso.
Di queste proglottidi circa 20, per quanto un po’ gracili, apparivano
del tutto normali, le rimanenti presentavano le alterazioni caratteristiche
della tenia fenestrata. Si vedevano cioè alcuni anelli che mostravano su
una o su tutte due le facce, più di frequente sulla linea mediana, una
o più perdite di sostanze leggerissime, puntiformi, le quali non interes-
savano che il primo strato del verme; negli anelli sottostanti la perdita
di sostanza si faceva irregolarmente più ampia e più profonda sinchè
appariva una perforazione, la quale andava sempre più aumentando in
dimensione, per modo che le ultime 15 proglottidi erano ridotte come
ad una semplice cornice di forma irregolarmente rettangolare costituita
unicamente dalla parte più periferica della proglottide; e l’insieme di
questi ultimi anelli rappresentava una figura che può paragonarsi ad
una scala a piuoli.
Il contorno del foro, da prima irregolare per modo da poterlo para-
gonare ad una lacerazione, si faceva poscia più regolare. La perdita di
sostanza non si mostrava mai continua in due o più proglottidi, come
avviene nel botriocefalo fenestrato.
Osservando il platode con una buona lente d'ingrandimento dopo
averlo lasciato qualche tempo immerso in glicerina, ho constatato su
parecchi degli anelli, apparentemente sani, l’esistenza di piccole promi-
nenze e macchie opache, di colore biancastro, analoghe a quelle descritte
da Danysz (1), le quali risaltavano sul fondo più trasparente del verme
e non erano dovute a sporgenza di ramificazioni uterine. Inoltre ho ri-
conosciuto, come pure aveva osservato Danysz nel suo caso, che le ero-
sioni, quantunque più frequenti sulle due facce, non mancavano del
tutto lungo i margini, quivi localizzate particolarmente al punto in cui
i canali trasversali sboccano nei longitudinali.
Per tentare di conoscere a qual fatto dovesse nel caso presente at-
tribuirsi la perforazione della tenia ho eseguito l’esame istologico di
parecchie serie di sezioni delle proglottidi a partire da qualcuna di quelle
apparenteiente sane, andando successivamente alle altre meno o più
alterate.
Gli autori che si occuparono di questa particolarità non sono d'accordo
sulle cause che la determinano.
Una prima ipotesi emessa si è che si tratti di anomalia di sviluppo ;
basta però di dare uno sguardo a qualcuna delle sezioni trasversali delle
proglottidi in diverso grado di alterazione e confrontarle con una sezione
analoga d’una tenia normale, per convincersi dai caratteri istologici e
dallo spessore dei diversi strati che così non è la cosa; che si tratta
cioè di tessuti e di strati che ebbero uno sviluppo normale successivà-
mente poi alterati.
Secondo altri l'alterazione sarebbe dovuta alla digestione del verméè
da parte del succo intestinale, e poichè la cuticolà resistente non dige-
ribile, protegge oli strati sottostanti contro l’azione del succo digerente,
essi ammetterebbero o l’azione precedente di un corpo straniero il quale
abbia in qualche punto distrutta la cuticola, oppure (Marfan e Neumann)
che la testa della tenia si sia distaccata dalla parete intestinale per andare
a fissarsi sopra uno degli anelli dove abbia prodotto una piccola erosione.
Che nell’intestino di un uomo adulto si trovino dei corpi molto duri è
che le condizioni meccaniche siano tali che essi possano comprimere sulla
resistente cuticola delle proglottidi con tanta forza da intaccarlà, non
sembra molto facile; nel caso presente poi io ho specialmente inter=
rogato il mio ammalato il quale, come era da aspettarsi, mi rispose che
(1) loc. cit. pag. 520.
egli pone sempre molta attenzione a non ingerire dei corpì duri e che
poteva assicurare non averlo mai fatto da molti anni.
Che la testa della tenia si fissi su d’una proglottide è cosa naturalmente
possibile. Nel caso descritto da Neumann, nel quale si aveva un ammasso
di moltissime corte tenie, armate d’uncini, sono perfettamente d’accordo
con questo autore nell’ammettere che il primo guasto nelle proglottidi
possa esser stato prodotto dalle teste uncinate, le quali si trovavano quasi
forzatamente obligate ad attaccarsi agli anelli per mancanza di spazio;
e ciò tanto più che Neumann potè constatare negli anelli in principio
d'alterazione che la perforazione procedeva dall'esterno verso l'interno,
Ma trattandosi di una tenia inerme, come nel caso mio, si stenta a com-
prendere come la testa riesca a produrre una ferita nella cuticola assai
resistente degli anelli. Inoltre, anche ciò ammesso, resterebbe sempre a
dimostrare che fattasi una piccola lesione in una proglottide ne venga
per conseguenza nelle sottostanti tutta la lunga serie delle alterazioni
sopracitate, non essendo razionale il supporre che la medesima testa
vada con una meravigliosa esattezza a fissarsi successivamente su tutte
le proglottidi.
Leukart è di parere si tratti, piuttosto che di una anomalia di sviluppo
o di un processo di digestione, di una malattia. Questa ipotesi mi sembra
quella che meglio si può applicare al caso mio.
Riguardo alla malattia secondo Blanchard ed altri (1) si tratterebbe
di alterazioni dovute a rottura dell'utero sovrapieno di uova. Senza
voler negare in modo generale l’esattezza di questa opinione, debbo os-
servare che i fatti osservati nel mio esemplare non tendono a confer-
marla. Se tale fosse la causa dell’alterazione in discorso, parmi si dovrebbe
riscontrare nelle sezioni delle proglottidi in principio di alterazione un
ingrossamento dell'utero assoluto od anche relativo, e cioè a spese degli
strati che lo ricoprono. Ora tale fatto io non ho mai potuto verificare
in nessuna delle sezioni a vario grado di alterazione da me esaminate;
le dimensioni delle diramazioni uterine non si mostrarono mai maggiori
di quelle di una proglottide della medesima grossezza tolte da una tenia
normale, nè apparvero assottigliali gli strati che le ricoprono.
Blanc è dì parere si tratti di uno sviluppo patologico della cuticola;
e Danysz crede l’alterazione dovuta ad una malattia del verme, per la
quale si formano immediatamente al disotto della cuticola dei piccoli
focolai di degenerazione corrispondenti a quelle sporgenze e macchie di
colore biancastro di sopra accennate, che si scorgono sulle proglottidi
apparentemente ancora normali. I detti focolai degenerativi determine-
rebbero la caduta della cuticola in quei punti, e quindi il succo inte-
stinale continuerebbe il lavoro di distruzione.
I fatti da me osservati confermerebbero ciò che trovò il Danysz. Anche
(1) Traité de zoologie medicale. Paris, Baillière, 1889. T. I, pag. 365.
nel mio caso si osservavano nelle sezioni delle proglottidi apparente-
mente normali, più spesso a livello delle macchiette biancastre sopra
ricordate, dei piccoli focolai di degenerazione grassa al disotto della cute;
e nelle proglottidi, ove la cute era rotta, e man mano più alterate, il
processo di distruzione, facilmente anche per opera del succo enterico,
si vedeva progredire dagli strati superficiali a quelli sottostanti e late-
ralmente.
Ho ricercato se in questi piccoli focolai od attorno ad essi, o comunque
sulle proglottidi esistessero dei microparassiti, tanto più che fatti di al-
terazione della cuticola per parte di parassiti vegetali furono già osser-
vati in altri vermi, ad esempio nei gordius (Villot), ma non ne potei
riscontrare la presenza.
o IgI1gr1m(gy1yTÉÉt1tqo ———_m@—t———————____—_T_t1_—lùb
4154 — Tip Guadagnini e Candellero, via (raudenzio Ferrari, 3 - Torno
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DO rina
FEB 6 1899
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
Y fi 7, n della R. Università di Torino
N. 105 pubblicato il 20 Giugno 1891 Voc. VI
Dott. M. G. PERACCA
Note erpetologiche
IRE E. TN
Il.
Sulla oviparità del Macroscincus coctaei Dum. e Bibr.
Per quanto se ne sa fin ora i Scîncîdi, sono rettili ovovivipari. Ora
il 6 giugno corrente avendo ricevuto dalle isole del Capo Verde una
quindicina di Macroscîincus cocltaei vivi, fra cui vi erano parecchie
femmine che, all’aspetto, non apparivano menomamente gestanti, trovai
dopo alcuni giorni nella cassa dove li conservo un 0vo.
Esso ha la forma di un cilindro arrotondato alle due estremità, mi-
sura in lunghezza circa 5 1|2 centimetri e presenta un diametro di 2
centimetri.
Il guscio, bianchissimo, ha la consistenza del guscio delle ova delle
comuni lucertole. È curioso che le numerose femmine che posseggo non
abbiano dal 6 giugno in qua deposto altre ova.
È probabile che le femmine avessero già deposte le ova prima di essere
catturate e che la femmina, che partorì l’unico ovo, avesse, come fre-
quentemente succede e constatai in parecchie specie dì sauri, deposte le
sue ova 102 alla volta ad intervalli di uno o più giorni. Il parto dell’ul-
timo ovo rimasto nell’ovidotto, al momento della cattura, ovo che forse
non era maturo, venne grandemente ritardato anche per il disagio del
viaggio, che avrebbe invece precipitato il parto se la femmina avesse avuto
ancora da partorire tutte le ova,
= =
PV
Svernamento della Damonia reevesii Gray
allo stato libero.
Nello scorso mese di settembre 1890 trovandomi alla mia villa di
Chivasso (presso Torino) mi fuggì dalla serra dove le conservavo, una
tartaruga acquatica, la Damonia reevestî Gray che avevo ricevuta du-
rante l'estate da Shanghai. :
Malgrado ogni più attiva ricerca nel giardino e nel laghetto, dove
l’animale si era rifugiato, sino al sopraggiungere dell’inverno, la Da-
monia non potè riprendersi malgrado la si vedesse qualche volta fug-
gire fra le erbe del laghetto.
Abbandonai perciò ogni speranza di ritrovare l’animale in vita nella
primavera seguente, certo qual’ero che non avrebbe potuto resistere al
rigore dell'inverno. Dal giardino l’animale non poteva uscire, non vi
era la possibilità di ritirarsi in un locale qualunque.riparato dal freddo
e per certo l’animale dovette interrarsi in qualche buca scavata nel
terreno.
Ora, malgrado che l'inverno del 1890-91 sia stato, come è noto, ri-
gidissimo e che più d’una volta il termometro abbia segnato alla mia
villa 18° centigradi sotto 0, la Damonia reevesti fu ritrovata il 25
maggio piena di vita nel mio giardino.
Ho creduto quindi interessante di pubblicare questo caso curioso.
DI
4206 — lip Guadagnini e Candellero, via (Gandenzio Ferrari, 3 = Torino
ic t base NA —_
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
Il, 698°
N. 106 pubblicato il 30 Giugno 1891 Voc. VI
. Prof. LoRENZO CAMERANO
Note zoologiche.
D9Y È v - VE
TV
Di un girino anomalo.
Fra molti girini di Rana esculenta pescati nel contorno di Torino
nella primavera di quest'anno: ne trovai uno di sviluppo molto inoltrato
il quale è totalmente privo della zampa posteriore sinistra.
Le dimensioni del girino sono le sesuenti:
Lunghezza totale mm. 0,053
» del corpo dall’estremità del muso all’a-
pertura anale mm. 0,019
» della coda i inm. 0,034:
» delle estremità anteriori mm. 0,009
» della zampa posteriore destra mm. 0,026
» della coscia mm. 0,009
» della gamba mm. 0,008
» del piede mm. 0,009
Nelle altri parti il girino è conformato normalmente.
L'esame dello scheletro fa riconoscere la mancanza della metà sinistra
delle ossa del bacino. La parte destra è normale.
Molto probabilmente si tratta qui di un caso non raro fra gli Anfibi
urodeli, raro invece fra gli Anfibi anuri di esportazione dell’estremità
posteriore, avvenuta nei primi periodi dello sviluppo stesso, per opera
di qualche insetto o di altro animale carnivoro.
Pei numeri I, 1I, III, vedi Bo. dei Musei di Zoolog.'e Anat. Comp. della
R. Università di Torino. Vol. IV, N. 65 - 1889.
L’anomalia ora descritta è molto simile a quella che io descrissi nel
1880 (1) in un’individuo completamente sviluppato di //y/a v?ridîs.
In questi due casi la parte esportata non si riprodusse, perché probabil-
mente venne esportata non soltanto l’estremità propriamente delta; ma
anche la parte corrispondente del cingolo pelvico. Ciò tuttavia non im-
pedì menomamente ai girini di svilupparsi in modo al tutto normale.
La qual cosa si può spiegare col fatto che durante il periodo girinale
le estremità posteriori sono per la locomozione dell'animale organi di
poca importanza essendo la coda l'organo locomotore principale. Com-
piuta la metamorfosi ed uscito l’animale dall'acqua, le estremità poste-
riori diveutano i veri orgaui locomotori e quindi l'anomalia in discorso.
costituisce in questo caso per l'individuo una causa notevole di debolezza
Nel girino anomalo pure di Rana esculenta da me descritto preceden-
temente (2) era avvenuta l'esportazione solo degli arti posteriori propria-
mente detti senza che ne fossero state intaccate le ossa del bacino.
In questo caso si ebbe la produzione di un nuovo paia di arti posteriori
più piccoli però di quelli normali.
Vi
Di una #20ys ordicularis (Linn.) mostruosa.
l'esemplare di £72ys orbicularis (Lìvn.) proveniente dal Veneto che
io intendo qui di descrivere presenta alcune anomalie di struttura nel
suo scudo dorsale le quali possono rientrare nella categoria delle Ader-
razioni di forme simmetriche già da me studiate in precedenti lavori (1).
Lo studio di tal sorta di anomalie di struttura è a mio avviso impor-
tante non solo dal punto di vista delle teorie generali della variabilità
degli animali; ma anche per lo studio dei resti fossili, potendo talvolta
fornire un criterio ‘-per giudicare dell’importanza di alcuni caratteri che
essi presentano.
L’anomalia consiste in un simmetrico e notevole rialzarsi del margine
posteriore dello scudo dorsale e precisamente di cinque piastre margi-
nali per parte e nel inspessimento notevole ed egualmente simmetrico
di quasi tutte le piastre marginali stesse.
Nella parte anteriore la serie delle piastre marginali è pure notevol-
mente rialzata dal lato destro e le piastre di questa parte sono pure
(1) Ati R. Acc. Scienze di Torino, Vol. XVI.
(2) Vedi questo stesso Bolle/tino, Vol. III, N. 36 - 1888.
(1) Ricerche intorno alle aberrazioni di forma negli animali ed al loro di-
veatare caratteri specifici. Att? R. Accad. delle Scienze di Torino, vol. XVIII.
1883. Note zoologiche II. Bollettino dei Musei di Zool. e di Anat. Comp. di
Torino. Vol. IV, 65 - 1889. »
era dl
molto spesse. Quelle del lato sinistro sono e per la posizione loro e pel
loro spessore normali.
Emys orbicularis - mostruosa - (rimpicciolita).
Guardando l’animale «li fianco il margine dello scudo dorsale viene
pei rialzamenti sopra menzionati ad essere molto diverso da quello degli
individui normali, come fa vedere il disegno qui unito.
Nelle altre parti l'esemplare è normale salvo una maggiore convessità
dello scudo dorsale.
L'interesse di questa aberrazione di forma sta appunto nella sua con-
formazione bilateralmente simmetrica.
Le dimensioni dell'esemplare in questione sono le seguenti :
Lunghezza dello scudo dorsale mm. 0,090
Larghezza dello scudo dorsale a metà del corpo mm. 0,075
Larghezza massima nella parte posteriore rialzata, mm. 0,075
Distanza massima fra lo scudo neutrale e il margine su-
periore delle piastre marginali posteriori rialzate mm. 0,023
Distanza massima fra lo scudo neutrale e il margine su-
periore delle piastre ma:ginali anteriori (a destra) rial-
zate mm. 0,025
Dimensioni di un’individuo normale presso a poco di eguale mole di
quello 772087080.
Lunghezza dello scudo dorsale mm. 0,080
Lunghezza dello scudo dorsale a metà del corpo mm. 0,070
Larghezza massima nella parte posteriore mm. 0,075
Distanza massima fra lo scudo ventrale e il margine
superiore delle piastre marginali posteriori mm. 0,010
Distanza massima fra io scudo ventrale e il margine su-
periore delle piastre marginali anteriori mm. 0,010
VT:
Di un Blaps mucronata Latreille mostruosa.
Ai casi già noti di anomalia delle estremità nei Coleotteri ne aggiungo
. ora un'altro che è presentato da un individuo di B/feps mucronata
e
Latrel. che io raccolsi nei sotterranei del Palazzo Carignano sede dei
Musei di Zoologia e di Anatomia comparata di Torino.
Blaps mucronata, tarso posteriore destro, mostruoso. (ingrandito)
L’arto mostruoso è il terzo posteriore destro. Questo arto è al tutto
normale fino al tarso. Questo si presenta alla sua base formato da un
solo articolo più allargato di quelli corrispondenti nei tarsi normali.
A partire da questo articolo il tarso si divide in due parti.
Le due parti del tarso sono spiccatamente simili fra loro e sono co-
stituite dalle parti normali per la specie in discorso.
La lunghezza della parte interna è leggermente minore di quella
esterna la qual cosa proviene dall’essere ciascuno dei tre articoli della
prima leggermente minore di quella degli articoli corrispondenti della
seconda. Gli uncini terminali della parte interna sono pure spiccata-
mente più corti, e invece di avere le estremità risvoltate in basso sono
collocati l’uno di fronte all’altro, a un dipresso come le pinze poste-
riori un maschio di For/icula auricularia. Il grado di chitinizzazione e
il rivestimento di peluzzi e dipiccole spine si può ritenere eguale nelle
due parti.
Tutte le altre estermità e tutte le altre parti dell’individuo in que-
stione sono intieramente normali.
Tal sorta di anomalia di struttura non è, a quanto pare, frequente
nei Blaps poichè fra circa mille individui che io esaminai recentemente
per altre ricerche, questo solo mi si presentò anormale (1).
(1) Si consulti per indicazioni bibliografiche relative alle anomalie di strut-
tura dei Coleotteri fra gli altri: L. CamEeRANO: Descrizione di alcuni insetti
mostruosi. Aftà Acc. Sc. di Torino. Vol. XIV - 1878. — Corrapo Lopez: A
»roposito di alcuni Coleotteri anomali. Rivista italiana di Scienze Naturali
li Siena. Anno XI, N. 2 - 1891. — W. BATESON E BALFOUR: On some case of
abnormal Repetition of Parts in Animals. Proceed. Zool. Soc. di Londra.
1890, pag. 583.
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4222 - Tip. Guadagnin: e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 — Torino.
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FEB 6 1899
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
1 69 {e della R. Università di Torino
N. L1O7 pubblicato il 9 Luglio 1891 Vor. VI
Dott. M. G. PERACCA.
Osservazioni sul MACROSCINCUS COCTAEI Dum. e Bibr.
Il Sig. J. V. Barboza du Bocage ebbe la fortuna di scoprire nel 1813 (1)
l'habitat di questa specie, descritta sopra un unico esemplare preparato
a secco, di località ignota, dai sig. Duméril e Bibron nell’Erpétologie
Gencrale (p. 663, tom. V), e ne diede un'accurata descrizione, dimo-
strando come essa non potesse appartenere al genere Euprepes (in
cui l'avevano collocata Duméril e Bibron, che non ne avevano potuto
esaminare i denti, mancando il loro esemplare del cranio) e creando per.
essa il genere Macroscincus.
Avendo avuto in questi giorni l’occasione di esaminare un gran nu-
mero di Macroscincus Coctaeî ricevuti vivi dalle isole di Capo Verde,
credo utile di pubblicare le mie osservazioni per completare così la storia
di questa specie, rara nelle collezioni e destinata fra non molto a scom-
parire.
La descrizione originale dei sig. Duméril e Bibron, come già notò il
Barboza du Bocage, è molto esatta; ho osservato, in aggiunta a quanto
dicono in proposito Duméril e Bibron, il Barboza du Bocage ed il Bou-
lenger nel « Catalogue of the Lizards in the British Museum », vol. III,
pag. 149, la cui breve descrizione fu fatta nel 1887 sopra un solo esem-
plare, quanto segue:
Le scaglie del capo presentano alcune anomalie molto frequenti.
Così lo scudetto /ronfonasale (internasale) in un esemplare è diviso
longitudinalmente, come nell’esemplare tipico di Duméril e Bibron, FuenUO
generalmente è unico.
(1) Sur l’haditat et les caractères zoologiques du « Macroscincus Coctaei »
(Euprepes Coctaci Dum. et Bibr.). J. V. Barboza de Bocage, « Jornal de Scien-
» cias mathematicas, physicas e naturaes ». Tomo IV, 1872-1873.
SN
In parecchi esemplari si riscontra uno scudetto prefrontale (fronto-
nasale) mediano sopranumerario intercalato fra i due prefrontali nor-
mali — talora esso è tanto sviluppato da raggiungere lo scudetto fron-
tale.
In un esemplare infine lo scudetto frontale si avanza anteriormente
fino a dividere le prefrontali (fronto-nasali) e posteriormente non giunge
in contatto degli scudetti fronto-parietali, da cui rimane separato da
uno scudetto frontale sopranumerario.
Le scaglie del dorso bicarinate presentano le carene ben visibili tanto
negli esemplari giovani (lunghezza 24 centimetri), quanto negli adulti
(56 centimetri).
Le scaglie che ricoprono la superficie esterna degli arti sono tri- e
quadri-carenate. Le scaglie della coda, normalmente più grandi, pre-
sentano sulla faccia superiore di essa 3 o 4 carene.
Nelle code riprodotte le scaglie sono sempre più grandi delle normali.
Una particolarità interessante, sfuggita al sig. Barboza du Bocage, che
pur ne esaminò dei vivi, si è che la coda è prensile.
Questi sauri, dai movimenti poco vivaci, sono abili arrampicatori, e
la loro coda concorre a render più sicura la marcia sulle roccie e sui
tronchi d’albero, aderendo strettamente ad ogni asperità su cui prende.
un punto d'appoggio,
Gli esemplari a coda intera, lunga per conseguenza, possono rimaner
sospesi per la coda alla mano, tenendo la coda piegata ad arco, a mo?
di gancio.
Malgrado ciò la coda è di una grande fragilità; sopra 40 esemplari
esaminati ben pochi presentano una coda integra.
I maschi si distinguono a colpo d’occhio dalle femmine per il grande
sviluppo trasversale del capo nella regione temporale; le femmine molto
vecchie che non raggiungono mai la mole (da non confondersi colla
lunghezza) dei maschi vecchi, presentano pure il capo molto allargato
posteriormente, per modo che riesce a tutta prima difficile il distin-
gsuerle dai maschi di egual mole, più giovani. Nei maschi il capo è più
largo che lungo (1), nelle femmine invece è più lungo che largo.
Nei maschi le estremità sono più robuste e più lunghe; le posteriori
sono più lunghe delle anteriori di circa 2 centimetri, mentre nelle fem-
mine le estremità sono comparativamente più corte e le posteriori su-
perano di un solo centimetro in lunghezza le anteriori.
La coda, variabile in lunghezza, sembra essere generalmente più lunga
nei maschi che nelle femmine.
(1) Misurato dall’apice del muso alla estremità posteriore dello scudetto
interparietale, dove sotto la pelle si sente il margine posteriore del cranio.
CSO E
Questi sono i soli caratteri sessuali evidenti, la coda — contrariamente
a quanto si osserva in quasi tutti i sauri — essendo nelle femmine grossa
alla base pressochè come nei maschi.
Maschi |Lunghezza| Lunghezza] Larghezza|Lunghezza|Lunghezza| Coda
totale del capo | del capo | estr. aut. | estr. post. | intera (1)
m. 0,48 [m. 0,045 |m.0,05 |m.0,(9 |m.0,110 =
» 0,53 | » 0,05 | » 0,05 | » 0,09 | » 0,110 |m.0,24
» 0,56 | » 0.045 | » 0,055] » 0,09 |» 0,110] » 0,26
» 0,44 | » 0,045 | » 0,047 | » 0,09 | » 0,105 Tr.
0,55 | » 0,045 | » 0,047 | » 0,08 | » 0,100 | » 0,28
» 0,52 | » 0,052 | » 0,057 | » 0,09 | » 0,110 =
» 0,52 | » 0,05 | » 0,049| » 0,09 | » 0,110 =
» 0,57 | » 0,051 | » 0,057 | » 0,09 | » 0,112 | » 0,26
» 0,41 | » 0,046 | » 0,052 | » 0,085 | » 0,105 =
0,63 | » 0,052 | » 0,056 | » 0,095 | » 0,115 | » 0,32
ll » 0,41 | » 0,044| » 0,048 | » 0,085 | » 0,100 =
CD 00 TS I 00: 0a
SA
rI
o
SA
Femmine
1 m. 0,53 |m.0,041 |m.0,04 |m.0,08 |m.0,09 |m.0,27
» 0,45 | » 0,036 | » 0,034 | » 0,07 | » 0,08 | » 0,23
» 0,45 | » 0,036 | » 0,034 | » 0,07 | » 0,085 | » 0,22
» 0,41 | » 0,035 | » 0,032 | » 0,07 |» 0,08 | » 0,20
0,52 | » 0,041 | » 0,039 | » 0,08 | » 0,093 | » 0,27
» 0,48 | » 0,038 | » 0,038 | » 0,078 | » 0,09 | » 0,24
» 0,48 | » 0,038 | » 0,035 | » 0,07 | » 0,085| » 0,24
» 0,49 | » 0,039 | » 0,038 | » 0,08 |» 0,09 | » 0,25
DJ SO UT a OWV
x
Ho dato questo specchietto delle misure, specialmente pel fatto che
il Barbuza du Bocage dà nel suo lavoro le misure di 6 esemplari così
disposte che esse non servono pressochè ad altro che a dimostrare la
lunghezza dei suoi esemplari.
Quanto alla colorazione, essa è varia assai. Negli adulti essa ci pre-
senta due tipi:
I. — Inalcuni esemplari (sopratutto nei maschi) si osserva sul dorso
un color grigio-ferro cosparso di minute macchie bruno-nere. Il capo è
superiormente di color bruno-olivastro; i fianchi di un grigio cenere,
che va digradando in un bianco sucido, quasi giallognolo sul ventre.
II. — In altri esemplari (sopratutto femmine) il dorso è d’un grigio
(1) Delle code én gran parte riprodotte non do la misura.
SEME
giallognolo terroso, più o meno chiaro, su cui si vedono grandi macchie
nero-brune, or isolate, or confluenti. I fianchi sono cenerini, il ventre
bianco-giallognolo, ed ai lati di esso si vedono delle grosse macchie ce-
nerognole isolate.
I giovani presentano una colorazione più vivace. Il capo è brunastro
con macchie miliari gialle. Il dorso è giallo-grigio chiaro, con grandi
macchie brune disposte in una o due serie (alternate in questo caso)
orlate di nero.
Il ventre è color carneo,
Alcune femmine adulte presentano, meno vivaci, traccie della colo-
razione giovanile, presentano cioè su un fondo grigio-giallo scuro una
serie di righe trasverse irregolari gialle, corrispondenti agli interstizii
delle grandi macchie brune del dorso dei giovani.
In tutti gli esemplari il margine delle palpebre è giallo, e gialli pure
sono i lobuli che ornano il margine anteriore dell’orecchio.
Le scaglie labiali superiori e la regione temporale sono colorate in
alcuni esemplari in roseo-bruno chiaro.
Come accennai in una nota (1) precedente, questo scincide è oviparo.
Alcune femmine, arrivate dopo mi deposero già altre 6 ova di dimen-
sioni pari a quelle già accennate.
Avendo molti esemplari nello stesso terrario, non potei arguire se
le sei ova ultime deposte lo furono da una o più femmine. In ogni caso
il numero delle ova che ciascuna femmina depone pare molto ridotto,
poichè infine su oltre 20 femmine che da ben 15 giorni vivono in casa
mia non ottenni finora che sette ova.
Questi rettili sono non solo erbivori, ma frugivori per eccellenza;
ogni sorta di foglie e di frutti sono divorati dai Macroscîscus con avi-
dità, in quantità apparentemente fuor di proporzione col volume del
loro corpo. Un fatto che sorprende è il vederli accorrere a fiutare le
vostre mani appena si apre il terrario e disputarsi in dieci il frutto che
loro si offre.
Questa loro apparente socievolezza non deriva dall’avidità del cibo,
ma bensì da un’assenza completa di timore, connaturale agli animali
che vivono isolati in luoghi dove non sono minacciati da alcun pericolo.
Io ignoro le condizioni fisiche e climatologiche dell’Ilheo Branco dove
questo scincide pare confinato; la temperatura vi deve essere ad ogni
modo molto elevata.
Ora, un fatto che mi sorprende è che il Macroscincus Coclaei mostra
se non di soffrire, almeno di trovarsi a disagio quando nei miei ter-
(1) Sulla oviparità del Macroscinceus Coctaei Dum. et Bibr. — Bollett. dei
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata dell’Università di Torino, N° 105.
Giugno 1891.
o e
rarii la temperatura sale sopra i 30° centigradi. In questi casi l’animale
cerca di ripararsi dalla luce diretta del sole, e allora io apro certi spi-
ragli laterali destinati ad un rapido rinnovamento dell’aria, e tutti ac-
corrono contro le tele metalliche che chiudono gli spiragli stessi. Alla
temperatura già di 20-24° centigradi l’animale pare compiacersi e mangia
tutto quel che gli si presenta. Ho osservato ancora un altro fatto ed è
che fino a notte inoltrata l’animale non riposa, ed, alcune sere sono,
avendo posto nel loro terrario (non riscaldato, alla temperatura quindi
della serra dove li conservo, che è la notte di 15-20° centigradi circa)
intorno alle 8 pom. un piattello pieno di frutta, di queste non rima-
neva più traccia intorno alle 10 pom. Questo fatto, messo a riscontro
del trovarsi gli animali a disagio, quando la temperatura sale verso i
20° centigradi, lascierebbe supporre che l’animale conducesse una vita
crepuscolare ed anche notturna nelle notti in cui splende la luna, quan-
tunque la loro pupilla sia perfettamente circolare.
Ho creduto bene di terminare questa nota con un cenno intorno a
quanto ho potuto osservare sui costumi di questo interessante animale,
che non furono , fino ad ora, studiati sopra un materiale ricco come
quello che posseggo attualmente.
4236 — Tip. Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari. 3 - Torino.
1 calva gal frei) Far
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
to, 6 95 na della R. Università di Torino
N. 108 pubblicato il 20 Settembre 1891 Vot. VI
Dott. E. GIGLIO-TOS.
Diagnosi di quattro muovi generi di Dittéri
STRATIOMYIDAE.
In una delle scatole della collezione di Ditteri del Messico, donata dal
Prof. BELLARDI al Museo zoologico di Torino, e propriamente in una
di quelle contenenti delle specie da lui già studiate e descritte nel 1859
nel suo bel « Saggio di Ditterologia Messicana » trovansi sette esem-
plari, di cui quattro segnati col nome Berîs mexicana Bell. Messico
(SALLE) e gli altri tre con Berîs mexicana Bell. Orizaba (SCHUMI-
SCHRAST). Non v'è dubbio che essi, unitamente ad altri del Museo
zoologico di Parigi, sono i tipi sui quali fu fatta la descrizione di questa
specie nel sopra citato lavoro (1). i
Ora, avendo io avuto occasione di rivedere la descrizione del BEL-
LARDI e di confrontarla coi tipi, esaminai attentamente tutti i suddetti
esemplari.
E fu certamente non senza meraviglia che io ne trovai uno tra i
quattro ptimi provenienti da Messico, a primo aspetto, talmente simile
agli altri che il BELLARDI stesso ad un esame, forse superficiale, non
aveva dubitato di identificarlo con essi, ma che ad una più minuta os-
servazione apparvemi subito con differenze così spiccate da non poterlo
comprendere non solo nella stessa specie, ma neppure nel genere Beris
Latr.
Non esito a confessare come a tutta prima io credetti che si trattasse
semplicemente di un'anomalia nella struttura; ma avendolo sottoposto
(1) BeLLaRDÎ L. — Saggio di Ditterologià Messicaha, in: Memorie della
R. Accademia delle Scienzé di Torino. Serie II, tomo XIX, 1859. Parte I,
pag: 20, 1, tav. I, fig. 6.
e
ad un confronto più rigoroso cogli altri esemplari, ed avendo trovato
una concomitanza di caratteri differenziali tale da non potersi spiegare,
fui obbligato ad abbandonare tale opinione.
Ora, sebbene non possegga che un individuo solo con questi caratteri,
e sia in generale dubbia la creazione di un genere sopra un solo esem-
plare, tuttavia, viste le importanti differenze che questo Dittero pre-
senta da tutti quelli finora descritti, credo che possa essere preso come
tipo di un genere nuovo.
Berismyia nov. gen.
Maschio. — Questo Dittero nella forma e nelle proporzioni del corpo
e delle sue parti, nella forma, nella disposizione delle nervature e nella
colorazione delle ali, nel colore delle zampe, nel numero e nella gran-
dezza dei segmenti dell'addome è simile agl’individui della specie Berés
mexicana. Una differenza tuttavia esiste nel colore del corpo, ma è
poco appariscente: mentre in Berîs mexicana il torace è di colore
violaceo metallico, in esso è di color nero intenso senza alcun riflesso.
Ma se si osservano le antenne, il capo e lo scudetto, si scorgono subito
i caratteri principali che ne lo distinguono.
Il capo non è quasi perfettamente emisferico come negli altri, ma
dalle antenne al vertice è alquanto depresso e press’a poco privo di
Gen. Berismyia.
(Capo e antenne di profilo).
curvatura, il fronte è alquanto sporgente e la faccia per un breve tratto
curva nella sua parte superiore, si dirige quindi bruscamente all’indietro
orizzontalmente.
Le antenne, inserite poco più in alto del margine inferiore degli
occhi, sono lunghe circa quanto il maggior diametro trasversale del
capo, molto avvicinate alla base, dirette orizzontalmente e verso l’estre-
mità ricurve in basso (mancano gli ultimi anelli del 3° articolo dell’an-
tenna destra). Il primo articolo è breve ed a forma di calice : il secondo
della forma quasi del primo, ne è alquanto più lungo : il terzo è triplo dei
due primi congiunti insieme, formato da 7 divisioni, come ho potuto.
notare difficilmente, sebbene munito di una forte lente d'ingrandimento.
Di queste tre divisioni la prima è circa d’un diametro doppio delle
altre e lunga circa quanto le cinque seguenti insieme: queste sono uguali
DISGIE (i DE
fra di loro e sub-sferiche; e l’ultima poi è alquanto più grande, lunga
quanto le due antecedenti e conica. Lo stilo è minutissimo , breve e
quasi invisibile. — Gli occhi sono alquanto più pelosi che in Berîs me-
xîcana, congiunti lungo il fronte. — Gli oceZZi sono tre disposti a trian-
golo sopra un tubercolo assai spiccato del vertice: l'anteriore è legger-
mente più distante degli altri due. — Lo scudetto è assai grande, col
margine munito non di vere spine, ma di minutissimi tubercoletti ap-
pena visibili con una forte lente ed in numero di otto o dieci.
Un esemplare maschio.
SYRPHIDAE.
Rhopalosyrphus nov. gen.
E affine al genere Myxogaster Macq. (1) per la forma generale del
corpo e delle ali e per la lunghezza considerevole delle antenne; al
gen. Mîcrodon Meig. ed al gen. Ceratophya Wiedm. per la disposizione
delle nervature delle ali e per la lunghezza relativa degli articoli delle
antenne; al gen. Ubriîstes Walker (2) per quest’ultimo carattere e
per la forma e disposizione delle nervature delle ali. Differisce però
assai bene da tutti questi per i caratteri che appariranno dalla seguente
descrizione.
Femmina. — Corpo oblungo. — Capo alquanto più largo del torace,
sub-emisferico; faccîa ugualmente larga, inclinata obliquamente in
Srl
Gen. Rhopalosyrphus.
(Capo e antenne di profilo) i (Addome).
avanti, per cui l’epistomio sporge a mo’ di una gobba anteriormente
senza oltrepassare in basso il margine inferiore degli occhi. — Fronte
(1) MacquarT J. — Diptères exotiques nouveaux ou peu connus. Tom. II,
2° partie. Paris, 1842, pag. 14, tav. 3, fig. l.
(2) WALKER F. — Insecta Saundersiana: or Characters of undescribed
insects in the Collection of W. W. Saunders. London, 1861. Vol. I, pag. 217,
tav. V, fig. 2.
Li Wi
larga quanto la faccia, appena leggermente più stretta nel vertice, col
tubercolo degli ocelli alquanto prominente, posto nel mezzo di essa
avanti alia linea che congiunge i margini posteriori degli occhi: una
dilatazione posteriore della fronte forma un largo margine dietro agli
occhi nella parte superiore, che va gradatamente diminuendo fino a
scomparire dietro i lati. — OceZlîé in numero di tre, a quasi uguale di-
stanza in triangolo, appena visibili. — Occhi assai grandi, separati ,
nudi. — Antenne lunghe circa quanto il capo ed il torace uniti, escluso
lo scudetto, inserite al disopra del mezzo degli occhi, direttamente sul
fronte. Articolo primo cilindrico, sottile, lungo quanto il terzo: secondo
brevissimo, ciatiforme: terzo largo, ovato-oblungo, compresso. (Mancano
il 2° e 3° dell’antenna destra). — .St7/0 lungo quasi come il terzo ar-
ticolo, sottile, nudo, inserito alla base di questo esternamente. — To-
race quadrangolare. — Scudetto largo, quasi semicircolare e breve. —
Addome largo alla base, peduncolato nel mezzo e terminato a clava.
Secmento primo largo quanto lo scudetto e breve: secondo largo alla
base quanto il torace e si restringe gradatamente fino alla estremità:
terzo strettissimo alla base e si allarga, ma di poco, verso il margine
posteriore: quarto largo quanto il torace ed a forma di una semisfera
cava: quinto di forma conica coll’apice tronco e cavo inferiormente. —
Ali a cellula marginale largamente aperta: quarta vena longitudinale
diritta ed appendicolata verso l’interno della prima cellula posteriore.
La vena ausiliare anteriore prima del mezzo della cellula discoidale anzi
assai vicino alla sua base. — Piedi brevi: femori posteriori ingrossati
nel mezzo: tibie posteriori ingrossate all’estremità. Primo articolo dei
tarsi posteriori largo e lungo.
Omegasyrphus nov. gen.
Maschio e femmina. — Corpo oblungo. — Capo assai più largo
del torace, emisferico. — Faccia ugualmente larga in tutta la sua lun-
ghezza, rilevata immediatamente al di sotto delle antenne e ricurva con
4
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\]
Gen. Omegasyrphus.
(Capo e antenne di profilo) (Addome).
profilo circolare verso il basso, non sporgente nè prolungata al di sotto
degli occhi. — Fronte larga circa quanto la faccia nei due sessi: nella
sua metà posteriore più rilevata e lucente. — OceZ? piccolissimi , di-
sposti in triangolo ad ugual distanza verso il mezzo del fronte presso
<% =
il margine anteriore della parte rilevata. — Occhî grandi, disgiunti nei
due sessi, nudi. — Anfenne lunghe solo quanto lo spessore del capo,
inserite sopra al mezzo degli occhi, quasi presso alla sommità del capo
direttamente sulla fronte e ripiegate in basso. Articolo primo cilindrico,
alquanto più lungo del terzo: secondo brevissimo, ciatiforme: terzo a
forma di paletta, compresso, largo alla base, sempre più stretto verso
la punta che è ottusa. — Sio alquanto più breve del terzo articolo,
nudo, inserito alla base di esso esternamente. — Torace rettangolare.
— Scudetto piccolo, sub-triangolare. — Addome oblungo. Tutti i se-
gmenti sono uguali in larghezza , fuorchè il secondo che sporge late-
ralmente e porta un’insenatura assai profonda lungo il margine alla
sua base, che si ripiega poi più leggera verso i margini laterali pren-
dendo press’a poco l'aspetto della lettera greca @. — A/? e piedi come
nel genere antecedente, ma gli ingrossamenti dei femori, delle tibie
e dei tarsi sono meno spiccati.
Differenze sessuali. — Nel maschio il fronte è leggermente più
stretto: l’ultimo segmento dell'addome è molto ottuso, anzi arrotondato:
nella femmina esso invece termina a tronco di cono assai acuto, ed è
munito di un ovopositore peloso assai visibile.
Megametopon nov. gen.
Per molti caratteri è assai prossimo ai generi VoluceZla Geoffroy,
Apoprysophora Williston (1), G/aurotricha Thomson. (2).
Gen. Megametopon. Gen. Megametopon.
(Capo e antenne di profilo) (Capo e antenne di fronte).
Maschio e femmina. — Corpo oblungo-ovato. — Capo sottile,
assai più largo del torace; faccia larga, con una depressione trasver-
sale sotto alla inserzione delle antenne, prolungata verticalmente assai
(1) WiILLISTON S. W. — Diptera brasiliana ab H. H. Smith collecta, pa-
gina 176.
(2) THomson C. G. — Diptera, in: Honglica Svenska Fregatten Eugenies Resa
. Omkring Jorden — Insekter. Stockolm, 1858, pag. 493, tav. IX, fig. 7, 70.
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al disotto degli occhi e terminata in un epistomio acuto e fesso. —
Fronte larga nei due sessi, più stretta superiormente, mancante di tu-
bercolo ocellare. — Ocezlî tre, piccolissimi, disposti a triangolo e vici-
nissimi. — Occhi non molto grandi, disgiunti e pelosi nei due sessi. —
Antenne brevi, inserite sul fronte molto al disotto del mezzo degli occhi,
appresse alla faccia e dirette in basso, discendenti ancora al disotto
degli occhi. Articolo primo brevissimo, quasi invisibile: secondo abbre-
viato superiormente, più allungato internamente ed in basso, anch’esso
assai breve: terzo doppio dei due primi insieme, leggermente più stretto
verso il mezzo. — Stilo assai più lungo del terzo articolo inserito alla
base di esso, molto lungamente piumato in tutta la sua lunghezza. —
Torace quadrangolare, munito di setole ai margini. — Scudetto assai
grande, semicircolare, con setole ai margini. — Addome alquanto più
largo del torace, piatto ed ovale. — Piedi ed alî come nel gen. Vo-
lucella: la cellula marginale è chiusa.
Differenze sessuali. — Nel maschio la faccia e la parte inferiore
della fronte sono assai più larghe, e questa si restringe molto brusca-
mente alla sua sommità; nella femmina la faccia è leggermente spor-
gente in avanti ed il fronte si restringe verso l’alto : in essa l'addome
è proporzionatamente appena più corto ed ottuso, ed il terzo articolo
delle antenne è alquanto più breve.
Questo genere si distingue dai tre suddetti, ai quali ho detto essere assai
prossimo , per i seguenti caratteri: Dal gen. Volucella Geoff., per la
forma del capo e la larghezza del fronte in ambi i sessi, per la posi-
zione delle antenne e lunghezza considerevole e piumosità dello stilo. —
Dal gen. Apophysophora Will. per la mancanza dei tubercoli sulla
faccia, per la forma del fronte, del torace, ecc., e perchè gli occhi non
sono contigui nel maschio, come pure per la mancanza assoluta di ci-
glia sui femori e sulle tibie. — Dal gen. Glaurotricha Thom. con cui
parrebbe avere molta affinità, leggendo la descrizione che questo autore
ci porge, per molte differenze che appaiono più specialmente dalla fi-
gura unita, quali sono la forma del capo, del terzo articolo delle an-
tenne, dello stilo e del fronte.
Gli individui', su cuì furono creati i quattro suddetti generi, appar-
tengono tutti alla Collezione Bellardi di Ditteri messicani, ora di proprietà
del Museo zoologico di Torino. Mi sono limitato ora ad accennare sola-
mente ai caratteri generici di essi: in un altro mio lavoro pubblicherò
pure i loro caratteri specifici.
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
il, 697 della R. Università di Torino
N. L1O9 pubblicato il 28 Settembre 1891 Voi
Prof. LORENZO CAMERANO
L’EXOCOETUS FURCATUS Mitch. (x. procne DE-FiLIPPI e VERANY)
a Rapallo.
Il giorno 20 Agosto del corrente anno venne portato al Laboratorio
privato di Zoologia marina di Rapallo un giovane individuo della
specie sopra indicata, il quale era stato preso presso la spiaggia detta
delle Saline. Questo individuo visse in un acquario circa ventiquattro ore.
Sono note le difficoltà che si incontrano nella determinazione delle
specie del genere Exocoetus , difficoltà che solo in piccola parte ven-
nero tolte dal lavoro del Litken (1) e da quello più recente di David
S. Jordan e Seth E, Meek (2), io credo utile perciò non solo di menzio-
nare la cattura di questa rarissima specie nelle acque di Rapallo, ma
anche di dare un cenno descrittivo dell’individuo in discorso, sopratutto
per quanto riguarda la colorazione che io potei esaminare sull’animale
vivo.
Dimensioni :
Lunghezza totale del corpo. . . +. m., 0,064
» del corpo senza la codale . <>» 0,049
Altezza: dal eorpo Li. 0 L00.6) ieLi0 107009
Lunghezza della testa =. . . . . . . » 0,010
Spessore. . . DIRI sul Riv baro dote be G006
Lunghezza del muso ... 18708 8070 09008
Lunghezza dei lobi imembranosi È DITE IVA Da9002
Diametro dell’occhio . . . . . . .. >» 0,004
(1) Vidensk. Meddel. Naturh. Foren. 1876.
(2) A Review of the american species of Flying Fishes (Ecocoetus). —
Proceedings of United States National Museum. Vol. VIli, pag. 44 e seg. —
1885. i
e Ga
Lunghezza del 1° raggio della pettorale. . » 0,018
» w 29208 » » Lu. 7% 0,090
» DS? » i gr 01
» do La » dg, ‘00808
Gli esemplari tipici dell’E. procne De Filippi e Verany, che si con-
servano nel Museo zoologico di Torino, presentano le seguenti dimen-
ruors (1):
a d c
Lunghezza totale del corpo. . . . m.0,077 m. 0,097 m. 0,105
» » » senza la codale » 0,062» 0,077 >» 0,083
Altezza ‘del icorpo-. .-. . «CC. >» 0,010. > 005566605
Lunghezza della testa. . . . . . » 0,011 » 0,014 » 0,015
Spessore . . . ila eis 0008 10008 e
Lunghezza del muso . . . . = ? 0,004» 0,005 »70,005
» dei lobi membranosi IRERE (2) » 0,003» 0,005
Diametro dell’occhio . . . . . . » 0,005 » 0,007 » 0,007
Lunghezza del 1°raggio della pettorale » 0,022» 0,028» 0,027
» > Ra » » 0,036 » 0,049 » 0,050
» »!/9* 1» » » 0,038» 0,050 » 0,052
» » d0°’ » » » 0,038» 0,049 » 0,053
L’esemplare di Rapallo presenta: D. 13. — A. 10.
Gli esemplari di Nizza (De Filippi e Verany): D. 12. — A. 9.
» » » (E. Moreau (3)): D. 12 a 14. — 4.9a 10.
Secondo il Giinther (4) l’Y. fuscatus ha: D. 13. — A. 9a 10.
Colorazione dell'animale vivo. — Le parti superiori sono di colore
grigio azzurrastro. Questa tinta si fa gradatamente argentea sui fianchi
e sulle parti inferiori. La parte superiore è cosparsa di piccole mac-
chiette bruno-nerastre, le quali sono più piccole lungo la linea mediana
longitudinale del dorso e si vanno facendo un po’ più grosse e sopra-
tutto più numerose verso le regioni laterali. L’animale presenta inoltre
nella parte ventrale e sui lati una serie di grosse fascie bruno-nerastre
(costituite dalla riunione di molti punticini e macchiette bruno-nerastre)
così disposte a cominciare dal capo: 1° una fascia scomposta in 8 mac-
chie, delle quali due si trovano sugli opercoli ed una nella parte infe-
riore e mediana del capo; 2° una fascia nerastra che attraversa la
regione ventrale e va a terminare aile pinne pettorali, estendendosi per
(1) Credo utile di dare qui queste misure, poichè esse non vennero date da
De-Filippi e Verany (Mem. R. Acc. Sc. di Torino, ser. II, vol. XVIII — 1857
— fig. 5).
(2) Non ben conservati.
(3) Hist. nat. des Poissons de la France, MI, pag. 487 — 1881.
(4) Catal. of the Fishes in the British Museum. Vol. 6, pag, 286 — 1866.
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tutta la regione basale di esse; 3° una fascia che occupa la regione del
ventre, i lati del corpo ed è in corrispondenza della seconda fascia ne-
rastra che attraversa le pinne pettorali; 4° una fascia nerastra che
attraversa la regione ventrale si estende a tutta la parte basale delle
pinne posteriori, prossegue sui fianchi e si trova in corrispondenza della
terza fascia nerastra delle pinne pettorali; 5° una fascia bruno-nerastra
ventrale-laterale che sta nel mezzo dello spazio compreso fra l’inser-
zione delle pinne posteriori e il principio della pinna anale. Questa fascia
si estende anche sulla pinna dorsale ed è in corrispondenza della quarta
fascia nera delle pinne pettorali; 6° una fascia bruno-nerastra ventrale
laterale che è a metà circa delle pinne anale e dorsale e si estende
alquanto su di esse; '7° e 8° due fascie bruniccie nerastre laterali che
stanno una alla fine della dorsale e dell’anale e l’altra alla base della
caudale; 9° e 10° due ultime fascie che sono nella pinna caudale ; queste
fascie sono appena accennate sul lobo superiore, mentre sono ben spic-
cate sul lobo inferiore.
Le fascie nerastre ora menzionate sono separate fra loro da spazii
chiari grigio-argentei, qua e là leggermente giallognoli, quasi di eguali
dimensioni delle fascie scure. Ne viene per conseguenza che guardando
l’animale lateralmente ed inferiormente, esso appare come fasciato al-
ternatamente di grigio argenteo e di bruno nerastro. Si noti ancora che,
tenendo le pinne pettorali e posteriori chiuse o ripiegate lungo il corpo,
sì osserva una perfetta corrispondenza fra le fascie chiare e quelle
oscure del corpo con quelle pure chiare (gialle) e oscure delle pinne
sopra dette. Le fascie scure più intense sono nel nostro esemplare quelle
che occupano la regione ventrale propriamente detta, vale a dire la 2°,
3°, 4*. Le altre vanno gradatamente perdendo d’intensita a misura che
sì procede verso la coda. i
Inoltre sulla parte superiore del capo si nota una macchia a margini
sfumati di color giallo canarino chiaro.
Colorazione delle pinne pettorali e posteriori. — Queste parti sono
nell’animale vivo molto elegantemente colorate. Alla base delle pinne
pettorali e delle pinne posteriori vi è anzitutto una macchia di color
giallo canarino vivace, alla quale tien dietro una fascia di contorno
irregolare di color giallo arancio vivacissimo. Questa macchia è nelle
pinne pettorali contornata esternamente da un’altra fascia di color giallo
canarino, la quale confina colla seconda fascia nera della pinna. Le altre
fascie chiare delle pinne sono esse pure vivacemente colorate di giallo
canarino. Una striscia giallo-arancio si trova pure alla base della dorsale.
In complesso, le quattro pinne, esaminate mentre l’animale nuota nel-
l’acqua, per la distribuzione dei colori giallo canarino, giallo arancio e
per le macchiettature nerastre e bruno-nerastre danno abbastanza bene
l'impressione delle quattro ali di varie specie di farfalle del genere Codias
fra i Rodoceridi,
dl e
Colorazionie nell’alcoo!. — L'animale perde totalmente la tinta az-
zurrastra del dorso e le tinte gialle, quindi l’animale appare di color
biancastro sul dorso e argenteo ai lati ed inferiormente, e la regione
ventrale, i fianchi e le pinne pettorali e posteriori si mostrano fasciate
di biancastro e di bruno-nerastro.
Osservazioni.
Confrontando la colorazione dell'individuo di Rapallo con quelli ti-
pici di De Filippi e Verany, i quali sono di maggiori dimensioni, si 0s-
serva che le fascie nere dei fianchi, del ventre ed anche delle pinne
tendono a scomparire col crescere in età dell'animale, rimanendo solo
alcune macchie, le quali per contro sì fanno di un nero più intenso,
sulle pinne pettorali e posteriori, sulla dorsale, sull’anale e sul lobo
inferiore della caudale. Così pure scompaiono le macchie nerastre dei
lati e della parte inferiore del capo. Gli esemplari del De Filippi e Ve-
rany presentano ancora nella parte ventrale tre macchie scure, le quali
però non si estendono più sui lati del corpo. La parte superiore del
dorso e in parte i fianchi hanno piccole macchie nere sparse.
Il Moreau (1) il quale, a quanto pare, ha esaminato un esemplare
di m. 0,120 di lunghezza, quindi più vecchio di quelli di De Filippi e
Verany, non parla affatto di macchie e di fascie nerastre ventrali e
laterali, e non le disegna nella figura che esso dà della specie in di-
scorso (2).
L’Exocoetus furcatus è specie, a quanto pare, rara ovunque, raris-
sima nel Mediterraneo. Riferisco a tal proposito le parole seguenti del
Doderlein (3): « La seconda specie dei pesci incontrata di recente nei
mari della Sicilia è 1’ Exocoetus procne De Fil. e Verany (Ancileddu
Mperiali, sic), caratterizzato dalla presenza di due piccoli lobi membra-
nacei frastagliati posti sotto il mento e da una serie di fascie bianca-
stre attraversanti le pinne addominali ed il corpo del suddetto pesce.
Codesta specie è assai rara, non essendo stata incontrata finora da
nessun ittiologo nel Mediterraneo dopo lo annunzio e la descrizione che
ne fecero il De Filippi ed il Verany nelle acque di Nizza. Unicamente
fa d’uopo notare che l’egregio prof. Cocco, nel suo indice mss. sui pesci
del mare di Messina, elaborato sin dall’anno 1845, e presentato nello
(1) Op. citat.
(2) Questa figura (op. citat., III, pag. 486, fig. 200) è poco buona: il contorno
non dà una idea esatta della forma dell’animale; i lobi della coda sono, ad
esempio, al tutto sbagliati; essi sono disegnati lunghi egualmente fra loro,
mentre, come è noto, il lobo superiore è notevolmente più corto dell’inferiore
‘è come del resto il Moreau stesso dice nel testo.
(3) Bolletino della Società di Scienze naturali ed economiche di Palermo,
1881.
Ce
stesso anno al Congresso degli scienziati italiani in Napoli, fa menzione
di un Exocoetus, ch'egli denomina E. fasciatus, il quale per alcuni carat-
teri s’accosta alla specie attuale, ma ne differisce altresì per la mancanza
dei caratteristici lobi mentali propri dell’E. procne, per guisa che viene
ad approssimarsi maggiormente all’E. Ronde/etti, abbondantemente rin-
venuto dal Giglioli nelle attigue acque di Stromboli.
« Secondo il Bonaparte, l’ Exocoe/us procne sarebbe un giovane in-
dividuo dell’ Exocoetus exiltiens Bloch. Giusta il Canestrini ed il Dottor
E. Moreau, esso potrebbe meglio ragguagliarsi all’. furcatus Phi-
lipps (1) delle coste atlantiche americane, e quindi rannodarsi a codesta
specie, qualora le ulteriori osservazioni ne constatassero la graduata
metamorfosi, e la corrispondenza dei relativi caratteri. »
Il Giglioli (2) dice soltanto: « Exocoetus procne De Filippi e Verany
— Nizza. — Ottobre 1374 e Febbraio 1877. — Rarissima. »
Aggiungerò ancora che parecchi altri individui sarebbero stati visti
da qualche pescatore, secondo quanto mi venne riferito, nello stesso
giorno in altri punti della spiaggia di Rapallo. Ma per quanto cercassi
io stesso e facessi cercare dai pescatori non se ne rinvennero altri
individui oltre a quello sopra descritto.
Dal Laboratorio privato di Zoologia Marina di Rapallo.
(1) Probabilmente il Doderlein voleva dire Mitchill. i
(2) Elenco dei Mammiferi, degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi appartenenti
alla Fauna italica. Catalogo degli Anfibi e Pesci italiani. Firenze, 1880, p. 43.
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BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
176 sa della R. Università di Torino
N. 440 pubblicato il 24 Novembre 1891 Vor. VI
Dott. M. G. PERACCA.
Osservazioni sulla riproduzione della IGUANA tubercolata Laur.
Nel novembre 1890 ricevetti da un mercante naturalista di Liverpool
cinque esemplari di [Iguana tubercolata Laur., fra ì quali vi erano tre
maschi e due femmine. — Quattro esemplari sono grandi poco più di
una Lacerta occetltata, il capo essendo proporzionatamente più piccolo
— il quinto esemplare è grande quanto una Lacerta viridis var. major
(di Dalmazia). Accenno sommariamente alla statura dei miei esemplari,
essendo sommamente raro che vengano importate vive in Europa delle
Iguane così giovani.
Fino dalla metà di dicembre, gli animali essendosi completamente ri-
messi con una buona nutrizione dalle fatiche del viaggio, osservai che
i maschi cercavano di tanto in tanto di accoppiarsi colle femmine. Queste
però li respingevano violentemente, e quantunque tutti e cinque gli
esemplari fossero tenuti in un solo ferrario e succedessero tentativi
isolati di accoppiamento , i maschi vivevano in buona armonia tra di
loro.
Le cose però mutarono nel mese di gennaio. Evidentemente i maschi,
fatti accorti che le loro femmine non erano lontane dalla maturità ses-
suale, si fecero più baldanzosi ed incominciarono a lottar tra di loro.
Nei Rettili e con certezza nei Sauri si sa genericamente che i maschi
lottano tra di loro per il possesso della femmina. Le Iguane però mi
presentarono due generi ben distinti di lotta; una vera lotta, un vero
combattimento accanito quando la femmina non rifiuta più l’accoppia-
mento, in cui, naturalmente, il maschio più robusto e più forte mette
in fuga l’avversario e s’accoppia colla femmina, che rimase durante
tutta la lotta spettatrice indifferente e passiva — ed una sorta di 970-
stra amorosa tra i maschi quando le femmine rifiutano di accoppiarsi
o sono in gestazione od, avendo partorito, si tengono lontane dai maschi.
a.
Ogni qualvolta due maschi s’incontrano in questo tempo si fermano l’uno
davanti all’altro, ritti sulle gambe anteriori, scuotono dall’alto al basso
il capo distendendo l’appendice cutanea della gola, gonfiano i loro
polmoni aumentando così di volume, e si vanno incontro, a capo chino,
camminando goffamente colle zampe distese, percuotendosi l’ un l’ altro
colla coda. I muscoli pellicciai, di cui è ricca la loro pelle alla base
della cresta dorsale, si contraggono e dan luogo alla formazione di una
vera cresta cutanea dell’altezza di un centimetro e mezzo, su cui si ergono
diritte le lunghe spine cornee della cresta dorsale. Ad un tratto uno
dei maschi salta sul dorso dell’altro e vi si tiene alla meglio abbrac-
ciandolo dove può, all’inguine generalmente, colle zampe posteriori e
cerca di mordere le zampe anteriori del maschio sottostante.
Questo — e qui viene il comico — non fugge menomamente, nè cerca
sbarazzarsi dell’avversario, ma ripiegando le gambe anteriori sotto il
tronco e piegandosi or su un fianco or sull’altro cerca d’impedire al-
l’altro di addentarlo. Alla fine il maschio soprastante riesce ad afferrare
una zampa al compagno e la tiene stretta fra i denti, stando immobile
senza che la vittima cerchi di liberarsi, mordendolo per 4-5 minuti di
seguito, dopo di che rilascia libero l’avversario. Molte volte capita che
il maschio soccombente, appena si sente libero, salti a sua volta ad-
dosso all'avversario che non protesta e si lascia mordere a sua volta.
Questo forneo è accompagnato da cambiamenti di colorazione dei due
animali, e si ripete parecchie volte al giorno.
Quando invece le femmine sono disposte all’accoppiamento i maschi sì
azzuffano accanitamente.
Generalmente il maschio che primo scorge l’avversario, non dà tempo
a questo di mettersi sulle difese , scuotendo il capo, menando rapida-
mente la coda come nelle lotte ad armi cortesi sopra accennate,
ma gli piomba addosso colla rapidità del fulmine, mordendolo -a
sangue, e lacerandogli la cresta sul collo se l’altro non fa in tempo a
fuggire.
Quando le femmine accettano l’accoppiamento e vengono a trovarsi
in presenza di parecchi maschi, la femmina rimane fecondata dal ma-
schio più forte che rimane padrone del campo, costringendo gli altri
alla fuga.
Volli però vedere se le femmine avevano o dimostravano preferenza
per qualche maschio; separai quindi le femmine dai maschi e succes-
sivamente, per parecchi giorni di seguito, misi ciascuno dei tre maschi
in presenza delle femmine. Constatai in modo certo che le femmine sono
nell’accoppiamento assolutamente passive, che per parte loro non ha
luogo alcuna scelta: fatto che nel caso mio era di tanto più facile veri-
ficazione, in quanto che dei tre maschi uno, il più grosso, ha un’al-
tissima cresta dorsale; un altro, di statura di poco inferiore, ha la
i a
cresta meno alta, ed il terzo, più piccolo della metà degli altri, ha la
cresta bassissima.
Ora, i tre maschi, messi isolatamente in presenza di una delle due fem-
mine, subito le saltavano addosso e la fecondavano, senza che mai questa
femmina, che venne fecondata 11 volte, si dimostrasse restìia. o sem-
brasse cedere con difficoltà a qualcuno dei maschi.
Notisi che quando la femmina rifiutava l'accoppiamento sapeva be-
nissimo sbarazzarsi rapidamente anche dal maschio più grosso, avvolto-
landosi per terra quando il maschio già le era sul dorso e l’aveva affer-
rata coi denti sul collo o passando rapidamente sotto qualche ramo
dove a stento poteva passare appena la femmina e contro a cui veniva,
urtando, a cadere il maschio importuno.
Il fatto importante, che potei accertare, è che, se non vi è assoluta-
mente scelta sessuale per parte delle femmine, vi è invece, e in modo
spiccatissimo, per parte dei maschi.
Le due femmine che posseggo sono differentissime tra di loro per
forma e per colorazione. Tutte e due sono della statura del maschio
più grande. Una di queste ha la cresta alta quasi come quella dei
maschi. L’addome è — come del resto in tutte le femmine dei Sauri —
più ampio e capace che nei maschi: la colorazione grigio rossiccia. —
L'altra femmina ha la cresta bassissima: le spine che la compongono
non sono diritte, ma falciformi colla punta rivolta all'indietro, ed il suo
addome è snello, poco ampio: la pelle che lungo l’addome dà luogo nei
maschi come nelle femmine a pieghe longitudinali, che scompaiono solo
nel caso di enorme distensione, dopo un pasto copioso, in questa fem-
mina si presenta liscia, come tirata sul corpo, anche quando l’addome
della femmina non si presenta disteso dal cibo; la colorazione è verde-
erba deciso.
Ora, i tre maschi appartenenti tutti e tre alla varietà grigio-rossiccia
non mostrarono mai di curarsi di questa femmina e rifiutarono netta-
mente di accoppiarsi con essa.
Era curioso il vedere come quando uno qualunque dei maschi era
introdotto nel terrario delle due femmine, subito, senza incertezza, cor-
reva alla femmina grigia e con essa si accoppiava. E mentre questa fem-
mina indifferente accettava l'accoppiamento, la femmina verde sovente
seguiva i maschi che la disdegnavano, andava loro a porsi davanti,
battendo rapidamente il terreno colle zampe anteriori, mordeva o cer-
cava di mordere il collo dei maschi e sovente saltava loro addosso come
per invitarli all’accoppiamento.
Per ottenere finalmente che i maschi si accoppiassero con questa
femmina dovetti impedire ogni rapporto dei maschi coll’altra e met-
terli per più giorni di seguito in presenza della sola femmina verde.
Dopo parecchi rifiuti i maschi, in mancanza di meglio, finirono per
soccombere allo stimolo venereo e si accoppiarono,
be a
Credo utile riferire qui particolareggiatamente l'accoppiamento , sul
cui meccanismo non mì venne fatto finora di leggere nulla di consimile
a quanto ho osservato nelle Iguane.
Il maschio, quando ha raggiunto la femmina, le salta sul dorso e cerca
di aggrapparvisi, afferrandole coi denti la cresta o la pelle floscia dei
lati del collo. Quando la femmina accetta l'accoppiamento non oppone
resistenza, alza la coda, ed il maschio immediatamente, abbracciandola
fortemente colle zampe anteriori dietro le ascelle, cerca, piegando ad
arco la propria coda, di portare la sua rima cloacale in intimo contatto
con quella della femmina. Indifferentemente il maschio, a seconda
della posizione presa sul dorso della femmina, piega la sua coda a destra
od a sinistra sotto la coda rialzata della femmina.
Appena stabilito il contatto tra le due rime cloacali, i muscoli della
coda e della regione lombo-dorsale del maschio, sotto lo stimolo ve-
nereo potentissimo, entrano in una vera contrazione tetanica che dura
quanto dura l'accoppiamento , cioè da 4 a 6 minuti primi. La rima
cloacale del maschio rimane così strettamente applicata contro quella
della femmina che ci vuole un notevole sforzo per riuscire ad allonta-
narla. E si è allora soltanto che incomincia l’erezione del pene.
Ora occorre notare un fatto curioso ed è che un! sozo pene entra in
erezione e penetra nella cloaca della femmina. Quando il maschio piega
la sua coda a destra sotto la coda della femmina è il pene sinistro che
entra in funzione, ed il destro quando il maschio piega la sua coda a
sinistra sotto quella della femmina. Il pene lentamente entra in ere-
zione, aumenta di volume e non trova, per l’indissolubile contatto delle
due aperture cloacali, che una sola via, la rima cloacale della femmina,
dove a poco a poco aumentando lentamente, ma continuamente di vo-
lume, si addentra, divaricandone le labbra, per raggiungere nella cloaca
la completa erezione.
Potei controllare molto esattamente queste cose, separando a più ri-
prese il maschio dalla femmina, quando già la sua coda era in contra-
zione tetanica, ma ancora non era cominciata l’erezione. Il maschio,
quantunque fosse stato violentemente distaccato dalla femmina, non
poteva più impedire che un accoppiamento în dianco — per così dire
avesse luogo.
Egli rimaneva col dorso incurvato, le estremità inerti e pendenti,
appoggiato al suolo colle zampe anteriori e coll’ultimo tratto della
coda, rigida, piegata ad arco. In questo mentre avveniva l’erezione
del pene ed osservai che questo, aumentando di volume, usciva lenta-
mente fino a raggiungere la sua completa espansione.
Non constatai però mai che in queste condizioni avesse luogo l’eja-
culazione.
Durante l’accoppiamento la femmina rimane immobile ed il maschio,
— Ba
probabilmente al momento dell’ejaculazione, sulla fine dell’accoppiamento
muove ritmicamente il capo a destra ed a. sinistra. Finito l’accoppia-
mento il maschio si allontana, e generalmente non rincorre una seconda
volta la femmina nella stessa giornata.
La femmina preferita dai maschi si accoppiò 11 volte dal 18 febbraio
al '7 marzo: l’altra femmina si accoppiò ‘7 volte, ricorrendo all’artifizio
di metterle i maschi in presenza dopo aver tolta l’altra femmina ed
averli tenuti isolati per parecchi giorni.
Le Iguane, come la maggior parte dei Rettili essenzialmente erbivori,
ingeriscono giornalmente una quantità considerevole di foglie, fiori e
frutta d’ogni specie.
Ora, circa 20 giorni prima che le femmine si accoppiassero verificai
un fenomeno curioso di cui non ebbi la spiegazione che durante il pe-
riodo della gravidanza, ed è che le due femmine incominciarono a man-
giare una quantità enorme di vegetali, in confronto alla quantità nor-
male di cibi che ingerivano prima.
Questa îperfagia durò appunto una ventina di giorni. Sopravvenuto
l'accoppiamento essa cessò e dopo 10.0 12 giorni le femmine cessarono
quasi affatto di mangiare. Nel primo mese esse mangiavano ancora gior-
nalmente qualche foglia e 405 acini d’uva, ma dal secondo mese fino al
termine della gravidanza si può dire che la nutrizione rimase comple-
tamente sospesa.
Durante questo tempo l’addome andava aumentando di volume, finchè
circa un mese prima del parto le ova cominciarono a sporgere sotto la
pelle distesa.
Ciascuna femmina avendo deposto all’incirca 14-16 ova di poco infe-
riori al volume delle ova di piccione, si capiva come durante la gra-
vidanza, occupando le ova tutto lo spazio disponibile del cavo addomi-
nale, comprimendo i visceri entro contenuti, la nutrizione dovesse
rimanere sospesa in rettili che, essendo fitofagi, devono ingerire gior-
nalmente una quantità considerevole di vegetali. Malgrado questo di-
giuno quasi assoluto nell’ultimo mese della gravidanza, le femmine
cominciavano appena a dimagrire quando deposero le ova.
Durante la gravidanza, conseguentemente al digiuno , le feci furono
totalmente abolite e scarsissime si mantennero le orine.
La gravidanza ebbe una durata di circa 74 giorni.
La femmina verde, che partorì per la prima il giorno 9 maggio, de-
pose 14 ova, partorite in una volta sola nello spazio di circa 2 ore e
mezzo, emettendo le ova ad intervalli di 6-7 minuti primi. Dopo aver
invano cercato per due giorni di seguito di scavare una buca nel sottile
strato di sabbia che copriva il fondo del terrario, si adattò a deporre
le ova in un tronco d’albero cavo che avevo espressamente disposto.
Appena, deposte le ova essa cercò di ricoprirle e sotterrarle e si valse
nc
perciò della sabbia e del muschio secco che stavano all'imbocco del
tronco cavo. La femmina uscì dal cavo e a ritroso vi spinse colle
zampe posteriori quanta sabbia e muschio potè. Poi, rivoltasi, aggiustò
questi materiali alla meglio colle zampe anteriori e non bastando per
ricoprire le ova, uscì dal tronco e ricominciò la manovra di prima.
Tolsi allora tutte le ova, e per quanto attentamente e lungamente
osservassi, la femmina non parve preoccuparsi della scomparsa delle
sue ova, che pur sapeva di non aver ancora interamente coperte.
La femmina grigia non partorì che verso 1’11 maggio, e contraria-
mente a quanto mi aspettavo partorì 15 ova non tutte in una volta,
ma una o due al giorno, senza far tentativi di scavarsi una buca.
Tutte queste oya in libertà sarebbero certamente andate perdute.
Ho cercato prima e durante la gravidanza di pesare le femmine.
L’operazione fu impossibile per la femmina verde dotata di un’agilità
straordinaria e di unghie così poderose e taglienti che in pochi istanti
riducevano le mie mani in uno stato tale da farmi abbandonare ogni
tentativo in proposito.
Fui più fortunato colla femmina grigia. Pesata dopo i primi accop-
piamenti l’11 maggio, quando l’animale già incominciava a mangiar
meno, constatai un peso di 672 gr., ripesata la femmina il 24 aprile,
15 giorni prima del parto, ottenni un peso di 643 er.
La femmina era quindi diminuita di un peso di 29 grammi.
Disgraziatamente la femmina grigia non avendo deposto le ova tutte
in una volta, non potei pesarla dopo il parto.
Malgrado ogni mia cura tutte le ova, dopo 10-12 giorni d’incubazione,
andarono a male.
Apertene parecchie, di cui il guscio era stato invaso da muffe d’ogni
sorta, constatai la presenza di un embrione di circa 1 cent. e mezzo
di lunghezza. In uno di questi il cuore pulsava ancora.
Un fatto curioso è che dopo l’accoppiamento ai maschi non passò
menomamente il desiderio amoroso. Già molto tempo prima che le fem-
mine accettassero l’accoppiamento i maschi cercavano di accoppiarsi.
Dopo l’accoppiamento separai i maschi dalle femmine, ed uno di questi
per caso fu messo in un terrario dove viveva una coppia di AmpRi-
bolurus barbatus. Cav.
Orbene, mi venne fatto di sorprendere più volte la mia Iguana af-
faccendata a sottomettere alle sue voglie i due Ampribo/urus maschio
e femmina, che ora lasciavano fare, ora si difendevano alla meglio da
questi attacchi per loro così nuovi.
Cercai però — poichè me ne veniva offerta l'occasione — di constatare
se un accoppiamento così disparato (tra un Iguanide ed un Agamide)
avrebbe dato luogo a qualche risultato, ed aiutando la mia Iguana nei
suoi sforzi potei, dal 14 al 16 marzo 1891, ottenere effettivamente 2
- 2 - peea
accoppiamenti colla femmina dell’ Ampribolurus. I risultati, come era
a priori lecito supporre, furono nulli.
Ho riferito ciò per far risaltare maggiormente il fatto curioso che i
maschi delle Iguane sono pressochè continuamente in amore.
In questo tempo i maschi separati in diversi terrarii da cui potevano
vedersi, sì eccitavano l’un l’altro distendendo l’appendice cutanea della
gola, e scuotendo il capo dall'alto al basso e se li ponevo assieme, si
abbandonavano alle giostre più sopra descritte.
Questi fatti autorizzano la credenza che nel Nord dell'America del
Sud, dove essenzialmente vive l’ Iguana tubercolata Laur., non vi sia
per le Iguane un periodo amoroso — come per la maggior parte dei
Sauri di cui conosciamo più 0 meno i costumi.
Le femmine molto probabilmente partoriscono tre volte anno.
Siccome le giovani femmine, che ne nascono, giungono alla lor volta,
a seconda del mese della loro nascita, a maturità sessuale in tempi
differenti dalla madre, ne risulta che in ogni mese dell’anno, conside-
rando parecchie generazioni, vi sono femmine pronte all’accoppiamento.
Così si spiegherebbe come i maschi siano continuamente disposti ad
accoppiarsi.
Ciò mi vien poi in gran parte confermato dal fatto che una delle mie
femmine, la femmina grigia, che fecondata in principio di marzo par-
torì nei primi giorni di maggio, il 2 settembre di questo stesso anno
si accoppiò nuovamente. La gravidanza attualmente procede bene, e
molto probabilmente verso i 10 del mese di novembre deporrà le ova.
Fra i nostri Sauri europei, la Lacerta agilis, secondo le recenti 0s-
servazioni, si riproduce due volte all’anno, in giugno e settembre. —
Nessuno però, che io mi sappia, constatò che i maschi siano in amore
tutto l’anno. Il fenomeno quindi è notevolmente diverso.
Conclusioni.
Riassumendo brevemente il risultato delle osservazioni fatte sulla ri-
produzione dell’/guana tubercolata, notiamo:
1° I maschi g7ostrano tra di loro ogni qual volta si incontrano,
ma combattono fieramente finchè uno non ceda il campo quando sì tro-
vano in presenza di una femmina disposta all’accoppiamento.
2° Le femmine accettano passivamente l'accoppiamento da qualunque
maschio, ancorchè questo, come osservai, sia molto più piccolo o molto
più grosso di loro.
3° I maschi non si accoppiano volontariamente con tutte le fem-
mine. I miei maschi appartenenti alla varietà grigia rifiutarono sempre
ei
di accoppiarsi con una femmina della varietà verde, che, vedendosi
respinta, faceva moine ai maschi per invitarli all’accoppiamento.
4° I maschi si accoppiano al più 2 volte al giorno.
5° Nell'accoppiamento i maschi sì servono di un pene solo, a se-
conda della posizione presa sul dorso della femmina: i due peni non
funzionano mai contemporaneamente.
6° Le femmine, prima dell’accoppiamento, presentano un periodo
di iperfagia della durata di circa 20 giorni. Subito l'accoppiamento,
la nutrizione ritorna allo stato normale, per cessare quasi completamente
(dopo 10-12 giorni) fino al tempo del parto.
La gravidanza dura circa 75 giorni.
7° I maschi sono tutto l’anno disposti all’accoppiamento, e le fem-
mine con ogni probabilità partoriscono tre volte all’anno, deponendo
da 14 a 16 ova per volta.
L’Iguana tubercotata non presenta per conseguenza, come la maggior
parte degli altri Sauri, un periodo degli amori.
———_________________—_—_—_______——— —_0 -zzztzTTtMTrTtr©o©@TC‘oWo
4444 - Tip, Guadagnini e Candellero, via Gaudenzio Ferrari, 3 - Torino.
i?
BOLLETTINO
Musei di Zoologia ed Anatomia comparata
della R. Università di Torino
II, 69 {-
N. 144 pubblicato il 30 Novembre 1891 Vor. VI
Prof. LORENZO CAMERANO
Ricerche intorno alla forza assoluta dei muscoli
dei CROSTACEI decapodi.
NOTA PREVENTIVA.
Nel soggiorno che io feci quest'anno a Rapallo durante i mesi di
Luglio, Agosto e Settembre, valendomi del Laboratorio privato di
Zoologia marina (1), io feci una serie di esperimenti intorno alla forza
muscolare assoluta dei muscoli flessori delle chele dei Crostacei deca-
podi e precisamente del Carcinus manas e dell’Eriphia spinîifrons. Io
continuai gli esperimenti a Torino sulla Te/phusa Aluviatilis e sull’ A-
stacus fiuviatilis. Questi esperimenti mi condussero a risultati che io
credo utile di pubblicare (2), tanto più che, come è noto, molto scarse
fino ad ora sono le ricerche sulla forza muscolare assoluta degli ani-
mali (3).
Io seguii in massima parte il metodo usato dal Plateau per la stessa
ricerca sul Carcinus moanas di Ostenda e di Roscoff e sul Plaficar-
cinus pagurus pure di Roscoff, modificando tuttavia l'apparecchio in
modo da poter sperimentare sui Crostacei tenuti nell'acqua continua-
mente rinnovata.
Dalle mie ricerche risulta che per determinare il peso m2ax72um che i
muscoli flessori delle chele dei Crostacei decapodi possono sollevare
(1) Boll. dei Musei di Zool. e Anat. comp. di Torino, vol. IV, N° 53, 1889.
(2) Il lavoro completo venne approvato per la stampa nei volumi della
R. Accademia delle Scienze di Torino, nella seduta del 22 novembre corrente.
(8) E. Weber, W. Koster, W. Henke e F. Knorz, S. Haugton hanno studiato
alcuni muscoli dell’uomo. E. Weber, Rosenthal hanno studiato alcuni muscoli
della Rana, Plateau studiò i muscoli adduttori dei Molluschi lamellibranchi e
i muscoli flessori dei Crostacei decapodi.
— Bal
sotto l’azione dello stimolo massimo, elemento primo per calcolare la
forza muscolare assoluta dei muscoli stessi, è d’uopo:
1° Sperimentare sopra animali immediatamente dopo che sono stati
presi, o in ogni caso dopo un breve soggiorno negli acquari , poichè
un soggiorno un po’ prolungato indebolisce notevolmente i Crostacei
decapodi.
2° Sperimentare, tenendo gli animali nell'acqua continuamente rin-
novata ed avente una temperatura costante e non molto elevata, non
oltre i 23 gradi centigradi per le specie marine e non oltre i 19 gradi
centigradi per le specie d’acqua dolce.
3° Fare colla stessa chela varie determinazioni successive del peso
limite maximum ad intervalli di qualche minuto l’una dall’altra, poichè
pei fenomeni della fatica e forse per altre cause non ancora determi-
nate, non si è sicuri con una sola determinazione di aver ottenuto dal-
l’animale il massimo della sua energia muscolare.
4° Eseguire per ciascuna chela sperimentata il calcolo completo del
peso massimo riferito ad un centimetro quadrato di sezione muscolare
per poter comparare e discutere i risultati di ciascuna esperienza e
quindi poter raggruppare convenientemente i valori per le medie finali.
Tenendo conto di tutte queste osservazioni, io ho ottenuto dalle mie
ricerche i risultati seguenti:
1° Nei Crostacei decapodi la forza muscolare assoluta varia nella
stessa specie col variare del peso e della mole del Crostaceo e conse-
guentemente coll’età del Crostaceo.stesso. Si può quindi determinare
per ciascuna specie un peso medio al quale corrisponde una forza mu-
scolare assoluta massima. Per l’ Eriphia spinifrons si ha: peso medio
del Crostaceo grammi 26,33, forza muscolare assoluta rappresentata da
gr. 1684,88; pel Carcinus monas si ha: peso medio gr. 21,00, forza
muscolare assoluta gr. 1614,9; per la Te/phusa Aluviatilis si ha: peso
medio gr. 23,50, forza muscolare assoluta gr. 1357,03; per l’ Astacus
fluviatilis si ha: peso medio gr. 23,1, forza muscolare assoluta gr. 1075,0.
Se ne deduce che per le 4 specie di Crostacei sopra menzionati il
valore più elevato (medio) della forza muscolare assoluta, eguale a
gr. 1432,95, corrisponde al peso medio dell'animale intiero «li gr. 23,48.
2° Vi è fra la forza muscolare assoluta della chela destra e quella
della chela sinistra una differenza spiccata e notevolmente costante. I
muscoli della chela sinistra sono più forti di quelli della chela destra.
Nelle specie studiate si hanno i valori medii generali seguenti: chela
destra, forza muscolare assoluta gr. 1'764,30; chela sinistra, forza mu-
scolare assoluta gr. 1918,14.
Un’analoga differenza aveva pure trovato il Plateau nelle sue ricerche
sul Carcinus monas di Roscoff e di Ostenda e sul P/aticarcinus
pagurus di Roscoff.
aes
3° Il peso netto maximum (vale a dire corretto col rapporto dei
bracci di leva) che possono sollevare i due muscoli flessori delle chele
è per l’Eriphia spinifrons di gr. 8038,4; pel Carcinus monas di gr.
2900,0; per la Telphusa fluviatitis di gr. 1673,6; per l’ Asfacus Auvia-
tilis di gr. 2645,3.
4° L’Eriphia spinifrons è quella fra le specie studiate che pre-
senta forza muscolare assoluta più elevata, vale a dire: il suo valore
medio è di gr. 14'76,98 ed il suo valore massimo è di gr. 3203,0.
5° La forza muscolare assoluta dei Crostacei presenta variazioni
notevoli fra individui di eguale mole, di egual sesso nella stessa specie
anche a parità di tutte le altre condizioni in cui si fa l’esperimento.
6° IZ valore medio generale della forza muscolare assoluta dei Cro-
stacei decapodi, studiata nei muscoli flessori delle chele, è di gr. 1841,21,
îl valore massimo è di gr. 3203,0.
7° La forza muscolare assoluta dei muscoli flessori delle chele dei
Crostacei decapodi si avvicina notevolmente nei suoi valori medio e
massimo a quelli dei muscoli grande adduttore della coscia, semimem-
branoso e gastrocnemio della Rana.
8° Dalle ricerche del Plateau sulla forza muscolare assoluta dei
Crostacei e da quelle che formano oggetto del presente lavoro risulta
che mentre i Crostacei hanno una forza, nel senso volgare della parola,
paragonata al peso del proprio corpo, notevolmente superiore a quella
dei Vertebrati, Llanno invece una forza muscolare assoluta molto infe-
riore a quella dell’uomo e a quella dei Molluschi lamellibranchi ed
affine a quella della Rana. Ne consegue che non è possibile ammettere
che la forza di contrazione della fibra muscolare sia la stessa in tutta
la serie animale.
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